The way of this revenge.

di Hanji Phi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** 1. Di Morgenstern e altri problemi. ***
Capitolo 3: *** 2. Di sensazioni, ricordi e night-party. ***
Capitolo 4: *** 3. Di situazioni nuove, ma non proprio. ***
Capitolo 5: *** 4. Di ricerca e sguardi amari. ***
Capitolo 6: *** 5. Di domande e omissioni. ***
Capitolo 7: *** 6. Di tempi fluidi e incerti. ***
Capitolo 8: *** 7. Di richieste insolite e maliziose. ***
Capitolo 9: *** 8. Di incauti sospesi e frasi sibilline. ***
Capitolo 10: *** 9. Di piani insidiosi e malaugurate conseguenze. ***
Capitolo 11: *** 10. Di ciò che non ci si augura e accade lo stesso - Parte 1 ***
Capitolo 12: *** 11. Di ciò che non ci si augura e accade lo stesso - Parte 2 ***
Capitolo 13: *** 12. Di chi spiega e chi ordina. ***
Capitolo 14: *** 13. Di chi sa e chi tace. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


The way of this revenge

The way of this revenge

It’s unfortunate that when we feel a storm
we can roll ourselves over ’cause we’re uncomfortable
[...] Love is like a sin my love
For the one that feels it the most
Look at her with a smile like a flame
She will love you like a fly will never love you, again

Massive Attack - Paradise Circus


Lungo la Orchard era il caos.
I demoni controllavano le strade collegate ad essa, un connubio di terrore, follia, disperazione, l’ultima corsa forsennata verso la luce sempre più flebile della speranza. C’erano auto rovesciate e accartocciate l’una sopra l’altra, lampioni piegati, vetri e pezzi di cemento sparsi per terra, che altro non erano se non resti di case e palazzi in piedi solo in parte. Nephilim venuti da ogni dove in soccorso dell’Istituto di New York sciamavano fra orde di creature mostruose, sfoderando spade angeliche e qualsiasi altro tipo d’arma a loro disposizione. Tentavano di respingere un alto numero di demoni in piccoli gruppi, ma per ciascun nemico sconfitto ne arrivavano altri cento.

Non c’era verso d’impedire quella battaglia, e la loro unica possibilità era andata perduta.
Ed era tutta colpa di Clary.
 
Clary aprì gli occhi.
La luce le ferì immediatamente la vista, costringendola a richiuderli e rintanarsi sotto il cuscino, mugugnando debolmente come forma di protesta.
Tanto è inutile, pensò.
-Sveglia ragazzina. Non intendo mostrare un'altra briciola della mia invisibile pazienza nei tuoi confronti, perciò devi alzarti, o ci saranno delle serie conseguenze.-
Quella tiritera mattutina iniziava ad annoiarla, ma sapeva che il suo coinquilino era mortalmente serio. Non a caso una volta aveva trovato un ragno nella colazione, un piccolo avvertimento per la sua mancanza di collaborazione. Tutti i giorni, alla stessa ora, spalancava le tende della camera in cui Clary dormiva, pretendendo di comandarla con uno schiocco di dita. Sapeva quanto quel gesto la infastidiva. Sospirò, emergendo dal suo nascondiglio improvvisato e gettando malamente di lato le coperte.
-Voi donne siete così intrattabili appena sveglie- continuò, osservandola mentre si alzava e raccoglieva biancheria e vestiti, unica meta in mente una rinfrescante doccia che, sperava, le avrebbe tolto di dosso l’incubo di quella notte.
L’ennesimo.
-E anche un po’ bruttine, aggiungerei.-
Aprì la porta del bagno, gettando i vestiti sul copri-water e piazzandosi nuovamente sulla soglia per fronteggiarlo.
-Allora è una fortuna, no?, che tu sia bisessuale, Magnus- disse, impaziente di concedersi quella benedetta doccia.
Lo stregone sorrise. -La fortuna è di tutti quelli che hanno il privilegio di essere miei amanti.-
Per tutta risposta, Clary ricambiò il sorriso. -Ma certo-, replicò. Dopo di che gli sbatté la porta in faccia.
Sbuffando, si liberò del pigiama ed entrò nella cabina, attivando senza pensarci troppo il getto d’acqua fredda. Sussultò istintivamente quando quello la investì, prima di rabbrividire e abbassare le palpebre.
C’erano momenti, o parole, tipo quelle pronunciate un attimo prima da Magnus, che avviavano in lei un istintivo processo di rievocazione -come se già, giorno dopo giorno, il peso di ciò che sapeva non la schiacciasse lentamente.
Non venivano fuori solo ricordi -immagini, per lo più, flash nella tetra oscurità dello sfondo-, ma sensazioni, emozioni, o fantasmi di esse. Il più comune, oltre il dolore della perdita, era il senso di colpa. Quando incrociava lo sguardo di Magnus Bane, in lui non vedeva solo un bel ragazzo dai tratti asiatici, con i capelli scuri, occasionalmente spolverati di glitter, gli occhi da gatto, un fisico asciutto e abbastanza attraente per chi, a differenza di lei, non aveva già il cuore impegnato.
Clary scorgeva invece la luce che gli avrebbe illuminato lo sguardo se solo avesse conosciuto l’amore di cui lei lo stava privando, i rischi che avrebbe corso volontariamente, ciò che avrebbe perso e guadagnato, scelte che dovevano spettare a lui, e che invece lei prendeva al posto suo, lasciandolo inconsapevole di tutto.
A quel punto, doveva soffocarli prima che prendessero il sopravvento, e non conosceva che un modo per riuscirci. In fin dei conti, era nata per quello, ce l’aveva nel sangue.
Clarissa Fairchild era una Cacciatrice, e come tale avrebbe gestito la sua vita.

Flying thoughts of a mutable mind
Buon ferragosto, popolo di efp. Avevo questa ff in mente da qualche giorno e non sono riuscita a contenermi, benché volessi aspettare.
Questa fan fiction è un remake un po' particolare che, come idea, è sempre stata viva nella mia mente, un what if? che potrebbe peccare di teatralità, ma che mi sta dando la possibilità di plasmare un mondo che amo, che Cassandra Clare e i suoi personaggi mi hanno insegnato ad amare.
Spero possa piacervi, oltre ad attendere fremente le vostre opinioni. Se questo primo assagio va bene, continuerò a postare c:
Baci,
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Capitolo 2
*** 1. Di Morgenstern e altri problemi. ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Clary

A quasi diciassette anni, Clary poteva definirsi una Cacciatrice più che capace. Era agile e intuitiva, con quel tipo di determinazione che sfociava nella testardaggine. Ciò che la rendeva anomala -speciale, avrebbe detto qualcuno- era da collegarsi ai doni che il padre le aveva fatto quando non era ancora nata.
Forse però, nel momento della sua morte, Valentine doveva essersene pentito, almeno un po’. Uno dei suoi esperimenti gli si era rivoltato contro, e l’aveva guardato morire trafitto dal potere dell’Angelo, sulla riva del lago Lyn, a Idris.
Padre e figlia soli, per la prima ed ultima volta.
Quella volta, Clary non aveva potuto impedire che invocasse l’Angelo. Ma almeno aveva scongiurato morti dolorose. I Lightowood erano tornati tutti sani e salvi all’Istituto, persino Max. Appostata in un vicolo, li aveva visti varcare la soglia della loro casa con i suoi stessi occhi. Poi era fuggita, prima che la tentazione di ricongiungersi alle persone che amava diventasse troppo forte per essere contrastata.
Aveva salvato Jace, tenendosi a debita distanza, senza mai dargli possibilità di vederla. Non che lui sapesse della sua esistenza.
Dipende tutto da te, Clarissa.
La consapevolezza racchiusa nell’eco di quelle parole, a distanza di tempo, le rimbombava ancora nella testa.
 
Amava New York, specialmente in una sera limpida come quella. I negozi ad ogni angolo, gli alti grattaceli, l’aria pesante per lo smog, le strade colme di automobili, guidatori che si urlavano a vicenda e suonavano furiosamente i loro clacson nella vana speranza che l’ingorgo sparisse. Ogni piccolo dettaglio adesso le faceva venir voglia di ringraziare gli Angeli per averle permesso di ridar vita a tutto quello.
La Orchard era identica a se stessa, senza grida agghiaccianti e palazzi crollati disseminati per la strada. Le piaceva andare a caccia in quella zona, le ricordava cosa doveva fare e quanto il tempo sprecato nelle ricerche fosse prezioso. Il Mondo Invisibile, a dispetto del nome, aveva occhi e orecchie dappertutto.
Così, quando si scontrò in pieno con un demone mutaforma che usciva a passo svelto da una stradina secondaria, non fu per nulla sorpresa. Anzi, era abbastanza sicura che, nel caso in cui avesse fallito come Cacciatrice di demoni, avrebbe avuto un posto assicurato a Hollywood.
-Ahi- protestò debolmente, strofinandosi il braccio e alzando uno sguardo di scuse verso il ragazzo di fronte a lei.
Non era male: aveva un viso che poteva definirsi dolce e attraente, se non fosse stato per la smorfia dura che gli increspava gli angoli delle labbra. Gli occhi, azzurro ghiaccio, la pelle chiara e i capelli scuri disordinati facevano di lui una conquista ambita per una qualsiasi ragazza che avrebbe voluto puntare su di lui.
Se non si fosse trattato di un demone, ovviamente.
-Mi dispiace- disse, con rammarico che suonò sincero persino alle sue orecchie, guardandolo tra il dispiaciuto e l’affascinato.
Quello abboccò subito, regalandole un sorriso.
-Colpa mia, ero distratto. Spero di non averti fatto troppo male- replicò gentilmente, afferrandole con delicatezza il braccio incriminato. Non poteva sapere di avere davanti colei che l’avrebbe rimandato al suo mondo originario, con le rune nascoste dai vestiti. Tanto meglio.
-No, per niente. Avevo la testa fra le nuvole anch’io, credo di aver anche sbagliato strada!-
Mentre parlava, con uno sguardo falsamente comprensivo e concentrato, il demone la fece avanzare e riparare nella luce tenue e meno esposta del vicolo, ammaliandola affinché lei non ci facesse caso fin quando non fosse stato troppo tardi.
Lei stette al gioco.
-Dov’eri diretta? Posso aiutarti su vuoi.-
Il demone fece un altro sorriso, ma al quel punto Clary si era già mossa. Afferrando saldamente il braccio con cui lui la teneva ancora, glielo torse dietro la schiena, dando un calcio dietro le ginocchia per azzerare il suo equilibrio e piantandogli un ginocchio sulla base della schiena mentre lui cadeva, a pancia in giù, schiacciato dal suo peso. Il tutto in meno di un secondo, senza che lui avesse il tempo di protestare.
Si agitò inutilmente, ringhiando minacce e sbuffando come un toro, ma bastò la punta acuminata di un pugnale accostata alla sua schiena per farlo desistere.
-Ero diretta proprio qui, alla ricerca di uno di voi stupidi demoni che si facesse abbindolare da una ragazza- disse soddisfatta, premendo un po’ di più il coltello per chiarire il concetto.
Il demone sibilò.
-Non mi hai ancora ucciso, quindi cosa vuoi?- disse, digrignando i denti.
-Informazioni- rispose lei, senza batter ciglio. -Sto cercando una persona, un Cacciatore, che risponde al nome di Jonathan Christopher Morgenstern.-
Il sorriso lupesco che si disegnò sulle sue labbra le fece stringere la mano sull’impugnatura.
-Non lo sai? Si nasconde sotto le spoglie dell’angelico figlio adottivo dei Lightwood. Si fa chiamare Jace...-
-Sai che non mi riferisco a lui. L’altro, il vero figlio di Valentine, che ha sangue di demone nelle vene. E’ lui che sto cercando.-
Quello girò il viso, premendo una guancia per terra, gli occhi voltati al massimo verso di lei.
-Perché dovrei darti ciò che vuoi? Mi ucciderai comunque, Cacciatrice.-
Lei annuì, senza alcuna intenzione di nasconderlo. -E’ vero. Ma vedi, ho il potere di rimandarti semplicemente nel tuo mondo, o di cancellare la tua brutta faccia da qualunque mondo esistente negli infiniti universi. A te la scelta.-
Le parve di sentirlo trasalire, la bocca contorta in un ghigno d’orrore, negli occhi una scintilla di comprensione. Dopo qualche secondo di riflessione, il demone parlò.
-Tu sei la figlia di Valentine, Clarissa Morgenstern. Lui ci ha parlato di te, sua sorella- disse, scandendo lentamente le parole.
Clary s’irrigidì. Certo, aveva messo in conto che Jonathan sapesse di lei e dei suoi poteri, ma sapere che anche i demoni la conoscevano era tutt’altra cosa. Le voci giravano fin troppo velocemente, in più Jace e i Lightwood sapevano di lui, anche se per loro rimaneva Sebastian. E se fosse corsa voce circa un’altra discendente dei Morgenstern… Ispirò bruscamente.
-Sai qualcosa di utile?-
-Ti sta cercando, Cacciatrice. E ti troverà prima che tu trovi lui. Sei il suo unico ostacolo-
-Ostacolo per cosa?- ringhiò, tirandogli i capelli e spingendo il coltello attraverso la carne, al ché il demone lanciò un grido di dolore.
-Per i suoi piani- rispose quello, contorcendosi.
-Devi sapere cosa vuole fare. Dimmelo!- gli ordinò. Il demone si mosse verso l’alto, spingendosi contro la lama, che scese sul suo cuore, impregnandola dello stesso sangue che si andava spandendo sotto di lui.
Imprecò, irritata.
-Quando lui comanderà… quelli come me avranno anche il vostro mondo. Ti ha già trovata… Cacciatrice. E poi… tu sai già cosa farà- disse, enigmatico e arrogante anche mentre le convulsioni scuotevano il suo corpo e lo facevano ripiegare su se stesso, per poi svanire.
Clary rimase immobile per dei minuti, prima di riuscire ad alzarsi e andare via.
Quando tornò a casa, nell’appartamento di Magnus, stava ancora pensando a cosa fare. Se Jonathan era sulle sue tracce, doveva sapere che Valentine era morto a causa sua, che sempre lei gli aveva impedito di uccidere Max e Jace, facendo saltare i suoi piani come Sebastian. Il che significava che avrebbe dovuto tenere d’occhio l’Istituto e i suoi abitanti, nel caso in cui suo fratello avesse deciso di colpire loro.
Non sarebbe stato facile.
Persa nei suoi pensieri, quasi non sentì il cellulare squillare nella tasca dei jeans, macchiati del sangue del demone.
Sfilandolo, vide il nome del suo migliore amico lampeggiare sullo schermo e sorrise, finalmente in modo sincero.
-La band è ancora “Senza Nome”?- disse a mo’ di saluto al suo interlocutore, entrando in soggiorno. Magnus era stravaccato sul divano ad angolo, nero in pelle sulla sfondo bianco della parete. Un tavolino basso di marmo nero e sottile stazionava al centro della stanza, davanti ad una poltrona rossa, e un grosso tavolo il legno massiccio ed elegante occupava la stanza vicino alle alte finestre sulla destra.
-Eric pensa sia troppo banale. Abbiamo scelto Camels’ Furious, ma non mi convince del tutto- disse Simon, il tono serio che strideva con la vivacità dei rumori in sottofondo, la città che si svegliava al calar della notte.
Magnus alzò lo sguardo dalla sua rivista, guardando infastidito il suo abbigliamento malandato e le macchie sul pavimento lasciate dalle scarpe.
-E’ orribile, Simon. Che ci fai in giro?-
Lo stregone schioccò le dita e in pochi istanti il linoleum in legno era di nuovo pulito, così come lei e i suoi vestiti. Le scintille blu che abbandonarono in pochi secondi la mano di Magnus le solleticavano ancora la pelle, e sapeva che quella fastidiosa sensazione non se ne sarebbe andata facilmente.
Coprì il ricevitore con una mano, allontanando il telefono e guardandolo furente.
-Lo sai che odio quando lo fai!- protestò.
Sembrava piuttosto annoiato dalla sua reazione, non la degno dei una sguardo mentre rispondeva: -E io ho appena rimodernato l’appartamento, che tu stavi sporcando. Questo infastidisce me, ragazzina.-
Clary sospirò.
-Non farlo più, però- disse, pur sapendo che erano parole sprecate.
-Tu non sporcarmi casa-
La ragazza si buttò sulla poltrona, comoda proprio come sembrava. Quando Simon, che aveva continuato a parlarle finché aveva capito che lei si era distratta, ripeté il suo nome per la decima volta, Clary si riscosse.
-Scusa Simon, mi sono persa. Cosa dicevi?-
-Non hai sentito una parola, vero?- disse lui, sconsolato ma abituato ormai da tempo alle stranezze dell’amica. -Dicevo che tua madre è tornata in città e non riesce a contattarti. Mi ha chiesto di farlo per lei, sperando di farti ragionare. Vuole vederti. Stai da quel tuo amico gay, no? Perché non la fai venire lì?-
Non lo corresse circa le preferenze di Magnus, troppo presa da quello che le aveva detto.
Jocelyn e Luke, così come Simon, erano a conoscenza della sua temporanea sistemazione. Mica tanto, dato che abitava lì da un anno ormai.
A differenza dei primi due, però, Simon non sapeva nulla di Shadowhunters, demoni e Nascosti. Non che Clary avesse paura che lui l’abbandonasse, anzi, era sicura che avrebbe fatto qualcosa di molto stupido come armarsi di arco e frecce e aiutarla nella caccia contro i mostri. Ma nel prima, Simon era diventato un vampiro, e non era finita bene per nessuno di loro. L’avrebbe tenuto lontano da quel mondo, lontano da quella parte di lei anche a costo della vita.
Sua madre, invece… Clary era conscia delle ragioni per cui si era rifiutata di farla crescere nel Mondo Invisibile, e spesso si ritrovava a pensare che sarebbe stato meglio per tutti se lei non avesse mai scoperto nulla. Aveva dovuto fingersi davvero infuriata con sua madre, per fuggire di casa e tenerli a distanza, al sicuro da se stessa.
Fino ad allora aveva funzionato. Valentine non l’aveva mai presa, Clary aveva recuperato la coppa prima che le si avvicinasse troppo e decidesse di rapirla. Ma adesso che le acque erano di nuovo agitate, lei e Luke tornavano dalla campagna. Che tempismo! Forse Jocelyn aveva sentito qualcosa che l’aveva messa in allarme, forse era preoccupata per lei.
-Non posso, Simon. Sai come mamma ha reagito quando me ne sono andata. Le ci sono voluti dei mesi per accettare la cosa. E’ meglio così.-
Simon dovette capirlo dal suo tono di voce, perché le sue parole tardano ad arrivare, e quando lo fecero erano caute e misurate.
-Continuerai a non dirmi nulla, vero? Lo sai che qualunque cosa fosse ti aiuterei-
A Clary si strinse il cuore, consapevole questa volta dei sentimenti che Simon provava per lei. Andarsene era stata la scelta migliore, si disse.
-Lo so, Simon. Lo so-


Flying thoughts of a mutable mind
Buona domenica! Questo è il primo, vero capitolo. Avrete finalmente modo di capire cosa questa nuova Clary sta cercando, di ipotizzare perché sa già di essere una Cacciatrice, senza aver incontrato Jace e gli altri ma sapendo della loro esistenza. E, beh, non dico altro per ora. Se avete qualche curiosità, chiedete pure.
Ringrazio i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, ma vorrei capire se vi piace abbastanza da farmi postare altri capitoli.
Perciò, se recensite in tanti questo capitolo, posto il prossimo c:
Baci,
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Capitolo 3
*** 2. Di sensazioni, ricordi e night-party. ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Clary

Dopo averlo salutato, posò il telefono sul bracciolo della poltrona e reclinò la testa, socchiudendo le palpebre. Magnus la studiò per qualche momento, prima di parlare.
-Hai mai pensato cambiare mestiere e darti al teatro?-
-Cosa?- sbottò. -Ti sembra che stia recitando?-
-No- ammise Magnus, posando la rivista sul tavolino davanti a lui -ma l’espressione grave che hai in questo momento mi dice che saresti una Giulietta perfetta.-
Clary abbozzò un sorriso.
-Lo ami? E’ per questo che non vuoi dirgli nulla?- le chiese, serio abbastanza da sorprenderla. E poi si diede della stupida. Magnus aveva vissuto tantissimo, ed erano poche le cose che potevano sfuggirgli, sicuramente meno di quelle che lo annoiavano. Ciò però non significava che non avesse un cuore. Anzi, probabilmente capiva molto più lui di chiunque altro.  
-Oh, no. Gli voglio molto bene. La persona che amo…-
Chiuse gli occhi, bloccando i ricordi prima che quelli prendessero forma.
Invece di continuare ciò che non avrebbe mai potuto dire ad alta voce, tanto meno a qualcuno che non fosse lei stessa, cambiò argomento.
-Mia madre ti ha contattato?-
Il suo silenzio e lo sguardo che le lanciò fu più eloquente di una conferma detta a parole.
-Magnus!- gemette, nascondendo il viso fra le mani e poggiando i gomiti sulle ginocchia.
-E’ preoccupata per te, Clary. E anche il lupo mannaro- continuò, squadrandola con occhio critico.
Alzò il viso, scuotendo la testa, e si trattenne dal reagire con troppa irruenza. D’altronde, Magnus non conosceva il reale motivo per cui li teneva a distanza.
-Avresti potuto avvisarmi. Ti ho detto che non posso coinvolgerli!-
Scattò in piedi, raggirando la poltrona per raggiungere la finestra. La strada davanti il palazzo in cui abitavano era deserta, i lampioni ai lati gettavano coni di luce che sfumavano nell’oscurità della notte.
Anche quella notte i lampioni erano accesi, i pochi rimasti fra un assalto di demoni e l’altro.
Illuminavano le chiazze scure sulle strade, sui marciapiedi, sui muri, di un colore scuro che avrebbe potuto essere qualunque cosa, ma Clary sapeva di cosa si trattava. Sangue.
-E io non l’ho fatto- rispose, strappandola da quella macabra immagine. -Ma credo che dovresti parlare con lei, prima che faccia qualcos’altro- aggiunse.
Clary aggrottò le sopracciglia.
-Che intendi?-
-La vostra vita è troppo breve per permettervi il lusso di aspettare e non fare nulla. Potrebbe cercare di proteggerti a tua insaputa, se pensasse che tu fossi in pericolo.-
Lo guardò. Non c’era preoccupazione o rabbia nello sguardo dello stregone, solo curiosità. Clary non cercava la compassione di nessuno, tanto meno la sua; per quella ragione aveva cercato il suo aiuto, nel momento in cui aveva capito quanto fosse alta la posta in gioco. Quella e altre.
Voltò di nuovo il viso verso la strada, ragionando sulle sue parole e cercando una replica adatta, senza trovarla. Temeva accadesse, ogni giorno. Rifiutare ogni relazione con chi prima aveva sofferto a causa sua le era sembrata la scelta più logica, la più sicura, perché le avrebbe permesso di controllare tutto col giusto distacco. D’altronde, contava sul fatto di essere l’unica a ricordare quello che era successo.
-Mi sta cercando-
Lo disse così, senza pensarci, un paura che prese forma e si dissolse nell’aria fra loro dopo aver attraversato le sue labbra. Magnus si fece attento, ma il suo tono era sempre tranquillo.
-Il Nephilim a cui dai la caccia? Il figlio di Valentine?-
Clary annuì.
-E’ pericoloso, Magnus. Molto pericoloso. Lui ha… so che può fare del male a chiunque mi stia vicino.- aggiunse, incoraggiata dal suo silenzio. Era come parlare da sola, ma il peso che sentiva nel cuore si attenuò quel tanto da concederle un po’ di respiro.
-Devo fare in modo che tutti loro siano al sicuro. Non posso sbagliare, stavolta- mormorò, poggiando la fronte al vetro.
Quando registrò l’errore contenuto in quell’ultima frase, era tardi. Gli occhi da gatto di Magnus si accesero, avendo colto qualcosa che fino ad allora lei non aveva lasciato trapelare davanti a lui, ma non volle indagare oltre. Clary sperò che la gratitudine trapelasse abbastanza dal suo sguardo da arrivare fino a lui.
-Mi pare di capire che la cosa va oltre la tua famiglia.-
Sorpresa, lo guardò da sopra una spalla.
Magnus sospirò. -Non starò qui a tirarti fuori informazioni che non vuoi condividere. Invece ti darò un consiglio: non prenderti responsabilità che da sola non puoi affrontare. Se devi farlo, il fatto che le persone a cui tieni scelgano il pericolo per te non è una tua colpa.-
Ammutolita, non riuscì a far altro che fissarlo con aria vagamente persa.
-Il pericolo…- disse fra sé, stringendo le mani a pugno. -Non il pericolo a cui andrebbero incontro, ma morte certa. E non posso, non voglio rischiare-
La fissò con aria pensierosa, le gambe accavallate, una mano grattava il mento senza quasi accorgersene, come per un gesto involontario. Alla fine si alzò.
-Mi ricordi qualcuno che ho conosciuto una volta. Credeva di essere stato maledetto, che tutti quelli che si fossero affezionati a lui sarebbero morti. Ha scelto di farsi detestare. Sai com’è finita?-
Clary scosse la testa.
-La maledizione non c’era mai stata. Ha vissuto con quella convinzione per anni, inutilmente.-
Spalancò gli occhi. Doveva essere terribile, essere convinti di non poter essere amati per poi scoprire che si era trattato di un imbroglio. Ma in fondo, non assomigliava po’ a ciò che stava accadendo a lei? Non era per questo che Magnus le aveva rivelato ciò?
Si girò completamente verso di lui.
-Perché dirmi tutto questo? Il nostro è solo un affare. La tua ospitalità a tempo indeterminato in cambio del Libro Bianco, che ti ho fatto avere come promesso. Perché aiutarmi ulteriormente, allora?-
Magnus scrollò le spalle, avanzando poi nella sua direzione.
-Indole del buon samaritano, è un difetto che cerco di correggere da secoli. E adesso via quell’espressione lugubre, c’è un party da organizzare.

