Piano love song

di Lifeline
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Kurt chiuse gli occhi e respirò profondamente, l'odore di smog in quel momento gli parve la cosa più bella di questo mondo, finalmente era arrivato New York.

“Ehi cos'era quel respiro profondo? Non siamo mica venuti in montagna!” lo canzonò Finn mentre scaricava i suoi bagagli. Kurt gli fece una linguaccia scherzosa e gli tolse i due trolley dalle mani, era giunto il momento di salutarsi.

“E' meglio che tu vada prima che Rachel ti dia per disperso”

“Sei sicuro che starai bene? Se vuoi posso parlare con Santana e convincerla a farti stare da lei e Rachel...”

“Sarebbe inutile” rispose Kurt sospirando. Gliel'avevano chiesto mille volta anche lui e Rachel ma non c'era stato nulla da fare Santana era stata irremovibile, lei aveva bisogno del suo spazio vitale e quell'appartamento era troppo piccolo per farci entrare tre persone.

“Non preoccuparti per me, in fondo si tratta pur sempre del figlio di un caro amico di papà, non penso sarà così penoso convivere con lui”

Finn si grattò la testa poco convinto ma non fece altre domande, si limitò ad abbracciare il fratellastro fin quasi a stritolarlo e poi salì sull'auto senza guardarlo negli occhi. Kurt sorrise, a quanto pareva non era il solo ad odiare gli addii.

“Stasera mi fermo da Rachel, se hai qualche problema vieni subito lì”

“Certo, certo! Ora vai” lo incitò il ragazzo con gli occhi che cominciavano ad inumidirsi. Rimase a fissare per un po' la macchina di Finn che si allontanava poi con un sospiro prese le due valige e si avviò verso il suo condominio. Stando a quanto gli aveva detto suo padre l'appartamento si trovava al secondo piano ed era l'unica porta con la serratura a codice numerico. Kurt estrasse dalla tasca il foglietto con su scritta la combinazione e la inserì facendo attenzione a non sbagliare.

Quando entrò nell'appartamento ne rimase positivamente sorpreso, era più grande di quanto si aspettasse ed anche piuttosto ordinato, forse l'arredamento era troppo minimalista ma a questo ci avrebbe pensato lui in un secondo momento. Diede uno sguardo veloce alla cucina e poi si recò nella sua stanza dove gli scatoloni con la sua roba erano già stati sistemati. Dopo aver constatato che anche il bagno era in ottime condizioni si rese conto che c'era una cosa che mancava in quella casa.

“Emm... c'è nessuno?” domandò rendendosi conto della mancanza del suo coinquilino “Blaine?” chiamò di nuovo, ma non gli arrivò nessuna risposta. Alzò le spalle e ritornò ad occuparsi delle sue faccende, probabilmente era andato a fare qualche commissione oppure era uscito con degli amici. Si sentì un po' offeso di quella totale mancanza di accoglienza ma non ci pensò più di tanto, in fondo era meglio che lo ignorasse del tutto piuttosto che gli desse fastidio. Stava per cominciare ad aprire i suoi scatoloni quando sentì il suono di un pianoforte provenire dalla stanza di fianco alla sua. Kurt rimase ad ascoltare per qualche secondo, non conosceva quella melodia ma poteva dire con certezza che la persona che la stava suonando era un vero e proprio genio.

“Degno del miglior studente del conservatorio” commentò tra sé e sé con un sorrisetto mentre si alzava e si dirigeva verso la stanza del suo coinquilino.

Bussò con forza in modo da coprire la musica e quando finalmente il suono del piano terminò, cominciò a parlare.

“Blaine? Ciao, sono Kurt sono appena arrivato e volevo...-” dietro la porta il pianoforte ricominciò a suonare interrompendo il discorso di Kurt. Il ragazzo spalancò gli occhi assumendo un'espressione scioccata, gli andava bene l'essere ignorato ma adesso si trattava di una totale mancanza di rispetto. Sbuffò irritato tornando in camera sua.

D'accordo, se Blaine Anderson aveva deciso di ignorarlo allora lui l'avrebbe ripagato con la sua stessa moneta.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


Erano passati cinque giorni ormai da quando Kurt si era trasferito nell'appartamento di Blaine, aveva organizzato e sistemato le sue cose, aveva riempito il frigorifero che – tranne per un vasetto di marmellata, una scatola di succhi di frutta, e un paio di yogurt – era quasi completamente vuoto.

Aveva anche tentato di cambiare l'arredamento fin troppo minimalista per i suoi gusti mettendo in salotto un paio di soprammobili colorati, ma al mattino se li era trovati ai piedi della porta in una chiara richiesta di non apportare cambiamenti alla casa.

In quei cinque giorni non gli era mai capitato di incrociarsi con Blaine neanche per errore e la cosa non aveva fatto altro che diminuire la sua già bassa stima nei suoi confronti.

“Deve essere uno di quei tipi asociali” dichiarò Rachel prendendo una manciata di popcorn.

