Chi ha incastrato i Promessi Sposi

di Yellow Canadair
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un curato di campagna ***
Capitolo 2: *** Perché sono Boa Mondella... e sono bellissima! ***
Capitolo 3: *** Un piano suuuper! ***



Capitolo 1
*** Un curato di campagna ***


Un curato di campagna

 

-“Quel ramo del lago di Como che volge a Mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi…”-

-Seni? Hai detto seni, mia dolce Robin?

-Magari con una bella lingerie?

-Maledetti pervertiti! Sono le insenature! Chiudete il becco!

Robin sospirò e riprese a leggere il libro ai suoi compagni.

-“…a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte;”

-Uffa Robin, quand’è che arriva la parte dove si picchiano?- sbuffò Rufy gonfiando le guance.

-Più tardi, Rufy.- spiegò l’archeologa. -Quando Renzo parte per Milano.- disse.

-E dov’è Milano?- domandò Nami, interessata.

-Non esiste.- sorrise la mora. -È solo un romanzo di fantasia, questo.-

-Però così è un po’ noioso.- protestò Usop. -La prende un po’ troppo alla lontana. Chi sono i protagonisti?

-Due ragazzi che si devono sposare.- spiegò la donna. -Ma che vengono ostacolati da un ricco signore che vuole a tutti i costi sedurre la fidanzata.

-Sedurre…?- mormorò dubbioso Rufy.

-Rapire.- semplificò Nami.

-E cosa succede a questi due?- domandò Sanji.

Robin chiuse il libro, rinunciando alla lettura integrale. -Prima il loro parroco non li vuole sposare.- disse. -Poi cercano di sposarsi lo stesso, con un imbroglio. Poi devono scappare, ma arriva la peste, e…

-La peste!?- inorridì Chopper. -Quella malattia scomparsa, di cui non si è mai trovata la cura?-

-Quella!- sorrise Nico Robin.

-Ehi ehi, lasciate che Robin racconti questa favola, no? Tanto siamo bloccati qui.- sbuffò Franky versando a tutti un bicchiere di Coca-Cola. Erano alla fonda in un isolotto piccolo e piovoso, in cui nessuno, nemmeno l’energico capitano, era stato capace di trovare qualcosa di avventuroso da fare. Si erano dovuti tappare dentro la Sunny aspettando che il log-pose indicasse la prossima isola.

-Forse possiamo rendere la storia un po’ più interessante.- sorrise Sanji.

 

~

Tornava bel bello dalla sua passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre in un anno a caso dei Cent’Anni del Grande Buio, don Emporio, curato d’una delle terre nel Mare Settentrionale. Chiuse il breviario che leggeva tenendovi dentro un indice per portare il segno, si girò verso il lago come faceva sempre giunto a quel punto del sentiero e guardò le acque placide.

-Ciao caro!!- lo salutò un virile bagnante con un costume intero sulla riva.

-Ciao tesoro!- rispose il curato sbracciandosi. Poi tornò a camminare, e voltata che ebbe la stradetta giunse ad un bivio; qui vide una cosa che non s’aspettava e che non avrebbe voluto vedere: appoggiati al muricciolo che delimitava la via, c’erano due oscuri figuri. Il loro aspetto e il loro atteggiamento scanzonato, irrisorio e indolente li caratterizzavano come individui della specie de’ bravi.

Che fare?, pensò il coraggiosissimo don Emporio. Non c’era più tempo per tornare indietro, a scappare quei due l’avrebbero inseguito. Il suo micidiale Death Wink li avrebbe fermati, ma decise sarebbe stato un OOC troppo lampante per un modesto parroco di campagna. Affrettò dunque il passo e si trovò a poca distanza da due tipacci.

-Signor curato.- disse uno dei due, con un ciuffo biondo che gli copriva un occhio.

-Cosa comanda? Ehi, ma io ti conosco!- rispose il pretino.

-Te l’avevo detto di non venire, sopracciglio a ricciolo!- s’infuriò l’altro masnadiere verso il compare. -Solo tu potevi avere a che fare con questo svitato!-

-Come osi, Marimo del cazzo??- si rigirò il biondino.

-“Marimo” a chi? Lascia che torniamo al castello e ti farò ingoiare i tuoi mestoli!-

-Scusate… io sarei qui.- li richiamò don Emporio.