Jace

-Credi che ci sia Sebastian dietro gli attacchi ai Nascosti delle ultime settimane?-
-Isabelle, Jace crede che Sebastian sia dietro qualunque cosa sospetta accada nel Mondo Invisibile. Quindi perché chiederglielo?-
Alec non aveva tutti i torti. Da quando era venuto a conoscenza dell’esistenza di quel fratello che non condivideva il sangue con lui, ma solo il padre, Jace non riusciva a pensare ad altro che non fosse la volta in cui, a Idris, durante la battaglia contro Valentine, se l’era lasciato scappare.
Dopo che la tenuta dei Wayland aveva iniziato a tremare, dando a lui e Isabelle giusto il tempo di uscire prima che controllasse, si erano scontrati con Sebastian. Solo a quel punto avevano scoperto chi fosse in realtà -il figlio di sangue di Valentine, il Cacciatore per metà demone-, e si erano resi conto di quanto fossero stati in pericolo, con una serpe in seno pronta ad ucciderli in qualunque momento.
Quando però l’aveva sconfitto, o così credevano, correndo ad Alicante per avvertire i Lightwood e il Consiglio, avevano trovato i Cacciatori in stato confusionale, feriti ma salvi, e Valentine era morto. Nephilim e Nascosti avevano unito le forze, gli era stato detto, per merito di una runa che permetteva ad uno di usare il potere dell’altro. Una runa mai vista prima di allora. Non ci avrebbe mai creduto, se non l’avesse visto con i suoi occhi.
Nessuno può creare nuove rune, si era detto.
Era tornato con la mente ai suoi sogni, quelli in cui un fluido rosso, denso, bagnava le strade di New York e le torri splendevano di una luce rossastra che metteva i brividi. E in piedi, in mezzo al caos, c’era qualcuno. Il bagliore tutt’intorno rendeva rossa anche quella figura -capelli, pelle, vestiti, perfino l’ombra-, ma Jace non aveva idea di cosa significasse, ne se ci fosse davvero qualcosa da capire.
-Jace? Ti muovi o no? Sto morendo di fame- protestò Isabelle accanto al fratello.
-Potevi cucinarti qualcosa da sola- replicò Jace con un mezzo sorriso, raggiungendoli davanti alla porta del ristorante. Taki era il miglior ristorante della zona, comunque il suo preferito.
Ci trascinava i suoi fratelli dopo una caccia particolarmente noiosa, come quella di qualche ora prima, quando un paio di demoni Du’sien avevano avuto la sfortunata idea di attaccare uno stregone donna che i tre Shadowhunters stavano seguendo. Alla fine due erano morti e uno fuggito, e lo stregone non li aveva nemmeno ringraziati. Tipico dei Figli di Lilith! Non sapeva nulla di ciò che loro stavano cercando, un qualsiasi indizio che potesse avvicinarli di più a Sebastian e ai suoi piani.
-Credo che prenderò un caffè- stava dicendo Alec alla sorella, aprendo la porta per farli passare.
Taki non possedeva alcuna particolarità nell’aspetto esteriore, probabilmente aveva visto tempi migliori. Era un edificio in mattoni, decadente, e non con il fascino di una vecchia villa, ma più come…
Sembra una prigione.
Jace scosse la testa.
-Tutto okay, Jace?-
Il ragazzo alzò gli occhi verso il suo parabatai, che lo guardava in modo strano. Si era fermato in mezzo al locale, Isabelle era sparita e Alec stava per sedersi ad un tavolo poco distante.
-Si- disse, quando lo raggiunse. -Si, è solo… quella voce. Sbuca fuori, ogni tanto-
-Ancora? Credevo che dalla battaglia con Valentine non l’avessi più sentita- replicò Alec, aggrottando le sopracciglia.
Che tu sappia, avrebbe voluto dirgli, ma si trattenne, limitandosi a scrollare le spalle.
Era cominciato l’anno prima, non sapeva dire quando con precisione, con i sogni e una persistente sensazione di déjà-vu. Il non sapere cosa fosse lo esasperava sempre di più, soprattutto quando credeva di trovare qualcosa… una sfumatura, un particolare, un immagine… e poi quello svaniva, troppo velocemente perché potesse riprenderlo. Come rincorrere un sogno al mattino, mentre di esso non rimaneva altro che una flebile traccia.
-Chi se ne importa, concentriamoci sulle nostre ricerche- disse Jace, sedendosi accanto a lui.
-Ormai non facciamo altro- borbottò Alec, mentre Isabelle tornava da loro e prese posto nella panca di fronte.
-A questo proposito, ho scoperto una cosa interessante- disse, scostando con un colpo di mano i lunghi capelli neri dietro la schiena. Aveva qualcosa nell’altra mano, un volantino, che porse ai ragazzi con un’occhiata soddisfatta. Sporgendosi verso di loro, bisbigliò: -Ho incontrato Meliorn, il cavaliere della Corte Seelie con cui sto-
-Non ci interessano i tuoi intermezzi con i Nascosti, Izzy. Va dritta al punto- la bloccò Jace.
La ragazza alzò gli occhi al cielo. -Solo perché tu non sei capace di divertiti un po’…-
-Io sono capace di divertirmi, tutte le volte che mando un demone all’inferno - ribatté, alzando poi l’invito che gli aveva consegnato qualche attimo prima. -Però dimmi in che modo questo potrebbe aiutarci.-
-Già, Isabelle. Illuminaci- la prese in giro il fratello, che si vide tornare uno sguardo irritato.
Smisero di parlare quando una cameriera si avvicinò. Jace le rivolse un sorriso affettato, ignorando il grugnito infastidito con cui Alec ordinava un caffè per entrambi. La conosceva, e doveva stargli proprio simpatico, perché quando andavano lì Kaelie serviva il loro tavolo per primo.
Isabelle ordinò un sorbetto alla frutta che, a sua parere, era semplicemente divino, per poi tornare a concentrarsi sull’argomento che avevano lasciato in sospeso.
-E’ un’ottima idea, vedrete. Jace, hai detto che c’era traccia di magia oscura nel palazzo in cui Sebastian ha cercato di invocare Lilith, no? Per questo interroghiamo anche gli stregoni. E allora chi meglio del Sommo Stregone di Brooklyn potrebbe rispondere alle nostre domande?- completò, sfoderando un sorriso raggiante e abbandonandosi indietro sullo schienale.
Jace aveva sentito parlare di Magnus Bane, o almeno, quel nome non gli era nuovo, ma non aveva idea di chi fosse. In fin dei conti, quanto poteva essere affidabile rivolgersi a qualcuno che si faceva chiamare “Grande Rovina”?
Quindi, l’idea gli piaceva. A volte Isabelle aveva dei veri colpi di genio.
-Non lo so…- tentennò Alec, passandosi una mano fra i capelli neri, nello stesso momento in cui Jace disse: -Ottimo. Quando?-
Alec sospirò.
-Qui dice che da una festa questa stasera- disse, indicando a Jace e alla sorella la data sul foglio. -Sarà una festa per Nascosti- precisò, alternando lo sguardo fra i due.
Poi Isabelle sorrise. –Ma non è un problema, arriveremo a party iniziato, così nessuno farà caso a noi.-
Gli occhi di Jace divennero due linee sottili, la scandagliavano con aria critica.
-Chi sei tu, e che ne hai fatto di Isabelle?- domandò, accentuando un tono teatrale che voleva anche essere scherzoso.
Lei gli fece la linguaccia.
Kaelie portò loro ciò che avevano ordinato e Jace le fece l’occhiolino. Era bella, con lunghi capelli biondi e occhi completamente e letteralmente blu, abbastanza da fargli credere che si trattasse una fata -o che almeno lo fosse per metà. Si ritirò con un sorriso e le guance arrossate, infondendo in Jace la sicurezza che il servizio, per lui e i suoi compagni, sarebbe sempre stato ottimo, da Taki.
Sua sorella, invece, non sembrava per nulla impressionata.
-Non dovresti flirtare con il personale in quel modo- disse, facendo schioccare la lingua contro il palato.
Jace la guardò di traverso. -Perciò solo tu puoi flirtare con i Nascosti?-
Il suo tono s’infervorì. -Non ho detto…-
-Si invece- ribatté Jace, tranquillo.
-Smettetela! Sembrate due bambini- li interruppe Alec, brusco, sbattendo la tazzina del caffè sul piattino. Per tutta risposta, Jace sorseggiò il suo e Isabelle sbuffò.
-Allora, abbiamo un impegno stasera?- chiese dopo qualche secondo di silenzio, rivolgendosi soprattutto al ragazzo seduto di fianco a lui.
Jace sorrise. -Certo che ce l’abbiamo.-


Flying thoughts of a mutable mind
Sono tornata! Mi dispiace moltissimo di aver dovuto interrompere questa storia, ci tengo in modo particolare... perciò, nonostante i mille impegni che mi ritrovo, ho deciso di riprenderla, portarla avanti, farla crescere, finirla. Prometto che ce la metterò tutta, nella speranza che il vostro supporto continuerà ad essere con me. Dunque, qualche curiosità: sappiate che questa storia è un po' il mio City of Heavenly Fire alternativo, nell'attesa dell'uscita del libro il mio cervello continua a lavorare a tutta velocità e ha sviluppato certi fil mentali cui dovevo per forza dar vita nero su bianco. Quello che è successo a Clary è ancora un po' un mistero, almeno nei suoi dettagli. Gli eventi dei cinque precedenti libri si sono già consumati, ma con Clary e il resto del gruppo divisi. Troverete evidenti riferimenti a varie scene realmente presenti nei libri, per quel che verrà dopo... beh, continuando a seguire vedrete.
Ringrazio i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, però vi chiedo, se ci siete ancora, di lasciare qualche commento, così che io possa capire se vi piace abbastanza da farmi postare altri capitoli.
Se tornerete qui con me, grazie.
Baci,
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Capitolo 4
*** 3. Di situazioni nuove, ma non proprio. ***


The way of this revenge

The way of this revenge

Things never happen the same way twice.
Chronicles of Narnia- C. S. Lewis


Clary

-Ricordami, per favore, per chi sarebbe questa festa.-
Scintille blu, rosse e dorate costellavano il salone sgombro dai mobili, attrezzato solo di qualche divano e un tavolino a ridosso della parete. Lo stile dell’appartamento era cambiato di nuovo, dal sobrio modello-ufficio ad un raffinato spiazzale decorato con fili di piccole lucine che s’incrociavano nell’aria, le estremità attaccate ai rami degli alberi che percorrevano il perimetro della sala. L’illusione del cielo stellato al posto del soffitto, poi, era un vero tocco di classe. Concorreva col resto nel dare 
un che di intimo all’atmosfera.
-Per il mio gatto- rispose Magnus, come se fosse ovvio. Il presidente Miao sbucò da dietro un cespuglio, nemmeno si fosse sentito tirato in causa, e si accucciò ai piedi del suo padrone. Lo stregone gli fece una carezza fra le orecchie e quello emise un miagolio appagato, che a detta di Clary sembrava più il verso di un cane che si strozzava.
Stupido gatto, pensò.
-Hai già festeggiato l’anno scorso, per lo stesso motivo- gli ricordò, seguendolo mentre dava gli ultimi ritocchi.
-Ma il compleanno si festeggia ogni anno, Clarissa- disse ancora, ignorando beatamente la perplessità della ragazza, che proprio non capiva perché si dovesse dare un party coi fiocchi per qualcuno che non avrebbe saputo come goderselo.
-Quindi dai un party per qualsiasi cosa?-
-Non direi qualsiasi. Non l’ho fatto quando ho scoperto quanto favolosi fossero i glitter su di me o la prima volta in cui ti sei alzata ad un orario decente- disse, agitando la mano verso la parete frontale. Quella scintillò, abbassandosi fino a diventare un muretto, su cui i rampicanti iniziarono ad intrecciarsi occupandolo interamente.
-Certo, l’avevo dimenticato. E dire che dovrei essermi abituata, è un anno che sto qui- sbuffò, girandosi per avviarsi verso le scale.
-Motivo in più per festeggiare, non ti pare?- ribatté Magnus, allegro, facendo ridere la ragazza. Al terzo scalino, però, si fermò. I piedi non volevano saperne di scollarsi dal legno, per quanta forza lei ci mettesse. Erano circondati da piccole scintille azzurre.
-Ehi- esclamò, rivolgendosi a Magnus da sopra una spalla. -Come mai mi hai fermata?-
-Voglio ricordarti quali tremende calamità si abbatteranno su di te se stasera non sarai presente- rispose, senza guardarla, troppo indaffarato con qualunque cosa stesse facendo.
-Non ce n’è bisogno. Ma in ogni caso, perché dovrei venire?-
Lo stregone le lanciò un sorriso strano, che Clary non riuscì ad interpretare.
-Alcuni ospiti sono curiosi di conoscere il motivo per cui il Sommo Stregone di Brooklyn ospita una Shadowhunter che potrebbe benissimo alloggiare all’Istituto. E sinceramente anch’io.-
A quell’allusione, Clary arrossì.
-Scenderò, okay- bofonchiò, prima di rifugiarsi in camera sua.

Ore dopo, apriva gli occhi mentre l’ombra di qualcuno oscurava la vista del chiarore lunare fuori dalla finestra. Ancora intontita dal sonno, ma vigile, Clary rotolò fuori dal letto, dalla sponda opposta a quella in cui si trovava la misteriosa figura, per interporre il mobile fra loro, e la mano scattò sotto il cuscino per afferrare il pugnale.
-Chi sei?!- urlò, cercando la stregaluce nel comodino lì accanto.
La figura si girò verso di lei, un lato del viso in ombra e uno leggermente abbozzato dalla luce argentea. I suoi capelli chiari sembravano avvolti in un’aura luminosa.
-Clary- disse, e il cuore della ragazza iniziò a battere furioso contro il petto, come se volesse uscirne.
L’arma le cadde di mano.
E si svegliò di soprassalto.
Il brusio degli invitati, al piano di sotto, si sentiva forse quanto e più della musica che accompagnava la loro serata. Accaldata e ancora immersa in quelle ultime immagini, Clary raccolse le gambe fra le braccia e strinse forte, respirando profondamente.
Avrebbe voluto consolarsi, dirsi che era solo un sogno, come faceva quando gli incubi minacciavano la serenità del suo sonno. Ma quello non era stato un incubo, non proprio. Non era quel tipo di terrore che bloccava i sensi, paralizzandoti, e ghiacciava il sangue nelle vene, ma una paura più intima, logorante, che strisciava lentamente fra i pensieri e li raccoglieva in un unico punto.
Conoscendosi, non poteva significare nulla di buono.
Un colpo alla porta la fece sussultare, dopo di che quella si aprì senza il suo consenso e la luce si accese, accecandola per qualche istante.
-Non puoi aspettare che dica qualcosa tipo “avanti”?- domandò a Magnus, che la fissò con aria truce prima di chiudersi la porta alle spalle.
Ignorò il suo commento, aprendo l’armadio con uno schiocco di dita e lustrini di magia blu, e lasciò fluttuare un vestito stretch nero, molto corto, che si afflosciò sul suo letto quando Magnus abbassò la mano.
-Ti perdono solo perché dal groviglio che hai in testa e dalla stampa del cuscino sulla tua faccia capisco che ti sei appena svegliata. Ma sbrigati, ci sono delle persone che devo presentarti- disse, perentorio, facendo per uscire dalla sua stanza.
-Persone? Beh, tecnicamente non si tratta di…-
La porta si chiuse con un tonfo, spegnendo la sua replica sarcastica. Con un sospiro, si diresse in bagno per una doccia e una seduta trucco, come la chiamava Magnus. Clary però si limitò alla matita passata sotto gli occhi e sopra le palpebre, e giusto un po’ di ombretto grigio sfumato. Mentre con una mano cercava di stendere i nodi nascosti nei capelli rossi, con l’altra si tolse i vestiti ammaccati sostituendoli, posata la spazzola, con il vestito che aveva scelto Magnus.
Davanti allo specchio, storse le labbra.
Una volta, Isabelle le aveva mostrato come caccia e moda potessero andare d’accordo, e in quell’anno Clary aveva avuto modo di attrezzarsi anche da quel punto di vista. Così, uscì i sandali neri con tacchi d’oro e di ferro benedetto e li indossò, abbozzando un mezzo sorriso di scuse al suo riflesso per aver copiato l’idea di una persona che, ora, non l’avrebbe riconosciuta.
Due pugnali dalla lame sottili e strette erano nascosti sui fianchi del vestito, mentre la cintura era una frusta che poteva afferrare in qualunque momento. Non potendo portare altro con sé, afferrò lo stilo e si fece i marchi, con un’ultima aggiunta di sua invenzione all’intero del polso destro, che li rendeva invisibili agli occhi di chiunque, tranne che ai suoi.
Chiuse lo stilo nel cassetto del comodino, non senza prima aver afferrato la collana con un frammento di stregaluce, togliendo l’altro ciondolo.
Soddisfatta, lasciò la comoda solitudine della sua stanza e scese al piano di sotto.
-Stavo per salire di nuovo.-
Magnus l’aveva bloccata sul pianerottolo delle scale, delimitato da una ringhiera in ferro nero piena di ghirigori eleganti. Clary vi si appoggiò, incrociando le braccia.
-Sei particolarmente insistente, non è da te. Che succede, Magnus?- chiese, con una punta d’ansia nella voce.
Lo stregone fece per risponderle, quando qualcuno urlò: -MAGNUS BANE!- con tono profondo e arrabbiato, cosa che attrasse la moderata attenzione dell’interpellato. Si voltarono verso uno degli invitati, un vampiro basso e calvo con gli occhi spiritati. Clary sarebbe scoppiata a ridere per la scena, se quello non avesse iniziato a farfugliare circa la sua moto distrutta e i tubi del serbatoio completamente liquefatti. Fece giusto in tempo a pensare: questo non va bene, che i suoi occhi, vaganti per la sala prima che se ne rendesse conto, trovarono ciò che stava cercando.
E comprese cosa il sogno avesse voluto dirle.

Jace

La festa era già iniziata, come Isabelle aveva previsto, quando erano arrivati ben dopo la mezzanotte. Quel Magnus si era dato da fare per rendere casa sua un ambiente esclusivo, e Jace era rimasto abbastanza colpito dagli effetti speciali che decoravano l’ampio salone. Isabelle era perfettamente a suo agio, in mezzo alla pista, a ballare con un tipo che a giudicare dall’aspetto doveva essere una fata maschio.
Lui e Alec, invece, rimanevano ai margini osservando, con occhio calmo l’uno, critico l’altro, il via vai di Nascosti nella sala.
-Credi che ci darà una mano? Magnus, intendo. Non mi è sembrato molto disponibile, quando ci ha fatto entrare- disse Alec, ripensando al loro arrivo circa mezz’ora fa.
-Non lo so, ma faremo in modo che lo sia- rispose Jace, storcendo appena le labbra. -Se sa qualcosa non possiamo farci sfuggire l’opportunità.-
Alec annuì, d’accordo con lui, ma dopo qualche istante il cipiglio pensieroso tornò sul suo viso.
Jace aspettò che fosse lui a rivelargli i suoi dubbi, come accadeva spesso fra loro.
-Non ti è sembrato… familiare?- gli domandò, tentennando un attimo.
Si, e lo sorprese sapere che per il suo parabatai fosse stato lo stesso. Nell’ultimo periodo Jace aveva spesso la sensazione che qualunque cosa dicesse, facesse o vedesse non avvenisse per la prima volta. Avrebbe voluto approfondire il discorso, ma quando gli parve di intravedere lo stregone in cima alle scale si bloccò.
-Non più di quanto possa esserlo qualunque Nascosto. Vieni, andiamo ad importunarlo- disse, avviandosi con Alec al seguito.
-E tu sei un mago in questo- mormorò l’altro.
Jace rise sottovoce. All’improvviso si udì un urlo adirato, il nome del padrone di casa scandito a chiare lettere e un volto furioso che doveva essere quello di un vampiro, perché nonostante la rabbia ardente nei suoi occhi il viso rimase per lo più bianco.
-Il serbatoio, sciolto, completamente inutilizzabile. La mia moto è distrutta! Come te lo spieghi? E’ colpa dei lupi, Bane!- stava dicendo, con sommo divertimento del Cacciatore. Non poteva dirsi afflitto o rammaricato per aver giocato quel piccolo scherzo ad un Figlio della Notte, anzi era stato il momento più divertente della serata. Dopo quello a cui stava assistendo, ovviamente.
-E’ davvero terribile. Comunque, la colpa è della vostra faida, e se anche fosse stato uno di loro- esordì Magnus Bane, allargando le braccia per comprendere con un unico gesto tutta la sala, -non era mio ospite, quindi non è affar mio.-
La festa riprese, mentre il vampiro, contrariato, raggiungeva in poche falcate lo stregone per rivendicare il suo malcontento. Fu in quel momento che Jace si accorse della figura accanto a Magnus, appoggiata alla ringhiera che dava sulla sala.
La potente sensazione di déjà-vu che lo investì fu superiore a qualunque avesse vagamente creduto di provare in precedenza.
Lei -perché di una ragazza si trattava- era magra, fasciata in un vestito nero molto aderente che Jace apprezzò, con la pelle chiara come la luce pallida della luna, il viso cosparso di lentiggini leggere e i lunghi capelli rossi che lo incorniciavano. Gli occhi, di un verde brillante e intenso, erano fissi su di lui.
Jace si rese conto che era l’ombra nel suo sguardo a renderlo tanto profondo.
Per un attimo, fu sicuro di averla già incontrata, conosciuta, e dal modo in cui gli restituiva lo sguardo… come se avesse capito chi fosse... Ma non era possibile, no? Era la prima volta che la vedeva, Jace se ne sarebbe ricordato altrimenti.
 
E comunque non preferiresti conoscere la verità?
No. Voglio dire, forse. Non lo so. E tu?
Assolutamente. Sempre.

Quando lei distolse lo sguardo da lui, gli ci vollero alcuni secondi per riprendersi.
Che diavolo è successo?, si chiese, rilassando le mani.
Le fitte che s’irradiarono dai palmi lo lasciarono perplesso, soprattutto quando scoprì delle piccole mezzelune di sangue che lo solcavano. Aggrottò le sopracciglia, alzando ancora lo sguardo verso quella ragazza.
Non era più in cima alle scale.
-Jace!- lo richiamò Isabelle, da qualche parte davanti a lui. Seguendo la sua voce, giunse nel punto in cui si trovava prima il vampiro, di cui ora non c’era traccia.
A qualche metro di distanza, dietro i suoi fratelli, vide Magnus Bane e la ragazza di poco prima. 

 

Flying thoughts of a mutable mind
Finalmente un punto di snodo. Jace vede Clary, Clary vede Jace, bla bla bla... rievoca un po' il loro primo vero incontro al Pandemonium Club, ma non proprio -sicuramente evoce un paragone con la vera scena al party, in CoB. So che non ne potete più di questi sottili riferimenti, che volete scoprire chiaro e tondo cosa è successo, ma dovrete pazientare ancora un poco. Proprio... poco. Poco, per un maggior chiarimenti, e tutti i dubbi che ancora avrete verranno chiariti nel corso della storia. Come ho detto la volta precedente, questa storia è un po' il mio City of Heavenly Fire alternativo, frutto di certi film mentali cui dovevo per forza dar vita nero su bianco. Adoro il fatto che siate curiosi di capire, e potete scrivermi tutte le domande che volete - spero che piano piano tutto diventi chiaro. Perché Clary e il resto del gruppo sono divisi? Cos'ha chiesto Clary all'Angelo quando ha sconfitto Valentine? Cos'è accaduto a Jace, Alec e Isabelle nel corso dell'anno che, nella versione reale della storia, li vedeva già accanto a Clary? ...
Ringrazio i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi comenta, però mi piacerebbe davvero sapere cosa tutti ne pensate, avere un'idea di ciò che vi piace o di ciò che volete sapere. I commenti sono importanti per chi scrive, e spero che la storia ve ne ispiri qualcuno, anche breve.
Grazie, alla prossima settimana!
Baci,
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Capitolo 5
*** 4. Di ricerca e sguardi amari. ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Clary

Jace era lì.
Clary poteva vedere i suoi occhi, del colore dell’ambra al sole, confusi e attratti dai suoi quasi come se sapessero chi aveva davanti, a differenza della sua mente. Se gli occhi erano lo specchio dell’anima, non aveva dubbi che ciò che aveva visto in quelli di Jace, ma che lui si era premurato di nascondere nella sua espressione da eterno padrone della situazione, avrebbe dovuto terrorizzarla, farle provare rabbia forse, verso chi non era sicura.
La fitta che la percorse, invece, fu di speranza. Un sentimento infinitamente più pericoloso.
Mentre scendeva le scale, spronata dal mezzo sorriso di Magnus, e si avvicinava a loro, Clary si obbligò a pensare alla sua missione.
-Bene bene, immagino bisogna dare a voi il merito di questo patetico contrattempo- disse Magnus, quando anche Jace raggiunse il gruppo.
Non la stava guardando, scrutava Magnus con una certa fissità, come se stesse cercando di capire se con quelle parole aveva voluto incolparli o si fosse appena complimentato.
Di certo non faceva differenza, non per Jace.
Alec diede un colpo di tosse, attirando gli occhi da gatto di Magnus su di lui. Clary aveva già visto quella particolare piega delle labbra, quel luccichio intrigato nello sguardo, solo avrebbe voluto non accorgersene.
-Abbiamo messo l’acqua santa nei tubi della moto- ammise, suscitando l’ilarità di Isabelle e una meno cordiale espressione sul viso di Jace.
-Traditore- lo accusò questo, facendo sorridere Clary.
-Siete dei bastardi vendicativi, non è vero?- ghignò lo stregone, concentrandosi su Jace. -Ma immagino non abbiate bussato alla mia porta solo per sentirvelo dire. Cosa volete da me?-
Il ragazzo fece un passo avanti, scoccandole un’occhiata accorta.
-Vogliamo rintracciare una persona. Un Cacciatore.-
-Gli affari dei Nephilim rimangono tali, ma quando vi occorre aiuto vi servite sempre di noi stregoni. Fammi indovinare. Cerchi Jonathan Morgenstern, non è vero?-
-E’ Sebastian- ringhiò Isabelle, la mano che scattava sul polso in cui era avvolta la sua frusta.
-Non mi pare sia quello il suo vero nome- replicò Magnus, annoiato, agitando una mano. -Conoscete le regole. Se non avete qualcosa di suo non posso aiutarvi.-
Alec agitò la testa, afferrando Jace per una spalla.
-Andiamo. Non ci dirà niente.-
Jace, per tutta risposta, se lo scrollò via senza distogliere lo sguardo da Magnus.
-Tu non capisci! Se vincerà saremo tutti nei guai, anche voi Nascosti- sibilò, gli occhi accesi da una luce folle, determinata. -Sta usando la magia oscura. Non sai cos’è capace di fare con…-
-Ma io si.-
L’attenzione di tutti si focalizzò sulla fonte di quelle parole.
Clary scoccò un’occhiata a Magnus, conscia del fatto che se non fosse intervenuta lei, l’avrebbe tirata per le lunghe. Sospirò. Conosceva quello sguardo, la luce cupa che aveva acceso gli occhi di Jace. Sapeva che niente l’avrebbe fermato dal cercare Jonathan, lo sapeva anche prima di ritrovarsi faccia a faccia con lui. In qualche modo, averlo davanti intensificava tutto, ogni timore, ogni consapevolezza, e di sicuro questa avrebbe costituito un pericolo maggiore rispetto al dargli le informazioni che gli servivano. Forse così poteva controllare meglio i loro passi -guidandoli lei stessa fin dove riteneva fosse giusto e meno rischioso mandarli.
-Immagino lascerai a me questa rogna, non è vero Magnus?- disse la ragazza.
Lo stregone sorrise. -Aspettavo solo che ti facessi avanti-
Clary non ne dubitava. Quando si era accorta della presenza dei Cacciatori alla festa, Magnus aveva colto il suo improvviso pallore -gli aveva sentito mormorare qualcosa che suonava come interessante, prima di costringerla giù per le scale, verso di loro.
-Spero davvero di non rivedervi, anche se qualcosa mi dice che non sarò tanto fortunato. Quanto a te- disse, ammiccando ad un Alec sbigottito e imbarazzato per quell’attenzione, -torna quando vuoi.-
Il ragazzo iniziò a balbettare frasi senza senso, con la risata di Magnus che rimaneva sospesa fra loro anche quando quello voltò le spalle e tornò alla sua festa.
Clary fece un cenno al gruppo, lo stomaco serrato in una morsa di gelo.
Non farlo, urlò una parte di lei.
-Venite, allontaniamoci da qui.-
Li condusse su per le scale, lungo il corridoio su cui si affacciavano le varie stanze, offrendo la propria come luogo di discussione. Quando si fu richiusa la porta dietro le spalle, vi si appoggiò e si voltò.

