Nobody

di moni98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nobody sees ***
Capitolo 2: *** Nobody knows ***
Capitolo 3: *** We are a secret... ***
Capitolo 4: *** Can’t be exposed ***
Capitolo 5: *** That's how it is ***
Capitolo 6: *** That's How it goes ***
Capitolo 7: *** Far from the other ***
Capitolo 8: *** Close to each other ***
Capitolo 9: *** That's when we uncover ***
Capitolo 10: *** Panic at the disco ***
Capitolo 11: *** Just can't let him go ***
Capitolo 12: *** Alone ***
Capitolo 13: *** tvb ***
Capitolo 14: *** Last first kiss ***
Capitolo 15: *** Dreams ***
Capitolo 16: *** Old friend, why are you so shy? ***
Capitolo 17: *** Sguardi ***
Capitolo 18: *** A hug ***
Capitolo 19: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Nobody sees ***


NOBODY

Nobody sees.

Erano passati cinque anni da quando si erano visti per l’ultima volta. Ma il ragazzo dagli occhi azzurri non riusciva a non cercare suo notizie per più di 24 ore. Era sua consuetudine aprire il computer, accedere a internet e digitare ‘Harry Styles’. A volte scriveva anche il secondo nome, solo per vedere se ancora se lo ricordava. E puntualmente se lo ricordava. Si ricordava tutto di lui. E come faceva a non ricordarsi di Harry? Lo aveva amato così tanto. O meglio, lo amava. Lo amava ancora dopo tutto quello che avevano passato, dopo tutti i dolori, le bugie, e gli anni passati a nascondersi. Nascondersi per cosa? Per una vita che Louis non voleva e che non aveva senso senza Harry al suo fianco.
Louis non ne poteva più di pensare, così uscì. Arrivò sulla sua panchina preferita e si sedette. Nel tragitto nessuno lo riconobbe, meglio, pensò. La sua fama da quando i One Direction si erano sciolti era calata di molto. In parte perché era colpa sua se la band non esisteva più, e anche perché non era mai stato il leader della band. Infatti era stato Louis a lasciare gli One Direction, e, di conseguenza, gli altri quattro avevano deciso di non continuare a cantare assieme. Allora il ragazzo aveva ricevuto milioni di manacce da parte delle fan accanite, che vedevano andare via l’unica certezza della loro vita. Dopo un po’ le acque si calmarono e il ragazzo ricominciò ad avere una vita normale. Normale, ma vuota. Sentiva la mancanza dei tour, dei concerti, delle fan, delle interviste, delle battute sceme, e, ovviamente, dei quattro suoi amici. Gli mancavano le risate che facevano insieme, i giochi, gli scherzi, le battute, anche i momenti molto emozionanti. Si ricordò di quando riuscirono a passare le audizioni di x-Factor. Poi ricominciò a pensare a Harry, che ormai era il suo pensiero fisso. Ai mille abbracci che sembrava non finissero mai, ai baci rubati nei backstage. E sorrise. Un sorriso che non sfoderava mai, se non quando pensava ai bei momenti passati con Harry. Ma subito dopo, nei piccoli occhi celesti di Louis cominciavano a formarsi delle lacrime che scendevano sul suo volto. Non se le asciugava neanche più, tante volte aveva pianto. Perché naturalmente dai momenti felici passava ai ricordi peggiori. Il più brutto di tutti era l’ultimo, quello in cui Harry scoppiava a piangere davanti a lui. Le lacrime rigavano il suo bel volto, i suoi occhi verdi si arrossavano e le sue meravigliose labbra erano volte in una smorfia di dolore, tutto questo mentre Louis non riusciva a muoversi, era pietrificato. Sapeva che chi causava quel dolore al ragazzo che amava era lui stesso, ma non riusciva a fare niente. Sarebbe bastato un abbraccio per fare capire a Harry che lui ci sarebbe stato per sempre, che era lì per soffrire con lui perché lo amava e non lo avrebbe fatto soffrire mai più, che era uno sciocco e non riusciva a sopportare che lui stesse piangendo in quel modo e tante altre cose che non riusciva neanche a pensare. Sì, perché in quel momento Louis non pensava. Sennò non avrebbe mai lasciato quel ragazzo lì, a soffrire da solo, e non se ne sarebbe andato girandosi e varcando la porta. Se avesse pensato che quella era l’ultima volta che vedeva il suo ragazzo negli occhi, non lo avrebbe fatto di certo.
Questi pensieri lo uccidevano. Louis non sapeva da quanto tempo era su quella panchina, con indosso solo una maglia a maniche corte, a novembre. Ma infondo, che gli importava? Tanto ritornando a casa non ci sarebbe stato Harry soridente ad aspettarlo con la colazione, o forse con il pranzo.
Louis riprese a pensare a quanto gli mancasse Harry mentre il vento gli accarezzava i capelli e gli asciugava le lacrime dall volto.
“Posso sedermi?”
Louis riaprì gli occhi improvvisamente, era una bambina.
“Si.” Disse, e si spostò più in là, non aveva intenzione di lasciare la sua panchina preferita. Richiuse gli occhi, e l’immagine di Harry mentre piangeva gli riapparve nella mente. Qualche lacrima riprese a scendere sul suo volto.
“Perché piangi?” disse la bambina, che lo stava osservando da quando si era seduta.
Louis riaprì gli occhi un po’ arrossati.
“Non sono fatti tuoi.”
Da quando aveva lasciato gli One Direction, ma soprattutto Harry, non era più il ragazzo dolce che era sempre stato, con il sorriso in faccia e gli occhi pieni di gioia. Tutto questo se n’era andato insieme ad Harry. Era diventato brute, dolce dentro ma brute fuori. Quando era insieme ad altre persone riusciva a controllarsi, e appariva a tutti freddo e distante, mentre dentro stava morendo.
“Sei cattivo.”
E mentre la bambina si girava arrabbiata Louis fece in tempo a guardarla negli occhi. Erano così simili a quelli di Harry.
“Ehi, scusa, non volevo.” Disse, e sorrise alla bambina che nel frattempo si era rigirata.
Era da molto tempo che non sorrideva a qualcuno, e, quello fu il suo primo sorriso sincero.
“Sei triste?”
Louis non era abituato a sentirsi rivolgere domande del genere. Anzi, nessuno gliel’aveva mai chiesto.
“Si.” Con quella bambina voleva essere sincero.
“Perché?”
Ecco. Si pietrificò di nuovo. Bastavano poche parole per spiegare perché era triste, ma non riusciva a pronunciarle neanche una. Alla fine riuscì a dire una sola parola.
“Harry.”
“Chi è Harry?” Chiese la bambina ingenuamente “un tuo amico?”
“Non siamo più amici.”
“E’ per questo che prima piangevi?”
“Sì.”
“Ti manca?”
Gli mancava come ti manca l’aria quando stai troppo tempo in acqua, come ti manca il buio di giorno e la luce di notte, come ad una mamma manca suo figlio, come ad un fumatore manca una sigaretta.
“Sì.” Disse semplicemente.
“Tanto tanto?” chiese la bimba mentre guardava quel ragazzo negli occhi.
“Tanto tanto.”
“Allora và da lui.”
“Non posso.”
Era una bugia. Nessuno gli impediva di alzarsi ed andare a chiamarlo. Il suo numero ancora ce l’aveva, salvato come ‘cupcake’. Ogni giorno si alzava e pensava di poter far tornare tutto come prima, di far sì che si rincontrassero e dargli finalmente quell’abbraccio che non era riuscito a dargli quel giorno, a fargli capire che lo amava ancora, dopo tutto quel tempo. Poi però non riusciva a premere quel tasto. In questo senso sì, non poteva, lui stesso si impediva di farlo.
“Cosa è successo?”
Cos’era successo? Neanche lui lo sapeva precisamente. Il giorno prima di lasciare Harry a piangere da solo avevano fatto l’amore. Erano riusciti a trovare del tempo per loro stessi e si erano appartati in una camera d’albergo. Presi dalla voglia di aversi avevano cominciato a baciarsi appassionatamente già fuori dalla camera, e una volta entrati non avevano chiuso bene neanche la porta. Si erano buttati sul letto, uno sull’altro, e si sfioravano, si cercavano, si accarezzavano. Tutto si svolgeva con lentezza, come se il tempo non scorresse, e potessero amarsi per tutta la vita. Quando Louis spogliò il suo ragazzo si soffermò a guardarlo come se non lo avesse guardato mai prima d’allora. Il bel corpo ricoperto di tatuaggi, i suoi capelli ricci, gli occhi così belli, le labbra carnose che aveva sfiorato così tante volte, il volto da ragazzino, il suo sesso così generoso, le gambe lunghe, le mani grandi che gli stringevano la vita. Ed era tutto suo. Molte volte si era chiesto come faceva Harry Styles a stare con lui, Louis Tomlinson, ed anche allora si stava facendo quella domanda. Dal canto suo Harry lo osservava, il suo ragazzo era pensieroso, glielo leggeva negli occhi. Gli chiese cosa c’era che non andava. Louis gli rispose solo che lo amava. E tornarono a farsi trascinare dalla voglia di aversi. Si baciavano, si leccavano, e Louis si infilò in Harry come se fosse l’ultima.
“Allora, cosa è successo?” chiese insistente la bambina.
Louis si era perso nei suoi pensieri, e si era dimenticato di risponderle. Anche perché non sapeva cosa dirle.
“Vorrei tanto saperlo…”
Il giorno dopo esser stato con Harry Louis si era alzato con una domanda che lo torturava. Quanto ancora poteva andare avanti così? I pochi momenti di intimità con Harry si erano ridotti al minimo perché la popolarità della sua band stava crescendo sempre di più e non potendo mostrarsi al pubblico non avevano più tempo neanche per un bacio. Quante volte Louis aveva desiderato prendere la grande mano di Harry e stringerla, durante un concerto, un’intervista, così non sarebbero stati più costretti a nascondersi, ad avere delle coperture. Lui lo amava e voleva gridarlo al mondo intero. Tutti dovevano sapere che lui, Louis Tomlinson amava Harry Styles. E che Harry Styles amava Louis Tomlinson. E non era un puttaniere, o un traditore come tutti pensavano, ma era il suo fidanzato. Aveva deciso, doveva dirlo a tutti. Così chiamo un intervistatore e gli disse che doveva fare un annuncio importante.
“Di cosa si tratta?” Gli chiese l’uomo.
“Lo scoprirete.” Rispose Louis finalmente deciso.
Voleva fare coming out.
“Louis cosa vuoi fare, perché hai chiamato quell’uomo?” Gli chiese Harry con gli occhi da cerbiatto.
“Una cosa per te, e per me.”
“Non mi dire che… Ma dai Louis stiamo bene così!”
“No. Io non sto bene così.”
“Neanche io sto bene così, Boo Bear. Ma dobbiamo mantenere il segreto, per la band, lo sai.”
“NON MI IMPORTA DELLA BAND, IO VOGLIO SOLO TE, HARRY, SOLO TE!” disse Louis gridando, e trasformando la sua voce acuta in una molto più cupa, che Harry non aveva mai sentito
“Non sai quello che stai dicendo Louis, calmati, ragiona, io ti amo. Lo sai. Non cambierà mai niente tra di noi. Con o senza Coming Out io sono qui per te e ci sarò sempre. Hai capito?”
Louis non lo stava ascoltando. Era arrabbiato, non riusciva a respirare perciò ansimava, non era in sé.
“Se proprio non vuoi che io dica il nostro caro segreto, allora io comunicherò un’altra cosa. Lo hai detto tu, Harry.” Louis era tornato calmo.
“Louis dove scappi! Torna qua!”
Eccolo davanti al giornalista.
“Eccoci qua in diretta con Louis Tomlinson dai One Direction! Caro Louis, di cosa volevi tanto parlarci da convocare un’intervista d’urgenza?”
Gli occhi di Louis erano distanti, la bocca non accennava neanche una smorfia di sorriso e si torturava le mani facendole scricchiolare.
“Lascio la band.”
Tutti rimasero di stucco. Non sapevano cosa dire, cosa fare. Era calato il silenzio con tre semplici parole, anche il giornalista, abituato alle rivelazioni shock era rimasto interdetto. Si riprese subito.
“Cosa è accaduto?”
“Incomprensioni con alcuni membri della band. Forse dovrei dire ex band.”
Era agghiacciante vedere la freddezza con cui Louis parlava della cosa, lui che era sempre stato un ragazzo abbastanza emotivo.
Louis Tomlinson, ex membro degli One Direction, si alzò, e se ne andò lasciando tutti con il fiato sospeso.
Il primo che andò a cercarlo fu Harry. Appena lo trovò e con tutta la calma che poteva avere in quel momento lo guardò e disse:
“Cosa hai fatto?”
“Quello che volevi tu, Harry.” Gli rispose Louis con freddezza.
“Io non volevo questo! No! Louis fai ancora in tempo, torna di là, digli che scherzavi. Ti prego.”
Harry cominciò ad accorgersi che il suo ragazzo faceva sul serio. Così scoppio a piangere. Gli occhi gli diventarono subito rossi, le labbra si strinsero in una smorfia di dolore e, tra le lacrime che scendevano riuscì a sussurare:
“Louis, ti prego…”
Louis lo guardò negli occhi. In quegli occhi vedeva tutto. Tutta la sua vita era concentrata in quegli iridi verdi, le sue gioie, i suoi dolori, la sua carriera, il suo futuro, il suo passato. Eppure non fece niente. Rimase lì a guardarlo contorcersi per il dolore, a guardare le sue lacrime sgorgare copiose.
Harry con un ultimo sforzo tirò fuori il suo coraggio, quello che aveva utilizzato durante tutta la loro storia, e disse:
“Louis, fallo per me, io ti amo.”
E invece Louis se ne andò. Si girò e se ne andò. Lasciando Harry solo nella stanza, a piangere lacrime amare, lacrime che non avrebbe mai sognato di piangere. Lui sapeva che la sua storia era complicata, ma non avrebbe mai potuto immaginare che finisse così. Vedere il ragazzo che amava uscire dalla stanza per non rivederlo mai più non era nei suoi progetti.
Harry si sforzò di ritornare calmo, ed andare ad annunciare lo scioglimento della band. Così avevano deciso, lui, Zayn, Niall e Liam. Senza Louis non potevano più esibirsi. Senza Louis non erano più loro, gli One Direction.
“Noi, noi sciogliamo la band.”
Furono queste le parole che Liam disse alle telecamere, con tutta la calma possibile. Poi si congedarono.
“Ehi ragazzo sto parlando con te!” Disse la bambina a Louis.
Si era di nuovo perso nei suoi pensieri.
“L’ho fatto piangere.”
“E vai a scusarti, no?”
“Ne ho avuto l’occasione e non l’ho fatto. Ora è passato troppo tempo.”
“Quanto?” Chiese quella bambina curiosa.
“Tanto tempo. Cinque anni.”
“Io ne ho cinque. Ma allora non gli volevi bene?”
In effetti non gli voleva bene. Lo amava.
“Gliene voglio ancora.”
“E lui, ti vuole bene?”
Questa era una delle domande che Louis si faceva più spesso. Se Harry lo amasse ancora.
“Non lo so piccola.”
“Aurora che ci fai qui?! Ti ho cercata dappertutto! Mi hai fatta disperare!”
“Mamma stavo parlando con questo signore!”
“Aspetta ma io ti conosco, sei quello degli One Direction!”
No cazzo, pensò Louis, mi ha riconosciuto.
“Sono venuta ad un vostro concerto da ragazzina! Prima di avere questa peste!” Disse la mamma tutta eccitata quasi fosse tornata ragazza.
“Eravate così bravi… No Aurora torna qui, che fai, lascia stare il signore.”
La bimba corse da Louis, e gi sussurrò nell’orecchio:
”Secondo me Harry ti vuole ancora bene.” E scappò via correndo. La mamma la inseguì cercando di riacchiapparla.

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Capitolo 2
*** Nobody knows ***


Quella mattina Louis si alzò di buon umore. Quella bambina gli aveva ridato il coraggio. Quello che aveva avuto per tanto tempo quando stava insieme ad Harry. Voleva contattarlo. Voleva riallacciare i rapporti. Riprendersi il suo Harry. Suo e di nessun altro.
Prese il suo telefono e digitò ancora una volta 'Harry Styles' su una pagina vuota di Google. Nuove notizie. Harry aveva rilasciato una nuova canzone. La sua carriera da solista aveva avuto un successo meraviglioso. Louis non si perdeva una news, una canzone, un cd. Sognava la voce di Harry la notte. Sognava i loro abbracci, le loro carezze, i loro baci. Louis non aveva più baciato nessuno da quando aveva lasciato Harry. Fotteva soltanto. Niente baci, niente carezze, niente sguardi.
Si mise gli auricolari nelle orecchie e cominciò ad ascoltare la nuova canzone di Harry. La sua voce era mutata dai tempi degli One Direction, ma era pur sempre bellissima. Louis chiuse gli occhi e per un momento gli sembrò che Harry fosse lì vicino a lui, che lo abbracciava e gli cantava una canzone per farlo addormentare. Riaprì gli occhi per potergli dare un bacio, ma si accorse che era tutto un sogno, Harry non era lì. Scoppiò in un pianto isterico, non ce la faceva più a stare senza di lui. Gli mancava tutto, tutto. Avrebbe tanto voluto tornare indietro per stare ancora una volta accanto a lui, anche solo poterlo sfiorare sarebbe stato bellissimo. Gli mancavano infinitamente le piccole cose che facevano quando erano in pubblico. Quando si sfioravano le mani, quando uno stringeva il braccio dell'altro, quando gli aggiustava i ricci perché aveva bisogno di contatto fisico, quando si abbracciavano. Louis non ce la faceva davvero più. Voleva mollare tutto come aveva pensato di fare svariate volte, di mettere fine a quelle sofferenze. Ma prima di farlo doveva tentare. Doveva provarci, almeno. Così sbloccò il cellulare e andò a cercare il suo numero. Spinse il tasto verde e lo fece. Chiamò Harry Styles. Squillava. Ad ogni suono era come se una spada infilzasse il cuore di Louis. Non rispondeva. La sua vita era finita. Harry non gli voleva bene, non più. Si era illuso per cinque lunghi anni di poter ritornare tra le sue braccia, e invece non poteva. Sarebbe morto da solo. Senza che nessuno sapesse niente, forse proprio in quella camera. Nessuno si sarebbe accorto della sua mancanza. Ormai Louis non aveva più nessuno. I suoi parenti li aveva trattati così male che nessuno lo veniva a trovare da mesi. Di amici, non aveva. E poi c’era Harry. Che Louis credeva che gli sarebbe stato sempre a fianco, mentre non era così. Harry non c’era più da cinque anni.
Louis si alzò e andò in bagno deciso a mettere fine a quella che si era ostinato a chiamare vita. Prese le prime pillole che trovò. Le inghiottì tutte. Sentì subito un forte dolore allo stomaco e poi svenne.

