Io e te per sempre

di Kat_188
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Io ***
Capitolo 2: *** la mia vita ***
Capitolo 3: *** Farfalle nello stomaco ***
Capitolo 4: *** La mia prima vera cotta ***
Capitolo 5: *** i preparativi ***
Capitolo 6: *** La festa ***



Capitolo 1
*** Io ***


«Ciao, Caterina. Dimmi tutto ciò che hai bisogno di dirmi. Comincia presentandoti.» «Ciao. Sono Caterina, Caterina Hamilton. Ho 15 anni. Vivo nell’isola di Nantucket, in America. Vivo sola con mia mamma Georgia, lei e mio padre si sono lasciati 3 anni fa; mia madre da giovane si era trasferita dove viviamo adesso per stare con mio padre, poi lui l’ha tradita e l’ha lasciata, lei lo amava, era disposta a perdonarlo, ma lui non era una brava persona. Lei viene dall’Italia, per questo ho un nome italiano. Lui invece ora si è trasferito a Londra per lavoro, non lo vedo mai e dopo quello che le ha fatto non voglio neanche più vederlo.» «Molto bene. È un bell’inizio. Vai avanti dimmi perché sei qui. Dimmi ciò che provi.» «Beh. Penso di essere qui per colpa di mia madre. Mi vuole così bene che mi ha convinta ha fare questa cosa inutile.» «Vai avanti, perché ti ha convinta a venire qua, perché pensa che tu abbia bisogno di aiuto?» «Perché sono sola. Sono una ragazza sola che si chiude in se stessa, non ho amici e mi chiudo nella lettura.» «Ma perché? Non hai autostima? Ti trovi brutta? Antipatica? Noiosa?» «No, boh, non lo so.» «L’ora è finita. Per la prossima volta voglio che tu ti descriva, davanti a uno specchio, qui, e mi dici come i vedi. Ciao Caterina.» «Ciao.» «Ciao Amore. Come è andata?» «È una perdita di tempo mamma. Perché devi spendere soldi per ste scemenze?» «Non sono scemenze. Voglio che tu parli con qualcuno se tu lo facessi con me non servirebbe.» «Vado in camere.» Risposi irritata. «Come mi vedo! Come mi vedo?» Dissi arrivata in camera davanti a uno specchio dopo aver chiuso la porta. «Allora, vediamo. Sono una ragazza alta un metro e settanta, forse troppo per una ragazza, sono magra, forse troppo, ho la pelle rosa chiaro, dei capelli lunghi fino al seno castani con i riflessi naturali biondi, occhi azzurri chiaro e poi…» Mi avvicinai allo specchio per vedermi meglio. «Ho una bocca carnosa e color bordò e, e poi basta, penso, non sono brutta forse sono solo strana, si direi che sono proprio strana, che devo fare se sto meglio con i libri che con le persone. Vabbè, tanto non mi interessa.» Dissi lanciandomi sul letto di schiena. Fissai il soffitto per un po’, poi aprii la finestra e uscii. Una volta calatomi giù fino a terra, cosa che facevo molto spesso quando non volevo far sapere a mia madre che uscivo, presi la bicicletta e cominciai a pedalare verso la spiaggia. «Qui si che mi sento libera.» Mi arrotolai la fine dei pantaloni fino al polpaccio e immersi i piedi in acqua. «A noi due Goddes.» Dissi all’ultimo libro, che avevo appena cominciato, di una trilogia magnifica. «Ai. Che fai?» «Scusa non ti avevo vista.» «Ma come diavolo hai fatto a non vedermi? Ero davanti a te.» Qualcuno mi era venuto a doso. Volevo prenderlo a sberle, mi aveva fatto un male cane. Ma quando alzai gli occhi e lo vidi, e vidi i suoi occhi verdi, le parole non mi uscirono più dalle labbra. In quel momento non mi interessava più il libro, di leggere, di stare in solitudine, mi interessava solo sapere chi era, perché se c’eravamo incontrati un motivo c’era.

