Profumo di Azalea

di Tomocchi
(/viewuser.php?uid=123140)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Educazione ***
Capitolo 2: *** Profumo ***
Capitolo 3: *** Ferite ***



Capitolo 1
*** Educazione ***



PROFUMO DI AZALEA

Capitolo 1
Educazione

 

 

Era un giorno come un altro, nell’Alto dei Cieli, un luogo posto al di sopra dell’atmosfera.
Un luogo in cui il tempo scorreva più lentamente, un luogo dove risiedevano le divinità di un mondo molto simile alla Terra, ma pregno di magia e di creature soprannaturali.
Un giorno come un altro… tranne che per la piccola
Sensō.
Sensō era la futura dea della guerra, che avrebbe ereditato il titolo dalla madre, Sensōburēku*- chiamata anche solo Sensō quando non era presente la figlia, in modo da non confonderle-, l’attuale divinità del conflitto.
La divinità era una donna dai lunghi capelli corvini, raccolti in una coda alta ornata da un nastro rosso sangue, lo stesso colore del vestito cerimoniale che indossava completo anche di bordi neri, così come i guanti lunghi fino ai gomiti e gli stivali fino alle ginocchia
; una volta cresciuta la piccola Sensō sarebbe dovuta scendere sulla Terra e avrebbe dovuto passare un esame che l’avrebbe certificata idonea per quel ruolo.
Era ancora una bambina, solo una novizia che dimostrava circa sei anni, ma il suo sguardo sembrava indicare già una certa maturità: essendo una divinità principale, la sua famiglia l’aveva educata rigidamente fin dalla più tenera età, insegnandole le regole, il portamento e la disciplina, ricordandole che la guerra era un’arte, uno stile di vita.
Non si era mai sottratta alla sua natura, anche se spesso i compiti e le lezioni erano state difficili, pesanti, troppo pesanti per una bambina così piccola.
La maggior parte dei suoi compagni, novizi déi come quelli del fuoco, del mattino o della tempesta, spesso iniziavano l’addestramento una volta raggiunta la preadolescenza; altri, invece, come la novizia dea della natura selvaggia, dell’arte e dell’amore iniziavano proprio come lei, ancora infanti.
Quel giorno avrebbe incontrato la sua futura partner, la figlia della dea della pace: infatti era necessario che la coppia fosse formata da due nature opposte, in modo da bilanciare i loro poteri.
Una volta raggiunta l’età adolescenziale, la coppia sarebbe scesa fin sulla Terra a raccogliere fedeli tra gli umani, combattere i demoni e a affrontare l’esame per diventare una effettiva divinità.
Il loro incontro era necessario per suggellare l’alleanza tra le due casate, un evento importante
per entrambe le famiglie.
Vestirono Sensō con u
n kimono rosso scuro dal tessuto pregiato, decorato con immagini di fiori di Azalea*, chiuso e stretto in vita da una fascia nera di cotone, mentre il caschetto corvino era ornato da un fermacapelli dorato molto particolare.
La genitrice prese per mano la piccola novizia, accompagnandola nel grande salone della villa dove si sarebbe tenuto l’incontro, facendola sedere con grazia sul pavimento.
La bambina si guardò attorno, studiando la stanza, una enorme sala con grandi finestre sul lato sinistro, con attenzione: per l’occasione l’arredamento era stato ridotto al minimo, in modo da permettere a più persone di starvi; ad ogni angolo stava un vaso con fiori colorati dai lunghi steli, disposti da sua madre, abile nell’arte dell’ikebana*, mentre sul pavimento erano disposti dei morbidi cuscini di colore rosso su cui era possibile sedersi.
Gettò uno sguardo dietro di sé, avvertendo dei rumori provenienti dall’atrio, che indicavano l’arrivo dei tanto attesi ospiti.
Tornò composta, a testa alta, schiena dritta e le manine appoggiate sulle gambe, proprio qualche attimo prima che i membri della casata affiliata alla loro entrassero nella stanza con un chiasso incredibile.
Contrariamente alla famiglia della dea della guerra, quelli della pace erano sempre allegri, il più delle volte rumorosi ma allo stesso tempo concilianti, tanto da farti dimenticare i problemi di ogni genere, fino a rendere qualunque situazione tranquilla.
La sua attenzione fu subito catturata da una bambina, che dimostrava qualche anno meno di lei, dai capelli bianchi lunghi fino alle spalle, dallo sguardo apatico.
Il vestito era candido e semplice, tanto da farla sembrare un fantasma, tranne che per la pelle di un rosato pallido.
Si fissarono negli occhi per qualche istante, prima che la dea della pace facesse sedere la figlia su uno dei morbidi cuscini.
La bambina corvina osservò poi la madre di quest’ultima, Heiwamusubitukeru -o chiamata anche solo Heiwa da pochi intimi-, una figura che sembrava essere l’opposto della sua genitrice: i capelli bianchi erano raccolti in una bellissima treccia laterale che cadeva morbida sulla spalla e sul petto, il vestito semplice di un colore giallo pallido e dai bordi azzurrini, con stivaletti dagli stessi colori.
Dovette distogliere lo sguardo perché sua madre la richiamò con una mano sulla spalla, intimandole col solo sguardo di stare attenta.
L’incontro stava per iniziare.

