Tadaima di __Di (/viewuser.php?uid=108341)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 1 *** 1. ***
Tadaima 1.
Kurogane arriccia le labbra in un debole sorriso. È una
strana sensazione quella che sente addosso, è come se il mondo fosse tornato
indietro di dodici anni e non c'è niente di meglio. Niente. L'abbraccia più
stretto, sprofonda le labbra sul collo bianco del mago e lo stringe di più a sé.
Urgente. È urgente quello che gli smuove il cuore, quello che gli muove le
mani e lo porta a toccarlo, continuamente. Non ricorda quasi più quello che
ha sentito fino ad ora, fino a questo momento. E anche se è tutto fittizio,
anche se è un'illusione, va bene così. Va bene così. «Cos'è questo faccino
triste, Kuro-rin?» sussurra. Scuote il capo e lo stringe di più a sé. Non
vuole pensarci, è un incubo, è un sogno, è uno scherzo della sua testa, del suo dolore,
ma va bene ugualmente. Gli andrebbe bene comunque, pur sapendo perfettamente che domattina
lui non sarà nel suo letto. Perché è solo un'illusione, lui.
Il mago se n'è
andato. È un sacco di tempo che il mago non è più a Nihon. E Kurogane neanche
era con lui, neanche era lì a dirgli addio. Era in missione, come lo è adesso,
lontano da casa per proteggere quel paese che già non riconosce più, che già non
merita tutto quello che ha fatto. E poi ha sempre reputato inutile proteggere un
paese in pace, figurarsi ora che non ha più niente, niente per cui valga la pena
lottare. Ha già perso tutto e manca un solo passo per perdere anche se stesso.
Diventerà un ronin, presto o tardi, un senza padrone, se continua a pensarla
così. Malgrado ami ancora quella sua terra, c'è qualcosa che ama di più,
qualcosa che nulla può sostituire. Morirebbe ancora per il suo impero, morirebbe
ancora per il suo Giappone, ma solo perché anche lui amava
Nihon. Kurogane conta i giorni, pur sapendo che contare il tempo è inutile,
lui conta. Sono dodici anni che non lo vede. Saranno tredici anni il prossimo
autunno, il passo è breve perché un altro anno sfiorisca. Ed è un sacco di
tempo. Lui lo sa, il viaggio che il mago ha intrapreso è a senso unico e non
arriverà mai il giorno in cui potranno ricongiungersi, neanche quando entrambi i
loro percorsi si saranno conclusi. E questa cosa, certo, non può andargli
particolarmente a genio. Non c'è un dopo per loro due, non c'è un vissero per
sempre felici e contenti. Ha sperato, è vero, ha sperato fino a ieri, fino a
qualche ora fa. Ha sperato che, un giorno, il mago sarebbe riapparso nella sua
vita, ha sperato di rivederlo, di riabbracciarlo. In fondo è un mago, lui, ed è
pure uno di quei maghi potenti. Ma poi, stamattina, proprio stamattina, appena
sveglio, a missione finita, si è accorto che, ehi, lui non c'è più, e
anche se ci fosse ancora, non potrebbe tornare indietro neppure desiderandolo
con tutte le forze. Se n'è accorto perché ha sentito il vuoto. Un
vuoto enorme, insostenibile. Gli è parso che il suo cuore e il suo corpo
bruciassero, dolorosamente, il suo cuore e il suo corpo erano stati svuotati,
del tutto. Lasciandolo incompleto. Un qualcosa di muto gli aveva fatto
scricchiolare le ossa, consapevolezza. Semplice consapevolezza. La speranza si è
infranta dopo tutti questi anni, eppure lui è uno che spera sempre. Un
inguaribile fiducioso nella speranza. Ma è finita. È finita. Non ha detto
niente, ha continuato semplicemente a marciare verso casa senza neanche
accelerare il passo. Non cambia niente, del resto, tanto è finita. Ed è tanto
tempo che è finita. Dodici anni,
quasi tredici.
Lui è sempre stato maledettamente
arrabbiato. Molto, molto arrabbiato. Non è neanche quantificabile la rabbia che
gli ha gonfiato la carotide fino ad oggi. Anche se non l'ha mai dato a vedere
veramente, è sempre stato arrabbiato. Ha eseguito gli ordini a testa bassa,
serio come gli ha insegnato suo padre, ma ha covato un odio enorme. L'odio di
chi tanto ha amato e si è trovato strappato di tutto, strappato di quell'unica
cosa che mai abbia voluto con ogni fibra del suo essere. Sarà forse un po'
egoista? Ma tanto non importa più, no? Torna dall'accampamento a testa bassa.
È stata una missione lunga e stancante, piatta come un lago ghiacciato in
inverno. Non c'era niente da fare, neanche un pericolo da affrontare. Non c'è
niente da fare se si è in pace. È stato solo un noioso mandato di ricognizione.
All'accampamento faceva caldo, tutti quegli uomini sudati in quelle tende. Il
cibo era scadente e il letto scomodo. Ma lui non s'è lamentato, non si lamenta
mai. E perché dovrebbe, d'altronde? È un guerriero, e i guerrieri ingoiano
sabbia e sangue.
Cammina lentamente verso il palazzo
imperiale. Le gambe sono pesanti, più del solito. E già normalmente trascina i
piedi, i suoi passi sono goffi e strascicati, soprattutto se deve fare le cose
controvoglia. Se non fosse stato chiamato così tanto spesso da quella donna,
così insistentemente, sarebbe già sulla via di casa. E lui vorrebbe solo
starsene a casa, comunque, anche se non c'è niente ad aspettarlo. Tomoyo l'ha
chiamato continuamente, in questi giorni. Dozzine di volte. E lui ha sempre
risposto allo stesso modo: sarebbe passato a palazzo solo a missione
finita. Ma tanto sa cosa vuole comunicargli, vuole essere lei a dargli la
notizia. Vuole dirgli lei, lei che detiene il suo nome, che lui è andato via.
Come ha fatto tanto tempo fa. Ma stavolta è diverso, perché lui lo sa già che è
successo, lo sente nelle ossa. Arriva in cima alla scala, la schiena curva,
le gambe flesse. Kurogane è stanco. Tanto stanco. Quella posizione che ha
assunto la sua schiena dopo tutti quegli scalini è per la stanchezza, per una
stanchezza intestina che un ninja dovrebbe provare solo quando la sua vita
comincia a sfiorire. Sarà che la sua vita è già sfiorita? Comunque, lui è
già stanco. Si è stancato di votare la sua vita ai combattimenti. Si è stancato
di essere solo. Si è stancato di chinare il capo a ogni ordine. Sì, decisamente,
diventerà un ronin, a forza di continuare su questa strada. Neanche voleva
andarci a palazzo, eppure ora si trova davanti alla grande porta. Tomoyo è
lì che lo aspetta, nei suoi alloggi. Sono anni che lui non si presenta a
palazzo, gli mandano le notizie via missiva da quando, un giorno, ha fatto
comunicare che solo in casi estremamente particolari avrebbe percorso quella
scalinata. A un ninja normale, a uno qualunque dei sudditi dell'impero sarebbe
spettata una punizione esemplare. Ma lui è Kurogane, lo shinobi più potente del
Giappone, anche se a vederlo per la strada, neanche lo riconosceresti
più. Tomoyo sta seduta nell'anticamera della sua stanza da letto. Il senso
di oppressione che ha sul petto si aggrava subito, nello stesso istante in cui
la vede lì. Con quel sorrisetto bonario che sciorina con quella comprensione che
lui detesta, non la vuole la sua comprensione. Non sa niente lei, non sa cosa si
provi a stare in una casa vuota, a svegliarsi la mattina e cercare nel letto
qualcuno che non vedrai mai più. Non vuole comprensione, lui, vuole
semplicemente starsene tranquillo, ascoltare in silenzio quello che la sua casa
gli sussurra, quello che sospira il suo cuore. Ed è orribile sentirsi così,
soprattutto sapendo che è lei, colei che detiene il suo nome, a fargli
quell'effetto, a fargli pesare il suo stesso respiro. Non ci avrebbe mai pensato
prima, neanche per un istante, a sentirsi così. Si inginocchia davanti a lei,
dall'altra parte del tavolo. Ci sono quattro palmi di legno pregiato a
dividerli. Kurogane sospira, a lungo. «Ciao, Yoo. Finalmente riusciamo a
incontrarci.» sussurra, sorridendo. Un brivido di rabbia gli si arrampica
lungo la schiena. «Mh». «Ha ricevuto il mio comunicato?»
mormora. Annuisce. Neanche l'ha letto il suo comunicato. Si era detto che
c'era sempre la solita richiesta di passare a palazzo. «Credevo saresti
andato direttamente a casa oggi, sai?». L'espressione di Kurogane si contrae
di botto. «Come, non vuoi essere tu a darmi la notizia? Non vuoi essere tu a
dirmi che lui non c'è più?». «Yoo!» lo riprende lei, con aria
sconcertata. «Hime, posso essere sincero, con te?» domanda.
«Brutalmente». Lei sgrana gli occhi, ma sorride, poi. «Certamente,
Yoo». «Sono davvero molto arrabbiato, hime.» ammette. «E vorrei tanto
tornarmene a casa. Non ci vediamo da un sacco di tempo perché non volevo
vederti». Sorride. «Parliamone... perché sei arrabbiato?». «Lo sono e
basta. E pure tanto.» annuisce. «Sono molto arrabbiato con te. Perché tu
l'hai aiutato ad andare lì e lui non è più tornato indietro. Lui non è tornato
e-». «Capisco, ma...» annuisce piano, lentamente,
interrompendolo senza mezzi termini. «No, no tu non capisci. Lui...
Lui era felice qui. Lui stava vivendo una vita normale insieme a me e ora è
sparito...» mormora. «È andato lì pur sapendo che sarebbe rimasto
sigillato anche lui col suo stramaledetto mondo. Non puoi capirlo.» bofonchia.
«Non tornerà indietro e sarà solo. Sempre. Non potrò nemmeno dirgli addio... Non
potrò nemmeno abbracciarlo un'ultima volta! E ora è finita e lui non tornerà più
e non potrò più abbracciarlo, e neanche posso sperare in un
dopo...». «Yoo... per favore, ascolta.» lo chiama lei. «Non puoi
sapere cosa voglia dire, Tomoyo. Non puoi sapere quanto sia difficile.
Io non gli ho mai detto quello che provo per lui, quello che provavo... gli ho
solo chiesto di restare qui e non sono neanche riuscito a tenerlo con me. Non
sai cosa voglia dire. La mattina mi sveglio e, per un solo secondo, mi dimentico
che lui non c'è, poi però mi accorgo che il suo lato del letto è intonso e
ghiacciato... E mi ricordo che... Ah!» sbuffa, arrabbiato più con se
stesso ora che con lei, è molto patetico in questo momento. Anche solo parlarne
gli fa male, dopo tutti questi anni, dopo tutto questo tempo. Farà sempre così
male? «Che non c'è più. Ogni giorno so che non tornerà e che io ho davanti a me
ancora un sacco di altro tempo e... lui non ci sarà a viverlo con me tutto
questo tempo che ho...». «Perché me lo dici solo adesso?» domanda. «Perché
sono e sono stato arrabbiato con te. Con te che sei la mia amica, prima di
essere colei che detiene il mio nome... Perché tu mi hai praticamente
accoltellato a morte. Perché l'hai fatto partire mentre io ero in missione senza
che io potessi dirgli quanto lo amo... quanto mi mancherà. Senza che gli potessi
dire di tornare da me, di fare attenzione e di... L'hai fatto andar via senza
che io potessi salutarlo. E non tornerà e...» sospira, e quel sospiro ferma quel
vero e proprio fiume in piena che sono le sue parole, la sua rabbia. Non è più
se stesso, non è più Kurogane, il ninja più potente del
Giappone, maledizione! Non è più se stesso. È solo un patetico
pappamolle, senza arte né parte. Probabilmente, in questo istante, con una
katana in mano non saprebbe neanche cosa farci. «Lui non tornerà mai più da
me. Lui non starà più con me.» scuote il capo, e poi la guarda fisso, gli occhi
fiammeggianti. È il suo sguardo, quello, è lo sguardo del ninja prima del
viaggio, e non del pappamolle che è adesso. Perché sì, senza il mago è un
pappamolle. Non vale niente. «Che dici, ti aggrada la mia risposta? Scegli
quello che preferisci». «Yoo...» farfuglia, calma, accondiscendente. «Tu
me l'hai detto con quella faccia! Questa, proprio questa che hai
adesso! Cercavi di essere comprensiva... amichevole. Bastava essere
sinceri, dirmi direttamente che lui non sarebbe più... mi mandi duemila inutili
comunicati e non mi dici che lui partirà? Ti pare giusto?» ringhia. «A mia
discolpa,» dice lei, dolce. «Lui ha deciso di partire mentre eri via, ha detto
che non se la sarebbe sentita di guardarti in faccia mentre vi sareste salutati
e...» «Lui non c'entra ora, Hime.» ringhia. «Lo so che non mi avrebbe
guardato in faccia, lo conosco... ma non c'entra questo. Tu gli hai permesso di
partire. Tu hai potuto parlarci in questi anni e io? Io non mi ricordo neanche
più com'era la sua voce!». «Yoo... Mi dispiace. Perché non ne abbiamo parlato
prima?» domanda, dolcemente, ancora una volta. Come se parlarne avesse fatto la
differenza. «Lui ha detto che non voleva parlare con te, che sarebbe stato
più difficile, poi... seriamente Yoo dovevamo parlarne prima». «No. Adesso
posso dirlo quasi... lucidamente, ecco: io sono stato molto arrabbiato
con te e pure con me... e anche con lui. Perché io l'ho portato qua e lui è
andato via, e fondamentalmente non ho fatto niente per tenerlo qui. E ora... ora
lui è morto e non l'ho neanche salutato, non gli ho detto che lo amo e non
smetterò mai di farlo... Ti rendi conto?» mugugna. «Se n'è andato. Lui non c'è
più. Non tornerà più da me». «Oddio, Yoo... Ma no, ma che dici... Ma l'hai
letto il mio comunicato?» bofonchia lei, allungandosi per accarezzargli la
mano. Lui la ritrae con uno scatto. Che cosa c'entrano ora i comunicati? È
ridicolo, sta ancora pensando a quelle cretinate. «Mi dispiace essere arrabbiato
con te e so che non dovrei. Perché in fondo tu... insomma è stata una scelta per
il bene comune... e poi l'ha scelto lui, però... sono dodici anni che
non sta a casa con me. E senza di lui mi sento-mi sto rammollendo, neanche mi
riconosco più. Sono stanco, non ho più voglia di lottare, se mi capisci. Non mi
sento più molto me stesso e...». «Ti sei tenuto tutto dentro fino ad oggi?
Non ti ho mai sentito parlare così tanto!» farfuglia lei. «Cerca di non
essere così amichevole.» sbuffa, scuotendo il capo. «Yoo...» sospira lei
arricciando il naso, ha gli occhi lucidi di chi è stato punto nel vivo. L'ha
maltrattata. «Hime,» la chiama. Non vuole esser così duro, dopotutto, l'hanno
fatto per il bene di tutte le dimensioni, pure di quelle che non hanno visitato.
Però la rabbia è tanta e non sa bene fino a che punto potrà trattenersi. «Io
capisco che l'avete fatto perché io avrei... fatto di tutto per tenerlo qua. Lo
so. Mi sono tagliato un braccio per trarlo in salvo, quindi... sì, lo capisco.»
stringe le labbra, si ferma. «E so anche che non c'era altro modo per fermare
quello che... quella cosa. Ma, io sono comunque arrabbiato: perché lui
è lì da solo, perché non tornerà a casa e neanche mi ricordo più che voce ha e
che sapore aveva la roba che cucinava. Mi mancano per fino i suoi dolci, ci
crederesti?». Lei non dice niente. È a metà tra l'incredulità e la
commozione, ma lui non lo vede, non importa. «Non somiglio neanche più a me
stesso: credevo che Nihon fosse più importante di tutto, ma non è così. E mi
dispiace pensarlo perché io amo il mio paese.» sospira. «Ti ho spiegato tutto,
penso, no?». «Potevamo parlarne prima, no?» farfuglia lei. «Yoo...» «Tanto
cosa cambia? Ora, visto e considerato che l'ho detto io che tanto lui non
tornerà... voglio tornarmene a casa. Se non ti dispiace, per un po' vorrei
starmene da solo. Quindi, se devi dirmi altro... tutto può aspettare...» mormora
alzandosi in piedi. «Io veramente...» farfuglia. Lui raggiunge la porta.
«C'è tempo per dirmelo, no? Voglio solo starmene un po' a casa prima della
prossima missione. Perché continuerò a servire il mio paese, anche se sono un
po'... diverso, eh? Solo...» farfuglia. «Vorrei solamente pensare un po' a me
stesso e a lui. Voglio sentirlo a casa.» risponde a testa bassa. «Puoi aspettare
qualche giorno, sì? Tanto so dove abiti, devo solo sbollire... non vorrei
attaccarti di nuovo a male parole». «Yoo,» lo chiama lei un'ultima
volta. Lui le lancia un'occhiata, poco prima di varcare la soglia. «A presto,
Hime.» annuisce, uscendo curvo dalla stanza.
