Tre dannate D

di Blue Eich
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Desolazione ***
Capitolo 2: *** Disperazione ***
Capitolo 3: *** Devozione ***



Capitolo 1
*** Desolazione ***


 Desolazione

 

Un filo di nebbia cinerea avvolgeva quel luogo di desolazione, quasi a nasconderlo. Fiamme accese si consumavano con movimenti mistici, sfondo di corpi inermi l'uno sull'altro.

Una risata – spensierata, pazza – echeggiò. Sui polsi di Flandre scorrevano cascate di sangue, fresco di ossa appena rotte, di toraci squarciati più e più volte e arti sparsi in giro. Le si riversava dappertutto, a fiotti sulle braccia, piacevole in mezzo alle dita, dandole un senso di onnipotenza totale. D'intorno alla bocca aveva delle macchioline, come una bimba dopo che ha mangiato un piatto di pasta al ragù. Per lei era un gioco lanciare sfere ai bersagli, spezzandoli con la facilità con cui si piega il gambo di una margherita. Gattonava a tentoni verso di loro, gli afferrava una caviglia, scagliandoli poi lontano o sbattendoli ripetutamente a terra. Le sue manine, morbide e paffute, erano come rapidi artigli. I suoi dentini piccoli, inconsapevoli carnefici.

Remilia stava immobile, a piedi uniti, in mezzo a quel delirio. I pugnetti le tremavano. Era inorridita. Non capiva perché sua sorella si comportasse così, perché distruggesse tutto, sempre.

Flandre si rotolava in una pozza rossa, profonda poco più di un millimetro, tra una risatina e l'altra, incurante degli spruzzi scuri sulla sua graziosa gonna. Si succhiò il pollice, che aveva quel sapore tanto buono che stava ancora imparando a conoscere, sdraiata in posizione fetale.

 

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Capitolo 2
*** Disperazione ***


 Disperazione

 

Nelle iridi di Flandre guizzava un lampo assassino, fosforescente. Piantò le unghie sulla porta, mettendo in quei graffi profondi tutto il suo rancore, perché non capiva. Le lacrime, come gocce di sale, bruciavano sui tagli nel suo viso. Causati proprio da colei per cui provava un dolce attaccamento, fin dalla nascita: la imitava in tutto, cercando di essere sempre all'altezza delle sue aspettative. E ora, d'un tratto, le aveva voltato le spalle.

Solo quel portone con i lucchetti attorno separava Remilia da lei. Le fischiavano le orecchie a causa del suo strillo, forte, tagliente come una lama. Chinò il capo, con un mezzo sorriso sghembo e malinconico. L'essere più grande la obbligava a indossare la maschera di quella responsabile, dura. Ruolo spesso tradito dai capricci, che la dimostravano ancora infantile. Ma stavolta doveva imporsi, da vera sorella maggiore.

Flandre sbatteva le nocche a terra. I polmoni, a furia di urlare, minacciavano di squarciarsi. Le sue mani presto cominciarono a pulsare, gonfie dai colpi, inutili e disperati. Cedette, arricciandosi a chiocciola. Il lamento si fece più acuto, liberatorio, d'una bambina nient'altro che spaurita in un posto buio, senza più nessuno.

 

 

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Capitolo 3
*** Devozione ***


 Devozione

 

Nessun odore, tranne di muffa sulle pareti. Nessun colore vivace, tranne il rosso mattone del camino. Nessun suono, tranne il rantolo basso di Flandre. I suoi occhi adesso erano assenti, semichiusi. Avanzava a falcate insicure, senza sollevare in alto la testa. Come un robot, con qualche circuito guasto. Ma Flandre non era un robot, perché pensava. A Remilia, al bene infinito che le voleva, misto a rabbia. All'arrivo di qualcuno, qualcuno che non scappasse via alla prima occasione. Era certa che sarebbe arrivato, anche se non sapeva quando. Il tempo scorreva dentro una clessidra, granello per granello. Le carezze del vento sul collo, il verde degli alberi dormienti, l'azzurro del cielo lontano, il blu assoluto del mare, il bianco dei fiocchi di neve… Ricordi sfocati d'infanzia, riposti nei meandri della sua mente, troppo in fondo per arrivarci. Quanto al rosso, riusciva a focalizzare solo l'immagine di una macchia indistinta e l'arsura atroce della gola.

Quanto sei sciocca, sorellina” constatava invece Remilia, nell'immensa biblioteca. Il cucchiaino d'argento si scontrava contro i bordi della sua tazza fumante. Bevve un sorso, impugnando il manico con il mignolo. Flandre era sciocca, perché non riusciva ad odiarla. Perché credeva in lei, si cullava nella speranza di libertà, una dolce e rassicurante illusione, che le rendeva tutto un po' più semplice. Chissà, forse un giorno avrebbe preso coscienza e controllo dei propri poteri. Quando hai davanti a te l'eternità, non puoi mai sapere.

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