Il Dio della Pioggia

di Black Swan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Dio della Pioggia - Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Il Dio della Pioggia - Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Il Dio della Pioggia - Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Il Dio della Pioggia - Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Il Dio della Pioggia - Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Il Dio della Pioggia - Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Il Dio della Pioggia - Capitolo 1 ***


Il Dio della Pioggia - Capitolo 1

I personaggi di cui scrivo non mi appartengono e non ho contatti con loro. Non pretendo di descriverli come sono in realtà, né di descrivere situazioni realmente vissute da loro.

Quanto scrivo non è a scopo di lucro.

Le mie sono opere di fantasia e rivendico i miei diritti su esse solo in quanto sono state partorite dalla mia immaginazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

Dedicata a Guren (Suzuki per la precisione, ma per me è solo Guren),

la mia nipotina prediletta, dalla prima all’ultima parola,

perché se mi è venuta voglia di scriverla,

è solo merito della sua Fated 'Raison d'être'

che se non si è capito, adoro quasi quanto chi l’ha scritta.

 

 

 

 

 

 

 

 

Legenda:

«…» dialoghi

corsivo = pensieri

corsivo di questo colore = flash-backs

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠ = separatore dei PoV dei capitoli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Dio Della Pioggia

1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Seth

La calma è la virtù dei forti.

Se lo stava ripetendo da non sapeva quanti anni.

Di norma funzionava, perché aveva una scorta di pazienza e calma da far invidia ad un allenatore di lumache da corsa… ma.

Ma Mana riduceva la sua pazienza e la sua calma in poltiglia.

Sin dai tempi della scuola.

Era l’unico a far andare fuori dai gangheri il secchione dall’ironia tagliente come una lama.

«Temo di non aver afferrato la cosa nel suo insieme» disse K con la compostezza di una sfinge.

«Da domani avremo nel gruppo una tastierista» ripeté Mana. «Quale parte non è chiara?»

Ecco perché in fondo lo preferisco quando sta zitto.

«Questo l’ho capito» ribatté K, confermandosi distillato di calma di un metro e ottantasei centimetri. «Ma non hai detto altro, Mana. Chi è, da quale gruppo proviene… se proviene da un gruppo, parteciperà solo all’album o anche al tour… devo continuare?»

Mana sbuffò sollevando gli occhi al cielo. «Al momento non lo so. Non proviene da nessun gruppo, è il suo… esordio. Mi sono rotto le palle di passare le nottate a sintetizzare le tastiere e a fare programmazioni quindi…»

«… ha trovato qualcuno che ci passerà le nottate al posto suo» concluse lui. «Chi meglio di una donna? Dai K, anche te…» aggiunse prima di contare fino a tre.

K gli lanciò un’occhiata di traverso, un sorriso divertito.

Mana lo posizionò al centro del mirino del suo sguardo. «Ah, dimenticavo» aggiunse pacato «farà da contro voce a te.»

Non riuscì a trattenere una risatina.

Fermo restando che era pronto a giurare che fosse Kaede ad essersi rotta le palle di quelle nottate passate a sintetizzare, Mana comandava, non ce n’era. Per quanto ufficiali, lui e K avevano un peso relativo nelle decisioni. I Moi Dix Mois erano Mana.

«Va bene» fu la sua divertita risposta. «Come si chiama?»

«Potete chiamarla Mystery.»

«Quanti anni ha?» chiese K.

«Non potete saperlo.»

«Dove è nata?» provò lui.

«Non saprete niente di lei.»

Silenzio.

«In altre parole…» riprese K cauto, «so il tuo vero nome e quello di Seth ma non saprò il suo, ho capito bene?»

Mana sorrise, sembrava quasi orgoglioso. «Hai capito benissimo. Sei una soddisfazione, K.»

«Stai scherzando, vero?» gli uscì di bocca, come al solito, prima di pensarla.

Mana si concentrò su di lui, l’espressione di una mamma abituata a sopportare il pargolo turbolento. «No Seth, sono serissimo. Solo io so chi è.»

«Ma come pretendi che possiamo lavorare con una che non conosciamo?»

«Lavori con Hayato e Sugiya, cosa sai di loro? Mi sembra che non ci siano problemi.»

«Sei cascato male, amico mio: in questi mesi ho saputo moltissime cose della nostra sezione ritmica, ci vediamo anche al di fuori delle prove.»

Mana lo fissò per qualche secondo, poi riprese come se non avesse emesso fiato, «E’ una creatura estremamente collaborativa, riuscirà a sopportare anche te senza problemi. Stai tranquillo.»

Decisamente, lo preferisco quando sta zitto.

Se solo i fans avessero immaginato cosa poteva uscire da quella bocca, non sarebbero stati così ansiosi di sentirlo parlare.

Aprì bocca per ribattere ma K lo prese per un polso.

Quell’uomo aveva imparato subito a riconoscere una potenziale rissa fra lui e Mana.

E non stava alludendo a mere botte… oh no, troppo facile.

Davano fondo al rispettivo arsenale di conoscenza l’uno dell’altro condito con ironia e a volte cattiveria vera e propria.

Entrambi sapevano dove colpire l’altro e quando la pazienza (virtù dei forti) cominciava a scendere sotto i livelli di guardia arrivavano a sferrare colpi veramente bassi per averla vinta sull’altro.

«Mana, la prendiamo per buona perché lo dici tu, ma capirai che questa è teoria, la pratica potrebbe essere ben diversa.»

«Sono pronto a riconoscerlo, K. Dimenticate che è una donna, valutatela per il suo talento e mi ringrazierete. Bene, adesso devo andare o è la volta buona che Kaede mi molla. Ci vediamo domani mattina, alle 8.00 qui. Avvisate voi Hayato e Sugiya? Del fatto di Mystery, intendo.»

Uscì dalla stanza senza lasciargli il tempo di emettere fiato.

«Quindi ci ha fatto venire qui di domenica mattina solo per dirci questo?» chiese incredulo a K… l’unico paio di padiglioni auricolari presenti oltre ai suoi.

K sospirò, «Sembra proprio di sì… e adesso io e te dobbiamo avvertire anche…»

La testa di Mana ricomparve improvvisamente nella stanza, «Quasi dimenticavo: scusatemi se vi ho fatto venire qui di domenica mattina, ma ci tenevo a dirvelo subito. Tengo moltissimo che questa cosa vada liscia come l’olio. A domani. Facciamo alle 10.00, per farmi perdonare definitivamente.»

Scomparve di nuovo.

Lui e K staccarono in sincrono lo sguardo dalla soglia e rimasero a fissarsi basiti per una manciata di secondi, poi scoppiarono a ridere.

«E’ encomiabile!» sancì K.

«Avrei in mente ben altri aggettivi, ma prendiamo per buono questo! Adesso che facciamo? Sono le 10.30. Buttiamo giù dal letto quegli altri disperati?»

«Seth, sei un rompiballe da manuale.»

«L’alternativa è anticipare comunque l’appuntamento di domani alle 9.00 per parlargli prima dell’arrivo di Mana…»

K ci pensò meno di un secondo, «Io chiamo il batterista.»

«Bene, mi tocca il bassista.»

Ovviamente riuscirono ad organizzare una gara a chi prendeva prima il cellulare e faceva partire la chiamata.

Che altrettanto ovviamente, vinse lui.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

K

Perché era sempre lui l’eletto che si trovava da solo con quei due?

Eh, perché gli elementi ufficiali del gruppo erano loro, e Mana aveva voluto avvisare lui e Seth in separata sede, faccia a faccia.

Avrebbe dovuto fargli piacere, la cosa… e sicuramente l’apprezzava, ma aveva la sensazione che Mana avesse lasciato qualcosa nel suo cilindro magico… che non avesse detto tutto, tanto per cambiare.

Quell’uomo adorava i segreti ed era quantomeno recalcitrante a separarsene.

«Pronto?» rispose Hayato dopo cinque o sei squilli.

«Buona domenica mattina, Sugiya, ti ho svegliato per caso??» esordì solare Seth accanto a lui.

Sorrise, «Perdona l’orario, essendo domenica mattina» cominciò, «ma io e Seth siamo già in sala prove e abbiamo saputo una novità che dovete sapere anche voi…»

«… io e K dobbiamo dare una notizia alla nostra sezione ritmica preferita che va affrontata faccia a faccia. Pranziamo insieme?» stava dicendo intanto Seth.

Ottima idea Seth.

«… quindi ci chiedevamo se ti andava di pranzare insieme» riprese sulla scia del solista. «Se ce la caviamo oggi, l’appuntamento è per le 10.00 domani mattina, altrimenti occorre trovarci qui prima dell’arrivo di Mana.»

«K se non ci fossi ti inventerei. Dove e quando?»

Si voltò verso Seth per girargli la domanda e…

«Sugiya, credimi: andavi prodotto in serie. K è al telefono con Hayato ovviamente. Proposte per il posto?» Rimase ad ascoltare in silenzio, poi si voltò verso di lui, «K, se infestassimo il tuo impeccabile appartamento? Prendiamo qualcosa di pronto, ovviamente.»

Sorrise, «Lo sapevo. Hayato, da me fra un paio d’ore? Al pranzo ci pensiamo io e Seth.»

Seth sorrise e tornò a parlare con Sugiya.

«Tanto lo sai che ti tocca, sei l’unico ad avere l’appartamento presentabile in qualsiasi momento!» commentò il batterista ridendo.

«E voi siete i soli in grado di farmi pentire di questo!» ribatté scherzosamente risentito.

«Senza contare il terrore di Sugiya per i serpenti! A dopo chitarrista! Mi metto d’accordo con il bassista per portare da bere!!»

E abbiamo trovato il modo di farci serata…

Riattaccarono praticamente in sincrono.

Si guardarono e sorrisero, sembrava impossibile passare una giornata senza vedersi.

«Hai un ottimo deterrente per Sugiya» informò il solista.

Seth sbuffò, «Il mio bimbo è dolcissimo.»

Sorrise scuotendo la testa, «Resta sempre un pitone di qualche metro.»

«Tre metri e ottanta centimetri. Su questo non si discute.» Lo vide recuperare il cappotto e indossarlo con un fluido movimento, «Ma Sugiya bada troppo alle apparenze.»

Fra le labbra di Seth comparve una sigaretta e sotto il suo naso il resto del pacchetto, accettò con un mugolio di ringraziamento.

Sicuramente, di tutte le line ups che i Moi Dix Mois avevano sperimentato, dal suo personale punto di vista, con quella avevano raggiunto il karma… professionalmente e a livello personale.

Speriamo di non mandare a puttane questo equilibrio domani.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Sugiya

Il suono del suo cellulare lo strappò violentemente al silenzio e al cuscino.

Doveva assolutamente decidersi a spegnere il cellulare quando aveva un giorno libero.

«Pronto chi è??»

«Buona domenica mattina, Sugiya, ti ho svegliato per caso??» esordì gioiosa la voce di Seth.

Gli venne da ridere. «Ti è venuto davvero il sospetto?» s’informò stropicciandosi gli occhi.

«Amico mio, è un’emergenza. Prima che ti venga l’idea di incazzarti, ti informo che sono le 10.35, io e K siamo già in sala prove da un’ora e che dobbiamo dare una notizia alla nostra sezione ritmica preferita che va affrontata faccia a faccia. Pranziamo insieme?»

«Seth, sai perfettamente che neanche se rinasco riuscirò ad incazzarmi davvero con te… tant’è che te ne approfitti in maniera direi vergognosa… vedi la belva che ti tieni in casa…»

La risatina del vocalist lo fece sorridere, ma non riuscì ad evitare il brivido lungo la schiena al pensiero del pitone che viveva con quell’uomo.

Aveva sfiorato l’infarto multiplo quando se lo era trovato ai piedi la prima volta. E ultima, K lo doveva prendere in collo per entrare in quella casa, anche quando era chiuso nella teca.

«Sugiya, credimi: andavi prodotto in serie. K è al telefono con Hayato ovviamente. Proposte per il posto?»

«Opterei per qualcosa che ci permetta lo travaccamento più totale, non ho voglia di truccarmi e mettermi in tiro…» … e neanche di passare il pomeriggio in collo a quel povero cristo di K, anche dentro quella teca, resta un pitone che sfiora i quattro metri…

Breve silenzio, poi la voce di Seth suonò un po’ più distante dal microfono, «K, se infestassimo il tuo impeccabile appartamento? Prendiamo qualcosa di pronto, ovviamente.»

Scoppiò a ridere.

Aveva capito alla perfezione!!!

«A posto. Fra un paio d’ore da K» concluse Seth dopo l’ok del chitarrista.

«A dopo!»

Riattaccò e si catapultò giù dal letto perfettamente sveglio.

Il cellulare sarebbe rimasto ancora acceso nei futuri giorni liberi…

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Hayato

Uscì dalla doccia completamente sveglio.

