Voglio te nel mio letto.

di alicehorrorpanic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kill this love. ***
Capitolo 2: *** Crazy girls. ***
Capitolo 3: *** Bad boys. ***
Capitolo 4: *** Little boobs. ***
Capitolo 5: *** Under you. ***
Capitolo 6: *** Stuck in you. ***
Capitolo 7: *** Fucking butterflies. ***
Capitolo 8: *** No love. ***
Capitolo 9: *** My person. ***
Capitolo 10: *** Wonder ***
Capitolo 11: *** Explosion ***
Capitolo 12: *** Death trap ***
Capitolo 13: *** Escape ***
Capitolo 14: *** Struggle ***
Capitolo 15: *** Relax with me ***
Capitolo 16: *** First kiss ***
Capitolo 17: *** Basket ***
Capitolo 18: *** Jealousy ***
Capitolo 19: *** Kiss me hard ***
Capitolo 20: *** What do you want ***
Capitolo 21: *** This is love? ***
Capitolo 22: *** Kiss the rain ***
Capitolo 23: *** End ***
Capitolo 24: *** Fall in love ***
Capitolo 25: *** Party ***
Capitolo 26: *** Mess ***
Capitolo 27: *** Halloween ***
Capitolo 28: *** Reckless ***
Capitolo 29: *** Confession ***
Capitolo 30: *** Out of all ***
Capitolo 31: *** Strife ***
Capitolo 32: *** Heart attack ***
Capitolo 33: *** Let me go ***
Capitolo 34: *** Assenza di te ***
Capitolo 35: *** Se non te ***
Capitolo 36: *** Epilogo ***
Capitolo 37: *** EXTRA. ***



Capitolo 1
*** Kill this love. ***


Odio il modo in cui mi parli.
E il tuo taglio di capelli.
Odio il modo in cui guidi la mia macchina.
Odio quando mi fissi.
Odio I tuoi stupidi anfibi.
E il modo in cui leggi la mia mente.
Ti odio talmente tanto che mi fa star male
– e mi fa anche scrivere poesie. 
Odio il modo in cui hai sempre ragione. 
Odio quando menti.
Odio quando mi fai ridere
– ancora peggio quando mi fai piangere.
Odio quando non ci sei.
E il fatto che tu non abbia chiamato.
Ma la cosa che odio di più è il fatto che io non riesca a odiarti
– nemmeno lontanamente, nemmeno un po’, proprio per niente.


Dieci cose che odio di te 

 





Odio e
Amo anche
non so
come può essere,
ma è una tortura
questo intrecciarsi
di linee fluide
che lentamente
mi spegne
e mi sotterra,
mi lascia
stupefatto e insensato
come non mai
mi chiedo
come tu possa
farmi stare così
in un groviglio di ricordi
diversi
da quello che
vedo adesso
sei Amore
e sei Odio
se ami
almeno un po'
odi
e in fondo
l'amore
non è vero
senza odio. 

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Capitolo 2
*** Crazy girls. ***


[ Eccomi qua tra voi comuni mortali a condividere con voi questa nuova storia delirante e cliché, il bad boy che si innamora e perde la testa e i polmoni.
Spero la leggiate comunque, 
Buona lettura kidz
Bacibaci ]






 


Crazy girls






Ma porca troia.
Da una buona mezz'ora mi stavo agitando e rigirando nel letto, senza trovare una posizione abbastanza comoda e non surriscaldata per continuare il mio dolce sonno interrotto proprio quando il mio Ken-principe azzurro veniva a salvarmi dalla torre, stile Fiona e Shrek, mancava solo Ciuchino e potevo fare il remake del cartone.
Sbuffai e mi stropicciai gli occhi, stirandomi e allungandomi molto più elegantemente di Biancaneve stesa sui lettini dei sette nani, in questo momento incarnavo perfettamente Pisolo, sbadigli a manetta, occhi più chiusi che aperti e il bisogno di un cuscino.
Ovviamente i miei piani andarono in frantumi nell'esatto istante in cui la sveglia di Barbie, rigorosamente rosa shocking e con la coroncina da regina del reame, iniziò a saltellare e a suonare come se fosse animata sul comodino di legno bianco.
Grazie a Zeus e alle sue saette, i miei genitori non acconsentirono alla mia strambissima idea di avere la stanza completamente rosa, solo per questo meriterebbero l'Oscar per la carriera.
Tirai indietro le coperte con un calcio e guardai affranta la scrivania nera sulla quale c'era appoggiato il mio amato e usurato eastpack, più nero che rosa.
Al solo pensiero di riprendere in mano quei mallopponi di libri intrisi di cultura mi veniva il volta stomaco e la voglia di alzarmi dal letto ritornava a quota zero meno meno.
La solita e noiosa routine sarebbe di nuovo venuta a farmi visita, sveglia presto, colazione a muzzo, vestiti a caso e la corsa per arrivare in orario a scuola.
Invidiavo da morire i panda, sempre ad  ingozzarsi di cibo e a dormire, che vita da favola.
Mi ero abituta così bene a passare le giornate tra amici, mare, divertimento e repliche di Gossip Girl.
Perché dopo agosto compariva settembre?
Visto che le brutte notizie non arrivavano mai da sole ma in compagnia, la strega cattiva, alias mia madre, varcò la porta intonando quel dolce canto stile Cenerentola insieme a ogni tipo di animaletto miscroscopico.
«Alice, svegliati o farai tardi già il primo giorno» alla faccia della canzoncina felice,  la sua voce stridula e fastidiosa mi fece accapponare la pelle.
Tirò le tende rosa, qualche capriccio me lo potevo permettere, da una parte e la lieve luce del sole rischiarò la stanza e facendo uno strano gioco di riflessi mi arrivò diritta sugli occhi, porco cazzo, ora diventerò pure cieca.
«Solo cinque minuti» annaspai con voce da oltretomba cercando di recuperare l'uso della vista.
«Non se ne parla signorina, muoviti o ti faccio alzare io» 
Fanculo, stupida genitrice insensibile per le disgrazie altrui.
«Su, al mio tre vengo a prenderti» si tirò su le maniche e si mise in posa, stile la Preside Trinciabue, le mancava solo la frustina e potevo considerarmi morta stecchita.
Mi alzai come uno zombie vestita di stracci mentre mia madre usciva dalla camera saltellando qua e là come un grillo in piena fase ormonale.
Alzai gli occhi al cielo e mi trascinai a passo di lumaca verso il bagno,  portandomi dietro la scia di note prodotte dal mio telefono.
«Feels like I’m waken from the dead
And everyone’s been waitin’ on me
‘Least now I’ll never have to wonder
What it’s like to sleep a year away
But were we indestructible
I thought that we could brave it all (all)
I never thought that what would take me out
Was hiding down below»
Forse le mie indiscutibili doti canore avrebbero fatto rabbrividire la stessa Hayley Williams, le stavo storcendo la canzone in modo innaturale.
Mi specchiai e feci la linguaccia al mio riflesso, giusto per entrare di più nella parte di chi è pazza e schizzata già di prima mattina.
Mi sciacquai il viso con acqua gelata e mi gettai i capelli biondo cenere su una spalla, applicai un po' di fard alle mie gote da vampira e truccai i miei occhi quasi verdi con un ombretto grigio scuro.
Sorrisi allo specchio e andai a lottare contro l'armadio per trovare qualcosa di comodo da indossare, ovviamente le mie vans nere erano già posizionate davanti al letto.
Indossai i mie jeans preferiti Levis a strappi e una maglietta lunga bianca con la scritta «marathone mode» che mi ricordò le mie maratone mattutine per arrivare a scuola, meglio di andare in palestra.
Arrivai in cucina attraversando mezza casa e fui ben felice quando vidi la mia amata sedia accogliermi a braccia aperte.
Biascicai un «ciao» a mio padre che stava già tenendo tra le mani il giornale locale e rubai dalla confezione tre biscotti pand di stelle che affondai nel caffè, facendo una smorfia di disgusto per la tazza di Hello Kitty: ma che avevo avuto in testa quel terribile giorno?
Sentii una mano scompigliarmi i capelli e grugnii in aramaico contro mia madre e la sua felicità mattutina insensata.
Conclusi troppo presto quel prelibato cibo e tornai in camera, mi fiondai con riluttanza lo zaino sulle spalle e mi diressi alla porta, facendo un cenno di saluto ai miei che ricambiarono con lo stesso finto entusiasmo.
«Ciao principessa» bofonchiò mio padre alzando per un microsecondo gli occhi dal giornale, quasi rimpiangevo le mie riviste di gossip, come faceva a leggere già alle sette e mezza di mattina?
«Fai la brava bella addormentata» ghignò invece mia madre facendomi sbuffare come un turco. 
Scesi le scale del palazzo come una furia, altro che palestra, facevo gli esercizi fisici già a casa mia, bastava e avanzava.
Il sole mi accecò una seconda volta appena varcato il portone, così presi gli occhiali con le lenti rosa-viola e gli feci il dito medio.
Presi il telefono dalla tasca dei jeans e avviai la musica che partì a tutto volume, facendomi fare diversi tipi di camminata, tanto che una coppietta di vecchietti col barboncino mi avevano guardata male e si erano messi a bisbigliare tra loro.
Scrollai le spalle fregandomene di star facendo la figura della fuori di testa, in mezzo alla strada, e sbuffai rumorosamente appena vidi la scuola in lontananza: Einstein, liceo scientifico.
Dovevo ancora capire perché avevo scelto quell'indirizzo quando potevo benissimo fare un corso per estetista e parrucchiera con meno sbattimento mentale.
Avvicinandomi notai alcuni miei compagni  di classe di cui avrei fatto volentieri a meno per altri tre mesi: Mara, bassa e biondina con ciocche rosa, praticamente la Avril Lavigne italiana ma meno «brava ragazza», capitanava le altre tre pecorelle smarrite che le erano attaccate giorno e notte, Clarissa, Silvia e Francesca; Ginevra e Cecilia, puzza sotto al naso e soldi che uscivano da ogni parte, in definitiva erano un po' tutte «sono bella e tu no, io posso e tu no» ma cercavo comunque di non prenderle a pugni sul naso.
Sorrisi raggiante quando incontrai lo sguardo di Arianna, unica mia complice in quella gabbia di malati mentali. 
Le andai incontro mentre buttava la sigaretta a terra e la calpestava con le sue allstar bianche borchiate.
L'abbracciai con slancio, come se fosse la mia sorella-gemella siamese da cui mi avevano separata alla nascita e le tirai scherzosamente qualche ciocca di capelli castano-rosso.
«Ecco le due lesbiche alla riscossa» affermazione accompagnata da svariate risate a cui avrei posto fine subito.
Mi girai verso quella voce odiosa per incontrare uno schieramento di ragazzi e il «bad boy» più desiderato dell'istituto: Nicolò Rizzo, alias Ken senza cervello e dio greco, a seconda dei casi.
Lo squadrai da capo a piedi facendogli la radiografia, che poteva far invidia a ogni infermiera presente sulla faccia della terra: giubbottino verde marcio aperto, maglietta bianca, jeans chiari, capelli in piedi, sigaretta tra le labbra e lo sguardo più arrogante e fastidioso della storia.
«Cazzo vuoi cretino» ribattei ridacchiando tra me.
Lui alzò gli occhi al cielo divertito prima di rispondermi «Acida già di prima mattina eh?»
«Solo perché tu rompi il cazzo» sbuffai e guardai Ari che se ne stava con le braccia incrociate al petto e guardava da tutt'altra parte.
«Non ti dispiacerebbe così tanto se lo provassi» ammiccò malizioso facendo l'occhiolino e ridacchiando insieme ai suoi amichetti più belli che bravi.
Arrancai una smorfia schifata e gli feci il dito medio: stupido viziato dei miei stivali. 
La comitiva di «cattivi ragazzi» se ne andò soddisfatta e inclinai il viso per dar loro una sbirciatina da dietro.
Deglutii avvampando e presi per mano Arianna, che sembrava non essersi accorta del mio calo di pressione.
«Sei pronta?»
Davanti a noi si stendeva una massa di studenti impazienti di varcare la soglia, forse ignari dell'incubo a cui stavano andando incontro
Lei sorrise complice e alzò un braccio in alto, urlando «andiamo in guerra!» attirando subito gli sguardi curiosi e divertiti degli altri studenti.
Sul portone di legno lessi l'ormai abituale frase che accompagnava ogni giorno dentro quell'inferno: «Lasciate ogni speranza voi che entrate»
Si, che la scuola prenda fuoco.












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Lividi nel cuore.


Baci al cianuro

[in revisione]

Betta nel mio letto.


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Capitolo 3
*** Bad boys. ***


[ Ecco a voi il secondo capitolo modificato, spero vi piaccia.
Buona lettura kidz ] 





Bad boys






 

Era ufficiale, avevamo appena messo piede dentro quell'edificio e non vedevo l'ora di uscirne: una folla di studenti ammassati davanti alle aule che urlavano, gridavano e saltavano. 
Piuttosto che stare in mezzo a quegli schizzati mi sarei sparata un colpo in testa.
Percorremmo il chiassoso corridoio fino alla nostra classe, cercando di non farci ammazzare dai primini gasati e dai bidelli inferociti già di prima mattina. 
Arrivati davanti alla porta mi lasciai andare a un sospiro, classe 4A, mancava solo un altro anno alla maturità e mi sarei dovuta impegnare come un leone per acchiappare la preda, cioè farmi in quattro per uscire da questo inferno di liceo. 
Il professore di matematica – un uomo sulla trentina, alto, panciuto, moro e con baffi scuri, sembrava volesse sposarsela la sua materia, tanto la spiegava come se fosse in estasi – non era ancora arrivato quindi decidemmo di fare qualche passo intorno all'aula. 
Per convincermi mentalmente a non fuggire in groppa a un cavallo bianco iniziai a chiedere ad Ari delle sue vacanze da star multimiliardaria. 
«Allora ai Caraibi ti sei divertita?»
Le chiesi, anche se immaginavo già la risposta. 
Vidi i suoi occhi illuminarsi e il suo sorriso accentuarsi, conoscevo quell'espressione, non mi avrebbe più lasciata andare fino a quando non avesse finito di raccontarmi tutto, ogni minimo dettaglio, anche i più trascurabili. 
«Oh si, da matti! La prossima volta ti porto con me, ci sono dei bagnini stupendi! E poi, si sta una favola, non puoi immaginare! E poi, le feste, Dio, sono così pazzesche!»
L'uragano era partito a raccontare ogni cosa che aveva fatto, dal surf alle gite in barca, ai bagnini e ragazzi stile David Beckam, ai negozi e allo shopping, ai party aula spiaggia e all'hotel in cui alloggiava, cinque stelle super lusso, le bastava un castello e poteva essere una principessa.
Non mancarono momenti in cui scoppiammo a ridere come due sceme ma c'era così tanta confusione che nessuno ci prestò attenzione: avevamo già dato spettacolo fuori dalla scuola. 
Passammo davanti ai bagni e mi sembrò di vedere il Ken-Dio greco che ci entrava con una ragazza biondina che gli stava già per saltare addosso, appiccicata con il super-attack, neanche fosse Brad Pitt in carne ed ossa. 
«Cazzo che schifo» feci una smorfia disgustata, quel ragazzo non sarebbe mai cambiato, sicuramente andava fiero della sua situazione privilegiata. 
Arianna non aveva visto la scena quindi mi guardò con aria interrogativa corrugando la fronte con aria confusa.
«Rizzo in bagno con un'altra delle sue troiette» spiegai
«Beh che ti aspettavi?» scrollò le spalle indifferente.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio, proprio vero.
Vedemmo arrivare il professore in lontananza quasi correndo quindi ci avviammo verso i nostri posti sbuffando come dei tori incalliti.
Mi sedetti al mio banco, terza fila, nè troppo davanti nè troppo dietro, incrociai le braccia e iniziai a tamburellare le dita nervosamente.
Il professore si sistemò sulla cattedra trafelato e appoggiò la sua odiosa valigietta marroncino scuro sulle sedia, infilò gli occhiali da nerd incompreso e aprì il registro per fare l'appello. 
L'inferno era appena iniziato e io desideravo ardentemente il biglietto per uscirne alla svelta.
Qualche minuto dopo si sentì bussare alla porta e Mister-sveltina-nei bagni fece il suo ingresso trionfale con capelli scompigliati, guance arrossate, sguardo liquido, maglietta più fuori che dentro, per fortuna i pantaloni erano allacciati e al loro posto altrimenti sarei svenuta del tutto.
Quanto cazzo poteva essere sexy uno così stronzo?
«Signorino sei già in ritardo il primo giorno!» la ramanzina del professore mi risvegliò dai pensieri poco casti che il mio cervello stava macchinando per quel divino panorama improvviso.
Deglutii e sentii le guance accaldarsi, tutto il mio corpo stava bollendo e non sarebbe bastato un secchio d'acqua gelida per spegnermi. 
«Mi scusi, ho avuto un imprevisto non calcolato» sorrise malizioso e andò a sedersi nell'ultimo banco, addossandosi tutti gli occhi a forma di cuoricino delle mie compagne.
Alzai gli occhi al cielo e le ignorai, girandomi per non continuare a bearmi di quella vista.
«Secondo me il suo amichetto non ha fatto il suo lavoro, per questo ha ritardato» sghignazzò Arianna avvicinandosi per farsi sentire solo da me.
Ridacchiai e aggiunsi: «almeno così smetterebbe di tirarsela!» 
Scoppiammo in una risata rumorosa senza riuscire a contenerci, finendo per attirare l'attenzione di tutti su di noi.
«E voi cosa avete da ridere adesso?» neanche lo sguardo ammonitore e seccato del professore riuscì a farci smettere di dare spettacolo.
«Niente, scusi» riuscii a borbottare tra una risata e un colpo d'ossigeno.
«Io invece sarei curioso di sapere di cosa ridete lesbicone» ovviamente il diretto interessato doveva essersi accorto che parlavamo di lui.
«Rizzo il linguaggio!» sbraitò l'insegnante che era diventato tutto rosso in viso e si poteva vedere il fumo uscirgli dalle orecchie, un toro inferocito in piedi davanti alla cattedra.
Mi girai verso Ken-stronzo e lo guardai con sfida dipingendomi un ghigno sulla faccia.
«Meglio non saperlo, sai, per la tua reputazione» dissi innocentemente.
«Insisto invece» inclinò la testa e socchiuse le labbra in attesa, appoggiando i pugni sul banco.
Scrollai le spalle indifferente, se voleva saperlo l'avrei accontentato.
«Forse il tuo amichetto ha fatto cilecca in bagno» distolsi lo sguardo fingendo di guardarmi le unghie, ma notai che si era irrigidito e che tutta la classe si stava trattenendo dal ridere. 
Sentii un pugno picchiare sul banco e tornai a guardarlo con la faccia più innocente del mondo, inarcando un sopracciglio vittoriosa.
Mi guardava come se mi volesse uccidere, aveva gli occhi socchiusi per la rabbia e la mascella contratta.
«Il mio cazzo funziona benissimo e come ti ho già detto, non ti dispiacerebbe provarlo» ribattè in un soffio, senza curarsi che tutti ci stavano ascoltando.
Boccheggiai per qualche secondo stupita, prima di alzare il dito medio.
«Rizzo il linguaggio e tu Bucci i gestacci, che devo fare con voi?» al professore sarebbe venuto un infarto, era troppo rosso in faccia e respirava affannosamente.
Si passò una mano sul viso prima di guardarci in cagnesco.
«Voi due» ci indicò e mimò il gesto dello sgozzamento con le dita «fuori, ed é già tanto che non vi mando in presidenza il primo giorno!» concluse, alzando la voce.
Sbuffai infastidita e mi alzai con calma dalla sedia, chiusi gli occhi e respirai.
«Non commettere omicidi là fuori» scherzò Arianna guardandomi di sbieco.
Sorrisi furba e mi incamminai verso la porta, ma qualcuno decise di attentare alla mia vita: Ken-stronzo mi aveva dato una spallata, neanche tanto leggera, per farmi barcollare e stramazzare al suolo.
Peccato che io abbia l'equilibro di Yuri Chechi, e il suo spintone mi fece restare ancora in piedi.
Lo vidi sbuffare e sorrisi prima di varcare la porta per il corridoio, la chiusi alle mie spalle e mi sentii appiccicata al muro.
«Senti stronzetta, hai deciso di farmi incazzare fin da subito?» il tono di voce e la sua espressione infastidita non promettevano nulla di buono.
Alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia al petto.
«Sei tu che hai voluto saperlo» lo guardai con aria di sfida e mi incollai ai suoi occhi: azzurri come il cielo dopo la tempesta.
Deglutii e sbuffai, distogliendo lo sguardo.
Lui sorrise e appoggiò una mano al lato del mio viso.
«Abbi il coraggio di ammetterlo almeno»
«Ammettere cosa?»
«Che non puoi resistermi, si vede da come ti perdi a fissarmi» si morsicò il labbro e seguii quel movimento, a prova delle sue parole.
Porco cazzo, mi ero incantata di nuovo come una cretina.
«A me non piaci neanche un po', ti trovo un essere schifoso» dissi, cercando di avere un tono sicuro, anche se quelle parole suonarono false anche alle mie orecchie.
«Sei una testarda del cazzo, non lo ammetterai mai»
«Perché non ho niente da ammettere» 
«Vorrà dire che ti trascinerò direttamente nel mio letto e da lì non scapperai di certo»
Stupido Ken-arrogante e viziato.
Lo guardai furiosa e gli diedi una spinta, spostandolo di poco, visto la mia insignificante forza contro il suo petto d'acciaio.
«Senti coso, tu non mi trascinerai da nessuna parte, punto primo» gli puntai un dito contro e presi un respiro «punto secondo, non sono una di quelle che cascano ai tuoi piedi con un battito di ciglia»
«A me sembra che non ti sia dispiaciuto così tanto guardarmi»
Inclinai la testa e lo esaminai.
«Detto tra me e te, ho gusti più raffinati»
Lui rise, tenendosi la pancia con le mani.
«Non inventare cazzate solo per non ammettere la verità»
«Non sto dicendo cazzate» 
«Allora vorresti dire che preferisci un tipo come Fiocchi, secchione, occhialuto, basso, a uno come me, alto, bello e affascinante?»
«E arrogante, stronzo, idiota» elencai con le dita «potrei continuare fino a domani mattina» lo fissi inclinando la testa.
«Se passi con me la notte puoi continuare a insultarmi fino a domani» ghignò e cercò di avvicinarsi di nuovo.
Più cercavo di mantenere le distanze più lui era vicino.
«Fermo dove sei» misi una mano a palmo aperto davanti a me, quasi a sfiorare di nuovo il suo petto «non ho detto che mi piace un tipo come te»
«Tanto la risposta è si, ti piacciono i tipi come me, non sei diversa dalle altre»
«E invece si, non mi fai nessun effetto» bugiarda: ce l'avevo scritto in fronte con il pennarello indelebile.
«Vuoi dire che i cattivi ragazzi non ti attirano?» inarcò un sopracciglio sorpreso.
«Esatto» dissi convinta.
Si allontanò da me e mi squadrò dall'alto al basso, mi sentivo a disagio a essere osservata in quel modo.
«Sei davvero lesbica?»
Boccheggiai e alzai gli occhi al cielo «no, cretino»
Sospirò, come se gli avessi tolto un peso dallo stomaco e ridacchiò silenziosamente.
«Allora non hai scuse» mi guardò a lungo prima di girarsi e incamminarsi lungo il corridoio.
«Dove cazzo vai» urlai leggermente.
Si fermò e si voltò di nuovo verso di me.
«Perché, ora ti interessa?»
«Vaffanculo Rizzo»
«Vado a farmi una sigaretta, sei la ben venuta se vuoi» sorrise maliziosamente e mi fece l'occhiolino.
Alzai il dito medio e gli feci la linguaccia.
«Quanto sei eccitante Bucci» e si rigirò, continuando per la sua strada.
Mi sentivo vuota, solitaria in quel corridoio, come se mi mancasse un pezzo, un tassello di puzzle, di quelli che non si trovano mai, perché nascosti per non essere trovati.





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Capitolo 4
*** Little boobs. ***




[Terzo capitolo modificato a voi.
Buona lettura kidz]






Little boobs








 
Dopo che Ken-Dio greco se ne era andato a fumarsi il cervello non tornò più, non che mi dispiacesse, ma un po' di compagnia, anche se insopportabile, sarebbe stata gradita.
Sbuffai annoiata per la centesima volta, ero lì, seduta sul pavimento della scuola con le spalle appoggiate al muro, se almeno avessi avuto la mia musica cazzo.
Appoggiai la testa alla parete, misi le mani sulle ginocchia e chiusi gli occhi. 
«Ti sono mancato?» voce maschile, troppo vicina.
Aprii gli occhi di scatto e mi ritrovai il suo viso a pochi centimetri.
«Per niente» grugnii.
«Bucci Bucci, quando lo ammetterai?»
«Che rompi coglioni che sei» brontolai e cercai di alzarmi senza toccarlo, impresa titanica visto che era di fronte a me.
Sorrise quando gli sfiorai un braccio per sbaglio.
«E levati» ringhiai, spostandolo da me.
Mi ritrovai spalle al muro, intrappolata tra le sue braccia lunghe e forti.
«Mh, e ora che fai?» mormorò malizioso.
Ero incatenata ai suoi occhi e non riuscivo a staccarmene, e lui sicuramente se ne era accorto.
Il suono della campanella arrivò come una salvezza per i miei polmoni, stavo trattenendo il respiro.
Sorrisi beffarda e lo scansai, girandomi per entrare in classe.
Mi afferrò per un braccio e fui costretta a guardarlo di nuovo.
«Non credere che sia finita» mi lasciò e sorrise, uno di quelli che ti lasciano senza fiato.
Sbuffai e rientrai in classe, il professore di matematica mi lanciò uno sguardo ammonitore e scosse la testa, uscendo dall'aula. 
Mi sedetti e appoggiai la testa sul banco, esasperata.
«Ali dobbiamo andare in palestra» Arianna mi toccò la spalla, cercando di farmi rinsavire.
Stupida e insignificante ora di educazione fisica.
Sbuffai di nuovo e presi lo zaino, appoggiandomelo sulla spalla.
Mentre scendevo le scale per quella nefasta materia, controllai i messaggi sul cellulare.
“Buon inizio inferno tesoro, ti voglio bene♡”
Sorrisi, la mia amica Bea si che mi capiva,  peccato non andassimo nella stessa scuola.
“Grazie bella, anche a te e saluta Andre. Ti voglio bene anche io♡”
Risposi e feci una smorfia quando sentii due mani sulle mie spalle e una voce maschile sfiorarmi l'orecchio.
«Che fai, scrivi alla tua ragazza eh?» non avevo bisogno di girarmi per capire chi fosse.
Lo sentii sghignazzare e gli rifilai una gomitata nello stomaco. 
Imprecò fra i denti e continuai a scendere le scale indifferente, ridendo silenziosamente insieme ad Arianna.
Giunte in palestra varcammo la porta dello spogliatoio femminile dove c'erano già le altre ragazze, tutte pronte e in tiro per attirare l'attenzione dei «bad boy».
Alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia, appoggiandomi agli armadietti.
Arianna, dopo essersi cambiata, mi guardò un po' sorpresa e con un sorrisino per niente rassicurante sulle labbra.
«Che c'è?»
«Ne sei consapevole vero?»
«Di cosa scusa?» la guardai aggrottando la fronte, cercando di capire cosa non andasse bene. 
«Maglietta bianca e reggiseno rosso»
Ora si stava trattenendo dal ridere vedendo la mia faccia sconvolta. 
«Merda, stamattina ero fusa e ho preso le prime cose!» imprecai in aramaico contro ogni tipo di divinità.
«Dai tranquilla non si vede così tanto poi, più o meno» ridacchiò ancora, tanto che le altre compagne mi guardarono e ghignarono tra loro.
Sbuffai e presi Arianna per un braccio.
«Dai scema, andiamo va»
Inutile dire che entrai in palestra con le braccia incrociate sul petto mentre Ari non la smetteva di ridere: avrei preferito scomparire all'istante. 
«Buongiorno ragazzi e ben trovati» esclamò il professore, evidentemente era davvero felice di rivederci «visto che è il primo giorno decidete voi cosa fare: calcio, basket o pallavolo!» concluse e iniziarono gli schiamazzi tipici del paleolitico.
Tutti si misero a urlare e gridare a gran voce la propria preferenza creando un un frastuono insopportabile, tanto che mi misi le mani sulle orecchie per preservare i miei poveri timpani, e la mia amica non fu da meno: si mise a saltellare gridando pallavolo e mimando un palleggio. 
Alla fine invece vinse basket: perfetto, io lo odiavo e in più avrei dovuto correre da una parte all'altra come una pazza.
Stavo già meditando di cadere e fingere una rottura al ginocchio.
«Bene ragazzi, fate le squadre adesso!»
Arianna fu chiamata a fare la caposquadra insieme a Luca, alto, biondo e simpatico, strano che fosse amico del «bad boy»: lei mi chiamò per prima e non so come mi ritrovai insieme a Ken-idiota.
Sbuffai seccata ricevendo un: «ci rivediamo tesorino» al quale risposi con l'ormai abituale dito medio.
Dopo dieci minuti Iniziammo a giocare e dopo trenta secondi mi ero già stancata di correre avanti e indietro per il campo con Arianna che mi incitava a correre e a passarle la palla. 
Per fortuna dopo venti minuti dall'inizio il professore ci diede il time out e la nostra squadra ne uscì vincente grazie ai canestri di Ken-atleta e il suo amichetto Chris, tutti ricci e occhi verdi.
«Dovresti muovere un po' di più quelle gambe pappamolla!» mi schernì lui ma io gli risposi con una linguaccia. 
Mi guardai intorno e vidi tutte le ragazze  con gli occhi sognanti, così seguii i loro sguardi: Ken-Dio greco, in canottiera bianca che metteva in risalto i muscoli e la tartaruga, che stava bevendo da una bottiglietta.
Fin qui nulla di estremamente eccitante anche se mi incantai a mia volta: come faceva a essere così magnetico ogni volta che faceva qualcosa? 
«Continua a sognare pappamolla!» mi disse sorridendo maliziosamente e osservandomi.
Mi risvegliai dal mio stato di trans, causato da delle infami goccioline di acqua che gli percorsero l'addome e lo guardai a mia volta.
C'erano altre dieci ragazze che lo stavano  guardando perché doveva accorgersi proprio di me? 
«Forse hai bisogno di un aiuto per svegliarti»
Non mi accorsi neanche che si stava avvicinando con ancora la bottiglietta fra le mani.
«Io sono sveglissima» ringhiai imbronciata.
«Lascia che ti aiuti»
Troppo vicino e troppo poco ossigeno.
Aggrottai la fronte quando sentii qualcosa di freddo scendermi sul petto.
Boccheggiai e lo trucidai con lo sguardo, desiderando di prenderlo a pugni.
Lui fece un sorrisino sghembo soddisfatto, inclinò la testa e abbassò lo sguardo. 
«Mh, ciao anche a voi due»
Merda il reggiseno rosso!
Mi coprii con le braccia e lui si mise a ridere di gusto seguito dal resto della classe. 
«Sei un idiota» riuscii a dire, rossa per la rabbia e la vergogna.
«Scusa, ma non ho resistito» ghignò e si leccò le labbra, facendomi rabbrividire.
Si voltò e pensai di aggredirlo alle spalle, ma i miei piani andarono in frantumi quando si avvicinò di nuovo a me.
Deglutii agitata e accaldata, nonostante fossi mezza bagnata in mezzo alla palestra.
«Comunque sei piatta, meraviglia» boccheggiai oltraggiata e lo fulminai.
«Tette piccole» sghignazzò e senza pensarci gli mollai uno schiaffo: le mie cinque dita impresse su quella pelle lattea e morbida.
Mi guardò con occhi infiammati e fece per ribattere quando il professore decise di risalire dall'oltretomba.
«Che succede qui?» sbraitò prima di soffermarsi su di me, incrociai le braccia al petto per coprirmi.
Sbuffò e guardò storto Ken-stronzo, ancora con la bottiglietta in mano, ormai vuota.
«Bucci vatti a cambiare su» sospirò «e tu Rizzo, quando la finirai di fare il bambino?»




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Capitolo 5
*** Under you. ***


[Quarto capitolo modificato, buona lettura kidz]



 
Under you




 
Vidi Arianna avvicinarsi e scrutarmi, per poi spalancare la bocca.
«Oddio» esclamò solo «è stato lui vero?»
Annuii e guardai nella sua direzione, stava ancora ridendo con la sua compagnia di svitati.
Sbuffai amareggiata e rabbrividii.
«Scusa Ali, ma ero andata a bere» disse stringendo i pugni. 
«Non ti preoccupare Ari, la pagherà» ringhiai.
«Si però non puoi restare vestita così, sei tutta fradicia!»
«Non ho un cambio» alzai le spalle.
«Ce l'ho io tranquilla, vieni» mi prese per un braccio e mi trascinò all'interno.
Mi sedetti sulla pacca e aspetti che mi desse la sua maglia, che tirò fuori dal suo eastpack blu.
«Fammi capire, ti ha buttato l'acqua addosso?» ripeté per la centesima volta, facendomi sbuffare, mentre rientravamo in palestra. 
«Vedo che ce l'avete fatta» ci canzonò il professore infastidito «tornate a giocare allora» disse poi rivolgendosi agli altri miei compagni.
Ken-l'idiota mi lanciò un'occhiata ammiccante e mimando un «tette piccole» facendomi imbestialire come un toro.
Ero già partita per stamparli un'altra sberla in faccia ma due mani sulle spalle mi bloccarono.
 «Non ne vale la pena Ali, lascialo stare»
Grugnii e lasciai perdere, tornando a giocare e rincorrere quella palla per fare canestro, termine che nel mio vocabolario non esisteva. 
Ogni tanto ricevevo delle spinte e delle pacche poco amichevoli da parte di Ken-dio greco-stronzo che mi facevano barcollare come una scema.
Decisi di non stare più a subire ma di agire, così mi preparai per uno scontro mostrando un'espressione diabolica in viso.
Quando lo vidi avvicinarsi iniziai a correre come un campione di basket e gli andai addosso senza troppe cerimonie, buttandolo a terra.
Non avevo però calcolato la forza d'urto perché mi ritrovai completamente stesa sopra di lui.
Rimasi sul pianeta Marte per qualche secondo finché non sentii tutta la classe ridere a crepapelle e il professore urlare come un pazzo per farli tacere.
«Quindi» iniziò il cretino leccandosi le labbra «ti piace stare sopra» ammiccò maliziosamente sfiorandomi le cosce.
Boccheggiai e avvampai come un peperone dalla rabbia e dalla vergogna, cercando di rimettermi in piedi nonostante fossi stretta tra le sue gambe.
Qualche anima pia decise di salvarmi da quell'inghippo e riportarmi con i piedi per terra.
«Sei un porco» mi voltai di scatto e scorsi Arianna dietro di me guardarlo in cagnesco. 
Lui in tutta risposta ghignò e si alzò, venendoci vicino «devo rinfrescarti la memoria o ci arrivi da sola?»
Lei sembrò impallidire e batté isterica un piede a terra prima di allontanarsi inviperita.
Alzai le sopracciglia interrogativa e confusa girandomi verso il Ken-Dio greco che mi stava davanti «comunque, è stato un piacere» ghignò, senza nascondere la sua aria divertita.
Deglutii per la sua vicinanza e incrociai le braccia al petto guardando altrove, e sbattendo contro lo sguardo infuriato e invidioso delle mie compagne, soprattutto Mara.
Sbuffai e storsi il naso, irremovibile.
«Bucci» tuonò il professore dirigendosi verso di me «che intenzioni aveva precisamente?»
Mi irrigidii e sbiancai «uhm, volevo prendere la palla» sussurrai flebilmente guardando il pavimento.
«E ammazzare il tuo compagno di classe anche» sbraitò livido in volto.
Trattenni il fiato e mi strinsi nelle spalle.
Lo sentii sbuffare e pronunciare quelle parole con fatica «oggi chiuderò un occhio, ma la prossima volta niente scuse» si allontanò e io ricominciai respirare.
«Per oggi basta ragazzi, andate a cambiarvi» urlò poi rivolto agli altri. 
Mi diressi verso lo spogliatoio seguita dalle proteste dei maschi e dalla gioia delle ragazze. 
Trovai Arianna seduta sulla panca e la testa fra le mani con uno sguardo assente.
La guardai interdetta e mi ripromisi di chiederle più tardi delle spiegazioni.
«Allora Alice, stavi cercando di corrompere Rizzo per portarti a letto?» mi schernì Mara alzando un sopracciglio divertita mentre le sue amichette se la ridevano.
«In realtà» iniziai girandomi verso di loro guardandole truce «volevo portarlo a miglior vita» conclusi fredda, ammutolendole e lasciandole di stucco.
Tornai a cambiarmi con un sorrisino compiaciuto sulle labbra e ignorando i loro sussurri.
«Se ci riuscivi, avevi tutta la mia stima» si congratulò Gaia facendomi l'occhiolino e uscendo dallo spogliatoio.
Tornati in aula c'era già appostata sulla porta la professoressa di scienze che ci guardava con aria divertita per le nostre facce distrutte a causa della lezione precedente e teneva in mano il registro di classe.
Mi sedetti seccata al mio banco e guardai di sbieco Arianna che sembrava scossa per qualcosa che io ignoravo. 
Una voce stridula e assordante mi fece rinsavire dai miei pensieri.
«Allora ragazzi, quest'anno dovrete studiare chimica quindi vi dico fin da ora che chi non è portato dovrà affiancarsi a un compagno per studiare insieme» e ci osservò tutti in faccia mentre si alzava dalla cattedra per appoggiarsi ad essa.
«Di sicuro io starò con una ragazza con cui ho una certa chimica.» ammiccò Ken facendomi alzare gli occhi al cielo seccata.
«Rizzo sempre il solito eh? Quando cambierai? Comunque basta che sia brava» lo ammonì la professoressa senza scomporsi troppo.
«Sicuro che sarà brava.» rise seguito dal resto della classe.
Non riuscii a trattenermi e brontolai un «che schifo» senza accorgermene.
«Stai pur certa che non lo chiederò a te Bucci senza tette» 
Boccheggiai indignata e scattai «grazie al cielo ho un cervello, al contrario tuo»
Mi volta nella sua direzione e alzai le sopracciglio in un espressione furba mentre lui sfoggiava il suo ghigno beffardo e imperterrito.
«Ragazzi» ci richiamò la professoressa «non iniziate a disturbare il primo giorno» e ci puntò il dito contro seria «mi avete dato un buon suggerimento, almeno troverete un punto di incontro e la finirete di darvi fastidio» concluse beffarda.
Deglutii spaventata e consapevole di cosa avesse in mente, quindi iniziai a scuotere la testa a prescindere.
«Bucci, non ho ancora detto cosa dovrete fare» 
«Ma ho già capito, purtroppo» brontolai.
«Sono fiduciosa nelle tue capacità e nella tua pazienza« elogiò «quindi ti affiderò quel caso di studio, sperando che tu possa portarlo sulla retta via» concluse sorridendo divertita.
«Credo di non aver afferrato» si intromise l'idiota confuso e aggrottando la fronte.
«Invece hai capito benissimo Rizzo, la tua compagna ti aiuterà a studiare chimica» vedendo la sua faccia contrariata e pronta a ribattere si affrettò ad aggiungere «e non voglio sentire obiezioni».
Sbuffai e mi misi le mani tra i capelli nervosa e tesa come una corda di violino.
Sentii una mano sulla spalle e mi voltai, trovandomi Arianna che mi sorrideva in modo poco convincente.
Un rumore di libri mi fece sobbalzare dalla sedia e un'imprecazione a bassa voce colpì le mie orecchie «proprio con quella acida del cazzo doveva mettermi?»
La risposta divertita del suo compagno di banco Luca non si fece attendere «dai, non è male, potresti sempre approfittarne per farla sentire meno acida come dici tu».
Rabbrividii al solo pensiero di farmi toccare da quell'essere che sicuramente aveva contratto qualche malattia incurabile con tutte quelle ragazze che si era portato letto.
Dopo quell'interruzione iniziale la professoressa pose fine agli ultimi battibecchi e ci mostrò il programma che avremmo dovuto svolgere durante l'anno e mi sentii mancare l'aria.
Al solo pensiero di dover passare ore e ore a fare ripetizioni a quello zuccone mi veniva la pelle d'oca.
Il suono assordante della campanella pose fine a quel supplizio e inizia a sistemare astuccio e quaderni nello zaino.
«Sarà un vero piacere studiare con te sai?» 
Alzai la testa e rimasi inebetita a fissare il suo sguardo insistente e malizioso, fino a quando sorrise diabolico e mi schioccò due dita davanti «ci vediamo miss maglietta bagnata».





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Capitolo 6
*** Stuck in you. ***



[quinto capitolo modificato, olè]



Stuck in you









Ancora turbata dal fascino dei suoi occhi e dalle sue labbra, su cui mi ero soffermata fin troppo, mi riscossi e azzuffai l'astuccio grigio dell'eastpack e il quaderno dal mio banco e li lanciai con grazia ed eleganza nello zaino.
Arianna mi aspettava già sulla porta con le braccia incrociate, così mi affrettai e la raggiunsi in corridoio, incamminandoci poi verso l'uscita affollata da tutta la scuola, professori compresi.
Appena misi fuori il piede sui gradini dell'ingresso, mi sentii libera di urlare un grande 'vaffanculo' nella mia testa, rivolto a Ken-stronzo posizionato a pochi metri di distanza.
«Ali, ci sei?» la voce di Arianna mi tolse dai miei pensieri con istinti omicidi verso quel bullo.
«Ti sei incantata?» sorrise, sventolando una mano davanti al mio viso.
Che figura da rimbambita.
Scossi la testa per evitare di commettere qualcosa che mi avrebbe portata diretta dietro le sbarre «scusa stavo pensando»
«Mh, a Rizzo?» azzardò mentre io sbarrai gli occhi incredula e sconvolta.
«Ma che dici, non sono ancora matta» annaspai in cerca di un altro argomento di cui parlare e guardandomi intorno evitando come la morte quell'essere divino e arrogante.
«Lo stavi fissando intensamente» continuò imperterrita nel suo interrogatorio.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo scocciata  «va bene, lo ammetto, stavo pensando a come farlo fuori per sempre»
Lei ridacchiò e mi trascinò per un braccio «ti verrà in mente qualcosa, ma ora andiamo a sgranocchiare qualcosa, ho una fame da lupi» si volse verso di me sbattendo le ciglia per farmi capitolare, che amica scema.
Mi arresi e annuii con la testa, proseguendo al suo fianco verso il bar dall'altra parte della strada, il Central Park.
Varcammo la soglia e ci sedemmo su un tavolino, ordinando un aperitivo con due spritz e osservai quel locale: era abbastanza piccolo composto solo da una decina di tavolini rotondi, con un piedistallo a forma di radice terminante con un arricciamento dorato, ed erano coperti da una sottile tovaglietta blu ricamata finemente sul bordo.
Il pavimento era di legno dipinto di rosso scuro, alle pareti erano affissi dei quadri di artisti locali e al centro c'era un bancone nero lungo e rettangolare con un'esposizione di ogni tipo di dolci, crostate, ciambelle, qualche sandwich e molte bibite.
Il cameriere vestito di tutto punto mi si parò davanti con il nostro vassoio di patatine e aperitivi.
«Allora» iniziò lei «prima che mi metta a pensare quante schifezze sto mangiando, pensa a come vendicarti» mugugnò tra una patatina e l'altra.
Presi una pizzetta tra le mani e la guardai come se volessi incenerirla «si ho già in mente come, devo solo avere l'occasione giusta» sorrisi maligna al pensiero.
Ci fu qualche momento di silenzio rotto solo dal nostro ingozzarci come se non ci fosse un domani.
«Certo che è un vero spreco però» sospirò e si guardò intorno con sguardo perso.
Smisi di mangiare e la guardai interrogativa «ma cosa?» 
Lei sospirò e tornò alle due patatine «dico, sarebbe perfetto se non fosse così..» ci pensò su e poi riprese «stupido» sputò fuori, come se stesse facendo uno sforzo enorme. 
La guardai contrariata e scossi la testa «stupido? Io ci aggiungerei cretino, idiota, bastardo, arrogante, menefreghista..» elencai tenendo il conto con le dita, aggiungendo nella mia mente anche affascinante, sexy e magnetico.
Sentii la porta del locale aprirsi e dei ragazzi ridere e scherzare, ma non ci badai, ero tutta presa dai miei insulti verso Ken-stronzo.
«Simpatico no eh?» 
Mi bloccai a quella voce sussurrata appena dietro di noi.
Lui si avvicinò e dietro di loro comparverò i suoi accompagnatori e guardie del corpo.
 «Torna da dove sei venuto grazie» urlò Arianna, fulminandolo con lo sguardo.
Rimasi un po' interdetta per la sua reazione, ma mi aveva tolto le parole di bocca.
Lui si avvicinò a lei mostrando il suo sorriso sghembo mentre i suoi amici sogghignavano «stai calma, non ce l'ho con te tesoro ma con la tua amichetta» e si voltò verso di me, mordendosi un labbro.
«Non chiamarmi tesoro cazzo!» sbottò lei, tanto da attirare l'attenzione di qualche signore seduto al tavolo.
Il «bad boy» per eccellenza si girò verso di lei con sguardo malizioso mentre appoggiava le mani al tavolino, avvicinandosi e provocando il rossore sulle guance di lei «non dirai sul serio vero?» e avvicinò una mano per accarezzarle i capelli mentre lei si irrigidiva e impallidiva di colpo «l'altra sera, alla festa, ti piaceva così tanto» disse in tono allusivo.
Sbarrai gli occhi e mi immobilizzai.
Le mie orecchie avevano qualche problema o avevo sentito proprio quelle parole rivolte alla mia amica?
I suoi amici si zittirono e presero a fissarmi sorridendo divertiti.
«Bucci, che faccia, ti è morto il gatto?» mi prese in giro Luca, il deficiente amico dell'altro deficiente, ma non potei negare che avesse ragione.
Ero rimasta con il bicchiere a metà strada sorpresa e confusa per quella notizia lanciata a brucia pelo.
«Andiamo, non hai detto alla tua amica quanto ci siamo divertiti?» continuò ancora più divertito Ken-stronzo che avrei strozzato tra poco.
«Non ha avuto nessuno importanza»  specificò lei e abbassò lo sguardo per non guardare in faccia nessuno, nemmeno me, che le stavo davanti ed ero sua amica.
«Certo che no, ma la verità è che nessuno può resistermi» disse e mi lanciò un'occhiata maliziosa.
Alzai gli occhi al cielo «sei patetico»
«Patetico? E perché mai?»
«Non hai un briciolo di sensibilità e mi hai rotto i coglioni da stamattina, quindi ora me ne vado a casa» 
«Acida sei acida, vieni a casa con me e ti farò vedere come essere più rilassata» ammiccò e cercò di allungare un braccio verso di me.
Balzai dalla sedia e gli diedi uno spintone, che lo mosse di poco, nonostante l'avessi preso alla sprovvista «vai a farti fottere»
«Sicuro» rispose lui tranquillo.
Mi voltai verso Arianna che aveva le mani sugli occhi, la fissai per qualche secondo e me ne andai, uscendo da quel bar che negli ultimi minuti era diventato troppo opprimente e irrespirabile.
Dovevo assimilare, riflettere e ancora assimilare.
Era una cosa così assurda e irreale, forse era lui il motivo per cui Arianna stamattina era strana, silenziosa, pensierosa.
Allora perché non parlarmene, io che ero la sua migliore amica, le avrei offerto una spalla su cui piangere, sfogarsi, affondare, invece niente, mi aveva snobbata ed ero cascata dalle montagne russe.
Percorsi in fretta il tragitto verso casa, trafficai cercando nello zaino le chiavi disperse del portone e quando le girai nella serratura, feci una scatto felino per salire le scale ed andare a buttarmi sul letto a peso morto.
Certo, quel Ken-stronzo era un dio greco ma era assillato da un'inguaribile malattia compulsiva in stadio avanzato.
A quasi diciotto anni si comportava ancora come un ragazzino, senza paletti da non superare, senza mettere dei freni.
Sbuffai e feci partire la musica dal telefono per calmarmi e non rompere la mia sveglia di Barbie.
«Maybe i know, somewhere 
Deep in my soul 
That love never lasts 
And we've got to find other ways 
To make it alone 
Or keep a straight face 
And i've always lived like this 
Keeping it comfortable, 
distance, and up until now 
I'd sworn to myself that I'm content 
With loneliness 
Because none of it 
was ever worth the risk, but..»
Non sapevo che pensare, insomma, pensavo che lei lo odiasse quante me, invece mi sbagliavo.
Magari a lei piaceva, lo odiava, ma le piaceva.
Mi passai la mano fra i capelli e presi il telefono appoggiato sul comodino, ed esitante le mandai un messaggio. 
“Lui ti piace vero?”
Presi un grosso respiro e inviai, con le dita tremanti e la musica che sovrastava i miei pensieri. 



