Un piano suuuper! – Questa è una storia… – Fra’nky
Stofaro estrasse una chitarra dal saio, s’accomodò di sghimbescio su una
seggiola e principiò a suonar tristi note. – …molto, molto cupa… – plon plon, faceva la chitarra. – È la
storia di come un carpentiere immolò il proprio cuore a Dio…– – E chi se ne frega! – protestò Lorenzo
o, come dicevan tutti, Rufy, rovistandosi nel naso alla ricerca del Santo
Graal. – Non fare il maleducato! – lo rimbeccò
il nonno assestandogli un cazzotto in testa che lo piantò nel pavimento fino
alle reni. – Renditi utile e va’ dal dottor Azzecca-garbugli! – – Da chi?? – – L’avvocato! – E chi lo conosce?! – – Quello che abita dietro alla
banchina del fiume, ha i capelli afro e un naso che non finisce più! – rispose
di malagrazia Garp. Poi sollevò il nipote e lo sbattè fuori casa. Pensò che
forse sarebbe stato il caso di dargli dei capponi, come regalo
all’Azzecca-garbugli, ma Rufy se li sarebbe mangiati per l strada e quindi
accantonò l’idea. – Continui, Fra’nky Stofaro. – Lorenzo o, come dicevan tutti, Rufy,
atterrò sulle terga oltre lo serbino di casa Mondella. Sospirò. Aveva fame, ma
la porta era stata chiusa alle sue spalle e non aveva voglia di fronteggiare il
nonno a stomaco vuoto. Decise di recarsi così a casa dell’Azzecca-garbugli, che
era un grande avvocato di fama internazionale di cui parlavano tutti, in paese:
si diceva che le accuse si sciogliessero da sole al suo passaggio, che i
giudici gli chiedessero clemenza, che la sua toga fosse stata intessuta con le
lacrime della Fata Turchina, che aveva osato frodare un suo cliente. Era stato
un caso piuttosto legnoso, ma le bugie della donna avevano le gambe corte, e in
aula la Fata era stata come un balocco nelle mani di un burattinaio. Rufy così si incamminò verso la
casa dell’Azzecca-garbugli. – Venite, figliuolo. – disse l’Avvocato,
e lo fece entrar con sé nello studio. L’avvocato si ergeva fiero sul suo
seggiolone a braccioli, in una stanza gremita de’ libroni, cartigli e
manoscritti, e stava dietro una scrivania affollata di libelli e di gride. Il
padrone di casa era in veste da camera, e aveva il naso tuffato in libri pieni
di cavilli e commi. – Siete stato fortunato a trovarmi –
sorrise il dottore. – Sa… normalmente il lunedì mattina uccido i draghi nella
provincia di Lecco. – Woooow! – s’illuminò Rufy. – Sul
serio? – – Certo. – rispose solenne. – Orsù,
non chiacchieriamo invano… racconterei volentieri di quando ho ucciso tre
giganti colpendoli nelle pupille con delle noccioline, ma non abbiamo tempo. – No, no, raccontate! – disse una
renna dagli occhi a stellina affacciandosi alla finestra (si era al
pianterreno). – No. Se no la trama non va avanti.
Sono stato minacciato dalla regia. – piagnucolò l’Azzecca-garbugli. Si accomodò
meglio sullo scranno e disse: – Ditemi il fatto come sta. – – Non mi fanno mangiare. – rispose
il futuro sposo. – Il nonno aveva organizzato un banchetto bellissimo, e invece
niente, non si mangia. – L’Azzecca-garbugli aggrottò le
sopracciglia e si grattò la nuca con la cima di un pennino. – Tutto qui?
Soffrite di gastrite? Disturbi intestinali? O vostro nonno ci ha ripensato? – – Dice che se non mi sposo, non
mangio. – – Ahhhhh! – sorrise l’avvocato. –
Ma certo. Lei si è messo nei guai con una giovine, nevvero? – “Messo nei guai”? – – Lei l’ha sedotta, è evidente!
Anche io sedussi tre donne contemporaneamente, una volta, a Como… – – Ma che vuol dire? L’Azzecca-garbugli ridacchiò. –
Benedetta gente! Siete tutti così: in vece di raccontar il fatto, venite a
interrogare! Giovanotto, dovete stare tranquillo: secondo la legge Dolores in causa del 1548, emanata nel
Califfato di Dressrosa, “Colui che
cagiona nascituro a donzella poscia siffatta, Urbis et orbis, cave canem, al
costo di una comun pigione, sarà cotanto al sicuro...” – No no no… quale nascituro?