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Capitolo 2
*** la mia vita ***


«Hey? Va tutto bene?» Mi chiese preoccupato per il fatto che ero persa nei miei pensieri. « Si, si.» «Scusa davvero, ero distratto e non ti ho vista.» «Non preoccuparti, fa niente.» «Davvero? A, wow, per fortuna vedendo la tua faccia quando ti sono venuto a doso pensavo che mi avresti sbranato.» Feci una piccola risata, una di quelle che non si capisce se sono vere o false, beh, la mia era vera, ero davvero divertita da quello che aveva detto. «Piacere, David Lewis.» «Davvero? Come Clive Staples Lewis, lo scrittore delle cronache di Narnia.» «Em, si, ma, credimi non ho niente a che fare con lui, non siamo parenti. Magari.» Feci un’altra piccola risata, prima che lui con faccia divertita mi dicesse: «E il tuo nome è..» «A, si, giusto, scusa Caterina, Caterina Hamilton» Gli dissi diventando bordò in faccia, mi imbarazzavo facilmente. «Caterina! È un nome italiano?» Mi chiese incuriosito. «Si, si lo è.» «Vado molto spesso in Italia, è un bel paese.» «Non lo so, non ci sono mai stata, mia madre viene dall’Italia, ma non ha un buon rapporto con i suoi genitori, e quindi non mi ci ha mai portata.» «Davvero? Peccato, penso che l’Italia sia piena di città magnifiche e che almeno una volta nella vita valga la pena andarne a vedere una.» «Ora devo andare. Ciao.» Gli dissi. «Si, no, aspetta, non è che ti va di uscire.» Io, molto stupidamente, ero così imbarazzata che visto che ero già corsa via faci finta di non sentirlo e me ne andai. Entrai dalla finestra di camera mia. Mia madre non mi aveva scoperta, meglio così. Mi misi in velocità il pigiama e andai al piano inferiore per la cena. «Eccoti servita. Bon apetìt » Mi disse mia mamma. «Bon appetito. » «C’è qualcosa che non va? Parlami se hai bisogno.» Mi disse lei incuriosita dalla mia espressione pensosa. «No, no niente. Sta sera lavori?» Dissi per cambiare argomento «Si. Dalle 5 alle 13. E tu domani sei da Kris?» Kris è una mia amica, anche se hai un paio di anni in più di me ne ha 25, anzi forse è l’unica mia amica. «Si. Mi ha detto che devo assolutamente darle una mano al bar.» «Allora io esco alle 12 da scuola, ti preparo il pranzo e poi vado da Kris, dalle 2 alle 7, là farò i compiti. Così mangi e poi ti riposi. Ok?» «Perfetto Amore, ma tu quando ti riposi?» «Non ne ho bisogno» «Come no tra scuola, studio, allenamento ad atletica, bar e tutto il resto non ti riposi mai.» «Credimi non ne ho bisogno ora vai a dormire fino alle 4 mamma, qui pulisco io.» «Grazie amore.» Andai a dormire dopo aver pulito tutto. La mattina seguente presi su dall’armadio un paio di jeans e una felpa. Mi lavai la faccia, mi pettinai i capelli, feci colazione e per tenermi allenata corsi fino a scuola. Le lezioni furono uno schifo, come sempre dopo tutto, a scuola tutti i maschi mi trovavano una figa assurda e tutte le femmine mi odiavano per questo e mi trovavano una sfigata. Andai a casa sempre correndo preparai il pranzo a mia madre e andai da Kris.

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Capitolo 3
*** Farfalle nello stomaco ***