Gli faceva piacere quando si organizzavano quelle riunioni extra.

Specie se a casa di K.

Non era neanche in ansia per la novità che dovevano dargli.

Mana, per parlare con K e Seth, li aveva fatti andare in sala prove… ma K e Seth erano molto meno formali.

Adocchiò il cellulare sul letto e lo prese, facendo partire la chiamata al bassista.

«Sentivo la tua mancanza!» esordì Sugiya «Passi a prendermi e facciamo un raid nel negozio che ben sai prima di andare da K?»

«Ovviamente. Fra… diciamo massimo quaranta minuti se organizzo un miracolo sono da te, ok?»

«Ok, fammi uno squillo sul cellulare quando sei qui sotto che scendo!»

Riattaccò sorridendo.

No, non era in ansia.

Lui aveva un’arma segreta.

Quando gli era stata data la possibilità di suonare con Mana aveva accettato ancora prima che il chitarrista arrivasse al punto interrogativo della frase, ma sapeva che i membri dei Moi Dix Mois avevano vita breve nel gruppo.

Mana era un genio e come tutti i geni aveva più contro che pro.

Occorreva essere disposti a dire sempre di sì, anche se lì per lì sembrava una follia.

L’arma segreta? Seth.

Era il contro bilanciere perfetto per Mana, semplicemente perché era uno dei pochi esseri viventi che poteva vantare di conoscere l’uomo, prima dell’artista.

Sapeva come prendere Mana, come calmarlo, farlo ragionare. E farlo andare in bestia, ovviamente.

Qualsiasi cosa li avesse portati in sala prove di domenica mattina, problema o no, erano in quattro ad affrontarla.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Mana

Rientrò in casa appena appena in tempo per non essere scaricato dalla compagna.

«Sono a casa!» annunciò come al solito.

Posò il mazzo di rose sul tavolo dell’ingresso per togliersi il cappotto e lo riprese il più velocemente possibile per nasconderlo dietro la schiena.

Kaede comparve nell’ingresso. «Ah, per una volta le mie minacce hanno avuto effetto…»

«Le tue minacce hanno sempre effetto.» Le si avvicinò per baciarla e tirò fuori il mazzo, «Questa volta in realtà mi hai proprio spaventato.»

Kaede rimase immobile a fissare i fiori, poi un sorriso le piegò le labbra. «Grazie amore… sono bellissime…»

E anche stavolta mi è andata bene…

Le aveva promesso quella giornata esclusivamente per loro, poi l’aver convinto giusto la sera prima Rain a prendere parte al suo piano lavorativo aveva rivoluzionato quello privato.

Kaede gli aveva concesso due ore fuori da quella casa prima di fare le valige.

Era la seconda volta che arrivava a minacciarlo a quei livelli… la prima lo aveva salvato dal post tracollo dei Malice Mizer.

«Mi cambio e sono tutto tuo.»

La sua compagna prese i fiori e gli stampò un altro bacio in bocca, «Ok. Se anche avessi tardato ti saresti fatto perdonare con queste» lo informò poi.

Si diresse verso la camera con un sorriso.

«Ah, a proposito…» la voce di Kaede lo raggiunse «come hai deciso di nascondere l’identità di Rain a Seth?»

Senza volere storse la bocca in una smorfia di puro disappunto, «Lo ritengo il mio più plateale scivolone nell’ovvio» rispose alzando un po’ la voce.

«Per quanto può valere la mia opinione in questo ambito» la voce di Kaede suonò vicina, bastò un’occhiata oltre le sue spalle per vedere che lo aveva seguito, «non ha senso che lei semplicemente passi le notti a sintetizzare al posto tuo. Tu vuoi che loro si incontrino, no?»

Non riuscì a trattenere uno sbuffo, «Già. Senza contare che ho realizzato improvvisamente che se Seth venisse a sapere dell’esistenza di una donna che lavora di notte ai sintetizzatori al posto mio, sarebbe capacissimo di organizzare vere imboscate per incontrarla. E non escludo che K gli darebbe man forte… anzi, forse sarebbe proprio lui ad elaborare un piano per intercettarla. In ultima analisi, voglio che si incontrino, certo. Non ho trovato altra soluzione se non coprirle il viso con una maschera.»

«Sei sicuro che funzioni?»

«Esattamente la stessa cosa che mi ha chiesto Rain. Faccio molto affidamento nel fatto che Seth tutto si aspetta, tranne che di incontrare lei e quindici anni sono tanti. Io so quanto sono rimasto sorpreso nel trovarmela davanti per la strada.»

«Manabu, gli Dei soli sanno se sono a conoscenza della tua avversione alle soluzioni facili… ma semplicemente mettergli davanti Rain? Hanno leticato e non me lo hai detto?»

La sua avversione alle soluzioni facili era ampiamente bilanciata da quel concentrato di praticità della sua compagna.

Scosse la testa, «Per come la vedo io, sono pazzi l’uno dell’altra da quando si sono incontrati. L’hai vista no? Ti ho raccontato dei loro battibecchi. Il punto è che non sono sicuro che, dopo quindici anni che non si vedono, siano finalmente disposti a riconoscerlo. Senza contare che qui stiamo producendo un album e se Seth mi si distrae, anche se si tratta della potenziale donna della sua vita, beh… non ho già abbastanza problemi?»

Al silenzio della sua compagna si voltò verso di lei e incontrò un’occhiata che gli disse chiaramente che aveva appena pronunciato qualcosa che gli si sarebbe ritorta contro per i prossimi vent’anni, almeno.

«Se davvero la pensassi così, dovresti mettere Rain in aspettativa fino alla fine della produzione.»

«Vero» riconobbe senza problemi. «Ma ti ricordo che tu mi hai ricattato e che, professionalmente parlando, non sono propenso a fidarmi di nessuno tranne che di me stesso. K si è guadagnato voce in capitolo dopo un bel po’, Sugiya e Hayato al momento sono parte del gruppo, ma non li lascerei mai da soli a fare il lavoro al posto mio. Seth… Seiji» usò il vero nome dell’amico per non lasciar dubbi a Kaede riguardo il fatto che stesse parlando dell’uomo oltre che dell’artista, e Kaede annuì impercettibilmente «in questo album ha una libertà pari alla mia… anche se sto attento che non se ne accorga, ma Seiji lo conosco da metà della mia vita e lui conosce me, sa cosa voglio e come lo voglio. Ho bisogno di qualcuno come lui, in quella posizione, per inserirlo adesso nella lavorazione e Rain è una musicista come non ne ho mai incontrate, è un’amica. Non ci vediamo da quindici anni, ma abbiamo naturalmente ripreso il discorso interrotto come se ci fossimo lasciati ieri sera dopo cena. Non può essere un caso Kaede: mi ricatti perché sei stanca che passi le notti fuori casa e incontro lei, che ha le esatte conoscenze che mi servono. Velocizzerò in maniera esponenziale la lavorazione dell’album, con i sintetizzatori e le tastiere che avanzano in contemporanea con il resto degli strumenti.»

Kaede annuiva lentamente, «Bene, quindi accetta per una volta la più semplice delle soluzioni e non lamentarti. Conoscendoti, minimo troverai anche il modo di usare quella maschera a tuo vantaggio… tipo disegnarne di apposite per ogni vestito di quella donna.»

Sparì dalla soglia come per magia.

Si trovò a sospirare profondamente.

Per forza, che altre alternative ho? Bella l’idea delle maschere coordinate…

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Seth

Una fermata a casa per controllare il bimbo ci voleva.

Lo lasciava libero solo se era in casa, e tre giorni dopo il pasto. Sugiya per poco ci era rimasto la prima volta che se lo era trovato ai piedi. Per lui era talmente naturale avere serpenti in casa che non aveva pensato di avvisare le nuove entrate nella sua vita.

Hayato invece lo aveva preso molto sportivamente. Come anche K.

Per il fatto di Sugiya però Mana lo aveva preso per il culo per una settimana.

Si chiuse la porta alle spalle e si diresse verso la teca che lo ospitava.

Gli aveva dato da mangiare giusto la sera prima e non pensava di restare fuori casa quel giorno. Per come si erano organizzati, prevedeva che avrebbero fatto nottata da K e, complice anche la giornata fuori casa e le prove dell’indomani, due giorni dei tre nei quali era sconsigliato qualsiasi tipo di manipolazione che avrebbe potuto far sentire il pitone minacciato portandolo a rigurgitare la preda considerandola una sorta di zavorra, sarebbero passati.

«Ma buongiorno piccolo…» lo apostrofò.

Era un pitone albino, per la precisione. Ci erano voluti quasi dieci anni perché avesse abbastanza esperienza per poterlo prendere.

Il suo contatto di fiducia, Junnosuke, un uomo che quando era da solo in negozio lasciava liberi anche quelli velenosi, lo aveva istruito fino a ritenerlo capace di prendersene cura.

Lo aveva sempre desiderato e quando quasi dodici anni prima si era presentato in negozio chiedendolo, si era visto rispondere alla richiesta con una sonora risata in faccia. Vuoi un pitone albino, ragazzo? Ne hai di strada da fare.

Lo stesso uomo al quale consegnava le chiavi di casa sua e che se ne occupava quando lui era in tour.

Gli albini erano più aggressivi e più delicati della specie originale, l’esemplare che era toccato a lui sembrava finto da quanto era bendisposto verso il prossimo.

Non faceva storie davanti alle prede morte, quando lui iniziava a sistemare le cose per uscire di casa tornava nella teca buono buono, era educato con gli ospiti, restava a debita distanza da Sugiya, si appallottolava tranquillamente ai suoi piedi quando leggeva o guardava la tv o realizzava uno dei suoi lavoretti in casa.

Davanti a quest’ultima cosa, Junnosuke stesso era rimasto basito: gli aveva spiegato che si appallottolano quando erano spaventati.

Era rimasto con lui qualche pomeriggio mentre finiva di risistemare le maniglie delle porte e non aveva riscontrato alcun sintomo di stress o paura nel pitone, anche se era magistralmente raggomitolato in bella vista.

Aveva ipotizzato che, animale domestico da tre generazioni, forse ormai lo aveva nel sangue… ma non gli era sembrato convinto.

Al suo commento che l’alternativa era che gli fosse toccato un pitone con l’istinto del gattino, Junnosuke aveva preferito attenersi alla propria teoria.

In quel momento se ne stava tranquillamente nella sua teca a ronfare, il rigonfiamento della preda ben visibile.

Sorrise.

Molto bene.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

k

Casa infestata aveva un significato ben definito, nella sua vita.

E lo aveva materializzato davanti agli occhi in quel preciso momento.

Avevano da mangiare per un reggimento e da bere in proporzione.

«Come sta il bimbo?» chiese Hayato mentre si portava una lattina alle labbra.

«Benissimo!» rispose Seth «Ha mangiato ieri sera!»

Sugiya rabbrividì.

Sorrise senza poterselo impedire.

Seth parlava più che volentieri del pitone, al quale non aveva dato un nome ma che ormai più o meno tutti individuavano come il bimbo, e la sua curiosità era stata ampiamente saziata. Sapeva benissimo che mangiava ogni dieci giorni, prede morte, e che per tre giorni Seth non lo toccava per timore che il serpente rigettasse la preda considerandola un peso non utile alla propria difesa.

Seth teneva moltissimo a quell’essere strisciante, non si vergognava ad ammettere di essere stato talmente male quando quello che aveva prima era morto che aveva pianto.

«Portiamo la conversazione verso lindi più sicuri per il nostro bassista?» propose.

Sugiya lo avvolse con un’occhiata colma di gratitudine. Sbattimento di ciglia incluso.

«Ok…» concesse magnanimo il solista. «Da domani ci sarà una tastierista in sala prove e non ho usato il femminile per caso.»

Per poco ingoiò anche la lattina.

E non fu il solo.

Seth aveva un tatto da testa d’ariete!

«Coooosa??» chiese Hayato incredulo.

Si trovò ad annuire e riportò cosa aveva detto loro Mana, con cautela. Tutta quella che Seth aveva scordato in pancia a mamma.

La sezione ritmica assimilò la notizia in silenzio.

«Ma… è caduta dal cielo?» chiese cauto Hayato.

Seth scosse le spalle, «Ne so esattamente quanto voi.»

«Le cose cambieranno completamente» disse ancora più cauto Sugiya. «Non avremo a che fare con un computer, ma con una persona.»

«Potrebbe anche durare solo due giorni» fece presente Seth.

Si trovò di nuovo ad annuire.

«Capisco cosa vuoi dire» disse Hayato, «ma… accidenti, deve essere proprio brava per averlo convinto… cioè, non ci ha accennato niente, ha sempre fatto tutto da solo…»

Tutti conoscevano la scarsissima propensione di Mana alla democrazia, quando si trattava della sua musica. L’aggiunta di un ulteriore cervello, provvisto o meno di tette, era comunque un’altra voce da accordare con quella di Mana.