-Ehm!- si schiarì la voce il bravo dalla zazzera verde. Il ciuffo per i bravi era d’ordinanza, ma lui preferiva tenere i suoi capelli corti. -Lei ha intenzione di maritar domani Lorenzo (o come dicevan tutti Rufy) Tramaglino e Boa Mondella.

-Oh, quello.- sospirò di sollievo don Emporio. -Ma no… cioè, sì, domani li sposo, ma in realtà non è tanto Lorenzo (o come dicevan tutti Rufy) che vuole sposarsi, sono più suo nonno e la sua fidanzata che…

-Or bene.- ghignò il bravo dai capelli verdi, con l’occhio nero e il sorriso accattivante. -Questo matrimonio…-

-La dico io la battuta chiave del romanzo!- lo atterrò con un calcio il biondo. -Questo matrimonio…-

-Sei impazzito!?!- gridò il bravo sguainando ben tre sciabole. -Maledetto cuocastro, la dico io LA frase!!-

-QUESTO MATRIMONIO NON S’HA DA FARE!!!- gridarono i due in coro.

-Ne’ domani…- cominciò Marimo.

-…ne’ mai!- concluse Cuoco.

Don Emporio scosse la testa, scuotendo i ricci violetti e sorridendo indulgente. -Ahi, biondo. Eppure ho tanti ricordi felici con te. Non mi aspettavo di vederti fare questa fine.-

-Mi scambi con un’altra persona, curato del cazzo!!- sibilò il bravo scostandosi la retina che gli tratteneva i capelli con il risultato però di celare meglio il volto.

-Sarà. Non ti preoccupare, non mi offendo.- sussurrò don Emporio. -Comunque, è modo di andare in giro a minacciare la gente?- rimbeccò i due.

-Una brutta fine v’attende, se celebrerete le nozze.- ruggì il bravo con la sciabole ancora in pugno, somigliava ad un demone anche se la tranquillità della campagna lombarda sembrava sminuire la sua potenza.

-Che bella frase forbita, quanto ci hai messo per comporla e mandarla a mente?- disse il biondino sfottendo il compagno.

-Ehi Ricciolo, stai tirando la corda…- ringhiò lui.

-Ehm…- tossicchiò don Emporio, ricordando ancora la sua presenza.

-Ah già.- si ricomposero i bravi. -Signor curato, l’illustrissimo signor Don Flamingo nostro padrone la riverisce caramente.

Don Flamingo? Don Flamingo della famiglia Donquijote, signorotti venuti dalla Spagna a portar sciagura fra le campagne e che spadroneggiavano potenti e indisturbati senza che nessuno osasse imporsi loro?

-Buonanotte, messere.- si congedarono i due con un lieve inchino, poi s’allontanarono cantando una canzonaccia che suonava più o meno così: “Porto il liquore a Como / veleggiando sopra al lago / vento in poppa arriverò e lo consegnerò…” e altre parole che si son perse nel tempo.

Don Emporio, cogitabondo e preoccupato, s’incamminò lungo la strada che conduceva alla sua casa, pensando e ripensando a quello strano incontro. Più ci ragionava su e più era convinto di aver già visto da qualche parte il biondino!

Che gli avevano detto? Oh, sì, di non sposare Rufy Tramaglino e Boa Mondella. Beh, tanto lo sposo non sembrava molto convinto, poco male. Anzi, sembrava non aver afferrato bene in che razza di affare stava per imbarcarsi.

E poi, Don Flamingo! Vai a metterti contro una delle sette nobili casate più importanti della Spagna!

Seguendo questi turpi pensieri, arrivò alla sua casetta dove la sua perpetua lo aspettava con cipiglio combattivo sull’uscio di casa.

-Ehi, Emporio! Già stanco a metà mattina!?!- strillò appena lo vide in lontananza.

Lei era la perpetua, serva di don Emporio, serva affezionata e fedele, che sapeva comandare ma sicuramente non obbedire, tollerava il brontolio del parroco a patto che non s’immischiasse nel suo segreto per rimanere così giovane e bella.

-Non sei affatto happy, ragazzo mio.- disse. -Entra, beviamoci un goccio.-

Afferrò due sedie e le mise attorno al tavolo, prese una bottiglia di rhum e ne versò il contenuto in due bicchieroni.