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Capitolo 3
*** We are a secret... ***


Overdose. Per poco, Louis non c'era morto, di overdose. Appena i famigliari lo seppero si precipitarono all'ospedale incolpandosi di tutto. Se solo gli fossero stati vicini. Loro sapevano quanto Louis stesse male e che faceva uso frequente di droga. Ma non pensavano sarebbe mai arrivato a fare un gesto del genere.
Dopo un po' il resto del mondo lo seppe, Louis Tomlinson, ex membro degli One Direction era in coma.
Louis sentiva tutto. Sentiva il pianto delle madre e voleva solo andare lì e dirle che non era colpa sua, era lui che aveva combinato tutto quel casino e la colpa non era di nessun altro. Era stato lui a ridurre la sua vita a droga e pianti, a fumo, rabbia, sesso e crisi isteriche. Avrebbe voluto gridare alla mamma di smettere di piangere perché non poteva sopportare che qualcuno piangesse davanti a lui per colpa sua. Non più.
Un giorno la porta si aprì e si richiuse. Sentì un passo diverso dal solito, non era di sua madre, e neanche delle sue sorelle.
"Ciao Louis" disse il biondo al capezzale del letto del suo amico.
"Mi sei mancato."
Niall, pensò Louis. Era Niall che aveva deciso di fargli visita. Quanto gli era mancato.
"Dicono che in coma si riesca a sentire comunque, così sono venuto a parlarti. Mi sono divertito così tanto quando stavamo tutti insieme. Mi ricordo ogni singolo momento, ogni concerto, ogni premio vinto, ogni risata, ogni abbraccio, tutto. Sono stati gli anni più belli della mia vita. Sai, ora sono cresciuto. Ho una moglie bellissima, e un figlio. È un piccolo irlandese biondo e lo amo da morire.
Ma non posso negare che il mio cuore sia ancora legato a te, a Zayn, a Liam e a Harry. A volte penso a tutti i momenti che abbiamo passato e piango perché so che sono finiti. Ti vorrò bene per sempre, Superman." E cominciò a piangere.
Louis voleva alzarsi e andare ad abbracciarlo, era così contento che la sua vita fosse così bella e non doveva piangere. Non doveva piangere anche lui.
"Louis, c'è una persona qui fuori che è qui da quando sei stato ricoverato. Non mangia, non dorme, non piange, a volte non lo vedo neanche respirare. Ti ama. Come ti ha sempre amato. Resisti. Fallo per lui."
Niall aprì la porta e uscì.
Louis sentì un vuoto enorme dentro il petto. Lui era lì. Lì per lui. Allora la bambina aveva ragione, gli voleva ancora bene.
Non passò un secondo senza che Louis sperasse che Harry varcasse quella porta. Un giorno lo vennero a trovare tutti i suoi amici, Liam, Zayn e Niall. Tutti insieme. Ma Harry, Harry non c’era. E se Niall si fosse sbagliato? Il riccio non c’era. Finché un giorno sentì un rumore di passi e si destò immediatamente. Riconosceva quella camminata. Era lui. Tentò di gridare, di saltare giù dal letto ed andare ad abbracciarlo, ma non ci riuscì. Quindi fu Harry il primo a parlare.
"Louis. Non sai quante volte ho sognato di rincontranti, ma mai avrei pensato in questo modo. Mai. In tutti i miei sogni eri tu che venivi da me, mi abbracciavi e io capivo che non ci sarebbe stato più spazio per il dolore, perché il nostro amore era tutto. E invece ora sono io che vengo da te, che ti parlo, ti apro il mio cuore, ma non so neanche se tu puoi sentirmi. Sei così bello Louis. Neanche nei miei sogni eri così perfetto. Ho paura di toccarti perché potrei svegliarmi e vederti scomparire sotto i miei occhi. Ancora una volta. Quel giorno, quel fottutissimo giorno dovevo inseguirti, dovevo fermarti e farti ragionare. Perché so che non stavi ragionando quel giorno, non mi avresti mai lasciato, lo so. So che tu mi amavi. So che mi ami.
Non sono mai riuscito a venire da te. E questo non potrò mai perdonarmelo. Sono un coglione, un coglione! È tutta colpa mia, sempre colpa mia. Però tu, Louis ti prego perdonami! Risvegliati e abbracciami ti prego." Harry non ce la fece più e cominciò a piangere. Pianse e pianse. Appoggiò la testa sul petto di Louis e strinse la sua mano sperando che si risvegliasse e pianse.
Louis stava lentamente morendo. Lo sentiva. Tutto si faceva più lontano. L'unica cosa che lo confortava era il calore di Harry. La stretta della sua mano, il senso di bagnato sul suo petto, dove Harry aveva pianto. Le sue lacrime erano calde. I suoi ricci, oh i suoi ricci che gli solleticavano la faccia. Louis era felice che Harry avesse ancora i suoi ricci e non se li fosse tagliati, erano meravigliosi, come lui.
Un giorno Louis si svegliò e non sentì più il calore di Harry. Eppure lui era lì, riusciva a sentirlo respirare, ma non avvertiva più il suo calore che sicuramente era l'unica cosa che lo teneva ancora in vita. Louis aveva paura di morire. Doveva ancora dire ad Harry che lo amava, non poteva morire. Non poteva lasciarlo da solo, ancora un volta. Questa volta Harry non lo avrebbe sopportato. Doveva reagire. Doveva svegliarsi e amarlo, magari anche solo una volta. Non ci riusciva. Harry gli parlò, come se capisse che aveva bisogno di un po' di incoraggiamento.
"Amore, il medico dice che stai perdendo forze, ma io non gli credo. Tu sei sempre stato così forte e non mollerai di certo adesso. Sei il mio amore, Louis e non mi lascerai, vero che non mi lascerai? Ti amo da sempre, dalla prima volta che ci siamo visti fino ad ora. Non ho più toccato nessuno da quando ci siamo lasciati perché tutto mi ricordava te. Non riuscivo a dormire sul mio letto perché pensavo a quante volte ci avevamo fatto l'amore, non riuscivo a mangiare sul mio tavolo perché pensavo alla nostra prima cena e a tutte le altre. Non riuscivo a sedermi perché mi ricordavo di tutte quelle volte che mi toglievi la sedia da sotto. Non riuscivo a pensare perché mi venivi sempre in mente tu. Quindi figurati se riuscivo ad amare qualcun altro dopo aver amato te. Dopo essermi sentito così pieno e all'improvviso così vuoto. Non potrei mai baciare delle labbra all'infuori delle tue. Mai. Dopo aver provato il tuo sapore non potrei mai accontentarmi di qualcos'altro. Perché tu sei tutto quello di cui ho bisogno. Ti amo. E so che non mi lascerai. Vero? Non lasciarmi andare, ti prego, sono stanco di sentirmi solo. Ma soprattuto di dormire senza di te. Non lasciarmi andare."
Harry cominciò a cantare.

Now you were standing there right in front of me
I hold on scared and harder to breath
All of a sudden these lights are blinding me
I never noticed how bright they would be

I saw in the corner there is a photograph
No doubt in my mind it’s a picture of you
It lies there alone on its bed of broken glass
This bed was never made for two

I’ll keep my eyes wide open
I’ll keep my arms wide open

Don’t let me
Don’t let me
Don’t let me go
‘Cause I’m tired of feeling alone

Don’t let me
Don’t let me go
‘Cause I’m tired of feeling alone

I promised one day I’d bring you back a star
I caught one and it burned a hole in my hand oh
Seems like these days I watch you from afar
Just trying to make you understand
I’ll keep my eyes wide open yeah

Don’t let me
Don’t let me
Don’t let me go
‘Cause I’m tired of feeling alone
Don’t let me
Don’t let me go

Don’t let me
Don’t let me
Don’t let me go
‘Cause I’m tired of feeling alone

Don’t let me
Don’t let me
Don’t let me go
‘Cause I’m tired of feeling alone

Don’t let me
Don’t let me go
‘Cause I’m tired of sleeping alone

 
Louis sentiva perfettamente la sua voce ed era più bella di come se la ricordasse. Aveva scritto una canzone solo per lui. Le parole erano meravigliose. Non lo avrebbe lasciato andare, mai più.
"Non ti lascio andare, Harry, non ti lascio andare" riuscì a sussurrare Louis.

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Capitolo 4
*** Can’t be exposed ***


Era passata una settimana da quando Louis si era risvegliato. Tutti avevano ritrovato il sorriso. Soprattutto un ragazzo. Anche se Louis non era fuori pericolo. Dormiva tutto il giorno, e quando si svegliava non parlava e spesso non riusciva a star sveglio più di cinque minuti, dopodiché le palpebre gli si facevano pesanti, il respiro affannoso e si riaddormentava di nuovo. Però in quei cinque minuti era felicissimo. Stringeva la mano al suo ragazzo più forte che poteva e lo guardava sorride dolcemente. Lo guardava. Non riusciva a credere che fosse lì davvero, che la mano che stava stringendo fosse la sua. Invece era proprio così.
 
Una mattina Louis non stava per niente bene. La macchina a cui era attaccato aveva cominciato a fare beep e non la smetteva più. Harry si cominciò a preoccupare mentre guardava il volto del bel ragazzo perdere i sensi e i suoi occhi celesti chiudersi. Louis non poteva andarsene. Aveva promesso che non lo avrebbe lasciato.
I medici strapparono la mano di Harry da quella di Louis per portarlo chissà dove. Harry rincorse la barella con dei medici alla calcagna che alla fine lo immobilizzarono per terra.
“LASCIATEMI ANDARE!” urlava Harry mentre si divincolava “lui ha bisogno di me! Lasciatemi, devo andare con lui, ha bisogno di me.” Cominciò anche a piangere “Louis ha bisogno di me, lasciatemi andare, vi prego… Ha bisogno di me…” dopodiché gridò con tutte le sue forze “LOUIS.”
 
Louis aprì gli occhi. Non capiva dov’era, e non capiva perché Harry non gli stesse stringendo la mano. Vide dei dottori sopra di lui con delle mascherine, tutti intenti a far qualcosa che Louis non riusciva a vedere. Voleva alzasi per andare da Harry, ma gli fecero una puntura e si riaddormentò di nuovo.
 
Louis si svegliava e riaddormentava continuamente. Non riusciva a tenere gli occhi aperti. Ma sentiva la sua stretta. Perciò tutto andava bene. Non aveva reagito bene all’intervento, dicevano i medici. Tutti erano visibilmente preoccupati, tutti non dormivano, tutti non mangiavano. E poi c’era Harry, che sorrideva. Gli sorrideva tutto il tempo, gli stringeva la mano e gli sorrideva, anche se a volte gli occhi gli si annebbiavano e doveva asciugarsi le lacrime. Doveva essere forte il doppio di quanto lo era mai stato. Doveva combattere per Louis. Così sorrideva, sperando che i pochi istanti in cui Louis apriva gli occhi guardasse il suo sorriso, e trovasse la forza di guarire.
 
Andò aventi così per due o tre settimane, e i dottori cominciarono a dire non sperare troppo. Perché un giorno o l’altro Louis avrebbe chiuso gli occhi e non li avrebbe riaperti mai più. Harry non ci voleva credere. Non ci poteva credere.
 
“Louis. Sono Harry e sono qui, per te, Louis, sono qui per te. Non mi importa quello che dicono quei medici. Tu ti sveglierai e potremo stare finalmente insieme, dopo così tanto tempo. Potremo di nuovo baciarci e fare l'amore, ridere, scherzare insieme, abbracciarci, accarezzarci, potrò guardarti di nuovo negli occhi. Potrò stare ore e ore a guardare nei tuoi occhi senza mai stancarmi.
Andremo in tanti posti, insieme, viaggeremo. O forse sei stanco di viaggiare, allora ti porterò a casa mia, o ne comprerò una nuova, solo per noi due. Poi andremo a fare la spesa e io ti cucinerò tutto quello che desideri. Oppure ordineremo la pizza, o il cibo cinese.
Parleremo un sacco, io e te, mi racconterai quello che hai fatto senza di me. Vorrò sapere tutto. Io non potrò raccontati niente perché senza di te non ho fatto niente. Ho sprecato cinque anni della mia vita senza di te e non ho intenzione di perderne altri. Capito Louis? Mi senti? Se mi senti stringimi la mano, ti prego. Stringimi più forte che puoi la mano."
Louis non si mosse. Louis non sentiva. Non capiva. Ma qualcosa gli disse che era giunto il momento di reagire, di tornare forte. Così strinse la mano all'unica ragione per cui era ancora in vita. E la strinse così forte che quasi fece male al ragazzo che emise un gridolino di felicità.
Louis Tomlinson era tornato.

Stava sempre meglio. Ogni giorno migliorava sempre di più. Louis era sempre più sveglio, e più reattivo. Riusciva a restare sveglio anche un'intera ora, che spendeva a fissare il suo ragazzo dormire sul suo petto, felice di ascoltare i battiti del suo cuore. Gli accarezzava i ricci mentre Harry sognava beatamente con il sorriso stampato in faccia. Quelle carezze costavano uno sforzo immane a Louis, ma era il minimo che poteva fare per ringraziare quel meraviglioso essere umano. 
E quando Harry si svegliava e si trovava gli occhi dolci di Louis puntati sul suo viso sorrideva, sorrideva come mai aveva fatto. Era il ritratto della felicità.

Louis cominciò a sentirsi davvero bene. Quando poté ricominciò a mangiare in compagnia di Harry. Ridevano, si sfioravano, si accarezzavano. Louis era accecato da Harry, era così accecato che non riusciva neanche a parlare. Infatti da quando si era ripreso non aveva detto una parola. Non aveva bisogno di parole, non più da quando c'era Harry. E lui non faceva domande. Gli andava bene così, che i loro sguardi parlassero al loro posto.

Quando Louis ricominciò a non sentirsi bene Harry ebbe paura. Per la prima volta ebbe paura di perderlo davvero. Dopo averlo ritrovato non poteva perderlo.
Louis non riusciva più ad aprire gli occhi, non riusciva più a contrarre i muscoli, a muovere un dito. Droghe pesanti, avevano detto i dottori, iniettate nel posto sbagliato atrofizzano i muscoli.
"Louis io lo so che sei forte" gli sussurrò Harry ad un orecchio "supererai anche questo."
 
Harry non ce la faceva più a vederlo soffrire. Guardava la faccia del suo ragazzo contorcersi per il dolore e lui non poteva fare niente. Louis si rigirava su se stesso, aveva spasmi e a volte urlava. I suoi muscoli avevano ricominciato a funzionare, ma non nel modo in cui voleva lui. Gli faceva male dappertutto. Harry lo guardava incredulo, non sapendo come comportarsi quando il ragazzo muoveva il suo corpo come un verme, o quando cominciava a tremare e non smetteva più o quando rigirava gli occhi dentro le orbite. Aveva paura, davvero molta paura. Quello non era il Louis che amava, quello dolce con gli occhi celesti e il sorriso capace di farlo svenire. Odiava quell’essere sul lettino che si contorceva perché gli aveva portato via il suo Louis, però continuava a restare lì, a stringere la sua mano quando poteva e sperando che il vero Louis saltasse fuori, prima o poi.
 
Harry smise di odiare quello che era diventato Louis e cominciò a detestare se stesso. Si rese conto che tutto ciò era colpa sua, e di nessun altro. Quando Louis lo aveva chiamato stava ancora facendo colazione perché si era svegliato tardi. Prese il cellulare e lesse il nome ‘Louis Tomlinson’. Impossibile, non poteva essere vero. Erano cinque anni che Harry desiderava quella chiamata, e ora che era arrivata non sapeva cosa fare. Aveva le mani bloccate e non riusciva a ragionare. Gli bastava spingere un pulsante per rendere la sua vita di nuovo completa. E invece non lo fece. Lasciò squillare il cellulare finché non si spense e lasciò il ragazzo solo nella stanza, con il rumore della suoneria ancora in testa. Perché non lo aveva fatto? Perché non aveva risposto? Harry sapeva perché non lo aveva fatto, ma non voleva ammetterlo a se stesso. Era una cosa cattiva. Si era vendicato, vendicato di cinque anni fa, quando Louis lasciò la band e spazzò il suo cuore.
 
Ad ogni urlo Harry sprofondava sempre più. Il suo povero Louis urlava di dolore e Harry lo guardava straziato.
“Mi dispiace Louis.” Sussurrò, ed uscì dalla stanza.

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Capitolo 5
*** That's how it is ***


That’s how it is

 
Harry tornò poco dopo. Era la prima volta che usciva da quando Louis era in ospedale, e non si sentiva al sicuro senza di lui. Si rese conto che stare senza Louis era molto peggio che stare con quello che era diventato.
Tornò vicino a Louis, gli prese la mano e gliela strinse, e cominciò ad accarezzargli molto dolcemente il braccio ricoperto di tatuaggi. Lesse uno dei primi che si erano fatti insieme ‘Oops!’. Erano così belli i tatuaggi. Quelli non invecchiavano, non cambiavano, non si ammalavano, rimanevano sempre gli stessi. Mentre stava ancora accarezzando il suo ragazzo, Harry si sentì stanco, così poggiò la testa sfinita sul petto di Louis, versando qualche lacrima. Si addormentò cullato dal battito irregolare di quel meraviglioso ragazzo.
Louis si risvegliò, questa volta per sempre. La prima cosa che vide fu il volto di Harry sul suo petto. Vide la traccia di qualche lacrima asciugata troppo in fretta. Louis sorrise a quella vista. Era così bello. La fronte alta, la pelle bianca, i riccioloni che scendevano dolci su volto, le labbra carnose. Amava tutto di quel ragazzo, perfino il suo mento. Tutto. Lo guardava e pensava. Pensava a quanto fosse meraviglioso che fosse rimasto lì con lui tutto il tempo, le loro mani intrecciate, la testa sul suo petto. Non riusciva neanche a capire perché fosse ancora lì con lui. Lo aveva lasciato, si era comportato da imbecille, lo aveva fatto soffrire, gli aveva spezzato il cuore, e lui era tornato. Louis mosse a fatica la mano, gli dolevano ancora tutti i muscoli, e la appoggiò delicatamente su una guancia di Harry. Cominciò a fare dei piccoli movimenti rotatori con le dita per non svegliarlo. Aveva la pelle così liscia, così morbida. Era tutto così perfetto.
Harry aprì gli occhi e la prima cosa che sentì fu una leggera pressione sulla guancia, poi si accorse degli occhi celesti che lo fissavano dolcemente. Pensò di star sognando, così strizzò gli occhi un paio di volte, ma scoprì che era tutto reale. Allora sorrise e versò qualche lacrima, era troppo emozionato. Louis prese le lacrime col dito e gli asciugò la guancia.
“Basta piangere.” Disse con un filo di voce.
Erano le prime parole che disse ad Harry dopo cinque anni, ed erano giustissime. Basta piangere. Che motivo c’era di piangere? Erano lì, insieme, e tutto andava bene. Non lo avrebbe mai più lasciato andare, mai.
Louis amava Harry e Harry amava Louis.
Niente coperture, niente bugie, c’era spazio solo per il loro amore, adesso.
Harry per tutta risposta cominciò a piangere, a singhiozzare e Louis lo lasciò sfogare. Quando ebbe finito sussurrò:
“Sono le ultime che verserai. Me lo prometti?”
“Te lo prometto, Louis.”
Harry si alzò e andò ad abbracciarlo. Si strinsero come se non ci fosse nient’altro oltre loro nel mondo. L’unica cosa che importava erano loro e il loro amore. Louis strinse Harry nonostante gli facessero male tutti i muscoli, chiuse le mani a pugno sulla camicia di Harry e appoggiò la testa sulle sue spalle. Era stanco, e così si addormentò durante quell’abbraccio infinito.
Harry prese dolcemente la testa di Louis e la poggiò delicatamente sul cuscino, come farebbe un padre amorevole. Tornò a guardarlo dormire e non riusciva a pensare a niente. Tutto quello a cui poteva pensare era lì davanti a sé.
Si riaddormentò felice, anche lui.
 