Kurogane in realtà non ha detto tutto.
Certo, ha detto tutta la verità a Tomoyo, tutto quello che concerne lei. Ma
la rabbia che rivolge a se stesso è ben più grande di qualsiasi
altra. L'ultima volta che hanno parlato, il mago era stato irremovibile e lui
gli aveva ringhiato contro. Non aveva fatto niente per tenerlo lì, aveva solo
sbraitato. In effetti, solo quello sapeva fare. Tempo prima, poco tra
l'altro, la Tomoyo di Piffle aveva comunicato loro che da un po' di tempo si
registravano stranezze intorno a certi mondi, e alcuni di questi nel giro di
poco tempo sparivano del tutto. Si era formata una sorta di frattura che aveva
cominciato a inghiottire i mondi e non se ne capiva proprio il motivo. In
qualche modo, che prescindeva dalle conoscenze del ninja, era riuscita a far
avere loro anche quella che lei chiamava “simulazione”, di come i mondi stessero
collassando. Il mago l'aveva guardato, con aria colpevole e aveva detto a
voce bassa bassa che era sicuro che fosse quel suo maledetto mondo ad attrarre a
sé in un buco nero le dimensioni circostanti. Per Kurogane era assurdo, ma il
discorso del suo idiota, pareva quadrare: il regno di Celes non era stato
sigillato del tutto, mentre collassava, e quindi si era venuta a creare quella
frattura. Da come ne parlava, il mago, sembrava colpa loro e sembrava che
proprio lui dovesse porvi rimedio: essendo fuggiti da lì quando ormai
l'incantesimo che sigillava il mondo era avviato, avevano interrotto il processo
che proprio aveva al centro la magia del suo idiota. Kurogane si era sentito
piccato, aveva ringhiato e gli aveva detto che non poteva tornarci. Non poteva.
Perché lui era il centro di quell'incantesimo e sarebbe rimasto intrappolato,
lì, in quel mondo orrendo. Lui aveva sorriso, tranquillo. Gli aveva detto che
per una volta avrebbe gradito fare lui l'eroe e comunque sarebbe tornato da lui,
non poteva certo lasciarlo da solo. Il ninja aveva ringhiato ancora, di
nuovo, con forza. Ma Yui non aveva voluto sentire ragioni e il discorso era
caduto così. Erano andati a letto, non si erano neppure toccati e poco tempo
dopo Kurogane era andato in missione, arrabbiato e frustrato come poche altre
volte. Al suo ritorno, Tomoyo era sulla porta di casa sua a dargli quella
notizia. Disse quelle due semplici parole, “È partito”, e lui aveva sgranato gli
occhi ed era entrato in casa di fretta. Non ci credeva, era impossibile. Si
aspettava di vederlo in cucina a smanettare ai fornelli e invece la casa era
vuota, non c'era lui e non c'era niente di suo. Lui non aveva molte cose e
quelle poche se l'era portate via, quindi, era come se non ci fosse mai stato.
Mai. Solo il pigiama sotto al cuscino era rimasto. Lui aveva chiuso la porta,
si era spogliato e si era infilato a letto senza un fiato. Non aveva neanche
salutato la principessa, se n'era andato. Kurogane già lo sapeva che
sarebbe partito. Lui l'ha sempre saputo. Ma non può fare niente per togliersi
dalla testa che avrebbe potuto fare di più. Magari avrebbe potuto incatenarselo
a sé e non andare in missione, quella volta. Oppure sarebbe dovuto partire anche
lui. Sarebbero rimasti intrappolati in quel maledetto mondo, ma almeno sarebbero
stati insieme. E ora invece lui è morto e non l'avrà mai indietro, non potrà
mai dargli una degna sepoltura, non potrà portargli i fiori o raccontargli sulla
tomba la sua giornata. Però, beh, c'è di buono che la frattura si è
sistemata. Perché il mago è stato bravo e tutto è tornato al suo posto. Questa
notizia è arrivata qualche anno fa e per un po' lui ha sperato. In fondo c'era
riuscito e questa era una prova lampante della sua grande capacità magica e del
fatto stesso che fosse ancora in vita. E aveva sperato tanto, ogni strepitio,
ogni rumore lo faceva destare e si aspettava di vederlo entrare di gran lena
nella loro stanza. Ma poi, piano piano, tutto è scemato, ora non si volta quando
sente qualcuno incespicare per la strada. Non cerca di rintracciare nelle risa
per la strada, la risata del suo mago. Sarà che è sempre stata Tomoyo a
dirgli come stavano le cose, a dargli sue notizie, ma piano piano è successo. Ha
smesso di sperare. Lentamente, fino a oggi. Oggi è il punto di svolta: oggi sa
per certo che è morto. Si è svegliato sapendo che la sua luce si è spenta. E
magari, domani andrà a pescare, così, tanto per non deprimersi e non bollire nel
maledetto brodo in cui bolle da dodici anni, quasi tredici.
Gnè, non disperate(?!) Davvero, tranquilli! È una storia a capitoli (due-tre, non di più) e il genere cambierà! Prometto. Comunque ringrazio chiunque la legga già da adesso, so già che la storia non promette bene, non è un granché, ma dovevo pubblicarla, per superare il maledetto blocco intestino che mi attanaglia xD. E va beh! Ah! Il prossimo capitolo verrà pubblicato tra sette giorni. SEEETTE GIOOORNI.
A presto. D.
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Capitolo 2 *** 2. ***
d
Tadaima
2.
Kurogane entra in
casa sua. Stanco. Probabilmente, pensandoci, non è mai stato tanto stanco. Mai.
In tutta la sua vita. Forse è così stanco perché sa, sa che ormai non lo
vedrà più fare capolino col suo testone biondo da fuori la finestra, che si
sporge per salutarlo. Non lo sentirà più dire "bentornato" in quel suo
giapponese strascicato e scalcagnato. Un po' nella sua testa c'è rimasta
questa idea di lui che gli dà il bentornato, quell'unica parola che pronunciava
tartagliando in quel poco tempo che sono stati insieme. Gli è entrata talmente
in testa quest'idea, che ogni volta che torna a casa lo dice. Da dodici anni, lo
dice, come se lui non se ne fosse andato veramente da casa. Lo dice ad alta voce
come quando ci stava lui, e lo dice anche oggi, anche oggi che lui lo sa che non
è lì, oggi che sa che non ci tornerà più in quella casa, oggi che certamente non
si sporgerà dalla porta della cucina e non gli salterà al collo meritandosi
tutte le sue proteste. «Sono a casa». Ha le lacrime agli occhi,
Kurogane che forse non si è mai sentito così solo fino ad oggi. Anche quando il
mago era lontano, era solo, ma ora ha quell'amara consapevolezza addosso, ora sa
che la voce che gli sussurra il bentornato è solo nella sua testa e forse, e lo
spera sinceramente, non sparirà mai. E forse è un po' matto, sì, certamente un
po' matto lo è perché gli pare di sentire ancora la sua presenza in quella casa
che l'ha avuto sotto il tetto per poco tempo, poco poco. Si siede a terra, dove
lui si sedeva quando aspettava il suo ritorno, dietro la porta. Sospira a lungo.
Quanto può essere patetico ora? Come può piangere qualcuno che già se n'è andato
da dodici anni? Piangere? Lui? Eh... Non ha mai più
pianto, lui, dopo la morte di suo padre e sua madre. Lui non ha pianto mai più.
Perché nella sua testa c'è sempre l'idea che gli uomini non debbono piangere,
pure andando contro le convenzioni sociali del suo Giappone che accettano l'uomo
vero, l'eroe, anche in grado di provare sentimenti e di piangere all'occorrenza.
Non merita questo genere di sfogo, lui, lui che neanche gli ha detto quanto in
realtà è importante per la sua sanità mentale, per la sua vita. Perché sì, senza
il mago nulla ha più senso, neanche la sua testa trova un senso di esistere,
figurarsi la sua vita. Ingoia tutto, la rabbia, la sapidità delle lacrime e
sospira a lungo, prima di poter essere in grado di alzarsi in piedi, ma sta lì
altri due minuti, seduto lo sguardo rivolto al soffitto. Si sente più vicino a
quel mago che l'aspettava, quel mago che strepitava nell'attesa del suo ritorno
da una lunga missione. Almeno, però, lui tornava. Sarebbe stato meglio morire
sperando di riaverlo tra le braccia, un domani. Ah! Idiota! Lui, non
il mago. Si arrabbia di nuovo non appena questo pensiero gli attraversa la
scatola cranica come una freccia, dalle meningi al tronco encefalico. Si
arrabbia dolorosamente con se stesso. Che idiota, che razza di idiota è
diventato, non è certo colpa del mago se non è tornato da lui. Comunque, non
sarebbe potuta andare diversamente. Un lungo strepitio, come dei passi.
Qualcosa che incespica e una voce che borbotta appena una specie di
imprecazione, dopo un piccolo gemito. «Oh, ma sei tornato?» sussurra una
vocina. Alza lo sguardo e lo vede. È lì. Ah, deve avere proprio le
traveggole. Sì, il mago era necessario per la sua sanità
mentale. «Stavo preparando la cena, scusami... Non ti ho sentito entrare.»
sussurra. Sorride. «La cena?». Ah! Se fa attenzione, sente il profumo della
sua cucina. Il profumo buono e caldo che non sente da tempo. Deve essere davvero
impazzito. Deliri, allucinazioni visive, olfattive e uditive. Presto o tardi
apparirà una vocina cattiva che gli intimerà di fare una strage.
Perfetto, è diventato schizofrenico. Lui ricambia il sorriso, china la
testa di lato. Ha l'aria un po' confusa, come se stesse giducando la sua sanità
psicofisica. Bene, ha anche le allucinazioni di un mago assenato, i suoi stessi
deliri giudicano che, no, non è proprio più se stesso. Fantastico! «Sì.
Non ero sicuro che tornassi stasera, scusami. Non ho preparato granché. Che hai?
Sei mogio mogio, Kuro-tan. Non vuoi venire qui ad abbracciarmi? Non ci vediamo
da un sacco di tempo... Non ti sono mancato per niente? Non mi fai neanche un
po' di feste?». Socchiude gli occhi, sembra vero. Sembra vero il suo piccolo
mago. È magro, i capelli sono un po' più lunghi, ma è lui, forse sarebbe così,
oggi, se solo fosse vivo. Quanto tempo ha desiderato di vederlo? E ora, solo ora
ci riesce. Solo ora che sa per certo, che sente nelle ossa, che lui non c'è più.
Ah! Se fosse vero gli ringhierebbe contro, mica è un cane lui. E che razza
di domande fa? È ovvio che gli manca. Se fosse il vero mago se lo abbraccerebbe
forte, lo stringerebbe tanto forte contro di sé da strappargli il fiato, da
fargli tremare le costole. Ah, se fosse vero, se solo fosse vero. «No, eh?
Sei arrabbiato con me? Posso capirti, hai tutte le ragioni, in fondo sono
sparito per un bel po' di tempo...» farfuglia. Eh, la sua testa lo sta giocando
davvero bene, sono proprio queste le parole che voleva sentire. Che
idiota, che idiota è diventato. «Senti, va' pure a spogliarti, riposati un
po' e poi vieni a cena. C'è un po' di riso, però se vuoi griglio delle
anguille... e della zuppa. Ti va la zuppa, Kuro-tan?» domanda. Lo guarda,
Kurogane, lo squadra in silenzio, sospira a lungo. S'è un po' calmato,
dopotutto. Pure se è impazzito, va bene così. Va bene così perché ora lo vede. E
non l'ha visto per così tanto tempo che anche se è solo nella sua testa, è già
meraviglioso così. E forse, la sua testa neanche gli rende giustizia. Forse
nemmeno se lo ricorda davvero il mago. È sempre stato così? I suoi occhi sono
sempre stati così chiari? E il suo sorriso? No, forse il mago dei suoi ricordi è
più bello di quello che ha prodotto la sua mente, questo è più magro e pallido.
Chi lo sa? Forse però sarebbe davvero così se lo vedesse oggi, dopo tutti questi
anni. Sorride e gli porge la mano. «Vuoi alzarti Kuro-pippi?». Kurogane si
alza da sé, non può certo fare affidamento su una stramba allucinazione per
alzarsi da quella scomoda seduta. «Bentornato, Kuro-tan.» dice poi, col tono
che usava quando abitava lì. Basta, la sua testa gli sta facendo davvero un
brutto scherzo. Quelle sono le parole che voleva sentirsi dire, di più al mondo.
Neanche le scuse voleva, ha sempre e solo voluto sentirsi dire quel
bentornato strascicato, quella parola che ha imparato subito appena si
sono trasferiti lì. Però... però lui non è lì, e anche il solo vederlo lì
gli fa male, tanto male. Gli passa accanto e sente anche il suo profumo, sì,
deve proprio andare dal dottore dei matti a farsi una bella visita alla testa.
Sta proprio impazzendo. Che cosa può fare l'assenza?!
Si
trascina in camera da letto e si spoglia in fretta, vuole solo dormire, dormire
un po' nel loro letto e nulla di più. Ha dormito male, nei giorni scorsi, ed è
la stanchezza a farlo uscire di testa, sicuramente è la stanchezza a fargli
avere tutte queste alterazioni percettive. La stanchezza
e la nostalgia assurda che gli stringe il cuore. Ma una dormita gli farà bene.
Sicuramente. Le allucinazioni spariranno, lo sa, è già successo appena
lui è partito, lo sa. Spariranno ma non si dimenticherà certo il dolore. Poi
anche quello sparirà, volente o nolente lo sentirà sempre di meno e si ricorderà
sempre meno di lui e poi diventerà un vecchio che parlerà del suo perduto amore,
che però se n'è andato come un eroe, come l'eroe che lui non riuscirà mai a
diventare. Non sarà mai l'eroe che è stato suo padre, o quello che è
diventato il suo mago. E un po' gli va bene, forse doveva andare così fin
dall'inizio. Magari davvero dovrebbe limitarsi a pescare, tanto non crede più in
se stesso come un tempo, nostalgico com'è oggi. Lui è solo un ninja come lo sono
stati tanti altri, come lo saranno tante reclute, non ha fatto nulla di speciale
fino ad oggi. E certo non è che domani farà molto di più. Ha solo un sacco di
sangue sulle mani, e certo questo non è che lo renda particolarmente speciale.
L'unica cosa che l'ha reso un uomo vero, con una vera forza, è stato capire
quanto lui fosse importante ancor prima che la loro relazione sbocciasse
davvero. Ridurre la sua forza per averne di nuova, e di più importante e potente
di qualsiasi altra al mondo, l'ha reso migliore. Il mago l'ha reso migliore.
Forse è meglio usare il passato, perché ora non è poi tanto un bell'individuo.
Ora non è altro che un patetico uomo innamorato e nostalgico, con qualche
capello grigio qua e là, delle rughe d'espressione per quel broncio
che tiene tutto il giorno, tutti i giorni, e con una casa non troppo
grande ma decisamente vuota. Fondamentalmente, senza di lui, non è altro che un
uomo comune. Uno come tanti. Il mago è, anzi, era la sua forza e la sua
fortezza... e anche, cosa non da meno, la sua sanità mentale.
Ecco, sì, è
uno come tanti con delle allucinazioni che gli fanno compagnia. Mica sarà l'unico pazzo di Nihon,
no? Si toglie solo la cotta di piastre e
la lascia cadere senza mezze misure. Fosse stato qualche tempo fa, magari l'avrebbe accuratamente accomodata sul piedistallo, ma è diverso ora. Ora
è tutto diverso. L'unica cosa che resta immutata è l'abitudine,
quei suoi vezzi perché checché se ne dica lui è un abitudinario. Si sdraia
sul letto dopo un lungo lungo sospiro. Chiude gli occhi, si accuccia con calma
su un fianco, nasconde il braccio sotto il cuscino alla sua sinistra e
accarezza, come sempre, il suo lato del letto. Fosse stato più
sentimentale di quanto potrebbe ammettere, e già è un bel brodino quello in cui
bolle, non avrebbe mai cambiato le lenzuola, in tutti quegli anni. Sarebbe marcito lui, con
le lenzuola, ma, almeno, avrebbe avuto addosso il suo odore. Per fortuna
era ancora sano di mente allora, tanti anni fa. A riprova del fatto che il mago era solo una stupida
allucinazione, è che lui tanto bene con la testa non ci sta, appena è
entrato in camera, è sparita la sua vocina e tutti gli annessi e connessi,
niente corpicino esile e massa di capelli biondi, niente occhioni. Ed è un
dolore strano quello che prova adesso. Come se l'avesse perso di nuovo. Come se
fosse vero quel mago che ha visto prima. Ah, dovrebbe davvero fare una visita
dal dottore dei matti, non può pensare di vederlo in continuazione, gli fa male,
gli fa male e tanto. Anche se è bello vederlo lì. S'appisola quasi subito, senza neanche accorgersene poi
tanto, come fanno i bambini che un momento prima ridono e giocano e l'istante
dopo crollano addormentati. I suoi sensi si sono via via intorpiditi e un lieve
formicolio ha percorso per un istante il suo corpo. Il suo sonno è l'unica cosa
che, assieme alle sue abitudini, è rimasta invariata. Forse è anche perché è
molto stanco che dorme, così.
