Reality, Bleeding Eyes Madness

di Pendragon of the Elves
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Reality ***
Capitolo 2: *** Bleeding ***



Capitolo 1
*** Reality ***



Reality,
Bleeding Eyes Madness







 
Reality




Ti chiudi la porta alle spalle, sbatti fuori il mondo, tutto ciò che hai visto prima di tornare qui, tutto ciò che conosci da quando sei nata. Ti togli la cartella e la appoggi sul pavimento: ti senti più leggera senza i 15 chili di istruzione che ti pesavano sulle spalle e ti costringevano a tenere i piedi ben saldi a terra. Hai camminato per anni con quel peso sulla schiena che aumentava man mano che crescevi: sembra che più cresci più cose tu debba sapere. E intanto cammini per le strade e impari a vedere cosa c'è in giro, scorgi dietro le apparenze mentre i libri aumentano e il cuore si appesantisce sempre più, man man che scorgi il marcio che ti vive attorno, ogni volta cosciente del fatto che non è nemmeno un assaggio.
Ti togli la giacca sulla quale sono rimasti appiccicati tutti gli odori del mondo: lo smog, il fumo di sigaretta, l'aroma nauseante di fritto, la puzza del fiume in secca... tutti aggrappati alla pelle nera come i dannati al remo di Caronte. Sali le scale. La rampa è un tunnel oscuro ma non accendi al luce: le hai percorse milioni volte quelle scale, senza mai dare il braccio a nessuno. E non sei mai caduta.
Cominci a toglierti i vestiti, uno alla volta, senza fretta, e il tuo viso si distende. Un indumento alla volta: la felpa giace su una poltrona, la camicia per terra, la maglia sul corrimano, la cintura ha risuonato sul pavimento. Mano a mano, la tua pelle viene alla luce, assieme al tuo odore, assieme al tuo corpo. Ti liberi della scorza che mostri al mondo, la faccia con cui hai il coraggio di immergerti nella sua realtà, di affrontarlo ogni giorno per quello che è. Ore di soffocante apnea.
La tua mente ha vagato disperata in cerca di una risposta, una risposta per te accettabile: eri sicura che, se ci fosse stata una risposta, quella avrebbe dato un senso a tutto, e tutto si sarebbe chiarito. Necessariamente, allora, hai pensato che sarebbe stata una cosa buona. E allora la verità sarebbe stata luce. Ma hai imparato che la luce non fa altro che illuminare meglio ciò che già vedi. E sul piedistallo posto in alto, c'è un'iscrizione di pietra dura. Ci hai sbattuto contro, contro il granitico principio di identità: "è così e basta". E ha fatto male, ma mai quanto il fatto che il retro della lapide fosse vuoto. Hai guardato da ogni lato, ma la superficie era sempre liscia, immobile, immacolata. Non un'altra parola, non un "ma", un "però". Niente di niente, nemmeno una traccia della speranza che per ultima è uscita dallo scrigno di Pandora. Ogni parola era stata detta. Allora tra le lacrime hai capito che se non c'era scritto niente, ci avresti scritto tu.
E alla fine ci sei, sei davanti allo specchio: nuda contro il tuo riflesso, tu e la tua immagine. Ma sei da sola. Una risata strana, riecheggia nel lavandino bianco, le note picchiettano sui muri della doccia. Lo specchio sorride con te. Ma quella non sei tu. Sarebbe assurdo. Lo guardi, guardi la ragazza che ti sta scrutando: la pelle bianca, i seni piccoli, i capelli scuri… e quel volto, il viso dai lineamenti eleganti, come quelli delle donne nei quadri del rinascimento, l'ombra lieve degli zigomi, le labbra rosa, la sopracciglia sottili… quel volto così giovane, quello di una ragazza eppure così di bambina: non si riescono ad intravvedere le linee sulle quali il tempo lo marcherà ma si vede una luce di maturità sopra, una maturità strana, malsana, propria di nessuna età ma conforme a tutte.
Le labbra sorridono all'immagine di quel corpo, l'involucro di carne dove sono incastonati i tuoi occhi. Sì, quelli si sono proprio i tuoi. Potrebbero essere azzurri, verdi, neri, grandi, piccoli, all'ingiù, allungati ma sarebbero sempre i tuoi, perché ci sarebbe la tua luce dentro. La luce che illumina la tua verità, quella con cui incidi su quel piedistallo le tue regole. È la tua anima a sorridere, non quella bocca mentre vedi il bianco dell'occhio colorarsi di rosso. Puoi sentire tutte le piccole vene pompare diligenti il sangue alla pupilla, portando la tua linfa rossa: il tuo inchiostro rosso. Il sangue comincia a scorrere sulle guance, come se fossero lacrime. In verità è faticoso ma non fa male, non sei triste: i tuoi occhi ti permettono di creare la tua realtà. Tutt'attorno scende l'oscurità, la tenebra che ti permette di ignorare quell'odiosa scritta e andare avanti: l'ombra che cancella la verità, come se fosse menzogna, e culla tutti i tuoi sogni. E mentre il mondo si colora di nero, rimane solo il tuo riflesso allo specchio assieme ad una figura alta oscura. La sua mano si posa sulla tua spalla: sai che è fredda, ma non la senti. Attorno a voi il buio vortica lentamente, amalgamando ombre e visioni. Sai anche che tutto quel nero non esiste, sai che non potresti vederlo, eppure è così. Lo vivi. Col tuo occhio insanguinato che dipinge il mondo. Perché la realtà non può essere solo quella che vedi: puoi vedere altre cose. Puoi dipingere sulla realtà, fino a che il tuo sangue non smette di scorrere, fino a che non la copri del tutto. Fino a che non sarà null'altro che una brutta copia da stracciare e lasciare a marcire nel marciume che contiene.


