Fix you

di arangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sarcasmo ***
Capitolo 2: *** Autocommiserazione ***
Capitolo 3: *** Onore ***
Capitolo 4: *** Ripresa ***
Capitolo 5: *** Disappunto ***
Capitolo 6: *** Ansia ***
Capitolo 7: *** Attesa ***
Capitolo 8: *** Scontri ***
Capitolo 9: *** Proposta ***
Capitolo 10: *** Confessione ***
Capitolo 11: *** Appartenenza ***
Capitolo 12: *** Rimpianto ***
Capitolo 13: *** Mancanza ***
Capitolo 14: *** Oscurità ***
Capitolo 15: *** Apnea ***
Capitolo 16: *** Speranza ***
Capitolo 17: *** Fuga ***
Capitolo 18: *** Conclusione ***
Capitolo 19: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Sarcasmo ***


Jaime Lannister guardò suo fratello spalancando gli occhi, incredulo "Io dovrei fare cosa??"
Tyrion appoggiò i fogli che teneva in mano sulla scrivania del fratello "Dai Jaime, almeno provaci, non sarà poi così male! Potrai aiutare qualcuno e aiuterà anche te!" "Io non ho bisogno di nessun aiuto" il viso di Jaime si fece rosso di rabbia "Ho visto le bottiglie vuote Jaime, ho capito cosa stai cercando di fare buttando me e il resto della famiglia fuori dalla tua vita, ma non sperare che io accetti tutto questo! Per me non è cambiato niente!"

Il fratello si alzò con rabbia, mostrando il moncherino della mano destra "Non è cambiato nulla dici? Non vedi la mia vita che va a puttane? Avevo un futuro, ero sicuro del mio posto nel mondo, e ora è svanito tutto! Come puoi dire che non è cambiato niente?" "Non è cambiato ciò che io provo per te. Sei mio fratello, ti voglio bene. E non resterò a guardarti mentre distruggi te stesso." Tyrion spinse le carte verso di lui "Una sola lettera, vedi come va. Potrebbe davvero piacerti."

Quando Tyrion aveva letto di quel programma d'aiuto ai soldati dell'esercito in Iraq, il suo pensiero era andato direttamente al fratello. Non voleva andare a nessun gruppo di supporto, troppo orgoglioso per quello, ma magari parlare con qualcuno al di fuori del cerchio famigliare sarebbe stata una buona cosa. Ancora di più se questo poteva aiutare anche qualcun altro a superare un trauma come quello della guerra.

"Jaime, lo so che nulla potrà ridarti indietro quello che hai perso.." lo sguardò di Tyrion indugiò per un attimo sui trofei di baseball che il fratello una volta mostrava con orgoglio a chiunque andasse a casa sua, e che adesso erano in uno scatolone dietro il divano, a prendere polvere "Ma ti prego non lasciarti andare. Per favore." Con un ultimo sguardo a Jaime, ancora in piedi alla scrivania che guardava il pavimento, Tyrion prese la giacca e se ne andò.

Jaime si lasciò scivolare sulla sedia, la lattina di birra in mano. Come se potesse servire a qualcosa. Scrivere ad un dannatissimo soldato dall'altra parte del mondo non gli avrebbe di certo restituito la mano. O la carriera. O il rispetto di suo padre. Fisso i fogli intensamente ancora per un attimo, poi, prendendo un respiro profondo, incominciò  leggere. Si trattava di un semplice scambio di lettere, nulla di più in fondo. Si bloccò solo un momento leggendo il nome di chi sarebbe stato il soldato prescelto per lui, e sorrise tra se. Cadetto Brienne Tarth. Una donna, questo davvero non se l'aspettava. Con la mente incerta e leggermente annebbiata dall'alcol, iniziò a scrivere.

*
 
Brienne si lasciò scivolare sulla sua brandina, felice di potersi concedere un minuto di riposo. Era dall'alba che andavano avanti e indetro dalla città al campo per portare rifornimenti, e non avevano avuto un momento di pace, sempre all'erta per eventuali attacchi. Loras le passò accanto, lanciandole  un'occhita divertita "Che c'è Tarth, distrutta per quel poco lavoro?" Lei sorrise, lanciandogli sulla spalla il cuscino che aveva accanto "Non sono io quella che si addormentava sulle scatole di cibo Tyrell!" "Buoni ragazzi!" Renly entrò nel tendone, il naturale sorriso ad illuminargli il volto "Capitano" entrambi scattarono sull'attenti, ma lui liquidò il tutto con un gesto della mano "Sono qui solo per consegnare la posta. Loras queste sono per te" disse passandogli un paio di lettere, prima di girarsi verso Brienne "e questa è per te." Brienne guardò stupita la lettera che il capitano le stava passando "Io non ricevo posta." "Non penso ci siano altre Brienne di Tarth nel campo, non ti sembra Loras?" "No, grazie a Dio ne abbiamo una sola" Brienne non perse tempo a rispondere, concentrata com'era nel fissare la lettera "Jaime Lannister? Chi é?" "Penso che sia la risposta all'iscrizione al gruppo di aiuto ai soldati." "Io non mi sono mai iscritta ad una cosa del genere!" Il sorriso di Renly si accentuò ancora di più "No infatti, l'ho fatto io per te." "Tu.. Lei... Cosa?" "Penso davvero che sia una gran cosa riceve del supporto da casa Brienne. So che da quando sei qui non hai ricevuto una sola lettera. Abbiamo tutti bisogno di qualcosa che ci ricordi che questa non è la nostra realtà, che questa non è tutta la nostra vita, tanto per non farci impazzire." Aggiunse appoggiando la lettera al letto di Brienne "Provaci." 
Brienne rimase per un momento a fissare la lettera, incerta sul da farsi, prima di aprirla. 

14 Gennaio 2002

Al Cadetto Brienne Tarth,

Vorrei iniziare scusandomi per l'orribile calligrafia di questa lettera, la mia storpiatura forzata che sembra riscuotere tanta compassione nella gente intorno a me non aiuta a scrivere con la mano sinistra purtroppo. Sembra invece aver fatto sentire mio fratello in obbligo di salvarmi dalla mia autodistruzione facendomi scrivere lettere a sconosciuti. Ecco, l'ho detto, non ho scelto di scrivere questa lettera di mia spontanea volontà, e lo sto facendo principalmente per essere lasciato in pace.

Non mi dilungherò in discorsi inutili quali "Grazie per quello che fai" "Il vostro contributo è fondamentale" "Sei un'eroina" perché probabilmente ve lo dicono già abbastanza, no? E anche se fosse non vorresti ricevere complimenti del genere da una persona come me.

Probabilmente non è la lettera che ti aspettavi, ma se ti consola questa non è la vita che mi aspettavo io.  Ti libero da qualsiasi "dovere militare" tu ti senta in obbligo di adempiere rispondendo a questa lettera, non è necessario.
Se sei arrivata fino a questo punto, beh, complimenti per non aver stracciato prima la lettera, saluti, 

                                                       Jaime Lannister


Brienne rilesse la lettera più volte, sconcertata  a tal punto da non accorgersi del modo convulso con cui la stringeva. Maledetto arrogante, come si permetteva di scrivere una cosa del genere? Con un gesto di stizza che non riconosceva come suo, prese carta e penna, pronta a sfruttare la rabbia finché la sentiva ribollire dentro di lei. 
 
25 Gennaio 2002

Al Signor Jaime Lannister,

mi urta doverle dare del signore, visto che nulla nella sua lettera le fa meritare questo titolo. Non solo è offensivo il fatto che lei non provi alcun rispetto verso l'istutuzione militare, che è una delle colonne portanti del nostro paese, ma ancora di più lo è la sua mancanza di rispetto per questo programma di aiuto, che è fatto per i soldati, non per tristi uomini soli che non sanno cosa fare della loro vita e scaricano il loro disprezzo verso se stessi addosso agli altri. Non è per rispondere ad alcun obbligo militare che scrivo questo, ma per esprimere il mio disgusto verso persone come lei. Lei, davvero, non si senta in obbligo di rispondere.
Brienne Tarth
 
Ps: nessuno le ha dato il permesso di rivolgersi a me dandomi del tu, signor Lannister. Spero sia più educato in altre circostanze della sua vita.

*
 
Jaime rilesse la lettera un'altra volta, mentre un sorriso sornione gli saliva alle labbra. Aveva trovato pane per i suoi denti, forse questo scambio di lettere sarebbe stato più interessante del previsto. Andò alla scrivania, lasciando dietro di se la birra mezza piena; aveva bisogno di stare lucido, voleva usare più sarcarsmo possibile.

9 Febbraio 2002

Mia cara fanciulla...







Note: 
Questo è un progetto un po' pazzo che provo a realizzare, non so ancora se riuscirò a scrivere tutto in forma di lettera, e la trama è in fase di assemblamento nella mia mente, speriamo in bene XD! Recensioni e consigli sono sempre i bevenuti, grazie!
-arangirl-

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Capitolo 2
*** Autocommiserazione ***


9 Febbraio 2002

Mia cara fanciulla,
abbiamo gli artigli affilati, dico bene?
Immagino sia una necessità visto la grande componente maschile dell'esercito, posso immaginare che non tutti siano gentili con una donna soldato. Dici che non porto rispetto all'istituzione militare, ma se ti consola sappi che ho perso rispetto per qualsiasi istituzione mi circondi, a partire dalla mia famiglia. Hai completamente ragione, sono un uomo triste e solo che vomita disprezzo sugli altri perché non sopporta se stesso, ma cosa posso farci? Trovo estremamente dilettevole scrivere questa lettera, cercando di immaginare la tua espressione irritata nel riceverla, nonostante non conosca il tuo volto. Sentiti libera di non rispondermi, ma le lettere continueranno ad arrivare, anche solo per la distrazione che provo nello scriverle. Quindi forse la cosa migliore che tu possa fare è assecondare questo povero storpio e rispondermi, anche solo lettere piene di insulti. Probabilmente questa sarà la nostra prima e unica cosa in comune, odiamo entrambi il signor Jaime Lannister. A presto, forse,

 
Jaime Lannister
 

Brienne si maledisse per non aver gettato direttamente la lettera nel cestino il momento in cui l'aveva ricevuta. Voleva farlo, ma Renly l'aveva guardata con quella sua espressione fiduciosa che lei detestava deludere, e aveva pensato che non potesse esserci nulla di male se dava solo un'occhiata. Questo tipo doveva avere un mare di problemi, probabilmente psicologici oltre che fisici, ma Brienne non riusciva a non trovare lo scambio di lettere interessante. Quell'uomo l'incuriosiva, voleva sapere perché si odiava così tanto, cosa l'aveva portato a perdere la mano... anche solo per sfuggire alla realtà che viveva ogni giorno. Solo il giorno prima erano stati attaccati da un unità di ricognizione e un ragazzo della sua compagnia era stato ferito al braccio. Quest'uomo non era poi granché come diversivo, ma era sempre meglio di niente. Prese carta e penna mentre Loras la guardava incuriosito dall'altra parte della tenda. Gli aveva fatto leggere la lettera precedente, ed era sicuro che lei non avrebbe indugiato oltre in quello scambio. Alzò le spalle guardandolo e cominciò a scrivere.
*

22 Febbraio 2002

Al Signor Jaime Lannister,

devo dire che sono rimasta sorpresa nel ricevere una seconda lettera, pensavo e speravo che la prima fosse un semplice scherzo, eppure eccoci qui. Non proverò nemmeno a spiegarle il mio disappunto per le sue maniere o per il modo in cui mi si rivolge, che trovo degradante e sessista. Io sono un soldato tanto quanto i miei colleghi uomini, questo anche lei dovrebbe arrivare a capirlo. Io mi limiterò a darle del lei, visto che non mi ritengo (ne mai mi riterrò) sua amica. Sappia che io continuerò a risponderle, sperando un giorno di farle capire quanto è in errore a pensare e dire cose del genere. Sarà la mia crociata personale. Lei scrive di essere storpio, e visto che lei non si fa problemi ad essere maleducato, non mi faccio problemi a chiederle di cosa si tratta. Sarà un argomento di conversazione più interessante rispetto all'autocommiserazione immagino. A presto,

 
Brienne Tarth
 


Jaime si ritrovò a sorridere con la lettera in mano. Non che l'avesse più di tanto aspettata, o che fosse corso in casa a leggerla dopo averla trovata nella cassetta della posta. Però era stranamente contento che Brienne non l'avesse semplicemente ignorato. Un sonoro miagolio gli fece girare lo sguardo verso la porta-finestra che dava sul giardino. Un malandato gatto rosso era seduto davanti alla finestra, una zampa appoggiata al vetro mentre miagolava senza sosta, ansioso di entrare. Jaime appoggiò la lettera sul tavolino davanti a lui e andò ad aprire la finestra e il gatto gli si strusciò contro emettendo delle basse fusa e poi zampettò fino al divano. Era sinceramente il gatto più brutto che Jaime avesse mai visto, e quando se l'era trovato davanti un paio di settimane prima aveva preso un colpo. Era un gatto di strada, pieno di cicatrici e con un occhio solo, senza contare l'orecchio mezzo mangiucchiato da chissà quale bestia, ma era stranamente socievole e Jaime non si era sentito di lasciarlo fuori o di negargli un po di cibo. D'altra parte si rispecchiava nell'animale, solitario e diverso, fuori da mondo. Il gatto lo guardò con il suo occhio azzurro intenso e si stiracchiò sul divano, suo giaciglio d'elezione da quando era arrivato. Jaime si sedette accanto a lui e lo accarezzò leggermente con la mano sana. Probabilmente era una cattiva idea tenerlo, poteva portare chissà quali malattie e sua sorella di certo non avrebbe portato i suoi nipoti a fargli visita se l'avesse saputo "Ma non deve saperlo, no?" Il gatto gli rispose con fusa più sonore, e Jaime lo prese convenientemente per un sì. Prese carta e penna dalla scrivania e cominciò a scrivere una risposta per Brienne.

9 Marzo 2002

Cara fanciulla,

ora che so che ti dà fastidio essere chiamata così, stai pur sicura che non smetterò di farlo, nemmeno sotto tortura. Sono infantile, no? Mio padre me lo fa sempre notare. Posso azzardarmi a farti gli auguri per l'appena trascorsa festa delle donne? O trovi che anche questo sia degradante e sessista? Sono curioso di sapere se i tuoi colleghi uomini ti hanno fatto gli auguri, o hanno semplicemente ignorato la faccenda... Per quanto riguarda la mia menomazione, come forse avrai già capito, si tratta della mia mano destra. Bè o del fatto che non c'è più una mano destra. Un brutto incidente d'auto un anno fa. Penso di non essermi ancora abituato alla sua assenza; troppe volte mi trovo a cercare di afferrare qualcosa per poi vederla cadere a pezzi al suolo. Questa, oltre ad essere la triste verita, è anche una buona metafora della mia vita. Dici che mi autocommisero, e probabilmente hai ragione. Ho perso tutto perdendo la mia mano. Quello che resta è solo l'insignificante ammasso di carne che c'era dietro.
Non penso che tu possa capire, ma volevo provarci.
A presto,
Jaime Lannister




Note: Ciao a tutti! Volevo scusarmi per l'enormità di tempo che ci ho messo ad aggiornare, ma forse ho fatto  un errore a cominciare questa storia senza aver concluso l'altra a cui sto lavorando, visto che purtroppo il tempo per scrivere non è mai abbastanza! Cercherò comunque di continuare (altrimenti la luna della mia vita mia picchia) e di aggiornare in tempi accettabili! Grazie per aver letto, alla prossima! 

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Capitolo 3
*** Onore ***


"Tarth dovresti smetterla di sparare a caso durante gli allenamenti, i proiettili costano." "Ne riparleremo quando ti salverò quel delicato posteriore che ti ritrovi Tyrell, tiri come una femminuccia." La zona risuonava di colpi d'arma da fuoco ed entrambi avevano dovuto urlare per parlarsi a pochi centimetri di distanza, ma ormai era un'abitudine quotidiana. Senza Loras che la faceva sentire incapace la sua mira peggiorava a vista d'occhio. Lui era sempre stato bravo, uno dei tiratori migliori che Brienne avesse mai avuto il piacere di incontrare, ma nemmeno lei scherzava. Per quattro anni di seguito aveva vinto il premio come miglior tiratrice del reggimento prima di andare oltreoceano, e nemmeno ora si smentiva. Sentiva lo sguardo di Renly dietro di lei, e si sentì tranquillizata dalla sua presenza. Dopo tutti quegli anni passati assieme era diventato come un fratello per lei, nonché suo unico punto di riferimento da quando suo padre era morto. Si rendeva conto lei stessa di non essere una persona facile, chiusa in se stessa e abbastanza schiva, ma lui era riuscito a guardare oltre la prima impressione, e lei l'avrebbe sempre silenziosamente ringraziato per questo. Anche Loras le voleva bene in fondo in fondo, ma così come lei, non l'avrebbe mai ammesso. 

Mentre sparavano la stanchezza e lo stress degli ultimi giorni le scivolò via mentre si rilassava nel metodico gesto di mirare, sparare e ricaricare. Era nata per fare il soldato, era l'unica cosa che le veniva davvero bene, l'unica cosa che sentisse veramente sua. Pensò al padre che si era inizialmente opposto al suo volere di arruolarsi, a come si era fatto convinto dopo aver visto la felicità che dava alla figlia. Le si formò un leggero groppo in gola al suo ricordo, al pensiero che lui non era più a casa ad aspettarla. Avrebbe voluto essere una figlia migliore, dargli dei nipoti, stargli accanto mentre finiva la sua vita, ma erano tutte cose che non aveva potuto fare, e certe notti questo non le dava pace. Mirare, sparare, ricaricare. La sua mente tornò alla lettera che aspettava una risposta, chiusa nel suo armadietto vicino a letto, all'enigmatico Jaime Lannister e al suo sarcasmo autodistruttivo. Cercò di immaginarselo, ma l'unica cosa che rimaneva fissa nella sua mente era il moncherino che portava alla mano destra. Aveva riletto la sua lettera parecchie volte, ma non era riuscita a scrivergli un'adeguata risposta; quell'uomo la sorprendeva ogni volta di più.
"Tarth scendi dalle nuvole!" La voce di Loras risuonò forte accanto a lei, e si rese conto di essersi fermata. Ricominciò di nuovo, cercando di allontanare tutti i pensieri. Mirare, sparare, ricaricare. Era tutto ciò che le serviva in quel momento.
 
*
 

20 Marzo 2002

Al Signor Jaime Lannister,

devo dire che la sua ultima lettera mi ha sorpreso. Non vi credevo capace di pensieri tanto profondi, cos'altro nascondete dietro la maschera della maleducazione?
Devo confessarvi che i vostri auguri sono stati gli unici che ho ricevuto, ormai penso che i miei compagni mi considerino al loro pari a tal punto da essersi dimenticati che sono una donna; il fatto che io sia decisamente poco femminile non aiuta. Comunque non oserei mai rifiutarli, volendo vederli come un incentivo a rispettare il genere femminile. Non vorrei sembrare tediosa su questo, ma penso non possiate nemmeno immaginare il genere di fastidi che il mio essere donna mi procura in questo ambiente. Per quanto riguarda la vostra menomazione, anche se non ho mai provato una cosa simile sulla mia pelle, l'ho vista molte volte succedere attorno a me. Non è un lavoro facile quello del soldato, e le menomazioni sono tristemente comuni. Quello che lei descrive è quella che noi chiamiamo la "sindrome dell'arto fantasma", quando nella nostra mente vediamo e sentiamo ancora ciò che abbiamo perso, incapaci di accettare il fatto che non ci sia più. Ma ci sono molte altre ragioni per cui vivere, mi rifiuto di credere che una mano sia così fondamentale superare l'importanza stessa dell'individuo. Vi immagino seduto su un divano polveroso a piangervi addosso, pensando a ciò che avete perduto. Non avete un po di onore? Di amor proprio? Alzatevi e fate qualcosa, qualcosa di utile. Non scrivetemi la vostra prossima lettera finché non lo avrete fatto, non vi risponderò! E vi assicuro che sono brava a capire le bugie.
A presto,
Brienne Tarth


Mentre Jaime leggeva la lettera, si ritrovò a notare per la prima volta la scrittura di Brienne. Era estremamente delicata, un corsivo leggero ma non frivolo come di solito trovava la scrittura femminile. Chiaro e semplice, come sembrava essere lo stile di comunicazione del cadetto Tarth. Sorrise fra se pensando a come era riuscito ad ottenere una conversazione così profonda da un inizio burrascoso com'era stato il loro. Il discorso di Brienne non gli era nuovo, ma erano stranamente di conforto a Jaime, che di solito odiava ricevere parole del genere. Eppure non c'era ombra di commiserazione nelle frasi di Brienne, solo comprensione. Ritornò al punto della lettera che l'aveva più punto sul vivo. "Onore" disse sovrapensiero ad alta voce, e il gatto acciambellato accanto a lui emise un basso miagolio "Cosa? Pensi anche tu che debba trovare dell'onore? Sembra che arrivino solo gatti malandati a casa mi.." si fermò un attimo, come colpito da un intuizione geniale. Si alzò di scatto e andò verso una delle vecchie librerie in salotto, e recuperò un oggetto che non usava da anni. Ritornò verso il divano soffiando via la polvere dalla vecchia Polaroid, sperando funzionasse ancora. Scattò una foto al gatto mentre quello lo guardava con espressione annoiata e quando la piccola foto uscì dalla macchinetta la guardò con espressione compiaciuta; aveva paura che usando solo la sinistra sarebbe venuta mossa, invece era perfetta. "Nella mia prossima lettera dirò a Brienne che ho fatto il mio primo atto utile: ho trovato Onore." Il gatto iniziò a fare le fusa, quasi compiaciuto del nome assegnatoli. Squillò il telefono, e Jaime lasciò andare la macchinetta fotografica per rispondere "Pronto?" "Jaime..." il cuore di Jaime si fermò per un momento nell'udire la voce di sua sorella; erano quasi due mesi che non si faceva sentire "Chi non muore..." "Smettila di fare il bambino. Non tutti possono passare le proprie giornate sul divano, sono stata impegnata." "Beh, allora a cosa devo il piacere della tua chiamata?" "Volevo sapere se potevo venire la prossima settimana. I bambini chiedono di te." "Certo, immagino che Joffrey muoia dalla voglia di vedere l'inutile storpio." "Ti ha chiesto scusa per quella battuta infelice, non l'ha detto con cattiveria. E poi io ho una riunione di lavoro, mi serve qualcuno che controlli i Tommen e Myrcella, lui sarà a scuola." "Ah ecco il vero motivo, dovevo immaginarlo. Il buon vecchio Jaime è sempre pronto quando Cersei chiama, no?" Il silenzio colpevole dall'altro capo della linea diede a Jaime un pizzico di soddisfazione, almeno si rendeva conto del suo comportamento. "Portali quando vuoi, come hai detto tu passo le giornate sul divano, non ho altro da fare. Salutami quel grassone di tuo marito." Attaccò prima che Cersei potesse aggiungere altro, e ritornò  verso il divano. Lo stancava sempre litigare con sua sorella, ma ormai era l'unica cosa che facevano. Finché lui era famoso e ammirato da tutti il loro rapporto era stato idilliaco, lei lo portava su un vassoio d'argento e lui, ovviamente, lo adorava. Ma ora ogni volta che si incontravano sentiva il suo sguardo andare inevitabilmente alla sua parte mancante, mentre lei lo aiutava a costruire il muro che lui aveva eretto per tenersi distante da tutto e tutti. Pensò che forse l'unica soluzione era bere fino a smettere di pensare, ma si ricordò di dover ancora dare una risposta a Brienne. Forse dopo, pensò prima di mettersi a scrivere.


*

31 Marzo 2002

Cara fanciulla,

accetto la tua sfida. E ti dico subito che ho assolto il compito che mi avevi assegnato con velocità sorprendente. Ho trovato l'onore perduto, anzi ho trovato Onore. Anche se il mio onore in questo caso è rappresentato dal gatto malandato, ammaccato e guercio che ho accolto in casa mia. E' davvero brutto, ma mi fa compagnia. Mi risulta difficile credere che con un carattere come il tuo ti faccia problemi per un po di difficoltà aggiuntiva, anche se riesco ad immaginare che non sia facile per una donna. Prendo come esempio mia sorella, che per diventare socia dello studio legale in cui lavora ha dovuta fare il quadruplo della fatica dei suoi colleghi uomini, e ancora adesso deve combattare con i denti per tenerlo. Per fortuna lei è una stronza, e gli viene abbastanza naturale. Forse questo non c'entra con te, e l'ho scritto solo per poter dare della stronza a mia sorella; lo è davvero. Anche se non riesco a smetterle di volerle bene nemmeno quando mi tratta come un cane. Ma perché ti sto parlando di questo? Penso di essermi meritato una ricompensa per lo sforzo compiuto, vorrei sapere qualcosa di te. Hai sempre voluto fare il soldato? Come sei finita così lontana da casa? Cercherò intanto altri compiti utili per poterti rispondere con la massima velocità concessa ad un monco.
A presto, 
Jaime Lannister

Ps: Vorrei un sincero parere sul gatto, sembra abbastanza amichevole da tenerlo o devo temere per la mia incolumità?


Brienne fissò per un momento la foto di quello che era probabilmente il gatto più brutto che avesse mai visto in vita sua. Aveva l'espressione annoiata e fissava l'obiettivo come per chiedere al padrone se non aveva di meglio da fare. Si immaginò Jaime, o almeno i suoi contorni ombrosi, cercare di scattare una foto al gatto in posa con la sola mano sinistra, e si mise a ridere al solo pensiero. Prese la foto del gatto e l'appese all'armadietto, scrivendo sotto "L'Onore di Jaime Lannister." 

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Capitolo 4
*** Ripresa ***



15 Aprile 2002

Al Signor Jaime Lannister,

Devo dire che raramente ho incrociato lo sguardo con una bestia dall'aspetto più feroce del suo gatto, e ho passato l'ultimo anno in una terra che di bestie feroci ne ha a sufficenza. Ma confido nelle sue doti di addestratore, una volta addomesticato Onore sarebbe un ottimo gatto da guardia, ne sono sicura. E sono anche doppiamente sicura che un animale del genere non si accompagnerebbe mai ad un uomo che non gli piace, perciò si rallegri, è riuscito a farsi apprezzare da qualcuno nonostante il suo sarcasmo e il suo astio; il fatto che il gatto non possa comprenderla penso abbia aiutato.
Ma torniamo alle sue domande, a cui ora mi sento in obbligo di rispondere: sì, ho sempre voluto essere un soldato. Mio padre era un soldato, siamo una famiglia di tradizione militare e da piccola ho vissuto sempre nelle basi militari sparse per il continente. Quando, compiuti diciott'anni, dissi a mio padre che volevo arruolarmi inizialmente si oppose; aveva visto che effetti facevano su una famiglia questi continui spostamenti, la continua incertezza della situazione, e avrebbe voluto qualcosa di meglio per me. Ma quando ha capito quanto amavo questo lavoro si è rassegnato, ed ha iniziato ad insegnarmi lui stesso i "trucchi del mestiere"; non gli sarò mai abbastanza grata per questo.
Deduco dalle sue parole che non è un gran estimatore di sua sorella, ma pensi che almeno lei ne ha una. Io sono figlia unica e mi sono sempre chiesta cosa si provi a crescere con qualcuno accanto, a poter contare su una figura fraterna. Forse mi ci avvicino ora, il sentimento che mi lega ai miei compagni di reggimento potrebbe essere la cosa più simile che io abbia mai provato.
Lasci che sia io a finire questa lettera con una domanda questa volta, cosa faceva prima di perdere una mano?
Attendo una risposta, con una nuova e sorprendente "buona azione" da parte sua,

 
    Brienne Tarth


Jaime finì di rileggere la lettera, questa volta cercando di soffermarsi sulle curve della scrittura, dove si era fatta più incerta, più traballante, cercando di immaginare in quale situazione potesse trovarsi Brienne mentre la scriveva. Aveva notato con suo stesso stupore la crescita del suo interesse verso gli avvenimenti oltremare, e se prima la cosa lo aveva toccato minimamente, sepolto com'era nell'autocommiserazione, ora si ritrovava a fissare con crescente angoscia i notiziari che mostravano scene di guerra, distruzione. Scacciò il pensiero scrollando il capo, alzandosi a prendere la foto che aveva fatto un paio di settimane prima, pronta per essere esibita come sua nuova fatica personale. 


C'era di nuovo Onore, ma questa volta non era solo. Accanto a lui c'erano due bambini biondi, entrambi sorridenti come solo i bambini riescono ad esserlo. Tommen e Myrcella avevano adorato il gatto, passando tutto il pomeriggio a tormentarlo con giochi e carezze. Jaime aveva visto Onore sopportare stoicamente le attenzioni dei bimbi, soprattutto Tommen, che nella foto lo teneva stretto al petto, e Jaime l'aveva ricompensato con una scatola di tonno quella sera. Sapeva che i piccoli avrebbero apprezzato, ma non si aspettava un tale successo; forse era il caso che consigliasse a Cersei di prendere un animale, nonostante l'odio primordiale di lei per tutto ciò che potesse sporcare la casa, Jaime sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per rendere felici i suoi bambini. Era probabilmente una delle poche cose positive di sua sorella. 



Stava per mettersi a scrivere una risposta quando suonò il campanello e Jaime, confuso, andò ad aprire. "Jaime muoviti! Mi sto prendendo una lavata!" riconoscendo la voce del fratello si affrettò ad aprire la porta, lasciando entrare un Tyrion fradicio. Impegnato com'era a leggere la lettera non si era accorto che fuori diluviava. "Tyrion, a cosa devo il piacere?" "Non mi è più concesso venire a trovare il mio fratellone quando mi va?" Entrambi avevano il sorriso sulle labbra, e Jaime si chinò per dare una pacca alla schiena del fratello "Vuoi una birra?" "Non te le sei già scolate tutte? Volentieri!" Il tono di Tyrion era scherzoso, ma Jaime poteva intuire una nota preoccupata nella sua voce; effettivamente aveva avuto qualche problema con l'alcol subito dopo l'incindente (e anche prima forse) ma ora andava meglio, decisamente meglio. Passò al fratello una lattina di birra e cercò di non mostrarsi troppo impacciato nell'aprire la sua, era maledettamente difficile con una mano sola.



Tyrion non lo aiutò, sapeva quando gli dava fastidio la commiserazione degli altri, mettendosi a camminare nel salotto. Quando si girò Jaime lo vide con la lettera in mano, e provò l'impulso di strappargliela; era sua, la sua lettera, non voleva che altri la leggessero. Ma la parte più razionale di lui ebbe il sopravvento, e quando Tyrion alzò lo sguardo gli sorrise "Deduco che hai seguito il mio consiglio." "Si bè, ogni tanto anche i tuoi consigli risultano validi..." "Ogni tanto? Razza di ingrato." Lasciò andare la lettera, cadendo pesantemente sul divano "Però devo dire che ti trovo bene, sei meno pallido, più in forma... Stai andando a correre?" Jaime si sorprese dell'acume di suo fratello, in effetti da un paio di settimane aveva ripreso qualche allenamento, mano permettendo ovviamente. "Sì... mi aiuta a calmare i nervi." "E anche questa Brienne a quanto pare..." era strano sentire il suo nome, lui non l'aveva mai detto, ma appena suo fratello l'aveva pronunciato lei era diventata più vera, reale. 



"Diciamo che non incontro tutti i giorni persone che riescono a rispondermi a tono." Tyrion proruppe in un risata "Abbiamo trovato la donna perfetta allora!" Jaime sentì le guance colorarsi di rosso, e si diede dello stupido, sentendosi un bambino colto nel fare qualcosa di sconveniente "Non dirlo nemmeno, sai che io... io ho rinunciato." Il tono gli uscì più tagliente del previsto, mentre alzava il moncherino verso il fratello "Oh Jaime, se qualcuno si è sposato un nano come me, la tua mano non sarà di sicuro un problema!" "Nel tuo caso non è l'altezza il problema fratellino, con il tuo carettere Tysha è una santa donna a sopportarti." Tyrion scoppiò a ridere, ma aveva capito che era il caso di cambiare soggetto.
Parlarono ancora per un po, poi Tyrion decise che era ora di tornare a casa "Sai come sono le donne in gravidanza, basta niente per farle irritare, meglio che vada. Che poi è solo una scusa per non dirti quanto mi piace sedermi vicino a lei prima che si addormenti e parlare al bambino." Un grosso sorriso gli illuminava il volto, e Jaime si sentì davvero felice per lui. Fece per chiudere la porta alle sue spalle, ma si girò ancora una volta "Sono felice che tu ti stia riprendendo Jaime."
Di nuovo solo in casa, Jaime si sentì scaldare il cuore alle parole del fratello; nessuno dei due era un drago con i sentimenti, eppure riusciva a capire quanto il Tyrion tenesse a lui. Forse l'unico lato positivo della sua menomazione era stato quello di riavvicinarlo al fratello minore. Tornò verso il salotto, pronto a rispondere a Brienne.




28 Aprile 2002


Mia cara fanciulla,

Sarai sorpresa di sapere che mi sono preso notevolmente avanti con le mie azioni utili. Quella che ti presento quest'oggi risale addirittura a due settimane fa. Ho amorevolmente accudito i miei nipoti, Tommen e Myrcella, mentre la loro madre era a lavoro. Sono dei bravi bambini, Myrcella è una piccola donna, calma e misurata, terribilmente intelligente. Sono sicuro che avrà una brillante carriera, qualsiasi cosa decida di fare. Per il momento è un appassionata di storia, il periodo medievale la attrae molto e quando giochiamo "alla corte del re zio Jaime!" la chiamo sempre principessa (a turno io sono cavaliere o giullare, quasiasi cosa sia di gradimento a sua maestà). Tommen è un bambino dolcissimo, ama gli animali ed è entrato subito in sintonia con Onore, che dal canto suo si è comportato benissimo, sono molto fiero di lui. Ho anche un altro nipote, Joffrey, ma è decisamente diverso dai suoi fratelli. Per definirlo penso che la parola più adatta sia "stronzetto", ma spero sia solo una fase. 
Ti sento così bramosa di vivere un esperienza fraterna che sarei tentato di cederti la mia di sorella (gemella oltretutto) ma sono sicuro che non sarebbe un esperienza costruttiva. Non è così male, ma le è sempre piaciuto essere al centro dell'attenzione di chiunque, e sa diventare parecchio permalosa se non ottiene quello che vuole. 
Mio fratello minore è un altro discorso. Soffre di nanismo, perciò non è mai stato facile per lui, e solo adesso forse riesco a rendermi conto di cosa deve aver passato. Diciamo che io mi sono preso cura di lui quando era il momento, e ora lui si prende cura di me. E' stato lui a convincermi a scriverti, perciò se ora se ti infastidisco è tutta colpa sua.
Per rispondere alla tua domanda, se devo essere sincero, non ne parlo ancora con serenità; forse non lo farò mai. Ero un giocatore di baseball, e anche piuttosto bravo se devo essere sincero, se hai qualche amico appassionato del mio sport prova a chiedergli se mi conosce. Non per essere vanesio, ma ero piuttosto popolare. Lo sono ancora forse, ma per altri motivi. 
Parlando d'altro, come procede la vita là? Qual è la tua giornata tipo? Alla prossima,

 
Jaime Lannister

PS: non sai quanto sei stata fortunata ad avere un padre comprensivo, che ti ha appoggiato nelle tue scelte, anche se non subito. Mio padre è una palla al piede.


*
 

"Tarth, posta!" Brienne si alzò di scatto dalla brandina, il cuore che aveva di colpo accellerato la sua corsa. Da quando l'arrivo della posta era diventato il culmine della sua giornata? Sapeva quanto tempo ci mettevano le lettere ad arrivare, e quando i giorni erano giusti ogni sera aspettava con ansia quel momento, convincendo se stessa di non essere delusa quando non c'era nulla per lei. E' solo curiosità si disse, in fondo il signor Jaime Lannister era l'unico specchio sulla realtà che aveva. Ed era bello non dover pensare sempre a tutto quello che la circondava, anche solo per i pochi momenti in cui leggeva la sua lettera. L'aprì senza indugio, leggendola velocemente, sorridendo tra se, guardando a lungo la foto. Erano davvero due splendidi bambini, i capelli biondi e riccioluti che incorniciavano facce da cherubini. Il bambino doveva avere dieci anni, la bambina sembrava un po più grande, ma Brienne pensò che fossero ugualmente adorabili. Dietro la foto trovò nuovamente la calligrafia di Jaime "Tommen e Myrcella, 6 Aprile 2002". Poteva immaginare Jaime, un nome senza volto, un uomo misterioso e complicato, introverso e astioso giocare serenamente con i suoi nipoti e con Onore, che dalla foto sembrava essere un gatto molto paziente. L'immagine nella sua mente era così famigliare che le scaldò il cuore, e si trattenne ancora un po in quell'illusione, prima di cominciare a scrivere la risposta.