Jace

La stanza in cui li condusse sembrava quella di una normale adolescente -un letto, un comodino, scrivania e armadio, e un’altra porta in fondo che doveva nascondere il bagno. Qualche vestito penzolante da una sedia, muri di un colore tenue e anonimo nella luce fioca che entrava dalla finestra, abbastanza spaziosa da muovervisi all’interno.
Eppure, per una ragione che non riusciva a comprendere -la stessa che, probabilmente l’aveva confuso quando aveva incrociato il suo sguardo la prima volta-, era agitato.
Quella era chiaramente la sua camera, femminile e accogliente, ma enigmatica, priva di qualsiasi cosa potesse aiutarlo ad inquadrare la ragazza che, dietro di loro, si apprestava a chiudere la porta, isolandoli almeno un po’ dal rumore al piano di sotto.
Jace la guardò, mentre si appoggiava alla porta mordendosi forte il labbro inferiore, il viso leggermente inclinato verso il basso, gli occhi che studiavano le linee del pavimento. Il vestito già corto di suo, un modello che Izzy aveva sicuramente apprezzato, era risalito, scoprendo più del dovuto la pelle lattea delle cosce. Distolse lo sguardo, avvicinandosi alla finestra.
Alla fine, la ragazza parlò.
-Cosa volete sapere su di lui?-
Isabelle inarcò le sopracciglia.
-Non ci chiedi prima perché vogliamo trovarlo?-
L’altra rise. -Ha messo in pericolo la vostra famiglia, si è approfittato della vostra vulnerabilità per fuggire.-
Si scostò con un movimento fluido dalla porta e avanzò fino al letto, dove il materasso emise un lievissimo sbuffo quando vi si sedette sopra, appena in punta.
-Si è alleato con Lilith e ha quasi ucciso tuo fratello- aggiunse, e la imitò, socchiudendo le palpebre per guardarla da sotto le ciglia. -Io al posto tuo sarei parecchio arrabbiata.-
Jace abbozzò un sorriso, e così anche Isabelle. Alec, invece, la guardava torvo, sospettoso, lanciando qualche occhiata al suo parabatai. Era ovvio che non si fidasse di lei.
-Lilith è uno dei motivi per cui siamo qui- annuì Isabelle, guardando i fratelli come per ricevere il permesso di parlare.
-Abbiamo trovato tracce di magia nera nell’edificio in cui l’abbiamo affrontata, ma nessuno degli stregoni che abbiamo interrogato è riuscito a darci informazioni utili. Magnus Bane non sembra più disponibile di loro, ma forse tu puoi-
-Dirvi per quale motivo Sebastian stia praticando la magia nera?- concluse Clary per lei, poggiando lentamente le mani sulle ginocchia e guardando distratta verso il comodino. -Dubito che troverete mai degli stregoni testimoni. Li uccide non appena finisce con loro e ne trova altri disposti ad aiutarlo, accecati dalle false promesse di potere.-
-Come fai a sapere tutte queste cose su di lui? E su di noi?- chiese Alec, le braccia rigide e in tensione, come se fosse pronto alla battaglia.
Non c’è niente da combattere avrebbe voluto dirgli Jace, ma rimase in silenzio. In realtà, quella risposta incuriosiva anche lui.
Sorrise anche lei, una strana smorfia a metà fra l’innocente e l’elusivo, giocherellando con un filo fuoriuscito dal bordo della coperta che copriva il suo letto, senza guardare nessuno in particolare.
-Gli do la caccia. So a chi chiedere.-
La freddezza di quelle parole mal si accompagnavano alla visione delicata e riservata che dava di sé. Ciò portò Jace a stare in guardia, ma non come quando il pericolo era in agguato. Sentiva di dover fare attenzione… ai suoi gesti, tanto quanto a ciò che diceva.
-Perché?- si ritrovò a domandarle, appoggiando un fianco alla parete che delimitava la finestra. Sbirciò fuori, nella strada deserta, punteggiata di moto demoniache in un angolo più appartato. Sentiva comunque il suo sguardo su quel lato del viso che le porgeva.
-A voi non l’ho chiesto- replicò con sarcasmo, lisciandosi le pieghe del vestito. -Perciò non risponderò. Sebastian sa nascondersi bene, e l’unica cosa che mi manca è scoprire dove si trova, altrimenti sarebbe già morto. Il resto lo so già, o posso intuirlo.-
Isabella alzò gli occhi al cielo. -Dio, sembri la versione femminile di Jace. Potreste essere anime gemelle.-
Quando la ragazza s’irrigidì, il sorriso lupesco sul volto del giovane sparì. In quel momento sembrava più simile ad Alec.
-Si, beh, sarebbe più facile se mi diceste quel che volete sapere su di lui, così posso tornare di sotto.-
-Non ci vorrà molto- disse Jace, dando definitivamente le spalle alla finestra per guardarla dritta in viso. Quel teatrino era durato abbastanza.
Lei non batté ciglio, anzi raddrizzò le spalle e si concentrò su di lui. Non era per nulla intimorita, e ciò le valse ammirazione da parte del Cacciatore.
-Per prima cosa, dicci chi sei, ragazzina-
Stava per dire dimmi, e la cosa gli avrebbe solo fatto guadagnare irritanti occhiatacce da parte dei fratelli, ma si corresse in tempo.
I suoi occhi si addolcirono, tinti di malinconia… che però svanì nell’arco di un secondo.
-Non chiamarmi ragazzina. Io- indicò se stessa, gli occhi luminosi per la presa in giro implicita in quella frase -mi chiamo Clary.-
 La stanza si riempì di uno strano silenzio, come se anche l’aria avesse smesso di muoversi, l’ossigeno di circolare nei polmoni, e per qualche secondo i quattro nella stanza non sentirono neppure la musica assordante del party dello stregone.
Alec scosse la testa.
-Come vuoi, non ha importanza. Vogliamo trovarlo e ucciderlo. Tu sai qualcosa, perciò puoi dircela e andremo via.-
-Se volete solo ucciderlo allora non c’è bisogno che vi diate tanta pena. Ci sto già pensando io, e la vostra presenza sarebbe superflua- ribatté annoiata, fissando Alec come per scorgere la sua reazione.
Ovviamente cercò di ostentare calma, ma la vena pulsante sulla gola e i muscoli irrigiditi sul viso suggerivano altro. Jace gli mise una mano sul braccio, e Alec indietreggiò di un passo, irritato.
Poi guardò la ragazza sul letto.
Clary
Lo stomaco gli si strinse senza ragione mentre disse: -Sei una Cacciatrice, quindi.-
Lei non guardò altrove mentre annuiva, senza muovere le labbra.
Sia Isabelle che Alec trattennero il fiato, mentre lui divenne sempre più confuso.
-Perché vivi in casa di uno stregone?-
-Credevo fossimo qui per Jonathan.-
Isabelle scattò. -Non usare quel nome!- esclamò, stringendo forte le dita. -Non chiamerò quel mostro come mio fratello!-
-Non ti sto dicendo di farlo, Isabelle, ma è quello il suo nome- replicò Clary in tono duro, guardandola con serietà. Non c’era nulla di altezzoso o arrogante in quello che aveva detto. Suonava più come una semplice constatazione.
Fissò lui, pur continuando a rivolgersi a lei. -Tuo fratello invece si chiama Jace, e porta lo stesso cognome che hai tu. Non c’è alcun motivo di confonderli.-
Jace ricambiò lo sguardo, sentendosi in qualche modo vulnerabile a quelle parole. Da quando aveva scoperto di Sebastian lottava ogni giorno con se stesso, cercando nei suoi gesti, pensieri o parole qualcosa che lo facesse somigliare a lui -al padre che avevano condiviso-, come temeva. Le parole di Clary avevano placato per un attimo quella paura, e nei suoi occhi vedeva sicurezza.
Quell’incontro diventava sempre più incasinato.
-Va bene così, Izzy- disse, tentando di placare l’animo focoso della sorella. A Clary invece disse: -Magari a noi non vuoi dirlo, però il Conclave sarà molto interessato a questa storia.-
Clary sbuffò, ridendo. -Magnus ha proprio ragione. I Nephilim sanno solo ricorrere al Conclave come ultima risorsa.-
-Tu però no- aggiunse Jace, sorridendo e approfittando delle parole che lei gli aveva appena servito su un piatto d’argento, -il che mi fa pensare che non sei in buoni rapporti con la legge. O che magari il Conclave non abbia idea di chi tu sia.-
Consegnare quell’ultima ipotesi alle sue orecchie era stato un po’ azzardato. Esistevano Cacciatori esiliati i cui figli rimanevano lontano dalla vita che conducevano i Nephilim, e a giudicare dall’immobilità improvvisa del suo corpo doveva averci azzeccato. Il suo sorriso si allargò.
-Se volevi conoscermi meglio potevi semplicemente chiedermi di uscire- lo sbeffeggiò, indirizzandogli un’occhiata divertita e maliziosa che lo fece rabbrividire.
Prima che potesse replicare, lei fece dondolare i piedi e continuò.
-Non voglio venire a vivere all’Istituto, e Magnus è mio amico, per così dire.- Storse le labbra, tornando alla sua risposta.
-Gli ho chiesto ospitalità offrendogli qualcosa che lui voleva, e ha accettato. Perciò vivo qui cercando di incastrare i pezzi e scoprire dove si trova Sebastian- si bloccò, scoccando una veloce occhiata ad Izzy -per trovarlo e ucciderlo, proprio come volete fare voi.-
Jace sentiva la sincerità nel suo tono di voce, e aveva notato il fatto che avesse ripreso a chiamare Sebastian il loro nemico. Annuì.
-Cosa sai di lui? Hai detto che non conosci solo il luogo in cui si nasconde, quindi sai quali sono le sue intenzioni.-
Fece una smorfia, ma non smentì le sue supposizioni.
Al silenzio di Jace, evidentemente in attesa di una sua replica più sostanziosa, sospirò.
-Si, so cosa ha intenzione di fare, e se ci riesce non sarà piacevole- rispose, stringendosi i gomiti e incurvando un po’ le spalle come a volersi riparare dal freddo. -Perciò spero di trovarlo in tempo.-
Le dita gli formicolavano per il desiderio di toccarla, e consolarla da quella nube dietro cui aveva nascosto l’espressione divertita di poco prima. Si impose di smetterla.
-Sebastian ha in parte sangue di demone. Questo lo rende più forte e pericoloso di qualsiasi Demone Superiore, perché è anche un Cacciatore. Ora, immaginate una sua alleanza con i demoni più pericolosi mai conosciuti. Immaginate che usi il suo potere per evocarli, come ha fatto Valentine con gli Strumenti Mortali.
-Gli darebbero subito ascolto, perché se per noi è quasi come un loro simile…- suppose, il gelo che si faceva strada lungo le sue vene quando capì dove Clary voleva andare a parare.
-…per loro diventerebbe una pedina, e si servirebbero di lui, esatto- confermò lei, guardandolo preoccupata, mentre lui ripensava a come i due Morgenstern erano riusciti ad abbattere le difese di Alicante. -Ma non è solo questo.-
Alec ghignò. -Come se un attentato collettivo di demoni non fosse già una catastrofe.-
Clary lo ignorò e proseguì. -Lilith. Lei è dalla parte di Sebastian, ed è potente. Se dovesse tornare, potrebbe convincerli a ubbidirgli, e lui si armerebbe di centinaia di migliaia di demoni contro di noi.-

Flying thoughts of a mutable mind
L'incontro è avvenuto. I rimandi voluti a CoB ci sono, ma i motivi sono diversi, ovviamente. come credo abbiate capito, la parte iniziale della storia vede alcune rivisitazioni di momenti che già conosciamo, una specie di schifoso gioco del destino per la povera Clary che, ahimé, cerca di evitarli come la peste. Però dopo un anno di solitudine, in cui sono accadute parecchio cose senza il suo intervento diretto, la tentazione di riunirsi a loro... Le cose diventeranno sempre più ovvie, ve lo prometto. Grazie per le vostre recensioni, anche se sono poche, mi mettono di buon umore! Spero però che anche chi segue in silenzio mi lasci un proprio parere, sarebbe d'aiuto c':
Ringrazio comunque e come sempre i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi commenta.
Grazie, alla prossima settimana!
Baci,
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Capitolo 6
*** 5. Di domande e omissioni. ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Clary

-Beh, non può farlo. Non glielo permetteremo- disse Isabelle, alternando lo sguardo sui presenti finché quelli non assunsero un’espressione che le fece capire di avere il loro appoggio. Beh, più o meno tutti.
-E io che pensavo l’avremmo trovato per andare a ballare con lui.-
Clary alzò gli occhi al cielo e guardò storto Jace.
-Perché cavolo dovremmo ballare con lui?- chiese Alec, confuso e rassegnato dalle uscite sarcastiche del suo parabatai.
Quello scrollò le spalle. -Per calpestargli i piedi a morte?-
-Mentre un’orda di demoni ci viene addosso?- fece notare lei, ribattendo prontamente.
Non che non sapesse che con lui era una battaglia persa in partenza…
-Okay, hai ragione. In effetti dovremmo invitare anche loro, si offenderebbero.- Le gettò uno sguardo calmo e indagatore, come per capire che tipo di minaccia rappresentava per le sue battute che non facevano ridere nessuno.
-Basta dire scemenze.- Isabelle si sfregò le mani, con grazia, muovendosi per la stanza in un ticchettio di tacchi che risuonava nel silenzio.
-Dobbiamo catturare demoni, interrogarli, cavare loro qualsiasi informazione possano darci su Sebastian- continuò, sfiorando il legno dell’armadio per poi afferrare fulminea una maniglia e aprire un’anta.
Credi che non l’abbia già fatto? In cosa pensi che mi diletti da più di un anno?
Non lo disse. Se si fossero preoccupati di seguire quella pista, non avrebbero pensato a qualcosa di più eclatante. Tipo invocare demoni appositamente o tentare strani incroci di rune per non cavare nemmeno un ragno dal buco. O peggio.
-Clary potrebbe unirsi a noi. Più teste ragionano, meglio è. E poi pare che conosci Sebastian più di noi, collaborare sarebbe la scelta più ovvia. Certo, se tu venissi a vivere all’Istituto sarebbe più semplice e…-
Clary smise di ascoltarla nel momento in cui si rese davvero conto di cosa stavano facendo.
La camera era rischiarata dal bagliore che proveniva dai lampioni fuori dalla finestra, e si chiese perché non avesse acceso la luce quando erano entrati. In quel modo, nonostante il buio prevalente, quelle pareti che li schermavano dal resto del mondo creavano un ambiente accogliente, caldo, familiare. Per la prima volta, da un anno a quella parte, Clary si sentiva a suo agio, al sicuro. Stava addirittura sorridendo. Quel pensiero la sconvolse, e le chiuse totalmente lo stomaco.
Non si era nemmeno resa conto di quanto fossero vicini, con Isabelle che occhieggiava il comodino, Alec fermo e fremente ai piedi del letto, e Jace, davanti a lei, i capelli dorati a schermargli il viso rivolto nella sua direzione. La stava guardando.
E proprio mentre si ritraeva da loro, inorridita, la porta si aprì.
Grazie Raziel, pensò, rilassando un po’ i muscoli.
Magnus mimò un sorrisetto, e si appoggiò allo stipite. -Pensavo steste facendo una specie di orgia. E’ passata una buona mezz’ora.-
Clary fissò il soffitto, il respiro lievemente accelerato, accennando un sorriso. -La cosa ti darebbe così fastidio?
Lui le lanciò un’occhiata maliziosa.
-No. Mi sarei offeso per non essere stato invitato.-
-Ovviamente- disse, e si alzò, avvicinandosi alla porta. -La tua perversione li farà fuggire a gambe levate- gli fece notare, indicando gli ospiti rimasi immobili dopo l’arrivo dello stregone e osservandoli da sopra una spalla.
-In effetti potrebbe dispiacermi. Avresti bisogno di farti amici i tuoi simili, avrei una scusa per sbatterti fuori di casa.-
Sapeva che voleva essere una battuta, ma a quelle parole il sorriso di Clary svanì. -Loro non sono miei amici.-
Scoccò un’occhiata ai presenti, amareggiata.
Dopo di che si girò e andò al piano di sotto.


Jace

Jace non badò allo sguardo perplesso dello stregone. Fissava invece il punto vuoto in cui solo qualche secondo prima si stagliava la figura minuta di Clary. Non aveva dato loro tutta una serie di risposte a domande che avrebbero voluto porle. Il modo in cui li aveva snobbati in pochi secondi lo incollerì e insospettì, poiché quell’improvviso atteggiamento poco aveva a che vedere con l’idea che si era fatto di lei. Si rendeva perfettamente conto quanto quel pensiero fosse privo di senso, eppure non riusciva a scacciare la sensazione che ci fosse di più.
E lui non si sbagliava mai.
-Beh- disse lo stregone, ancora fermo sulla porta, guardandoli con espressione di biasimo -mi sembra siate stati liquidati dalla mia coinquilina. Avete portato guai a sufficienza in casa mia. Fuori di qui!-
Le gambe dei tre Nephilim si mossero da sole, incantate dalle scintille azzurre che serpeggiavano fra le dita di Magnus. La porta si chiuse dietro di loro quando furono tutti nel corridoio, e avvenne tutto talmente in fretta da non dare ai Cacciatori il tempo di reagire o parlare.
-Possiamo benissimo muoverci da soli, grazie tante- borbottò Isabelle, insolitamente tranquilla nel reagire a quella forzatura improvvisa.
-Ho preferito fare da me- minimizzò lui, scostandosi e indicando loro le scale dalle quali erano saliti. -Conoscete la strada.-
-Dobbiamo ancora parlare con Clary- disse Jace, fissandolo nei suoi occhi da gatto. -Ci hai interrotti tu, mi pare.-
Le luci soffuse si abbassarono di colpo, per poi riaccendersi, ad intermittenza. Il viso di Magnus si fece inespressivo. -A me invece sembrava che lei avesse fretta di andare.-
-Sei arrivato solo alla fine. Ti sbagli- replicò ancora, stringendo le mani a pungo. Se tu non fossi entrato, magari staremmo ancora parlando di cose meno futili, come adesso pareva dire il suo sguardo ambrato e irritato dalla curiosità condiscendente dello stregone.
Contemporaneamente, Alec disse a bassa voce: -Forse aveva un appuntamento col vampiro a cui abbiamo rovinato la moto-, attirando l’attenzione divertita di Magnus.
-Credo che dovreste proprio andarvene. Quanto a te, lo sai- aggiunse, senza smettere di guardare il Nephilim dagli occhi blu, -puoi restare come mio ospite speciale.-
Il viso di Alec si colorò di una pericolosa e allettante sfumatura di rosso, e abbassò il viso borbottando qualcosa di incomprensibile per quell’invito rinnovato con altrettanto allettante insistenza, mentre Jace stringeva la mascella e lanciava un avvertimento silenzioso allo stregone.
-Andiamo, non ricaveremo nulla di più stasera- disse saggiamente Isabelle, scoccando un’occhiata ai fratelli, per poi avviarsi lungo il corridoio con la sua camminata aggraziata e letale. Jace la seguì malvolentieri senza più rivolgersi al padrone di casa, e così fece anche Alec, che però mosse la testa in un cenno educato rivolto a Magnus. L’espressione che colse sul suo viso era talmente indecifrabile, enigmatica, stranamente seria e profonda, da coglierlo di sorpresa e farlo vacillare per un attimo. Tentando di dominarsi, incapace di comprendere cosa stesse succedendo nel suo petto tanto all’improvviso, si affrettò dietro Jace e Isabelle, deglutendo quel sapore amaro di desiderio confusione.
Uscendo, i pensieri di Jace ed Alec furono interrotti dalla voce della sorella, che li attendeva sul pianerottolo delle scale esterne all’appartamento, la porta alle loro spalle a dividerli dall’ampio salone in cui si svolgeva il party.
-So cosa state per dire. Forse non è stata una buona idea, ma per lo meno sappiamo da dove partire. Sappiamo cosa Sebastian ha intenzione di fare, e che possiamo anche accantonare la pista della magia nera per il momento-
-Ti fidi di lei?- la interruppe il fratello, avanzando con gli altri due verso il piano terra per uscire dalla palazzina in cui si trovava l’appartamento di Magnus Bane. Era ormai l’una passata, e nello spiazzale di fronte a loro non si vedeva nessuno. I lampioni proiettavano cerchi di luce giallognola che non portavano alcuna rassicurazione contro il buio della notte. Più in là, lungo la strada, due di quelli sembravano accartocciati su se stessi, sporchi di un nero viscoso che sembrava fango. Jace batté velocemente le palpebre, e quelli tornarono ad essere due normali fari nell’oscuro tratto in cui si trovavano.
-Direi di si, era molto convincente. Ma non proprio. Tu che ne pensi, Jace?-
L’interessato si voltò a guardarla, ancora confuso, ed emise un verso di dubbia comprensione prima di rispondere: -Dovremmo fare come dice. E tornare per parlarle di nuovo, senza la scusa di uno stupido party.-
-Tornare di nuovo? Jace! Dobbiamo dirlo al Conclave! Forse è figlia di Cacciatori esiliati, e la legge…-
-La legge dice che i figli di Cacciatori esiliati possono scegliere se vivere all’Istituto, ma devono rompere ogni contatto con i familiari. Dubito però che tu voglia che Clary viva lì, con noi. Ho indovinato?-
A quelle parole, Alec scoccò un’occhiataccia al suo parabatai, ma non commentò. Aveva ragione, non riusciva a non essere sospettoso nei confronti di quella ragazza. Una parte di lui credeva fosse stupido, l’altra gli diceva che nascondesse qualcosa… il che era abbastanza per impedirgli di fidarsi ciecamente. Quanto a Magnus Bane, Alec non credeva fosse un possibile nemico, solo qualcuno da cui era meglio guardarsi le spalle. Sentiva ancora l’effetto della sua magia sulle gambe, quando li aveva costretti a muoversi. Il modo in cui il suo sguardo si era posato su Alec, quando stavano andando via, gli aveva causato tanti di quei brividi lungo la schiena da tenerlo incollato al suolo finché la sua volontà era riuscita a prevalere sul resto -quella strana sensazione di déjà-vu e torpore allo stomaco-, lasciandolo libero di camminare di sua iniziativa. Il sollievo l’aveva pervaso nel momento esatto in cui la porta si era richiusa dietro di loro, annullando la sensazione di due occhi da gatto che lo spiavano apertamente.
Era appena riuscito ad impedire a se stesso di voltarsi per controllare.
Attraversarono la strada, percorrendo metri di marciapiede l’uno accanto all’altro, accogliendo la lieve brezza che soffiava in mezzo agli edifici, attraverso le imposte e le finestre accostate, raffreddando la loro pelle dal calore del posto che si erano appena lasciati indietro.
-Giuro di non aver bevuto alcun intruglio fatato al party…- prese a dire Isabelle, dopo un po’ che camminavano in silenzio -…ma non vi è sembrato strano?-
Jace ghignò. -I figli di Lilith sono sempre eccentrici e saccenti, di cosa ti meravigli?-
-Non parlavo di Magnus Bane,- rispose velocemente, ignorando il sarcasmo nella sua voce -mi riferivo a quella ragazza, Clary. E’ possibile che l’avessimo già incontrata da qualche parte?-
Per tutta risposta, Jace rimase in silenzio.
-Che t’importa? Basta solo tenerla d’occhio- disse Alec, scrollando le spalle. Eppure accolse le parole della sorella come un invito a prestare attenzione a quel particolare. Strano che anche lei se ne fosse accorta.
Isabelle scosse la testa.
-Prendiamola in considerazione, va bene? Se si rivelasse pericolosa, Jace potrebbe arrostirla con quel suo fuoco angelico. Oh, e domani si va a caccia di demoni- aggiunse con rinnovata determinazione.
-Noi andiamo sempre a caccia di demoni- le fece notare, guardando di traverso Jace e aspettandosi che gli desse man forte, come accadeva spesso. Ma lui fissava la strada davanti a loro come se fosse solo, gli occhi talmente scuri da sembrare neri. Stava pensando, Jace. Pensava a Sebastian, al fratello che non aveva mai saputo di avere, e al periodo in cui era stato suo prigioniero a causa del marchio. Dopo lo scontro con l’esercito di Cacciatori, gli era stato detto, al posto della runa rossa, Jace si era ritrovato una brutta ferita sul petto, causata dalla lama di una spada affondata proprio all’altezza del cuore, e il fuoco celeste imprigionato nelle vene. Ricordava bene i momenti in cui aveva vissuto con Sebastian -immagini frammentate, offuscate, stonate-, ma nulla che gli desse un indizio sull’autore di quel gesto o sulle conseguenze che aveva avuto su di lui. Nemmeno Fratelli Zaccaria era stato in grado di spiegarglielo. Si vedevano periodicamente, all’Istituto, per saggiare l’intensità del fuoco rimasta in lui –era cambiato qualcosa? Stava diminuendo? Era condannato a dover sempre fare attenzione ogni qual volta qualcuno gli si avvicinasse?
Di certo poteva controllarlo meglio, senza sentirsi bruciare dalla testa ai piedi tutte le volte in cui l’adrenalina entrava in circolo. Secondo il Fratello Silente, il fuoco era via via in regressione.
Per lui era una sorta di scherzo di natura, essere benedetto dall’Angelo a causa degli esperimenti di Valentine per poi diventare una bomba di materia celeste pronta ad esplodere.
Nelle mente gli apparve il suo volto. Si sforzava di pensare a lui in quel modo, con un nome che cancellasse l’informalità del termine padre, ma ciò che gli aveva lasciato era quanto di più simile alla manifestazione d’amore di un genitore che la sua infanzia avesse potuto conoscere –nulla di che, se non il piano, i libri, l’abilità con le armi, il ricordo di un falco dal collo spezzato o di un bagno tiepido in mezzo agli spaghetti…
E come è stato?
Scivoloso.
Stava per scuotere la testa di nuovo, cacciando via l’eco di parole che non gli appartenevano. Ma qualcosa in quella voce, nell’inflessione curiosa e lievemente incredula che la caratterizzava, gli fece venire in mente Clary. Forse era solo un gioco d’illusioni, forse una parte di lui stava ancora pensando all’incontro fatto al party. Isabelle aveva ragione, ma strano non era il termine giusto. Jace avvertiva ancora… beh, non sapeva bene cosa. Ogni parte di lui l'aveva sentivo -quel senso di appartenenza e familiarità, come se si fossero ritrovati insieme a cospirare molte altre volte, loro quattro. Ma non ci aveva nemmeno fatto caso, finché lei non era andata via e si era ritrovato come stordito, nella sua camera, al freddo di una corrente che fino a quel momento l’aveva beatamente aggirato e ignorato.
Sapeva di aver bisogno di più risposte, solo che non era sicuro di quali fossero le domande.

 

Flying thoughts of a mutable mind
Quanti dubbi. State già raccogliendo i tasselli che compongono il puzzle, vero? Le vicende rivisitate si mescoleranno a quelle da me immaginate via via per definire la storia che ho in mente, e che incrocio-le-dita continuerete a seguire. Come avete visto, Clary è scossa dal loro incontro, e deve tenerli alla larga. Sa che è la cosa giusta, ma lei e loro sono come delle calamite: si attrarranno pur tentando di allontanarsi. Agiranno soli, insieme, cercheranno di contrastare Sebastian... e di fare i conti con i loro sentimenti. Pian piano tutto diventerà più chiaro. 
Non so dirvi come le vostre parole mi abbiano emozionata. Grazie, per il vostro sostegno, spero rimarrete con me fino alla fine! E spero però che anche chi segue in silenzio mi lasci un proprio parere, sarebbe d'aiuto c':
Ringrazio comunque e come sempre i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi commenta.
E un grazie anche alle splendide pagine facebook Shadowhunters Italia Fans. e Shadowhunters Italia.!
Grazie, alla prossima settimana!
Baci,
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Capitolo 7
*** 6. Di tempi fluidi e incerti. ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Clary

Clary emise un gemito deliziato quando il suo viso sprofondò nel morbido cuscino.
Dopo che Jace e gli altri erano andati via, non c’era stato verso di impedire a Magnus di farle conoscere questo e quell’altro vampiro, una fata nascosta dietro la tenda mentre aggiungeva chissà cosa in un anfora contenente una strano liquido viola e uno stregone dai lunghi capelli neri, le orecchie e il naso a punta, letteralmente -avvicinandosi, le aveva quasi infilzato una guancia. Quella sua ritrovata energia, lo sapeva, era una diretta conseguenza dell’aver visto Alec.
Il repentino cambiamento di Magnus mal si accoppiava con la tetra espressione del proprio volto, ma non riusciva ad evitarlo -probabilmente tutti quegli ospiti l’avevano trovata minacciosa e poco raccomandabile, il che spiegava perché si fossero tenuti educatamente alla larga.
Aveva girato tutto il salone, più grande di quanto non lo fosse normalmente (o forse era solo la stanchezza a farglielo pensare), e parlato, sorriso, sopportato, tollerato i più vari comportamenti moltissime volte nel corso della serata. Ora, era solo grata di essere arrivata indenne fino alla fine.
Sospirò. Indenne, ma non senza alcun guaio.
Non immaginava il loro arrivo lì, al party. Certo, il sogno -vedere Jace, alla finestra, che pronunciava il suo nome con un sussurro carico d’emozione- avrebbe dovuto attenuare la sua sorpresa, ma non era sicura che si sarebbe avverato così presto. Quando aveva visto Jace era successo qualcosa, aveva sentito le loro voci nella mente in un botta e risposta sull’importanza della verità, e ogni traccia di colore era sparita dal suo viso. Pensava che il rischio d’incontrarlo riguardasse solo eventi passati -la comparsa di Valentine, la ricerca degli Strumenti Mortali, la Battaglia ad Idris, Lilith e la sua runa su Jace-, ma aveva sottovalutato la potenza del corso degli eventi. In qualche modo, lei stava interferendo con il corso naturale degli eventi e altre forze premevano per ostacolarla. Non era sicura che ci fosse qualcosa cui dare la colpa, oltre a Jonathan, ma personificare il nemico le sembrava più semplice che combattere contro qualcuno di cui non sapeva nulla.
Suo fratello le dava già abbastanza filo da torcere, e se Clary avesse dovuto tener conto di ciò che il destino esigeva da lei, non ne sarebbe mai uscita. L’Angelo era stato chiaro al lago, così come Ithuriel.
 