«Ciao» Dissi a Kris urlando quando entrai nel bar. «Ciao Bellezza» Mi rispose subito lei. «Sono nel retro. Vieni!» «Eccomi.» Buttai la borsa dove la mettevo sempre e andai da lei. Arrivai dietro e, ogni volta che la vedevo mi sentivo una schifezza, me tutti mi hanno sempre descritta come una ragazza bellissima di aspetto, ma se io ero bellissima lei cosa è? Una ragazza bassa, magra, capelli lunghi, mossi e biondi, grande seno, viso bellissimo, ciò quella che tutti i ragazzi sognano come ragazza. «Finalmente sei qui, senti Principessa, lo so che sono giovane, ma ad alzare tutti sti sacchi rimango bloccata così, non è che riesci a farlo tu, che sei più forte di me?» Mi chiese. «Nessun problema, faccio io. Grazie Tesoro. Io vado di là.» Mi diede un bacio sulla guancia e andò a servire ai tavoli. “Uffa, che noia.” Pensai subito. 10 minuti più tardi avevo finito. Mi stavo incamminando di là quando vidi che nell'altra stanza c’era il ragazzo dell’altro giorno, David, come potevo dimenticare il suo nome. Mi girai super velocemente e tornai nel retro; peccato che Kris mi aveva vista. «C’è qualcosa che non va?» Mi chiese venendo dietro anche lei. «No, cioè si, conosco quel ragazzo.» «Chi David? Cavolo, state assieme, ora che mi ci fai pensare stareste benissimo assieme.» Io subito la bloccai dai suoi pensieri Cosa? «No, no, no tra noi due non c’è niente, ho solo fatto una figuraccia davanti a lui. In ogni caso come fai a conoscerlo?» «Davvero non lo sai? Si vede che non guardi la gente che c’è qui nel bar, è praticamente qua ogni giorno, allora vedendolo e rivedendolo sono diventata sua amica.» «Ok…» «Non ci pensare ciccia, ora tu vieni di là e mi dai una mano.» Mi disse, aveva già capito che volevo svignarmela. «No, ti prego.» «Muoviti.» Mi rispose con un sorrisino, là odiavo quando faceva così. Andai di là cercando di non farmi notare. «Ciao David, ben arrivato.» Urlò Kris, doveva farlo per forza, mi chiedo. Lui si girò fece un super sorriso a Kris, poi cambiò faccia, ne fece una stupita, mi stava guardando. Andai dietro al banco delle ordinazioni, lui si avvicinò, ero fregata. «Hey, ecco dove ti avevo già visto, lavori qui.» Mi disse sorridendomi. Tutti i suoi amici mi fissavano e ridevano, diventai tutta rossa, mi sentivo uno schifo. «Scusa ancora per l’altro giorno, hai lasciato il libro in spiaggia sai.» Improvvisamente mi resi conto che per andare via di fretta avevo lasciato là il libro. «Oh, no.» Esclamai, disperata. «Non ti preoccupare, l’ho preso io. Mi dispiace non c’è l’ho dietro, sei ogni giorno qui a lavorare così te lo porto domani?» Non ci potevo credere, era un angelo o un ragazzo, feci un cenno con la testa per dire di sì. «Ok, allora a domani.» Mi fece un sorriso prese la sua roba e se ne andò. Alle sette me ne andai a casa, arrivata mi feci una doccia e mi misi subito a dormire, o meglio a pensare alla mia giornata, e a David, mentre pensavo a lui mi sentivo le farfalle nello stomaco, era la prima volta, ed era fantastico.

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Capitolo 4
*** La mia prima vera cotta ***