Note: Mi scuso immensamente per la lentezza con cui scrivo, però vedo la luce alla fine della sessione estiva, e confido che la cosa migliori! Grazie a tutti per leggere e recensire, mi fa davvero molto piacere! Questo capitolo è meno epistolare del solito, però erano giorni che avevo in mente il dialogo con Tyrion e ho voluto inserirlo! Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Disappunto ***


Brienne era a metà della sua lettera quando si rese conto di non essere più sola. Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi dorati di Loras che la guardavano con una punta di malizia e curiosità "Fra poco comincerai a disegnare cuoricini nel bordo della lettera Tarth?" Brienne non riuscì ad impedirsi di arrossire, cose che non passò inosservata a Loras "Ohhh ci ho visto giusto allora. Chi è? Il tuo cane?" Il ragazzo riuscì abilmente ad evitare lo scarpone che Brienne gli aveva lanciato, andando a sedersi accanto a lei, con sommo dispiacere della donna "E questa foto? Tarth dovevi dirmi che avevi dei figli!" "Non sono figli miei. Tyrell non hai davvero niente di meglio da fare? Che ne so, riordinare quel casino che hai al posto della brandina, oppure farti esplodere una mina in testa." Loras eruppe in una risata esagerata, posando la foto dei nipoti di Jaime che aveva preso in mano per osservarla meglio "Sei dolce e gentile come un coccodrillo Tarth... Ma visto che insisti ti lascerò sola a scrivere le tue piccole lettere d'amore."


Loras fece per andarsene, ma in quel momento Brienne si ricordò di una cosa "Loras, aspetta. Per caso tu ti intendi di baseball?" Loras la guardò con espressione sorpresa, ma per una volta non fece commenti "Non sono un grandissimo fan, ma ne so qualcosa." Brienne prese un respiro profondo, cercando di prepararsi a dire ad alta voce quel nome che era diventato una costante nella sua vita da pochi mesi a quella parte "Hai mai sentito parlare di Jaime Lannister?" Gli occhi di Loras si allargarono leggermente a quel nome, e un sorriso un po befferdo gli spuntò in volto "Mi sorprende che tu non ne abbia mai sentito parlare. Era uno dei battitori più forti degli ultimi anni, qualcuno lo definiva imbattibile anche se cominciava ad avere una certa età. Era all'apice della sua carriera, desiderato da tutte le squadre quando successe l'incidente." "Incidente?" Brienne fece finta di non sapere nulla, cercando di non far trapelare troppe emozioni dal volto; allora era vero, lui esisteva, da qualche parte, a casa. "Fu davvero un brutto incidente... Un camion sbandò in autostrada, Jaime guidava dietro e  non riuscì ad evitarlo, la sua macchina si accartocciò su di lui, tranciandogli la mano di netto e lasciandolo paralizzato a letto per molti mesi. La stampa ne parlò per giorni perché nello stesso incidente rimase paraplegico un bambino. Da quel momento la sua carriera è finita, e ho sentito dire che adesso sia diventato un alcolista; un peccato davvero, poteva diventare una leggenda." Brienne era rimasta in silenzio, fissando le punte delle sue scarpe; ora tutto tornava. Aveva capito che l'incidente era stato un duro colpo per lui, ma non si era aspettata una cosa del genere. Si congedò da Loras prima che lui potesse iniziare a interrogarla su quella singolare domanda, tornando alla sua brandina. Prese la lettera iniziata in mano e l'accartocciò, trovandola terribilmente inadeguata per una cosa del genere, ma cosa poteva esserlo? Scrisse per quasi tutto il pomeriggio, ammassando accanto a sè una pila di fogli strappati, senza riuscire a trovare un modo adeguato di affrontare un discorso così delicato. Alla fine prese un gran respiro e decise di essere il più sincera possibile.


12 Maggio 2002

Jaime,

Volevo ringraziarti per la sincerità con cui mi hai parlato del tuo incidente. Non avevo realizzato quanto ti avesse colpito quello che ti è successo, e posso solo immaginare cosa devi aver provato dopo l'incidente... Certo questo non giustifica la tua maleducazione da bar d'infimo ordine, ma penso di poter comprendere, quindi mi sono sforzata di scriverti questa lettera dandoti del tu, infrangendo completamente tutti i miei buoni propositi di cordiale cortesia. Loras, il mio compagno di reggimento, mi ha parlato a grandi linee dell'incidente e della tua carriera, ma da quello che mi ha detto dovevi essere davvero bravo, lui non si spreca mai in complimenti. Avevo pensato a farti un discorso su come il lavoro non può essere l'unica ragione di vita, l'unica cosa che ci renda felici, ma poi mi sono chiesta cosa avrei fatto io al tuo posto, impossibilitata a continuare il mio servizio nell'esercito... Sinceramente, non lo so. Io sono sempre stata così, per tutta la mia vita non ho mai voluto essere altro, non sono in grado di fare altro. Quindi non ho buoni consigli da dispensare, sagge parole di conforto, se non da quel poco che ti conosco, non mi sembri una persona "finita". Hai la tua famiglia, e non credere che non sia importante; per quanto tua sorella possa essere stronza e tuo padre un fardello, loro ci sono. Pensa a chi, come me, è completamente solo, se mi succedesse qualcosa non avrei nulla a cui tornare. Mi riservo di rispondere alle tue domande nella prossima lettera, solo per il gusto di vedere un'altra delle tue azioni propositive. Grazie ancora,

Brienne Tarth
 


24 Maggio 2002

Brienne,

Sono rimasto così allibito da questa mancanza di formalità che mi ci sono voluti giorni per leggere la lettera senza sconvolgermi troppo. Ovviamente mi ha fatto molto piacere, quel "lei" mi ricordava troppo le pompose interviste giornalistiche dei giorni d'oro. Devo ammettere che non sono abituato a parlare del mio incidente, se posso farlo lo evito sempre e comunque, ma vista la natura del nostro rapporto epistolare o pensato che dopotutto non sarebbe stato un male parlartene... Mi fa piacere sapere che tu capisci, che comprendi almeno in parte la mia situazione. Sono circondato da persone che cercano inutilmente di tirarmi su il morale dicendomi "la vita non finisce qui" "si va avanti", ma loro sono ancora normali, no? Loro non hanno faticato per tutta la vita per poi restare con gelida cenere tra le mani. Non parlo facilmente di quello che mi è successo, ma non rimpiango di averlo detto a te. E adesso mia cara fanciulla (è mio dovere morale chiamarti così almeno una volta a lettera) veniamo alla mia buona azione del giorno: ho messo in ordine il giardino. E' venuto mio fratello ad aiutarmi e abbiamo tagliato l'erbe e pure piantato qualche fiore; dovevi vederci, il monco e il nano a fare giardinaggio, stavo morendo dal ridere. Nella foto di oggi potrai notare come Onore apprezzi questo cambiamento d'immagine dormendo in una chiazza di sole in un giardino finalmente ordinato, quel gatto non fa che dormire. Spero basti ad avere finalmente una risposta a questa domanda, ormai non so più cosa aspettarmi, combatti draghi per vivere? A presto,

Jaime Lannister



06 Giugno 2002

Jaime,

Mi sto sforzando di trovarti un soprannome visto che ormai la formalità sembra essersi dileguata nel nulla; Loras mi ha detto che ti chiamavano "il Giovane Leone" quando ancora giocavi, ma non mi convince molto, cosa dici? Dovrei chiamarti pollice verde visti gli ultimi successi? O è eccessivamente ironico? Comunque il tuo giardino è molto bello, spero che te ne prenderai cura, tu che hai la fortuna di averlo. Qui sento terribilmente la mancanza del verde, della natura; siamo circondati da mari di sabbia, roccia nuda e riflessi del sole che non danno pace agli occhi, darei qualsiasi cosa per potermi stendere a dormire in un prato, o anche solo per non sentire sabbia ovunque. Vuoi sapere come spendo le mie giornate? Niente di speciale in realtà, a giorni alterni si fanno i vari allenamenti per mantenerci attivi, poligono, corsa, prove di attacco e tante altre cose che potrebbero sembrarti interessanti, ma per uno che è abituato ormai è quasi routine. Gli altri giorni pattugliamo la zona, andiamo a prendere rifornimenti, controlliamo siti sospetti. Fino ad ora c'è stato un solo attacco serio una notte in cui eravamo accampati vicino ad una cittadina apparentemente innocua. Non ci siamo accorti che stavano attaccando finché non c'erano addosso, e devo ammettere che è stato uno dei momenti più terrorizzanti della mia vita. Sarò pure un soldato addestrato, ma quando vedi un uomo armato di mannaia correre verso di te urlandoti contro, ogni addestramento viene meno... Renly, il mio capitano, è arrivato appena in tempo per salvarmi. Quella notte ho ucciso un uomo per la prima volta. Non ricordo il suo volto o la sua voce, ricordo soltanto che in quel momento era o me o lui. Non ho pensato ad altro. Il panico è venuto dopo, quando ho cominciato a chiedermi chi fosse quell'uomo, se avesse una moglie, dei figli che in quel momento stavano soffrendo per lui. Quell'uomo non esisteva più, ed era colpa mia o almeno, per un po' l'ho pensata così, prima di capire che non potevo andare avanti così, ogni volta che succede... accadrà ancora, di questo sono sicura, e adesso sono pronta. Ma basta parlare di me... cosa mi dici di tuo padre? E' davvero così terribile come dici? A presto,

Brienne Tarth



20 Giugno 2002

Cara fanciulla,

Mi è sempre piaciuto quel soprannome, effettivamente mi sentivo davvero forte come un leone quando giocavo, e la folla urlante gridava il mio nome. Ero inebriato dalla fama, e la mia famiglia si gloriava della mia celebrità... Mia sorella usava il mio nome per arrivare ovunque, persino per entrare nelle grazie di quello che adesso è suo marito, Robert Baratheon, il magnante dell'industria del ferro. Io e mia sorella siamo sempre stati indivisibili, ma in quel periodo il nostro rapporto era idilliaco al limite del possibile... solo dopo l'incidente ho capito quanto fosse opportunistico il suo affetto, così come quello di mio padre. Era sempre così orgoglioso di me, del suo figlio forte, bello e famoso.. parlava di me in continuazione, con tutti, seguiva ogni partita dal vivo, si beava del mio successo. Dopo l'incidente è venuto a trovarmi una volta, per assicurarsi che fossi davvero finito, e il disappunto che ho letto sul suo volto è stato quasi più doloroso della ferita stessa. Ci siamo tenuti poco in contatto, ma da quando ho iniziato a bere non mi chiama più, penso faccia semplicemente finta di non avere più un figlio.
L'unico che mi è stato davvero vicino è stato Tyrion, nonostante il modo in cui l'ho trattato quando avevo successo. Eravamo molto legati da piccoli, ma poi io... io mi vergognavo di lui. E' dura da ammettere, ma non mi piaceva farmi vedere con lui in pubblico. Ero davvero un idiota. Lui mi è stato davvero d'aiuto per riprendermi, lui e i miei nipoti. Tommen e Myrcella mi voglone davvero bene, e io a loro. Guarda, riesci a farmi diventare sentimentale, incredibile. Spero che non prenderai ciò che sto per scrivere come ironico, perché è una delle poche volte in cui non lo sono, penso che tu sia davvero coraggiosa. Seguendo il tuo esempio, anche se in minima parte, sono andato ad iscrivermi in palestra (quello nella foto è l'abbonamento), è davvero ora di rimettermi in forma, per quanto mi imbarazzi farmi vedere in queste condizioni. Tornando a te, sono davvero felice per te se sei riuscita a superare quel momento difficile... so bene quanto può essere pesante la depressione, non la augurerei nessuno, nemmeno una cinica come te, mia cara fanciulla. Che mi dici dei tuoi gusti letterari, musicali, artistici? Anche se non sembra sono un grande estimatore del bello (infatti è inutile dire che mi apprezzo molto). Alla prossima,

 
Jaime Lannister





Note: Mi scuso immensamente per il terribile ritardo, purtroppo ho avuto problemi di connessione e poi sono andata via con gli scout, quindi mi era davvero impossibile pubblicare qualcosa! Grazie per l'infinita pazienza, alla prossima!




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Capitolo 6
*** Ansia ***


Jaime respirò profondamente fuori dalla porta dell'ufficio, cercando dentro di se il coraggio di varcarne la soglia e affrontare il mostro che si nascondeva dietro di essa. Allungò la mano verso il pomello, poi la ritrasse di scatto, quasi fosse incandescente. Si girò e cominciò a tornare indietro, deciso a tornare a casa e lasciar perdere l'intera faccenda, ma nella sua mente ritornavano le parole di Brienne, il suo coraggio nell'affrontare ogni situazione... se lei l'aveva fatto, poteva farcela anche lui. Tornò sui suoi passi e questa volta spalancò deciso la porta, dimenticandosi di bussare. Suo padre alzò appena lo sguardo dalle carte che aveva davanti "Vedo che il tempo non ha migliorato i tuoi modi." Jaime inghiottì la rispostaccia che aveva sulle labbra e camminò sulla moquette dell'ufficio del padre, avvicinandosi alla scrivania "Papà, sono venuto per parlarti." L'uomo inarcò leggermente il sopracciglio "Anni di silenzio e poi vieni direttamente da me... Deve essere importante, cos'è, i soldi non ti bastano più?" Jaime sentì l'orgoglio ferito dentro di lui che ruggiva per l'affermazione del padre, anche se ammetteva che negli ultimi anni a mantenerlo erano stati più gli assegni mensili del padre che la pensione d'invalidità "Sono venuto per parlarti proprio di questo. Non voglio più i tuoi soldi."



Tywin Lannister a quel punto gli concesse tutta la sua attenzione, lasciando cadere la penna che teneva in mano "E dimmi... chi pagherà tutto l'alcol che ti scoli ogni giorno?" "Mi sono trovato un lavoro. E sto cercando di smettere." Il padre scoppiò in una risata ironica che fece salire l'ira di Jaime a livelli che non ricordava di non aver mai provato "Tu, un lavoro? E cosa potresti fare? Sei sempre stato pigro e indolente per qualsiasi cosa che non riguardasse il baseball" "Infatti si tratta sempre di quello. Tempo fa mi avevano contattato per andare ad allenare la squadra del liceo della mia zona. Ho deciso di accettare." La faccia di Tywin si rabbuiò ancora di più "Come puoi trovare sempre nuovi modi per mettermi in imbarazzo? Fara l'allenatore, ma ti rendi conto? Nelle tue condizioni? Jaime, non è troppo tardi per seguire il mio consiglio, iscriviti a giurisprudenza, con le mie conoscenze ti farò prendere la laurea in un attimo e poi potrai prendere il mio posto nello studio." "Quante volte devo dirtelo che non mi interessa il tuo studio? Odio questo lavoro, non voglio nemmeno sentirlo nominare" Jaime stava cominciando a ricordare perché erano anni che non parlava con il padre, non riusciva a sopportare la sua accondiscendenza tanto quanto odiava vedere la delusione nei suoi occhi "Cersei è un avvocato di successo, nomina lei al posto tuo, sono sicuro che ne sarà entusiasta." Tywin soffocò una risata "Tua sorella è un avvocato capace, ma resta pur sempre una donna. Se stesse al suo posto a casa dai suoi figli forse il suo matrimonio non sarebe un tale disastro." "Ma ti senti quando parli papà? Non viviamo nel medioevo!" "No infatti. Se vivessimo in quell'epoca saresti già morto da un pezzo." Anche il tono di Tywin si era fatto più tagliente e Jaime capì subito che si stava arrabbiando. Pensò ad una risposta sagace da dare al padre, ma era terribilmente stanco di quei battibecchi inutili "E' inutile girarci attorno. Sono venuto a dirti che non voglio più i tuoi soldi, e se tu avessi un briciolo di amore paterno cercheresti di essere quantomeno contento per me." "Tornerai qui strisciando Jaime, non sei in grado di tenerti un lavoro normale più di quanto non sei in grado di smettere di attaccarti alla bottiglia." Jaime era quasi arrivato alla porta, ma a quelle parole si girò e tornò verso la scrivania del padre cercando di prendere qualcosa dalla borsa. Si fermò un attimo nel vedere l'espressione spaventata del padre, e il suo sollievo quando vide che in borsa non teneva un arma ma una semplice macchina fotografica. Jaime gli scattò una foto senza nemmeno guardare l'obiettivo, e Tywin sbattè le palpebre, confuso "Addio, padre."



Camminando verso casa non riuscì a fare a meno di sentirsi sollevato. C'era riuscito, aveva detto a Tywin quello che pensava senza cadere in una delle sue assurde trappole; e aveva ottenuto la foto che gli serviva. Il pensiero della foto da mandare a Brienne riaccese in lui la fiamma ardente della preoccupazione; la sua lettera era in ritardo. Non che fossero sempre regolari, ma non si era mai verificato un ritardo del genere, ormai erano passate sei settimane da quando le aveva scritto... e se le fosse successo qualcosa? Cercava di tenere sotto controllo l'ansia mentre guardava i reportage sui militari in missione, chiedendosi di tanto in tanto da quando il cadetto Brienne Tarth fosse diventata così importante per lui. Si sentiva imbarazzato dalla cosa, tanto da non riuscire a parlarne con nessuno, nemmeno con Tyrion. Era quasi arrivato a casa quando vide qualcosa che gli fece battere il cuore più forte del solito: il furgone del postino. Sentendosi completamente ridicolo e infantile si mise a correre verso casa, senza riuscire a fermarsi. Arrivò trafelato alla buca delle lettere, mentre la postina lo guardava come se fosse matto; Jaime non si sentiva di biasimarla. "Il signor Jaime Lannister?" annuì, il fiato ancora troppo corto per parlare "Questa è per lei" la postina, una donna grassottella sui cinquanta, guardò con stupore il sorriso che si dipinse in volto all'uomo "E' la sua calligrafia!" Jaime abbracciò la postina con trasporto "Grazie" per poi entrare di corsa a casa, lasciando la postina con un espressione sbalordida davanti casa. Onore miagolò sonoramente al suo ingresso, stiracchiandosi dalla macchia di sole in cui era sdraiato. Jaime lo salutò con una carezza veloce prima di sedersi sul divano e aprire la lettera.


18 Luglio 2002

Jaime,

Scusa il ritardo con cui ti scrivo questa lettera, sono state delle settimane frenetiche. Il nostro reparto è stato trasferito, ora siamo molto più vicini alle zone di conflitto. Questo è sia un bene visto che limita i pericolosi spostamenti nel deserto, ma anche un male, ovviamente gli scontri sono molto intensificati. Sono giorni che mi porto dietro la tua lettera sperando di avere qualche minuto per scrivere e alla fine mi sono decisa a farlo ora, anche se sono quasi le due del mattino; spero che tu stia bene. Mi è davvero piaciuta la tua ultima lettera, il fatto che tu stesso ammetta di essere stato un idiota mi è di un certo conforto, alcuni non imparano mai dai propri errori. Sono sicura che tuo fratello ti ha perdonato per il modo in cui l'hai trattato... non mi sento di giustificare il resto della tua famiglia invece, anche se non conoscendo personalmente l'intera vicenda non mi azzardo a giudicare. Vorrei però farti una domanda a cui puoi anche non rispondere se non ti va o se sono troppo invadente... Non parli mai di tua madre, perché? Mia madre è morta quando ero ancora molto piccola, e non ho ricordi di lei, se non qualche foto che mio padre mi faceva vedere con molto dolore negli occhi. Mi sono sempre chiesta se ora sarei una persona diversa se mia madre fosse stata con me nella mia infanzia... Più femminile, forse? Con una carriera adatta ad una donna? Sono i grandi se a cui non avrò mai risposta.
Tornando alle tue domande, purtroppo non ho molto tempo da dedicare a passatempi artistici, ma ho anche io delle preferenze. Ho dei gusti musicali un po da bifolca, vado matta per il folk irlandese e per le ballate nordiche (sarà per i miei antenati vichinghi?) leggo gialli e romanzi storici e vado matta per l'arte rinascimentale. E te? Tiro ad indovinare? Musica pop, thriller e arte moderna? Ho come l'impressione che tu sia sempre più lontano possibile da me. Come sta Onore? Alla prossima, spero di riuscire a risponderti più velocemente la prossima volta.

 
Brienne Tarth


05 Agosto 2002

Cara fanciulla,

Non sai che sollievo ricevere la tua lettera, ero davvero in ansia



No, patetico. Jaime accartocciò il foglio che aveva iniziato e lo lanciò a terra, dove la pallina di carta fu subito assaltata da Onore, che prese a giocarci con piccoli versi di approvazione.


05 Agosto 2002

Cara fanciulla,

Chi potrei chiamare per avere tue notizie in caso succedesse ancora?


"Maledizione!" Jaime si alzò dal divano, strappando anche quel pezzo di carta. Non riusciva a scrivere quella lettera senza suonare patetico e ansiogeno. Brienne di certo non voleva qualcuno che le ricordasse costantemente in che situazione pericolosa si trovava. Andò verso il frigo con tutta l'intenzione di prendersi una birra ma, ricordandosi del dialogo con il padre di poco prima, optò per un bicchiere d'acqua. Da quando era diventato così premuroso? E nei confronti di una persona che non aveva mai visto, di cui non aveva mai sentito la voce... La verità era che le lettere di Brienne erano diventate il fulcro delle sue giornate. Contava i giorni che mancavano all'arrivo di una nuova lettera, si preoccupava per i ritardi, rileggeva le vecchie lettere della ragazza (ragazza? Non sapeva nemmeno quanti anni avesse), e aveva preso l'abitudine di fare due copie delle missive che spediva lui stesso, per non perdere il filo della conversazione. Si sarebbero mai visti? Era una situazione così incerta che Jaime si sentiva fisicamente spossato dalla distanza tra loro. Guardò di nuovo carta e penna sul tavolo, incerto sul da farsi; voleva scriverle, ma allo stesso tempo aveva paura di svelarsi troppo tra le righe della sua fitta calligrafia. Alla fine decise di essere semplicemente sincero.


05 Agosto 2002

Cara fanciulla,

Sono felice che tu stia bene, a dirla tutta mi ero un po preoccupato. Lo so che quello che fate lì è importante, ma vi lasceranno tornare a casa prima o poi, anche solo per poco? Non oso immaginare quanto dev'essere opprimente vivere costantemente sotto il mirino, non deve essere per nulla facile, ma sono sicuro che se qualcuno può farlo allora sei tu. Mi duole dirti che questa volta hai toppato alla grande, la musica pop non rietra tra i miei gusti. Mi piace il rock classico, sono un estimatore dei romanzi contemporanei (si, anche thriller, mi hai beccato) e non sopporto l'arte moderna, mi definirei un tipo decisamente più neoclassicista. Mi è venuto in mente che tra tutto il nostro scambio cartaceo non mi è mai venuto in mente di chiederti quanti anni hai... ma so che non è cosa da chiedere ad una signora, e visto che sto cercando di imparare le buone maniere, girerò intorno all'ostacolo dicendoti la mia di età; a buon intenditor poche parole. Compirò 33 anni il prossimo 29 Novembre, e stranamente mi sento molto più vecchio. Ero impaziente di ricevere la tua lettera per stupirti con ben due buone notizie: ho trovato lavoro, diventerò allenatore dei Leoni, la squadra di baseball del liceo locale. Per quanto la cosa mi metta addosso ansia (non entro in un campo dal mio incidente) il baseball è sempre stata l'unica cosa in cui sono bravo. La seconda è testimoniata dalla foto, l'uomo dall'aspetto truce e severo che vedi è mio padre, Tywin Lannister, e oggi sono andato a parlargli per la prima volta dopo anni. Non è andata benissimo, ma è un inizio, e sono molto contento di averlo fatto.
Mi hai chiesto di mia madre, hai ragione, non l'ho mai nominata, e ne parlo pochissimo. Purtroppo, come per la tua, anche mia madre è morta molto giovane; io avevo otto anni. C'è stata un complicazione durante il parto di mio fratello, e lei non l'ha superato. Era una donna molto dolce e gentile, ricordo che amava stare con me e mia sorella per ore anche se mio padre insisteva per assumere una tata. Ogni tanto mi manca la sua presenza, il modo in cui riusciva a rassicurarmi in qualsiasi situazione, a farmi sorridere. Penso che mia sorella inconsciamente dia a Tyrion la colpa della sua morte, forse è per quello che non sono mai riusciti ad andare d'accordo; a me personalmente dispiace che lui, come te, non abbia alcun ricordo di lei. Sono sicuro che nostra madre l'avrebbe amato molto meglio di come ha fatto mio padre. Prima che mi dimentichi, Onore sta bene, anche se ingrassa a vista d'occhio, dovrei metterlo a dieta. Ti assicuro che ti manda i suoi migliori saluti.
Alla prossima, e non preoccuparti dei ritardi, aspetterò.

 
Jaime Lannister

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Capitolo 7
*** Attesa ***


(...)
Alla prossima, e non preoccuparti dei ritardi, aspetterò.

 
Jaime Lannister




Aspetterò. Quell'unica parola, concisa e sottile, scritta dalla mano incerta di un uomo che non aveva mai visto e che viveva dall'altra parte del mondo riuscì a commuoverla in un modo che Brienne non credeva possibile. 
Non c'era mai stato nessuno ad aspettarla a casa. Nessuno a cui poter raccontare le sue giornate, nessuno da cui pensare di poter tornare, una volta che tutto questo fosse finito.
E adesso, lui l'aspettava. Lui si era preoccupato per lei, si era interessato a lei, le aveva aperto il suo cuore. La parte più razionale di lei le diceva che doveva rallentare, stare calma, che un uomo che non aveva mai visto poteva aver benissimo falsificato qualsiasi emozione scritta in quelle lettere, eppure... eppure la parte più nascosta del suo io, quella che non mostrava mai a nessuno per paura di apparire debole fremeva al solo pensiero dell'uomo che si nascondeva dietro quella calligrafia bislacca.
Sapeva che da lì a poco sarebbero dovuti partire, ma non voleva rischiare di lasciar passare troppo tempo tra una lettera e l'altra. Appoggiò la carta sottile allo zaino da viaggio pronto sul letto e iniziò a scrivere la sua risposta.

22 Agosto 2002

Jaime,

Non sai quanto sono felice di sapere del tuo nuovo lavoro! Pagherei oro per vederti gestire degli adolescenti, burbero come sei! Ma sono sicura che te la caverai alla grande. Ti dirò che non so nemmeno io per quanto tempo ancora ci lasceranno qui. Purtroppo le acque sono molto agitate in questo periodo, e nessuno sembra sapere quando e se potremmo avere un periodo di congedo per tornare a casa. Come dici tu, è piuttosto pesante restare qui continuamente, senza poter mai veramente abbassare la guardia, ma io sono anche abbastanza fortunata. Infatti ammiro molto di più certi miei compagni, che riescono a rimanere qui a fare il loro dovere nonostante a ci siano una famiglia, magari anche dei bambini piccoli ad aspettarli. Anche se io tornassi a casa probabilmente passerei la mia licenza in caserma, quindi non sono da elogiare. Anzi, tu sei da elogiare... tuo padre fa paura persino in foto, non oso immaginare dal vivo! Non so bene cosa sia successo tra voi, ma devi essere fiero di te, non è da tutti riuscire ad affrontare di petto un problema invece di scappare, e tu ci sei riuscito! 
Per rispodere alla tua domanda (perché di quello si tratta) ho 28 anni compiuti il 21 Febbraio. Mi ricordo che mia nonna quando ero molto piccola mi parlava sempre dei segni zodiacali, delle costallazioni e degli ascendenti; era una donna buffa, ma mi divertiva stare con lei. Sento le sua parole aleggiare nell'aria in questo momento "Pesci e Sagittario sono segni forti, finiranno per tagliarsi la gola a vicenda se li lasci nella stessa stanza." Dava sempre questi consigli molto astrali, anche se questa volta sembra aver avuto ragione, se ci fossimo incontrati dopo le nostre prime lettere...
Comunque vista la mia giovane e splendente età ho tutto il diritto di darti del vecchio, e sappi che non mi lascerò scappare nemmeno un'occasione per ricordartelo! 
Mi dispiace molto per tuo fratello, però da come me ne parli sembra essere cresciuto bene nonostante tutto, e sono sicura che vostra madre sarebbe orgogliosa di voi due. Sto per partire per una missione molto importante, al mio ritorno è probabile che troverò una tua lettera ad aspettarmi e devo dire che l'idea non mi dispiace, anche se trovo la tua passione per i thriller leggermente discutibile.

 
Brienne Tarth



Il camion si muoveva a scatti, sobbalzando ogni volta che colpiva una delle tante buche disseminate nel terreno, dando a Brienne un leggero senso di nausea. Pensava di essere ormai abituata a certe emozioni, ma da quando erano tornati a servire nella "zona calda" una continua sensazione di ansia pervadeva lei e gli altri uomini; c'era nell'aria qualcosa di grosso, potevano sentirlo tutti. Cercò di ignorare Loras che, davanti a lei, la scimmiottava mandando baci al nulla da quando, prima di partire, l'aveva vista imbucare in tutta fretta la lettera appena scritta. Il camion si fermò di scatto e tutti gli uomini si guardarono intorno confusi; di certo non potevano essere già arrivati. Renly alzò la mano, imponendo il silenzio e si avvicinò al guidatore "Cosa succede?" a Brienne non sfuggì il tono preoccupato dell'uomo. "La strada è bloccata da dei rottami, signore. Non possiamo proseguire in queste condizioni." 



Renly si passò la mano sul volto, incerto sul da farsi. "Bene, scendiamo e liberiamo la stra..." La voce di Renly fu interrotta da un'enorme boato che scaraventò Brienne in aria, facendole perdere per un attimo la concezione della realtà attorno a lei. Andò a sbattere contro Loras mentre il furgone si ribaltava e per un momento si sentì prendere dall'oscurità. Riaprì gli occhi qualche secondo dopo, o almeno, così le sembrava. Accanto a lei Loras si stava rialzando a sua volta e, aiutandosi a vicenda, riuscirono ad uscire dal furgone ormai inservibile. Brienne impugnò il fucile mentre cercava disperatamente con lo sguardo Renly, le pallottole nemiche che lasciavano solchi ai loro piedi. Raggiunse gli altri uomini al coperto dietro i rottami, mentre nei loro occhi riusciva a leggere lo stesso terrore che probabilmente lampeggiava nei suoi: un'imboscata. Il fischio dei proiettili rimbombava ovunque insieme alle urla degli uomini, ma Brienne cercò di rimanere calma e concentrata: era stata addestrata per quei momenti, sapeva cosa fare. Si girò velocemente in ginocchio, puntando il fucile verso le rocce davanti a loro, e pensò con una punta di disperazione che era un posto dannatamente buono per un imboscata. 



Cercando di coprire come poteva Loras che rispondeva al fuoco accanto a lei, si accorse che Renly non aveva ancora raggiunto i suoi uomini al coperto. Brienne alzò lo sguardo verso i resti del camion e quello che vide le fece saltare il cuore in gola: Renly era a terra, le mani sulla coscia destra, cercando senza molto successo di fermare il sangue che gli usciva copioso da una ferita. Brienne valutò solo per un secondo la posizione allo scoperto del suo capitano, le altissime probabilità di morte che c'erano nel portarsi fuori dalla zona sicura che avevano creato e il fatto che portare Renly in salvò fosse probabilmente aldilà delle sue forza fisiche, poi si rivole agli uomini dietro di lei "Copritemi!" Si lanciò in campo aperto senza esitare mentre il tempo intorno a lei sembrava dilatarsi all'infinito; dopo quelli che le parvero minuti interi, ma che non dovevano essere stati più di trenta secondi, raggiunse l'uomo a terra. "Tarth, cosa diavolo pensi di fare?" Brienne non rispose mentre con occhio attento valutava la ferita. Il proiettile doveva essersi fermato sul femore, ma fortunatamente non sembrava aver preso nessuno dei principali vasi sanguinei. Tirando un respiro di sollievo nonostante sentisse ancora i proiettili volare nell'aria intorno a lei, prese il braccio di Renly portandoselo sulle spalle, caricandosi gran parte del peso dell'uomo addosso.



Cominciò a camminare verso il resto della truppa lentamente, l'adrenalina che le scorreva in corpo impetuosa, appena consapevole di ciò che le succedeva intorno, l'unica cosa che sapeva era che doveva raggiungere gli altri, allora tutto sarebbe andato bene. Gocce di sudore le scorrevano sul viso e lungo la schiena, coprendole gli occhi senza che lei potesse farci niente, ma continuò ad andare avanti. Avanzò anche quando sentì una fitta di dolore acuto e lancinante attraversarle il braccio, e per un momento pensò di cadere. Il suo intero corpo ruggì di sollievo quando sentì il peso di Renly diminuire drasticamente su di lei e si girò per vedere Loras che aveva preso l'altro braccio del capitano e l'aiutava a trasportarlo al sicuro. Sentì uno spontaneo sorriso di sollievo salirle alle labbra avvicinavandosi agli altri mentre dalle loro spalle continuavano a raggiungerli i suoni degli spari. Brienne si sentiva sempre più debole, ma si aggrappava alla certezza di non poter mollare, di non poter lasciare Loras e Renly da soli, non in quel momento. Mancavano ormai una decina  di metri quando Brienne udì un boato alle sue spalle, e si sentì scaraventare in aria prima di riuscire a fare altro. Cadde sul terreno con un impatto che le tolse completamente l'aria dai polmoni, strinse le mani nell'aria cercando di aggrapparsi a Renly che però non trovava da nessuna parte. Annaspò cercando di riprendere fiato mentre il rumore intorno a lei si faceva più assordante che mai e il suo corpo sembrava averla abbandonata completamente. Il suo ultimo pensiero prima di svenire fu che non sarebbe mai riuscita a vedere il volto di Jaime Lannister.




Jaime sorrise leggendo le ultime righe della lettera, una leggera sensazione di calore che si faceva largo nel suo animo al pensiero di quanto si erano fatti stretti i rapporti tra loro due in quei mesi. Aveva rivelato a Brienne cose che non si sarebbe mai sognato di dire a nessuno, nemmeno a suo fratello, e per quanto sapesse che il fatto di scrivere tutto rendesse le cose più facili, non poteva negare che era il carattere di Brienne a spingerlo ad aprirsi in quel modo con lei.
Un'idea gli balenò in mente prima di riuscire a fermarla, e capì subito che era la cosa più sensata da fare. Prese carta e penna e cominciò a scrivere, un leggero sorriso che gli increspava le labbra.


10 Settembre 2002

Cara fanciulla,

Mi fa piacere sapere che trovi dilettevole questo nostro piccolo scambio di corrispondenza, sappi che il sentimento è reciproco nonostante tu sappia essere davvero una giovane fastidiosa quando ti metti (immaginami con un bastone mentre mi lamento della tua irriverenza giovanile). Questa settimana ho fatto la prima lezione con i ragazzi del liceo e devo dire che come buona azione per questa lettera ho scelto (tra le molte che compio ogni giorno, parola di lupetto) il fatto di non aver ancora ucciso nessuno dei miei allievi. Sono dei piccoli sbruffoncelli con più ormoni che sale in zucca, ma qualcuno di loro sembra promettente. Sfortunatamente si tratta del liceo che frequenta mio nipote (ti ho già parlato di lui, vero? Il maggiore, lo stronzetto) che ha ovviamente detto a tutti i suoi compagni della mia menomazione e di quanto io sia di conseguenza inutile... sarà dura farmi rispettare da loro, ma vedranno chi è che comanda questa squadra.
Mi sono reso conto scrivendo questa lettera che sono passati nove mesi dalla prima volta che ti ho scritto e mi sono soffermato a pensare a quanto sia cambiata la mia vita in questo tempo... cambiata decisamente in meglio, e penso che una minima, piccolissa parte di questo successo sia dovuto anche a te Brienne... Per questo volevo chiederti, anche senza sapere se e quando, se per caso una volta in licenza non avresti voglia di venire a trovarmi... Mi farebbe molto piacere conoscerti dal vivo, e non c'è traccia di ironia in questa frase, lo giuro. Spero di ricevere presto tue notizie, stai attenta,


 
Jaime Lannister




Quando Brienne aprì gli occhi e vide il bianco intorno a se, pensò di essere morta. Poi però arrivò il dolore, prima sottile poi sempre più forte, impetuoso, a stringerle il capo e il braccio. Gli eventi dello scontro le tornarono in mente vorticosamente, confusi e spezzati mentre sentiva l'ansia crescerle dentro. Cos'era successo dopo? Dov'era Renly? E lei, dove si trovava? La vista cominciò a farsi sempre meno sfuocata e si rese conto con una punta di sollievo di trovarsi in un letto d'ospedale. Girò la testa con un movimento che le procurò un dolore lancinante e il sollievo aumentò a dismisura quando vide accanto a lei Renly, che la guardava con un sorriso sollevato. Oltre ad una grossa fasciatura sulla gamba e i tubicini della flebo che gli entravano nel braccio Brienne non vide nulla di preoccupante e si permise di sorridergli a sua volta. Rimasero fermi in silenzio, semplicemente felici di essere entrambi vivi, per quella che a Brienne sembrò un eternità. Ad un certo punto Renly aprì la bocca per dirle qualcosa, ma fu interrotto dalla porta che si spalancò all'improvviso, lasciando entrare un Loras radioso come il sole "Allora Tarth, hai sentito?" Brienne lo guardò confusa e il sorriso di lui si fece ancora più grande "Ci mandano a casa!"