Anche Seth stava annuendo. «Calcola che potrebbe essere stata Kaede a dargli un ultimatum.»

Kaede. La storica, stoica ed evanescente compagna di Mana. Stavano insieme da metà della loro vita e aveva avuto la conferma che Seth la conosceva da altrettanto tempo.

Una sera che erano tutti lì da lui, rispondendo al telefono si era trovato a parlare con lei. Quando le aveva detto che Mana si era addormentato e che lo avrebbe svegliato, Kaede gli aveva chiesto di non farlo e di passarle Seiji, era lo stesso. Aveva avuto la conferma del vero nome del solista.

Non era permesso nominarla in pubblico.

Sugiya stava annuendo con un’espressione sbalordita, «Non l’ho mai vista.»

Seth sorrise, ma non aggiunse niente. In quella stanza era lui l’unico a poter dare un volto a quella donna.

Al di là delle mazzate verbali che si tiravano portava un rispetto assoluto a Mana e le sue volontà erano legge.

Quei due avevano i loro segreti, non ce n’era.

Si era fatto un’idea precisa del legame fra Mana e Seth quando, un giorno qualsiasi, Mana, nel bel mezzo di uno dei loro battibecchi aveva iniziato a muovere le mani, prontamente imitato da Seth. Ci aveva messo qualche secondo a realizzare che stavano comunicando e avevano deciso di tagliarlo fuori.

Aveva chiesto a Seth come facevano a conoscere il linguaggio dei sordomuti e Seth aveva risposto con un secco Non è il linguaggio dei sordomuti, se usassimo quel linguaggio, i sordi e i muti potrebbero capire cosa ci diciamo.

Non riusciva mai a trattenere un sorriso quando ci ripensava.

Aveva chiesto a Seth se quindi era un linguaggio segreto che capivano solo loro due e, per un attimo, aveva visto quell’espressione tetra dallo scontro con Mana, raddolcirsi all’improvviso. No, in realtà c’è una terza persona che lo comprende… ma non la sento da anni.

«Quindi l’appuntamento per domani è alle 10.00» riprese Hayato.

«Mh mh, Mana ha pensato di lavarsi la coscienza così» fu la risposta di Seth.

In realtà poteva esserci ben altro dietro. Del tipo che l’avrebbero trovata lì con Mana, apparecchiatura già montata… ma preferì tenersi quella considerazione per sé.

«Mystery» ripeté Sugiya. «Mana non si smentisce mai.»

«Puoi scriverlo sui muri» fu il commento di Seth.

Soffocò una risatina. «Beh, se volete saperlo, io sono curioso di conoscerla.»

Seth gli rivolse uno dei suoi mezzi sorrisi intrisi di ironia, «Se c’è una cosa che ho capito di te, a parte che suoni la chitarra e sei un fan di Marylin Manson, è che sei curioso

La sezione ritmica sbarellò quasi in terra.

Si unì alle risate, era inderogabilmente vero.

 

 

 

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NOTE:

 

Li chiamano blocchi.

Non sono blocchi, chi li definisce così magnanimamente non ne ha mai subito uno. Sono montagne, che improvvisamente ti ritrovi davanti e lì per lì non sai come scalare.

Se c’è qualcosa che ho imparato in questi anni è che le montagne vanno scalate, non aggirate.

Ma spesso non hai la forza di scalarle, allora rimandi e organizzi un camping di fortuna alla base della montagna.

Poi ti svegli una mattina e la montagna, puff, è sparita.

 

Prendete questa ff. Ci lavoro da anni, alcuni dei files sono stati creati all’ottobre del 2010, e da altrettanti manca poco è ferma.

Vuoi il lungo periodo di alti e bassi, vuoi che assolutamente per me scrivere non deve essere un impegno ma un momento in cui mi rilasso… ho dei tempi da esaurimento nervoso (e parlo dei nervi di chi mi segue, ovviamente). Spero di farmi perdonare.

Se qualcuno se lo stesse chiedendo, no, non è un caso che la pubblichi adesso. Ho saputo della morte di K e… sì, lo scrivere è il modo che meglio conosco per incanalare le mie sensazioni. Non sono pronta a lasciarlo andare, non ancora.

Già nel vecchio profilo parlavo di star scrivendo qualcosa di completamente nuovo, è anche di questa ff che stavo parlando.

Ho delle ff in corso e non le mollo, devo solo ritrovare quella predisposizione di animo che mi permetta di non avvelenarle con le mie sensazioni negative.

Se sto usando questa ff come purificatore? Ai posteri l’ardua sentenza.

Avrei voluto iniziare a pubblicarla il 19, che è il giorno del mio compleanno. Una sorta di regalo a me stessa. Poi ho improvvisamente realizzato che è il primo mesiversario della morte di K.

Fanculo. Che è solo una parola, ma abbonda di significati.

 

 

Passiamo alla ff

 

… niente giapponese qui. Avete letto bene.

 

Il font usato per il titolo è RainDanceSSK, quello per i nomi dei PoV Agatha.

 

Kaede = devo dirvelo che è il nome inventato per la compagna di Mana?

 

Questi sono i “miei” Moi Dix Mois.

Chi mi segue già sa che tendo ad “appropriarmi” dei personaggi e riproporli secondo il mio istinto. Spero di non far troppi danni anche stavolta.

 

Avverto le fans di Mana & Company che sono la regina delle licenze poetiche. Dovrete avere pazienza. Tanta. Anche quella che non credete di avere. Altro che allenatore di lumache da corsa…

 

Prendete i loro nomi che spaccio come reali. Lo sono? Boh!

 

Avete presente la frase “avrei potuto stupirvi con effetti speciali che voi umani non avete mai visto”? Beh, ho preferito semplificarmi la vita. Beccatevi una banalissima maschera tipo carnevale.

 

La buona notizia è che è già praticamente finita, mancano “solo” le revisioni che chi mi segue ha imparato ad odiare quanto me, quindi gli aggiornamenti saranno miracolosamente regolari…

In base a come accoglierete questo primo capitolo, deciderò l’intervallo degli aggiornamenti.

 

Ho cercato di concentrare in meno capitoli possibile (e di mantenere ogni capitolo entro le 15 pagine di word che per me è un’impresa titanica), in omaggio alla Regina Delle 100 Parole che, al di là del fatto che la ff è dedicata a lei, sa che la prendo in giro perché riesce in qualcosa che mi è totalmente precluso.

 

Grazie a chi è arrivata fin qui.

Al prossimo capitolo.

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Capitolo 2
*** Il Dio della Pioggia - Capitolo 2 ***


Il Dio della Pioggia - Capitolo 2

Il Dio Della Pioggia

2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mana

«… lei, è Mystery.»

In quel momento avrebbe dato il suo regno per una telecamera.

L’espressione di Seth… Dei, perché non aveva almeno una macchina fotografica a portata di mano???

Mantenne a stento la sua solita espressione.

Mystery, come si era imposto di pensare a lei per non rischiare di tradirsi, guardava i presenti con la flemma che aveva anche da ragazzina, quando era entrata nel loro liceo che loro erano al quarto anno; quando gli altri le scoppiavano a ridere in faccia sentendo il suo nome per la prima volta; quando la prendevano in giro perché era a malapena un metro e sessanta; quando le altre ragazze la deridevano perché non aveva seno; quando ascoltavano quella voce già profonda e adulta che in bocca ad una ragazzina stonava… quando si chetavano scoprendola figlia di uno degli uomini più ricchi della città.

Non era cresciuta di altezza, si chiamava sempre Ame Kurisutaru Sasakawa, anche da sempre si voltava solo se chiamata Rain.

«Ma perché Rain?» aveva chiesto Seiji.

«Rain è decisamente più musicale di Ame» aveva azzardato lui cercando la risposta ad alta voce.

«Mia madre mi ha dato il nome della cosa che odia di più al mondo, devo anche facilitarla nella pronuncia?»

Forse la prima volta, a sua memoria, che quella ragazza li aveva azzerati. L’inizio di una bella abitudine.

Era sempre figlia di uno degli uomini più ricchi della loro città di origine… ma quella voce si era ampiamente perfezionata e il suo corpo si era adeguato agli standards. Superandoli, se proprio la si voleva dire tutta.

Gli era preso quasi un colpo quando l’aveva rivista un paio di settimane prima. Era stato improvvisamente scaraventato indietro nel tempo di oltre quindici anni. Quasi venti.

L’aveva riconosciuta per gli occhi. Quel taglio affilato, nero come l’ossidiana e duro come un diamante.

Quando l’aveva chiamata Rain, si era voltata pronta ad affrontare chissà quale nemico.

Non lo aveva riconosciuto.

Solo quando si era tolto gli occhiali da sole gli aveva sorriso incredula. Manabu? Sei veramente tu?

Ricordava anche il suo sorriso, quanto suonasse divinamente il pianoforte… in un lampo, la soluzione si era delineata nella sua mente.

Certo, era una musicista eccezionale, quindi avrebbe potuto aiutarlo con l’album, la scusa per passare tempo insieme, farla incontrare di nuovo con Seiji… ecco, la soluzione si era arrestata a questo punto, trasformandosi in un qualcosa a metà fra un percorso ad ostacoli e un potenziale suicidio.

Li aveva sempre visti attratti come il ferro e la calamita, si era stupito non poco quando aveva capito che l’amico aveva lasciato la città lasciandoci anche lei.

Non era pronto a metterli una davanti all’altro senza… era proprio il caso di dirlo, senza maschere, c’era il rischio reale che entrambi si barricassero di nuovo dietro le rispettive ironie taglienti.

Forse era follia… no, era follia ma… perché no?

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Rain

Eccolo lì.

Solita faccia da schiaffi, solito sguardo che ti passava da parte a parte… concentrato in un solo occhio, visto che nel frattempo doveva essersi dato alla pirateria.

Il secchione più anomalo che avesse mai incontrato in vita sua, quel giorno indossava pantaloni di pelle, anfibi, una camicia e una benda da pirata… il tutto rigorosamente nero. I lunghi capelli neri e rossi scendevano lisci dietro la schiena.

Mana (perché doveva assolutamente entrare nell’ordine di idee che quello fosse il suo nome e che Seiji non fosse mai esistito nella sua mente perché si chiamava Seth, punto… un nome a caso, fra l’altro) l’aveva convinta e ancora non aveva capito come.

Fare una sorpresa a Seiji, era il piano. E già che ci sei mi aiuti a non farmi scaricare da Kaede, aveva aggiunto a parte.

Nascondergli che lei era lei.

Tanto lo scoprirà da solo… prima o poi.

Come se quell’uomo potesse ricordarselo a distanza di oltre quindici anni.

Mana se lo era fatto promettere, che per niente al mondo avrebbe detto a Seth chi era.

Il tizio accanto a Seth, quello che stando alle foto che aveva visto quando era truccato assomigliava in maniera preoccupate a Marilyn Manson, la fissava sbalordito.

Come accidente aveva fatto ad arrivare lassù?

Seth aveva un notevole rialzo agli anfibi e gli arrivava a malapena alle clavicole.

Quindi sovrastava lei ottimisticamente di almeno una ventina di centimetri, forse anche trenta.

Dei, non c’era fine al peggio.

Sarebbe andata avanti a telegrammi con lui, o cervicali.

O segnali di fumo, come diceva Seiji a scuola.

Seth, Rain, maledizione: Seth. Non è neanche difficile da ricordare, dai.

Anche lui aveva capelli neri e rossi… ma a differenza di Seth che aveva mèches rosse, i suoi erano divisi esattamente in due parti… e i rossi erano raccolti in strette treccine.

Spostò l’attenzione sui due tizi rimasti, la sezione ritmica, che si tenevano in disparte… e sgranò gli occhi guardandoli con più attenzione.

In quel momento fu grata a Mana per l’idea della maschera, perché doveva avere un’espressione da fotografia utile al ricatto a vita.

Cosa aveva in faccia quello con i capelli neri? Un taglio che sanguinava??

Lanciò un’occhiata a Mana che fissava qualcosa davanti a sé… presumibilmente nella direzione di Seth, ma non si poteva mai dire con quell’uomo.

Anche a scuola sembrava che ti fissasse e invece pensava allegramente agli affaracci suoi.

Un modo come un altro per scatenare risse.

Era entrata nella storia la scena quando…

La mensa era sempre un casino.

Chi parlava, chi gridava, chi rideva.

Senza contare che il cibo non era niente di che.

«Manabu, se proprio devi fissarti su qualcuno per far funzionare il cervello, guarda me che ti conosco. Il tizio due tavoli più giù fra poco o ti fa una dichiarazione d’amore o ti prende a cazzotti.»