 

Era già passata un’ora, la riunione avrebbe dovuto volgere al termine entro breve.
Sensō aveva ascoltato con attenzione fino a metà discorso, in cui la madre aveva chiarito che le due ragazze si sarebbero dovute sostenere a vicenda -come un centinaio di anni prima avevano fatto lei e l’altra dea- nella lotta contro il male, prima di portare i suoi profondi occhi neri di nuovo sulla futura partner.
Al contrario dei parenti piuttosto chiassosi lei era tranquilla, pacata, lo sguardo perso in chissà quale mondo.
Come potevano permetterle una cosa simile?
Se solo lei si azzardava a socchiudere gli occhi aveva già una bella punizione pronta da scontare per tutta la giornata.
Leggermente invidiosa, le rivolse uno sguardo ostile e intimidatorio, come a imporle di interessarsi al discorso che gli adulti stavano affrontando, visto che loro ne erano le protagoniste.
Ma l’altra sembrava ignorarla, anzi, quando entrò una farfalla nella stanza da una delle grandi porte finestre aperte, si alzò in piedi e iniziò a seguirla, presa da quell’esserino così colorato.
La novizia dea della guerra spalancò la bocca, alzandosi in piedi di scatto per raggiungerla e trascinarla di nuovo al proprio posto, quando la madre le posò una mano sulla schiena.
“Sens
ō, risiediti, è maleducazione, lo sai.” La riprese la donna, con voce ferma.
“Andiamo
Sensōburēku, lasciala andare, sono bambine. Tanto dovremmo rispiegare loro queste cose alla cerimonia dell’investitura, quando dovranno partire per la Terra.” Intervenne la dea della pace, con un sorriso dolce.
E così,
Sensō fu lasciata libera di agire di sua volontà per la prima volta da anni.
Ringraziò la donna con un piccolo inchino, rispettosa, e uscì, alla ricerca della bambina scortese.

 

La trovò nel piccolo giardino della proprietà, seduta sull’erba verde vicino al laghetto dei pesci rossi, con un’aria beata sul viso.
“Ehi, tu.”
Sensō la chiamò, cercando di essere autoritaria, avanzando a passo spedito seppur facesse fatica a muoversi con quel kimono.
“Sei stata molto maleducata a lasciare la stanza in quel modo, non hai nemmeno chiesto il permesso, salutato o… o…” si fermò, pensando ad un altro modo per congedarsi senza però trovarlo, concludendo con uno stizzito: “Beh, non si fa!”
La bambina si voltò verso di lei con tutta la naturalezza e la calma di questo mondo.
“Certo che posso farlo. Mamma ha detto che posso farlo, che sono libera di fare ciò che voglio.” Rispose, candidamente.
Sensō aggrottò la fronte.
“Bugiarda.”
“Perché dovrei mentire?” ribatté l’albina, sicura di sé, prima di continuare: “Non ti conosco e tra un centinaio di anni sarò la tua compagna di viaggio, non ne ricaverei nulla a mentirti su questa cosa, giusto?”
In effetti aveva ragione, ma quale genitore permetteva una cosa simile?
La casata della pace era quanto di più strano avesse visto, ma d’altronde erano imparentati con gli déi della mattina, degli stupidi, allegri, pimpanti e assurdi personaggi per natura.
Inspirò profondamente dal naso, prima di tendere la mano, risoluta.
“Sono S
ensō, la novizia dea della guerra. Ora ci conosciamo.” si presentò, sorprendendo l’altra, che sorrise e strinse quella mano.
“Io sono Heiwa, la novizia dea della pace. Per gli amici e parenti sono Hecchan, piac...”
“Ripeto che sei una bugiarda.” Insistette la corvina, senza nemmeno darle tempo di finire la frase, tanto era convinta della sua idea e dal voler ragione.
Heiwa sospirò, mentre il viso tornava ad essere atono, spento.
“E io ti ripeto che è la verità, non ci guadagnerei nulla a mentirti… e, credimi, che poter avere tanta libertà non è poi così bello…”mormorò, tornando a fissare il laghetto.
“Pace e tranquillità… ma tanta noia e solitudine.”
Sensō strinse le mani in un pugno, prima di afferrare la bambina per i capelli e tirarli, arrabbiata.
“Noia? Poter essere liberi lo consideri una noia? Non hai idea di quanto sia… di quanto sia pesante stare sempre sotto gli occhi di tutti, controllata e ripresa continuamente!” le gridò, lasciandola solo quando l’altra singhiozzò per il dolore.
Non le era mai successo, non aveva mai perso il controllo così.
“A me piacerebbe essere guardata, controllata, come dici tu… invece nessuno mi presta mai attenzione… A volte la nonna, ma… a casa sono sempre sola. Oggi è il primo giorno dopo tanto che vedo così tante persone.” Piagnucolò Heiwa, tenendosi le mani sui capelli, come a proteggerli da un altro attacco.
La moretta strinse le labbra, continuando a non comprendere il suo punto di vista, ma in effetti si era comportata male.
Non era colpa di Heiwa se lei era nata in una famiglia così protettiva e rigida, ma il suo orgoglio si rifiutava di chiederle scusa.
“Pensa prima di aprir bocca la prossima volta.” Sbottò, girandosi per tornare in sala, lontano da quella piaga.
Ma non sopportava la sua vista… figuriamoci fare un viaggio insieme lungo trent’anni come prevedeva l’esame!
Heiwa la guardò andare, con un velo di tristezza, prima di alzarsi e tornare nella stanza da cui era uscita prima.

