Figlia di una Notte

di Artemide12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ryan ***
Capitolo 3: *** Ghish ***
Capitolo 4: *** Mark ***
Capitolo 5: *** Il volo ***
Capitolo 6: *** La figlia - parte prima ***
Capitolo 7: *** La figlia - parte seconda ***
Capitolo 8: *** La figlia - parte terza ***
Capitolo 9: *** La figlia - parte quarta ***
Capitolo 10: *** La figlia - parte quinta ***
Capitolo 11: *** La Figlia - parte sesta ***
Capitolo 12: *** La figlia - parte settima ***
Capitolo 13: *** La figlia - parte ottava ***
Capitolo 14: *** La figlia - parte nona ***
Capitolo 15: *** La figlia - parte decima ***
Capitolo 16: *** Casa ***
Capitolo 17: *** Lo spettro ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

18 anni prima

 

Era ormai notte fonda, ma la luce della luna piena illuminava gran parte della spiaggia.

Lei stava in veranda con la faccia rivolta verso il mare che sembrava cullarla con la sua melodia.

La leggera brezza le smuoveva i capelli e le accarezzava le guance con insolita delicatezza.

La sabbia finissima bianchissima brillava d'argento lì dove s'infrangevano le onde.

Nessuna delle luci della casa era accesa, ma la luce era abbastanza forte e allo stesso delicata da creare un'atmosfera incantevole e surreale.

Sembrava di trovarsi in un sogno. Uno splendido sogno.

Strawberry desiderò di non svegliarsi mai più.

Inspirò lentamente e fece un passo avanti incrociando le braccia al petto.

Passarono ancora diversi minuti di armonioso e delicato silenzio.

Poi dei passi sulla sabbia richiamarono la sua attenzione.

Si voltò lentamente e, da lontano, incrociò lo sguardo luminoso di lui.

Portava solo un paio di pantaloni grigi ed era a torso nudo. Lei sarebbe rimasta a contemplarlo per sempre.

Piano piano la raggiunse.

Le circondò la vita, l'attirò a sé e la baciò con la sua solita passione.

Lei, come suo solito, si sentì avvampare, ma lì non c'era nessuno a parte loro.

Nessuno di cui curarsi.

Nessuno a cui dover dare spiegazioni.

Nessuno al di fuori di loro.

Gli mise le braccia al collo e lasciò che lui l'attirasse ancora di più a sé.

Si allontanò solo di pochi centimetri quando lo sentì spingersi oltre.

Si guardarono negli occhi.

Un attimo di esitazione.

Poi lui vide il consenso nel luccichio negli occhi di lei.

E nessuno poté più fermarli.

Diedero voce e forma a quel loro amore.

La luna come loro unica testimone.



Allora,
so che è breve, ma mi piacereppe comunque sapere il vostro parere. Spero di avervi incuriosito e che seguirete la storia.
Premetto che non aggiornerò spesso perché intendo dedicarmi all'altra FF sulle MewMew, Connect, ma spero di mandare comunque avanti anche questa.
Grazie mille per aver letto,
Artemide12

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Capitolo 2
*** Ryan ***


Ryan

 

 

Il telefono squillava insistentemente, ma nessuno sembrava intenzionato a rispondere.

Dopo due minuti buoni la donna mise da parte il libro che stava leggendo e si voltò verso il soggiorno.

«Alexia! Ti dispiacerebbe rispondere?»

«Si mi dispiacerebbe!» rispose una voce dall'interno «Perché ci devo andare sempre io?» bofonchiò tra sé e sé mentre raggiungeva il telefono.

«Innanzitutto perché probabilmente è qualcuno dei tuoi amici e secondo perché se sono fan non è il caso che mi faccia sentire.»

«Pronto?» fece la ragazza alzando gli occhi al cielo.

«Buongiorno.» rispose una voce cortese, ma euforica. «Parlo con Pam Fujiwara?»

Alexia sbuffò «No, ha sbagliato numero, mi dispiace.» fece per riattaccare.

«No, sono sicura di no. Mi chiedevo se parlavo con lei o con Alexia, sei Alexia, giusto?»

«E lei come fa a saperlo?» ribatté accigliata la ragazza attirando l'attenzione della madre che era ancora ferma sulla portafinestra del terrazzo.

«Non potrei mai dimenticare il nome della figlia del mio idolo, nonché una delle migliore amica!»

Alexia non rispose.

«Probabilmente non ti ricordi di me, l'ultima volta che ci siamo viste avevi solo un anno e mezzo e tuo fratello Axel era appena nato.»

«Scusi, ma lei chi è?» chiese a quel punto la ragazza usando l'indice per tirarsi su gli occhiali che le scivolavano dal naso.

«Ah, sì scusa, che maleducata, non mi sono neanche presentata, io sono Mina Aizawa.»

La ragazza alzò un sopracciglio, poi borbottò un «aspetti un attimo» e con una mano coprì la cornetta, poi si rivolse alla madre.

«Conosci una certa Mina A-qualcosa che mi ha conosciuta quando avevo un anno e mezzo? Quando è nato Axel. Sembra una tua fan, credevo che nessuno sapesse nulla della tua vita privata!»

«Mina Aizawa?» chiese la madre improvvisamente interessata.

La ragazza annuì.

Pam si avvicinò e si fece passare il telefono.

«Pronto?»

«Pam?»

«Sì, Mina.» rispose sorridendo.

«Pam! Non sai che piacere sentirti.»

«Puoi dirlo, sono secoli che non ti vai viva.»

«Già, sono stata parecchio impegnata, ma non è per questo che chiamo.» seguì un momento di silenzio. Pam non sapeva cosa pensare. Doveva tirare ad indovinare? Strano, non era da Mina.

«Ti sposi?» buttò lì.

«Chi io? No, no non è questo.» rispose Mina, ma la sua voce scese di qualche tonalità. «In realtà cercavo Ryan, ma non avevo idea di dove trovarlo, perciò ho pensato di chiedere a voi.»

Pam sorrise perplessa «Penso che Kyle sappia dove trovarlo. Come mai hai bisogno di Ryan?»

«È... una specie di sorpresa.» disse l'altra a bassa voce, segno che era un argomento delicato di cui non voleva parlare in quel momento. «Puoi fare in modo che mi richiami? Ti prometto che ti farò sapere il prima possibile.» Mina era agitata.

«D'accordo.»

Vi fu di nuovo silenzio.

Pam incontrò lo sguardo attento della figlia che era rimasta lì a guardarla.

Alexia stava per compiere diciassette anni. Aveva gli occhi marroni sempre schermati dalle lenti degli occhiali. I capelli lilla erano corti e pari, le arrivavano poco sotto il mento.

«Mina?» fece Pam con voce seria e bassa. «È tutto a posto?»

La ragazza non rispose subito. Si prese un lungo momento in cui raccolse la sua sicurezza, poi mormorò un «sì» e, dopo un'altra pausa, aggiunse: «A presto Pam.»

Pam rimise a posto il telefono e rimase in silenzio.

Sapeva riconoscere quando c'era qualcosa che non andava. E quella era una di quelle volte.

«Che cosa c'è, mamma?» chiese Alexia.

«Non lo so. Era un'amica, cercava Ryan. Le ho detto che avrei chiesto a Kyle.»

La ragazza annuì «Ho sentito proprio ieri che papà parlava con Shirogane.»

«Non chiamarlo per cognome.» commentò Pam tornando nel terrazzo.

«Perché? A me piace!»

 

-§-

 

Nonostante fosse estate inoltrata – erano già passate quasi due settimane dal ferragosto – il laboratorio non sembrava minimamente intenzionato a chiudere.

Erano pochi quelli disposti a fare i turni d'estate, ma lui c'era sempre.

Passava le ore chiuso lì dentro finché non si sentiva soddisfatto del suo lavoro.

Qualcuno si era fatto strane idee su di lui.

Altri si limitavano a considerarlo un genio.

Da quando aveva messo su quel laboratorio di ricerca medica tutto era andato alla grande. Ogni progetto era perfettamente riuscito e il personale, accuratamente selezionato dal direttore in persona, era composto solo da persone qualificate ben pagate.

Sbuffò e si appoggiò completamente allo schienale.

Si sentiva incredibilmente stanco.

Ma non era qualcosa di fisico, piuttosto di mentale.

Da tempo si sentiva vuoto e non c'era nulla che riuscisse a riempire le sue giornate.

Dopo che Strawberry aveva tagliato i rapporti con il resto del mondo, diciassette anni prima, di lei non aveva saputo più nulla.

E gli faceva male. Più di quanto volesse ammettere.

Era come se lei avesse voluto cancellarlo dalla sua vita. Di punto in bianco. Come se non fosse mai successo niente. Come se quello che c'era stato tra di loro fosse stato solo un gioco come altri, uno svago per passare il tempo.

Non poteva sopportare quel pensiero.

In fondo, però, era quello che lo faceva soffrire di meno.

Era meglio pensare che Strawberry si fosse goduta a pieno quei pochi momenti che avevano passato insieme e poi avesse messo da parte e dimenticato quel possibile spicchio di futuro che erano riusciti a ricavarsi, piuttosto che credere che lei non avesse mai preso sul serio i sentimenti del ragazzo.

Durante il mese di luglio di 18 anni prima erano sembrati avvicinarsi, invece poi era sparita.

Da un giorno all'altro non aveva più saputo nulla di lei.

Né un biglietto, una chiamata, un qualche tipo di messaggio. Non aveva più risposto al telefono o agli SMS, e questo prima che il suo numero divenisse inesistente.

Si era sentito così frustato che aveva cercato disperatamente conforto, ma più per risentimento e in qualche modo desiderio di vendetta che per vera necessità.

Non aveva avuto molta fortuna comunque.

Pam, la più vicina a lui, aveva sposato Kyle poche settimane dopo la scomparsa di Strawberry ed era rimasta subito incinta. Alexia era nata a maggio. Sembrava incredibile, ma erano già passati più di 17 anni e anche quella bambina, dallo scricciolo che era, ormai si era fatta una stupenda adolescente.

Pam non era stata la sua unica debolezza.

Quasi subito dopo c'era stata Lory.

Lei era durata di più.

Non aveva ceduto ai suoi corteggiamenti, ma si era rivelata una ragazza squisita e gli aveva tenuto compagnia come nessuno prima di allora.

Per un periodo avevano persino vissuto sotto lo stesso tetto. E condiviso lo stesso letto.

Nessuno dei due durante la notte, però, aveva mai permesso all'altro di oltrepassare quel confine immaginario che sembrava dividere persino le coperte.

Si riscosse dai suoi pensieri quando vide un ragazzo neolaureato che aveva assunto da poco venire verso il suo studio.

Bussò timidamente e lui gli fece segno di entrare.

«Scusi il disturbo capo, ma c'è una signorina che...»

«Ciao Ryan.» si intromise immediatamente Pam, apparsa proprio in quel momento dietro il ragazzo. Portava una parrucca rossa e degli occhiali da sole.

Il ragazzo si fece velocemente da parte e Pam gli sorrise velocemente, poi sussurrò un «Signora, comunque.»

Quando rimasero soli, Pam sfilò gli occhiali e liberò i lunghi capelli corvini che le arrivavano alla vita. Delle forcine impedivano che le andassero davanti agli occhi.

Indossava un prendisole dello stesso colore degli occhi con un'ampia scollatura e delle scarpe con dieci centimetri di tacco. Era bellissima, come al solito.

«A cosa devo il piacere?» chiese il biondo.

«A dire il vero non lo so di preciso.» ammise la donna «Questa mattina mi ha telefonato Mina e chiedeva di te. Le ho detto che l'avresti richiamata.»

La cosa lo sorprese non poco. Aveva visto Paddy un paio di volte durante la sua convivenza con Lory, ma non sapeva più nulla della ballerina da quando aveva smesso di lavorare. Li aveva invitati al suo debutto al teatro di Londra e si erano salutati velocemente a spettacolo finito. Quella era stata l'ultima volta che l'aveva vista.

Eppure non gli sembrava che Mina fosse una ragazza particolarmente nostalgica o sentimentale.

Si accorse che Pam aspettava una risposta.

«Non so cosa dirti. Penso sia il caso di chiamarla.»

Pam annuì e gli porse un biglietto con un numero di telefono.

Dopo un paio di squilli rispose una voce acuta e solare che non sembrava affatto appartenere alla mew mew, bensì ad un'adolescente.

«Pronto?» chiese in inglese, ma con un particolare accento.

«Buongiorno, sto cercando Mina Aizawa.» disse leggermente insicuro Ryan.

«Ah, …» seguì un attimo di silenzio, sembrò che la ragazza non sapesse bene cosa dire. «Tu,… vuoi,… lei chi è?»

«Ryan Shirogane.»

«Solo un attimo.»

Dopo poco la voce di Mina risuonò dall'altra parte della cornetta.

«Ciao Ryan, sono felice che tu abbia richiamato così presto.» a dire il vero la ragazza non sembrava troppo allegra.

«Pam ha detto che hai chiesto esplicitamente di me.»

«Sì, infatti. Mi dispiace disturbarti, ma dovrei chiederti di raggiungerci.»

«”ci”?»

«Me e Luna, la ragazza che hai sentito prima.»

«Tua figlia?»

«Assolutamente no!» esclamò la ragazza con tono quasi accusatorio.

Ryan fu colpito dalla sua reazione, ma non fece commenti. Era meglio affrontarla faccia a faccia si disse.

«E dove dovrei raggiungervi

«A Mahé, nelle Seychelles. Siamo in una villetta proprio sulla spiaggia di Anse Diri. Mi sono permessa di prenotarti in anticipo un posto sul volo diretto di dopodomani dall'aeroporto di New York. Abiti ancora lì?»

«Sì, Mina, ma...»

«Mi dispiace di essere così precipitosa, veramente, ma è una situazione delicata. Dì a Pam che aspetto anche lei Kyle e i bambini.»

«D'accordo.» acconsentì Ryan, poi i due si salutavano.

Improvvisamente si sentiva rinato. Era impaziente di arrivare a Mahé, ma non perché gli piacesse l'isola.

Quel nume gli suonava familiare, come un eco, o un refuso di qualcosa appartenuto al passato.

Quando Pam se ne fu andata rimase di nuovo solo.

Fece una rapida ricerca su internet.

Poi, all'improvviso, ricordò dove aveva sentito il nome di quel posto paradisiaco.

Era stata Strawberry a nominarlo. Se lo ricordava. Quello era il primo posto tra i luoghi più belli del mondo in cui aveva detto che le sarebbe piaciuto abitare.

Spense il computer e si diresse verso la finestra.

Cosa diavolo stava succedendo? Cosa c'era di tanto importante nelle Seychelles? Perché Mina era lì?

Mina!

Cosa c'entrava Mina con Strawberry? Ammesso che la rossa c'entrasse davvero.

Il suo istinto gli diceva di sì.

Doveva rivedere Strawberry. Il prima possibile.



Allora, che ne dite?
Fatemi sapere e scusate se anche questo cap è un po' corto, ma il bello deve ancora venire!
Volevo solo dire che non è un errore quando dico "luglio di 18 anni prima" perché in fondo dobbiamo considerare quando Strawberry è rimasta incinta e non quando è nata la bambina, contando che siamo in estate sono passati poco più di 18 anni. Un bacione, (xxx)
Artemide12

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Capitolo 3
*** Ghish ***


Ghish

 

Il cellulare squillava insistentemente.

Alla fine la ragazza allungò la mano per afferrarlo senza riemergere dalle coperte.

«Pronto?» rispose con voce a metà tra l'assonnato e l'affannato.

Prima che qualcuno potesse rispondere, però, delle braccia possenti l'attirarono e le tolsero di mano il telefono «Occupato.» rispose una voce maschile prima di attaccare.

 

«Joy! Flo! Venite via di lì!»

«E dai papà, è divertente!» rispose la bambina appesa a testa in giù ad un ramo.

«Lasciale fare, non è neanche tanto alto quell'albero.»

«Se lo dici tu.»

Ad interromperli fu il telefono.

Sospirando la ragazza rientrò in casa e recuperò il suo cellulare.

«Pronto?»

«Buongiorno, sono Mina Aizawa. Sto cercando...»

«Mina! Che bello sentirti! Accidenti, sono sicura che tra poco nevica!»

Mina rise di gusto.

«È vero, anche per me è bello sentirti Paddy, è passato così tanto tempo.»

«Puoi dirlo. E sono successe così tante cose!»

Mina fu sorpresa. «Cos'è successo?»

Paddy incontrò lo sguardo di Tart, poi passò velocemente in rassegna il giardino in cerca delle due gemelline. «È una sorpresa!»

«Sorpresa? E quando pensi di dirmela?»

«Quando ci vedremo. Così dovremo vederci per forza.»

Mina, dall'altra parte della cornetta, sorrise di cuore. Paddy le era mancata più di quanto le piacesse ammettere. «È buffo, perché chiamavo proprio per invitarvi.»

«Davvero? Dove? Un altro saggio? Spero non sia come l'ultima volta! Con tutto il rispetto, ma io e Tart non l'abbiamo seguito per niente e Ghish si è addirittura addormentato.»

Forse avrebbe dovuto prendersela, ma Mina non riuscì proprio ad arrabbiarsi.

«A proposito, ho bisogno di parlare con Ghish. Sai che fine ha fatto?»

«Ghish? Certo. Si da il caso che quel cavernicolo sia proprio da queste parti»

«Potresti fare in modo che mi richiami?»

«È sufficiente che tu aspetti cinque minuti.»

«Ok, resto in linea.»

Paddy allontanò il telefono e lo coprì con una mano.

«Joy! Flo! Venite qui.»

«Uffa, anche tu!»

«Avevi detto che potevamo stare. È divertente.»

«Va bene, allora ci va Tart a ordinare a Ghish di scendere.»

Le due saltarono giù all'istante esultando.

«Ci vado io!» «No, io!»

 

Era sospeso a mezz'aria e stava guardando fuori dalla finestra.

Quelle due pesti erano insopportabilmente simpatiche.

Glix dormiva ancora nel letto al centro della stanza.

Le lanciò uno sguardo distratto. Aveva i capelli lunghi marroni tinti di fucsia acceso e le orecchie a punta leggermente più piccole del normale.

Era incredibile quanto fosse facile passare da una ragazza all'altra. La verità era che per lui erano tutte uguali: tutte belle, tutte con la testa montata, nessuna degna della sua considerazione.

Sbuffò.

Non sapeva neanche perché poi, dovesse passare da una ragazza all'altra invece che mollarle tutte direttamente.

Era una cosa che lo divertiva. Oh almeno questo era quello che diceva a sé stesso. Non che fosse falso, ma non era tutta la verità.

Svegliarsi la mattina e trovarsi accanto una ragazza che non era Strawberry gli ricordava i vecchi tempi, quando era stato chiaro che si amavano, ma non facevano che cercare di smentirsi a vicenda. Era un gioco.

E loro avevano avuto modi molto diversi di giocare.

Per lui il tutto consisteva nell'andare con altre ragazze che gli altri avrebbero giudicato più belle di lei. Tutto questo lo faceva alla luce del sole e la parte di Strawberry consisteva nel mettergli il broncio finché lui, di solito con baci avventati, non riusciva a farsi “perdonare”. Poi ricominciava.

Lei seguiva strategie diverse.

Giocava sporco, sotto molti aspetti. Piombava nella stanza proprio mentre lui cominciava a pomiciare con la ragazza di turno; a volte si metteva d'accordo con alcune di loro e quando Ghish le avvicinava stavano al gioco per poi uscirsene con “ti presento una persona”, o robe simili, e la rossa spuntava di nuovo fuori; gli metteva alghe e ricci di mare nel letto, …

Il bello era che, quando erano soli, e non intenti a bisticciare, sembravano due persone diverse.

Se Ghish aveva davvero una scarsa considerazione delle altre ragazze e non si preoccupava di ciò che potessero realmente provare o pensare, trattava Strawberry in modo completamente diverso.

Con lei era attento ad ogni minimo gesto.

«In piedi a quest'ora?» chiese Glix apparendo nella sue visuale all'improvviso e interrompendo con violenza il suo flusso di pensieri.

«Come al solito in realtà. Non è neanche tanto presto.»

Lei non sembrò neanche rendersi conto dell'astio beffardo nella sua voce.

I capelli tinti si stavano scolorendo e avevano assunto una sfumatura che assomigliava al rossastro.

Ghish distolse velocemente lo sguardo.

Nessuna di loro era alla sua altezza.

Ma, d'altronde, nessuna si sarebbe mai neanche minimamente avvicinata a Strawberry.

Lei era insostituibile.

Dannatamente insostituibile.

Le altre ragazze le dimenticava in pochi minuti, perché lei era sempre al centro dei suoi pensieri? Perché lei era il suo tormento?

Erano passati ben 18 anni!

Scosse la testa spazientito, ma ormai i ricordi avevano iniziato a riaffiorare.

L'immagine di Strawberry gli si riproponeva come una fotografia nitidissima.

Stesa sulla spiaggia in pieno giorno, con indosso solo il costume rosso. Il sole la illuminava come la più bella delle stelle. La pelle imperlata di gocce d'acqua iridescenti e il sorriso incantevole, giocoso quanto timido.

Si alzò di scatto.

Era incredibile.

L'istante prima non faceva che desiderarla con tutto se stesso e l'istante dopo tutto ciò che voleva era che uscisse dalla sua testa.

La ragazza si materializzò davanti a lui e allungò le braccia fino a posare i gomiti sulle spalle.

Sorrise maliziosamente e inarcò le sopracciglia con provocante aria di sfida.

Lui la afferrò e la baciò violentemente. Lei ricambiò.

Ghish si staccò da lei pochi istanti dopo.

Era inutile. Nessuna era come lei. Tutte rispondevano con eguale violenza ai suoi baci invece che con sfrontata timidezza, a volte stupore e, sopratutto, amore.

Glix sbuffò, irritata per la mancanza di attenzione nei suoi confronti. Era l'unico motivo per cui era resistita quasi sei mesi più delle altre. Era leggermente diversa.

Non sopportava di subire e basta e pretendeva di essere considerata – anche se come “cattiva ragazza”.

Lui espirò accennando un sorriso, poi si voltò e la baciò di nuovo, stavolta cercando di non pensare a niente.

«Molto meglio.» disse lei quando le loro labbra si separarono.

Aveva già iniziato a stringerla ed a avvicinarla ancora di più quando un sasso colpì la finestra, seguito a ruota da un altro.

Quel vetro aveva preso così tante sassate che avevano dovuto sostituirlo con della plastica trasparente molto più resistente.

Prima che potessero arrivare altre pietre, Ghish si affacciò.

«Fatela finita piccole pesti!»

«Io?» fece Joy con faccia da angelo con le corna.

Prima che il verde potesse replicare la faccia di Flo, capovolta, gli si parò davanti.

Era appesa a testa in giù alla grondaia.

«La mamma ha detto che devi venire giù.»

«E tu dille che vengo quando mi pare.»

«Ha detto che l'avresti detto. E poi ha detto che se l'avresti detto, avremmo potuto farti scendere usando i nostri metodi!»

«Non i temo i vostri...» ma prima che potesse finire la frase la bambina era già entrata e si era aggrappata a Glix. Prese a farle il solletico e la ragazza cominciò a ridere a crepapelle.

«Smettila!»

«Solo se scendi.»

«Scendo, scendo! Smettilaaaaaa!»

«Giura!»

«Giuro!»

Glix si materializzò al piano di sotto e Ghish fu costretto a seguirla.

Appena atterrò Paddy gli lanciò il suo cellulare giallo limone.

«Rispondi.»

«Non mi hai fatto nessuna domanda.» protestò lui.

«Ghish!» la voce di Mina arrivò alle orecchie del ragazzo.

«Sì?»

«Sono Mina.»

«Me n'ero accorto.»

La ragazza sbuffò. Non era cambiato per niente. «Chiamavo per invitarti...»

«Se è un altro saggio scordatelo.»

«Non...»

«L'ultima volta ho dormito tutto il tempo e non ho neanche sognato qualcosa. Quando mi sono svegliato non era ancora finito e...»

«Ma insomma, vuoi stare zitto un minuto deficiente?» era stata un'altra voce ad interromperlo. Apparteneva sicuramente ad una ragazza e per un attimo gli era sembrata...

«Così va meglio.» no, non era lei.

Dai rumori in sottofondo Ghish capì che doveva esserci il vivavoce.

«Ok.» riprese Mina «Stavo cercando di dirti che ho già prenotato i biglietti perché tu possa venire qui. E questo, Ghish, è un ordine.»

«È un saggio?»

«Sei l'ultima persona che inviterei se così fosse.»

«D'accordo.» fece Ghish convinto «Dov'è il qui? Così vengo direttamente e risolviamo il problema.»

«Scordatelo. Ti presenterai all'aeroporto di New York e ti imbarcherai con gli altri.»

«Gli altri?»

«Paddy, Tart, Pai e Lory naturalmente!»

«Perché?»

«Perché sì!» rispose l'altra ragazza «E ora ridai il telefono a Paddy e non fare storie.»

Ghish alzò gli occhi al cielo e lanciò di nuovo il telefono alla prorpietaria.

«Allora, Mina?»

«Vi ho già spedito i biglietti e dovrebbero essere arrivati stamattina con la posta, mi raccomando, conto su di te perché Ghish non li abbia in mano e non veda la destinazione finché non siete atterrati siamo intesi?»

«Certo capitano. Posso sapere di che si tratta?»

Ghish tese le orecchie per poter sentire la risposta.

Mina si prese un lungo istante, poi disse: «Si tratta di Strawberry, più o meno.»

Ghish uscì nel giardino.

In realtà era così grande che poteva definirsi un piccolo parco.

Avevano costruito loro quella casa sulla Terra.

C'è gente che vive in due città diverse contemporaneamente. Loro su due pianeti diversi.

Passavano i sei mesi da metà Aprile a metà Ottobre sulla Terra, poi andavano sul loro pianeta dove stava iniziando la primavera. In questo modo evitavano i mesi freddi.

Sulla Terra lavorava Paddy e Lory, su Arret Tart e Pai. Ghish si accontentava di quello che trovava su entrambi i pianeti e quando sulla Terra chiedevano delle sue orecchie rispondeva che era nato in posto radioattivo – come suggerito da Pai dopo che lui aveva inventato quelle che sembravano barzellette più che giustificazioni.

Respirò a pieni polmoni.

Non aveva alcuna intenzione di vederla.

Perché poi Strawberry lo avrebbe dovuto chiamare? In qualche modo era sicuro che fosse così. Era proprio dalla rossa far telefonare da un'amica al suo posto. E poi chi era l'altra ragazza al telefono? Perché non lei? Erano 18 anni che non si sentivano.

Quella volta entrambi avevano oltrepassato il limite.

Lui aveva un contratto di quattro mesi con una ditta su Arret. Dal momento che erano compresi Giugno e gran parte di Luglio terrestri, Strawberry era tornata sulla Terra per godersi le vacanze – su Arret era piano inverno.

Lui, come al solito, aveva cominciato ad impelagarsi con un'altra ragazza, Takla, anche se quella volta la cosa era sembrata più seria del solito. Era anche per quello che Strawberry se n'era andata.

Quando a Luglio lui l'aveva raggiunta lei si era mostrata più ostinata delle altre volte.

Riallacciare i rapporti era stato impossibile.

Una mattina si era svegliato e aveva trovato un biglietto sul comodino.

Non può continuare così. Mi dispiace.

Non cercarmi, io farò in modo che tu non possa trovarmi.

Non chiedermi perché non ho intenzione di darti spiegazioni e poi non capiresti.

Strawberry

«Tutto bene?» chiese Glix affiancandolo.

«Sì.» rispose lui, inespressivo.

«Sicuro?»

«No.»

«Chi è questa Strawberry?»

«Un'amica di Paddy.»

«Solo?»

«No.» non andò oltre.

No. Strawberry era stata molto di più.

Per quanto non volesse ammetterlo.


 

Ciao!
Vi prego perdonate il ritardo.
Anche questo capitolo è corto e lo sarà anche il prossimo che, come potrete immaginare, si intitolerà "Mark", ma quelli dopo saranno più corposi. Prometto.
Se qualcosa non è chiaro chiedete.
Ora passiamo ai ringraziamenti:
a Hipnotic Potion, karter e Ginchan per aver messo la storia nelle seguite e soprattutto per aver recensito. <3 <3 <3
per averla messa nelle seguite anche a anna92love e _moomshine_xD
per averla messa tra le preferite a Federica_97, Kelly Neidhart (che ha anche recensito e mi ha mostrato un nuovo e interessante punto di vista) e, di nuovo,  _moonshine_xD (ma non starai esagerando?)
Grazie 1000 ragazze!
Con affetto,
Artemide12

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Capitolo 4
*** Mark ***


Mark

 

Trovare il terzo ragazzo fu un'impresa molto più difficile di quanto Mina si aspettasse.

Per Ryan e Ghish le era bastato chiamare le sue amiche, sicura che loro sapessero dove trovarli.

Ma Mark?

Non aveva mai avuto il suo numero né particolari informazioni su di lui.

L'ultima volta che lo aveva visto era stato durante quel suo famoso saggio, ben 18 anni prima, o poco più.

Kyle, Pam, Ryan, Lory e Pai avevano saputo apprezzare, ma dopo la figuraccia che Ghish, Tart e Paddy le avevano fatto fare – il primo si era addormentato senza farsi scrupoli, gli altri due si erano portati le carte da gioco! – si era ripromessa di non invitarli mai più.

Anche Strawberry e Mark erano venuti quella volta.

Non le erano sembrati legati come una volta, ma questo non li rendeva meno affiatati.

Sapeva che la rossa non aveva apprezzato il balletto, ma almeno lei aveva avuto il buon senso di fingere un malessere e uscire. Mark l'aveva seguita, anche se lui sembrava molto interessato.

Quando 4 anni prima era stata prima ballerina di un altro spettacolo, aveva invitato solo Lory e Ryan.

Avrebbe voluto che ci fossero anche Pam e Kyle e Pai, ma i primi due avevano i bambini piccoli e il terzo, dal momento che sulla terra era inverno, si trovava su Arret insieme ai fratelli.

Sospirò.

Le erano mancati. Tutti quanti.

Forse non li avrebbe veramente mai più invitati ad un saggio, ma non vedeva l'ora che fossero tutto lì.

Un gatto nero le si accoccolò sulle ginocchia e la guardò con occhi vispi.

Lei sorrise e allungò la mano per prendere il telefono che stava sul tavolino accanto al divano.

Aveva supposto che Mark si trovasse ancora in Giappone e si era fatta mandare delle pagine bianche giapponesi e aveva cercato il nome Aoyama.

Qualcosa aveva trovato, ma nulla che corrispondesse con l'oggetto delle sue ricerche.

Alla fine lo aveva trovato praticamente per caso.

Era stato grazie a suo fratello. Sergio era diventato un ottimo e più o meno famoso avvocato lì in America. Qualche giorno prima lo aveva sentito accennare alla coppia Aoyama-Jhonson.

Subito aveva fatto delle ricerche.

Aveva scoperto che anche Mark era divenuto avvocato, ma l'unico numero di telefono che era riuscita a recuperare era quello di Rose Jhonson, di Las Vegas.

Compose il numero di cellulare e portò il telefono all'orecchio.

«Pronto?» rispose la donna al secondo squillo. Aveva una voce decisa e autorevole, ma anche distaccata. Aveva un fare sbrigativo.

«Parlo con l'avvocato Rose Jhonson?»

«Sì, sono io. Scusi, le dispiacerebbe richiamare più tardi?» il suo tono era chiaramente seccato da qualcosa che stava succedendo dall'altro capo del telefono e che Mina non poteva sapere.

«Certo, tra quanto?»

«Oh, è una questione di poco, dieci minuti basteranno.» rispose la donna come se stesse parlando a qualcun altro.

Mina riattaccò.

Accarezzò il gatto nero che teneva sulle ginocchia. Lui strofinò il muso sulla sua mano.

«Era strana.» commentò ad alta voce «Non mi è piaciuta per niente. Chissà chi è. Per Mark intendo.»

Si guardò intorno.

«Tra poco questo posto sarà un macello, godiamoci la tranquillità, finché c'è.»

Dopo dieci minuti richiamò.

Questa volta a rispondere fu la voce di un bambino.

«Pronto?» fece piano e scandendo le sillabe. Non doveva avere più di quattro o cinque anni.

«Ciao, sto cercando Rose, è la tua mamma?»

«Sì. Ora te la passo.» rispose lui, un po' deluso.

«Pronto?»

«Sono la ragazza di prima.»

«Ah, sì. Cosa desidera?»

«Sto cercando Mark Aoyama. Sono riuscita ad avere solo il suo numero.»

«Aoyama?» fece lei, stranamente irritata. «Siete fortunata, per sfortunate coincidenze è proprio qui davanti a me, ora ve lo passo.»

«Pronto?» quella era indubbiamente la voce di Mark.

«Buonasera Mark, sono Mina.»

«Mina! Che gradita sorpresa, qual buon vento?»

«Non tanto buono a dire il vero.»

«Dimmi tutto.»

«Si tratta... ecco, si tratta di Strawberry.»

«Ah» un attimo di silenzio «Cosa c'è?»

«Lei... mi ha pregato di parlarvene solo quando sarete tutti qui.»

«Qui?»

«Mi trovo nelle Seychelles. Ti ho già inviato i biglietti per l'aereo che parte domani da New York, dovrai andarli a ritirare alla Posta perché non sapevo il tuo indirizzo. Purtroppo non sapevo che tu fossi a Las Vegas, pensi di farcela?»

«Credo di sì.» rispose lui quasi in automatico «A chi è che devi parlare oltre a me?»

Mina decise che non con lui era inutile fare troppo la misteriosa. Non era impulsivo come Ghish o ostinato come Ryan.

«Ryan e Ghish, ma verranno anche tutti gli altri.»

«Strawberry è lì con te?»

«Eh...» non sapeva bene cosa rispondere. Vi furono alcuni secondi di tensione ed imbarazzo «No, lei non è qui.» e pronunciò quel qui come se non si stesse riferendo a quel luogo in particolare.

«È successo qualcosa di grave?»

«No, non esattamente è più una faccenda... delicata.»

Mina aveva difficoltà nel trovare le parole giuste? Strano, non era proprio da lei per quel che ricordava.

L'ultima volta che l'aveva vista era stata per quel bellissimo saggio in cui era stata prima ballerina.

Chissà se era cambiata. Sperava che non avesse abbandonato la danza, era davvero brava.

I due si salutarono e Mark restituì il telefono a Rose.

La donna lo prese, poi si posizionò davanti a lui tenendo le braccia incrociate davanti al petto.

«Ora faresti meglio ad andartene, questa è casa mia.»

«Lo so, ma pensavo che almeno per il compleanno di Luc potevamo fare un eccezione.»

«Beh, pensavi male. L'anno scorso l'ha passato da te e non sono venuta a disturbarvi, pretendo che il favore sia ricambiato.» disse lei ferma, ma non arrabbiata.

Lui abbassò lo sguardo. «D'accordo.» disse solo.

«Bene.» affermò lei.

Mark andò in camera di Luc.

Di lì a poco sarebbero arrivati i suoi amici e ci sarebbe stata una festa.

Il bambino era al settimo cielo.

«Ehi, campione.» lo salutò affettuosamente.

«Te ne vai già papà?»

«Eh, sì, però sono venuto.»

Il bimbo annuì e andò ad abbracciarlo.

Mark gli scompigliò i ricci neri, poi incrociò i suo occhi cioccolato.

«Bada alla mamma, ok?»

«Sì, capo!» fece il bimbo distendendo le labbra in un enorme sorriso.

Gli scompigliò di nuovo i capelli, poi uscì.

«Tra una settimana te lo porto.» disse Rose sulla porta.

«Chiamami prima, non so dove sarò.»

«Come sempre.» sbuffò lei.

«Come sempre.» confermò lui per poi imboccare le scale e uscire.

Ancora non riusciva a credere di essere arrivato a quel punto con Rose.

Erano sembrati a tutti una coppia perfetta all'inizio e invece avevano finito per divorziare quando Luc aveva solo due anni.

In realtà aveva fatto tutto Rose. Aveva organizzato il matrimonio, voluto il bambino, preteso il divorzio.

Non poteva nascondere che in fondo in fondo lui la amasse ancora, ma era fatto così. Non voleva costringerla a vivere con lui.

Se non fosse stato per Luc avrebbero smesso di vedersi già da due anni e mezzo.

O forse no.

In fondo facevano lo stesso lavoro e nella stessa città. Incontrarsi era stato inevitabile.

Una volta separati, in realtà, erano andati anche più d'accordo di prima.

In quel periodo, però, lei stava avendo dei problemi ed era normale che fosse suscettibile. La capiva.

E gli mancava.

Gli mancavano i suoi discorsi interminabili che rendevano apocalittici i piccoli imprevisti quotidiani o banalità accaduti sorprendenti. Non per niente era un'ottima avvocata.

Entrò in macchina e mise in moto.

Strawberry.

Alla fine era rispuntata fuori.

Non era la prima volta che lo faceva in realtà.

Si erano lasciati meno di 20 anni prima, ma erano rimasti buoni amici.

Ogni tanto si chiamavano. A volte anche via skipe.

L'ultima volta che l'aveva sentita era stato per telefono, un paio di anni prima.

Si era un po' preoccupato per i suoi silenzi, doveva ammetterlo, ma non aveva mai pensato di indagare.

E ora sembrava essere successo qualcosa che li radunava tutti.

Un nuovo nemico?

Molto improbabile. Sapeva che erano in pace con gli alieni e poi per una cosa del genere sarebbe stato Ryan a chiamare. Forse, però, Strawberry era stata attaccata e aveva bisogno di aiuto.

Ma lui che c'entrava? Da quando Profondo Blu era morto, lui aveva perso i suoi poteri.

Ma forse il motivo di quel raduno era totalmente diverso.

Cercò di riordinare le idee.

Cosa sapeva di Strawberry?

L'ultima volta che l'aveva vista era stato per il suo matrimonio con Rose. Era sola, ma non le aveva fatto domande personali. Non sapeva neanche se fosse fidanzata o roba del genere.

Nulla vietava che lo fosse però. In fondo ormai doveva avere poco più di trent'anni.

Magari aveva anche dei figli.

Ma allora perché chiamare loro?

Lui, Ryan e Ghish. Perché loro tre? Cosa avevano in comune?

Amavano Strawberry. In fondo era ovvio.

E allora cose poteva essere successo?

Ci pensò.

Le Seychelles.

C'era stato una volta. Ad agosto. 18 anni prima.

Aveva incontrato anche Strawberry lì. Per caso. Lei era in vacanza.

Sorrise. Era stato così felice di vederla.

E anche lei gli era sembrata dello stesso parere.

Le aveva offerto una cena secondo le tradizioni del posto.

Era stato tutto buonissimo.

Se si escludeva quello strano alcolico che lo aveva leggermente intontito dopo giusto una sorsata.

La serata era trascorsa piacevolmente, poi lui era tornato nel suo appartamento nel villaggio vacanze.

O no? In effetti quando si era svegliato non era nel suo appartamento.

Purtroppo era passato troppo tempo perché potesse ricordare di preciso cosa fosse successo.

Si disse che era bello da parte di Strawberry riunirli tutti, era ora di rivedersi.


Ehilà!
Sono riuscita a pubbliacare anche questo cap, spero sia venuto bene.
Colgo l'occasione per augurare a tutti buon Natale!
Dopo questo cap cominceremo ad entrare nel vivo della storia.
Vorrei che prestarste attenzione ai mesi in cui i ragazzi dicono di aver "incontrato" Strawberry.
Vi farò un rapido riassunto:
Ghish dice di essere stato su Arret con lei durante tutto Giugno per poi raggiungerla sulla Terra a fine Luglio e trovarla piuttosto scontrosa.
Ryan parla di Luglio.
Di mark ho appena raccontato.
Ok, non dico altro!
Augurissimi a tutti,
Artemide12

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Capitolo 5
*** Il volo ***


Il volo

 

L'aeroporto era molto affollato.

«È una pessima idea.» brontolò Ghish.

«Sono sicuro che sopravviveremo.» rispose Tart dandogli una pacca sulla spalla.

I due indossavano dei cappelli neri con la visiera e con delle orecchie a mo' di antenne e la scritta “batman” proprio al centro.

«Siamo ridicoli.» si lamentò ancora Ghish.

«Siete buffi!» rispose Paddy mettendosi in mezzo ai due fratelli e circondando con le braccia le spalle di entrambi.

Joy e Flo avevano le orecchie a punta, ma piccole ed era sufficiente coprirle con qualche ciocca di capelli.

Loro saltellavano da tutte le parti.

Per fortuna non sapevano volare, altrimenti tenerle ferme sarebbe stato impossibile.

Per loro dovevano usare i biglietti che Mina aveva prenotato per Pai e Lory, ma loro non c'erano e nessuno se ne sarebbe accorto.

Glix era rimasta a casa, li avrebbe raggiunti con il teletrasporto una volta arrivati.

«Tutto questo si poteva evitare!»

«Finiscila!»

«Tart ha ragione, goditi il viaggio e non fare storie brontolone.»

«Riconoscerei questa voce tra mille!» esclamò una donna alle loro spalle.

Paddy si voltò e quando incrociò lo sguardo di Pam sembrò che tutto scorresse al rallentatore.

Corse verso di lei e quei pochi secondi sembrarono non finire mai.

Le saltò al collo.

«Pam!» sembrava non volerla più lasciare «Che bello rivederti! Che ci fate qui?»

«Potrei farti la stessa domanda. Ci ha chiamati Mina andiamo alle...»

Paddy le tappò la bocca.

«Ghish non deve saperlo, altrimenti si materializza lì e non c'è più gusto a viaggiare.»

Pam sorrise e annuì.

Paddy salutò Kyle e Ryan con il suo solito slancio seguita, con più moderazione, da Tart.

«E... Alexia! Axel!»

Strinse con affetto i due ragazzi.

«Ciao zia Paddy.» la salutò Alexia sciogliendosi velocemente dall'abbraccio.

«Accidenti quanto siete cresciuti ragazzi. L'ultima volta che vi ho visto eravate più bassi di Joy e Flo!»

«Di chi?» chiese Pam.

«Di noi!» risposero in coro le due bambine sorpassando Ghish e mettendosi davanti alla mamma.

Pam, Kyle e Ryan fissarono le due bambine spalancando gli occhi.

Avevano entrambe gli occhi color miele del papà e i capelli di un castano chiarissimo, in effetti più biondo, quasi dorato.

«Questo non ce l'avevi detto!»

L'unico a non sembrare particolarmente interessato era Axel.

Il ragazzo aveva i capelli castano scuro del padre e gli occhi di Pam.

«Zio Ryan, quell'uomo ci sta fissando.» disse rivolgendosi al biondo.

«Chi?»

«Quello!»

Ryan seguì con lo sguardo la direzione indicata dal ragazzo.

«Non posso crederci!» esclamò poi mentre l'uomo sorrideva.

L'uomo si avvicinò. L'abbigliamento informale, ma elegante lo facevano spiccare.

«Ditemi che quello non è Mark!» sibilò Ghish.