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Capitolo 8
*** Scontri ***


Ci vollero quasi venti, lunghissimi secondi di panico assoluto prima che Brienne riuscisse a ricordarsi dov'era, e quando lo capì si lasciò sfuggire un involontario sospiro di sollievo. Le mani accarezzarono le soffici lenzuola che sembravano seta in confronto a quelle che aveva in servizio mentre gli occhi si abituavano alla luce che entrava dalla finestra. Si alzò con calma, altra cosa a cui ormai aveva perso l'abitudine, stiracchiandosi come una gatto sotto la dolce luce del mattino. Le urla dei soldati e il rumore degli elicotteri erano stati sostituiti dal lento rumore delle macchine e dal cincischiare della radio nella stanza accanto. Guardò ai suoi piedi e quello che vide la fece sorridere in un modo spensierato come non ricordava di aver fatto da tempo: erano pantofole rosa morbide e calorose e lei fu piacevolmente sorpresa nel vedere che le calzavano a pennello.
 
 
 
"Buongiorno!" Loras le lanciò un grande sorriso non appena uscì dalla stanza "Vedo che hai trovato le pantofole!" "Grazie, sono molto comode." Brienne vide la sorella di Loras spuntare dalla cucina e si trattenne da altri commenti sarcastici sulla scelta delle sue ciabatte, sapendo che probabilmente era stata proprio la premurosa ragazza a comprarle per lei. Margaery Tyrell, vestita di tutto punto per il lavoro fece il suo ingresso nella stanza come faceva sempre, quasi come fosse una regina. "Buongiorno" disse sorridendo a Brienne e lanciando un occhiata seccata a Loras che teneva impunemente i piedi sul tavolo "Questa casa..." "...non è un albergo" finì Loras masticando rumorosamente un toast "Mi chiedo ancora perché ti ospito. Non tu Brienne" si affrettò ad aggiungere guardandola "Tu sei la benvenuta." "A proposito, non ho ancora avuto l'occasione di ringraziarti per avermi ospitata, non avrei saputo dove andare altrimenti." "Figurati, sono io che ti sono debitrice per come ti prendi cura di Loras... Sarebbe già stato ridotto ad uno scolapasta se non ci fossi tu a guardargli le spalle." Il ragazzo emise un brontolio imbronciato, ma non negò "Comunque, devo andare in tribunale Loras, vedi di non distruggere niente mentre sono via." "Margy non sono più un bambino." "Su questo ho i miei dubbi. E non chiamarmi Margy." La donna uscì sbattendo la porta e Brienne si sedette sul tavolo con un sospiro "Dovresti smetterla di stuzzicare tua sorella, è sempre così gentile." "Qualcuno deve pur ricordarle che non è la regina del mondo. Da quando l'hanno promossa a socio del suo studio legale si da tante di quelle arie..." "Parla l'uomo più umile sulla faccia della terra!"
 
 
 
Loras si tirò su di scatto e la guardò con occhi improvvisamente maliziosi "Scusa, ma noi stiamo parlando dei bisticci tra me e mia sorella? Quando a pochi chilometri da te c'è Mister Fantastic che ti sta aspettando?" Brienne assunse improvvisamente una tonalità rosea cercando di evitare lo sguardo dell'amico "Ne abbiamo già parlato, non mi sembra il caso di fare improvvisate." "Ma gli hai almeno scritto che siamo tornati?" "Be... Non che non volessi dirglielo, non c'è stato tempo." I sospetti di Brienne che quella fosse solo una scusa che si raccontava per non affrontare la situazione furono immediatamente confermati dalla fragorosa risata ironica di Loras "L'impavida Brienne di Tarth, sopravvissuta a mille battaglie che trema all'idea di conoscere un uomo... E' un momento memorabile." Brienne si passò una mano tra i corti capelli biondi "Non è quello, non capisci. E' così bello potergli mandare quelle lettere, potergli scrivere quello che provo, leggere di una realtà che non è quella in cui viviamo noi tutti i giorni. Ma non sono sicura, insomma se... se non gli piacessi? Dal vivo intendo. Non so se riesco ad essere la stessa persona che ha scritto quelle lettere. E se lui mi trovasse noiosa, antipatica e non mi scrivesse più? Non voglio perdere questa cosa, non voglio davvero." "Wow" il sorriso di Loras si era spento sul suo viso e ora la guardava serio "Sai, penso che lui ormai si sia reso conto di che tipo di persona sei. E’ stato lui a scriverti che ti vuole vedere, no? L’hai pure sgridato per il suo modo di fare e lui vuole ancora vederti, non è poco!” Loras schivò abilmente un biscotto che Brienne gli aveva lanciato con stizza.
 
 
 
“Penso che anche lui all'inizio avrà bisogno di adattarsi a questa nuova situazione ma Brienne, se ti rende felice, e rende felice lui, perché non provarci?" Brienne lo fissò per un lungo momento, indecisa se rivelare completamente o meno quello che si sentiva dentro in quel momento "Quando sono svenuta, dopo aver salvato Renly... Ho pensato di morire. Ho chiuso gli occhi pensando davvero che non avrei più visto nient'altro, e il mio ultimo pensiero è stato che... che non sarei mai riuscita a vederlo in faccia." Loras arcuò un sopracciglio, ma fu la sua unica reazione alla rivelazione mentre ascoltava in silenzio "E adesso che ho l'occasione di andare, di vederlo per davvero... So che devo farlo, voglio farlo, ma ho paura. Non sono brava con queste cose, con le persone... Ho paura di rovinare tutto." Loras le sorrise e le strinse affettuosamente la mano, un gesto che nessuno dei due si sarebbe permesso di fare laggiù "Ma se mai non provi, mai non saprai. Non tornare là con questo rimpianto, te lo chiedo come amico... Poi chi ti sopporterebbe più?" Brienne sorrise e si sentì più sollevata: Loras aveva ragione, era una cosa che doveva fare, quello che sarebbe successo poi dipendeva solo da lei.
 
 
 
 
Briene scese dal taxi guardandosi intorno interessata, le alte case coloniali che si ergevano in pendenza sulle colline della città. Non c'era voluto poi molto tempo per spostarsi da Los Angels a San Francisco, eppure il viaggio le era sembrato eterno, tanto era ansiosa di ciò che l'aspettava. Certo, sarebbe stato meglio avvisare Jaime del suo arrivo, ma non c'era tempo di mandargli una lettera e non possedeva il numero di telefono della casa... nemmeno il numero della casa, ora che guardava bene. Biascicò un'imprecazione a denti stretti; e adesso? Non pensava di trovare così tante case, si era aspettata una via più piccola, più contenuta, e invece aveva davanti un lungo stradone pieno di case e nessuna idea su come iniziare. Sconsolata vagò per un po’, alla ricerca di un segno divino in cui non sperava solo per non rimanere ferma. Si lasciò cadere su una panchina che dava su un piccolo parco giochi, meditando sul da farsi. Forse avrebbe dovuto semplicemente lasciar perdere, tornare a casa ed inventare una qualche storia a Loras, tipo che Jaime non aveva voluto vederla. Il pensiero dell'amico le fece venire in mente la promessa fatta prima di partire e si affrettò a trovare un telefono pubblico. Inserì le monete maledicendo la sua goffaggine che sembrava accompagnarla ovunque quando si toglieva di dosso l'uniforme.
 
 
 
"Pronto?" "Ehi, Loras, sono io. Sono arrivata, tutto bene." "Ottimo! Senti questa devo proprio dirtela..." Brienne sospirò leggermente ma non disse nulla mentre il tono di Loras cresceva dall'altro capo dell'apparecchio "Hai presente che Margaery fa l'avvocato, no? Beh le ho detto chi stai andando a trovare.." "Loras non riesci proprio a farti i cavoli tuoi?" "Shhh ascolta. E' venuto fuori che Margy conosce bene la sorella di Mister Fantastic." "Cosa?? La sorella stronza? Oddio ora che ci penso mi aveva detto che lavorava in uno studio legale..." "Non uno studio legale qualsiasi, il più famoso di San Francisco, quello del padre. A quanto dice lei sono entrambi degli squali, vincono ad ogni costo e il loro motto è tipo "Paghiamo sempre i nostri debiti" o una cosa del genere. Lei è considerata la regina delle avvocatesse californiane e mia sorella ha letteralmente detto "Venderei un rene per essere come lei"... Sinceramente credo sarebbe capace di farlo." "Loras, qual è il punto di questa conversazione?" "Il punto è che stai entrando nella tana del leone! Pensavo dovessi essere pronta." "Affrontiamo ogni giorno uomini armati, penso di sapermela cavare con un avvocatessa snob." Brienne cercò di usare un tono convincente, ma non ne era molto convinta. In che guaio si era cacciata?
 
 
 
Senza prestare molta attenzione al borbottio di Loras dall'altro capo del telefono seguì con lo sguardo i passanti sulla strada davanti a lei, immersa nei suoi dubbi. Ad un certo punto qualcosa catturò la sua attenzione "Ommiodio" "..e quindi Renly mi ha detto che... Cosa? Cosa succede?" "Scusa Loras devo andare!” Brienne riattaccò nonostante le proteste di Loras e uscì dalla cabina, attraversando la strada di corsa "Ommiodio sei proprio tu, Onore!” Il grosso gatto rosso la guardò pigramente lasciandosi sfuggire un miagolio di saluto e lei sorrise. Allungò la mano titubante e il gatto senza occhio l'annusò per un lungo momento prima di strusciarsi contro di lei facendo le fusa "Lo sapevo che eri un gattone simpatico." Il gatto però si stufò presto delle sue attenzioni e si allontanò da lei ancheggiando e muovendo la coda sinuosamente. Per un momento Brienne pensò di seguirlo, ma non aveva bisogno di diventare la pazza che inseguiva il gatto; aveva già abbastanza problemi. Ma se lui era lì, allora doveva essere vicina a Jaime! Ma dove iniziare? Era pronta a fare porta a porta per tutte le case della via pur di trovarlo? Non sarebbe sembrata un tantino... disperata? Non era capace di fare queste cose, non lo era mai stata. Vide un bar più avanti e con un sospiro decise che era il momento adatto per un caffè, almeno avrebbe potuto riposarsi un attimo.
 
 
 
Allungò la mano per aprire la porta, ma andò a sbattere contro qualcuno che usciva in quel momento. L'uomo perse la presa sui caffè che teneva in mano e questi si rovesciarono addosso ad entrambi "Maledizione!" esclamò arrabbiato "Stai più attenta la prossima volta!" Brienne lo guardò sconvolta "Io devo stare più attenta?? Ma se lei è uscito senza guardare!" "Non sarebbe successo niente se non ti fossi messa in mezzo." "Senta, non ho davvero tempo da perdere con un maleducato come lei se" Poi lo vide. Quando scontrosi e acidi maleducati senza mano destra potevano esserci in quel quartiere?
 
 
 
 
Jaime fissava la televisione senza veramente guardarla da quasi mezz'ora. Era il suo giorno libero, i suoi nipoti erano a scuola, l'appuntamento con Tyrion era ancora lontano e persino il gatto aveva deciso di lasciarlo da solo quella mattina. Come gli succedeva spesso quando non aveva nulla da fare, gli venne un improvvisa voglia di bere. Non teneva più alcolici in casa, non da quando aveva iniziato ad andare alle riunioni degli alcolisti anonimi e aveva deciso di ripulirsi per davvero. Cercò di distrarsi, di pensare chiaramente a dieci buoni motivi per non mettersi a bere, ma in quel momento riusciva solo a pensare a un buon motivo per farlo: il fatto che Brienne non gli aveva ancora risposto. Certo, gliel'aveva detto che sarebbe stato un periodo difficile e incerto e lui l’aveva accettato senza problemi, ma gli rimaneva sempre dentro quel piccolo nodo di preoccupazione che lo portava a pensare sempre al peggio. E se le fosse successo qualcosa? O se non le fosse piaciuto il modo in cui si era fatto avanti nella sua ultima lettera? Forse non gli rispondeva perché non sapeva come declinare il suo invito senza sembrare scortese. Lui le aveva scritto quello che sentiva, ma forse non ci aveva riflettuto abbastanza, era troppo presto e l’aveva spaventata.
 
 
 
Si diede per l’ennesima volta dell’idiota mentre si alzava dal divano, troppo irrequieto per fingere ancora che stesse andando tutto bene. Prese la giacca e si incamminò verso il bar all’angolo, deciso a prendersi almeno un paio di caffè per resistere alle tentazioni prima dell’arrivo di Tyrion. Sorrise pensando a quello che tante volte gli avevano detto, ovvero che un uomo in preda alle dipendenze non riusciva mai a liberarsene del tutto, così lui era passato dalla birra al caffè senza battere ciglio e soprattutto senza sentirsi in colpa. Entrò nel piccolo locale accogliente e ordinò dei cappuccini alla simpatica ragazza bionda al banco, l’unica che ormai non faceva quasi caso alla mano mancante. Molte volte il suo dottore gli aveva proposto delle protesi sostitutive, ma lui non se la sentiva. Come poteva un oggetto freddo e inanimato prendere il posto della sua mano? Si sentiva di gran lunga più a suo agio con il moncherino, anche se questo lo rendeva oggetto di sguardi e bisbigli. Ancora una volta pensò a quanto fosse strana la sorte che aveva sostituito gli sguardi di ammirazione che una volta lo accompagnavano ovunque a quelli di pietà che ora tutti gli lanciavano di nascosto. Pagò il caffè provando quello strano senso di indipendenza che ultimamente gli capitava di provare spesso quando pagava le cose con il suo stipendio invece che con i soldi di suo padre; era una delle piccole soddisfazioni che aveva cominciato a permettersi in quel periodo, e non se ne era ancora stancato.
 


Aprì la porta e andò a sbattere contro un’alta donna bionda, perdendo la presa sui contenitori del caffè che andò a spandersi sulla sua camicia e sulla maglia dell’altra. L’irritazione nervosa che aveva accumulato in quei giorni tornò a galla prepotente mentre si girava a guardare la bionda in cagnesco “Maledizione! Stai più attenta la prossima volta!” Nello sguardo leggermente sconvolto della donna riuscì a leggere la realtà dei fatti, ovvero che probabilmente la colpa era anche sua se si erano scontrati "Io devo stare più attenta?? Ma se lei è uscito senza guardare!" il tono arrabbiato della donna lo fece sorridere internamente, non era tipa da lasciar correre, il suo genere di persona preferita da importunare "Non sarebbe successo niente se non ti fossi messa in mezzo." Le disse sperando di portare avanti quella discussione ancora per un po’; tutto pur di distrarsi. Lei aggiunse altro, ma lui le aveva già visto qualcosa cambiare negli occhi e intercettò il suo sguardo diretto al moncherino. Ecco che ci siamo, pensò, era in arrivo una sequela infinita di scuse e futili preoccupazioni sulla sua salute, cose che di solito la gente gli riversava addosso quando si accorgevano di aver urlato dietro ad uno storpio. Invece rimase sorpreso quando il volto di lei si illuminò con un sorriso, rendendola molto più bella di quando lui non avesse osservato al primo sguardo “Jaime!” Dire che la cosa lo stupì era poco; la conosceva? Cercò nella sua mente un ricordo da poter associare alla donna, ma non riusciva a farsi venire in mente nulla. Prima che lui potesse chiederle niente la ragazza esclamò “Il Giovane Leone, ti ho trovato! Chissà come mai non ti immaginavo biondo.” Jaime era sempre più confuso finché qualcosa non si accese nella sua testa e una vasta gamma di emozioni gli attraversò l’animo; che fosse… che fosse davvero lei? “Brienne?” domandò quasi in un sussurro. La donna annuì e lui si sentì tremare un pochino le ginocchia. Era lei, era reale, era venuta per lui. La sola consapevolezza di ciò lo lasciò per un attimo senza fiato mentre la donna lo guardava in attesa di una reazione. Jaime si sentì l’uomo più idiota del mondo quando l’unica cosa che riuscì a blaterare fu “Sei… sei alta.” 

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Capitolo 9
*** Proposta ***


"Sei... sei alta."



"Bè, suppongo di si." Brienne si sentì arrossire leggermente sotto lo sguardo pieno di curiosità di Jaime, ma cercò di nascondere l'imbarazzo dietro ad un sorriso sincero "Finalmente ci conosciamo." Jaime sembrò come risvegliarsi dal sonno e sorridendo fece per tenderle la mano destra, ma fermò il movimento a mezz'aria ridendo "Forza dell'abitudine, devi scurarmi, è da un po' che non mi presento a qualcuno." "Strano" disse Brienne guardandolo divertita "mi sembri una persona così sociale." "Ahhhh cominciamo subito con l'ironia, fanciulla?" "No, non ci provare. Posso anche sopportarlo per lettera, ma di persona..." Brienne cercò di suonare convincente, ma tutta la situazione sembrava imbarazzarla e divertirla allo stesso tempo; davanti alla porta di un bar a parlare con un uomo che non aveva mai visto, entrambi sporchi di caffè caldo e sorrisi molto idioti sul viso. 



"Allora lo userò solo quando meno te lo aspetti." Jaime sorrise più apertamente e Brienne si concesse un lungo sguardo al suo viso per guardarlo bene per la prima volta. I capelli e la barba erano di un biondo scuro, tendente al castano, gli occhi grandi e di un verde acceso, che ricordava a Brienne la meraviglia che aveva provato nel rivedere per la prima volta un prato rigoglioso dopo mesi nel deserto. Anni prima Jaime doveva essere stato di una bellezza statuaria, di cui aveva ancora qualche residuo negli zigomi taglienti e nella mascella ben delineata, ma lo stress e soprattutto i vizi in cui doveva essere caduto dopo l'incidente avevano lasciato i loro segni sul suo viso, segnato da profonde rughe e occhiaie. Era ancora un bell'uomo, pensò Brienne distogliendo lo sguardo, un uomo vero, più reale del divo che doveva essere stato all'apice della sua carriera. Era calato il silenzio tra loro e Brienne si accorse che Jaime la stava osservando con la sua stessa cura. 



Chissà cosa vedeva in lei. Avrebbe notato le spalle larghe, troppo larghe per una donna? O la fronte eccessivamente grande, i capelli troppo corti? In quel momento si sentì anche più vulnerabile di quanto non si sentisse nel bel mezzo di uno scontro a fuoco e provò l'istintivo impulso di correre via, prendere un autobus e tornarsene a Los Angeles con la coda tra le gambe. "E' strano no?" disse lui all'improvviso "Vedersi così, per la prima volta dopo tutte le parole che ci siamo scritti..." Brienne respirò profondamente, le parole di Jaime che le facevano capire che non era sola in quella barca, che erano in due ed erano insieme. "Si, è... sembra quasi impossibile." Jaime annuì in silenzio e poi senza preavviso le porse il braccio "Bene fanciulla, vuoi farmi l'onore di essere mia ospite questa sera?" La mente di Brienne era piena di dubbi, di pensieri contrastanti che si accavallavano dentro di lei, ma guardando nuovamente negli occhi verdi dell'uomo davanti a lei, seppe che c'era un'unica cosa giusta da fare, quindi lo prese a braccetto e insieme si incamminarono lungo la strada.




Jaime faticava a tenere la mente concentrata su un flusso di pensieri razionali mentre stringeva timidamente il braccio di Brienne e l'accompagnava verso casa sua. Attorno a loro i passanti lanciavano sguardi incuriositi alla strana coppia che avanzava e, in effetti pensò lui con un mezzo sorriso, un uomo senza mano che camminava insieme ad una donna eccezionalmente alta non era una cosa che si vedeva tutti i giorni. Jaime si sentiva ancora scombussolato dall'incontro improvviso che aveva scatenato in lui emozioni contrastanti. Era felicissimo di conoscerla, di vederla veramente per la prima volta e soprattutto di sapere che era al sicuro, almeno per il momento, ma il fatto che lei fosse lì rendeva tutto così maledettamente reale che lo spaventava, si sentiva impreparato ad affrontare qualcosa che non conosceva, che in parte non capiva. Lanciò un occhiata a Brienne, cercando di catturare qualche emozione dal suo viso, ma lei sembrava beatamente tranquilla, troppo tranquilla, la serenità apparente smascherata dagli splendenti occhi azzurri che si muovevano velocemente, cercando di registrare tutto quello che potevano dell'ambiente intorno a lei. 



Gli occhi di lei erano stata la prima cosa che aveva notato, così grandi e luminosi da sembrare zaffiri impregnati di luce, tanto da riuscire a dare luce a tutto il volto. Jaime non l'aveva trovata bella in un primo momento, ma osservandola bene si era ricreduto; Brienne era particolare, ogni cosa di lei era unica quanto il carattere che aveva imparato ad apprezzare in quei mesi di corrispondenza. Teneva i capelli biondi tirati all'indietro, si muoveva goffamente, quasi non si sentisse a suo agio in vesti così diverse da quelle che era abituata a portare, e quando sorrideva le spuntavano delle fossette agli angoli della bocca che a Jaime sembrava di non aver mai osservato in nessun altro. Più che altro sapeva di non aver mai osservato così nessun altro; cercando nel suo volto e nel suo aspetto le parole che lei aveva scritto, i sentimenti che aveva riversato nella carta pregna d'inchiostro. In qualche modo, per qualche strano motivo che gli era sconosciuto, lei era diversa, e lui sentiva dentro un impulso quasi istintivo che lo spingeva a impressionarla, a farsi vedere al meglio. 



"Jaime? Ci sei?" Jaime si voltò di scatto, rendendosi conto di essersi perso nei suoi stessi pensieri incrociando lo sguardo interrogativo di Brienne "Scusa, cosa succede?" "Stavo dicendo, non è il tuo gatto quello?" Jaime guardò davanti a se giusto in tempo per non pestare la coda di Onore che lo fissava con il suo unico occhio come se lo ritenesse un idiota. In effetti in quel momento Jaime si sentiva molto idiota. "Certo, Onore! Era da ieri che non lo vedevo." Jaime si chinò per raccoglierlo mentre Brienne gli raccontava come l'aveva trovato poco prima mentre vagava alla ricerca della sua casa "Cavolo, dovevi avvertirmi... Anche se non so come avresti potuto farlo. Avresti potuto chiedere a qualsiasi abitante della via comunque, penso abbiano fondato un fan club contro di me." "Altre persone che odiano il signor Jaime Lannister?" Jaime rise scuotendo la testa "Abbiamo anche le tessere se sei interessata" "Interessata?? Dovrei essere nominata presidente del gruppo." "Mi dispiace, quel posto è riservato a mio padre." Ridevano entrambi mentre camminavano, Jaime teneva stretto Onore al petto mentre il gatto emetteva rumori tra il contento e l'irritato, come se potesse stufarsi da un momento all'altro delle attenzioni del padrone e trasformarsi in una tigre feroce. 




Svoltarono verso casa di Jaime, e Brienne rimase stupita nel trovarsi davanti quello che, visto l'aspetto, doveva essere il fratello di Jaime insieme ad una graziosa ragazza con il pancione. "Oddio Tyrion scusami, mi ero completamente dimenticato che dovevate passare." Jaime si affrettò a lasciare il gatto per aprire goffamente la porta di casa "E per una buona ragione direi." Brienne arrossì, per l'ennesima volta quel giorno, si ricordò con una punta di disagio, sotto lo sguardo inquisitore di Tyrion, accompagnata però da un sorriso sornione. "Perdona mio marito, non gli hanno mai insegnato a non fissare le persone." La donna la guardò con un sorriso e le porse la mano "Io sono Tysha, piacere." Jaime fu di nuovo al suo fianco, rosso in volto per lo sforzo o per l'imbarazzo e in quel momento le sembrò così simile ad un bambino colto in flagrante dalla madre che riuscì a stento a trattenersi dal mettersi a ridere "Si..ecco, loro sono mia cognata, Tysha e mio fratello Tyrion. Lei è la... ehm..lei.. lei è Brienne." 



Era la seconda volta che lui pronunciava il suo nome, ma forse per l'agitazione del primo sguardo, del primo momento in cui avevano capito entrambi di essere uno davanti all'altra, non aveva notato il modo dolce che aveva dirlo, così diverso dal modo militaresco con cui la chiamavano quasi tutte le persone della sua vita quando si azzardavano a chiamarla per nome e non semplicemente Tarth. Le piacque subito, in un modo così inconscio che da quel momento qualsiasi altro modo di pronunciare il suo nome le sembrò sbagliato. Potè vedere chiaramente gli occhi di Tyrion illuminarsi nel sentire il suo nome "La famosa Brienne! Finalmente ci conosciamo!" "Addirittura famosa?" piegò leggermente la testa in direzione di Jaime, che borbottò qualcosa sottovoce prima di invitarli ad entrare. La casa era quanto di più normale potesse esserci, ma a lei, così abituata a caserme fredde e spoglie lasciò addosso una piacevole sensazione di vissuto. 



Si vedeva chiaramente che Jaime non ci sapeva fare come padrone di casa, o che più probabilmente non era abituato a frequenti e numerose visite, ma riuscì comunque a preparare loro un caffè, rifiutandosi categoricamente di accettare l'aiuto di nessuno. Nel mentre Brienne cercava di fare conversazione con la coppia, ma non poteva evitare di lanciare sguadi pieni di curiosità verso Jaime e di distogliere velocemente lo sguardo quando si accorgeva che lui ricambiava il suo sguardo. "Quindi raccontaci Brienne, come mai vi hanno rimandati a casa?" Tyrion le sorrise incoraggiante mentre Tysha accanto a lui lo guardava con un'espressione tra lo scocciato e il divertito "Bè in realtà è stato un motivo abbastanza banale, siamo stati vittime di un imboscata e..." Dalla cucina si sentì un rumore di tazzine infrante e Jaime le si avvicinò, lo sguardo preoccupato "Cosa? Quand'è successo? Sei rimasta ferita?" Jaime ci mise qualche secondo a rendersi conto della sua reazione esagerata e cercò di ricomporsi portando la mano sul fianco con finta disinvoltura "E' stato quasi un mese fa, sapevano che strada stavamo percorrendo e ci hanno bloccato la strada... è stato un casino." Brienne cercò di sorridere nonostante gli sguardi preoccupati dei tre davanti a lei "Io sono rimasta in ospedale per un po' insieme ad altri del mio reggimento perché avevo un leggero trauma cranico... No niente di grave, davvero!" 



Brienne si affrettò a rassicurarli viste le espressioni "Adesso sto bene per fortuna... eravamo tutti traumatizzati e  ci hanno dato un permesso perciò... ora sono qui." "Be non tutto il male vien per nuocere, no?" Tyrion aeva appena fatto in tempo a parlare che Tysha gli aveva affibbiato una gomitata in pancia "La grazia di un elefante in una cristalleria. Mi dispiace per quello che ti è successo Brienne." Brienne le sorrise leggermente e spostò lo sguardo verso Jaime che sembrava insolitamente silenzioso; Brienne vide che si mordeva il labbro, come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa, la fronte corrugata per i troppi pensieri. Anche Tyrion parve notarlo e lo fissò con sguardo accigliato finché non parlò di nuovo "Figurati se riuscivano a fregarti, eh fanciulla?" il tono sembrò un po' forzato ma poi sorrise e la tensione improvvisa di poco prima sembrò spezzarsi. Continuarono a conversare e Brienne si stupì della propria loquacità; non era mai stata una persona molto socievole, eppure in quel momento si sentiva libera di esprimersi come voleva, per una volta senza il rigore del ruolo, senza quei convenevoli inutili che tante volte si sentiva in obbligo di scambiare con i suoi commilitoni. L'esercito era sempre stato la sua famiglia, eppure non si poteva togliere dai loro discorsi quel leggero senso di angoscia, di attesa che permeava ogni minuto della loro vita laggiù. 



Era coì facile perdersi nella piccola realtà di quella famiglia, la dolcezza con cui Tysha parlava del bambino che portava in grembo, l'amore negli occhi di Tyrion quando la guardava, il sorriso di Jaime quando lei riusciva ad inserirsi nel discorso. Come le aveva scritto una volta Jaime, lei e Tyrion si trovarono subito in sintonia; ammirava la sua schiettezza e il suo cinico senso dell'umorismo e le piaceva il modo in cui la trattava, così diverso da come faceva la maggior parte degli estranei, guardandola come se fosse un'aliena. Si rese conto dopo un po' che probabilmente era lo stesso trattamento che riceveva lui, e per questo si ritrovò ad apprezzarlo ancora di più. Tysha dal canto suo era un pezzo di donna, combattiva e gentile allo stesso tempo, pronta ad elargire un sorriso e a rimettere in riga il marito un attimo dopo e Brienne pensò che probabilmente era l'unica davvero in grado di tenere testa alla sagacità dell'uomo. Continuarono a parlare di lei, cosa che normalmente l'avrebbe messa a disagio, ma si rendeva conto che Jaime ormai conosceva quasi tutte le cose che la riguardavano e quel fatto le diede un'insolita sicurezza, di quel tipo che non era abituata a portare senza uniforme.



I loro discorsi furono bruscamente interrotti dallo stridulo suono del campanello e Jaime si alzò da tavola con cipiglio aggrottato, come se non si aspettasse altre visite quel giorno. Brienne sorrise leggermente nervosa mentre sentiva la porta aprirsi con un cigolio, e una decisa voce femminile farsi strada verso la stanza "Jaime, caro, dovresti davvero pensare di sostituire la mobilia; sembra di entrare in un pub di ubriaconi, non in una casa." Una donna alta, bionda e di una bellezza quasi feroce entrò nel salotto come se le appartenesse, la camminata aggraziata e allo stesso tempo imperiosa, ed evidentemente non aveva lasciato il tempo a Jaime di avvertirla dei suoi ospiti, perchè un'espressione di leggera sorpresa mista a seccatura le pervase il volto. "Ah. Tyrion. Non pensavo di trovarti qui." Guardò l'uomo con un occhiata di gelido disgusto e non si prese nemmeno la briga di salutare lei e Tysha. "Ovvio che non lo pensavi, altrimenti non saresti qui." Tyrion sorrise prima di sorseggiare tranquillamente il suo caffè e Jaime entrò nella stanza con aria lievemente imbarazzata "Come stavo  cercavo di dirti Cersei, ho ospiti." 



"Io veramente volevo parlarti in privato." Aveva parlato con voce glaciale, come se non le importasse minimamente della loro presenza lì "E posso immaginare l'argomento, ma puoi dire a papà che non ho cambiato idea. E adesso ti ripeto, ho ospiti, e vorrei svolgere i miei doveri di padrone di casa. Brienne," disse rivolgendosi a lei, che non riuscì a non sobbalzare leggermente per essere stata improvvisamente presa in causa "Questa è mia sorella, Cersei Lannister. Cersei, lei è la mia amica Brienne." La donna la guardò e fu come se per la prima volta si rendesse conto della sua presenza nella stanza. Il suo viso espresse prima leggera confusione, poi assunse una lieve sfumatura di disgusto che assomigliava vagamente a quella che prima aveva rivolto al fratello. Il suo sguardo passò da lei a Jaime per qualche attimo prima di fermarsi su quest'ultimo "Un'amica? Buon Dio Jaime, non mi ero resa conto che ti piacesse sentirti un nano... suppongo che sia una mania che ti ha passato Tyrion." Brienne rimase sconvolta dalla leggerezza con cui quella donna era riuscita ad offendere tutti i presenti in quella stanza, tutti suoi parenti oltretutto, ma nessuno degli altri sembrava particolarmente sconvolto. 



Tysha fissò con disprezzo palese la donna davanti a lei "Brienne fa parte del corpo dei Marines, serve il nostro paese, non si merita altro che rispetto da una persona come te." Cersei la guardò come se stesse guardando un insetto fastidioso "Oh, una soldatessa, adesso capisco... Jaime sono sicura che riuscirà ad essere abbastanza virile per tutti e due." Jaime serrò i pugni così forte da farsi sbiancare le nocche e Brienne non riuscì più a trattenersi "Mi avevano detto che eri la regina delle avvocatesse, non mi aspettavo fossi anche la regina delle stronze, che sorpresa." Sentì Tyrion accanto a lei tossire quando il caffè gli andò di traverso mentre Tysha si portava la mano alla bocca per non scoppiare a ridere. Sorprendentemente, Jaime la guardò con un'espressione grata che le cacciò dall'animo la paura di aver oltrepassato il limite. Cersei Lannister la guardò stupita, e sul viso le affiorò un sorriso pieno di veleno "Vedo che sono di troppo in questa allegra combriccola" si girò verso Jaime, guardandolo dall'alto in basso "Ti farò sapere quando avrò bisogno di te per i bambini." E con un'ultima, imperiosa occhiata, uscì dalla casa sbattendo la porta. 



Brienne si rese conto della tensione che il suo ingresso aveva lanciato nella stanza solo quando si spezzò dopo quell'uscita di scena. Tyrion la guardò con piena ammirazione "Ricordami di offrirti una cena per questo momento." Brienne rise e il suo umore migliorò decisamente mentre finivano il discorso e salutava la coppia quando decisero di tornare a casa, promettendo loro che si sarebbero rivisti quanto prima. Brienne sentì l'agitazione farsi nuovamente strada in lei quando realizzò che era di nuovo sola con Jaime. Lui la guardò con un sorriso un po' triste "Ti prego di scusarmi per mia sorella. Lei... lei non è una persona facile. Non è sempre stata così, una volta era diverso, ma il matrimonio, il lavoro.... Forse mantengo ancora i contatti nella speranza che ritorni la ragazza dolce di una volta, per quanto vana. Ti ringrazio per averla zittita prima." Brienne scrollò le spalle "Ma figurati, è stato un piacere." 



Calò il silenzio tra loro mentre Jaime sembrava combattuto, come se stesse cercando di trovare il coraggio di chiederle qualcosa; Brienne sentì il cuore accelerare i suoi battiti senza poterlo fermare. "Io... io insomma, volevo chiederti se avevi intenzione di fermarti in città. Se vuoi posso ospitarti, puoi stare in camera mia, io dormo volentieri sul divano." Brienne lo guardò con un sorriso nervoso "Grazie, ma ho già trovato un alloggio, c'è un b&b qui vicino così... se poi dormivi sul divano c'era il rischio che Onore ti soffocasse nel sonno." Jaime rise ma non insistette oltre e Brienne gliene fu grata. Non voleva che le cose precipitassero per la troppa fretta, anche se non sapeva bene dire di che tipo di fretta si trattasse. "Bene quindi se vuoi rimanere... Posso invitarti a pranzo domani?" 



Brienne lo fissò sconvolta, cercando di riprendere la capacità di parlare. Era la prima volta che riceveva un invito. Era un appuntamento? Un'uscita amichevole? Cosa doveva fare? Jaime si accorse del suo nervosismo e scosse la testa "Oddio scusa, non dovevo? Sono un idiota" fece per allontanarsi e Brienne lesse negli occhi di Jaime le stesse paure che le agitavano l'animo e capì quanto doveva essergli costato raccimolare il coraggio per chiederle una cosa del genere. Gli circondò il polso con la mano per trattenerlo "Jaime, mi farebbe davvero piacere." Ed era vero. Solo dopo qualche secondo si rese conto che era la prima volta che lo toccava, pelle contro pelle, ed era incredibile come una sensazione potesse essere allo stesso tempo così strana e così giusta. 