Quando tutti seppero che Louis si era risvegliato furono felicissimi. Abbracciò tutti i suoi amici, le sue sorelle, e strinse forte sua madre. Ma i momenti migliori li passò con Harry. Non che facessero gran che, per la maggior parte delle volte si guardavano. Ma ciò bastava, bastava che si guardassero per capire tutto quanto. Quanto si amassero, quanto si desiderassero, e quanto volessero stare insieme. Ma c’era tempo per quello, avevano tutta la loro vita davanti.
Louis un giorno prese coraggio e fece a Harry una domanda che aveva sempre desiderato fare.
“Harry…”
“Si, Louis?”
“Tu, mi amavi?”
“Louis, ma sì che ti amo! Ti amo come, non riesco neanche a dirlo come ti amo.” Disse Harry, un po’ imbarazzato. Non si aspettava questa domanda.
“Non ho chiesto se mi ami. Questo lo so, te lo leggo negli occhi, lo vedo da come mi stringi la mano, da come sei stato con me in tutti questi giorni. Lo so che mi ami, Harry. Io ti ho chiesto se mi amavi, prima, quando facevamo parte degli One Direction. Sai, io ti amavo. Ti ho amato da subito, dalla prima volta che ti ho visto. Sono stati i tuoi riccioli a colpirmi, mi hanno sedotto.”
Risero tutte e due insieme, erano così dolci.
“No, veramente Harry. Mi davano l’idea di bravo ragazzo e mi facevano impazzire. Poi, guardandoti meglio mi sono innamorato di tutto il resto, dei tuoi occhi, della tua pelle, del tuo sorriso, della tua voce, del tuo naso, del tuo corpo, insomma, di tutto. Ti pensavo tutto il giorno, mi ricordavo i tuoi gesti, il modo in cui muovevi le mani, in cui spostavi i capelli dalla fronte.
Lo so che non sembrava che ti amassi, non so esprimere bene le mie emozioni. Ma volevo che lo sapessi, che ti amo dal primo giorno, proprio come ti amo ora.”
Harry fu colpito. Non sapeva cosa dire. Ma certo che lo aveva amato, e doveva dirglielo.
“Oh Louis… Io, sì che ti amavo. C’era qualcosa di magico in te la prima volta che ti ho visto. Eri, perfetto, be’ sì, come ora.”
“Ma Harry, io non sono perfetto.” Lo interruppe Louis. “Non lo sono per niente.”
“Hai ragione, non lo sei. Ma nessuno lo è.”
“Tu lo sei, Harry. E riescono a vederlo tutti.”
“Non dire così, non è vero. Non sono perfetto, per niente. Ho il naso troppo grande.”
“Ma io amo il tuo naso, è bellissimo.” Disse Louis, spontaneamente.
“E guarda la mia fronte, guarda quanto è alta!”
“Ma che dici!”
“Ho gli occhi a palla.”
“Hai gli occhi più belli che abbia mai visto.”
“Vedi, ecco quello che voglio dire… Non sono perfetto, ma forse tu mi vedi tale.” Disse Harry, soddisfatto.
“Ma, no, non è così. Io sono brutto. Rispetto a te non sono niente. Tu hai una voce fantastica, un bel viso, un bel corpo, sei alto, sei una bellissima persona, hai un coraggio strepitoso e un cuore grandissimo. E ora, dimmi, Harry Styles, cosa cavolo ci fai con uno come me!?” Louis aveva posto la domanda che lo tormentava da sempre.
“Louis… da quanto pensi queste cose?”
“Da sempre, Harry.”
“Ma lo vuoi capire che sei un ragazzo fantastico Louis? Per me, sei tu quello bello, con una voce fantastica, una personalità invidiabile, un coraggio da leoni, un cuore enorme. E sono io a non essere alla tua altezza, Louis.”
“Basta Harry, non è vero.” Louis non voleva più sentire bugie.
“E’ vero! Credimi, non ti mentirei mai. Credimi se ti dico che adoro tutto di te e non ti devi assolutamente sentire a disagio con me, perché non ce n’è veramente ragione.”
Calò il silenzio. Louis stava pensando, e Harry lo lasciò fare.
Davvero Harry pensava queste cose sul suo conto? Davvero non lo riteneva inferiore? Eppure lui si vedeva così diverso da come l’aveva descritto Harry. Lo guardò, e non vide traccia di falsità nei suoi occhi verdi. E poi, Harry non sapeva proprio recitare.
“Hai ragione” disse infine Louis “nessuno è perfetto. Neanche tu. Mi sono appena ricordato che sei una schiappa a recitare, proprio come non sai assolutamente ballare come faccio io.”
Risero, sembravano stati fatti apposta per stare insieme, quei due.
Poi, Harry, non ce la fece più, aveva aspettato cinque anni e non poteva attendere un secondo di più. Le labbra sottili di Louis lo stavano chiamando, così appoggiò le sue labbra carnose su di esse. Cominciò a baciarlo dolcemente, come se non avesse mai baciato nessun’altro prima d’allora. Poi smise, e leccò con la lingua prima il labbro inferiore, successivamente quello superiore, come per sentire che sapore avessero. Inoltrò la lingua nella bocca del ragazzo e l’aggrovigliò attorno all’altra. Prese ad accarezzargli i capelli lisci con le mani grandi. Louis lo lasciò fare, gli piaceva farsi coccolare da Harry.
Non si stancarono mai di accarezzarsi e di baciarsi, e si lasciarono andare in uno dei baci più lunghi di sempre, per compensare il vuoto di cinque anni.

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Capitolo 6
*** That's How it goes ***


Erano passati parecchi giorni da quando Louis si era risvegliato, e andava sempre meglio. I dolori stavano passando, molto lentamente, ma stavano passando. Non riusciva ancora a camminare, ma la mano di Harry la stringeva sempre più forte, e lui era così fiero del suo ragazzo, che combatteva e non perdeva mai il coraggio.
"Harry?" Disse Louis con una vocina, era tanto stanco.
"Si?" Rispose fieramente Harry, come per infondergli coraggio.
"Prima di andare a dormire ti volevo chiedere una cosa."
"Dimmi tutto, Louis."
"Vuoi tornare a casa con me?"
Harry non sapeva cosa dire. Si ricordò di quando avevano vissuto insieme, erano stati i mesi più belli della sua vita. Svegliarsi accanto al proprio ragazzo, preparargli la colazione, andarlo a svegliare con una tazza di the, accarezzargli dolcemente la schiena nuda, vederlo sorridere felice come un bimbo alla vista del suo viso, farsi la doccia insieme, insaponargli il petto e baciarlo all'improvviso per una faccia buffa, stare tutto il giorno sul divano a mangiare schifezze, guardare la tv e darsi tanti baci, e infine andare a letto, insieme, con mille carezze e baci, fare l'amore una, due, tre volte, e addormentarsi uno affianco all'altro, felici. Era pronto per tutto questo?
"Sì, Louis, voglio venire a casa con te. Non sai quanto mi abbia fatto piacere che tu me l'abbia chiesto."
"Per me non era una domanda. Io ho bisogno di te, e ti voglio sempre al mio fianco."
"E io ci sarò."
Louis era stanco, così strinse la mano di Harry per un ultima volta e si addormentò, felice, mentre pensava a tutti i momenti belli che doveva ancora vivere con Harry.

Così, una mattina di dicembre lasciarono l'ospedale insieme e tornarono a casa, insieme. Harry aveva aiutato Louis a vestirsi, a pettinarsi e a preparare le valigie. Lo prese in braccio e lo pose sulla carrozzella che avrebbe dovuto usare finché non si sarebbe ripreso. Arrivato a casa i due erano così emozionati che non riuscivano a dire nulla. Si guardavano stupiti, come un bambino in un negozio di caramelle, che non sa da dove cominciare.
Harry prese Louis in braccio e lo poggiò sul divano, e si sedette affianco a Louis.
"Cosa vuoi fare?" Gli chiese Louis, sottovoce, come se qualcuno lo stesse ascoltando.
"Voglio solo stare con te. Stringerti la mano, e se vuoi tu puoi parlarmi, di quello che vuoi, io ti ascolterò." Rispose Harry, totalmente sincero.
Louis prese la mano di Harry e la osservò da vicino. Era così grande, così forte, eppure così delicata e capace di amare. Accarezzò ogni singolo dito, come se non l'avesse mai sfiorata. Eppure si era tenuti per mano così tante volte. Prese ad accarezzargli il dorso della mano. La sua pelle era così liscia e morbida.
"Come fai ad avere delle mani così belle?" Chiese Louis, veramente stupito, continuando ad accarezzargliele.
"Non sono niente di che." Disse Harry.
"No, dico davvero, sono così belle. Sono grandi, e sono forti, eppure io non ho mai ricevuto carezze più dolci di quelle fatte dalle tue mani. E sono così forti che quando mi stringi la mano mi sento protetto come mi sentivo da piccolo nel letto di mia madre. " Louis sembrava tornato bambino, gli brillava una strana luce negli occhi, che Harry non aveva mai visto.
Louis smise di accarezzare la mano di Harry e si girò dandogli le spalle. Così Harry prese ad accarezzargli la spalla, da sopra la maglia. Louis tremava, e non sapeva perché. Forse per il leggero solletico che gli faceva la mano di Harry o per stanchezza, o semplicemente perché era emozionato di trovarsi lì, affiancò al suo ragazzo.
Harry gli tolse la maglietta e continuò ad accarezzargli dolcemente la schiena nuda, seguendo la linea della spina dorsale. Si avvicinò con le labbra alla sua schiena e le appoggiò lentamente sul collo. Le fece schioccare molte volte in quel punto per poi passare alle spalle, e a tutte le altri parti della schiena di Louis.
"Girati" gli disse Harry, cercando di nascondere la sua eccitazione. Louis si girò, lentamente, completamente trasportato dalla situazione. Harry trattò alla stessa maniera il petto di Louis, indugiando con le dita sui pettorali, lasciando Louis per qualche secondo senza fiato.
Gli tolse i pantaloni, e gli accarezzò le gambe per intero, cominciando dai piedi, fino ad arrivare alle cosce, provocandogli una forte eccitazione. Tutto il resto fu un insieme di sfregamenti, di sospiri, di spinte, di urla, di soddisfazione, finché non si ritrovarono svuotati e sfiniti su un divano sporco di macchie bianche, con i muscoli indolenziti, ma felici. Passata la stanchezza, ricominciarono ad amarsi, e via di nuovo con le leccate, gli ansimi, le carezze, i baci.
Harry portò Louis a letto, sfinito. Lo appoggiò delicatamente sul letto e lo infilò sotto le coperte. Lui si adagiò al suo fianco e gli accarezzò le tempie, per farlo addormentare.
"Grazie." Disse Louis, stanco.
"Grazie a te." Gli sussurrò Harry nell'orecchio.
Così si addormentarono abbracciati, i loro visi vicini, le gambe attorcigliate, e le mani, sempre strette tra loro.

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Capitolo 7
*** Far from the other ***


"Buongiorno."
Louis si ritrovò la faccia di Harry davanti alla sua. Era bello svegliarsi in quel modo, con la persona più bella al proprio fianco.
"Sei bellissimo."
Gli disse Louis, con il batticuore. Harry rise e Louis si sciolse completamente. Adorava il suo sorriso, le fossette che gli si formavano sulle guance, gli occhi stretti e luccicanti. E per tutta risposta sorrise anche lui, così toccò ad Harry sciogliersi. I sorrisi sinceri di Louis erano una delle cose più belle che il riccio avesse mai visto. La dentatura perfetta, le pieghe d'espressione che gli si formavano su tutto il viso, il naso arricciato, gli occhi celesti che diventavano due fessure.
"Tu sei bellissimo."
Si amavano. Si amavano tanto, e finalmente senza più nascondersi o vergognarsi, perché non c'era niente da nascondere o di cui vergognarsi, era solo amore. Harry portò Louis in braccio fino alla cucina. Casa di Louis era rimasta più o meno come se la ricordava, ordinata. Non c'era un solo barattolo fuori posto in quella cucina, o un armadietto in disordine, nonostante mancasse da più di un mese.
"Cosa vuoi per colazione?"
Chiese Harry, ansioso di cucinare per il suo ragazzo.
"Le tue labbra." Rispose Louis, serio.
Si alzò dalla sedia su cui Harry l'aveva poggiato e lo baciò appassionatamente mettendogli le braccia attorno al collo. Harry lo abbracciò assecondandolo e porgendogli la lingua, era completamente in balia di Louis. Harry sentì scivolare le braccia di Louis dal suo collo e le loro labbra si staccarono. Louis era crollato nelle sue braccia, stanchissimo, non gli faceva bene stare in piedi. Harry lo prese e lo rimise sulla sedia.
"Amore, tutto ok?" Chiese Harry, preoccupato.
"Tutto bene, mi sono solo alzato di scatto."
Harry baciò Louis di nuovo e continuò come se nulla fosse stato.
"Allora, cosa ti va per colazione?"
"Mi fai le uova?"
"Ok."
Louis osservò Harry cucinare, si muoveva con destrezza e sembrava completamente a suo agio. Harry mise le uova in un piatto e glielo porse, mentre lui prese una tazza di latte e ci immerse qualche biscotto. Louis mangiò tutto con gusto, e si mise a fissare Harry come se non lo avesse mai visto. Aveva ancora gli occhi assonnati ed ogni tanto sbadigliava, ma era tanto, tanto bello.
"Grazie." Disse il ragazzo dagli occhi celesti, e sorrise.
Harry lo vide e si sciolse. Si scioglieva ad ogni suo sorriso, era tanto, tanto bello.
"Harry mi riporti a letto, sono un po' stanco..."
Una volta nella sua stanza Louis si rimise in piedi, non era vero, non era stanco. Ma doveva fare una cosa, da solo, senza Harry. La sua casa era stata pulita, setacciata, in cerca di qualsiasi traccia di droga, ma sicuramente non l'avevano trovata tutta. Louis l'aveva nascosta dappertutto. Vide nel cassetto del comodino, non c'era più. La scatola sotto il letto era vuota. Dietro la foto di famiglia non c'era più niente. Nel cassetto del comò, sotto le mutande, era rimasto un sacchettino trasparente. C'erano qualche pillola bianca e un paio di siringhe, niente più. Louis aprì il sacchetto e ne svuotò il contenuto sul letto, rimase lì a fissare quegli oggetti che gli avevano rovinato la vita, che l'avevano quasi portato via dal mondo. Provò un odio profondo per quelle cose, però si ricordò di quanto lo facevano stare bene, una volta prese. Di come tutti i problemi si risolvessero in un attimo, senza fare assolutamente niente. Chiuse gli occhi, e la prima cosa che vide fu Harry. Non doveva più farlo, doveva smettere, perché esisteva una cosa che gli faceva bene, senza fargli del male, e quella cosa era Harry. Ma...
Proprio in quel momento l'oggetto del suo pensiero entrò nella stanza, e vide prima Louis inginocchiato di fronte al letto, e poi pose lo sguardo sugli oggetti inanimati su di esso. Si immobilizzò e restò a guardarlo, inanimato anche lui. Il ragazzo inginocchiato girò lentamente la testa verso il ragazzo più piccolo, poi si rigirò improvvisamente, e ritornò a fissare il letto come se non fosse entrato nessuno nella stanza. Passò molto tempo prima che uno dei due parlasse, e il primo fu Harry.
"Louis... Che cosa stavo facendo?"
Non voleva sapere veramente la sua risposta, non voleva trovarsi di fronte ad una verità che non avrebbe potuto affrontare, o sopportare. Quello non rispose, e Harry ne fu quasi sollevato. Poteva rimanere calmo ancora per qualche momento.
"Io..." Disse Louis con voce tremante "non lo so... Volevo vedere che effetto mi avrebbero fatto una volta che le avrei avute davanti..."
"E... Com'è stato?"
Harry sentì di aver esagerato, quella era una questione che riguardava Louis, era una sua dipendenza, lui non c'entrava a niente. Era entrato con forza nella vita di Louis senza lasciargli più spazio per se stesso e improvvisamente si sentì colpevole di tutto quello che era capitato a quel ragazzo tremante, inginocchiato sul pavimento. Si incolpò delle occhiaie che aveva sul volto, della faccia smunta, del corpo troppo magro, dei dolori che gli percorrevano il corpo, anche della dipendenza che aveva. Non riconobbe più Louis Tomlinson, il suo Louis Tomlinson. Quello dal carattere forte, capace di spostare una montagna solo perché lo voleva, che non si era mai sottomesso a niente, nemmeno a lui. Non riconobbe il Louis Tomlinson di cui si era innamorato otto anni prima, in un bagno. Che aveva continuato ad amare per otto anni, ininterrottamente, e che ancora amava. E provò pena per l'essere rannicchiato ai piedi del letto, che non era riuscito a controllarsi, che aveva preso una siringa e l'aveva infilata nel braccio. Lui non lo aveva fermato, non ne era stato capace. Solo quando Louis si accasciò a terra, in preda a una risata compulsiva, priva di vera gioia, si fiondò ad abbracciarlo, ad accarezzargli la testa e i capelli, tentando di farlo smettere. Ma lui continuò e la risata agghiacciante echeggiava nella stanza e raggelava le vene di Harry.