 

Le due divinità madri osservarono le figlie allontanarsi, in silenzio.
Avevano assistito alla scena dietro dei cespugli fioriti, per tenerle d’occhio ma senza intervenire.
“Come inizio è un disastro.” commentò la dea della guerra, a braccia incrociate sotto il seno.
“Non sempre i rapporti sono rose e fiori. La loro educazione è così diversa che era inevitabile uno scontro.” Sospirò la dea della pace, sedendosi con la schiena contro un albero e le gambe raccolte al petto, lasciando così in vista le gambe nude a causa del vestito.
La compagna la guardò, avvicinandosi fino a trovarsi al fianco dell’altra, in ginocchio.
“Noi siamo andate subito d’accordo, se ricordi.” La contestò, accarezzandole il viso con la mano guantata di rosso scuro.
“Eravamo diverse.” Convenne la seconda donna, volgendo la testa altrove.
La dea della guerra era una tentatrice, oltre ad essere stata il suo primo amore. Non voleva lasciarsi andare ancora come nei tempi addietro, ma allo stesso tempo il suo corpo premeva per aver un maggiore contatto, qualcosa di più di quella carezza.
La donna dai lunghi capelli scuri le prese il viso con entrambe le mani, per guardarla nei suoi occhi,  occhi che avevano il colore delle nuvole di un cielo azzurro.
“Sens…” prima che Heiwa potesse pronunciare qualcosa, la corvina era già sulle sue labbra, ad accarezzarle con le proprie, dolci e morbide.
Non riusciva a resistere ai suoi baci, alle sue carezze, che giungevano sempre inaspettate e nei momenti meno opportuni.
La dea della pace si staccò di malavoglia, per parlare: “C’è anche mio marito qui… Lo sai…”
“Anche il mio… ma mi manchi. Mi mancano i nostri momenti insieme…” Soffiò Sens
ō, tornando a baciarla.
“E tu sai… che non smetterò mai di amarti.” Sussurrò ancora, al suo orecchio, dandole qualche veloce lappata e scendendo velocemente sul collo, fino a raggiungere poi il bordo azzurrino del vestito dell’altra, la sua solita veste cerimoniale da dea.
Entrambe erano sposate, si erano dovute sposare per convenienza, per avere una discendenza, ma si amavano.
Si amavano da sempre, si erano amate per tante notti, prima di doversi lasciare e mettere su famiglia.
Volevano bene ai loro mariti e alle loro figlie, ma il loro non era un sentimento facile da cancellare.
Qualche volta sfuggiva al loro controllo.
Come in quel momento.

 

 

* Sensōburēku: guerra/spezzare
* Heiwamusubitukeru: pace/legare
* Azalea: simbolo cinese della femminilità e della temperanza, simboleggia anche la fortuna, un fiore da regalare prima di affrontare una prova importante.
*ikebana: arte giapponese di disporre i fiori


Il gruppo Facebook
Parla Tomocchi
: Una mini-long che sarebbe dovuta essere presentata ad un contest, ma alla fine ho deciso di non farlo perché non rispettava il genere e non volevo forzare i personaggi a fare qualcosa che non è tipicamente loro, o perlomeno non in tempi così brevi... Sensoo ed Heiwa sono parte della storia “The Novices” ed era da tempo che volevo parlare anche di loro -che sono secondarie, mooolto secondarie!-...
Sarà composta da circa tre o quattro capitoli, che sto ancora scrivendo y.y
Comunque... sappiatemi dire.
Voglio ringraziare Nemainn e Soheila che hanno letto due capitoli e mezzo in anticipo e che mi hanno assicurato che la ff era a posto :D
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Profumo ***


Azalea2

PROFUMO DI AZALEA

Capitolo 2
Profumo

 

 

 

