Beautiful disaster

di Love_in_London_night
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I knew you were trouble ***
Capitolo 2: *** XO ***
Capitolo 3: *** Demons ***
Capitolo 4: *** Beautiful love ***
Capitolo 5: *** Sex on fire ***
Capitolo 6: *** Love profusion ***



Capitolo 1
*** I knew you were trouble ***





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Guarda il trailer della storia realizzato da S_EntreLesLines


Capitolo 1

I knew you were trouble


 
Marzo 2016, qualche giorno dopo gli oscar


«Ho delle notizie per te». Aveva continuato Logan dopo i convenevoli, non vedeva l’ora di dire tutto all’amica.
«Sei incinta?» chiese Chloe con la bocca piena di cioccolato. A Londra era l’una, ma di mangiare qualcosa di decente non se ne parlava proprio. Era stata licenziata da poco, aveva tutto il diritto di nutrirsi con cibo spazzatura. Anche se il cioccolato era un alimento sano, non deriva forse da una pianta?
«No. Tutti che me lo chiedono. Volete dirmi che devo mettermi a dieta?»
«Nah. Però magari ti si saranno gonfiati quei brufoli che ti ritrovi al posto delle tette, e la gente pensa si stiano riempiendo di latte» rispose l’altra, ovvia.
«La nebbia deve averti dato al cervello». Chloe era diventata ancora più acida da quando era rimasta a casa da lavoro. Come si permetteva di paragonare il suo piccolo seno a dei brufoli?
«Se non sei incinta, cosa devi dirmi? Ti sposi? Ti ha lasciato? Non convincermi a rimanere qui, ho già in testa di cambiare continente. E solo perché non posso cambiare pianeta»
«Non è vero. Io sono su Marte!»
«Te l’hanno mai detto che quando sei innamorata sei così sdolcinata che potresti uccidere un diabetico?!»
A lei sarebbe bastato solo che qualcuno le facesse vedere le stelle. Meglio se a causa di qualche orgasmo. Ma anche un paio di scarpe non le facevano schifo.
Logan la ignorò. «Join us!»
Chloe rise. «Quel figo concentrato di Shannon è ancora su piazza?»
«Poverino Chloe, non è… Concentrato, è diversamente alto!» ridacchiò la bionda mentre sistemava alcune cose nell’armadio in camera di Jared, mentre lui sfacchinava per portare al primo piano alcuni scatoloni. Gli mandò un bacio e gli strizzò l’occhio quando entrò in camera rosso in viso per lo sforzo.
“Dopo giuro che ti ricompenso” mimò con le labbra indicando il letto con un cenno del capo.
Jared, prima pronto a lamentarsi, riguadagnò forza e scese di nuovo di sotto.
«E non pensare a Shannon, sei già brava a complicarti la vita di tuo senza che un Leto ne faccia parte» lo disse premurosa. Prima di farli anche solo avvicinare avrebbe dovuto fare terrorismo psicologico sul povero Shannon. La verità era che Chloe meritava di essere felice, ma era un gran casino; specialmente se si parlava di sesso. D’altronde era correlato al suo licenziamento, non aveva capito di andare piano con la suddetta questione?
«Ok, ho capito, ne riparliamo a LA, magari quando non sei mestruata». Lei? Da che pulpito! Parole che venivano dalla Regina degli yogurt al limone scaduti. «Su, forza, dimmi il motivo per cui mi hai chiamata».
La dolcezza di un my little pony, no?!
«Ho trovato un posto dove puoi stare: il mio appartamento». E, anche se non poteva vederla, saltellava nervosa ed eccitata per la stanza.
«Lo, ti voglio bene e lo sai, ma non mi piace la compassione e amo avere i miei spazi, se no non me ne sarei andata di casa a diciannove anni».
Era arrivato il momento di sganciare la bomba: «Vado a vivere con Jared. No ok, sono già qui. Sto riempiendo il suo armadio con le mie cose. Quindi l’appartamento è tutto tuo. Non devi trovarne uno e non devi spendere soldi per l’albergo»
«Oh porca puttana» esalò sconvolta Chloe.
«Per l’appartamento?» domandò caustica l’amica.
«Macché. Per la tua convivenza. Con una star mondiale. Meglio di pretty woman! Ti rendi conto?» disse sotto shock. «Sono così felice per te!».
Squittì infine estasiata. Era contenta di sentire l’amica appagata.
«Quindi ti va bene la storia dell’appartamento?» sperava di agevolarle le cose, non era mai facile arrivare in un nuovo paese.
«Ovvio che sì! Mi hai levato un grosso problema».  Chloe sorrise allegra, non solo si sarebbe allontanata da quella vita che non le apparteneva più, ma le cose iniziavano a girare per il verso giusto. Allora aveva avuto un senso non abbandonare mai un sorriso, seppur timido.
«Bene, sono contenta. Ora, passando a cose serie, ho bisogno del tuo aiuto» si girò verso la porta della camera e, nel vedere che Jared non era all’orizzonte, la chiuse per non farsi sentire. «Tra qualche giorno è il compleanno di Shannon, e Jared ed io abbiamo una gara in atto: vedere chi gli fa il regalo più apprezzato». Ghignò malefica Logan.
Tipico loro, una competizione per stimolarsi a vicenda.
«A cosa avevi pensato?» Chloe era curiosa, adorava sapere le cose in anteprima.
«A un kit per produrre del caffè. Il tostino, una piccola pianta da mettere in un angolo del giardino. Tutto l’occorrente per provare la soddisfazione di farselo da solo. Cosa ne dici?» era orgogliosa della propria idea. Jared non l’avrebbe battuta nemmeno se si fosse impegnato con tutte le sue forze.
C’era da dire che era una donna, partiva avvantaggiata.
«Mmmhhhh» mugolò indecisa l’altra da Londra. «Non posso mettermi un fiocco al collo, confezionarmi un vestito striminzito con della carta regalo e porgergli un biglietto con scritto sopra solo ‘Scartami’?!»
Propose speranzosa. Gli era sempre piaciuto, fin dal loro primo incontro: bello, simpatico e con due occhi penetranti, per non parlare di quello si vociferava nascondesse nei pantaloni. Un’arma impropria con cui si aggirava tranquillo, senza avere il porto d’armi. Senza contare che aveva avuto conferma da una testimone della cosa: Logan. Ecco, anche quello era penetrante, e non le dispiaceva affatto.
«Chloe! E poi non mi piace vincere così facile!» aggiunse divertita.
«Va beh, si scherzava. Nemmeno poi tanto» ridacchiò, quella telefonata le stava facendo bene all’umore. «Comunque da quello che mi hai detto è un patito del caffè, quindi mi sembra particolare e molto adatto. Approvato!»
«Sì, lui è ossessionato dal caffè».
Come non capirlo? Se avesse potuto lei se lo sarebbe iniettato endovena.
«Non solo da quello, se non erro. Comunque se dovesse andare male l’ipotesi caffè chiamami, sempre sono disponibile per immolarmi e sfruttare la sua seconda ossessione: le donne, o il sesso. Potrei anticipare la partenza di qualche giorno». Strizzò l’occhio al proprio riflesso, la tristezza di quei giorni – così strana per lei – era diventata lontana di colpo. Che bella sensazione!
«Ora scappo, vorrei dare una mano a Jared, dato che le cose sono mie». Si morsicò una pellicina vicino all’unghia, voleva aiutarlo davvero, si sentiva in colpa.
«Vai Lo, io ho un sacco di cose da sistemare prima della partenza: il giorno si avvicina!» trillò solare come al solito.
«Non vedo l’ora». La salutò così, poi corse di sotto per schioccare un bacio a Jared: non sapeva perché, ma se lo meritava a prescindere.
 
«Quando arriva Chloe?» Shannon era curioso. Si ricordava quando, nel duemilaquattordici, avevano trascorso dei giorni insieme a Londra. Loro erano in tour e Logan aveva passato del tempo con la famiglia e gli amici. E, alla fine, aveva combinato un gran casino, degno di lei: aveva mischiato lavoro e amicizia, ma a Shannon non era dispiaciuto affatto. Chloe era una ragazza molto solare e con la battuta pronta, non era lì per sbavare su di loro, anche se – Shan doveva ammetterlo – aveva notato come lo guardava e quanto apprezzasse ciò che vedeva, però era più divertente vedere come interagiva con Logan e i siparietti che di volta in volta creavano. Senza contare che era riuscita più volte a metterlo in difficoltà. Prima di incontrarla era stato convinto che una donna capace di tanto dovesse ancora nascere, però aveva attribuito il tutto alla stanchezza del tour.
Ecco perché era ansioso di vederla, voleva quella sorta di rivincita personale.
E, perché no, una vincita passionale.
Ah, se non fosse stato un ottimo batterista sarebbe stato un poeta degno di nota, poco da fare.
«Shannon» lo guardò torva Logan. «Non ci provare. Chloe è mia amica, non voglio che tu la usi come un oggetto sessuale»
«Nemmeno se lo vuole lei? E comunque ti ho solo chiesto quando sarebbe arrivata, non se avesse voluto darmela» rispose piccato mentre sbuffava per essere stato scoperto. Non che le sue intenzioni fossero state celate.
«Tieni». Jared gli passò un secchio vuoto.
«Cosa me ne faccio?» solo lui era normale in quella casa?
«Ti serve per la bava che ti sta grondando dai lati della bocca al solo pensiero. Le tue idee sono palesi» aggiunse il fratello minore con un sorriso sadico e soddisfatto. Era divertente prenderlo in giro per l’arrivo di Chloe, si ricordava come quella sera a Londra, al ristorante vegetariano, Shannon fosse leggermente ubriaco e avesse tentato di baciarla. Lui negava, ma non si ricordava poi molto della cena.
Il batterista alzò il dito medio per non dover ricorrere all’ennesima parolaccia. Era un uomo di una certa classe, lui.
«Se lei è consenziente mi sta bene» riprese Lo, convinta. «Ma vorrei che ci arrivaste dopo le presentazioni. E non intendo nell’immediato, ma dopo una conoscenza che vi porti a capire che potete almeno essere interessanti, oltre che attraenti».
Shannon sorrise furbo «Tutte cose che mi escono naturali»
«Tranne aspettare di approfittare di qualcuna» lo ammonì Logan mentre, passando dietro il divano, gli lasciò un piccolo buffetto sulla testa.
«Solo perché sono altruista e mi piace vederle felici e accontentate. Tu non mi capisci» le disse quasi affranto, poi indicò Jared. «E tu non lo fai più».
Sembrava un bambino incompreso.
«Jared, controlli tu i fornelli? Non vorrei che le verdure bruciassero» gli disse affabile lei prima di dirigersi per stendere il carico della lavatrice. Era domenica e aveva tempo di svolgere qualche lavoro domestico, giusto per non lasciare tutte le incombenze alla donna delle pulizie, bastavano già i resti dei pancake vegani da pulire per farla dannare.
Le diede una pacca sul sedere e in risposta ricevette uno sguardo divertito, segno che aveva gradito quella risposta silenziosa ma eloquente.
Sparì nel corridoio e Jared si raccolse i capelli con una molletta, lasciando scoperta la schiena nuda, faceva caldo ed era appena uscito dalla doccia, ma vederlo ai fornelli solo con i pantaloni della tuta lasciava perplesso anche uno come Shannon.
Si appoggiò al piano della cucina e incrociò le braccia, infine fissò il fratello per porgli una domanda.
«Tu cosa ne pensi?»
«Di cosa?» aggiunse un po’ di sale alle verdure.
«Di questa cosa di Chloe. Non la trovi assurda? Voglio dire, è adulta»
«Lo vuoi davvero sapere?» alzò un sopracciglio.
L’altro annuì.
«Io penso che dovresti dare ascolto a Logan»
Shannon lo fissò a bocca aperta. Dove era finito il suo dolce e pervertito fratellino? Quello del “non importa quanto coraggio ci vuole, tu fattela e basta”?
«E perché?!»
«Per molti motivi. Innanzitutto perché potresti scoprire che ti piace davvero e che, magari, può andare oltre che il sesso, tra voi due». Non era idiota, aveva quasi quarantacinque anni, si era accorto come suo fratello ai tempi fosse rimasto colpito da lei. Gli sarebbe piaciuto molto vederlo sistemato e non saperlo solo; da quando lui stava con Logan la sua vita era cambiata in meglio, e si augurava la stessa cosa per Shannon.
«Ma io non voglio andare oltre il sesso!» disse lui in tono ovvio.
«Sì, certo, anche io dicevo così. Ora la stessa ragazza che volevo solo portarmi a letto, sculetta – per mia fortuna – tra le mura di casa» e indicò il corridoio con il mestolo, facendo schizzare un po’ di condimento sul pavimento e sul soffitto.
«Seconda cosa» aggiunse davanti al silenzio più che giustificato del fratello. «Anche tu e Terry mi avete chiesto di fare una cosa simile con Logan, e io vi ho ascoltati»
«Ma con te era diverso, voi vi scannavate dalla mattina alla sera» rispose riprendendo il controllo della situazione, molto più sicuro di sé. A quello non poteva obiettare, era semplicemente un genio.
«Esatto. Se tu ti scopassi l’amica della mia ragazza e tra voi si creassero tensioni, dopo la cosa si ripercuoterebbe sul mio rapporto, dato che tu sei mio fratello e lei l’unica amica che Logan avrebbe in America».
Ok, doveva ammetterlo, quello più geniale di tutti in famiglia era Jared. Dannazione.
«Inoltre» proseguì il minore «Devi proprio fare sesso con lei? Insomma, sei Shannon Leto, ogni donna sarebbe disposta a farlo con te anche senza implicazioni di interesse o futura parentela. Capisco toglierti un capriccio, ma puoi sempre farlo con altre ragazze» Jared alzò le spalle con fare ovvio.
In effetti aveva ragione. Era Jay quello con gli standard quasi impossibili, lui era diverso. O, detto in altre parole, meno selettivo: bastava che avessero tette grandi, un viso carino, che fossero donne, vive e con un respiro regolare, e un’età compresa tra i sedici e gli enne anni, giusto per evitarsi il carcere.
Inoltre non era detto che Chloe fosse ancora così carina come ricordava: magari era ingrassata, o si era imbruttita. Già, magari la memoria di Shannon aveva iniziato a fare cilecca – solo la memoria, sia chiaro – e lei in realtà era molto più cessa di quanto se la ricordasse. Sì, doveva essere così.
«Diciamo così» Jared si guardò in giro prima di avvicinarsi al fratello e abbassare la voce. «Siete grandi e vaccinati, quindi non vi possiamo impedire di rotolarvi tra le lenzuola o in altri posti. Però ti consiglio di non contraddire Logan perché è molto protettiva con Chloe, e c’è un perché. Però tu puoi, non so, conoscerla, uscirci un po’, anche per non lasciarla sola con me e Lo, Tomo e Vicki. E, se proprio non riuscite a non saltarvi addosso, beh, lo potete pure fare. Assicurati solo che però anche lei la pensi come te. Sii chiaro nelle tue intenzioni».
Era stato un discorso strano che gli aveva lasciato un sacco di dubbi, ma in effetti filava. Avrebbe voluto fargli alcune domande a riguardo ma Logan era tornata in cucina.
Si avvicinò a Jared per circondargli il petto con le braccia e poi, con delicatezza e amore, lo baciò tra le scapole e la base del collo, appena sopra l’orbis che occupava la schiena di lui, e Jay sospirò grato e quasi eccitato dal contatto. Era una scena intima e amorevole.
Shannon li guardava contento e un po’ invidioso, era bello vederli così coinvolti, e un po’ desiderava avere lo stesso, ma era anche convinto che una cosa simile non capitasse a tutti e se ne era fatto una ragione, lui era destinato a soddisfare tutte le donne che incappavano nella sua strada.
«Possibile che voi due sembriate sempre in calore?» li stuzzicò per celare i propri pensieri, era divertente prenderli in giro per le loro smancerie.
«Non è colpa nostra se abbiamo una vita sessuale soddisfacente e non ci vergogniamo a farlo intendere» rispose lei con una linguaccia e un’alzata di spalle.
Shannon rise divertito. «Intendere? Voi siete molto espliciti, cari miei»
«Parli per invidia» sostenne Logan.
«Si vede che non batti chiodo da un po’» lo schernì Jared contemporaneamente.
«Ti fermi a mangiare?» domandò lei senza dargli tempo di rispondere alle loro insinuazioni mentre infornava la pasta con le verdure nel forno per farne un timballo.
Jared era stato fortunato, aveva trovato una donna che riusciva a cucinargli cose decenti nonostante rispettasse il suo malsano credo vegano.
«No, grazie». Sogghignò Shannon. «Ho bisogno di proteine che solo un animale morto può darmi. Inoltre mi sento di troppo, ma me ne vado contento: se andate avanti così va a finire che vi ritrovate lo stesso in tre a fine serata». Ammiccò divertito nell’indicarli con il mento.
Lo fulminarono entrambi con lo sguardo.
«Tornando al discorso di prima…» iniziò Logan che sapeva benissimo che ne avevano parlato. Gli uomini erano più pettegoli delle donne, esattamente quanto le donne parlavano di sesso di più e pure peggio degli uomini. «Ti chiedo solo di non complicare la vita a Chloe, perché – credimi – non ne ha davvero bisogno. Mi piacerebbe però che vi conosceste abbastanza affinché fosse lei a spiegarti il perché di queste mie affermazioni. Magari se impari a capirla scopri una persona che ti può piacere, o forse una che non ti interessa per nulla». Cercò di indugiare la ragazza. «Pensi di potercela fare?»
No. Non era da lui, perché Shannon era fisico.
Adorava fare battute ambigue e flirtare spudoratamente.
Non ce l’avrebbe fatta.
Ce l’avrebbe fatta? No.
L’avrebbe fatto? Nemmeno.
«Sì. Quantomeno farò un tentativo» guardò Jared che annuì fiero.
«Ci proverai, è già qualcosa» sorrise Logan soddisfatta, poi si accorse delle sue parole al sorriso di Shan. «Non in quel senso!»
Gli tirò un guanto da cucina ma lo mancò, scatenando le risate generali.
Fu il suono improvviso del campanello a interromperli.
«Aspetti qualcuno?» domandò Jared curioso.
Logan scosse la testa. «E tu?»
«Magari è Emma» Shannon rispose mentre si prendeva una bottiglietta d’acqua dal frigorifero lì vicino.
In effetti era l’unica che poteva presentarsi a casa loro in qualsiasi momento, era più aggiornata e accurata dell’ANSA quella ragazza, sapeva le cose ancora prima che accadessero.
«Vado a controllare» squittì Logan contenta. Aveva imparato ad apprezzare Emma. Non erano amiche, ma avere intorno una presenza femminile una volta ogni tanto non le dispiaceva affatto, le uniche erano lei e Vicki.
La bionda controllò il video citofono, ma l’unica immagine che riuscì a cogliere fu un cartello con scritto ‘Aprimi’ retto da una persona che si nascondeva dietro a esso. Aguzzando la vista notò una cosa strana. Quella persona era arrivata lì con la sua valigia. L’avrebbe riconosciuta tra mille, dato che in cima – vicino alla maniglia – c’era uno di quegli adesivi per stoffa a forma di teschio.
Quella valigia era così grande da poter contenere un cadavere, e solo una persona avrebbe rotto alla sua famiglia per viaggiare con una specie di bara per essere sicura di portarsi tutto il ‘necessario’.
Forse era stata direttamente Logan a lasciarla a lei prima di partire con i Mars nel duemilatredici.
No, non poteva crederci.
Aprì la porta senza avere la certezza di chi ci fosse dall’altra parte e, se Jared l’avesse saputo, niente l’avrebbe trattenuto dall’ammazzarla – o peggio – dal lasciarla per sempre, lanciò uno sguardo verso la cucina, ma nulla faceva intendere che i due fratelli fossero in procinto di abbandonare i loro discorsi.
Quando Logan tornò a fissare fuori dalla porta le venne una sincope.
Mandò piccoli urli di gioia prima di finire a terra, schiacciata dal peso di un’altra ragazza.
«Sei ingrassata?» la prese in giro scostandosela di dosso.
«Tutte tette, al contrario di te!» la rispose a tono Chloe. «Ciao a te!»
«Mi fa piacere averti qui» e cercò di abbracciarla mentre si rialzavano. «Ma non pensavo di vederti così presto!»
«Volevo farti una sorpresa» le ammiccò l’amica mentre sistemava la valigia accanto alla porta.
«E ci sei riuscita» rise contenta Logan sfiorando i capelli un bel po’ più corti rispetto a prima. «Ti trovo benissimo»
«Mi sento benissimo!» rispose Chloe con un gran sorriso. «Quest’aria nuova mi sta facendo benone, anche se sono qui da poche ore».
Il trambusto aveva attirato i due fratelli, che uscirono dalla cucina con quel fare disinvolto da rockstar che li rendeva così sensuali. Ci avessero provato Chloe e Logan sarebbero sembrate due ubriache perse, senza contare che la ragazza di Jared sarebbe volata in terra dopo meno di cinque secondi a causa della precarietà del suo equilibrio. Il primo a mostrarsi fu proprio lui: occhi glaciali e torso nudo Jared. A Chloe venne naturale abbracciarlo, era diventata una faccia amica per lei. Da quando stava con Logan l’aveva visto spesso in Skype, compariva alle spalle dell’amica durante le loro chiamate e a volte si fermava a chiacchierare con loro, cercando di svelare i segreti più profondi degli uomini, che poi secondo lui erano due: l’uomo è un animale semplice, non si farà mai paranoie come le donne e – il secondo – il più importante, ovvero quello dove diceva che voleva solo ed esclusivamente una cosa.
Niente di nuovo, ma gli piaceva che le ragazze lo tenessero bene a mente, specialmente Chloe che era single.
«Ciao, ti trovo in forma… E più nudo che vestito!» gli sorrise con la lingua tra i denti, lo sguardo allegro e sbarazzino.
«Colpa di Logan, voleva violentarmi sul tavolo della cucina» scherzò lui. «E anche tu sei bellissima, il nuovo look ti dona»
Scosse la testa e ridacchiò, era bello essere in compagnia di persone che al posto di guardarla come se si aspettassero di vederla piangersi addosso la invogliavano a ridere.
Fu soltanto dopo che lei e Shannon si videro, ovvero quando si separò da Jared.
Chloe decise di abbracciare anche lui, l’aveva conosciuto e Logan gli parlava sempre del fratello solo soletto della compagnia, vuoto che lei avrebbe riempito più che volentieri. Non che il pensiero non le avesse provocato altre battute su vuoti diversi da riempire, in cui lei e Shannon avrebbero avuto i ruoli invertiti – e quindi, giusti – ma decise di evitare di passare subito per la scaricatrice di porto che in realtà era.
«Ciao Shannon!» disse sicura di sé ma meno rumorosa rispetto a prima, sapeva di dover rispettare la sfera personale altrui e non poteva mostrarsi troppo in confidenza, anche se non avrebbe avuto problemi a farlo.
Porca miseria ladra.
Quello fu l’unico pensiero prodotto – e non debitamente censurato, al contrario degli altri – dai neuroni di Shannon.
Era entrata in quella casa da cinque minuti e sembrava fosse passato un uragano. Si percepiva il clima allegro, sembrava avesse portato il sole dentro le mura. L’aria era frizzante come la risate.
Per non parlare del seno che si schiacciava contro il suo petto. Si ricordò di fare lo sforzo di metterlo in tensione, giusto per mostrarsi al meglio.
Ah, quante belle cose rinchiuse in una sola persona.
Per non parlare dell’abito così corto.
No, Chloe non era diventata il cesso che aveva sperato, anzi. Si era tagliata i capelli appena sotto il mento e li portava mossi, aveva un accenno di frangia e il sorriso come accessorio più bello.
Indossava un vestito bianco con delle piccole ciliegie sopra, fresco e sbarazzino come lei, accostato a dei Dr. Marten’s neri che non c’entravano nulla, ma su di lei era un abbinamento convincente, forse perché rispecchiava il suo essere così… Solare e un po’ strana.
Ricordava bene cosa si diceva delle ciliegie: una tira l’altra. O forse erano le donne?
Boh, fatto stava che per tirare… Tirava.
«Ciao tornado!» e rispose all’abbraccio.
Se era lei a offrire il suo corpo, perché lui doveva tirarsi indietro? Sarebbe sembrato sgarbato, e lui non lo era mai, specialmente con ragazze così allegre e disponibili al contatto.
«Mio Dio, ma sei scolpito nel marmo» gli disse lei passando le mani sui bicipiti, sorpresa da quella gradita scoperta.
Lui sorrise sbruffone. «Già, sono tutto duro. Anni di allenamento. Ogni tipo, s’intende» e le strizzò l’occhio.
Chloe sorrise allegra, una punta di interesse in fondo agli occhi.
Shannon si sarebbe divertito un mondo con quella ragazza in giro, se lo sentiva.
Jared li fissava incredulo, non poteva credere che il fratello avesse detto una cosa simile e lei avesse riso al posto di togliersi una scarpa e stampargliela in faccia. Era abituato alle reazioni al vetriolo di Logan, Chloe invece sembrava più interessata a scoprire quanto di vero ci fosse in quella frase.
L’amica, invece, guardò Shannon con fare minatorio, un pollice sulla gola per mostrargli il suo destino se avesse continuato in quel modo.
Ma il batterista si sentiva grande abbastanza per non farsi mettere i piedi in testa da una donna che non era nemmeno la sua ragazza. Insomma, era o no in grado di rifarsi il letto ogni mattina? Certo, l’’avevano costretto a farlo all’inizio, ma ormai era diventata un’abitudine. Se poteva fare quello era sicuro di potersi ribellare a quella despota psicotica che era la fidanzata di suo fratello.
«Sei bellissima, questo nuovo taglio di capelli ti dona» le disse sincero e ammiccante, se voleva far intendere che tutta la propria durezza era a sua disposizione, doveva iniziare fin da subito a lavorare per la propria causa.
«Grazie, anche tu sei… Beh, un figo. Però» e si avvicinò quasi a guardarlo meglio. «Forse anche tu staresti meglio con i capelli… Più corti. Mi piaceva il taglio che avevi quando ci siamo conosciuti, lo preferivo».
Shannon sgranò gli occhi. Quale donna aveva osato mai dirgli che stava meglio con… Altro?
Lui, che si stava facendo ricrescere i capelli proprio perché sapeva quanto scuoterli causasse più vittime di uno tsunami, o quanto legarli mietesse più vittime di Tomo che giocava a basket, uno spettacolo così truculento che pochi occhi umani potevano annoverare di averlo visto.
Avrebbe voluto sculacciarla e strozzarla, piccola impudente dal sorriso diabolico.
Prenderla per il collo, accarezzarlo, farla voltare e… Punirla.
Si leccò le labbra, la sfrontatezza delle parole di lei era venuta meno, come la rabbia in risposta.
I’ll wrap my hands around your neck so tight with love…
Love, esagerazione… Lust. Sì, lust rendeva benissimo il concetto.
Capiva Jared e da dove traesse ispirazione per certe canzoni, in quel momento.
Si scostò il ciuffo dagli occhi, forse avrebbe chiamato il suo hair stylist di fiducia per farsi dare una spuntantina, giusto quei venti centimetri che per i parrucchieri erano solo tre, in realtà; o magari gli avrebbe chiesto di rifare il taglio che si era fatto a Londra nel duemilatredici, dato che era lo stesso con cui Chloe l’aveva conosciuto.
«Anche io, infatti stavo proprio pensando di tagliarli di nuovo»
«Ma non li stavi facendo crescere?» borbottò sorpresa e perplessa Logan.
«Finché non avessi avuto in mente un taglio, e in questi giorni ho preso la mia decisione» rispose con tono finto innocente, le sopracciglia alzate per mostrare l’immediatezza della sua decisione.
«Posso avere un po’ d’acqua, per favore?» Chloe cambiò di nuovo discorso, seguendo solamente i propri tempi.
Tutti si mossero verso la cucina, desiderosi di intrattenersi ancora insieme.
«Comunque dovete dirmi cosa mettono nei condotti qui a Los Angeles, o che aria respirate o cosa mangiate. Perché io giuro che tutta questa bellezza non la capisco, non sono abituata» disse tra un sorso e l’altro.
Shannon sorrise compiaciuto. Quella ragazza gli piaceva ogni minuto di più, non si vergognava a riempirlo di complimenti. Sapeva di essere bello, ma non pensava fino a questo punto.
«Di chi stiamo parlando?» Logan era turbata, non poteva spianare la strada in questo modo al più grande dei Leto, il suo discorso intimidatorio si sarebbe dissolto come neve al sole entro la serata, se fosse andata avanti così.
«Ho conosciuto il mio futuro marito».
Piano, sapeva di scatenare istinti materni e che tutte desideravano intrecciare con lui relazioni monogame, ma questo era troppo pure per Shannon.
«Voglio sposare Jake Gyllenhaal. L’ho incrociato all’aeroporto al ritiro bagagli. Non scherzo se dico che avrei voluto trascinarlo in bagno e abusare di lui al posto di chiedergli una misera foto»
«Eh, come non capirti!» sussurrò trasognata Logan che si beccò uno sguardo omicida da Jared.
Corse a baciargli una guancia in modo affettuoso, e lui fece finta di essere offeso per quel commento.
Jake Gyllenhaal? Per un Leto fintamente offeso, ce n’era un altro che si sentiva oltraggiato davvero.
Nel giro di cinque minuti la sua immensa figaggine era stata dimenticata per un sorriso più bianco del polo e due occhi azzurri? E in più voleva pure sposarselo.
Cioè, Jake Gyllenhaal era alto, con i capelli castani chiari e la barba folta. Il suo esatto opposto insomma. In caso poteva ricordare Jared, ma per nulla Shannon.
E che palle questi stereotipi così gettonati.
Sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
Chloe aveva bisogno di altro. Cosa se ne faceva di un vatusso quando anche lei non superava il metro e sessantotto? Lo sapeva con certezza Shannon, perché erano esattamente alti uguali. Si immaginava già il loro futuro insieme, mentire e dichiarare di essere un metro e settanta tondi, e negare pure l’evidenza.
Quello sarebbe stato divertente, non vedersi accanto a uno per cui ti servivano tacchi e scaletto anche solo per farti sentire.
Tse, donne. Non capivano i vantaggi di un uomo di altezza media.
«Ho sentito che è gay» disse in tono disinvolto, nel tentativo di dissimulare il fastidio provato.
«Oh, che peccato» rispose lei sincera. «Però potrei sempre verificarlo di persona e, in caso, provare a fargli cambiare idea».
Niente, quando una nasceva sadica, sadica restava a vita. Era chiaro.
A proposito di gay, pensò la diretta interessata…
«Comunque carina la tua canotta così scollata ai lati» e fissò intensamente sia i tatuaggi che i muscoli, perché lesinare la vista se c’era tanta pelle scoperta?
Lui tornò a sogghignare con un solo angolo della bocca, più sicuro di sé e compiaciuto dello sguardo di Chloe.
Ok, doveva ammetterlo: Jared era considerato la divah del gruppo, ma anche lui in quanto a fiducia in se stesso non scherzava affatto. Rispetto al fratello era meno vezzoso, più rude.
«La fanno anche da uomo?» domandò con quel fare finto innocente, rovinato però dal sorriso ampiamente divertito che campeggiava sulla sua faccia.
… I’ll wrap my hands around your neck…
Quella ragazza stava rischiando. Non solo stava minando ogni suo precetto, ma lo stava facendo diventare lo zimbello di quella conversazione. Non si rideva di Shannon Leto, si rideva con lui.
Era certo, prima o poi gliel’avrebbe fatta pagare. E lui, per farlo, conosceva solo un modo.
Logan e Jared avevano cercato di trattenersi, ma invano. Scoppiarono a ridere divertiti e Shannon per quel motivo si offese ancora di più.
«Cazzo ridi bro? Le porti anche tu!»
«Vero» rispose il fratello tra una risata e l’altra. «Ma Lo non si è mai lamentata a riguardo»
«Per forza» intervenne lei. «Non mi fanno impazzire questo tipo di canotte, ma hanno i loro lati positivi».
Abbracciò Jared dopo avergli sorriso divertita. «Lasciano un sacco di pelle scoperta da poter essere ammirata… Soprattutto quando non potevo far altro che guardare»
«Tempi duri quelli» la prese in giro lui. «Per fortuna ho deciso di passare all’attacco»
«Solo perché io ti ci ho indotto. Si sa che è la donna ad avere il potere decisionale. Se un uomo si fa avanti è solo perché la donna lo ha già scelto»
«Sei saggia, ecco perché ti amo» le baciò il collo.
Shannon e Chloe alzarono gli occhi al cielo, pronti ad assistere al remake di Ghost in diretta. I morti, però, sarebbero stati loro due, uccisi da tutta quella tenerezza.
«Chloe, vuoi rimanere a cena?» propose Logan allegra e distratta.
«Per passare con voi dalla commedia romantica al porno senza dover pagare il prezzo della tv via cavo? No, grazie» fu la risposta quasi schifata di lei.
«Inoltre io mi nutro ancora di animali che hanno cessato di vivere sacrificandosi per me, senza offesa Jared. Più che altro ho bisogno di dormire, sono in pieno jet-lag. Ero venuta per un saluto e per farmi dare le chiavi dell’appartamento».
Con quella frase da amante della carne si era conquistata la stima di Shannon, oltre che la fiducia della sua Shanaconda solo con la sua presenza.
«Mio Dio, hai ragione!» disse l’amica coprendosi la bocca con le mani, dispiaciuta. «Il tuo bioritmo è in piena fase rem. Vai a riposarti, ci sentiamo tra un paio di giorni, quando ti sveglierai come se avessi i postumi della sbornia peggiore della tua vita»
«Peggiore di quella di capodanno?» domandò allarmata l’altra.
Logan annuì in modo affettuoso.
«Shan, dato che nemmeno tu vuoi fermarti a cena, potresti accompagnarla al vecchio appartamento di Lo. Immagino che lei non abbia l’auto, fai il gentiluomo».
La sua ragazza lo fissò un po’ male, e con la scusa di avvicinarsi al suo orecchio per baciarla le disse: «So che l’idea che stiano soli non ti piace molto, ma mi piacerebbe che Shannon imparasse a conoscerla. Non si sa mai che, tra le mie imbeccate e le tue minacce possa trarne qualcosa di buono»
«Sei un genio del male». Gli accarezzò una guancia ricoperta di barba.
«Lo so» sorrise prime di stamparle un bacio sulle labbra.
«No, davvero, non c’è problema, chiamo un taxi» riprese Chloe, dispiaciuta di dover modificare i programmi di Shannon.
«Ehi, lo faccio volentieri. Te l’avrei proposto io, se solo mio fratello sapesse tenere a freno la lingua e non mi trattasse come un bambino» lo ammonì anche con lo sguardo.
Era capacissimo di essere gentile da solo, specie se la cosa volgeva a suo vantaggio con una ragazza che apprezzava parecchio.
«Sicuro?» si morse un labbro, un po’ in colpa.
«Sicuro» disse tranquillo ma gentile.
Le amiche si salutarono con la promessa di vedersi al più presto, mentre Shannon caricava nel bagagliaio la valigia con borsa a mano annessa.
Il viaggio si scoprì più movimentato del previsto: tra battute, pareri su Los Angeles e opinioni su Logan e Jared, il percorso era volato. Shannon non si ricordava il tempo di parlare così tanto con qualcuno e divertirsi allo stesso tempo, ne rimase piacevolmente sorpreso e stupito.
Fu con dispiacere che si accorse di essere arrivato troppo in fretta sotto il vecchio appartamento di Logan, se l’avesse saputo prima avrebbe preso la strada più lunga.
«Grazie mille»
«Prego tornado» rispose lui con un sorriso rilassato.
«La smetti con questa storia? Non è assolutamente vero! Sono una persona calma e tranquilla io». Si difese lei, stringendo le braccia sotto al seno che fu sollevato verso l’alto – ovvero verso gli occhi di lui – e sfoderando un broncio offeso.
«Ah sì? Beh, guarda come hai ridotto la mia auto in un solo viaggio». Indicò l’abitacolo in cui erano seduti.
Tra di loro c’erano carte di snack, sui sedili posteriori la borsa di Chloe, e un maglione che era spuntato da quell’ultima mentre cercava il telefono, un paio di bottigliette d’acqua, il cellulare collegato all’auto per ascoltare un po’ di musica e ai suoi piedi c’era il lucidalabbra che aveva cercato per cinque minuti buoni appena era salita in macchina.
«Ops!» ridacchiò divertita e nervosa. «Forse mi sono presa un po’ troppa confidenza»
«Tranquilla» alzò le spalle. «Non mi dispiace».
Se voleva continuare a prendere altra confidenza non c’era problema, per lui.
In confidenza la gente limonava. In confidenza, poi, due persone facevano pure sesso.
«Vuoi che ti dia una mano con i bagagli?» già, perché in casa la questione della confidenza si poteva approfondire meglio, dato che ci si legava una questione di privacy.
Non che a lui importasse poi molto, lo faceva soltanto perché era conosciuto e non voleva creare scalpore. Si congratulò con se stesso, era davvero maturo pensare di tutelare la propria immagine e non sembrare – in realtà – il depravato che era.
«No, grazie. Ce la faccio benissimo da sola». E gli mostrò il bicipite sottile ma comunque presente.
Forse non era ancora pronta a sperimentare le gioie di un Leto, non aveva colto il suo chiarissimo invito a divertirsi un po’.
«Senti, non sono scema» esordì lei facendolo strozzare con la saliva. Che avesse inteso le sue intenzioni e si fosse offesa? «Ho capito che Jared ha proposto questo passaggio perché noi socializzassimo, e dico che la cosa funziona. Insomma, se voglio uscire devo farlo con Logan e Jared, e immagino che loro frequentino spesso Tomo e sua moglie, quindi mi toccherebbe fare il quinto incomodo».
Alzò un angolo della bocca, divertita. «In realtà sarebbe toccato a te, o a me nel caso tu non ci fossi stato. Quindi forse sono io che sto facendo un favore a te e non viceversa. Comunque» davvero non si accorgeva di quanto la sua presenza destabilizzasse? Darle del tornado era quasi riduttivo. «Fare il reggi moccolo non fa per me, suppongo nemmeno per te, quindi la cosa mi sta bene. Possiamo aiutarci Shannon, penso potrebbe funzionare. Cosa ne dici?»
In effetti non aveva tutti i torti. Certo, aveva altri amici al di fuori del gruppo, ma anche loro erano sposati o comunque avevano una ragazza con cui fare “fantastiche” uscite di coppia. Inoltre, da quando Jared si era messo con Logan, aveva ridotto le uscite con gli amici single come Jamie per passare più tempo con Tomo e Vicki e, a giudicare dal discorso di Chloe, anche lei doveva esserne al corrente.
Il suo ragionamento non faceva una piega.
«Sì, penso di sì. Ci sto». Ci stava eccome, in tutti i sensi.
La sua mente correva veloce: avrebbero passato tempo insieme, sarebbero stati gli unici single del gruppo e questo sarebbe tornato tutto a suo vantaggio.
Chloe sorrise più serena. Avere un compagno di avventure la faceva sentire più tranquilla.
Prima di uscire dall’abitacolo, però, prese il cellulare di Shannon. Lui la guardò accigliato, soprattutto quando gli fece intendere di inserire il codice per sbloccarlo.
La vide comporre un numero mentre tornava a parlare. Quanto poteva parlare una donna? Era quasi stordito da tutte le frasi che sparava. «Ok, non mi piace girarci tanto intorno. Mi sono fatta uno squillo così anche tu hai il mio numero. Ci possiamo sentire con tranquillità riguardo i vari impegni in comune».
Intraprendente.
Eccitante. Molto eccitante.
Gli diede un bacio veloce sulla guancia, poi scese nell’aria fresca della sera di Los Angeles.
«Ciao, e grazie del passaggio. A presto, suppongo».
La salutò con un gesto della mano, troppo intontito dai suoi modi di fare per poter rispondere al saluto.
Infine, guardò imbambolato il sedere finché la porta che si chiudeva alle sue spalle gliene impedì la vista.
Quello che aveva visto gli era piaciuto parecchio.
Salvò il numero di cellulare prima che andasse perso. Non solo non aveva fatto fatica per averlo, ma era sicuro che gli sarebbe tornato utile presto.
Tornado, digitò con un sorriso.
Si sarebbero divertiti parecchio, ma si sarebbero cacciati in un mucchio di guai, ne era certo.
E con quel pensiero ripartì alla volta di casa sua.