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Capitolo 7
*** Fucking butterflies. ***


[sesto capitolo modificato yo]



Fucking butterflies



 


[ARIANNA POV]

Alice se ne era andata dal bar e io ero ancora seduta al quel tavolino, da sola.
Mi sentivo una stupida per non averle raccontato dell'altra sera, ma poi, cosa c'era da dire?
Ero andata a una festa a casa di qualcuno, avevo bevuto come mai nella mia vita, me l'ero visto davanti con il suo sorriso irresistibile, mi stava dicendo qualcosa ma non ci avevo fatto caso al momento e senza accorgermene mi ero ritrovata stesa su di lui in un letto nella stanza di sopra, neanche mi ricordavo come ci eravamo arrivati.
Quanto ero stata cretina?
Eppure lo sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma mai in quel modo orrendo, senza davvero rendermene conto e spinta dall'alcool che avevo in circolo.
Io che mi ero sempre impegnata a farmi vedere forte e indistruttibile, tutto quello che avevo costruito su me stessa, la mia maschera, tutto a puttane in una sola sera. 
Come se non bastasse lui si era seduto al mio fianco, spedendo i suoi amichetti divertiti da un'altra parte, abbastanza lontani da non sentirci.
Mi osservava senza fiatare, con quel suo sorrisino da perfetto stronzo.
Dio, quanto vorrei prenderlo a pugni.
Stavo per mandarlo a fanculo quando sentii il telefono vibrare sul tavolo: per poco non mi andò di traverso il drink che stavo bevendo per interrompere quel contatto di sguardi.
Nicolò sembrò ritornare fra i vivi con quel rumore, aggrottò la fronte e notando che fidavo inebetita lo schermo, decise di vedere lui stesso.
Cazzo.
Cercai di strapparglielo di mani inutilmente.
Lui rimase impassibile, il ragazzo dalla monoesprressione lo chiamerei.
Poi, a un tratto, alzò gli occhi incontrando i miei, ancora rossi per le lacrime che non ero riuscita a frenare.
Si fece sfuggire un sorrisino «ti piaccio?» 
Mi presi qualche secondo per rispondere «non nel modo che intendi tu»  
Lui alzò un sopracciglio e ritornò a guardare lo schermo «definisci piacere allora» 
«Ti piace ogni tipo di ragazza, ti basta che siano carine, con un bel fisico, ma di loro non te ne frega nulla»
«E quindi, me ne fai una colpa?»
«Non ti affezioni a nessuna, non ti piace veramente nessuna, e te ne faccio una colpa si perché dovresti impegnarti in qualcosa e non lasciare che ogni persona ti sfugga dalle mani, che io ti lasci»
«Che vuoi dire?»
Esitai un attimo prima di rispondere «a me piaci, tanto, ma non è solo quello, è qualcosa di più..profondo» tremai.
«Aspetta» mise le mani davanti a sè sul tavolo «frena, frena, stai dicendo quello che penso?»
«Cosa pensi tu?»
Si passò una mano fra i capelli neri distogliendo lo sguardo «tu vorresti dire che..sei..che mi ami?» buttò fuori tutto di colpo, in fretta, come se volesse liberarsi di quelle parole, come se ne avesse paura.
Non risposi ma rimasi in silenzio.
Chi tace acconsente.
«Dimmi di no» pregò.
«E se invece ti dicessi si, cosa cambierebbe? Resterai sempre un coglione senza cuore» sputai acida e gesticolando come una pazza.
«Appunto, allora per quale motivo mi..ami?»
«Non è una cosa che si sceglie, succede e basta»
«Succede e basta, che senso ha?»
Lo guardai, come si guarda un alieno «l'amore arriva e tu non puoi far altro che accettarlo, punto, non c'è un ma, un avviso, niente di niente, ti colpisce e tu affondi perché non puoi fare altro quando non riesci a stare a galla»
Amavo lui e la sua parte nascosta.
Amavo lui perché se cadevo mi prendeva braccio.
Amavo lui e non avrei mai smesso, anche se era cambiato, cresciuto e diventata un altra persona.
Si portò le mano sul viso per coprirsi e forse riflettere sulla risposta «te lo proibisco» disse infine, serissimo.
Risi nervosa e mi morsi un labbro «non puoi farlo, non è così che funziona»
Sospirò esasperato e si guardò intorno, fissandosi su un punto alle mie spalle «e allora dimmi, come funziona?»
«Non lo so, nessuno lo sa, è così e basta»
«Allora dimmi un modo per cui tu ti possa disinnamorare di me»
Lo guardai boccheggiando e ridacchiai in preda a istinti suicidi.
«Che cazzo ridi?» ringhiò serio.
«Non capisci un cazzo, qualsiasi cosa tu faccia il mio amore per te resterà invariato»
«Spegnilo»
«Non posso, te l'ho già detto»
«Uccidi quelle fottute farfalle del cazzo»
Non rideva, era serio, la fronte corrugata in cerca di qualche soluzione misteriosa affinché io smettessi di amarlo.
Eppure, mi veniva da sorridere, era così concentrato da non accorgersi che quello che stava dicendo non aveva un minimo senso «le farfalle mi stanno svolazzando dentro anche ora che stai cercando di allontanarmi da te»
«Perfetto» rispose pungente e seccato «senti» iniziò sistemandosi meglio sulla sedia «io non..ti amo e non lo farò mai con nessuna, questo ti può bastare per smettere?»
Rimasi immobile a fissarlo, perché quelle parole mi avevano colpito peggio di una lama «perché non puoi amarmi?»
«Non credo nell'amore e in tutte quelle stronzate sdolcinate, non esistono, solo solo illusioni che quei film del cazzo fanno credere» sbuffò e riprese «e non voglio che nessuno si aspetti qualcosa da me perché conoscendomi fallirei e non voglio essere legato a nessuno, voglio essere libero di fare quello che mi pare»
«Libero di passare una vita a scoparti ragazze sconosciute?» ribattei acida e disgustata.
Non poteva pensare davvero ciò che aveva appena detto, tutti sognavano una famiglia, una vita vera, una compagna con cui invecchiare e amare.
«Perché no, io voglio vivere» 
«Puoi vivere anche con una donna fissa» sottolineai.
«Non lo metto in dubbio, ma quello non sono io»
«E chi allora?»
«Qualcuno che troverai là fuori, che ti farà felice, che ti darà una famiglia, cercalo e lo avrai» fece per alzarsi ma lo bloccai per un braccio, riportandolo seduto «allora noi cosa siamo?»
«Niente» buttò fuori dopo qualche secondo.
«Niente?» balbettai in preda a forti tremori.
«Che ti aspetti, amici come prima?» 
«Beh..»
«Cristo, abbiamo..va bene, amici ti va bene?» si sporse verso di me posando i suoi occhi cielo nei miei «ti voglio bene ma tu provi di più, non posso venire a dirti di rimanere semplicemente amici perché io per te non lo sono, ma come ho già detto non voglio nessuna relazione, nessun legame, non voglio usarti perché mi fa comodo, voglio farlo con ragazze che non provano niente, che vogliono divertirsi e basta, capisci?»
E forse non lo saprà mai che lo amavo così tanto che mi sarei fatta usare da lui.
E quelle farfalle non sarebbero mai morte, volavano per lui, per ciò che era, per i suoi modi di fare, per il suo sorriso, per i suoi occhi, per il suo cuore capace di amare, anche se lui non l'avrebbe mai ammesso.




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Capitolo 8
*** No love. ***


[altro capitolo modificato yo]

 
No love





[NICCOLÒ POV]




Alle mie parole lei annuì soltanto, lo sguardo basso e gli occhi spenti.
Non potevo darle ciò che voleva, non potevo darle l'amore che probabilmente meritava, perché non ero capace.
Un ragazzo come me, che si divertiva, che se ne fregava di tutto, non poteva amare.
Il cuore c'era, ma era di ghiaccio,  impossibile da sciogliere, duro come la pietra e inossidabile.
Non potevo prenderla in giro, usarla per i miei bisogni perché un giorno mi sarei stufato e me ne sarei pentito.
Le volevo bene ma oltre quello, il nulla.
Meglio stare lontani dalle relazioni, dalle donne complicate, che pretendevano troppo, diceva mio padre, perché erano quelle che ti rinchiudevano in una gabbia senza più libertà di scelta.
E io volevo essere libero, libero di divertirmi, di fare cazzate, di ubriacarmi, di fumarmi le canne, tutto ciò che un ragazzo della mia età poteva combinare, senza essere ammanettato a una donna.
Forse, legato a un letto, ci avrei pensato due volte.
Scossi la testa e tornai con gli occhi su di lei, che si agitava sulla sedia nervosa.
Mi schiarii la voce «Arianna davvero, lasciami stare, io voglio solo divertirmi» ripetei per convincerla.
Lei sbuffò e alzò i suoi occhi sul mio viso «come vuoi, ma non ti posso promettere che uscirai dal mio cuore in un secondo, ci vorrà del tempo» chiuse gli occhi e abbassò lo sguardo «o forse non succederà mai»
Deglutii alle sue ultime parole sussurrate, trovandomi spiazzato e inerme.
«Me ne vado ora» affermò titubante e si alzò, mi sorrise timidamente e uscì dal bar.
Feci un lungo respiro e strizzai gli occhi prima di dirigermi verso il tavolo dei miei amici.
«Pensavo fossi stato risucchiato» scherzò Chris, il mio migliore amico, dandomi una pacca sulla spalla.
Sorrisi forzatamente e tossii a disagio.
«Giù per il tubo due» rincarò Luca, il più stupido del gruppo, sempre a sparare cose senza senso.
«Che voleva Arianna da te?» chiese invece Guglielmo, più simile a me.
Sospirai e alzai le spalle «affari di cuore» 
«Uh-uh» rispose Chris, e io annuii.
«Vuole il tuo cuoricino eh?» disse il Gugi,
e contemporaneamente qualcun'altro sparò «vuole il tuo cazzo?» e aggiunse retorico «rossa di capelli..»
Rimanemmo in silenzio qualche secondo guardandolo con rimprovero e poi scoppiammo a ridere «entrambi, ma più il primo» affermai serio, aggrottando la fronte.
«Sei fregato bro» 
«Fottuto»
«Fino al midollo»
Alzai gli occhi al cielo e accennai un sorriso «voi si che siete degli amici, mi state consolando davvero bene»
«È il minimo» ribattè il biondo alzando le spalle.
«No, seriamente» iniziò il riccio serio e gesticolando in modo sfrenato «le ragazze si fanno un sacco di paranoie, pippe mentali che fanno paura, chissà che film si starà facendo adesso»
«Non credo, le ho detto di lasciarmi perdere, di cercare altrove»
«Vuole il tuo cazzo non quello di un altro» tipica frase di Luca il cretino.
«Che finezza boss» lo canzonò Chris.
«Ha ragione però, le donne quando si impuntano su un ragazzo è la fine» mormorò Gugi, mi facevano sempre più paura i suoi discorsi filosofici «ci metterà secoli a dimenticarti» concluse guardandomi negli occhi.





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Capitolo 9
*** My person. ***


My person


 
[ALICE POV]



Ero ancora stesa sul letto persa nei miei pensieri quando sentii suonare alla porta.
Saltai giù e corsi ad aprire, per poi ritrovarmi di fronte la mia amica: Arianna, ancora con gli occhi rossi per le lacrime. 
Non sapevo cosa dire, le parole mi si erano bloccate a metà, senza voler uscire.
Tossì e iniziò a torturarsi le mani nervosa 
«ascoltami Ali, lo sai che ti voglio bene vero? Perché da come mi sono comportata non sembra molto» sospirò e riprese «insomma, ti ho nascosto della festa e di tutto il resto»
Si appoggiò allo stipite della porta e spostò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio «avevo paura che mi avresti giudicata, anche se sei la mia migliore amica, perché sapevo di aver fatto una stronzata ma..era quello che volevo e che desideravo perché lui mi piace, mi piace davvero e ho colto l'occasione, è brutto da dire ma è così»
Sospirai, cercando di mettere in ordine i pensieri nella mia testa «non ti avrei giudicata, dovresti saperlo che non ne sono capace» 
«Lo so ma..» ricominciò «lui va con tutte, nessuna ha importanza, invece per me è stato importante, perché lo volevo davvero..e lui non mi vuole, perché dice che non sa amare, che non vuole legarsi» si asciugò una lacrima con il dorso della mano «accetta tutte quelle che non provano niente e rifiuta me che lo amo così tanto»
«Arianna» respirai e la abbracciai con forza e la strinsi a me, massaggiando le la schiena «è uno stronzo lo sappiamo tutti, non merita il tuo cuore» 
E lo pensavo davvero, un ragazzo normale non avrebbe rifiutato l'amore di una ragazza solo perché voleva divertirsi, non aveva un senso logico.
Tutto vogliamo una persona fissa al nostro fianco, una persona che ci sia sempre, che ci porti in alto, fino a toccare la luna.
La trascinai dentro e chiusi la porta alle spalle «che ne dici di Mc, popcorn e  Gossip Girl?» proposi, cercando di strapparle un sorriso.
«Dico che ti amo» rispose baciandomi una guancia e abbozzando un sorriso.
Se non ci fossero le amiche a consolare dove andrebbero tutte le persone col cuore spezzato?










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Capitolo 10
*** Wonder ***


CAPITOLO NOVE - WONDER






Non parlammo più dell'accaduto anche perché, detto tra noi, poteva capitare a chiunque di inciampare in Nico ubriaco e su di giri e non potergli resistere, anche a me.



I giorni seguenti passarono noiosamente lenti ma non ci fu nulla di eclatante, a parte qualche sguardo tra Arianna e Nico che, appena uno dei due beccava l'altro, si giravano dalla parte opposta.


Dopo una settimana di scuola, si sa, inizia il vero inferno con spiegazioni a manetta e senza sosta, anche in chimica.
Speravo vivamente che la prof. si fosse dimenticata o l'alzaheimer l'avesse colpita prima del previsto, invece mi sbagliavo di grosso. 
Come aveva predetto riuscivo a stare al passo con la materia insieme a pochi altri e ovviamente lui non era tra questi. 

Lo faceva apposta?

Non si impegnava minimamente, non ascoltava la lezione e giocava tutto il tempo col telefono.
Inutile dire che avrei dovuto dargli lezioni e oltretutto gratis. 
L'avrei ucciso!

«Signorino se non le interessa la lezione esca da questa aula!» 
L'urlo della prof. fece sobbalzare tutta la classe, compresa me.
«Era ora!» 
Bofonchiò Nico, e si alzò per uscire.
«Oggi ti fermerai con la tua compagna a recuperare tutto quello che ho spiegato, non hai scuse!»
Mi andò di traverso la caramella e lui si bloccò sulla porta guardandomi con quella sua faccia da schiaffi.
«Devo proprio?»
«Vuoi avere per caso il debito a fine anno?»
Sbuffò e uscì dalla classe.
Ma perché tutte a me?

A fine giornata me lo ritrovai davanti, coi suoi occhi blu e il solito ghigno.
«Alllora casa tua o casa mia?»
Ci misi un attimo a collegare cervello e bocca. 
Non poteva uscire con queste frasi ambigue!

«A scuola idiota!»
Sbuffò. «Che cosa triste!»
«Qui alle 3, non si discute!»
«Va bene meraviglia, a dopo!»
Lanciò un occhiata ad Arianna e se ne andò.
«Che palle!»  
«Dai poteva andarti peggio!»
Mi consolò la mia amica e io la guardai alzando le sopracciglia.
«Non vedo cosa peggiore che dare lezione a uno scemo nato!»
«Poteva capitarti Sara, non capisce neanche l'italiano!»
Sara era una nostra compagna di classe, simpatica e divertente, ma dura di comprendonio, molto.

Ci salutammo e mi avviai verso casa.
Decisi per un pane e nutella poco salutare ma che mi risollevò dalla depressione futura del pomeriggio. 
Andai in bagno per sistemarmi e fui tentata di mettere un filo di trucco in più ma poi dovetti desistere.
Poi quello pensa che mi sono fatta bella per lui, non sia mai. 

Misi il libro nella borsa e mi incamminai.
Fui tentata almeno cinque volte di tornare indietro, ma continuai per la mia strada anche per smaltire le diecimila calorie della nutella. 

Entrai in classe e aspettai, sperando che almeno lui avesse avuto la bella e allettante idea di darmi buca. 
Mi sbagliavo.

Due secondi dopo varcò la soglia col fiatone: aveva corso? 

«Scusa il ritardo!»
E si sedette di fianco a me. 
La situazione non prometteva nulla di buono, soprattutto a quella poca distanza.

Dannazione. 

«Speravo non venissi.»
Dalla sua sorpresa capii che era sorpreso.
«Non è mia abitudine dare buca alle ragazze.»
Alzai gli occhi al cielo.
Io non ero una di quelle sue solite ragazze. 

«Dai iniziamo, così finiamo prima.»
«Che cosa?»
Capitan ovvio.
«Chimica!» Sbuffai.
Sono passati neanche cinque minuti e ho già voglia di prenderlo a schiaffi.

«Dobbiamo proprio?»
«Senti io me ne sarei stata volentieri a dormire, invece sono qua a scassarmi le ovaie!» Sbottai.
«Posso venire con te.»
Disse, mostrando il suo sorriso malizioso.
«Dove?» 
Alzai un sopracciglio interrogativa. 
Mi ero persa qualcosa.
«A letto.» 
Rise con il suo solito sorrisino sghembo.
«Sei davvero un coglione!»
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. 
«Dai era per scherzare!»

Si certo, figuriamoci.

«Io no, quindi prendi quel cazzo di libro!»
«Come siamo acide oggi.»
Era in vena di scherzare ?
«É la tua presenza che mi fa saltare i nervi!»
Dissi e finalmente ci mettemmo a studiare.

«Allora la materia cos'è?» 
Chiesi sperando che rispondesse, visto che eravamo sui libri da quasi due ore e il mio cervello chiedeva pietà e un'altra dose di nutella.

«Ci sono due teorie: una la crede continua, cioè che si divide in infiniti frammenti microscopici e l'altra invece afferma il contrario, cioè che è formata sola da particelle finite chiamate atomi.»
Lo fissai spalancando la bocca: non mi aspettavo che sapesse rispondere così bene.
«Sorpresa vero?»
«Solo un pochino.» Ammisi. 
«Ora dimmi cosa dice Dalton sulla materia.» Continuai.
«Dalton Dalton..»
Stava scavando nella sua memoria vista l'espressione concentrata. 
«Ci sono!» 
Esclamò e mi venne quasi un colpo per lo spavento.
«Dice che la materia è formata da atomi, questi sono indivisibili, inalterabili e uguali tra loro!»
«E?» Aggiunsi.
«E?!» 
Mi stava guardando in modo così buffo che per poco non gli scoppiai a ridere in faccia. 
«Le trasformazioni chimiche si identificano nell'unione e separazione degli atomi.» 
Dissi e chiusi il libro esausta.
«Già finito?»
«Tu che dici?» 
Lo guardai torva.
«Io di solito resisto di più, ho altri ritmi.» 
E mi lanciò uno sguardo malizioso. 
Volevo prenderlo a pugni. 

«Sono stanca morta, voglio solo andare a casa e dormire.»
«Io saprei come farti ritornare le forze.»

Mi accorsi soltanto ora che si stava avvicinando e notai delle lentiggini sparse sulle guance e sul naso: perché non ci avevo fatto mai caso?

Dio, Alice svegliati e non farti imbambolate dalla sua bellezza schifosa.

«Che stai facendo?» 
Mi raddrizzai sulla sedia e lo fissai.
«Ti stavo per ringraziare,no?»
«Mi accontento solo di un grazie e di un bel voto nel compito, io non sono come le tue puttanelle!»
Gli gridai in faccia, sembravo un'isterica dalla sua faccia. 
«Pensavo ti facesse piacere!» 
Alzò le mani e si scompigliò i capelli.

Dannazione, esci di qui subito!

«Invece no!»  Dissi decisa picchiando i pugni sul banco.
«Cambierai idea!» Ghignò.
«Mai.» 
«Staremo a vedere, ciao tettina.»
Rise e uscì dall'aula prima che potessi ammazzarlo definitivamente. 
Un vero peccato!




 
Spazio Autrice
Allooooora, scusate il ritardo!
Mi ero persa nei meandri di questo sito a leggere storie meravigliose, chiedo perdono.
Spero che vi piaccia questo capitolo e credo sia venuto più lungo degli altri.
Anyway ringrazio di nuovo chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate e nella torta. 
Alla prossima e fatemi sapere cosa ne pensate!
Un abbraccio a tutte le bellezze che recensiscono sempre! ;) 
*va via volando con Apollo* 
 

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Capitolo 11
*** Explosion ***


CAPITOLO DIECI - EXPLOSION






Il risveglio del mattino successivo fu dannatamente traumatico: avevo sognato occhi blu che mi fissavano, un sorriso irresistibile, lentiggini, una bocca quasi vicina alla mia e un ragazzo schifosamente bello e perfetto, 
Mi diedi uno schiaffo da sola per essermi ridotta a trovarmi Nico pure nei sogni. 
Che sia maledetto!

Per fortuna mi ero alzata due secondi prima delle urla di mia madre che, scoprendomi già sveglia, ha represso le sue grida mattutina.
Mancava solo lei e mi sarei sotterrata. 

«Oh sei già sveglia, tesoro!»
Grazie a Dio, un tono calmo.
«Si mi sono appena svegliata.»
«Alla fine non mi hai detto come è andata con quel tuo compagno di classe.»
Merda.
La sera prima le avevo accennato accidentalmente di essermi fermata a scuola al pomeriggio ad aiutare un ritardato cronico. 
«Direi bene.» 
Cercai di farmi vedere intenta a scegliere i vestiti nell'armadio che si stava trasformando in un vero dilemma.

«È carino?»

Colpita e affondata.

«MAMMA!» 
Stavolta fui io a urlare infastidita. 
Non potevo dire che Nico è carino, sarebbe stato riduttivo e mia madre avrebbe continuato il terzo grado. 

«Tesoro era solo una domanda, non ti agitare. Ma dalla tua reazione posso affermare che la risposta è si.»
Lei e il suo istinto.
Alzai gli occhi al cielo esasperata.
Avrei cancellato Nico dalla faccia della terra un giorno, lo giuro.
Finalmente si decise a lasciarmi sola insieme alle mie paranoie.


Appena arrivai davanti a scuola vidi Nico farmi l'occhiolino, lo ignorai sbuffando e fui investita dal tornado Arianna.
«Allora è andata male?»
Ma stamattina cos'hanno tutti?

«Pensavo peggio sinceramente.»
«Te l'avevo detto che sarebbe andato bene.» 
Mi sorrise, ma non riuscii a decifrare il sto sguardo: aveva anche a che fare con Nico? 
Ecco, parli del diavolo e lui ti accontenta.

«Ciao meraviglie.»
Arianna alzò gli occhi al cielo dirigendosi verso la classe e io risposi con un poco usuale «Ciao.»
Mi continuava a fissatore, era inquietante dopo un po'.
«Che vuoi?» Sbottai.
Rispose facendo il solito sorriso sghembo e irresistibile.
Oh, andate al diavolo.

«Sono venuto a salutare la mia insegnante personale.»
Voleva fare il simpatico ma mi aveva preso proprio nella giornata giusta, dopo che la notte avevo fatto sogni su di lui. 
«Bene, ora che l'hai fatto sparisci!»
Sbuffò. «Sempre la solita acida!»
«Non pensare che io diventi tua amica  perché ti do ripetizioni!» 
Riusciva sempre a sorprendermi in un modo o nell'altro, non ero mai pronta alle sue reazioni.
«Sei troppo acida, dovresti sfogarti tettina.»
Rise col suo sorriso malizioso.
Mi voleva far crepare direttamente nel corridoio della scuola?

«Già hai ragione, mi sentirei meglio se in questo momento ti stessi prendendo a pugni!»
Mi fermai davanti a lui con le mani incrociate, in mezzo al corridoio quasi deserto perché erano già tutti in classe. 
Buttò la testa indietro e rise, e il mio respiro si mozzò.
Dio, una visione. 

«Veramente non intendevo quello.» 
Si avvicinò pericolosamente, troppo per i miei gusti e per la mia incolumità.
«Piantala, non verrò mai a letto con te.»
Se ti avvicini ancora giuro che ti salto addosso. 
Cazzo Alice, contieniti, sei in una scuola!

Sbuffò. «Cambierai idea.»
Lo fa apposta a provocarmi?

«Mi spiace, non sei il mio tipo.»
Replicai, sostenendo il suo sguardo. 

Come era quella cosa? 
Se si fissa un ragazzo negli occhi per dieci secondi poi gli salti addosso, perfetto, manca solo quello. 

«Ma io sono il tipo di tutte.» Si giustificò.
«Non il mio!»
Urlai, ero in preda al panico.
«Posso chiedere perché?»
Prepariamoci al lancio.
«Beh sai a me non piacciono i ragazzi stronzi e arroganti come te.»
Mi aspettai uno sguardo omicida invece continuò a sorridere.
«Tutto qua?»
Lancio tra 3, 2, 1.
«Oh anche perché ultimamente ho sentito che il tuo amichetto delle parti basse non lavora a dovere.»
Bomba sganciata, si salvi chi può.
Il suo sorriso scomparì e divenne tremendamente serio. 
Mi spinse contro la parete e i nostri visi erano dannatamente vicini. 
Non potevo muovermi perché lui mi bloccava i polsi sopra la testa. 
«Non provocarmi stupida ragazzina.»
Cercò di fare il minaccioso ma a me venne solo da ridergli in faccia. 
«Oh, allora è vero?» 
Dissi divertita ma lui mi si appiccicò contro e non riuscii più a respirare per la sua vicinanza. 
È un idiota, ma non gli si può resistere a lungo, soprattutto se tocca ogni parte del mio corpo col suo e a due centimetri dalla mia bocca.
Si premette ancora di più su di me e capii, o meglio sentii, che avevo appena detto una balla colossale, e che non sarei mai riuiscita a togliermi dalla testa il ricordo di questo contatto ravvicinato.

«Se vuoi ti posso dimostrare il contrario.»
Oh merda, no grazie, cioè si, no Alice cazzo riprenditi.
Continuava a fissarmi senza lasciarmi i polsi e sentivo il suo respiro sul mio volto. 
«Allora?» 
Incalzò, era arrabbiato e offeso, combinazione perfetta proprio.
«Non ci tengo, grazie.»
Mi uscì un balbettio molto poco convincente, infatti non ci credette neanche lui perchè in un secondo mi prese una mano e la appoggiò al suo petto.
Qualcuno mi dia una mascherina per respirare. 

Senza smettere di fissarmi, fece scendere lentamente la mia mano e potevo sentire i suoi addominali perfetti al mio tocco. 
Stavo morendo di una morte dolorosa e lenta. 

Si fermò al suo ombelico continuando a fissarmi intensamente e io iniziai a tremare.
«Almeno non dire balle.»
«C-cosa?» 
Non aveva la forza di formulare una frase di senso compiuto e balbettai come una scema.
«Sento le tue reazioni a me, quindi non mentire.»
Il mio cuore aveva perso un battito, non riuscii a respirare, avevo le gambe che tremavano e lui era troppo vicino. 

Non sentii neanche il suono della campanella quando lui mi lasciò libera di respirare. 
«Non ho finito con te.»
Si dipinse in volto il suo solito ghigno e andò verso la classe. 

Rimasi impietrita per almeno dieci secondi finchè la prof. della prima ora mi richiamò dal mio coma ormonale. 
Ne sono certa, sarei morta entro pochi giorni se Nico si fosse avvicinato ancora così tanto. 






 
Spazio Autrice
perdono perdono perdono perdono perdono perdono 
mi sono di nuovo persa a leggere qui su efp una storia stupenda che non volevo finisse mai.
comunqueeee spero vi piaccia questo capitolo e come sempre aspetto le vostre opinioni. 
domani inizio di nuovo l'università quindi non so di preciso quando pubblicherò il prossimo capitolo ma cercherò di ritagliarmi qualche spazio per continuare.
ah sono dal telefono quindi per chi me l'aveva chiesto non riesco a inserire le foto dei personaggi per ora, scusate!
alla prossima! ;)

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Capitolo 12
*** Death trap ***


CAPITOLO UNDICI - DEATH TRAP






Entrai in classe ancora mezza intontita ma non potei fare a meno di lanciare un'occhiata a Nico: mi stava fissando intensamente con quei occhi blu mare, sorriso soddisfatto e braccia incrociate. 
Alzò un sopracciglio e mi sentii addosso gli sguardi di mezza classe: mi ero incantata a guardarlo.

Brava Alice, di questo passo non ne uscirai viva. 
Mi sedetti mentre la prof. iniziava a blaterare di qualcosa che non sentii.

«Ma che fine avevi fatto?» 
Mi sussurrò Arianna, come se non l'avesse capito. 
«In una trappola mortale.»
Lei mi guardò aggrottando la fronte, decisamente non aveva intuito proprio nulla. 

Insomma, che mi stava succedendo?
Perché improvvisamente diventavo fragile?
Ero sempre stata forte, un passo avanti agli altri, sempre con la risposta giusta.
Come faceva lui ad avermi sconvolto così tanto?
In dieci secondi ero diventata tutto l'opposto di quello che ero stata fino ad allora. 
Sarà stato per il suo sguardo così intenso?
Sarà stato per il suo sorriso irresistibile?
Sarà stato perché lui è così troppo perfetto?

Una botta assordante mi fece ritornare alla realtà, seduta al mio banco e alla prof. che mi scrutava infastidita.
Oddio, mi ero incantata di nuovo?
Cazzo, tutta colpa di quell'idiota!


«Scenda dalle nuvolette rosa e risponda.»

Merda, rispondere a cosa?

«S-scusi, a quale domanda?»
La voce mi tremava per l'imbarazzo e sentivo delle risatine in sottofondo.
Dio, che figuraccia!

«Era proprio nel paese delle meraviglie.»
Sbuffò. «Ieri avete fatto come ho detto lei e il signorino li dietro?»
«Si prof.» 
Avevo ripreso il controllo, almeno per ora. 
«Bene, vorrà dire che farò un test.»
Un cosa? Cavolo!

«Venga alla cattedra su.»
Alzai lo sguardo e vidi che stava indicando Nico, che mi passò di fianco facendomi l'occhiolino.
«Se non risponderà bene, abbasserò il voto anche alla sua compagna.»

No aspetta, cosa?
Ma perché?!
Se non risponde lo ammazzo!

Gli rivolsi uno sguardo omicida che lui ricambiò con un sorrisetto sghembo.
Vai al diavolo bastardo!

Non volevo sentire la sua interrogazione, di sicuro stava per fare lo stronzo per farmela pagare per la bomba sganciata poco prima. 
Mi tappai le orecchie con le mani e mi misi a guardare fuori dalla finestra: era veramente una bella giornata sprecata in quelle quattro mura.

Mi riscossi quando Arianna mi diede una gomitata, facendomi cenno di guardare proprio dove io stavo evitando di posare lo sguardo. 
La prof. sembrava al settimo cielo.
Stavo sognando?

«Bravo, davvero. Complimenti Alice, sei riuscita a trasformare uno scapestrato in un ottimo studente, almeno in chimica.»

Oddio, cosa avevo detto?
Avevo trasformato Nico in un genio?
E lui aveva trasformato me in una pazza.

Non riuscii a far altro che ricambiare il sorriso.
«Vada pure a posto ora, ne terrò conto.»

Ma nel tornare al suo banco, Nico mi si avvicinò. 
Mi venne quasi un infarto da incontro ravvicinato.

«Sei in debito con me meraviglia.»
Mi sussurrò, provocandomi brividi per tutto il corpo.

Mi agitai nervosa sulla sedia per tutto il resto dell'ora, non riuscendo a immaginare una qualche vendettada parte sua, era la cosa non mi faceva  stare tranquilla per niente.
Oltretutto mi sentivo il suo sguardo sulla schiena, non so con quale forza di volotà riuscii a non voltarmi per sorprenderlo nelle mano nel sacco a fissarmi, forse la mia dignità.



 
Spazio Autrice
Aloha donne!
si in questo momento vorrei essere alle Hawaii ahahah.
spero vi piaccia questo capitolo, anche se non è super lungo, pardon.
aspetto come sempre le vostre opinioni!
baci e abbracci, alla prossima!!

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Capitolo 13
*** Escape ***


CAPITOLO DODICI - ESCAPE






«Credo dobbiate proprio continuare a studiare insieme, formate una bella coppia di studio!»
La prof. non stava più nella pelle dalla felicità e a me tremavano ancora le gambe.

Non avrebbe portato nulla di buono essere in debito con Nico, soprattutto sapendo come ragiona la sua testa
Ero fregata, non avevo scampo.
La trappola mortale mi stava per inghiottire, non che mi dispiacesse, ma improvvisamente volevo che lui non fosse così affascinante.
I tipi come lui, si sa, attirano ragazze di ogni tipo da tutti gli angoli della terra, ma io non mi sarei accontentata, io l'avrei voluto tutto per me.
Se solo lui cambiasse cervello e ne acquistasse uno normale su ebay.
Sogna Alice, sogna pure l'impossibile.

Appena suonò la campanella dell'ultima ora, sgusciai fuori dalla classe come un razzo, rivolgendo un veloce saluto ad Arianna che era ancora seduta al banco.
Arrivata al cancello, presi a respirare profondamente: non era certo una passeggiata fuggire da lui, ma non potevo permettere che ci cascassi.

Mi guardai indietro e notai che il cortile era ancora deserto, nessuna traccia di esseri umani e neanche di Nico, quindi ripresi a camminare normalmente verso casa.
Non avevo fatto neanche mezzo metro che una moto mi si affiancò.

«Dove scappi meraviglia?»

Merda, Nico!

Si stava togliendo il casco e rimase coi capelli scompigliati e un sorriso mozzafiato.
Abbiate pietà di me, vi prego, non riesco a sopportarlo!

«Vado a casa.»
Semplice e concisa.
«Di la verità, stai scappando da me?»
Questa volta mostrò il suo ghigno antipatica e volevo prenderlo a pugni in mezzo alla strada.
«Non sto scappando proprio da nessuno!»
Sbottai, ormai preda del nervosismo isterico.
«Sei corsa via come una saetta, non ti mangio mica!»
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo.
«Non ho paura di te.»
«Lo so.»
Rispose secco e ridacchiò.

Feci per proseguire lasciandolo a divertirsi da solo ma mi bloccò il polso.
«Allora oggi studiamo chimica insieme?
 A proposito, non mi hai ancora ringraziato!»
«Ringraziarti? Hai fatto il tuo dovere!»
Rise. «Casa mia o casa tua?»

Di nuovo? 
Ma allora é di coccio!


Feci per rispondere ma mi bloccò.
«Non dirmi scuola, è deprimente!»
«Non ti invito certo a casa mia!»
Ci mancava solo che scoprisse dove abitassi, ed ero fritta.

Sbuffò.
«Va bene, allora casa mia. Ti vengo a prendere alle 3?»
«Va bene, ci troviamo davanti a scuola.»
«Hai paura che mi intrufoli a casa tua di notte?»
Si stava divertendo da matti e io lo odiavo a morte.

«Non si sa mai che potresti progettare di farmi fuori!» 
«Quanto sei ridicola, non faccio certo fuori la mia insegnate di chimica!»
Gli gridai dietro un:
«Vai al diavolo.»
E ritornai a camminare per la mia strada.

Dovetti resistere dal mangiare ancora pane e nutella per tirarmi su il morale, quindi mi piazzai davanti alla tv mangiando mezza pizza.

Mi sbirciai allo specchio e decisi di ravvivarmi con un po' di trucco per non sembrare uno zombie appena uscita dal coma.

Mi fermai a mezz'aria col mascara, prendendo coscienza solo in quel momento che avevo accettato ad andare a casa di Nico.

Sicuramente non ne sarebbe uscito nulla di buono, me lo sentivo.
Forse avrei incontrato una delle sue amichette che gli facevano servizio tra una ripetizione e l'altra.
Ferma, stop Alice, datti un contegno.

Presi la borsa e uscii di casa incamminandomi verso la scuola, salvo poi trovarmi Nico quasi davanti casa.
Perfetto proprio.

«Ciao tettina.»
Era un uomo morto.
Sorrise malizioso e mi porse il casco. 
Rimasi interdetta: dovevo stringermi e appiccicarmi a lui?

«Dai sali, non ti faccio niente.
Attaccati a me e basta.»
Appunto, la fai facile tu, ho tutti gli ormoni in subbuglio e non solo.
Mi inserii dietro di lui esitante, stringendolo il meno possibile ma lui mi prese le mani e se le mise intorno alla vita.

«Tieniti forte, non vorrei perdere la mia tettina preferita.»
«Smettila con questa tettina, non é divertente sai.»
«É solo una constatazione.»
Si girò a guardarmi e gli diedi un pugno sulla spalla. 
È ufficiale, lo odio.

«È come se io ti chiamassi impotente!»
Sbottai.
«Oh ma questo tu non lo puoi sapere.»
Ghignò, non si era per niente offeso anzi, tutto il contrario. 
Sbuffai esasperata. 

Non c'era niente da fare.
«Dovresti provare, non ti dispiacerebbe affatto sai.»
Sorrise malizioso mentre io perdevo un battito. 

 



Spazio Autrice
Hoooola e buon sabato!
Scusate il ritardo ma mi ero persa ahahah e in più ho iniziato una nuova storia, se volete leggerla si chiama “Eyes drunk”.
Aspetto come sempre opinioni, critiche e tutto quanto.
baci e abbracci.

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Capitolo 14
*** Struggle ***


CAPITOLO TREDICI - STRUGGLE





Dovetti passare tutto il viaggio appiccicata come una ventosa a Nico, non ero mai salita su una moto e avevo una paura tremenda.
Per fortuna o sfortuna, il viaggio durò poco ma io mi abituai a stringere quell'idiota con le mie braccia. 

«Capisco che ti piace stringermi ma siamo arrivati.»

Merda, non mi ero neanche accorta che si era fermato davanti a casa sua. 

Complimenti Alice, proprio ottimo.

Scesi e trafficai per togliermi il casco, così Nico mi aiutò e mi stavo maledicendo per essere così imbranata.
Nel sfilarmi il casco aveva sfiorato il mio viso e il mio cuore iniziò a battere come un pazzo. 
Calma, calma e sangue freddo. 

«Vieni tettina.»
Rise e gli lanciai un'occhiata omicida. 

Aprì la porta ed entrammo, e io rimasi a bocca aperta. 
Dio, sembra la casa di una star!

«Chiudi la bocca almeno.»
Ridacchiò e mi guardò divertito, mentre io volevo sotterrarmi. 
«Andiamo in camera su.»
E iniziò a salire le scale mentre io me ne stavo ancora immobile.

Avevo capito bene? 
Camera? Letto
Cazzo no, o forse si.
Merda Alice, drogati di meno.


«Non è meglio se stiamo qui in sala?»
Azzardai, tutto pur di non finire in camera sua. 
D'altronde anche in salotto c'era un bel tavolo grande e avevo coltello da cucina a portata di mano.

Sbuffò e si girò verso di me.
«Hai paura che ti salto addosso?»
«Non intendevo quello!»

Si certo, hai pensato a quello!

«Non c'entra dove andiamo, se ti voglio scopare ti posso prendere in qualsiasi posto, non fa differenza.»
Ammiccò con quel suo sorriso sghembo.

La cazzata del secolo era stata andare a casa sua.
Dovevo andarmene, subito!
Ma volevo veramente andarmene? 
Direi proprio di no. 

Brava Alice, complicati la vita con uno stronzo di prima categoria.

«Come sei volgare.»
«Non é vero, sono diretto, dico la verità delle cose. Ora sali su con me.»

Troppo diretto, e sempre volgare sei.

Dovetti arrendermi e seguirlo nella sua stanza.
Mi aspettavo che fosse tappezzata di qualche calendario o riviste di ragazze nude, anche se non ne aveva bisogno visto che ne vedeva una al giorno, ma mi stupii comunque. 
Era semplicemente una camera normale di un adolescente altrettanto normale: scrivania sommersa dai libri, computer, tv, divanetto e letto. 

«Allora, spara, che ti aspettavi?»
Rise e si stese sul letto mettendosi le mani sotto la testa.

Merda, Alice mantieni la calma.

«Pensavo avessi poster di donne nude, in effetti.»
«Oh non ho bisogno di quella roba.»
Ghignò divertito.

Ecco, appunto. 

«Allora, iniziamo?»

Non che avessi sta gran voglia, ma trovarmi Nico sul letto a un metro da me, che ero ancora in piedi, non mi era per niente d'aiuto.

Improvvisamente capii come Arianna si sia potuta innamorare di lui: è bello, troppo, ha occhi che non puoi non guardare, di un blu così intenso, e il suo sorriso, cavolo, quando non faceva il suo ghigno antipatico era perfetto — peccato abbia un carattere da perfetto stronzo. 

«Va bene maestrina.»
Sbuffò e si sporse per prendere il libro, ma nel farlo la maglietta si alzò facendo intravedere qualche centimetro di pancia e ovviamente tartaruga stirata.
Alice guarda fuori dalla finestra, puoi farcela!

Peccato che lui si era accorto della mia espressione strana e ridacchiò compiaciuto.
Non andiamo per niente bene, rischiavo di saltargli addosso prima di rendermene conto!

«Vuoi che tolga la maglietta? Così puoi sbavare per bene!»

Si divertiva così tanto?
Che diamine!


«Non stavo sbavando!»
Sbottai indignata, come si permetteva?
Anche se forse aveva ragione, cavolo.

«Si certo, come tu hai delle tette enormi.»
«Ma che cazzo, cos'hai contro le mie tette?»
Non ne potevo più: lo ammazzavo o lo baciavo, entrambe alternative allettanti.
«Niente, non esistono praticamente!»
Non resistetti più, preso la prima cosa che vidi e gliela lanciai addosso, peccato fosse solo un cuscino e fosse innocuo.

«Ah, vuoi la guerra quindi?»
Rise, ma senza il solito ghigno.

Non mi accorsi di nulla: in un secondo si era alzato prendendo il cuscino e buttandomelo continuamente addosso, e non so come mi ritrovai stesa sul letto e lui sopra che continuava a colpirmi divertito.
Brava Alice, ora che cazzo fai?

«Ok mi arrendo, fermati.»
Sbuffai, non potevamo continuare così all'infinito.

«Proprio adesso che mi stavo divertendo a starti addosso.»

Il solito idiota.

Alzai gli occhi al cielo esasperata e me lo ritrovai faccia a faccia dopo aver tolto il cuscino che ci divideva. 

Mi stava fissando in una maniera da togliere il fiato e io deglutii: avevo due possibilità, prenderlo a pugni o cedere e salutare l'Alice forte e indistruttibile.



 
Spazio Autrice
Perdonatemi il ritardo, sono stata super impegnata, solo che non volevo farvi aspettare ancora quindi non ammazzatemi per il finale ahah.
aspetto torte in faccia e botte come sempre
baci e abbracci belle, alla prossima!

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Capitolo 15
*** Relax with me ***


CAPITOLO QUATTORDICI - RELAX WITH ME







Alice non cedere, non cascare nella trappola del coniglio!
Era il mio mantra da almeno dieci secondi, della serie che c'ero ma non c'ero.

«Vuoi così tanto baciarmi che stai pensando ad altro?»

Chi aveva parlato? 
Oh merda.
Nico. Letto. Sopra. Sotto.


«Cosa?»
Ero ancora immersa nel mio mantra che non mi aiutava per nulla a resistere.

«Stai pensando ad altro per distrarti.»
Sorrise ma non mi sembrava affatto divertito.

«Non è vero!»
Sbottai. 
Come riusciva a capire sempre ogni cosa? 
Leggeva nella mente? 


«Allora fai quello che vuoi fare e non parliamone più.»
Ora si stava divertendo. 
«Io non voglio fare un bel nulla!»
Si certo Alice, credici proprio. 
Non volevi saltargli addosso?


«Di solito a questo punto ci si bacia.»
Ghignò divertito e io volevo prenderlo a pugni. 

«Appunto, di solito!»
Sbuffò. «Quasi sempre!»
«Mi piace quel quasi.»
Ora mi stavo divertendo io.

«Nel 99% dei casi c'è un bacio!»
«E l'1% dove lo lasci?»
«Sei impossibile.»
Lo stavo esasperando.
Uno a zero per me!

«Tira i pugni.» Disse.
«Grazie mi hai dato una buona idea!»
Iniziai a tirargli pugni sul petto, ma era come un muro di muscoli invalicabile. 

Per fermare la mia furia mi prese per i polsi e mi ritrovai sopra e lui sotto.
Di male in peggio, Alice!
Ma non dovevate studiare?
Sè, ciao proprio.


«Allora?» Rise.
«Allora cosa?»
Non ci capivo più niente, i miei ormoni stavano ballando il tango e mi girava la testa

«Baciami.»
Colpo al cuore, deciso e diretto.
«No.»

Non doveva essere così facile, non dovevo cascarci.
Nico lo stronzo che ha una donna ogni cinque minuti e io stavo per diventare una di quelle. 

«Perché?»
Alzò un sopracciglio e aggrottò la fronte, non stava capendo perché lo rifiutasti. 
Siamo in due, tranquillo Nico.