Anche se chi è
stanco di vivere, come lo è lui, ora come ora, non è che se la dorma
beato.
Non è abituato a sognare, Kurogane. E, se sogna, appena
sveglio non si ricorda nulla. I ninja devono stare vigili, all'érta e sognano
poco, perché il sonno è leggero.
Però, però oggi sta sognando. Oggi è tutto diverso.
Sogna lui, solo in quel mondo ghiacciato e lontano. Sogna di correre da lui, di
sollevarlo tra le braccia e stringerlo forte. Anche se è un corpo vuoto, lo vede
che è un corpo vuoto il suo mago e non ha senso abbracciarlo forte perché pure
lui, come quel sogno, come quel mondo maledetto, è ghiacciato. Si sveglia, Kurogane.
Spalanca gli occhi. Annaspa, affaticato. Il cuore gli batte così forte nel petto
da rimbombare nella stanza e da fargli male. Sente i polmoni gonfiarsi
a fatica di aria. Si guarda intorno confuso. È
buio fuori e no, non può aver dormito così tanto. Probabilmente sta ancora
sognando. Sta sicuramente sognando perché sì, è nella sua stanza, ma lo vede lì,
seduto. Il mago lo guarda con calma, sembra avere qualcosa in mano, un
panno. Assurdo, ha anche le allucinazioni continuative: lui è ancora lì, vestito
come prima, gli occhi ancora chiari e l'aria confusa quanto lui. Gli
parla. Vede le sue labbra muoversi, ma non sente nulla. Ecco, forse
prefriva l'allucinazione di prima, che almeno poteva sentire anche la sua voce. Allora è
Kurogane a parlare, le parole gli escono leggere dalle labbra e tanto è un sogno
e nei sogni puoi dire e fare quello che ti pare. «Mi sei mancato tanto.»
farfuglia, ma tanto lui non sente. E va bene così, è meglio così. Grama, grama è la vita. Lo vede solo
adesso, lo sente vicino solo adesso che è
cristallizzato in un mondo lontano, sigillato e pure morto. Ma è lì, e se lo
sente nelle ossa e sotto la pelle. Incredibile. Il mago muove le labbra, gli
parla ma lui non lo capisce. È solo nella sua testa. E forse neanche la
riconoscerebbe, nel sonno, la sua voce. Si copre il volto con la
mano di latta. «Mi manchi ancora. Tanto». Lui sorride. È senza
dubbio il suo maledetto sorriso. Meraviglioso. E di colpo è tutto più difficile.
Come può lasciarlo andare ora? Come può averlo perduto? Dice dell'altro,
mentre allunga la mano con il panno verso il suo viso. Gli accarezza la fronte.
È umido? Ah, che razza di sogno! Il mago fa di sì con la testa dopo un po',
come se avesse detto qualcosa di sensato per una volta nella sua vita. Buffo a
dirsi, le cose che dice hanno senso solo ora
che non c'è più. Continua a parlare, poi, gli occhi grandi e limpidi,
chiari, su di lui. Ogni tanto sorride. Ah, vuole sentirlo. Ma vuole dirgli anche tante
altre cose. «Yui.» lo chiama e il suo mago per un momento corruga la fronte, si
vede che si perde le parole che stava blaterando, ha la classica espressione che
aveva quando restava senza parole. Ha delle piccole rughe buffe sul viso,
leggere leggere, intorno agli occhi e alle labbra. È un peccato che non possa
vedere il vero mago, potrebbe essere ancora più bello di quanto già non sia
adesso. Sente le dita ghiacciate del mago sul viso. Dice qualcos'altro,
prima scuote la testa e poi annuisce, con un sorriso. Lascia la presa sul suo
volto e si alza in piedi.
«No! No, non andare. Torna da me, eh? Io non credo
di...» bofonchia all'improvviso Kurogane, prendendo tra le dita l'orlo del suo yukata. Non ci ha mai pensato seriamente, ma forse
è vero, forse è vero che non può farcela senza di lui. E davvero gli va
bene che sia un'allucinazione, dopotutto. La sua espressione è di colpo severa, ha
assottigliato gli occhi. Sembra arrabbiato. Farfuglia qualcosa, ma lui non
capisce. Scuote il capo e sembra dire una di quelle cretinate che diceva il vero
Yui, con una semplicità lampante, come se dovesse dire una mezza ovvietà. Come a
comunicargli che è lì. Che lui è tornato, cavoli!
Anche nella sua testa, il
suo mago dice cretinate. «Sarebbe bello, sì.» dice. In fondo è il suo mago, ed è frutto della
sua testa. Se ha davvero detto di essere lì, allora non potrebbe rispondere altrimenti. «Vorrei tanto invecchiare con te: sono stati più gli anni in
cui siamo stati lontani che quelli in cui siamo stati insieme». Il mago si inginocchia di nuovo vicino a lui, sul letto
stavolta. Sente le dita del mago sul viso. È una sensazione chiara, sente
fisicamente i polpastrelli ghiacciati sulle guance, come prima e meglio di
prima. Gli parla ancora, gli occhi grandi, arrossati e
lucidi. Muove la testa su e giù. Sorride e nel farlo i
suoi occhi si assottigliano appena e sembrano ancora più belli. «Avrei almeno voluto dirti che...»
mormora, e ciancica le due parole dopo come fossero sassi.
È inutile dirlo a un lui che non esiste. «... lo farò sempre, io non
smetterò mai di farlo. E lo so che può non andarti bene, perché se fossi
qua diresti una delle cretinate che ti piacciono tanto. Che devo andare
avanti, per esempio... Non andrò avanti, non ne ho motivo. Perché
io ho sempre voluto solo te e... non ti ho mai detto niente di
gentile, io.» mormora, come se potessero mai raggiungerlo quelle parole che non
gli ha mai detto. Socchiude gli occhi, poi, come stremato da questo
discorso che non giungerà mai alle sue orecchie, che magari neanche sta
dicendo davvero. Silenzio. Un lungo, lungo silenzio.
Per un istante ha
la chiara consapevolezza di essere in un sogno. È naturale, si sente
sballottare, la classica sensazione di chi cade nel proprio letto. Ma
quando apre gli occhi, Yui è ancora lì. Più vicino, che lo abbraccia. Sente il
suo profumo, sente il suo corpo. È un bel sogno, lui sogna poco la notte
e non è mai riuscito a sognarlo così. Così maledettamente bene. Sospira, per inalare di nuovo l'odore buono della sua
pelle, è inconfondibile. Pensava di averlo dimenticato. Sente addirittura il suo cuore
battere, dalla posizione in cui si sta. Con la testa poggiata comodamente
sulla sua spalla. Le dita del mago tra i capelli. Che ci sia
ancora speranza? Povero, povero illuso, come fa a pensarci ancora? «Ti amo.» dice,
poi. Finalmente. L'ha detto al suo amore che non c'è più e che però lo tiene tra
le braccia in un meraviglioso sogno o delirio percettivo, dipende dai punti di vista. E sente chiaramente il cuore di quel suo mago fantasmatico perdere un battito. Si sente stringere un po'
di più. Sembra che rida, sotto di lui trema a un ritmo costante. Kurogane
alza la testa. «Lo so... è stupido dirtelo ora che neanche mi puoi sentire. Ma tu mi hai reso davvero tanto
felice, anche se è durata poco. E ti prego di... di restare almeno un altro po'
nella mia testa, perché non mi abituerò mai all'idea di non averti più. E finirà che morirò di inedia,
che non so cucinare granché... solo le uova e cretinate simili... oppure finirò
bruciato dopo aver dato fuoco a casa nostra mentre preparerò la cena, una cena
scadente, tra l'altro». Si agita il mago sotto di lui, ride,
indubbiamente sta ridendo divertito, e lui non sente neanche il suono
cristallino della sua risata. Che cosa orribile, che fine orribile farà. Sente
di nuovo le sue dita sul viso, ha gli occhi chiari chiari lucidi, e anche gli
occhi del ninja bruciano. Che strano per essere in un sogno.
Yui sorride, mormora qualcosa, glielo soffia sul viso.
Sente il suo respiro ma non le sue parole. Poi un bacetto sulla fronte e un
altro sorriso e altre parole che non riesce a sentire. Sembra confuso, poi, il suo mago, o
forse è preoccupato. Gli passa piano le dita tra i capelli e Kurogane
instintivamente si stringe a lui. E lo sente sulle dita, lo sente addosso.
Ah, se fosse vero, se solo fosse vero! Il mago gli parla ancora,
sente che muove piano le labbra, sente che gli soffia sulla
pelle, ma non sente quelle parole. Almeno prima lo sentiva, ma forse non
poteva toccarlo. No, non vuole sognarlo così, che almeno gli parli in quei
fottuti sogni! Ma, come prima, anche stavolta il sogno sfuma all'improvviso,
si sente cadere di nuovo e ora è tutto buio.
Quando si sveglia, la luce del giorno è
calda, arancio, come quella di un pomeriggio di fine estate. Si alza in piedi,
stanco, affaticato. Non è poi tanto vecchio, non lo è affatto, la loro
storia si è interrotta alle battute iniziali, quando ancora non erano entrati
nella maturità del rapporto. E anche se sono passati dodici anni, quasi tredici,
lui è ancora nel fiore degli anni. La loro storia si è spezzata troppo presto,
si è interrotta in tremendo anticipo,
quando il loro amore appena sbocciava, come i fiori in primavera. Sono passati anni,
sì, ma è ancora molto giovane, Kurogane, e se solo volesse, se solo
volesse, potrebbe rimboccarsi le maniche e costruirsi un'altra vita.
Ma a cosa va a pensare? Il mago con quelle dita ossute s'è preso il suo cuore e
se l'è portato via, e probabilmente il suo cuore resterà dov'è lui, gli
farà compagnia fino all'ultimo. Anche se il suo ultimo giorno è già
arrivato. Si alza in piedi, il suo stomaco gorgoglia dalla fame, e ci
vorrebbe proprio una zuppa, di quelle da sorseggiare tiepide, in giardino, la
sera. Si sistema. Si infila lo yukata che tiene per casa ed esce dalla stanza, mentre si allaccia
l'obi. Sente
degli strepitii, è evidente che la sua testa sia sempre più confusa. Del resto, i rumori di una casa non si imparano mai
davvero. «Oh, mi sa che si è svegliato!» farfuglia la voce un po' troppo
squillante di Tomoyo. Un atroce senso di nausea lo sconvolge. È già lì? È già
andata a rompergli le scatole?! Entra in cucina già piuttosto alterato, la vista annebbiata dall'abbacinante potenza
del sole del pomeriggio che invade la stanza e dalla rabbia. «Ti avevo
detto che...» comincia a dire, ma si trova con qualcosa addosso. Un
cosino. Un cosino esile esile
che se lo abbraccia con quelle braccine magre magre. Perde un respiro, Kurogane, perde un respiro e, un
po' per istinto, un po' per trasporto, risponde all'abbraccio. Trema, qualcosa gli
percorre la schiena,
ed è evidente che non si sia ancora veramente alzato dal letto. Deve necessariamente
andare dal dottore dei matti. Domani stesso. Perché quel cosino è proprio uguale a
lui, è uguale al suo mago e non è possibile. Non
è possibile. «Ciao! Mi hai fatto preoccupare un sacco, Kuro-rin!» pigola nel
suo orecchio, così forte che sente i timpani vibrare. Sospira. «Sto impazzendo, eh?». Però, per lo meno lo sente
parlare, finalmente. Sente la sua voce e se lo sente addosso. E non può volere
nulla di più. Pure se ormai
è pazzo. Yui lo guarda
confuso e Tomoyo sorride, mentre vuota la sua tazza di tè. Ha la faccia di chi
la sa lunga. La sa lunga pure nelle sue cavolo di allucinazioni.
Ma guarda te, oh! Comunque, francamente, preferiva le allucinazioni
singole, solo lui e il mago. «Ma no, Kuro-tan.» farfuglia lui, dopo un po', incerto, mentre
gli accarezza il viso amorevolmente. «Dai, siediti». Lui non si muove,
stringe solo ancora il mago tra le braccia. Ora che se lo sente addosso certo
non lo lascerà scappare. «Questo volevo dirti l'altra volta, Yoo. Ma tu non fai parlare mai nessuno!
Hai davvero un caratteraccio.» bofonchia la principessa con aria tronfia. «È tornato,
cioè, insomma lo vedi anche tu che è tornato». «Sei stato un villano,
Kuro-rin, proprio tanto scortese, dovresti scusarti... mica si dicono certe cose
a una principessa!» protesta il mago pigolando. «Forza, su, scusati!». È vero, allora, è
davvero lì? Kurogane stringe di più l'abbraccio, 'sticavoli se è
finto, se è un'allucinazione, la sensazione è meravigliosa e basta così, basta
questo, davvero. Non si fida ancora, per niente, ma continua a tenerselo
addosso, come se dovesse sparire ora, tra un minuto. Tomoyo sorride, si alza
e si sistema l'abito elegantemente. «Ci vediamo presto». «Kuro-tan, scusati.» sibila il mago, serio serio.
«Forza!». «No. Sono ancora arrabbiato. E sono
arrabbiato anche con te, mago. Neanche so per certo che sei qui.» brontola
spremendogli il viso con la mano. «Oh...» si lascia sfuggire. «E non basta
che io ti assicuri che sono qui? Che sono qui a casa con te? Ci ho provato anche
stanotte, ma forse per la febbre non mi capivi...». Kurogane sgrana gli occhi. Non era un sogno? Non è un
sogno? Ha tutto troppo senso per essere un'allucinazione. O forse
no? «Sei
davvero qua?» domanda. Ha la sensazione che sotto il tessuto leggero dello
yukata che indossa il mago, ci sia un qualche tipo di fasciatura. Strano. O
forse lui è solo stupido e si è fatto male arrivando lì, che sia nei suoi sogni
o meno. «Sì. Sono qua.» annuisce. «Sono
qua». «Ah!» farfuglia,
stringendolo di più. «E non è che menti?» dice, ancora un po'
restio. Sorride. «Stavolta proprio no, guarda». Sospira. «Ti credo? E se
poi ti credo e tu non sei davvero qui?». Yui sorride. «Come
faccio a farti capire che sono qua? Un
bacetto basta?» mugugna carezzandogli pianino il viso. Lo fissa, ha l'aria
preoccupata. Quanto ha sognato quegli occhi su di sé, solo su di sé, come se non ci
fosse niente intorno a loro? Anche se non sembrano proprio i suoi occhi, sono
più pallidi di quanto ricordasse. «Che c'è?» domanda lui, strofinando ancora
il pollice sulla guancia del ninja. «Niente. Sei tu.» annuisce, sfiorandogli
i capelli con la punta delle dita. Non può essere tutto fittizio. Lui si alza
sulle punte e gli bacia un angolo della bocca. «Dovremmo recuperare tutto il
tempo perduto... non usciremo per un bel po' dalla camera da letto...». «Eh,
sì, sei proprio te.» annuisce, con un mezzo sorriso leggero a curvargli le
labbra. Il mago sorride, mentre continua a stare stretto a lui, a
tenergli il viso tra le mani e a guardarlo con una devozione infinita. È vero?
È vero. Non può essere fittizio. Per niente. Tomoyo tossicchia, come a richiamare l'attenzione
su di sé in un momento tanto intimo. E poi sarebbe lui il villano? «Dovresti
imparare a leggere i comunicati, Yoo, ma ti perdono. E comunque si è già
scusato, Fay.» sussurra la principessa, mentre raggiunge il corridoio. «Io vado,
divertitevi! E tu, Yoo, cerca di essere gentile». «Scusati, Kuro-tan.»
mugugna. Sospira. «No. Ti ho già detto che sono arrabbiato e penso che lei
abbia capito le mie ragioni, no?». Il mago sbuffa e gli tira un pesante
buffetto contro la guancia. Uno schiaffo. Poi si allontana da lui e va accanto
alla principessa, ancora sulla porta della cucina. Kurogane ringhia, si
raccoglie la guancia. È indubbiamente sveglio, non ci
sono santi che tengano. «Che diavolo fai, idiota?». Sogghigna, con quel suo
sorrisetto leggero. «Niente, controllavo che fossi tu. Mi hai chiamato idiota,
finalmente. E poi ti schiaffeggiavo, non fare il villano.» ribadisce. «Certo che sono io,
razza di cretino!» brontola. «Sono io che devo ancora sincerarmi che tu sia davvero
qui, non il contrario! E faccio il villano quanto voglio!». Il mago
s'imbroncia. «Allora vorrà dire che aspetterai, caro mio, accompagno Tomoyo a
palazzo». Un moto d'ira e affetto gli si muove nel cuore. E non può
essere fittizio neanche questo, anche perché sente ancora la guancia in fiamme per
quello schiaffo ghiacciato. «Non ti azzardare, idiota!». «Resta qua, Fay,»
sussurra la principessa. «Sennò non ci perdonerà mai». «Argh!» ringhia ancora.