 
 
Buonasera! In barba a ciò che vi avevo anticipato, eccomi qui per il compleanno di Shannon.
Tantissimi auguri Shanimal per i tuoi 18 anni che compi ormai da… 26 anni. Meglio di Eward Cullen!
Ma torniamo a noi: bentornate a chi mi conosce e benvenute a chi invece non sa chi io sia. Per queste persone, che so si staranno domandando chi diavolo sia Logan e perché sia la ragazza di Jared, posso solo dire che la risposta la trovate qui: Trenta secondi da Marte, anni luce da Venere.
Perché questa storia è lo spin-off dell’altra. Ecco anche spiegato il motivo dell’anno a inizio capitolo. Ho ripreso lo spin-off esattamente qualche giorno dopo.
La storia si può comunque leggere tranquillamente senza aver letto la precedente.
Per il resto posso dire che la storia sarà una mini long di cinque capitoli, sto pensando se aggiungere un epilogo o meno, devo capire se la mia mente elabora qualcosa di decente. E sono anche a buon punto con la stesura, oggi ho concluso il quarto.
Quindi, ritroviamo le stesse modalità che ho attuato per “Trenta secondi da Marte, anni luce da Venere”:
 
  • Aggiornamento settimanale, questa volta però tengo la domenica come giorno per postare.
  • Ogni titolo sarà una canzone che riassumerà un po’ il significato del capitolo.

Tengo a precisare che non sono propriamente una fan della Swift, ANZI, però il titolo ci stava ed è l'unica sua canzone a piacermi, quindi a lei l'onore di aprire le danze.
Ok, pensavo di avere più punti invece sono tutti qui.
So che lo Shannon di questa storia sarà meno… sfrontato – diciamo così – rispetto alla ff da cui è tratto, ma qui la situazione riguarda lui, si parla dei suoi sentimenti e quindi la faccenda è leggermente diversa.
Riguardo la storia posso dire che, secondo me, è meno demenziale rispetto all’originale, posso dire che sarà divertente ma non così comica, almeno è così che l’ho percepita io nello scriverla. Di sicuro Chloe è un bel personaggio, frizzante e più accomodante rispetto a Logan, questo perché per Shannon volevo un carattere diverso, che lo provocasse e incuriosisse, una persona in grado di stimolare la sua attenzione.
Spero di esserci riuscita.
Due cose che mi premono:

1) Il linguaggio sarà più diretto, a tratti forte a causa delle allusioni sessuali/imprecazioni/doppisensi voluti e quant'altro, quindi siete avvisate.
2) Il titolo non è preso dal libro "Uno splendido disastro", beautiful disaster in inglese (appunto), ma da questa immagine tratta dal video di Hurricane. Quindi sì, anche il titolo è legato ai Mars.

Mi pare di aver detto tutto, io spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta almeno un po’! Se volete farmi sapere cose ne pensate, io ne sarei felice!
Se volete mi trovate nel gruppo fb: Love Doses.
A domenica prossima con il secondo capitolo, marshugs, Cris.

 

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Capitolo 2
*** XO ***



Banner a cura di Radioactive,


Guarda il trailer della storia realizzato da S_EntreLesLines


Capitolo 2

XO


«Dunque… Sì, sto cercando qualcosa di pomposo, esagerato… Principesco» disse Logan alla commessa che la seguiva come poteva fare un cane da caccia con la volpe che braccava.
«Scusi, ma per caso l’ho già vista?» domandò la donna con incertezza. Eppure le sembrava una faccia famigliare.
«Se ha guardato gli oscar è probabile» rispose la diretta interessata in tono vago. Era passato un mese dalla cerimonia, ormai aveva imparato a gestire le domande a riguardo. E, purtroppo per Jared, si trovava lì per un motivo strettamente legato a esso.
Con la scusa che era passato così tanto tempo dall’evento, era sicura che Jared avesse abbassato la guardia e non si aspettasse il suo… Contrattacco.
Era contenta che fosse in studio a incidere il nuovo album, sperava che gli altri due potessero raccontarle poi la reazione del proprio compagno.
Chloe, al suo fianco, era ancora ignara del perché si trovassero in un simile negozio, ma siccome le piaceva, decise di non obiettare.
«Forse, ha ragione» convenne la commessa sovrappensiero.
«Comunque guardi, vorrei iniziare a provare questo» e indicò strati di tulle e un corpetto rigido molto sfarzoso. Non era decisamente il suo stile.
«Certo, subito, vi faccio accomodare in un salottino a parte». La donna che le seguiva aveva capito che poteva essere un affare lavorare con loro. D’altronde in quante donne potevano partecipare alla cerimonia degli oscar senza avere un nome? Doveva essere la fidanzata di un uomo importante, se no non si sarebbe ricordata di averla vista da qualche parte, meglio tenersela buona.
La aiutò a entrare nel vestito e, una volta pronta, uscì nel piccolo salottino per farsi vedere dall’amica.
«Allora, cosa ne dice?» la commessa era ammirata, le stava bene.
«Non è il vestito con cui mi sono immaginata all’altare, ma è comunque molto bello. Però sento che non è quello giusto» disse dispiaciuta, come se in realtà ci avesse creduto davvero. Cosa si poteva pretendere da una che stava con un attore bravo a fare uno dei propri – tanti – lavori?
Aveva imparato qualcosa, e ora lo stava mettendo in pratica.
«Lei cosa ne pensa?» domandò la donna a Chloe, cercando di convincere la propria cliente.
«Penso che se il corpetto dovesse dare l’impressione di contenere un seno florido quello sarebbe il vestito perfetto per lei. Questo, dunque, è di sicuro in lizza». Alzò le spalle serena, anche davanti all’espressione sgomenta della venditrice.
Logan descrisse alla commessa quale abito le sarebbe piaciuto indossare il giorno delle nozze, uno di quelli che le aveva fatto vedere prima, molto più in linea con i suoi gusti. Chiese a Abby – la donna che l’aveva presa in custodia – se poteva tenere quello addosso mentre lei andava a cercare l’abito che desiderava, e lei rispose di sì.
«Mi spieghi perché siamo in un negozio di abiti di sposa?» le domandò Chloe dal suo comodo divanetto. Le avevano offerto anche un bicchiere di champagne, e se quello era il trattamento che riservavano alle ospiti dell’atelier, beh… Non le importava il motivo, l’avrebbe accompagnata in tutti i negozi che voleva l’amica.
«Tira fuori il cellulare, veloce, e scattami una foto!» disse Logan concitata mettendosi in posa sulla piccola pedana. «Mi raccomando, falla bene e ravvicinata, ma che si veda tutto il vestito».
«Non è legale, giusto?» disse scattando una foto decente, eccitata dall’essere coinvolta in una cosa così strana.
«Secondo te per quale motivo, se no, avrei fatto allontanare la commessa?!» alzò gli occhi al cielo, l’espressione ovvia.
A Chloe venne un brivido. Era così tipica di Logan, ma da quando aveva imparato a conoscerlo avrebbe giurato che ci fosse tanto di Jared anche in quel gesto. Era mostruoso come fossero riusciti a influenzarsi a vicenda.
«Ok, ma questo mi spieghi cosa c’entra con Jared? Hai detto che non ti ha chiesto di sposarti»
«No, appunto, e nemmeno lo desidero. Sto solo cercando di vendicarmi del mio bellissimo uomo per aver rivelato la nostra relazione al mondo intero contro la mia volontà»
«E come credi di farlo?»
«Tu girami le foto in chat sul telefono, al resto ci penso io» disse dirigendosi verso il camerino. «Ah, mi sembra inutile ripetere che anche con il secondo vestito tu debba scattare una foto».
Le strizzò l’occhio e tornò da Abby, che era arrivata con l’abito in questione.
 
«Cinque minuti di pausa» annunciò Jared soddisfatto.
Jamie, dall’altra parte del vetro, sventolava il suo cellulare con lo schermo illuminato. Logan, mimò con le labbra. Erano dei messaggi.
Quel giorno le cose in studio stavano andando bene, e avevano lavorato così tanto che anche Shannon e Tomo sembravano provati dalle registrazioni. Cinque minuti non avrebbero ucciso nessuno, inoltre era curioso di sapere cosa Logan avesse avuto da dirgli.
Aprì la chat, trovò un’immagine e nel microfono in cui di solito registrava gli scappò una parolaccia che fece voltare tutti. Non era una novità per loro sentire Jared sproloquiare, ma era la prima volta che succedeva di sentirlo così sconvolto.
Lo, amore della mia vita, cosa cazzo stai combinando?” digitò nella chat istantanea dopo aver visto la foto.
Sei uscita di senno?” aggiunse per sottolineare il concetto, ancora scosso.
La doppia spunta alla fine dei messaggi gli fece capire che erano stati ricevuti e letti. Non restava attendere altro che la risposta.
Col cazzo che cinque minuti di pausa non avrebbero ucciso nessuno, a lui erano bastati pochi secondi per  sentire l’incipiente attacco cardiaco propagarsi nel suo petto.
Dio, quel vestito era orrendo, la gonna sembrava una meringa e il corpetto era volgare, ma Logan riusciva a essere bella pure così.
Ti stanno guardando Shannon e Tomo?” fu il messaggio della ragazza.
Sì. Ora, di grazia, vuoi darmi una risposta?!” poteva ancora cacciarla di casa? Era brutto?
Niente, volevo solo vendicarmi per lo scherzetto degli Oscar. Ora che so dal tuo tono che hai quasi rischiato l’infarto e so anche a chi chiedere per avere la descrizione della tua reazione, mi ritengo vendicata. Te l’avevo detto o no che te l’avrei fatta pagare?
Sorrise, più tranquillo e soddisfatto. Per quanto fosse sadica, era una mente brillante. Adorava questo suo lato, era inutile anche solo provare ad arrabbiarsi davvero con lei.
Ho una certa età, ho rischiato la morte davanti a un simile oltraggio. Però ammetto che sei stata brava. Non solo nell’attuazione del piano, ma anche nell’aver aspettato così tanto” digitò tra le risate che i suoi collaboratori trovarono ancora più strane, erano convinti che iniziasse a soffrire di demenza senile.
Che tu fossi vecchio non è una novità, te l’ho sempre detto e non mi hai mai ascoltata
Certo che se volevi che io ti lasciassi bastava dirlo, non c’era bisogno di tentare di uccidermi
Leto, ti amo troppo per volere la tua morte” stava digitando davanti ad Abby che, spazientita, la fissava con una certa irritazione. Se ne fregò, stava flirtando con il suo partner, non c’era nulla di meglio al mondo che la convincesse a scollarsi da quel cellulare.
Dalla tua crudeltà non si direbbe
Stasera mi farò perdonare…” scrisse lei in fretta.
Dovrai impegnarti”.
Logan sorrise e si rivolse a Abby, che almeno ringraziò mentalmente di essere con una persona normale, non come l’amica che fuori le attendeva, troppo sarcastica per i suoi gusti.
«Scusi, ha delle manette? Sa quelle con il peluche attorno alla parte rigida… Sarebbero per la luna di miele». Si giustificò con un gran sorriso.
Abby perse ogni speranza.
Jared, con un sorriso soddisfatto e a tratti malizioso, si diresse dagli altri, lasciando il telefono sullo sgabello della batteria di Shannon, che lo trovò poco dopo.
Lo schermo illuminato, la scritta della chat istantanea che diceva che Logan gli aveva inviato un’immagine.
Fece segno ai fonici di aprire il microfono per farsi sentire. «Jared, ti è arrivata una foto» e nel dirlo fece dondolare il cellulare tra il pollice e l’indice.
«Da chi?»
«Logan»                                       
«Aprila pure tu!» sorrise con finta innocenza al fratello che, ingenuo, pensava di fare un favore a Jared, non soffermandosi così sulla scintilla perversa che aveva lui nello sguardo.
«Porca puttana!» esclamò Shannon allo stesso modo di prima del fratello minore, dandogli soddisfazione nel vedere la stessa identica reazione. Jared sapeva che Logan gli avrebbe mandato un’altra foto con un altro abito, ne era certo.
Donna perfida, voleva sterminare tutti i Leto in un colpo solo?
 
Uscite dal negozio, appagate per la riuscita di quello scherzo e Logan della propria recitazione, dato che aveva convinto Abby di doversene andare a causa di un imprevisto ma che – comunque – non aveva trovato il vestito giusto, si rimisero a parlare con un tono di voce normale.
«A proposito, sono qui da quasi un mese e ancora non te l’ho chiesto. Quale regalo ha preferito Shannon per il suo compleanno? Il tuo o quello di Jared?»
Logan sghignazzò soddisfatta. «Nessuno dei due lo ammetterebbe mai, Shannon per amore del fratello e Jared per orgoglio, ma ha amato il mio. Certo, anche il soggiorno che Jared gli ha regalato in un parco avventura l’ha apprezzato, ma nulla a che vedere con il mio kit da caffè».
Gonfiò il petto, orgogliosa della propria idea.
«A proposito di Shannon» continuò dato il silenzio dell’amica. «Cosa mi racconti?»
Chloe sorrise, contenta di parlare di un argomento che le premeva particolarmente. «A parte il fatto che me lo farei qui, davanti a tutti? Niente, purtroppo».
In effetti, pensò Logan, era proprio il tipo dell’amica, eccezion fatta per l’altezza. Aveva sempre prediletto i ragazzi alti, ma non le impediva di mangiare Shannon con gli occhi ogni volta che si trovavano nello stesso posto. Gli sguardi e le battute che si rivolgevano da tre settimane a quella parte facevano salire la temperatura nell’aria e, per quanto le dispiacesse che Chloe fosse delusa dal comportamento troppo corretto del batterista, Logan era contenta che stesse seguendo i suoi consigli.
«Penso che si diverta con una come me, ma non credo di interessagli. Cosa devo fare per fargli capire che sono… Disposta a divertirmi con lui? Anzi…» continuò. «Perché gli uomini devono pensare che le donne vogliano far sesso con loro solo per avere una relazione? Io voglio fare sesso e basta»
«Magari ti vuole rispettare» provò a dire con noncuranza Logan.
«Io vorrei che mi volesse scopare» sorrise, diretta e schietta come sempre.
«Lo conosco da un bel po’, e posso dirti che non gli sei indifferente. Però forse vuole conoscerti. Può darsi che in te abbia notato cose che in altre ragazze non ha mai visto. E la cosa non mi stupirebbe, dato che si porta a letto donne che invidiano lo spessore a un foglio di carta»
«Ti ricordo che anche tu hai fatto parte di quella schiera». La prese in giro l’amica.
«Difatti sono l’eccezione che conferma la regola» rispose con un tono fintamente altezzoso.
«Allora farò in modo che possa conoscermi, e che io possa conoscere lui» ammise arresa all’evidenza. «Forse è meglio così, d’altronde. Quando ci metto di mezzo il sesso combino solo casini».
Logan annuì. E brava Chloe, aveva centrato il punto della situazione.
«Però non è colpa mia se… Tutto quel corpo urla violenza sessuale, lui istiga i miei ormoni, per quello io lo provoco come posso».
Ok, aveva capito il nocciolo del discorso, ma un altro paio di maniche era cambiare il suo essere così sbarazzina.
«Pronta per questo colloquio?» cercò di cambiare discorso Logan. Erano in zona perché di lì a poco Chloe avrebbe sostenuto l’ennesima intervista di lavoro, cosa che non aveva ancora trovato da quando era a Los Angeles.
Ok, ne aveva trovato uno, ma si era licenziata dopo che il capo le aveva messo una mano sulla coscia. Sotto la gonna.
Non le serviva un simile rapporto per lavorare.
Chloe annuì nervosa.
«In bocca al lupo»
«Crepi». rispose la diretta interessata.
«Spacca tutto, ma non parti del corpo. Ho fiducia in te»
«Vorrei avercela anche io in questo colloquio» rise ed entrò nell’edificio a specchi che prometteva bene.
 
Erano passati altri dieci giorni dal colloquio di Chloe in cui aveva rifiutato un posto da stagista. Non pretendeva certo di presentarsi per il ruolo di presidente, ma aveva una laurea e alla spalle una lunga esperienza da designer, essere declassata a segretaria che a malapena portava il caffè e temperava le matite non faceva per lei.
Decise di non darsi per vinta, avrebbe trovato il posto adatto a lei, era solo questione di tempo. Non era una sua caratteristica abbattersi.
“Stasera alle sei davanti al cinema?” scrisse Shannon nel gruppo che condividevano nell’applicazione della chat istantanea. Era comoda per comunicare riguardo i vari incontri.
Ricevettero tutti il sì di Jared, ma fu Tomo, poco dopo, a sorprenderli: “Mi spiace, ma Vicki e io stasera non riusciamo a esserci. Imprevisti famigliari”.
Jared si premurò, sotto lo sguardo di Logan, di scrivere in privato a Tomo. “Grazie Mofo, appena ci vediamo ti spiego il perché
Non c’è problema. Passo volentieri il mio tempo solo con Vicki”.
 
«Tornado» rispose al telefono Shannon, ormai abituato da poco più di un mese a quella parte a ricevere le più varie telefonate da parte di Chloe.
«Shanni»
«Odio questo soprannome, smettila»
«Io non sopporto tornado, eppure tu non la pianti» lo prese in giro.
«Tornado è bello» era possibile portare avanti una conversazione su dei soprannomi? Era normale a quarantasei anni suonati? No, ma nulla nella sua vita era normale, quindi smise di preoccuparsi e continuò a difendere le proprie idee, per quanto superficiali fossero.
«Shanni è dolce» adorava battibeccare in quel modo, era l’unica persona con cui andava d’accordo a Los Angeles.
«Io non sono dolce» certo, proprio per quel motivo Constance non lo aveva chiamato Winnie Pooh verso i suoi venticinque anni. No no, affatto. Ci aveva impiegato mesi per farle capire che non gli piaceva essere paragonato a un orso tappo, con la pancia e le mani impiastricciate di miele. Non sapeva perché, ma gli sembrava un depravato, se lo immaginava bene davanti a Youporn con quella maledetta mano nel vaso poggiato proprio in mezzo alle gambe.
Inutile dire che Jared gli aveva fatto notare che per via di pancia e altezza erano simili. Da lì aveva deciso di mettersi a dieta e iniziare ad ammazzarsi di palestra, mentre per l’altezza non poteva fare molto, se non sfoderare il proprio fascino e qualcos’altro dai pantaloni. Quello funzionava sempre.
«Dici così solo perché non ti ho assaggiato, dovresti lasciare giudicare me» lo provocò, dispiaciuta di non poter assistere alla sua reazione.
«Mi hai chiamato per quale motivo?» scelse di cambiare argomento, perché dopo la sua ultima frase aveva rischiato di strozzarsi con la propria saliva.
«Ti odio quando fai la persona seria!» rispose lei con tono offeso.
Shannon si voltò verso la porta del bagno. Era felice di sentire la doccia scrosciare, almeno la tizia con cui si era divertito – meno del previsto, in realtà – non l’avrebbe preso a schiaffi per essere al telefono con un’altra. Doveva preservare il suo bel faccino.
E, comunque, Jared aveva ragione: con tutte le donne che c’erano in giro non occorreva far sesso con Chloe, poteva continuare come aveva sempre fatto, ovvero rimorchiare ragazze a caso che si gettavano tra le sue braccia. Anche se, doveva ammetterlo, non era più così soddisfacente come prima.
«Io sono una persona seria!» infatti il monologo sul sesso occasionale che era avvenuto nella sua testa era serissimo.
«Se tu ci credi…»
«Chloe, sei una cara ragazza, ma tendi a parlare troppo e a fare affermazioni tendenziose. Vuoi dirmi perché mi hai chiamato?»
«Oltre che per provocarti, dato che mi diverto? Per chiederti se stasera mi dai un passaggio, per favore. Ho un colloquio vicino a casa tua, e visto che dobbiamo andare nella stessa direzione ho pensato di raggiungere te per andare insieme»
«Certo, non c’è problema, non avresti dovuto nemmeno chiederlo»
«Ehi, io sono gentile» gli ricordò lei.
«Davvero? Non si direbbe dato che passi metà del tuo tempo a insultarmi»
«Ma l’altra metà la spendo a provarci con te, con scarsi risultati, tra l’altro».
Scarsi risultati? Un’erezione costretta dentro i jeans anche al suo più misero saluto erano scarsi risultati, secondo lei? No perché non conosceva molte donne che gli facessero lo stesso effetto, e lui ne aveva viste tante.
Doveva ammettere che non era così palese la cosa, ma sapeva bene che non poteva passare inosservato. Se lo stato avesse saputo cosa nascondeva nei pantaloni gli avrebbe dovuto rilasciare il porto d’armi per potersene andare in giro.
«Solo perché mi piace essere corteggiato» rispose ridendo, come se anche lui non si fosse sperticato in doppi sensi e battute che rasentavano l’osceno nei suoi confronti.
«E dire che pensavo che Jared fosse la diva»
«Io sono bravo a dissimulare» o forse non aveva sfoderato davvero il suo carico da novanta in quanto ad allusioni piuttosto… Esplicite.
La doccia smise di fare rumore, segno che la ragazza di cui non ricordava nemmeno il nome sarebbe ricomparsa nella stanza d’hotel di lì a poco. «Ora devo andare, a stasera».
Sì, la sconosciuta andava proprio scaricata, se si era divertito di più al telefono che tra le coperte.
 
Erano le cinque e quaranta e Chloe si trovava davanti al cancello della villa di Shannon. O meglio, era attaccata al citofono, nel disperato tentativo di farsi aprire. Aveva bisogno di un bicchiere d’acqua e di un bagno, il tempo di farsi la pipì addosso era passato da un pezzo.
«Bu!» sentì da dietro le sue spalle.
Sobbalzò; era così concentrata a maledire Shannon nella propria mente che trovarselo alle spalle la fece spaventare non poco.
«Maledetto! Ti sembra il caso di farmi morire d’infarto nel fiore dei miei anni? No dico, lo trovi corretto?»
Era sudato e mezzo svestito, Chloe si leccò le labbra e alzò gli occhi al cielo. Se ci fosse stato un Dio di sicuro ce l’aveva con lei, non poteva farle questo e pretendere di non cadere in tentazione.
Di sicuro doveva farsi una doccia dopo tutto quel movimento, come poteva lei trovare la forza di non proporsi per dargli una mano? Qualcuna doveva pur insaponargli quella schiena!
«Scusa il ritardo, ma oggi sono stato tutto il giorno in palestra e, non contento, mi sono sfogato con una corsa» dato che con lei non poteva sfogarsi come più preferiva.
Eppure, aveva notato i benefici di questa cosa. Uscire con gli altri era diventato meno noioso, avere compagnia e non ritrovarsi solo come un cane mentre loro erano intenti a tubare era più divertente del previsto, se avessero fatto sesso la situazione sarebbe stata più tesa, non solo tra loro due, ma nel bel gruppo che si era formato. Per non parlare del fatto che avere Chloe che lo corteggiava in quel modo strano era spassoso e appagante: gli piaceva quello scambio di battute che serviva ad alimentare la tensione sessuale tra loro. Forse fare sesso con le altre donne non era così divertente perché non riusciva ad andare oltre l’attrazione fisica che, ultimamente, non era nemmeno così sviluppata.
Aprì il cancello. «Una doccia veloce e partiamo, ok?»
«Certo» rispose Chloe convinta. «Mi sono portata un cambio, poi metto la sacca nel baule, così non rischio di dimenticarla qui. Mentre tu ti lavi io mi sistemo»
«Perfetto. Siamo un’ottima squadra!» disse lui abbandonando le chiavi nello svuota tasche accanto alla porta.
A Chloe la casa – villetta, pardon – piaceva moltissimo. Era calda e per nulla esagerata, si sentiva a proprio agio. Non era strana come quella di Jared, ma non era neppure troppo sfarzosa come ci si aspettava che fossero le abitazioni delle persone famose.
Shannon buttò la maglietta bagnata nel cesto delle cose sporche nella lavanderia, per girare poi per casa a torso nudo.
Chloe strinse i denti, non era giusto, lui poteva giocare sporco.
«Shan, dove posso cambiarmi?» domandò spaesata. Per quanto fosse già stata lì altre volte, non sapeva muoversi con disinvoltura.
«Io userò il bagno di sopra, quindi tu puoi usare quello degli ospiti di sotto» disse lui a metà della piccola scala che separava camera sua dal resto della casa. «Lo trovi nel corridoio oltre il salotto. Presente?»
Annuì mentre prese le proprie cose per seguire le indicazioni.
Si diede una veloce rinfrescata, cambiò gli abiti, indossando dei leggins, una maglia senza forma che le arrivava a metà coscia e degli stivali senza tacco, infine passò al trucco, cercando di arginare le sbavature dovute alla giornata, senza aggiungere molto altro per non sembrare un piccolo panda.
Uscì dal bagno dopo poco più di dieci minuti, e trovò Shannon nell’atrio.
«Oddio» mormorò sorpresa.
Il batterista la fissò con attenzione, quello che vedeva gli piaceva parecchio.
«Cosa c’è?» si guardò scettico, dato che Chloe non gli aveva staccato gli occhi di dosso.
«Quella camicia» disse lei indicandola.
«Cos’ha?» a lui piaceva la camicia di jeans sotto la felpa, lo faceva sentire curato senza essere esagerato. Si girò verso lo specchio lì vicino, gli era sembrato di stare bene prima.
«Mi fa fare pensieri impuri» ammise lei quasi senza aria nei polmoni, paonazza.
«Vuoi che la tolga?» accennò ad alzarsi la felpa, il ghigno soddisfatto e sicuro di chi era contento di aver centrato l’obiettivo. «Però non rispondo di me poi».
Fece un passo verso di lei, malizioso, e lei si tirò indietro.
«Non farlo!» urlò con troppa enfasi.
Shannon stava scherzando. Almeno un po’. La paura nella voce di lei l’aveva fatto rimanere male.
«Volevo dire che ti sta così bene che fai venire voglia di toglierla. È lì che sta il bello. Se te la levi da solo non c’è gusto. Il solo pensiero di togliertela di dosso è… Eccitante».
Quello che sconvolse Shannon non furono tanto le parole, ma il modo con cui furono dette: non c’era malizia in esse, solo sincerità mista a una punta di vergogna, come se gli avesse confidato un segreto così personale da rivelarle la sua vera anima.
«Credimi, è più eccitante sentirselo dire» si avvicinò a lei per fissarla negli occhi. «O provarlo direttamente. Vuoi?»
Aveva cercato di sdrammatizzare indicando le scale alle loro spalle.
«Cretino!» lo spintonò riprendendo il sorriso e la sicurezza. «Ricorda che non sono una delle tante. Se dovessi arrivare a me ti andrebbe di lusso, perché proveresti cose che altre non si sono mai immaginate di farti sentire».
Non gli diede modo di rispondere, aveva aperto la porta per uscire nel tramonto di Los Angeles «E ora andiamo, siamo in ritardo».
Se fosse rimasta in casa un secondo di più gli avrebbe tirato una padellata in testa per tramortirlo, trascinarlo nella sua stanza e abusare di lui. Lei gli diceva che lo trovava eccitante e lui la prendeva in giro? Non se la meritava, una come lei.
 
«Cosa ne dici, ora possiamo scrivere?» Logan accarezzava il petto di Jared da sopra la maglietta. Erano passate le sei da qualche minuto e non aveva la minima intenzione di muoversi di lì. Era l’unica giornata di riposo di Jay e non aveva intenzione di sprecarla uscendo di casa.
Voleva che il divano prendesse le loro forme. Per lo scopo avrebbe saltato anche la cena, poco ma sicuro.
«Sì, direi di sì» rispose lui compiaciuto, un sorriso furbo dipinto in faccia mentre la mano libera accarezzava i capelli di Logan. Erano assonnati e pigri, e la giornata non poteva andare meglio di così.
«Mi spieghi perché hai architettato tutto questo?» lei non riusciva a capire.
Jared si sdraiò sul divano, portandola sopra di sé. Le accarezzò il viso prima di risponderle: «Dunque, dato che tu hai terrorizzato a morte mio fratello – giustamente – riguardo la questione sesso, ho pensato di ritirarci ora per fare in modo che fossero già fuori casa in modo da non farli cedere in tentazione, però li stiamo costringendo a uscire insieme. Da soli. Così potranno conoscersi».
Era soddisfatto di aver avuto un’idea simile.
«Mi piace Chloe» aggiunse. «Mi piace per Shannon. Spero solo che lui si accorga di quanto valga e approfitti della situazione»
«Tu sei un genio» Logan lo fissò ammirata. Non era sicura che avesse ascoltato tutti i discorsi sull’amica e suo fratello, ai tempi.
«Me lo dicono in tanti»
«E sei pure modesto». Lo prese in giro.
«Dovrei?»
Scosse il capo.
«Ora scrivi il messaggio, io intanto preparo la vasca»
«Vuoi farti un bagno?» si girò a guardarla mentre si allontanava.
«Perché… Tu no?» gli fece l’occhiolino prima di sparire di sopra.
Ok, doveva scrivere alla svelta il messaggio prima di dedicarsi a qualcos’altro, un qualcosa che era meglio di ogni film, cinema o uscita con le persone a lui care.
Aprì la chat del loro gruppo per scrivere: “Scusate, nemmeno Logan e io riusciamo a esserci. Contrattempo dell’ultimo minuto
 
Fu Shannon a guardare il cellulare appena fuori dal cancello di casa.
«Hai visto?» e agitò il telefono tra le dita.
«No, ho la batteria scarica. Cosa dice?» nel giro di due minuti si era sistemata sul sedile come se ci vivesse da giorni. Rilassata e con qualche proprio oggetto sparso sul cruscotto.
«Che ci hanno bidonato tutti, in pratica».
E quindi noi cosa dovremmo fare? Stavamo raggiungendo il punto di ritrovo” digitò nel gruppo.
Uscite voi due, dato che ormai siete in giro. Sfruttate l’occasione già che ci siete
Shannon abbandonò il telefono nel posto in cui lo appoggiava di solito quando guidava.
«Allora? Cosa facciamo?» l’idea di essere sola con lui, per la prima volta, la terrorizzava.
Aveva qualche lato di sé interessante da mostrargli o era solo un faccino grazioso con un sorriso sempre stampato in faccia e nient’altro?
«Se vuoi ti riporto a casa, se no potremmo fare qualcosa insieme».
Insieme. Suonava bene, anche se sembrava la colonna sonora di un disastro, uno di quelli che soltanto lei e Shannon avrebbero potuto combinare.
«Beh, siamo in giro, approfittiamone» rispose con un sorriso allegro nel tentativo di allontanare il rumore del proprio battito accelerato. «Cosa proponi? Sei tu quello che abita a Los Angeles, stupiscimi con qualcosa di insolito. Un giorno potrei fare lo stesso». Ammiccò nella sua direzione, riprendendo il buonumore e la spensieratezza di sempre. Era difficile abbatterla, e di certo Shannon non faceva quell’effetto su di lei. Anzi, riusciva solo a mandarla su di giri, ancora di più.
Qualcuno conosceva il modo per ammazzare lo sfarfallio che si impossessava della bocca del suo stomaco ogni volta che lui sorrideva? Maledizione, non era mai stata sentimentale. Tranne quando guardava P.S. I love you e I passi dell’amore, ma avrebbe sfidato chiunque a non piangere davanti a quei film.
Shannon si prese un momento per pensare, ma fu interrotto quasi subito dallo squillare del telefono. Era Wayne, un suo carissimo amico.
«Wayne, ciao!» lo salutò rispondendo senza esitazioni, lo sentiva sempre volentieri.
«Amico, tutto bene?»
«Benone» rispose dopo aver guardato Chloe. Era bella, ma non era solo l’aspetto fisico; sembrava sempre trovarsi a suo agio in ogni situazione, e riusciva a illuminare una stanza con la sola presenza, era frizzante e solare, contagiava con il suo modo di fare sempre positivo. «Tu?»
«Ecco, ti chiamo per questo…»
«È successo qualcosa di grave?» era pronto a percorrere quei pochi chilometri che li separavano anche a piedi.
«Questa volta l’ho combinata grossa. Oggi è l’anniversario di matrimonio con Ashley, e me ne sono ricordato solo ora. Tra poco sarà a casa, e se scopre che l’ho dimenticato e non ho preparato nulla è la volta buona che chiede il divorzio».
Poverino, lo capiva. La fissazione delle donne per date e celebrazioni. Un po’ di esercizio in più non bastava a farle felici nel giorno di un qualsiasi anniversario? No. Loro volevano i fiori, la cena, qualche gioiello. Perché abbellire e prolungare un qualcosa che potevano avere subito?
Ma, soprattutto, cosa voleva Wayne? Doveva cantare una serenata ad Ashley o voleva che si unisse a qualche strana pratica sessuale a tre? Senza contare che c’era anche Chloe, non se la sentiva di farlo con la moglie del suo migliore amico e il suddetto: non voleva vederlo nudo, il loro rapporto sarebbe cambiato per sempre.
«E io cosa c’entro?»
«Sarò sincero: ho trovato posto in un ristorante qui vicino molto bello, per fortuna. Inoltre ho scovato un completino molto… Poco coprente di Victoria’s secret, nell’armadio. Non credi che in questo piano Ryder sia di troppo? Ok» aggiunse l’uomo al telefono. «È mio figlio e gli voglio bene, ma stasera non dovrebbe proprio essere a casa…»
Le rotelle nella testa di Shannon iniziavano a lavorare, ma Wayne gli chiarì il concetto con le proprie parole. «Ho bisogno che tu lo tenga con te, a casa tua, stanotte. Mi fido Shan, sei una delle poche persone a cui affiderei la vita di mio figlio. Senza contare che gli altri hanno già dei marmocchi a cui badare dato che sono sposati e, appunto, con prole al seguito».
Doveva ammetterlo, non era proprio il programma che si era prefissato per la serata, ma non se la sentiva di dire di no al proprio migliore amico. Se uno dei due poteva concludere, era giusto che lo facesse.
«Ok, sono da te tra un quarto d’ora. A tra poco amico» e riattaccò per iniziare a guidare verso casa di Wayne.
«Allora, cosa succede?» era curiosa, non aveva capito molto di quella telefonata, se non che avrebbero raggiunto la casa della persona che aveva chiamato.
«Stasera faremo i baby-sitter» sorrise tranquillo lui. Nessuna donna poteva resistere a Shannon Leto in versione paterna. Nemmeno Chloe.
 
