Merry Christmas

di Nembayo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Santha Claus ***
Capitolo 2: *** Angel of snow ***
Capitolo 3: *** Christmas lights ***
Capitolo 4: *** Present(s) ***



Capitolo 1
*** Santha Claus ***


 

SANTHA CLAUS
IZZY-SIMON


Isabelle era sdraiata sul letto dalle coperte fucsia di camera sua, con un braccio sulla pancia e l'altro dietro la nuca. Guardava fuori dalla finestra la neve che scendeva lentamente.

Il cielo notturno era plumbeo, e le nuvole fredde si stanziavano imponenti al di sopra di tutto. Isabelle odiava quando nevicava. I fiocchi di neve le si incastravano fra i capelli neri, tanto che una volta, arrivata al parco per incontrare un amante del popolo delle fate, una bambina le era andata incontro chiedendole come mai avesse i capelli già bianchi. Da quel giorno Isabelle indossava sempre comodi cappelli di lana quando usciva sotto la neve, per proteggere i suoi capelli corvini da quei maledetti fiocchi che, all'apparenza, sembravano tanto candidi e belli. Isabelle odiava anche l'aria natalizia per le strade. Era dicembre, e ovviamente tutti gli stupidi mondani se ne andavano in giro a festeggiare. Avevano delle tradizioni stranissime, che la ragazza non aveva mai capito. Non capiva come mai, appena iniziavano le nevicate, i bambini corressero in strada a costruire pupazzi inquietanti, non capiva come mai la gente appendesse lucine brillanti ovunque (peggio di quelle nell'appartamento di Magnus Bane), non capiva come mai mettessero abeti giganti ovunque, e soprattutto non capiva come mai le strade si riempivano di omoni vestiti di rosso. C'erano pupazzi, persone travestite, giocattoli, disegni.. ovunque. Ovunque, nel mese di dicembre, apparivano quegli omoni grassi con le barbe bianche e i sacchi di pelle pieni di giocattoli. Che cosa pensavano, i mondani? Che a Natale avrebbero avuto regali da chiunque?
Dal canto suo Isabelle non aveva mai festeggiato quella stupida festa, come anche nessun'altra delle feste mondane. I demoni non vanno mai in vacanza, e per gli shadowhunters, quindi, il termine “festa” era da attribuire solo agli eventi speciali: la vincita di una battaglia, ad esempio.
Al contrario, i mondani sembravano festeggiare per tutto. A dicembre avevano il Natale e il Capodanno, e poi la Befana, e il Giorno del Ringraziamento, e Pasqua, e il giorno dell'Indipendenza, e un sacco di altre stupide feste per spendere soldi, che richiamavano una felicità che in realtà nessuno aveva. Che senso c'era, quindi, nel fingere di essere felici per un solo giorno all'anno?
Isabelle stava pensando a quello quando sentì il cellulare vibrare.

Lo afferrò, leggendo il nome sullo schermo con un piccolo sorriso: era Simon.

-Ehi, Iz.- la salutò lui, con la voce allegra.

Isabelle amava la sua voce. Aveva scoperto di amarla lentamente. All'inizio trovava irritante quel piccolo mondano capitatole tra i piedi, poi aveva iniziato ad accrescere il rispetto verso di lui quando era diventato vampiro. E poi aveva iniziato a conoscerlo, a parlarci, e non aveva potuto fare a meno di innamorarsi. Simon non era muscoloso, possente, bellissimo, ma a lei non importava. Aveva passato così tanto tempo dietro ai ragazzi perfetti, che un po' di imperfezione non poteva guastare. Simon non era nemmeno vivo, se era per quello. Ma soprattutto, Simon era simpatico. A Isabelle erano sempre piaciute le storie, forse perché gli shadowhunters credevano che ogni storia fosse vera. E quel diurno era l'unico che sapeva raccontarle storie bellissime che non conosceva già. La sua preferita era Star Wars, che parlava di una galassia lontanissima, dove alieni cattivi e buoni e umani convivevano insieme. Le ricordavano molto gli shadowhunters e alcuni Nascosti (alieni buoni), altri Nascosti e i demoni (alieni cattivi) e gli umani comuni, cioè i mondani. Ed era bellissimo trasferire tutto il loro mondo in un'altra galassia. Era come allontanare i problemi per un po'.

-Ti va di venire da me?- le chiese Simon.

-Da Jordan?- rispose lei. Simon viveva nell'appartamento di Jordan, un lupo mannaro della praetor lupus, insieme a Maia, la ragazza di Jordan (nonché ex di Simon). Il fatto che vivesse con Maia innervosiva parecchio Isabelle, che non perdeva perciò nemmeno un attimo per stare con il suo ragazzo.

-Sì, tanto lui e Maia sono usciti e...-

-Arrivo.- lo interruppe la ragazza, attaccandogli in faccia.
Isabelle si alzò dal letto, vestendosi in fretta, ma non senza cura. Un vestito nero che le arrivava a metà coscia, calze a rete, un maglioncino rosso scollato sopra il vestito, un paio di stivali. E ovviamente la collana con il rubino e la frusta al polso. Perfetto.
Uscì di camera, percorrendo i corridoi freddi dell'Istituto fino all'ascensore, dove incontrò Jace.

Stava parlando al cellulare, sorridendo. Probabilmente parlava con Clary. La salutò con un cenno e si diresse lungo il corridoio da cui era arrivata lei.


Quando arrivò davanti all'appartamento di Jordan, Isabelle bussò forte con le nocche.

Simon aprì quasi subito la porta, sorridendo. La ragazza si slanciò in avanti, circondandogli il collo con le braccia e baciandolo delicatamente sulle labbra.

-Ciao anche a te.- rispose Simon, con un mezzo sorriso. Isabelle rise, togliendosi il giacchetto scuro e buttandolo sull'attaccapanni.

Il ragazzo si sporse in avanti, togliendole dai capelli qualcosa.

-Hai la neve tra i capelli.- disse, con un sorriso.

Isabelle si maledisse per non essersi infilata un cappello, e sbuffò, incrociando le braccia al petto.

-Odio la neve.- disse, scuotendosi la cascata di capelli corvini per impedire che i fiocchi candidi si sciogliessero bagnandoglieli.

Simon sgranò gli occhi.

-Come odi la neve? È bellissima. E poi siamo vicini a Natale.- disse, allargando le braccia.

Solo in quel momento Isabelle notò che il salotto dell'appartamento di Jordan era pieno di scatoloni, mezzi pieni e mezzi vuoti. Scatoloni di addobbi. Isabelle riconobbe le lucine luminose che associava all'appartamento di Magnus e le stelle dorate che vedeva nelle vetrine di tutti i negozi. In uno scatolone c'era addirittura un pupazzo dell'omone vestito di rosso, con l'aria gentile e il sacco di pelle marrone sulle spalle.

La ragazza spalancò la bocca.

-Avete intenzione di addobbare la casa? Ma è una cosa da mondani.- esclamò.

Simon si imbronciò. Sembrava offeso.

-Fino a un anno fa pure io ero un mondano, certe cose non si dimenticano.- disse -E poi è sempre bella un po' di magia.- si bloccò, scrollando le spalle. -Un po' di magia buona e innocente, almeno.-
Isabelle si avvicinò allo scatolone, tirando fuori quell'odioso pupazzo.

-E questo qua chi sarebbe?- chiese.

Per poco a Simon non venne un colpo.

-Per..- le parole gli morirono in bocca. Simon si afferrò la gola e rantolò qualcosa. Isabelle dedusse che avesse provato a dire “Dio”. Il ragazzo si riprese. -Izzy, non conosci Babbo Natale?-

-Babbo Natale? Per l'Angelo, non ho mai sentito un nome tanto stupido.- esclamò, alzando gli occhi al cielo.

Simon scosse la testa, incredulo.

-Iz, Babbo Natale è l'eroe di tutti i bambini.-

-Il mio eroe era Jonathan Shadowhunters, da piccola. Poi fai te.-

Simon sbuffò.

-Non in quel senso. È il loro eroe nel senso che.. insomma, è la persona che gli fa i regali. È.. magico. Lo amano. E poi è dolce, simpatico..- iniziò, ma Isabelle lo fermò, sventolandogli una mano davanti al volto, per interromperlo.