Il mago torna indietro solo per accarezzargli il viso, proprio dove
prima gli ha tirato quel ceffone. «Perché non vai a farti un bel bagno,
Kuro-rin? Hai sudato molto e così magari ti rilassi... Quando torno, parliamo,
io e te». «No. Hime, tu hai capito le mie ragioni, giusto?» ringhia. «Sì,
sì.» annuisce lei. «Ma anche io le ho capite, eh, Kuro-rin.» mormora il
mago, sorridendo. «Per favore, accompagno Tomoyo a casa e poi ne parliamo,
eh?». Kurogane aggrotta le sopracciglia, serissimo, stringe le labbra, come
fa di solito, quando qualcosa non l'aggrada affatto. «Non fare quel broncio,
dai.» sorride lui. «Accompagno Tomoyo, e poi sono tutto per te». Il ninja sbuffa e
guarda di taglio la
principessa. «Non hai i tuoi sgherri con te, stavolta?». «Oh, Yoo, tu sei il mio
sgherro preferito... e poi sono scappata dal palazzo di nascosto, temevo foste
morti per il superlavoro!» replica lei, sogghignando. «Alla tua età...»
sospira. «E tu alla tua età fai ancora i capricci?» borbotta lei. Le
labbra del ninja si muovono appena. Un sogghigno, forse. «Punto i piedi quanto
voglio, io». «Va bene, va bene. Time out!» pigola il mago. «Ti accompagno a
casa, Tomoyo-hime. E tu fa' il bravo, Kuro-tan, e mangia qualcosa.» si
raccomanda prima di guidare la principessa verso la porta. Il giapponese
sbuffa, si siede a tavola e beve un po' di tè. L'orrendo tè alla menta, ormai
freddo, che il suo stupido mago beve sempre. No, deve essere certamente
tornato lì. Quel sapore atroce non può essere fittizio. E quindi, è lì. Ora
tutto sta nel vederlo rientrare a casa.
Prima di tutto, Grazie(!) Davvero, grazie! Non pensavo di avere ancora questo seguito! Vi ringrazio molto... anche se siete un po' malfidati, lasciatemelo dire... insomma, ci conosciamo da un po', no? È arrivato il momento di agitare il dito con aria sprezzante! Visto, visto? Ce l'ho fatta a pubblicare in tempo *fa le boccacce con aria tronfia* pappappero. Comunque pare che la storia sarà a cinque capitoli, non a tre... ma comunque, poco male (credo). Per il resto... congetture, voglio congetture...
Ci rivediamo tra sette giorni. SEEETTE GIOOORNI.
Comunque, Kuro-tan in questo capitolo è atrocemente OOC. u__u
A presto. D.
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Capitolo 3 *** 3. ***
d
Tadaima
3.
Kurogane s'è andato a dare una sistemata. Ha fatto un bagno
veloce, ha rimuginato quanto basta su questa situazione, del resto la stanza da
bagno concilia le congetture, e poi s'è vestito. Si è anche fatto la barba, per
apparire un tantino più presentabile. Perché se il mago è davvero lì, almeno
dovrebbe essere un attimino più decente da guardare, lui. Alla fine, è tornato
in cucina e ha aspettato, buono buono, per un po'. E
se non torna? Se non
torna s'è davvero ammattito. Poggia la nuca contro la parete e sospira a lungo. Si è
fatto bello per qualcuno che probabilmente è solo nella sua testa. Che
idiota. Davvero, questa situazione già l'ha fatto rincitrullire, manca poco
che impazzisca del tutto. Eppure era lì, lui l'ha sentito davvero. Però
d'altra parte la gente delira con molto meno, quindi... Uno scalpiccio nel
corridoio lo fa destare. Sente il rumore della porta che si chiude. Balza in piedi e raggiunge il
piccolo corridoio in mezzo secondo,
neanche il tempo di un respiro. Il mago è lì, all'ingresso, che si
sta infilando le babbucce che usa per casa. «Eccomi.» dice squillante, alzando il
capo e sorridendogli contento.
Anche Kurogane sorride, appena appena. «Che bellissima espressione, Kuro-pippi.»
pigola, andandogli incontro a passo leggero e spedito. «Ciò non toglie che
sono ancora arrabbiato.» replica poggiandogli la mano pesantemente sulla
testa. Lui
sorride, non vuole proprio smetterla oggi. Socchiude gli occhi per un istante, sospira appena, poi.
«Vogliamo parlarne? Vieni in cucina con me? Così nel mentre preparo anche la
cena.» dice, porgendogli la mano. Kurogane lo segue in silenzio e si siede a
tavola. «Tomoyo mi ha riferito tutto quello che...» farfuglia sedendosi
dall'altra parte del tavolo. Due tavole di legno li dividono. È un idiota,
perché si è seduto così lontano?! Il ninja sospira a lungo, molto a lungo. Ha
le spalle curve in avanti e le mani chiuse a pugno sulle ginocchia. «Vieni più
vicino.» dice a occhi chiusi. «È il tuo modo per dire che ti sono mancato,
eh? Me l'hai detto mentre avevi la febbre e...». Kurogane sospira.
Sì. Yui si allunga verso di lui, poggia una mano
al centro del tavolo e l'altra sul bordo, nella sua direzione. Pare un
gatto. «E visto che forse non mi hai sentito, mi sei mancato anche tu.
Tanto. Mi hai anche chiamato per nome... non mi hai mai chiamato a
quel modo». Lui gli accarezza il viso, sospirando. È ghiacciato, è morbida la sua pelle. Sì, è lui. Indubbiamente e necessariamente deve essere lui. Lo sa. Lo sente
sotto i polpastrelli. «Non ero sicuro che fossi qua... forse non lo sono neanche
ora». Il mago
sorride, prende la sua mano e ne bacia i polpastrelli uno per uno. Poi si alza
veloce e gira attorno al tavolo. Si siede lì, accanto a lui. Più
vicino.
«Tomoyo me l'ha detto. Lo so.» sorride ancora e si allunga, come un gatto,
ad abbracciargli il collo. «Dovresti credere un po' più nella tua mogliettina,
lo sai, eh?» gli sibila nell'orecchio. «È che...» farfuglia, un leggero
brivido gli si arrampica lungo la spina dorsale. «Ci hai messo così tanto a
tornare e─». «Lo so che ci ho messo tanto, Kuro-rin.» risponde, stringendosi
di più a lui. Gli bacia una tempia un paio di volte. «Ti giuro che sono qua
adesso, ma penso non possa bastarti e posso capirlo, perché anche io non credo
di essere davvero qui ancora...». Sospira. «È che...». «Non ti fidi o sei
ancora un bel po' arrabbiato, giusto?» sussurra. «La mia arrabbiatura
c'entra, ma con tutt'altro.» sbuffa. «Sei stato via per tanto tempo... e ho
pensato fossi morto. L'altra mattina, quando mi sono svegliato e... ho sentito
nelle ossa che─». Lui lo guarda, sorride, scioglie l'abbraccio per
accarezzargli il viso e poi si siede sul tavolo davanti a lui. «Sono
qua». «Lo vedo ma... mago io non─» sospira. «Lo so che ti sono mancato.
Lo so,» annuisce. «Non so come posso provarti che sono qua,
scusami». Kurogane alza la
mano e gli sfiora il viso, di nuovo, piano piano. «Io non sono più
com'ero.» mormora. «Sono diventato un'altra persona e... non piace molto la
persona che sono, eh? E sicuramente non piacerò neppure a
te...». «Di che parli?» domanda, tenendo la mano sulla sua. «Mi sono rammollito e... sono diventato un maledetto vecchio nostalgico...» farfuglia. Il mago gli
raccoglie il viso tra le mani. «Un paio di giorni e torni come prima, te lo
assicuro. Basta stare un
po' con me e─» sorride. «E poi sono io l'idiota che dice cretinate tra noi due, non
tu. Tu mi piaci e mi piacerai sempre». Kurogane allunga entrambe le
braccia e lo trae di nuovo a sé. Era troppo lontano. «Non farlo più». «Già,
dovevo dirti che sarei andato via.» ammette lui, poggiando la fronte contro la
sua spalla. «Ma ho mantenuto la promessa, vedi? Sono tornato. Sono anche tutto
intero!». Kurogane sospira. «Non sembri proprio tutto intero». «Che
intendi?» domanda. Lui si allunga a sfiorargli il lobo dell'orecchio con le
labbra. Percorre con le dita le increspature che le bende compongono sotto la
veste di cotone leggero. «Ho notato le fasciature, sai? È grave?». «Ho solo
sbattuto.» sbuffa. «Sto bene». «Fammi vedere.» comincia a dire. Lo
interrompe subito. «Sto bene, giuro. Parliamo prima, così ti sfoghi... poi mi
spoglio, faccio quello che ti pare, ma... parliamo, prima». Kurogane
l'abbraccia di nuovo, lo stringe forte a sé e s'ammutolisce, sbuffa a lungo, due
volte e, come rinfrancato, poggia la fronte contro la sua spalla. «Che c'è?» sussurra il mago
accarezzandogli i capelli. «Dovremmo parlarne, no? Ma dai, una volta che voglio
affrontare io un discorso... Forza, spara!». Sbuffa appena, ancora una volta.
Lo stringe a sé, nasconde il volto contro il tessuto del suo yukata. «Sono stato
tanto arrabbiato, con te e con Tomoyo». «Me l'ha detto. Perché non ti abbiamo
detto che sarei partito.» annuisce, dolcemente, mentre gli accarezza i capelli.
«Però, tu mi conosci, no? Sono un codardo e... sì, non sarei riuscito a partire
se ti avessi salutato, lo sai? Io sono debole, io non sarei riuscito ad andare
via... avrei visto la tua smorfia di disappunto e─». Sospira. «Io...». «Avresti voluto fare di più, magari?» mugugna. Lui annuisce.
Zitto. Lo stringe solo un po' di più. «Tu hai fatto tutto
il possibile per me, mh?» farfuglia, carezzandogli non solo i capelli, ma anche
le spalle, spingendosi appena il viso del suo ninja sotto il collo. «Tutto
il possibile». «Per molto tempo non mi è sembrato abbastanza. Anche ora non mi
sembra abbastanza.» sussurra, le labbra contro la clavicola ghiacciata del mago.
Pure d'estate la sua pelle è fredda, questo non è cambiato. Yui sospira, gli
stringe la testa tra le mani. E indirizza il volto del moro verso il suo. Stanno
a una distanza che non si può propriamente definire tale, sono così vicini i
loro visi che li divide solo un respiro. Il mago sorride e, nel farlo, socchiude
per un istante gli occhi. «Mi dispiace che ti sia sentito così». «Non è colpa
tua, del resto era per il meglio.» annuisce lui senza batter ciglio, i suoi
occhi vermigli seri, come sempre, come quando dice la verità. «Io lo so che era
per il meglio». «Okay, però allora non è neanche colpa tua, Kuro-rin. Non è
che mi hai lasciato scappare o che so io... Mi hai solo dato un po' di tempo per
sistemare le cose. E le ho sistemate.» sorride. Kurogane sbuffa appena e lo
stringe un po' più forte, poggia di nuovo la testa sulla sua spalla. «Però non
vai più via senza dirmi niente». «Non ricominciamo questa storia: sapevi che
sarei partito. E comunque, dove dovrei andare?» sussurra strofinando il
naso tra i suoi capelli. «Hai fatto il bagno, che bravo... profumi». Il ninja non si lascia sfuggire quelle parole, raccoglie i
polsi del mago tra le dita e sospira. L'osserva a lungo, con quegli occhi
cremisi, prima di parlare. Forse vorrebbe tenersele per sé, tutte quelle parole
che vuole dirgli, forse dovrebbe semplicemente inghiottirle, ma ormai
cosa conta? Il mago è lì, e tutte le parole che non gli ha detto
negli anni, in quei dodici maledetti e lunghissimi anni, finalmente possono uscire. «Sì,
sapevo che saresti partito, ma non è abbastanza. Volevo almeno
salutarti». «Ne abbiamo già parlato: se m'avessi salutato io sarei rimasto
qui, e oggi Nihon sarebbe in fondo a un buco nero.» ripete, con aria ferma
ma gli occhi bassi. «È andata bene così,» aggiunge deglutendo, dopo un po', sorride
appena con un certo trasporto, china la testa di lato. «Non potevo immaginare un
finale migliore per questa avventura.» mugola, allungandosi a baciargli la punta
del naso. «Sono qui col mio amato Kuro-tan, nella nostra casa. Ceneremo insieme,
finalmente, dormiremo insieme stanotte...». Il giapponese sbuffa, allenta
appena la presa sui suoi polsi ma senza lasciarli del tutto. «Che c'è?»
domanda. Scuote il capo, ma non dice niente. «Ti sono mancato, lo so.»
annuisce. «Non sai neanche quanto mi abbia fatto felice sentire quelle parole da
te». Il suo sguardo, sempre fermo e severo, per una volta, scappa via, di
lato. «Che c'è?» ripete il mago, avvicinandosi a lui col viso. Sente il suo
respiro addosso. «Che ti succede?». «Non
ti ho mai detto niente...»
bofonchia. «Ah, ma tu mi piaci così. Ti sono sfuggite quelle parole, perché
tu avevi la febbre tanto alta e, beh insomma, vaneggiavi...» si allunga a
baciargli la punta del naso. «Va bene così, io lo so che mi ami. Ed è tipo la
mia fortezza, l'amore che provi per me, lo sai?». Kurogane sbuffa, arriccia
il naso e corruga la fronte. Potrebbe giurare di aver sentito il proprio cuore
fermarsi per un momento, come se non sapesse quanto è immenso e potente il
sentimento che li lega. «Dai, non fare questa espressione qui... che sennò
ti verranno le rughe!» mormora baciandogli la fronte. «Preferisco il broncio, lo
sai...». «Idiota.» sbuffa. «Ora mi lasci i polsi, Kuro-rin?» sussurra.
«Tanto non è che vado via, voglio solo preparare la cena e poi coccolarti un
po', non sono neanche dieci passi da dove siamo io e te alla cucina...». Lui
sposta lo sguardo su di lui. Il mago sospira. «Mi hai sentito?». Kurogane
annuisce. «Non ho fame. Il tuo tè mi ha fatto venire il voltastomaco...». Certo
non può ammettere che l'unica cosa che vuole fare, ora, oltre a tenerselo
stretto, è magari fare un giro in camera da letto. Per quanto ami la sua cucina,
naturalmente. Non allenta la presa, resta così, coi suoi polsi stretti tra le
mani e il mago non può fare altro che gettarglisi addosso del tutto e
assecondare quella richiesta muta. «Va bene, magari dopo faccio qualche
panino, che ne dici?» dice soffiandogli sulla guancia. «Vuoi andare a
letto?». Scuote il capo. «Sicuro? Eppure io
voglio andare a letto, sai? E certo non per dormirci. Dobbiamo recuperare questi
anni di... astinenza, mh?»
sussurra. Kurogane sogghigna. «Sei malridotto, idiota». «Ah, sì? Tu hai
vaneggiato per giorni, lo sai? Mi sono preoccupato a morte.» replica. «E poi,
mica è tanto normale avere la febbre in estate. Magari eri solo stremato, ma mi
sono preoccupato». Il ninja sbuffa, lascia la presa della mano di latta sul
suo polso e gli avvolge i fianchi. «Dovresti badare un po' più a te stesso.»