Ryder aveva quattro anni, ma aveva la forza di un cucciolo di un T-Rex. Se Chloe non avesse il conosciuto il padre meno di un’ora prima avrebbe giurato che fosse un figlio illegittimo di Shannon. Entrambi sempre pronti a scattare, correre e guardarsi intorno per non perdere nemmeno un attimo di vita. Solo a guardarli era stanca.
«Pensi di reggere all’adrenalina?» prese in giro l’uomo accanto a lei.
«Tesoro» la schernì di rimando. «Potrei passare tutto il giorno in un parco divertimenti e poi fare un intero concerto ed essere ancora fresco come un fiore al mattino».
Era beffardo.
«E così il luna park di Santa Monica?» la ragazza alzò un sopracciglio, divertita e guardinga. «Le stelle, le luci della città da una parte, il mare dall’altra. Shannon Leto, stai cercando di conquistarmi?!»
«Come se ce ne fosse bisogno» rispose sicuro lui, il sorriso di chi si stava godendo il momento, come se non avesse voluto essere in altri posti con una compagnia diversa.
«Impudente» gli disse arrossendo.
«So che ti piace. E che ti piaccio». Continuò lui, più vicino al suo orecchio.
«Non è vero». Era sempre più rossa.
«Pure bugiarda». Il sorriso che aveva dipinto sul volto era divertito e sincero, e lei lo adorava.
«Da che pulpito. Si vede da come mi guardi che mi desideri, Shanni» doveva contrattaccare, non poteva lasciargli tutto quel potere e stare lì a subire.
«Ryder, scegli la giostra da cui vuoi iniziare» distrasse il bambino.
Lui indicò la montagna russa che li stava accogliendo all’inizio del parco divertimenti.
«Tornado» le disse passando un braccio attorno al suo collo per scompigliarle i capelli con la mano libera, sapeva quanto detestava che qualcuno la spettinasse. «Non approfittarti della mia galanteria».
Al posto di arrabbiarsi Chloe rise, divertita da quel gesto, ma forse addolcita da quel braccio che, nonostante Shannon avesse finito di farle i dispetti, non abbandonava il suo collo, appoggiato lì con tanta naturalezza che non aveva proprio il cuore per scansarlo. Le piaceva il calore del corpo di lui, la scaldava e proteggeva dalla brezza marina che aveva iniziato a soffiare.
«Mmmhhhh, buoni questi» disse Ryder facendo fermare tutti davanti a una bancarella di dolci.
«Dai, dopo li prendiamo, prima facciamo un giro sulle montagne russe» gli disse entusiasta Chloe.  Voleva evitare di ritrovarsi un bambino in preda alla paura e poi al vomito a causa delle discese e della velocità.
Presi dall’adrenalina del momento, dopo aver affrontato gli avvitamenti del roller coaster si buttarono in altre attrazioni, finchè Ryder, contentissimo di trascorrere così la serata, si era deciso di indicare quella che faceva più terrore a Chloe.
Con la mano in quella di lei il bambino aveva mostrato l’interesse verso i seggiolini volanti. La classica giostra da luna park i cui seggiolini striminziti erano legati alla struttura da semplici catene. Peccato che quella, oltre a girare, si alzasse anche per venti metri buoni. No, lei non avrebbe rischiato la morte in un modo così stupido.
«Vuoi davvero andare lì sopra?»
Ryder rise e annuì.
«Questa volta passo, giuro» disse Chloe scossa da un brivido, erano arrivati davanti alla piccola coda per salire sull’attrazione.
«Perché?» Shannon non capiva, aveva detto che le piacevano le giostre adrenaliniche, non capiva cosa avesse quella. Non poteva essere un problema di altezza, era salita anche sulle montagne russe.
«Mi sembra poco stabile. Insomma, io non ci salirei da sola, e non mi va di lasciare che lo faccia Ryder» bisbigliò vicino all’orecchio di Shannon affinché il piccolo non li sentisse. «Sei sicuro di farlo salire su quel coso? Non scivolerà fuori dal seggiolino?»
Shannon rise. «Tranquilla, lo guardo io. E le protezioni sono sicure. Tu aspettaci qui» aggiunse accarezzandole il volto con un pollice, voleva distendere la sua espressione, era stata una tentazione troppo grande per non assecondare la propria voglia. «Saresti un’ottima madre, lo sai?»
Gli occhi sgranati, le guance rosse per il complimento e il tocco. Voleva farla implodere? Farla bruciare viva per autocombustione? Sì, insomma, farla fuori. «Se solo sapessi badare anche a me stessa prima, forse sì».
Le diede un bacio sulla guancia, poi si avviò verso la giostra. «Torneremo sani e salvi, ci troviamo qui».
Mio Dio, quanto diventava difficile di volta in volta starle lontano? Quell’ottimo profumo, le guance rosa, il sorriso contagioso; tutto era diventato naturale per lui, al punto da introdurla a Wayne e Ryder. Voleva che la conoscessero, e non era successo con altre ragazze. Poteva davvero interessarsi a lei? Andare oltre l’attrazione fisica e la tensione sessuale?
«Zio» lo richiamò Ryder, sempre su di giri. «Chloe è matta, mi sta simpatica».
Shannon sorrise. «Sono contento, perché anche tu le piaci un sacco».
Ecco, lui sarebbe riuscito a piacerle più di Ryder? Per la prima volta si era ritrovato a sperarlo, senza averne la minima certezza.
Tornarono dopo una decina di minuti, Ryder più traumatizzato che mai.
Peccato che non la trovarono dove l’avevano lasciata, e si preoccuparono.
Shannon la cercava tra la gente, il problema era che vedeva il suo volto dappertutto. Voleva trovarla, voleva vederla, ritrovare il suo sorriso in mezzo alla folla, un qualcosa di rassicurante tra tante cose così indefinite.
«Eccomi qui» spuntò alle loro spalle con i famosi dolcetti adocchiati prima.
«Pensavo ti avessero rapita» le disse Shannon visibilmente più sollevato.
«No, anche se per un momento ho pensato di rinchiudermi nei bagni con l’aitante uomo delle ciambelle» rispose sogghignando mentre indicava il simpatico vecchietto che l’aveva servita poco prima. «Sai, mi piacciono gli uomini maturi».
Una scintilla di malizia nello sguardo che lui colse e apprezzò dal più profondo del cuore.
«Non dovevi» le disse.
«Certo che doveva!» si intromise Ryder. «Io ho fame. Grazie!»
Fece ridere tutti mentre, senza dire una parola, si era messo in coda per la ruota panoramica.
«Così mentre mangio vedo tutto il mondo» aveva detto. L’interessante punto di vista di un bambino di quattro anni.
«L’ho fatto» si avvicinò a lui. «Perché se ti avessi aspettato poi avresti voluto offrire di nuovo tu, e non è giusto. Non mi permetti mai di ricambiare»
«Un modo l’avresti trovato comunque» sorrise malizioso.
Ryder si sedette nella piccola cabina da un lato per rimanere solo, aveva invitato gli altri due a lasciarlo guardare le luci del parco in pace. Si erano ritrovati così vicini, lo sguardo perso sul paesaggio attraverso le sbarre di sicurezza.
Los Angeles in lontananza illuminata come se fosse giorno, la luce della luna che, invece, si rifletteva nell’oceano. A Londra non c’era nulla di tutto ciò. Soprattutto non c’era mai stato Shannon con cui condividere una simile visuale.
Una ventata d’aria proveniente dal mare la fece tremare, nonostante avesse indossato il giubbino di pelle da un po’.
«Freddo?» le chiese Shannon scosso dal tremito di lei.
Annuì soltanto, rossa in viso, come se lui avesse letto i suoi pensieri e l’avesse colta in flagrante.
Allungò il braccio dietro le sue spalle, circondandole. Chloe, al posto di ritrarsi, si adagiò a lui, indugiando nell’incavo del collo, vicino alla triade tatuata sotto l’orecchio. Le piaceva molto il profumo che usava.
«Sai, è da un po’ che volevo dirti una cosa, ma mi sono sempre dimenticata». Deglutì quando, allontanato il viso dal collo di lui, anche Shannon aveva preso a guardarla. Erano davvero molto vicini. «Mi piace questo taglio, era come quello che avevi quando ci siamo conosciuti».
E si mise a giocherellare con il ciuffo di capelli un po’ più lungo che gli ricadeva davanti agli occhi.
«Grazie, sono contento che ti piaccia. Ho voluto rifare lo stesso taglio per…» te. Sentire il respiro di lei sulla propria faccia era inebriante. «Comodità e vanità, lo ammetto».
Stupido uomo senza palle.
Avrebbe potuto rimediare, se solo avesse avuto il coraggio di baciarla.
Avvicinarsi era stato un primo passo, e lei non si era tirata indietro.
«Shan» li interruppe Ryder, di cui entrambi avevano dimenticato la presenza. «Ma se tu sei mio zio, Chloe diventa mia zia?»
Inclinò la testa, la bocca tutta sporca di cioccolato e zucchero, la ciambella sparita.
Shannon e Chloe si scostarono, in imbarazzo.
«No piccolo, io sono solo Chloe, una tua amica come sono un’amica per Shannon. Che idee strane ti vengono…» si spostò i capelli dietro l’orecchio, in colpa come solo una ladra colta sul fatto poteva sentirsi.
«Ah ok» alzò le spalle il bambino. «Solo che vi stavate guardando come fanno il mio papà e la mia mamma. Poi di solito mi mettono a letto perché dicono che vogliono provare a fare un fratellino».
Ecco l’appiglio per Shannon, l’assist per uscire dall’imbarazzo che si era venuto a creare. «Tranquillo Ryder, dopo stasera hai buone possibilità di avere un fratello o una sorella»
«Bleah, io non voglio» rispose lui facendo ridere entrambi.
«Come si fanno i bambini?» domandò in attesa di una risposta.
Shan e Chloe si guardarono increduli.
«Io… Non lo so. Domani, quando torni a casa, chiedilo ai tuoi. Loro avranno sicuramente la risposta». Shannon impacciato era… Tenero. Almeno agli occhi di Chloe.
«Mh, ok».
Il ragazzo addetto alla ruota aprì all’improvviso la cabina e li fece uscire per caricare altre persone.
«Ora è tempo di andare a casa, peste, è arrivato il momento di dormire»
«Ma io non voglio!» protestò il bambino. «Non ho sonno!»
 Shannon lo prese in braccio per fargli il solletico e se lo caricò a spalle, fissando divertito Chloe che lo guardava affascinata.
Si vedeva che lui adorava i bambini e Ryder in particolare, non capiva come – tra tutta la scelta disponibile – non avesse trovato una donna e non avesse messo su famiglia.
Lo caricò in auto tra le risate generali. Dopo dieci minuti di strada capirono che non aveva davvero l’intenzione di addormentarsi.
«È stata una bella serata» iniziò Chloe un po’ intristita dal pensiero che stesse per finire. «Dovremmo… Ripeterla più stesso»
«Allora il luna park ti ha conquistata» sorrise, il gesto a contagiare gli occhi sempre luminosi. «Però sì, sarebbe da rifare»
«Esatto. Il posto mi è proprio piaciuto» rispose riservandogli una linguaccia.
«Stavo pensando» accennò Shannon dopo qualche secondo, la voce bassa per non farsi sentire da Ryder. «Ti va di venire a casa con noi? Metto a dormire Ryder e poi» e poi? Nella sua mente erano passate immagini davvero poco adatte a un minore.
«Poi?» continuò lei, sorpresa e lusingata.
«Poi ci guardiamo un film, due chiacchiere… Mi dispiace concludere la serata così presto» erano sì e no le dieci di venerdì sera.
Sapeva cosa voleva dire accettare, ma come rifiutarsi davanti a una cosa che voleva lei per prima? Ok non fare a gara con le donne che si mettevano agli angoli delle strade per fare un po’ di soldi, ma nemmeno entrare in competizione con le suore di clausura.
E poi lui non poteva morsicarsi il labbro in quel modo, rischiava grosso senza nemmeno immaginarlo. Era istigazione.
«Sì ok, mi va bene».
Tra di loro si creò una strana tensione, allentata solo da Ryder che però, a fine tragitto, iniziò a mostrare i primi segni di cedimento.
Arrivati a casa di Shannon, varcò la porta con il piccolo in braccio, finalmente tranquillo, accoccolato e arreso al suo petto, la faccia appoggiata al collo. Quel punto del suo corpo mieteva vittime di ogni età e sesso, poco da fare.
«Vado a metterlo a letto, poi arrivo. Intanto tu mettiti comoda. Se vuoi scegli un film o serviti da bere, fa’ come se fossi a casa tua» e sparì lungo le scale che portavano alla camera.
Si mise comoda sul divano, rilassando le spalle intirizzite dal freddo e lasciandosi coccolare dalla sua morbidezza.
Fu riscossa da quel placido tepore solo quando sentì più passi correre veloci lungo gli scalini alle sue spalle.
Girò la testa verso l’entrata della stanza e vide Ryder fermo accanto a lei, il pigiama azzurro e un orsacchiotto in mano.
«È scappato» si giustificò Shannon.
«Ciao Chloe, volevo salutarti» lo disse con la mano libera sull’occhio destro, intenta a strofinarlo. «Ci vediamo un’altra volta?»
«Intraprendente» e cercò con lo sguardo quello di Shannon. «Certo ometto, faremo un’altra bella gita, te lo prometto».
«’Notte» gli disse prima di allungarsi sul divano per darle un bacio sulla guancia.
«’Notte a te» rispose con lo stesso gesto, intenerita. Quel bambino era fantastico.
«Forza Ryder, ora che hai salutato Chloe andiamo di sopra». Gli tese una mano che il piccolo prese al volo, contento di essere in compagnia dello zio.
Passarono alcuni minuti, e lei si ritrovò con gli occhi incollati al soffitto. Di sopra c’era un letto e c’era Shannon, iniziò a sentirsi nervosa.
Entrambi sapevano perché lei era lì, inutile nascondere l’attrazione che provavano reciprocamente. Però il tutto non risultava un po’… Forzato?! Era normale fare sesso la prima volta in quel modo? Con un bambino attorno che con loro non c’entrava poi molto?
Cominciava a sentirsi tesa.
E intanto i minuti passavano. Cinque. Dieci.
Venti.
Da sopra non venivano rumori e Shannon non si faceva vivo.
Decise di andare a vedere, giusto per non preoccuparsi e appurare di non essere stata presa in giro. Era l’unica cosa di cui non aveva bisogno.
Sbirciò in camera del batterista e alla vista di quel quadretto sorrise: Ryder dormiva, vicino a lui Shannon con le braccia spalancate e profondamente addormentato.
Ma non era lui quello che poteva reggere una giornata intera in un parco divertimenti e fare un concerto senza stancarsi nemmeno un po’?
Chloe sbadigliò, felice che la serata fosse finita in quel modo. Aggirò il letto per lasciare un bacio sulla guancia di Shannon, come lui aveva fatto prima al luna park, infine si stese su una piccola porzione di letto, pronta a prendere sonno, sopraffatta dalla serata.
Era dura passare del tempo con Shannon Leto, specialmente quando si iniziava a capire di provare qualcosa per lui.

 
 

Buonasera a tutte e scusatemi il ritardo! Avrei voluto pubblicare oggi pomeriggio ma il destino è un gran burlone e si diverte a prendermi per i fondelli (non fa fatica, ho le chiappe grosse).
Detto questo, vi ringrazio per aver accolto la nuova storia, spero che possa continuare a piacervi!
Riguardo questo capitolo cosa posso dire? Qualcosa, ma sarò veloce, è già stato lungo il capitolo, non vorrei dilungarmi oltre.
7 1) Il titolo. Lo so, non c'entra nulla, ma il video della canzone è ambientato al luna park, quindi inutile dire che è alquanto azzeccato. Devo dirlo che è girato da Terry Richardson? Devo? Ok, l'ho fatto. Riferimenti ai Mars, riferimenti ai mars everywhere.
E poi ce la vedo benissimo come sottofondo quando Shannon la cerca tra la folla. La dolcezza!
2) I seggiolini volanti nominati nel capitolo altri non sono che il famoso CALCI IN CULO. Solo che non volevo fare la scurrile nella storia - eh già, si è visto no? non parlano tutti come Lord e studentesse della Sorbona? - quindi ho cercato in internet un nome alternativo.
3) La scena iniziale. Lo so che con Shannon e Chloe c'entrava ben poco, ma lo spin off è nato da quella scena, quindi non prendetevela. Io spero che vi sia piaciuta lo stesso!
Logan è psicolabile, e Jared è sadico... Ma giuro che lasceranno spazio a Shannon e Chloe d'ora in poi. Anzi, il prossimo capitolo - non dovrei dirlo, lo so - è il mio preferito *____*
4) Wayne è davvero amico di Shannon, e Ryder è davvero suo figlio. QUI trovate i diretti interessati, se non li avete mai visti (Ryder ha due anni ora, quasi, quindi nel 2016 avrà davvero quattro anni). Nella foto precedente (o successiva, non ricordo), troverete Shannon con Ryder appena nato tra le braccia.
Inoltre tengo a precisare che Ashley, il nome utilizzato per la moglie di Wayne, è di mia totale invenzione perché effettivamente non si sa quale sia il suo vero nome. Me ne prendo dunque ogni responsabilità.
Niente, ho finito, questa volta sono stata veloce!
Io spero tanto che vi sia piaciuto... Se vi va, fatemelo sapere!
Per curiosità, sfoghi, mutuo soccorso e quant'altro mi trovate nel gruppo facebook personale: Love Doses.
A domenica prossima, marshugs, Cris.

 

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Capitolo 3
*** Demons ***



Banner a cura di Radioactive,


Guarda il trailer della storia realizzato da S_EntreLesLines


Capitolo 3

Demons


Si era svegliata verso le due di notte perché stava sudando. Non sapeva come c’era finita, ma era sotto le coperte, come anche Shannon e Ryder, quest’ultimo tra loro due. Decise di togliersi i leggins per sopperire al caldo senza esporsi troppo, la maglietta che indossava era abbastanza lunga da non mostrare troppo le sue grazie. C’era pur sempre un bambino in quella casa.
Si riaddormentò poco dopo, provando sollievo nel sentire le gambe a contatto con le lenzuola.
Le sembravano passati due minuti quando sentì qualcuno leccarle la faccia, invece gli occhi – anche se chiusi – purtroppo percepivano il chiaro del giorno che li colpiva senza pietà.
Oddio, una notte con il trucco addosso, aveva la certezza di assomigliare a un Picasso. Con la faccia gonfia, s’intendeva. No, Shannon non doveva vederla in quello stato.
Ma la domanda che la assillava era: chi le leccava la faccia?
Sentì la risata di Ryder, segno che era sveglio e stava assistendo alla scena.
Bene, anche un bambino di quattro anni riusciva a prendersi gioco di lei.
Aprì gli occhi e accanto al letto trovò Chick, il cane di Shannon. Una femmina, neanche a dirlo. Un cane che si chiamava pollastrella, tutta la classe di quell’uomo racchiusa in un nome.
«Ciao». La salutò Ryder tra una risata e l’altra.
Chloe gli accarezzò la testa bionda e nell’alzarsi riservò lo stesso trattamento a Chick, bisognosa di coccole. La sera prima doveva essere sparita per il trambusto, non era abituata a stare con la gente e con i bambini, all’inizio faceva sempre la ritrosa e si nascondeva. Ryder non contribuiva, le faceva sempre i dispetti, o almeno così le avevano raccontato.
«Dov’è Shannon?» chiese al bambino dopo essersi passata una mano sulla faccia nel tentativo di togliere i segni del sonno.
«A preparare la colazione». Lo guardò con gli occhi sgranati. Era convinta non sapesse prepararsi neppure un toast.
«Davvero?»
«Certo, lo zio è molto bravo a preparare le frittelle». Si leccò i baffi, poi decise di scendere le poche scale per riempirsi lo stomaco di pancake.
Mio dio, era sconvolta. Si era ritrovata nel letto di Shannon, e ora lui le preparava pure la colazione. E non ci aveva neppure fatto sesso!
C’era qualcosa di strano e magnifico in tutto ciò, una dolcezza senza secondi fini a cui nessun uomo l’aveva mai abituata.
Si diresse nel bagno di Shannon, dato che si accedeva direttamente dalla camera, e si diede una sistemata, giusto per rendersi presentabile ai limiti dell’umano. Con le dita si tolse il mascara sbavato e si pizzicò le guance per renderle un po’ più rosa. Cercò anche di dare una forma ai capelli, per quanto sapesse essere una battaglia persa in partenza, avevano vita propria e lei non aveva alcun potere su di loro.
Scese le poche scale che separavano il piano rialzato dalla zona della cucina e del salotto e osservò Shannon ai fornelli.
Piedi nudi, pantaloncini al ginocchio sportivi e senza maglia, di appetiti ne risvegliava parecchi, e nessuno legato al cibo. Fissò Ryder seduto al tavolo con le posate strette nei piccoli pugni, pronto a far sparire qualche pancake.
Rise e Shannon si girò verso di lei. «Buongiorno!»
Poi notò le gambe scoperte e per poco non fece bruciare l’ennesima frittella cucinata. Indicò quelle autostrade fatte di pelle e nudità con la paletta con cui girava il cibo. «Giuro che non ti ho tolto nulla stanotte, non è colpa mia. Anche se… Ringrazio chiunque l’abbia fatto».
Era il suo tentativo per cercare di non rimetterci alcun pezzo del corpo o sentirsi inveire contro di prima mattina.
Chloe rise. «Allora prego, sono stata io a togliere i leggins. Avevo caldo sotto le coperte…»
«In quel caso sono stato io a infilarvi sotto il piumino. Mi sono svegliato ed eravamo tutti e tre addormentati sopra il letto. Tu abbracciata a Ryder, ecco perché non l’ho spostato nel letto che avevo preparato per lui».
Lo sguardo non del tutto contento di Shannon le fece intuire che non era contento di come fossero andate le cose. Forse era giusto così, magari era destino che non facessero sesso nemmeno quella volta.
Destino, chiunque tu sia – pensò Chloe – farti una tazzina di cazzacci tuoi ogni tanto?
Non ricevette risposta.
Si sedettero a tavola tutti e tre e parlarono del più e del meno, per quanto un bambino potesse partecipare a una conversazione normale.
Era strano, sembravano i protagonisti della pubblicità dei biscotti. Tre estranei che, in realtà, fingevano di essere una famiglia. Non che loro fingessero alcunché, però da fuori potevano sembrare un nucleo famigliare, quando invece erano solo tre persone distinte che si erano trovate per caso.
Chloe a fine colazione tentò di aiutare Shannon a sparecchiare e, mentre loro litigavano, Ryder si piazzò davanti alla tv per guardare i cartoni che trasmettevano la mattina. Chloe insisteva perché non aveva fatto nulla fino a quel momento, ma Shannon perseverò sostenendo che lei era ospite e non doveva permettersi di alzare un dito, anche perché lui avrebbe solo caricato la lavastoviglie, nulla più.
La invitò ad andare in bagno per lavarsi i denti, dato che lei gli chiese se le prestava un po’ di dentifricio. Era abituata a lavarseli con il dito in caso di necessità, meglio quello che nulla.
Fu così che si ritrovò nel bagno di Shannon a tentare di dare alla propria bocca la freschezza della menta.
Appena finito arrivò il proprietario di casa, così Chloe approfittò della sua compagnia; si sedette accanto al lavandino, sul liscio ripiano in marmo dal colore tenue.
«Ryder?» domandò facendo dondolare i piedi nudi davanti a sé.
«È di sotto che guarda Scooby-Doo, ha detto che può rimanere da solo mentre ci vestiamo» rispose prima di lavarsi la faccia.
Soltanto dopo essersi lavato anche i denti si mise davanti a lei. Nonostante fosse nel suo bagno che lo fissava non gli dava fastidio, tra di loro le cose erano diventate naturali quasi subito, aiutati dal fatto che si fossero conosciuti anni prima e avessero instaurato subito una certa confidenza.
Le aprì con delicatezza le gambe per sistemarsi in quello spazio, il basso ventre che poggiava contro il marmo freddo, le mani sulle cosce di lei. «Allora, cosa facciamo?»
Avrebbe potuto riportarla a casa prima di passare da Wayne, oppure avrebbero potuto accompagnare Ryder dai suoi genitori e poi fare qualcosa insieme, Shannon era libero fino alle due, poi avrebbe raggiunto Jared e Tomo per un photoshoot.
Chloe si piegò in avanti, le braccia dritte e le mani strette attorno al bordo del ripiano. Lo fissava dall’alto al basso, negli occhi un lampo d’eccitazione, quella posizione e la vicinanza la stuzzicavano parecchio. Intanto Shannon, senza allontanarsi né senza staccarle gli occhi di dosso, con la mano destra cercava qualcosa nel cassetto accanto a loro.
«Sesso?!» rispose lei diretta e con la voce bassa, le ginocchia vicine al busto di lui nel tentativo di fare presa sul suo corpo.
Lui si leccò le labbra, poi sorrise. Inutile nascondere la soddisfazione per quella risposta, sperava che dicesse una cosa simile. Le accarezzò la lunghezza delle cosce, mentre gli occhi di lei si accendevano di desiderio. «Per quanto  possa allettarmi l’idea, non penso sia l’ideale farlo con un quattrenne che non è nemmeno mio figlio in giro per casa. Sarebbe diseducativo. Pensavo più a farmi la barba».
La voce roca di chi era sveglio da poco ma di chi, soprattutto, provava la stessa voglia che leggeva nello sguardo di lei.
Era una tentatrice nata, peggio del demonio stesso.
Per distrarla le mostrò il rasoio elettrico che di solito usava per sistemarsi la barba.
Chloe sbuffò, l’ennesimo attacco era fallito miseramente. Forse farsi trovare nuda in camera sua sarebbe stato più efficiente, ma non era sicura del risultato, quindi era meglio lasciare perdere.
«Allora lascia che ti aiuti» disse cercando di mettere da parte l’eccitazione.
«Davvero?» Shannon rimase colpito da quella proposta.
«Certo». Sorrise con la lingua tra i denti per poi allacciare le gambe attorno al bacino di lui. Ok, le piaceva giocare sporco, ma lui di solito non era da meno.
«La radi o la accorci?» domandò esperta.
Shannon appoggiò le braccia al ripiano per permetterle di arrivare meglio al suo viso. «Accorcio. Anche se ho un servizio fotografico e mi hanno chiesto di essere pulito, senza un filo di barba non mi piaccio»
«Peccato» aggiunse lei dispiaciuta.
Gli scostò il ciuffo più lungo che gli ricadeva sull’occhio e poi accarezzò una guancia coperta dalla barba abbastanza lunga e folta. «Mi piace di questa lunghezza, ti sta molto bene».
Il suo tocco non sfuggì a Shannon. Un gesto così delicato e amorevole non gliel’aveva rivolto alcuna donna. Era stato terribilmente seducente, anche se per nulla malizioso.
Era normale sentire il cuore in gola e un principio di rigonfiamento nei boxer?
Senza indugiare ancora lei iniziò ad accorciare la barba, facendogli spostare il viso all’occorrenza con una delicatezza che nemmeno Shannon avrebbe creduto possibile. Rimasero in silenzio tutto il tempo, gli occhi di lui fissi sul volto di Chloe, concentrata per non fare danni, le mani di lei sul viso del batterista che si muovevano con attenzione, i loro respiri che si mischiavano a metà strada.
Entrambi si ritrovarono a pensare che quello fosse più eccitante del sesso stesso.
La voleva, e ormai era chiaro come il sole anche per lui. E no, era convinto che non fosse solo attrazione sessuale, ma che ci fosse un briciolo di interesse tra loro, una scintilla che andava coltivata per vedere se portava da qualche parte. Forse non essere riusciti a fare sesso era stata una benedizione per loro, per quanto non fossero d’accordo.
«Esci con me» mormorò senza essersene davvero reso conto.
Chloe l’aveva sentito, quasi l’avesse urlato. Si fermò con il rasoio a mezz’aria, incredula.
«Cosa?» un sussurro più flebile ancora di quello di Shannon.
«Esci con me per davvero. Usciamo insieme». Le mise le mani sulle anche e la fece scorrere in avanti fino a farla scontrare con il proprio corpo, in modo da averla vicino a sé.
Aveva gli occhi sgranati e le guance rosse. Lo stupore nel suo sguardo era la soddisfazione più grande per lui, segno che per una volta era riuscito davvero a sorprenderla e ad avere vantaggio su di lei.
Annuì dopo aver deglutito rumorosamente, non riusciva ad aggiungere altro.
Forse non c’era altro da aggiungere. Anche se lei sapeva che le parole non uscivano a causa del cuore in gola, lo sfarfallio nello stomaco più forte che mai. Nemmeno quando Grant l’aveva invitata fuori la prima volta si era sentita così su di giri.
«Ho finito» mormorò vergognosa, non sapendo come togliersi dall’imbarazzo di quella situazione. Non credeva che sistemare la barba a un uomo potesse essere così eccitante ed edificante, dato che aveva appena rimediato un appuntamento. «Controlla che non abbia fatto danni».
Shannon si scostò a sinistra per fissare il proprio riflesso e verificare di non sembrare un cretino.
«Perfetta» disse guardandola negli occhi come se si stesse riferendo a ben altro rispetto alla barba mentre la prendeva in braccio per poi farle posare i piedi per terra, il sedere appoggiato al bordo di marmo, Chloe incastrata tra le sue braccia. I nasi che quasi potevano toccarsi.
«Perfetta» sussurrò di nuovo mentre piano si avvicinava alla sua bocca.
La ragazza capì come avesse avuto tutte le donne che si vociferava si fosse portato a letto. Aveva una carica sessuale – e non solo – naturale, era impossibile resistergli. E lei non era nessuno per esimersi dal farlo.
«Siete pronti? Mi manca la mamma». Spuntò Ryder dallo stipite che collegava il bagno alla camera da letto. «Ok, anche il papà».
Si separarono imbarazzati.
«Due minuti e partiamo» rispose Shannon espirando a lungo mentre si passava una mano tra i capelli e poi sulla faccia. Forse aveva bisogno di un’altra doccia, quella volta gelata, però.
Bambino malefico, era peggio del ciclo mestruale. Di sicuro aveva ancora più tempismo, il sadico.
«Vado a vestirmi prima di ritrovarmi senza niente addosso per dare ascolto alla mia volontà» disse lui uscendo dal bagno. «E tu dovresti fare lo stesso».
Indugiò solo un attimo sulla soglia della porta, il tempo di assicurarsi che il messaggio fosse stato recepito.
«Cosa?» sorrise. «Spogliarmi?»
Ecco, appunto.
«No, l’esatto contrario». Shannon sorrise e scosse la testa per poi allontanarsi.
Era l’unica soluzione, se voleva tenere fede alle parole appena pronunciate. Senza contare che nel momento meno opportuno sarebbe spuntato di sicuro Ryder. Come gli avrebbe spiegato magari una Chloe senza reggiseno? Wayne non sarebbe stato contento di ricevere domande sul corpo femminile, soprattutto se nudo.
Infilò i jeans e una maglietta e attese in salotto che anche Chloe si rivestisse.
Come ieri sera.
Nella sua camera.
Se non ci fosse stato un bambino nei paraggi, l’immagine sarebbe stata ottimale.
Nemmeno un’occhiatina? No, si rispose, non sarebbe stato carino, nemmeno se avesse voluto pareggiare i conti togliendosi la maglia.
Chloe si presentò una decina di minuti dopo.
«Andiamo?» gli occhi di Ryder erano luminosi, ci teneva proprio a riabbracciare i suoi genitori.
Salirono in auto e Shannon, per non indursi da solo in tentazione, decise di lasciare a casa prima Chloe.
«Cosa ne dici di questo venerdì?» le domandò prima di lasciarla scendere dall’auto, dopo che lei salutò anche Ryder.
«Ma oggi è sabato!» protestò lei, sconvolta.
Il tono petulante fu una musica per le orecchie di Shannon, allora anche lei ci teneva a uscire con lui almeno quanto Shan stesso lo voleva.
«Perché così tardi?!» era piegata verso l’abitacolo per guardarlo in faccia.
Allungati un altro po’ Chloe, vediamo se poi ti diverti ancora a sporgere il labbro inferiore se te lo catturo tra i denti, alla faccia di ogni bambino minorenne presente.
Coscienza 1 – Shannon 0.
Lui sorrise, molto più a suo agio in quella situazione così allettante. «Perché così mi ricresce la barba».
Dovevano dirglielo, pensò Chloe, che l’avrebbero arrestato a breve: il suo sorriso con un solo angolo della bocca mieteva troppe vittime.
«Ok» rispose più rasserenata la ragazza. «Allora a venerdì. Ciao Ryder, a presto!»
Li salutò con la mano prima di allontanarsi.
Che bel sorriso. E che culo.
La guardò finché non la vide sparire dietro la porta.
Com’era quel detto? ‘Odio quando vai via, ma adoro guardarti quando ti allontani’. Qualcosa di simile, non ricordava di preciso. Di sicuro era saggezza popolare maschile, non poteva non trovarsi d’accordo.
«Piccolo» e lo prese per il busto per farlo sedere accanto a lui sul sedile del passeggero. «Andiamo dai tuoi genitori».
Ryder batté le mani, e intonò la canzoncina del suo cartone preferito. Shannon non poté tirarsi indietro, canticchiò con lui quel motivetto orrendo, troppo felice di come si fossero messe le cose quella mattina.
 
