Do you remember summer of '13?

di NobodyCompares03
(/viewuser.php?uid=405152)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Welcome to Heatherfield (Benvenuti a Heatherfield) ***
Capitolo 3: *** Zayn is an idiot! (Zayn è un idiota!) ***
Capitolo 4: *** Calls (Chiamate) ***
Capitolo 5: *** That's Allison! (Questa è Allison!) ***
Capitolo 6: *** SMS (SMS) ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Do you remember summer of '13?



Image and video hosting by TinyPic



Prologo


Spiaggia di Heatherfield.
Il sole stava tramontando.
Ancora qualche minuto e sarebbe completamente sparito dietro l’orizzonte, punto in cui sembra che cielo e mare s’incontrino.
L’azzurro della volta celeste era mischiato all’arancio, e qualche nuvoletta bianca rendeva la visione ancora più romantica.
Le onde del mare erano sospinte da un leggero venticello: alcune si infrangevano contro gli scogli, altre invece arrivavano fino alla riva, causando in entrambi i casi un rumore leggero e piacevole.
Alcuni gabbiani volavano a qualche metro dall’acqua, probabilmente alla ricerca di qualche pesciolino da divorare.
Anche i piccioni, muovendosi goffamente sulla sabbia che si era ormai raffreddata, stavano cercando qualcosa da mangiare.
Una sola parola avrebbe potuto descrivere quel paesaggio: meraviglioso.
Era infatti la perfetta immagine della tranquillità, della bellezza e della serenità.
Ed era proprio su quella spiaggia ormai deserta che loro, Nicole e Zayn, stavano passeggiando: il braccio di lui circondava le spalle di lei, che a sua volta aveva portato un braccio dietro la schiena del ragazzo.
Nonostante stessero camminando da una mezz’oretta buona, a loro sembrava fossero passati solo pochissimi minuti da quando avevano finito il proprio turno di lavoro e deciso di restare lì ancora per un po’, sulla spiaggia dove tutto aveva avuto inizio, sulla spiaggia dove si erano innamorati.
“Zayn, fermiamoci un attimo. Sono stanca.” Si lamentò lei, sbuffando e abbracciando il ragazzo moro. Affondò poi il viso nell’incavo del suo collo, annusando il suo profumo dolce.
Zayn le cinse la schiena con le braccia, lasciandole un delicato bacio sui capelli, che avevano il profumo salmastro del mare.
“Nicole, sei una sfaticata.” Proferì lui scherzosamente.
Lei fece spallucce e si lasciò cullare dal ragazzo, che cominciò ad intonare una canzone, recitando la parte del cantante romantico.
‘Cause everytime we touch, I get this feeling, and everytime we kiss, I swear I can fly …’
“Ma che bravo! Senti, però non ho soldi e non posso farti la carità, quindi dovrai chiedere l’elemosina a qualcun altro.” Disse Nicole una volta che Zayn ebbe finito di cantare ‘Everytime we touch’ di Cascada.
Lui sciolse immediatamente l’abbraccio, fissando la ragazza dinanzi a sé con un’espressione fintamente offesa dipinta in volto.
Incrociò le braccia al petto, e prima di parlare inarcò un sopracciglio.
“Ma sentila! Io le canto una canzone romantica e lei mi prende in giro paragonandomi ad un povero musicante che cerca di guadagnarsi da vivere con la sua arte!”
Nicole rise, dandogli delle pacche – o meglio schiaffoni – sulla schiena.
“Eddai Malik, dov’è finito il tuo senso dell’umorismo?” Lo prese ancora in giro lei.
Zayn, per tutta risposta, la prese in braccio e si avviò verso la riva del mare.
“Zayn no! L’acqua no! Eccheccazzo mi sono appena fatta la doccia, non buttarmi in mare porca vacca, no! Zayn no!!”
Il ragazzo ignorò le proteste di Nicole, che si stava agitando come un’anguilla per cercare di liberarsi.
Tuttavia non ci riuscì, e alla fine Zayn riuscì a gettarla in acqua, ridendo poi di gusto.
Nicole imprecò mentalmente in dieci lingue diverse, e quando riemerse dovette reprimere il desiderio di prendere Zayn per i capelli, staccargli la testa a morsi e lanciarla lontano, a largo, così qualche pescecane avrebbe potuto placare la sua fame.
D’altronde erano le 20:30 e per gli umani era quasi ora di cena: magari lo era anche per i pesci, no?
“Razza di idiota!” Sbottò lei, avvicinandosi a lui goffamente, desiderando solo di graffiargli la pelle ambrata con le sue unghie belle lunghe.
Zayn le bloccò le mani prima che potesse usarle per fargli chissà cosa, e la guardò divertito. “Dov’è finito il tuo senso dell’umorismo?” La riprese lui, schioccando la lingua sotto al palato.
Nicole sbuffò, fissandolo truce. “Non lo so. Quel che è certo è che la tua testa tra poco finirà nell’intestino di qualche belva marina.” Sibilò poi, con tono di voce spaventosamente serio.
Zayn spalancò gli occhi, fingendosi spaventato e sconvolto dalle sue parole.
“Ohmmerda! Va bene, ma prima voglio fare una cosa …”
E detto questo, la strinse a sé e la baciò dolcemente. Lei gli morse le labbra, poi sorrise lievemente e ricambiò il bacio, accarezzandogli i capelli scuri.
Si sentiva così felice e spensierata, quando Zayn era al suo fianco.
Era un idiota, certo, ma quell’idiota le aveva rubato il cuore, l’aveva fatta innamorare senza darle il tempo di rendersene conto.
E lo stesso valeva per lui, che prima di incontrare lei, quasi dubitava dell’esistenza dell’amore.
Approfittando del momento di distrazione del ragazzo, Nicole gli diede una spinta non tanto leggera e lo fece cadere completamente in acqua. Rise soddisfatta della sua piccola vendetta: ci aveva riflettuto bene, e alla fine aveva constatato che staccargli la testa e farla finire nella fauci di chissà quale pesce, magari feroce, gigante e puzzolente, sarebbe stato troppo crudele.
Zayn riemerse, scuotendo i capelli e sistemandoseli alla meno peggio.
Nicole lo guardò con un sorriso vittorioso dipinto in volto, inarcando un sopracciglio.
Il ragazzo però, invece di urlarle contro come aveva fatto lei, la prese in braccio, baciandola per l’ennesima volta.
Nicole intrecciò le gambe al suo bacino: entrambi avevano il cuore che batteva a mille, entrambi sentivano le farfalle allo stomaco e i brividi attraversare i loro corpi, entrambi avevano perso la cognizione del tempo e dello spazio.
Pian piano, Zayn camminò fino ad uscire dall’acqua, senza smettere di baciare Nicole.
Non appena la fece sdraiare sulla sabbia, sussultò a causa della voce stridula di lei.
“Ma razza di coglione! Che cazzo mi metti a fare sulla sabbia? Sono bagnata, è ovvio che poi mi si attacca addosso, ignorante! Prima mi butti in acqua e poi mi posi sulla sabbia, sei un idiota al quadrato allora, oh! Ma dico io, non …”
Nicole non terminò la frase a causa delle labbra di Zayn fiondatesi ancora sulle sue, per la terza volta nel giro di pochi minuti.
La ragazza si dimenticò subito di tutto e chiuse gli occhi, godendosi le labbra del moro sulle sue.
Quando le mani di Zayn le accarezzarono le cosce lasciate scoperte dai pantaloncini, Nicole scattò per l’ennesima volta.
“E no eh, allora sei un idiota al cubo! Non mi devi sporcare di sabbia, scemo!” Zayn rise, scuotendo la testa: era bellissimo quando rideva in quel modo.
La stessa cosa pensò la ragazza, che sospirò divertita, afferrandogli poi il viso con entrambe le mani e fiondandosi velocemente sulle sue labbra, con passione e desiderio.
Scherzare con lui era una delle cose che più amava fare.
Era sera, ormai. I telefonini vibravano nelle tasche delle loro borse, precedentemente abbandonate sulla sabbia, ma Zayn e Nicole erano talmente presi l’uno dall’altra da non accorgersene.
Tuttavia, anche se si fossero resi conto del fatto che qualcuno li stesse chiamando, non avrebbero comunque risposto.
Volevano infatti godersi al meglio ogni singolo secondo che avevano a disposizione per stare insieme, perché in fondo sapevano benissimo entrambi quale sarebbe stato il loro destino.
E mentre si accarezzavano e baciavano con estrema dolcezza, una stella cadente solcò il cielo stellato: Zayn e Nicole non stavano fissando la volta celeste e quindi non se ne accorsero, ma se l’avessero vista, avrebbero espresso quasi sicuramente lo stesso desiderio: restare insieme, per sempre.




Note dell'autrice.


Rieccomi tornata con quest'altro "capolavoro", che come avete sicuramente notato è una long. :P
Non so se sarò in grado di scriverla decentemente, ma in ogni caso ci proverò.
Questo è solo il prologo, il primo capitolo dovrei postarlo in questi giorni. (Ovviamente sarà molto più lungo).
Fatemi comunque sapere cosa ne pensate e se la trama e il prologo stesso vi ispirano, mi farebbe molto piacere leggere le vostre opinioni a riguardo! ^^
Ci tengo inoltre a precisare alcune cose:
1) 'Heatherfield', nella mia storia, è una cittadina a sud dell'Inghilterra, inventata da me. In ogni caso non so se esiste davvero un posto che si chiami così: il nome l'ho preso da un fumetto che leggevo quando ero piccola. :)
2) Il prologo è scritto in terza persona, ma i capitoli saranno scritti in prima persona e ci saranno sia pov Nicole che pov Zayn.
3) Scusate se il banner non è perfetto, ma l'ho fatto io e... e vabbè, non sono buona in questo genere di cose, penso l'abbiate capito. :P
Insomma, si fa quel che si può. u.u
Vi lascio il mio account twitter, @RockMe06, e la mia One Shot My heart knew you'd come back.
Se vi fa piacere, passate a leggerla. :D
Va bien, vi ho rotto abbastanza. Cx
Me ne vo.
A presto, e un bacio a chiunque sprecherà il suo tempo leggendo le mie storie! :P
Veronica

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Welcome to Heatherfield (Benvenuti a Heatherfield) ***


Image and video hosting by TinyPic



Capitolo 1
Welcome to Heatherfield






Londra.
In quella calda mattina di inizio giugno, temevo seriamente che stesse per venirmi una crisi di nervi.
In effetti, oltre al fatto che dovevo ancora finire di preparare le valigie, partecipava al progetto ‘Facciamo esasperare la povera Nicole’ anche mio padre, che non la smetteva di telefonarmi. Non pensavo si potesse essere scemi fino a quel punto: per la miseria, avevo capito che mi sarebbe venuto a prendere lui alla stazione di Heatherfield, non c’era bisogno di ricordarmi ogni cinque minuti che era opportuno lo telefonassi tre fermate prima, per far sì che lui arrivasse in tempo! Giurai solennemente che se avesse chiamato per l’ennesima volta, l’avrei mandato letteralmente a fanculo. In una lingua inventata da me, ovvio, ma sarebbe comunque stata una bella soddisfazione.
Insomma, se pensava che la figlia, in quanto a stupidità, avesse preso da lui, si sbagliava di grosso.
“Nicole, mi mancherai tantoooooooo” Questa stupidissima frase, era diventata la preferita del mio fratellino di otto anni, negli ultimi giorni.
Oh, piccolo marmocchio, tu e i tuoi dispetti non mi mancherete per nulla, invece.
“Anche tu mi mancherai, tesoro di Nicole.” Dissi in tono leggermente ironico.
Beh, più che altro erano i suoi dispetti che non mi sarebbero mancati, ma lui…
Vabbè, dovevo sbrigarmi e finire di prepararmi entro le 10:00, o altrimenti, da brava deficiente qual ero, avrei perso il treno. Ogni anno era la stessa storia: da quando mia madre e mio padre avevano divorziato, tre anni prima, lui era andato a vivere a Heatherfield, città in cui era nato e vissuto e dove vivevano i suoi genitori, ossia i miei nonni.
Ed io, puntualmente, andavo a passare le vacanze da lui, perché il posto non era male e c’erano anche il mare e la spiaggia.
Mentre osservavo il contenuto della mia borsa, per valutare se ci fosse tutto e accettarmi che non avessi scordato nulla, il campanello suonò. Gonfiai le guance, per poi buttare fuori l’aria e sbuffare, inviperita.
Ma chi cacchio era il coglione o la cogliona che rompeva le palle a quell’ora del mattino?
“Nicole, rispondi tu per favore?” La voce di mia madre proveniva dal bagno, nel quale lei si era chiusa da dieci minuti buoni.
Cavolo, a quella donna avrebbero dovuto dare il primato per le urinate più lunghe del mondo!
Fanculo anche a lei! Non poteva alzare il suo di dietro dal gabinetto, uscire e andare a rispondere al citofono? No, non poteva, doveva pensarci un’isterica e inacidita Nicole, alle prese con i suoi bagagli tra l’altro. Mi avvicinai al citofono camminando come un dinosauro incazzato, e dopo aver fatto un profondo respiro per calmarmi, mi decisi a rispondere.
“Chi è?” Chiesi, rendendomi conto un secondo dopo di non essere riuscita a mascherare tanto bene l’isteria di quella mattina.
“Nicole, sono io, Margaret. Ti dispiacerebbe aprirmi?”
Minchia, era quella stupida e rompiballe vecchia che abitava nel palazzo accanto al mio!
Come minimo, mi avrebbe riempita di schifosissimi baci, magari facendo uno dei suoi barbosi discorsi sul tempo e la vita, e mi avrebbe fatto tantissime raccomandazioni, battendo forse il record di quell’altro ignorante di mio padre.
Ma santo cielo, sapeva da giorni che dovevo partire proprio quella mattina, perché non era passata a salutarmi nei giorni precedenti?
Bah! Come poteva andar peggio di così?
“Ma certo che no signora Margaret, la apro subito.” Risposi io, con tono di voce cordiale, zuccheroso e… falso.
“Nicole, chi è?” Urlò mia madre dal bagno.
“La signora Margaret” Risposi, andando ad aprire la porta dell’appartamento.
Non c’era bisogno che scendessi giù per aiutarla a salire le scale, avrebbe preso l’ascensore.
Non feci neanche in tempo a sedermi sul divano, che dovetti alzarmi infuriata per andare a prendere il telefonino sul tavolo, che aveva iniziato a squillare nuovamente.
Dando per scontato che si trattasse nuovamente di mio padre, risposi scaturendo finalmente tutta la mia rabbia.
“Ma papà, si può sapere che cavolo vuoi? Ho capito che devo chiamarti tre fermate prima e che vieni tu a prendermi alla stazione, non c’è bisogno di ripetermelo ogni tre minuti! Non sono scema, non sono stupida, sono dotata di un cervello abbastanza buono per fortuna! Perché non pensi di ringraziare Dio per averti dato una figlia intelligente, invece di ripetere sempre le stesse cose? Si, dai, vai a pregare un po’! E basta caz… per favore!”
“Ehm… Buongiorno signorina. Sono Hope, una dipendente del negozio ‘Make up and Beauty’. Mi è stato consegnato questo numero dalla signora Anderson, la quale qualche giorno fa ha ordinato tre pacchi di matite per occhi e un profumo. Volevo cordialmente comunicarle che i prodotti sono arrivati, e che possono essere ritirati in qualsiasi momento.”
Madonna, che figura di merda avevo fatto! Altro che mio padre, era la dipendente del negozio nel quale quell’idiota di mia madre andava a comprare i cosmetici! Ma perché aveva dato a quella Hope il mio numero di telefonino?!
“Mi scusi signora Hope. Glielo comunicherò appena posso, grazie per aver avvisato.”
Detto questo, chiusi la chiamata, massaggiandomi le tempie per cercare di rilassarmi un pochino.
“Nicole, c’è la signora Margaret che vorrebbe salutarti!” Proferì allegramente mia madre, entrando in cucina.
Era a braccetto con la vecchia e mi stava chiaramente comunicando con lo sguardo di essere gentile nei suoi confronti.
Sorrisi cortesemente, invitando la signora a sedersi.
“Cara, come passa il tempo vero? E’ di nuovo giugno, un altro anno è passato, tu sei sempre più grande e bella e stai partendo un’altra volta. Eh tesoro mio, stai attenta durante il viaggio, perché il mondo è cattivo…” Annuii distrattamente per tutto il tempo che durò il suo monologo.
Dio quanto era noiosa, non faceva altro che ripetere le stesse cose!
Quando finalmente se ne andò, feci un respiro di sollievo e mi affrettai a prendere le ultime cose da mettere in valigia.
Quando ebbi finalmente finito, sorrisi soddisfatta e guardai l’orologio, che segnava le 9:30. Bene, per una volta tanto, non avrei fatto ritardo.
“Arf, Arf! Whof, whof!” Guardai in basso, verso la direzione dalla quale provenivano quei suoni.
Casper, il mio bellissimo barboncino bianco di appena 8 mesi, mi guardava scodinzolando. Misi il labbro inferiore all’infuori, intenerita da quel piccolo essere, che era morbido, peloso e giocherellone.
Mi abbassai tanto quanto bastava per prenderlo in braccio, e lo strinsi a me dolcemente.
“Piccolino, mi mancherai tantissimissimo. Fai il bravo cagnolino, mi raccomando, io tornerò presto presto.”
La mia voce era infantile, sciocca e ridicola. Insomma, la tipica voce da ritardati mentali che fa capolino ogni volta che si parla ad un cucciolo di cane, gatto o quel che sia.
Rimisi a terra Casper, che subito si affrettò a raggiungere la sua ciotola piena d’acqua. Feci una smorfia stranita: lo stavo davvero per soffocare?
Feci spallucce tra me e me, poi presi i miei bagagli e li portai fuori la porta d’ingresso.
“Mamma, andiamo?”
In quell’esatto momento, uscirono mia madre e mio fratello dall’appartamento.
“Si, andiamo.” Rispose lei.



*****




Per tutto il viaggio in auto, non feci altro che guardare fuori dal finestrino, lasciando che il vento mi accarezzasse il viso e chiedendomi se quell’estate avrebbe portato qualche novità nella mia monotona vita.
Avevo diciotto anni, avevo finito la scuola e non avevo intenzione di iscrivermi al college: più che altro mi sarebbe piaciuto avere un negozio tutto mio, nel quale mi sarei occupata di estetica, trucco e beauty.
Sapevo che ero troppo giovane per occuparmi di un’attività tutta mia, però: al momento, dovevo limitarmi ad aspettare settembre e vedere se qualcuno mi avesse assunta come dipendente in una profumeria o qualche negozio.
Quando arrivammo alla stazione, feci il biglietto e lasciai che mia madre mi aiutasse a portare sul treno le mie valigie.
“Allora, mi raccomando. Stai attenta, chiama tuo padre e chiama pure me quando arrivi. Stai attenta e non dare confidenza a nessuno, capito? Fammi stare tranquilla Nicole, sai che mi fido di te. Comportati bene, intesi?”
Mia madre cercò di assumere un tono fermo e serio, ma ciononostante riuscii benissimo a cogliere il tremolio nella sua voce.
Conoscendola, di lì a poco sarebbe scoppiata a piangere. Sospirai, abbracciandola calorosamente.
“Non ti preoccupare, farò la brava.”
Mi staccai, pizzicando poi giocosamente le guancie di Andrew, il mio fratellino.
“Ci vediamo presto, piccolo mostriciattolo.” Sussurrai prima di abbracciarlo affettuosamente.
Terminati i momenti dei saluti, entrai in treno, occupando l’unico posto rimasto in quel vagone.
Mi girai per dare una rapidissima occhiata al mio vicino di posto.
Deglutii leggermente, sgranando gli occhi.
Era un tizio piuttosto strano, sui quarant’anni forse: pelle scura, aspetto trasandato, labbro inferiore leggermente all’infuori, espressione da rincoglionito, occhi fissi su un punto non precisato del vagone e barba incolta.
Ma stava bene?
Ne dubitai seriamente quando dalla sua bocca iniziarono ad uscire versi incomprensibili. Ma parlava con me?
“Mi scusi, parla con me?” Sussurrai piano.
L’uomo non si scompose minimamente, e continuò a mormorare chissà cosa.
Feci spallucce, prendendo l’Ipod dalla borsa e iniziando a slegare le cuffie, che si attorcigliavano sempre.
Minchia, quell’uomo puzzava terribilmente… Dio, fa che scenda alla fermata successiva, non voglio avere la sua puzza sotto al mio povero naso per sette ore di viaggio… Le mie preghiere, però, furono inutili. Fermata dopo fermata, infatti, quella specie di barbone non si decideva a scendere.
Sbuffai esasperata: vuoi vedere che mi sarebbe toccato averlo accanto per tutto il resto del viaggio?
La cosa era probabile visto che la sfiga, con me, raggiungeva quote impressionanti.

Dopo sei ore e mezza di viaggio –con la compagnia di un tizio strano e puzzolente tra l’altro- ero letteralmente distrutta.
Non potevo addormentarmi, però, altrimenti avrei preso sonno e il treno avrebbe proseguito la sua corsa, portandomi chissà dove.
Questi si fermò per l’ennesima volta: notando che quella era la terzultima fermata prima della mia, presi il cellulare e composi il numero di mio padre.
Uno squillo. Due. Tre. Quattro. Cinque. Segreteria. Fanculo, oh!
Ricomposi il numero ancora una volta, e finalmente mio padre rispose.
“Nicole, tutto bene? Dove sei? Sei arrivata? Ti devo venire a prendere?”
“Papà zitto! Per favore…” Mi affrettai ad aggiungere, appena notai di essere stata troppo brusca. “Allora, tutto bene, sono in treno, alla terzultima fermata. Ancora non sono arrivata, ma tu puoi già avviarti per venirmi a prendere, ok?”
Mio padre mi rimproverò per la mia mancanza di buone maniere, poi disse che sarebbe arrivato alla stazione di lì a poco.
Chiusi la chiamata, e mi sentii immediatamente felice: mio padre mi era davvero mancato, non vedevo l’ora di riabbracciarlo.
Naturalmente anche i miei nonni mi erano mancati, ed era inutile dire che non vedevo l’ora di riabbracciare anche loro.
Quando finalmente il treno arrivò alla mia fermata, mi affrettai a scendere, impaziente di vedere mio padre e di respirare finalmente aria… profumata.
“Papà!” Urlai, saltandogli praticamente addosso e lasciando che le valigie cadessero a terra.
Mio padre mi strinse a sé a sua volta, accarezzandomi i capelli.
“Nicole, quanto sei cresciuta! Diventi sempre più bella e… scostumata.” Disse ridacchiando.
Alzai gli occhi al cielo, sciogliendo l’abbraccio.
“Io invece vedo che sei… invecchiato.” Proferii con molta nonchalance, strofinando pollice e indice sul mento, con fare intellettuale.
In realtà, però, non era cambiato di una virgola, ma sapevo benissimo quanto lo irritasse sentirsi dire che era invecchiato.
E in effetti, corrugò la fronte, incrociando le braccia al petto.
Risi divertita, dandogli una pacca sulla spalla.
“Eddai papi, stavo scherzando!”
Lui sospirò scuotendo la testa, poi prese i miei bagagli e li portò in macchina.
Avevo sempre avuto un rapporto bellissimo con mio padre, e quando aveva deciso di tornare a vivere a Heatherfield con i nonni, ci ero rimasta letteralmente di merda.
Salii in macchina, accendendo lo stereo. Incredibile, aveva ancora il CD contenente le canzoni italiane degli anni ’60!
Pessimi gusti, a mio parere. Sbuffai, togliendo il CD e sintonizzandomi su una radio qualsiasi.

Una volta arrivati fuori al palazzo in cui si trovava l’appartamento, scesi dalla macchina e presi i bagagli più leggeri, precipitandomi all’interno della struttura.
Entrai in ascensore con mio padre, e quando finalmente arrivammo al decimo piano, mi affrettai a raggiungere la porta dell’appartamento in cui mio padre e i miei nonni vivevano.
Prima di suonare il campanello, mi resi conto che, dall’interno, proveniva musica House.
Si, i miei nonni erano dei tipi piuttosto moderni e… bizzarri.
“Suona il campanello.” Disse mio padre alle mie spalle. Sorrisi tra me e me e poi lo suonai minimo dieci volte di seguito, come facevo sempre quando ero piccola, in quei pochi giorni in cui io e miei genitori ci recavamo lì a Heatherfield per venire a trovare i nonni.
“Nicole, smettila!” Mi rimproverò mio padre. Non feci in tempo a rispondere perché la porta dell’appartamento si aprì, facendo comparire sulla soglia la figura di mio nonno. “Nonno!” Lo salutai, gettandomi letteralmente tra le sue braccia, esattamente come avevo fatto con mio padre poco tempo prima. Ovviamente anche il nonno mi disse che ero cresciuta e che ero bellissima, esattamente come fece la nonna una volta che entrammo in cucina.

Dopo aver passato un piacevole pomeriggio con mio padre e i miei nonni, decisi di andare a sistemare, prima di cena, le mie cose in quella che sarebbe stata la mia camera fino ai primi di settembre.
Mentre riponevo pazientemente i vestiti nel mio armadio, mi ricordai del mio cellulare.
Lo presi dalla tasca dei miei jeans e diedi un’occhiata al display: venti chiamate perse da mia madre, più quattro messaggi dalla mia migliore amica Allison.
Ad Allison avrei pensato dopo, perché dovevo prima preparami per la strigliata che mia madre mi avrebbe senz’altro fatto.



*****



La mattina seguente, venni svegliata nel modo in cui vorrebbe essere svegliato qualsiasi essere umano che popola la Terra: mio nonno era piombato nella mia camera, sbattendo con forza, uno contro l’altro, due coperchi di padella.
“Sveglia signorina, sveglia! Non è salutare dormire fino alle 9:30 del mattino, alle 7:30 bisogna già essere in piedi per andare a correre sul lungo mare! Oggi ti ho risparmiato la corsa, ma domani non voglio sentire ragioni! Dai, bella nipotina del nonno, svegliati!” Ok. Mio nonno sarebbe morto di lì a poco per mano della sua adorata nipotina.
Per la miseria, come cavolo si permetteva di svegliarmi sbattendo tra di loro due coperchi di padella?! E soprattutto come si permetteva di pretendere che sarei andata a fare attività fisica con lui ogni mattina?! No, era assolutamente fuori discussione! Che ci andasse lui a correre per tutta la città, con la lingua fuori a causa del caldo e facendo la figura del rincoglionito! Per quel che mi riguardava, dovevo trovare un modo per sfuggire alle ‘grinfie’ di mio nonno, e ci sarei riuscita, perché io ero la Grande Nicole tutto fare e tutto può.

Mentre eravamo seduti a tavola per fare colazione, mia nonna mi chiese se gentilmente sarei potuta scendere a comprare il pane.
Annuii sorridendo, poi mi affrettai a finire le mie uova strapazzate e presi il borsellino, uscendo dall’appartamento.
Mentre aspettavo pazientemente che l’ascensore arrivasse al pian terreno, il mio cellulare vibrò.
Lo afferrai e lessi ‘Mary’ sul display.

Hei Nicole. :)
Sei già arrivata ad Heatherfield?
Fammi sapere, così magari possiamo uscire insieme e ti faccio conoscere il mio ragazzo jdnfjvfjd.
Mary. xx

Mary era una ragazza di Heatherfield che avevo conosciuto l’estate di tre anni prima. A quanto pareva, si era fidanzata.
Beh, buon per lei; dovevo però ammettere che, nonostante fosse una mia amica, mi sembrava un’oca. Erano i suoi atteggiamenti, la sua risata, il suo modo di camminare che me lo facevano pensare… Bah, in ogni caso era una delle poche ragazze che conoscevo lì, quindi mi sembrava una mossa intelligente sorvolare sui lati del suo carattere che non mi andavano a genio e uscire con lei.
Quindi, mi affrettai a rispondere.

Ciao Mary! ^^
Si, sono già a Heatherfield, che ne dici di uscire questa sera?
Ti chiamo io e ti faccio sapere l’ora. xx


Dopo aver inviato il messaggio, l’ascensore arrivò al piano terra, per cui mi sbrigai ad uscire e ad andare a comprare il pane a mia nonna.
Appena arrivata davanti al panificio, notai un foglietto attaccato alla porta di vetro.
Cercasi animatrice o animatore per lo stabilimento balneare ‘The little mermaid’ di Heatherfield. Dirigersi direttamente sul posto per accordarsi con il signor White, il proprietario.
Però… non era male come lavoro! Wow, animatrice sulla spiaggia! Avrei certamente guadagnato qualcosa, senza contare che avrei senz’altro evitato le corse mattutine con mio nonno!
Ma si, dovevo buttarmi! Eccheccavolo, avevo 18 anni e non avevo compiti da svolgere per settembre: cosa me ne dovevo fare di quei mesi?
Beh, avrei potuto benissimo scendere sulla spiaggia e stare ore spaparanzata al sole, però… però svolgere un lavoro del genere sarebbe comunque stata una bella esperienza, mi avrebbe fatto crescere, maturare, conoscere tante persone e chissà, forse mi avrebbe anche fatto divertire! Perfetto, no?
Dovevo solo parlarne con mio padre e sperare che il posto fosse ancora libero, per cui presi in fretta il pane e tornai a casa di corsa.
“Papa!” Urlai col fiatone, una volta che fui finalmente arrivata sulla soglia della cucina.
Mio padre sobbalzò spaventato, girandosi verso di me.
“Papà, devo parlarti!” Dissi euforica, avvicinandomi a lui velocemente.
Mio padre annuì stranito, facendomi cenno con la mano di sedermi sul divano.
Mi accomodai su di esso, e una volta che mi raggiunse anche lui, iniziai a parlare.
“Papà, li conosci i lidi della spiaggia di Heatherfield?” Mio padre annuì. “E conosci anche il lido ‘The little mermaid’?” Mio padre annuì ancora una volta.
“Bene. Allora, quando sono andata a prendere il pane alla nonna, ho visto un foglio attaccato alla porta del panificio: per farla breve, il signor White, il proprietario del lido, cerca un’animatrice che possa intrattenere i bambini e la gente. Io vorrei provarci… cosa ne pensi?” Chiesi, temendo la sua reazione. E se si fosse opposto?
Mio padre sospirò, fissandomi bene negli occhi.
“Nicole, anche se può sembrare un lavoro facile, non lo è. Insomma, andare avanti e indietro per la spiaggia, sotto il sole, è stancante. Nonostante io ti veda sempre come una bambina, so benissimo che ormai sei una ragazza forte e volenterosa, e so anche che hai la giusta grinta per affrontare un’esperienza del genere. Se te la senti, allora, prova. Non voglio essere un ostacolo e impedirti di fare ciò che vuoi.”
Dopo aver sentito quelle parole, gli buttai le braccia al collo, stringendolo forte.
“Grazie papà! Grazie, grazie, grazie! Ti voglio bene!” Gli dissi sinceramente.
“Anche io Nicole, tantissimo.”