Lì, fra la polvere innalzata dalle macerie e i corpi di coloro che si erano sacrificati per il suo errore, c’era la porta del Pandemonium Club.
Quando supererai quella soglia, all’umanità sarà data una seconda possibilità.
Ti è stata data l’opportunità di rimediare ai tuoi errori. Dipende tutto da te, Clarissa.
 
Chiuse gli occhi. Tornare a quella notte -la notte del prima- era una cosa che evitava sistematicamente di fare. L’incontro con Jace, Isabelle e Alec l’aveva scossa più di quanto avesse dato a vedere, a loro come a se stessa. Il muro costruito a difesa del suo cuore, nel corso di quell’anno infernale, l’aveva temprata in vista di occasioni simili, probabile che inconsciamente una parte di lei temesse, o desiderasse, di ritrovare quelle persone.
Erano parte di lei. Quando Clary aveva scoperto di essere una Shadowhunters, la sua vita si era stabilizzata anziché andare in pezzi, come credeva la parte razionale di sé. E quando aveva imparato a conoscere gli altri Cacciatori, quando fra mille difficoltà l’avevano accettata nel loro mondo e lei era diventata parte di esso, sapeva anche che non sarebbe più potuta tornare alla vita che conduceva prima -una vita anonima e pacata, tale da non lasciarle altro che ricordi annebbiati, felici, che conservava con un sorriso.
Quando avevano guarito Jace dall’effetto della runa, di Sebastian giungevano poche notizie, nessuna i primi tempi. Come se in quel momento la cosa avesse avuto alcuna importanza, con Jace sano e salvo accanto a lei. Il segno della spada dell’Angelo si aggiungeva alle già tante cicatrici sul suo corpo, ma gli effetti del fuoco angelico non erano svaniti col tempo, solo giusto un po’ ridimensionati. A Clary andava bene così; i dettagli occupavano la parte marginale della sua mente.
Poi i sogni erano diventati prepotenti, audaci. Sogni di devastazione e di sangue, di orrori e di morte, demoni che vagavano per le strade, oscurando ogni luce, la neve chiazzata di rosso finché di bianco non rimaneva nulla. La sconvolgeva tutte le volte, tutte le notti, senza darle tregua, inondandole le vene di un terrore così gelido e pulsante, di un’ansia così totalizzante che faceva del sonno il suo nemico, dell’immaginazione uno strumento pericoloso.
Nel prima aveva anche smesso di disegnare, perché il suo album immacolato si era riempito di schizzi macabri e inquietanti, che avevano preoccupato Jace e tormentato lei, mentre delitti senza colpevole si consumavano fra i Nascosti.
Quella notte giunse come tante altre, e New York si riempì delle urla e del sangue che Clary aveva sognato e ignorato per mesi. C’erano stati Sebastian, lei, tutti gli altri. E i demoni, ovunque, in ogni edificio distrutto o strada costellata di automobili in fiamme. C’era stato il buio, il cielo ricoperto di nero pece come se il tetto della città fosse al corrente di quello che stava per succedere. Anche Clary avrebbe dovuto saperlo, se solo ascoltare i sogni non fosse stato così spaventoso da rinunciarvi -piuttosto come una malattia dalla quale curarsi, ignari del male che avrebbe causato dopo.
Codarda, gridava la sua testa. Gettando quell’unica arma nel pozzo della paura, Clary aveva messo nelle mani di Sebastian il potere necessario per  far prevalere le sue forze su quelle di Cacciatori e Nascosti insieme, causandone la sleale vittoria, consumata voracemente come un banchetto, nel sangue.
Aveva perso tutto, Clary, finché non era arrivato Ithuriel.
Dipende tutto da te, Clarissa.
E così era ancora adesso. Le era stata data l’opportunità di ripetere tutto dal principio, fin dal suo scontro con il Mondo Invisibile. I primi tempi contemplavano la preferibilità dell’inferno. Doveva allenarsi, riflettere su come agire, preoccuparsi dell’appoggio di Magnus finché non avesse recuperato il Libro Bianco, scongiurare pericoli e morti inutili. A cominciare da Jocelyn, sua madre. Ma ogni ricordo precedente era marchiato a fuoco nella mente. Sembravano gridare dei nomi, così tanti nomi da divenire, col tempo, una massa unica e amaramente incomprensibile. Alle sue orecchie però giungeva chiaro e distinto il doloroso tormento della propria voce che ripeteva il suo nome -Jace, Jace, Jace, Jace-, mille e più volte, finché nel suo cuore non era rimasto altro che un vuoto apatico e insensibile.
Non si accorse di star piangendo. Ma il cuscino era divenuto umido laddove lo zigomo vi si poggiava, e una parte di lei avrebbe voluto cancellare quella traccia, cancellare qualsiasi indizio sui suoi sentimenti, insidiosi e instabili, prima che qualcuno li usasse contro di lei per far del male alle persone che tentava disperatamente di proteggere. Il cuore le si strinse in una morsa d’acciaio, e lo stomaco di quella sensazione di panico che precede la caduta, e che si spande lentamente fino a prendere il controllo del corpo, quando poi soddisfatta striscia via, lasciandoti inerme e sperduta.
Clary però non poteva permettersi emozioni simili, non adesso che mancava poco, non ora che era così vicina. Non avrebbe commesso lo stesso errore di allora, non c’era verso di sbagliare. Doveva trovare Sebastian e fermarlo prima che liberasse i demoni sulla città -sul mondo intero.
Forte di quella convinzione, il suo animo si acquietò e perse coscienza, lascandosi sommergere dall’illusione. 

Flying thoughts of a mutable mind
Lo so, lo so. Il capitolo è un po' corto, ma è IL capitolo, quello in cui le cose, spero, diventano un po' più chiare. Da qui in poi potrete farvi un quadro sempre più preciso di ciò che è accaduto e che sta accadendo, ed entreremo finalmente nel vivo della storia. Succederanno un bel po' di cose mentre la trama si stabilizza, insieme a tutte le cose accadute nei libri precedenti RIADATTATE a questa fanfic. Piano piano vi verrano svelati i vari particolari, e la storia crescere con i personaggi, costruendo il CoHF a cui penso da mesi e mesi e mesi.
I vostri commenti sono quanto di più emozionante potesse capitarmi scrivendo questa storia e spero davvero continuerete a seguirmi.
Perciò stavo pensando... arriviamo almeno a 8 recensioni per questo capitolo? Se ci riuscite, posto l'altro entra questa settimana e non la prossima u.u
Ringrazio comunque e come sempre i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi commenta.
Grazie a tutti, dal profondo del cuore.
Baci,
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Capitolo 8
*** 7. Di richieste insolite e maliziose. ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Jace

Jace era un ottimo Cacciatore. Sapeva di esserlo perché lo dimostrava a se stesso da tanto di quel tempo che nemmeno più ci faceva caso. Per quanto ne sapesse, era nato con libri sui demoni in una mano e armi nell’altra. Valentine era stato severo e inflessibile da quel punto di vista, e il guerriero che era in Jace apprezzava i risultati. Le sue abilità divenivano evidenti ogni giorno di più anche ai Cacciatori adulti, ma quelli vedevano in lui solo un più che valido strumento nella loro lotta contro i demoni.
Il che, ignorando la leggera inquietudine che si era fatta più acuta in quei ultimi giorni, lo soddisfaceva abbastanza quando si trattava di andare a caccia. Come quella sera.
Lui, Alec e Isabelle si stavano recando in un locale dal nome stupido per indagare circa un vampiro che si cibava un po’ troppo di sangue umano nei dintorni, adescando le sue vittime nei pressi dell’uscita posteriore, vicino ai cassonetti. Ce ne voleva, per avere tanto buon gusto. Doveva essere molto affamato.
Il pub era anonimo ma ben frequentato e, Jace ci avrebbe scommesso, si trattava di uno di quei luoghi d’incontro che ospitavano sempre i soliti visi, tanto familiari da essere riconosciuti dal tipo corpulento e con un sorriso bonario dietro al bancone. Quando lo vide fare cenni a diverse persone, seppe di aver indovinato.
In quei casi, essere invisibili era un gran vantaggio. Si poteva osservare, concentrarsi sui dettagli con molta più facilità, e molte meno distrazioni.
C’era una ragazza al microfono, che decantava un’orrenda poesia, e i posti a sedere erano tutti occupati, mondani per lo più. Eccetto per due clienti. Uno era il vampiro su cui dovevano indagare. Come tutti quelli della loro specie, l’aspetto avvenente e lo sguardo ipnotico riuscivano a conquistare la propria vittima prima che quella si rendesse conto di star giocando con la morte.
Alec gli fece un cenno, ma Jace l’aveva già visto.
Lui, al bancone, gli occhi fissi sulla ragazza sul palco, e Clary, seduta ad un tavolino più appartato, in compagnia di cinque mondani maschi. Sorrideva. Anzi, rideva di gusto, ma Jace poteva vedere i muscoli tesi delle braccia e lo sguardo vigile, che scandagliava la sala con attenzione.
In qualche modo a lui sconosciuto, la visione di lei insieme ad altre persone -o forse era semplicemente la visione di lei, e basta-, rilassata e divertita pur nei suoi panni di Cacciatrice, lo scuoteva e infastidiva profondamente. Avrebbe dovuto essere lui la causa di quei sorrisi.
E poi si diede dello stupido. Perché avrebbe dovuto desiderare una cosa simile? L’aveva incontrata solo una volta, al party dello stregone, due sere prima. Non aveva alcuna importanza.
Prima che gli occhi di Clary si fermassero su di lui, riconoscendolo, Jace si girò e si concentrò sul motivo per cui erano lì quella sera.
La ragazza della poesia era già scesa dal palco, e il vampiro partì all’attacco adescandola proprio accanto agli scalini.
-Andiamo- disse Isabelle, indicando ai fratelli la direzione opposta e avviandosi verso quella.
-Dove vai, Izzy?- chiese Alec, bloccandola per un braccio e ricevendo in cambio un’occhiata impaziente.
-C’è un’altra uscita secondaria di lì. Possiamo sorprendere il vampiro senza seguirlo, per evitare che ci scopra.-
Jace inarcò le sopracciglia, ammirato, mentre si avviava con loro in mezzo ai mondani verso la scorciatoia indicata da Isabelle.
-Conosci bene questo posto- constatò, quando superarono un corridoio più appartato, probabilmente usato solo dal personale, e trovarono la porta. Aprendola, emersero nel vicolo accanto al pub. Il luogo ideale per una spuntino al sangue.
Isabelle scrollò le spalle. -Ci sono già stata altre volte.-
Alec avrebbe voluto replicare, la bocca aperta già pronta a protestare, ma Jace gli fece segno di fare silenzio quando il rumore di un’altra porta che veniva aperta fendette l’aria. Il tipo doveva avere fretta.
Qualche risatina, mormorii poco promettenti alle orecchie dei Cacciatori, poi un singulto spaventato. Si mossero silenziosi, aiutati dalle rune marchiate sul loro corpo, e giunsero alle spalle del vampiro. Aveva imprigionato la ragazza contro il muro, bloccandole le mani lungo i fianchi, affondandole il viso nell’incavo del collo. Era talmente affamato, incantato dal sapore del sangue che fluiva nella sua gola e dal rumore che quello faceva uscendo dal corpo della ragazzina, che non si accorse delle tre figure in nero dietro di lui finché qualcosa non lo afferrò per una gamba, trascinandolo via con forza e facendogli perdere l’equilibrio. Sbatté contro uno dei cassonetti e si ritrovò a terra, mezzo disteso, la ragazza accasciata e priva di sensi nello stesso punto in cui qualche secondo prima si stava nutrendo di lei.
Alec le si avvicinò, controllando il battito che, seppur debole, c’era ancora.
Il vampiro sussultò quando la frusta di Isabelle si abbatté di nuovo su di lui, disegnando un ghigno sul viso di Jace.
-Ti piacciono le ragazzine indifese, a quanto vedo.-
Il Nascosto sputò ai suoi piedi. -Si è praticamente gettata fra le mie braccia. Il pasto ideale per un vampiro.-
Jace tirò fuori la spada angelica, rigirandosela fra le mani, mentre il vampiro s’irrigidiva visibilmente.
-L’ultimo pasto ideale per un vampiro. Così suona meglio, che dici?-
-Non potete uccidermi. Gli Accordi dicono…-
-Gli Accordi,- ripeté Isabelle, facendo schioccare la frusta per farla avvolgere attorno al collo della creatura, -sono validi solo finché gli umani non ne risentono. E tu stavi per uccidere questa ragazza come hai fatto con tutte le altre.-
Mentre il vampiro soffocava nella presa sempre più stretta della frusta, portando le mani su di essa per cercare di liberarsi e urlando più forte quando quelle vi entravano a contatto, Jace gli si avvicinò.
-Sbrighiamoci- sentì dire ad Alec.
Fu tutto molto veloce. Per una volta era d’accordo con lui, non gli andava proprio di tergiversare. La spada affondò nel petto della creatura, che inarcò la schiena e prese a tremare.
Isabelle richiamò la sua arma, e il vampiro, con la gola in fiamme, disse solo: -E sia. Lui vi prenderà tutti- prima che il sangue di cui si era appena cibato sgorgasse fuori dalla bocca e dalla ferita sul petto. Gli spasmi si fermarono solo quando morì.
 
Lasciarono ad un altro vampiro, che Jace riconobbe come uno di quelli che intercedeva per conto del clan della città con l’Istituto, il compito di ripulire e cancellare i ricordi della ragazza, col monito di rammentare al proprio signore di tenere a bada i suoi sottoposti.
Quando uscirono dal vicolo, non si sorprese di vedere Clary appoggiata al muro, il viso basso, a qualche metro lontananza dall’ingresso. Era sola.
Alec s’indispettì. -Che ci fai qui?-
L’espressione della ragazza indicava offesa, ma i suoi occhi ridevano.
-C’è qualche motivo dietro la tua insofferenza verso di me, Alec?-
-Almeno un milione. E credo che tu ci stia seguendo- rispose lui senza esitare. Isabelle aggrottò le sopracciglia. Non era da suo fratello lasciarsi provocare in quel modo, di solito cedeva le battaglie verbali a lei o a Jace.
-O magari siete voi che state seguendo me- e dicendo ciò si girò verso Jace, che non riuscì a nascondere un mezzo sorriso.
Lo sguardo della ragazza si fece più profondo. Prima che Alec potesse replicare, disse: -E’ una fortuna avervi incontrati, comunque. Ho un favore da chiedervi.-
Quel cambio di argomento repentino catturò l’attenzione del gruppo. Cos’avrebbe mai potuto chiedere loro quella Cacciatrice?
-Di che si tratta?- domandò Jace, intrigato dal suo tono circospetto.
-In realtà è più qualcosa che Isabelle potrebbe procurarmi- ammise, mentre un accenno di vago imbarazzo le imporporava le guance. La diretta interessata incrociò le braccia. Jace era sempre più curioso.
-Beh, sentiamo.-
-So che, mmh…- iniziò Clary, imprigionando una ciocca di capelli rossi fra le dita e incollando lì lo sguardo. Jace rimase vagamente affascinato dalla velocità con cui l’agitazione le faceva attorcigliare e distendere i capelli.
-So che conosci uno dei cavalieri della Corte Seelie,- esordì, scoccando un’occhiata al volto perplesso dell’altra, -e mi sarebbe d’aiuto se potessi chiedergli un’udienza con la regina. Devo parlare con lei.-
Piano piano, la perplessità di Isabelle aveva lasciato al suo posto un sorriso compiaciuto, cui Clary reagì automaticamente alzando gli occhi al cielo.
-Se ho ben capito, vorresti che usassi le mie –come lei hai chiamate? Ah, si– conoscenze per recapitare un messaggio alla Regina della Corte locale.-
Molto lentamente, Clary annuì.
-Credo di capire a chi ti riferisci- disse Jace, pensieroso, guardando poi la sorella. -Non ti vantavi giusto l’altro giorno di star uscendo con un membro della Corte?- chiese, prendendola in giro.
Ora toccava a Isabelle arrossire.
-Non dovrei sentire nulla di tutto questo.- Alec increspò le labbra, scuotendo la testa.
-E allora non ascoltare- replicò la Isabelle, sbuffando verso una ciocca di capelli che le era finita sul naso.
-Come diavolo dovrei fare se sei a meno di un metro da me?-
-Potresti metterti quegli stupidissimi paraorecchie che piacciono tanto a Isabelle- commentò Jace, ignorando l’occhiataccia indignata del suo parabatai e a quella irritata della sorella.
-Nessuno di voi due metterà le mani sui miei paraorecchie!-
Clary osservava la scena in disparte, inconsapevole del sorriso raddolcito che portavano le sue labbra - inconsapevole del fatto che anche qualcun altro se ne fosse accorto. Era come immersa nei suoi pensieri, e la malinconia nei suoi occhi fece venire voglia a Jace di includerla in quello che, sospettò, doveva sembrarle un tenero quadro familiare.
Qual è la tua storia, Clary?
Avrebbe tanto voluto saperlo.
Si avvicinò a lei, schiarendo la voce. La vide sussultare lievemente, ma fu felice di averla riportata lì dalle sue divagazioni.
Clary alzò il mento e incrociò il suo sguardo, quasi gli fosse grata per averla richiamata, poi fissò Isabelle.
-Puoi farlo?-
-Ha a che fare con Sebastian, non è vero?- le domandò Jace, prima che l’altra potesse risponderle.
Clary esitò un attimo, prima di confermare.
A quel punto, vide la sorella annuire di rimando. -Non ti chiedo nemmeno come fai a sapere di Meliorn. Posso mandargli un messaggio adesso.-
Si allontanò dal gruppo senza dire altro, lasciando gli altri tre a fissarle la schiena mentre spariva nel vicolo dove poco prima avevano ucciso il vampiro.
-Come farà a contattarlo?- chiese Clary, a bassa voce, come sovrappensiero.
Alec scrollò le spalle, Jace invece sorrise.
-Isabelle ha i suoi metodi e noi non ci impicciamo- le rivelò, inclinando il viso nella sua direzione. Lei non alzò lo sguardo, ma Jace notò distintamente le sue guance che perdevano il consueto pallore a favore di un colore più rosato, evidenziando le lentiggini.
Allora non le sono indifferente, pensò compiaciuto, mentre un moto di felicità senza nome gli riempiva lo stomaco. Ancora un volta, il modo in cui reagiva a quella ragazza lo lasciava più confuso che altro.
-E a voi sta bene? Voglio dire, non siete preoccupati per lei?- aggiunse, attirando su di sé lo sguardo di Alec.
-Ci preoccupiamo sempre fra di noi, ma Izzy sa badare a se stessa. Non è che le si possa semplicemente proibire qualcosa- rispose ancora Jace, scrollando le spalle. Ripensò ad una delle tante volte in cui Alec aveva cercato di far ragionare la sorella, ottenendo l’esatto contrario.
Abbozzò una risata, e Clary sorrise.
-Piuttosto, tu come fai a sapere che sta uscendo con un membro del popolo fatato?-
Sollevò gli occhi fino ad incrociare il suo sguardo, divertito e curioso, con quella luce maliziosa e allusiva che Clary conosceva bene. Non riuscì a guardare altrove.
-L’ho vista ballare con lui al party di Magnus- inventò, strofinando le dita fra loro, -e ho pensato lo conoscesse. Non che ci stesse uscendo- precisò.
Lui la squadrò attentamente, come se non le credesse. Quando si era fatto così vicino?
Con la scusa di sistemarsi la sciarpa, mise un po’ di distanza fra loro.
-Mi chiedo cosa fareste se s’innamorasse di un mondano…- mormorò Clary, ma a voce abbastanza alta da farsi sentire.
-Non lo farebbe mai- esclamò Alec, con una smorfia.
A quel tono, Clary abbassò le mani e li guardò in modo strano. Si ritrasse.
-Perché, è un problema per un Cacciatore frequentare i mondani?- insinuò con rabbia, stringendo i pugni.
Jace si chiese il motivo di quella reazione, ricordandosi di averla vista all’interno del pub con un gruppo di normali esseri umani. Forse li frequentava regolarmente. Possibile che stesse anche con uno di loro?
Fece per alzare una mano verso di lei, per dirle che stare i mondani non aveva senso per loro, ma in quel momento Isabelle tornò e mise fine alla discussione.
-Meliorn ha detto di raggiungerlo al parco, all’entrata segreta della Corte. Sapremo se la Regina ci riceverà o meno, ma sembrava convinto che non avrebbe rifiutato- disse soddisfatta, sprizzando energia da ogni poro.
-Un attimo- li bloccò Clary, fissando Isabelle con improvviso allarme. -Ci? Non ho mai detto che sareste dovuti venire anche voi.-
La Cacciatrice sorrise.
-Questa è la condizione imposta dalla mia conoscenza. Prendere o lasciare.-

Flying thoughts of a mutable mind
Per la Clace che avete in mente dovrete pazientare ancora un po'. Non sono così stronza da farvi aspettare tantissimo -giusto un po', forse. Ma nella mia testa di sono un sacco di scene Clace, continuamente, piccole e grandi *awwwww*
Come vi avevo detto, è vero che per questa prima parte della fan fic prendo spunto dagli altri libri, mi serve il riferimento al passato che Clary è costretta a rivivere, credo che ormai l'abbiate capite, ma ciò non significa che sarà un copia-e-incolla. Perciò... preparatevi ad altre divagazione passate, ma anche a molte altre novità e all'arrivo di nuovi personaggi. Cercherò, meglio che posso, di costruire il mio City of Heavenly Fire con i pochi indizi che la Clare ci ha dato. 
Ancora una volta, vi ringrazio per il vostro sostegno. Non siamo arrivati ad 8 recensioni, ma se ci arrivate questa volta potrei postare persino prima di come ho fatto adesso. Sappiate che i prossimi quattro capitoli sono già pronti, perciò se li volete... spero davvero che tutti quelli che stanno seguendo la storia la stiano apprezzando -e che magaaaari (*w*) me lo facciano sapere.
Ringrazio comunque e come sempre i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi commenta.
Grazie, alla prossima volta!
Baci,
im_silverleaf

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Capitolo 9
*** 8. Di incauti sospesi e frasi sibilline. ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Clary

Per la milionesima volta in venti minuti, Clary rimproverò se stessa per quella trovata.
Era stata una pessima idea. Pessima davvero. Le era venuto un vero lampo di genio, ricordando che Isabelle conoscesse uno dei cavalieri della Corte -in realtà credeva davvero che Meliorn fosse solo una conoscenza, ma stava imparando che tra adesso e il prima c’erano alcune differenze, una sorta di slittamento temporale.
Il che la rendeva una pessima idea.
Stupida, stupida idiota pensò.
Attendevano da quasi dieci minuti l’arrivo di Meliorn, dopo aver fatto insieme la strada che conduceva al Turtle Pond, durante la quale Clary aveva protestato a gran voce contro il fatto che l’accompagnassero, inutilmente. Jace aveva risposto che la Regina sarebbe stata molto più disponibile se lui fosse venuto, ma si era fermamente opposta dicendo che se proprio volevano impicciarsi, dovevano lasciar parlare lei.
-Non sapete nemmeno cosa devo chiederle- aveva borbottato, e lui l’aveva fissata pensieroso, inarcando le sopracciglia con quell’espressione che le suscitava un’immensa voglia di prenderlo a pugni, facendole presente che era lei a rifiutarsi di dirlo. Clary non aveva abbandonato il campo di battaglia, e nemmeno lui. Alla fine erano arrivati.
Ricordava l’unica volta che c’era stata, come Isabelle aveva mostrato loro l’accesso, ed era preparata. Aveva pensato di recarsi lei stessa lì, senza preavviso, ma temeva di fare un torto alla Regina ed era l’ultima cosa di cui aveva bisogno, specie se ciò che temeva era reale. Una delle volte in cui le aveva parlato, non aveva nascosto la sua predilezione per Jonathan. E se suo fratello era già arrivato nuovamente fino alle fate, sarebbe stato necessario fare qualcosa -allertare il Conclave, magari. Chiedere consiglio a Magnus…
-Meliorn!- esclamò Isabelle.
Corse incontro al cavaliere, che la afferrò saldamente e con molto meno trasporto, per poi rimetterla giù delicatamente con un sorriso che non era esattamente… beh, un sorriso.
-Non è il momento per i gesti affettuosi. La Regina della Corte Seelie ha accettato l’udienza da voi richiesta. Volete seguirmi?-
Clary prese un profondo respiro, che le rimase bloccato in gola. Si liberò della borsa, nascondendola fra dei massi e coprendola con un mucchio di foglie cadute, riflettendo bene sulla prossima mossa da fare.
Deglutì, rialzandosi. -In realtà sono stata io a richiedere udienza alla tua signora, Isabelle mi ha solo fatto un favore. Sarebbe possibile chiedere alla Regina di ricevere solo me?-
Non guardò nessuno dei tre mentre parlava, ma avvertì comunque il loro cambiamento d’umore.
Meliorn la fissò, privo d’espressione, e a Clary venne voglia di rabbrividire.
-La mia signora ha accettato di incontrarvi tutti, e tutti incontrerà. Le condizioni sono queste- esordì, poi si voltò senza darle altra possibilità di replicare. Le venne voglia di urlargli contro, ma s’impose di trattenersi.
Alec non la guardava, visibilmente contrariato, le labbra serrate in una linea severa. Isabelle seguiva Meliorn verso il lago, la luna che iniziava a far capolino sulla superficie increspata, e Jace la fissava dubbioso.
-Devi avercela parecchio con noi per disprezzarci tanto.-
Clary sospirò. Aveva accettato il fatto che sarebbe arrivata addirittura a farsi odiare pur di non metterli in pericolo, ma ciò non voleva dire che le piaceva che lo facessero.  Sapeva di non dover rispondere.
-Non vi disprezzo. Cerco solo di non coinvolgere nessuno in questa cosa- ammise, avvicinandosi più alla verità di quanto volesse. Si morse forte il labbro inferiore, fermandosi davanti al lago.
Jace era dietro di lei, poteva sentire il calore del suo corpo sfiorare il proprio. Non era ancora entrata in acqua, eppure rabbrividì, sicura di essere arrossita come quando lui le si era avvicinato, fuori dal Java Jones.
-Stiamo parlando di Sebastian. Riguarda tutti i Cacciatori- ribatté lui, con una punta di frustrazione nella voce che la sorprese e la portò a voltarsi per incrociare il suo sguardo.
I suoi occhi sembravano più scuri, e in qualche modo più intensi del normale -quando erano soliti stare da soli, Jace la guardava sempre in quel modo, come se lei fosse l’unica cosa che valesse la pena guardare, l’unica cosa concreta nel vuoto assoluto.
Per qualche strana ragione, la stava guardando così anche in quel momento, forse involontariamente. Era come se si stesse sforzando di capirla. Tutto il rossore affluito sulle guance di Clary di disperse, lasciandola pallida e terrorizzata. Doveva stargli lontano -subito. Dal momento in cui Jace avesse cercato di stabilire un contatto con lei a tutto il resto c’era pochissima distanza.
Incespicò all’indietro, e lui fece appena in tempo ad afferrarla prima che cadesse. Una volta ripreso l’equilibrio, si allontanò senza guardarlo, dimenticando ciò di cui stavano parlando.
-E’ ora- sentì dire a Meliorn, mentre avanzava verso il riflesso della luna, immobile, e spariva, seguito poco dopo da Isabelle.
Si sentì avanzare nell’acqua fredda, i vestiti che si bagnavano rapidamente, la mente occupata solo dal pensiero del colloquio con la Regina. Girandosi, fece un passo indietro verso il portale per la Corte, e vide di sfuggita due occhi ambrati posati su di lei prima di sprofondare nel lago.
 