“Attenta a quel demone, Heiwa!”
La novizia dea della pace si voltò, alzando una mano contro quell’essere orrendo dalle fattezze umane ma dai poteri maligni, bloccandolo con una formula magica insegnatale proprio dalla m
adre durante il suo addestramento.
Il demone rimase fermo, immobile, finché Sensō non gli piant
ò un pugnale nel cuore, buttandolo poi a terra con un calcio ben assestato.
“Grazie dell’avvertimento, era di spalle e…” l’albina tentò di giustificarsi, ma l’altra la bloccò, come faceva sempre: “Di nulla. Siamo compagne, lo abbiamo giurato. Ma ricordati che dobbiamo avere tutti i sensi sempre all’erta e mai concentrati solo un punto. Non te lo hanno insegnato?”
Heiwa strinse le labbra, mordicchiandosi il labbro inferiore con i denti, prima di annuire più volte.
“Mi è stato insegnato, solo che… mi ero… distratta un attimo, ecco tutto.”
Era distratta perché aveva notato, con la coda dell’occhio, un demone puntare alla novizia della guerra, ma questi era riuscita a trafiggerlo prima che lei potesse urlarle qualche avvertimento.
Si erano stabilite da poco in un villaggio a nord della regione in cui erano arrivate da una quindicina di giorni e appena giunte in quel luogo lo avevano trovato assediato da un gruppetto di demoni di bassa lega.
Era stata una battaglia lunga, durata qualche giorno, ma quella mattina ne erano rimasti tre e finalmente avevano debellato la minaccia.
I paesani, baraccati nelle loro case, erano usciti per ringraziarle e offrire loro ospitalità e preghiere.
Perché una divinità viveva solo se invocato e pregato regolarmente da un buon gruppo di persone; se queste smettevano di credere, il dio moriva, spariva senza lasciare traccia e insieme a lui tutta la sua casata.
Per questo scendevano sulla Terra: per rassicurare e aiutare i fedeli, per dimostrar loro che c’erano, che erano lì per loro, una volta ogni duecento anni circa.
Erano passati già cent’anni da quel famoso incontro per suggellare il patto: Heiwa aveva compiuto da poco i centocinquanta anni di età, ma ne dimostrava solo quindici, così come
Sensō ne aveva centosessanta ma ne dimostrava solo sedici.
Da quel giorno, in cui si erano conosciute nel giardino della casata della guerra, si erano viste di rado.
Heiwa era rimasta colpita dalla ragazza, dalla sua tempra, dalla sua forza, iniziando a provare una innata ammirazione e un sentimento che sembrava bruciarla dall’interno ogni volta che la vedeva.
Desiderava il suo contatto, sfiorarla, toccarla, sorprendendosi più volte a fissare quelle labbra sottili così rosse della compagna, rosse come il vestito che ora indossava.
Si era impegnata per non apparire più una lagnosa bambina in cerca di attenzioni solo per lei, solo per non vedere più quegli occhi colmi d’invidia e di odio.
Desiderava che quello sguardo si tramutasse in interesse, in ardore e amore nei suoi confronti.
Fu riportata alla realtà dalle parole della ragazza, che la invitò a seguirla all’interno della locanda per poter rassicurare i cittadini che era tutto finito.

Passò qualche giorno in completa tranquillità, in cui gli abitanti del paese ringraziarono e pregarono le due novizie divinità, regalando loro vitalità e longevità.
Ma accadde qualcosa di inaspettato.
La sera di due giorni dopo la vittoria, giunse alla locanda un gruppo composto da sei novizi, compagni che le due ragazze conoscevano fin troppo bene.
Heiwa li osservava sulla soglia della porta, uno ad uno, a bocca semiaperta.
C’era Etheonoa, il novizio dio della cultura e dell’intelligenza, un ragazzo dalla pelle scura con i rasta castani, provvisto di occhiali e una sacca piena di libri su cui annotava sempre tutto, con la sua relativa compagna Ueuecoyotl, la novizia dea della natura selvaggia, una ragazza dalla pelle chiara, lunghi capelli di un rosa antico raccolti in una alta coda laterale fermata da un curioso fiore verde acqua, vestita, come sempre, il minimo indispensabile per non turbare eventuali pudici; vi era poi Bronte, suo cugino, il novizio dio del tuono e del fulmine, un ragazzo molto alto dagli elettrizzanti capelli biondi legati in una coda bassa,  mentre il suo compagno, Ymir, il novizio del ghiaccio, stava al suo fianco –e alla sua altezza, soprattutto…-, un ragazzo apatico con un caschetto azzurro chiarissimo, tanto che sembrava sfumare verso il bianco; infine, ultimi ma non meno importanti, si fecero avanti Zachi, il novizio dio del metallo, protettore dei fabbri, un ragazzo dai capelli grigio scuro lunghi fino a poco sopra le spalle, seguito dalla piccola Klodian, la novizia dea del legno, uno scoppiettante esserino sempre allegro dai capelli verde muschio acconciati in modo curioso tranne che per un ciuffo sempre fuori posto.
Sensō inarcò un sopracciglio, osservando i suoi compagni con aria contrariata, certamente non contenta della loro ingombrante presenza.
“Cosa ci fate qui?” domandò subito la corvina, alzandosi per piazzarsi di fronte al gruppo con fare autoritario.
Etheonoa parlò per tutti, evidentemente eletto capogruppo per il suo innato acume: “ Abbiamo deciso di formare un’alleanza tra di noi, in modo da proteggerci meglio le spalle l’un l’altro. Il viaggio sarà più lento, ma la cosa importante è la sicurezza dei nostri fedeli. Seguendo le voci, vi abbiamo raggiunto qui, per chiedervi di unirvi a noi.”
Heiwa lanciò un’occhiata alla novizia del conflitto, che ponderava la cosa. Era sempre lei a decidere per tutte e due, si fidava delle sue scelte che si erano sempre rivelate migliori delle sue proposte. Ma quella volta voleva poter esprimere il suo pensiero.
“Secondo me dovremmo accettare. Mi sembra un’ottima soluzione: nel caso capitassero altri attacchi e occupazioni come questa che abbiamo affrontato pochi giorni fa, loro ci aiuterebbero a debellarla più in fretta.” Disse, mentre il novizio dio dell’intelligenza annuiva, senza dimenticarsi del parere dell’altra ragazza, che fissò la compagna albina e, dopo quello che parve un interminabile minuto, accettò la cosa a sua volta.
L’alleanza era suggellata, il gruppo formato.
“Lo faccio solo per te.” Sussurrò la corvina all’orecchio di Heiwa, che rabbrividì appena per il suono di quella voce tagliente che allo stesso tempo amava sentire. Apprezzò molto quella gentilezza, sorridendo piena di gioia all’indirizzo di
Sensō, che borbottò poi altri vantaggi che in effetti avevano più che senso alla luce dei fatti.
I novizi déi si sistemarono nell’ostello per quella notte, riprendendo il viaggio il giorno successivo.