Dopo pranzo, mi recai subito sulla litoranea, che distava poco da casa mia.
Appena vidi l’insegna dello stabilimento balneare che cercavo, ‘The little mermaid’, accelerai il passo e mi affrettai a raggiungerlo.
Scesi le scale di legno con passo insicuro, e quando fui arrivata, notai subito che la cassa dove avrebbe dovuto trovarsi il padrone del lido, era vuota. Aggrottai la fronte, guardandomi in giro.
Dovevo ammettere che non era niente male quello stabilimento, e inoltre era fornito di bar, tavolini, casse per la musica e biliardini.
Inoltre, constatai che il padrone doveva guadagnare parecchio, visto che la maggior parte degli ombrelloni –di un bellissimo blu - erano aperti.
Stavo facendo la figura della scema, però: le persone, ovviamente in costume e abbronzate, andavano avanti e indietro, mentre io ero l’unica cretina immobile, vestita e pallida come un fantasma.
Ricomponiti Nicole, ricomponiti.
Oh insomma, dov’era finita la mia intelligenza? Il padrone non c’era? Bene, avrei chiesto a qualcun altro. Da quando in qua mi facevo problemi per cose così semplici?
Feci per dirigermi verso il bancone per chiedere alla barista, ma notai che era molto indaffarata con i clienti.
Sbuffai, spostandomi il ciuffo dei miei capelli biondi dal viso.
In quell’esatto momento, passò davanti a me un ragazzo.
“Aspetta!” Lo bloccai istintivamente.
Questi si girò, inarcando un sopracciglio.
M’incantai un attimo, osservandolo.
Era alto e aveva i capelli scurissimi, alzati in una cresta. I suoi occhi erano di un bella tonalità di castano, ed erano anche… boh, luminosi? Fatto sta che quel tizio aveva uno sguardo magnetico.
Era bellissimo, questo non si poteva di certo negare.
Indossava dei pantaloncini che gli arrivavano appena sopra il ginocchio, abbinati ad una maglietta verde fosforescente, sulla quale era stampata la scritta ‘The little mermaid’.
Da questo particolare, dedussi che era uno che lavorava lì, forse il bagnino.
“Ohi, se mi devi dire qualcosa entro oggi, non ho tutto il tempo!” Mi disse, guardandomi con fare altezzoso.
Bello e antipatico. Tipico, no?
Incrociai le braccia al petto, fissandolo truce.
Calmati Nicole, calmati. Prenderlo a calci nel sedere e buttarlo con la testa nel secchio dell’immondizia non è una bella idea. Cioè si, lo è, ma se meni un ragazzo che lavora in questo stabilimento balneare, puoi benissimo dire ‘ciao’ alla tua assunzione. Per cui, calmati.
Decisi di dare ascolto al mio cervello: dovevo restare molto calma. Insomma, non potevo dare una lezione a quell’antipatico, altrimenti le persone avrebbero potuto credere che fossi una tizia violenta e pericolosa!
Beh, se mi facevano davvero incazzare lo diventavo eccome violenta e pericolosa, ma quelli erano dettagli.
Respirai profondamente, e inarcai anch’io un sopracciglio.
“Cercavo il padrone di questo stabilimento balneare. Ho letto un annuncio, e volevo sapere se qui cercano ancora un’animatrice: vorrei essere assunta, se possibile.” Spiegai, atteggiandomi come aveva fatto lui poco prima.
“E tu vorresti fare l’animatrice?” Mi chiese lui, trattenendo a stento una risata.
Socchiusi gli occhi, fino a farli diventare due fessure: ma il bel moro chi si credeva di essere? Brutto presuntuoso, cosa minchia avevo che non andava? Antipatico e pure maleducato!
“Si. Cos’ho che non va?” Chiesi sfacciatamente.
Il ragazzo fece spallucce.
“Bah, mi sembri un po’ isterica. E poi t’incanti facilmente. Come pensi di guardarli, i bambini?” Mi provocò, facendo la linguaccia. Sgranai gli occhi. Ma brutto… brutto… Brutto cosa? Dannazione, non mi venivano nemmeno più gli insulti!
“Senti, ma chi ti credi di essere?!” Gli ringhiai contro.
“Accuccia Bobby.” Rispose lui, con molta nonchalance.
Sospirai, scuotendo la testa.
Minchia, che un qualsiasi Bobby ti pisciasse sui piedi!
“Allora, ascoltami. Vabbè, abbiamo ‘scherzato’ e tutto il resto, ma ora stammi a sentire. Sai dove posso trovare il Signor White? Sai se cerca ancora un’animatrice?” Chiesi, facendo le virgolette con le dita nell’esatto momento in cui dissi ‘scherzato’.
“Il signor White dovrebbe essere qui a momenti, e si, cerca ancora un’animatrice. Se ti assume, dovrai lavorare con me. Io sono l’altro animatore.” Rispose.
Che?! Lui era l’altro animatore? Ed io avrei dovuto lavorare con lui semmai fossi stata assunta?!
Ullalà! Bingo! Tombola! Merda! La mia solita sfiga…
Ecco allora perché aveva la maglietta con sopra stampata la scritta del lido, o meglio dello stabilimento balneare.
“Va bene, lo aspetto.” Dichiarai solennemente.
“Ok, lo aspetterai da sola. Me ne vado, ciao.” Disse il ragazzo, sbadigliando e andandosene.
Maleducato, antipatico e presuntuoso!
Sbuffai, constatando che mi era venuta sete; con non uno, ma bensì almeno un centinaio di diavoli per capelli, mi diressi verso il bancone.
La ragazza dietro esso mi sorrise gentilmente.
“Ciao. Dimmi pure.” Mi disse, sorridendo.
I suoi modi erano senza dubbio identici a quelli dello zulù con cui avevo parlato prima. Uno zulù molto bello, però…
“Vorrei una coca cola ghiacciata, grazie.” Proferii ricambiando il sorriso.
La ragazza me la servì subito. La bevvi lentamente, pensando che con quel ragazzo ero partita decisamente col piede sbagliato.
Beh, nulla di irreparabile: se fossi stata assunta, la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata chiedergli scusa e ricominciare da capo.
Certo, era stato lui a provocarmi, ma anche io l’avevo fermato improvvisamente mentre stava camminando e fissato come una povera cretina, facendogli perdere tempo.
Sospirai, poi vidi un signore sedersi alla cassa; doveva essere senza dubbio il padrone dello stabilimento.
Ringraziando tutti i santi, mi diressi da lui.
Dio, fa che mi prenda, fa che mi prenda, fa che mi prenda…
“Buongiorno.” Lo salutai cordialmente, sorridendo.
“Buongiorno. Dimmi pure.” Rispose lui.
Il signore poteva avere una cinquantina d’anni: i capelli erano un misto tra il castano e il bianco, mentre i baffi gli davano un’aria piuttosto seria.
“Lei è il signor White?” Chiesi io. L’uomo annuì, fissandomi con aria interrogativa.
“Ho letto su un foglietto pubblicitario che lei cerca un’animatrice per lo stabilimento. Ecco, io sarei interessata…” Gli dissi, mordendomi il labbro inferiore.
“Capisco cara. Bene, il posto è ancora libero, quindi lascia che ti faccia qualche domanda…”
L’uomo volle sapere il mio nome, la mia età, la città in cui vivevo, e se quello sarebbe stato il primo lavoro che avrei svolto.
Io gli risposi che il mio nome era Nicole Smith, che avevo 18 anni ed ero di Londra, ma mi trovavo a Heatherfield per le vacanze estive, perché quella era la città in cui vivevano i miei nonni e mio padre.
E quello si, sarebbe stato il primo lavoro che avrei svolto.
Mi morsi il labbro preoccupata, dopo quest’ultima affermazione: forse il signor White avrebbe potuto pensare che, essendo la prima volta che avrei lavorato –sempre se mi avesse presa, ovviamente-, non sarei stata capace di gestire la situazione.
“Bene Nicole, a me sembri una ragazza in gamba. Insomma, si vede lontano un miglio che sei ben sveglia e che non hai problemi a relazionarti con gli altri. Fosse per me, potresti firmare il contratto anche ora, ma l’assunzione di una nuova animatrice non dipende solo da me.” Proferì l’uomo ecclesiasticamente.
Aggrottai la fronte. Come? Non dipendeva solo da lui? E da chi altri, allora? Ma era o non era il padrone dello stabilimento balneare?
Notando quanto mi avesse confusa con quella sua affermazione, si affrettò a spiegarmi meglio.
“Allora, ascoltami bene. Se vuoi essere assunta, devi prima fare una prova accanto al signorino Malik, l’altro animatore. Quel ragazzo lavora qui da quattro anni ormai, ed io mi fido ciecamente di lui. Voglio che insieme lavoriate come si deve, dovete andare d’accordo, mi sono spiegato? Niente stupide liti o quant’altro. E altra cosa importante, voglio anche vedere i bambini e le persone in spiaggia in che modo ti accoglieranno. Per la prova, vieni qui domani mattina alle 9:00; a fine giornata, sarà proprio il signorino Malik a comunicarmi l’esito della prova.
Ora lui ti spiegherà cosa dovrai fare esattamente, e inoltre voglio che tu lo affianchi fino a stasera, così potrai vedere come lavora. Va bene?” Chiese poi retoricamente, dopo aver finito il suo discorso.
A quanto pareva, si fidava ciecamente dell’altro animatore, e voleva innanzitutto che noi andassimo d’accordo. Merda! Impresa davvero ardua, visto il modo in cui ci eravamo parlati prima. Ma la cosa che maggiormente mi inquietava, era che avrebbe poi chiesto a lui come me la fossi cavata! Quindi, potevo tranquillamente affermare che la scelta era nelle mani di quello lì! Minchia!
“Va benissimo.” Dissi io, sfoderando il sorriso più falso di sempre.
L’uomo prese il microfono e fece per chiamare quello, ma poi si bloccò, vedendolo passare a pochi metri di distanza da noi. “Hei Zayn” Lo chiamò, facendogli cenno con la mano di avvicinarsi a noi. Ah, era Zayn che si chiamava, il moro.
Il ragazzo si avvicinò sorridendo in modo gentile. Pff, pure ruffiano era.
“Mi dica signor White.” Proferì gentilmente.
“Allora, voglio che tu mostri alla qui presente signorina Smith il lavoro da animatori. Insomma, falle conoscere i bambini e falle leggere il programma. Ah, inoltre lei resterà ad osservarti fino a stasera, così può rendersi subito conto della cose che deve fare.” Disse il signor White, allegramente.
Il moro sorrise ancora una volta e annuì, dicendo che per lui non ci sarebbero stati problemi.
Il signor White ci liquidò, augurando ad entrambi un buon lavoro.
Sospirai, passandomi una mano tra i capelli nervosamente una volta che fui rimasta sola con lui.
Il ragazzo si voltò, facendomi cenno con la testa di seguirlo. Mi fermai un attimo ad osservarlo, di spalle: notai subito che aveva sostituito i pantaloncini con il costume da bagno. Certo che non era affatto male, anzi... Deglutii, rendendomi conto della piega che stavano prendendo i miei pensieri.
Lui, però, non poteva di certo immaginare che gli stessi guardando così avidamente il...
“Se hai finito di fissarmi il culo, puoi anche muoverti da lì e seguirmi.”
Il ragazzo si era girato improvvisamente, e mi aveva colta in flagrante. Merda, cazzo, minchia!
Diventata più rossa di mio padre quando stava per strozzarsi con una spina di baccalà-si, mio padre a cinquant'anni suonati ancora non sapeva togliere le spine al pesce-, boccheggiai, cercando un insulto abbastanza offensivo da rivolgergli.
“Ma razza di montato del cazzo, fatti meno flash! Chi cazzo ti stava guardando il culo?!” Sbottai nervosamente, gesticolando con le mani.
Il moro alzò un sopracciglio, trattenendo a stento una risata.
“Tu, mia cara. Ma lasciamo stare: dai, vieni con me e lascia che ti spieghi cosa devi fare, perché non ho tempo da perdere.” Disse, sospirando.
Mi passai stancamente una mano sugli occhi. Avevamo cominciato bene, anzi, benissimo!
Il ragazzo mi portò nell’area pic nick dello stabilimento balneare.
“Siediti” Disse tranquillamente, mentre prendeva da sotto un tavolo uno zaino, frugandoci l’attimo dopo all’interno.
Feci come mi disse e mi guardai intorno; confermai la mia precedente teoria, quello stabilimento era davvero molto bello. Mi voltai verso il mare e la spiaggia, osservando le persone prendere il sole, parlare, giocare a carte…
La voce del ragazzo mi distrasse dai miei pensieri.
“Allora, stammi a sentire. Ogni mattina, alle 9:00 in punto dobbiamo essere qui, in modo da accordarci sul programma da svolgere. Quello di oggi, ad esempio, è questo.”
Mi porse un foglio, invitandomi chiaramente a leggere ciò che vi era scritto sopra. Storsi il naso. Mamma mia, che calligrafia orrenda! Ma cos’erano, geroglifici?!
“Puoi leggere tu?” Gli chiesi, mentre cercavo di decifrare quegli sgorbi.
“Non sai leggere?” Domandò scandalizzato, alzando entrambe le sopracciglia e spalancando di poco la bocca.
Alzai gli occhi al cielo: era antipatico, egocentrico, maleducato e pure scemo!
“E’ la tua calligrafia che non riesco a decifrare!” Risposi, porgendogli il foglio.
Il ragazzo lo prese sbuffando, osservandolo attentamente.
“Pff, si capisce benissimo!” Sbottò poi, dopo aver studiato attentamente la sua calligrafia. “Se la capisci allora leggi, no?” Dissi io, indicando il foglio con la mano.
Il moro fece spallucce, poi iniziò finalmente a leggere.
“Allora, la mattinata si apre alle 10:00 con le attività del mini club, cioè dobbiamo occuparci dei bambini. In seguito abbiamo l’acquagym, la baby dance e il gioco aperitivo alle 12:45. Dopo di esso abbiamo la pausa pranzo, poi alle 15:00 abbiamo ancora una volta la baby dance. Alla 16:00 ci sono i balli di gruppo, in riva al mare, mentre alle 17:15 abbiamo il gioco caffè, con il quale si conclude la giornata di lavoro. Il programma di oggi è questo, ma il pomeriggio le attività possono variare: ad esempio, la baby dance può saltare ed essere sostituita con un torneo sportivo o una caccia al tesoro. I premi dovremo sceglierli noi, mettendoci però prima d’accordo con il signor White. Mi raccomando, signorina Smith, sii disinvolta e solare, devi saper guadagnarti la simpatia dei bambini e delle persone, altrimenti è finita.”
“Oh aspetta frena! Gioco aperitivo? Gioco caffè? Wtf?” Chiesi confusa.
Il ragazzo mi guardò come se fossi stata scema, poi si decise a spiegarmi.
“Nulla di chissà cosa, non preoccuparti. Sono semplicemente degli stupidi giochi che la gente dovrà svolgere sul bar. Il vincitore, poi, avrà diritto ad un aperitivo se parliamo di gioco aperitivo, mentre ad un caffè se parliamo di gioco caffè. Ah, ovviamente saremo noi a scegliere i giochi.” Spiegò, come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo.
“Ah. Ho capito. Quindi, attenendoti al programma di oggi, dal momento che sono quasi le 15:00, ora devi radunare i bambini per la baby dance? Cioè per farli ballare?” Chiesi alzando un sopracciglio.
Il ragazzo schioccò la lingua sotto al palato, annuendo.
“Ecco, vedi che hai capito?” Disse poi, piegando il foglio e riponendolo nel suo zainetto.
“E ora dovrei venire con te?” Chiesi, indicandolo.
“La prova ufficiale è domani. Devi solo starmi dietro e vedere come lavoro.” Proferì poi.
Ma wow, che bello! Dovevo stargli dietro come un cagnolino, in poche parole, sotto il sole che scottava! Perfetto, proprio perfetto!

Il pomeriggio fu a dir poco massacrante. Avanti e indietro per vedere ciò che faceva Zayn, tutta sudata e puzzolente!
Dio, avevo disperatamente bisogno di una doccia!
Tuttavia, però, dovevo ammettere che Zayn se la cavava bene, sia con i bambini che con tutti i clienti dello stabilimento balneare ‘The little mermaid’: era simpatico, gentile e divertente. Insomma, l’esatto contrario di come si era comportato con me, nel pomeriggio.
Dopo il gioco caffè, che consisteva nell’indovinare alcune parole misteriose servendosi di soli tre indizi, il moro mi disse che potevo andare e che ci saremmo rivisti l’indomani alle 9:00.
Distrutta, sudata, stanca e con la testa che mi scoppiava, tornai a casa.
Dopo aver raccontato a mio padre e ai nonni la mia giornata, mi chiusi in bagno.
Mi spogliai velocemente e mi precipitai nella doccia, lasciando che l’acqua fresca portasse via la stanchezza e lo stress.
Una volta che ebbi finito, mi asciugai in fretta i capelli, poi corsi in camera e indossai un comodo vestitino per stare in casa. Cavolo, mi bruciavano pure le gambe! Dannatissimo sole!
Feci per spaparanzarmi sul letto, ma il mio telefono iniziò a squillare.
Maledicendo chiunque mi stesse chiamando, mi alzai andando a prendere il telefonino, che si trovava sul comodino.
Diedi un’occhiata al display, poi aggrottai la fronte: Mary.
Che altro voleva, quella?
Sbuffando, risposi.
“Pronto, Mary?”
“Nicole, ciao! Come stai?” Chiese entusiasta lei.
Distrutta, mia cara.
“Bene, tu?” Risposi, cercando di mostrarmi entusiasta tanto quanto lo era stata lei.
“Benissimo! Allora, avevi detto che stasera saremmo uscite, no? A che ora?”
Oh cazzo! Era vero, aveva ragione, le avevo detto che saremmo uscite! Cavolo, vaffanculo! Non ne avevo proprio voglia ma, conoscendo Mary, avrebbe insistito a tal punto da venire sotto casa mia, prendermi per i capelli e costringermi ad uscire con lei. Tanto valeva accettare…
“Si, facciamo alle otto e mezza, va bene? Incontriamoci sulla litoranea.” Le proposi.
“Va benissimo, non vedo l’ora di farti conoscere il mio fidanzato! A dopo!” Disse entusiasta.
“A dopo!” Risposi io, chiudendo la chiamata.
A quanto pareva, mi aspettava una lunga serata, in compagnia di Mary e del suo famoso fidanzato.

Immobile davanti al mio armadio, fissavo i miei vestiti con attenzione, strofinando indice e pollice sul mento. Allison, la mia migliore amica, sarebbe stata proprio l’ideale, in quel momento: lei sì che se ne intendeva di vestiti e moda!
Alla fine, optai per un pantaloncino arancio fosforescente, dei sandali neri e una maglietta bianca larga, con su stampata la scritta ‘Believe in yourself’, dello stesso colore del pantaloncino.
Come orecchini usai delle semplici perle, mentre i capelli li lasciai sciolti.
Mi truccai in fretta e, dopo essermi spruzzata delle gocce di profumo, presi il cellulare e una borsetta ed uscii dalla mia camera.
“Papà, esco con Mary! Ci vediamo dopo!” Urlai dall’ingresso.
“Non fare tardi!” Rispose lui, dalla cucina.
Nonostante non potesse vedermi, annuii e mi precipitai fuori l’appartamento.

“Nicole! Mamma mia, da quanto tempo non ci vediamo, sei diventata bellissima!”
Fu proprio questo che mi disse Mary, una volta che arrivai sulla litoranea, mentre mi stritolava con forza in un abbraccio.
Sorrisi, e la strinsi a me a mia volta.
“Grazie Mary.” Risposi, sciogliendo poi l’abbraccio e sorridendole.
“Allora, cosa mi racconti?” Mi chiese, iniziando a passeggiare e invitandomi chiaramente a seguirla.
“Beh, ho quasi trovato un lavoro. Domani devo fare una prova e vedere se mi prendono come animatrice su uno di questi stabilimenti balneare.” Dissi, facendo spallucce.
“Wow! E in quale stabilimento balneare dovresti essere assunta?” Domandò entusiasta.
“The mermaid” Risposi. “Ah, capisco. Non è quello in cui lavora il mio ragazzo. Vieni, ti porto lì a conoscerlo, tanto la sera tutti gli stabilimenti sono aperti come bar, e lui è sempre lì con i suoi amici!” Proferì alzando il tono di voce di un’ottava.
Sorrisi debolmente e annuii; mi stava scassando i coglioni, oh!
Avevo capito che si era fidanzata ed era felicissima, si poteva anche calmare però, eh!
Sospirai, continuando a camminare distrattamente al suo fianco.
“Ecco, siamo arrivate!” Proferì Mary allegramente.
Aggrottai la fronte, spalancando la bocca. Ma quello… quello era lo stabilimento in cui ero andata quel pomeriggio!
“Mary!” La chiamai, scendendo di corsa le scale e raggiungendola, dal momento che non mi aveva aspettata e si era subito precipitata giù.
“Mary, qui è dove sono venuta questo pomeriggio! Il tuo ragazzo non doveva lavorare da un’altra parte?” Le dissi, guardandola confusa.
“No, lui lavora qui: ‘The little mermaid’. Tu mi hai detto che lavoravi a ‘The mermaid’, che si trova più avanti.” Mi spiegò.
Ah. Quindi esisteva sia ‘The little mermaid’ che ‘The mermaid’.
Idioti! Mettere nomi un po’ più diversi no, eh?
“Eh, mi sono confusa con i nomi” Dissi ridacchiando.
Lei fece spallucce, poi una strana luce le brillò negli occhi.
“Ma allora, se lavori qui hai già incontrato il mio ragazzo!” Constatò allegramente. Un momento! Qualcosa non filava dritto… Il suo ragazzo lavorava lì? Oh cazzus! Vuoi vedere che era…
“Hei Zayn!” Urlò Mary, gesticolando con le braccia e attirando l’attenzione di un ragazzo girato di spalle.
Quando questi si girò verso di noi, non ebbi più alcun dubbio: era proprio lui, era proprio quel Zayn, il ragazzo con il quale avrei dovuto lavorare se mi avessero assunta!
Quasi ridacchiai divertita: quant’era piccolo, il mondo!
Beh, Mary, ti sei scelta un ragazzo simpaticissimo.
Il moro si avvicinò a noi, baciando Mary sulle labbra e lanciandomi poi un’occhiata confusa.
Guardò poi Mary, senza neanche salutarmi.
L’educazione…
“Com’è che vi conoscete?” Chiese Zayn alla ragazza al mio fianco.
“L’ho conosciuta tre anni fa. Lei non è di qui, è di Londra, ma viene qui ogni estate per trovare i suoi nonni e suo padre, che è divorziato da sua moglie. A quanto pare, sta per essere assunta come animatrice qui.” Proferì allegramente Mary.
Wow, grazie davvero infinite, mia cara Mary, per aver detto i cazzi miei allo zulù qui presente.
Zayn mi lanciò un’occhiata indecifrabile, poi mi fece un mezzo sorriso, che io ricambiai.
“Amore, andiamo a prendere una bibita.” Propose Mary, tirando Zayn per un braccio e avviandosi verso il bancone.
Ma che stronza, pure da sola mi lasciava! Insomma, che senso aveva avuto invitarmi ad uscire con lei, se poi la sua intenzione era quella di stare attaccata a Zayn per tutta la serata? Voleva forse farmi ingelosire, dimostrandomi che lei aveva un fottuto ragazzo e io no?! Illusa, illusa e pure oca!
Sospirai, decidendo di andarmene senza neanche salutarla. Se l’indomani mi avesse chiesto spiegazioni, mi sarei giustificata dicendole che mi ero sentita male e che avevo preferito tornare a casa. Annuii tra me e me, poi mi girai per andarmene da quel posto.
Tuttavia, però, invece di trovarmi di fronte la visuale delle scale, trovai l’alta figura di un ragazzo, che mi venne praticamente addosso, spingendomi all’indietro e facendomi conseguentemente sbattere contro qualcun altro.
“Ma ne coglione, mi ciechi?” Sbraitai contro il tizio che mi stava fissando mezzo dispiaciuto e mezzo divertito.
Era un bel ragazzo, aveva i capelli castani e ricci e gli occhi verdi.
Improvvisamente, mi scoppiò a ridere in faccia, guadagnandosi un’occhiataccia dal ragazzo accanto a lui, biondo e con degli occhi blu stupendi.
Aggrottai la fronte stranita, guardandolo come se fosse stato un povero pazzo. Che minchia aveva da ridere? Ma era forse scemo?
Sentii qualcuno sospirare alle mie spalle. Fu solo in quel momento che mi ricordai di aver sbattuto contro un’altra persona, a causa del coglione davanti a me che mi era venuto addosso e che in quel momento stava ridendo come un deficiente.
Mi girai mortificata, trovandomi davanti un ragazzo con gli occhi azzurri e i capelli castani spettinati. Heatherfield era piena di bei ragazzi, ormai quello l’avevo capito…
“Scusami, non volevo piombarti addosso, ma il deficiente che ora sta ridendo senza motivo mi è venuto addosso e…” Il ragazzo bloccò il mio monologo, sospirando ancora una volta.
“Non prendertela con Harry, non voleva venirti addosso, l’ha spinto Niall, il ragazzo biondo. Ah, piacere, io sono Louis. Siamo degli amici di Zayn, prima ti abbiamo vista mentre parlavi con lui e Mary. Sei forse la ragazza con la quale lui deve lavorare?” Mi chiese, porgendomi la mano per presentarsi, sorridendomi.
Ah, a quanto pareva Zayn aveva detto ai suoi amichetti che probabilmente gli sarebbe toccato lavorare accanto a me per tutta l’estate. Ricambiai il sorriso, stringendogli la mano.
“Si, sono io, mi chiamo Nicole.” Risposi.
Il ragazzo dietro di me, che a quanto detto da Louis si chiamava Harry, continuava a ridere, se possibile ancora più di prima.
Cominciai seriamente ad incazzarmi. Per la miseria, nessuno gli aveva spiegato che non era per nulla educato ridere della gente in quel modo?! Eccheccazzo, non tenevo scritto ‘scema’ sulla faccia!
“Senti, ma questo qui che cazzo ha da ridere?” Chiesi incazzata nera a Louis, inarcando un sopracciglio e indicando il ragazzo alle mie spalle con il pollice e la mano chiusa a pungo.
Louis mi guardò, increspando le labbra con fare dispiaciuto, poi mi fece cenno con la testa di seguirlo.
Ci sedemmo su un tavolino vuoto, uno di fronte all’altra.
Incrociai le braccia al petto e lo guardai in attesa, sicurissima del fatto che avesse qualcosa da dirmi.
“Vedi, Harry soffre di risosterofolia.” Proferì, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro.
Riso che…? Ma avevo capito bene?
“Di che?” Chiesi confusa e girando lateralmente la testa, per far sì che il mio orecchio si trovasse parallelo alle sue labbra, in modo da sentire meglio.
“Di risosterofolia.” Ripeté lui, sospirando.
Aggrottai la fronte, guardandolo disorientata.
Ma mi prendeva per il culo?
“Ma mi stai prendendo per il culo?” Gli chiesi, inarcando un sopracciglio.
Louis mi fissò truce, contraendo la mascella.
“Certo che no! E’ affetto da questa malattia da due anni, ormai: scoppia a ridere così, improvvisamente, senza motivo. Purtroppo non ci sono cure…” Sussurrò piano, asciugandosi una lacrima che era sfuggita al suo controllo.
Spalancai di poco la bocca, fissando dispiaciuta prima Louis e poi Harry, che in quel momento stava parlando a qualche metro di distanza con Niall, ridacchiando.
Cazzo, povero ragazzo! Era così giovane, com’era ingiusta la vita…
“Guarda che Louis ti sta prendendo per il culo.” Proferì tranquillamente un altro ragazzo, sedendosi a tavolino con noi e facendomi sobbalzare. Mi girai verso di lui, osservandolo.
Era anche lui molto bello, aveva capelli e occhi castani e un viso dolcissimo.
“Che hai detto scusa?” Gli chiesi, inclinando leggermente la testa di lato.
“Che Louis ti sta prendendo per il culo. Harry è sanissimo.” Disse facendo spallucce, prima di iniziare a sorseggiare tranquillo una birra.
Ah. Beh, meglio così. Molto divertente comunque Louis, davvero.
“Quanto sei divertente.” Dissi a Louis ironicamente, che aveva iniziato a ridere come un cretino.
Sbuffai, portandomi una mano sulla fronte, con fare disperato.
“Comunque piacere, io sono Liam. Tu sei la ragazza che deve lavorare con Zayn?” Mi chiese, porgendomi la mano esattamente come aveva fatto Louis prima.
Annuii sorridendo, stringendogli la mano.
“Si, sono io, mi chiamo Nicole.”
Liam annuì, poi ridacchiò.
Ma insomma, cosa minchia avevano da ridere tutti quanti?!
“Adesso capisco perché Harry rideva…” Disse Liam, tra una risata e l’altra, accompagnando quelle di Louis.
Diventai rossa di rabbia, ma prima che potessi chiedergli il motivo per il quale tutti mi stavano guardando come se fossi stata un fenomeno da baraccone, Liam si affrettò a spiegarmi.
“Hai una merda di uccello in testa.” Concluse, cercando, a fatica, di smettere di ridere.
Che?! Una merda di uccello in testa? Oh santi numi…
Diventata bordeaux dall’imbarazzo, mi alzai dal tavolino e, dopo essermi scusata con i due ragazzi, me ne scappai da quel cazzo di posto, correndo verso casa, o meglio verso il cesso di casa mia, per togliermi dai capelli la cagata di quel maledetto pennuto.






Bonsoir! :D
Ed eccomi tornata con il primo capitolo, che spero vivamente non abbia deluso le vostre aspettative. Allora, abbiamo la partenza e l’arrivo di Nicole a Heatherfield, che decide di andare a lavorare come animatrice in uno stabilimento balneare, trovandosi accanto Zayn. ;)
Abbiamo anche l’uscita con la sua “amica” Mary, l’incontro con gli altri ragazzi e la sua figuraccia a causa di un uccellino dispettoso. Cx
Quanto è sfigata questa ragazza…
Parlando della storia, volevo dire che per scriverla mi sono ispirata ad un'esperienza che ho vissuto personalmente: esistono stabilimenti balneari che assumono animatori e animatrici per intrattenere le persone e i bambini. ^^
Se qualcosa non vi è chiaro scrivetemi qui su Efp, sarò felice di rispondervi. :P
Ci tengo inoltre a ringraziare le ragazze che hanno inserito la storia nelle preferite e nelle seguite, e ringrazio tantissimo anche le ragazze che hanno recensito il prologo: siete state gentilissime, sappiate che vi adoro! :3
Beeene, me ne vo, sperando che la lunghezza del capitolo non vi abbia annoiato. ç.ç
Lasciatemi una recensione, voglio sentire le vostre opinioni popolo! u.u
Ok, me ne vado veramente ora: per qualsiasi cosa, contattatemi o qui su Efp o su twitter, dove vi ricordo che sono @RockMe06.
Un bacione a tutte!
Veronica

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Zayn is an idiot! (Zayn è un idiota!) ***


Image and video hosting by TinyPic



Capitolo 2
Zayn is an idiot!