«Temo proprio di essere io.» confermò l'interessato, ormai vicino.

«Come mai tutta questa gente?» chiese Tart.

«È tutto opera di Mina...» spiegò Mark «...e Strawberry.»

«Ci hai parlato?» chiese Ryan.

«Non direttamente.»

«Di sicuro non era sola.» disse Paddy ripensando alla voce della ragazza che aveva dato del deficiente a Ghish.

«Pai e Lory?» chiese Mark.

«In viaggio di nozze.» rispose Tart con una punta di orgoglio per il fratello maggiore.

Ryan si lasciò sfuggire uno sguardo tra l'afflitto e il contrariato.

«Da più di 5 mesi.» sottolineò Ghish guardandolo negli occhi.

Ryan si limitò a rimanere inespressivo.

«Sarà il viaggio più lungo di tutti i tempi.» commentò Kyle mentre dagli altoparlanti i passeggeri di diversi aerei venivano chiamati per l'imbarco.

Il volo partì mezz'ora dopo.

Ryan, Pam e Kyle si sedettero vicini, in quest'ordine.

Davanti a loro si posizionarono Axel, Alexia e Tart e di lato a questi ultimi c'erano Paddy e le gemelline.

A Mark e Ghish toccò sedere vicini.

«Sei pensieroso.» osservò Mark. «E molto silenzioso.»

«Fatti i fatti tuoi.» brontolò il verde.

Poteva ancora andarsene, si disse, faceva ancora in tempo a tirarsi indietro.

Non voleva rivederla, non voleva stare al suo gioco. Ma in fondo questo era anche il suo.

«Tu chi sei?» chiese Flo, la cui testa faceva capolino dal sedile davanti.

«Il mio nome è Mark.»

«E che animale sei?»

«Io? Nessuno?»

«Lui è un cavallo.» rispose invece Ghish «Cavallo Blu.»

«Come il Cattivo Blu?» chiese Joy spuntando affianco alla sorella.

«Esattamente.» confermò l'alieno sorridendo di fronte allo sguardo risentito di Mark.

Non gli piaceva essere considerato Profondo Blu. Non era colpa sua quello che era successo.

«Allora ti puoi trasformare?» fece Flo.

«Non più. Prima diventavo un cavaliere con le orecchie a punta.»

«Come noi!» esultò Joy scoprendo il piccolo orecchio appuntito.

«No, come il tizio verde qui vicino.»

A quel punto anche la testa di Paddy fece capolino da dietro il sedile per risistemare i capelli della figlia davanti alle orecchie da folletto. «Non è il caso di gridarlo a tutto il mondo ok?»

«Sono degli ibridi?» osservò a quel punto Mark.

«Per la gioia di Pai.» confermò Paddy «Anche se questo mi è costato un mese in più di gravidanza.»

Il moro alzò un sopracciglio.

«Su Arret dura 11 mesi, non 9. La loro è durata 10.»

«E di cosa sono capaci?»

«Beh, non volano, ma possono rallentare le cadute e saltare molto più del normale. Non si teletrasportano e non evocano armi, ma possono spostare oggetti con la forza del pensiero. Non sanno prendere le forze vitali, ma le vedono.»

«E poi questo.» fece Flo scoprendosi l'orecchio destro e mostrandolo.

Questo si allungò e si ingrandì come quelle di Ghish e Tart, poi si rimpicciolì e si arrotondò come quello di tutti gli altri umani.

«Già, e che ne dici di rimanere così?» fece Paddy.

«No! Sono brutte!» ribatté la bambina per poi risedersi facendo la finta imbronciata.

«Ma quando saremo nelle... lì, dove dormiamo?» chiese Alexia.

«Fidati di Mina,» rispose la madre «sono sicura che ha pensato a tutto.»

«Speriamo che sia sul mare. Adoro il mare. E speriamo che sia un posto isolato altrimenti tra alieni e dive del cinema non avremo un attimo di pace.»

«Mare?» chiese Ghish.

«Ci sono tantissimi posti sulla Terra sulla costa.» rispose Alexia.

Ghish le lanciò un'occhiataccia.

A quel punto Axel, seduto vicino al finestrino, gli mimò con le labbra la parola Seychelles.

L'alieno sorrise.

«Noi due andremo molto d'accordo.» commentò.

Alexia lo guardò confusa.

Il fratello si girò a guardare fuori dal finestrino prima che l'attenzione si spostasse su di lui.

«Tanto ormai è tardi.» continuò Ghish, quasi tra sé e sé.

«Non ci sarà nessuno della mia età?» chiese Alexia.

«Deciditi, o un luogo isolato o gente tra cui qualcuno della tua età.» le rispose Kyle.

«Allora, che mi raccontate?» si intromise Paddy girandosi di nuovo imitata dalle figlie.

«Io ho un ristorante.» cominciò Kyle «In teoria sono solo il proprietario, ma sto più spesso ai fornelli che dietro la scrivania.»

«E a noi tocca aiutare.» borbottò Axel.

«Tu almeno stai alla cassa, a me tocca dare una mano a pulire.» scattò la sorella.

«Questo mi ricorda qualcosa...» commentò Ryan rivolto all'amico che sorrise.

«In realtà si era offerta lei.» spiegò.

«Mi ero offerta di cucinare.» lo corresse Alexia.

«Io non mi ero proprio offerto.» sottolineò Axel.

«Sta' zitto tu! Hai fatto un sacco di sconti ai tuoi amici.»

«Si ma tu hai preparato i piatti migliori per i tuoi.»

«Finitela!» si intromise la madre.

Ryan la guardò.

Per un attimo lei si sentì in soggezione. Non sarebbe mai riuscita a fare l'abitudine a quello sguardo.

«Io continuo a girare film.» si affrettò a dire.

«Lo sappiamo!» risposero in coro Paddy, Tart e le gemelline.

«Se penso che mi avete trascinato al cinema per quel film sdolcinato...» ringhiò Ghish «Era bella solo l'ultima scena, quando quello lì ti metteva le mani addosso e...»

«Era una controfigura.» lo zittì Pam assicurandosi che gli altri passeggeri non lo avessero sentito.

Lei portava la sua solita parrucca rosso acceso e delle lenti a contatto verdi. Il suo corpo da urlo, però, non era affatto mascherato.

Portava una camicetta bianca attillata e con parecchi bottoni aperti, una gonna nera corta e delle calze scure. I tacchi alti completavano l'opera.

Alexia non sembrava affatto da meno, ma vestiva in modo molto più ordinario.

«Io ho messo su un laboratorio di ricerca scientifica.» annunciò Ryan.

«Lo sappiamo.» fece di nuovo il piccolo coro.

«E hai assunto Lory, che, guarda caso, è una ricercatrice.» recitò Tart.

«Non è vero.» lo contraddisse il biondo.

«Oh, sì che è vero.» insistette l'alieno «Loredana Ikiratawa.»

Ryan lo guardò senza capire.

«Lei insisteva per usare il cognome da sposata, ma Pai diceva che Ikisatashi sapeva un po' troppo di alieni. Ikiratawa è un compromesso.»

«Non sapevo che si chiamasse Loredana.»

«Infatti si chiama Lory, ma lei ha detto che visto che già il cognome era falso tanto valeva cambiare anche il nome. Usando “Loredana”, poi, la si può comunque chiamare Lory.» spiegò Paddy. «Ah, che bello pensare che ora siamo parenti!»

«Io, non ho molto da raccontare.» rispose Mark «Faccio l'avvocato.» per qualche motivo non voleva che sapessero di Rose e Luc. Almeno non ancora.

La verità era che, se si escludeva l'affetto di Strawberry, non si era mai sentito veramente parte di quella squadra, era come se non ne comprendesse a pieno i meccanismi.

Pam lo guardò storto. «E tua moglie e tuo figlio dove li hai lasciati?»

Si sentì morire.

Come faceva a sapere?

La fissò strabiliato.

Lei sorrise.

«Conosco Rose da quando a 14 anni sono scappata di casa.» spiegò Pam «Dimentichi che anche io sono di Las Vegas. Abbiamo fatto le stesse scuole, solo che poi io ho lasciato il liceo per recitare e a 16 anni sono venuta in Giappone. Siamo rimaste buone amiche.»

«Accidenti. È piccolo il mondo.»

Gli altri aspettavano spiegazioni.

«Ecco noi...»

«Avete divorziato due anni fa.» tagliò corto Pam. «Non era un motivo buono per non dircelo.»

«Non ero tenuto a farlo.» puntualizzò lui.

Ghish lo guardò pensieroso.

Se non ci fosse stata Pam nessuno avrebbe dubitato delle sue parole.

Se sapeva mentire così bene quante altre cose avrebbe potuto nascondere?

«Una volta nelle Seychelles tutto si sistemerà.» annunciò.

«Ehi! Come lo sai?» scattò Paddy già in cerca del colpevole con cui prendersela.

«Un uccellino...»

Mark studiò Ghish.

Cosa voleva dire con quella frase? Sapeva forse qualcosa che loro ignoravano?

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Capitolo 6
*** La figlia - parte prima ***


La figlia

parte prima

 

La villetta era proprio sul mare.

Quando arrivarono era tardo pomeriggio.

Mina li aspettava sulla soglia e li accolse con un meraviglioso sorriso.

Sotto certi aspetti era irriconoscibile, ma sotto altri non era cambiata affatto.

Era alta quasi quanto Pam.

Portava i capelli corti, un po' mascolini, ma le stavano incredibilmente bene. Le davano un'aria sicura e autorevole.

Portava un'attillata maglietta bianca smanicata e con una scollatura a V, dei pantaloni blu scuro aderenti che le arrivavano sotto il ginocchio e delle scarpe con la zeppa.

Se non avessero saputo che era lei non l'avrebbero riconosciuta.

Dalla sua postura, lo sguardo attento e i tratti aristocratici, però, la rendevano la stessa tredicenne di venti anni prima.

Strinse fortissimo Pam, ma per il resto non si sbilanciò troppo.

Li invitò ad entrare.

«Tutte le camere da letto sono di sopra.» illustrò cominciando a salire le scale.

Si ritrovarono in un lungo corridoio luminosissimo grazie alla lunga serie di finestre sulla parete opposta alle porte.

«Queste prime due sono occupate. Pam, Kyle, voi e i ragazzi starete nella terza. Per Paddy e Tart avevo preparato la quarta, ma a quanto vedo è meglio la quinta, nella quarta ci andranno Pai e Lory. Verranno, mi auguro. Ghish tu starai in quella in fondo. Purtroppo non sono infinite, e visto che ci sono due persone di più... beh, dovrei chiedere a voi due di condividere la camera.» disse infine rivolgendosi a Ryan e Mark. «Qualcuno deve stare in coppia e non credo che stare con Ghish sia una buona idea.»

I due ragazzi si guardarono e concordarono sul fatto che era l'unica cosa da fare.

L'alieno era già entrato nella sua camera.

Quando ne uscì era in compagnia di una ragazza dalla folta chioma fucsia e le orecchie a punta.

«E lei?» chiese Mina.

«Glix.» rispose la diretta interessata tendendo la mano.

Mina la strinse stupita.

«Voi dovete essere Mina.»

«Infatti.»

«Piacere di conoscerla.» nonostante le parole cordiali, Mina provò un insolito moto di repulsione contro quella ragazza.

Indossava un vestito fucsia che non poteva essere più striminzito: lasciava le cosce completamente scoperte, così come il voluminoso decoltè e a completare l'opera c'erano buchi a forma di cerchio di varie dimensioni su tutta la schiena e tutta la pancia.

«Perché ho il piacere di avervi qui?» chiese Mina con aria di sfida.

Glix strinse le labbra in una specie di sorriso e guardò Ghish.

«Ah, sì,» fece lui, come se si fosse accorto solo in quel momento dello scambio «lei sta con me.»

«Allora è un bene che Ghish abbia la stanza tutta per sé.»

«Già.»

«Posate le valige e venite pure di sotto. Devo parlarvi.»

Si avviò verso le scale.

Mentre si voltava vide Ghish indugiare davanti alla porta della seconda stanza.

Afferrò la maniglia, ma poi la lasciò andare e si allontanò.

Scese di sotto e si sedette su uno dei due divani messi uno di fronte all'altro a si sedette al centro di quello che dava le spalle alla finestra da dove entrava tutta quella luce.

Le tremavano le mani così le intrecciò e se le mise in grembo.

Cercò di rilassarsi, ma era impossibile.

Raddrizzò la schiena e tenne le gambe serrate una accanto all'altra.

Luna era ancora in spiaggia. Preferiva parlare prima da sola con Ghish, Ryan e Mark.

Agitata scattò in piedi e cominciò a girare per la stanza riordinando con gesti quasi maniacali tutta la stanza, già perfetta.

Ma le mani continuavano a tremarle e dovette lasciar perdere.

Dei passi per le scale.

Sollevò lo sguardo.

Mark si guardò intorno un attimo.

«La cucina è quella, vero?» chiese indicando una porta chiusa.

Lei annuì nervosamente e lo guardò muoversi con passo sicuro, entrare e prendere dal frigo una bottiglia d'acqua.

«Ti dispiace se ne teniamo una in camera?» chiese.

«No, fa' pure.» acconsentì.

Il ragazzo risalì le scale.

«Mark.» lo richiamò quasi subito.

«Sì?»

«Quando ho telefonato mi ha risposto un bambino...» le parole si susseguirono veloci.

«Ah, capisco. Luc.» annuì lui. «È mio figlio.»

Mina si morse il labbro.

«Io o Rose abbiamo divorziato due anni fa.» concluse Mark con riluttanza. Si disse che, anche se lui non avesse voluto, lei lo avrebbe saputo da Pam.

Mina annuì e lo lasciò risalire.

Si portò pensierosa una mano tra i capelli neri cortissimi.

Diede un rapido sguardo al suo orologio da polso.

Luna sarebbe tornata entro mezz'ora, doveva sbrigarsi.

Mentre sentiva gli altri scendere in gruppo andò a sedersi di nuovo al suo posto.

Prese un lungo e profondo respiro.

Ormai c'erano.

Doveva farlo.

Lo aveva promesso.

Sollevò lo sguardo mentre tutti prendevano posto un po' a caso.

«Ghish, Ryan, Mark, voi tre mettetevi qui davanti a me.» ordinò.

Mark obbedì subito seguito da Ryan.

Ghish sbuffò, ma poi li imitò mettendosi al centro, proprio di fronte a Mina.

Tart si sedette su una poltrona e Paddy si arrampicò sul bracciolo.

Alexia, Axel, Joy e Flo erano fuori.

Kyle rimase in piedi vicino alla finestra ad osservarli mentre Pam girò per la stanza in silenzio, come uno spirito inquieto.

Glix galleggiava a mezz'aria a gambe incrociate – cosa non proprio consigliabile data la forgia del suo vestito.

«Se vi ho chiamato qui è perché ho qualcosa di molto importante di cui parlarvi.» cominciò la ragazza. Ghish fece per commentare, ma lei lo fulminò con lo sguardo. «Riguarda Strawberry.»

«Cosa in particolare?» chiese Ryan.

«Beh, vorrei prima illustrarvi le “circostanze” che mi hanno costretta a mettervi al corrente della cosa.» faceva del suo meglio per controllare la voce, ma le mani che tremavano e gli occhi inquieti e sempre più lucidi tradivano la sua agitazione. Li fissò uno ad uno.

«Lei è morta sei mesi fa.»

«Cosa?» gridarono tutti e tre all'unisono.

Mina non riuscì più a trattenere le lacrime.

«Un incidente. C'ero anch'io. E...» si lasciò sprofondare nel divano. «Dovevo esserci io alla guida, invece... è stata colpa mia!» le labbra le tremavano violentemente mentre reprimeva i singhiozzi.

Pam accorse immediatamente.

Le si sedette accanto e le cinse le spalle con un braccio.

Le sussurrò più volte qualcosa che gli altri non sentirono.

Mina scosse la testa e la allontanò.

Si riprese e si raddrizzò.

«No. Non è per farmi consolare che vi ho chiamati.» disse ad alta voce.

«E per cosa?» chiese Ghish scandendo ogni sillaba. «Per. Cosa? Si può sapere.»

«Non ti piacerà.»

«Più di questo. Credimi è difficile.» sibilò il ragazzo. I suoi occhi ora sembravano quelli di un serpente.

Non aveva mai amato Mina, neanche dopo la fine della guerra.

A differenza degli altri lui la accusava.

Glielo si leggeva in faccia.

Avrebbe preferito venire al suo funerale che sentirsi dire che Strawberry era morta.

Nei suoi occhi scorreva veleno dorato.

La rabbia diede a Mina la forza di continuare.

Scattò in piedi.

«Fosse stato per me non ve l'avrei mai detto. Ma ero lì quando Strawberry è morta. Gliel'ho promesso e poi neanche “legalmente” potrei prendere in mano la situazione.» continuò dirigendosi verso il davanzale della finestra e poi voltandosi di nuovo verso di loro. «Strawberry ha avuto una figlia. E uno di voi tre è il padre.»

Tutti ci impiegarono diversi secondi per assorbire veramente la notizia.

Il disagio si leggeva chiaramente sul viso di Mark.

In quello di Ryan c'erano sorpresa e incredulità.

Ghish strinse i pugni.

«Avevi ragione. Non mi piace.» disse.

Mina incrociò le braccia al petto.

«Non mi importa cosa pensi. Ho promesso che avrei ridato a Luna suo padre ed è esattamente quello che farò. Non avrai qualcosa in contrario.»

Tra i due era guerra.

«Nulla.» rispose l'alieno senza distogliere lo sguardo. «Sono solo curioso.»

Ryan intanto si era alzato.

«Ci stai chiedendo...» cominciò con leggero imbarazzo.

«Per cominciare se è possibile che siate il padre della ragazza.»

«Quanti anni ha?» chiese il biondo.

«Diciassette già fatti.»

Nessuno dei disse nulla.

Mark si contorceva le mani con nervosismo e studiava gli altri due.

Fu lui il primo a parlare.

«Sì.» borbottò.

«”Sì” è possibile che tua sia il padre?» ringhiò Ryan.

«Sì, è probabile

Ryan avrebbe voluto fulminarlo con lo sguardo, ma non era meno colpevole di lui.

«Ryan?» chiese Mina.

Lui strinse i pugni, ma non poté impedire che un piccolo sorriso gli si dipingesse sulle labbra.

«È possibile.» disse.

A quel punto tutti guardarono Ghish.

Un sorriso enorme gli attraversò il volto. «È... è più che possibile!»

Ryan gli lanciò una delle peggiori occhiate di cui era capace, ma l'alieno lo ignorò apertamente.

Mark li ascoltava solo distrattamente.

Sembrava pensieroso, indeciso. Teneva lo sguardo basso.

«Cominciamo bene...» commentò Tart. «Dopo la prima eliminazione sono ancora in tre.»

«Prossimo turno?» fece Paddy mantenendo comunque un tono serio.

Nessuno sapeva bene cosa dire.

Era già abbastanza imbarazzante dover chiedere ai tre chi potesse essere il padre della ragazza.

Mina diede un rapido sguardo fuori dalla finestra.

«Sta arrivando.» disse.

Tutti rimasero in silenzio.

Dei passi felpati si mossero rapidi verso l'interno.

Sentirono la chiave girare e la porta aprirsi.

Luna fece il suo ingresso in tutta la sua altezza e la sua bellezza.

La prima cosa di lei che li colpì furono gli occhi. Erano di un incantevole azzurro cielo e potevano appartenere ad uno solo di loro.

Poi, in cerca di altri indizi rivelatori, notarono i capelli. Lunghi e fluenti, erano di un nero vivo e brillante e allo stesso tempo di una delicatezza particolare e potevano appartenere ad uno solo di loro.

Ultimo, ma non ultimo, c'era la pelle. Nonostante la villa si trovasse sulla costa e il sole estivo illuminasse l'intera zona, era di un colore latteo e immacolato e, così come quel sorriso beffardo, poteva appartenere ad uno solo di loro.

Portava un pareo azzurro sopra al costume ed era a piedi nudi.

Lanciò le chiavi sul mobile lungo poco distante dalla porta. Sembrava dovessero cadere, invece atterrarono al margine.

Luna tornò a guardare i nuovi arrivati.

Non era affatto stupita, ma curiosa.

Era come se ad una parte di lei non importasse sapere chi era il padre. Era la ricerca a piacerle.

Alexia entrò in casa poco dopo.

«Quanti anni hai?» chiese all'istante.

«Diciassette e mezzo.»

«Anche io!» un sorriso enorme attraversò il volto di Alexia.

«È fantastico!»

«C'è qualcun altro? Ragazzi magari?»

«Non da queste parti, ma nella spiaggia vicino sì. Ci si arriva con un nuotata.»

Alexia avrebbe continuato, ma uno sguardo della madre bastò ad interromperla.

«A dopo.» salutò felicemente.

Luna chiuse la porta dopo che fu uscita.

«Allora,» esordì raggiungendo il divano di Mina con passi rapidi e svelti e appollaiandosi sul bracciolo. «vediamo se indovino. Tu sei Ghish, è facile. Biondo occhi azzurri: Ryan. Per esclusione tu sei Mark.» passò agli altri «Voi assomigliate alle due pesti qui fuori quindi dovete essere Paddy e Tart. Sbaglio o manca un alieno? Pai. E Lory.»

«In viaggio di nozze.» rispose Tart.

«Ah, congratulazioni. Tu... sai l'amico di Ryan, giusto?»

Kyle annuì.

«E tu sei Pam, già ti conosco.»

Pam sorrise. «Ho visto l'altro ieri l'ultimo film, zia Mina non se ne perde uno. Se devo essere sincera era un po' noioso. Ultima scena a parte.»

«Luna!» la riprese Mina

Paddy e Tart non poterono trattenere le risate.

«Uno a zero per Ghish!» dichiarò il ragazzo.

Luna li guardò senza capire.

Pam evitò di rispondere.

Ryan continuava a fissare Luna e lei alzò un sopracciglio.

«Stavo solo pensando.» fece lui.

«Se è utile pensa pure ad alta voce.»

«Hai gli occhi azzurri, ma è un gene recessivo che tutti possono avere. Per i capelli neri ne basta uno dominante. Chi ha i capelli rossi ne ha uno dominante e l'altro recessivo. Sotto questo aspetto sia io che Mark possiamo essere tuo padre. Non so come funzioni per gli alieni. Per il resto assomigli tantissimo a tua madre.»

Il modo in cui disse le ultime parole aveva un che di dolce malcelato.

Luna abbassò lo sguardo e cercò di sorridere.

«Grazie.» disse solo.

Quando alzò lo sguardo, per la prima volta, si rese conto che nella stanza c'era qualcuno di troppo.

«E tu chi sei?» chiese all'aliena che ancora galleggiava a mezz'aria.

«Mi chiamo Glix.» disse.

«Oltre che mostrare a tutti la tua biancheria di pizzo, che ci fai qui?» chiese con un sorriso beffardo.

«Lei sta con me.» disse Ghish che rideva sotto i baffi.

«Fammi capire,» continuò Luna fissando Glix «tu te ne sta tutta tranquilla mentre noi parliamo del fatto che il tuo ragazzo potrebbe essere mio padre?»

Lei fece spallucce senza abbandonare la sua posizione. «Vorrebbe solo dire che è stato con tua madre.» rispose con la massima tranquillità. «E poi non sei sua figlia.» affermò con sicurezza e tutti si voltarono a guardarla.

«Se fossi figlia di Ghish saresti un altro ibrido, come Joy e Flo. E loro, oltre ad avere le orecchie a punta, non potrebbero essere scambiate tanto facilmente per delle umane. Spostano gli oggetti con la forza del pensiero, fanno salti molto alti e rallentano le cadute.»

Luna non seppe cosa ribattere.

«Joy e Flo possono rimpicciolirsi le orecchie.» intervenne Paddy saltando in piedi. «Se lei è cresciuta in mezzo agli umani potrebbe averle mantenute così senza sapere di poterle modificare.»

Luna rialzò lo sguardo. «Possibile?»

Paddy alzò le spalle e sollevò le braccia. «Joy e Flo hanno sempre saputo di essere speciali. E poi sono cresciute tra umani e alieni indifferentemente.»

Luna sembrava poco convinta e d'istinto di voltò verso Ryan.

«Non so.» disse lui «Potrebbe anche aver ragione Paddy.»

«Di sicuro Pai lo sa.» commentò Tart.

«Perché non facciamo un esame del DNA e basta?» chiese Ryan.

«Sarebbe una buona idea.» confermò Mark riprendendosi come all'improvviso da un torpore.

«No!» scattò Luna.

«Perché?» chiese Ryan.

«Perché il bello è proprio la ricerca! E poi così resterebbe comunque il beneficio del dubbio!»

«Sono d'accordo.» commentò Ghish, ma Luna lo ignorò.

«Sto cercando mio padre perché l'ha chiesto la mamma, ma per quanto mi riguarda si tratta solo di accollarmi a qualcuno per i prossimi otto mesi.»

«Luna!» la riprese di nuovo Mina.

«È la verità! Non ho intenzione di passare il resto della vita a nascondermi solo perché sono una figlia illegittima! E non voglio essere un peso per nessuno.»

A giudicare dalle occhiate che le due si rivolsero quello doveva essere un discorso affrontato già più volte in precedenza.

«Tu non saresti affatto un peso!» esclamò Mark attirando gli sguardi su di sé – quello di Ghish, in particolare, gridava “parla per te”. «Se tu fossi mia figlia, almeno.»

Lei sorrise appena, ma commentò «Non mi sembri molto convinto.»

«Sono soltanto confuso. Tutto mi aspettavo, tranne una cosa del genere. Non capisco perché Strawberry abbia taciuto così a lungo una cosa del genere. Che motivo ne avrebbe avuto?»

Nessuno rispose.

Ma Pam, dal fondo della stanza, vide qualcosa, una luce, brillare negli occhi di Mina.

E ne fu sicura.

Mina sapeva la verità.



Ok, ok,
mi scuso per lo spaventoso ritardo!
Sono stata molto occupata e non è stato facile scriere questo capitolo. (spero sia venuto bene...)
Non so in quante parti sarà diviso "La figlia", potrebbero andare avanti fino a quasi la fine della storia.
Fatemi sapere che ne dite, specialmente se pensiate che i comportamenti di Ryan, Mark e Ghish siano adeguati a loro perché io non ne sono tanto sicura.
Spero di aggiornare presto (seeee devo ancora aggiornare Connect !!!!)
Incrociando le dita,
Artemide12

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Capitolo 7
*** La figlia - parte seconda ***


La figlia

parte seconda

 

«Da quanto tempo sapevi di Strawberry?» le chiese Mark.

Mina fissò l'orizzonte di fronte a sé.

Quella linea distante e illusoria in cui mare e cielo si fondevano in un unico essere.

Non era scesa in spiaggia.

Aveva preferito rimanere in balcone a fissare il mare.

Non era ancora l'ora del tramonto, ma il sole aveva già cominciato la sua discesa e si era fatto meno caldo.

La luce la investiva in pieno e l'avvolgeva in un caldo abbraccio che le indorava la pelle abbronzata.

Appoggiò gli avambracci alla ringhiera bianca del balcone.

Mark, accanto a lei, aspettava una risposta.

Sembrava il più shockato di tutti e ancora non si era del tutto ripreso dalla notizia.

Erano tutti in spiaggia.

Nella casa regnava il silenzio.

Mina cercò di assorbire quella calma momentanea.

«Lei venne da me quando era al settimo mese di gravidanza.» disse infine.

Mark la guardò stupito.

Non si aspettava che le due ex-MewMew si fossero riviste così presto.

«Aveva avuto il mio numero e il mio indirizzo dalla scuola di ballo. Quando aprii la porta e la vidi lì, con la valigia e il pancione non seppi cosa fare. Una parte di me avrebbe voluto farle l'ennesima ramanzina, ma l'altra era troppo desiderosa di aiutarla. Aveva litigato con i genitori a causa di quel bambino senza padre. Loro, in realtà, erano disposti ad aiutarla, ma lei... lo sai com'è, com'era, ha voluto fare di testa sua. Non voleva essere un peso. È scappata di casa senza dire niente a nessuno ed è venuta da me. Non ha mai fatto nessun controllo medico. Ho provato più volte a convincerla, ma ha opposta un'insolita resistenza. I suoi genitori mi hanno chiamato più volte per sapere se avevo informazioni sulla figlia. Sotto sua richiesta negai. La convinsi a chiamarli, però, e lei disse loro di non preoccuparsi e non cercarla più. Quando è arrivata all'ultimo mese sono letteralmente andata nel panico. Nessuno sapeva che era incinta, stava per avere un figlio illegittimo. Cosa avremmo dovuto fare al momento del parto? E dopo? Non potevamo tenere nascosto al mondo il bambino.»

Fece una pausa.

Non aveva ancora distolto lo sguardo dall'orizzonte.

«E poi?» la incalzò Mark «Cos'è successo?»

«Strawberry si era fatta alcuni calcoli, per quanto affidabili potessero essere, diceva che mancava sì e no una settimana al parto. Ero uscita per una cena con mio fratello e alcuni nostri amici. Quando sono tornata lei era lì, con una bambina minuscola fra le braccia. Bagno e camera da letto erano un disastro, ma entrambe stavano bene. All'inizio ho dato di matto, ma poi non ho potuto fare a meno di essere felice. Strawberry era sempre così solare. Il suo sorriso e il suo buon umore erano a dir poco contagiosi. Non sapevamo se fosse stato un maschio o una femmina. Quando arrivai aveva già deciso di chiamarla Luna.»

«E se fosse stato un maschio?» chiese Mark curioso.

«Non lo so. Evitavo di farle certe domande. Non so perché la rattristavano. Si dava della stupida, ma non poteva fare a meno di amare sua figlia. Era il suo bambino: avrebbe scelto lei che nome dargli.»

Finalmente si voltò verso di Mark.

«Forse speravo che il nome mi avrebbe aiutato a capire chi fosse il padre.»

«Non te l'ha mai detto?» chiese lui, poco convinto.

Mina si rabbuiò e abbassò lo sguardo.

«Lei si confidava con me, ma questo non ha mai voluto dirmelo.»

«E Luna? Lei non sa chi è suo padre?»

Mina ci rifletté.

«Luna non scherza quando dice che appena sarà maggiorenne vorrà il pieno dominio delle sue azioni. È cresciuta senza un padre ed è stata relativamente bene. Non è la figura paterna che le manca. È la ricerca ad interessarle. Non vuole sapere la verità in sé e per sé, vuole crearsene una sua, lo fa sempre. Le sue verità sono le uniche in cui è disposta a credere. Non so se questo l'abbia preso da Strawberry o dal padre.»

Mark annuì.

«Quindi non lo sa?»

Mina scosse la testa decisa. «No. E poi non avrebbe senso. Se Strawberry le avesse detto chi era il padre non mi avrebbe fatto promettere di scoprirlo, no?»

«Magari sapeva che Luna non sarebbe mai andata da lui.»

«Se Luna lo sapesse lo avrei già capito.» insistette la ragazza, irremovibile. «Se già lo sapesse non avrebbe mai acconsentito.»

 

«Ora fermi tutti e guai a chi lo tocca!» ordinò Luna, poi fece partire la biglia.

A metà percorso la piccola sfera saltò in aria e atterrò lontana.

«Ghish!» ringhiò.

«Non sono stato io!» ribatté subito il ragazzo.

«E chi allora?» fece Luna ironica.

Una risata alle loro spalle li interruppe.

Si voltarono.

Joy – o Flo, con il costume uguale era impossibile distinguerle – stava ridendo a crepa pelle.

«Lei.» disse Ghish. «Solo loro due possono spostare gli oggetti con la forza del pensiero.»

Luna alzò gli occhi al cielo, ma sorrise.

Ghish rimase a guardarla per alcuni secondi, interdetto.

Quante volte aveva sognato quel sorriso? Quante volte lo aveva desiderato per sé?

E ora... ora lo vedeva sulle labbra di una che non era Strawberry, ma sua figlia.

Ma figlia di chi?

Di chi era quel sorriso?

Desiderava con tutto sé stesso di essere il padre di Luna, anche se gli sembrava impossibile.

Stavano insieme, sì, ma perché avrebbe dovuto nascondergli una cosa del genere?

Perché scappare, perché tagliare i rapporti con il resto del mondo?

Perché rivolgersi proprio a Mina?

Credeva che non le piacesse. Erano amiche, lo sapeva bene, ma addirittura scegliere di rifugiarsi da lei?

Perché non da...

da chi?

Paddy stava con Tart e Lory, almeno all'epoca, con Ryan.

Pam? Era forse troppo vicina a Ryan?

Lei, però, era un'attrice, avrebbe di certo saputo nascondere una cosa del genere.

Ma come avrebbe fatto con Kyle?

Avrebbe dovuto rinunciare a lui? E magari anche ad Alexia e Axel?

No, Strawberry non l'avrebbe mai fatto.

Mina era l'unica opzione.

«Ghish? Ti sei incantato?» Luna gli agitò la mano davanti agli occhi.

«no scusa»

«Forza gente, riproviamo!» esclamò intanto Alexia.

I tre avevano costruito un enorme percorso per le biglie sulla sabbia. Utilizzando le formine e tutti gli attrezzi da spiaggia di Joy e Flo avevano poi creato incroci, ponti e gallerie, tutto in discesa perché le biglie non si fermassero fino all'arrivo.

Axel aveva sfidato la madre a chi arrivava prima a nuoto ad un grosso scoglio ed era in testa di poche bracciate.

Tart e Paddy dovevano stare sempre appresso alle gemelline che stavano esplorando la scogliera. Dire che anche loro si divertivano era un eufemismo. Tra i quattro non si capiva quali fossero i bambini.

Non sembravano cresciuti, quasi fossero ancora i bambini di dieci anni di un tempo.

Ma non lo erano.

Erano alti quasi il doppio di quei bambini e avevano avuto dei figli.

Ryan distolse lo sguardo scacciando quel pensiero malinconico.

Se avesse potuto costruire una macchina del tempo e tornare a vent'anni prima, magari nel pieno della battaglia finale quando credeva che sarebbero morti, lo avrebbe fatto.

Perché avrebbero voluto dire che erano ancora il team MewMew affiatato e unito che lottava contro degli alieni della stessa età.

Avrebbe voluto dire vedere una Strawberry ancora viva. Innamorata di Mark e a volte tentata da Ghish, ma viva.

Per cercare di distrarsi posò lo sguardo altrove.

Inutile.

Quella spiaggia non faceva che rafforzare i ricordi.

Era tutto un gioco.

Mina e Strawberry che litigavano ogni mattina, Lory che rompeva i piatti, Strawberry che doveva pulire tutto, Paddy che organizzava spettacoli da circo nel bar e Strawberry che tentava di fermarla.

Strawberry, Strawberry, Strawberry, …

«Maledizione!» imprecò sottovoce.

Kyle, seduto su una sedia pieghevole accanto a lui, si voltò a guardarlo.

Persino lui era cambiato.

I capelli erano legati in un codino molto più corto e il viso si era fatto ancora più adulto.

Sopra il costume portava una maglietta a maniche corte.

Era l'immagine standard di un papà.

Un buon papà. Per non dire ottimo.

E lui cosa diavolo era riuscito a combinare?

Era rimasto chiuso in sé stesso ad aspettare Strawberry.

Si alzò in piedi frustrato. Non doveva pensarci.

Non perché non le fosse affezionato, ma perché il suo pensiero lo faceva stare male.

«Raggiungo Pam e Axel.» disse a Kyle prima di tuffarsi.

Il moro rimase sotto l'ombrellone sospirando.

Pam e Axel erano arrivati allo scoglio da un pezzo.

Lei era seduta proprio al centro, con le gambe in acqua, come una splendida sirena mentre il figlio si immergeva e poi risaliva. Aveva ammucchiato un bel po' di conchiglie e la madre le stava dividendo per forma.

«È pieno zeppo di pesci! È bellissimo!»

«Più in là c'è la barriera corallina.»

«Wow! Ci andiamo?»

Intanto si era immersi di nuovo.

Pam alzò lo sguardo e vide Ryan che li raggiungeva nuotando a farfalla.

Vuole solo mettersi in mostra, chi meglio di te dovrebbe saperlo? si disse.

Ci riesce bene però. E non è affatto male. Ma che dici Pam? Sei una donna sposata!

«Allora? Ci andiamo?» chiese ancora Axel. Dal suo tono capì che era solo un invito ad accompagnarlo, non la richiesta di un consenso.

«Sì.» accettò e si rituffò in acqua.

Lei e Axel si spinsero velocemente più a largo e quando Ryan arrivò allo scoglio li vide allontanarsi.

Si immergevano a turno e poi riferivano cosa avevano visto.

Vinceva chi diceva le cose più belle.

Naturalmente entrambi iniziarono a barare molto presto.

Ryan rimase a guardarli per alcuni minuti.

Axel era proprio come la madre: parlava poco e se ne stava in disparte a riflettere e aveva un ottimo intuito e senso pratico.

Insieme, mamma e figlio, andavano molto d'accordo e diventavano entrambi un po' meno chiusi del solito.

Adocchiò un altro ammasso di scogli a largo, sulla sinistra.

Si tuffò e nuotò a grandi bracciate verso di essi.

 

«Facciamo un po' di tuffi?» esclamò all'improvviso Luna.

«E da dove?» chiese Alexia.

«Da lì!» la ragazza indicò alcuni grossi massi al limite della spiaggia.

Erano di colore grigio chiaro, quasi interamente levigati dal mare e dal suo continuo lavoro di erosione. Erano poco meno di una decina, tutti di altezze diverse.

«Ma è altissimo!» ribatté Alexia seguendo lo sguardo di Luna.

«Non soffrirai mica di vertigini?»

«No, ma...»

«Allora vieni, ci sono cresciuta qui, non mi sono mai fatta un graffio.»

«Sei cresciuta qui?» chiese Alexia incamminandosi con la ragazza.

«Sì. Zia Mina ha comprato questa casa quando avevo quattro anni, io e la mamma ci passavamo la maggior parte dell'anno. Lei ci sarebbe rimasta sempre, e anch'io. Ma durante l'inverno e l'autunno tornavamo in città con Mina. E ci sono le lezioni.» Luna fece una smorfia di disapprovazione.

«Vai a scuola? Dove?»

«I figli illegittimi non vanno a scuola. Prendo lezioni private. Le odio. Signorina qui, signorina lì.»

Alexia rise. «La scuola è anche peggio, ci puoi scommettere!»

«Ehi! Dove andate?» si intromise Ghish che fino a quel momento aveva continuato ad occuparsi del gigante percorso delle biglie.

«A fare i tutti.» rispose tranquilla Luna.

«Posso venire?»

«Certo. Non devi chiedermi il permesso, non sei mica un bambino.»

«E da dove vi dovreste tuffare?» li interruppe Kyle a cui si erano avvicinati.

«Da lì.» indicò Luna.

Kyle seguì il suo sguardo.

«Non se ne parla.» dichiarò. «È altissimo e l'acqua lì è bassa.»

«Uffa! Non è giusto!» si lamentò Alexia, sapendo che il padre non avrebbe potuto fermare gli altri due.

«Davvero non c'è pericolo.» lo rassicurò Luna.

«Mi dispiace, ma non se ne parla.» tagliò corto Kyle.

Alexia batté i piedi a terra e mise il broncio, ma obbedì.

«Ne faccio solo uno.» promise Luna che non aveva intenzione di rinunciare.

Lei e Ghish si guardarono, poi scattarono nello stesso istante.

I loro piedi si muovevano svelti sulla sabbia bianca finissima.

Ghish arrivò per primo.

Si sollevò in aria.

«Non sono uno che fa vincere le ragazzine.»

«Infatti non sono una ragazzina.» dichiarò Luna «E la gara non è ancora finita. Vince chi arriva su per primo.»

Ghish guardò lo scoglio liscissimo.

«E come pensi di arrampicarti? Io posso volare.»

«Dammi cinque minuti di vantaggio.»

«Sono troppi.»

«Tre.»

«Due e mezzo.»

«Due!»

«D'accordo. Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque.»

Luna con un salto si appese al ramo sporgente di un albero.

Si issò sulle braccia come fosse sulle parallele.

Cominciò ad ondeggiare per darsi la spinta, roteò due volte intorno al ramo, poi si lasciò andare.

Fece una capriola per aria.

Atterrò proprio sul masso.

«Due minuti spaccati, scommetto.»

Ghish era rimasto come incantato a guardarla.

Quell'agilità, quell'eleganza nei movimenti e allo stesso tempo quella decisa aggressività.

Le conosceva bene.

Le ricordava.

Il ricordo di Strawberry oltrepassò i suoi muri mentali e si ripresentò ai suoi occhi sovrapponendosi all'immagine di Luna.

E fu allora che notò anche le notevoli differenze.

Luna era più alta e più affusolata, il suo corpo era più sinuoso, il suo sguardo più felino.

Tutto di lei ricordava un gatto.

La camminata, la postura, il modo in cui muoveva le mani, in cui sorrideva.

Era di una naturalezza felina molto più accentuata di quanto non fosse Strawberry.

C'era un che di più perfetto in lei.

A Ghish non piacque. Lui, che aveva sempre amato le “debolezze” della rossa, si ritrovava a notare incredibilmente la loro mancanza nella figlia.

Dov'era l'imbarazzo che la faceva arrossire? La timidezza? I modi un po' impacciati?

Non che non gli piacessero anche la grinta e lo spirito da leader di Strawberry, ma ciò che amava era il loro continuo alternarsi.

Luna non era così.

«Allora? Ti sei imbambolato?» la voce della ragazza lo riportò alla realtà. «Non eri tu quello che non faceva vincere le ragazzine?»

«Infatti non hai ancora vinto.» sogghignò l'alieno raggiungendola in volo «Vince chi si tuffa e poi ritorna per primo alla spiaggia.»

«Ma così sei di nuovo avvantaggiato! Voi alieni respirate e vi muovete in acqua proprio come in aria!» protestò la ragazza.

«Certo. E stavolta niente favoritismi.» annunciò cominciando a volare in picchiata verso l'acqua.

Luna raccolse la sfida e con un salto da nuotatrice provetto si tuffò a sua volta.

Con immensa sorpresa Ghish la vide entrare in acqua prima di lui – cosa che stentava a credere visto che lui volava molto più velocemente di quanto impiegasse qualsiasi corpo a cadere.

«Come diavolo hai fatto?» le chiese sott'acqua, ma, com'era logico, lei non poté rispondergli.

Nuotò fino a riva senza riemergere ed ad una velocità sorprendente, ma alla fine lei e Ghish arrivarono più o meno pari.

In realtà furono entrambi investiti da un'onda neanche tanto forte che rese impossibile capire chi era arrivato per primo.

«In ogni caso voglio la rivincita!» dichiarò l'alieno dagli occhi dorati.

«E allora vedi di allenarti, non puoi competere con me, vivo qui da quando avevo cinque anni, conosco tutti i trucchi possibili per vincere.» dichiarò battagliera la ragazza.

Ryan, che intanto era tornato a riva e stava tranquillamente chiacchierando con Kyle, non poté trattenere un piccolo sorriso.