Era il loro primo sabato sera a New York e avevano deciso di passarlo in casa a farsi una maratona dei loro film preferiti, poteva sembrare deprimente e da sfigati – come non mancava mai di ricordargli Santana – ma era il loro modo di divertirsi insieme.

“Su questo non ci piove, ma il suo comportamento è esagerato anche per un asociale! Si tratta di mancanza assoluta di rispetto!”

“Mmm... di certo è un tipo strano, non esce neanche per mangiare o andare in bagno?”

“Per il bagno penso che ne abbia uno personale, per il cibo non ne ho la più pallida idea. L'unica volta che ho trovato tracce del suo passaggio in cucina è stato tre giorni fa”

Rachel masticò pensierosa una manciata di popcorn e scosse la testa, non riusciva a capire il motivo di così tanta freddezza nei confronti di Kurt. Stava per fargli altre domande sul comportamento di Blaine quando lo squillo insistente del campanello la interruppe.

“Deve essere Santana”

“Ma non ha le chiavi?!” protestò Kurt alzandosi dal divano rosso fragola e andando ad aprire la porta.

“Bene, siete qui!” esclamò l'ispanica con un po' troppo entusiasmo per i suoi gusti.

“Come mai sei già a casa?” domandò Rachel mentre si stiracchiava.

Santana sorrise maliziosa mentre vuotava sul tavolino di fronte al divano una busta piena di birre, alcolici e super alcolici vari.

“Sono venuta a movimentare il vostro palloso primo sabato sera a New York!”

“Oh mio dio Santana! Quanto diavolo hai speso!?”

La ragazza incrociò le braccia sul petto e assunse il suo solito ciglio irritato, di certo non si aspettava quella reazione così fredda e scocciata.

“Sentite, io ho appena buttato all'aria tutti i miei piani per passare la serata con voi quindi spegnete questa merda e facciamo un giro di obbligo o verità!”

“Ehi! “Questa merda” è Dirty dance!” protestò Kurt mentre Santana spegneva il televisore e apriva tre lattine di birra.

Il ragazzo sbuffò infastidito, odiava quando Santana prendeva l'iniziativa e cominciava a fare di testa sua ma sapeva che in fondo quello era il suo modo – forse un po' strano – di dimostrare affetto.

“Ecco qua! Allora comincio io... Kurt, sei già andato a letto col tuo coinquilino?”

“Santana!” urlò Rachel.

“Che c'è!?” le fece il verso l'altra allargando le braccia “Allora Lady Hummel, che fai passi?”

“Non ci sono mai andato a letto, anzi non l'ho nemmeno mai visto. Ora tocca a me, Santana sei sempre stata così dannatamente stronza?” la bruna prese una delle lattine aperte e ne bevve più della metà in un sorso solo.

“Passo” dichiarò asciugandosi le labbra.

I tre ragazzi scoppiarono a ridere quasi contemporaneamente, gli costava ammetterlo ma nonostante il suo carattere e i suoi modi assolutamente discutibili, non sarebbe mai riuscito ad odiare Santana.

Continuarono a giocare per quasi due ore e Kurt perse presto il conto di quante birre e bicchieri di vodka alla fragola si fosse scolato per evitare di rispondere alle domande decisamente taglienti di Santana.

“Basta mi arrendo, sono al limite” disse Rachel trattenendo a stento un conato di vomito, neanche con lei Santana ci era andata giù leggera.

“Se vuoi che il giro finisca devi scrivere a Finn dicendogli che ti stai toccando pensando a lui”

“Santana, ti hanno mai detto che hai la grazia di uno scaricatore di porto?”

l'ispanica scoppiò a ridere e ben presto collassò sul pavimento addormentandosi di botto.

“Bene, è andata”

“Grazie Kurt” disse Rachel cercando di alzarsi ma non appena fu in piedi un giramento di testa la costrinse a rigettarsi di peso sul divano.

“Credo che per stasera dormirò qui”

“Già, penso sia meglio” rispose con un sorriso.

Stava per andare a prenderle un cuscino e una coperta dalla sua stanza quando sentì il cellulare vibrargli nelle tasche.

“Cavolo! Avevo promesso a papà che stasera l'avrei chiamato!” prese il cellulare e cercò di darsi un contegno controllando che la sua voce non sembrasse troppo strana poi rispose alla chiamata. “Papà?”

“Hai bevuto?”

Era così ovvio?

“Un po'... sono a casa di Rachel e Santana” un grugnito di disapprovazione gli fece capire che Burt non aveva per niente gradito la sua bevuta notturna.

“Come torni a casa?”

“Prenderò un taxi. Non sono poi così ubriaco” mentì spudoratamente mentre si chiedeva da quanto Santana avesse una gemella.

“Come va con Blaine? Avete fatto amicizia?”

“Amicizia? Papà non l'ho neanche mai visto! Se ne sta sempre chiuso in camera sua a suonare”

“Davvero?... Maurine mi aveva detto che non aveva avuto problemi quando gli aveva parlato di te”

“Problemi? Perché avrebbe dovuto averne?” domandò con tono allarmato. Forse gli aveva parlato del suo orientamento sessuale... no, suo padre non era tipo da dire a chiunque delle sue faccende personali... e allora di cosa si trattava?