”Devo restare vestita così o mi cambio, magari mi trucco un po’, no no mi deve dare solo un libro niente di più resto così. Merda.“ Pensando a queste cretinate avevo bruciato il pranzo di mia madre. Uscii di casa e mi incamminai verso il bar non sapevo come comportarmi. Arrivai al bar Kris aveva appena aperto. «Ciao Kris» Le dissi facendo una smorfia, non volevo essere lì. «Wow, non ho mai visto qualcuno così felice di vedermi, che succede? Non sarai mica in ansia perché David ti deve portare un libro? Ma dai che sei perfetta si innamorerà di certo di te.» La prima cosa che pensai era, “ma tu non sei normale ti sei risposta a tutte le domande da sola”, ma subito dopo esclamai: «Ma che dici mi deve solo portare un libro. E, poi lui non mi piace.» Dissi pensando il contrario. «Si, si certo» Mi rispose lei andando nel retro. Cominciai a lavorare non volevo che arrivasse. Erano già le 7, aveva piovuto tutto il giorno oggi, l’ora a cui io di solito me ne andavo e David non era venuto, allora decisi di andarmene. Salutai Kris e mi incamminai. «Hey, Caterina, Caterina, sono David.» Vidi qualcuno correre verso di me ma non capii bene chi era, ad un tratto quel qualcuno mi arrivò addosso, cademmo a terra, dritti in una pozza d’acqua io sotto e lui sopra. Stavo per infuriarmi quando capii che quel qualcuno era David. «Scusami, veramente non volevo, non eri più alla luce del lampione e non sapevo che fine avessi fatto.» «Fa, fa niente.» Risposi io impacciatamente, mi aiutò ad alzarmi, eravamo bagnati fradici. «Cavolo scusa sei tutta bagnata, ti pago il lavaggio dei vestiti. Quanto può costare?» «No davvero non serve non voglio, ora vado a casa mia e lì lavo io, non serve. Ma anche tu sei bagnato.» «Si. Cavolo non ho le chiavi e mio padre non è a casa. Bon dai troverò un posto dove andare.» Disse, preoccupato. «Se, se, se vuoi, puoi venire da, da me. Cioè così ti asciughi e poi puoi tornare a casa.» Dissi io e subito capii la stupidata che avevo detto. «Davvero? Cioè magari guarda, alle dieci devo vedermi con dei miei amici e non vorrei presentarmi in queste condizioni.» Mi fece un sorriso smagliante. «Si, certo» Risposi io impacciata come sempre. «È lontana casa tua da qui?» «No, cinque minuti e arriviamo.» I cinque minuti di camminata li facemmo in silenzio, ero imbarazzatissima. «A,arrivati» Dissi appena fummo fuori casa mia. «Wow, bella casa.» Mi disse sorridendo. «Mamma sono a casa.» Urlai appena fui dentro. Nessuna risposta, entrai in cucina e trovai un biglietto sul tavolo, ”Amore torno tardi, sono uscita con Mary, non aspettarmi.“ ”O cavolo. Non voglio restare a casa sola con lui.“ Pensai subito. «Tutto apposto?» Mi chiese preoccupato. «Si, si, certo. Qui c’è il bagno.» Dissi continuando a balbettare. «Se vuoi puoi cambiarti prima tu.» Mi chiese lui «No, no grazie vai pure.» Risposi io preoccupata e non sapendo come comportarmi. Ok, grazie mille, davvero. Cercherò di non occupare per molto il bagno. Mi disse sorridendo. Entrò in bagno e chiuse la porta. Io corsi verso lo specchio, ma il tappeto su cui misi il piede si spostò in avanti e caddi subito a terra. «Tutto bene?» Mi urlò lui dal bagno. «Si, si benissimo.» Mi rialzai in super velocità e misi tutto apposto, poi mi sistemai i capelli e i vestiti e mi misi a preparare qualcosa per cena. Quando usci dal bagno aveva i vestiti più o meno asciutti. Ecco fatto. «Wow che profumino.» Disse avvicinandosi a me. «Vuoi?» Chiesi io vedendolo così vicino a me. «No, no grazie. Io andrei.» Disse lui sorridendomi. «Si, si certo.» Risposi io. «Grazie per tutto. Senti sabato sera un mio amico organizza una festa che ne dici di venirci?» Diventai tutta rossa a questa domanda. «Dai su vieni sarà divertente.» Continuò lui. « Eeemm, non so, cioè…» « Lo prendo come un si, ci vediamo fuori dal bar di Kris alle 9, da lì andiamo assieme. A giusto tieni il tuo libro. A sabato grazie ancora.» Mi disse allontanandosi. Sentivo di essermi presa una cotta, si mi ero proprio presa una bella cotta.