Atterrando sulle ginocchia, fece una smorfia, e Isabelle la aiutò a rimettersi in piedi mentre Alec e Jace arrivavano dopo di lei.
Meliorn annuì fra sé, prima di dire: -Se siete pronti, andiamo.-
Nessuno parlò mentre lo seguivano, e Clary si mise in testa al gruppo ignorando l’aria contrariata di Isabelle.
La Corte era esattamente come la sua mente l’aveva riprodotta più volte, ricordando.
I corridoi fatti di terra e piante che sfociavano su un ampio padiglione illuminato, col pavimento di terra battuta e le colonne in pietra avvolte da tralci e fiori colorati, teli azzurri fra l’una e l’altra. Come allora, c’erano fate che danzavano sulle note di una musica ipnotica, che orecchie umane come le sue imploravano di ascoltare per ore. Avrebbe voluto unirsi alle splendide figure che si muovevano leggere al ritmo di quella melodia, ma le rune di protezione e la voce di Jace, il Jace di quel ricordo, erano più forti della musica delle fate.
Se danzi con loro, danzerai fino alla morte.
Superarono indenni la sala, immettendosi in un altro corridoio.
-Sei già stata qui?- le domandò Jace, accanto a lei.
Stupì se stessa annuendo a quella domanda.
-Ci sono venuta, una volta. Ma è stato tanto tempo fa.-
Non era esattamente una bugia -il tempo era sleale, le sembravano passati anni da quella volta, quando si accingeva per la prima volta ad immergersi nel Mondo Invisibile, convinta di aver ritrovato un fratello che non desiderava avere. Per lo meno, non desiderava quel fratello. Le venne da ridere. Se Jace, adesso, avesse creduto di essere suo fratello, non ci sarebbe comunque stato verso di tenerlo lontano.
-Dovevi avere un pegno o qualcosa di simile, allora.-
-Non proprio- tentennò, incapace di mentire, soprattutto nel luogo in cui si trovavano. -Mi hanno aiutata degli amici. Un po’ come state facendo voi adesso.-
Un guizzo luminoso passò negli occhi di Jace, che sorrise a quella frase, cogliendo un riferimento che a lei sfuggiva.
-Mi pareva avessi detto che non eravamo tuoi amici.-
Questo è un colpo basso, si disse, arrossendo.
-Non era quello che intendevo, infatti. Era solo per fare un paragone- disse, torcendosi le mani.
Lui la sfidò con lo sguardo a continuare quello che stava dicendo. Clary riportò le mani lungo i fianchi, scoccandogli un’occhiata che sapeva d’indecisione.
-Sembra che tu voglia a tutti costi che io diventi vostra amica…- notò, guardando davanti a sé.
Fu sul punto di scoppiare a ridergli in faccia quando vide con la coda dell’occhio il leggero disagio di Jace sul suo volto.
-Non era quello ch-
-Siamo arrivati- disse Meliorn, quando giunsero alla fine del passaggio. C’era una cascata di tralci, rami, foglie e fiori intrecciati, una specie di porta dalla quale filtrava la luce della stanza che nascondeva. -Le stanze della Regina sono oltre la soglia.-
Scostò i tralci, e Jace passò per primo, seguito da Clary, Isabelle e Alec.
Mentre Meliorn li annunciava ai presenti, la giovane puntò gli occhi su un piccolo gruppo di cortigiani, fate bellissime e piccoli folletti, che circondavano la figura della Regina, splendida e ammaliante, adagiata comodamente su un divano, in mezzo a sontuosi cuscini.
Era proprio come la prima volta, solo con Alec al posto di Simon.
Beh, pensò al suo migliore amico, che in quel momento se la stava spassando in qualche locale, suonando con Eric e la band, almeno lui non è qui.
-Il cavaliere della mia corte mi ha informata che un gruppo di Nephilim desiderava parlare con me- esordì la regina con tono leggero, lo sguardo azzurro ghiaccio che cozzava con quell’ingannevole gentilezza.
Tenendo a mente la sua prima esperienza alla Corte, Clary si fece avanti.
-Non sbagliate, mia signora- disse, addolcendo il tono senza però dar l’impressione di essere ruffiana. Accennò addirittura un inchino serioso, prima di guardarla negli occhi. -Ho chiesto ad Isabelle d’intercedere per me tramite Meliorn, sperando che mi avreste dato la possibilità d’incontrarvi. Confidavo nella vostra cortesia, dato che altre volte voi e la vostra Corte avete appoggiato i Cacciatori, in nome degli Accordi.- Calcò l’ultima parte in un muto e silenziosissimo avvertimento.
Le labbra della Regina si piegarono in un sorriso, mentre si raddrizzava con grazia.
-Clarissa, Cacciatrice senza radici. Ti ripresenti alla mia Corte a distanza di poco, eppure sembri completamente un’altra persona. Vedo le tracce che luci e ombre del Mondo Invisibile hanno lasciato su di te. E’ un piacere accoglierti. Vieni più vicina. Avvicinatevi tutti.-
Soffocò l’istinto che le diceva di scappare nella direzione opposta, mentre quelle parole s’imprimevano in ogni parte di lei, annebbiandole la mente.
Perché Clary riusciva a leggere l’insidia dietro quella strana cortesi. La Regina ricordava. Era forse possibile? Tutti quelli con cui aveva avuto contatti non erano al corrente del passato, o almeno così Ithuriel le aveva fatto intuire. Venire lì era stato un errore? E se era così, quanto grave? Aveva ragione a pensare che dietro ci fosse suo fratello?
Si accomodò sui morbidi cuscini che costellavano il pavimento di fronte al divano. Pixie e altre fate misero davanti a loro thè e leccornie di ogni tipo, dileguandosi in pochi secondi. Memore dell’incidente della prima volta, si tenne ben lontana da ciascuna di quelle cose, ammonendo con lo sguardo i suoi compagni dal fare il contrario.
-Non mi sorprende vederti qui insieme a questi Cacciatori- disse la Regina, che sapeva di giocare con le sue paure. Le leggeva nei suoi occhi, proprio come Clary vedeva in quelli della donna il nulla, vuoto dietro la bellezza della superficie.
Jace parlò prima che lei potesse aprir bocca.
-Spero di non sembrarvi maleducato, mia signora, chiedendovi il perché di queste vostre parole- replicò, la voce calma e ammaliante, con una leggerezza estranea per i suoi toni consueti.
Attirò l’attenzione della Regina, permettendo a Clary di riprendersi, e al contempo d’irrigidirsi ancora di più in attesa di una sua risposta. In quel momento, le sarebbe giovata la creatività tipica delle fate nel dire la verità.
-Jonathan Herondale, è un vero peccato che, fra tutte, anche la tua mente sia stata compromessa. Ebbene, i vostri percorsi sono più intrecciati di quanto voi stessi non crediate o io possa permettermi di rivelare. Il destino sa essere beffardo con chi ha dal proprio lato il favore degli angeli- rispose, nascondendo una risata con le dita sensualmente poggiate sulle labbra.
Il cuore di Clary, che non osava voltarsi verso Jace, batteva sempre più veloce.
-Sono dell’opinione che il futuro abbia molti percorsi, e che come tali sia impossibile predire con precisione quali di essi percorreremo- disse Jace, che se era rimasto scosso o perplesso dall’ambiguità della Regina non lo diede a vedere. Era sempre stato bravo in quel genere di cose.
Gli occhi di questa brillarono.
-Poco importa quale sangue scorre nelle tue vene, sei affascinante come tuo padre, il Cacciatore rinnegato dalla sua stessa gente. Ma temo di doverti deludere. La tua presenza qui basta a smentire le tue parole, e non sono l’unica a poterlo affermare.-
La fronte di Jace si corrugò, rispecchiando la confusione sicuramente ospitata dalla sua mente. Clary fissò la Regina. Era triste pensare che dietro tanto bellezza ci fosse un animo così corrotto dalla crudeltà da godere esclusivamente del dolore e del tormento altrui. Il popolo fatato viveva alla ricerca di nuove distrazioni, e quale trastullo migliore se non quello di un gruppo di Cacciatori su cui pendeva il destino del mondo?
Alec sembrava al colmo della tensione, incapace di non far vagare lo sguardo ovunque per attenuare il suo disagio o tenere a freno la sorella.
-Con tutto il rispetto, Altezza, vostra Maestà, ma Valentine non è il padre di Jace. E’ un mostro, non potrebbe mai–
-Nessuno sceglie la propria famiglia, Isabelle Lightwood. In Jonathan non scorre il sangue dei Morgenstern, ma questo non lo rende meno figlio di Valentine. Ripudieresti tuo fratello solo perché in lui non c’è traccia del sangue della tua famiglia?- le fece notare la Regina, sprezzante, il gelo nella voce tagliente come mille lame.
-Mia signora- disse Clary, scuotendo il capo verso una probabile protesta di Isabelle, -preferirei non approfittare oltre del vostro tempo e chiedervi ciò per la quale sono venuta fin qui.-
La Regina si adagiò ai cuscini dietro di lei, intrecciando elegantemente le mani sul grembo.
-Poni pure la tua domanda, Cacciatrice.-
-Suppongo siate al corrente del mio desiderio di mettere fine alla vita di Jonathan Morgenstern- iniziò, alzando il mento nella vana speranza che quel gesto venisse interpretato come un segno di coraggio, e non di sfida nei suoi confronti. Ma gli occhi della sovrana del popolo fatato ridevano, gioiosi e maligni.
-Ho sentito delle voci. Il tuo intervento propizio ha salvato il Conclave e i Nephilim più volte di quanto essi ammetteranno mai.-
-Non voglio i loro ringraziamenti, mia signora, solo riportare l’equilibrio nel Mondo Invisibile. E per farlo devo eliminare ciò che lo minaccia.-
-Sei sicura che sia Jonathan Morgenstern la minaccia di cui parli?-
Il tono allusivo della Regina riportò alla mente di Clary la disperazione, e il sangue. In effetti, suo fratello non era l’unico responsabile.
Aveva consegnato lei a Jonathan il potere di distruggere tutto ciò che conosceva.
Dopotutto, pensò, chiudendo gli occhi, se lei fosse morta lui non avrebbe mai portato a compimento il suo piano. Non c’era stregone abbastanza potente da fare quello che Clary aveva fatto, ma si convinse che Jonathan avrebbe comunque trovato un altro modo, che non era solo colpa sua.
-Si- rispose, risoluta, immergendosi volontariamente nello sguardo glaciale della Regina.
-Sono sicura. Il fatto che siate così bene informata mi porta a sperare che voi possiate aiutarmi, darmi qualche indicazione su dove lui si trovi ora- aggiunse, che parole che fluivano con più decisione dalle sue labbra.
Anche lei parve accorgersene, intrigata da quell’improvvisa presa di coraggio. Forse fu quello a convincerla, il divertimento palesemente evidente quando, sporgendosi in avanti, disse: -Noi fate abbiamo orecchie ovunque. Siamo consapevoli dei disguidi del mondo che vive sopra e intorno a noi. I Nascosti muoiono per mano dei Cacciatori ogni giorno, ma i loro carnefici si preoccupano di eliminarne le tracce. Ben presto, gli Accordi salteranno e loro si ribelleranno al Conclave.-
-Noi non uccidiamo i Nascosti senza motivo- borbottò Alec, cercando di tenere a freno l’espressione alterata di Isabelle.
-Le fate non mentono- disse Jace, nervoso, rivolgendosi poi alla Regina, -ma questo non cancella la verità delle parole di Alec. I Cacciatori legati alla legge e agli Accordi non tolgono la vita ai Nascosti senza una ragione più che valida.-
-Hai detto bene, Jonathan. Dovresti sapere però che non sono sempre esistiti Nephilim vincolati esclusivamente alla vostra luce.-
Le dita di Clary si strinsero convulsamente intorno al cuscino, mentre un altro ricordo -Jace sotto il controllo di suo fratello, la schiera di Cacciatori pronti ad unirsi a Jonathan fermata in tempo, ma non sconfitta completamente- premeva ai confini della sua mente.
Dunque ci sta riprovando, pensò. Quel pensiero la terrorizzava, ma le ricordava anche che se Jonathan stava agendo esattamente come nel prima, lei avrebbe potuto prevedere le sue mosse.
Gli altri erano arrivati alla medesima conclusione. Fu Alec a parlare: -Vuole creare di nuovo un esercito di Shadowhunters come lui.-
La Regina parve soddisfatta di quell’osservazione, e tornò a distendersi sul divano.
Nello sbigottito silenzio generale, rotto solo dai bisbigli della Corte che Clary non aveva nemmeno sentito fino a quel momento, fu la prima ad alzarsi per prendere congedo.
-Il vostro aiuto ci è stato prezioso, mia signora. Credo sia arrivato il momento di salutarci- disse, grata che Jace, Alec e Isabelle imitassero il suo esempio, irrigiditi e circospetti quanto lei.
-Ma certo. Le vicissitudini dei Morgenstern mi affascinano in questi ultimi tempi. Spero che ciascuno di voi trovi ciò che sta cercando- acconsentì, nascondendo nelle sue parole troppe rivelazioni. Clary avrebbe potuto volar via, tanto il sollievo di sapere che i Cacciatori insieme a lei non potevano cogliere alcun riferimento la rendeva leggera. Fecero un cenno rispettoso, traboccante di diffidenza, e si avviarono verso l’uscita, scorgendovi Meliorn accanto.
-Oh, soltanto un’ultima cosa- li richiamò, alzandosi in piedi. Clary sperò non notasse che le tremavano le ginocchia quando lo sguardo della Regina si puntò su di lei.
-Non preoccuparti- le disse, muovendo le labbra in un sorriso che quasi le strappò un brivido contro la sua volontà. -Il tuo segreto è al sicuro per adesso, non sarò io a rivelarlo. Ma ricorda questo: non puoi salvare tutte le persone che ami.-
L’eco di un'altra voce si sovrappose a quella melliflua e cristallina della Regina.
Quelle parole, lo sapevano entrambe, diedero a Clary conferma di un’altra delle cose che avrebbe voluto scoprire venendo alla Corte. La Regina non la stava avvertendo per farle una cortesia, non ne avrebbe avuto motivo.
Quelle parole erano di Jonathan. Doveva essere stato lui a chiederle di dare loro quegli indizi -aveva previsto che Clary sarebbe andata lì-, il che probabilmente implicava una loro collaborazione, come temeva, e suo fratello non sembrava intenzionato a tenerla nascosta se la Regina era stata così poco discreta.
Il gelo in quegli occhi aveva raggiunto il suo cuore. Più di ogni altra cosa voleva porre fine alla prospettiva che quelle parole si avverassero.
Inchiodò lo sguardo in quello della sovrana della Corte.
-I miei nemici faranno bene a stare attenti, non ho alcuna intenzione di perdere.-
Con quello, e nient’altro, i Cacciatori abbandonarono le stanza della Regina per tornare in superficie.

Flying thoughts of a mutable mind
Loschi affari fra Sebastian e la Regina, a quanto pare... e Jace e Clary interagiscono in questo loro modo strano e intrigante... uhm. Adoro la Regina, davvero, e vestire per poco i suoi panni è stato strano, spero solo di averle reso almeno un po' giustizia. In ogni caso, sappiamo bene che la Clare è insuperabile quando si parla di Shadowhunters. Mentre voi leggete l'ottavo capitolo, io inizio a scrivere il dodicesimo... doppio-uhm!

Ancora una volta, vi ringrazio per il vostro sostegno. Non siamo arrivati ad 8 recensioni nemmeno stavolta, ma sappiate che la mia "offerta" è sempre valida *ride*... spero davvero che tutti quelli che stanno seguendo la storia la stiano apprezzando -e che magaaaari (*w*) me lo facciano sapere.
Ringrazio comunque e come sempre i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi commenta.
Grazie, alla prossima volta!
Baci,
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Capitolo 10
*** 9. Di piani insidiosi e malaugurate conseguenze. ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Clary e Jace

Meliorn sparì subito dopo essersi accertato che fossero riemersi tutti, con sommo fastidio di Isabelle. Mentre quella borbottava, Clary si trascinava fuori dall’acqua dandosi una spinta verso la riva, così stanca nella mente da non desiderare altro che dormire e non svegliarsi mai più.
-Bell’uscita di scena, comunque. Io probabilmente le avrei sputato addosso qualche brutta parola- le disse Isabelle accennando con un dito al lago.
Clary annuì, con un mezzo sorriso sulle labbra.
-Vi ringrazio per avermi accompagnata. Non dovevate farlo, ma… credo sia stato meglio così- ammise a malincuore, riconoscendo quanto lo sfarzo e la luce ammaliante della Corte arrivassero a fuorviarne la vera essenza, e a scuotere lei.
-Non è facile tenere testa alle fate, se non sei brava con verità e bugie. Ma te la sei cavata molto bene- replicò Jace, squadrandola come se la vedesse per la prima volta. Tutto in lui appariva risoluto e consapevole, come se avesse il controllo di ogni parte di sé e lo mostrasse continuamente con una naturalezza che lasciava spiazzati. La luce nei suoi occhi… anziché spegnerla, Clary sembrava non riuscire a far altro che alimentarla. E la cosa la innervosiva.
-Ho imparato dal migliore- sorrise appena, distogliendo lo sguardo.
Recuperò la borsa nascosta prima di scendere alla Corte e raggiunse Alec, seduto su un grosso masso con le mani che frizionavano i capelli. Lo imitò.
-Si, beh, ci sono cose più urgenti di cui discutere- stava dicendo lui, un’espressione torva in viso indirizzata al proprio parabatai. Jace si appoggiò accanto a loro, osservandola.
-Io non credo, quello che dobbiamo fare è molto semplice- disse Clary, ravvivandosi i capelli fra le dita e tirandoli indietro, sulle spalle.
-Voi avviserete il Conclave della minaccia di una possibile rivolta dei Nascosti. Meglio se convocate tutti i capi clan e spiegate che non sono i Cacciatori ad uccidere la loro gente, che Sebastian sta probabilmente creando un esercito.-
Quella parola, esercito, era così amara sulla lingua di Clary da farle venir voglia di rimettere la cena dentro il lago.
-Magari i Nascosti lo sanno già- ipotizzò Isabelle, legando i lunghi capelli neri sulla testa con lo stilo. -Voglio dire, lo sapeva la Regina. Forse è ciò che desiderano –ribellarsi ai Nephilim.-
Il fratello fece una smorfia, e Jace disse: -Forse. Ma non agiranno senza che il Conclave dimostri apertamente le sue intenzioni, sarebbe stupido minare gli Accordi così apertamente. Lo diremo a Maryse- aggiunse, mentre qualcosa di simile al sollievo distendeva il viso di Alec.
-Ma non ho intenzione di consegnare il resto delle nostre indagini al Conclave e permettergli di tenerci fuori dai giochi- continuò, scrollando le spalle con le braccia incrociate sul petto, i muscoli in rilievo sotto la maglietta bagnata. Clary poteva seguire con lo sguardo ogni piega della pelle, ogni cicatrice o marchio sbiadito…
Distolse lo sguardo. Smettila!
-Potrebbe trattarsi di una guerra, Jace, non delle nostre caccie notturne a demoni e Nascosti indisciplinati- protestò Alec, di nuovo teso, pur sapendo che non sarebbe servito a nulla.
-Motivo in più per non dire subito come abbiamo scoperto quello che sappiamo- replicò, mantenendo quell’aria angelica e folle che faceva credere stesse scherzando. Il problema era proprio quello, lui diceva sul serio.
Clary si sentì sospirare.
-Allontaniamoci di qui- bisbigliò, conscia di trovarsi ancora sulla soglia della casa di un possibile nemico. Gli altri, forse pensando lo stesso, andarono con lei senza obiettare.
Uscirono dal parco e imboccarono la via più larga, sulla sinistra, lasciandosi sferzare dal calore e dai rumori della città.
-La Regina è stata una vera stronza!- esclamò Isabelle, riportando alla mente di tutti l’asprezza della sua voce quando aveva fatto allusioni su Valentine e il rapporto di Jace con lui.
Il viso del Cacciatore si oscurò. -Non ha detto nulla di falso.-
Isabelle gli si fece vicino. -Jace…-
-Smettila, Izzy- la allontanò con fermezza, ma senza essere brusco. -Non c’è ragione di parlare di Valentine. E’ morto.-
-Ma…- L’espressione di Isabelle era ancora dubbiosa, e Alec dovette intervenire per convincerla a desistere.
-Ciò non toglie che Isabelle abbia ragione. Una volta qualcuno ha detto che le emozioni degli esseri umani divertono le fate perché non ne posseggono di loro.-
Jace annuì, sostenendo di essere “completamente d’accordo con chi aveva affermato una cosa simile”.
Clary sorrise fra sé, non potendo rivelare che era stato proprio lui a dirlo.
Verso le undici e mezzo, si fermarono da Taki, bagnati e affamati.
Il locale non era completamente pieno, ma una varia mescolanza di Nascosti vagabondava fra i tavoli e l’uscita. Trovarono un tavolino a ridosso della parete a vetro e si sistemarono nelle panche, i ragazzi di fronte a Clary e Isabelle.
Stavolta, quando Kaelie si avvicinò, Jace dimenticò di fare la parte del giovane bello e dannato, scorrendo il menù per ordinare un grosso piatto della prima cosa che avesse attirato il suo sguardo.
Spostò gli occhi su Clary.
Come la prima volta che era stata lì, ricordando che nonostante quel posto sembrasse una prigione avesse dell’ottimo cibo, la ragazza ordinò dei pancake, seguita da tutto il gruppo.
Quando la cameriera si allontanò, Alec prese la parola.
-Cosa intendeva dire la Regina quando ha detto che hai salvato il Conclave? Mi era parso di capire che ti stessi tenendo lontana dall’Istituto e tutto il resto.-
Clary affondò nel tessuto che rivestiva la panca, cercando uno scudo dietro cui ripararsi. Certo, poteva andarle peggio. Poteva chiederle se era la sorella di Sebastian e a quel punto, come una fata, si sarebbe sentita costretta a dire la verità.
-Diciamo che ho…- cercò il termine adatto -interferito con alcune delle cose successe negli ultimi tempi.-
-Interferito?-
-Interferito- precisò Clary, fissando Jace per quella sua stupida sottolineatura. Lui le fece un ampio sorriso, che agli occhi della ragazza risultò malizioso e insinuante come se avesse appena scoperto il suo più imbarazzante segreto.
-Forse Alec non aveva tutti i torti e ci stai spiando davvero.-
-Il che spiegherebbe come fai a conoscere tante cose su di noi!- disse Isabelle, alzando tanto la voce da attirare qualche occhiata dai tavoli intorno. Clary, se possibile, sprofondò ancora di più.
-Per favore, smettetela…-
La sua reazione sembrava divertirli, il che faceva un po’ ridere anche lei. Visto da fuori, il suo operato da stalker doveva essere stato anche un po’ comico, in maniera vagamente disperata, tanto da evocare compassione.
-Quello che vi è successo non è un segreto, e le voci girano nel Mondo Invisibile- disse semplicemente, ritrovandosi una ciocca di capelli intrecciata fra le dita. Ci giocherellò sovrappensiero.
-Per quanto riguarda le mie interferenze…-
Il suo tono divenne sempre più basso, così flebile da non udirlo neppure lei stessa. Il peso di tutte le cose che aveva fatto gravava sul suo cuore emettendo un dolore sordo ogni volta che smuoveva i ricordi. Parlarne con quei tre… la prospettiva non avrebbe dovuto neppure attraversarle l’anticamera del cervello!
Eppure era lì, seduta con loro a notte fonda a mangiare pancake e discutere sulle sue gesta di dubbia Cacciatrice.
Come poteva rivelare loro di aver preso la Coppa Mortale, usandola come esca per allontanare Valentine dalla madre, senza dire che quell’uomo era suo padre? Che salvarli sulla nave le aveva fatto perdere sia la Coppa che la Spada, riviste ad Idris qualche tempo dopo, durante l’evocazione dell’Angelo, poco prima che uccidesse Valentine?
Era pronta a dire a Jace che aveva visto Valentine colpito dal fuoco dell’Angelo, morire, e provare soddisfazione per quello?
-… credo si riferisse alla runa dell’Alleanza che ho creato per la battaglia ad Idris. Lega le abilità di noi Nephilim a quelle dei Nascosti. L’ho consegnata a Magnus e ha… passato il messaggio- disse, guadagnandosi occhiate guardinghe e scettiche.
-Ti rendi conto che quello che stai dicendo è impossibile –nessuno può creare nuove rune…-
-Eppure conosci gli effetti della runa in azione, Alec, tu eri presente- gli ricordò, ripensando ai mormorii della sala degli Accordi, al fragore della battaglia abbandonata per correre al lago Lyn, per fronteggiare suo padre.
-Anche tu- intuì Jace, poco sorpreso dal cenno d’assenso della ragazza. -Ma nessuno di noi si ricorda di averti visto a Idris.- Io me ne sarei ricordato sembravano dire quelle parole.
Clary scrollò le spalle. -Forse perché non avete guardato bene- li prese in giro.
Forse perché ero invisibile anche per voi.
Si era tenuta ai margini della festa, appoggiata ad un albero sul limitare del bosco. Aveva visto Magnus parlare con Ragnor Fell e Tessa Gray, due stregoni suoi amici di cui le aveva parlato, e adocchiato, più lontano dal punto in cui si trovava, i Lightwood e Jace riuniti come la famiglia che avrebbero sempre dovuto essere.
Non le era servito altro per prendersi una pausa dalle sue ansie e sorridere, spontaneamente, prima di richiamare Magnus e tornare a New York.
-Max- sussurrò Isabelle a occhi bassi, prima di alzare il viso e incrociare quelli di Clary. -Forse Max si ricorda. Mi ha detto di una ragazza dai capelli rossi che gli sorrideva e lo portava via dalla casa dei Penhallow, ma credevo stesse parlando di un sogno. Questo prima che-
-Prima che Sebastian si rivelasse per quello che era. E’ stato carino da parte di tuo fratello non urlare mentre lo portavo alla sala degli Accordi- confermò di nuovo, abbozzando un sorriso timido.
-Ma perché farlo? Perché rapire un bambino da casa sua?!- domandò confuso Alec, scosso da quella rivelazione.
Rimasero qualche secondo in silenzio, mentre Kaelie serviva loro i piatti con i pancake e si allontanava con discrezione, fiutando affari da Cacciatori. Nessuno toccò il cibo.
-Rapire è un modo gentile da parte sua per far notare a tutti noi che probabilmente gli hai salvato la vita- disse Jace, ghignando e passandosi una mano fra i capelli.
Clary era indecifrabile, pensò. Quando credeva di averla capita, ecco che spuntava fuori un’altra cosa e gliela faceva apparire più complessa di prima. Prima il suo coraggio di fronte alla regina, e adesso Max.
Jace non riusciva più a rifilare alcuna scusa a se stesso per starle lontano.
-Sapevo per certo che Sebastian voleva ucciderlo. Non potevo lasciargli fare del male ad un bambino che non aveva niente a che vedere con quello scontro- balbettò, di colpo infreddolita. Si strinse nei suoi stessi vestiti, così umidi da pizzicarle la pelle. Non vedeva l’ora di toglierli.
Di fronte a lei, per una volta senza parole, Jace non smetteva di fissarla. Ad un certo punto, però, si alzò, andando verso il bancone. Clary lo seguì con lo sguardo mentre bloccava la cameriera che li aveva serviti poco prima e le rivolgeva un sorriso, girandosi per indicare il loro tavolo. Si affrettò a concentrarsi su qualcos’altro, afferrando poi la forchetta e prendendo un pezzo di pancake. Le si sciolse in bocca, facendole brontolare lo stomaco.
-Grazie- ammise un secondo dopo Alec, seguito dalla sorella, e stava per aggiungere qualcosa, ma Clary scosse la testa.
-Non dovete dire niente, va bene così.-
Jace tornò da loro con una coperta e qualche cappotto che, come spiegò, Kaelie aveva gentilmente raccattato per loro dallo sgabuzzino in cui conservava ciò che i clienti dimenticavano lì.
A Clary porse la coperta, più grande e pesante, e quella avvertì il proprio corpo crogiolarsi nel calore alimentato dalla lana. Sperò che Jace cogliesse la riconoscenza nei suoi occhi.
-Non sono sicura di credere a questa cosa delle rune- disse Isabelle, indicandola con una forchetta -ma come dovrebbe funzionare? La… disegni e basta?-
Il sorriso da gatto di Clary sembrava provenire da una qualche luce dentro i suoi occhi, così colmi di segreti che Jace avrebbe voluto sfogliarli uno ad uno.
-Non è esattamente così- spiegò. -Devo avere una linea guida –una parola, un’idea, qualcosa di preciso da cui trarre il potere necessario per tramutarla in runa.-
-Non mi fido…- sbottò Alec a bassa voce.
-Mettiamo da parte i discorsi sulla fiducia- lo bloccò, le mani sul tavolo, sporgendosi in avanti. I suoi occhi brillavano.
-Se ti dessi uno stilo, riusciresti a crearne una adesso?- chiese senza troppi convenevoli.
Clary prese dalla tasca il proprio, agitandoglielo sotto il naso.
-Come vedi ho il mio- disse, la voce velata di sarcasmo. Gli angoli della bocca di Jace si piegarono all’insù.
Scostò di poco la coperta e liberò il braccio dalla manica della maglietta. Poggiò la punta sulla pelle, fermandosi per pensare a cos’avrebbe potuto funzionare. Qualcosa che non desse nell’occhio, perché erano circondati dai Nascosti, ma che fosse d’impatto abbastanza da convincerli.
Le venne un’idea.
Una runa prese forma nella sua mente, linee che curvavano dolcemente l’una sopra l’altra come onde, tagliate da una spirale, che la completava. Quando fu completa, la pelle che pizzicava per il nuovo marchio, prese un respiro profondo e si concentrò sui propri abiti, avvertendo ogni particella d’acqua bloccata nel tessuto e pregandola di evaporare, sparire nell’aria. Quando fu asciutta, sorrise sollevata.
Allungò la mano verso Jace.
-Afferrala- sussurrò, come se gli stesse confidando un segreto, ancora avvolta dalla magia del proprio dono.
Lo fece, catturando il suo sguardo e impedendole di fissare qualsiasi altra cosa che non fosse lui. Le dita di entrambi formicolavano impazzite a quel contatto, come se sentissero il bisogno di respingersi, o di stringersi ancora più forte. Clary avvertì la scintilla del fuoco angelico imprigionato dentro di lui baciarle i polpastrelli e farla sussultare leggermente. E Jace era così concentrato su di lei che quasi non sentì l’acqua che gli impregnava i vestiti scivolare via in una carezza, lasciandoli solo un po’ sgualciti. Clary vide le sue pupille dilatarsi e le sue labbra dischiudersi, poi una nuvoletta di vapore si alzò alle sue spalle e sparì in meno di un secondo.
Jace non ritrasse subito la mano.
Ripeté lo stesso con Alec e Isabelle, che mostrarono la loro sorpresa in maniera molto più evidente.
-E’… sembra opera di uno stregone. Ma la runa… non si era mai vista una cosa simile- ammise Alec, scuotendo la testa.
-Cos’altro puoi fare?- chiese Jace, gli occhi ardenti.
-Non lo so- disse sinceramente. -Lo uso solo se è strettamente necessario, non ho mai pensato di trovare dei… limiti.-
-Il punto è: come ci riesci? Voglio dire, nessuno ha mai parlato di Cacciatori capaci di creare nuove rune. Non è normale- intervenne Alec, dopo aver ingoiato velocemente.
Clary scosse la testa, i nervi tesi. -E’ una bella domanda- si limitò a dire.
Quando fu chiaro a tutti che non avrebbe aggiunto altro, ognuno si immerse nei propri pensieri. Finirono di mangiare in silenzio, abituandosi gli uni alla presenza dell’altra e viceversa, senza il peso del disagio o il bisogno di dire qualcosa.
Almeno finché Jace non aprì bocca.
-Diremo a Maryse delle voci sui Nascosti e l’esercito, e che le abbiamo sentite da una fata. Nessuno nomini la Regina. In questo modo potremo assicurarle la veridicità di ciò che sappiamo senza essere troppo incisivi- disse, mandando giù l’ultimo pezzo del loro spuntino di mezzanotte.
-Se non vedessi i marchi sulle tue braccia, ti direi che sembri tanto astuto da poter essere una fata- commentò Clary con sarcasmo, fissando il proprio piatto, pieno per metà, e quello di Jace, completamente vuoto.
-Non sono sicuro che sia un complimento, ma se hai bisogno di un ulteriore conferma posso togliermi la maglietta.-
Clary alzò gli occhi al cielo e rise, infilando una mano nella borsa nel sentire il cellulare suonare e cercando afferrarlo prima che chi la stava chiamando perdesse le speranze di una sua risposta.
Stupita, constatò che ci trattava di Simon.
-Fray, so che avrei dovuto chiamarti prima, ma temevo di avere le allucinazioni. Adesso, però, sono piuttosto sicuro di vederci bene, nonostante la miopia- esordì, senza quasi darle tempo di salutarlo a sua volta.
-Ciao anche a te. Che succede?- chiese, rivolgendo le spalle al gruppo e chinandosi in avanti.
Gli altri la ignorarono, ma Jace notò la tensione del suo corpo.
La voce di Simon traballava, diventando di colpo più bassa per poi ritornare, come se non riuscisse a tenere fermo il telefono. Clary capì che era ubriaco. Simon?
-Eric ci ha trascinati in una discoteca, dopo il concerto, una di quelle che piace a te. C’erano dei tipi strani che continuavano a riderci dietro mentre tre ragazze molto belle ci offrivano da bere. Abbiamo anche ballato con loro, ma ad un certo punto gli altri devono essere andati via… e mi hanno lasciato solo. Non me lo ricordo. Non sono sicuro di cosa ci fosse dentro quei bicchieri, ma se era alcool doveva essere forte. Sono davanti ad un hotel, non è che mi verresti a prendere?-
Simon aveva parlato tutto d’un fiato, ma nel suo discorso strascicato e un po’ stentato, Clary aveva perso il sorriso e serrato le dita sul telefono.
Jace fece in tempo a cogliere il terrore negli occhi di Clary, prima di scattare in piedi insieme a lei e seguirla fuori dal ristorante.
-Sto arrivando. Dimmi il nome dell’hotel, Simon- chiese, sperando che il destino non le giocasse ancora brutti scherzi.
-L’insegna è imbrattata di vernice. Credo sia Dumort- disse, e rise. -E’ della morte in francese, vero? E poi dicono che non sono…-
Dall’altro capo della linea, la voce di Simon sparì all’improvviso.
-Simon? Simon?! Sei ancora lì?- Il cuore di Clary le balzò in gola, mentre veniva raggiunta anche da Isabelle e Alec, la porta che sbatteva dietro di loro.
-Clary, che succede?- ripeté Jace una seconda volta, afferrandola per le spalle e scrollandola forte.
La ragazza continuava ad urlare quel nome al telefono, cercando di decifrare i rumori dall’altro capo. Fischi, gemiti, risate. Poi cadde la linea.
No, no, no, no. Per favore, no continuava a ripetere, tentando di richiamare Simon. Niente.
-Clary!- La voce di Jace la riscosse, il suo viso così vicino, troppo vicino.
-Devo andare- disse soltanto, superandoli. Iniziò a correre. Correva a perdifiato nella direzione in cui ricordava si trovasse il vecchio albergo, che in quel momento era un poco allegro covo di vampiri. Una parte della sua mente registrò i passi dietro di lei, voci che chiamavano il suo nome, una figura ammantata di nero, estranea in quel contesto, che la fissava dall’altro lato della strada prima che lei svoltasse.
Ma il suo unico pensiero era quello correre abbastanza veloce da arrivare in tempo.