-Ok, ok. Senti, non sono venuta fin qua per sentirti parlare della tua cotta segreta per Babbo Natale, o come diavolo si chiama. Quindi..- lo afferrò per il maglione verde bosco e lo tirò a sé, appropriandosi delle sue labbra fredde. Non avendo sangue nelle vene, o almeno, non sangue proprio, Simon tendeva ad essere spesso freddo. Ma in quel momento era proprio gelato, segno che non mangiava da un po'.

Isabelle gli passò la lingua sul labbro inferiore, prima di staccarsi per dirigersi nella stanza di Simon. Si sdraiò di slancio sul letto, trascinandosi dietro il ragazzo.

-Quand'è l'ultima volta che hai mangiato?- gli chiese lei.

I suoi occhi si adombrarono.

-Io.. sai che non mi piace.-
Isabelle per poco non gridò, frustrata.

-Simon! Sveglia. Sei un vampiro, bere sangue è quel che sei. Non importa se non ti piace o meno. Se non lo fai muori. Ed io non ho intenzione di vederti morire solo perché non ti va di bere un sacchetto di liquido rosso.- era furiosa.

Simon osservò le sue guance arrossate, i suoi capelli corvini sparsi sul cuscino, i suoi occhi scuri e determinati, le sue labbra carnose. Sentiva l'odore inebriante del suo sangue, ma non l'avrebbe morsa. Non questa volta, non avrebbe commesso di nuovo quell'errore.
L'immagine di Isabelle che gli mugolava contro, stringendosi a lui, mentre le succhiava il sangue dal collo gli tornò alla mente. Quell'immagine lo disgustava, lo faceva sentire un mostro. Eppure... eppure si ricordava della sensazione che aveva provato. Si era sentito vivo. E ad Isabelle non era dispiaciuto, quindi.. Si schiaffeggiò mentalmente, pensando a Maureen. No, non l'avrebbe fatto.

Isabelle, sotto di lui, lo strattonò per il maglione, guardandolo negli occhi.

-Fallo.- gli disse, con decisione.

Lui scosse la testa.

Isabelle vide tutta la forza che ci stava mettendo per trattenersi. Perché? Era un vampiro, era quello che faceva, bere sangue. Lei lo sapeva e lo accettava. Inoltre la scorsa volta era stato tremendamente eccitante.

La ragazza sbuffò, tirandosi a sedere e iniziando a spogliarsi. Si sfilò il maglioncino rosso e il vestito nero, rimanendo a petto scoperto, con il reggiseno rosso che le copriva i seni. Attirò il vampiro a sé, afferrandogli i capelli con decisione e facendogli avvicinare il volto alla sua pelle nuda. Simon alzò il volto di scatto, guardandola negli occhi.

-Izzy, no!- esclamò.

-Oh, andiamo.- la ragazza si gettò all'indietro, spargendo i capelli sul cuscino e sulle lenzuola. Sapeva che l'odore del suo sangue stava tentando Simon. Vide i canini spuntare, Simon provare resistenza, e poi il suo volto affondare sul suo collo. Il dolore del trapasso dei canini sulla vena del collo fu lancinante, ma poi sentì le labbra di Simon, e il sangue che le scorreva più veloce. Iniziò a gemere, mugolando sommessamente il nome di Simon, stringendogli forte la maglietta, attirandolo ancora più vicino a sé. Non voleva finisse mai. Circondò con le gambe il corpo teso di Simon.

Quando il vampiro si staccò, maledicendosi a mezza voce, Isabelle sbuffò.

-So che ti senti veramente vivo, così.- disse la ragazza, salendo a cavalcioni sul ragazzo.

Lui la guardò negli occhi. Stava quasi brillando, tanto il sangue della ragazza lo aveva rinvigorito.

-Mi ci fai cascare ogni volta, Iz.- disse, prima di catturarle le labbra con le sue, baciandola con trasporto. Le mani di Simon vagarono sulla schiena nuda di Isabelle, sfiorando le cicatrici in rilievo.
Quando Simon le sfilò le calze a rete, si abbandonò completamente contro di lui.

 

-Maia e Jordan non tornano, stasera?- chiese la ragazza, nuda, accoccolata contro Simon.

Il ragazzo sentiva il petto di Isabelle alzarsi e abbassarsi, premuto contro il suo. La pelle era sudata e calda. Le braccia del ragazzo la avvolgevano, carezzandole leggermente la schiena.

-Non lo so. E comunque non credo verranno in camera mia.- rispose Simon, con un sorriso.

Isabelle sorrise, incastrando il volto nell'incavo del suo collo.

-Mi racconti una storia, Simon?- chiese sulla sua pelle, in un soffio.

Simon appoggiò il mento sulla sua testa, sollevando gli angoli della bocca (prima uno e poi l'altro) in un sorriso.

-Certo.- rispose, continuando a carezzare la pelle nuda e i capelli di Isabelle.

-“Un tempo i bambini non avevano giocattoli. Giocavano con i ramoscelli, con le foglie, tra di loro. Non sapevano nemmeno che cosa fosse, un giocattolo. Al Signore tutto questo non piaceva. Voleva che i bambini fossero felici, così incaricò un vecchio uomo di trovare il modo di renderli felici. Quest'uomo, che viveva nel gelido Polo Nord, usò un po' della magia che il Signore gli aveva dato, per creare degli elfi. Questi elfi erano alti come soldi di cacio, avevano le orecchie appuntite, un'immaginazione enorme, ed erano tanto buoni e divertenti. Il capo degli elfi consiglio l'uomo di creare una fabbrica gigantesca, sotto i ghiacci del Polo Nord, per costruire qualcosa che potesse piacere ai bambini. Ogni elfo andò in giro per il mondo, a chiedere ai bambini che cosa volessero più di ogni altra cosa al mondo. Ognuno rispondeva con un giocattolo diverso: un trenino, un orsetto, un cucciolo, un libro, un carillon.. Quando gli elfi tornarono al Polo Nord trovarono l'uomo con un vestito nuovo: era rosso, fatto di pelliccia. La cintura e gli stivali erano di cuoio. Alle sue spalle c'era l'entrata della nuova fabbrica. Così iniziarono, l'uomo e gli elfi, a costruire giocattoli su giocattoli. Per abbellire il tutto portarono abeti altissimi all'interno della fabbrica, e li coprirono di palline colorate, lucine e immagini di angeli. Quando, il 25 dicembre, tutto fu pronto, l'uomo salì sulla slitta che si era costruito e ci attaccò dodici renne. Con la magia che il Signore gli aveva dato riuscì a far volare le renne, e la slitta prese il volo. L'uomo entrò in ogni casa, passando per i camini, e in una notte riuscì a consegnare i regali a tutti i bambini del mondo.

Quando, tornato al Polo Nord, seppe dagli elfi che i bambini, svegliandosi, erano stati felicissimi, e che avevano iniziato a chiamarlo Babbo Natale, l'uomo sorrise.
Da quel giorno i bambini iniziarono a credere nella magia, e ogni anno aspettavano il 25 dicembre con impazienza.-
*
Simon finì di raccontare, e si rese conto che Isabelle lo stava guardando con i grandi occhi scuri, incuriosita. La ragazza avvolse le gambe nude al ragazzo, premendo il suo bacino contro quello di Simon.

-Allora è per questo che tutti credono a Babbo Natale? Perché dona la felicità?-

-Così mi hanno raccontato da piccolo.-

Isabelle scrollò le spalle.

-Noi shadowhunters non crediamo nella felicità facile.- Isabelle si interruppe, mordicchiandosi il labbro inferiore, guardando il suo ragazzo. -Però..- sorrise. -Però è una bella storia, e forse ci credo. In Babbo Natale, intendo.-
Simon rise, scompigliandole i capelli corvini.

-Tutti credono in Babbo Natale.- disse, prima di baciarla.

 



*questa "versione" della storia di Babbo Natale se l'è inventata la mia mente malefica, non so se esiste già, ma io non l'ho mai trovata, e me la sono inventata sul momento.




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ANGOLO DI ONE.
Inizio con il dire che è la prima raccolta che pubblico, che la farò sulle coppie presenti nella descrizione, e che non so da dove mi è venuta l'idea.
È una cosa un po' patetica, lo so. La classica fan fiction noiosa sulle coppie durante il periodo natalizio e bla bla bla. So che è noiosa, e per questo nessuno la leggerà, ovviamente. Solo che mi andava l'idea di scrivere qualcosa del genere. Insomma, mi sembra una cosa troppo tenera, no? No.
Comunqueee. Questo capitolo parla dei Sizzy, che amo con tutta me stessa.
Non so come è venuto, ho scritto tutto in mezz'ora e l'ho riletto di fretta e furia solo una volta, quindi mi aspetto le vostre recensioni, anche negative, per sapere che ne pensate.
Il prossimo capitolo sarà sui Clace, e ancora non ho iniziato a scriverlo.
Ho intenzione di finire tutte le os da qua a Natale, ma non so se ce la farò, con tutti gli impegni che ho. Se non ce la faccio da qua a Natale, giuro che mi impegnerò di farcela da qua alla fine delle vacanze di Natale.