«Mi pentirei.» Sospirai.
 Non era vero, non mi sarei pentita del bacio in sè ma di lui, di esserci cascata come una bambina — quando si prova un gioco poi lo si butta via e cade nel dimenticatoio. 
«Va bene.»
Cosa? No cazzo!
«Non è quello che volevi?»
Notò la mia espressione stupita mentre si alzava e mi liberava i polsi.

«Si, cioè..»
Oddio aiuto!
«Insomma, prima mi spogli con gli occhi e poi ti tiri indietro, quante paranoie ti fai?»
«Non mi faccio paranoie, penso al dopo!» 
Gli urlai addosso, sempre meglio di aggredirlo. 

Alzò gli occhi al cielo esasperato.
«Non mi sembra che tu sia venuta a casa mia per scopare e ho capito che non vuoi farlo con me, stavamo scherzano prima e se ci baciassimo non cambierebbe proprio nulla!»
Sul fatto che non accadrebbe nulla chiediamo ai miei ormoni.

«Va bene, studiamo?»
Fece per ribattere ma cambiò idea, per fortuna.


«Allora, parlami dell'atomo.»
«Ok quindi l'atomo è formato da elettroni, protoni e neutroni. Gli elettroni hanno carica negativa, i protoni positiva e i neutroni neutra
Prese un respiro e ripartì.
«Inoltre gli elettroni occupano uno spazio ENORME intorno al nucleo.»

Ok, perché ha urlato la parola enorme?
Alice non lo vuoi sapere veramente quindi lascia stare. 


«Va bene, sintetico ma sufficiente. Ora dimmi il numero atomico e di massa.»
Basta, ultima domanda e poi sarei scappata, non ce la facevo più.
«Allora, numero atomico..protoni e neutroni?»
«È il contrario, questo è il numero di massa!»
Sbuffò. «Che palle, sono stanco e non capisco più niente!»
«Pensavo avessi altri ritmi.»
Lo punzecchiai divertita.
«Si ma non in questo campo, in anatomia me la cavo alla grande
Ok, basta, Alice esci di li subito!

«Non ho dubbi. Ora vado a casa!»
E mi alzai per andarmene ma lui mi bloccò.
«Ti sei imbarazzata?» 
Mi stava fissando negli occhi e io persi entrambi i polmoni. 
«Certo che no.» 
«Allora perché scappi?»
«È tardi e devo tornare a casa.»
Sto scappando da te, ecco perché!

«Va bene, ti accompagno!»
Cosa? Oddio!
«Ripassa questa ultima cosa, non vorrei che ti interrogasse domani
Non sia mai che faccia un altro dei suoi scherzi. 

«Si certo, stasera rileggo. Comunque ha già avuto prova che siamo una grande coppia.»
«Si ma ricordati!» 
Lo avrei ucciso se non avrebbe più aperto libro
«Si ma prima mi devo rilassare un po'.»
Ecco che spunta il suo solito sorriso malizioso.

«Rilassare?»
Feci per ridergli in faccia ma capii tardi a cosa si riferisse.
Merda Alice!

«Oh si, mi devo riprendere dopo due ore di studio. A meno che..»
Mentre parlava si stava avvicinando a me ed andai a sbattere contro la porta chiusa.
Perfetto, complimenti. 

«A meno che?»
La mia voce era tremante a causa della sua vicinanza, a meno di dieci centimetri.

«A meno che tu non voglia rilassarti con me.»

 
 
 
 
 
Spazio Autrice
Scusate se vi lascio sempre in sospeso ahah perdonatemi, ma così è più divertente!
Ok tiratemi pure torte in faccia suu.

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Capitolo 16
*** First kiss ***


CAPITOLO QUINDICI - FIRST KISS




«A meno che tu non voglia rilassarti con me.»

Il respiro mi mancò e credevo di svenire, ma per fortuna c'era la porta, a cui mi aggrappai, altrimenti sarei crollata al suolo, più di la che di qua.

Non poteva dirmi quelle cose!

Si stava avvicinando, lo vedevo, ma ero stufa di trattenermi, di resistere, di far finta che non lo volessi. 

Alice staccati, fai qualcosa!

La mia coscienza non era d'accordo, ma a questo punto, che vada al diavolo. 

La vista che ho davanti è troppo allettante e quegli occhi blu così profondi mi fanno perdere ogni briciolo di lucidità, che negli ultimi secondi si era completamente azzerata. 

Lo sento: le mani sui miei fianchi che mi stringono e la sua bocca sul mio collo, che mi lascia scie di baci e sento il calore che invade tutto il mio corpo.

Alice che stai facendo?

Fanculo la razionalità e le paranoie per il dopo, non me ne frega nulla, lui non si arrenderà finchè non ha ottenuto ciò che vuole, quindi accontentiamolo e finiamola li.

Che poi vorrei che non finisse mai. 

Lui si stacca e mi guarda, sorride con quel suo ghigno antipatico ma in questo momento non mi importa la sua faccia da schiaffi. 

«Com'è che avevi detto?»
Mi dice, continuando a guardarmi e provocandomi la pelle d'oca.

«C-cosa?»
La voce mi esce tremolante, quasi un sussurro: perché si è fermato?

«Mi avevi detto che non ero il tuo tipo.»

Colpo basso che va a segno.

«Eppure, sei qua che non ti ribelli come al tuo solito.»

Non riesco a replicare perché sta risalendo con i baci fino al mio viso e sto trattenendo il respiro. 

Non ce la posso fare!

Mi da un bacio vicino all'angolo della bocca e poi mi fissa, mi incanta con i suoi occhi e io non posso far altro che ricambiare il suo sguardo, così vicino, troppo. 

«Ti sto per baciare, ti avverto, non vorrei che mi prendessi a pugni dopo.»
Ridacchia, e torna a concentrarsi sulla mia bocca, senza che io mi ribelli. 

Alice, pugno diretto nello stomaco, subito!

Il cuore che prevale sulla ragione, che ora è praticamente inesistente. 

Sento le sue labbra sulle mie, indugiano, si staccano e lui mi osserva, per studiare la mia reazione. 

Vedendo che non do segni di isteria ritorna sulla mia bocca e mi da un vero bacio, la sua lingua mi esplora e si unisce alla mia in una danza sfrenata. 

Le sue mani si muovono su e giù lungo miei fianchi provocandomi brividi lungo la schiena e proprio quando pensavo che non mi sarei mai staccata da quel bacio, lui si ferma. 

Si allontana da me, togliendo le mani dalla mia vita e sorride compiaciuto, passandosi la lingua sulle labbra.

«Ora sono un po' più rilassato, anche se eri un palo. Ti accompagno a casa ora.»

Un palo? 
Ero così concentrata che non l'ho proprio sfiorato, cavolo, e avrei dovuto toccarlo dappertutto, baciarlo, accarezzarlo.

Oddio, Alice gli ormoni fanno brutti scherzi.

«Se ti togli dalla porta magari.»
E ride e io mi sento avvampare.

Perché sono ancora aggrappata alla porta?
Sembra quasi che mi abbiano attaccata con la colla.

«Tettina capisco che sei accalorata dopo il mio bacio ma ti devo portare giù dalle scale in braccio?»

Merda, no!

«Scusa, mi sposto ora.»

Mi giro e apro la porta, scendo le scale sentendo i suoi passi dietro di me è mi dirigo verso l'ingresso.

«Non capisco perché scappi sempre.»
«Non sto scappando!»
«Infatti stai correndo!»

Mi blocco e me lo ritrovo quasi addosso. 

Perfetto, proprio. 

Non mi ricordo neanche cosa volevo ribattere perché mi incanto nei suoi occhi e lui approfitta della mia distrazione accarezzandomi una guancia con la mano.

«Se ti portavo a letto volavi direttamente a casa vero?»
«No, probabilmente non sarei più uscita di qui. Mi porti a casa ora?»
«Uh, allora la prossima volta ci farò un pensierino.»

Mi spinse verso la porta e montammo in moto.

Non vedevo l'ora di tornare a casa, respirare in modo regolare e dare il calmante al mio cuore mezzo svenuto.

Durante il tragitto mi venne quasi naturale stringermi a Nico, visto che poco prima non l'avevo neanche toccato, ma anche per sentire il suo calore sul mio corpo. 

Arrivata davanti a casa, mi staccai di malavoglia da lui e scesi dalla moto mentre lui mi toglieva il casco.

«Ciao tettina e grazie.»

Alzai gli occhi al cielo per quel maledetto nomignolo.

«Grazie per cosa?»
Gli chiesi sbuffando.

«Per chimica, a domani meraviglia.»

E se ne andò, lasciandomi davanti alla porta di casa che varcai correndo per andarmi a stendere sul letto e mettere ordine nella mia testa bacata.

Cosa avevo combinato?
Avevo baciato quell'idiota di Nico ed ero cascata nella trappola del coniglio.





Spazio Autrice
mi sembra di aver scritto in modo leggermente diverso questo capitolo, colpa dell'altra mia storia che è più "profonda”.
perdonatemi, spero vi piaccia comunque.
aspetto recensioni come sempre e ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite/preferite e i tantissimi lettori silenziosi, non temete, dite la vostra pure voi, mi farete felice.
baci e abbracci, alla prossima!

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Capitolo 17
*** Basket ***


CAPITOLO SEDICI - BASKET





Quando suonò la sveglia mi girai dall'altra parte, ignorando lei e le urla di mia madre. 
Che vadano a quel paese, neanche una gru mi avrebbe portata via da sotto le coperte. 

Non avevo dormito tutta notte, ho continuato a rigirarmi da una parte all'altra, senza smettere di pensare a Nico, alle sue labbra, ai suoi occhi, alle sue mani sui miei fianchi. 
Ormai ero partita per la tangente, l'avevo capito, la via senza ritorno e via di fuga. 
Primo lo odiavo e ora lo amavo, ma presto sarei ritornata ad odiarlo vedendolo con le altre o mi sarei presa a pugni da sola perché uno come lui non cambia mai: sa che se lo può permettere e ne approfitta. 

Ma non potevo starmene ferma, senza far niente, dovevo reagire e farmi forza, incontrarlo nel corridoio o nei bagni che si faceva una che non ero io, e lui mi avrebbe sorriso, con quel ghigno da spaccargli la faccia. 

Non ce l'avrei fatta, lo sapevo, sarei sbottata alla prima occasione, senza motivo, senza saperlo spiegare, perché in realtà non lo capivo neanche io. 
Mi aveva stregato, i suoi occhi così profondi, il suo sorriso così bello quando non compariva quell'odioso ghigno: non ero più io, una settimana fa lo odiavo e ora lo sognavo pure. 

Mi alzai, con le gambe rigide, e mi misi una felpa e i pantaloni della tuta: quella mattina avevo la lezione di ginnastica, ma non l'avrei fatta, non avevo voglia di correre dietro a Nico e provare a capirlo, figuriamoci rincorrere una stupida palla. 


Arrivai davanti a scuola, cercando di stare calma, insultandomi da sola che non dovevo pretendere nulla da lui, che ero una stupida ragazzina. 
Stupida.
Stupida.
E ancora stupida. 

Non potevo farci nulla, il mio cuore batteva come se volesse esplodere da un momento all'altro mano mano che mi avvicinavo a scuola e quando sentii il suo sguardo su di me provai a non alzare gli occhi, ci provai davvero, ma non ci riuscii, ormai ero irrecuperabile. 

I nostri sguardi si incrociarono e lui mi sorrise, come avrebbe fatto a qualunque ragazza, un gesto automatico, che però il mio cuore realizzò fosse solo per me, e così pensai che sarei scoppiata da un momento all'altro. 

E invece non successe nulla.

Purtroppo per me, perché avrei preferito non essere ancora arrivata, essere cieca, essere girata dall'altra parte per non vedere una bionda tinta che gli saltava addosso. 

Mi veniva da vomitare e iniziai di nuovo a insultarmi, perché non ero una persona normale, che non potevo avere quelle reazione per una cosa così stupida, che non potevo stare male per uno come lui. 
Che non potevo e basta. 
Che ero un'idiota con i fiocchi, impacchettata al contrario. 

Arianna non era ancora arrivata, e speravo che si sarebbe sbrigata perché io senza di lei non sarei sopravvissuta. 
Sarei crepata di gelosia, che non sapevo neanche di avere e di provare per quel cretino. 

Non è possibile che meno di ventiquattro ore fa lo volevo ammazzare e ora lo volevo per me, tutto quanto, tutto il pacchetto di stupidità e arroganza, perché senza questo non era lui. 

Mi arrivò un messaggio: era Arianna, non sarebbe venuta, il perché non lo lessi neanche, non mi importava, non osavo immaginare come sarei uscita di li a fine giornata. 

Suonò la campanella e corsi nello spogliatoio femminile, dovevo stare in mezzo ad altre ragazze, più belle e più formose di me, non mi interessava, mi bastava non incontrare i suoi occhi, ma non durò molto. 

Per mia sfortuna, il prof. decise che avremmo fatto dei tiri a canestro per esercitarci: niente ridicole corse dietro a una palla, niente scuse per non giocare, niente di niente.
Ero fregata.

Ci mettemmo in fila, divisi in due gruppi, visto che c'erano due canestri in palestra. 
Andai verso il gruppo delle ragazze, tutte in tiro, mentre io avevo ancora addosso la mia felpa, senza sotto neanche una maglietta. 

Speravo di cavarmela così, senza complicazioni, invece lui venne proprio verso il mio gruppo, tutte lo guardavano mangiandoselo mentre io tenevo stretta la mia palla da basket con lo sguardo fisso sul pavimento.
E visto che i guai non vengono mai da soli ma in coppia, si inserì proprio dietro di me. 

«Ciao tettina.»
Il suo solito tono derisorio mi faceva salire i nervi e lo sapeva, lo faceva apposta per divertirsi. 
«Ciao scemo.»
«Come siamo acide stamattina.»
«È la tua presenza che mi irrita.»

Continuavo a non guardarlo, non lo avrei sopportato.

«Ieri non mi sembrava che ti dessi fastidio però.»
Deglutii e divenni un peperone, mi sentivo le guance in fiamme, mentre lui mi accarezzava un fianco. 

Avrei voluto prendere a schiaffi quella sua faccia da scemo, prenderlo a pallonate fino a rompergli il naso, ma non lo feci, restai immobile, non sapendo cosa fare, mentre le ragazze in fila ci squadravano.

Finalmente arrivò il mio turno di tirare e  mancai il canestro per un filo, mentre Nico fece centro.
Lui sempre perfetto. 
Al quinto giro stavo morendo di caldo e non potevo farci nulla, visto che non potevo togliermi la felpa. 
Mi legai i capelli sperando che la situazione tornasse normale, che ritornassi a respirare regolarmente, che il mio cuore non esplodesse e che Nico smettesse di lanciarmi quei sorrisini.

«Meraviglia non hai caldo con la felpa?»
«Si, sto morendo.»
«E allora toglila no?»
E grazie al cavolo, non ci sarei mai arrivata senza il suo aiuto. 
«No.»
Non feci in tempo ad accorgermene che Nico me la stava già sollevando ma grazie al cielo si fermò a metà, accorgendosi che non portavo una maglia sotto. 

«La cosa si fa interessante.»
«Come scusa?»
Lo guardai e lui rideva. 
«Sei nuda sotto.»
«Lo so.»
La scoperta del secolo.
«Non hai neanche il reggiseno, lo sai?»

Avvampai di scatto quando sentii le sue mani salire, e salire, su per la schiena senza smettere di fissarmi.
Trattenni il respiro perché non volevo fermarlo anche se stavamo dando spettacolo in mezzo alla palestra. 
Non mi importava. 

«Ei voi due?Che state facendo?»

La voce del prof ebbe l'effetto di far scattare Nico indietro insieme al braccio e io iniziai a studiare il pavimento, di nuovo. 

«Niente che gli interessi.»
Chiaro, aveva sempre la risposta pronta. 

Ci squadrò per due minuti e poi il suono della campana ci informò che la lezione era finita. 
 
Era stata l'ultima ad uscire dalla palestra quando qualcuno mi prese per un braccio.

«Non puoi fare queste cose lo sai?»
Occhi negli occhi e labbra troppo vicine.
«Io faccio quello che voglio.»
«Si ma almeno non farmelo capire.»
Adesso era colpa mia se non avevo chiuso occhio ed ero stralunata perché mi aveva baciata?
«Che palle che sei.»
«E tu sei stupida tettina.»

Non calcolai le distanze, non calcolai che si era avvicinato ancora di più, non calcolai che mi stringeva tra le sue braccia, non calcolai che mi stava baciando. 
Per la seconda volta.






Spazio Autrice
Hola donne!
scusate il ritardo ma sono stata impegnata ed ero distrutta.
anyway spero che il capitolo vi piaccia, mi sto accorgendo che cambio velocemente modo di scrivere ahaha.
però questo capitolo mi piace, credo di averlo scritto abbastanza bene, spero ahah.
commentate come sempre e ringrazio le 100 people che hanno messo la storia tra le seguite, vi amo tutti.
baci e abbracci alla prossima!

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Capitolo 18
*** Jealousy ***


CAPITOLO DICIASSETTE - JEALOUSY





Rientrai in classe che ero ancora frastornata dall'improvviso bacio di Nico, dal quale il mio cuore non si era ancora ripreso. 

Entrata in classe mi sentivo osservata, ma non ci feci caso, non mi importava, alla fine avevo ottenuto quello che desideravo ma che non pensavo sarebbe accaduto così presto. 

La prof. arrivò cinque minuti in ritardo e lui non era ancora in classe, e non volevo sapere dove fosse anche se si poteva immaginare.

Cercai di togliermi quell'immagine dalla testa mentre veniva spiegato un canto dell'inferno dantesco ma non ci riuscii: il vero inferno stava nascendo dentro il mio cuore. 

Qualcuno bussò alla porta e la prof. sbuffando infastidita per essere stata disturbata, la aprì.

«Scusi il ritardo.»

Era Nico, con la maglia mezza fuori dai pantaloni, i capelli scompigliati e il solito ghigno da schiaffi.

Abbassai subito lo sguardo per non incontrare il suo, volevo scomparire, sotterrarmi o essere cieca. 

Aveva davvero avuto il coraggio di farsi una in bagno quando appena dieci minuti prima mi aveva baciata?
Non ci volevo credere, ma i fatti parlavano chiaro e non c'era altra spiegazione. 

«Vada al suo posto e stia zitto.»

Al diavolo, lo odiavo di nuovo con tutta me stessa, con tutto il dolore che stavo provando in quel momento, perchè lui era così e non sarebbe cambiato neanche con una botta in testa. 
Fanculo.


Passai il resto delle ore di lezione cercando di concentrarmi, di non pensare alla sua faccia da idiota, di non pensare a nulla e lasciare libera la mente.
Si, col cavolo.

Era impossibile, Nico continuava a intervenire facendo battutine stupide e tutta la classe rideva tranne me e la prof. che diventava rossa dal nervoso.


Era suonata la campanella, non credevo di essere arrivata viva a fine giornata, o almeno mezza sana e salva.

Sgusciai fuori dall'aula ma fui bloccata a metà corridoio.

«Allora tettina, oggi studiamo insieme?»
Sfoderò il solito sorriso irresistibile ma non mi fece nessun effetto. 

«No.»
Risposta ferma e decisa, volevo che capisse che io non ero un giocattolo con cui fare quello che gli girava al momento.

«Non dirmi che te la sei presa?»
«Per cosa scusa?»
«Per la scena in palestra e per il bacio.»
«No affatto.»
«Infatti mi sembrava, ti stava piacendo pure, eri tutta accalorata.»
Rise e io volevo ucciderlo.

Alzai gli occhi al cielo, era irrecuperabile, come me d'altronde che mi stavo innamorando di un perfetto cretino.

«Dai su meraviglia, dopo possiamo replicare.»
E mi sfiorò il fianco con le dita.

«Smettila, ti ho detto di no.»
Sbuffò, probabilmente non si aspettava questa reazione.
«Tettina sei per caso gelosa?»
«Per niente.»

Balle su balle, volevo ammazzare quella tipa buttandola giù da un ponte. 

«Sicura?»
«Si, te l'ho già detto.»
«Allora non ti interessa che mi sono scopato una tipa in bagno dopo che ti avevo baciato.»

Occhi negli occhi e il mio cuore cadde a terra.

Non ha avuto neanche la decenza di tenerselo per sè, di nasconderlo, di farmi credere che le mie supposizioni erano sbagliate. 
Stronzo.
Ora ti strozzo con le mie mani.

«Come pensavo.»
«Allora smettila di giocare con me.»
«Non sto giocando meraviglia.»
«A me sembra che tu ti stia divertendo alla grande.»
«Senti, non è colpa mia se tu vieni conciata così, mezza nuda a scuola, mi fai venire voglie assurde. 
E non posso neanche fare quello che vorrei farti perché non vuoi, quindi mi devo arrangiare.»
«Scopandoti un'altra?»
Che teoria del cazzo.

Me ne andai, lasciandolo in mezzo al corridoio con mille sguardi addosso che mi seguivano.
Andate al diavolo.


Non avevo neanche fame, mi venne la nausea solo pensando a Nico che si faceva un'altra, che la baciava, la toccava, la rendeva sua. 

Sentii il campanello suonare e mi precipitai alla porta pensando fosse Arianna, invece mi illusi e basta.

«Che vuoi?»
«Mi fai entrare?»
«No.»

Lui sbuffò e appoggiò una mano allo stipite della porta: era dannatamente bello anche così, imbronciato, era sempre troppo perfetto.

«Scusami, sono un idiota.»
«Te ne sei accorto.»
«Dammi tregua tettina.»

Lo lasciai entrare, per evitare scenate in strada orecchiabili dai vicini pettegoli e curiosi.

«La tua camera è di sopra?»

Sempre il solito, ma non ci sarei cascata, non dopo la lezione di oggi. 

«Non farti strane idee.»
«Non stavo pensando a niente, Volevo chiederti di studiare insieme.»

Si certo e io sono nata ieri.
Notò la mia faccia poco convinta e mi si avvicinò.

«Dai tettina, non ho cattive intenzioni davvero. So che sei incazzata per stamattina quindi non ti farò niente.»

Sbuffai: mai fidarsi degli uomini e soprattutto di Nico, nascondono trappole in cui è difficile non cascare.

«Sali dai.»

Sentivo il suo sguardo sulla mia schiena che mi provocarono brividi per tutto il corpo: come volevasi dimostrare.

Si guardava intorno incuriosito mentre io mi diressi verso la pila dei libri e mi sentii male.

«Allora, cosa vuoi studiare?»

Mi girai e lo guardai, mentre lui sorrise in quel modo che mi faceva perdere battito e respiri.

«Per quello che voglio fare non servono libri tettina.»

Non feci in tempo a ribattere che si avvicinò e mi accarezzò un fianco, fissandomi negli occhi. 

«Ti giuro che le mie intenzioni erano buone, ma sei ancora in felpa e senza niente sotto. E sei una tentazione, quindi..»

Sospirò passandosi una mano tra i capelli: al diavolo la trappola.

«Quindi cosa?»

Deglutii e mi accorsi che non avevo la forza necessaria per resistergli: fare a meno dei suoi baci, delle sue carezze, dei suoi occhi su di me e del suo sorriso. 

«Quindi niente, ce l'hai ancora con me per stamattina, però capiscimi, non potevo fare quello che volevo in palestra no?»
«E cosa volevi fare?»
Avevo le gambe che tremavano e il cuore che stava per esplodere. 

Nico continuava a fissarmi negli occhi, senza fare niente e mi stava uccidendo.

Stavo per dargli un pugno quando, in un attimo, le sue mani si spostarono a circondarmi il viso e le sue labbra trovarono le mie, baciandomi con foga.





 
Spazio Autrice
Buonasera belle donne,
spero vi piaccia, anche se non mi convince molto. 
aspetto commenti belli e brutti,
baci e abbracci
alla prossima!

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Capitolo 19
*** Kiss me hard ***


CAPITOLO DICIOTTO - KISS ME HARD





Mi mancava il respiro e l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che non volevo allontanarmi da lui, per nessun motivo. Nico si staccò da me per prendere fiato, senza però lasciarmi il viso e smettere di guardarmi negli occhi.
«Di solito non faccio così.»
>Il re di come rovinare i momenti più romantici del secolo era lui, senza dubbio. 

«Così come?»
«Non bacio la stessa ragazza per più di una volta, ma con te sono già a tre.»
«E cosa vorresti dire?»
Il cuore da un momento all'altro mi sarebbe uscito dal petto, me lo sentivo.

«Non lo so, sono abituato a farmele e poi chi le vede più.»
«E sei contento di questo?»
La discussione stava andando in terreni proibiti che non volevo scoprire.

«È più un'abitudine che altro.»
«Ma ti piace.»
«No, cioè si, è divertente ma è abbastanza monotono.»
«E allora cambia.»
Quando girare le carte in proprio favore non fa che aumentare l'agitazione e averlo a due centimetri non aiuta neanche un po'.

Sbuffò e tirò indietro la testa, ed ebbi la tentazione di passargli le dita sul mento, sul collo, sul petto..

«Non è così facile tettina.»
«Provare non costa niente.»
Mi ero ripresa momentaneamente ma lui era ancora in quella posizione, dannazione.

«Non sarei credibile.»

La mia pazienza era al limite, non ce la facevo più e andai di matto.
Passai le dita sul suo mento, pungeva per  un accenno di barba, sul suo collo e scesi sul suo petto muscoloso.

«Mi stai uccidendo.»

E ricominciò a guardarmi mentre io percorrevo il suo corpo con le mani, fino al limite consentito. 

«Togliti questa cazzo di felpa.»
«C-cosa?»
«Hai capito, te la voglio togliere da stamattina.»
«Non ci penso neanche.»
«Dai tettina.»
Se mi avesse chiamato ancora così gli avrei tirato un pugno, altro che rimanere senza felpa.

«Te ne pentirai meraviglia.»

Così dicendo mi si avventò contro cercando di sfilarmi la felpa, ma io indietreggiai e andai a finire contro la cassettiera.
Fine della via di fuga. 

«Non scappare.»
Mi sussurrò all'orecchio lasciandomi baci lungo il collo che mi provocarono la pelle d'oca. 

Dovevo vendicarmi e difendermi in qualche modo così cercai di togliergli la maglietta e riuscii ad alzarla fino a metà e li mi bloccai, imbambolata.

«Fai la brava tettina.»
E mi baciò, e al diavolo la felpa e la maglia.

Presi coraggio e gli sfilai la maglietta, e mi staccai per osservare il panorama, rimanendo impalata un po' troppo a lungo. 

«Ora tocca a te, non pensare di passarla liscia.»
Rise divertito mentre io mi paralizzai mentre mi toglieva la felpa. 

Arrossii dall'imbarazzo mentre Nico mi osservava intensamente.

«Non guardarmi così.»
«Così come?»
«Non fare finta di non saperlo.»
«Non devi vergognarti di me.»
«Infatti, chissà quante ne avrai viste.»
Risposi e risultai più acida di quanto volessi.

«Mi piaci quando fai la gelosa.»

E ricominciò a baciarmi, mi mancò il terreno sotto i piedi e mi ritrovai ad avere le gambe intorno ai suoi fianchi, prima di appoggiarmi sul cassettone.

Pelle contro pelle, labbra contro labbra, cuore contro cuore, lingua contro lingua.

Le sue mani sui miei fianchi, sulla mia schiena, sul mio seno e nel mio cuore. 

Al diavolo tutto, la sua idiozia e la sua stupidità, perché io lo stavo cambiando, non lo aveva confessato ma era evidente, almeno in parte.

L'aveva detto lui stesso che non aveva baciato una ragazza per più di una volta, mentre io ero già alla terza, quindi qualcosa di positivo l'avevo provocato.

Sentii un telefono squillare.
Era il suo.

Avrei ucciso chiunque lo stesse chiamando. 
Ma il telefono continuava a suonare e mi stavo già innervosendo.

«Rispondi, magari è importante.»
Dissi staccandomi da lui, ma pensavo fosse una delle sue amichette che gli piacevano tanto.

«Che palle.»
Brontolò e prese il telefono dalla tasca dei pantaloni. 

Guardando il display illuminato fece una faccia strana, di chi non se l'aspettava, era sorpreso.

«Scusami.»
E si allontanò andando vicino alla porta.


«Pronto?»
«Si lo so, pensavo avessi cancellato il mio numero.»
«Cosa?»
«Ma perché?»
«Si.»
E mi guardò di sottecchi.
«Non cambi mai.»
«E tu sei una rompi scatole.»
«Si ciao.»

Era una ragazza.
L'avrei uccisa.

«Allora?»
Chiesi fingendo indifferenza, mentre il sangue mi ribolliva.

«Scusa meraviglia devo andare.»
«Ti ha chiamato una delle tue amiche?»
«Non essere gelosa, e comunque no.»

Si avvicinò e prese la sua maglietta per rimettersela mentre io osservavo i suoi addominali che venivano coperti.

Ero arrabbiata.
Mi ero lasciata andare e lui se ne stava andando da qualche parte.
Sicuramente con un'altra.
E io ero mezza nuda davanti a lui. 
Che vada al diavolo.

«Non fare quella faccia.»
E mi baciò di nuovo.
«E per favore, copriti.»
Disse sorridendo e persi mille battiti.

Se non fosse per il suo bel faccino l'avrei già preso a calci nel sedere per quello che mi stava facendo.

Presi una canottiera a caso e me la infilai, mentre Nico aveva gli occhi in fiamme. 

«Ti accompagno giù.»
Scesi le scale e feci per aprire la porta di casa ma fui bloccata a metà.

Ero di schiena contro il portone e lui mi stava addosso.

«Mi è piaciuta la scenetta di sopra, a  domani tettina.»
Il solito sorriso malizioso fece la sua comparsa.

Mi prese il volto fra le mani e mi baciò, e mi sembrava di stare in paradiso. 

Si staccò all'improvviso ed uscì, e io mi sentivo vuota. 









 
Spazio Autrice
Buondì donne,
ce l'ho fatta yuupppiiii ahahah
accetto critiche e torte in faccia come sempre, spero vi piaccia il capitolo!
baci e abbraccii

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Capitolo 20
*** What do you want ***


CAPITOLO DICIANNOVE - WHAT DO YOU WANT





Chiusi la porta alle mie spalle e mi appoggiai ad essa, facendo dei respiri profondi per farmi passare i brividi e la pelle d'oca.
Com'era possibile che potesse farmi quest'effetto solo un suo bacio o una carezza?

Avevo bisogno di una doccia urgente, per rilassarmi e tornare in me, anche se una vicina della mia testa mi diceva di tenermi addosso il profumo di Nico ancora per un po'.
Cazzo Alice sembri una dodicenne in calore.

Non sapevo perché la mia mente elaborasse certi pensieri, d'altronde non era la prima volta che qualcuno mi toccava in quel modo visto che ero già stata con un ragazzo, Lorenzo, amico di infanzia e delle prime esperienze. 
Forse perché di lui non ero innamorata, forse perché era la prima volta che provavo emozioni di quel tipo, sapevo solo che con Nico era diverso.

E si, mi sarei tenuta volentieri il suo profumo addosso, come le sue mani che percorrevano il mio corpo ma di questo passo non mi sarei più lavata in vita mia.
Dio, che pensieri, ero da rinchiudere in un manicomio per matti, ma sarei impazzita ancora di più senza di lui, senza i suoi occhi, i suoi baci, il suo sorriso.
Alice sei da ricovero, punto.

Salii le scale per andare in bagno ancora con le gambe tremanti e feci l'errore di guardarmi allo specchio: labbra gonfie di baci, guance rosse e occhi che brillavano.
Brava Alice, anche un bambino ti direbbe che hai perso la testa e il senno.

Il getto dell'acqua però non mi aiutò per niente a rilassarmi perché continuavo a fare pensieri poco normali, come immaginare Nico che mi accarezzava e mi baciava.

Mi stava andando di volta il cervello, come aveva fatto a entrarmi dentro e non riuscire più a togliermelo dalla testa? 
Lo sognavo addirittura di notte e di giorno  mi facevo i miei filmini mentali, e quando me lo ritrovavo davanti diventavo un ameba dislessico.

Qua ci vuole una svolta, un colpo bello forte.
Bere.
Alcool.
Birra, birra, birra. 
Mi ci volevano quei due pazzi di Andrea e Beatrice, subito.
Li conobbi al mare qualche anno fa e scoprii con sorpresa che abitavano in un paesino vicino, quando si dice la fortuna. 

Uscii dalla doccia e indossai un accappatoio e mi osservai di nuovo allo specchio: gli occhi luccicavano ancora, le guance erano tornate pallide e le labbra erano ancora leggermente gonfie.

Andai in camera per vestirmi e lo sguardo mi cadde su una fotografia di me e Arianna.
Merda.
Eravamo innamorate dello stesso ragazzo egoista e stronzo, e questo pensiero mi faceva ribollire il sangue.

Non potevo andare avanti così, dovevo rinunciare, preferivo mantenere la mia amica piuttosto che quell'idiota affascinante, anche perché lui si sarebbe presto stufato di me dopo aver ottenuto ciò che voleva. 

Ma come avrei fatto a cancellarlo se non vedevo l'ora che mi stringesse tra le sue braccia e mi baciasse?
Dio Alice corri al manicomio, subito.

Non vedevo l'ora di andare a scuola per vederlo, si può essere così malati e dipendenti da una persona?
No.
La mia risposta invece era si: succede e basta e quindi ero fregata fino al midollo.

Da domani l'avrei evitato, ignorato e dimenticato.
E appena l'avrei visto sarei crollata a terra con la bava alla bocca, e averlo visto senza maglietta non aiutava a cancellarlo dalla mia testa.

Ma lo dovevo ad Arianna, volevo ancora la nostra amicizia e continuando in questo modo ci saremmo distrutte a vicenda. 




NICCOLO'


Avevo dovuto lasciare casa di Alice per quella maledetta telefonata di Arianna, altrimenti ci sarei rimasto per sempre. 

La odiavo, l'ho sempre odiata per la sua acidità e per il fatto che riusciva sempre a provocarmi, ma anche io non ero stato da meno. 
Sicuramente la mia era solo una fissa momentanea che sarebbe passata tra pochi giorni, peccato fossero passate settimane.
Neanche la scopata fatta quel giorno a scuola mi aveva aiutato, anzi, non aveva fatto che peggiorare le cose.

Volevo lei e solo lei, e non sapevo neanche il motivo visto che non mi era mai capitato una cosa del genere.
Non mi ero mai fatto problemi a farmi ragazze e poi lasciarle nel loro brodo, perché sapevo che anche per loro era così, ma Alice ha qualcosa di diverso, in più, che mi fa venire i brividi al solo pensiero. 

Facevo sempre lo sbruffone con lei, cercavo di comportarmi come sempre, come Nico l'idiota e stronzo che si fa tutte, tutto per nascondere il tremore e la pelle d'oca.
Cazzo si, mi faceva venire i brividi solo a guardarla. 

Arrivai davanti casa di Arianna maledicendola in tutte le lingue e suonai il campanello irritato. 
Speravo fosse una cosa importante altrimenti l'avrei ammazzata.

Mi aprì e mi sorrise raggiante.
«Ciao, entra.»
Mi invitò, e chiuse la porta alle mie spalle.

«Allora?» 
Le chiesi, sempre più infastidito.
«Dobbiamo parlare.»
«Dimmi quello che mi devi dire e finiamola qua.»
«Mi odi così tanto?»
Fece lei, e abbassò gli occhi avvilita.
«Non ancora ma mi hai interrotto sul più bello.»
Parve riprendersi perché spalancò occhi e bocca, sorpresa, anzi sbalordita.
«Ti stavi facendo Alice?»
Perché mi era sembrato che le fosse uscito un sussurro tremante?
«No ma ci ero quasi se non mi avessi chiamato.»
Sbuffai, non vedevo l'ora di andarmene da li, da quella casa e da lei che mi guardava con quegli occhi.

«Dovresti ringraziarmi allora.»
«Cosa?»
Alzai un sopracciglio dallo stupore.
«Lei non ti merita, come tu non meriti lei. Tu te la vuoi solo scopare e basta ma lei non è come te, ha un cuore e dei sentimenti, non puoi trattarla come un giocattolo.»
Sembrava calma ma i suoi occhi ardevano. 
«Chi te lo dice che magari non mi piace davvero?»
Rise mentre io la guardai truce.
«Sei ridicolo, tu tratti le persone come oggetti, le usi e poi le butti via.»

Avevo la mascella contratta dalla rabbia e mi tenevo attaccato al mobile per trattenermi dal saltarle addosso. 
Si avvicinò a me e mi bloccò con i suoi occhi.
«Lasciala andare e non farla soffrire, se continui con i tuoi giochetti la distruggerai.»
«Lo dici solo perché sei innamorata di me e non vuoi che mi faccia la tua amica?»
Storsi il naso per l'incredulità, se lo poteva sognare.
«Quanto sei idiota, lo dico per lei.»
«No, lo dici per te, perché ti fa comodo. Ammettilo almeno, abbi il buon senso di dire la verità.»
La stavo guardando e non vedevo nulla, solo schifo.

«Io non sono egoista come te, lo dico perché le voglio bene.»
Risi divertito, doveva smetterla di sparare cazzate perché con me non attaccavano. 
«Farò finta di crederci.»
«Tu le piaci.»
Sussultai. «Che cosa?»
«Non mi dire che non te ne sei accorto, si vede lontano un miglio, da come ti guarda.»
«E sentiamo, come mi guarderebbe?»
Sbuffò. «Non capisci proprio un cazzo dell'amore.»
«Si e continuo a vivere lo stesso.»
«Finiscila di fare lo stronzo senza cuore.»
«Impossibile, mi dispiace.»
Arriciai il naso in una smorfia e incrociai le braccia al petto. 
«Se vuoi puoi.»
«Ti ho detto che non voglio e smettila, mi stai facendo incazzare.»
Dio che nervi le donne quando ci si mettono. 

«La tua è solo paura e codardia.»
Non riuscivo più a trattenermi, la presi per  le spalle e la sbattei al muro di fianco a noi.
«La vuoi finire di dire cazzate? Io non ho paura proprio di niente, e fattene una ragione io sono così e basta.»
Sembrava scossa, forse per il mio gesto improvviso, così le lasciai le spalle e poggiai le mani sul muro di fianco al suo viso.
«Scusami, ti ho fatto male?»
«Non aspettavo altro.»
 Ansimò e mi prese il volto tra le mani prima che me ne accorgessi.
«Ma che cazzo fai?»
Le sbraitai contro e le tolsi le mani mentre lei si dimenava.
«Perché non mi vuoi?»
Stava per piangere, me lo sentivo e io non l'avrei sopportato.
«Te l'ho già detto non farmelo dire di nuovo»
Le lasciai i polsi e mi incamminai verso la porta per uscire da quell'inferno.
«Vuoi lei vero?»
Mi bloccai con la porta già aperta e la guardai: stava piangendo.
«Io non lo so.»
Ed era la verità, non sapevo cosa provavo per Alice e avrei dovuto rifletterci a lungo per arrivare a una conclusione. 

Uscii in strada con mille pensieri in testa: davvero si era innamorata di me?
Io non avevo mai provato amore verso qualche ragazza, non sarei capace di capire e riconoscere un sentimento del genere. 

Forse Arianna aveva ragione, dovevo lasciarla stare e sistemarmi le idee, almeno non l'avrei illusa e fatta soffrire per causa mia.
Era così bello il suo sorriso e il luccichio dei suoi occhi. 

Avevo ancora la rabbia che mi ribolliva dentro per le accuse di Arianna e mi ritrovai davanti a una casa che non era la mia.
Scesi dalla moto, mi appoggiai ad essa e scrissi un messaggio: 
“Sono sotto casa tua.”

Non sapevo neanche perché ero finito li, forse le emozioni che avevo provato e che stavo provando dovevano essere sfogate per bene. 

Sentii una porta aprirsi e vidi comparire una ragazza.

«Pensavo non saresti mai più venuto a farmi compagnia.»
E ammiccò nella mia direzione. 
«Anche io lo credevo Samantha.»







 
Spazio Autrice
Scusaaaaate per il ritardo avevo un esame.
Anyway spero che il capitolo vi piaccia e spero sia venuto un po' più lungo u.u
Sto cercando di esprimere anche i sentimenti dei personaggi, per questo la prima parte è senza dialoghi mentre la seconda parte parla di Nico, e vi prego, non prendetemi a botte anche se lo merito ahaha.
Baci e abbracciiii

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Capitolo 21
*** This is love? ***


CAPITOLO VENTI - THIS IS LOVE





Un giorno avrei lanciato fuori dalla finestra quella maledetta sveglia, si divertiva a svegliarmi nel bel mezzo dei sogni più belli, e che cavolo.

Visto che i disastri non arrivano da soli ma in coppia, le urla di mia madre per svegliarmi arrivarono alle mie povere orecchie frastornate. 
Se il buongiorno si vede dal mattino, iniziavo proprio male, peggio del peggio.

Mi alzai controvoglia scansando le coperte e mi diressi in bagno stile zombie. 

Ormai le mattine erano tutte uguali, ripetitive e noiosamente monotone: alzarsi, trascinarsi a scuola, tornare a casa, dormire e studiare.

L'alternativa era dare ripetizioni a Nico, quel cretino, sempre arrogante e menefreghista, ma a volte si trasformava e diventava tremendamente dolce e affettuoso. 

Oddio, ma che sto dicendo, sto delirando, non mi fa bene pensare a lui di prima mattina quando sono ancora immersa nei sogni e mezza rimbambita. 

Mi fiondai sotto il getto d'acqua per eliminare quei pensieri strani e incontrollati per riprendere lucidità e ragione: un'impresa colossale.

Mi sentii quasi mancare quando rinvenni dallo stato di trans e mi ricordai la decisione presa il giorno prima: evitare lui, il che consisteva nel non guardarlo, non parlargli, non pensarlo e non fare film mentali poco credibili, oppure si visto che ieri pomeriggio ci stavamo assalendo. 
Oddio, ho ancora i brividi al solo pensiero. 
Alice, il manicomio non è lontano, vai a farci un salto.



“Ce la posso fare, ce la posso fare, devo farcela” il mantra che mi stavo ripetendo durante il tragitto verso la scuola non faceva altro che mettermi addosso ansia e la consapevolezza che sarei svenuta appena me lo sarei visto davanti.

Ero tutto inutile, il mio cuore si sarebbe sciolto a un solo suo sguardo e le gambe non mi avrebbero retto, per non parlare della bava alla bocca se lui avesse mostrato quel suo sorriso mozza fiato. 

No, no, no, stavo sbagliando tutto, ero completamente fuori strada, dovevo estrarlo dalla mia testa non iniettarlo dentro ancora di più, dannazione. 
Non esisteva un'operazione chirurgica per facilitarmi il dolore e il compito di togliermelo definitivamente?

Per poco non ebbi un mancamento quando lo vidi, appoggiato al muretto, jeans chiari, vans nere, canotta bianca, sigaretta e sorriso malizioso.
Volevo essere quella sigaretta tra le sue labbra, porca miseria.
Oddio, di nuovo, ci ero ricascata, ero da ricovero urgente. 

Il cuore che accelera i battiti, il mio respiro mozzato e le gambe tremanti, tutti sintomi che dovrei cancellare subito, all'istante. 

«Hey Ali.»
La voce squillante di Arianna già di prima mattina, ma come faceva?
«Ari, finalmente, pensavo di non farcela ieri senza di te!»
Ero ancora mezza scombussolata dalla visione di Nico che non mi ero accorta che lo stavo ancora fissando.
«Beh ma sei sopravvissuta vedo, che stai guardando?»
Lei mi si affiancò, così eravamo due sceme che osservavano quel cretino, che non ci stava minimamente considerando, neanche per sbaglio.

«Sei proprio andata amica.»
«Cosa?»
Non mi ero mossa, ero ancora imbambolata, poteva esserci persona più pazza di me? 
«Sei cotta.»
«Ma va, voglio solo spaccargli quella sua faccia da strafottente.»
«Sarà.»
Fece spallucce, ma non era convinta, si vedeva, e io avevo detto l'ennesima balla colossale. 


Il suono della campanella mi salvò da quella conversazione imbarazzante, per una volta era servita a qualcosa quel dannato oggetto. 




NICCOLO'


Aprii gli occhi e mi trovai disteso in un letto che non era il mio, tanto per cambiare, non era una novità così sconvolgente.

Cercai di fare mente locale per ricordare cosa era successo la sera prima: casa di Alice, io e lei che quasi..oddio, ma che mi era saltato in testa? 
Poi casa di Arianna e, dovevo essere impazzito per aver deciso di venire qui, da Samantha, avevo bevuto qualcosa di forte sicuramente.

Guardai la sveglia sul comodino, erano quasi le sette, quindi sarei riuscito ad arrivare a scuola in tempo. 

«Hey sei sveglio.»
Mi girai e la vidi sdraiarsi sul letto con addosso una camicia da notte, i capelli arruffati e aria insonnolita.
«Si mi sono svegliato adesso.»
Le sorrisi, tanto valeva ringraziarla per l'altra sera.

Si sistemò di fianco a me e sospirò, quanto amavo la calma..prima della tempesta.
«Comunque è stato diverso.»
«Cosa?»
Alzai un sopracciglia interrogativo.
«Eri diverso ieri, non era come le altre volte. Che ti frulla in testa?»

Riflettei per qualche secondo, ma arrivai alla conclusione che non c'era niente che non fosse come prima. 
«Niente.»
«Non dire balle, si vedeva. Ti piace qualcuna?»
«Cosa?Ma sei matta?»

Mi alzai a sedere seccato scostando le coperte, rimanendo a petto nudo davanti a lei.
«Ei stai calmo, era solo una domanda la mia.»
Mi accarezzò una spalla ma me la scrollai di dosso.
«Non sono affari tuoi.»
Mi alzai e cercai i vestiti sparsi nella stanza a casaccio, sembrava ci fosse stata la terza guerra mondiale in quella stanza. 

«La maglia è in sala.»
Mi informò, rispondendo alla mia muta domanda che mi stavo chiedendo da cinque minuti. 

«Comunque non è una brutta cosa innamorarsi.»
Perché non la smetteva coi suoi discorsi del cazzo?
Mi stava dando sui nervi.
«Io non sono innamorato di nessuna.»
«Mmm.»
«Che c'è?»
Mi girai per guardarla in faccia, era seduta sul letto che mi osservava intensamente.
«E allora dimmi, chi sarebbe Alice?»
Deglutii e sbarrai gli occhi, una coltellata sarebbe stata meno violenta.

«Come pensavo.»
Sorrise compiaciuta, convinta di aver toccato il mio punto debole, e aveva proprio azzeccato. 

«Stanotte hai detto più volte il suo nome mentre dormivi.»
Di male in peggio, ero messo così male?

Ero praticamente paralizzato da cinque minuti, senza riuscire a spiaccicare parola, avevo la gola secca e il cuore che voleva esplodere.
Sembravo una stupida femminuccia.

«Bene, allora io vado.»
Riuscii ad alzarmi e recuperai la maglietta in salotto, per poi dirigermi verso l'ingresso per uscire.