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Capitolo 5
*** i preparativi ***


Passai tutta la notte sveglia, alla fine, verso le 5 di mattina chiamai Kris. Il telefono stava squillando. «Ciao Kris.» «Cate? Ma sono le 5. Perché diavolo mi hai chiamata?» «Ti devo parlare.» Le raccontai tutto quello che era successo. «O mio Dio, Cate ti rendi conto, lui ha una cotta per te.» «Cosa te lo fa pensare? Potrebbe essere solo che mi vuole conoscere. E comunque da questo discorso dovevi capire che io ho una cotta per lui.» «Si quello l’ho capito. E comunque se un ragazzo invita una ragazza a una festa è perché ha intenzioni diverse da quelle che pensi tu.» «Oddio mi fai impazzire Kris. Cosa devo fare?» «Allora sono le 6 e mezza e io me ne torno a letto parliamo dopodomani così ti dico tutto. Ciao Bellezza.» «No ti prego ora.» Ma aveva già riattaccato. Mi alzai, ormai mi sarei preparata per andare a scuola. Andai in bagno e cominciai a sistemarmi. Una volta finito scesi in cucina e andai a preparare la colazione. Feci colazione e mi incamminai verso la scuola. Un giorno era già passato. Mattina di sabato, mi alzai, mi lavai, feci colazione e andai a scuola. Era già ora di andare da Kris, oggi avevo proprio voglia di andare da lei. «Ciao.» Disse entrata nel bar. «Finalmente sei qui, pensavo che non arrivassi più.» « Quindi? Lo sai che oggi è sabato, quindi alle nove sarei alla festa!?!?» Chiesi io agitata. «Infatti, ora tu vieni con me.» Mi prese per un braccio e mi portò fuori dal bar, non avevo la più pallida idea di cosa volesse fare. Girò il cartello del bar su “chiuso”, mi fece salire nella sua macchina e mise in moto. «Ora mi dici dove stiamo andando?» Le chiesi io ancora più agitata di prima. «A casa mia.» Mi disse lei. «A fare che?» «Vedrei.» Mi rispose con un sorriso malefico in faccia. Feci tutto il viaggio con una paura terrificante di quello che volesse fare. «Arrivate. Svestiti.» Mi ordinò lei. «Cosa?» Le chiesi io, spaventata. «Come posso farti la ceretta se non ti svesti?» Mi chiese lei ironicamente. «Stai scherzando? Non intendo farla, stammi lontano.» Risposi immediatamente io. «Dai Cate, non fa tanto male e poi se vuoi andare alla festa.» Stette almeno dieci minuti per convincermi e poi cominciò a farmela. Tirai degl’urli che i vicini pensarono che qualcuno stesse morendo, non ero abituata a farla. «Bene, la ceretta l’abbiamo fatta. Ora vai a farti una doccia così poi scegliamo vestiti, trucco e capelli.» «Ok.» Risposi io ancora sofferente. Mi feci una bella doccia calda e poi uscii. «Ecco qua. Per l’occasione ho un bel completo intimo, molto sexy.» Appoggiò sul letto un reggiseno verde smeraldo di pizzo che era più imbottito che altro e una paio di mutande abbinate. «Io non intendo indossare sta cosa.» Risposi io con gli occhi sgranati. «Ma dai, non è mica trasparente è un normalissimo completino intimo. Indossalo punto e basta.» Non opposi resistenza, anche se ovviamente non mi sarei mai e poi mai spogliata. «Ti sta benissimo.» Continuò lei. «Come vestito metti questo.» Era bellissimo, un vestito lungo fino alle ginocchia, blu, stretto, ma non troppo, fatto a canottiera, scolato fino al punto giusto. Lo indossai. «Sei bellissima.» Mi disse Kris, ancora un po’ con le lacrime agli occhi. «Non lo trovi esagerato? È solo una festa.» Chiesi io preoccupata. «No, ho il numero di David e gli ho chiesto come dovevi andare vestiti alla festa.» Mi fece sedere su una sedia, mi piastrò i capelli e me li lasciò mollati, mi mise lo smalto, il fondo tinta e del lucida labbra. «Non ti serve altro trucco a te, sei perfetta così.» «Non voglio andarci da sola, vieni con me.» Mi infilò le scarpe, con il tacco, blu. «No. Cerca di stare in piedi.» Mi rispose subito lei sorridendo. Salimmo in macchina, ero agitatissima. In poco fummo arrivate al bar, erano le nove meno dieci, e lui era già lì. Io scesi dalla macchina, Kris vedendo che non andavo avanti mi venne vicino e mi dette una piccola spinta. «Ciao.» Mi disse lui a bocca aperta. «Sei, sei bellissima. Come sempre dopo tutto.» La sua faccia stupefatta divenne sorridente.

