Profumo di Azalea di Tomocchi (/viewuser.php?uid=123140)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Educazione ***
Capitolo 2: *** Profumo ***
Capitolo 3: *** Ferite ***
Capitolo 1 *** Educazione ***
PROFUMO
DI AZALEA
Capitolo
1
Educazione
Era
un giorno come un altro, nell’Alto dei
Cieli, un luogo posto al di sopra dell’atmosfera.
Un luogo in cui il tempo scorreva più lentamente, un luogo
dove risiedevano le
divinità di un mondo molto simile alla Terra, ma pregno di
magia e di creature
soprannaturali.
Un giorno come un altro… tranne che per la piccola Sensō.
Sensō
era
la futura dea della guerra, che avrebbe ereditato il titolo
dalla madre, Sensōburēku*-
chiamata anche solo Sensō
quando non era presente la figlia, in modo da non confonderle-,
l’attuale divinità del conflitto.
La divinità era una donna dai lunghi capelli corvini,
raccolti in una coda alta
ornata da un nastro rosso sangue, lo stesso colore del vestito
cerimoniale che
indossava completo anche di bordi neri, così come i guanti
lunghi fino ai
gomiti e gli stivali fino alle ginocchia;
una
volta cresciuta la
piccola Sensō
sarebbe dovuta scendere sulla Terra e avrebbe
dovuto passare un esame che l’avrebbe certificata idonea per
quel ruolo.
Era ancora una bambina, solo una novizia che dimostrava circa sei anni,
ma il
suo sguardo sembrava indicare già una certa
maturità: essendo una divinità
principale, la sua famiglia l’aveva educata rigidamente fin
dalla più tenera
età, insegnandole le regole, il portamento e la disciplina,
ricordandole che la
guerra era un’arte, uno stile di vita.
Non si era mai sottratta alla sua natura, anche se spesso i compiti e
le
lezioni erano state difficili, pesanti, troppo pesanti per una bambina
così
piccola.
La maggior parte dei suoi compagni, novizi déi come quelli
del fuoco, del
mattino o della tempesta, spesso iniziavano l’addestramento
una volta raggiunta
la preadolescenza; altri, invece, come la novizia dea della natura
selvaggia,
dell’arte e dell’amore iniziavano proprio come lei,
ancora infanti.
Quel giorno avrebbe incontrato la sua futura partner, la figlia della
dea della
pace: infatti era necessario che la coppia fosse formata da due nature
opposte,
in modo da bilanciare i loro poteri.
Una volta raggiunta l’età adolescenziale, la
coppia sarebbe scesa fin sulla
Terra a raccogliere fedeli tra gli umani, combattere i demoni e a
affrontare
l’esame per diventare una effettiva divinità.
Il loro incontro era necessario per suggellare l’alleanza tra
le due casate, un
evento importante per
entrambe le famiglie.
Vestirono Sensō con un
kimono rosso scuro
dal tessuto pregiato, decorato con immagini di fiori di Azalea*, chiuso
e
stretto in vita da una fascia nera di cotone, mentre il caschetto
corvino era
ornato da un fermacapelli dorato molto particolare.
La genitrice prese per mano la piccola novizia, accompagnandola nel
grande
salone della villa dove si sarebbe tenuto l’incontro,
facendola sedere con
grazia sul pavimento.
La bambina si guardò attorno, studiando la stanza, una
enorme sala con grandi
finestre sul lato sinistro, con attenzione: per l’occasione
l’arredamento era
stato ridotto al minimo, in modo da permettere a più persone
di starvi; ad ogni
angolo stava un vaso con fiori colorati dai lunghi steli, disposti da
sua
madre, abile nell’arte dell’ikebana*, mentre sul
pavimento erano disposti dei
morbidi cuscini di colore rosso su cui era possibile sedersi.
Gettò uno sguardo dietro di sé, avvertendo dei
rumori provenienti dall’atrio,
che indicavano l’arrivo dei tanto attesi ospiti.
Tornò composta, a testa alta, schiena dritta e le manine
appoggiate sulle
gambe, proprio qualche attimo prima che i membri della casata affiliata
alla
loro entrassero nella stanza con un chiasso incredibile.
Contrariamente alla famiglia della dea della guerra, quelli della pace
erano
sempre allegri, il più delle volte rumorosi ma allo stesso
tempo concilianti,
tanto da farti dimenticare i problemi di ogni genere, fino a rendere
qualunque
situazione tranquilla.
La sua attenzione fu subito catturata da una bambina, che dimostrava
qualche
anno meno di lei, dai capelli bianchi lunghi fino alle spalle, dallo
sguardo
apatico.
Il vestito era candido e semplice, tanto da farla sembrare un fantasma,
tranne
che per la pelle di un rosato pallido.
Si fissarono negli occhi per qualche istante, prima che la dea della
pace
facesse sedere la figlia su uno dei morbidi cuscini.
La bambina corvina osservò poi la madre di
quest’ultima, Heiwamusubitukeru -o
chiamata anche solo Heiwa da pochi intimi-, una figura che sembrava
essere
l’opposto della sua genitrice: i capelli bianchi erano
raccolti in una
bellissima treccia laterale che cadeva morbida sulla spalla e sul
petto, il
vestito semplice di un colore giallo pallido e dai bordi azzurrini, con
stivaletti dagli stessi colori.
Dovette distogliere lo sguardo perché sua madre la
richiamò con una mano sulla
spalla, intimandole col solo sguardo di stare attenta.
