Craving for Deliverance

di kuutamo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** singin' in the rain ***
Capitolo 2: *** Return pt.1 ***
Capitolo 3: *** Return pt.2 ***
Capitolo 4: *** Just like heaven ***
Capitolo 5: *** Portrait ***
Capitolo 6: *** The end of a daydreaming ***
Capitolo 7: *** Treat or Trick? ***
Capitolo 8: *** A new friend ***
Capitolo 9: *** Slave to this world ***
Capitolo 10: *** I Care.. ***
Capitolo 11: *** Close to the Flame ***
Capitolo 12: *** Slowly Wilt and Die ***
Capitolo 13: *** In the arms of rain we are free ***
Capitolo 14: *** Anesthesia ***
Capitolo 15: *** Break her Silence ***
Capitolo 16: *** Munkkiniemi ***
Capitolo 17: *** Thorns ***
Capitolo 18: *** Waiting to keep me all alive ***
Capitolo 19: *** Burn ***
Capitolo 20: *** Still Falling ***
Capitolo 21: *** "Portami Via" ***
Capitolo 22: *** Drunk on Shadows ***
Capitolo 23: *** Hämmennys ***
Capitolo 24: *** Love can be as cold as Grave ***
Capitolo 25: *** Pouring Breaths ***
Capitolo 26: *** I still press your letters to my lips ***



Capitolo 1
*** singin' in the rain ***



? Che freddo dannazione'
Matilda veniva da un posto caldo,non aveva mai sentito tanto freddo in vita sua.Ma per loro,per godersi quegli ultimi momenti di assoluta gioia fugace, si era detta che poteva farcela.
Si avvolse nuovamente nella lunga sciarpa nera che le scivolava spesso da sopra la spalla; nel piccolo vicolo da cui riusciva a vedere il mare ghiacciato di Helsinki,c’era una piccola luce fioca che filtrava da una finestra alta e stretta da cui proveniva della musica. Matilda era estasiata mentre tendeva le orecchie verso quella piccola apertura che le permetteva di frugare nella vita degli altri,di chi,volendo o meno,era entrato nella sua; era tornata lì ogni notte da quando era arrivata in città, e passava il giorno a controllare l’orologio tra visite e uscite varie. Non aveva occhi per nessuno,sembrava quasi assente,esclusivamente guidata da quella musica che proprio ogni notte la cullava nel gelido inverno di Helsinki.
“Facciamo una pausa, Burton  per caso hai una…?”
“Si, come al solito..Prego eh”
Il cantante si allontanò dal suo microfono e si avviò nel corridoio verso la porta che si apriva sulle scale laterali.
Appena uscì si ricordò troppo tardi che aveva dimenticato il giubbotto di pelle in sala prove.
‘Cristo succede ogni volta’ pensò.
Tirò fuori il suo accendino e tentò di accendere la sua sigaretta,o meglio quella di Burton. Aveva iniziato a piovere proprio in quel momento.

<<Your love is the only thing i live for in this world,
Oh how i wait for the day your heart burns.
.>>

L’uomo si voltò di scatto. Si rese conto che quella voce apparteneva ad una ragazza che se ne stava appoggiata su di un muro e subito si chiese cosa ci facesse lì,sola e con quel freddo poi. Delle leggere e fredde goccioline di pioggia le si posavano sul viso  tracciando lacrime invisibili che giungevano fino alle labbra.Stava per dirle qualcosa quando udì di nuovo la sua voce..

<<..in these heavenly flames i have already scorched in,
I just want you to know i’ll always  be waiting
>>

Rimase colpito dalla dolcezza e dalla profondità della sua voce e dal fatto che stava cantando una sua vecchia canzone, ‘dovremmo rimetterla in scaletta,avevo quasi dimenticato quanto mi appartenesse..’. Si scrollò subito dai suoi pensieri mentre si avvicinava alla ringhiera per vedere meglio il suo viso.
“Tu cosa ci fai qui?”-nel momento esatto in cui aprì bocca, la ragazza ebbe un sussulto profondo,fino alle ossa. Alzò il capo in direzione della voce che l’aveva distolta dai suoi pensieri,ma quando vide i suoi occhi si voltò subito dal lato opposto tirando su il cappuccio della felpa.
“Scusami,non intendevo disturbarti,me ne andrò subito”
“Aspetta.. Volevo solo sapere cosa ci facesse una ragazza qui da sola di notte ,non sai che è pericoloso?”
“Si lo so,ma beh … non mi sarebbe mai capitata di nuovo un’opportunità del genere,dovevo venire..- continuava a parlargli dandogli le spalle,non sapendo bene cosa dire.
Il ragazzo iniziò a scendere le scale, ma quando finalmente finì l’ultima rampa,la misteriosa ragazza incappucciata non c’era più: al suo posto,sulla neve c’era solo un anello d’argento raffigurante una Ankh .
‘Che strano - pensò aggiustandosi il basco- di solito le fan che sanno le nostre canzoni a memoria in quel modo non reagiscono così..’
Un po’ deluso guardò l’anello che poi ripose in tasca e si avviò verso le scale; non aveva tempo per restare a rimurginare sopra quell’incontro stranissimo, era già febbraio e aveva un gran bel lavoro da fare. Aprile era vicino.

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Capitolo 2
*** Return pt.1 ***



Quando ero piccola mi divertivo a guardare le goccioline sui vetri dell'auto,pensando che fra di loro facessero una gara a chi arriva per prima alla fine del vetro. 
È senz'altro una giornata triste questa,ma la pioggia mi rilassa e deforma ciò che vedo dal finestrino,così magari non penso troppo che ormai sto tornando a casa.

"Guardatela,ha tutta l'aria triste"

Sapevo che quella stronzetta parlava di me ma ho deciso di non darci più conto.

"Per tutto il viaggio è sgattaiolata via tutte le notti a quanto mi dicono!- rise spudoratamente ammiccando- dimmi un po' Matilda, lui ti scriverà da lassù? Non credo proprio."

"Fottiti."

Stronza.

Elisa,la più ossigenata e push-uppata della mia scuola mi stava dando della poco di buono,lei?Bah.. Con il suo covo di accanite seguaci sembrava avere un trono costruito sui corpi delle poverette che aveva distrutto con la sua prepotenza e schiacciato sotto i suoi piedi,solo per il gusto di farlo,solo per sentirsi la migliore.

Avevo deciso di non finire sotto quella poltrona insieme alle altre, e pur dovendo trascorrere tutti e cinque gli anni del liceo insieme,facevo di tutto per ignorarla (ed augurarle ogni male possibile,è ovvio),ma ogni tanto ci scambiavamo qualche cordiale saluto come questo.
'Un giorno me ne andrò. Uscirò fisicamente dalla mia situazione,dalla mia cella."

Mi girai di nuovo verso il finestrino infilandomi le cuffie dell'ipod,il mio fedele compagno di viaggio,di sventura,di adolescenza..

'September sun...'

Avevo scelto una canzone che non si addiceva per niente alla giornata, ma nella mia mente si proiettavano i colori che si percepiscono dopo un temporale,quando c'è ancora l'odore di pioggia nell'aria,magari di una pioggia estiva che è appena finita e che lascia spazio ad un timido sole.
Alzai lo sguardo,ma ora riuscivo a vedere oltre le goccioline d'acqua sul vetro: stavo davvero tornando, e la piccola isola di felicità che avevo trovato in quel paese così freddo,ormai non riuscivo più a vederla;ormai doveva rimanere solo un ricordo di un posto lontano.

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Capitolo 3
*** Return pt.2 ***


Erano passati già due mesi da quelle notti,e io ogni volta, prima di addormentarmi ci pensavo,avvolta nelle coperte,in modo da poterle sognare e riviverle in qualche strano modo. 

I giorni erano di nuovo tutti uguali,monotoni come tutto in questo paesino,e io avevo ricominciato ad abituarmi alla routine, perché si sa,prima ci si abitua ad una certa situazione e meglio è.

L'unica cosa che mi faceva stare un po' meglio era sapere che da lì a pochi mesi avrei avuto tra le mie mani il nuovo album della mia band preferita,e che avrei potuto riconoscere le melodie che avevo ascoltato durante le notti innevate di Helsinki. Mancava ancora qualche mese ed io non vedevo l'ora.

Speravo tanto che la band facesse una data anche in Italia: la "trilogia" del 2008 mi era rimasta incastrata in gola. Non ero ancora fan all'epoca,avevo tipo 12 anni e la mia conversione e scoperta della vera musica non era ancora avvenuta,causa la mancanza di una connessione, e quindi di una vera finestra sul mondo, non quella scatola che pretendono di chiamare ' mezzo d'informazione importantissimo'. L'unica cosa fuori dai canoni che passano in tv è mtv, e fa anche piuttosto schifo, quindi, oltre qualche rivista che trovi ogni eclissi solare nell'edicola della piazza, sei completamente tagliato fuori dal mondo se vivi in un paesino nel bel mezzo del nulla. La cosa certa è che, se ne avessi avuto la possibilità, li avrei seguiti in ogni città in cui avessero suonato.

Da un po' di giorni stava circolando la notizia che la data di uscita dell'album era stata fissata per aprile. Come al solito sull'album non si era fatto trapelare molto,com'è giusto che sia, ma per un fan anche la più banale notizia arriva ad essere molto interessante se non si sono avute notizie per mesi e mesi,o addirittura anni. In autunno gli HIM avevano pubblicato un best of, e avevano fatto assaporare il gusto della rinascita dopo tanto tempo, con un'unica canzone, e ora tutti i fan , me compresa, eravamo ancora più impazienti di quanto lo fossimo all'annuncio di un nuovo album dopo 3 anni di silenzio.

A volte pensavo 'ma come si fa a scrivere canzoni? scrivere qualcosa di così bello che non teme neanche il tempo, perché rimane eternamente scolpito nella tua memoria? '

Ci avevo provato tante di quelle volte, ma ogni volta non mi piaceva come venivano i versi. Così mi chiedevo come facessero gli altri ad avere delle capacità così sviluppate,ad avere il potere di incantare e di coinvolgere il lettore. Cantanti,scrittori,erano delle persone normali con qualcosa da dire,ma tutti hanno qualcosa da dire,solo che ad alcuni viene facile come respirare. I miei idoli erano sempre stati gente fuori dal comune,dei ribelli,ma non politicamente o solo nel modo di vestire; ribelli nel profondo dell'animo,perché a certe situazioni si ci può solo ribellare attraverso se stessi.

 

 

Quella sera ero sola, i miei erano andati ad una cena con degli amici e non potevo chiedere di meglio. 

'Ho proprio voglia di un take away ora'- pensai.

Il telefono squillò e mi fece tornare alla realtà: qui non esisteva il take away.

"Pronto?..

..Si mamma, si è tutto apposto.

..Ancora no,ora mi preparo qualcosa..

..Va bene,a dopo ciao."

Mia madre ha la strana fissazione che hanno tutte le madri,ovvero quella di assicurarsi ogni giorno della tua vita se hai mangiato o meno nonostante tu non sia proprio pelle e ossa.

Decisi di prepararmi due toast e di navigare un po' in rete, magari avevano pubblicato un nuovo capitolo della fan fiction che stavo leggendo . 

Era curioso,erano semplici storie che molte volte risultavano anche ripetitive per temi o personaggi,ma avevano un non so che che mi invogliava a leggerle; forse era perché rappresentavano bene o male i sogni ad occhi aperti e i film che tutte le adolescenti si costruiscono sui loro idoli , e la voglia di dare vita ad una protagonista e di creare un mondo astratto dove si può far quel che si vuole, è come scappare dalla realtà.

'Niente'

Non c'era niente di nuovo. Feci un giro sui social e mi venne quasi un colpo quando lessi il link:

'HIM: 15/10 @Alcatraz,Milano'

'porc…'

In quel momento dissi a me stessa di respirare e di non scoppiare letteralmente a piangere dalla felicità. Dovevo andarci,dovevo esserci,dovevo e basta. Avevano deciso di fare uno show in Italia finalmente, e non sapevo quando mi sarebbe potuta capitare di nuovo l'occasione di poter ascoltare dal vivo la 'mia' band.

I biglietti non erano ancora in vendita,ma lo sarebbero stati da lì a qualche giorno. 

La cosa triste era che non avevo qualcuno con cui andarci,ne qualcuno nel raggio di chilometri e chilometri che sapesse chi fossero: sarei stata in solitario, ma almeno circondata da persone che condividevano l'amore per la band e per la loro musica.

Mi sarei piazzata in via Valtellina dalle 6.00 del mattino,non mi sarebbe importato di dormire quel giorno, perché quel giorno,si sarebbe inciso nella mia memoria senza più andar via.

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Capitolo 4
*** Just like heaven ***



Avevo pensato a come sarebbe stato quel giorno per tutti quei mesi,per tutta quell'estate che sembrava non finire mai. Me l'ero immaginato in tanti modi diversi,desiderato di incontrare la band e magari di strappare qualche autografo ma ero già fortunata a poter andarci per i miei standard di sfiga. 

Tutta la preparazione agli esami del quinto anno l'avevo passata in compagnia di quell'album e di tanti altri,ma senz'altro Tears on Tape era quello con cui mi distraevo dalle pagine da ripassare , e cantavo ogni tanto con gli occhi socchiusi, desiderando che quell'attesa finisse.

Mia madre mi aveva fatto mille raccomandazioni,si era perfino offerta più volte di venire con me,ma sapevo che si sarebbe annoiata;era una cosa che sentivo di dover fare da sola , volevo sentire quell'esperienza fin dentro l'anima,perché dovevo farla mia; il primo concerto non si scorda mai,e io volevo renderlo ancora più indimenticabile..

 

15.10.13

Le porte si sarebbero aperte di lì a poco e la stanchezza si iniziava a sentire davvero ora. Dovevo farcela e scavalcare quei due omoni che sceglievano chi far passare per prima e chi no: il segreto è non agitarsi più di tanto,ma al contrario,farsi vedere calmi,così pensano che sei un tipo apposto e ti lasciano entrare. Quando uno dei due man in black indicò verso di me, feci un sorriso a trentadue denti: non erano entrati ancora in molti,quindi sperai di arrivare il più possibile vicina al palco. Nell'atrio sentivo le forze fluire di nuovo nel mio corpo: è come se fino al minuto prima di entrare le forze ti abbandonano,ma poi,una volta dentro, ti ricarichi ed un'energia nuova ti rigenera: l'adrenalina. Quando scorsi il palco mi vennero le lacrime: oltre ad una decina di persone che si tenevano ben salde alle transenne sotto il palco, la sala era completamente vuota. Feci uno scatto felino e  con le lacrime agli occhi raggiunsi quella piccola folla,trovando un posticino solo un po' più a destra rispetto al centro, ma avrei avuto lo stesso una visuale fantastica da lì.

'Bene ,ora riprendo fiato,lo giuro'-mi dissi.

 

 

Non passò neanche mezz'ora che la sala mi sembrava irriconoscibile:c'era gente dappertutto,che se avesse potuto si sarebbe aggrappata anche ai condotti d'areazione per avere una visuale migliore. Ero nervosa e impaziente come una bambina di 8 anni che vuole scartare il suo regalo di natale. 

 

Le note alla Profondo Rosso di Unleash the Red risuonarono nell'aria rendendola minacciosa ma allo stesso tempo eterea, insieme alle grida di fan sfegatate: tutto si stava realizzando finalmente ed io ero a pochi centimetri..La band finalmente uscì dal suo covo.

Ville si avvicinò al microfono pronto a cantare,la musica partì, le luci blu volteggiarono come aurore boreali ed io mi persi nel mio sogno.

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Capitolo 5
*** Portrait ***


" Wow avevo quasi dimenticato quanto potessero essere appassionati questi italiani!"

" Sicuramente perché hanno visto il tuo fascino Mige" -dissi ridendo ancora con il fiatone . 

Feci per entrare nel camerino scostando la tenda nera, ma una mano affusolata,con unghie  di color nero vernice mi precedette. Una delle fan si era introdotta all'interno: non mi dispiaceva fare qualche autografo, ma era poco carino intrufolarsi come una ladra.

" Oh...." -Rimase impallidita, ma non in senso positivo come ci si potrebbe aspettare, era come  mortificata di esser stata scoperta. 

" Ciao, cercavi qualcosa? " -chiesi con tono scherzoso, per farla tranquillizzare.Continuava a tenere gli occhi bassi  e a guardarsi  le mani nervosamente.

" No, cioè ho sbagliato porta , cercavo il bagno e mi sono persa quindi beh... Ecco scusatemi non volevo disturbarvi."

" Tranquilla non hai dato nessun disturbo…"- Non riuscii neanche a finire la frase che la misteriosa e timida ragazza mi passò di fianco e sparí dietro ai ragazzi che aspettavano di poter entrare in camerino.

" Eh Ville Ville, come si fa a resisterti!" 

" Ma piantala Gas." - Gas era il peggiore di noi in fatto di prese in giro, un vero maestro della burla.

Mi venne addosso con una spallata amichevole che mi faceva sempre rimanere senza respiro per pochi secondi. Mi gettai sul divano con tutto il peso all'indietro . Linde si svuotò le tasche , tirando fuori dei plettri in più.

" Non fare tanto il tonto, ti sei accorto che buona parte del pubblico erano ragazze? Dopo 20 anni anche se non fai più gli sguardi tattici , le tipe vengono tutte per te"-disse Burton cercando di imitare lo sguardo felino, ma finendo per incrociare gli occhi. Risposi con una smorfia; speravo che tutta quella gente non fosse venuta solo per un bel faccino. A dir la verità era quello che speravo sempre.

" Beh devono esser davvero affezionate queste fan se ancora dopo tanti anni vengono a vederci suonare" .

'Certo che hanno proprio cantato ogni canzone, anche quelle del nuovo album..non capita spesso di sentirsi un tutt'uno con il pubblico' pensai; ero esausto ma felice; mi piaceva l'Italia , anche se la vedevo quasi sempre di notte tutte le volte che mi ci recavo, ma si sa, anche la notte ha il suo fascino.

Mi stiracchiai all'indietro e urtai contro qualcosa di spigoloso e di grande .

 

Osservavo la scatola curioso di sapere cosa contenesse; 

"Ragazzi guardate qui, un regalo" -era stata lei,quella ragazza. Tutto a un tratto non ricordavo più il suo volto,che avevo intravisto solo per pochi secondi: ricordavo solo i capelli neri che le nascondevano il viso.

Ora si spiegava perché si trovava lì; ma quello che proprio non riuscivo a comprendere era la sua reazione. Insomma normalmente ci avrebbe chiesto degli autografi o perlomeno avrebbe voluto scambiare due parole; ma no,lei si era scusata ed era fuggita l'attimo dopo,quasi si vergognasse. 

'Ad ogni modo fa sempre piacere ricevere dei regali, vuol dire che per qualcuno siamo un punto fermo'-pensai.

"Saranno le solite bambole voodoo di noi cinque; e di sicuro saranno della piccola fuggitiva di poco fa."-preannunciò  Burt.

"Dai aprila"- Linde mi incitò ad aprirla,così lessi sopra il coperchio  <>, e la aprii .

La scatola era lunga e bassa,perciò non potevano essere bambole o cose del genere. Tolsi la carta che avvolgeva i regali e vidi quattro rotoli,tenuti chiusi con degli elastici. Su ogni rotolo c'era il nostro nome,quindi li distribuii e poi aprii il mio: dispiegai ben bene gli angoli sfumati del foglio e mi resi conto che si trattava di un disegno,un ritratto per l'esattezza. Non era niente male: era molto sfumato,con dei contorni più scuri nelle parti d'ombra. Vidi anche quelli degli altri,tutti molto somiglianti e curati nei particolari. Tutti quanti avevano la caratteristica di non essere dipinti ma solo disegnati a matita, come degli schizzi . 

"Ah però, brava la ragazza,poteva fermarsi e darceli di persona"-disse imbronciato Linde.

"Può darsi che sia troppo timida per farlo"-scherzò Gas. 

"Sono davvero bellissimi, regalo insolito non trovate?"-dissi sospirando.

 'Peccato avrei voluto conoscere chi ha fatto questi ritratti'. 

La nostra "guida" entrò sbattendo i suoi anfibi sul pavimento  come era suo solito fare;era un omone simpatico e gentile,ma sempre troppo stressato per rilassarsi completamente quando ci facevamo una birra insieme ai ragazzi:

"Guys dobbiamo andare,il bus è fuori che vi aspetta: ci sono una decina di gnocche che ti cercano Ville" -rise-" hanno cercato di corrompermi con 50 euro per spifferare il tuo numero di telefono"

"E tu che hai fatto?"-gli chiesi ridendo.

"Ho risposto che ne volevo 100"-sghignazzò.

"Il solito spilorcio. "- prendemmo i nostri effetti pronti ad andare. Mi girai verso il divano per prendere il giubbotto di pelle e mi ricordai di prendere la scatola. Quando la presi fra le mani mi accorsi di una busta molto piccola sul fondo ,che si confondeva con il bianco di cui era rivestito l'interno. La aprii velocemente rimanendo ormai da solo nella stanza : sul davanti del foglietto all'interno della busta c'era una mail-'potrò ringraziarla' -pensai subito. Sul lato posteriore c'era una nota,o meglio un messaggio:

<< I need a friend who already knows me . Thanks for everything you and the band gave me . -M >>

(Ho bisogno di un amico che mi conosca già. Grazie per tutto quello che tu a la band mi avete trasmesso. M)

'What a weird girl'- Sorrisi.

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Capitolo 6
*** The end of a daydreaming ***


Mentre tutti si stringevano in un abbraccio cullati da quelle note così familiari , guardai per l'ultima volta il palco, reso quasi mistico dal ghiaccio secco che invadeva l'aria e si tingeva di blu . Non volevo ascoltare l'ultima canzone che avrebbero suonato , quella con cui si sarebbe concluso quel sogno: volevo sgattaiolare via prima che tutto sparisse, per conservarne solo il ricordo più bello, quello di me, felice e spensierata, e non vedere la fine e la band che scompare dietro le quinte ringraziando il pubblico. Li avrei seguiti  tutte le sere per tutta l'Europa, l'America, l'Australia se solo avessi potuto , ma il momento di ritorno alla realtà non era affatto dolce , e  volevo renderlo meno doloroso possibile. 
Mi feci spazio tra la folla fingendo di stare male, come spesso succede a tanti durante i concerti, così riuscii ad uscire dalla sala in fretta , lasciandomela alle spalle .
Mi sembrava già di entrare in un immediato ricordo, ma prima di lasciarmi andare al  magone che mi aspettava, dovevo fare una cosa, che forse non avrei più avuto la possibilità di fare.
Mi tolsi lo zaino dalle spalle aprendo la cerniera e tirando fuori la scatola. Avevo in mente di fare un regalo a chi con la propria passione  lo aveva fatto a me inconsapevolmente , per poter ringraziare in un modo diverso dal comprare il biglietto per il concerto. 
Avevo in mente la pianta dell'edificio, ormai la ricordavo a memoria; mi scostai dal corridoio d'uscita e sparii dietro una tenda. Dopo qualche porta arrivai al camerino : sul muro c'era un  foglio con scritto sopra HIM e una freccia che indicava verso destra; entrai.
 
Era un ambiente semplice e spartano, ma con un lungo divano affiancato al muro, uno specchio sulla parete opposta e un tavolo con ai piedi un frigo bar. Mi guardai intorno e decisi di posare la scatola sul divano vicino a un giubbotto ,così da non essere dimenticata o non notata; avrei voluto sedermi e magari aspettare di incontrarli, ma mi sentivo come un'intrusa che non chiede il permesso di entrare . Così rivolsi un'ultima occhiata alla mia scatola, ancora incerta , e poi mi avvicinai all'uscita, chiudendo la luce. 
In quel momento , sperai di avere l'occasione di rivederli un giorno.

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Capitolo 7
*** Treat or Trick? ***


Giovedì 31 ottobre,Halloween,la festa senz'altro più figa dell'anno, e non avevo nulla da fare. 

Erano passate due settimane o giù di lì, e i ricordi ora sapevano proprio come i ricordi, quelli di cui prima si sa perfettamente ogni particolare,e che poi ci si dimentica quasi senza accorgersene. La mia vita era andata avanti per inerzia dopo i primi giorni di sconforto.

Passai tutta quella notte guardando il soffitto con le gambe distese contro la testiera del letto nella mia camera d'hotel: ero al buio ma illuminavo la stanza proiettando le luci blu sulle pareti della mente.

Il mattino dopo presi il treno e per tutto il viaggio immaginai di guardare un posto diverso da quello che vedevo; immaginavo cose che i miei occhi non avevano mai visto e ascoltavo il mio fedele amico d'adolescenza che mi parlava all'orecchio.

I giorni immediatamente successivi sembravano non finire mai, lunghi e ansiosi: ad un certo punto mi convinsi una volta per tutte che quella scatola non era stata mai aperta, o che peggio ancora, non era stata nemmeno notata nella foga e nella stanchezza post-concerto. Mi rattristava ancor di più pensare che Ville avesse aperto la busta, e mi considerasse una ragazzina invadente; in quel caso però almeno i disegni erano arrivati a destinazione.

Non avrei potuto mai avere la certezza che la scatola fosse andata persa o meno, ma tutto portava le mie ipotesi più credibili a quel punto.

 

Decisi di non pensare a quanto fossi stata stupida a dileguarmi in due secondi quando li avevo incontrati: erano tutti lì,ogni singolo membro della mia band preferita era davanti a me e cosa mi passa per la testa? Dire che cercavo il bagno e andarmene senza neanche saperli guardare in faccia. Il vero imbarazzo era stato quello. Nel momento in cui mi ritrovai davanti Ville però, incrociai per un attimo il suo sguardo stupito e poi lo rivolsi immediatamente a terra. 

Ripercorrevo con la mente quella giornata decine e decine di volte, chiedendomi cosa avrei voluto cambiare e cosa avrei voluto fare di più; ormai però era andata ed era inutile continuare all'infinito con i film mentali del "what if….?". 