Era fin troppo contento che Luna avesse dato a Ghish pane per i suoi denti. Quell'alieno era troppo abituato a vincere per i suoi gusti.

In un modo o nell'altro bisognava dargli una lezione.



Ehilà!
Ecco il nuovo capitolo.
Di indagine c'è molto poco, ma di dettagli parecchi. =D
Fatemi sapere che ne pensate. ;)
A presto,
Artemide12

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Capitolo 8
*** La figlia - parte terza ***


La figlia

parte terza

 

Mina si appoggiò al piano di lavoro a incrociò le braccia al petto, in attesa del suono ormai familiare del timer del forno.

Kyle entrò nella cucina con la scusa di prendere una bottiglia d'acqua.

Annusò con discrezione, poi sul suo volto si dipinse un sorriso.

«Non sapevo sapessi cucinare così bene, Mina.» si complimentò.

«Ancora non hai assaggiato nulla.» commentò la ragazza sorridendo.

«Ha abbastanza esperienza per poter dar retta al mio naso.» ribatté il ragazzo, anzi l'uomo, avvicinandosi a Mina e dando una rapida occhiata al piano di lavoro non proprio ordinato.

«Lo so, lo so, sono un po' pasticciona, ma ho dovuto imparare. L'alternativa era lasciare che cucinasse Strawberry.»

Kyle si lasciò sfuggire una rapida risata.

«Sì, immagino che non fosse la scelta migliore, ma credevo che avessi delle cameriere.»

«Altra gente a cui spiegare oppure nascondere Strawberry e Luna? No, non ce l'avremmo mai fatta. E poi avevo già deciso di lasciar perdere quel tipo di vita prima di trasferirmi. Certo, c'era una domestica che mi aiutava un po' in tutto. In realtà c'è ancora, ma solo quando siamo a Manhattan. Ormai ci siamo tutte affezionate alla signora Severian, è come una nonna.»

«Non ti facevo così autonoma» si bloccò all'istante «Con tutto il rispetto.»

Mina si voltò verso di lui e sorrise. «Figurati. Tra Straw e sua figlia ho dovuto farci l'abitudine.»

Il timer li interruppe.

Mina tirò fuori dal forno una pizza fatta in casa.

Kyle le diede una mano.

«Si mangia!» esclamò Flo tutta felice.

Glix, che non si era vista per tutto il pomeriggio, si alzò dal divano strofinandosi nervosamente la gonna. «Dannazione! Quel divano è pieno di peli di cane!»

«Sono di gatto.» la corresse Mina. «Ne girano un paio da queste parti, Luna li fa entrare quando non ci sono.»

«Entrano da soli.» ribatté la ragazza senza troppa convinzione.

Glix spazzò via gli ultimi peli neri, poi andò a sedersi tra Ghish e Tart, che però la ignorava completamente, molto più preso dalle bambine e da Paddy per curarsi della sua vicina.

Luna era a capo tavola, e, a partire dalla sua sinistra, erano disposti così: Alexia, Pam, Axel, Kyle, Ryan, Paddy, Joy, Flo, Tart, Glix, Ghish, Mark e Mina, che quindi era alla destra di Luna.

Alexia, Luna e Ghish sembravano aver formato un gruppo molto più affiatato del previsto.

Pam e Axel ogni tanto chiacchieravano tra di loro, ma per il resto rimasero piuttosto in silenzio, sopratutto il ragazzo.

Luna mangiò tutto come se non mangiasse da mesi, cosa che ricordava molto più Strawberry che i tre possibili padri, a meno che non si includeva anche Tart nell'elenco dei candidati.

Paddy, Tart e le bambine erano un vero spettacolo.

Il sogno perfetto di “famiglia felice”.

Ad un certo punto furono Joy e Flo ad imboccare i genitori, invece che viceversa.

In realtà Joy si divertiva moltissimo e cercare di far finire bocconi di cibo direttamente in bocca al papà mentre questo tentava di parlare con gli altri.

Non aveva proprio una buona mira, ma poteva spostare gli oggetti con il pensiero e faceva canestro quasi sempre. A volte, invece, preferiva imbrattare la faccia di Tart.

Per tutta risposta Flo lo sciacquava con il contenuto del suo bicchiere mentre Paddy non faceva che ripetere frasi fatte che neanche lei rispettava come “non si gioca con il cibo!”.

Mark e Mina riuscirono ad instaurare un minimo di dialogo con Glix, anche se entrambi temevano le sue risposte sfacciate.

Erano ormai alla frutta.

Le cose andavano piuttosto bene finché Mina, con innocente tranquillità Mina non le chiese:

«Non ti ho vista oggi in spiaggia, hai fatto un giro di esplorazione?»

Glix sorrise stendendo le labbra piene. «No, infatti, non potevo scendere in spiaggia. Problemi femminili, dovresti capire visto che neanche tu sei scesa.»

probabilmente tutti avrebbero fatto finta di non aver sentito se Mina non fosse divenatata rossa e dovette trattenersi dal balzare in piedi e balzare su Glix.

«Beh, cos'è quella faccia? È una cosa normale.»

«Ma ti sembra una cosa da dire così ad alta voce?!» scattò Mina piccata.

Calò un silenzio imbarazzato mentre Glix scrollava le spalle.

«Calmati zia Mina,» intervenne tranquillamente Luna «vuole solo farti arrabbiare, in realtà ha passato tutto il tempo nella spiaggia turisti a stilare una lista dei ragazzi con cui provarci. Non è stato difficile attirare l'attenzione in fondo, con le orecchie che si ritrova...»

Glix fu abile a mascherare una smorfia di disappunto con un mezzo sorriso.

«Sei informata, o hai tirato ad indovinare.»

Luna rispose con una sguardo di sfida.

«Stai lontana da Alexander.» rispose allora Luna.

«Il biondo o il bruno?» ribatté Glix.

«Il bruno si chiama Xander, non Alexander. Sì, in effetti con lui avresti qualche speranza, è uno con gusti strani, è convinto che gli handicappati abbiano gli stessi diritti e opportunità degli altri.»

Glix sembrò spiazzata. «Handicappati?»

«Beh, immagino che avrai detto che le tue orecchie sono un qualche tipo di deformità.»

Ghish e Tart soffocarono a stento una risata e anche Alexia non poté trattenersi a lungo.

Mina ringraziò in silenzio che Luna fosse abbastanza sfacciata da tenere testa all'aliena.

Glix, dal canto suo, sembrava più che felice di avere qualcuno che reggesse il confronto con lei.

«Oh, non preoccuparti, il biondo era decisamente meglio.»

Luna tradì un attimo di esitazione.

«Problemi?» la incalzò la fucsia.

«Non con Alexander. Preferisco di gran lunga il fratello.»

«Il fratello?»

Luna annuì.

«Lucifero. Il bel fusto abbronzato del bagnino.»

«Mi prendi in giro?»

«A che pro visto che domani andrai a controllare?» chiese Luna ammiccando.

«Lucifero? Che nome.» commentò Alexia.

«È il più bel ragazzo dell'isola, fino a prova contraria. Domani te lo presento.»

«Vi precederò.» annunciò Glix.

«Non ci riuscirai.» dichiarò invece Luna. «È già occupato.»

«Ah sì? E da chi? Da te? Ma fammi il piacere!»

«Non parlavo di me.»

«E di chi?»

Luna sorrise furbetta. «Di Alexia ovviamente!»

«COSA?» scattò la ragazza, sentendosi improvvisamente chiamata in causa.

Fu Flo a “risolvere” la situazione.

Infastidita dalla mancanza di attenzione nei suoi confronti, fece scattare l'interruttore della luce.

«Chi cavolo....» fece Ryan.

«È stata lei!» scattò subito Flo indicando la sorella.

«Non è vero!» strillò Joy. «È stata Flo.»

«Sì, ma è lei Flo. Io sono Joy!»

«Non è vero!»

«Zitta Joy!»

«Sono Flo!»

«Ti sei tradita.»

«Non è vero!»

Axel guardò la madre. «Io non ci ho capito niente.» dichiarò.

Paddy prese le due bambine dal collo.

«Non mi importa chi è stata!»

La luce si riaccese.

«Ora va meglio.»

«Non sono stata io!» protestò una delle bambine.

«E nemmeno io.» rispose l'altra abbandonando il battibecco.

Le due sorelline si guardarono dubbiose.

«Aspetta un attimo.» fece Tart. «Se vuoi due non siete state, allora chi...»

Tutti si voltarono verso di Luna che spostò lo sguardo di fronte a sé prima che gli altri notassero cosa, o chi, stava fissando.

«beh, che avete da guardare?»

«Sei stata tu?» chiese Alexia.

«No! Se devo accendere la luce mi alzo, non ho mica un telecomando!»

Ryan alzò un sopracciglio.

«Non mi credi?» lo sfidò Luna.

Joy chiuse una mano a pugno e il bicchiere di plastica pieno d'acqua di Luna esplose mentre la bambina rideva.

«Smettila!» fece Paddy, ma la figlia non l'ascoltò.

Strinse di nuovo la mano.

Il bicchiere di Mark tremò e cominciò a creparsi, ma era di vetro e oppose una certa resistenza.

Ma nessuno se ne accorse finché non esplose.

Quando lo fece, però, schegge e acqua rimasero sospese a mezz'aria, come congelate nel tempo.

Il sorriso morì sulle labbra di Joy.

«Aiutami!» ordinò alla sorella che però stava già facendo lo stesso.

Flo strinse il pugno destro e le schegge si mossero lentamente.

«Smettetela, potete fare male a qualcuno!» strillò Tart, ma aveva paura che toccandole peggiorasse la situazione.

Tutti si alzavano mentre le schegge e l'acqua, seppur lentamente, si allontanavano dal centro di quella piccola esplosione.

I pugni delle due gemelle tremavano per lo sforzo.

«Joy, Flo, non è divertente.»

Flo fece la linguaccia alla madre.

«Finitela.» ordinò Luna con un tono così autoritario da fare impressione. La sua voce sembrò quasi rimbombare nel silenzio improvviso della stanza.

Come se si fossero messe d'accordo, Joy e Flo avvicinarono i pugni chiusi con un movimento rapidissimo.

La piccola esplosione sfuggì alla misteriosa forza contraria che le controllava e schegge e acqua volarono fulminee verso Luna.

Tutto si svolse in poche frazioni di secondo.

Luna tentò di acquattarsi portando le mani alla testa.

Mentre tutti gli altri si allontanavano per riflesso incondizionato, Mark scattò e si mise davanti alla ragazza.

Invece di colpirlo, le schegge si immobilizzarono e poi caddero a terra.

Le bambine ci presero un ceffone l'una, ma non troppo forte.

«Non fatelo mai più!»

Luna alzò lo sguardo guardandosi intorno con aria confusa.

Ryan fissò Mark.

«Tu?» fece incredulo.

Mark aveva il fiatone. «Io... mi è rimasto qualche potere... non aveva mai funzionato così bene però.»

«Cavolo, lo sapevo che c'era lo zampino di Cavallo Blu.» commentò Ghish e sia Mina che Pam gli lanciarono un'occhiataccia.

Ryan lo ignorò.

«Quindi sei stato tu?» insistette sottintendendo chiaramente “e non Luna?”.

Mark abbassò lo sguardo, il respiro ancora irregolare, e annuì.

«E che altro sapresti fare?»

«Molto poco. E nulla di particolarmente interessante.»

«Cosa di preciso?» chiese gentilmente Kyle avvicinandosi e mettendo una mano sulla spalla di Ryan.

«Raramente sposto gli oggetti, ma posso agire su certe... forze. Posso eludere i campi magnetici per esempio.»

«Spiegati meglio.» lo pregò ancora Kyle.

«Quando costruivo il trenino con Luc, per esempio, i vagoni hanno la calamita, ma io attaccavo indifferentemente sia quelli con carica opposta che quelli uguali, si staccavano solo quando li lasciavo. Oppure posso invertire certe cose, come il funzionamento di certi circuiti, ma solo se sono semplici.»

«Come accendere la luce?» chiese Ryan, ora più calmo.

Mark annuì. «Sì. Mi costa moltissima energia, però. E non ero mai riuscito a contenere così un'esplosione, anche se piccola.»

«È interessante.» commentò il biondo, ormai il suo lato scienziato aveva avuto il sopravvento.

Mina, che era rimasta immobile, quasi pietrificata, si mosse all'improvviso e in modo un po' scoordinato.

«Io... che macello. Prendo lo straccio, ci metto un attimo.» parlava più a se stessa che agli altri.

Prima che entrasse in cucina Luna la fermò.

«Ci penso io, zia Mina,» sussurrò «va' a prendere una boccata d'aria.»

Mina annuì tendo lo sguardo basso e uscì in balcone.

Prima che Luna potesse fare qualcosa vide tutte le schegge di vetro sollevarsi da terra.

Si voltò vero Joy che aveva sul volto un'espressione rassegnata.

«Dove le metto?»

Luna sorrise.

«Nel cestino, grazie, quello blu.»

La bambina sbuffò e obbedì mentre la sorella faceva lievitare l'acqua per poi farla finire nel lavandino.

«Ehi, comodo!»

Paddy si avvicinò alle figlie.

«E ora come si dice?»

«Scu-sa.» fecero in coro.

L'attenzione di Ryan e Kyle, intanto si era spostata sulle bambine e ora discutevano con Tart e Ghish mentre Paddy tentava di tenerle buone.

Luna si avvicinò ad Alexia e Axel, uno in piedi e l'altra appollaiata sul bracciolo del divano.

Pam li raggiunse.

«Cos'ha Mina?» chiese.

Luna sorrise amaramente.

«Le esplosioni.» rispose «Le ricordano troppo l'incidente. Non si è ancora ripresa del tutto e ogni tanto ha delle ricadute.»

«Ricadute?»

«All'inizio è stata malissimo, persino peggio di me, il medico ha dovuto prescriverle dei farmaci.»

«Davvero?» chiese Pam alzando un sopracciglio. Sembrava decisamente poco convinta.

Luna la fissò dritta negli occhi.

«.» soffiò Luna.

Si fronteggiarono per alcuni istanti, poi Pam si voltò verso il balcone e fece per raggiungere Mina.

«Lasciala stare.» la fermò Luna. «Credo sia meglio se rimane un po' da sola.»

Pam annuì, poi incrociò di nuovo lo sguardo di Luna.

«Che c'è?» chiese dopo un po'.

«Mi stavo solo chiedendo...»

«Cosa?» la incalzò Alexia.

Luna continuò a rivolgersi a Pam.

«Beh, ecco, oltre ad un'attrice sei una bella donna – molto bella – è difficile non notarti, anche se tendi a stare un po' sulle tue.»

Pam sollevò un sopracciglio sottile e perfetto, non capendo dove voleva arrivare.

«Invece sei sempre così silenziosa e indiscreta e»

«È il mio carattere.»

«Non è quello che volevo dire. Sei una brava attrice, lo so, e tu sai come renderti “invisibile”, non vuoi attirare l'attenzione.»

«È il suo carattere.» confermò Alexia. «E anche quello di Axel.»

Luna la ignorò di nuovo.

«È per via del biondo? Di Ryan?»

Pam allargò gli occhi e poi li ristrinse, impreparata a quella domanda.

«Coosa?» fece Alexia.

«Ma che dici!?» tagliò corto Pam drizzando la schiena con in volto una sorpresa e un velo di risentimento degni della più brava delle attrici.

Luna vacillò sotto il suo sguardo, improvvisamente incerta.

«Io sono sempre stata brava a capire le persone.» disse, anche se non con la stessa sicurezza di prima «La mamma diceva che ho un talento.» aggiunse poi, come se questo potesse rafforzare l'affermazione.

«Non ne dubito.» affermò Pam «Ma anche i talenti vanno coltivati e perfezionati.»

Sorrise e poi si diresse verso Kyle e Ryan che stavano ancora parlando con Tart e Ghish, come a dimostrare che Luna si sbagliava di grosso.

«Quindi di solito fanno meno macello, è questo che mi stai dicendo?» stava chiedendo Ryan a Tart.

«Oh, fanno un po' di tutto,» rispose invece Ghish «solo che a volte le combinano grosse quando non sono loro ad essere al centro dell'attenzione. Come di ce Pai,» e posò la mano sulla spalla di Tart «“anche il carattere è genetica”.»

«Ehi, e questo che vorrebbe dire?»

Glix ascoltava in silenzio, con le spalle poggiate al muro, e la pensava diversamente.

Conosceva Joy e Flo, e quella volta i loro poteri si erano dimostrati più forti del solito.

Vagò con lo sguardo per la stanza finché non incrociò quello di Luna, intenta a chiacchierare con Alexia e Axel mentre i due l'aiutavano a sparecchiare.

La fissò intensamente e Luna fece altrettanto.

 

Mark uscì in balcone e raggiunse Mina portandole un bicchiere d'acqua.

«grazie» sussurrò lei accettandolo di buon grado.

Lo portò alle labbra, ma poi rimase così, con lo sguardo rivolto verso il mare, ma perso nel vuoto.

Lui fece per rientrare.

«Mark?» lo fermò.

Si voltò e tornò vero il balcone.

«Sì?»

«Ecco mi chiedevo...» si voltò a guardarlo «Forse è stupido.»

«No, dimmi pure.»

«Eravamo tutti lì, e quasi tutti abbiano dei riflessi animali o alieni. Eppure solo tu hai pensato a proteggere Luna.»

Mark ci pensò un attimo.

«I riflessi animali mirano all'autodifesa e questa è una cosa che non va molto d'accordo con l'altruismo. Io, non so, forse dipende dal fatto che ho già un figlio e in me c'è già un “istinto paterno”, per così dire.»

Mina annuì, ma Mark dubitò che l'avesse davvero sentito.

«Cosa c'è?» le chiese.

Mina si voltò finalmente verso di lui e lo fissò dritto negli occhi.

«Diciotto anni. Strawberry si è lasciata alle spalle la sua vecchia vita per diciotto anni.»

Mark aspettò in silenzio che proseguisse.

Mina continuava a ragionare fissandolo negli occhi.

«Eppure» riprese «ogni tanto lasciava tutto, me, sua figlia, per venire da te.»





allooooooora,
il ritardo è compensato dal bel capitono, no?
Per quello che ha appena detto Mina... era già scritto nel capitolo "Mark"! ^^
Tramite recenzione mi avete sollevato il problema della figlia illeggittima. In effetti non c'è nulla di strano in una madre single, ma io mi riferivo al fatto che Luna non fosse neanche iscritta all'anagrafe e questo, dovrete ammetterlo, creerebbe moltissimi problemi.
Aspetto il vostro parere.
Un abbraccio grandissimo a tutte,
Artemide12

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Capitolo 9
*** La figlia - parte quarta ***


La figlia

parte quarta

 

Nessuno dormì bene quella notte, o quasi nessuno.

Paddy e Trat non dormirono quasi per niente.

Passarono quasi tutta notte a chiacchierare.

Avevano cominciato discutendo di quello che avevano combinato le bambine, ma poi erano finiti a parlare del più e del meno e sembravano non volerla più smettere.

Joy e Flo, che dormivano in due lettini singoli che erano stati uniti, non erano più addormentate dei genitori.

Sapevano che erano svegli e badavano bene a non fare il minimo rumore.

Usavano i loro poteri a turno, per vedere chi era “più brava”.

Questa volta badarono bene a non fare nulla di pericoloso.

Dovevano sollevare oggetti farli roteare in aria e infine rimetterli a posto senza fare rumore.

Vinceva chi sollevava quello più grosso.

Ghish e Glix.... beh, loro non si poteva proprio dire che stessero dormendo.

Alexia e Axel erano forse gli unici che stavano dormendo.

Avevano passato un sacco di tempo a chiacchierare da un letto all'altro, ma alla fine avevano spento la luce ed erano ormai da tempo nel mondo dei sogni.

Pam stava stesa a pancia in su, leggermente girata verso il centro del letto, con la testa poggiata sul braccio steso di Kyle, che invece “dormiva” su un fianco.

In realtà giacevano entrambi immobili, perfettamente svegli ma con gli occhi chiusi, per non svegliare l'altro, nel caso dormisse.

C'era una certa inquietudine in entrambi, ma doveva ancora prendere forma ed era presto perché trovasse anche un nome.

Tra tutti, almeno, Luna fu la più onesta e, dopo essersi rigirata innumerevoli volte nel letto, rinunciò al sonno.

Si sedette sul letto con le spalle contro il muro e le ginocchia tra le braccia.

La finestra era spalancata e la brezza faceva gonfiare le tende come fossero vecchi fantasmi.

Fantasmi.

Appartenenti ad un passato che era stato cercato di nascondere e che ora tutti si ostinavano a voler dissotterrare.

Appoggiò la testa sulle ginocchia e le lunghe onde nere le ricaddero sulle braccia.

Era nella sua natura mostrarsi forte e spavalda, ma dentro era fragile.

E aveva paura.

Paura della verità.

Aveva voluto bene a sua madre come a nessun altro al mondo.

E lei se n'era andata per sempre.

E se avesse fatto così anche suo padre.

E se a suo padre non fosse importato niente di lei?

Mark aveva già una famiglia, era un uomo giusto e gentile, ma l'avrebbe mai davvero accettata?

Ghish si sarebbe mai potuto prendere cura di lei come fa un padre e non solo come un amico?

E Ryan?

L'aveva guardato bene.

Quell'uomo era come tormentato, indeciso.

Pam lo evitava, Lory l'aveva lasciato. Sarebbe stato in grado di mandare avanti una famiglia?

Sollevò leggermente la testa.

Ma se sua madre l'aveva sempre tenuta lontana da suo padre allora perché ora doveva per forza averne uno?

Era cresciuta senza e non era stata male.

Non aveva avuto molte figure maschili ad essere sinceri.

Le più importanti erano state Sergio, il fratello di Mina, e Romeo, incontrato per caso.

Ma forse sua madre aveva sempre voluto un padre per lei.

E allora perché l'aveva nascosta?

Perché era lei a volersi nascondere e allo stesso tempo a non volersi separare da sua figlia?

Ma perché? Chi era suo padre? Cos'era successo?

E perché non iscriverla neanche all'anagrafe? Perché lei doveva essere così... invisibile... inesistente.

Si alzò e andò verso la scrivania muovendosi con il suo solito passo felpato.

Aprì silenziosamente il cassetto e spostò qualche foglio.

Estrasse delicatamente la busta.

Se la rigirò tra le mani.

Sapeva che sua madre aveva tentato varie volte di scrivere a... a chi? A suo padre?

La maggior parte delle volte aveva strappato i fogli o addirittura bruciati.

Ma negli ultimi tempi era stata sempre più nervosa, più impaziente.

Quella lettera l'aveva addirittura imbustata, ma si era fermata prima di scrivere il destinatario.

La guardò.

Era sicura che lì dentro ci fosse la verità.

Le sarebbe bastato aprirla e... leggere.

Portò il dito sotto la linguetta incollata.

Ma era pronta a conoscerla quella verità?

E se le avesse fatto solo male?

Con mano tremante rimise a posto la lettera.

No, avrebbe resistito alla tentazione di aprirla.

Ma non per molto ancora.

 

Mark si voltò dall'altra parte.

Ryan stava cominciando a dargli suoi nervi.

Se ne stava seduto sul suo letto con il portatile sulle gambe e la luce dello schermo sparata negli occhi.

Il suo ticchettare irregolare delle dita sulla tastiera lo innervosiva fino all'inverosimile.

Ma anche lui avrebbe faticato a dormire.

Non riusciva a levarsi dalla testa... Strawberry.

Il giorno che l'aveva incontrata proprio lì, nelle Seychelles, in una di quelle spiagge.

Ricordava ancora la sorpresa iniziale, il lieto stupore.

Ricordava quanto lei era allegra, saltava di qua e di là proprio come un gatto.

Era stata una delle giornate più felici della sua vita, forse lo era stata anche la serata, ma proprio non riusciva a rievocarla.

Ricordava solo quando, la mattina dopo, si era risvegliato proprio lì, in quella casa, nella stanza accanto, dopo c'era un letto matrimoniale.

Era stato il sole a svegliarlo, verso mezzogiorno, anche se non era mai stato un dormiglione.

Era sceso al piano di sotto, confuso, ma tranquillo.

Aveva trovato Strawberry che tornava dalla spiaggia.

Gli era venuto in contro sorridendo solare, come sempre, e aveva continuato a sorridere finché lui non era stato costretto ad andarsene, nel tardo pomeriggio.

Insomma, erano sicuramente buoni amici... ma possibile che fossero stati insieme?

E, se anche fosse, possibile che Luna fosse proprio sua figlia?

Ma in fondo – supponendo che qualcosa fosse veramente successo – era stato qualcosa di non previsto, magari non aveva pensato a prendere precauzioni.

Scacciò via quei pensieri maledicendosi per l'ennesima volta per i suoi buchi nella memoria.

Lanciò un'occhiata cauta nella direzione del biondo.

Chissà se lui invece aveva la coscienza più o meno pulita della sua...

Ryan, dal canto suo, si stava curando pochissimo del suo compagno di stanza.

Stava continuando le sue ricerche, pur sapendo che non avrebbe trovato nulla.

Ma questa volta era altro ad interessargli.

Voleva sapere fino a che punto era arrivata Strawberry.

Perché la verità era che lui, nel profondo, sapeva perché era stata così paranoica nel rendere Luna “invisibile”.

Perché altrimenti lui l'avrebbe trovata.

Aveva passato mesi e mesi a cercarla. E niente.

Lui, il mago del computer oltre che esperto scienziato, non aveva trovato nulla.

Strawberry non si era recata in nessun ospedale durante la gravidanza perché sapeva che lui l'avrebbe trovata.

Dopo la sua scomparsa aveva fatto mille supposizioni e l'aveva cercata ovunque, anche negli ospedali.

Certo, non gli era mai passato per la testa che Strawberry potesse essere rimasta incinta, ma, dati i numerosi contatti che aveva, se fosse sbucata fuori da qualche parte lui l'avrebbe certamente saputo.

E allo stesso tempo non era possibile.

Non poteva Strawberry, durante un'intera gravidanza, non aver avuto bisogno nemmeno una volta che cure mediche.

Doveva essersi rivolta a qualcuno di specializzato.

Era una pazzia anche solo pensare che Strawberry si fosse addirittura arrischiata a partorire in casa da sola, senza neanche chiamare Mina per aiutarla.

E anche dopo la nascita di Luna, possibile che una ragazza o una bambina così vivace non si fosse mai rotta un braccio? O slogata una caviglia? O avuto bisogno di semplici controllo medici?

No?

Era impensabile.

Che non avesse avuto neanche bisogno di semplici medicine?

Mina aveva detto che stavano a Manhattan, a New York dunque, come lui.

Quando conviveva con Lory lei lavorava in una farmacia, se Strawberry o Mina fossero spuntate fuori in qualche modo lui sarebbe venuto a saperlo.

Ma non era così semplice.

Per molte medicine ci vuole un certificato medico e per avere un medico, come minimo, bisognava avere un codice sanitario.

Ma Luna non poteva averlo visto che legalmente non esisteva.

Ma continuava a trovare impossibile che Luna e Strawberry fossero vissute per diciotto anni senza ammalarsi neanche una volta.

Quelle domande avevano anche una risposta, però.

Mina.

Ogni tipo di spesa importante era a nome suo.

E finché madre e figlia entravano in un negozio qualsiasi non c'era problema perché quando mai i commessi sarebbero andati ad indagare su chi erano?

E, anche se qualcuno l'avesse fatto, Strawberry era una normalissima ragazza, o meglio donna, molto probabilmente anche cittadina americana ormai.

E Luna era minorenne, quindi sotto la responsabilità della madre.

Accidenti!

A quanto pareva Strawberry era stata molto più abile di quanto pensasse.

Doveva essersi impegnata parecchio, però, per non incontrare mai nessuno di loro.

Se non lui, Pam, o Kyle. Alexia e Axel, ovviamente, non si potevano contare.

Ma anche un quel caso... Mina non avrebbe avuto problemi e neanche Luna, visto che nessuno la conosceva. A Strawberry, con il suo lato felino, probabilmente era bastato tenere gli occhi bene aperti.

Ma non era neanche quello a frustrarlo.

Non dubitava che, se Strawberry avesse voluto nascondersi, sarebbe stata più che capace di farlo.

Il problema era: perché?

Perché nascondersi?

Perché nascondere Luna a tutti i costi?

Da chi?

Da suo padre?

A suo padre?

Ma dov'era il problema?

Cosa avrebbe fatto lui se Strawberry gli si fosse presentata a casa, incinta?

Forse ne sarebbe stato felice.

In fondo la rossa gli era sempre piaciuta ed erano stati insieme, seppur per poco tempo.

Poco meno di un mese, per essere precisi.

Proprio lì, nelle Seychelles.

In realtà aveva incontrato Strawberry per caso, proprio a New York.

Gli aveva detto che era andata a trovare Mina, in effetti. Non aveva mai fatto caso a quello. O non gli aveva dato peso.

In quel momento gli sembrò strano.

Strawberry si era rivolta a Mina prima di incontrarlo? Allora era già incinta?

No, impossibile, se fosse stato così non sarebbe mai andata con lui, no?

E poi Mina aveva detto che Strawberry era venuta da lei quando era già al settimo mese.

Si stropicciò gli occhi nel tentativo di scacciare quei pensieri, ma non ci riuscì.

I ricordi tornarono a galla senza che lui lo volesse.

O forse lo voleva.

Strawberry china sul tavolino esterno di un piccolo bar con lo sguardo perso nel volto, all'inizio di luglio, il sole che le infiammava i capelli di riflessi arancio, gli occhi color cioccolato che, abbagliati dalla luce, risplendevano di dorato, la carnagione leggermente abbronzata, il corpo non perfetto, ma bellissimo avvolto in quella graziosa canottiera gialla e fasciato dal calzoncini grigi, il suo sorriso sorpreso, poi combattuto, e infine felice.

Lo aveva invitato a sedersi ed erano rimasti a quel tavolo per ore.

Si erano raccontati tutto.

In realtà lui aveva avuto pochissimo da dire. Strawberry, invece, era sembrata volersi sfogare. Ed era stato chiaro quanto si era sentita più leggera dopo averlo fatto.

Gli aveva confidato della sua storia con Ghish. Di quanto era stata felice quando era cominciata: con una bella litigata quando lei se l'era ritrovato a casa; litigio piuttosto banale che si era conclusa con il più strano e vorace dei baci. Dopo lui non se n'era più andato. Non che lei lo volesse.

Era stato divertente, oltre che bellissimo.

Era durata molto più del previsto.

Lui si era sentito a disagio mentre la ragazza che gli piaceva gli parlava della sua vita con un altro, un alieno per di più, uno di quelli che anni prima facevano di tutto per scacciare.

All'epoca Pai stava studiando su Arret, in uno strano paese, per laurearsi, e Tart non ricordava che fine avesse fatto.

Perciò Ghish e Strawberry avevano potuto comportarsi più o meno come volevano.

Non comprendeva come Strawberry potesse trovare “divertenti” le storie di Ghish con tutte quelle altre ragazze. E infatti era stata proprio quella la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

C'era stata un certa Takla, chissà come ricordava il suo nome, che era durata più del solito.

E Strawberry, che era una ragazza normale, con i sentimenti di ogni ragazza, non aveva potuto non prendersela.

Ryan aveva odiato Ghish con tutto se stesso. Ma d'altronde era pur sempre Ghish, c'era da aspettarsi un comportamento del genere da parte sua.

Una parte di lui, però, non poteva che sentirsi in debito. Se non fosse stato per lui, non avrebbe passato tanto tempo con Strawberry.

Quel giorno, a New York, quando aveva dovuto andarsene, Strawberry l'aveva pregato più volte di raggiungerla, proprio nelle Seychelles, in una di quelle isole.

Non era sicuro che fosse proprio lì, però.

Non ricordava la casa.

Ricordava una spiaggia, ma non quella spiaggia.

Non ricordava...

Un urlo interruppe il flusso dei suoi pensieri facendogli sollevare di scatto la testa.

Mark, che non era stato fermo un attimo, si immobilizzò in ascolto. Qualcosa gli diceva che era stata Mina a strillare.

Ad un attimo di assoluto silenzio seguì il suono appena udibile di passi, una porta spalancata e poi sbattuta, poi un'altra, aperta più delicatamente.

Delle voce sommesse, ma agitate.

Una agitata, l'altro come... tesa.

Ryan e Mark si scambiarono un rapido sguardo, poi si alzarono e si ritrovarono in corridoio.

Poco dopo anche la porta della stanza di Paddy e Tart si aprì, seguiti da Kyle, Pam Alexia e Axel e infine da Ghish e Glix uscirono per ultimi ma avevano l'aria più sveglia di tutti.

Luna uscì dalla camera di Mina, che la seguiva pallida, ma composta come al solito.

«Scusate.» riuscì solo a mormorare.

Luna la prese per mano e la portò di sotto.

Mark e Kyle le seguirono subito.

Ryan spostò lo sguardo su Pam.

Portava solo una sottoveste da notte, ma era bellissima come sempre.

I lisci capelli corvini le arrivavano alla vita e, anche scompigliati, le stavano benissimo.

Pam intercettò il suo sguardo e si affrettò a portarsi dietro ai figli mettendo una mano sulla spalla di ognuno.

«Ma che è successo?» chiese Axel.

«Non lo so, ma ora è meglio che torniate a dormire, lo scopriremo domani.»

Ghish stava guardando fuori dalla finestra, verso il mare, con un'espressione indecifrabile mentre Glix era ferma sulla soglia della stanza.

Joy e Flo erano rimaste immobili a fingere di dormire.

«Vado a vedere che succede.» dichiarò Paddy dirigendosi verso le scale.

Tart fece per seguirla, ma lei lo fermò.

«Tieni d'occhio le bambine.» gli disse, poi, dirigendo la voce verso la stanza aggiunse: «Sì, lo so che siete sveglie.»

Tart le strinse la mano, poi tornò dentro la stanza.

«Siete stati rapidi per essere gente che dormiva.» commentò Ghish avvicinandosi.

«Senti da che pulpito viene la predica!» lo incalzò Ryan.

«Che fai? Ricicli i problemi della nonna?»

Pam alzò gli occhi al cielo, ma non poté trattenere un sorriso.

Alexia sbadigliò assonnata e appoggiò la testa sulla spalla del fratello.

Axel seguì un movimento con la coda dell'occhio.

Spostò lo sguardo in fondo al corridoio, dove un dipinto molto realistico sulla parete senza finestre dava l'impressione di portare ad un balconcino con vista sul mare.

Era completamente in ombra a causa delle tende che oscuravano la poca luce che filtrava dalle finestre.

Gli occhi vigili perlustrarono invano l'ombra, tentò di mettere a fuoco, ma aveva gli occhi impastati dal sonno.

Ma qualcos'altro gli suggeriva dove guardare.

Un... istinto.

Un campanello lontano. E sconosciuto.

Le labbra si sollevarono sui denti mentre un ringhio profondo gli saliva dal ventre fino alla gola.

Non riuscì a fermarlo. Non volle fermarlo.

Un verso sicuramente animale gli sibilò tra i denti mentre i capelli sulla nuca gli si drizzarono.

«Ma che...» Alexia drizzò la testa.

«Che stai facendo Axel?» intervenne subito Pam.

Il ragazzo ringhiò più forte.

Alcuni dei suoi capelli scuri si drizzarono sulla testa.

Pam fece un passo indietro e accese la luce della sua camera.

La luce improvvisa distrasse Axel che si voltò di scatto.

«Ma che sono quelle?» fece Alexia afferrando qualcosa in cima alla testa del fratello.

«Ahi!» strillò lui «Molla le mie orecchie!»

«Orecchie? E da quando hai le orecchie da cane?»

Axel allontanò la sorella e si tastò la testa.

Era incredibile, ma le sue orecchie non erano più al loro posto, ora si trovavano in cima alla testa e avevano una forma triangolare.

Pam gli scompigliò i capelli per vederle meglio.

«Queste non sono orecchie da cane, ma da lupo!» commentò ad alta voce. «Non avrai anche la coda, vero?»

Axel si irrigidì all'improvviso.

D'istinto Pam alzò lo sguardo su Ryan.

«Non gli era mai successo?» chiese il biondo.

«Certo che no! Tu stesso hai chiesto ad Alexia di provarci e non ci è mai riuscita.»

«Davvero?» fece Alexia.

«È una forza!» commentò Axel muovendo le orecchie come antenne. «Sento un sacco di cose!»

«Se ti piacciono tanto tienitele.» gli rispose Alexia «Sono sicura che avrai una vita facile con la coda.»

Axel sbiancò. «Non è divertente.» guardò la madre «Come si levano?» chiese allarmato.

«Non ne ho idea.» ammise lei «Mi si levavano con la trasformazione, solo a Strawberry spuntavano anche quando era normale.»

Ghish si avvicinò.

«Potresti farti crescere i capelli e mimetizzarle.»

«Scordatelo.» ribatté il ragazzo.

Nel frattempo Luna comparve in cima alle scale.

«Dovete scusare Mina. Ha avuto un incubo. Li ha spesso da quando... beh, da allora.»

Poi notò le orecchie di Axel.

«belle» fu tutto ciò che trovò da dire.

«Belle un corno! Come si levano?»

«Massaggiandoti le tempie.»

Axel si sfregò furiosamente i lati della testa.

«No! Non così!»

Luna si avvicinò e poggiò le dita sulle tempie muovendole in modo circolare,

Axel si rilassò lentamente e le orecchie tornarono normali.

«Per la coda devi fare lo stesso.»

Axel annuì.

«Davvero non ti era mai successo? Credevo...» si interruppe all'improvviso, come in ascolto.

Tutti tacquero, anche Mark, Kyle e Mina che erano appena tornati di sopra.

Si guardarono l'un l'altro senza capire.

Fu Ghish il primo a rompere il silenzio.

«Dov'è Glix?»

Si voltò dove un attimo prima c'era Luna, non lontana dalla porta aperta della sua stanza, ma lei non c'era più.

«Lasciala subito bastarda!»

Glix uscì volando dalla stanza di Luna e rimase sospesa in aria.

«Cos'è?»

«Ridammela immediatamente!» ringhiò furiosa Luna «Sei solo una bastarda impicciona.»

«Forse.» ribatté Glix, la mano destra stretta in un pugno intorno a qualcosa «Ma non sono una stupida! Dimmi cos'è.»

«No! È mia.»

«I poteri di Mark e quelli di Joy e Flo improvvisamente più forti. Ad Alex spunta la coda.» fece per aggiungere qualcos'altro, ma si bloccò.

«Cos'è?» chiese di nuovo, irremovibile.

Gli occhi di Luna si erano ridotti a due fessure. Le mani, dritte lungo i fianchi, si serrarono in pugni strettissimi. Un ringhio profondo le risalì la gola e le si dipinse sulle labbra.

«Ridammelo. Ora.» ordinò e se Glix non fessa stata tanto ferma nella sua decisione probabilmente avrebbe tremato nel sentire quel tono e quella voce.

Nessuna delle due si mosse e l'attimo dopo Luna balzava verso Glix.

Caddero a terra e si rotolarono accanitamente mentre Luna cercava di strappare dalle mani dell'altra ciò che stringeva.

Glix la allontanò con uno spintone, ma guadagnò solo pochi secondi.

Luna si illuminò all'improvviso, prima dagli occhi e subito dopo in tutto il resto del corpo.

Anche l'oggetto che Glix stringeva si illuminò.

Ci fu un'esplosione di luce.

Quando il buio tornò tutti rimasero a bocca aperta.

Luna era in piedi al suo posto, difronte ad una Glix incredula.

Non sembrava neanche lei.

Gli stivali e i guanti erano dello stesso nero delle orecchie e della coda, che spuntava da sotto la gonna del costume bianco. Lo stesso di Strawberry, colore a parte.

I capelli neri ricadevano voluminosi sulla spalla sinistra.

Teneva il viso girato e gli occhi serrati per nascondere le lacrime che riusciva a controllare a fatica.

«Ecco sei contenta?» chiese, o meglio urlò, senza aprire gli occhi.

«Non capisco.» ammise la ragazza, indietreggiando mortificata.

Improvvisamente Luna sembrava tutt'altro che spavalda, ma fragile e triste. Il bianco le donava, oltre a darle un aspetto malinconico.

«Era di mia madre. Da quando è morta è come se cercasse una nuova padrona. Irradia energia. Ho provato a prenderlo io, funziona, ma mi rifiuta.»

Glix, ancora indecisa se scusarsi o meno, vide Luna prendere la rincorsa e saltare dalla finestra nel tentativo di nascondere le lacrime.

Abbassò lo sguardo, poi si smaterializzò.

Mina raccolse una cornice da terra e appoggiò da qualche parte all'interno della stanza di Luna, poi ne uscì chiudendo la porta.

«Tornate a dormire. Domani penseremo a tutto.» disse Mina, poi tornò in camera sua.

Paddy e Tart furono i primi ad obbedire.

Kyle riportò dentro Alexia e Axel.

Pam lo seguì, ma un attimo prima si voltò verso Ryan e incrociò il suo sguardo.

C'era qualcosa nel suo sguardo di inquietante che il biondo non seppe interpretare.

Mark intercettò quello scambio e guardò a sua volta Ryan quando Pam fu rientrata.

Ma lui aveva notato cosa la donna aveva visto.

Aveva incontrato lo sguardo di Mina e aveva visto, seppure di sfuggita, quella foto.

 

Glix si teletrasportò sul tetto e si mise le mani tra i capelli fucsia.

«Ma che diavolo mi prende?» sbottò esasperata tra sé e sé «D'accordo, potrebbe essere andato a letto con quella rossa e allora? È andato con tante altre.» si sedette sulle tegole e si voltò verso il mare. Sospirò. Più volte. «No, è diverso, dannazione! Quella bastarda è sua figlia! Si vede lontano anni luce! E lui...»

«Sparli sempre ad alta voce?»

Glix sobbalzò e se non avesse saputo volare probabilmente sarebbe caduta di sotto.

«Che cavolo ci fai qui Luna?»

«Beh, sai com'è, questa è casa mia. Dicevi su me e Ghish?»

Glix svoltò la testa dall'altra parte e si morse il labbro inferiore con forza, ma non riuscì a trattenere le lacrime.

«Glix?» Luna si avvicinò rapida.

Non era più trasformata, ma aveva gli occhi rossi e umidi.

«Stai...» cominciò.

«No!»

Luna si fermò dov'era e si sedette. «D'accordo.»

Glix si asciugò frustrata le lacrime e si voltò.

Luna non riuscì a nascondere la sorpresa nel vedere il suo volto.

Non l'aveva mai vista struccata.

«Ma... quanti anni hai?»

Glix fissò dritto di fronte a sé.

«Diciotto. Ma su Arret diventiamo maggiorenni a ventuno.»

«Hai solo 18 anni?!»

«Sì! Problemi?»

«Scusa e Ghish quanti ne ha? Aspetta, ne aveva 15 durante la guerra, sono passati vent'anni, quindi... di chi di voi due devo pensare peggio?»

«Lascia perdere?»

«Lasciare perdere? Quello che potrebbe essere mio padre sta con una che ha un anno più di me!»

Glix scattò in piedi.