Si era voltata verso Seiji, che aveva pronunciato quelle parole come se stesse commentando il cielo nuvoloso.

Poi aveva capito e si era messa a ridere.

«Fanculo Seiji, era un pensiero profondo.»

«Ripeto: concentrati su di me… o su Rain, se proprio non sono il tuo tipo, e puoi sprofondare nei tuoi pensieri quanto vuoi.»

«Sei insopportabile, te lo dico.»

«Mh, quando me lo dirai senza sorridere, ci crederò.»

Tornò di botto dentro quella stanza rendendosi conto di avere il sorriso stampato in faccia, tornò seria e riprese l’analisi degli elementi che la circondavano.

Un altro aveva lunghi capelli color rosso fuoco… ed era più o meno alla sua altezza.

Menomale.

Tornò a guardare Seth, il cui unico sopracciglio visibile svettava in un arco perfetto. Aveva sempre avuto degli occhi bellissimi.

«Mana… a parole tue.»

Stessa faccia da schiaffi, stessa voce profonda e stessa ironia.

Se era davvero lo stesso che ricordava, come si era premurato di informarla Mana, poteva portarti ad un passo dall’omicidio o farti piangere dal ridere con la stessa, disarmante facilità.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Seth

E’ uno scherzo, vero? Non esiste che facciano sul serio. Cosa ci fa quella maschera sul suo viso? Qualcuno svegli Mana, per cortesia.

L’amico lo stava fissando con la sua usuale espressione vuota.

La perfetta miniatura che aveva accanto invece faceva vagare lo sguardo su di loro, come studiandoli.

Allora svegliate me.

Il silenzio si prolungò per qualche altro secondo.

Quando un sorriso piegò le labbra di quella donna, decise che ne aveva già abbastanza.

Ok, adesso basta, ma che si è auto ipnotizzato come a scuola??

«Mana… a parole tue.»

Un sorrisino indefinibile curvò la bocca di Mana… e in quel momento capì.

C’era cascato.

Era una guerra del silenzio non annunciata e lui aveva ceduto per primo.

Merda.

«Avete preannunciato la cosa a Hayato e Sugiya?» chiese Mana fissando sempre lui.

I due interessati si guardarono, «Sì, lo hanno fatto» rispose il batterista. «Mystery, lieto di conoscerti. Sono Hayato e suono la batteria» si presentò di nuovo anche se Mana lo aveva già fatto all’inizio.

«Sugiya, al basso.»

«K. Chitarra ritmica.»

«… seconda voce e death voice» aggiunse lui visto che K sembrava averlo dimenticato. «Io sono Seth, canto. Benvenuta» si decise a seguire la folla.

La buona educazione prima di tutto. Mamma, saresti orgogliosa di me, in questo momento.

Lei rimase in religioso silenzio.

Cielo, non era un Mana con le tette, vero??

K sorrise, «Piacere di conoscerti, Mystery. Mana ci ha detto che canterai anche tu e…»

«Cosa?» chiese Mystery.

K si bloccò e guardò Mana, sempre accanto a lei.

Wow che voce.

«Canterai anche tu» ripeté prima di pensarla.

Mystery sbuffò, «Lo avrà detto per fare incazzare te, sa benissimo che non ne ho alcuna intenzione.»

Sentì la sua bocca aprirsi in una O perfetta e l’occhio visibile spalancarsi in proporzione.

A parte il concetto espresso… e non era da escludere che avesse ragione… aveva una voce a dir poco sexy.

Mana scoppiò a ridere. «Dai!»

«No. Suono le tastiere e ti solleverò dalla croce delle programmazioni» sembrò ricordargli. «Se ti va di culo potrei anche portarti il caffè un paio di volte alla settimana…»

«Almeno una?» insistette il chitarrista «Corta corta?» aggiunse.

«Posso sparargli?» chiese riprendendo il controllo della mandibola.

«No Seth, non puoi» rispose rassegnato e divertito K.

«Almeno una fucilata? Piccola piccola?» insistette con lo stesso identico tono che Mana stava usando con lei.

Una risata roca squarciò l’aria, seguita da tutti gli altri, Mana incluso.

Un brivido gli percorse la schiena e non riuscì a trattenere un sussulto.

Si voltò a guardarla incredulo.

Aveva anche una risata molto sexy, ma si conosceva abbastanza da sapere che non era quello il particolare che aveva preso a sberle il suo cervello.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

K

Aveva bisogno di aiuto.

Decisamente.

Si stava creando una sorta di buco nero a tre angoli, lo sentiva.

Così, a naso, poteva azzardare l’ipotesi che Mana conoscesse bene quella donna.

Parlava, rideva e scherzava… completamente struccato, per giunta.

Se cantava come parlava… e rideva, erano sistemati a vita.

«Solo una!»

Nel frattempo il tono di Mana, come al solito impermeabile alla impietosa ironia di Seth, era passato dall’essere una domanda ad un quasi ordine, sempre ridacchiando.

Quell’uomo era semplicemente irrecuperabile.

«Detesto cantare in pubblico» disse Mystery… con il tono di chi chiude una discussione.

Era un tipino, quella donna!

«Ottimo, Mana non prende neanche in considerazione l’ipotesi di parlare in pubblico» disse Seth improvvisamente serafico. «Direi che sarebbe un equo scambio…»

Si voltò basito verso il vocalist.

Lo aveva davvero detto??

Mana era tornato serio di botto. «Ok bastardo, uno pari» concesse imbronciato.

«Fossi in Mystery ci farei un pensierino» continuò implacabile Seth. «Io arriverei al ricatto, se necessario. Adesso puoi toglierti quella maschera, farà un bell’effetto nell’insieme, ma…»

«Non si toglierà la maschera Seth» lo fermò Mana.

Vide chiaramente Sugiya portarsi una mano sugli occhi e Hayato intrecciarle saldamente poco sotto lo stomaco.

Forse era davvero il caso di mettersi a pregare.

«Fammi capire un attimo…» disse Mystery nel silenzio che seguì «avevo capito che gli avevi almeno… accennato a come stavano le cose.»

«Ti ho anche chiesto se ti andava un caffè prima di conoscerli» fu la risposta di Mana.

Qualcuno mi spiega cosa stanno dicendo? Cosa c’entra il caffè?

«Oooohhhh» ribatté lei falsamente stupita, «perdonami se non ho capito al volo che fosse un cortese invito a non starti fra i piedi mentre sparlavi di me.»

Ah ecco.

Mana sorrise divertito, Seth ancora lo fissava con l’occhio ridotto ad una fessura.

Anche lei ad ironia era messa bene.

In sintesi, neanche loro potevano vederla in faccia?

Mystery a quel punto sbuffò, «Come al solito quando c’è di mezzo un uomo bisogna fare tutto da sole» stabilì. «In quanti siete, cinque?» chiese rivolgendosi a loro come se stesse facendo a mente due calcoli di cosa potesse aspettarla.

Hayato scoppiò a ridere, seguito a ruota da Seth e Sugiya.

«Non mi toglierò la maschera, Seth, sono sfigurata.»

Mana quasi finì in terra per come sussultò.

La sua risata gli si incastrò in gola.

Oh cazzo.

Seth cambiò immediatamente espressione. «Scusami, non immaginavo. Pensavo che fosse una delle trovate di Mana» ammise. «Anche la benda che porto io è un prodotto di quel cervello geniale.»

Nel frattempo Mana si era ripreso. «Se necessario elaborerò una maschera per ogni suo abito» li informò. «Cominciamo a lavorare? Mystery deve anche ascoltare i demo.»

«Quindi…» cominciò Sugiya cauto «le registrazioni finali le faremo con lei, non sovra incidendo le nostre parti ai sintetizzatori.»

«Il piano è questo» rispose Mana.

«Da quello che ho potuto constatare fino ad ora, i tuoi piani lasciano parecchio a desiderare» fu il commento di quella donna, a voce moderata ma abbastanza alta da farsi sentire.

Non riuscì a trattenersi e scoppiò di nuovo a ridere. «Va’ che sei proprio simpatica! Chi ha parlato di caffè?» chiese salottiero avviandosi verso di lei «Mana, prima il caffè e poi il lavoro!»

La prese per mano e la trascinò quasi fuori dalla stanza, «Ti insegnerò uno dei percorsi più importanti di questo posto!» la informò.

«Quello che arriva alla macchinetta del caffè?»

«Esatto.»

«Ti seguo!! Basta che rallenti un attimo perché hai le gambe lunghe quanto me dalla testa ai piedi…»

Ubbidì con una risatina.

«Grazie K.»

Sorrise. «Qualcosa già mi dice che sarà un piacere.»

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Sugiya

Quando K sparì oltre la soglia con Mystery ebbe l’impulso di precipitarsi per corrergli dietro.

Magari urlando anche non lasciarmi soloooooo.

Ovviamente, non mosse un muscolo.

Mana e Seth erano rimasti a fronteggiarsi.

Aaaarrrrgggggghhh disastro…

«Se volete un caffè è il momento di lasciare la stanza» disse Mana senza guardarli, concentrato su Seth.

Cielo, una via d’uscita.

Il suo fido batterista lo prese per un braccio e lo trascinò verso la salvezza.

Li lasciarono a fronteggiarsi.

«Hayato che cazzo è successo?» chiese in un soffio appena furono ragionevolmente lontani.

«Non ne ho idea. Qualche sospetto. Ma niente di traducibile a parole al momento.»

«Adoro la tua chiarezza.»

Hayato lo guardò divertito, «Sei più confuso di un piccione in una sala di specchi e pretendi che sia proprio io a chiarirti le idee?»

Scoppiò a ridere senza riuscire a trattenersi.

La verità era che nessuno osava dare contro a Mana, fermo restando che poteva tagliarli fuori in qualsiasi momento dal gruppo, restava il leader indiscusso.

L’amicizia di vecchissima data con Seth (al di là dell’affermare entrambi di essere nati nel 1549, era sicuro che avessero frequentato il liceo insieme!) metteva Seth nella posizione di potersi imporre in qualche modo, ma quando succedeva… che fosse per un arrangiamento o il modo di cantare una strofa, il mondo veniva scosso dalle fondamenta.

Nessuno dei due alzava la voce, ma erano chiaramente due uomini testardi, con le idee chiare, che si conoscevano intimamente e si rispettavano altrettanto profondamente.

Quando Seth apriva bocca per dire che qualcosa non gli tornava, Mana si fermava ad ascoltarlo.

Salvo poi sotterrarsi a vicenda di ironia e colpi ben al di sotto della cintura.

K conosceva il chitarrista da molto più tempo di lui e gli aveva detto che all’inizio Mana faceva sempre quell’effetto, ma era un uomo giusto e onesto, che sapeva riconoscere il valore di chi lo circondava.

Avrebbe imparato a trattarlo alla pari, senza perdere il rispetto che sentiva di dovergli.

Quando aveva chiesto a K quanti anni ci erano voluti a lui per imparare a trattarlo alla pari senza perdere il rispetto che sentiva di dovergli… la diplomatica risposta del chitarrista era stata ognuno ha i suoi tempi.

Dopo lo scioglimento dei Malice Mizer sotto forma di periodo di stand-by indeterminato, Mana aveva fondato i Moi Dix Mois che avevano a loro volta già dovuto affrontare diverse amputazioni prima di arrivare a Seth e a loro due.

Quello era il primo album completo con quella formazione e solo lavorare ai demos lo aveva elettrizzato. Era circondato da geni puri, musicalmente parlando.

Che poi potessero essere deficienti fino alle lacrime, perché Seth riusciva a farti piangere da come ridevi, era un altro discorso.

Quell’uomo era stato prelevato direttamente dalla vita privata di Mana. Segno più che evidente di quanta fiducia il chitarrista avesse in lui.

Erano amici, prima che colleghi, e Seth non se ne approfittava assolutamente.

Indubbiamente era un cantante eccezionale, con un timbro di voce da lirica quasi, e una notevole carriera alle spalle. Aveva i brividi quando cantava e non vedeva l’ora di sentirlo registrare le nuove canzoni sugli arrangiamenti definitivi.

Si divertiva come un matto con il vocalist, era dissacrante come poche persone aveva conosciuto.

Raggiunsero K e Mystery alla macchinetta e il chitarrista fece il caffè anche a loro.

«Li avete lasciati soli?» chiese Mystery.

Hayato annuì per entrambi.

Da quello che poteva vedere aveva penetranti occhi neri, i capelli erano neri, lisci e lunghi, era piccolina, ma perfettamente proporzionata.

La forma del viso era un ovale perfetto e la bocca era piena e ben disegnata di un colore rosa trasparente… la maschera copriva gli occhi salendo fino all’attaccatura dei capelli e scendeva fino alla punta del naso, aprendosi in due onde sulle gote.