Tutto sembrava funzionare correttamente e sempre meglio. Dopo aver unito le forze, era più semplice sconfiggere demoni di forza superiore, anche se non mancavano i tagli, le ferite, ma nulla che non si potesse risolvere con un’ottima fasciatura o con una piccola magia di guarigione di Heiwa o Etheonoa.
Il vero problema era la notte.
Accampandosi in gruppo nelle varie pensioni, ogni coppia aveva una stanza per sé, mentre
Sensō ed Heiwa erano state abituate a dormire in letti separati, mai nello stesso.
La vicinanza dell’altra metteva la novizia della pace in uno stato di tensione, privandola spesso e volentieri di molte ore di sonno.
Anche quella nottata, la novizia della guerra dormiva pacifica, contrariamente alla sua natura, ancora più vicino alla compagna per la presenza incessante di una forte tempesta fuori. Bronte era riuscito a controllare i fulmini e a tenerli lontani dall’edificio, ma la burrasca fuori era comunque molto grave, tanto da spaventare un po’ la ragazza corvina che Heiwa considerava tutta d’un pezzo.
Non l’aveva mai vista così agitata, prima che l’altra si stringesse a lei e si rasserenasse, alimentando così i costanti e sempre più forti battiti del suo cuore, tanto da risuonarle perfino nelle orecchie.
La guardava, distesa al suo fianco, mentre il petto si alzava e si abbassava con regolarità, tempi dettati dal respiro sicuro; guardava la sua pelle liscia, morbida, come constatò nel toccarla con i polpastrelli delle dita; guardava i suoi fluenti capelli neri, in cui passò una mano per farle una carezza.
Guardava le sue labbra, quelle labbra così vicine,  le sarebbe bastato avvicinarsi di poco per poterle sfiorare… E il suo profumo. Oh, il suo profumo! Quella particolare fragranza di cui la ragazza odorava la mandava fuori di testa.
L’aveva sentito anche nel giardino della casata della guerra, era certa che fosse profumo di Azalea.
Tremante, si sporse, incapace di trattenersi, fino a premere le proprie labbra contro quelle di
Sensō, un muto bacio desiderato e pieno di aspettativa, un’aspettativa che soddisfò i suoi pensieri.
Quel bacio sembrò farle esplodere qualcosa nel petto, sentì le guance scaldarsi, il suo intero corpo pareva in fiamme, spingendola ad un contatto maggiore che la novizia della pace si negò, nel tentativo di controllarsi.
Si staccò con un sospiro mal trattenuto, voltandosi dall’altra parte mentre il cuore continuava a battere ad una velocità spropositata, tanto da impaurirla e farle temere che l’altra lo sentisse.
Ad occhi sgranati fissava il muro senza realmente vederlo, con un turbine di pensieri che affollavano la sua mente sconvolta.
Desiderava ancora baciare Senso. Desiderava il suo tocco, la sua bocca su di sé, il suo corpo intrecciato al proprio, il suo calore e la sua fermezza.
Desiderava la sua voce sussurrarle, come aveva fatto alla locanda, parole d’amore, parole che, era certa, non sarebbero arrivate, o almeno, era quello che credeva.
Sensō a quel contatto si era svegliata, ma aveva aspettato parecchio tempo prima di aprire gli occhi.
Fissava la schiena nivea della novizia dea pacifica, sorpresa a sua volta da quel gesto inaspettato.
Rimase interdetta per qualche attimo, prima di darsi un tono e richiudere gli occhi per riprendere sonno, fallendo miseramente.