L’incontro stava per iniziare.
Era
già passata un’ora, la riunione avrebbe
dovuto volgere al termine entro breve.
Sensō
aveva ascoltato con attenzione fino a metà
discorso, in cui la madre aveva chiarito che le due ragazze si
sarebbero dovute
sostenere a vicenda -come un centinaio di anni prima avevano fatto lei
e
l’altra dea- nella lotta contro il male, prima di portare i
suoi profondi occhi
neri di nuovo sulla futura partner.
Al contrario dei parenti piuttosto chiassosi lei era tranquilla,
pacata, lo
sguardo perso in chissà quale mondo.
Come potevano permetterle una cosa simile?
Se solo lei si azzardava a socchiudere gli occhi aveva già
una bella punizione
pronta da scontare per tutta la giornata.
Leggermente invidiosa, le rivolse uno sguardo ostile e intimidatorio,
come a
imporle di interessarsi al discorso che gli adulti stavano affrontando,
visto
che loro ne erano le protagoniste.
Ma l’altra sembrava ignorarla, anzi, quando entrò
una farfalla nella stanza da
una delle grandi porte finestre aperte, si alzò in piedi e
iniziò a seguirla,
presa da quell’esserino così colorato.
La novizia dea della guerra spalancò la bocca, alzandosi in
piedi di scatto per
raggiungerla e trascinarla di nuovo al proprio posto, quando la madre
le posò
una mano sulla schiena.
“Sensō,
risiediti, è maleducazione, lo sai.” La riprese la
donna, con
voce ferma.
“Andiamo Sensōburēku,
lasciala andare, sono bambine. Tanto dovremmo rispiegare
loro queste cose alla cerimonia dell’investitura, quando
dovranno partire per
la Terra.” Intervenne la dea della pace, con un sorriso
dolce.
E così, Sensō
fu lasciata libera di agire di sua volontà per la prima
volta
da anni.
Ringraziò la donna con un piccolo inchino, rispettosa, e
uscì, alla ricerca
della bambina scortese.
La
trovò nel piccolo giardino della proprietà,
seduta sull’erba verde vicino al laghetto dei pesci rossi,
con un’aria beata
sul viso.
“Ehi, tu.” Sensō
la
chiamò, cercando di
essere autoritaria, avanzando a passo spedito seppur facesse fatica a
muoversi
con quel kimono.
“Sei stata molto maleducata a lasciare la stanza in quel
modo, non hai nemmeno
chiesto il permesso, salutato o… o…” si
fermò, pensando ad un altro modo per
congedarsi senza però trovarlo, concludendo con uno
stizzito: “Beh, non si fa!”
La bambina si voltò verso di lei con tutta la naturalezza e
la calma di questo
mondo.
“Certo che posso farlo. Mamma ha detto che posso farlo, che
sono libera di fare
ciò che voglio.” Rispose, candidamente.
Sensō
aggrottò la fronte.
“Bugiarda.”
“Perché dovrei mentire?”
ribatté l’albina, sicura di sé, prima
di continuare:
“Non ti conosco e tra un centinaio di anni sarò la
tua compagna di viaggio, non
ne ricaverei nulla a mentirti su questa cosa, giusto?”
In effetti aveva ragione, ma quale genitore permetteva una cosa simile?
La casata della pace era quanto di più strano avesse visto,
ma d’altronde erano
imparentati con gli déi della mattina, degli stupidi,
allegri, pimpanti e
assurdi personaggi per natura.
Inspirò profondamente dal naso, prima di tendere la mano,
risoluta.
“Sono Sensō,
la novizia dea della guerra. Ora ci conosciamo.” si
presentò,
sorprendendo l’altra, che sorrise e strinse quella mano.
“Io sono Heiwa, la novizia dea della pace. Per gli amici e
parenti sono
Hecchan, piac...”
“Ripeto che sei una bugiarda.” Insistette la
corvina, senza nemmeno darle tempo
di finire la frase, tanto era convinta della sua idea e dal voler
ragione.
Heiwa sospirò, mentre il viso tornava ad essere atono,
spento.
“E io ti ripeto che è la verità, non ci
guadagnerei nulla a mentirti… e,
credimi, che poter avere tanta libertà non è poi
così bello…”mormorò,
tornando
a fissare il laghetto.
“Pace e tranquillità… ma tanta noia e
solitudine.”
Sensō
strinse le mani in un pugno, prima di afferrare la bambina per
i capelli e tirarli, arrabbiata.
“Noia? Poter essere liberi lo consideri una noia? Non hai
idea di quanto sia…
di quanto sia pesante stare sempre sotto gli occhi di tutti,
controllata e
ripresa continuamente!” le gridò, lasciandola solo
quando l’altra singhiozzò
per il dolore.
Non le era mai successo, non aveva mai perso il controllo
così.
“A me piacerebbe essere guardata, controllata, come dici
tu… invece nessuno mi
presta mai attenzione… A volte la nonna, ma… a
casa sono sempre sola. Oggi è il
primo giorno dopo tanto che vedo così tante
persone.” Piagnucolò Heiwa,
tenendosi le mani sui capelli, come a proteggerli da un altro attacco.
La moretta strinse le labbra, continuando a non comprendere il suo
punto di
vista, ma in effetti si era comportata male.
Non era colpa di Heiwa se lei era nata in una famiglia così
protettiva e
rigida, ma il suo orgoglio si rifiutava di chiederle scusa.