 

 

Halloween in altri Paesi era una festa molto grande e sentita, da passare con gli amici o comunque facendo qualcosa per l'occasione. In Italia invece, oltre le decorazioni che ornavano ogni vetrina nelle città, non c'era tutto questo trasporto. 

Un omaggio alla ricorrenza però era d'obbligo,un rito. Dopo aver visto Hellraiser-Inferno decisi di mettere in pausa la maratona di classici, che di solito andava avanti fino alla saturazione del genere, che mi portava al non voler vedere film horror per i successivi due mesi almeno. Mi alzai dal letto ancora avvolta nella coperta e aprii il pc.

'Domattina ci saranno già le foto del Koko..' -pensai con malinconia.

Ecco come avrei voluto passare il mio Halloween..idealmente almeno.

Afferrai un cookie e lo addentai- i cookies erano un rimedio utile contro la depressione post-qualunque cosa figa che non avrei avuto mai la possibilità di fare o avere;controllai se era stato caricato il nuovo capitolo di "Inferno e Luce"; come non capitava da molte fan fiction,quest'ultima mi aveva preso parecchio ma il problema delle serie che segui è che non essendo ancora complete quando hai voglia di leggere e non ci sono aggiornamenti , rimani fregato. Questa era una di quelle volte, quindi cambiai completamente indirizzo della serata e prima di controllare le news, aprii il mio indirizzo di posta elettronica. 

'Che vi fulmini' -pensai.

C'erano  453 e-mail non lette di pubblicità varie,che seccatura. 

All'improvviso mi venne in mente un modo per risollevarmi il morale,qualcosa che si faceva solo nei casi d'emergenza: shopping on-line. Avevo adocchiato un paio di anfibi da mesi ormai, ma i saldi estivi erano volati via come tante cose, e non era il caso di spendere metà dei miei risparmi per un paio di dr martens- 'e poi ce li hanno tutti ormai'-mi dissi,le autoconvinzioni che di solito mi ripetevo per non bruciarmi tutto in una volta.

Cambiai sito e andai sul sicuro: cd e libri. Sfogliando pagine e pagine, ricercando autori e gruppi arrivarono anche loro,naturalmente. 

La mia collezione degli HIM era lungi dall'essere completa, ma non m'interessava finirla nell'immediato,la vedevo più come una cosa graduale,che doveva venire col tempo. Anche perché se disgraziatamente l'avessi finita,nel giro di poco tempo avrei trovato qualcos'altro da collezionare della band.

Mi mancava uno degli album fondamentali, "Love Metal",che a detta di molti era il più bello,quello che li consacrava come creatori del genere, ma io non ero d'accordo; il loro genere era nato nello stesso momento in cui la band era nata, o meglio si trovava insita nelle loro personalità e gusti ancor prima che lo sapessero. Le preferenze sono cose assolutamente personali,che non sono condivise da tutti proprio per questo. 

Il mio album preferito,che me li aveva fatti conoscere, era stato "Razorblade Romance",perché era stato il primo che avevo comprato,in un luogo che mi mancava: il cd che avevo ascoltato e riascoltato, consumato più di tutti.

Decisi finalmente di ordinarlo, insieme ad una tinta senza ammoniaca ( cambiare qualcosa di sé nei momenti no è sempre utile e significativo). Mentre compilavo tutti i campi canticchiavo una delle canzoni più belle,e fantasticavo su come sarebbe stato ascoltarla dal vivo.

<< ..i walk through the gardens ..of dying light… >>

<<..deep and dark as the night…>>

Misi tutto nel carrello e selezionai le modalità di pagamento. Controllai poi la spedizione restando per ultimo il riepilogo del check out per e-mail e aprii quindi la posta.

 

 

La vista s'offuscò.

 

 

 

 

 

 

Note:

La fan fiction "Inferno e Luce"  citata esiste realmente,ed è realmente appassionante.

La canzone menzionata nel 2° capitolo è "September sun" dei Type 0,meravigliosa.

Le canzoni degli HIM citate sono facilmente riconoscibili,in ogni caso eccole: 

cap. I° Our Diabolikal Rapture;

cap 7° The Path.

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Capitolo 8
*** A new friend ***


 

                                                                                                                                                                                                                                           2.03 a.m.

from: V@mail.fi

to:  kissofdawn@live.it

 

Ciao M.,

ho trovato la tua lettera un paio di settimane fa, ma mi scuso con te per non aver avuto tempo a sufficienza per contattarti. Abbiamo avuto molto da fare in questo periodo, e ora c'è un po' di pausa per tutti.

I tuoi disegni ci sono piaciuti molto, sei davvero brava, ma la cosa che ci siamo chiesti è stata un'altra. In ogni caso grazie da parte di tutta la band,li abbiamo apprezzati davvero tanto.

Mi sono accorto della lettera in un secondo momento e devo dire che mi è sembrata mhm, insolita,soprattutto la frase sul retro del biglietto: immediata,senza filtri ne abbellimenti.

I ragazzi e io siamo amici e ci conosciamo da una vita; se a te manca questo,a me manca esattamente l'opposto,qualcuno che non mi conosca, ma che conosce solo come mi esprimo.

Quindi se l'offerta è ancora valida, sono felice di accettarla.

Greetings,

                  

                -V

 

 

 

La rilessi fino a farmi lacrimare gli occhi (o lacrimavano per conto loro). 

'Mi ha scritto'

'Mi ha scritto un' e mail'

'Ville Valo mi ha scritto un' e mail'

 

Mi alzai di scatto,misi in pausa la musica e guardai fuori la finestra: non so cosa stavo guardando,ma di sicuro non era importante. Mi diressi di nuovo verso la scrivania e sporsi le dita sulla tastiera. Poi le ritrassi. 

Continuavo a fissare o schermo,in particolare le parole "sono felice di accettarla". La pagina si aggiornò distogliendo il mio sguardo.

Una mail.

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                           2.08 a.m.

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Dal momento che la mia vita è facilmente reperibile sul web sarei curioso di conoscere qualcosa della tua.

-V

 

 

 

La mia? -'Spero non scoppi a ridere dalla normalità della mia vita.'-pensai.

Inspirai profondamente e mi sistemai sulla sedia.

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                          2.27 a.m.

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Spero non sia nel bel mezzo di un sogno.

Fino a pochi minuti fa ero convinta che la scatola non fosse stata trovata, e ora che so invece che avete ricevuto i regali come speravo, sono in imbarazzo.

Grazie,prima di tutto, per aver risposto alla mia supplica, più che richiesta. 

Mi scuso per la pessima figura che ho fatto quella sera, mi sentivo come una ladra colta sul fatto.

Premesso che mi sembra più irreale che probabile questa conversazione, cercherò di fare un sunto :

Mhm, vediamo..

Ho 19 anni e vivo ancora (spero per poco) in un paesino dimenticato dal mondo. Mi piacciono i libri,anche solo da osservare o sfogliare,il cinema e soprattutto la musica. Evito di elencare le mie band preferite perché troppo evidenti, ma posso dire che mi piacciono diversi generi, che variano a seconda della giornata o dell'umore. Il mio primo concerto è stato   proprio quello in cui accidentalmente mi sono fatta scoprire con le mani del sacco. Devo dire che come inizio non c'è male, ma ovviamente è stata un'esperienza indimenticabile che ricorderò sempre,non solo per la gig.

Che dire.. Ho un carattere strano e a volte volubile, ma in genere molto chiuso. Parlo poco. Forse il mezzo più efficace per farmi parlare ed estrapolarmi qualcosa è proprio attraverso uno schermo; altrimenti credo che non oserei intraprendere simili imprese, e la paralisi totale nel backstage quella sera ne è stata una prova. Sicuramente non sarei così socievole se dovessi raccontarmi a quattr'occhi.

Grazie ancora per aver accettato. 

É surreale.

-M

 

'Vedo che è parecchio incasinata-pensai-ma chi non lo è a quest'età? Io ero messo sicuramente peggio'- sorrisi un po' con l'amaro in bocca.

'Mi racconta di sé ma non mi dice il suo nome. '

 

 

                                                                                                                                                                                                                                           2.43 a.m.

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Grazie a te. Sai la timidezza non è sempre una cattiva cosa, alcune persone sono troppo estroverse, e questo a volte è seccante. Ma vedo che non sei un'assatanata, non sei svenuta quella sera e non hai scavalcato le guardie del corpo (perché me ne ricorderei). Quello che volevo dire, è di non preoccuparti di come sei, le cose verranno con il tempo fidati. Io ero molto simile a te, sai ,ermetico, ma con gli anni ho capito che per salire su un palco ,dovevo vincere l'ansia da solo. 

Come mai il nostro è stato il tuo primo concerto? Se vuoi un consiglio,beh questa è l'età in cui si possono fare le code chilometriche per giorni interi e vedere le hard rock band più fighe del pianeta; dovresti sbrigarti perché purtroppo non ne sono rimaste molte in giro,o se ci sono non sono quelle originarie;in compenso ci sono nuove band, ma solo per alcune vale davvero la pena il prezzo del biglietto,non so se mi spiego. Da questo punto di vista gli anni '90 erano molto meglio di adesso.

Comunque, ti chiami come la mia canzone o quella M sta per qualcos'altro?

-V

 

 

 

Premetti invio sbadigliando. 

Le cuccette del tour bus a volte sapevano essere proprio infernali,così quella sera mi sedetti sul divanetto. Tra i film che aveva comprato Burt non ce n'era uno che mi piacesse, e poi il western non era adatto alla sera di halloween porca miseria. 

Per fortuna nel mio zaino avevo messo una copia di Lovecraft: stavo rileggendo 'La casa stregata', giusto per sentirmi un po' come a casa. A volte, soprattutto quando mancavo per mesi e mesi, mi mancava il posto da dove venivo: non so se sia come nelle leggende , ma sentivo di non riuscire a stare lontano da Helsinki per molto tempo. 'Home sweet home' come si diceva a proposito.

Questa curiosa e strana ragazza invece non vedeva l'ora di andarsene, come tutti i ribelli e i sognatori. Metà degli scrittori che ammiravo avevano problemi con i propri genitori e sotto quella patina di voler andare via s'intravedeva il motivo per cui a lei stava stretto rimanere lì dov'era nata; decisi però di non chiederle nulla per non andare troppo..oltre ecco. D'altra parte lei non mi aveva fatto domande personali.

Questo era un altro tratto che la contraddistingueva: una volta quell'imbecille di  Mige aveva dato il mio cellulare ad una ragazza fuori dal camerino che era stata bloccata da una guardia del corpo, e quando mi contattò la prima cosa che mi chiese fu con quante donne ero stato a letto. Molte pensano solo a scovare gli scoop della mia vita, o comunque cose intime che gira e rigira riguardano sempre il sesso e le donne, ma scherzare in qualche intervista non significa che nella mia vita penso sempre e solo ad una cosa, diamine. Col tempo però quest'aspetto mi importò sempre meno, ma se ai nostri concerti ci sarebbero state ragazze di questo genere, almeno speravo che la musica gli avesse trasmesso qualcosa.

Arrivò un'altra mail.

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                           3.03 a.m.

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Avevo paura di esserti sembrata una psicopatica quella sera, mi consola molto sapere che non lo pensi. Beh.. Non ho mai avuto la possibilità di andare ai concerti; dove abito non c'è nulla del genere purtroppo. Il mio nome non mi piace, perciò di solito uso nickname . Mi sarebbe piaciuto però vivere negli anni '90 o '80. A volte guardo al passato con nostalgia.

A volte mi manca il passato.

-Matilda

 

 

 

Matilda. 

'Non è un brutto nome,non lo è affatto'.

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                            3.07 a.m.

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Capisco la sensazione… Sentire la mancanza di qualcosa che non si è vissuto a volte è peggio di un ricordo.

-Ville

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                             3.10 a.m.

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Si.. A volte vorrei proprio essere nata prima. Sarei venuta a molti più vostri concerti.

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                            3.15 a.m.

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Purtroppo non ci sono altre date italiane, ma chissà forse in futuro potrai rifarti.

Allora,cosa si fa da voi in Italia ad halloween?

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                             3.18 a.m.

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Vuoi la verità? Assolutamente niente. Non è una festa molto sentita,sarà per la religione o robe del genere. 

Sarei voluta essere tra quelle persone che hanno fatto il sold out al Koko stasera.

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                           3.24 a.m.

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Mhm… E invece come hai passato la serata?

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                             3.31 a.m.

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Ho ingannato il tempo con una maratona di classici horror,sai per restare in tema.

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                           3.37 a.m.

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Quali hai visto in particolare ? Spero di conoscerli 

 

 

 

Scrissi scherzoso.

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                             3.41 a.m.

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Ma certo che li conosci, ho guardato prima Pet Sematary e poi la saga di Hellraiser,stupendi.

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                           3.47 a.m.

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Vedo che hai buongusto, ma il primo Hellraiser a parer mio non si batte. Le saghe di film chilometrici perdono di charme , fare 9 film con una trama praticamente identica è inutile e noioso secondo me. 

Beh, io credo che faremmo meglio a dormire qualche ora, sei d'accordo? Domani sarà un'altra lunga giornata. 

Mi ha fatto piacere parlare, sei un tipo incasinato tu,vero?

Spero di riuscire a scriverti presto. Nel frattempo ti auguro il meglio, e soprattutto un buon halloween.

Goodnight M.

 

 

 

La sua risposta arrivò subito.

 

 

                                                                                                                                                                                                                                         3.49 a.m.

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Grazie per essere stato così gentile. Mi sembra così irreale che sia successo davvero. Terrò tutti i tuoi preziosi consigli a mente.. E si, sono parecchio incasinata.

Buon Halloween anche a te, a presto e... grazie.

Goodnight V





Ville Valo . 
Erano le uniche parole che fluttuavano nella mia mente.

 

 

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Capitolo 9
*** Slave to this world ***




La normalità faceva schifo. Voglio dire, non che prima fosse esaltante, ma dopo una conversazione di quel genere … I primi giorni ero iperattiva, quasi febbricitante; poi a poco a poco mi chiedevo sempre più spesso se non mi fossi immaginata ogni cosa, sino a finire per crederci davvero. 

Intanto la mia vita andava avanti. Continuavo a lavorare part time in una piccola tavola calda che si trovava nella zona dell'autostrada; il capo dall'ultima volta che avevo chiesto i giorni di permesso per Milano mi aveva massacrato con i doppi turni, così passavo la maggior parte del tempo in quel buco. Purtroppo spesso arrivavano i ragazzi e le bande che frequentavano il liceo, e non mancavano certo di spirito per fare battute: a malapena  mi ero liberata di Elisa, che già altri avvoltoi aleggiavano sulla mia testa. Non so, nemmeno una fottuta calamita attirava così tanti stronzi. Avrei voluto vivere in un posto in cui portare anfibi fosse una cosa normale. 

 

"Ecco le patatine a parte che avevi chiesto " posai la vaschetta sul tavolo e mi girai senza incrociare quella faccia di cavolo.

 

Si chiamava Fabio,Fabrizio,qualcosa del genere insomma. Non so chi si credeva di essere, era alto quanto uno sgabello ed era un pidocchio, ma chissà come, riusciva ad umiliarmi una volta sì e l'altra pure. Avevo chiesto a Giusy spesso di cambiare zona per il servizio dei tavoli, ma quel moccioso si sedeva sempre in un posto diverso, e lui e la sua combriccola di super fighi in stile americano, non perdevano occasione per rompere. 

 

"Cameriera - disse, pronunciando quella parola con enfasi- mancano le salse "

" Mi dispiace davvero tanto - dissi girandomi di scatto e sbattendo le ciglia- ma le abbiamo finite ."

" Questo posto fa davvero schifo, non capisco affatto perché continuiamo a venirci Fà" -disse Lilla,la sua ragazza.

 In effetti quella era una domanda che mi facevo anch'io.

 

 Andai dietro il bancone e mi sciacquai le mani.

"Ehi capo, mancano cinque minuti alle 11, inizio a cambiarmi ."

"Va bene, ci vediamo domani Matilda. Puntuale. "

'Puntuale' pensai,facendogli una smorfia mentalmente. Dal momento che lui era così rigoroso e preciso con gli orari, avevo deciso di esserlo anch'io. 

Andai sul retro e mi cambiai lentamente; era una di quelle giornate che non finivano mai, monotone da star male, come le volte che passavano Mengoni alla radio. Avevo gli occhi stanchi, ma appena arrivata a casa anziché riposare, incrociavo le gambe e stavo al pc. Era uno svago come un altro, e in più, specialmente in quel periodo, controllavo ossessivamente la posta. A volte invece mettevo su un cd e disegnavo per ore intere, cose semplici che riuscivano a riempirmi molto più delle lunghe giornate di lavoro.

Era passato un bel po' dalla mia conversazione fantastica, e a volte  avevo la tentazione di scrivergli tutto quello che mi passava per la testa, quello che avevo fatto durante il giorno e cose di questo tipo, ma poi ci riflettevo e finivo col pensare che non fosse una buona idea. Forse non mi avrebbe più scritto, dopotutto era stato un gesto carino accontentare una fan, e devo ammetterlo,lo era stato davvero, ma non era tenuto ad avere ancora compassione di me. 

Certo però, che sarebbe stato bello affrontare il mio limbo in sua compagnia, anche se lui fosse stato solo una presenza virtuale e non reale. 

Ormai definivo da un bel po' la mia vita 'limbo': mi sembravano un posto e un tempo statici, come intrappolati in un fluido che ne attutiva i movimenti. Come se guardassi il mondo andare avanti dal vetro di una di quelle palline di natale, dove le uniche cose che avevano scosso il mio mondo fossero legate a qualcosa e qualcuno che probabilmente non avrei mai più rivisto. 

Avevo visto tutti quelli della mia età,con cui avevo passato gli anni della scuola, andare via, trasferirsi per studiare all'università in qualche città: ma la cosa che gli invidiavo di più era proprio il fatto che se ne erano andati, e che io ero rimasta. Il solo pensiero mi dava sui nervi, e il fatto che quel cretino e la sua banda mi ricordassero sempre che ero una cameriera già a 19 anni, non mi lasciava la mente libera neanche mentre lavoravo. 

 

Quella sera ero molto stanca,ma dopo essermi fatta una doccia presi carta e penna e scrissi.

 

<< Non scrivo molto sulla carta ormai, ad eccezione di quando prendo le ordinazioni ai tavoli. Si,faccio la cameriera, e non sono felice. Vorrei andarmene, ma non so da dove iniziare per trovare i soldi necessari. A volte vedo i miei, ma finisce sempre per scapparci qualche parola di troppo che mi fa sbroccare, così me ne vado da quella casa sbattendo la porta d'ingresso, senza voltarmi. Sono stata ad Helsinki, ma ci sono restata troppo poco. Nella mia mente a volte ci vivo ; prima di dormire m'immagino la mia vita come la vorrei,come dovrebbe essere, e a volte mi capita di sognarla, ma ormai riesco a dirmi che è solo un sogno, proprio mentre lo sto vivendo. L'unica volta che non è successo è stato al vostro concerto, e non nascondo che vorrei rifarlo. A volte provo a buttare giù qualche riga, sai, suono un po', ma sono quasi sicura che non scriverò mai cose belle come quelle che ascolto. Disegno spesso, almeno quando ho l'ispirazione: poi ci sono giorni in cui sono vuota, dove mi tocca cercare qualcosa per ingannare il tempo, dove cerco di fare mille cose che poi non faccio. Vorrei poter dire che nella mia vita ci sono alti e bassi, ma direi una bugia. Forse è l'essere troppo pessimista, ma non vedo via d'uscita. Sono intrappolata dall'interno e dall'esterno. 

A te come va la vita?

-M >>

 

Scrissi tutto di botto,quasi avevo il fiatone: dischiusi il pugno che stringeva la penna e frettolosamente feci lo scanner della pagina.

' Invia ' -diceva il pulsante. Esitai massacrando una minuscola pellicina al bordo dell'unghia, poi lo premetti. Feci un lungo respiro ad occhi chiusi. L'aria svuotò i polmoni lentamente, e leggere lacrime mi velarono gli occhi stanchi.










Thanks to DarkYuna for the precious advices.

While writing i listen to "Kiss me Kiss me Kiss me" by The Cure.

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Capitolo 10
*** I Care.. ***







"Quindi le ho detto di non permettersi mai più di dirmi una cosa del genere, ti pare?"

Annuii.

"Crede che tutto giri intorno a lei, ma si sbaglia di gr… Ville mi stai ascoltando?"- disse con voce seccata, strappandomi ai miei pensieri.

"Ehm, si certo, forse l'alcol sta facendo effetto, sono distratto "

"A questo ci ero arrivata da sola, campione!" -mi fece la linguaccia. 

 

'Chissà se avrà letto la mail '

" Chissà se magari, tu puoi dirle due parole .."

" A chi? Non conosco Aino, cioè solo di fama, non posso sistemarti tutti i casini Sandra, che diamine. É la tua manager e se non ti piace dovresti cambiarla "

"Stasera siamo nervosi eh? Calmati.. " - si alzò dalla sua sedia e venne dietro di me; ora riuscivo a vedere le luci della città che sfarfallavano . Mise le sue mani agli angoli del collo e iniziò a massaggiare piano la parte. In quel momento però riuscì soltanto ad irritarmi.

" Senti Sandra- mi scostai scrollandomi di dosso le sue mani- ora devo proprio andare ." Tirai fuori venti euro dal portafogli e li misi sotto il bicchiere. Sentivo i suoi occhi che mi scrutavano con curiosità, o meglio perplessità. 

" V..Va bene, come vuoi "

Mi alzai  e quando feci per voltarmi lei mi afferrò un braccio :

" Tutto bene? "- mi stava guardando negli occhi, così ricambiai lo sguardo e le misi una mano sulla spalla per tranquillizzarla- "Ma certo, devo solo fare delle cose che non posso rimandare, non preoccuparti. "

Mi lasciò andare, e me la lasciai alle spalle. Sapevo però che non avevo saziato i suoi dubbi, riuscivo a leggerglielo nella mente. 

" A presto Ville "

Mi voltai e le sorrisi, e così mi congedai. Finalmente. 

 

 

 

 

 

'Questa è stata proprio una serata da dimenticare. Sotto natale si va di male in peggio. ' 

Mi gettai sul letto con i vestiti, cappotto compreso. Ero così stanca da non riuscire a muovere neanche un muscolo. 

Pensai che l'unica cosa che mi poteva far felice in quel momento sicuramente non sarebbe avvenuta, quindi optai per mettermi a letto e magari sognare qualcosa di buono per una volta.

Fortuna volle però, che quella notte, nonostante la stanchezza del turno di lavoro, il mio sonno se ne fosse andato a farsi friggere. Mi rigiravo nel letto provando tutte le posizioni possibili, ma niente. Poi mi girai supina e vidi il pc lampeggiare. Avevo dimenticato di lasciarlo in carica. Distolsi lo sguardo e fissai il soffitto per qualche istante. 

' Dovrei controllare. Di solito le cose avvengono quando non ci si pensa giusto? Magari mi va di lusso come l'altra volta e trovo una sua risposta. Sono ridicola, al diavolo, che cavolo dico.. '

Sbuffai. 

' Fanculo '

Feci un balzo e mi sedetti pronta ad aprire il pc. 

' Fa che ci sia qualcosa '

Aprii la casella e lessi quel 'qualcosa', che quella notte non era poi tanto piacevole.

È vero era invadente, ma così carino a preoccuparsi, e a chiedere scusa. Non sapevo cosa dirgli, ma la verità era che non sapevo come giustificarmi, ma non riuscivo ad ammetterlo persino con me stessa. Era stata sempre quella la mia vita, da sempre : il più grande cambiamento radicale che avevo fatto era stato andarmene di casa e comprarmi un'auto di terza mano per andare a lavoro che, tra le altre cose, odiavo a morte. La verità era che non conoscevo neanch'io il motivo di tutto quello. Avrei dovuto chiedergli solo scusa di tutto quello che gli avevo letteralmente vomitato in quella lettera ; forse lui non poteva capire.. 

Iniziai a scrivere, e cambiai la versione innumerevoli volte, e poi ne inviai una, quella che forse più si avvicinava alla realtà.

 

 

                                                                                                                                                                                                                                        3.27 a.m.

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Non ci ho mai provato, e credo sia stato perché non ne ho mai avuto la possibilità ne i mezzi. Con questo non voglio giustificarmi ma è come stanno le cose. Qui sembra tutto così incasinato, e lo è. Se potessi cambierei ogni cosa. 

Mi dispiace di aver scaricato i miei problemi così, in un foglio, e soprattutto di averli scaricati su di te. Non ne avevo mai parlato con nessuno, e probabilmente non lo avrei mai fatto. Te l'ho detto, è molto più semplice parlare con un 'estraneo' attraverso uno schermo, che a quattr'occhi , e per questo ti ringrazio, sei gentile.

Spero che la tua serata sia stata migliore della mia.

Hyvää yötä

 

 

 

' Sono solo scuse ' -pensai. Non riuscivo davvero a capire cosa la trattenesse. Insomma, da quello che avevo capito lei odiava tutto del posto in cui stava e della sua vita; forse c'era un motivo alla radice di tutto quello ma non me la sentivo di andare a scavare più di quanto già avessi fatto. D'altra parte, anche se ero un estraneo, non è mai facile raccontarsi alle persone. Volevo essere gentile con lei, e ricambiare tutto l'affetto che aveva dimostrato sia a me che alla band, ma non volevo andare troppo oltre. Continuavo però a sentire una strana sensazione dentro di me, come se per una volta, dovessi essere io ad aiutare qualcun'altra. 

 

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                           3.40 a.m.

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Ok, ho capito. Per quanto riguarda il tuo foglio non preoccuparti, è stato un piacere e vorrei che me ne parlassi se avessi ancora qualche problema, non farti scrupoli ! Ho imparato che non è mai una cosa buona tenersi dentro i problemi, le cose che ci avvelenano l'esistenza. Io cerco di esorcizzare i miei demoni attraverso la musica, e a volte ci riesco. Sai, per una volta vorrei ricambiare tutto quello che fanno per noi i fan, e tu sei la prescelta. Direi che di questo potrai vantarti, no? Sono io a dirti grazie. 