La mattina seguente mi svegliai alle 6:00 in punto, grazie alla sveglia che avevo puntato–ovviamente per evitare che mio nonno mi svegliasse ancora una volta sbattendo tra di loro i coperchi delle padelle-, la sera prima, dopo essermi fatta almeno sei passate di shampoo, per levarmi da testa i ‘bisognini’ di quello stupido uccello. Dio, che figura di merda avevo fatto! Per non parlare dello schifo che avevo provato mentre mi strofinavo i capelli, poi!
Il solo pensare alle risate di quei ragazzi, mi fece diventare più rossa di mio nonno quella volta che aveva esagerato con il vino, il che era tutto dire.
Ma come diamine avevo fatto a non accorgermene?!
E quell’altra cretina di Mary? Anche lei non si era accorta di nulla? Dovevo ammettere che non c’era da biasimarla, però: l’uccello mi aveva cagato esattamente al centro della testa e lei, essendo più bassa di me, ovviamente non se n’era accorta, a differenza dei ragazzi che, essendo almeno una ventina di centimetri più alti di me, avevano avuto modo di notare l’affettuoso regalino del pennuto…
Ma Zayn aveva parlato con me ancor prima che andassi a sbattere contro Harry: non aveva notato niente?
Bah, un altro aggettivo si aggiungeva alla brillante considerazione che avevo di quello lì: antipatico, egocentrico, maleducato, scemo e pure bello addormentato! Dormiva tredici mesi all’anno, evidentemente…
Sospirai, sbadigliando assonnata.
La notte era passata troppo velocemente ed ormai era giorno, il che significava soltanto una cosa: di lì a poco mi sarebbe aspettata la temibile prova al lido ‘The mermaid’.
No, mi stavo confondendo ancora accidenti! ‘The mermaid’ era lo stabilimento che si trovava più avanti, stando a quello che mi aveva detto Mary, il mio era ‘The little mermaid’. Che memoria di fuoco…
Dire che ero agitatissima per quella cavolo di prova era dire poco: ero letteralmente nel panico!
Come sarei potuta stare simpatica a Zayn, come saremmo potuti andare d’accordo, visto e considerato le amichevoli conversazioni che c’erano state tra di noi il giorno precedente? Come?
Senza contare che io, una volta che le persone mi provocavano e mi facevano innervosire, non pensavo minimamente alle conseguenze e subito rispondevo male.
A fine giornata, l’adorabile ragazzo moro come minimo avrebbe detto al signor White che non aveva alcuna intenzione di lavorare con una come me - acida, antipatica ed idiota-, e di conseguenza mi avrebbero mandata via a calci in culo, magari usando come sottofondo la voce dei bagnanti che mi urlava ‘Buuuuuh!’.
Che ottimismo, eh?
Basta, stavo andando fuori di testa a soli 18 anni!
Forse mi sottovalutavo un po’ troppo: dai, ero davvero così stupida da perdere un posto di lavoro a causa della mia totale incapacità di non rispondere male a delle provocazioni?
Nah… il trucco era essere gentile, sorridente, simpatica e ignorare qualsiasi tipo di frecciatina avrebbe potuto mandarmi Zayn. Semplice no? Su, dovevo essere ottimista, ero o non ero la Grande Nicole tutto fare e tutto può?
Oh lo ero, sisi, e quel posto sarebbe stato mio. Mio e di nessun altro.
Stetti sotto la doccia per una mezz’oretta buona, poi fui costretta ad uscire e vestirmi.

“Buongiorno popolo!” Urlai, salutando i nonni e mio padre, una volta entrata in cucina.
“Nicole, stavo per venire a svegliarti…” Disse mio nonno, distogliendo lo sguardo dal giornale che stava leggendo e puntandolo su di me.
Wow, il mio vecchietto preferito stava per venire a svegliarmi come aveva fatto la mattina precedente, magari stavolta sbattendo tra di loro due pentole. Meglio aver puntato la sveglia alle 6:00… “Non devi preoccuparti di venire a svegliarmi ogni mattina nonnino, punto la sveglia.” Gli spiegai, sorridendo.
“Ma lo sai che non è per nulla salutare dormire con quell’affare elettronico sul comodino?! Le onde elettromagnetiche sono dannose, Nicole!! Quindi mi dispiace ma ogni mattina verrò a svegliarti io!” Dichiarò, soddisfatto della sua tesi.
Alzai gli occhi al cielo. Era pazzo, completamente pazzo.
“Nonno, neanche venire a svegliarmi sbattendo tra di loro oggetti d’acciaio è salutare per le mie povere orecchie!” Sbottai nervosa.
“Oh, sciocchezze tesoro. Dai, vieni qui e vieni a bere un bel sorso di beverone ultravitaminico.
Oddio no… A quanto pareva mio nonno non aveva perso la fissa per i succhi di frutta, a suo parere deliziosi, dissetanti e salutari.
Sbuffai, sedendomi a tavola.
“Allora Nicole, oggi hai la fatidica prova, vero?” Chiese retoricamente mio padre, che si era alzato dal divano e si era seduto a tavola, al mio fianco.
Annuii mordendomi il labbro.
“Si, e sono molto, molto, molto, molto, moooolto preoccupata.” Mi lamentai come una bambina scema, mettendo anche il labbro inferiore all’infuori, con fare preoccupato.
Mia nonna mise a tavola un vassoio pieno di fette biscottate, guarnite con burro e marmellata di ciliegie: le guardai come un’assatanata, erano le mie preferite in assoluto.
“Non preoccuparti Nicole, solo un povero pazzo non ti assumerebbe. Vedrai che ti prenderanno, sei la persona adatta per quel tipo di lavoro!” Mi rassicurò mia nonna, sorridendo e mettendo a tavola altri vassoi contenenti la colazione.
“Lo spero…” Dissi facendo spallucce, addentando una fetta biscottata.
“Oh ma certo, e smettila di farti tanti problemi, per la miseria!” Esclamò mia nonna gesticolando con le mani.
Le sorrisi, ringraziandola con lo sguardo per l’incoraggiamento.

Dopo aver fatto colazione, andai in camera per prendere il telefonino.
Controllai il display, notando che avevo ricevuto un nuovo messaggio da parte di Allison.

Ohi scemità,
a quanto pare ad Heatherfield ti sei fatta tanti soldi, eh?
Oppure sei finalmente crepata? Un tram ti ha schiattata?
Fammi sapere gentilmente che morte hai fatto, grazie. :)

Sospirai ridacchiando, scuotendo la testa. Il giorno precedente, tra valigie da sistemare, il pomeriggio allo stabilimento ‘The mer.. The little mermaid’ e l’uscita con Mary, non avevo proprio avuto tempo per telefonare la mia migliore amica e rispondere ai suoi messaggi. La sera, poi, il cellulare si era scaricato ed io non avevo proprio avuto voglia di cercare il caricabatterie per caricarlo.
Già, a volte diventavo insopportabilmente pigra… Mi affrettai a rispondere.

Ohi cuora,
ieri è stata una giornata pienissima, e la sera non ho potuto chiamarti perché mi si è scaricato il cellulare. >.< ( E mi scocciavo di metterlo a caricare, sks)
Sfortunatamente per te non sono morta, anzi ti consiglio di prepararti psicologicamente perché avrei un paio di cosette da raccontarti! Ti chiamo stasera. :P


Inviato il messaggio, mi guardai allo specchio: mamma mia, avevo proprio un bel colorito, a tal punto che le persone avrebbero potuto tranquillamente scambiarmi per la versione femminile di Dracula.
Sbuffai, afferrando il mio fidato fondotinta appena lo scovai tra le tantissime cose che custodivo nella mia trousse.
Dopo averlo spalmato accuratamente sul mio viso, presi il pennello del fard e me lo passai sulle guance.
Bene, andava decisamente meglio.
Dal momento che dovevo semplicemente andare in spiaggia, mi passai un leggero strato di matita sotto gli occhi, mettendo poi un pochino di mascara sulle ciglia. Prima di uscire dalla stanza, aprii l’armadio per prendere una borsa, nella quale avrei messo un panino e tante piccole cose che avrebbero potuto servirmi.
Una volta che questa fu bella piena, salutai i miei nonni; mio padre era già andato a lavoro, era un cardiologo e aveva uno studio tutto suo.
Uscita dal palazzo, m’incamminai verso la salumeria più vicina, per comprare un panino con del salame.
Una volta che vi entrai, notai tantissime persone davanti al bancone. Minchia, avrei fatto tardi proprio il giorno della prova! Che bella impressione avrei dato a Zayn e al signor White…
Ma che cavolo, proprio quella mattina a tutte quelle persone era venuto lo sfizio di comprare gli affettati?! Bah…
Mi posi una domanda, improvvisamente: se avessi spiegato a quelle persone che andavo di fretta, mi avrebbero fatto passare?
Per rispondere, mi chiesi cosa avessi fatto io se qualcuno l’avesse chiesto a me: molto semplice, l’avrei mandato a fanculo.
Sbuffai affranta, ma a pensarci bene, chi mi diceva che quelle persone non fossero magnanime?
Mi feci coraggio e mi avvicinai ad una vecchietta.
“Mi scusi signora, ma vado molto di fretta. Cortesemente, sarebbe disposta a cedermi il posto?” Chiesi, facendo gli occhietti dolci.
“No.” Rispose secca.
Stupida vecchia.
Sbuffai ancora una volta, chiedendo poi ad un signore sulla sessantina.
“Mi scusi signore, ma vado molto di fretta…”
“Non mi interessa.” Rispose stizzito lui, interrompendo la mia frase a metà.
Bene, di male in peggio.
Non osavo immaginare la risposta che mi avrebbe rifilato la terza persona a cui avrei gentilmente chiesto di farmi passare avanti, per cui incrociai le braccia al petto e attesi pazientemente il mio turno.
Quando finalmente uscii dalla salumeria, quasi temevo di guardare l’orologio digitale che avevo al polso, di un bel rosa sgargiante. Che ore si erano fatte? Oddio, oddio, oddio, ero in ritardo sicuramente!
Iniziai a camminare diretta verso la litoranea, e a metà strada trovai finalmente il coraggio per guardare l’ora.
Oh santissimi numi!
Erano le 9:10, ed io avrei dovuto trovarmi sul posto alle 9:00!
Merda, merda, merda!
Iniziai a correre impazzita, e quando finalmente arrivai sulla litoranea, mi affrettai a raggiungere il lido ‘The little mermaid.’
Una volta che mi trovai di fronte al signor White, comodamente seduto dietro la cassa, gli sorrisi seriamente dispiaciuta, avvicinandomi.
“Mi scusi per il ritardo signor White.” Dissi, mortificata.
“Non preoccuparti, cara. Raggiungi pure Zayn, dovrebbe essere nell’area pic-nic.” M’informò, afferrando il suo cellulare che aveva iniziato a squillare. Però, non era burbero e severo come sembrava.
“Grazie, buona giornata.”
E detto questo, mi allontanai.

Cavolo, dove si era cacciato il cretino?! L’area pic-nic era completamente vuota, a parte due piccoli marmocchi che stavano sgranocchiando dei pop corn.
Con io che avevo tardato e Zayn che era sparito, la giornata era cominciata davvero nel migliore dei modi.
Improvvisamente, ebbi un lampo di genio; i bambini della spiaggia sicuramente lo conoscevano, quindi non era una cattiva idea chiedere a quei marmocchi se l’avessero visto.
Dopo aver fatto un respiro profondo, mi avvicinai a loro, sorridendo gentilmente.
“Ciao bambini, sapete dov’è Zayn?” Chiesi, sperando che potessero aiutarmi.
“E’ con i suoi amici, sotto il loro ombrellone.” Rispose uno di loro, squadrandomi da capo a piedi.
“Ah, capisco. E qual è l’ombrellone dei suoi amici?”
“Cercatelo.” Rispose facendo spallucce l’altro bimbo. Molto simpatico.
Sbuffai.
“Grazie tante.” Borbottai, allontanandomi da loro.
Attenendomi alle parole dei due bimbi, Zayn era sotto uno dei tanti ombrelloni, con i suoi amici. Ma quali suoi amici? Gli stessi con cui avevo parlato la sera precedente? Poteva darsi…
Squadrai una ad una le persone sulla spiaggia: niente, nessuna traccia di Zayn e quegli altri.
Cominciai a camminare tra i vari ombrelloni alla ricerca dei ragazzi, calpestando, ogni tanto e accidentalmente, alcuni teli da mare, guadagnandomi così occhiatacce dalle persone alle quali appartenevano.
Bene, e meno male che avrei dovuto star loro simpatica!
Se il buon giorno si vedeva dal mattino, quella sarebbe stata senza dubbio una giornata terribile.
Quando finalmente notai un gruppo di ragazzi radunati sotto un ombrellone in prossimità della riva, mi avvicinai per osservarli meglio: riconobbi subito i capelli alzati e scuri di Zayn, poi quelli biondi di Niall e quelli ricci di Harry. Notai altri due ragazzi parlare e ridere tra di loro: Liam e Louis.
Che Dio sia lodato, li avevo trovati! Mi avvicinai a loro, facendo attenzione ai teli da mare stesi per terra.
“Ehm… Ciao, buongiorno.” Li salutai, una volta arrivata sotto il loro ombrellone.
“Alla buon’ora.” Rispose Zayn, alzando un sopracciglio.
Minchia, prima o poi giuro che te lo raso, quel fottuto sopracciglio.
“Ho fatto tardi, scusa.” Mi giustificai, facendo spallucce.
“Ciao ragazzi.” Dissi poi, salutando gli altri.
“Ciao! Ieri non ci siamo presentati, io mi chiamo Niall.” Si presentò il biondo, porgendomi la mano.
Ricambiai il sorriso e gliela strinsi. In effetti, la sera precedente avevo parlato soltanto con Louis e Liam.
“Piacere mio, sono Nicole.”
“Ciao Nicole, io sono Harry.” Disse poi il riccio, porgendomi anche lui la mano.
“Ciao.” Sorrisi, stringendogliela.
“Ti chiedo scusa per ieri sera. Oltre al fatto di esserti piombato addosso per colpa di Niall, ti sono pure scoppiato a ridere in faccia, però avevi…” Harry si bloccò, iniziando a ridere nuovamente.
Alzai gli occhi al cielo.
“Lo so, avevo una cacca di uccello in testa.” Ammisi sospirando.
“Che?! Un uccello ti ha cagato in testa?!” Chiese Zayn, confuso e divertito al tempo stesso.
“Si, non te n’eri accorto?” Gli chiesi, voltandomi nella sua direzione.
“No…” Constatò, pensieroso. “Avrei voluto vedere, però.” Aggiunse poi, ridendo con gli altri.
Scossi la testa, sbuffando. Iniziai seriamente a credere che la risosterofolia esistesse davvero, e quei cinque coglioni ne erano tutti affetti!
“Hei ragazzi, che avete da ridere?!” Disse una voce femminile alle mie spalle. Mi girai, trovandomi di fronte una ragazza dai capelli castano chiaro e gli occhi celesti.
Era affiancata da altre due ragazze; una aveva i capelli ricci e neri e gli occhi color miele, l’altra era bionda con gli occhi verde scuro.
“E tu chi sei?” Chiese la ragazza che aveva parlato poco prima, sorridendomi confusa.
“Ciao, mi chiamo Nicole. Mi trovo qui perché devo fare una prova accanto a Zayn, per essere assunta come animatrice.” Risposi.
“Ah, ho capito! Comunque ciao, sono Noelle, la ragazza di Harry. Piacere di conoscerti!” Disse entusiasta, facendomi l’occhiolino.
“Piacere mio.”Risposi sorridendo.
“Io invece mi chiamo Celeste, e sono la ragazza di Niall. Piacere!” Si presentò la riccia.
“Ciao!” Dissi sorridendo per l’ennesima volta.
“Ciao Nicole! Sono Deborah, la ragazza di Louis!” Si presentò infine la bionda.
“Piacere!”.
Wow, nel giro di un giorno avevo conosciuto otto persone, un vero record! In ogni caso le ragazze mi erano sembrate tutte e tre molto simpatiche.
“Ragazzi, io e Nicole andiamo. Dobbiamo iniziare…” Esordì Zayn sospirando, subito dopo le presentazioni, dando uno sguardo al suo orologio.
Oddio. Era giunta la mia ora.
Sfoderando un enorme sorriso, salutai i ragazzi e le ragazze e seguii Zayn, diretto forse verso l’area pic-nic.


******


Non mi sbagliavo. Era infatti verso l’area pic-nic che si era diretto Zayn. Una volta che fummo arrivati, mi fece cenno di sedermi con la testa, prendendo poi posto di fronte a me.
Lo guardai attentamente mentre apriva il suo zainetto e ci frugava all’interno: sembrava pensieroso, sembrava stesse pensando a chissà che cosa.
Mah, problemi suoi in fondo.
Eppure, era dannatamente carino con quell’espressione in viso…
Sospirai, picchiettando impaziente l’indice sul tavolo; quanto cavolo ci voleva per prendere qualunque cosa dovesse prendere?!
Finalmente tirò fuori un foglietto, guardando poi verso di me.
“Allora, dobbiamo decidere e scrivere il programma di oggi. O meglio, dobbiamo scegliere le attività da svolgere al Mini Club e cosa fare per il gioco aperitivo e per il gioco caffè. Sai, baby dance, acquagym e balli di gruppo sono attività abituali, attività che dobbiamo svolgere quotidianamente.” Spiegò, annuendo e fissandomi in attesa.
Alzai un sopracciglio.
“Che attività fai svolgere di solito ai bambini, per il Mini Club?”
“Dipende. Ieri li ho fatti giocare con i birilli, ma oggi devi scegliere tu. In fondo devo metterti alla prova, no?” Chiese retoricamente, ghignando divertito.
Già, doveva mettermi alla prova. Il problema era che io non sapevo che attività scegliere! Detto finemente, ero letteralmente fottuta.
Pensa Nicole, pensa.
Cosa potevo far fare ai bambini su una spiaggia per farli divertire? Giro giro tondo? Un due tre stella? Ne dubitavo alla grande…
Oddio, avevo bisogno di aiuto, dovevo inventarmi qualcosa!
“Smith entro oggi.” Mi richiamò sbuffando Zayn.
Che pizza che era quello oh! Va bene che ero un pochino lenta a decidere, ma…
Cosa? Una pizza? Mmm…
“Ehm… che ne dici se li facessimo pasticciare con la farina e l’acqua, facendogli preparare l’impasto per una pizza?” Proposi incerta, quasi temendo che la mia richiesta fosse assurda e che lui sarebbe scoppiato a ridermi in faccia.
Al contrario delle mie aspettative, schioccò la lingua sotto al palato e fece per scrivere qualcosa sul foglio.
“Fermati!” Lo bloccai urlando, facendolo sobbalzare.
E quella voce così acuta e stridula da dove diavolo mi era uscita? Mah…!
“Ma che cazzo ti prende?” Sbottò lui, dubitando probabilmente della mia sanità mentale.
“Qualunque cosa riguardante il programma di oggi tu debba scrivere, non azzardarti a farlo! Probabilmente una scimmia scriverebbe meglio di te, senza offesa… Quindi, dammi la penna e lascia scrivere a me!” Gli dissi decisa.
Zayn sbuffò roteando gli occhi, poi mi passò penna e foglio.
“La mia calligrafia è ordinata e leggibile.” Proferì pavoneggiandosi.
“Come no, a confronto quella dei dottori è oro.” Dissi ancora, alzando gli occhi al cielo. “Allora, va bene l’attività che ho proposto per il Mini Club?” Chiesi per la seconda volta.
“Va bene, scrivi e muoviti.” Ordinò, sbadigliando.
Idiota, ti faccio vedere bene io ‘muoviti’.
Ignorai il suo modo di fare poco educato e mi affrettai a scrivere l’attività che avremmo fatto svolgere ai bambini.
“Perfetto. Allora, io ora ho già un’idea per il gioco aperitivo. Dopo sarai tu a scegliere cosa fare per il gioco caffè. Pensaci bene e poi fammi sapere durante la pausa pranzo.” Mi disse Zayn, fissandomi.
Bene, avevo qualche oretta per pensarci…
“D’accordo. Ora puoi spiegarmi, gentilmente, cosa intendi fare tu, per il gioco aperitivo?”
Magari avrei potuto prendere spunto da lui, no?
“Un gioco molto semplice; in pratica, devo reggere in mano una semplicissima mazza e cercare di distrarre la persona che mi è di fronte, per vedere se riesce a prenderla una volta che mollo la presa e la lascio cadere a terra.” Spiegò fissandomi con aria superiore, quasi come se io fossi stata l’alunna scema che non capiva nulla di quello che le veniva spiegato e lui il professore intelligente che sapeva tutto quanto.
Idiota! Dio, Zayn era un idiota!
Tuttavia, non mi convinceva molto come gioco… Era carino, si, ma io avrei voluto far fare ai clienti dello stabilimento qualcosa di più movimentato e divertente. Che cosa esattamente non lo sapevo neanche io…
“Mmm… io però mi aspettavo qualcosa di più divertente.” Gli dissi, corrucciando le labbra e puntando un gomito sul tavolo, appoggiando poi la testa su una mano.
Zayn alzò un sopracciglio.
“Tipo?”
“Non lo so…”
Sentii Zayn sospirare, poi ci fu un attimo di silenzio. Che stesse forse pensando ad un gioco alternativo?
“Vogliamo pensare a qualche gioco che preveda l’utilizzo della palla?” Chiese, studiando bene la mia espressione.
Dio no, io odiavo i palloni! E li odiavo esattamente da quando un mio compagno di classe, all’età di dodici anni, mi aveva colpita appunto con un pallone in pieno viso durante l’ora di educazione fisica, rompendomi di conseguenza gli occhiali che allora portavo e facendomi fare una figuraccia davanti al ragazzino che mi piaceva.
“No.” Dissi decisa, storcendo il naso. Zayn alzò gli occhi al cielo.
“Oh senti, a cosa vorresti farli giocare allora?! A Pupù passa Paperino forse?” Sbottò spazientito, gesticolando con le mani.
Beh, non potevo di certo biasimarlo se si stesse innervosendo. A volte ero decisamente incontentabile…
“Fanculo tu e Paperino. Non fa niente, giocheremo al gioco della mazza.”
“Bene. Sono curiosissimo di sapere cosa ti verrà in mente per il gioco caffè, cara Nicole Sonoincontentabile Smith…”
Ma sentilo… sfotteva pure, il cretino!
Lo fissai socchiudendo gli occhi; ma chi si credeva di essere?! Che se ne andasse a quel Paese, gli avrei dimostrato di essere perfettamente in grado di trovare giochi di gran lunga più interessanti dei suoi.
“Poi vedrai.” Sibilai, evitando accuratamente di aggiungere a fine frase uno dei tanti insulti che avrei voluto rivolgergli.
Zayn schioccò la lingua sotto al palato, poi si passò una mano fra i suoi capelli sistemando il ciuffo, prima di parlare di nuovo.
“Va bien, sono quasi le 9:45; alle 10:00 in punto ti voglio qui, con almeno dieci bambini, intesi?”
Che?! Voleva dire che avrei dovuto ‘procurarmi’ i marmocchi da sola?!
“Eh?! Vuoi dire che devo portare i bambini qui da sola?!” Chiesi alzando il tono di voce di un’ottava.
“Precisamente.” Rispose socchiudendo gli occhi.
“Ma loro conoscono te, non me! Cioè, voglio dire, si rifiuterebbero di venire sull’area pic-nic con una ragazza che non hanno mai visto prima! Tu dovresti prima presentarmi a loro!” Sbottai, gesticolando con le mani. Si, avevo lo stesso vizio di mia nonna: ogni tanto ero solita gesticolare con le mani.
“No, devi cavartela da sola! Devi dimostrarmi quello che sai fare… andiamo, non dirmi che non sei in grado di portare dieci bambini qui per giocare?!” Maledetto stronzo, non valeva! Sbuffai, scuotendo la testa.
Io e lui non saremmo mai potuti andare d’accordo, me lo sentivo!
Alzai le mani al cielo.
“Va bene, ci vado! Ma poi non lamentarti se verrò qui con due o tre bimbi al massimo!” Feci per andarmene, ma la sua risata mi fece bloccare sul posto, irritandomi più di quanto non lo fossi già. Aveva preso gusto a sfottermi, l’idiota!
Quanto sarebbe stato bello togliere un ombrellone dalla sabbia e usarlo per colpirlo in testa? Molto, sarebbe stato molto bello e liberatorio.
Bah, che pensieri mi venivano! E dire che non ero mai stata una tipa violenta…
Ignorai la sua risatina e mi guardai in giro, pronta a cercare i bimbi.
Ne intravidi uno sotto un ombrellone poco distante di lì, così mi affrettai a raggiungerlo, stando attenta a quei stramaledetti teli da mare stesi sulla sabbia.
Quando arrivai sotto l’ombrellone del bimbo, salutai cordialmente quella che forse era la madre.
“Buongiorno signora. Piacere di conoscerla, sono Nicole e sto facendo una prova per essere assunta qui e lavorare accanto a Zayn. Lo conoscete Zayn, vero?” Chiesi, porgendole la mano.
La signora si illuminò in un luminoso sorriso prima di stringermela.
“Piacere cara! Si, certo che conosco Zayn, è un ragazzo adorabile, non trovi anche tu?”
Già… adorabile quanto il vomito di un cavallo.
“Oh si, certo, è proprio adorabile.”
E bellissimo.
E quel pensiero da dove cazzo usciva?
La signora mi destò dalle imprecazioni che mi stavo mandando da sola parlando di nuovo.
“Immagino tu sia qui per venire a prendere mio figlio e portarlo a giocare. Nicholas, saluta la signorina.” Concluse la frase rivolgendosi al figlio.
Il bambino mi squadrò da capo a piedi, poi alzò un sopracciglio.
“E tu chi sei?”
“Ciao piccolo! Aw, quanto sei carino! Piacere, sono Nicole e sto facendo una prova per essere assunta qui e lavorare accanto a Zayn. Dai, vieni con me a chiamare altri bimbi e andiamo a giocare.” Gli dissi, facendogli l’occhiolino.
“C’è anche Zayn?” Chiese, corrucciando le labbra. “Perché se lui non c’è io non vengo.” Proferì infine, incrociando le braccia al petto.
A quanto pareva, Zayn era adorato da tutti su quella cavolo di spiaggia… Eh già, era troppo simpatico il ragazzo.
“Certo che c’è anche lui! Andiamo!”

Non fu per niente facile radunare almeno dieci bambini: alcuni non volevano venire, altri erano intenti a giocare in acqua, altri mi ignoravano…
Alla fine, fortunatamente, riuscii a fare un trenino composto da… nove bimbi.
Minchia, quel rompiballe ne voleva almeno dieci! Ero letteralmente nella cacca, tutto stava andando nel peggior modo possibile! Porca miseria, vuoi vedere che per un bambino mancante quell’idiota avrebbe pensato che fossi un’incapace, e di conseguenza avrebbe detto al Signor Smith di non commettere l’errore di assumermi?! Avrei fatto la fine di quel coglione di… come si chiamava? Ah, Martin! Martin, che per un punto perse la cappa… Una cosa del genere, se non erravo.
Ma non era colpa mia se i bambini non avevano voluto seguirmi, mica potevo portarli con la forza!
Mi trovai a passare accanto all’ombrellone dei ragazzi, sbuffando affranta.
“Hei, c’è qualche problema?” Mi chiese la ragazza riccia di prima: Celeste, se non sbagliavo, la fidanzata di Niall.
“Si… mi serve almeno un altro bambino da portare a giocare. Sono rovinata, Zayn me ne ha chiesti dieci.”
La sentii ridacchiare.
“Zayn non è terribile come pensi, non dirà nulla se ti presenterai con un bambino in meno, stai tranquilla.”
“Ma…” Feci per ribattere, ma la voce di Louis m’interruppe.
“Ti serve un altro bambino? Eccomi qua!” Proferì tutto contento.
Alzai gli occhi al cielo, scuotendo la testa divertita.
“La prossima volta Louis.”
Detto questo feci per andarmene, ma poi la sua frase “Andiamo bimbi!” mi fece capire che non stava affatto scherzando. Voleva davvero venire a giocare? Jesus Christ…

Arrivati sull’area pic-nic, trovai Zayn sdraiato su una panchina, intento a giocare col cellulare.
“Ehm… eccoci qui.” Dissi, mordendomi il labbro preoccupata.
Preoccupata perché mi mancava un bimbo, e ovviamente Louis non poteva essere definito tale… merda!
Zayn si alzò lentamente, stiracchiandosi e sbadigliando. Ma come se la prendeva comoda…
Esaminò attentamente i bimbi, poi mi guardò alzando un sopracciglio. Ma io glielo avrei rasato, prima o poi!
“Avevo detto dieci.”
“Non sono voluti venire.” Scattai subito sulla difensiva.
“E tu cosa ci fai qui? Vuoi giocare con noi?” Chiese poi a Louis, guardandolo divertito.
“Nah… devo andare al bar, a dopo.” E detto questo, si dileguò diretto appunto verso il bar, lasciandomi sola con Zayn e nove piccole pesti.
Il moro mi fissò attentamente, poi si decise a parlare.
“Vai a prendere la farina.”
Ma mi dava anche ordini?! Che nervoso…
“Aggiungere un ‘per favore’ no, eh?” Sbottai, incrociando le braccia al petto.
“No. Vai a prendere la farina.” Continuò.
Ok, forse lo faceva apposta per farmi irritare… Calma Nicole, calma.
“Dove devo andare a prenderla?”
“Al bar. Muoviti che è tardi. Ah, prendi anche l’acqua.”
Gonfiai le guance indispettita.
“E poi? Le serve qualcos’altro?” Aggiunsi per sfotterlo.
Lui non si era fatto troppi scrupoli a prendere in giro me, ebbene non l’avrei fatto nemmeno io! Eccheccavolo, io valevo!
“No.” Rispose secco, dopo aver fatto finta di pensarci su un attimo.
Sospirai e mi voltai, diretta verso il bar.