Vi lascio, fatemi sapere che ne pensate.

Bacioni,
One

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Capitolo 2
*** Angel of snow ***


 

ANGEL OF SNOW
CLARY-JACE


Clary era seduta alla scrivania della sua camera, in casa di Luke.

Di fronte aveva un foglio bianco, e in mano un lapis appuntito. Continuava a rigirarsi la matita tra le mani, guardando nel vuoto.
Era mezz'ora che se ne stava là immobile, in cerca di un barlume di ispirazione.
Di solito i disegni le venivano spontanei come respirare. In effetti, disegnava le cose per cui respirava. Sulle pareti della piccola camera c'erano disegni colorati o nero su bianco di tutte le persone che amava. C'era un primo piano di sua madre, sorridente e con la crocchia tenuta ferma da un pennello. C'era sua madre vestita da sposa, a braccetto con Luke: gli unici colori di quello schizzo erano l'oro del vestito di Jocelyn e l'azzurro splendente degli occhi di Luke. C'era Isabelle, sdraiata sul letto con le mani all'indietro a sostenerla, le gambe accavallate: aveva dei tacchi vertiginosi e la minigonna, i capelli raccolti in una lunga treccia e un sorriso distratto sulle labbra. C'era Simon, con una maglietta verde stropicciata, gli occhiali storti sul naso e il sorriso stanco. C'erano Magnus e Alec, per mano: Magnus guardava con amore il suo ragazzo, che aveva le gote arrossate (Clary amava quel suo disegno, era così reale). C'erano Alec e Jace dai capelli e gli occhi dorati, con il sorriso per cui lei moriva, con la tenuta da Cacciatori, spade angeliche in mano. Il suo preferito in assoluto era il mezzo busto di Jace, con le braccia incrociate sul petto muscoloso, il volto dai capelli dorati all'indietro, e un paio di splendenti ali angeliche sulle spalle. E poi c'erano immagini del piccolo Max, con un fumetto in mano, di Maia e Jordan abbracciati, di lei e Jace a Central Park, in autunno. Quei disegni nascevano sui fogli come se volessero prendere vita, quasi come se non fosse lei a crearli. Erano spontanei.

Eppure, in quel momento non aveva un briciolo di ispirazione.
Sbuffò frustrata, lanciando il lapis contro il muro e alzandosi dalla sedia. Si gettò sul letto, inarcando le sopracciglia, quando sentì il cellulare squillare.

Guardò fuori dalla finestra. La nevicata era finita, lasciando un manto spesso di neve per tutte le strade. La brina incorniciava i bordi dei vetri appannati dal freddo. Clary amava la neve più di ogni altra cosa. Non amava particolarmente il Natale: erano più sua madre, Luke e Simon, quelli che avevano sempre voluto festeggiarlo. Clary non credeva in Babbo Natale, ma le piaceva pensare che, almeno un giorno all'anno, ci fosse ovunque un po' più di bene nel mondo. Rispose al cellulare, senza controllare il nome stampato sul display.

-Scricciolo- era Jace. La sua voce ironica e calda la inondò, facendola sorridere.

-Jace.- esclamò lei, sorridente. -Come va?-

-Stavo camminando a Central Park, e c'è una neve che arriva al polpaccio, quindi tu ne saresti sommersa.- rise, e Clary roteò gli occhi. -Però.. beh, pensavo fosse carino fare una passeggiata, io e te. Che ne pensi?-

Si avvicinò alla finestra, aprendola, e sentendo un freddo terribile pungerle la pelle. Un brivido le corse per tutto il corpo. Guardò il cielo bianco, e sospirò.

-Arrivo tra dieci minuti, aspettami alla radura.- disse.


La “radura”, per le precisione, era il luogo in cui gli shadowhunters si allenavano all'aperto. Non d'inverno, con quella neve e quel gelo, ovviamente, ma d'estate. Clary scansò un Babbo Natale finto che si stava avvicinando con un sorriso per chiedere qualche spicciolo, e addio al fatto che Babbo Natale non chiede niente, ma dà e basta a chiunque.

Si infilò le piccole mani gelate nelle tasche del cappotto marrone, socchiudendo gli occhi per non permettere al vento di gelarle pure quelli.

Si stavo guardando attorno, chiedendosi dove fosse andato a finire Jace, quando, dall'alto, sentì una voce. Alzò lo sguardo. Jace era appollaiato sopra il ramo di un albero, con le gambe penzoloni. La guardava da lassù, con gli occhi dorati e i capelli arruffati. Sorrideva, e Clary pensò che sembrasse un angelo come non mai.

-Sembri ancora più piccola, vista da quassù.- le disse lui, facendo un salto che avrebbe tramortito un comune mondano e atterrando perfettamente incolume davanti a lei. -Ma sei sempre bellissima.- concluse, baciandole le lentiggini e poi il naso gelato.

Lei scrollò le spalle.

-Spero tu abbia un buon motivo per avermi fatta uscire di casa con questo freddo per..-

-Per incontrarmi.- disse lui, come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
La bocca di Clary si socchiuse leggermente. Affilò lo sguardo.

-Potevamo incontrarci ovunque.- disse, battendo i denti.

Jace si avvicinò ancora, abbracciandola. Il freddo pungente che aveva sentito fino a pochi attimi prima abbandonò Clary. La ragazza si lasciò sopraffare dal calore di Jace, dal fuoco che sentiva nei punti in cui la pelle calda di lui toccava la sua.

-La maggior parte delle ragazze qua fuori morirebbe per incontrarmi sotto la neve, e tu ti lamenti.- disse Jace, soffiandole sull'orecchio.

Clary sorrise.

-Io non sono certamente una delle comuni ragazze qua fuori.- rispose, scansando Jace con una spintarella e incrociando le braccia al petto. Il suo ragazzo sorrise.

-Lo so.- disse, avvicinandosi nuovamente. -Secondo te perché ti amerei, altrimenti?- domandò, posandole le labbra calde sulla guancia.

Clary affondò le mani nei suoi capelli dorati, mentre la bocca di Jace scendeva sulle sue labbra. Il bacio da casto e leggero aumentò per calore, forza, ardore. Le loro bocche si muovevano una sull'altra con una sintonia ormai spontanea, come respirare, come i disegni di Clary. Le mani di Jace la afferrarono per il retro delle cosce, permettendo a Clary di sollevarsi per circondargli la vita con le gambe. Clary si slanciò in avanti con forza e passione, sbilanciando Jace, che cadde sulla neve con un tonfo leggero.

I due si staccarono l'uno dalle labbra dell'altra, ridendo.

-Ecco la piccola furia che mi piace tanto.- disse Jace, sorridendo. Clary gli fece la linguaccia, alzandosi in piedi. Jace stava per seguirla, quando la ragazza lo bloccò.

-Aspetta.- esclamò, allungando una mano aperta in avanti, come a volerlo bloccare se avesse provato ad alzarsi.

Osservò il suo ragazzo sdraiato nella neve, con i capelli biondi sparsi su un manto bianco, l'espressione, di solito impassibile, confusa e divertita, le labbra socchiuse, le braccia allargate ai lati del corpo. Clary lo inquadrò per qualche secondo, e Jace sbuffò.

-Insomma, che cos..?-

Clary fece un saltello, sorridente.

-Oh sì, è perfetto. Aspettami qua, esattamente come sei, non ti muovere.- disse, senza aspettare una risposta. Corse fino alla metro più vicina, tamburellando con le dita sui vetri.

Quando fu davanti casa sua, volò quasi su per le scale, afferrò il quaderno dei disegni ed il lapis gettato contro la parete, e corse nuovamente in strada, fiondandosi nell'abitacolo affollato della metro.

Guardò l'orologio: dieci minuti. Probabilmente Jace stava gelando, ma Clary non poteva perdersi quell'ispirazione improvvisa. Aveva visto Jace sdraiato sulla neve, e se l'era figurato come un angelo. Forse perché, da piccola, lei e Simon si sdraiavano sempre nella neve, muovendo braccia e gambe per formare angeli di neve.