Note: Ciao a tutti! Scusate il ritardo (lo dico sempre lo so)  ma è ricominciata la frenetica vita universitaria e come tutti mi devo piegare alle tempistiche che ci sono (e al fatto di non avere internet in appartamento, piango). Volevo dirvi che potreste trovare il comportamento dei nostri protagonisti al primo incontro molto diverso da quello che succede nella serie, soprattutto per quanto riguarda Jaime, ma vi chiedo di inserire le cose nel contesto particolare della loro conoscenza prima dell'incontro, e al fatto che Jaime abbia già perso la mano, cosa che lo fa cambiare e maturare molto. Detto questo spero che vi sia piaciuto, alla prossima!

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Capitolo 10
*** Confessione ***


La sveglia segnava le 7.57, tre minuti esatti prima del suono dell'allarme, eppure lei era sveglia da almeno un'ora. Era rimasta a fissare il soffitto color senape del bed&breakfast per tutto quel tempo, nell'animo l'inquietudine dei sogni della note precedente, l'angosciante ricordo delle urla degli uomini che le riempivano le orecchie mescolate alle parole che Jaime le aveva rivolta la sera prima, al suo sorriso che riusciva ad emozionarla in modi che non avrebbe mai creduto possibili. La sveglia risuonò nel silenzio della stanza e lei mosse un braccio lentamente per spegnerla, senza preoccuparsi troppo del rumore; era quasi certa di essere capitata nell'unico ostello in tutta San Francisco senza alcun cliente.


 
Si alzò stiracchiandosi pigramente, la calda luce del sole che entrava dalla finestra spalancata; non riusciva più a dormire con le imposte chiuse, aveva passato troppo tempo al buio per disprezzare qualsiasi minima fonte di luce. Jaime aveva detto che sarebbe venuto a prenderla per le 12, e fin dal momento in cui aveva lasciato casa sua la sera prima non era riuscita a pensare ad altro che a quanto si sentisse inadeguata per quello che l'aspettava. Dove l'avrebbe portata Jaime? Fissò di nuovo (quante volte l'aveva guardata da ieri, dieci, venti?) la valigia con i pochi averi che si era portata dietro da Los Angeles, ridendo fra se perché era probabilmente la prima volta in vita sua che non sapeva cosa fare, come comportarsi, come vestirsi. Il suo corpo vibrava di energia repressa, come sempre faceva quando non era in servizio, costretta a correre di qua e di là per il campo, così si mise la tuta in velocità, raccattando dal comodino il lettore mp3 che aveva usato la sera prima cercando di calmarsi e si precipitò fuori dalla stanza. 



Le scale di legno scricchiolarono al suo passaggio mentre il rumore rimbombava nella casa apparentemente vuota, eppure Brienne avvertì una presenza al piano di sotto. Infatti, non appena arrivò si scontrò con la stravagante padrona di casa, intenta a riparare qualcosa di grosso e polveroso nel bel mezzo del salotto "Oh, buongiorno Brienne!" Brienne la salutò con un sorriso incerto, studiandola come aveva fatto la sera prima. Quando era arrivata nel suo b&b, il Vento Nero, Asha Greyjoy era stata più che felice di accoglierla, darle del tu senza essere invitata a farlo, e Brienne sospettava lo facesse con chiunque, e costringere il fratello minore, tutt'altro che contento, a saltare l'uscita serale per prepararle la camera. "Sto andando a correre, dovrei tornare fra poco." Asha la guardò con espressione confusa "Ma non era oggi? Il grande giorno? Non devi prepararti?" Ecco, un'altra cosa che Asha era riuscita a fare benissimo era stato insinuarsi nella sua vita nel tempo di una cena, cosa che aveva lasciato Brienne allibita e sorpresa "E' presto... E poi davvero, non è una cosa così importante..." "Ma sai già come vestirti? Dove ti porta? Capisci subito il carettere di un uomo dal primo appuntamento, e se allunga le mani allora..." Brienne non riuscì più a sentire nemmeno una parola, indecisa se arrossire ancora più violentemente di quanto non stesse già facendo o se scoppiare a ridere per il gioco di parole involontario di Asha; così si limitò a sgattaiolare fuori lasciando la donna alle sue riparazioni.




Jaime fissava Onore e Onore fissava Jaime.
Erano in quella posizione catatonica da circa mezz'ora e nessuno dei due sembrava intenzionato a muoversi. "E' inutile che mi guardi così gatto, devo farlo. Devo annullare. Ora la chiamo e le dico che non vado." Il gatto si limitò a sbadigliare e l'uomo si passò una mano fra i capelli "Non capisci, non sono più abituato a queste cose... E se poi faccio pena? E se lei non vuole più rivedermi?" Jaime si alzò in piedi, camminando avanti e indietro per il salotto "E solo che... l'hai vista. Non è come tutte le altre, lei è... è speciale." Guardò il gatto e questo si limitò a fissarlo con la classica espressione felina di disgusto per la razza umana. "Hai ragione, non posso disdire. Ma dove la porto, cosa organizzo? Perché mi vengono in mente queste idee." Jaime si lasciò nuovamente cadare sul divano, in preda allo sconforto.



Guardò il telefono indeciso, come aveva fatto probabilmente altre dieci volte prima di quel momento. Era davvero irritante dover chiedere consigli, ma in quel momento non sapeva davvero da che parte girarsi. Il telefono squillò a vuoto più volte prima che la profonda voce di Tyrion si facesse sentire "Pronto?" Nonostante il leggero senso di vergogna che Jaime sentiva alla bocca dello stomaco per aver chiamato suo fratelli minore in cerca d'aiuto, non potè fare a meno di notare il tono addormentato della sua voce "Tyrion, stavi ancora dormendo?" "Già, strana cosa da fare alle 9 di sabato mattina... A cosa devo il piacere di questa chiamata?" Jaime esito per qualche momento, conscio che quello era l'ultimo momento disponibile per tirarsi indietro "Io... io ho invitato Brienne ad uscire." Dall'altra parte della linea Tyrion scoppiò a ridere "Sapevo che non te la saresti fatta scappare vecchio volpone! Posso dirti che l'adoro? Non è da tutti riuscire a tenere testa a Cersei in quel modo!" Jaime non riuscì ad impedirsi di sorridere a sua volta "Lo so... Proprio per questo ho bisogno del tuo aiuto. Lei, insomma, voglio fare le cose per bene, il problema è che non so da che parte iniziare." Il silenzio riempì per qualche secondo l'atmosfera "Quindi mi stai dicendo che hai chiamato per avere un consiglio? Da me?" "Tyrion..." "No aspetta, devo assaporare il momento." "Tyrion..." "Solo un altro secondo... Ok, dimmi cosa avevi in mente." 



Jaime si passò distrattamente la mano sulla barba che si era dimenticato di radere quella mattina "Non saprei, forse un ristorante di quelli eleganti?" Tyron sbuffò "Ehi, stiamo parlando della stessa donna? Non pensi che si annoierebbe a morte in un posto del genere? Non è nostra sorella." "Hai ragione... ma allora cosa?" Tyrion rimase in silenzio per qualche secondo, ma a Jaime sembrava di sentire gl ingranaggi del suo cervello al lavoro "Hai detto che non si fermerà molto in città giusto? Perché non la porti a vedere San Francisco?" "Devo farle da guida turistica?" "Si, cioè, no.. Portala a vedere i tuoi posti preferiti della città, così imparerà a conoscerti. Capisco che non sia facile visto anche il modo in cui vi siete conosciuti, ma credo davvero che tu le piaccia... non incasinare tutto, ok?" La voce di Tyrion suonava allegra, come se il consiglio fosse solo un'amichevole presa in giro, eppure Jaime riusciva ad intuire una nota di serietà nella voce del fratello; diceva sul serio. "Cercherò di non farlo, promesso."




Brienne tornò dalla corsa trafelata e accaldata, le gambe che si facevano più molli ad ogni passo che faceva; forse aveva esagerato giusto un pochino. Aveva corso come una forsennata, cercando di lasciare tutti i pensieri negativi, l'ansia, il senso di inadeguatezza continua alle sue spalle, conscia che avrebbero continuato a seguirla ovunque, pronti a travolgerla nel momento stesso in cui si sarebbe bloccata. Alla fine il suo corpo le aveva intimato di fermarsi e, nonostante fosse ancora intera, sentiva l'angoscia dietro l'angolo come una vecchia nemica pronta a coglierla. Stava salendo le scale con estrema lentezza quando Asha la chiamò dalla piccola reception "Brienne! Un uomo è passato di qui poco fa e ha lasciato una cosa per te.." "Un uomo?" Asha sorrise in modo malizioso "Anche un bel bocconcino se posso dirlo... peccato per la mano." 



Brienne, dimenticata la stanchezza, si lanciò giù per la scale con il cuore in gola; che Jaime ci avesse ripensato, che avesse deciso di annullare tutto? "Ohhh ma allora avevo ragione, è una persona speciale." "Asha ti prego, dammi quello che ti ha lasciato!" Asha roteò gli occhi ma si limitò ad andare dietro la scrivania. Non appena Brienne riuscì a vedere cosa le stava porgendo la donna sentì incredibilmente più leggera; era un fiore, un giglio bianco e luminoso e quando lo prese in mano fu sorpresa da quanto fosse profumato. Asha alzò le spalle "Da parte mia devo dire che avrei preferito un bel diamante, ma non c'è male... Ti ha lasciato anche un biglietto." Brienne lo lesse senza riuscire a nascondere il sorriso che le stava nascendo in volto.
-Fanciulla, ti aspetto al bar in cui ci siamo incontrati alle 12 in punto, mi raccomando, vestiti comoda!-
Era la stessa calligrafia contorta e un po' disordinata che aveva imparato a leggere ed apprezzare nel corso dei mesi. "Chissà cos'ha in mente il nostro uomo.." Asha la guardava piena di curiosità, come se si aspettasse di sentirsi raccontare tutta la storia da un momento all'altro "Bene, buona giornata Asha." "Daiiii Brienne, voglio sentire tutta la storia!" Ma Brienne aveva decisamente altro da fare.




Più il tempo passava, più Brienne si rendeva conto di vivere la giornata più bella della sua vita. Jaime l'aveva aspettata al bar, raggiante come il sole, l'aveva presa sottobraccio ed erano partiti per esplorare la città. Jaime abitava piuttosto distante dal centro, ma più si avvicinavano più Brienne riusciva a vedere i tratti che caratterizzavano la famosa città, le strade sinuose, e colline, l'alto Transamerican Pyramid che svettava su tutti gli edifici e si sentiva piena di gioia solo a vedere tutte quelle cose. L'aveva portata a visitare tutti i quartieri più famosi, il Castro con le bandiere arcobaleno e il grande teatro in cui la madre, appassionata di cinema e opera, lo portava quand'era bambino; la profumata Chinatown, che serbava nell'aria aromi che Brienne non aveva mai nemmeno immaginato e sapori strabilianti che la lasciavano senza fiato mentre Jaime rideva e le raccontava del suo primo capodanno cinese e della sbronza epocale che aveva preso quella notte, e poi ancora il quartiere italiano, l'immenso Golden Gate Park di cui erano riusciti a vedere solo una minima parte, tra cui lo stadio in cui Jaime aveva giocato la sua prima partita da professionista. 



Brienne si sentiva una bambina, gli occhi illuminati dalle meraviglie che vedeva intorno a se; aveva vissuto tre quarti della sua vita in basi militari, ordinate e pulite, ma grigie e tristi rispetto a quella città rilucente. Jaime la guardava ogni tanto, lanciandole occhiate di nascosto quando lei era troppo occupata a riempirsi lo sguardo e sorrideva, rendendosi conto con sorpresa di come cose per lui banali e scontate potevano risultare meravigliose per qualcun altro, per lei tra tutti. Brienne non riuscì a smettere di ridere per un buon minuto quando nel museo dello stadio vide le foto di Jaime da giovane, cosa che lui trovò stranamente divertente nonostante tutto. 



Jaime alla fine fu costretto a trascinarla via dal museo "Non è ancora arrivata la parte migliore della giornata." "Faccio fatica a crederlo." disse lei senza fiato, ma poi lui la prese per mano e qualsiasi protesta le morì tra le labbra. La portò al Fisherman’s Wharf, nella zona nord della città, pieno di piccole bancarelle piene di frutti di mare e crostacei, e finirono nel Pier 39, il grande centro commerciale sul molo mentre il tramonto si specchiava sull'acqua con i suoi colori cangianti e lungo la passerella di legno umido artisti per strada si esibivano negli spettacoli più disparati, tra cui un mangiatore di fuoco che Brienne trovò assolutamente fantastico. 



Alla fine finirono per passeggiare al chiaro di luna accanto alla giostra veneziana  rallegrata dalle risate dei bambini mangiando zucchero filato che Jaime aveva comprato di nascosto mentre Brienne era distratta; ad un certo punto Brienne vide qualcosa che catturò la sua attenzione e strinse il braccio di Jaime "Vediamo se non ho dimenticato come si fa..." Era uno di quei giochi che si trovavano alle fiere di paese, con un usurato fucile a pompa con cui si doveva sparare a vecchie lattine. Jaime sorrise e la guardo affascinato mentre prendeva la mira con fare esperto, abbattendo lattine come se lo facesse altro nella vita. Alla fine il padrone del banco, lo sguardo pieno di ammirazione, le disse che poteva scegliere qualsiasi premio in esposizione; lei si girò con un sorriso malizioso verso Jaime "Chiudi gli occhi" Jaime obbedì paziente e dopo qualche secondo si sentì sfiorare la mano da qualcosa di sorprendentemente morbido. Quando guardò si ritrovò faccia a faccia con un grosso leoncino di peluche "Fanciulla, stai scherzando spero!" Brienne sorrise "Per niente! Un leone per il Giovane Leone." Lui sorrise e insieme andarono verso l'uscita, entrambi incredibilmente felici.



Jaime l'accompagnò fino alla porta del Vento Nero, e con ogni passo che l'avvicinava alla soglia sentiva il battito del suo cuore diventare sempre più veloce e più profondo allo stesso tempo; era stato tutto perfetto, ma come si sarebbe conclusa la serata? Solo il cielo sapeva quanto desiderava che Jaime si facesse avanti per baciarla, e quanto allo stesso tempo ne avesse paura. Lui la guardò e per un attimo perse il filo dei suoi pensieri: in che momento aveva perso completamente la testa per quell'uomo? Non era saggio, non era prudente, sicuramente non era da lei, eppure era succeso. "E' stata davvero una bella giornata" disse lui piano e lei cercò di trovare parole adatte per rispondergli "Jaime... sono così felice di averti conosciuto. Sei davvero un uomo speciale." 



Lo sguardo di lui si rabbuiò per qualche secondo, gli occhi verdi ridotti a fessure, e lei capì di aver detto qualcosa di sbagliato; troppo presto forse? O semplicemente troppo? "Scusami io... io volevo solo dire che sei un brav'uomo, sei dolce anche se con un cinismo che uccide, sei sincero, anche troppo forse.." "Brienne basta!" Aveva quasi urlato e Brienne lo guardò colta completamente di sorpresa da quell'improvviso cambio d'umore "Jaime, cosa succede?" Jaime allungò la mano sana verso di lei, il palmo aperto "Io.. io scusami Brienne, ma non ci riesco." E con quelle parole la lasciò sola e confusa, con il cuore pieno di dolore.




Jaime era seduto sul divano, le ginocchia strette al petto da quasi mezz'ora quando sentì qualcuno bussare alla porta; non rispose, non voleva vedere nessuno, non in quel momento. "Jaime Lannister, apri subito questa porta o giuro che la butto giù! Sai che posso farlo!" Jaime aspettò qualche altro secondo, sperando semplicemente che Brienne se ne andasse, ma alla fine, vinto dall'insistenza della donna, si alzò e aprì la porta. Lei era terribilmente pallida e sembrava terribilmente arrabbiata "Mi devi delle spiegazioni. Me le devi. Sono venuta fin qui dall'altra parte del mondo per vederti, per conoscerti, mi hai illuso con le tue parole e con questa giornata stupenda, mi hai fatto pensare a cose che non avrei mai osato immaginare per me, mai. E poi ti comporti così.. Se non mi volevi nella tua vita bastava dirlo, me ne sarei andata senza farmi tutte queste illusioni. Volevo rimanere nella mia camera a piangermi addosso, ma ho deciso che merito una spiegazione, e tu me la darai." 



Jaime abbassò lo sguardo, pieno di vergogna "Non è questo Brienne, te lo giuro..." "E allora cosa? Ti prego, non riesco a capirlo." Erano ancora sulla soglia e Jaime capì che Brienne stava tremando dal freddo. Si fece da parte per farla entrare e lei lo seguì con passi incerti. Non sapeva cosa dirle, come dirle ciò che portava da anni dentro come un fardello? "Era tutto così bello.." disse in un sussurro "Averti qui, in carne ed ossa, farti vedere i luoghi della mia vita... Che per un momento mi sono dimenticato chi sono... che cosa ho fatto." Lei lo guardò confusa, cercando di avvicinarsi, ma lui si allontanava ogni volta che lei faceva un passo nella sua direzione "Jaime..." "Ti hanno parlato del mio incidente, di quando... di quando ho perso la mano." Alzò il moncherino con sguardo triste "Ti hanno detto del bambino, di Bran Stark." Brienne annuì, senza capire cosa stava cercando di dirle "Tu mi hai detto che sono un brav'uomo... un uomo sincero, ma non è vero. Nessuno sa la verità su quell'incidente." Brienne rimase in silenzio, attendendo l'inevitabile verità. "Non ho mai detto a nessuno cos'è successo veramente quella notte. Avevo bevuto, ero ubriaco, fuori di me... E' stata colpa mia, colpa mia se non ho più la mano, colpa mia se quel bambino non può più camminare.. Sono un mostro." 



Note: Mi scuso di nuovo per il ritardo (non odiatemi), volevo dirvi che io non sono mai stata a San Francisco (purtroppo), quindi tutto quello che ho scritto deriva da internet e dal mio insanissimo desiderio di vedere quella città perciò possono esserci incongruenze con la realtà, scusatemi! Ci sono ancora molti punti da chiarire, ma nel prossimo capitolo arriveranno chiarimenti, promesso! Alla prossima, grazie per tutto il sostegno!

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Capitolo 11
*** Appartenenza ***


Brienne rimase per un attimo senza fiato, la bocca semiaperta in una smorfia di stupore che quasi sicuramente doveva farla apparire terribilmente ridicola. Jaime teneva la testa bassa, guardandosi ostinatamente le mani pur di non incrociare i suoi occhi. Voleva dire qualcosa di sensato, qualcosa di intelligente, ma il suo cervello non sembrava in grado di articolare nessun pensiero di senso compiuto. "Ma... mi avevano detto, il camion.." Jaime scosse la testa con fare rassegnato, sedendosi sul divano di fronte a lei, lo sguardo sempre a terra "Il camion ha sbandato, è vero, ma io avrei potuto evitarlo, se solo fossi stato sobrio. Evitarlo, frenare, cercare di scansarmi in qualche modo... e invece non mi sono accorto della cosa fino all'ultimo secondo, ed era troppo tardi per cercare di sistemare tutto. Quando mi sono svegliato in ospedale giorni dopo mio padre si limitò a dirmi che aveva sistemato tutto. Deve aver pagato qualcuno perché nascondesse le analisi, modificasse i reperti o che so io, tutto per rendermi perfettamente innocente agli occhi di tutti; ero solo una povera vittima, come Bran."
 
 
 
La voce dell'uomo si era fatta sempre più spezzata mentre parlava e quando finalmente alzò lo sguardo Brienne riuscì a vedere i riflessi lucidi delle lacrime che gli riempivano gli occhi "E questa non è nemmeno la parte peggiore. Io, io sono la parte peggiore. Ho passato anni ad odiare me stesso in un modo feroce, distruttivo. Non avevo il coraggio di suicidarmi e allora bevevo, cercando inconsciamente di avvelenarmi con l'alcol. Ma ho realizzato solo dopo tantissimo tempo che il motivo per cui mi detestavo così tanto era la mia mano, solo e solo quella. Del bambino, della sua vita, delle occasioni che aveva perso non mi importava nulla; riuscivo solo a piangermi addosso per tutto quello che mi ero lasciato sfuggire." La guardò ancora, con un sorriso triste in volto che per poco non le spezzò il cuore. Quanto dolore poteva sopportare di tenersi dentro un uomo prima di scoppiare? "Ero bravo maledizione, davvero bravo. Sarei potuto diventare una leggenda." Fu scosso da un leggero singhiozzo e Brienne non riuscì più a restargli distante, si sedette accanto a lui, e gli prese la mano sana, stringendogliela forte. Rimasero così per quelli che a Brienne sembrarono lunghi minuti, ma potevano benissimo essere stato solo qualche secondo "Non sono mai andato a trovarlo. Il bambino. Volevo ma.. non ci sono riuscito. Ricordo ancora le lacrime di suo madre quando venne da me in ospedale e mi disse che le dispiaceva per la mia mano. Lei era stata così gentile con me, e io le avevo appena storpiato il figlio a vita. Non potevo affrontarla di nuovo, né lei né quello che avevo fatto. Sono solo un'egoista codardo."
 
 
 
Brienne sentiva un peso enorme comprimerle il diaframma, ma non poteva permettersi di rimanere in silenzio, non in quel momento "Jaime, non puoi esserne certo.. Forse anche la persona più attenta del mondo non sarebbe riuscita ad evitare quel camion." Prese un respiro profondo prima di continuare "Quando ho ucciso quell'uomo in missione io... io ho passato settimane a chiedermi se non ci fosse stato un altro modo, se quello che avevo fatto era davvero necessario.. Forse un soldato più esperto avrebbe risolto la situazione in un altro modo, forse avevo sbagliato qualcosa... Quando accadono cose del genere, cose terribili che ci segnano dentro, tendiamo sempre a darci la colpa. Cerchiamo i motivi più banali per ricordarci che forse, forse avremmo potuto evitarlo. Tu hai commesso un errore Jaime, ma hai anche pagato e continui a farlo, ogni giorno. Non continuare a punirti per qualcosa che non puoi cambiare. Quello che si prova in momenti del genere, nessuno può giudicarlo; ognuno affronta i suoi demoni come può. Adesso hai capito, adesso ti importa, e anche se non riuscirai mai ad andare da quel bambino qualcosa in te è cambiato, e lo ha fatto in meglio."
 
 
 
Jaime la guardò, le sopracciglia leggermente aggrottate "Quindi non pensi che io sia un mostro?" Brienne allungò la mano titubante, accarezzando leggermente la guancia ruvida di Jaime "Al contrario, penso che tutto questo ti renda molto umano Jaime." Si guardarono negli occhi, vicini come non mai, e nello sguardo di smeraldo dell'uomo davanti a lei Brienne riuscì a vedere le stesse paure, la stessa fragilità che si sentiva dentro, quindi quando lui si sporse verso di lei per baciarla, lei non poté fare altro se non ricambiare il bacio. Non fu paragonabile a nient'altro Brienne avesse mai provato nella sua vita; non che lei avesse questa grande lista di esperienza amorose, anzi, eppure capì subito che quello era speciale. Il respiro di Jaime era caldo tanto quanto la sua pelle a contatto con le sua mani ancora ghiacciate per la corsa notturna, il suo profumo sapeva lievemente di pino e le riempiva le narici, la mente. Fu un bacio terribilmente tenero, che forse stonava con il tutto il resto, con i ricordi pieni di dolore, l'incertezza che lei sentiva nel cuore, eppure Brienne non avrebbe voluto altrimenti.
 
 
 
Jaime si staccò e le sorrise come non aveva mai fatto, quasi come un bambino colto sul fatto a combinare qualche guaio; Brienne ricambiò il sorriso, finché non sentì qualcosa muoversi vicino alla sua mano. Abbassò lo sguardo e per poco non lanciò il grosso gatto rosso dall'altra parte della stanza per la sorpresa. Jaime scoppiò a ridere e anche lei si lasciò sfuggire un sorriso accarezzando il collo di Onore mentre ill rumore delle sonore fusa del gatto riempiva la stanza "A qualcuno non piace essere ignorato." Jaime annuì e le sfiorò la mano "Sono contento che tu sia qui." "Lo sono anche io."
 
 
 
 
La sveglia risuonò nell'aria del mattino mille volte più acuta del normale, tanto da far sobbalzare Brienne in modo abbastanza ridicolo; solo dopo qualche attimo si rese conto che quella non era la sua sveglia, ma piuttosto lo squillo di un telefono, e che quella che aveva intorno non era decisamente la sua stanza. Era ancora sul divano di Jaime e i vaghi ed emozionanti ricordi della sera precedente le tornarono in mente tutto d'un tratto, le confessioni di lui, le parole pronunciate sottovoce che alla fine l'avevano fatta addormentare e.. il bacio. Quello non era stato un sogno, si ripeté per scacciare i pensieri più tetri dalla mente, è successo davvero. A testimoniarlo, come se non bastassero i ricordi, c'era Jaime accanto a lei, la testa appoggiata allo schienale e la bocca leggermente aperta in una smorfia che Brienne trovò buffissima; il grosso gatto rosso era accoccolato sulle sue ginocchia e guardava nella sua direzione, lo sguardo irritato per il suono del telefono.
 
 
 
Brienne scosse il braccio di Jaime, che aprì gli occhi e la guardò con espressione leggermente assonnata prima di sentire lo squillo. Prese il gatto e lo appoggiò distrattamente accanto a sé, per poi andare in cucina a rispondere mentre Brienne si stiracchiava sul divano. Se tornava con la mente a pochi mesi prima, mai si sarebbe aspettata di trovarsi qui, nel salotto del suo cinico e scorbutico amico di penna a sorridere come una bambina, felice come non mai. Si annotò mentalmente di prendere un regalo a Renly. Un grosso regalo. E Loras, doveva assolutamente chiamarlo; sorrise immaginando la voce sorpresa dell'amico mentre gli raccontava della notte precedente. I suoi pensieri allegri e un po’ frivoli vennero interrotti da Jaime, che entrò nel salotto di tutta fretta, lo sguardo allarmato "Era Tyrion, Tysha è entrata in travaglio." Brienne si alzò, completamente sveglia e attenta "Non è troppo presto?" Jaime annuì mentre prendeva la giacca "Un mese. Tyrion è preoccupato da morire, dobbiamo correre in ospedale."
Se la situazione non fosse stata quella, forse Brienne sarebbe arrossita all'implicito -noi- della frase, ma in quel momento si limitò ad annuire e ad infilarsi le scarpe in fretta mentre uscivano. Jaime si fermò di colpo, girandosi a guardarla "Dobbiamo andare in macchina. Io non l'ho più usata dall'incidente.. Te la senti di guidare tu?" Brienne lo guardò alzando un sopracciglio "Mi hanno addestrata per guidare carri armati nel deserto in caso di bisogno." Jaime le passò le chiavi "Lo prendo per un sì."
 
 
 
 
Trovarono Tyrion nella sala d'attesa, bianco come un fantasma, il volto tirato e stanco. Jaime corse subito verso di lui e l'altro alzò lo sguardo, salutando entrambi con un cenno stanco "Come procede?" Tyrion scosse la testa "Hanno portato Tysha in sala operatoria un'ora fa e da quel momento non ho più saputo nulla." Brienne notò che Tyrion aveva gli occhi lucidi e si allontanò di qualche passo cercando di rispettare l'intimità dei due fratelli "Ieri sera stava bene maledizione.. Siamo andati a dormire e sorrideva, era felice e poi.. Quando ci siamo svegliati c'era sangue, tanto sangue. Ho chiamato l'ambulanza e mi hanno detto che Tysha doveva essere operata d'urgenza. Una complicazione hanno detto. Dio, è tutta colpa mia."
 
 
 
Jaime gli posò la mano sulla spalla, cercando di guardarlo negli occhi "Come? Come può essere colpa tua?" L'espressione disperata di Tyrion divenne improvvisamente piena di rabbia mentre allontanava la mano del fratello "Come mi chiedi? Come? Hai visto come sono? Che geni pensi abbia quel povero bambino con un padre come me? Se Tysha muore.. non potrei mai perdonarmelo." "Non succederà Tyrion, vedrai. Avete fatto le cose nel modo giusto, il bambino è stato monitorato dal primo momento, era sano, stava bene. Tu non hai niente a che fare con tutto questo." Jaime strinse di nuovo la spalla del fratello, che questa volta non si tirò indietro "Non è colpa tua Tyrion. Non lo è. Andrà tutto bene, vedrai." Tyrion quasi si lanciò tra le braccia del fratello e Jaime lo strinse a se, lanciandole uno sguardo triste da dietro la spalla. Brienne, nonostante avesse conosciuto Tysha e Tyrion appena due giorni prima, si sentiva terribilmente in pensiero per la ragazza; non poteva succedere una tragedia simile a quella bella famiglia, era qualcosa di troppo brutto persino da immaginare. Tyrion si calmò dopo pochi minuti e rimasero tutti e tre in attesa per ore mentre l'ospedale intorno a loro brulicava di vita. Brienne pensò distrattamente che quell'attesa era terribilmente simile a quella che si provava prima di un'incursione, piena di ansia e timore; con l'unica differenza che in quel momento non toccava a lei, che come Tyrion e Jaime non poteva fare assolutamente niente.
 
 
 
 
Alla fine una dottoressa dall'aspetto molto professionale andò verso di loro e Tyrion si alzò di scatto, lo sguardo che tradiva insieme il desiderio e il terrore di sapere com'era andata. La dottoressa sorrise a Tyrion e solo per quel gesto Brienne sentì il petto alleggerirsi sensibilmente "Abbiamo avuto qualche problema, ma sono entrambe fuori pericolo." Sul volto di Tyrion si dipinse un'espressione di puro sollievo "Entrambe?" "Giusto, nessuno le ha ancora detto nulla. E' una bambina, ed è sanissima. La mamma dovrebbe svegliarsi tra qualche ora, entro stasera potrà vedere entrambe. Congratulazioni." Non appena la dottoressa se ne fu andata Jaime prese Tyrion e lo sollevò a mezz'aria sorridendo mentre l'altro non riusciva a smettere di ridere "Congratulazioni papà!" Gli disse alla fine lasciandolo a terra barcollante, e Brienne lo raggiunse per congratularsi a sua volta e i sui dubbi su come approccarsi all'uomo svanirono quando lui l'abbracciò "Congratulazioni Tyrion, sono davvero felice per voi."
 
 
 
Fu così che finirono a brindare nel bar davanti all'ospedale, con Tyrion ubriaco di birra e felicità, Jaime che beveva tè freddo e le lanciava occhiate sornione mentre lei si limitava a guardarsi intorno, persa nella gioia generale e nei brindisi che Tyrion proponeva ogni due minuti. "Voi due non me la raccontate giusta" biascicò Tyrion dopo la terza birra "Come mai siete venuti qui insieme? Non è che.." spinse con il gomito Jaime che arrossì leggermente "Vecchio furbone, lo sapevo che non.." "Bene Tyrion direi che è ora di andare a trovare tua moglie, no?" Brienne spinse Tyrion verso l'uscita del bar, seguita da un grato Jaime e da un coro di congratulazioni urlate dalla gente del bar.
 
 
 
Non appena Brienne vide Tysha e la piccola nel bianco letto d'ospedale pensò di non aver mai visto uno spettacolo più tenero in vita sua. La donna sembrava stanca, eppure il suo viso riluceva di gioia mentre teneva in braccio il piccolo fagottino, e Brienne fu per una attimo gelosa di quell'amore, di quel legame così profondo che lei non aveva mai potuto conoscere veramente. Ma poi Jaime le strinse leggermente la mano mentre guardava ammirato la scena davanti a loro, e riuscì a sentirsi molto meno sola di quello che credeva. Tyrion prese la piccola in braccio tra le mille raccomandazioni della madre e la guardò per un lungo momento "La mia piccola principessa.." La voce dell'uomo era così piena di commozione che Brienne si sentì pizzicare gli occhi mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime. "Allora gliel'hai chiesto?" disse Tysha tutto d'un tratto e Tyrion staccò lo sguardo dalla figlia per guardare la moglie negli occhi "No, non ancora. Jaime..." Tyrion si girò verso di lui, un sorriso lievemente imbarazzato in volto "Forse è un po' inusuale, ma io e Tysha volevamo chiederti un parere sul nome." Jaime guardò il fratello stupito "A me?" Tyrion annuì "Avevamo pensato a Joanna, ma volevo chiederti se per te va bene. In fondo sei tu ad averla conosciuta." Jaime intensificò la stretta sulla sua mano e Brienne ricambiò, stupita di essersi trovata in mezzo a qualcosa di così intimo e famigliare senza, per una volta, sentirsi un pesce fuor d'acqua; forse era davvero quello il suo posto. "Penso sia perfetto" disse alla fine Jaime con voce tremante "E penso che la mamma sarebbe d'accordo con me."

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Capitolo 12
*** Rimpianto ***


"E quindi hanno chiamato la bambina come la nonna? Che cosa carina." La voce di Loras le arrivava leggermente distorta, ma Brienne sorrise mentre fissava la parete giallo ocra davanti al telefono "Sì è stato davvero uno splendido momento, Jaime era felicissimo." "A proposito di Jaime, gli hai detto quando riparti?" Brienne provò una famigliare fitta di angoscia che per un attimo le mozzò il fiato a quel pensiero "No, non ne abbiamo ancora parlato." Loras rimase in silenzio per qualche secondo prima di risponderle "Non ti sembra il caso di dirglielo? Mi hai detto che tornerai domani." Brienne si strofinò il viso con la mano "Lo so, lo so. Ma non riesco ad affrontare l'argomento. E' tutto così bello io... Passare questa settimana insieme con lui, vederlo ogni giorno... Loras è la prima volta che non voglio tornare. Quattro permessi durante l'addestramento, uno dopo sei mesi laggiù e mai, mai ho esitato quando è stato il momento di tornare. Ma ora vorrei solo avere più tempo."
 
 
 
"Brienne, ti capisco, lo sai. Ma vuoi veramente rinunciare?" La donna chiuse gli occhi, pensando a suo padre; lui l'aveva amata profondamente, passando più tempo che poteva con lei, ma non si era mai rifiutato di fare il suo dovere. "No, non potrei mai lasciarti da solo Tyrell, non resisteresti cinque minuti senza di me." Loras rise, ma a Brienne sembrò quasi di sentire una nota di sollievo nella sua voce "Non contarci Tarth, ti farò vedere non appena torniamo! Vedi di salutare per bene il tuo uomo, anche da parte mia." Il commento voleva essere scherzoso ma Brienne arrossì violentemente e fu contenta che Loras non fosse lì a osservarla "A questo proposito... volevo chiederti un consiglio." La cosa la imbarazzava tantissimo, ma aveva valutato le sue possibilità e lui era l'unica opzione disponibile; non era ancora abbastanza in confidenza con Tysha e non osava nemmeno pensare a quale risposta avrebbe potuto ottenere da Asha, perciò chiedere aiuto a Loras le era sembrata l'unica cosa da fare, solo che adesso non riusciva a trovare le parole "Cosa?" Brienne si guardò intorno con circospezione "Io.. io vorrei portare il nostro rapporto ad un livello successivo prima di partire ma... forse è troppo presto. Non vorrei affrettare troppo le cose."
 
 
 
Loras sembrava perplesso "Livello successivo? Vuoi chiedergli di sposarti o altro?" Brienne sbuffò rumorosamente "No Loras, non hai capito. Un altro tipo di livello.. più fisico." Brienne sarebbe voluta sprofondare nella moquette in quel momento "Ah" Loras rimase in silenzio per un attimo prima di scoppiare a ridere "Loras se non la smetti subito giuro che ti uccido, è una cosa seria." "Oddio scusami Brienne la smetto subito." Loras stava quasi singhiozzando dal ridere e Brienne non riuscì a trattenere un sorriso nonostante l'imbarazzo "Sei un coglione." "Lo so, perdonami, non riuscivo più a fermarmi. Non aveva davvero capito a cosa ti stavi riferendo, non riuscivo davvero a immaginare la scena, insomma sei tu e.." "Loras smettila, stai peggiorando la tua situazione, dammi un buon consiglio o preparati a farmi da bersaglio la prossima volta che andiamo al poligono." "Ascoltami Brienne, tu sei una delle persone più integerrime e precise che io abbia mai conosciuto. Sei seria e prudente fino alla nausea, ma certe volte bisogna andare oltre tutto questo, tu hai bisogno di andare oltre. Sai che cosa penso ogni volta che imbraccio un fucile, ogni volta che facciamo un'incursione? Che quella potrebbe essere l'ultima, che potrei morire quel giorno, e non voglio avere nessun rimpianto. Mi hai detto che quando sei svenuta sul campo di battaglia hai pensato che il tuo rimpianto più grande era di non aver mai visto il suo volto... Vuoi davvero riprovare la stessa sensazione? Non portarti dietro rimpianti questa volta." Brienne respirò profondamente prima di parlare di nuovo, mentre le parole di Loras si facevano largo nella sua mente, confermando quello che in cuor suo si era già detta; aveva solo bisogno di una conferma. "Grazie Loras, non lo farò."
 