Cammini ancora per strada, a testa bassa, gli occhi fissi nel nulla ma riesci a percepirli ugualmente. Li senti, i loro sguardi sulla schiena. Corrono sulla tua figura, scivolano sui vestiti, giudicano a partire da lì e finendo lì, sfamando le loro considerazioni su quello che i loro occhi vedono. Ma non si sono mai accorti della loro miopia. Tutti quegli occhi fissi su di lei ti avevano sempre terrorizzata: vedevi nei loro fuggevoli sguardi i tuoi timori riflessi, giudizi tanto terribili e sprezzanti da farti temere di essere sbagliata per forza. E nessuno sforzo poteva valere perché il giudizio non sarebbe cambiato. Ora non li temi più quelli sguardi perché sai che sono ciechi: non esiste nulla che possano vedere di vero. Vedranno sempre e solo il tuo riflesso nello specchio. Sorridi quasi crudele mentre pensi che nessuno mai riuscirà a raggiungere la tua anima. Ma quegli sguardi continuano ad infastidirti: ti urta profondamente la loro folle ignoranza, la loro inconcepibile superficialità, ferma e putrida come un acquitrino stagnante.
Marci con passo marziale e sicuro quando senti un parlottio. Istintivamente ti giri: due ragazzine, non più di 13 anni, dall'altro capo della strada parlano, tutte agghindate i capelli tinti e il trucco sulla faccia come se fosse Halloween. Sussurrano ma la loro maleducazione è più forte del rumore delle macchine. Stanno parlando di te, lo sai. E non sono lusinghiere. Appena ti giri non cessano nemmeno, si limitano ad abbassare il tono ma continuano a fissarti. L'insolenza nel loro sguardo di nausea. All'improvviso la voglia di piegarti e vomitare sulla strada ti assale ma non cedi al nervosismo che si è appropriato delle tue interiora. Ti guadano con sufficienza, passano sopra di te come se fossi aria. Ma prima che si girino e continuino la loro strada concentri il ghiaccio nel tuo sguardo e ti auguri che possa provocare loro mille incubi, affilati come pugnali nel loro cuore. Sussultano nel vedere la tua espressione. Solo allora, sotto le loro espressioni sconvolte, ti giri e te ne vai, ridendo, in una viottola laterale. Mentre con la lingua raccogli le lacrime di sangue, il mondo diviene di nuovo nero attorno a te e mille spettri bianchi ti creano un tunnel di stelle attorno a te e urlano canzoni impossibili nel nulla.