Parlando della mia serata beh…è stata un po' un fiasco, cioè mi sono un po' comportato male con una mia amica e Dio solo sa se la prossima volta che ci vedremo non mi farà il terzo grado. A volte vorrei scomparire senza che nessuno lo noti, sai ? Già che mi ci fai pensare, vorrei vedere dove lavori, forse a me piacerebbe. 

Chissà, forse un giorno o l'altro ci ri- incontreremo , ma per me sarà come se fosse la prima volta, purtroppo ho visto di sfuggita il tuo volto e non riesco proprio a ricordarmelo. 

'Night,

-V

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Capitolo 11
*** Close to the Flame ***






Mi capitava di continuo: mi isolavo dal mondo,lì nella mia torre. Erano passati un po' di giorni ma non così tanti in fin dei conti.

"Avevi detto che uscivamo a prenderci una birra, sei tornato da più di tre settimane ma non ti sei fatto vivo,mi stavo preoccupando" -disse al telefono. 

Quella fu la telefonata che mi svegliò.

"Si Sandra, hai ragione, che ne dici di farlo stasera? Sono stato occupato"- provai a giustificarmi.

"Mhm direi che va bene, fammi sapere dove e quando.. A dopo,Ville"

"A dopo"

Sospirai. Mi sentivo quasi in obbligo, non so, come uno studente che non ha fatto i compiti e ha paura di essere sgridato dalla maestra. Sandra è un po' così, un po' ambigua, ma metà delle persone che mi circondano sono ambigue,quindi. Non so come comportarmi con lei a volte, ha un carattere volubile e lunatico, ma nel complesso è una buona amica,credo. Spesso tenta di spingersi più in là, andando sul personale, ma riesco sempre a cambiare argomento. Ormai, anche se non lo ammetterò mai con gli altri, credo che le persone mi facciano paura, e si sa, è meglio non fidarsi mai totalmente. Non mi pento di questo, è una cosa che ho dovuto imparare da solo.

 

Mi stiracchiai per bene all'indietro. La notte era troppo corta, e il giorno troppo luminoso, anche per un finnico. Decisi di mettere su un disco e farmi un bagno. 

Mentre guardavo le candele viola ai bordi del lavandino, osservavo le fiamme ondeggiare nella loro danza frenetica.

 'É così che percepivo il mio cuore ..'

Volsi il capo all'indietro e lo appoggiai al bordo della vasca.

 

 

<< And the wind blows still

And the wind blows wild again >>

 

 

Sentivo come se le mie dita scivolassero su tasti d'avorio, porosi e freddi. Come se stessi suonando io stesso quella melodia malinconica. 

Non credo ci fosse più rimasta una qualche parola per lei, se n'era andata dalla mia vita, e in fin dei conti,anche se una parte del mio cuore non voleva ammetterlo, ero felice che lo avesse fatto. Ma ci sarebbe stata sempre una cosa a cui non avrei saputo ne a cui sarei potuto sfuggire, i ricordi. La mente comanda se stessa, ed io probabilmente non avevo la forza per contraddirla e dominarla. Ma tutta quella disperazione era servita a rendermi capace di non farla entrare più nella mia vita, e stavo bene così, da solo con la mia musa. Perché la Musica era la mia stessa musa, o meglio, lo è sempre stata, sono io da stupido, che ho dato troppa fiducia alle donne.

Mi dispiaceva pensarla così, ma avevo imparato a mie spese che le cose che si dicevano sulla fiducia erano tutte vere. 

 

Il disco continuava a girare, ormai a vuoto, così mi alzai e ancora sgocciolante lo spensi senza ascoltare l'altro lato. Guardai poi la copertina e l'anno: 

'1987'- lessi in mente- ' Avrei voluto andare a qualche concerto in più ' .

A volte,soprattutto quando ascoltavo Elvis o Cash mi veniva una malinconia incredibile, come se fosse una cosa imperdonabile essermi perso quel genere di cose che apparteneva al passato. 

' Già, a volte ho proprio nostalgia del passato' 

 Presi la sleeve e proprio quando stavo riponendovi il disco un pensiero mi balenò nella mente - ' Matilda ' .

 

 

Avevo dimenticato di scriverle, tipico. Mi ero ripromesso di farlo ma mi era completamente passato di mente. Era stato piacevole parlarle, era simpatica e non un'esaltata. 

Presi un'asciugamano al volo e tamponai distrattamente i capelli mentre accendevo l'aggeggio infernale: io e la tecnologia non eravamo migliori amici ma col passare del tempo avevo dovuto imparare ad usare un computer e  'modernizzarmi' .

 

 

Trovai un allegato e lo aprii, a guardarlo meglio erano delle righe scritte di suo pugno. Una cosa intima, anche se non sembra.

Quello che lessi mi fece sentire in colpa ancora di più. 

'..non sono felice'

' Sono stata ad Helsinki […] Nella mia mente a volte ci vivo '

'..ci sono giorni in cui sono vuota…'

 

'A volte mi sento anch'io così.. ' -sussurrò la mia mente.  

Avrei dovuto scriverle, avrà pensato che le ho mandato quelle e mail giusto per accontentarla, e mi dispiace. La cosa che mi aveva colpito di più e allo stesso tempo spiazzato era la sua ultima frase - 'Sono intrappolata dall'interno e dall'esterno. '- era emblematica, lasciava trasparire tutto di lei, ma al contempo niente.

Mi alzai dalle lenzuola aggrovigliate e mi accesi una sigaretta : mentre gironzolavo per la stanza, cercavo di trovare le parole giuste per lei, non volevo risultare indelicato ma nemmeno insensibile a ciò che mi aveva detto : mi aveva raccontato molte più cose di se per mezzo di quelle righe ermetiche che quando le avevo chiesto della sua vita. Pensai in quel momento che quello doveva essere uno sfogo, e per qualche strano e misterioso motivo ero contento che avesse inviato quel  ' groviglio ' proprio a me. 

Era una ribelle, riuscivo a sentirlo. Ma era uno di quei ribelli silenziosi, che giacciono nel loro dolore per paura di far troppo rumore. 

Aprii una pagina pulita e iniziai a pigiare i tasti.

 

                                                                                                                                                                                                                                          17.53 a.m.

from: V@mail.fi

to:  kissofdawn@live.it

 

Per prima cosa, scusami Matilda, mi dispiace di non averti scritto fin ora, vorrei dirti che sono stato impegnato, e da una parte è vero, ma non del tutto, quindi scusami. Qui va discretamente, con la band ci stiamo riunendo per provare, tra un po' suoneremo al Tavastia, ma questo scommetto che lo sai, vero? Piuttosto vorrei sapere come stai. Perdona la mia curiosità e sfacciataggine, ti prego. 

You're full of pain. Vorrei farti solo una domanda, ma ho paura di essere invadente, quindi puoi anche non rispondere se non ti va.

...Hai mai provato a cambiare la tua vita radicalmente, del tutto? 

 

-V

 

 

 

 

Speravo che quella domanda non la mettesse in imbarazzo; infondo volevo solo darle un consiglio. 

Ora mi sentivo un po' meglio, ma la mail era arrivata due settimane prima e avevo fatto una figura pessima. Con lei non me la sentivo di inventare scuse. 

 

Tra una cosa e l'altra erano già le sei e dovevo passare a sbrigare delle faccende oltre a raggiungere Sandra e chiamarla, quindi mi vestii in fretta e scelsi una t-shirt dalla pila nera che si trovava nel mio armadio affollato. Spensi la luce della camera da letto e scesi le scale, mentre sapevo che una parte della mia mente quella sera sarebbe stata in ansia di ricevere una risposta a quella domanda. 









L'album di Ville è "Floodland" dei Sisters of Mercy.
La canzone citata è "1959".

Kiitos lukijoille .

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Capitolo 12
*** Slowly Wilt and Die ***








Rilessi quella mail mille volte e alla fine la stampai e la misi nella tasca del giubbotto.

C'erano alcuni giorni che beh, mi serviva proprio leggere delle parole tanto gentili e dolci. Erano come una melodia al pianoforte da riascoltare nei momenti difficili, che ti dava forza in qualche modo. 

Tutto faceva il suo corso come sempre, e io e Ville continuavamo a sentirci su per giù regolarmente. E mi piaceva, mi sentivo in qualche modo protetta . A volte avevo come l'impressione che lui si comportasse come un fratello maggiore. Quando gli raccontavo cosa succedeva a lavoro, mi suggeriva di dirlo al mio capo, ma figurarsi se lui avrebbe fatto qualcosa. 

Dal canto suo, lui mi aveva raccontato ancora della sua amica :quando gli avevo chiesto se era la Sandra di cui tanto si parlava, lui era rimasto sorpreso, non si aspettava che sapessi così tante cose, ma in fin dei conti erano poche le persone che ancora non lo sapevano. In realtà giravano delle voci su di lei, ma decisi di non dirgli nulla, perché probabilmente le sapeva già. Gli chiesi una sola volta cosa provava per lei, ma da quello che mi fece intendere non è interessato a lei nel senso che tutti pensano. Era molto ermetico su queste cose, ma ero riuscita a conoscerlo almeno un po' e per questo ero felice; mi sarebbe bastato.

Stavo un po' meglio, mi faceva bene parlare della mia vita con lui ogni tanto. A volte vedevo gli ultimi mesi passarmi davanti agli occhi come delle immagini, accompagnati da una ballad glam metal .

 

<< Without you, there's no change

My nights and days are grey

Without you in my life

I'd slowly wilt and die

But with you by my side

You're the reason I'm alive

But with you in my life

You're the reason I'm alive

But without you, without you...

 

Without you, my hope is small

Let me be me all along

You let the fires rage inside

Knowing someday I'd grow strong >>

 

"Matilda… Matilda!!" - mi fece cadere quasi giù dallo sgabello.

" Si, capo?"

" Ci sono dei clienti, quindi smettila di guardare il cielo e gli uccellini che cinguettano e portami le ordinazioni! "

" Certo, scusami, te le porto immediatamente "- Dio quant'era insopportabile a volte quell'uomo. Lo odiavo. 

Andai al tavolo 5 e presi le solite ordinazioni, che poi portai in cucina con lo sguardo basso per non incontrare quello del capo ed evitare quindi un'altra ramanzina delle sue.

A volte era difficile convivere lì dentro, ma nel complesso me la cavavo. 

Alla fine del turno salutai tutti e per ultimo il capo che mi fece solo un cenno, in segno di disapprovazione. Come al solito bastava distrarsi un attimo per tornare punto e accapo con lui. Però quella mattina avevo deciso di non farmi rovinare la giornata da nessuno, perché quella sera avrei parlato con Ville, come prestabilito, quindi passai oltre e mi diressi verso la mia auto.

Quella sera faceva freddo per essere nel mese di aprile, dal retro del locale potevo sentire il mare e il vento accarezzarmi il viso. Se chiudevo gli occhi riuscivo a fingere di essere al porto di Helsinki, o in California, sulla spiaggia di Santa Monica, al tramonto.

Li riaprii e girai le chiavi ; posai la borsa sull'altro sedile e all'improvviso vidi un'ombra dietro di me che mi tirò a se afferrandomi voracemente dai fianchi, tappandomi la bocca. Non potevo respirare. Non riuscivo a vedere niente. Provai a divincolarmi da quella trappola di braccia umane ma mi sentivo piccola come una formica, incapace d'impedire di essere schiacciata. I miei gemiti di paura non riuscivano a superare le fessure delle sue mani, così lo morsi riuscendo a gridare per una frazione di secondo, ma nessuno se ne accorse. Non feci in tempo neanche a pronunciare parola che qualcosa mi colpì sulla tempia e svenni.

Quando ripresi coscienza e mi accorsi di cosa mi stava succedendo cercai di nuovo invano di liberarmi da quella presa di ferro, ma senza esito. Lacrime di dolore mi invasero gli occhi, e bruciavano, bruciavano come mai avevano fatto. Riuscivo a vedere le stelle nel cielo, tra i cespugli, ma tutto si mescolava e sapeva di sale e dolore. 

Non so quante volte persi i sensi, non me lo ricordo, ne quanti minuti o ore fossero passate, ma a poco a poco i miei sensi si affievolirono, sino a non farmi capire nulla, sino a diventare insensibile. 

Non mi accorsi del momento esatto in cui lui lasciò il mio corpo lì, sotto un cespuglio, in quel parcheggio. Ma appena ripresi una qualche cognizione, mi tirai su a sedere, molto lentamente, e mi tirai su le calze. Entrai in macchina, tutte le luci del locale erano spente. 

Accesi il motore e partii.

 

 

"…slowly wilt and die ,,

 

 

Entrai in casa traballante e vidi il riflesso dei miei occhi incorniciati dal nero della matita e del mascara che erano colati e si erano incrostati sulle guance. Mi spogliai e mi sedetti sul piatto della doccia ; dovevo lavarmi via, dovevo lavare via tutto lo sporco, dovevo lavare via tutto il sangue.

Mi sdraiai sul mio letto, che quella sera non era morbido come mi sembrava di solito, poi guardai l'orario e scoprii sussultando che erano le quattro del mattino.

 

' Ville ' 

Pensai debolmente.

' Devo dirg….' -non riuscii a pensare altra parola, che sprofondai nel sonno più profondo, dal quale non volevo più svegliarmi. 











La canzone di questo capitolo è "Without you" dei Mötley Crüe.
Thanks for following.
Buona lettura.

-fachiluna

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Capitolo 13
*** In the arms of rain we are free ***






Quella mattina quando aprii gli occhi continuavo a ripetermi che fosse stato tutto un brutto sogno, ma non lo era.

Mi misi a sedere e mi guardai intorno : c'erano i miei vestiti sparsi sul pavimento , e nella stanza c'era disordine come sempre, ma in quel momento mi sembrava insopportabile, quindi mi alzai e presi uno scatolone.

 

 

 

 

" Cavolo Marco, ti ho detto che mi servono soldi, ti prego"

"  Ma chi vuoi che compri una macchina del genere che vale poco meno di nulla? Su.."- strinsi i pugni.

" Ascolta, se te la riprendi lo giuro, non mi vedrai mai più.. "- lo esortai.

Lui prese uno straccio e si pulì le mani annerite dall'olio del motore e mi guardò . Nonostante i suoi 30 anni, aveva molte rughe intorno agli occhi, che erano ancora più visibili quando li socchiudeva per ripararsi dal sole.

" E va bene.. Ma ti do 700 euro, e chiudiamo qui"

"No, no almeno 1000, ne ho bisogno "

" Dio santo, tu porti solo guai ragazza… "- ci pensò su e poi mi rispose distogliendo lo sguardo dall'auto.

" Ti do 1100, ma ehi, non farti più vedere qui intorno, intesi? "

" Oh grazie, te ne sarò per sempre grata! "

"Si, si, ora vai e non sprecare i miei soldi!"

"Non lo farò ."

 

 

 

 

Quella mattina mi ero svegliata presto, anche non volendo ; alle 9 ero passata al locale per ritirare i miei giorni di paga e a sistemare altre piccole cose, e per ultimo passai dal meccanico a rivendergli la sua auto.

Al mio rientro accesi il computer e lessi le mail di Ville.

 

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                           1.40 a.m.

from: V@mail.fi

to:  kissofdawn@live.it

 

Scusa ho fatto tardi, spero non te la sia presa. Devo darti una bella notizia.

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                          2.10 a.m.

from: V@mail.fi

to:  kissofdawn@live.it

 

Pensavo di aver fatto tardi io ma tu di certo mi batti. 

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                           4.35 a.m.

from: V@mail.fi

to:  kissofdawn@live.it

 

Matilda ma che succede? Mi stai facendo preoccupare. 

 

 

 

 

' Che carino ' -pensai. Aprii una nuova pagina e iniziai a scrivere.

 

 

                                                                                                                                                                                                                                             1.17 p.m.

from:  kissofdawn@live.it 

to:  V@mail.fi

 

Mi dispiace. Ti ricordi quando mi hai fatto quella domanda? Forse ti ho mentito. 

9826   2.45 a.m.

Questo è il numero del mio volo. Sto arrivando. 

Ora ne ho la forza.

-M

 

 

 

 

Quella mattina mi resi conto che riuscivo a far entrare tutta la mia vita in una valigia, un borsone e una scatola. Portai quest'ultima a casa dei miei e la lasciai sul pianerottolo con un biglietto. 

 

' Conservatela voi. Starò via per un po', non preoccupatevi. Vi voglio bene. - Matilda '

 

Ora potevo andare, potevo liberarmi. 

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Capitolo 14
*** Anesthesia ***





Ero seduta su una di quelle vecchie panche di legno che si trovano nei piccoli paesini, mentre aspettavo che la voce computerizzata chiamasse il mio treno . Non avevo mangiato ancora nulla, ma non mi andava. Ripensavo spesso alle dodici ore precedenti e ogni qualvolta mi sorprendevo a farlo, mi maledicevo.  Era come se tutto quello che stavo facendo fosse una reazione per inerzia, e avevo paura che pensando troppo, sarei tornata indietro e non avrei più trovato il coraggio di fare quel taglio netto che bramavo da una vita. Mi ero sempre accontentata, ma ora non mi bastava più. Avevo piazzato la modalità di ripetizione alla canzone che risuonava già da un po' nelle mie orecchie; cercavo di concentrarmi sulle parole, come facevo in passato, quando cercavo di fare la traduzione del testo per esercitarmi con l'inglese, ma non riusciva a tenermi impegnata per molto. Quando vidi il numero del mio treno apparire sul tabellone tolsi un auricolare e iniziai a muovere i piedi incessantemente. 

Mi domandavo ancora una volta se quella fosse la cosa giusta da fare. Pensai che ero stata proprio una sciocca a scrivere a Ville letteralmente che  ' stavo arrivando' nemmeno ci conoscessimo da una vita, me ne ero pentita l'attimo dopo averlo scritto ma ormai era andata. 

In quel momento quello a cui volevo pensare era che stavo ricominciando, e una volta arrivata, avrei davvero materialmente ricominciato. 

 

"-Il treno 9505 è in arrivo al binario 3 -"

'Eccolo..' -pensai. 

Avevo sempre odiato i treni ma ora, quel treno in ritardo e sicuramente lurido che stava per portarmi via, mi appariva come l'unica via di salvezza.

Mi alzai dalla panca polverosa e presi i miei bagagli, controllai di nuovo il binario sul tabellone luminoso e mi diressi verso l'uscita della sala d'attesa. Nel momento stesso in cui uscii dalla porta avvertii un odore forte, e familiare. Un uomo mi passò di fianco e s'infilò nella porta dalla quale io ero appena uscita, prima che si chiudesse. Guardai indietro con la coda dell'occhio e sporsi il naso per respirare ancora un po' di quell'odore così strano. Poi un lampo mi attraversò lo sguardo. 

Era Lui. 

Avevo potuto sentire solo il suo odore, ma quell'unico particolare mi bastò per riconoscerlo. Avrei voluto non ricordarlo mai.

Le gambe sembravano cedermi, come se fossero state colpite da una lastra pesante e fredda di metallo. Volli sporgere di più il viso, ma sentivo come se fosse proibito farlo. 

Vidi un uomo alto con un jeans strappato e una canotta bianca : le braccia muscolose incorniciate dai raggi del sole che lo facevano sembrare una rivelazione. Strinsi gli occhi e misi meglio a fuoco che aveva un tatuaggio, un sole tribale sulla nuca, per giunta storto. Stavo tentando di imprimermi meglio qualche altro particolare quando all'improvviso lo vidi voltarsi indietro, verso di me. Il sangue sembrava bruciare; prima che lui ebbe ultimato la rotazione completamente, mi tolsi di mezzo immediatamente e con passo svelto andai verso il sottopassaggio, verso un'altra possibilità.

 

 

 

'' I don't feel anything ..Anything ,,

 

 

 

 

Quando quella sera lessi la mail di Matilda non sapevo bene cosa pensare; la cosa che più di tutte non riuscivo a spiegarmi era perché se ne era uscita con quella mail così strana, fredda, o meglio più distaccata del solito. Doveva essere successo qualcosa nella sua vita: non me lo aveva detto, e questo particolare poteva significare tutto o niente. Con 'quella domanda' doveva per forza di cose riferirsi a quando le chiesi perché non aveva mai pensato di cambiare vita, e sapevo che quella volta aveva solo girato intorno al rispondermi sinceramente. Un po' mi feriva, ma non la biasimavo. Io le avevo raccontato pochissimo di me, o addirittura niente. Non riuscivo a fidarmi delle persone, per me erano come una macchia nera che assorbiva e risucchiava tutte le informazioni che poteva e che poi svaniva.

Quando rilessi la mail mi accorsi di aver tralasciato un piccolo particolare: il suo aereo sarebbe atterrato a Helsinki da lì a due ore.









La canzone menzionata è "Anesthesia" dei Type 0, da cui prende nome il capitolo.

Kiitos.

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Capitolo 15
*** Break her Silence ***


                                    




Speravo tanto di non essere arrivato tardi. Non sapevo che volto avesse, quindi per me sarebbe stato già difficile riconoscerla in mezzo alle persone che arrivavano dal gate, figuriamoci se fossi arrivato tardi. Fortunatamente l'aereo non era ancora atterrato, ma stava per farlo, quindi mi cercai un posto nella sala d'aspetto e mi sedetti. Le luci all'esterno lasciavano intravedere una fioca pioggia e al pensiero rabbrividii. A quell'ora non c'era nessuno, ma scelsi il mio posto in modo da trovarmi di fronte alla porta da dove sarebbe uscita.

Non riuscivo a capire perchè mi ero preoccupato così, precipitandomi all'aeroporto. Le avevo risposto con una mail, ma ero quasi sicuro che lei non l'avesse letta. Forse la verità sotto l'ansia che avevo di conoscerla e di (ri)vederla, era che ero molto incuriosito da lei. Si era sempre comportata da persona normale, come se io fossi una persona normale e non l'ha fatto perché lo volevo io, ma forse per mettermi a mio agio. Insomma, non mi aveva fatto una proposta di matrimonio o qualcos'altro di peggio, e da questo deducevo che era davvero interessata a una sana e sincera amicizia, e quello che penso è che ne abbia un bisogno disperato. Non credo abbia parlato molto con qualcuno, almeno di recente; so che tende a tenersi dentro tutto, ma avrebbe dovuto avere qualcuno vicino che le volesse davvero bene. Ogni persona dovrebbe avere qualcuno accanto, soprattutto durante la crescita, perché è sempre difficile; non importa che tu sia un figlio di papà, un ragazzo normale o uno senza amici, crescere è duro per tutti, e lo è sempre, anche quando si smette di dire crescere e si usa il verbo invecchiare. La vita ci mette davanti molte cose diverse, e sono grato del fatto che io sia stato più fortunato di Matilda e abbia avuto al mio fianco i miei amici. 

Fantasticavo su come poteva essere, su cosa aspettarmi più che altro: mi chiedevo anche se lei si sarebbe sorpresa di trovarmi lì. Di sicuro le sarebbe preso un colpo; a un certo punto pensai :

 

' Spero che non fugga come al concerto e torni indietro sull'aereo ' 

Sorrisi al solo pensiero di quella scena.

 

L'aereo era atterrato e di lì a poco lei sarebbe stata davanti a me. 

Mi alzai, in preda al nervosismo e mi chiesi fino all'ultimo se quella fosse stata una buona idea. Poi però mi dissi che lei una volta scesa atterra sarebbe stata sola, in un paese che per di più non era il suo, e mi convinsi quindi che quella era la cosa giusta da fare - ' Un modo come un altro per ringraziarla '-mi dissi. La porta si aprì e un'orda di persone iniziò a invadere l'aeroporto deserto; all'improvviso mi ricordai di essere l'unico in quella sala d'aspetto, e quindi facilmente individuabile, quindi mi abbassai il beanie e iniziai a camminare intorno alle sedie, continuando a buttare sguardi verso la porta. La maggior parte delle persone era vestita con abiti da lavoro, o comunque aveva un aspetto troppo vecchio per essere una ragazza dell'età di Matilda. Passò qualche anziano e poi vidi una sagoma scura in fondo al corridoio illuminato. Attesi che si avvicinasse e poi diventò a poco a poco più visibile, fino ad esserlo del tutto. Doveva essere lei: era mediamente alta, più o meno snella e con lunghi capelli neri raccolti da un lato del collo, che le cadevano morbidi sulla spalla. Indossava dei capi neri e una maglietta con una scritta rossa che non riuscivo a leggere del tutto, che sembrava un'insegna luminosa al neon che diceva 'Fang…' . Teneva la testa bassa e leggermente inclinata da un lato, lasciando il collo scoperto; sembrava ..insofferente.  La osservai per pochi secondi e mi accorsi che aveva le cuffie nelle orecchie, che si tolse però subito dopo. Iniziò a voltarsi e a guardarsi intorno, e in quel momento realizzai che sperava che fossi lì. Così girai per dietro la colonna e mi avvicinai a lei, cercando di non spaventarla. Passò a rassegna tutta la sala con lo sguardo, passando anche tra le sedie dove ero stato fino a qualche momento prima, e poi arrivò nel punto della visuale  più vicino a lei, dove c'ero io che mi stavo avvicinando. 

S'immobilizzò come se si fosse trasformata in pietra, ma ormai ero vicino e mi accorsi che le sue pupille si dilatarono, come quelle di un gatto di notte. I suoi occhi erano di un castano chiaro ricco e denso, messi in risalto dalle sopracciglia arcuate e allungate che erano di un colore leggermente più scuro. Prese un respiro e in quel momento potei vedere la sua gabbia toracica dove all'interno i polmoni si dilatavano e distendevano. Era un buon segno, respirava. 

 

" Matilda, sei tu ? " - le chiesi con un sorriso. Lei mi guardò per un attimo negli occhi e poi rivolse lo sguardo a terra. 

" Si, ebbene,  sono io" - rispose poi con voce tremante. 