«Tornado, cosa ci fai qui?» la fece salire in auto per portarla dal cancello fino all’entrata di casa. Cento metri e non di più, ma non gli sembrava carino lasciarla a piedi.
Parcheggiò la macchina nel vialetto, appena dopo la porta d’ingresso. Sull’uscio le passò un braccio attorno al collo per avvicinarla a sé, le labbra che le sfioravano l’orecchio. Percepì un brivido percorrerla. «Sentivi così tanto la mia mancanza?»
«No». Non solo, pensò. «Ti ricordi il colloquio di settimana scorsa?»
Shannon annuì per poi invitarla in casa.
«Ecco, avevo dimenticato il mio portfolio, e l’hanno ritrovato stamattina. Così oggi sono passata a ritirarlo» e sventolò la cartellina rigida. «Ho pensato di farlo sul tardi per fermarmi qua, dato che dobbiamo uscire a cena. Ti dispiace?»
«Affatto. Dammi il tempo di una doccia e sono pronto».
Ah, il bello degli uomini. Solo una doccia di lei durava venti minuti. Per non parlare della crema idratante da spalmare, lo scrub da fare, la ceretta, il trucco. La piega! Che disastro, quella occupava un sacco di tempo.
Insomma, le servivano almeno due ore per ottenere un risultato appena soddisfacente.
Stava leggendo una mail di sua cugina, quando Shannon tornò da lei.
«Pronto. Andiamo?»
Si girò a guardarlo e rise. No, a dire il vero stava per morire dal ridere. Si teneva la pancia e non riusciva a fermarsi. Quelle lacrime le avrebbero rovinato il trucco.
«Cosa c’è?» e dire che si era guardato allo specchio e si era trovato un bel bocconcino. Se non fosse stato attento avrebbe provato a baciare il proprio riflesso. Dio, passava troppo tempo con Jared.
«La camicia? Davvero?» Chloe si asciugò gli occhi, cercando di tornare a essere padrona di se stessa. «E il blazer. Ti giuro Shannon, apprezzo lo sforzo».
Si schiarì la voce, cercando le parole per non offendere la sua virilità. Un giorno avrebbe voluto averci a che fare, non voleva precludersi ogni possibilità.
«Però ho accettato di uscire con te perché mi piaci come sei. Intendo dire che non ho bisogno che tu ti metta in tiro, preferirei uscire a cena con il solito Shannon, quello che indossa una maglietta e una semplice giacca»
«Mi stai dicendo che così faccio schifo?» l’inizio di quell’appuntamento non era per nulla promettente.
Rimpiangeva quando Ryder si aggirava per casa.
Chloe si alzò per raggiungerlo. Dio, indossava una gonna nera aderente a vita alta e abbastanza corta, un top aperto sulla schiena e delle ballerine con dei brillantini, era davvero bella nella sua semplicità.
Lo prese per il bavero della giacca. «Sto dicendo che mi piaci e, quindi, non hai bisogno di colpirmi ulteriormente». Sorrise, lasciandolo stordito. «Sto dicendo che vorrei ti sentissi a tuo agio, in modo che mi ci possa sentire pure io».
Lui era a suo agio senza vestiti. Poteva andare?
Avrebbero anche saltato la cena, così.
«Ho capito, vado a cambiarmi»
«Bravo» si congratulò lei.
Arricciò il naso e lo sfregò contro quello di Shannon, gli occhi brillanti e maliziosi.
Ok, forse non faceva così schifo come inizio.
«Hai qualche preferenza?» urlò dalla propria camera da letto mentre cercava di trovare alla svelta una soluzione.
«Mmmmhhh» ci pensò lei.  «Ti ho visto in una clip in cui indossavi una maglietta bianca e ballavi in un supermercato. L’ho trovato terribilmente eccitante»
«Ma la maglietta bianca non mi sembra elegante, la uso quando voglio sporcarmi le mani»
«Pensi che con me non ci sarà da lavorare?» lo punzecchiò divertita per poi scoppiare a ridere.
Si presentò di nuovo poco dopo con una maglietta nera, gli stivali marroni, dei jeans scuri e una giacca nera in pelle.
La vide sgranare gli occhi colpita e appagata da ciò che vedeva.
«Molto più Shannon Leto. Molto più il mio stile». Gli sorrise sincera.
«Insomma, preferisci il look da rockstar»
«Assolutamente» asserì. «Adoro la pelle, le borchie e gli strappi».
Un altro punto a suo favore, come se anche il solo respirare non lo fosse.
«Ho pensato al giapponese, ti va?» glielo chiese nel salire in auto.
Voleva farle una sorpresa, ma c’erano un sacco di persone che odiavano i cibi esotici, per non parlare della cucina nipponica che veniva associata sempre e solo al pesce crudo.
«Sushi, oddio» Shannon tremò, lui si sarebbe nutrito di sushi a vita. «Che voglia!»
Tornò a respirare, più sollevato.
«Dove mi porti?»
«Da Katsuya, il mio ristorante preferito»
Chloe sgranò gli occhi, questa volta preoccupata.
«Che succede? Tutto bene?»
«No Shannon, non va tutto bene». La voce acuta come se qualcuno la stesse strozzando.
Sospirò, cos’aveva fatto quella volta? «Perché?»
«Senti, non sarò una echelon, ma ho fatto i compiti a casa. Google è la bibbia moderna caro mio, non sfugge nessuno da lì. Nemmeno tu. Ci sono più tue foto da Katsuya che salmoni freschi che entrano in quel ristorante. È pieno di paparazzi. Non ho voglia di fare una cena collettiva».
In effetti i fotografi erano garantiti tanto quanto il sushi nel ristorante di Hollywood, non ci aveva pensato. Non sarebbe stato carino condividere un momento così intimo con il mondo. Poi avrebbero preso di mira Chloe per sapere chi fosse.
No, che tormento.
«Cosa ne dici se andiamo a quello in Olympic boulevard? È vicino a Downtown. Potremmo dare meno nell’occhio».
Grazie a Dio gli smartphone erano dotati di internet, almeno aveva trovato una soluzione più velocemente di quanto Spiderman riuscisse a sventare un crimine.
Lei annuì e si diressero, più rilassati, nella sera losangelina tra chiacchiere e battute.
Scoprirono ben presto che scegliere quel Katsuya era stata la mossa migliore.
«Le salette private, non ci credo!» era da un sacco che non approfittava di un po’ di intimità in un ristorante.
Li fecero accomodare e poi il cameriere si chiuse la porta della stanzetta alle spalle.
Wow. Il sottofondo rumoroso del locale era stato completamente attutito.
Chissà fino a dove poteva arrivare quella riservatezza. Si potevano concepire dei bambini, lì dentro, senza essere scoperti da tutti?
Avrebbe voluto offrirsi volontario – solo per l’atto, senza paternità – per scoprire se fosse fattibile, ma accantonò l’idea per concentrarsi sul menù. Una volta pronti avrebbero dovuto suonare il pulsante vicino al tavolo per far arrivare un cameriere.
E così, dopo poco, fecero.
Chloe ordinò una tagliata di tonno e qualche pezzo di maki e di nigiri, per non farsi mancare nulla. Aveva evitato il primo per non riempirsi nulla e avanzare quel ben di Dio. Adorava il pesce molto più della carne.
«Per me invece del riso saltato con gamberi, del rombo alla griglia con contorno di verdure, una porzione di California maki con tonno, uno con il salmone e una porzione di nigiri con del pesce spada, grazie».
Il cameriere segnò gli ordini e uscì per poi lasciarli nella loro bolla privata.
«Shannon» Chloe  attirò la sua attenzione, questa volta seria e sbalordita.
«Sì?» sapeva di dover avere paura, con lei doveva essere pronto a tutto.
«In quanti siamo a cena? Ci raggiunge altra gente?»
«No, solo noi due. Perché?» e dire che pensava di essere stato chiaro riguardo quella serata, era convinto di essere lì per un appuntamento, non per le solite uscite che facevano con Jared e Tomo.
«Hai ordinato per quattro persone. Forse cinque» convenne Chloe sempre più scioccata.
Sapeva bene da quanti muscoli fosse composto il corpo di Shannon, li aveva studiati con attenzione, e ogni volta che si era ritrovata a osservarlo senza maglietta aveva ringraziato ogni divinità esistente per quel piccolo miracolo. Come poteva ingurgitare tutto quel cibo e continuare ad avere un fisico tanto… Definito?
Se erano i geni di famiglia li voleva pure lei, che ingrassava anche solo a respirare.
«Vedi» Shannon le si avvicinò per poter sussurrare, la voce roca e il tono suadente di chi sapeva quello che diceva. «Devi capire che nonostante io non sia proprio un armadio a quattro ante, ho comunque grandi appetiti. Non mi piacciono le mezze misure: o tutto, o niente. E di solito preferisco tutto».
Chloe si ritrovò a sospirare, era ingiusto quell’uomo. La situazione era più congeniale a lui che a lei, e aveva approfittato della cosa per sfoderare il proprio savoir faire, quello che non lasciava via d’uscita a nessuna donna. Aveva attivato la modalità ‘Strappavestiti’ e lei non se ne era accorta, doveva subire la cosa, lo sapeva. Non che le dispiacesse, solo che non era abituata a essere impreparata davanti alle avance di Shannon, o forse le sue erano sempre state allusioni molto meno dirette.
Tutto, pensò Chloe. Sì, puoi avere tutto di me, basta che te lo prendi.
Quanto testosterone aveva rilasciato con quella semplice frase? Troppo, ne era sopraffatta.
Furono interrotti dall’arrivo del primo piatto di Shannon e alcune porzioni di sushi.
«Quando siete pronti per il resto suonate, poco dopo arriverà tutto». Li istruì il cameriere, sempre molto rispettoso, così ligio al dovere da essere inquietante.
«Sembra buono». E, nel guardare il riso di Shannon, Chloe si leccò i baffi.
Senza chiedergli il permesso  mise le bacchette nella piccola ciotola e si trovarono così invischiati in una lotta all’ultimo chicco. Risero per quella battaglia così infantile e divertente, ma alla fine Chloe la spuntò e riuscì ad assaggiarne un po’.
«È davvero buono come pare». Se l’avesse saputo prima non avrebbe mangiato per tre giorni per sfondarsi di cibo quella sera. Il riso era delizioso.
«Lo so». La prese in giro Shannon.
Prima di riderle in faccia.
Lei lo fissò sconvolta, e lui si avvicinò con le bacchette al viso. «Ferma, non voglio farti male».
Lo lasciò fare anche se non capiva dove volesse arrivare. Alla fine, con molta più delicatezza di quanto si fosse aspettata, le aveva tolto un paio di chicchi di riso che si erano appoggiati sul naso.
Senza esitazione portò le bacchette alla bocca.
«Delizioso». Disse infine sorridendo.
Era seducente. Sensuale. Bellissimo. Da strapparsi i vestiti. La mente di Chloe, che sembrava fosse diventata un dizionario, entrò in cortocircuito. Ora capiva cosa voleva dire Logan quando definiva Jared illegale, solo che per lei lo era Shannon.
Quale uomo avrebbe tolto con una tale grazia e maestria del riso dal naso a una donna?
Nemmeno il più esperto dei cinesi, era da ammettere.
Per una frazione di secondo aveva pensato di fargli una proposta di matrimonio, ma poi decise che non le sarebbe piaciuto vederlo scappare alla velocità della luce, così ridimensionò la propria reazione.
«È il gesto più carino che un uomo mi abbia mai rivolto»
«Forse perché sei uscita solo con idioti». Sentirla parlare di altri uomini non gli faceva piacere.
Geloso?
No. Chi? Lui?
Per favore. Protettivo, se mai.
«Sei brava con le bacchette» disse nell’ingoiare un pezzo di maki. Preferiva cambiare argomento.
«Sei tu quello che ci sai fare!» rise lei spiluccando il proprio nigiri. Divino.
«Oh sì, è una dote molto… Personale» sorrise di rimando lui, alzando le sopracciglia.
Chloe si sbagliava, o per caso si alludeva a più tipi di bacchette?
«Una o due, grandi o… Meno. Sono abituato a tutto, dipende solo dalla bacchetta. Modestamente dicono che fare sesso con me sia magico».
Ok, non  stava sbagliando.
Chloe quasi soffocò. Schiacciò il campanello, aveva bisogno di un’altra bottiglia d’acqua, quella rimasta non era sufficiente.
«Cos’è» la prese in giro Shannon. «Pensi di essere l’unica che può fare battute sul sesso qui dentro?»
La tensione sessuale più palpabile della nebbia che aveva visto a Londra per ventinove anni.
«No, certo che no» rispose cercando di non rantolare troppo. «Ma mi spieghi, ora, come potrò mangiare e… Ficcarmele in bocca di nuovo?»
Quella era melodia per le sue orecchie, inoltre gli aveva appena dato lo spunto ideale per figurarsi al meglio la fine di quel discorso. Fantastico, davvero fantastico.
Era estasiato dal fatto che una simile creatura avesse incrociato il suo percorso. Si sentì fortunato.
Il cameriere fece capolino per chiedere se poteva portare via i piatti e, nel frattempo, Chloe gli chiese un’altra bottiglia di acqua naturale. Infine aggiunsero di essere pronti per le altre portate.
Portarono la conversazione su altri argomenti, almeno finché non arrivò il resto delle ordinazioni.
Chloe assaggiò il suo tonno, ed era veramente buono. Saporito e tenero.
Si poteva sposare un tonno? Era commossa da tanta bontà, l’avrebbe voluto mangiare ogni giorno. Era quasi commossa.
Poi guardò Shannon. E, beh, Shannon era meglio di un tonno.
Non era commestibile, certo, però riempiva i suoi momenti bui, i suoi pensieri, i suoi sorrisi.
E il cuore?
Zitta, coscienza.
Sì, ok, doveva ammetterlo, pure quello.
Sospirò, era arrivato il momento di avere risposte. «Shan… Io ti piaccio?»
Lui sputò un po’ d’acqua, colto totalmente alla sprovvista.
Quanto sadica poteva essere una donna?
Cosa avrebbe dovuto rispondere?
No dai, stava scherzando.
La fissò, ma Chloe stava attendendo una risposta.
Si schiarì la voce. «S… Sì».
Ed era vero. La conosceva da poco, ma quello che aveva visto di lei gli piaceva. Anche quella domanda a tradimento piazzata nel bel mezzo di una cena. Chloe era fatta di pessimo tempismo, sorprese, schiettezza e risposte sempre pronte, ed era proprio quello ciò che gli piaceva di lei.
La chiamava tornado, ma per lui aveva un’accezione positiva. Non metteva a soqquadro la stanza, ma qualcosa dentro le persone, era come se accendesse un sorriso nel profondo di ognuna, e non era una dote comune. E lui era stato sconvolto dalla sua forza, se ne stava rendendo conto in quel momento.
Non sapeva dove avrebbe potuto portarlo, ma gli sarebbe piaciuto scoprirlo.
Il silenzio di lei gli fece ben sperare, sperava di aver passato indenne quel momento d’imbarazzo.
«Quindi perché tra noi non è successo niente?»
Perché, perché riusciva a domandare le cose più difficili come se stesse chiedendo a un passante che tempo faceva o quanto mancava all’autobus che doveva prendere?
Cercò di ridere, forse questa risposta non era così difficile come l’altra. «Oltre al tempismo di Ryder? Penso sia a causa del terrorismo psicologico di Logan».
Chloè lo fissò interessata, lui mangiò più tranquillo parte della propria cena.
«Diciamo che mi ha esortato – per non dire costretto o minacciato – a non approfittarmi di te, non prima di averti conosciuta e di averti esplicitato le mie intenzioni, qualunque esse siano. Insomma, non prenderti in giro».
Inaspettatamente lei rise, come se le avesse raccontato la più divertente delle barzellette.
«Immagino abbia un senso».
Davvero? Che qualcuno lo spiegasse anche a lui, per favore, perché non gli era ben chiara la cosa.
«Potrei esserne messo a conoscenza?! In effetti ha detto che c’era un motivo dietro, ma ha aggiunto» cercò di fare mente locale «Che sarebbe stato meglio saperlo da te».
Come appuntamento si stava rivelando… Strano. Molto.
«Devi sapere che visti i recenti sviluppi della mia vita – motivi per cui sono qui ora – Logan è diventata molto premurosa. Iperprotettiva, direi»
«Credimi, l’ho notato. È già tanto che non mi abbia tagliuzzato qualche parte del corpo mentre mi minacciava». Posò le bacchette nel piatto ormai vuoto, soddisfatto. «Comunque, dicevi»
«Ah già. Non so nemmeno da dove partire» sorrise imbarazzata e tenera, un gesto con una connotazione triste.
«Il mio lavoro mi era sempre piaciuto. Facevo parte di una squadra di designer in una nota società britannica con sede nel centro di Londra». Appoggiò i gomiti sul tavolo e posò la faccia sulle mani incrociate, riusciva a essere graziosa nonostante il tono grave.
Deliziosa.
Come se fosse un dessert. Però era vero, se la stava mangiando con gli occhi.
«Sette anni, praticamente ci sono cresciuta. Grant, il nuovo vicepresidente di allora – il pezzo grosso – mi aveva notata sin da subito, aveva creduto in me. Era bellissimo essere al centro di tanta fiducia, davvero. A furia di lavorare a stretto contatto si era creato un buon feeling tra di noi, tanto che siamo finiti a letto».
Più raccontava la storia e più il disagio passava, sembrava si stesse liberando di un bel peso.
«È un bell’uomo, e la cosa è andata avanti un bel po’. Non avevamo una relazione, non era questione di sentimenti. A me andava bene così, lo giuro, anche perché è sposato».
Boom! Aveva vinto come ‘miglior bomba sganciata con nonchalance 2016’.
«Sta di fatto che questo rapporto è durato un anno e poco più, finché ha quasi rischiato di essere scoperto. Abbiamo troncato per non crearci problemi sul lavoro, dato che nella società le relazioni tra colleghi non erano affatto viste di buon occhio. Peccato che questa relazione, nonostante fossero passati mesi, sia venuta fuori a gennaio. La moglie ha scoperto tutto e ha fatto il diavolo a quattro, la società ci stava rimettendo la faccia così come lo stesso Grant che, per salvarsi, ha raccontato che io ero l’arrivista della situazione – dato che avevo da poco avuto una promozione – e che l’avevo usato per quello. Inutile dire che era meglio per la società mettere tutto a tacere licenziando una designer piuttosto che il vicepresidente».
«Davvero?» per la miseria, era sconcertato. Queste cose non dovevano succedere, se una era brava nel proprio lavoro non dovevano metterla nelle condizioni di licenziarla per vicissitudini personali.
Se avesse lavorato per i Mars tutto quello non sarebbe successo. Per loro il sesso non era un problema. Shannon, se avesse potuto, avrebbe inserito il sesso obbligatorio tra loro e lo staff – la parte dotata di passera, ovvio – giusto per non far sentire in colpa le dirette interessate, farle sentire sicure riguardo il proprio posto.
«Devo ammetterlo, quando quella specie di relazione era in corso credevo di esserne pure coinvolta, ma quando abbiamo troncato non ne ho sofferto. Mi è dispiaciuto perdere il lavoro dei miei sogni per una cosa simile, senza alcuna importanza. E mi ha dato fastidio essere messa nelle condizioni peggiori per lasciarlo, senza alternativa»
«Quindi, fammi capire, Logan ha attentato alla mia vita perché aveva paura che, se io ci avessi provato con te e avessimo fatto sesso» concluse mentre la sua testa si faceva mille calcoli. «Avremmo complicato le cose. Giusto?»
«Presumo. In effetti la lezione che ho imparato è stata proprio che il sesso complicato tutto. Forse Logan ha solo voluto proteggermi. In realtà penso di essere in grado di cavarmela da sola e di sapere cosa è meglio per me, anche se non lo dimostro. Io so cosa voglio».
Alzò le spalle e sorrise, serena.
«E cosa vuoi?»
«Te». Un altro sorriso. Nemmeno un briciolo di malizia.
Dio, ora capiva cosa volevano dire tutte quelle foto sarcastiche in cui le ovaie di una donna implodevano, lui in quel momento provava le stesse cose. Stava implodendo internamente.
«E il sesso è contemplato?» no perché questo discorso gli interessava parecchio.
Chloe rise. «Sì, assolutamente».
Un coro di angeli era calato nella stanza, vero? O forse era ‘we are the champions’, non lo sapeva, ma poco importava.
«Però» ecco, l’inizio della fregatura, lo sapeva. «Prima mi ci sarei buttata a capofitto. Nel senso: quando ti ho rivisto ho quasi sognato che tu mi prendessi sul tavolo della cucina davanti a Jared e Logan, oppure che accedesse la sera in cui Ryder si è fermato a casa tua, per non parlare di tutte le altre occasioni che ci sono presentate nel mentre. Però ora boh, non è così»
«Cioè, mi stai dicendo che ti è passata tutta la poesia?» non trovava carino essere illuso così. Alle donne si spezzava il cuore se si giocava con i loro sentimenti, con gli uomini era diverso: restavano feriti a morte se facevi credere loro di giocare con la loro… Bacchetta, e invece alla fine non la trastullavi.
La shanaconda si sentiva offesa, e non poco.
«No, sto dicendo che però è entrato in gioco un altro meccanismo. La voglia c’è, ma aspettare non è un problema, mi sta piacendo conoscerti e andare oltre il lato fisico della questione».
Era così spudorata nella sua schiettezza da essere irresistibile.
«Come fai a essere sempre così chiara?»
«Anni di pratica. Ormai è abitudine. Diciamo che ho tolto anche quei pochi filtri che il buonsenso ha cercato di impormi»
«Comunque comprendo il tuo discorso, perché è lo stesso per me». Rispose Shannon sincero.
Era davvero piacevole sopportare e volere la compagnia di una donna. Vero, la desiderava, ma non si limitava solo a quello. La trovava interessante e non si annoiava con lei.
Sembrava di uscire con la versione femminile di un uomo, solo che per lei provava attrazione fisica. E, a questo punto, anche mentale.
Chloe non disse nulla, non voleva complicare una situazione che stava cambiando più velocemente di quanto loro stessi fossero in grado di cogliere, né tantomeno ci teneva a metterlo in imbarazzo e fargli rimangiare le sue parole.
«Cosa ne dici, andiamo a farci un giro per Downtown?» propose. «Ci potremmo prendere un caffè».
Mmmhhhh caffè, fu il primo pensiero di Shannon. Un po’ come Homer Simpson davanti alla ciambelle.
«Certo, volentieri. Al caffè non dico mai di no».
Seh, certo, ‘al caffè’.
«Bene, allora andiamo a pagare» propose Chloe.
Shannon rise di gusto mentre indossava il giubbino di pelle.
«Cosa c’è?»
«Lascia stare, Chloe. È tutto a posto».
Oddio, no. Ecco perché aveva allungato la mano verso il cameriere quando stava morendo soffocata.
«Ma non dovevi, grazie». Era inutile insistere.
«Ehi, ti ho invitata io». Passò vicino alla cassa e si fece dare la carta di credito. Dopo aver ringraziato per l’ottimo servizio, salutato i camerieri e aver fatto un paio di foto con essi uscirono all’aria fresca della sera.
Chloe lo prese sottobraccio, giusto per averlo vicino.
«Dunque, parliamo di cose più interessanti». Propose lei con tutto il buonumore possibile.
Sesso, sesso, sesso. Ah, c’era pure il sesso orale. Altri punti?
Decise di andarci cauto.
«Tipo?»
«Lascio a te la scelta».
«Ok». Qualcosa che non avesse a che fare con il sesso, forza. «Oltre al giapponese, ti piace qualche altro cibo esotico?»
Per fortuna  non faceva il giornalista, non sarebbe scampato un giorno in quell’ambiente.
«Sì, in generale sì. L’indiano, il cinese, il greco, il brasiliano…»
«E lo spagnolo?»
«Oh sì… Orgasmico!»
Va beh, ma allora lo faceva apposta!
«A proposito di orgasmi» sorrise furbo. «Da quant’è che non ne hai uno?»
Era sempre disponibile a interrompere la serie negativa e immolarsi per una giusta causa. Pronto a perorare le proprie idee.
«Da meno di quanto pensi». Rise divertita.
Era contento che al posto di spaventarsi e prenderlo a schiaffi in una strada piena di gente la prendesse sul ridere. Amava questo suo lato, il fatto che riuscisse a scherzare su ogni argomento con una certa facilità.
«Da sola? Eccitante». Non aveva contemplato l’opzione che a Los Angeles fosse stata con qualcuno, l’idea non gli piaceva per nulla.
«Non è detto». Lo stesso sorriso scaltro che lui le aveva riservato poco prima.
Shannon aveva la fortuna di conoscere molto bene le donne, anche se non bene quanto lui credeva.
«Sì, hai la faccia colpevole che assume ogni donna quando si parla di masturbazione».
Quel discorso gli piaceva sempre più, anche perché lei non dava segni di cedimento, non era imbarazzata davanti a quella conversazione.
Era abituato a fare sesso con donne che si fingevano caste e pure che volevano essere conquistate quando in realtà, nella privacy di un camerino o una stanza d’albergo, erano le prime a rivolgersi a lui con termini spinti e richieste perverse. Chloe – al contrario – parlava di sesso con disinvoltura e sembrava non volesse essere corteggiata come le altre, non sentiva il bisogno di colpire, per questo era tanto affascinante ai suoi occhi. Era come se i ruoli si fossero invertiti.
«Beh… Non ero proprio sola». Concluse con uno sguardo lascivo.
Ok, ora gli sembrava di essere entrato in uno dei tanti American Pie. Non capiva quale dei personaggi essere, se l’arrapato cronico o lo sfigato senza via d’uscita.
«I vibratori non valgono!» e rise. Era divertente affrontare un simile discorso.
«Non parlavo di dildo vari»
«E quindi?»
Era quantomeno convinto di essersi perso qualcosa. Se non c’era di mezzo un uomo e nemmeno un vibratore, di cosa stavano parlando?
«Diciamo che… Tu mi hai dato una mano». Gli fece l’occhiolino e ridacchiò divertita nel vedere la sua faccia sconvolta.
La fissò con la bocca aperta mentre si bloccò in mezzo al marciapiede.
Fermi tutti. Davvero gli aveva appena detto che si masturbava e raggiungeva l’orgasmo pensando a lui?
Shannon sarebbe potuto venire nei jeans in quel momento. Era la cosa più eccitante che gli avessero mai detto. Meglio di qualsiasi scopata mai fatta, di ogni film porno visto – in adolescenza, ci teneva a precisarlo – o di… Non riusciva a immaginare altro. Era troppo.
Una ragazza così era da sposare.
«Ok, dato che ti sei impietrito qua davanti». E indicò un caffetteria alla loro sinistra. «Direi che è il posto adatto dove prendere il caffè».
Fece per muovere un passo ma Chloe glielo impedì. «Fermo, aspettami qui. Dimmi come lo vuoi e te lo prendo. Ti ho invitato io». Lo scimmiottò. «Spetta a me offrire a questo giro».
«Caffè nero senza zucchero, grazie». Non sapeva cosa dire e, in ogni caso, Chloe non gli aveva dato il tempo di aggiungere altro entrando nel locale.
Quella serata gli era piaciuta parecchio, e non se lo sarebbe mai aspettato. Non era solo per la malizia e schiettezza dei discorsi sul sesso, ma per come erano riusciti a parlare di tutto. A scherzare. A sentirsi a proprio agio.
Era bello fissarla oltre la vetrina mentre faceva la coda per il loro caffè, c’era qualcosa di intimo in tutto quello che gli sfuggiva e lo appagava al tempo stesso.
Fu solo nel guardare verso il marciapiede, davanti a sé, che si irrigidì.
La doccia fredda peggiore che potesse aspettarsi.
Il demone del passato.
Avrebbe dovuto immaginarlo, andava tutto troppo bene per essere vero: nessun intoppo durante la serata, nessun fan che lo fermava per un autografo.
Aveva pensato che il destino per una volta potesse essere clemente con lui, invece no, quello stronzo si stava preparando per il gran finale.
Agnes Fischer, la stessa Agnes Fischer con due chilometri e mezzo di gambe e due tette che avrebbero riportato a galla il Titanic tanto avevano la consistenza di due boe, la stessa ragazza che con cui lui aveva avuto una relazione, stava camminando nella sua direzione abbracciata a un tipo che avrebbe fatto apparire basso pure Kobe Bryant, un metro e novantotto di uomo.
No, perché il Signore – o chi per lui – aveva messo Agnes sulla sua strada mentre l’unica ancora di salvezza era in fila per due caffè?
Si ricordava come Agnes l’avesse piantato su due piedi, si ricordava il perché: lei voleva impegnarsi, mentre lui, al contrario, accettava la situazione passivamente, andandogli più che bene così.
Non ci aveva creduto ai tempi, la modella. Come poteva essere che Shannon Leto volesse stare con lei ma non volesse rendere seria la loro relazione? Certo, era bella – doveva esserlo anche per lavoro – e proprio per quello non avrebbe accettato di essere rimpiazzata nel letto di lui da ragazze che con lei non avevano nulla a che spartire soltanto perché Shannon doveva sfogare i propri istinti, soprattutto quando erano lontani. Il suo ego aveva avuto la meglio, Agnes se n’era andata con la sua dignità intatta e un sorriso sulle labbra, mollandolo prima che lui trovasse il tempo di farlo.
E ora lei era al braccio di Godzilla mentre lui era lo sfigato, solo, fuori da un caffè.
Agnes era entrata nell’ottica della vetrina, rallentando alla vista di Shannon, quando Chloe si voltò per vedere la scena in slow motion. Era vero che non era una echelon, conosceva qualche loro canzone ma non era andata oltre, però come aveva detto prima a Shan aveva fatto i compiti a casa, dunque sapeva bene chi fosse la ragazza che aveva attratto gli occhi di lui. Occhi – per inciso – pieni di terrore. Aveva lo sguardo di chi voleva essere ovunque, anche tra le fauci di un leone a digiuno, ma non lì.
«Ciao, Shannon!» lo salutò stupita la bionda. «Come stai? Cosa fai, qui, solo
Nell’avviarsi verso la porta Chloe aveva preso una decisione: sarebbe stata l’eroina della situazione, la soluzione che Shannon invocava con il proprio sguardo.
Soprattutto non avrebbe permesso a una stronza bionda ossigenata di rovinarle una bella serata, e nemmeno di farle credere di essere così importante da avere potere su di lui.
Si avviò sicuro verso l’esterno, anche se di fiducia in se stessa non ne aveva nemmeno un briciolo, al momento. Se l’avesse saputo prima avrebbe ordinato un caffè corretto da una bottiglia di vodka.
«Ciao, io…»
Ma Shannon non fece in tempo a rispondere, la porta che si apriva aveva catturato tutta la sua attenzione.
Poi successe tutto di fretta.
«Ehi…» gli disse Chloe per salutarlo dopo aver sorriso.
Gli mise in mano il proprio bicchiere di carta con il caffè bollente, infine si protese in avanti e lo baciò sulle labbra.
Dio, non doveva essere così.
Era sbagliato il momento, il modo, il motivo. Eppure non c’era nulla di meglio che potesse accadere in quel momento.
Con la mano libera corse al collo sottile di Chloe per non farla scappare mentre si divertiva con la sua bocca. Un bacio famelico e controllato: aveva iniziato a succhiarle il labbro inferiore per poi leccare appena l’interno di quello superiore. La sentì sospirare ma non cedere a quel tocco.
Agnes… Chi?
Si separarono con il fiato corto e un sorriso sulle labbra in procinto di gonfiarsi.
Shannon le circondò la vita con il braccio e sorrise soddisfatto.
‘Terra chiama Shannon, terra chiama Shannon’.
‘Huston, abbiamo un problema’.
‘Huston, genio, prova a parlare con la zona inguinale del suddetto, vedrai che riceverai risposta in men che non si dica’.
«Ciao, tutto bene?» ora poteva dedicarsi ad Agnes.
Chloe, finta innocente, si accoccolò al petto di Shannon. Lei gioì per quel contatto, lui esultò tra sé compiaciuto. Chi era solo, eh Agnes?
«Tu sei? Non hai una faccia conosciuta».
Il sorriso di Agnes si incrinò un po’, e Shannon avrebbe voluto baciare di nuovo Chloe, anche solo per ringraziarla di quella piccola cattiveria gratuita.
Lo aveva lasciato? Ecco, lui fingeva di avere una relazione, ora.
«Agnes. Sai, ho fatto il video di Hurricane». Tentò di giustificare il motivo per cui conosceva Shannon.
«Ah ok, sei una comparsa». Minimizzò perfida l’altra con un sorriso angelico. «Chloe, piacere. Ora però è meglio se andiamo, volevamo andare al cinema e tra poco inizia l’ultimo spettacolo».
Si scusò con i due ragazzi, mostrando un dispiacere che in realtà non provava.
«Beh, è stato un piacere Shannon». Una punta di risentimento nella voce di Agnes.
«Anche per me, ragazzi». Nel saluto comprese anche il gigante che oltre a un ciao non aveva proferito parola. «Ci si vede in giro».
Si allontanarono nelle direzioni opposte ma Shannon, con la coda dell’occhio, li teneva controllati.
«Grazie» le sussurrò con le labbra vicino al suo orecchio, il braccio attorno alle spalle.
«Prego». Sorrise divertita. «Ti ho visto in difficoltà. Che fanno? Ci guardano?»
«Oh sì» mormorò spingendola contro il muro tra un negozio e l’altro, il caffè ancora caldo in mano. «Agnes continua a fissarci».
Ovviamente non era vero.
Si era avvicinato di nuovo, un sorriso furbo sulle labbra ancora più vicine alle sue.
«Te ne stai approfittando?» mormorò lei rossa in viso, gli occhi sgranati di chi era stata colta di sorpresa e lo stupore che faceva trasparire l’attesa per un qualsiasi contatto tra di loro.
Decisamente.
«Forse».
E la baciò di nuovo, con più aggressività rispetto a prima dato che non c’erano spettatori che attendevano una loro risposta.
In realtà avrebbe voluto baciarla lui per primo, magari nel riaccompagnarla a casa, ma non c’era stato nulla di convenzionale tra loro, tanto valeva approfittarsene.
E così fu.
La mano libera di Chloe scivolò nella tasca posteriore dei jeans di Shannon per avvicinarlo a sé mentre consentiva che la lingua di lui toccasse la propria.
Si sentiva come una ragazzina al primo appuntamento, solo che i suoi ormoni erano più ricettivi e insolenti e volevano di più, se no non avrebbe infilato la mano nella tasca per toccargli il sedere.
«Vedo che te ne approfitti pure tu». La prese in giro lui, indicando la mano destra nei propri jeans.
Lei alzò le spalle e strinse la presa prima di liberarsi da quella posizione così scomoda per lei, dato che non era sicura di essere in grado di allontanarsi da Shannon se fossero rimasti così vicini ancora un po’.
«Il giusto. Ricorda che non sono io ad aver ficcato la lingua in bocca all’altro».
Si allontanò con un sorriso sulle labbra prima di assaggiare il proprio caffè.
«Tecnicamente non è vero!» la raggiunse Shannon. «Sei stata tu a baciarmi»
«A baciarti, non a prosciugarti la faccia come poco fa contro il muro. Ora su, mostrami le meraviglie che Downtown nasconde di sera».
Come avrebbe potuto dirle che la più bella meraviglia dell’intera Los Angeles, quella sera, gli camminava accanto?


Eccomi! Stavolta arrivo nel momento in cui mi ero prefissata, ovvero all'inizio di questa domenica a rompervi le pallette e rovinarvi il pomeriggio! Immaginatevi una risata sadica e sarà come avervi accanto a voi.
Niente, inizio col dire che mi dispiace che il capitolo scorso abbia fatto schiferrimo, spero di essermi rifatta con questo: il più lungo della storia per ora (dato che mi manca l'epilogo) e quello che mi piace di più. La scena del bagno mi piace un sacchissimo, lo ammetto. :3
Il titolo, Demons, è legato alle due donne: da una parte Chloe che è il "demone tentatore" di Shannon, dall'altra Agnes che è il demone del passato.
Minuscola precisazione: non penso che nei ristoranti esistano campanelli per le salette private, ma siccome gli americani sono tanto fighi e tanto avanti mi sento di dire mai dire mai, quindi ho immaginato questa comodità atta a non disturbare la privacy di chi si prende una saletta. Per quanto riguarda Katsuya è tutto vero, ci sono un casino di foto dei LetoBro che escono da lì. Ma si sa: il cibo preferito di Shannon è il sushi e anche Jared mangia giapponese, quindi Katsuya (quello di Hollywood) è la loro seconda casa Losangelina.
Bene, ho detto tutto, stavolta sono stata veloce.
Ci si legge settimana prossima per il quarto capitolo.
Me lo fate sapere cosa ne pensate di questo capitolo se ne avete voglia? *___*
Se volete mi trovate nel gruppo facebook: Love Doses.
A domenica prossima, marshugs, Cris.

 

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Capitolo 4
*** Beautiful love ***



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Capitolo 4

Beautiful love
 
 
Da quand’è che non sapeva più baciare?
E se non fosse mai stata in grado di farlo?
Perché nessuno dei suoi ex gliel’aveva fatto notare?
Forse avrebbe dovuto chiamare Grant.
Cristo, la vita di un umano medio era soggetta a stimoli. Visivi, tattili, percettivi, mentali. In Shannon li aveva ritrovati tutti insieme, con buona pace degli ormoni e dei suoi peggiori istinti primordiali.
Figurarsi se gli stimoli riguardavano i corpi: lì si che ogni parte diventava ricettiva. E così era stato nel baciarlo. Dio, non avrebbe più smesso. Avrebbe potuto fare l’adolescente e passare tutta la notte nel tentativo di mangiargli la faccia. Amoreggiare come due ragazzini nell’auto fino a non avere più fiato nei polmoni, consumare la lingua ed esaurire la saliva.
Aveva adorato ritrovare le labbra umide di Shannon a contatto con le proprie, far scivolare la lingua nella bocca di lui, sentire i denti del batterista che le mordevano le labbra.
Al solo pensiero sentiva ancora i brividi.
Eppure ricordava anche come sotto casa sua, nell’abitacolo della macchina, lui le avesse rivolto un sorriso radioso, tanto che si era convinta che l’avrebbe baciata di nuovo, magari con ancora più passione dato che non c’era nessuno che li guardava con tatto d’occhi, invece si era limitato ad accarezzarle una guancia con il pollice, avvicinarla a sé per un bacio all’angolo delle labbra e augurarle infine la buonanotte.
Suo zio Lenny si era preso più confidenza di Shannon.
Guardò il display del cellulare per l’ennesima volta, ma niente. Nulla. Nada. Niet. Nothing. Rien.
Senza contare, appunto, che da quando erano usciti aveva smesso di farsi sentire.
Ed erano passati cinque giorni. Cinque. Dannatissimi. Giorni.
L’unica deduzione a cui era giunta era che baciava da schifo, ma così schifo che anche Miley Cyrus con un martello era riuscita a fare di meglio.
Ehi, fermi tutti, Terry Richardson, il regista del video, non era amico dei Mars? Magari avrebbe potuto chiedere a Logan il numero per poi domandare a lui quello di Miley per delle ripetizioni intensive.
Sempre se Shannon le avesse dato un’altra possibilità di ripetere la cosa.
Difficile crederlo per come si erano messe le cose.
Affondò la testa nel cuscino. Tutta quella situazione era pure peggio del licenziamento e della fine della storia con Grant. Quella con Shannon non era nemmeno iniziata!
Cioè, non erano arrivati nemmeno alla ‘meta’.
Non poteva pensare ai sentimenti che iniziava a provare per lui, se no si sarebbe buttata dal suo piccolo terrazzino.
Si alzò di scatto, sapeva cosa ci voleva in quel momento: cioccolato.
In un vasetto di Nutella avrebbe affogato ogni suo dispiacere e, magari, avrebbe fatto pratica con il cucchiaino riguardo i baci e la lingua.
Se Miley ce l’aveva fatta con un martello, lei poteva usare una stoviglia.
 