aggiunge a voce bassa bassa. «Eh! Ma senti chi parla!» brontola contro il suo
collo. Il mago ride, si stringe quel capoccione a sé. «Io sono tutto
intero». «Mica è vero.» sbuffa. «Ah, solo perché mi sono fatto male una
volta.» sorride. Kurogane si tira su, ha una lieve espressione severa sul
viso. «Perché sei stato via così tanto tempo?». Sospira, le sue spalle tremano appena. «Già, ci ho messo un
sacco di tempo per tornare». Il ninja grugnisce. «Non essere
accondiscendente». Sorride. «Scusa». «Sei stato via un sacco di tempo. E
cerca di non eludere la domanda un'altra volta.» sibila. Yui sospira, più a
lungo, con un trasporto immenso. Il suo stesso sospiro sembra trascinarselo via
e riportarlo indietro, in quel mondo freddo e lontano, in quella sua prigione di
ghiaccio. «È che volevo tornare da tanto tempo, ma... è stato difficile tornare
da te, davvero tanto difficile». Kurogane lo guarda, sembra un cagnolone
fedele e curioso con quell'espressione in viso. «Non so come spiegarti... Ho
pensato che potevo tornare, che sarei tornato prestissimo dal mio Kuro-koi... Ma
la magia di Celes mi ha tenuto lì.» mugugna. «Come hai fatto?» domanda,
piano. «Volevo tornare da te. Mi mancavi...» sorride. «Sì, ma come hai
fatto?» ripete. Il
mago gli accarezza il viso, sorride. «Mi chiamavi, Kuro-tan. Sentivo
che mi chiamavi continuamente, da dove stavo io. E prima di partire, prima di
andare via di qui... ho imposto su di me un incantesimo del ritorno...» ha
l'aria di chi sta per piangere. Basta davvero un pensiero così per farlo
rattristare? Eh, sì. In fondo lui non è cambiato per niente. Deve farlo pensare ad altro. In fondo lui non parla una
parola di lingua magica, meglio farsi spiegare i punti oscuri del suo enigmatico
racconto. «Che
sarebbe...» farfuglia, col tono che usa quando non capisce uno di quei suoi
trucchi da stupido mago. Poi gli sfiora la guancia con le dita di latta, dosa
bene il movimento per non fargli male. «Cosa?» sussurra confuso, ma poi un baluginio gli illumina
gli occhi. L'incantesimo del ritorno, di quello stava parlando. «Ah, sì! Un incantesimo in grado di portarmi
indietro.» risponde, come se fosse una qualche ovvietà di fama
internazionale. «E ci ha messo dodici anni a riportarti indietro?» brontola,
con lo stesso tono di prima, forse appena un po' più piccato. Il mago scuote il capo. «Eh. Avevo
davvero poca magia. Sono incantesimi che suggono moltissima magia. Ci ho messo
così tanto tempo per ristabilirmi. Sigillare un mondo che collassa è... estremamente difficile e
dispendioso... soprattutto se passa così tanto tempo dalla frattura. Ho
dovuto prima stabilizzarlo, poi sistemarlo e ricostruire il suo nucleo prima
di sigillarlo del tutto. Ho anche cercato di riportare indietro i mondi che
Celes ha inghiottito... ma non ci sono riuscito. Non ero abbastanza potente, evidentemente.»
parla confusamente, e già il ninja, proprio perché ninja, non mastica molto la
lingua magica, è solo più rintontito. «E ora?» domanda, come per avere un po'
più di delucidazioni. «A parte i mondi che sono sono scomparsi? Tutto okay.»
sorride. Che mi frega degli altri mondi?
dice il piccolo egoista che è in lui. «Ma tu stai bene, ora, sì?» farfuglia. «La tua
magia? Va tutto bene? Non diventi più forte se la usi? Avevo capito
così...». «A parte qualche acciacco, sì... Devo
recuperare tutte le energie, ma va tutto bene, sì.» annuisce. «E poi, sì, dovrei
diventare più forte ogni volta che uso la magia... ma ho solo la magia
di un occhio, e quindi, anche se è tanta la magia di quell'occhio... il processo
è solo a metà.» spiega brevemente, poi però sorride, frettoloso, si prepara ad aggiungere una postilla, un'altra
frase per calmarlo. «Però sto bene». Sembra sollevato. Anzi è sollevato. Sospira a
lungo e se lo stringe contro di sé, con un gesto affettuoso e irriverente. «Ho pensato
che tu fossi morto, pensa tu...» farfuglia rinfrancato. Yui sorride. «Io
invece ho quasi sperato di vederti con una famiglia. Ogni volta che attivavo il
pozzo e ti vedevo qui, solo solo, mi rendevo conto che mi stavi ancora
aspettando...». «Il pozzo?» ripete. «Un trucchetto che usavo quando mi
mancavi di più...» annuisce. «Ti guardavo e un po' mi sentivo
meglio». «Però poi hai visto che ti aspettavo.» mugugna. «Non ne ho mai dubitato, in
realtà.» sussurra. «Ogni tanto speravo che mi dimenticassi, che ti limitassi a
trovare qualcun altro. Ma, se
posso, anche se sono un po' egoista in realtà, ero felice di
avere ancora tutto il tuo cuore». Kurogane
sbuffa, gli arruffa i capelli e si prende il suo collo per poggiarci un bacio e
poi un altro e un altro ancora... «Sei scemo.»
dice poi, piano. «Certo, lo so.» annuisce, sorride. «Ma che potevo
farci? Avresti anche avuto ragione a rifarti una vita, lo sai?». «Eh!» sbuffa, come a dire “ne fossi stato capace”. Ma
fortunatamente non ne sarebbe stato mai capace. Ed è meglio così, perché ora ha
il suo
premio per tutta la pazienza che ha avuto. «Cosa?» sussurra. «Sei solo
uno scemo.» annuisce. «Più che altro, mi domando... Tomoyo sapeva sempre i tuoi
spostamenti, sapeva come stesse andando all'inizio e anche fino a qualche tempo
fa, in realtà... e sappiamo entrambi che non ha più questa grande magia in
corpo». Il mago stringe le labbra. «Perché non mi hai mai contattato?»
domanda. Yui sospira. «Se ti avessi parlato.... io─» scuote il capo, la sua
voce trema appena. Ha capito l'antifona, Kurogane, ed è bene farlo calmare
prima che crolli del tutto. Perché lui ama quel fragile mago che è tornato
da eroe, che ha salvato gli altri mondi e la loro casa, e non
vuole vederlo piangere. «Va bene. Hai ragione, sarebbe stato
difficile.» mormora trascinandoselo contro il petto e tenendolo stretto contro di sé, forte
forte. Basta, ora stanno insieme e la tristezza deve accatastarsi fuori
dalla porta, con tutte quelle preoccupazioni e quei brutti pensieri. Basta
così. «No è che...» sospira. «Non sarei riuscito a restare lì. Mi
mancavi talmente tanto e─e poi se ti avessi dato delle speranze e non fossi più
tornato? Non mi avresti mai...» scuote il capo. «Però comunicavi con Tomoyo.»
gli fa notare. «Anche per questo sei arrabbiato con lei?» domanda. «No.
Cioè, forse...» annuisce. «Tu sei il mio mago.» brontola. «Oh, e quindi...»
farfuglia, accarezzandogli il viso. L'incalza solo per farlo sbuffare di più,
solo per farlo arrossire, appena, lo sa. Le punte delle sue orecchie diventano
sempre di un colore incredibile, rosse rosse come certe azalee. Kurogane però
stavolta reagisce diversamente, lo stringe ancora più forte. «Non potevi
partire con me, però.» dice, all'improvviso, le parole gli sfuggono dalle
labbra. «Non avrei avuto abbastanza magia per portar via tutti e
due». «Razionalmente lo so. Lo sapevo.» annuisce. «Ma ti sei sentito uno
schifo ugualmente, vero?» dice. La sa già la risposta, è un sì. «E non posso
proprio fare niente per farti stare meglio?». Il ninja scuote la testa, piano
piano. «Ti amo.» mormora, raccogliendo il viso del suo compagno tra le dita. «Lo sai che ti amo, no?
Lo sai quanto ti amo, no?» sussurra. Che razza di domande, è ovvio che lo sappia.
«Mi dispiace averti lasciato solo, Kurogane. Mi dispiace averti fatto aspettare
tutti questi anni.» farfuglia e sembra sentirsi sinceramente in colpa. «Ma io ti
avevo detto che sarei stato con te. Che sarei tornato...». «Come se tu
non parlassi mai a vuoto e non dicessi tante cavolate, eh?» farfuglia. «Ma
stavolta l'ho mantenuta la promessa, o no?» sorride. «Sono pure tutto
intero!». «Più o meno intero.» lo corregge ancora una volta. «Però sei stato bravo. Sei
tornato come un eroe.» sussurra. «Sei fiero di me?» domanda. Lui muove piano la testa, sorride, annuisce. Come potrebbe
non essere fiero di lui? «Certo, sei stato estremamente coraggioso.
Bravo». Kurogane s'allunga a baciarlo,
dolcemente, coprendo con le labbra un angolo della sua bocca. «Kuro-pii?» lo
chiama. «Dimmi.» sussurra. Sorride. «Niente.» annuisce. «Solo... mi
dispiace di averti lasciato solo per così tanto tempo. Mi hai detto pure tante
cose carine mentre vaneggiavi... e devo pure farmi perdonare... sennò mi terrai
il muso a vita». Il ninja sorride appena, rilassa le spalle e allenta appena
la stretta. «Anche tu sei stato orrendamente solo, mago. E, sì, devi farti
perdonare.» farfuglia, interrompendolo. Naturalmente preferirebbe essere lui a
dirgliele certe cose, a voce, sveglio e reattivo e non farneticante.
Dirgliele guardandolo negli occhi, parlandogli piano nell'orecchio,
soffiandogli sul viso quelle parole tra un bacio e l'altro, tenendoselo stretto
stretto contro di sé. Questo vorrebbe fare. E magari potrebbe farlo davvero.
Anche se lui detesta ripetere le cose. «Sì.» sospira. «Però sapevo che mi aspettavi. Tu mi vuoi
così tanto bene. Mi sono sentito lontano e solo, ma quando mi ripetevo "Devo
fare in modo di tornare da lui, devo andare da Kuro-pippi",
mi passava. E poi, ogni tanto facevo quell'incantesimo per vederti...». «Il pozzo, giusto?»
domanda, sorride. Sospira. «Già, come ti ho detto. Quando mi sentivo davvero
tanto tanto solo attivavo un pozzo... Un incantesimo che mi permetteva di
vederti da lontano. Usavo un po' di magia, è vero, ma c'erano delle volte che se
non ti vedevo mi sentivo morire e c'erano anche delle volte che vederti
rendeva tutto ancora più difficile, perché lo vedevo che eri tanto triste e
non... non era facile, perché sapevo di avere un bel po' della colpa di tutto
questo. Eri solo e... Sembravi avere il cuore spezzato e...». Le sue labbra
si curvano appena, sembra soddisfatto. «Un po' mi sono sentito uno schifo, in
effetti...» ammette, candido. «Ma stai qui con me, adesso. E, sai una cosa? Se
sarai in grado di farti perdonare, questo cancellerà tutto... e poi, di certo,
stavolta non ti permetto di andare via». Sorride. «Dove dovrei andare, ora,
sentiamo?». Il ninja sbuffa. «Che ne so? Se osi allontanarti ancora, dovrai
prenderti tutte le tue responsabilità». «Resterò col mio Kuro-tan per sempre,
da adesso in poi.» promette a voce bassa. Kurogane lo guarda a lungo, molto a
lungo, negli occhi. Sono più chiari, di un azzurro pallido, ma sono comunque
quei suoi occhi. Belli. Anche il mago se lo guarda, sorride. E mentre sorride
i suoi occhi si assottigliano e brillano di più. «Che c'è?». «Sono più
chiari...» dice sfiorandogli la tempia con la punta del naso. «Sì, è vero.»
borbotta. «Mi pareva, infatti...» mormora. L'ha notato subito, appena l'ha
rivisto, pure se pensava fosse un'allucinazione. «Che osservatore!»
farfuglia. Kurogane sorride e poggia un bacio contro di lui, poco sopra
l'orecchio. «Idiota.» sbuffa. «Conosco tutto di te». Yui squittisce di gioia.
È un suono che fa raramente, solo quando a Kurogane sfuggono certe sdolcinatezze
di portata epocale. «Sono più chiari perché ho usato un sacco di magia... Il mio
potere risiede nel colore dei miei occhi...». «Eh... ma secondo questa
logica, visto che più usi la magia più diventi potente, non è tipo un
controsenso? L'hai detto tu, no?» bofonchia. «Ah, allora mi ascolti!»
pigola. Kurogane sbuffa. «Ti ascolto sempre. Tutte le
cose che dici, belle o brutte, ce le ho nella testa. Pure le tue cretinate. Anche se ho problemi a capire i
tuoi sproloqui sulla magia, ogni tanto... non sono del mestiere, del resto.» farfuglia. «Comunque, perché
questa cosa è diversa stavolta? Per quello che hai detto prima? Per il
fatto che hai un occhio magico e uno no?» domanda,
poco convinto. «Esatto, questo
ragionamento vale con due occhi azzurri puri. Il mio occhio destro è spurio, no?
Anche se il sinistro è tornato e compensa la mancanza magica del destro, dando
via la magia che mi era rimasta nell'altro, quella volta─insomma, resta sempre un occhio più debole. Tornerò ai vecchi
fasti, comunque. Ci vuole solo un po' di più.» sorride. «Starò bene. Sto già
bene. Torneranno del colore di prima». «Mago...» mormora. «Starò bene.»
annuisce. «Devo occuparmi di te, no? Dobbiamo ingrigire e ingobbirci tutti e
due, no?». Kurogane lo fissa inespressivo, o in alternativa diversamente
espressivo, la sua non espressione infatti è un broncio più rilassato. Ma non
dice niente. Questo piano non è tanto male, non sembra affatto
male. «Vogliamo andare a letto, mh? Un turno a letto e poi ceniamo, che ne
dici?». «Figurati, per i gusti miei possiamo anche non cenare.» queste parole
gli sfuggono di bocca e se ne accorge solo quando il mago pigola. «Oh... Ma
che maiale!». «Come se tu volessi perder tempo a mangiare. Non hai detto tu
stesso che stiamo in astinenza da quasi tredici anni...» brontola, alzandosi in
piedi e trascinando il mago con sé.
«Pure se il tempo è relativo, è un sacco che non
facciamo niente!» farfuglia, sghignazza, pigola, non sa più che altro suono deve fare. Alla fine
opta semplicemente per accucciarsi addosso al ninja che se lo trascina in camera da
letto a guisa di principessa, senza batter ciglio.
Prima di tutto, Grazie(!) Davvero, grazie! Ho postato di nuovo in orario, di nuovo pappappero! Ebbene, il mago è tornato, visto? È tornato e, non solo, stanno facendo paceeeh. Non so perché, ma mi piace scrivere ste robine tenere. Comunque alla prossima settimana, dovrebbe essere l'ultimo capitolo, o forse no. Chi lo sa? Lo scopriremo solo tra SEEEETTE GIOOOORRRRNI
A presto. D.
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Capitolo 4 *** 4. ***
d
Tadaima
4.
La stanzetta è tutta disordinata. Kurogane s'è alzato
tardi, già da tempo era passato mezzodì. Ma non guarda neanche la loro camera da
letto, tutta la sua attenzione è rivolta a ciò che tiene tra le braccia,
ora. Il suo cuore sembra perdere di colpo un battito per poi impazzire del
tutto. Sono dodici anni che non stanno insieme lì dentro. Dodici, quasi tredici.
E tutto ora sembra pesargli addosso, all'improvviso. Tutta l'urgenza di un
attimo prima è stata inghiottita da un qualcosa che gli scava dentro. Il
mago, dal canto suo, è rimasto impaziente, gli bacia le labbra senza sosta. Ma
non ottiene la gradevole risposta attesa, no, il ninja si lascia baciare ma non
risponde. «Ehi, ma insomma!» brontola appena scocciato. «Avevi un sacco di
fretta di portarmi a letto e ora sei impalato? Mettimi giù!»
borbotta. Kurogane trasale dal suo assorto ragionamento e lo poggia a terra,
ma se lo riporta al petto senza un fiato, stringendolo un po' di più. Tira un
lungo sospiro, lungo, come se il mago fosse stato un miraggio finora, come se
solo ora si fosse avveduto della sua presenza. È vero, il mago è lì. Se
n'era accorto anche prima, eh, ma forse è solo ora che lo sente davvero, solo
ora che quell'alcova li accoglie, solo ora che sono nel nido. Ed è una
sensazione strana eppure naturale, perfetta. Non c'è niente di meglio,
niente. «Che c'è? Ti è passata la voglia?» domanda. Lui scuote il capo.
Il mago gli stringe la vita. «Che cos'hai, allora?». Un lungo sospiro, e
finalmente ha chiaro in testa quello che vuole. Vuole solo abbracciarlo,
stringerselo contro il petto e non permettergli mai di allontanarsi. Mai
più, mai più. «Possiamo stare solo un altro po' così?». «Oh. Certo.»
annuisce lui, sorridendo e strusciando la guancia contro di lui. «Possiamo stare
così quanto vuoi, Kuro-rin». Il giapponese non parla. Ma tanto lo sa, il suo
mago verrà a dargli aiuto. Sicuramente. Quello che sente nel cuore è
incredibile. È un'emozione confusa, è felice e spaventato. Felice perché è ovvio
che lo sia, sembrerebbe il minimo, essere felice ora che il mago è lì. E invece
è spaventato perché non lo sa, l'emozione è forte, il cuore gli fa male e sembra
che gli stia mangiando lo stomaco. È lì, sono lì. Se lo stringe solo un po' di
più contro il petto. L'ha sempre amato così tanto? Lui è lì, è lì, e lo
tiene tra le braccia come se stringesse contro di sé un tesoro, un tesoro
ineguagliabile, irripetibile. Lui è lì, e lo sente sotto la pelle, nel cuore, in
ogni cellula. È lì, e non c'è niente di più bello, di più importante. Il suo
cuore sembra calmarsi finalmente. Sospira, a lungo, come a scrollarsi dalle
spalle tutti gli anni di assenza. È finita ed è finita bene. Sì. È lì. Tra
le sue braccia, il mago sospira. «Anche a me fa uno strano effetto stare qui con
te, lo sai? È passato così tanto.» sussurra baciandogli il petto. «Lo senti il
mio cuore quanto batte? Mi prenderà un colpo presto...». Kurogane nasconde le
labbra tra i capelli del suo idiota. «Anche il tuo cuore batte un sacco, lo
sai? Posso farti sentire un po' meglio in qualche modo?» domanda alzando lo
sguardo. «Che posso fare per farti sentire più...». «Sei qua.» dice. «Sì.»
risponde il mago, non proprio convinto. Ma poi alza il capo, lo guarda, sorride.