«Non devi avere paura di mostrare ciò che provi.»
Ma cos'era, all'improvviso era diventata la mia psicologa personale?
«Io non provo proprio niente.»
La guardai un'ultima volta, appoggiata allo stipite della camera da letto e uscii sbattendomi dietro la porta. 

Non erano ancora le sette e mezza quindi decisi di andare a casa a cambiarmi, togliermi i vestiti del giorno prima e lavarmi via il profumo di Samantha addosso.


Arrivai a scuola in orario, poco prima delle otto e del suono della campana, mi appoggiai al muretto e mi accesi una sigaretta per smontare la tensione. 

«Hey bro!»
Il saluto inconfondibile di Chris, il mio migliore amico, che mi si affiancò e buttò la cicca di sigaretta appena finita. 
«Ciao.»
Gli dissi tra un tiro e l'altro, per fargli intendere che non avessi voglia di parlare. 
«Brutta giornata eh?»
Grazie al cielo, riusciva a capirmi subito, quando c'era qualcosa che non andava non indagava oltre. 
Annuii semplicemente mentre buttavo fuori il fumo, l'unica cosa che riusciva a rilassarmi.

«La Bucci ti sta fissando, anzi direi mangiando.»
Rise di gusto dandomi una gomitata nello stomaco.
Per fortuna non avevo fatto colazione altrimenti avrei sboccato l'anima. 
«E quindi?»
Riuscii a dire, dovevo concentrarmi a non ricambiare lo sguardo, lo dovevo a lei e a me.
«Continua a guardarti e ora è arrivata anche la sua amichetta.»
Arianna, chiaro, mi avrebbe tenuto d'occhio, una ragione in più per non incrociare il loro sguardo. 
Cazzo, pensavo fosse più semplice invece stavo soffrendo come un cane imprigionato. 

Il suono della campana mi destò dai miei pensieri, buttai a terra la sigaretta e corsi in classe per evitare di incrociare gli occhi di Alice e di inciampare in qualche oca che volesse una sveltina in bagno.

Sentii dietro di me Chris imprecare in qualche lingua sconosciuta ma lo ignorai. 

Niente e nessuno mi avrebbe distratto, doveva evitare sia l'una che l'altra, dovevo mettere a posto prima dentro di me e dopo avrei pensato a lei.

Magari Arianna si era sbagliata, io non piacevo ad Alice, anche se quando l'avevo toccata era stata tutta un fremito.

«Ma che cazzo c'hai oggi? Ti hanno infilato un razzo nel culo?»
Chris mi aveva appena raggiunto e si era seduto vicino a me di banco. 
«Niente, voglio solo uscire il prima possibile da qui.»
Sbuffò ma non aggiunse nient'altro.

Non sarebbe stato facile, lei mi guardava, sentivo il suo sguardo addosso e dovevo far finta di niente. 
Era una tortura non poterla guardare, toccare, baciare, provocare, ma sarebbe stato meglio così.

Cercavo di convincermi di qualcosa in cui  non credevo neanche io stesso. 

Agonia.
Supplizio.
Sofferenza. 
Afflizione. 

Tutto stonava con ciò che avevo fatto fino ad ora.

Duro. 
Freddo.
Indifferente.

Stavo diventando una femminuccia sensibile del cazzo.









 
Spazio Autrice
Oh mio deus che caaaaaaaldo 
Scusatemi per l'apparizione di Samantha ma è servita a qualcosa almeno u.u
Comunque tornando a noi, non so se avete notato ma i capitoli precedenti sono stati leggermente modificati, cioè niente di che, qualche parola tutto qui, non dovete rileggere nulla tranquille ahah.
Magari più avanti aggiungerò dei punti di vista di Nico se vi farà piacere nei primi capitoli.
Bene, mi sto dilungando, comunque sto facendo il canguro tra i pensieri di Alice e Nico, spero vi piaccia e che non sia una cosa noiosa o che vi confonda.

Critiche e torte da mangiare grazie sempre ben accette ahahah 

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Capitolo 22
*** Kiss the rain ***


CAPITOLO VENTUNO - KISS THE RAIN





Ero entrata in classe in religioso silenzio seguita da Arianna, non volevo riprendere quel discorso imbarazzante su di lui.

Lui, che era praticamente corso in classe, non mi aveva neanche guardata, non mi aveva considerata neanche di striscio, neanche un misero sorriso dei suoi.
Nulla.

Mi sentivo strana, ferita, volevo che mi guardasse, che mostrasse il suo solito ghigno che ormai avevo imparato a sopportare e ad amare.

Sì, perché io Alice Bucci avevo preso una cotta, e bella grande.
Ma che cotta, ne ero innamorata perdutamente, l'avevo capito perché non riuscivo a non guardarlo ogni qual volta che ne avevo occasione e volevo strangolare ogni ragazza che gli si avvicinava. 

Forse provavo troppi istinti omicidi in quel momento perché nel girare una pagina del libro di letteratura rischiai quasi di strapparla e di trovarmela tra le mani.

Avevo qualche problema, quello era sicuro, cuore a mille, mani sudaticce e testa da un'altra parte, decisamente non concentrata sulla lezione.

Alzai la mano di scatto facendo illuminare gli occhi del prof., probabilmente pensava che dovessi fare una qualche intelligente  domanda.
Bella mossa Alice, che figura del cavolo.

«Si, Bucci? Ha qualche domanda?»
Mi dispiaceva smontare le sue teorie ma avevo bisogno urgente di prendere una boccata d'aria.

«Ehm no, mi scusi, potrei andare in bagno?»
Seguirono le risate divertite dei miei compagni e l'occhiataccia del prof., che però mi lasciò uscire dall'aula.
Sia benedetto quell'uomo.

Uscii dalla classe e mi incamminai lungo il corridoio per raggiungere il bagno. 
Mi lavai la faccia con l'acqua gelata mandando a quel paese il fondotinta e il fard, diventando di un colore cadaverico.

I film mi avevano illuso che appena avessi alzato gli occhi avrei visto un ragazzo riflesso nello specchio, ovviamente era una stronzata bella e buona.

Perché mai Nico avrebbe dovuto seguirmi?
Senza contare che il prof. non avrebbe fatto uscire nessun altro dalla classe. 

Sarebbe stato troppo bello se fosse successo e sarei rimasta impalata a guardarlo.

Il suono della campana mi risvegliò facendomi saltare in piedi come una molla e prendendo coscienza del fatto che ero stata fuori quasi dieci minuti.




NICCOLO'


Era uscita per andare in bagno e non era ancora rientrata.
Stava per caso male? 

Per la prima volta l'aveva guardata alzarsi dal suo banco e andare alla porta, un attimo di debolezza mi aveva colpito nel fianco. 

Le sue gambe lunghe fasciate dai jeans stretti, il corpo sinuoso, la sua pelle pallida, le sue labbra carnose..
Dio le sue labbra!

Lei stava diventando peggio della droga, ne ero quasi dipendente e non mi era mai successo con nessuna ragazza. 

Suonò la campanella e mi ripresi dal mio stato di trans, decidendo di andare fuori a fumare una sigaretta.

«Vado a fumare.»
Dissi velocemente a Chris, lui mi guardò e annuì.
«Vengo anche io.»

Stavo uscendo dall'aula e per poco non mi scontrai con qualcuno.
Lei, era li davanti a me e non sapevo cosa fare. 

Mi guardava, forse aspettandosi un saluto o un bacio, la mente delle donne è troppo contorta cazzo, peggio di un rebus.

Mi passai distrattamente una mano tra i capelli mentre lei seguiva il movimento della mia mano senza staccarmi gli occhi di dosso.

Nessuna mi aveva mai guardato in quel modo, con quello sguardo, con gli occhi così dilatati e stavo facendo la figura dell'imbecille imbambolato. 

Proprio quando stavo per aprir bocca e smorzare quell'imbarazzo qualcuno mi precedette.

«Bucci pensavo fossi caduta nel cesso!»
Avrei tagliato la lingua a Chris, fosse l'ultima cosa che faccio su questa terra.
«Cause di forza maggiore e ora scansatevi»
Rispose sbuffando e alzando gli occhi al cielo, ma a me faceva impazzire lo stesso.

Mi feci da parte per farla passare senza distogliere lo sguardo da lei che mi sorrise e mi sorpassò.

Dio, ero proprio andato.
Avevo bisogno di farmi una sigaretta subito.

«Cià muoviamoci che il prof altrimenti ci fa il culo.»
Annuii e andammo bagno a fumare.

«Si può sapere che hai?»
Ero appoggiato al muro, a quelle schifose piastrelle verdognole e avevo gli occhi chiusi per liberare la mente.

«Niente Chris.»
Sospirai, non ero pronto a parlarne con qualcuno, non ancora.

«C'hai 'na faccia, fai quasi paura.»
Rise, contagiandomi.
«Non ho voglia di parlarne ora.»
«Problemi con le donzelle? Non ti si drizza più?»
Sbuffai rumorosamente e lui smise di parlare all'istante.
«Cazzo, ti sei innamorato?»
Aprii gli occhi e lo trovai davanti a me con  la bocca spalancata e fui tentato di tirargli un pugno sulla mascella.
«Non dire cazzate!»
Ma si erano messi tutti d'accordo per farmi arrabbiare oggi?

«Non ti scaldare, era solo una domanda. 
Comunque non ci sarebbe nulla di male.»
«Non fa per me e lo sai.»
Finii la sigaretta e la buttai nel cestino cercando di confonderla con il resto.
«Non dovrebbe essere così male, avresti la tua scopatina quotidiana assicurata.»
Rise divertito mentre apriva la porta. 
«Coglione, quelle ce le ho anche adesso.»
E uscimmo dal bagno per dirigerci verso la palestra.




ALICE


Ci eravamo incrociati, ci eravamo guardati ma non avevamo parlato.
Era un controsenso unico, e poi dicono che le donne sono complicate.

Eravamo scesi in palestra per educazione fisica e non ero per niente pronta alla visione di Nico in canotta bianca che aderiva perfettamente al suo petto.

Perché non poteva essere brutto come una scimmia, col naso storto, con la pancia e i rotoli di grasso?
Cosa avevo fatto di male per meritarmi tutta questa sofferenza?

«Oi Ali tutto bene?»
Arianna mi toccò una spalla preoccupata.
«Si tutto a posto.» 
Annuii e tolsi lo sguardo da lui, faceva troppo male.

«Allora ragazzi oggi giocherete a calcio.»
La voce del prof. mi arrivò dritta ai timpani, seguita dalle urla di gioia dei maschi depravati della classe.

«Voi due fate la squadre.»
Tuonò ancora rivolto a due ragazzi li vicino.

«Bucci hai intenzione di correre o di fare la pappamolla?»
Alzai gli occhi al cielo infastidita, sapevano già la risposta perché chiedermelo e sprecare fiato?
«Ho capito, non ti scelgo allora.»

Così finii di colpo nell'altra squadra, insieme a Nico, per la seconda volta.

Durante la partita non mi mossi molto per non dire che ero stata sempre ferma vicino alla porta avversaria per fermare gli attaccanti dell'altra squadra che puntualmente segnavano.

Io e lo sport non andavamo d'accordo, non saremmo mai diventati buoni amici.

Il fischio del prof. ci annunciò che era l'ora della pausa per farci riprendere e riposare, perciò mi sedetti su una panchina.

«Sei una rammollita cazzo, corri un po'!»
Ennesimo insulto che lasciai perdere guardando dall'altra parte.

«Non rompete il cazzo, stiamo vincendo comunque.»
Per poco non caddi dalla panchina nel sentire la sua voce per la prima volta quella mattina. 

Lo osservai mentre beveva e si asciugava il sudore dalla faccia con la maglietta che lasciava intravedere il suo fisico perfetto.
Ma come faceva ad essere così divino?
Dannazione, mi ero incantata a guardarlo. 

La pausa durò troppo poco per i miei gusti ma fummo costretti a tornare a giocare o a fare finta nel mio caso.


Grazie a non so quale Santo finimmo di giocare presto, avendo così più tempo per cambiarci.

Mi ricordavo ancora della scena dell'altro giorno proprio in palestra, sperai fino all'ultimo che mi fermasse e mi baciasse ma non successe nulla, di nuovo, si incamminò verso il suo spogliatoio tranquillamente, senza guardarmi. 



Ero stata l'ultima a uscire dalla palestra come sempre, Arianna era andata a prendere una bottiglietta d'acqua alla macchinetta quindi percorsi da sola il corridoio che portava alla mia classe, finché non sentii una stretta al polso che mi trascinò nel bagno più vicino. 

Non potevo oppormi a quella forza sovrumana e solo quando entrai in quel lurido posto riconobbi chi c'era davanti a me e mi venne quasi un infarto.

Non feci in tempo a mettere a fuoco i suoi occhi blu famelici che mi ritrovai le sue labbra sulle mie.

«Credevo di impazzire.»
Mi sussurrò tra un bacio e l'altro. 





Angolo Autrice

Buongioooooorno donne, la vostra cangura preferita è tornataaaa u.u
Comunque spero vi piaccia questo capitolo e accetto gelato in faccia, visto il caldo mi devo adattare anche io ahahah 
Baci e abbraccii
Alla prossima 

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Capitolo 23
*** End ***


CAPITOLO VENTIDUE - END






Il mio cuore sarebbe scoppiato da un momento all'altro, le mie gambe tremavano e lui mi stava baciando e toccando come se non avesse desiderato fare altro per tutta la mattina. 

La mia schiena era appoggiata a quelle schifose piastrelle verdi, ma non mi importava in quel momento perché ero tra le sue braccia e mi sentivo in paradiso.

Una sua mano abbandonò il mio fianco, che aveva stretto in modo possessivo, per accarezzarmi il ventre sotto la maglietta, mentre io mettevo le mani tra i suoi capelli scompigliandoli ancora di più.

Eravamo due pazzi, io di più visto che ne ero innamorata mentre per lui ero solo una delle tante.

Abbandonò la mia bocca per dedicarsi al collo e riempirlo di baci, lasciandomi una scia di fuoco e brividi lungo la schiena.

Stavamo facendo un qualcosa da innamorati in un posto squallido, noi che c'eravamo sempre odiati e punzecchiati fino a poco tempo prima. 

Perché mi aveva evitato tutta la mattina?
Perché adesso stavamo pomiciando in bagno come due innamorati?
Troppe domande e zero risposte.

«Nico.»
Era la prima volta che pronunciavo il suo nome ad alta voce, di solito lo insultavo liberamente senza troppi problemi.

Questa volta era diverso, la voce mi uscì come un sospiro, un ansito di piacere per i baci di cui mi stava riempiendo, mentre in realtà volevo fermarlo e chiedergli spiegazioni.

Ero sadica, crudele con me stessa, perché aspettavo questo momento da tutta la mattina e io volevo che si fermasse per chiedergli cosa gli era preso.

Lui però non capì l'antifona e scese a baciarmi la clavicola mentre la sua mano saliva sempre di più. 

Se qualcuno fosse entrato in bagno la sospensione non ce l'avrebbe tolta nessuno, neanche mago Merlino. 

«Fermati.»
Riprovai e mi lasciai sfuggire un gemito quando le sue dita toccarono il reggiseno. 

Di quel passo non di sarebbe più fermato, ma la campanella decise di schierarsi a mio favore visto che suonò proprio in quel momento.

«Fanculo.»
Imprecò e mi venne da sorridere, mentre lui si staccava controvoglia da me.

«Si può sapere che ti è preso?»
Gli chiesi mentre mi sistemavo la maglietta.
«In che senso?»
Alzò un sopracciglio senza smettere di fissarmi.
«Mi sei saltato addosso dopo che mi hai evitato tutta mattina.»
Incrociai le braccia e lo guardai a mia volta, perdendomi nei suoi occhi dilatati.

Si passò una mano tra i capelli, sospiri e distolse lo sguardo.
«Mi mancavi.»


 
NICCOLO'


Che cazzo mi era saltato per la testa?
Le avevo detto veramente che mi mancava?
Adesso mi riderà in faccia sicuramente, la peggiore umiliazione di tutta la mia vita.

Alzai gli occhi distrattamente e notai che lei mi stava guardando a bocca aperta, era sorpresa, almeno non si era messa a prendermi per il culo.

Mi stavo già maledicendo per quello che avevo appena fatto, trascinarla in bagno dopo che mi ero impegnato così tanto a evitarla.

Ma non ce la facevo più a resistere, dovevo averla vicina e toccarla, sentire il suo profumo inebriante che mi dava alla testa e sentire le sue labbra morbide.

Mi ero incantato di nuovo come un cretino, una cazzo di femminuccia in calore, ma lei era troppo bella, sarei stato li a guardarla per ore.

«Allora perché mi hai ignorato?»
Pugno nello stomaco, non sapevo cosa risponderle e non potevo certo dirle di Arianna e tutto il resto. 

Alzai le spalle, senza aprir bocca, lasciando che si rispondesse da sola in qualche modo, perché io non sapevo cosa raccontarle.

La sentii sbuffare e alzai gli occhi su di lei.
«Ti stai divertendo a prendermi per il culo vero?»

Era furiosa, l'avevo fatta incazzare, bella mossa proprio, fanculo.
«In che lingua devo dirtelo che non ti sto prendendo in giro?»
«Sai cosa, non mi interessa, torna a scoparti quelle troiette!»
«Non mi interessa un cazzo di quelle!»
Stavamo urlando, gridandoci addosso nel bagno della scuola, come due bambini.

«Allora spiegati, perché io non ci capisci niente.»
Presi un grande respiro e la guardai negli occhi.
«Senti, la verità è che, non so in che modo, tu mi..attrai, e non solo fisicamente.»

Deglutii più volte e guardai dall'altra parte,  mi sentivo un pesce fuor d'acqua, era imbarazzante esporsi così tanto.
«Quindi ti piaccio?»

Non la stavo guardando in faccia, ma sentivo che tra poco si sarebbe messa a ridere di me.
«In un certo senso.»

Sospirai, il danno era fatto, non volevo ammetterlo neanche a me stesso che mi ero innamorato di lei, perché non era possibile che uno come me fosse in grado di provare certe emozioni da un giorno all'altro.

Ero sempre stato uno che se fregava dei sentimenti degli altri, che non si faceva problemi, nessuna ragazza con cui ero stato mi aveva fatto sentire così vulnerabile.

Perché cazzo l'avevo baciata quel giorno a casa mia?
Cosa mi era saltato in testa?
Avevo già capito che era diversa e stavo giocando con il fuoco, e mi sono bruciato cazzo.

Mi sarei preso a bastonate da solo, almeno non sarei qui a soffrire come un idiota e a non riuscire a starle lontano neanche cinque minuti.
Mi aveva trasformata in una stupida bambinetta del cazzo con sempre appresso cicciobello, fanculo.

«Credo che dovremmo comunque continuare ad evitarci.»
«Che cazzo hai detto?»
«Hai sentito.»
«Stai scherzando vero?»
Alzai un sopracciglio e la guardai in faccia: era seria, non mi stava prendendo per il culo, però mi stava mandando al patibolo.
«Per quale cazzo di motivo?»
«Perchè è la cosa più giusta.»
«Per chi?»
Per Arianna, certamente, sempre in mezzo si coglioni.
«Per noi.»
«A me non sta bene.»
Sbuffò e guardò l'orologio al polso.
«Fattelo andare bene e ora andiamo in classe.»
Mi spintonò e non fui in grado di fermarla, di bloccarla per un braccio e baciarla almeno per l'ultima volta, ero immobilizzato dal terrore.



     
ALICE


Bussai ed entrai in classe, la prof. di chimica mi fulminò e corsi al mio banco.

Arianna mi guardò confusa.
«Dov'eri?»
«In bagno.»
È presi il libro dallo zaino, scatenando i ricordi delle ripetizioni fatte a Nico qualche giorno prima.

Le lacrime minacciavano di scendere ma le ricacciai indietro.
Avevo appena fatto una cazzata, buttato all'aria l'amore che provavo per lui, solo perché ne era innamorata anche Arianna.


Nelle ore successive continuai a intestardirmi per capire se avevo fatto una stronzata o meno, ma non riuscivo mai ad arrivare a una conclusione.

Lui alla fine era entrato dieci minuti dopo di me, beccandosi la sfuriata della prof., ma stranamente se ne era stato zitto e buono, senza ribattere come suo solito.

Alla fine della giornata volevo andarmene, fuggire, liberare la mente da lui, dal suo ricordo e dall'amore che provavo perché non ce l'avrei fatta a resistere, mi ero condannata da sola all'inferno. 

«Ari, ti dispiace se vengo a casa tua?»
«Si certo, vieni pure.»
Sorrise e mi squadrò.
«C'è qualcosa che non va?»
«No, tutto a posto.»

Se solo sapessi che ho rinunciato a Nico per te, se solo sapessi quanto sto soffrendo forse capiresti che non sto per niente bene.






Angolo Autrice
Ciao a tutti, questa storia è una specie di prova.
Buongiorno, fa troppo caaaaldo u.u
Non so come sia venuto fuori sto capitolo, spero sia di vostro gradimento, altrimenti lanciatemi pure il gelato in faccia ahh.
Baci e abbracci e alla prossima!
In cerca di ispirazione u.u

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Capitolo 24
*** Fall in love ***


CAPITOLO VENTITRE - FALL IN LOVE


ALICE


Il mio cuore stava per esplodere, lo sentivo, batteva sempre più forte, pensai che mi sarebbe venuto un infarto a breve e sbagliai di poco, perché quasi crollai a terra stecchita se non fosse stato per il braccio di Arianna che stringevo per aggrapparmi.
Mi guardò stranita e con una semi smorfia, probabilmente pensava che le avrei staccato un braccio e forse aveva ragione, ma la trascinai sui gradini dove ci sedemmo.

Dovevo recuperare la mia sanità mentale andata perduta chissà dove insieme al mio respiro accelerato e all'ossigeno che non voleva saperne di arrivarmi in gola.

Sembravo una pazza in preda a un attacco di panico seduta sulla gradinata della scuola che ansimava, neanche avessi fatto la maratona avrei avuto questa reazione. 

Forse stavo esagerando, mi stavo facendo travolgere e sconvolgere dalle emozioni, dai sentimenti, totalmente e irrimediabilmente, stavo uscendo di senno.

Perché non è possibile, è inconcepibile che io mi comporti in una questa maniera, fuori dal normale, fuori da ogni regola e razionalità, per uno bambino in calore del cazzo.

E mi da sui nervi, il suo comportamento da perfetto menefreghista e da premuroso il secondo dopo, mi fa salire in paradiso per poi riportarmi giù nell'inferno, come una perfetta agonia che non posso reggere, sopportare ne tanto meno assecondare per i suoi capricci da bambino viziato.

Non è normale volerlo accanto, avere bisogno di lui e nello stesso momento desiderare di prenderlo a calci, a schiaffi, a pugni nello stomaco e fargli capire che mi sta mandando dritta al manicomio e alla via senza ritorno.

Veleno e antidoto, ecco cos'era, mi faceva bene ma anche male nello stesso momento, ma in questo istante provo solo odio, ribrezzo, che si insinuano dentro di me e mi pugnalano, una dolorosa coltellata che non guarirà.

«Ali ma che hai? Cazzo sei pallida!»
Arianna mi guardava, inconsapevole forse di essere sbiancata pure lei, dovevo sembrare un cadavere o uno zombie vivente, col cuore spezzato, spaccato perfettamente in mille pezzi.

«Sto meglio adesso.»
Una bugia per nascondere la verità, che faceva troppo male, ai suoi che mi scrutavano preoccupati e la sua mano che mi accarezzavano i capelli per farmi calmare.

«Si può sapere che ti è preso? Pensavo stessi per svenire!»
«Niente Ari, un calo di pressione, ora mi è passato.»

E non potei fare a meno di guardare ancora dove avevo posato lo sguardo pochi attimi prima, desiderando di aver visto male, di aver immaginato quella scenetta ridicola, invece dovetti appurare con orrore e disgusto che non c'era niente di più reale davanti ai miei occhi.

Vidi Arianna seguire il mio sguardo e deglutire, socchiuse gli occhi e mi guardò.

«Ti piace così tanto da collassare a scuola?»
Non risposi e lei riprese con tono più duro.
«Non devi stare male per un coglione, lo sai anche tu com'è fatto, se ne approfitta e basta.»
Distolse lo sguardo da me e tornò a guardare Nico avvinghiato e intento a pomiciare con una ragazza che sembrava uscita da un fumetto, con quel caschetto di capelli neri del cavolo.

Poche ore prima mi aveva confessato che gli piacevo, che era attratto da me non solo fisicamente, e allora perché ora si stava facendo una ragazza che non sono io?
Perché sono un'idiota patentata, gli avevo detto di ignorarci, di evitarci, praticamente ci eravamo condannati all'inferno insieme senza saperlo.

Dovevo ritornare a detestarlo, forse mi sarebbe passata, con il tempo, o mi avrebbe trapassato il cuore con una lama.

È vero che si ama chi si odio, un sottile filo di contrasto, un conflitto interno che ti trafigge continuamente, senza via d'uscita e senza salvezza. 
Una continua oscillazione infinita, smisurata, che ti fa a brandelli, senza se e senza ma, inconsapevole e distruttiva. 

Stavo per avere un istinto omicida come quella stessa mattina, volevo far una strage, spaccare la testa vuota a quel cretino e poi buttarmi giù da un ponte e annegare, perché senza di lui niente avrebbe avuto più senso.

Presi Arianna per un braccio e mi alzai da quei gradini stretti e scomodi, e la trascinai vicino al cancello, fuori da scuola, fuori dalla sua vista, fuori da me.

Se ne stava ancora stretto a quella cozza e non sembrava avere intenzione di staccarsene, appoggiato al muro scrostato dell'edificio, come se non fossero in un luogo pubblico e non stessero dando spettacolo.

Alla fine, dato come stavano le cose, non gliene fregava minimamente di me e io mi ero illusa di chissà quali grandiose cose, di chissà quali promesse infrante e distrutte. 




NICCOLO'


Mi spaventava il fatto di stare male, di dipendere da una persona, di vederla e restare imbambolato a guardarla, a contemplarla come una dea, di cambiare umore al solo vederla sorridermi.

Cazzo, ne ero completamente assuefatto, inconsapevolmente, perché in quel momento tutti miei pensieri erano fissi su di lei, sul suo modo di mandarmi fuori di testa, di farmi diventare un altra persona.

Era una cosa nuova per me, l'amore, avevo cercato di fuggire da queste stupide cose romantiche da film, mi ero sempre distaccato, non ci credevo.

Non credevo nell'amore, nelle promesse, nel per sempre felici e contenti in cui quelle stupide femminucce rinchiudevano i loro sogni. 

Perché adesso lei doveva sconvolgere la mia vita in quel modo? 
Perché, cazzo?

Stavo così bene, mi divertivo, me ne fregavo, vivevo la mia vita beato e senza problemi, invece arriva lei e manda a puttane tutto quanto.


Chris non mi rivolse la parola per il resto delle lezioni, dovevo avere una faccia sconvolta ma sapevo che mancava poco al suo terzo grado per scoprire cosa avessi. 

Giocai tutto il tempo gira dominata le dita la biro, mangiucchiando il tappo e lanciando sguardi a lei, che invece sembrava essere tranquilla, china sul suo quaderno per prendere appunti su non so quale materia.

Si ero arrivato al punto di non sapere neanche di cosa parlasse la prof, non ascoltai una sola parola, continuavo a rimuginare e a darmi del coglione per essermi fatto influenzare dalle parole di Arianna.

Due amiche innamorate di me, nello stesso momento, proprio fantastico.
Peccato che io desiderassi una sola delle due, con tutta la mia forza e la mia ossessione. 


Non mi accorsi neanche che fosse appena suonata la campanella dell'ultima ora finché Chris non mi riscosse.

«Cazzo fai? Vuoi mettere le radici?»
Sempre simpatico devo dire, almeno mi aveva tolto quei pensieri sdolcinati dalla testa.

Raccolsi le mie cose e mi diressi verso la porta, feci l'errore di lanciare un'occhiata al banco di Alice ma incontrai lo sguardo di Arianna, che mi guardava intensamente, forse trasmettendomi un messaggio che non afferrai.

Oltrepassato il portone presi una boccata d'aria, come se avessi trattenuto il respiro per ore.

«Adesso mi spieghi che cazzo c'hai oggi.»
Ecco, l'investigatore era tornato all'attacco, senza tanti giro di parole.
Sbuffai, presi il pacchetto di marlboro dalla dal giubbotto e mi infilai una sigaretta in bocca.

«Non ho niente, te l'ho già detto.»
Buttai fuori il fumo, chiudendo gli occhi e immaginando di essere in un sogno, in un incubo da cui mi sarei risvegliato presto.

«Non me la bevo, ti conosco. Non sei mai stato così, hai qualcosa che non va e non me lo vuoi dire. Lo sai che ti puoi fidare di me, non ti giudicherei.»
«Non capiresti.»
Forse ero io il primo non ci stava capendo nulla, era fuori dalla mia portata tutto quello che mi stava succedendo.

«Ho capito, ti sei innamorato.»
Aprii la bocca per mandarlo a quel paese un'altra volta, ma non me lo permise.
«Non provare a negarlo, ti ho visto, continui a lanciarle delle occhiate che solo i ciechi non noterebbero.»
Cazzo, era così evidente?
«Non ne sono innamorato.»
Mezza bugia, non ero ancora pronto a lasciarmi andare del tutto a queste cose da bambine.

Sbuffò e pensai che volesse insultarmi, ma si bloccò.
«Cazzo, sta arrivando quella zoccola del cazzo.»
«Eh?»
Alzai la testa e vidi un caschetto nero che veniva verso di noi.
La squadrai e mi venne quasi un conato, si credeva figa conciata in quel modo?

«Ciao ragazzi.»
Il suo sguardo si posò a lungo su di me, deglutii, perché sapevo cosa volesse fare e io mi stavo già sentendo male, perché per la prima volta nella vita non lo volevo anche io.

Però i suoi occhi, cazzo, erano identici ai suoi.
La fissai troppo, se ne accorse e dovette interpretare male il mio sguardo, perché mi saltò letteralmente addosso.

Cazzo, sono un coglione nato.
Qualcuno mi fulmini in questo istante.

Non riuscivo a staccarmene, ero intrappolato tra le sue braccia, avrei voluto spingerla via, perché mi faceva schifo, io mi facevo schifo.

Come cazzo avevo fatto a ridurmi in quel modo?
Dio, mi sarei strangolato.

Sentii Chris tossire, come per attirare l'attenzione, infatti mi fulminò con lo sguardo.

Non so grazie a quale santo, l'allupata si staccò da me, permettendomi finalmente di respirare di nuovo.

«Ci vediamo tesoro.»
Mi sussurrò all'orecchio e si allontanò, andando a unirsi a gruppo di altre ragazze.

Era stata appena inserita nella lista nera, altro che rivederla.

Spostai lo sguardo e deglutii rumorosamente.
Cazzo, mi aveva sicuramente visto, avrà pensato che sono un coglione, uno stronzo che prima dice di essere attratto da lei e poi si limona con un'altra davanti a scuola.

Uccidetemi, ora.


«Dovresti smetterla di fare il cretino e crescere.»
Le perle di saggezza del mio amico mi stupivano sempre.
«E cosa dovrei fare, sentiamo.»
Mi massaggiai la fronte, mentre mi appoggiavo di nuovo al muro della scuola: mi girava la testa dai troppi pensieri.

«Per prima cosa, smettila di farti ogni ragazza che ti ritrovi davanti, poi il resto verrà da sè.»
«Ci sto provando.»
«Non mi sembra, ti sei appena fatto una.»
«Mi è saltata addosso e non sono riuscito a fermarla, non accadrà più.»
Mi giustificai, ma era vero: mi veniva la nausea al solo pensiero di baciare un'altra che non fosse lei.

Dio, se ero messo male.

Volevo sentire solo le sue mani che mi accarezzavano, solo il suo corpo sul mio, i suoi occhi su di me, i suoi sospiri, i suoi gemiti, le sue labbra sulle mie.
Solo lei e nessun'altra.

Cazzo, ero cotto marcio.










Angolo Autrice.

Sono imperdonabile, lo so, meriterei la forca ç.ç
Ma sto attraversando un periodo no, in più ero bloccata e non sapevo come continuare.
Spero comunque che questo capitolo vi piaccia, non è nulla di che, è più credo un passaggio, in cui i protagonisti, cioè sti due pazzi, capiscono ancora meglio ciò che provano.
Forse ho esagerato in alcuni punti, non lo so, ma scrivere e ascoltare musica contemporaneamente fa fare pensieri strani ahah. 
Baci e abbracci, alla prossima.

Inoltre volevo cambiare titolo alla storia ma non mi sovviene niente di originale, quindi per ora resterà così. 
Qua diluvia e ho paura ç.ç

Nuova storia, se volete dare un'occhiata

Promesse incenerite

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Capitolo 25
*** Party ***


Sono da rinchiudere in un manicomio, 
scusate scusate scusate, mi inginocchio e chiedo il vostro perdono!
altrimenti accetto sempre il gelato, al cioccolato però, che mi lancerete u.u
baci e abbracci 
alla prossima 

Date un'occhiata se volete qui


Promesse incenerite




CAPITOLO VENTIQUATTRO - PARTY





Ma cosa pretendevo?
Che mi saltasse addosso e mi dichiarasse amore eterno?
Forse, la mia vena romantica puntava a quello, ma è chiedere troppo che un essere maschile si accorga di te, ti faccia sentire unica e speciale.

Si sa che i maschi hanno meno intelligenza e neuroni delle ragazze, giurerei che ne abbiano solo una che impiegano per giocare alla Play o guadare le partire di calcio alla tv, vivono sono per queste cose che non servono a nulla nella vita, se non a fotterti il cervello.

Ovviamente io dovevo andarmene a prender uno così, sbruffone e arrogante fino al midollo, neanche me l'avessero spedito per posta sarebbe stato così perfetto.

E poi, chi me lo fa fare di stare con uno così?
Perché non posso vivere un'avventura come quelle dei film?
Dove l'uomo dei tuoi sogni spunta dietro l'angolo, nella libreria, seduto al bar, che ti guarda e ti vuole sposare senza nemmeno conoscerti?
Perché cazzo devo soffrire per poi trovarmi sempre al punto di partenza?

E mi ritrovo sempre a piangere come una bambina viziata che non ha ottenuto il giocattolino che voleva e quindi mette il broncio per tre giorni, sente di un groppo in gola che non ne vuole sapere di andarsene.

Perché non basta più il bigliettino “Ti vuoi mettere con me? Si o no”, non c'è più la tua migliore amica che fa da tramite e si fa in quattro per convincere il bambinetto come se non ci fosse un domani. No, non c'è più un emerito cazzo di questo teatrino.

Mi sento come se mi stessero strozzando, mi manca l'aria per respirare ma nessuno mi sta tenendo per il collo.
Mi sento vuota dentro, come se ci avessero scavato una buca e buttato a mare tutto ciò che conteneva.
Mi sento morire, col cuore che palpita impazzito e il respiro mozzo, ma non succede niente, sarebbe troppo facile, e scappare dai problemi non è mai la cosa migliore, bisogna affrontarli con coraggio altrimenti te li ritrovi sempre davanti al naso e perdi la testa.

Non so veramente che fare, se mandarlo a quel paese o baciarlo, si perché anche se in questo momento lo prenderei a pugni nello stomaco fino a fargli vomitare l'anima, lo voglio stringere a me è tenerlo stretto.

Eppure è giusto anche che lui si faccia la sua vita, non posso impedirglielo nonostante si sia dichiarato, perché io me ne sono stata zitta mentre i miei ormoni facevano le capriole e organizzavano già il matrimonio.

Mi prenderei a pugni se non fosse per una buona causa, per un'amica si fa questo e altro, anche a rinunciare alla ragione del tuo sorriso.

Alla fine avevo cambiato idea e mi ero rintanata a casa mia, nella mia stanza buia e silenziosa, a farmi compagnia solo le lacrime e il cuore spezzato.

Arianna mi aveva tenuto il braccio per tutto il tragitto, probabilmente temeva che svenissi e mi accasciassi al suolo da un momento all'altro.

Sabato pomeriggio in casa a piangere e a disperarmi tutto il giorno, manco fossi in depressione, meno male che a salvarmi c'erano Homer e le sue ciambelle rosa glassate.
 

Avevo bisogna di una serata all'insegna del divertimento e di alcool, senza dubbio, e c'erano solo due persone che potevano aiutarmi e tirarmi fuori di casa.

Recuperai il cellulare dallo zaino rosa eastpack che ormai sembrava quasi nero, e scrissi il messaggio:


“Stasera?Dimmi di si, ne ho bisogno!”
 

Premetti invia e attesi la risposta che non tardò ad arrivare.
 

“A chi devo spaccare le palle? Comunque affare fatto, ti veniamo a prendere per le 9!”
 

Ecco, lei si che mi capiva, a Beatrice non si poteva nascondere nulla, capiva tutto al volo, aveva una specie di sesto senso a cui non si poteva fuggire.



***



Il pub dove Bea e Andre mi portarono era pieno zeppo di liceali mezzi sbronzi, un buon esempio da seguire a ruota.

«Allora, chi è questo rincitrullito?» Ecco che partiva il terzo grado di Bea, con braccia incrociate al petto e occhi socchiusi, pronti a non farei sfuggire neanche un particolare.

«Mh, uno che sta in classe con me.»
Soffiai, lasciandomi andare in un sospiro abbattuto.

«Non deve essere molto intelligente se non si è accorto di te.»
Infierì Andre facendomi l'occhiolino e prendendosi una gomitata da Bea.

«Ma che ho detto?!»

«È risaputo che gli uomini hanno dei neuroni in meno, non c'è da stupirsi.»Scrollò le spalle, beccandosi un'occhiataccia da Andre.

«Non è quello il problema.»
Confessai e mi interruppi, avevo i loro occhi addosso, attenti e indagatori allo stesso tempo.

Mi morsi il labbro indecisa, in imbarazzo.
«Lui, ha detto che gli piaccio.»

Bea si mise le mani nei capelli e ringraziò tutti i santi del paradiso mentre ad Andre andò di traverso la birra.

«Allora dove cazzo sta il problema?»
Aggiunse lui quando finì di tossire come un pazzo.

«Piace alla mia migliore amica.»

«Cazzo.»
Irruppero all'unisono e mi lasciai sfuggire un sorriso.

«Insomma, voglio dire, è un casino.»

«Ali, ascolta me.»
Iniziò Andre, e Bea alzò gli occhi al cielo incrociando le dita sarcastica.

«Vi piacete, lui ha scelto te non lei, lui vuole te. Perché perdere quest'occasione? A te piace, si vede da come ne parli e stai soffrendo, quindi, prenditelo e basta. Lei capirà.»


Lei capirà.


Non ci giurerei, anche lei soffre, non lo fa vedere perché ha seppellito il dolore, ma è sempre lì pronto a uscire e a provocare maremoti.

Come me, un vulcano sul punto di esplodere.



***



Tornai a casa ancora più confusa di prima ma con la pancia piena di birra.

Salii in camera cercando di non fare rumore, erano quasi le due di notte e i miei genitori erano a letto già da ore.

Mi buttai sul materasso e mi presi la testa fra le mani.

Potrei dire tante cose: potrei dire che va tutto bene, che sto una meraviglia, che mi sento realizzata, ma sarei una lurida bugiarda.

Potrei dire che non mi sveglio nel bel mezzo della notte pensando a te, che non mi incanto durante le lezioni, che non mi viene un colpo quando ti vedo e mi sorridi, che non mi manchi, ma sarebbe come prendere in giro me stessa e il mio cuore che batte all'impazzata.

E non so cosa provo, sento solo che l'odio che provavo si è solidificato, bloccato, non c'è più traccia di quel sentimento.

Ha lasciato spazio a qualcosa altro, così forte da farmi male le costole, da far fatica a respirare, anche solo pensare mi diventa difficile, e mi prenderai per pazza perché non riesco a toglierlo dalla mia testa, ci sei conficcato, chiuso a chiave con il lucchetto buttato nell'oceano.

E vederti con un'altra mi fa andare fuori di testa, mi fa perdere il controllo, mi fa cadere a terra perché vorrei che tu desiderassi solo me, che amassi solo me, che abbracciassi solo me, che baciassi solo me e nessun'altra, perché non lo sopporterei.

Siamo sentimenti nascosti e bugie infinite. Siamo rimpianti, parole mai dette, lacrime che strappano il cuore e ricordi che fanno sanguinare.





NICCOLÒ


Ero uno stronzo di prima categoria.
Un decelebrato, un coglione nato.

Dovevo saltarle addosso e farla finita, dirle che la storia dell'ignorarci e tornare a essere due bambini che si punzecchiavano era una stronzata colossale.
Dovevo farlo cazzo.

Neanche la musica era riuscito a calmarmi, anzi, mi aveva fatto innervosire ancora di più.


Il messaggio di Arianna poi, mi aveva fatto venire voglia di spaccare tutto, ma mi ero limitato a lanciare un pugno al legno della porta, provocandomi un dolore lancinante alla mano.


“Ti ha visto oggi, è stata male, pensavo stesse per svenire. Magari, potresti evitare di farti una zoccola davanti a lei, e anche davanti a me, già che ci sei.”
 

Ma vaffanculo!
Se non avesse tirato fuori quella sceneggiata dell'evirarsi sarei uscito da scuola con lei, e questo non sarebbe successo.
Arianna non capisce un emerito cazzo, e Alice non me ha detto niente, ovviamente, per non farla sentire in colpa.


Stavo sbattendo i pugni sul materasso, dubitando anche della mia sanità mentale, ma poi presi una decisione, accettando il consiglio di Chris che mi aveva proposto di andare all'Old per tornare in me.

Presi la giacca, le chiavi e uscii sbattendo la porta, gridando un misero «Esco» ai miei.



***


Gli mandai un messaggio appena arrivato fuori dalla discoteca, e mi stavo già pentendo della decisione appena lo vidi comparire sulla soglia. 

 

Appena entrato fui travolto dalla musica assordante e dal mio amico che mi trasportava al banco per bere.

«Prendi qualcosa fratello.»
Mi disse, e qualcosa mi diceva che lui aveva già fatto il pieno.

«Solo una birra, grazie.»
Risposi all'occhiata impaziente del barman che mi posò davanti una bottiglia di Beks già stappata.

«Intendevo qualcosa di più forte!»
Chris mise il broncio e incrocio le braccia contrariato.

«Se mi ubriaco va a finire che picchio qualcuno.»
Dissi, prendendo un sorso della bevanda ghiacciata.

«Non ci starebbe male una rissa.»
«Lo penseresti anche se ti rompessi il naso?»
Chiesi, e lui fece una smorfia di dolore.
«Ripensandoci, non ci tengo.»



***



Quattro birre dopo e sei cazzotti scherzosi dopo, mi sentivo leggero come una piuma e la mia testa girava a vuoto. 

Due ragazze ci tenevano compagnia, la bionda attaccata a Chris e la mora poggiava le mani sulle mie spalle.

Non sapevo neanche cosa fare, se liberarmene o divertirmi, dimenticando la schifosa giornata a scuola e le condizioni di Alice.

Jessica, che mi stava attaccata al braccio da più di un'ora, iniziò a tirarmi per farmi alzare dallo sgabello e andare a imboscarci chissà dove.

«Vai, amico!»
Mi incitò Chris e lo maledissi con lo sguardo.

«Non penso di poterlo fare.»

«Non dire stronzate, sfogati e divertiti, è solo una sera, non serve a niente piangerti addosso.
Dimenticala per una cazzo di notte e basta.»

Disse e mi porse un'altra birra, ma la rifiutai e diedi un'occhiata alla ragazza che mi teneva la mano: fisico da modella con canottiera attillata e gambe lunghe coperte a malapena da una gonnellina e calze a rete, occhi azzurri penetranti, labbra carnose e sorriso invitante.
La fine del mondo.

Le feci un cenno con la testa e mi alzai, beccandomi un pugno di approvazione da parte del mio amico, sarebbe stata una lunga nottata. 







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Capitolo 26
*** Mess ***


CAPITOLO VENTICINQUE - MESS





Svegliarsi la domenica mattina dopo aver trascorso la notte in bianco, non è un buongiorno.

Dover fare i compiti che non ho fatto ieri pomeriggio è anche peggio.

Sentire mia madre urlare poi, mette a dura prova la mia pazienza, già minima di per sè.

«Alice, sono quasi le undici, non è ora di alzarsi?»

E che cazzo, voglio dormire in santa pace.

Sentii la porta della mia camera aprirsi e apparve sulla soglia mio padre, vestito con dei pantaloni della tuta grigio scuro e una felpa bianca.

«Tesoro alzati, sai che non smetterà di urlare se non ti vede in piedi.»
Mi sorrise e mi diede una carezza, e io annuii.
«Adesso mi alzo papà.»
Gli dissi, anche se non ne avevo la minima voglia e forza.
«Brava la mia principessa.»
E si diresse verso il corridoio, chiudendo la porta alle sue spalle.

Sbuffai, dovevo alzarmi, dovevo liberare la mente da lui, che chissà cosa aveva fatto e con chi ieri sera. 
Sicuramente si era divertito più di me, mi aveva sicuramente preso in giro con i suoi amici.
“Alice la credulona e acida ingenua” che crede a ogni cosa uscita dalla sua bocca.

Che poi, io non avevo detto che mi piaceva, quindi poteva fare quel che voleva.

Si certo, raccontalo a qualcun'altra Alice.
Se non te ne fregasse niente avresti dormito beatamente.

Dovevo darmi una mossa e agire, stare ferma mi faceva pensare, e troppo.


Scansai le coperte e recuperai il telefono dal comodino, fare i compito insieme a qualcuno sarebbe stata la mossa migliore per non pensare ad altro, e a una persona in particolare.

“Sono da te alle 15 per fare i compiti. Va bene?”

Arianna rispose quasi subito.
“Va bene amica, a dopo.”


***


«Dante è troppo sdolcinato, mi fa venire la nausea.»
Arianna storse il naso per l'ennesima frase romantica che coinvolgeva Paolo e Francesca nel canto dell'inferno. 

In risposta mi misi a ridere, era troppo buffa quella smorfia di apparente disgusto.

«Non c'è niente da ridere!»
Si finse offesa e mise il broncio.

«Dai Ari.»

Eravamo già da quasi due ore sul libro della Divina Commedia, io seduta alla scrivania e lei sul suo letto, ma sembrava persa in altri pensieri.

«Direi che per oggi abbiamo fatto abbastanza, spero che quella stronza della prof non interroghi.»
Disse, e buttò il libro chiuso sul cuscino e chiuse gli occhi.

«Ari, stai bene?»
«Si sono solo stanca.»
«Sicura?»
Chiesi, sedendomi suo bordo del letto.

Lei sbuffò e mi guardò.
«Penso di aver fatto una cazzata enorme.»
«Che?»
Chiesi confusa.
«Ho detto qualcosa, che non avrei dovuto dire a una persona.»

Non ci stavo capendo una mazza, a chi si riferiva?

«E ho combinato un casino.»
Aggiunse, prendendosi la testa fra le mani.

«Vuoi parlarne?»
Provai, mettendole la mano sulla spalla.
Non rispose, ma fece segno di no con la testa.