" Beh, finalmente posso vederti di persona " - mi avvicinai a lei di un passo e allungai la mia mano, in segno d'amicizia. Lei volse gli occhi dal pavimento e guardò la mia mano, che strinse . La sua mano era  piena di anelli particolari e rigorosamente d'argento, ma gelata, eppure non faceva molto freddo lì, ma non doveva essere abituata comunque a quel clima.

" E' un piacere conoscerti, o meglio vederti di nuovo, anche se la prima volta è stata beh.. un po' strana "- risi. Lei mi guardò e sorrise, chiedendomi scusa per come si era comportata in quell'occasione e per la figura maldestra che aveva fatto. Mi ringraziò almeno tre volte per aver ' perso tempo a scambiare e mail con lei ' , ma io le risposi che non era stato per niente del tempo sprecato, dal momento che lo avevo fatto con piacere. Dopo aver scambiato qualche battuta sul tempo e sul tempo lì a Helsinki, ci dirigemmo al nastro per prendere i suoi bagagli e mi mostrai disponibile, se non altro per portarle qualcosa.

 

" Non hai altro con te? " -le chiesi.

" No, solo questi due. Sai, non potevo portarmi troppa roba... "

"Già, sono molto fiscali su questo, soprattutto qui - mentre parlavamo ci avvicinavamo all'uscita, e naturalmente le mostrai la strada - ..Senti Matilda, hai già trovato un posto dove stare? "

" Beh, su internet avevo visto qualche hotel, ma erano tutti troppo cari, quindi credo che per stanotte andrò in uno di questi e poi ne cercherò uno più economico "

" Io ne conosco un paio molto carini e soprattutto accessibili, non troppo lontani dal centro, magari ti ci accompagno " - riuscii a vedere un barlume rosato che apparve sulle sue guance diafane .

" Oh grazie, grazie davvero ma hai fatto già così tanto.. cioè, sei venuto qui e per me è già questa una pazzia, e non voglio disturbarti ulteriormente; sono stata stupida a dirti che venivo, così ti ho solo messo in una situazione quasi di obbligo e non volevo. Accetto volentieri i tuoi consigli, ma non devi disturbarti per me "

Non la smetteva un attimo di torturarsi ed agitare le mani. 

" Matilda è un piacere per me aiutarti e queste sono solo sciocchezze : ti accompagno io, beh, a dire la verità ci accompagnerà un taxi, ma non voglio che tu ti trovi da sola in questo momento, e a quest'ora della notte per giunta . Hai bisogno di qualcuno che ti dia una mano, e poi ora sono libero, quindi nessun disturbo! "

Lei abbassò di nuovo lo sguardo e poi ci pensò su, lo capivo da come si rigirava l'anello intorno al dito: anche lei conveniva che fosse una buona idea, e lo sapeva.

" E va bene, ma ricorda, sono in debito con te, ti devo almeno mille favori, quindi sarò contenta di aiutarti in qualunque cosa se mai vorrai il mio aiuto. Grazie, Ville . "

Le risposi con un sorriso e le aprii la portiera del taxi che era fermo davanti all'uscita dell'aeroporto . Caricai i due bagagli dietro nel bagagliaio e m'infilai nell'auto anch'io; comunicai l'indirizzo all'uomo al volante e partimmo. Quando parlai all'uomo notai che Matilda si stringeva le braccia e ci guardava estasiata, con l'aria di qualcuno che non stesse capendo un' acca .

"Scusami, ho detto all'autista di non addormentarsi al volante, vista l'ora. Cosa stavi pensando? "

" Oh nulla, solo che la vostra lingua sembra molto difficile ma allo stesso tempo molto dolce e musicale "

" Beh si, non è sicuramente tra quelle più facili, ma credo che ci farai l'abitudine. E poi la imparerai pian piano "

" Già, spero di esserne capace… "

" Ci vuole solo tempo e pratica"

" Mi fido" - disse sorridendo. Anch'io le risposi con un sorriso e poi lei guardò davanti a sé ; le luci della città s'iniziavano a scorgere e la terra sembrava un cielo tempestato di stelle, un po' come appariva L.A. dall'alto. Si girò verso il finestrino e all'improvviso s'incupì un po'. Ero curioso di sapere cosa stesse pensando, e se fossi stato più sfacciato forse glie lo avrei chiesto, ma lo trovai ad ogni modo molto indelicato e invadente. 

Per un lungo tratto sull'auto regnò il silenzio, lo stesso silenzio che era calato sulla città ormai già da molte ore; solo qualche pub e locale erano ancora aperti , e la luce gialla dei lampioni copriva di uno strato lucido le pietre quadrate della strada bagnata. Matilda sembrava persa e incantata da tutto ciò, rapita da ogni angolo visibile a quella luce opaca e soffusa, e non potevo darle torto. 

" Ti piace ? "- lei mi rispose all'istante, come mai aveva fatto fino a quel momento.

" Si, mi piace tutto questo "

"Allora hai fatto benissimo a venire. Siamo arrivati, questo è uno degli hotel più carini di Helsinki, è qui più o meno dagli anni '80 "

Pagai il tassista, contro la volontà di Matilda ed entrammo nella hole per sistemare quello che c'era da fare.

" Prima o poi te li ridarò, stanne certo ! "- disse, ma suonò più come una minaccia. Alla reception insistette per parlare lei e io la lasciai fare, scoprendo che aveva un buon inglese, che evidentemente cercava di curare sempre di più. Quando ebbe sistemato tutto la accompagnai alla sua stanza e le passai i bagagli dalla porta. Lei li sistemò nell'entrata della camera e si tolse il giubbotto. 

" Ville, non so davvero come ringraziarti, hai reso tutto molto più facile "

" L'obbiettivo era quello, e sono felice di averlo raggiunto Matilda, e poi era il minimo che potessi fare "

" Grazie comunque. É stato bello avere qualcuno vicino, confortante.. "

" Ti posso capire, non volevo che ti sentissi sola perché so come ci si sente "

 Sorrise e scosse il capo, poi abbassò lo sguardo e calò un po' di silenzio. Aveva ragione, parlare faccia a faccia con le persone, soprattutto le prime volte, non è per niente facile, ma questo lo sapevo già. Era molto saggia. Si dondolò da un piede all' altro e poi parlai e ruppi il silenzio.

" Beh ora sarà meglio che ti lasci riposare, sono le quattro passate e tra poche ore sarà giorno. Mi ha fatto piacere finalmente conoscerti Matilda, t'immaginavo proprio così " - dissi con una punta d'imbarazzo che non lasciai trasparire. Lei si sorprese e mi guardò .

" Spero proprio che sia un complimento, d'altronde anch'io t'immaginavo così " 

Entrambi avremmo dovuto chiedere all'altro ' così come ? ' , ma nessuno dei due lo fece, perché fu come se ci capimmo al volo.

" Allora buonanotte, ah, ti lascio il mio numero di telefono, nel caso avessi bisogno di qualcosa o anche semplicemente di parlare come facciamo di solito, ma dubito che lo farai. " - scrissi il numero su un pezzo di carta che mi ritrovavo nella tasca del jeans, ma mentre stavo per finirlo di scrivere, lei tirò fuori il suo cellulare.

" Allora non scherzavi quando dicevi che sei tecnologicamente antico "- disse ridendo.

" Ma certo che no ! " 

Segnò il mio numero e poi ripose l'apparecchio.

" Buonanotte Ville, e ancora grazie di tutto "

" Di niente. Buonanotte e a presto Matilda, spero che ti troverai bene qui " - la salutai con un cenno della mano e mi voltai, iniziando a camminare lungo il corridoio che portava all'ascensore. Poi mi ricordai di una cosa importante.

" Matilda - dissi voltando indietro il viso , mentre lei che era entrata in quel momento, affacciò il suo dalla porta - non abbassare lo sguardo, non hai nulla da temere "

Lei mi guardò, colpita e quasi affondata dalle mie parole e poi s' impose di riprendersi e si sforzò di sorridermi . Poi alzò la mano e mi salutò, scomparendo dietro la porta della sua stanza.












Note:
Ho voluto cambiare immagine di copertina perchè questo punto della storia è una svolta per la protagonista, come un nuovo inizio, o almeno lei spera che sia così; quindi col cambiare delle cose è cambiata anche l'immagine, che spero risulti gradevole.
Ringrazio per i complimenti ricevuti, spero che questo capitolo soddisfi le aspettative.
Kiitos.

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Capitolo 16
*** Munkkiniemi ***


                                    




Cosa ne poteva sapere lui. Cosa ne poteva sapere di quello che temevo o meno. Niente. 

' Ma che diavolo sto farneticando '

 

Mi rendevo solo in quel momento conto del fatto che Ville mi era letteralmente venuto a cercare e a prendere all'aeroporto. Feci un passo indietro e mi appoggiai con la schiena alla porta, girai la chiave e mi lasciai scivolare su di essa. Mi aveva aspettata e con tutto rispetto era venuto a presentarsi, quasi fosse una cosa di tutti i giorni. Forse per lui non era stato niente di eclatante quell'incontro, ma per un'umana come me il mondo in quel momento mi aveva avvolto a se come mai prima, e dentro di me tutto aveva tremato. 

L'unica cosa da fare era stata nascondere tutto, perché avrei fatto la figura della stupida, e non volevo che mi prendesse per pazza se gli fossi collassata a terra. Era stato così gentile, e premuroso, quasi surreale. E ora ero anche in debito con lui, e non mi veniva proprio in mente di quale utilità potessi essergli dal momento che ero..solo io. 

Avevo le dita aggrovigliate nei capelli neri che cercavano di massaggiare la testa che si spremeva per trovare un modo per sdebitarmi, ma intanto ci pensavo, ripensavo a tutta quella sera e non riuscivo a togliermi quel sorrisetto da demente dalle labbra. Una delle cose incredibili e assolutamente folli che erano accadute quella sera era successa quando mi aveva dato il suo numero di cellulare con tanta normalità da ingannare anche me. E poi, come se già tutto questo non bastasse a farmi morire felice, aveva aggiunto ' a presto ' dopo la sua buonanotte, che già in sé era irreale. Questo significava che ci saremmo rivisti almeno un'altra volta, dopodiché secondo la mia teoria, una di quelle che non sbagliano mai,  avrebbe capito quant'ero noiosa e patetica e se la sarebbe data a gambe nella sua torre. 

'La torre ' -pensai. Avevo sempre detto che l'avrei voluta vedere almeno una volta nella vita, e ora c'ero così vicina. Però mi sembrava talmente indelicato spiare una persona che non ero sicura di volerlo fare. Sarebbe stato ancora peggio ora che lui sapeva chi ero. Un'ennesima figuraccia. 

Smisi di pensare a quelle cose e mi concentrai sul da farsi : certo ero arrivata quella stessa notte ma al più presto avrei dovuto cercarmi un lavoro e una casa in affitto; non ero così ricca da permettermi un albergo, seppur dai costi contenuti, per intere settimane. Già dall'indomani mi sarei data da fare, me lo ripromisi .

Mi allontanai dalla porta, che controllai nuovamente con ossessione, mi gettai sul letto a peso morto, con la pancia all'insù a guardare il soffitto e poi odorai le lenzuola : erano fresche, profumate di talco e muschio, che mi avvolgevano e mi mettevano di buon umore. Mi tolsi gli anfibi e tornai a sdraiarmi; intanto notai guardando dalla finestra un vecchio palazzo che si ergeva dall'altra parte della strada. Ville aveva ragione, ora era quasi l'alba e la luce iniziava ad illuminare tutte le bellezze che mi erano sfuggite alla luce dei lampioni. Misi il cellulare sul comodino, ma non feci in tempo a programmare la sveglia, che di nuovo il profumo mi avvolse, e mi cullò nel sonno, facendomi addormentare col tiepido buio, prima che la luce tutto illuminasse. 

 

 

 

Mi svegliai alle tre mezzo quel pomeriggio e appena mi accorsi dell'ora saltai letteralmente giù dalle coperte. Quando dormivo facevo schifo, non mi regolavo, o tanto o poco. Feci una doccia calda e scesi a fare colazione (o meglio cena) al primo turno delle cinque e mezzo, perché stavo morendo di fame. Andai sul sicuro e presi una montagna di uova strapazzate e del caffè fumante, dentro il quale feci sciogliere un cioccolatino che avevo preso dalla tavola imbandita. Presi tra le dita la tazza e guardai dalla finestra abbozzando un sorriso. Avevo scelto apposta un tavolo che si trovava davanti a un'ampia finestra per osservare quel posto. Lì, da sola, al caldo, mi sentivo come a casa, cullata da una qualche strana consapevolezza interiore che mi diceva che avevo trovato il mio posto nel mondo. Avrei voluto cedere del tutto a quella magnifica fantasia, ma avevo imparato che meno lo si fa, e meglio si sta poi se per una cosa o per un'altra il sogno s'infrange. Bevvi il caffè a piccoli sorsi per non ustionarmi del tutto la cavità orale, mentre guardavo gli annunci sul retro del giornale che una gentile cameriera mi aveva portato. Mentre lessi il primo in mente, mi venne voglia di sbattere la testa al muro. Era scritto in finlandese, e anche se da autodidatta avevo studiato qualcosa della lingua base, era fuori questione affrontare una lettura del genere e capirla senza un dizionario. Così tornai in stanza e mi preparai ad uscire, per la prima volta. 

 

Mentre vagavo per le strade vicine all'albergo in cerca di una libreria, che mi era stata prontamente indicata, mi meravigliavo di tutto e quel tutto mi distraeva, al punto tale che dovetti chiedere le stesse indicazioni per la seconda volta. Finalmente arrivai davanti all'edificio a mattoncini bianchi tanto atteso e lessi la scritta che diceva ' Kirjasto Bibliotek '.  

'Questa è una biblioteca?' 

Non ci potevo credere, qui era tutta un'altra cosa: da dove venivo io le biblioteche venivano chiuse o usate per mostre d'arte, e solo ed esclusivamente per quello scopo. Qui addirittura ce n'era forse una per ogni quartiere. E a proposito di quartiere, quando presi un opuscolo sul bancone all'entrata lessi lo stesso CAP che avevo visto mille volte nelle mie visite virtuali notturne su google maps. 

Ville mi aveva portata in un albergo che si trovava a Munkkiniemi. Quando realizzai davvero dove mi trovassi, grazie alla cartina sul retro dell'opuscolo, per poco non mollai tutto e corsi verso la torre che tanto avevo bramato.

Mi diedi una sistemata mentale e mi dissi di stare calma, non lo avrei fatto davvero. Non potevo farlo. 

Chiesi dove erano i dizionari bilingue inglese-finlandese, ma mentre mi dirigevo verso gli scaffali non mi perdevo neanche una copertina: le guardavo tutte, come capitava sempre quando andavo in una libreria o in qualunque posto che vendeva libri. Magari non li compravo, ma di sicuro li giravo e li rigiravo in mano; c'erano poi quelli di cui m'innamoravo al primo sguardo, e che dovevano essere miei a costo di uscire dal negozio senza più uno spicciolo in tasca. 

Passai un po' di tempo tra quegli scaffali, così pieni di titoli e di generi, e poi m'incamminai verso l'albergo. Volevo camminare, e vedere più cose possibili, anche se si era già fatto buio da un pezzo. Sentivo l'odore delle nuove piante che stavano nascendo, e di quelle vecchie che stavano rifiorendo. In quel momento ebbi una visione paradisiaca di come doveva essere lì d'estate: era un quartiere immerso nel verde, da quello che potevo vedere, come del resto quasi tutto lì, e nella bella stagione sarebbe stato davvero bellissimo. Quando arrivai all'hotel il signore occhialuto della reception mi fece segno di avvicinarmi a lui. Era piuttosto anziano, ma con un perfetto inglese, come da norma; mi disse con mio grande stupore che Ville era passato poco dopo che fossi uscita, e che era tornato dopo un'ora a cercarmi. A quelle parole rimasi basita, e il mio cervello subì la stessa sorte, anche se a dire il vero era più come se si fosse totalmente congelato nell'udire quelle parole. Il gentile vecchietto aggiunse con totale calma che 'il signor Ville la sta aspettando di sopra' , al che io mi dovetti tenere aggrappata con le unghie al bordo del bancone sul serio. 

Mentre salivo le scale mi ripetevo di respirare, almeno a ogni due gradini, così da non cadere stecchita con un tonfo e bloccare il passaggio. 

'Si sarà preoccupato' -pensai con stupore- 'ma perché tutta questa premura nei miei confronti? È tutto così irreale ' -non sapevo cosa aspettarmi appena voltato l'angolo, quindi feci un bel respiro, e mi diressi verso la mia stanza con lo stomaco sottosopra.

 


 







Nota:


La biblioteca esiste davvero.

Grazie a tutti coloro che leggono.

-fachiluna

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Capitolo 17
*** Thorns ***


                                    





Ville fissava la moquette a braccia conserte e appena udì il suono dei miei passi si scompose e guardò verso di me. 

"Oh Matilda, grazie al cielo. Ma dov'eri finita?"

"Ciao Ville, non ti aspettavo - ' ma che idiota…' - sono andata in libreria- dissi facendomi piccola piccola, tirando fuori dal sacchetto il mio nuovo dizionario portatile- mi serviva un dizionario per tradurre il giornale e.. "

" Non hai visto che è già buio da un bel po'? "

"Beh si, l'ho notato, ma qui fa buio molto prima, e poi mi sono svegliata oggi pomeriggio e una cosa tira l'altra, e sono uscita tardi, scusa ma dov'è il problema? Non c'è bisogno che tu ti..preoccupi "

" Il problema è che ci può essere chiunque lì fuori.."

" Io credevo che la Finlandia fosse quasi senza criminali "

"Infatti, quasi. So che potrò sembrarti tuo padre, ma non dovresti uscire dopo che cala il sole, almeno non il giorno dopo essere arrivata"

'Detta così sembra proprio una frase da dire ai vampiri'-ridacchiai mentalmente.

Annuii, anche se era troppo duro, dopotutto non avevo dieci anni.

" Questo quartiere è abbastanza tranquillo, ma non si può mai sapere, ecco tutto. " 

Concluse trionfante nella sua ramanzina.

" A proposito di quartiere, perché ci troviamo proprio qui? "

Lui mi guardò pensieroso con sguardo indagatore, io gli feci un cenno, come per dire che era ovvio quello che volevo dire, e lui poi rispose prontamente.

" Beh qui posso aiutarti meglio se hai bisogno di una mano"

Lo guardai smarrita, ma gli sorrisi. Presi la chiave della stanza in mano e glie la mostrai.

" Ti va di entrare? Così parliamo " -ammetto che buttata lì così sembrava più una minaccia che un'offerta di pace, ma dovevo capire delle cose. 

Lui ci pensò su un attimo e si guardò intorno pensieroso.

" Spero che non mi arrestino"-disse con spirito.

"Guarda che io voglio solo chiacchierare con te, se ti fa più comodo andiamo da un'altra parte " -dissi disponibile, anche perché ripensandoci stavo facendo la figura della psicopatica. A quel punto sperai che dicesse di andare a prendere un caffè o qualsiasi altra cosa, ma disse che andava bene lì, così girai la chiave e lo feci accomodare accendendo la luce. 

"Ville- iniziai- sai, in questi due giorni hai avuto più attenzioni tu per me di quante io ne abbia ricevute dalla stessa persona negli ultimi tempi, e già questo di per se per me è sconcertante- mi fermai per riprendere fiato e notai come lui aveva l'ombra di un sorriso addosso- ma ricevere così tante attenzioni è ancora più sconcertante, dal momento che sei tu ad averle nei miei riguardi. Insomma, guardami : sono una povera pazza che è scappata dal suo paese in 12 ore e non ha detto niente a nessuno; ci parliamo da un po' di mesi ormai ma non mi sarei mai aspettata tutto questo… Non dico che mi dispiaccia, e per carità, non ti voglio offendere, ma per me questo è troppo, non è normale…. Te ne sono grata, credimi, e con tutto il cuore, ma non capisco perché sei così buono con me.. "

Ville sorrideva lievemente, aveva le labbra increspate e quando iniziò a parlare, quel sorrisetto non gli si levò dal viso.

" Matilda, è vero non avrò parlato con tutte le mie fan, a dire il vero mai come ho fatto con te, ma tu mi hai chiesto di ascoltarti, e io di ascoltare me, due perfetti sconosciuti giusto? Avevo bisogno di qualcuno per dei consigli, per degli sfoghi, o anche semplicemente per passare le ore insonni e tu per me sei stata un'amica, sei diventata quindi qualcosa di più di una semplice sconosciuta che misteriosamente lascia una scatola nel backstage. Nessuno di noi due ha confessato i propri segreti all'altro ma ci siamo scritti, e questo conta: per me conta soprattutto il fatto che i giornali non abbiano pubblicato 'misteriosamente' le nostre chiacchierate o che tu non ti sia comportata come un'assatanata con me. Quello che voglio farti capire è che io avevo visto in te una ragazza che aveva semplicemente, com'è che avevi scritto? Che aveva semplicemente bisogno di qualcuno con cui parlare che già la conoscesse. Io ho imparato a conoscerti tra le righe, pian pianino, e tu forse hai imparato qualcosa di me che già non si sapesse, e tutto questo mi è piaciuto. Mi hai ricordato che al mondo non esistono solo persone egoiste ed approfittatrici, e tutto questo mio preouccuparmi per te come lo chiami tu, è il minimo che io possa renderti per esserti dimostrava leale e limpida "

'Non c'è niente in me di limpido '- disse la mia mente involontariamente.

A quelle parole non mi potei trattenere. Una lacrima mi rigò la guancia e quando Ville se ne accorse mi mise una mano su un braccio.

" Guarda che era un complimento !" -subito scherzò, e tutti quei rimproveri svanirono in un attimo come in una nuvola di fumo.

" Grazie .." -dissi con voce flebile. Lui mi rivolse un sorriso e io ricambiai in segno di gratitudine . 

"Ho una cosa per te  -dissi, asciugandomi le guance con una manica pronta ad alzarmi per prendere il suo regalo- è solo una sciocchezza, ma spero ti piaccia. Ho pensato che questo tu non ce l'abbia " 

Lo spiai da sopra la spalla e vidi che aveva l'espressione incuriosita : 

" Non ti aspettare chissà cosa " -aggiunsi con un sorriso. 

" Matilda devi smetterla con questi regali - scherzò lui - beh, vediamo se ci hai preso un'altra volta "

Speravo tanto di si; avevo trovato il suo regalo per caso in un mercato delle pulci, e lo avevo modificato, se così si poteva dire, ma avevo paura che sembrasse che lo avessi solo rovinato anziché abbellito. Aprii la valigia, un po' con imbarazzo, e velocemente tirai fuori la busta celeste con dentro un pacchetto incartato per benino, con ogni misura si sicurezza. 

"Tieni -glie lo porsi - non credo che tu ce l'abbia, almeno non così; sai, quando eri in Australia e per tutto quel periodo lì mi sentivo un po' con il magone, quindi mi sono rimboccata le maniche e ti ho fatto questo "

"Quindi lo hai fatto tu ?" 

" Mhm, in parte " - era sempre più confuso e curioso , ma poi lo sfilò dalla busta e iniziò ad aprirlo. Le sue dita sfilavano la carta lato per lato e quando terminarono, appena capì di cosa si trattava gli si accese una piccola luce negli occhi. 

Era un' edizione del 1918 dell'Inferno ; le pagine all'interno si erano ingiallite con il tempo, soprattutto ai bordi delle pagine, lasciandole quasi intatte all'interno. La copertina, quando l'avevo trovata non era un granché , era in condizioni davvero pessime. Così mi venne un'idea e giorno dopo giorno ci lavorai per far sembrare le mie modifiche del tutto naturali. Andai sul retro della casa dei miei genitori e presi dei rami sottili pieni di spine; trovai tra i libri che non leggevo mai, una copertina delle dimensioni adatte e modellai lì sopra una specie di cornice fatta di spine e rami attorcigliati. Li dipinsi di nero e aggiunsi dei riflessi blu sul dorso di ogni spina. Poi comprai l'inchiostro e dei prodotti apposta per queste cose, per ultimare il tutto. 

"Matilda, ma come… È meraviglioso "

Ville guardò il libro e lo rigirò in mano più volte per non perdersi neanche un dettaglio, poi finalmente lo aprì e lesse ad alta voce la dedica che avevo lasciato con inchiostro a lettere gotiche sulla prima pagina.

 

 

"Per me si va ne la città dolente,

per me si va ne l'etterno dolore,

per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina potestate,
la somma sapienza e 'l primo amore;
dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch' intrate. "

 

Aveva sbagliato qualche accento ma era più che comprensibile, nel complesso non era stato male. Continuò poi a sfogliarla e si rese conto che era tutta scritta in italiano.

" Ma è tutta in italiano, come farò a leggerla?" -mi chiese seriamente dispiaciuto, quasi si sentisse in colpa per non conoscere la lingua .

" Non preoccuparti, anche per gli italiani a volte risulta di difficile comprensione; se mai vorrai leggerla ti prometto che ti aiuterò oppure ti comprerò un dizionario " - scoppiai a ridere. 

" Volevo regalarti un libro, perché so che ti piacciono molto, ma visto che a casa tua avrai una cosa come mille mila edizioni di Poe, ho scelto l'Inferno in lingua originale, e ho modificato, e spero abbellito, la copia che ho trovato " 

" È una cosa molto insolita ma è molto, molto bella e oscura. Come ti è venuta l'idea delle spine? Non si può dire che non rispecchi ciò che c'è scritto dentro " -sorrise.

" È solo che mi piacciono le spine, finché non le tocco; infatti non so quante volte mi sono maldestramente punta "

" Oh mi dispiace -disse lui ridendo- visto? hai già fatto qualcosa per sdebitarti e non te ne sei nemmeno resa conto "

" Non è vero, questa è solo una sciocchezza !" 

Continuammo a parlare per un bel po', di qualunque cosa, sfiorammo anche la questione 'Dio' ma quando ne parlavo ero costantemente incerta sull'argomento. Voglio dire, ero da sempre stata abituata a crederci, ma se ci pensavo bene non riuscivo a sentirlo, e nemmeno lui mi aveva sentito, non che mi aspettassi aiuto solo nel momento di bisogno. Da quanto avevo capito lui non credeva, ma c'erano molte persone che invece ci credevano lì, anche se in un modo meno morboso del nostro. 