 
 
 
"Brienne, cos'hai?" Jaime la guardava con preoccupazione mentre le ripeteva per la terza volta la stessa domanda, apparentemente abbastanza empatico da capire che c'era qualcosa che non andava nel suo comportamento nonostante lei avesse cercato di sembrare il più normale possibile. Brienne appoggiò la tazza di tè sul tavolo davanti a lei senza però lasciarla andare, confortata dal calore che emanava "Jaime, devo dirti una cosa." Jaime strinse leggermente le labbra, ma a parte quello non disse nulla, aspettando che fosse lei a parlare "Forse avrei dovuto dirtelo prima, anzi, sicuramente avrei dovuto farlo.. Domani torno a Los Angeles, fra tre giorni la mia squadra si ritrova alla base, siamo stati richiamati." Jaime la fissò in silenzio, lo sguardo confuso che le ricordava stranamente quello di un bambino, cosa che le fece stringere il cuore in un modo quasi insopportabile "Io.. insomma, lo sapevo che saresti tornata là, lo sapevo. E' stata una delle prime cose che mi sono detto quando ti ho incontrata, che non sarebbe durato tanto.. Ogni momento è prezioso, mi sono detto. Ma..." si passò la mano sul volto prima di continuare, come a voler nascondere l'incertezza nella sua voce "Pensavo di avere più tempo. Che avessimo più tempo."
 
 
 
Brienne abbassò lo sguardo, incapace di nascondere la tristezza nei suoi occhi o di sopportare quella nello sguardo di lui "Sono stata una sciocca, avrei dovuto dirtelo subito. Ma non volevo rovinare tutto; mi hai accolta nella tua vita, nella tua famiglia e per la prima volta mi è sembrato di essere parte di qualcosa, di essere reale. Non mi sembrava più di guardare la mia vita scorrere davanti a me. Mi sono sentita più viva in questi giorni con te che in qualsiasi altro momento della mia vita." Brienne prese un profondo respiro mentre cercava di calmare il tumulto che sentiva dentro "In qualsiasi altro caso tutto questo, tutte queste emozioni mi farebbero una paura tremenda. In qualsiasi altro caso non ti avrei mai detto nulla di tutto questo, vergognandomi per averlo anche solo pensato, ma non posso farne a meno. Voglio che tu sappia cosa provo prima che me ne vada perché potrei non.." "Non dirlo." Jaime le strinse la mano "Non dirlo nemmeno, ti prego." La guardò per un attimo prima di scuotere la testa "Dannazione fanciulla, non ho pianto quando ho perso la mano, non vorrai farmi piangere adesso?" Brienne non rispose, limitandosi a stringergli la mano a sua volta finché lui non spezzò di nuovo il silenzio "Forse è stato meglio così, se me l'avessi detto avrei passato il tempo a fare il conto alla rovescia, ad odiare ogni secondo che passava. Quanto starai via?" Brienne non riuscì a fare altro se non dirgli la verità "Non lo so."
 
 
 
Jaime si limitò ad annuire "Jaime... non posso chiederti di aspettarmi" "Brienne non.." "Per favore, lasciami finire. Io ho passato anni ad aspettare mio padre. Non è la stessa cosa, lo so, ma so cosa vuol dire aspettare qualcuno senza sapere dove sia, se stia bene, quando e se tornerà.. So come ci si sente, l'impotenza, la disperazione a volte, e non voglio e non posso imporlo a te. E anche se le tue lettere sono state forse la cosa migliore che mi sia mai capitata, capirò se tu non vorrei più mandarmi nulla, se non vorrai più sentirmi." Jaime rise, ma il suono stesso della sua risata sembrava triste, quasi rassegnato "Penso sia un po' troppo tardi per questo.. Ti aspetterò Brienne, e se non dovesse arrivarmi anche solo una risposta alle mie lettere giuro che verrò a prendermela di persona, capito?" Brienne gli sorrise anche se si sentiva gli occhi leggermente lucidi "D'accordo." Jaime annuì e si alzò da tavola, guardando distrattamente l'orologio "Quindi questa è la tua ultima serata libera fanciulla! Dimmi cosa vuoi fare, qualsiasi cosa e sono pronto a partire! Tranne ricamare all'uncinetto, farei un po' fatica." Agitò il moncherino in aria e mentre rideva Brienne pensò a come si era quasi dimenticata che a Jaime mancasse una mano, a come non aveva mai avuto alcuna importanza per lei dal primo momento che l'aveva visto "A dire la verità c'è qualcosa che vorrei fare prima di andarmene."
 
 
 
Brienne si alzò per andargli incontro, cercando di ricacciare indietro il nodo che aveva in gola, guardando Jaime dritto negli occhi color smeraldo "Qualcosa che non ho mai fatto prima." Jaime le sorrise ignaro "Certo, cos'è?" Il sorriso di Brienne vacillò un attimo mentre si malediva per la sua incapacità di essere abbastanza esplicita quando doveva esserlo; non che prima di quel momento ci fosse mai stata occasione. Per un momento provò una paura primordiale che conosceva bene, il terrore di deludere quell'uomo che in poco tempo era diventato così importante per lei, di non essere abbastanza per lui, non per quello che stava per chiedergli. Ma ricacciò indietro tutto quanto, decisa a non perdere quell'occasione per nessuna ragione al mondo "Tu credi che io sia una donna forte Jaime?" La risposta di Jaime non si fece attendere nemmeno un secondo "Certo." Brienne gli sorrise "Lo credo anche io, anche se ci ho messo un po' a capirlo. Come ci ho messo un po' a capire che se vuoi qualcosa, qualcuno, non devi aspettare, devi cogliere l'occasione quando si presenta. Ed io voglio te Jaime. Non ti permetterò di diventare il mio peggior rimpianto." Una profonda comprensione colorò i lineamenti di Jaime solo in quel momento, e le sue labbra si aprirono in una leggera espressione di stupore prima di trasformarsi in un sorriso "Come posso rifiutare?" Jaime si portò la mano alla fronte in un approssimativo saluto militare "Ai suoi ordini, fanciulla!" Brienne sorrise sfiorando le sue labbra con quelle di lui "Finalmente, è la prima volta che mi dai del lei." Solo quando Jaime la baciò Brienne riuscì finalmente a lasciarsi tutto alla spalle, i dubbi su se stessa, su di loro, e persino i timori per il futuro.
 
 
 
Brienne strinse gli occhi più che poteva, cercando di tenere fuori dal suo sguardo la luce del sole. Era uno di quei momenti speciali che si sarebbe portata nel cuore per sempre, a cui avrebbe ripensato prima di scendere in campo, prima di addormentarsi sotto le stelle di un cielo quasi sconosciuto. Non si era mai sentita così felice, e si sorprese di come quel sentimento potesse essere inscindibilmente legato al profondo senso di malinconia che provava nel profondo. Sentiva il braccio di Jaime circondarle la vita e si aggrappò il più possibile ai ricordi della notte precedente prima di arrendersi all'evidenza; era mattina. Aprì gli occhi, stiracchiandosi sotto la pallida luce del sole sentendo Jaime muoversi leggermente accanto a lei. Fece per alzarsi, ma lui la trattenne ridacchiando "Vuoi già partire? L'alba è ancor lontana. Era dell'usignolo,non dell'allodola, il cinguettio che ha ferito poc'anzi il trepidante cavo del tuo orecchio." Brienne cercò di divincolarsi dalla sua presa, ma senza troppa convinzione "Che cosa stai dicendo?" Jaime trattenne il respiro fingendo indignazione "Ma come? La mia saggia fanciulla non riconosce le citazioni di Shakespeare?" Brienne si fermò un attimo cercando di ricordare le lezioni di letteratura del liceo "Romeo e Giulietta?"
 
 
 
Jaime sorrise "Esattamente... E in questo caso io interpreto la tenera Giulietta che cerca di trattenere suo marito nel talamo nuziale." Brienne sbuffò "Mi stai dando del marito?" Jaime ridacchiò e le sfiorò la spalla con un bacio mentre lei fissava per un attimo il soffitto "Dove hai imparato?" "Ad essere così affascinante? E' una dote di natura." Brienne gli diede una gomitata sulle costole “D'accordo, d'accordo, mia mamma adorava Shakespeare. Ci faceva sempre recitare quando eravamo piccoli, io facevo Romeo e Cersei era Giulietta" Jaime si bloccò per un attimo "E forse questo spiega la strana natura del nostro rapporto." Brienne sorrise, ma c'era una nota di tristezza nel suo volto; per quanto desiderasse restare lì per sempre, sapeva di dover andare a fare le valige "Il mio autobus parte fra due ore." L'affermazione aleggiò fin troppo definitiva tra loro e Jaime si limitò ad annuire, guardando un punto indefinito sopra di loro "So che non ho alcun diritto di chiedertelo" disse dopo un po' quasi sussurrando "Che è la tua vita, che i tuoi amici sono lì.. Ma se non te lo chiedessi penso lo rimpiangerei amaramente. Perché non resti?" Brienne esitò solo per un secondo "Non posso Jaime, il mio posto è lì. Continuerò a proteggere il mio paese finché posso." Jaime annuì e non insistette oltre, cosa di cui lei gli fu immensamente grata e l'abbracciò più forte di quanto non avesse mai fatto "Ci sarà un posto ad aspettarti qui, per quando vorrai."
 
 
 
 
Brienne fissava la strada illuminata dai fanali delle macchine senza realmente vederla, la mente completamente persa nei momenti vissuti poco prima. Aveva salutato tutti prima di partire, aveva chiamato Tyrion e Tysha, aveva ringraziato Asha e persino ricevuto delle accorate fusa da Onore quando lo aveva accarezzato per l'ultima volta. Jaime non l'aveva guardata negli occhi se non fino all’ultimo momento, quando le porte dell'autobus si erano chiuse davanti a lei, e forse era stato meglio così; la sua volontà era forte, ma non voleva metterla alla prova più di quanto già non stesse facendo. Era stato forse più schivo e sarcastico del solito, ma Brienne riusciva a capirlo; alla fine l'aveva salutata con un "Arrivederci fanciulla." e a Brienne era bastato. "Arrivederci signor Jaime Lannister." fu l'unica cosa che riuscì a dire delle mille che le vorticavano in testa; per alcune era troppo presto, per altre forse troppo tardi.
 
 
 
 
Non si sentiva più come prima, si sentiva diversa, sentiva più che mai in quel momento di avere uno scopo, un compito. Lei proteggeva il suo paese perché era il suo dovere, per permettere a persone come Tyrion e Tysha di crescere i loro figli senza timore, lei combatteva per tornare da Jaime a testa alta, sapendo di aver fatto il suo dovere, di aver dato il massimo delle sue potenzialità. Sapeva di aver fatto un grande passo avanti, di aver messo da parte le insicurezze che si era sempre portata dietro per permettersi di essere veramente felice, e per quel motivo poteva ringraziare solo se stessa. Per quello quando vide Loras alla stazione ad aspettarla non riuscì a non andargli incontro con il sorriso migliore che riuscisse a fare, incredibilmente felice per qualcuno che stava per andare in guerra. Però, non appena vide il volto di Loras in piena luce, il sorriso le si gelò in volto "Cosa succede?"
 
 
 
Il suo amico era pallido e incredibilmente serio, un comportamento che il ragazzo non aveva mai tenuto, nemmeno prima di uno scontro "Brienne, sono felice che tu sia qui. Devi venire con me." Brienne aveva imparato molto tempo prima che in certi casi le domande sono inutili, perciò si limitò ad annuire, seguendo Loras verso la macchina."Si tratta di Renly" le disse lui dopo un po', lo sguardo fisso sulla strada, la voce piena di risentimento "Quell'idiota." Brienne lo guardò stupita; né lei né Loras, per quanto fossero legati a Renly, si erano mai permessi di rivolgersi in questi termini verso il loro capitano. Fu per timore che interruppe finalmente il suo silenzio "Che cosa succede?" Loras scosse la testa "Mi ha fatto promettere di stare zitto. Te lo dirà lui." "Ieri, quando ti ho chiamato tu.." "Non lo sapevo, non lo sapevo ancora."
 
 
 
Quando Brienne vide l'ospedale davanti a lei i suoi timori non fecero che aggravarsi. Renly era vivo, stava bene l'ultima volta che l'aveva visto,non poteva essergli successo qualcosa, lei l'aveva portato al sicuro; era questo che non riusciva a smettere di ripetersi, lei l'aveva portato al sicuro. Loras l'accompagnò nel dedalo di corridoi dell'ospedale, saltando con un cenno un paio di infermiere che sembrava conoscere mentre si dirigevano verso la stanza di Renly.
Quando lo vide seduto sul letto, Brienne provò immediatamente un immenso senso di sollievo. Era vivo. Le sorrise come faceva sempre nel vederla e Brienne non riuscì a non ricambiare nonostante la tensione che sentiva ancora forte in lei. "Sembra proprio che questa volta dovrete cavarvela senza di me." In un primo momento Brienne non riuscì a capire e lo fissò confusa, poi il suo sguardo scese verso la gamba destra, dove sapeva avrebbe trovato la ferita, e sentì il sangue gelarsi nelle vene. Dove una volta c'era stata la gamba del capitano adesso c'era solo il nulla.
 
 
 
"Mi è andata bene sai? La ferita era appena sopra il ginocchio, riusciranno a farmi una bella protesi così, almeno spero." Brienne guardò Renly, cercando di non crollare di fronte alla sua espressione forzata; persino in quel momento stava cercando di sembrare forte, come se non fosse successo nulla di grave "Co.. Com'è successo?" fu l'unica cosa che riuscì a dire mentre si avvicinava piano al letto con Loras accanto a lei. Renly alzò le spalle come a voler minimizzare la cosa "Sembrava una ferita quasi da niente. Non aveva danneggiato le ossa, nessun vaso sanguineo principale, pensavo di essere stato graziato." Brienne sentì il cuore stringersi dolorosamente in petto nel vedere gli occhi lucidi del capitano "Poi la ferita si è arrossata, mi è venuta la febbre, così hanno fatto delle analisi... Hanno detto che è una cosa rara, un batterio che distrugge la carne, dal nome impronunciabile. Fascite necrotizzante, hanno detto... letale se non si asporta subito il tessuto infetto. Non potevano fare nulla per salvare la gamba, ma hanno salvato me." Renly la guardò di nuovo negli occhi, un paio di grosse lacrime che gli colavano sul viso mentre cercava di sorriderle "Sono stato fortunato."
 
 
 
Brienne allungò la mano e gli strinse la spalla, impotente davanti alla sofferenza di una delle persone che per lei contava di più al mondo. Renly le strinse la mano con la sua mentre cercava di ricomporsi "Non ho voluto dirvelo prima perché non volevo rovinarvi questi momenti, ne abbiamo così pochi. Loras mi ha detto che hai trovato l'uomo delle lettere." Brienne annuì mentre le lacrime solcavano anche il suo viso "Sono davvero felice per te, te lo meriti." Renly guardò Loras e gli tese la mano, che lui prontamente strinse "Dovete promettermi che quando sarete laggiù vi occuperete l'uno dell'altra, intesi? Non ci sarò più io a farvi da balia. E dovete tornare tutti interi, sono stato chiaro?" "Sì signore" dissero insieme Loras e Brienne, e mai come in quel momento lei capì di aver fatto la scelta giusta.
 
 
 
 
Solo molto più tardi Brienne ebbe il tempo di sistemare le sue cose, aprendo la piccola valigia che si era portata dietro per la prima volta da quando era tornata. Stanca e piena di malinconia com'era quasi non si accorse del piccolo biglietto accartocciato che era scivolato di lato fra i suoi vestiti. Lo raccolse con un sorriso riconoscendo la calligrafia che lo adornava, percependo la tensione scivolarle di dosso come acqua.
 
 
Mia cara fanciulla,
 
Ci sono tante di quelle cose che vorrei dirti, e il tempo è così poco. Tra tutte una è la più importante, l'unica che forse conta davvero per spiegarti cosa provo per te, ma ho deciso di tenerla per me finché non tornerai. E devi tornare, perché ti assicuro che è qualcosa di sensazionale, un evento raro e unico che dubito si ripeterà tanto presto. Tu mi hai fatto capire che la mia storia non era ancora finita, che c'era molto altro spazio per scrivere anche se non riuscivo a vederlo; ti devo tutto quello che sono riuscito a diventare ora, tutti i modi in cui sono riuscito a cambiare in meglio, e non potrò mai ringraziarti abbastanza per questo. Perciò devi tornare Brienne, perché ho intenzione di ringraziarti ogni giorno della mia vita, della tua, della nostra. Distruggi i nemici, salva il mondo ma poi torna da me. Io ti aspetto.
 
Jaime

 


Note: Ciao a tutti! Eccoci di nuovo qui dopo tanto un sacco troppo un po' di tempo, spero abbiate passato splendide vacanze e che al contrario di me non dobbiate patire le pene della sessione d'esami, altrimenti sappiate che vi capisco e che sono con voi, finirà presto (forse). Per questo e per altri motivi tecnici (sto guardando te cavo del computer traditore) scrivere questo capitolo è stata un'odissea, ma alla fine eccolo qua! Vi ringrazio tantissimo per il continuo supporto che mi date con le vostre recensioni e anche solo leggendo la storia, senza di voi mi sarei già persa a metà... Spero che il capitolo vi piaccia, alla prossima! 
 

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Capitolo 13
*** Mancanza ***


Ci volle solo qualche ora nel suo vecchio accampamento perché a Brienne sembrasse di non essere mai andata via veramente. Ogni movimento per lei era quasi automatico, rispondere agli ordini una componente naturale della sua educazione, del suo essere. Ma c'era di più, qualcosa nell'aria che la rendeva diversa, unica; la sensazione della sabbia sotto i suoi anfibi, le voci dei soldati trasportate dal vento caldo... Un tempo tutto questo l'avrebbe resa quasi felice, come tornare nell'unica casa che si era mai sentita di possedere, l'unico posto nel modo che era riuscita a sentire suo in qualche modo, ma adesso... Adesso poteva quasi fisicamente sentire la differenza nel suo animo. Posò le sue cose sulla solita branda, tirando fuori per prima cosa le lettere di Jaime, tenute insieme da un buffo nastro rosa che Margaery le aveva dato prima che lei partisse, che stonava in modo così evidente con l'ambiente che per un momento la fece sorridere.
 
 
 
Strinse le lettere tra le mani, ripassando mentalmente ogni frasi che le era rimasta impressa, riuscendo a sentirle nella mente con la voce di Jaime, ad associare la sua calligrafia leggermente storta e contorta al tocco delle sue mani, alle piccole inflessioni delle sue labbra mentre rideva.
Le sembrava così strano ora, adesso che lo spettro di Jaime era uscito dalla sua fantasia per diventare realtà, uomo in carne ed ossa... Era stato straordinario il modo in cui ogni cosa che si erano scritti le fosse tornata in mente nel guardarlo, nell'ascoltarlo parlare. La sua personalità era impressa in quella lettere come un profumo inebriante, e Brienne si chiese per un attimo se anche lui fosse lì nel suo salotto, con le sue lettere in mano, a guardare il nulla davanti a sé... Per un momento la sola idea di mancare così tanto a qualcuno, tanto quanto lui mancava a lei la lasciò senza fiato.
 
 
 
Loras le passò accanto guardandola con un sorriso sconsolato "Sarà dura questa volta..." Brienne si limitò ad annuire, senza trovare altro da aggiungere. Sarebbe stata terribilmente dura. Lo è sempre, pensò con un brivido, quando hai qualcosa da perdere. Posò con delicatezza le lettere nel cassetto del piccolo comodino che aveva accanto a lei, cercando di pensare a qualsiasi altra cosa pur di non pensare a lui. "Ho parlato con la base delle comunicazioni per quella cosa che mi hai chiesto, ma sembra che non sia possibile. Solo chiamate d'emergenza." Brienne se l'era aspettato, ma si sentì comunque delusa, aveva sperato di poter chiamare Jaime, anche solo per dirgli che era arrivata sana e salva a destinazione "Sembra che dovrai fare alla vecchia maniera." Loras indicò con un cenno le lettere e Brienne si limitò ad annuire, prima che un mezzo sorriso le sfiorasse le labbra "Ma prima... che ne dici di fare quattro tiri, Tyrell? O ti sei arrugginito troppo durante le vacanze?" Loras le diede una pacca sulla spalla e si avviò sorridendo verso il poligono, e per un attimo fu come se non fosse successo nulla, come se Renly fosse ancora lì con loro. Brienne si lasciò immergere nella felicità del momento, cercando di lasciar andare tutto il resto.
 
 
 
10 Ottobre 2002
 
Jaime,
 
ti scrivo per dirti che siamo arrivati, e che va tutto bene. Speravo di riuscire a trovare un modo di contattarti più veloce, ma chiamare a casa sembra quasi impossibile. Il nostro campo non è ben attrezzato per chiamate internazionali e sono riservate alle emergenze... Perciò sembra proprio che dovremmo utilizzare i metodi tradizionali ancora per qualche tempo.
Mi sembra terribilmente strano scriverti ora, dopo averti visto, dopo averti parlato... In certi momenti mi sembrano passati mesi, in altri solo pochi attimi. Non so nemmeno perché te lo sto scrivendo, non sono mai stata brava in queste cose... Volevo solo farti sapere che mi manchi. E che spero di mancarti un po’ anche io. Mi fa quasi sorridere scriverti queste cose da romanzo rosa (che, e te lo dico in confidenza, Loras legge in continuazione) tra una sessione di addestramento e l'altra, sarebbe come paragonare i proiettili che vengono sparati dal mio fucile alle parole che escono di getto dalla mia penna... E forse mi troverai inopportuna e imbarazzante, ma tanto vale essere sinceri a questo punto, no?
Qui la situazione si fa sempre più accesa, le comunicazioni tra i due fronti sempre più aspre... Non so come si evolverà la cosa, ma di certo non finirà presto, di questo sono sicura. Renly mi manca anche più di quanto pensassi, essere qui senza di lui... non è lo stesso, non sembra più casa. Non ricordo bene quello che ti ho detto durante la nostra ultima telefonata, ma... lui è stato davvero importante per me, e non solo perché è stato merito suo se ci siamo conosciuti... è stato il fratello maggiore che non ho mai avuto, e lo è ancora. Dio, a volte ne parliamo come se fosse morto... E' sconvolgente per noi, non oso immaginare per lui. Vorrei davvero poterlo aiutare di più, come lui mille volte ha aiutato me a non sentirmi sola, sperduta... Ma essere qui mi preclude ogni cosa. Per la prima volta nella mia vita Jaime, non vedo l'ora di tornare a casa. Spero che tu stia bene, salutami tuo Tyrion, Tysha e la piccola Joanna e... Sappi che anche se io sono qui, una parte di me è rimasta al tuo fianco.
 
Brienne
 
 
 
Jaime camminava per il lungo corridoio bianco, leggermente abbagliato dal riflesso delle forti luci al neon sulla superficie candida delle pareti. Per un attimo si chiese perché proprio il bianco. Forse voleva indicare pulizia, salute, essere esempio estremo dell'igiene a cui era sottoposto quel posto, ma il bianco era scolorito e triste, ormai un grigio ricoperto di macchioline sulle quali Jaime non sentì necessario soffermarsi, pensando a quanto fosse terribilmente facile imbrattare qualcosa di bianco, qualcosa di puro. La sua mente, come spesso, quasi sempre, accadeva in quei giorni, gli ripropose immagini di Brienne, scatti rubati dalla sua mente in tutti i tipi di momenti passati insieme. Lei era pura, in modo speciale e tutto suo e Jaime più di ogni altra cosa aveva avuto paura di sporcarla con ciò che lui era. Con estrema meraviglia si era reso conto che invece di ciò che temeva era successo l'esatto contrario, Brienne era riuscita a trasmettergli un po’ del suo candore, e si sentiva in pace con se stesso come mai prima d'allora.
 
 
 
Svoltò a destra per la terza volta, rendendosi conto di essere finalmente arrivato. Gli ospedali lo mettevano sempre a disagio e in quei momenti il fantasma della sua mano si faceva sentire più presente che mai, tormentandolo nonostante tutto il tempo trascorso. Ma era una cosa che doveva a Brienne, voleva farlo per lei.
Entrò nella piccola stanza, bianca anche quella in modo fastidioso, e incrociò lo sguardo con l'uomo seduto nel piccolo lettino d'ospedale, intento, fino ad un attimo prima, a sfogliare un libro. "Buongiorno" disse cercando di ostentare una sicurezza di sé che non sentiva di possedere. "Buongiorno" gli rispose l'uomo con un sorriso tirato, e Jaime si accorse in quel momento che doveva essere molto più giovane di quanto non avesse pensato. "Cerca qualcuno?" gli chiese di nuovo il paziente, e Jaime si passò la mano sana sui capelli, leggermente imbarazzato "Veramente, sto cercando lei. Renly Baratheon, giusto?" Il volto dell'uomo cambiò, facendosi d'un tratto leggermente sospettoso "Ci conosciamo?" Jaime gli sorrise "No, ma abbiamo un'amicizia in comune. Sono Jaime Lannister."
 
 
 
Renly rimase basito per un attimo, prima che un lampo di comprensione gli attraversasse gli occhi "Quella ragazza mi farà impazzire... Ha trovato il modo di sorvegliarmi anche a distanza." Jaime sorrise avvicinandosi al letto lentamente "Veramente non mi ha detto lei di venire qui... E' stata una cosa spontanea. Possiamo darci del tu?" Renly annuì "Lei tiene molto a te, e so che le dispiace non poter essere qui. Per quello ho pensato di passare ogni tanto a trovarti, per aggiornarla, se non ti dà fastidio." Renly sorrise guardandolo con attenzione "Ne ha trovato uno di davvero buono la vecchia Tarth." Jaime esibì il suo miglior sorriso accattivante "Devo dire che è una fanciulla fortunata." Renly per poco non si soffocò dalle risate "Tu non la chiami davvero fanciulla, vero?" Jaime rise con lui "Lo faccio a mio rischio e pericolo." Renly gli indicò una sedia e lui si accomodò accanto al letto "Volendo essere completamente sinceri ho anche un'altra ragione per venire qui..." Renly inarcò il sopracciglio, curioso "La situazione che abbiamo io e Brienne è... diciamo particolare. Io volevo chiederti se per te non era un problema, parlare un po' di lei ogni tanto... Non posso farlo con nessun altro, e le lettere... ogni volta sembra che il tempo si dilati al'infinito mentre aspetto."
 
 
 
Renly gli sorrise "Non mi dispiace per niente. Qui è una noia mortale." "E poi... Be ho pensato che ti avrebbe fatto piacere parlare con qualcuno che ti potesse capire in un certo senso." Renly corrugò la fronte e lo guardò confuso, e solo in quel momento Jaime si rese conto che non si era accorto della mano mancante; alzò il moncherino vicino al suo volto con un sorriso triste e gli occhi di Renly si dilatarono solo leggermente "Non mi ero reso conto... Mi dispiace." Jaime alzò le spalle "E' stato tanto tempo fa. Volevo solo dirti che so come ci si sente, e so cosa vuol dire avere intorno una miriade di gente che ti guarda compatendoti, dicendoti che capiscono, quando in realtà non hanno idea di ciò che si significa perdere una parte di se stessi. Se vuoi parlarne, io ci sono." Renly rimase in silenzio per un momento, evitando il suo sguardo, e Jaime sperò con tutto il cuore di non aver detto qualcosa di sbagliato; Renly gli era stato subito simpatico, cose che non gli capitava spesso con degli estranei. "Ti ringrazio. Davvero." Jaime annuì e gli sorrise e vide le spalle di Renly rilassarsi leggermente sul cuscino.
 
 
 
"Lo sapevi che è stata la tua fanciulla a salvarmi la vita?" Jaime lo guardò stupito "No, non me l'ha detto." Renly scosse la testa "Sempre modesta Brienne. Non ho mai conosciuto una persona così dedita al dovere come quella ragazza. Quando lo vista qui accanto a me prima che partisse... Ho capito quanto deve esserle costato ripartire questa volta, lasciando così tanto indietro. Ma nemmeno per un momento ho dubitato delle sue intenzioni. Suo padre era un uomo d'onore e lei è identica; questo è il suo più grande pregio, ma è anche la sua maledizione..." Un brivido freddo si impadronì di Jaime, ma fu solo un attimo, poi Renly tornò a sorridergli e il cupo presentimento passò veloce com'era venuto.
"Prima di perderci in altro, c'è un favore che vorrei chiederti." Renly lo guardò con curiosità che si trasformò in un sorriso quando capì cosa Jaime aveva in mente.
 
 
 
 
In tutti i suoi lunghi mesi di servizio mai Brienne aveva trovato più difficile soffocare le lacrime come in quel momento. Respirò profondamente, cercando di pensare alla gioia che provava in quel momento, mista alla terribile malinconia che da giorni dimorava nel suo animo. Tra le mani stringeva la piccola, fragile foto che Jaime le aveva mandato nella sua ultima lettera, che lo ritraeva sorridente e bello come lo ricordava, accanto ad un altrettanto allegro Renly. Era splendido e allo stesso tempo terribile vedere due delle persone che più amava al mondo insieme, ma così lontane da lei. Il pensiero che Jaime di sua spontanea volontà fosse andato da Renly, per parlargli, per consolarlo, per fare quello che tanto avrebbe voluto fare lei, ovvero non lasciarlo solo, le scaldava il cuore in un modo che non avrebbe mai creduto possibile. Appoggiò la foto sul comodino, appuntandosi mentalmente di farla vedere a Loras non appena fosse tornato, e rilesse le lettere che teneva in grembo, oggetti inanimati che le parlavano con la voce a lei tanto care degli uomini che le avevano scritte.
 
 
27 Ottobre 2002
 
Cara fanciulla,
 
da quando non ci sei tu le giornate scorrono lente e monotone, mi ritrovo a giocare con Onore più spesso di quanto sarebbe conveniente per un uomo della mia età... Così ho pensato, perché non andare a trovare il tuo amico in ospedale? Devo dire che Renly mi è stato subito simpatico, si vede che è un brav’uomo, e mi dispiace davvero molto per la sua gamba. C'è da dire comunque che la sta prendendo molto meglio di come la presi io a suo tempo... anche se a onor del vero non ci vuole tanto per farlo. Gli ho chiesto di scriverti qualcosa, da qui la lettera che trovi in allegato, ho pensato che potesse farti piacere leggere qualcosa in una calligrafia che non fosse uno scarabocchio completo, e lui ha accettato di buon grado. Probabilmente ti ha scritto un papiro su quanto io sia una persona dall'aspetto poco raccomandabile (non ho letto la lettera, non mi sembrava carino... okay, potrei aver sbirciato le prime parole, ma poi il senso dell'onore ha prevalso, visto come sto migliorando? Il gatto è fiero di me.) Penso che tornerò ancora a fargli visita, lui sembra aver apprezzato la compagnia di qualcuno che non fosse l'infermiera, e abbiamo parlato di andare insieme ad un incontro di quelli organizzati dall'ospedale per le persone senza gamba o cose simili (se è solo per persone senza gambe sono anche capaci di lasciarmi fuori, devo stare attento), non che a me piacciano, ma a lui potrebbe essere utile.
Comunque, mi sembri adornata di una vena poetica che non ti ho mai sentito addosso mia cara fanciulla, se continui così manderò le tue lettere ad un concorso di poesia!
Se tu non sei brava in queste cose, non posso immaginare a che livello mi trovo io... Sottoterra oserei dire. Ti basti sapere che il primo e più importante motivo che mi ha convinto ad andare da Renly era la speranza di poter parlare di te, perché altrimenti l'idea di tutti questi mesi in attesa diventa quasi insostenibile. Tutta la famiglia Lannister (o almeno, la parte simpatica) ti saluta di cuore, e spera che tu stia bene.
Mi manchi Brienne, vorrei che tu fossi qui con me.
 
Jaime
 
 
Brienne accarezzò la carta con dolcezza, fissando lo sguardo sull'ultima riga, quasi indecifrabile tanto la scrittura di Jaime si era fatta fitta e veloce. Notò che l'inchiostro della penna era leggermente diverso da quello del resto della lettera, come se si fosse deciso a scrivere quell'ultimo pensiero di fretta, giusto prima di spedirla, in modo da non potersi pentire di averlo fatto. Lei e Jaime erano così simili per tanti aspetti che la cosa quasi la sorprendeva, e allo stesso tempo la faceva sorridere. Guardò di nuovo la foto, notando come si era lasciato crescere la barba dal loro ultimo incontro, facendolo sembrare più maturo di prima; forse entrambi stavano crescendo, molto di più ora che le loro strade si erano incrociate rispetto a prima.
 
 
27 Ottobre 2002
 
Cara Brienne,
 
Non ti ho mai scritto una lettera, non ne ho mai avuto bisogno, visto che da quando ti conosco siamo sempre stati vicini. Mi sembra così strano pensarvi laggiù da soli, senza di me. Non perché non credo che voi possiate farcela da soli, conosco sia te che Loras troppo bene per dubitare di voi, ma perché non sono sicuro di farcela io senza di voi. La mia vita è sempre stata quella del militare, fin da quando ero un ragazzo. Ora che mi trovo costretto a letto, a guardare il mondo fuggire via da una finestra, dopo aver abbandonato tutte le metodiche abitudini che avevo accumulato negli anni, mi sento perso. Non so se ho ancora uno scopo. Per ora mi sto concentrando nella riabilitazione, nell'adattarmi al meglio alla protesi che lentamente mi stanno costruendo su misura, ma... il pensiero del dopo mi spaventa, come mai prima. Era più facile affrontare il fuoco nemico che un futuro incerto. La visita di Jaime mi ha fatto però molto piacere, è una bravo ragazzo, si vede. E tiene molto a te, questo è certo; gli brillano gli occhi ogni volta che nomino il tuo nome, eppure è stato anche molto disponibile nei miei confronti, ed è stato bello parlare con qualcuno che sa cosa vuol dire... tutta questa situazione.
Vorrei poterti scrivere che sto meglio, che il dolore è passato, ma ogni volta che guardo il nulla che una volta era la mia gamba mi si stringe il cuore... Forse con il tempo passerà; Jaime mi ha detto che ad un certo punto smetti di rimpiangere ciò che hai perso e cominci ad apprezzare quello che hai guadagnato, e che riesci a tenerti stretto; non l'ha detto, ma penso parlasse di te.
Ho sentito dire che sono stato sostituito temporaneamente dal caporale Seaworth, e sono sicuro che farà un buon lavoro, è un uomo ligio al dovere e dalla mente pronta, di sicuro tu e Loras vi troverete bene con lui. Salutami tutti lì, e dì loro che il mio pensiero và a voi ogni giorno. Stai attenta Brienne.
 
Renly
 
 
Brienne appoggiò entrambe le lettere sul materasso accanto a lei, ammirando nuovamente le calligrafie così diverse di due uomini così diversi tra loro, eppure così vicini, tra loro e a lei. Si augurò con tutto il cuore che Jaime riuscisse ad aiutare Renly, e fu grata come non mai di averlo conosciuto, di averlo al suo fianco.
Aveva appena preso in mano la carta per rispondere ad entrambi quando Loras le passò accanto correndo per prendere il suo zaino dalla branda "Muoviti Tarth, il caporale ci ha mandati in prima linea. Ci sono degli scontri a sud-ovest della città, dobbiamo andare." Brienne si alzò in un lampo, sempre pronta all'azione in ogni caso, posando le lettere accanto alle altre, in attesa della risposta che avrebbe scritto più tardi, se non il giorno dopo. Raccolse lo zaino e fece un passo verso l'esterno, poi tornò indietro e raccolse la foto di Jaime e Renly; a Loras avrebbe fatto piacere vederla prima di scendere in campo.
 
