PROFUMO
DI AZALEA
Capitolo
1
Educazione
Era
un giorno come un altro, nell’Alto dei
Cieli, un luogo posto al di sopra dell’atmosfera.
Un luogo in cui il tempo scorreva più lentamente, un luogo
dove risiedevano le
divinità di un mondo molto simile alla Terra, ma pregno di
magia e di creature
soprannaturali.
Un giorno come un altro… tranne che per la piccola Sensō.
Sensō
era
la futura dea della guerra, che avrebbe ereditato il titolo
dalla madre, Sensōburēku*-
chiamata anche solo Sensō
quando non era presente la figlia, in modo da non confonderle-,
l’attuale divinità del conflitto.
La divinità era una donna dai lunghi capelli corvini,
raccolti in una coda alta
ornata da un nastro rosso sangue, lo stesso colore del vestito
cerimoniale che
indossava completo anche di bordi neri, così come i guanti
lunghi fino ai
gomiti e gli stivali fino alle ginocchia;
una
volta cresciuta la
piccola Sensō
sarebbe dovuta scendere sulla Terra e avrebbe
dovuto passare un esame che l’avrebbe certificata idonea per
quel ruolo.
Era ancora una bambina, solo una novizia che dimostrava circa sei anni,
ma il
suo sguardo sembrava indicare già una certa
maturità: essendo una divinità
principale, la sua famiglia l’aveva educata rigidamente fin
dalla più tenera
età, insegnandole le regole, il portamento e la disciplina,
ricordandole che la
guerra era un’arte, uno stile di vita.
Non si era mai sottratta alla sua natura, anche se spesso i compiti e
le
lezioni erano state difficili, pesanti, troppo pesanti per una bambina
così
piccola.
La maggior parte dei suoi compagni, novizi déi come quelli
del fuoco, del
mattino o della tempesta, spesso iniziavano l’addestramento
una volta raggiunta
la preadolescenza; altri, invece, come la novizia dea della natura
selvaggia,
dell’arte e dell’amore iniziavano proprio come lei,
ancora infanti.
Quel giorno avrebbe incontrato la sua futura partner, la figlia della
dea della
pace: infatti era necessario che la coppia fosse formata da due nature
opposte,
in modo da bilanciare i loro poteri.
Una volta raggiunta l’età adolescenziale, la
coppia sarebbe scesa fin sulla
Terra a raccogliere fedeli tra gli umani, combattere i demoni e a
affrontare
l’esame per diventare una effettiva divinità.
Il loro incontro era necessario per suggellare l’alleanza tra
le due casate, un
evento importante per
entrambe le famiglie.
Vestirono Sensō con un
kimono rosso scuro
dal tessuto pregiato, decorato con immagini di fiori di Azalea*, chiuso
e
stretto in vita da una fascia nera di cotone, mentre il caschetto
corvino era
ornato da un fermacapelli dorato molto particolare.
La genitrice prese per mano la piccola novizia, accompagnandola nel
grande
salone della villa dove si sarebbe tenuto l’incontro,
facendola sedere con
grazia sul pavimento.
La bambina si guardò attorno, studiando la stanza, una
enorme sala con grandi
finestre sul lato sinistro, con attenzione: per l’occasione
l’arredamento era
stato ridotto al minimo, in modo da permettere a più persone
di starvi; ad ogni
angolo stava un vaso con fiori colorati dai lunghi steli, disposti da
sua
madre, abile nell’arte dell’ikebana*, mentre sul
pavimento erano disposti dei
morbidi cuscini di colore rosso su cui era possibile sedersi.
Gettò uno sguardo dietro di sé, avvertendo dei
rumori provenienti dall’atrio,
che indicavano l’arrivo dei tanto attesi ospiti.
Tornò composta, a testa alta, schiena dritta e le manine
appoggiate sulle
gambe, proprio qualche attimo prima che i membri della casata affiliata
alla
loro entrassero nella stanza con un chiasso incredibile.
Contrariamente alla famiglia della dea della guerra, quelli della pace
erano
sempre allegri, il più delle volte rumorosi ma allo stesso
tempo concilianti,
tanto da farti dimenticare i problemi di ogni genere, fino a rendere
qualunque
situazione tranquilla.
La sua attenzione fu subito catturata da una bambina, che dimostrava
qualche
anno meno di lei, dai capelli bianchi lunghi fino alle spalle, dallo
sguardo
apatico.
Il vestito era candido e semplice, tanto da farla sembrare un fantasma,
tranne
che per la pelle di un rosato pallido.
Si fissarono negli occhi per qualche istante, prima che la dea della
pace
facesse sedere la figlia su uno dei morbidi cuscini.
La bambina corvina osservò poi la madre di
quest’ultima, Heiwamusubitukeru -o
chiamata anche solo Heiwa da pochi intimi-, una figura che sembrava
essere
l’opposto della sua genitrice: i capelli bianchi erano
raccolti in una
bellissima treccia laterale che cadeva morbida sulla spalla e sul
petto, il
vestito semplice di un colore giallo pallido e dai bordi azzurrini, con
stivaletti dagli stessi colori.