Si guardò intorno, battendo un piede a terra per la fretta. C'erano vecchiette con buste enormi di regali impacchettati tra le mani, un paio degli odiosi Babbi Natale finti, dei bambini avvolti in cappotti enormi e sciarpe che arrivavano fin sopra il naso, per mano con i genitori. Natale. Quella parola fuoriusciva da ogni poro. Dalle risate che si scambiavano le persone, dalla musica natalizia che fuoriusciva dalle casse della metro, leggera.

Finalmente Clary arrivò a destinazione, e si rimise a correre come una furia, avvantaggiata da una frettolosa runa della velocità che si era fatta sul braccio con lo stilo.

Quando vide Jace, sdraiato nella neve, che parlava con una ragazza alta e bionda, la gelosia la oppresse. Clary strinse il quaderno e il lapis talmente forte tra le mani, che le nocche le divennero bianche. Si avvicinò a passo di marcia a Jace, liquidò la biondina con un “questo è il mio ragazzo”, e poi lanciò un'occhiataccia ad un, chiaramente, congelato Jace.

-Come mai parlavi con quella tipa?- chiese lei.

-Sai com'è: è un quarto d'ora che sto sdraiato nella neve, e quella si è incuriosita. Mi ha chiesto che stavo facendo, e io le ho detto che sotto la neve in realtà c'è una panchina, e che io sto sdraiato su questa panchina a guardare le nuvole.- disse ironicamente.

Clary rimase a bocca aperta, poi scosse la testa.

-Comunque, resta fermo ancora qualche minuto, devo farti il ritratto.-

Questa volta fu il turno di Jace di spalancare la bocca.

-Mi vuoi dire che.. mi vuoi far stare mezz'ora a congelarmi le mie divine chiappe nella neve, solo per un disegno?- chiese, stizzito.

-Uno: le tue chiappe non sono divine. Due: certo che sì.- rispose Clary, senza degnarlo di altre parole. Si sedette a gambe incrociate davanti a lui, lanciandogli occhiate svelte, per poi fiondarsi sul foglio della pagina, la matita in mano.

Dopo dieci minuti sorrise, osservando il foglio.

-Ecco, ora puoi alzarti.- disse, tirandosi su a sua volta, scuotendosi la neve gelata dai pantaloni. Jace si alzò in un attimo, battendo i denti.

-Sei pazza, Clarissa, lasciatelo dire.- disse, mentre si toglieva di dosso la neve. Niente da fare, aveva il retro del cappotto a i pantaloni completamente bagnati e i capelli mezzi.

Clary scrollò le spalle.

-Però è venuto bene. Cioè.. è venuto veramente, ma veramente bene. È la prima volta che riesco a riportare il tuo lato ironico, dolce, arrabbiato, divertente, sicuro di sé e impassibile in un solo disegno.-

Era vero. Clary non era mai riuscita a disegnare veramente Jace. Ma ora.. eccolo lì. Il disegno a matita leggera, di un Jace sdraiato, come un angelo di neve, con i capelli sparsi intorno al volto, la sua solita espressione sul volto, un angolo della bocca alzato in un minuscolo sorriso ironico, le braccia e le gambe larghe. Era veramente orgogliosa di quel lavoro. Lo mostrò a Jace.

-Sembri un angelo.- disse.

Jace scosse la testa, sorridendo.

-Oh, no, Clarissa. Io sono un angelo.- disse, prima di baciarla. -E ora mi porti a casa tua, così mi faccio una doccia. Calda, rigorosamente calda.-

Clary rise.

 

Quando furono a casa di Clary Jace gettò il cappotto sull'attaccapanni, e poi corse verso il bagno, rabbrividendo. Clary si sedette sul bauletto in mezzo al corridoio, ma Jace si affacciò dalla porta del bagnetto, guardandola con un sopracciglio inarcato.

-Oh no, scricciolo. Dopo avermi fatto gelare in mezzo alla neve, ora ti meriti una punizione.- disse.

Clary roteò gli occhi, alzandosi e raggiungendolo in bagno.

-E dimmi, quale sarebbe la tua punizione?- chiese, mentre lui si sfilava il maglione, lasciando il petto muscoloso segnato da rune e cicatrici scoperto.

Clary si mordicchiò un labbro, dondolandosi sul posto.

-Ma come? Non te la immagini?- chiese, avvicinandosi a lei e iniziando a baciarle il collo coperto dal colletto alto della maglia. Jace sbuffò, sfilandole ogni indumento con velocità, carezze e baci sulle labbra. Si sporse per aprire l'acqua della doccia, e mentre si toglieva le scarpe e i pantaloni Clary si avventò sulle sua labbra, finché, indietreggiando, non finirono nella doccia bollente. Le mani di Jace passarono per tutto il corpo di Clary, avvinghiato al suo, e quando si liberò anche delle mutande, rimaste l'unico indumento a frapporsi tra i due, il calore della doccia sembrò quasi gelato, rispetto al calore che emanavano i loro corpi.

 

Clary e Jace erano sdraiati sotto le coperte del letto di Clary, con solo la biancheria intima addosso. Le mani di lui continuavano a carezzarla, mentre lei sorrideva.

Clary continuava a pensare a lei, a Jace, all'atmosfera nella doccia. E poi passò a pensare inaspettatamente all'atmosfera del Natale, alle lucine brillanti, agli abeti addobbati.. Si ricordò dei Natale che aveva festeggiato da bambina. Alcune volte era andata a casa di Simon che, anche se era ebreo, festeggiava sempre quella festa. Simon e Rebecca, sua sorella, avevano sempre creduto fermamente in Babbo Natale. Clary non ci aveva mai pensato veramente. Che esistesse o meno, a lei il Natale non piaceva granché.

Poi pensò a Jace. Lui come lo passava, il Natale? O meglio, lo festeggiava?

-Tu credi nel Natale?- si sentì dire Clary, dando voce ai suoi pensieri.

Jace aggrottò le sopracciglia, per poi rispondere.

-Noi shadowhunters non lo festeggiamo mai, il Natale. Non crediamo alle feste mondane. Ricordo che, quando vivevo con Valentine, nemmeno sapevo che cosa fosse. Ma poi, dai Lightwood, c'era Max. Maryse ha sempre raccontato più storie a Max, che a me, Izzy e Alec. Lo coccolava di più, forse lo amava addirittura di più. Come se..- deglutì, e il suo sguardo si incupì. -..come se sapesse.- concluse. -Comunque, Isabelle aveva sempre odiato il Natale, e Alec era troppo occupato a rispettare la regola che le feste dei mondani non sono le nostre feste, quindi per festeggiare con Max rimanevo solo io. Non credo di.. credere in Babbo Natale, o cose del genere. Ma amo l'atmosfera, l'allegria. So che è falsa, che dura un solo giorno all'anno, ma è bello. È bello vedere che, anche se solo per un giorno, i mondani provano a vivere in pace.- si fermò, lo sguardo fisso sui capelli rossi di Clary.

Lei rimase immobile, riflettendo sulle parole di Jace, poi sorrise debolmente.

-È proprio come la penso io.- rispose. -E quest'anno..- si incupì pure lei, maledicendosi per aver tirato in ballo l'argomento -..senza Max.. come lo festeggerai, il Natale?-

Jace scrollò le spalle. Tra pochi giorni sarebbe stato il 25 dicembre. Gli shadowhunters vivevano alla giornata, e quindi Clary dubitava che già lo sapesse.

-Non ne ho idea. Con te, probabilmente.- poi sorrise. -Ma di sicuro non mi metterò a fare l'angelo nella neve.-
Risero insieme, per poi riprendere a baciarsi, come se ogni volta, per quanto tempo lo facessero, e per quanto intenso fosse, non bastasse mai.





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EHI, PEOPLE.
eccomi qua, con il secondo capitolo di questa fan fiction natalizia.
i clace. ah, quanto sono teneri.. non so se sono riuscita a rendere veramente onore a questa coppia, dato che negli ultimi due libri mi sono un po' distaccata da loro perché.. boh, perché la mia mente perversa e malvagia è molto, ma molto, strana.
comunque, eccovi i clace. spero mi facciate sapere che cosa ne pensate, lalala
il prossimo capitolo sarà sui malec. MALEC. MALEC. MALEEEEC. quei due sono la mia coppia preferita, quindi aspettatevi qualcosa di grosso (oppure no.. boh, ancora devo scrivere)
by the way, mi dileguo
bacioni a tutti,
one

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Capitolo 3
*** Christmas lights ***


 

CHRISTMAS LIGHTS
MAGNUS-ALEC

 

Alec si stiracchiò sul letto, allungandosi. Aprì lentamente gli occhi, guardandosi attorno.