«Tu non sai niente! Né di me né di lui!»

«Su questo non avevo dubbi.»

Glix si voltò di nuovo, di scatto, ma questa volta riuscì a controllare le lacrima.

«E non potrebbe essere tuo padre. Lui è tuo padre.»

«Cosa? E tu come lo sai, scusa?»

«Lo so e basta.» fece per andarsene.

«No, ti prego aspetta! Perché lo hai detto?»

«Perché sì, lo vedo come ti guarda. E lo riconosco in te. Non avrai i suoi colori e di volto assomigli molto a tua madre a giudicare dalle foto, ma hai il suo profilo e il suo carattere, tanto è vero che andate d'accordissimo.»

«Non vuol dire. E non gli assomiglio così tanto.»

«Pensa quello che ti pare, ma lo saprò riconoscere visto che ci sono cresciuta, tu che dici?»

«Ci sei cresciuta?» Luna era sempre più confusa.

Glix si alzò in volo.

«Lascia stare.»

«ma...»

«Lascia perdere!» urlò. «Tu rovinerai tutto!»

E volò via, nel disperato tentativo di nascondere le lacrime.



Allooora, che si dice?
Scusatemi per il ritardo, ma ho avuto tantissimi problemi con il computer e poi ero intenzionata a raggiungere le 32 recensioni, ma avevo troppa fratta di aggiornare e ho rinunciato!
Ditemi cosa ne pensate! ;)
Un bacio a tutte voi che mi seguite (wow, aumentate in continuazione!),
Artemide12

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Capitolo 10
*** La figlia - parte quinta ***


La figlia

parte quinta


 

Quella mattina si svegliarono tutti molto tardi.

Alexia e Axel, gli unici che si erano alzati al solito orario, si sedettero intorno al tavolo appena trovarono un mazzo di carte francesi.

Luna entrò poco dopo, passando dalla finestra.

Era stanca, anche se non troppo, ma calma.

«Ehi, che fate?»

«Giochiamo a carte.» rispose svogliatamente Axel.

Luna li studiò per qualche istante, poi si sporse fuori dalla finestra fece entrare un gatto.

«Promettete di non dirlo a Mina?»

«Certo!» esultò Alexia avvicinandosi. «Come si chiama?»

«Lucifero.»

«Gli sta bene.» commentò Axel.

Luna si sedette sul divano e il gatto si sedette sulle sue ginocchia, perfettamente a suo agio.

Era di un arancione intenso, quasi rosso e gli occhi azzurro chiaro.

Miagolava allegro e ogni tanto si stiracchiava.

«Dove l'hai trovato?»

«Non l'ho trovato! È il gatto del bagnino.»

«Ah, allora non era il gatto ad interessarti!»

«Ma finitela! Il bagnino è una ragazza! Lucia. Oddio, non è proprio il massimo della femminilità, ma è pur sempre una ragazza, è pure fidanzata.»

«E ti permette di prendere il suo gatto?»

«No, non sa neanche che lo conosco. Lo tengono sempre chiuso dentro casa e solo ogni tanto riesce ad uscire e a sistemarsi sul tetto. Io gli do solo una mano a fare un giro.»

Axel e Alexia risero di gusto.

Il gatto miagolò più volte e fu il turno di Luna di sorridere.

«Dice che gli ricordate dei cani, ma almeno non perdete pelo.»

«Sì, certo.»

«Guarda che è vero! Lo ha appena detto.»

«E tu hai appena tradotto. Certo certo.»

«Uffa! Non dirmi che tu non hai mai parlato con un... beh, in effetti dove lo trovi un lupo.»

Dei passi per le scale li fecero zittire.

Si sporsero verso la porta col fiato sospeso finché Ryan non entrò nella stanza e tutti tirarono un sospiro di sollievo.

«Che state combinando?»

«Niente, niente.»

miao

«E lui?»

«Lui è Lucifero.»

miao

«E ti saluta.»

«Parli con i gatti?»

Luna annuì. «Come la mamma. Si metteva in balcone a chiacchierare col gatto dei vicini a Manhattan.»

«Da Strawberry.» un'ombra gli attraversò il volto.

«Puoi non dire a Mina che l'ho fatto entrare?» lo supplicò facendo gli occhi dolci.

Ryan dovette resistere alla tentazione di ridere di fronte a quell'espressione.

«D'accordo.»

E in quel momento gli venne in mente qualcos'altro.

«Fai entrare altri gatti oltre a lui?»

«A volte. Perché?» Luna lo fissò dritto negli occhi.

«Uno nero magari?»

Luna ci pensò.

«Tutto nero no. Ma Gighi è bianco e nero, forse erano suoi i peli sul divano. Si azzuffa spesso con gli altri animali, tutti quelli che gli capitano a tiro, e ne perde parecchi.»

Ryan la studiò per un po', poi annuì e si diresse verso la libreria.

Quella mattina si era svegliato più intenzionato che mai a mettere fine a quella storia, qualunque esito avesse avuto.

Era chiaro ormai che non potevano capire che di loro fosse il padre di Luna solo andando per somiglianza, perché altrimenti l'avrebbero già fatto.

Ma i geni dei genitori devono per forza essere da qualche parte nei figli. E se quelli della madre erano più visibile nell'aspetto fisico di Luna allora quelli del padre dovevano trovarsi nel carattere.

In realtà quella era una teoria un po' approssimativa, e da scienziato lo sapeva bene.

Metà precisa.

Metà dei geni della madre e metà del padre.

Metà aspetto fisico della madre, metà del padre. Metà carattere della madre e metà del padre.

Né uno di più né uno di meno.

E allora erano fregati.

Perché in un modo o nell'altro Luna assomigliava a tutti e tre loro e il carattere era molto vicino a quello di Strawberry, anche se non uguale.

Scorse uno ad uno tutti i titoli dei libri.

O almeno quella era la sua intenzione.

Dopo aver scorso un paio di testi su ecologia e affini lasciò perdere.

Era meglio concedersi il beneficio del dubbio che cominciare a credere che fosse Mark il padre.

Perché era quella la sua opinione.

Di certo Luna aveva ben poco di alieno, ma aveva dei poteri, lo aveva notato fin dal primo istante.

Quando era entrata, per esempio, il giorno del loro arrivo, aveva lanciato il mazzo di chiavi sul mobile, ma la traiettoria era sbagliata e sarebbero sicuramente cadute. Ma lei le aveva fissate intensamente ed erano atterrate sul ripiano.

Joy e Flo potevano spostare gli oggetti con il pensiero, ma anche Mark si era mostrato capace di fare una cosa simile.

E poi, proprio durante la cena, Luna era rimasta immobile di fronte al bicchiere che esplodeva. Paura?

No. Lui aveva visto altro. Non gli era sfuggito il modo con cui aveva fissato il bicchiere. Aveva tentato di fermarlo. E forse, per qualche istante, ci era riuscita.

E non era tutto.

Quella notte, quando aveva preso il ciondolo di sua madre, Luna si era illuminata prima di averlo tra le mani. Aveva usato dei poteri per prenderlo.

Ryan, di certo, non era in grado di fare cose simili.

Per qualche motivo continuava ad escludere Ghish, ma forse era solo una speranza personale.

Ancora non riusciva a credere che Strawberry fosse stata con tutti e tre loro nell'arco di così poco.

Insomma, non aveva senso! Lei non era affatto quel genere di ragazza.

Le risate dei ragazzi lo distolsero dai suoi pensieri.

Lucifero stava saltando dalle ginocchia di Luna a quelle di Alexia a quelle di Axel miagolando senza sosta. Ogni tanto si ferma per lasciare a Luna il tempo di tradurre. Sembra che stia facendo delle imitazioni dei suoi padroni.

Non sembrava che quella ragazza avesse appena perso sua madre.

Ma gli altri non potevano capire.

Lui sì. Era l'unica cosa, oltre agli occhi, che aveva riconosciuto di sé stesso in lei.

La fermezza. La capacità di nascondere il dolore con l'ostinazione e la concentrazione.

Era sicuro che avesse pianto, quando era stato il momento.

Ma ora stava tenendo la mente disperatamente impegnata per non pensare. Concentrarsi sulla ricerca di suo padre doveva distrarla. Ed era per questo che non sembrava disposta a rendere loro la vita facile: per farla durare di più.

Lui lo capiva.

Era stato esattamente il suo comportamento quando, tanti anni prima, aveva perso i suoi genitori in quel maledetto incendio.

Già.

L'incendio.

La violenza con cui quel pensiero riaffiorava, a volte, gli faceva paura.

Era come se fosse successo pochi giorni prima. Quelle immagini erano impresse indelebilmente nella sua memoria.

Quel dannato chimero.

Uguale a quello comparso nella battaglia finale.

Non riusciva a non credere che fosse lo stesso.

E che quelli fossero gli stessi alieni che avevano ucciso i suoi genitori.

Forse Ghish era troppo piccolo e Tart neanche nato, ma Pai? Avevano più o meno la stessa età, cosa vietava che fosse stato proprio lui?

Per l'ennesima volta sentì montare la rabbia.

E l'odio. Profondo e incondizionato.

Per Pai e Ghish.

Tart no, non riusciva proprio a renderselo antipatico e a volte anche questo gli dava fastidio.

Ma non gli altri due.

Avevano reso la sua vita un inferno, dal primo giorno in cui erano arrivati, qualunque esso fosse. E non solo. Quei due erano riusciti a portargli via le due ragazze che aveva amato di più al mondo.

Persino nel breve periodo che aveva passato con Strawberry aveva percepito in lei il pensiero costante di star tradendo Ghish. Forse era per questo che poi se n'era andato, ma non avrebbe mai immaginato che non l'avrebbe più rivista.

Lory... beh, il loro rapporto non era stato come aveva immaginato, ma diverso. Diverso da qualsiasi altro. Con lei aveva davanti un futuro fatto di certezze. Al sicuro.

E non faceva per lui.

Lui era uno scienziato, un ricercatore. Abituato a doversi sudare le sua scoperte e gettarsi anima e corpo in qualcosa che potrebbe rivelarsi sbagliato o inutile. Sospeso sempre tra il risultato e l'errore.

Lory era sveglia, non ci aveva messo poi molto a capirlo.

Ma quella era stata solo la fine. Aveva sempre pensato che ci fosse qualcosa che la bloccasse.

A Pam, la moglie del suo migliore amico, cercava di non pensare.

 

«Luna Momoyma!» urlò Glix entrando.

Tutti, ormai era quasi l'ora di pranzo, si voltarono verso l'entrata, curiosi e ormai più o meno abituati al suo carattere.

Luna alzò lo sguardo nascondendo un grosso sorriso. «Sì?»

«Alexander non ha un fratello! Il bagnino è sua sorella

«Lo so, Lucia, ma io parlavo di suo fratello Lucifero, devono aver fatto cambio.»

Alexia affondò la testa nel cuscino per non scoppiare a riderle in faccia.

«Lucifero è il suo gatto!» strillò l'aliena.

Axel si accasciò sulla sorella mentre entrambi vibravano per le risate.

«ops.» fece Luna con un sorriso da orecchio a orecchio.

Un miagolio proveniente da dietro il divano fece irrigidire Luna che subito alzò lo sguardo su Mina.

«Fallo uscire.» ordinò lei.

«Ma...»

«Fallo uscire!»

Lucifero sbucò da dietro il divano e Luna lo prese in braccio mentre miagolava.

Guardò Glix.

«Ti saluta. Dice che è felice di avere un'ammiratrice.»

Glix gli lanciò quella che doveva essere un'occhiata velenosa e che invece parve compiaciuta.

Mina si voltò e uscì sul terrazzo.

Appoggiò i gomiti alla ringhiera alta e si mise le mani nei capelli.

Respira si disse è solo un gatto, un normalissimo gatto, non è lei, non è...

Mark spuntò alle sue spalle.

«Tutto bene?»

Mina chiuse e riaprì lentamente gli occhi.

Annuì, non si fidava ancora della sua voce. Si portò una mano al petto e sentì il battito accelerato del suo cuore.

«Certe cose non vanno via col tempo, eh?» fece Mark avvicinandosi.

«Passano, ma ci vuole pazienza.» ribatté invece Mina «Passerà anche questa.»

 

«Cavolo, non mi ero accorto che qui non prende il telefono.» si lamentò Tart.

«Perché? Aspetti una telefonata importante?» domandò Paddy.

«No, solo che Pai potrebbe anche essersi degnato di ricordarsi del resto della sua famiglia.» mise il broncio e Paddy ne approfittò per dargli un bacio sulla guancia.

«Lascialo stare, è in luna di miele, capita una volta nella vita.»

«Cavolo, se quella volta dura sei mesi una telefonata la possono anche fare! Non so neanche dove sono finiti.»

«Parla quello che in viaggio di nozze si è scordato le valige a casa. Telefono compreso.»

Tart si morse il labbro inferiore, ma sorrise.

E non poté non ripensare a quei momenti.

Guardò Paddy negli occhi e lei stava facendo lo stesso.

Mentre il tempo rallentava, si avvicinarono quasi senza accorgersene. Come due magneti, che avrebbero continuato ad attrarsi, qualunque cosa sarebbe successa intorno a loro.

Le loro labbra si incontrarono proprio mentre lui le stringeva le braccia intorno alla vita per farla avvicinare.

Fu un bacio lento e dolce, ma di un'intensità sorprendente.

Si cercavano, desiderosi l'uno dell'altro. Alla pari, senza che nessuno dei due prevalesse sull'altro. Assaporando una alla volta ogni singola sensazione.

«Papà, papà!» la voce di Flo li interrompe nel momento più inopportuno.

Tart e Paddy si allontanarono sospirando.

«Ritiro quello che ho detto, Pai fa bene a restarsene in luna di miele.» commentò prima di girarsi verso le bambine.

«Guarda!» Joy si sollevò delle ciocche di capelli per scoprire le piccole orecchie a punta.

La bambina si concentrò poi, mentre faceva allungare in forma aliena l'orecchio destro, rimpicciolì in forma umana il sinistro.

«Uffa, io non ci riesco.» protestò Flo mentre la sorella riapriva gli occhi.

«wow» fece Tart con scarso entusiasmo, non trovando nulla di meglio da dire.

«Me l'ha insegnato Luna!» esclamò Joy facendo tornare uguali le orecchie.

«Luna?» ripeté Paddy aggrottando le sopracciglia e alzando lo sguardo.

La ragazza era sulla soglia della veranda e li guardava interdetta.

«Non... non gliel'ho insegnato, le ho solo chiesto se sapeva farlo.» spiegò.

Per un po' nessuno disse niente.

«Non scendete in spiaggia?» chiese Luna per cambiare discorso.

«No.» annunciò Paddy.

«Perché?»

«Punizione.» fecero in coro le bambine.

Luna rise, poi si voltò, e scese in spiaggia.

Joy e Flo corsero di sopra, non c'era punizione che tenesse con loro.

«Dove eravamo?» fece Tart.

«Questa è una frase di Shrek 2.» rispose Paddy mentre affondava nei cuscini portandoselo dietro.

«beh, allora speriamo che non spunti fuori Ciuchino.» le sussurrò sulle labbra.

 

Quando gli altri tornarono dalla spiaggia trovarono Mina sulla soglia ad aspettarli.

Luna lasciò la mano di Alexia e saltellò verso la donna.

«Che succede?» chiese pimpante.

«Abbiamo ospiti.» annunciò Mina sorridendo.

Era incredibile quanto fosse più bella quando sorrideva.

Ringiovaniva.

Tornava ad essere la ballerina viziata che si gettava anima e corpo nella lotta per la difesa del pianeta.

Luna si sporse verso la porta e il viso le si illuminò. Letteralmente.

All'inizio gli altri videro solo Tart seduto sul divano con Paddy sulle ginocchia.

«Zia Lory!» Luna quasi urlò entrando in casa.

Si gettò tra le braccia della ragazza, anzi della donna, che la strinse con altrettanto slancio.

Gli altri si guardarono l'un l'altro, sorpresi.

«Accidenti Luna, te la passavi così male?» scherzò Lory.

Era cambiata anche lei. E non poco.

Portava i capelli in una specie di caschetto, più corti dietro, dove sfioravano la nuca, e più lunghi davanti dove le punte arrivavano sotto il seno. Portava le lenti a contatto anziché gli occhiali.

Luna si sciolse lentamente dall'abbraccio.

«Mi sembra passata un vita.» dichiarò con le lacrime agli occhi.

Poi spostò lo sguardo su Pai e sorrise di nuovo.

«Neo-zio Pai!» lo salutò abbracciando anche lui che ricambiò l'affetto. «Mi avete portato le foto del matrimonio vero? Non sapete quanto avrei voluto esserci!»

«Aspetta, aspetta un attimo!» li interruppe Ryan «Voi sapevate di Luna?» era a dir poco incredulo.

Pai e Lory si scambiarono un'occhiata veloce.

«Io l'ho saputo solo sette mesi fa.» disse Pai.

«Sette mesi e due settimane.» precisò Luna. «Sai com'è, zia Lory non faceva che dire “non posso sposarlo e nascondergli una cosa così grande” e subito dopo “ma non posso dirglielo, Strawberry...” alla fine mi sono presentata a casa sua e tanti saluti.»

Ryan fissò Lory negli occhi.

«E tu? Da quanto lo sapevi?»

Lei abbassò lo sguardo.

«Da sempre Ryan. Da quando Strawberry ha cominciato a pensare di essere incinta.»

Il biondo cercò di contenere le sue emozioni, ma in quel momento era difficile persino per lui.

«E per tutto questo tempo...»

«Ryan... so cosa che stai per dire, ma ascoltami. Strawberry mi ha chiesto, ci ha chiesto, di non dire nulla a nessuno. Non avevo nulla contro di te, ma non potevano farlo. Lei è così...» si fermò «Dov'è?» fece improvvisamente guardandosi intorno.

Luna si irrigidì e Mina si allontanò all'istante.

«Cosa c'è?» fece Lory scrutando uno ad uno i presenti.

Paddy si appoggiò a Tart che la strinse leggermente.

Ryan stava ancora riordinando le idee e borbottava frasi slegate e Kyle che gli teneva una mano sulla spalla.

Ghish non c'era, era rimasto in spiaggia con Glix.

Mark era sparito.

Pai e Lory fissarono Pam, che al momento era l'unica rimasta più o meno composta.

«Cos'è successo?» le domandò Pai con voce ferma.

«Strawberry è... morta.»

«COSA?» Lory sbiancò e Pai dovette sostenerla. «Quando? Come?»

«Un incidente.» riuscì a dire Luna all'improvviso. «Sei mesi fa. Tre settimane prima che vi sposaste. Per questo non ve l'abbiamo detto.»

Gli occhi di Lory si riempirono di lacrime.

«No!» ansimò «non è possibile!»

Luna salì in camera sua e Alexia la seguì.

Flo e Joy, invece, ne approfittarono per monopolizzare Axel che era rimasto in disparte.

Kyle riuscì a convincere Ryan dal trattenersi dal fare un scenata a Lory in quel momento.

Lei, intanto, si era seduta sul divano e Paddy l'aveva subito stritolata in un abbraccio mentre Tart cercava di interpretare lo sguardo del fratello maggiore.

 

«Ti prego, dì qualcosa.» fece Mina.

«Cosa?» chiese Mark.

«Qualunque cosa, basta che mi distrai.» lo supplicò con lo sguardo.

«va bene...» si guardò intorno «Balli ancora?» fu la prima cosa che gli venne in mente.

Mina fece un respiro profondo, poi annuì. «Sì, ora insegno.»

«Davvero? Sono contento. Eri brava, sul serio.»

«Lo so.» sorrise Mina «Ma non ce l'avrei mai fatta senza mio fratello.»

«Sergio, giusto?»

Mina annuì.

Si voltò per dare la spalle al sole del tardo pomeriggio.

«L'ho incrociato un paio di volte, anche se non fisicamente. È un buon avvocato. Mi ha messo in difficoltà un paio di volte, senza Rose non so cosa avrei fatto.»

Mina sospirò ad occhi chiusi, poi si voltò di nuovo verso il mare.

Il sole si accingeva a tramontare.

Mark si avvicinò a lei e appoggiò a sua volta gli avambracci alla ringhiera.

Mina spostò lo sguardo su di lui e scoprì che la stava già fissando.

Gli sorrise.

Un sorriso sincero, di quelli rari.

«Grazie.» mormorò.



Ehilà!
Chi si rivede!

Sì, sì, lo so, l'ennesimo ritardo.
Però il capitolo ne vale la pena! (spero)
Beh, aspetto di sapere cosa ne pensate, recensiete mi raccomando!
A proposito, sono lieta di annunicarvi che siete in 30 a leggere questa storia! 1 che la ricorda, 19 che la seguono e 10 che la preferiscono! Inutile dire che vi adoro tutti! Dal primo all'ultimo e non vi ringrazierò mai abbastanza.
Un grazie speciale a Hypnotic Poison, e se lo merita, per aver recensito dal primo capitolo e avermi risollevato il morale tutte le volte che non sapevo dove mettere le mani! <3 <3 <3
Ovviamente grazie anche a tutte voi altri che avete recensito!
(cavolo, un giorno di questi dovrò ringraziarvi uno per uno! D: ...prima o poi...)
Un abbraccio a tutti,
Artemide!

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Capitolo 11
*** La Figlia - parte sesta ***


La figlia

parte sesta

 

Sentì bussare alla porta della stanza e si ridestò all'improvviso dai suoi pensieri.

Sfilò il braccio da sotto il collo di Lory e si alzò.

Aveva dovuto darle un tranquillante, la notizia l'aveva a dir poco sconvolta.

Aprì la porta e si ritrovò davanti Ghish.

Non si sorprese.

Si era chiesto quanto tempo ci avesse messo a venire da lui.

«Devo parlarti.»

«Lo so.» si limitò a replicare.

«In privato.»

Pai si fece da parte per lasciarlo entrare, ma Ghish non si mosse.

Alla fine l'alieno uscì dalla stanza e si teletrasportò con Ghish sul tetto.

Per un po' rimasero in silenzio.

Pai sapeva perfettamente cosa Ghish stava per dirgli, ma voleva che parlasse per primo.

L'alieno dagli occhi dorati si fece coraggio.

«Avresti anche potuto dirmelo, sai?»

«No, non avrei potuto.»

«Perché?» lo incalzò.

«Perché Strawberry me l'aveva chiesto esplicitamente. Neanche Tart lo sapeva.»

«Cosa vuoi che me ne importi di Tart, non era con lui che stava per sposarsi!»

Pai incrociò le braccia al petto.

«Se te l'avessi detto, avrei infranto la promessa che le avevo fatto e poi ti conosco. Non saresti stato con le mani in mano. Saresti andato da lei, ed è proprio quello che voleva evitare.»

«Dovevo saperlo! Potrebbe essere mia figlia, potrebbe...»

«Ti è mai passato per la testa che questa decisione spettasse a Strawberry e non a me? E Luna non era minimamente interessata a te.»

«Pai tu non capisci. Io e Strawberry avevamo litigato per Takla, Takla, ti rendi conto? Lei era così agitata che non sono riuscito a spiegarle le cose come stavano. Se Strawberry se ne fosse andata per quella bastarda, e per di più incinta, io non me lo perdonerei mai sopratutto...»

«Sbaglio o stai dando per scontato che Luna sia tua figlia.»

«Sto solo dicendo che se lo cose fossero andate così...»

«Se le cose fossero andate così Strawberry sarebbe tornata da te sei mesi fa.»

Ghish si interruppe e fissò Pai negli occhi, stupito.

«Spiegati.» gli ordinò.

«Ho detto che Luna non era minimamente interessata a te. Non ho parlato di Strawberry. Lei non ha esitato a chiedermi come stavi.»

«E tu...»

«Le ho raccontato tutto. Mi è sembrata la cosa giusta da fare. Aveva il diritto di sapere.»

«E lei?» gli occhi di Ghish brillavano, ma era difficile capire bene per cosa.

Pai prese tempo.

«Lei era turbata, ma, devo essere sincero, non troppo sorpresa. Quando ho finito di parlare mi è sembrata davvero agitata. Lory dice che aveva gli occhi lucidi, ma io non lo ricordo. Ricordo invece che ad un certo punto si è ripresa. Quasi all'improvviso. Come se in un attimo avesse assimilato la notizia e l'avesse accuratamente archiviata. Non posso dire che fosse tranquilla, ma serena sì.»

Ghish alzò un sopracciglio nel sentire l'ultima frase.

«Non... non ha detto nulla di particolare?»

«Ha borbottato qualcosa.»

Ghish fece uno strano verso che Pai non seppe interpretare.

«Io torno da Lory.»

«Tu non capisci!» gli gridò dietro Ghish «Tu ormai l'hai sposata! Non sai cosa vuol dire...»

Pai si smaterializzò.

«Bastardo.» ringhiò Ghish al vuoto «come al solito»

 

«Luna, hai visto Alexia e Axel?» chiese Ryan.

«No, non so dove sia Pam.»

Ryan si irrigidì. «Io ho detto...»

«So cosa hai detto, ma so anche cosa volevi sapere, ti ho dato la risposta che ti serviva, no? Anche perché, invece, so perfettamente dove sono Alexia e Axel.»

Ryan si guardò nervosamente intorno.

Sapeva che in quel momento in casa c'erano solo Lory e Pai.

«È... così evidente?» chiese.

Luna alzò lo sguardo dal quaderno su cui stava scrivendo e sorrise.

«No. Tutti e due sapete nascondere bene le vostre emozioni. In realtà tu le sai nascondere bene. Lei più che altro le dissimula.»

«Ma tu te ne sei accorta.»

«Io sono brava in queste cose. La mamma si stupiva sempre. Io credo che più che altro sia pratica.»

«Pratica?»

«A New York abitiamo proprio sopra la palestra dove lavora zia Mina. A me piace mettermi proprio sopra l'entrata e osservare la gente. Ormai è diventato un gioco. Posso snocciolarti la loro vota dopo averle viste solo un paio di volte. Romeo è addirittura più bravo di me. Per batterlo accompagno zia Mina a lezione e faccio domande. Lui però se ne accorge.»

«Romeo?» Ryan le si sedette accanto, dando le spalle alla finestra.

Luna alzò gli occhi al cielo, ma sorrise. «Non è il mio ragazzo. Voglio dire, è carino, simpatico e tutto, ma... non può funzionare.»

«E perché no?»

«Perché no. Siamo troppo diversi. E poi lui è più grande.»

«D'accordo.»

Lo sguardo di Ryan gli cadde sul quaderno di Luna.

«Che stai studiando?»

«Fisica. La mia insegnate dice che sono molto portata e mi ha riempita di compiti. Non mi andava di scendere in spiaggia, così ho deciso di avvantaggiarmene un po'.»

Ryan fissò confuso tutti i fogli scritti.

Ci mise un po' ad interpretare la scrittura disordinata e contorta di Luna.

«Vuoi che ti dia una mano?»

«Se vuol dire rispiegarmi tutto, no di certo, ma se ti stai liberamente offrendo di farmi alcuni esercizi allora non posso che accettare.»

Ryan rise, come non faceva da tempo.

 

Glix era appollaiata proprio sul precipizio della grossa roccia.

«Eccoti qui.»

Si voltò di scatto verso Ghish.

«Vattene.»

«Ehi, cos'è quest'accoglienza?»

«Non lo sopporto.»

Ghish aggrottò le sopracciglia.

Glix sciolse dalla coda di cavallo i capelli fucsia.

«Cosa non sopporti?»

«Il tuo sguardo.»

«Io...»

«Non negare. Lo so. Vedo come la guardi.»

«Cosa? Ma che diavolo stai dicendo? Sei gelosa?»

Glix scattò in piedi. «Sì!» strillò «Contento?» aveva gli occhi lucidi «Non sai neanche se è tua figlia, cosa di cui personalmente non dubito, ma già la consideri tale.»

«Glix, è completamente diverso.»

«Lo so! Ma io non posso farci niente lo capisci? Non è lei quella che teme i suoi ventun'anni perché sa che si ritroverà senza niente di niente! Lei non vede l'ora di diventare maggiorenne.»

«Glix...»

«Lo so! So che mi odi.»

«Non è vero! Tu non sei...»

«Appunto! Non lo sono! E quello che è successo non è colpa mia, capito?»

Forse avrebbe continuato ancora per diverso tempo, ma Ghish la afferrò per le spalle e la inchiodò con lo sguardo.

«Glix. Calmati. So che non è colpa tua, che non sei stata tu.»

Gli occhi di Glix si riempirono di nuovo di lacrime.

«Ma è stata colpa mia.» gemette abbandonandosi contro il petto di Ghish.

Lo strinse forte, ma lui non ricambiò.

Era stato quel suo comportamento a fargli perdere Strawberry. Per sempre ormai.

«Ghish, forse sono davvero una stronza, ma non una stupida.»

Lui aspettò che continuasse.

«Sono stata in camera di Luna ricordi?»

«Come scordarlo. È successo solo stanotte.»

«Ho visto la foto.»

«Foto?» si allontanò da lei per poterla guardare in faccia.

Glix annuì «Quella che è ceduta, quella dietro cui nascondeva il medaglione della madre. C'era...»

«Non voglio saperlo.»

La frase rimase sospesa nel vuoto.

Glix lo fissò sorpresa.

«Non vuoi sapere chi ritraeva la foto?»

«No?» non riusciva a crederci «Non ti fidi di me?»

Ghish le voltò le spalle.

«Mi fido di Strawberry.»

Glix strinse i pugni e affondò le unghie nei palmi finché non sentì il dolore.

 

«Luna, senza offesa, ma stai facendo un macello!»

Luna scoppiò a ridere per l'ennesima volta.

Si divertiva troppo a mandare in bestia Ryan sbagliando di proposito tutti gli esercizi.

«Se continui così me ne vado!»

Luna roteò gli occhi. «Sei peggio di Sophie.»

«Una tua amica o un'allieva di Mina?»

«Un'amica di Romeo. Io non la vedo spesso. È piuttosto viziata e sta quasi sempre dentro casa, ma conversare con lei è comico perciò ogni tanto saltiamo dall'altra parte e l'andiamo a trovare.»

«Saltate?»

«Scavalchiamo la ringhiera del balcone.»

«Molto interessante.»

«Tanto lo fa anche la... sorella. Lei passa al bancone ancora più in là per andare dal ragazzo che le piace. Passano tutto il tempo a sbaciucchiarsi.»

Ryan si zittì all'improvviso e guardò altrove.

Luna sospirò.

«Vuoi molto bene a Kyle, vero?»

Quella domanda lo sorprese e rialzò lo sguardo all'improvviso.

«Come ad un fratello.»

Luna sorrise leggermente. «Si vede sai? E anche lui ti vuole molto bene. Anche questo si vede.»

«So dove vuoi andare a parare.»

Fece per alzarsi, ma la ragazza lo afferrò per un braccio e lo ritirò giù.

«Beh, faresti meglio a pensarci più spesso sai? E dovresti smettere di guardare sua moglie.»

«Non è così facile.» il tono di voce del biondo si era abbassato di diverse tonalità.

Scattò di nuovo in piedi.

Luna prese un bel respiro, poi si alzò a sua volta.

«Ma tu sei o no lo stesso Ryan Shirogane che è stato con mia madre?» quasi urlò.

Il ragazzo la guardò dritta negli occhi.

Azzurro contro azzurro.

«Mia madre mi parlava di te come di un uomo che sa sempre essere ragionevole! Uno di quelli che i credono che i sentimenti stiano nel cervello e non nel cuore. Io, so di non conoscerti abbastanza per poter parlare, ma dannazione! Sei stato con mia madre. E lei è sparita. E tu sei stato con Lory. Perché Pam dovrebbe essere diversa? Rischi di fare il più grande errore della tua vita, e rovinare quella di tutti e tre per qualcosa che potrebbe non durare.»

«Questi sono discorsi che dovrei fare io a te! Tu hai solo diciassette anni e...»

Fu così che Pam li trovò entrando.

Uno di fronte all'altra, armati di occhiatacce e espressioni battagliere.

Per un attimo entrambi credettero che li avesse sentiti.

Ma, a giudicare dal sorriso che aveva in viso, non doveva essere così.

Ryan fu il primo a ritrovare la compostezza.

Luna, però, fu la prima a rompere il silenzio.

«Compiti di fisica. Se l'è presa perché sbagliavo apposta gli esercizi.» raccolse i fogli e scomparve in cucina.

Pam scosse leggermente la testa.

Ryan non smetteva di fissarla.

Le parole di Luna sembravano aver avuto l'effetto contrario su di lui.

«...Kyle?» chiese dopo un imbarazzante silenzio.

«Lui è andato direttamente in spiaggia, a vedere come se la passano Alexia e Axel.»

Fecero un passo verso le scale praticamente nello stesso momento.

Pam spostò lo sguardo in basso a sinistra per mantenere la calma.

«Fammi passare Ryan.»

«Pam, devo...»

Pam gli passò di fianco dandogli, più o meno accidentalmente, una spallata.

Salì le scale velocemente.

Ryan uscì in balcone.

Da lì poté vederla, poco dopo, uscire e dirigersi verso la spiaggia con addosso solo un due pezzi viola che ricordava vagamente la trasformazione in MewMew.

I capelli lunghi ormai fino alla vita erano raccolti in una coda di cavallo che le solleticava di continuo la schiena e che non faceva che oscillare.

Non si voltò mai.

Ma Ryan fu sicuro che avesse voltato lo sguardo nella sua direzione poco prima di svoltare per il sentiero che portava alla spiaggia poco lontana.

 

Mark stava parlando al telefono da diverso tempo ormai.

Non era particolarmente agitato. Sembrava piuttosto infastidito.

Ripeteva spesso il nome di Rose, ma Mina non aveva ancora capito di cosa stesse parlando.

Alla fine sospirò pesantemente e chiuse la chiamata salutando educatamente.

Si rivolse direttamente a lei.

«Rose verrà qui domattina. Insiste col dire che è il mio turno di tenere Luc. Non so come faccia a sapere che sono nelle Seychelles.»

Mina si protrasse in avanti, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e intrecciò le mani.

Lo fissò da dietro gli occhiali da sole.

Portava un costume intero blu elettrico.

«Non ho nulla contro il bambino, ma non saprei più dove farlo dormire. Già non avevo previsto Joy e Flo.»

«Gliel'ho detto, ma non ha voluto ascoltarmi.»

«Sta' tranquillo.» intervenne Paddy fermandosi per un attimo davanti a loro. I calzoncini e la fascia arancioni del costume erano già completamente bagnati, nonostante fosse scesa in spiaggia da soli cinque minuti. «Luc può dormire con Joy e Flo, tanto, le ho viste, dormono praticamente avvinghiate e i letti sono già grandi da soli. Sono sicura che non ci saranno problemi.» disse, poi aggiunse: «Più o meno.»

Mark sembrò sollevato.

«Almeno questa.»

Pam arrivò allora.

Tart e Kyle stavano uscendo dall'acqua ridendo.

Ma, mentre il primo aveva solo intenzione di riportare in acqua la moglie, il secondo si fermò sotto l'ombrellone ad aspettare la propria.

Pam lasciò cadere una borsa di stoffa molto semplice ai piedi di Mina.

«Ho preso tutti quelli che ho trovato, vedi di farli sparire.»

Si avviò verso la riva.

Mina sollevò immediatamente le sopracciglia appena vide il contenuto della borsa.

«Che vuol dire?»

Pam, che ormai si stava per tuffare insieme a Kyle, si voltò e la fissò dritta negli occhi.

«Che sei una pessima attrice!»




Et voilà!
Un altro capitolo in ritardo, yeah! Questa volta però ho una scusa: compiti in classe! Tanti compiti in classe!
Spero, almeno, che il capitolo ne valga la pena.
Che mi dite di Ghish?
E di Luna e Ryan?
E di Glix?
E di tutto quello che vi viene in mente!
A presto (non è detto),
la vostra Artemide

p.s.
sono finalmente riuscita a caricare delle immagini dei personaggi nuovi
ecco a voi:

Alexia

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Axel

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Joy e Flo, anche se qui sembrano avere più di cinque anni

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Glix, anche se qui sembra troppo per bene,

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E, naturalmente, Luna!

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Capitolo 12
*** La figlia - parte settima ***


La figlia

parte settima

 

«Almeno Luna lo sa?» chiese Pam.

«Certo che no! Non sarebbe qui altrimenti.» esclamò Mina mantenendo però un tono di voce bassa. «Quando lo hai capito?»

«L'altra notte. Dalle foto in camera sua.»

Mina annuì.

«Perché fai tutto questo, Mina? Se sai la verità perché ti ostini a rimanere in silenzio?»

La ragazza abbassò lo sguardo e si appoggiò al piano di lavoro della cucina.

«È Luna che per prima deve capire chi è suo padre. La conosco bene, se fossi io a dire di punto in bianco verità...»

«Cosa? Non ti crederebbe? Sinceramente, non capisco come ancora non ci sia arrivata visto che ha tutta l'aria di essere una ragazza intelligente.»

«Pam tu non sai come stanno le cose.»

«Se non lo so?»

Mina alzò lo sguardo all'improvviso e Pam si interruppe.

«Perché te la prendi tanto Pam?»

La donna non rispose.

«Cosa c'è, hai paura che Ryan la prenda male? Non credevo che si fosse affezionato già così tanto a Luna.»

«Non mi piace che venga preso in giro.»

«Neanche a me piace che Kyle sia preso in giro.»

Pam risollevò lo sguardo.

«È diverso!» scattò.

«Già. Ed è molto peggio.»

«Questo non c'entra nulla con...»

«Non provare a sviare il discorso Pam. Se sono riuscita a capirlo io quanto ancora credi che potrai fingere con Kyle?»

«Io non fingo. Non c'è nulla tra me e Ryan.»

«E non c'è mai stato? E non ci sarà mai? Se menti a te stessa non ne uscirai mai.»

«Mi conosci, Mina. Non farei mai qualcosa di stupido.»

«Se è per questo credevo di conoscere anche Strawberry.» commentò Mina distogliendo lo sguardo.

Pam uscì dalla cucina.

 

«Ehi, Luna, sai dove sono Joy e Flo? Tart mi aveva chiesto di guardarle un attimo, ma sono praticamente sparite.»

Luna, seguita a gambe incrociate in bilico sulla spalliera del divano si guardò intorno.

«Erano qui un attimo fa.»

«Cavolo, sono peggio di Tart da piccolo.»

«E io che mi aspettavo un “nanetto”.» osservò Luna e Ghish sorrise riconoscendo le parole, poi uscì.

Il campanello suonò all'improvviso e Luna quasi non cadde dal divano.

Saltò giù e andò alla porta proprio mentre Mark rientrava dalla porta-finestra.

Luna si ritrovò davanti ad una donna con una voluminosa criniera di capelli castani e ricci.

Era quella che si definisce una donna giunonica, di una bellezza imponente e autoritaria.

«Buongiorno.» fece Luna confusa.

La donna la scrutò con una tale intensità da metterla in soggezione.

«Cerco Mark Aoyama.»

Luna si fece da parte per lasciarla passare.

La donna entrò, seguita da un bambino che doveva essere coetaneo di Joy e Flo.

«Papà!» strillò correndo ad abbracciare Mark che lo sollevò da terra prendendolo in braccio.

«Luc!»

«Mark.» si limitò a salutarlo la donna.

«Non credevo che saresti riuscita ad arrivare fin qui Rose.»

«Perché non avrei dovuto.» ma lei continuava a fissare Luna soffermandosi su ogni tratto del suo volto e del suo corpo.

«Vuoi... qualcosa da bere?» chiese Mark non sapendo bene cosa fare.

Rose lo ignorò.

«Avevi una relazione con la tua amica, Strawberry vero?»

«Parecchi anni fa.» confermò lui.

Finalmente Rose distolse lo sguardo da Luna e lo posò su Mark con un che di irritato, infuriato e piacevolmente sorpreso allo stesso tempo.

«Si vede.» sibilò.

«Mettimi giù!» esclamò la voce di Lory da in cima alle scale.

«Non ci penso proprio.» replicò Pai teletrasportandosi direttamente al piano di sotto con la moglie in braccio.

Rose li fissò allibita e Pai e Lory rimasero interdetti nel vederla.

«Gli alieni!» esultò invece Luc andando verso Pai. «Evviva! Sono i tuoi amici?» chiese entusiasta rivolgendosi al padre «Quelli delle storie?»

«Luc, suvvia, non esistono gli alieni.» abbozzò Mark.

Pai mise giù Lory.

«Le assicuro di poter spiegare tutto.» dichiarò rivolgendosi a Rose.

«No! So quello che ho visto.»

«Rose!» li interruppe un'altra voce.

«Pam! Che ci fai tu qui?»

Le due donne si abbracciarono calorosamente.

«È una lunga storia, siediti, credo che delle spiegazioni siano d'obbligo.»

«Altroché.» confermò Luna, ancora vicino alla porta, ma riferendosi a tutt'altro.

«Su di te c'è davvero nulla da spiegare.» replicò Rose «Quanti anni hai?» chiese poi fissando Mark.

«Diciassette e mezzo. Quasi.»

«Quanti mesi?»

«Diciassette anni.»

Qualcosa nel modo con cui quella donna la fissò, o meglio, la inchiodò con lo sguardo, la smosse, finalmente.

«Quanti mesi?»

«Cinque.»

«Sei nata ad Aprile?»

Tutti i presenti trattenerlo il fiato.

Solo gli interessati avrebbero potuto farsi gli appropriati calcoli, ma era comunque un'informazione che scottava.

Luna prese un profondo respiro.

«Il 12 aprile.»

Calò il silenzio più assoluto.

Mark poté quasi leggere sulle labbra di Rose i nomi dei mesi mentre contava all'indietro e giungeva alla sua stessa conclusione.

Si sentì mancare.

Dal canto suo, non aveva mai preso seriamente in considerazione l'idea che Luna potesse veramente essere sua figlia.

Non aveva mai creduto che tra lui e Strawberry ci fosse stato davvero qualcosa, anche se lo aveva sospettato.

Si guardò intorno.

E qualcosa lo colpì ancora più di prima.

Pai.

In realtà non tradì nessuno emozione, probabilmente, conoscendo già Luna, aveva avuto tutto il tempo di farsi i suoi calcoli.

Fissava intensamente il vuoto davanti a sé.

Troppo intensamente.

Si stava sforzando, molto più del solito, di mantenere un'espressione neutra, ma era impossibile sapere cosa di preciso volesse nascondere.

E poi vide Pam.

Evidentemente era stata più lenta degli altri nel contare, o forse, più probabilmente, aveva ripetuto più volte l'operazione. Sul suo viso si dipinse lo stupore, ma non la sorpresa.

Si guardò le dite delle mani.

Probabilmente contò per l'ennesima volta.

Aggrottò le sopracciglia confusa, poi si sforzò di ridistendere la fronte e infine si voltò verso la cucina.

Mina era in piedi accanto al tavolo, con quella postura straordinariamente eretta che la distingueva.

La gonna e le ballerine basse risaltavano gli occhi neri mentre la canottiera non troppo scollata era di un azzurro vivace, simile a quello della sua trasformazione.

In quel momento apparì straordinariamente sicura di sé, non fragile o scossa come nei giorni precedenti.