" Allora, Matilda ora mi dici a cosa ti serviva quel dizionario? "

"Te l'ho detto, mi serviva per il giornale. Sto, sto cercando un annuncio di lavoro, e anche una casa. Ma non credo di poterla trovare qui. "

" Qui è un po' caro a quel che mi dicono, ma qui vicino si trova qualcosa ad un prezzo più ragionevole, mi sono informato. Ti ero venuto a dare l'indirizzo e il numero di un signore di un'agenzia immobiliare, ecco- avevo lo sguardo stralunato, e mentre cercavo di riprendermi lo guardavo che combatteva per trovare qualcosa dalle sue tasche, alla fine lo trovò e me lo porse - eccolo, è scritto tutto qui " . 

Lo guardai con sguardo indagatore fino a che lui non capì. 

" Voglio solo aiutarti ".




 

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Capitolo 18
*** Waiting to keep me all alive ***


                                    




La casa che Ville mi aveva trovato era piccola, ma mi si cuciva perfettamente addosso. Per pagarla, nonostante l'ottimo prezzo, avrei dovuto lavorare sodo, quindi mi trovai un lavoro, l'unico che sapessi fare. 

Facevo la cameriera in una tavola calda non troppo lontano dal mio quartiere, in modo tale da non dover camminare troppo per tornare a casa, ne prendere mezzi di trasporto. La gente era deliziosa, tutti erano gentili e le teste calde si potevano contare sulle dita di una mano. La paga veniva data ogni settimana: la cosa era così grandiosa che la prima settimana non volevo neanche crederci. In quelle poche settimane avevo anche fatto progressi con la lingua e avevo imparato un po' di parole , come kukka, kuka, sataa, nyt , koira, kissa e cose del genere.

Avevo creato la mia routine e dovevo ringraziare Ville per questo. Lui aveva dato il via diciamo, e mi aveva spronata. Non so come avesse fatto, ma avevo come l'impressione che avesse intuito qualcosa, ma che se lo fosse tenuto per se, quindi non glie lo chiesi. Ci eravamo visti qualche volta, ma in questo periodo lui stava provando duramente con la band quindi ci eravamo sentiti solo per telefono. Quella sera dovevamo cenare insieme, ma quando gli avevo chiesto cosa preferiva lui aveva risposto di sorprenderlo: non voleva dirmi nemmeno quali erano i suoi piatti preferiti, accidenti. Cosa poteva piacere a un finnico? Non ne avevo idea: in un primo momento avevo pensato alla pizza, ma non avevo idea di cosa sarebbe uscito dal forno, e soprattutto quale forma avrebbe assunto, quindi lasciai stare e optai per la pasta, così comprai la barilla, che qui costa un occhio della testa, e preparai una salsa.

Ville arrivò in ritardo, ma io ero ancora in alto mare, quindi lo ringraziai mentalmente di aver fatto tardi e continuai la mia impresa. Quando arrivò era tutto in tavola.

" Entra su! È la prima volta che la vedi sistemata "

" Ciao Matilda, scusa ma non sono riuscito a chiamare un taxi, così sono venuto a piedi"

" È un bel po' fin qui vero?" - Gli chiesi chiudendo la porta alle mie spalle. Ville mi porse il giubbotto e lo appesi sulla sedia.

" Non molto, ma non volevo sbagliare indirizzo, quindi ho dovuto fare un po' di mente locale. - disse, gesticolando e massaggiandosi la tempia. Poi si guardò intorno e dopo un po' rise.- Ma sembra la camera di una teenager! "

" Eh? Ah la casa. Dai perché? Ho portato con me i miei poster, non avrei mai potuto non appenderli! E non fare finta che non ti piacciano, se ti lascio troppo tempo da solo sei capace di staccarli e rubarteli"

Lui fece la finta faccia sorpresa, ma sapeva che non attaccava, quindi mi diede ragione. 

" Bene bene, cos'hai fatto di buono questa sera? Sarà meglio per te che sia qualcosa di fantastico perché oggi non ho mangiato praticamente nulla e ho bevuto solo due birre alle prove , e poi tu sei italiana"

" Non dovresti bere a stomaco vuoto .." dissi con una nota triste nella voce.

' Non dovresti bere affatto ' 

" Siediti è già tutto in tavola, devo prendere solo qualcosa da bere dal frigo, vieni "

Mi abbassai e presi la coca dal frigo e poi lo richiusi. 

" Ville.."

"Si ?" -stava già  mangiando . Questo mi fece sorridere.

" Perché non hai voluto dirmi cosa avresti voluto mangiare? Almeno ci avrei preso di sicuro." -dissi.

" Ma a me piace quello che hai cucinato, ci sono anche le verdure vedi?- disse prendendo una zucchina e mostrandomela, facendola quasi cadere- E poi io non ho molte cose preferite"

" Si, ma tu non mi dici mai niente di te, nemmeno cosa ti piace mangiare " 

Lui mi guardò dal suo posto, di fronte a me, ci pensò e poi si decise a parlare. 

" E va bene - esordì posando la forchetta accanto al piatto - amo mangiare la pizza, anche se dopo i tour ho un po' d'intolleranza dato che la mangiamo spesso, ma mi piace molto perché è semplice. Mhm vediamo, quando sono qui, a casa, mi piace comprare quante più verdure possibili e cerco ogni volta di mangiarle in modi diversi. La carne non mi piace molto, ma non la evito. Mi piace la frutta e , vediamo.. tutto qui " - disse guardandomi soddisfatto.

" Non c'è nulla che ami più di ogni altra cosa o che so, di cui non ne hai mai abbastanza? "

" Mhm c'è una cosa.. Quando ero piccolo a volte capitava che dormissi da mia nonna, e lei, quando mi fermavo, per colazione mi preparava un tuorlo d'uovo con un sacco di zucchero. Poi mi faceva sedere sulle sue gambe e mi guardava mentre lo finivo tutto in pochi minuti. Ero troppo piccolo per ricordare il nome di quell'intruglio delizioso, ma ricordo quell'odore come se fosse ieri, mi riporta indietro ecco.. "- era pensieroso, ma sembrava perdersi con piacere in quei pensieri quindi non lo interruppi e mi misi a guardarlo. 

Lui dopo un po' si accorse di essere ancora tra le nuvole così mi pose la stessa domanda. 

" Anche a me piace la pizza, e più o meno quello che piace a te, ma quello di cui non farei mai a meno sono i burritos. Li ho mangiati pochissime volte ma sono deliziosi, se non li hai mai provati te li consiglio !" 

"Allora appena li troverò , li ordinerò! " 

Il suo cellulare squillo all'improvviso con una di quelle suonerie predefinite, così io lo incitai a rispondere. Si scusò e andò verso la finestra. Io mi alzai dalla tavola, togliendo i piatti sporchi, giusto per far finta di non ascoltare visto che era impossibile in un ambiente così piccolo. Ville si sforzava di parlare a bassa voce, ma io sentivo la voce che era dall'altro capo del telefono che inondava il silenzio.

" No, sono fuori… Stasera non posso raggiungerti, ma se hai bisogno di parlarmene verrò domani…- si grattò la fronte leggermente esasperato e molto imbarazzato, poi si girò verso di me e si accorse che lo stavo guardando- no Sandra, te l'ho detto stasera non è possibile, sono con Matilda " 

Silenzio. Da tutte e due i capi del telefono.

" Si, salutami Jesse , ciao" - pigiò il tasto rosso e ripose il telefono in tasca.

" Scusa Matilda, era Sandra, non so se la conosci, mi ha chiesto di raggiungere lei e qualche amico al club, le avevo detto di essere impegnato questa sera ma c'ha provato lo stesso " 

Era imbarazzato e seccato e in quel momento riascoltai le sue parole nella mia testa, riavvolgendole e premendo replay. Mi piaceva il fatto che le aveva già detto del suo impegno, era stato carino da parte sua. 

" Matila, ci sei? "

" Si scusa, ero sovrappensiero. Comunque so chi è, ne ho sentito parlare " - dissi con indifferenza, che ovviamente Ville colse.

" Ti sta antipatica? " -mi chiese sorridente. 

" No, per carità è una persona come un'altra, una di quelle che mi stanno indifferenti intendo, ma..vedi non vorrei essere invadente ma ho un'impressione su di lei, ma me la terrò per me se tu non vorrai saperla"

" No no dimmi, sono curioso" - nel frattempo si era seduto ma questa volta sul divanetto, mentre io che stavo sparecchiando mi avvicinai e feci lo stesso. Aveva l'aria davvero di qualcuno che lo volesse sapere, ma chissà perché avevo paura di dirglielo. 

" Vedi, ecco… Per ogni persona che vedo, che conosco, dentro di me c'è qualcosa come una sorta di sesto senso che mi fa avere delle sensazioni su quella persona. E su Sandra, nonostante non mi abbia fatto nulla, ho delle sensazioni negative. Cioè, sai, come quando dentro di te senti che c'è qualcosa di sbagliato. Non è scientifico, lo avverti e basta "- conclusi affaticata. Mi era uscito tutto d'un fiato, senza intoppi. Un po' perché non volevo fermarmi e perdere il filo, e un po' perché non volevo rimanere a fissarlo negli occhi a lungo. Si grattò il mento e poi ci pensò su.

" So cosa vuoi dire. Beh a volte abbiamo tutti delle impressioni sulle altre persone. Sandra però non è così malvagia se la conosci. Non ti nascondo che all'inizio non mi faceva impazzire, ma non è male."

Annuii. Si era creato una sorta di silenzio, e non vedevo l'ora che si togliesse di torno. 

In quel momento la mia bocca parlo, e lei sola. Non sapevo davvero dove diavolo fosse andato a finire il mio cervello in quell'istante. Mi pentii di non essere invisibile, perché dovevo sottostare a quello sguardo.

" É la tua fidanzata?" - le parole uscirono fluide. Ci fu silenzio. La sola cosa chiara che si riusciva quasi ad udire era la forza con cui gli occhi di Ville uscirono dalle orbite. Lui cercò di contenere la sua reazione, ma era troppo tardi. 

" Ah, però, vedo che non c'hai girato intorno molto" -disse guardandomi, cercando di districare la sua espressione in un sorriso, come si fa con i nodi. So che era difficile per lui parlare delle sue cose, lo avvertivo. Ma in quel momento il senso d'invadenza della mia domanda sfacciata non mi dispiacque. Desideravo da tanto che si aprisse con me, anche se di uno spiffero, e questa volta leggevo nei suoi occhi che era pronto a farlo e che lo voleva. Che io lo chiami desiderio o semplicemente bisogno di parlare con qualcuno, nei suoi occhi e da come si comportava, mi aveva fatto capire che voleva parlarne con me, poteva, e anche se lo aveva chiesto in quel modo così indiretto, io ero felice di essere lì. Si schiarì la voce e alzò lo sguardo. In quel momento avrei voluto dirgli che ero pronta ad ascoltarlo, e forse chissà, lui mi aveva sentita. 

" La conosco da qualche tempo, ricordo sfocatamente di averla vista in passato a qualche concerto, ma principalmente è amica di mio fratello, o per lo meno prima. Sai, è la classica ragazza che fa la modella e a cui piace divertirsi, ma è un tipo tranquillo. A volte però è esasperante: mi parla continuamente dei problemi del suo lavoro, con la manager; una volta volle provare a trovare un produttore per incidere un disco, e tutti le fecero capire che non era insomma, abbastanza 'brava'… Lei se la prese a morte, e non ti dico che periodo fu quello… Usciamo spesso in gruppo e beviamo insieme qualcosa, ma altre volte ci troviamo da me o da lei con i suoi amici. La sua compagnia non mi dispiace, ecco… " 

In quei momenti avrei tanto voluto sapere cosa gli passava per la mente, quali erano i pensieri che scorrevano sovrapposti alle sue parole, quei fantasmi che affollavano le sue iridi e che sembravano volgere il suo sguardo nel vuoto, controllarlo. Lo guardai e piegai la testa da un lato; lui ricambiò il mio sguardo e poi ricominciò.

".. C'è stato un bacio, una volta; non ero sicuro che lei avesse capito come stavano le cose davvero, e quando ci ha provato ne ho avuto la conferma. A quel punto provai a spiegarglielo senza tanti giri di parole e lei, mi ricordo - raccontava ridendo - si fece rossa come un peperone , e poi disse che le andava bene. Ma si vedeva chiaramente che era seccata e delusa. Non c'ha più riprovato ma non credo che si sia data per vinta, chissà cosa riserva il futuro " - ammiccò. Non capii del tutto cosa intendesse dire, ma andava bene così. Avevo indagato abbastanza, e quella confessione mi bastava. 

" Allora, cos'hai da dire?" - mi chiese soddisfatto, ormai con quell'imbarazzo iniziale lasciato alle spalle.

" Penso che mi piace .."

" Chi, Sandra? "

" Ma no . Cioè, te l'ho detto come la penso. No, dicevo, mi piace il fatto che tu ne abbia parlato con me, ecco" 

A quelle parole gli s'intenerì lo sguardo.

" So che mi sono appena impicciata dei fatti tuoi, e se ti da fastidio sarà l'ultima volta, giuro, ma mi piacerebbe rifarlo ogni tanto. È bello che tu ti apra.. " - abbassai lo sguardo. Ora ero io che stavo per diventare rossa come un peperone. Lui rise.

" Dai non fare quella faccia. Non t'imbarazzare, mettila così: se non volevo parlartene non l'avrei fatto. Quindi tranquilla, non me la sono presa! "

" Grazie.. "

" Oh, devi smetterla di dire grazie Matilda, infondo siamo amici, tu non mi hai mai dato modo di dubitare di te, in alcun modo, quindi beh, io mi fido "

Quelle parole furono le più belle che mi potesse dire, e io le apprezzai, le apprezzai con tutto il cuore. 

Alzai lo sguardo e sentii che le lacrime stavano per scivolare giù dal viso come su uno scivolo d'acqua. Mi avvicinai con un movimento rapido e lo abbracciai forte, mentre da sopra la sua spalla alzavo gli occhi verso il soffitto bianco per ricacciare quelle stramaledette lacrime indietro da dove erano venute. Lui rimase di sasso, infatti riuscivo a sentire tutto il suo stupore attraverso il corpo che per un attimo rimase impietrito. Un secondo dopo però, appena se ne rese conto, ricambiò l'abbraccio e lo sentii rilassare i muscoli e stringermi a sua volta. Passò la sua mano sulla mia spalla e poi parlò. 

" Ehi, calma non ho detto niente di che "

" Ne sei sicuro ? " - gli chiesi. Dopo un attimo di esitazione avvertii il suo sorriso che si stava facendo largo sulle labbra e sulle guance. Anche lui lo aveva capito.

" Mi stupisce che per te sia così importante " - un po' mi ferì con quelle parole. In quel momento sciogliemmo l'abbraccio. 

" Mi viene naturale .. " 

" Allora sono contento che sia così, weird girl . E tu invece? "

" Io cosa?" 

" Ti fidi di me? "

" Completamente " 

Non esitai un attimo. Insomma aveva parlato con me per non so quale miracoloso motivo, mi aveva accolta, mi aveva guidata.

La mia fiducia in lui si era creata da sola, spontaneamente, e anche nel caso in cui lui non si sarebbe fidato di me, avrei potuto raccontargli ogni cosa, ogni singolo momento della mia vita, lui lo avrebbe custodito. 














Note: 

Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, mi stupisco sempre di più. Kiitos.

La canzone che mi ha ispirato per il titolo del capitolo è " Thousand miles away " di una band che si chiama Embrio, che ha tra le sue influenze anche gli Him; consiglio di ascoltare qualcosa. L' album della canzone si chiama Gabriel's grief; l'ho ascoltato durante la stesura.
 

 

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Capitolo 19
*** Burn ***


                                    




Avevo appena comprato delle tele e degli album da disegno, ormai era troppo tempo che non disegnavo, e quel periodo richiamava la mia voglia all'appello. 

Era già un mese che non vedevo Ville, e mi mancava, anche se non l'avevo ancora confessato a me stessa consciamente: in queste settimane c'erano due festival a cui gli Him avrebbero preso parte, ma la band era dovuta partire prima per affari. 

Era così impaziente di suonare di nuovo dal vivo che quando me ne parlava o rispondeva alle mie mille curiosità, gli brillavano gli occhi: mi aveva spiegato che reggere la tensione di avere una marea di gente davanti a sé era molto stressante, qualcosa che pungeva la schiena come degli aghi, un brivido che lo percorreva fino a quando le birre non facevano effetto e quindi si abituava alla folla urlante. Ma mi aveva detto che si sentiva vivo, che amava quello che faceva, così profondamente che non ne poteva fare a meno, neanche se questo voleva dire stare davanti a un mucchio d'estranei. Per questo motivo preferiva il periodo creativo e quello della produzione, durante il quale se non altro poteva stare tranquillo e perfezionare ancor di più i dettagli. 

Tutte le volte che parlavamo di musica, cioè molto ma molto spesso, la mia mente vagava sui suoi racconti, e immaginavo come sarebbe stato avere una vita così; una delle mie passioni nata durante gli anni in cui iniziavo a scoprire la musica, era diventata il canto. In genere mi fissavo su un artista e questo dipendeva da periodo a periodo, a seconda dell'umore o fattori del genere. Non avevo mai cantato in pubblico, ma se non altro i miei non si erano mai lamentati, quindi avevo sempre pensato di non essere poi così male. Ad ogni modo, in quei giorni che si susseguivano sempre uguali, mi pareva quasi di esser ritornata alla mia vecchia vita: certo, ero in un posto totalmente diverso, ma la routine senza Ville, somigliava molto al mio passato, e questo mi fece pensare, mi fece pensare parecchio. 

Non conoscevo nessuno oltre il mio capo o il tipo dell'agenzia; certo, c'erano altre ragazze che avevo incontrato durante il mio turno e che lavoravano con me, ma io non ero mai stata amichevole o socievole, e di certo non lo ero stata nemmeno stavolta. In fin dei conti se ora ero sola, era un po' anche colpa mia. Non davo la colpa a Ville, lui aveva i suoi impegni, le sue cose, e io ero già stata un peso per lui per come la pensavo. Riflettendoci lui era l'unico amico che avessi, e non mi riferisco solo in Finlandia. Nella mente rivedevo tutti i momenti che avevamo passato insieme, come un filmino di cui facevo proiezioni private tutte le volte che mi mancava. Era una sensazione strana, ma che già conoscevo in parte. Avevo sentito quella mancanza e quel senso di vuoto e incompletezza per una vita intera, e ora qualcosa nella mia mente associava tutto quel vuoto a Ville, come se ora quella sensazione avesse senso, come se stare lontana da lui e non vederlo avesse dato un nome a quello che provavo. 

Cercavo di non pensarci, di distrarmi facendo qualsiasi cosa, ma nulla attirava la mia attenzione molto a lungo, nemmeno True Blood. 

Ora che ero di nuovo da sola pensavo, ed era questo che mi faceva paura più di ogni altra cosa. 

Se fino a quel momento ero riuscita a distrarmi e in qualche modo a non pensarci, ora le attrazioni erano finite, e il momento era arrivato, e con esso anche il dolore che Ville in qualche modo con la sua compagnia, aveva anestetizzato. 

Mi aveva chiamata un paio di volte, e in entrambe le occasioni quando mi chiedeva come stessi rispondevo che era tutto apposto, impegnandomi per fare una voce convincente, sperando che non si accorgesse di niente. Per qualche assurda ragione non volevo che sapesse, non volevo parlarne e non volevo neanche pensarci, perché ero consapevole che se ci avessi pensato subito si sarebbero proiettate le immagini di un altro film, una pellicola a cui desideravo dare fuoco con una tanica di benzina e vedere bruciare. Ma in quei giorni tutto ritorno più limpido che mai, e mi resi conto che quel fuoco non stava bruciando i miei ricordi una volta per sempre, ma stava bruciando me, e le fiamme mi avrebbero avvolta e stretta come un corsetto di spine e chiodi, conficcandosi nella carne della mia anima, e nella memoria. L'unica cosa che la mia mente continuava a sbattermi in faccia era l'idea che ero..sporca. Era difficile ammetterlo, anzi no, anche solo rendersene conto, ma quello che era successo non mi avrebbe lasciata mai. Nessun acido avrebbe corroso quelle fotografie, nessuno. 

 

Come se non bastasse qualche giorno dopo la partenza di Ville, si andò ad aggiungere dell'altro schifo. 

Durante uno dei tanti giorni in cui non avevo nulla da fare mi decisi ad aprire il pc e ad oziare in rete come ormai non facevo da tanto. Ormai, non che mi importasse molto, non aggiornavo la mia pagina facebook ne quella di twitter da un bel po', anche se per dirla tutta, mi era sempre piaciuto condividere foto o pubblicarle, e al massimo scrivere qualche citazione che mi piaceva. Non li ritenevo strumenti vitali, ma se non altro twitter era ottimo per seguire eventi di cui non c'era un livestreaming o che non avevo la possibilità di vedere. 

L'attimo dopo in cui feci il log in mi ritrovai con oltre venti notifiche, il che per una che non ha amici non è normale, neanche dopo tanti mesi d'assenza dai social. Le prime erano di Elisa. All'inizio pensai che era strano perché non l'avevo mai avuta come amica, e non capivo il motivo per il quale doveva continuare a scocciarmi, visto che ormai il liceo era finito da un pezzo. Il messaggio di posta diceva :

 

' Ora capisco dove sgattaiolavi tutte le notti. Dimmi, glie l'avevi già data allora? '

 

Appena lessi quelle parole sudicie chiusi gli occhi immediatamente e respirai, respirai a pieni polmoni, gli stessi che sentivo bruciare, come arroventati dall'ira. 

Ma come si era permessa? Nei film americani quelle come lei erano le migliori, che però dopo finito il liceo si sposavano, ingrassavano e venivano dimenticate come delle fallite colossali: nella mia vita invece, quella reale, quelle come lei avevano il controllo, e soprattutto non te ne saresti mai liberata del tutto. Pensai che se mi fossi trovata ancora in Italia l'avrei presa a calci, perché l'impeto di rabbia che avevo in quel momento era davvero indescrivibile. Rileggendo le righe e fermandomi poi per darmi una calmata, notai scorrendo con la track pad che c'era un allegato. 

Era una foto di me e Ville che ridevamo spensierati, nel club che frequenta di solito : mi ci aveva portata un paio di sere prima che partisse per farmi conoscere alcuni amici e farmi uscire un po'. Non era stata scattata da qualcuno dei suoi, perché non eravamo stati ripresi frontalmente. L'unica spiegazione plausibile era che qualcuno, riconoscendo Ville, avesse scattato una foto di nascosto. 

Poi un lampo mi attraversò la mente e velocemente controllai tutte le notifiche: tutte le persone che avevo conosciuto sul web grazie agli Him avevano pubblicato post sulla mia bacheca chiamandomi in tutti i modi, chiedendomi come avevo fatto a fare quello che avevo fatto, e non volevo neanche soffermarmi su cosa alludessero. Addirittura una ragazza non più molto piccola mi minacciava, dicendomi che ero solo un'approfittatrice che l'aveva data per farsi un nome ed avere la protezione di Ville. Io? Cose da matti. Quasi sempre assieme agli insulti c'erano delle foto, tra cui la copertina di un giornale scandalistico: in quel momento capii che forse si era trattato di un fotografo vero e proprio, perché la foto era stata pubblicata tra gli annunci di prima pagina in quel giornale finlandese. Mi sentii in colpa, mi sentivo come scoperta ma poi mi fermai a riflettere e mi dissi che infondo non avevo fatto nulla di male. Era stato uno che non si sa fare gli affari propri a sbagliare, non io: stavamo solo bevendo una birra e chiacchierando, stava cercando di presentarmi ai suoi amici e non capisco quale scandalo ci trovino in questo certe persone per pubblicarlo perfino in copertina. 

Pagine e pagine di insulti per non aver fatto niente. Quando aprii twitter fu anche peggio perché una marea di persone, che non conoscevo neanche tra l'altro, aveva inondato il profilo con parole e apprezzamenti vari di qua e di là. Era tutto così sbagliato, così ingiusto, crudele. Non ero stata con lui, ne me ne ero approfittata come tutta quella massa d'idioti pensava. Eravamo solo amici, e per quanto poteva sembrare ridicolo e assurdo, era la pura verità. E non esisteva che io dovessi vergognarmi o stare male per questo.

A conti fatti però, tutta quella faccenda non mi dava solo fastidio, ma mi aveva colpito, come penso avrebbe fatto con tutti. Insomma, che diavolo, essere insultati da qualcuno che nemmeno si conosce a priori, senza neanche sapere le cose come stanno, è una bambinata. Ma il punto era che in mezzo a quella gente disgustosa non c'erano solo quattordicenni gelose del loro Valo in preda a reazioni ormonali isteriche, ma anche ragazze per lo meno trentenni, da cui ci si aspetta un certo grado di maturità e compostezza. Per curiosità, visitai il profilo di Sandra e le mie sensazioni non mi tradirono : c'era scritta una frase, qualcosa come ' Lo sapevo, non ci posso credere! ' ; non c'era un riferimento esplicito di ciò che intendesse dire o a cosa si riferisse ma la data e il confronto con i ringraziamenti ai complimenti che riceve che scrive di solito, mi fecero venire qualche dubbio. Continuavo a pregare di non incontrarla mai né di vederla perché era tutto fuorché una che mi stava simpatica, e non volevo neanche parlarne, perché Ville le era amico e l'ultima cosa che volevo era metterlo in imbarazzo.