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* Angolino dell'autrice *
"Non ti avevo avvisato? Io sono strana forte..."
N.d.A.

Ho un po' di cose da dire:
- per chi ha trovato questa storia e ha letto il primo capitolo, devo avvisare che non migliorerà;
- per chi ha pensato "MACCHECAZZ..!!!", rassicuro che l'ho pensato anche io più volte, srivendola;
- per chi ha voglia di continuarla, sappia che, anche se gli aggrionamenti saranno lenti, ho tutta l'inteizione di completarla.
A questo proposito, altri dettagli inutili sulla cosa che avete appena letto:
- Sarà composta da 4 capitoli, ognuno prenderà il titolo da una parola del titolo (OMG, che spoiler!)
- Rimarrà fino alla fine tenebrosa, incomprensibile e al limite del nonsense (attenzione, però NON è nonsense: se voi la trovate completamente senza senso, allora vuol dire che siete sani di mente)
- Non sono sicura di averla messa nella seione giusta, per la cronaca
- La spaventosa immagine che vedete là in cima l'ho fatta io (e questo spiega perchè faccia così spavento...)

E ora, un messaggio per tutti coloro che mi seguono e/o sono seguiti da me e che si aspettano aggiornamenti e/o recensioni. Mi dispiace davvero di essere stata assente da EFP (per quansi sei mesi! D:) e, purtroppo, non posso permettere che non accadrà più perchè la mia vita, col 2014, anzichè migliorare, è peggiorata di brutto. Per farvi capire, dormo 5 ore a notte in media da novembre, durante la giornata il mio unico momento di pausa è quello che impiego per andare al bagno e il poco tempo libero che in teoria dovrebbe rimanermi viene risucchiato interamnete dal mio disperato bisogno di sedermi in un angolino e fissare i muri. (#true story) 
Oggi è il primo giorno di respiro che ho avuto da mesi e, considerato il delirio che è stato la mia vita, ho pensato che fosse il momento adatto per pubblicare questa storiella. è un lavoro vecchio e, inizialmente, l'ho scritto come una sorta di favola per me stessa ("ora capisco tante cose..."N.d.Coscienza), quindi non stupitevi che sia strana.
Detto questo, se qualcuno vuole chiedermi quando aggiornerò, sapere se sono ancora viva, insultarmi pesantemente, minacciarmi per il ritardo mostruoso delle mie recensioni o chiedermi se per caso abbia idea del perchè un corpo assomigli ad una scrivania (?) è caldamente invitato a contattarmi.
Prometto che prima o poi riprenderò in mano le redini della mia esistenza, giuro! T.T

Penny





P.S.: Vi prego, non chiedetemi quella del corvo e della scrivania, e nemmeno del perchè ieri ero talemente sicura che l'ultima battaglia di Napoleone fosse avvenuta sulla luna contro Vegeta da essere a tanto così dal dirlo durante l'interrogazione di storia, perchè davvero non ne ho idea! ._.

 

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Capitolo 2
*** Bleeding ***



Reality,
Bleeding Eyes Madness

 

 