-Avanti, don.- lo incoraggiò. -Che diavolo hai fatto?

-Nulla, Doctrine.- la rassicurò il curato. -E se dico nulla, o è nulla o è cosa che non posso dire.-

-E non chiamarmi così, animale!!- ruggì la donna. -Lo sai che sono in incognito!! Chiamami Perpetua e bevi il tuo rhum, altrimenti me lo scolo io.- lo minacciò servendosi il secondo bicchiere.

-Che nome orrendo, “Perpetua”.- osservò don Emporio.

-Prenditela col Manzoni.- sbottò Doctrine.

-Ebbene Perpetua.- disse Emporio. -Don Flamingo mi ha intimato, tramite i suoi scagnozzi, di non celebrare il matrimonio di domani.-

-Il matrimonio tra Lorenzo (o come dicevan tutti Rufy) e Boa?- spalancò i rugosi occhi la donna.

-Quello. E ho deciso di mantenere fedele il mio personaggio piegandomi alla richiesta del signorotto.- annunciò il curato.

-Maledizione.- sputò fuori la serva. -Al vecchio Garp non piacerà neanche un po’.-

 


Dietro le quinte...

Benvenuti a tutti! Grazie per aver letto il primo capitolo di questa parodia del Mattone per eccellenza, I Promessi Sposi. Spero che vi piaccia, cercherò di mantenere i personaggi IC per quanto possibile, rispettando sia il canon di Oda sia quello Manzoniano! Difficilissimo!! Infatti non ho mica detto che ci riuscirò. Però ci proverò, davvero ^^'

Grazie ancora e a presto,

Yellow Canadair

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Capitolo 2
*** Perché sono Boa Mondella... e sono bellissima! ***


Perché sono Boa Mondella... e sono bellissima!


Lorenzo o, come dicevan tutti, Rufy non si fece molto aspettare. Appena gli parve il momento, andò con la lieta furia dei suoi vent’anni a bussare alla porta del curato, impaziente di fissare l’orario delle sue nozze con Boa Mondella.

In realtà stava facendo colazione, ma era stato spedito a pugni a casa di Don Emporio e non vedeva l’ora di tornare a casa per completare l’opera, lasciata su tavolo ancora fumante.

-Ehiiii vecchio! Ci sei? Muoviti ad aprire!!- faceva cagnara sbuffando e cominciando a pensare di tornarsene a casa prima che il latte si facesse troppo freddo. Non che l’avrebbe buttato, a quel punto! L’avrebbe scaldato di nuovo però, perdendo tempo prezioso che avrebbe potuto sfruttare per mangiare altro.

-Oh. Sei tu?- gli aprì Kureha candida e stupita. -Mi dispiace ma te ne devi andare. Il curato non sta bene oggi, ripassa più tardi. O domani. O tra un anno.- e richiuse sonoramente la porta.

Kureha tornò dentro casa; almeno per il momento era riuscita a fermare Rufy, ma la copertura non avrebbe retto a lungo…

-È andato via?- s’informò cauto Emporio sgusciando fuori dal letto e togliendo il termometro dalla lampada, espediente collaudato per far “salire” la febbre.

-Tornerà, ma per il momento possiamo star…

-EHI, MA ALLORA STAI MEGLIO!- gridò Rufy affacciandosi alla finestra della camera da letto del curato e facendo spaventare lui e la perpetua.

-Non ti hanno insegnato l’educazione, maledetto moccioso!?!- strillò Kureha.

-Oh sì.- mormorò Rufy. -Il nonno mi ha legato ad un palloncino e fatto volare verso Milano… poi mi ha lasciato a Bergamo vestito da tifoso del Brescia…- si riscosse da tali turpi ricordi e continuò: -A che ora è la cerimonia?-

-Quale cerimonia?- domandò vago il curato.

-Il pranzo di nozze.- rispose Rufy convinto.

-Pranzo di nozze?- si stupirono in coro Kureha ed Emporio.

Un ampio sorrisone si aprì sul viso dello sposino. -Boa ha detto che dopo quella noiosissima messa potrò mangiare tutto il pomeriggio fino a sera, senza fermarmi mai! Ci credereste?-

I due rimasero interdetti.