Era in camera sua, all'Istituto. La luce rossastra del tardo pomeriggio filtrava dalle tende delle finestre. Quella notte e quella mattina era stato con Jace e Izzy a caccia di demoni, nelle vicinanze del Pandemonium. Avevano distrutto il branco di demoni dopo una svelta battaglia, e poi avevano dovuto cercare i superstiti per ore, con la neve che intralciava i movimenti, ma che rivelava le tracce evidenti dei mostri bavosi. Ovviamente lui e Jace si erano sporcati da capo a piedi, mentre Isabelle era rimasta linda e pulita come dopo un trattamento di bellezza. Sembrava quasi che sua sorella fosse in un film, dove nessuno si sporca mai per davvero.

Quando, quella mattina tardi, erano tornati all'Istituto, Alec era corso in camera, buttandosi sul letto e addormentandosi come un sasso.

Il ragazzo si alzò, sfilandosi i vestiti sporchi di sangue e bava e bagnati di neve, e andò a farsi una doccia veloce. Alec amava le docce, soprattutto le docce con Magnus.
Magnus.

Era una settimana che non vedeva il suo ragazzo. Lo stregone era sempre stato impegnato. Alec non sapeva a fare che cosa. Forse voleva dimenticarlo, allontanarlo. Il cuore si strinse nel petto del ragazzo.

Con quel pensiero fisso in testa come un chiodo si vestì, categoricamente in nero, e si diresse alla cucina per mangiare qualcosa. All'interno c'era Jace, con i capelli e gli occhi dorati, che mangiava del cinese da asporto seduto sul lungo tavolo. Alec impallidì quando gli vide accanto il suo cellulare.

-Jace.- disse brusco Alec. -Come mai hai il mio cellulare?- chiese, avvicinandosi. Jace alzò lo sguardo, con la stessa espressione neutra che ormai Alec conosceva bene. E la conosceva abbastanza bene da scorgerci un sorrisetto malizioso sotto.

-Me l'ha dato Izzy perché te lo dessi, l'hai perso stamani. E ti è arrivato un messaggio veramente hot dal tuo Magnus.- disse il ragazzo, afferrando il cellulare e lanciandoglielo contro.
Le guance di Alec si colorarono violentemente di scarlatto, mentre afferrava il cellulare e si metteva a leggere l'ultimo messaggio ricevuto dallo stregone: “Fiorellino, scusa se sono stato tanto impegnato in questi giorni, ma è stata per una cosa importante.. una specie di sorpresa. Che ne dici di venire da me oggi per “mettere in atto” questa sorpresa? Anzi, se ti faccio la richiesta su domanda non vieni: con te ci vogliono le maniere dirette, vero Alexander? Quindi: stasera vieni. Alle sette. Una marea di baci, Magnus.
P.s. Mi sei mancato.”

Alec socchiuse le labbra, rimanendo a bocca aperta, guardando un po' il cellulare, un po' Jace, diventando se possibile ancora più rosso. Jace rise, della risata che il suo parabatai aveva sempre amato. Prima che arrivasse Magnus, almeno.

Alec vide Jace alzarsi leggermento, avvicinandosi a lui.
-A dopo Fiorellino.- sussurrò al suo orecchio, per poi uscire svelgo dalla stanza.

 

Quando arrivò sotto l'appartamento di Magnus, Alec era ancora frastornato dalle parole del suo parabati. Guardò il campanello dorato poso sotto alla scritta “Bane, e un brivido lo percorse per tutto il corpo quando si rese conto che, sotto il cognome Bane era stato aggiunto un: & Lightwood.

Alec avvampò dalla punta dei piedi alla radice dei capelli, ed ebbe quasi paura che il suo calore avrebbe sciolto la neve.

Suonò, dato che si era dimenticato le chiavi, e la voce calda di Magnus lo riempì dall'altoparlante.

-Chi è?-

-Alec.- rispose il ragazzo, con un groppo in gola, ancora rosso in volto.

-Fiorellino, non hai le chiavi?- chiese Magnus, con la voce vellutata.

-Me le sono dimenticate.- ammise.
Sentì Magnus ridacchiare. -Sali.- gli ordinò, per far scattare poi la serratura.
Alec salì a corsa i gradini che portavano davanti alla porta dell'appartamento di Magnus. La porta, socchiusa, era dipinta di rosso, e un cerchietto di legno e vischio era attaccato sul centro. Alec scosse confuso la testa, spingendo la porta ed entrando nell'appartamento.

Rimase a bocca aperta osservando la stanza.

I muri erano colorati ognuno in modo diverso. Sul soffitto erano dipinte nuvole grondanti fiocchi di neve, e sulle quattro pareti della stanza c'erano un bosco innevato, l'interno di una casa, con un albero di Natale illuminato da luci natalizie, pieno di palline e decorazioni e circondato da regali, Babbo Natale sulla sua slitta trainata dalle renne volanti che Alec ed Izzy prendevano sempre in giro da piccoli. Alec non riuscì ad osservare l'ultimo dipinto, perché venne travolto da Magnus, che gli affondò il viso nell'incavo della spalla in un abbraccio all'odore di pittura per pareti.

Alec ricambiò titubante, passando una mano fra i capelli pieni di gel dello stregone.

-Magnus.- sussurrò Alec, facendo un passo indietro.

Magnus alzò lo sguardo, sorridendo e baciando delicatamente le labbra di Alec.

-Alexander, mi sei mancato.- ammise, carezzandoli una guancia arrossata con la mano liscia.

Il ragazzo fece un altro passo indietro, riuscendo finalmente a guardare l'ultimo disegno: erano lui e Magnus, vestiti l'uno da renna e l'altro da Babbo Natale, sorridenti e abbracciati.

La bocca di Alec si spalancò automaticamente.

-Che cosa sta succedendo?- chiese, cercando di non gridare.

Magnus sorrise ironicamente.

-Oh, ecco la sorpresa: sto addobbando la casa per Natale, mi vuoi aiutare?- il sorriso dello stregone si allargò.

-Non dirmi che mi hai tenuto lontano una settimana per..- Alec deglutì, allargando le braccia per indicare le pareti. -..per questo?-

Magnus aggrottò le sopracciglia, visibilmente sorpreso.

-Questo? Alexander, questo si chiama Natale, ed è la festa mondana più incredibile che esista. Senza contare il fatto che, di mondano, non ha nemmeno troppo. Il vecchio Natale esiste veramente, è un mio vecchio amico.-

-Non mi interessano tutte le tue amicizie.- rispose brusco Alec -Solo.. tu festeggi il Natale? È così stupido. Noi nephilim..-

-Voi nephilim non credete che tutte le storie siano vere?- domandò Magnus, appoggiandosi alla parete occupata dal loro dipinto gigante.

-Sì, ma..- Alec sbuffò, posandosi le mani sui fianchi stretti.

Sentì la risata dello stregone, mentre prendeva le mani del ragazzo e se le portava sulle spalle.

-Lo dico sempre che tu pensi e parli troppo. Lasciati andare.- soffiò Magnus nell'orecchio di Alec, provocandogli un brivido.

Alec deglutì per l'ennesima volta, staccandosi dallo stregone.

-Non ho idea di come si addobbi una casa per Natale.- ammise Alec, abbassando lo sguardo. Le sue guance si colorarono di rosso per l'aver ceduto così presto alle insistenze del suo ragazzo.
Magnus rise, battendo le mani.

-Oh cielo, sei messo peggio di quel che credevo.- esclamò Magnus. -Non ti preoccupare piccolo, io sono un maestro in queste cose.-


Alec non sapeva che si dovevano mettere abeti veri in un angolo di ogni parete, alti quasi fino al soffitto. Né che questi abeti andassero riempiti di palline multicolori, angioletti, brillantini, perline, glitter, piccole candele magiche. E nemmeno che sotto questi abeti andassero creati presepi pieni di statuine di pescatori, mercanti, bambini e vecchi, tutti in corsa verso la capanna di Maria e Giuseppe. E nemmeno che a ogni porta andasse messo un rametto di vischio. E nemmeno che il pavimento doveva essere riempito di brillantini rossi.
La cosa che lo fece impazzire di più, però, furono le lucine colorate.