La ragazza dietro al bancone mi sorrise, avvicinandosi a me.
Aveva dei lunghi capelli lisci castani, legati in una coda di cavallo, mentre gli occhi erano scuri.
“Ciao, dimmi pure.” Proferì gentile.
“Ciao. Sto facendo una prova per essere assunta qui come animatrice e… e Zayn mi ha mandata a prendere della farina e dell’acqua.” Spiegai.
“Capisco. Aspetta, arrivo subito!”
Poco dopo la ragazza tornò, porgendomi una busta di farina e una bottiglia d’acqua da due litri.
“Comunque io sono sicurissima che ti prenderanno. Mi sembri una ragazza in gamba, davvero! Piacere, io sono Kimberly.” Si presentò.
“Piacere mio, sono Nicole.”
E detto questo, corsi spedita verso l’area pic-nic, pensando che mai come quella mattina mi era capitato di ripetere il mio nome così tante volte.

“Ma vuoi stare attento?!” Sbottai, nel momento esatto in cui la mano di Zayn, sporca di farina, mi toccò accidentalmente i capelli.
“La prego di scusarmi.” Rispose sghignazzando, dandomi del lei esattamente come io avevo fatto con lui poco prima, chiaramente per prendermi in giro.
Non era il caso di rispondergli male, decisamente no. Non dovevo dimenticarmi che la mia assunzione si trovava nelle sue mani.
Guardai i bimbi, intenti a pasticciare con acqua e farina; sembrava si stessero divertendo, per una volta tanto mi era venuta un’idea buona. Tuttavia erano davvero teneri!
Quando il Mini Club finì, io e Zayn accompagnammo i bambini sotto i rispettivi ombrelloni, poi mi diressi verso la riva del mare, per sciacquarmi un po’ la faccia.
“Già stanca?” Chiese indifferentemente Zayn, dopo avermi raggiunta sulla riva.
“No.” Fu la mia secca risposta, accompagnata da una smorfia altezzosa.
Il moro fece spallucce, poi diede un’occhiata all’orologio.
“Abbiamo una mezz’oretta libera, poi dobbiamo occuparci della lezione di acquagym e…”
Troncai a metà il suo discorso.
“Aspetta! Allora, io non ho mai fatto l’istruttrice di acquagym in diciotto anni della mia vita e…”
Questa volta fu Zayn a troncare il mio discorso.
“Hai diciotto anni?! Sembri più vecchia.” Si prese ancora una volta gioco di me, ridacchiando.
Roteai gli occhi. Ma forse sfottermi era diventato il suo hobby preferito?
“Meglio che avere la faccia da coglione come te. Comunque, stavo dicendo, non ho mai fatto l’istruttrice di acquagym, quindi mi dispiace ma dovrai essere tu a farlo, almeno per oggi, in modo che io possa imparare i passi.” Zayn scosse la testa, fissandomi poi divertito.
“Nel tuo vocabolario non esiste la parola improvvisare?
Cos.. com.. che?! Voleva che improvvisassi?! Ma quello era tutto scemo! O fumava roba pesante o il sole gli aveva dato alla testa… Come minchia facevo ad inventarmi i passi così su due piedi?! Io che sapevo fare sì e no la corsa sul posto e la circonduzione delle braccia… Cavoletti, ero nella cacca, ancora una volta.
Ricorda che alla fine sarà lui a dire al Signor White se puoi essere assunta o meno.
Accidenti, era vero! Il mio cervello, purtroppo, suggeriva sempre il giusto.
“Va bene, improvviserò.” Gli dissi decisa.
“Ti conviene. Vado a bere qualcosa, a dopo.” Si congedò, dirigendosi verso il bar.
Che l’acqua, la coca, il tè, la Vodka, il whisky o qualunque altra cosa deciderai di prendere ti vada di traverso.
Mamma mia, come ero cattiva…
Sospirai, cominciando a tracciare strane linee con le dita dei piedi sulla sabbia bagnata.
Sobbalzai nell’esatto momento in cui sentii qualcosa picchiettarmi l’avambraccio.
Abbassai lo sguardo, trovandomi davanti agli occhi la piccola figura di un bambino sui cinque anni. Non l’avevo mai visto, non era uno dei bimbi che aveva giocato poco prima con me e Zayn. I suoi occhietti blu, inoltre, erano pieni di lacrime.
Aggrottai la fronte, poi mi abbassai per raggiungere più o meno la sua altezza.
“Hei piccolo… cos’è successo, perché stai piangendo?” Chiesi preoccupata.
“Mi… sono perso.” Riuscì a dire prima di iniziare a singhiozzare.
Lo presi in braccio, mordendomi il labbro inferiore.
“Non ti preoccupare, ti aiuterò io a trovare i tuoi genitori… Con chi sei venuto al mare? Sei di questo lido?”
Il bambino non disse nulla, continuava a piangere e tremare contro il mio petto.
Sospirai, poi feci per dirigermi verso l’ombrellone dei ragazzi.
Magari loro lo conoscevano…
“Ragazzi, conoscete questo bambino?” Chiesi, una volta che mi fui avvicinata a loro.
Si voltarono di scatto nella mia direzione, posando curiosi i loro sguardi sul bimbo che tenevo in braccio.
“No… cos’è successo?” Domandò Liam, aggrottando la fronte.
“Mi ha detto che si è perso.”
“Vai dal Signor White allora. Vedrai che lui saprà cosa fare.” Mi suggerì Deborah, la ragazza bionda di prima, sorridendo gentile.
“Si, certo, ci vado subito. A dopo.”

Raggiunsi in fretta il bar, notando Zayn che sorseggiava tranquillo una bibita.
Distolsi lo sguardo e lo puntai alla cassa dove si sarebbe dovuto trovare il signor White e che, accidenti, era vuota.
Imprecai mentalmente, sedendomi presso un tavolino e cercando di tranquillizzare il bimbo, che non aveva smesso un attimo di singhiozzare.
“Chi è questo bambino? Cos’è successo? Perché sta piangendo?” Chiese Zayn, sedendosi di fronte a me.
“Si è perso… Non c’è il Signor White?”
“E’ lì, non lo vedi?” Mi disse, indicando un tavolino non molto distante dal nostro.
“Che stiamo aspettando?! Andiamo a chiedere aiuto, no?” Sbottai, alzandomi dalla sedia per raggiungerlo.

Una volta spiegatagli la situazione, il Signor White fece un annuncio utilizzando il microfono, dicendo che c’era un bambino perso con il costume rosso e che i genitori erano pregati di raggiungere il bar.
Quando nessuno venne a prenderlo nonostante fosse passato un quarto d’ora, cominciammo seriamente a dubitare che i suoi genitori si trovassero sullo stabilimento ‘The little mermaid”.
Magari si trovavano su qualche altro lido e lo stavano cercando; tuttavia il bimbo non fu per niente d’aiuto. Infatti, rispose ad ogni nostra domanda con un ‘non lo so’ singhiozzato tra le lacrime.
Forse dovevamo occuparcene io e Zayn…
Il moro parve avere i miei stessi pensieri.
“Signor White, ce ne occuperemo noi. Andremo in giro per la spiaggia e vedremo di trovare i suoi genitori. Per la lezione di acquagym, ci faremo sostituire da alcuni amici… Va bene per lei?” Chiese, mordendosi il labbro.
Seguii attentamente quel gesto, poi riportai immediatamente la mia attenzione al proprietario del lido, che aveva iniziato a parlare.
“Va benissimo. Andate, su. Ah, e dite ai vostri sostituti di raggiungermi sul bar.”

“Zayn, ma i tuoi amici che devono sostituirci sono forse…”
Il ragazzo interruppe nuovamente la mia frase a metà, sghignazzando.
“Oh, se faremo in tempo vedrai al nostro ritorno… ci sarà da ridere.”
Lo guardai stranita, continuando a camminare con il bambino in braccio.
Ad un certo punto si bloccò, sorridendo sghembo.
“Dallo a me, lo porto io.” Mi disse, prendendolo in braccio delicatamente e sorridendogli dolcemente.
Era la prima volta che lo vedevo sorridere in quel modo, e con quell’espressione in volto era proprio… carino e adorabile, tanto che venne anche a me da sorridere.
Mi diedi mentalmente della cogliona, poi lo seguii fino all’ombrellone dei ragazzi.
“Niall! Harry! Andate sul bar, vi vuole il Signor White.” Proferì Zayn dopo aver chiamato i due. Ah, erano dunque loro quelli che avrebbero dovuto sostituirci, a quanto pareva…
“Perché ci vuole?” Chiese dubbioso Niall.
“Perché ci vuole?” Chiese pure Harry, come se il suo amico biondo non l’avesse già chiesto. Feci per rispondere al posto di Zayn, ma il lieve colpetto che mi diede di nascosto con il gomito mi fece intuire che dovevo stare zitta.
“Andate, ci vediamo dopo. Vieni, Nicole.” Mi disse poi, facendomi un cenno con la testa.
Lo seguii salutando i ragazzi con un piccolo gesto della mano.
Quando fummo abbastanza lontani, gli chiesi spiegazioni.
“Perché non hai voluto dire ai ragazzi che dovevano sostituirci?”
“Perché si sarebbero rifiutati.” Rispose in tono ovvio, trattenendo a stento una risata. “Vedrai che con il loro modo di muoversi da scimmie del Paleolitico, ci sarà da divertirsi…” Aggiunse poi.
“Sei proprio stronzo.” Constatai, scuotendo tuttavia la testa divertita.
“Nah, per uno stupidissimo dispetto… Sapessi quanti di quegli scherzi, ci siamo fatti a vicenda.” Sorrise al solo ricordo.
Feci spallucce, riportando la mia attenzione sul bambino.
“Non preoccuparti piccolo, ti aiuteremo a trovare i tuoi genitori.” Gli dissi, cercando di rassicurarlo.

Io, Zayn e il bambino, che avevamo scoperto si chiamava Jason, giungemmo al lido che seguiva il nostro, ‘The five sense.’
Avevamo deciso di recarci sul bar di quest’ultimo per chiedere al proprietario di fare l’annuncio col microfono esattamente come aveva fatto il Signor White poco prima, ma una signora ci venne incontro in lacrime.
Era la madre di Jason, che ci ringraziò per esserci presi cura di lui. Se ne andò poi felice, rimproverando però il piccolo e spiegandogli che non era mai un bene allontanarsi troppo da lei e che era stato fortunato a trovare due ragazzi come noi, che lo avevano aiutato.
“Beh, tutto è bene quel che finisce bene, no?”
Me ne uscì con quel detto improvvisamente, per spezzare il silenzio imbarazzante che era sceso tra me e Zayn dopo che la signora se ne era andata.
“Già.”
Zayn mi guardò per un attimo, ma quell’attimo bastò a farmi sentire in imbarazzo.
“Andiamo?” Chiesi poi, fissando il mare.
“Si, andiamo.”

Quando giungemmo sul nostro lido, notammo subito un ammasso di persone radunato sulla riva.
Sentii Zayn ridacchiare, così mi girai nella sua direzione, alzando un sopracciglio in una domanda muta.
“Vai a vedere tu stessa.” Disse, avviandosi a passo svelto verso la folla.
Lo raggiunsi poco dopo, e quando fui abbastanza vicina a quelle persone, non potei far a meno di trattenere una risata nel vedere Harry e Niall cercare di fare acquagym.
Si movevano senza voglia, goffamente, inoltre si pestavano i piedi a vicenda; uno spettacolo insomma.
“Ma il Signor White non si arrabbierà nel vedere quei due fare acquagym in quel modo?” Chiesi divertita a Zayn, indicandoli.
“Nah… per lui l’importante è intrattenere le persone, farle divertire insomma. E direi che loro ci stanno riuscendo alla grande.” Rispose sorridendo.
Concordai con lui; in fondo, l’importante era divertirsi.

Una volta finita la lezione di aquagym, Niall ed Harry lanciarono a Zayn uno sguardo di fuoco.
“Questa ce la paghi.” Disse il biondo socchiudendo gli occhi.
“Guarda che ti stacchiamo la testa a morsi e ti prendiamo a sprangate.” Aggiunse poi il riccio.
“Ah, vi devo ricordare quella volta in cui mi avete rasato il sopracciglio nel sonno?!” Rispose prontamente Zayn.
Che? Gli avevano veramente rasato il sopracciglio?! Allora quell’idea allettante non era venuta solo a me… Quelli erano tutti pazzi…
Tuttavia non c’era davvero rabbia nei loro toni di voce, stavano semplicemente scherzando.
“E’ acqua passata.” Rispose Niall, incrociando le braccia al petto.
“E poi eravamo tra di noi e soprattutto era una cosa meno grave, tu ci hai fatto fare una figura di merda in pubblico.” Aggiunse Harry.
“Idiota! Sono pur sempre dovuto uscire da casa, no?” Sbottò Zayn, alzando gli occhi al cielo.
Cavolo, mi mancavano solo i pop corn…
“Ma zitto che secondo me le persone non ci hanno fatto nemmeno tanto caso! E poi non te l’abbiamo mica rasato tutto! Solo un piccolo tratto verticalmente, nulla di che!” Niall si affrettò a precisare.
“Ma andate a cagare!” Disse poi Zayn, roteando gli occhi.
Niall ed Harry scoppiarono a ridere, seguiti a ruota da Zayn.
“Comunque voi due avete un futuro da clown del circo!” Osservò il moro cominciando a ridere ancor più di prima.
Risi anche io, divertita da tutta quella situazione e dagli insulti che gli lanciarono poi Niall ed Harry.

La Baby Dance fu senza dubbio l’esperienza più umiliante della mia vita; che vergogna ballare le canzoni per i bambini insieme a loro!
Seguì poi il gioco aperitivo, di cui se ne occupò Zayn e che venne vinto da Louis.
L’aperitivo, però, gli venne praticamente tolto di mano da Liam, che lo bevve senza farsi troppi problemi.
Trattenni a stento una risata e mi diressi verso l’area pic-nic per mangiare, dal momento che la pausa pranzo era iniziata.
Recuperai la borsa che avevo nascosto per bene poche ore prima, e ci frugai dentro alla ricerca del panino col salame. Mi sedetti comodamente presso un tavolino, fissandolo. Il panino si, stavo fissando il panino.
Lo sai, o mio caro panino, che questa mattina ho fatto tardi per poterti avere?
Oh mio Dio ma che mi ero fumata?! Parlavo pure coi panini ora?
Una voce mi destò dai miei pensieri.
“Mangi da sola?”
Zayn. Cosa minchia voleva?
Feci spallucce, dando un morso al mio delizioso panino, che delizioso lo era davvero.
Con molta nonchalance, Zayn si sedette di fronte a me, posando sul tavolo un vassoio pieno di roba da mangiare acquistato al bar, probabilmente.
E quello che significava? Voleva mangiare con me?!
Uh Jesus Christ…







Note dell'autrice.


Salve a tutti, belli e brutti! :)
(No scherzo, siete tutti belli u.u)
Ah, e buon Ferragosto! Forse non è normale pubblicare un capitolo proprio oggi, ma ero già leggermente in ritardo e il senso di colpa iniziava a farsi sentire... Cx
Allora, parliamo subito del capitolo: dico subito che inizialmente non avevo intenzione di interromperlo dove l'ho interrotto, ma scrivendo mi sono dilungata troppo e non volevo annoiarvi ulteriormente... queste 21 pagine bastano e avanzano. ;)
Vi ho introdotto tre nuovi personaggi: Noelle, Celeste e Deborah, che sono rispettivamente le ragazze di Harry, Niall e Louis, mentre invece Liam... eh, poi vedrete, non vi anticipo nulla. :P
Vi dico solamente che no, non si metterà in mezzo a Nicole e Zayn, c'è già Mary che basta e avanza! ;)
Questo più che altro è un capitolo di passaggio, il prossimo sarà decisamente più interessante...
Spero di essere riuscita a strapparvi un sorriso. c:
Per qualsiasi cosa, contattatemi o qui su EFP o su Twittah, dove sono @RockMe06.
Un'ultima cosa, non mi odiate troppo: se avete voglia di leggere qualcosa di dolce e romantico, qui c'è la mia One Shot My heart knew you'd come back.
Va bene, me ne vado che già vi ho rotto abbastanza.
Un bacione enorme!
Veronica

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Calls (Chiamate) ***


Image and video hosting by TinyPic



Capitolo 3
Calls






“Mangi da sola?”
Zayn. Cosa minchia voleva?
Feci spallucce, dando un morso al mio delizioso panino, che delizioso lo era davvero.
Con molta nonchalance, Zayn si sedette di fronte a me, posando sul tavolo un vassoio pieno di roba da mangiare acquistato al bar, probabilmente.
E quello che significava? Voleva mangiare con me?!
Uh Jesus Christ…


Lo fissai per dieci secondi buoni, sconcertata, poi quando lui alzò lo sguardo verso di me abbassai subito gli occhi, dando un bel morso al mio panino.
Ma perché aveva deciso di pranzare con me?! Non poteva pranzare con i suoi amici?! Cosa cavolo avrei dovuto dirgli?!
Dio, io odiavo i silenzi imbarazzanti! Avrei dato di tutto pur di poter iniziare qualsiasi tipo di conversazione, ma non mi veniva in mente nulla…
Dovevo sorridergli, forse? Ma no, lui non mi stava nemmeno troppo simpatico, poi!
Sempre con quell’arietta da superiore stampata in volto, pure mentre mangiava…
Mentre spremevo le meningi per farmi venire in mente qualcosa di sensato da dire, fortunatamente per me Zayn proferì parola.
“Allora tu non sei di Heatherfield, vero?”
Eh?! Ma che ne sapeva?! Feci per ribattere, ma poi mi venne in mente quanto successo la sera prima: la mia carissima amica Mary gli aveva detto –davanti a me tra l’altro- tutti i cavoletti miei, alla faccia della privacy…!
“No, non sono di Heatherfield, abito a Londra. Qui vivono i miei nonni e mio padre.” Risposi, sorridendo.
Su, dovevo dimostrargli che ero una persona simpatica e amichevole!
“Io ci sono stato un paio di volte a Londra, è una città molto bella.” Diede un morso al suo sandwich.
“Già.” Risposi scrollando le spalle.
“Ti piace Heatherfield?” Mi chiese, dopo aver bevuto un sorso di coca.
“Si, è molto carina… poi c’è anche il mare.”
Lo indicai con un cenno del capo.
“Studi?” Ennesima domanda.
Più che una conversazione quella sembrava un’intervista…
“No, ho finito la scuola… a settembre vedrò di trovare un lavoro. Tu invece?” Azzardai a chiedere, dopo un attimo di esitazione.
Se lui mi stava facendo il terzo grado, avevo tutto il diritto di farglielo anche io, no?
“In inverno lavoro con mio zio, nella sua officina.”
Afferrò una patatina e se la lanciò praticamente in bocca.
Ma che bravo, vuoi un applauso?
“E in estate lavori qui?”
“Precisamente.”
Ah, ok, bene. E ora? Che altro potevo chiedergli senza passare per la ragazzina invadente e avida di ricevere informazioni?
In fondo, però, dovevo ammettere che… Ma no, che stupida che ero, a me non importava nulla della sua vita! Insomma, lo conoscevo da un giorno e non nutrivo neanche troppa simpatia nei suoi confronti, quindi…
“Sei fidanzata?” Chiese improvvisamente.
Quasi mi strozzai con il the che stavo bevendo… Oddio, e quella domanda da dove cazzo usciva?! Era molto personale! Dio, solo a pensare quel viscido verme schifoso con cui ero stata… Sbattei più volte le palpebre, per scacciare via dalla mente i ricordi che avevo disperatamente cercato di cancellare negli ultimi mesi.
“Preferisco non parlarne.” Risposi dopo un colpetto di tosse.
“Perché?”
Alzai lo sguardo verso di lui, sgranando gli occhi. Ma.. ma.. ma che razza di insolente, insisteva pure! Che faccia tosta che aveva, oh!
“Perché preferisco non parlarne.” Alzai un sopracciglio.
“Se preferisci non parlarne ci deve essere un motivo.” Schioccò la lingua sotto al palato.
Gonfiai le guance indispettita, reprimendo la voglia di svuotare la mia bottiglietta di the sopra i suoi bei capelli e… No, un attimo, avevo davvero pensato bei capelli?
Ma prego Nicole, inizia pure a rincoglionirti.
Fanculo anche al mio cervello, va’!
“Ovvio che c’è un motivo! Ma preferisco evitare l’argomento…” Mi girai verso destra, dedicando la mia attenzione ad un ombrellone poco distante di lì, per evitare i suoi occhi che avevano iniziato a fissarmi con insistenza.
Non guardarmi così, mi metti in imbarazzo cavolo!
“Ma io non voglio sapere chi è il tuo ragazzo, da quanto tempo state insieme, cos’è successo tra di voi e tutto il resto. Ti ho semplicemente chiesto se sei fidanzata, domanda a cui puoi tranquillamente rispondere o con ‘si’ oppure con ‘no’. Allora?”
Sospirai, girandomi verso di lui.
“No.” Risposi secca.
Zayn schioccò la lingua sotto al palato, poi si lanciò un’altra patatina in bocca.
“Tu invece sei fidanzato con Mary, vero?” Mi uscì di getto, istintivamente.
Vidi Zayn sospirare.
“Già…”
Silenzio imbarazzante. Ancora.
Trova un argomento di cui parlare Nicole, trova un argomento di cui parlare.
“Che caldo, eh?”
Cogliona, con che frasi da cretina te ne esci?
Ero tutta scema, Dio mio…
“Eh già.”
Ma neanche lui incoraggiava la conversazione se dava risposte del genere, per la miseria!
D’un tratto, un cellulare squillò.
Non era il mio, era il suo; io avevo impostato una suoneria diversa.
Lo prese dallo zainetto, poi diede un’occhiata al display; senza pensarci due volte, staccò la chiamata, rigettando il telefono nello zaino.
Mi chiesi istintivamente chi l’avesse chiamato e per quale motivo non avesse risposto, ma decisamente non erano affari miei…
“Abbiamo un’oretta libera ora, poi c’è di nuovo il Mini Club. Vuoi venire sul bar con me e gli altri?” Chiese mentre si affrettava a ripulire il tavolo.
Però, a volte Zayn sapeva anche essere gentile.
In ogni caso non mi andava proprio di restare sola come un cane, per cui decisi di accettare il suo invito.
Scrollai le spalle, sorridendo sghemba.
“Va bene.”

Raggiungemmo il bar pochi minuti dopo. Tutti i tavolini erano occupati, ma notai gli altri ragazzi e le ragazze seduti tranquillamente a qualche metro di distanza da noi.
“Zayn, vieni ad onorarci della tua presenza!” Esclamò Niall, gesticolando con le braccia per farsi notare.
“Andiamo.” Mi disse Zayn, iniziando poi a camminare verso il tavolino.
Annuii, seguendolo a ruota. Forza, non ero mai stata timida, e non dovevo esserlo neanche in quella circostanza! In fondo erano tutti simpatici e amichevoli, si era visto.
Celeste mi fece cenno di prendere una sedia e di sedermi vicino a lei e alle ragazze.
Afferrai la prima sedia che mi capitò sotto tiro e la posizionai dove mi era stato indicato.
“Allora, come procede la prova?” Mi chiese Deborah.
“Ah non lo so, dovresti chiederlo a Zayn.” Risposi indicandolo, con il viso contratto in una smorfia di preoccupazione.
“Zayn, come se la sta cavando Nicole?” Noelle non aveva perso tempo e aveva subito posto la fatidica domanda.
Zayn si girò verso di noi e scosse la testa.
“Non dico nulla. Il verdetto finale c’è stasera.”
Scrollò le spalle, sorseggiando il cocktail che aveva ordinato poco prima.
“Ti prende, ti prende…” Disse Liam facendomi l’occhiolino.
“Liam…” Zayn lo guardò socchiudendo gli occhi, incrociando le braccia al petto e facendo ridere il ragazzo.
Sospirai, passandomi nervosamente una mano tra i capelli.
Noelle mi diede una pacca amichevole sulla spalla.
“Non ti preoccupare Nicole, stai tranquilla che il posto è tuo!”

Quell’oretta al bar fu molto piacevole; avevo conosciuto meglio le ragazze, parlando di musica, film, moda e tante altre cose. Non mi ero sbagliata quella mattina quando avevo pensato che fossero simpatiche, perché lo erano davvero.
Avevamo parecchie cose in comune, e caratterialmente erano abbastanza simili a me, sveglie e un po’ pazze.
Mentre ero intenta a ridere con loro, un pallina di carta mi colpì in piena fronte.
Ma che cazz…?
“Mi dispiace interrompere le tue chiacchiere con queste idiote, ma dobbiamo andare o il Signor White ci affoga in questo stesso mare.” Dichiarò Zayn indicando appunto il mare.
“Non sono idiote!” Le difesi, incrociando le braccia al petto.
“No, è impressione…” Disse ironicamente Harry, scrollando le spalle.
“Ha parlato l’idiota per eccellenza.” Sbottò Noelle, indicandolo con la mano.
“Harry non è idiota, è diversamente intelligente.” Lo difese Niall, dandogli una pacca –o uno schiaffone?- sulla schiena, guadagnandosi una serie di insulti da parte dell’amico.
“Ecco, impara Nicole: io e i ragazzi siamo tutti diversamente intelligenti, Deborah, Noelle e Celeste sono idiote.” Dichiarò solennemente Louis.
“Chiusa la sentenza.” Aggiunse poi Liam, guadagnandosi un’occhiata di approvazione da parte dei ragazzi.
Li guardai come se fossero stati pazzi, sbattendo velocemente le palpebre.
Le ragazze alzarono gli occhi al cielo, scuotendo la testa divertite.
“Andiamo.” Proferì poi Zayn, avviandosi verso l’area pic-nic.
Salutai tutti con un cenno della mano e un sorriso, poi seguii il moro.

Dopo il Mini Club e ahimè, ancora una volta la Baby Dance (la odiavo, la odiavo con tutta me stessa!), ci furono finalmente i balli di gruppo; mi era sempre piaciuto ballare, e farlo in riva al mare, tra tutta quella gente allegra ed entusiasta, era davvero il massimo. Dovevo ammettere che Zayn non era male, anzi…
Dovetti evitare di guardarlo, o altrimenti il mio cervello avrebbe ‘fabbricato’ pensierini poco innocenti…
Certo che ero stupida; insomma, era solo un bel ragazzo che stava ballando, non avevo motivo per pensare a certe cose…!
Cioè si, un po’ ne avevo, però i pensieri che mi stavano venendo erano troppo da depravata maniaca…
Ma perché il mio cervello non poteva spegnersi come succedeva a quelli che facevano la pubblicità della settimana enigmistica?!
Purtroppo le cose belle sono destinate a finire, e anche i balli quel pomeriggio andarono incontro al proprio destino, finendo.
Zayn si sciacquò la faccia e i capelli con l’acqua del mare, poi si girò verso di me, con la faccia di uno che si è appena ricordato qualcosa di importante.
“Tra poco c’è il gioco caffè. Ci hai pensato?” Mi chiese, inarcando il sopracciglio.
Sbiancai, sgranando gli occhi.

“Perfetto. Allora, io ora ho già un’idea per il gioco aperitivo. Dopo sarai tu a scegliere cosa fare per il gioco caffè. Pensaci bene e poi fammi sapere durante la pausa pranzo.”

Oddio io…! Io dovevo farglielo sapere per la pausa pranzo! Lui però non me l’aveva chiesto, quando avevamo mangiato insieme e…
Ommamma, il punto era che io con tutto quel movimento me n’ero completamente dimenticata e non sapevo cosa cavolo fare!
Stupida, cretina, cogliona, deficiente, inutile essere…
Ma come avevo fatto a dimenticare una cosa tanto importante? Come?! Se dopo avergli confessato che me n’ero dimenticata avesse deciso di non prendermi, non avrei di certo potuto biasimarlo: ero una cretina, ecco cos’ero!
“Ecco… io…” Abbassai il capo, imbarazzata.
“Te ne sei dimenticata?” Chiese lui, alzando leggermente la voce.
Avrebbe voluto urlarmi contro, ne ero sicura, si stava visibilmente trattenendo…
“Si.” Ammisi vergognandomi come non mi ero mai vergognata prima. Scema, patetica, idiota del cazzo…!
Lo sentii sbuffare e imprecare qualcosa sottovoce, poi fece un passo verso di me.
“Pensiamoci ora almeno, tra dieci minuti dobbiamo andare!” Disse, con tono di voce palesemente agitato.

Alla fine, dopo cinque orrendi minuti passati a pensare, Zayn si ricordò di avere dei palloncini nello zaino, così per il gioco caffè decidemmo di posizionare 40 bicchieri su di un tavolo, che poi il giocatore avrebbe dovuto far cadere entro 60 secondi, utilizzando l’aria del palloncino gonfiato da lui stesso.
Lanciai tantissime benedizioni ai palloncini di Zayn: se non fosse stato per loro, il gioco caffè sarebbe saltato. Che disastro vivente ero…
Una volta che questo fu finito, finì anche il mio giorno di prova.
“Ci vediamo qui tra un quarto d’ora. Io, te e il Signor White.” Mi disse Zayn, prima di dileguarsi.
Amareggiata, tornai a prendere la mia borsa, sicura come non mai che non mi avrebbe presa, non dopo quel che avevo combinato.
E mi stava bene, me lo meritavo: ero una grandissima cogliona.
Mi maledissi mentalmente non so quante volte, accasciandomi su una panchina dell’area pic-nic.
Rimasi in silenzio per cinque minuti buoni, poi mi alzai diretta verso il bar.
Avrei trovato un altro lavoro, pazienza.
Decisi di prendere una coca cola ghiacciata.
“Ciao Kimberly. Una coca cola ghiacciata, per favore.” Chiesi alla barista.
Me la portò subito, così io andai a sedermi su un tavolino, iniziando a sorseggiare la bibita e perdendomi nei miei pensieri. Mi ero giocata un posto di lavoro, davvero non c’era limite alla stupidità umana…
Il fatto era che con tutto quel movimento, il mio cervello si era completamente svuotato, facendomi dimenticare quanto detto da Zayn quella mattina stessa.
Appoggiai la testa su una mano, fissando il vuoto.
I clienti dello stabilimento se ne stavano andando, il lido avrebbe chiuso verso le 18:30.
Qualcuno mi distrasse dalle imprecazioni che mi stavo lanciando da sola.
“Nicole, vieni. Il verdetto finale.” Zayn mi schioccò due dita davanti agli occhi.
Ah già, il verdetto finale, o meglio la mia umiliazione davanti al Signor White.
Deglutii, prima di alzarmi dal tavolino e affrontare a testa alta tutta quella situazione. Non ero di certo una codarda!
Raggiungemmo il Signor White, seduto comodamente dietro la cassa.
“Salve signore. Le vorrei comunicare l’esito della prova di Nicole…” Iniziò Zayn, sorridendo professionalmente.
“Bene, parla pure ragazzo mio.”
Abbassai lo sguardo, mordendomi il labbro e pronta a ricevere qualsiasi tipo di critica.
“E’ andato tutto bene: Nicole è sveglia e ci sa davvero fare, sono sicurissimo che non ci metterà molto a guadagnarsi la simpatia delle persone. I bambini già l’adorano, quindi… Le sue idee sono molto originali, questa mattina i bambini si sono divertiti un sacco preparando l’impasto per la pizza. Come collega non è affatto male, anzi… per me, può firmare il contratto.”
Le parole di Zayn mi fecero immediatamente alzare lo sguardo verso di lui.
Lo fissai incredula e sbalordita. Non era possibile…
Lui… lui aveva evitato di dire al Signor White che mi ero dimenticata del gioco caffè e che a trovare attività da svolgere ero praticamente un disastro! Mi stava… prendendo…
La voce del Signor White mi fece voltare verso di lui.
“Vieni cara, devo informarti sulle modalità di pagamento e darti le magliette ufficiali da indossare. Ah, e ovviamente devi firmare il contratto!” Proferì tutto contento, sorridendomi.
Ricambiai il sorriso, annuendo.
“Io vado allora, a domani.” Zayn fece per andarsene, ma io lo bloccai.
“Aspetta!” Esclamai, facendolo girare confuso. “Signor White, vuole scusarci un attimo?” Gli chiesi.
“Fate pure.” Disse tranquillamente, rispondendo ad una telefonata.
“Che c’è?” Domandò Zayn, scrutandomi attentamente.
“Nulla, volevo solo… ringraziarti.” Gli sorrisi, sinceramente grata.
Zayn fece spallucce, piegando un angolo della bocca verso sinistra, in una smorfia vagamente simile ad un sorriso.
“Ci vediamo domani.”
E detto questo, raggiunse le scale e se ne andò.
Lo fissai fin quando non sparì dalla mia visuale, poi mi girai e raggiunsi il Signor White.
Firmai il contratto sorridendo come una cogliona, poi mi vennero consegnate delle magliette verde fosforescente, con su stampata la scritta ‘The little mermaid.’
“Ci vediamo domani, Nicole.” Il Signor White sorrise gentilmente.
“Senz’altro, la ringrazio!”
Terminati i saluti, uscii dallo stabilimento e mi avviai verso casa, tutta sorridente e felice.