-A che ora finiscono le nozze, quindi?-

-Ma no, ma no…- mugugnò Emporio. -Non si possono ancora fare, queste nozze… alea iacta est, urbis et orbis, mutatis mutandis, cave canem

-Che vuoi ch’io faccia del tuo latinorum?? A che ora si mangia?-

-Non si mangia affatto, moccioso infame! E ora sparisci! Questo matrimonio non lo celebro! Fuori da casa mia!-

-Non esco di qui senza sapere perché!- rispose con veemenza Rufy.

Emporio si afflosciò su se stesso. -Oh, la pressione… mi sento così debole…-

Rufy e Kureha lo presero per le braccia e lo deposero su una seggiola.

Don Emporio guardò il ragazzo con viva pena. -Lorenzo o, come dicevan tutti, Rufy, se parlo son morto!

-Voglio sapere ciò che ho da sapere! Parla!

-Ebbene…- cominciò il pretino scompigliandosi i ricci violetti. -Ebbene…- prese fiato.

-Sì…?- incalzò Rufy, che pensava al suo povero latte abbandonato laggiù nella sua casetta.

-Sono stato minacciato di morte!- confessò.

-E da chi?- s’indignò Rufy.

-Da Don… Don…

-Don…?- gli mise ancora fretta il ragazzo.

-Don…

-Don? Don Backy? Don Rosa? Don Rodrigo? Don Matteo?- suggerì il moretto.

-DON FLAMINGO! Ops, questo forse non dovevo dirlo…-

Un pugno demolì un’intera parete della casa. -E COME OSI FARTI ANCORA VEDERE IN GIRO!?!-

-Accidenti, il nonno ha sentito tutto!- si lamentò Rufy nascondendosi dietro al tavolo rovesciato.

-Ma non esiste il personaggio del nonno di Renzo!- obiettò Kureha sotto voce.

-No, però non sapevamo a chi far fare Agnese, la mamma di Boa… quindi abbiamo usato lui al suo posto.- spiegò Lorenzo o, come dicevan tutti, Rufy.

-TI SEI PIEGATO ALLE RICHIESTE DI QUEL LAMPADATO SPAGNOLO???- tuonò Agnese… pardon, Garp, prendendo il prete per il bavero.

-Ehi! Vorrei vedere voi al mio posto!- si difese il sacerdote. -La Flamingo Family, la più potente di Lombardia, con tutti que’ bravacci pronti a farmi la pelle! E poi, vi pare il caso di entrare in casa d’altri così!?- gridò indicando i calcinacci sparsi ovunque e un bel sole che entrava in casa impudente e copioso senza più il muro a fermarlo. -M’avete reso un bel servizio! Avete fatta una bella prodezza! Vi mando il conto dei muratori a casa!

-CELEBRA QUESTO ACCIDENTI DI MATRI…

Furbo e lesto, il pretino si mise in un batter di ciglia tanto mascara che sembrava fosse passata di lì Clio Zammatteo.

-DEATH WINK!- gridò alla fine della rapidissima operazione, con un occhiolino fulminante che sollevò un immenso tornado.

Rufy e Garp furono sparati via dall’ormai fatiscente casa del parroco e atterrarono a qualche chilometro di distanza nella campagna lecchese; tirandosi botte insulti ogni tre passi e addormentandosi ogni due, in capo a tre giorni bussarono alle porte di casa Mondella per raccontare alla fidanzata gli avvenimenti che ostacolavano le sue tanto agognate nozze.

 

~

 

Boa Mondella andò su tutte le furie al racconto di Rufy e di suo nonno; spedì fuori casa le sue amiche e sorelle che erano intente a cucirle il velo e il meraviglioso abito da sposa, chiuse la porta a chiave e sprangò le finestre.

-Hanno una percezione speciale, per i pettegolezzi.- sibilò a mo’ di spiegazione.

-Pettegolezzi?- ripetè Rufy con la testa nella credenza.

-Maledetto Don Flamingo… come si permette di arrivare a tanto!?- ringhiò, diventando nella rabbia ancora più affascinante.

-Boa, conoscevi già quel ceffo?-

-Quel ceffo conosceva me.- puntualizzò la donna, quasi offesa dalla frase innocente di Garp.

E cominciò a raccontare che tempo addietro, mentre rincasava con le sue amiche dopo il lavoro alla filanda, era stata spesso importunata con proposte poco oneste e poco adatte ad una donna perbene proprio dal signorino Don Flamingo e da uno strano uomo che era con lui, uno con un cappello di paglia e i capelli rossi…

-Attilio?- provò Garp con fare esperto.