Nascituro vuol dire bambino! – protestò Rufy. – Il problema è un altro! – L’avvocato sobbalzò. – Il nonno non mi fa mangiare
perché il curato non mi vuole sposare! – – Oh, ma certo. Non vi sposa perché
siete già sposato. – disse l’Azzecca-garbugli capendo tutto, anche se in realtà
aveva travisato e non aveva capito proprio niente. – Uhmmm… no. Non mi sposa perché
Don Flamingo gli ha detto di non farlo. – DON FLAMINGO??? DOV’È????? – urlò
l’avvocato. – Non c’è… – NASCONDIMI! NON MI DEVE
TROVARE!!! – Rufy si accucciò sotto la scrivania
per guardare il tremebondo avvocato lì dove si era nascosto. – Don Flamingo non è qui. Ha solo detto che
non mi devo sposare. – spiegò calmo. – CHE FAI, LO NOMINI???? – – Scusa, ma che altro dovrei fare?
Mi devo sposare con Boa Mondella, ma Don Flamingo… – FUORI! FUORI DI QUA!!! – L’avvocato estrasse da un cassetto
della scrivania un enorme martello da diecimila tonnellate e cacciò via Renzo
o, come dicevan tutti, Rufy, senza dargli modo di spiegare altro. ~ Fra’nky Stofaro si appoggiò allo
stipite della modesta abitazione e sollevò i suoi occhiali da sole sulla
fronte, facendo correre lo sguardo fiero per la piccola cucina. – Buongiorno, sorellina! – disse a
Boa – Mi è giunta voce che ti sia messa in un suuuper-guaio – Il portamento ancora fiero e i modi
di fare da mototeppista che emergevano timidi di tanto in tanto, tradivano il
passato di quello che all’epoca era conosciuto come Fra’nky Stofaro. Colui che
adesso si presentava come un umile fraticello, una volta era stato un
conosciutissimo carpentiere, cresciuto nelle coorti veneziane fra i migliori
costruttori di navi che andavano verso le Indie orientali. Un giorno, camminando bel bello sul
ponte di Rialto, facendosi spazio a grida e spallate tra mercanti e cortigiane,
Fra’nky Stofaro, che all’epoca rispondeva al bizzarro nome di Cutty Flam, aveva
incrociato per la sua via un uomo che era suo avversario, nel quartiere
dell’Arsenale, nel costruire navi mercantili: parente del Doge, uomo di potere
che aveva fior di manovali al suo servizio, era Iceburg, prossimo a controllare
Venezia. – Fatti da parte, Fessoburg – lo aveva
apostrofato malamente il futuro frate – Abbiamo un lavoro da portare a termine
e non posso perdere tempo con te e i tuoi… – aveva guardato alle spalle di
Iceburg, e aveva notato una donna abbigliata in maniera succinta e vagamente
anacronistica – …i tuoi scagnozzi e la tua segretaria – – Questa è chiaramente una molestia
sessuale – aveva osservato piatta la donna aggiustandosi le autoreggenti. – Fate luogo – aveva detto severo
Iceburg quando si era trovato viso a viso con Cutty Flam. – Fate luogo voi! – aveva risposto
l’altro. I bravi de’ l’uno e dell’altro
guardavano gli avversari da dietro ai rispettivi signori, impugnando le daghe
pronti a dar battaglia. Flam e Iceburg si eran gettati
l’uno contro l’altro, ad armi sguainate, pronti a conquistarsi il diritto di
precedenza sull’altro. Ma la squadra di Iceburg, più numerosa e più addestrata
(era infatti uno squadrone di assassini professionisti, ma tale fatto era
ignoto anche al loro padrone), stava per aver la meglio su Cutty Flam e sui
suoi amici. Quando uno de’ bravi di Iceburg,
con ferino scatto, era saltato alle spalle di Cutty Flam come un leopardo su
una gazzella, uno scudiero si era parato in difesa dell’uomo: un ragazzetto
piccolo piccolo che era stato salvato anni prima da Cutty Flam dopo che era
finito sotto un treno (il primo in circolazione, costruito appunto da Cutty
Flam). Una zampata del bravaccio aveva
reciso il collo del ragazzino al posto di quello di Cutty Flam. Giratosi e mirato l’orrore, Cutty aveva
estratto la daga dal ventre di un avversario e l’aveva immersa in petto all’assassino.