“Sono a casa!” Trillai allegra, dopo aver varcato la soglia del mio appartamento.
“Nicole, puoi venire un attimo qui, per favore?” Mia nonna mi stava chiamando dal soggiorno.
La raggiunsi immediatamente, lasciando cadere la borsa sul pavimento.
“Che c’è, nonna?” “Aiutami a piegare questo lenzuolo, per favore…” Annuii e ne afferrai le estremità.
“Allora Nicole, ti hanno presa vero?” Mi chiese speranzosa, fissandomi negli occhi.
Mi illuminai in un radioso sorriso.
“Si nonna!”
Grazie a Zayn.
Evitai di accennare a lui, però, altrimenti nonna Kate mi avrebbe fatto l’interrogatorio, chiedendomi chi fosse questo Zayn e pregandomi di descriverglielo nei minimi dettagli, dal colore dei capelli fino alla forma delle unghie dei piedi…
“Ho firmato il contratto e il Signor White, il proprietario, mi ha anche consegnato le magliette ufficiali! Inizio domani, sono contentissima!” Proseguii il mio discorso, ridendo come una scema insieme a mia nonna.
Una volta piegato il lenzuolo, mi offrii di portarlo in camera da letto.
Prima di tornare in cucina, corsi all’ingresso per recuperare la mia borsa. L’abbandonai sul mio letto, poi sentii il mio stomaco brontolare di brutto…
Prima di andare a fare uno spuntino, però, dovevo lavarmi, visto e considerato quanto avessi sudato…
L’acqua fresca ebbe il miracoloso potere di farmi dimenticare tutto; mi rilassai completamente, godendomi l’odore di rosa selvatica del mio bagnoschiuma, poi purtroppo dovetti uscire.
Dal momento che mi scocciavo di asciugare i capelli con quel caldo soffocante, presi un asciugamano e vi ci avvolsi dentro i miei lunghi boccoli. Si sarebbero asciugati da soli, pazienza…
Mi sedetti comodamente sul divano in cucina, rivolgendo un’occhiata al televisore: come da copione, mia nonna stava guardando un film western. Inutile, erano proprio il suo punto debole: era fissata, inoltre aveva una grande passione per i cavalli.
Da giovane infatti ne aveva uno, e passava le giornate cavalcando nei prati delle campagne: lei e mio nonno si erano conosciuti proprio nelle campagne, dopo che lei aveva rischiato di ucciderlo col suo bel cavallo pazzo.
“Dimmi una cosa Nicole, lavori da sola?” Mia nonna rientrò dal balcone e prese posto accanto a me. Avrei dovuto immaginarlo, prima o poi l’avrebbe senz’altro chiesto…
Presi un respiro profondo, preparandomi psicologicamente per il suo interrogatorio.
“No, lavoro con un altro ragazzo.” Le sorrisi, fingendomi poi interessata al film che stavano trasmettendo.
“Un ragazzo?” La voce di mia nonna assunse improvvisamente, guarda caso, un tono odiosamente curioso.
Annuii sbadigliando, fingendomi stavolta stanca.
“Quanti anni ha?” Chiese di punto in bianco, incurante del fatto che avessi completamente appoggiato la testa allo schienale del divano e chiuso gli occhi.
Li aprii di scatto, sbattendo più volte le palpebre. Già, quanti anni aveva?
“Ma non lo so nonna, chi glielo ha chiesto?!” Sbottai alzando gli occhi al cielo.
“Ma a occhio e croce?” Insistette. Eh, non era una che si arrendeva facilmente, per mia sfortuna…
“Una ventina, credo…” Si, doveva avere sui vent’anni…
“Come si chiama?” Altra domanda. Ok, l’intervista di nonna Kate era ufficialmente iniziata.
“Zayn.” Feci spallucce.
“Cognome?” Lo aveva detto il Signor White, ma la mia memoria di fuoco non poteva di certo ricordarselo…
“Non lo ricordo.”
Mia nonna mi guardò di sottecchi, studiando bene la mia espressione, poi fece un’altra domanda.
“E com’è questo Zayn?”
E’ bellissimo tanto quanto è insopportabile, ma si è dimostrato anche gentile e comprensivo.
C’era da ammettere che i miei pensieri lo descrivevano alla perfezione, ma non era decisamente il caso di dar loro voce, non davanti alla nonna.
“Come vuoi che sia?” La guardai alzando un sopracciglio.
“Descrivimelo.” Dannata nonna curiosa!
“E’ alto, ha i capelli molto scuri e gli occhi castani.” Feci spallucce, fissando lo schermo della televisione.
“Come li porta i capelli?” Oddio, ancora?! Perché non le avevo detto che era calvo, accidenti?!
“Li alza in una cresta.” Tentai poi di cambiare discorso, ma la sua domanda mi precedette.
“Ti sei trovata bene con lui?”
Annuii sorridendo, poi mia nonna parlò di nuovo.
“E hai conosciuto altre persone?”
Sospirai.
“Si nonna, quattro ragazzi e tre ragazze, ma mi scoccio di descriverteli tutti.” Tagliai corto, sorridendole.
“Ma dimmi una cosa, questo Zayn è un bel ragazzo?” Chiese sorridendo maliziosamente.
Sbuffai. “Si nonna.”
“E lo sono anche questi ragazzi che hai conosciuto?” Mamma mia, e che rottura!
“Si, lo sono anche loro. Cambiamo discorso?” La supplicai, guardandola con la tipica faccia da cucciola.
“Va bene, va bene.” Alzò le mani a mo’ di resa, prestando attenzione al suo adorato film western. Oh, era ora!

Per cena, mio nonno Carl ebbe la brillante idea di ordinare una pizza. Mangiammo come al solito tutti insieme, ed io purtroppo dovetti essere sottoposta anche all’intervista di mio nonno e mio padre.
Quando finalmente finii di mangiare, bevvi un sorso di coca, poi mi alzai da tavola.
“Vado in camera mia.” Proferii allegramente, uscendo in fretta da quella stanza.
Mi lanciai letteralmente sul letto, sospirando esausta. Erano appena le 8:30 ed io ero già stanca, perfetto!
Presi il mio telefonino con l’intenzione di chiamare Allison, ma questi vibrò ancor prima che potessi comporre il numero. Chi rompeva?!
Mary. Bene, dovevo proprio dirgliene quattro!
Senza pensarci due volte, premetti il tasto verde e risposi.
“Mary?”
“Ciao Nicole! Allora, stasera dobbiamo assolutamente uscire! Ci facciamo un giro in centro e poi magari andiamo a prendere una bibita. Ti va?”
Alzai gli occhi al cielo. No, non mi andava. Ero stanca, inoltre ero leggermente incavolata con lei per ciò che era successo la serata precedente…
“Non mi va, Mary.” Le dissi sinceramente.
“Eddai Nicole, ti prego! Devo parlarti anche… Su, tra cinque minuti sono sotto casa tua, preparati in fretta, eh! Ciao!” E detto questo, staccò la chiamata. Al Diavolo!
Beh, se non volevo uscire non c’era nessuno che potesse impedirmi di restare nella mia camera, certo, ma sarebbe stato scortese mandare a casa Mary senza neanche farla salire di sopra, una volta che sarebbe arrivata sotto al palazzo… A quel punto, meglio uscire anziché passare una noiosissima serata in casa con lei.
Mi alzai svogliatamente dal letto, aprendo l’armadio e cercando qualcosa di decente da indossare: alla fine optai per il classico pantaloncino di jeans e una maglietta larga.
Fortunatamente i capelli si erano asciugati, per cui li pettinai imprecando contro i nodi e li legai in una coda di cavallo alta. Una volta indossati i miei adorati orecchini con le perle, mi truccai e afferrai una borsetta, poi qualcuno citofonò. Doveva essere Mary, avevo fatto giusto in tempo. Andai di corsa in cucina, per avvisare mio padre e i nonni che quella sera sarei uscita.
“Nicole, non mi avevi detto che…” Bloccai mio padre a metà discorso.
“Si, lo so, non ti ho detto che uscivo. Il fatto è che io e Mary abbiamo deciso tutto all’improvviso, ci vediamo dopo.”
Detto questo, mi affrettai a raggiungere la porta d’ingresso, uscendo e scendendo di sotto.

“Ciao Nicole!” Mi salutò Mary, schioccandomi due baci sulle guance.
“Ciao.” Le sorrisi.
“Che fine avevi fatto ieri? Non ti ho più vista, poi…” Iniziò il suo discorso quando cominciammo a camminare verso chissà dove.
Alzai un sopracciglio.
“Sei tu quella che è sparita con Zayn.” Le feci notare, mantenendo però un tono di voce neutrale.
“Beh scusami, ma non lo vedevo da tre giorni. Sai quando sto con lui mi dimentico di tutto, non so nemmeno se vivo sulla Terra, sulla luna o su Plutone!” Rise oscenamente, scuotendo la testa. Che idiozia…
Tuttavia decisi di non ribattere, continuando a camminare tranquillamente.
“Sei stata assunta, vero?” Mi guardò curiosa.
“Si, comincio a lavorare domani.”
“Sai Nicole, il negozio in cui lavoro prende le ferie tra tre settimane fino a settembre, quindi da luglio scenderò anche io sulla spiaggia! Non vedo l’ora di stare con Zayn…” Civettò, sospirando sognate e sorridendo poi maliziosamente.
Alzai un sopracciglio. No, stavamo andando fuori strada: Zayn era lì per lavorare, Mary non doveva proprio permettersi di ‘rapirlo’ e portarselo chissà dove per fare chissà cosa! Io non potevo di certo gestire tutto da sola, avevo bisogno del suo aiuto!
“Guarda che Zayn deve lavorare…” Le feci notare.
“Questo non costituisce un problema. Ogni tanto potrei…” La bloccai all’istante.
“Ogni tanto nulla, Mary! Starai con lui nella pausa pranzo.” Dichiarai decisa, guardandola attentamente.
Alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
“Va bene. Stai calma però.”
Calma un cavolo! Quella cretina aveva fatto una bella pensata: dal momento che sul lido vi era una nuova animatrice, ne avrebbe approfittato per spassarsela di tanto in tanto con il suo ragazzo… Illusa!
“Sono calmissima. Andiamo a prendere una bibita?” Proposi giusto per cambiare discorso.
Annuì contenta e si spostò altezzosa una ciocca di capelli neri dal viso.
Entrammo nel primo bar che incontrammo: io ordinai una coca cola ghiacciata e una francesina, Mary prese un gelato.
Ci sedemmo presso l’unico tavolino libero: quel bar era pieno zeppo di persone.
“Nicole, non hai ancora trovato un fidanzato?” Chiese Mary, portandosi il cucchiaino pieno di gelato in bocca.
La mia espressione doveva essere senz’altro cambiata, ma Mary sembrò non fare molto caso alla cosa. Ovviamente non le avevo raccontato il motivo per cui mi ero lasciata con il mio ex ragazzo, gli unici che sapevano erano i miei genitori ed Allison.
“No, ma non ho fretta. Quando arriva, me lo prendo.”
Addentai la mia deliziosa pizzetta, pregando perché quella serata finisse presto.
“Giusto. Ah, io non ti ho mai raccontato come ho conosciuto Zayn, vero?” Chiese controllandosi un attimo le unghie.
Oddio. Ora avrebbe parlato come minino per una mezz’oretta buona. Povera me…
“No.” Risposi facendo spallucce.
E non m’interessa neanche.
Aggiunsi mentalmente.
“Te lo racconto subito: allora, era un normale pomeriggio di inverno: io stavo passeggiando sulla litoranea, quando ad un certo punto inciampo e vado a sbattere contro un ragazzo. Si, questo ragazzo era lui. Allora io ne sono rimasta subito colpita: insomma, l’hai visto anche tu Zayn, è stupendo.” Rise oscenamente, facendomi alzare gli occhi al cielo.
“Va bene, continua.” Le dissi, giusto per farla smettere di ridere, dato che tutti ci stavano fissando.
“Va bene, scusa. Dopo quell’incontro avevo paura di non rivederlo più, però il giorno dopo scopro che lui si è iscritto nella mia stessa palestra! Vedi, era destino…” Ridacchiò, sospirando teatralmente.
“Mary, abbassa la voce.” Le dissi tra i denti, indicando tutte le persone che in quel momento ci stavano fissando infastidite.
Coglioni, ma non vedevano che era la tizia che mi stava di fronte a ridere e ad alzare la voce? Perché guardavano male pure me? Avrei tranquillamente afferrato il portacenere sul tavolino e scagliarlo contro la prima persona che mi sarebbe capitata sotto tiro, ma non era il caso di passare un guaio…
Tuttavia non sarei mai più uscita con Mary, quello era poco ma sicuro!
Quest’ultima continuò a parlare.
“In palestra poi abbiamo fatto amicizia e poi vabbè, siamo usciti insieme, abbiamo iniziato a frequentarci eccetera eccetera. Ci siamo messi insieme in primavera: guarda, lui è fantastico, divertente, unico, bellissimo, meraviglioso…”
Annuii distrattamente per tutta la lunga serie di aggettivi che stava utilizzando: per quanto tempo ancora sarebbe andata avanti a pavoneggiarsi?!
“Basta Mary, ho capito.” Ad un certo punto interruppi il suo monologo: era stata in grado di farmi venire il mal di testa, incredibile! Mary tossì, ridacchiando, poi sorrise.
“No, seriamente. Zayn è un ragazzo meraviglioso. Sa essere spiritoso e divertente, ma in fondo è anche molto sensibile…” Sospirò, leccando il suo gelato.
“Sai, all’inizio non è stato facile stare con lui.”
Aggrottai la fronte: perché non era stato facile? Cosa intendeva dire?
“Perché non è stato facile?” Posi la mia domanda.
“Perché vedi… lui…” Scosse la testa, come a rimproverarsi di ciò che stava per dire. “Niente scusami. Cambiamo discorso?”
Cavolo no! Mary non poteva lasciare i discorsi a metà! Ora volevo sapere! Tuttavia non potevo insistere, quelli non erano affari miei…
“Perché tu e il tuo ragazzo vi siete lasciati?” Chiese poi.
Eccolo, il tipico vizio di tutti: quando non si aveva intenzione di parlare di sé stessi, si andava a puntare sugli affari degli altri…
Non sapevo se parlarne con lei o meno. Conoscevo Mary da tre anni: non era una cattiva ragazza, assolutamente, tutto potevo dire ma non certo quello, l’unico problema era che se la tirava un po’ troppo. Le piaceva essere ammirata dalle amiche e dai ragazzi, amava pavoneggiarsi –il che a volte la rendeva decisamente antipatica-, ma non era una cattiva persona.
Tuttavia non me la sentivo di affrontare con lei quel discorso: ne avevo parlato solo con Allison e i miei genitori.
“Scusami, ma non vi va di parlarne.” Le sorrisi.
Lei fece spallucce.
“Va bene, non ti preoccupare, capisco. Allora, hai finito la scuola giusto?” Mi chiese poi, mirando un altro territorio, meno spinoso per entrambe.
“Già. A settembre ho intenzione di trovare un lavoro, magari in qualche profumeria. Sai bene che io amo occuparmi di estetica, e ti ho anche detto che il mio sogno è aprire un negozio tutto mio un giorno, ma adesso è decisamente presto…”
“Neanche io ho intenzione di andare al college. Continuerò a lavorare nel negozio di abbigliamento in cui lavoro ora.”
Restammo a chiacchierare per un’altra decina di minuti, poi, notando che il mio mal di testa stava man mano aumentando, non desiderai altro che tornare a casa.
“Andiamo? Non mi sento molto bene…”
Mary increspò le labbra con fare dispiaciuto, poi finalmente si decise ad alzarsi.
Ero talmente stanca che, se una carriola fosse apparsa magicamente davanti ai miei occhi, avrei minacciato Mary di morte se non mi avesse trainato fino a casa.
Quando finalmente giungemmo fuori al mio palazzo, salutai Mary e mi precipitai dentro.
Attesi pazientemente l’arrivo dell’ascensore, poi entrai dentro fissando il mio riflesso allo specchio.
Ciao cogliona.
E cogliona lo ero davvero, se mi salutavo da sola…
Arrivata finalmente davanti alla porta del mio appartamento, estrassi le chiavi dalla tasca dei miei pantaloni e le infilai nel buco della serratura.
Feci per girare, ma la chiave non si mosse. Aggrottai la fronte, stranita, e provai una seconda volta, con il medesimo risultato.
Sbuffai nel constatare che avevo messo la chiave al contrario.
La tirai fuori imprecando contro il mio essere rimbambita, poi finalmente riuscii ad aprire la porta.
“Sono tornata!” Urlai, camminando decisa verso la mia camera.
Mi tolsi immediatamente le ballerine –bellissime tanto quanto scomode- e mi lanciai sul letto, iniziando a canticchiare.
Diedi una rapidissima occhiata al mio orologio digitale: le 10:45.
Non era eccessivamente tardi, ero ancora in tempo per chiamare Allison.
Mi alzai di scatto dal letto, barcollando pericolosamente nel momento in cui sentii la testa girare.
Mi avvicinai al televisore, accendendolo e sintonizzandomi su un canale a caso, poi mi affrettai ad indossare la camicia da notte.
Diedi una rapida occhiata al letto alla ricerca del telefonino, ma non lo trovai. Controllai sotto il cuscino, tra le lenzuola, sul comodino, sul davanzale della finestra. Non c’era.
Andai in panico: dove cavolo era finito?! Ero sicurissima di averlo messo in tasca prima di uscire e…
Ma certo, che stupida, era nella tasca dei pantaloni! Mi abbassai ed afferrai i pantaloncini sul pavimento, estraendo dalla tasca di essi il mio cellulare.
Mi spaparanzai completamente sul letto, iniziando a comporre il numero della mia migliore amica. Dopo tre squilli, rispose.
“Ma neh Nicole, dal Paradiso puoi chiamare? Sai com’è, ormai credevo fossi morta.” Ironizzò lei.
“No cara, non sono morta, mi dispiace. Sono solo stata molto impegnata. Allora, mettiti comoda perché devo raccontarti un paio di cosette.”
“Parla, sono tutta orecchie!”
Le tre ore successive passarono così, a telefono con Allison. Le raccontai praticamente tutto, dal tizio strano che avevo incontrato in treno fino all’ultima uscita con Mary.
Allison, però, scoppiava a ridere di continuo, rammentando la figuraccia riguardante il simpatico uccelletto che mi aveva cagato in testa.
“Non avrei dovuto raccontartelo.” Sbottai ad un certo punto, sbuffando.
“Oddio Nicole… non ce la faccio… l’uccello… tu… quei ragazzi… la risostrofonimia… Oddio, non ce la faccio…” Scoppiò a ridere nuovamente, rischiando di spaccarmi un timpano.
“Smettila di ridere deficiente! E poi Louis ha detto risosterofolia.”
“Eh si… quel che è…” Disse tra le risate, maledicendo più volte il mal di pancia che le era venuto.
“Allison! Basta, ti prego…” La supplicai, scuotendo la testa.
“Ok, mi calmo veramente stavolta.” Disse dopo aver respirato profondamente.
“Allora hai iniziato a lavorare...” Constatò poi.
“Yes, cara.”
“Con quel ragazzo.” La sua voce assunse un tono malizioso.
“Si, e allora?” Sbottai.
“E allora niente…” Ridacchiò.
Alzai gli occhi al cielo, scuotendo la testa. Andammo avanti a parlare per altri minuti, poi fui costretta a staccare.
Erano quasi le due di notte, accidenti…
Mi struccai in fretta, poi puntai la sveglia e mi rintanai nel mio letto, pronta a godermi le poche ore di sonno.


*****



Quella mattina, nonostante tanti piccoli imprevisti mattutini, arrivai a lavoro in perfetto orario: il Signor White avrebbe dovuto aumentarmi la paga soltanto per quel piccolo particolare…
Ero leggermente emozionata: insomma, quello era il primo giorno di lavoro ufficiale, non ero in prova né dovevo semplicemente osservare Zayn lavorare, come avevo fatto la prima volta che avevo messo piede in quel posto. No, quella mattina avrei lavorato normalmente e ufficialmente, in qualità di nuova animatrice del lido.
Ridacchiai tra me e me, guadagnandomi un’occhiata stranita da parte di una ragazzina.
Avvicinatami alla cassa dove sedeva il Signor White, chiesi a quest’ultimo le chiavi per una cabina, dove avrei messo la mia borsa e le mie cose.
“La ringrazio Signor White. Posso tenerla per tutto l’arco di tempo in cui lavorerò qui?”
Questi annuì, sorridendo, per cui ricambiai il sorriso e dopo aver pagato mi diressi verso le cabine,che si trovavano dopo l’area pic-nic.
Mentre imprecavo mentalmente contro il lucchetto che non ne voleva proprio sapere di aprirsi, qualcuno ridacchiò alle mie spalle.
“Problemi con il lucchetto?”
Zayn, chi altri? Alzai gli occhi al cielo.
“Non si vuole aprire.” Sbuffai, strattonando la chiave all’interno e rischiando di farla rimanere incastrata.
“Aspetta, ti do una mano… neanche un lucchetto sai aprire…”
Ignorai la sua provocazione, lasciando che aprisse lui la porta, e incrociai le braccia al petto. Girai lo sguardo verso la spiaggia, facendo una delle cose che facevo più spesso: osservare ciò che faceva la gente.
Molto in lontananza, in prossimità della riva, intravidi Deborah rovesciare sulla testa di Louis un secchiello pieno d’acqua.
Feci spallucce tra me e me, trattenendo una risatina, poi la voce di Zayn mi distrasse dai miei pensieri.
“Prego.” Mi indicò la cabina, invitandomi ad entrare con un gesto della mano, chiaramente derisorio.
Non vi diedi molto peso e poggiai la mia borsa su un tavolino all’interno.
“Ci vediamo dopo.”
E detto questo Zayn se ne andò, lasciandomi sola e incerta sul da farsi.
Sbuffai sonoramente, poi decisi di andare a salutare i ragazzi e le ragazze.
Chiusi la cabina e mi diressi verso il loro ombrellone.

“Ma grazie al cazzo se vinci, Liam! Stai imbrogliando!” Sbottò Celeste.
Ridacchiai divertita: quando ero arrivata, erano tutti impegnati a seguire una partita di carte tra Liam e Celeste, per cui mi ero messa comoda pure io.
“Io? Ma quando mai!” Si difese il ragazzo, muovendo poi la mano in aria.
Scoppiamo tutti a ridere, poi fece improvvisamente capolino Zayn.
“Nicole, ti vuole il Signor White al bar. Ti deve parlare.”
Sgranai gli occhi. E ora quello cosa cavolo voleva?! Oddio, voleva licenziarmi, ne ero sicura. Oppure avevo fatto un guaio senza che nemmeno me n’ ero accorta?! Non credevo però che si trattasse davvero di questo: piuttosto qualcuno mi aveva denunciata, in quanto non facevo altro che pestare i teli da mare quando camminavo sulla sabbia…
Deglutii.
“E… cosa voleva?” Chiesi timorosa.
“E io che ne so! Vai a vedere no?”
Prese posto accanto a Niall, iniziando a chiacchierare con lui.
Mi erano mancati i suoi modi gentili, davvero…
Sbuffando, mi alzai e mi diressi in fretta verso il bar.

“Signor White, voleva vedermi?”
“Oh si cara. Allora, ascoltami bene: Sarah, la ragazza che lavora al bar con Kimberly, per questioni personali oggi non potrà venire, per cui devo chiederti di sostituirla, solo per oggi… Non preoccupati per il tuo lavoro, Zayn è in grado di cavarsela da solo, mentre invece talvolta il bar è così affollato da non poter essere gestito nemmeno da due persone, figuriamoci quindi da una! Allora, ci stai?”
No, non ci stavo. Non mi andava proprio di lavorare al bar. No, no, no e no.
Hai alternative?
No.
Non avevo alternative, per cui ero costretta ad accettare… Maledettissimo citrullo di un Signor White!
“Va bene, non si preoccupi.”
Quello che sfoderai fu il sorriso più falso di sempre, ma ovviamente lui non mi conosceva abbastanza bene per poter cogliere la minaccia di morte che vi si celava dietro…
“Bene, vai, Kimberly ti sta aspettando.”
Annuendo, mi diressi al bancone.
“Ciao Nicole! Vieni, che oggi abbiamo tante cose da fare!” Questo fu l’incoraggiante saluto di Kimberly.
Tante cose da fare. Ottimo. Per la miseria, non era giusto! Io ero stata assunta lì come animatrice, non come barista! A malincuore, arrivai dietro al bancone, rivolgendo un sorrisino alla ragazza.
“Quanti anni hai?” Mi chiese mentre preparava un caffè.
“Diciotto, tu?”
“Sono vecchia.” Rise. “Ventitré.”
Ridacchiai, poi poggiai i gomiti al bancone e mi guardai intorno.
Alcune persone erano sedute ai tavolini, altre scendevano in spiaggia, altre ancora passavano e spassavano dinanzi al bancone.
Improvvisamente, una voce al microfono mi fece sobbalzare senza un motivo preciso.
“Buongiorno, amici del lido ‘The little mermaid’! Qui è sempre Zayn! Oltre ad augurarvi una buona giornata, volevo anche informarvi che oggi pomeriggio, alle 15:15 circa, parte il nostro torneo sportivo. Per le iscrizioni e per qualsiasi informazione, potete tranquillamente rivolgervi a me! Vi ricordo che sta per partire il Mini Club, e in seguito, come ormai ben sapete, ci sarà l’acquagym e il gioco aperitivo alle 12:45; riguardo a quest’ultimo non vi anticipo nulla, vi dico solo che sarà un po’… particolare! Adesso vi lascio, non sentite troppo la mia mancanza! A dopo!”
Mi sporsi leggermente sul bancone, tanto quanto bastava per poter vedere Zayn correre in fretta verso chissà dove.
Da come parlava al microfono, era sembrato davvero simpatico: cavolo, ci credevo che la gente lo adorava!
Sospirando, mi ricomposi, fissando un punto non precisato davanti a me.
“Ohi bella ci sei?” Un ragazzo mi schioccò le dita davanti agli occhi.
Sbattei le palpebre e, cacciando via l’idea di spaccargli una bottiglia di birra in testa, gli risposi.
“Certo, dimmi.”
“Dammi un cornetto Algida.”
“Classico o sbagliato?”
“Corretto.”
Rotei gli occhi in seguito alla sua risposta squallida.
“Classico o sbagliato?” Ripetei.
“Correttoo!”
Gonfiai le guancie indispettita, ma mi sforzai per non rispondergli male.
“Senti, te lo prendo classico.”
Feci per dirigermi verso il congelatore in cui si trovavano i gelati, ma la sua voce mi bloccò nuovamente.
“No, corretto!”
Sbuffai. “Non ne abbiamo.”
“Ah va bene, allora prendimelo classico-sbagliato.”
Porca miseria, ma chi cacchio era quel coglione?!
“Senti, come lo vuoi ‘sto gelato? E rispondimi seriamente, perché io avrei da fare!” Sbottai infine. E che diamine, anche la mia pazienza aveva un limite!
“Decidi tu bella.”
“Chiamami Nicole.”
“Ok, bella.”
Scossi la testa, poi andai ad aprire il congelatore ed estrassi un cornetto Algida classico.
“Ecco a te. Sono 1,50.”
Dissi porgendogli il cornetto.
Il ragazzo ridacchiò, poi poggiò i soldi sul bancone e se ne andò via col suo stupido gelato.
Mi passai una mano tra i capelli: avevamo cominciato bene!