«Se parli con quella persona, risolverai tutto, ne sono sicura.»
Le dissi per rassicurarla.
«Non è vero, sono imperdonabile.»
«Dio Ari, che cazzo hai fatto di male? Tutti commettiamo degli errori, ma c'è sempre un modo per uscirne!»
Il più delle volte almeno.
«Non questa volta, è colpa mia, sono una cazzo di egoista!»
Urlò, e si appoggiò al muro chiudendo gli occhi.
«Non dare la colpa a te.»
«È la verità, sono una stronza.»
«È la fase in cui ti insulti da sola?»
Chiesi, trattenendo un sorriso.
«Credimi, l'altra persona mi direbbe di peggio.»



***



Tornai a casa che erano quasi le sette, ogni tentativo di farmi dire qualche altro indizio da Arianna fu inutile.

Chissà a chi si riferiva, non riuscivo a immaginarla che faceva la stronza e l'egoista per qualcosa, o qualcuno.

Le altre due ore le avevamo passate a fare gli esercizi di matematica, giusto per rincretinirci ancora di più. 


Stavo guardando la tv in sala, ammirando Hugh Grant in “Due settimane per innamorarsi”, quando ricevetti un messaggio.


“Mi sono dimenticata della festa di Halloween, è sabato!”

Ero stata così presa dai miei problemi che non mi ero neanche accorta che eravamo ormai a fine ottobre.

“Cazzo, domani a scuola ne parliamo!”

“Okkey, buonanotte e scusa per oggi.”

“Non devi scusarti, un bacio a domani, buonanotte.”

Alle undici salutai i miei genitori e salii in camera, sperando di dormire e non passare un'altra notte in bianco. 



***


Ero seduta sui gradini della scuola già da dieci minuti in attesa di Arianna che come al solito arrivava al filo.

Stavo cercando di liberare la mente, cosa non facile visto che a pochi metri c'era proprio la causa del mio malessere, sexy anche con una cuffia in testa, e potevo scommettere che lo sarebbe stato anche con addosso un sacco dell'immondizia.

Che si fulmini, dovrebbero essere illegali i tipi come lui, sicuramente era affascinante anche di prima mattina, appena sveglio, con gli occhi chiusi e con il broncio.

Dio, sto diventando ridicola.

«Alice?»
Alzai gli occhi e mi ritrovai davanti colui che era stato il mio migliore amico e il mio ragazzo.
«Lore?» 
Dissi incredula, sgranando gli occhi e mettendomi in piedi.

«Sorpresa vero?»
Chiese lui ridendo, abbracciandomi di slancio.

«Che ci fai qui?»
Chiesi, colta alla sprovvista dal suo gesto.

«Mh, ho cambiato scuola.»
«Oh, fantastico!»

Così di problemi ne avrei avuti due, giusto perché non ne avevo già abbastanza.

«Ti da fastidio?»
«Nono, certo che no, figurati.»
Gli sorrisi di rimando, mentre vidi Arianna raggiungerci lentamente con un'espressione interrogativa. 






NICCOLO'


Faceva un freddo cane e mi stavo congelando, e avevo appena accesso la sigaretta quando sentii una gomitata nello stomaco.

«E che cazzo Chris!»
Sbottai, infastidito.

Avevo passato la domenica a digerire la sbornia della sera prima e a cercare di dimenticare quella ragazza da rimpiazzo che mi ero sbattuto nel bagno della discoteca. 

Che schifo, a ripensarci mi veniva il vomito.

«Ha già trovato un rimpiazzo.»
Alle sue parole mi girai e la vidi abbracciata a un ragazzo biondo, sembrava si conoscessero da una vita.

«E quindi?»
Chiesi cercando di fare l'indifferente mentre dentro di me ribollivo di rabbia.

«Non ti fa incazzare?»

Da morire, adesso lo prendo a pugni se non la smette di toccarla in quel modo.

«Sai che cazzo me ne frega.»
E lei gli sorride, e io vorrei prenderla e baciarla dappertutto.

«Si certo.»
Rispose Chris poco convinto e trattenendo una risata.

«Posso averne quante ne voglio di ragazze.»
Dico sicuro, cercando di digerire l'amaro che ho in bocca.
«Non quando ne vuoi solo una.»

E aveva ragione cazzo, questa situazione mi sta uccidendo.
Non posso sopportare tutto sto casino che ho dentro, mi sta facendo andare in panne il cervello e non riesco a controllarlo.

Ma se lei vuole così, che ci evitiamo, lo farò, ma non starò con le mani in mano a rodermi il fegato. 
















Spazio Autrice
scusaate per il ritardo, ero al mare e non sono riuscita ad aggiornare ç.ç
sono stata indecisa fino all'ultimo se far comparire un nuovo personaggio o meno, ergo ecco qua Lorenzo che ritorna con furore (?)
spero sia di vostro gradimento, altrimenti sapete che accetto tutto in faccia u.u
baci e abbracci
alla prossima!

vi ricordo l'altra mia storia


Promesse incenerite

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Capitolo 27
*** Halloween ***


CAPITOLO VENTISEI - HALLOWEEN





Era già passato qualche giorno da quando Lore si era trasferito nella mia scuola, e tutto si era trasformato in un inferno.

Lui mi stava appiccicato, come se ci fossi stata solo io al mondo, e Arianna sembrava facesse da terza incomoda tra i due fidanzatini.

Un tempo io e lui eravamo amici, migliori amici e anche di più, ma ora la mia testa stava vagando in territori più tortuosi e non potevo permettermi di distrarmi. 


Far finta di non avere lo sguardo di Nico addosso ogni momento, ogni volta che Lore mi toccava e mi abbracciva, era diventato uno stile di sopravvivenza. 

I suoi occhi bruciavano sulla mia schiena, lo vedevo che socchiudeva gli occhi e faceva grandi respiri per calmarsi e non fare una strage. 

Speravo però che facesse qualcosa, qualunque cosa, giusto per farmi sentire viva, non sopportavo il fatto di non potergli parlare, nè toccare.

Era tutto un controsenso, io gli avevo proposto questa cosa dell'ignorarsi e io volevo che lui non lo rispettasse, che si ribellasse e venisse a baciarmi davanti a tutti.

Lore, dal canto suo, non si era accorto degli sguardi omicidi di Nico e neanche delle mie espressioni infastidite ogni vita che mi prendeva per mano o che mi sfiorava i fianchi.



Stasera ci sarebbe stata la festa di Halloween a cui lui ovviamente si era imbucato.

Non ne potevo più, volevo respirare, stare qualche minuto da sola, invece Lore mi era sempre attaccato come una cozza, mi aveva fatto persino pensare che ci volesse riprovare con me, e forse avevo ragione visto che non mi toglieva gli occhi e le mani di dosso.



******



La festa si teneva poco fuori città, in un locale molto frequentato da ragazzi di ogni età, immaginavo già il casino immenso che ci sarebbe stato.

Avevo deciso di vestirmi in modo strano, stile dark-punk o qualcosa del genere insieme ad Arianna, bastava che fosse qualcosa di nero e noi ci avremmo aggiunto anche un bel trucco pesante, giusto per non farci mancare nulla e sembrare dei mostri.

Dopo aver messo sotto sopra il mio  armadio, avevo scelto dei pantaloncini neri abbinati a una canotta degli AC/DC e delle calze a rete, sarei morta di freddo ma nel locale sarei soffocata dal caldo.



****



Appena entrammo fummo invasi dalla musica più paurosa del secolo, schiamazzi, odore di alcool e fumo.

Lore, che non si era travestito, mi strinse la mano manco fossi una bambina da proteggere, peccato che io fossi ormai abituata a questo ambiente.

Cercammo un posto libero dove poter respirare aria e non fumo con Arianna che ci faceva da guida, e cercando di non farci travolgere dalla folla di ragazzini che ci stava intorno.

Finalmente arrivammo ai divanetti e ci sedemmo, guardandoci un po' in giro, io in cerca di qualcuno in particolare, che però non trovai tra i tanti occhi che ogni tanto ci lanciavano delle occhiate. 

«Vado a prendere qualcosa da bere?»
Chiese Lore, ma non mi sembrava molto convinto.

«Si, io prendo un angelo azzurro, tu Ali?»
«Io un keipiroska grazie.»
Gli sorrisi e finalmente si allontanò, sparendo tra la folla.

«Grazie a Dio.»
Imprecò Arianna, probabilmente era stufa pure lei di avere una guardia del corpo.

«Non dirlo a me.»
Dissi passandomi una mano tra i capelli.

«Carino è carino però, cazzo che peso! Vorrà mi provarci con te?!»
«Dai Ari, è acqua passata, lo sai anche tu che non mi interessa.»
Sbuffai, avrei dovuto parlarne con lui e farmi spiegare perché si comportava peggio di mio padre.
  
Mi persi nei miei pensieri e mi risvegliai solo quando vidi apparire davanti a me un bicchierino con un liquido rosso, dall'aspetto invitante.

«Grazie Lore.»
Gli sorrisi e iniziai a bere la mia bevanda, un po' di alcool mi avrebbe chiarito le idee, o confusa ancora di più. 


«Ali andiamo a ballare?»
Mi chiese Arianna dopo aver terminato il nostro drink.
«Si andiamo.»
Dissi alzandomi.
«State attente.»
Si preoccupò lui che mi aveva già ripresa per un braccio.
«Si papà, e ora lascia la mia amica.»
Disse Arianna prendendomi dall'altro braccio e trascinandomi in pista, mentre un Lore contrariato ci seguiva e mi prendeva per i fianchi.


****


Stavamo ballando da circa mezz'ora e io stavo morendo di caldo, sia perché mi stavo muovendo come una pazza sia perché avevo Lore alle calcagna.

Non lo sopportavo più, ogni tanto Arianna mi lanciava delle occhiate scocciate, ma discutere in questo momento non avrebbe portato a nulla.

Decisi quindi di prendere una pausa, pregando mentalmente che lui mi lasciasse libera qualche minuto.

«Vado un attimo in bagno.»

Gli sussurrai all'orecchio per farmi sentire, lui mi guardò e aggrottò la fronte.

«Non stai bene? Ti devo accompagnare?»

Disse preoccupato, e io cercai di non alzare gli occhi al cielo infastidita.

«No, sto bene Lore, mi assento solo qualche minuto.»

Così facendo avvertii Arianna e mi allontanai da loro alla ricerca di un angolino libero dove stare un po' da sola.

Il locale era enorme ma era tutto stipato di gente che non stava ferma un secondo e per passare mi presi anche delle gomitate nello stomaco.

Non avevo fatto neanche metà strada che mi sentii prendere dalle braccia e trascinare da un parte indietro tra la folla e i fine in una stanzetta che fu chiusa con un calcio alla porta. 

«Ma che cazzo!»

Stavo già imprecando in aramaico pensando che fosse Lore o qualcuno a cui piaceva fare scherzi idioti. 

Mi girai e per poco non mi venne un colpo trovandomi davanti l'unica persona che desideravo di vedere veramente da giorni e giorni e che non avevo trovato tra la folla. 

«Nico.»

Dissi con una voce appena udibile mentre lui mi guardava con la mascella serrata e con un espressione seria che non gli si addiceva per niente.

«Quel coglione è il tuo ragazzo?»

Aggrottai la fronte, tutto mi sarei aspettata ma non una domanda del genere, senza nessun fondamento oltretutto. 

«Che?»

Sbuffò e mi guardò infastidito, mi sentivo come una bambina che veniva rimproverata dalla madre.

«Quello che ti sta appiccicato come una sanguisuga è il tuo cazzo di ragazzo?»

Disse serio ma a me veniva da sorridere per come aveva detto la frase, era sicuramente geloso di Lore.

«Non è il mio ragazzo.»

«Allora perché lui dice che state insieme?»

«Cosa?» 

Sbuffai, dovevo immaginarlo, dovevo chiarire al più presto con lui.

«Non è assolutamente vero.»

Dissi guardandolo negli occhi.

«Ma ti piace.»

Grugnì, e suonava più come un'affermazione che una domanda.

«Non mi piace.»

«Mh, non ti piace e non state insieme.»

Disse stampandosi un sorriso malizioso in faccia. 

«Esatto.»

Sospirai afflitta e lo guardai negli occhi che sembravano brillare.

«Quindi vuol dire che posso fare questo.»

Sussurrò e andai a sbattere contro la porta, mentre lui iniziò a stringermi per i fianchi e a baciarmi il collo, lasciandosi dietro una scia infuocata.

«E anche questo.»

Continuò il suo viaggio di baci e morsi su fino all'orecchio, strappandomi dei gemiti di piacere.

«E decisamente questo.»

Disse con voce roca baciandomi, prima fu un contatto solo labbra contro labbra poi, dopo avermi guardata negli occhi, si fiondò sulla mia bocca esplorandola con la lingua. 

Presa dal desiderio di sentirlo ancora più vicino a me, ricambiai e misi le mie mani tra i suoi capelli scompigliandoli, mentre le sue mani vagavano sempre più su fino a sfiorarmi i seni. 

Ci staccammo solo qualche secondo per prendere fiato, e lui mi alzò le gambe fino ad averle attorno ai suoi fianchi e mi posò su uno scaffale che neanche avevo notato.

«Sai, ho avuto istinti omicidi incredibili questa settimana.»

Disse, iniziando a baciarmi la mascella provocandomi dei brividi.

«Volevo spaccargli la faccia perché ti toccava e io non potevo.»

Affermò ancora tra un bacio e l'altro, facendomi genere vergognosamente.

«Ma ora posso recuperare per bene.»

Sussurrò e mi sorrise malizioso prima di tornare a baciarmi con foga, desiderio e rabbia repressa che finalmente venne sfogata su di me.

Gli portai le mani al collo mentre lui mi stringeva sempre di più a sè, facendo scontrare i nostri bacini. 

Stavo morendo di caldo, ero pervasa dal desiderio e dall'eccitazione che si stava facendo spazio soprattutto nelle mie parti basse a contatto con le sue.

Non so perché pensai a Lore che sicuramente stava dando di matto visto che non ero ancora tornata e sperai che la porta della stanza fosse sta chiusa bene.

Sembrava che la temperatura si fosse alzata di almeno dieci gradi mentre lui si avvicinava sempre di più, spingendo il suo bacino contro il mio, con spinte sempre più forte e decise, strappandomi gemiti a non finire. 

Alla fine mi arresi al caldo che sprigionava dal mio corpo e decisi di togliermi la canotta rimanendo un reggiseno nero di pizzo.

Ci eravamo staccati solo per qualche secondo ma lui continuava a fissarmi.

«Che c'è?»

Chiesi titubante mentre lui mi sorrideva malizioso.

«Non dimentichi qualcosa?»

Rispose alla mia espressione interrogativa alzando le braccia per farsi sfilare la maglia, per un secondo avevo pensato che dovessi slacciargli i pantaloni. 

«Ora va meglio.»

Sussurrò mentre tornava a baciarmi ancora più famelico, come se non mangiasse da più di una settimana, e le sue mani salivano sempre di più fino a strizzarmi i seni, superando le coppe del reggiseno.

Lo sentivo spingere sempre di più verso di me, quasi riuscivo a sentirlo anche attraverso la stoffa dei pantaloni, le sue spinte mi stavano letteralmente mandando in manicomio e il calore che percepivo sul mio corpo aumentava sempre più.

Stavo gemendo e ansimando rumorosamente mentre gli accarezzavo i pettorali scolpiti mentre lui scendeva a baciare e a mordere il mio collo e le sue mani raggiungevano il mio sedere, per spingermi ancora di più contro di lui.

Strinsi più forte le mie gambe ai suoi fianchi e mi aggrappai ai suoi capelli tirandoglieli, e strappandogli dei mugolii che si accentuarono ancora di più quando diede una spinta più violenta e decisa delle altre che ci fece esplodere di piacere insieme. 

Lui si accasciò con il respiro affannato e tornò a baciarmi la bocca mordendomi il labbro inferiore facendomi ansimare di nuovo vergognosamente come una tredicenne in calore.

Si staccò da me ancora ansante e mi guardò negli occhi mentre mi studiava.

«Sei veramente Alice nel paese delle meraviglie, tu.»

Disse, e riprese a baciarmi con passione prendendomi il viso tra le mani. 






Spazio autrice
okey gente, vi autorizzo a trucidarmi se ci tenete proprio ç.ç 
spero che il capitolo vi piaccia e che le scene siano di vostro gradimento ç.ç
altrimente sapete cosa lanciarmi u.u

non ho mai scritto queste cose quindi credo che sarà la prima e ultima volta ahah per le altre storie farò copia e incolla u.u 

ah ecco, ho pensato a un titolo diverso per questa storia e mi è uscito codesto “Un bacio tra amore e odio” che ne pensate? ç.ç


comunque devo dirvi un sacco di coseeee ç.ç

allora chii vuole può curiosare l'altra mia storia: 

Promesse incenerite




eh, udite udite, ho modificato il primo capitolo della mia vecchia storia “Niki” e vorrei sapere cosa ne pensate.
Ho cambiato anche i nomi ma la storia rimarrà la stessa.
Anche il titolo è un altro, “Baci al cianuro” ç.ç


Baci al cianuro



inoooltre vi comunico che ho anche un profilo su wattpad, se volete seguirmi anche li.

alicehorrorpanic




bene, quindi non mi resta che salutarvi
scusate se vi ho annoiate con queste note di servizio ç.ç

baci e abbracci
alla prossima

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Capitolo 28
*** Reckless ***


CAPITOLO VENTISETTE - RECKLESS





Mi staccai da quel bacio per riprendere fiato e dire ciò che avrei voluto non dire mai. 

«Forse dovremo tornare di là.»
«Mh, non ancora.» 

Mugolò lui e ricominciò a mordermi il collo, facendomi ansimare di nuovo. 

«Dico..davvero..Nico..»

Sospirai tra un bacio e l'altro che ora mi stava lasciando sulla mascella. 

«Ora va bene, ho svolto il mio compito.»
Disse mostrando il suo sorriso malizioso. 

«Cosa?»
Chiesi confusa.

«Sono travestito da vampiro.»
«E quindi?»

Capii dopo due secondi che mi aveva appena lasciato un succhiotto sul collo, fantastico, ora chi lo spiega a Lore?

«Ma sei scemo?»
Gli urlai contro e lui rise, idiota. 

«Ti odio.» 
Dissi seccata prima di andare a recuperare la canotta che ovviamente non copriva il suo ricordino.

«Mh, quindi ti sei quasi scopato uno che odi?»
Mi schernì lui e mostrò quel sorriso che mi fa sempre andare in coma il cervello. 

Sbuffai infastidita e gli lanciai addosso la sua maglietta, anche se sarei stata lì ad ammirarlo per ore, a costo di diventare una ninfomane.

«Vai al diavolo.»
Ero passata da volergli saltare addosso a una ragazzina acida e offesa.

Ero quasi arrivata alla porta che mi sentii girare e di nuovo fui messa di schiena sulla porta.

«Smettila di rompere, tanto lo so che ti è piaciuto.»
Mi sussurrò all'orecchio in tono malizioso, mentre mi accarezzava i fianchi sotto la canotta, di questo passo non saremmo più usciti dalla stanza. 

Non che mi dispiacesse, ma lì fuori avrei dovuto affrontare un drago sputa fuoco e super protettivo.

«Mh.»
«Sta per un si?»
Chiese alzando un sopracciglio.

«Mh.»
Ripetei.
«Giuro che se non la smetti di miagolare ti prendo veramente sulla porta!»
E accompagnò la frase rinchiudendomi ancora di più tra la porta e lui, facendomi sentire di nuovo la sua eccitazione che mi infiammò il corpo.

Controllo Alice, ci vuole comando in questi casi, più facile a dirsi che a farsi.

«Allora?»
Chiese furbo.
«Si mi è piaciuto, ora però dobbiamo uscire da qui.»
Mi arresi, altrimenti non ne sarei più uscita viva. 

Sbuffò infastidito e mi lasciò libera.
«Se proprio devi, ma aspetta un secondo.»
Disse e mi baciò di nuovo a stampo, leccandomi le labbra. 

«Ora ci siamo.»
Sorrise malizioso e si passò la lingua sulla bocca.

Certe visioni dovrebbero censurarle, per la mia sanità mentale, che è già alquanto mal ridotta.

 
Aprii la porta e la musica mi ruppe di nuovo i timpani, per fortuna nessuno sembrava essersi accorto di noi, tutti erano concentrati a ballare e a scatenarsi in pista. 

Mi girai ma lui era già sparito tra la folla impazzita, chissà dove stava andando, avrei voluto seguirlo e stare con lui, ancora e ancora. 

Presi un respiro profondo e mi feci il segno della croce, Lore mi avrebbe ammazzata, dovevo inventarmi qualcosa per sviare l'argomento, ma presto gli avrei parlato e chiarito la questione: io non volevo lui.



****



«Dove cazzo eri finita?»
Mi urlò nell'orecchio Lore per farsi sentire sopra la musica horror della festa. 

Dopo qualche ricerca li avevo trovati, non più sulla pista da ballo, ma al bancone degli alcolici, lui aveva un'espressione disperata di chi non sa che pesci pigliare e si passava continuamente le mani tra i capelli nervoso, mentre Ari sbuffava ogni tre secondi e sembrava leggermi nella mente. 

Grazie a Dio non aveva ancora notato il segno sul mio collo, altrimenti avrei dovuto subire un'altra sfuriata delle sue.

Che poi, chi si crede di essere, la mia guardia del corpo personale e il mio ragazzo? 

Io in testa avevo ben altro, ero ancora scossa per ciò che era appena successo nella stanza con Nico, come poteva pretendere che mettessi giù una frase di senso compiuto? 

«Cristo Ali, sei stata via per più di mezz'ora! Dove cazzo eri finita?»

Forse era il caso di rispondergli o avrebbe seminato una strage con quello sguardo che mi stava rivolgendo. 

«Ho incontrato una che conoscevo e ci siamo messe a parlare!»

Dissi e alzai gli occhi al cielo infastidita, perché cazzo mi stava così addosso? 

«E ti ha raccontato vita, morte e miracoli della sua famiglia?»

Chiese lui scettico, alzando un sopracciglio, e mi misi le mani tra i capelli per non prenderlo a pugni in faccia. 

«Dai lasciala stare, non è morto nessuno!»
Era ora che Ari si facesse sentire, poteva aspettare domani mattina già che c'era. 

«Si ma mi sono preoccupato, cazzo, va bene?»
«Non sono una bambina!»
Sputai acida guardandolo torvo. 

«Voglio solo prendermi cura di te.»

Mi sussurrò all'orecchio e il calore del suo corpo mi avvolse, avrei dovuto provare qualcosa, eccitazione, piacere, desiderio, ma ormai il mio cuore batteva solo per una persona. 

«Oh, guarda chi c'è!»

Urlò Arianna, che però mi sembrava decisamente brilla, seguii il suo sguardo e per poco non ebbi un infarto, tanto che mi aggrappai per non crollare a terra.

«Ciao meraviglie.»

Disse lui tranquillo, nessuna emozione sembrava attraversarlo, indifferenza totale, ma quando posò lo sguardo su di me si leccò le labbra. 

Deglutii e sentii la stretta di Lore farsi più decisa, voleva per caso segnare il territorio?

«Ci sono anche io.»
Grugnì lui seccato.

«Si ti ho visto.»
Sorrise sarcastico e ordinò due vodka.

«Ci vai giù pesante eh!»
Gli disse Arianna guardandolo dritta in faccia, mostrando un sorriso soddisfatto. 

«Uno è per Chris, quando riemergerà da quella rossa che lo sta soffoncando.»
Accennò un sorriso divertito e scosse la testa.

«Almeno lui ha trovato una donna, tu invece no.»

Alle parole di Lore sgranai gli occhi, ma che cazzo voleva insinuare?

«Scusami? Non farmi ridere.»
Disse Nico seccato fissandolo negli occhi con aria truce.

«Beh sei solo, non vedo nessuna troia che ti sta dietro.»

Mi venne un improvviso attacco di nausea, volevo scomparire per non affrontare quella situazione di merda, perché Lore era così scontroso con lui? 

«Questo lo dici tu.»
Lo provocò Nico, mostrando il suo sorrisetto sghembo.
«Piuttosto tu.»

«Io cosa?»

Vidi Lore serrare i pugni e Nico guardarlo con aria di sfida, il disastro era vicino.

«Su quale delle due dovresti fare colpo?»

«Non sono affari tuoi coglione.»

«Mh, sicuro?»

Disse e si avvicinò ancora di più a noi, ora c'era solo Lore tra noi due. 

«Vai a trovarti qualcuna da scopare e non rompere i coglioni a noi.»

Il tono minaccioso con cui parlò mi fece venire i brividi dalla paura, non avevo mai conosciuto questo suo lato scorbutico.

«Sono già stato soddisfatto quindi non ne ho bisogno.»
Disse divertito Nico e mi lanciò un'occhiata.

«E chi sarebbe questa troia che non ha niente di meglio da fare?»

«Chi cazzo ti dice che è una troia?»

Sbottai, pentendomi un secondo dopo di aver aperto bocca.

Arianna mi guardò sgranando gli occhi, Nico mi fece l'occhiolino e Lore mi fissava sorpreso.

«Chi vuoi che si abbassi a farlo con lui?»

«Perché, che ha che non va?»

Ormai ero partito in veste di avvocato speciale e tanti saluti alla mia dignità. 

Lore sbuffò e alzò gli occhi al cielo.

«Vediamo, è uno stronzo, arrogante, sfruttatore e va a puttane.»

Due mesi fa avrei detto le stesse cose, ma ora no, in questo momento io ero diventata la troia che lui si era fatto in quella stanzetta semibuia del locale. 

Mi sentivo ferita e umiliata per le parole di Lore che mi avevano descritta, seppur inconsapevolmente, ma io non mi sentivo così, non avevo fatto nulla che nessuno non abbia già fatto: seguire il proprio cuore e desiderio è un male allora?

«Non ho bisogno di andare a puttane per scopare, a differenza tua.»

«Che cazzo stai dicendo?!»

Gli animi si stavano riscaldando, e io che volevo passare una festa tranquilla. 

«Ragazzi, state facendo i bambini, finitela qui con queste stronzate.»
Arianna e le sue perle di saggezza. 

«I bambini? Mi ha appena detto che vado a puttane!»

«Idiota, glielo hai detto pure tu.»

Non potevo reggere ancora, volevo uscire di li e andare a casa, ripercorrere i minuti passati con Nico e sentire il suo profumo addosso.
Fanculo tutto il resto.

«Bene, io me ne vado.»
Esordii e tutti mi puntarono gli occhi addosso. 

«Vengo anche io, sono stufa di questi due.» 
Si lamentò Ari, e mi seguì tra la folla di ragazzi. 

Non so cosa successe dopo che ce ne andammo, non mi importava, volevo stare da sola a riflettere, se stavo sbagliando tutto o stavo facendo la cosa giusta. 

«È stato lui?»
«Cosa?»
Le chiesi guardandola, eravamo una di fronte all'altra fuori dal locale. 

«Il succhiotto che hai sul collo.»

Cazzo, e ora che le dico? 

«Anche se non mi rispondi so che è stato lui.»
«Si, cioè..»
Mi corressi ma lei mi zittì di nuovo.

«Lo ami?»

Ecco la domanda da un milione di dollari, accompagnata da un coltello affilato che mi avrebbe fatta a pezzi. 

«Credo di si.»

Dissi abbassando la testa imbarazzata, dopo tutto, anche lei ne era innamorata e io ero la sua nemica in amore. 

La sentii sospirare e accarezzarmi la testa, e mi sembrò di sentirla sussurrare un «anch'io» quasi inudibile. 

«Andiamo a casa Ali.»












Spazio autrice
boh, che dire, spero vi piaccia ç.ç
altrimenti sapete cosa lanciarmi u.u

vi ricordo che ho aggiornato anche “Promesse incenerite”

Promesse incenerite




baci e abbracci
alla prossima!

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Capitolo 29
*** Confession ***


CAPITOLO VENTOTTO - CONFESSION





NICCOLÒ

Quel coglione aveva fatto scappare la mia meraviglia da quel schifoso locale, e io non l'avevo rincorsa, quindi ero anche io un bastardo senza palle.

Chris era ancora avvinghiato a quella specie di Dracula al femminile e mi aveva lasciato da solo come un bambino abbandonato.


Stavo vagando tra la folla deciso a uscire per fumarmi una sigaretta, quando l'avevo vista e mi ero bloccato a fissarla.

Si stava facendo spazio e sembrava che volesse fuggire da qualcosa, o qualcuno, e potevo immaginare chi.

E non avevo resistito, prendendola per un braccio l'avevo trascinata in quella stanzetta buia, che sembrava essere fatta apposta per noi due, soli.

Quella testa di cazzo mi aveva detto che erano fidanzati, invece lei aveva negato tutto e anzi, era addirittura incazzata con quel cretino.

Quanto stavo godendo, conoscendola, gliene avrebbe date di santa ragione, stavo già pregustando la vittoria finale che era già mia.

L'avevo baciata, sfiorata, toccata, stretta a me, in un modo che non avevo mai fatto con nessuna ragazza, forse perché delle altre non me ne era mai importato un fico secco.

Ma lei, cazzo, quando si era tolta la maglietta volevo farla mia su quella specie di tavolo, e l'avrei fatto davvero se non l'avessi guardata negli occhi, sarebbe stato perfetto e eccitante, ma io non ero pronto a mandare tutto a puttane, volevo prima mostrarle cosa si stava perdendo.

Tutto a costo di essere crudele su me stesso, quello strusciamento mi era piaciuto più del dovuto, più del normale, forse perché c'era lei davanti a me è non una qualsiasi.

E volevo vederla, averla tutta per me, volevo baciarla ovunque, ma mi sono accontentato di tenerla stretta tra le mie braccia, tremante e con la pelle d'oca.


«Ora si che hai fatto colpo su di lei.»
Lo schernii, mentre dentro di me godevo alla grande.

«Taci idiota, siamo sulla stessa barca!»
«Credici, amico.»
«Che cazzo vuoi dire?»
Faceva l'incazzato quando l'unico a doverlo essere ero io.

«Niente.»
Alzai le mani in segno di resta e bevvi il bicchiere di vodka che avevo preso per Chris, tanto a lui non sarebbe servito.

«Non ci proverei se fossi in te.»
«Che?»
Chiesi, mentre la gola mi andava in fiamme.

«Con Alice.»
Disse serio guardandomi fisso.
«Perché mai, sentiamo.»
Mi stavo divertendo, questo cretino non aveva capito un cazzo di lei. 

«Non fa per te.»
«Mh, e tu si invece?»
«Io la conosco da una vita.»
«E allora?»
Chiesi seccato.
«Con me c'è stata.»
«Chi ti dice che non c'è stata anche con me?»
«Non dire stronzate.»
«Non mi credi?»
Alzai le sopracciglia in segno di sfida. 
«Per niente.»
«Chiedilo a lei allora.»
A quel punto mi guardò truce, con uno sguardo tra il sorpreso e il sconvolto. 
Bingo.

«Perché continui a sparare cazzate?»
«Eri tu quello che mi aveva detto che eravate fidanzati, o sbaglio? Ne dici pure tu di cazzate.»
Sputai aspro.
«Tra poco io e lei torneremo insieme.»
«E cosa te le fa pensare?»
«Le piaccio ancora.»
Mi misi a ridere e passai le dita fra i miei capelli scompigliati per colpa di lei.

«Allora perché si scopa un altro?»
Mezza verità e mezza bugia.
«Che cosa?»
La sua faccia assomigliava tanto al quadro di Munch, “L'urlo”, pensai che si mettesse davvero a gridarmi addosso e a riempirmi di botte: l'avevo sconvolto per bene ma se lo meritava, non sopportavo quelle sue cazzo di pretese infondate.

«Lei non ti vuole.»
«Non mi interessa.»
Disse, con lo sguardo rivolto a terra, stava  ancora assimilando il colpo.

«Vuoi stare dietro a una che non ti si fila?»
«Cambierà idea.»
Alzai gli occhi al cielo, ma questo non si arrende mai? 
E che cazzo.

«Non credo.»
E lo sperai davvero.
Non volevo che mi lasciasse da solo a combattere con i miei sentimenti per lei.

«Perchè sei così sicuro?»
Chiese, e alzò lo sguardo per guardarmi in faccia. 

«Osservo.»
Mi limitai a dire, girandomi il bicchierino vuoto tra le mani.

«Osservi cosa, precisamente?»

Lo guardai e con non curanza dissi:
«Beh, vediamo: come mi guarda, come mi sorride, come mi tira i capelli quando la faccio godere, come mi bacia..»

Vidi solo un pugno arrivarmi in faccia, forse me lo meritavo, ma gli altri no, li schivai e gli bloccai le mani mentre imprecava in qualche lingua sconosciuta.

«Fa male vero? Il sapore della sconfitta.»
«Ti uccido.»
Sputò con rabbia.
«E per cosa? Perché lei preferisce me o perché me la scopo?»
Che poi, non l'avevo neanche ancora toccata come avrei voluto, e non l'avevo vista abbandonarsi del tutto a me, ma sarebbe successo presto. 

Ringhiò e cercò di liberarsi i polsi per colpirmi, ma inutilmente.

Nessuno si era accorto della nostra quasi-rissa, la musica sovrastava ogni rumore e urlo, erano quasi tutti sbronzi marci, e forse per questo, a causa della vodka che avevo bevuto, lo guardai negli occhi e lo fulminai con lo sguardo.
«Lei è mia.»

Lo lasciai libero e mi preparai a un pugno nello stomaco che non arrivò, continuava a guardarmi come se fossi indemoniato.

Mi girai e me ne andai, facendomi largo tra la folla di gente che ancora si stava scatenando.



****


Aprii la finestra della mia stanza, mi stesi sul letto, presi una sigaretta dal pacchetto di Marlboro e me la accesi.

Gettai fuori il fumo e mi sentii meglio, anche se il dolore allo stomaco non passava. 

Erano quasi le tre di notte e il mio unico pensiero era lei, la sua voce, il suo sorriso, la sua bocca, il suo profumo, e quella volta la sua bellezza superava di gran lunga le stelle nel cielo. 













ALICE


Il suo profumo.
Il suo cazzo di odore addosso non mi aveva fatto chiudere occhio.

Le sue mani su di me, la sua pelle bianca a contatto con la mia, le sue labbra carnose sulla mia bocca, i suoi occhi profondi, per tutta la notte, senza dormire. 

Ricordi così vividi da poterli toccare con mano, da poterli sfiorare, vivere.

Sbattei le palpebre con forza tanto da farmi male agli occhi, li strizzai e realizzai che ero sola e lui non era li con me. 

A volte l'amore è così forte che ci distrugge. 

Sbuffai e mi misi a fissare il soffitto nervosa, il buio invadeva ancora interamente la camera, ad eccezione dei riflessi di luce che si proiettavano sulle pareti.

Mi districai dalle coperte e guardai lo schermo del telefono dove era segnata l'ora: erano le cinque e trenta e pensavo a lui.

Avrei bisogno di lui, di noi sdraiati su un prato, abbracciati, a ridere, a litigare, a farci il solletico, a fare i coglioni.

E a baciarci.


****


E la domenica passò così, iniziata male e finita peggio, visto che ero stata davanti a una pagina di storia per due ore senza concludere un bel niente. 


Nulla riusciva a distrarmi dal mio pensiero fisso, neanche la musica, neanche Damon Salvatore, forse un terremoto o un uragano avrebbero fatto la differenza. 

Inutile aggiungere che fui intrattabile per tutto il giorno e mia madre non mi scassò più di tanto, quindi si prevedeva una catastrofe. 

Non avevo chiamato Arianna, mi ricordavo fin troppo bene, nonostante l'alcool in circolo nel mio organismo, che le avevo confessato di amare lo stesso ragazzo di cui lei era innamorata.

Non poteva chiedere al mondo un'amica peggiore di me, mi sentivo quasi un verme a rubargli il ragazzo che amava da una vita.

È proprio vero che All'amor non di comanda, e noi eravamo il classico esempio, vittime innocenti.

E mi chiedo: Ci sarà un posto dove l'aria non parla di te?

La risposta è no, la mia camera è impregnata del tuo profumo, come la mia pelle e le mie ossa. 

Ma alla fine non dovrei lamentarmi perché voglio profumare di te, voglio sapere di te, e non so neanche io il motivo, è come un ossessione, sto diventando come quel pazzo di Grenouille di Suskind.

"Non si può rifiutare la forza di persuasione del profumo, essa penetra in noi come l'aria che respiriamo penetra nei nostri polmoni, ci riempie, ci domina totalmente, non c'è modo di opporvisi."

Stavo vaneggiando se a mezzanotte ero china sulla scrivania a leggere questo libro che mi invitava ad ammazzare uomini con un irresistibile profumo addosso. 

Lasciai perdere il libro e mi barricai sotto le coperte, al sicuro, pensando a quella persona che non c'è e che vorrei accanto.


****


Arrivare a scuola puntuale fu un compito arduo, tanto che dovetti sperimentare una maratona di prima mattina con lo stomaco che faceva le capriole.

E poi lo vidi, la sigaretta tra le labbra, l'aria da ribelle e quella giacca di pelle che gli stava da Dio.

Mi avvicinai titubante, stavo sviluppando una dipendenza cronica dalle sue labbra, dal suo profumo, dai suoi occhi, dal suo sorriso, merda ero da ricovero.

Deglutii a qualche metro da lui che, sentendosi osservato con insistenza, si giro verso di me rimanendo con la marlboro a mezz'aria, stupito, e prese anche lui a fissarmi, senza però venirmi incontro.

Stronzo era e stronzo doveva rimanere, ovviamente, perché dovevo fare io la figura della ridicola davanti a mezza scuola che ci osservava curiosa?

«Allora è vero?»

Boccheggiai per lo spavento e riconobbi Lore davanti a me, palesemente nervoso.

«Cosa?»

Chiesi cercando di darmi un contegno e guardandomi in giro distrattamente.

«Quel puttaniere.»

Sputò acido guardandomi torvo e passandosi una mano tra i capelli.

Era già partito con gli insulti solo alle otto di mattina, figurarsi tra qualche ora.

Comunque, anche se mi sentivo mezza rimbambita per la corsa, non avevo afferrato il concetto, tanto che mi stampai di nuovo un'aria interrogativa in faccia.

«Si può sapere che stai farneticando?»

Sbuffai, guardando da tutt'altra parte e intercettando due occhi color ghiaccio nella mia traiettoria. 

«Te lo scopi? Sei innamorata di lui?»

Ringhiò e mi si avvicinò con fare minaccioso.

Boccheggiai stupita e presi un grande respiro, era arrivato il momento della verità e io non mi sentivo per niente pronta.

«Ma che cazzo, modera i toni.»

Non ero riuscita a trattenermi, lui aveva praticamente urlato ai quattro venti gli affari miei, un po' di contegno cazzo.

Sbuffò seccato e aggiunse:

«Allora?»

«Non sono affari tuoi, non sei il mio ragazzo.»

Replicai infastidita, ricordando limiterà settimana in cui era praticamente la mia ombra e non mi aveva lasciato respirare neanche per due secondi.

«Certo che sono affari miei, Cristo Alice, io pensavo che mi volessi ancora!»

Confessò, lasciandomi di stucco, con occhi e bocca spalancati, assomigliavo vagamente all'urlo di Munch.

«Beh, ti sbagli.»

Balbettai in imbarazzo, abbassando lo sguardo. 

«Vuoi davvero stare con lui? Con uno che cambia ragazza ogni sera? Con uno stronzo patentato? Credevo fossi diversa sai, sei cambiata in questi anni ma in peggio.»

Concluse il suo monologo imprecando in qualche lingua a me sconosciuta, il che mi fece salire i nervi a fior di pelle.

«Senti, sarò libera di stare con chi mi pare no?» 

Iniziai, e lui alzò gli occhi al cielo e provò a ribattere ma lo interruppi.

«E soprattutto, non sarai tu a impedirmi di amare chi voglio, e mi dispiace deluderti ma io non sono cambiata per niente, non sono una persona diversa solo perché mi sono innamorata di un ragazzo che non sei tu!

Che è stronzo, sfacciato, arrogante e tutto il resto, ma a me non importa un fico secco di quello che pensi tu!»

Presi un grosso respiro e gli puntai il dito contro. 

«Non hai fatto altro che starmi addosso tutta la settimana, mi hai soffocato con la tua presenza e tutto perché volevi tornare con me?»

Feci una risatina isterica e ripresi:

«Il problema sai qual'è? Che non ti voglio, mi hai stufato e la minestra riscaldata mi fa schifo, quindi togliti dai piedi e lasciami in pace, che le mie cose le gestisco io.»

Conclusi e mi incamminai quasi correndo verso la mia classe, dovevo sbollire la rabbia, calmarmi, respirare e fare una doccia ghiacciata. 

Lore non mi aveva seguita, non aveva risposto al mio sfogo che mi stava lacerando il fegato, forse era meglio così, sarebbe stato più facile lasciarsi alle spalle il passato e guardare avanti.

«Mh, la mia tettina è una tigre.»

Alzai lo sguardo e incontrai un sorriso malizioso e due occhi blu che mi fecero quasi vacillare sulla sedia su cui mi stavo dondolando. 









ANGOLO AUTRICE

Eccomi qui, con qualche giorno di attesa, ma ero in super blocco dello scrittore!

Aspetto i vostri commenti e vorrei sapere cosa ne pensate di tutta questa faccenda!
E ora, che succederà tra Alice e Niccolò?
Almeno abbiamo eliminato Lorenzo, ora manca Arianna! 
Alla prossima!
Lots of love 
xoxo

i pasticcini in faccia sono sempre ben accetti ahahah u.u
vi ricordo che ho pubblicato l'ultimo capitolo di

Promesse incenerite

e una storiella senza un senso logico ahah

Hallucinogen

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Capitolo 30
*** Out of all ***







CAPITOLO VENTINOVE – OUT OF ALL

 

«Che cazzo è successo fuori? Quel coglione ha iniziato a imprecare contro di te!»
Arianna era entrata in classe come una furia, le guance accaldate e gli occhi spalacati, mentrte io avevo gli occhi di Nico addosso.

Era la prima volta che ci trovavamo tutti e tre insieme, da soli, in classe, e la situazione stava diventando imbarazzante e tesa.

«L'ho mandato a cagare Ari.»
Risposi, voltando la testa per guardarla in faccia.
«Hai fatto bene!»

E si avvicinò a noi, poggiando il suo zaino sul banco e guardandosi in giro.
Nico era ancora davanti a me, per nulla a disagio.

Per fortuna in classe entrarono tutti i miei compagni, ricevendo occhiate da ognuno di loro.

Lore non entrò in classe, forse se ne era ritornato a casa visto la sfuriata che aveva subito.
Meglio, un problema in meno da affrontare.

Ora cosa sarebbe successo?
Mi sarei messa insieme a lui?
Ma che dico, lui è quello da una ragazza diversa ogni giorno, del carpe diem, del divertimemto. Non è fatto per una relazione stabile, fanculo.

Ma io avevo fatto tutto sto casino per cosa?
Per ritrovarmi di nuovo al punto di partenza, con un cuore innamorato della persona sbagliata.
E' il peggiore ragazzo che io potessi conoscere.
E lo odio. Dovrei provare disgusto, repulsione, nausea.
Invece no, sono qua, seduta al mio banco e invece di seguire la lezione penso a te.

E non dovrei, perchè lo so che mi spezzerà il cuore, le ossa, la testa, ma non ne posso fare a meno.
Lo odio perchè lo amo e non dovreri proprio.
Sento già i pianti, le urla, e i graffi, e i pugni al muro che mi provocherà.
E' tutto così sbagliato, eppure perchè mi sembra giusto?
Questo amore che provo, mi fa sentire viva.

“Quindi ti piaccio?”
“In un certo senso.”

Ma in che senso?
Mi aveva detto che non era solo attrazione fisica, allora cos'era?
Perchè mi aveva baciata in palestra?
Perchè mi aveva portato in quella stanzetta alla festa di Halloween?

Troppe domande e zero risposte, la mia testa stava per scoppiare.

Si stava divertendo e basta?
E io ero così cretina da cascarci con tutte e due i piedi?
Merda, che situazione del cazzo.
Perchè si deve soffrire così tanto per un ragazzo?
L'amore non dovrebbe rerndere tutti più felici?
Perché soffrire per amore?

La campanella suonò risvegliandomi dai miei pensieri.
Non capivo perchè ogni volta tutta la mia attenzione andava a lui, isolandomi dal resto del mondo.

I suoi occhi, la sua bocca e..
E Ali dacci un taglio.

Avevo bisogno di distrarmi, di tenermi tutta la giornata occupata così da non aver tempo di pensare.

Mi voltai verso Ari per chiederle di uscire quando la trovai persa nei suoi pensieri a guardare un punto fisso nel muro difronte a lei.

La sua confessione fatta la sera di halloween mi rimbombava ancora nelle orecchie.
Innamorate dello stesso ragazzo.

Lui che poteva avere tutte le ragazze che voleva, che con un semplice tocco mi provocava brividi ovunque.

Ari si girò beccandomi a guardarla insistentemente.
«Ali tutto okay?»
Mi guardava con sguardo vuoto, come se mi guardasse ma allo stesso tempo non mi vedesse.

«S-si tu? Sembri assente.»
La mia voce uscì incerta e impacciata.

Lei si voltò di scatto verso il professore di storia attirando la sua attenzione.

«Mi dica.»
Disse scocciato per essere stato interrotto mentre iniziava il suo monologo su Bismark e la sua filosofia politica.

«Alice non si sente molto bene. Posso accompagnarla in infermeria?»
A quelle parole girai velocemente la testa guardandola con occhi e bocca sbarrati.

Il prof mi squadrò per qualche secondo prima di acconsentire, come se dalla mia espressione potesse capire chissà quali misteri.

Arianna mi prese per un gomito ed ebbi tempo solo di incontrare due intensi occhi azzurri prima che lei mi trascinasse fuori dalla classe.

Camminammo per il corridoio per poi girare a destra verso l'infermeria.

D'un tratto lei si girò fermandosi e sbarrandomi la strada facendomi rischiare di darle una testata.

«Si può sapere che diavolo stai facendo? Sei per caso impazzita?»
In risposta mi lanciò un'occhiata ammonitrice.

Non sapevo a cosa mi stessi riferendo in particolare, forse al fatto che mi aveva trascinata fuori dalla classe con una bugia, o forse perchè si era fermata all'improvviso.

È questo, solo per questi due minuti.
Non stavo pensando a..

«Dobbiamo parlare»
Il suo tono freddo mi riscosse dai pensieri e attirò la mia attenzione su di lei, che si era appoggiata al muro con le braccia incrociate al petto.

«Di che cosa?»
La mia voce uscì decisa anche se dentro ero in preda all'agitazione.

«Sono stanca di tenermi tutto dentro. Ci ho pensato e ripensato. Ed ora è inutile continuare a fare finta di niente. Amiamo lo stesso ragazzo.»

Quello che disse mi spiazzò, non perchè fosse qualcosa che non sapevo ancora, ma per il modo in cui lo disse, parlava lentamente e la sua voce era seria mentre i suoi occhi mi guardavano in modo distaccato.

Aprii la bocca per ribattere ma lei me lo impedì alzando una mano, zittendomi.