Dovette distogliere lo sguardo perché sua madre la
richiamò con una mano sulla
spalla, intimandole col solo sguardo di stare attenta.
L’incontro stava per iniziare.
Era
già passata un’ora, la riunione avrebbe
dovuto volgere al termine entro breve.
Sensō
aveva ascoltato con attenzione fino a metà
discorso, in cui la madre aveva chiarito che le due ragazze si
sarebbero dovute
sostenere a vicenda -come un centinaio di anni prima avevano fatto lei
e
l’altra dea- nella lotta contro il male, prima di portare i
suoi profondi occhi
neri di nuovo sulla futura partner.
Al contrario dei parenti piuttosto chiassosi lei era tranquilla,
pacata, lo
sguardo perso in chissà quale mondo.
Come potevano permetterle una cosa simile?
Se solo lei si azzardava a socchiudere gli occhi aveva già
una bella punizione
pronta da scontare per tutta la giornata.
Leggermente invidiosa, le rivolse uno sguardo ostile e intimidatorio,
come a
imporle di interessarsi al discorso che gli adulti stavano affrontando,
visto
che loro ne erano le protagoniste.
Ma l’altra sembrava ignorarla, anzi, quando entrò
una farfalla nella stanza da
una delle grandi porte finestre aperte, si alzò in piedi e
iniziò a seguirla,
presa da quell’esserino così colorato.
La novizia dea della guerra spalancò la bocca, alzandosi in
piedi di scatto per
raggiungerla e trascinarla di nuovo al proprio posto, quando la madre
le posò
una mano sulla schiena.
“Sensō,
risiediti, è maleducazione, lo sai.” La riprese la
donna, con
voce ferma.
“Andiamo Sensōburēku,
lasciala andare, sono bambine. Tanto dovremmo rispiegare
loro queste cose alla cerimonia dell’investitura, quando
dovranno partire per
la Terra.” Intervenne la dea della pace, con un sorriso
dolce.
E così, Sensō
fu lasciata libera di agire di sua volontà per la prima
volta
da anni.
Ringraziò la donna con un piccolo inchino, rispettosa, e
uscì, alla ricerca
della bambina scortese.
La
trovò nel piccolo giardino della proprietà,
seduta sull’erba verde vicino al laghetto dei pesci rossi,
con un’aria beata
sul viso.
“Ehi, tu.” Sensō
la
chiamò, cercando di
essere autoritaria, avanzando a passo spedito seppur facesse fatica a
muoversi
con quel kimono.
“Sei stata molto maleducata a lasciare la stanza in quel
modo, non hai nemmeno
chiesto il permesso, salutato o… o…” si
fermò, pensando ad un altro modo per
congedarsi senza però trovarlo, concludendo con uno
stizzito: “Beh, non si fa!”
La bambina si voltò verso di lei con tutta la naturalezza e
la calma di questo
mondo.
“Certo che posso farlo. Mamma ha detto che posso farlo, che
sono libera di fare
ciò che voglio.” Rispose, candidamente.
Sensō
aggrottò la fronte.
“Bugiarda.”
“Perché dovrei mentire?”
ribatté l’albina, sicura di sé, prima
di continuare:
“Non ti conosco e tra un centinaio di anni sarò la
tua compagna di viaggio, non
ne ricaverei nulla a mentirti su questa cosa, giusto?”
In effetti aveva ragione, ma quale genitore permetteva una cosa simile?
La casata della pace era quanto di più strano avesse visto,
ma d’altronde erano
imparentati con gli déi della mattina, degli stupidi,
allegri, pimpanti e
assurdi personaggi per natura.
Inspirò profondamente dal naso, prima di tendere la mano,
risoluta.
“Sono Sensō,
la novizia dea della guerra. Ora ci conosciamo.” si
presentò,
sorprendendo l’altra, che sorrise e strinse quella mano.
“Io sono Heiwa, la novizia dea della pace. Per gli amici e
parenti sono
Hecchan, piac...”
“Ripeto che sei una bugiarda.” Insistette la
corvina, senza nemmeno darle tempo
di finire la frase, tanto era convinta della sua idea e dal voler
ragione.
Heiwa sospirò, mentre il viso tornava ad essere atono,
spento.
“E io ti ripeto che è la verità, non ci
guadagnerei nulla a mentirti… e,
credimi, che poter avere tanta libertà non è poi
così bello…”mormorò,
tornando
a fissare il laghetto.
“Pace e tranquillità… ma tanta noia e
solitudine.”
Sensō
strinse le mani in un pugno, prima di afferrare la bambina per
i capelli e tirarli, arrabbiata.
“Noia? Poter essere liberi lo consideri una noia? Non hai
idea di quanto sia…
di quanto sia pesante stare sempre sotto gli occhi di tutti,
controllata e
ripresa continuamente!” le gridò, lasciandola solo
quando l’altra singhiozzò
per il dolore.