Come se finalmente avesse trovato la sua parte in quella storia.

Finalmente rivide in lei la Mina di sempre.

L'aristocratica sicura di sé.

La MewMew arciera.

La ballerina perfetta.

La voce di Pam lo riscosse dai suoi pensieri.

«Hai detto che Luna è nata con una settimana di anticipo, giusto?»

Pai dovette sforzarsi per trattenere una risata.

«Questo secondo i calcoli di Strawberry.» commentò poi, con una smorfia divertita.

Anche Lory sorrise.

«Non erano esatti?» continuò Pam.

«Certo che no! Voglio dire, quasi sicuramente no, con tutto il rispetto per Strawberry.»

Pam per un momento parve rincuorata da quell'affermazione.

«E tu non hai nulla da dire?» chiese Rose a Mark, ma senza distogliere lo sguardo indagatore dal Luna, che non era riuscita ad aprire bocca.

Lui la fissò con aria colpevole.

«Molto poco.» si limitò a replicare.

Rose alzò gli occhi al cielo. «Per lo meno non eravamo ancora sposati.»

«Ci mancherebbe.» non poté trattenersi dal ribattere Mark e stavolta fu il turno di Luna di sorridere.

«Un bimbo!» strillò una voce acuta dalla porta finestra.

Tutti si voltarono verso Flo.

Joy invece saltò direttamente addosso e Luc, che aveva approfittato della distrazione degli adulti per arrampicarsi sul davanzale della finestra dove era sistemato un vecchio peluche dalla forma di alieno bianco con la testa enorme e gli occhi neri che doveva essere stato di Luna.

«Che sta succedendo qui?» chiese Ghish rientrando.

Era incredibile. Si allontanava cinque minuti per recuperare le bambine e quando tornava c'era addirittura una sconosciuta a casa!

 

«Secondo te chi è?» chiese Tart.

Paddy sospirò con gli occhi chiusi.

Erano entrambi stesi sulla sabbia bianchissima.

Paddy, stesa di fianco, poggiava la testa sul braccio di Tart.

«Non lo so.»

«Non è vero.»

«Comincia tu.»

«Io voto per Ghish.»

«Per fatti o per preferenza incondizionata?»

«Preferenza, ovviamente.»

Paddy aprì gli occhi e rise.

«Allora anch'io.»

Tart fece per baciarla di nuovo, ma le voci squillanti di Joy e Flo che correvano verso la spiaggia li distrassero.

«Accidenti. A Pai e Ghish dovremmo fare una bella lezione su come tenere occupate quelle due.»

«Sarebbe inutile.»

«Non ne dubito.»

«Almeno adesso c'è il povero Luc a distrarle. Sembra simpatico.»

«Al contrario della madre. Come ha fatto Mark a sposarla?»

«Secondo me non è così male. Infondo ha appena scoperto che esistono gli alieni, che una sua carissima amica faceva parte di un gruppo che li combatteva, che circa la metà di queste ora li hanno sposti e che la leader potrebbe aver avuto una figlia da suo marito, non puoi biasimarla.»

«Ex-marito.»

 

Decisero di andare a mangiare fuori, per una volta.

Ghish e Tart dovettero ritirare fuori i cappelli di Batman dove nascondere le orecchie, Pai si rifiutò, Glix più che altro se ne fregò.

Si ritrovarono in un locale che dava sul mare e dall'aria abbastanza affollata perché un gruppo così strano e numeroso.

«Luna!» salutò un ragazzo abbronzatissimo muovendo le braccia verso la ragazza, ma fu costretto a fermarsi ad un tavolo per prendere le ordinazioni.

«Xander e padre.» spiegò Luna. «Gestiscono il locale.»

«Andiamo bene...» commentò Glix.

Trovarono dei tavoli e li avvicinarono.

Rose si sedette tra Pam e Luc e di fronte a Mark. Lui era invece seduto tra Ryan e Paddy.

Luna si sistemò come al solito a capotavola vicino a Alexia e Ghish.

Axel li guardò chiacchierare senza sosta finché non arrivarono le ordinazioni – Mina aveva insistito perché prendessero dei piatti locali particolarmente speziati.

Quando Xander fece partire la musica metà del locale si alzò in piedi a ballare.

Luna scattò appena riconobbe le note.

«Dovete assolutamente venire a scatenarvi!» dichiarò afferrando Alexia e Axel, che ancora non avevano finito di mangiare, e trascinandoli al centro della pista.

«Non è un posto da te, Mina!» commentò Pam.

Mina annuì distrattamente, rassegnata, ma tranquilla. «È un tipico posto da Luna invece.»

«Certo che lo è!» fece Ghish, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «È un posto perfetto anche per Tart e Paddy, vero ragazzi?» dovette quasi urlare per farsi sentire.

«Solo se qualcuno guarda Joy e Flo.»

Ma le due bambine erano completamente prese da Luc che, sorprendentemente, riusciva a tenere loro testa. Erano molto diversi però.

Le gemelle non stavano ferme un secondo, come se la sedia fosse la cosa più scomoda del mondo.

Luc invece stava fermo al suo posto, accanto alla madre.

Ma sembrava proprio quell'incredibile contrasto ad alimentare la curiosità tra i tre.

Tart si teletrasportò dietro a Paddy e insieme si unirono ai gruppi di ragazzi che ballavano quei ritmi incalzanti tipici delle isole turistiche.

Quando gli altri li persero di vista continuarono a sentire le loro risate.

Ryan, seduto a capotavola, studiava la scena in silenzio.

Aveva assorbito le informazioni di quel giorno con la sua solita tranquillità.

La verità era che finalmente aveva un piano.

C'era solo un modo per essere sicuri subito e al cento per cento di chi fosse il padre di Luna: il test del DNA.

Luna non voleva, era vero, ma lui avrebbe trovato il modo.

Gli bastava poco, anche un capello.

Doveva solo riuscire ad avvicinarla.

Quella del ballo era una buona opportunità, per quanto non lo amasse particolarmente.

Dopo sarebbe stato semplicissimo: scrivere al suo laboratorio e chiedere di eseguire il test.

Il suo DNA ce l'aveva, se fosse risultato che non era umana il padre sarebbe stato Ghish, altrimenti Mark.

Doveva solo aspettare il momento giusto.

Avrebbe potuto invitare Pam a ballare.

Se solo fosse riuscito ad incrociare il suo sguardo.

Ma lei non sembrava intenzionata a cedere. Continuava a conversare con Kyle e a cercare i figli con lo sguardo quando non sapeva dove posarlo.

Xander, che evidentemente aveva finito di servire ai tavoli, si avvicinò a Glix.

«Balli con qualcuno?»

Lei rivolse a Ghish uno sguardo speranzoso.

Lui si limitò a scrollare le spalle.

La ragazza si alzò con un moto di rabbia, ma poi sorrise in modo provocante al ragazzo umano.

«Femmine.» commentò svogliatamente l'alieno dagli occhi dorati.

«Non si può dire che voi maschi siate migliori.» replicò Mina.

«Non ho mai detto il contrario. Prendete Ryan, per esempio, dite che riuscirà ad invitare Rose a ballare prima che finisca la musica?»

Ryan lo guardò inespressivo, sollevando un sopracciglio biondo.

Per sua fortuna Ghish aveva frainteso le sue intenzioni.

Quella di invitare Rose, però, non era una cattiva idea. Anzi, era un ottimo diversivo.

Fissò la donna.

Lei sembrò prendere seriamente in considerazione la proposta. Si prese un minuto buona per soppesarla, poi sorrise.

«Perché no.» fece.

Pam si sforzò di sorridere a sua volta. Ma l'ombra nel suo sguardo non sfuggì al biondo.

In qualche modo fu proprio quella reazione a convincerlo.

Perché si sa, dove fallisce l'adulazione vince la gelosia.

Si alzò e le porse la mano.

Rose inarcò le sopracciglia compiaciuta da un gesto tanto formale e si alzò con quei suoi movimenti fluidi e aggraziati così simili a quelli di Pam eppure tanto diversi.

Fu il turno di Ryan di non degnare Pam di uno sguardo e di avvicinarsi alla pista da ballo con Rose.

In realtà si erano formati due gruppi: quelli che tutto ciò che volevano era scatenarsi, erano scesi in spiaggia; gli altri erano rimasti nel locale dove la musica era cambiata.

«Non ballo in quel modo dai tempi del liceo.» ammise Rose intercettando lo sguardo di Ryan verso il gruppo in spiaggia.

Glix di sicuro aveva bevuto qualcosa, perché non la smetteva più di ridere.

Tart e Paddy probabilmente avevano smesso da tempo di seguire la musica.

Luna, Alexia e Axel, invece, se la cavavano tutti piuttosto bene.

«In realtà,» ammise Ryan «mi serve un pretesto per avvicinarmi a Luna.»

«Ah, quindi io sarei solo il diversivo?»

Lui puntò i suoi occhi azzurri in quelli castani di lei per cercare di capire cosa stesse pensando.

Non ci riuscì.

Forse perché si lasciò distrarre dal fatto che anche quelli di Strawberry erano stati di quel castano cioccolato.

«D'accordo.» acconsentì la donna.

 

Mark si avvicinò al bancone per prendere qualcosa da bere che non fosse alcolico visto che né lui né Lory avevano intenzione di toccare quelle bevande e che l'acqua era finita.

L'uomo lo guardò da dietro il bancone mentre lo serviva.

«Siete mai stato qui prima d'ora?» chiese in un inglese un po' stentato.

«Sì. Una volta. Anni fa.»

«Circa vent'anni fa, o meno?»

Mark annuì.

«Eravate con la madre di Luna? Momoyma?»

«Sì. Perché?»

L'uomo per un momento divenne rosso, poi si morse il labbro per soffocare una risata.

«Cosa avete da ridere?»

«Io... credo di dovervi delle scuse, signore.»

«Scuse?»

«Non vi ho più visto dopo quella volta, ma mi ricordo di voi.»

«Come mai?»

«Beh, diciamo che, per sbaglio, devo aver versato qualcosa nelle vostre bibite, solo che la ragazza non aveva bevuto nulla.»

Mark lo fissava allibito.

«Qualcosa di che tipo?»

«ehm...» l'uomo sembrava parecchio in imbarazzo.

Mark accennò ad un sorriso e lo lasciò stare.

Non serviva altro.

Quella era la spiegazione al suo vuoto di memoria. Chissà quale maledetto tipo di droga aveva ingerito. Per fortuna non aveva avuto particolare effetti collaterali.

Era stato convinto che fosse stato il viaggio di ritorno, piuttosto movimentato, ad averlo fatto stare male dopo.

Quello spiegava tutto.

E allo stesso tempo non aiutava la situazione.

 

Luna si allontanò un po' dal gruppo per riprendere fiato.

Trovò Ryan che parlava con la donna arrivata quella mattina. Quella che non le toglieva gli occhi di dosso e che la metteva in soggezione.

Eppure le piaceva.

Aveva un fascino singolare. A differenza di tutti gli altri, Luna non riusciva a leggerla.

Non riusciva ad interpretare le sue emozioni.

Come se il suo corpo e il suo cervello parlassero una lingua differente dalla sua.

Un attimo prima era rimasta di sasso nel trovarsi in una casa con alieni e ibridi, e poi non aveva esitato a voler uscire a cena con loro.

Anche il suo comportamento nei confronti di Mark era particolare.

Si vedeva che non aveva nulla contro di lui eppure si comportava in modo avverso, come se fosse semplicemente la cosa giusta da fare con un ex-marito.

Era assurdo.

Non capiva.

E proprio per questo la affascinava.

«Voi a ballare?» chiese loro raggiungendoli.

«Più che altro a fingere di ballare.» precisò Rose.

«Ah, bene.» fece avvicinandosi al bancone delle bibite per chiedere un bicchiere d'acqua.

«Comincio a non avere più l'età per certi balli.» continuò Rose.

Luna posò il bicchiere ancora leggermente pieno e la fissò come se fosse matta.

«Stai scherzando? Quanti anni avrai? Trenta? Trentacinque? Non esiste un'età giusta per divertirsi! Lo si fa e basta!» lanciandole un'ultima occhiata stranita tornò da Axel e Alexia.

Era incredibile!

Era come se quella donna si comportasse solo per rientrare in determinati schemi.

Donna sposata e con figlio uguale niente libertà; donna divorziata e con figlio uguale donna che cerca di essere libera, ma che non lo è davvero.

Ma che razza di filosofia di vita era?

Luna proprio non la capiva.

Ammesso che fosse quello il ragionamento di Rose.

Sperava di no. Sperava che fosse qualcosa di più interessante.

 

«Credevo volessi parlarle.» osservò Rose raccogliendo la quantità inverosimile di capelli ricci in una coda.

Ryan sfoderò un sorriso sghembo.

«Ho quello che mi serviva.» si limitò a dire, rigirandosi tra le mani il bicchiere d'acqua di Luna ancora mezzo pieno.

 

«Non capirò mai come fate a distinguerle.» disse Mina guardando Joy e Flo che mostravano a Luc i loro poteri.

«Oh, in realtà è semplice.» rispose Pai.

«Joy è più egocentrica ed è quella a cui vengono i mente tutte le marachelle. Flo è più intelligente, però imita sempre la sorella. Diciamo che tra le due Joy è la capobranco e Flo quella che sta agli ordini.» spiegò Lory.

«E poi, a volerla dire tutta. Joy ha la riga dei capelli a destra, mentre Flo a sinistra.» aggiunse Pai.

«Non ci avevo fatto caso.» ammise Mina.

Kyle guardò la bottiglia di fronte a sé.

«Anche se non siamo tutti direi di fare un brindisi.»

«Sì!» concordò subito Pam cominciando a riempire i bicchieri degli altri.

Mark sembrò svegliarsi in quel momento, aveva avuto lo sguardo assente per quasi venti minuti.

«A cosa brindiamo?» chiese Ghish rigirandosi il bicchiere tra le dita e fissando le bollicine che venivano a galla.

«Alla vecchia squadra?» propose Pam.

«Così ci escludi.» osservò Pai.

«Allora alla vecchia guerra.» ribatté Kyle.

«Solo perché conclusa.» replicò Pai sollevando leggermente il bicchiere.

Gli altri lo imitarono.

«Non bevi?» chiese Pam a Lory notando che l'amica aveva riposto il bicchiere senza toccarlo.

«No.»

«Hai mangiato per tre e bevuto solo acqua, non sarai incinta?»

Lory arrossì e guardò Pai che le sorrise e le cinse le spalle con un braccio avvicinandola a sé.

«A quanto pare.» confermò.

«E non ci dite niente?» esclamò Mina.

«Sono successe così tante cose.» si giustificò Lory.

«Una bella notizia fa sempre piacere.»

«Ecco perché siete tornati.» commentò Ghish.

«Non è vero.» replicò Pai.

Ghish lo guardò ammiccando.

«Pai, non prendi in giro nessuno.»

«Tanto per dimostrarti il contrario, è di quasi tre mesi.»

Ghish lo guardò sorpreso.

«Mi stai dicendo che per metà della vostra luna di miele lei era incinta, ma siete scemi?» non poté trattenersi e Pam e Kyle risero.

«Abbiamo idee molto diverse di luna di miele.» rispose Pai.

«E tecnicamente lo sappiamo solo da un mese e mezzo.» precisò Lory che ormai aveva un sorriso enorme dipinto in faccia.

«Beh, allora ci vuole un altro brindisi.» fece Kyle.

«Senza dubbio.» concordarono Mina e Pam.



Ciao genteeee!!
Che si dice? vi siete dimenticati di me? Non posso biasimarmi sono in terribile ritardo. Purtroppo ho avuto la brillante idea di cominciare questa storia nuova, "Suspirian", che mi piace moltissimo e ruba parecchio tempo, ma tenterò di non rimanere indietro con Figlia di una Notte. Per compensare il ritardo il capitolo è un po' più lungo. Spero vi sia piaciuto.
Abbiamo la data di nascita di Luna!!!
Andate indietro nei capitoli per sapere che conti farvi!
Aspetto con ansia le vostre recensioni!
A presto,
Artemide

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Capitolo 13
*** La figlia - parte ottava ***


La figlia

parte ottava

 

Rose scorse i libri facendo scivolare l'indice sui dorsi delle copertine con una velocità forse esagerata perché potesse leggere davvero i titoli.

«Li conosci tutti?»

Rose sobbalzò appena sentendo la voce di Ryan così vicina.

Non lo aveva sentito avvicinarsi.

Lui non sorrise e non ripeté la domanda.

Lei si raddrizzò.

«Li riconoscerei praticamente ovunque. Ne avevo la casa piena. Liberarsene è stato un sollievo.»

«Non capisco cosa ci sia di interessanti in libri che dicono tutti la stessa cosa, solo in modi diversi.»

«Già. Ecologia, degradazione ambientale, indebolimento della catena alimentare, ecosistemi, specie a rischio, … tipica roba da Mark.»

Ryan non ribatté nulla. Rose gli aveva solo confermato ciò che aveva già scoperto da sé.

Rose si costrinse a distogliere lo sguardo da quegli occhi magnetici e allo stesso tempo gelidi.

Ryan indossava una camicia di jeans aperta sulla maglietta beige.

Sottobraccio teneva una scatola sigillata.

«Vai da qualche parte?»

«Vorrei passare in città.»

«Vi interessano i libri di zia Mina?» chiese la voce di Luna alle loro spalle.

Si voltarono in contemporanea e la fissarono con la stessa espressione sorpresa.

«Che c'è?» chiese Luna mentre le veniva da ridere.

«Sono di Mina?» chiese Ryan.

«mm-mm» fece Luna annuendo.

Rose sfilò un volume e lo aprì in cerca della dedica.

Alla nostra ballerina,

da Straw, Luna e Romeo.

Seguiva il disegno stilizzato di un gatto.

«Le servivano per la tesi di laurea.» spiegò Luna.

«Romeo è il tuo ragazzo?» domandò Rose.

«No!» esclamò Luna.

«Sei arrossita.»

«Sarà il caldo.»

«Menti male almeno quanto Mark.»

«Questo no, per il semplice fatto che lui non mente mai, io lo faccio sempre.»

«Sempre?» ripeté Ryan «E su tutto?»

«Su tutto quello che mi pare.»

«Andiamo bene...» commentò il biondo.

Il rumore di qualcosa che rovescia, forse acqua, li interruppe.

Luna ritornò nella stanza accanto.

Trovò Luc che aveva appena rovesciato la scatola di un puzzle.

«Ehi! Che stai facendo?»

«Non hai giocattoli!» si lamentò il bambino con una faccia tenerissima.

Luna non poté fare a meno di sorridere e si avvicinò.

Guardò la scatola.

L'immagine finale era un giardino dove giravano almeno una decina di gatti. I pezzi caduti formavano una montagnetta ai piedi di Luc.

«Sei sicuro di volerne fare uno così grande?»

«Sì!» esultò lui battendo le mani.

«Vuoi che ti aiuto?»

«Sììììì!»

Luna si sedette a gambe incrociate per terra e rimise tutti i pezzi nella scatola.

«Cominciamo col fare la panchina?» si rese conto che non faceva un puzzle da un sacco di tempo.

Li faceva sempre con Strawberry.

Lei risolveva sempre in poco tempo, mentre per la madre risultavano ogni volta molto complicati.

Quello era il loro preferito.

Era l'unico che riusciva a tenerla impegnata per un'ora buona. Ricordava di come sua madre rimaneva a guardarla concentrarsi.

Le sembrava di avere davanti, proprio in quel momento, l'espressione di Strawberry.

I grandi occhi color cioccolato che la scrutavano con dolcezza, le labbra che si stendevano in quel mezzo sorriso che le donava così tanto e che Luna era orgogliosa di avere ereditato, i capelli del colore del fuoco che le scendevano lungo tutta la schiena in onde ribelli così simili a fiamme e che scivolavano di lato quando si chinava in avanti per guardarla meglio.

Ricordava il modo in cui le guance si alzavano impercettibilmente quando riusciva a completare un pezzo del puzzle. E ricordava il modo in cui rimaneva ipnotizzata dall'immagine che si componeva lentamente per poi rimanere con lo sguardo fisso nel vuoto anche quando completava il lavoro e balzava in piedi esultando.

Ogni volta doveva avvicinarsi e sventolarle la mano davanti agli occhi.

E allora Strawberry scuoteva la testa allontanando i pensieri, svegliandosi dai suoi sogni ad occhi aperti, per complimentarsi con lei.

Luna tornò a fissare il puzzle.

Quante volte lo aveva risolto?

Non conosceva a memoria la collocazione di ogni pezzo?

Eppure le sembrava tutto così lontano, così distante, così diverso.

Si accorse a mala pena che Luc aveva di nuovo rovesciato tutti i pezzi sul pavimento e stava accuratamente selezionando tutti i pezzi della cornice.

Non sembrava preoccupato dal numero di pezzi.

Era abbastanza sicura che Joy e Flo non si sarebbero mai cimentate in un'impresa simile.

Naturalmente, Luc era solo un bambino di quattro anni e cominciò presto a voler far incastrare i pezzi con la forza, esultando tutte le volte che ci riusciva.

Lo lasciò fare.

Tranne quando rischiava di rompere i pezzi.

Chissà come aveva fatto a trovarlo.

Era abbastanza sicura che Mina li avesse fatti sparire dopo che Luna aveva avuto uno dei suoi attacchi isterici post-traumatici.

Nel periodo dopo la tragedia Luna era stata intrattabile.

Appena vedeva qualcosa che ricordava sua madre aveva delle crisi di pianto e, o distruggeva l'oggetto in questione, oppure si chiudeva in camera sua e ne usciva solo ore dopo, con gli occhi rossi e la gola secca.

Si concentrò su puzzle.

Passava i pezzi a Luc e aspettava che lui trovasse il posto giusto.

Di quel passo ci avrebbero messo giorni interi.

Ma lei non se ne curava.

In quel momento voleva solo rivivere quei ricordi che, per la prima volta, erano riaffiorati portandosi dietro anche delle schegge di gioia invece che il solito dolore.

 

«Vuoi che venga con te?» chiese Rose mentre Ryan si accingeva ad uscire «Qui sembra tutto così monotono.»

«Se devo essere sincero no. Preferisco andare da solo.»

«È il tuo modo sgarbato di dirmi di sì?»

«È il mio modo garbato di dirti di no.» sbuffò il biondo.

Rose alzò gli occhi al cielo.

«Almeno vuoi una busta per quel pacco?»

«No, preferisco portarlo a mano.»

«Giusto per curiosità, cosa ci devi fare con il bicchiere d'acqua dove ha bevuto una diciassettenne?»

«Di certo non conservarmelo in caso avesse di nuovo sete.»

La donna non disse altro.

Rimase a guardarlo finché non si fu chiuso la porta alle spalle.

Sbuffò e salì al piano di sopra.

Pam le aveva prestato alcuni suoi costumi.

Sarebbe andata in spiaggia, ma non sotto casa, ma più in là, dove c'era altra gente.

Per qualche assurdo motivo non era la presenza degli alieni – di cui fino a poco tempo prima non sospettava neanche l'esistenza – a disturbarla, bensì gli umani che erano lì.

Pam era come una sorella per lei e suo marito e i suoi figli le stavano simpatici, ma non sopportava l'insensata e costante euforia di Paddy e delle bambine.

Neanche Mina le andava molto a genio. Le aristocratiche che tentano di mescolarsi alla gente più comune non le erano mai piaciute e nel suo lavoro ne aveva viste troppe.

Indossò un vestito corto e con le bretelle e uscì.

Si incamminò per la strada.

Solo quando si sentì chiamare si voltò verso la spiaggia.

Vide Pam venire verso di lei.

«Dove vai?» le chiese raggiungendola.

«Dalla gente normale.»

«Posso accompagnarti?»

«Certo che puoi!» esclamò aggrottando leggermente le sopracciglia.

Per un po' camminarono in silenzio.

«Cosa c'è? Devi dirmi qualcosa?» domandò dopo un po'.

Pam continuò a camminare, lo sguardo dritto di fronte a sé, come faceva sempre quando era un argomento delicato.

«Te li ricordi i vecchi tempi del liceo?»

«Come scordarli! Eravamo sempre insieme! Prima che scappassi di casa ovviamente.»

«Già.» Pam accennò ad un sorriso malinconico.

«Hai mai fatto pace con tua madre?»

La donna abbassò lo sguardo e scosse la testa.

«Pam... so bene quanto te la sei presa quando nessuno ti aveva creduto quando dicevi che tuo padre era stato ucciso, ma lei ha solo cercato di proteggerti e...»

«Mio padre perseguiva la giustizia. Proprio come te. Solo che non pensava troppo a se stesso, mia madre sapeva che aveva una famiglia a cui pensare. Lo so anch'io. Ma l'ho capito solo quando ho avuto Alexia, e ho capito quanto fosse importante tenere unita una famiglia. Solo allora l'ho perdonata.»

«Ma hai detto...»

«Che non ho mai fatto pace con lei. Aspettavo Axel. Alexia aveva iniziato da poco a camminare. Si era nascosta e non riuscivo a trovarla. La paura è stata tantissima. Solo allora ho capito cosa avesse provato mia madre. Appena ho stanato Alexia sono salita in macchina e sono tornata a casa. Quando Kyle è tornato a casa e non mi ha trovata si è spaventato.»

«E tua madre?»

«Era morta. Da anni. E non puoi immaginare quanto ho rimpianto di non essere tornata prima.»

Rose la studiò.

Ricordare era doloroso, anche se Pam, da brava attrice, sapeva dissimulare le emozioni.

Ma nella sua espressione lesse anche qualcos'altro.

Capì che quella era una cosa superata.

Che non era di quello che Pam le voleva parlare.

«Cosa c'è?» chiese di nuovo.

«Ricordi che al liceo la gente veniva sempre da me quando voleva un consiglio?»

«Veniva da noi anche per cercare di avere un appuntamento.»

Pam le intimò di stare zitta con un'occhiata.

Rose annuì.

«E ricordi qual'era il mio problema.»

Ormai erano vicine alla spiaggia.

Si fermarono.

«Che nessuno poteva dare consigli a te quando ne avevi bisogno.»

Pam annuì lentamente.

«Hai bisogno di un consiglio?»

«Diciamo che dovrò pur confidarmi con qualcuno.»

Rose sorrise.

Adocchiò un bar, proprio sul lungomare.

«Abbiamo tutto il tempo che vuoi.»

 

Mark e Mina lasciarono la spiaggia per primi.

Mark perché voleva stare un po' con Luc, Mina con la scusa di dover cucinare.

Non poteva negare di provare una certa simpatia per Mark. Finalmente capiva cosa ci trovasse in lui Strawberry.

Era gentile come pochi e aveva un ammirabile senso del giusto e del dovere.

L'avvocato era il mestiere giusto per lui.

Camminavano affiancati e piuttosto lentamente.

Gli stava parlando dei suoi corsi di ballo.

Altro punto a suo favore: sembrava sinceramente interessato alla sua carriera di ballerina. E i suoi commenti le rivelavano che aveva seguito davvero i pochi saggi a cui aveva invitato anche lui.

 

Entrarono dalla portafinestra.

Mina si fermò a risistemare i libri che evidentemente qualcuno aveva toccato.

Mark andò direttamente nella stanza accanto, alla ricerca di Luc.

Lo trovò inginocchiato per terra, alle prese con un grosso puzzle di cui aveva messo pochi pezzi.

Luna era seduta a gambe incrociate proprio difronte a lui. Lo sguardo fisso nel vuoto.

Lacrime silenziose le rigavano il volto per poi gocciolare giù.

«Luna!» esclamò a voce bassa, andando verso la ragazza e chinandosi accanto a lei.

La ragazza alzò lo sguardo su di lui e il suo petto fu scosso da un singulto.

«Che succede?»

«È stata colpa mia!» singhiozzò attirando anche l'attenzione di Luc e di Mina che entrava proprio in quel momento. «Se non fossi andata a quella maledetta festa a quest'ora sarebbe ancora viva!»

Le parole erano confuse e troppo vicine tra loro, Mark ci mise un po' a capire cosa stava dicendo.

«Non è vero,» intervenne subito Mina «non...»

Mark le intimò con un gesto di stare zitta.

Sollevò Luna praticamente di peso e si sedette accanto a lei sul divano.

Le cinse le spalle e la strinse.

Non disse nulla, lasciò che si sfogasse.

Mina rimase a guardarli in silenzio. Lei non sarebbe mai riuscita a consolarla in quel modo. Le si spezzava il cuore ogni volta che la vedeva piangere e faceva di tutto per farla smettere.

Mark invece la stringeva e le sussurrava qualcosa che lei non riusciva a sentire, ma che sembrarono calmarla.

Fu scossa da altri due singhiozzi, poi si asciugò gli occhi e annuì.

 

«Chi viene a farsi una nuotata con me?» chiese Kyle rivolto ad Alexia e Axel.

«Io!» risposero i fratelli in contemporanea.

«Allora lasciate un po' in pace Lory e Pai.»

«Non preoccuparti Kyle, non stanno disturbando.» ribatté Lory.

«Non si vede ancora la pancia!» protestò debolmente Alexia «Hai detto che è di quasi quattro mesi! Me lo ricordo il pancione di mamma quando Axel aveva quattro mesi.»

«Sì, ma ricorda che questa durerà dieci mesi, non nove.»

«Ma dovrebbe cominciare a notarsi.»

Lory sorrise. «Sono sicura che non ti sfuggirà quando inizierà a vedersi.»

«Puoi scommetterci!» dichiarò Alexia per poi allontanarsi e raggiungere il padre e il fratello.

Lory invece percorse il piccolo molo fin dove si era fermato Pai.

Gli prese la mano e lui ricambiò la stretta.

«A che pensi?» gli chiese.

«A Luna. All'apparenza può sembrare forte, ma dentro è molto più fragile.»

Anche Lory si rabbuiò.

«Se la caverà. Come sempre. Come tutti noi. Ritrovare suo padre la aiuterà, ne sono sicura.»

«Allora spero che lo faccia presto. Più tempo passa e più lei taglia i rapporti con il mondo che la circonda. È già cambiata da quando l'ho incontrata l'ultima volta.»

«L'ultima volta Strawberry era ancora viva.»

«Ho conosciuto Mew Berry e Strawberry Momoyma, Lory, e la donna che ho incontrato sei mesi fa non era né una né l'altra. Era come se fosse già morta dentro.»

«Come puoi dire una cosa del genere?»

«Dico solo ciò che ho visto, Lory. E c'è stato solo un momento in cui ho rivisto la Strawberry che conoscevo. Per un attimo il suo sguardo è cambiato, era più lucido, più vivo

«Quando?»

«Quando le ho parlato di Ghish.»

 

«Accidenti Tart, tu fai sembrare tutto così semplice.» commentò l'alieno dagli occhi dorati.

«Guarda che è semplice.»

«Per te.»

«Io non ci vedo nulla di difficile in questo.» e così dicendo si teletrasportò difronte a Paddy che stava cercando di giocare a palla con le bambine, solo che loro spostavano il pallone come volevano rendendo una collaborazione esterna impossibile.

«Ehi!» fece Paddy.

Tart per tutta risposta la baciò.

Lei, per la sorpresa, tenne gli occhi spalancati, ma non poté non restituire il bacio.

Poi Tart si teletrasportò di nuovo accanto a Ghish.

Paddy gli fece la linguaccia, proprio come una bambina, poi tornò dalle figlie.

«Voi due secondo me avete qualche problema.»

«Io non ho dubbi.»

Ghish gli diede un pugno giocoso sulla spalla. «Ma finiscila!»

«Ghish, parlo sul serio, non puoi andare avanti così.»

«Perché no?»

«Sai benissimo perché.»

«E tu sai benissimo perché non ho intenzione di cambiare.»

«E che mi dici di Glix?»

Ghish distolse lo sguardo.

«Ghish, non puoi continuare ad ignorare la faccenda, tra meno di tre anni sarà maggiorenne.»

«Ben venga.»

«Come puoi prenderla così alla leggera? Non ti ha fatto nulla di male.»

Ghish lo guardò malissimo.

«Devi decidere.»

«L'ho già fatto.»

«Già, e lo abbiamo capito tutti. Anche lei.»

«Allora dovrebbe cominciare a darsi da fare.»

«Lo sta già facendo.»

«Ma fammi il piacere!»

«Perché credi che ti stia così appiccicata anche se non vi sopportate a vicenda?»

Ghish non rispose.

Da una parte non aveva la forza di allontanare Glix.

In qualche modo, per quanto assurdo fosse, lei era tutto ciò che gli restava di Strawberry.

La sua presenza gli ricordava come l'aveva persa. Era un modo per ricordarsi delle proprie colpe. E allo stesso tempo scaricarle su qualcun altro.

Ma se anche Glix fosse sparita cosa sarebbe successo?

Davvero avrebbe dimenticato? O sarebbe stato ancora peggio?

Peggio di così?

Era impossibile.

Infondo era semplice. Meno di tre anni. E tutto sarebbe finito. Sarebbe sparita portandosi dietro tutti i ricordi che da anni lo tormentavano.

Ma lei non voleva andarsene.

Per tutti quegli anni loro erano stati la sola famiglia che aveva avuto. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, si era affezionata a Flo e Joy, andava abbastanza d'accordo con Paddy e Tart e aveva preso in simpatia Lory.

Cosa le rimaneva al di fuori di loro?

Tutto questo Ghish lo sapeva bene. E per quando malizioso e ostinato fosse, non era senza cuore.

Doveva esserci un'altra soluzione.

Sapeva che doveva esserci.

Glix uscì dall'acqua scuotendo la chioma fucsia.

Il costume nero metteva in risalto i suoi occhi scuri e, come ogni suo vestito, era piuttosto striminzito. Metteva in risalto il suo fisico a dir poco invidiabile e lei lo sapeva bene.

Sapeva come sfruttare la cosa a suo vantaggio.

Lo aveva già dimostrato.

Ghish non dubitava che avrebbe fatto la fine di sua sorella se l'avesse lasciata a se stessa.

Tart spiccò il volo e afferro il pallone che lievitava per aria e che Joy e Flo si stavano contendendo con la forze del pensiero.

Inutile dire che le bambine gli saltarono addosso pur di recuperarlo.

Paddy rimase di lato, commentando ogni risvolto della situazione come se fosse la telecronista di un incontro sportivo.

Glix recuperò un elastico e legò i capelli appariscenti in una coda di cavallo.

Si avviò verso la casa.

«Glix?»

Si girò verso di Ghish senza riuscire a nascondere un'espressione speranzosa.

«Hai qualcosa da fare stasera?»

Un lampo di rancore le attraversò gli occhi nerissimi, ma sorrise.

«No, perché?»

«Volevo fare un giro in città e vorrei aspettare che il sole tramonti per non dover indossare quegli odiosi cappelli di battman per nascondere le orecchie.»

Gli occhi della ragazza si illuminarono e un sorriso sincero le si dipinse sul volto.

«Ok!» esclamò con l'esultanza propria dei suoi diciotto anni.

La guardò tornare alla casa saltellando.

Si sollevò da terra.

Aveva bisogno di pensare.

E sopratutto aveva bisogno di ritrovare il vecchio Ghish impertinente, ma gioioso. Lo stesso che aveva tormentato Strawberry finché non aveva ceduto.

 

Glix si teletrasportò direttamente sotto la doccia.

Rimase sotto il getto dell'acqua finché tutto il sale marino che aveva sulla pelle non fu andato via.

Quando scese di sotto vi trovò solo Mina, Mark, Luna e Luc.

«I tuoi genitori sono separati?» stava chiedendo il bambino a Luna.

«Sì.» rispose lei senza troppo entusiasmo.

«Anche i miei!»

Luna sorrise.

«Magari fosse così semplice.» commentò Glix prendendo un bicchiere e aprendo il frigo alla ricerca di una bottiglia d'acqua.

«Tu ne sai qualcosa, no?» non poté fare a meno di ribattere Mina.

«Oh, i miei genitori sono insieme,» replicò tranquillamente l'aliena «in un posto migliore di questo.»

«Io non capisco.» disse Luna, seduta sul divano accanto a Mark che teneva Luc in braccio «Se mamma mi ha sempre tenuta nascosta a mio padre perché adesso devo ritrovarlo?»

«Perché nessuno dovrebbe stare senza genitori.» sorprendentemente fu Glix a rispondere, lo sguardo fisso nel vuoto, e il bicchiere tra le mani.

«Specialmente se ce li ha.» sottolineò Mina non troppo gentilmente.

«Ma allora perché tenermi nascosta?»

«Forse perché era lei a voler rimanere nascosta.» ipotizzò Glix.

«Ma perché? Perché non mostrarsi a mio padre?» insistette Luna.

«Forse perché qualcosa, o qualcuno, la bloccavano.» rispose Mina un tono pungente chiaramente

rivolto all'aliena.

Glix le rivolse uno sguardo ferito.

«Parli come se fosse colpa mia.»

Le mani di Mina tremarono e i bicchieri che teneva in mano caddero a terra e si ruppero in mille pezzi. Lei se ne accorse appena.

«Ma è colpa tua!» urlò con rabbia. «Tua e di quella donnaccia di tua sorella!»

Glix s'infiammò.

«Non osare parlare di lei!» urlò «Non si sparla dei morti.»

«Forse! Ma se non fosse stato per voi due tutto questo non sarebbe mai successo! A quest'ora Strawberry sarebbe viva!»

«Non puoi incolpare me! Non ho chiesto io tutto questo. E tu non dovresti nemmeno saperlo.»

«Oh, avanti, Ghish sarà anche un depravato, ma non va con le ragazzine.»

«Non hai il diritto di parlarmi così!» le guance di Glix si erano arrossate per la rabbia e il risentimento.

Luna e Mark guardarono la scena in silenzio.

«Io dico solo ciò che penso.»

«Io non ho mai fatto nulla!»

«Tua sorella...»

«Mia sorella è morta! Non la conoscevi non puoi parlare di lei!»

«Tua sorelle non era altro che una prostituta drogata.»

«Oh, scusa tanto se non tutti nascono ricchi sfondati come te!»

Glix si voltò, gettò la testa all'indietro e salì con foga le scale.

Mark levò le mani dalle orecchie di Luc che cominciava ad agitarsi.

«Ma che vuol dire?» chiese Luna.

«Vallo a chiedere a lei.»

«Ma...»

Lo sguardo di Mina la zittì.

 

Axel arrivò a largo, nella fascia in cui il fondale era più basso, per primo. Lui era un nuotatore provetto, solo Pam, quando era in forma, riusciva a tenergli testa.

Kyle lo raggiunse poco dopo, mentre Alexia rimase parecchio indietro e decise di fare l'ultimo tragitto nuotando a dorso.

«Qualcosa non va papà?» chiese Axel studiando l'espressione di Kyle.

«Sai dov'è tua madre?»

«In realtà no. Forse è andata con Ryan in città.»

Kyle annuì distrattamente.

«È quello che pensavo.»

 

Luna era stesa sul letto a leggere uno dei suoi amati libri di fantascienza quando sentì bussare debolmente.

Glix era l'ultima persona che si aspettava di trovare andando ad aprire.

L'aliena inspirò profondamente, poi buttò fuori l'aria in quello che era metà sbuffo e metà sospiro.

Sollevò gli occhi sulla ragazza.

«Hai dello struccante? Ho finito il mio.»

Solo allora Luna notò le sbavature di nero intorno agli occhi dell'aliena.

Aveva pianto. E parecchio.

Luna si sforzò di sorridere e si fece da parte per lasciarla passare, poi richiuse la porta.

Andò a prendere il suo struccante, poi lo diede alla ragazza.

«Grazie.» disse solo, avvicinandosi allo specchio.

Luna si sedette sul bordo del letto e rimase immobile a guardarla.

Glix incontrò il suo sguardo attraverso lo specchio.

Rimase in silenzio, in attesa che Luna le facesse quella domanda che le leggeva nello sguardo.

«Conoscevi mia madre?»

Glix appoggiò su un mobile cotone e flacone, poi si voltò.

Per la prima volta affrontò veramente lo sguardo di Luna.

I suoi occhi erano del colore del mare. Come se non fossero altro che due delle tante onde che si infrangevano sulla spiaggia poco distante.

«No.»

«E allora perché zia Mina ti ha detto quelle cose?»

Fu il turno di Luna di leggere lo sguardo di Glix.

Erano scuri come le ombre del suo passato. Ombre che in quel momento la turbavano come mai prima di allora.

Luna si spostò più a sinistra e poi la invitò con lo sguardo a sedersi.

Glix indugiò un momento, poi accettò silenziosamente l'invito.

Con le spalle curve e lo sguardo fisso nel vuoto riprese a parlare.

«Mia sorella Takla ha avuto a che fare con tua madre. Noi, a dire il vero, non siamo neanche del tutto sorelle, abbiamo padri diversi e non conosciamo nessuno dei due. E già questo te la dice lunga. Mina non mentiva dicendo che mia sorella era una prostituta drogata. Lo era. Ma non una drogata. Non aveva i soldi per quella ed era abbastanza sveglia da evitarla. A differenza di nostra madre. Lei ha sempre avuto qualche problema di testa. Mia sorella doveva portare i soldi a casa. E le ci volle poco a capire che c'era ben poco che poteva fare nella vita. Per quanto riguarda Ghish, beh immagino che tua madre ti abbia raccontato come funzionava tra di loro.»

Luna annuì.

«Takla non era diversa dalle altre. Solo più furba. Ha deciso di sfruttare la situazione a suo vantaggio. Non so quali fossero le sue idee, ma so che le cose non andarono come aveva pianificato. Strawberry si ingelosì più del previsto, a tal punto da lasciare Arret e tornare sulla Terra. Ghish non ha mai considerato Takla più delle altre ragazze, non c'era nulla di serio né di vero tra loro, ma lei lo aveva incastrato. Mi dispiace di non poter essere più chiara, ma ciò che so è quello che mi hanno raccontato, io avevo appena un anno.» si interruppe, mentre sbatteva le palpebre sugli occhi umidi.

Luna, così presa dal racconto da essersi scordata, per un attimo, chi era a parlare, incrociò il suo sguardo e lo sostenne.

«E poi? Cos'è successo?»

«Ghish non voleva altro che tornare da Strawberry e Takla ha capito subito che la situazione le stava sfuggendo di mano. Ha prodotto carte false mettendomi in mezzo in un modo che io stessa ritengo ignobile. Ma ancora una volta la situazione è sfuggita di mano a tutti. Mia sorella e mia madre sono morte in un incidente. Io no. Sono sopravvissuta. E, non riuscendo a dimostrare che i documenti presentati da Takla erano assolutamente falsi, fu costretto a doversi prendere cura di me. Tornò da Strawberry appena poté, ma lei non volle ascoltare quello che aveva da dire. Chi potrebbe biasimarla. Io stessa fatico a credere che mia sorella possa essere stata tanto meschina. Non so esattamente come sia andata, ma Ghish e Strawberry non sono riusciti a chiarirsi e lei, beh, lei è sparita. Che fosse già incita di te? Che avesse reagito così proprio per questo? Non so dirtelo, anche se, personalmente, non dubito che sia così.»

Per un po' le due ragazza rimasero nel silenzio più assoluto.