-Magnus che.. che cosa sono queste?- chiese Alec, tirando fuori da uno scatolone un filo verde pieno di lampadine rosse, verdi, gialle, blu e rosa. Magnus sorrise.

-Ah, eccole. Sono le lucine di Natale, le mie preferite.- disse. -Quelle sono le più classiche, se cerchi a modo trovi anche le altre.- indicò con noncuranza la scatola, concentrandosi nel frattempo su una statua gigante di una renna con il naso rosso, che non sapeva dove posizionare. Continuava a borbottare tra sé che tutte e dodici le renne non ci sarebbero mai entrate, nell'appartamento, figurarsi la slitta! Alec non aveva idea di quale slitta stesse parlando.

Si osservò le mani piene di cicatrici, ricoperte di brillantini rossi e dorati, incastrati tra le unghie corte. Sorrise. Prima di conoscere Magnus non avrebbe mai nemmeno pensato di fare una cosa del genere. Di festeggiare una stupida festa mondana.

E invece eccolo lì, ad attaccare ad abeti altissimi stelle dorate e palline di vetro brillanti, e a cercare fili di lucine natalizie in scatoloni ammuffiti.

Tirò fuori il primo filo di lucine, quelle classiche, e le posò sul pavimento. Quando vide le altre rimase a bocca aperta.

Un sottile filo bianco, ricoperto di piccole lucine dei colori dell'arcobaleno, ognuna racchiusa in una lampadina minuscola di forma diversa: pupazzi di neve, stelline, cerchi di vischio, abeti, piccole renne, folletti dai cappelli a punta.

Si girò verso Magnus.

-Sono queste, le altre lucine?- chiese, alzando il filo. Gli occhi a gatto dello stregone si illuminarono. Schioccò le dita, e le luci si accesero, scoppiettando, nevicando, brillando.

-Oh, ma che capolavoro. Non me le ricordavo così stupende.- esclamò Magnus.

Alec aveva notato che, nell'addobbare la casa, Magnus era allegro come un bambino. Si divertiva a riempirsi di polvere e brillantini, a sporcarsi le mani di tinta rossa e a bucarsi con gli aghi degli abeti. Magnus odiava sporcarsi le mani, faceva sempre tutto con la magia. Eppure in quel momento aveva lasciato la magia da parte, e si era buttato nel spostare statue di renne con la sola forza fisica. Alec non l'aveva mai visto così scoppiettante di felicità.

-Per l'Angelo, Magnus. Datti una calmata.- sbottò il ragazzo.

-Andiamo, Alexander, non lo senti lo spirito natalizio?- cinguettò Magnus, alzando un dito e chiudendo gli occhi, come in ascolto. Alec tese le orecchie, ma non sentì niente. Provò anche a chiudere gli occhi, infastidito. Quando li riaprì Magnus era davanti a lui, con un sopracciglio pieno di glitter alzato, i capelli pieni di gel ormai un misto di rosso, verde e oro, una guancia macchiata di tinta argentata e gli occhi pieni di energia.

Alec roteò gli occhi, alzandoli al cielo.

-Non ci posso credere.- esclamò.

Magnus rise per la centesima volta in poche ore, e prese dalle mani di Alec il filo di luci, iniziando a sistemarlo attorno ad uno degli abeti.

-Coraggio Fiorellino, dammi una mano. Prendi lo scaleo, così mettiamo le luci in cima.- gli ordinò Magnus, ed Alec obbedì.

Salì sulle scale traballanti, fino a toccare il soffitto con la testa, e si fece passare le luci da Magnus. Si sporse per avvolgere un capo del filo attorno alla stella, e in un istante si ritrovò a cadere verso il pavimento cosparso di brillantini, seguito a ruota dal filo di lucine, che gli si avvinghiarono attorno.

-Per tutti i gatti.- esclamò Magnus, cercando di afferrarlo, ma ritrovandosi schiacciato a terra con un tonfo sordo, intrappolato nelle stesse luci che intrappolavano anche Alec.

Da parte sua, il nephilim si stava agitando come un pesce fuor d'acqua, cercando di liberarsi le braccia e le gambe.

Le labbra di Magnus si incurvarono verso l'alto. Scivolò verso Alec, e, sempre intrappolato dai fili, gli montò cavalcioni. Alec spalancò gli occhi, alzando lo sguardo su Magnus.

-Che cos..?- iniziò a chiedere, prima che la bocca di Magnus catturasse la sua in un bacio da dolce sempre più bisognoso. Alec mugolò di piacere quando sentì i fianchi eccitati di Magnus premere con una spinta contro i propri. Le mani di Alec si strinsero attorno alla schiena coperta dalla maglietta ormai sporca di Magnus.

-Te l'ho detto che amo le luci natalizie.- sussurrò lo stregone, separandosi da Alec quel tanto che bastava per fargli schioccare le dita. I loro vestiti erano scomparsi.

Alec arrossì violentemente.

-Odio quando fai così- borbottò, cercando di evitare lo sguardo felino di Magnus.

Sentì le dita affusolate dello stregone afferrargli il mento, girandogli il volto verso di sé. Sorrise.

-Non capirò mai il motivo per cui, dopo tutto questo tempo, ancora ti vergogni di farti vedere da me.- disse Magnus, osservando il corpo nudo sotto di sé per far rendere bene il concetto ad Alec. -Sei perfetto, fiorellino, anche con i brillantini rossi attaccati ovunque e le luci scoppiettanti che ti avvolgono.-

Le guance di Alec si colorarono, se possibile, di un rosso ancora più intenso.

-Ehm.. grazie, credo.- borbottò, facendo sorgere la risata di Magnus.

-Amo.- disse lo stregone, baciandogli le labbra velocemente. -Il.- un altro bacio. -Mio.- Magnus ricalcò con la voce quella parola, baciandolo con frenesia. -Piccolo.- sorrise, avvertendo il bacio ricambiato con passione da Alec. -E timido.- quando si era staccato per parlare Alec aveva mugolato contrariato, alzando la testa per cercare ancora le labbra dello stregone. -Alexander.- concluse Magnus, tuffandosi sulle labbra forti e confortanti del suo nephilim.

Alec mugolò, sotto i baci morbidi di Magnus, passando le mani sul suo ventre piatto. Allacciò le gambe, per quanto i fili intrecciati glielo permettevano, attorno alla schiena di Magnus, aspettando le sue spinte eccitate, il suo amore, la sua passione.

 

Alec non si era accorto di essersi addormentato, finché non si risvegliò nel salotto buio, illuminato solo dalle luci dorate delle palline, delle statuine in movimento, e delle lucine che circondavano il suo corpo e quello di Magnus, legandoli insieme. Il ragazzo rimase qualche minuto ad osservare i riflessi rossi, verdi, blu, sulla pelle morbida di Magnus. Rimase incantato dai suoi muscoli appena accentuati illuminati di oro, dai suoi capelli pieni di glitter illuminati di rosa, dalle sue palpebre truccate di giallo illuminate dal verde delle lucine.

Allungò una mano che gli era rimasta intrappolata dietro la propria schiena, e carezzò lentamente la guancia dello stregone.

Alec non credeva nel Natale, in Babbo Natale, in tutte le stupidate mondane di cui avevano riempito quella casa. L'unica cosa in cui credeva, in quel momento, era l'amore di cui avevano riempito quella casa.

Nessun “Fiorellino” detto da Jace poteva eguagliare quelli detti da Magnus, il suo modo di scandire lentamente ogni sillaba, di guardarlo sempre negli occhi, mentre parlava, erano unici. Quando arricciava il naso sotto i suoi baci, quando gli passava le mani delicate per tutto il corpo, quando gli sorrideva con la bocca, gli occhi e il cuore.. Alec sapeva che quel sorriso era stato per tante persone, ma non gli importava. Adesso era solo per lui.

Le palpebre di Magnus sbatterono un attimo, prima di aprirsi. Sbadigliò, incurvando la bocca in alto come fanno i gatti, e puntò l'oro dei suoi occhi nell'azzurro di quelli di Alec.

-Alexander.- disse, con la voce impastata dal sonno. Alec sorrise, e strinse a sé Magnus, che incastrò la testa nell'incavo del suo collo. Gli lasciò una scia di baci leggeri sulla pelle calda, facendolo rabbrividire, quindi si riaddormentò.

Alec guardò fuori dalla grande finestra circondata dalle tende rosse e addobbate il cielo notturno. Solo per una manciata di secondi, gli sembrò di vedere saettare una slitta, trainata da dodici renne.