La mattina erano tutti pronti per partire di nuovo: Etheonoa dirigeva le azioni dei compagni, esortandoli a muoversi e a lasciare tutto perfettamente in ordine, come lo aveva trovato.
Heiwa faticava a lasciare il letto, stava seduta sul bordo con il naso affondato nel lenzuolo che stava stringendo al petto, come un pupazzetto; se era tanto audace, era perché Sensō si era recata al bagno per darsi una rinfrescata e la novizia ne aveva approfittato per bearsi ancora di quell’odore tanto buono e inebriante.
Non lo voleva dimenticare…
Il ragazzo con i rasta le si avvicinò, con uno sguardo interrogativo e scocciato.
“Si può sapere cosa stai facendo?”
Heiwa sobbalzò, alzando appena la testa ma senza staccarsi da quel lenzuolo, rossa come un pomodoro. “A… annuso.” Sussurrò.
“Annusi?” il compagno sembrava sconcertato e lei si maledì internamente per aver rivelato cosa stava facendo veramente. La sua maledetta sincerità!
Annuì appena con un leggero cenno, fuggendo con lo sguardo: “Io… c’è questo profumo buono che non voglio dimenticare…” spiegò, cercando di restare vaga.
Etheonoa la fissò ancora per qualche minuto, ma poi le batté un libro sulla testa, autoritario.
“Poche storie, potrà anche essere profumo di rose, ma io voglio partire al più presto e con i letti rifatti! Perciò alzati, preparati e cammina!” le ordinò, prima di voltarsi e andare ad occuparsi di altri eventuali pigroni.
Heiwa sospirò, lasciando a malincuore quel pezzo di stoffa così prezioso.
L’attimo dopo Sensō rientrò nella stanza e le due si fissarono negli occhi per qualche istante, prima di volgerli altrove, colte da un grande imbarazzo.
Heiwa non si accorse che anche la compagna aveva dissuaso quel contatto da lei, perciò rimase ferma nei suoi pensieri non corrisposti e si preparò in silenzio, pronta a riprendere il viaggio.

 


Il gruppo Facebook
La storia principale
Parla Tomocchi:
Nuovo capitolo! Messo il bannerino su, così vedete le due ragazze… qui c’è il pezzo che c’è nell’intro :D Vedo che la storia piace e ne sono contenta *-* qui il tempo è passato, come è scritto, e presento un po’ anche i loro compagni… ci sono disegni anche di loro sul mio Deviantart!
Ma passo ai ringraziamenti! Un grazie a Soheila per avermi segnalato sviste tremende lol, un grazie a Nomura, Nemainn e Veritaserum00 per aver messo la storia tra le seguite, a maria_sharapova per averla messa nelle preferite e a Manny_chan, Soheila e Hanna Lewis per aver recensito! <3
Grazie grazie grazie e alla prossima! :D <3

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ferite ***


PROFUMO DI AZALEA

Capitolo 3
Ferite

 