 

Sapevo che non dovevo farlo, principalmente per non stare ancora più male, ma appena avevo tempo e tornavo dal lavoro aprivo il pc e come una stupida masochista continuavo a riempire la mia testa con tutto quello che la gente continuava a scrivere, senza pietà. A volte piangevo; altre volte ricacciavo le lacrime indietro amaramente e a dispetto di quello che Ville mi aveva raccomandato, anche se era sera, serravo i pugni e andavo a sbollire facendo una passeggiata nel quartiere, accompagnata dalla solitudine della luce dei lampioni. Ne avevo parlato a Ville di questa storia quando mi aveva chiamata, e mi aveva detto di dare tranquilla e di smettere di farmi del male da sola. E aveva ragione, dio se l'aveva, ma sapere ciò che quelle persone scrivevano su di me mi faceva uscire di testa, io dovevo sapere. 

 

 

 

 

 

 

 

Avevo quasi riempito tutte le tele ma guardandole, una dopo l'altra, chiunque dopo qualche secondo si sarebbe accorto che erano orribili. Sembravano un mucchio di corvi che volavano come se fossero un'unica grande ombra che evocava il mio nome.


'Don't look don't look
the shadows breathe
Whispering me away from you 
"Don't wake at night to watch her sleep

You know that you will always lose
This trembling
Adored
Tousled bird mad girl... "

But every night I burn
But every night I call your name
Every night I burn
Every night I fall again

"Oh don't talk of love"
the shadows purr
Murmuring me away from you

"Don't talk of worlds that never were
The end is all that's ever true
There's nothing you can ever say
Nothing you can ever do... "

Still every night I burn
Every night I scream your name
Every night I burn
Every night the dream's the same
Every night I burn
Waiting for my only friend
Every night I burn
Waiting for the world to end

"Just paint your face"
the shadows smile
Slipping me away from you

"Oh it doesn't matter how you hide
Find you if we're wanting to
So slide back down and close your eyes
Sleep a while
You must be tired... "

But every night I burn
Every night I call your name
Every night I burn
Every night I fall again
Every night I burn
Scream the animal scream
Every night I burn
Dream the crow black dream
Dream the crow black dream... '




Erano un groviglio di colori scuri, non sapevo neanche io cos'erano in realtà, ma erano stati il mio chiodo fisso per un'intera settimana. Dopo quella fase avevo cambiato totalmente genere, tornando nella mia terra diciamo, e avevo disegnato solo su foglio ruvido con una semplice matita: nessun colore né grumo sulla ruvidezza del piano di lavoro, solo dei volti con ombre e parti di luce che sembravano denutriti. In effetti tutti i soggetti avevano il viso allungato, come prediligevo disegnarli,  gli zigomi alti, gli occhi sottili oppure enormi con molti particolari; non potevo negare che la parte su cui mi concentravo di più era sempre stata quella degli occhi. Lo sguardo era molto importante, bastavano anche solo una manciata di ciglia in più in determinati angoli e tutto il risultato complessivo variava completamente; forse era vero che erano lo specchio dell'anima. Modigliani diceva che il motivo per cui non disegnava i particolari all'interno dell'occhio e ne colorava solo di azzurro le sagome, era che non era capace di vedere dentro l'anima delle persone che ritraeva attraverso i loro occhi, e avevo sempre pensato che fosse vero. 

Mentre cercavo il temperino sul tavolo affollato di fogli da disegno, mi resi conto di quanto disordine ci fosse in casa; l'unica cosa che mi manteneva connessa al mondo reale e che non mi faceva perdere il conto dei giorni che passavano, era il lavoro, ma il tempo per stare a casa non mi mancava e dovevo ripulire. Quello che avrei dovuto fare era darmi una scossa, smetterla di vivere nella paura, ma non avevo le istruzioni per quel genere di cose, anche perché non era una cotta di prima media che dovevo dimenticare. Avevo bisogno di qualcuno e non sapevo neanche se poi alla fine ne sarei uscita, ma non volevo che qualcuno lo sapesse, ancor peggio Ville.

Mi ero fermata davanti alla finestra e anche se un passante in quel momento avrebbe giurato che stessi guardando la strada, in realtà ero persa nel vuoto. 

Mentre lasciavo che l'acqua della doccia m'inondasse il volto, captai un dolore allo stomaco e mi chiesi da quanto tempo era che non toccavo cibo. Spalmai il balsamo sui capelli e dopo averli massaggiati con cura li pettinai facendoci insediare le dita, sciogliendo tutti i nodi. Poi mi fermai e aprii gli occhi di scatto, lasciai andare i capelli e autonomamente le braccia scivolarono lungo il corpo, e quest'ultimo a sua volta si ripiegò su se stesso, rimanendo accovacciato sul piatto di ceramica. L'impatto brusco con il freddo della superficie mi riportò alla stessa sensazione che avevo provato quella sera, anche se credevo di non ricordare così tanti particolari. In questo caso, come diceva la mia insegnate di biologia, la parte del cervello che ricordava era la memoria a lungo termine, che si mantiene più a lungo nel tempo grazie a dei ' particolari ', in questo caso il freddo, che io associavo all'evento vero e proprio. Avrei voluto dimenticare tutto, avrei voluto essere in uno di quei film in cui un estraneo dalla pelle diafana ti prendeva il viso tra le mani e ti persuadeva a dimenticare. Avrei voluto non sapere nulla. Avrei voluto non essere io.

 

 

Dopo essermi messa il pigiama e aver tamponato i capelli distrattamente e controvoglia, mi richiusi a guscio nella metà del letto non inondata di fogli, e strinsi il cuscino tra le mani, soffocando il bruciore delle lacrime che sentivo in gola. C'era qualcosa dentro di me, una speranza forse, che però veniva uccisa sul nascere. C'era come una fenice fiammeggiante, che ardeva, bruciava, che tentava di rinascere da quelle ceneri ancora ardenti e fumanti, ma che veniva estirpata e soffocata ancor prima di rinascere e spiccare il volo.  

Ero stanca, e non solo fisicamente. Sentii lievemente il cellulare squillare dall'altro lato della parete, ma non avevo la forza di alzarmi e raggiungerlo, e prima che me ne accorgessi davvero, finalmente scivolai in un sonno profondo, ma pieno di incubi con bestie feroci. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note : 

" Burn " by The Cure . È l'atmosfera adatta per l'umore di questo capitolo, soprattutto per le tele.
 

Sorpresa!

Di questi tempi ho sentito molto parlare di cyberbullismo, e anche se tempo fa avevo visto un film sull'argomento non mi ero resa conto di quanto fosse grave la cosa. Non mi è mai capitato personalmente ma ho deciso di inserire questo tema nella ff perché è qualcosa che riguarda noi, perché è qualcosa di cui si deve parlare. Voglio dire ai diretti interessati che forse leggono questa ff che sono creature mosse dall'odio: ascoltate canzoni d'amore così appassionate come quelle degli Him e tutto quello che sapete fare è far del male e odiare gli altri. Siete fatti solo di odio.

 

Alle persone che soffrono per via di quest'idioti, dico di andare avanti e credere in se stessi.

 

Detto questo, ringrazio tutti coloro che seguono la storia e che recensiscono; vedere così tante persone interessate mi motiva ancor di più a scrivere.

Grazie.

 

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Capitolo 20
*** Still Falling ***


                                    





La sveglia continuava a martellarmi in testa, tanto da sentire le vibrazioni che rimbombavano sul mio cranio. Erano le quattro del pomeriggio e avevo un'ora per prepararmi e andare a lavoro. Mi alzai tenendomi la testa fra le mani, massaggiandomi le tempie. Feci tutto con calma e molto lentamente, ma non ci misi molto. Ero assente: sapevo esattamente le azioni che dovevo fare e che ripetevo meccanicamente, ma avevo la testa altrove, o almeno sembrava. Fondamentalmente non pensavo a niente, guardavo solo il vuoto. 

 

 

 

Mi piaceva molto il mio lavoro negli ultimi tempi: mi teneva la mente impegnata, che per tutta la durata del turno vagava commentando i clienti che entravano. Mi divertivo a decifrarli, a cercare di capire come erano fatti e che problemi avessero, così almeno per poche ore riuscivo a non pensare ai miei. 

Il turno ormai era quasi finito, e io stavo già preparando mentalmente il soggetto da disegnare quella notte. Avevo un mucchio d'idee che mi frullavano in testa, ma sembrava sempre che non avessi mai il tempo di realizzare tutto quello a cui pensavo. Sbadigliai guardando l'orologio appeso sopra l'ingresso del caffè e all'improvviso intercettai Ville che stava entrando dalla porta a vetri. 

" Ville " - gli andai incontro a passo svelto e per poco non gli saltai addosso. Volevo abbracciarlo, disperatamente, ma mi ricordai appena un attimo prima di farlo, che c'era ancora gente nella caffetteria, quindi mi ritrassi appena in tempo. 

Dopo l'enfasi iniziale, mi accorsi che Ville aveva un'aria strana e preoccupata.

"Ma quando sei tornato?" -dissi subito.

" Matilda perché non hai risposto al telefono?" 

Tastai subito le tasche del jeans nero sia davanti che dietro ma non trovai nulla e immediatamente capii che dovevo averlo lasciato a casa. 

" Scusami, devo averlo lasciato a casa quando sono uscita per venire qui oggi pomeriggio" - dissi con tono colpevole.

" Ti ho chiamata più volte ieri sera ma non hai risposto " - ora mi stava guardando decisamente male. Voltai lo sguardo a terra, consapevole del fatto che lo avevo fatto preoccupare. Il fatto era che la sera prima non ci avevo capito molto e non ricordavo neanche di aver sentito il telefono squillare. 

" Aspetta un attimo " -dissi freddamente mantenendo lo sguardo basso. Girai dalla parte interna al bancone e comunicai al boss che stavo andando via, presi la tracolla e m'infilai il giubbotto di pelle. 

Io e Ville uscimmo, ma dopo pochi metri di cammino mi prese per un braccio e mi portò verso un muretto che si affacciava sul parco, illuminato dai lampioni che ne disegnavano i sentieri. Mi mollò solo quando mi mise seduta di fronte a lui. 

Mi guardava negli occhi e non potevo abbassare lo sguardo questa volta; sapevo che lui mi avrebbe tirato su il mento, lo sentivo.

" Cos'è successo? " - disse serio mantenendo il suo sguardo fisso nel mio.

" Ho lasciato il cellulare a casa - dissi velocemente sostenendo la freddezza dei suoi occhi; socchiuse le labbra e prima che dicesse qualcosa continuai - Sono andata a letto presto e non ho sentito il telefono…Scusa" -aggiunsi, questa volta staccandomi dal suo volto e guardando verso il parco.

Continuava a guardarmi, sentivo i suoi occhi fissi su di me e facevano quasi male, come se avessero il potere di perforare la carne e le ossa. 

" Matilda, cos'è successo? " -mi chiese di nuovo. Questa volta la sua voce era comprensiva, quasi calda ed accogliente. Mi girai interrogativa perché gli avevo appena spiegato come era andata. Corrucciai la fronte e  ricominciò a parlare, ma adesso era lui che aveva distolto lo sguardo. 

" Prima di cercarti qui al locale, sono passato a casa tua e ho suonato il campanello; non rispondevi neanche a quello e stavo davvero iniziando a preoccuparmi, quindi ho iniziato a bussare sulla tua porta ma dopo pochi secondi mi si è aperta davanti. All'inizio pensavo ci fossi tu dietro, ma scostandola ho capito che era stata lasciata aperta ma non sapevo da chi" 

Fece una piccola pausa e mi guardò negli occhi, poi la fronte e immediatamente dopo tornò a guardare davanti a sé.

" Ho visto i disegni "

Una frusta immaginaria colpì l'aria intorno a noi, come se dentro di me si fosse spezzato qualcosa. Sapeva. Lo realizzai in quell'istante e non ebbi più il coraggio di seguire i suoi movimenti, quindi lo emulai, rivolgendomi verso lo stesso punto che stava osservando. 

Non ce la facevo. 

In quel momento nemmeno lui riusciva a farmi stare bene. Voleva sapere, ma io non potevo..

Mi prese la mano e al contatto si accorse immediatamente che tremavo. 

'Diamine'

Si avvicinò e mi strinse a se circondandomi con le sue braccia, come in una fortezza. Ma mi sentivo al sicuro? 

Feci un respiro lungo e profondo, il più profondo della mia vita e dai miei occhi prima umidi, adesso iniziavano a sgorgare lacrime roventi, che ne solcavano gli angoli, già segnati da lunghe notti insonni. 

'Si' -mi dissi. 

I polmoni mi si riempirono d'aria, ma facevano male, e poi esplosi.

" Sono stata violentata "

 

 

A quelle parole seguì solo il silenzio. 

L'unica cosa che fece fu tenermi stretta a se come mai aveva fatto, quasi come se volesse assorbire parte del mio dolore e donarmi calore, nuova vita. 

Lui in qualche modo capì. Realizzai che quella domanda, che mi aveva posto due volte, non si riferiva affatto a quella sera o al giorno prima. 

Mi aveva chiesto quello che aveva evitato la notte in cui ero piombata a Helsinki.

Aveva capito che qualcosa non andava, ma mi aveva dato tempo. 

Aveva aspettato che io fossi pronta.

 

 

 

 

Non riuscivo a smettere di tremare, così senza dire nulla Ville mi fece alzare sostenendomi e mi guidò verso casa. 

Si assicurò che la porta fosse ben chiusa stavolta e mi accompagnò a letto, lasciandomi sdraiare delicatamente. Quando mi lasciò e mi coprì con il lenzuolo gli ripresi la mano in segno di protesta e nel momento in cui mi guardò capì che avevo bisogno di lui anche se erano i miei occhi a supplicarlo e non le parole.

Si sdraiò alle mie spalle e mi raccolse nel suo abbraccio, cercando di far sparire tutte quelle ombre dai miei ricordi.

 

 

 

 

 

<< Still falling 

Breathless and on again 

Inside today 

Inside me today 

Around broken in two 

Til your eyes share into dust 

Like two strangers turning into dust 

Til my hand shook with the weight of fear 

I could possibly be fading 

Or have something more to gain 

I could feel myself growing colder 

I could feel myself under your fate 

Under your fate 

It was you, breathless and torn 

I could feel my eyes turning into dust 

Into strangers, turning into dust >>



















Note:


La canzone è Into dust di Mazzy Star, che ha ispirato il nome del capitolo.

Grazie mille per le recensioni, e grazie anche a tutte le persone che continuano a leggere la ff.
Alla prossima!

 

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Capitolo 21
*** "Portami Via" ***


                                    





Ville mi aveva stretta a se e non mi aveva più lasciata da quella sera. Ricordo il suo abbraccio caldo che mi cingeva e la sua stretta che mi diceva silenziosamente che non importava più nulla, che dovevo lasciare andare. In inglese c'è un aggettivo che racchiude tutta quella meravigliosa sensazione che provai: 'overwhelming', travolgente.

Da quella notte era sempre così attento e premuroso..più premuroso. Oltre alle volte in cui lavoravo, ormai era raro che rimanessi da sola: c'era sempre lui che con una scusa o l'altra mi faceva sempre compagnia. Credo che lo faccia per non farmi pensare: credo che lui abbia avuto molto tempo per pensare stando da solo, e conosce così bene la sensazione che si prova, che non vuole farla provare anche a me. Nonostante i suoi sforzi però, anche se per poco, io ci penso. Quando mi fermo e mi accorgo di tutto quello che fa per me mi viene una stretta allo stomaco, perché penso a cos'ha dovuto affrontare da solo, e mi maledico, se in qualche strano modo posso, di non esserci stata per lui, di non avergli tenuto la mano e affrontato i periodi difficili con lui. Poi però penso a quanto questo genere di cose, questo genere di dolore, siano personali, ma quando vedo Ville, ogni parte di me lo ringrazia di esserci, e spera che non se ne vada mai.

Anche se in confronto ad altro era una sciocchezza, Ville mi aveva proibito di riaprire il pc e di vedere ancora insulti di tutti i generi, un po' come un fratello maggiore. Nonostante gli avessi dato sul serio retta, sapevo che la gente non avrebbe smesso, o almeno non ancora. Avevo deciso però di lasciarmeli scivolare addosso, come bolle di sapone, ogni 'vai all'inferno' o altra cosa che avrebbero digitato tutte quelle dita malefiche, come artigli di arpie. 

 

Guardai tra i rami dell'albero che ondeggiavano fuori dalla mia finestra e poi la mia tazza di tè ai mirtilli: era fumante e di un viola intenso, da perdercisi dentro. Il vapore m'inondava il viso e donava alle mie guance un po' di calore. Mi lasciai sopraffare da quel piacevole tepore e dal pianoforte che cullava le parole di una canzone, stranamente italiana. 

 

 

<< Passerà, 

anche oggi passerà 

come fosse una lacrima che scivola e dove andrà? 

Forse tra i segni di un sorriso che amaro è ma, 

Passerà. 

 

Questo inverno cosa porterà? 

Un'altra primavera fragile che non sa come fiorire ancora. 

Nell'arco di un respiro è il suo odore. 

 

Passerà, 

e come aria passerà, quest'aria che in un fiato si inghiotte già 

tra le scorie di un inevitabile passato che tenta sempre di confondere >>

 

 

Quanto erano vere quelle parole? 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era stata violentata. 

Quando tornai a casa il giorno seguente, richiusi la porta alle mie spalle e piansi. 

I miei fottuti problemi esistenziali che mi facevano perdere il sonno non erano nulla in confronto a quello che le era stato fatto. Chiunque fosse stato il bastardo a farle tutto quel male, sperai diverse volte che morisse. Eticamente e umanamente non corretto che fosse, io lo desiderai, e anche parecchio. 

Avevo avvertito in lei qualcosa che non andava, ma mai avrei pensato a qualcosa di così grave. Quando pronunciò quelle parole quella sera, non le dissi niente, ma la strinsi forte a me, per difenderla da tutto il male che aveva subito,da tutte le ombre che aveva dentro. I suoi occhi erano assenti e vuoti, e per un momento vidi la sua anima attraverso le iridi di quegli occhi, esattamente vuota come lo erano loro. 

Ora sapevo con certezza che se le fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato : perché ora che era qui potevo proteggerla. Non volevo lasciarla sola, ne tanto meno che ci si sentisse e che iniziasse a ripensare.  Era un po' egoistico da parte mia decidere per lei, ma sentivo che dovevo farlo. 

Non avevo voluto chiederle niente perché non ero sicuro che ne volesse parlare; in quei momenti volevo solo farla sentire al sicuro. Speravo però che me ne avesse parlato quando si sarebbe sentita pronta.

 

 

 

Stavo salendo le scale che portavano al suo appartamento, quando la porta di casa sua si aprì e lei spuntò fuori dalla porta inclinando la testa. 

" Finalmente ! " - disse fingendo di essere arrabbiata. Desideravo con tutto me stesso che si riprendesse. Anche se cercava di non farmene accorgere, si capiva che non era un buon momento. A volte mi chiedevo come avevo fatto a non rendermi conto di come stesse davvero. Era dimagrita molto durante la mia assenza: le si erano assottigliati persino i polsi, che erano già magri per fatti loro anche prima; si notavano soprattutto quando si alzava le maniche della maglietta fino all'avambraccio. 

Mi venne incontro e mi abbracciò. 

" Pensavo ti avessero rapito i troll, sai? "

" Oh ma che spiritosa! Beh cos'hai di bello da mostrarmi oggi?" 

Ormai da quando avevo visto e scoperto i suoi disegni, non riuscivo più a farne a meno.Erano così..oscuri nella loro bellezza, o belli nella loro oscurità. Il punto era che rapivano la mia attenzione, proprio come avevano fatto i suoi portraits. In quei giorni era tornata a disegnare volti, confessandomi che erano la sua passione. I primi che avevo visto, quella sera, erano solo macchie oscure, come inchiostro, e da un certo punto di vista la sua produzione stava migliorando. Per questo motivo cercavo di stimolarla come meglio potevo. Sapevo che voleva aggrapparsi disperatamente a qualcosa e rimanerci, così speravo anch'io che non se ne staccasse.

 

" Mhm, ieri sera ero troppo stanca per buttare giù qualcosa e stamattina ho preferito poltrire accompagnata dal mio amato torpore nel letto, quindi.. "

" Capito.. Sei troppo pigra.."

" Ehi, parla quello che se ne sta sempre rintanato nella sua torre con il naso tra i libri !"

Gli feci la linguaccia con una smorfia e poi dissi serio:

" Sai, dovresti prendere sul serio questa cosa: hai talento Matilda - lei incrociò le braccia sul petto e mi ascoltò con attenzione- potresti diventare una vera artista affermata, anche se a mio parere puoi già essere definita un'artista- mi fermai, e la guardai negli occhi, per farle capire che pensavo davvero quello che stavo dicendo - perché crei cose belle "

Quando pronunciai quelle parole le brillarono gli occhi, e non poté fare nulla per impedirlo. Provò a mantenere un contatto visivo ma poi si voltò e mi diede le spalle, tenendosi i fianchi. 

" Sai, in tutta la mia vita ho sempre disegnato quando stavo male - si fermò e capii che le lacrime la facevano esitare; poi tirò su col naso e continuò- questo..periodo è stato molto 'produttivo' perché mi sento uno schifo. Quando sono arrivata qui tu hai come anestetizzato tutto, e quello che era successo l'ho come dimenticato, represso, ma è ritornato a galla. Io non credo di avere tutto il talento che tu vedi in me… "

Mi avvicinai a lei e le misi una mano sulla spalla; non sapeva quanto si sbagliava.

" E invece ne hai, ne hai da vendere : solo perché quello che crei proviene dal dolore pensi che non venga dal fatto che tu hai talento e delle cose da dire? Stammi bene a sentire - feci un altro passo per poterla guardare negli occhi- da dove credi che nascano le mie canzoni? Tutto quello che scrivo, o annoto è scaturito dal dolore, dalla malinconia. È il mio modo per esorcizzare i demoni dal mio passato, e tu, anche se non te ne sei accorta, fai lo stesso Matilda. "

Lei ci pensò su un attimo e si tirò giù una manica per asciugarsi le lacrime.

" Forse hai ragione.. Ma è difficile pensare che esca del buono da tutto questo.. Per me è impensabile "

" Non dire sciocchezze…" - le rubai una lacrima sfuggita al suo tocco e le accarezzai una guancia con dolcezza. Lei avvolse la mia mano nella sua, posandola a sua volta sulla guancia e poi si allontanò alla ricerca di qualcosa di misterioso nella sua borsa.

" Vieni, ti faccio ascoltare una cosa. Purtroppo non riesco a trovare il cd qui in mezzo. " 

Tirò fuori l'ipod e mi porse una cuffia, poi mi abbracciò con la testa bassa e premette 'play'. Ascoltai attentamente: la musica non era niente male, travolgente. Non riuscivo a capire neanche una parola ed intuii che era una canzone nella sua lingua. Riuscivo a capire solo ciò che il cantante ripeteva durante il ritornello: così le chiesi cosa volesse dire.

" ..Portami via…. - imitò lei con sguardo sognante, quasi implorante - significa 'take me away' …" 

Adesso capivo il suo sguardo. Quella canzone era così bella, e anche non conoscendone la lingua riuscivo a sentire la disperazione di quelle due semplici parole. Era la stessa che vedevo negli occhi di Matilda.

" ..Ti porto via " - sussurrai.












Note: 

Le canzoni del capitolo sono "Respiro" e "Portami Via" (che da anche il nome al capitolo) de Le Vibrazioni.
Se non le conoscete ve le consiglio, sono davvero delle poesie, come d'altronde tutti i loro testi.

Grazie ancora a tutti voi che seguite la storia.
Kiitos*


 

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Capitolo 22
*** Drunk on Shadows ***


                                    






" Sei sicura che non debba venire a prenderti?" 

" Ti ho già detto di no, la distanza del locale equivale a due isolati, posso farcela, che dici?" - dissi guardando per l'ennesima volta l'orologio, su cui il tempo sembrava arrancare. 

" Mhm.. Promettimi che starai attenta, e se cambi idea chiamami. Ti aspetto al pub, così mi racconti com'è andata la giornata "

" Certo Ville, so badare a me stessa, soprattutto da quando mi hai preso quel dannato coso che mi fai portare sempre appresso " - sbuffai. Ebbene si, un pomeriggio si era presentato a casa mia per darmi ' un piccolo e utile pensierino ', uno spray all' habanero ; roba da restarci stecchiti insomma. 

" Se non la smetti di rinfacciarmelo, giuro che te ne compro un altro ! " - disse dall'altro capo del telefono con tono minacciosamente buffo.

" Si si, ora però devo rientrare, la mia pausa è finita tre minuti fa "

" Allora a dopo Emme, ciao "

" A tra poco .." 

 

Mancavano ancora due ore, poi avrei staccato e avrei raggiunto Ville al locale. Ci vedevamo spesso lì e devo dire che ultimamente era diventato un posto più tranquillo. Forse Ville aveva riferito dell'episodio della foto al personale, infatti all'entrata, nascosto nell'ombra c'era un omone seduto su uno sgabello che scrutava con attenzione chiunque entrasse dalla porta d'ingresso. 

Ville mi aveva detto, dopo tanta insistenza da parte mia, che stava scrivendo molto e lavorando a del nuovo materiale, ma che era ancora presto per giudicarlo qualcosa di effettivamente buono. Nella mia mente non diedi minimamente retta alle sue parole, perché sapevo che qualunque cosa avesse creato, questa sarebbe stata magnifica e suadente. 

Io dal mio canto avevo limitato un po' la mia 'produzione' di << opere intricate >> come le definiva Ville; pensavo che forse dopotutto stavo un po' meglio, che mi ero ripresa, ma qualcosa nel profondo, tra le mie viscere che si attorcigliavano, mi diceva che non era affatto così come appariva. 

 

" Timo io vado, ci vediamo lunedì. Hyvää yöta! "

" Hyvää yöta, Matilda "

Timo era un uomo paffuto e gentile; aveva lineamenti tipicamente nordici, e degli occhi di un grigio azzurro intenso che si nascondevano dietro il riflesso delle lenti. Era stato molto ospitale, ma a quel punto mi resi conto che era una vera e propria caratteristica dei finlandesi, ce l'avevano nel sangue e non potevano farci niente. A volte veniva a trovarlo la sua nipotina Aino con sua figlia e ogni volta la faceva sedere in braccio e le intrecciava dolcemente i capelli, chiedendole cosa aveva imparato a scuola quel giorno. Ebbene si, stavo facendo progressi, e anche se molto lentamente, iniziavo a cogliere il significato delle conversazioni più semplici.