"Tranquillo, tranquillo"
sussurrava Harry mentre accarezzava piano la testa di Louis
" shh... Tranquillo, sono qui."
Lui mugulò e chiuse gli occhi, sfinito. "Dormi... Sono qui..."
Harry non si sentiva bene, l'unica cosa che voleva fare era piangere. Ma non poteva, gli aveva promesso di non piangere, e non poteva tradirlo. Così si limitò ad accarezzargli la faccia, e guardarlo respirare. Su, giù, su, giù, faceva il petto di Louis, su, giù, il suo respiro era regolare, e quando tardava a respirare o inspirare Harry entrava in panico, poi lo vedeva muoversi e si calmava. Perché lo aveva fatto? Perché? Lui non era abbastanza bravo, non gli dava quello che voleva? In Harry crebbe un moto d'ira, poi fissò la faccia di Louis e si calmò. Non poteva essere arrabbiato con quel ragazzo, era così fragile, indifeso...

Louis si risvegliò e la prima cosa che vide fu il collo lungo di Harry. La pelle candida, il pomo d'Adamo pronunciato, un accenno di barbetta che si ostinava a tagliare, la collana con la croce che non toglieva quasi mai. Il suo ragazzo era bello, e lui non se lo meritava. Continuava a ferirlo, giorno dopo giorno, lo faceva penare e Harry non se lo meritava proprio. Avrebbe dovuto lasciarlo andare, farlo andare via, smettere di parlargli, così finalmente non l'avrebbe ferito più. Louis pensava di meritare di morire da solo, nel peggiore dei modi. Harry si accorse che Louis si era svegliato, e indugiò sui suoi occhi. Erano vacui, lontani, chissà a cosa pensava, il suo ragazzo.
"A cosa stai pensando?"
Louis si destò di soprassalto dai suoi pensieri e non rispose. Harry lo guardò e gli ripropose la domanda.
"Ho mal di testa." Rispose Louis evitando la domanda.
Harry passò la mano sulla sua testa e gli accarezzò dolcemente le tempie.
"Ma non mi hai risposto." Disse il ragazzo più piccolo, sorridendo.
"Pensavo a..." Louis tremò "a quanto sei bello."
Harry prese la mano del suo ragazzo, e la strinse forte. A Louis sarebbero mancate le sue mani.
"Sai che penso lo stesso di te, sei il ragazzo più bello del pianeta."
Sì, pensò Louis, il ragazzo più bello del pianeta era un drogato.
Si guardarono negli occhi. Quelli celesti dai contorni blu scuro di Louis, ramati verdi, brillanti, dal taglio sottile, guardarono intensamente quelli verdi accesi di Harry. Si perse in essi, e si sentì infinitamente piccolo, rispetto allo splendore a cui si trovava ad assistere. Quegli occhi avevano qualcosa di magico, che lo catturavano ogni volta. Ma c'era qualcosa di diverso, quella volta. Louis riusciva a vedere un velo di tristezza nei suoi occhi.
Lo guardò un'ultima volta, chiuse gli occhi, e si avvicinò con le labbra a quelle rosse di Harry. Poggiò delicatamente prima il labbro superiore, poi quello inferiore sulla sua bocca carnosa. Indugiò qualche secondo con le labbra socchiuse, aspettando il momento giusto per aprile ed insinuarsi dentro, avvolgendo la lingua intorno a quella di Harry. La sua saliva era caldissima e Louis aveva paura di scottarsi e ad ogni tocco sussultava, trattenendo il respiro. Quando si staccarono, Harry rise, mostrando i denti grandi e allineati, intorno ai suoi occhi si formarono tante piccole rughe d'espressione, arricciò il naso. Era un sorriso sincero.
"A cosa devo questo bacio?" Chiese, ancora sorridendo.
"Era un bacio di addio." Rispose, gelidamente Louis.
Qualcosa nel suo viso era cambiato, i suoi occhi erano distanti.

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Capitolo 8
*** Close to each other ***


"Come di addio?" Chiese Harry, improvvisamente rabbuiato.
"Te ne devi andare via. Vattene, non ti voglio in casa mia." Disse Louis, con la voce fredda e gli occhi chiusi.
Harry rimase fermo, a fissarlo. Aveva ancora la testa di Louis tra le gambe, le loro mani erano ancora strette, ma il suo ragazzo gli stava chiedendo di andarsene, di abbandonarlo. Doveva essere ancora sotto l'effetto della droga, pensò Harry, cercando di tranquillizzarsi.
"Louis, non dire... Sciocchezze."
"Non sono sciocchezze Harry, io non ho bisogno di te."
"Ma me l'hai chiesto tu di venire!" Disse Harry, alzando un po' la voce.
"Ci ho ripensato. Vattene."
Harry tremò, Louis sembrava abbastanza lucido e questa cosa lo terrorizzava.
Louis si alzò bruscamente e si mise in piedi, ma dopo pochi secondi cominciò a vacillare e cadde nelle braccia pronte di Harry, che si era già prontamente alzato per seguirlo ovunque fosse andato. Non lo avrebbe di certo lasciato, dopo averlo finalmente ritrovato.
"Non hai bisogno di me, eh?" Disse Harry con la faccia di chi voleva avere ragione.
Louis si divincolò dalla sua stretta e si allontanò.
Si guardarono negli occhi, ancora una volta, gli occhi celesti minacciavano di traboccare da un momento all'altro. Stava dicendo all'unica ragione della sua vita di andarsene, di abbandonarlo, di lasciarlo andare quando qualche mese prima non desiderava altro che stargli vicino. Ma doveva farlo, per il suo bene, doveva lasciarlo.
Cazzo! Non riusciva più a trattenere lo sguardo su quegli occhi verdi che lo supplicavano di smetterla, voleva solo andare ad abbracciarlo forte. Ma non poteva. Abbassò gli occhi e disse:
"Vattene..."
"Io non voglio lasciarti."
"Non me lo far ripetere. Vai via."
Harry tratteneva le lacrime a forza, non doveva piangere.
"Louis, io" deglutì per non far sentire la voce spezzata, ma si sentiva, eccome se si sentiva "non voglio lasciarti. Perché dovrei? Ora che ti ho ritrovato non voglio perderti ancora. Non mi importa se ti droghi, se sei un alcolizzato, o se hai qualche altra dipendenza, la supereremo insieme. Ma ti prego, non mi chiedere di lasciarti, non posso..."
"È per il tuo bene. Se ti chiedo di andartene è per il tuo bene. Io non ho bisogno di assistenza, me la posso cavare da solo. Tu devi vivere la tua vita, la tua carriera, il tuo sogno... Ti chiedo, per favore, di andartene."
Harry chiuse gli occhi e sorrise. Che fidanzato sciocco che aveva.
"Ma allora non l'hai capito, eh, Tomlinson!? Io senza di te non vivo proprio un bel niente. Sei tu il mio tutto. Quando sto con te non ho bisogno di nessuna carriera o di nessun sogno, perché sei tu il mio sogno. Credo che io per cinque anni abbia sognato di esibirmi da qualche parte? Io sognavo te, sciocco. E ti sogno tutt'ora, pur avendoti vicino, ti sogno in continuazione perché ti voglio in continuazione. Un momento senza te, non ha alcun senso.
Lo vuoi capire questo, Tomlinson!"
Louis non disse niente, ma si avvicinò piano ad Harry e si accoccolò dolcemente tra le sue braccia, mettendo la testa sul suo petto e ascoltando il rumore del battito del suo cuore.
Bum, bum, bum, possibile che quel cuore battesse solo per lui?
Quanto era fortunato, Louis Tomlinson, ad avere come fidanzato Harry Styles, quanto?
Louis non disse niente, ma Harry capì comunque, e lo ringraziò accarezzandogli i capelli corti.
"Vedo che ora hai capito, Tomlinson."
Louis strusciò la testa contro il petto di Harry, come un gatto che fa le fusa in cerco di affetto.
"Vieni qui con me." Disse Harry, trascinandolo sul letto.
Si sistemarono contro la spalliera del letto, Louis poggiò la testa sul suo petto e Harry lo circondò con un abbraccio, stringendolo a se. Passò poco tempo e Louis di addormentò, sentendosi un po' sciocco per quello che aveva fatto, ma dopotutto felice. Aveva il ragazzo migliore del mondo e ne era consapevole.
"Comunque io lo dicevo per il tuo bene, di andartene" disse Louis riprendendo il discorso "io ti voglio qui con me, ma se questo implica che tu debba stare male allora non se ne parla proprio."
"Ma io non sto male con te, proprio per niente."
"Sicuro, sicuro?" chiese Louis, con la faccia da cucciolo.
"Sicuro, sicuro." Disse Harry sorridendo. "Ora dormi, sicuramente sarai stanco."
Louis chiuse gli occhi e si addormentò, tranquillo.

La mattina successiva Harry si svegliò e non trovò Louis al suo fianco. Entrò in panico. Poteva essere andato ovunque, poteva averlo abbandonato, poteva essere da qualche parte a drogarsi, ovunque.

Si precipitò a cercarlo.
"Louis?" Disse con un filo di voce, affacciandosi alla porta del bagno "sei qui?"
Nessuno rispose.
"LOUIS! LOUIS?" Si mise a gridare allora Harry, visibilmente preoccupato.
"Harry, sono qui..." disse Louis cercando di calmarlo con il tono di voce "non ti preoccupare."
Louis era seduto sul divano, con il pc sulle gambe e un leggero sorriso rivolto ad Harry.
"Che stai facendo?" Chiese preoccupato Harry.
"Io... Niente..."
Harry gli si sedette affianco e spiò la schermata del computer. Vide scritti nella barra di ricerca i loro nomi vicini e girò lo sguardo verso Louis che arrosì leggermente.
"Volevo vedere cosa pensavano di noi..." Disse Louis imbarazzato.
"Lou... Lo sai che non devi. La gente può essere molto cattiva quando vuole. E poi a te che importa? Stiamo insieme, e questo è l'importante. O no?"
"Be' si... Ma... È una cosa che non sopporto, che debbano inventare cose sul nostro conto, specialmente su di te. Non sai cosa si sono inventati! Hanno detto che..."
"No, non me lo dire, non mi importa. Ho imparato a fregarmene... Non sono più il ragazzino che va a cercare il suo nome e piange di fronte alle telecamere. E so che non sei neanche tu un ragazzino, quindi chiudi..."
"Lo vedo che non sei più un ragazzino..." Disse Louis chiudendo il computer e avvicinandosi ad Harry "non lo sei proprio più."
Si avvicinò e poggio le labbra sul petto, cominciando a baciarlo lentamente.
"A proposito di ragazzini... Ma tra poco non è il 24 Dicembre?"
Louis si allontanò dal petto di Harry e lo guardò con la faccia dubbiosa.
In realtà sapeva benissimo che era il giorno del suo compleanno. Ma erano cinque anni che non lo festeggiava, come si deve. Festeggiava in famiglia, costretto dalla mamma, passando la serata con le sue sorelle e spegnendo le candeline su una torta fatta in casa.
"Diventi sempre più vecchio" Disse Harry mostrando i denti perfettamente allineati "sei proprio un vecchietto."
"Ti faccio vedere io quanto sono vecchio, vieni..."
Louis si alzò prendendogli la mano e correndo verso la camera da letto.
"Vieni..." sussurò un'ultima volta all'orecchio, prima di chiudere la porta, come se qualcuno li potesse spiare.

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Capitolo 9
*** That's when we uncover ***


Louis si svegliò presto quella mattina, ed Harry non era al suo fianco.
Si preoccupò perché quando non era con lui si sentiva insicuro e incompleto. Prese qualche vestito a caso, si vestì ed andò a cercarlo in bagno, nella stanza degli ospiti, infine scese per vedere se era sul divano in soggiorno. Non c'era neanche lì, era entrato in panico, aveva bisogno di guardare nei suoi occhi, di toccargli la pelle bianca, di intrecciare la mano nella sua. Sentì dei rumori in cucina, pregò intensamente che fosse lui, che fosse in cucina e non l'avesse abbandonato.
Entrò, e appena intravide i ricci perfetti si tranquillizzò, non pensò più a niente, solo a quando lo avrebbe riabbracciato. Così gli corse incontro e lo avvolse con le braccia e non lo lasciò andare per diversi minuti. Harry rispose all'abbraccio e si lasciò andare accarezzandogli la spalla con le dita sottili.
"Avevo paura che te ne fossi andato." Sussurrò Louis con un fil di voce.
"Non lo farei mai. Non ti lascerei mai, mai."
Louis affondò la testa nelle scapole di Harry e trattenne a stento le lacrime di felicità che si era formate negli occhi.
"Ehi Lou... Guardami" il ragazzo alzò la testa "lo sai che giorno è oggi? È il tuo compleanno!"
Se n'era dimenticato, Louis, tanto preso dalla situazione.
"Guarda" disse Harry,eccitato come un bimbo, indicando il tavolo "l'ho fatta per te! Tanti auguri! Anche se sono 25 rimarrai sempre il mio piccolino."
Louis girò lo sguardo verso il tavolo e vi trovò una torta mal confezionata, con la crema che pendeva da un lato, e il cioccolato sopra mal posizionato che cercava di formare una scritta 'Happy Birthday Lou' ed un cuoricino di zucchero a velo sotto il tutto. Era la torta migliore che avesse mai ricevuto.
Gli buttò le braccia attorno al collo e lo abbracciò fortissimo, lo strinse e non riuscì a trattenere le lacrime, che gli rigarono il volto pallido per l'emozione.
Harry prese il volto di Louis tra le mani e lo pose davanti al suo.
"Non avevi detto che non dovevamo più piangere?"
"Lo so, ma nessuno aveva mai fatto una cosa così bella per me, solo per me."
Scoppiò a piangere, singhiozzava più che altro, e Harry lo lasciò sfogare tra le sue braccia.
Il suo ragazzo aveva sofferto così tanto... Ma ora che erano di nuovo insieme non avrebbe permesso più a nessuno di farlo soffrire. A nessuno.
Quando Louis ebbe finito Harry asciugò tutte le lacrime delle sue guance che avevano ripreso colore e lo baciò per consolarlo, per infondergli coraggio, ma infondo era per se stesso che lo faceva. Per darsi la forza di non crollare anche lui in un pianto disperato.
"Grazie" disse Louis con la voce tremante "grazie per esserci sempre per me. Credo di non averlo mai detto a nessuno oltre a te... Ti amo. E mi sento un po' stupido a dirlo, magari tu non ricambi allora mi sentirei molto stupido. Per me sono parole piene di significato, non le spreco con nessuno. Harry, io ti amo!"
Il ragazzo dai carpelli ricci rimase colpito da quelle parole. Non ci poteva credere, voleva urlare anche lui quanto amasse il ragazzo che gli stava di fronte, ma le parole gli si bloccarono in gola. Le inghiottì per poter permettere ad altre di risalire, ma niente. Non riusciva a dire nulla, era immobilizzato e... Innamorato.
Louis abbassò la testa, sconsolato, pensando di aver sbagliato a dire quelle cose.
"Scusa... Non dovevo... È troppo presto dopo quello che abbiamo passato..." Disse con la voce tremolante per l'imbarazzo.
Harry lo vide, vide che in lui qualcosa si era spezzato, e non poteva permetterlo. Allora prese tutta la forza che aveva in corpo e parlò, non c'era niente che non potesse fare per lui.
"No Lou, non hai sbagliato niente. Mi ricordò l'ultima volta che le ho pronunciate, quando te ne andasti cinque anni fa, pensavo che non lo avrei detto più a nessuno. Invece eccomi qui, con te.
Louis, io ti amo.
Come allora, o forse ancora di più, perché ora siamo cresciuti e sono più consapevole di quello che dico. È quando dico che ti amo non scherzo, ti amo, ti amo, ti amo!"
Louis alzò la testa e lo guardò negli occhi. Era tutto racchiuso lì, in quel corpo, tutto l'amore del mondo concentrato in due occhi verdi, nella bocca carnosa, nel naso largo, nelle mani che gli cingevano i fianchi, persino i riccioli perfetti sprizzava amore da ogni parte.
Si baciarono perché non avevano più nulla da dirsi, ormai erano spogli, ognuno poteva entrare nel corpo dell'altro e sapere cosa stava pensando, cosa avrebbe fatto, cosa provava.
"Sono così fortunato" disse Louis quando si sedettero sulle sedie in cucina "ad avere te."
"Io sono fortunato, perché solo io posso dire che Louis Tomlinson mi ama." Ribatté Harry con il sorriso in faccia.
Louis curvò a sua volta le labbra in un sorriso e appoggiò la testa sulla spalla di Harry, lo annusò. Sapeva di buono, di zucchero a velo e crema, anche di cioccolata.
"Allora, questa torta la vuoi assaggiare si o no!?"
Ne presero tutti e due una fetta, e la divorarono in pochi minuti.
"Era buonissima!" Disse Louis con ancora il boccone pieno.
"Vieni qua." Disse Harry prendendogli la mano e facendolo sedere sulle sue gambe.
"Sei sporco di zucchero a velo."
"Dove?" Chiese Louis cercando di pulirsi con un tovagliolo.
"Fermo." Disse con voce calda Harry "fermo..."
Si avvicinò alla sua faccia e cominciò a leccarlo vicino la bocca, dove era sporco di zucchero. Poi passò a pulirgli le labbra passandoci la lingua sopra. Louis aprì la bocca per accogliere la lingua di Harry e attorcigliarla alla sua, si toccavano, si accarezzavano la schiena, quando il campanello squillò e la magia fu interrotta.
Andò Harry ad aprire, lasciando Louis sulla sedia, per riprendersi da quel bacio meraviglioso.
"Louuuuuuuu!" Due bambine bionde corsero ad abbracciarlo e lo riempirono di baci.
"Buon compleanno!" Dissero in coro.
"Quanto siete cresciute! Le mie bimbe..." Disse Louis, sentendosi un vecchio padre orgoglioso dei suoi figli.
"Lasciare lo stare! Vieni qui, Lou!" Louis si alzò ed andò ad abbracciare la mamma con le braccia aperte "buon compleanno amore mio."
"Grazie mamma..." Disse Louis sorridendole affettuosamente.