Erano passati un paio di anni da quella notte piena di sorprese.
Heiwa si era scoperta impacciata, evitava più volte lo sguardo di
Sensō anziché cercarlo come prima e soprattutto evitava ogni contatto con lei.
Ogni qualvolta che si sfioravano anche solo per sbaglio, l’albina saltava come una molla, allontanandosi sempre con qualche scusa per evitare di cedere a quei sentimenti che si erano rafforzati ogni giorno di più, conscia di non potersi lasciare andare a simili leggerezze durante un viaggio così importante.
Certo vi erano stati svaghi, divertimenti e incontri inaspettati –aveva rivisto i suoi cugini Hi, il novizio del mattino e Tsuchi, la novizia della terra- ma lei non era come Ho, il novizio del fuoco, che senza farsi scrupoli passava una notte di piacere sfrenato con chiunque volesse… d’altronde lui era anche detentore dei titoli della fortuna e del sesso… se solo lo fosse stata anche lei, e non così ligia al dovere!
Quei pensieri la stavano tormentando anche quel giorno di viaggio, incessanti e ininterrotti.
Scosse la testa, prendendosela tra le mani, biascicando qualche scusa agli altri prima di camminare e inoltrarsi ancora più nel profondo di quel boschetto in cui il gruppo si era accampato per riposarsi.
Si fermò in un piccolo spazio circolare, lasciandosi cadere sulla morbida erba verde, mentre cercava di fermare quella lotta interiore, ma un tocco sulla spalla la interruppe. Un tocco che si rivelò essere proprio di
Sensō.
L’aveva seguita, preoccupata, notando quanto l’altra sembrasse afflitta e tormentata da qualcosa, ma Heiwa sobbalzò, cercando di strisciare lontano da lei, lei che era la protagonista e la causa dei suoi pensieri.
“Si può sapere perché fuggi? Cosa ti ho fatto? Se hai qualcosa contro di me, dimmelo in faccia!”
La novizia della guerra era arrivata al limite.
Non capiva a che gioco stesse giocando la ragazza. Si era accorta del suo bacio, aveva sentito quelle labbra morbide sulle sue e quel sentimento aveva bruciato nel suo animo come un fuoco, mandandola in confusione e facendola riflettere per giorni, anni.
L'evento non si era più ripetuto, anzi, l’albina aveva iniziato ad evitarla e lei ne era rimasta ferita. Che fosse stato solo uno scherzo, una prova? Che le avesse fatto schifo? Non poteva sopportarlo.
E soprattutto non poteva sopportare di provare quell’affetto nei suoi confronti.
Un affetto che non sarebbe mai potuto sbocciare, di cui avrebbe potuto vergognarsi se la compagna l’avesse rifiutata.
Strinse le labbra, in attesa di risposta, ma la novizia della pace la fissava ad occhi sgranati con la bocca aperta, quelle guance rosee che la rendevano adorabile...
Non riusciva a togliersela dalla testa, non riusciva a far desistere quel desiderio nei suoi confronti.
Stava per aggiungere altro, quando dalla vegetazione uscì un ragazzino esile, dai corti capelli lilla e il vestito dello stesso colore. Heiwa lo riconobbe subito come Pan, il novizio dio della paura, i cui poteri erano ridurre ad uno straccio l’avversario proprio scatenando le sue stesse paure.
“Ma guarda chi abbiamo qui… Heiwa e Sensō! Che piacere vedervi, ma allo stesso tempo ho idea che dovrò mettervi fuori combattimento!” il ragazzino sorrise, allargando le braccia mentre un improvviso buio avvolgeva le due ragazze, che iniziarono a guardarsi attorno in cerca di una via di fuga, disperate.
La paura era il peggior sentimento che si potesse provare, il peggiore tra tutti.
Heiwa sentì la risata di Pan come un’eco lontano in quel silenzio assordante, sentiva dei brividi percorrerle la schiena semi nuda mentre si stringeva le braccia al petto, mentre gli occhi saettavano da una parte all’altra in quello spazio completamente nero.
Ad un tratto scorse una figura stesa e tremolante nel buio, una figura che, mano a mano che si avvicinava curiosa, si rivelò essere ancora Sensō.
La ragazza corvina era a terra, sopra una pozza di sangue, che tossiva e ansimava in cerca d’aria, il viso sporco e in certe parti tumefatto.
“Sensō!” esclamò l’albina, accorrendo al suo fianco e tentando di voltarla, con delicatezza, per aiutarla.
Doveva guarirla, doveva guarirla subito!
Anche se erano immortali, il dolore era uguale per tutti e soffrire in quella maniera portava alla pazzia, o peggio, al coma eterno…
Erano compagne, erano legate da un patto di reciproca alleanza, ma non avrebbe permesso in ogni caso che la persona che amava soffrisse in quel modo.
Inspirò ed espirò forte dal naso, cercando di calmarsi per ricordare la formula esatta per guarirla, ma i pensieri preoccupati e ansiosi per la ragazza affollavano la sua mente di continuo, facendola cadere nel panico ogni volta che riusciva ad uscire da quello stato dopo un paio di respiri.
L’incantesimo continuava a sfuggirle, la risata di Pan era tornata e la distraeva sempre più, senza contare che aveva iniziato a sentire pure altre voci.
Voci dei parenti di Sensō che la accusavano di essere venuta meno al patto, voci che la denigravano e la incolpavano della sua fine di divinità e della scomparsa di tutta la casata.
Una responsabilità che la stava schiacciando, che la stava facendo piegare su se stessa come un riccio nel tentativo di difendersi, di conservare lucidità.
Non riusciva a capire se era realtà o finzione, se l’amata era stata colpita davvero o se era solo un’illusione…
Con la testa che le scoppiava, Heiwa chiuse gli occhi e iniziò a gridare, gridò quanto poté per potersi liberare di tutto quello che stava passando, gridò finché ebbe voce, gridò talmente forte da essere fastidiosa anche per le proprie orecchie.
E mentre gridava, fredde lacrime iniziarono a rigarle il viso, panico e colpa che le stringevano il cuore in una morsa talmente forte da mozzarle il fiato, da renderla nulla se non un solo corpo fatto di carne.
Senza Sensō lei non esisteva.
Senza Sensō lei non era nulla.
Senza Sensō lei non aveva alcun valore.
Senza Sensō, senza la sua forza, lei non aveva obiettivi.
Si era totalmente annullata per lei, dipendeva dalla novizia della guerra in tutto e per tutto, quasi fosse stata la sua linfa vitale.
Boccheggiante e senza più voce da tanto che aveva gridato, ebbe la forza di rialzare appena il capo e guardare la compagna ancora stesa a terra in quella pozza dello stesso colore del suo vestito.
Scossa da brividi si avvicinò e la abbracciò, sentendo il freddo del corpo gelarle il sangue.
Pianse ancora, a singhiozzi irregolari, abbandonandosi del tutto…
“Heiwa!”
Quella voce…
“Heiwa!”
Così familiare e imperativa…
“Heiwa, per la miseria, ti avevo detto di smetterla di fare la piagnucolona!”
La novizia della pace ebbe un senso si vertigini e l’attimo dopo si ritrovò sdraiata a terra, con la faccia appoggiata sull’erba, di nuovo nello piccolo spiazzo del boschetto.
Uno stivale rosso dalla suola nera le negava buona parte della vista, ma mai visione fu più bella.
A fatica, Heiwa cercò di mettersi seduta nonostante la testa le girava, ma una presa forte del braccio la rimise perfino in piedi.
“Sen…” pronunciò il suo nome con voce tremante, ma la corvina non le diede nemmeno il tempo di dirlo per intero perché la strinse forte a sé, talmente forte che poteva sentire il profumo della sua pelle.
Di nuovo quel dolce profumo di Azalea.
L’odore parve avvolgerla come una coperta, rassicurandola che era tutto a posto.
Preso coraggio, la ragazza la strinse forte di rimando, toccandole schiena, spalle e braccia nel tentativo di sincerarsi che fosse reale, viva.
“Sensō… credevo… credevo di averti…” le parole le morirono in gola, non sapeva cosa dire se non che era felice di sentirla di nuovo tra le sue braccia.
“Era un’illusione. Lo sai che Pan sfrutta le paure…”
“Ma perché ci ha attaccate? L’esame non prevede scontri tra di noi…”
“Ma chi punta ad essere il re delle divinità sì.”
Heiwa si ammutolì di colpo, mentre la sua mente le passava timidamente un ricordo dove sua madre le spiegava un piccolo particolare del loro mondo.