Bleeding


 
L'ombra silvestre, le fronde rosse, i ruscelli invisibili e il tappeto di foglie… tutto sfuoca nel buio corridoio verso il presente. Tutto va in frantumi quando ti accorgi che i tuoi stessi passi si sono fermati.
Apri ancora una volta la porta di casa, passando dalla fredda sera al calore e alla luce artificiale. Una volta avresti desiderato non essere mai entrata, essere rimasta fuori assieme alle nuvolette sperdute della condensa dei tuoi respiri. Ma oggi, oggi non ti importa più. Il cambiamento è ininfluente, tanto mondo è fuori quanto il mondo è dentro, solo che fuori è buio e silenzio, qui è luce e rumore.
All'improvviso la tua mente si rende svogliatamente conto, quasi non importasse nemmeno a lei, che quel luogo non lo senti più come casa tua: ormai è un posto come un altro dove il tuo corpo si trascina nella ripetitiva ruota della routine quotidiana. L'hai sempre odiata, l'hai odiata la routine. Meno male che hai imparato come far deragliare quella ruota, ora corre dove vuoi tu: nessuno può fermarti. La senti che sbuffa dentro di te come un cavallo selvaggio, impaziente di correre per le verdi praterie che solo tu gli puoi donare.
Tua madre ti si avvicina, sembra preoccupata. Lontano ed indistinto avverti il suo concitato parlottio: un mucchio di domande inutili e banali, progenitrici di risposte che non interessano a nessuno. Tanto meno a te. Non riesci a sentire quello che ti dice: sei già nella tua bella bolla azzurra dove nulla può raggiungerti. La sua voce è lontana, come se avessi le orecchie appannate, la mente annebbiata come i tuoi occhi. Avverti solo la musica, le note modulate dal suo tono: senti i trilli della preoccupazione, un suo dito ti passa sulla guancia. Ti esamina il viso con aria critica. Una volta ti saresti innervosita, ora dei suoi tocchi ti arriva solo l'ombra sfumata, senza timbro. Riesci a capire che ti chiede delle cose. Dice che sei troppo pallida. Quelle occhiaie sono brutte, due lune nere sotto gli occhi di un morto. Chiede se ti è successo qualcosa. Con uno sforzo immenso la tua lingua si attacca alla realtà e formula le parole che ti traggono fuori dall'impiccio: dice per il tuo corpo che è stanco e che devo solo riposare.
Non ti accorgi nemmeno di aver salito le scale quando ti ritrovi nella tua stanza, tutte le luci spente, gli scuretti della finestra chiusi. Nell'oscurità che regna nel piano superiore riconosci solo l'odore di polvere sospesa sui libri, i libri della tua infanzia che giacciono nel buio assieme a te, ognuno con la sua silente storia che canta la sua vecchia ninna-nanna. Dentro a quelle pagine, al buio, i sussurri dei ricordi di quelle parole che hanno plasmato e giocato con la tua mente, facendola volare, allattando la tua immaginazione con i loro infiniti sogni. Senza quei libri, senza quelle storie, oggi non saresti tu. Loro sono parte di te, tanto che ogni loro singola parola è nella tua essenza in ogni istante, in ogni momento, senza bisogno che tu le legga. La tua anima le ha succhiate tutte, sublimando la natura dell'inchiosto.
Ti lasci cadere sul letto con un sorriso e quando la tua schiena tocca il materasso lasci che l'aria esca dai tuoi polmoni in un sospiro. È così morbido, il materasso, sembra di essere ancora distesa sul tappeto di foglie. Ti senti di nuovo nel bosco rosso infuocato dall’autunno. Così, spalanchi gli occhi nel buio cieco e scivoli ancora una volta nel pozzo nero. La tua mente vaga fino a che non giunge nel bosco e si sdraia tra le radici di un grande albero. Non sai che specie sia e non ha importanza: quello è il tuo bosco, non ci sono semi di cose vere, lì germogliano solo i tuoi sogni. Fossero anche i germi della pazzia, andrebbe bene ugualmente. Ti senti affondare tra le morbide foglie: la loro freschezza ti accoglie come fossero un grembo materno. Finalmente ti senti in pace. Ti lasci cullare dal vento che soffia solo lì e dal rumore dei ruscelli calmi che hai alimentato tutta la vita con le lacrime, fino a che il sonno non prende i tuoi occhi. Ma tu non ti accorgi che sono rimasti sbarrati nell’oscurità perché tanto tu sei lontana: la tua anima guarda altrove.

Il mattino dopo quando ti svegli, senti la faccia e i capelli incrostati. Hai il volto rigato di rosso cupo e sulla coperta c’è un’enorme macchia di sangue. Ma tu non te ne accorgi: sei impegnata a pensare al rosso del tuo bosco e aspetti solo il momento in cui ci tornerai.













 

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