Mana doveva conoscerla molto bene per comportarsi in quella maniera con lei… e soprattutto per permetterle di comportarsi in quella maniera con lui.

Il concetto di no, sembrava totalmente assente nel mondo di quell’uomo… nel senso che di solito non perdeva tempo a cercare di convincerti.

Era completamente struccato, parlava e rideva.

Forse la conosceva anche Seth? Per questo Mana aveva voluto rimanere da solo con lui?

Chissà che tipo di ferite poteva avere in volto per coprirlo così.

«Come funzionano le cose? Se non li vediamo arrivare entro dieci minuti andiamo a separarli?» chiese improvvisamente Mystery con il tono più tranquillo del mondo.

K la fissò basito, per poi scoppiare a ridere, prontamente seguito da Hayato… e da lui, appena riuscì a richiudere la bocca riacquistandone il controllo.

«Quei due si conoscono da oltre metà della loro vita, se fosse dovuta finire in tragedia non avrei avuto il tempo di conoscere Mana!» rispose K «Vedi, Mana ci ha parlato di te, ma ha… diciamo omesso qualche particolare e c’è anche lo stress dell’album. Stavolta Seth ha un’alta percentuale di parti soliste ed è innegabile che con la tua entrata dovremo praticamente mettere di nuovo mano in tutte le canzoni. Una cosa è interagire con un computer, tutt’altra con un essere umano… e forse Mana nell’onda dell’entusiasmo non ci ha pensato.»

«Vi ha almeno avvertiti che non ho mai suonato in un gruppo? Tantomeno in uno metal gothic?»

La sua bocca si riaprì pari pari.

«Ce lo ha detto» confermò K, poi lanciò un’occhiata a loro due, «ma a quanto pare io e Seth abbiamo a nostra volta saltato qualche paragrafo della storia con loro. Lascia passare la scossa iniziale e con Seth morirai dalle risate.»

«Da… da quanto tempo suoni le tastiere?» chiese Hayato cauto.

«Suono il pianoforte da tutta la vita. Sono approdata alle tastiere una quindicina di anni fa…»

«Accidenti!» esclamò colpito… per poi accorgersi che l’aveva praticamente interrotta.

Sotterratemi!!!

«Scusa…» mormorò contrito «non volevo interromperti.»

Gli sorrise.

Che bel sorriso aveva.

«Figurati. Lo prendo come un complimento.»

«Quindi ti occuperai di tutta la programmazione» riprese K.

Mystery annuì, «E non c’è bisogno che tu mi dica che è un suicidio, visto il culto della perfezione proprio dell’uomo che riconoscete come leader. Ancora non ho capito come mi ha convinta.»

Scoppiarono a ridere.

Conosceva Mana molto bene.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Mana

Seth era confuso.

Chiaramente confuso.

Doveva prepararsi ad essere sotterrato dalla sua ironia.

Era azzardato introdurre un nuovo elemento a quel punto, ma Rai… Mystery era nata per suonare il pianoforte e sapeva che stava facendo la cosa giusta… e non solo per il gruppo.

Il problema, ovviamente, era cercare di farlo capire a quel testone, senza rivelargli le sue reali intenzioni e men che mai tutta la verità.

Complimenti Mana, registrare e produrre un album come DIXANADU non era abbastanza per occuparti le giornate, vero?

«Senti, partiamo da un paio di punti fermi, ok?» esordì Seth «Tu sai cosa stai facendo.»

Annuì.

«Bene. La sua entrata nel gruppo faciliterà le cose invece di complicarle.»

Annuì di nuovo… almeno a livello professionale…

Lo vide accendersi nervosamente una sigaretta.

E di nuovo i ricordi lo investirono come una valanga.

Era riuscito, ancora non capiva come, a rompere la scatola porta gioielli di sua madre e aveva chiesto a Seiji di accomodarla. Era l’unico che poteva almeno provarci, ci sapeva fare con le mani. Lo aveva anche aiutato a rientrare a casa una volta che si era scordato le chiavi.

Quindi aveva approfittato di una serata in cui i suoi erano fuori a cena da qualche parente. Aveva accuratamente imboscato la scatola danneggiata per non farla trovare a sua madre (che di seguito era stata costretta ad uscire indossando solo i gioielli che le aveva fatto trovare sopra il comodino… gioielli che, ovviamente, stavano benissimo con il vestito che aveva deciso di indossare, in quanto li aveva scelti quando sua madre si stava vestendo) e, giurando sulla sua testa (perché tanto era esattamente quella la parte del suo corpo in pericolo) che l’avrebbe ritrovata per il suo rientro, aveva chiamato a raccolta i suoi amici per ovviare al disastro.

«Mi prendi le sigarette per favore?» aveva chiesto Seiji.

Rain si era alzata e si era avvicinata alla sedia dove stavano ammonticchiati i cappotti. «In quale tasca le hai?»

Seiji si era guardato le mani, facendo chiaramente mente locale, «La destra.»

Rain era quindi passata a prendere Seiji a casa e si erano ritrovati lì da lui, pronti ad aiutarlo.

«Ah, eccole, e l’accendino?»

«Nell’altra.»

«Ma non è più comodo tenerli insieme?»

«Non ci ho mai pensato.»

«La logica non è femminile per un caso.»

«Ok, organizzeremo un convegno per stabilire la tasca giusta dove mettere le sigarette e dove mettere l’accendino, ora me le dai che ho voglia di fumare?»

«Seiji, saresti così cortese da allontanare le mani da quella scatola per due secondi?»

Seiji aveva ubbidito senza discutere (strano) e si era sentito arrivare l’accendino in testa… e, quando aveva alzato lo sguardo per capire che stesse succedendo, il pacchetto sul naso.

Con una mira da cecchino.

«Grazie infinite» aveva ringraziato compita Rain.

Come al solito la cosa si era chiusa con un coro di risate e con l’intercalare preferito di Seiji, «Sei una rompiballe Rain‼!»

Alla fine, Seiji aveva risistemato la scatola così bene che sua madre non si era neanche accorta del disastro. Anzi, aveva ringraziato gli Dei di averle fatto trovare i gioielli giusti sul comodino.

Mentalmente aveva risposto anche “ma figurati mamma, è il minimo”.

«Ottimo. Adesso spiegami chi dannazione è, perché la conosci bene, è evidente, e io conosco bene te, quindi…»

Ci mise qualche attimo a tornare in quella stanza e rimase a fissare l’amico fra il sopreso e l’indispettito.

… accidenti a te e alla tua logica che applichi nei momenti sbagliati. Perché non me la chiami per nome, già che ci sei?

Scosse la testa, «No. Non posso. Che la sua identità resti segreta è la condizione che ha imposto per entrare nel gruppo» mentì. «Appena la sentirai suonare, ti renderai conto che le avrei dato la Luna se me l’avesse chiesta. Fidati di me.»

E con questa ho toccato il picco massimo del mio bastardometro. Seiji, mi ringrazierai, lo so.

Lo vide respirare profondamente.

Il silenzio si protrasse per qualche secondo, poi…

«E così sia. D’accordo.»

Annuì e gli fece segno con una mano di precederlo fuori dalla stanza, «Il caffè ci aspetta.»

Seth lo guardò di traverso passandogli accanto, poi scoppiarono a ridere tutti e due.

Quell’uomo era una delle poche persone su quel pianeta con il quale poteva essere se stesso.

Qualche settimana prima, ne aveva ritrovata un’altra.

Si era già premurato di far incontrare Mystery e Kaede, spiegando alla sua compagna la situazione.

Tutta la situazione.

Meglio non riportare la versione integrale del commento di Kaede. Bastava sapere che, pur avendo riconosciuto di aver finalmente incontrato la matrice originale di tutte le donne che ho visto intorno a Seth, aveva concluso con un se non stessi con te da più della metà della mia vita e mi facesse fatica ricominciare tutto da capo con un altro ti fanculizerei io al posto di quei due… sei un rompicoglioni. Musicista, produttore e stilista era troppo poco? Aprirai anche un’agenzia d’incontri?

Sorrise.

D’altra parte, era vero.

… che musicista, produttore e stilista era troppo poco, ovviamente.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Rain

Arrivarono uno di fianco all’altro.

Mana con un sorrisino indefinibile, segno che l’aveva avuta vinta su tutta la linea, e Seth, con l’eterna sigaretta in bocca, sembrava un po’ più tranquillo… ma la fissava come se volesse farle una radiografia.

Veramente c’era da chiedersi come Mana l’avesse convinta, dovevano bere un caffè insieme e non solo si era trovata a casa sua, a tu per tu con la sua compagna, se non altro alla fine si erano conosciute, ma…

Sospirò afflitta.

Fu Mana a fare il caffè per sé e per Seth.

«Allora, che facciamo oggi?» chiese K.

Seth ridacchiò, «Proprio colui che ha sviato le intenzioni lavorative del capo…»

K lo sotterrò con un’occhiataccia, «Grazie per averlo sottolineato, gnomo.»

Lo fissò basita. Pure. Se lui era uno gnomo, lei doveva iniziare ad organizzarsi con un campanellino al collo per non essere calpestata più o meno accidentalmente.

Seth si piegò in due a ridere, «Di niente, giraffa!»

Mana scuoteva la testa, «Ma cosa avevo in testa quando li ho messi insieme?»

«Tutto tranne che il senso della misura» rispose solerte Seth.

«Allora, Mystery» esordì K con un sottofondo di risatine ignorando alla grande il chitarrista e il vocalist, «cosa puoi dirci di te?»

«Allora non ci siamo capiti…» disse Mana.

«K ti ha capito benissimo» lo informò Seth serafico, «qui sei tu ad esserti scordato che è più curioso di un gatto.»

Mana si bloccò come interdetto, «E’ forte di questo che hai mollato il colpo così facilmente?» s’informò fra il guardingo e l’incredulo «Aspetti che sia K a fare il lavoro sporco per te?»

Seth scosse le spalle, «Sono sempre dell’idea che se la conosci tu, devo conoscerla anche io…»

A posto!!!

Mana lo gratificò di uno sbuffo.

«… al momento non riesco assolutamente a capire chi possa essere… ma prima o poi…»

Scoppiò a ridere.

Proprio non riuscì a trattenersi.

Mana dovette capire cosa le passava per la testa, visto che Seth aveva ripetuto esattamente le sue stesse parole, e sorrise.

«Che ho detto?» chiese Seth perplesso.

«Niente» rispose Mana con un tono che voleva chiudere il discorso. «Bevi il caffè e poi andiamo a lavorare. E già che ci siamo, dammi anche una sigaretta.»

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Hayato

Lui era già convinto dopo averla vista montare in tempo record un intero universo elettronico.

La sua strumentazione era già in sala prove, cosa che lasciò, se possibile, anche Seth senza parole.

Mana si era mosso ad una velocità impressionante.

Si erano precipitati in cinque quando l’avevano vista iniziare il gesto di sollevare le tastiere dalla custodia, ma li aveva bloccati: c’era abituata ed erano meno pesanti di quello che apparivano.

La osservarono in silenzio costruire un’intera zona di tastiere, sintetizzatori, levette e bottoni.

Con tanto di cacciavite.

Davvero si ricordava a cosa servisse ogni singolo bottone o levetta?

Collegò il tutto alle uscite libere degli amplificatori di Mana, particolare che, potenzialmente, la posizionava già sul palco alle spalle del chitarrista, di fianco alla postazione della batteria.

Quando diede elettricità all’impianto sentì distintamente il rumore della corrente invadere la strumentazione.

Doveva essere un’apparecchiatura costosissima, avrebbe fatto un figurone su un palcoscenico. A prescindere che fosse bella a vedersi, un trionfo di nero, bianco e blu scuro con strani disegni argentei, bianchi o viola, dipendeva dal colore dello sfondo, appariva solida ed elegante.

Sfiorò qualche tasto che rispose.

Poteva essere assurdo, ma gli sembrò diverso da qualsiasi altro suono di tastiera che avesse mai ascoltato.

«Ok, sono pronta» disse a Mana.

«Ti ho preparato gli spartiti, le copie dei programmi e adesso ascolterai i demos con noi. Di solito ascoltiamo sempre cosa abbiamo fatto la volta precedente. Ovviamente, dovrai sapere tutto a memoria.»

Annuì e si spostò aggirando le tastiere… che fra l’altro le arrivavano appena sotto il seno, ed erano reclinate in obliquo.

Effettivamente era una posizione comoda per le braccia.

«Hai studiato al conservatorio?» chiese K.

«Sì.»

«Quanti anni ci vogliono per il pianoforte?»

«Dieci. Ma sono stata brava e mi sono diplomata in nove.»

«Ah, quindi hai fatto in tempo a conoscere la scuola normale

«Dal liceo.»