Passarono la mattina a parlare, a scherzare, e a ridere, sembrando una bella famiglia affiatata. Harry si sentiva un po' escluso a volte, ma quando Louis se ne accorgeva, gli prendeva la mano e gliela stringeva forte, per non farlo sentire solo.
La famiglia di Louis se ne andò il pomeriggio presto, premettendogli di tornare più presto a trovarlo.
"Ricominciamo da dove avevamo lasciato...?" Disse Louis, che non aveva pensato ad altro per tutto il giorno.
"No..." Disse Harry, misterioso.
"Come no?" Gli rispose, quasi scioccato.
"Hai capito bene, no. Ho in mente qualcos'altro per oggi..."
"Non mi dire che mi hai organizzato una festa?! Non mi piacciono le feste..."
"Andiamo in discoteca! Come due ragazzi normali, con quelle luci non ci riconoscerà nessuno... Lou, ricominciamo a vivere!"
Harry era visibilmente eccitato dalla serata, e al solo pronunciarlo sbarrò gli occhi, fomentato.
"Hazza... Non lo so... Ho un po' paura."
Harry si rabbuiò.
"Ci sarò io, non ti potrà accadere nulla." Gli rispose Harry, cercando di convincere più se stesso che Louis.
"Io ho paura di quello che potrei fare io. Là... Sarà pieno di... Droghe. Non so se ce la farei, a resistere. Non lo faccio da un po' solo perché ci sei tu, e non ho bisogno di nient'altro, ma se mi dovessi lasciare anche solo per un momento, ho paura di quello che potrei fare."
Harry si rassegnò, capì che aveva sbagliato a proporlo, era andato troppo veloce. Lou non era pronto per il mondo, non ancora.
"Allora saliamo sopra..." Disse Harry, visibilmente rattristato.
Salirono, si stesero sul letto e si appoggiarono alla spalliera, Louis nella braccia di Harry, accoccolato a sentire il suo battito, il suo respiro, il suo profumo...
"Così non ti ho fatto nessun regalo..."
"Non ti preoccupare. Stare qui con me è il più bel regalo che mi potessi fare."
Louis guardò Harry in faccia, era triste... Non voleva vederlo triste. Allora si convinse, lo accontentò, più per il suo bene che per quello di se stesso.
"Andiamo." Disse Louis deciso.
"Come?"
"Ho detto andiamo, in discoteca."
"Ma... Non devi farlo per me, andremo quando ti sentirai pronto."
"No, andiamo ora."
"Lou, davvero, non c'è bisogno..."
"Invece si, sono cinque anni che non festeggio un compleanno come si deve."
"Sicuro?"
"Sicuro."
"Allora andiamo."
Harry si era improvvisamente ridestato e sprizzava gioia da tutti i pori. Finalmente poteva essere un ragazzo normale, che esce con il suo fidanzato, si diverte, e non si nasconde più. Basta vergognarsi, basta pensare troppo. Lui amava un uomo, Louis Tomlinson, e a chi non stava bene se ne poteva benissimo andare a fanculo.
Cazzo che emozione! Sentire il vento tra i capelli, il motore della macchina sotto di lui che sfrecciava sulla strada, la mano del suo ragazzo che gli stringeva la coscia.
Parcheggiò, scesero dall'auto ed entrarono nella discoteca mano nella mano, stringendosi forte, l'un l'altro.
 

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Capitolo 10
*** Panic at the disco ***


"Allora, ti piace il mio regalo?" Disse Harry mentre stringeva forte Louis in un abbraccio.
"Mi piace." Disse Louis sorridendogli.
Poi lo baciò, senza preoccuparsi di tutte le persone che gli stavano affianco, che gli ballavano quasi addosso. Quando si staccarono Louis sorrise, gli piaceva quella sensazione, baciarlo così, di fronte a tutti, non l'aveva mai fatto.
"È bellissimo poterti baciare qui, con tutta questa gente, senza che freghi niente a nessuno. Cazzo Harry, siamo liberi!"
Harry gli sorrise e tornò ad assaporare avidamente le sue labbra sottili, lasciandolo senza fiato.
"Piano Haz, va bene baciarci, ma non andiamo oltre!" Disse scherzando il ragazzo dagli occhi celesti.
"Lou... Andiamo!"
Harry lo trascinò fino al bancone delle bevande, facendolo inciampare sulla gente che ballava lì intorno.
"L'hai mai provato questo?" Disse Harry indicando una bevanda dal colore azzurro.
"No... Non credo... Cos'è?"
"Assaggialo!"
Harry ne ordinò due bicchieri.
"Lo devi bere tutto d'un sorso."
"Lo so come si bevono gli alcolici, Haz, sei tu quello piccolo tra noi due."
Buttarono giù tutti e due il liquido nei bicchieri e Harry subito ne ordinò altri due.
"Non esagerare, poi chi guida!?" Disse Louis mentre rideva e prendeva un altro bicchiere che avrebbe trangugiato di lì a poco.
"Dai Lou smettila di fare il guasta feste. Divertiamoci."
Dopo che ne bevvero altri due a testa si trascinarono nella parte più affollata della pista, ballando a caso, cadendo sulle persone e ritrovandosi a ridere senza motivo.
"Harry come cazzo balli!" Disse Louis in preda ad una risata incontrollabile.
"Eh? Che hai detto?" Gli rispose Harry non capendo quello che aveva detto.
"Che balli come un coglione!"
"Eh?" Insistette Harry.
"Vaffanculo!" Disse Louis, gridandolo tanto forte da far girare molto persone lì intorno.
Harry si mise a ridere e la testa gli girò tanto da farlo andare a sbattere contro una ragazza che ballava a pochi metri da lui. Caddero a terra, Harry sopra la ragazza, in una posizione abbastanza equivoca. Louis che vide tutta la scena scoppiò in una risata incontrollata e quasi finiva a terra anche lui, per quanto ridesse.
"Ti levi di qua!" Disse un ragazzo alto almeno due metri, prendendo bruscamente per un braccio Harry e scaraventandolo lontano dalla ragazza.
"Mettiti in piedi, coglione! Cazzo stavi facendo con la mia ragazza?"
"Eh?" Disse Harry, suscitando nell'energumeno ancora più rabbia di quanta già ne avesse.
"Quella è la mia ragazza!" Gli gridò in un orecchio, preso da uno scatto d'ira.
"Ohhh! Scusa! Non ti preoccupare, anche io sono fidanzato!" Disse Harry, non capendo la gravità della situazione.
"E allora cadi addosso alla tua fidanzata, imbecille."
"Già."
Harry si alzò, andò da Louis e si ritrovò tra le sue braccia, incapace di reggersi in piedi.
L'uomo alto, seguì incuriosito la scena e si avvicinò a quei due.
"Ma questa non è una ragazza. Non avevi detto di essere con la tua fidanzata?"
Harry lo guardò stordito, non era certo un lungo per intavolare un’amichevole conversazione.
"È solo un amico" rispose freddamente "ora te ne vai ?"
A Louis crollò il mondo. Il pavimento cominciò a tremare, e le sue gambe a vacillare. Era 'solo un amico'. Solo un amico? Non aveva aspettato cinque anni per essere solo un amico!
"Secondo me siete froci." Disse l'uomo ridendo e chiamando alcuni suoi amici lì intorno.
"Si. Lo siamo. E non vedo niente di male." Disse Louis trattenendosi a stento dal gridare.
"Lascialo perdere" gli sussurrò Harry ad un orecchio "andiamocene."
"Quindi siete froci? A noi non piacciono, i froci. Vero ragazzi?"
Due uomini che affiancavano l'energumeno, grugnirono.
"Affatto." Ringhiò quello alla destra, stringendo le mani a pugno.
"Andiamocene." Sussurrò Harry a Louis, sperando che questa volta lo ascoltasse.
"Lasciateli stare" Disse la ragazza su cui Harry era caduto "non è da voi prendersela con due checche indifese."
"Hai ragione" disse l'uomo più alto "voi due, andatevene, tu aspettami qua che vado a prendere da bere."
Tutti obbedirono agli ordini, i due uomini se ne andarono, e la ragazza rimase lì, ferma. Era abbastanza alta, i capelli lunghi e biondi che gli cadevano sulle spalle, le belle gambe lunghe chiuse in una gonna che copriva a stento la prima parte delle cosce.
"Non mi ringraziate?" Disse a Louis ed Harry, che erano rimasti immobili durante tutta la scena.
"Grazie." Disse scorbuticamente Louis, tirando Harry per un braccio.
"Tu! Riccio! Vieni qua, mi devi chiedere scusa per avermi rotto un tacco!"
Harry si girò e notò che non aveva entrambe le scarpe.
Allora si divincolò dalla stretta di Louis e si avvicinò alla ragazza, che, con una certa sorpresa, trovava attraente. Doveva essere l'alcol, o la confusione che aveva in mente, ma desiderava poggiare le sue labbra su quelle della ragazza. Nell'ultimo tempo non aveva mai desiderato di farlo con qualcuno che non fosse Louis.
"Scusa." Le sussurrò all'orecchio, facendola rabbrividire.
La voce di Harry aveva sempre un certo effetto su tutti.
Harry la guardò negli occhi e poi la baciò, infilandogli la lingua in bocca senza permesso, anche se alla ragazza non sembrò dispiacere. Harry si sentiva... Sporco, e insoddisfatto. Mentre ancora muoveva la lingua nella sua bocca si accorse di provar ribrezzo, ma non per la ragazza, per se stesso. Si staccò dalla bocca di quella e si girò di colpo.
Vide Louis, con gli occhi velati da una patina trasparente, guardare tutta la scena, incredulo. Cosa aveva fatto?
"Lou." Mosse le labbra senza pronunciar alcun suono. "Lou..."
Louis fece finta di non vederlo, si girò ed uscì dalla discoteca, lasciando Harry da solo, in mezzo alla pista da ballo.
Si sedette su un muretto lì vicino, incapace di muovere un altro passo. Harry lo aveva... Tradito, davanti a lui, senza preoccuparsi minimamente di come si sarebbe sentito. Aveva baciato un'altra persona, e... Niente sembrava avere senso, così si sdraiò, lasciando che i suoi pensieri gli scivolassero addosso come l'acqua nella doccia. Ma non lo fecero, rimasero ad affollargli la testa con mille domande.
'Ma era ubriaco' si disse 'e poi non è di mia proprietà. Può baciare chi vuole. Io ne bacerò altre cento e voglio proprio vedere cosa dirà. Anzi me ne vado, chi cazzo sto aspettando qui! Se mi vuole lasciare lo faccia pure per telefono, chi se ne fotte!'
E poi lo vide. Usciva dalla porta principale come un cucciolo perso. Girava la testa a destra e a sinistra, disperato, gli occhi arrossati, le labbra dischiuse in una smorfia di dolore. Louis si accorse che non avrebbe mai potuto baciare delle labbra che non fossero le sue, non avrebbe mai potuto guardare negli occhi di qualcuno e provare quello che provava per Harry... Un misto di emozioni, conforto, gioia, passione... Amore. Non lo avrebbe mai potuto abbandonare, mai... Non lo avrebbe mai lasciato senza lottare.
"Ah, guardate chi c'è qui!" Gridò l'uomo alto di prima "il frocio! Ora che non c'è la mia ragazza a difenderti vedrai come ti concio."
L'uomo si avvicinò barcollando ad Harry e gli sferrò un pugno sotto il mento. Questo cadde sull'asfalto e ricevette un calcio nella pancia che gli fece sputare un po' di sangue dalla bocca.
"Lascialo stare!" Gridò Louis.
L'uomo si girò e la prima cosa che vide fu un pugno rivolto al naso, che le fece barcollare all'indietro, poi un altro sulla guancia che lo fece cadere sul marciapiede e sbattere la testa contro un muretto.
Louis si precipitò verso Harry e gli prese la testa tra le mani, pulendogli la faccia dal sangue che scendeva piano dal naso.
"Lou..." Riuscì a sussurrare Harry.
"Shh. Sono qui. Ora andiamo a casa, non ti preoccupare."
"Scusa."
"Non importa." Louis parve sincero agli occhi di Harry "Tu lo sai che ti amo qualunque cosa tu faccia." Quasi sussurrò mentre lo diceva e lo baciò, come per cancellargli la colpa.
Louis si alzò, guardò l'uomo steso per terra divincolarsi, e si trattene dal dargli un altro calcio.
"Nessuno può picchiare il mio ragazzo. Saremmo pure froci, ma siamo sicuramente più uomini di te!"
Aiutò Harry ad alzarsi, lo trascinò fino alla macchina e lo portò a casa, al sicuro.

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Capitolo 11
*** Just can't let him go ***


Tornato a casa, Louis mise a letto Harry, se ne prese cura, gli medicò le ferite e lo coccolò finché il ragazzo non di addormentò. Poi si fiondò sotto la doccia. Non ce la faceva più.
L'acqua scendeva e Louis rimaneva impassibile, bagnato dalla testa ai piedi, incapace anche solo di muoversi. Il rumore dell'acqua non riusciva a superare quello dei suoi pensieri che gli rimbombavano nella testa. Non ce la fece più e scoppiò a singhiozzare appoggiando la testa alla parete fredda della doccia. Dai suoi occhi non scendevano lacrime, così come il suo cuore era privo di qualsiasi sentimento e la mente si era improvvisamente svuotata lasciando spazio al nulla. Il rumore dei suoi singhiozzi, privi di vera tristezza, si mischiavano al suono dell'acqua che cadeva sui suoi capelli formando una specie di melodia inquietante.
Niente riusciva più a renderlo felice. Ne triste. Ne preoccupato. E Louis neanche tentava a provare qualcosa. Non gli importava nulla, si limitava ad ascoltare quella strana melodia che si era formata senza provare niente.
Per sbaglio spinse la maniglia della doccia e tutto si spezzò. Il rumore dell'acqua cessò, il pianto risuonò forte e Louis inorridì. Fu quella, la sua prima emozione, la paura. Improvvisamente ebbe paura di tutto. Del suo passato, del suo futuro, del suo presente. E di Harry. Ebbe paura anche di lui. Il ragazzo che chiamava fidanzato, lo spaventava a morte. Ebbe la voglia impulsiva di cacciarlo dal suo letto, di mandarlo via, perché gli faceva terribilmente paura.
Così si mise l'accappatoio e quasi corse verso la camera con i pugni stretti e il viso contratto.
Ma quando lo trovò avvolto tra le coperte soffici, con il volto candido appoggiato sul cuscino e le mani strette attorno al risvolto del piumone l'unica sensazione che provò fu l'amore. Non riusciva neanche a pensare a quanto lo amasse. Amava quel viso perfetto, gli occhi chiusi, il naso largo, la bocca contratta in una smorfia, il mento un po' nero per il pugno appena ricevuto, le mani grandi, tutto tutto tutto. Amava tutto di lui.
Come aveva solo potuto pensare di mandarlo via?
Lo avrebbe amato per sempre. Aldilà del suo aspetto fisico, del suo carattere, dei suoi compartenti e di tutte le altre cazzate. L'avrebbe amato per sempre perché lui l'aveva salvato. Aveva raccolto le ceneri di quello che era stato una volta Louis Tomlinson e l'aveva ricomposto, soffiando via la parte bruciata, quella marcia. L'avrebbe amato per sempre perché era l'unica cosa di cui aveva veramente bisogno. E non importava quante stronzate avrebbe fatto, lui lo avrebbe perdonato sempre. Non poteva vivere senza di lui.
La bocca di Harry si mosse e ne fuoriuscì un suono, un misto tra dolore e stanchezza.
"Lou." Harry mosse la mano in cerca del corpo del suo ragazzo.
"Sono qui" rispose Louis" sono qui."
"Mi fa male..."
"Non ti preoccupare piccolo, ci sono qui io. Mi prenderò cura di te."
Cominciò a canticchiaere il ritornello di "Look after you" dei The Fray per farlo calmare. La sua voce risuonava così debolmente che sembrava un sospiro, ma era così melodica da far invidia a qualsiasi base già preparata.


Oh, oh, 
Be my baby 
Ohhhhh 
Oh, oh 
Be my baby 
I'll look after you


Harry si era riaddormentato e sembrava stare infinitamente meglio. Aveva un piccolo sorriso stampato sulle labbra ed il viso non era più contratto.
Louis rimase a guardarlo finché non si addormentò.
Lo amava proprio tanto.
 
Harry si svegliò e vide tutto nero. Intorno c’era solo buio, tanto buio. Dov’era? Cosa ci faceva lì? Ma soprattutto. Dov’era Louis?
Intravide una figura dai contorno non definiti, con una maglietta bianca che si allontanava.
“Louis!” gridò Harry con il sorriso “Louis! Lou! ”
Il ragazzo non accennava a volersi voltare.
“Lou!”
Niente. Così Harry cercò di raggiungerlo, ma ogni volta che si stava per avvicinare, questo si allontanava sempre di più.
Harry inciampò in qualcosa e si ritrovò di faccia a terra.  Versò qualche lacrima mentre sussurrava sempre lo stesso nome.
“Lou…”
Finalmente questo di girò, e lo guardò dritto negli occhi. Erano gelidi. Harry rabbrividì al solo guardarli. Gli penetrarono dentro e gli ghiacciarono tutti i muscoli, smise di respirare, e il suo cuore smise di battere.
“Lo sai cosa hai fatto? Lo sai cosa hai fatto Harry?” sbraitò Louis con una voce che non era la sua “Mi hai fatto soffrire, ancora. E non sarà l’ultima volta che lo farai, sai fare solo questo. Farmi soffrire. Mi stai distruggendo, mi stai facendo a pezzi. Devi andartene, sei solo un fottutissimo ragazzino, devi sparire! Non ti voglio vedere mai più!”
Harry aprì gli occhi, questa volta per davvero, e si ritrovò avvolto nelle coperte, in un bagno di sudore. La prima cosa che fece fu alzare la testa e controllare se Louis fosse ancora al suo fianco.
Lui era lì, illuminato dalla luce che filtrava dalla finestra, gli occhi chiusi e le mani strette intorno ad un lembo del piumone. Bellissimo, come sempre. Il ragazzo riccio si sdraiò nuovamente facendo attenzione a non fare rumore. Ci mise un po’ a realizzare tutto quello che gli era successo la sera prima. Il compleanno di Louis, sì, questo se lo ricordava. La discoteca… Qualche bicchiere di troppo. Delle labbra ed un sapore disgustoso. Labbra di una ragazza. Aveva baciato una ragazza. Mentre Louis… lo stava guardando. Trattenne a stento le lacrime, al solo pensiero di aver fatto una cosa del genere, di averlo ferito. Come aveva potuto!? Harry si sarebbe sotterrato vivo in quel preciso istante, provò tanta vergogna, dolore, tristezza e consapevolezza di essere un idiota. Un perfetto idiota. Un uomo calvo, un pugno, un calcio, e poi sangue. E non si ricordava più niente.
Guardando il viso di Louis, Harry notò dei piccoli segni che gli rigavano le guance. Erano lacrime.
Si paralizzò. Smise di respirare. Louis aveva… pianto. E la causa di tutto questo era proprio lui, quello che aveva giurato che nessuno avrebbe mai potuto fare del male a Louis, che nessuno più l’avrebbe ferito, e invece il primo a farlo stare male era stato lui.
Il sogno… Era vero quello che Louis gli aveva detto, tutto vero. Era solo un fottutissimo ragazzino e avrebbe dovuto andarsene.
Harry cercò di calmarsi, di riprendere a respirare regolarmente, di smettere di sudare a freddo. Chiuse gli occhi e l’unica cosa a cui riuscì a pensare fu il volto di Louis mentre piangeva.
Si malediceva per aver fatto quella cazzata, per aver provato quello stupido impulso di baciare quella cazzo di ragazza. La cosa che più lo faceva andare fuori di testa era la consapevolezza di non essere stato ubriaco quella sera. Sballato sì, ma non ubriaco. Sapeva bene quello che stava facendo, e quel gesto era stato dettato da qualche malsana voglia di sentire cosa avrebbe provato. Lo schifo, ecco cosa avrebbe provato.
"Harry... A cosa stai pensando?"
Louis interruppe i suoi pensieri e lo catapultò di nuovo nel mondo reale.
"Da quanto sei sveglio?" Chiese Harry puntando gli occhi sul viso del ragazzo.
"Da abbastanza tempo per vedere che sei pensieroso."
"No... Niente." Rispose Harry poco convinto.
"Stai pensando a ieri sera, vero? Non ti devi preoccupare, io lo so che non avevi intenzione di fare quello che hai fatto. Non sono ne arrabbiato, ne deluso, davvero, stai tranquillo."
Harry rabbrividì, vedere il suo ragazzo mentire gli mise ansia. Perché Louis mentiva, ed Harry lo sapeva. Sapeva benissimo che appena chiudeva gli occhi, Louis vedeva quel bacio sporco, riusciva a sentirne anche il suono orribile, e che ogni volta cercava di non pensarci, come se fosse una cosa normale.
"Harry?"
"Sì, Lou?"
"Non essere arrabbiato con te stesso, ti prego... Io ti ho perdonato, tu puoi fare lo stesso."
"Sì..."
"Promettimi una cosa. Promettimi che non farai sciocchezze, che non ti farai guidare dall'istinto, che non farai di testa tua. Ho paura di perderti..."
"Sì, Lou, te lo prometto."
Louis si avvicinò e lo cinse in un abbraccio, ed Harry adagiò piano la testa sul capo del suo ragazzo. Assaporò il suo odore, chiuse gli occhi e gli strinse la mano. Poi si avvicinò al suo viso, e lo baciò, mentre le mani indugiavano sul suo viso e le labbra si sfioravano con infinita grazia.
E così Harry Styles baciò Louis Tomlinson, forse per l'ultima volta.