 
 
Fuori dalla loro tenda tutti erano in movimento frenetico, e a Brienne fu subito chiaro il perché; in lontananza si vedeva il fumo delle case bruciate, e il suo cuore di fece di ghiaccio; pregò per un attimo che non ci fossero ancora civili in quella città dimenticata da Dio. Un grosso elicottero verde dall'aspetto minaccioso li aspettava più avanti, muovendo la sabbia in grandi onde attorno a sé con il movimento ritmico delle pale. Brienne camminò accanto a Loras fino all'elicottero, tenendosi il casco ben saldo sulla testa. Un ragazzo che ricordava di aver visto di sfuggita più di una volta sorrise ad entrambi "C'è solo un posto ancora, gli altri dovranno aspettare il prossimo." Loras la guardò alzando un sopracciglio "Prima le signore..." Brienne lo colpì alla spalla e salì con decisione sull'elicottero, non c'era tempo da perdere. Il fucile che portava in mano non le era mai sembrato così leggero mentre con metodica ormai automatica si allacciava le cinture e salutava Loras con un cenno mentre l'elicottero si alzava in volo.
 
 
 
Avrebbe dovuto essere tesa, preoccupata, e in parte lo era, ma allo stesso tempo sentiva una calma quasi glaciale addosso. Guardò fuori e vide che le grandi dune di sabbia si illuminavano di mille colori nel tramonto; non si era accorta che la giornata stava quasi per concludersi. Si meravigliò di quanto potesse essere bello quel panorama, nonostante sentisse chiaramente in lontananza gli spari. Avrebbe dovuto scrivere anche quello a Jaime nella sua prossima lettera, la struggente bellezza di quel paese divorato dalla guerra e dall'odio. Solo in quel momento si ricordò che non aveva mostrato la foto a Loras, e si diede della stupida.
Poi l'elicottero cominciò a precipitare.
 
 
 
 
 
 
Note: Eccoci di nuovo qui, non sono morta XD E’ stato un periodo terribilmente frenetico e purtroppo ho dovuto accantonare la scrittura, almeno fino a queste brevi vacanze!
Spendo qualche parola per parlare di Renly, perché da genio quale sono non mi sono resa conto che ho inserito sia lui che Robert nella storia, anche se ovviamente non sono imparentati (altrimenti lui e Jaime si conoscerebbero di sicuro) ma il bello degli AU è questo, no XD? Quindi Robert e Renly non sono fratelli, non in questo caso, scusatemi per il grossolano errore! Non so ancora se inserire Stannis, si vedrà.
Spero di non avervi sconvolto troppo con il finale, e di riuscire ad essere più veloce dell’ultima volta (come direbbe Jaime, non ci vuole tanto fanciulla) un saluto a tutti e grazie di continuare a seguire la storia e a recensire!

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Capitolo 14
*** Oscurità ***


La prima cosa che percepì fu un lancinante dolore alla testa, molto più acuto di qualsiasi altro avesse mai provato in vita sua. Lentamente, mentre riacquistava coscienza del suo corpo, quel dolore cominciò a scemare, mentre al suo posto ne spuntavano altri, al petto, alle gambe. Doveva essersi fratturata qualche costola, di questo era quasi sicura. Le era successo ancora, tanti anni prima, quando era ancora una novellina nel pieno del suo addestramento. Aveva messo male il piede durante un’esercitazione, scivolando malamente dalla solida struttura di legno che usavano per le simulazioni, e si era incrinata un paio di costole nella caduta. Brienne riafferrò il flusso dei suoi pensieri e si costrinse ad aprire gli occhi, per paura di non riuscire più a svegliarsi se si fosse abbandonata nuovamente al sonno.
 
 
Intorno a lei era tutto quasi completamente immerso nell’oscurità, fatta eccezione per qualche pallida isola di luce poco distante da lei, che dalla forma sembrava provenire da una porta. Si alzò a fatica sui gomiti, cercando di avere una visione più uniforme di quella che doveva essere una specie di caverna sotterranea a giudicare dall’umidità che percepiva intorno a lei “Grazie a Dio!” Brienne si girò bruscamente nella direzione da cui proveniva la voce, tanto da provocarsi un dolore lancinante al petto. Per un momento pensò di alzarsi in piedi, ma la caviglia della gamba sinistra le bruciò come fuoco non appena cercò di appoggiarcisi, e rinunciò subito all’idea “Chi c’è?” Gridò con voce roca mentre sentiva qualcosa avvicinarsi nell’oscurità. Non appena la figura entrò nel suo campo visivo, Brienne si rilassò contrò la parete di roccia; era il soldato che l’aveva aiutata a salire sull’aereo, il ragazzo sorridente di cui non riusciva a ricordarsi il nome. Solo che adesso non sorrideva per niente, e i suoi occhi erano pieni di paura, tanto da farlo sembrare molto più giovane dell’età che doveva avere per trovarsi lì “Grazie a Dio state bene, pensavo che non vi sareste più svegliata.”
 
 
Brienne lo guardò negli occhi, per poi guardarsi intorno “Da quanto tempo sto dormendo? Dove siamo?” Le labbra del ragazzo presero una piega amara “Non ne ho idea. Mi ricordo solo che l’elicottero cadeva… Poi mi sono svegliato qui. Non so quanto tempo sia passato… forse un giorno o due. Ho perso la concezione del tempo.” Anche Brienne, come lui, si ricordava dell’elicottero che precipitava a terra, poi più niente. “Hai controllato il perimetro? Ci sono vie d’uscita?” Il ragazzo si avvicinò di qualche centimetro, scuotendo la testa “Solo una porta, là sulla luce. Da lì mandano dentro il cibo.” Brienne sentì un brivido percorrerle la schiena “Chi?” Ancora, il ragazzo scosse la testa “Non lo so.” Brienne rimase in silenzio per qualche secondo fissando la porta che ora riusciva a intravedere grazie alla luce; era in metallo e sembrava terribilmente spessa. Nulla di buono per loro. Si girò di nuovo verso il ragazzo, realizzando solo in quel momento di non sapere nemmeno il suo nome “Io sono Brie” “Brienne Tarth” finì lui, e lei lo guardò stupita “Vi ho vista nel poligono di tiro. Tutti al campo sanno chi siete dopo quello che è successo al capitano Baratheon.” Brienne sorrise leggermente “Vista la situazione, direi che puoi darmi del tu. Mi dispiace, ma io non so il tuo nome, anche se ricordo di averti visto alla base.” Il ragazzo sorrise “E’ normale, non molti si ricordano di me… Sono il cadetto Payne, Podrick Payne.” Brienne gli sorrise “Piacere di conoscerti, Pod.”
 
 
 
 
“Non sono stati ritrovati? Cosa diavolo vuol dire?” Loras si passò una mano tra i capelli, vagamente conscio di aver alzato il tono di voce in modo inappropriato. L’uomo davanti a lui lo fissò con sguardo severo “Te l’ho già detto Tyrell, l’elicottero è precipitato in zona neutrale, ma quando siamo arrivati c’erano solo tre cadaveri, non abbiamo idea di dove siano i due dispersi… o chi siano.” Loras fissò l’uomo negli occhi, sentendo dentro di sé una rabbia che non aveva mai provato prima “Come diavolo potete non sapere chi siano? State solo prendendo tempo propinandomi queste cazzate, se la mia amica è morta voglio saperlo!”
 
 
Il ragazzo si fermò un attimo, prendendo fiato. Nel momento in cui aveva visto in lontananza l’elicottero scivolare lentamente a terra era rimasto immobile per un attimo, pensando vagamente a come assomigliava a uno dei giocattoli che aveva da piccolo, un elicottero di plastica che si era rotto quando aveva dieci anni, e a come sua sorella era stata l’unica a riuscire a consolarlo giocando con lui finché le sue lacrime non si erano asciugate. Poi era arrivata l’esplosione, e con quella il fuoco, il fumo, e la terribile consapevolezza di ciò che era successo. Non c’era stato tempo di pensare prima, ma in quel momento, davanti ad un uomo che per lui era un perfetto estraneo, il nuovo caporale che aveva occupato il posto di Renly, che era così dolorosamente diverso dal suo capitano, Loras aveva dato voce alla sua paura più profonda; se Brienne era davvero morta in quell’incidente, non se lo sarebbe mai perdonato.
 
 
Il caporale Seaworth si accigliò per un momento, sorpreso dal temperamento acceso di quel ragazzino, poi gli appoggiò la mano sulla spalla “Davvero, non lo sappiamo nemmeno noi. Purtroppo, purtroppo i cadaveri erano carbonizzati, le loro mostrine non c’erano, come se qualcuno le avesse strappate. Lo stesso qualcuno che deve aver portato via i due superstiti, sperando che siano tali.” Loras incrociò il suo sguardo “Appena saprò qualcosa in più te lo farò sapere Tyrell, promesso.” “Grazie signore.”
 
 
Loras camminò fino alla sua tenda, senza fare troppo caso a dove metteva i piedi, o a quello che succedeva intorno a lui. Era stordito, si sentiva terribilmente stanco e allo stesso tempo furioso con se stesso, continuava a rivivere nella sua mente l’ultima volta che aveva visto Brienne, a come le aveva lasciato il posto in quell'elicottero maledetto. Loras non era mai stato religioso, ma mentre si lasciava cadere sulla sua branda, lanciò una supplica a un Dio in cui non era sicuro di credere, pregando con tutte le sue forze che Brienne fosse ancora viva.
 
 
 
 
Jaime appoggiò la pesante borsa sul pianerottolo dell’appartamento, maledicendo la volta in cui si era proposto di aiutare Renly a portare le sue cose nel suo nuovo appartamento. Renly passò a fatica dalla porta con le stampelle nuove e gli sorrise “Grazie mille Jaime, davvero.” Jaime scrollò le spalle “Figurati. Sono felice di darti una mano.” Renly lo fissò immobile per un momento, poi iniziò a ridere “Spero di raggiungere presto il tuo livello di autoironia.” Jaime sorrise a sua volta “E’ stata una vera fortuna aver trovato questo appartamento con così poco preavviso.” In realtà era più una frase di circostanza che altro, visto che l’appartamento era più simile ad una topaia che ad una vera e propria abitazione Renly alzò un sopracciglio nel guardarlo “Non occorre fingere. Fa un po’ schifo pure a me.” Jaime scoppiò a ridere “Almeno non ci sono scale.” Il labbro di Renly tremolò un istante mentre cercava di trattenere una risata.
 
 
Entrambi sobbalzarono nel sentire la porta sbattere violentemente “Potrebbero farci una barzelletta…” la voce affaticata di Tyrion li raggiunse da dietro uno scatolone più alto di lui “Un nano, un monco e uno storpio si mettono a fare un trasloco…” l’uomo gettò lo scatolone a terra e vi si gettò sopra sbuffando sonoramente, incurante verso la possibile fragilità del contenuto “Io vorrei sentirla.” Sorrise Renly mentre si trascinava stancamente verso il frigo, una delle poche mobilie che avevano trovato al loro arrivo “Posso offrirvi una birra?” il sorriso di Tyrion diventò leggermente più tirato mentre guardava con preoccupazione il fratello maggiore, ma Jaime si limitò a scuotere la testa “No grazie, ho smesso.” Renly rimase per un attimo interdetto, guardando prima Tyrion poi Jaime “Io… Jaime scusami non volevo metterti in difficoltà.”
 
 
Jaime si alzò e si mise a guardare distrattamente le copertine dei libri che avevano portato con fatica dentro il piccolo appartamento, incapace di fissare negli occhi sia suo fratello che Renly “Io… io ho avuto qualche problema con l’alcool.” Renly annuì, non indagò oltre e abbassò lo sguardo, imbarazzato e allo stesso tempo pieno di ammirazione per Jaime, che nonostante le tante difficoltà era riuscito ad arrivare lì in quel momento, sorridente e sicuro, tanto da ricostruirsi una vita; per un momento lo colse la paura di non riuscire a fare lo stesso, di non essere abbastanza forte. Poi Jaime alzò lo sguardo e sorrise “Tutto merito della mia fanciulla.” Poi si alzò e andò a prendere uno degli altri scatoloni in macchina. Renly rimase per un attimo interdetto, finché Tyrion non gli diede una pacca sulla schiena “Lascia stare, fra un po’ si metterà a disegnare arcobaleni e fiorellini su ogni superficie.”
 
 
 
 
Il tempo sembrava dilatarsi all’infinito mentre il silenzio si faceva sempre più acuto, più doloroso. A nulla erano valsi i suoi tentativi di scagliarsi contro la porta, di urlare in inglese, francese, quel poco di arabo che conosceva ogni volta che il cibo veniva lasciato alla loro porta. Nessuna risposta alle sue grida, alle sue domande. Il buio era denso e umido intorno a loro, e a Brienne lasciava addosso un terribile senso di disperazione. Aveva pensato nella sua mente a ogni possibile scenario; perché avevano preso lei e Podrick come prigionieri invece di lasciarli a morire tra le fiamme dell’aereo? Volevano informazioni, o un riscatto? Brienne tremò al pensiero di essere finita in mano ad una delle cellule terroristiche islamiche che spadroneggiavano nel territorio, terrorizzata alla sola idea di quello che avrebbero potuto fare ad una donna, ad una soldatessa americana per di più.
 
 
Podrick aveva tentato una conversazione all’inizio, ma erano entrambi troppo doloranti e impauriti per fare conversazione. A un certo punto, un pensiero le attraversò la mente, e con un gesto che le strappò un gemito sonoro, aprì la piccola tasca interna della camicia dell’uniforme, solo per sentire con una punta di gioia, la prima da quando era finita in quell’inferno oscuro. La foto era ancora lì. Non era stato tutto un bel sogno, una realtà parallela a una terribile e triste realtà. Il solo pensiero di Jaime, e il sollievo quasi imbarazzante di aver trovato la foto lì dove l’aveva lasciata le strappò un sorriso nonostante tutto. “State ridendo?” la voce di Podrick la colse completamente di sorpresa; “Scusami, è una cosa stupida. Per un attimo ho pensato di aver vissuto tutta la mia vita in questo buco… Mi stavo dando della stupida per i miei pensieri.” Brienne sentì Podrick avvicinarsi e riuscì a sentire chiaramente la sua voce più vicina “No, non è una cosa stupida. La capisco benissimo.” Brienne sentì il lieve tremito nella sua voce, e avrebbe voluto poter fare di più per il ragazzo; ma come consolare qualcuno se lei stessa riusciva a malapena a non farsi prendere dal panico? “Date le circostanze direi che puoi darmi del tu Podrick” il ragazzo esitò per un attimo “Sarebbe un vero piacere.”
 
 
In quel momento si sentì un rumore metallico provenire dalla porta di fronte e loro, e per un attimo entrambi furono accecati dalla luce che da tanto tempo i loro occhi non avevano più visto. Una voce maschile, profonda e melliflua rimbombò nella stanza, e Brienne si rese conto con orrore crescente che la voce parlava con un perfetto accento americano “Ma che maniere, vi hanno lasciati per tutto questo tempo al buio. Dei veri e propri barbari.” Lentamente Brienne riuscì a mettere a fuoco l’esile figura accanto a lei, riconoscendo nei contorni leggermente incerti del volto il ragazzo che l’aveva accolta sull’aereo; poi la figura davanti a loro si fece sempre più nitida, e lei riuscì a distinguere un uomo sulla mezza età, magro e minuto, con il pizzetto e con un’espressione divertita sul volto che faceva salire in Brienne il desiderio di prenderlo a schiaffi. Non aveva la minima idea di chi potesse essere quell’uomo, né del motivo che l’aveva spinto a rinchiuderli lì. “Dovete scusarmi per l’attesa, ma sono stato davvero molto impegnato. Se potete essere così gentili da confermarmi le vostre identità.” Brienne si alzò in piedi, reggendosi con fatica alla parete, cercando di ignorare il profondo dolore che sentiva ad ogni minimo movimento “Oh, nelle sue condizioni io non lo farei” rispose l’uomo con un sorrisino “La smetta!” urlo Brienne con rabbia “Si può sapere chi è lei? Dove siamo? Perché ci tiene rinchiusi qui?”
 
 
Lo sguardo dell’uomo passò da Brienne a Podrick “Oh, il suo giovane amico non gliel’ha detto? Sperava di potermi risparmiare queste inutili facezie.” Podrick emise un sospiro rassegnato, e Brienne lo guardò confusa “Avevo un’idea sul perché potessimo essere qui…” disse guardandola con espressione dispiaciuta “Ma non volevo crederci, per quello non ho detto nulla. Conosco quest’uomo.” La donna non riuscì a fare altro che spostare lo sguardo tra Podrick e l’uomo sconosciuto davanti a lei, sempre più confusa “Che cosa sta succedendo Podrick?” “Il suo nome è Petyr Baelish, e la sua società mi ha contattato qualche mese fa per offrirmi un lavoro. Io… io non sono un soldato comune Brienne, sono stato inviato qui dalla mia squadra per condurre delle ricerche.”
 
 
Brienne lo fissava, sempre più allibita “Ricerche su cosa?” Fu Baelish a rispondere questa volta “Sulle vostre armi signorina Tarth. Il suo amichetto qui fa parte di uno dei gruppi d’ingegneria militare più avanzati del mondo.” Podrick annuì “Stiamo progettando nuove armi, io ero l’inviato sul campo, dovevo raccogliere informazioni su come migliorare i nuovi prototipi, su cosa evitare e cosa aggiungere… Quando il signor Baelish è venuto a cercarmi ero sul punto di partire per questa missione.” L’uomo annuì “E ti ho offerto molti, molti soldi per venire a lavorare per la mia compagnia.” Podrick annuì, per poi distogliere lo sguardo “Mi sembrava un’ottima proposta, ma poi ho fatto delle ricerche…” Podrick guardò Brienne “Sono una compagnia privata, è molto difficile entrare nei loro database, ma io…” “Lui c’è riuscito, il piccolo genietto del computer.” Podrick serrò la mascella per un attimo, fissando l’uomo con odio “Ho scoperto che trafficano armi, consegnandole ai terroristi. E’ per questo che mi volevano dalla loro parte, perché conosco tutti i prototipi delle armi per l’esercito. Ma non creda di farla franca signor Baelish, ho già spedito tutto il materiale che ho trovato al governo, si occuperanno di voi.”
 
 
Petyr scoppiò a ridere, e Brienne sentì di provare per lui un odio che mai aveva sentito in vita sua “Ho già intercettato tutte le tue patetiche prove e pagato chi di dovere per farle sparire, ingenuo ragazzino. Pensavi davvero di poter fare qualcosa?” Brienne fissò dispiaciuta l’espressione sconvolta del ragazzo prima di girarsi di nuovo verso Baelish prima che Podrick parlasse di nuovo“Questo non spiega perché siamo ancora vivi… Se era mettere a tacere il tutto ad interessarvi, perché non ucciderci subito?” Questa volta fu Brienne a rispondere “Perché lui è ancora interessato alle armi. Vuole usarti per costruirle.” Baelish sorrise “Vedi? La tua amica qui ha già capito come gira il mondo.” Podrick si alzò e mosse un passo verso l’uomo “Se pensate che tradirò così il mio paese vi sbagliate di grosso, potete uccidermi anche subito.” Petyr lo guardò di nuovo con quel suo ironico sorrisino “Oh ma io non ucciderò te… se non fai come ti dico, sarà la signorina Tarth a pagarne le conseguenze… Pezzo per pezzo.”
 
 
Nemmeno per un attimo, notò Brienne con distaccata freddezza, aveva smesso di sorridere. Podrick rimase a fissarlo sbalordito, come se quell’idea non l’avesse nemmeno sfiorato. “Vi lascio da soli a riflettere sulla cosa. Signor Payne, domani mattina mi comunicherà la sua scelta.” Con quelle parole l’uomo si girò e chiuse la porta dietro di sé, lasciando però la luce accesa nella stanza, a illuminare le espressioni sconvolte di Brienne e Podrick.
“Non puoi farlo Pod…” disse Brienne con voce insicura “Non importa quello che mi faranno, non puoi lasciare che scoprano certe cose… Non puoi.” Il ragazzo la fissò con espressione disperata, e la mano di Brienne tornò istintivamente a stringere la foto che teneva in tasca; mai in vita sua aveva avuto tanta paura.
 
 
 
 
“Tyrell… Tyrell svegliati.” Loras aprì gli occhi, non del tutto certo di essere sveglio o di stare ancora sognando. “Caporale… cosa succede?” la voce impastata del ragazzo fece sorridere l’uomo più anziano “Vieni con me ragazzo, ci sono delle novità.” Loras si alzò subito e seguì il caporale nell’oscurità del campo, cercando di non inciampare lungo il cammino. Alla fine, arrivati nella grossa costruzione adibita a controllo centrale, Loras si trovò davanti ad una marea di carte, tra cui non riuscì a non notare il fascicolo di Brienne e del ragazzo che l’aveva aiutata a salire sull’elicottero; vedere il volto della sua amica lì, in mezzo a tutto quel caos, gli fece provare una terribile stretta allo stomaco. Avrebbe dovuto esserci la sua foto lì in quel momento.
 
 
Il caporale Seaworth lo guardò con espressione impassibile “La buona notizia Tyrell, è che possiamo affermare con certezza che Brienne di Tarth è ancora viva. Lei e il soldato Podrick Payne sono gli unici superstiti allo schianto.” A quella notizia Loras sentì le ginocchia tremare, la speranza che aveva cercato di trattenere fino a quel momento si fuse al sollievo, tanto da fargli tremare le ginocchia. “E la cattiva notizia?” l’uomo storse le labbra “Abbiamo controllato i file di Payne, e abbiamo scoperto che faceva parte di un’unità speciale… un cervellone in incognito della squadra d’ingegneria militare. Quel ragazzo sa come costruire e programmare praticamente tutte le armi che utilizziamo qui.” Loras aprì la bocca, incerto su cosa potessero voler significare quelle parole “Pensiamo che possa essere lui la causa di questo incidente… o meglio, le sue conoscenze.”
 
 
“Quindi… Brienne potrebbe essere morta in questo momento?” Tutta il sollievo che Loras aveva provato svanì in un attimo quando il caporale scosse la testa “Non possiamo saperlo. Stiamo facendo del nostro meglio per individuare il luogo in cui sono stati portati. Per ora non ci resta altro da fare che aspettare.” Loras annuì “La ringrazio caporale.” L’uomo annuì e Loras fece per andarsene, il cuore pesante come non mai, prima di rigirarsi verso il caporale “Quando verrà organizzata una squadra di ricerca, voglio essere in prima linea.” “Certamente Tyrell, ti avevo già inserito nell’elenco.” Loras sorrise grato al caporale e fece di nuovo per andarsene, ma si girò nuovamente realizzando una cosa che avrebbe dovuto ricordare fin dal primo momento “Caporale, avrei un altro favore da chiederle.”
 
 
 
 
“… e quindi Joanna ha continuato a piangere per tutta la sera finché loro due non sono tornati.” Jaime scosse la testa “Non c’era verso di farla calmare.” Tyrion sbuffò sonoramente mentre Renly rideva “Sei tu che sei incapace con i bambini Jaime, non appena Tysha l’ha presa in braccio si è calmata subito.” “Ma lei è la madre! Sono sicuro che anche tu non riesci a tenerla in braccio per più di cinque minuti!” Dopo aver finito il trasloco Renly aveva invitato i due fratelli a mangiare la pizza, ed erano ore ormai che erano seduti a tavola a raccontarsi di tutto e di più; Renly si sentiva davvero sereno, per un incredibile momento era stato come se nulla fosse mai successo, come se la sua gamba fosse ancora integra, e lui un uomo come tutti. Poi aveva realizzato, mentre sorrideva e scherzava con i suoi due nuovi amici, che in realtà era ancora meglio di così; perché anche se tutto era successo, anche se un pezzo di lui era perduto per sempre, riusciva lo stesso ad essere felice, sollevato. Non era sicuro di poterci più riuscire.
 
 
Fece per parlare, per ringraziare i due uomini per il loro aiuto, quando il suo telefono squillò sonoramente dalla mensola della cucina. Renly sorrise e si alzò senza troppa fatica, appoggiandosi ai bordi della sedia “Pronto?” dall’altro capo della linea, disturbata e poco chiara riuscì lo stesso a sentire la voce di Loras “Renly… Sono io, Loras… “Loras, che piacere sentirti! Come hai convinto il caporale a farti usare il telefono?” Il viso di Jaime si era illuminato sentendo il nome dell’amico che Renly e Brienne avevano in comune “Renly… E’ successa una cosa terribile.”
Mentre il volto di Renly si faceva sempre più scuro e preoccupato, Jaime sentì con chiarezza tutta la serenità provata in quel pomeriggio scivolargli di dosso come una doccia fredda. 




Note: Anche questa volta, non sono morta! Mi scuso nuovamente per tutto il tempo che lascio passare da tra un capitolo e l'altro, ma tra esami e scout non ho avuto un momento libero! Spero che vi piaccia il nuovo capitolo, fatemi sapere le vostre impressioni, spero anche di riuscire ad aggiornare prima del solito la prossima volta! Intanto grazie per continuare a seguire la storia, un abbraccio, alla prossima!
 

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Capitolo 15
*** Apnea ***


Un respiro profondo. Un altro ancora.
 

Jaime aveva passato l’ultima ora a concentrarsi sui quei piccoli, essenziali respiri, perché era fermamente convinto che fossero l’unica cosa che riusciva a tenerlo ancora insieme.

 
Da quante ore era in quello stato? Quanto tempo era passato da quando aveva parlato con Renly, da quando gli aveva detto cos’era successo a Brienne?
 

Respirò di nuovo. Guardò la bottiglia di liquore che si era fermato a comprare prima di arrivare a casa, la mente tanto confusa da non ricordarsi nemmeno in quale negozio l’aveva presa, o quando l’aveva pagata. C’era un detto agli alcolisti anonimi, una frase che veniva ripetuta in continuazione, e che lui aveva adottato come mantra di vita da alcuni mesi a quella parte, ma che in quel momento si ricordava solo vagamente, una cosa come “vai avanti giorno per giorno”.
 

In quel momento Jaime non riusciva ad andare avanti giorno per giorno, aveva bisogno di pensare a qualcosa di più piccolo, minuto per minuto, secondo per secondo. Alla fine aveva deciso di andare avanti respiro per respiro.
 

Da quando aveva smesso di bere, mai aveva provato un desiderio così forte di ricascarci, di ubriacarsi fino a perdere qualsiasi tipo di lucidità. Voleva smettere di pensare, di esistere, di sentire tutte quelle emozioni che gli ronzavano dentro.
 

Aprì gli occhi e prese un altro respiro profondo, fissando la bottiglia ancora una volta, provando una rabbia forte come mai l’aveva provata in vita sua, nemmeno quando si era reso conto che la sua carriera era finita. “Maledizione” disse in un sussurro. Perché non poteva bere seduto su quel divano dove si era seduta lei. Dove l’aveva guardato negli occhi e gli aveva detto che credeva in lui, che pensava davvero che lui fosse una brava persona. Non poteva tradire la sua fiducia così.
 

 “Maledizione!” urlò questa volta, prendendo la bottiglia e lanciandola addosso al muro, frantumando il vetro in mille pezzi e rovesciando il liquore sulla parete, il tappeto, la mobilia, dandogli una soddisfazione tanto leggera da non riuscire a scalfire minimamente la sua rabbia. Onore scivolò veloce dalla poltrona in cui stava dormendo e corse fuori con uno scatto, ma Jaime lo vide a malapena, concentrato com’era nel cercare di non buttare all’aria tutta la mobilia di casa per la disperazione.
 

Si accasciò nuovamente sul divano, passandosi la mano sul volto, costatando con leggera sorpresa che aveva le guancie rigate di lacrime. Non si era accorto di aver iniziato a piangere. Una parte di lui cercava di tirarsi su, di sussurrare alla sua mente piena di caos che doveva stare tranquillo, che Brienne non era morta, era solamente dispersa, e che c’era ancora speranza. Ma in cuor suo il sentimento predominante era la rabbia in quel momento, verso il destino che aveva deciso ancora una volta di togliergli di mano l’unica cosa bella che avesse, verso di lei, che aveva voluto tornare in quel maledetto posto, verso di lui, che si sentiva così incapace di tenersi stretta la sua vita, così inutile mentre tutto andava a rotoli.
 

Quando Renly gli aveva detto quello che era successo per un momento aveva riso, convinto che il ragazzo lo stesse prendendo in giro. Non aveva voluto credere immediatamente al suo sguardo serio e triste, anche se dentro di sé aveva già capito che non poteva essere una buona notizia. Aveva sentito la mano di Tyrion stringergli la spalla, mentre suo fratello chiedeva a Renly com’era potuto succedere, mentre lui restava in silenzio, incapace di parlare, di realizzare che stava succedendo davvero. Si ricordava di essersi alzato e di essere uscito dalla casa, incurante delle parole degli altri due. Poi si era ritrovato a casa sua, con la bottiglia in mano e un vuoto enorme dentro.
 

Gli sembrava semplicemente impossibile che una cosa del genere fosse successa a Brienne, a loro… erano cose che sentivi nei telegiornali, che vedevi nei film, ma mai Jaime avrebbe pensato di viverle in prima persona. Non avresti mai pensato nemmeno di innamorarti di una ragazza semplicemente leggendo le sue lettere, si ricordò da solo. Era tutto così assurdo, e lui non aveva idea di cosa fare, di come comportarsi. Prese in mano il telefono e realizzò con sconcerto che erano le quattro di mattina; ma lui non aveva sonno, non aveva fame, o sete… non riusciva a sentire nulla in quel momento se non un sordo dolore al petto che non riusciva a diminuire.
 

Guardò distrattamente l’elenco di chiamate perse, da Renly, Tyrion, persino da Tysha, e solo dopo qualche minuto di riflessione si fece convinto ad ascoltare i messaggi che gli avevano lasciato in segreteria.
 

Il primo era di Tyrion, quando la sua voce roca e leggermente incerta gli risuonò nell’orecchio, Jaime realizzò che quello era probabilmente il primo messaggio che il fratello gli lasciava in segreteria. “Jaime… io… mi dispiace davvero tanto per quello che è successo. Ma Brienne è una tosta, sono sicuro che se la caverà. Per qualsiasi cosa io ci sono, d’accordo? Tysha e Joanna ti mandano un abbraccio. Chiamami.”
 

Il secondo era di Renly, e Jaime capì subito dalla sua voce che doveva essere sconvolto quanto lui. “Jaime, mi dispiace che te ne sia andato così; so che non è facile, io più di tanti altri posso capire cosa vuol dire. So che in questo momento ti senti inutile, ma non c’è nulla che possiamo fare, non da qui. Ho provato a chiamare chiunque conosca che possa saperne qualcosa in più, ma non mi dicono nulla, è come se fossi diventato un estraneo per loro, dannazione! Ma Loras mi ha detto che hanno una pista, e se c’è qualcuno che non mollerà finché non l’avrà trovata è proprio Loras, Brienne è come una sorella per lui. E se conosco i miei uomini posso dirti che anche lei farà qualsiasi cosa per tornare a casa. Quella ragazza è più testarda di un mulo.” La risata che uscì dalle labbra di Jaime suonò più come un singhiozzo, mentre la sua unica mano si stringeva quasi spasmodicamente attorno al telefono. “Ti chiamerò non appena avrò notizie. Ma tu non esitare a chiamarmi, per qualsiasi cosa. La riporteremo a casa Jaime, è una promessa.”
 

Jaime rimase ancora una volta solo con i suoi pensieri, terribili e confusi, mentre mille e più scenari gli passavano per la mente, uno peggiore dell’altro. Non poteva continuare così. Si alzò dal divano a fatica, versò dei croccantini nella ciotola di Onore e la lasciò fuori di casa, in caso il grosso gatto fosse tornato affamato. Poi recuperò il cofanetto in cui teneva le lettere di Brienne e ricominciò a leggerle una per una, cercando di sentirla più vicino possibile, sperando che lei riuscisse a sentire in qualche modo, che lui era lì per lei.

 
 
Brienne prese un respiro profondo prima di cercare di alzarsi in piedi, la mano appoggiata alla polverosa parete accanto a lei “Non credo sia una buona idea.” Podrick la guardava preoccupato, ma Brienne lo ricambiò con un’occhiataccia “Se sto ferma ancora per un secondo potrei morire.” Podrick annuì, ma rimase a guardarla con espressione preoccupata mentre lei cercava in qualche modo di muoversi senza pesare troppo sulla gamba dolorante.
 

“Mi dispiace così tanto Brienne. E’ tutta colpa mia se siamo in questa situazione… tu, gli altri ragazzi sull’elicottero. Avrei dovuto parlare prima. Quest’uomo… io, io non pensavo che fosse capace di qualcosa di così spregevole.”
 

Brienne rimase in silenzio per un attimo prima di rispondergli, cercando di prendere fiato dopo lo sforzo “Non è colpa tua Pod, non lo è per niente. Quest’uomo, questo Petyr Baelish… è un folle. Non devi assolutamente rivelargli nulla.” Podrick rimase in silenzio per qualche minuto prima di trovare il coraggio di risponderle “Ho il timore che non stia scherzando Brienne. Ti farà del male.” Brienne lo guardò negli occhi, sorprendendosi ancora una volta di quanto fosse giovane, di quanto apparisse spaventato; era quella l’espressione che portava anche lei in viso? Aveva cercato di essere forte, di non darsi per vinta, ma non poteva ignorare quella terribile sensazione di paura che le attanagliava le viscere.
 

Cercò di darsi un contegno, di apparire più sicura di se che poteva, e nonostante la difficoltà del momento, alle parole che pronunciò in quel momento credeva più che in ogni cosa “Posso sopportare il dolore. Non potrei sopportare di tradire il mio paese. Per favore Pod, non dire nulla.”
 

Podrick emise un verso che Brienne non riuscì a distinguere chiaramente, a metà tra un cenno di assenso ed un singhiozzo, e lei allungò la mano e gli strinse la sua, in un gesto di conforto che avrebbe trovato strano poco tempo prima. “Vedrai che andrà tutto bene Pod. Non siamo soli.”
 
 

“Ci sono novità?” Chiese Loras per la quinta volta in quasi un’ora. Tutta quell’attesa lo stava uccidendo. Il Caporale lo guardò con espressione contrariata “No, Tyrell, e come ti ho detto le altre quattro volte, se scopriremo qualcosa, verrò personalmente a dirtelo.” Loras si trattenne a stento dallo sbattere i piedi a terra come un bambino; non gli capitava spesso, ma in quel momento avrebbe tanto voluto avere accanto sua sorella. Aveva pregato Renly di avvertirla della situazione, visto che gli era stata concessa una sola telefonata, e le aveva anche scritto, ma non era la stessa cosa. Margaery avrebbe preso in mano la situazione, sarebbe riuscita a trovare una soluzione, ci riusciva sempre.
 

“E Tyrell…” Loras alzò lo sguardo, allontanando quei pensieri “Pensavo che la chiamata dell’altro giorno fosse per un parente di Brienne.” Loras arrossì violentemente, conscio di aver detto una mezza bugia al suo superiore “Brienne non ha nessun parente in vita signore. Ho chiamato…” “Hai chiamato il capitano Baratheon sì… l’ho intuito perché adesso non passa ora senza che cerchi di mettersi in contatto con me o con i nostri superiori.” Loras arrossì ancora di più, abbassando lo sguardo “E’ solo preoccupato per Brienne.” “Lui non ha alcun diritto di sapere cosa succede qui, non più.” Loras alzò lo sguardo, guardando il caporale con una punta di rabbia “Questo non è giusto, lui è…” “Lui è solo un civile ora Tyrell. Non accetto discussioni a riguardo. Abbiamo altre cosa a cui pensare; ora torna al tuo posto. Ti verrò a chiamare se ci saranno novità.”
 

Loras si allontanò a passo spedito, furioso con se stesso per aver messo nei guai l’amico, ma Renly doveva sapere, meritava di saperlo. E qualcuno doveva pur avvisare Jaime, pensò con una punta di preoccupazione. Chissà come aveva preso la notizia l’amico di Brienne. Andò verso il poligono di tiro, desideroso di sfogarsi come poteva. Quella notte non aveva dormito se non per qualche ora, ed era stato comunque un sonno disturbato e pieno di incubi. Il senso di colpa lo attanagliava come non mai.
 

Svuotò un intero caricatore quasi a caso, senza prendere la mira in modo preciso, contento solo di sentire il boato dei proiettili intorno a lui, così forti da coprire i suoi pensieri. Con il secondo fu più preciso, cercando di incanalare la rabbia e la frustrazione che aveva provato in quei giorni, sparando ad ogni respiro. Era una cosa che gli aveva insegnato Brienne quando ancora lui era alle prime armi, e tratteneva il respiro per tutti il tempo in cui sparava; lei gli aveva detto che doveva continuare a respirare, di farlo ogni volta che un colpo partiva, in modo che l’arma diventasse quasi un tutt’uno con il suo corpo. Da quel momento la sua mira era migliorata in modo sensibile, e probabilmente anche le sue possibilità di sopravvivenza.
 