«Mi hai fatto preoccupare, lo sai, sì? Mentre dormivi neanche credevo di essere
davvero qua. Ti controllavo continuamente e ti toccavo, ti sentivo ero con te
eppure...» abbassa di nuovo il capo, nasconde il viso nel petto del suo
compagno. «Tu non mi capivi e, non lo so, mi sentivo lontano anni luce da te,
eppure ero qua e ti tenevo la mano... ma ora sei qua, e ti posso abbracciare...
e tu mi parli e mi senti...». Kurogane grugnisce, ma non dice niente,
scioglie solo l'abbraccio. Yui alza lo sguardo ancora, sorride appena. «Ti va
se... mh? Cominciamo a recuperare il tempo perduto? Prima eri tutto un
fremito, Kuro-pon...». Il ninja arriccia le labbra. «Sei proprio scemo.»
chiosa e gli arruffa i capelli. «Non lamentarti, mi porti a letto o no?»
sbuffa. Kurogane supera il mago e si va a sedere sul letto. «Oh, quindi
hai deciso di farmi tante coccole?» farfuglia l'idiota scaraventandoglisi contro
senza alcuna remora. Kurogane sorride appena e gli poggia un bacio tra i
capelli. «Scemo, prima di fare qualsiasi cosa, fammi vedere in che stato
stai». Yui si allenta l'obi storto del suo yukata, allarga la stoffa, lo
abbraccia. Il giapponese sta zitto, lo guarda con quella sua mezza smorfia di
disappunto. Sbuffa. La sua pelle chiara sembra ancora più pallida con quei segni
addosso, con quelle fasciature che gli circondano il petto e gli irritano la
pelle. È davvero un disastro, quel suo piccolo mago. Slaccia le bende,
lentamente. Kurogane schiocca la lingua sul palato e stringe le labbra, in
una lieve smorfia di disappunto. «Sei pieno di lividi. Guarda qua.» farfuglia,
sfiorandolo appena. «Beh, ho sfondato un tetto...» gli confida, mentre perde
un respiro. Anche solo quella semplice carezza è qualcosa di incredibile, di
indescrivibile. E si capisce da quanto si lascia trasportare da quel lieve
tocco. Il ninja ringhia appena appena. «Ah, mi raccomando, vantiamoci! Potevi
ammazzarti, idiota». «Eh, ora è colpa mia!» farfuglia. Lui si allunga con
una mano a raccogliergli il mento. «No, non dico questo, però... Sei gracile.»
sussurra, alitandogli sul volto. «Potevi farti molto più male». «Lo so. Ma
per una volta sono stato fortunato. Sarebbe stato orrendo, no? Arrivare
finalmente a Nihon e schiattare stupidamente bucando un tetto.» farfuglia
ridacchiando. «Ancora non ho capito come...» sospira mentre l'idiota ride a
singhiozzi, come i bambini. «E non ridere, cretino». «La mia magia, mentre
tornavo, ha preso a singhiozzare...» annuisce, mentre si sistema le fasciature
alla buona, come se non valesse la pena perdere tempo in questo modo. «E ho
sfondato il tetto del palazzo imperiale. Non so come sia successo, in realtà...
ma è capitato. Fortuna che sono piombato in una stanza piena di cuscini... mi
domando chi li collezioni... l'imperatrice non sembra il tipo». Kurogane
sospira e lo ignora del tutto. Si è fermato a “ho sfondato il tetto”, questa è
l'unica informazione che gli interessava. «Sei pieno di segnacci». Yui
sorride. «Dai, non è niente, poteva andare molto peggio». Il ninja sbuffa, di
nuovo. Gli bacia il collo, piano piano. «Potevi ammazzarti, idiota.»
brontola. «Non è che l'ho fatto intenzionalmente. Non è che ho pensato “Tò,
non vedo l'ora di sfondare il tetto del palazzo imperiale! Quasi quasi mi
ammazzo pure”.» replica. «Volevo solo tornare da te. Che ne sapevo che la mia
magia avrebbe deciso di impazzire mentre arrivavo qua?!». Kurogane sospira.
«Lo so, ma dovevi fare attenzione, forse conveniva aspettare un altro po'...
voglio dire cosa ti costava aspettare ancora? Non scherzare su queste cose.
Potevi farti davvero male». «Mi costava aspettare, Kurogane.» replica
seccamente. «Non sopportavo l'idea di stare da solo lì e di lasciare te qui.
Quindi anche se con qualche acciacco... sono qua.» bofonchia. Il ninja
sospira. Sì, in effetti anche lui avrebbe fatto lo stesso. «Che c'è ora?»
domanda lui. Kurogane poggia di nuovo la testa sulla sua spalla ghiacciata.
«Mi preoccupo solo per te, non prendertela così tanto». Il mago pigola, di
nuovo. Gli abbraccia quel capoccione moro e lo stringe a sé. «Lo so che ti
preoccupi. Però devi capire anche il mio punto di vista. Appena ho avuto la
magia adeguata al trasporto, ho provato a tornare. Non avevo messo in conto che
sarebbe stato problematico, semplicemente perché volevo vederti davvero tanto e
non credevo di correre rischi. Ma qualche livido non è niente. Te lo assicuro.
Sto bene, eh?» farfuglia. Kurogane stringe le labbra. «Uh, quindi siamo
pronti a spogliarci!» pigola. «Non lo so, sai?» farfuglia. «Vuoi prendere
altro tempo?» domanda, serio e impaziente come forse non è stato mai. «Da
quanto sei tornato? Sei ancora pieno di lividi e... non voglio farti male, lo
sai, no?» farfuglia. «Sto bene.» dice. «Siamo stati a stecchetto per...
caspita, dodici anni o giù di lì...» borbotta. «Quasi tredici...» dice. «E
poi sei magro. Cavoli, mago...» aggiunge ignorandolo. Potrebbe contare le sue
costole con la punta delle dita. «Oh, anche tu sei deperito un po',
Kuro-rin...». Il ninja sbuffa. «Ci prenderemo cura l'uno dell'altro». «E
ci coccoleremo anche un sacco.» annuisce. Kurogane lo fissa. È chiaro dove
voglia andare a parare, non è che ci stia girando granché intorno, per un
momento le sue orecchie pulsano impudentemente. «Argh!» forse il suo modo di
assentire? «Ciò non toglie che tu debba riprenderti completamente! Devi
riposarti per bene e devi mangiare. Mago... mi raccomando. Sei un mucchietto
d'ossa... davvero.» dice, infine, con un tono accorato che non è proprio il suo,
un tono che però può permettersi di usare con la porta della loro stanza chiusa
per bene. In fondo, sono solo loro due lì. L'idiota, il suo piccolo,
meraviglioso e stupido idiota, come se idiota non bastasse a connotarne
adeguatamente la sua idiozia, sorride. «Lo so, non avevo molto di che nutrirmi
eh...» bofonchia. «Però tu invece non hai scuse, sei sciupato anche
tu...». Kurogane non dice niente, gli bacia solo la guancia. Il mago lo
fissa. A lungo con quegli occhi più chiari del normale eppure ancora belli.
Tiene gli occhi fissi in quelli cremisi del ninja, senza paura, senza fuggire.
«Che c'è?». Lui sta in silenzio, se lo guarda trasognato come se fosse di
nuovo in un sogno. «Cosa c'è, Kuro-koi?» domanda, soffiandogli dolcemente le
parole sul viso, piano piano. «Sei bello.» dice, arrossendo appena. Non ha
mai detto niente di simile eppure l'ha sempre pensato. È bello, lo è sempre
stato. E forse è pure più bello di prima, sì. Senza dubbio, è bellissimo.
L'idiota si prende tra le mani una ciocca di capelli. «Guardami, sono tutto
grigio!». «Perché, dì un po', solo io debbo invecchiare?» sbuffa. «Ma tu
sei ancora più bello adesso!» dice poggiandogli un bacio sulla tempia. «Le tue
rughe di espressione, qui... intorno agli occhi, sono adorabili! Meravigliose.»
bofonchia. «Lecchino.» sbuffa. «Ammettilo che lo dici solo per portarmi a
letto...». «Ah, dai! A parte che siamo già a letto, ma poi... tu sei
diventato davvero bellissimo in questi anni, Kuro-rin...» mugugna. «Guardati,
strappi il fiato!». «Tu sei sempre uguale. Solo più magro.» replica. «E non
esagerare, non sei per niente grigio». «Sui biondi i capelli grigi si vedono
di meno...» replica. All'improvviso, lui lo fissa, lo squadra nella sua testa
come ad imprimersi quella bellezza in ogni fibra del suo essere. Un moto
intestino lo coglie e lo stravolge da capo a piedi, dentro e fuori, sotto e
sopra. E Kurogane sospira, forte, a lungo. Come se dovesse buttare fuori tutta
l'aria bollente dalla sua testa, insieme ai pensieri assurdi su quanto gli sia
mancato. È sollievo, è affetto. Un sospiro carico di emozioni, di ricordi atroci
sulla sua lunga assenza. Ora tutto è fuori, tutto. Forse si sono già cancellati
i dodici anni di solitudine. Ed è stremato da questo sospiro, tutto gira intorno
a lui, a loro. L'unica cosa che può fare è afflosciarsi contro di lui,
accucciarsi con una debolezza che non ha mai sentito così forte e opprimente,
eppure così liberatoria. Poggia di nuovo la fronte sulla sua spalla e gli
abbraccia i fianchi, dolcemente. È lì, Yui, ed è tangibile, è vero. È proprio
lì. Sospira di nuovo, e questo sospiro è una necessità, ancora una volta, come
per cancellare del tutto quello che ha sentito. Sì, si è già fatto
perdonare. «Che c'è ora?» domanda lui, accarezzandogli i capelli.
Da quando è diventato così forte, lui? Davvero non si sente strano come lui?
Davvero è tranquillo come appare? Sono cambiate molte cose, allora. Anche il
mago è cambiato e tanto. «Mi sei mancato.» farfuglia. «Mi sei mancato e... e
ora sei qua e─». Anche Yui sospira. «Non ti sembra vero, eh?» dice
piano piano, la sua voce trema. Si stringe il suo capoccione scuro tra le
braccia, contro la spalla come a volerselo inglobare dentro. «Anche a me non
sembra possibile. Non credevo davvero di riuscire a tornare io...» sospira
ancora e gli sfugge un leggero singhiozzo. Kurogane alza il capo, si sposta
dolcemente le braccia del mago intorno al collo e lo guarda. Le lacrime gli
scorrono leggere sulle guance. Piange e sorride, sorride e piange. Lui
sposta una delle sue mani ossute a coprirsi gli occhi. «Scusa, non... non volevo
piangere, io... sennò ti arrabbi e─». «Yui...» lo chiama,
questo nome gli sfugge dalle labbra. Ora vorrebbe consolarlo, ma non sa come
fare, piange ed è colpa sua, altroché. «Non... non mi hai mai chiamato per
nome... non devi chiamarmi per nome...» bofonchia a testa bassa. Tira su col
naso, con la manica dello yukata si asciuga il viso. «Sono cambiate un sacco di
cose mentre ero via, eh?». «Anche tu sei cambiato... un pochino...» dice.
Lui si asciuga le lacrime. «È solo una facciata... sono sempre un
piagnucolone...». Kurogane sospira, si allunga appena ad accarezzargli i
capelli. «Scusami.» mormora, le labbra strette. Il mago alza gli occhi, lo
guarda. E tra le lacrime sorride appena. «Perché ti scusi?». «Piangi...
e─» mugugna. «Piango perché sono... sollevato. Sono qua con te e,
non ci credo ancora, lo sai?» mugugna. Il ninja lo tira contro di sé, se lo
abbraccia forte. È vero, sono lì tutti e due. Insicuri come due scemi della
realtà meravigliosa che hanno addosso, tra le braccia. Cretini. Pure lui è
cambiato, non solo il mago. Ma i sentimenti sono rimasti invariati. «Lo so
che non dovrei piangere. Abbiamo fatto un patto, non dovrei piangere con te in
camera da letto se non quando siamo nudi e facciamo l'amore... però...»
farfuglia. Kurogane gli scompiglia i capelli, lo stringe semplicemente contro
di sé. «Sfogati, piangi quanto vuoi.» mormora appena. «Se ne hai bisogno,
piangi. Dimmi tutto quello che ti passa per la testa». «Scusa.» bofonchia
singhiozzando. «Perché ti scusi, stavolta, idiota?» sussurra. «Sono lacrime
di gioia, no? Sei a casa con me ora.» replica sdraiandosi per bene sul letto,
portandosi dietro anche lui, l'idiota. «Puoi piangere quanto vuoi, oggi. Sei con
me». Al mago sfugge una risata. Tira su col naso e sospira. «Ti
amo.» dice a mezza voce. «Lo so.» mugugna, stringendoselo di più
addosso. Va bene pure se non fanno niente stasera, è perfetto così, è tutto
perfetto così. Stanno uno addosso all'altro, in quella stanzetta da letto in cui
hanno fatto tutto quello che ci si può aspettare da due persone che si
amano. L'idiota ridacchia ancora. «Ah, mi è mancato così tanto stare nel
letto addosso al mio amato Kuro-pippi!» farfuglia, rilassandosi del tutto su di
lui. «Dai, davvero?» farfuglia lui, come se avesse appena detto un'ovvietà.
Trema appena il suo corpo, sente le cellule di tutto il suo essere rispondere al
contatto con Yui. «Sì. Davvero tanto tanto». Le labbra di Kurogane si
arricciano in un debole e tenero sorriso. «Anche io sognavo di averti di nuovo a
casa». «Ah,» dice, abbracciandolo appena di più. «Sai cosa mi è mancato di
più di tutto questo? A parte te, ovviamente...». «Stare a letto insieme,
senza fare niente. Abbracciati e basta a riposare, vero?» mugugna. Lui lo
guarda. Gli occhi chiari chiari che brillano dallo sconcerto. «Anche a
te?». «Ovvio. Che domande fai!» annuisce. «Ti va di non fare niente
stasera?». «Cioè? Prima eravamo tutto un bollore...» mormora. «Lo so,
ma... sai, credo che dovremmo riposarci e stare solamente tranquilli oggi...»
mugugna. «Io ho praticamente vaneggiato dalla febbre, e tu sei ancora un po'
acciaccato...» mormora, gli poggia due baci leggeri sulle guance, per asciugarle
dalle lacrime. «Ti va?». «Stare solo addosso al mio Kuro-tan? Senza fare
niente?» bofonchia. «Non hai dormito mentre io stavo male...» gli dice. Lo
conosce quel piccolo idiota, lui. Il mago ride, gli accarezza i capelli.
«Certo mi va bene... lo sai, no? A me basta stare con te». Sorride. «Allora
sdraiamoci.» farfuglia sciogliendo l'abbraccio. «Sei davvero bellissimo,
Kuro-rin...» mormora. «Ah, smettila e sdraiati... che voglio dormire!»
sussurra. «Va bene, va bene.» sbuffa appena prendendo posto sul letto alla
sua sinistra. «Il pigiama?» domanda. Lui sorride e chiude gli occhi. «Sto
bene così. Troppa fatica cambiarsi...». Kurogane lascia sgusciare il braccio
di latta sotto al cuscino, prende la posizione solita, quella che assumeva
quando lui non c'era, quella che ha assunto fino a ieri, e che però altri non è
che una vecchia abitudine, di quando dormivano insieme. Ecco, ora sono insieme
nel loro letto. Sta su un fianco e lo osserva, come faceva un tempo, crea questa
nicchia, questo porto sicuro cui il corpicino gracile del mago può approdare e
stringersi. Si sistema con la testa sul cuscino, Yui, su quel cuscino
rinforzato dal braccio sinistro di Kurogane. Sospira. «Comodo?». Lui
sorride, si sposta verso il suo petto e lo abbraccia. «Ti amo». «Lo so.»
annuisce. «Lo farò anche domani, sempre, eh?» farfuglia. «Lo so.» ripete
il ninja con aria confusa. «Cos'è? Sei solo un gioco della mia testa?» farfuglia
sulla difensiva. Yui ride, come un idiota, come l'idiota che è. «Scherzi? No,
è solo che non te l'ho detto per tutti questi anni...». «Sei scemo. Ed
evidentemente stanco, dormi dai... sto qua.» sussurra. «E anche io sto qua,
anche domattina... sempre. Quindi dormi anche tu.» dice. Il ninja sorride,
gli sistema le lenzuola e poi gli abbraccia la vita. «Sappi che se non sarai nel
letto quando mi sveglierò, ti odierò per sempre». «Lo so.» risponde il mago
sorridendo. «Farò in modo di coccolarti domattina». Kurogane l'osserva in
silenzio mentre il mago cade addormentato, stremato. Dove voleva andare? Cosa
voleva fare lui? Si sarebbe addormentato pure nel pieno dell'atto per quanto era
indebolito da tutta quella contingenza. Che assurdità! Gli parlerebbe nel
sonno, sente le parole premere sulle corde vocali e queste parole vengono
direttamente dal cuore e non passano neanche per l'anticamera del cervello. Ma
riesce a trattenersi, ha parlato abbastanza, e già da domani tutto cambierà
tornerà quello di prima, il ninja burbero che è sempre stato. Lui deve dormire,
devono riprendersi tutti e due, mangiare e ingrigire, come da
programma. Voleva solo il mago e basta, e lo vuole ancora, anche se ora ce
l'ha. Effettivamente, lo sa, non se ne sazierà mai. Mai. Domattina, ne è certo, lo troverà lì tra le sue braccia.