-No.- avversò Boa. -Suo cugino.-

Don Flamingo e il cugino di Attilio irridevano Boa e le facevano battute sconce, finché lei non si era inarcata all’indietro scomparendo dietro a dolci e calde colline. «Cosa diavolo cercate di fare!?» aveva strillato.

«Vieni a cena con me, Boa Mondella!» aveva sghignazzato il biondo.

-Ma perché importunare proprio te? lo sanno tutti che ti devi sposare!- avversò Garp mentre il nipote aveva trovato un barattolo di Nutella e ci stava spalmando qualsiasi cosa commestibile ci fosse in giro.

Boa Hancock spalancò gli occhioni azzurri e balbettò confusa: -Come, “perché?” Perché io… io sono bellissima!!-

-Hai ragione.- commentò Garp.

-Ragionissima!- esclamò uno scheletro uscendo da un armadio a muro, ricacciato nel suo bugigattolo da una padellata sul cranio afro.

-Maledizione, tu pensavi di fermarlo accelerando le nozze, e quel bastardo invece le ha annullate.- sintetizzò il nonno.

-E adesso che facciamo?- mormorò Rufy raschiando il fondo del barattolo ormai vuoto.

-Potremmo cambiare parrocchia!- risolse Garp.

-No, dovremmo rivolgerci comunque a Don Emporio.- avversò Boa.

Un energico picchiare alla porta interruppe i loro discorsi.

-Bussano.- mormorò Boa coprendosi il petto e arrossendo con fare decisamente manzoniano. -Che d’è?-

Il mastodontico Garp si avvicinò all’uscio sbarrato e, chinandosi, guardò nello spioncino.

Sorrise sornione girando la maniglia. -Forse è arrivato qualcuno che ci può aiutare.-

La porta si aprì ed entrò un frate dall’abito di iuta lungo fino ai piedi, dall’aria umile che mal s’accostava alle spalle massicce e alle mani che parevan fatte più per costruir navi che per sgranar rosari; il suo cipiglio umile e posato a volte lasciava spazio ad uno spirito guerresco che l’umiliazioni degli anni non avevan potuto spegner del tutto, mentre lassù in alto, alla stessa altezza della zazzera bianca di Garp, un gran ciuffo azzurro cielo risplendeva come il cielo terso delle mattine d’estate.

-Oh Fra’nky Stofaro!- dissero ad una voce sola Boa e Rufy. -Sia benedetto!-


Dietro le quinte...

Ritorno del cast di One Piece negli abiti dei Promessi Sposi! Scusate il ritardo (forse ho troppe storie avviate e dovrei darmi una regolata), ecco a voi il secondo capitoletto di questa sconclusionatissima storia! Grazie per aver letto, grazie per averci creduto, grazie per essere arrivati fin qui! 

A presto (forse, chi lo sa. Esami permettendo. Sicuramente ci rivedremo con questa storia!),

Yellow Canadair

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Capitolo 3
*** Un piano suuuper! ***


Un piano suuuper!

 

– Questa è una storia… – Fra’nky Stofaro estrasse una chitarra dal saio, s’accomodò di sghimbescio su una seggiola e principiò a suonar tristi note. – …molto, molto cupa… – plon plon, faceva la chitarra. – È la storia di come un carpentiere immolò il proprio cuore a Dio…–

– E chi se ne frega! – protestò Lorenzo o, come dicevan tutti, Rufy, rovistandosi nel naso alla ricerca del Santo Graal.

– Non fare il maleducato! – lo rimbeccò il nonno assestandogli un cazzotto in testa che lo piantò nel pavimento fino alle reni. – Renditi utile e va’ dal dottor Azzecca-garbugli! –

– Da chi?? –

– L’avvocato!

– E chi lo conosce?! –

– Quello che abita dietro alla banchina del fiume, ha i capelli afro e un naso che non finisce più! – rispose di malagrazia Garp. Poi sollevò il nipote e lo sbattè fuori casa. Pensò che forse sarebbe stato il caso di dargli dei capponi, come regalo all’Azzecca-garbugli, ma Rufy se li sarebbe mangiati per l strada e quindi accantonò l’idea.