“Pensa prima di aprir bocca la prossima volta.”
Sbottò, girandosi per tornare
in sala, lontano da quella piaga.
Ma non sopportava la sua vista… figuriamoci fare un viaggio
insieme lungo
trent’anni come prevedeva l’esame!
Heiwa la guardò andare, con un velo di tristezza, prima di
alzarsi e tornare
nella stanza da cui era uscita prima.
Le due
divinità madri osservarono le figlie allontanarsi, in
silenzio.
Avevano assistito alla scena dietro dei cespugli fioriti, per tenerle
d’occhio
ma senza intervenire.
“Come inizio è un disastro.”
commentò la dea della guerra, a braccia incrociate
sotto il seno.
“Non sempre i rapporti sono rose e fiori. La loro educazione
è così diversa che
era inevitabile uno scontro.” Sospirò la dea della
pace, sedendosi con la
schiena contro un albero e le gambe raccolte al petto, lasciando
così in vista
le gambe nude a causa del vestito.
La compagna la guardò, avvicinandosi fino a trovarsi al
fianco dell’altra, in
ginocchio.
“Noi siamo andate subito d’accordo, se
ricordi.” La contestò, accarezzandole il
viso con la mano guantata di rosso scuro.
“Eravamo diverse.” Convenne la seconda donna,
volgendo la testa altrove.
La dea della guerra era una tentatrice, oltre ad essere stata il suo
primo
amore. Non voleva lasciarsi andare ancora come nei tempi addietro, ma
allo
stesso tempo il suo corpo premeva per aver un maggiore contatto,
qualcosa di
più di quella carezza.
La donna dai lunghi capelli scuri le prese il viso con entrambe le
mani, per
guardarla nei suoi occhi, occhi
che
avevano il colore delle nuvole di un cielo azzurro.
“Sens…” prima che Heiwa potesse
pronunciare
qualcosa, la corvina era già sulle sue labbra, ad
accarezzarle con le proprie,
dolci e morbide.
Non riusciva a resistere ai suoi baci, alle sue carezze, che giungevano
sempre
inaspettate e nei momenti meno opportuni.
La dea della pace si staccò di malavoglia, per parlare:
“C’è anche mio marito
qui… Lo sai…”
“Anche il mio… ma mi manchi. Mi mancano i nostri
momenti insieme…” Soffiò Sensō,
tornando a baciarla.
“E tu sai… che non smetterò mai di
amarti.” Sussurrò ancora, al suo orecchio,
dandole qualche veloce lappata e scendendo velocemente sul collo, fino
a
raggiungere poi il bordo azzurrino del vestito dell’altra, la
sua solita veste
cerimoniale da dea.
Entrambe erano sposate, si erano dovute sposare per convenienza, per
avere una
discendenza, ma si amavano.
Si amavano da sempre, si erano amate per tante notti, prima di doversi
lasciare
e mettere su famiglia.
Volevano bene ai loro mariti e alle loro figlie, ma il loro non era un
sentimento facile da cancellare.
Qualche volta sfuggiva al loro controllo.
Come in quel momento.
*
Sensōburēku:
guerra/spezzare
* Heiwamusubitukeru: pace/legare
* Azalea: simbolo cinese della femminilità e della
temperanza, simboleggia
anche la fortuna, un fiore da regalare prima di affrontare una prova
importante.
*ikebana: arte giapponese di disporre i fiori
Il
gruppo Facebook
Parla Tomocchi:
Una mini-long che
sarebbe dovuta essere presentata ad un contest, ma alla fine ho deciso
di non
farlo perché non rispettava il genere e non volevo forzare i
personaggi a fare
qualcosa che non è tipicamente loro, o perlomeno non in
tempi così brevi...
Sensoo ed Heiwa sono parte della storia “The
Novices” ed era da tempo che
volevo parlare anche di loro -che sono secondarie, mooolto
secondarie!-...
Sarà composta da circa tre o quattro capitoli, che sto
ancora scrivendo y.y
Comunque... sappiatemi dire.
Voglio ringraziare Nemainn e Soheila che hanno letto due capitoli e
mezzo in
anticipo e che mi hanno assicurato che la ff era a posto :D
Alla prossima!
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Capitolo 2 *** Profumo ***
Azalea2
PROFUMO
DI AZALEA
Capitolo
2
Profumo
“Attenta
a quel demone, Heiwa!”
La novizia dea della pace si voltò, alzando una mano contro
quell’essere
orrendo dalle fattezze umane ma dai poteri maligni, bloccandolo con una
formula
magica insegnatale proprio dalla madre
durante il suo addestramento.
Il demone rimase fermo, immobile, finché Sensō non gli piantò
un pugnale nel cuore, buttandolo poi a terra con un calcio ben
assestato.
“Grazie dell’avvertimento, era di spalle
e…” l’albina tentò di
giustificarsi,
ma l’altra la bloccò, come faceva sempre:
“Di nulla. Siamo compagne, lo abbiamo
giurato. Ma ricordati che dobbiamo avere tutti i sensi sempre
all’erta e mai
concentrati solo un punto. Non te lo hanno insegnato?”
Heiwa strinse le labbra, mordicchiandosi il labbro inferiore con i
denti, prima
di annuire più volte.
“Mi è stato insegnato, solo che… mi
ero… distratta un attimo, ecco tutto.”