Glix si asciugò gli occhi, ma si sentiva già meglio. Per la prima volta da anni sentiva che il peso che si portava dentro si era alleggerito. C'era ancora, ma poterlo condividere era un sollievo più grande di quanto immaginasse.

«Tua sorella... ti ha fatta passare per figlia di Ghish?»

Glix annuì. «Assurdo vero? Ma, infondo, lui era effettivamente andato con qualcuna, quindi non avrebbe potuto provare il contrario.»

«Test del DNA?»

«Non sei l'unica che si rifiuta di farlo.»

«Ti sei rifiutata?»

«Sto parlando di Ghish. Io avevo poco più di un anno. Lui diceva che non gli serviva fare dei test per sapere che non ero sua figlia. Per quanto mi riguarda, sarei pronta a farlo in qualsiasi momento. O quasi.»

Luna la esortò con gli occhi a continuare.

«Una volta maggiorenne non sarò più sotto la sua responsabilità.»

«E allora?»

«Possibile che tu non veda il problema? Cosa diavolo farò?»

«Potresti cominciare già da ora a cercarti un lavoro!»

«Il nostro è un pianeta che sta vivendo il boom economico, senza neanche un diploma non andrò lontano.»

«Non hai fatto le scuole.»

«Quelle obbligatorie. In quello che sarebbe il vostro liceo sono stata bocciata due volte al primo anno e poi mi sono ritirata.»

«Ma ci sono tantissime cose che potresti fare! Ci sarà pur qualcosa che ti riesce bene!»

Glix appoggiò la schiena alla parete.

«Quello che mi riesce bene è ben lontano dal potermi procurare un lavoro onesto.»

Luna impiegò qualche istante a comprendere il significato di quelle parole. E non solo.

In un attimo le fu chiaro anche il comportamento di Glix nei confronti di Ghish.

Tra loro non c'era mai stato nessun tipo di amore.

Quella era stata l'unica via di uscita che Glix aveva visto: se avesse dato a Ghish un motivo per farla restare, forse allora non l'avrebbe allontanata.

Luna si pentì all'istante di tutto ciò che aveva pensato su di lei.

Allungò la mano e strinse quella dell'aliena.

Glix quasi sobbalzò a quel tocco.

Distolse lo sguardo dalla foto che riteneva la prova della sua teoria e si voltò verso di Luna.

La ragazza dagli occhi azzurri le sorrise teneramente.

In quell'istante era praticamente identica a sua madre.

«C'è sempre un altro modo.» le disse Luna.



Ehi gente!
Incredibile ma vero, ho finito anche questo capitolo!
Finalmente il mistero-Glix si è risolto, che ne pensate? Delusi? Sorpresi? Sconcertati?
Restano il mistero-lettera, mistero-foto e, sopratutto, mistero-padre.
Per non parlare dei casini degli altri personaggi tipo Rose, Mark, Mina, Kyle, Pam e Ryan!
Aspetto le vostre sempre graditissime recensioni e ringrazio di cuore, per l'ennesima volta, tutti coloro che seguono la storia e sopratutto quelli che la recensiscono (siamo diventati ben 37!) vi adoro tutti!!
Detto questo, ci si risente appena possibile!
A presto, spero,

la vostra Artemide12

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Capitolo 14
*** La figlia - parte nona ***


~ Ehilààà, parlo ora altrimenti poi mi dimentico.

Sono in ritardo anche stavolta, ma il capitolo è bello lungo.
Mi sono fatta due calcoli e, a quanto pare, oltre a questo mancano solo altri tre o quattro capitoli. :( Non potete immaginare quanto sia basso il mio morale, in parte sono felice perché è la prima storia che riesco a concludere, ma mi dispiace un sacco, mi ci era affezionata! Buuuuu
Vabe', lasciamo stare.
Mi raccomando recensite.
Un bacione enorme a tutte!
Artemide









La figlia

parte nona
 

 

Ryan portò il cellulare all'orecchio e aspettò.
«Pronto?»
«Jack, sono Ryan.»
«Oh, salve capo, posso esservi utile?»
«Sì, ti ho appena spedito un campione su cui dovresti fare un test del DNA.»
«Ok, capo, e con chi lo dovrei confrontare?»
«Con il mio, dovrebbe essere già in archivio.»
Il ragazzo indugiò un momento.
«D'accordo capo. In cosa consiste in campione?»
«Acqua. E dovrebbe esserci della saliva. Pensi di potercela fare?»
«Sì, dovrei. Per quando vi serve il risultato?»
«Il prima possibile.»
«D'accordo.» ripeté il ragazzo prima di salutare.

«Accidenti Pam, non credevo che la cosa fosse così seria.» ammise Rose stringendo la mano dell'amica.
«Io non so cosa fare. Non so cosa pensare.»
«Come sarebbe a dire che non sai cosa pensare? Allora di cosa abbiamo parlato per quasi un'ora?»
«Non capisci. Potrei fare la sciocchezza più grande della mia vita cedendo a Ryan e allo stesso tempo potrei averla già fatta sposando Kyle!»
«Non dirlo neanche per scherzo!»
«Non sto scherzando Rose! Non sai quanto vorrei che fosse così.» gli occhi di Pam cominciarono a gonfiarsi.
Rose la strinse affettuosamente e Pam si appoggiò a lei, ma non lasciò che neanche una lacrima sfuggisse al suo controllo.
Rose cercò le parole giuste da dire. Per un momento i suoi pensieri vagarono nel passato e si trovò a chiedersi perché certe cose le tornassero in mente in un momento simile, ma poi, quasi all'improvviso, trovò il nesso.
«Ti ricordi quando studiavamo la guerra di Troia, Pam?»
Pam sollevò lo sguardo alzando un sopracciglio sottile.
Rose sorrise e i suoi occhi rivelarono quella sfumatura verde acceso che non sempre si notava.
«Si studia che a scatenarla è stata la decisione di Elena di scappare con Paride. Su questo sono d'accordo, ma non ho mai trovato giusto il modo in cui il loro amore viene esaltato. È stato un amore forte, ma fugiace che in dieci lunghi anni si è più che consumato. Io trovo che la vera storia d'amore dell'Iliade sia quella tra Menelao e Elena. Dopo dieci anni di tradiento, Menelao ha rivoluto Elena. Poteva ucciderla, nessuno gli avrebbe dato torto, invece lui aveva continuato ad amarla nonostante tutto. Per Elena vale lo stesso. L'ho sempre trovato affascinante.»
Pam fissò stupita l'amica. Non si aspettava un discorso del genere eppure quelle parole l'avevano colpita più di quanto avessero mai fatto quelle della sua coscienza o di Mina.
«Ma Paride è morto.» protestò debolmente.
«Paride era stato soggiogato da Venere. Lui amava Enone. Aveva ato anche un figlio con lei.»
Pam aggrottò le sopracciglia, sentiva di non conoscere quella parte della storia.
Rose sospirò, felice di aver catturato l'attenzione dell'amica.
«Prima di scoprire le sue vere origini, Paride viveva con i mandriani. Ed amava Enone, che se non sbaglio era un ninfa. Quando andò a Troia, Paride la lasciò incinta. Non tornò mai più da lei e, sotto l'effetto del potere di Venere, si ricordò di lei solo in punto di morte e la mandò a chiamare. Lei, ancora ferita da ciò che lui aveva fatto, all'inizio si rifiutò di venire, quando si presentò a Troia era troppo tardi.»
«Mi stai paragonando a Elena o a Enone?»
«A Elena ovviamente! La più bella delle donne che, accecata dalla dea, ha tradito il marito e fatto scoppiare una guerra. Se solo avesse capito subito quanto era forte il suo amore per Menelao tutto quello non sarebbe successo. Sapevi che avevano anche già avuto una figlia? Hermione, come quella di Harry Potter. In questo caso Enone e Paride sono Ryan e Strawberry, anche se le parti sono un po' invertite visto che è lei ad essere morta e lui ad essere arrivato troppo tardi.»
«E c'è anche una figlia di mezzo.»
«Questo se supponi che sia di Ryan.»
Pam si rabbuiò leggermente.
No. Non lo credeva. Anzi. Ne era sicura.

Il sole stava già tramontando e le prima ombre cominciavano ad allungarsi.
Ghish fece due respiri profondi.
Glix se ne accorse e alzò lo sguardo su di lui.
Le sorrise, come non faceva da tempo.
Glix capì subito che non ne poteva più di stare chiuso in casa, probabilmente non aveva intenzione di aspettare il buio per uscire.
Si alzò e gli andò incontro.
«Posso venire anch'io?» chiese Luna quando erano ancora sulla porta.
Glix guardò Ghish.
«Perché no.» acconsentì lui. La presenza di Luna lo aiutava a pensare.
«Dove andiamo?»
«In realtà non ho una meta precisa, vuoi farci da guida?»
«Ci sto! Oggi è l'ultimo di Agosto, ci saranno tantissimi falò in spiaggia.»
«Già il 31?»
«Sì, e domani io torno a New York.»
«Di già?» chiese Glix «Perché?»
«La scuola di ballo dove lavora Mina ha molti agganci, hanno organizzato una festa per le ragazze che compiono diciotto anni, si farà a metà settembre. Una specie di ballo delle debuttanti. Io li faccio ad Aprile, ma sono un'ottima ballerina e mi ci hanno voluta. Dobbiamo fare le prove.»
«Cavolo, e noi quando le continuiamo... le indagini?»
«Potrete farlo anche senza di me. Oppure dovete concluderle entro dom
ani a pranzo.»
«Lo terrò a mente.» assicurò l'alieno.
Glix gli rivolse uno strano sguardo che Ghish non seppe interpretare.
Luna si allontanò un momento per recuperare una borsa.
«È una mia impressione o nelle utlime ore siete andate insolitamente d'accordo.»
Glix tenne gli occhi bassi.
«Lei sa tutto, Ghish.»
L'alieno le sollevò il viso con un dito.
«Ed è un problema?» le chiese.
Lei si stupì di quella domanda e ci mise un po' a rispondere.
«No. Non come credevo. Anzi. Mi fa sentire meglio.» si interruppe «Che Luna sappia le cose come stanno visto che sei suo padre, non voglio che si venga a sapere.» si affrettò ad aggiungere.
Ghish non ribatté nulla. Ma non gli era sfuggito il fatto che Glix non aveva parlato al condizionale, ma al presente. Lo aveva fatto con naturalezza, non apposta. In qualche modo ne era sicura.

Luna bussò alla camera di Alexia.
La ragazza le venne ad aprire poco dopo, dietro di lei si intravedevano Axel e Kyle che giocavano a carte sul letto.
«Sì?»
«Pensavo usciste.»
«Tra un po', tu dove vai?»
«In giro con Ghish, mi chiedevo se potevi prestarmi un giacchetto, i miei sono a lavare.»
«Certo.»
Alexia la fece entrare e andò a recuperare un giacchetto scuro dall'armadio.
«Non mi sempra che faccia così freddo.»
«Per ora no, ma stasera vado con degli amici in spiaggia, non torno per cena, zia Mina lo sa già.»
«Okay.»
Le ragazze si sorrisero, poi Luna uscì e riscese le scale.
Arrivata già si rese conto di aver lasciato la borsa in camera, ma non salì a riprenderla, infondo non c'era nulla di indispensabile dentro.
«Possiamo andare.» dichiarò arzilla.
Ghish mise un braccio intorno al collo di Glix e l'altro intorno a quello di Luna. Camminarono lentamente, prima in silenzio, poi sciogliendosi velocemente in chiacchiere.

Ryan sostò a lungo sul lungomare, fissando il sole che cominciava ad assumere una sfumatura rossastra, anche se ancora per il tramonto mancavano un paio d'ore.
Diede le spalle alla luce.
Percorse con lo sguardo la via affollata e individuò un tavolino fuori da un bar.
Avrebbe riconosciuto Pam ovunque.
Era con Rose, ma poco importava. Per una volta non era con Kyle.
Si avvicinò con il suo solito, tranquillo, passo felpato.
Pam era di spalle mentre poteva vedere bene Rose.
Non si era reso conto che avesse gli occhi verdi, né che i suoi voluminosissimi ricci avessero una sfumatura ramata, quasi rossiccia.
Rose stava parlando tranquillamente quando si accorse di lui.
Continuò a sorridere, ma smise di parlare e lo salutò con la mano.
Pam si voltò accigliata e per un attimo si irrigidì, ma poi gli sorrise a sua volta.
Aveva una luce insolita negli occhi. Gli piacque. Era da tempo che la aspettava.
«Posso unirmi a voi?»
Rose guardò Pam che lentamente sorrise. «Fa' pure.» acconsentì.
Ryan si mise accanto a lei.
«Di che parlavate?»
«Facevamo supposizioni su Luna e suo padre.» dichiarò svelta Rose «Ma credo di avere le idee un po' confuse. Anzi, aspetta, ora mi faccio uno schema.»
Cominciò a frugare nella borsa e ne tirò fuori un foglio e delle matite.
«Ti porti anche i gli acquerelli?»
«Ho convinto Luc a diseganre con le matite invece che con i pennarelli, almeno quelle non macchiano.»
Divise il foglio in tre colonne e sopra ad ognuna scrisse il nome di uno dei tre possibili padri.
«Allora, dite qualcosa e io trascrivo.»
«Gli occhi, decisamente Ryan.» cominciò Pam.
«I capelli, decisamente Mark, e la carnagione decisamente Ghish.» continuò Ryan.
«Anche Strawberry era chiara.» protestò la mewLupo.
«Sì, ma lei si abbronzava, Luna è al mare da tutta l'estate ed è ancora pallidissima.»
Rose scriveva velocemente, la punta della lingua incastrara in un angolo della bocca, come una bambina.
«Uno pari, qualcos'altro?»
«I suoi poteri.» disse Ryan «Ghish.»
«Potrebbe essere anche Mark.» osservò Rose.
«Sì, giusto, segnalo ad entrambi.»
Rose si portò la matita alle labbra, pensierosa. «La data di nascita.» disse poi «Decisamente Mark.» e scrisse.
«Beh, i giorni di gravidanza non sono mai precisi.»
Pam si voltò verso di lui. «Stai dicendo che dobbiamo segnarla anche a te?»
«Sto dicendo che non è poi così indicativa.»
«Ti segnamo o no, Ryan? 12 Aprile, dicci tu.»
Ryan sospirò e contò velocemente.
«Solo se la gravidanza è durata una settimana o due di più.» disse infine.
Pam rise. «Possibile. Segnalo Rose.»
«Allora anche Ghish.»
«Perché mai? Non potete essere andati con lei nel giro di così poco tempo!»
Pam e Ryan si fissarono per diversi istanti.
«C'è stato il mese prima, e per gli ibridi la gravidanza dura di più.»
«E tu sai che....»
«Beh, non è che me l'abbia detto chiaramente, ma si intuiva.»
«Ne sei sicuro o è solo una tua supposizione. Infondo è improbabile che a distanza di meno di un mese Strawberry...»
«Si stavano lasciando.»
«Ma avete parlato tutto il tempo di lei e Ghish? Siete stati insieme per sfiimento?»
Ryan non riuscì a prenderla male. Un po' lo infastidiva parlare in quel modo di sé e Strawberry, ma la gelosia di Pam – perché a lui sembrava proprio gelosia – gli piaceva.
Rose alzò gli occhi al cielo, ma scrisse e li lasciò fare.
«Tre per Ghish e Mark, Ryan due, altro?»
A Ryan, improvvisamente, venne in mente qualcos'altro, ma rimase in silenzio.
«Dai Ryan, parla.» lo incitò Pam.
Se n'era accorta. Lo stava guardando.
«Il nome.»
Rose ticchettò con la matita sul tavolo.
Pam fissò intensamente il biondo.
«Il nome?» ripeté.
Ryan annuì. «Questo però non ho intenzione di spiegarlo.»
«Non credo che ce ne sia bisogno.» mormorò Pam distogliendo lo sguardo.
«Scrivo?»
Nessuno dei due rispose e lei scrisse.
«Tre pari.»
A quel punto, dopo un respiro profondo, fu Pam a parlare.
«Ghish.» dichiarò «Per la foto.»
«Quale foto?» chiese Rose.
«Una che sta in camera di Luna.»
Ryan annuì spronandola a proseguire.
«Si vedono lei e Strawberry appracciate, probabilmente Luna ha quattordici anni lì, ma non importa. Strawberry ha le sue orecchie da gatto e... anche Luna ha un paio di orecchie decisamente poco umano.»
Ryan spalancò gli occhi. Era rimasto senza parole.
«Orecchie da gatto?» azzardò Rose.
«No, di sicuro non erano pelose, ma appuntite e...»
Rose fece un rapido schizzo sul retro del foglio – disegnava come una bambina, ma aveva il suo fascino.
«Così?»
«Sì! Dove...»
«Sono quelle di Joy e Flo.»
Pam e Ryan si scambiarono un lungo sguardo.
«Perché non me l'hai detto prima?» e non si preoccupò neanche di aver parlato come se lei avesse dovuto dirlo solo a lui.
Pam non rispose. Non per questione di coraggio. Non voleva. Non voleva dirgli la verità.
Perché la verità era che quando Ryan aveva tirato fuori la storia del nome aveva capito che lui ci teneva a Luna. E lei non voleva che si illudesse.
E, doveva ammetterlo, c'era un che di egoistico nella sua scelta. Se davvero Luna fosse stata sua figlia avrebbe voluto dire che lo aveva amato.
E lei era gelosa.
Ma mai e poi mai avrebbe detto una cosa del genere ad alta voce.
Ma Ryan aspettava una risposta.
Gliene diede una, non falsa, ma a cui non aveva pansato prima.
«Luna tiene quella foto in camera sua, è impossibile che non si renda conto di cosa significa. Se tace avrà un buon motivo. Ho tentato di capire. Inutilmente.»
«Wow» fu Rose a commentare, per spezzare il silenzio che era calato.

Seduta sulla sabbia finissima, Mina distolse lo sguardo dal sole che si avvicinava all'orizzonte e lo posò su Luc.
Stava cercando dei sassolini per disegnare qualcosa. Ce n'erano pochissimi, ma lui non si dava per vinto. Era un bambino metodico, non iperattivo come le figlie di Paddy.
A quattro zampe, setacciava tutta la spiaggia in silenzio.
Mina continuò a guardarlo.
Gli ricordava Luna. Lei era una chiacchierona, ma si concentrava sempre su ciò che voleva.
Era estremamente decisa. Anche se il termine giusto era “testarda”.
Proprio come sua madre.
E maledettamente furba. Ma in lei non c'era cattiveria.
Era cresciuta in un mondo corrotto che, però, non era riuscito a contaggiarla.
Spaeva riconoscore il bene dal male meglio di chiunque altro.
Ricordava quanto lei e Strawberry avevano cominciato a raccontarle le storie di loro MewMew.
Aveva preso le parti degli alieni quasi subito. Le aveva ricordato Lory.
Ma Lory sapeva assere ragionevole.
Luna non era disposta ad ascoltare gli altri. Non c'era verso di farle cambiare opinione su nulla. E poco contava che la maggior parte delle volte avesse indubbiamente ragione.
Ma non sempre.
Quella era una di quelle volte.
Mina lo sapeva.
Luna non stava cercando il suo vero padre.
Se ne stava arbitrariamente scegliendo uno.
Un po' lei si sentiva in colpa.
Era stata lei, involontariamente, ad insegnarle che non sempre i legami di sangue sono i più potenti. Lei! Che adorava suo fratello anche quando lo sapeva nel torto. Che nonostante tutto cercava ancora l'approvazione dei proprio genitori.
E allo stesso tempo, lei, che aveva voluto un bene dell'anima a Strawberry e sua figlia come ad una sorella e ad una nipote.
Non era questo che Strawberry voleva. Lei lo sapeva.
Strawberry non avrebbe voluto nascondere Luna a suo padre. Era lei a volersi nascondere. E non era disposta a separarsi da sua figlia.
Sospirò.
Attirando l'attenzio di Mark.
Nessuno dei due disse nulla.
Mina era troppo distante, troppo persa nei suoi pensieri.
Anche Luna le voleva bene. Poco ma sicuro.
Lo dimostarva il fatto che le avesse permesso di insegnarle a ballare.
Quella ragazza aveva talento, anche se non se ne accorgeva.
Ma Luna aveva talento in tutto. Eccelleva in tutto ciò in cui si impegnava.
Se si impegnava.
Mark si rialzò in piedi e richiamò Luc.
«Comincia a tirare vento, è meglio rientrare.»
Luc lo guardò con un po' di delusione, ma obbedì.
«Andiamo dalla mamma?» chiese speranzoso.
«D'accordo, la andiamo a cercare.»
«Ok!» l'idea di cercare piaceva molto a Luc. Sorrise felice.
«Rientri con noi Mina?» chiese Mark.
«No grazie, resto un po' qui. Il vento è campiato, domani ci sarà mare agitato, voglio godermi la calma finché dura.»
Mark annuì e prese Luc in braccio.
Il bambino si girò verso di lei e le vece ciao ciao con la mano.
Mina sorrise e ricambiò il saluto.
Luc sorrise di nuovo e si voltò.
In casa non c'era nessuno. Non era mai stata così vuota da quando erano arrivati.
Faceva uno strano effetto.
Gli Ikisatashi erano usciti tutti insieme, Ghish escluso, e si erano avventurati nei dintorni della spiaggia.
E Kyle e i figli erano in giro.
Visto che non c'era nulla da fare, andarono verso la città.
La incontrarono a metà strada, indugiava da sola sul lungo mare.
Decisero di fare quattro passi. Tutti e tre insieme.
Luc in mezzo per fargli fare vola-vola.
In silenzio.
Ognuno assorto nei propri pensieri.

«Dico sul serio Glix, non sei affatto male!»
«Finiscila Luna, tu sei molto più brava.»
«Io ho fatto danza per sette anni! E Mina è un'ottima insegnate.»
«Sono in ritardo di otto anni.»
«Non è mai troppo tardi per imparare. E poi dico sul serio, saresti una buona ballerina.»
«Anche se fosse, non sopporto la danza classica.»
«Ok, questo è meglio non dirlo a Mina. C'è sempre la danza moderna.»
«Si balla in gruppo e non sopporto i gruppi.»
Ghish alzò gli occhi al cielo e si costrinse a non commentare.
Glix sapeva essere davvero impossibile quando voleva.
Luna, inevece, se ne accorgeva appena. Ad ogni sua protesta sapeva replicare senza indugio. Era la prima in grado di intrattenere una conversazione così lunga con Glix senza finire per litigarci.
Quelle due non erano state zitte un attimo da quando erano usciti.
E lei sue buone intenzioni di parlare “a cuore aperto” con Glix erano rimaste delle semplici buone intenzioni.

Il tragitto fino alla casa, senza Rose, fu molto silenzioso.
Qualche frase fatta ogni tanto, per il resto solo sguardi.
Eppure, i pensieri di Pam e Ryan non erano poi così diversi.
Quando entrarono si guardarono intorno per diversi minuti.
«La casa, così vuota, fa impressione.» commentò Ryan mentre lui e Pam salivano le scale «C'è quasi troppo silenzio.»
«Il silenzio mi piace. Mi tranquillizza. Stranamente, mi fa sentire meno sola, stupido eh?»
Erano ormai nel corridoio.
«No.» rispose Ryan.
«Si invece. Solo una stupida direbbe una cosa del genere.»
«Solo tu puoi dire una cosa del genere e non sembrare affatto stupida.» replicò Ryan.
Pam tornò seria e incrociò di nuovo il suo sguardo.
Per una volta i suoi occhi non erano di ghiccio, ma semplicemente d'acqua. Acqua dell'Oceano, sconfinata, salata, calma e agitata, profonda, limpida e oscura.
Forse, se si fosse mosso lentamente, si sarebbe tirata idietro.
Ma lui fu rapido e lei non del tutto riluttante.
Si ritrovò con le labbra incollate alle sue prima di poter riflettere.
Ryan la baciò lentamente, schiudendole piano le labbra e facendosi immediatamente più vorace appena la sentì ricambiarlo.
Pam si ritrovò con le spalle al muro senza essersi resa conto di essersi mossa, il corpo forte di Ryan contro il suo, le sue mani tra i capelli biondi di lui.
Ryan non si fermò a riprendere fiato e iniziò a risalirle i fianchi con le mani.
Un brido la scosse, e tanto bastò a riportare in lei un briciolo di lucidità.
A farle rendere conto di quanta disperazione ci fosse nel pacio di Ryan.
A risportarle alla mente quei nomi che conosceva bene.
Alexia. Axel.
Kyle.
Le sue mani scesero fino a trovarsi sul petto di Ryan.
Paride e Elena.
Lo spinse via con tutta la forza che aveva spostandosi subito di lato per sfuggire alla sua presa.
Per un momento rimasero entrambi immobile a riprendere fiato.
Ryan fece un passo verso di lei bisbigliando il suo nome.
«No!» urlò lei «Non toccarmi.»
«Non puoi negare che ti sia piaciuto.»
«Posso eccome!» mentre parlava Pam acquistò sicurezza. «Sono sposata Ryan e il mio è un matrimonio felice. Non mi lascerò travolgere da queste stupide emozioni, come ho sempre fatto.»
Ryan si sentì invadere dalla rabbia.
«Non puoi ignorare quello che c'è tra noi, che c'è sempre stato.»
«Cosa? Cosa? Amore? La sola che tu abbia mai amato era Strawberry! Fin dal primo giorno. E solo lei. Persino in me cerchi lei.» non gli lasciò il tempo di replicare «E anche se fosse, l'amore non basta a mandare avanti una famiglia Ryan, ci vuole passione, dedizione, impegno e pazienza. E se l'amore è tutto questo allora decisamente no, non ti amo.»
«E Kyle sì?»
«Sì. Lui ha tutto quello che a te manca Ryan, fattene una ragione. Non tonerò sui miei passi.»
«Non ti ho mai chiesto una cosa del genere Pam.»
Lei lo fissò allibita.
A no? E allora cosa voleva? Che fossero amanti?
Mai!
Quel bacio non significava nulla. Almeno così si ripeteva. Si era lasciata andare, non sarebbe più successo, giusto? Lei poteva resistergli, vero?
Un gemito le sfuggì.
Ryan face un passo verso di lei.
Pam si voltò e entrò in camera sua chiudendo subito la porta. Vi appoggiò la testa e riprese fiato.
Aveva ancora il respiro affannato e il corpo in fiamme.
Rimase relativamente immobile finché non lo sentì allontanarsi e scendere di nuovo le scale.
Fece un respiro profondo forzato.
Chiuse gli occhi e si girò lentamente appoggiando la schiena alla porta per potersi sostenere.
Aprì gli occhi e sentì il cuore perdere un battito.
Seduto sul letto, rivolto verso di lei, c'era Kyle.

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Capitolo 15
*** La figlia - parte decima ***


La figlia

parte decima

 

Pam sentì un tonfo al cuore.

E poi un altro e un altro ancora.

Il dolore al petto era spaventosamente reale.

Le gambe non la sorressero più e lasciò che la sua schiena scivolasse lungo la porta fino a ritrovarsi a terra.

Le mancò la forza di rialzare lo sguardo.

Era maledettamente ingiusto!

Perché? Perché Kyla aveva dovuto scoprirli proprio quella volta? Proprio quando era stata sicura e che tra lei e Ryan non ci sarebbe mai stato nient'altro. Perché?

E perché lei si era lasciata andare in quel modo? Come aveva potuto? Come aveva potuto essere così sciocca e superficiale e …

«Pam...» Kyle si era alzato.

Un singhiozzo la fece sussultare.

«Hai sentito tutto vero?» disse con voce strozzata.

Kyle si fermò a qualche passo da lei.

«Sì.» confermò.

Pam singhiozzò di nuovo mentre assorbiva un'altra fitta al petto.

Perché? Perché doveva finire così? Proprio ora che si stava rendendo conto di quanto amasse Kyle.

Ma tentare di giustificarsi sarebbe stato del tutto inutile, quasi infantile, lo sapeva. Non c'era nulla che potesse dire.

Si impose un minimo di contegno e si asciugò le lacrime con rabbia.

Il senso di colpa la schiacciava.

«E ora mi odi, vero?» singhiozzò ancora alzando finalmente lo sguardo.

Negli occhi di Kyle c'era dolore, ma non rabbia.

Si sentì ancora più in colpa.

Non meritava tutto quello.

Desiderò con tutta se stessa che lui potesse leggerle nel pensiero mentre continuava a fissarlo in silezio, ma ovviamente non era possibile.

No. Non si sarebbe risolto niente. Era riuscita a rovinare tutto.

Non riuscì a sostenere ancora il suo sguardo e distolse il proprio.

Si sentì afferrare per le braccia e sollevare lentamente.

Si ritrovò di nuovo faccia a faccia con Kyle, che la sorreggeva, come se sapesse che se l'avesse lasciata non sarebbe rimasta in piedi.

«No.» disse fissandola negli occhi «Non ti odio.»

Pam provò il forte desiderio di scoppiare di nuovo a piangere. Perché non si arrabbiava? Perché non la ricopriva di insulti come meritava? Perché? Perché era così maledettamente buono e dolce?

«Come?» domandò debolmente «Come fai a non odiarmi?» le labbra le tremavano.

Kyle, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi, si prese qualche secondo per rispondere.

Emise una specie di sospiro.

«Pam, davvero credi che non mi sia accorto di come ti guarda da dieci anni a questa parte? E credi che non mi sia accorto di quanto a lungo tu gli abbia resistito. Temevo che questo momento arrivasse da un momento all'altro. E, devo ammettere, che mi aspettavo molto peggio.»

Pam era rimasta senza parole.

«E tu... in tutto questo tempo... non hai mai detto nulla?» non riusciva a crederci «Perché?» le sue parole erano un sussurro appena udibile.

Kyle sospirò di nuovo.

«Ricordi quando ti ho chiesto di sposarmi? Così, all'improvviso, impreparato?»

Pam non rispose, ma sì, ricordava. E ancora non capiva.

«Mi sono detto, diavolo, se non mi sbrigo prima o poi glielo chiederà Ryan. E non sai quanto paura ho avuto davanti alla tua espressione stupita. Temevo che rifiutassi, me ne stavo già convincendo. E tu invece hai detto di sì. Non potevo crederci. Credi davvero che non sappia cosa c'è tra voi?»

A quel punto Pam non seppe resistere. «No.» quasi urlò «Non c'è niente. O forse sì, c'è, no, c'è stato. Ma non ci sarà mai niente. Niente. Kyle io...»

Non concluse la frase. In parte perché non sapeva bene cosa dire senza il rischio di sbagliare. In parte perché si ritrovò stretta nell'abbraccio di Kyle.

Altre lacrime le scesero dagli occhi, ma in silenzio stavolta.

Si lasciò stringere. Sentiva che per Kyle era più difficile di quando le volesse fare credere.

Ma non poteva essere. Non poteva essere la verità. Era troppo bella per essere la verità.

«Tutto questo non è giusto.» cercò di dire.

Kyle la allontanò leggermente, per poterle guardare bene in faccia.

Pam tenne lo sguardo basso.

Con gesti lenti Kyle le asciugò le lacrime, poi le mise un dito sotto il mento per farle alzare il volto.

Pam fu scossa da un respiro convulso.

Il bacio fu così dolce da far dimenticare ad entrambi, per un momento, tutto il resto.

La lucidità tornò prima che le loro labbra si fossero separate.

Pam non lo sopportò.

Nonostante le parole di Kyle, ancora non riusciva a crederci. Per quello che ne sapeva, quello poteva essere il loro ultimo bacio.

E lei non voleva.

Erano quelle le braccia tra cui voleva stare.

«Non mi credi vero?» chiese Kyle con lo stesso tono addolorato che aveva usato lei per domandargli se la odiava.

Pam, gli occhi chiusi, scosse lentamente la testa. «Non ci riesco. È troppo bello per essere vero.»

Kyle appoggiò la propria fronte alla sua.

«Vorrei che potessi leggermi nel pensiero.»

A Pam bastò quello.

Richiuse gli occhi e lo baciò di nuovo, cercando di trasmettergli tutto l'amore che provava.

Lui le cinse i fianchi e la strinse a sé il più possibile.

Lei invece risalì il suo petto fino a mettergli le braccia al collo.

Sarebbero rimasti così per sempre, se fosse stato possibile. Con gli ultimi, infuocati, raggi di sole che filtravano dalla finestra e si infrangeva sui loro corpi abbracciati, per poi cederli all'oscurità della notte.

Una notte ancora spaventosamente lunga.

 

Kyle era tornato indietro subito dopo aver incontrato Mark e Rose.

Aveva lasciato Alexia e Axel con loro.

Loro due avevano portato un po' di allegria in quel trio così fastidiosamente silenzioso.

Luc sapeva fare amicizia con tutti i pochissimo tempo, quindi non ci misero molto ad andare d'accordo.

Quando incrociarono Ghish e Glix che tornavano verso casa, Alexia e Axel si accodarono a loro.

Mark e Luc fecero lo stesso, mentre Rose continuò per la sua strada.

Non aveva voglia di tornare indietro.

Era ora di cena, ma non aveva fame.

Continuava a pensare a Pam e a quello che le aveva detto. L'aveva paragonata ad Elena di troia, migliore metafora non si poteva trovare.

Ma lei chi era? Qual'era il suo posto in quella storia.

Persino Mark aveva in ruolo in tutto quello che stava accadendo, ma lei chi era?

Andromaca? O Clitemnestra?

Sospirò.

Forse lei non faceva parte di nessuna storia.

Non ancora almeno.

Ma qual'era il suo posto?

Dopo aver lasciato Mark si era ripromessa di riprendere in mano la sua vita.

Ancora non sentiva di esserci riuscita. Non pienamente almeno.

Alzò lo sguardo.

L'ultimo quarto di luna calante brillava argenteo nel cielo.

Quella loro avventura stava volgendo al termine.

Sciolse la coda di cavallo e liberò i ricci rossastri.

L'hennè avrebbe dovuto farle acquisire dei riflessi dorati, ma aveva solo ottenuto un omogeneo colore castano che non era il suo.

Per fortuna l'acqua salata lo stava lavando via.

Sospirò.

Fece scorrere lo sguardo lungo la spiaggia deserta.

Aggrottò le sopracciglia.

Che ci faceva lì?

Si tolse le scarpe e affondò i piedi nella sabbia finissima.

Con passo felpato si diresse verso la riva del mare.

Fece finta di non averlo visto.

Lasciò che l'acqua ancora calda le bagnasse i piedi.

Si voltò.

Non si era accorto di niente.

«Qualcosa non va Ryan?»

Il biondo, seduto sulla sabbia con le braccia appoggiate alle ginocchia, non si era minimamente accorto di Rose.

Imprecò sottovoce.

Possibile che non ci fosse modo di rimanere soli?

La donna aspettava una risposta.

«Non vedo come ti possa importare.»

Lei alzò gli occhi al cielo e si voltò.

Quell'uomo era decisamente impossibile da trattare.

Tornò a guardare il mare.

Si sedette sulla sabbia. Le onde ogni tanto avanzavano abbastanza da bagnarle i piedi.

Rimase lì in silenzio.

Sì, ecco di cosa aveva bisogno: di silenzio. Lei, abituata a usare le parole come armi nel suo mestiere di avvocato, aveva bisogno della loro assenza.

Ma non della solitudine.

La consapevolezza che ci fosse qualcuno, dietro di lei. In qualche modo la tranquillizzava.

Forse fu per questo che trasalì quando vide Ryan venire a sedersi accanto a lei. Non lo aveva sentito muoversi. Era silenzioso come un gatto.

Le piacevano i gatti. A differenza dei cani erano abbastanza autonomi – non che avesse qualcosa contro i cani, semplicemente non facevano per lei.

Chissà, magari si sarebbe presa un bel gatto. Le avrebbe fatto compagnia. La sua casa era così vuota quando non c'era Luc.

Uno tutto nero.

O forse no, portava male.

Uno tutto grigio. Grigio come la polvere, come le ombre.

Voltò il viso.

Ryan la stava guardando.

La stava studiando. Per la prima volta.

Aveva gli occhi verdi. Gli occhi di Lory.

E i capelli rossi. I capelli di Strawberry.

Di Pam non aveva nulla.

O forse sì?

Aveva la sua forza e la sua determinazione. Non era un caso che quelle due andassero d'accordo.

Gli sorrise.

Aveva il sorriso di Pam.

Ma poco importava.

Lei non era nessuna delle tre.

Lei era solo Rose.

Distolse lo sguardo.

«Io lo so qual'è il tuo problema, sai?»

Ryan alzò gli occhi al cielo. «A sì? E quale sarebbe?»

 

«Mamma! Mamma! Vieni anche tu!» chiamò Joy dal ramo su cui si era arrampicata.

«Dai mamma!» le fece eco Flo.

«E va bene.» acconsentì la madre spiccando un salto e aggrappandosi ad un ramo per poi issarsi su. «Scommessa che sono la prima che arriva in cima?»

«No! Vinco io!»

Paddy arrivò per prima, era ancora troppo vivace per poter adottare la filosofia “far vincere i bambini”. Tra le tre, era un'impresa decidere chi fosse la più piccola.

«Io sono sempre convinto che potrebbero cadere da un momento all'altro,» commentò Tart «ma ogni volta rimangono aggrappate ai rami. Secondo me hanno le ventose.»

«Potrebbe essere un'altra mutazione genetica.» scherzò Lory.

«Come no.» fece Pai.

Una musica vivace li interruppe.

Lory aggrottò le sopracciglia, poi frugò nella borsa in cerca del telefono.

Sobbalzò appena lo ebbe in mano.

«Pronto?» fece dubbiosa, come se credesse che fosse uno scherzo.

Rimase in ascolto e Pai e Tart la guardarono in silenzio.

«Ma ti è andato di volta il cervello?» Lory sembrava fuori di sé. «Cosa ti passa per la testa, vuoi mandare tutto a monte?» evidentemente l'interlocutore dall'altra parte del telefono non la stava ascoltando.

«Ma con chi sta parlando?» chiese Tart.

«Non ne ho idea.» rispose il fratello.

«Dove sei?» continuò Lory. «Il laboratorio a quest'ora è chiuso... No, non lo sapevo, non mi ha detto niente, pensavo... aspetta... pronto? Ci sei?» rimase in ascolto e Pai e Tart sentirono per la prima volta una voce provenire dal telefono. Lory si voltò dando loro le spalle. «Jack? Puoi ascoltarmi un momento?»

 

Axel e Alexia avevano convinto Glix a giocare con loro. Quella delle carte francesi erano una passione che avevano preso da Kyle.

«Sapete dov'è Mina?» chiese Ghish.

«Credo sia in cucina.» rispose Mark togliendo il telecomando dalle mani di Luc e accendendo la televisione.

Ghish si affacciò nella cucina.

«Quando si mangia?»

Mina gli lanciò un'occhiataccia.

«Se vuoi puoi darmi una mano.» rispose più o meno candidamente «Di sicuro sarà pronto molto prima.»

Ghish si chiuse la porta alle spalle.

«Devo parlarti di una cosa.»

Mina alzò un sopracciglio.

«Con me? Sei sicuro?»

Lui annuì.

«Contento tu.» si allontanò dai fornelli.

«Si tratta di Glix.»

Mina era chiaramente confusa e stupita.

Le stava chiedendo un parere sulla ragazza? Sul serio?

«C'è un favore che dovrei chiederti.» Ghish era nervoso.

Mina non lo aveva mai visto così.

Era curiosa.

«Beh, avanti.» lo incitò «Se aspetti ancora me ne dovrai parlare durante la cena.» gli fece notare poi.

Ghish puntò i suoi magnetici occhi dorati nei suoi, neri come la pece.

«Vorrei che le insegnassi a ballare.» parlò così velocemente che Mina a mala pena distinse la parole.

Lo fissò allibita.

«Mi prendi in giro? Ghish se è uno scherzo sappi che è di pessimo gusto.»

«Tu non sai...»

«Per tua informazione, so tutto su di voi. Lo so come lo sapeva Strawberry.»

Ghish si trattene dallo scoppiare a ridere. Voleva dire che non ne sapeva niente o che Strawberry sapeva tutto? No, non lo sapeva.

Non...

Pai. Già, Pai lo aveva detto a Strawberry poco prima che morisse. Forse Mina aveva sentito. Sì, doveva essere andata proprio così.

«Proprio perché sai tutto, per favore, stammi a sentire.»

 

Luna girava per le vie della città senza una meta precisa.

Aveva evitato il falò sulla spiaggia. Non conosceva quasi nessuno e poi a breve il mare si sarebbe agitato. E lei, ad essere del tutto sincera, non amava l'acqua.

Adorava fare i bagno e le nuotate la rilassavano, ma non sopportava avere i vestiti bagnati o essere schizzata. E questo era inevitabile durante le feste in spiaggia.

E poi non era dell'umore giusto.

Troppi pensieri le ronzavano nella testa.

Uno solo in realtà. Ma valeva per mille.

Si strinse le giacchetto neri di Alexia.

Il vento era già cambiato.

La sua meteoropatia era un'altra dote innata.

Sapeva quando avrebbe piovuto. Quando il mare si sarebbe agitato. Quando ci sarebbe stato bel tempo. Sapeva sempre che ore erano.

Agli altri diceva che lo capiva dalla direzione del vento o dagli odori che esso portava con sé.

Era vero, ovviamente. Ma a lei lo diceva l'istinto. Era per gli altri che cercava delle spiegazioni, non per se stessa. Lei sapeva fidarsi ciecamente del suo istinto.

Alzò gli occhi al cielo.

La luna calante si nascondeva dietro un velo di nuvole che si sarebbe sicuramente inspessito.

Luna odiava la pioggia. Le piacevano i tuoni, “i tamburi che scandivano il ritmo delle stagioni”, come aveva letto una volta su un libro. E le piacevano anche i fulmini. La loro luce, nel bel mezzo dei temporali, la affascinava, anche se sapeva di doversene tenere alla larga.

Era la pioggia in sé che non sopportava. L'acqua che cadeva dal cielo.

Però le piaceva l'atmosfera che si creava appena cessava.

I colori erano più nitidi e più accesi, gli odori più forti e distinti.

L'umidità era sopportabile.

Sospirò.

Il buio era un'altra cosa che le piaceva.

Ci vedeva perfettamente al buio e questo le dava un vantaggio sugli altri. Le faceva acquisire sicurezza. La luce argentea della luna, era un benaccetto tocco di classe.

La luna.

Per lei aveva sempre avuto un ché di affascinante e misterioso.

Sua madre le aveva dato il suo nome. E, ne era sicura, non lo aveva fatto a caso.

Era convinta che, se quell'onirico satellite argentato avesse potuto parlare, le avrebbe saputo dire la verità.

O forse la sapeva benissimo la verità? Si stava solo rifiutando di ammetterla?

Infondo, era maledettamente semplice.

Riabbassò lo sguardo.

Non riconosceva quella parte della città. Probabilmente non ci era mai stata.

Poco male. Per tornare a casa le sarebbe bastato ritrovare la spiaggia e seguirla. Era una certezza tranquillizzante.

Si addentrò per i vicoli senza emettere suoni.

Le piaceva il suo passo felpato e aggraziato, non la distraeva.