Non le era mai successo, non aveva mai perso il controllo
così.
“A me piacerebbe essere guardata, controllata, come dici
tu… invece nessuno mi
presta mai attenzione… A volte la nonna, ma… a
casa sono sempre sola. Oggi è il
primo giorno dopo tanto che vedo così tante
persone.” Piagnucolò Heiwa,
tenendosi le mani sui capelli, come a proteggerli da un altro attacco.
La moretta strinse le labbra, continuando a non comprendere il suo
punto di
vista, ma in effetti si era comportata male.
Non era colpa di Heiwa se lei era nata in una famiglia così
protettiva e
rigida, ma il suo orgoglio si rifiutava di chiederle scusa.
“Pensa prima di aprir bocca la prossima volta.”
Sbottò, girandosi per tornare
in sala, lontano da quella piaga.
Ma non sopportava la sua vista… figuriamoci fare un viaggio
insieme lungo
trent’anni come prevedeva l’esame!
Heiwa la guardò andare, con un velo di tristezza, prima di
alzarsi e tornare
nella stanza da cui era uscita prima.
Le due
divinità madri osservarono le figlie allontanarsi, in
silenzio.
Avevano assistito alla scena dietro dei cespugli fioriti, per tenerle
d’occhio
ma senza intervenire.
“Come inizio è un disastro.”
commentò la dea della guerra, a braccia incrociate
sotto il seno.
“Non sempre i rapporti sono rose e fiori. La loro educazione
è così diversa che
era inevitabile uno scontro.” Sospirò la dea della
pace, sedendosi con la
schiena contro un albero e le gambe raccolte al petto, lasciando
così in vista
le gambe nude a causa del vestito.
La compagna la guardò, avvicinandosi fino a trovarsi al
fianco dell’altra, in
ginocchio.
“Noi siamo andate subito d’accordo, se
ricordi.” La contestò, accarezzandole il
viso con la mano guantata di rosso scuro.
“Eravamo diverse.” Convenne la seconda donna,
volgendo la testa altrove.
La dea della guerra era una tentatrice, oltre ad essere stata il suo
primo
amore. Non voleva lasciarsi andare ancora come nei tempi addietro, ma
allo
stesso tempo il suo corpo premeva per aver un maggiore contatto,
qualcosa di
più di quella carezza.
La donna dai lunghi capelli scuri le prese il viso con entrambe le
mani, per
guardarla nei suoi occhi, occhi
che
avevano il colore delle nuvole di un cielo azzurro.
“Sens…” prima che Heiwa potesse
pronunciare
qualcosa, la corvina era già sulle sue labbra, ad
accarezzarle con le proprie,
dolci e morbide.
Non riusciva a resistere ai suoi baci, alle sue carezze, che giungevano
sempre
inaspettate e nei momenti meno opportuni.
La dea della pace si staccò di malavoglia, per parlare:
“C’è anche mio marito
qui… Lo sai…”
“Anche il mio… ma mi manchi. Mi mancano i nostri
momenti insieme…” Soffiò Sensō,
tornando a baciarla.
“E tu sai… che non smetterò mai di
amarti.” Sussurrò ancora, al suo orecchio,
dandole qualche veloce lappata e scendendo velocemente sul collo, fino
a
raggiungere poi il bordo azzurrino del vestito dell’altra, la
sua solita veste
cerimoniale da dea.
Entrambe erano sposate, si erano dovute sposare per convenienza, per
avere una
discendenza, ma si amavano.
Si amavano da sempre, si erano amate per tante notti, prima di doversi
lasciare
e mettere su famiglia.
Volevano bene ai loro mariti e alle loro figlie, ma il loro non era un
sentimento facile da cancellare.
Qualche volta sfuggiva al loro controllo.
Come in quel momento.
*
Sensōburēku:
guerra/spezzare
* Heiwamusubitukeru: pace/legare
* Azalea: simbolo cinese della femminilità e della
temperanza, simboleggia
anche la fortuna, un fiore da regalare prima di affrontare una prova
importante.
*ikebana: arte giapponese di disporre i fiori
Il
gruppo Facebook
Parla Tomocchi:
Una mini-long che
sarebbe dovuta essere presentata ad un contest, ma alla fine ho deciso
di non
farlo perché non rispettava il genere e non volevo forzare i
personaggi a fare
qualcosa che non è tipicamente loro, o perlomeno non in
tempi così brevi...
Sensoo ed Heiwa sono parte della storia “The
Novices” ed era da tempo che
volevo parlare anche di loro -che sono secondarie, mooolto
secondarie!-...
Sarà composta da circa tre o quattro capitoli, che sto
ancora scrivendo y.y
Comunque... sappiatemi dire.
Voglio ringraziare Nemainn e Soheila che hanno letto due capitoli e
mezzo in
anticipo e che mi hanno assicurato che la ff era a posto :D
Alla prossima!