Era così concentrato sul bersaglio che non sentì la persona avvicinarsi alle sue spalle finché non finì i proiettili e si fermò per ricaricare. “Caporale! Da quanto tempo è qui?” L’uomo sorrise “Abbastanza da vedere che sai fare il tuo lavoro Tyrell.” Loras strinse le spalle e si alzò in piedi “Abbiamo scoperto qualcosa. Come pensavamo, l’attacco era premeditato, il ragazzo era il loro bersaglio. Ma ora dobbiamo capire chi c’è dietro. Nell’attacco alla città abbiamo catturato alcuni uomini. Volevo andare a sentire le loro opinioni riguardo a questo attacco. Vuoi venire con me?” Loras annuì convinto “Bene, fra un ora davanti alla tenda di comando.” Loras alzò la mano in segno di saluto “Sì signore, grazie.”
 
 

Quando la porta della cella si aprì con un tonfo sia Brienne che Podrick sobbalzarono per lo stupore, e Brienne sentì un brivido freddo lungo la schiena. Petyr Baelish entrò con un sorriso mellifluo, seguito da un uomo alto con un mitra in mano, che dagli indumenti Brienne giudicò come uno del luogo. “Dunque, come stanno i miei ospiti? Avete dormito bene?” Né Brienne né Podrick risposero, rimanendo impassibili all’espressione cordiale di Baelish; a Brienne ricordò improvvisamente una serpe, e provò l’istintivo impulso di ritrarsi, ma lui continuò imperterrito “Spero che la notte vi abbia portato consiglio.” L’uomo guardò Podrick, ma fu Brienne a parlare “Non abbiamo intenzione di rivelarti nulla.” Il ragazzo accanto a lei si limitò ad annuire, e  il sorriso di Baelish vacillò leggermente.
 

Poi Brienne fece appena in tempo a vedere il riflesso metallico dell’arma che l’uomo aveva preso in mano prima di sentire un dolore lancinante al piede destro, che le fece perdere completamente il già precario equilibrio che aveva e cadere a terra. Nelle sua mente rimbombò il suono dello sparo e dell’urlo di Podrick accanto a lei. Baelish del resto, rimaneva impassibile “Non stavo parlando con te signorina. Ma con il mio amico Podrick. Allora Pod, vogliamo cominciare a parlare di affari o devo riempire la tua amichetta di piombo? Non ho tempo da perdere.” A Podrick bastò uno sguardo per capire che lei non aveva cambiato idea, e rimase in silenzio.
 

Baelish fece un cenno all’uomo accanto a lui, che si avvicinò a Brienne con passo sicuro. Podrick cercò di mettersi tra lui e la donna, ma l’altro lo colpì all’addome con un calcio e lo fece rotolare a terra, lontano da lei “Attento, lui mi serve intero”. L’uomo non rispose, ma posò il piede sul torace di Brienne, esattamente dove si trovavano le sue costole incrinate, e cominciò a spingere. Suo malgrado, Brienne cominciò ad urlare dopo qualche secondo.
 

“Basta!” Podrick si era rialzato in piedi, e guardava Brienne e Baelish con espressione disperata “Non è necessario.” Si avvicinò a Brienne, che ora respirava a fatica per il dolore “Posso sopportare il disonore del tradimento. Non posso sopportare di vedere qualcuno soffrire a causa mia.” Si girò di nuovo verso Baelish “Ti darò quello che vuoi.”
 

Lo stivale lasciò il petto di Brienne ad un cenno di Baelish, che sorrise nuovamente “Visto? Non ci voleva poi tanto. Podrick adesso verrai con me, e farai una lista del materiale che ti serve. Tu” disse all’uomo accanto a Brienne “Rimettila in sesto. Il nostro amico avrà bisogno di un aiutante.” Brienne fece appena in tempo a vedere Podrick uscire dalla porta seguito da Baelish prima di svenire.
 
 

“Cosa vuol dire niente?” Jaime avrebbe voluto mandare al diavolo Renly dall’altra parte della linea telefonica, ma rimase in silenzio mentre l’amico parlava “Sono giorni che provo a contattare il Caporale di Brienne o qualcuno del centro di comando, ma non ho ricevuto risposte. O almeno nulla di esaustivo. Stanno tutti sul vago da quando hanno capito che non sono più in servizio.” “Maledizione.” Jaime si passò il moncherino vicino al volto, mimando un gesto automatico che lo fece irritare ancora di più. Realizzò che dovevano essere giorni che non si faceva la barba… o che si prendeva un attimo per guardarsi allo specchio.
 

“Pensi che abbiano paura di una fuga di notizie?” Renly sbuffò “Anche… più che altro penso che stiano brancolando nel buio. Loras mi ha detto che questo… questo Podrick Payne era una pedina importante, qualcuno ha voluto rubarlo all’esercito, e solo Dio sa cosa gli stanno facendo fare in questo momento. Ma sembra che non abbiano ancora capito con chi hanno a che fare.” “Come non l’hanno capito? Stanno combattendo i terroristi no? Saranno stati loro.” Jaime non ci aveva mai capito nulla di quella guerra, e si rendeva conto solo adesso di quanto fosse profonda e preoccupante la sua ignoranza; contro chi stavano combattendo?
 

Renly esitò un attimo prima di rispondere “Non è così facile. Qualcuno deve averli avvertiti che Payne si trovava proprio in quell’aereo. Temono che ci sia una talpa tra le loro file.” “Ma mi hai detto che non ti avevano dato informazioni.” Renly emise una risata strozzata “Infatti, ma quando ci sei stato dentro per un pò di tempo come me, sai come ragionano. Stanno cercando di capire chi gli ha traditi. Potrebbero… loro…” Jaime avvertì la nota preoccupata nella voce di Renly “Potrebbero cosa?” “Potrebbero sospettare anche di Brienne.” Jaime rimase in un silenzio allibito per un attimo “Come? Perché? E’ impensabile! Maledetti bastardi!”
 

“Jaime, calmati. Non sappiamo ancora nulla, ma pensaci. Lei era nell’elicottero con loro, è l’unica sopravvissuta a parte l’obiettivo. Non ho detto che lei ha qualcosa a che fare con questo, sai che non potrei mai pensarlo, ma loro non la conoscono come noi. Potrebbero indagare sulla vita di Brienne.” “E allora non troveranno nulla. Brienne non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Piuttosto sarebbe morta.” “Lo so, lo so. Ma finché non verrà fuori la talpa, sospetteranno di tutti. E non riveleranno nulla, soprattutto a noi.”

 
Jaime rimase in silenzio per qualche secondo “Non dovrebbero perdere tempo su queste cose. Dovrebbero indagare sul passato di Payne.” “Lo penso anche io… Non mi sono mai sentito così inutile in tutta la mia vita… Bloccato qui mentre lei… se ci fossi stato io forse non sarebbe successo.” Jaime si sentiva preda dello stesso senso di impotenza “Non è stata colpa tua… Io, ci penso anche io. Prima che partisse, le avevo chiesto di restare, di rimanere qui con me. Ma lei è andata comunque. Avrei dovuto insistere di più.” Renly rise, ma non c’era gioia nella sua voce “Sai com’è lei. Non sarebbe mai rimasta.” Jaime si sentì pizzicare gli occhi al pensiero dell’ultimo sorriso che lei gli aveva rivolto; e se fosse stato l’ultimo? “Renly io… io devo andare, scusami. Chiamami se ci sono novità.”
 

Jaime chiuse la conversazione senza aspettare una risposta, e rimase lì, in piedi nel mezzo di casa sua senza avere la minima idea di cosa fare. Se solo fosse stato più intelligente, più scaltro, forse avrebbe potuto fare qualcosa, cercare informazioni, ma lui non era mai stato nulla di tutto questo…. Non era nemmeno abbastanza tosto per fare una cosa del genere. Bloccò per un momento il filo dei suoi pensieri quando si rese conto di conoscere esattamente la persona che poteva fare al caso suo; quello di cui aveva bisogno in quel momento, di cui Brienne aveva bisogno, non era un eroe, ma della regina delle stronze.
 
 

Cersei inarcò il sopracciglio molto più del solito quando lui entrò a testa bassa nel suo ufficio “Jaime! Chi non muore si rivede…” la voce di Cersei era piena di sarcasmo, ma Jaime ingoiò il rospo senza ribattere, non poteva permettersi di tenere testa alla sorella, non quel giorno “Cersei… ho bisogno del tuo aiuto.” 



Note: Eccomi qui di nuovo, con un altro capitolo! Mi scuso per il ritardo, ma questo capitolo è stato un pochino ostico da scrivere, non sapevo bene da che punto partire, come andare avanti, infatti ho provato a seguire diversi punti di vista, spero che vada bene lo stesso! Grazie mille di seguire la storia e recensire, una abbraccio e alla prossima!

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Capitolo 16
*** Speranza ***


“Cersei… ho bisogno del tuo aiuto.”
                          
 

L’espressione sarcastica di Cersei le morì in viso quando vide il volto del fratello. Dovevano essere le occhiaie, pensò lui distrattamente, o la disperazione. Lei gli fece cenno di entrare e sedersi, e lui lo fece senza fiatare.
 
 

“Che cosa succede Jaime? Se hai bisogno di soldi lo sai che papà…” “Non è per quello.” Le disse lui alzando lo sguardo e guardandola bene per la prima volta da quando era arrivato, o forse da anni.
 
 

Cersei aveva l’aria stanca, la luce che le aveva pervaso il viso quando entrambi erano più giovani sembrava scomparsa, dissipata dal lavoro che come un parassita le succhiava ogni linfa vitale; si domandò quando fosse stata l’ultima volta che le aveva chiesto come stava. Ma non era quello il momento.
 
 

“Si tratta di Brienne.” La scintilla di preoccupazione che aveva visto per un attimo negli occhi di lei sparì del tutto nel sentire quel nome “La tua… amica.” Jaime non abbassò lo sguardo “E’ più di un’amica per me.”
 
 

Cersei alzò gli occhi al cielo “Una volta avevi più gusto Jaime.” “Una volta ero uno stupido. Non ho bisogno dei tuoi giudizi Cersei, se vuoi aiutarmi bene, altrimenti posso anche andarmene.”
 
 

Fece per alzarsi ma la voce della sorella lo fermò “Aspetta. Dimmi di cosa si tratta.” Jaime si sedette di nuovo, inspirando profondamente “Brienne era tornata da poco in servizio quando è stata mandata in missione. L’elicottero su cui era è precipitato, e lei è scomparsa insieme ad un altro ragazzo.”
 
 

Cersei strinse le labbra per un attimo “Non vedo come potrei aiutarti. Non so nulla di soldati ed esercito.” Jaime scosse la testa “Il ragazzo che era con lei, non era un soldato qualsiasi. Conosceva delle informazioni riservate sulle armi, o qualcosa del genere.”
 
 

Jaime non si era mai sentito così inutile come in quel momento “C’è qualcuno dietro tutto quello che è successo, non è stato un caso. Qualcuno che si era messo in contatto prima con il ragazzo per cercare di farlo parlare, ma loro non riescono a capire chi.”
 
 

Cersei rise “E dovrei farlo io? Perché credi che avrei più successo?” “Perché tu sei brava in queste cose Cersei, lo sei sempre stata. Non ti sto chiedendo niente di che, solo di indagare sul ragazzo, per vedere se riesci a trovare qualcosa. Solo questo.”
 
 

Jaime rimase in silenzio per un attimo, fissando negli occhi la sorella, sperando che qualche parte di lei ci tenesse ancora a lui. “Lo so che ultimamente il nostro rapporto non è stato dei migliori. Io stavo soffrendo, ero… ero in un posto molto, molto oscuro. Ma tu Cersei, tu non hai fatto niente per aiutarmi, se non guardarmi con disprezzo ogni volta che il tuo sguardo cadeva sulla mia mano. Non posso più essere l’uomo che ero, il ragazzo che finiva sui giornali e in televisione, quello che ti regalava fama e successo; quella parte di me è perduta per sempre. E tu dovresti accettarlo, come l’ho fatto io.”
 
 

Cersei non replicò, e Jaime sentì la sua forza crescere con ogni parola che pronunciava; non sarebbe più rimasto in silenzio. “Se c’è ancora qualcosa che ti lega a me Cersei, se mi vuoi ancora un po’ di bene, dovrai volerlo all’uomo che sono adesso, che Brienne mi ha aiutato a diventare. Lei c’era quando tu mi hai voltato le spalle, e ora voglio fare lo stesso con lei, ma non posso farlo da solo.  Se ancora mi vuoi bene sorella, anche tu sei in debito con lei. Per favore, aiutami.”
 
 
La sorella non rispose per qualche minuto, tanto che Jaime si preoccupò di aver esagerato; sapeva che sua sorella non era una donna sentimentale, ma non si ricordava di averla mai vista così in difficoltà; forse la verità l’aveva colpita più forte di quanto potesse immaginarsi.
 
 

“Io… io devo pensarci Jaime. Ho una reputazione da difendere, il nome della nostra famiglia che tu non hai voluto portare avanti. Non posso rischiare tutto lo studio per te. Non ci sono solo io in gioco. Questa è la mia assicurazione per i miei figli, è per loro che sto creando un impero.” Cersei lo guardò negli occhi per la prima volta veramente da quando era entrato nel suo ufficio “Non posso rischiare tutto. Nemmeno per te.”
 
 

E Jaime riuscì a vedere il sincero dispiacere nei suoi occhi. Avrebbe voluto arrabbiarsi, ma in fondo capiva la sorella; Cersei era come una leonessa, avrebbe fatto di tutto per proteggere i suoi piccoli. Abbassò il capo e strinse le labbra in un finto sorriso.
 
 

“Capisco Cersei. Grazie del tuo tempo.”
 
 

Riuscì a malapena a sentirla quando lei lo richiamò, mentre teneva stretta nell’unica mano la maniglia della porta “Jaime.”
 
 

Lui si girò a guardarla, stupito di sentire tanta emozione nella sua voce “Spero davvero che lei stia bene.”
 


Jaime non le rispose, la gola bloccata al solo pensiero che potesse essere altrimenti.

 
*
 

Brienne riprese conoscenza lentamente, la testa pesante come un macigno, il corpo dolorante e inerte a terra.  La prima cosa che notò quando aprì gli occhi fu la stretta fasciatura bianca che portava al piede, là dove l’uomo di Baelish l’aveva colpita. Si sentiva il piede in fiamme, ma il dolore alle costole era diminuito; qualcuno doveva averla pesantemente sedata.
 


“Brienne, grazie al cielo ti sei svegliata.” Cercò di girare la testa verso la voce, ma il movimento fu troppo brusco e la sua visuale si riempì di tanti piccoli puntini bianchi.
 


“Piano, piano.” Sentì le mani di Pod aiutarla gentilmente ad appoggiarsi alla roccia, mentre la sua vista tornava normale. Il volto serio del ragazzo entrò nella sua visuale, lo sguardo pieno di preoccupazione.
 


“Ho del cibo.” Brienne sentì lo stomaco contorcersi al solo pensiero “Meglio di no, forse dopo. Acqua?”
 


Si sentiva la gola secca come il deserto intorno a loro, la voce roca e spezzata; Pod si affrettò a porgerle una bottiglia mezza piena, e Brienne bevve lentamente tutto il contenuto, stando attenta a non soffocarsi.
 


“Mi dispiace per prima.” Pod chinò il capo, incapace di guardarla negli occhi “Non riuscivo a restare a guardare mentre ti torturavano. Vorrei essere più coraggioso.”
 


Brienne alzò il braccio e gli sollevò il volto con la punta delle dita “Penso che tu sia coraggioso Pod. Un bravo soldato. Nemmeno io riuscirei a guardare i miei amici soffrire… Grazie per avermi salvata. Ma dobbiamo trovare una soluzione; non possiamo permettere che quell’uomo ottenga quello che vuole.”
 


Pod scosse la testa “Mi ha fatto vedere quello che ha qui sotto Brienne… E’ una vera e propria armeria. Gli serve solo qualcuno che programmi le armi ed è pronto a sganciare missili su ogni base da qui a casa nostra. E’ un folle… Vuole bruciare il mondo ed essere il re delle ceneri. Non c’è nulla che possiamo fare.”
 


Brienne rimase in silenzio a lungo, cercando di pensare a una possibile soluzione, ma la sua mente continuava a riportarla nello stesso punto, alla tragica, terribile verità: sarebbe morta in quella cella. Non avrebbe mai rivisto Jaime, Renly e Loras… Loras, che per poco non l’aveva sostituita in quell’inferno; ringraziò il cielo per averlo tenuto al sicuro.
 


Cercò di pensare al padre, a cosa avrebbe fatto lui al suo posto, ma non sembrava esserci nessuna possibilità. Guardò Pod, lo sguardo perso in chissà quali pensieri, le mani intrecciate per stringersi le ginocchia al petto. Era solo un ragazzino; un ragazzino geniale, ma poco più di un bambino. Aveva ancora tutta una vita davanti. E lei… lei aveva finalmente qualcuno ad aspettarla a casa.
 


Avrebbe voluto avere le lettere di Jaime con sé, per leggerle e rileggerle, per trarne quel coraggio che le serviva per fare quello che doveva essere fatto. Ma aveva solo i suoi ricordi, l’ombra delle sue carezze sul viso, l’immagine di lui accanto a lei quando si era svegliata dopo l’ultima notte che avevano passato insieme.
 


Fece un respiro profondo, cercando di sommergere il dolore che le attanagliava il cuore. “Pod, hai accesso a degli strumenti mentre sei nel laboratorio?” Pod la guardò confuso “Strumenti?”
 


“Attrezzi, qualsiasi cosa che possa vagamente assomigliare a un’arma.” “C’è una cassetta degli attrezzi. Penso la usino per riparare i computer… Potrebbero esserci dei cacciavite.”
 


Brienne annuì “Ottimo. Pensi di poterne portare uno qua dentro?” Pod la guardò negli occhi cercando di capire che piano potesse avere in mente “Mi sorvegliano tutto il tempo.”
 


Brienne lo afferrò per il polso, avvicinandolo a sé “Non ti ho chiesto questo Pod.” Il ragazzo abbassò lo sguardo “Penso di poterci riuscire.” Brienne lo lasciò andare, appoggiando la schiena bagnata di sudore alla parete dietro di lei.
 


“Ma ci sono troppi uomini Brienne. Questo posto è una fortezza, e tu vuoi cercare di evadere con un... un cacciavite?”
 


Brienne si rese conto che doveva suonare ridicolo. Quello che Pod non aveva capito era il vero obiettivo del suo piano: era lui a dover evadere. “Lo so Pod. Ma dobbiamo tentare. Non posso rimanere immobile mentre Baelish ottiene quello che vuole.”
 


“Sei ferita.” Pod indicò vagamente tutto il suo corpo; Brienne era consapevole di essere debole come non mai “Non importa. Posso soffocare il dolore. Ma tu Pod, devi soffocare la tua paura. Se davvero vuoi farci uscire da qui, devi fare come ti dico. Altrimenti siamo morti, e con noi tutti i nostri amici, le nostre famiglie. C’è in ballo molto di più della nostra vita.”
 


Pod annuì “Sono pronto a tutto.” Brienne sperò che fosse vero. “Domani quando ti riporteranno al laboratorio cerca di guardarti intorno. Trova una via d’uscita, memorizza la strada. E trova un’arma. Qualsiasi cosa Pod, ne abbiamo bisogno.”
 


“E poi?” La voce di Pod era carica d’ansia “Poi vedremo. Possiamo farcela Pod.” Tu puoi farcela Pod, pensò Brienne; l’avrebbe mandato fuori da quel posto a qualsiasi costo. Il ragazzo tentò un mezzo sorriso e Brienne annuì.
 


Adesso non restava che aspettare.
 
*
 

Loras si lasciò cadere a terra, il volto coperto da piccole gocce di sudore. Era appena uscito dalla tenda dove, per ore, avevano cercato invano di far parlare i soldati che avevano catturato. Nessuno di loro sembrava avere una vaga idea di dove potevano trovarsi Brienne e Payne, e Loras era abbastanza incline a credere che non stessero mentendo; i metodi di Seaworth non erano stati esattamente gentili.
 


Il caporale uscì dalla tenda, asciugandosi il volto con un fazzoletto di tela; Loras riuscì a notare le iniziali del capitano ricamate con mano abile nella stoffa, e abbozzò un sorriso al pensiero di come un dettaglio del genere stonasse con l’ambiente circostante.
 


Seaworth intercettò il suo sguardo e sorrise a sua volta “L’ha fatto mia moglie, Marya. A dirla tutta me ne ha fatti una dozzina, insiste sempre che me ne porti almeno uno con me, secondo lei mi portano fortuna.”
 


Loras alzò lo sguardo “Ed è vero?” “L’unica vera fortuna che ho avuto è stata sposare lei, è una donna meravigliosa. Mi ha dato sette figli.” L’uomo sorrise con dolcezza e Loras rimase interdetto per un attimo; faceva fatica a conciliare l’uomo duro e severo con cui aveva collaborato negli ultimi giorni all’uomo davanti a lui in quel momento.
 


“Ne ho persi quattro in missione. Volevano sempre andare in pattuglia insieme… e un giorno una mina…” L’uomo abbassò lo sguardo, evidentemente capace di proseguire.
 


Loras abbassò lo sguardo, incapace di fissare negli occhi l’uomo che parlava con voce spezzata “Mi dispiace molto signore.” Il caporale scosse la testa, quasi a riprendersi “Sono morti facendo il loro dovere, sono molto fiero di loro.”
 


Seaworth gli appoggiò una mano sulla spalla “So cosa vuol dire Tyrell, perdere qualcuno che ami.”
 


Loras alzò la testa, guardando il caporale negli occhi forse per la prima volta da quando si erano conosciuti “Brienne non è morta.”
 


L’uomo annuì “Nessuno lo spera più di me figliolo. Ma lei sapeva cosa stava facendo. Smettila di dannarti l’anima, non aiuta né te né lei, te lo dice uno che si è tormentato per anni.”  
 


Loras si alzò in piedi, cercando di racimolare quel poco di dignità che sentiva ancora di possedere; i suoi occhi erano di nuovo lucidi “Grazie signore.”
 


“E adesso vai  a dormire Tyrell, questi poveracci non hanno idea di chi ci sia dietro ai loro ordini, se va bene sono dei pecorai reclutati dalle montagne a cui hanno dato in mano un mitra. Domani dovremmo setacciare questo dannato deserto, e ci servi in forma.”
 


Loras annuì e salutò il superiore, domandandosi se davvero sarebbe riuscito a dormire con tutti i pensieri che aveva in mente; un dubbio inutile visto che crollò non appena la sua testa toccò il cuscino.
 
*
 

“Non ci sono novità?”
 


Jaime strinse in mano il telefono, cercando di trovare un tono di voce che fosse meno disperato di come si sentiva in quel momento, non era il caso di allarmare Tyrion.
 


“Nessuna. Renly mi tiene aggiornato, ma ormai non rispondono nemmeno più alle sue chiamate.”
 


“Jaime… Mi dispiace tanto. Se hai bisogno di qualcosa, di qualunque cosa, io e Tysha siamo qui per te.”
 


Jaime cercò di ignorare il nodo che sentiva in gola, che gli opprimeva il respiro da quando era iniziato quell’incubo, ma era troppo stanco, troppo disperato.
 


“Tyrion, non so se posso affrontarlo.” Il silenzio dall’altra parte della linea durò solo qualche secondo più del solito “Jaime, lo so che è dura, ma…”
 


“Non è dura Tyrion, è inconcepibile. Il pensiero che lei non possa esserci più… Mi sta consumando. Prima che lei arrivasse nella mia vita… non valevo niente. E adesso… è esattamente così che mi sento.”
 


“Jaime, non devi abbandonare le speranze, lo sai meglio di chiunque altro, Brienne è una donna forte.”
 


“Lei sì. Ma non so quanto posso essere forte io senza di lei. Non aveva nemmeno bisogno di essere con me…” Jaime cercò di trattenere un singhiozzo “Mi bastava pensare a lei, per quanto distante, irraggiungibile, per sentirmi meglio, per sentirmi migliore. Non posso perdere anche lei Tyrion. Non posso.”
 


“Non la perderai, Jaime. Vedrai. Devi restare forte, per lei. Perché lei vorrebbe così.”
 


Jaime inspirò a fondo, cercando di calmarsi “Hai ragione. Scusami Tyrion.”
 


“Non c’è niente di cui scusarsi. Se succedesse a Tysha… penso che sarei ridotto peggio di te fratellone. Posso venire a trovarti domani?”
 


Jaime non si sentiva in vena di ricevere visite, ma non voleva nemmeno restare solo “Certo, mi farebbe piacere. A domani Tyrion, dai un bacio alle tue donne da parte mia.”
 


“Sarà fatto. Andrà tutto bene Jaime, vedrai.”
 
 

Jaime chiuse la comunicazione e si accasciò sul divano, dove Onore lo aspettava mezzo addormentato. Nel vederlo, il gatto cominciò a fare le fusa rumorosamente, come a volerlo consolare, e Jaime sorrise leggermente mentre gli grattava la grossa testa.
 


Sarebbe dovuto andare ad allenare la squadra del liceo il giorno dopo, ma aveva chiamato il preside chiedendo dei giorni di malattia; non si sentiva in grado di fare nulla in quel momento, se non aspettare fissando il vuoto. Si sentiva senza speranze.
 


Il telefono squillò sul tavolo davanti a lui, e Jaime pensò che dovesse essere Renly, con un altro inutile aggiornamento della situazione, ma quando guardò il display, si accorse che il numero era sconosciuto.
 


“Pronto?”
 


“Jaime. Non ho molto tempo.”
 


“Cersei?”
 


“Zitto. Ti sto chiamando da un telefono pubblico, ma non si sa mai.”
 


“Che cosa sta succedendo?” Jaime si era alzato in piedi, percependo l’ansia nella voce della sorella.
 


“Questo è l’ultimo favore che ti faccio, non posso spingermi oltre, quindi non cercarmi più finché questa storia non sarà finita.”
 


“Non capisco, io…”
 


“L’amico della tua soldatessa stava agitando le acque, aveva mandato dei file criptati al governo sul traffico illegali di armi di una grossa compagnia americana, ma sono stati intercettati. La compagnia è la Arryn Company, il loro CEO è Petyr Baelish. E’ il tuo uomo.”
 


Una scarica di adrenalina scosse Jaime alla rivelazione.
 


“Non so come ringraziarti…”
 


“Stai attento Jaime, sono persone pericolose...”
 


“Certo io…” La linea si fece muta dall’altra parte; sua sorella aveva riattaccato. Jaime rimase per un attimo immobile prima di comporre il numero di Renly con mano tremante. Finalmente poteva fare qualcosa.
 
 
 




Note: Ciao a tutti! Lo so, è passato più di un anno e molti di voi probabilmente hanno pensato che non avrei più aggiornato; devo ammettere che ci ho pensato anch’io. Ma penso che Jaime e Brienne si meritino una fine, e cercherò di aggiornare quando posso, perché voglio davvero concludere questa storia! Per motivi di tempo l’ho accorciata rispetto alla mia idea iniziale, e penso di finire in tre, massimo quattro capitoli.
Grazie a chi ancora segue la storia e la recensisce, è davvero un grande incentivo a proseguire! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima, sperando di farvi aspettare molto meno questa volta!

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Capitolo 17
*** Fuga ***


 
“Ancora niente?” il silenzio dall’altra parte della linea si prolungò per un attimo infinito mentre Renly tratteneva il respiro “Niente. Nessuno degli uomini che abbiamo catturato sembra sapere dove si trovino Brienne e l’altro ragazzo… Ci sono pattuglie che perlustrano il deserto, ma sai com’è…” La voce di Loras suonava stanca, quel timbro di voce che Renly aveva imparato a conoscere così bene, di solito così allegro e spensierato, sembrava essere sparito completamente.
 
 

“Non avete abbastanza uomini.” Gli sembrò quasi di vedere Loras annuire, i riccioli chiari che cadevano sulla fronte ampia “In più sono giorni che in città subiamo attacchi continui. Non penso sia un caso, chiunque siano, non vogliono essere trovati.” Qualcuno bussò alla porta rumorosamente prima che Renly potesse rispondere “Devo andare Loras… Fammi sapere non appena avrete nuove notizie…”
 
 

“Renly aspetta io…” Renly si bloccò, non ancora del tutto abituato a sentire il ragazzo chiamarlo per nome “Quello che è successo a Brienne mi ha fatto capire che… che tutto questo, tutto quello che ho, è così fragile, potrebbe sparire in un momento… E prima che fosse troppo tardi volevo dirti che io…”
 
 

“Aspetta” Renly poteva sentire i battiti del proprio cuore rimbombargli nelle orecchie, un improvviso rossore coloragli il volto “Non così, non adesso. Quando tornerai, parleremo allora.” “Ma io…” “Anch’io. Ma non è il momento giusto. Vedi di tornare… Ti aspetterò, Loras.”
 
 

La linea diventò muta dall’altra parte, e Renly si chiese per un attimo se Loras avesse effettivamente sentito l’ultima frase che gli aveva rivolto, prima che l’ennesimo colpo alla porta lo riportasse alla realtà. Si alzò a fatica sulla gamba sana, cercando di ignorare l’improvviso moto d’adrenalina, il cuore che ancora gli batteva all’impazzata nel petto.
 
 

“Arrivo, arrivo!”
 
 

Rimase solo leggermente sorpreso nel vedere Jaime quando aprì la porta, bagnato fradicio e con una strana luce negli occhi “Jaime… Sei venuto fin qui a piedi?” Jaime agitò il moncherino entrando come una furia nel piccolo appartamento “Non posso guidare, e avevo qualcosa d’importante da dirti.”
 

Renly lo guardò confuso e Jaime gli sorrise “So come trovare Brienne.”
 

*
 


“Quindi fammi capire bene… Il tuo piano geniale sarebbe rapire un ragazzino, un figlio di papà dirigente di una delle industrie più conosciute del paese e farci dire da lui dove si trova il suo CEO, che è in realtà un malvagio mercante d’armi che ha rapito Brienne e il ragazzino esperto di armi?”
 


“Esattamente” Jaime guardò il fratello e Renly senza un’ombra di dubbio in volto, e Tyrion si passò la mano tra i capelli “Dovevo capirlo quando mi hai chiamato qui all’una di notte che avevi bevuto.” Jaime guardò il fratello con espressione ferita “Sono sobrio Tyrion, e lucido. E’ l’unico modo per capire dove si trova Brienne. Renly mi ha detto che i soldati non sono riusciti a trovare nulla… Ogni secondo che perdiamo potrebbe segnare la fine di Brienne.” La voce di Jaime si spezzò per un attimo al solo pensiero, e lo sguardo di Tyrion si addolcì.
 


“Lo so Jaime… Ma qui si tratta di violare la legge. Io sono appena diventato padre, non posso finire in galera.” Jaime scosse la testa “Infatti non vi sto chiedendo di partecipare, ma di aiutarmi a trovare qualcuno che mi dia una mano… Letteralmente.”  Tyrion alzò gli occhi al cielo e Renly scosse la testa, cercando di mascherare un mezzo sorriso.
 


“Renly confidavo in te soprattutto… Un ex militare magari, qualcuno che ti deve un favore.” Renly scosse la testa “Non conosco nessuno qui. Tutti i miei contatti sono ancora nell’esercito e dubito avrebbero piacere di partecipare a una cosa del genere.”
 
 

“Io potrei conoscere qualcuno…” Tyrion borbottò sottovoce, e Jaime lo guardò sorpreso “E’ un tipo poco raccomandabile, ma per la giusta cifra farà quello che chiedi.” “Come lo conosci?” Tyrion scosse la testa “Non lo vuoi sapere. E non dire a Tysha nulla di tutto questo, d’accordo?”
 
 

Jaime scosse la testa “Non una parola, fratello. Allora, come si chiama questo tuo amico?” Tyrion sospirò “Il suo nome è Bronn…”
 
 

*
 

Podrick si guardò intorno mentre lo schermo del computer davanti a lui continuava a brillare, caricando gli ultimi algoritmi che aveva appena finito di scrivere. Aveva cercato di tirarla più lunga possibile, ma c’era sempre qualcuno pronto a controllare che lui facesse il suo lavoro, e non voleva rischiare altre ripercussioni su Brienne; lei faceva finta di star bene, ma era evidente a Podrick che era allo stremo delle forze.
 
 

Guardò per la millesima volta nel giro di poche ore la piccola cassetta degli attrezzi dall’altro lato della sala, cercando di pensare a un modo per arrivarci senza essere scoperto dalla guardia di turno, che non gli staccava gli occhi di dosso nemmeno per un istante.
 
 

Improvvisamente un rumore sordo proveniente da qualche stanza più in là fece spostare lo sguardo della sua guardia verso la porta, mentre i rumori continuavano ad aumentare. L’uomo lanciò uno sguardo verso di lui e nuovamente verso la porta prima di decidere di andare a vedere che cosa stava succedendo.
 
 

Alla fine, si trattò solo di pochi attimi, che a Podrick sembrarono lunghi quanto un’estate afosa nel sud del Texas, dov’era cresciuto, e che gli costarono lo stesso sudore. Mentre l’uomo apriva la porta tenendo in mano il mitra che portava a tracolla, Podrick scivolò senza far rumore verso la casetta, aprendola senza guardare, gli occhi ancora fissi sulla schiena dell’uomo davanti a lui. Gli sembrò di tornare bambino, di giocare a uno dei giochi preferiti dei cugini, in cui doveva mettere una mano in una scatola chiusa e cercare di indovinare gli oggetti nascosti dentro.
 


Quasi sicuro di aver posato la mano su ciò che cercava, Podrick sfilò l’oggetto dalla scatola con la massima cautela, facendoselo scivolare nella tasca dei pantaloni, sperando che la sua uniforme sgualcita fosse abbastanza grande da nascondere l’oggetto. Tornò al suo posto un attimo prima che l’uomo si girasse di nuovo verso di lui, chiudendo la porta e tornando al proprio posto, evidentemente ignaro del sudore che scendeva copioso sul volto di Podrick.
 
 

Quando, ore dopo, la guardia si decise a riportarlo nella sua cella con del cibo per lui e Brienne, fu sorpreso di vedere un grosso livido sul volto della donna “Allora, il mio diversivo ha funzionato?” sussurrò, e Podrick annuì cercando di trattenersi dal correre ad abbracciarla. Brienne gli sorrise, e per la prima volta dal momento in cui si era svegliato in quella cella umida Podrick sentì un briciolo di speranza crescergli dentro.
 
 

*
 



“Quindi, tu devi essere il coglione che mi ha ingaggiato.” Bronn lo squadrò dalla testa ai piedi con un sorriso irritante, mentre si portava la sigaretta alla bocca con aria annoiata. Jaime sorvolò sull’insulto, avvicinandosi a lui nel buio dello sporco locale in cui Tyrion gli aveva detto che l’avrebbe trovato “Esattamente. E da quanto mi ha detto mio fratello, sto parlando con un esperto.”
 
 


Bronn alzò le spalle coperte da quello che Jaime giudicò un vecchissimo giubbotto in pelle “So fare il mio lavoro. E ringrazia tuo fratello se ho deciso di incontrarti, di solito non mi muovo per così poco.” Jaime sospirò “Non voglio sapere cos’è successo tra te e Tyrion. Ma ti sarei davvero grato se potessimo accelerare le cose, ho fretta.”
 
 

Bronn inarcò leggermente le sopracciglia “Ottimo, allora fammi vedere i miei soldi.” Jaime sospirò e tirò fuori la busta con i soldi che lui Renly e Tyrion erano riusciti a racimolare in così poco tempo. Bronn la prese senza fare una piega e contò in velocità le banconote, con l’aria di uno che lo faceva abitualmente. Con un leggero brivido lungo la schiena Jaime si chiese in cosa diavolo si stava cacciando, prima che l’immagine sorridente di Brienne gli occupasse la mente. Ne valeva la pena, per lei.
 
 

“Quindi io dovrei trovare questo Robert Arryn, superare le sue guardie del corpo costringerlo a rivelarmi le coordinate del segretissimo bunker che la sua compagnia possiede nel deserto, il tutto senza far capire chi sono e chi mi manda… Tutto qui?” Bronn inarcò le sopracciglia e Jaime scosse la testa “Sarebbe anche di grande aiuto se riuscissi a farlo stanotte. Pensi di potercela fare?”
 