«Non ho finito, non me ne resterò seduta a guardare, ho già perso troppo tempo.
Non so quanto impiegherò o cosa sarò costretta a fare, io lo voglio quanto lo vuoi tu.»
Concluse guardandomi con sfida.

No, fermi tutti, non può essere.
La mia migliore amica mi ha appena dichiarato guerra?!

«È uno scherzo vero?»
Chiesi perplessa, non era lei quella che avevo davanti, che fine aveva fatto l'Arianna che teneva più all'amicizia che all'amore?

«Sono seria invece!»
Ringhiò, fissandomi negli occhi e con uno sguardo che non meritava repliche.
«Non ce la faccio più a continuare in questo modo, ho provato a fare finta di niente, ma non ci riesco. Questa è l'unica soluzione.»
Aggiunse, volgendo lo sguardo altrove.

«L'unica soluzione?
» Ripetei sorpresa, confusa, abbattuta.
Ma che cazzo di ragionamento era?

«Si e ora curati le ferite che io me ne ritorno in classe.»
Disse e si avviò di nuovo verso il corridoio.

La rabbia mi stava salendo, a cosa erano servite tutte le belle parole?
E io mio rinunciare a lui per lei?
Potevo farmi meno problemi e approfittarne.
Fanculo.

«Vaffanculo Arianna!»
Urlai con tutto il fiato che avevo, consapevole di essere a scuola e che tutte le aule vicine avrebbero sentito, ma me ne fregai.



***



Tornai in classe dopo circa dieci minuti, ancora più sconvolta e incredula.
Come poteva farmi una cosa del genere?
Dopo anni di amicizia, voleva voltarmi le spalle?

Mi sedetti al mio banco e lei non mi rivolse neanche uno sguardo, né un cenno, niente di niente.
Come se non ci conoscessimo da quattro anni.
Come se non ci fosse stato nulla fra di noi.
Estranee per amore, per un ragazzo a cui non frega un accidente di chi soffre per lui.
Fanculo Arianna, lui e anche me.

«Sta meglio Bucci? La vedo con la testa da un'altra parte!»
Tuonò il professore di storia, incenerendomi con lo sguardo.

Cazzo.
«Si mi scusi, sto un po' meglio ora.»
Sto 'na merda, la mia migliore amica mi ha appena dichiarato guerra, mi viene da vomitare e devo stare calma e seduta a seguire la sua lezione del cazzo.
Va tutto alla grande.

«Bene, allora segua la lezione, che quel che dirò non c'è sul libro.»
Ma che vada al diavolo, cazzo li fanno a fare i libri allora?

E iniziò con il suo monologo, scrivendo parole incomprensibili alla lavagna, lanciandomi ogni tanto degli sguardi e io lo convicevo annuendo con la testa a non so quale discorso contorto e importante.
Non mi importava una mazza di quel che sta spiegando.
La mia testa era da un'altra parte, fuori dalla classe, fuori controllo, vagava senza una meta.
Cosa avrei dovuto fare adesso?
Provare a parlare con Arianna?

Le lanciai uno sguardo veloce, stava prendendo appunti senza neanche alzare lo sguardo dal suo quaderno, quindi non stava per niente facendosi paranoie assurde come me.
Ma come faceva a stare così calma?
La tranquillità non era qualcosa che le si addiceva, per niente.

Come avrei dovuto comportarmi?
Stare appiccicata alla persona contesa?
E lui chi voleva?
Certo, con me si era lasciato andare, ma chi mi diceva che mi stava prendendo in giro?
Dovrei strapparmi il cuore e darlo in pasto ai lupi, almeno così non starei di merda in questo momento.

Mi girai di nuovo verso Ari e la guardai. Perchè mi faceva questo?

«Perchè?»
Sussurrai più a me stessa che a lei, proprio nel momento in cui la campanella suonò la fine dell'ora di storia più inutile del secolo.

Lei non mi sentì o fece finta di niente, perchè si alzò dalla sedia e senza degnarmi di uno sguardo si diresse verso gli untimi banchi dell'aula.

Boccheggiai qualche secondo interdetta, che stava per fare?

«Ciao tesoro.»
La sentii dire in modo sensule, e sentii qualcosa rompersi nello stomaco.

Non avevo il coraggio di girarmi e di guardare quella scena vomitevole, a giudicare dalle espressioni sorprese e impietrite delle altre ragazze della classe.

Poi sentii lo schiocchio di un bacio e di una sedia che si muoveva e sfregava sul pavimento.

«Che cazzo stai facendo?»
La sua voce.
Lui.

«Niente che ti è nuovo.»
Rispose lei con tono innocente.

Questo era troppo, me ne dovevo andare da lì o sarei morta di crepa cuore.

Insomma, ma che le era preso?
Perchè stamattina si era svegliata e aveva deciso di fare questa cazzata?
Non mi voleva bene abbasanza.
Voleva più lui che me.

E io che lo avevo messo in secondo piano per lei.
Più sei buona e più lo prendi nel culo.
Ma da lei non me lo sarei mai aspettato, non ci si aspetta mai niente di brutto dalla tua amica, invece è la prima che ti frega.
Perchè non ci può mai fidare di nessuno?
Perchè sono tutti così stronzi?

Mancavano solo tre ore alla fine della giornata, potevo farcela, fare finta di niente, fare finta che non mi importasse.
Fare l'indifferente totale.

Presi il mio cambio dallo zaino e scesi in palestra insieme a tutti gli altri miei compagni.

Arrivata in spogliatoio notai che Arianna era già pronta ma non indossava la solita tuta, ma bensì un top bianco che lasciava scoperto il ventre e dei pantaloncini neri corti al ginocchio.

Tutti gli sguardi delle ragazze erano su di lei, fissi ed esterrefatti, non si era mai conciata in quel modo per un'ora di ginnastica, non finchè mi aveva dichiarato guerra.

Quindi questa era la sua tattica?
Mostrare più pelle per fare colpo?
Usare il suo corpo perfetto e femminile davanti a lui?

Di quel passo io sarei stata fuori gioco, non avevo forme, nè curve, ero uno stecchino insignificante.

Consapevole di essere sotto l'esame di tutti, uscì dalla porta sorridente e a testa alta.
Vaffanculo.

«Ali, ma avete litigato?»
Mi chiese con un tono preoccupato Gaia avvicinandosi.

Litigato era troppo poco per spiegare cosa era successo.

«Si.»
Sbuffai e mi cambiai la maglietta, ebbi quasi l'istinto di andare a giocare in reggiseno, tanti non c'era nulla da ammirare.

«Mi dispiace, ma come mai?»
Domandò di nuovo, e la guardai.

Gaia aveva degli occhi ipnotici azzurri chiarissimi, incorniciati da capelli scuri con dei riflessi quasi blu, era stata sempre un po' strana, ma era simpatica anche se non ci parlavo molto.
Indossava una canotta bianca con la scritta degli AC/DC e dei leggins, immancabili le vans nere.

«Mmh, rivalità.»
Sputai, e mi pentii due secondi dopo.

«Per un ragazzo? Non pensavo fosse così..»
Si interruppe volgendo lo sguardo verso il soffitto, in cerca della parola giusta.

«Stronza?»
Suggerii, accennando un sorriso nervoso.

«Ecco, si.»
Sospirò, e si passò una mano fra i capelli.

Le altre ragazze uscirono senza guardarci, ma senza dubbio avevano ascoltato il nostro discorso e avrebbero avuto qualcosa su cui spettegolare in seguito.

Rimanemmo solo noi due, lei in piedi di fronte a me e io che volevo scappare da li.

«Comunque, credo di aver capito per quale ragazzo.»
Se ne uscì tranquilla e io quasi mi ingozzai con la saliva.

Ma era così evidente?
Non avevamo mai fatto nulla a scuola, davanti agli altri per lo meno.

«Non fare quella faccia sorpresa, lo hanno capito tutti.»
«Oh.»
Riuscii solo a dire, ero senza parole.
Ma erano tutti dei maghi?

«Quindi vi piace lo stesso gran pezzo di manzo.»
Sorrise e io risi nervosamente.
Ma come parla questa?

«E credo che lui ora stia tra due fuochi.»
Aggiunse e fermò la mia mano sulla maniglia della porta.

«Lui corre dietro a una sola di voi due, e quella sei tu.»
Concluse tranquilla e uscì.

Per poco non ebbi un infarto, il mio cuore era partito a battere fortissimo, sembrava volesse uscirmi dal petto.

Chiusi gli occhi e respirai lentamente.
Dovevo affrontare una guerra la fuori e io dovevo vincerla ad ogni costo.

Vuoi combattere Arianna?
Bene, accomodati.







SPAZIO AUTRICE
bene, ho cambiato idea ahahah
vi aspettavate questo colpo di scena?
e ora che farà quel povero Niccolò?
chi lo sa u.u
e ho cambiato anche titolo alla storia xD

domani ricomicio l'università ergo non so come finirà la mia vita qua su efp ahahah ç.ç
comunque, baci e abbracci

lots of love
xoxo

ah, ho fatto un nuovo banner, ma ho difficoltà a mettere uno sfondo comune bianco alle due immagini ç.ç
qualcuno riesce ad aiutarmi?
grazie!
bacio

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Capitolo 31
*** Strife ***







CAPITOLO TRENTA - STRIFE


 


 

Non un perché
al mio incessabile bisogno di te
mi sento così
come una scelta da non prendere
non so stare a guardare”


Perchè hai questo effetto su di me?
Nessuno è mai riuscito a togliermi il respiro come fai tu, a mandarmi in panna il cervello con un semplice sguardo.
E non so stare a guardare, no, combatterò con le unghie e con i denti, fanculo Arianna, si è sempre in due a combinare casini.


 

Amore inaccettabile
sei sempre inarrivabile
mi chiedo se sia giusto
averti ad un passo
senza averti mai
mi chiedo se sia giusto
averti addosso
senza averti mai “


 

Averti addosso e non averti mai.
Ti avrò perchè ti voglio.
Se lui non mi vorrà, bene, mi farò da parte, ma se non è così, è lei che dovrà scomparire.
Quando tutto questo finirà, non so se sarò in grado di perdonarla, di fare finta di niente.
Posso perdonare ma dimenticare, mai.

 

Con questi pensieri che mi giravano in testa, uscii coraggiosamente dalla porta dello spogliatoio, cercando di assumere un'aria normale, né imbarazzata, né infastidita, né sorpresa, una maschera di ferro sarebbe stata più utile a nascondere il mio turbamento.

 

Mi sembrava di essere il gladiatore che va davvero in guerra, lotta per la propria patria, per avere gloria, grida “scatenate l'inferno”, ma io avevo il fuoco dentro, e non voleva spegnersi.

Alzai lo sguardo e tutti gli occhi erano puntati su di lei, che era più nuda che vestita, e dovetti ammettere che stava bene, era perfetta, sicura di sé, dell'effetto che aveva sugli altri, soprattutto su di lui che la guardava attentamente.

Chiusi gli occhi e deglutii l'amaro in gola, mi dimenticavo che loro erano stati a letto insieme, ubriachi o no, l'avevano fatto, si erano visti, sfiorati, toccati, presi.

E io invece niente, non lo avevo visto, né l'avevo avuto in nessun modo, solo baci voraci e forti, al solo pensiero mi sentivo crollare.

Volevo baciarlo, sentire di nuovo la morbidezza delle sue labbra, il suo profumo, le sue mani che mi sfioravano..

«Bucci, vuole stare lì tutto il giorno? Datti una mossa e raggiungi i tuoi compagni.»
Cazzo, morite tutti.
Mi ero distratta, e ora tutti mi stavano guardando, tutti tranne lui.

Abassai lo sguardo sul pavimento e corsi timidamente verso gli altri, appoggiati al muretto della palestra.

«Allora, oggi giocheremo a calcio!»
E si udirono i soliti urletti scatenati dei ragazzi, salvo poi sbuffare sonoramente quando scoprirono che avrebbero dovuto avere in squadra anche le ragazze.

Maschi del cazzo.

Ovviamente finii in squadra con lui.
E lei no.
Uno a zero per me.

Iniziammo a giocare e io a guardare lui.
Ogni tanto mi lanciava occhiate distratte, sorrideva e poi si voltava.
Quando lo faceva mi sentivo mancare l'aria.

Arianna però mi faceva salire il crimine a mille.

Lo faceva apposta ad andargli addosso, a toccarlo ovunque, sul petto, sulle spalle, sulle braccia, sulla testa, a sfiorarlo quasi innocentemente, come se fosse qualcosa di casuale, di non voluto, di non progettato.

Uno a uno, pari.

Iniziai a correre, senza un senso logico visto che la palla stava andando nella direzione opposta, ma con un unico obiettivo.
E meno di tre secondi dopo mi ritrovai per terra, e la faccia stupita e furiosa di Arianna sotto.
Sorrisi malefica.
Avevo abbattuto il nemico, letteralmente.
Due a uno.

«Bucci e Villa, che state combinando!»
Non avevo mai sentito urlare così il prof, e prima che me ne accorgessi due braccia forti mi tirarono su.Riconobbi il tocco, delicato ma deciso, e sentii una stretta al fianco.

«Che cazzo volevi fare?»
La voce dura ma gli vidi spuntare un sorriso sghembo, mi mancava,

Scossi le spalle e guardai Ari che si rialzava e mi trucidava con lo sguardo.
Alzai un sopracciglio in segno di sfida e lei mi alzò il dito medio.
Simpatica la mia migliore amica.

«Che sta succedendo?»
Di nuovo, fui presa da un polso e girata verso di lui.

«In che senso?»
Chiesi, cercando di assumere un'espressione più innocente possibile.

Sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
«Non prendermi per il culo, la stavi per ammazzare!»

Esagerato, volevo solo spaccargli la testa.

«Lascia stare.»
Borbottai e feci per allontanarmi, ma lui mi riprese ancora.

«Perché si è conciata in quel modo?»
Chiese e io distolsi lo sguardo.
Che domanda del cazzo era?

«Vuole fare conquiste.»
Dissi distrattamente e lo sentii ridere.

«Immagino già su chi.»
Sospirò e si passò una mano tra i capelli, e mi persi a fissarlo inebetita.

«E ci è riuscita?»
Sputai fuori quando mi ripresi da quello stato comatoso.

«Ho in mente altro in questo momento, un groviglio da cui non riesco a uscire.»
Sorrise e si morse il labbro, non doveva fare quel gesto davanti a me, stavo andando in iperventilazione cazzo.

«Beh, allora liberati di quel groviglio.»

«Non posso, è troppo importante.»
Concluse e si avviò verso gli altri che stavano palleggiando tra di loro.

Mi guardai in giro e vidi Arianna e il prof parlare fitto fitto, e le occhiate che mi lanciavano non mi sembravano nulla di buono.

«Ha fatto un volo assurdo, così impara a mettersi in mezzo ai coglioni.»
Gaia mi stava tenendo per le spalle e sorrideva con una strana luce negli occhi.

«Credo che finirò in presidenza.»
Dissi amareggiata.

«Nah, basta che dici che le sei casualmente caduta addosso.»
Abbozzò un sorriso e mi strizzò l'occhio.

Era tutto così facile per lei, io vedevo ostacoli ovunque.

«Comunque non ti ha tolto gli occhi di dosso, neanche andare in giro mezza nuda gli farà cambiare idea.»
Rise e mi diede una pacca sulla spalla che mi fece vacillare.

Ma perché se ne esce con queste freddure?
Dovrebbe avvertirmi prima di spararne una, mi aggrapperei a qualcosa per non cadere a terra con il cuore impazzito. 


 

*****


 

E come avevo previsto, finii dritta in presidenza, con un biglietto di sola andata.
Forse dovevo prima pensare alle conseguenze che agire come una bambina impazzita.
O forse no, lui ne valeva la pena.

Ma io ero pazza forte, mettere in discussione la mia immacolata carriera scolastica per prendermi lui.
Mi serviva un intervento drastico con asporto di cervello e cuore.

«Allora, che è successo durante l'ora i educazione fisica?»
Chiese il preside, un uomo di mezza età preciso, attento e perfetto in ogni cosa, non tollerava atti di bullismo e violenza nella sua scuola.
Appunto, perfetto proprio.

«Sono solo scivolata, non l'ho fatto apposta.»
Risposi passandomi una mano tra i capelli e mordendomi il labbro nervosa.

«In realtà, mi è corsa addosso di proposito.»
Disse Arianna con tono deciso e sicuro, e storse la bocca in una smorfia.
Porca merda, io la ammazzo di nuovo.

«E per quale motivo signorina Bucci?»
Un'espressione seria in volto che mi fece contorcere lo stomaco.

Riflettei alla velocità della luce per trovare una risposta soddisfacente e plausibile, passai in rassegna il mio repertorio di scuse non trovando però nulla di senso compiuto.
Cristo, che ho fatto di male per meritarmi questo?
Se avessi detto la verità avrei fatto la figura della ragazzina egoista e viziata che non accetta le sconfitte.
Fanculo.

Deglutii a disagio e sparai fuori la prima cosa che mi attraversò la mente:
«Stavo seguendo la palla, non volevo ammazzare la mia compagna di classe.»
Era una scusa del cavolo ma sperai che fosse convincente almeno un minimo.
Scandii chiaramente e lentamente le ultime parole, lei non contava più nulla per me.

«Che cosa?»
Sbraitò lei con tono incredulo, per la scusa che mi ero inventata o più probabilmente per come l'avevo chiamata anonimamente.

Sbuffai e feci una smorfia seccata, ma zitta e buona lei mai eh?

Il preside iniziò a gesticolare in modo insensato e alzò gli occhi al cielo esasperato.
Ci fissò con aria seria e a braccia conserte mi puntò l'indice contro, se avesse avuto una pistola mi avrebbe fatto meno paura.

«Per questa volta passate, ma alla prossima Bucci si becca la sospensione, stia attenta. Ha capito bene? Non la voglio più rivedere nel mio ufficio.»
Tuonò e annuii con la testa.
Manco avessi dato fuoco alla scuola, cazzo.

Con un'occhiata truce ci sbattè fuori dalla porta, nel bel mezzo del corridoio.

Sentivo il fumo uscirmi dalle orecchie.
«Contenta adesso? Hai ottenuto ciò che volevi?»

Dissi tra i denti, cercando di non saltarle ancora addosso come un furia.
Lei mostrò un sorrisetto furbo e schioccò lo lingua.

«Non ancora, ma ci sono vicina, molto.»
Sottolineò le ultime parole quasi con fare minaccioso.

«Non ti arrendi mai eh?»
 
Ribattei guardandola fissa.

«Ora che sono a un passo da averlo proprio no.»
Concluse con un ghigno malefico e mi venne voglia di strozzarla.

Dovevo calmarmi, avevo troppi istinti omicidi, mi diedi uno schiaffo in testa giusto per sembrare ancora più fuori controllo.

«Sei una stronza, egocentrica del cazzo. Ti rendi conto che stiamo mandando a puttane anni di amicizia per un idiota?»
Un idiota bellissimo, attraente, affascinante, avvenente, sexy da paura..
Terra chiama Alice, ormoni a cuccia.
Cazzo.

In tutta risposta lei si mise a ridere, per fortuna non aveva notato la mia piccola gitarella su ormolandia.

«Ma ti senti quando parli? Sei ridicola, mi hai buttato a terra tu prima e indovina un po'? Mi stavi ammazzando per averlo tutto per te vero? Beh col cazzo, io non ci rinuncio, io ci muoio dietro da anni, non ce la faccio più, averlo una volta non mi é bastato e non mi basterà mai.»
E non basterebbe neanche a me.

«Senti, possiamo parlarne in modo razionale? Come due persone civili senza tirarci i capelli? Questa situazione è a dir poco assurda!»
Ribattei ovvia, sperando che lei mi desse ragione almeno questa volta.

«Hai iniziato tu, io non ho fatto un cazzo.»
Alzò le sopracciglia accusandomi.

«Oh andiamo, ti sei vestita da perfetta troia per correre dietro a una palla!»
Sputai acida, benvenuta volgarità.

«E allora? Io ho almeno qualcosa da mostrare.»
Affermò sicura, e io rimasi davanti a lei incredula, con gli occhi e la bocca spalancati, ci sarebbe potuto entrare un intero esercito di mosche.

Masticai un insulto poco casto e mi presi la testa fra le mani, esausta e sfinita da quei discorsi.
«Fottiti Arianna.»
Mormorai a denti stretti, prima che lei mi voltasse le spalle.
 

È solo lunedì e sono già distrutta, come farò a resistere ancora?
A non avere più un'amica con cui confidarmi? 
A sopportare lei che ci provi palesemente con lui senza ritegno?

In amore come in guerra tutto è lecito.

E mi inventerò qualcosa, non farò fare tutto a lei.
La seguirò, qualunque strada prenda.
A costo di fare figure di merda davanti al mondo.
Che guerra sia e ciao dignità femminile.


"Bellissimo, perderti per poi riaverti un attimo
e l'incoscienza che ci tiene ancora qui tra passione e lacrime,

Bellissimo scappiamo in fondo solo per rincorrerci,
innamorati e solo per arrenderci,
solo per difenderci."

 

 

****

 

 

 

Dopo quello successo con Arianna uscii da scuola, avevo bisogno di riflettere e soprattutto starmene da sola.
Andai al parco più vicino e iniziai a fissare il cielo limpido sopra di me.
Con tutto il casino che avevo in testa iniziai a vedere puntini neri ovunque. 
Assenza di zuccheri bene. 
Quand'è stata l'ultima volta che ho mangiato? 
E dormito?
Nico ormai occupava tutto il tempo la mia mente, facendomi dimenticare anche le cose più comuni.
Iniziai a sentire le palpebre pesanti e poi più niente.



«Alice!Alicee!» 
Vidi un ragazzo avvicinarsi a me in modo inquietante, l'unico colore che si distingueva in mezzo a tutto quel buio erano dei capelli biondi.
Iniziò ad avvicinarsi sempre di più ed io cominciai a spaventarmi. 
Chi poteva essere?
Un ladro, un maniaco, uno psicopatico?
Mi maledissi mentalmente per non aver dato retta a mia madre e non avere con me lo spray al peperoncino.
Cazzarola.
Okey, stiamo calmi, mira al punto debole e sarà subito a terra a contorcersi dal dolore.

Mi girai indietro per vedere solo il vuoto, il nulla, tutto è nero a parte una leggera luce che illuminava i movimenti dello sconosciuto.
«Dai Alice fai la brava e vieni. Sono stanco di giocare ho bisogno di qualcosa di più.»
Quella voce mi ricordava qualcuno. 
Ma chi?
«Io.. Io.. Non so di cosa parli.»
La mia voce uscì soffocata e irriconoscibile perfino alle mie orecchie. 
«Oh andiamo, come non lo sai. Eppure eri tu che mi volevi. Mi hai sempre voluto. Ora ti tiri indietro?»
Schioccò la lingua e sorrise divertito.
«Cosa vuoi da me?»
Urlai, in preda al panico più totale.
Ma che diamine stava dicendo?! 

Mi arrivò di fronte e vidi che, quello che avevo scambiato per capelli biondi, in realtà erano castano scuro e due smeraldi mi fissavano intensamente. 

«Chris?!» 
Dissi incredula, con gli occhi e la bocca spalancati.
Perchè mi aspettavo che fosse un'altra persona?
Questo era di sicuro un sogno, non poteva essere vero.

Lui scoppiò a ridere e ribattè:
«Com'è che sei così sorpresa?»
«Che ci fai qui?»
Non rispose, si limitò a fissarmi. 
Poi.. 

«Svegliati Idiota!»

Spalancai gli occhi e mi ritrovai davanti un ragazzo in piedi di fronte a me. 
Mi guardava in modo strano e confuso, ma con un sorriso divertito sulle labbra.
«Cosa dovrei volere da te?»
Disse in tono derisorio cercando di non scoppiarmi a ridere in faccia. Senza successo aggiungerei.
«Cosa?» 
Chiesi confusa, che cazzo voleva da me?
Poi, d'impatto, ricordai il sogno. 
Lui, io e.. e poi, nulla, non era successo nulla.
Ma lui voleva chiaramente..

 

 

 

«Hai parlato nel sonno e poi hai detto il mio nome, so che mi vuoi ma sognarmi non è un po' esagerato?»
Bene, Fantastico. 
Mi mancava solo questo montato a rompermi le scatole.
«Bhè ti sbagli»
Ma la mia voce uscì tutto tranne che convinta e tranquilla.
E se ne accorse
«Se lo dici tu.» 
Continuò e scrollò le spalle indifferente.
«Perchè sei qui? I tuoi hanno capito che figlia rompi scatole sei e ti hanno cacciato di casa?»

Storsi la bocca in una smorfia seccata.
«Ahah divertente e poi non stavo dormendo. C'è troppo sole e mi ha fatto male agli occhi. Così li ho tenuti chiusi.»
Dissi soddisfatta della mia scusa. 

Lo vidi alzare gli occhi al cielo e poi guardarmi con un sopracciglio alzato. 
Merda era sera, ma quanto avevo dormito?!
«Certo e questo sole sono sicuro che ti ha fuso letteralmente il cervello Bucci.»
Non risposi alla sua provocazione del cavolo.
Mi rodeva dover ammettere che avesse ragione.
«Alzati.»
Disse con aria seria e dura.
«Che cosa?»
Dissi acida e scossi la testa.
«Sono le 20 passate, non ti lascio qui da sola. Quindi alza il culo così ti accompagno a casa.»
Sollecitò impaziente.
«Conosco la strada, non ho bisogno di te.»
Proclamai sicura, incrociando le braccia al petto.

«Cazzo quanto sei testarda, ma che ci trova lui in te.»
Sbuffò infastidito e pronunciò l'ultima parte sussurrando, non servivano nomi, sapevo di chi stava parlando.
 
Prima che potessi aprire bocca per rispondergli aggiunse: 
«Senti, è tardi, siamo in un parco pubblico dove tutti potrebbero stuprarti, rapirti o fare non so cosa. Non voglio averti sulla coscienza quindi alzati e andiamo che sono in ritardo già di mio.» 
La pazienza non era il suo forte, per niente.

Mi alzai e iniziai a seguirlo di malavoglia fuori dal parco in direzione di casa mia.
«Abito a..»
Iniziai ma lui mi interruppe con un segno della mano.
«Lo so.»
«Come?»
Domandai stranita e spiazzata.
«Fatti miei.»
Disse freddo, passandosi una mano fra i capelli.
«Non è che sei uno stalker?»
Chiesi allarmata e gli puntai un dito contro con fare minaccioso.
Beh, più o meno, era buio e sicuramente non poteva distinguere la mia espressione spaventata.

«Cosa?!» 
Urlò in risposta alzando le sopracciglia indisponente.
«Senza offesa Bucci ma ho di meglio da fare che seguire te.» 
«Era solo per sapere rilassati.»
Mamma mia, che caratteraccio, come faceva  Nico a sopportarlo.
Mi fulminò con lo sguardo ma non disse nulla.

Per un po' restammo in silenzio e quando scorsi casa mia tirai un sospiro di sollievo, misto a paura. 
Non perchè Chris era con me e se ne stava zitto, ma perchè ero sparita e per giunta avevo trovato il telefono morto. 
I miei mi avrebbero uccisa come minimo.

«Sono arrivata, grazie per avermi accompagnata.»
Dissi sbrigativa appena fui davanti alla porta d'ingresso.
Alla fine era stato gentile ad accompagnarmi, dovevo ametterlo.
E senza di lui ora sarei ancora su quella panchina del parco.

Stavo per girarmi ma la sua voce mi bloccò. 

«Per caso tu e Arrianna avete litigato?»
Certo, era troppo chiedere di non sentirla nominare almeno per qualche ora.
La mattinata era stata un inferno, vedere come ci provava palesemente con Nico e non mollava la preda.

Sbuffai e mi passai una mano tra i capelli a disagio. 
Deve aver interpretato male il gesto perchè aggiunse subito: 
«Scusa non è per farmi i fatti vostri ma è strano vedervi uccidere con lo sguardo. Per non parlare del fatto che tu l'hai quasi fatto anche fisicamente.»
Lo disse con tono divertito e scosse la testa incredulo.

Se me lo avessero detto qualche settimana fa, probabilmente sarei scoppiata ridere di fronte a questa affermazione.
Non avrei mai pensato di giungere a tanto, di litigare con la mia migliore amica, di perdere una persona così fondamentale e indispensabile per me.

«Si abbiamo litigato. Storia lunga.»
Risposi risoluta, non avevo voglia di parlarne ancora e di farmi male.

«Naaah non credo. Solo una parola serve a descrivere tutto: rivalità. E per essere ancora più preciso, Niccolò è la chiave.» 
Lo disse con una serietà che non gli avevo mai visto usare, e sembrava così sicuro, come se fosse entrato nella mia mente e avesse letto ciò che mi turbava.
«Ma tanto è una battaglia persa in partenza. Si sa già chi vuole.»
Aggiunse  fissandomi serio.
Rimasi in silenzio non sapendo casa dire, restai a guardarlo scossa dalle sue parole.
Perchè tutti sembravano aver capito e io ero l'unica a farmi paranoie assurde?

«Devo accompagnarti in camera o posso lasciarti qui?»
Riaquistò in poco tempo la sua aria da spavaldo, come se non fosse successo nulla solo pochi secondi prima.
Alzai gli occhi al cielo divertita.
«Puoi stare tranquillo, non mi perderò.»
«Perfetto allora ci si vede domani. Attenta a non sognarmi Bucci.»
Commentò sarcastico e si allontanò nella notte.

 

ANGOLO AUTRICE
eccomi qui, di nuovo tra voi.
scusate l'attesa ma ero proprio bloccata, spero che questo capitolo vi piaccia!
non amazzatemi vi prego ahaha
vi ricordo che i consigli sono sempre ben accetti u.u
qua piove e si gela, addio sole ç.ç

vi ricordo l'altra mia storia in corso:


Solo una promessa? 

 

lots of love
xoxo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 32
*** Heart attack ***







CAPITOLO TRENTUNO - HEART ATTACK




NICCOLÒ

Ero seduto al bar ad aspettare Chris già da più di mezz'ora e quel cretino era in ritardo come al solito.

Sbuffai per l'ennesima volta e buttai giù in un sorso lo spritz che avevo ordinato.

Sospirai sollevato quando lo vidi varcar la soglia del locale, alla buon ora, pensavo di trasferirmi li cazzo.

«Ma dove ti eri cacciato?»

Gli domandai infastidito per l'attesa mentre si sedeva al mio fianco.

«A salvare una principessa smarrita.»

Disse tranquillo ordinando una pepsi.

«Una che?»

Chiesi stranito alzando un sopracciglio.

Ma che si era fumato nel tragitto?

Doveva decisamente cambiare pusher.

Sospirò e si passò una mano tra i capelli, e io continuavo a guardarlo attendendo una risposta.

«La Bucci.»

Disse annoiato e io mi paralizzai.

Alice?

Che cazzo le era successo?

Era stata male? Stava bene?

Dio, ma che discorsi da romantico cronico stavo facendo?

Dovevo ripigliarmi al più presto.

«Che cazzo ha combinato?»

Dissi in tono falsamente menefreghista.

In realtà morivo dalla voglia di sapere tutto, ero peggio di quelle vecchiette pettegole insopportabili.

«Mah, niente, si era solo addormentata su una panchina al parco, se non l'avessi vista io sarebbe ancora là.»

Alzò gli occhi al cielo divertito e proseguì:

«Certo che una più strana non potevi cercartela.»

E ridacchiò di nuovo.

Ma che cazzo rideva poi, l'avrei preso per il culo io quando si sarebbe preso una fissa per qualcuna.

Che pensieri sdolcinati sto facendo stasera?

Ho pensato davvero ad Alice come una fissazione?

Si, cazzo, e credo non ci sia cosa più vera.

Vederla abbracciata a quel demente mi aveva fatto salire il sangue al cervello, ma ora era stato messo fuori gioco.

Pensavo a lei nei momenti più strani e imbarazzanti, senza quasi rendermene pienamente conto, e non ci poteva far niente.

Non riuscivo a togliermela dalla testa, non riuscivo a fare un cazzo senza che lei mi attraversasse la mente.

Vederla era la cosa più bella della giornata.

Se non ci fosse sempre Arianna tra i coglioni sarebbe perfetto.

Lei mi dava altamente sui nervi, non si era regolata e la scenetta di stamattina ne era la prova evidente.

Si era vestita, anzi svestita per fare colpo su di me, peccato che a me non facesse nè caldo nè freddo.

Certo, ero pur sempre un ragazzo e avevo guardato, soffermandomi anche a lungo sulla scollatura, ma niente di che.

Come quando trovi il tuo piatto preferito e vuoi solo quello, non ne vuoi sapere degli altri.

Stessa cosa per Alice, Arianna non era lei e mi piaceva troppo.

«Cazzo, ma mi stai ascoltando?»

Chris schiocchiò la lingua e sbuffò.

«Mh?»

Mi ero perso nelle mie seghe mentali davanti al mio amico, l'ideale proprio.

«Stavo dicendo, quelle due hanno litigato e stanno litigando per te.»

Si incupì e poggiò le mani a pugno sul tavolo.

«Sei geloso?»

Chiesi sarcastico alzando un sopracciglio.

«Di non essere conteso tra due ragazze?»

Scosse la testa e alzò le braccia. «Non sia mai, non voglio diventare un pazzo.»

Feci spallucce e addentai una patatina dell'aperitivo che avevo ordinato.

«Comunque dovresti prendere la situazione in mano tu.»

Affermò serio che quasi gli scoppiai a ridere in faccia.

«E perdermi tutto il divertimento?»

Storsi la bocca in un sorrisetto furbo.

«Non fare il cretino, si stanno ammazzando per te. Erano amiche cazzo, guardale ora, sembrano due tigri pronte a sbranarsi alla prima occasione.»

Mormorò con tono incredulo, quasi non ci credesse neanche lui.

«Mi stai dicendo che dovrei fare da paciere?»

Chiesi poco convinto.

Sinceramente, avevo quasi paura a mettermi tra loro due.

«Ti sto dicendo di mettere fine a questa guerra, prenditi chi vuoi e basta.

L'altra se ne farà una ragione e tra qualche anno ne rideranno su, forse.»

«Da quando sei diventato così saggio?»

Chiesi sfrontato.

«Da quando hai perso la testa per quella, uno dei due deve essere ragionevole.»

Disse dandosi un tono altezzoso.

«Ma finiscila, un giorno ti sentirai rincoglionito come me.»

Azzardai, pentendomi un secondo dopo di quello che mi ero lasciato scappare.

«Quindi lo stai ammettendo!»

Quasi si illuminò e mi puntò il dito contro.

«Che cazzo ti urli coglione.»

Sussurrai irritato.

Mi dava fastidio la gente che si girava e ficcava il naso negli affari altrui, i cazzi loro mai?

«Non fare il permaloso, dillo che ti piace, che non fai che pensare a lei, che è la tua vita, che non puoi vivere senza di lei..»

Mi stava venendo il vomito, seriamente.

Quelle erano stronzate da ragazzini arrapati cazzo.

Non mi sarei abbassato ai loro livelli per sentirmi ridicolo io stesso.

«Dacci un taglio bro.»

Sbraitai seccato.

«Non uscirà niente del genere dalla mia bocca, non sono il tipo.»

«E allora che tipo sei?»

Chiese con una sorrisetto furbo da volpe. Che idiota.

«Non sono nessuno, ero quello che scopava con tutte per divertirsi e niente di più, senza sentimento e senza impegno, punto.»

«Eri?»

Disse con un tono quasi di speranza.

«Cosa?»

Lo guardai confuso, che avevo detto?

«Hai detto che eri quello che scopava con tutte, ora non sei più così?»

Ma perché sembra assomigliare sempre di più a un incontro con lo psicologo?

Sbuffai e annuii.

Non avevo il coraggio di dire ad alta voce che non avevo più toccato nessuna dopo di lei. Non mi era costato neanche tutta quella fatica, semplicemente non ne avevo più voglia. Volevo lei e non una qualunque.

«Stai dicendo che non scopi da..da quanto? Almeno due settimane ci stanno.»

Sorrisi per la sua espressione buffa, era sconvolto anche lui.

«Non ci credo.»

Sentenziò convinto incrociando le braccia al petto.

«Fai come cazzo ti pare.»

Ribattei esausto.

Quella seduta dallo psicanalista mi aveva sfinito.

«Vado a pagare e ce ne andiamo.»

Dissi deciso e mi alzai per dirigermi al bancone.

La ragazza alla cassa continuò a guardarmi di sottecchi mentre mi faceva il conto, ma feci finta di non notarlo.

Quando mi porse lo scontrino ci infilò anche un biglietto con il suo numero di telefono sopra.

Decisamente squallido, anche per me.

Sorrisi indifferente e buttai il pezzetto di carta per strada.

«Ehi, che cos'era?»

Chiese Chris curioso mentre mi accendevo una sigaretta.

«Il numero della ragazza alla cassa.»

Risposi annoiato.

«È carina? Potevi darlo a me!»

Disse mettendo il broncio, ma sapevo che non stava dicendo sul serio.

«C'è di meglio sulla piazza.»

Buttai fuori il fumo e pensai a lei.

«Non lo nego.»

Ribatté lui alzando le braccia in segno di assenso.

E non so perché, qualcosa mi disse che anche lui aveva in mente una persona.





ARIANNA

“Con gli occhi da matti graffi sulle nocche Io non sono meglio ho già fatto a botte Ho lasciato il mio segno fuori dalla tana questo è il mio regno

Lei mi può nominare ma non mi può domare difendo il trono reale Prendo pure lui non mi faccio dominare almeno che non sono io a farglielo fare”

Era martedì e tutto procedeva nei migliori dei modi.

Ero sempre nello stesso banco di fianco ad Alice, che ogni tanto mi lanciava occhiate cariche di odio, ma facevo finta di non vederla.

Non mi importava cosa pensava lei, io avrei proseguito per la mia strada. Non mi sarei arresa.

Non volevo rinunciare a lui, non dopo quello che era successo tra noi.

Non poteva far finta di niente, che non mi importasse nulla.

Io volevo farlo ancora, sentire le sue mani su di me, avere il suo profumo addosso, il suo corpo sul mio, i suoi sospiri, i suoi ansiti..

Mi stavo perdendo in ricordi dolorosi e stavo per perdere l'occasione di mettere in atto ciò che mi ero prefissata.

Era suonata da poco la campana dell'intervallo e in classe non c'era nessuno, un punto a mio favore.

Mi avvicinai alla mia sedia e iniziai a frugare nello zaino di Alice: era così stupida che lasciava il telefono incustodito.

Per mia fortuna quel giorno non fece eccezione.

Maneggiai per trovare ciò che mi interessava e mandai un messaggio:

“Devo parlarti, è urgente. Alle 3 al castello.”

Rilessi ciò che avevo scritto con un sorriso malefico stampato in faccia e inviai.

Dopo aver avuto la conferma della consegna lo cancellai.

Conoscendolo non avrebbe risposto ma si sarebbe riempito la testa di punti interrogativi.

Misi tutto a posto come lo avevo trovato e uscii dall'aula soddisfatta.

È divertente essere stronzi.

Il giorno prima mi ero data alla pazza gioia da ti a tutti, ridendo dentro di me degli sguardi e delle espressioni sorprese che tutti avevano in faccia.

Presentarmi alla lezione di ginnastica con una tuta striminzita aveva avuto l'effetto sperato, infatti Nico mi aveva guardata abbastanza a lungo da ritenermi soddisfatta.

Mi ero pure impegnata ad andargli a sbattere addosso quasi di proposito mentre stavamo giocando, un po' per mio vantaggio personale un po' per far capire ad Alice chi comandava.

Non avevo messo in conto la sua reazione, abbastanza violenta di buttarmi a terra come un sacco, ma per fortuna non mi ero rotta niente.

La parte più difficile era uscire illesi dal preside, ma io ero innocente, era lei che mi era arrivata addosso con l'intento di mettermi fuori gioco.

Mi ero scaldata quando mi aveva chiamata anonimamente come sua compagna di classe, ma come darle torto, ero diventata da migliore amica a peggiore nemica in cinque minuti.

E poi mi veniva a dire di fare la persona razionale, a me.

Dopo aver fatto tutto quel casino voleva che mi ritirassi, che facessi un passo indietro.

Col cavolo, se lo poteva scordare.

Avevo il mio obiettivo e volevo raggiungerlo, ad ogni costo e pericolo.

E non potevo certo tirarmi indietro perché lei non voleva combattere.

In quel caso avrei vinto io.

Le lezioni stavano per ricominciare così mi risedetti al mio posto annoiata e desiderosa più che mai dell'arrivo del pomeriggio.

Vidi entrare Nico con il telefono in mano e un'espressione sorpresa in volto.

Non sapeva cosa gli aspettava quel giorno.

Con nonchalance gli andai vicino e mi sporsi verso di lui.

«Mi presteresti il tuo telefono? Devo mandare un messaggio e non ho più soldi.»

Dissi in tono civettuolo cercando di essere più convincente possibile.

«Che?Scordatelo!»

E mi guardò truce attraverso quei due occhi azzurri.

«Dai, solo per cinque minuti.»

Feci la faccia da cucciolo abbandonato e lui sbuffò.

«Non puoi chiederlo alla tua amica?»

Disse seccato guardandomi negli occhi.

«Abbiamo litigato e Muoviti a darmi il telefono prima che arrivi il prof!»

Mi affrettai a dire decisa.

«Che palle.»

Sospirò e mi passò il suo palmare.

Gli sorrisi compiaciuta e mi allontanai quel tanto che bastava per non farmi vedere.

Andai sulla conversazione con Alice e scrissi velocemente:

“Ho bisogno di parlarti, vediamoci oggi alle 3 al castello. Non accetto un no come risposta. Ci incontriamo là.”

Inviai il messaggio e ne scrissi un altro a un mio vecchio numero per reggermi il gioco.

Cancellai quello mandato alla mia nemica e gli riposo il cellulare nella tasca davanti dei jeans, facendolo sobbalzare sulla sedia sorpreso.

«Grazie.»

Dissi e gli lasciai un bacio sulla guancia.

Tornai al mio posto e proprio in quel momento entrò il professore di matematica, che iniziò a spiegare a manetta non so quale argomento perché con la testa ero già alla mia vittoria.

****

Il castello era uno dei punti di ritrovo più frequentato da tutti i ragazzi, immerso nel verde e nella natura, e quel giorno non faceva eccezione, nonostante fossimo già a novembre.

C'era sempre qualcuno che ci faceva un salto, per rilassarsi o per portare fuori il cane, ogni scusa era buona.

Ero arrivata da poco e stavo calpestando l'erba sotto le scarpe nervosamente. Non vedevo l'ora che lui arrivasse.

Avevo aspettato quel momento tutta la mattina, da quando avevo mandato i messaggi.

Chissà come avrebbe reagito.

E Alice sarebbe sopravvissuta?

Non mi importava di lei, io volevo solo lui.

Come se mi avesse letto nel pensiero vidi un ragazzo seduto su una panchina di pietra, teneva tra le mani il telefono e si guardava attorno circospetto.

Aveva un ciuffo di capelli neri che gli ricadeva sulla fronte, sfuggendo dalla cuffia grigia e le guance arrossate dal freddo

Come faceva ad essere così bello in ogni occasione?

Senza un capello fuori posto, sempre perfetto.

Mi avvicinai da dietro e gli misi le mani sulle spalle come per massaggiarlo.

Lo sentii sospirare e rilassarsi, prima di parlare.

«Era ora che arrivassi, sto morendo di freddo.»

Disse in tono divertito.

Sorrisi e avrei voluto davvero che fosse felice di vedermi.

Peccato che lui si aspettasse Alice e non me.

Dettagli irrilevanti.

Accennai una risatina nervosa e iniziai ad accarezzargli le braccia attraverso il giubbotto.

All'improvviso mi prese per un polso e mi portò davanti a sè.

La sua espressione cambiò radicalmente e passo a un'espressione irritata e incredula.

«Che cazzo fai tu qui?»

Mi aggredì e si alzò da dove era seduto.

«Quello che ci fai tu.»

Affermai sicura alzando un sopracciglio.

«Non sono qua per te.»

Disse deciso e duro, che mi provocò un calcio nello stomaco. Ma non ci badai.

«Ma io si.»

Sussurrai avvicinandomi a lui.

«Che cazzo vuoi dire? Hai organizzato tu questa scenetta patetica?»

Sbraitò infastidito cercando di prendere le distanze.

Sorrisi beffarda e gli misi le mani sul petto.

«Stai calmo.»

«Calmo un corno, arriverà anche Alice vero?»

Chiese frustrato guardandosi in giro.

«No, non arriverà. Mi serviva solo una scusa per uscire con te.»

Mentii e lui smise di dimenarsi.

«Dinne una migliore.» Sbuffò alzando gli occhi al cielo.

«Ma è la verità.» E mi aggrappai alle sue spalle forti, per essere più a contatto col suo corpo.

«Smettila di recitare.» E mi tolse le braccia che erano quasi finire intorno al suo collo.

Non mi aveva ancora lasciato le mani, forse per assicurarsi che non lo toccassi più, ma non aveva fatto bene i calcoli.

Sorrisi strafottente e portai le sue mani all'altezza del mio seno.

«Ma che cazzo stai facendo!.»

Disse quasi imprecando e cercando di staccarsi da me.

Ridacchiai e lo fissai negli occhi.

«Perché non lo vuoi ammettere?»

«Ammettere cosa?»

Domandò seccato fissandomi.

«Che mi vuoi, ancora. Il tuo corpo me lo sta dicendo, cerchi di starmi lontano ma non riesci a resistermi.»

Mormorai a un soffio dal suo viso.

«Cosa? Non dire stronzate!»

E si divincolò inutilmente.

«Non ci credo.»

Dissi ancora più vicina a lui, ancora più vicina a toccare le sue labbra.

«Credici cazzo.»

«Non vuoi neanche fare una prova?»

Dissi furba muovendo le mie mani in circolo sopra le sue sul mio petto.

Lo sentii sospirare e deglutì rumorosamente.

«Arianna, smettila di giocare.»

Ansimò con voce quasi roca.

«Ma io non sto giocando.»

E feci scendere le sue mani dal seno ai fianchi, per poi arrivare fino al fondoschiena.

Strinse gli occhi e socchiuse la bocca.

«Arianna, davvero, io non..»

Lo interruppi prima che potesse continuare.

«Non dire niente.»

E feci sfiorare le nostre labbra, approfittando del fatto che lui avesse gli occhi chiusi.

Mi mancava da morire il suo sapore.

Lo sentii stringere di più la presa sul mio corpo e sorrisi sulla sua bocca.

«Lasciati andare.»

Sussurrai e cercai di approfondire il bacio.

Lui non si staccò e seguì il mio consiglio.

Si rilassò e prese in mano la situazione.

Mi baciò come se fosse affamato, come se non baciasse da giorni, come se non aspettasse altro.

E io ero la risposta alla sua astinenza.





ALICE

Quando avevo letto il suo messaggio non ci volevo credere, non era una cosa possibile che lui mi avesse quasi costretto ad uscire con lui.

Per cosa poi?

Per umiliarmi?

Per dirmi che voleva me e non Arianna?

O il contrario?

Lo avrei scoperto presto.

Ma stavo già tremando.