Era distratta perché aveva notato, con la coda
dell’occhio, un demone puntare
alla novizia della guerra, ma questi era riuscita a trafiggerlo prima
che lei
potesse urlarle qualche avvertimento.
Si erano stabilite da poco in un villaggio a nord della regione in cui
erano
arrivate da una quindicina di giorni e appena giunte in quel luogo lo
avevano
trovato assediato da un gruppetto di demoni di bassa lega.
Era stata una battaglia lunga, durata qualche giorno, ma quella mattina
ne
erano rimasti tre e finalmente avevano debellato la minaccia.
I paesani, baraccati nelle loro case, erano usciti per ringraziarle e
offrire
loro ospitalità e preghiere.
Perché una divinità viveva solo se invocato e
pregato regolarmente da un buon
gruppo di persone; se queste smettevano di credere, il dio moriva,
spariva
senza lasciare traccia e insieme a lui tutta la sua casata.
Per questo scendevano sulla Terra: per rassicurare e aiutare i fedeli,
per
dimostrar loro che c’erano, che erano lì per loro,
una volta ogni duecento anni
circa.
Erano passati già cent’anni da quel famoso
incontro per suggellare il patto:
Heiwa aveva compiuto da poco i centocinquanta anni di età,
ma ne dimostrava
solo quindici, così come Sensō
ne aveva
centosessanta ma ne dimostrava solo sedici.
Da quel giorno, in cui si erano conosciute nel giardino della casata
della
guerra, si erano viste di rado.
Heiwa era rimasta colpita dalla ragazza, dalla sua tempra, dalla sua
forza,
iniziando a provare una innata ammirazione e un sentimento che sembrava
bruciarla
dall’interno ogni volta che la vedeva.
Desiderava il suo contatto, sfiorarla, toccarla, sorprendendosi
più volte a
fissare quelle labbra sottili così rosse della compagna,
rosse come il vestito
che ora indossava.
Si era impegnata per non apparire più una lagnosa bambina in
cerca di
attenzioni solo per lei, solo per non vedere più quegli
occhi colmi d’invidia e
di odio.
Desiderava che quello sguardo si tramutasse in interesse, in ardore e
amore nei
suoi confronti.
Fu riportata alla realtà dalle parole della ragazza, che la
invitò a seguirla
all’interno della locanda per poter rassicurare i cittadini
che era tutto
finito.
Passò
qualche giorno in completa tranquillità,
in cui gli abitanti del paese ringraziarono e pregarono le due novizie
divinità, regalando loro vitalità e
longevità.
Ma accadde qualcosa di inaspettato.
La sera di due giorni dopo la vittoria, giunse alla locanda un gruppo
composto
da sei novizi, compagni che le due ragazze conoscevano fin troppo bene.
Heiwa li osservava sulla soglia della porta, uno ad uno, a bocca
semiaperta.
C’era Etheonoa, il novizio dio della cultura e
dell’intelligenza, un ragazzo
dalla pelle scura con i rasta castani, provvisto di occhiali e una
sacca piena
di libri su cui annotava sempre tutto, con la sua relativa compagna
Ueuecoyotl,
la novizia dea della natura selvaggia, una ragazza dalla pelle chiara,
lunghi
capelli di un rosa antico raccolti in una alta coda laterale fermata da
un
curioso fiore verde acqua, vestita, come sempre, il minimo
indispensabile per
non turbare eventuali pudici; vi era poi Bronte, suo cugino, il novizio
dio del
tuono e del fulmine, un ragazzo molto alto dagli elettrizzanti capelli
biondi
legati in una coda bassa, mentre
il suo
compagno, Ymir, il novizio del ghiaccio, stava al suo fianco
–e alla sua
altezza, soprattutto…-, un ragazzo apatico con un caschetto
azzurro chiarissimo,
tanto che sembrava sfumare verso il bianco; infine, ultimi ma non meno
importanti, si fecero avanti Zachi, il novizio dio del metallo,
protettore dei
fabbri, un ragazzo dai capelli grigio scuro lunghi fino a poco sopra le
spalle,
seguito dalla piccola Klodian, la novizia dea del legno, uno
scoppiettante
esserino sempre allegro dai capelli verde muschio acconciati in modo
curioso
tranne che per un ciuffo sempre fuori posto.
Sensō
inarcò un sopracciglio, osservando i suoi compagni con aria
contrariata, certamente non contenta della loro ingombrante presenza.
“Cosa ci fate qui?” domandò subito la
corvina, alzandosi per piazzarsi di
fronte al gruppo con fare autoritario.
Etheonoa parlò per tutti, evidentemente eletto capogruppo
per il suo innato
acume: “ Abbiamo deciso di formare un’alleanza tra
di noi, in modo da
proteggerci meglio le spalle l’un l’altro. Il
viaggio sarà più lento, ma la
cosa importante è la sicurezza dei nostri fedeli. Seguendo
le voci, vi abbiamo
raggiunto qui, per chiedervi di unirvi a noi.”
Heiwa lanciò un’occhiata alla novizia del
conflitto, che ponderava la cosa. Era
sempre lei a decidere per tutte e due, si fidava delle sue scelte che
si erano
sempre rivelate migliori delle sue proposte. Ma quella volta voleva
poter
esprimere il suo pensiero.