“C’è bisogno sempre e comunque di un capo, Hecchan. Così, oltre all’esame, è possibile anche proporsi come Re o Regina di noi divinità.”
“E come è possibile mamma? Ma quanti esami ci sono da fare?” la piccola Heiwa sbuffò sonoramente, incrociando le piccole braccia al petto.
Altro che pace, sentiva solo parlar di battaglie. Per questo il suo pensiero corse a quella bambina che sarebbe stata sua compagna, Sensō…
La donna le sorrise dolcemente, prendendola tra le braccia. Una delle rarissime occasioni che la piccola novizia si godeva quando poteva.
“Mentre viaggerete, sarete sempre giudicati. Noi genitori vi guarderemo da quassù, per vegliare e per osservare le vostre capacità. Il più forte, il più responsabile e altre qualità che fanno un buon re le vediamo dai vostri comportamenti, trent’anni di viaggio ci servono anche per capire quale di voi è il più adatto a guidarci...”

Era vero.
Loro avevano avuto la fortuna di allearsi con alcuni dei loro compagni, ma altri non erano dello stesso avviso e ci tenevano a dimostrare quanto erano forti da soli.
Pan, insieme a Uragiri, il dio dell’odio, era sicuramente tra i novizi più pericolosi.
“Come hai fatto a liberarti di lui?” domandò l’albina, osservando il corpo del ragazzo tramortito, abbandonato a terra.
Sensō lo guardò a sua volta con una smorfia, stringendosi nelle spalle: “Ho semplicemente tenuto a mente che in quello spazio buio c’erano soltanto falsità –a quella frase Heiwa si sentì sciocca nell’aver pensato che fosse stato tutto reale- e, a fatica, sono riuscita a colpirlo. Quando poi si è distratto, sono uscita da quel limbo che crea e l’ho definitivamente battuto.” E le mostrò un pugnale, facendole intendere che aveva usato l’impugnatura di tale arma.
“Spero che Virtus venga a recuperarlo al più presto…”
Virtus era il novizio dio del coraggio, nonché compagno di Pan, un ragazzo dai capelli castani piuttosto alto e, al contrario della sua natura, un po’ timoroso e sempre riguardevole nei confronti degli altri.
Come se fosse stato evocato, il novizio uscì dalla boscaglia col fiato corto, guardandosi attorno finché non si rese conto che Pan era lì a terra.
“Pan!” si fiondò subito vicino al compagno, prendendolo in braccio come se fosse stato una principessa da salvare, cosa che fece sorridere appena la novizia della pace e quella della guerra.
“Sta… sta bene?” chiese Virtus alle due ragazze, che annuirono.
“Ci ha attaccate.” Precisò Sensō, per farlo sentire in colpa, ma Heiwa continuò il discorso: “Non gli abbiamo fatto troppo male, è solo… svenuto. Ma è meglio che ve ne andiate, prima che vi vedano gli altri.” Sussurrò, facendo segno con la mano di muoversi e il ragazzo dai capelli castano chiaro annuì più volte e le salutò, riconoscente.
Lo sguardo preoccupato e amorevole che Virtus rivolse a Pan era intenso, talmente intenso che fece arrossire di imbarazzo le due novizie.
Una volta sole, Sensō occhieggiò più volte la compagna, prima di inspirare e porre una domanda che le ronzava in testa da quando l’aveva liberata.
“Cosa… cosa hai visto, laggiù?” domandò, con un tono disinteressato, ma che in realtà non lo era, oh, se non lo era.
Heiwa si voltò a guardarla, le guance che le imporporavano il viso mano a mano che il tempo passava.
E ora, cosa le avrebbe detto?

 

Il gruppo Facebook
La storia principale
Parla Tomocchi:
Siamo alle battute finali! Il prossimo capitolo è l’ultimo y.y mi pare. O il penultimo. Devo ancora decidere se piazzarci un epilogo o meno, e soprattutto se inserire una parte o meno…
La parte del combattimento è stata omessa, lo so, ma ho preferito concentrarmi su Heiwa e sulla sua paura che sull’azione… ho fatto bene? Male? Ditemi lol.
Ma passo ai ringraziamenti! Un grazie a Manny_chan e Soheila per aver recensito l’ultimo capitolo, un grazie a Erzi, Ignis_eye, Soheila, mariaconce95 e Zeta81 per aver messo la storia nelle seguite (siete tantissim*!) e a furaibo, nana yagami, mariaconce95 e Zeta81 per aver messo la storia tra le preferite, adirittura *//* sono davvero contenta che piaccia. <3
Un grazie sempre e speciale a faith_bella che mi ha suggerito lo scontro, a Soheila che mi segue e mi bacchetta –e meno male lol- e a Manny, che ha sempre creduto in questi personaggi più e prima di chiunque altro, fin da quando sono nate. <3
Alla prossima! :3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2641703