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Capitolo 12
*** Alone ***


Quando Louis si svegliò notò qualcosa di diverso. Non c'era il solito calore nel letto e la sua mano non era stretta in quella di nessun altro. La paura gli pervase il corpo. Harry.
Aveva paura, Louis, aveva paura di aprire gli occhi, di girare la testa, e di non trovarlo accanto a sé, con il sorriso sfavillante, e gli occhi verde mare a perforargli l'anima.
L'anaialo logorava, lo buttava sempre più nello sconforto. Voleva aprire gli occhi, voleva davvero. Voleva girarsi e tuffarsi nelle braccia aperte di Harry, pronte ad abbracciarlo. Voleva sentirsi stupido per aver solo pensato che Harry potesse abbandonarlo. Perché non poteva abbandonarlo, vero? Non aveva senso abbandonarlo, non in quella circostanza, non in quel modo.
Quindi Louis si decise, aprì gli occhi, girò il volto e mostrò un sorriso a trentadue denti. Che gli morì sulle labbra quando si accorse di star sorridendo ad un cuscino. Un cuscino, un piumone rivoltato, delle lenzuola sfatte é niente più.
Non era vero. Non poteva essere vero. Harry doveva essere in bagno, o in cucina, o era uscito a far la spesa.
Louis si precipitò in bagno, spalancò la porta, e niente. Corse in cucina, e vide una tazza sporca sul tavolo, sperò che Harry fosse lì e invece non c'era.
"HARRY! HARRY! Dove sei?"
'Harry non c'è' Rispose una voce nella sua testa.
Louis si spaventò, non tanto per la voce, a cui si sarebbe abituato, ma per il contenuto della frase. Harry non c'è. Ci pensò così tante volte a quella frase, mentre era raggomitolato sul letto, con le ginocchia strette sul petto, e la testa sprofondata tra esse. La ripeté talmente tante volte che parve perdere significato, gli rigirava in testa, si scomponeva e ricomponeva a suo piacimento, e poi si perdeva nel nulla.
Passarono ore, prima che Louis decise di alzare la testa e controllare negli armadi, nei cassetti, sul lavandino in bagno, ma niente. Non c'era più niente che appartenesse ad Harry Styles in quella stanza. I vestiti nell'armadio erano scomparsi, il caricabatteria e il libro nel comodino vicino al letto non c'erano più. Lo spazzolino aveva fatto la stessa fine.
Louis cercò fino alla sfinimento, qualche traccia, qualcosa per cui Harry sarebbe ritornato in quella casa.
'Lou' si sentì chiamare 'è inutile che cerchi, non c'è nulla di mio.’
Louis si fermò all'improvviso e analizzò quella voce. Era tremendamente simile a quella di... Harry, sì, era la sua voce. E perché era nella testa di Louis? Eppure lui non era lì, non era lì, vero?
"HARRY, HARRY, TI PREGO vieni..." Louis riuscì a finire la frase con un fil di voce prima di cadere per terra.
 
Louis si risvegliò, sudato, in preda agli spasmi, sul pavimento.
Quella voce gli ronzava in testa e sembrava non volerlo lasciare più. Ricordava il suo timbro, il suo calore, il suo suono.
Cercò di rialzarsi ma non ci riuscì. In quel momento capì quanto realmente avesse bisogno di Harry, e che Harry non se n'era minimamente accorto.
Aveva bisogno di stringere la sua mano per rialzarsi, di indugiare nei suoi occhi per sognare, di guadare il suo viso per sorridere.
L'aveva perso, di nuovo, se l'era fatto sfuggire dalle mani, ma questa volta era lui che se n'era andato, che l'aveva lasciato solo.
'Lo sai perché l'ho fatto' disse la voce nella testa di Louis.
"No, non lo so perché l'hai fatto, Harry." Rispose Louis, facendo echeggiare la sua voce nella stanza fredda.
'Lo sai' sussurrò quella voce 'lo sai."
"Non... Non lo so." Disse, e ricominciò a tremare.
Perché lo aveva fatto? Gli aveva giurato che non lo avrebbe mai più lasciato, invece era proprio quello che aveva fatto.
Louis chiuse gli occhi, le tempie gli pulsavano mostruosamente e la testa gli scoppiava. Provò a calmarsi, a ricominciare a respirare normalmente, a far battere il cuore regolarmente.
Un suono, come un trillo, gli perforava le orecchie, cercava di alzarsi, di far smettere quel rumore assordante, ma le gambe non si muovevano, i muscoli non rispondevano, e gli occhi non si aprivano.
Il suono continuava e continuava a trillare e Louis era incapace di muoversi, di farlo smettere.
Poi aprì gli occhi, e capì che stava solamente sognando, che le sue mani si muovevano e riusciva a camminare. Ma quel trillo, quel suono ripetuto era vero. Era il campanello della porta.
Louis corse come non aveva mai fatto, inciampò in vari oggetti, spalancò porte e finalmente si ritrovò davanti alla porta d'ingresso. Non indugiò un secondo in più, acchiappò la maniglia e l'abbassò. 
"Harry..." riuscì a sussurrare prima di ritrovarsi nelle braccia della persona che gli stava di fronte.

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Capitolo 13
*** tvb ***


Louis si risvegliò all’improvviso. Il cuore gli batteva forte nel petto e sembrava che volesse uscire e farsi una vita tutta sua. Aveva … paura? Sì, la paura era esattamente il sentimento che descriveva meglio quello che sentiva in quel momento. La paura di aprire gli occhi e di trovarsi davanti ad una verità più grande di lui lo spaventava a morte. Solo dopo essersi lentamente calmato si accorse di una mano che gli accarezzava piano la fronte, dove si trova l’attaccatura dei capelli. Quella mano aveva un tocco leggiero, come quello di una farfalla, era delicato ma deciso al tempo stesso. Louis rabbrividì. Allora era vero? Lui era tornato? Degli ultimi momenti in cui era stato sveglio si ricordava soltanto del campanello, di una porta spalancata e delle braccia pronte ad accoglierlo. In quel momento era adagiato su delle gambe, come un bimbo, e veniva cullato dolcemente dalle carezze di quella mano misteriosa.
Dopo aver fatto questa scoperta ebbe ancora più paura di aprire gli occhi e non trovare due fari verdi a scrutarlo dolcemente, una bocca curvata nel sorriso più bello che potesse esistere e le grandi mani ad accarezzargli la fronte. Ma chi poteva essere se non lui? Chi altro lo aveva mai fatto sentire così amato? Non aveva mai provato sensazione del genere se non con …
“Mamma.” Sospirò Louis.
“Sì amore, lo so che ti aspettavi un’altra persona … Ma io sono qui.”
Louis richiuse immediatamente gli occhi. Lui non c’era. Si era illuso, per la centesima volta. Come un peso di ferro gli si poggio sul cuore, e le lacrime cominciarono a sgorgargli dagli occhi. Cercò di calmarsi, di ricacciare le lacrime, di alleggerire il peso che aveva nel petto, ma le cose peggioravano soltanto, le lacrime si trasformarono in cascate, il peso raddoppiò e Louis si ritrovò a singhiozzare aggrappato al grembo di sua madre, esattamente come quando era piccolo.
“Mamma ...”
La bella signora dai lunghi capelli neri si voltò verso il figlio e lo osservò in tutta la sua bellezza. Gli occhi celesti velati da una tristezza singolare, le labbra sottili contratte in una smorfia, le guancie rigate dalle lacrime che non avrebbe dovuto piangere.
“Dimmi, amore mio.”
“Cos’ho di sbagliato? Perché non riesco a tenermi stretta una persona? Anche tu, mamma, te ne sei andata.”
“Non hai niente di sbagliato. Sono gli altri che non ti capisco sai…”
“Smettila di dire le solite stronzate che si dicono ai depressi” Louis si alzò per guardare dritto negli occhi sua madre “ e dimmi la verità.”
Johannah chiuse gli occhi e rifletté prima di rispondere.
“Louis, io credo davvero che tu non abbia nulla di sbagliato. Sei solo lunatico. Pensaci bene, quante volte hai cambiato idea su qualsiasi cosa da quando stai con Harry?”
Louis ci pensò. Prima aveva intenzione di tenerselo stretto a sé, poi voleva mandarlo via, poi di nuovo era tornato ad essere solo lui, e ancora lo aveva odiato e amato intensamente, lo aveva fatto preoccupare inutilmente la maggior parte delle volte.
“Ci hai pensato? Be’, Harry sarà solo un po’ spaventato. Tornerà. Nessuno può resistere lontano da te dopo averti amato,  e soprattutto se ti ama come fa Harry. Non ti preoccupare, tornerà…”
“E tu, mamma, tu che sei scappata, perché lo hai fatto?”
Louis si riferiva a quei cinque anni in cui la sua famiglia si era allontana gradualmente da quello che Louis era diventato. Fumo, droga, modi bruschi, mesi passati senza dare proprie notizie. Lui non si aspettava che la sua famiglia lo avrebbe capito, compreso e appoggiato, ma non che lo avrebbero completamente abbandonato. Come alla fine era successo. Prima di finire in ospedale non vedeva sua madre da un anno. Un anno intero senza la donna che lo aveva messo al mondo, lo aveva cresciuto, accudito, amato.
“Quella è un’altra storia. Sono stata io a sbagliare, allora. Non capivo che tu avevi bisogno di me. Non ti accettavo com’eri, non sapevo di cosa avessi bisogno e consideravo tutto quello che ti stava accadendo come di passaggio. Ora ho capito, ora capisco che persona meravigliosa sei e mi dispiace di averti lasciato da solo.”
“Mamma, non ti preoccupare per me, ti prego. Non ho bisogno della tua compassione, della tua pietà, io sono unitile.”
“Louis no, tu…”
“Cazzo mamma ho detto basta! Io sono unitile e basta! Ora però vattene, ti prego.”
“Non sei in te, e non ti lascerò un’altra volta.”
“Questa volta sono io a chiederti di andartene. Non sono arrabbiato con te, voglio solo stare da solo. Vattene. Hai detto che mi capisci ora, quindi puoi assecondarmi  per una volta?”
“Io me ne vado Louis, ma non fare sciocchezze.”
“Sì.”
“Guardami Louis” Johannah prese la faccia smunta del figlio e la fece combaciare alla sua “ devi promettermelo. Niente sciocchezze. Niente droghe. Capito?”
Louis si divincolò dalla sua prese e si allontanò da lei. Niente sciocchezze. Niente droghe. Le droghe. Non ci aveva pensato in questo ultimo periodo alla droga. Ma non lo avrebbe fatto, non si sarebbe drogato, perché ciò di cui aveva bisogno era ben altro.
“Capito.”
Johannah lo abbracciò stringendolo forte.
“Ti voglio bene, mamma.”
“Te ne voglio anche io. Mi raccomando. Ci vediamo presto.”
Louis rimase solo in quell’appartamento troppo grande per un uomo solo, quell’appartamento che era stato pieno di amore e che ora era freddo come un nido vuoto. 

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Capitolo 14
*** Last first kiss ***


Louis prese un giubbotto qualsiasi dall’armadio, s’infilò le scarpe e uscì in una fredda mattina di gennaio. Prese una via a caso, e si mise a camminare sperando di rimuovere tutti i brutti pensieri, che alla fine invece di andarsene si accumularono tutti insiemi rischiando di farlo impazzire. Troppi ricordi, troppe carezze, baci, sguardi, mani strette, lacrime di gioia, risate da togliere il fiato, troppo.
Senza neanche accorgersene Louis era arrivato alla sua panchina preferita e si era seduto sopra. Quella panchina era la sua preferita, da sempre. Lì sopra ci aveva vissuto tutta la sua vita. Se avesse voluto, avrebbe potuto vedere incise le iniziali sue e della sua prima fidanzatina, un cuore per il ragazzo del suo corso che amava tanto. Quella panchina sapeva delle lacrime amare che aveva pianto quando non si sentiva accettato, di quando pensava che la sua vita fosse inutile. Se ascoltava attentamente, poteva sentire le risate dei giorni felici che aveva trascorso seduto lì circondato dai suoi amici. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto sentire scorrergli nelle vene l’amore che aveva provato seduto esattamente su quella panchina, con un ragazzo al suo fianco.
 
“Perché mi hai portato qui?” chiese il ragazzo riccio.
“E’ il mio posto preferito. Quando sono qui tutto il resto del mondo sparisce. Mi sento bene, quando sto qui.” Rispose fiero il ragazzo dagli occhi celesti.
“Posso sedermi?”
“Non lo so… Devo decidere.”
“Che cosa devi decidere?”
“Se sei abbastanza importante per me.”
Il ragazzino dai capelli ricci e gli occhi verdi scrutò il ragazzo che gli stava seduto davanti, con le gambe aperte e le mani nelle tasche della giacca, poi abbassò la testa, sconfortato.
“Non ho mai portato nessuno qui. Nessuno che non ne conoscesse già l’esistenza, sia chiaro.” Disse il ragazzo seduto, quasi per consolare l’altro. “Però tu… Non so. Volevo che fossi felice con me. Quando sto in questo posto, sono sempre felice.”
“Comunque se non mi vuoi, me ne vado, eh… Non voglio invadere i tuoi spazi.” Disse il ragazzino in piedi.
Si girò e stava per andarsene, quando l’altro gli prese la mano e gliela strinse forte, per impedire che andasse da qualche parte. Lo voleva lì con lui.
“Non vai da nessuna parte, tu. Ho deciso. Ti puoi sedere, qui, affianco a me.”
Il ragazzo si sedette. Rimasero per molto tempo in silenzio, a respirare l’aria fresca e a osservare i movimenti degli alberi intorno.
“Sei felice?” Chiese infine il ragazzo dagli occhi celesti.
“Lo sono sempre quando sto con te.”
Stettero ancora un po’ in silenzio, poi il più grande interruppe.
“Anche io. Sono felice. Però… sento che manca qualcosa.”
“Cosa ti manca?” chiese curioso l’altro.
“E’ un po’ di tempo che sento che c’è qualcosa che manca. Ora credo di aver finalmente capito cos’è.”
“E cos’è?”
“Finiscila di far domande e baciami.”
Il ragazzino strabuzzò gli occhi, e credette di aver sentito male.
“Possibile che debba fare tutto io con te!”
Il più grande gli si avvicinò, gli prese la faccia con le mani delicate e la aderì alla sua. Piano la stretta divenne una leggere presa e poi si trasformò in una carezza. Le loro labbra si scoprirono per la prima volta, indugiarono l’una sull’altra, si assaporarono e lì capirono che non avrebbero mai provato nulla di simile con nessun altro. Nessuno.
Quello fu solo il primo dei mille baci che si scambiarono quel pomeriggio su quella panchina, sempre più esperti, appassionati…
“Ora sono felice. Felicissimo. Ecco cosa mi mancava, tu.”
Il riccio riuscì solo a sorridere e ad abbassare la testa.
 
Louis sarebbe voluto tornare indietro nel tempo per rivivere quei momenti, per rivedere di nuovo il faccino di Harry abbassarsi e arrossire, per ripetergli ancora una volta quanto fosse felice con lui, solo con lui. Non riuscì più a trattenere le lacrime e scoppiò in un pianto che non faceva altro che peggiorare il suo umore, riducendolo a una spugna inzuppata di lacrime che non aveva nessuna intenzione di piangere.
Si sentì picchiettare sulla spalla. Di nuovo quell’assurda sensazione di paura lo assalì e alzò la testa sperando di vedere il volto dell’unica persona di cui davvero gli importava qualcosa.
Un tuffo al cuore. Quel volto non era il suo, anzi, erano due, i volti.
“Scusa, eh, ma questa è la panchina mia e della mia ragazza.”
“Oh, non vedi che sta piangendo, lascialo stare.”
I due ragazzi si misero a battibeccare, ma Louis non li ascoltava, perché oltre quei due aveva visto qualcosa. Era sicuro di aver visto qualcosa.
E quando Louis Tomlinson era sicuro di una cosa, quella era certamente vera.
Così si alzò, e inseguì l’uomo dal cappotto grigio, che era sicuro di aver visto dietro un albero. Il loro albero.

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Capitolo 15
*** Dreams ***


Avevano avuto la stessa idea, lui e Louis. Quella di andare in quel luogo, dove avevano passato dei momenti bellissimi insieme. Infondo Harry lo sapeva che lo avrebbe trovato lì, seduto su quella panchina. Quando era arrivato, un’oretta prima di Louis, si era seduto anche lui lì, aveva percorso tutte le sbarra di metallo con un dito e aveva respirato l’aria intorno a lui come se fosse ancora intrisa del loro odore. Era rimasto deluso dopo aver aspettato per un po’ seduto lì, vedendo che Louis non arrivava. Così aveva deciso di alzarsi e andare ad accarezzare con il palmo della mano la corteccia dell’albero su cui avevano inciso i loro nomi.
 