– Continui, Fra’nky Stofaro. –

Lorenzo o, come dicevan tutti, Rufy, atterrò sulle terga oltre lo serbino di casa Mondella. Sospirò. Aveva fame, ma la porta era stata chiusa alle sue spalle e non aveva voglia di fronteggiare il nonno a stomaco vuoto. Decise di recarsi così a casa dell’Azzecca-garbugli, che era un grande avvocato di fama internazionale di cui parlavano tutti, in paese: si diceva che le accuse si sciogliessero da sole al suo passaggio, che i giudici gli chiedessero clemenza, che la sua toga fosse stata intessuta con le lacrime della Fata Turchina, che aveva osato frodare un suo cliente. Era stato un caso piuttosto legnoso, ma le bugie della donna avevano le gambe corte, e in aula la Fata era stata come un balocco nelle mani di un burattinaio.

Rufy così si incamminò verso la casa dell’Azzecca-garbugli.

– Venite, figliuolo. – disse l’Avvocato, e lo fece entrar con sé nello studio.

L’avvocato si ergeva fiero sul suo seggiolone a braccioli, in una stanza gremita de’ libroni, cartigli e manoscritti, e stava dietro una scrivania affollata di libelli e di gride. Il padrone di casa era in veste da camera, e aveva il naso tuffato in libri pieni di cavilli e commi.

– Siete stato fortunato a trovarmi – sorrise il dottore. – Sa… normalmente il lunedì mattina uccido i draghi nella provincia di Lecco.

– Woooow! – s’illuminò Rufy. – Sul serio? –

– Certo. – rispose solenne. – Orsù, non chiacchieriamo invano… racconterei volentieri di quando ho ucciso tre giganti colpendoli nelle pupille con delle noccioline, ma non abbiamo tempo.

– No, no, raccontate! – disse una renna dagli occhi a stellina affacciandosi alla finestra (si era al pianterreno).

– No. Se no la trama non va avanti. Sono stato minacciato dalla regia. – piagnucolò l’Azzecca-garbugli. Si accomodò meglio sullo scranno e disse: – Ditemi il fatto come sta. –

– Non mi fanno mangiare. – rispose il futuro sposo. – Il nonno aveva organizzato un banchetto bellissimo, e invece niente, non si mangia. –

L’Azzecca-garbugli aggrottò le sopracciglia e si grattò la nuca con la cima di un pennino. – Tutto qui? Soffrite di gastrite? Disturbi intestinali? O vostro nonno ci ha ripensato? –

– Dice che se non mi sposo, non mangio. –

– Ahhhhh! – sorrise l’avvocato. – Ma certo. Lei si è messo nei guai con una giovine, nevvero?

– “Messo nei guai”? –

– Lei l’ha sedotta, è evidente! Anche io sedussi tre donne contemporaneamente, una volta, a Como… –

– Ma che vuol dire?

L’Azzecca-garbugli ridacchiò. – Benedetta gente! Siete tutti così: in vece di raccontar il fatto, venite a interrogare! Giovanotto, dovete stare tranquillo: secondo la legge Dolores in causa del 1548, emanata nel Califfato di Dressrosa, “Colui che cagiona nascituro a donzella poscia siffatta, Urbis et orbis, cave canem, al costo di una comun pigione, sarà cotanto al sicuro...”

– No no no… quale nascituro? Nascituro vuol dire bambino! – protestò Rufy. – Il problema è un altro! –

L’avvocato sobbalzò.

– Il nonno non mi fa mangiare perché il curato non mi vuole sposare! –

– Oh, ma certo. Non vi sposa perché siete già sposato. – disse l’Azzecca-garbugli capendo tutto, anche se in realtà aveva travisato e non aveva capito proprio niente.

– Uhmmm… no. Non mi sposa perché Don Flamingo gli ha detto di non farlo.

– DON FLAMINGO??? DOV’È????? – urlò l’avvocato.

– Non c’è…

– NASCONDIMI! NON MI DEVE TROVARE!!! –

Rufy si accucciò sotto la scrivania per guardare il tremebondo avvocato lì dove si era nascosto.

 – Don Flamingo non è qui. Ha solo detto che non mi devo sposare. – spiegò calmo.