 

Uscii dal caffè e tirai fuori il cellulare per controllare che ore fossero : mezzanotte e venti. Mi misi in cammino, dopotutto non era lontano il posto da raggiungere, ma non avevo intenzione di ignorare del tutto i consigli di Ville. Insomma, lui sapeva meglio di me cosa potevo trovare in strada a quell'ora essendo del posto. Con passo accelerato, soprattutto nelle strisce di strada poco illuminate, raggiunsi il locale,  e dopo essermi data una sistemata alla giacca, entrai. 

C'era molta gente, un gruppetto davanti a me era appena arrivato e mi feci strada tra di loro per avere una panoramica migliore dell'ambiente. Cercavo di individuare dove fosse seduto Ville ma i miei occhi scrutavano solo volti sconosciuti. Cambiai posto d'osservazione e dopo altri tentativi, iniziai a girare tra i tavoli. Controllai il cellulare per vedere se c'erano chiamate, ma niente. Tavolo dopo tavolo, iniziavo sempre più ad insospettirmi: forse era venuto a prendermi, pensai. 

Raggiunsi l'ultimo tavolo del lato destro del pub e alla fine scorsi Ville appoggiato al tavolo. Con lui c'era qualcuno, con cui si stava divertendo davvero molto a giudicare dalle loro risate rumorose. Feci qualche passo e quindi avanzai verso di loro, il viso della donna ancora nascosto.

" Ville..? " 

Di scatto, lei si girò e il peggiore dei miei sospetti si avverò: Sandra mi stava guardando, o meglio fissando da capo a piedi più volte, con lunghi battiti di ciglia. La sua bocca cerchiata di rosso ancora impegnata nella risata.

Ville si accorse lentamente della mia presenza, e appena mi mise a fuoco esultò.

" Ehiiii ! Matilda ! - mi indicò con un dito - Sandra, questa è Matilda, piacere, si?" 

Lei scoppiò a ridere, ma poi si trattenne :

" Si, ho sentito molto parlare di te " - disse, accentuando con il suo sguardo ad occhi semi-aperti la parola ' molto '. Io la guardai e poi portai lo sguardo su Ville. Prima che potessi chiedergli qualunque cosa si alzò in piedi e biascicò qualcosa come  " Vieni a sederti " , ma non fece in tempo a finir la frase che crollò di nuovo su se stesso sul divanetto. 

" Ville, come ti senti?" - mi avvicinai preoccupata e gli presi il il mento costringendolo a guardarmi negli occhi. Appena li rivolse a me vidi che erano arrossati ; inoltre i suoi vestiti erano impregnati di un pesante odore d'alcol. 

" Ben..issimo - disse scoccandomi un sorriso - Sandra mi stava raccontando di come… Sandra, di che stavamo parlando? " - aggiunse pensieroso mentre lei scoppiava in un'altra, fottuta, grassa risata. Ma sapeva solo ridere? 

" Vieni con me sù " - allontanai il bicchiere dalle sua portata, come si fa con i bambini quando prendono qualcosa con cui possono ferirsi, e gli misi un braccio sotto le spalle, sperando che sarei riuscita a trascinarlo fuori di lì. 

" Ahahah, Matilda ma dove mi vuoi portare? " - Ville pesava molto più di quanto avessi potuto immaginare, anche perché lo stavo sorreggendo quasi come un peso morto, e non ci ero di certo abituata.

" Già, Matilda, dove vai? " 

Continuava a ridere. Continuava a fare dello spirito sul fatto che gli aveva praticamente permesso di ridursi ad uno straccio, senza fare nulla. A quel punto sbottai. Mi voltai di scatto tanto da ritrovarmela a pochi centimetri. 

" Non credi di aver fatto abbastanza per stasera? "

" Ci siamo solo divertiti, non sei una che si diverte spesso? - poi si mise una mano davanti alla bocca e maliziosamente continuò con quel suo sguardo - In quel senso, intendo "

Non avevo la minima intenzione di rispondere alle sue cazzate. La guardai per un ultimo attimo in cagnesco avendo quasi paura che mi spuntassero gli artigli, e poi mi feci largo con Ville a seguito per uscire da quella bolgia. Una volta in strada composi il numero per chiamare il taxi e comunicai l'indirizzo. Quando chiusi la chiamata mi accorsi che Ville stava giocando con i miei capelli. 

" Ma come ti è saltato in mente?" 

"Matilda non sei mia madre, e anche se lo fossi.. No, non potresti esserlo, siete completamente diverse tu e mia madre. Sai, lei ha i capelli rossi, invece tu no, perché? " 

Lo guardai un po' esitante e alla fine lo assecondai ; non era più in sé e stava sparando stupidaggini a destra e a manca.

" Già, perché?.. " 

Il taxi arrivò nel giro di qualche minuto, anche perché le strade erano deserte. Lo aiutai ad entrare nell'abitacolo e poi iniziai a dire all'uomo seduto al volante l'indirizzo di Ville fino a quando non se ne accorse. 

" No! Non andiamo a casa mia, no no non posso " 

" Mi scusi solo un secondo " - dissi al tassista voltandogli le spalle.

" Ma che stai dicendo? Ti porto a casa"

" No, non posso tornarci "

" Ma perché no? " - sbottai esasperata. Lui avvicinò il suo viso al mio e sussurrò:

" Mi aspettano le ombre, aleggiano sulla mia testa e non si fermano mai, non posso " 

Era inquietantemente  serio, ma nei suoi occhi c'era lo stesso tipo di fragilità che hanno gli innocenti. Sembrava..indifeso. Per qualche strano motivo provai un senso di vuoto ascoltando le sue parole, e lo capii perfettamente. 

Lo guardai ancora una volta ma lui ora guardava da un altra parte, oltre il vetro del finestrino. 

Comunicai il mio indirizzo e partimmo nella fresca notte di Hellsinki.

 

 

 

Lasciai un attimo Ville appoggiato alla porta per prendere le chiavi dalla borsa e per poco non cadde a terra come una pera cotta. 

" Sta attento cavolo.. Non ti reggi in piedi " 

"Mhm.. "

" Vieni, ti porto in bagno" 

Lo feci sedere a terra davanti alla vasca, in modo tale che avesse un appoggio per il collo e la schiena; gli bagnai il volto accuratamente con un fazzoletto e poi passai ai polsi. Lo lasciai per pochi attimi per andargli a prendere un'aspirina e per poco non si addormentò. Mi accovacciai sulle ginocchia con il bicchiere in una mano e gli diedi dei leggeri schiaffetti sulle guance.

" Ville svegliati, non ancora: prima devi bere questa, dai avvicina la bocca "

Speravo che in qualche modo avrebbe vomitato, o che l'aspirina avesse qualche effetto, anche se lieve. Purtroppo era una cosa che doveva passare da sola, io potevo solo stargli vicino in quel momento, non avevo nessun magico strumento per farlo stare meglio.

Lo feci sdraiare a letto e ai suoi piedi misi anche una bacinella, per sicurezza, nel caso gli fossero venuti inaspettatamente dei conati di vomito. Gli slacciai le scarpe e rimboccai le coperte ormai leggere fino al suo torace. All'improvviso mi prese la mano e aprì debolmente gli occhi: aveva lo sguardo confuso e alienato ma nonostante ciò i suoi due specchi si facevano ascoltare.

" Non essere arrabbiata con me .. "

Gli accarezzai la fronte e lui sospirò schiudendo di nuovo gli occhi.

" Non lo sono…." - dissi con tutta la dolcezza possibile.

Mi rivolse un lieve sorriso, come se fosse sereno dell'esito della mia affermazione e poi si abbandonò alla sonnolenza che lo rapì rapidamente. 

Spensi la luce e mi preparai a passare la notte sul divano. Avevamo già passato la notte nello stesso letto, ma così, in quel modo, non mi sembrava giusto nei suoi confronti. 

Avevo voglia di guardarlo dormire, ma dovetti resistere. 














Note :

Il titolo dei capitolo è lo stesso di una canzone degli Him: l'ho scelto perchè mi sembrava molto appropriato a questa situazione.

Il nome del capo di Matilda è lo stesso di Timo Mukka, di cui in questi giorni ho sentito parlare.

Grazie a tutti coloro che recensisco o che leggono soltanto, è gratificante vedere che la storia piaccia a qualcuno. In ogni caso se avete qualcosa da dire, o qualche critica non esitate e scrivetela.

Kiitos ja Hyvää yötä !


 

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Capitolo 23
*** Hämmennys ***


                                    





'Dio che mal di testa'

Più cercavo di alleviare il dolore massaggiandomi le tempie, e più le fitte arrivavano. 

Cercai di alzarmi senza sbandare e cadere con il sedere a terra, e dopo un paio di goffi tentativi ce la feci. Quando mi affacciai alla porta della cucina vidi Matilda dormire pacificamente sul divano e subito mi ricordai della sera prima, imprecando. Solo ora mi ero accorto di trovarmi a casa sua, e di..aver dormito nel suo letto? Aveva dormito sul divano, ma perché? 

Qualunque fosse stato il motivo mi sentivo in colpa ancora di più: avevo fatto proprio una cazzata, come mi era venuto in mente… 

'Le sarò sembrato un vegetale ieri sera, un totale coglione.. '

Più ci pensavo e più mi sentivo la testa in fiamme. Dovevo andarmene, non volevo disturbarla, e in più non sapevo cosa le avrei detto se si fosse svegliata, non sapevo come giustificarmi. Ho 30 anni suonati da un bel po' e ancora facevo la spugna in quel modo.. Il bello è che non ricordavo neanche tutto questo granché e in quel momento volevo rimandare qualsiasi cosa avesse da dirmi Matilda.. 

A volte sentivo di essere come un esempio per lei.. Cioè, da quando era stata male, da quando me lo aveva detto, ero diventato io quello " forte ".

 

Passai di fronte al piccolo tavolino, al di là del quale c'era il divano sul quale dormiva rannicchiata ad una coperta; cercai di non fare il minimo rumore, ma poi mi accorsi di non avere effettivamente le scarpe ai piedi. Imprecai di nuovo, e non so in quale lingua. Dovetti rifare tutto il percorso a ostacoli per tornare indietro a prenderle. Gesù, c'era un tale casino in quella casa.. Ma non potevo lamentarmi, perché io ero molto peggio sul fronte dell'ordine. 

Indossai le scarpe e ritornai sui miei passi, ma appena passata la porta della camera da letto mi ritrovai davanti la figura ancora assonnata di Matilda: indossava una t-shirt molto larga e lunga, con la copertina di ' Closer ' stampata sul davanti, che le arrivava fin sopra il ginocchio, lasciandole le gambe nude. Aveva i capelli arruffati, ma non se ne curava affatto; ora, dopo aver sbadigliato, aveva incrociato le braccia sul petto e mi fissava attendendo una risposta.

 

"Ehm… Buongiorno! "

" Te ne stavi andando vero? " - mi disse, e poi iniziò a rifare il letto come se niente fosse.

" Veramente…"

" Ville? "

" Si… È solo che … Cos'è successo ieri notte?"

" È successo che ti sei ubriacato, brutto idiota. "- mi guardava in cagnesco, a pensarci bene non l'avevo mai vista così incavolata. Nonostante la rabbia che provasse, aveva una strana e malinconica tristezza negli occhi e così capii che era stata in pena per me, e a giudicare dal tono severo delle sue parole, lo era stata anche un bel po'. 

"Mi dispiace Matilda, non volevo mi vedessi mai così.. in quello stato "

" Già…  - smise di tirar su il copriletto e si cinse le braccia dandomi le spalle - mi hai fatto spaventare a morte… Ah, e hai proprio dei bei amici, eh"

" Cosa c'entrano i ragazzi? " -chiesi sorpreso. Lei si voltò e mi guardò torva.

" Davvero non te lo ricordi? "

" Non ricordo molte cose.."

" Direi proprio nulla - disse interrompendomi- Ville, eri con Sandra "

" Sandra? Oh.. Devo averla incontrata al pub; ecco si, ora ricordo, l'ho incontrata mentre ero lì ad aspettarti…. La situazione dev'esserci sfuggita di mano"

" Ah no, non ti preoccupare per lei, sai, stava piuttosto messa bene, era molto più lucida di te" -disse stizzita.

" Cosa vuoi dire, Matilda?" 

" Ville, lei non mi piace, e ieri sera ne ho avuto la prova, devi sapere solo questo. "

" No, spiegami, a volte non ti capisco davvero. Ti comporti in modo strano.. e vorrei entrare nella tua testa "

" Vuoi sapere cosa penso? Credo fermamente che ti abbia fatto o lasciato ubriacare, perché persone del genere non vogliono il bene. Mi comporto così perché a me importa di te, e di come stai e l'immagine di te, di come ti ho visto ieri sera, rimarrà impressa nella mia mente, e non voglio riviverla mai più. Bere va bene, ma bere da starci male è diabolico. "

Alcune parole mi ferirono, e non è difficile indovinare quali. Altre mi fecero piacere.

" Perché ne sei così convinta?"- domandai freddamente, con lo sguardo perso nel vuoto.

" Istinto .."

" Istinto…. " -ripetei. Lei mi guardò, ma fortunatamente non sembrò capire cosa mi passasse per la testa in quel momento. 

" Mi dispiace per quello che è successo "

" A me dispiace di più… " - mi colpì di nuovo, con quelle sue parole e quei suoi occhi. All'improvviso mi sentii strano, voglio dire,  più strano. Lei se ne accorse.

" S-Stai bene??"

Improvvisamente mi risalì per la gola un conato di vomito e corsi, immancabilmente inciampando, verso il bagno. 

Mi sembrò di vomitare anche gli occhi, ma c'erano state volte peggiori, mi dissi. Alzai la testa per pulirmi il viso e mi accorsi che Matilda era lì, dietro le mie spalle a tenere raccolte le ciocche di capelli ribelli che sfuggivano imperterrite.

" Non avevi ancora vomitato da ieri notte.. "

" Oh, grandioso…"

" Vieni, ti preparo un'altra aspirina"

" No, aspetta- gli fermai il braccio- credo di non aver finito .. " 

Guardavo fisso davanti a me, mi vergognavo a morte di farmi vedere in quel modo, ma avevo bisogno che qualcuno mi stesse accanto, almeno stavolta. 

Lei annuii, e si sistemò dietro di me; prese dal polso il suo elastico nero e mi raccolse delicatamente i capelli in un codino dietro la nuca. 

" Sai.. Ieri hai detto delle cose che mi hanno lasciata un po'.. spiazzata "

" Oh, Matilda, qualunque cosa abbia detto dimenticala, non ero in me conoscendomi… Non devi dargli peso, ti prego "

" Ma no, non era una cosa insensata secondo me.. " - sorrise lievemente, e iniziò ad accarezzarmi la schiena, cercando in qualche modo di consolarmi.

" Mhm.. allora spara"

" Mentre eravamo sul taxi, e ti stavo per riportare a casa tu mi hai obbligato a non andarci… Hai detto che non potevi tornarci perché c'erano le ombre ad aspettarti… - sgranai gli occhi. In quel momento mi resi conto che quando ero ubriaco ero più lucido di quanto pensassi. Prima di farmi notare, tornai a concentrarmi sul vuoto, e lei continuò - e poi, stanotte mentre dormivi hai detto qualcosa come che non potevi portarmi a casa tua "

" Pensa un po'… Dovevo essere davvero fuori "

" Io invece credo che ci fosse molta più verità di quanta tu ne voglia ammettere in quelle parole … "

Mi lasciò di sasso. Era raro che fosse così diretta ad esprimere i suoi pensieri, e forse con me non lo era mai stata in quel modo. Ora non sapevo davvero cosa dirle, e subito pensai a qualche minuto prima, quando avevo avuto l'occasione di fuggire da quella situazione imbarazzante. 

" Non voglio che mi spieghi se non vuoi… "

Silenzio. Non riuscivo a dire una parola, come bloccato da quelle ombre. Poi qualcosa si mosse, e mi resi conto che si era alzata.

"Vado a prenderti un'aspirina, ti aspetto di là.. "

Mi sorprese per l'ennesima volta, e poi scomparve dietro la porta. La ringraziai mentalmente, ma dal profondo del cuore.

Cercai di ripulirmi come meglio potevo, così mi lavai il viso per bene, per recuperare un po' di colore e poi lo asciugai con l'asciugamano azzurro che mi trovai davanti. Quando affondai in viso nel tessuto inalai involontariamente il suo odore, ed arrossii violentemente. Ora sì che avevo di nuovo colore. 

 

 

Fortunatamente mentre facemmo colazione, o meglio quando lei cercò di farmi mangiare qualcosa, parlammo d'altro, allontanandoci da quella sorta di terreno minato che si era creato dalla sera precedente. 

Arrivato il momento di andare, Matilda insistette per accompagnarmi almeno fino al vialetto di casa, perché diceva di non sentirsi ancora del tutto sicura. Le spiegai che una volta dopo aver rigettato ci si sentiva già molto meglio, ma insistette caparbiamente, e così ci ritrovammo a camminare in mezzo al verde del quartiere in quelle ore mattutine.

" Ci credi se ti dico che erano anni che non passeggiavo da queste parti a quest'ora? "

" Diamine no, Ville! É possibilissimo. Devo dire che neanch'io sono mattiniera ma tu hai il record"

" Sono appena le 11 " 

" Appena?  - rise a crepapelle. Dopotutto non stavo scherzando molto- senti un po', ma mi farai mai visitare la famigerata torre? "

Avevo come l'impressione che volesse tornare sull'argomento, quindi mi misi un po' sulla difensiva.

" Beh ecco… Mhm, avrei preferito la vedessi in un'altra occasione, visto che è un casino, ma dopo aver visto casa tua ho capito che non è così terribile "

Mi diede una gomitata in un fianco, ma non mi fece male.

" Quanto sei maligno! Dicono tutti così, per prima mia madre, ma io adoro il mio disordine, dopotutto riesco a conviverci. Ecco, il mio disordine è come dovrebbe essere l'ordine "

 Nel frattempo arrivammo nel giardino.

" Non fa una piega. Dal momento che siamo qui, direi che questo è il momento giusto per farti vedere casa mia, dopotutto ci conosciamo da un po' ormai "

Le feci strada, guidandola nel giardino anteriore al portone di casa. Aprii il portone dopo aver esaminato tutte le tasche per trovare le chiavi, ma mi accorsi che lei era rimasta incantata : stava contemplando i rami secchi dell'edera che cresceva sulle pareti esterne, e che adornavano le finestre come delle cornici. 

" Ti piacciono?"

" Sono molto decorativi, li adoro "

Le sorrisi.

" Beh, te ne vuoi stare imbambolata qui fuori o vuoi entrare? "

" No no arrivo.. É solo che.. beh tutto questo lo avevo visto solo in foto"

" Sapevo che avevano fatto delle foto anche dall'interno, purtroppo sono sempre qui, eppure non riesco a beccarli. Sono sicuro che questi figli di buona donna vengano a farsi i loro servizi fotografici quando sanno che non ci sono, o quando sono in tour"

" Dev'essere stressante, posso provare a capirti.. "

" Lascia stare, non dispiacerti, non è colpa tua… Tu sei solo..curiosa "

" Sai, è l'aggettivo giusto "

In effetti lo era. Appena varcò la soglia entrò in un estasi ancor più profonda tanto che dovetti chiamarla due volte per attirare la sua attenzione.

 " Dev'essere stupendo vivere qui, lontano dal mondo.. "

" Sai, sei una delle poche persone che la pensa così… In genere provano tutti compassione perché pensano che sia abbandonato a me stesso, ma la realtà che non vogliono capire è che io ci sto bene insieme alla mia solitudine. Qui ho tutto ciò che mi serve per sopravvivere, la musica in ogni sua forma o se preferisci formato, e i libri. "

Mi sorrise, come se capisse la mia situazione e ciò che provavo.

" Sai, una delle cose a cui non ho rinunciato e che ho portato con me dall'Italia sono i miei vinili… altrimenti mi sarebbero mancati da morire "

" Hai l'aria di masticare più musica di quanto sembri "

" Non sono un'esperta come te di certo, ma ho le mie basi " -si vantò, esaminando i dettagli della stanza.

" Beh, vado a farmi un caffè, vedo che tu qui hai da fare… fa come se fossi a casa tua, ti prego.. Ne vuoi una tazza anche tu?"

" No grazie " -rispose distrattamente mentre faceva scivolare le sue dita dappertutto.

La lasciai li con gli occhi sognanti tra le pile disordinate di libri e polvere che avevo lasciato sullo scrittoio, e preparai la mia tazza di caffè fumante in cucina. Quella mattina ne avevo proprio bisogno, e dopo l'aspirina e la camminata anti sbornia, il caffè avrebbe dovuto farmi stare meglio. 

Quando tornai in salotto trovai Matilda sul divanetto, seduta all'indiana, tutta intenta a spulciare un posacenere pieno di nemmeno io sapevo cosa. Appena si accorse della mia presenza nella stanza, arrossì e si fermò.

" Scusami… È che l'ho visto su quella mensola e non appena mi sono accorta che c'erano cose d'argento dentro, l'ho preso in mano per guardare meglio.."

" Ah, quindi sei una ladra!" - dissi scherzoso, accomodandomi sul divano per vedere cosa aveva trovato.

" Ma smettila! Semplicemente mi piace molto l'argento… Lo preferisco di gran lunga all'oro di qualsiasi colore, nonostante il fatto che valga di meno"

" Anche a me piace, l'oro è troppo …"

" Troppo giallo? "

"Sì " -ridemmo. 

Lei dopo un'occhiata d'assenso, continuò a frugare dentro al posacenere a forma di conchiglia rovesciata, e dopo un po' ne tirò fuori un anello. Lo esaminava con cura, come se si fosse persa qualcosa, come se qualcosa non quadrasse. Era un anello d'argento, non troppo massiccio.

" Ma..questo io l'ho già visto… È.. - non capivo; continuava a toccarsi le nocche - è il mio anello, ma dove cav…"

Il suo anello? Appena volse la parte frontale verso di me, l'immagine di quel simbolo mi ritornò alla mente. La tazza di caffè rimase a mezz'aria.

" Eri tu la ragazza che cantava sotto quella pioggia gelida?"

Matilda aveva lo sguardo sbarrato, come se avesse visto un fantasma; alle mie parole arrossì violentemente e mi guardò.

" Si …" -disse con un filo di voce.











Ta ta ta tan! xD 
Finalmente l'anello è sbucato fuori! E finalmente ho aggiornato!

Note:
Closer è un album dei Joy Division.
Il titolo del capitolo è 'Imbarazzo' ; mi sembrava più che appropriato..
Mentre scrivevo questo capitolo ho ascoltato vari gruppi, tra i quali i Type, i Night e i Nirvana (oggi va cosìì).

Ringrazio chi recensisce sempre e mi sprona a continuare la storia, ma anche chi legge silenziosamente e pensa di non esser notato. In realtà rimango sempre sorpresa della gente che segue questa storia, mi fa piacere insomma. 

Alla prossima!
Kiitos paljon.

 

 

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Capitolo 24
*** Love can be as cold as Grave ***


                                    






" Perché non mi hai detto mai nulla in tutti questi mesi?" - chiese con uno sguardo sconcertato, rigirandosi l'anello in mano.

Io esitai. Ero stata scoperta. Mai avrei creduto che rammentasse quella notte gelida, ancor meno che avesse lui quell'anello che non ricordavo neanche di aver perduto.

" Non era importante.. Insomma cosa avrei dovuto dirti? Sono la ragazza di quella notte sotto la pioggia, ti ricordi di me? Mi avresti preso per una maniaca e non avresti più voluto sapere nulla di me.. "

Mi guardò interdetto e mi porse l'anello.

" Io ricordo solo di una timida ragazza che cantava sotto la pioggia una canzone dolce e straziante, proprio come la sua voce… Non ho neanche visto il tuo volto "

" Mi dispiace.. Volevo solo passare inosservata e ascoltare le vostre prove, ma mi hai scoperta " - constatai con un po' di amarezza.

" Non si origlia dalle finestre, sai?- si fermò e ci guardammo: ora ero io che rigiravo tra le mani il mio anello per l'imbarazzo. - Suppongo che ora rivorrai il tuo anello indietro - disse quasi con rammarico aspettando una mia risposta che non fece neanche in tempo ad arrivare - però non sono così sicuro di potermi separare da lui - disse velocemente riprendendoselo tra le mani - mi ci sono affezionato ! "

" Puoi tenerlo " - dissi dolcemente e lui colse quella vena sdolcinata che purtroppo aveva invaso la mia voce.

" Grazie " -mi sorrise, e dopo aver gettato un ultimo sguardo all'anello, lo ripose nella tasca dei jeans. Poi fece per sedersi e riprese tra le mani la sua tazza di caffè, che non aveva ancora neanche toccato. Inalò quel profumo a pieni polmoni e ne bevve un sorso.

Io ero rimasta seduta, o per meglio dire impietrita al suo fianco, e non sapevo cosa fare, ancora avvolta da un profondo imbarazzo e nervosismo. In effetti forse glie ne avrei dovuto parlare, ma come si fa a confessare una cosa così vergognosa ed infantile? Per la seconda volta, che a conti fatti era la prima, mi sentivo come una ladra. Ero ancora frastornata dai miei pensieri quando lui mi spiazzò nuovamente.

" Voglio sentire la tua voce, di nuovo Matilda "

Non suonava come una richiesta, o per lo meno non come una richiesta inoffensiva. Era quasi un comando dolce, a cui sapevo di non poter resistere. 

" Non sono un granché, la mia voce è dozzinale, si può trovare anche su youtube.. "

" Non amo molto internet, mi dispiace"

" Ti presto il mio pc "

" Matilda.."