“Ti piace proprio questo posto, eh?”
“Te l’ho già detto che è il mio posto preferito in assoluto.” Rispose Louis in modo duro.
“Pensavo che solo la panchina ti piacesse. . .” disse Harry timidamente, pensando di averlo offeso.
“Mi piacciono anche gli alberi, non solo questo. . . gli alberi in generale. Sono comodi.”
“Comodi? Comodi per fare cosa?”
“A volte penso che tu sia davvero stupido, Styles.”
E lo baciò. Un’alta volta, spingendolo verso l’albero e facendo aderire la sua schiena alla corteccia ruvida. Questa volta lo fece con una tale passione che Harry non riuscì a trattenersi, infilò immediatamente la lingua nella bocca aperta ed esplorò a fondo la bocca di Louis, lasciandolo senza fiato per un po’.
Quando si staccarono Louis sorrise maliziosamente e disse:
“Sarai pure stupido, ma baci da Dio, Styles.”
Harry sorrise incapace di rispondere, e si fiondò sulle sue labbra, le mordicchiò, e le fece nuovamente sue.
Però Louis lo respinse poco dopo, mettendogli le mani sul petto e allontanandolo dalla sua faccia.
“Comunque ti ho portato qui per un altro motivo, oltre che per pomiciare.”
“Ah, davvero? Quindi non stai con me solo perché bacio bene. . .”
“Ah-ah, simpatico Styles. Se stessi con te solo per quello, ti avrei già lasciato, fidati. E poi chi te l’ha detto che stiamo insieme.”
Harry non faceva mai tanto caso alle parole che Louis sputava ogni tanto, quando lo chiamava stupido, o quando lo ridicolizzava. Ma in quel momento il suo cuore fece un tuffo da un trampolino di 10 metri. Aveva ragione, Louis non la considerava una storia seria, la loro, e Harry si era illuso inutilmente. . .
“Comunque” Louis interruppe i pensieri di Harry “stavo dicendo che ti ho portato qui per questo.” E indicò l’albero su cui Harry era ancora poggiato.
“Cosa?” disse Harry spaesato.
Harry osservò bene l’albero e vide un sacco di scritte incise nella corteccia ormai consumata.
M+G <3
 IO E TE X SMP INSIEME
CUCCIOLO TI AMO
E tanti altri cuori e scritte prive di significato.
“E’ come i lucchetti a Parigi o dove cazzo si mettono. E’ un modo per prometterci amore. . . non dico eterno, ma quasi. Io incido la mia iniziale, tu la tua, poi facciamo un cuore insieme. Ti sembrerà una cazzata, ma mi piacciono queste cose. Sono un romanticone, quindi risparmia i soldi perché mi aspetto i cioccolatini a forma di cuore e un mazzo di fiori a san Valentino.”
 
Harry ricordava quel giorno in ogni piccolo particolare e avrebbe tanto voluto tornare indietro. Mentre segnava con il dito il contorno delle loro iniziali e del cuoricino disegnato sotto pensava a quanto gli mancasse Louis e a quanto fosse triste la vita senza di lui. Alla fine i cioccolatini glieli aveva comprati, ed anche il mazzo di fiori, rose rosse, ovviamente. Gliene avrebbe voluti comprate altri e mille di mazzi di fiori pur di riaverlo con sé. Fu allora, mentre pensava che forse sarebbe dovuto ritornare da Louis, che lo vide seduto sulla panchina, con le guancie rigate di lacrime e gli occhi chiusi. Fu proprio quello che lo spinse ad andarsene nuovamente, a voltargli le spalle, a farlo soffrire. Non sopportava vederlo piangere, guardare le lacrime rigargli le guance e non poter fare niente per farlo smettere, per fargli sfoderare uno di quei sorrisi che era solito fare quand’era veramente felice. Harry era incapace di renderlo felice, sapeva soltanto seminare odio e tristezza negli animi di tutti quelli che gli erano stati vicini. Ma questa volta non avrebbe distrutto anocra di più l’unica persona che aveva mai amato. Non lo avrebbe fatto soffrire ancora. A costo di smettere di vederlo per sempre.
Però lo avrebbe amato, per sempre. Lo avrebbe ricordato per sempre, in ogni piccolo particolare, ogni mino gesto, ogni carezza, ogni abbraccio, perché lui lo amava e lo avrebbe amato per sempre. Questa era una promessa.
 
Harry pensava queste cose mentre tornava a casa, sicuro di non essere stato visto da Louis. Camminava piano e il vento gli scompigliava i capelli ricci marrone scuro e cercava ardentemente di non piangere mentre rivedeva nella sua mente Louis in lacrime seduto sulla sua panchina preferita, lì dove si erano baciati per la prima volta, dove si erano amati come solo due ragazzini possono fare. Un’amore disinteressato da qualsiasi fattore esterno, pieno di passione, di voglia di scoprire, di fare esperienze, con tanta voglia di amare.
Non doveva farlo, non doveva piangere. Glielo aveva promesso; niente più lacrime. E almeno questa promessa voleva mantenerla.
Tornato a casa si stese sul letto come privo di vita, in un momento di nostalgia e di sconforto totale. L’unica cosa che poteva salvarlo era proprio quella da cui cercava di stare lontano, e che lo stava piano piano distruggendo.
Mentre pensava a quanto fosse triste la vita da solo, e a quanto fosse bello Louis quando sorrideva, sentì bussare alla porta. Ebbe paura di andare ad aprire e di trovarsi di fronte Louis, forse lo aveva seguito senza che lui se ne accorgesse. Non poteva essere lui, non doveva essere lui. I suoi sforzi di stargli lontano sarebbe sfumati in una frazione di secondo. Perché Harry era sicuro che non appena lo avesse visto di fronte a sé, con i capelli scompigliati e gli occhi puri, gli avrebbe gettato le braccia al collo, posato le labbra sulle sue e baciato come mai. Gli avrebbe accarezzato la guancia piena di barba incolta. Sempre se quella di Louis si potesse chiamare barba, erano dei peli sottili sparsi a caso sulla faccia. Allora Harry lo avrebbe preso per mano e lo avrebbe trascinato fino al bagno per radergliela e baciare la pelle liscia. Poi lo avrebbe portato in camera, buttato sul letto, ci avrebbe fatto l’amore più di una volta, lo avrebbe accarezzato e baciato ovunque, e infine si sarebbe addormentato sul suo petto, soddisfatto e felice.
Mentre pensava tutto ciò era arrivato come per magia al campanello, che continuava a squillare, “quinto piano.” Disse semplicemente, e ripose la cornetta senza aspettare la risposta. Sentì l’ascensore aprirsi e chiudersi, fermarsi sul suo piano e chiudersi nuovamente.
Harry si precipitò davanti alla porta e disse fievolmente:
“Lou.”
Sperava ardentemente che ci fosse lui dietro quella porta, che lui stesse suonando il campanello e aspettando pazientemente che qualcuno aprisse la porta.
Solo un’ora prima aveva deciso di lasciarlo per sempre e ora non desiderava altro che vederlo spuntare con il sorriso sulle labbra e le braccia aperte pronte ad accoglierlo.
Quindi non aspettò altro tempo. Aprì la porta, e quella che si ritrovò davanti fu una verità ben diversa da quella che aveva sognato.

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Capitolo 16
*** Old friend, why are you so shy? ***


Harry era davvero pronto a riprendersi Louis con sé, avrebbe dimenticato tutte le sue intenzioni e si sarebbe semplicemente buttato tra le sue braccia, gli avrebbe baciato avidamente il collo, sussurrato parole dolci all’orecchio, gli avrebbe promesso che non lo avrebbe lasciato mai più, se solo il ragazzo che lo attendeva dietro la porta fosse stato Louis.
Infatti, quando Harry aprì la porta, si trovò davanti Nick Grimshaw, un amico di vecchia data.
Nick era alto, molto più alto di Harry, con i capelli marroni, il ciuffo sbarazzino, occhi maturi e un gran sorriso sbilenco.
Harry rimase per molto tempo impalato davanti alla porta, e se Nick non avesse parlato, sarebbe rimasto così anche per tutta la vita.
“Be’? Non mi fai entrare?”
“Mhh, sì, sì, scusa, ero sovrappensiero.”
“Come sempre, aggiungerei.”
Harry non era in vena di rispondere alla battutine sarcastiche che Nick era solito fare.
Lo fece accomodare in salotto.
“Questa casa è stranamente ordinata.” Disse Nick guardandosi intorno.
Aveva ragione, era stranamente ordinata per i suoi standard. Ma Harry sapeva che a Louis piaceva l’ordine, e aveva messo tutto apposto solamente per lui.
“Già” rispose svogliatamente ” ti vado a preparare il the.”
Uscì dalla stanza e varcò la soglia della cucina pensando al motivo di quella visita. Nick aveva bisogno di soldi ed era venuto a cercarlo per un prestito, molto probabilmente.
Quando si sedettero insieme sul piccolo divano rosso della casa che aveva preso in affitto, Nick cominciò a parlare della sua vita, del suo ragazzo storico che lo aveva lasciato e molte altre cose che a Harry non interessavano.
“Scusa Nick,” lo interrupe Harry “ma chi ti ha dato il mio indirizzo?”
“Tua madre.” Rispose seccamente Nick pronto a ricominciare il suo discorso.
“Le avevo detto di non darlo a nessuno…”
“L’ho pregata. Perché ti da fastidio che io sia qui?”
“No, no… Ma è un brutto periodo e volevo stare un po’ solo per riflettere.”
“E’ un brutto periodo? Cosa è successo?”
“Sai… Louis… Lui, cioè io… vabbè, ci siamo allontanati.”
“Ah davvero? Mi dispiace.” Nick gli prese le mano e la strinse nella sua.
Harry gli lanciò un’occhiata, ma lui non lasciò la presa, anzi strinse più forte la sua mano e ne accarezzò il dorso. Mentre faceva questo lo fissava, indugiando prima sui suoi occhi verdi e poi sulle labbra rosse ancor più invitanti del solito.
Ad un certo punto, lasciata la mano di Harry, pose la sua sulla guancia del riccio e cominciò ad accarezzarlo lentamente. Poi gli prese con forza il mento e spinse le labbra sulle sue. Fu un gesto violento, ma Harry non si ritirò, anzi, aprì la bocca per agevolare il bacio. Le loro lingue si attorcigliavano e una goccia di saliva cadde dalle loro bocche spalancate. Era un bacio avido, pieno di passione repressa e di volgarità.
Harry non voleva farlo, non voleva davvero. Ma non smise di baciare Nick, e quando questo allungò la mano verso i suoi jeans e li sbottono non si ritrasse, anzi li sfilò e li gettò sul tappeto vicino al divano.
Non che Nick avesse aspettato tutta la vita questo momento, ma quando vide Harry pronto a riceverlo dentro di se non poté che sentirsi soddisfatto per essere riuscito nella sua impresa in meno di dieci minuti.
Quando Nick lo penetrò, Harry emise un gemito, non tanto di dolore fisico quanto di dolore psicologico. Solo allora si rese conto di quello che stava facendo. Stava facendo sesso, e quello non era Louis, le mani che gli cingevano la vita non erano sue, la voce che imprecava con un tono pacato non era sua, neanche i capelli che gli solleticavano la schiena erano suoi. Gli occhi gli si inumidirono, e stava per scoppiare a piangere, proprio mentre Nick si era posto sopra di lui è aveva cominciato a succhiargli delicatamente un pezzettino di pelle sul petto. Allora Harry gli prese la testa con forza e la spostò. Nessuno poteva fargli dei succhiotti a parte Louis. Nessuno.
"Che stai facendo?"chiese Nick adirato.
"Non ti ho dato il permesso di farmi un succhiotto!" Disse Harry con voce rauca.
"Perché c'è bisogno del permesso?"
"Sì, e ora vestiti e vattene, vattene via per favore..."
"Ora sono la tua puttana? Mi usi solo per scopare?"
"Ti ho detto vattene."
"Scommetto che stai pensando a quel frocetto di Tomlinson. Non avrò il suo culo, ma ammetti che farlo con me è mille..."
"BASTA! TI HO DETTO DI ANDARTENE! ESCI DI QUI, FUORI!"
Le vene del collo gli si gonfiarono mentre sputava queste parole in faccia a Nick, che spaventato si ritirò e ricominciò a vestirsi. Mentre Harry era in bagno a fare chissà cosa, Nick prese il suo cellulare e cercò il numero di Louis. Quando lo trovò salvato 'LouLousweetie' con milioni di cuori a fianco storse la faccia e digrignò i denti, non sopportava quelle sdolcinatezze. Per Harry, Nick era soltanto una puttanella con cui scopare? Allora gli avrebbe fatto vedere come le puttanelle sanno essere vendicative.
Chiamò Louis e gli disse tutto. Chi era, cosa aveva appena fatto con Harry, dove abitava, a che piano, cosa aveva urlato mentre stava avendo un orgasmo. Ogni minimo dettaglio, giusto per farlo soffrire e sottolineare che quello che aveva appena scopato con Harry era lui.
Infine chiuse la telefonata e andò a bussare alla porta dove Harry era rinchiuso da più di cinque minuti.
Nessuno rispose, allora Nick gridò:
"Vabbe io entrò tanto nudo già ti ho visto."
Varcò la soglia ma Harry non c'era, la finestra era spalancata, ma Harry non c'era.
 
Harry si era infilato i primi vestiti che aveva trovato ed era scappato dalla finestra, buttandosi dal secondo piano, rischiando di farsi molto male. Per fortuna era atterrato con i piedi uniti ed aveva evitato di spezzarsi le gambe. Anche se in quel momento non avrebbe sentito alcun dolore, anzi, magari si sarebbe sentito meglio. Perché non sentiva assolutamente niente, non aveva sensi di colpa, non era triste, non era arrabbiato. Non era niente.
Allora perché era scappato?
Non sono scappato’ pensava ‘avevo solo bisogno di aria fresca. Scopare mi fa sempre venir voglia di fare una passeggiata. Ora ritorno a casa. Vado a scoparmi di nuovo Nick, sperando non mi abbia fottuto tutti soldi.’
Suonò al citofono, salì le scale e Nick gli aprì come se fosse casa sua e Harry fosse un ospite.
“Che ci fai qui?” chiede Nick sarcastico.
“E’ casa mia coglione.” Disse Harry scansandolo e chiudendo la porta.
“Sei lunatico figlio mio, chi ti capisce.”
“Rispogliati, ho voglia di scopare.”
“L’ho detto io che sei lunatico. Come vuoi amore mio, come vuoi.”
“Niente succhiotti. E non parlare più di Louis o ti spezzo il collo.”
“Come vuoi amore mio…”
E Nick ricominciò a baciarlo avidamente, ancora più soddisfatto di esser riuscito ad averlo due volte.
 
‘Vado o non vado? Vado o non vado?’ Louis si torturava con questa domanda.
Alla fine aveva deciso di andare, al massimo avrebbe fatto un buco nell’acqua, se Nick gli avesse mentito. Ma non poteva sopportare di non sapere se quello che gli aveva detto era vero oppure no. Doveva saperlo.
E poi gli mancava troppo Harry, e sapeva che anche se lo avesse trovato carponi con il corpo di Nick attaccato, lo avrebbe perdonato.
Perché lo amava, e non poteva più sopportare di stargli lontano.

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Capitolo 17
*** Sguardi ***


 Louis aveva deciso di ritornare a casa. Rifare la stessa strada che aveva precedentemente percorso a ritroso, aprire la porta con le chiavi, e sedersi sulla sedia di fronte al pianoforte.
Per qualche strana ragione aveva voglia di suonare, anche se erano anni che non sfiorava i tasti del pianoforte di casa sua.
Your hand fits in mine like it’s made just for me
Sol Si Si Si La Sol Mi Sol Sol Re Si 
Una volta che si era ricordato le prime note tutto diventava più facile, intuitivo, e quasi la canzone si suonava da sola, come se i tasti muovessero le dita e non viceversa.
Louis aveva voglia di suonare quella canzone, anzi, la sua, più che una voglia, era un necessità. Aveva bisogno di suonare quella canzone per ricordare quanto era stato felice insieme a lui.

Eravamo distanti, come sempre. Lui da una parte, io dall'altra del palco. L'avevo intravisto prima cercando di indugiare nei suoi occhi ma lui non mi stava guardando, così lasciai perdere. Però in quel momento si stava posizionando proprio nella mia direzione e mi stava guardando come solo lui sapeva fare, come se in quella stanza ci fossimo solo io e lui. Invece c'erano molte più persone, e per colpa loro non potevo abbracciarlo quando volevo, non potevo baciargli delicatamente la guancia o stringere la sua mano. Mi avrebbero potuto considerare come un mostro, uno diverso, uno sbagliato, ma a me non importava. In quel momento volevo solo stargli vicino, non mi importava niente e se non avessi avuto un po' di buonsenso sarei corso ad abbracciarlo.
Mentre pensavo a queste cose la canzone era già iniziata e toccava a Liam cantare il suo assolo.
I know you’ve never loved the crinkles by your eyes when you smile
You’ve never loved your stomach or your thighs
The dimples in your back at the bottom of your spine
But i’ll love them endlessly
Questa parte mi ricordava tanto Harry. Le pieghe che gli si formavano intorno agli occhi quando sorrideva, che lo facevano assomigliare ad un dio greco, amavo tanto guardarlo sorridere e perdermi nei suoi occhi smeraldo. Le fossette dietro la schiena, che amavo tanto baciare e accarezzare quando era stressato per farlo calmare, sembravano essere state fatte apposta per essere amate.
Insomma, avrei amato all'infinito tutte quelle piccole cose.
Mi ero spostato un po' più indietro per riuscire a guardare bene Harry, che quel giorno in particolare non riusciva a togliermi gli occhi di dosso.
You can’t go to bed without a cup of tea
Lo guardai. Amavo dedicargli il mio pezzo, per ricordargli che anche quella sera gli avrei preparato la sua tazza di the, come tutte le sere.
And maybe that’s the reason you talk in your sleep
And all those conversations are the secrets that I keep
Though it makes no sense to me
Mi girai verso di lui, quella sera non voleva proprio smettere di guardarmi.
I know you’ve never love the sound of your voice on tape
You never want to know how much you weight
You still have to squeeze into your jeans
But you’re perfect to me
Harry pronunciò questa frase con tale emozione che cedetti al suo sguardo magnetico che avevo sostenuto fino ad allora, abbassai gli occhi, e arrossii. Me l'aveva proprio dedicato quel pezzo, mi aveva detto che ero perfetto per lui. In realtà era lui ad essere perfetto per me.
I won’t let these little things slip out of my mouth
But if it’s true, it’s you, it’s you
They add up to, i’m in love with Lou
And all his little things
Pregai che Harry la smettesse di guardarmi in quel modo. Non mi ero mai sentito così in imbarazzo in tutta la mia vita, eppure sentivo un calore crescermi nel petto, salire e arrossirmi le gote, facendole diventare il più rosse possibile.
Possibile che potesse farmi un simile effetto dopo tre anni che stavamo insieme?
Il suo sguardo quella sera aveva qualcosa di speciale. Era come se riuscisse ad amarmi da lontano, trasmettendo tutto sé stesso, lasciandomi senza parole. Quando lo incrociavo non potevo fare a meno di sentirmi in soggezione, di guardare altrove per poi ritornare nuovamente a osservarlo.
Era una sensazione così strana, che non avevo mai provato prima. Ma mi piaceva. Tutto quello che riguardava Harry mi piaceva.
Ed era proprio quello sguardo che mi ero ritrovato a fissare poco prima nel piccolo appartamento in affitto di Harry.