Flying thoughts of a mutable mind
TA-RA-TA-DAAAAAAAN. Okay, spero di avervi spaventate a morte. No, in realtà no, ma quanto meno spero abbiate apprezzato. Duuunque, Clary sta perdendo il controllo delle cose e questo darà il via a tanti, tanti, tanti piccoli sviluppi che non vedo l'ora di condividere con voi. Si chiariranno tutte quelle azioni che mi hanno portata a rispettare gli avvenimenti principale degli altri libri per creare la mia storia, dovete solo avere un altro pochetto di pazienza. Eh si, Jace e Clary sono intrigati l'uno dall'altra e la cosa sarà sempre più evidente e pericolosa e sojfojewoirkwoi *me batte le mani contenta*
Ancora una volta, vi ringrazio per il vostro sostegno. Non siamo arrivati ad 8 recensioni ma a 6, (btw, la mia "offerta" è sempre valida)... spero davvero che tutti quelli che stanno seguendo la storia la stiano apprezzando -e che magaaaari (*w*) me lo facciano sapere.
Ringrazio comunque e come sempre i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi commenta.
Grazie, alla prossima volta!
Baci,
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Capitolo 11
*** 10. Di ciò che non ci si augura e accade lo stesso - Parte 1 ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Clary

L’Hotel Dumort era un edificio fatiscente, con i muri sporchi ed erosi dagli anni, le finestre sbarrate o murate. Clary pensava che non avrebbe mai più avuto alcun motivo di avvicinarsi a quel luogo, ma evidentemente qualcuno si stava beffando di lei. Per forza. Aveva come l’impressione di star recitando la parte di un copione già scritto, senza poter inventare nuove battute e improvvisare. Come se il potere che le pareva di aver acquisito al di sopra delle azioni che compiva -che aveva compiuto- le si stesse ritorcendo contro, animandosi di vita propria, sbattendole in faccia la realtà dei fatti e smascherando l’illusione dietro la quale in qualche modo, per qualche motivo che lei non voleva comprendere, il fragile equilibrio fra passato e presente custodito con cura si stava ora spezzando.
Trovarsi al Dumort era un orrendo scherzo del destino, la faceva sentire in trappola. Ma se per salvare Simon doveva farla scattare, non le importava niente.
Si fermò  quasi sotto l’insegna pendente, davanti a quello che una volta doveva essere l’ingresso, murato come le finestre dei primi piani. Cercò di pensare alla prima volta che c’era stata. Come avevano fatto lei e Jace ad entrare? Ricordava che si erano spostati verso il vicolo che puzzava per i rifiuti e i resti di cibo dei vampiri, ma poi era comparso Raphael…
-Sei veloce- protestò Isabelle, ma non ansimava per lo sforzo. Tutti loro c’erano abituati. Voltandosi, stralunata, vide che gli altri l’avevano raggiunta e li fissò per un po’, ma non le venne nulla di intelligente da dire. Perché diamine l’avevano seguita?
-Hai urlato contro il telefono e sei corsa via senza dare spiegazioni- disse Jace, contrariato, come se non fosse stata presente anche lei quand’era successo.
-Voi non dovreste nemmeno essere qui!- esclamò poi esasperata, girandosi di nuovo e camminando a grandi passi verso il vicolo.
Le venne voglia di tapparsi il naso. Era peggio di quanto ricordasse. C’era un enorme cumulo di spazzatura e mucchi più piccoli ai lati, ma tutti riempivano quel lembo di spazio vuoto fra l’hotel e l’edificio accanto. Calciò via alcune buste, ignorando gli scarafaggi che vi dimoravano e che zampettavano qui e là, e intravide l’inferriata che ricordava portasse alle cantine dell’hotel. Col corpo in tensione, si abbassò per afferrarla e tirarla via. Era pesante, ma la runa della forza le veniva decisamente in aiuto -se l’era fatta giusto prima di uscire con Simon, e pensare a lui le diede la scossa di coraggio che le serviva per gettare via la grata, più lontano che poteva sui rifiuti.
-Che stai facendo?-
Il tono teso della voce di Jace la infastidì. Cosa credeva che stesse facendo, sguazzare allegramente in una discarica?
-Cerco di entrare nell’hotel, che altro secondo te?- rispose, in un modo che l’avrebbe irritata in prima persona se le fosse stato diretto contro. Si rendeva conto di sembrare odiosa, ma non aveva tempo per decidere come porsi di fronte a loro, e forse questo sarebbe servito a farli andare via.
-Dentro la tana del lupo. Mi piace- disse invece lui con nonchalance, affiancandola e affacciandosi verso quel buco nero. Oh, ma certo, come dimenticare le sue manie da suicida?
-Siete completamente pazzi. Jace! E’ un maledetto covo di vampiri. Non puoi dire sul serio!-
Jace non si preoccupò nemmeno di girarsi mentre disse: -Se non vuoi entrare non sarò di certo io ad obbligarti, Isabelle. Rimani qui con Alec e…-
-E’ un’idea folle, Jace, ha ragione. Non possiamo semplicemente bussare ed entrare- aggiunse Alec, lanciando un’occhiata di fuoco a Clary.
-E chi ha parlato di bussare?-
-Sentite, tutto questo è molto divertente, ma non ho tempo da perdere. Avete intenzione di andare dove vado io ancora per molto?- ribatté Clary a quel punto, inchiodando Jace con uno sguardo rabbioso, che sperò celasse la sua stanchezza.
-Se per molto intendi seguirti in un covo di vampiri, si.-
-Fate come vi pare- disse, rivolta anche a Alec e Isabelle, in silenzio dietro di loro, preparandosi poi a saltare.
-Aspetta.-
Jace le mise una mano sul braccio, dal quale partì un’altra piccola scossa che la fece rabbrividire. Sapeva che se n’era accorto, che l’aveva avvertita anche lui, ma entrambi fecero finta di niente mentre la faceva allontanare di qualche passo per ispezionare da sé.
-Non ho tempo per- ma Clary non riuscì nemmeno a completare che Jace era già volato giù. Sentì il tonfo delle scarpe sul terreno, poi una piccola luce rischiarò la figura del ragazzo a svariati metri più giù.
Senza attendere segnali o altro, avanzò e, flettendo le gambe, lo seguì.
Gettarsi dall’alto non le piaceva molto, non quando non aveva le giuste rune marchiate addosso. C’era stata quella volta, con un vampiro, in cui Clary aveva fatto slalom sui tetti di Brooklyn, saltando e svoltando e volando -o quasi- nel tentativo di bloccarlo e raggiungerlo. Quando lui si era gettato già da un palazzo alto quasi quaranta metri, fermandosi al di sotto per sorriderle malignamente e congedandosi con uno scherzoso cenno di saluto, di certo non si aspettava che la sua inseguitrice lo imitasse, cadendogli esattamente di fronte, agile come un gatto e senza nemmeno un graffio. Per lo stupore era rimasto a bocca aperta, immobile, il che aveva facilitato a Clary il compito di bloccarlo, interrogarlo e ucciderlo -ovviamente si era accertata fosse uno di quei Nascosti che sembravano farsi beffe della legge come se non riguardasse anche loro.
Non aveva scoperto molto, il vampiro era troppo giovane per sapere qualcosa di veramente degno di nota. La frustrazione l’aveva fatta urlare, e tornata a casa aveva urlato pure addosso a Magnus che, impassibile e lievemente divertito, si era limitato a fare un’osservazione su quel periodo delle ragazze. Magnus aveva bloccato il coltello a poche centimetri dal suo viso quando Clary gliel’aveva lanciato contro, facendolo riapparire nella sua mano.
Cadendo al di sotto del livello della strada, la sensazione era più o meno la stessa -sbagliata ma euforica, un testa a testa fra controllo e resa alla gravità, l’aria che scorreva al contrario, le sfiorava la pelle nuda, le svuotava lo stomaco.
Toccò il suolo dopo due secondi appena. Mise un piede in fallo, sbilanciandosi in avanti, ma Jace la bloccò saldamente dalle braccia, scongiurando la caduta.
Clary sentiva il suo respiro sul viso, e il proprio accelerò.
-Grazie- borbottò, scostandosi e cercando di non guardarlo in faccia al flebile bagliore della stregaluce.
Mossero alcuni passi. Travi di legno e metallo corroso, detriti di cemento, mobili ammuffiti e polvere ovunque. Uno scenario piuttosto deprimente, se non fosse stato per l’atmosfera sinistra e cupa che permeava nell’aria.
Due tonfi dietro di loro li fecero voltare di scatto. Ma erano solo Isabelle e Alec, la prima con le labbra arricciate alla vista della sala -o di quel poco di visibile grazie alla stregaluce-, il secondo con espressione contrariata.
-Sono sicuro che ce ne pentiremo- stava dicendo, ma Clary era sicura che, finché Jace fosse stato lì, Alec non l’avrebbe mai lasciato da solo contro il pericolo, per quanto fosse sconsiderato. Quello era il suo parabatai -sconsiderato e amante del pericolo. Che anche lei potesse rischiare era irrilevante.
Avanzarono facendo attenzione al percorso, e Clary si accorse di poter vedere sempre di più, come se la luce fosse aumentata. Sbirciando accanto a sé, vide che anche Alec e Isabelle avevano tirato fuori le loro pietre runiche di stregaluce.
Trovò le scale diroccate che portavano alla sala principale dell’hotel. Fece cenno a Jace che dovevano salire, e i quattro presero a muoversi cautamente sui gradini, in silenzio. Sentiva le domande ronzare nelle loro menti, ma l’esperienza suggeriva di non parlare in presenza di chi avrebbe potuto sentirli anche solo respirare. Probabilmente i vampiri si stavano già leccando le labbra in attesa del loro arrivo.
In cima, Clary sentì l’odore prima di qualunque altra cosa.
Ferroso e nauseante, avvolgeva l’aria come una cappa pesante, come un bagno al sangue gassoso. I muscoli s’irrigidirono, i nervi scattarono simili a delle molle tenute sotto pressione per troppo tempo, la paura -no, la consapevolezza- di essere arrivata tardi un serpente velenoso dentro di lei.
Affrettò il passo, contò i respiri, strinse gli occhi, li riaprì. Si avventò sulla porta socchiusa, incurante del rumore gracchiante che generò, come gessetti stridenti su una lavagna.
Al centro della stanza, il sangue riempiva le fessure nel pavimento e si spandeva attorno ad una figura immobile, riversa, come congelata nello spazio.
Lasciò cadere la borsa, ancora appesa alla spalla.
Il cuore di Clary si congelò con lei. E qualcosa, sul suo viso così come nel suo cuore, doveva essersi spezzato, perché avvertiva il calore di Jace accanto a lei, la sua imprecazione un segno di comprensione di fronte allo spettacolo macabro davanti ai loro occhi.
-Clary…-
Arrancò verso Simon, girò attorno al suo corpo senza vita, per cercarne il viso. Gli occhi erano chiusi e la sua pelle chiazzata di sangue -come i vestiti e i capelli e qualunque altra cosa, su di lui.
Con un gemito, cadde sulle ginocchia e lo voltò sulla schiena, non sapendo dove altro posare lo sguardo se non sullo squarcio nell’incavo della gola. Lo tirò a sé, ignorando il sangue, ignorando il suo tocco gelido attraverso i jeans che lo assorbivano velocemente, e strinse Simon come se stesse solo dormendo e avesse fatto un incubo e il mondo attorno a loro non esistesse più e tutto quello che poteva fare era consolarlo e consolare se stessa.
-Mi dispiace- sussurrò, quando lo sentì rantolare lievemente e temendo si trattasse solo del suo desiderio di saperlo ancora vivo, ma la voce le si spezzò sull’ultima lettera, e allora chinò il viso.
Lacrime amare premevano agli angoli degli occhi, mentre reggeva la testa di Simon sul grembo, scostandogli i capelli dal volto. Il sangue sembrava imbrattare qualunque cosa, come a ricordarle la sua colpa. Perché era colpa sua.
Pensava che, allontanandosi da tutti gli altri, poteva almeno tenere Simon con sé. Che lui potesse essere per lei un ancora nel mondo reale, nel mondo in generale. Non avrebbe voluto trascinarlo in tutto quello, mai. Come lei, anche Simon aveva avuto una seconda possibilità di cui non era consapevole -una possibilità in cui non c’erano vampiri o la vita eterna, in cui poteva andare a scuola, diplomarsi, trovare una band migliore, magari anche un nome decente. 
Una parte della sua mente sentì il verso sorpreso di Isabelle, la sua voce sussurrare il nome del suo migliore amico, Alec chiederle come facesse a conoscerlo e lei rispondere che si erano incrociati due volte al Java Jones.
Ma velocemente come aveva immagazzinato l’informazione, la mise da parte. Tutto ciò cui riusciva a pensare era, come aveva fatto Simon ad arrivare fin lì? Lo scherzo di qualche vampiro, qualcuno di abbastanza stupido da averlo attratto fin lì per poi usarlo come spuntino?
Impose al proprio cuore di rallentare, agli occhi di non fare da testimoni del dolore che l’accecava, al suo corpo di abbandonare la tensione. Prese diversi respiri, cercando il contatto con quello che la circondava, riaccendendo i sensi che aveva distrattamente messo a tacere.
Alzò il viso e gridò: -Raphael!-
Vide Alec e Isabelle sussultare, Jace invece s’irrigidì, guardando qualcosa alle sue spalle. Clary avvertì la sensazione di morte che le dava lo sguardo del vampiro sulla nuca.
Dei vampiri con lui.
-Come conosci il mio nome?- disse la voce dall’accento spagnolo.
Delicatamente, scostò il corpo di Simon da sé e si alzò, voltandosi. Percepì la vicinanza degli altri Cacciatori, un supportò che il suo cuore spezzato apprezzò, per cui avrebbe voluto dire ‘grazie’.
Raphael era esattamente come lo ricordava, pallido ed esile, troppo giovane e allo stesso tempo più adulto di tutti loro. Era qualcosa nei suoi occhi, scuri e profondi, che glielo suggeriva.
-E’ irrilevante. Avete portato un mondano nel vostro hotel e l’avete ucciso. Gli Accordi vietano simili azioni.-
Non c’era niente nella sua voce, nemmeno  un’ombra di vita, di calore.
Il vampiro scrollò le spalle. -Anche la vostra presenza qui li vieta, se non sbaglio. Non ho il controllo di tutto ciò che accade nel mio clan, ma ho già punito i responsabili.-
-Un vero peccato,- mormorò lei, inclinando la testa di lato e lasciando che le labbra le si piegassero in un lento sorriso -dal momento che sono diventata molto brava ad uccidere quelli della tua razza. Mi sarebbe piaciuto farlo personalmente.-
Nei suoi occhi balenò la comprensione. Alzò una mano, quietando i vampiri dietro di lui che, con volti pallidi e molto arrabbiati, fissavano la Cacciatrice impazienti di farne il loro nuovo banchetto.
-Quindi siete voi i Nephilim che stanno uccidendo i Nascosti.-
Se la voce era arrivata fino a lui, pensò Clary, quello che la Regina aveva detto loro non poteva che essere vero.
Raphael stava fingendo. Sapeva di Jonathan e del suo legame con lei, il Mondo Invisibile non era cieco a simili rivelazioni. L’avrebbe detto a voce alta? Era per questo che avevano preso Simon?
-No, ma credo che tu ne sia al corrente. Altrimenti noi non saremmo qui- replicò, stringendo i pugni lungo i fianchi. -E nemmeno Simon.-
Lo scrutò mentre si avvicinava, passandole accanto e chinandosi sul corpo sempre più freddo del ragazzo. Clary s’impose di non fare cose avventate come ucciderlo sul posto o scaraventarlo lontano da lui.
-Suppongo tu sia qui per riprenderti il tuo amico.-
-Sono qui- lo corresse, tenendo lo sguardo fisso su di lui, -perché tu verrai con me. Lo sotterreremo e aspetteremo che rinasca.-
Un silenzio sbigottito e pensieroso gelò la sala per alcuni secondi, sospendendo ogni commento. Poi uno dei vampiri parlò. Clary non perse tempo ad ascoltarlo. Concentrata com’era su Raphael, che aveva alzato il viso per incontrare il suo sguardo, difficilmente avrebbe tenuto conto d’altro.
Quando quello annuì e aprì la bocca per parlare, Clary aveva già un’idea di quali parole avrebbe pronunciato.
-Stai attenta a come parli con me, Cacciatrice. Si dicono molte cose sul tuo conto.- Il tono beffardo, lo sguardo giocoso, l’avrebbe preso per un ragazzino se non fosse stato quello che era. Un elemento pericoloso da avere fra le schiere nemiche.
-Farai bene a tenerle per te- lo avvisò, trattenendo a stento il nervosismo. Doveva pensare a Simon, e a nient’altro. Lo sapeva lei tanto quando il Nascosto inginocchiato davanti al suo migliore amico.
-Una volta diventato vampiro, sarà uno di miei.-
-Una volta diventato vampiro, non credo tu lo vorrai ancora fra i tuoi- disse solo, mentre Raphael prendeva il corpo di Simon e si avviava verso l’uscita.

Flying thoughts of a mutable mind
SCUSATE IL RITARDO, ma fra il delirio dei compiti pre-vacanze e i problemi con efp non sono riuscita a postare prima.
Comunque. Eccoci qui, con una struggente (?) scena fra Clary e Simon e gli ultimi risvolti. Dite che Simon diventerà un vampiro normale o potrà tornare alla luce? Come credete che Clary farà, btw? Vabbè, sono incredibilmente buona, io. E volevo assolutamente Simon e cavolicchio, la friendship Climon mi piace un sacco, basta che il vampirello non sconfina e.e
Ancora una volta, vi ringrazio per il vostro sostegno. Non siamo arrivati ad 8 recensioni ( e la mia "offerta" è sempre valida)... spero davvero che tutti quelli che stanno seguendo la storia la stiano apprezzando -e che magaaaari (*w*) me lo facciano sapere.
Ringrazio comunque e come sempre i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi commenta.
Grazie, alla prossima volta!
Baci,
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Capitolo 12
*** 11. Di ciò che non ci si augura e accade lo stesso - Parte 2 ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Clary