Sbuffai e pregai che qualche elfo di qualche gdr mi tirasse fuori da quel casino. 

" Ohh, ma fai sul serio? Sono una pippa, non t'è bastata una volta?" - chiesi esasperata, mentalmente in ginocchio.

" Quella notte ti ho solo sentita di sfuggita, sei scappata subito via come una lepre. Mi piacerebbe molto ascoltarti.. "

Lo guardai con aria sconfitta, consapevole che per avrei cantato per lui, cercando di non pensare che mi era accanto e che mi avrebbe osservato per tutto il tempo. Strinsi i denti, e determinai la mia condizione.

" Se vuoi sentirmi cantare, allora dovrai accompagnarmi… " - dissi timidamente, affrontando quell'immenso mare verde che si agitava nei suoi occhi.










 

 

 

 

 

 

 

 

Le dita di Ville iniziarono a muoversi veloci sui tasti di legno scuro, e mi mancò il respiro, giusto un attimo prima dell'inizio della strofa. Ma poi, come per magia, la voce mi si materializzò in gola, e iniziai a cantare note basse.

 

 

<< Heartache is knocking on her door

Shadows dance outside her window

Tears keep falling on the floor

As the world around her crumbles

 

If you want to save her

First you have to save yourself

If you want to free her from the hurt

Don't do it with your pain

If you want to see her smile again

Don't show her you're afraid

Because your circle of fear is the same

 

 

Ville mi guardava in modo curioso: sembrava pensieroso ma allo stesso tempo divertito. Era come se avesse qualcosa che gli frullava in testa, ma in quel momento non volevo neanche saperla. Volevo solo concentrarmi al massimo, ed evitare figuracce, ma non dovetti quasi per niente preoccuparmene perché cantavo spensierata e leggera, come mai avevo fatto. Mi sentivo al sicuro, e la presenza di Ville anziché innervosirmi come aveva fatto con la mia mente, aveva un effetto benefico sulla mia voce, quasi lenitivo e protettivo.

 

 

Love can be as cold as grave

A one-way ticket to endless sorrow

An empire of gentle hate

Today without tomorrow

 

 

It's the circle of regret

The circle of hate

The circle of death

Your circle of fear is the same >>

 

 

 

" Diavolo.. " - disse. Appena la musica finì, mi tornò quel nodo alla gola; ora ero di nuovo da sola al suo cospetto, senza difese.

" Sei.. incantevole e ..una forza. Perché mi hai detto tutte quelle cazzate prima?"

" Sono la verità!"

" Come sempre ti sottovaluti, è questo il tuo problema"

" Sai, io ho tanti problemi"

" Che simpatica" 

Si alzò dal tappeto e ripose la chitarra sull'appoggio, e poi si avvicinò per sedersi.

" Ti sottovaluti, e credimi, io ne capisco qualcosa di queste cose. Molte band hanno cantanti pessime, e stanno in piedi solo per l'immagine, come se alla gente bastassero dei capelli tinti per divertirsi, e suppongo che sia così per molti. Ma tu cavolo, sei brava, dovresti farne qualcosa di questo dono"

" Dono? Addirittura! Ville, non so a cosa stai pensando ma non sono così brava da sfondare sul serio.. Non ne ho la faccia, non sono la persona giusta, credimi"

" Neanch'io lo ero, non lo sono " - all'improvviso si perse nel vuoto, come era solito fare, come se stesse guardando ed esaminando la sua vita. 

" Come fai a sopportarlo? Intendo dire, a sopportare di stare davanti a così tante persone senza scappar via.."

" Con l'alcol… Tempo fa ci andavo giù pesante, ora mi concedo solo una birra per scaricare tutta quell'adrenalina… Ti pulsa nelle vene, più del sangue, e a volte ti sembra di esplodere..ma poi la  musica inizia e provo a chiudere gli occhi ed inizio a vedere solo con l'udito.."

" Dev'essere magico.."

" Un giorno potresti verificarlo tu stessa.. "

" Chissà"

"Chissà…" -I nostri volti erano pericolosamente vicini, tanto da sentire l'uno il respiro dell'altro sulle guance. Le nostre iridi fungevano da lucidi specchi, dove ci perdevamo. Era una sensazione strana : eravamo consapevoli di perderci l'uno dentro l'altra, ma nessuno di noi due era pronto a lasciarsi andare alla propria fantasia. Continuavamo ad osservarci ed inconsapevolmente ci avvicinavamo, come in un lunghissimo rallenty , una di quelle scene ansimanti, durante le quali ti si ferma il respiro e non arriva più abbastanza ossigeno al cervello per vederci chiaro. Sempre più vicini…quando all'improvviso suonò fulmineo un campanello stridente.

Ci allontanammo di colpo, abbassando lo sguardo imbarazzati, quello stesso sguardo che avevamo sostenuto fino a pochi secondi prima.

Ville sibilò qualcosa e poi si alzò per andare ad aprire la porta di fronte a noi.

Era impensabile quello che sarebbe potuto accadere…una parte di me avrebbe voluto fortemente che accadesse, e ne ero consapevole. Quasi mi vergognai per questo. 

 

Ville nel frattempo stava aprendo la porta, e come in un brutto sogno, da dietro la porta spuntarono delle lunghe unghie laccate di rosso che si avvinghiarono al suo collo. E non appena la visuale fu totale, vidi la scena direttamente con i miei occhi, ancorata saldamente al pavimento.

Sandra stava baciando Ville sulle labbra, le stesse che prima stavano per sfiorare le mie. 

In quel preciso istante tutto il mondo fatato e l'atmosfera speciale che si era creata in quella stanza svanì, e venne invasa da una profonda e velenosa ondata di pungente dolore, che pareva trasformar tutto quanto in qualcosa di morto e senza vita.









Note :

La canzone è Circle of Fear naturalmente.

Mi scuso per non avere aggiornato e per averci messo tanto, ma è un periodo un pò così.
Per la gioia di qualcuno M e V non si sono ancora dati un bacio u_u
Anyway, ho in mente di rendere Ville più partecipe e di narrare di più dal suo punto di vista, perciò fatemi sapere se vi piacerebbe questo tipo di narrazione.
Come sempre ringrazio tutti coloro che recensiscono ma anche che leggono silenziosamente.
Alla prossima, 

Kittos ja hyvää yötä!
 

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Capitolo 25
*** Pouring Breaths ***


                                    



Mi alzai fulminea e m'infilai la giacca nervosamente, cercando di non badare a ciò che stava avvenendo. Quando fui pronta ad andarmene da quello schifo di situazione Ville allontanò quella presa pesante da sé e mi guardò sbalordito. Erano passati solo pochi attimi, ma sembravano vite intere. 

" Matilda aspetta, dove vai? "

Riuscii a sfuggire al suo tocco, al suo tentativo repentino e senza speranze di riuscire a prendermi per mano. Sgusciai tra l'uscio della porta e quella serpe ormai senza veleno e fui lieta di sentire l'aria fresca che si abbatteva sul mio viso. 

Ville corse dietro la mia scia e chiuse la porta spostando letteralmente Sandra dall'uscio e gridandole qualcosa che non potevo ancora capire purtroppo. Sentii i suoi passi rapidi sui gradini, e quando ne ebbi la certezza, quando sentivo davvero il fiato sul collo, allora le mie gambe iniziarono a correre impazzite, verso il nulla. 

'Ma che cosa sto facendo?' -pensai.

In quel momento sarei solo voluta essere aria: trasparente, incolore, dissolta. Non avrei voluto provare niente.

'Ma perché mi comporto così?'

Il mio cervello era troppo sconvolto per rispondere a quell'assurda domanda; riuscivo solo a correre, spinta dal desiderio folle di sparire. 

Le nuvole stavano formando dei grumi nel cielo, raggruppandosi, e distrattamente intuivo che stava per piovere.

Pioveva : proprio come quella notte, in fin dei conti sono sempre io quella che scappa.

Cercavo di correre ed essere veloce più che potevo, ma non ero mai stata una cima, ne nelle ore di educazione fisica ne in qualsiasi altro maledetto sport. La fitta che ormai pulsava già da un pezzo, si faceva sempre più insopportabile ; sentivo la testa leggera, l'ossigeno che non arrivava più al cervello. Stavo rallentando.

Sentivo la voce in lontananza di Ville, che urlava il mio nome ai quattro venti, ma ormai quel suono si affievoliva, con lo scrosciare della pioggia sull'asfalto.

Ero esausta e, arrivata sulla riva di quello che sembrava un laghetto artificiale mi fermai sfinita: caddi sulle ginocchia, e sperai che i salici coprissero la mia figura dalla strada, e che lui non mi vedesse. Stavo per scoppiare, e lo sapevo. In quel momento desiderai seriamente di non aver preso quell'aereo per Helsinki. Sentivo del male dentro il mio petto, e non capivo il perché. Ero sulla lama del rasoio: un passo in più da entrambi i lati della linea e sarei precipitata. Ma che diavolo mi era preso?

Sentii all'improvviso un respiro pesante alle mie spalle e poi un abbraccio forte, stritolante; somigliava ad una gabbia che non voleva farmi volar via. 

Ville era piombato dietro di me, e poi subito dopo al mio fianco, senza che io me ne accorgessi, totalmente annebbiata dai miei pensieri e dai miei dolori al petto.

"Perché l'hai fatto? "- mi chiese ansimante, gridando per sovrastare il suono della pioggia.

Lo guardai, evitando di strizzare gli occhi, lasciandomi accecare dalle gocce d' acqua. Era bellissimo, come una visione eterea, eternamente irreale. 

" Tu perché lo hai fatto?" -gli chiesi a mia volta.

" È stata lei a piombarmi add…." 

Ville continuava a respirare affannosamente, sempre di più fino a quando capii che non stava più respirando come credevo. 

" Ville, che cos'hai? " - sbottai, preoccupata fino all'inverosimile. Non sapevo come comportarmi, ero completamente inutile. Lui si sdraiò sulla schiena e chiuse gli occhi cercando di calmarsi, invano. 

Cercava disperatamente d'ingoiare l'aria ma la sua gola sembrava restringersi sempre di più, e vene blu gli si disegnarono sul collo, lo avvolgevano come l'edera sulla sua torre. Aprì di scatto gli occhi, ora erano rossi, come quando va storto un pezzo di cibo. Stringeva un ciuffo d'erbetta con la mano, l'altro braccio teso lungo il fianco. Gli presi l'altra e lui me la strinse con tutta la sua forza, guardandomi, supplicandomi. 

" Ville ti prego … Chiudi gli occhi.." - non avevo la minima idea di come fare a calmarlo. Sapevo che teneva sempre con se un inalatore, ma questa volta capii che non c'era. Iniziai ad accarezzarlo sulla fronte e cercando almeno di calmare me stessa, gli parlai.

" Ville chiudi gli occhi..- lui ora lo fece, e provò a fidarsi di me. - Immagina di stare seduto su uno di quei tappeti a casa tua..con la chitarra in grembo, lavorando ad una nuova melodia, per un testo che hai già in testa da settimane…. - continuava a stringermi la mano e cominciò a tossire. Io mi avvicinai ancor di più, per ripararlo dalla pioggia, e continuai a calmarlo, sussurrandogli quelle parole all'orecchio- pensa al cielo…ad un tramonto riflesso sull'acqua limpida… all'aria fresca che ti accarezza il viso, e che respiri a pieni polmoni… pensa al vento….. "

La sua presa di fece man mano più leggera e i colpi di tosse cessarono. Il suo torace stava riprendendo a sollevarsi lentamente, facendo piccoli respiri spezzati, ma il suo cuore batteva all'impazzata, più potente della pioggia. Quando aprì gli occhi, incerto, riuscì finalmente a fare un respiro profondo, tanto da causargli una smorfia per il dolore.

" Ville… " -chiesi tremante. Lui si voltò e strinse la mia mano, accarezzandone con il pollice il dorso. Ero in lacrime, non sapevo di preciso quando avevo iniziato a piangere, ma desiderai che non mi avesse sentita. 

I suoi respiri presero a farsi pian piano più regolari, e con grande felicità mi accorsi che stava svanendo tutto il rossore che gli inondava il viso.

" …ma come ti viene in mente di farmi una cosa del genere?.." 

Neanche finii di articolare quelle parole, che il suo viso si avvicinò al mio, di nuovo, con quella stessa pericolosità. Si avvicinò lentamente, socchiudendo gli occhi, lasciando solo una sottile fessura per guardarmi, e posò la sua bocca sulla mia. Le sue labbra asciutte e roventi premettero sulle mie, fredde e bagnate, muovendosi come onde scroscianti, prima lentamente e poi sempre più intensamente, innescando una tempesta di calore e adrenalina nel mio petto. 

La sua mano mi accarezzava la guancia, e tutta la pelle intorno ad essa pizzicava, come se fosse stata elettrizzata, colta da un fulmine. 

Dopo lunghi e appassionati baci si scostò, appoggiandosi alla mia fronte. Ora ero io ad essere rossa come un peperone. Ora avevo io il fiatone.

I nostri nasi si sfiorarono, di nuovo il fuoco della sua pelle e il gelo della mia si scontrarono, e poi si fusero, unendosi. Scivolai sull'erba, e le poche parti asciutte dei miei vestiti assorbirono l'acqua del terreno, rendendomi completamente fradicia. Mi rannicchiai contro il suo petto, incapace di guardarlo, incapace anche solo di trovarmi lì, sotto il suo mento, al suo cospetto. Il suo profumo ora sapeva di erba bagnata, di pioggia. Con delicatezza mi cinse le spalle e con la mano mi alzò il mento, costringendomi a guardarlo negli occhi, che quasi scintillavano, evidenziati dal prato tutt'intorno. 

" ..Non abbassare lo sguardo…lasciati guardare"

 

Il mio cuore in quel momento mancò un battito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

 

Approfittando di questi giorni di fecondità creativa….

Bam!!! XD Che dire..spero che vi piaccia!

 

Il laghetto, ovvero una specie di piscina, esiste davvero, e si trova nel quartiere dove abita Ville: si chiama Munkinpuisto (puisto vuol dire parco,giardino).

 

Alla prossima, e grazie a tutti per seguire,leggere e recensire la ff. 

Kiitos.



 

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Capitolo 26
*** I still press your letters to my lips ***


                                    




Il tempo si era fermato, insieme al mio respiro. Il cielo continuava a piangere incessantemente, e il calore tra i nostri petti aumentava, tenendoci in vita. 

Sembrava essere trascorsa un'infinità di tempo, ma in realtà erano passati solo pochi minuti, durante i quali quella strana ebrezza mi aveva cullata, in un altro mondo. Ritornai con i piedi per terra, come se fossi precipitata da una nuvola soffice, un morbido petto nero, e quando ritornai in me capii che tutto quello che stavo facendo era estremamente sbagliato.

Mi alzai di scatto, divincolandomi dalle sue braccia mingherline, che impreparate non fecero alcuna resistenza, e affondai il viso tra le ginocchia. 

La pioggia aveva smesso di cadere, e tutto sembrava esser tornato alla normalità.

" Non posso.." - sussurrai con quel filo di voce imbarazzata. Mi vergognavo da morire, quasi sembravano fandonie quelle che stavano uscendo dalla mia bocca ma dentro mi sentivo strana, diversa. Erano ormai mesi che mi sentivo diversa.

" Non puoi fare cosa? "- mi chiese deciso, raggiungendomi e mettendosi seduto.

" Non posso fare questo…. Mi dispiace" - lui cercò di scrutarmi tra le sopracciglia inarcate e l'espressione corrucciata che avevo in volto. Era pallido, e quando riuscii a guardarlo quasi scoppiai in lacrime dal fuoco che mi bruciava dentro. 

I nostri occhi si specchiarono a vicenda e le rispettive anime entrarono l'una dentro l'altra.

Riusciva a capirmi? Credo di no… Come poteva?

" Ville, mi … Non sono pronta… "

Non smise di guardarmi neanche per un attimo, intento ad esaminarmi…ma nel mio volto non c'era tentennamento, o qualunque cosa che potesse permettergli di dire il contrario di ciò che stavo affermando. 

Per quanto avrei voluto perdermi in lui, non ne avevo la forza.

Era come se la mia mente fosse divisa in due parti, come se ci fossero due gemelle, una buona e una cattiva, e io non sapevo a quale emozione dar retta, ma l'oscurità prevaleva su ogni fronte, e prevaleva anche sulla voglia che avevo di stare con lui, quella stessa voglia che pochi attimi prima era esplosa come una tempesta, e per un attimo era sfuggita alle catene. 

 

Ville ad un tratto si avvicinò, sempre più vicino al volto e lentamente mi diede un bacio a stampo, come se fosse un ultimo bacio, un addio, indugiando per lunghi secondi che sembravano non finire mai. Poi si distaccò e mi prese per mano con dolcezza; nei suoi occhi un mare buio stava prendendo il posto dello smeraldo e mi si strinse il cuore, come in una morsa di ferro e spine.

" Ho capito….. Però- si fermò per assicurarsi che lo stessi ascoltando con attenzione - non dimenticarti che io sono qui… " 

" Grazie.. " - dissi indifesa.

Mi accarezzò il mento e mi sorrise, con qualche nota di tristezza sul volto che suo malgrado notai. Mi strinse a se e insieme guardammo quel sole pallido che stava diradando pian piano le nuvole grigie. Ora c'era una gran pace, ma dentro di me era come se non avesse mai smesso di piovere. Ero contrastata, come bloccata, e la cosa peggiore è che non potevo farci niente. 

C'era un silenzio quasi imbarazzante, così per spezzarlo, e per fare del sarcasmo dissi:

" E poi… Tu sei troppo anziano per me… Ho solo 21 anni" - dissi scherzosamente, o almeno ci provai.

Sentii che il suo petto s'irrigidii sotto la mia spalla. Poi si alzò e mi tese la mano per aiutarmi ad alzare. 

" Già.. Sono proprio un vecchietto per te Matilda… - ora ero in piedi e insieme avevamo iniziato a camminare - proprio un vecchietto… Torniamo a casa, vieni . "

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non mi ero sentito così vivo da non so quanto…come se avessi attraversato oceani di lacrime e sofferenze per trovarla.. Quei baci fugaci erano stati linfa vitale, come se fossero indispensabili alla vita. 

Nonostante tutto però ero malvagiamente contento di ciò che mi aveva detto Matilda, o almeno mi sforzavo di esserlo.  

 

'Non posso' 

 

Da una parte avevo il presentimento che lei non fosse pronta, che le sue ombre la attanagliassero molto più di quanto lei desse a vedere, e ora avevo scoperto che i miei dubbi erano fondati. 

Era senz'altro una bella scusa per scaricare questo fardello.

Dentro di me però mi sentivo male, era come se fossi consapevole di star lasciando andare qualcosa di inestimabile. Era come sabbia fina tra le mie mani, che avrei potuto far smettere di sfuggirmi chiudendo le fessure create dalle dita, ma non facevo niente per fermarla. Così la lasciavo andare.

Questo pensiero faceva male, logorava quella trasandata anima che mi rimaneva dentro, cucita con filo spinato e petali di rosa per attenuare il dolore e rendere soffice la caduta, quando sarei precipitato definitivamente, questa volta, non riemergendone. 

Mentre camminavo verso casa, dopo averla riaccompagnata, pensavo a come sarebbe stato d'ora in poi. Avevo un bel po' di anni alle mie spalle, ma non riuscivo a prevedere se il rapporto fra noi sarebbe rimasto lo stesso. 

Conoscevo Matilda da pochi mesi ma mi aveva stravolto; mi aveva rapito con la sua semplicità, con il suo dolore, con i suoi silenzi. 

Era tutt'altro che superficiale e banale, ma al contrario profonda e sincera, una vera amica. Ecco, ora lo potevo dire. Ma era davvero tale in fin dei conti? 

Arrivai alla conclusione che forse non lo era per nessuno dei due, che l'etichetta di amici d'ora in poi ci sarebbe stata stretta, e che saremmo stati molto più di questo, ma non così tanto oltre da scavalcarne un altro di limite. 

Mi sentivo schiacciato, oppresso come da un peso, e avevo come l'impressione che sarebbe stato così per molto tempo. Era una vita che vivevo in una sorta di dormiveglia, e solo pochi attimi prima mi ero risvegliato, ma puntualmente, ci ero ricaduto. 

Arrivai al pianerottolo e la porta si aprì, così vidi Sandra. 

" Finalmente sei tornato "

Mi abbracciò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ero un' idiota, e ora lo potevo urlare anche in finlandese se solo avessi saputo come diavolo dirlo.

Un mare di emozioni contrastanti non facevano che bombardarmi e tirarmi ora da una parte e ora dall'altra, come se fossi stata un giocattolo che stava per frantumarsi in mille pezzi. Erano quelle le emozioni che avevo intuito per mesi e mesi ma a cui non avevo mai dato voce. Ora erano loro che mi controllavano e che mi sormontavano, torreggiando su di me come arpie malefiche che strappavano con i loro artigli lembi della mia carne. 

Dopo l'iniziale e totale confusione in cui mi avvolse il bacio di Ville, una serie di domande silenziose si erano insidiate nella mia testa, una più spaventosa e dolorosa dell'altra.

La verità è che stavo ancora male, non mi era mai passata e me ne ero accorta solo dopo, quando era tardi, ma in un certo senso anche presto.

Ero ancora sporca, sporca di sangue, polvere e terra, come quella maledetta sera. La vecchia me era morta in quello squallido parcheggio ed ora mi reclamava. Era come se la mia stessa voce, sdraiata e inerme mi chiamasse, come se mi sussurrasse senza forze di ricordare e di non dimenticare. 

Chiusi gli occhi. Le ciglia non riuscivano a contenere, ne a smorzare quelle lacrime di fuoco che sembravano ardere come fiumi di lava sulle mie guance. 

Capii solo in quel momento che mi ero sbagliata. 

Avevo bisogno di Ville in un modo esasperato e senza speranze. Lui era l'unica ancora di salvezza, l'unica barca che avrebbe potuto condurmi verso la vita, verso quella luce che era scomparsa insieme alla mia anima, proprio quella notte. 

Mi alzai repentinamente togliendomi la coperta di dosso, presi le chiavi e iniziai a correre a perdifiato in direzione della torre.

L'ossigeno riusciva a malapena ad arrivare al cervello e a permettermi di restare lucida, la milza iniziò a fare male con fitte dolorosissime che mi attraversavano interamente a ogni piccolo movimento che facevo. L'unica cosa che riuscivo vagamente a vedere davanti a me era il momento in cui l'avevo visto per la prima volta, il nostro primo incontro. Ormai percorrevo la strada a memoria, meccanicamente.

Arrivai alla torre e mi fermai davanti alla porta a riprendere fiato. Mi piegai in due per la fatica, ma con le ultime energie rimaste, sollevai la mano tremante e pigiai il campanello nero che emise un suono debole e vibrante, quasi scricchiolante.

I secondi passarono ma non sentii alcun passo venire nella mia direzione. Ormai mi ero quasi totalmente ripresa, e appena ritornarono anche le mie facoltà mentali di base iniziai a guardarmi intorno e sul serio a pensare che non ci fosse nessuno in casa. Tutto quell'ammazzarmi per rimanere a bocca asciutta, di nuovo, visto che letteralmente ci ero già rimasta con quella corsa disperata. 

Scesi i gradini, ormai delusa, e feci per avviarmi sulla via di casa ed uscire dal giardino, quando sentii una voce provenire dall'alto. 

Allora, mi allontanai ancora di più dalle mura dell'edificio, per riuscire a vedere meglio. Mi allontanai, sempre più, spostando il terriccio intorno ai miei piedi, con fare assolutamente goffo.

Alzai il capo e vidi due figure sulla terrazza che parlavano tra di loro ad alta voce, ma non abbastanza rumorosamente da percepire ciò che si dicevano. Appena misi bene a fuoco mi accorsi che era Ville, e che la ragazza avvinghiata al suo braccio era Sandra. Ville sembrava perso come sempre nei suoi pensieri, incorniciato dal cielo e dalle nuvole che assumevano un colore simile all'arancio; lei aveva un'aria corrucciata, ma improvvisamente si mosse torreggiandolo con le sue braccia, brandendolo, quasi come una spada, una spada che trafiggeva il mio cuore e mi faceva sanguinare. 

Il tempo di un battito di ciglia e quello che vidi l'attimo dopo mi fece sprofondare, morire, ribollire il sangue dalla rabbia e poi morire di nuovo, con quella stessa spada conficcata nel petto. 

I miei occhi ormai erano opachi, come velati e tutto ciò che vedevano era Ville, che baciava appassionatamente un'altra donna..proprio come aveva fatto con me poche ore prima, sotto quella pioggia infinita. Ogni secondo sembrava incandescente, come un ferro che imprimeva il timbro di quelle immagini nella mia mente, per sempre.

Mi mancò l'aria, barcollai.

 

'Allora era vero, era tutto vero '

 

Tutto quello che riuscivo ad immaginare in quel momento non era rabbia.

 

Tutto quello che riuscivano a vedere i miei occhi velati e la mia mente offuscata, era il ricordo del nostro primo incontro. 


                                   








Note:

Ebbene si, questo è il capitolo finale della ff.
Il titolo è preso da Snuff degli Slipknot, ed è un verso che mi piace particolarmente; inoltre ho immaginato, mentre stendevo questo capitolo, che Matilda avesse in testa queste precise parole mentre pensava a Ville, prima della sua corsa disperata.
E visto che questa è una ff mooolto musicale c'è un'altra chicca. Per le ultime righe vi consiglio di ascoltare Wonderwall, nella versione di Ryan Adams, ed in particolare mi sono sembrate perfette le ultime note di pianoforte, che nella mia mente somigliano ai battiti mancati del cuore di M.
Come avrete notato, ho inserito una seconda immagine; l'idea è nata tempo fa, ed ho pensato di disegnare delle vignette per rappresentare ancora di più la mia visione del loro primo incontro.

Spero vi sia piaciuta questa storia e sono curiosa di leggere commenti e recensioni.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto ma soprattutto seguito la ff e recensito costantemente, come darkyuna. 

Kiitti.
Heippa!

 

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