«K, dimmelo subito: devo imbavagliarti?» esordì calmo, ma anche no, Mana «E tu» aggiunse rivolgendosi a Mystery, «conta fino a dieci prima di rispondere, o nel giro di un’ora gli consegni il documento di identità!»

Mystery sorrise appena, K ridacchiò senza vergogna.

«E’ più forte di me!» cercò poi di giustificarsi il chitarrista.

«So con chi non devo lasciarla sola…» commentò Mana.

K alzò gli occhi al cielo, «Come la fai lunga…»

«Ok, cominciamo ad ascoltare i demos?» chiuse la cosa Mana.

Dopo un’altra mezz’ora, durante la quale ascoltarono il tutto commentandolo, e Mystery seguì sugli spartiti con Mana al fianco… «Se scegliessi una sola canzone e non la cantassi neanche tutta?» propose di punto in bianco il chitarrista.

Mystery respirò profondamente, «Sei snervante esattamente come ti ricordavo. Anzi, forse invecchiando sei anche peggiorato. Cosa non ti è chiaro di non voglio cantare

Sugiya sgranò tanto d’occhi.

Oh sì… quella donna conosceva molto bene Mana.

«Non è neanche cantare» riprese Mana come se niente fosse uscito dalla bocca della sua interlocutrice. «Seth, K, ho in mente Dispell bound. Se lei aggiungesse la sua voce alla fine, mentre viene ripetuto il ritornello, magari nel punto in cui le tastiere si alzano di intensità…» accompagnò la spiegazione con il gesto della mano socchiusa ad artiglio che si alza verso l’alto, le dita leggermente piegate rivolte verso il cielo.

Come al solito si trovò a fissarlo incantato. Anche quando non era nei panni di Mana, aveva sempre le movenze di Mana.

K stava già annuendo, Seth… «Se ascoltassimo la sua voce almeno una volta, prima di parlarne seriamente?»

«E’ intonatissima» lo informò Mana seccato.

«Ci manca solo che tu chieda di cantare ad una stonata come una campana…» fu il commento intriso di ovvietà di Seth.

«La mia voce potrebbe non essere adatta a quella di Seth e di K» aggiunse quasi speranzosa Mystery.

«Da quello che sento mi sembra improbabile» ribatté Seth, «ma…»

Mana scoppiò a ridere, «Seth, almeno tu hai chiaro da che parte stai??» chiese compiaciuto.

K per poco cappottò giù dalla poltroncina per come cominciò a ridere.

Seth sbuffò dopo un attimo di smarrimento totale. «Mystery, mi permetti un francesismo al contrario?» chiese tranquillo.

«Certo.»

Si rivolse a Mana, «Fottiti.»

La risata di Mana acquistò nuovo slancio, portandolo a piegarsi a panino.

Tempo due secondi, lo seguirono tutti.

Anche Seth.

 

 

 

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

 

NOTE:

 

Ame Kurisutaru = Pioggia Cristallo.

OK, ormai le carte sono più che scoperte, è chiaro dove andrò a parare vero?

 

 

Distress_And_Coma: Mana non parla in pubblico, è vero, ma qui non è “in pubblico”. E’ inverosimile che lontano dalle telecamere, durante la lavorazione di un album, continui a sussurrare all’orecchio di qualcuno per poi far riferire.

Diciamo che perderebbe buona parte della stima che ho di lui, se così fosse.

Al di là di questo, sicuramente Seth lo ha sentito parlare a scuola. Ho da qualche parte la certezza che sia vero che si conoscono dai tempi del liceo.

Seth ha in casa la bellezza di 2 pitoni, di cui uno davvero alpino, ma qui me ne bastava uno. Non ho voluto neanche dargli un nome perché tanto sarebbe stato inventato e qui di nomi potenzialmente inventati ce ne sono già a paccate (vedi quello di Mana e Seth! XDDD)

Mmmmhhh no, gli altri Malice Mizer non appariranno nella ff, il nuovo personaggio (Rain) me lo sono inventato. Che io sappia poi Seth non ha mai fatto parte di quel gruppo e se conosce gli altri elementi è perché quelli del Visual Kei sono una specie di circolo dove tutti conoscono tutti XDDDDDD

 

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Il Dio della Pioggia - Capitolo 3 ***


Il Dio della Pioggia - Capitolo 3

Il Dio Della Pioggia

3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

K

Dopo soli quattro giorni, poteva affermare che quello era lavorare.

Lavorare divertendosi.

Quella era la lavorazione di un album più liscia che ricordasse.

Mana era tranquillo, rilassato, modificava basi musicali e parole con la stessa facilità con cui si potevano spostare i pezzi su una scacchiera.

C’erano dei momenti in cui sembrava estraniarsi, ma erano quelli la norma.

C’era un’incredibile confidenza fra lui e Mystery. Empatia allo stato puro.

Tale da gettare nella confusione anche Seth.

Più di una volta aveva visto il chitarrista toccarla come se fosse la cosa più naturale del mondo. Un braccio, una spalla, circondarle la vita con un braccio per guidarla fuori dalla stanza, addirittura accarezzarle una guancia chiedendole se fosse stanca.

Era evidente che, da parte sua, il vocalist passasse buona parte del tempo a chiedersi chi fosse quella donna. Fortunatamente la sua concentrazione davanti al microfono non ne risentiva, almeno sino a fine giornata quando l’attenzione di quel ragazzo tendeva a decadere peggio degli atomi, ma, come lo aveva prontamente informato Seth, era nel suo DNA visto che era nato a Hiroshima.

Seth la definiva anche la decadenza giornaliera dei neuroni, con conseguente colica da risate dei presenti.

Incastonate nella fitta rete di ironia dei suoi compagni di ventura, aveva visto scene da non credere.

Lilac of damnation era un demo lasciato indietro perché a Mana non tornava. Espressione che poteva significare qualsiasi cosa, ma che nella fattispecie indicava che le parole non si incastravano nella musica come dovevano fare nella testa del chitarrista.

Seth aveva provato a cantarla in almeno dieci modi diversi e… niente. Il giorno prima, Mystery aveva ascoltato tre o quattro versioni, alla fine Mana aveva sbottato, «Capisci??? Maledizione… hai presente quando…?» si era interrotto cercando, evidentemente, le parole per esprimere da gentiluomo un concetto da scaricatore di porto.

«… porca troia?» aveva suggerito la ragazza senza fare una piega.

Mana aveva sbattuto una mano sul piano del mix, «Sì!»

Si erano piegati a ridere tutti quanti, Seth si era dovuto appoggiare al mix per non finire in terra.

Mystery si era alzata e si era rivolta a Seth, «Hai presente quando a scuola il professore di musica con il pugno chiuso ti ferma e con l’indice di fa partire?»

Seth aveva capito al volo cosa intendeva, «Credevo che solo lo stronzo che insegnava a noi facesse così!»

Mana aveva sussultato quasi scattando in piedi.

«No, purtroppo non hai avuto questo privilegio in esclusiva. Proviamoci. Mi è venuta un’idea.»

«Ok.»

Mystery si era parcheggiata dietro le sue tastiere e Seth si era fermato davanti a lei, poco distante dallo strumento.

Mystery gli aveva detto di iniziare.

Seth aveva cominciato a cantare, gli occhi fissi su di lei, e aveva seguito le indicazioni della ragazza (che fra l’altro aveva accennato la melodia con una sola mano!) fermandosi quando chiudeva il pugno e ricominciando quando lo puntava con l’indice.

Alla fine, Mana e lui erano scattati senza neanche guardarsi e avevano afferrato le rispettive chitarre, mentre Hayato si era precipitato alla batteria e Sugiya al basso. Avevano ricominciato a suonare tutti insieme e Seth a cantare, sempre sotto la direzione di Mystery, che non aveva usato più le mani ma la testa per dargli indicazioni, completando così il tessuto musicale usandole entrambe per suonare.

Alla fine erano rimasti a fissarsi increduli. Più che altro Mana e Seth.

Lui si era fatto un’idea precisa di come doveva essersi sentita quella disperata di Alice nel Paese delle Meraviglie: stenti a capire cosa succede, spesso non lo capisci proprio, ma vai avanti fiducioso in compagnia di folli personaggi.

«Ottimo Seth» aveva detto Mystery. «Complimenti ragazzi.»

«Adesso la registriamo esattamente così‼» aveva deciso Mana.

Quella che sembrava essere la valle della morte annunciata dell’album, era stata archiviata con una facilità quasi inquietante.

Quando arrivarono, quel venerdì pomeriggio, al demo di Dispell bound fu proprio Seth a convincere Mystery a provare a cantare… e, neanche a dirlo, la cosa funzionò benissimo.

E fu allora che Mana sembrò andare in blackout totale.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Mana

Vederli entrare in tre in sala dopo gli ultimi tre giorni di contrattazioni, uno sport in cui lui decisamente non eccelleva mentre K e Seth si erano rivelati autentici fuoriclasse, era un momento utile all’autocelebrazione, ma aveva altro a cui pensare.

A dispetto di momenti drammatici come quello in cui Ra… Mystery, giusto il giorno prima, aveva accennato al professore di musica, e Seth aveva capito al volo archiviandolo miracolosamente senza far domande (ma lui aveva sfiorato l’infarto multiplo), spesso si trovava a sorridere da solo, o peggio ancora a ridere da solo, ripensando a momenti vissuti con quei due più di quindici anni prima, ed era tutta la settimana che raccontava a Kaede aneddoti dell’epoca.

In particolare, vedendo quella donna capitolare proprio davanti a Seth. Quante volte Seiji era capitolato davanti a quella gran rompiballe di Rain?

Seiji aveva immediatamente iniziato a far muovere l’indice della mano destra da destra a sinistra e vice versa, come un pendolo rovesciato.

«Che significa?» aveva chiesto Rain.

«Ti do un indizio: non sto imitando un tergicristallo» era stata la risposta di Seiji.

«Stai cassando l’idea senza neanche starmi a sentire?» aveva chiesto Rain con il tono “neanche io ti credevo talmente idiota”.

«Cantare?? Io?? In pubblico??» era esploso a quel punto Seiji incredulo «Cosa ti sei fumata senza dividerlo con noi??»

«Ascoltami e ascoltami bene, perché non te lo ripeterò una seconda volta. Mio padre ha deciso di organizzare una festa per il compleanno di mia madre e non è meno di un miracolo. Sono riuscita a convincerlo ad inserire un gruppo. Adesso devo convincere anche te?»

«Ma non ho mai cantato in pubblico!»

Rain aveva fermato l’indice di Seiji prendendo la mano nella sua, «Non è mai troppo tardi per cominciare! Manabu suona la chitarra, io il piano e posso sopperire la mancanza della batteria e del basso. Vi preparo io le basi. E’ un ingaggio d’oro Seiji. Ragiona.»

Lo aveva visto distogliere lo sguardo, insofferente, ancora mano nella mano con lei. «Stiamo di traverso a tuo padre, non accetterà mai…»

«Non vi sopporta più di quanto non sopporti me» aveva concluso Rain. «Ma voi non resterete in casa sua dopo la festa, quindi siete avvantaggiati.»

«Non voglio che poi se la riprenda con te o che te la faccia pagare in qualche modo.»

«Non preoccuparti per questo: dubito possa fare peggio di come sta già facendo.»

Serrò i pugni al ricordo.

La razionalità spietata che quella donna aveva sempre applicato, in primis verso se stessa, era diventata una guida anche per lui. Senza rendersi conto l’aveva assimilata. Era grazie a quella che aveva sciolto i Malice Mizer prima che il gruppo lo uccidesse. Poi per fortuna aveva avuto Kaede a raccogliere i cocci con lui.

Sua madre e quella di Seiji, come anche i loro rispettivi padri, adoravano quella ragazza. Sembrava che gli unici genitori che non riusciva a conquistare, erano quelli biologici.

Quando Seiji aveva avuto una febbre da cavallo unita ad una bronchite da record, era stato acceso il riscaldamento al massimo in casa Matsudo. La madre di Seiji aveva detto che, al di là delle condizioni del figlio, era più tranquilla per quanto riguardava Rain, perché in casa loro rischiava di ammalarsi.

La ragazza l’aveva tranquillizzata, la creatura al vetriolo che aveva imparato a conoscere ed apprezzare spariva come nebbia al Sole davanti ai genitori di Seiji e ai suoi. Poi quando erano andati via, nel calduccio della macchina con autista che il padre le metteva a disposizione…

«Capisco la preoccupazione della signora Matsudo, appaio molto fragile vero? Quello che quella donna non può sapere è che in casa sua c’è un calore che io non avevo mai provato prima: quello dell’amore dei genitori verso il figlio. Lo adorano, Manabu. Esattamente come i tuoi adorano te. Io sono nata femmina e sono inutile per gli scopi di mio padre, perché in una coppia io mi troverei nella posizione di inferiorità rispetto a mio marito e lo stesso farebbe mio padre nei confronti del suocero, e una potenziale rivale per mia madre.»