Il cimitero ebraico era lo stesso, le luci quasi del tutto assenti, la strada larga davanti al cancello, sporadiche dimore dall’architettura tipicamente vittoriana nei dintorni. Entrando grazie a delle rune di apertura, l’unica variante fu il luogo che scelse per seppellirlo, lontano da possibili sguardi indiscreti e facilmente impressionabili. Un pezzo di terra vuoto, appartato e custodito da una fila di alberi che lo isolavano dalle lapidi circostanti.
Raphael depositò Simon qualche metro più in là, e poi iniziò a scavare con una pala rubata a qualche altro defunto, probabilmente seppellito da poco. Stavolta, Clary non aveva domande da fare.
-Non devi per forza stare a guardare.-
Girando il viso, si accorse che Jace l’aveva raggiunta. Non la guardava con pietà, e questo le permise di tollerare la sua presenza.
Forse stava sorridendo, quando disse: -Non c’è problema. Il momento peggiore deve ancora arrivare.-
Avvertì, più che vedere, la curiosità combattere con la discrezione e vincere.
-Hai già assistito alla nascita di un vampiro?-
Il rumore della pala che affondava nel terreno era ritmico e costante, come se chi stesse scavando non conoscesse la stanchezza. Ma lei lo era, anche se cercava di non pensarci. E non riuscì a mentire, di nuovo, forse proprio per quello. O forse perché si trattava di Jace, e mentire a lui significava mentire anche a se stessa.
-Una volta. E’ stato… orribile. Freddo- rispose, tornando a guardare Raphael. In realtà, proprio com’era successo con il corpo di Simon al Dumort, non sapeva dove altro poggiare lo sguardo.
-Non è colpa tua- disse Jace a voce bassa.
Sorpresa, Clary spostò di nuovo l’attenzione su di lui. La stava ancora osservando, con uno di quei suoi sguardi impenetrabili che dicevano tutto e niente, che le davano la sensazione di essere circondata da qualcosa di rassicurante, ma di non poterci arrivare direttamente se non attraverso i suoi occhi.
-Credi che io mi senta responsabile?-
-Ti ho sentita mentre lo dicevi, quando lo abbiamo trovato- disse Jace, la bocca improvvisamente serrata in una linea dura. Clary si scostò un ricciolo dalla guancia, e gli occhi del ragazzo divennero più scuri. Deglutì, la gola di colpo secca. Non doveva fissarla in quel modo –non doveva fissarla proprio.
-Lo vedo anche adesso- aggiunse, e quelle parole giunsero alle orecchie di Clary come un mormorio ammaliante, sinistro, fuori posto.
Nemmeno lei avrebbe dovuto fissarlo in quel modo, ma non riusciva a smettere, a muoversi. Sentiva la morte carezzarla col suo vento gelido, ma l’alito di vita e calore che la vicinanza di Jace le procurava era tutto ciò che la parte irrazionale di sé desiderava.
-Forse è così. E’ davvero colpa mia- sussurrò, sollevando il mento in un movimento lento e meno risoluto di quanto avesse voluto. -E’ quello che succede quando scegli le amicizie sbagliate.-
Una frase sottile, ma di cui Jace sembrò comprendere il senso. Parlava di se stessa, non di Simon. Lui, pensò, poteva capirla meglio di chiunque altro, visto il modo in cui era cresciuto. D’altronde fra loro era sempre stato così.
Finalmente, riuscì a distogliere lo sguardo. E ad incrociarne un altro, profondo e vagamente insinuante, a pochi metri da loro, accanto ad Alec.
-Hai portato il sangue?- domandò a Magnus, stringendosi nelle spalle in cerca di protezione.
Lungo il viaggio verso il cimitero, gli aveva mandato un breve messaggio, avvisandolo della loro posizione e di ciò di cui aveva bisogno. Sapeva che non l’avrebbe ignorato, ma vederlo lì la fece sentire sollevata.
Magnus, in tutta risposta, alzò un braccio e fece dondolare alcune buste di sangue di animale.
-Sono stanco di venire sempre in tuo soccorso, Clarissa.-
-Oh, non credo che avrai molto di cui lamentarti, stavolta- gli fece notare, non guardando Alec perché conscia che Magnus avrebbe colto il riferimento comunque. In effetti, lo vide abbozzare un sorriso girandosi verso il ragazzo accanto a lui, che strinse gli occhi irritato e a disagio, arrossendo. I due, però, presero a parlare, e Clary notò che Raphael, rimasto a guardare Magnus con qualcosa negli occhi che sembrava stupore, afferrò il corpo di Simon e avanzò verso il bordo della buca.
-Aspetta- lo pregò lei, di colpo agitata.
Impaziente, Raphael lo lasciò andare.
-Che problema c’è? Dobbiamo sbrigarci- disse, scrutandola mentre Clary si avvicinava.
Lo ignorò. Si chinò su Simon per accarezzargli una guancia, afferrandogli una mano. Il suo cervello stava ragionando velocemente, vagliando le possibilità che si dispiegavano come un’ampia coperta sui suoi pensieri. Quell’idea, che andava prendendo forma nella sua mente… era completamente folle, avventata, rischiosa. E forse la migliore, esattamente per quei motivi.
Tremò nel contatto rigido e gelido della mano di Simon. Avvertì la durezza dei suoi muscoli, segno che non avevano più molto tempo. E insieme a quello, qualcos’altro, un oggetto fuori luogo.
In fretta, sperando che nessuno se ne fosse accorto, Clary sfilò il pezzo di carta dal pugno dell’amico, rialzandosi per consentire a Raphael, con un cenno, di depositare il suo corpo nella buca e riempirlo nuovamente della terra ad essa sottratta.
Si allontanò di qualche metro, fiduciosa che gli altri pensassero avesse bisogno di un po’ di privacy, e sollevò il biglietto appallottolato, districandolo fra le dita.
Il messaggio s’impresse nella sua mente, e rimase sorpresa quando capì di esserselo aspettata. Che Simon non era finito lì per caso, che era stato condotto al Dumort con l’inganno, e che dietro tutto c’era suo fratello, non Raphael.
Lui era solo il primo.
Si piegò in avanti, come in preda ai coniati, ma non accadde nulla.
-Adesso non ci resta che aspettare- sentì dire a qualcuno dietro di lei. Non si prese nemmeno il disturbo di identificare la voce. Invece, si allontanò dalla tomba di Simon e si lasciò cadere per terra, a gambe incrociate, la schiena poggiata ad un albero. Da lì, osservò Alec e Magnus parlare con Jace e Isabelle, mentre Raphael se ne stava in disparte.
C’era stata un’altra occasione che le aveva dato l’opportunità di studiarli da quella vicinanza, dopo aver fatto fuggire Sebastian, in Irlanda. Ricordò con una certa soddisfazione il percorso che l’aveva portata fin lì, quando a New York si era resa conto di essere arrivata troppo tardi per fermare Lilith. Ferventi attività demoniache nei sobborghi depistavano Clary, che tentava di seguire i movimenti del demone donna sfruttando le sporche conoscenze di Magnus. Quando aveva rapito Max e attirato Jace in quel macabro edificio, obbligando un vampiro a bere il sangue demoniaco di Jonathan, neanche l’intervento dei Lightwood era stato provvidenziale. E quando era giunta lei, aveva visto solo Maryse abbracciare teneramente il bambino sano e salvo, mentre quello farfugliava di un morto che riapriva gli occhi e Jace che andava via con lui, sorridendo a Max.
Clary aveva aperto svariati portali con le rune, divenendo sempre più abile nell’utilizzare il proprio dono, per inseguire Jace e Jonathan in Europa, e allo stesso tempo approfondire le voci secondo le quali esistevano due spade, in circolazione nel Mondo Invisibile, appositamente forgiate per la famiglia Morgenstern. Una di quelle era la spada larga impugnata da Valentine prima e, alla sua morte, da Jonathan. L’altra era andata dispersa e nessuno ne parlava più.
Ma lei l’aveva trovata. Una donna del Concilio, Diana, era arrivata fino a lei quando Clary si trovava a Praga, e all’inizio accettare di incontrarla era fuori questione –cosa se fosse stata mandata da Jonathan?, se la stesse inseguendo in nome di chissà quale ideale di potere e alleanza inculcatele dal suo non poco ossessivo fratello?
Poi Ithuriel le aveva mandato un altro sogno. Brandiva una spada meravigliosa. La guardia, l'impugnatura e il pomolo erano di un oro screziato dall'ossidiana, la lama di un argento così scuro da sembrare nero. Il lato opposto, lungo la parte centrale della lama, era decorato con un motivo a stelle nere. Avanzava correndo, giù per una collina, verso un sito di rocce che sorgeva su una valle vastissima, cercando il solo viso che in cuor suo sapeva avrebbe sempre trovato.
E con quella, appariva una runa, tagliente e piena di spigoli, un simbolo di forza e dominio, di potere celeste. La spada s’illuminava e così fece Jace quando, nel Settimo Sito Sacro in cui Jonathan aveva intenzione di evocare Lilith, Clary gliel’affondò nel petto. Nascosta da un incantesimo, era rimasta fino a che i Nephilim oscuri non costituirono più una minaccia, morti o scappati. Fino a che il Conclave di New York non aveva richiamato i suoi Cacciatori, contando i feriti e i deceduti –dando per scontato che Sebastian fosse morto perché anche Jace lo era. Rimase finché non fu sicura di vedere coi propri occhi Jace emettere il primo respiro disarmonico da quello del fratello, fuggito e agonizzante chissà dove per la separazione.
Guardare da lontano, in effetti, andava bene. Clary però conosceva la sensazione di trovarsi lì, fra loro, stretta in quella campana d’affetto, lacrime calde di sollievo e abbracci, in cui non ci si dimenticava delle minacce ma si apprezzava una piccola vittoria. Se non fosse stato così, probabilmente il suo cuore non si sarebbe sentito terribilmente pesante all’idea di essere solo una spettatrice.
Il primo boato non fu nulla di clamoroso, ma smosse l’attenzione di tutti. Il cuore di Clary batteva veloce, in agitazione, ma si alzò lentamente. Servì un’altra scossa, più vicina alla superficie, per convincerla a muovere i passi che le servivano.
-Ti conviene allontanarti- disse Raphael, sollevando gli occhi verso quelli di Clary e regalandole un sorriso sinistro.
Il terreno sotto di loro tremò, e udì qualche esclamazione da un punto indistinto dietro di lei. Stava per voltarsi e assicurarsi che fosse tutto a posto, quando un rumore sordo e raccapricciante accompagnò le crepe sul terreno nel punto in cui, all’improvviso, sbucò una mano sudicia e sporca, dalle unghie spezzate, che artigliava l’erba con frenesia.
Strinse forte lo stilo ed espirò.

Jace

Il gelo dell’aria aveva qualcosa di soprannaturale. Non era solo una questione di clima, ma quel genere di ghiaccio che arrivava fino alle ossa e al cuore come una malattia, spazzando ogni traccia di calore o felicità.
Non che quella fosse una situazione felice.
Gli dispiaceva per Clary -no, non era davvero così, quel vuoto silenzioso e senza nome nel suo stomaco che pareva pronto ad inghiottirlo da un momento all’altro non poteva essere solo dispiacere-, ma non c’era molto che potesse fare. Non poteva restituire al suo amico Simon ciò che aveva perso, ed era sicuro che Clary avrebbe voluto esattamente quello.
Jace avvertiva la morsa dell’istinto sui muscoli, lo pregavano di avvicinarla ancora, di stare con lei, di capire perché lui stesso non avesse lasciato quel cimitero. Di sicuro non desiderava assistere alla nascita di un vampiro, non con lo stesso trasporto dello stregone che li stava importunando, per lo meno.
Magnus era terribilmente loquace, molto più di quanto lui avrebbe potuto esserlo in cento vite -e Jace parlava tantissimo, ma di cose per le quali ascoltandole si provava solo piacere.
Quando il suolo sotto i suoi piedi aveva preso a tremare, prima piano e poi sempre più intensamente, aveva sentito Alec chiedere spiegazioni a Magnus e quello rispondere che era così che i vampiri trovavano la strada verso la superficie. Isabelle era disgustata, e in parte Jace riusciva a capirla.
La sua intenzione non era quella di avvicinarsi, anzi, intendeva rimanere esattamente dove si trovava, ma si accorse Clary stava facendo l’esatto contrario.
Ogni cosa si bloccò nel momento in cui il neo-vampiro uscì dalla sua tomba, uno spettacolo orrendo e nauseabondo e innaturale.
-Simon…-
Jace vedeva il sorriso gentile sul volto di Clary e l’interpellato irrigidirsi al suono di quella voce.
Avvertì Magnus spostarsi per consegnargli le buste di sangue, ma poi accadde l’impensabile. Clary si mosse veloce, per non dare il tempo a nessuno di intuire quel che voleva fare finché ormai non fosse troppo tardi. D’altronde, era impensabile prevedere il coltello sulla sua gola incidere la pelle abbastanza da lasciar fuoriuscire un rivolo di sangue, che le colò lungo il collo, sulla clavicola, giù nello scollo della maglietta.
A Simon non servì altro invito. Si gettò su di lei, buttandola a terra, e le bloccò le mani ai lati della testa, affondando i denti nella carne tenera. Il viso di Clary si contrasse di scatto, boccheggiò ad occhi spalancati, col petto che si alzava furiosamente contro quello del vampiro. Poi le palpebre sfarfallarono, le divennero pesanti e dalle labbra le uscirono mormorii flebili, lamenti spezzati.
Jace non ci vide più. Strinse in mano l’elsa del pugnale che non si era nemmeno accorto di aver tirato fuori e corse in avanti verso di lei, urlando il suo nome.
-Sta lontano da noi!- disse quella, gridò, soffocò, fermando sia lui che Raphael, aprendo di scatto gli occhi e comunicandogli con quelle due pozze verdi tutto un oceano di emozioni che comprese e non comprese. Cosa stava cercando di fare? Era pazza? Voleva sacrificarsi per il mondano?
La vide sollevare la mano con lo stilo nella stretta del vampiro e muovere la punta verso di lui, ma le sfuggì la presa perché stava rapidamente perdendo le forze. A quel punto vide la paura deformarle il volto.
Finalmente, pensò ignorando ciò che gli aveva detto e avventandosi sul vampiro, ha capito di aver fatto una cavolata.
Mentre Clary tentava di liberarsi, scalciando e dibattendosi inutilmente, il pugnale di Jace calò sulla spalla di Simon. Quello parve destare l’attenzione del vampiro, che lasciò andare lei emettendo un ringhiò di dolore, animalesco.
-Magnus, il sangue!- urlò Isabelle, accorsa al fianco di Jace, prendendo le sacche dalle mani dello stregone e lanciandone una a Simon. La prese al volo, strappandola con i canini e ingurgitandone velocemente il contenuto.
Isabelle era già pronta con le altre.
-Va da Clary- gli disse, incurante del fatto che Jace si fosse già mosso. La prese fra le braccia. Si stupì nel constatare quanto perfettamente si adagiava nel suo abbraccio. Gli dava una strana sensazione di familiarità e conforto.
Recuperò il suo stilo, tracciandole un iratze e un amisso, per rallentare la perdita di sangue. Poi le sfiorò il viso, così pallido che sarebbe sembrata già morta, se non fosse stato per il respiro veloce e gli occhi socchiusi.
-Che ti è saltato in mente?- sibilò con voce dura, cercando di trattenere il fuoco celeste che crepitava nelle sue vene. Era preoccupante il fatto che non riuscisse a tenerlo a bada accanto a lei.
La voce di Clary non arrivava nemmeno alle sue stesse orecchie, figurarsi alle proprie. Strinse le braccia sulle spalle e attorno alla vita di lei, chinandosi per parlarle meglio.
-Sei un’incosciente. Offrirti in quel modo… ad un succhiasangue appena nato, poi!-
Con dita gentili le tolse i capelli che le scivolavano sulle guance, cercando di incrociare i suoi occhi. Clary era forte, si ritrovò a pensare, mentre tentava di ricambiare lo sguardo di Jace senza che le palpebre le ostacolassero la vista. In un modo che non teneva conto della forza fisica, ma della tenacia. C’era qualcosa in lei, nascosto dietro il suo essere Shadowhunters, che in quel momento era scritto a grandi lettere nella sua espressione.
-Doveva andare così- mormorò Clary al suo orecchio, le parole trasportate dal suo respiro corto e debole che gli s’imprimevano sulla pelle.
-Resta sveglia- le disse, esitando ancora nel tenerla contro di sé. Rafforzò la stretta e le passò un braccio sotto le ginocchia per alzarsi con lei. -Clary, resta sveglia ancora un po’.-
Lei prese alcuni respiri prima di riuscire a parlare.
-Portaci a casa- lo pregò, poggiando il capo sulla sua spalla e lasciandosi andare a lui quasi con riluttanza, i muscoli che si scioglievano dalla loro posa rigida uno alla volta.
Jace rimase immobile, nel tentativo di contenere il tumulto che si stava scatenando nel suo petto. La scrutò con sguardo severo, per poi individuare il mondano-vampiro a terra a qualche metro di distanza, la testa inclinata all’indietro e gli occhi chiusi, come in contemplazione di qualcosa d’invisibile. L’avrebbe ributtato nella tomba se non fosse stato per Clary.
-Bene. Ti tengo stretta. E hai il permesso di sognarmi.-
 
Clary
 
Era vagamente consapevole di dondolare fra le braccia di Jace, braccia che la cullarono finché la stanchezza e la mancanza di sangue non zittirono i suoi pensieri.
C’era troppa morte nella sua mente, e troppa morte nel cimitero che si lasciarono alle spalle.
Mentre il sangue defluiva via da lei, Clary aveva sentito di star facendo la cosa giusta. Dopo averlo condotto nella morte, quella era l’unica cosa che potesse alleggerire il peso nel suo cuore, e aiutare Simon.
Gli aveva tolto la vita, e ora gli restituiva la luce del sole.
 
-Portalo dentro.-
Sorreggendosi al muro dell’edificio con una mano, Clary guardò l’espressione di Magnus da sotto le ciglia cambiare, mentre le palpebre si assottigliavano leggermente sul viso imperturbabile rivelando un filo di ostilità.
-Devo fare da balia ad un altro neo-vampiro?- disse, vagamente scocciato.
Clary, per un attimo, dimenticò la sua stanchezza e s’incuriosì.
-Hai già fatto da balia ad un vampiro?-
-Era un’altra vita- rispose monotono, riscuotendosi e afferrando Simon per il colletto, trascinandolo oltre la porta della palazzina in cui stava il loro appartamento, non prima però di aver scoccato un’occhiata ad Alec. Clary si sorprese di considerarlo anche un po’ suo, quel luogo, dato che in teoria era solo un’ospite.
Si appoggiò alla parete con un fianco, pensando a quello che era successo. Lasciarsi mordere da Simon era stata una mossa avventata, ma contava di poter usare una runa per difendersi e costringerlo a lasciarla. Aveva sottovalutato l’impeto della fame di un vampiro appena creato, e questo le era quasi costato la vita.
-Poteva andare peggio- sentì dire a Jace, come se le avesse letto nel pensiero. La guardava in un modo strano da quando l’aveva lasciata camminare sui suoi piedi, dopo che si erano separati da Raphael.
-Fortuna che c’eri tu, allora- replicò lei, accennando un sorriso sghembò sulle labbra, che sparì con la stessa velocità con cui era arrivato.
-Rientriamo. Mamma potrà anche sopportare le nostre escursioni notturne, ma non è poi così tollerante- disse Isabelle, richiamando l’attenzione dei fratelli e guardando Clary con aria insicura.
-Possiamo lasciarti qui? Non è che crolli, vero?-
L’interpellata inarcò le sopracciglia, chiedendosi se le sue fossero domande retoriche o per le quali avrebbe voluto udire una risposta sincera.
Si raddrizzò e fece una giravolta, alzando le braccia per dimostrare che il suo equilibrio si era più o meno ristabilito.
Jace mimò un sorriso e Isabelle alzò gli occhi al cielo.
-Ricevuto, sei in ottima forma. Probabilmente ci rivedremo in giro- commentò, per poi gettare dietro la schiena i lunghi capelli neri, girarsi ed avviarsi.
Clary incrociò gli occhi di Alec, che era rimasto fermo con lo sguardo incollato alla porta. Arrossì come se fosse stato beccato a fare qualcosa di sbagliato, e lei rise mentre si voltava seguendo la sorella. Jace fu l’unico a sentire ciò che lei disse prima di varcare la soglia di casa.
-Già. Sarà sempre troppo presto quando ci rivedremo.-

Flying thoughts of a mutable mind
COMPUTER A RIPARARE. CONNESSIONE DEL CAVOLO. COMPITI COMPITICOMPITICOSKOFWOR. Potete capire che quanto questo periodo abbia fatto abbastanza schifo e perché mi abbia tenuto lontano da voi. Ma spero che questo capitolo, la seconda parte di quello precedentemente postato, mi aiuti a farmi perdonare. Sappiate che da qui in poi cominceranno a succedere parecchie cose. E NON DICO ALTRO xD
Alcune delle parti in corsivo sono SNIPPET POSTATI DA CASSIE IN QUESTI ULTIMI MESI, NON ME NE ARROGO LA CREAZIONE. Considerate questo avviso come una specie di copyright per la nostra Cassie u.u
Ancora una volta, vi ringrazio per il vostro sostegno. Non siamo arrivati ad 8 recensioni ( e la mia "offerta" è sempre valida)... spero davvero che tutti quelli che stanno seguendo la storia la stiano apprezzando -e che magaaaari (*w*) me lo facciano sapere.
Ringrazio comunque e come sempre i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi commenta.
Grazie, alla prossima volta!
Baci,
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Capitolo 13
*** 12. Di chi spiega e chi ordina. ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Clary

Nel momento in cui smise di parlare, Simon aprì la bocca, come se avesse qualcosa da dire.
Probabilmente ne aveva, di cose da dire, ma Clary non era tanto sicura di volerle ascoltare. L’avevano lasciato riposare per ore, dopo un secondo pasto abbondante di sangue preso Magnus-sapeva-solo-dove, non provava alcun interesse nel scoprirne la provenienza. Le mancavano moltissime ore di sonno in arretrato, ma non appena chiudeva gli occhi la sua mente diventava così agitata che nel dormire non c’era nulla ristoratore, perciò aveva rinunciato dopo poche ore. Ora, di fronte a Simon, aspettava pazientemente la sua replica. Ricordava il suo migliore amico, molto prima rispetto a tutta quella storia dello sbalzo nel tempo -di cui solo lei e gli Angeli erano testimoni. E, beh, forse la Regina della Corte Seelie-, prendere la questione come un dato di fatto, con calma razionale e insolitamente baldanzosa per una possibile reazione da mondano. D’altronde, stava parlando di Simon, nerd e musicista all’occorrenza, e più semplicemente un amico.
Non che tutto fosse facile nell’essere amici di qualcuno, ma con Simon lo era sempre stato -naturale e giusto come respirare.
Perderlo, perché la morte glielo strappasse via o per paura di ciò che lei aveva permesso accadesse, era un pensiero assurdo anche solo da concepire.
-Quindi è questo che sono?- le chiese, i gomiti sulle ginocchia e le mani fra i capelli. -Un vampiro?-
Clary espirò lentamente. -Si. Ho motivo di credere che qualcuno ti abbia condotto al Dumort con l’inganno, aizzando gli altri vampiri contro di te e-
-Ma ero solo mentre camminavo, e poi mi sono ritrovato vicino a quell’hotel. Con me non c’era nessuno- disse, il dubbio evidente nella sua voce.
-Parliamo di persone che difficilmente si mostrerebbero. Probabilmente al Pandemonium avrai bevuto un qualche intruglio fatato, ed è per questo che quando sei uscito di lì non sapevi bene cosa stessi facendo.- Il che rafforzava la sua teoria, ormai fattasi convinzione, del coinvolgimento delle fate nel piano di Jonathan. La Regina non faceva nulla per nascondere l’ovvietà, ma Clary non capiva perché. Per quale motivo rendere tanto ovvi i propri piani? Se la Regina ricordava, doveva sapere che lei li aveva già visti in atto e avrebbe potuto prevederli.
-Oh- rispose, lasciando cadere le braccia e inclinando indietro il busto fino a poggiarsi nuovamente alla spalliera del divano su cui era seduto.
Clary gli stava davanti, seduta sul tavolino, e vide lo sguardo di Simon posarsi sugli occhiali accanto a lei, rotti e un po’ sporchi di sangue.
-Non ne ho bisogno più, credo- gli sentì dire, con voce sorpresa, battendo le palpebre velocemente per poi guardarsi attorno.
Inarcò le sopracciglia. -Simon. E’ cultura folkloristica. Hai mai sentito di un vampiro con gli occhiali?-
-Giusto, domanda stupida. E lo sarebbe anche quella sul sangue, no? Certo- aggiunse, prima che l’amica potesse dire alcunché, -l’ho bevuto ore fa. E pensare che sono vegetariano. Aspetta, dovrei dire ero vegetariano. Non ho nemmeno più voglia di mangiare insalata.-
Il suo monologo confuso si fermò quando spostò lo sguardo dal viso di Clary al suo collo. Entrambi ripensarono a quei secondi al cimitero, quando Simon si era avventato su di lei scosso dalla fame furente che gli bruciava la gola, intimandogli la necessità di qualcosa che alleviasse quel dolore. Aveva sentito un odore metallico, pungente, dolce-amaro, attraversare la nebbia della ragione e conquistare qualsiasi suo pensiero. E quando quello stesso profumo, sotto forma di sapore, gli era esploso in bocca, non c’era stato altro che il sangue.
Anche se si trattava della sua migliore amica.
-Simon- iniziò Clary, torcendosi le mani in grembo e deglutendo un paio di volte, -mi dispiace. L’ultima cosa che volevo era che tu venissi coinvolto in tutto questo. Speravo Jonathan non se la prendesse con te, mi sono illusa che ti avrebbe lasciato in pace se tu non avessi avuto niente a che fare con il Mondo Invisibile. E invece sei quasi morto e se non fossi arrivata in tempo non me lo sarei mai perdonata. Forse allontanandomi non avresti corso questo rischio, è stato stupido...-
Simon era confuso, sul suo viso le emozioni si susseguivano palesemente, non riusciva a nasconderle. E gli ci volle un po’ per comprendere ciò che stava dicendo, ma quando capì spalancò gli occhi. -Tu ti stai scusando con me? Clary, ti ho aggredita! Ti ho morso! E mentre bevevo non m’importava di niente, nemmeno di uccidere te! Avrei potuto ucciderti! E poi non mi hai mica trasformato tu. Non è colpa tua. Non puoi pensarlo sul serio…-
-Ma è così!- esclamò lei ancora, balzando in piedi e mettendo qualche metro di distanza fra loro. -E’ colpa mia, Simon. Il biglietto nella tua tasca… qualcuno l’ha messo lì per conto di Jonathan, perché io sapessi quanto le persone a cui voglio bene fossero in pericolo. Lui era solo il primo. Se ti avessi lasciato in pace nel momento in cui tutto questo è iniziato non sarebbe successo. Volevo evitare che accadesse- di nuovo, stava per dire, ma distolse lo sguardo, bloccandosi in tempo.
-Clary, no.-
Anche Simon si era alzato e le si era avvicinato, mettendole le mani sulle spalle. Alzò gli occhi verso di lui.
-Siamo sempre tu e io, va bene? Voglio starti vicino, per quanto sia pericoloso. E se per farlo devo essere un vampiro, non importa. Voglio dire, è una cosa grossa, ma un vampiro potrebbe tornarti utile nella tua caccia ai cattivi, no?-
A Clary venne da ridere, perché in questa parte della sua vita, Simon non aveva mai visto un demone, a stento dei Nascosti. Ma con quel tocco di ilarità sovvennero le lacrime, relegate agli angoli degli occhi, e allora allungò le braccia e strinse Simon con riconoscenza e sollievo.
-Per me è okay essere un vampiro- le disse all’orecchio, per poi staccarsi dal suo abbraccio, ma la voce incerta con cui aveva pronunciato quelle parole lo smentivano. Clary lo sentì schiarirsi la gola.
-Okay?- ribatté, rimarcando le sue parole, mentre lui camminava verso la finestra e scostava le tende.
-Si, okay. Cioè, posso ancora stare alla luce del sole, vedi? Credevo che i vampiri vivessero solo di notte, che il sole li bruciasse, ma… okay. La tua cultura folkloristica può fare cilecca.-
I muscoli le si irrigidirono al sentire quelle parole. Era stato un sollievo constatare che il suo sangue funzionava alla stessa maniera di quello di Jace, ma adesso doveva spiegare a Simon che i vampiri effettivamente bruciavano alla luce del sole.
-E allora com’è che io non vado in fiamme?- chiese, dopo che Clary l’ebbe fatto. -Guarda- continuò, spostandosi dalla pozza di luce creata dalla finestra del salone ad una zona d’ombra nelle vicinanze. -Niente fumo, niente fuoco. E io sono ancora vivo.-
-Tecnicamente sei morto. Ma anche io sono curioso di saperlo- disse una voce proveniente dalla soglia della stanza, che fece trasalire Simon e arrabbiare Clary.
-Magnus! Potresti essere un po’ più discreto, per favore?- sibilò, mentre quello camminava verso di loro e si buttava sul divano come se niente fosse.
Scosse una mano, incurante del suo commento, e da qualche remoto angolo dell’appartamento arrivò il Presidente Miao, che s’inerpicò con un balzo aggraziato sul grembo del proprio padrone, fissando Simon con ostilità.
O magari me lo sto immaginando, non è che un gatto può guardarti con ostilità, pensò Clary.
-Non ce n’è motivo. Ma il tuo vampiro ha ragione, il sole non lo brucia- constatò, guardandola con interesse.
-Lo vedo benissimo da me, non c’è bisogno di precisare.-
-Non essere permalosa, Clary.-
-Scusate l’interruzione- disse Simon, spostandosi dalla parete per avvicinarsi al divano. Indicò Magnus, guardando Clary. -Lui sarebbe uno stregone, giusto?-
-Esatto- rispose il diretto interessato.
Simon si passò una mano fra i capelli, mormorando qualcosa che somigliava a che figata. Clary scosse la testa, sbattendosi una mano sulla fronte.
-Cavolo, è come se fossi rimasto bloccato in-
-Non ti azzardare a dire Dungeons and Dragons.-
Le occhiate che Magnus lanciava loro, sebbene ancora intrigate, cominciavano a velarsi di confusione.
-E’ bello non sapere di cosa state parlando- ammise, accarezzando distrattamente il dorso del suo gatto. Quello fece le fusa, rannicchiandosi ancora di più.
-E’ un gioco di ruolo- spiegò Simon, nello stesso momento in cui Clary disse: -Ignoralo. Sarà il primo vampiro nerd della storia.-
-Se avete finito, mi piacerebbe sapere come sia possibile che lui possa stare alla luce senza bruciare. Non sei stanco?- domandò Magnus, fissandolo dall’altro lato del tavolino.
Simon scrollò le spalle, poi aggrottò le sopracciglia. -Sono… si. Ho questa strana sensazione di sonnolenza, come se stare alzato adesso fosse sbagliato. Ma ce la faccio, non è così fastidioso.-
Lo sguardo dello stregone, acceso da una scintilla di interesse sempre crescente, agganciò quello della Cacciatrice sua coinquilina.
Clary si morse le labbra, indecisa se rivelare loro la verità o no. Magnus sapeva del suo legame con Valentine e Jonathan, e non sarebbe strano, per lui, scoprirlo.
Simon spostava la sua attenzione dall’uno all’altra, senza comprendere. A lui aveva spiegato tutto ciò che poteva sul Mondo Invisibile, la guerra ad Idris, Valentina e Jonathan, quest’ultimo artefice indiretto della sua mutazione in vampiro.
Alla fine, si arrese al bisogno di buttar fuori quelle parole.
-Jonathan è mio fratello- gli rivelò, per nulla sorpresa dallo sgomento che vide balenargli in viso, -e Valentine, nostro padre, ha fatto… degli esperimenti con il sangue di demone e di angelo. Sui suoi figli. Nelle mie vene scorre… più sangue angelico del normale. E credo sia per questo che riesci a stare al sole.-
-La tua teoria è interessante- ammise Magnus, mentre Simon manteneva quella bizzarra espressione fra l’incredulo e l’inorridito.
-Però non spiega come facessi a saperlo.-
-Non lo sapevo- mentì Clary, attenta a non fissare troppo a lungo i suoi occhi da gatto. -Perché avrei dovuto?-
-Ti sei tagliata di proposito, e sapevi a quali rischi andavi incontro. Saresti anche potuta morire- replicò ancora, e nel modo in cui lo disse c’era qualcosa che fece desistere Clary dal rispondere con una battuta.
A quel punto, distolse lo sguardo.
-E’ orribile!- Simon parve riprendersi solo in quel momento. -Quale padre farebbe esperimenti sui propri figli?-
-Il genere di padre a cui non importa nulla di propri figli, suppongo- rispose lei, atona, scuotendo la testa quando il suo migliore amico aprì la bocca per aggiungere qualcos’altro.
Scese il silenzio nella stanza, disturbato dal sommesso miagolio del Presidente Miao.
Clary si sistemò sul divano, lontano da Magnus, abbracciandosi le gambe con le braccia. Era tanto che ormai non pensava a Valentine. Quello che era successo al lago le era sembrata soltanto una delle tante missioni da portare a termine, un’altra voce delle cose da fare nella lista. Il doverlo uccidere non costituiva un problema, per lei, dato che non avevano mai avuto alcun contatto per tutta la sua vita. Non lo considerava davvero un padre, tra l’altro. Suo padre, o forse un padre in generale. Si chiese come fosse, per Jace e Jonathan, averlo conosciuto in quel senso. E si chiese anche cosa sarebbe successo se lei avesse passato la sua infanzia, la sua adolescenza, con lui. Sarebbe stata diversa da com’era ora? Avrebbe influito così tanto sul suo modo d’essere il tipo di educazione che lui le avrebbe impartito?
Si, si rispose da sola, storcendo le labbra. Basta che pensi a come Jace lo odiava e amava allo stesso tempo. A come tutto ciò che Valentine gli ha insegnato l’abbia fatto sentire danneggiato. Amare è distruggere ed essere amati è essere distrutti.
Clary non aveva mai creduto a quelle parole, ma adesso, alla luce di tutto ciò che le era capitato, del peso che portava sulle spalle, si domandò se fosse ancora così.
-Quello che non capisco- disse Simon all’improvviso, facendola sussultare -è perché lui ce l’abbia tanto con te.-
Quando alzò lo sguardo dal pavimento, che senza rendersene conto aveva fissato per tutto il tempo, lo vide fermarsi davanti a lei, pochi metri distante dal tavolino basso.
-Sono una minaccia. Non credi che possa essere pericolosa?- rispose sorridendo, rilasciando le gambe dalla morsa della propria stretta.
-No, non intendevo questo. Voglio dire, probabilmente sei brava in… in quello che fai. Ma non ha senso che lui se la prenda tanto solo con te. Tanto per iniziare, avete la stessa madre, no? Stando alla storia di Valentine che mi hai raccontato, sarebbe più logico che se la prendesse con lei. E poi c’è tutto il… come si chiama… il Conclave, ecco! Tutto il Conclave gli sta dando la caccia, no?- disse, ricevendo in cambio solo una scrollata di spalle.
Non sembrava convinto. -Sai, i cattivi hanno sempre un motivo personale per prendersela con il protagonista, nei giochi, se no la storia non ha senso.-
-Non siamo in un videogioco, Simon.- Alzò gli occhi al cielo, mentre il Presidente Miao, forse anche lui contrariato da quelle parole, si scosse dalla sua comoda posizione e gattonò via.
-Ma ho ragione, vero?- insisté, aggirando con sorprendente rapidità il tavolino e sedendosi sopra quello, come aveva fatto lei stessa alcuni minuti prima. -Ha colpito qualcun altro allo stesso modo in cui ha colpito te? Usando… un amico o conoscente?-
-Non lo so- disse, sperando che la smettesse con quelle domande. -Ma è una guerra, Simon. E quando trovi un modo per far del male al tuo avversario, lo fai e basta.-
Magnus stava scrutando attentamente la sua reazione, ma Clary non capì se avesse scovato qualcosa che l’avesse soddisfatto. Invece, spostò lo sguardo su Simon.
-Sai, mondano, mi piace come ragioni. E’ come se fossi nato per essere un vampiro.-
L’interpellato, che di certo non si aspettava quel brusco cambio d’argomento, aggrottò le sopracciglia. -Non so se si tratti di un complimento o altro. Grazie?-
Clary non disse nulla.
Il suono di un improvviso bussare alla porta si fece largo nel pesante silenzio che era calato nella stanza. Lei e Simon non si mossero mentre Magnus, abituato a ricevere ospiti senza attenderli, si alzò dal divano e s’incamminava verso la porta.
Sapeva che lo stregone riceveva strane richieste da “clienti” che venivano da lui quando non conoscevano altro modo per risolvere i loro problemi, o che conoscevano lui proprio per quel motivo. E guardandosi intorno nell’appartamento, Clary pensò che non doveva essere affatto male fare la vita del Sommo Stregone di Brooklyn.
Ma poi le sovvenne il pensiero che potesse trattarsi di Jace. Sperava di sbagliarsi, ma se alla porta erano lui e gli altri…
-Simon, devi farmi un favore.-
Il vampiro scostò lo sguardo dal corridoio in cui era sparito Magnus e la fissò, in attesa.
-Se dovessimo incontrare di nuovo quei ragazzi-
-Quelli che ci hanno aiutati ieri?- la interruppe subito, aggrottando le sopracciglia. Probabilmente non ricordava molto, ma nel suo racconto Clary gli aveva nominato i tre Shadowhunters che l’avevano aiutata a tirarlo fuori dall’hotel. Così era venuto a conoscenza del fatto che anche Isabelle fosse una di loro –la ragazza che aveva conosciuto al Java Jones settimane prima e con cui aveva parlato. Ricordò di aver pensato di sentirsi come in una vita parallela, perché non esisteva proprio che in quella normale una tipa tanto bella scambiasse quattro chiacchiere con lui. E non aveva poi tutti i torti, dato che adesso era un vampiro. Ma in qualche modo, non rivolgerle affatto la parole gli era sembrato un pensiero stupido, innaturale.
-Si- rispose Clary. -Loro non sanno di me- aggiunse, e all’ espressione confusa di Simon, specificò: -del fatto che sono una Morgenstern, intendo. E’ importante che tu non dica nulla.-
-Perché non lo sanno? Sarebbe un problema se lo scoprissero?- replicò ancora lui, mentre dal corridoio sentirono la voce di Magnus e dei passi pesanti e discordi avvicinarsi al soggiorno. Doveva esserci più di una persona, con lui.
-Più o meno. Preferisco non lo scoprano- disse semplicemente la sua amica, poggiando un gomito sul ginocchio e la guancia sulla mano. Inclinò la testa di lato, come se stesse pensando e si fosse allontanata di nuovo da dove si trovava il suo corpo. Clary era sempre stata così, un po’ nel suo mondo e un po’ fuori. Ma di certo scoprire che quel mondo era vivo, vivo davvero, e pulsava sotto le ombre di New York… c’era tanto da metabolizzare.
Quando Simon non avvertì più i passi, sollevò lo sguardo perché, con la coda dell’occhio, aveva visto qualcosa di familiare. Gelò sul posto istantaneamente.
Le due figure davanti a Magnus era l’ultima cosa che Simon, nonché lo stregone stesso, a giudicare dalla sua espressione contrariata, si aspettava di vedere. Scorgendo la sua immobilità, i muscoli di Clary entrarono in tensione e si voltò per vedere cosa aveva causato una simile reazione nel suo migliore amico.
Trattenne il fiato.
Luke e sua madre la guardavano dall’ingresso della stanza, e non sembravano per niente visi amichevoli, i loro. Clary pensava che il giorno in cui avrebbe rivisto Jocelyn sarebbe arrivato solo quando ogni cosa fosse stata al suo posto, con Jonathan sconfitto una volta per tutte e il pericolo che i demoni s’impossessassero del loro mondo scongiurato.
E invece eccola lì, bella e fiera nella sua postura da impeccabile Cacciatrice sotto le spoglie di una mondana. Clary strinse i pugni. Cosa diavolo ci faceva lì?
-Ti avevo detto di non venire qui. Mai- disse con voce monocorde, mettendosi lentamente in piedi e rivolgendole uno sguardo attento.
-Non ha alcuna importanza- replicò Jocelyn, avanzando di un passo verso il divano. C’era qualcosa nel suo sguardo, una sfumatura nuova di risolutezza venuta meno quando, un anno prima, Clary le aveva detto che sapeva e che non voleva stare a casa, che sarebbe andata a vivere da Magnus. Probabilmente, pensò, è perché non deve più nascondermi che è una Shadowhunter.
-Tu torni a casa con me, Clary. Adesso.-