 

L’uomo davanti a lui scosse la testa ridendo “Mi hai preso per un dilettante? Ti chiamerò io quando avrò trovato l’informazione, e stai certo che la troverò.” Jaime si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e fece per alzarsi prima che Bronn lo trattenesse, stringendogli il polso “Un ultima cosa, prima che tu vada.”
 
 

Jaime lo guardò negli occhi per un lungo momento prima che l’uomo si decidesse a parlare “Voglio un autografo… Il fottutissimo Jaime Lannister, quando mi ricapita?” La tensione che Jaime aveva provato fino a quel momento si spezzò, e rise all’uomo davanti a lui “Un fan dei Giants?”
 
 

Le labbra di Bronn s’incurvarono in una smorfia “Cazzo no, il baseball è per fighette. Ma conosco chi me lo pagherà bene.”
 

 
*
 



Brienne si svegliò per il dolore, l’ennesima, bruciante fitta da quando quell’incubo era iniziato. La caviglia era ancora in fiamme e nessuna parte del suo corpo sembrava essere messa meglio. Lo zigomo destro le pulsava ritmicamente a ogni battito del suo cuore e gli occhi le lacrimarono per un attimo prima che riuscisse a ricomporsi a dovere.
 
 

Oggi era il giorno. Podrick le aveva detto che il suo lavoro di programmazione era quasi finito, e non potevano permettersi di aspettare oltre. In più ogni momento che passava lei si sentiva più debole, e non poteva rischiare che le forze le venissero meno proprio quando più le servivano.
 
 

Guardò Podrick che accanto a lei dormiva ancora; ci sarebbero volute ancora un paio d’ore prima che le guardie tornassero a prenderlo, e Brienne decise di gustarsi quegli ultimi attimi di pace, forse gli ultimi attimi della sua vita. Pensò a suo padre, al vecchio e famigliare sorriso che le riservava, alla dolcezza con cui l’aveva sempre trattata. Riuscì a vedere chiara nella sua mente l’ultima immagine che aveva di lui, in piedi davanti al portico di casa, mentre la salutava; lei stava partendo per l’ennesima missione, e lui era rimasto sul portico a guardarla finché la sua macchina non era svanita all’orizzonte. Era morto un mese dopo, all’improvviso, senza che lei gli potesse dire addio, senza che gli potesse dire quanto lo amava.
 
 

Quelle parole bloccarono il fiume dei suoi pensieri, pensando a quanti altri addii avrebbe lasciato in sospeso. Non avrebbe più sentito la risata di Loras, la voce rassicurante di Renly… Pensò a Jaime, a come il suo viso fosse ancora sfuocato nella sua mente, a come avrebbe voluto avere più tempo per memorizzare ogni curva del suo sorriso, ogni linea del suo volto; avrebbe voluto aspettare che accendessero la luce, giusto per dare un’ultima occhiata alla foto che ancora teneva stretta al petto, unica certezza in quella confusione che ora ruotava attorno a lei. Ma non c’era più tempo, non c’era più tempo per lei.
 
 

*
 


“Signor Lannister”
 


“Bronn, sei tu.”
 


“Zitto coglione, non dire il mio nome!” Un sospiro dall’altra parte della linea.
 


“Hai carta e pena? Sto per dirti le coordinate.” Jaime cercò con fatica un blocco e una penna nel caos che era diventata la sua casa, tenendo a stento la cornetta del telefono con la spalla. “Ci sono.”
 


L’uomo gli dettò i numeri che tanto Jaime aveva aspettato per lunghe agonizzanti ore, e lui se li fece ripetere tre volte: non poteva sbagliare. “E’ stato difficile?”
 


Bronn rise “Stai scherzando? I soldi più facili che ho mai fatto! Quel coglioncello ha cominciato a cantare nel secondo in cui ho messo ko le sue guardie.” Jaime sospirò sollevato “Quindi non hai dovuto fargli del male?”
 


Un attimo di silenzio da’’altra parte della linea “Non ho detto quello. Ma niente di permanente, tranquillo cuore d’oro.” Jaime sospirò “Bene, ti ringrazio.”
 


“Sai dove trovarmi moncherino. Alla prossima.”
 


Jaime sperò con tutti il cuore di non doverci parlare mai più. Strinse il pezzo di carta tra le mani con venerazione per un secondo prima di comporre il numero di Renly.
 

 
*
 


Quando la guardia aprì la porta della cella, Brienne e Podrick erano pronti. Nonostante il dolore a entrambe le gambe Brienne era riuscita a rimettersi in piedi, aspettando guardinga accanto alla porta.
 


Podrick era davanti all’ingresso, accanto ad un cumulo di coperte che avrebbe dovuto passare per lei; Brienne sperò che il buio attorno a loro li aiutasse. “Aiutami presto! Non respira!” Podrick urlò alla guardia, e quando l’uomo passò oltre Brienne senza notarla, lei lo attaccò da dietro, conficcandogli il cacciavite nel collo. La mano che aveva prontamente portato in bocca all’uomo si riempì di sangue mentre mascherava i suoi ultimi sussulti, e prima che potessero accorgersene la guardia cadde al suolo, morta.
 
 

Non c’era tempo di pensare a quello che aveva appena fatto, e Brienne si gettò sul cadavere alla ricerca delle sue armi prima che qualcuno si accorgesse di cosa stava succedendo. Impugnò il mitra che l’uomo portava a tracolla e passò la pistola a Podrick, che era corso immediatamente al suo fianco.
 
 

“Podrick ora stammi a sentire. Se ti dico di correre, tu corri a cercare l’uscita più velocemente che puoi d’accordo?” Podrick annuì, ma Brienne voleva essere sicura che il ragazzo avesse capito. “Qualsiasi cosa stia succedendo Pod, mi ha capito? Non importa se io sto morendo, se mi hanno catturato, se io ti dico di correre, corri come il vento e te ne vai da questo posto.”
 


“Ma io…” “Nessun ma Pod. C’è in gioco molto più della nostra vita. Abbandonami se necessario, lasciami morire, ma mettiti in salvo. E se non ci riesci…” Brienne non riuscì a finire la frase, ma Podrick capì lo stesso “Terrò un proiettile per me Brienne. Farò quello che dici, non temere.”
 


Brienne esitò solo qualche secondo prima di stringere il ragazzo in un abbraccio “Se dovessi morire, devi fare una cosa per me Pod.” “Non succederà Brienne…” la donna scosse la testa “Devi trovare un uomo di nome Jaime Lannister, e devi dirgli che lo amo.” Brienne sentì gli occhi farsi lucidi e inspirò profondamente, non c’era tempo per quello “Che lo amo e che mi dispiace.”
 


Podrick annuì e lei gli strinse un’ultima volta il braccio prima di alzarsi. Uscirono dalla cella e percorsero in silenzio il lungo corridoio che aveva portato Podrick alla stanza delle armi “L’uscita dovrebbe essere più avanti, ogni tanto vedevo degli uomini arrivare con delle scatole.”
 


Brienne annuì e continuarono ad avanzare in silenzio; il primo uomo che trovarono fu abbastanza facile da eliminare; Brienne gli arrivò dietro senza che lui si accorgesse di nulla, neutralizzandolo con un colpo alla testa con il calcio del suo mitra. Non si fermò nemmeno a guardare se l’uomo stesse ancora respirando, procedendo velocemente nel dedalo di corridoi che li separava dalla libertà.
 


Continuarono ad avanzare oltre la sala dell’armeria in cui Podrick aveva lavorato, finché una voce alle loro spalle li fece bloccare. Brienne spinse Podrick da parte, evitando che fosse ferito dai colpi che presero a rimbombare nello spazio ristretto, aprendo il fuoco sull’uomo dietro di lei, che cadde a terra con un grido. “Veloce Podrick, adesso sanno che siamo fuori!”
 


Il sudore cadeva copioso dalla fronte di Brienne mentre correva, sentendo il battito del suo cuore pulsarle nelle orecchie. Avanzava come in un sogno, seguita da Podrick, sparando alla cieca ogni volta che un nuovo nemico appariva davanti a lei, senza fermarsi un attimo, cercando di ignorare il dolore sordo che proveniva dalle sue gambe ferite. Dopo quelle che le parvero ore, arrivarono in quella che doveva essere la zona di scarico della base, e dopo giorni Brienne riuscì finalmente a scorgere la luce del sole dallo spiraglio di una porta.
 


Le voci dietro di lei non lasciavano nessun dubbio sul fatto che tutti gli uomini della base dovevano essere alle loro spalle in quel momento, pronti a catturarli. Brienne lanciò un’occhiata a Podrick prima di recuperare le armi dei due uomini a cui aveva appena sparato, cercando rifugio dietro alcune casse davanti all’entrata.
 
 


“Pod, questo è il momento, devi andare.” Podrick la guardò confuso, indicandole la porta “Ma ci siamo quasi, devi venire con me.” Brienne scosse la testa, controllando il numero di munizioni che le rimaneva “Se scappiamo entrambi ci saranno addosso in un attimo, e in campo aperto non abbiamo nessuna possibilità. Cercherò di bloccarli più a lungo possibile Pod, ma devi essere veloce.”
 
 

Podrick la guardò per un attimo, gli occhi che si facevano lucidi “Non hai mai avuto intenzione di scappare… Sapevi che sarebbe finita così.” Brienne lo guardò, commossa dalla sua devozione “Me l’hai promesso Pod. Vai prima che sia troppo tardi.”
 
 

Per un attimo Brienne pensò che le avrebbe risposto di no, che sarebbe rimasto lì a farsi ammazzare o peggio, ma alla fine la ragione sembrò avere la meglio su Podrick Payne; si girò e corse verso l’uscita senza voltarsi indietro.
 
 

Brienne raccolse l’arma e cominciò a sparare ai primi uomini che cercarono di inseguire il ragazzo, sentendo i proiettili fischiare nell’aria a poca distanza dal suo viso mentre i suoi nemici rispondevano al fuoco. Se quella era davvero la sua ultima battaglia, Brienne aveva tutta l’intenzione di vendere cara la pelle.
 
 

*
 



“Signore!” Loras entrò nella tenda del Caporale Seaworth con il fiatone, interrompendo quella che sembrava la routine serale dell’uomo.
 


“Tyrell maledizione, ti pare il modo di entrare nella tenda del tuo superiore?”
 


Ma Loras non aveva tempo per i convenevoli “So dove sono Caporale! Dobbiamo andare a prenderli.”








Note: Ciao a tutti! Lo so, è passato un sacco di tempo (ancora) ma sono successe un sacco di cose in questi mesi e non c'era davvero tempo per scrivere... Appena ho potuto però mi sono rimessa a scrivere questa storia, perché stiamo arrivando alla fine! In questo capitolo succedono un sacco di cose (forse c'è troppo casino, lo so) ma ho voluto stringere un pochino visti i miei tempi di scrittura...  Spero che nonostante tutto il capitolo vi sia piaciuto, come al solito fatemi sapere cosa ne pensate, e grazie a chi ancora segue la storia dopo così tanto tempo! Alla prossima!

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Capitolo 18
*** Conclusione ***


Petyr Baelish la fissò a lungo, un’espressione indecifrabile in volto, e Brienne lo fissò di rimando, senza abbassare lo sguardo nemmeno per un istante. Brienne era riuscita a mantenere una situazione di stallo per un paio d’ore, impedendo agli uomini di inseguire Podrick immediatamente, e lei sperò con tutto il cuore che il ragazzo fosse riuscito a superare le difese esterne.
 
 

Un alto uomo dalla carnagione scura si fece avanti e parlò in arabo a Baelish, troppo veloce perché Brienne riuscisse ad afferrare il senso della frase, ma capì dalla sua espressione che Podrick doveva esserci riuscito; Petyr fece svanire ogni suo sospetto quando le lanciò un’occhiata piena di veleno “Sembra che il tuo piccolo piano di fuga sia riuscito, almeno in parte. Ma non temere…” sul volto di Baelish apparve un sorriso così sinistro che Brienne non riuscì a evitare un brivido “Il signor Payne ci ha dato abbastanza materiale per finire la programmazione delle armi… Il piano andrà avanti anche senza di lui.”
 
 

Brienne si sentì sprofondare, come se l’intero soffitto della base le fosse crollato addosso in quel preciso istante: tutto quello che lei e Podrick avevano fatto si era rivelato inutile. “Oh non fare quella faccia delusa.” Petyr le sorrise “Non preoccuparti, non vivrai abbastanza a lungo da vedere i risultati del mio lavoro…”
 
 

La sua mano scivolò sulla pistola che portava in vita, e Brienne capì che era arrivato il suo momento; dall’istante in cui aveva finito le munizioni e gli uomini di Baelish l’avevano catturata aveva capito che per lei era finita, ma in quel momento, fissando l’arma davanti a lei, provò una fitta di paura: si era rassegnata al suo destino, sì, ma non per questo non desiderava vivere. C’erano ancora così tante cose che avrebbe voluto fare, vedere…
 
 

“Signore!” Un uomo comparve dietro di loro, il fiato corto per aver corso fin lì, e Petyr le lanciò un ultimo minaccioso sguardo prima di girarsi verso di lui “Cosa succede?” l’uomo gli sussurrò qualcosa all’orecchio e Brienne riuscì distintamente a vedere il volto di Baelish, di solito calmo e inespressivo, assumere un colorito sempre più pallido.
 
 

“Richiama gli uomini, dobbiamo andarcene il più presto possibile. Se sanno che siamo qui ci saranno addosso in tempo zero.” Brienne rimase immobile mentre la sua mente annebbiata dalla stanchezza e dal dolore registrava le parole di Baelish; avevano scoperto il nascondiglio, stavano arrivando, forse…
 
 

“E sistema la nostra ospite…” Petyr la indicò all’uomo davanti a lui “Non abbiamo più bisogno di lei.” Se ne andò senza voltarsi indietro mentre il soldato la raccoglieva da terra e la trascinava quasi di peso verso l’uscita. Brienne era troppo stanca e dolorante per opporre qualsiasi tipo di resistenza, ma si sentiva felice; anche se per lei era la fine, l’esercito aveva scoperto la base segreta di Baelish. Pregò solo che arrivassero in tempo per fermarlo prima della fuga.
 
 

L’uomo la trascinò fuori dalla base, e Brienne riuscì finalmente a prendere una boccata d’aria fresca. Il dolore alla caviglia si faceva sempre più forte mentre il sangue ancora scendeva da una ferita alla spalla destra che si era procurata poco prima, quando un proiettile l’aveva colpita di striscio; non se n’era resa conto fino al momento in cui aveva visto le piccole gocce del suo sangue cadere sulla sabbia, creando una scia che portava al luogo della sua morte.
 
 

Quando furono abbastanza lontani dalla base, l’uomo la fece inginocchiare sulla sabbia fredda, e Brienne si concesse un ultimo sguardo alle stelle che brillavano sopra di lei. Si sentiva straordinariamente calma, come se tutta l’adrenalina e la paura provate poco prima le fossero scivolate di dosso, lasciando solo un terribile e vuoto senso di rassegnazione.
 
 

Riusciva a percepire con incredibile accuratezza il respiro dell’uomo dietro di lei, le grida provenienti dal bunker poco distante da loro,i granelli di sabbia che si spostavano sotto le sue ginocchia. Chiuse gli occhi mentre sentiva il cane della pistola dell’uomo armarsi con uno scatto, mentre il freddo metallo dell’arma le veniva posato sulla nuca. Cercò qualcosa da dire, un’ultima parola, un ultimo pensiero razionale, ma si sentiva solo incredibilmente stanca; prese un respiro profondo e attese lo sparo.
 

 
Il colpo partì e riempì l’aria di un rumore assordante, tanto che Brienne si portò le mani alla testa prima di riuscire a pensare che era assurdo che ancora riuscisse a sentire. Si girò di scatto e vide che l’uomo che era rimasto dietro di lei fino a quel momento era disteso a terra, un grosso foro di proiettile dove prima c’era uno dei suoi occhi.
 
 

“A quanto pare ti ho salvato la pelle ancora una volta, Tarth!” Brienne alzò gli occhi verso la fonte della voce e quando i suoi occhi incontrarono quelli di Loras si sentì il cuore esplodere in petto. “Loras… sono morta?” Loras le sorrise ma Brienne riuscì a vedere il sollievo farsi largo nel suo sguardo “No, Brienne, ma resti giù potresti esserlo tra poco, i nostri uomini stanno entrando ora nella base di Baelish.”
 
 

Brienne sentiva le forze venirgli meno, ma c’era ancora una cosa che doveva chiedere a Loras prima di lasciarsi andare al vuoto che sembrava stringersi addosso a lei sempre di più, trascinandola nell’oscurità “Loras… avete trovato Podrick? Sta bene?” Loras sembrava troppo preoccupato a bendarle la spalla che perdeva ancora sangue per risponderle, ma alla fine annuì “L’abbiamo incontrato mentre venivamo qua. E’ stato lui a indicarci l’entrata della base e…”
 
 

Brienne non sentì il resto della frase, Podrick era in salvo e il piano di Baelish stava per essere fermato, poteva permettersi di riposare adesso. Scivolò nell’oscurità della sua mente, senza sapere se sarebbe più riuscita a uscirne.
 

*
 


A risvegliarla furono i rumori dei macchinari, una serie di suoni digitali che la riportarono bruscamente alla realtà da un sonno di cui non riuscì a ricordare i sogni. Ci mise qualche minuto a mettere a fuoco la realtà intorno a lei, gli occhi ancora abituati all’oscurità in cui era rimasta per chissà quanto tempo, e quando lo fece la prima cosa che vide fu Loras, ancora accanto a lei, che la guardava con un sorriso.
 
 

“Hey bella addormentata…” Brienne rise “Per quanto tempo ho dormito?” “Quasi due giorni… Hanno dovuto metterti più di qualche punto e avevi perso parecchio sangue, ma il peggio dovrebbe essere passato. Sei stata fortunata Brienne…”
 
 

“Fortunata… Sono brava!” Brienne rise, e prima che se ne rendesse conto la sua risata si trasformò in pianto, e fu scossa da singhiozzi così forti da non riuscire a fermarsi, in preda a tutte le emozioni che in quei giorni terribili aveva rinchiuso in un angolo della sua mente. Loras la fissò sbalordito per qualche secondo, stupito forse nel vederla piangere per la prima volta da quando si conoscevano, poi si avvicinò a lei e la strinse in un abbraccio “Sei salva adesso. Va tutto bene.”
 
 

“E’ stato orribile Loras… Quell’uomo, quel mostro… Ditemi che l’avete fermato.” Sentì Loras annuire “L’abbiamo preso, e abbiamo requisito tutte le armi che aveva trasportato qui illegalmente. Lui e la sua compagnia sono finiti.” Brienne pianse ancora per qualche minuto, stretta nell’abbraccio di Loras, prima di ricomporsi, e Loras le sorrise.
 
 

“Mi hai fatto preoccupare Tarth… Pensavo che non avrei più rivisto la tua brutta faccia!” Brienne rise, questa volta sul serio, e si asciugò il volto con la mano sinistra. “Loras… Sai se Jaime… Sa di tutto questo?” Il sorriso di Loras si fece ancora più grande “Se lo sa? E’ stato lui a trovarti.” Brienne lo guardò confusa “Com’è possibile?” Loras scosse la testa “Non ne ho la minima idea… Ma Renly mi ha detto che in qualche modo è riuscito a recuperare le coordinate della base di Baelish. Senza di lui non saremmo mai arrivati in tempo. Quell’uomo deve amarti davvero un sacco!”
 
 

Brienne arrossì mentre il pensiero di Jaime si faceva largo nella sua mente ancora annebbiata, e fu sul punto di piangere di nuovo, questa volta per la gioia. Era viva, aveva ancora la possibilità di dire a Jaime che anche lei lo amava, aveva ancora tutto il tempo del mondo. I suoi pensieri furono interrotti da un lieve bussare alla porta, seguito dall’entrata del caporale Seaworth. Brienne l’aveva sempre visto solo da lontano, ma quando la vide sveglia lui le sorrise come se la conoscesse da sempre “Felice di vedere che si è ripresa.”
 
 

“Caporale” Brienne vide Loras scattare sull’attenti e cercò di salutare anche lei il suo superiore come le era possibile, ma Seaworth scosse la testa “Non ce n’è nessun bisogno. Sono venuto in veste non ufficiale, solo per vedere come stava. Ci sarà tempo per i saluti e le domande, e temo che non saranno poche… Ma non adesso.” Brienne annuì e sorrise al caporale, prima di vedere un’altra figura dietro di lui.
 
 

“Podrick!” il ragazzo passò timidamente dietro il caporale e le sorrise “Mi fa piacere vederti sveglia Brienne…” Seaworth diede una pacca alle spalle del ragazzo, forse un po’ troppo forte a giudicare dall’espressione di Pod “Il giovanotto qui non si è mosso un attimo dal tuo capezzale, voleva assolutamente essere sicuro che ti svegliassi. L’ho dovuto trascinare via con la forza per farlo dormire un pochino.”
 
 

Il volto di Podrick si colorò di rosso acceso “Devo la vita al soldato Tarth signore, volevo solo essere sicuro che stesse bene.”  “Tu stai bene Pod?” Il ragazzo annuì “Qualche graffio, ma niente di grave. Mi manderanno lo stesso a casa con te però, hanno deciso che sono più utile e decisamente più al sicuro se non sono al fronte.”
 
 

Brienne guardò il caporale Seaworth “Mi mandano a casa?” L’uomo annuì “Ho pensato che ti facesse piacere startene tranquilla per un po’, te lo meriti.” Brienne annuì “A proposito di casa… Sono stati avvertiti?” I tre uomini annuirono quasi in contemporanea prima che il caporale aggiungesse con una smorfia “Il capitano Baratheon ha occupato le linee di tutto l’esercito finché non è riuscito a ricevere qualche notizia. Non dovrebbe essere un problema farle chiamare a casa anche adesso…”
 
 

Brienne si sentiva ancora terribilmente stanca, e la testa le doleva come non mai, ma non avrebbe rinunciato quell’occasione per niente al mondo. Quando Loras le passò il telefono prima di uscire dalla piccola stanza d’ospedale, Brienne rimase in linea per alcuni lunghissimi e terribili minuti, con la paura che nessuno dall’altro capo rispondesse.
 

“Brienne?”
 

La sua voce doveva essere arrochita dal sonno e attutita dalla distanza, ma era lui. E l’aveva chiamata come se non aspettasse nessun altro. Il cuore di Brienne smise per un attimo di battere.
 

 
“Jaime. Sto tornando a casa.”
 
 
*

 

Brienne fece il suo prima passo sul suolo americano con la stampella cigolante che le avevano riconsegnato alla fine del volo, infastidita dal fatto che aveva dovuto farsi aiutare da Pod per scendere la scaletta dell’aereo. La caviglia sinistra si era rotta durante l’incidente, e il gesso che ora portava le rendeva difficile ogni movimento, eppure in quel momento cercò di non pensarci. Era finalmente a casa.
 
 

Non sapeva cosa aspettarsi all’uscita dell’aeroporto, ma quello che trovò la lasciò a bocca aperta: erano tutti lì. Loras, che era tornato qualche settimana prima di lei in licenza, sua sorella Margaery, Renly, che le sorrise in quel modo speciale che aveva sempre riservato a lei,  accanto a loro Tyrion e Tysha con la piccola Joanna in braccio, e in mezzo a tutti loro Jaime, che non aveva occhi che per lei mentre camminava verso di loro.
 

 
Brienne gli si fermò davanti, la paura sempre presente che lui decidesse improvvisamente di non volerla più, che leggesse nei suoi occhi quello che le era successo, la paura che ancora si attanagliava nel suo cuore, ma lui si limitò a sorriderle, con quello splendido sorriso che Brienne aveva visto e rivisto nei suoi sogni, e la strinse a sé.
 
 

Lei appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi, sentendo il suo profumo che per lei era diventato quello di casa; quando lui le sussurrò “Ti amo” Brienne capì che sarebbe andato tutto bene.
 
 

UN ANNO DOPO
 
 

Brienne s’incamminò lungo il Pier 99 stringendosi nel cappotto. Era agosto inoltrato eppure la temperatura non superava i venti gradi quel giorno; le c’era voluto un po’ per abituarsi al clima di San Francisco, sempre ventoso e raramente senza nuvole, ma le piaceva. Preferiva di gran lunga questo al clima arido del deserto che l’aveva accompagnata negli ultimi anni.
 
 
 

Il Pier era come sempre pieno di turisti, e di solito Brienne non amava particolarmente venirci nel weekend, ma Jaime l’aveva convinta ad andare a mangiare con Renly e Loras dopo il lavoro e visto che dovevano incontrarsi lì Brienne non aveva avuto scelta. Sentiva in lontananza i richiami dei leoni marini vicino al molo, i loro suoni cacofonici e ingombranti come loro la facevano sempre ridere, e lei e Jaime venivano spesso a vederli.
 
 

Si ricordava ancora l’espressione vagamente stupita di Jaime quando lei gli aveva detto che le ricordavano dei grossi cani, finché anche lui non aveva visto la somiglianza “Credi che a Onore farebbe piacere avere un leone marino in casa?” aveva detto, e lei aveva riso di gusto nell’immaginarsi il pomposo gatto rosso alle prese con uno di quei bestioni.
 
 

Quando si era trasferita a casa di Jaime pochi giorni dopo il suo ritorno a casa, si era sentita in imbarazzo, come se tutto fosse stato troppo veloce, avventato. Ma lei e Jaime si erano ritrovati sorprendentemente a loro agio l’uno con l’altra, e Brienne aveva imparato ad amare la piccola casa che dividevano, e il loro coinquilino peloso, che amava farsi le unghie sulla sua valigia e addormentarsi acciambellato sulle sue ginocchia.
 
 

L’ultimo anno era stato pieno di novità e sorprese, periodi belli e brutti, che lei e Jaime avevano affrontato insieme. Brienne aveva lasciato l’esercito, una decisione che l’era costata più di quanto volesse ammettere, ma dopo quello che aveva passato l’idea di ritornare al fronte le procurava ancora troppo terrore. C’erano notti in cui si svegliava urlando, pensando di essere ancora rinchiusa in una cella, intrappolata sotto terra; quelle notti erano le peggiori, ma c’era sempre Jaime al suo fianco, pronto a ricordarle che non era sola. Quando il suo terapista le aveva consigliato di prendersi una pausa dall’esercito Brienne aveva capito che era la cosa giusta da fare.
 
 

Sorprendentemente era stata l’unica e sola Cersei Lannister a trovarle un nuovo lavoro, pur trattandola sempre con sufficienza, le aveva proposto un lavoro come guardia giurata nel tribunale in cui lei stessa lavorava, e Brienne aveva accettato con piacere. Era decisamente più tranquillo di quello a cui lei era abituata, ma non era necessariamente una cosa negativa.
 
 

Persa nei suoi pensieri, s’incamminò verso il carosello presente alla fine del molo, osservando distratta i bambini che ridevano in sella a cavalli colorati, diretta verso l’oceano. Jaime aveva detto che l’avrebbe aspettata lì, e anche se a Brienne era sembrato un punto di ritrovo abbastanza strano, non aveva avuto alcuna obiezione.
 
 

Si ricordava bene quel posto, Jaime l’aveva portata lì per il loro primo appuntamento, le aveva comprato dello zucchero filato e l’avevano mangiato guardando le onde infrangersi sulla costa davanti a loro; Brienne sorrise al ricordo, ripensando a quanto era cambiata la sua vita da allora.
 
 

Si guardò intorno alla ricerca di Jaime, ma invece di trovare lui ad aspettarla trovò una lettera con il suo nome sopra, attaccata ad uno dei grossi cannocchiali che i turisti usavano per guardare Alcatraz e il Golden Gate Bridge. Brienne scosse la testa, a Jaime era sempre piaciuto farle degli scherzi, e si chiese cosa diavolo potesse avere in mente questa volta. Aprì la lettera con cautela, stringendola forte tra le dita per non farla volare nel vento.
 
 

 
 
 
16 Agosto 2003
 

Mia cara fanciulla,

 
E’ passato quasi un anno dall’ultima lettera che ti ho scritto, e penso di essere un po’ arrugginito, dovrai quindi chiudere un occhio sulle mie cattive maniere e la mia brutta scrittura (come fai sempre). Mi mancava scriverti, perché ogni volta che penso alle lettere che ci siamo scambiati mi viene in mente quanta strada ho fatto dal momento in cui ti ho incontrata. Non penso ci sia un modo migliore di una lettera per dirti quando importante tu sei per me, quanto mi hai profondamente cambiato.
 

Ero un uomo perso, avevo dimenticato cosa voleva dire amare qualcuno e amare me stesso. Sei stata come una luce nell’oscurità in cui ero caduto, mi hai fatto vedere quello che io mi sforzavo di ignorare, mi ha fatto desiderare di essere un uomo migliore. Quando ho creduto di perderti è stato come se il mondo mi fosse crollato addosso, e pensavo sarei crollato anche io; anche in quel momento, sei stata tu a darmi la forza di andare avanti, di trovare una soluzione per riaverti accanto a me. Ma quello che mi hai dato è molto più di questo, e vorrei essere uno scrittore migliore per riuscire ad esprimere cosa provo per te.
 

Posso solo dirti che ti amo, anche se queste parole non sono abbastanza, e sperare che le mie azioni siano sufficienti a dimostrarti che è vero. E voglio dimostrartelo ogni giorno della mia vita, se me lo permetterai.
 

Penso di aver avuto abbastanza tempo per sgattaiolare dietro di te senza farmi notare ora, quindi adesso puoi girarti.
 
Con amore,
 
Jaime
 
 

Brienne però non si girò subito, ma rimase ferma per quasi un minuto, mentre il suo sguardo si perdeva nel blu dell’oceano davanti a lei, lasciando che tutto quello che Jaime le aveva scritto prendesse posto nella sua mente. Era ancora così strano per lei sentirsi dire che era amata, sentirsi amata per davvero, e c’erano giorni in cui la paura che quella felicità potesse spezzarsi era così forte da lasciarla senza fiato, da farle desiderare di fuggire senza guardarsi indietro. Ma se Jaime aveva trovato dentro di sé la forza di cambiare per lei, Brienne poteva fare ancora un passo avanti, e poi un altro, senza fermarsi e senza lasciare che la paura la bloccasse, le impedisse di essere davvero felice.
 
 

Prese un respiro profondo, e finalmente girò su se stessa con la lettera ancora stretta tra le mani, gli occhi lucidi che minacciavano di farla piangere da un momento all’altro. Jaime era esattamente dove le aveva promesso, a pochi passi da lei, in ginocchio mentre le porgeva un anello.
 
 

Lui le sorrise “Certo che sei lenta a leggere…” Brienne rise suo malgrado “Stai zitto!” Jaime rise con lei mentre intorno a loro si era formata una piccola folla di curiosi “Vuoi davvero che io stia zitto adesso?” Jaime finse di essersi offeso, e Brienne scosse la testa.
 
 

“Brienne Tarth, vuoi sposarmi?”
 
 

Brienne annuì, incapace di formulare una risposta di senso compiuto. Jaime le mise l’anello al dito con qualche difficoltà “Hai le mani di un gigante fanciulla” le disse lui baciandola, e lei sorrise “Almeno io le ho ancora tutte e due.”
 
 

Una risata fragorosa si unì a quella di Jaime e Brienne non si stupì di vedere Tyrion in prima fila dietro di loro “Oh Jaime, io l’adoro. Se non la sposavi te giuro che lo facevo io!” “Hey!” Tysha gli tirò un pugno sulla spalla, e Brienne vide insieme con loro anche Renly e Loras che le sorridevano raggianti.
 
 

“Hai invitato davvero tutti… Eri piuttosto sicuro che ti dicessi di sì.” Gli sussurrò Brienne mentre lui la stringeva a sé “So di esercitare un certo fascino su di te…” Brienne scosse la testa “Sei solo fortunato che mi piace il tuo gatto.”
 
 

S’incamminarono mano nella mano verso il centro del molo, seguendo gli altri, e Brienne capì che ne era valsa la pena. Tutto quello che le era successo, tutto quello che l’aveva portata a essere lì in quel momento… Si sentì improvvisamente in pace, la paura abbandonata in un angolo remoto della sua mente; finché Jaime era al suo fianco, Brienne sapeva che niente avrebbe potuto spaventarla












Note: Lo so, non potete credere ai vostri occhi, un aggiornamento in meno di sei mesi! Nuovo record personale. A parte gli scherzi, come penso abbiate intuito, questa è la fine della mia storia, di questo viaggio durato anni, e quasi non ci posso credere. Onestamente non pensavo sarei mai riuscita a finirla, e devo dire che nonostante qualche taglio, sono soddisfatta del risultato. Sono molto emozionata in questo momento perché questa è stata una delle prime storie che ho scritto e pubblicato qui, e finirla è come chiudere un piccolo capitolo della mia vita. Volevo dire un enorme grazie a tutti voi che a distanza di anni ancora mi leggete e recensite i miei capitoli, non penso l'avrei finita senza di voi! Un grazie speciale anche al mio amore a distanza (questa storia è stata una visione sul mio futuro, almeno noi abbiamo i messaggi) che ha sopportato i miei scleri per finirla prima di cominciare il nuovo (e si spera ultimo) anno accademico! Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate, e cosa pensate anche della storia generale ora che si è conclusa! Alla prossima!




PS: Okay, scherzone, non è la fine fine. Visto che avete sopportato i miei ritardi con pazienza infinita, ci sarà un piccolo epilogo (che ho già scritto, non preoccupatevi per le attese) giusto perché non c'era abbastanza fluff in questo capitolo!

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Capitolo 19
*** Epilogo ***


25 Dicembre 2013
 


Caro Papà,
 


Sono io, Brienne. Forse troverai strana questa mia lettera, che senso può avere scriverti adesso, quando sono anni ormai che mi hai lasciata? Non lo so, ma l’altro giorno sistemando le tue vecchie cose in soffitta ho ritrovato il pacco di lettere che ti ho scritto quando ero bambina, e tu non eri a casa, ma in qualche base militare dispersa in giro per il mondo, e ho pensato, perché no?



Lo faccio più per me stessa sai, perché mi manchi molto. Mi manca la tua voce, il tuo sorriso, i tuoi abbracci quando tornavo a casa… Per anni, anche dopo che te ne sei andato, sei stato il mio unico punto di riferimento, la mia immagine di casa. Ecco, adesso ho una nuova casa, e vorrei tanto che tu potessi vederla. Ho un marito meraviglioso, un uomo buono che amo con tutta me stessa, e abbiamo un bambino, che compirà otto anni tra qualche mese; è un birbante, come suo padre, ma è anche la mia gioia più grande. L’ho chiamato Selwyn, come te papà. E gli racconto sempre delle storie su di te, in modo che sappia che tipo di uomo era suo nonno. Abbiamo anche un giardino pieno di gatti, visto che il nostro primo vecchio gatto Onore come noi ha deciso di mettere su famiglia: adesso che è vecchio comanda un piccolo esercito peloso, sempre in cerca di coccole e cibo; con Jaime fingo che mi diano un po’ fastidio, ma sappiamo entrambi che non è vero.



Oggi è Natale e casa nostra è talmente piena di rumore e risate che mi sono dovuta chiudere in camera per scriverti. C’è Tyrion, il fratello di mio marito con sua moglie e la loro figlia Joanna, ci sono Renly e Loras, i miei due migliori amici che dopo anni si sono finalmente decisi a sposarsi.  Quest’anno c’è persino la sorella di Jaime con i due figli più piccoli, dopo il divorzio è diventata molto più simpatica, deve essere soprattutto perché è riuscita a prendere quasi tutti i soldi al marito.
Avevo invitato anche Podrick, un ragazzo che ho conosciuto nell’esercito in una situazione che definirei spiacevole, ma che si è rivelato un carissimo amico. Purtroppo si trova in Giappone in questo momento, è diventato un pezzo grosso di qualche industria informatica di cui io non capisco nulla, quindi si è limitato a mandarci un drone giocattolo enorme che Selwyn molto probabilmente sta usando in questo momento per spaventare i gatti.



Forse sto scrivendo troppe sciocchezze, ma sono felice. Davvero felice papà. Ho ancora degli incubi ogni tanto, così come ne ha Jaime, ma si fanno sempre più radi, e se tutto quello che mi è successo mi ha insegnato qualcosa, è che il tempo può guarire tutte le ferite, se solo noi lo desideriamo.
Vorrei poterti raccontare meglio della mia vita, vorrei portene parlare per ore davanti ad una tazza di tè mentre guardiamo i bambini scartare i regali, ma per ora mi accontenterò di questo, perché sento Jaime urlare “fanciulla” giù di sotto, e devo scappare. Ti scriverò ancora, promesso.


Con Amore,


Brienne

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