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Capitolo 6
*** La festa ***


Intanto che io mi perdevo nel suo sorriso Kris se l’era già svignata. «Ecco la mia moto. Vogliamo andare.?» Feci un cenno con la testa per acconsentire. «Siamo arrivati.» Mi disse non smettendo mai di sorridere. Scesi dalla moto e ammirai le casa da riccone che aveva il suo amico. «Bella, vero? Entriamo.» Mi disse lui mentre fissavo a bocca aperta la casa. Feci di nuovo un cenno senza aprire la bocca. Entrammo. Era pieno di ragazzi e ragazze, tutti viziati, si vedeva benissimo. Mi presentò a un paio di suoi amici e, mentre lui parlava con loro io gli rimanevo praticamente attaccata fissando tutta la gente che c’era, anzi fissando quelle ragazze che si vedeva benissimo che sparlavano di me. «Tieni.» Mi disse uno degli amici di David, e mi porse un bicchiere con dentro qualcosa che poteva sembrare birra. «Bevi?» Mi chiese David, vedendo come fissavo il bicchiere, mi guardai in giro quel gruppo di ragazze mi fissava ridendo e allora decisi di fare una cosa che non avrei mai dovuto fare. «Si, certo.» Risposi alla sua domanda e mandai giù tutto il bicchiere in un sorso, con le facce sbalordite di David e i suoi amici che mi fissavano, stavo per vomitare ciò che avevo bevuto per la prima volta e avevo capito di essere astemia ma, per non farlo capire chiesi subito un altro bicchiere. Erano passate più o meno due ore da quando eravamo lì, io avevo bevuto solo due bicchieri di birra e mi sentivo come se ne avessi bevuti venticinque. Le tipe che mi continuavano a fissare si avvicinarono al tavolo degli alcolici, proprio accanto a me, e cominciarono a parlare con l’intento farsi sentir da me. «Hey, ragazze ma, quella proprio dietro a me non è a scuola con noi?» Disse una ridendo, e a quel punto le riconobbi. «Si, è vero. Ho sentito dire che suo padre ha tradito sua madre e che quella poveretta era così disperata da perdonarlo, ma, doveva essere una sfigata tale, che il padre dopo averla tradita chiese pure il divorzio.» Rispose un’altra, sempre ridendo, io intanto stavo trattenendo le lacrime a fatica. «No, davvero, wow che poveretta.» Rispose la prima, prendendomi in giro. «Chissà se si droga, o cose del genere per la tristezza, beh sarebbe comprensibile.» Disse una terza. «Già. Secondo me non ha mai avuto neanche un ragazzo; dev’essere sola come un cane.» Disse la prima. A quel punto stava per intervenire David, che con i suoi amici aveva sentito tutto, ma io non c’è la feci più. Iniziai a piangere e corsi fuori dalla casa, aveva proprio la spiaggia di fronte allora decisi di correre fino alla riva e dalla riva di andare fino a casa. Ma ad un tratto sentii David che mi chiamava allora corsi più velocemente, mi prese la mano mi girò verso di lui, ma io inciampai tirandomi lui addosso. «Ma non sai fare altro che saltarmi addosso.» Gli urlai sotto l’effetto dell’alcool, infatti se fossi stata sobria non mi sarei mai permessa di dirgli una cosa del genere. Lo spinsi giù da me e a quel punto corsi verso il mare. Non pensai neanche di togliere il vestito e mi buttai nell’acqua. «Ferma, ferma.» Mi urlò David. Entrò nell’acqua e mi portò fuori. «Non devi ascoltarle quelle.» Mi disse mentre mi abbracciava. Io ricomincia a piangere come una fontana e lui mi strinse sempre più a se. «Vieni ti riporto a casa.»

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