Il resto della mattinata fu terribilmente noioso. Mi era toccato servire i gelati, preparare i caffè, le granite, porgere bicchieri di birra… No, no e no, non avrei mai più fatto la barista, no!
Era quasi la mezza, quando al bancone giunse una faccia conosciuta.
“Ciao Niall! Dimmi pure.”
“Un bicchiere d’acqua, per favore. ” Rispose sbadigliando.
Glielo servii subito, poi mi sedetti su uno sgabello.
“Allora, come procede?” Mi chiese lui, poggiandosi con un gomito al bancone.
“Non mi piace fare la barista, preferisco fare l’animatrice. E’ più divertente e inoltre c’è anche…” Mi morsi la lingua, insultandomi mentalmente per la grande cazzata a cui avevo pensato.
C’è anche Zayn, stavo per dire… Cavolo, stare lì mi aveva fatto male! Ma davvero molto male!
“E inoltre c’è anche…” Niall ripeté le mie ultime parole, incitandomi a continuare.
Una scusa. Mi serviva una scusa, accidenti! Ma perché ero così cretina?!
“E inoltre c’è anche l’opportunità di conoscere nuove persone!”
Buttai fuori la prima cosa che mi era venuta, ridacchiando come una povera scema.
Niall sorrise, anche se non parve del tutto convinto della mia risposta. “Infatti. Va bene, io vado. Ciao!”
“Ciao!” Lo salutai, prima di prendere uno strofinaccio e pulire il bancone.
Venti minuti più tardi circa, ebbe inizio il gioco aperitivo.
Consisteva nel far scorrere una pallina interposta tra due fili di spago, e farla poi cadere in un secchiello: molto semplice, non c’era che dire.
Il gioco aperitivo era particolare perché, oltre a vincere un aperitivo, il vincitore avrebbe avuto diritto ad un premio a mia scelta.
Non mi sarei stupita se Zayn l’avesse fatto apposta. Idiota!
Alla fine, vinse il tizio del gelato, quello con cui avevo parlato quella mattina. La sfiga era dalla mia parte.
“Bene, si è appena concluso il nostro gioco aperitivo e il vincitore è il bravissimo Alex! Fategli un forte applauso!” Dopo che questi furono finiti, Zayn riprese a parlare. “Ora lui avrà diritto ad un gustoso aperitivo e ad un premio scelto dalla nostra Nicole!” Alzai gli occhi al cielo, poi notai Zayn avvicinarsi a me col microfono in mano. Aggrottai la fronte, stranita.
“Bene Nicole, dicci pure: qual è il premio scelto da te?”
Maledetto stronzo, io non ci avevo nemmeno pensato! Dovevo rispondere, non potevo fare la figura della cretina.
“Ho scelto due cornetti caldi: uno alla crema e uno al cioccolato.”
Vi furono degli applausi, poi Alex si avvicinò a me per reclamare il suo premio.
Gli servii in fretta l’aperitivo –senza neanche complimentarmi con lui per il fatto che avesse vinto-, poi presi i due cornetti.
“Non mi piacciono i cornetti.” Si azzardò a dire, chiaramente per prendermi in giro.
“Non m’interessa. Il premio scelto da me è questo. Se è di tuo gradimento bene, altrimenti ti arrangi.” Detto questo, notando che era ormai ora di pranzo, afferrai le chiavi della cabina dalla tasca dei miei pantaloncini e mi diressi verso quest’ultima, con l’intenzione di prendere la mia borsa e gustare il mio panino.
Una volta che vi fui di fronte, infilai la chiave nel lucchetto, ma una voce che ormai conoscevo, poco distante di lì, mi fece bloccare.
“Che cazzo vuoi?!”
Zayn. Era Zayn e stava forse parlando a telefono. Ok, non dovevo origliare, perché a me di lui non importava niente…
Intanto, però, ero ferma lì, con le orecchie ben tese.
“Sai bene che non voglio più avere a che fare con te. Mi fai schifo!”
Ci fu una pausa. Mi morsi il labbro, mentre sentivo il respiro accelerare.
Non l’avevo mai sentito parlare con quel tono di voce, sembrava veramente arrabbiato, avrei osato dire quasi disgustato. Ma con chi stava parlando? Quando ormai credevo che avesse staccato, la sua voce mi fece sobbalzare.
“Non dirlo mai più, hai capito?!” Sbraitò. “Sei una persona di merda! Hai rovinato la vita di Dylan, sei contento ora?! Ma ti avverto che io non cederò, ho la testa molto più dura! Non sai contro chi ti stai mettendo, non sfidarmi perché perderesti! Mi fai letteralmente schifo! Vai al Diavolo!”
Mi portai le mani sulle labbra, sentendo i passi di Zayn allontanarsi velocemente. Lui… lui era al telefono con chissà chi, e gli aveva detto delle cose terribili! Probabilmente aveva dei problemi, probabilmente soffriva per questo…
Mi dispiacque tantissimo per lui, forse anche più del dovuto, e proprio non riuscivo a reprimere la voglia di correre da lui per consolarlo. Ma non potevo, decisamente no. Eravamo colleghi, neanche amici, ed io avevo praticamente origliato la sua conversazione telefonica… Gli amici con cui sfogarsi li aveva, io non sapevo nulla di lui, non avrei potuto fare niente per farlo stare meglio, anche se lo desideravo davvero. Non potevo starmene lì impalata davanti alla cabina però, dovevo prendere il panino e andarmene.
Feci per girare la chiave nel lucchetto, ma poi la tolsi di scatto, iniziando a correre –ero una povera pazza!- nella direzione presa poco prima da Zayn.







Salve! :)
Vi chiedo scusa per il ritardo assurdo, ma purtroppo ho avuto dei problemi e non ho potuto dedicarmi al capitolo come avrei voluto. Non so se sarà di vostro gradimento, ma in caso contrario, non potrei di certo biasimarvi.
Parlando del capitolo, vi chiedo scusa per il titolo orrendo, ma non mi è venuto in mente nulla di meglio... Allora, si è conclusa la prima giornata di lavoro di Nicole, e nonostante tutto, Zayn ha deciso di prenderla. (Dai, che stronzo sarebbe stato se l’avesse mandata a casa?)
Abbiamo poi conosciuto un pochino meglio sua nonna, abbiamo l’uscita con Mary, la telefonata ad Allison e il suo incarico da barista imprevisto. Il finale direi che è la cosa più importante: più avanti la situazione di Zayn verrà approfondita meglio, prossimamente ci sarà finalmente il suo primo pov!
Vi ringrazio come al solito, spero che non vi siate dimenticate di questa storia e che abbiate ancora voglia di seguirla!
Se volete seguirmi su twitter, vi ricordo che sono @RockMe06. ;)
Un bacione e al prossimo capitolo!
Veronica

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** That's Allison! (Questa è Allison!) ***


Image and video hosting by TinyPic





Capitolo 4
That’s Allison!

 
 

 


Premetto che ho delle cosette da dirvi, e non so neanche da dove iniziare.
Innanzitutto vi porgo le mie più sincere scuse.
Vi ho fatto aspettare davvero parecchio: è passato così tanto tempo dalla pubblicazione dell’ultimo capitolo che non so neanche se troverò ancora qualcuno disposto a seguire questa storia.
Tuttavia non importa, ho preso un impegno e lo porterò a termine.
Questo ritardo mostruoso è stato causato soprattutto dalla moltitudine di impegni che mi hanno travolta appena è iniziata la scuola, e anche periodi in cui il mio umore non era alle stelle hanno contribuito ampiamente.
E’ difficile mettersi comodi e scrivere quando si ha la testa piena di pensieri.
Mi dispiace tantissimo, ma ora sono tornata e ho intenzione di pubblicare almeno un capitolo al mese.
Vi faccio i miei più sinceri auguri, spero abbiate passato un sereno Natale!
Un bacio enorme e, in caso non mi aveste ancora mandata a quel paese, vi auguro una buona lettura. :)










“Feci per girare la chiave nel lucchetto, ma poi la tolsi di scatto, iniziando a correre –ero una povera pazza!- nella direzione presa poco prima da Zayn.”
 
 
Zayn s’incamminò verso la spiaggia, e per non perderlo di vista tra ombrelloni, sedie a sdraio e persone, dovetti correre, scottandomi i piedi a causa delle mie infradito del tutto inadatte per camminare sulla sabbia arroventata dal sole.
Dovevo ricordarmi di comprarne un paio più adatte, accidenti!
Ero abituata a spendere soldi per acquistare cose del tutto inutili –tipo matite per occhi che poi finivo per non utilizzare-, ma mai qualcosa che avesse potuto davvero servirmi.
Chiamatela idiozia…
Quando giunsi sulla riva del mare, notai che Zayn si era già allontanato di una decina di metri, raggiungendo la spiaggia libera confinante con il lido ‘The little mermaid.’
Schivando le persone che stavano tranquillamente passeggiando a pochi passi dall’acqua, arrivai finalmente alle sue spalle.
Senza pensare alle conseguenze, lo chiamai.
“Zayn!”
Quasi non riconobbi la mia voce.
Aveva un tono ansante e sofferente a causa della corsa, avrei osato dire quasi sconvolto.
Il ragazzo si stupì tanto quanto me probabilmente, perché si girò di scatto, guardandomi confuso e alzando un sopracciglio.
“Che c’è?”
Dopo un attimo di smarrimento, ritornai sulla Terra e… Oddio, ma che cavolo avevo fatto?!
Ero davvero corsa fin lì per chiedergli chi lo avesse fatto arrabbiare così tanto e per cercare di consolarlo?
Cristo, io ero da ricovero! Ma che mi ero fumata?
Che Kim avesse messo nelle bibite che avevo bevuto quella mattina un po’ di polverina bianca?
Si, doveva essere andata per forza così, dopo quella mi avrebbe sentita e… Oh, ma con chi me la volevo prendere!
L’amara verità era il fatto che io mi stessi rincitrullendo di brutto, a tal punto da correre dietro Zayn per chiedergli una cosa che non mi riguardava minimamente!
L’avessi almeno conosciuto bene poi, eravamo diventati colleghi soltanto la sera precedente, davanti al Signor White!
Santi numi, perché a me?
Ad insultarmi da sola, però, ci avrei pensato dopo, in quel momento dovevo urgentemente trovare una scusa per scampare alla figura di merda dell’anno.
“Io.. volevo…”
Vai Nicole, pensa che ce la fai.
“Volevo chiederti che ore sono!”
Sorrisi, scrollando le spalle. Oddio, che scusa cretina!
Zayn mi guardò scettico, poi lanciò un’occhiata in basso, più o meno alla mia destra. Aggrottai la fronte, non capendo il motivo del suo gesto, fin quando non parlò.
“Il tuo orologio non funziona?”
Indicò con il mento il punto che aveva fissato prima, e capii tutto: porca pu… ehm, porca qualcosa, avevo l’orologio digitale al polso, accidenti!!
E il premio nobel per la figura di merda dell’estate 2013 va a… *rullo di tamburi*  Nicole Smith!
Per la misera, ma non me ne andava una giusta?? Perché ero così sfigata, perché?
Non bastava che mi fossi ritrovata dinanzi a lui improvvisamente, me ne ero pure uscita con un “Che ore sono?” avendo l’orologio al polso!
Merda, doveva notarlo per forza, quell’affare elettronico? Non gli sfuggiva proprio nulla?
Forse accortosi della banalità della mia scusa, aveva guardato apposta il mio polso per controllare se avessi o meno un orologio, o al limite un telefonino.
Ma che grande… no, va bene, non avevo motivi per insultarlo, la cretina e la ridicola della situazione ero io, non lui.
Non potevo neanche dirgli che le pile erano scariche, l’orario si leggeva benissimo.
Inoltre l’orario avrei potuto benissimo chiederlo alla prima persona che mi sarebbe capitata davanti, senza dovergli correre dietro…
“Oh, ehm, beh io… mi ero… scordata di averlo…”
E risi, come una deficiente. Santo Cielo, chissà in quei pochi giorni in cui eravamo stati insieme che idea si era fatto di me... Non avevo fatto altro che fare figure da idiota del cavolo, con lui!
Zayn alzò un sopracciglio, trattenendo a stento una risata.
“Capisco… e scommetto che il tuo cellulare era scarico.”
Maledetto stronzo, mi stava pure prendendo in giro!
Dovevo reagire, lui non mi doveva mettere i piedi in testa!
Non feci in tempo a rispondere perché proferì parola nuovamente.
“La cosa è chiara, signorina Smith: non resisti al mio fascino.”
Eh? Nono, il signorino non stava capendo proprio niente: secondo lui ero giunta fin lì perché non avevo resistito al suo fascino?
Ma per piacere!! Ok, si, era un bel ragazzo, su quello non c’era nulla di ridire, ma come si permetteva di insinuare sciocchezze simili?
Se l’avevo seguito era perché –oltre ad essere una povera scema-, mi ero preoccupata nel sentirlo tanto infuriato, tutto qui, e certamente anche la curiosità aveva fatto la sua parte. Soprattutto la curiosità.
Non era di certo un fattore trascurabile, Zayn se la tirava fin troppo!
Dovevo però riconoscere che aveva impiegato pochissimo per scacciare via la rabbia e dare il benvenuto alla sua adorabile aria da presuntuoso.
Non sapevo se rispondergli male oppure se stare al gioco…
Decisi di optare per la seconda opzione, dopotutto io non ero il tipo che se la prendeva per così poco, assolutamente: ci sapevo stare allo scherzo.
Finsi di rassegnarmi, guardandolo poi con un sorrisetto idiota stampato sul viso.
“E va bene, lo ammetto: sei talmente bello che i miei occhi non hanno potuto fare a meno di rinunciare alla tua vista, ordinando alle gambe di muoversi per raggiungerti!”
Zayn ridacchiò, poi mi fece l’occhiolino e si sistemò i capelli con fare altezzoso.
Sicura di stare arrossendo, puntai lo sguardo verso il mare -più agitato e mosso rispetto a quella mattina- e incrociai le braccia al petto.
La voce di Zayn mi fece sobbalzare impercettibilmente.
“Lo sai, ti ci vedo bene nel mio giardino.”
Aggrottai la fronte, voltandomi verso di lui.
“Nel tuo giardino?” Chiesi, non riuscendo proprio a capire che cosa intendesse. Nel suo giardino, io… perché?
“Si, nel mio giardino. Bassa, guance rosse… una nanetta da giardino insomma.”
E ridacchiò, lasciandomi per un attimo interdetta.
Oddio, ma come cavolo si permetteva? Sapevo benissimo di essere bassa, ma lui non doveva assolutamente permettersi di prendermi in giro! E poi avevo fatto la figura di merda numero due, lui si era accorto che ero arrossita!
“Senti, vai a cagare!” Sbottai, indicandogli con il braccio la direzione da prendere.
Il ragazzo sorrise soddisfatto, poi se ne andò senza dire nulla.
“Antipatico, scemo, cretino, presuntuoso…”
Iniziai a sfogare la mia ira una volta che fu abbastanza lontano.
Improvvisamente, sentii delle risate.
“Cos’è, il tuo ragazzo ti ha lasciata?”
Mi girai nella direzione dalla quale provenivano i suoni e notai, a qualche metro di distanza da me, dei ragazzini sui quindici o sedici anni che stavano giocando a pallone.
Benissimo, figura di merda numero tre! Ci mancavano solo quelli, in quel momento.
Decisi di ignorarli e, sbuffando, m’incamminai verso la mia cabina, per mangiare il fatidico panino prima di ritornare sul bar.
 
 
 
 
I giorni successivi trascorsero abbastanza bene.
Sarah, la ragazza che lavorava al bar con Kimberly, era ritornata il giorno dopo stesso, così io avevo potuto iniziare il mio lavoro ufficiale, quello da animatrice, che stavo scoprendo piacermi un mondo: grazie ad esso, infatti, avevo fatto amicizia con parecchie persone, tutte simpatiche e gentili. Certo, i cretini non mancavano mai, ma io sapevo sempre come fare in modo che mi girassero alla larga.
Stavo conoscendo meglio gli amici di Zayn, simpaticissimi e divertenti, mentre con le ragazze avevo già legato abbastanza.
Erano davvero una forza della natura!
L’unico peccato era che, per via del lavoro, potevamo stare insieme solo durante la pausa pranzo, e al limite nei ritagli di tempo tra un’attività ed un’altra.
Per quanto riguardava Zayn, invece, non avevamo legato chissà quanto.
In quei giorni, però, era riuscita ad inquadrarlo piuttosto bene.
In linea generale, era abbastanza lunatico: un giorno era in vena di scherzi, di battutine idiote e di allusioni, l’altro era silenzioso e si limitava a fare il suo lavoro.
Non sapevo nulla di lui, a parte quelle piccole informazioni che avevo ricavato la settimana prima, quando avevamo mangiato insieme per la prima volta. Quando io e lui ci univamo insieme agli altri per mangiare, lui parlava raramente di sé: si limitava a scherzare e ad ascoltare quello che dicevano gli altri.
Come collega, a volte era davvero insopportabile: voleva che tutto andasse svolto alla perfezione, non tollerava i ritardi ed era molto esitante sulle attività da svolgere. Inoltre, con la scusa che io avessi la faccia più cucciola, mandava me a fare la baby dance, evitando la sua ridicolizzazione pubblica.
E bravo Zayn!
La mattina dell’ottavo giorno di lavoro, però, mi ero decisamente svegliata di pessimo umore, con tremende fitte alla pancia e alla testa.
La causa del mio malessere? Facilmente intuibile.
L’avrebbe fatta lui la baby dance quel giorno, io ero indisposta e pertanto non volevo sentire ragioni!
A colazione non mangiai praticamente nulla, ma mi fermai in salumeria per prendere il solito panino.
Giunta al bancone, notai tra le tante persone una figura familiare: Harry.
“Ciao Harry!” Lo salutai, sorridendo.
“Ciao!” Rispose al saluto, ricambiando il sorriso.
Improvvisamente, nella mia testa si accese la tipica lampadina.
“Che numero hai?” Gli chiesi.
“20.” Rispose, dopo aver dato un’occhiata al suo bigliettino.
Aveva il numero 20.
Io avevo il numero 28.
Il salumiere stava servendo il numero 19.
“Senti, facciamo una cosa: tieni i miei soldi, e adesso che viene il tuo turno prendimi un panino con il salame, altrimenti va a finire che faccio tardi e Zayn si incavola.” Sbuffai al solo pensiero.
Il ragazzo scrollò le spalle.
“Va bene.”
Per una volta, la fortuna era dalla mia parte: quella mattina non avrei tardato.
Dopo che ebbi il mio panino, mi avviai verso il lido, mentre Harry salì nella sua  macchina per andare a prendere Noelle.
Quella mattina faceva un caldo assurdo, camminare sotto al sole mi stava facendo sudare come un procione.
Quando finalmente arrivai allo stabilimento, mi diressi verso il bancone con una sete degna di un poveraccio che aveva camminato ore e ore nel deserto.
“Kim, dammi un bicchiere d’acqua gelata! Sto morendo di sete.”
Kim ridacchiò, poi mi porse un bicchiere pieno di ghiaccio e di acqua fresca, probabilmente minerale viste le bollicine.
Mi venne ancora più sete soltanto guardandolo: feci per prenderlo, ma qualcun altro fu più veloce di me.
Mi girai alla mia destra, e notai Zayn bere il mio bicchiere d’acqua.
Idiota!
“Cretino, ma come ti permetti?!” Sbottai nervosa.
Quando finì di bere, posò il bicchiere sul bancone e mi guardò alzando un sopracciglio.
“Avevo sete e ho bevuto il primo bicchiere d’acqua che ho visto.”
Stavo per lanciargli contro tutti gli insulti possibili, ma mi venne un’idea migliore.
“Guarda che io dentro ci avevo sciolto la compressa per far alzare la pressione! Spero per te che ce l’abbia bassa anche tu, altrimenti si alzerà troppo e potrebbe essere pericoloso!”
Dovetti lottare per trattenere una fragorosa risata, vista la faccia da pesce lesso che aveva assunto, e ordinai a Kimberly un altro bicchiere d’acqua.
“Oddio, veramente?” Chiese spaventato, mentre Kim poggiava il bicchiere sul bancone.
Non risposi, limitandomi ad afferrare il bicchiere e bere. Quando ebbi finito, feci per dirigermi verso la cabina, ma Zayn mi fermò afferrandomi il braccio.
Mi sentii stranamente a disagio, e lo guardai confusa.
“Dimmi la verità, nell’acqua c’era davvero la compressa per la pressione?”
Avrei voluto rispondere di si, ma non ce la feci: pareva davvero preoccupato.
Sbuffai.
“No, idiota.”
Zayn tirò un sospiro di sollievo, poi lasciò andare il mio braccio.
“Tra mezz’ora sull’area pic nic.”
Gli feci un cenno col capo, che lui non vide perché si era già voltato per andarsene.
Picchiettai l’indice sul mio bicchiere, fissando quest’ultimo senza una motivazione valida.
Certo che ero cretina: perché ero arrivata tanto in anticipo? Cosa cavolo avrei fatto per mezz’ora? Forse sarebbe stato meglio attendere il mio turno in salumeria…
Sbuffai, decidendo di andare a riporre il mio panino in cabina.
Durante il tragitto, ebbi modo di notare che la gente presente in spiaggia, a quell’ora del mattino, era davvero poca rispetto a quella presente di pomeriggio.
Arrivata a destinazione, riposi il panino ed uscii dalla cabina, ma mentre stavo chiudendo il lucchetto, una voce mi fece sobbalzare.
“Nicole Smith!”
Mi girai confusa, inarcando un sopracciglio e trattenendo una risata alla vista del tizio che mi ritrovai di fronte.
Era un ragazzo, più o meno dell’età di Zayn: aveva i capelli biondi e lunghetti, un po’ mossi, una ridicola quanto orribile camicia coi fiori e dei pantaloncini estivi verde pistacchio.
“Mi conosci?” Chiesi, leggermente confusa.
“Certo che ti conosco! Sei Nicole Smith, la nuova animatrice che ieri ha lavorato al bar! Finalmente ho l’onore di parlarti, ciao! Ciao, ciao, io sono Jack, il bagnino del lido!”
Che?! Il bagnino?! E come mai fino ad allora non l’avevo mai visto? Insomma, era uno che attirava parecchio l’attenzione, soprattutto per il magnifico modo di vestirsi…
“E come mai non ti ho mai visto?” Decisi di dar voce ai miei dubbi.
“Oh, ma perché oggi è il mio primo giorno di lavoro dopo alcuni giorni di permesso!”
Ah, bene. Giorni di permesso, già nelle prime settimane di giugno: bah!
“Ah, bene.” E sorrisi, non volevo passare per l’antipatica della situazione.
“Io vado, la gente ha bisogno che io apra gli ombrelloni, che porti i lettini, che mi occupi della sicurezza e…”
“Va bene ho capito, vai e buon lavoro!” Troncai subito il suo monologo. Perfetto, un altro pazzo avevo conosciuto… Bah, forse era proprio l’aria di Heatherfield a far ammattire le persone.
“Pure a te! Ah, e stai attenta a Zayn!”
Eh? Cosa? Zayn?
“Perché devo stare attenta a lui?” Chiesi, confusa come non lo ero mai stata.
“Eh, perché vedi, lui… No, lascia stare.” E rise, gesticolando con le mani.
In ogni caso no, non c’eravamo proprio, il biondino mezzo hawaiano non aveva capito che con Nicole Smith o si finivano le frasi, o si finivano le frasi.
Fece per andarsene, ma lo bloccai.
“Oh aspetta! Dimmi perché!”
Ero stata brusca, ma non m’importava sinceramente.
Il ragazzo  fece per dire qualcosa, ma una voce alle mie spalle, che ormai avevo imparato a riconoscere, mi fece sussultare.
“Devi stare attenta a me perché sono un criminale sadico che vuole ucciderti nel modo più crudele possibile.” Zayn sorrise ironicamente, poi roteò gli occhi, scuotendo la testa e sbuffando.
“Ma non pensarlo! E’ un povero cretino, non lo vedi?!” Sbottò poi, indicando Jack con un gesto secco del braccio e con il mento.
Un povero cretino? Beh, in effetti…
Jack ridacchiò prima di dileguarsi, così io guardai Zayn inarcando un sopracciglio.
“Ma…?”
“Jack è uno sensibile al sole, gli da troppo alla testa.” Picchiettò l’indice su una tempia, poi sorrise. “Ad ogni modo, stava scherzando: lui è fatto così.” Fece spallucce. “Andiamo? O hai paura che ti uccida davvero?”
Sospirai.
“Nah, al massimo sarò io ad uccidere te se oggi non ti occupi della baby dance! Io sono indisposta!” Incrociai le braccia al petto, guardandolo con un sorrisetto di sfida.
Zayn schioccò la lingua sotto al palato, poi scrollò le spalle.
“Va bene, ma penserò a cosa chiederti in cambio.” Mi fece l’occhiolino, poi mi fece cenno di seguirlo: già, era ora di radunare i bimbi per dare inizio al Mini Club.
 
 
 
 
 
*******
 
 
 
 
“Dio, ho una cavolo di fame…” Si lamentò Zayn, mentre riponeva nella cabina che avevamo affittato quella mattina ‘gli attrezzi’ usati per il gioco aperitivo.
A chi lo diceva…
Nel momento in cui arrivammo sull’area pic-nic, però, notammo tutti i tavolini occupati. Sbuffai sconsolata, pregando mentalmente affinché le persone sedute finissero in fretta e se ne andassero.
“Non ci sono nemmeno gli altri.” Constatò Zayn, dopo aver guardato attentamente i tavolini. “Staranno sicuramente sotto l’ombrellone. Raggiungiamoli.”
Feci spallucce e lo seguii, non riuscendo però a trattenermi dall’aprire il mio panino e iniziare a mangiarlo.
Nel momento in cui lo assaggiai, però, aggrottai la fronte. Mortadella. C’era della mortadella, ma io quella mattina lo avevo preso col salame… Non ci misi nulla a fare due più due e capii: quella mattina, in salumeria, Harry doveva essersi confuso e mi aveva dato il panino che aveva ordinato lui. Feci spallucce tra me e me e gli diedi un altro morso: in fin dei conti, uno valeva l’altro.
 
Quando arrivammo dai ragazzi, Zayn andò a sedersi vicino a Liam, Niall e Celeste, impegnati in una conversazione, mentre Deborah e Louis erano impegnati a farsi foto buffissime: non feci in tempo a vedere cosa stessero facendo Harry e Noelle che la voce di quest’ultima arrivò alle mie orecchie.
“Ma sei stupido?!” Sbottò, incredula.
Mi girai verso di lei: aveva un panino in mano e lo sguardo puntato verso Harry, che stava bevendo dell’acqua.
Quando ebbe finito, aggrottò le sopracciglia.
“Perché?”
“Mi hai preso il panino col salame nonostante tu sappia quanto lo detesti?! Ma ne’, ti stai rincoglionendo?!”
Oh oh… Io avevo il suo panino…
Non feci in tempo ad intervenire perché Harry parlò nuovamente.
“Io te l’ho preso con la mortadella e…”
Noelle lo bloccò ancora, afferrando con un’espressione disgustata una fetta di salame per poi sventolargliela a pochi millimetri dal viso.
“Questo è salame, bello! Sei il solito stupido!”
Harry  le abbassò il braccio, sbuffando.
 “E tu sei la solita isterica! Ma prego, continua a starnazzare come un’oca, mi pareva strano che tu fossi stata zitta per tutta la mattina!”
Noelle gonfiò le guance, indispettita.
“Ma vai a cag…” E si bloccò, notando passare una vecchia e il suo nipotino di cinque anni massimo.
Oddio, ma nessuno faceva nulla?
Niall, Liam, Celeste e Zayn continuavano a chiacchierare, mentre Louis e Deborah continuavano a ridere e a scattarsi foto.
“Ragazzi, io…” Tentai di intervenire, ma la voce di Harry coprì subito la mia.
“Ci vado dopo. Adesso mi ascolti un attimo?”
Noelle scosse la testa.
“No, non ti voglio ascoltare!”
A questo punto Harry scrollò le spalle indifferente –e questo fece quasi uscire il fumo dalle orecchie di Noelle-, poi si sedette sulla sdraio e prese il suo cellulare, facendo finta di nulla.
Oh, finalmente potevo intervenire!
“Noelle, ce l’ho io il tuo panino…” Dissi piano, indicandole il panino con la mortadella già mezzo mangiato.
Questa alzò un sopracciglio, in una domanda muta, sorpresa e confusa al tempo stesso.
“Ah.” Mi sorrise sghemba, poi si rivolse ad Harry.
“E com’è che ce l’ha lei?”
Il ragazzo si alzò, spazientito.
“Stavo appunto per spiegartelo, ma tu hai iniziato a darmi dello stupido!”
A quel punto ridacchiai: non erano realmente arrabbiati, si vedeva, ed erano buffissimi.
“Oh senti, mi spieghi perché tu e Nicole vi siete scambiati i panini?”
Harry alzò gli occhi al cielo, poi parlò.
“Stamattina l’ho incontrata in salumeria, e visto che era arrivato il mio turno e prima che arrivasse il suo c’erano tante persone, mi ha chiesto se gentilmente potessi prendere anche a lei un panino col salame. Nel momento in cui il salumiere mi ha dato i due panini, devo essermi confuso e  ho dato a Nicole quello con la mortadella. Sei contenta ora?”
Noelle annuì e, prima che potesse dire qualcosa, proferii parola.
“Mi dispiace per il tuo panino…”
Noelle scosse la testa.
“Ma non ti preoccupare proprio, non è certo colpa tua!”
Fare storie per un panino… Certo, era ridicola come cosa.
“Neanche mia, eh.” Aggiunse Harry, prendendo il panino che Noelle stringeva tra le mani e iniziando a mangiarlo.
“No, ma rimani comunque stupido. E dammi dei soldi, vado a comprare qualcosa al bar con Nicole.” Noelle mi fece l’occhiolino.
“Stanno nei miei pantaloni: sei dotata di mani e piedi, prenditeli.”
Le disse in risposta Harry, indicando appunto i pantaloni con un movimento del capo.
La ragazza digrignò qualcosa di incomprensibile tra i denti, poi prese i soldi e insieme raggiungemmo il bar.
 