Perché era così coglione?
Era passata una settimana da quando erano usciti. Una fottuta settimana.
E lui era sparito nel nulla, totalmente terrorizzato.
Perché? Eh, bella domanda.
Stava suonando fuori tempo un’altra volta, ops. Jared l’aveva fulminato con lo sguardo.
Forse perché stava succedendo qualcosa di diverso in lui, e doveva rispettarne i tempi. O perché era difficile pensare che si erano baciati e non era stato lui a dettare i ritmi a quella situazione. Non doveva succedere per Agnes, doveva accadere perché lo volevano. E lui lo voleva, ma Chloe?
Forse doveva controllare che dopo quei ragionamenti non gli fosse spuntata una vagina nei boxer al posto della Shanaconda, perché sembrava una donna. Eppure non riusciva a farci nulla, Chloe lo atterriva.
Dio, però, quelle labbra. Per non parlare del suo corpo così vicino a quello di lui.
No, quello che stava suonando non era giusto, lo vide dallo sguardo di Tomo che stava facendo il possibile pur di non fare saltare i nervi a Jared, giusto per evitarsi una sfuriata inutile.
«Il batterista fa schifo».
Non gli aveva prestato attenzione, Shannon aveva percepito una voce che durante l’esecuzione non doveva esserci, certo, ma era famigliare, tanto che non lo distrasse dai propri voli mentali.
«C’è uno squalo con tre bocche che sta mangiando Jared».
Il ritmo, doveva cercare di tenere il ritmo. Quale, non lo sapeva nemmeno lui.
«Chloe, cosa ci fai qui nuda e con i capelli verdi?»
Shannon alzò lo sguardo dalla batteria concentrando gli occhi oltre il vetro della sala registrazioni. Una bacchetta gli scivolò dalla mano, mentre con l’altra continuava ad accanirsi passivo su un piatto.
Dov’era Chloe? Non la vedeva.
Ehi, ma da quanto gli altri avevano smesso di suonare e lo stavano fissando?
Oh, si interruppe anche lui.
«Bene, cinque minuti di pausa per tutti, è meglio» annunciò Jared posando la chitarra.
«Dieci per Shannon così riesce a masturbarsi». Continuò a prenderlo in giro.
«Ok, facciamo quindici in modo da darmi il tempo di fare una sveltina con Logan» concluse facendo ridere tutti, mentre la diretta interessata cercava di scacciare con la mano il pensiero.
Non che le dispiacesse, ma non le servivano gli occhi della crew puntati addosso. Fossero spariti per caso sarebbe stata una cosa che poteva passare inosservata, così no.
Ma che problemi si stava facendo? Jared scherzava. Forse.
Si ritrovarono nella cucina di casa per bere un caffè e far distendere i nervi a Shannon. Tomo, Jared e Logan lo conoscevano troppo bene per non sapere che qualcosa lo turbava. Era evidente, sembrava avesse il mestruo, e di solito era Jared quello con il ciclo.
«Ciao eh, uomo col nome da donna» lo salutò Logan mentre lui si versava quasi un litro di caffè in una tazza.
«Parla la donna con il nome da uomo». Quasi grugnì, per poi tornare a fissare il caffè fumante come se fosse pronto a dargli un pugno in faccia.
Logan provò a vedere quanto fosse presente. «Sono incinta. Diventerai zio. Però avranno il corpo per metà umano e metà delfino».
Jared e Tomo fissarono Shannon per aspettare una sua reazione.
Lui alzò lo sguardo solo un paio di minuti dopo. «Sì?!»
«Shannon, cos’hai?»
«Niente, niente. Davvero». Minimizzò il tutto con un gesto della mano, poi bevve il caffè per evitare altre risposte tanto evasive quanto pessime.
«Come sta Chloe? Non la sento da quando dovevate uscire…» Logan cercò di spostare il terreno su un argomento delicato, per vedere come avrebbe reagito lui. Era dovuto a lei il suo nervosismo?
«Anche tu? Oddio, sarà ancora viva?» rispose, preoccupato.
«Cioè… Tu non la senti da quando siete usciti?» Tomo si inserì nel discorso con grazia, cercando di non destabilizzare più del dovuto l’amico. Se avesse preso di nuovo parola Logan gli avrebbe dato del coglione misogino e, perché no, pure del cacasotto.
«Ha fatto così schifo?» il famoso tatto di Jared.
«No anzi, è andato pure bene. Ho incontrato Agnes, ci siamo baciati…»
«Agnes?» domandò allibito il fratello.
«Baciati?» Logan era sorpresa.
«E perché sei così teso?» Tomo, San Tomislav, protettore dei cacasotto in amore.
«Una cosa per volta» ringhiò Shannon, perché dovevano interessarsi alla sua non vita sessuale e sentimentale?
Poi li guardò in faccia cercando un po’ di calma, forse erano le persone giuste: Tomo era sposato e Jared e Logan beh… era come se lo fossero.
«Stava andando tutto a meraviglia, quando siamo andati a prenderci un caffè dopo la cena. Mentre aspettavo Chloe fuori dalla caffetteria ho visto Agnes. Mi sono irrigidito e Chloe l’ha notato, venendomi così in soccorso. Mi ha baciato davanti a lei, ed è stato bello. Bellissimo. Però non so, mi sono teso mentre la riaccompagnavo a casa»
«Perché?» Tomo si stava accarezzando la barba, sembrava soppesare con interesse le parole dell’amico.
«Perché volevo fare io il primo passo, anche perché diciamocelo: non è che ci siamo proprio baciati davanti ad Agnes. È stato più un fingere. Dopo ci abbiamo riprovato, ma non era così che volevo accadesse. Forse ho bisogno di più tempo…»
«Perché…» Tomo sorrise, quella volta non era una domanda, quanto più un invito a continuare. Lo stava incalzando, quasi volesse portarlo a una considerazione.
«Perché con lei sto bene. Non mi pesa quando c’è, mi fa piacere passare del tempo con lei. Se non la sento o la vedo mi manca. Forse mi sarebbe piaciuto aspettare di capire cosa vuol dire tutto questo»
«Semplice» riprese Tomislav.
«Cosa?» Shannon sembrava perso. Fissò il fratello, ma anche lui stava annuendo convinto.
Tutti scemi in un colpo? Fissò la tazza preoccupato. Cosa avevano messo nel caffè, marijuana?
«Ti piace».
«Sai che novità» sogghignò. Iniziò a guardarsi in giro per capire se c’era qualcosa da mangiare, sapeva che di lì a poco sarebbero entrati nella fase della fame chimica.
«No, Shan. Intendo che ti piace davvero, che ti stai innamorando». Tomo sorrise indulgente, come si faceva con i bambini quando si spiegava loro un nuovo concetto.
Rise divertito, erano uno spasso, davvero.
«Ok, io amo il caffè, la mia batteria, le donne – tutte – e il sesso. Non posso ridurmi a una soltanto».
Insomma, non si innamorava dai tempi del liceo, circa. Non poteva aver sbagliato qualcosa proprio in quel momento, a quarantasei anni e all’apice della sua carriera, dove anche solo respirare gli faceva cadere a terra uno stuolo di donne, anche se a lui ne piaceva una soltanto.
Sesso. Bingo.
«A proposito, da quant’è che non fai sesso?» la domanda di Jared sembrava innocente.
«Da pochissimo» sogghignò. Poi si interruppe.
Fece un paio di rapidi calcoli e inorridì. Dio, erano passate più di due settimane. Esattamente da quando Chloe l’aveva chiamato al telefono e lui aveva scaricato la tipa perché si era divertito di più al cellulare che durante la notte.
Nemmeno nei periodi più bui era stato così tanto senza… Praticare.
La cosa di cui però non riusciva a capacitarsi era come il sesso non gli passasse nemmeno nell’anticamera del cervello, a meno che Chloe fosse nei paraggi. Lì allora la Shanaconda rispondeva in un batter d’occhio, la sua velocità nel diventare ricettiva era inversamente proporzionale a quella della bocca di articolare frasi di senso compiuto.
«Non così poco, vero?» Jared incrociò le braccia al petto, la faccia soddisfatta. «Fammi indovinare… Non ci avevi nemmeno pensato».
Che cazzo? Ora suo fratello gli leggeva nella mente? Cos’era, lo shatush gli conferiva doti divinatorie?
«No ragazzi, vi state sbagliando di grosso. È una ragazza meravigliosa, davvero, ma l’amore è come…» ci pensò un attimo. «Il crowd surfing: non fa per me».
Lo guardarono tutti sconcertato. Da dove tirava fuori certi paragoni?
Forse dovevano iniziare tutti a prendere in seria considerazione che il caffè fosse drogato.
« Perché?» fu la domanda spontanea di Logan. Oltre a sapere perché aveva tirato fuori il crowd surfing, voleva capire cosa avesse l’amore di tanto sbagliato ai suoi occhi.
« Perché non ho controllo sulle mie azioni. Stessa cosa vale per il bagno di folla:  sulla gente e – soprattutto – sulle loro mani, non ho alcun potere. E vale anche per i sentimenti». Finse un brivido, come se la cose lo spaventasse a morte.
Logan, però, al momento si era focalizzata su altre parole, tanto che guardò Jared sconcertata.
«Cosa c’è?» domandò lui nascosto dietro la sua tazza di caffè.
«Tu non hai più intenzione di fare crowd surfing, vero?»
Dio, avrebbe ammazzato Shannon, poco ma sicuro, l’unico modo per provare l’ebbrezza di altre mani sul suo corpo – altre mani su Baobab – e lui l’aveva sputtanato così, senza alcun riguardo.
«Non lo so, perché?»
‘Sei un bravo attore, puoi fingere indifferenza’.
Vincere un paio di Oscar doveva pur significare qualcosa.
Logan indicò la patta dei jeans di Jared «Perché vorrei che certe cose rimanessero… Riservate a me». Aggiunse inorridita. «Basta che rimanga dove è, e con questo intendo attaccato al tuo corpo ma, soprattutto, dentro i pantaloni».
Lo sapeva, l’unico suo modo di evadere dalla monogamia era appena stato messo al bando. Respirò. Doveva ricordarsi che Shannon era suo fratello, gli voleva bene e – soprattutto – non aveva un buon batterista con cui rimpiazzarlo.
«Ma torniamo a te» disse Logan all’improvviso. «Tu hai baciato la mia amica e sei fuggito come il più codardo degli uomini. Ti rendi conto che ora penserà di avere una tagliola al posto della bocca?»
No, non aveva una tagliola, aveva due labbra da cui si sarebbe fatto mangiare tutto il giorno, più parti del corpo. Una in particolare, ma erano dettagli.
Era stato uno stronzo, se ne rendeva conto. Come poteva rimediare?
«Per fortuna ho il pomeriggio libero, corro da lei». La bionda non perse tempo, baciò al volo Jared e si avviò verso la porta. «E vedi di recuperare le palle tu, oltre che un po’ di amor proprio».
Cazzarola, aveva ragione.
«Ti stai coinvolgendo molto» lo canzonò Tomo tutto sorridente, gli piaceva l’idea che Shannon non fosse più solo, dato che anche Jared aveva trovato qualcuno da amare. E Chloe gli piaceva, anche perché riusciva a sorprenderlo e metterlo in difficoltà, e Shan aveva bisogno di una persona simile, che non gliela desse vinta tanto facilmente. Facevano scintille, doveva solo ammetterlo con se stesso.
«Già, bro. Sei fottuto»
«Ma cosa ne sapete voi?» rispose acido. Cazzo, uno era sposato e l’altro… Beh, era come se lo fosse, ricordò.
Forse, doveva ammetterlo, qualcosa in più di lui ne sapevano.
Difatti lo guardarono accigliati, come se la risposta fosse ovvia.
«Ok, torniamo a incidere, stiamo perdendo un sacco di tempo».
E se era lui a rimetterli in riga, c’era davvero qualcosa che non andava.
 
«Amico, ciao. Senza tanti giri di parole: SOS baby-sitter»
Si beh, anche lui stava bene, senza contare che stava affrontando per la prima volta un discorso con la propria coscienza che non gli piaceva per nulla, anche se quella conversazione si chiama Chloe.
«Wayne, lo farei volentieri, ma sono in piena registrazione del nuovo album. Ti ringrazio per la fiducia, ma ho un lavoro anche io. Piuttosto impegnativo se non ricordi, dato che con me lavora Jared».
Tendevano tutti a dimenticare certi lati della sua vita professionale. Non era sempre in giro a suonare, scoparsi donne ed elargire sguardi che avrebbero fatto strappare le mutande alle altre sfortunate che non potevano usufruire della Shanaconda, no, doveva anche lavorare agli album, pensare all’organizzazione di altre mille cose, litigare con Jared per far sì che il disco uscisse entro i prossimi sei anni e loro fossero d’accordo – anche con Tomo, era chiaro – riguardo le varie scelte.
«Ehi, aspetta, forse ho un’idea. Per quando ti serve la baby-sitter?»
«Domani, tutto il giorno» Wayne era attonito.
Sarebbe stato sabato. Nessuno di sabato avrebbe voluto alzarsi presto, nemmeno una liceale che aveva bisogno di soldi. Era lui l’unico stronzo a farlo, e non di certo di sua spontanea volontà. Lui aveva una volontà propria, e si chiamava Jared.
«Cosa? Ma sei scemo? Ti riduci all’ultimo per affidare tuo figlio magari a qualche sconosciuto? Sei un padre degenere!» quasi urlò.
«Nessuno è perfetto» si giustificò l’amico quasi piagnucolando dall’altro lato del telefono. Facile per lui parlare, non aveva un lavoro, una moglie e un figlio a cui pensare.
«Comunque, dicevo. Perché non lo domandi a Chloe? So che lei e Ryder vanno d’accordo e tenersi occupata in un periodo simile le può essere solo d’aiuto». Così magari poteva pure dimenticare la sua figura da perfetto coglione.
«Ma Chloe è la ragazza con cui sei venuto l’altra volta e che ti mangiavi con gli occhi? Ryder mi parla di lei, qualche volta. È affidabile?»
È una pazza psicotica sopra le righe, ma sì, è affidabile.
Ancora con questa storia? Ma che problemi avevano tutti quel giorno? Era San Valentino e non se ne era accorto? Tutti erano diventati improvvisamente paladini dell’amore, quando lui era solo l’eroe errante che cercava di diffondere il credo da ‘Una botta e via, intingi il biscotto e scappa’.
‘Seh, certo, però al momento non inzuppi niente perché pensi solo a una persona’.
‘Coscienza, da che parte stai?’
«Sì, è lei» decise di non dare peso alle parole dell’amico. «Ed è affidabile, con Ryder è stata brava. Ti giro il contatto, se accetta dimmelo che la porto io a casa tua, non ha l’auto»
«Da quando sei diventato gentile e premuroso?»
«Da quando cerco di portarmela a letto»
«Se vuoi convincerti, fai pure…» lo prese in giro l’amico.
«Senti Wayne, se continui così col cazzo che ti giro il suo contatto, così dovrai affidare tuo figlio a qualche liceale sfigata con problemi della personalità o a qualche nonnetta che non si ricorda nemmeno dove ha lasciato la dentiera»
«No ok, la pianto. Ciao animale innamorato!»
«Fanc…» ma l’altro riattaccò prima di permettergli di finire la frase.
 
Oddio. Oddio. Era vecchio per queste cose, sarebbe morto di crepacuore.
Non se la sentiva di abbandonare suo fratello, sua mamma e gli echelon, per non parlare di tutte le donne del mondo. Ma come si reggevano queste cose?
Le fece uno squillo al quale lei rispose subito dopo, come a volergli dare conferma di averlo ricevuto e che sarebbe arrivata di lì a poco.
Era davanti a casa di Chloe, pronto per portarla da Wayne, e non aveva la minima idea di come salutarla, di come scusarsi e dirle che avrebbe voluto baciarla di nuovo. E, perché no, dedicarsi anche ad altre labbra.
E che no, al posto della bocca non aveva una tagliola.
Cristo, era vero che sudava facilmente, ma le mani erano bagnate in modo imbarazzante. Continuò ad asciugarle nei pantaloni finché non sentì forzare la maniglia dell’auto, bloccata però dalla chiusura centralizzata. Sbloccò il sistema e le sorrise, quasi a disagio.
Dio mio, non era più imbarazzato da quando aveva otto anni, ovvero l’ultima volta in cui sua mamma era entrata in bagno senza chiedergli il permesso mentre stava facendo pipì.
Era bellissima, e Shannon rimase senza fiato. Lo salutò come se niente fosse, ma aveva lo sguardo basso, mancava il suo solito modo di fare. Non aveva l’energia del tornado che la contraddistingueva di solito. Era molto più che imbarazzante.
«Ciao»
«Ciao».
Mancava la chimica che c’era sempre stata. Non era bravo a scuola, ma di certo non era scemo, era palese che qualcosa tra di loro fosse cambiato.
«Ti trovo bene»
«Anche io».
Perché sembrava che un purtroppo aleggiasse dopo le parole di lei? Forse perché se si fosse fatto male o fosse stato malato avrebbe giustificato la sua assenza in quella settimana?
Poteva rimediare anche subito prendendo a testate il volante dell’auto, se fosse servito a qualcosa.
«Pronta?»
«Su Shannon, nessuno di noi due ha tempo da perdere» sorrise, ma era un gesto imbarazzato, spento.
Avevano perso tempo fino a quel momento? No, gli unici momenti della sua vita privata che non aveva sprecato ultimamente erano proprio quelli passati con lei.
Dio, tutti i discorsi dei suoi amici lo stavano trasformando in una donna piagnucolosa, sembrava Bridget Jones. Se non fosse stato attento prima o poi gli sarebbe arrivato il ciclo.
Provò a fare conversazione, ma ogni approccio sembrava sterile. Chloe era seduta educata, senza la confidenza con cui si stravaccava nella sua auto di solito, era ermetica nelle risposte che non concedevano un appiglio per continuare il discorso.
Arrivare da Wayne fu una consolazione.
«Shannon, Chloe!» li accolse Ryder. Nonostante non fossero nemmeno le nove era sveglio e iperattivo come sempre.
«Ciao ometto!» lo prese in braccio lei, ritrovando subito il suo buonumore. «Sei pronto per una gita allo zoo?»
«Siiiiiiii» urlò contento correndo intorno ai due arrivati e al padre.
«Vieni anche tu zio?» si fermò accanto alla gamba di Shannon.
«No piccolo, purtroppo devo lavorare».
Ryder alzò le spalle. «Peccato, ci divertiremo solo io e Chloe».
Però, quel bambino sapeva come essere riconoscente. Se la sarebbe goduta tutto il giorno, c’era davvero bisogno di rigirare il coltello nella piaga?
«Chiamami quando devi tornare, intesi? Vengo a prenderti, non è un problema. Potremmo mangiare qualcosa insieme, se ti va». Avrebbe voluto stringersi la mano da solo, era veramente stato più facile del previsto. Come aveva fatto a non pensarci prima?
La vide sorridere più serena, come suo solito, e qualcosa in Shannon si sciolse come succedeva alle protagoniste dei romanzi rosa. Il prossimo passo sarebbe stato entrare da Victoria’s Secret e comprarsi un push-up. Come si era notato, non era molto bravo a dialogare con il suo lato più sensibile.
Chloe alzò gli occhi divertita mentre annuiva poco convinta. «Ora vai, prima che Jared ti stacchi la testa per il ritardo».
Lo stava per caso cacciando? Ma in che mondo era finito? Le altre donne avrebbe fatto la fila per uscire con lui, a un suo invito a cena sarebbero venute nelle mutande; lei, invece, lo cacciava. Ma sapeva che Chloe non era tutte le altre donne, ormai l’aveva capito.
Forse era proprio per quello che gli piaceva così tanto.
 
«Sì? Chloe?» era sorpreso.
Una chiamata da parte sua a metà pomeriggio non se l’aspettava proprio. Era conscio di essere bravo con le donne, ma farle tornare sui propri passi solo con il silenzio era davvero una cosa inaspettata. Livello conquista: extreme.
«Sì, buongiorno. Non sono Chloe» una voce cordiale e calma dall’altra parte parla in modo rassicurante, ma il fatto che a parlare non fosse la proprietaria del cellulare lo mise in allarme. «La chiamo dall’Hollywood Presbyterian, sono un’infermiera»
Si allontanò dalla sala comandi davanti a quella d’incisione, aveva bisogno di sedersi. Quando dall’altra parte c’era un ospedale in linea non era mai una buona cosa.
«Ho visto che lei è stato l’ultimo a chiamare la signorina Greyson, la conosce?»
«Certo che sì. Sono un suo amico, una delle poche persone che conosce a Los Angeles». Aggiunse subito prima che potessero anche solo pensare di riattaccare. Doveva sapere cosa diavolo era accaduto. «Cosa è successo? Sta bene?»
«Si calmi, non è succeso nulla di grave. La signorina Greyson sta per essere dimessa, può venire a prenderla? Le abbiamo…»
«Arrivo subito».
Non poteva aspettare oltre, doveva correre all’ospedale. Subito.
«Dove scappi bro?» Jared lo guardava confuso.
«All’ospedale, vado da Chloe».
Fece segno agli altri di tornare a lavoro, avrebbero lavorato sui singoli strumenti. Poco prima di tornare a concentrarsi sulle canzoni, Jared scrisse un messaggio a Shannon dicendo di tenerlo aggiornato sulla situazione e che se gli fosse servito qualcosa doveva soltanto chiamarlo.
 
Dopo aver chiesto all’entrata dove fosse Chloe Greyson si diresse quasi correndo in ortopedia.
La trovò seduta sul letto della stanza seicentotre, con un polso fasciato. Aveva lo sguardo basso fisso sui piedi che dondolavano inermi dal bordo.
«Chloe!» urlò abbracciandola, molto più sollevato ora che la vedeva con i suoi occhi e poteva rendersi conto che non stava male.
«Scusa». Piagnucolò lei aggrappandosi alla sua maglietta. «Non volevo che ti preoccupassi, non volevo che venissi qui, ma mi hanno detto che ti avevano già chiamato e…»
«Ssssshhh, non ti preoccupare, non è un problema» le asciugò le lacrime con i pollici dopo aver posato le mani sulle sue guance. «Sono sollevato di poter vedere che stai bene. Aspetta» il panico si impossessò di lui. «Ryder?»
Si guardò in giro terrorizzato. Poteva perdonarle tante cose, ma non sapevo come giustificare la sparizione di un bambino di quattro anni. Cazzo, Wayne l’avrebbe ammazzato.
«È a casa. Wayne è passato a prenderlo poco fa». Si giustificò versando altre lacrime. Si odiava, lei non era solita assomigliare a un rubinetto rotto. «Mi dispiace, non volevo metterlo in pericolo».
«Tranquilla, lo sappiamo»
Se solo avesse anche saputo di cosa lei stesse parlando sarebbe stato più facile affrontare quella conversazione.
«Giuro che sta bene, non ha nemmeno un graffio».
Avrebbe voluto chiederle cosa fosse successo allo zoo, perché da come era sconvolta sembrava fosse atterrata un’astronave aliena nelle vicinanze e che fossero sfuggiti per miracolo. Stava per domandarlo, quando entrò il dottore.
«Bene signorina, ecco qui i moduli per la sua dimissione. Ci vediamo tra dieci giorni per controllare il polso. Oh, vedo che c’è con lei…»
«Shannon». Si presentò al medico.
«Un amico» si affrettò ad aggiungere lei, imbarazzata. Lo stesso imbarazzo della mattina, una cosa che a Shannon dispiacque molto. Troppo.
«Mi raccomando, la accompagni a casa, la faccia riposare e non le permetta di guidare. Era così agitata e sotto shock che le abbiamo iniettato un po’ di calmante»
«Certo, sarà fatto». Per chi l’aveva preso il dottore? Per un pazzo che l’avrebbe lasciata sola alla prima occasione? Doveva avere proprio una faccia affidabile ai suoi occhi, o forse era lui che doveva farsi un giro in oculistica al posto di presidiare ortopedia.
Prese Chloe e la aiutò ad arrivare all’auto reggendola per la vita, aveva ancora le gambe deboli a causa della pressione bassa e dello spavento. Si sarebbe preso cura di lei, vederla così delicata e fragile al posto del solito tornado gli fece stringere il cuore.
Solo in macchina la ragazza iniziò a fare i capricci, cose che nemmeno Ryder si immaginava di fare, e dalla sua aveva tutta l’immaginazione dei suoi quattro anni.
Dopo cinque minuti Shannon aveva ceduto ai suoi sproloqui, aveva veramente paura che potesse ucciderlo. Collegò il bluetooth del telefono all’auto e fece partire una chiamata a Wayne, perché Chloe sentiva di doversi scusare.
Pianse al telefono per non meno di sette minuti, scusandosi di essere una pessima baby-sitter. Shannon precisò all’amico che era sotto effetto di calmanti e che quindi non era del tutto in sé. Wayne le disse di non preoccuparsi, che non era colpa sua ma che certe cose capitavano, non era stato un errore dipeso da lei. Anzi, l’aveva ringraziata per aver difeso Ryder, il bambino gli aveva detto che per metterlo al sicuro lei si era fatta male al polso.
«Non nego che si sia preso un bello spavento» aggiunse alla fine. «Ma ora lo racconta come se fosse l’unico sopravvissuto a un safari, si sente Indiana Jones. Mi ha già chiesto se domenica prossima lo porto all’acquario»
«E perché?» Shannon anticipò la domanda di Chloe. Quella conversazione le stava donando più tranquillità dei calmanti stessi.
«Perché ha detto che se abbiamo fortuna si rompe il vetro della vasca degli squali e lui può farli fuori tutti con un pugno. Poi nuoterà trionfante sul dorso di un delfino. O era una tartaruga?» si perse nei ricordi di un paio d’ore prima mentre i due nell’auto ridevano divertiti.
Chloe aveva creato un mostro malato d’adrenalina. A vent’anni sarebbe stato peggio di Bear Grylls.
«Quindi non scusarti. Anzi, sono io che devo dirti grazie per aver protetto mio figlio». Si sentì un tonfo sinistro, probabilmente delle pentole cadute. «Ora sarà meglio che vada, prima che un coltello metta fine alla vita di mio figlio al posto di un leone, Ashley non me lo perdonerebbe mai. Riposati e non preoccuparti di nulla. Ciao ragazzi… Divertitevi!»
«Wayne è una bella persona» espirò lei stanca accomodandosi sul sedile. Molto più nel suo stile, e Shannon fu grato di quel gesto, stava tornando tutto alla normalità.
«Certo che lo è, è mio amico»
«Appunto» sorrise appena.
Arrivarono a casa di Chloe poco dopo.
«Grazie di tutto, davvero»
«Ah, tu speri di liquidarmi così? Nossignora, il minimo che posso fare è accompagnarti fino a casa e assicurarmi che tu sia dentro e non ti succeda nulla».
Lei provò a protestare, ma Shannon fu più veloce di lei e scese dall’auto, interrompendo ogni lamentela. La resse di nuovo per la vita, come aveva fatto prima in ospedale, e la guidò verso il suo appartamento.
«Bene, ora penso che tu possa lasciarmi andare, guarda: sono in piedi. Avrai sicuramente di meglio da fare». Mosse dei passi fino al divano, ma iniziò a barcollare. Shannon le si avvicinò prima che potesse crollare a terra come un’ubriaca.
«Sì, vedo la tua grande stabilità». Le sorrise per prenderla in giro. «Mi ricordi tanto Jared la prima volta su un paio di tacchi»
Chloe lo guardò interrogativa.
«Ogni passo aveva il culo per terra. Forse un paio di volte ha rischiato di rimetterci pure le caviglie. Le sue fantastiche caviglie da ballerina!»
Lei rise e si lasciò andare tra le braccia di Shannon, arresa al fatto che non se ne sarebbe andato tanto facilmente. Era vero, era ancora arrabbiata per il suo mutismo di quella settimana, ma doveva ammettere – almeno con se stessa – che le faceva piacere averlo lì. Forse avrebbe dovuto mandare una scatola piena di dolci della buonissima pasticceria all’angolo all’infermiera che l’aveva chiamato, se li meritava tutti.
«Ora ci facciamo portare qualcosa da mangiare, così tu non cucini e io non tento di avvelenare alcuna anima viva».
Chloe sorrise magnanima prima di annuire.
«Cinese? Ce n'è uno che è sempre rapido nelle consegne»
«Perfetto».
Il batterista si fece dire dove trovare il menù, decisero cosa ordinare o poi chiamò. In meno di un’ora il cibo era davanti a loro, ancora bollente.
«Ma che problemi avete qui a Los Angeles? Ok, non ero proprio una fan di Londra, ma Cristo, almeno gli involtini primavera avevano dimensioni normali, non soffrivano di anoressia come questi qua» disse schifata alzandone uno tra le bacchette. In effetti quel paio di volte in cui aveva cenato con il cinese non ne aveva mai ordinati.
«Non è così piccolo!» Shannon lo difese, sentiva il bisogno di tutelare l’onore della propria città.
«Guarda qua» riprese Chloe convinta. Senza pensarci due volte se lo infilò tutto in bocca. Un involtino primavera degno di quel nome non sarebbe dovuto starci.
«Visto?» disse compiaciuta dopo aver ingoiato rumorosamente il boccone. Ok, non era piccolo come sembrava, ma non era delle giuste dimensioni rispetto ai suoi standard. «C’è stato tutto».
Ma la testa di Shannon era andata ben oltre l’involtino primavera. Aveva appena iniziato a girare un film porno, dove in bocca non ci stava del cibo. Perché, c’era da ammetterlo, quelle labbra per lui erano peccaminose.
«Lo speravo, in effetti» ridacchiò riprendendo a mangiare, il sorriso malizioso e soddisfatto che così spesso aveva sfoderato con Chloe.
Lei, al posto di sorridere o ribattere con qualcosa di ancora più sconcio come suo solito, gli aveva scaraventato addosso una confezione vuota di cibo. Shannon sorrise sereno, non era il massimo, ma cento volte meglio dell’apatia della mattina, sebbene al momento si vedesse quanto fosse stanca e senza forze.
Cenarono e guardarono un po’ di televisione, fino a quando Chloe sbadigliò e Shannon si ritrovò a imprecare tra sé.
«Cosa c’è?» sobbalzò davanti a quell’espressione colorita che gli aveva gonfiato il petto e l’aveva scossa, dato che era appoggiata alla sua spalla.
«Non ho niente per mettermi comodo».
Chloe rimase interdetta da una simile espressione. Lei non aveva bisogno di un baby-sitter. Che lui corresse pure da Agnes ho-le-gambe-più-lunghe-dell’intera-Florida Fischer, dato che dopo che l’avevano vista e si erano baciati, era sparito senza pietà.
«Aspettami qui, devo avere qualcosa in auto, torno subito». Non le diede tempo di protestare che si rimise le scarpe da ginnastica e uscì di casa al volo, chiudendosi la porta alle spalle.
Quel ragazzo era forse bipolare? Non si faceva sentire per una settimana, per giunta dopo che le cose tra loro aveva preso una piega… Interessante, e da quel pomeriggio era tornato da lei come se nulla fosse, comportandosi se fosse il suo ragazzo, per poi autoinvitarsi a… Restare a oltranza?
Sospirò, poi dicevano che le portatrici di vagina erano quelle complicate. La prossima volta avrebbe tirato un calcio negli stinchi a qualcuno, se solo avesse sentito una simile frase.
Dopo una decina di minuti suonarono. Shannon doveva essersi chiuso fuori dal portone.
Nell’alzarsi di slancio qualcosa però non andò nel verso giusto. Arrivò al citofono e premette il tasto senza forza, iniziava a vedere nero e sentire un fischio sinistro nelle orecchie. Inspirò a fondo e si appoggiò alla porta che aveva aperto. Guardandosi nello specchio lì accanto constatò di essere verde in faccia, così tanto da fare invidia a Shrek.
La nausea era sempre più forte.
«Sono tutto bagnato». Fu Shannon a farla girare verso l’uscio.
In effetti era fradicio. La maglietta bianca completamente incollata al corpo e i capelli attaccati alla fronte, ma anche in quel modo riusciva a essere così sensuale da farle dimenticare il malessere che la stava prendendo.
«Anche io» rispose sovrappensiero.
Quando si accorse di cosa effettivamente aveva detto, spalancò gli occhi e si corresse. «Cioè… Lo vedo».
Peccato che fu troppo tardi, perché Shannon rise divertito. Finalmente era tornata la Chloe di una settimana prima. Si lasciò contagiare anche lei dalle risate, ma subito dopo smise di colpo.
«Ti senti bene?» le domandò lui dopo essere entrato e aver chiuso la porta.
La ragazza scosse la testa da parte a parte, la faccia grigia, e corse verso il bagno.
Sapeva che non sarebbe stata una buona cosa lasciarla da sola, e ora ne aveva avuta la conferma. Non sapeva se fosse stato lo shock per quel pomeriggio che aveva tentato di farsi raccontare e su cui lei non aveva voluto dire nulla, oppure se era a causa dei calmanti, sapeva solo che Chloe stava male e lui era lì per quello.
Sentì i conati provenire dal bagno e si avviò con passo pesante. Non aveva mai assistito una ragazza mentre vomitava, l’ultima volta era successo quando aveva sedici anni, ed era sua madre. Il pensiero lo paralizzò come se fosse stato un indizio riguardo la sua presenza lì in quel momento, quindi cercò di scrollarselo di dosso e si costrinse a mettere un piede davanti all’altro.
Arrivò sulla scena del misfatto con la stessa audacia con cui uno studente si presentava a un esame universitario avendo studiato la metà del materiale preparato rigorosamente il giorno prima. Vederla con la faccia nel water però lo indusse ad attingere al proprio coraggio.
Si mise accanto a lei e con una mano le raccolse i capelli, mentre con l’altra le accarezzava la schiena con dolcezza. Non c’era molto da dirle così, per calmarla, iniziò a canticchiare una ninna nanna che sui suoi nervi aveva sempre fatto miracoli. Si era dimenticato di essere zuppo e puzzolente, dato che quella che gli era finita addosso non doveva essere acqua raccolta apposta per l’occasione.
«Grazie» mormorò senza più energie Chloe, dopo aver avuto la certezza di non dover ripetere l’esperienza. «Questo è imbarazzante».
«Nah» Shannon si alzò per poi aiutarla, le preparò lo spazzolino da denti con il dentifricio per poi porgerglielo. «È stato più imbarazzante comprare gli assorbenti per Emma, credimi».
Le sorrise e, porca miseria, nonostante avesse un aspetto terribile e avesse appena visto il water da un’altra prospettiva – che era tutto, tranne che interessante – non riusciva a non pensare che fosse bellissima. E che se non fosse stata uno straccio l’avrebbe baciata con violenza e urgenza, la desiderava.
Era malato, ormai era chiaro.
Una qualche psicosi strana a cui non sapeva nemmeno dare nome.
Chloe si lavò con cura i denti, quasi volesse corrodere lo smalto e il primo strato di pelle della bocca per togliersi il sapore acido.
«Ma dimmi… È stata la vicina a ridurti così?» era pallida, ma per un momento il sorriso accennato e stanco le illuminò il volto.
Ok, la mente di Shannon si stava trasformando in Jane Austen, era ormai palese a tutti.
«Sì, ha urlato qualcosa riguardo il silenzio e poi mi ha rovesciato addosso un secchio d’acqua. Ero al telefono, ma sono riuscito a salvarlo e a non far bagnare le cose che sono andato a prendere».
«Si sente» replicò Chloe arricciando il naso. «Mi dispiace dirtelo, ma penso sia l’acqua – non proprio pulita – con cui di solito lava i pavimenti. È solita fare cose simili con chi disturba la sua quiete serale»
«Ti spiace se faccio una doccia? Te la senti di rimanere qualche minuto sola?»
«Fai pure, io ora mi stendo sul divano e non ho la minima intenzione di alzarmi prima che sia arrivato Natale». Beh, sarebbe sicuramente riuscito a farsi la doccia. E un tour, nel frattempo.
Decise di metterci poco, giusto il tempo di sentirsi di nuovo una persona pulita. Si frizionò i capelli con una salvietta che Chloe gli aveva messo a disposizione oltre al telo blu per il corpo e si mise la maglietta pulita e i pantaloncini sportivi che prima aveva recuperato dall’auto.
«Cavoli, il tuo shampoo è una bomba, lascia i capelli morbidissimi». Si sedette sul divano dove c’erano i piedi di Chloe. Li aveva spostati per poi sistemarli sulle proprie gambe nel gesto più romantico che avesse mai fatto per una donna.
La vide ridere più rilassata alle sue parole e continuò con un po’ di solletico ai piedi, cosa che la fece scattare a sedere.
«Ma tu hai i capelli morbidi» protestò lei spostandoglieli dal viso in quel gesto che aveva fatto diventare suo.
Erano ancora bagnati.
Anche lei, aggiunse la propria coscienza.
«Ti va di dirmi quello che è successo oggi? Magari parlarne ti aiuterà a liberarti del peso che ti porti dentro. E magari anche a smettere di vomitare»
Chloe alzò gli occhi al cielo prima di appoggiarsi alla sua spalla.
«Penso che tu abbia ragione. Solo che è così stupido e raggelante allo stesso tempo!»
Si coprì la faccia con una mano, mentre con l’altra aveva trovato quella di Shannon per intrecciare le sue dita alle proprie.
«Eravamo nella zona dei felini. Ryder era entusiasta e continuava a tirarmi per farci avvicinare alle recinzioni ed è stato un attimo. C’è stato un blackout nel parco, e le porte che dovevano chiudere gli animali nelle gabbie non hanno più funzionato. A quanto pare gli addetti agli animali stavano uscendo, facilitando così la loro fuga. Sono scappati un paio di leoni e tre leonesse e, Cristo, non sembravano affatto sedati. Eravamo vicini, e un leone ci ha puntati. Ho portato Ryder di corsa nei bagni lì vicino, ma per chiudere le porte con una certa foga e metterlo al sicuro sono caduta sul mio polso» e alzò la fasciatura tra le lacrime.
«So che non è successo niente, ma il leone era davanti alla porta dove noi eravamo nascosti. E se fosse riuscito a sfondarla? Ho avuto paura»
«Chiunque avrebbe avuto paura al tuo posto, non è una cosa stupida. È pur sempre un leone» la strinse a sé perché stava tremando. «Sei stata anche fin troppo coraggiosa, hai protetto Ryder e per farlo hai ferito te stessa. Nessuno può rimproverarti nulla. E quando avrai dei figli potrai raccontare di quella volta in cui sei scappata dalle fauci di un leone. Anzi, io fossi in te lo inserirei nel curriculum. Non possono non assumerti!»
Chloe rise, Shannon stava riuscendo a calmarla e farla parlare di quel pomeriggio l’aveva aiutata davvero.
«Te l’ho sempre detto che sei un tornado, spaventi pure il re della foresta». La strinse con la paura di poterla perdere, e una fitta percorse il cuore.
«Inizio a credere che sia vero. Quando arrivo scombino sempre tutto».
Non ci fu ammissione più vera di quella, Shannon lo stava provando nella propria vita, sulla propria pelle.
Guardarono un po’ di TV finché Chloe non si addormentò, così lui la sollevò per portarla nel letto. Non era più una bambina, e il gesto la svegliò.
«Shannon, ti prego, resta qui». Si impose di non fraintendere quella frase, Chloe non intendeva quello e l’innocenza con cui gli aveva rivolto quella preghiera era palese.
«Certo, ero intenzionato a dormire sul divano»
«Non essere stupido, siamo adulti e io – inoltre – ho paura che un leone mi sbrani nel sonno. Resta qui con me»
«Sicura?» era preoccupato per il suo risveglio. Come avrebbe potuto nascondere la Shanaconda in tutto il suo splendore?
Al diavolo, aveva appena detto che erano adulti, Chloe sapeva che ogni uomo sulla terra, la mattina, era affetto da un’erezione mattutina prepotente. Sapeva a cosa andava incontro. O contro, se si fosse girata per sbaglio.
«Certo».
Shannon si stese sul letto, stanco per quella giornata infinita. Una volta messa la testa sul cuscino si ritrovò la guancia di Chloe sulla spalla mentre con il corpo si era sistemata vicino al fianco di lui.
«Do fastidio?»
«No» sorrise. «No».
Ed era dannatamente vero. Era stata invadente, spudorata, ma era anche allegra, divertente e adorava passare il tempo con lei. Aveva stravolto la vita di Shannon e lui, al posto di scappare a gambe levate, non provava il benché minimo fastidio.
Si addormentarono così, nel silenzio della casa illuminata dalla luna.
 