Salve, Come al solito, cominciamo con un grandissimo inenarrabile grazie(!) Davvero, grazie! Stavolta non credevo di riuscire a postare in tempo (sono in tempo, ancora, no?) perché in effetti ho cambiato da poco luogo di vita, diciamo... e quindi è un po' complicato avere accesso a internet e compagnia bella... anche perché in fondo lavoro ora, più o meno... Comunque, senza tergiversare oltre... il prossimo, dovrebbe essere l'ultimo capitolo, non so se riuscirò a postare in tempo francamente... diamoci appuntamento comunque tra sette giorni...
Per il resto, sono piuttosto contento di come sta uscendo fuori questa storia, voi? Non lo so, sono soddisfatto (per una volta) anche se la trama è quella che è... Comunque... vi ringrazio ancora, tutti, anche chi si limita a leggere, ho molte visite a questa storiella neonata e sono contento, davvero. Grazie di cuore. A presto (si spera). D.
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Capitolo 5 *** 5. ***
d
Tadaima
5.
Adora svegliarsi
prima del mago, Kurogane. Gli piace proprio la sensazione che c'è prima che
lui si svegli e non solo perché può vedere quel suo cosino dormire e, in tutti
questi anni, in questi dodici quasi tredici anni, non ha fatto altro che
aspettare di trovarselo nel letto. È proprio il tutto, tutto quello che
questa situazione accompagna, la somma di qualsiasi cosa che ha aspettato, che
ha desiderato fino ad oggi. Ed è bello poterselo guardare quel qualcosa di
più, quel minuto in più senza che lui possa accorgersene, con l'aria trasognata
di chi ha il cuore pieno pieno di amore. Ah! Quanto è bello riaverlo lì a
casa? Seriamente, oggi non deve perdere tempo e strapazzarlo di coccole. Non
deve lasciargli un attimo di respiro. Ad occhi chiusi, muove le mani per
cercare il suo mago, sotto le lenzuola. Il materasso è freddo,
ghiacciato. Non è lì. Spalanca le palpebre, solleva il cuscino. Il pigiama
è ancora lì. Non è lì, non c'è mai stato. Il cuore gli si spezza. Il fiato
si ferma nei polmoni. Poi era lui l'idiota. È stato stupido. Ha creduto che
fosse tornato e lì non c'è. Ha sperato, come un idiota, e nel momento più buio,
prima dell'alba, Kurogane ha smesso di sperare. Si alza. Ha bisogno di andare
in bagno e lavarsi il viso, riprendersi e cancellare quella speranza. Sì, lo
sapeva, non doveva sperare. Non doveva. Lo sapeva, l'aveva sentito morire. Si
alza in piedi, si sistema lo yukata e si avvia verso il bagno. Come ha fatto
a crederci? Probabilmente è vero, aveva la febbre e le allucinazioni sono dovute
a questo, sicuramente. Anche perché tutto era troppo perfetto, troppo bello, era
tutto al suo posto e le cose nella vita, nella vita vera, non vanno così. Non va
tutto come deve, non è tutto già scritto e segue la strada già segnata, puoi
uscire di strada, puoi perderti. E questo è successo. Non poteva certo essere
vero. Il mago, il suo mago non c'è più, non è mai tornato e forse ormai è
polvere in quel mondo sigillato. Così ha senso, sì, perché la sua magia
cresce a forza di usarla, e se ne avesse usata tanta, tutta insieme avrebbe
fatto in modo di tornare subito e non dopo tutto questo tempo. Sì, solo così ha
senso. Lui è morto, per questo non è tornato. Per questo il letto è freddo e il
pigiama è lì dov'era, dov'è sempre stato in tutti questi anni. Ogni
tanto gli spiriti tornano, forse era il suo spirito quello che ha tenuto tra le
braccia, quello che ha creduto di tenere tra le braccia. Sì, può darsi. O forse
è solo impazzito. Anche questo avrebbe senso, in effetti. Sospira. Si poggia
con la spalla destra contro il muro e si trascina nel corridoio. Il lume ad
olio in cucina è acceso. C'è l'odore del fuoco nell'aria. Che diavolo
succede? Ora oltre ad immaginarsi il mago, ha pure allucinazioni ambientali?
Bello schifo. Ecco, questa è la prova che è impazzito completamente, con
tutte le scarpe. È matto, proprio, matto. Completamente, indiscutibilmente
matto. Invece di dirigersi in bagno, passa prima per la cucina, giusto per
sincerarsi che almeno il fuoco sia solo nella sua immaginazione, così da non
morire bruciato o asfissiato in casa sua. Fa solo capolino con la testa oltre
lo stipite della porta. Un cosino di spalle, un cosino di spalle è lì e sta
armeggiando in cucina. Al buio, ben prima dell'alba. Kurogane lo fissa, cerca di
metterlo a fuoco bene, alla luce tremolante del lume acceso sulla credenza. Le
sue allucinazioni si fanno sempre più strane, ma non è tanto assurdo, in fondo
sono pur sempre deliri. Lui si gira, per un istante sobbalza. Lancia una
mezza imprecazione e poi sorride. «Che ci fai in piedi, Kuro-pon?» domanda il
mago, mentre poggia su un vassoio due scodelle. «Sembri uno spettro... mi
hai fatto prendere un colpo! Non è che ti ho svegliato? Ho cercato di fare meno
rumore possibile». È lì? È davvero ancora lì? È sempre stato lì? Il suo cuore
impazzisce, a batter così, scapperà fuori dal suo petto. No, non può sperare, se
poi è solo frutto della sua testa, morirà dal dolore. «Tu che diavolo ci fai
in piedi, piuttosto?!» ringhia, senza mezze misure, forte, probabilmente ha
svegliato l'intero vicinato. Yui sorride, calmo, come un sogno. Forse è un
sogno. O forse quel cosino della sua allucinazione è davvero il suo cosino...
no, ma che va a pensare? Meglio essere restii e non fidarsi della sua testa
bacata e delle sue percezioni alterate. «Ho sentito il tuo stomaco borbottare...
e visto che siamo andati a letto senza cena ho pensato di preparare la
colazione... volevo portartela a letto...» mormora, assottiglia lo sguardo e lo
fissa, confuso. «Che c'è?». Kurogane sbuffa, a lungo. «Idiota.» dice. Forse
più a se stesso che al mago, per una volta. È un lungo sospiro quello che segue
quell'unica parola, ed è come rinfrancato. «Ti avevo detto che mi sarei
imbestialito se ti fossi alzato prima che mi svegliassi...». Il suo idiota
sorride ancora. «Non pensavo ti svegliassi tanto presto...» farfuglia
avvicinandosi. «Cosa c'è? Hai su un faccino sconvolto, Kuro-pippi.» dice poi,
accarezzandogli il viso con la punta delle dita. «Ti sei
preoccupato?». Kurogane stringe le palpebre. «Non mi sento...» comincia a
dire. «Cosa?» chiede piano, tenendo ancora le dita sul suo
viso. «Sicuro... ecco...» aggiunge, come se dovesse sputare un
grosso macigno che aveva in gola. «Non mi sento ancora sicuro che tu sia... non
sono ancora certo che tu sia qui, ecco.» ammette alla fine. Gli
occhi blu del mago sembrano feriti, lucidi. Ma forse sarà la luce del lume ad
olio e il fatto che sono più chiari di prima, diversi, giusto... nulla di
più. «Mi dispiace, non dovevo alzarmi senza dirtelo... ma dormivi
e─» bofonchia. Kurogane sospira, gli avvolge la vita con un braccio
e con l'altra mano si tira il capo del mago sotto al collo. «Maledizione,
maledizione!» ripete. «Cosa?» domanda lui allarmato. «Il mio cuore
non vuole calmarsi, ecco cosa. Non so come farmelo entrare in testa che sei qui.
Poi il pigiama era sotto il cuscino, come sempre e─» bofonchia.
«Perché, come vedi, non mi sono neanche spogliato ieri...» sussurra,
sorridendo. «Sono qua». «Io... seriamente, te l'avevo detto, non
dovevi alzarti prima di me.» brontola. È strano per lui sentirsi così. Il suo
cuore non vuole calmarsi e un omone grande quanto lui non può essere tanto
insicuro, ne morirà. Anche perché il mago sgattaiola di continuo. Ah, accidenti
cosa può fare? «Potremmo fare l'amore.» risponde il mago facendo
spallucce. «Intanto mangia un po' di zuppa, poi andiamo a letto e la
smaltiamo... che ne dici?». «Pensi sia una soluzione?» domanda. «Possiamo
fare l'amore finché nella tua testa non diventa vero.» sussurra. «Potrebbero
volerci anni... ma tanto dobbiamo recuperare un bel po' di tempo...» mugugna,
con un sorrisetto. «Cretino.» mormora. «Perché? L'unico modo per
confermare la mia presenza qui è questo, non trovi?» domanda
dolcemente. Kurogane sbuffa, gli arruffa i capelli. «Può darsi...» brontola
sciogliendo l'abbraccio. «Oh~ quindi vorresti portarmi a letto?»
pigola. Lui non dice nulla, sogghigna e basta, poi semplicemente si
siede a tavola.
In effetti, un po' di appetito lo ha.
Il tempo di sedersi, e la colazione è già
finita. Kurogane si alza in piedi e porge la mano sinistra al suo mago. Le
dita di Yui percorrono il palmo della sua mano prima di aggrapparsi al polso
d'acciaio. In tutta risposta, lui lo solleva e gli poggia un bacio sulla fronte.
«Non è che fai come ieri?» domanda. «Non credo proprio.»
sussurra. «Eh, sì, dobbiamo fare l'amore finché non ti convinci che sono
qui.» ribadisce abbracciandogli il collo. Kurogane ride. Di cuore, come ha
fatto solo poche volte nella vita, come fa quando è da solo col mago. Lo
stringe meglio a sé. «Andiamo, allora». «Fammi lavare i piatti...»
mugugna. «Lo facciamo dopo.» replica. «Oh, hai fretta di portarmi a
letto!» farfuglia. Il ninja stringe le labbra, sogghigna appena. «Perché tu
no?». «Ah! Lo sapevo io! Dovevamo fare l'amore ieri... così oggi mi
distruggerai, già lo so...» dice, mimando una specie di lamentela. Ma lui è
un ninja, è stoico, è forte, e conosce quel mago come se fosse sempre stato suo,
forse lo è sempre stato. Sfodera il suo ghigno migliore. Non cede a queste
provocazioni, lui. Non lo distruggerebbe per nulla al mondo, però, visto che
tanto è un gioco quel discorso che stanno intrattenendo, allora tanto vale
giocare. «Non avrai neanche un attimo di respiro, oggi...» mugugna
divertito. «Uh! Kuro-rin vuole coccolarmi a morte! Aiuto, aiuto!» pigola,
buttandoglisi addosso. «Che paura! Che paura!» ridacchia. «Ah, certo! Ti
strapazzerò!» continua a dire, col suo miglior tono minaccioso, ma tradendo le
sue vere intenzioni con gli occhi. Il mago si sporge oltre la spalla del
guerriero, sospira a lungo. «Che paura!» continua a dire. Ride, forse non ha mai
riso così tanto e così di cuore. Sembra felice. Kurogane lo stringe a sé,
forte, senza dire niente. Gli piace sentirlo ridere così, perché in questo modo
il suo cuore si calma. Ne è certo il suo cuore, ne sarebbe certo anche senza
portarlo a letto, lui è lì. È solo la sua testa che non vuole
capirlo. L'idiota sospira a lungo. Tira su col naso. Ha appena smesso di
ridere e ha buttato fuori tutta la sua felicità. Si stringe di più a lui, al suo
collo, gli stropiccia i capelli e gli bacia un orecchio. «Ti amo.» mormora, la
voce che trema appena. «Ti amo, Kurogane». «Lo so.» dice, con calma.
«Ah!» cinguetta ancora, stringendosi di più a lui. «Cosa? Non ti
va bene come risposta?» sussurra. «Intanto andiamo in camera, poi puoi
protestare quanto vuoi.» mugugna. Yui resta abbracciato a Kurogane, in
silenzio per un solo minuto. Sospira di nuovo. Ancora, ecco, c'è qualcosa di
strano. Ed è ordinaria amministrazione con quel grandissimo scemo del mago. «Io
non voglio protestare». «Sicuro?» continua a dire avviandosi in camera col
mago ancora addosso. «Non voglio protestare.» ribadisce, la sua voce trema.
«Io ti amo e basta». Il ninja si ferma a metà del corridoio. Le travi di
legno del pavimento scricchiolano sotto i suoi piedi. «Lo so. Lo so che
mi ami, che succede?» bofonchia cercando di metterlo a terra. Ma il mago è come
un gatto aggrappato alla tenda del soggiorno. «Ehi, dai... staccati forza,
voglio guardarti in faccia quando cominci a fare l'idiota...». Yui molla la
presa e si lascia mettere a terra a malincuore. Sbuffa come un bimbo
capriccioso, gonfiando le guance e buttando rumorosamente fuori l'aria. «Che
hai, dimmi un po'?» bofonchia il ninja arruffandogli i capelli, per scoprirgli
la fronte, gli occhi. Vuole capirlo dai suoi occhi quello che gli frulla nel
cervello. Sarà una delle sue cretinate, come sempre. «Nulla, te l'ho detto.»
ribadisce piano piano, la testa bassa. «È solo che è vero, è semplicemente
vero. Io sono qui, tu sei qui. Siamo insieme e questa cosa è assurda,
perché forse è più grande di noi...» mugugna. «Perché dovrebbe?» domanda un
po' confuso. «Perché sì.» risponde. «Non è una buona argomentazione,
idiota.» sbuffa, passandosi una mano pesantemente tra i capelli. Yui
sospira. «Lo so. È che... siamo stati per molto tempo lontani
e─». «Ma non ha senso, scusa! Voglio dire, siamo già stati insieme,
siamo sempre stati insieme, pure da lontano... siamo rimasti insieme... non può
essere una cosa più grande di noi, adesso, se non lo è mai stata.» replica,
calmo. «Forza, alza la testa, scemo». «No è che... io ti amo.»
ribadisce. «Di nuovo?» farfuglia ancora più confuso. «Lo so che mi ami,
capisco che devi recuperare tutte le volte che non me l'hai detto...» aggiunge.
«Però, certo, non è che puoi dire che mi ami come a tirarti fuori dai guai. Dici
solo cavolate, scemo». «Ma non è una cavolata, è vero che ti amo.» replica il
mago, alzando gli occhi su di lui, finalmente. Ah, i suoi occhi!
Sono sempre stati così meravigliosi? «Guarda che lo so, mi riferivo alla
situazione più grande di noi, in realtà.» brontola. «Perché pensi che sia più
grande di noi? È una cretinata. Guarda che io sono grande e grosso, eh?»
borbotta. Sorride le gote arrossate. «Siamo anziani, Kurogane. E a giudicare
da come mi batte il cuore ora, che è più forte anche di ieri... mi prenderà un
colpo prima di spogliarmi». «Sei serio?» domanda. «Eh, sì.»
annuisce. «E tu vuoi farmi credere che questa non sia una delle tue cavolate?
Eri tu quello che mi diceva di confermare la nostra rispettiva presenza facendo
l'amore, un attimo fa, in cucina.» ringhia con le braccia incrociate, però è
divertito. È a casa quell'idiota, e le sue cretinate ne sono una prova. «È
che è vero.» dice di nuovo. «Cosa?» borbotta. Ma ha la netta sensazione di
fiato sprecato con uno come lui, perché fa discorsi scemi, e quando fa questi
discorsi, quando dice queste cavolate, un po' di rabbia gli sale in gola. Questo
certo non poteva cambiare, neanche dopo dodici anni di lontananza. «Questo.
Io sono qui.» sussurra. «Siamo insieme. È vero». «Quindi non vuoi
più confermarlo facendo certe cose a letto?» mugugna. «Io ho bisogno di conferme
però, mago...» mormora. Yui sospira. «Però facciamo con calma, perché
comincio ad essere vecchio ed è... praticamente una vita che non facciamo
niente!». Kurogane grugnisce. «Come se le altre volte fossi mai andato di
fretta...». «Lo so, ma...» mormora. «Insomma, mi domando se hai perso il tuo
tocco magico...». Il ninja sbuffa, profondamente mentre arrossisce. «Sei un
cretino.» ringhia. «Lo so.» annuisce. «Ma anche per te sono passati
anni». «Mi stai dicendo che sono vecchio?» brontola precedendolo in camera da
letto. Yui ride, alle sue spalle, sembra che tutto sia tornato come prima.