 

La mattinata era trascorsa come sempre, a parte il siparietto con la mia compagna di banco che non mi aveva rivolto né una parola né uno sguardo.

Avevo quasi sperato che si scusasse, che si fossee pentita, ma niente.

Tutto rimaneva in bilico, pericolosamente.

E io avevo fatto finta di niente, che non mi importasse minimamente, che non ne stavo soffrendo.

Ero quasi una maga a nascondere i miei sentimenti dietro una maschera, dietro al muro, sotto a una corazza.

Lore era ritornato a scuola, mi aveva guardato, alternando lo sguardo da me a Nico e aveva scosso la testa.

Che ci potevo fare se avevo perso la testa per la persona che avevo odiato di più al mondo?

Nulla, non potevo cambiare le cose, non potevo erdinare a me stessa di smettere.

Non potevo e non volevo.

Il mio cuore avrebbe continuato a uscirmi dal petto ogni volta che lo avrei visto.

 

Il castello era grande, enorme e non avevo idea di dove cecarlo, in più stavo trasformando in un pinguino.

Non potevamo incontrarci in un posto chiuso e al caldo?

Doveva sempre farmi soffrire in qualche modo?

 

Frugai nella borsa per recuperare il telefono, non avevo intenzione di congelare lì fuori per lui.

Avrei fatto di tutto ma quello superava ogni limite.

 

Lo trovai e stavo per chiamarlo quando alzai gli occhi e mi mancò il respiro.

Non potevo crederci.

Non poteva essere vero.

Non..e basta.

 

Deglutii e strinsi gli occhi per accertare che non fosse un sogno, che stesse accadendo tutto davanti a me.

 

Così troppo reale.

Così troppo stretti l'uno all'altro.

Così uniti.

Così affamati.

Così..

 

Lasciai cadere a terra il telefono in un momento di shock paralitico.

Mi sarei messa ad urlare ma mi sentivo la gola secca.

Non riuscivo a parlare, a respirare, a muovermi.

Ero pietrificata.

Da cosa?

Dal dolore, dall'amarezza, dal disgusto, da tutto quello in cui avevo creduto come una stupida.

Come una bambina credulona.

E inverce tutto era stato spezzato, il mio cuore, le mie ossa, i miei polmoni, davanti ai miei occhi.

 

Però si erano fermati, si erano girati e mi avevano vista.

Arianna con la sua faccia da stronza soddisfatta perchè aveva avuto ciò che voleva, ciò per cui aveva combattutto.

Ora era suo.

 

 

Lui aveva una faccia sorpresa, sconvolta, continuava a cambiare espressione e sembrasse non capire.

Cosa c'era poi da capire?

Lui aveva fatto la sua scelta, aveva preso lei, aveva baciato lei.

Non me.

Non aveva baciato me.

Non mi aveva stretta in quel modo così possessivo, così famelico, così bramoso.

 

E continuava a fissarmi come se fosse ipnotizzato, come lo ero io.

 

Poi, ad un tratto, si staccò da lei così velocemente che quasi Arianna perse l'equilibrio e si riaggrappò a lui per non cadere.

 

Non potevo andare avanti a guardare.

A soffrire.

A far finta che andasse tutto bene.

 

Gli occhi iniziarono a pungermi, a bruciarmi, si stavano riempiendo di lacrime che provai a non far uscire.

Ma inutilmente.

Rigarono il mio viso, lentamente, con cura, sotto il suo sguardo.

 

Dovevo scappare, corerere, andare via da lì.

Ma le mie gambe stavano ferme, erano bloccate a terra.

Chiusi gli occhi e cercai di calmarmi per non strozzare entrambi.

Lore aveva ragione, Nico era uno stronzo e io non ci avevo creduto.

Pensavo che fosse cambiato.

Penavo che con me fosse diverso.

Pensavo che avremmo potuto costrire qualcosa.

Pensavo tante stronzate che non si sarebbero mai realizzate.

 

Eppure ero sicura, Gaia aveva detto che lui voleva me e Chris l'aveva confermato.

Cosa era andato storto?

Ci avevo creduto troppo?

Forse.

Decisamente si.

Raccolsi il telefono da terra e mi girai.

Quella scena era ancora incisa nei miei occhi, e volevo distruggerla.

Feci qualche passo e mi bloccai.

Una presa forte si era serrata intorno al mio polso e non voleva lasciarmi.

Mi girai di scatto nervosa e mi ritrovai a poca distanza da lui.

Così poco da poterlo baciare. Ma non l'avrei mai fatto, non dopo quello che era successo. Voleva parlare, lo vedevo, ma non lo feci neanche iniziare.

Alzai l'altro braccio e con tutta la forza e la rabbia che avevo dentro gli diedi uno schiaffo. Uno di quelli che non di scordano.

Uno di quelli così forti da farti girare la testa.

Uno di quelli così carichi di dolore da farti tremare tutto.

«Sei uno stronzo e io una stupida. Mi fai schifo.»

Ringhiai e lo lasciai con una mano sulla parte dolorante del viso con una faccia incredula e nello stesso tempo seria.

 





NICCOLÒ

Vedermela li da ti in quello stato mi fece barcollare.

Il suo sguardo, le parole pronunciate così duramente furono un colpo. S

apevo di essere uno stronzo coi fiocchi ma speravo di riuscire a fermarmi.

Invece no, ero caduto più in basso di sempre.

Che testa di cazzo.

Volevo seguirla, volevo asciugare le sue lacrime, volevo abbracciarla, volevo baciarla, volevo lei e basta.

Nessun'altra mi sarebbe bastata.

Ma io sono un coglione, non la merito e non la meriterò mai.

Una mano mi stringeva il braccio e chiusi gli occhi, cercando di sbollire la rabbia.

«Staccati da me.»

Ringhiai così duramente che non riconobbi neanche la mia voce.

«Lasciala andare, noi due ci bastiamo.»

Disse con tono quasi sensuale.

Ma che cazzo, non l'ha vista mentre scappava?

Non ha visto il dolore nei suoi occhi?

Che cazzo, aveva i veli sugli occhi?

Mi girai verso di lei, che quasi sorrideva per aver conquistato il trofeo.

«Non sai che cazzo stai dicendo.»

Dissi serio fissandola negli occhi.

«Stiamo bene io e te insieme, è questo che conta.»

Affermò con tono sicuro.

Ma perché continuava a parlare per i cazzi suoi?

Adesso la butto a terra.

«Finiscila di dire stronzate.»

Sbottai seccato sbuffando.

«Non sono stronzate, è la verità. Noi due siamo uguali, ci completiamo, per questo stiamo bene insieme.»

Affermò decisa e sicura.

«Ma ti senti? Non voglio stare con te!»

Urlai quasi, in preda a tremila sentimenti contrastanti: rabbia, dolore, sofferenza e la voglia di buttare giù un muro.

«Hai perso la memoria per caso? Siamo andati a letto insieme e mi ha baciato fino a pochi secondi fa!»

Mi guardava fissa, con la bocca spalancata in una smorfia.

«Cazzo, si che mi ricordo! Ma non vuol dire un bel niente!»

Ero esasperato da quella situazione, volevo mandarla a fanculo e correre da Alice.

«Si invece, vuol dire tutto!»

Si impuntò, stringendo le mani a pugno lungo i fianchi.

«Non significhi nulla per me, non sei nessuno, Dio, non mi interessa una cazzo di te, va bene?»

Crudele, ma era necessario.

Non volevo illuderla ancora.

Non quando le avrei tirato un pugno in faccia molto volentieri.

Cazzo, dovevo calmarmi.

Espira, Inspira.

«Che cosa?»

Disse con un filo di voce, incredula.

Stava diventando sempre più pallida.

«Non dirmi che credevi che io provassi qualcosa per te! Sei una stupida se lo hai creduto fino ad ora.»

Dissi adirato più che mai e aggiunsi.

«Sei una bambina se hai messo su questo casino per litigare con Alice, lei è troppo per essere tua amica. E per essere mia.»

Mormorai a denti stretti.

«Come hai potuto?»

Disse quasi sussurrando.

«Hai fatto tutto da sola, hai rovinato tutto, hai perso quello che avevi.»

Sospirai amareggiato perché la capivo.

Io avevo appena perso per sempre l'unica persona che mi era piaciuta veramente.

Che aveva abbattuto la mia corazza da duro.

Che mi aveva fatto battere il cuore.

Troppo sdolcinatezza, ma era la verità.

Cosa avrei fatto ora?

Lei mi odierà più di prima e non posso darle torto.

Sono un coglione, me lo merito.

«E poi tu giochi sporco, non ti avrei mai baciata se non mi avessi distratto.»

Imprecai fra i denti, dando la colpa a lei.

Ma era anche colpa mia, mi ero lasciato trascinare, immaginando che ci fosse un'alta davanti a me.

La testa impazzisce quando si è innamorati, ti fa vedere cose che desideri tremendamente.

«Mi hai usato come io ho usato te. Fine della storia.»

Mi passai una mano sul volto respirando forte.

«Non puoi lasciarmi così.»

Disse con tono implorante.

«Si che posso, non abbiamo niente di cui parlare, niente da condividere, niente da fare insieme. Quindi lasciami stare e guarda altrove.»

Dissi sospirando.

«Dimenticati di me, io non ti voglio nè ora nè mai, fattene una ragione.»

Aggiunsi serio.

«Neanche lei ora ti vorrà più.»

Disse e mi colpì in pieno petto.

Adesso la butto sotto a un camion, almeno chiude quella cazzo di bocca.

Strinsi i pugni e soffiai:

«Vedremo.»

Ma non ci credevo neppure io.

Non mi avrebbe più guardato, parlato, toccato, baciato.

Al solo pensiero mi si gelava tutto il corpo.

Non potevo fare a meno di lei, non ora che non riuscivo a pensare ad altro.

Non ora che mi ero accorto di amarla senza controllo.









ANGOLO AUTRICE
eccomi qua sono viva ahah
ho cercato di fare un capitolo più lungo anche perchè non aggiorno più tanto spesso, spero vi piaccia!
adesso cosa succederà, Alice perdonerà quel cretino patentato? u.u
ah, il canguro è tornato alla riscossa ahahah
baci e abbracci

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Capitolo 33
*** Let me go ***







CAPITOLO TRENTADUE - LET ME GO

 


NICCOLÒ

«Tu cosa?» Mi urlò addosso Chris per la centesima volta con occhi e bocca spalancati, doveva darsi una calmata o gli sarebbe venuto un colpo.

Sbuffai di nuovo e risposi: «Quello che ho detto, non farla troppo lunga.»

«E me lo dici pure? Ti pare poco? Hai fatto la più grande cazzata della tua vita!»

Ora si che mi sentivo meglio, i suoi insulti mi facevano sentire ancora più una merda.

Dopo il bacio con Arianna e lo schiaffo di Alice ero corso a casa sua, avevo la testa che mi sarebbe scoppiata da un momento all'altro.

Ero seduto sul divano con le gambe allungate e lui mi era di fronte, e non faceva che imprecarmi addosso come se non ci fosse un domani.

«Così non mi aiuti.» Dissi passandomi una mano fra i capelli.

«Sei un coglione.» Affermò serio.

«Grazie.»

Sbuffai e chiusi gli occhi.

Se avessi potuto tornare indietro..cazzo.

Non sarebbe successo nulla, non avrei baciato Arianna, non avrei visto Alice piangere e io non mi sentire così uno schifo.

«Porca puttana.» Imprecai fra i denti.

«Ci sei arrivato finalmente.» Ribattè lui alzandosi.

«Cazzo faccio ora?» Dissi mettendomi seduto e appoggiando i gomiti sulle gambe.

«Niente.»

Sospirò e mi fissò duro.

La mia espressione era sconvolta e disperata.

«Hai fatto un casino bro, non saprei proprio cosa consigliarti.» Disse massaggiandosi le tempie e socchiudendo gli occhi.

«Perfetto.»

E mi alzai, dovevo sgranchirmi le gambe per non impazzire.

In quel momento mi sarei buttato volentieri giù dal terzo piano.

«Che cazzo avevi in mente?»

Già, che cazzo mi frullava in testa?

Ero agitato ed eccitato perché pensavo ci fosse Alice al parco, che mi voleva parlare, e non vedevo l'ora di vederla e stringerla a me, e baciarla per l'eternità.

Invece era andato tutto storto, Arianna e le sue fottute congetture.

Perché si voleva far umiliare in quel modo?

Non ero stato già abbastanza chiaro con lei?

Non la volevo, punto.

Quante volte dovevo ripeterlo?

Forse ora non ce ne sarà più bisogno.

«Non lo so, mi ha messo le mani sul suo corpo, non ce l'ho fatta.» Dissi esausto.

Non potevo negare che avesse un bel corpo, che facesse girare la testa a tutti, ma non dovevo farmi trascinare.

Ne ho visti e toccati tanti di fisici, e non mi ero mai rincoglionito così.

Tutta colpa dei suoi occhi, del suo sguardo sicuro, cazzo.

Vaffanculo.

«Sei un coglione.» Ripetè di nuovo.

«Lo so.»

Andai sul balcone con l'intenzione di accendermi una sigaretta e lui mi seguì con lo sguardo.

Tirai fuori il pacchetto di marlboro e iniziai a fumare, a buttare fuori il fumo, cercando di non soffocarmi per il nervoso. Dovevo espellere da me tutta quella stronza ghigne inutile, che non mi aveva portato a nulla di concreto e aveva solo peggiorato la situazione.

La sigaretta finí troppo presto così ne presi un'altra e la accesi. Fanculo al cancro, ai polmoni, io stavo già morendo senza di lei.

«Quante te ne vuoi fumare?» Disse Chris comparendo al mio fianco.

Tutte, tutte le sigarette del mondo finchè lei non sarà mia.

«Abbastanza.» E buttai fuori il fumo, chiusi gli occhi e imprecai mentalmente.

«Non risolvi niente, dammi qua.» E mi prese la sigaretta tra le dita e se la mise in bocca. Bell'amico, mi toglieva l'unico modo per calmarmi, per dimenticare tutto quanto.

«Non guardarmi così, lo faccio per te, non voglio che mi collassi davanti.» Sarebbe una bella idea invece, farla finita, non soffrire più, non sarei più problemi a nessuno.

«Forse ne varrebbe la pena.»

«Non dire cazzate.» Disse serio spegnendo la sigaretta nel portacenere.

«Non sto scherzando.» Ripetei.

«Finiscila o ti butto giù. Devi darle tempo, dopotutto a lei piaci e molto quindi.» Disse tranquillo.

Sentii il cuore rimbalzarmi nel petto alle sue parole.

«Come fai a dirlo?» Chiesi curioso e con una nota di speranza nella voce.

«Ma dove vivi? Non vedi come ti guarda?» Disse retorico.

Ci pensai su e non ne venni a capo. «Mi guarda normale.» Conclusi infine.

«No, idiota.» Sbuffò e si mise le mani tra i capelli. «Non capisci un cazzo di ste cose.»

«E tu dove le hai imparate?» Dissi divertito.

«Lascia stare. A te interessa sapere solo che le piaci, e tu hai almeno mezza possibilità.»

«Incoraggiante.» Davvero.

«È meglio di niente dopo quello che hai fatto.» Disse seccato.

«Domani balzo, non ce la faccio.» Meglio stare a casa e non vederla per non prendermi a pugni. Non volevo farla soffrire ancora.

«Non tu vieni eccome.» Disse dandomi una pacca sul braccio.

«Ho detto di no.» Ribattei duro, non mi avrebbe fatto cambiare idea.

«Ti trascinerò io allora.»

Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. «Sei un rompi palle.»

«No, sono tuo amico, è diverso.» Disse abbozzando un sorriso.

«Che mi manda al patibolo.»

«Finiscila, ti sto aiutando.»

«E come?» Chiesi girandomi verso di lui.

«Ti fidi di me?» Disse serio.

«No.» Negai beffardo.

«Perfetto allora.»

 

ALICE

Mercoledì, ancora metà settimana e basta.

Devo ancora capire come ho fatto a vivere fino ad oggi, soprattutto dopo ieri.

Sopravvivere al dolore e alla voglia di prendere a pugni qualcuno.

Non è stato per niente facile, niente va come mi immagino.

Ogni cosa va dove cazzo vuole senza chiedermi il permesso e quella che ci sta male, che soffre sono io, sempre.

Sono la cretina che ama, nonostante l'evidenzia, nonostante i segnali forti, ma a me piace crollare.

C'è uno strano gusto nel provare e constatare che gli altri avevano ragione, che ti avevano avvertito a cosa potevi andare incontro, ma te ne freghi.

Perché se non ci provi perdi tutto.

E io perdo sempre e crollo sempre, incondizionatamente.

False speranze, illusioni, ecco cosa sono.

Ci credo sempre e non dovrei.

Mai, giammai, col cazzo.

Cercare una canzone che mi rappresentasse e che non mi facesse sentire sola non tmi era mai stato così facile.

Cercavo amore
e alla fine mi ero illusa fossi te
cercavo amore ma alla fine
ho avuto tutto tranne
cercavo amore
e alla fine ho anche creduto fosse in te
cercavo amore
ma alla fine ho sparato
contro

L'amore che mi prometteva
di baciarmi
abbracciarmi
idolatrarmi
mi hai detto ti amo
non ti conosco”

«Oh, già sveglia tesoro?» mia madre sembrava perfino dolce e premurosa senza le solite urla mattutine.

Sbuffai alzando gli occhi al cielo.

Perché secondo lei io avevo dormito?

Bastava guardarmi in faccia per vedere le ferite impresse.

Mi alzai dal letto e mi diressi verso l'armadio per scegliere cosa indossare per la scuola.

Non avevo voglia, non volevo uscire di casa in realtà, volevo solo starmene da sola a piangere senza mai smettere.

Eppure dovevo affrontare la realtà, il vederli tutti i giorni, evitarli e mandarli a fanculo.

Ottima tattica Alice.

«Tesoro stai bene?»

Cinque minuti che gira nella mia stanza e se ne accorge solo ora che sto male.

Che il mio cuore è scomposto in mille pezzi, che non si può ricucire, che non può guarire, semplicemente è a brandelli, mangiato, usato e buttato via.

«Mai stata meglio» dissi retorica con una punta di nervosismo.

Non avrebbe capito, inutile parlarne.

Avrebbe dato la colpa a me, come è giusto che sia.

In realtà, non era mai stata peggio.



******


Arrivare a scuola in anticipo l'unico giorno in cui non vorresti neanche varcare quella porta, preferiresti stare in coma piuttosto.

E io un po' già c'ero, ero in coma di sentimenti distruttivi.

Fai finta di niente, sii forte e sorridi, stringi i pugni e vai per la tua strada.

Il mio mantra avrebbe dovuto aiutarmi, invece non mi preparò per niente alla sua visione.

Al solo vederlo mi mancavano i battiti.

Non si può smettere di amare una persona da un giorno all'altro.

E neanche dimenticartelo in dieci secondi.

Non ci riesco a non guardarlo.

Vorrei correre da lui e baciarlo, stringerlo a me, ma quando penso a ieri mi sale solo una rabbia repressa.

Lo prenderei a pugni e dopo lo stritolerei tra le mie braccia.

È tutto un controsenso, cazzo.

«Come mai non corri da lui?»

Una voce derisoria che non avrei voluto sentire.

«Lore» dissi dura girandomi verso di lui.

«Allora?» ripetè inarcando un sopracciglio.

Sbuffai seccata e mi venne da prendere a pugni anche lui, anche se non aveva fatto niente, ma dovevo sfogarmi contro qualcuno o qualcosa.

«Allora cosa? Vuoi sentirti dire che avevi ragione? Che è uno stronzo di prima categoria che non guarda in faccia nessuno? Che non gliene frega un cazzo di me? È questo che vuoi? Bene, allora te lo dico, avevi ragione, contento?» sbottai diventando paonazza per la rabbia.

La sua bocca divenne una linea sottile, sembrava quasi lui quello incazzato col mondo.

«Non puoi dire che non ti avevo avvertita.»

Vaffanculo.

«Vuoi una medaglia per l'onore?» dissi sarcastica.

Lui sbuffò e alzò gli occhi al cielo.

«Voglio qualcos'altro, ma ho capito che non posso averla» si interruppe e mi guardò di sottecchi e io deglutii.

Si riferiva a me?

Davvero mi voleva ancora, dopo quello che gli avevo gridato contro?

«Quindi ti lascerò stare, ma permettimi di essere tuo amico almeno» aggiunse abbassando lo sguardo sull'asfalto.

Non mi misi a ridergli in faccia solo perché sembrava sincero.

Ma mai prendere le cose per scontato.

Avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, ma non so se lui sarebbe stato all'altezza.

«Sono passati anni, è troppo tempo. Non so se ce la faccio, voglio dire mi fa piacere, ma in questo ultimi giorni..» lasciai la frase a metà non sapendo come continuare.

«Sono stato uno stronzo lo so, ti capisco se non vuoi» concluse lui.

«Si abbastanza» ammissi.

«Mi dispiace, sai che non sono così. È che vederti con quello, mi ha fatto salire il sangue alla testa. Meriti qualcuno di migliore, che non ti trascuri, che si prenda cura di te, che ti ami» sospirò e calcò sull'ultima parola.

«Io gli piaccio» buttai senza pensarci e mi misi una mano sulla bocca.

Troppo tardi Alice.

«Allora gli piace anche quella tipa con cui sta flirtando» commentò incerto.

Cosa aveva appena detto?

Possibile che fosse Arianna?

Mi girai per verificare e avrei preferito non farlo.

Una ragazza, capelli scuri lunghi, jeans chiari a sigaretta e giubbotto striminzito, aveva stretto una mano sulla sua spalla ed i loro visi erano a pochi centimetri di distanza.

Volevo ammazzarla.

Ma era anche ciò che sarebbe successo a me.

Chi poteva assicurarmi che Nico si sarebbe accontento di me senza andare con le altre?

Non aveva mai avuto una storia seria, non era il tipo.

Ma sarebbe stato in grado di costruire qualcosa con me?

Progetti evaporati già in partenza.

Lui non era mio.

Distolsi lo sguardo e respirai rumorosamente.

«Cerca di pensare ad altro, ci sono tanti di quei ragazzi in giro»

Lo guardai male.

Lui non capiva che l'unico che mi spaccava la testa era quel cretino?

Per chi non ho chiuso occhio stanotte?

Per chi sto soffrendo come un cane?

E nonostante tutto, lo voglio ancora.

«Ho detto una cazzata mi sa» disse a disagio.

Una cazzata cosmica.

«Non importa, vado in classe ora»

Tanto non dovevo aspettare nessuno.

Meglio non mettere il dito nella piaga.

«Allora oggi non c'era la stronza» sputò fuori Gaia avvicinandosi a me a fine lezioni.

Dovevo ancora capacitarmi di come fossi arrivata a fine giornata tutta intera e non fatta a pezzi.

Arianna aveva pensato bene di starsene a casa e per fortuna per lei perché l'avrei massacrata, forse non fisicamente ma dentro di me si sarebbe scatenato qualcosa di violento che non avrei potuto fermare e non avrei fermato.

La ferita brucia ancora e non vuole smettere, sembra fuoco ardente incapace di spegnersi e di scomparire.

Annuii con un cenno della testa, troppo distratta, troppa voglia di tornare a casa e non sentire il suo sguardo sulla schiena che mi provocava brividi ovunque.

Come avrei fatto a estrarlo dalla mia testa sarebbe stato un mistero.

Non potevo continuare a soffrire, a farmi male, dovevo farci un taglio.

Più facile a dirsi che ha farsi visto che occupava tutti i miei pensieri.

«Avresti potuto approfittarne per attaccare e conquistare la preda» disse in tono diabolico e con un sorrisetto sulle labbra.

Smisi di sistemare lo zaino e buttai pesantemente un libro sul banco provocando un rumore simile a una bomba.

Guardai la copertina e mi accorsi che era il libro di letteratura, pieno zeppo di poesie d'amore, pieno zeppo di cazzate.

Gaia cambiò espressione e mi guardò di sottecchi preoccupata.

«Ho perso» sospirai e mi costò una grande fatica ammetterlo.

Non volevo che finisse, ma non sarebbe mai dovuta iniziare.

«Cosa?» esclamò incredula, facendo girare tutti verso di noi.

Alzai gli occhi al cielo e aggiunsi: «Quello che ho detto, ha fatto la sua scelta e io sono fuori dai giochi»

Le sorrisi nervosa per poi mettere l'ultimo libro nello zaino.

«Ma è una testa di cazzo!» urlò duramente e io sbiancai, la sua faccia faceva paura.

«Lucchi le parole!» la ammonì la prof che non era ancora uscita dalla classe.

«Scusi prof ma è vero, non ci sono altri termini per definirlo» sbottò lei.

«Comunque è tutto già andato, si sono baciati e si sposeranno» dissi in un sussurro.

«Si, auguri e figli maschi, cazzo stai dicendo! Non puoi rinunciare così, non puoi tirarti indietro, sei troppo coinvolta» affermò con tono sicuro inarcando le sopracciglia.

«Sono stufa di farmi male e non ci posso fare niente se lui preferisce lei» scrollai le spalle come per buttare giù tutto quel peso.

«Cretinate, lui è cotto di te, si vede lontano un miglio, ma è troppo coglione e orgoglioso per ammetterlo, e poi dovresti vedere come ti guarda» Gaia si era persa nel mondo dei sogni con gli occhi a forma di cuoricino e io la guardavo confusa.

«Perché come mi guarda?» chiesi.

Lei sbuffò e disse: «Come fai a non notarlo? Ti guarda in modo diverso, riserva solo a te quello sguardo, è fuoco puro e sono sicura che vorrebbe incenerire qualunque essere maschile nelle tue vicinanze. E poi è cotto a puntino, devo solo mangiarlo» concluse maliziosa.

«Non dire cavolate, mi guarda normale e poi una volta mi ha detto che prova solo attrazione fisica per me»

Le parole di Gaia mi avevano fatto battere il cuore a mille, come se volesse uscire e scoppiarmi davanti agli occhi.

«Appunto! Basta poco per perdere la testa, il passo é breve! Non vuole ammetterlo perché ha paura di ciò che prova, lui non si è mai impegnato con nessuna ragazza»

«E con me si impegnerebbe? Mi sarebbe fedele o correrebbe da quelle oche starnazzanti che gli vanno dietro?» sputai acida.

Ero un rischio con lui e avrei preferito uscirne viva.

Volevo che lui di accontentasse di me, che gli bastassi, che mi amasse, solo me è nessun altro.

Solo io e lui e l'amore.

«Tu gli basteresti eccome, non farti paranoie inutili. Lui vuole te questo é chiaro»

«Allora perché ha baciato Arianna?» chiesi nervosa.

Più cercavo di dimenati care quell'immagine più mi saltava in mente.

Era un incubo.

«Arianna è stata stronza, avrà sicuramente giocato sporco per conquistarlo, è una perfetta manipolatrice quando si applica, quindi non mi stupisco» disse infine.

«Ma non ti preoccupare, tutta si sistemerà per il meglio vedrai. Non resisterà a lungo senza di te» mi sorrise e diede un bacio sulla guancia.

«A domani Ali» e se ne andò lasciandomi spiazzata davanti al cancello della scuola.

Feci dei lunghi respiri per calmarmi e non prendere a testate il muro.

Perché tutto finiva per peggiorare?

Chiusi gli occhi e sbuffai.

L'amore è una cosa semplice, ma col cazzo proprio.

Mi incamminai lentamente verso casa ma avrei vomito correre il più veloce possibile.

«Alice!» sentii chiamare e quasi mi bloccai ma poi riconobbi la voce e proseguii.

Respira, stai calma, non ti girare.

«Alice fermati» ripetè e la voce era più vicina, infatti mi sentii afferrare per un braccio.

«Non toccarmi» urlai voltandomi verso di lui.

Lui tolse la mano e mi guardò quasi spaventato.

Testa di cazzo.

Scontrarsi con i suoi occhi non fu una mossa saggia, avevano lo strano potere di farmi incantare.

«Per favore, puoi ascoltarmi?» chiese implorandomi.

«Non voglio parlare con te, quindi sparisci»

Resta con me, dimmi che mi ami e che vuoi solo me.

«Lo so che sei incazzata nera con me» disse in un sospiro passandosi una mano fra i capelli.

«Non sono incazzata, sono ferita, abbattuta, disgustata, e potrei continuare all'infinito» sputai puntandogli un dito contro.

Pessima mossa, sfiorare il suo petto mi fece vacillare per qualche secondo.

«Senti, lo sai che non volevo baciare Arianna e..»

«No, io non lo so e poi l'hai fatto» lo interruppi bruscamente.

«Si ma..»

«Ma un corno, quel che è fatto è fatto, non puoi cambiare la realtà» dissi in un fiato «E ora lasciami andare a casa» aggiunsi guardandolo truce.

«A me non interessa lei, perché non lo capisci?» esclamò con tono disperato.

«Ah no? Allora chi vuoi? Quella di stamattina che ti era praticamente addosso?» chiesi inarcando le sopracciglia.

Lui aggrottò la fronte e mi guardò incredulo.

«Cosa? No lei è solo..un'amica, non conta niente»

«Un'amica? Da quando tu hai solo amiche?» dissi sarcastica.

«Vuoi smetterla di accusarmi e farmi parlare?» sollecitò impaziente.

«Ho detto che non voglio starti ad ascoltare» ripetei.

«Bene, allora parlo lo stesso. Volevo dirti che non mi interessa un emerito cazzo delle altre, di Arianna e di tutto il resto, a me interessa solo una persona e quella sei tu, io voglio te ora»

Il cuore perse almeno dieci battiti eppure ero ancora in piedi davanti a lui che mi guardava speranzoso.

«Tu mi vuoi ora? E tra una settimana mi vorrai ancora? Tra un mese, tra un anno?Non dire cose che non puoi sostenere, ora è tardi» mormorai abbattutta.

Non dovevo vedere così facilmente.

Dovevo resistere.

Sono stufa di piangere per lui.

«È vero, non posso prometterlo nulla, ma posso provarci»

«Provarci? E se va male? Sono io quella che ci va di mezzo e ci sta male!»

Gli occhi iniziavano a bruciarmi e tra pochi istanti sarei scoppiata.

«Perché pensi che io non ci starei male?» ribattè irritato.

«A te non interessa un cazzo di nessuno, pensi solo a te stesso, ecco perché, sei un egoista e orgoglioso del cazzo» dissi urlando e gli diedi le spalle incamminandomi verso casa.

Lui non replicò, non mi fermò, non fece niente.

Avevo ragione io, se davvero ci teneva mi avrebbe rincorso.
Ma questo accadeva solo nei film, non nella realtà.



***********



..Oramai da troppo tempo io mi chiedo come stiamo,

eravamo il nostro eterno,

il nostro pane quotidiano.

Ma farò la cosa giusta,

perché sono disonesta.

Ma da troppo tempo sento che

l'amore non mi basta.

L'amore non mi basta

l'amore non mi basta

se amarmi poi ti passa.

A che servono gli incroci

se poi ognuno ha la sua strada.

La mia strada era deserta,

traversata da sconfitte

e con te quella promessa che le avrei evitate.

Forse dal dolore

si potrà pure guarire..”

 

Ero sdraiata sul letto e piangevo.

Piangevo perché ero stata una stupida, piangevo per lui, piangevo perché l'avevo perso.

Piangevo perché lo volevo ancora.

Presi il telefono e digitai il numero.

«Ehi tesoro!» rispose la voce allegra di Bea e mi fece scappare un sorriso.

«Bea» la voce mi tremava, ancora scossa dal pianto.

«Ma stai bene? Hai una voce da cavernicolo» disse preoccupata e immaginai la sua espressione accigliata.

«No» risposi semplicemente.

«Cosa è successo?»

«L'ho perso e non riesco a stare senza di lui. Mi sento vuota» mormorai e le lastrone stavano ritornando.

La sentii sospirare pesantemente.

«Giuro che lo ammazzo, non permetterò che tu stia male per quel coglione»

«Non puoi farci niente» ribattei.

«Si invece, stasera ti porto fuori e ti faccio ubriacare così dimenticherai tutto» esclamò decisa.

«Ma domani c'è scuola» mi opposi.

«E non sei contenta? Puoi saltare un giorno, e poi la tua è un'emergenza!»

«Grazie» dissi in un soffio.

«Non mi devi ringraziare, io ci sarò sempre, lo faccio per te, perché ti voglio bene e non voglio vederti a terra per una testa di cazzo. A stasera»

Sorrisi e riattaccai.



********



«Dove hai lasciato Andre?» le chiesi appena entrammo nel pub che era già pieno zeppo di gente.

«Non ti preoccupare, è la nostra serata, devi svagarti e dimenticarti quel cretino. Devi conoscere altri ragazzi» E mi diede una gomitata nello stomaco facendomi l'occhiolino. Non volevo conoscere altri, non mi serviva, perché io volevo ancora lui.

Andammo a sederci a un tavolo e subito ci portarono due birre e degli stuzzichini.

«Allora, guardati un po' in giro, ci sono dei ragazzi allettanti» disse maliziosa.

«Bea, io non voglio un altro ragazzo» risposi nervosa.

«Lo so, ma da qualche parte dovrai iniziare»

Poi ad un tratto si illuminò e mi guardò sorridendo malefica. «Che c'è?» chiesi preoccupata.

«Fidati di me» disse solo prima di richiamare l'attenzione di un certo Jacopo che poco dopo era di fronte al nostro tavolo.

«Ciao Bea, è un piacere rivederti» disse lui e la baciò sulla guancia.

«Ti presento una mia cara amica, Alice!» disse entusiasta.

Inarcai un sopracciglio e salutai il ragazzo. «Piacere» e strinsi la sua mano. «Il piacere è mio, io sono Jacopo» Lo guardai più attentamente e scoprii che non era per niente male: alto, capelli scuri e occhi neri penetranti. Ma nessuno poteva competere con gli occhi azzurri che mi rimbalzano in testa.

«Allora, che scuola fai?» mi chiese curioso.

«Faccio lo scientifico al Tasso»

«Che coincidenza, io faccio il Bordoni, proprio vicino a te!Strano che non ti abbia mai visto!»

«Beh, facciamo due scuole diverse comunque» dissi a disagio.

«Magari un giorno vengo a salutarti»

«Ma che bella idea!» si intromise Bea che non aveva più parlato e la fulminai con lo sguardo.

Non volevo altri problemi in testa e questo stava complicando le cose.

«Serata di sole donne?» chiese sorridendo.

«Si per rimediare a uno stronzo» disse ancora Bea lanciandomi un'occhiata. L'avrei uccisa, voleva farmi accoppiare con quel ragazzo?

«Ahi, mi dispiace» disse sinceramente.

«Anche a me» sussurrai.

«Scusate ma ora devo andare, ci vediamo, mi ha fatto piacere conoscerti» mi sorrise ancora e se ne andò.

«Ti ammazzo» sbraitai contro la mia amica.

«Perché? Ti sto facendo un favore!» disse innocente e inarcò le sopracciglia.

«Ti ho detto che non voglio conoscere un altro ragazz» sputai nervosa.

«Non puoi dire che non è carino dai»

«No ma che centra, non mi interessa» provai di nuovo a dissuaderla.

«Ho capito, ti piace e tu piaci a lui» affermò sicura.

Sbuffai e alzai gli occhi al cielo.

Nessuno avrebbe sostituito chi avevo in testa io.






ANGOLO AUTRICE
sono viva si ahah purtropoo per voi.
allora, che ne dite di questo capitolo?
sto complicando la storia ma credo che questo la renda più intrigante, no?
vabbè, baci e abbracci
alla prossima!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 34
*** Assenza di te ***


Assenza di te 



Niccolò's POV


«Non mi vuole più» dissi affranto prendendomi la testa fra le mani e stringendo gli occhi.
Avevo sbagliato tutto e ora lei mi rifiutava, non mi voleva più parlare, non mi desiderava più, e tutto perché sono in idiota.

«Ho capito, è la centesima volta che lo dici» sbuffò e alzò gli occhi al cielo esasperato.

«Bell'amico che sei, non mi stai per niente aiutando» sibilai.

«Scusa tanto se fai casini senza una via d'uscita» disse lui alzando le mani e inarcando le sopracciglia.

«E tu allora? Perché cazzo hai chiamato Samantha? Era da tanto che non andavo da lei» sbraitai nervoso, invece di darmi una mano mi stava mettendo nei casini ancora di più.

«Ah è per quello che sei incazzato» sospirò sedendosi sul divano.

«Anche, ora dimmi perché c'era oggi fuori da scuola» sollecitai impaziente.

«Mah, per farti aprire gli occhi» 

«Su cosa?» chiesi confuso.

«Vederti con un'altra la farà ingelosire» spiegò ovvio.

«Grazie al cazzo, proprio per quello oggi non mi é stata a sentire!» ribattei alzandomi e stringendo i pugni lungo i fianchi.
Bell'idea del cazzo che aveva avuto.

«Stai calmo, lo avrebbe fatto comunque» 

«Come fai a dirlo? Magari ora sarei con lei e..» 

«Frena frena, fatti meno film, sei peggio di una donna. Lei non si farà convincere così facilmente, e non è vero che non ti vuole più, devi solo dimostrarle che può fidarsi di te» 

«Fidarsi di me?» chiesi stranito.


«Si idiota, che tu non la tradisca andandoti a scopare la prima che passa per strada» disse sbuffando e alzando gli occhi al cielo.

«Ma per chi mi hai preso?» dissi strafottente.

«Lo hai sempre fatto» sibilò con tono ammonitore e serio.

«Solo con quelle carine» scrollai le spalle. 
Mi volevo solo divertire, nulla di serio, nulla di impegnativo, e loro mi davano ciò che cercavo.

«Ma vedi come sei? Come fa a fidarsi di te?» disse fra i denti.

«Non andrò con altre se è questo che intendi» affermai deciso.
Non volevo nessun'altra, solo lei e mi sarebbe bastata.

«Come fai ad esserne certo?» domandò inquisitorio.

«Mi piace lei» dissi sincero.

«E questo credi che basti? Quante ragazze ti sono piaciute in questi anni?» chiese quasi urlando.

«Cazzo centra? Io non le voglio le altre, voglio lei e basta, e sto già impazzendo perché non la posso tenere fra le mie braccia e baciare senza mai smettere» dissi in un fiato e abbassai la testa sul pavimento, diventato improvvisamente molto interessante.
Ammettere certe cose mi faceva sentire un ragazzino alle prime armi.

«Caspita» disse lui basito «Sei proprio innamorato marcio amico» aggiunse dandomi una pacca sulla spalla.

«E muoviti a prendertela o lo farà qualcun altro al tuo posto» 



********



Quelle parole non mi sembravano così vere fino ad ora.
Chi era quel bradipo con cui stava parlando? 
Lo avrei preso a pugni, solo per lei.
Cazzo, che nervoso!
E perché non si stacca e non si toglie quel sorriso ammiccante dalla faccia?

«Bro calmati» disse Chris appoggiandomi una mano sulla spalla «Stai digrignando i denti e hai una faccia che fa paura» aggiunse trattenendosi dal ridere.

«Lo ammazzo quello» sibilai. 

«Magari non è nessuno» provò lui.

«Dici? E perché lei sta sorridendo da mezz'ora con quel coso? Senti andiamocene» dissi fra i denti.

«Se tu fossi il suo ragazzo fidati che non smetterebbe mai di sorridere in quel modo» 

«Quindi questo succederà nel duemilamai» dissi sarcastico.

«Secondo me anche prima» ridacchiò facendomi l'occhiolino.

«Incoraggiante» sorrisi nervoso. 
La guardai un'ultima volta e mi girai, il suo sorriso felice scavato nei miei occhi.

«Sei una testa di cazzo!» fui sbattuto spalle al muro prima di capire chi mi stesse accusando.

Alzai gli occhi e incontrai altri due identici si miei.
«Gaia, ma che cazzo..» imprecai cercando di togliermela di dosso, non pensavo che una ragazza fosse così forte.

«Stai zitto o non ne esci vivo!» mi minacciò puntandomi un dito contro.
Inquietante, con quelle gote rosse, occhi azzurri a panda e capelli quasi blu.

«Non mi muovo» dissi arrendendomi e sospirando pesantemente.

Vidi Chris girarsi e lanciarmi uno sguardo tra il sorpreso e il divertito.
Invece di aiutarmi se ne stava a ridere dietro di lei.

«Allora, ora tu ti stai rodendo il fegato vedendola con quel tipo vero? Beh, ti sta bene dopo quello che hai fatto! Sei un coglione, la stai facendo soffrire perché non sai frenare i tuoi istinti ormonali, cazzo che nervoso mi fai venire!» sibilò standomi sempre addosso.

«Ma ti vuoi calmare?» provai, mi sembrava una furia pronta ad uccidermi e a tagliarmi in mille pezzi.

«Neanche per sogno, ora tu mi ascolti bene perché non lo ripeterò un'altra volta» disse minacciosa guardandomi negli occhi, potevo vedere il fumo che le usciva dalle orecchie, come un toro pronto all'attacco.

«Allora, ora tu devi fare il bravo bambino e dimostrare che la vuoi solo per te, quindi non fare più cazzate perché poi dovrai vedertela con me, e ti avviso che non sarò clemente» affermò con un sorriso malefico sulle labbra. 

«Gaietta cara, potresti far respirare il mio amico? Altrimenti come farà a portare a termine la sua missione?» Chris che parlava in tono quasi implorante mi faceva scoppiare dal ridere.

«E tu non chiamarmi Gaietta» ribattè lei a denti stretti lanciandogli un'occhiata truce. 

Lui alzò le mani e ridacchiò mentre lei mi lasciava libero di muovermi di nuovo.

«Hai capito bene zuccone?» disse di nuovo puntandomi un dito contro e socchiudendo gli occhi.

«Si ho capito» sbuffai e mi passai una mano fra i capelli a disagio.

«Una sola mossa sbagliata e sei morto» aggiunse.

«Sto tremando» rispose Chris sarcastico.

«Inquietante» dissi io ricevendo un'occhiataccia.

«Non fare tanto lo spiritoso, tanto quello che ci perdi sei tu» affermò seria.

Se non mi comportavo bene l'avrei persa per sempre e questo non potevo sopportarlo.

Volevo che lei fosse quella giusta, la mia possibilità per cambiare e smettere di essere come sono.

Non posso vederla con altri, la voglio solo per me. 
Ma non ci potrò fare niente se lei mi avrà già dimenticato per qualcun'altro.

Come darle torto, sono stato un cretino, baciare Arianna mi ha mandato alla forca e mi ha fatto perdere la persona più importante per me in questo momento.

Vorrei che quei sorrisi, quelle risate, quei gesti gentili, fossero solo per me.
Non avrei mai pensato di provare sentimenti così forti da non riuscire a chiudere occhio di notte.

La amo, cazzo.








Alice's POV

Col senno di poi, uscire quando il giorno dopo si ha scuola e tornare tardi la sera - o notte che dir si voglia - era stata una pessima idea, la peggiore della mia vita quasi.

Mia madre non aveva voluto sentir ragione, la colpa era mia che non avevo messo in conto le drammatiche conseguenze della mia azione improvvisa, e mi aveva spedito a scuola a suon di grida isteriche.

Bere per dimenticare era stata una pessima mossa, la mia testa reclamava pietà e i miei occhi non stavano aperti neanche a pregarli.

Ero collassata sul banco dopo neanche dieci minuti e il suono della campanella mi aveva fatto venire mezzo infarto.

Nulla di così traumatico mi era mai capitato finchè lui non varcò quella maledetta porta: pantaloni della tuta neri, giubbotto scuro, cuffia blu e sigaretta spenta tra le labbra.

Adesso mi dovete spiegare come fa  ad esistere un essere così tremendamente bello e stronzo.

Era più forte di me, ero arrabbiata nera con lui ma non potevo ignorare il mio cuore partito per la tangente.

Deglutii e feci dei respiri profondi chiudendo gli occhi, per questo non vidi chi si era appena sistemata di fianco a me.

Aprii gli occhi di scatto e trattenni il fiato, quasi pensavo che fosse Arianna ma poi sospirai pu tranquilla.

«Buongiorno bionda, hai fatto serata nè? Hai 'na faccia» disse e rise divertita.

Feci una smorfia da finta offesa e risposi. 
«Grazie per avermelo ricordato» Davvero, ora mi sento onnipotente.

«Non ti offendere, non sei contenta che mi sono seduta vicino a te?» mi guardò inarcando un sopracciglio mentre io sbuffavo.

All'improvviso mi mancò il respiro.
«È il mio posto questo» 
Arianna. Arianna era tornata.

Non potevo pretendere che se ne stesse per i fatti suoi a lungo, ma non credevo davvero che avesse il coraggio di sedersi di nuovo vicino a me.
Che faccia tosta.

Gaia si mise a ridere toccandosi la pancia in modo teatrale.
«Scherzi vero? Vai a prendere per il culo qualcun'altro e gira alla larga da qui» disse tornando seria e decisa.

Lei boccheggiò qualche secondo smarrita e poi puntò lo sguardo su di me.
Cosa voleva trasmettermi? Senso di colpa, pentimento, sorpresa?

La guardai truce alzando un sopracciglio in segno di sfida, non l'avrei perdonata se era quello che pensava, nè ora nè mai.

Non avrei dimenticato ciò che mi aveva fatto, non ne avevo la forza per resettare tutto e ricominciare da capo.

Sbuffò visibilmente a disagio e andò a sedersi da un'altra parte.

«Grazie» sussurrai a Gaia che mi sorrise.

«Certo che è proprio stronza, voleva sedersi di nuovo accanto a te, come se non fosse successo niente» anche lei era incredula come la sottoscritta.

Davvero pensava che l'avrei accolta a braccia aperte?
Che avrei fatto finta di niente?
Beh, ora aveva capito che poteva anche togliersi dalla testa di tornare in ginocchio da me. 


**********


Mai ora di ginnastica di più sofferta.
Vederlo in canotta e pantaloncini mi aveva fatto sospirare più volte con occhi sognanti.
Era bello da far paura.
E un coglione, aggiunse la mia coscienza.

Mi riscossi quando sentii una pacca sulla spalla che mi fece vacillare sui piedi.

«Vuoi uno schiaffo? Non puoi guardarlo in quel modo, ti ha tradita» Gaia e le sue perle di saggezza.

«Lo so, ma come faccio?» sbuffai immaginando di darmi dei pugni nello stomaco «È più forte di me, capisci? Ieri poi è venuto pure a parlarmi fuori da scuola, che vuole solo me ma io ho paura. Ho una fottuta paura che lui si possa stufare di me, che un domani non mi vorrà più. Ma non riesco a lasciarmi andare, a rischiare con lui. Perché insomma, ha baciato lei non me, e quindi mi sto facendo paranoie assurde, perché sono una cretina innamorata del tipico ragazzo stronzo e menefreghista. Sto impazzendo, non so neanche quello che sto dicendo» mi passai una mano in faccia e tra i capelli e chiusi gli occhi.

Riaprii gli occhi e Gaia mi stava fissando intensamente.
«Che c'è?» chiesi dubbiosa e tremando.

«Niente, è solo che pensavo fossi nera dalla rabbia, invece mi sbagliavo»

«Sono nera dalla rabbia in verità» ribattei.