Poi, stremato dal sangue perso
durante il pugnare, era crollato in terra. Si era svegliato due giorni dopo,
nel convento francescano che era lì presso: un frate l’aveva raccolto e, per
salvarlo dalla giustizia, l’aveva messo al sicuro nel monastero. – E lì ebbi l’illuminazione – cantò
Fra’nky Stofaro con un riff – Non sarei stato più un carpentiere, figlio di
carpentiere, ma un frate. E presi il nome di quel ragazzo che si era
sacrificato per me. – – Già, bellissimo nome. – disse sbrigativa
Boa Mondella. – Fra’nky Stofaro, un sopruso è stato consumato ai danni della
mia bellezza! Si vuole impedire il mio matrimonio! – – Chi mai osò compiere tale
empietà? – Don Flamingo. – sospirò Garp
incrociando le braccia sul petto enorme. – Non ci abbandonerà, padre? –
mormorò timorata la donna. Fra’nky Stofaro ghignò,
abbassandosi gli occhiali da sole sul naso e tradendo un’indole più consona ai
signorotti che spadroneggiavano nelle terre del Doge che agli umili frati
raminghi. – No problem, sorella. Non abbandono una donna in questo stato! – Ehi, a proposito! Come sapevi che
avevamo bisogno di aiuto? – fece Garp. – Beh, l’ho saputo dal maniscalco. – Dal maniscalco? – – E a lui l’ha detto il sacrestano.
– – Chi? – Il sacrestano aveva parlato con
Mr. Three, sapete… lui va di casa in casa a raccoglier noci e pettegolezzi. – Mr. Three? – È il nome in codice di Fra
Galdino. – spiegò Fra’nky Stofaro. – A Galdino l’ha detto la lavandaia Tsuru,
giù al vecchio mulino, che l’ha ricevuto in confidenza da… – Da Doctrine, la perpetua di Don
Emporio? – completò Boa Mondella. – Mh… sì, ci sono forse altre due o
tre persone che lo sanno, ma… sì, è partito da lei. – confermò Fra’nky Stofaro.
– I segreti sono difficili da tenere… – disse grave. – Posso uscire? – disse uno
scheletro affacciandosi dall’armadio accanto alla cucina. – NO! – rispose Boa Mondella
richiudendo lo stipo con uno spettacolare calcio. – E quello chi era? – si stupì il
frate. – Uno scheletro nell’armadio,
naturalmente. – spiegò Garp. – Ma non si può perder tempo, bisogna trovare una
soluzione a questo problema! – Ce l’ho io la soluzione,
fratello. Io anderò oggi a parlare a quell’uomo, a Don Flamingo. Se Dio gli
tocca il cuore, e dà forza alle mie parole, bene: se no, Egli ci farà trovare
qualche altro rimedio. – e qui sia il frate che Garp si fecero schioccar le
nocche. – Stasera, o domattina al più
tardi, mi rivedrete. – tuonò il francescano. Si alzò in piedi e calò sugli
occhi gli occhiali da sole che aveva sollevati sulla testa. Le spalle crebbero
sotto lo sguardo un po’ preoccupato di Boa, diventando sfere rosse ed enormi,
il torace lievitò come una rosetta nel forno, il ciuffo azzurro si allungò fino
a diventare un cannone di capelli, il saio ormai era diventato un inutile fronzolo
aperto sul petto, infatti si era squarciato del tutto con quella trasformazione
e ora si vedevano tranquillamente le mutande nere del religioso. – Vado. – disse Fra’nky Stofaro con
voce metallica. – Scusa, Boa, potresti tener premuto il naso per due secondi? –
La giovinetta obbedì devota. “Si
prega di tenere premuto per due secondi” disse una voce robotica
proveniente dalla testa di Cutty Flam, e subito cominciò a cambiare l’acconciatura
dei capelli.
– Ferma, questa mi piace! – disse
sorridendo Fra’nky Stofaro lasciandosi due lunghe trecce. – Ci si vede,
fratelli! – e sfrecciò via sfondando l’ingresso e filando via sulle gambe, che
erano diventate due cingoli, cantando una splendida canzone su Como, su del
liquore e su gente che veleggiava sul lago.
Dietro le quinte... Credo di aver lasciato appesa questa storia per due anni. Ops. Sono pigra. Sono molto pigra. Sono stati due anni intensi. Volevo aggiornare! Dico sul serio!! Ero... rimasto senza benzina! Avevo una gomma a terra! Non avevo i soldi per prendere il taxi! La tintoria non mi aveva portato il tight! C'era il funerale di mia madre!!! Era crollata la casa!! C'È STATO UN TERREMOTO! UNA TREMENDA INONDAZIONE!! LE CAVALLETTE!!!! NON È STATA COLPA MIA, LO GIURO SU DIOOO ~ Nota 1: esiste davvero Galdino nei Promessi Sposi; mi scuso con Mr. Three per non averlo inserito (è una particina ina-ina), ma almeno l'ho nominato. Nota 2: il verbo "anderò" è inascoltabile ma nel libro originale Fra Cristoforo dice proprio così. Nota 3: avete riconosciuto Azzecca-garbugli? E gli sgherri di Iceburg? Scusatemi per gli aggiornamenti leeeeenti ç_ç non mi viene molto spesso l'ispirazione per le parodie!
Baci, Yellow Canadair
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