 
“Mi dispiace, credimi. In un certo senso, hai litigato con Harry per colpa mia…” Dissi a Noelle.
Eravamo entrambe sedute su due sgabelli, al bancone.
Ok, sicuramente non era successo nulla di grave, ma il fatto che avessero discusso dipendeva da me e mi dispiaceva.
Questa mi guardò, prima di scoppiare a ridere serenamente.
“Ma non abbiamo litigato! E’ tutto a posto, credimi!” E mi sorrise sinceramente, dando un altro morso alla pizzetta che aveva comprato.
Ricambiai il sorriso, sentendomi più tranquilla.
Improvvisamente, il mio telefonino squillò.
Lessi Allison sul display.
“Scusami un attimo, sta chiamando una mia amica.”
Noelle annuì, quindi io risposi.
“Allie?”
“Nicole! Allora, come va la vita?”
Restammo a telefono pochi minuti, anche perché non mi pareva corretto, nei confronti di Noelle, chiacchierare con lei per molto.
Era da un po’ che pensavo a quanto sarebbe stato bello invitare Allison dai nonni e passare il resto dell’estate anche con lei, ma si poneva il problema del lavoro: mentre io ero al lido, lei cosa avrebbe fatto?
Staccai la chiamata sospirando, picchiettando poi l’indice sul bancone.
“Qualcosa non va?” Mi chiese Noelle, un po’ titubante.
Scossi la testa, sorridendole.
“No, tutto a posto, solo che… Beh, ecco, vedi, io vorrei invitare la mia migliore amica a casa dei nonni, però lavoro e quindi non posso, lei non può certo rimanere tutto il giorno in casa con loro.”
Noelle incrociò le braccia al petto, alzando un sopracciglio.
“Carissima Nicole, scusami se te lo dico, ma ti facevo più intelligente.”
Aggrottai le sopracciglia, confusa. Più intelligente? Lei? A me? E perché?
“Come scusa?”
Noelle sospirò, poi mi guardò attentamente.
“Guarda che la tua amica può benissimo unirsi a me, alle ragazze e ai ragazzi! Il problema per noi non si pone, ci farebbe molto piacere conoscerla!”
Uh. Noelle aveva esplicitamente invitato la mia amica ad unirsi a loro. Gentilissima e carinissima, davvero.
Rimasi un attimo senza parole, guardandola come chi sta ragionando su una cosa importante. Questa abbozzò un sorriso, attendendo una mia risposta.
“Uh…”
Pensato e detto. Che risposta brillante, intelligente proprio ero.
“Uh? E’ tutto quello che sai dire?”
Noelle ridacchiò. Non c’erano dubbi, era decisamente una che andava diritta al sodo. Nonostante non la conoscessi ancora molto bene, era evidente che fosse una tipa molto sveglia…
Non sapevo cosa dirle sinceramente; insomma, il suo era un bel gesto, certo, ma chi mi diceva che non avesse invitato Allison solo ed esclusivamente per una questione di gentilezza?
Non aveva neanche consultato gli altri, poi… Se non fossero stati d’accordo?
Rimaneva inoltre un altro dettaglio, piccolissimo quanto fondamentale: Allison era timida, timidissima, tanto timida da arrivare ad arrossire anche quando semplicemente un ragazzo le rivolgeva la parola. Avrebbe accettato?
Mentre una parte del cervello rifletteva sui sopracitati dettagli, l’altra mi ripeteva furiosa che ero una sciocca paranoica, una cretina che si faceva problemi anche per le cose più semplici. E qualcosa mi diceva che era proprio questa parte ad avere ragione…
“Terra chiama Nicole… Ci sei?”
Noelle mi schioccò due dita davanti agli occhi.
Svegliatami dal mio stato di trance, le sorrisi debolmente.
“Sarebbe fantastico, ma… Ecco vedi, non vorrei che la mia amica disturbasse…”
La ragazza di fronte a me mi guardò un attimo, poi scoppiò a ridere sguaiatamente, facendo girare tutte le persone sul bar in nostra direzione. Mi sentii leggermente in imbarazzo.
“Noelle! Ci guardano tutti, smettila!” Ringhiai a bassa voce, fra i denti.
“Ok, va bene, scusa, mi ricompongo. Ma quale disturbo! Con me e gli altri non devono esistere formalità di questo tipo! Scusa il disturbo, non vorrei essere di troppo e bla bla bla… Se non mi avesse fatto piacere non te l’avrei proprio chiesto no?”
Mi guardò, arcuando un sopracciglio.
Giusto, aveva ragione.
Sospirai.
“Mmm… Credo sia il caso che tu consulti anche gli altri, però…”
Noelle mosse la mano in aria, come se stesse scacciando un fastidioso insetto.
“Ah, non preoccuparti, sono d’accordo eccome! Stasera chiama la tua amica e parlale, va bene?” Mi sorrise.
“E va bene, mi hai convinta.” Feci spallucce, ricambiando il sorriso.
Noelle puntò improvvisamente lo sguardo alle mie spalle, facendo una smorfia.
“Tsè, guarda chi si vede… Le vip.”
 Aggrottai le sopracciglia. Le vip? Non  feci in tempo a chiederle spiegazioni che tre tipe passarono accanto a noi, parlottando tra di loro.
“Ciao Noelle.” Disse una di loro.
“Ciao.” Rispose questa, con un sorriso di convenienza.
Quando furono abbastanza lontane, la guardai con aria interrogativa.
“Vip?”
Noelle ridacchiò.
“Sono amiche di Mary, che io definisco vip per il loro atteggiamento… Se la tirano un po’ troppo, sono fissate con la moda e con il look e il loro passatempo preferito è spettegolare. Tipico.” Fece spallucce.
Beh, erano come Mary in effetti…
“Capisco.” Le dissi in risposta, afferrando poi dal bancone il bicchiere di coca che avevo ordinato precedentemente.
 
 
 
Quella giornata di lavoro era finalmente finita, ed io ero stanca, stanchissima.
Appena varcata la soglia della mia camera, mi lanciai sul letto, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarmi.
Stavo per appisolarmi, quando improvvisamente mi venne in mente che avrei dovuto chiamare Allison.
Estrassi dalla tasca il cellulare sbadigliando e, mentre componevo il numero, mi cadde in fronte.
“Fanculo…!” Digrignai stizzita, mentre con una mano lo portavo all’orecchio e con l’altra massaggiavo la parte lesa.
“Nicoooole!” La mia intelligentissima amica aveva risposto urlando, spaccandomi quasi un timpano.
“Allison, hai aumentato la dose?” Le chiesi sbuffando.
“Oh si!” Rispose questa con voce ridicola. Ridacchiai, scuotendo la testa.
“Si vede.” Le dissi, afferrando da sotto il letto il telecomando per accendere la televisione.
“Ci sono novità? Dai, raccontami qualcosa! Qui niente, accadono sempre le stesse cose…” Allison sbuffò.
“Mmm… Si dai, ci sono delle cose da raccontare. Allora, tanto per cominciare, ho avuto la conferma che Heatherfield è la città dei pazzi.”
“Uh! Interessante…”
“Dico davvero! Tu non puoi immaginare…!”
“Non finché non ti decidi a raccontare.”
“Ok, ok. Allora, Heatherfield è una città dove vi è la possibilità di trovare parecchie varietà di persone: ci sono vecchietti acidi, bambini capricciosi, colleghi antipatici, bagnini hawaiani, amici pazzi e fidanzati che litigano per colpa del condimento del panino…”
Ci fu qualche attimo di silenzio, poi Allison proferì nuovamente parola.
“Sicura di non essere stata tu ad aumentare la dose?”
Risi divertita, prima di iniziare seriamente a raccontarle quanto accaduto quel giorno.
Pessima mossa.
La mia amica iniziò a ridere sguaiatamente e non dava segni di ripresa. Quando le venivano gli attacchi di ridarella era capacissima di ridere anche per un quarto d’ora di seguito, e la cosa stupida era che lo facesse anche per le cose più banali!
A scuola i nostri compagni non facevano altro che battute squallidissime, che non mi provocavano nemmeno mezzo sorriso, a differenza della mia amica che, poveraccia, si riduceva a dover soffocare i singhiozzi nel suo cappotto appallottolato sul banco.
Fortunatamente eravamo sedute in fondo all’aula.
“Allie! Dai, smettila! Non fa mica tanto ridere un tizio che indossa i pantaloni pistacchio e le camicie a fiori…?”
“No…” E scoppiò nuovamente a ridere, sbattendo –riuscivo a sentirlo-, i piedi sul letto. Santi numi…
“Allie, torna in te! Dai, sono seria. Devo parlarti.”
La mia amica cercò seriamente di riprendersi.
“Allora, ascolta e non ridere. Ricordi che stavo pensando alla sistemazione da trovarti nel caso tu venissi qui?” Iniziai il discorso.
“Ricordo.”
“Bene. Quando stavo sul bar, questa mia amica, Noelle, mi ha proposto di farti stare, mentre io lavoro, con lei e gli altri…”
“Che cosa? Ma… non ci conosciamo e… insomma e poi.. in mezzo a quelli…? E poi… e poi faccio la figura della scema e poi… Non lo so, e poi… E tu che hai detto e lei come… e poi…”
“Hai finito con e poi?” Sbottai alzando gli occhi al cielo.
“No, e poi volevo chiederti… nulla.”
Sospirai.
“Allie, se a loro non avesse fatto piacere, non me l’avrebbero proposto, ti pare?”
“Mi pare.”
“Bene. Preferisci rimanere a Londra o venire qui?”
“Venire da te, ma… Insomma, il problema principale è che mi vergogno.”
“E dai! Non ti mangiano mica…”
“Ci mancherebbe!”
“Pensaci, è l’unica opportunità che abbiamo per passare l’estate insieme. Quella è gente simpatica, ci divertiremo, te lo assicuro!”
“Mmm… mi stai convincendo… Ma… come sono?”
“In che senso?”
“Come sono?”
“Cioè?”
“Come sono?”
“Come vuoi che siano?”
Ovviamente avevo capito che voleva glieli descrivessi, ma sapendo quanto fosse timida, mi divertivo a fare la sadica. Muahahah!
“Ma Nicole… che ne so.”
“Ma a  chi ti riferisci poi?”
“ A questi tizi, logico... e a queste tizie.”
“Tanto lo so che vuoi sapere come sono i ragazzi…” Ridacchiai.
Allison era timidissima, già immaginavo le sue reazioni al momento delle presentazioni.
“Infatti. Come sono?”
“Dotati di mani, piedi, gambe…”
“Ufffaa!!! Nicole, fai la seria!”
“Va bene, sono seria.”
“Dai, descrivimeli. Sia loro che le ragazze. Sono curiosa.”
“Compreso il bagnino?”
“Eh, se vuoi…”
“No.”
“Allora solo loro.”
“Mi scoccio di descriverli tutti.”
“E allora solo uno.”
“Non faccio discriminazioni.”
La mia amica sbuffò.
“Quanto sei odiosa!”
“Lo so già.”
Andammo avanti a battibeccare per un bel po’: lei continuava ad insistere, ma io non volevo saperne di cedere. Alla fine, pur di farla zittire, le diedi informazioni fasulle, giusto per prenderla in giro e farmi quattro risate al momento del suo arrivo. Ero cattiva, si, e per giunta lei poteva tranquillamente credermi, dal momento che non glieli avevo mai descritti.
“Allora, va bene: esiste Harry. Bassino, un po’ cicciottello, un enorme brufolo in piena fronte. Ma tutto sommato ha un viso carino ed è simpatico.”
“Uhm… Vai avanti.”
“Poi c’è Liam: appassionato di extraterrestri. Crede fermamente nella loro esistenza. Abbastanza alto, magrissimo, occhiali e… basta, normale insomma. Simpatico anche lui.”
“Bene. Continua.”
“Louis: non c’è male, a parte la fissa per i piercing… ne ha la faccia piena. Del resto… altezza nella norma, né troppo grasso, né toppo magro, né troppo muscoloso. Anche lui simpatico.”
“Pieno di piercing… mah! Va be’, poi?”
“C’è Niall: di origini africane, pelle scura, occhi cioccolato e capelli nerissimi. Molto simpatico, molto spiritoso, molto divertente, colleziona animali esotici disgustosi.”
“Oddio che schifo! Che li tenga alla larga da me!”
Ridacchiai. Se l’era bevuta, a improvvisare ero davvero bravissima!
“E poi c’è Zayn, che ti ho descritto l’altra volta e che è il più simpatico della situazione.” Roteai gli occhi, e mi sembrò quasi di sentire la sua voce petulante.
“Ho capito. Ma sono un po’ strani, eh?”
“Si, te l’ho detto: Heatherfield è la città dei matti.”
“Già… E le ragazze come sono?”
Oddio… cosa potevo mai inventare? Era meglio non dire altro, o non mi avrebbe più creduta.
“Un po’ più normali, non hanno nulla di particolare… E le vedrai da te, perché verrai, vero?”
Allison sospirò.
“Va bene, verrò: mi hai convinta!”
Esultammo come le cretine, come se avessimo cinque anni, e restammo a telefono ancora un po’, parlando del più e del meno.
Prima di staccare, Allison mi disse che l’indomani mattina sarebbe andata in agenzia per fissare la data di partenza, che sarebbe avvenuta massimo in una settimana.
Quando staccai il telefono, potei finalmente sfogarmi e ridere, ridere per tutte le cavolate che avevo detto alla mia amica.
Ero proprio fuori…
Ancora ridendo, mandai un messaggio a Noelle, per avvisarle di quanto concordato con la mia amica.
 
 
 
 
*******
 
 
 
 
 
“Rido.” Disse Zayn, la mattina seguente, con una faccia da funerale, osservando gli oggetti che avevo portato da casa e che avevo poi disposto su di un  tavolo del bar, quasi completamente deserto a quell’ora del mattino; sospirò, per poi lasciarsi cadere su di una poltroncina e massaggiarsi le palpebre chiuse con un movimento stanco della mano. Sbuffai indispettita: ma cosa cavolo aveva contro i miei birilli di plastica colorati?!
“Ma si può sapere cos’hanno che non va?” Gli chiesi stizzita, indicandogli gli oggetti in questione con un brusco movimento del braccio.
Ero una persona calma e paziente, ma Zayn era uno che faceva salire davvero il crimine! Quella mattina, infatti, mi aveva mandato un sms –ci eravamo scambiati i numeri qualche giorno prima per eventuali comunicazioni di servizio-, dicendomi di portare in spiaggia qualsiasi cosa avessi in casa per le attività da svolgere quel giorno.
Scovando per tutto il ripostiglio e la cantina, escludendo alcune vecchie racchette da tennis di Barbie e alcune palline da ping pong di Tanya, dimenticate lì quando ero piccola, l’unica cosa trovata furono i birilli. Avevo fatto ciò che mi aveva chiesto, cosa cavolo voleva adesso? Insopportabile, oh!
Zayn sbuffò, alzandosi.
“Ma ti sembrano adatti per il gioco aperitivo?! Al massimo posso suonarteli in testa…” E rise.
Era incredibile con quanta facilità riuscisse a cambiare umore, come da antipatico riuscisse a diventare spiritoso… Mah, chi lo capiva…
Alzai tuttavia gli occhi al cielo divertita.
“Avresti dovuto specificare che servisse qualcosa per il gioco aperitivo.” Scrollai le spalle.
“Potevi immaginarlo: è questa la cosa che ci crea più problemi.” Alzò un sopracciglio.
“Io ho semplicemente fatto ciò che tu mi hai chiesto. Arrenditi, ho ragione io.”
Zayn sospirò.
“Si, va bene, certo: chi osa contraddirti… Ad ogni modo, pensiamo a qualcosa per questo benedetto gioco.”
Annuii e, insieme, grazie soprattutto all’aiuto di Google, riuscimmo a trovare qualcosa di decente.
“Ragazzi! A che ora avete intenzione di iniziare?!”
La voce del Signor White fece sussultare entrambi.
“Ora signore, ci scusi ma stavamo giusto mettendo a punto i dettagli per le attività di oggi.” Spiegò chiaramente Zayn, sorridendo cortesemente e… ruffianamente. In entrambi i casi, però, il suo sorriso era veramente bello, nulla da ridire.
Liquidato il proprietario, ci guardammo in faccia, con un’occhiata più che eloquente: era ora di domare le piccole pesti.
 
Più tardi, mentre stavo proponendo ai bambini degli indovinelli, notai Zayn seduto sul tavolo di fronte, con lo sguardo rivolto verso il mare.  Sembrava pensieroso, immerso in chissà quali riflessioni.
Certo che era la persona più lunatica che avessi conosciuto: da antipatico diventava a spiritoso, da tranquillo diventava incazzato… Non sopportavo proprio le persone così!
Non mi sarei stupita se, all’improvviso, fosse sceso dal tavolo e avesse improvvisato un ridicolo balletto con il biondo bagnino hawaiano, che in quel momento stava esaminando con aria critica i propri addominali davanti ad uno specchio, vicino agli spogliatoi da lì poco distanti. E chissà, magari a fine balletto si sarebbe anche incazzato con il poveraccio, rimproverandolo per aver sbagliato mezzo passo.
Sarebbe stata una scena da Paperissima e, immaginandola trasmessa sul piccolo schermo, scoppiai a ridere in stile Allison.
Un’altra figura del cavolo.
Zayn si girò in mia direzione e, vedendo che i bambini mi stessero guardando come se fossi una povera deficiente, capì che dovetti essere scoppiata a ridere apparentemente senza motivo, e aggrottò le ciglia confuso.
Era tutto molto comico perché, nonostante continuassi a dare dello strano lunatico a Zayn, alla fine dei conti quella che si comportava veramente da cretina ero sempre io.
“Inizio seriamente a credere che tu non sia tanto normale.” Mi disse sfacciatamente, incrociando le braccia al petto, tuttavia sorridendo divertito.
Ok, dovevo restare calma.
“Caro, non si scoppia a ridere senza motivo.”
“No, infatti.”
“E allora che ci trovi di strano?”
“Nulla, ma di certo non è solo questo tuo attacco di ridarella che mi ha portato a credere che tu sia… mmm… alquanto strana.” E ridacchiò.
Ovviamente si stava riferendo a tutte le figure pietose che avevo fatto in sua presenza. Mi congratulai mentalmente prima di rispondergli.
“Anch’io ho avuto modo di constatare quanto tu sia lunatico.” Lo fissai truce.
“Siamo pari.” Concluse facendomi un sorriso, che io ricambiai.
Si, era decisamente molto, molto lunatico.
 
 
Quella stessa sera, Allison mi chiamò e mi disse che sarebbe arrivata due giorni dopo. Per questo, la mattina seguente, mi recai dal signor White e gli chiesi se gentilmente avrebbe potuto concedermi una giornata di permesso. Ero un pochino restia nel farlo: insomma, chiedere un favore del genere dopo neanche due settimane lavorative mi sembrava poco corretto.
Ma erano tutte paranoie le mie, il bagnino aveva fatto festa dopo neanche qualche giorno!
Il proprietario dello stabilimento non fece obiezioni: dovevo solo comunicarlo a Zayn. Lo trovai vicino alle cabine, durante la pausa pranzo.
“Zayn, hai un minuto?” Gli dissi, prima di andare al bar per comprare qualcosa.
“Mmm… Si, che vuoi?”
Pareva quasi che mi avesse concesso l’onore di parlare con lui. Carino e simpatico.
“Volevo dirti che domani non ci sono, arriva la mia amica Allison.”
Iniziai, un pochino titubante.
“Ah. Ok.”
Forse prima di chiederlo al Signor White avrei dovuto parlare con lui. Insomma, abituatosi alla mia presenza, che avesse potuto trovare problemi sul lavoro?
“La cosa ti crea problemi?” Gli chiesi. “Con il lavoro, ovviamente…” Aggiunsi subito dopo.
“Meglio solo che male accompagnato.”
Fu la sua adorabile risposta, accompagnata da una scrollata di spalle e un sorrisino divertito.
Non sapevo se rispondergli per le rime o lasciar perdere…
Sospirai, sistemandomi il ciuffo di capelli ricadutomi sugli occhi.
“Sempre simpatico eh?” Chiesi retoricamente.
“Sempre.” Rispose con una faccia da antipatico snob, poi si allontanò, diretto verso Niall che lo aveva chiamato proprio in quel momento.
Che ragazzo complicato… E poi dicevano che eravamo noi donne ad esserlo, bah!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** SMS (SMS) ***


Image and video hosting by TinyPic





Capitolo 5
SMS
 
 
 
Quella mattina, nonostante sapessi che Allison sarebbe arrivata dopo pranzo, mi alzai alle 7:00 in punto, grazie alla sveglia che mi ero ricordata di puntare la sera prima, in un momento di breve lucidità durante la dormiveglia. Se fossi finita con l’addormentarmi, mi sarei sicuramente dimenticata di impostarla. Ero senza speranze.
Il cellulare vibrò non appena mi stiracchiai alla finestra, sbadigliando in modo decisamente poco fine e ritrovandomi a sperare che nessuno del palazzo di fronte fosse affacciato alle finestre o ai balconi. Alzai gli occhi al cielo, sorridendo compiaciuta alla vista del cielo sereno e sgombro di nubi. Essendo una cittadina sul mare, grazie all’alta pressione, i cittadini di Heatherfield avevano il privilegio di vedere un po’ di sole, a differenza dei cittadini di Londra, dove un venditore di ombrelli –soprattutto nella stagione invernale-, si sarebbe arricchito nel giro di poco.
Appoggiai i gomiti sul davanzale, guardando verso il basso ed esaminando la strada: era decisamente molto presto, ancora non si vedeva nessuno in giro. Mi resi conto di essermi incantata solo quando il telefono vibrò una seconda volta. Un po’ seccata, andai a prenderlo e a vedere chi osasse rompere le palle a quell’ora del mattino.
Allison.
Ah già, mi aveva detto che mi avrebbe inviato un messaggio appena salita in treno.
 
Nicole, ihih.
 
Incoraggiante. Erano le 7:00 e aveva già assunto una dose spropositata di stupefacenti… Le risposi velocemente, poi mi sedetti sul letto e, ancora mezza addormentata, feci mente locale su tutte le cose che avrei dovuto svolgere quella mattina, e non erano neanche poche. Per quello mi ero svegliata tanto presto.
Tra fare la spesa, sistemare un po’ la camera, andare a comprare qualche vestito e montare il letto ad Allison, decisi di montare il letto. Dovevo prima fare colazione però, avevo un buco alla stomaco e il mio cervello reclamava un po’ di zucchero per svegliarsi completamente.
Dopo una veloce visitina al bagno, mi recai in cucina, sentendomi subito sollevata nel momento in cui la trovai vuota. Quello, infatti, avrebbe significato mangiare finalmente tutte le schifezze che avrei voluto –e che avevo acquistato e nascosto per bene-, senza che quell’idiota di mio nonno mi facesse la ramanzina. Per lui, potevo mangiare quella robaccia inutile e dannosa alla mia preziosa quanto ottima salute solo la domenica; mangiarla anche il sabato, secondo la sua contorta visione della realtà, non avrebbe fatto troppo bene, ma siccome ero brava, me lo concedeva. Mi veniva da ridere, da quel punto di vista quel vecchietto era ridicolo. Se solo avesse saputo cosa mangiavo durante i giorni lavorativi, sarebbe a dir poco impazzito…
C’era da ammetterlo però: malgrado la sua età, era in ottima forma e in brillante salute. Merito della dieta sana ed equilibrata, a detta sua.
Mi liberai di quei pensieri ed aprii il mobiletto in cui avevo nascosto biscotti, marmellata e cacao per il latte, e corsi in frigo a prendere la squisita torta alla frutta e alla panna preparata da Deborah. Me l’aveva reglata la sera prima, dicendo che era stata fatta da lei personalmente e che potevo mangiarla tranquillamente, perché nonostante fosse stata tentata, non aveva messo al suo interno del veleno. Avevo riso alla sua battuta. Era proprio idiota, tanto quanto me.
Ero felice di aver conosciuto persone che avessero un buon senso dell’umorismo, comunque; io con i musoni e i permalosi non andavo proprio d’accordo, mi irritavano e non poco. D’altronde una risata non aveva mai fatto male a nessuno.
Mi sedetti comoda, iniziando a mangiare con gusto e appetito. Da quanto tempo non facevo una colazione decente? Poteva anche essere strano per una londinese, ma da quando ero stata in gita con la scuola in Italia, due anni prima, mi ero fissata per la colazione che facevano lì. Peccato che in Inghilterra i cornetti non fossero certo all’altezza di quelli italiani…
Una volta finito di mangiare, mi sbrigai a pulire il tavolo e ad eliminare ogni minima traccia di quelle deliziose pietanze, affinché il nonno non mi sgridasse quando sarebbe entrato in cucina. E in tal caso avrebbe pure avuto ragione, avevo praticamente finito tutta la torta e mangiato metà scatola di biscotti… Che fogna ero diventata, accidenti!
 
“Papà, alzati!” Strillai, piombando nella sua camera dopo essermi vestita e dopo aver rifatto il mio letto.
Mia padre, con voce roca e assonnata, mugugnò qualcosa di simile a un “Vai a dormire”, poi si girò dal lato opposto e tornò a russare.
Gonfiai le guance indispettita: se non si fosse svegliato di lì a poco, avrei dato di matto! Diamine era peggio dei bambini che facevano i capricci per alzarsi, perché non volevano andare a scuola!
Va bene che era presto per i suoi standard, ma io quella mattina avevo da fare! Mi serviva il suo aiuto per montare il letto ad Allison, e lo avevo anche avvertito la sera prima!
Fortunatamente, riuscii a farlo alzare e, a servizio completato, andai a prepararmi per uscire.
Ma la voce di mio nonno, che nel frattempo si era svegliato, mi fece sussultare, nonché sbavare con la matita che stavo mettendo con così tanta attenzione e cura.
“Porca…” Non ebbi il tempo di finire l’imprecazione perché mio nonno entrò in bagno, dopo aver bussato ovviamente.
“Nicole, credi che io non sappia cos’hai combinato stamattina?”
Mi sforzai per cercare di assumere un’espressione che si avvicinasse maggiormente alla ragazzina appena scesa dal cielo che alla ragazzina colta in flagrante.
“Uhm… ehm… No, cos’ho fatto?”
Mio nonno arcuò un sopracciglio indispettito.
“Ah, non lo sai? E la torta che prima era in frigo, chi l’ha divorata? Il fantasma formaggino?”
Oddio, ora mio nonno se ne usciva pure con il fantasma formaggino, credendo di farmi ridere… Com’è che si diceva? Non c’era mai limite al peggio.
Sbuffai, tornando ad applicare la matita.
“Avevo fame…” Mi giustificai, pur sapendo che il nonno non me l’avrebbe fatta passare liscia. Eh già, in un modo o nell’altro, doveva sempre mettermi in punizione, qualora avessi commesso qualche bravata. Parole sue, eh.
“Questa mattina hai da fare?” Chiese, con finta nonchalance.
Eh?! E quello cosa c’entrava?! Sbattei le palpebre per enfatizzare la mia espressione da finta ingenua, poi feci cenno di si con la testa.
“Bene. Scordati autobus e mezzi pubblici. Andrai a fare le tue commissioni in bicicletta!”
Spalancai la bocca, iniziando seriamente a credere che fosse il caso di portare mio nonno in una di quelle strutture in cui ci si occupa dei vecchietti che, ahimé, sono partiti con la testa…
“Ma nonno, io devo andare a fare spese! Dove vuoi che le metta le buste, appese al manubrio?! La bici cadrebbe! Andando in autobus, invece, la cosa è differente…”
Il nonno increspò le labbra, probabilmente alla ricerca di una nuova “punizione”.
“Una sola busta può starci però. Andrai a prendere solo il pane in bicicletta, poi torni e sbrighi le tue faccende come cavolo vuoi. E muoviti, io vado a recuperare la bici.”
Beato lui che aveva voglia di andare a cercare quell’aggeggio del paleolitico in cantina… Ma si poteva essere più scemi di quello lì?! No, decisamente no!
 
 
 
Sbuffando come una pentola a pressione, salii su quella lurida bicicletta rossa, iniziando a pedalare velocemente verso il panificio. Pensai infatti che, più velocemente avrei pedalato, più velocemente sarei arrivata.
Più velocemente sarei arrivata, più velocemente sarei tornata a casa. Più velocemente sarei tornata a casa, più velocemente avrei terminato le altre commissioni.
Più tempo passava, più Nicole si rincretiniva…
Forse era perché non pedalavo da tempo, fatto stava che mi sentivo una completa imbecille, in sella in mezzo alle strade trafficate.
Inoltre mi sentivo leggermente a disagio: ogni mio coetaneo che vedevo passare, o si trovava su di un motorino o al volante di una macchina… Nei limiti estremi viaggiavano sui mezzi pubblici, come avrei voluto fare io.
Ma pazienza, quel giorno stavo facendo la trasgressiva oh.
Svoltai in una stradina secondaria, molto meno frequentata della precedente, per fortuna.
 
“Today I don’t feel like doin’ anything, tutturù tutturù, I just wanna lay in my beeed…”
 
Mentre pedalavo in tutta tranquillità, canticchiando allegramente -e oscenamente- ‘The lazy song’ di Bruno Mars, una macchina mi si accostò.
“Hai capito Nicole! Non ha voglia di fare un beneamato cavolo e se ne va a passeggiare libera e felice con la bicicletta del nonno…”
Ma… ma… ma porca miseria, tra tutte le persone che vivevano in quella città, proprio Zayn dovevo andare a incontrare?!
Mentre canticchiavo come una perfetta cogliona poi!
E mentre ero sulla bici! Che figura patetica…
Ma ora gliene avrei dette quattro… come si permetteva di insinuare anche solo lontanamente che io fossi una scansafatiche?! Ora mi avrebbe sentita…
“Che ne sai che la bici è di mio nonno?”
C’era qualcosa che non andava in me, evidentemente.
Tra tutte le risposte che avrei potuto e dovuto dargli, me ne ero uscita con la più idiota delle domande.
Ma… Insomma, il fatto era che sul momento non mi erano venute in mente risposte a tono, quella era l’unica che fossi riuscita a formulare, ecco.
Zayn sgranò gli occhi, sorpreso.
“No, non dirmi che ci ho azzeccato! E’ davvero la bici di tuo nonno?!”
E ridacchiò, prendendosi per l’ennesima volta gioco di me.
Alzai gli occhi al cielo, fissandolo poi truce.
“Comunque non sono una scansafatiche, bello.” Dissi tanto per precisare.
“Grazie me lo dicono tutti.”
Sospirai, guardandolo scocciata.
“Prego. Ti auguro una bellissima giornata.”
Zayn indossò gli occhiali da sole, poi mise in moto la macchina.
“A domani.” Rispose, prima di ripartire.
Sinceramente non sapevo cosa pensare di lui. Era un tipo piuttosto strano, non riuscivo mai a capire quando scherzasse o quando invece facesse sul serio. Mah, forse sarebbe semplicemente stata questione di tempo.
Ma che importanza aveva in fondo?
 
 
Dopo aver portato il pane a casa, uscii per potermi finalmente dedicare alla spesa e allo shopping.
Speravo solo di riuscire a trovare qualcosa che avrebbe potuto piacermi, io avevo i gusti difficili purtroppo…
Soprattutto in inverno, non riuscivo a trovare nulla che potesse soddisfarmi a dovere, ero decisamente troppo esigente.
Entrata nel negozio, venni subito investita dalla piacevole ondata di aria fresca che arrivava dall’aria condizionata, il che era davvero un sollievo dopo aver camminato sotto al sole. A Londra, in effetti, entravo spesso nei negozi solo per rinfrescarmi un po’...
Iniziai a dare uno sguardo in giro, con aria critica e poco convinta.
Eh già, quando mai nei negozi avevano qualcosa che facesse a caso mio?! Mai porca miseria, per questo il più delle volte finivo con l’innervosirmi e perdere anche tutta la mattinata o il pomeriggio!
Stetti dieci minuti ad osservare pensierosa delle magliette, poi presi le migliori tra le peggiori e mi avviai verso i camerini, ovviamente occupati e all’esterno dei quali c’erano un bel po’ di persone.
Sbuffai, decidendo tuttavia di attendere pazientemente il mio turno.
Il vibrare del mio cellulare mi avvisò dell’arrivo di un sms.
Era Allison di nuovo.
 
Mi scoccio in treno. :(
 
Le risposi velocemente.
 
Addormentati, ascolta musica, conta le pecore o fai amicizia col tuo vicino di posto.
 