– CHE FAI, LO NOMINI???? –

– Scusa, ma che altro dovrei fare? Mi devo sposare con Boa Mondella, ma Don Flamingo…

– FUORI! FUORI DI QUA!!! –

L’avvocato estrasse da un cassetto della scrivania un enorme martello da diecimila tonnellate e cacciò via Renzo o, come dicevan tutti, Rufy, senza dargli modo di spiegare altro.

 

~

 

Fra’nky Stofaro si appoggiò allo stipite della modesta abitazione e sollevò i suoi occhiali da sole sulla fronte, facendo correre lo sguardo fiero per la piccola cucina.

– Buongiorno, sorellina! – disse a Boa – Mi è giunta voce che ti sia messa in un suuuper-guaio –

Il portamento ancora fiero e i modi di fare da mototeppista che emergevano timidi di tanto in tanto, tradivano il passato di quello che all’epoca era conosciuto come Fra’nky Stofaro. Colui che adesso si presentava come un umile fraticello, una volta era stato un conosciutissimo carpentiere, cresciuto nelle coorti veneziane fra i migliori costruttori di navi che andavano verso le Indie orientali.

Un giorno, camminando bel bello sul ponte di Rialto, facendosi spazio a grida e spallate tra mercanti e cortigiane, Fra’nky Stofaro, che all’epoca rispondeva al bizzarro nome di Cutty Flam, aveva incrociato per la sua via un uomo che era suo avversario, nel quartiere dell’Arsenale, nel costruire navi mercantili: parente del Doge, uomo di potere che aveva fior di manovali al suo servizio, era Iceburg, prossimo a controllare Venezia.

– Fatti da parte, Fessoburg – lo aveva apostrofato malamente il futuro frate – Abbiamo un lavoro da portare a termine e non posso perdere tempo con te e i tuoi… – aveva guardato alle spalle di Iceburg, e aveva notato una donna abbigliata in maniera succinta e vagamente anacronistica – …i tuoi scagnozzi e la tua segretaria –

– Questa è chiaramente una molestia sessuale – aveva osservato piatta la donna aggiustandosi le autoreggenti.

– Fate luogo – aveva detto severo Iceburg quando si era trovato viso a viso con Cutty Flam.

– Fate luogo voi! – aveva risposto l’altro.

I bravi de’ l’uno e dell’altro guardavano gli avversari da dietro ai rispettivi signori, impugnando le daghe pronti a dar battaglia.

Flam e Iceburg si eran gettati l’uno contro l’altro, ad armi sguainate, pronti a conquistarsi il diritto di precedenza sull’altro. Ma la squadra di Iceburg, più numerosa e più addestrata (era infatti uno squadrone di assassini professionisti, ma tale fatto era ignoto anche al loro padrone), stava per aver la meglio su Cutty Flam e sui suoi amici.

Quando uno de’ bravi di Iceburg, con ferino scatto, era saltato alle spalle di Cutty Flam come un leopardo su una gazzella, uno scudiero si era parato in difesa dell’uomo: un ragazzetto piccolo piccolo che era stato salvato anni prima da Cutty Flam dopo che era finito sotto un treno (il primo in circolazione, costruito appunto da Cutty Flam).

Una zampata del bravaccio aveva reciso il collo del ragazzino al posto di quello di Cutty Flam.

Giratosi e mirato l’orrore, Cutty aveva estratto la daga dal ventre di un avversario e l’aveva immersa in petto all’assassino.

Poi, stremato dal sangue perso durante il pugnare, era crollato in terra.

Si era svegliato due giorni dopo, nel convento francescano che era lì presso: un frate l’aveva raccolto e, per salvarlo dalla giustizia, l’aveva messo al sicuro nel monastero.

– E lì ebbi l’illuminazione – cantò Fra’nky Stofaro con un riff – Non sarei stato più un carpentiere, figlio di carpentiere, ma un frate. E presi il nome di quel ragazzo che si era sacrificato per me. –

– Già, bellissimo nome. – disse sbrigativa Boa Mondella. – Fra’nky Stofaro, un sopruso è stato consumato ai danni della mia bellezza! Si vuole impedire il mio matrimonio! –

– Chi mai osò compiere tale empietà?

– Don Flamingo. – sospirò Garp incrociando le braccia sul petto enorme.

– Non ci abbandonerà, padre? – mormorò timorata la donna.