Tutte le storie sono vere” si disse, prima di riaddormentarsi con la guancia solleticata dai capelli di Magnus.


 


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SCUSATE, SCUSATE, SCUSATE IL RITARDO, DAVVERO!
So che avrei dovuto aggiornare secoli e secoli fa, ma proprio non avevo ispirazione, nè tempo. Mi dispiace di avervi fatto aspettare tanto, anche perché non ho mai avuto delle recensioni più dolci delle vostre per questa storia, vi amo. (Cure Ari, se noti ho messo anche un piccolo momento Jace+Alec. Non è niente di che, ma ho provato a fare qualcosa, come mi avevi detto)
Comunque, alla fine ce l'ho fatta, ed eccovi la Malec.
Amo da morire questa coppia, ma, a differenza della Sizzy e della Clace che ho pubblicato, mi sembra di aver fatto una schifezza (più del solito, intendo). Magnus è troppo sdolcinato e natalizio, e Alec.. boh, forse Alec va bene, ma non mi convince.
In tutti i casi, siete voi che dovete dirmi che ne pensate. Grazie ancora per le scorse recensioni, ne aspetto altre <3
Bacioni,
One

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Capitolo 4
*** Present(s) ***


Allora, ehm.. mi vergogno, ma sono sempre qua.
Il periodo natalizio è passato da un secolo, ma sto scrivendo una ff sul Circolo, e questo capitolo è su Jocelyn e Luke e quindi.. boh, mi è tornata l'ispirazione. Quindi, anche se non siamo in periodo, eccovi questo capitolo. Non so chi ci sarà qua a leggerlo, anche perché.. boh, fa un po' pena.. ma se non vi dà fastidio avverto coloro che hanno già recensiro.. mm, vi darà sicuramente fastidio, ma pazienza.
Non so se gli ultimi due li pubblicherò presto. Quello su Maia e Jordan non mi ispira, anche perché in questo momento non so cosa scrivere, ma quello su Robert e Maryse ce l'ho in mente da Natale e, se riuscirò a scriverlo come ce l'ho in testa, probabilmente dovrebbe risultare il più decente. Ok, vi lascio al capitolo.
Grazie dell'attenzione,
One








 

PRESENT(S)
JOCELYN-LUKE



Jocelyn era seduta accanto a lui, e Luke poteva affermare di non poter essere più felice. Si tenevano per mano, sul vecchio divano verde pieno di macchie della casa dietro alla libreria, a guardare Real Time sulla piccola televisione vecchio stile.

Luke si voltò verso la grande finestra che dava sul giardino mal curato (ehi, quando tua moglie è una Cacciatrice di demoni, e tu sei un licantropo, non è che badi molto al tuo giardino!) ormai ricoperto dalla soffice neve. Quella sera aveva ripreso a nevicare, e strato su strato il livello di quel candore aumentava. Luke, con un senso di rimpianto, pensò alla neve che cadeva ogni anno ad Idris, a come era enormemente più bianca di quella, a come ricopriva tutto in un silenzio immacolato, a come le campagne diventavano nuvole bianchissime. Una volta, lui e Valentine andarono a caccia in una giornata di neve. Le impronte si susseguivano sul terreno, di lupi mannari, fate, troll.. Non riuscirono a cacciare niente. Ovviamente, come loro vedevano le loro impronte accadeva pure il contrario, e così i Nascosti si erano potuti, appunto nascondere. Pensare a Valentine gli fece male all'altezza del petto, dove un marchio ormai svanito dagli anni passati come lupo lasciava il suo ricordo. Un marchio da parabatai.

-Il mio vestito da sposa era decisamente meglio.- ammise Jocelyn, chinandosi in avanti per indicare un vestito che avvolgeva una ragazzina bionda di circa diciotto anni, in tv. Quell'immagine ricordò a Luke sua moglie quando, giovanissima, si era sposata con Valentine. La stessa innocenza (anche se, nel caso di Jocelyn, l'innocenza era più dal lato: uccidere demoni senza pietà) nel viso troppo giovane.

Jocelyn, quella quarantenne, non la diciottenne spaesata, gli strinse la mano un po' più forte. I capelli rossi erano raccolti in una coda alta, gli occhi verdi se ne stavano socchiusi, puntati sul piccolo schermo. La pelle era bianca e coperta di lentiggini. Luke si perse nel ricordare quanto e per quanto tempo aveva sperato di poter carezzare e baciare quella pelle non come migliore amico, ma come ragazzo, come marito. E finalmente l'aveva sposata. E lei aveva sorriso, vestita d'oro con i capelli raccolti e gli occhi brillanti. E aveva pianto. E gli aveva detto che pure lei lo aveva sempre amato, solo che ci aveva messo decisamente più tempo per accorgersene. Luke non ricordava giorno migliore del loro matrimonio.

-Nevica ancora?- chiese Jocelyn, sporgendosi di lato per guardare il cielo notturno.

-Eh già. Presto ci ritroveremo sommersi: io, te, e un manipolo di libri.- Luke sorrise, carezzandole con il pollice il dorso della mano.

-Non che ti dispiaccia, Lucian.- lo stuzzicò lei, chinandosi in avanti per baciarlo sulle labbra. Luke sorrise, assaporandola delicatamente.
Jocelyn si alzò, lasciandogli la mano, e fece il giro del divano per arrivare dall'altra parte del salottino. Un albero di Natale addobbato quel pomeriggio da lei e Luke occupava una mezza parete. Jocelyn sorrise tristemente, osservando l'albero pieno di luci e palline colorate. Sentì le mani di Luke stringerle alla vita.

-A cosa pensi?- le chiese lui, preoccupato.

-Clary..- la sua voce era tremante. -Non ha fatto l'albero con noi, quest'anno.-

Luke roteò gli occhi, sorridendo.

-Jocelyn, ti ha detto che è da Jace, non mi sembra opportuno disturbarla.-

-Pure ieri era da Jace.- scattò la donna, aggrottando le sopracciglia -E pure il giorno prima. E..-

-E pure tu sei con me oggi, e lo eri pure ieri.-

-È diverso, noi siamo sposati.- replicò Jocelyn, alzando lo sguardo su di lui, un ricciolo ribelle che le ricadeva sulla fronte.

-Non è diverso, Jocelyn.- replicò lui, abbracciandola forte. Lei sospirò tra le sue braccia forti, inspirando il suo odore di pelliccia calda (purtroppo), libri, bagnoschiuma e dopobarba.

Jocelyn si staccò avvicinandosi all'albero.

-Iniziamo subito ad incartare i regali?- propose lei, sorridendo. Luke fu contento che si fosse dimenticata, almeno all'apparenza, della faccenda figlia-fidanzata-sempre-fuori-casa.

-Certo. Vado a prenderli.- Luke arrivò nel corridoio che dava sulla porticina di legno e vetro. La aprì e si ritrovò nella libreria che aveva avuto per anni, quando Jocelyn si era esiliata e lui era rimasto al suo fianco. Carezzò un libro polveroso, pensando che non fosse giusto il fatto che ormai fosse in disuso, la libreria, e poi si avvicinò a passo deciso a due scatoloni. Li afferrò e li portò in casa, tirando una spallata alla porta per chiuderla.

-Ecco Babbo Natale.- esclamò Luke, irrompendo in salotto con un sorriso. Jocelyn rise, inginocchiandosi a terra con la carta natalizia, mentre Luke si accomodava accanto a lei posando i due scatoloni.

-Mi chiedo cosa mi abbia convinto a comprare i regali per tutti.- bofonchiò Luke, grattandosi la nuca e sistemandosi gli occhiali sul naso.

Jocelyn scrollò le spalle.

-Perché hai un cuore gentile, amore.- spiegò, beccandosi un'occhiata offesa.

La televisione stava mandando una canzoncina natalizia parecchio stupida, ma nessuno dei due aveva intenzione di alzarsi per spegnarla.

-Questo per chi è? Non ricordo.- chiese Luke, sollevando una scatola di vetro riscaldata, con i vetri oscurati. Jocelyn sorrise radiosa, prendendo delicatamente la scatola in mano.

-L'uovo di falco. È per Jace.- sussurrò, alzando gli occhi su suo marito. Luke boccheggiò qualcosa, e poi annuì, rimanendo in silenzio.

-Dobbiamo incartarlo?- chiese lui. Lei ci pensò su, e poi scosse la testa. Lui annuì nuovamente, e passò agli altri regali.