Shannon si svegliò di soprassalto dopo un sogno agitato.
Controllò l’ora sul display del cellulare abbandonato sul comodino accanto a sé: le quattro e sette.
Si passò le mani sulla faccia e fissò Chloe addormentata lì vicino.
Cazzo.
Ora era tutto chiaro.
Le risate. Il profumo dei suoi capelli. Le occhiate che gli rivolgeva e tutte le battute. Il suo modo di mettere il broncio e quello di scostargli i capelli dal viso.
Lui amava tutte quelle cose.
E le amava perché amava lei. Beh, le voleva bene, si poteva dire.
Si stava innamorando di Chloe e non se ne era accorto, e Jared e Tomo avevano cercato di farglielo capire. Di sicuro era coinvolto, c’era interesse vero e sincero. Insomma, provava un sentimento nei suoi confronti.
Quindi era palese.
Quindi era nella merda, perché lui, nella sua vita, aveva preso seriamente solo la musica.
E il caffè.
E il sesso.
Le donne erano contemplate, ma come divertimento. Invece lui per Chloe provava del sentimento.
Non era abituato, non era pronto. Lo voleva? Era in grado di amare una persona?
Aveva avuto altre storie, ma non erano state così, non si era sentito così con le altre, ed erano state anche relazioni serie. Non c’era la voglia di costruire con loro un futuro, il bisogno di prendersi cura di loro.
Era la prima volta che aiutava una donna a vomitare senza fuggire subito dopo, era la primissima volta che si fermava a dormire da una ragazza. Senza fare sesso. Senza aver mai fatto sesso.
Sapeva cosa doveva fare.
Quello poteva essere l’inizio del primo attacco di panico della sua vita.
Si alzò, recuperò le proprie cose e uscì senza far rumore.
Doveva andarsene di lì, e subito.


 


Buon pomeriggio a tutte e buona domenica!
Vi ricordo che è severamente vietato: brandire armi contundenti, affilate o tendenzialmente mortali contro l'autrice, lanciare ortaggi deperiti o - peggio - marci, lanciare maledizioni o quant'altro (sono già sfigata di mio) e, infine, fare qualunque cosa possa ledere alla vita dell'autrice in questione... IO.
Sì, lo so che sono stata taaaaanto sadica, ma questo capitolo ci voleva. Convenite con me, vero? Cioè, la TOTALE presa di coscienza da parte di Shannon di questa situazione, perchè per Chloe era giù più definita da tempo.
Ok, voi non sapete la violenza psicologica che ho fatto su me stessa per chiamare il capitolo in questo modo e con la solita canzone e non "I monologhi della vagina (un'opera di Shannon Leto)", mi sono dovuta ricordare più volte che mi ero ripromessa di usare solo canzoni per i titoli. Beautiful love, azzeccata... No? Amo questa canzone immensamente.
La storia dello zoo. Io non ho la minima idea di come funzioni DAVVERO le cose, quindi fate finta che sia così e basta. Ringrazio Clara e Marica che mi hanno fatto venire l'idea per sbaglio a fine marzo, con una conversazione sotto una gif di Jared che parlava di leoni, scene imbarazzanti, Jared e c'entrava - come sempre - l'ambiguità di mille battute sessuali; quindi grazie per l'assist.
Sono indietro con l'epilogo, lo ammetto. Quindi, se non doveste vedere l'aggiornamento settimana prossima, vuol dire che posticipo le cose per darmi un po' più di tempo per finire, ma penso che due settimane mi bastino.
Cmq lo so che Shannon è un cagasotto, l'ho anche scritto nel capitolo... Non preoccupatevi però, ha bisogno dei suoi tempi, poi si ricorderà di essere Shanimal. Come finirà la cosa? Ah no, non spetta a me dirvelo ORA.
Vi lascio il link al mio gruppo fb: Love Doses.
Se volete mi trovate pure su Twitter, dove i Mars hanno pure risposto a un mio tweet *____* a un giorno dalla nascita del mio account. Ok, la smetto.

Inoltre mi ritaglio un angolo per consigliarvi due storie nuove:
1) Fire in the air di LenahBeau, perchè il suo Jared è totalmente ftoigijndlkfòdlsdfjd. Chiaro no? Sì, insomma, strappamutande.
2) '24/7/365 texting di Aine Walsh, perchè è agli inizi e, oltre a essere carinissima, è appena approdata nel fandom e merita un incoraggiamento.

A domenica prossima, marshugs, Cris.

 

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Capitolo 5
*** Sex on fire ***



Banner a cura di Radioactive,


Guarda il trailer della storia realizzato da S_EntreLesLines


Capitolo 5

Sex on fire
 


L’orribile momento in cui aveva scoperto l’assenza di Shannon da casa sua era stata peggiore di ogni scena di film romantico che le fosse venuta in mente. Nessun bigliettino, nessun messaggio, niente.
Non riusciva a capire se fosse stato un sogno nella sua testa, una cosa simile a Sliding Doors, o se Shannon fosse un novello Arsenio Lupin molto bravo a fuggire senza lasciare traccia.
Di nuovo.
Si era ributtata a letto, sconsolata, la faccia sprofondata nel cuscino e lì aveva percepito la sua presenza. O meglio, la traccia del suo dopobarba Hugo Boss che le fece drizzare i capelli sulla nuca. Non solo era vera, ma quel profumo era terribilmente eccitante.
Fu solo un paio di giorni dopo che arrivò la chiamata a Logan, cosa che la fece correre subito nel suo vecchio appartamento.
«Ok, io ho capito di non avere una tagliola al posto della bocca» ripeté Chloe insicura, gli occhi lucidi che facevano di tutto per trattenere le lacrime e il naso che perdeva come un rubinetto rotto.
Logan maledisse Shannon tra sé. Ci aveva messo due ore per farle capire che non aveva le fauci di uno squalo bianco al posto delle labbra, e ci era pure voluto del tempo per far desistere Chloe dal non tentare di baciarla per provare se fosse vero. Era convinta che Jared non sarebbe stato geloso, al massimo le avrebbe rinfacciato di non averlo fatto davanti a lui o di non averlo nemmeno ripreso, ma Logan non avrebbe mai voluto entrare in contatto con la lingua della sua amica. Mai.
E Shannon si era ripresentato bello come il sole a rovinare tutto per la seconda volta.
Non capiva se fosse codardia o se invece affrontasse lunghe sessioni di allenamento con Usain Bolt, dato che per sparire ci metteva sempre meno tempo.
Voleva una medaglia? Stava vincendo a mani basse quella di miglior senza palle di sempre.
«Però devo avere una vagina con i denti, o Godzilla negli slip se tutti fuggono a gambe levate. Ora anche senza fare sesso!» protestò Chloe.
Logan si mise una mano sulla fronte, disperata. Come minimo ora l’amica le avrebbe proposto del sesso lesbico per chiederle di verificare che lì sotto fosse tutto normale. Non poteva farcela, lei adorava baobab. Insomma, il bello di stare con Jared era proprio avere a disposizione tutta quella cosa gigantesca là. Non poteva lamentarsi. Non era disposta a tanto, nemmeno per un’amica.
«Tesoro, non hai pensato che il motivo che ha spinto Shannon ad andarsene è lo stesso che spinge te a piangere adesso?»
«E sarebbe?»
Sì, quei due erano la coppia perfetta. Due geni quando si parlava di sesso, ma due completi idioti se si parlava di relazioni. I sentimenti per loro erano il contorno indesiderato di un piatto di lussuria.
Un po’ come le verdure in un piatto di carne.
Ora, seriamente, chi se li mangiava i cavoletti di Bruxelles? Il mondo sapeva da tempo che la gente era pronta a guardarli con disgusto e raccapriccio, ma qualche cuoco sadico e – probabilmente – vegano si ostinava a propinarli accanto a una bistecca grondante sangue.
«Ha il ciclo?»
No, Chloe era sveglia, davvero, ma quando era coinvolta sentimentalmente diventava come una soubrette a dieta a cui veniva chiesto di parlare del debito pubblico: un’oca senza cervello che non riusciva a fare due cose contemporaneamente. Ecco, se Chloe dava fiato alla bocca non riusciva… Beh, non riusciva a ragionare. Punto.
Logan sospirò a occhi chiusi, aveva bisogno di concentrarsi per mantenere la calma.
«No, potrà sembrare anche mestruato, ma non ha il ciclo. Ma se foste… Per sbaglio eh, entrambi interessati?»
«Mi sembra palese che siamo interessati l’una all’altro, non è mai stato un segreto. Almeno da parte mia». Chloe non era mai stata discreta riguardo la cosa, non vedeva cosa ci fosse di nuovo.
«Intendo dire che vi piacete. Davvero. Come…» ok, doveva parlarle come si parlava a dei cretini, era ovvio. «Tomo e Vicki. O me e Jared. Vi piacete oltre l’attrazione»
«Oh». Il terrore negli occhi sgranati di Chloe. «Oh, cazzo. Come è potuto accadere?»
Logan sorrise, felice che l’amica avesse avuto l’epifania adatta per affrontare una simile conversazione.
«Ti piace Shannon, dunque?» alzò un sopracciglio, scettica e interessata alla risposta. «Lasciamo perdere l’aspetto fisico e il lato attrattivo. Soprassediamo sul desiderio sessuale. Concentrati».
Dio, sembrava una di quei maghi che si vedevano in TV, era raccapricciante.
Chloe la fissò con fare colpevole, mordicchiandosi il labbro inferiore, non riusciva a rispondere.
Cazzarola, non era rimasta coinvolta così nemmeno da Grant, e per lui aveva perso il lavoro dei suoi sogni.
«Oddio. Oddio, oddio, oddio. Ho bisogno di cioccolata». Si alzò dal letto per dirigersi in cucina. «Lo, seguimi! La Nutella in camera mia non entra, le cose libidinose lì devono essere solo di carne».
Logan sorrise, la cioccolata era il suo modo per dire di sì, la risposta che aveva cercato. Era lì che Chloe si rifugiava quando in amore qualcosa non andava.
Quando aveva bisogno di dolci, c’era sotto qualcosa. E a Logan non serviva altro.
Ma a Chloe sì, servivano risposte. Da Shannon.
Perché era fuggito? Lui la trovava carina? Era un solo una questione fisica o anche per lui c’era altro?
Sbuffò nell’affondare il cucchiaio nella cioccolata, quelle domande sembravano ridicole, quelle presenti nelle sintesi delle soap opera.
Lo sapeva, doveva restare a Londra.
 
«Penso… Anzi no, sono sicuro. Mi piace davvero» ammise davanti a Tomo e Jared.
«Era ovvio, se no non te la daresti a gambe levate ogni volta che passi del tempo con lei senza fare sesso» convenne Jared. Sì, si divertiva molto a prenderlo in giro.
«Cosa dovrei fare per farglielo capire?»
«Magari non scappare la prossima volta che la vedi?!» a Tomo sembrava di avere a che fare con una causa persa.
Il cantante lo indicò con fare ovvio per dargli ragione.
«Simpatici, mi sembra palese». Anche se non era una cosa così certa, dato che aveva il terrore di rivederla. Era sicuro che quella volta sarebbe stata un po’ arrabbiata a causa della sua assenza. La seconda nel giro di due settimane.
Ma cosa poteva farci lui? Aveva capito di essere coinvolto, e l’ultima volta in cui si era innamorato aveva avuto sì e no diciassette anni.
C’erano questioni importanti nella vita da affrontare e lui, con la maggiore età, aveva deciso di abbandonare anche le relazioni serie, oltre che l’innocenza. Erano cose da lasciare ai minorenni, quelle. Aveva capito che non c’era bisogno di tanto per avere solo la parte di una donna, il divertimento che a lui interessava.
Quindi, cos’era cambiato? Aveva avuto relazioni in passato, Agnes era uno dei tanti esempi, ma non l’aveva terrorizzato, non era scappato. Ma non le aveva dato metà dell’importanza che stava dando a Chloe.
«Dato che ormai hai la certezza che ti piace, io fossi in te inizierei con il parlarle e dirle quello che provi». In effetti sembrava la cosa più sensata da fare.
«Ma come?»
«Dille che ti sei accorto che provi qualcosa per lei, che vorresti provarci. Non lo so, che è la donna della tua vita» propose il croato.
Le facce schifate di entrambi i fratelli lo fece desistere subito.
«Magari un po’ meno. Una cosa per volta, Mofo. Solo l’idea mi terrorizza»
«Ma la cosa non ti fa rinunciare a lei» rispose soddisfatto l’altro.
«Dille che vuoi montarla come se fosse la tua puledra». Suggerì Jared con sguardo sognante.
«Meno squallido, grazie»
«Che vorresti farla godere da qui fino alla fine dei suoi giorni?»
Non l’avrebbe mai pensato, ma Jared gli aveva fatto sanguinare le orecchie.
Forse non era la persona ideale per affrontare discorsi sentimentali seri. Shannon lo guardò male.
«Che vorresti fosse la madre dei tuoi figli?»
Con Tomo si passava da un estremo all’altro.
Era fottuto.
«Meno smielato».
Come avevano fatto quei due a trovare delle donne con un cervello brillante? Non riusciva davvero a capirlo.
Sarà stato anche un senza palle, ma almeno lui non parlava come una porno star e nemmeno come Brooke di Beautiful. Che poi, in fondo, erano un po’ la stessa cosa.
«Ok, ho capito. Lo farò con parole mie»
«E ci voleva tanto?» sorrise soddisfatto Mofo.
Il problema era trovare il coraggio necessario per affrontare la cosa.
 
«Sei forte. Sei arrivato fino a qui. Ce la puoi fare».
Bene, parlava anche con i portoni adesso.
Era passata una settimana da quando se ne era andato da Chloe. Evidentemente era il tempo necessario che gli serviva per chiarirsi le idee e trovare il coraggio. Aveva gli stessi bioritmi del ciclo mestruale, non era una cosa positiva.
Di solito le donne non lo volevano scacciare dal proprio corpo – specialmente se si trattava della zona a sud dell’ombelico – né volevano prenderlo a calci in culo. Non doveva iniziare proprio in quel momento.
Suonò il campanello, stufo di stare in piedi davanti a una porta chiusa a fissare i citofoni accanto a lui. Era arrivato a casa di Chloe, tanto valeva fare un passo in più e dirle perché era giunto fino a lì.
«Sì, chi è?» per fortuna non aveva la videocamera, era sicuro che se no non gli avrebbe nemmeno risposto.
«Shannon»
«Oh».
Ci fu del silenzio. Troppo. Eppure era ancora lì, la sentiva respirare.
«Mi apri?» fermi tutti: momento verità. Da quella risposta sarebbe dipeso tanto per lui, tra cui la sua dignità e la virilità che si era giocato scappando due volte.
«Sì. Certo» lo disse confusa e sconfitta mentre schiacciava il pulsante per aprire il portone.
Bingo. Ah ah! Gli stava dando la possibilità di farsi ricrescere le palle sotto la Shanaconda, non poteva sprecare l’occasione. Si sentiva emozionato.
Percorse i due piani di scale quasi di corsa, spinto dalla propria adrenalina.
Voleva quella donna? Se la sarebbe presa. Basta aspettare ancora, basta insicurezza, basta fughe. Era lì per riuscire, per dire delle cose e farne molte altre. Era una giornata epica!
Era lì… E la porta di casa era chiusa.
Quasi andò a sbatterci contro.
Suonò di nuovo. «Chloe?»
«Vengo!» urlò lei da dentro casa. Sembrava lontana.
Sentì dei passi affrettati e poi la serratura scattare.
Shannon si preparò: sorriso da infarto, sguardo che poteva mettere incinta.
Sì, c’era tutto.
La porta si aprì.
«Gratificante, almeno per me» rispose lui alla frase di Chloe.
Squallida, doveva ammetterlo anche a se stesso, ma non poteva non ricorrere quei doppi sensi così espliciti, gli si appannava il cervello e non rispondeva più delle proprie parole.
Non era nemmeno sicuro che il cervello si appannasse, ma rendeva l’idea.
Chloe alzò gli occhi al cielo, poi lo fece entrare. «Scusa, stavo sistemando le mie cose e mi sono dimenticata di aprire anche la porta».
Affondò di nuovo il cucchiaio nel vasetto di Nutella che si portava in giro, quasi volesse nascondersi dietro a esso.
Nonostante fosse difficile concentrarsi su altro che non fosse la bocca che succhiava il cucchiaio aveva colto una cosa strana sul volto di Chloe. Sbagliava o era rossa in viso? Era… Imbarazzata?
Ma che problema avevano le donne?
Avevano parlato di sesso senza giri di parole, di masturbazione. Avevano dormito insieme e le loro lingue si erano aggrovigliate quanto Mike Tyson e un suo avversario sul ring e niente, nemmeno una piega. E ora davanti a una semplice battuta si vergognava?
Ok, le donne per lui sarebbero rimaste un mistero. Poco ma sicuro.
La seguì un po’ per casa, studiando e apprezzando il suo abbigliamento. Indossava una maglietta scura con le maniche lunghe  e uno scollo sulla schiena, dei pantaloncini grigi senza forma e si aggirava per casa a piedi nudi, le unghie smaltate.
Vero, non c’era bisogno di precisare su quel dettaglio, ma Shannon aveva una vera fissazione per i piedi curati e con lo smalto scuro, proprio come quelli di lei. Dio, sembrava che Chloe fosse entrata nell’angolo della sua testa dove racchiudeva le sue fantasie erotiche e le fisse e ci avesse sguazzato dentro.
Anche perché, c’era da dire, quei pantaloncini sformati le fasciavano il sedere in un modo che agli occhi di lui risultava peccaminoso.
Solo quando la vide spostarsi dal salotto verso la camera mentre tentava di piegare una maglietta con una mano sola si rese conto che non portava la fasciatura al polso.
«Ehi, ma hai tolto la fascia».
Lei sorrise timida, quasi fosse stata scoperta a pomiciare nei bagni della scuola con un proprio compagno di classe.
«Cosa ha detto il medico? Non te la sei tolta da sola, vero?»
Chloe rise divertita. Se no come lo reggeva il barattolo di cioccolata? «No, sono andata dal medico con qualche giorno di anticipo. Mi ha controllata e si è detto d’accordo con la mia decisione di toglierla prematuramente»
«Ma cosa…» sembrava che in camera fosse scoppiata una bomba atomica. In effetti, ragionò Shannon poi, in tutta la casa regnava un disordine che non era da Chloe. Lei tendeva solo a insozzargli l’auto, ma l’appartamento l’aveva sempre trovato a posto.
«È.. proprio per questo che ho chiesto di togliermi la fascia». Alzò le spalle per ostentare indifferenza. «Ho bisogno di tutta la mia mobilità».
Sul letto era posata una valigia.
Shannon prese dal suo interno una maglia e sorrise nel rimetterla da dove l’aveva trovata.
«Dove vai?» chiese seduto sul letto con un sorriso. «Vacanza?»
Magari avrebbe potuto unirsi. Avrebbe preso una settimana di pausa dall’incisione. Ok, non era carino, ma era stato Jared a spingerlo verso Chloe, non avrebbe potuto permettersi di lamentarsi o l’avrebbe ucciso. Si immaginava già: una spiaggia tropicale, loro due in costume stesi sulle sdraio, un cocktail a base di cocco, le palme, l’acqua. Ma soprattutto le serate trascorse nella stanza, isolata rispetto alle altre per concedere loro la giusta privacy.
Ecco, il paradiso.
Sbirciò per vedere che tipo di costumi indossava Chloe, ma non ne vide nemmeno uno.
«Ehm, no. Non proprio». Si grattò il naso in imbarazzo lei.
Shannon fece scorrere gli occhi sulla stanza. E allora li vide: un paio di scatoloni.
La seguì di nuovo in salotto, e anche lì c’erano un po’ di scatole di cartone mezze vuote. Quello era un trasloco. Che avesse trovato finalmente lavoro?
«Ehi, traslochi?»
«Più o meno».
Mio Dio, quanti misteri! Manco fosse Agatha Christie.
«E dove?» chiese nell’appoggiarsi con le braccia incrociate allo stipite della porta. Aveva indossato la maglietta bianca sformata che tanto le piaceva, giusto per partire un po’ avvantaggiato. «Ti sposti di poco o cambi quartiere? Ci sono, Downtown».
«Shannon…»
«Oppure verso la costa?»
«Shan…»
«Ok, riprovo: San Fernando»
Chloe scosse la testa. «Shanni».
Ok, era riuscita a risvegliarlo dalle sue elucubrazioni mentali.
Lui la guardò storto, ma non disse niente.
«Islington, probabilmente» rispose laconica.
«Non l’ho mai sentito. È il nuovo nome di un vecchio quartiere?»
Chloe abbandonò la maglietta con cui stava litigando da un po’, troppo nervosa per continuare nel tentativo di piegarla. Gli fece cenno di sedersi e Shannon annuì. Si mise sul divano, per nulla rilassato, mentre lei gli camminava davanti, nervosa.
«Islington è a Londra».
Oh, brutte cose.
«Vai a trovare i tuoi? È successo qualcosa? Stanno bene?»
Chloe sorrise per la dolcezza dei suoi pensieri, ma no, era lontano anni luce dalla realtà.
Riprese la maglietta incriminata e si diresse di nuovo in camera.
«No Shannon, i miei vivono a Barnes. E stanno bene, grazie a Dio». La sistemò al meglio nella valigia.
«Dunque? Cosa succede?» c’erano mille altre possibilità, e non voleva prenderne in considerazione mezza.
Chloe sapeva di dover spifferare tutto. Non c’era più tempo per temporeggiare e non aveva voglia di tirare la faccenda per le lunghe.
«Torno a Londra. Cioè, ci sto pensando»
«Non mi pare l’atteggiamento di una che ci sta riflettendo, mi sembra una decisione già presa». Era stato duro e non voleva, ma era scosso. Lui era lì per dirle che era pronto a non scappare, e lo faceva lei.
Nemmeno in Beautiful erano arrivati a tanto. Non separavano definitivamente Ridge e Brooke, nemmeno quando Ridge stesso usciva dalla soap. Poteva essere più sfigato di un personaggio inventato di una serie di pessima qualità? Mai.
«Mi hanno offerto il mio vecchio lavoro…» era insicura, si mordeva un labbro a sangue.
E il loro finale epico? Lui era meglio di un lavoro.
Però il destino era uno stronzo, non poteva giocarsela con la vecchia fiamma di Chloe, Grant. Era una battaglia impari e ingiusta. Eppure l’avrebbe combattuta lo stesso.
«Qui non ho trovato nulla. Là c’è un lavoro sicuro, il lavoro che ho sempre adorato… E non c’è Grant».
Ok, l’Eric Forrester della situazione era stato tolto di mezzo senza spargimenti di sangue, ma questo non voleva dire che la cosa gli piacesse. Perché conosceva i personaggi e la trama di Beautiful? Era convinto che fosse meglio non saperlo, soprattutto per il bene di chi lo ascoltava. Non voleva sporcarsi le mani e uccidere testimoni che si erano ritrovati con quell’informazione tra le mani per caso.
Le rivolse uno sguardo incuriosito mentre la seguiva di nuovo in camera.
«La faccenda ha sollevato più scalpore del previsto». Nella valigia finirono un paio di vestiti, una gonna, degli shorts e alcune giacche. «Così hanno capito di togliere di mezzo lui, dato che era il vicepresidente, e riprendere la povera semplice designer che, alla fine dei conti, è stata vittima e non carnefice».
La punta di rabbia nella sua voce era un elemento da sfruttare. Peccato che fosse Jared il bravo manipolatore. Perché non aveva le doti del fratello? Lui era più istintivo. Fosse stato per lui sarebbero già finiti sul letto al posto della valigia.
«E tu metteresti da parte l’orgoglio per la pietà di chi non sa apprezzare la tua bravura?» sì, si era piaciuto. Bravo Shannon, non sottovalutarti e non sminuirti se paragonato a Jared.
«Anzi, per chi in pubblico vuol salvarsi la faccia? Gli stessi che prima non si erano fatti problemi a metterti da parte per salvarsi il culo? Davvero?»
«Lo so, ci ho pensato anche io. Ecco perché non ho ancora accettato».
Ancora. Male. Malissimo.
Però c’era qualcosa a frenarla. Ma cosa?
«Non posso vivere di aria. Sono a Los Angeles da poco meno di due mesi e non ho trovato lavoro. I soldi calano e di entrate non ce ne sono».
Ma porca miseria ladra Los Angeles, dovevi proprio fare la stronza in questo momento?
«E non pensi a Logan?» provò a buttarla sul sentimentalismo, doveva tentarle tutte. «La lasceresti qui da sola?»
«Logan non è sola. Ha Vicki ed Emma e, soprattutto, Jared».
La maledizioni di organi genitali sovrasviluppati, ecco da cosa erano afflitti. Il motivo per cui tutti li desideravano. Tutti a parte Chloe, a quanto pareva.
«Però è partita da sola»
«Ma Logan è venuta qua perché aveva già un lavoro». Chloe vorticava per la stanza, sempre più nervosa, qualche volta attingeva al barattolo appoggiato sul comodino, come se la cioccolata fosse un calmante.
Possibile che fosse chiaro a tutti e non a lui? Se ne voleva andare perché a Los Angeles, la città dove i sogni diventavano possibili, lei aveva ottenuto solo porte in faccia.  Era lì per rifarsi una carriera e il lavoro più dignitoso che avesse ottenuto era diventare una lap dancer, aveva capito di essere interessata a Shannon e lui scappava, fuggiva ogni volta più a lungo e più lontano. Niente andava per il verso giusto.
Ok essere sfigate, ma anche lei doveva porre un limite alla cosa, non era la protagonista di una sit-com.
Peccato che non avesse mai notato che, puntualmente, Shannon fosse sempre tornato da lei.
Shannon era nel panico. Cazzo, doveva arrivare a quarantasei anni per trovare una donna in grado di metterlo in difficoltà?
Era andato lì con tutta l’intenzione di fare il cavaliere con la fulgida armatura, invece si stava ritrovando a navigare nella merda, sperando che il francesismo gli fosse perdonato.
Doveva riordinare le idee e pensare a un degno contrattacco.
«Non ho motivi per rimanere» ammise sconfitta Chloe, per la prima volta con le lacrime agli occhi da quando si era resa conto di non potere continuare così.
Ok, era arrivato il momento per Shannon di ricordarsi come si conquistava una donna. Doveva mettere da parte le insicurezze, ricordarsi che era lì proprio per quello. Dimenticare i dubbi e sfoderare la migliore faccia da baro. Doveva comportarsi come se fosse già sua, perché se lasciava credere di non avere certezza riguardo la situazione, questa gli sarebbe sfuggita di mano.
«Certo che hai un motivo per restare».
Si era avvicinato, il sorriso che da incerto era diventato uno smorfia sicura. Lo sguardo serio e determinato.
La seguì in salotto, di nuovo.
«Davvero? Non me ne sono accorta. Sarebbe?»
Se lui avesse risposto Ryder o Chick l’avrebbe preso a padellate in testa fino a tramortirlo, era una promessa. Avrebbe potuto usare il vasetto di Nutella che teneva in mano, ma non voleva sprecarla.
Prima di mettere su altri chili superflui, decise di abbandonarla sul tavolino davanti al divano.
«Rimani per me». Oh mio Dio, l’aveva detto davvero.
Aveva sganciato una simile bomba e non si sentiva un perfetto idiota.
«Cosa?» Chloe si era girata per guardarlo, le ginocchia di gelatina. Che brutta immagine! La sua insegnante di danza classica, da piccola, le diceva sempre che le sue gambe erano storte, figurarsi se iniziava pure a camminare con fare incerto. Non voleva assomigliare a un fenicottero ubriaco!
«Già, hai sentito bene. Rimani per me. Il lavoro arriverà, lo prometto, ma ora scegli di restare. Fallo per me, perché ne ho bisogno».
L’aveva chiamato Bridget Jones, rivoleva la sua vagina.
«Shannon, ti senti bene?» era sopraffatta dalle sue parole, non sapeva cosa dire. Aveva soltanto paura di illudersi. «Sei sempre scappato da me!»
«E sono sempre tornato. Sono qui anche adesso. E, per la prima volta, ti sto chiedendo di non andartene». Le aveva cinto la vita per avvicinarla al petto e farle percepire il proprio battito del cuore, così simile alla batteria che tanto amava.
«È solo una questione di sesso». Però era bello e rassicurante percepire il suo battito accelerato sotto il palmo della mano.
«Non nego che mi stuzzichi non poco la cosa, arrivati a questo punto, ma non si riduce a quello. Mi interessi, mi piaci davvero. Mi manchi quando non ci sei, vorrei passare il mio tempo con te. Sei importante, e ora l’ho capito»
«Cazzarola» ridacchiò nervosa. «Non aveva sottomano nulla per registrarlo. Era una bella dose di autostima gratuita, quella».
Gli stava accarezzando le guance con i pollici, delicata come le parole che lui stesso aveva pronunciato. Era tutto vero? Non si sarebbe svegliata di lì a poco per scoprire che Shannon non era tornato?
«Se me ne dai la possibilità te lo dirò ogni volta che posso»
«Premetto, non vorrei sembrare stronza, ma devo farti questa domanda: perché sei fuggito?»
«Ero terrorizzato»
«Tu?»
«Giuro». Rise, la sentiva lasciarsi andare tra le proprie braccia, vedeva il suo sorriso allargarsi un po’ di più a ogni parola, e per lui era aria, era il segno che stava riuscendo ad aprire qualche breccia in lei, e tanto gli bastava. «Ero nel panico più totale»
«Perché?»
«Quando mi hai baciato davanti ad Agnes» la strinse di più, tanto da indurla a mettergli le braccia attorno al collo per stare più comoda. «Ti ho adorata, ma ho avuto anche una paura fottuta. Era successo per i motivi sbagliati, e avrei voluto fare io la prima mossa».
Chloe lo guardò confusa.
«Sono pur sempre un uomo, mi sono sentito privato della mia virilità, almeno un po’»
Lei rise. «Scusa, ma da quello che si dice in giro quella che hai basta e avanza!»
«Avevo paura che se fosse successo di nuovo avresti potuto fraintendere. E non volevo, dato che ero il primo a non sapere cosa mi stava succedendo»
«E qui, il giorno in cui ho rischiato di essere mangiata da un leone?» cercò di sdrammatizzare lei, ma Shannon aveva percepito le dita che gli accarezzavano la nuca, scatenando brividi di piacere.
Chloe non lo sapeva, ma stava giocando con una bestia. Gli davano dell’animale mica per nulla.
«È stato il momento in cui tutto si è fatto chiaro, ho capito che non eri solo attrazione fisica. E immagina un po’? Mi sono spaventato. Me la sono data a gambe. Però da tutta questa faccenda ho capito una cosa: ho bisogno dei miei tempi per assimilare le cose importanti».
«Dovrei sentirmi offesa. Io è dal luna park che ho capito che il mio interesse poteva trascendere la fisicità» sorrise divertita e serena.
Possibile che riuscisse a perdonare gli errori con tanta facilità? E che avesse sempre un sorriso per tutti?
«Parli con uno che si è trattenuto – anche se non so come – quando ti ha premuta contro il muro per baciarti. Cosa pretendi?»
«Per la miseria, davvero?» era colpita.
«Certo, ti è sembrato un bacio quello?» ora era lui a scostarle il ciuffo dal viso, gli piaceva accarezzare le sue guance rosse per l’imbarazzo.
«Sì, e mi era anche piaciuto parecchio». Chloe riprese la propria malizia. «E perché non mi avresti baciata come si doveva?»
Un sopracciglio alzato, l’unghia dell’indice che accarezzava la pelle scoperta tra la nuca e le spalle, facendolo rabbrividire; quel discorso le interessava parecchio.
«Perché avrei voluto fare le cose a modo mio, ma tu mi hai preceduto e quindi mi sono teso, lo ammetto»
«E come sarebbe la cosa fatta a modo tuo?» eh no, era arrivato il momento della verità anche per lei, ora voleva sapere.
Senza dire una parola la attirò a sé. Accarezzò le labbra di Chloe con il respiro, per poi avvicinarsi con le proprie: lente, inesorabili e leggere. Sentire che lei voleva di più era ciò che desiderava, portarla all’esasperazione con un bacio. Posò la bocca su quella di lei con delicatezza, senza imprimere tutta l’urgenza che sentiva scorrergli nel corpo. Doveva conoscerla, stuzzicarla, invogliarla a volere di più.
Aveva sentito la sua bocca schiudersi e le aveva succhiato il labbro superiore, separandosi poi con il fiato corto.
Chloe era stordita. L’aveva trovato piacevole ma non appagante.
«Bene, è giunto il momento di passare dalla teoria alla pratica».
Oddio, forse non era pronta, era ancora turbata dal bacio di prima.
Le circondò la vita con una presa salda per far avvicinare i bacini, con una mano scivolò lungo tutta la schiena fino ad arrivare al collo e la attirò di nuovo a sé. Questa volta fu famelico e irruento, facendola mugugnare di piacere. Le fece schiudere la bocca con la propria lingua, non trovando poi nessuna reticenza da parte di Chloe. Salì con entrambe le mani sul viso di lei per immobilizzarlo e continuò ad approfondire il bacio, sempre più affamato, aggressivo e appassionato. Accarezzava la lingua con la propria, dopo l’aveva passata tra il labbro inferiore e i denti, per poi ripetere la cosa sul labbro superiore. I sospiri di Chloe, sempre più impazienti, erano musica per lui, tanto da spingerlo a continuare.
Fregò il bacino contro quello della ragazza, voleva farle sentire quello che riusciva a scatenare solo stando vicina a lui, anche se non era ormai solo una questione fisica. Prese il labbro inferiore tra i denti e strinse con veemenza, mentre una mano scivolava sul sedere per giocare ancora un po’ sulla loro vicinanza.
Chloe stava per morire, vedeva una luce bianca.
Per fortuna Shannon la reggeva per la vita, perché una volta cessato il bacio si sarebbe ritrovata per terra, le gambe di gelatina e il cuore in gola.
«Io penso che un simile bacio dovrebbe essere vietato per legge, perché uccide. Eppure sto sperando che i federali non lo vengano mai a sapere, conto di ripetere l’esperienza al più presto». Cosa stava blaterando?
«È il tuo particolare modo per dire che ti è piaciuto?» le mani ruvide di lui le accarezzavano la zona bassa della schiena da sotto la maglia.
Adorava essere toccata da lui, voleva sentire le sue mani ovunque.
«È il mio modo per dire che non ne avrò mai abbastanza». Nel dirlo aveva posato la fronte su quella di lui, agitata per quello che era appena successo ma molto più tranquilla riguardo i comportamenti di Shannon.
«Quindi, secondo te…» riprese il discorso, voleva approfondire la cosa. «Non ho una tagliola al posto della bocca?»
Lui rise divertito. «Ovvio che no».
«Dunque, se provo a fare questo» e lo baciò facendo schioccare con forza le loro labbra, soffermandosi su di esse per poterle assaporare. «Non hai paura che io possa ferirti, risucchiarti o altro?»
«Credimi, se tu volessi succhiarmi o ingoiarmi con quelle labbra sarei tutto, tranne che spaventato». Il sorriso furbo e compiaciuto, il bacino che sembrava sempre più costretto nei jeans.
La shanaconda che rivendicava la propria libertà.
Giustizia.
Appagamento.
«Mi sa tanto che non parto per Londra, sai? Mi piace stare qui».
«Dillo» la spinse contro il muro, e a lei scappò un gemito soddisfatto.
«Cosa?» sorrise furba. Sapeva che ora la conduzione dei giochi era passata nelle sue mani, e aveva tutta l’intenzione di divertirsi un po’.
«Non scherzare, non è divertente». Il petto di Shannon schiacciato contro il suo.
I cuori che battevano furiosi, i respiri accelerati che si confondevano con la loro eccitazione.
«Non sto scherzando, sono serissima» le dita che percorrevano i tratti del tatuaggio di lui alla base del collo.
Il sangue di Shannon iniziava pericolosamente a concentrarsi in un’unica zona, ben al di sotto del suo ombelico. Stava perdendo lucidità, tanto che le parole venivano meno.
«Sai che non si sveglia l’animale che dorme?» la provocò lui, la voce bassa e gutturale e gli occhi ancora più scuri, ormai trasformato dal desiderio che prendeva il sopravvento.
«No» sorrise lei maliziosa. «Ma lascia che lo stuzzichi un po’»
Dopo avergli torturato le labbra gonfie dei baci precedenti, Chloe arrivò al collo, e da lì alla triade tatuata. Ne percorse i contorni con la lingua, decretando così tutta la discesa del sangue verso l’innalzamento della shanaconda.
Shannon aveva sentito in modo distinto la traccia umida che il suo passaggio lasciava. Prima i tre lati, poi la linea di mezzo. Senza contare il respiro di lei sulla pelle bagnata e i conseguenti brividi di piacere.
Aveva ringhiato prima di riuscire a mormorare una frase di senso compiuto. «Dio se sei perfida».
Era stata la cosa più eccitante che una donna avesse fatto con il suo corpo, ed era ancora vestito. Pregustava il momento in cui gli abiti sarebbero diventati inutili. Mancava poco, molto poco. Lo sentiva.
Le sollevò le gambe e le incrociò dietro la propria schiena, voleva portarla in camera da letto. Peccato che l’idea di sbatterla contro la libreria, in quel momento, fosse sembrata ancora più allettante.
«Cristo!» mormorò Chloe con un sorriso soddisfatto.
«No, non sono io. Ma se me ne dai l’opportunità ti porto in paradiso».
Lui mise entrambi le mani sul suo sedere prima di baciarla di nuovo, e lei strofinò il proprio bacino con forza sull’eccitazione di lui. Voleva fargli capire che anche lei lo desiderava allo stesso modo, ma a Shannon parve solo giocare sporco.
«Di’ che rimani». La premette contro la colonna della libreria, e schiacciò la shanaconda con forza contro il bacino, facendola rimanere senza fiato. «O me ne vado. Per sempre».
Chloe avvicinò la propria bocca a quella di lui in modo che fossero terribilmente vicine, poi lo fissò negli occhi. «Tu non vai via Shan, perché io non vado da nessuna parte. Rimango per te, per noi. Finché mi vorrai non muoverò un passo».
Nel dirlo non si era sentita stupida come aveva immaginato, al contrario, si era sentita libera di essere se stessa, di nuovo. Con lui.
«Ora però, ti prego» aveva riacquistato il suo solito tono frizzante e il sorriso sbarazzino, mentre gli slacciava il primo bottone dei jeans per infilare le mani nei boxer e raggiungere il centro di tanto sospirato piacere. «Permettimi di fare la conoscenza di qualcuno là sotto»
«Non sarò certo io a impedirtelo» rispose Shannon a fatica, ormai preda dell’eccitazione. La sollevò e continuò il percorso verso la propria meta.
Peccato che il letto fosse occupato per metà dalla valigia.
Shannon posò Chloe sul letto, poi indicò il bagaglio. «Posso?»
Riferendosi alla sua intenzione di spostarla.
«Devi. Puoi anche bruciarla se vuoi, non mi serve più».
La buttò di malo modo per terra, per poi sdraiarsi su Chloe.
«Magari, con calma, dopo aver recuperato tutto il tempo perduto, ti aiuto a risistemare le cose per casa»
«Zitto e continua a fare quello che stavi facendo, abbiamo aspettato pure troppo». Sorrise Chloe nell’alzarsi per facilitargli il compito di toglierle la maglia.
Dio, una donna che parlava in quel modo andava sposata.
«Porca miseria, è davvero enorme!» le sfuggì divertita una volta che gli tolse i boxer.
«Ti dispiace?» le sorrise compiaciuto.
«Affatto» ridacchiò euforica. «Aspettami qui»
«E dove vai ora?» era nudo, non voleva essere preso in giro in un momento simile. Se fosse scappata, anche se nuda pure lei, l’avrebbe odiata fino alla fine dei suoi giorni.
«Ci servirà questa» tornò poco con il vasetto di Nutella che aveva abbandonato prima in salotto. «Mi sono venute giusto un paio di idee…»
Shannon sorrise compiaciuto, quella era la donna della sua vita.
 