“Secondo me dovremmo accettare. Mi sembra un’ottima
soluzione: nel caso
capitassero altri attacchi e occupazioni come questa che abbiamo
affrontato
pochi giorni fa, loro ci aiuterebbero a debellarla più in
fretta.” Disse,
mentre il novizio dio dell’intelligenza annuiva, senza
dimenticarsi del parere
dell’altra ragazza, che fissò la compagna albina
e, dopo quello che parve un
interminabile minuto, accettò la cosa a sua volta.
L’alleanza era suggellata, il gruppo formato.
“Lo faccio solo per te.” Sussurrò la
corvina all’orecchio di Heiwa, che
rabbrividì appena per il suono di quella voce tagliente che
allo stesso tempo
amava sentire. Apprezzò molto quella gentilezza, sorridendo
piena di gioia
all’indirizzo di Sensō,
che borbottò poi
altri vantaggi che in effetti avevano più che senso alla
luce dei fatti.
I novizi déi si sistemarono nell’ostello per
quella notte, riprendendo il
viaggio il giorno successivo.
Tutto
sembrava funzionare correttamente e
sempre meglio. Dopo aver unito le forze, era più semplice
sconfiggere demoni di
forza superiore, anche se non mancavano i tagli, le ferite, ma nulla
che non si
potesse risolvere con un’ottima fasciatura o con una piccola
magia di
guarigione di Heiwa o Etheonoa.
Il vero problema era la notte.
Accampandosi in gruppo nelle varie pensioni, ogni coppia aveva una
stanza per
sé, mentre Sensō
ed Heiwa erano state abituate a dormire in letti separati, mai
nello stesso.
La vicinanza dell’altra metteva la novizia della pace in uno
stato di tensione,
privandola spesso e volentieri di molte ore di sonno.
Anche quella nottata, la novizia della guerra dormiva pacifica,
contrariamente
alla sua natura, ancora più vicino alla compagna per la
presenza incessante di
una forte tempesta fuori. Bronte era riuscito a controllare i fulmini e
a
tenerli lontani dall’edificio, ma la burrasca fuori era
comunque molto grave,
tanto da spaventare un po’ la ragazza corvina che Heiwa
considerava tutta d’un
pezzo.
Non l’aveva mai vista così agitata, prima che
l’altra si stringesse a lei e si
rasserenasse, alimentando così i costanti e sempre
più forti battiti del suo
cuore, tanto da risuonarle perfino nelle orecchie.
La guardava, distesa al suo fianco, mentre il petto si alzava e si
abbassava
con regolarità, tempi dettati dal respiro sicuro; guardava
la sua pelle liscia,
morbida, come constatò nel toccarla con i polpastrelli delle
dita; guardava i
suoi fluenti capelli neri, in cui passò una mano per farle
una carezza.
Guardava le sue labbra, quelle labbra così vicine, le sarebbe bastato
avvicinarsi di poco per
poterle sfiorare… E il suo profumo. Oh, il suo profumo!
Quella particolare
fragranza di cui la ragazza odorava la mandava fuori di testa.
L’aveva sentito anche nel giardino della casata della guerra,
era certa che
fosse profumo di Azalea.
Tremante, si sporse, incapace di trattenersi, fino a premere le proprie
labbra
contro quelle di Sensō,
un muto bacio
desiderato e pieno di aspettativa, un’aspettativa che
soddisfò i suoi pensieri.
Quel bacio sembrò farle esplodere qualcosa nel petto,
sentì le guance
scaldarsi, il suo intero corpo pareva in fiamme, spingendola ad un
contatto
maggiore che la novizia della pace si negò, nel tentativo di
controllarsi.
Si staccò con un sospiro mal trattenuto, voltandosi
dall’altra parte mentre il
cuore continuava a battere ad una velocità spropositata,
tanto da impaurirla e
farle temere che l’altra lo sentisse.
Ad occhi sgranati fissava il muro senza realmente vederlo, con un
turbine di
pensieri che affollavano la sua mente sconvolta.
Desiderava ancora baciare Senso. Desiderava il suo tocco, la sua bocca
su di
sé, il suo corpo intrecciato al proprio, il suo calore e la
sua fermezza.
Desiderava la sua voce sussurrarle, come aveva fatto alla locanda,
parole
d’amore, parole che, era certa, non sarebbero arrivate, o
almeno, era quello
che credeva.
Sensō
a quel contatto si era svegliata, ma aveva aspettato parecchio
tempo prima di aprire gli occhi.
Fissava la schiena nivea della novizia dea pacifica, sorpresa a sua
volta da
quel gesto inaspettato.
Rimase interdetta per qualche attimo, prima di darsi un tono e
richiudere gli
occhi per riprendere sonno, fallendo miseramente.
La
mattina erano tutti pronti per partire di
nuovo: Etheonoa dirigeva le azioni dei compagni, esortandoli a muoversi
e a
lasciare tutto perfettamente in ordine, come lo aveva trovato.
Heiwa
faticava a
lasciare il letto, stava seduta sul bordo con il naso affondato nel
lenzuolo
che stava stringendo al petto, come un pupazzetto; se era tanto audace,
era
perché Sensō
si
era recata al bagno per darsi una rinfrescata e la novizia ne aveva
approfittato per bearsi ancora di quell’odore tanto buono e
inebriante.
Non lo voleva dimenticare…
Il ragazzo con i rasta le si avvicinò, con uno sguardo
interrogativo e
scocciato.
“Si può sapere cosa stai facendo?”
Heiwa sobbalzò, alzando appena la testa ma senza staccarsi
da quel lenzuolo,
rossa come un pomodoro. “A… annuso.”