Come potevo togliermi dalla testa quell'immagine di loro due che pomiciavano avvinghiati?
Neanche un esorcista ci sarebbe riuscito.

«Si ma ti piace ancora di più di prima»
Abbassai la testa a disagio.

Come faceva a piacermi ancora dopo quello che mi aveva fatto?
Non ero normale, avevo dei problemi seri da risolvere.
Ma come si dice, al cuor non di comanda, e lui va per la sua strada senza fermarsi.



***********


Non poteva essere vero.
Stropicciai gli occhi e misi a fuoco.
Porca merda, era lui e mi stava venendo incontro con un sorriso da infarto.

Mi schiarii la voce a disagio e Gaia mi guardò confusa e seguì il mio sguardo.

«E quel figo chi è?» domandò senza staccargli gli occhi di dosso.

«Un amico di un'amica, l'ho conosciuto ieri sera» spiegai.

«Mh, fai troppe conquiste in sto periodo» disse ridacchiando e dandomi una gomitata nello stomaco.

«Scema» risposi sorridendo imbarazzata.

In effetti, perché si svegliavano tutti ora?
Insomma, lasciatemi vivere nel mio mondo, ho già fin troppi problemi da sopportare.

Arianna che pretende cose impossibili, Lore che mi guarda con uno sguardo che tradotto sarebbe «io te lo avevo detto» e Nico che, beh, continua a fissarmi rendendomi più nervosa del solito.

«Bene, ti lascio in dolce compagnia, a domani bionda» disse e si sporse a darmi un bacio.

Due secondi dopo avrei voluto sprofondare. 

«Ciao» esclamò lui allegro.
Ma che aveva da sorridere in quel modo?

«Ehm, ciao» risposi imbarazzata.
Ottimo, davvero, bella figura del cavolo.

«Come stai?» 
Bene, fino a quando non sei arrivato tu.
Male, perché sto di merda per un cretino.

«Me la cavo» scrollai le spalle «Tu?» chiesi, più per gentilezza che vero interesse.

«Ma si, tutto sommato bene»
Gli sorrisi e calò il silenzio.

L'aria che si respirava era imbarazzo puro, quei vuoti che non si sa mai come colmare.

«Mh, quindi ti sei ripresa da ieri sera?» chiese e gliene fui grato, non sopportavo più quella paura e mi stavo tormentando le mani da dieci minuti. 

«Uh, beh, più o meno» sorrisi, o almeno ci provai.

Non avevo voglia di risvegliare ancora quel ricordo, che tanto dimenticato non era.

«Allora, se ti chiedo di uscire pensi che sia troppo presto?» 

Spalancai gli occhi e mi cadde la mascella.
Tipica espressione da intelligente.

Dovette accorgersene anche lui infatti aggiunse in fretta «No, voglio dire, come amici, per conoscerci insomma, ti andrebbe?» riprovò.

Io avevo voglia di conoscerlo? 
Lo squadrai, finendo per fissare i due pozzi scuri che aveva al posto degli occhi.
Perché sono sempre così stabilizzanti?

«Uhm, okay»
Oddio, avevo accettato?
Meno male che non volevo complicarmi la vita.

Sbuffai per i miei pensieri contorti e lui mi guardò incerto, spegnendo il suo sorriso di poco prima.

«Se non vuoi non mi offendo mica eh»

«No, non è per quello, è che ora ho bisogno di un periodo tranquillo, senza sconvolgimenti vari» spiegai a disagio.

«Mh, va bene, non ti preoccupare» disse sorridendo forzatamente.

«Ti accompagno a casa dai» ribattè facendo spuntare di nuovo quel sorriso da infarto.
Risi anche io, come faceva a sorridere ogni volta? 

«Perché ridi?»

«No niente» risposi in fretta.

Lui scrollò le spalle e mise un braccio intorno ad esse.
Mi irrigidii e lui si bloccò.

«Scusa, posso? Così ti scaldo anche» ammiccò divertito ma non con tono sicuro.

«Va bene» sorrisi di rimando.

Mi aveva fatto tornare il buon umore senza sforzarsi e fare assolutamente  niente.

Era sicuramente colpa del freddo che mi stava rincoglionendo, ero stata così sbadata che non mi ero presa dietro una cuffia e ora mi stavo gelando le ossa, la testa, stavo diventando un pinguino ed ero in fase di trasformazione. 

«Vieni qui che stai congelando stupida» disse dolcemente e mi racchiude tra le sue braccia, stringendomi.

In condizioni normale mi sarei staccata ma avevo davvero bisogno di qualcuno che mi scaldasse o sarei andata in ibernazione.

Non potevo lamentarmi visto che ero tra le braccia di un bel pezzo di ragazzo sconosciuto ma immaginai altre braccia, altre mani, altri occhi e un altro corpo incastrato con il mio.


ANGOLO AUTRICE
okey, allora, mi metto in ginocchio e invoco il vostro perdono.
non ho risposto neanche alle recensioni ma le ho letto e vi ringrazio davvero, presto risponderò a tutti.
che dire, aspetto i vostri commenti anche se sono diminuiti tantissimo!
baci e abbracci 




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Capitolo 35
*** Se non te ***


Se non te



ALICE

«Chi è quel ragazzo?»
Ecco che mia madre nei panni di investigatrice - stile Miss Murple - partiva con il terzo grado e non avevo ancora chiuso la porta di casa alle mie spalle. 

Le mancava solo un cane segugio per seguire le mie tracce e sarei stata catapultata in un film giallo.

Sbuffai seccata e mi diressi verso le scale per andare in camera: «Un amico»

Liquidai velocemente senza permetterle di replicare, 
l'unica cosa che volevo era stendermi sul letto e spararmi nelle orecchie qualcosa che mi facesse dimenticare il mondo almeno per dieci minuti.
Le ultime parole famose. 


"Quando, 
quando arrivano i suoi occhi, 
tutto intorno si distorce 
e di luce mi ricopre se poi 
col suo sguardo mi si posa addosso.

Quando, 
quando arriva la sua voce, 
come neve mi da pace 
e quando arriva la sua pelle ad occhi chiusi, 
ne immagino il sapore.

Quando, 
quando arrivano i suoi occhi, 
con lei arrivano le stelle
e non desidero di più che starmene a guardarli.

Quando 
e quando arrivano i suoi occhi 
e senza suono puoi sentirli 
e come il freddo che non fa rumore, ma ti fa tremare.

Quando, 
quando arriveran le mani, 
forse, forse poi lo scoprirò.

Ma quando, 
quando arriveranno i sensi 
e quando poi saranno menti 
so già che mi perderò, tra stupidi disegni.

E quando arrivano i suoi occhi 
e senza suono puoi sentirli 
e come il freddo che non fa rumore, ma ti fa tremare."


Ecco, come volevasi dimostrare, sembrava una formula matematica fatta e finita, senza via d'uscita. 

La musica ti capisce più di chiunque altro, esprime al meglio ciò che senti nel profondo. 

Me lo ritrovavo ovunque, in ogni luogo, in ogni canzone, in ogni frase, in ogni mio pensiero.

Più cercavo di togliermelo dalla testa più lui ricompariva, come un fulmine a ciel sereno.

Che poi lo odiavo, anche se il mio cuore non mi dava mai ragione e iniziava a palpitare così forte che credevo di morire. 

Lo odiavo ma quando lo vedevo si annullava tutto, la vista si appannava, ogni cosa scompariva e c'era solo lui.

Lo odiavo ma lo avrei baciato ogni secondo, quel suo sapore caldo e avvolgente mi mancava da impazzire.

Lo odiavo ma quegli occhi non mi facevano respirare, così penetranti, così azzurri, così magnetici.

Lo odiavo quando mi chiamava «tettina» ma mi era sempre sembrato qualcosa di dolce, come un soprannome tenero che si da alla propria ragazza. 

Lo odiavo quando mi provocava, ma mi divertivo a vendicarmi.

Certe cose non riuscirei a spiegarle nemmeno tra mille anni.

Questo volerlo ma odiarlo allo stesso tempo, questo sentimento così forte e distruttivo, così contrastante. 

Così diversi e così attratti, due poli opposti della stessa medaglia.

Potevo dargli una possibilità, togliere l'ascia di guerra, fidarmi, mettere tutta me stessa, dipendere da lui.

Ma alla fine, avrebbe funzionato?
Il mio cuore sarebbe stato ancora intero?
Mi avrebbe spezzato in mille pezzi?

Rischiare.
Da una parte lo volevo con tutta me stessa ma dall'altra non ne avevo la forza, il coraggio era andato a quel paese insieme al mio fidarsi delle persone sbagliate.

Avevo perso troppe persone, e lui se ne sarebbe andato?
Mi avrebbe abbandonato?
Sarei stata ancora usata, rovinata e buttata nella spazzatura?



********



«Allora, ti ha invitato ad uscire?» questo era il saluto del venerdì mattina di Gaia, cioè inesistente.

Ignorai la sua domanda e risposi: «Ciao anche a te»

«Scusa ma è da ieri che voglio sapere cosa è successo tra te e quel figo di ragazzo» 

Sbuffai divertita «Curiosa?» domandai furba.

«Da morire» e dagli occhi che aveva le credetti.

«Sinceramente non abbiamo fatto niente»

«Non tenermi sulle spine Alice Bucci» disse fintamente adirata.

Sorrisi e decisi di rivelarle la verità «Va bene, stai calma, mi ha solo invitato ad uscire sabato, cioè domani sera»

«E lo dici con quel tono?» mi rimproverò lei guardandomi incredula.

«Lo sai perché» 

«Si certo che lo so, però cavolo, anche lui è un bel ragazzo» constatò pensierosa.

«Si ma non mi piace» affermai sospirando.

«Non credo tu ti sia impegnata minimamente a fartelo piacere. Il problema è che hai altro per la testa, precisamente due paia di occhi azzurri che ora ti stanno mangiando, letteralmente» pronunciò le ultime frasi a bassa voce per non farsi sentire e mi sentii mancare l'aria.

Come faceva a dire sempre la cosa giusta?
Sembrava potesse leggermi nella mente, incredibile. 

«Hai sentito cosa ho detto?» 

«Mh?» mugugnai tra le nuvole.

«Tu-sai-chi ti sta guardando, da almeno cinque minuti senza battere ciglio, è abbastanza inquietante»

Dei brividi su per la schiena si accompagnarono a quell'affermazione. 

«Voldemort mi sta fissando? Sto tremando» 
La frase voleva essere ironica ma avevo davvero la pelle d'oca ovunque. 



********



Sabato sera era arrivato in un lampo cogliendomi impreparata, non mi sentivo pronta per niente, ero l'ansia in persona.

Eppure non era un vero appuntamento, sarebbe stata solo una semplice uscita tra due amici, conoscenti che volevamo conoscersi, senza impegno.

Allora perché ero da mezz'ora davanti a quell'armadio strapieno senza trovare nulla che fosse adatto?

Sbuffai seccata e mi misi le mani tra i capelli affranta.

Per ritornare in me e prendere una boccata d'aria misi la riproduzione casuale sul telefono, e la musica invase la stanza.

"Non ho mai messo a rischio il mio amore 
Non ho mai detto sì al ragazzo giusto, 
Ma quando si tratta di te, non sono mai abbastanza adatta 

Tu mi fulmini, 
Ma lo nascondo, non voglio darlo a vedere, 
Penso che avrei un attacco di cuore 

Non mi sono mai data da fare per gli altri ragazzi, 
Quando tu sei in giro, io mi paralizzo, 
Ed ogni volta che cerco di essere me stessa, 
Sembra tutto sbagliato come un pianto di aiuto 

Semplicemente non è giusto, 
Questa storia porta più problemi di quando valga la pena, 
Ansimo per l'aria, 
ci si sente così bene, ma tu sai che fa male."


Non era per niente una canzone adatta al mio pessimo umore, aggiungendo il fatto che stavo per uscire con un ragazzo che non ero quello che volevo io. 

Mi ritrovai a maledirmi per aver accettato questo cavolo di invito, avrei dovuto rifiutare. 

Ormai fuori controllo, tirai fuori dall'armadio dei semplici jeans a sigaretta, felpona larga, vans nere che riflettevano il mio stato d'animo e giubbotto di pelo.

Rifilai la scusa dell'uscita con le amiche ai miei genitori e uscii di casa, trovandomi uno Jacopo vestito sportivo in sella ad una moto. 

Presi un respiro profondo e mi incamminai verso di lui a passo spedito.

«Buonasera» mi salutò con tono galante sporgendosi a baciarmi sulla guancia.

Sorrisi nervosa e mi passò il casco.

Dopo pochi secondi ero stretta a lui, le mie braccia lo stringevano con forza, più per istinto di sopravvivenza che altro, e avrei dovuto provare qualcosa, come tensione, stordimento, eccitazione, invece non sentivo proprio nulla.


La destinazione doveva essere una sorpresa ma riconobbi la strada che portava al McDonald's con molta facilità. 

Non che mi aspettassi altro, o forse si, ma affogare i miei infiniti dispiaceri in cibo mega calorico era stata una perfetta idea, degna di Oscar.




*****



Forse avevo esagerato e preso troppo alla lettera le parole di poco prima perché mi sentivo scoppiare, avevo decisamente abbondato troppo con le porzioni e Jacopo mi guardava con occhi misti a preoccupazione e divertimento.

«Ti sei sfogata per bene?» mi chiese infatti in modo sarcastico.

«Direi di si» risposi mentre ingurgitavo altre patatine mandando a quel paese l'educazione. 

Sorrise di rimando e mi sollevò quasi di peso per uscire da quel paradiso di cibo spazzatura, mentre io lo guardavo stranita e contrariata.

«Non fare quella faccia, non voglio che mi collassi davanti, ora devi digerire tutto quello che ti sei mangiata» disse serio e con una punta di divertimento negli occhi.


Sbuffai e lo seguii fuori nella piazzetta, il buio ormai dominava e la strada era illuminata solo dalla lice fioca dei lampioni.

Improvvisamente mi sentii a disagio, sia perché ero fuori con qualcuno che a malapena conoscevo sia perché non sapevo come comportarmi.

«Ti va di andare a bere qualcosa?» mi chiese apparendo alle mie spalle.

«Va bene» acconsentii grata, mi serviva qualcosa di liquido da mandar giù per farmi rilassare. 


Dopo poco varcammo la soglia di un locale, un pub frequentato da ragazzi della nostra età, ed era praticamente strapieno. 

Dopo aver oltrepassato la folla impazzita riuscimmo finalmente ad arrivare al bancone ordinando lui una vodka e io un keipiroska.

Il liquido rosso mi bruciò la gola e lo stomaco, ma mai quanto due occhi che mi fissavano intensamente da lontano, tra lo stupiti e il seccato.

Deglutii e respirai a fondo, pensando che l'alcool mi stesse facendo immaginare cose che non esistevano.

Guardai di nuovo in quella direzione e lo ritrovai di nuovo a fissarmi, più vicino di prima, più intensamente che mai. 

I suoi occhi azzurrissimi e liquidi si erano trasformati in due pozzi neri ed eccitati che mi fecero perdere il controllo e accaldare in modo disumano.





«Stai bene?» 
Mi riscossi dallo stato di coma trovandomi uno Jacopo che mi guardava preoccupato.

Deglutii a vuoto e annuii con la testa.
Tutto perfettamente a meraviglia.

«Cosa stavi guardando? Eri come imbambolata» mi chiese di nuovo, e analizzai con un istante di ritardo che si fosse girato per vedere cosa mi turbava.

Si rigirò stranito e confuso senza distogliere lo sguardo da me.
«Chi è? Lo conosci?»

Boccheggiai per qualche secondo non sapendo cosa mi convenisse rispondere e sospirai.

«Si, è in classe con me» risposi e distolsi lo sguardo, concentrandomi sul mio bicchiere. 

«È lui?»

«Cosa?» chiesi balbettando insicura.

«Il ragazzo che ti piace e ti ha fatto star male» rispose cauto.

Sorrisi nervosa e chiusi gli occhi, respirando a fondo. 

«Ha la faccia da stronzo, e mi guarda come se volesse uccidermi» ribattè sorridendo divertito.
«Quindi bisogna agire, deve rendersi conto di cosa sta perdendo» aggiunse.

Lo guardai con occhi spalancati mentre si avvicinava pericolosamente a me.

Mi irrigidii di scatto e gli misi le mani sul petto per allontanarlo.
«Che stai facendo?» chiesi preoccupata.

«Stai tranquilla, sarà solo un bacio» rispose tranquillo.

Ebbi solo due secondi per assimilare e comprendere che sentii le sue labbra sulle mie, morbide e delicate. 

Ero praticamente immobile, non sapendo cosa fare, sperando che qualcuno venisse a salvarmi.

Si staccò da me e, sempre ancora vicino al mio viso, sussurrò: «Lasciati andare un po' di più, dai»

Quasi mi pregò e si riunì di nuovo con la mia bocca, prendendomi il viso tra le mani.

Il suo sapore mi invase, il suo profumo si sostituì all'aria che stavo respirando fino a poco prima, col tempo mi sarebbe anche piaciuto, forse.

Ma il mio preferito non l'avevo ancora acquistato, l'avevo provato solo poche volte e quasi non me lo ricordavo più, mi mancava da impazzire.

Sentivo il suo sguardo su di me, non so come, ma ero sicura che lui ci stesse guardando da lontano e sperai che venisse a prendermi e a portarmi via.
Ma non successe.

Quando Jacopo si staccò da me avevo ancora gli occhi chiusi, prima di riaprirli deglutii forte e guardai nella direzione in cui doveva esserci quel l'oceano di occhi, immaginai che fosse irritato, sorpreso, geloso o addirittura indifferente, invece non lo trovai.
Lui non c'era più, se ne era andato, era scappato come sempre, chissà con chi.

Un bruciore forte e insistente mi attanagliò lo stomaco, ero sempre la solita cretina, più ci credevo e più mi facevo male, da sola, senza l'aiuto di nessuno.

«Come pensavo» constatò sicuro lui.
«Come scusa?» chiesi brusca.
Perché tutti capivano cosa stesse succedendo prima di me?

«Il tuo amichetto, o ha paura di rompermi il naso o non ci tiene abbastanza. E in quel caso ne approfitto io» scrollò le spalle, come se la cosa non gli facesse nè caldo nè freddo.

Lo guardai male inarcando le sopracciglia e lui aggiunse subito: «Intendo dire che ne approfitterei volentieri, sei una bella ragazza, so che é ancora presto per dirlo, però mi piaci»

Assimilai il tutto e il mio cervello andò in corto circuito.
«Ma ci siamo visti solo tre volte, come fai a dire che ti piaccio?»
Ecco, l'unica cosa che ero riuscita a chiedergli era anche la cosa che non mi interessava per niente.

«Sei simpatica, carina, sei un bel tipino scommetto, e beh, poi sei bionda e io adoro le bionde» rispose facendomi l'occhiolino e sorridendo.

«Se fossi stata rossa ti sarei piaciuta comunque?» chiesi a bruciapelo.

Lui rimase col bicchiere a mezz'aria e sospirò alzando gli occhi al cielo.
«Era per sdrammatizzare, mi piaci come persona, uscirei con te anche se avessi i capelli verdi»

Sbuffai e bevvi l'ultimo sorso del mio drink, non abbastanza forte per questa serata.

«Perché ti piaccio?»
Altra domanda inutile, forse perché speravo che qualcuno rispondesse esattamente come Jacopo.

«Mh, sei spontanea, come prima mentre ti ingozzavi, eri troppo buffa, volevo farti una foto ma alla fine mi sono incantanto ad osservarti come un idiota, sembravi una bambina con il suo bambolotto preferito»

Arrossii imbarazzata, non pensavo di aver fatto una figura così pessima e infantile davanti a un ragazzo, non mi era mai successo. 

«Non vergognarti, a me é piaciuto, e non solo quello» disse sfiorandomi una guancia con il dorso della mano.

Rabbrividii al suo tocco e chiusi gli occhi.
«Senti Jacopo, io..» iniziai ma lui mi interruppe mettendomi un foto sulle labbra.

«Lo so cosa vuoi dire, io ti aspetterò se tu lo vorrai, se deciderai di cambiare pagina» affermò serio guardandomi negli occhi.

Lo fissai boccheggiando, abbassando poi lo sguardo, non potevo sapere se avrei avuto il coraggio di voltare pagina per sempre, di iniziare a vivere per un altro ragazzo.

«Non devi darmi una risposta ora, posso aspettare ancora un po', ora ti accompagno a casa» sorrise e mi rilassai.




*********




Jacopo mi aveva appena lasciata davanti a casa, intorno c'era il buio più totale, solo qualche debole luce che poteva aiutarmi magicamente a trovare le chiavi di casa, perennemente sperdute nella borsa.

«Ciao» per poco non mi misi a gridare prima di riconoscere due fari blu illuminati che mi fissavano insistentemente.

Deglutii e ripresi a respirare normalmente.
«Ma sei scemo? Mi hai fatto venire un infarto» esclamai, ancora col cuore a mille.

«Scusa, non pensavo di farti così paura» e rise, ma lo sentii avvicinarsi, infatti poco dopo le sue mani furono sui miei fianchi. 

Il respiro iniziò a mancarmi di nuovo e le gambe a tremarmi.

«Allora, ti sei divertita stasera?» disse con tono duro, il divertimento di prima era scomparso del tutto.

«Secondo te?» 

«Volevo chiederlo a te, visto che io sono già saltato alle conclusioni, e la risposta sarebbe si, ti sarai divertita tra le braccia e non solo, di quel tipo» 

Rimasi a bocca spalancata e la richiusi.
«Quindi secondo te ci sono pure andata»

«Da come lo baciavi sembrava volessi saltargli addosso e non credo che lui si sia rifiutato»

«Hai ragione» lo provocai, sperando in una sua reazione, che infatti arrivò.

Lo sentii stringere di più i miei fianchi e mi avvicinò di più a lui, i nostri corpi cozzarono e sentii il suo respiro sul mio volto.

«Allora, ti é piaciuto?» soffiò adirato.

Non mi lasciò neanche il tempo di rispondere che mi sentii svenire.

Il suo naso iniziò a sfiorarmi il collo, per poi sostituirsi con le labbra che iniziarono una lenta salita verso il mio orecchio, intanto anche le sue mani si trovarono presto ai lati del mio seno.

Come avevo solo potuto pensare di fare a meno di lui?
Mi sentivo tremare, la pelle d'oca ovunque, il respiro affannato come dopo una lunga corsa. 

«Allora, ti é piaciuto si o no, farti toccare da lui, farti baciare..» sussurrò con voce roca.

Non sarei mai stata in grado di rispondere neanche se mi avessero chiesto il mio nome, ero completamente persa nel piacere di averlo vicino a me e di poterlo toccare.

Tutte le paranoie che mi ero fatta si erano dissolte in neanche due secondi. 

«Rispondimi» insistè e si staccò da me, lasciandomi senza il mio ossigeno personale.

Mi guardava fisso in attesa di una risposta che per me era fin troppo scontata.
«Sai già la risposta» dissi solo, sperando che intuisse i miei pensieri.

«Si la so» rispose furbo ghignando «ma la voglio sentire uscire dalle tue labbra» aggiunse, e mi strizzò il seno a tradimento facendomi quasi urlare per la sorpresa. 

«Mh, era un no o un si?»

Negai con la testa in preda a mille fremiti che mi percorrevano il corpo.

«Mh, chi vuoi Alice Bucci?» chiese mordendomi il lobo.

Sospirai profondamente e strizzai gli occhi prima di mugugnare un «te» come risposta. 

«Allora, mi da un'altra possibilità, per..» un bacio sulla guancia. 
«stare con te..» un bacio sulla mascella.
«perché non riesco a non pensarti..» un bacio sul collo.
«e non voglio vederti con un altro..» un bacio sulla clavicola.
«che non sia io» 

Deglutii a fondo e aprii gli occhi per guardarlo, era tremendamente serio anche se gli occhi nascondevano tutt'altro.

«Dobbiamo parlarne prima» 
E quella parte razionale di me da dove era spuntata fuori?

Lui non sembrò nè seccato nè contrario, anzi, annuii consenziente.
«Domani dopo scuola»

«Va bene» risposi ancora sotto shock e sperai che finalmente mi baciasse, mi aveva provocato così tanto che ora gli sarei davvero saltata addosso in mezzo alla strada.

Sorrise malizioso e si allontanò nel buio della notte, lasciandomi perplessa e delusa. 










ANGOLO AUTRICE
eccomi qua di nuovo fra voi, questa volta mi tirerete direttamente torte in faccia ma me ne farò una ragione ç.ç
grazie mile a chi recensisce, ai lettori silenziosi, a chi segue la storia e chi l'ha inserita tra le preferite, vi ringrazio davvero tanto di cuore! 
baci e alla prossima 

 

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Capitolo 36
*** Epilogo ***



 

ANGOLO AUTRICE
scrivo qua così non vi rovino il finale ç.ç

bene, spero vi sia piaciuta questa storia abbastanza incasinata, ci tengo molto ai miei personaggi che sono cresciuti e maturati, forse, e quindi questa sarà una fine non fine, ci penserò ancora, ma ora li lascerò un po' tranquilli e cercherò di concentrarmi sulle altre storie, ditemi voi quali ahah.

ah ecco, io non sono brava a descrivere certe cose, quindi spero sia uscita una cosa almeno decente, altrimenti accetto suggerimenti per possibili integrazioni ahahah.

ora, siamo giunti alla fine, vi ringrazio di nuovo per tutti i vostri commenti positivi dall'inizio alla fine, mi hanno aiutato molto a continuare e a credere in questa storia incasinata, quindi, un GRAZIE ENORME A TUTTI

non so che altro dire, forse è la prima storia che riesco a concludere ahahah (no okey, la seconda storia u.u)

ah, si, Arianna e Lorenzo si sono eclissati ahahah non sapevo come inserirli, ma se ci sarà un sequel ovviamente per vostra somma gioia e rabbia compariranno come funghi xD

baci e abbracci
accetto torte e pasticcini in faccia
alla prossima







Epilogo







«Era ora, ci voleva molto? No, ma dico, sento perfino suonare le campane, anche i muri stanno ballando»

«Gaia, non fare la scema» dissi non trattenendomi però dal sorridere divertita.
Quella ragazza era unica.

«Ho detto solo la verità cara, mi stava crescendo la barba» sbuffò alzando gli occhi al cielo.

«Si ti stavi trasformando in Babbo Natale!» socchiusi gli occhi e mi voltai, incontrando quello sguardo che mi avrebbe sempre tolto il fiato.

«Ritorna sul pianeta terra, avrai tempo dopo per mangiartelo tutto» esclamò lei schioccandomi le dita davanti agli occhi.

Boccheggiai imbarazzata e la guardai con gli occhi sbarrati.
«E non guardarmi così, lo so che sogni sconci ti fai e non hai bisogno di dirmelo, te lo si legge in faccia, non vedi l'ora di saltargli addosso» ammiccò soddisfatta e sorridente.

«Tu sei pazza» dissi cercando di prendere un certo contegno senza trasformarmi in una melanzana viola animata.

«Sei tu quella che non ce la fa più ad aspettare, io sono normalissima» ribattè quasi stizzita.

«Ma non dire cavolate, a te non ispira nessuno?» chiesi curiosa di estorcere qualche segreto nascosto.

Lei girò lo sguardo e si perse a guardare il vuoto, ghignai soddisfatta, avevo azzeccato in pieno.
«Nessuno degno di essere al mio cospetto» rispose quasi in un sussurro.

«Certo come no, e io ci credo» sbuffai e sorrisi scuotendo la testa.

«Fai come ti pare» scrollò le spalle e aggiunse «Prima sistemati te e vedi di non fare casini. Buttati tra le sue braccia, rischia o non lo saprai mai, non voglio più vederti così depressa, e poi devi farla pagare a quella stronzetta» disse seria e mi lasciò un bacio sulla guancia.




*********




Durante l'ultima ora di quella giornata interminabile mi arrivò un bigliettino di carta, stropicciato, accartocciato e con una scritta maschile che mi fece mozzare il respiro.

Vieni al vicoletto dietro scuola se mi vuoi ancora.
Spero tu mi abbia sognato stanotte come ho fatto io.
Se vuoi un anticipo, ora vado in bagno.

Lessi tutto d'un fiato e tossii rumorosamente rischiando di strozzarmi proprio nel momento in cui lui stava uscendo dall'aula strizzandomi l'occhio.
«Stronzo» sibilai a denti stretti.

Gaia mi guardò stranita e prese frettolosamente il biglietto che tenevo sulle ginocchia.
Spalancò la bocca e mi diede una gomitata nello stomaco: «Che ci fai ancora qua?»

«Non ci penso neanche» sussurrai, in realtà non facevo che pensarci a stare soli io e lui, ma dovevo trattenermi o sarei impazzita del tutto.

Lei sbuffò e si mise le mani tra i capelli: «Se lui fosse quel qualcuno degno della mia attenzione, sarei corsa da lui a occhi chiusi»

«Prima dobbiamo parlare» dissi risoluta.

«Bene, allora ora vai in bagno e pomiciate per almeno mezz'ora e dopo fuori scuola parlate di cose serie, come ad esempio mettervi insieme e sposarvi»

Storsi la bocca e lei aggiunse scocciata: «Va beh, magari non parlate ancora di matrimonio, ma almeno fate un po' di pratica per fare bambini» ammiccò tranquilla, mentre io diventavo di tutti i colori.

«Adesso basta, Bucci e Lucchi fuori, state disturbando la mia lezione! Ripeto, fuori!» 
L'urlo disumano del professore di latino ci fece saltare in piedi come due molle e uscire di buon grado dalla classe. 
Che gente pazza e schizzata avevano messo dietro la cattedra? 

«Adesso non hai più scuse tesorino, muovi il culo e vai dove devi andare» ammiccò Gaia prendendomi per le spalle e facendomi avanzare verso il bagno.

«Ti odio» grugnii ma non mi opposi quando mi ritrovai di fronte alla porta incriminata.

«Vi lascio alle vostre porcate, non fate casino però» disse e si allontanò, indicandomi con lo sguardo l'entrata del bagno.

Feci un respiro profondo e chiusi gli occhi, ma quando li riaprii mi immobilizzai sul colpo.
«Ce ne hai messo di tempo» sorrise, non il solito ghigno odioso, ma un sorriso vero e puro che mi travolse prima di accorgermi che lui mi aveva preso una mano per portarmi dritta al paradiso, o all'inferno.

«Dobbiamo parlare» ecco, il panico e l'eccitazione mi facevamo parlare quando invece dovevo solo tacere e agire di istinto, senza badare alle macchinazioni del mio cervello.

«Mh» mugugnò lui appoggiando la testa sulla mia spalla e stringendomi con una mano il fianco, mentre l'altra iniziò a percorrermi con lenti carezze la schiena.
«Proprio adesso?»

«Prima o poi dovremo affrontare questa cosa» dissi in un sussurro, socchiudendo gli occhi per le sue attenzioni.

«Preferisco il poi sinceramente, ora vorrei fare altro con te, e non è certo parlare in questo momento, se tu sei d'accordo» mormorò e alzò la testa per guadarmi negli occhi e leggervi la mia risposta.

«Perché non mi hai baciata l'altra sera?» chiesi impulsiva, era una domanda che mi vagava in testa da sabato sera e non mi aveva fatto chiudere occhio. 
Ma questo non presupponeva il fatto che dovessi chiederglielo così apertamente e in una situazione così ambigua.

Lui parve sorpreso, tanto che si allontanò di qualche centimetro dal mio viso per osservarmi meglio.
«Davvero vuoi saperlo?»

Inarcai un sopracciglio e chiesi incerta: «Perché, non dovrei?»

«Pensavo fosse ovvio, avevi baciato quel succhia sangue, non volevo mischiare te e lui, volevo sentire solo le tue labbra sulle mie» disse e abbassò il capo, forse imbarazzato da ciò che aveva appena affermato, troppo romantico, troppo fuori dalla sua portata, non da lui.

«E ora vuoi baciarmi?» dissi con un tono supplichevole nella voce.
Io lo volevo da matti, e non solo da sabato sera, ma da molto di più. 
Il bacio di Jacopo non aveva significato niente, non mi aveva fatto nè caldo nè freddo. 
Ma i suoi baci, cazzo, mi facevano dimenticare perfino il mio nome.

«Tu non ne hai idea da quanto tempo ho voglia di baciarti, di toccarti, di stringerti, e ora sto impazzando perché so che tu vuoi parlare prima e sono d'accordo, ma ora che ti ho davanti a me, così vicina, così..» iniziò ma lo interruppi, azzerando la poca distanza che ci separava, facendo scontrare i nostri corpi, facendo incontrare di nuovo le nostre bocche affamate.

Lui mi baciò forte, stringendomi i fianchi, bloccandomi contro il muro per non lasciarmi andare, prendendomi il viso tra le mani, sfiorandomi le cosce, le sue dita erano ovunque, non riuscivo a rendermi conto di dove fossero che avevano già rivolto l'attenzione ad altro, e tutto questo senza smettere di baciarmi.

Quando si staccò da me, respiravamo entrambi a fatica, eravamo come scivolati in un mare d'acqua senza voler più riemergere in superficie.

«Baciami ancora» sussurrai così a bassa voce che non fui sicura che lui avesse sentito fino a quando le mie labbra furono di nuovo tappate dalle sue.

Mi strinse più forte e mi sollevò, posandomi poi con delicatezza sul lavandino, e di riflesso allacciai le gambe intorno ai suoi fianchi, sentendolo più vicino, volendolo su di me.

«Se ti muovi in questo modo finisce che lo facciamo qui, e non voglio, tu sei diversa per me» disse ma non smise di baciarmi, e scese a mordicchiarmi il collo, mentre stringevo con forza i suoi capelli e lo tiravo ancora di più verso di me.

Come se lui non avesse mai parlato mi divincolai per afferrare la sua felpa e togliergliela, c'era troppo tessuto fra di noi, agonizzavo un contatto pelle contro pelle.

«Alice, cazzo» sibilò mentre riuscii a sfilargli la felpa e lui rimase solo in maglia, stretta e aderente al massimo che mi fece perdere del tutto la sanità mentale.

Iniziai a mordergli il labbro inferiore con forza e le mie mani, che andavano ormai per conto loro, raggiunsero la cerniera dei suoi pantaloni.

«Bastava dirlo che volevi solo scoparmi, ti avrei accontentato prima»
ruggì lui quasi infastidito e solo a quel punto mi bloccai di colpo, togliendo le mani che avevano ormai raggiunto il punto cruciale mettendomi seduta composta, per quel che il lavandino permetteva.

«Scusa» dissi imbarazzata abbassando la testa, possibile che non ne faceva una giusta?
Mi lasciavo andare o troppo tanto o troppo poco, mai il giusto. 

«Hai sentito almeno quello che ti ho detto prima?» ribattè lui serio.

Di colpo mi rianimai e mi misi sull'attenti: «Si e in proposito volevo dirti che io non voglio solo scoparti cioè si, cioè no cazzo, io voglio che tu mi ami, e che quello che faremo, se mai succederà, non sarà solo quello, sarà amore vero perché mi piaci davvero tanto e in questo periodo pensavo di diventare pazza con tutto questo casino, Arianna e quell'altra, e poi tutte le ragazze che ti stanno intorno, non credo che riuscirei a sopportare l'idea che tu mi tradisca, ne morirei, e starei male come non sono mai stata. Quindi non voglio scoparti, voglio..fare l'amore con te» sussurrai le ultime parole sentendomi rossa in volta e in imbarazzo come mai prima d'ora, mi ero lasciata andare, avevo espresso le mie paure più grandi di fronte a lui, che mi guardava fisso e con le pupille dilatate.

«Avresti la tua risposta se solo mi avessi ascoltato» rispose lui sorridendo e accarezzandomi una guancia.

«Eh sarebbe?» chiesi con voce tramante.

Si avvicinò di nuovo a me, mi inchiodò con quei suoi occhi blu oceano e mi sussurrò all'orecchio: «Perché sei diversa dalle altre» scese con le labbra sfiorandomi il collo e facendomi rabbrividire «E sei sempre nella mia testa, in ogni cosa che faccio, e perché ti amo e per questo non voglioche la nostra prima volta sia in questo posto schifoso» concluse in un soffio baciandomi ancora, e ancora, fino a non avere più fiato per respirare.




********




 

«Allora, allora, avete fatto cose zozze?» mi chiese Gaia scrollandomi per le spalle e con l'allegria a tremila.

«Ma che dici» esclamai ridendo, dopotutto era una situazione comica nel bel mezzo del corridoio a fine lezioni.
Tutti ci stavano osservando con facce strane e stanche per la mattinata intensa.

«Si certo, sai che devi raccontarmi i dettagli?» ribatté seria lei incrociando le braccia e ticchettando con il piede a terra.

«Ma non c'è niente da dire, qualche bacio e basta» sorrisi ebete e mi persi nei ricordi di qualche tempo prima, i suoi baci che non finivano più e mi facevano mancare l'aria.

«Si vabbè, ciao Alice, domani ti rapisco e confessi» disse mentre raggiungevamo l'uscita della scuola piena zeppa di studenti.

Risi e mi fermai di colpo. 
«Ahi ahi» affermò Gaia a denti stretti.

«Jacopo» sussurrai prima che lui si sporgesse a baciarmi sulla guancia, per fortuna.

«Buongiorno» rispose lui raggiante.
Merda, ora come glielo avrei detto?

«Che ci fai qui?» 
Mi guardai intorno in cerca di lui, che come sospettavo, mi stava osservando intensamente e incenerendo con lo sguardo Jacopo.

«Sono venuto a salutarti, non sei contenta?»

«Si però pensavo che..»

«Che sarei scomparso? Non fa per me baciare una ragazza e non farsi più vivo»

Vidi Gaia spalancare la bocca e rimanere di pietra, forse avevo omesso quel particolare tanto importante.

«Ecco, a proposito io..» iniziai, cercando le parole giuste per porre fine alla sua corte serrata.

«Alice andiamo» spuntò lui, livido in volto e scocciato, mi mise una mano sulla spalla come per marcare il territorio e sorrise sghembo.

«Mh, e tu sei?» chiese invece Jacopo, potevo sentire e percepire distintamente la tensione nell'aria, guardai Gaia e capii che stava pensando la stessa cosa.

«Il suo ragazzo e ora dobbiamo andare a rotolarci nel prato, quindi se non ti dispiace» e mi prese la mano trascinandomi via, senza darmi la possibilità di replicare e di rendermi conto di come mi avesse chiamata, lasciando un Jacopo sorpreso alle nostre spalle e una Gaia con gli occhi a cuoricino.

«La prossima volta ti chiuderò a chiave» sibilò seccato accarezzandomi i capelli, che a causa del clima umido e freddo erano diventati una specie di criniera biondo scuro.

«Cosa?» domandai confusa, non mi ero ancora ripresa completamente, stavo riordinando le idee in un possibile senso logico.

«Ti lascio un secondo e quel succhia sangue ti assale, dovevo baciarti davanti a lui così avrebbe smesso all'istante di stare tra i piedi» disse pensieroso e sorridendo furbo, ma io mi ero persa a metà frase.

«Allora perché non l'hai fatto?»

«Perchè quando ti arrabbi diventi una tigre, quindi non volevo urtare la tua sensibilità» rispose scherzosamente, facendomi inarcare un sopracciglio e fermare in mezzo alla strada.

«Dai, ti sei offesa? Se vuoi ti bacio adesso» sussurrò avvicinandosi pericolosamente e accarezzandomi con le nocche una guancia rossa per il freddo e per l'imbarazzo.

«Ma non è per quello» mormorai a bassa voce.

«Allora per cosa?» chiese lui fissandomi e piazzandosi davanti a me, con le mani sulle mie spalle.

«Insomma, io che dovrei fare? Chiuderti dentro a un armadio? Anche tu hai migliaia di ragazze che ti vengono dietro, e chissà con quante l'hai fatto, voglio dire, sono io quella che deve essere gelosa marcia, a me non interessa nessun'altro, a te invece? Rinuncerai a tutte quelle bellissime ragazze per me?» lo guardai con occhi imploranti e lucidi, quel discorso mi stava portando all'inferno.

«È per questo quindi? Perché non ti fidi di me? Pensi davvero che mi butterei tra le braccia di un'altra proprio ora che posso avere te? Non mi crederesti neanche se ti dicessi centomila volte che ti amo vero?» disse, e la sua voce era quasi delusa, il suo sguardo ferito, e io mi sentivo uno schifo.

«Non lo so, io vorrei che tu volessi solo me, senza desiderare le altre» ammisi, ormai con le lacrime agli occhi.

«Io già ora desidero solo te, e non sai quanto. Se ho te posso fare a meno di loro» disse e mi asciugò le lacrime con le dita, appoggiando poi le sue labbra sulle mie in un semplice bacio.

«Vieni con me» mi prese per mano e mi condusse al paradiso. 




*********





«Dove siamo?» chiesi guardandomi intorno, l'edificio era spoglio, a parte per qualche mobile lasciato probabilmente dalla famiglia precedente.

«Nella casa che i miei mi regaleranno per i diciotto anni» spiegò, scrollando le spalle.

Spalancai la bocca, incredula, chi mai vorrebbe cacciare di casa il proprio figlio?

«Ti piace?» domandò lui speranzoso.

«È bella, ma è da arredare ancora»

«Già, ma c'è la cosa principale per viverci» disse malizioso.

«E quale sarebbe?» chiesi curiosa, mentre il mio sguardo si posava su un divano bianco in pelle in mezzo alla sala.

Arrossii di colpo quando lui mi raggiunse e mi strinse i fianchi, appoggiando la sua bocca sul mio collo, e iniziò a lasciare dei baci caldi che piano piano salirono fino ad incontrare le mie labbra.

A quel punto lo baciai con foga, come volevo fare da sempre, come non avevo prontamente fatto qualche ora prima, e lo strinsi a me, avvolsi il suo collo con le mie braccia, le mie mano passarono dalle sue spalle al viso, fino ad arrivare ai capelli, tirandoli e afferrandogli con forza.

«Fammi tutto quello che vuoi ora, meraviglia» sussurrò tra un bacio e l'altro, con il fiato corto.

Non me lo feci ripetere due volte, avevo già afferrato la sua felpa e gliela stavo sfilando velocemente, mentre lui trafficava con la mia maglietta e mi accarezzava la schiena.

Si fermò e sorrise malizioso, leccandosi le labbra e facendomi rabbrividire, mi prese per la vita e mi trascinò fino al divano, buttandomi poi sopra e bloccandomi con il suo corpo.

«Così non scappi» sorrise e si tuffò di nuovo a baciarmi.
Lo staccai da me solo per togliergli finalmente quella maglietta così aderente che mi aveva fatta impazzire in precedenza, e lui ne approfittò per slacciarmi il reggiseno e fissarmi.

«Che c'è?» chiesi quasi infastidita per il suo sguardo di scherno sul mio seno.

«Non ti sono cresciute dall'ultima volta» rispose lui tranquillo, inconsapevole del dramma che stava per scoppiare dentro di me.
«Ma tranquilla, ci penserò io a loro» aggiunse malizioso e mi lasciò dei baci sul collo e sulla clavicola fino ad arrivare a loro, e iniziò a baciarle, a mordicchiarle e a succhiarle come se fossero un nettare prelibato, mentre io mi contorcevo come un'anguilla.

Quando si staccò proseguì la sua scia di baci e morsi lungo il ventre, fino ad arrivare alla stoffa dei miei jeans.
«Che ne dici se li togliamo questi?» mormorò malizioso e con un sorriso sghembo mentre aveva già iniziato a slacciarmi la cerniera.

«Solo se li togli anche tu» sospirai quando lui iniziò sfiorarmi.

«Affare fatto tigre» sussurrò, e si alzò leggermente per sfilarsi i pantaloni rimanendo in boxer neri che vidi per due secondi, prima che lui fosse di nuovo su di me.

«Allora, dov'ero rimasto?» ammiccò e mi guardò con uno sguardo liquido mentre la sua mano si avvicinava e toccava, e iniziava a giocare con la mia intimitá.

In quei minuti persi completamente il senno, la ragione, e la mia testa era andata a farsi un giro sulle nuvole, respiravo a fatica come se stessi correndo una maratona, e pensai di morire soffocata quando la sua bocca seguì con la lingua il tragitto della sua mano.

Pensavo seriamente di rimanerci secca, mentre lui continuava la sua dolce tortura strappandomi gemiti e sospiri pesanti, incurante che stessi per passare a miglior vita sotto di lui.

Sentii qualcosa contorcersi nel mio stomaco, dei brividi attraversarono tutto il mio corpo e, mentre stringevo di più le mie mani tra suoi capelli, scoppiai un ansito ancora più forte dei precedenti.

Ormai completamente esposta a lui, che mi stava guardando con un cipiglio soddisfatto e divertito, allungai la mano verso i suoi boxer e ne sfiorai la stoffa e non solo, in un attimo cambiò espressione, stringendo gli occhi e socchiudendo le labbra dalle quali uscivano dei sospiri.

Sorrisi malefica e lo guardai travolto dal piacere, così imparava a ridere e a prendermi in giro.

«Direi..che ora..siamo pari» soffiò, con ancora il fiato corto, mi prese la mano per allontanarla e si posizionò tra le mie gambe, facendo sfiorare delicatamente e dolcemente le nostre intimità.

Chiusi gli occhi per rilassarmi, per assaporare ancora meglio quel momento, per rendermi conto che fosse tutto reale, e proprio in quell'istante lo sentii entrare lentamente dentro di me, sempre di più, mi strinsi selvaggiamente a lui, aggrappandomi alle sue spalle forti e lui si tuffò a baciarmi, soffocando i miei gemiti.

I nostri corpi di scontravano, si muovevano a ritmo, si inarcavano uno verso l'altro, si possedevano e noi non smettevamo di baciarci con passione e staccandoci a volte per guardarci negli occhi e respirare affannati.

Il mio bacino si muoveva sempre di più verso il suo, agognavo un contatto più profondo, volevo che arrivasse fino a toccarmi l'anima, fino a strapparmi il respiro, fino ad essere un unico corpo, scosso da brividi irrefrenabili e incontrollabili.

Arrivai a un punto in cui credevo di essere in paradiso, non vedevo più niente, avevo gli occhi chiusi dal piacere e il mio corpo stava per esplodere, dei fremiti mi percorsero tutto il corpo fino a sfociare in un gemito quasi urlato.

E fu in quel momento di totale assenza dalla realtà che lo dissi, che mi lasciai andare completamente mentre ero ancora provata dal godimento.

«Ti amo»

Lui si fermò a fissarmi, era al limite e stava per esplodere sopra di me, sorrise e sentii una spinta ancora più forte, ancora più profonda, ancora più dentro che gli fece urlare il mio nome.

«Ti amo anche io, da morire» ansimò mentre si accasciava su di me e mi stringeva tra le sue braccia.






FINE



 

Voglio te nel mio letto—Missing Moment


SEQUEL


Voglio te e basta.

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Capitolo 37
*** EXTRA. ***


Hola gente, come state?
Volevo avvertirvi che ho iniziato a postare il sequel, fateci un salto se vi va.

Voglio essere le labbra che baci.



E qui ci sono dei missing moment sulla storia!


Voglio te nel mio letto—Missing Moment


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