Bro, non so che ore sono, non so bene dove mi trovo, ma penso di aver raggiunto il Nirvana. Sappi solo che lunedì salterò le registrazioni, e non puoi farmene una colpa perché dovresti solo prendertela con te stesso. Non ti preoccupare, sto benone.
Ah sì, fammi il favore di dire a Logan di non cercare Chloe. Credimi, sta più che bene, e non vogliamo essere disturbati. Martedì giuro che ti racconto tutto… No ok, tutto quello che può essere raccontato. È meglio così, credimi”.

 
 


Buon pomeriggio! Eccomi qui con il quinto capitolo.
Ho finito l'epilogo? OVVIAMENTE NO, dato che è più lungo della divina commedia e io ho poco tempo durante la settimana per scrivere, ma non mi piaceva l'idea di lasciarvi a bocca asciutta, quindi ho postato lo stesso. Spero di essere in grado di finirlo entro domenica e postarlo.
Se non lo vedeste non preoccupatevi, vuol dire che non l'ho finito. Quindi lo posto a spot, ovvero quando lo finisco e lo rileggo, insomma... ARRIVA IL PRIMA POSSIBILE. Ma siate ottimiste come me, ce la farò.
In caso, comunque, arriva la sera perchè io sono via, e NON sono con LenahBeau, ecco.
Il titolo del capitolo... C'è qualcosa da dire? No dai, se non che riguarda la parte fisica della faccenda, ma con l'epilogo capirete meglio cosa ho vouto dire con queste parole.
E niente, al momento non ho molto da dire, quindi la smetto di rompervi e vi lascio libbbbbere di andare a farvi ingravidare dagli sguardi di Shannon.
E vi dico  BRAFE per seguire i miei consigli, sono molto orgogliosa, fuck yeah.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Se volete spoiler, delucidazioni o quant'altro mi trovate qui: Love Doses.
Vi mando tanti marshugs, Cris.

 

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Capitolo 6
*** Love profusion ***



Banner a cura di Radioactive,


Guarda il trailer della storia realizzato da S_EntreLesLines


Epilogo

Love profusion


Luglio 2016
 

«Signore, siamo qui riunite per progettare un contrattacco in piena regola». Logan era seria mentre snocciolava con fare cospiratorio quelle parole. Sarebbe stata l’orgoglio di Jared in quel momento, e la paura di tutto il resto del mondo, comprese le altre due che la stavano guardando.
«Ehi, aspetta Lo, non era un pigiama party tra amiche?» Chloe sembrava confusa. Era pronta a bere margarita, mettere lo smalto alle ragazze e rivelare a vicenda i dettagli più scabrosi delle loro vite sessuali, perché dovevano progettare un contrattacco? Di cosa?
«Certo» rispose la terza. «Ma dietro gli eventi più innocenti si nascondono le riunioni per i complotti più importanti. E poi, quando è il tuo compleanno?»
«Brava Vicki». La appoggiò Logan prima di bersi un goccio del tanto sospirato margarita.
Chloe strabuzzò gli occhi, pensava di essere con due amiche, non con la versione moderna e donna di Mao Tse Tung. Era spaventata, quindi decise di rispondere.
«Tra una settimana. Perché?»
«Perché siamo qui proprio per organizzare la tua festa!» Vicki era entusiasta, e Chloe a quelle parole rilassò le spalle.
«Certo, ed è la scusa perfetta per supervisionare la situazione» aggiunse Logan guardinga con quel tono che sarebbe riuscito a far venire l’ansia a chiunque.
«Ok, non ci sto capendo nulla. Vedete di spiegarvi bene, perché non ho voglia di sentire farneticazioni». Chloe aveva deciso di essere chiara. Per stare con loro aveva rinunciato alla sua chiamata in Skype con Shannon, non che fosse fondamentale sentirsi tutti i giorni, ma se aveva abbandonato una chiamata per lei molto interessante per sentirle vaneggiare no, non ci stava.
«Abbiamo pensato di festeggiare il tuo compleanno in Russia!» squittì Vicki sempre più contenta.
Ok, la volevano portare in Russia. Che volessero farle circolare in corpo Vodka con un po’ di sangue? Gliel’aveva detto nessuno che il corpo era formato perlopiù da acqua?
Oddio, in pure stile Hangover; avrebbero trovato foto allucinanti il giorno dopo e non si sarebbero ricordate nulla della notte trascorsa. Minimo una delle tre sarebbe pure rimasta incinta di un certo Igor, o un Andrei, o un Ivan piuttosto che un Sasha. E con la sfiga che si ritrovava, sarebbe stata di sicuro lei.
Provò a protestare, il primo pensiero fu il lavoro, ma Logan la mise a tacere subito.
«E non ti rifiutare. Ho già contattato Rob e mi ha detto che hai una settimana di ferie. Ah, il bello di conoscere il tuo capo». Già, perché era stata Logan a suggerirle di mandare il curriculum in una società pubblicitaria che lavorava a stretto contatto con la Warner Bros e tutte le altre case di produzione che la ragazza di Jared conosceva bene per lavoro.
Non era stato difficile convincerlo a premiare un valido elemento della sua squadra, per quanto lavorasse lì da tre mesi soltanto.
«Quindi ce ne andiamo in Russia perché…» doveva elaborare il concetto e capire dove le due volessero andare a parare.
«Festeggeremo il tuo compleanno con la band». Le sorrise Vicki.
«E li controlleremo» concluse Logan soddisfatta.
Il gruppo era in giro tra l’Europa e la Russia per pubblicizzare il nuovo album – o meglio, il nuovo singolo – e facevano spesso serata nei vari Apple Store sparsi per il mondo, o addirittura suonavano a qualche festival Rock. Erano partiti a fine giugno e sarebbero tornati negli Stati Uniti a inizio settembre. Un modo per farsi pubblicità prima del vero e proprio tour mondiale.
Se Vicki era abituata a tutto quello, per Logan era la prima volta dopo due anni che si allontanava per tanti mesi da Jared, era quindi diventata più acida di una donna in pieno ciclo e più pericolosa di una neo mamma con la depressione post parto.
Chloe, che ancora non sapeva bene dove portasse l’assidua frequentazione con Shannon, era sì in ansia, ma riusciva a controllarla bene. Tutto il mondo sapeva che il batterista viveva con l’iPhone in mano, era considerato il prolungamento del suo braccio, e la cosa era tornata a loro favore: messaggi, foto, chiamate, videochiamate e, perché no, chiamate porno.
«Controllare?» e dire che le sembravano tutti grandi e vaccinati. Un po’ infantili, ma comunque in grado di badare a loro stessi.
«Già. Sai com’è» incominciò Logan. «La Russia non è solo la patria della vodka, ma anche la terra della sagra della granvacca. Ti ricordi quando ho iniziato a gestire il loro tour, all’inizio del duemilaquattordici?»
Chloe annuì in silenzio per permetterle di continuare il discorso. Non sapeva dire perché, ma aveva la sensazione che la cosa dovesse interessarla.
«Ecco, in quelle date ho gestito il tour del tour: il puttantour. Credetemi, non è stato divertente. Tra omaggi di gente che cercava di ingraziarseli e donne predisposte naturalmente a buttarglisi ai piedi – sì, in ginocchio se te lo stai chiedendo – l’idea è proprio quella di andare a sondare il terreno»
«Marcare il territorio». La corresse Vicki.
«Esatto, grazie. Anche perché» aggiunse Lo sempre con più calore. «Tomo è fuori dai giochi, tanto che per non dare adito a certe voci si chiude nella clausura della sua stanza d’albergo. Jared ormai lo sanno tutti che è occupato. Quindi, secondo te, su chi si butteranno a pesce tutte le donne disposte a soddisfare i desideri sessuali di un uomo?»
Alzò un sopracciglio, soddisfatta come se fosse stata Perry Mason nella sua arringa finale e avesse ottenuto il plebiscito in cui aveva sempre sperato.
Chloe sbarrò gli occhi dentro cui si potevano leggere i passaggi dell’equazione mentale che si stava facendo.
Relazione che si era avviata in modo strano più Shannon, i suoi bioritmi e le sue paure più le insicurezze di lei più la distanza meno tutte le opportunità di toccarsi/baciarsi/saltarsi addosso/stare insieme uguale opportunità infinite per le russe di arrivare dove lei era giunta con fatica e attesa.
Giammai. Questa era guerra.
«Quindi?» Vicki voleva sentire da Chloe se fosse d’accordo o meno. Aveva paura di una sua ipotetica reazione.
La diretta interessata si alzò per prendere la brocca del maragita rimasto e riempì i bicchieri di tutte e tre.
«E quindi brindiamo al nostro viaggio in Russia per il mio compleanno!» fecero tintinnare i calici tra nuove risate, Chloe con la testa al suo regalo di compleanno.
 
«Siamo pronti?» Jared si era girato verso Shannon e Tomo per assicurarsi che tutto fosse a posto prima della loro entrata sul piccolo palco allestito nello store della Apple. Sapeva bene, però, quanto alle spalle dei due ci fosse uno specchio. Si rimirò e, contento del proprio riflesso, si mandò un bacio per poi tornare a guardare davanti a sé.
«Cinque minuti e iniziamo» confermò qualcuno dello staff.
Shannon stava guardando una foto di lui e Chloe. Era la prima volta in cui erano lontani e stava pensando al loro strano rapporto: si frequentavano assiduamente ed era logico per loro pensare di avere un rapporto esclusivo, però non ne avevano mai parlato, né tantomeno si erano dichiarati i rispettivi sentimenti. Due pesci erano più loquaci a riguardo.
Le mancava, e guardare una qualche sua foto era diventato un rituale scaramantico prima di ogni esibizione. Candy Candy aveva più virilità di lui, se ne rendeva conto.
«Ti manca solo di baciare la foto Shannon, poi ti giochi l’ultimo briciolo di dignità che ti è rimasto». Lo prese in giro Jared.
Come faceva a sapere che di nascosto la baciava? Che l’avesse visto?
Se così fosse stato avrebbe dovuto ucciderlo.
«Per favore, non sono mica disperato». Ridacchiò per cercare di dissimulare al meglio, non convincendo nemmeno la zanzara che era passata di lì per sbaglio. Jared lo fissava scettico e Tomo comprensivo.
«Cos’hai intenzione di regalarle?» Tomislav decise di non indugiare oltre su quel tasto dolente, non voleva che i due fratelli bisticciassero per una presa per il culo – seppur motivata e divertente – proprio prima dello show. «Vicki mi ha detto che tra una settimana è il suo compleanno, difatti stanno organizzando qualcosa di divertente da fare».
Alzò le spalle come a voler scrollarsi di dosso il pensiero, lui di più non sapeva e non voleva saperne nemmeno nulla. Se avessero deciso di andare a Las Vegas in mezzo a spogliarellisti cubani? Come se poi servisse arrivare a Las Vegas per vedere uomini che si denudavano.
Avrebbe dovuto regalare a Vicki una cintura di castità, per quanto si fidasse di lei.
Shannon sorrise ignaro dei pensieri dell’amico, si stava già pregustando il suo regalo. «Ho pensato a una settimana di vacanza al nostro rientro. Bahamas. Non siamo mai stati soli, penso possa esserci utile la cosa». E magari potrebbe essere funzionale ai suoi bioritmi per arrivare alla conclusione a cui i suoi ormoni erano già arrivati mesi prima. Doveva far pace con la coscienza e scendere a patti con i propri sentimenti.
Il dialogo con se stesso era in prognosi riservata e si sviluppava alla velocità di un bradipo in letargo sotto l’effetto di stupefacenti.
«Uh, come sei romantico fratellone» Jared gli mise una mano sulla spalla. «Dovremo regalarti una maxi scatola di preservativi allora. Penso che te li prenderò ai frutti esotici, tanto per restare in tema»
«L’idea è più o meno quella, non mi dispiacerebbe dare fondo alla confezione» ammise alzando solo un angolo della bocca, soddisfatto. Non che tra loro fosse solo una questione fisica, ma c’era così tanta alchimia che era inevitabile finire in orizzontale a fare le peggio cose. Ok, non sempre in orizzontale, ma il concetto era sempre lo stesso.
Non doveva pensarci, mancava un mese e mezzo alla partenza, e non poteva eccitarsi al solo pensiero di farlo in tutti i luoghi, in tutti i mari, le spiagge, su tutti i tronchi di palma che lo consentivano, le amache disponibili, i gusci di ogni tartaruga gigante, le barche, le sdraio e, perché no, pure davanti ai guest del resort. Un po’ di incitamento non avrebbe fatto di certo male, ci era abituato viste le folle che affrontava a ogni concerto. E per lui fare sesso era un po’ come suonare la batteria.
Ok, troppo tardi, sulla Shanaconda non aveva potere nemmeno lui.
«Scusate, qualcuno ha visto la salvietta con cui di solito mi asciugo il sudore? Me la metto già in vita, ho paura di smarrirla».
 
«Ehi!» Tomo urlò scendendo dal palco nel vedere Vicki dietro le quinte. La abbracciò per poi stamparle un sonoro bacio sulle labbra, dopo averle fatto fare un casquè davanti alla crew. Aveva davvero voglia di vederla, e se Tomo si lasciava andare così tanto davanti a un folto pubblico era perché gli era mancata un sacco.
Vicki lo prese per le guance, felice come una bambina a cui avevano regalato l’ultima Barbie uscita sul mercato. «Marito» lo prese in giro. «Mi sei mancato!»
«Moglie» stette al gioco lui. «Tu, io, saluto, camerino. Ora»
Se la caricò in spalle per condurla nel proprio piccolo camerino. Aveva bisogno di una doccia e, perché no, lei avrebbe potuto dargli una mano. O avrebbero anche potuto parlare soltanto, l’importante era che fosse lì, con lui.
«Ah, l’amour» Jared guardò Shannon con il labbro tremulo e gli occhi tristi, invidioso di Tomo e Vicki. Si stavano avviando verso i rispettivi camerini quando da quello di Jared spuntò una testa bionda che lo fece quasi morire di crepacuore.
«Sei pazza?!» la riprese con gli occhi azzurri spalancati dalla paura. Era convinto che quello scherzo gli sarebbe costato ben più di un capello bianco, maledetta.
«Solo perché ho attraversato un oceano e un continente per vederti? Un po’, sì» Logan si diresse verso di lui per mettergli le braccia al collo prima di sfiorargli le labbra in quel gesto dolce che rivolgeva sempre a Jared.
«Per controllarmi, vorrai dire» sorrise quest’ultimo, adorava il lato geloso di Lo, risvegliava in lei la sua parte più felina e accattivante.
«No, non te. Le russe, mi ricordo bene il puttantour dell’altra volta» Jared le baciò il naso. «Ciao Shannon».
Gli rivolse un sorriso sconsolato, quasi volesse scusarsi.
«Ciao peste» rispose al gesto sentendosi più sfigato che mai.
«Ho bisogno di una doccia» Jared stava sfoderando la sua voce da cucciolo scodinzolante che riservava solo a lei. «Vieni con me, puoi stenderti sul divano e riposarti un po’. Da quanto siete arrivate a Mosca?»
«Tre ore, siamo in pieno jet-lag» ammise seguendolo e salutando Shannon con la manina.
Adorava vedere il fratello azzerbinato alla propria ragazza, peccato che in quel momento si sentisse forever alone. Ora capiva il sorriso dispiaciuto di Logan, Chloe non si vedeva da nessuna parte.
Arrivò nei pressi del proprio camerino e fece più rumore possibile per annunciarsi nella speranza che il suo Tornado uscisse dalla stanza come aveva fatto Logan per Jared poco prima, ma nulla. La porta rimase chiusa e non uno spiraglio di luce filtrava da sotto di essa.
Bene, era il compleanno della ragazza con cui aveva una relazione, non aveva ancora del tutto chiari i sentimenti che provava per lei ed erano distanti e strani come solo loro potevano essere, insomma: la conclusione di una giornata perfetta. L’avrebbe chiamata in Skype per farle gli auguri e poi si sarebbe concesso un’intensa seduta di autoerotismo.
Le parole forever alone assumevano nella sua testa caratteri sempre maggiori, iniziavano anche a brillare come se fossero dei neon. Avrebbero potuto essere l’insegna di un casinò di Las Vegas.
Sospirò sconfitto, sistemò gli occhiali da sole sul naso e aprì la porta. Accese la luce e sentì l’incipiente infarto farsi spazio nel petto scolpito. Sarebbe morto con dignità, o in splendida forma. “Scoppiava di salute” avrebbero scritto i giornali “Così tanto che è scoppiato pure il cuore”.
Richiuse la porta alle proprie spalle e fissò il sorriso divertito davanti a sé, chiedendosi se fosse un miraggio o meno. I pantaloni, però, iniziavano a tirare.
«Ciao» Chloe lo salutò mentre piano lo raggiungeva per abbracciarlo.
In cambio ricevette un sorriso e un piegamento di testa, segno che Shannon stava pensando qualcosa. Difatti dopo poco si diede un leggero schiaffo sulla guancia.
«Sei per caso impazzito?» ridacchiò lei per poi appoggiare le proprie mani sulla felpa che lo copriva. Ritrovare il suo petto a contatto con i palmi, e quindi sentire il battito del suo cuore, le fece tornare tutto il buonumore possibile.
«No» rispose Shannon mettendole le mani sui fianchi per farla avvicinare al proprio corpo e farle capire quanto fosse felice di vederla. «Cercavo di capire se stessi sognando o meno»
«E l’hai capito?»
Le mise le mani sulle guance per avvicinare il viso di Chloe al proprio. «Buon compleanno, Tornado».
Ok, si era sentito abbastanza virile, tanto da complimentarsi mentalmente con se stesso. Si sentiva un po’ come il tizio di Via col vento, come si chiamava? Oh, aveva poca importanza, lei era lì e contava solo quello.
Sentì le mani di Chloe scivolare dal petto fino a dietro il collo e il cappuccio per avvicinarsi a lui e approfondire il bacio.
Era un pensiero egoista, ma nonostante fosse il compleanno di Chloe, la festa era nei pantaloni di Shannon.
«Come mai sei qui? Non ti aspettavo, e avevo inviato il tuo regalo a casa» disse accarezzandole le guance con i pollici con lentezza e dolcezza.
«Un regalo di Vicki e Logan» rispose lei mentre gli toglieva gli occhiali da sole e glieli appoggiava sulla testa. «Sono venuta inoltre per scartare il mio pacco regalo».
Sottolineò le proprie parole intrise di malizia con una repentina discesa delle mani verso l’elastico dei pantaloni morbidi che indossava lui, accarezzando da sopra la stoffa ciò che le interessava.
Il proprietario del pacco apprezzava, il pacco stesso apprezzava tantissimo la cosa, insomma, il pacco era pronto per essere scartato e fare il proprio dovere.
«E io che il regalo l’ho spedito al tuo indirizzo di Los Angeles… È brutto presentarsi a mani vuote, come posso rimediare?»
Era stato al gioco, riempiendosi i palmi dei glutei di Chloe per spingere il suo bacino verso il proprio. Le cose si stavano facendo interessanti, ed era convinto di voler approfondire la questione.
«Proprio a mani vuote non sei» sottolineò Chloe con la voce roca vicino al suo orecchio. «E la cosa mi va più che bene così».
Dio, quel tono. Lo faceva eccitare con poco, senza contare il respiro accelerato che si infrangeva sulla sua pelle.
Shannon iniziò a giocare con il lobo di lei, mordicchiandolo e succhiandolo, una cosa che faceva impazzire entrambi. Chissà quando aveva sviluppato quella fissa per le orecchie, non avrebbe saputo dirlo nemmeno lui, era però irrilevante in quel momento.
Chloe si dedicò al suo collo, per poi arrivare con le proprie unghie alla zip allacciata della felpa nera, tirando la lampo verso il basso con un colpo deciso, rivelando il petto nudo di Shannon.
«Mi eccita da morire la cosa» disse prima di accanirsi selvaggia sulla sua bocca.
Ok, era arrivato per lui il momento di scoprire quanto fosse vera la sua affermazione.
Arrivò all’orlo della gonna attillata per salire verso la meta, il tesoro, le porte del paradiso e spostare il tessuto che lo divideva dal punto di suo maggiore interesse, ma quello che sentì lo spiazzò.
Dov’erano gli slip da scostare? Dove?
Non c’era nemmeno un filo interdentale da scacciare, quindi voleva dire solo una cosa: aveva perso il tocco. La monogamia gli aveva fatto perdere il suo savoir faire.
Chloe, percependo la sua indecisione, rise divertita e imbarazzata. «Ok, volevo sfruttare l’effetto sorpresa, quindi mentre ti aspettavo ho pensato a questo» ed estrasse i propri slip neri dal taschino della giacca. «Nonostante sia il mio compleanno volevo farti un regalo. Ammetto che la cosa ecciti pure me e torni anche a mio favore, dato che facilita entrambi, ma ho trovat…»
«Chloe». La interruppe Shannon, stordito da quella cascata di parole, quando lui era una cascata vivente di bava. Quella donna era l’incarnazione vivente di ogni suo sogno erotico, era una croce e una delizia per ogni parte di lui.
«Sì?» domandò lei abbandonandosi poi al suo bacio.
«Fa’ silenzio per favore» le disse in tono tenero «E fammi godere di questa cosa terribilmente erotica».
Senza aspettare risposta la spinse contro la porta e sollevò piano la gonna, avevano aspettato fin troppo.
«Mi sei mancato»
«Anche tu, non sai quanto».
Era stata in ogni suo pensiero, in ogni suo gesto. Era diventata la dolcezza di Shannon, quella che riversava in ogni persona, perché Chloe riusciva a renderlo allegro anche con i suoi silenzi, a miglia di distanza. E mancava quando non c’era, ma quando si ritrovavano diventava sempre più bello accogliersi e passare il tempo insieme, anche solo per respirare l’uno al ritmo dell’altra, o perdersi in uno sguardo così uguale a quello che fissavano da farli rabbrividire.
La stessa porta su cui erano appoggiati però, pochi secondi dopo cominciò a tremare.
«Shannon! Smettila di fare qualunque cosa tu stia facendo che non sia una doccia e porta il tuo culo fuori da quel camerino» tuonò Jared allegro. E certo, se poteva rompergli le palle era sempre ben lieto di farlo. «Vestito, possibilmente! Abbiamo giusto quel paio di interviste da rilasciare»
«Fanculo» mormorò con la fronte abbandonata sulla spalla di Chloe, divertita dalla sua stessa insoddisfazione. Era tutto così bello che non riusciva a immaginare che potesse concludersi così.
«Io lo uccido. Sì, così mi levo il problema»
«Vai, su» gli accarezzò la nuca con fare premuroso lei. «Non scappo».
Ci mancava pure quella, gli sembrava il minimo. Non sarebbero usciti da lì senza aver fatto un po’ di sesso selvaggio appoggiati alle pareti, al tavolo davanti allo specchio, sul pavimento o in qualche altro luogo che avrebbe aumentato la loro eccitazione.
Shannon diede una testata alla porta.
«Ah, siete pure qui dietro? Vi piace essere spiati? Interessante…» godeva a prenderli per il culo.
«Senti, se tu ci metti poco per scopare non è colpa mia, io ho bisogno di tempo, non sono Flash Gordon al contrario tuo!» lo sentì grugnire di disappunto e sorrise soddisfatto. «Arrivo».
Legò la felpa in vita per coprire la vergogna che per lui era un vanto e infilò al volo una maglietta. Ok, non si era fatto la doccia ma avrebbe rimediato più tardi.
«A dopo».
Baciò di nuovo le labbra di Chloe e uscì dal camerino.
Chloe cercò di sistemarsi ma la porta si aprì subito dopo, mostrando solo la testa di Shannon.
«Una cosa sola»
«Dimmi»
«Non provare a rimetterti gli slip».
Chloe gli spedì un bacio dopo avergli strizzato l’occhio, infine si mise comoda sul divano a giocare con l‘iPad di Shannon. Sì, le era mancato terribilmente, avrebbe dovuto ringraziare la amiche a dovere per quel regalo.
 