E allora perché lo sentiva? Perché sentiva i suoi piedi trascinarsi leggermente?

Aggrottò le sopracciglia e si fermò.

Il rumore dei passi, invece, continuò e si intensificò.

Tese le orecchie. L'udito umano, sempre così debole, la snervava.

Si voltò.

C'erano due ragazzi, o forse due uomini, infondo alla strada.

Forse avevano bevuto.

Uno la fissò dritta negli occhi.

«Ti sei persa?»

L'altro scoppiò a ridere sguaiatamente.

«Sto bene, grazie.» rispose freddamente.

«Oh, avanti,» brontolò il ragazzo «è festa, divertiti!»

L'altro si piegò in due dalle risate.

Luna si voltò e riprese a camminare.

Aveva fatto solo qualche passo quando si sentì afferrare per un gomito e voltare.

«Ehi, scusa! Non volevo offenderti! Non serve che te ne vai!»

Il ragazzo aveva le pupille innaturalmente dilatate e dal tono non sembrava molto presente.

«Lasciami.» sibilò in tono neutro.

«E, dai, ci divertiamo!»

«Ti ho detto lasciami!» ringhiò.

L'altro uomo, che si stava sorreggendo al muro di una casa, riuscì finalmente a smettere di ridere. «Dai, con mio fratello si divertono tutte!» altre risate. «falle vedere»

Luna tentò di spingere via il ragazzo, ma, per quanto drogato e ubriaco, era molto più forte di lei.

Il battito cardiaco accelerò all'istante.

«No!» urlò.

Mentre la afferrava per le braccia gli diede una ginocchiata nello stomaco il più forte possibile.

Lui barcollò, ma non mollò la presa.

Dannazione! Imprecò. Era ubriaco, avrebbe potuto usare i suoi poteri. Poi ricordò che aveva detto a Mina di disfarsi del ciondolo da MewMew della madre. Senza di quello non aveva alcun tipo di potere.

Tentò di urlare di nuovo, ma quello gli mise una mano davanti alla bocca mentre con l'altra le teneva fermi entrambi i polsi.

Sentiva il suo fiato puzzolente d'alcool sul collo.

Non aveva scelta.

Con la lingua si stuzzicò i canini finché non li sentì affilarsi.

Gli morse la mano con forza.

Lui urlò e ritirò la mano.

«Bastarda!» abbaiò e Luna non fu abbastanza pronta da evitare lo schiaffo.

Si ritrovò a terra, poco male.

Era libera.

Cominciò a correre prima ancora di essersi rialzata.

Si scontrò con qualcosa di duro.

L'altro uomo.

«Ehi, dove credi di andare.»

Luna stese indietro le orecchie ora appuntite e ringhiò.

Un ringhio vero, non un verso simile.

«Ma che...»

Usò le sue spalle come leva e saltò verso l'alto.

Atterrò con grazia e tranquillità. Si ritrovò sulle quattro zampe.

Non si voltò.

Riprese a correre, molto più velocemente di quanto avrebbe potuto fare un normale umano.

Continuò a correre anche quando fu sicura di non avere più quei due uomini alle calcagna.

Ormai era dai suoi ricordi che scappava.

Ricordi che, però, non avevano nessuna intenzione di farsi seminare.

Rivide la scena.

Per un attimo si ritrovò in quel quartiere di New York.

Risentì quelle voci.

Rivide le luci della macchina.

E dell'altra macchina.

L'incidente.

Urlò.

Ma nessuno poteva sentirla.

Si fermò di botto.

Dov'era?

Da che parte era il mare?

Da che parte era venuta?

Urlò di nuovo, in preda al panico.

Era tutto maledettamente buio.

Senza volerlo finì contro una signora.

«Tutto bene?» chiese la donna.

Non rispose. Le lacrime le rigavano gli occhi.

Se le asciugò con la manica del giacchetto.

Indietreggiando inciampò nei suoi stessi passi.

La donna, allarmata, si chinò.

«Stai bene?» chiese ancora, ansiosa.

Luna scosse la testa tentando di soffocare i singhiozzi.

In cerca di un fazzoletto frugò nelle tasche del giubbotto.

Poi ricordò che non era il suo.

Le dita si imbatterono in un pezzo di carta.

Lo tirò fuori.

C'erano scritti tre numeri di telefono.

Mamma.

Papà.

Ryan.

Alzò lo sguardo sulla donna, ancora china su di lei.

«Po-posso fare una... telefonata?» la donna non sembrò molto d'accordo «Per favore. Solo una chiamata breve, poi mi può lasciare qui.»

La donna indugiò, poi frugò nella borsa e le porse un telefono piuttosto vecchio.

Non importava.

Compose velocemente il numero.

Le dita le tremavano.

Dovette riscriverlo due volte.

Per un po' squillò a vuoto.

Luna si sentì prendere dal panico.

Le era venuto il singhiozzo.

«Pronto?»

«Ryan!» quasi urlò.

«Luna?»

«Sì, sono io.»

«Stai bene?» chiese allarmato.

«Io... Ryan, ti prego, puoi venire a prendermi? Per favore?»

«Io...» era sorpreso «Dove sei?»

«In via...» guardò la donna che le disse un indirizzo, Luna lo ripeté «Non so di preciso dove.» aggiunse «Ti prego, Ryan, fa' presto.»

«Ci provo, stai bene?» ripeté.

«Non... non lo so!»

«Accidenti! Sono già in strada, se vuoi ti richiamo...»

«No, il telefono non è mio.»

«Ok, aspettami.»

Luna rimase con il telefono in mano per qualche secondo, poi lo ridiede alla donna.

«Grazie.» sussurrò.

Quella annuì, poi si allontanò.

Luna rimase sul ciglio della strada, incapace di muoversi.

Si prese le ginocchia tra le braccia, lo sguardo vigile, le orecchie tese – nel vero senso della parola.

Fu il quarto d'ora più lungo della sua vita.

Ogni singolo rumore la faceva sussultare. Il fatto che sentisse anche i più flebili non era di aiuto.

Così come quello che non passasse assolutamente nessuno. Invece di tranquillizzarla la spaventava ancora di più.

Si aspettava di veder saltare fuori dei mostri da un momento all'altro.

Aveva paura. Tremava.

Quando sentì dei passi in lontananza urlò a pieni polmoni senza riuscire ad impedirselo.

I passi accelerarono.

«Luna!» si sentì afferrare per le spalle. «Luna? Stai bene?»

Un braccio forte le cinse le spalle e l'altro le passò sotto le ginocchia.

Si sentì sollevare da terra.

«Che cos'ha?» chiese un'altra voce che all'inizio Luna non riconobbe.

«Non lo so, Rose!»

«Guardale le orecchie!»

«Stai zitta un attimo, per favore?»

Ryan trovò una panchina lì vicino e ci si sedette, senza lasciare Luna.

La cullò istintivamente.

Luna tentò di tornare a respirare tranquillamente.

Per molto tempo rimase in silenzio.

Anche Rose era seduta sulla panchina, ma ad una certa distanza.

Era completamente bagnata e in certi punti il suo vestito era persino trasparente.

«Ho interrotto qualcosa di importante?» sussurrò.

Ryan aggrottò le sopracciglia, poi capì.

«No.» rispose semplicemente. Continuò a fissarla. «Stai bene?»

Luna prese un respiro profondo.

Annuì.

«Sicura?»

Annuì di nuovo.

Era chiaro che non le credeva.

«Era solo un brutto tipo, sono corsa via, ho solo avuto paura, ho solo...» un singulto la scosse e affondò il viso nel petto di Ryan.

«È colpa mia!» urlò all'improvviso, con più forza di quanto Ryan o Rose si aspettassero. «È colpa mia! È colpa mia se è morta!»

«Luna!» il biondo la strinse ancora di più «Che stai dicendo?»

«Non sarei mai dovuta andare a quella maledetta festa! Lei non voleva che ci andassi.» riprese fiato, ma non poté più fermarsi, il desiderio di sfogarsi era troppo forte. «Ma io ho insistito così tanto! che stupida E invece aveva ragione lei. Era un brutto quartiere. Ho avuto paura. Le ho chiesto di venirmi a prendere.» il petto di Ryan attutì un altro grido «Se non ci fossi andata... se non avessi avuto paura... non ci sarebbe mai stato nessun incidente! È colpa mia!»

Ryan le sollevò il viso fissando i propri occhi nei suoi.

«Non dirlo neanche per scherzo, hai capito? Non è colpa tua. Sono cose che succedono. Mi ascolti?»

Luna si limitò a fissarlo. I suoi occhi azzurri erano spalancati e sembravano enormi. Erano così umidi di lacrime che sembravano due sconfinate pozze d'acqua.

In quel momento Rose si chiese come potessero essere quelli di Ryan, erano così diversi, oceani e ghiaccio.

Ma, in fondo, non aveva mia visto Ryan piangere.

«Va meglio?» chiese il biondo dopo un po' di tempo passato e cullarla.

Luna si limitò ad annuire, ancora non si fidava della sua voce.

«Torniamo a casa?»

Annuì di nuovo e si raddrizzò per permettere a Ryan di alzarsi.

Non lo lasciò però.

Gli rimase abbracciata.

Lui le strinse un braccio intorno alle spalle.

Non si dissero nulla.

Come se le parole fossero un ostacolo alla comunicazione invece che un'agevolazione.

Forse era proprio così, si disse Rose.

Ryan era un tipo pragmatico, per lui le parole erano solo strumenti. I sentimenti erano un caso a parte. Anche se li riteneva frutto del lavoro del cervello ed era convinto di saperli gestire, i fatti dimostravano il contrario.

Il buon senso non gli aveva impedito di mettere gli occhi su Pam e un istinto innato lo rendeva dolce nei confronti di Luna.

La verità era che i sentimenti sono qualcosa che esce dagli schemi, sempre e comunque, non c'era modo di dominarli, né tanto mento di capirli. Si poteva solo imparare a conviverci.

Rose emise un muto sospiro.

Furono di ritorno prima di quanto si aspettassero.

Era tardi, ma non così tardi perché fossero tutti andati a dormire.

Tart e Paddy avevano messo a letto le bambine, anche se con ogni probabilità erano ancora sveglie, e li si poteva sentire chiacchierare fin dal piano di sotto.

Mark, Luc e Mina non si vedevano.

Pai era seduto sul divano e faceva il giro dei canali in cerca di qualcosa che reputasse interessante. Lory si aggirava inquieta per la stanza.

Pam, Kyle e i figli erano seduti intorno al tavolo e per l'ennesima volta stavano giocando con le carte francesi.

Questa volta, però, la partita sembrava più animata del solito e Axel e Alexia si erano coalizzati contro i genitori che però formavano una squadra perfetta.

Pam era... radiosa.

Sollevò lo sguardo quando li sentì entrare e sorrise di riflesso, ma poi tornò a concentrarsi sulla partita.

Kyle non lo guardò. Non parve neanche registrare la sua presenza.

Alexia aggrottò le sopracciglia notando gli occhi rossi di Luna, ma un'occhiata di Rose bastò a zittirla.

Luna si staccò finalmente da Ryan e si diresse in camera sua, ma lui la seguì.

Si guardò intorno per alcuni minuti mentre lei si sciacquava la faccia.

La stanza era arredata con gusto e, per quanto ordinata, era piena di rifermenti alla sua proprietaria.

Sul letto era adagiato un peluche a forma di gatto nero con gli occhi dorati dall'aria tenerissima, anche se era molto sproporzionato.

Sull'armadio era disseminato di adesivi di astronavi e personaggi del film “mostri e alieni”.

L'azzurro era il colore predominante, in tutte le sue sfumature.

La scrivania era l'unica cosa disordinata nella stanza. Sembrava fuori posto.

Era così ingombra da dare l'impressione di voler esplodere.

Ryan si chiese se non fosse fatto a posta. Per sotterrare qualcosa tra tutti quei fogli.

«Mi sono sempre sforzata di tenerla in ordine.» disse la voce di Luna alle sue spalle «Ma da quando è morta la mamma non ci sono più. Credo che rispecchi la confusione che ho dentro la testa. A volte credo di impazzire.»

Si sedette sul bordo del letto, lo sguardo fisso nel vuoto.

A quel punto Ryan si ricordò di qualcos'altro e ispezionò la camera in cerca di qualcos'altro.

Ed eccola.

La foto di cui parlava Pam. La foto che l'aveva resa tanto sicura che il padre di Luna fosse Ghish.

Luna doveva avere circa quattordici anni e Strawberry, all'epoca più alta di lei, la abbracciava da dietro. Aveva le sue orecchie da gatto nero che spuntavano dalla massa di capelli rossi non più tanto lunghi come Ryan ricordava. E quegli occhioni da bambina ingenua che invece non comparivano in nessuna delle altre foto.

Luna stava chiaramente ridendo a crepapelle.

La somiglianza tra madre e figlia era spiccata.

Ryan prese la foto tra le mani.

Le orecchie di Luna non erano umane, questo era lampante.

Erano piccole, ma appuntite. In effetti erano similissime a quelle di Joy e Flo, ma c'era qualcosa che non lo convinceva.

«Non è come sembra.» disse Luna alle sue spalle.

Quasi si spaventò, per un attimo si era dimenticato della presenza della ragazza.

«A no?» chiese.

Lei scosse lentamente la testa, tenendo gli occhi bassi e non rispose.

Ryan sospirò, o sbuffò, entrambe le cose probabilmente e rimise la foto al suo posto.

Si diresse verso la porta.

«Posso trasformarmi in un gatto.» la voce della ragazza lo trattenne e lo fece voltare.

Luna alzò lentamente gli occhi e li fissò in quelli di Ryan.

«Pensavo fosse normale visto cos'era mia madre. Mina e Lory non hanno figli, non ancora almeno. Ma poi Axel e Alexia hanno detto di non saperlo fare.»

Ryan si voltò completamente.

Continuando a fissarla, apparentemente inespressivo.

«Non funziona come per la mamma. A lei spuntavano coda e orecchie solo quando era emozionata, o divertita. In realtà, ho notato, le succedeva quando il battito cardiaco aumentava, un po' come Hulk. Continuava a poter parlare con i gatti, ma era felice di non trasformarsi più in uno di essi quando qualcuno la baciava. Per me è diverso. Posso farmele spuntare quando voglio. E posso diventare un gatto in tutto e per tutto, se voglio. Senza limiti di tempo.»

Ryan sentì il suo battito accelerare.

Non disse nulla. Come solo raramente gli succedeva, era senza parole.

Luna fece una pausa, poi continuò.

«Romeo è un gatto. Il gatto dei vicini per essere precisi. E anche Sofia. Quando mi metto con Romeo sopra l'entrata della scuola di ballo di Mina lo faccio da gatta. E non è tutto. Posso diventare qualsiasi tipo di gatto. Persiano, siamese, abissino. In quella foto ho le orecchie di un sphynx. Sai, quelli senza pelo. A dire il vero non mi piacciono molto, ma in quel periodo mi piaceva fare esperimenti. Se nella foto si potesse vedere, l'altro orecchio è quello di un certosino. Due orecchi diverse, l'ho insegnato anche a Joy e Flo.» sorrise.

Alzò lo sguardo su Ryan, ancora immobile mentre dava le spalle alla porta chiusa.

«Sai che vuol dire, vero?»

Ryan non si fidava ancora della propria voce.

Si limitò ad annuire.






Ehi, gente!
Che ne dite di questa ultima parte de "la figlia"? La monotonia dei nomi dei capitoli è finita!
Vi annuncio, con certezza, che mancano altri tre capitoli.
E, per essere così tanti, protrete capire che la storia non è ancora finita.
Che ne dite di un ultimo colpo di scena?
*questo non dovevo dirlo, non dovevo proprio dirlo*
xD
Aspetto le vostre recensioni <3
Un biacione e tutte,
Artemide

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Capitolo 16
*** Casa ***


Premetto che questo è un capitolo di assestamento, non particolarmente attivo, ma necessario.

 

Casa

 

Luna si chiuse la porta di casa alle spalle e si fermò sulla soglia, guardandosi intorno.

Avrebbe potuto muoversi in quell'appartamento anche ad occhi chiusi.

Ci era cresciuta. Era ampio, luminoso, anche lussuoso, ma non esageratamente.

L'aereo per New York era partito in orario.

Il volo era stato silenzioso, per tutti.

Solo Mina, Mark e Luc – gli ultimi con un decisione all'ultimo minuto – erano rimasti.

Era pomeriggio inoltrato. Fuori c'era ancora luce, ma le serrande abbassate ne lasciavano filtrare pochissima.

A lei piaceva così.

La luce dorata-rossastra era ridotta a singoli raggi che facevano stagliare le figure dei mobili e illuminavano i granelli di polvere che li attraversavano.

Era immersa in un silenzio quasi surreale che sembrava accoglierla con riverenza.

Se tendeva le orecchie poteva sentire i rumori della città, qualche piano più in basso, ma al momento si accontentava dell'udito umano.

Sembrava di essere dentro una bolla.

Tutto ciò che era fuori era lontano e attutito, tutto ciò che era dentro vicino e rimbombante.

Era il posto perfetto per rimanere soli con i propri pensieri.

Luna lasciò cadere il borsone a terra.

Si mosse silenziosamente, come al solito. Fece scorrere distrattamente la mano sulla spalliera del divano, sullo stipite della porta, sulla carta da parati azzurra a tratti ruvida e a tratti liscia.

Nella penombra carica di polvere e ingombrante silenzio ritrovò la sua stanza.

Una sottile striscia di luce incolore filtrava sotto la finestra, di rifletteva sulle gocce di vetro appese qua e là e si disperdeva per la stanza sotto forma di tanti piccoli arcobaleni.

Era grande quasi il doppio di quella della casa al mare e, essendo almeno cento volte più ordinata, sembrava molto più vuota.

Troppo vuota.

Rispecchiava il suo umore.

Si sentiva come se le avessero sottratto tutto ciò che aveva dentro lasciando solo l'involucro esterno.

Niente più dolori. Niente più sensazioni di alcun tipo.

Come sarebbe stato trasferirsi nell'appartamento di Ryan? Lasciare Mina, lasciare la casa in cui era cresciuta.

Era sempre nella stessa città, ma New York era così grande...

Tanto grande che sua madre aveva potuto viverci tranquillamente e allo stesso tempo nascondersi da tutti gli altri. Si era confusa tra la folla. E nessuno l'aveva più trovata.

Si sarebbe confusa anche lei tra la gente? Sarebbe diventata una delle tante ragazze che vivono con il padre?

No. Quasi sentì la voce di sua madre.

Quante volte le aveva ripetuto quanto fosse speciale, unica, insostituibile?

Era pur sempre la stessa Luna di prima.

Si guardo allo specchio.

Era cresciuta ancora.

Ormai avrebbe superato la madre di quasi dieci centimetri. Per non parlare di Mina.

Scosse lentamente la testa.

Sì, se ne sarebbe andata. Era quello che aveva sempre voluto infondo.

Se ne sarebbe andata. E avrebbe lasciato lì, tra quelle mura, il suo dolore e la sua malinconia.

Fissò i proprio occhi riflessi e vi lesse una nuova luce, una che non brillava da tanto tempo.

Sorrise.

E il sorriso che le illuminò il volto era carico di forza rinnovata.

Tornò nell'ingresso, ritrovò il borsone.

Aprì una tasca interna.

Tirò fuori la lettera ancora chiusa e firmata da sua madre.

Di nuovo in camera sua, aprì uno dei cassetti della scrivania.

Sollevò i disegni vivaci che aveva fatto da bambina e vi seppellì sotto la lettera.

L'avrebbe lasciata lì. Dov'era il suo posto.

 

Dopo tre ore di volo in cui avevano chiacchierato ininterrottamente, Joy e Flo erano crollate addormentate appena arrivate a casa.

Paddy e Tart le avevano portate in braccio fino in camera.

Tart si appoggiò allo stipite della porta mentre Paddy sistemava le bambine nei loro letti e poi usciva in punta di piedi chiudendosi la porta alle spalle.

Sospirò e si avvicinò alla finestra che dava sul parco.

Tart la abbracciò da dietro e lei appoggiò la testa sulla sua spalla.

«A volte mi chiedo come possa per gli altri essere tutto così difficile.» sussurrò la ragazza.

Tart la fece voltare lentamente, ma senza sciogliere l'abbraccio.

Essere di nuovo a casa, nonostante tutto quello che era successo, trasmetteva loro un senso di tranquillità.

«Forse siamo noi quelli fortunati.» rispose accarezzandole una guancia.

Paddy sorrise.

Era così bella quando sorrideva. Avrebbe potuto guardarla sorridere per giorni interi senza stancarsi.

Sì, erano loro i fortunati.

Tra loro non c'erano mai stati equivoci, dubbi, complicazioni.

Avevano preso al volo tutte le buone occasioni che venivano, non avevano mai contestato nulla. Non avevano mai avuto nulla da contestare.

Fece scorrere la mano fin sulla sua nuca.

Paddy si alzò in punta di piedi per poterlo baciare meglio.

Non c'era fretta in quel bacio, né impazienza, né pretese.

Solo felicità, e tanto tanto amore.

Sì, loro erano stati particolarmente fortunati.

Loro erano quelli che se ne stavano tranquillamente abbracciati sul divano mentre gli altri si innamoravano, litigavano, si odiavano, e poi si amavano di nuovo.

 

Lory e Pai trovarono Paddy e Tart ancora abbracciati. Non fecero caso a loro.

Lory si diresse in punta di piedi verso le scale.

Pai per un attimo tenne le loro mani unite, come se non volesse lasciarla andare.

Lei lo fissò con sguardo interrogativo.

«C'è qualcosa che devi dirmi, Lory?» le chiese.

Lei risalì i pochi gradini che aveva sceso.

«Spero di no, Pai.» ammise «Ma se ci saranno cambiamenti non esiterò a parlartene.»

Lui la fissò ancora per qualche istante, poi la lasciò andare.

Si fidava di lei.

 

«Casaaa!» strillò Alexia lasciando la valigia sulla porta e correndo a tirare su le serrande.

Axel si stiracchiò, poi portò le valigie nella loro camera.

Kyle si attardò a chiudere la porta, mentre Pam si guardava intorno.

Non si era mai sentita così a casa.

E pensare che quella avrebbe potuto essere una delle ultime volte che...

La mano di Kyle strinse la sua.

No. Quella non sarebbe stata nessuna ultima volta.

Ancora non riusciva a capacitarsene.

Kyle la strinse a sé e lei ricambiò l'abbraccio.

Rimasero così molto a lungo.

Poi lui raddrizzò la testa, senza però allentare la presa.

«C'è una cosa che devo fare.» le disse.

«Anche io.» sussurrò lei.

Lui si allontanò leggermente per guardarla in faccia.

«Tranquillo. Non ho nessuna fretta. Lei non va da nessuna parte. Non più ormai.»

Kyle le sorrise e annuì.

«Allora vado a mettere le cose a posto. Così non ci saranno più complicazioni.»

Si riavvicinò alla porta.

«Kyle?» lo richiamò Pam.

«Sì?»

«Grazie

Quando fu uscito Pam fece un respiro profondo.

Sentiva le voci di Axel e Alexia, sopratutto di Alexia, venire dall'altra stanza.

Decise che era il caso di dare una spolverata alla casa.

Aveva appena cominciato quando sentì bussare alla porta.

Fremette. E provò la forte tentazione di non aprire.

Poi però andò alla porta.

«Chi è?»

«Pam? Sono Rose.»

Sospirò di sollievo e aprì.

«Credevo fossi a casa.» disse, dopo che si furono date dei baci sulle guance per salutarsi.

«Senza Luc è così vuota... e poi c'è una cosa che voglio fare e mi serve il tuo aiuto.»

«Per te farei di tutto Rose.»

«Oh, questo è un favore semplice semplice. Ti piacerà.»

 

Kyle avrebbe saputo trovare la strada da casa sua al laboratorio ad occhi chiusi.

E in un certo senso fu quello che fece.

Svuotare la mente.

Come se dentro ci fosse chissà che cosa.

Il laboratorio si articolava in due livelli, il piano rialzato e il seminterrato. Tre, se si includeva l'appartamento di Ryan al primo piano. In realtà c'erano altri due piani, ma erano completamente vuoti.

Era una palazzina in una molto soleggiata e il maggior numero di pareti possibile era stato sostituito da vetrate. I terrazzi circondavano l'edificio come anelli.

Le luci del primo piano erano spente. Perciò Ryan doveva essere senz'altro nel seminterrato.

Non c'era un accesso diretto, per arrivarci bisognava passare per il piano rialzato.

Lì c'erano per di più uffici.

Erano deserti, o quasi.

Kyle sentì delle voci e le seguì.

Un ragazzo piuttosto giovare era in piedi dietro una scrivania. Era arrabbiato, e allo stesso tempo a disagio.

Difronte a lui c'era Lory.

Kyle, grazie ai vetri, poteva vedere entrambi di profilo.

Sembravano nel pieno di una discussione.

Purtroppo i vetri erano anche isolanti e Kyle non poté sentire cosa si stavano dicendo.

Lory era infervorata. Agitava le mani mentre parlava.

Kyle non l'aveva mai vista così.

Quando si accorse di lui, la MewMew si immobilizzò di colpo.

Uscì dallo studio.

«Ciao Kyle.» lo salutò cordialmente, ma si sentiva che era ancora alterata.

«Lory.» ricambiò lui.

«Non mi aspettavo di vederti da queste parti.»

«Devo parlare con Ryan.»

«Credo sia di sotto. Kyle?»

«Sì?»

«Potresti non dirgli che sono qui?»

Il ragazzo dietro di lei borbottò qualcosa, esasperato.

Kyle annuì e ritrovò le scale per scendere di sotto.

Ryan era nel suo studio.

Un fioco raggio di luce filtrava dall'unica finestra socchiusa e si infrangeva proprio sull'angolo di divano in cui era seduto.

Aveva un gomito appoggiato al bracciolo e la fronte sulla mano.

Sembrava assente.

Non si accorse dell'amico finché non gli fu davanti.

Alzò lo sguardo sorpreso, ma non spaventato.

Conosceva Kyle da quando era piccolo.

La sua presenza gli era estremamente familiare.

«Come stai Ryan?»

«Abbastanza bene.» il biondo si raddrizzò.

Kyle si sedette sulla poltrona di fronte a lui, nella penombra.

«Dobbiamo parlare Ryan.»

Il biondo aggrottò le sopracciglia.

«Di cosa?»

Poi, forse dall'espressione di Kyle, sembrò capire.

«Ah.» il suo era più che altro un verso. Un'auto-accusa.

Non distolse lo sguardo. Continuò a fissare Kyle come un ragazzo che si aspetta una sgridata dal padre.

Ryan non si tirava indietro di fronte a niente.

Kyle lo sapeva bene.

«Pam è mia moglie.» disse solo. Con voce ferma. Non era una rivendicazione. Era un dato di fatto.

Ryan chiuse gli occhi e espirò dal naso.

«Lo so.»

Per un attimo il suo tono calmo fece imbestialire Kyle. Fu un attimo, però.

«La cosa non migliora la situazione.» si limitò a fargli notare.

Il biondo riaprì gli occhi.

«E cosa vuoi che ti dica? Che non mi ero accorto che vi siete sposati?» fece una pausa per riprendere il controllo «So cosa ho fatto. So che ho sbagliato. E so che non c'è niente che mi possa giustificare, specialmente difronte a te. Allo stesso tempo, però, non posso mentirti. La amavo.»

Kyle non si scompose.

Infondo, era venuto per quello.

Era esattamente il discorso a cui si era preparato.

«Così come amavi Strawberry? E Lory?»

«Già.» per un momento sorrise «Sono stato particolarmente sfortunato, eh?»

Kyle non rispose.

Non sorrise nemmeno.

Anche Ryan tornò serio.

«Mi dispiace Kyle. È insensato, lo so. Ma non ci si può confessare se prima non si pecca, no? Lascerò stare Pam. Te lo prometto Kyle.»

L'uomo continuò a rimanere in silenzio.

Mentre i suoi occhi urlavano per lui.

«Non andrò da lei.» Ryan si chinò in avanti. «Ma non mi opporrò se lei verrà da me.»

«Se succederà,» disse Kyle con tono definitivo «se verrà volontariamente da te, allora sarò disposto a farmi da parte.»

Ryan annuì leggermente.

«È nobile da parte tua Kyle. Ma sia tu sia io sappiamo che non lo farà.»

«Lo spero fortemente.»

Per la prima volta Ryan sembrò sorpreso.

«Non ti fidi di lei?»

Kyle chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale.

«Io la amo. E l'amore è fiducia.»

Anche Ryan si lasciò andare contro il divano.

Pam aveva detto la stessa cosa quando lo aveva respinto.

Non c'erano dubbi.

Pam sarebbe rimasta con Kyle.

Il biondo rimase in silenzio, immobile e con gli occhi chiusi.

Sentì l'amico alzarsi e andarsene.

Tornò ad essere solo.

Ancora per poco, si disse.

Luna sarebbe venuta da lui la mattina dopo. Avrebbe finalmente riempito quella casa così vuota.

Sorrise tra sé e sé.

 

Ghish si materializzò sul tetto del palazzo più alto.

Glix si guardò intorno confusa.

«Dove siamo?»

«Non ne ho idea.»

«E allora perché mi hai portata qui?»

Ghish non la guardava. I suoi occhi d'oro erano fissi sull'orizzonte.

Si limitò ad indicare il cielo di fronte a sé.

Il sole stava tramontando e appariva come un disco rosso proprio sull'orizzonte.

«Vengo qui spesso.» disse Ghish e d'istinto parlò a bassa voce, come se alzandola il tramonto potesse infrangersi e scomparire davanti ai suoi occhi.

«Ci veniva anche con lei?» chiese timidamente Glix.

Ghish annuì senza distogliere lo sguardo.

«Lei capiva.» bisbigliò, lasciando intendere che invece Glix non poteva fare altrettanto.

Lei rimase il silenzio finché il sole non fu sceso completamente sotto l'orizzonte.

L'arancione del cielo si rifletteva negli occhi di Ghish rendendoli ancora più belli del solito.

Non c'era da stupirsi che a Strawberry il tramonto piacesse.

«Cosa hai intenzione di fare Glix?» le chiese infine e lei sentì nella sua voce che farle quella domanda era per lui un peso e una liberazione allo stesso tempo. «Dopo...»

«Vuoi che me ne vada, vero?»

Ghish fece per negare, ma lei scosse la testa intimandogli di non rispondere.

Capiva.

Aveva assolto al suo compito.

Sapeva bene che lei per Ghish non era altro che una punizione che si era auto-inflitto. Voleva averla vicina per ricordarsi sempre dei suoi errori.

Ma ora sapeva che Strawberry lo aveva lasciato ed era sparita perché era incinta di Ryan. Non era colpa di Ghish.

E lei non aveva motivo di rimanere.

«Non lo so.» ammise dopo diverso tempo.

«Devi decidere. Non me lo perdonerei mai se...»

«Non succederà. Io non sono come mia sorella. Tre anni sono lunghi. Troverò qualcosa.»

«Lo scorrere del tempo è tutt'altro che regolare.»

«L'ultima cosa che voglio è continuare ad essere un peso.» questo non sembrò convincerlo «Me la caverò, Ghish, davvero.»

Lui la fissò negli occhi.

«Me lo prometti?»

Lei quasi si commosse nel leggere nei suoi occhi quell'affetto che provava per lei.

Anche senza volerlo, si era affezionato a lei. Almeno un po'.

«C'è una cosa che volevo proporti.»

«Davvero?» si sorprese.

«Mi è venuta in mente sentendoti parlare con Luna.»

«Ti ascolto.»

 

Ryan uscì dal laboratorio quando era ormai buio.

Ormai nel piano rialzato c'era solo Jack.

Il ragazzo stava finendo di riordinare il laboratorio.

«Per oggi basta così, Jack, puoi andare.»

Il ragazzo sollevò la testa. Era davvero giovanissimo. Si era laureato quell'estate con ben tre anni di anticipo.

I capelli chiarissimi, praticamente incolore, incorniciavano il viso rotondo in cui spiccavano gli occhi nerissimi, così scuri da rendere impossibile distinguere iride e pupilla.

Stava spesso chiuso in casa e la sua carnagione era molto pallida, ma cambiava facilmente colore a seconda delle sue emozioni.

In quel momento aveva il viso arrossato e non sembrava essersi accorto di lui.

Sorrise goffamente e andò a recuperare la sua roba.

Si fermò un attimo prima di uscire.

«Ah, capo?»

«Sì?»

Il ragazzo estrasse una busta da lettere chiusa da una cartella.

«Questo è il test del DNA che mi avete chiesto di fare qualche giorno fa. L'ho stampato senza guardarlo e ho cancellato il file.»

«Grazie, Jack, non c'era bisogno.»

Lui scrollò le spalle.

Ryan prese la lettera e il ragazzo se ne andò dopo aver indugiato per qualche secondo.

Prima di uscire si mise un cappello nero con visiera in testa.

Ryan si rigirò la busta tra le mani mentre saliva le scale.

Era sicuro di essere il padre di Luna. Ma se invece il risultato del test avesse detto il contrario?

Luna sarebbe comunque venuta a vivere da lui o no?

Stava per aprire la busta quando si bloccò.

Nel suo appartamento le luci erano accese.

Chi diavolo c'era a casa sua?

Luna?

Impossibile. Aveva detto chiaramente che non si sarebbe fatta viva fino al giorno dopo.

Allarmato, ma non spaventato, spinse la porta senza sorprendersi più di tanto nel trovarla aperta.

Le luci accese venivano dal soggiorno.

Vi si diresse con passo rapido e felpato.

Si guardò intono.

Non c'era nessuno.

Ma regnava un ordine leggermente insolito.

«Mi sono permessa di sistemare qualcosa qua e là mentre ti aspettavo.»

Ryan si voltò stupito.

«Chi ti ha dato le chiavi?»

Rose, appoggiava allo stipite dalla porta, lo guardava leggermente di sbieco, con i suoi occhi verdi.

I lunghi capelli rossastri, ora piastrati ma non del tutto lisci, le ricadevano sulle spalle e sulla schiena. Le curve generose erano esaltate dal vestitino di jeans che indossava.

Gli mostrò una chiave che aveva in mano.

«Pam.» rispose «E ha anche detto che potevo tenermela perché lei non la vuole più.»

Ryan si avvicinò e fece per prendergliela di mano, ma lei fu più svelta.

«È la chiave di casa mia

Rose gliene mise in mano un'altra.

«E questa è della mia. Così siamo pari.»

Ryan fece per reagire, ma poi si fermò a fissare quella chiave argentata e quello che rappresentava.

«Ora siamo pari?» ripeté scettico.

Lei si morse il labbro più o meno provocantemente.

«no»

Ryan la fissò dritta negli occhi.

Dannazione! Si disse.

Ma poi la prese per i fianchi e l'avvicinò a sé.

La baciò prima con cautela, poi con slancio crescente.

Era la prima volta che si sentiva davvero desiderato da una donna.

Si allontanò per riprendere fiato.

«E ora?» chiese in un sussurro, il sorriso sulle labbra «Ora siamo pari.»

Rose, gli occhi socchiusi e il respiro già un po' affannato, gli risalì velocemente il petto per mettergli le mani intorno al collo.

«Non ancora.» bisbigliò riavvicinandosi a lui.

Ryan le cinse i fianchi con le braccia per poi risalirle la schiena per stringerla di più a sé.

Ognuno voleva sentire il corpo dell'altro contro il proprio.

Tutto il resto svanì all'istante.

Senza i tacchi, Rose era più bassa di Ryan di qualche centimetri. Si trovò ad indietreggiare fino a sentire il divano dietro di sé.

Non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro.

Ryan se ne accorse eccome.

Seppur controvoglia, si fermò.

Appoggiò la propria fronte a quella di Rose mentre riprendeva fiato.

«Ci sono già passato.» soffiò «È finita che lei è rimasta incinta ed è sparita senza dirmi niente.»

«Non ho alcuna intenzione di sparire.» assicurò Rose.

Si riavvicinarono, si strinsero più di prima, se era possibile.

Le loro labbra si ritrovarono subito, voraci, desiderose e passionali.

I loro battiti, così vicini da confondersi, accelerarono all'unisono.

E ripresero da dove si erano interrotti.

 

Ormai non c'era quasi più luce, ma per lei non era un problema.

Lasciò il sentiero asfaltato e camminò sulla terra battuta.

L'erba fresca spuntava a ciocche qua e là.

Ritrovò il posto.

Si inginocchiò a terra.

«Ciao mamma.» sussurrò Luna.

Era la prima volta che andava al cimitero da quando sua madre era morta.

Mina era andata a riconoscere il corpo all'ospedale, per quanto fosse superfluo.

Lei si era rifiutata.

Ciò che la rendeva sua madre, in ogni caso, non era più lì. In quel corpo.

«Vado a vivere da Ryan sai?» non sapeva neanche bene che dire. «Potrebbe essere mio padre, no?» si portò una mano al petto «Io non capisco, mamma. Perché? Perché lo hai fatto? Perché mi hai nascosto?»

«Luna!»

La ragazza sussultò per poco non le venne un infarto.

«Pam! Vuoi farmi morire? Che ci fai qui?»

«Scusa, non volevo spaventarti. Il tuo è un orario un po' insolito per andare al cimitero.»

«Anche il tuo se è per questo.»

«Io ho solo preferito aspettare che Kyle tornasse a casa. Tu piuttosto...»

«Sono venuta a trovare mia madre. Per la prima volta. Tu?»

Pam distese le labbra in un sorriso stanco, ma sereno.

«Sono venuta a trovare mia madre.» disse «Per la seconda volta.»

La donna si inginocchiò davanti ad una tomba poco distante da quella di Luna.

Pam spostò lo sguardo sulla lapide accanto.

«Non sei l'unica ad essere cresciuta senza un genitore.» Pam sembrava parlare più a se stessa. Sia lei che Luna tenevano lo sguardo basso, sulla terra «Anzi, sei stata fortunata. Hai avuto una madre di cui fidarti. E tuo padre è vivo, chiunque sia.»

Luna fece alcuni respiri profondi.

Pam decise che era il caso di andarsene.

Si alzò e si allontanò velocemente.

Lasciò Luna sola con sua madre.

Lei sollevò finalmente lo sguardo e le sorrise.







Ciaoooooo
scusate il ritardo con cui aggiorno, ma questo ultimo mese di scuola si sta rivelando il più duro.
Mhm... che mi dite del capitolo?
Ne mancano solo due!! Yeeeeee
Noooooo
Scusate, sbalzi di umore. ;)
A presto,
Artemide


p.s.
lei, più o meno, è Rose
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Capitolo 17
*** Lo spettro ***


Lo spettro

 

«Ryan! Muoviti! Sono già in ritardo.»

«Dai, non c'è tutta questa fretta!»

«Sì invece! E se non ti sbrighi ricomincio a chiamarti “papà”!»

«Come se non dovressi farlo.»

«mmm» fece Luna, non troppo convinta.

Aveva provato a chiamarlo “papà”, più di una volta. Ma nessuno dei due sembrava gradirlo più di tanto. Ryan non si girava e lui lo diceva in modo poco convinto.

L'idea di padre, se n'era resa conto solo ora, non le era stata presentata fin da quando era bambina come con quella di madre.

Si ripeteva che era tutta questione di abitudine.

Un mese non basta a cambiare diciassette anni di vita.

Luna continuò a saltellare davanti alla porta finché Ryan non la raggiunse.

«Ricordati di non sbirciare.»

«Fammi capire, mi stai costringendo ad accompagnarti alle prove generali e non posso neanche dare un'occhiatina?»

«Se ci provi mi trasferisco...» stava per dire “da Mina”, ma scacciò subito quel pensiero «...da Ghish.»

«Da Mark no?» la punzecchiò Ryan mentre apriva la porta.

«Mark abita a Las Vegas!»

«Ho sentito dire che passa parecchio tempo da Mina ultimamente.»

Luna sembrò sorpresa.

«E chi te l'avrebbe detto?»

Il biondo scrollò le spalle mentre la precedeva giù per le scale.

«Rose.»

«Ah!» esclamò Luna «C'è qualcosa che devo sapere?»

Ryan indugiò «No.» disse. E il suo tono per un attimo convinse persino Luna.

Per qualche motivo il biondo non voleva ammettere nulla.

Aveva incontrato Rose diverse volte in quell'ultimo mese, dalla loro notte, ma lui aveva sempre fatto in modo che Luna non se ne accorgesse.

Non sapeva perché.

O forse lo sapeva benissimo, solo che non voleva ammetterlo.

Ne era geloso.

E il fatto di essere riuscito a nascondere qualcosa a Luna, che capiva sempre tutto, lo rendeva orgoglioso di se stesso.

Arrivarono nel seminterrato.

C'era ancora qualcuno a lavoro, ma nel giro di mezz'ora se ne sarebbero andati tutti.

Luna si guardò intorno un momento.

Poi finalmente incrociò lo sguardo del ragazzo dai capelli biondissimi e gli occhi nerissimi.

Jack abbozzò un sorriso e le fece un cenno di saluto con la mano.

Lei sorrise di rimando e lo salutò a sua volta con la mano facendo all'indietro gli ultimi passi che la separavano dalla porta.

«E poi sarei io quello che deve dire qualcosa all'altro?» osservò Ryan, ma Luna, apparte un leggero rossore, non si scompose minimamente.

«Io non ci esco di nascosto.» ribatté.

Ryan si raddrizzò all'istante e lei sorrise soddisfatta.

Cavolo, pensò.

«E vorresti farmi credere di non sapere nulla di Mina e Mark?» osservò per sviare l'attenzione da se stesso.

«Non ho detto che non lo sapevo.» gli fece notare lei «Ti ho chiesto chi te l'aveva detto. E poi non ti credere, sono molto più noiosi di voi, si prendono a mala pena per mano e non si sono mai baciati.»

Ryan la fissò male mentre apriva lo sportello della sua auto.

«Si può sapere come fai a sapere tutta questa roba?»

Luna salì in macchina.

«I gatti sono degli ottimi agenti segreti.»

«Ma tu eri alle prove di danza!»

«Parlavo di Romeo, infatti, non di me.»

«Mi arrendo!» dichiarò Ryan accendendo il motore.

Luna, però, era in vena di chiacchiere.

«Rose?»

«Cosa?»

«Non viene stasera?»

«Perché dovrebbe?»

«Beh, perché l'hai invitata.»

«Hai intenzione di pedinarmi?»

«Non è questo che fanno i padri con le figlie?»

«Ma io sono il padre e tu la figlia.»

Luna sospirò. «Allora? Viene Rose?»

«L'ho invitata. Ma ha detto di avere qualcosa di importante da fare.»

Luna sembrò delusa.

«Peccato. Mark ci viene. Sei l'unico che resta scoppiato. Anche se Ghish e Glix non si possono definire esattamente una coppia.»

«Anche tu sei scoppiata, ci hai pensato?»

«Ah, no! Male che vada mi porto dietro Axel! Ha due anni meno di me, ma è comunque un ragazzo niente male! Potresti ballare con Alexia!» si mise una mano sulla bocca «Non dovevo dirlo.»