“Beh... vedi Kurt... Blaine è..-” un conato di vomito improvviso fece sussultare Kurt che si piegò istintivamente in due.

“Scusa papà devo andare” disse senza dare il tempo al padre di finire la frase.

Corse in bagno gusto in tempo evitando di vomitare sul pavimento. dannata Santana, il giorno dopo le avrebbe fatto pagare tutto quello che stava passando. Si alzò faticosamente e aprì il rubinetto del lavandino facendo scorrere un po' l'acqua mentre cercava di riprendere le sue facoltà intellettive, poi si sciacquò il volto e la bocca con l'acqua ghiacciata.

“Rachel, penso che sia meglio che io torni a casa” disse quando fu tornato nel salotto, ma la ragazza non gli rispose, si era addormentata sul divano in una posizione che sembrava scomoda anche solo a guardarla, di certo il giorno dopo sia lei che Santana si sarebbero svegliate con un mal di schiena allucinante.

Raccattò le sue cose in giro per la stanza e uscì di casa facendo attenzione a non fare rumore chiudendo la porta. Scese le scale del condominio e non seppe neanche come e con l'aiuto di quale essere divino si ritrovò seduto sugli scomodi sedili posteriori di un taxi malandato. Prese il telefono e compose il numero di suo padre ma prima che potesse chiamarlo la batteria lo abbandonò lasciandolo alle sue imprecazione e agli sguardi sconvolti del conducente. Quando furono finalmente nel suo quartiere Kurt scese e pagò la corsa dirigendosi a passo svelto verso la via di casa, doveva sbrigarsi a chiamare suo padre prima che cominciasse a dare di matto e si mettesse in macchina per venire a New York a controllare che stesse bene. Arrivato davanti alla porta del suo appartamento però si fermò di colpo, merda aveva dimenticato la combinazione. Provò ad inserire una serie di numeri senza senso imprecando ad ogni suono che faceva quell'arnese infernale, perché quell'asociale non aveva messo una normale serratura da comune mortale?!

“Blaine sono io, Kurt, aprimi!”

Cominciò a battere forte contro il legno della porta blindata urlando il nome di Blaine a squarcia gola per non so quante volte quando all'improvviso lo colpì una strana sonnolenza. Si accasciò accanto alla porta continuando a sussurrare incessantemente il nome di Blaine e proprio mentre le sue orecchie captarono il suono di una porta che si apriva, Kurt si addormentò.



Kurt aprì lentamente gli occhi, non sapeva dire che ore fossero o dove si trovava, la testa gli pulsava dolorosamente e sentiva come se lo stomaco e l'intestino si fossero scambiati di posto.

“Quanto odio i postumi della sbornia” si lamentò mentre cercava faticosamente di mettersi seduto. Quando la sua vista si fu abituata alla luce del sole cominciò a guardarsi intorno, non aveva mai visto quel posto ma ormai se l'era immaginato talmente tante volte che gli sembrava quasi familiare. Un letto spoglio coperto solo da un candido lenzuolo, un pianoforte a coda posto al lato opposto della stanza, il pavimento quasi interamente coperto di spartiti e la porta del bagno semichiusa da dietro la quale usciva una scia di vapore. Quella era la stanza di Blaine.

Stava per alzarsi dal letto e andarsene quando la porta del bagno si aprì completamente mostrando un ragazzo bagnato coperto semplicemente da un asciugamano legato in vita.

“Oh... eem... ciao” balbettò Kurt cercando in tutti i modi di non posare lo sguardo sul corpo nudo di Blaine. Il ragazzo lo fissò inespressivo mentre con un altro asciugamano si tamponava i capelli. “Emm... in questa situazione non dovresti tipo chiedermi gentilmente di uscire?”

Blaine continuava a fissarlo senza dire una parola, come aveva detto Rachel quel ragazzo era un tipo davvero strano.

“1489” disse all'improvviso mentre Kurt stava per uscire dalla stanza.

“Cosa?”

“La combinazione. 1489”

“Ah... sì lo so... e solo che ieri ero un po'...brillo. Scusa per il casino che ho fatto”

“1489”

Kurt alzò lo sguardo incontrando di nuovo gli occhi di Blaine. Avevano un non so che di ipnotico con quelle diverse tonalità cromatiche mischiate insieme. Sarebbero stati degli occhi stupendi se non fosse stato per lo sguardo vuoto e inespressivo che li dominava.

“1489” ripeté di nuovo il ragazzo mentre cominciava a muovere nervosamente le mani.

D'improvviso a Kurt tornò in mente la conversazione del giorno prima avuta col padre.

Davvero?... Maurine mi aveva detto che non aveva avuto problema quando gli aveva parlato di te”

Problemi? Perché avrebbe dovuto averne?”

Beh... vedi Kurt... Blaine è..-”

Ora capiva il perché dello strano comportamento assunto dal ragazzo sin dal suo arrivo a New York, ora capiva le innumerevoli raccomandazioni fatte dal padre nei suoi confronti... ora tutto era chiaro.

Blaine era autistico.


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