Sussurrò.
“Annusi?” il compagno sembrava sconcertato e lei si
maledì internamente per
aver rivelato cosa stava facendo veramente. La sua maledetta
sincerità!
Annuì appena con un leggero cenno, fuggendo con lo sguardo:
“Io… c’è questo
profumo buono che non voglio dimenticare…”
spiegò, cercando di restare vaga.
Etheonoa la fissò ancora per qualche minuto, ma poi le
batté un libro sulla
testa, autoritario.
“Poche storie, potrà anche essere profumo di rose,
ma io voglio partire al più
presto e con i letti rifatti! Perciò alzati, preparati e
cammina!” le ordinò,
prima di voltarsi e andare ad occuparsi di altri eventuali pigroni.
Heiwa sospirò, lasciando a malincuore quel pezzo di stoffa
così prezioso.
L’attimo dopo Sensō rientrò nella stanza e le due
si fissarono negli occhi per
qualche istante, prima di volgerli altrove, colte da un grande
imbarazzo.
Heiwa non si accorse che anche la compagna aveva dissuaso quel contatto
da lei,
perciò rimase ferma nei suoi pensieri non corrisposti e si
preparò in silenzio,
pronta a riprendere il viaggio.
Il
gruppo
Facebook
La
storia principale
Parla
Tomocchi:
Nuovo
capitolo! Messo il bannerino su, così vedete le due
ragazze… qui c’è il pezzo
che c’è nell’intro :D Vedo che la storia
piace e ne sono contenta *-* qui il
tempo è passato, come è scritto, e presento un
po’ anche i loro compagni… ci
sono disegni anche di loro sul mio Deviantart!
Ma passo ai ringraziamenti! Un grazie a Soheila per avermi segnalato
sviste
tremende lol, un grazie a Nomura, Nemainn e Veritaserum00 per aver
messo la
storia tra le seguite, a maria_sharapova per averla messa nelle
preferite e a
Manny_chan, Soheila e Hanna Lewis per aver recensito! <3
Grazie grazie grazie e alla prossima! :D <3
|
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Capitolo 3 *** Ferite ***
PROFUMO
DI AZALEA
Capitolo
3
Ferite
Erano passati
un paio di anni da quella notte piena di sorprese.
Heiwa si era scoperta impacciata, evitava più volte lo
sguardo di Sensō
anziché cercarlo come
prima e soprattutto evitava ogni contatto con lei.
Ogni qualvolta che si sfioravano anche solo per sbaglio,
l’albina saltava come
una molla, allontanandosi sempre con qualche scusa per evitare di
cedere a quei
sentimenti che si erano rafforzati ogni giorno di più,
conscia di non potersi
lasciare andare a simili leggerezze durante un viaggio così
importante.
Certo vi erano stati svaghi, divertimenti e incontri inaspettati
–aveva rivisto
i suoi cugini Hi, il novizio del mattino e Tsuchi, la novizia della
terra- ma
lei non era come Ho, il novizio del fuoco, che senza farsi scrupoli
passava una
notte di piacere sfrenato con chiunque volesse…
d’altronde lui era anche
detentore dei titoli della fortuna e del sesso… se solo lo
fosse stata anche
lei, e non così ligia al dovere!
Quei pensieri la stavano tormentando anche quel giorno di viaggio,
incessanti e
ininterrotti.
Scosse la testa, prendendosela tra le mani, biascicando qualche scusa
agli altri
prima di camminare e inoltrarsi ancora più nel profondo di
quel boschetto in
cui il gruppo si era accampato per riposarsi.
Si fermò in un piccolo spazio circolare, lasciandosi cadere
sulla morbida erba
verde, mentre cercava di fermare quella lotta interiore, ma un tocco
sulla
spalla la interruppe. Un tocco che si rivelò essere proprio
di Sensō.
L’aveva seguita, preoccupata, notando quanto
l’altra sembrasse afflitta e
tormentata da qualcosa, ma Heiwa sobbalzò, cercando di
strisciare lontano da
lei, lei che era la protagonista e la causa dei suoi pensieri.
“Si può sapere perché fuggi? Cosa ti ho
fatto? Se hai qualcosa contro di me,
dimmelo in faccia!”
La novizia della guerra era arrivata al limite.
Non capiva a che gioco stesse giocando la ragazza. Si era accorta del
suo
bacio, aveva sentito quelle labbra morbide sulle sue e quel sentimento
aveva
bruciato nel suo animo come un fuoco, mandandola in confusione e
facendola
riflettere per giorni, anni.
L'evento non si era più ripetuto, anzi, l’albina
aveva iniziato ad evitarla e
lei ne era rimasta ferita. Che fosse stato solo uno scherzo, una prova?
Che le
avesse fatto schifo? Non poteva sopportarlo.
E soprattutto non poteva sopportare di provare quell’affetto
nei suoi
confronti.
Un affetto che non sarebbe mai potuto sbocciare, di cui avrebbe potuto
vergognarsi se la compagna l’avesse rifiutata.
Strinse le labbra, in attesa di risposta, ma la novizia della pace la
fissava
ad occhi sgranati con la bocca aperta, quelle guance rosee che la
rendevano
adorabile...
Non riusciva a togliersela dalla testa, non riusciva a far desistere
quel
desiderio nei suoi confronti.