«Perché? Credi che io non sia un bravo ballerino?»

«No, per esperienza della mamma so che lo sei, ma era un segreto che alla fine dovrete ballare tutto. Però te lo dovevo dire. Sei senza compagna.»

Ryan sbuffò e alzò gli occhi al cielo.

«Alexia fa per due già da sola.»

«Eh, dai! Sono sicura che non le dispiacerà. Al massimo sarà Pam a prendersela un po'.»

Ryan la fulminò con lo sguardo e lei finalmente tacque.

Anche se quella era una delle poche cose che non era riuscita a scoprire, sapeva che era un argomento tabù.

Strinse il suo borsone e rimase in silenzio.

Si fermarono davanti all'edificio dove si sarebbe tenuta la festa. Luna scese prima ancora che Ryan potesse parcheggiare.

Inspirò profondamente e sorrise.

Saltellò allegra fino all'ingresso, poi aspettò che Ryan la raggiungesse.

«Vi trattate bene.» commentò il biondo alzando lo sguardo.

Luna espirò dalla bocca.

«Nervosa?»

«Un po'.»

«Sarai bravissima, vedrai.» le disse mentre salivano le scale.

Si fermarono in una piccola sala di passaggio, da dietro una porta provenivano molte voci.

«Ok, tu aspetti qui, o ti vai a fare un giro.»

«Penso che andrò a cercare un parcheggio migliore, tanto ho ancora due ore e mezza giusto?»

«Giusto!»

Luna gli schioccò un bacio sulla guancia, poi sparì dietro la porta.

Adocchiò il suo gruppo infondo alla grande sala.

La sua insegnate le indicò lo spogliatoio e lei annuì.

Lo spogliatoio era così pieno di ragazze che all'inizio non si accorse di lei.

Era seduta al centro della panca, appoggiata a diversi borsoni.

I jeans scuri le fasciavano le gambe snelle e accavallate; la camicia fucsia smanicata e aperta sul davanti quasi a metà, a scoprire il decoltè abbondante; le labbra accese da un rossetto fucsia si sfioravano sensualmente mentre parlava spigliata con le ragazze che si cambiavano intorno a lei; le scarpe blu scuro, con tacco vertiginoso le si stringevano intorno ai piedi e alle caviglie; i capelli voluminosi lasciati sciolti e ribelli per coprire le orecchie.

«Glix!» chiamò Luna.

L'aliena interruppe la conversazione con le altre ragazze e scattò in piedi.

«Luna!»

Corse ad abbracciarla. Luna si stupì di con quanta facilità riuscisse a camminare su tacchi tanto alti. La superava si dieci centimetri, mentre invece era leggermente più bassa.

«Sei in buona compagnia.»

«Puoi dirlo!» Glix tornò alla sua panca e le fece segno di mettere lì la borsa.

Luna riconobbe le ragazze con cui stava parlando e la salutò allegramente.

Loro, però, ormai erano pronte e uscirono.

«Non credevo di trovarti qui.»

«Pare che sia stata invitata da Claire e la sorella. E poi, a quanto sembra, una buona parola di Mina basta a mettere tutti a tacere.»

«Mina che mette una buona parola per te? Questo mondo non smette di sorprendermi!»

Glix rise.

«Comunque non credere che sia qui a non fare nulla,» continuò Glix guardandosi le unghie laccate di fucsia con disegni in blu elettrico «vi farò da presentatrice.»

«Vuoi forse rubarci la scena?» chiese Luna, ormai in intimo.

«Anche tu potresti benissimo occupare la scena.» replicò, con un'occhiata eloquente al suo corpo scoperto.

Luna alzò gli occhi al cielo e si infilò il vestito bianco.

Non era esattamente un tutù, ma andava comunque bene per ballare.

Era composto da una fascia liscia, una striscia argentata subito sotto il seno e poi una gonna lunga fino a metà coscia e composto da numerosissimi veli, l'ultimo dei quali si riempiva di strass argentati verso il basso.

Glix la fissò e la bocca le si socchiuse senza che se ne accorgesse.

«Dovevi vedere il vestito del saggio dell'anno scorso,» continuò Luna tranquillamente «era blu cobalto, Mina diceva che mi risaltavano gli occhi, avevamo anche delle ali nere e...» finalmente, alzando lo sguardo in cerca della scarpe da ballo, notò l'espressione dell'aliena. «Che c'è?»

«Sei...» la parola “bellissima”, per qualche motivo, le morì in gola «...sembra... la trasformazione... quella, quella del medaglione.» si riprese. «Che fine ha fatto?»

«Ho detto a zia Mina di disfarsene, o di tenerlo lei, semplicemente, io non voglio più vederlo.» dichiarò mentre annodava intorno alla caviglia i nastri delle scarpe.

Si alzò in piedi soddisfatta.

«Tu vieni così in pantaloni?»

«Sì. Io non devo ballare.»

«Non ancora. Ho sentito quello che dicono di te alla scuola.»

«Che dovrei fare danza classica? Con tutto il rispetto, ma non fa proprio per me.»

«...qualcosa tipo sciolta, elastica, fluida nei movimenti, aggraziata...» continuò Luna «Io Mina riusciremo a convincerti vedrai.»

Glix incrociò le braccia al petto.

«Puoi anche scordartelo. La danza moderna mi basta. E poi Mina, al momento sarà anche nella lista delle persone a cui devo un favore enorme, ma non avrebbe tanta pazienza con me.»

«Aspetta di vederla ballare stasera, e ti presenterai volontariamente a lezione.»

Glix alzò gli occhi al cielo.

Luna decise di cambiare tattica.

«Scommessa?» fece, allungando la mano.

Glix la fissò, resistendo alla tentazione di stringerla all'istante.

«Cosa scommettiamo?» si lasciò sfuggire infine.

Luna alzò gli occhi al cielo.

«Se vinco io tu diventerai una delle più brave ballerine che conosca. Se vinci tu asseconderò tutte le tue lamentele sulla danza classica.»

A Glix non sembrava molto equa come scommessa, ma la tentazione fu troppo forte.

Strinse la mano tesa di Luna.

«Guarda che se vinco,» precisò la ragazza umana «a ventun'anni ti stabilisci qui sulla Terra, con o senza Ghish.»

 

Lory non riusciva a staccarsi dallo specchio.

Non faceva che accarezzarsi la pancia, far scorrere le dita sul rigonfiamento ormai ben visibile, anche se non troppo sporgente.

Era la sensazione più magica che avesse mai provato.

Sentiva la vita formarsi dentro di lei. Era qualcosa che andava al di là di qualsiasi studio scientifico o spiegazione logica.

L'affetto incondizionato per quel piccolo essere vivente – ancora non riusciva a chiamarlo bambino – era fortissimo.

Si ritrovò a pensare a Strawberry.

A quello che doveva avere provato scoprendo di essere incinta.

La decisione di non dire niente al padre doveva essere stata molto sofferta.

La faceva pena.

Provare una gioia così grande e costringersi a non condividerla.

All'epoca, quando aveva chiesto aiuto a lei e Mina, Lory non aveva capito tutto questo. Non avrebbe mai potuto.

Sospirò.

Tirò giù la maglietta e si voltò.

Pai la stava guardando, appoggiato allo stipite della porta, l'espressione rilassata e fuori dal tempo. Come se non esistesse nient'altro che quel piccolo nucleo familiare.

Lory non capiva Strawberry.

Ma, persino ora, lei non poteva capire.

 

«Tutti pronti?» chiese la voce di sua madre, da qualche parte nella casa.

«Certo.» rispose Axel.

Alexia non disse nulla.

Continuò a farsi strane facce allo specchio.

In realtà, guardava tutto fuorché la propria faccia.

Si era cambiata almeno una decina di volte prima di decidere che il vestito che le aveva consigliato la madre era il migliore.

Era smanicato, ma a collo alto e dietro si chiudeva con un'apertura a goccia che le scopriva tutto il collo. Le arrivava una ventina di centimetri sopra il ginocchio. Era di un colore marrone dorato che faceva risaltare i suoi anonimi occhi castani da dietro le lenti.

Le ballerine non le stavano troppo comode, ma si sarebbe guardata bene dal lamentarsi.

Era un po' imbarazzante per una ragazza di diciassette anni e mezzo trovarsi a competere in bellezza con la propria madre.

In realtà, lo sapeva bene, non c'era affatto competizione.

Lei assomigliava a sua madre solo per metà. Quindi Pam era bella il doppio di lei.

Nell'ultimo periodo, poi, era rifiorita.

Prima della “vacanza” nella Seyshelles non si azzardava ad uscire di casa senza, come minimo, parrucca e occhiali. Ora stava andando ad un saggio di danza in uno dei luoghi più prestigiosi della città senza nascondersi minimamente.

Quando arrivò nella sua stanza, per un attimo si sentì mancare.

Non era giusto.

Non era giusto che sua madre fosse così bella.

I suoi pensieri non era cattivi, solo un po' gelosi.

Pam indossava un abito senza bretelle dello stesso colore dei suoi occhi che sembravano scintillare. La gambe perfette, da metà coscia in giù, erano velate da calze così leggere e trasparenti da essere invisibili.

Sospirò e sorrise.

Uscì insieme al fratello dalla camera e si avviò all'ingresso.

«Papà?» chiese Axel.

«È andato a prendere la macchina, ci aspetta giù.»

Axel si fiondò giù per le scala.

Alexia maledì la gonna che le impediva di correre nello stesso modo.

Adorava correre. Così tanto che spesso si chiedeva se non dipendesse dai suoi geni di lupo.

Si sentì stringere affettuosamente le spalle e alzò lo sguardo.

La madre le sorrise raggiante.

Era qualcosa che andava al di là della bellezza fisica.

Era felice. Serena. Gioiosa.

Radiosa.

Kyle li aspettava sul ciglio della strada.

Aprì la portiera a Pam mentre i ragazzi erano già saliti sui sedili posteriori.

«Hai intenzione di sviare l'attenzione dalle ballerine?» le chiese sorridendo.

Lei gli lanciò uno sguardo luminoso, prima di sedersi.

«Solo la tua.» sussurrò.

 

Ancora una volta si ritrovò da solo.

Si sedette dietro alla sua piccola scrivania e si abbandonò allo schienale.

Ormai era diventata un'abitudine quella di andarsene per ultimo attardandosi sul posto di lavoro.

Quello che gli altri scambiavano per diligenza non era altro che un opprimente senso di colpa.

Si sporse in avanti.

Appoggiò i gomiti al tavolo e si prese la testa tra le mani.

C'era un silenzio quasi innaturale per una città come New York.

Sentì chiaramente una macchina parcheggiare nel vialetto e qualcuno scendere.

Il motore rimase acceso. Quindi in macchina c'era ancora qualcuno.

Dei passi si susseguirono sui tre gradini.

Un ciuffo così biondo da sembrare bianco gli ricadde davanti agli occhi chiusi, ma lo lasciò lì.

La porta che si apre.

Passi che salivano le scale per arrivare al piano rialzato per poi proseguire lungo il corridoio.

Si fermarono solo davanti a lui.

A pochi passi dalla scrivania.

Aprì gli occhi rivelando il loro colore nerissimo.

Si attardò studiando la figura sinuosa, ma non proprio aggraziata.

I capelli senza frangetta le cingevano il volto rotondo scendendo fino a sfiorare le clavicole sul davanti, ma sempre più corti di dietro.

Gli occhi verde oceano erano gentili. Come sempre.

Nessuno poteva dubitare di lei.

Eppure la sua figura la tormentava. E non era sola.

Erano come fantasmi.

Spettri che ricomparivano sporadicamente ricordandogli tutti i giuramenti infranti. Ricordandogli quanto fosse ingiusto che lui sapesse così tanto in confronto agli altri.

Quella donna portava con sé qualsiasi fantasma.

Sperava solo che dopo quella sera avrebbero smesso di perseguitarlo.

Cercò di salutarla, ma non si fidava troppo della propria voce.

Aprì il primo cassetto e vi sfilò la busta chiusa.

La mise sul tavolo e la allungò.

Lory sorrise dolcemente, comprensiva.

«Spero che tu ne faccia buon uso.» disse.

«Voglio solo assicurarmi che finisca nelle mani giuste.»

«E non sono le tue?»

«Io sono solo un mezzo di collegamento. E comunque, non sono la persona più adatta per questa consegna.»

«Immagino.»

«Non ti ringrazieremo mai abbastanza. Davvero.»

«Non mi sento affatto uno che va ringraziato.»

«Tu non immagini neanche quanto...»

«Cosa? Nascondere la verità non è mai giusto!»

«Anche se la verità fa male?»

«Questa farebbe tutt'altro che male!»

Balzò in piedi.

«Sì invece! Lo so che non puoi capire, neanche io posso farlo fino in fondo, ma questa è la cosa migliore per tutti. Saranno felici.»

«E non pensi a me? Come posso sopportare lo sguardo di Luna sapendo cosa le sto nascondendo? Ogni giorno è più difficile!»

A quel punto Lory si avvicinò praticamente all'improvviso.

Allungò una mano e gli strinse un braccio.

«Mi dispiace. Mi dispiace che tu sia stato messo in mezzo, non sarebbe dovuto succedere. Ma lei non dovrà mai sapere la verità. Mai.»

«E Ryan?»

«Neanche lui. Per nulla al mondo. Ormai sarebbe comunque troppo tardi, li distruggerebbe, anche se ai tuoi occhi sembra una cosa tutt'altro che negativa. Credimi.»

Lui si limitò a fissarla.

«Fidati.» lo implorò.

“Mi fido”, avrebbe voluto dire, fissando quegli occhi così limpidi e generosi. Ma anche altri si fidavano ciecamente di lei. Senza avere la minima idea di quanto nascondesse.

«Me ne lavo le mani.» disse semplicemente riprendendo la busta e porgendogliela. «Falla sparire.»

«Impossibile.»

«Non voglio più vederla.»

«Non è un busta chiusa che devi temere.»

«Ti comporti come se tutto questo fosse solo un gioco.»

«Ci sono giochi molto peggiori a cui giocare, Jack.»

 

Mancava poco all'inizio della serata. Mezz'ora circa. Forse un po' di più.

Non poté resistere alla tentazione di sbirciare nella sala.

E li vide.

C'erano quasi tutti.

Grazie a Mina erano stati fatti entrare in anticipo rispetto a tutti gli altri.

Sapeva che Paddy e Tart non sarebbero venuti. Le bambine erano troppo piccoli. Mina li aveva adorati per il buon senso molto più di quanto avrebbe fatto se fossero venuti, comportati bene, ma annoiati.

Ghish stava parlando con Ryan – civilmente, per una volta.

Pam e Kyle erano molto vicini a Mina.

Alexia e Axel tentavano di fermare tutte le ballerine indaffarate per avere qualche spoiler, ma l'unica che prestava loro attenzione era Glix, che si guardava bene dal rivelare informazioni.

Mancavano ancora Mark e Luc e Pai e Lory.

Luna si guardò intorno.

Sul fondo dell'enorme sala, proprio sopra all'entrata, c'era un balconcino a cui si accedeva dal piano di sopra, o tramite delle scale ai lati della stanza. La vista da lì doveva essere ottima.

Si diresse verso i suoi amici proprio mentre Mark e Luc entravano.

Il bambino strillò il suo nome e le corse incontro felice.

Era incredibile con quanta rapidità si fosse affezionato a lei.

La strinse forte, poi si fece rimettere a terra per tornare dal padre.

«Ben arrivati.» li salutò allegramente Mina «Ora mancano solo Pai e Lory.»

«Come?» fece Mark sorpreso «Erano proprio davanti a noi. Devono aver avuto difficoltà a trovare parcheggio, in effetti, qui intorno si sta riempiendo.»

Seguendo una specie di istinto, forse dovuto al suo udito felino, Luna alzò lo sguardo.

E li vide.

Lory e Pai stavano percorrendo il balcone sopra l'entrata per arrivare alle scale.

Che diavolo ci facevano lì?

Lanciò uno sguardo a Ryan e capì che anche lui li aveva notati.

Fecero finta di niente finché non furono scesi e si furono avvicinati.

«Scusate il ritardo.» disse Pai.

«Il pancione!» esultò Alexia avvicinandosi a Lory che sorride in automatico.

Approfittando del fatto che il bambino in arrivo avesse sviato l'attenzione di tutti, Ryan e Luna si fiondarono su per le scale.

Si ritrovarono in un corridoio poco illuminato dove si aggiravano i tecnici che dovevano sistemare le luci.

Seduta su un divano ottocentesco, come se li stesse semplicemente aspettando, c'era Rose.

«A quanto pare Lory vi conosce molto meglio di quanto credessi.»

Non aveva la sua solita sicurezza, ma il suo sorriso era quello di sempre.

«Non avevi questioni più importanti da risolvere?» chiese Luna.

«Si sono concluse rapidamente, in realtà cercavo solo una conforma.»

«Lory?» ripeté intanto Ryan, anche se non era poi così sorpreso.

Rose aprì la sua borsa.

«Diceva che hai dimenticato di leggere questa.» disse sfilando una busta.

«Cos'è?» domandò Luna.

«Non lo so.» ammise Rose.

Ryan prese la busta. «Il test del DNA!» esclamò.

«Cosa?» Luna quasi urlò. «E quando lo avresti fatto?»

Ryan e Rose si scambiarono un'occhiata mentre Ryan già apriva la busta.

«No-o!» protestò la ragazza «Non voglio vederlo.» diede loro le spalle.

Non poté evitare di tendere le orecchie però.

Sentì Ryan spiegare il foglio e trattenere il fiato.

E poi sciogliersi. Un sospiro. Forse uno sbuffo. O una risata.

Contentezza? O isteria.

Sentì il rumore di altra carta. Forse stava rimettendo a posto la lettera.

Si voltò.

Ryan stava ancora leggendo. Teneva in mano quello che era evidentemente un referto. Luno si sforzò di non sporgersi per leggere.

Non voleva.

Si limitò a fissare l'uomo biondo.

Stava sorridendo, anche se sembrava leggermente accigliato.

Poi, quasi all'improvviso, il sorriso gli morì in volto.

Più che altro gli si pietrificò.

Come se lui stesso non sapesse che espressione assumere.

Alzò lo sguardo e lo fissò su Rose.

«E questo che vuol dire?»

Lei gli sorrise.

«Ho detto che non me ne sarei andata...»

 

Mina approfittò di un momento in cui l'attenzione non era focalizzata su di lei e si allontanò dal gruppo.

Si voltò un attimo e incrociò lo sguardo di Lory.

Lei annuì e Mina ricambiò il gesto con un cenno del capo.

Si era già cambiata per la serata.

Prese il borsone che aveva lasciato su una sedia e si diresse verso il terrazzo, sapendo che era una scorciatoia per fare il giro della sala e tornare nel dietro le quinte.

Si fermò un momento a guardare fuori.

Il sole stava tramontando tingendo New York di qualche screziatura dorata leggermente inusuale per la città.

Era uno strano spettacolo.

Un tramonto così bello e di solito associato a luoghi esotici faceva da sfondo ai grattacieli e alle strutture moderne di una metropoli come New York.

Sentì del passi alle sue spalle e si voltò.

Era Mark.

Aveva appena chiuso i vetri che davano sulla sala e le tende dall'altra parte erano già tornate al loro posto, celandoli dalle persone all'interno.

«Luc ti ha dato pace?» scherzò dopo un po', non sapendo bene che dire.

«Più che altro Lory lo sta monopolizzando. Credo che sia una specie di eccesso di istinto materno.»

Mina sorrise.

Vedere Lory così felice era una gioia.

E le faceva ricordare che era l'unica ad essere rimasta “sola”.

Forse fu a cause di quei pensieri che lo sguardo di Mark la mise estremamente in imbarazzo.

Distolse il proprio, ma sentiva ancora gli occhi scuri di lui sul suo viso.

Tornò a fissarlo a sua volta.

Lui tese una mano nella sua direzione, poi sembrò ripensarsi e si limitò a spostarle una ciocca di capelli dietro un orecchio.

«Cosa c'è?» chiese Mina in un sussurro, incapace di distogliere lo sguardo e allo stesso tempo desiderosa di farlo.

Mark fece un piccolo passo avanti senza mollare il suo sguardo.

«Se...» cominciò «se ti baciassi ricambieresti?»

Mina arrossì all'istante, ma non si scompose. Sentiva il cuore batterle a mille nel petto.

Incapace di parlare, annuì.

«davvero?» sussurrò Mark.

«sì» rispose Mina con un fil di voce.

Le vece scorrere la mano sul collo fino ad accarezzarle la guancia con un dito. Poi si avvicinò fino a far aderire il suo corpo a quello di lei.

E alla fine si chinò, catturando le sue labbra in un bacio dolcissimo, che vece dimenticare ad entrambi tutto ciò che avevano intorno. Tutto ciò che era successo prima o che sarebbe successo dopo.

C'era solo il presente.

Si separarono solo dopo un tempo indeterminato, per riprendere fiato.

Mark appoggiò la propria fronte alla sua.

«allora... “ricambi-e-resti”»

Mina rise, poi gli mise le braccia intorno al collo e si alzò in punta di piedi per poterlo baciare meglio mentre lui le stringeva le braccia intorno ai fianchi.

Fu un bacio anche più lungo e potente del precedente, ma questa volta un ultimo, importante, spettro riportò Mina alla realtà.

Riscese sui talloni.

Doveva liberarsene.

Ora più che mai.

Era arrivato il momento di mettere una parola FINE a questa storia.

«C'è un'ultima cosa che devo fare Mark.»

«E poi resterai con me?»

«Per sempre.»

 

Sentiva la musica provenire dalla sala. Così come mezz'ora prima aveva sentito la voce di Glix dare inizio alla serata.

Ma non era ancora il suo turno.

Aspettava, seduta nello spogliatoio insieme ad altre ragazze su di giri, che arrivasse il suo turno di entrare in scena. In realtà, lo sapeva, mancava ancora diverso tempo.

Arrivò alla porta sul retro e uscì per andare a prendere una boccata d'aria sul terrazzo.

«Luna?»

Si voltò.

«Mina! Non dovresti essere in sala?»

«Io entro poco prima di te, lo hai dimenticato?»

«In effetti sì.» ammise «Sono così agitata.»

«Tanto da scordarti questa a casa mia?»

Luna all'inizio non capì.

Poi divenne una statua di sale.

Mina aveva in mano una busta.

La busta.

Quella doveva essere una serata all'insegna delle tentazioni.

Pazienza. Avrebbe resistito.

«Non l'ho scordata. Ce l'ho lasciata di proposito.»

«Ma Luna... lo so. La mamma voleva che arrivasse al destinatario giusto. Ma per essere sicura di non sbagliare dovrei aprirla.»

«Ma... lui deve averla. Ti pare?»

«Non so. Se ci fosse scritto che aveva intenzione di tornare da lui? Magari senza di me? Sapere che è morta prima di poterlo fare sarebbe terribile.»

«Luna, sai che la penso come te, ma sai anche che gliel'ho promesso.»

«E allora pensaci tu.»

Sul viso di Mina si dipinse una sorpresa incredula.

Pam, se l'avesse saputo, sarebbe stata orgogliosa di lei.

Persino Luna credette che fosse autentica. O forse le fece credere di crederlo.

«Tu ai benissimo a chi la devi dare, vero?»

Mina abbassò lo sguardo e annuì.

«Perfetto. Così non dovremo nemmeno aprirla.»

Mina espirò dal naso, una specie di sospiro.

«Se è quello che vuoi.» fece per andarsene.

«Mina?»

«Sì?»

«Chiunque sia il destinatario ti prego ordinagli di non dirmi nulla.»

«Neanche se è Ryan?»

«No. Altrimenti, se non mi dirà niente, saprò che non è lui mio padre. Non voglio sapere.»

Mina se ne andò.

E capì che Luna lo aveva fatto.

Si era scelta arbitrariamente un padre.

Ma infondo, lo sapevano fin dall'inizio che sarebbe andata così.

Luna sentì un peso enorme scivolarle via dal petto e abbandonarla.

Credeva che dire addio anche a quella parte di sua madre sarebbe stato doloroso. Invece era quasi un sollievo. Non c'erano più fantasmi a darle la caccia.

Sapeva che la lettera sarebbe arrivata all'uomo giusto. E allo stesso tempo che lei sarebbe rimasta all'oscuro di tutto.

Era lì. In quel segreto custodito tanto gelosamente e tanto a lungo che sua madre continuava a vivere davvero. Almeno per lei.

Il mistero era risolto.

Poco importava che per lei rimanesse sempre e comunque un mistero.









Ed eccomi qua!! Con l'ultimo capitolo prima dell'Epilogo!
Scrivere questo libro (e questo capitolo in particolare) è stato bellissimo!
Odio gli addii, specialmente se fatti male.
Perciò vi preannuncio che alla fine dell'Epilogo non metterò nessun commento, questa è l'ultima volta che posso parlarvi cuore a cuore.
Vi devo ringraziare tutte, una per una, mi sono ripromessa di farlo ed è arrivato il momento.

Perciò mille grazie a.....

CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE PREFERITE:
 alexandra995 
 amore mio ti amo
 AngyloveMika 
 Asakura_Bloom 
 Federica_97
 Jova_Kocca 
 kaori_kuran 
 Kelly Neidhart
 Khallya98 
 Light_lullaby 
 liliana87 
 LucySophie 
 ludovirgi03 
 Lullaby 99
 one_magic

CHI L'HA MESSA TRA LE SEGUITE:
AliceLaurani
AngeloBiondo99
Foxx
Fujiko_Matsui97
Ginchan
Giuseppa89
Hypnotic Poison
IchigoKoala_95
karter 
kate99
kilarihiroto
Lady Cheshire
matematica97]
mewgiugiu
MissShadowPasta
New Red Eyes
Nives97
Nuvola101
Piccola_Luna
Saba_12
Simple_Plan
tyene_sand
White Realm
_Crizia_ 
_moonshine_ xD

A CHI L'HA MESSA TRA LE RICORDATE:
Foxx 
ikutoneko
Kagome98
sonounapazza]

 E INFINE HA CHI L'HA RECENSITA (dire che vi adore é poco)
      

Hypnotic Poison    <3 
      
LucySophie
       
karter
      
tyene_sand

Viola_Meridia_32
    
ludovirgi03
      
Danya
      
AngeloBiondo99
      
Saba_12
      
Lullaby 99
      
Nives97
      
MissShadowPasta
      
Akua_Shuzen
      
fiore_di_ren
      
Ginchan
      
Bunny_SmallLady
      

Ahhhh, non sapete che fatica scriverli tutti! Ma era una cosa da fare!

E ce n'è un'ultima!

Ho qui delle foto (mi sono divertita un sacco a modificarle!) delle coppie "nuove"

Rose e Ryan (a questo punto non si possono non considerare una coppia)

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Mina e Mark (la foto originale è quella di Anastasia e Jack nel film "Anastasia")

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E poi, dopo tutto quello che hanno passato, mi sembrava giusto metterne una anche di Pam e Kyle (sono Ariel e il principe nel film "la sirenetta")

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Okay, dopo avervi rivelato quanto mi piacciano i film Disney e avervi ripetuto per la centesima volta che vi adoro, posso salutarvi mandandovi tantissimi abbracci.

Ci vediamo con l'Epilogo! (che, anche se lo finirò prima, pubblicherò la sera del 6 giugno, per la fine della scuola e per augurare buone vacanze a tutti, o buona fortuna con le tesi, dipende ;) <3 )

Artemide12
 

 

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Epilogo

 

due anni dopo

 

Ryan si guarda intorno agitato.

Si costringe a fare dei respiri profondi, come gli sta indicando di fare Luna, anche se Fragola le impedisce di muoversi liberamente.

Fa vagare lo sguardo tra i banchi incrociando di sfuggita volti familiari.

Lory gli sorride calorosamente, con trasporto. Poi però è costretta a riabbassare lo sguardo su Arelan, il bambino dai capelli blu e gli occhi verdi che non riesce a stare seduto fermo sulla panca, tra lei e Pai. Ha poco meno di due anni.

Ma a breve avrà una sorellina. Sofia. Che vuol dire “conoscenza”. Avrà gli occhi viola di Pai e i capelli smeraldo di Lory. Ma è troppo presto perché sappiano questo. In realtà, è ancora troppo presto perché sappiano che Sofia sta per entrare nelle loro vite.

Arelan, nella lingua aliena, vuol dire “astuto”.

Non è vivace quanto le sue cugine, che ora hanno sei anni, ma neanche tanto tranquillo come i genitori.

Joy e Flo sono sempre le solite pesti. Hanno preso dai genitori, senza ombra di dubbio. E da loro hanno preso anche quella sorprendente e perenne felicità. Quella che tutti vorrebbero avere.

Per ora, però, il bambino ad interessare di più è Leo, il marmocchio dai capelli e gli occhi neri che tra qualche giorno farà diventare Mina mamma per la prima volta. Per la seconda di penserà Sally, così simile al fratello da sembrare quasi gemelli, ma ancora per lei è davvero troppo presto.

Luc sembra aver preso di buon grado i nuovi arrivati.

Certo, Mina ha dovuto smettere di ballare per un po', ma al momento c'è Glix a sostituirla per le lezioni nella scuola.

Già, l'aliena in due anni ha fatto faville. Ora passa quasi tutto il suo tempo sulla Terra, lontana da Ghish, che, a dirla tutta, sembra sparito dalla circolazione.

Tutto questo dopo, ovviamente, aver perso la scommessa con Luna.

Luna, che siede in prima fila accanto a Jack, il ragazzo dagli occhi nerissimi e i capelli biondissimi. Quello che lavora in laboratorio.

A Ryan la cosa non è dispiaciuta affatto. Tutti i padri vorrebbero poter controllare il fidanzato della propria figlia.

E Jack è il miglior ricercatore che lavori al laboratorio. Dopo Lory, naturalmente. Ma lei sta per andare di nuovo in maternità.

Ryan fa un altro respiro profondo.

Kyle, accanto a lui, gli mette una mano sulla spalla e gli sorride.

Ryan ricambia, con gratitudine.

Ci sono voluti due anni perché le cose tra di loro tornassero normali.

Ma non solo.

Per un attimo, qualche mese prima, Kyle aveva temuto il peggio quando, tornando a casa, aveva trovato Pam e Ryan abbracciati proprio nell'ingresso.

Ma poi lei aveva tirato su la testa e gli aveva sorriso.

«Ryan si sposa!» aveva urlato al settimo cielo.

Si era sentito svenire per il sollievo. E per la felicità.

«A quanto pare.» aveva confermato Ryan «Venivo a chiederti se potevi farmi da testimone.»

E così era stato.

Marito e moglie facevano da testimoni agli sposi.

Uno da una parte e l'altra dall'altra.

Axel al fianco del padre, Alexia accanto alla madre. Ormai sono una più bella dell'altra.

Nessuno più di Pam e Kyle meritava questo posto.

Loro che hanno tenuto saldo il proprio matrimonio anche nel momento più delicato.

Loro che sono stati coinvolti in prima persona nella storia di Ryan e Rose.

Anche Pam ha i suoi ricordi felici.

Come quello della sera del saggio di Luna e Mina. Quando fuori, ad aspettarli, c'era proprio Rose.

Ryan e Luna non sembravano sorpresi.

Ma anche la ragazza era rimasta a bocca aperta quando Rose aveva dato loro la notizia.

Una notizia che aveva comunicato a Ryan solo poche ore prima, appena aveva ricevuto i risultati delle analisi.

Una notizia che ora se ne sta “tranquillamente” seduta in braccio a Luna, agitando la sua chioma di riccioli biondi di qua e di là e facendo scorrere gli occhi verdemare da un volto all'altro in cerca della madre.

Una notizia di ormai un anno e mezzo, piena di lentiggini che risponde al nome di Fragola.

Rose appare proprio quanto Luna crede di non poter tenere ferma la sorellina un momento di più.

Si alza in piedi con Fragola in braccio e guarda avanzare la donna che sta per sposare suo padre.

Con la mano libera stringe quella di Jack.

 

In questo giorno di festa, manca solo una persona.
 

 

Ghish appoggia i gomiti al muretto del lungomare.

Ancora una volta ringrazia di avere la capacità di teletrasportarsi.

Alza lo sguardo verso il mare aperto e lascia che l'oro dei suoi occhi si scontri con quello dei raggi del sole accendendoli ancora una volta.

Il mare è così agitato da fare paura.

È una delle cose belle dell'inverno.

La seconda è che in questa stagione al mare non ci sono turisti e gira poca gente.

Il vento impetuoso, ma non tanto freddo, gli si infrange contro tirandogli indietro i capelli e gonfiandogli la giacca.

D'istinto si porta una mano alla tasca.

L'attimo dopo si ricorda che quella lettera si trova al sicuro, in chissà quale cassetto dell'armadio.

 

caro

Ghish,

so di avere una bella faccia tosta a farmi viva dopo tutto questo tempo, ma non ho potuto farne a meno.

A quest'ora saprai già di Luna.

E probabilmente avrai capito.

Avrai capito perché sono sparita così all'improvviso.

Ma devi sapere come sono andate veramente le cose.

Ti conosco, e so che ti sarai dato tutta la colpa di quello che è successo. E avrai incolpato Glix.

È vero, non ho voluto ascoltarti e ho frainteso molte cose. Ma non è per questo che ho fatto perdere le mie tracce.

Se fosse stato solo questo, credimi, sarei tornata dopo poco. Qualche mese al massimo, giusto il tempo di far sbollire la rabbia e di venire a conoscenza della verità. Una verità che, invece, ho saputo solo pochi giorni fa grazie a Pai.

Ancora oggi maledico quei mesi.

Sono sicura che ormai il mistero di chi sia il padre di Luna si sia già risolto, ma volevo comunque essere io a confermartelo.

È Ryan suo padre.

E dirti che non l'ho amato sarebbe una bugia bella e buona.

Quando è comparso, proprio lì, davanti a quel bar di New York, ho pensato che fosse un segno del destino.

Non credere che non fossi combattuta.

Ma mi sono detta, come può Ghish passare da una ragazza all'altra, sembrare sempre innamorato e invece poi tornare sempre indietro?

È stato stupido, lo so. Maledettamente e inspiegabilmente stupido.

Ma è successo.

E quando mi sono accorta di quanto avessi sbagliato era troppo tardi.

Cavolo se era tardi.

Devi credermi quando ti dico che me ne sarei andata già due settimane dopo.

Invece sei stato tu a tornare, alla fine di luglio.

Non ho voluto ascoltarti, è vero, ma non è per questo che ti ho respinto in quel modo.

Mi sentivo in colpa, maledettamente in colpa per quello che avevo fatto. E il fatto che mi fosse piaciuto non migliorava la situazione.

Quando te ne sei andato è stato anche peggio.

Il senso di colpa era insopportabile e ti assicuro che avevo le valigie pronte quando ho incontrato Mark.

Tra di noi non c'è mai stato niente. Era solo una serata tra vecchi amici. Nulla di più.

Ci si è solo messo in mezzo il padre di Xander, con la sua mania per i cocktail, e mi sono vista costretta a portarlo a casa.

Se n'è andato il giorno dopo.

Stavo riordinando la casa decisa a chiamarti quando mi sono resa conto che qualcosa non andava.

Mi è sembrata la scena di un film.

Solo che c'ero dentro.

Ed ero quella che era rimasta incinta dell'uomo sbagliato.

A quel punto ho capito che non potevo tornare.

Che figura ci avrei fatto?

Ehi scusa Ghish, ce l'avevo con te e ho passato un po' di tempo con Ryan, mi sono innamorata di lui e ora sono incita, ma non è nulla di grave, non preoccuparti.”

No. Decisamente no.

E neanche per un momento ho pensato di abortire.

O forse per un attimo sì.

Ma tu dicevi sempre che certe cose non succedono per caso.

E quella era la mia punizione. Qualcosa che dovevo scontare per ricordarmi dei miei sbagli.

Tu non hai fatto la stessa cosa con Glix? Pai me l'ha detto.

Solo che il mio ruolo di mamma mi è piaciuto parecchio.

Come non si può amare una ragazza come Luna?

Ma non avrei mai potuto farcela da sola.

Mina e Lory sono state a dir poco provvidenziali.

Senza di loro mi avreste rintracciato subito.

Grazie a Mina sono sparita.

Grazie a Lory ho avuto Luna. Non potevo certo andare in ospedale. Ryan ci avrebbe messo un attimo a rintracciarmi. Lei mi ha coperta.

Un po' mi dispiace per Ryan.

Sono rimasta nella sua città e non ha mai avuto la fortuna di incontrarmi per caso.

Viveva con Lory mentre lei, pur amandolo, faceva di tutto per nascondergli sua figlia.

Ma sono felice che ora Lory stia per sposarsi con Pai, spero proprio siano felici insieme.

È buffo credere che se non fosse stato per loro probabilmente non sarei qui a scriverti questa lettera.

Mi ero ormai rassegnata a vivere nel mio esilio, ma poi Luna ha cambiato tutto.

Lory si sentiva in colpa nello sposare Pai nascondendogli un simile segreto, così Luna li ha portati a casa nostra a mia insaputa – ma non di Mina.

E ho saputo.

Ho saputo di aver covato una rabbia ingiusta nei tuoi confronti per tutto questo tempo.

Ho saputo che ciò che usavo per giustificarmi non era che una flebile e inconsistente scusa.

Mi sono sentita maledettamente in colpa.

Ancora più di prima.

E ho capito che non potevo starmene con le mani in mano.

Dovevo risistemare quello che io stessa avevo combinato.

E dovevo sbrigarmi.

Luna compirà diciotto anni tra poco. E so che lei è convinta di non volere un padre.

So anche, però, che se conoscerà Ryan resterà con lui. Ma cosa può spingerla a fare tanto?

Come può succedere una cosa del genere senza che io ci vada di mezzo?

E poi ieri, a sua insaputa, Mina mi ha dato un'illuminazione: e se io fossi morta?

Una minorenne ha bisogno di un padre. Luna non lo vorrà? E allora cosa c'è di meglio che l'ultima volontà di sua madre per costringerla a farlo?

Sembra crudele negarsi alla propria figlia, ma cosa posso fare?

Non è forse meglio credermi morta che sapere che preferisco stare con l'uomo che amo piuttosto che con lei? E lo stesso vale per Ryan!

No, non devono sapere.

Abbiamo organizzato tutto.

Luna deve andare ad un festa in un quartiere non proprio raccomandabile.

So che vorrà che la veniamo a prendere.

E noi lo faremo.

È tutto programmato.

Pai dovrà arrivare al momento giusto e sparire subito dopo.

Mina fingere che io sia morta per dissanguamento dicendole le mie ultime volontà.

Lory accertare la mia finta morte.

È spaventoso quanto sia facile sparire.

Perché ti scrivo e ti racconto tutto questo?

So che è sciocco da parte mia anche solo pensare che in tutto questo tempo tu mi ami ancora, ma mentre Pai mi parlava di te non ho potuto fare a meno di sperare.

Perché qualunque siano i tuoi sentimenti al momento, sappi che io ti amo ancora, forse più di prima.

E se mai volessi tornare da me, mi troverai proprio a New York, in un appartamento provvisorio proprio di fronte la casa di Mina.

Sarò lì ad aspettare.

 

Tua,

Strawberry

 

 

Sogno? O realtà? si era chiesto.

Ma lo sguardo di Mina gli aveva detto che era tutto vero.

Per quanto incredibile che fosse.

Non era stato in grado di muoversi.

Una piccola parte di lui aveva provato il forte impulso di fare a pezzi quel foglio di carta.

Ma cos'era? Un uomo insensibile? Non aveva sofferto abbastanza per colpa di quella donna?

Possibile che fino all'ultimo, quando era riuscito a trovare pace, fosse stata capace di sbucare dal nulla e rovinare tutto?

Ma cosa credeva? Che il mondo girasse intorno a lei?

Aveva guardato Mina a lungo, senza fiatare.

Era forse uno scherzo?

Un pessimo scherzo.

Ma Mina non era quel tipo di persona.

Lei non avrebbe mai fatto una cosa del genere e nemmeno Lory. Doveva essere la verità.

Le mani gli tremavano mentre resisteva all'impulso di fare ciò che l'istinto gli chiedeva,

Per un attimo persino Mina aveva esitato.

Lo aveva guardato con sorpresa e anche con una certa inquietudine.

Lui gli aveva restituito uno sguardo altrettanto sconcertato e rabbioso allo stesso tempo.

Lei aveva fatto istintivamente due passi indietro.

«mi-mi dispiace» aveva balbettato altamente confusa.

Poi aveva lasciato un altro foglio sul tavolo ed era tornata sui propri passi lasciandolo solo.

Si era costretto a leggere quel biglietto per non fare a pezzi la lettera.

 

Ciao, sì, lo so che sono pazza, che ce l'hai a morte con me eccetera eccetera.

Ma nel remoto caso in cui mi fossi appena sbagliata volevo dirti che c'è stato un piccolo cambio di programma. A quanto pare non sono stata così brava a sparire quanto credevo. Non ho potuto fare a meno di venire alle Seychelles. Axel mi ha quasi scoperto, quella notte nel corridoio, ma per fortuna le sue orecchie e la sua coda hanno distratto tutti da me.

Ho anche lasciato un bel po' di peli sul divano, come Glix ha fatto “gentilmente” notare.

Pam, poi, ha capito tutto. Evidentemente conosceva bene Ryan e sapeva quello che era successo meglio di quanto credessi. O forse conosce bene Axel.

Per farla breve, so che Pam non mi farebbe mai scoprire – tanto è vero che ha raccolto ciò che mi ero lasciata dietro per tutta casa e lo ha dato Mina – ma non mi fido a rimanere dove sono. Se decidesse di venirmi a trovare probabilmente manderei tutto a monte.

In più ho combinato un vero casino quindi adesso quel ragazzo del laboratorio sa tutto.

Come ho fatto ad essere così scema?

Nostalgia. Ho avuto la pazza idea che se Luna fosse risultata tua figlia sarebbe venuta con te e saremmo stati insieme tutti e tre.

Parecchio stupido, eh? Intanto, se non fosse stato per Lory, a quest'ora saremmo tutti nei guai.

Detto questo, ho lasciato l'appartamento a New York e tra qualche ora partirò per le Seychelles, tanto in quella casa non ci sarà nessuno fino alla prossima estate, poco ma sicuro.

Io sono lì.

 

Per gli umani il sole invernale è freddo.

Ma lui ha conosciuto il gelo di un pianeta quasi distrutto.

La Terra, in confronto, è un forno tutto l'anno.

«Qualcosa non va?»

Riabbassa lo sguardo.

Poi lo sposta alla sua destra.

«No.» sussurra per non fare troppo rumore «È tutto perfetto.»

Strawberry gli sorride mentre il vento le scompiglia i capelli corti e lui le cinge la vita con un braccio per attirarla a sé.

Si scambiano un bacio veloce.

Strawberry vorrebbe abbracciarlo a sua volta, ma ha mani e braccia molto occupate.

Ghish la stringe ancora di più, poi si sporge oltre la sua spalla per poter sbirciare il visino addormentato di Sole, la sorellina di nemmeno un anno dai capelli rossi e gli occhi dorati che Luna non sa di aver avuto.
 

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FINE

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