Louis smise di suonare e cominciò a piangere, pensando a quello che aveva perso. Aveva il ragazzo migliore di tutti, e l'aveva fatto scappare, due volte. Doveva essere proprio un persona orribile per far scappare in quel modo le altre persone.
Ma che senso aveva piangersi addosso? Doveva reagire, riprendersi il suo Harry, non di Nick o di qualcun altro. Harry era solo suo. Si rivestì e uscì per tornare a casa sua. Nel cammino pensò che quella era la terza volta che percorreva quella strada a piedi. La prima volta era timoroso e aveva paura di sapere quello a cui stava andando incontro. La seconda volta rischiava di svenire. Le gambe gli tremolavano e pensava solamente a quello che aveva appena visto. Quella era la terza volta e provava un misto di tutte quelle sensazioni. Aveva voglia di tornare indietro ma qualche dannato bisogno lo spingeva a continuare, forse voglia di farsi del male o semplicemente voglia di vederlo anche solo un'ultima volta.
Quando arrivò a casa sua, aspettò prima di bussare alla porta. Aveva paura di aprirla, o anche solo di sfiorarla. E se avesse visto nuovamente quei due corpi sfiorarsi, accarezzarsi? Ce l'avrebbe fatta a reggere un'altra volta o sarebbe collassato all'istante? Gli venne in mente la faccia di Harry quando Louis aveva aperto la porta, era entrato e aveva visto cosa stavano facendo sul divano.
Quello sguardo che gli chiedeva di non guardarlo, di andarsene, che lo pregava di scappare via. Ma Louis rimase lì, abbassò gli occhi, ed arrossì. Perché mai arrossire? Poteva reagire in mille modi, scappare, urlare, arrabbiarsi, picchiarli, dar di matto, ma no, Louis arrossì. Provava tanta vergogna, ma non sapeva bene per cosa, e da quando era diventato così timido?
Non riuscì ad alzare lo sguardo, a guardare di nuovo Harry in faccia.
“Cosa cazzo!? Ma non ti hanno insegnato a bussare?” Esordì acidamente Nick.
Louis si girò, uscì dalla stanza e richiuse piano la porta dietro di sé. Però mentre usciva giurò di aver sentito pronunciare un debole “Lou”. Ma non aveva importanza, nulla aveva importanza.
Così Louis era indeciso se indietreggiare o irrompere nuovamente nella stanza. Alla fine scelse di entrare e quello che vide fu peggio di quello che avrebbe mai immaginato. 

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Capitolo 18
*** A hug ***


Louis corse verso il ragazzo inginocchiato sul pavimento, cercando di togliergli di mano la siringa che purtroppo era già conficcata nel braccio sinistro.
"No, no, no, no, Harry non dovevi, no!" Gridò Louis come in preda ad un attacco di panico.
"Quante ne hai prese? Harry guardami, quante ne hai prese?"
Harry fece il numero tre con la mano.
"Tre? Come stai? Devo chiamare qualcuno?"
Harry scosse la testa.
Era distrutto. Aveva appena fatto uso di droghe, nel buio della sua stanza, inginocchiato sul tappeto. Non sapeva neanche perché l'aveva fatto. Non sapeva niente. Aveva solo voglia di piangere, ma era l'unica cosa che non faceva, che non poteva fare. Nonostante stesse perdendo le sue capacità non avrebbe mai infranto quella promessa, non avrebbe mai ferito ulteriormente Louis. Non ancora.
Louis cercò gli occhi di Harry. Forse per cercare un'approvazione, un cenno per avere il permesso di avvicinarsi, di lasciarsi abbracciare e coccolare, non ci riuscì.
"E Nick? Dov'è?" Chiese Louis preoccupato.
Cosa vuoi che mi interessi di Nick, pensava Harry, io voglio solo un tuo abbraccio, perché non riesci a capirlo? Invece non rispose.
“Cazzo Harry ti prego lascia stare quella roba!”
Louis gli si avvicinò e gli bloccò le mani con una stretta forte, incatenandole alle sue. Non aveva desiderato altro in quei giorni, che stringere quelle mani, baciarle, accarezzarle, e stringerle nelle sue. Ma quando si ritrovò a stringere la pelle calda di Harry, tanto da riuscire a percepire lo scorrere lento del sangue nelle sue vene, non si ricordò di quanto avesse aspettato quel momento, di quanto lo avesse sognato, ma ritirò la mano, come bruciato. Aveva paura di Harry. Aveva paura che potesse continuare a fargli del male, a farlo soffrire, anche solo con un tocco.
“Perché lo hai fatto?” chiese Harry.
“Cosa Harry, cosa?”
“Perché hai tolto le tue mani dalle mie? Ho bisogno di te.”
“Harry, io non sono la persona adatta a te, né in questo momento né in altri. Forse dovrei andare…”
“NO! Non andare. Ho bisogno di te. Non andare… Sei l’unica cosa di cui ho bisogno. No, non andare. Resta qui con me, per sempre Louis, ti prego, per sempre. Non andare.” Disse Harry, in un momento di confusione, la droga aveva cominciato a circolare in tutto il corpo, facendo di lui solo una marionetta guidata dal cuore.
“Sei l’unica cosa di cui ho bisogno. Ti prego, non andare.”
Louis si alzò e cominciò a dirigersi verso la porta.
“Ti prego, non andare.”
Louis aprì la porta.
“Ti prego… non andare.”
Louis si girò verso Harry e vide una piccola lacrima, minuscola, cadere dall’occhio destro e bagnargli leggermente la guancia. Chiuse la porta e gli si avvicinò nuovamente.
“Mi avevi promesso che non avresti più pianto.” Gli soffiò all’orecchio. “Me lo avevi promesso. Era l’unica cosa che pretendevo da te.”
“Louis, non andare.”
“Me lo avevi promesso, Harry. Mi avevi detto che non avresti più pianto, me lo avevi promesso!”
“Resta con me…”
“Me lo avevi promesso!”
Gli occhi di Louis si riempirono di lacrime che scesero copiose sulle sue guance, bagnando anche leggermente il colletto del maglione che indossava.
“Perché non hai mantenuto la tua promessa?” chiese Louis mentre si asciugava le lacrime con la manica.
“Perché tu non stavi mantenendo la tua. Mi avevi promesso che saresti restato con me per sempre.”
“Non te l’ho mai promesso.”
“Te la leggevo negli occhi questa promessa.”
“Non ti avrei mai lasciato, non me ne sarei mai andato.”
“Louis, stringimi.”
“Non posso. Mi hai ferito.”
“Sei l’unica cosa di cui ho bisogno adesso, perciò abbracciami.”
“Adesso, ma di cosa avrai bisogno dopo?”
“Abbracciami.”
“Ho paura.”
“Fallo e basta.”
“E’ di te che ho paura.”
“Abbracciami e basta.”
E Louis lo abbracciò. Avrebbe potuto alzarsi e andarsene, ritornare a casa e vivere la sua vita come se niente fosse successo, come se non si fossero mai amati. Avrebbe potuto sposarsi con una bella ragazza, avere tanti bambini e vivere una vita mediocremente felice. Poteva scegliere tutto questo, e invece scelse il ragazzo riccio al bordo del letto, con le labbra carnose tutte da baciare e gli occhi verdi tutti da scoprire. Scelse una vita di tormenti, di paure, di tradimenti, una vita in cui avrebbe dovuto nascondersi solo perché faceva schifo agli altri. Ma questa prospettiva risultava mille volte più bella, solo perché c’era lui. Non gliene fregava niente di tutte le altre cose, purché fosse stato con Harry.
“Sei l’unica cosa di cui ho bisogno.” Questa volta fu Louis a dirlo, ma Harry non poteva sentirlo poiché si era addormentato nelle sue braccia, con la testa sul suo petto e le orecchie attente ad ascoltare il battito del suo cuore.
Louis non lo svegliò. Lo strinse a sé, ancora più forte di quanto aveva fatto, non lo avrebbe mai lasciato. Mai. A costo di soffrire ancora e ancora.
Senza di lui semplicemente non poteva vivere.


Angolo autrice
Bene. Questo è l'ultimo capitolo. Non era nato con l'idea di essere l'ultimo ma alla fine lo è diventato non so come.
Spero che abbiato gradito la storia, e che le vostre ore di lettura non siano andate sprecate!
Ho deciso di finire così la storia perché è così che io mi immagino Harry e Louis. Due persone che semplicemente non possono smettere e non smetteranno mai di amarsi, anche se ne avessero tutta l'intenzione.
Grazie a tutti quelli che hanno recensito o che eventulamente recensiranno in un ipotetico futuro!
Mi congedo, sperando di non avervi annoiato e di avervi fatto gioire o piangere o sorridere almeno la metà di quanto ho fatto io scrivendo questa storia!
Alla prossima (si spera!)

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Capitolo 19
*** EPILOGO ***


Louis aveva visto mille volte ridere Harry, ma mai come quella volta in cui, dopo essersi svegliato, aveva avvicinato il suo viso a quello di Louis, gli aveva sorriso e lo aveva baciato sulla punta delle labbra.
Quel bacio, Louis, lo aveva assaporato per bene, e non ne aveva mai ricevuto un altro simile. Era allo stesso tempo, amaro come il passato, ma dolce come il futuro, pizzicava le labbra, ma le lasciava più delicate che mai, ne avrebbe voluti altri e cento come quello, ma in realtà sperava di non riceverne mai più.
Poi una carezza.
Poi un bacio.
Poi una carezza.
Due baci.
Altre carezze.
“Non essere così affettuoso, che poi mi abituo.” Gli disse sorridendo Louis.
Harry non rispose. Sembrò non sentirlo, o non volerlo sentire.
“Che fai, ti hanno mangiato la lingua?”
Harry non pronunciò neanche una sillaba.
“Ho capito. Non vuoi parlare. Allora continua, che mi stava piacendo ciò che facevi.”
Harry chiuse gli occhi.
“Che succede? Ti gira la testa? Hai sete?”
Harry scosse la testa, come per dire sì, che aveva una sete terribile, ma non una sete qualsiasi, una di quelle che può essere soddisfatta solo con l’acqua frizzante, perché no, l’acqua liscia non lo dissetava nel modo in cui lo faceva l’acqua frizzante, ed era proprio quella che voleva, anche se non ne aveva a casa, ed era domenica e l’unico negozio aperto era lontano da lì.
Questo Louis non lo capì immediatamente, ma quando intese quello che Harry voleva, si precipitò fuori per comprargli quella benedetta acqua e non lasciarlo mai più solo.
 
Fece una corsa al supermercato con il fuoristrada nero parcheggiato sul marciapiede, comprò due casse di acqua frizzante, pagò e le caricò in macchina con non poca fatica. Louis aveva le braccia deboli e i bicipiti poco sviluppati. Ma a lui non servivano quei muscolo finché avrebbe avuto Harry, perché aveva già stabilito il suo futuro fin da quando lo aveva conosciuto, come le bambine sognano il loro matrimonio, così Louis sognava la sua vita con Harry. Sì, perché Louis era un fottuto romanticone. La casa grande, con lo steccato bianco e il prato verde, la soffitta piena di ricordi, la vigilia di Natale con tutti i parenti e poi quando se ne vanno comincia la vera sorpresa, la pelle bianca di Harry che diventa meno liscia, ma lui non è mai stato così bello, perché lui è il suo Harry ed è suo da sempre e sarà suo per sempre.
L’appartamento che aveva affittato Harry non sembrava neanche così squallido come gli era sembrato le prime volte che era stato lì. Il grigio del portone sembrava meno grigio, e la muffa sulle pareti quasi profumava. Era tutto così bello per Louis perché non poteva essere altrimenti.
Aperta la porta, quella non sembrava neanche la casa di Harry, per quanto era immersa nel silenzio totale. A Louis piaceva il silenzio, ma non quel silenzio.
La prima cosa che fece, fu chiamare Harry ad alta voce. Ma quello non rispose. Non rispose neanche la volta successiva e quella successiva ancora.
Louis lo cercò in camera, ma niente, in cucina, ma non c’era. Allora provò ad aprire la porta del bagno, ma era chiusa a chiave. Preso dal panico tentò di sfondarla ma non ci riuscì. Picchiò la porta per pregarlo di aprirla. Dopo un po’ si aprì.
“Non essere così paranoico, Mr. Tomlinson. Non me ne vado, stai tranquillo.”
“Ti odio, Styles. Mi hai fatto prendere un colpo. Che ci facevi chiuso qui dentro?”
“Non posso neanche chiudere la porta del bagno ora?”
“Che ci facevi, lì dentro?” Chiese Louis preoccupato.
“Pisciavo, Tomlinson.”
“Ah sì? Fammi vedere!”
“No, no, no, fermo qui” ed Harry mise una mano sul suo petto per bloccarlo “non puoi.”
“Perché?”
Harry prese la faccia di Louis fra le mani e lo baciò. Affondò le labbra nelle sue e non lo lasciò andare per un po’, accanendosi e dandogli piccoli morsi sul labbro inferiore, come per marcare il territorio, e dire che Louis era suo e solo suo per sempre. A Louis non dispiacque tutto ciò, un po’ gli facevano male le labbra, ma niente di insopportabile. E poi quello era Harry. Avrebbe accettato tutto da parte sua.
Harry, con un passo dopo l’altro, lo portò in camera da letto, lo fece stendere sul letto e lo spogliò. Non c’era niente di meglio del corpo di Louis, magro, pallido e che combaciava perfettamente con il suo.
Quando ebbero finito Harry guardò Louis negli occhi così intensamente che lui abbassò lo sguardo.
“Harry, che c’è?”
“Niente Lou, è che hai gli occhi così belli.”
“Non fare il tenerone, Styles, che poi lo sai che mi sciolgo tutte le volte.”
“Puoi fare una cosa per me?”
“Tutto quello che vuoi, amore.” Disse Louis con un tono preoccupato.
“Puoi andare da mia madre e mia sorella? Ho litigato con loro e voglio che sappiano che le amo. Puoi fare questo per me?”
“Sì Harry, ci vado… Perché hai litigato con loro?”
“Niente, una cavolata. Tu dì loro solo che le amo. Capiranno.”
Louis si rivestì in fretta ma Harry lo chiamò subito prima che uscisse dalla porta.
“Louis.”
“Dimmi Harry.”
“Ti amo, lo sai?”
“Ti amo anche io, Harry.”
“Rispondi alla mia domanda: lo sai che ti amo?”
“Sì, lo so. Perché mi chiedi questo?”
“Lou, ti amerò per sempre. Ricordatelo.” E Harry guardò intensamente Louis negli occhi.
“Anche io Harry, ma…?”
“Ora vai, brutto scemo.” Disse Harry sorridendo e riducendo i suoi occhi a delle fessure.
Louis non potette far altro che sorridere a sua volta. Quanto lo amava.
Così corse via dall’appartamento perché voleva tornare subito dal suo Harry.
Arrivò a casa delle due donne che lo accolsero con un’aria di stupore.
“Anne, Gemma, mi ha mandato qui Harry. Mi ha detto che avete litigato e…”
“Aspetta, Louis, noi non abbiamo litigato. Almeno io no, tu mamma?” Disse Gemma sorpresa.
“No, non ho litigato con Harry recentemente.”
“Ma lui mi ha detto di dirvi che…” Louis spalancò gli occhi, ebbe subito un brutto presentimento “ Niente, niente, ora devo andare.”
Louis quasi corse via da quella casa per raggiungere velocemente l’appartamento di Harry. Non riusciva a non pensare che gli fosse accaduto qualcosa.
 
Harry aveva sentito la porta sbattere. Così si era alzato e si era ripromesso di fare in fretta, questa volta. Entrò in bagno, aprì la finestra e guardò giù. Tre piani lo dividevano dall’asfalto grigio e dalla strada piena di macchine. Questa volta doveva avere tanto coraggio, salire sul davanzale e buttarsi giù. Niente lo avrebbe più ostacolato questa volta. Neanche l’ultimo sorriso che Louis gli aveva rivolto uscendo di casa. Era proprio per quel sorriso che Harry stava per buttarsi dalla finestra del terzo piano del suo appartamento in affitto. Lo amava troppo per poterlo veder soffrire in quel modo per lui. Non era così egoista da poter privare al ragazzo che amava la felicità.
Però prima di farlo doveva dirgli, un ultima volta, quanto lo amava. Prese un foglio e scrisse qualche riga per il suo ragazzo. Poi salì sul davanzale, poggiò un piede nel vuoto e cadde sulla strada affollata.
 
Quando Louis arrivò lì, la strada era piena di ambulanze e auto della polizia. Cercò in tutti i modi di passare in mezzo alla gente che si era accumulata lì intorno e di scansare i poliziotti che gli dicevano di non passare. Aveva un brutto presentimento.
Vide dei capelli ricci che uscivano da un sacco nero su una barella.
“Signore, lei non può stare qua.”
“Cosa è successo?” Chiese Louis, impassibile.
“Un ragazzo, un certo Styles, si è buttato dal terzo piano. Ora però deve andarsene.”
‘Un certo Styles’. No. Non poteva essere Harry. Tutti, ma Harry no.
“Signore, se ne deve andare.” Ripeté il poliziotto.
“Lui, lui… Non può essere” disse Louis “non può essere Harry. Harry è di sopra che mi aspetta, vero? Lui non mi farebbe mai una cosa del genere, lui lo sa che non posso vivere senza di lui.”
“Signore, ma cosa?”
“Lui lo sa che lo amo e che se non c’è io impazzisco, vero? Lui è sopra che mi aspetta. Vero?”
Poi Louis cominciò ad urlare cose senza senso finché non cadde per terra, quasi senza vita.
 
Louis non versò una lacrima. Fino a quel momento. Quando vide tutte le persone che conosceva, o no, vestite di nero, tutte intorno alla stessa bara bianca. Solo allora, si vide perso. Le lacrime scendevano dal suo viso come un fiume in piena. Però alla fine sorrise.
Finalmente erano pari, lui ed Harry. Anche Louis non aveva mantenuto la promessa.
 
Caro Louis,
solo una cosa ti chiedo. Non piangere, per favore. Non piangere per me. Puoi fare quello che vuoi, urlare, rompere gli oggetti, dare calci al muro. Ma non piangere. Non voglio che i tuoi bellissimi occhi si inumidiscano ancora per colpa mia. Non voglio che quel tuo azzurro si annebbi e perda la sua bellezza. E’ una promessa.
Ti amo,
Il tuo Harry.

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