Stava per aggiungere altro, quando dalla vegetazione uscì un
ragazzino esile,
dai corti capelli lilla e il vestito dello stesso colore. Heiwa lo
riconobbe
subito come Pan, il novizio dio della paura, i cui poteri erano ridurre
ad uno
straccio l’avversario proprio scatenando le sue stesse paure.
“Ma guarda chi abbiamo qui… Heiwa e Sensō! Che
piacere vedervi, ma allo stesso
tempo ho idea che dovrò mettervi fuori
combattimento!” il ragazzino sorrise,
allargando le braccia mentre un improvviso buio avvolgeva le due
ragazze, che
iniziarono a guardarsi attorno in cerca di una via di fuga, disperate.
La paura era il peggior sentimento che si potesse provare, il peggiore
tra
tutti.
Heiwa sentì la risata di Pan come un’eco lontano
in quel silenzio assordante,
sentiva dei brividi percorrerle la schiena semi nuda mentre si
stringeva le
braccia al petto, mentre gli occhi saettavano da una parte
all’altra in quello
spazio completamente nero.
Ad un tratto scorse una figura stesa e tremolante nel buio, una figura
che,
mano a mano che si avvicinava curiosa, si rivelò essere
ancora Sensō.
La ragazza corvina era a terra, sopra una pozza di sangue, che tossiva
e ansimava
in cerca d’aria, il viso sporco e in certe parti tumefatto.
“Sensō!” esclamò l’albina,
accorrendo al suo fianco e tentando di voltarla, con
delicatezza, per aiutarla.
Doveva guarirla, doveva guarirla subito!
Anche se erano immortali, il dolore era uguale per tutti e soffrire in
quella
maniera portava alla pazzia, o peggio, al coma eterno…
Erano compagne, erano legate da un patto di reciproca alleanza, ma non
avrebbe
permesso in ogni caso che la persona che amava soffrisse in quel modo.
Inspirò ed espirò forte dal naso, cercando di
calmarsi per ricordare la formula
esatta per guarirla, ma i pensieri preoccupati e ansiosi per la ragazza
affollavano la sua mente di continuo, facendola cadere nel panico ogni
volta
che riusciva ad uscire da quello stato dopo un paio di respiri.
L’incantesimo continuava a sfuggirle, la risata di Pan era
tornata e la
distraeva sempre più, senza contare che aveva iniziato a
sentire pure altre
voci.
Voci dei parenti di Sensō che la accusavano di essere venuta meno al
patto,
voci che la denigravano e la incolpavano della sua fine di
divinità e della
scomparsa di tutta la casata.
Una responsabilità che la stava schiacciando, che la stava
facendo piegare su
se stessa come un riccio nel tentativo di difendersi, di conservare
lucidità.
Non riusciva a capire se era realtà o finzione, se
l’amata era stata colpita
davvero o se era solo un’illusione…
Con la testa che le scoppiava, Heiwa chiuse gli occhi e
iniziò a gridare, gridò
quanto poté per potersi liberare di tutto quello che stava
passando, gridò
finché ebbe voce, gridò talmente forte da essere
fastidiosa anche per le
proprie orecchie.
E mentre gridava, fredde lacrime iniziarono a rigarle il viso, panico e
colpa
che le stringevano il cuore in una morsa talmente forte da mozzarle il
fiato,
da renderla nulla se non un solo corpo fatto di carne.
Senza Sensō lei non esisteva.
Senza Sensō lei non era nulla.
Senza Sensō lei non aveva alcun valore.
Senza Sensō, senza la sua forza, lei non aveva obiettivi.
Si era totalmente annullata per lei, dipendeva dalla novizia della
guerra in
tutto e per tutto, quasi fosse stata la sua linfa vitale.
Boccheggiante e senza più voce da tanto che aveva gridato,
ebbe la forza di
rialzare appena il capo e guardare la compagna ancora stesa a terra in
quella
pozza dello stesso colore del suo vestito.
Scossa da brividi si avvicinò e la abbracciò,
sentendo il freddo del corpo
gelarle il sangue.
Pianse ancora, a singhiozzi irregolari, abbandonandosi del
tutto…
“Heiwa!”
Quella voce…
“Heiwa!”
Così familiare e imperativa…
“Heiwa, per la miseria, ti avevo detto di smetterla di fare
la piagnucolona!”
La novizia della pace ebbe un senso si vertigini e l’attimo
dopo si ritrovò
sdraiata a terra, con la faccia appoggiata sull’erba, di
nuovo nello piccolo
spiazzo del boschetto.
Uno stivale rosso dalla suola nera le negava buona parte della vista,
ma mai
visione fu più bella.
A fatica, Heiwa cercò di mettersi seduta nonostante la testa
le girava, ma una
presa forte del braccio la rimise perfino in piedi.
“Sen…” pronunciò il suo nome
con voce tremante, ma la corvina non le diede
nemmeno il tempo di dirlo per intero perché la strinse forte
a sé, talmente
forte che poteva sentire il profumo della sua pelle.
Di nuovo quel dolce profumo di Azalea.
L’odore parve avvolgerla come una coperta, rassicurandola che
era tutto a
posto.
Preso coraggio, la ragazza la strinse forte di rimando, toccandole
schiena,
spalle e braccia nel tentativo di sincerarsi che fosse reale, viva.
“Sensō… credevo… credevo di
averti…” le parole le morirono in gola, non sapeva
cosa dire se non che era felice di sentirla di nuovo tra le sue
braccia.