«Teme che tuo padre le sottragga affetto per te?»

«No, non c’è affetto fra di loro, non si sono sposate due persone, ma due patrimoni… e questa macchina, quell’autista, mi vengono dietro per ricordare al mondo quanto è ricco mio padre. Mia madre teme che possa attirare l’attenzione degli uomini che interessano a lei.»

«Merda.»

«Esatto. I miei non dureranno ancora a lungo insieme. A parte questo, come pensi che mio padre abbia saputo di te e di Seiji? Durante un’allegra chiacchierata fra padre e figlia? L’autista gli riferisce tutto quello che faccio, ovunque vado. Sono un’intrusa nella casa dove sono nata, Manabu, è questa la realtà. Ciò che manda in bestia mio padre di te e Seiji, è che non può controllarvi, quindi non può allontanarvi da me.»

Aveva lanciato un’occhiata all’autista in questione, visto che poteva ascoltare… e di seguito riferire.

Rain gli aveva preso una mano, «Non preoccuparti. Se mio padre mi chiudesse in casa, non potrebbe più usarmi come pubblicità.»

«Ho sempre pensato che tuo padre vedesse me e Seiji come potenziali fidanzati, e che visto la differenza di classe sociale volesse… proteggerti.»

«Logica vorrebbe che fosse così, e anche messa così sarebbe discutibile… ma se rimanessi incinta, sarebbe l’occasione d’oro per disconoscermi… e non ho intenzione di renderla così facile a mio padre. Senza contare che tu e Seiji siete troppo preziosi per me: siete gli unici amici che ho. Non ho alcuna intenzione di mandare tutto a puttane per qualche settimana di sesso… ah, a proposito… come è andata ieri con quella ragazza che hai conosciuto giorni fa? Kaede, vero?»

Aveva finito con il raccontarle il primo appuntamento con quella che sarebbe diventata la sua compagna di vita.

Quelle due donne non avevano fatto in tempo ad incontrarsi se non dopo quindici anni, ma ormai aveva capito che a tutto c’era un perché.

Doveva andare così.

«Mana, tutto ok? Cosa c’è?» chiese Sugiya in un sussurro.

Si riscosse, «Mh? Ah… sì, tutto ok, stai tranquillo… pensavo ad altro. Per fortuna ho registrato.»

«Sicuro?»

Gli sorrise appena, «Assolutamente.»

Sua madre e suo padre gli avevano dato un altro tassello per capire quella creatura, proprio lo stesso giorno in cui avevano avuto quello scambio in macchina.

«Manabu, si può sapere che hai oggi?» aveva chiesto sua madre quando aveva scansato qualsiasi cosa commestibile presente sulla tavola. «Hai visto di nuovo Kaede? Va tutto bene?»

«Sì mamma, anzi… è confermato che dopo domani la conoscete. Pensavo a Rain.»

«Cosa è successo?» aveva chiesto suo padre.

Aveva riassunto cosa era successo quel giorno, incluso che fosse spiata dall’autista, il discorso della gravidanza e della situazione con i suoi genitori e sua madre aveva scosso la testa, incredula.

«Ci credo che è forte. E’ la persona più sola che abbia mai incontrato. E’ abituata a muoversi come un’ombra. Si sente minacciata dai suoi stessi genitori. Tu e Seiji le dovete stare vicini.»

«Ci provo mamma, ma non è facile. A volte la sua corazza la rende inavvicinabile anche a me e a lui.»

Suo padre aveva dato un rumore di gola, «Questa è una tua paura, Manabu. Credimi, non è così. Tu e Seiji siete forse gli unici dall’altra parte del muro con lei.»

Ci aveva pensato un attimo, «E’ vero papà, grazie.»

Suo padre aveva agitato la mano come a scacciare una mosca, «Figurati. Potresti presentare Rain e Kaede, già che ci sei.»

Aveva annuito. «Lo farò di sicuro, Kaede è gelosa da morire e Rain è molto bella.»

Suo padre aveva sancito la decisione con un cenno della testa. «Occhio a non combinar disastri.»

Sorrise al pensiero che, come al solito, suo padre era una fabbrica di ultime parole famose. Era riuscito non solo a combinare un disastro, e a tirarci in mezzo anche un Seiji febbricitante, ma alla fine quelle due si erano conosciute dopo quindici anni… e sembravano anche andare molto d’accordo!

«Allora, che ne pensi?»

Come spesso succedeva da qualche giorno, la voce di Seth lo riportò a forza in quella stanza.

«Mi sono distratto, scusate. Ho registrato tutto, me lo studio con calma… ok?»

Rain…

Una settimana di pratica non è servita a niente: è Rain il primo nome che mi sale alle labbra, o peggio ancora “tesoro”.

… lo fissava come se volesse oltrepassarlo da parte a parte.

«E’ ora di andare a casa» decise Seth.

Si trovò ad annuire. «Direi di sì.»

Fu costretto a fare una pausa, come sempre prima di rivolgersi a quella donna, «Mystery, posso parlarti un attimo da solo?» chiese prendendo una decisione su due piedi.

La ragazza si diresse alla porta senza una parola.

Seth, quando gli passò accanto, lo bloccò per un braccio, «Che hai?» chiese pacato.

«Niente, davvero. Un attimo di blackout. Siamo a venerdì e abbiamo lavorato come pazzi per tutta la settimana. Puoi fermarti ancora? Vorrei che venissi a cena da me e Kaede stasera.»

«Sicuro.»

Senza contare che il suo comportamento ormai aveva seriamente messo sul chi vive anche l’amico.

Raggiunse Rain. «Che ti è preso?» chiese preoccupata la ragazza «Quello non era uno dei tuoi soliti stati di trance autoindotta.»

Sorrise, a dispetto di tutto. «Se te lo dico non ci credi.»

«Provaci.»

«Mi è tornato in mente il discorso del calore familiare e di tuo padre.»

La vide aprire la bocca sconcertata.

Fece un passo verso di lui e gli appoggiò una mano su un braccio.

Si accorse solo in quel momento di avere le braccia conserte… il gesto di auto difesa più eclatante del suo repertorio. Un gesto che almeno un paio di persone conoscevano più che bene.

«Manabu» soffiò. «Non stai più parlando con una ragazzina di sedici anni. Ti garantisco che ho superato la cosa di non avere un padre e una madre degni di questa definizione. Cosa ha…?»

Scosse la testa, «Lo so, lo so perfettamente. E’ che quando ti vedo interagire con Seiji vengo travolto dai ricordi. Che ne dici di chiudere questa messinscena? Funzioni benissimo con il gruppo, e non ho mai avuto dubbi a riguardo, sto parlando di…»

«Togliere questo accidente di maschera?»

«Esatto.»

La vide arrivare alla maschera con entrambe le mani in un lampo.

«No no no, aspetta. Per favore. Fammi fare a modo mio» disse fermandola.

«Sei un rompiballe da manuale.»

Scoppiò a ridere, seguito da Rain.

«Ascolta, vieni anche tu a cena da me e Kaede stasera, preferisco che Seiji lo sappia fra… intimi.»

«Giusto, chissà che reazione potrebbe avere. Scommetto che è convinto che non lo veda.»

La fissò senza capire.

«Ci sta osservando.»

«Stai scherzando?»

«No.»

Sospirò, «E’ proprio arrivato il momento di gettare quella maschera.»

«A che ora a casa tua?»

«Mi fermo ancora un po’ e cerco di tenere Seiji con me. Diciamo che per le 20.30 siamo a casa? Ce la fai a passare da casa tua?»

«Sì.»

«Avverto Kaede.»

«Eh, sarebbe il caso.»

«Rain?»

«Dimmi.»

«Lascia la maschera a casa.»

«Più che volentieri. Tanto non si ricorda.»

«Scommetti cento Yen che ti chiama per nome?»

«Se ti avanzano cento Yen… va bene.»

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Seth

Si chiamava proprio spiare, ma cazzo Mana lo stava preoccupando.

Si scambiarono poche battute, poi la vide avvicinarsi a lui e appoggiargli una mano su un braccio.

Chi era quella donna? Quale esponente del sesso femminile poteva avere una tale intimità con Mana senza voltarsi al nome di Kaede?

Anche l’amico la toccava senza problemi.

Sugiya, giusto il giorno prima, gli aveva confidato di aver sentito Mana rivolgersi a lei con tesoro.

Volendo anche ignorare la tragedia che si sarebbe abbattuta sulle loro teste se Kaede fosse venuta a conoscenza di una cosa simile, appurata la notoria gelosia propria di quella donna, era impensabile che Mana avesse un’amante e soprattutto che la mettesse sotto il naso proprio a lui, vista l’amicizia che lo legava anche a Kaede… no, Mana amava Kaede, non ce n’era.

Improvvisamente vide Mystery portare entrambe le mani alla maschera e una scarica di adrenalina gli si riversò in corpo.

Se la toglie???

Scarica di adrenalina che si trasformò in puro istinto omicida quando Mana la fermò. Istinto omicida che si evolse in versione plurimo quando scoppiarono a ridere tutti e due.

Scambiarono altre battute, poi tornarono verso la sala. Li precedette.

«Ok, per oggi direi che ci siamo» disse Mana entrando. «Tutti a casa, tranne Seth e K. Vorrei riascoltare le parti vocali registrate. Ci vediamo lunedì mattina.»

Sugiya e Hayato si bloccarono, «Ma è venerdì…» cominciò il primo.

«Lo so. Ma abbiamo lavorato bene questa settimana, sono molto soddisfatto di voi… ci meritiamo il fine settimana libero.»

Sono ufficialmente preoccupato.

K, Sugiya e Hayato sorrisero in coro.

Mana si rivolse a Mystery, «Restiamo d’accordo così.»

Lei annuì, «Ok. Ciao ragazzi, buon fine settimana.»

«Grazie Mystery, anche a te» rispose a botta K.

«Ciao Mystery!» la salutò allegro Hayato.

«Ciao Mystery! Anche a te!» gli fece eco Sugiya.

«Grazie, anche a te» si sforzò di articolare tranquillamente.

Restare solo con Mana e K… era per definizione l’inizio di un problema.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Sugiya

Qualunque cosa fosse successa, Mana voleva affrontarla con Seth e K.

Poteva dire che non gli dispiaceva affatto.

Quei… vuoti in Mana non preannunciavano niente di buono.

La parte cantata in tre gli era sembrata grandiosa, possibile che il chitarrista avesse colto qualcosa che non andava?

Il culto della perfezione proprio di quell’uomo era leggenda, ma…

Lanciò un’occhiata a Mystery che si stava preparando per andarsene con lui e Hayato e il pensiero che magari Mana avesse deciso che non andava bene… un po’ gli dispiaceva.

No, gli dispiaceva tanto.

Era stata una settimana pazzesca, ma il tempo era volato.

«Complimenti per la parte cantata, sei andata alla grande… specie pensando che era la prima volta che la provavi.»

Mystery gli sorrise, «Grazie Sugiya.»

Per quanto valeva la sua opinione, voleva comunque farla sapere.

«Mi unisco al coro di apprezzamenti» disse Hayato.

E lo stesso valeva per il batterista.

Improvvisamente si rese conto che c’era un silenzio impressionante.

Si voltò e incontrò Seth che stava muovendo elegantemente le mani in direzione di Mana. Aveva saputo da K che era il loro linguaggio segreto.

Quel giorno gli si erano schiarite le idee: quanti segreti potevano avere due uomini che si inventavano di sana pianta un linguaggio?

Mana rimase immobile per qualche secondo, gli sembrò muovesse gli occhi verso Mystery che fra l’altro stava guardando Seth, poi si decise a rispondere al solista che alzò gli occhi al cielo e mosse di nuovo le mani.

Era decisamente il momento buono per togliere le tende.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

K

Dire che rimase sbalordito davanti alla realtà che Mana li avesse fatti rimanere davvero solo per riascoltare le registrazioni era un eufemismo di bassa lega.

Erano almeno un paio di giorni che quell’uomo si spegneva ad intervalli più che regolari.

Staccava proprio la spina dal mondo e le sue espressioni andavano dal sorriso divertito, al fastidio, alla dolcezza, allo scoppiare a ridere da solo.

Nessuno dei due fece il gesto di comunicare con il loro linguaggio. Addirittura Mana era sembrato pietrificato quando Seth lo aveva usato poco prima.

C’era qualcosa che gli sfuggiva, ormai era ufficiale… e doveva essere qualcosa di a dir poco eclatante.

Batté in ritirata più che volentieri appena gliene fu data occasione.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Seth

K se ne andò circa mezz’ora prima di loro.

Vedere Mana incerto nel rispondergli era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Non voleva più sapere niente fino a lunedì.