«Non obbligatemi a entrare!» Jared, il solito sadico Jared che urlava con gusto queste frasi nella speranza di spalancare la porta e trovarli in atteggiamenti intimi per soddisfare il suo lato perverso e voyeuristico.
«Ne sarebbe capace, vero?» bisbigliò Chloe a Shannon.
«Ovvio, godrebbe come un matto a trovarci così» si indicò per poi rispondere allo stesso livello di voce di lei. Almeno era riuscito a mantenere la promessa di farla felice nei posti meno comodi che il camerino offriva.
«Hai chiuso la porta a chiave?»
Lui scosse la testa sempre più preoccupato.
Si ricomposero il più velocemente possibile e al meglio, nella speranza di dare l’impressione di aver parlato di fisica quantistica e non di aver fatto sesso, tentativo fallito quando gli altri sorrisero sarcastici nel vederli.
«Stavamo aspettando solo voi» esordì Jared con fare finto scocciato, sguazzava nel melodramma, soprattutto se lui ne era il protagonista.
Shannon lo fissò con un’espressione estasiata, dovuto a ciò che era successo prima, mentre Chloe alzò le spalle. Sapevano bene entrambi che, se avessero perso tempo a studiarsi un po’ prima di entrare nel vivo della faccenda, lui e Logan li avrebbero fatti aspettare molto di più.
«Tra l’altro avete fatto male ad aspettarci, perché noi non torniamo in albergo» rispose tronfio Shannon sorpassando il piccolo gruppo formato dagli amici e le rispettive compagne.
«Come no?» Tomo aveva dato voce ai pensieri di tutti. Incredibile come riuscisse sempre a moderare la situazione, probabilmente aveva doti di preveggenza.
«Ho detto a Emma di noleggiarmi un’auto, voglio portare Chloe in un posto».
«Quindi ti abbiamo aspettato per niente?» sibilò Jared rilasciando nell’aria un po’ della sua acidità.
«Non te l’ha chiesto nessuno, bro» lo riprese sempre più soddisfatto Shannon.
«Su Jay, non fare così, ora andiamo a dormire» lo rincuorò Logan mentre il batterista circondava con il braccio il collo di Chloe.
«Dormire? Tu sarai la vittima designata che mi farà sfogare la frustrazione accumulata a causa sua» disse come un bambino di cinque anni e non di quarantacinque quale era.
Lo alzò gli occhi al cielo prima di baciargli una guancia con tutta la tenerezza possibile.
«Dove mi porti?» lo distrasse Chloe.
«In un posto che soddisferà i tuoi più grandi sogni, Tornado» rispose punzecchiandole la pancia con l’indice.
Un sexy shop?
Decise di non insistere, avrebbe improvvisato al momento in caso, fingendo un pudore di cui non era dotata.
«Chick dove è?» fu la domanda premurosa di lui. Da quando era partito per il tour l’aveva lasciata a Chloe, un segno importante da parte di Shannon per dimostrarle quanto tenesse a lei. Ormai la considerava la loro figlia pelosa, era come essere a un passo dal matrimonio, per lui.
«L’ho lasciata a tua madre. È molto carina, ma quella donna mi spaventa»
«E perché?»
Lei alzò le spalle. «Perché mi guarda in modo strano, mi odia»
«Ma no che non ti odia. Le piaci, pure troppo» le baciò una tempia prima di riprendere il discorso. «Mia mamma vede in te l’unica possibilità di avere dei nipoti».
«Scherzi?» sembrò scioccata da quell’affermazione.
«No, sa di non poter fare affidamento su Jared e Logan. Però si sbaglia» affermò Shannon con sicurezza.
Si sbagliava? Chloe non ne era convinta. Non che avesse pensato di avere dei figli a breve, soprattutto da lui, ma non poteva mandare all’aria l’unica opportunità di piacere alla sua pseudo suocera. Doveva giocarsela bene, quindi decise di calare le carte e fare il proprio gioco nell’unica maniera possibile: psicologia inversa. L’arma sottile di cui le donne erano dotate e che faceva credere agli uomini di prendere le decisioni di loro spontanea volontà, quando in realtà erano solo stati imboccati a dovere.
«Non dirlo a me». Finse di trovarsi d’accordo. «Anche se il seno si ingrossa durante la gravidanza»
«Davvero? Possiamo sempre pensarci». Rispose lui sovrappensiero.
Tette, bingo. Con quelle si andava sul sicuro. Potevi far credere loro di aver avuto la più grande illuminazione del secolo, quando invece era partito tutto da una donna, e in una donna finiva sempre tutto.
«Quanti ne vuoi? Uno, due, dieci, una squadra di calcio con tutte le riserve? Ne possiamo parlare. Ho i soldi per mantenerli tutti, tranquilla». Lo disse fissandole il seno. Si vedeva che se lo immaginava già più grosso di due taglie. Probabilmente stava sperando che si ingrossasse solo a guardarlo.
«Ci penseremo eh, magari non ora».
Shannon grugnì di disappunto e la guidò verso la loro auto, un fuoristrada nero simile a quello che possedeva a Los Angeles, il prolungamento del suo… Della sua virilità.
Chloe salutò tutti, soprattutto i ragazzi, promettendo loro che si sarebbero rivisti il giorno dopo, dato che si sarebbero fermati a Mosca un paio di giorni per poi partire alla volta della Svezia. Lei, Logan e Vicki, invece, sarebbero ripartite alla volta di Los Angeles, i lavori le richiamavano ai loro posti.
«Cosa sono quelli?» chiese Shannon fissando Chloe che, una volta accomodatasi sul sedile, si era messa a rovistare nella borsa e ne aveva estratto tanti fogliettini spiegazzati.
Ingranò la marcia. Erano le quattro di notte ed era stanco morto, ma aveva parlato più volte a Chloe di quella meravigliosa sala da the che faceva i dolci più buoni del mondo. Si era assicurato che la aprissero anche solo mezz’ora per loro, aveva detto a Emma di pagare molto bene quel favore, e così avevano accettato di aprirla solo al Signor Leto e alla sua compagnia.
«Biglietti su cui ho annotato in queste tre settimane cose da dirti» sorrise divertita dalla sua stessa affermazione. Ogni volta che succedeva qualcosa che andava raccontato se lo era segnata su un foglio a caso che le capitava sottomano, iniziando infine a collezionarne un po’. Aveva preferito tenerseli per quando si sarebbero visti, aveva pensato fossero carino avere qualcosa da dirgli piuttosto che sprecare esilaranti argomenti nelle loro chiamate. Adorava vedere le sue facce buffe, non se le sarebbe persa per nulla al mondo.
«Ma sono una montagna!» protestò lui allibito.
«Lo so, sappiamo come occupare il viaggio»
«Guarda che dobbiamo attraversare gran parte della città, non mezza Russia!» girò a sinistra per seguire le indicazioni del navigatore.
«Bene, inizieremo da quello che propone il caso»
«Parti da quell’angolo di foglio a quadretti strappato» propose Shannon incuriosito, voleva sapere cosa ci fosse di così interessante in quei foglietti.
«Oh, questo è bello» esordì lei fiera dei propri pensieri. «Ho pensato che potresti dedicarmi una canzone e chiamarla: L’amore della mia vita».
Boom! Era partita in quarta. Shannon rise così forte da far tremare l’auto per poi risponderle a dovere.
«Esagerata. Una botta e via, se mai»
«Luce dei miei occhi» ribatté convinta lei.
«Ti sbatto come la mia batteria».
Secondo voi come avrebbe risposto una donna a una simile frase? Sì, lo sapevano tutti, una randellata sulle gengive e una frase sulla pochezza di quella persona, senza tralasciare la sua perversione.
Ma come avrebbe potuto rispondere Chloe? Appunto.
Gli occhi brillarono eccitati a quelle parole. «Wow, è la cosa più carina che tu mi abbia mai detto»
«Lo so». Sorrise sghembo e sbruffone lui.
«Ok, titolo aggiudicato»
«Ehi! Ma io non ho detto che la scrivo» protestò davanti a quella costrizione bella e buona. Minimo avrebbe dovuto dargli due eredi e acquistare una taglia di seno per ogni pargolo. Minimo.
«Ma hai già il titolo» gli fece notare pratica Chloe. «Ti mancano solo il testo – sempre che ci sia, dato che con le canzoni non ti sprechi mai – e la melodia»
«Hai detto niente!»
«Ehi, una cosa per volta, non pretendo la luna»
«Disse quella che mi ha costretto a scriverle e dedicarle una canzone di cui ha pure deciso il titolo».
Chloe di tutta risposta sorrise affabile, come se la sua richiesta non fosse stata quasi impossibile. Anche perché chi l’avrebbe sentito Jared davanti a un titolo simile? Era troppo pure per lui.
«Ok, prossimo foglietto» sentenziò seguendo la strada sgombra e illuminata.
Chloe seguì l’ordine in cui li aveva trovati e si dedicò a uno scontrino di alcuni suoi acquisti di vestiti.
«Sembra ci sia aria di crisi tra Lady Gaga e il suo ragazzo» disse con fare pratico.
Quel passero di fuoco che rispondeva al nome di Taylor Kinney.
«E perché questa l’hai segnata?» era concentrato sulla strada, non sembrava riconoscerla, ma il navigatore la segnava come il percorso giusto da seguire. Dannata testardaggine.
«Perché sono cose da sapere, tra voi colleghi. Metti che incontri Lady Gaga a qualche evento, sai di evitarti figuracce»
Shannon si girò un po’ verso di lei con un sopracciglio alzato, ci teneva a sottolineare il suo scetticismo.
«Ok» ammise Chloe sospirando «Anche perché una cosa simile potrebbe tornarmi utile. Nel caso tu…» decidessi di lasciarmi, anche se tecnicamente non so nemmeno se stiamo insieme, dato che è s o l o quasi quattro mesi che ci frequentiamo ma non abbiamo affrontato l’argomento in modo serio e maturo.
Oddio, l’aveva detto?
«Io cosa?»
No ok, era stata la propria coscienza a urlare, per fortuna. Poteva togliersi le mani dalla bocca.
«Niente, lascia perdere»
«No dai, dimmi… Mi interessa» quando c’era un niente in una frase di una donna non era mai un buon segno. Sua madre ed Emma, a riguardo, erano state delle maestre di vita.
«La signora Willis se ne è andata» cambiò argomento Chloe perdendosi a guardare Mosca illuminata e silenziosa, era bellissima.
«Nel senso che è morta o nel senso che ha cambiato casa?» chiese speranzoso.
«Nel senso che i suoi figli l’hanno messa in ospizio perché non riuscivano a essere presenti e lei ormai aveva bisogno di aiuto costante» disse accompagnando le parole con sguardo tagliente. «Sei perfido!»
«Io?» si indicò ostentando innocenza. «Ma no! Era una domanda per capire effettivamente che fine avesse fatto, perché dire di una donna anziana che “se ne è andata” lascia alla questione molte alternative» rispose arguto e soddisfatto.
«Oh, è vero, non volevo». Si scusò Chloe mortificata.
Shannon abbozzò un sorriso divertito.
Non era affatto vero, lui sperava che quella vecchia si fosse tolta dalle scatole e basta. Odiava la signora Willis da quando gli aveva rovesciato in testa il secchio di acqua sporca che usava per pulire i pavimenti, e l’aveva odiata ogni volta di più quando tentava di ripetere la cosa. Shannon faceva di tutto per disturbarla in ogni occasione in cui si era presentato a casa di Chloe, solo per il gusto di farla franca.
Brutta vecchiaccia, aveva vinto lui.
«Ehi, quello perché l’hai saltato?»
Chloe sgranò gli occhi colpevole. Aveva deciso che i bigliettini scritti in uno stato di ubriachezza molesta potevano essere invalidati, quindi abbassò il finestrino e lo buttò al volo. Per quanto le dispiacesse per il bene del pianeta, la sua dignità era molto più importante.
«Niente che non sapessi già» sorrise più tranquilla. Non era proprio vero, Shannon non poteva di certo leggerle nella mente e sapere di aver scritto una sottospecie di dichiarazione d’amore, ma quel segreto sarebbe arrivato con lei nella tomba, poco ma sicuro.
«Ah, comunque Jake Gyllenhaal non è gay» divagò Chloe leggendo il successivo.
«Lo so, certo che non è gay. Chi ti ha detto un’idiozia simile?» mancavano ancora dieci minuti alla meta. Per quanto Mosca fosse deserta verso le quattro di notte non diventava certo più piccola, e l’Apple store era dalla parte opposta della città rispetto a dove voleva dirigersi lui. Il solito culo, insomma.
«Tu»
«Io? E quando?» ma figurarsi se si interessava al gossip.
«Quando ci siamo visti per la prima volta a Los Angeles».
Perfetto. Ora era tutto chiaro. Per toglierselo di mezzo avrebbe inventato di tutto. Gli era pure andata bene di passare per gay e non un pedofilo piuttosto che un criminale o un malato di porno che si divertiva a circuire gente su internet, cose che nemmeno Catfish poteva immaginare.
«Ah ok, ora è tutto chiaro: stavo provando a infilarmi nelle tue mutande. Avevi dichiarato di volerlo sposare e io ci tenevo a sbarazzarmi della concorrenza. Ora che non devo più conquistarti puoi sapere la verità: è etero e molto figo, lo so. Ma non poniamoci più la questione, Jake non è più un problema».
Tornò a concentrarsi sulla strada, più tranquillo rispetto a prima dato che aveva detto la verità e non doveva preoccuparsi del belloccio dal sorriso ingravidante di Hollywood. Non più, almeno.
«Veramente…»
Lo sguardo basso, l’indice che torturava le pellicine del pollice. Brutto, bruttissimo segno. Stava per sganciare una bomba, e quella confessione la faceva sentire in colpa.
No cazzo, non voleva essere la versione maschia, vivente, adulta, personificata e cornuta di Bambi, non in quel caso, dato che lui le era rimasto fedele. Aveva indossato un paraocchi invisibile e si era imposto di non cedere alle tentazioni, o anche solo guardare troppo a lungo culi sodi e tette troppo esposte. Era stato l’uomo ideale e non meritava di essere trattato in quel modo.
«Cosa succede? Puoi dirmi tutto, lo sai».
No, non poteva dirgli tutto, forse era meglio rimanere con il dubbio che scoprire un’orrenda verità.
Piano in lui iniziava a farsi spazio il rimorso di non aver ceduto alle avances di Irina, anche se non era ancora del tutto sicuro che fosse nata donna.
«Ti ricordi che l’ho visto la prima volta in aeroporto?»
«Certo»
«Ecco, l’ho rivisto a LAX, lui era diretto a New York…»
Ma Jake lo faceva apposta? Viveva in aeroporto per tampinare e stalkerare la sua ragazza?
Sì, perché lei era la sua ragazza, anche se forse non gliel’aveva mai detto chiaramente.
Ok, calma. Quell’incontro non voleva dire nulla, proprio nulla. Non l’avrebbe riconosciuta e tutto quel discorso non portava dove lui era invece andato a parare.
«Mh mh» annuì con fare comprensivo per invitarla ad andare avanti.
«Ecco, mi ha riconosciuta e, quindi, mi ha offerto il caffè».
Ecco, sentiva già le protuberanze delle corna spuntare dalla scatola cranica. Come gli sarebbero state?
«Giuro, sono stata gentile per non offenderlo. Non ci ho provato o fatto la carina per flirtare»
«Però…»
«Però mi ha chiesto il numero».
Sbam! Ecco come finivano le relazioni. Non erano cosa da rivelare quando uno era al volante e rischiava di schiantarsi per la disperazione.
«Quando mi sono rifiutata lui mi ha lasciato il suo biglietto con il numero di cellulare…»
Doveva ricordarsi di respirare. Inspirare ed espirare.
No, il fumo dal naso non era contemplato.
«E poi?»
«Poi mi ha salutato e se ne è andato, senza darmi il tempo di rispondere»
Ok, non appena fosse tornato negli Stati Uniti sarebbe andato alla ricerca di Jake Gyllenhaal e gli avrebbe dato un pugno così violento da abbassarlo di venti centimetri buoni per portarlo ben al di sotto del proprio livello, così Mister sorriso smagliante e occhi brillanti avrebbe smesso di fare il gradasso in giro.
«Te l’ho detto perché non voglio che tra noi ci siano segreti»
«Quindi mi stai chiedendo il permesso per farti Jake Gyllenhaal?!»
«No, però vorrei sapere se c’è stata qualche Svetlana, o qualche Tatiana… Non vorrei scoprirlo da qualche social network o qualche sito di gossip, ecco»
«Io non sarei in grado di farti nulla di simile!» frenò senza rendersene conto, ingranando poi di nuovo la marcia per continuare, guidare l’avrebbe fatto sbollire.
Rabbia?
No, peggio.
«Tu, piuttosto. Tu e Jake Gyll. Jake Gyll e tu non gli dici che sei impegnata… Che situazione di merda» biascicò tra sé, la mani così strette intorno al volante da far diventare le nocche bianche.
Chloe sorrise, era convinta che Shannon fosse furioso per il fatto, invece si stava rivelando geloso. Lo capiva dal fatto che, per la prima volta, l’aveva definita impegnata, includendo nel tutto anche se stesso. Quindi lui era interessato davvero, gli importava di loro, di lei.
«Appena se ne è andato ho gettato il suo numero nel primo cestino della spazzatura».
Ok, era tornato a respirare.
«Ferma l’auto»
«Ma… manca poco» rispose sbigottito, come se la meta non fosse passata in secondo piano dopo simili dichiarazioni.
«Fermala. Ora. Devo fare una cosa» aggiunse mentre lui ubbidiva a quel tono che non ammetteva repliche. Della pioggerellina sottile aveva iniziato a rigare il parabrezza e a sfocare i colori dei lampioni e dei semafori. Mosca era tutta loro.
«Cos…?» si era girato verso di lei ma non era riuscito a terminare la frase.
Chloe gli aveva preso il viso tra le mani per avvicinarlo a sé e stampargli un bacio famelico sulle labbra.
L’aveva fatto fermare per quello, perché era stato molto più saggio che schiantarsi al primo incrocio, ed era una cosa adorabile ai suoi occhi. Shannon avrebbe voluto altri mille baci così, che valevano più di ogni parola.
«Ti amo, Shannon».
Ed era vero, ed era così da tempo, perché si era innamorata come una ragazzina alla sua prima cotta. Shannon era diventato importante, parte della sua quotidianità, radicato nelle piccole cose che costituivano ogni parte di Chloe. Era entrato sottopelle, in ogni respiro fatto e non voleva per alcun motivo che lui uscisse dalla sua vita. Lo voleva con sé, desiderava percorrere il percorso che la aspettava accanto a lui.
Oh cazzo.
Era la prima volta che saltava fuori la cosa. Chloe aveva saltato il fosso, si era buttata nel discorso serio che avrebbero dovuto affrontare da un po’, gli aveva appena detto che il tempo di scherzare era finito e che il ‘noi’ che aleggiava intorno a loro era l’unica opzione possibile.
E lui?
Provò a dire qualcosa, ma il terrore che gli serrava la gola era soffocante e non permetteva che alcun verso uscisse di bocca.
«È una bella cosa» mugugnò con la voce in falsetto, infine.
Chloe sorrise leggermente rassegnata, ma anche divertita. Continuò ad accarezzargli le guance con i pollici, tentando di calmarlo, non voleva vederlo scappare di nuovo.
«Tranquillo Shan, se c’è una cosa che abbiamo imparato dalla nostra faccenda è che tu hai i tuoi bioritmi da rispettare. Non l’ho detto per sentirmelo dire in risposta, ma perché lo provo e volevo soltanto che lo sapessi».
Una donna davanti alla gelosia del proprio uomo perdeva ogni contegno, era ormai ovvio.
«Niente panico però, intesi?»
Shannon annuì e la baciò di nuovo, se solo avesse avuto il coraggio – almeno con se stesso – di ammettere di essere diventato un animale monogamo, le cose sarebbero state più facili per tutti.
«Voglio mostrarti la mia sorpresa» disse rimettendosi alla guida con il sorriso più felice del mondo. «È in fondo alla via»
«Peccato, e io che credevo volessi rivelarmi il mio regalo che mi aspetta a Los Angeles…» si finse vaga, ma entrambi sapevano quanto fosse corrosa dalla curiosità.
«Naaah, mi piace tenerti sulle spine ancora un po’» come se si stesse riferendo solo al viaggio.
Come se quei gesti non parlassero al posto suo.
 
Se c’era una cosa che sia Shannon che Chloe avrebbero voluto maledire in quel momento era il sonno. Dormire aveva tolto loro ore da passare insieme, quando avrebbero potuto parlarsi, scambiarsi qualche gesto o frase degno di nota, oppure fare la lotta con i cuscini, visitare Mosca, cucinare qualcosa o, che ne sapevano, progettare di conquistare il mondo come il Mignolo col Prof.
Invece loro avevano dormito, specialmente Chloe, tramortita dal jet-lag. Un sonno così profondo che Shannon, verso mezzogiorno, aveva pensato che fosse morta, se non fosse stato per quel respiro pesante così simile a un leggero russare che alzava e abbassava tutto il suo sen… Torace. Sì, torace; perché Shannon non si era fermato a fissarlo dalla canotta quasi trasparente che indossava, affatto.
Avevano pranzato, guardato un film e fatto tante altre cose costruttive che non comprendevano l’uscire dalla stanza d’albergo – o meglio, dal letto – finché Logan, nei panni da assistente che aveva assunto anni addietro, si era presentata alla loro porta per riportarli alla realtà. Dopo mezzanotte il volo per Los Angeles partiva e loro per le dieci dovevano essere in aeroporto.
Emma, carina ed efficiente come sempre, aveva fornito loro un van che li avrebbe accompagnati in aeroporto. Un van perché Jared aveva deciso di scortare Logan fino al gate quasi, sembrava fossero appiccicati con il Bostik lui e Lo, non che la cosa dispiacesse a lei o a Shannon e Tomo, dato che avevano appoggiato il terzo per seguire le rispettive partner.
E così era arrivato il momento dei saluti. Prima Tomo e poi Jared per Chloe.
«Ciao Jared, mi ha fatto piacere rivederti anche se, in effetti, non ti ho parlato poi molto».
Jared, inaspettatamente, la abbracciò. Finché il gesto partiva da lui andava tutto bene, la situazione era sotto controllo – il suo, ovvio – e quindi poteva concedersi certi slanci sinceri.
«Avevate tempo da recuperare, so come vanno certe cose, quindi non ti preoccupare». La strinse un po’ di più prima di lasciarla libera dalle proprie braccia. «Ciao Tornado».
Chloe lo fissò stupita, non l’aveva mai chiamata in quel modo.
«Non mi hai mai chiamata così»
«No, vero». Sorrise divertito. «Ma trovo che sia azzeccato da quando ho imparato a conoscerti. Se non avessi tutta quella forza non ti troverei adatta per stare con Shannon, ma tu lo sei».
Lei gli sorrise grata prima di abbracciarlo di nuovo di slancio.
«Ehi, devo cominciare a essere geloso?» Shannon si avvicinò con un sorriso: stava scherzando, ma gli piaceva lo stesso controllare ciò che succedeva a Chloe e intorno a lei. Meglio prevenire che curare si diceva, e lui era d’accordo.
«Nah, lo stavo ringraziando perché è stato gentile»
«Vieni con me un attimo?» le chiese Shannon prendendola per mano e non aspettando risposta.
«Ciao Jay» lo salutò con la mano mentre si allontanava. Lo vide alzare gli occhi al cielo al soprannome, poi alzò la mano per sventolarla prima di accarezzare le guance di Logan.
«Un’edicola?» chiese Chloe scettica riguardo il posto in cui l’aveva trascinata. «Hai per caso preso il vizio di tuo fratello? Ora ti piace cercarti sui giornali di gossip e commentare i tuoi look e come sei uscito nelle foto? Non so se lo sopporterei, sarebbe strano».
Finse un brivido prima di ridere divertita.
«No» la cinse per la vita. «Volevo solo avere la giusta riservatezza prima di doverti salutare».
Indicò la parete piena di giornali dietro di sé, poi lo scaffale su cui c’erano dei libri oltre la schiena di Chloe, infine con il mento le mostrò che anche la vetrina, colma di occhiali da sole e da vista, li aiutava a mimetizzarsi meglio.
«Mi stai forse dicendo che ti vergogni di me?» lo abbracciò triste, sapeva che di lì a poco avrebbero dovuto separarsi di nuovo. Che schifo di vita. Stava con uno degli uomini più desiderati del pianeta – a modo suo, certo – e alla fine lui passava più tempo con le donne che lo desideravano piuttosto che con l’unica con cui voleva essere, e succedeva per lavoro. Bella fregatura, vero?
«Scema». La apostrofò prima di farle appoggiare il viso sulla propria spalla e cullarla un po’. «Sto dicendo che non voglio dividerti con il mondo perché sei solo mia».
Sbam. Donna a terra, donna a terra. Ripeto a tutti: donna a terra. Non si capisce se per le gambe a fenicottero ubriaco e se per lo strano dolore improvviso al petto.
«E anche che siamo fortunati a non essere due pertiche». Le baciò la tempia, poi il naso.
Il tempo era diventato loro nemico. Fottuto stronzo.
«Non voglio che te ne vada» le sussurrò rauco vicino all’orecchio.
Attentato! Si trattava di attentato. Era un attacco deliberato e, nonostante lo conoscesse bene, non era ancora abituata, figurarsi se poteva essere pronta.
«Non voglio andarmene» rispose in un soffio prima di baciargli il collo, dato che dopo l’abbraccio di lui aveva nascosto il viso lì.
«Come faremo quando sarò in tour? A breve inizierà… Sai, dopo l’uscita dell’album nuovo».
Le prese le guance tra le dita cercando di riprodurre un’espressione stupida giusto per sorridere senza forzarsi, ma la verità era che stare con Chloe lo metteva sempre di buonumore, anche se gli argomenti non erano il massimo. Perché aveva posto una domanda così orrenda poco prima che lei ripartisse per l’America? Era forse idiota?
Beh, sì, abbastanza se ripensava a come aveva gestito la loro relazione almeno agli inizi. E anche due sere prima, quando davanti all’amore di Chloe se ne era uscito con “È una bella cosa”.
«O ci lasciamo prima, o litigheremo un sacco o inizieremo a odiarci». Snocciolò pratica lei liberando le dita nell’aria.
«Ok» rispose Shannon mentre fingeva di mettere il broncio. Spostò gli occhiali da sole dal naso fin sopra la testa e la fissò corrucciato. «Siccome due alternative sono totalmente agghiaccianti scelgo le litigate epiche»
«E perché?» lo guardò negli occhi così luminosi da sembrare sempre lucidi, mentre con dolcezza gli scostava il ciuffo di capelli dalla fronte.
«Perché conosco un metodo efficacissimo per fare la pace».
Risero divertiti, attirando gli sguardi di qualche turista che era entrato per far passare il tempo dell’attesa per l’imbarco piuttosto che per interesse vero e proprio.
Un bacio sulle labbra. Un altro ancora.
Un messaggio di Logan che la invitava a tornare da loro, il gate era stato aperto e non potevano rimandare ancora il controllo al metal detector.
«Aspettami». Fu l’unica parola che mormorò Shannon con la mano che accarezzava la guancia di lei mentre l’altro braccio le circondava la vita con tenerezza.
«Sempre. È dura, ma ne vale la pena. Ogni volta di più».
Non era contenta di lasciarlo andare, ma in fondo non era un addio, solo uno dei tanti arrivederci a cui sarebbe seguito poi un ‘bentornato’.
Lo baciò con tutta la dolcezza che possedeva, le braccia al collo e il respiro corto. Si separò a fatica, poi si avviò verso il gruppo di amici, Shannon che le camminava accanto in silenzio.
 
«Ti senti bene? Hai una faccetta…» Logan le cinse le spalle con un braccio.
«Non ho pianto» abbaiò Chloe irritata dirigendosi verso il tabellone che, prima o poi, avrebbe indicato il nastro sul quale sarebbero passati i loro bagagli, si sperava il prima possibile.
Lei non era sentimentale, lei non piangeva mai. Non poteva iniziare ora, anche se sentiva la mancanza di Shannon.
«Non ho insinuato che tu avessi pianto». Certo che aveva pianto, l’aveva sentita chiaramente. Logan aveva finto di continuare a dormire, pensando che fosse a causa del film trasmesso sul piccolo schermo applicato nel retro del sedile anteriore il loro, ma era impossibile dato che stava guardando ‘Una notte da leoni’.
«Però sembri stravolta» aggiunse Vicki che sembrava appena uscita da un giro nella lavatrice, la verità era che aveva dormito per quasi tutto il viaggio e si era appena svegliata.
«Lo sono» Chloe si morsicò il labbro inferiore prima di iniziare a singhiozzare, doveva essere la sindrome premestruale, per forza, anche se il ciclo le era passato da dieci giorni. Forse era colpa dell’ovulazione, o di che diavolo ne sapeva lei. Comunque era sempre colpa del ciclo, a prescindere. Da quello e dalla luna.
«Su, su. Vedrai che passa. Purtroppo ci si fa l’abitudine» la consolò la moglie di Tomo.
«Oh Vic, tu sei la mia eroina, sei sempre così forte» le disse ammirata l’amica.
«Dai, vai a sgranchirti le gambe» propose Logan. «Le valigie le aspettiamo noi, non ti preoccupare».
Non se lo fece ripetere due volte e annuì prima di fare un giro per l’aeroporto, sempre nella zona adiacente il ritiro bagagli. Tempo per riprendersi ne aveva, i bagagli dovevano ancora essere assegnati a un nastro trasportatore, prima di mezz’ora non sarebbero uscite di lì e le sembrava di impazzire.
Andò in bagno per bagnarsi la faccia e infine decise di accendere il cellulare.
Un messaggio dei suoi che le chiedevano di far sapere loro quando sarebbe atterrata, una chiamata di sua mamma precedente all’sms e un messaggio che la avvisava di averne uno vocale in segreteria.
Schiacciò sul numero segnalato e fece partire la chiamata, almeno avrebbe saputo come occupare il tempo.
 
«Ciao. Mh, ok, ci ho provato, ma sapevo di trovare il telefono spento. In fondo sono passate solo sei ore dal decollo del tuo volo,  perché sì, se te lo stai chiedendo abbiamo aspettato di vederlo sparire nel cielo, anche se è difficile dato che di notte si vedono le luci e gli aerei non vengono inghiottiti dall’orizzonte come di giorno.  Comunque, avevo – ho – voglia di sentirti, perché già mi manchi. Mi sono messo nel letto e non sono riuscito a chiudere occhio. Da quando quel maledetto aereo ti ha riportata a casa tutto mi è diventato chiaro, e penso ci arriverò prima o poi; sai che ho i miei tempi per metabolizzare le cose. Alla fine ti ho chiamato ora proprio per questo, perché se non avessi detto certe cose adesso avrei aspettato ancora e non ne sarei più stato in grado, probabilmente. Sono pur sempre un tipo istintivo, lo sappiamo entrambi. Di’ la verità, mi ami anche per questo. Ma non divaghiamo. Lo so, per me di solito è difficile dato che non mi spertico in discorsi lunghi – a proposito, l’altra sera in auto mi hai offeso con quella storia sulle mie canzoni e il fatto che non abbiano parole, ma ne riparleremo faccia a faccia e con la dovuta calma – tuttavia, dicevo: non sono uno che spreca le parole a caso, ma sai che ne sono capace, se voglio. Ok, non che al momento lo desideri, ma faccio fatica ad arrivare al punto focale della questione. Lo sai meglio di me, non è facile dire certe cose, specialmente per il sottoscritto. Prima di tutto posso dire che odio Jake Gyllenhaal, lo detesto di cuore e non tollero che si avvicini a te, ti riconosca e ci provi. Che ne sa lui che tu sia single o meno? Nemmeno ti dà il tempo di rispondere! Quindi appena torno non lo so, ci faremo vedere da qualche parte a favore di paparazzi o che ne so io, e metteremo le cose in chiaro, a tutto il mondo sottolineo, così ogni aspirante Jake Gyllenhaal della situazione ti girerà alla larga; non sono violento, ma posso diventarlo, posso pestarli tutti come pesto il pedale della grancassa di Christine, non è un problema. Come non sono geloso, ma possessivo. Ora capisco Jared e l’ossessione per i selfie, forse non è sbagliata questa cosa, dovremmo iniziare pure noi. Hai qualche foto nostra carina che io possa caricare su Instagram? Ora sono un po’ alterato, magari ci rifletto su. Ecco, magari farci fotografare quando usciamo da Katsuya, quello di Hollywood e non provare a lamentarti, così la gente capisce senza che noi diciamo una parola. Mi sembra perfetto, molto più nel mio stile. Ci credi che mi manchi un sacco? Ti ho chiamato per questo. Vederti andare via è stata una cosa pessima per il mio umore, mi ero abituato ad averti intorno. È strano sai? Non mi è mai successo con altre. Le mie ex non sono mai venute a trovarmi in giro per il mondo, e io non l’ho mai desiderato. A proposito, appena vedi il regalo fammi sapere cosa ne pensi. Sì, insomma, se ti piace. Sono curioso. Avrei voluto vedere la tua faccia; se avessi saputo che ti avrei vista li avrei tenuti con me. Anche se sei stata la sorpresa migliore. E, credimi, non c’è nessuna Svetlana o Tatiana che regga il confronto con te. Giuro, con le altre non mi era mai capitato. Vedevo le altre donne, le guardavo e le apprezzavo, magari me le facevo anche, ma con te no, è… Diverso. Le vedo, vedo che sono belle donne… Ma non sono te, e questo mi basta a fermarmi. A non andare oltre. A girare lo sguardo dall’altra parte. È che mi manchi tu. Il tuo modo di sconvolgermi la vita, come ridi con me e come mi rendi di buonumore anche a miglia di distanza, perché se ti sento ridere è come se le distanze si azzerassero. È questo che fai, mi fai sentire sempre la tua presenza, il tuo appoggio. Adoro anche quando ti addormenti sul mio petto e sbavi un po’. Perché sì, tu non puoi saperlo ma un po’ sbavi. A volte russi un pochino, ma poco. E sono cose che amo, perché fanno parte di te. Perché ti rendono ciò che sei. E sei Chloe, e sei mia. So di essere stato fortunato, con me hai avuto una pazienza che penso nessuna avrebbe avuto, nonostante i sentimenti. Ci tengo a dirti che io so dei ‘Boom, pregnant!’ riguardo a certi miei sguardi, ma sappi che io sento che osservo così solo te. O forse penso di guardarti così e alla fine ti fisso come una triglia cotta al vapore, ma giuro che le altre non le fisso come guardo te, io lo sento che è diverso. Sto parlando da solo e ho un casino in testa, ma so che questo messaggio ti arriverà e mi fa sentire già meglio, perché tutto questo discorso mi serve per dirti una cosa. A proposito… Sai se la segreteria telefonica ha un limite? Io lo ignoro, spero solo di non sforare. Aspetta un attimo, guardo da quanto sono qui così. Ecco, sono al telefono da solo da ventotto minuti e ancora non sono arrivato al punto. Mio Dio, mi sono reso conto solo ora che la chiamata alla segreteria si paga, e tu starai spendendo un occhio della testa; giuro che l’addebito dell’abbonamento questo mese lo pago io. Ci credi che sono le sei e mezza di mattina e non ho un briciolo di sonno?! Il bello è che sono pure stanco. Ti prendi tutto tu, eh? Il mio sonno, i miei pensieri, il mio cuore. Sarei un poeta eccezionale. Se solo volessi potrei essere migliore di Jared nelle interviste, ma poi mi dico che a lui piace tanto parlare, ascoltare la propria voce e stare al centro dell’attenzione, quindi perché rubargli la scena se io odio tutto ciò? Ecco perché sto zitto e guardo i granelli di polvere danzare nella luce. Piccolo appunto: quando mi ritirerò dall’essere un batterista ricordarmi di diventare uno scrittore, potrebbe essere una via interessante. Comunque, nelle mie sere solitarie – giusto per sottolineare che non ci sono Tatiane e Svetlane da scoprire in futuro – ho seguito il tuo consiglio, anche se dovrei dire che ho ceduto alle tue parole che mi hanno sfinito e ho guardato Veronica Mars. Mi piace, alla fine. Lei è tosta, Logan è un figo. Sai, non per vantarmi, ma un po’ mi assomiglia. Io ero così alla sua età, però su di me non hanno fatto un telefilm. Comunque è vero, hai ragione, il loro amore è davvero epico come dicono loro. È quell’amore che ti capita una volta sola nella vita, che se anche la storia finisce l’amore no, va avanti e ti segna. E sai cosa ti dico? Noi siamo meglio di loro. Oh sì. Siamo reali, innanzitutto. Non siamo dei liceali, e questa è una gran cosa. Insomma, sono davvero dei grandi loro, non come Blair e Chuck di Gossip Girl. Sì, Jared era fissato anni fa e in tour se lo guardava in streaming, costringendo me e Tomo a fargli compagnia. Cioè, Chuck è Blair sono ok, ma sono costruiti, si vede lontano un miglio. Logan e Veronica sono persone vere, come noi. Si riduce tutto a questo Chloe, anche la telefonata. Al fatto che siamo – anzi, sono – al telefono da quaranta minuti e ancora non sono riuscito a dire quello che in realtà volevo, al fatto che due sere fa ho perso ancora l’ennesima occasione per non sembrare un cretino, perché tu mi hai detto che mi ami e io non solo non ho avuto il coraggio di risponderti, ma non ti ho mai parlato del nostro rapporto. Quindi sappi che vorrei solo dirti che a te ci tengo e che il nostro rapporto è importante. Anzi, è una relazione. Non vorrei nessun’altra di fianco a me e devi saperlo, perché se io ti vedessi con un altro ne morirei. Sono un cretino per avere dei tempi di realizzazione così lunghi, ma sono fatto così. In amore vado con i piedi di piombo, mi piace essere sicuro delle mie scelte, e tu lo sei sempre stata. Non solo la mia scelta, ma la mia sicurezza. Perché tutto si riduce davvero a questo: anche io ti amo Chloe, e non voglio farmi più sfuggire mezza occasione per dirtelo. Ora la smetto, sto parlando da… Quarantasei minuti – ho controllato – e ho paura di averti solo incasinato di più i pensieri e che poco ti sia chiaro di quello che ho farneticato. È meglio che io provi a riposare, anche perché ho il terrore di averti ammazzato di noia. Magari se lo ascolti poi fatti sentire, anche solo per darmi del deficiente. Non vedo l’ora di tornare a casa, da te. Ciao».
 
Non se ne era accorta, ma piangeva e rideva mentre continuava a guardarsi in giro per assicurarsi che nessuno avesse sentito quelle parole, come se fosse stato anche solo possibile. Quando la segreteria le aveva chiesto se voleva cancellare il messaggio aveva riagganciato solo perché l’opzione ‘Assolutamente no, mai’ non era contemplata. Chi sarebbe stata la stupida che avrebbe voluto cancellare una dichiarazione d’amore così senza senso e perfetta? Non che lo fosse davvero, ma lo era per lei, perché nonostante non gliel’avesse detto in faccia il fatto che Shannon non fosse scappato ma che avesse anche iniziato a fronteggiare i propri sentimenti la rendeva una cosa speciale, e lei ne era cosciente.
Era tornata dalle amiche che avevano preso da poco i bagagli.
«Ehi, stai bene?» Logan le passò una mano sulla schiena per accarezzarla.
«Hai la faccia stravolta, più di prima». Vicki le asciugò una lacrima che correva lungo la guancia prima di lasciarle nello stesso punto un bacio affettuoso.
Choe si grattò il naso, poi prese il proprio trolley e regalò alla amiche un sorriso radioso, il sorriso che solo Shannon con la sua presenza sapeva regalarle.
«Sto da Dio. Finalmente va tutto a meraviglia».
Prese a braccetto una e posò la faccia sulla spalla dell’altra per avviarsi nel sole di Los Angeles. Quella città finalmente aveva assunto un senso.


 

Buonasera e scusate il ritardo!
è stata una giornata piena e solo ora ho trovato il tempo di aggiornare, per quanto non mi piaccia farlo senza aver riletto il capitolo una seconda volta e così tardi, ma ci tenevo ad aggiornare di domenica un'ultima volta.
Ebbene sì PIPOL, siamo alla fine.
La storia è finita, andate in pace. Siete liberi da questo rompimento di palle, so che state festeggiando, ma non fate troppo rumore per calpestare i miei feelings, per favore.
Il titolo non ha bisogno di spiegazioni, suvvia. Sono tutti felici, anche se Chloe e Shannon nello loro modo strano, perchè se no non sarebbero loro!
Avrei un sacco di cose da dire, ma al momento non me ne viene quasi nessuna. Tranne che l'idea di Shannon occhialuto e solo con la felpa mi è venuta da un suo porno video pre concerto che è stato tolto (forse l'avevo linkato nelle note di un altro capitolo, ma è andato PERDUTO :O. disperiamoci tutte).
E queste dichiarazioni sono un po'... strane, lo so, ma il mio shannon è un po' tardo e un po' refrattario a legarsi, quindi come al solito è arrivato all'ultimo. meglio tardi che mai, no?
La diarrea verbale finale di Shannon non è una cosa campata in aria, lo giuro. Il signorino, quando vuole, sa usare la lingua (non pensate male! Ok, non molto almeno). Come potete vedere in questa intervista tiene in OSTAGGIO il microfono dell'intervistatrice. Ok, non si spertica in discorsi lunghi e articolati, siamo d'accordo, ma monopolizza il discorso. Quindi ritengo Shannon in grado di fare una cosa simile a quello che ho scritto, ecco. (Senza contare che, siccome nell'intervista era in forma, sono abbastanza certa che dopo abbia preso in OSTAGGIO PURE LA GIORNALISTA. Ok, non sei un bijoux, ma siccome sei stata prescelta da lui hai tutto il nostro sostegno, la nostra comprensione ma, soprattutto, la nostra invidia. Go giornalista, go!).
So che ho scritto tantissimo, ma mi dispiaceva abbandonarli e continuavo ad aggiungere scene. E battute. E altre scene. E altre battute.
La parte finale è un esperimento... un messaggio vocale/flusso di coscienza, spero che vi sia piaciuto e che non vi abbia annoiato a morte.
Bene, vi saluto per dirvi che - per ora - c'è solo l'idea di una shot su Shannon e si chiamerà Christine (non per me, per la sua batteria u__u ), poi dovrò dedicarmi agli studi se voglio andarmene dall'italia prima del mio pensionamento. Però sono sicura che per staccare in questo fandom ci tornerò, perchè i Leto stimolano (buahahahahahah) la mia fantasia e mi piace scrivere qui, non ci posso fare nulla.
Io ringrazio di cuore chi ha seguito la storia, chi l'ha voluta e mi ha spinto a scriverla, chi le ha dato anche solo un'occhiata e chi l'ha letta in silenzio. Chi ha tifato per loro e chi l'ha analizzata a dovere. Grazie di cuore.
Se volete uscire dal vostro angolo di timidezza e dirmi cosa ne pensate io ne sono felice, non sono vegana, sono cicciosa ma non mangio le persone, lo giuro!
Anzi, vi regalo i pupazzetti dei leto bro, e se volete farli interagire vi fornisco pure quelli di Logan e Chloe (?). Sì, sono il disagio.
Se pensate che io possa mancarvi (BUAHAHAHAHA) mi trovate qui per i miei aggiornamenti: Love Doses.
Vi mando tanti marshugs e ci si legge in giro su EFP o a Torino, vi auguro anche una buona pasqua, Cris.

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