C'erano un album da disegno e dei pastelli nuovi per Clary (sulla prima pagina dell'album Jocelyn aveva disegnato sua figlia vestita da shadowhunters, con lo stilo e una spada angelica in mano, seduta a una Clary bambina, con una nuvola di capelli color fragola e un grosso pennarello in mano), una scatola di glitter multicolor per Magnus (“Assolutamente brillanti” aveva assicurato la commessa), una maglietta con su scritto “Be fashion, kill the vampire” (per cui Jocelyn si era lamentata parecchio, ma che Luke aveva insistito per comprare, trovandola carina) e un fumetto per Simon, qualche maglietta colorata per Alec (tanto per cambiare il suo guardaroba, una volta per tutte), un vestito argentato corto ma non volgare per Isabelle (anche se, aveva detto Jocelyn, niente di quel che indossava Isabelle sembrava volgare), un libro su Cappuccetto Rosso Sangue (dal film) e una maglietta per Maia, un paio di scarpe per Jordan, e persino una bottiglia di vino italiano per Maryse e una di prosecco per Robert. Luke, nell'incartare ogni regalo, scriveva qualcosa sulla carta. Una delle sue frasi a effetto, da vecchio lupo alfa saggio. Frasi che non facevano intendere che cos'era il regalo, ma che ne davano un'idea, se ci pensavi a modo.

Jocelyn guardò pensierosa i pastelli che stava per passare a Luke.

-Pensi che Clary si sia stancata di disegnare? Di ricevere sempre pastelli e matite per il compleanno?-
Luke alzò lo sguardo su di lei e poi, silenziosamente, le tese la mano e la fece alzare. La condusse in camera di Clary (sulla porta c'era un cartello con scritto “Non entrare, ho un amico stregone che potrebbe conciarvi male”, che fece sogghignare Luke), e indicò le pareti. Jocelyn rimase a bocca aperta a osservare tutti i disegni. Alcuni raffiguravano paesaggi: le campagne di Idris, il lago Lyn, le torri di vetro infestate dai demoni di Alicante, uno scorcio sulla casa dei Penhallow, la Guardia, l'Empire State Building di New York, Central Park vista in un modo diverso, con i pixie e le fate che volavano tra i cani e i bambini. E poi c'erano disegni di loro, tutti recenti. Il più recente, constatò Jocelyn, era quello sulla scrivania: un disegno di Jace sdraiato nella neve, veramente stupendo.

Si soffermò sul disegno del matrimonio di lei e Luke (dove Clary aveva colorato solo il suo abito d'oro e gli occhi brillanti di Luke di azzurro), e poi si voltò.

-Ok, non si è stancata.- si rispose da sola, e Luke sorrise. Poi Jocelyn inarcò un sopracciglio.

-Come mai sei entrato nella sua stanza?- chiese, e Luke arrossì.

-Io, ehm.. volevo.. lei era.. io..-
Jocelyn rise interrompendolo, e lui le lanciò un'occhiataccia, per poi addolcire lo sguardo. Non riusciva proprio ad essere arrabbiato con lei.

Tornarono in salotto e si rimisero ad incartare i regali, con le canzoncine stupide alla televisione e la neve che fioccava davanti alla finestra.

 

-Manca qualcosa. Mh..- Jocelyn guardò Luke maliziosamente. -..pure tu dovresti avere un regalo.- stava per aggiungere qualcosa, ma Luke la baciò, prima delicatamente, poi con sempre più passione, sciogliendole i capelli dalla coda e affondandovi le mani. Si fece passare i riccioli rossi tra le dita, mentre con il suo corpo si avvicinava sempre più a Jocelyn. Lei ricambiò il bacio, posandogli le mani sulle spalle e stringendolo a sé. Si chinò in avanti e finì sul suo corpo, steso sul pavimento. Continuarono a baciarsi senza riprendere fiato. Jocelyn si staccò boccheggiando, le gote rosse e i capelli sparsi intorno al volto.

-Se adesso torna Clary, siamo nei guai.- lo sgridò lei, sentendo il suo petto alzarsi e abbassarsi in una risata.

-Pensi che Clary non faccia queste cose con Jace?- replicò.

Jocelyn si tirò su sconvolta, e Luke roteò gli occhi.

-Clary fa che cosa con Jace?- quasi gridò, gli occhi verdi sgranati, le sopracciglia che quasi le raggiungevano l'attaccatura dei capelli. Si alzò in piedi sfiorando un ramo dell'albero, che ondeggiò e fece tintinnare le palline di vetro.

-Jocelyn.- Luke si alzò, parlando con tono ragionevole -Ha sedici anni. Non puoi pensare che si tengano per mano o che giochino a carte.-
La bocca di Jocelyn si piegò in una smorfia che Luke catalogò come adorabile.

-Beh, tenersi per mano non è poi malaccio. E ho fatto certi tornei a..-

-..Scopa?- suggerì Luke. Jocelyn si allarmò ancora di più, ringhiando (se fosse stata un'altra occasione, Luke si sarebbe complimentato per il suo ringhio quasi da lupo. Ma dato che lei era così.. fuori, lasciò perdere).

-Non dirlo, non è vero. Lei.. oh, faremo un bel discorsetto quando tornerà a casa.-

-Disse quella che rimase incinta subito dopo la scuola, e..-

Lei si avvicinò minacciosamente a lui e gli puntò un dito al petto coperto da una maglietta logora.

-Tu..- poi sembrò pensare a qualcosa che aveva scordato, e il suo sguardo di addolcì. Sorrise.

-Non ti ho ancora detto quale dovrebbe essere il tuo regolo!- strillò lei.

Luke parve sorpreso.

-Beh, non era una serie di baci, e poi..?-

Lei lo guardò ridendo, scuotendo un dito.

-No. Io.. mh, dovrei dirti un'altra cosa. Cioè, il tuo regalo, dovrei darti un altro regalo.- iniziò a blaterare, e Luke inarcò un sopracciglio, confuso. -Insomma.. a proposito di rimanere incinte.. Lo sono. Adesso. Di te.-

Luke sgranò gli occhi, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Metabolizzò quelle parole nella testa.

Sono in cinta, adesso, di te.

Jocelyn aveva avuto altri due figli, ma da Valentine. Lui.. stava per diventare padre? Certo, aveva cresciuto Clary, ma essere padre di un bambino tutto suo.

-Oh mio.. Jocelyn.- sillabò, abbassando lo sguardo. Lei si avvicinò titubante, posandogli una mano sulla spalla.

-Luke..?- lui alzò lo sguardo, e Jocelyn si rese conto che stava piangendo.

Luke rise, lanciandosi in avanti e abbracciando Jocelyn. Le carezzò la pancia più volte, e la baciò, con tutta la delicatezza che poteva trovare, tra le sue lacrime salate e i sorrisi di sua moglie.

-Un bambino. Tutto mio. Tutto nostro.- la sua voce si fece rauca e brillante insieme, per le lacrime e la gioia. -Da quanto..?-

-Sono di tre mesi.- ammise Jocelyn -E volevo dirtelo a Natale. Ma.. preferivo.. siamo da soli, e stavamo incartando i regali..-

Luke la baciò per farla stare zitta, e si staccò sorridendo. Jocelyn pensò che, per un sorriso del genere, tutta la sua vita era valsa la pena.

-Quando lo saprà Clary, ha sempre voluto un fratello..- Luke guardò Jocelyn con lo sguardo abbassato.

-..normale. Lo so.- rispose lei, dolcemente. -E comunque è una femmina.-

Luke pianse ancora di più, e si passò la manica davanti agli occhi, cercando di asciugare le lacrime.

-Una bambina. La mia bambina.- affondò il viso tra i capelli rossi di Jocelyn.

Jocelyn annuì, stringendo suo marito tra le braccia e guardando la neve che scendeva delicatamente al suolo. Le musiche natalizie avvolgevano la stanza, e le lucine dell'albero natalizio davano un'atmosfera personale. Luke pensò che era il miglior Natale che avesse mai passato, in tutta la sua vita (anche se, in effetti, ancora Natale non era).
Aveva passato la sua vita a pensare al suo futuro, agli sbagli che aveva fatto, e ora si ritrovava con il presente più bello che potesse avere. Con Jocelyn nel suo presente. E con una bambina che sarebbe nata tra sei mesi. Era la cosa più bella che..

-Si chiamerà Amatis.- sussurrò Jocelyn, e Luke alzò gli occhi lucidi sul suo volto.
Anche Jocelyn stava piangendo.







 


 

 

 

 

 

 

 

 

 





 

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