Fra’nky Stofaro ghignò, abbassandosi gli occhiali da sole sul naso e tradendo un’indole più consona ai signorotti che spadroneggiavano nelle terre del Doge che agli umili frati raminghi. – No problem, sorella. Non abbandono una donna in questo stato!

– Ehi, a proposito! Come sapevi che avevamo bisogno di aiuto? – fece Garp.

– Beh, l’ho saputo dal maniscalco.

– Dal maniscalco? –

– E a lui l’ha detto il sacrestano. –

– Chi?

– Il sacrestano aveva parlato con Mr. Three, sapete… lui va di casa in casa a raccoglier noci e pettegolezzi.

– Mr. Three?

– È il nome in codice di Fra Galdino. – spiegò Fra’nky Stofaro. – A Galdino l’ha detto la lavandaia Tsuru, giù al vecchio mulino, che l’ha ricevuto in confidenza da…

– Da Doctrine, la perpetua di Don Emporio? – completò Boa Mondella.

– Mh… sì, ci sono forse altre due o tre persone che lo sanno, ma… sì, è partito da lei. – confermò Fra’nky Stofaro. – I segreti sono difficili da tenere… – disse grave.

– Posso uscire? – disse uno scheletro affacciandosi dall’armadio accanto alla cucina.

– NO! – rispose Boa Mondella richiudendo lo stipo con uno spettacolare calcio.

– E quello chi era? – si stupì il frate.

– Uno scheletro nell’armadio, naturalmente. – spiegò Garp. – Ma non si può perder tempo, bisogna trovare una soluzione a questo problema!

– Ce l’ho io la soluzione, fratello. Io anderò oggi a parlare a quell’uomo, a Don Flamingo. Se Dio gli tocca il cuore, e dà forza alle mie parole, bene: se no, Egli ci farà trovare qualche altro rimedio. – e qui sia il frate che Garp si fecero schioccar le nocche.

– Stasera, o domattina al più tardi, mi rivedrete. – tuonò il francescano. Si alzò in piedi e calò sugli occhi gli occhiali da sole che aveva sollevati sulla testa. Le spalle crebbero sotto lo sguardo un po’ preoccupato di Boa, diventando sfere rosse ed enormi, il torace lievitò come una rosetta nel forno, il ciuffo azzurro si allungò fino a diventare un cannone di capelli, il saio ormai era diventato un inutile fronzolo aperto sul petto, infatti si era squarciato del tutto con quella trasformazione e ora si vedevano tranquillamente le mutande nere del religioso.

– Vado. – disse Fra’nky Stofaro con voce metallica. – Scusa, Boa, potresti tener premuto il naso per due secondi? –

La giovinetta obbedì devota.

Si prega di tenere premuto per due secondi” disse una voce robotica proveniente dalla testa di Cutty Flam, e subito cominciò a cambiare l’acconciatura dei capelli.

– Ferma, questa mi piace! – disse sorridendo Fra’nky Stofaro lasciandosi due lunghe trecce. – Ci si vede, fratelli! – e sfrecciò via sfondando l’ingresso e filando via sulle gambe, che erano diventate due cingoli, cantando una splendida canzone su Como, su del liquore e su gente che veleggiava sul lago. 





Dietro le quinte...

Credo di aver lasciato appesa questa storia per due anni. Ops. Sono pigra. Sono molto pigra. Sono stati due anni intensi. Volevo aggiornare! Dico sul serio!! Ero... rimasto senza benzina! Avevo una gomma a terra! Non avevo i soldi per prendere il taxi! La tintoria non mi aveva portato il tight! C'era il funerale di mia madre!!! Era crollata la casa!! C'È STATO UN TERREMOTO! UNA TREMENDA INONDAZIONE!! LE CAVALLETTE!!!! NON È STATA COLPA MIA, LO GIURO SU DIOOO ~

Nota 1: esiste davvero Galdino nei Promessi Sposi; mi scuso con Mr. Three per non averlo inserito (è una particina ina-ina), ma almeno l'ho nominato. 

Nota 2: il verbo "anderò" è inascoltabile ma nel libro originale Fra Cristoforo dice proprio così.

Nota 3: avete riconosciuto Azzecca-garbugli? E gli sgherri di Iceburg? 

Scusatemi per gli aggiornamenti leeeeenti ç_ç non mi viene molto spesso l'ispirazione per le parodie! 

Baci,

Yellow Canadair

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