Dopo un quarto d’ora buono, iniziai seriamente a valutare l’ipotesi di alzare i tacchi e andare in qualche altro negozio, ma una voce mi fece sobbalzare.
“Ciao Nicole!”
Mi girai, abbozzando un sorriso.
“Ciao Mary.”
Certo che non la vedevo da parecchio…
“Tutto bene?” Mi chiese, aggiustandosi il ciuffo dei suoi capelli neri.
“Tutto bene, a te?”
Storse un po’ il muso ed io inarcai un sopracciglio.
“Problemi?” Chiesi, temendo di essere stata troppo invadente.
“Beh…” Sbuffai mentalmente al suo ‘beh’. Quello era una sottospecie di verso da pecora, non certamente una risposta.
“Problemi con Zayn?”
La domanda mi era uscita così, di getto, senza che neanche me ne rendessi conto. Mi morsi infatti  la lingua subito dopo. Ma che andavo a chiederle?! Come se me ne fosse importato qualcosa dei problemi di Zayn!
Mary sgranò gli occhi, poi sospirò, sorridendomi sghemba. Ok, dovevo cambiare discorso, urgentemente…
“Quanta gente c’è, eh?”
Ero bravissima a conversare, già.
“Infatti! Io devo andare a mangiare da mia nonna oggi, mi aspetta per le undici. Tarderò sicuramente.” Sentenziò scocciata, roteando gli occhi e aggiustandosi per l’ennesima volta il ciuffo. Ma che aveva, un ticchio?!
Probabilmente…
 “Io invece devo andare a prendere Allison alla stazione oggi. Anche lei passerà l’estate qui.” Feci spallucce.
Mary si illuminò, sorridendo.
“Uh, che bello! E’ tanto tempo che non la vedo, come sta?”
Chiese, ri-aggiustandosi il ciuffo. Ok, allora era proprio un ticchio.
“Sta bene, sta bene.”
Mary annuì, poi si affrettò a chiedere altro, curiosa com’era.
“E arriva con quel tipo? Quel… quel…” Inziò a fare dei gesti strani con le mani e le braccia, quasi come se quelli avessero potuto in qualche modo aiutarla a ricordare.
Sapevo a chi alludesse. Il nome che non riusciva a ricordare era Mark, che era l’ex fidanzato della mia amica. Si erano lasciati da quasi un anno, ma Mary non lo sapeva.
“No, arriva sola.” Risposi.
“Uh, si sono lasciati?”
Iniziai ad innervosirmi. Erano faccende che non riguardavano me personalmente, io non avevo alcun diritto di risponderle!
Fortunatamente, un camerino che si aprì proprio in quel momento mi offrì la possibilità di sfuggire alla sua domanda.
“Serve a te?” Le chiesi, giusto per educazione.
“Si, grazie.” Ma brutta stronza! Rifiutare no, eh?!
Sorrisi forzatamente, poi lei si diresse verso il camerino, sistemandosi ovviamente il ciuffo. Santo cielo ma come faceva Zayn a sopportarla?!
Non sono affari tuoi.
Giusto, non lo erano.
Quando un altro camerino si liberò, rischiai quasi di saltellare dalla gioia.
Uscii dal negozio a mezzogiorno, con tre buste belle piene. Povera carta di credito del nonno…
 
 
 
 
******
 
 
 
 
Le ore che precedevano l’arrivo della mia amica passarono velocemente, così in men che non si dica mi ritrovai alla stazione con mio padre, in attesa che il treno arrivasse. Speravo vivamente che rispettasse gli orari stabiliti e che non facesse troppo ritardo, sia perché le attese mi scocciavano e sia perché non vedevo l’ora di rivedere Allison.
Era da un quarto d’ora buono che non facevo altro che picchiettare l’indice e il medio sul povero display del mio cellulare.
“Ma Nicole, vuoi finirla?!” Sbottò mio padre, guardandomi scocciato. Non lo considerai minimamente e continuai a muovere le dita, spesso anche a ritmo di qualche canzone. La noia, purtroppo, mi induceva a fare cose non propriamente intelligenti.
Per di più, avevo uno strano presentimento addosso. Non sapevo esattamente cosa fosse, nemmeno sapevo dire se fosse qualcosa di positivo o meno, avevo un presentimento e basta. Ero un tipetto decisamente strano.
I minuti trascorrevano lentamente, facendo sì che le mie imprecazioni contro i ritardi dei treni si moltiplicassero notevolmente.
Il vibrare del mio cellulare mi riscosse dai miei pensieri. Sbloccai il display per vedere chi fosse.
 
Zayn. :)
 
Sgranai gli occhi, assumendo una perfetta espressione da pesce lesso. E quello cosa voleva? In quelle due settimane non ci eravamo mai inviati neppure mezzo sms…
Lo aprii velocemente, leggendone il contenuto.
 
 
Sei una testa di cazzo! Domani facciamo i conti, idiota!
 
 
Rimasi di stucco.
Ma… ma…. Sbattei le palpebre incredula, rileggendolo più volte. Aveva davvero scritto che ero una testa di cazzo, così come mi aveva davvero chiamata idiota…
Ma io non gli avevo fatto nulla santo cielo, non mi pareva di aver combinato nessun guaio!
Ora mi avrebbe sentita, quello stupido consumatore di canne...
 
 
Puoi dirmi, di grazia, cos’ho combinato? :)
 
 
Attesi impazientemente la sua risposta. Ecco cos’era quel presentimento… Cavolo io non mi sbagliavo mai!
Passò un minuto. Due minuti. Tre minuti.
Non rispondeva, quel deficiente! Papà ogni tanto mi lanciava delle occhiate stranite, chiedendosi probabilmente cosa ci fosse che non andasse in me.
Un fischio improvviso annunciò l’arrivo del treno –e mi fece anche sobbalzare come una cretina, ma quelli erano dettagli-.
Riposi il cellulare in tasca, alzandomi dalla panchina su cui ero seduta.
Quando il treno finalmente si fermò e la gente iniziò a scendere, aguzzai subito la vista per trovare Allison che, con la sua folta chioma di capelli lunghi, mossi e rossi, non era poi così tanto difficile da individuare. Infatti la riconobbi entro pochi secondi.
“Allison!” La chiamai, sbracciandomi così che potesse notarmi.
Questa si guardò in giro, non riuscendo comunque a capire da che direzione provenisse la mia voce. La solita cretina…
Quando i suoi occhi verdi incrociarono i miei, sorridemmo entrambe raggianti.
Si avvicinò velocemente a me, lasciando cadere la valigia per terra e abbracciandomi forte.
“Nicole!” Esclamò felice.
“Allieee!” Risposi io, stritolandola letteralmente.
“Oooh, mi soffochi!” Si lamentò lei, pizzicandomi un fianco.
“Ahiaa!” Sbottai, sciogliendo l’abbraccio.
Mi fece la linguaccia, andando poi a salutare mio padre.
“Salve.” Disse, sorridendo e arrossendo come suo solito.
“Ciao Allison, come stai?” S’informò cordiale mio padre.
“Bene grazie, e lei? E’ gentilissimo da parte sua ospitarmi in questi mesi e…”
Giacché mi stavo scocciando, interruppi subito i convenevoli.
“Oh finiamola con i convenevoli e andiamocene da qui, che sto schiattando dal caldo!”
Allison ridacchiò, mentre mio padre scosse la testa.
“Papi portale la valigia. Allie, raggiungiamo la macchina.” Dissi, afferrando il braccio della mia amica.
“Sempre pronta a dare ordini tu!” Mi riprese questa.
“Oh, sei appena arrivata e già hai iniziato a rompere, così non va bene!” Scherzavo ovviamente.
Allison mi diede una gomitata, sorridendo divertita.
 
 
Appena salimmo in macchina, presi il mio cellulare, per controllare se quell’emerito coglione di Zayn avesse risposto al mio sms.
Sbuffai inviperita. Rischiavo di scoppiare dalla curiosità porca...
“Nicole che hai?” sussurrò la rossa.
 Il radar Allison si era attivato, perfetto.
“Aspetto un sms.”
“Un sms importante?”
No, non era di tutta questa importanza…
“No…” Risposi, scrollando le spalle.
“E perché sei così impaziente?”
“Sono curiosa.”
“Perché?”
Sbuffai, roteando gli occhi.
“Leggiti la conversazione.” Dissi risoluta, passandole il mio cellulare.
“Ma che hai combinato?”
Chiese divertita, dopo che ebbe letto tutto in men che non si dica.
“Non lo so!” Risposi sbuffando. Allison scrollò le spalle indifferente.
“Al limite chiarite domani.”
Si, al limite avremmo fatto così.
Per il resto del viaggio, passammo a parlare di altro.
 
 
Nel tardo pomeriggio mi sarebbe piaciuto uscire, ma Allison era crollata in un sonno profondo dopo aver sistemato le sue cose nell’armadio.
Come biasimarla…
Per passare il tempo, allora, presi il portatile ed entrai su Facebook.
Non c’era nulla di interessante, a parte le solite stronzate…
Dal momento che Allison iniziò a russare sonoramente, collegai le cuffie al pc e mi misi ad ascoltare la musica.
Mentre chattavo con Celeste, che mi aveva chiesto se Allison fosse arrivata e se l’indomani sarebbe venuta sulla spiaggia, il mio telefonino vibrò.
Lo afferrai sperando fosse la risposta di Zayn.
Alleluia, aveva risposto!
 
 
Ho sbagliato numero
 
 
Ah. Aveva sbagliato numero. In effetti non era normale che mi definisse una testa di cazzo e che mi chiamasse idiota così, di punto in bianco. Mamma mia, com’era antipatico però, nemmeno uno smile aveva messo…
 
 
Ah vabbene.
 
 
Cancellai la risposta. Non mi convinceva.
 
 
Non ti preoccupare. :)
 
Nah. Mi sembrava troppo da cagnolino scodinzolante.
 
 
Okok.
 
 
Questa invece era troppo da rottweiler incazzato.
 
 
Non fa niente. u.u
 
 
Perché, che avrebbe dovuto fare?! La cancellai ancora una volta.
 
 
Ah capito. :P
 
 
Cancellai nuovamente. Nono, un attimo, ma io mi stavo veramente scervellando per trovare una risposta che fosse adatta?!
 
 
Ah capito. :P
 
 
Alla fine risposi così.
Il fatto, però, era che volevo scrivergli qualcosa in modo tale che lui dopo avrebbe potuto rispondermi. Boh, volevo parlare con lui. Tra di noi non si era creato lo stesso rapporto che si era creato con gli altri…
Quel ragazzo mi… incuriosiva parecchio ecco, avevo trovato il termine esatto. Era così strano…
Un’idea geniale mi balenò in testa.
 
 
Come te la sei cavata oggi senza di me? u.u
 
 
Prima di inviare, tolsi il ‘senza di me’.  Non mi convinceva.
Rispose poco dopo.
 
 
Sono stato benissimo, meglio di quando ci sei tu a dire il vero
 
 
Ma che stronzo!
Un momento, scherzava? Se non metteva gli smile io non riuscivo a capire! Quello era tutto volubile!
 
 
Sei uno stronzo.
 
 
Stavolta non indugiai, inviai e basta, salvo poi rendermi conto che ero sembrata incazzata e risentita. Ma che cavolo!!
 
 
Ma guarda che io scherzavo eh
 
 
Ecco, ovviamente scherzava. Ma che ne sapevo io se non metteva le faccine?
 
 
Ma tu non metti le faccine, non mi fai capire! u.u
 
 
Attesi impazientemente la sua risposta.
 
 
E’ perché mi scoccio… :D
Ps: contenta?
 
 
Scossi la testa.
 
 
Si, ihih *-*
 
 
Nono, che era quella risposta da bimbaminchia?
La cancellai e ne scrissi un’altra.
 
 
Certo, ci voleva il tuo sms con lo smile per farmi ritrovare il sorriso. :3
 
 
Rispose poco dopo.
 
 
Vorrà dire che non li metterò più
 
 
Ma che idiota!
 
 
Fa niente, camperò lo stesso. :)
 
 
Pareva l’avessi spento, ma rispose prontamente.
 
 
Bene, perché domani devi fare un sacco di cose. Oggi mi sono ucciso di lavoro e te la devo fare pagare
 
 
Ma io non demorsi.
 
 
Allora vedi che non sei stato meglio, senza di me? u.u
 
 
E sorrisi. Avevo vinto, punto e basta, fagioli con la pasta… Oddio, da dove mi era uscita quella stupida rimetta da bambinetta dell’asilo?
Fatto sta che stavo ridendo da sola sul letto, con il cellulare in mano.
La sua risposta arrivò poco dopo.
 
 
Mi sono stancato fisicamente, psicologicamente è stato un bene tesoro
 
 
Oddio, aveva fatto epic win! Grrr…
 
 
Vorrà dire che ti romperò le scatole al cubo. ;)
 
 
Lanciai uno sguardo ad Allison, che fortunatamente dormiva ancora.
 
 
Ed io te ne farò pentire…
 
 
Ma dai, che paura!
 
 
Mi sto cagando sotto dalla paura. :(
 
 
Lo inviai senza pensarci troppo. Che figura da cafona avevo fatto, santo cielo!
 
 
Alla tua età ti caghi ancora sotto? Wow…
 
 
Alzai gli occhi al cielo.
 
 
Guarda che è un modo di dire.
 
 
Il cellulare vibrò neanche un minuto dopo.
 
 
Ma dai, davvero? Grazie per avermelo fatto scoprire!
 
 
Feci una smorfia, iniziando a digitare la risposta.
 
 
Non c’è di che carissimo. :)
 
 
Ma da dove mi era uscito quel ‘carissimo’?
Scrollai le spalle tra me e me, tornando a scorrere la home di Facebook.
Mi venne lo sfizio di andare a vedere il suo profilo.
Digitai il suo nome sulla ricerca e trovai il suo contatto, che avrebbe sicuramente fatto le pulci di lì a poco.
L’ultimo post scritto da lui risaliva a ben sei mesi prima, per il resto si trattava di stati e foto in cui era taggato.
Fu proprio queste ultime che andai a vedere: nella maggior parte dei casi, si trattava di foto scattate ad alcune feste, in compagnia di ragazzi quali anche Niall, Liam e company.
Andai poi a vedere le sue immagini del profilo e misi mi piace alla prima, senza accorgermene… Vabbè, faceva niente.
Ritornai sulla home e controllai il cellulare. Aveva risposto.
 
 
La prossima volta che avrò bisogno di sapere qualcosa verrò da te
 
 
Beh, era il benvenuto.
 
 
Ahahah, va bene. ;)
 
 
Rispose ancora una volta.
 
Allora ci vediamo domani?
 
 
Ovviamente si.
 
 
Yess. :**
 
 
Oddio, e quei baci che c’entravano? Uffa, l’abitudine….
 
 
Questi sarebbero bacini? :**
 
 
Mi sentii sprofondare dall’imbarazzo…
 
 
Ahahahah, li invio sempre lol
 
 
Attesi con ansia la sua risposta.
 
 
Capito, ahah :)
 
 
Fiuu, questione risolta.
 
 
Allora ci vediamo domani! :)
 
 
Rispose dopo pochi minuti.
 
 
Sisi, a domani ;)
 
 
 
Chiudemmo lì la conversazione. Non sapevo perché, ma essa mi aveva lasciato un sorriso sulle labbra.
Pochi minuti dopo, Allison si svegliò.
“Nicole! Che bella dormita!”
Si bloccò subito dopo aver proferito quella frase, guardandomi stranita.
“Che è quella faccia?”
Eh?!
“Ma quale faccia?” Le chiesi, corrugando le sopracciglia.
“Stai sorridendo…” Mi fece notare, alzando un sopracciglio.
“Ah, perché ho messaggiato con Zayn e ho scoperto che, tutto sommato, è simpatico!” E detto quello le passai il cellulare, in modo che potesse leggere la conversazione.
Passammo tutta la serata a ridere e a scherzare, dopo aver ordinato una pizza.
Quando ormai erano le undici, mi girai su di un fianco, guardando Allison che stava leggendo alla tenue luce dell’abat-jour.
“In ansia per domani?” Le domandai, pur conoscendo benissimo la risposta.
“Assolutamente no.” Rispose, con voce un po’ troppo acuta.
Eheh, a me non poteva fregare! Chissà che faccia avrebbe fatto domani, quando si sarebbe trovata davanti ai miei nuovi amici… Glieli avevo descritti perfettamente, non c’era che dire…
Muahah, Allison beccati questa!
 
 
 
Quella mattina io e la rossa ci alzammo di buon’ora.
Mentre stavamo facendo colazione, non potei non notare la lieve agitazione palesemente presente sul volto della mia amica.
Nonostante tentasse sempre di nascondere le emozioni che provava, io finivo col capirla semplicemente guardandola negli occhi. Del resto, succede così quando con una persona ci si cresce insieme.
Sorrisi malignamente e la guardai di sottecchi, girando lentamente il cucchiaio nella tazza del latte e alzando il sopracciglio in un’espressione che voleva solo dire “Nervosa, preoccupata, tesa?”
Inutile dire che Allison mi fulminò con lo sguardo, tornando poi a fissare il suo piatto di uova strapazzate.
Sghignazzai neanche troppo silenziosamente, facendole scuotere la testa. Era evidente che fosse in procinto di afferrare la padella ancora sui fornelli e spaccarmela in testa, ma quello non bastò a farmi smettere.
“Nicole cazzo, se non la finisci di fissarmi come una cogliona e ridere, giuro che prendo una padella e te la spacco in testa!”
C’era da dire che quella sua minaccia era proprio stata in grado di farmi accapponare la pelle… detto ironicamente ovviamente. Sul fatto della padella ci avevo azzeccato comunque.
“Sto tremando dalla paura guarda.”
Sbuffò, prima di ritornare a mangiare le sue preziose uova.
Ridacchiai, sinceramente stavolta, e le diedi una pacca amichevole sulla spalla. “Tranquilla, non ti mangeranno. Per quanto ne so ancora non passano al cannibalismo.”
L’espressione contrariata sul suo viso esprimeva chiaramente quanto volesse negare la sua agitazione, ma capendo che con me fingere fosse inutile, sbuffò, sorridendo a sua volta.
“Ci mancherebbe.”
Tre quarti d’ora dopo –avevamo perso un sacco di tempo, perché la signorina dai capelli rossi era indecisa sul costume da indossare-, ci ritrovammo finalmente a scendere le scale dello stabilimento.
Improvvisamente, mentre camminavo affiancata da Allison verso la cabina in cui vi erano “gli attrezzi” da lavoro, mi vennero in mente i messaggi che avevo scambiato il pomeriggio precedente con Zayn e, per qualche contorto motivo, uno strano senso d’inquietudine m’invase.
Deglutii, continuando tuttavia a camminare, apparentemente tranquilla.
Non aveva senso chiedersi o meno se quei messaggi avrebbero influito sul nostro rapporto, non aveva senso porsi tutti quei problemi, non aveva senso sperare che in qualche modo riuscissimo a diventare amici, e non avevo senso nemmeno io, dato che, chissà come, mi ritrovai – improvvisamente e quasi senza rendermene conto-, a faccia a terra sul pavimento, leggermente sporco di sabbia d’altro canto.
Fanculo Nicole, se non fai la figura della cogliona non sei tu.
Ma come cazzo avevo fatto ad inciampare, come?!
Una fragorosa risata alle mie spalle coprì il “Nicole!” di Allison.
Sgranai gli occhi, non potendo fare a meno di pensare che tutti gli dei dell’Olimpo ce l’avessero con me evidentemente.
Altrimenti non sarei caduta proprio mentre Zayn camminava tranquillamente alle nostre spalle.
Mi rialzai in fretta, rossa dalla vergogna e dall’irritazione, voltandomi poi verso di lui.
“La smetti?!” Sbottai, socchiudendo gli occhi minacciosa e incrociando le braccia al petto.
“Sei proprio un’idiota.” Rispose tranquillo lui, con un sorriso così… stronzo sul volto.
“Detto da te è un complimento.” Sorriso da pazza omicida mode on. Cavolo chissà quanto dovevo sembrare ridicola ai suoi occhi…
“Sei proprio una maleducata.” Disse con nonchalance, continuando a fissarmi divertito.
No, un attimo, e quello cosa c’entrava?! Io ero maleducata?! I conti non mi tornavano.
“E mi spiegheresti, di grazia, per quale motivo?”
Sorrise lievemente, prima di indicare con un movimento del capo la mia sinistra.
“Non mi presenti la tua amica?”
Uh, giusto. Allison.
Sospirai, prima di girarmi verso di lei che, ovviamente, aveva le guance lievemente rosate.
“Allison, lui è Zayn. Zayn, lei è Allison.”
Contento ora?
“Ciao, piacere.” Disse Zayn, porgendole la mano.
Lei sorrise lievemente, facendo lo stesso.
“Allison.”
Terminate le presentazioni, raggiungemmo finalmente la cabina.
“Stupida chiave…” Dissi tra i denti, mentre mi sforzavo per riuscire a farla girare nel lucchetto. Cavolo era sempre la stessa storia!
“Sei una buona a nulla.” Fu l’adorabile commento di Zayn.
“Invece di sfottermi perché non mi aiuti?!” Sbottai irritata.
“E rinunciare allo spettacolino? No grazie, mi sto divertendo troppo.”
Sentii Allison sghignazzare. Stupida anche lei oh, ma da che parte stava?!
Qualche secondo dopo, non senza aver fatto un ridicolo ringhio, riuscii finalmente ad aprire e a prendere l’occorrente per iniziare la giornata.
“Allie io devo iniziare tra una mezz’oretta. Ti porto dai ragazzi e dalle ragazze di cui ti ho parlato.”
La vidi sorridere incerta.
“Va bene.”
Mi morsi le labbra divertita, per via dell’espressione buffa che aveva in viso, poi mi girai verso Zayn.
“Vieni con noi?” Gli chiesi.
“No.” Rispose, prima di avviarsi con nonchalance verso chissà dove.
Fu impossibile riuscire a trattenere una smorfia.
Antipatico.
“Andiamo.” Dissi ad Allison, prima di farmi strada tra gli ombrelloni.
Scorgendo quello dei ragazzi in lontananza, mi fermai, picchiettando con l’indice sul braccio della mia amica.
“L’ombrellone è quello laggiù, quello in cui ci sono la ragazza bionda e la riccia che stanno parlando.”
Aguzzò la vista, mettendo una mano sulla fronte per coprire gli occhi dal sole e vedere meglio.
“Uh, ho capito.”
Feci per ritornare a camminare, ma lei mi bloccò.
“Aspetta! E quel ragazzo biondo chi è?”
Quasi rischiai di soffocare nel tentativo di trattenere una fragorosa risata. Ovvio che me lo chiedesse, il ragazzo in questione –ossia Niall- non corrispondeva a nessuno dei ragazzi che le avevo descritto per telefono.
“Lui è Niall.” Risposi, scrollando le spalle.
La rossa sgranò gli occhi, basita.
“Ma… non avevi detto che era di origini africane?!”
Assunsi una perfetta espressione da finita ingenua.
“Ho detto così?”
Allison socchiuse gli occhi irritata.
“Si, l’hai detto.”
Sorrisi come se niente fosse.
“E allora ti ho detto un cofano di cazzate.”
Allison scosse la testa, sbuffando inviperita.
“Avrei dovuto aspettarmelo conoscendoti.”
Risi di gusto.
Già, avrebbe dovuto aspettarselo…
“Non fare la timida, andiamo su!”
Allison annuì, prima di tornare a camminare, apparentemente più sicura.
“Buongiorno!” Trillai allegra, una volta giunte all’ombrellone.
“Ciao!” Risposero all’unisono Deborah, Celeste e Niall.
“Allora, questa è la mia amica Allison!” Proferii allegra, indicando loro l’imbarazzata ragazza al mio fianco.
Ciò che ne seguì dopo, fu un coro indistinto di voci che dicevano con enfasi “Io sono Deborah”, “Io Celeste”, “Io Niall”, “Piacere”, “Benvenuta tra noi pazzi”, “Statti zitto oh!”, “Stavo parlando io”.
Tuttavia Allison rise divertita.
“Piacere ragazzi.” Rispose, attirando la loro attenzione.
“Piacere nostro!” Rispose Niall per tutti, sorridendo.
“Loro due stanno insieme!” Dissi ad Allison, indicando appunto Niall e Celeste.
Allison sorrise in risposta, in direzione dei diretti interessati.
“Ah, e poi Deborah sta con Louis e Noelle con Harry!” Aggiunsi.
“A proposito, dove sono?” Chiesi, non vedendoli in giro.
“Sono andati a fare un giro, torneranno a momenti.” Rispose una voce alle mie spalle. Liam.
Mi girai sorridente.
“Liam, lei è Allison! Allison, lei è Liam.”
Lei arrossì come suo solito, porgendo la mano a Liam, che la strinse sorridendo.
“Piacere.” Disse, strizzandole l’occhio.
“Piacere mio.” Rispose Allison.
Nonostante la sua timidezza, ero sicurissima che Allison ben presto si sarebbe sciolta e avrebbe fatto amicizia con tutti. I ragazzi erano simpatici.
Non a caso era appena stata coinvolta in una conversazione.
Sorrisi di cuore, prima di sussultare spaventata a causa di un pizzicotto sul fianco. Mi girai verso la mia destra, trovandomi di fronte il viso divertito di Noelle.
“Cretina.” Fu il mio affettuoso saluto.
“Cogliona.” Rispose, prima di puntare gli occhi su Allison.
“Tu devi essere Allison!” Esclamò, facendo girare la diretta interessata in sua direzione.
“Si, ciao.” Rispose questa, porgendole la mano.
“Io sono Noelle, piacere!” Esclamò entusiasta. “E loro sono Harry e Louis.” Aggiunse poi, indicando i due ragazzi che erano appena arrivati e che guardarono incuriositi la mia amica.
“Allison, piacere.” Disse, ripetendo il suo nome per l’ennesima volta.
“Piacere nostro.” Risposero all’unisono, stringendosi poi le mani.
Avrei scommesso mille sul fatto che Louis stesse morendo dalla voglia di fare qualche battuta sulle guance rosse di Allison, se si stava trattenendo era solo perché si erano conosciuti da neanche un minuto.
Tra una chiacchierata e l’altra, però, si fece per me ora di andare.
“Ragazzi vado, ci vediamo dopo!”
 
 
Arrivata all’area pic-nic –punto di ritrovo con Zayn-, notai proprio quest’ultimo seduto ad un tavolino, tutto intento a fissare un foglio.
Lo raggiunsi, sedendomi di fronte a lui.
“Che stai facendo?” Gli chiesi, poggiando entrambi i gomiti sul tavolo e portando le mani sulle guance.
“Tra tre giorni c’è la caccia al tesoro ed io stavo mettendo a punto il programma per quel giorno.”Rispose, senza staccare gli occhi dal foglio.
“Fa’ vedere.” Gli dissi, porgendo la mano.
“Aspetta, fammelo prima finire.” Rispose, scrivendo su quel pezzo di carta chissà cosa.
Iniziai ad innervosirmi. Non poteva decidere da solo, ero anche io un’animatrice con un cervello tale da consentirmi la pianificazione di un fottuto programma!
“No, fammelo prima vedere. Se qualcosa non dovesse starmi bene dobbiamo cambiare!” Incrociai le braccia al petto decisa.
“Tu vuoi comandare troppo.” Ghignò in mia direzione, come a volermi dire “Aspetta e spera.”
Scossi la testa, malgrado la voglia di prenderlo a sberle c’era.
“Non sto dicendo questo, voglio solo farti capire che le cose devono andare bene sia per me che per te!”
Zayn sbuffò scocciato.
“Fammelo prima finire ti dico. Scommettiamo che non troverai nulla che non vada?”
Stavolta fui io a sbuffare.
“Muoviti.”
Qualche minuto dopo, ebbi finalmente modo di vedere e commentare quanto avesse scritto. Non era niente male, davvero. La caccia al tesoro l’aveva organizzata eccellentemente. Era impeccabile, anche se non gliel’avrei mai detto.
“Non male.” Gli dissi infatti, passandogli il foglio una volta che ebbi finito di leggerlo.
Lui sorrise divertito, in un’espressione che poteva solo significare “Avevi dubbi?”
Gli feci una smorfia, poi sentii dei passi alle mie spalle.
“Nicole, batti il cinque!”
Jack. Chi se altri?
In quei giorni avevo avuto modo di inquadrarlo alla perfezione: si comportava da cretino e sparava cavolate ogni due e tre, non era mai serio e un primato per le battute più squallide e stupide del Mondo non gliel’avrebbe tolto nessuno… Tuttavia ero sicurissima che lui non avesse solo quel lato da pagliaccio, anche perché c’erano state occasioni in cui aveva dimostrato di essere intelligente, tutto sommato.
“Jack! Iniziavi a mancarmi…” Affermai ironica, portandomi una mano sul petto e piegando gli angoli della bocca in giù.
Zayn inarcò il sopracciglio, guardandolo come uno che non sapeva se ridere, piangere o compatirlo…
“Tu mi manchi sempre.” Rispose altrettanto ironico.
“Così mi fai sciogliere.” Dissi ancora io.
Jack rise, poi si guardò in giro.
Aggrottai leggermente le sopracciglia, non capendo il motivo del suo gesto.
Come se non bastasse, di punto in bianco indicò Zayn.
“Sei sempre sorridente oh.” E rise sguaiatamente.
Zayn aspettò che finisse di ridere, prima di rispondergli.
“E allora? Che te ne frega?”
Jack scrollò le spalle.
“Nulla figurati.”
Zayn scosse leggermente la testa, poi prese il suo cellulare.
L’attenzione di Jack ritornò dunque a me.
“Oi Nicole, chi era quella ragazza che stamattina era con te?”
Uh uh. Allison aveva i minuti contati…
 “Una mia amica, perché?”
Jack sorrise raggiante.
“Devo conoscerla assolutamente, ciao ciao!”
E detto quello, girò i tacchi e se ne andò.
Sghignazzai tra me e me, poi mi voltai verso Zayn.
“Allora, iniziamo?”
Alzò i suoi occhi dal display, puntandoli nei miei, poi mi sorrise.
 “Sisi, andiamo.”
Mi avviai con lui verso la cabina per prendere alcune cose, pensando che, con Jack ed Allison, in quei giorni ci sarebbe stato parecchio da ridere….

 
 
 
 
 
 
 
*Note dell’autrice*
 
 
 
 
 
Salve a tutti! :)
Lo so, sono passati quattro mesi dall’ultima volta che ho aggiornato, ma ho avuto i miei buoni motivi.
A parte il poco tempo a disposizione, sono anche io ad essere molto critica nei confronti di ciò che scrivo. Tuttavia ecco il capitolo, che spero sia di vostro gradimento. :)
Ora anche Allison è entrata in gioco, le ‘pedine’ ci sono tutte e la storia sta davvero per entrare nel vivo! ;)
Spero di pubblicare il prossimo capitolo in tempi più umani, intanto vi ricordo che, per qualsiasi cosa, su twitter sono @RockMe06; qualora non ce l’aveste, potete contattarmi tranquillamente qui su EFP.
Un abbraccio fortissimo, auguro a tutti una felice Pasqua! :)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2041327