Flying thoughts of a mutable mind
Buona sera, o magari, buona notte. So che sto postando tardi, ma oggi pomeriggio ho sgobbato tantissimo dietro il mio blog e la valigia da preparare, perché domani... PARTO IN GITA SCOLASTICA! Vado a PRaga, fino all'11, poi 12 e 13 Vienna. E ci tenevo a postare questo capitolo prima di andare via. 
Cerco di essere sempre il più puntuale possibile ma, ovviamente, quando tornerò avrò bisogno di un po' di tempo per sistemare gli altri capitoli, perciò abbiate pietà di me. Il prossimo sarà particolare, dal punto di vista di Jace, e apparirà anche un altro personaggio... chi ha amato TID forse apprezzerà ;)
Ancora una volta, vi ringrazio per il vostro sostegno. Spero davvero che tutti quelli che stanno seguendo la storia la stiano apprezzando -e che magaaaari (*w*) me lo facciano sapere. Ringrazio comunque e come sempre i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi commenta.
Grazie, alla prossima volta!
Baci,
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Capitolo 14
*** 13. Di chi sa e chi tace. ***


The way of this revenge

The way of this revenge


Jace

-E’ una tragedia, Maryse. Anche l’Istituto di Los Angeles è caduto, il terzo in un mese. Dobbiamo fare in fretta e fermare il figlio di Valentine prima che la nostra razza venga annientata!- stava dicendo Jia Penhallow. O meglio, il suo ologramma, nel bel mezzo della biblioteca di fronte alla scrivania. La vera Jia era ad Idris.
-Quei poveri bambini…- mormorò, le mani intrecciate sotto il mento e gli occhi colmi di rabbia. La millenaria guerra fra Shadowhunters e demoni li aveva portati a perdere fin troppe vite, ed era già dura quando toccava agli adulti, amici di una vita, perire sotto le forze nemiche. Il pensiero di perdere i più giovani dei loro risultava più mostruoso quando chi poneva fine alle loro esistenze era anch’esso un Cacciatore.
-Los Angeles… i Blackthron, vero? Abitano quell’Istituto- disse Alec, accanto alla madre. Aveva la mascella tesa e lanciava strane occhiate dall’altro lato della sala, dove, poco lontano, si trovavano Jace e Isabelle, nei pressi del divano –uno poggiato alla spalliera a braccia conserte, l’altra seduta sul bracciolo, le dita affondate sul tessuto.
-Esatto- confermò il Console, spostando lo sguardo su di lui. -E con loro anche la figlia di John Carstairs, Emma. Lui e la moglie sono morti dopo un sopraluogo in un area che indicava alte presenze demoniache. Altri hanno fatto la stessa fine per dare a lei e ai Blackthron il tempo di uscire dall’Istituto e attraversare un Portale di emergenza che li facesse arrivare ad Idris. Sono tutti qui, ma…-
Si bloccò, e il suo sospiro stanco fece comprendere ad Alec quanto davvero critica fosse la situazione, lontano da New York. Dovevano essere distrutti, pensò, per ciò che era capitato loro.
L’attenzione di Jia tornò su Maryse. -Come procedono le ricerche?-
-Non sappiamo dove si trovi Sebastian. Ma i Nascosti continuano a morire, e abbiamo ragione di credere che stia radunando un esercito di Cacciatori convertiti, di Inoscuriti, come l’ultima volta. Sono loro i responsabili di queste morti, e se i Nascosti pensassero che siamo noi ad ordinarle, potrebbero attaccarci- spiegò, riassumendo ciò che i figli le avevano raccontato.
-Siamo fin troppo vulnerabili. L’ultima cosa che ci serve in questo momento è una rivolta interna agli Accordi. Parlerò io ai rappresentati dei quattro popoli alla prossima riunione.-
Jia tacque per qualche secondo, poi raddrizzò la schiena e fece un cenno. -Se questo è tutto, ti saluto.-
Anche Maryse annuì. -Ci aggiorneremo in caso di novità.-
L’immagine di Jia tremolò fino a scomparire.
-Possiamo respirare, ora?- chiese ironicamente Isabelle, dondolando i piedi. Alec le lanciò l’ennesima occhiataccia.
-Nessuno ti ha detto di non respirare –solo di fare silenzio- precisò.
-E’ lo stesso- gli fece notare Jace, abbandonando la posizione in cui era rimasto per tutta la durata della conferenza, per avvicinarsi al suo parabatai.
Si udì uno sbuffo, poi Isabelle si lasciò andare e cadde all’indietro sul divano, le braccia sopra la testa.
Le sopracciglia di Jace scattarono verso l’alto. -Carina.-
-Oh, sta zitto!- disse lei, afferrando un cuscino e lanciandoglielo. Jace lo evitò con sfacciata naturalezza.
-Ragazzi- li richiamò Maryse, scuotendo la testa, accennando però un sorriso. Dopo che le avevano portato notizie su Sebastian, Jace aveva chiesto di poter assistere mentre convocava Jia. Non aveva trovato nulla di male nel permettere loro di presenziare, a patto che stessero tanto in silenzio da passare inosservati. Se anche il Console li avesse notati, non se n’era lamentata.
-Chi si sta occupando sul serio di quei bambini? Dubito che lo faccia Jia, con tutto ciò a cui deve pensare- disse Jace, gettandosi di peso sulla sedia di fronte alla scrivania e scostando distrattamente penne, fogli e vari oggetti sparsi lì sopra, in attesa di una risposta.
-Suppongo che i membri del Conclave facciano quello che possono. In ogni caso non c’è un modo per strappare loro il dolore e lo shock di quello che hanno subito- rispose, con tono basso.
Di fronte agli occhi di Jace apparve un vaso con delle ceneri, qualche parola sussurrata all’orecchio, un Ave atque Vale piatto e indistinto durante un funerale messo in scena per dovere. Aveva guardato da lontano le ceneri di Valentine disperdersi, ma tutto ciò cui riusciva a pensare era la sofferenza che non avrebbe voluto provare verso la perdita dell’unico genitore che avesse mai conosciuto.
-Se sono forti, lo supereranno.-
-Non si tratta solo di essere forti- replicò Maryse, porgendogli il foglio di carta che Jace stava cercando. Era una missiva del Conclave con la lista dei Nascosti morti nell’ultimo mese, e sul retro il numero di Istituti presi d’assalto dai demoni nello stesso arco di tempo.
-Si sta facendo sfacciato e pericoloso, e quelli che colpisce sono tutti Istituti che ospitano bambini. Se vuole ricreare un esercito come dite, comincerà da loro.-
-Ma sono solo dei bambini!- saltò su Isabelle, disgustata, avvolgendosi le braccia attorno al busto mentre si rimetteva seduta. -Sebastian è un mostro. Giuro che se l’avessi di nuovo sotto mano…-
-Calma, Izzy- disse Alec, pur appoggiando pienamente i suoi pensieri. Guardò Jace, gli occhi che scorrevano velocemente l’inchiostro su carta, e si chiese se stesse pensando a quella ragazza -a Clary- e ai suoi avvertimenti su Sebastian. Non si fidava totalmente di lei. Sembrava abbastanza evidente che fosse in lotta con il loro stesso nemico, ma c’era qualcosa che gli intimava di stare allerta. La Regina aveva fatto allusioni ad un suo segreto. E con tutto quello che stavano rischiando, non potevano basare le loro conoscenze e sicurezze su una sconosciuta, per quanto fosse anch’essa una Cacciatrice. A quanto pareva, esserlo non era una più garanzia di buone intenzioni.
-Se Sebastian non avesse voluto creare problemi, avrebbe giocato con i soldatini, o a scacchi- disse Jace, abbandonando il foglio sul tavolo e inclinandosi indietro, verso lo schienale della sedia. -Invece gioca con i bambini.-
-Non credo sia qualcosa su cui puoi fare sarcasmo, Jace- commentò Alec, cercando di decifrare il suo stato d’animo in quelle parole. Non c’era niente sul viso del suo parabatai, e la cosa lo preoccupava anche di più.
-Sebastian è decisamente qualcosa su cui posso fare sarcasmo.-
-Ciò che importa, ora come ora, è trovarlo- disse Isabelle, guardandoli dalla sua posizione sul divano. -Potrai gettargli addosso tutto il tuo sarcasmo prima di ucciderlo.-
-La mia vena ironica è così affilata che lo ucciderebbe prima della mia spada- replicò, con un sorriso che era mezzo sghembo e mezzo ghignante. La sorella alzò gli occhio al cielo, ma prima che potesse dire qualcosa, Maryse la intercettò.
-Fareste meglio ad andare in palestra per il resto della mattinata e sfogarvi. Tu, invece, non devi recarti alla Città di Ossa, Jace?- annunciò, un invito sottile per i tre a uscire dalla biblioteca e lasciarla sola.
Come se li avesse chiamati, in quel momento dalla porta si sentì un timido bussare e, quando si aprì, un viso dai capelli neri e scompigliati e un paio di occhi azzurri dietro lenti rotonde fece capolino. Max entrò nella sala metà camminando e metà correndo, con un bel sorriso indirizzato a Jace.
-E’ arrivato Fratello Zaccaria, dice che oggi non rimarrete qui-  annunciò, rabbrividendo leggermente mentre si guardava dietro le spalle, da dove la figura del Fratello Silente si avvicinava con passi dalla cadenza muta e sinistra. Jace capiva perché a Max veniva naturale tremare in loro presenza –non esattamente paura, ma l’inquietudine dell’aria fredda intorno a quelli che, una volta, erano anch’essi Cacciatori, che si posava sulla pelle.
Fece un cenno a Fratello Zaccaria.
-Non mi era stato detto di dovermi allontanare dall’Istituto- fece notare alla donna che considerava come una madre, guardando prima lei e poi l’uomo incappucciato in attesa a qualche metro da loro.
-Deve essermi passato di mente. A quanto pare oggi è necessaria la tua presenza alla Citta di Ossa- disse semplicemente lei, alzandosi rispettosamente per salutare Fratello Zaccaria.
Jace rimase muto per un attimo, incerto se protestare e chiedere altre delucidazioni o atendere il momento giusto e farlo dopo.
Molto lentamente, si alzò.
-Allora io vado, Maryse. Grazie- disse poi al fratello più piccolo, passandogli accanto e scompigliandogli quella matassa scura che aveva in testa.
-Ehi!- protestò Max, scostando malamente la mano di Jace mentre lui rideva.
La donna lo salutò solo allora, quando ormai si trovava fuori dalla stanza, e dal modo in cui guardava il loro ospite temporaneo capì che dovevano aver avuto una discussione privata. Evidentemente lei era stata già informata di quel cambio di scenario improvviso.
-Perché oggi devo venire alla Città di Ossa?- domandò, una volta che la porta si fu chiusa dietro di loro ed entrambi si avviarono nel corridoio.
Crediamo di aver scoperto qualcosa in merito al fuoco angelico che ti scorre nelle vene, Jace. Serve l’intervento degli altri Fratelli.
Jace lo scrutò attentamente, allerta. Si chiese se quelle parole avessero accezione negativa o positiva, e in entrambi i casi, cos’avrebbe significato per lui. Era destinato a vivere con quella bomba perennemente pronta a scoppiare dentro di sé per sempre?
-Di che si tratta? Mi inietterete un po’ d’acqua santa nelle vene per spegnerlo?-
Fratello Zaccaria non rispose, ma lo sbuffo di una risata giunse alle sue orecchie. I Silenti non ridono, anzi, dubitava fortemente avessero senso dell’umorismo. E se anche l’avevano, o lo comprendevano, lo ignoravano platealmente. In questo, in effetti, somigliavano più ad una cerchia di snob.
Ma Jace aveva davvero sentito una risata. E per una volta non ebbe nulla con cui replicare.
 
Non c’era nulla di attraente nella Città di Ossa. Di solito preferiva tenersene alla larga, dato che ad Alec e Isabelle proprio non piaceva. Erano rari i motivi per cui uno Shadowhunters avrebbe dovuto trovarsi lì, ma Jace cominciava a pensare di possederne più di qualsiasi altro contro la sua volontà. Ovunque attorno a lui, si ergevano muri di pietre vecchie di secoli e il sussurro dei loro morti, forse più ingannevole che vero, vibrava nell’aria. Poteva sentirlo scorrergli lungo la schiena come un alito gelido, mentre scendeva lentamente gli scalini e si avviava verso la sala delle Stelle Parlanti, dove gli altri Fratelli Silenti li attendevano.
Fratello Zaccaria entrò per primo, guidandolo verso il centro della stanza circolare. Il resto di loro era disposto in un cerchio, rasenti al muro. Tre tenevano uno scettro fra le mani, e si trovavano immediatamente di fronte a Jace. Lanciandosi qualche rapida occhiata intorno, aggrottò le sopracciglia.
-Perché questa convocazione speciale? Non dovrei semplicemente studiare con te?- disse, confuso, rivolgendosi a Fratello Zaccaria.
A rispondergli, invece, fu Fratello Enoch, uno dei Silenti che teneva lo scettro.
Crediamo ci sia un modo per liberarti di una buona parte del fuoco angelico imprigionato dentro il tuo corpo, Jonathan Herondale.
Jace era stanco di doverli sempre correggere quando usavano quel nome, perciò aveva smesso di farlo –e di essere gentile con loro quando succedeva. Ora però il sarcasmo non gli sarebbe servito a molto.
-Buona parte? Significa che non c’è modo di eliminarlo totalmente?-
La tua natura di Nephilim e il fatto che i cambiamenti operati da Valentine Morgenstern abbiano aumentato la quantità di sangue angelico che c’è in te, attraggono il fuoco. Non sarà possibile eliminarlo tutto, solo tenerlo a bada più facilmente.
Probabilmente aveva senso. Non c’era vero dolore quando, durante i combattimenti, il fuoco angelico si faceva largo in lui con la forza di mille maree, premendo per uscire con intensità tale da impedire a Jace di pensare a dei validi motivi per cui non dovesse lasciarglielo fare; in quei momenti l’adrenalina attutiva gran parte di esso. Era più che altro una forza bruciante che, come un corpo estraneo, si muoveva e scalpitava in corrispondenza con le sue emozioni. Faceva male quando Jace voleva controllarla senza riuscirci, al di fuori della fatica fisica. Sebbene con un certo numero di sforzi, però, riusciva a controllarlo quando passava più di qualche minuto senza una spada in mano.
Ma qualsiasi cosa lo aiutasse in quel compito, permettendogli un maggiore controllo su un’arma che spesso si rivelava utile, andava bene. Gli venne in mente Clary, quanto contenersi era stato difficile con lei fra le sue braccia, e scacciò via velocemente il pensiero.
-Suppongo sia meglio di niente. Cosa devo fare?-
Accanto a lui, Fratello Zaccaria si mosse di qualche passo, chinandosi fino a sedersi sul pavimento e sdraiarsi davanti a lui. Il cappello scivolò un po’ dal suo viso, rivelando le rune con cui Fratelli si marchiavano le guance. Ma non c’era traccia, sugli occhi e sulle labbra, dei marchi che avrebbero dovuto sigillarle. Li teneva semplicemente chiusi. In effetti, Zaccaria gli era sempre apparso come il meno inquietante della  banda. Il più umano.
Abbiamo già constatato che il fuoco angelico potenzia le armi che usi gli stava dicendo Fratello Enoch, senza accennare d’avvicinarsi a lui. E vogliamo che ne usi una su Fratello Zaccaria.
-Perché dovrei fare di Zaccaria la mia cavia? Perché mai vorreste che ferissi uno di voi?- disse sorpreso, spostando lo sguardo sulla figura immobile e inespressiva distesa accanto a lui. Colpire qualcuno che non poteva difendersi, specie se non era suo nemico, non rientrava fra gli usi e costumi di Jace.
Sono stato io a chiedere loro di farlo, gli rivelò.
Jace scosse la testa. -Non lo farò, a meno che non mi diate una spiegazione valida.-
Le questioni dei Fratelli non sono una materia che puoi comprendere, Jonathan Herondale. Tuttavia non biasimiamo la tua reticenza. Finalmente, Fratello Enoch si scostò dal muro e venne verso di lui. Ti basti sapere che Fratello Zaccaria non è come noi, e che ciò che liberebbe te potrebbe aiutare lui. Userai la Spada dell’Anima, Mellartach.
Quella dichiarazione, se possibile, lo stupì ancora di più. Mellartach era stata recuperata dopo la battaglia contro Sebastian, in Irlanda, accanto a lui. La spada l’aveva trafitto senza che gli fosse data la possibilità di conoscere l’identità di chi la impugnasse in quel momento, ma sia lei che la Coppa erano tornate di proprietà del Conclave, date per disperse dopo il rituale di invocazione fatto da Valentine. Jace sospettava che l’artefice di quel dono fosse lo stesso che l’aveva quasi ucciso e liberato da Sebastian.
Ma continuava a non capire quell’ordine, soprattutto dato l’intervento della Spada nella questione. Esitò solo qualche secondo, prima di annuire.
-Lo farò. Funziona come per le altre volte –canalizzare il fuoco nelle braccia e nell’arma?-
Si. E come è successo a te, dovrai puntare dritto al cuore.
S’irrigidì. -Rischio di ucciderlo, così.-
E’ un rischio che hai corso anche tu, Jace, ma sei vivo. La voce nella sua mente, più gentile rispetto a quella precedente, apparteneva a Zaccaria.
Bene, si disse. Se i Fratelli ci tenevano davvero tanto a mutilarsi più di quanto non lo fossero già, erano affari loro. Jace impugnò la spada, che un altro Fratello aveva silenziosamente portato ad Enoch mentre lui rifletteva, e si concentrò sulla sensazione che l’impugnatura gli dava fra le mani. Tastò la pesantezza della arma e il modo in cui i muscoli si flettevano e contraevano in risposta, la fitta di ebrezza che gli dava tenerla in mano ed essere sul punto di usarla. Restio a compiere quel gesto, si convinse del fatto che se qualcosa fosse andato storto, allora i Fratelli avrebbero curato Zaccaria istantaneamente. Ignorò il pensiero che proveniva dalla sua esperienza –esistevano ferite cui nemmeno rune e magia potevano porre rimedio.
Lui però era sopravvissuto, e portava ancora la cicatrice a dimostrarlo.
Fu con quel pensiero, mentre il fuoco angelico crepitava nelle vene delle braccia, ustionandogli la pelle, e accendeva la lama della Spada dell’Anima, che Jace caricò la presa e calò Mellartach nel cuore di Zaccaria.

Flying thoughts of a mutable mind
SONO TORNATAAAA! E siccome sono tornata vi posto un nuovo capitolo u.u Ah, qesto è uno di quelli che preferisco. Okay, rispett ad altri è piuttosto calmo, ma si intravede la bufera dello sfondo e direi che, si, ci siamo gente. Ci stiamo avvicinando alla metà della storia, credo. sinceramente le idee vanno e vengono mentre scrivo, ed è ancora presto per dire quanti capitoli ci sono. Ma non ho ancora finito. Non ancora. Muahahah.
Come vedete, ho mantenuto la mia promessa e qui spunta Fratello Zaccaria. E' da quando ho finito La Principessa, l'anno scorso, che progetto questo momento! Heronstairs... sappiate che sono nel mio cuore! E voglio assolutamente sapere cosa vi aspettate da qui in poi!
Ancora una volta, vi ringrazio per il vostro sostegno. Spero davvero che tutti quelli che stanno seguendo la storia la stiano apprezzando -e che magaaaari (*w*) me lo facciano sapere. Ringrazio comunque e come sempre i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi commenta.
Grazie, alla prossima volta!
Baci,
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