Impazzirà a forza di seguire quei suoi repentini cambi d'umore. «No, forse solo
un po' arrugginito». «Ah-ah.» bofonchia poco convinto. «Dai, dai!
Voleva essere un complimento in realtà!» dice il mago, abbracciandogli i fianchi
e sprofondando il viso nella sua schiena. «Voleva essere un complimento,
giuro». Kurogane sbuffa. «Guarda che l'ho capito anche io che comincio ad
avere una certa età! E di certo sarei invecchiato meglio se un cretino di mia
conoscenza non fosse sparito per quasi tredici anni!» ringhia, ma forse ha
esagerato perché le sue braccia tremano per un istante. «Come se avessi
voluto farlo di mia spontanea volontà, eh?» replica. «Sparire tutti questi anni,
senza dirti niente, senza poterti... ah! Cavoli, Kurogane, riesci ad
ammazzare il mio rinnovato buonumore! Accidenti!» sbuffa, sciogliendo
l'abbraccio. «Oh, dai... sai che non volevo dirti questo...» mugugna
girandosi verso di lui, per agguantargli il polso. «Ah, non ci provare!»
replica, di spalle, con le braccia incrociate. «La realtà è che tu sei ancora
arrabbiato. Eppure sembrava che avessi capito ieri». Il ninja sospira. «Ho
calcato troppo la mano.» ammette piano, avvicinandosi. «Forza,
guardami». «No, tu sei davvero antipatico quando fai così.» replica. «Dai,
non farti pregare, mh?» sussurra, piano piano. «È che tu sei ancora
arrabbiato con me, non è forse vero?» domanda. Kurogane sbuffa, scrolla le
spalle e si passa una mano, la mano che doveva circondare il polso del mago, tra
i capelli. «Può darsi». «Non so come fartela passare questa cosa... non so
come farti stare meglio, io─scusami.»
sussurra. «Stavolta non basteranno due coccoline, temo... Ieri sembravi felice
ma... oggi?». Il ninja allunga la mano e gli tocca la spalla, la poggia lì,
pesantemente senza mezze misure, come volesse piantarlo a terra, lui e i suoi
viaggi mentali del cavolo. «Sono felice anche adesso. Tu dai troppo peso alle
cose che dico.» borbotta. «Forse sono ancora arrabbiato, ma non puoi mettere in
dubbio la mia felicità. Tu sei tornato. Io ho avuto il cuore spezzato per quasi
tredici anni, non potevo vederti o sentirti... cerca di comprendermi un po'
anche tu.» replica, calmo. Lo ha ammesso, ha ammesso tutta una serie di cose in
soltanto due giorni, che neanche in tutta la vita avrebbe mai pensato di fare.
Lui non è bravo coi sentimenti, non lo è per niente. Deglutisce due volte prima
di parlare ancora. «Sono stato infelice e arrabbiato per molto tempo. Ma ora sei
qui, e una volta confermato che non sei frutto della mia testa e della mia
solitudine non sarò neppure più arrabbiato. Resterà solo la
felicità». L'idiota si volta e lo guarda, l'aria colpevole in viso. «Che
cos'hai, ora?» domanda. «Abbracciami!» mugola allargando le
braccia. Il ninja sogghigna tirandoselo contro il petto. «Sei davvero scemo,
lo sai?». «Sei cambiato...» aggiunge, piano piano. «Lo so. Sarà la
vecchiaia?» domanda, poggiandogli un bacio tra i capelli. «Non sono più tanto
giovane, dovresti avere pazienza con me». «Anche tu sei un po' scemo.»
mormora. «Non è per la vecchiaia, comunque... prima non parlavi mai di queste
cose. Ti sono mancato molto... mi dispiace». «Sì.» annuisce. Il
mago sospira, ma non dice niente. «Vogliamo confermare la nostra reciproca
presenza, ora? O non è aria?» domanda, aspettandosi una di quelle sue mezze
battutine sconce. Ma niente, il mago sta zitto e si lascia
abbracciare. «A cosa pensi ora, idiota?» brontola. «Perché mi ami ancora?»
domanda. Il ninja ruota gli occhi al cielo. C'era da aspettarselo da un
idiota come lui. Una domanda simile è proprio da lui. «Dopo tutto questo
tempo, dopo─dopo quello che ti ho fatto? Tu mi ami ancora, no?
Perché?». Kurogane sbuffa. Come se avesse fatto qualcosa di estremamente
sbagliato, tutte le cose che ha fatto fino ad oggi le ha fatte per un bene
superiore, quell'idiota. «Ecco, io... vorrei saperlo. Sei stato solo e tanto
arrabbiato con me, potevi rifarti una vita, perché non l'hai fatto? Insomma, ne
avevi tutti i diritti.» domanda. Kurogane stringe l'abbraccio, sospira di
nuovo a lungo. Deve rispondergli? No, forse no. Anche perché c'è ancora molto da
confermare, tra le tante cose, la sua presenza lì, in carne ed ossa. Non vale la
pena sprecare il fiato con un'eventuale allucinazione. Però, la realtà è che
l'ama ancora perché non potrebbe fare altrimenti, stop, nulla di più
nulla di meno. Anche se fosse solo frutto della sua testa quel mago che ora
tiene tra le braccia, lo amerebbe comunque. A prescindere dal dolore e da tutto
quello che ne potrebbe conseguire, a prescindere dall'assenza, aldilà di ogni
circostanza, lo amerebbe comunque. «Perché è così». Yui ride.
«Giusto, non potevo aspettarmi niente di diverso, nessuna risposta
diversa...». «Ora, vuoi venire a letto con me oppure vuoi farti ancora i tuoi
viaggi mentali?» domanda. «Basta viaggi, basta. Sono piuttosto stanco di
viaggiare...» sussurra stringendosi ancora un po' a lui. «Mi coccoli un po',
Kuro-rin?». Lui si passa le braccia del mago intorno al collo. «C'è da
chiederlo?». Tenendolo in quella posizione, come se stessero danzando,
direbbe il mago se non fosse del tutto perso a rimirarselo con aria trasognata,
Kurogane si avvia verso il letto. Sono due passi, non di più, ma c'è qualcosa
che rende magico questo istante: sono entrambi lì. È come se quella stanza
fosse lontana dallo spazio e dal tempo. In una dimensione tutta loro, come se ci
fosse un varco a tenerli lontani da tutto il resto. Sono stati soli fino a due
giorni fa, c'è da dirlo, e ora sono soli ma insieme, un concetto alquanto
complicato da esprimere. Kurogane sbuffa, piano, mentre poggia un bacio su
quel collo bianco latte. «Cosa?» domanda il mago. «Pensavo.»
risponde. Il mago gli raccoglie il viso tra le dita. «A cosa? Magari vuoi
dirmi il motivo perché mi ami?». «No, pensavo al fatto che siamo finalmente
soli soletti tu ed io.» annuisce. «Ma quanto sei carino! E dovevi pensarci?»
bofonchia. «Perché hai sbuffato?». Il ninja arriccia le labbra in una specie
di sorriso confuso. Se ne rende conto da come il mago lo fissa che quella non è
un'espressione spiegabile. «Perché pensavo che ora siamo soli insieme... a fare
certe cose, insomma... mentre prima eravamo soli e separati». Yui lo guarda
per un po', in silenzio. «Siamo in intima solitudine.» aggiunge. Kurogane
ridacchia e se lo stringe contro il petto. Bastava parlare di intimità e il
concetto si esprimeva da sé, dovrebbe smetterla di pensare e agire,
direttamente. Ha ragione il mago, un po' arrugginito lo è. «Per questo
sospiravi?» continua a chiedere. «Non riuscivo a trovare un termine
adatto...» borbotta. Le dita del mago si arrampicano tra i suoi capelli,
scivolano leggeri tra le ciocche, mentre con le braccia e con tutto il corpo
risponde all'abbraccio. «Non sei mai stato bravo a esprimere i sentimenti, tu...
Kuro-pippi». «Lo so.» sospira. «Ma solo con le parole, eh. In realtà sei
dolcissimo.» aggiunge, poi, quasi subito, come a volersi rimangiare ciò che ha
appena detto. Sogghigna appena. «Lo so che non sono bravo,
eh...». «Ti dirò che ti preferisco così.» mugugna Yui, sospirando e
stringendosi di più a lui. «Cerca di capirmi, sei un gran tenerone a letto... e
mi piace che tu stia piano piano cominciando ad aprirti, piano piano.
Però mi sono innamorato di te anche perché sei così, un po' rude. Un
omaccione grande e grosso che, malgrado la sua aria minacciosa, ti sa far
sentire amato.» annuisce. «E naturalmente amo tutto di te». Kurogane, che
forse un pochetto si sente lusingato da quelle parole anche se le avrà sentite
centomila volte, anni e anni fa, sogghigna. «Dove vuoi arrivare,
idiota?». «Dimmi perché mi ami ancora.» mugola. «Argh!» ringhia
appena, con fare scherzoso. «Lo sapevo! Ancora con questa storia?!». «Dai,
dimmi...» continua a dire. «È così e basta. Ecco perché.» dice. È
Yui a sbuffare ora. «Non puoi rispondere così, lo sai?» borbotta pungolandogli
la guancia. Kurogane digrigna i denti. «Oh~ E dai!» l'incita
l'idiota continuando a premere con l'indice nella sua guancia. «Perché io
ti ho scelto. Dal primo momento...» dice ferreo e serio, poco importa che
quel cretino del suo mago fuggitivo continua a stuzzicargli la faccia.
Ah, no, si è fermato. Forse sono state le sue parole a fermarlo. Lo
fissa, come lo ha fissato poche altre volte da quando hanno cominciato a stare
insieme, inerme e forse un po' spaventato. Le parole sfuggono dalle labbra
del ninja, o forse è così che vuole credere. Forse è davvero giunto il momento
di rispondere alla sua domanda.«È stato il mio cuore, credo». Sta parlando dei
suoi sentimenti senza neanche girarci troppo intorno, è un guerriero anche in
questo, allora. Il mago lo guarda, gli occhi sgranati e lucidi. Sì,
indubbiamente questo sguardo l'ha visto solo un altro paio di volte, non di più.
«Tutto quello che ho fatto è sempre stato per lo stesso motivo: tu.
Come se ci fosse da specificarlo... Ti avrei aspettato comunque, anche se avessi
dovuto aspettare ancora, anche se non fossi mai tornato. Mi sei mancato da
morire, è vero... certe volte ho pensato che sarei morto prima del tuo ritorno o
che tu eri già morto e che non saresti più tornato da me, in effetti, però... io
non potrei volere accanto nessun altro, mai in tutta la vita. Il mio
sentimento non è cambiato perché si tratta di te.» annuisce. «Anche se mi hai
fatto aspettare davvero tanto». «Ecco, così mi fai piangere Kuro-tan.» gnaula
strusciando il viso contro il suo petto. Sospira. «Sei proprio scemo!»
mugugna baciandogli i capelli. È davvero idiota, prima chiede le cose e poi si
lamenta. «Lo so, lo so... ma non pensavo l'avresti detto in questi
termini...» bofonchia, alzando appena il capo. «Sei davvero cambiato in tutti
questi anni... non devo più lasciarti solo...». Kurogane ride, stringe di più
l'abbraccio e struscia le labbra sulla fronte del mago. «No, infatti. Ti avevo
detto che non sono più com'ero...». Yui gli passa le braccia intorno al
collo. «Ma ti amo comunque». «Vorrei ben vedere.» sussurra.
«Okay,» dice poi, staccandosi da lui con un sorrisetto allegro. «Direi che è
ora di darci da fare, che ne dici?» bofonchia slacciandosi lo yukata. Un
ghigno strano, ammiccante forse, gli si disegna in viso. «Mi sa di
sì».
Epilogo
È pomeriggio. La luce si staglia con violenza da ovest nella
loro stanza da letto. Mugugna, si copre la faccia con il lenzuolo e si
rigira nel letto. La sua pelle, ogni millimetro della sua pelle, brucia come
se si fosse immerso in un vulcano. Strana sensazione, in effetti per lui
abituato al gelido abbraccio di Celes. Si strofina gli occhi e
sospira. Deve essersi appisolato, lui. Come si potrà far chiamare? Fay? Ma se
ora Kuro-tan lo chiama Yui... ah, che confusione! Non può fare di
questi ragionamenti appena sveglio, a forza di arrovellarsi a quel modo il suo
cervello si surriscalderà e uscirà di tutta fretta dalle orecchie, prima che la
sua calotta cranica esploda sotto il quantitativo di cretinate, come dice
Kuro-pippi, che riesce a partorire. A proposito di Kuro-pippi, che fine ha
fatto? Non è a letto. Yui si sistema lo yukata e, con non poca
fatica, si alza dal letto. Tutti questi anni di astinenza si stanno facendo
sentire, camminerà come un pinguino per un po', presumibilmente. Sente dei
rumori e una delle sue imprecazioni con quella voce profonda e dura. «Che fai
in cucina, Kuro-pi?» domanda confuso, l'avrà visto in cucina solo per mangiare
da che si ricorda. «Ah, cavolo non dovevi svegliarti!» borbotta,
senza neanche girarsi, però agitando la mano. Sta davvero armeggiando ai
fornelli? Kurogane?! Beh, certo, doveva pur mangiare vivendo da solo, però fa un
po' strano, eh. «Mi sono pure ustionato, maledizione!». Yui, o forse
Fay, deve ancora deciderlo, in realtà, arriccia un sopracciglio. «Mio dio, stai
cucinando?!». «Secondo te come ho vissuto in questi anni in cui tu stavi
combattendo un buco nero?!» ringhia. «Certo che ho cucinato. Non bene come te...
ma almeno sono sopravvissuto». Lui non sa che dire, sinceramente. «Perché
mi fissi, idiota?» brontola, finalmente voltandosi e fissandolo con quegli occhi
vermigli. «Tornatene a letto che ti farà male tutto». Yui, Fay, come
vi pare tanto a lui non importa certo, incrocia le braccia e poggia le spalle
contro lo stipite della porta. «Avevamo detto di andarci piano...». Kurogane
arrossisce di botto e si gira di nuovo verso i fornelli. «Argh! Sai la foga del momento... ma ti avevo detto che non ti avrei lasciato respiro eh! Dopo facciamo un altro giro». Forse arrossisce, sente di nuovo tutto il corpo bruciare, come poco fa, in camera da letto. «È stato
bello, prima, dico.» mugugna, poi, muovendo un passo dietro l'altro,
arrancando appena come un pinguino, per raggiungere Kuro-rin e abbracciarselo
forte. Nasconde il viso in quella schiena ampia. «Attento, che già mi sono
ustionato... finisce che mi ammazzo per preparare il pranzo!» brontola. «In
quasi tredici anni neanche un taglietto e oggi invece... che devo fare bella
figura...». Yui sospira, sospira a lungo e trema, forse mentre si
stringe a Kurogane. «Ta─Tadaima.» mormora piano, appena appena,
sciogliendo l'incantesimo che traduce le sue parole, lo dice nella lingua di
quella casa, nella lingua di quel suo omone burbero. Forse neanche l'ha
pronunciato correttamente. «Nani?» domanda il suo Kuro-tan come
se non avesse capito. Forse perché il suo giapponese fa cilecca.
«Tadaima.» ripete con più forza, con più sicurezza. Anche il
ninja per un istante sembra tremare, ora. E poi un lungo sospiro. Le mani
bollenti raccolgono le sue ghiacciate. Non si gira, china semplicemente la testa
in avanti, se lo stringe a sé pur non stringendolo davvero.
«Okaerinasai, baka». Sì, ora è a
casa.
Prima di tutto, Grazie(!) Stavolta non sono riuscito a postare in orario per tutta una serie di cose che non starò qui a specificare... comunque sono lieto che la storia abbia continuato ad avere un minimo di successo tra di voi! Davvero.
Questa insomma è la conclusione di Tadaima, e sono contento di aver messo la parola fine a questa storia. Me ne sono un po' innamorato, piano piano, pagina per pagina. Che poi le pagine di questa storia in totale sono circa una trentina, non di più... Ma comunque il mio affetto per questa vecchia storia che è riuscita ad uscire dal cassetto è cresciuto col tempo. Ci sono delle migliorie da fare, sicuramente... come la caratterizzazione dei personaggi e simili, però è uscita fuori bene, devo dire. Mi sento molto contento e soddisfatto.
La fine ho voluto scriverla un po' per riprendere il titolo, proprio in una traslitterazione dal Giapponese (che spero tra l'altro di aver inforcato correttamente o quasi xD) e quindi permettetemi di spiegare: Tadaima, vorrebbe dire "Sono a casa"; Nani, dovrebbe voler dire "Cosa?"; e poi Okaerinasai, vuol dire "Bentornato a casa". A parte questo, vi ringrazio molto e spero di tornare presto sui vostri schermi(?). Grazie mille ancora e spero che sia valsa la pena aspettare. D.
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