“Era un’illusione. Lo sai che Pan sfrutta le
paure…”
“Ma perché ci ha attaccate? L’esame non
prevede scontri tra di noi…”
“Ma chi punta ad essere il re delle divinità
sì.”
Heiwa si ammutolì di colpo, mentre la sua mente le passava
timidamente un
ricordo dove sua madre le spiegava un piccolo particolare del loro
mondo.
“C’è
bisogno
sempre e comunque di un capo, Hecchan. Così, oltre
all’esame, è possibile anche
proporsi come Re o Regina di noi divinità.”
“E come è possibile mamma? Ma quanti esami ci sono
da fare?” la piccola Heiwa
sbuffò sonoramente, incrociando le piccole braccia al petto.
Altro che pace, sentiva solo parlar di battaglie. Per questo il suo
pensiero
corse a quella bambina che sarebbe stata sua compagna, Sensō…
La donna le sorrise dolcemente, prendendola tra le braccia. Una delle
rarissime
occasioni che la piccola novizia si godeva quando poteva.
“Mentre viaggerete, sarete sempre giudicati. Noi genitori vi
guarderemo da
quassù, per vegliare e per osservare le vostre
capacità. Il più forte, il più
responsabile e altre qualità che fanno un buon re le vediamo
dai vostri
comportamenti, trent’anni di viaggio ci servono anche per
capire quale di voi è
il più adatto a guidarci...”
Era vero.
Loro avevano avuto la fortuna di allearsi con alcuni dei loro compagni,
ma
altri non erano dello stesso avviso e ci tenevano a dimostrare quanto
erano
forti da soli.
Pan, insieme a Uragiri, il dio dell’odio, era sicuramente tra
i novizi più
pericolosi.
“Come hai fatto a liberarti di lui?”
domandò l’albina, osservando il corpo del
ragazzo tramortito, abbandonato a terra.
Sensō lo guardò a sua volta con una smorfia, stringendosi
nelle spalle: “Ho semplicemente
tenuto a mente che in quello spazio buio c’erano soltanto
falsità –a quella
frase Heiwa si sentì sciocca nell’aver pensato che
fosse stato tutto reale- e,
a fatica, sono riuscita a colpirlo. Quando poi si è
distratto, sono uscita da
quel limbo che crea e l’ho definitivamente
battuto.” E le mostrò un pugnale,
facendole intendere che aveva usato l’impugnatura di tale
arma.
“Spero che Virtus venga a recuperarlo al più
presto…”
Virtus era il novizio dio del coraggio, nonché compagno di
Pan, un ragazzo dai
capelli castani piuttosto alto e, al contrario della sua natura, un
po’
timoroso e sempre riguardevole nei confronti degli altri.
Come se fosse stato evocato, il novizio uscì dalla boscaglia
col fiato corto,
guardandosi attorno finché non si rese conto che Pan era
lì a terra.
“Pan!” si fiondò subito vicino al
compagno, prendendolo in braccio come se
fosse stato una principessa da salvare, cosa che fece sorridere appena
la
novizia della pace e quella della guerra.
“Sta… sta bene?” chiese Virtus alle due
ragazze, che annuirono.
“Ci ha attaccate.” Precisò Sensō, per
farlo sentire in colpa, ma Heiwa continuò
il discorso: “Non gli abbiamo fatto troppo male, è
solo… svenuto. Ma è meglio
che ve ne andiate, prima che vi vedano gli altri.”
Sussurrò, facendo segno con
la mano di muoversi e il ragazzo dai capelli castano chiaro
annuì più volte e
le salutò, riconoscente.
Lo sguardo preoccupato e amorevole che Virtus rivolse a Pan era
intenso,
talmente intenso che fece arrossire di imbarazzo le due novizie.
Una volta sole, Sensō occhieggiò più volte la
compagna, prima di inspirare e
porre una domanda che le ronzava in testa da quando l’aveva
liberata.
“Cosa… cosa hai visto,
laggiù?” domandò, con un tono
disinteressato, ma che in
realtà non lo era, oh, se non lo era.
Heiwa si voltò a guardarla, le guance che le imporporavano
il viso mano a mano
che il tempo passava.
E ora, cosa le avrebbe detto?
Il gruppo
Facebook
La
storia principale
Parla Tomocchi: Siamo alle
battute finali! Il prossimo capitolo è
l’ultimo y.y mi pare. O il penultimo. Devo ancora decidere se
piazzarci un
epilogo o meno, e soprattutto se inserire una parte o meno…
La parte del combattimento è stata omessa, lo so, ma ho
preferito concentrarmi
su Heiwa e sulla sua paura che sull’azione… ho
fatto bene? Male? Ditemi lol.
Ma passo ai ringraziamenti! Un grazie a Manny_chan e Soheila per aver
recensito
l’ultimo capitolo, un grazie a Erzi, Ignis_eye, Soheila,
mariaconce95 e Zeta81
per aver messo la storia nelle seguite (siete tantissim*!) e a furaibo,
nana
yagami, mariaconce95 e Zeta81 per aver messo la storia tra le
preferite,
adirittura *//* sono davvero contenta che piaccia. <3
Un grazie sempre e speciale a faith_bella che mi ha suggerito lo
scontro, a
Soheila che mi segue e mi bacchetta –e meno male lol- e a
Manny, che ha sempre
creduto in questi personaggi più e prima di chiunque altro,
fin da quando sono
nate. <3
Alla prossima! :3
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