Qualunque cosa avesse l’amico, sperava solo che il fine settimana libero fosse sufficiente a fargliela smaltire. Ormai dava per scontato che se avesse avuto bisogno di lui, sapeva dove andarlo a cercare.

Arrivarono a casa di Mana abbastanza agevolmente e, visto che si erano fermati al supermercato a prendere delle cose che gli erano sembrate assolutamente inutili alle 20.00 di venerdì sera, era cosa non da poco.

A volte quell’uomo sfuggiva alla sua logica.

Parcheggiò dietro di lui e lo aiutò a prendere le buste.

Era riuscito a riempirne ben tre.

Mana controllò per l’ennesima volta l’orologio.

«Hai fretta?» s’informò.

«No, perché?»

«Comincia qualcosa che ti interessa alla televisione?»

«Seiji, ti stai specializzando in domande inutili?»

Si prese tre secondi per fissarlo senza espressione, poi… «Controlli l’orologio da quando siamo usciti dalla sala prove, tant’è che non mi sono meravigliato che ti dovessi fermare anche al supermercato.»

Mana si chetò.

Vallo a capire. Ma che ha? Mi chiama pure Seiji.

Gli tolse un paio di buste dalle mani per fargli aprire la porta.

«Kaede? Tesoro? Siamo a casa» annunciò ancora prima di mettere piede oltre la soglia.

Mah, speriamo davvero che gli passi per lunedì mattina. Non ha detto più una parola su Mystery e da quello che ho visto è soddisfatto del lavoro fatto. Forse si è già pentito di averci dato l’intero fine settimana libero…

«Ah, eccovi qua! Finalmente! Vi stavamo aspettando!»

Qualcosa gli stonò nel discorso, ma era troppo occupato ad appoggiare le buste in terra senza dare il via ad una pseudo partita a butta giù ipotetici birilli per tutta casa per soffermarsi.

Ha preso ogni frutto sferico esistente, accidenti a lui. Ma che se ne fa di tutta questa frutta? Neanche gli piace!

«C’era fila alle casse» si giustificò Mana e sentì lo schiocco del bacio a stampo che riservava alla compagna appena metteva piede in casa. «Ah, sempre puntuale!»

Sbuffò impegnato a lottare contro le buste piene. «Mana, che ne dici di darmi una mano? O vuoi correre dietro alle mele per tutta casa?»

Una risata roca riempì l’ingresso, «Cielo, Seiji, sei sempre il solito! Un uomo, un danno! Manabu aveva ragione!»

Si bloccò a novanta gradi.

Mystery? Ma che…?

Sollevò lo sguardo ed incontrò un paio di stivali neri, lucidi… appena più su, dopo un breve stacco di calze velate, iniziava una sottana di un caldo marrone, scamosciata, stretta… dove finiva la sottana iniziava una camicetta di seta bianca e cominciavano ad intravedersi capelli neri come la notte…

Improvvisamente gli tornò in mente la frase con cui Mana aveva salutato Mystery, Restiamo d’accordo così.

Dei, aiutate Mana, perché se mi ha organizzato un appuntamento a sorpresa al buio con la donna del mistero, stavolta lo ucc…

Quando arrivò al viso, il cervello si mise in sciopero.

Rimase a fissarla a bocca aperta.

Quegli occhi. No, non può essere lei…

Chiuse e riaprì bocca senza esito per tre volte prima di riuscire a pigolare un… «Rain?» che da solo avrebbe disintegrato la sua carriera di cantante.

La vide staccarsi dallo stipite e con tre passi gli fu di fronte e gli cinse il collo con le braccia, rialzandolo di botto.

E ciao busta. E ciao mondo.

«Mi hai riconosciuta!! Ho perso cento Yen ma va bene!»

Automaticamente le sue braccia si serrarono intorno a lei.

La strinse, finendo di sollevarla da terra. «Rain… per tutti gli Dei… Rain, sei veramente tu? Ma… ma…»

Si separò appena da lui e si trovò quegli occhi a pochi centimetri dai suoi.

«E’ un evento vederti senza parole, Matsudo! Non ci crederai! Io e Manabu ci siamo incrociati in centro, fra l’altro è stato lui a riconoscermi, aveva l’aria di una spia in incognito! Come stai?» gli chiese reclinando la testa da un lato.

Rimase a fissarla come un ebete…

E’ più donna… per il resto è la Rain che ricordo.

… poi la strinse di nuovo a sé affondando una mano fra i suoi capelli, mentre un fiume in piena di ricordi lo travolse «Bene… sto bene… tu?» chiese quasi senza voce.

«Non hai mai ascoltato Prince?? Ma cosa mi tocca sentire…»

«Non credevo ti piacesse questo tipo di musica.»

«E che tipo sarebbe?»

«Non è rock.»

«Tu ascolti solo musica rock?»

«Certo.»

«Seiji, è ora che i tuoi limiti si spostino un po’ più lontano dal tuo naso…»

«E con questo cosa vorresti dire??»

«Che ti farò una cassetta di canzoni di Prince e tu la ascolterai, poi ne riparleremo.»

«Come riesci ad indispormi solo respirandomi vicino?»

«Non dovresti fermarti a chiederti perché scateno delle determinate reazioni, ma perché con me vicino non riesci a restare indifferente.»

«Guarda che era una domanda retorica. Sei una rompiballe, punto.»

«I simili si riconosco a distanza.»

«Appena avete finito di scambiarvi coccole e caramelle, mi date una mano?» aveva chiesto rassegnato Manabu.

«Tutto ok, non mi lamento… in quasi tre settimane Manabu mi ha aggiornata anche su di te e…»

«Tre settimane??» La staccò da sé per guardarla in faccia «Vi siete incontrati tre settimane fa e io lo scopro solo adesso?? Non riesco a credere alle mie stesse orecchie!! Hai lasciato Hiroshima anche tu! Quando?? Perché non mi hai cercato, maledizione?? Dovevi scontrarti con questo qui in centro per accendere il cervello??»

Rain sorrise, si voltò verso Mana, «Si sta riprendendo…»

«Decisamente…»

«Seiji, se la lasci andare, possiamo mangiare…» disse Kaede divertita.

Staccò gli occhi da Rain per incontrare quelli brillanti della compagna di Mana. «Non te lo ammazzo per un solo motivo: mi ha restituito lei» l’avvisò, «ma guarda che c’è andato pericolosamente vicino stavolta!»

«Volevo farti una sorpresa» lo informò Mana.

Rain scoppiò a ridere, «Ci sei riuscito, ancora non ha chiuso la bocca!»

Emana lo stesso calore che ricordavo. Dei, non ci credo… è veramente qui…

La riposò in terra e la prese per mano.

«Cosa fai nella vita?» Si avviarono verso la sala, «Ah, ciao Kaede.»

«Ciao Seiji…» fu la risposta della donna dopo una sonora risata.

Rain rise a sua volta, «Ho assecondato la mia passione. Sono una concertista.»

«Pianoforte» disse ricordandosi come lo suonasse divinamente ad appena quindici anni.

«Esatto.»

«Suoni il pianoforte? Mh, e ci arrivi?»

Lo guardò accigliata. «Con tre cuscini sotto il culo.» Lo squadrò critica, «Forse a te ne basterebbero due, includendo i tacchi ovviamente.»

Il metro e settantadue di Manabu cappottò già dalla poltrona ridendo.

«Spiritosa.»

«Lo so.»

Si era alzata dalla poltrona che la ospitava, pantaloni della tuta e canottiera. In quella casa faceva caldo, non come in casa sua.

Mai avrebbe pensato di mettere piede a villa Sasakawa.

«Volete sentire qualcosa?»

«Suonami qualcosa di Bach» aveva preso la palla al balzo Manabu tornando a sedere.

Quel giorno, aveva scoperto un nuovo mondo.

E con il tempo aveva anche scoperto di avere un talento incredibile per combinare guai immensi cercando di arginare quelli più piccoli.

«E hai ancora bisogno di tre cuscini sotto il culo per arrivarci?» la punzecchiò.

Rain scoppiò a ridere, «Adesso me ne basta uno!» lo informò.

Rise a sua volta ed udì perfettamente le risate di Mana e Kaede.

Dei, anche la prontezza di spirito è sempre la stessa.

Le batté scherzosamente una mano sulla testa.

Doveva toccarla per convincersi che non fosse un sogno.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Rain

Eccolo, il Seiji che ricordava.

Più uomo, più adulto rispetto all’appena ventunenne che aveva visto l’ultima volta partire alla conquista di un sogno, ma sempre lo stesso irriverente rompiballe.

Tutto sommato in sala prove si conteneva un minimo.

Le batté una mano sulla testa in un soffice pat-pat, «Beh, francamente non mi sembri cresciuta» la informò. «Ma sono comunque sempre più alto io.»

«Includi o escludi i tacchi da modella che hai sotto i piedi?» s’informò.

Lo vide scoppiare a ridere di nuovo, rovesciando la testa indietro… come al solito.

«Tacchi da modella, saranno cinque centimetri, devi vedere le zeppe che sfoggiamo sul palco! Perché ce l’hai così tanto con i tacchi?? Da sempre, se non ricordo male! Comunque, usciamo ora dalla sala prove, non sono neanche truccato! Vanto un metro e sessantadue… tu?»

Si imbronciò appena, «Mh… il mio solito metro e sessanta» ammise a malincuore.

«Visto?»

Presero posto a tavola e Seiji le spostò la sedia per farla sedere.

Il gesto, la prese strepitosamente in contropiede.

A meno che non sia un trucco per togliermela da sotto il culo al momento buono. Non era un gentleman quindici anni fa. Quindici anni fa tendeva anzi ad usarmi come bersaglio mobile…

Lui non batté ciglio, come se fosse la norma… ma Manabu aveva gli occhi fuori dalle orbite e l’espressione di Kaede non aveva eguali su quel pianeta.

Allora ricordo bene: non è la norma.

Prese posto accanto a lei, Kaede si sedette davanti a lei e Manabu dall’altro lato, davanti a Seiji.

«Ti sei dato alla pirateria nel frattempo?» s’informò.

Seiji la fissò un attimo senza capire. Poi lo vide alzare una mano verso la benda. «Cielo, ormai non ci faccio più caso. Metto la benda, indosso il cappotto e la sciarpa ed esco di casa. E’ automatico. E’ una storia lunga, prima mangiamo, poi ti racconto tutto.»

Con pochi gesti se la tolse.

Sì, è lui. Finalmente.

«Ma dimmi» riprese, «sto cercando di fare mente locale, ma non ricordo di aver mai visto il tuo nome su qualche cartellone pubblicitario… dove fai i concerti?»

«In Europa, principalmente. Anche in America da qualche anno.»

«Perché non in Giappone?» chiese perplesso.

Sorrise, «Mio padre non voleva che facessi la concertista e mi ha fatto terra bruciata intorno in questo paese.»

Lo vide rabbuiarsi in un attimo. «Stai scherzando?» chiese quasi cauto.

«No, purtroppo no. Ma non parliamo di cose spiacevoli stasera» riprese allegra, «sono comunque riuscita a fare di testa mia!»

«Mai neanche ipotizzato il contrario…» le rese noto con il suo solito stile, poi sorrise, «Quando ti sei trasferita a Tokyo?»

«Dieci anni fa.»

«Maledizione, possibile che non hai pensato di cercarci?»

«Lo ha fatto» disse Manabu.

Seiji si voltò verso di lui, «Come sarebbe a dire?»

«Ho riconosciuto Manabu su un cartellone, il gruppo si chiamava…»

«… Malice Mizer…» terminò lui in un soffio.

«Esatto, così ho avuto una data certa e un luogo dove andarlo a cercare, ma la sicurezza non mi ha fatta passare, neanche hanno chiamato Manabu per avvisarlo.»

Seiji tornò a guardare Manabu, «Non ci voglio credere.»

«Il peggio arriva adesso» lo avvisò l’amico.

Seiji tornò a guardare lei, «No, non mi dirai che…»

Annuì, «Sì. Il gruppo si chiamava Amadeus.»

Lo vide appoggiarsi al tavolo per nascondere gli occhi dietro una mano. «Cazzo. Sapevo di vivere circondato da imbecilli all’epoca, ma questa le batte tutte. Nei camerini girava di tutto e a te non…» Tornò a guardarla, «Perché non ti sei rivolta a mia madre? Abita sempre nella stessa casa, stesso numero di telefono» riprese.

«Non ci ho pensato» ammise. «Ti ho detto di essermi trasferita qui da dieci anni, ma in realtà per sei ho vissuto a Parigi dove ho insegnato musica al Conservatoire national supérieur de musique et de danse de Paris. Sono partita due settimane dopo quel concerto. E’ stato l’aver insegnato lì il mio trampolino di lancio.»

Seiji la stava ascoltando concentrato.

«Buon appetito!» si inserì con un tempismo da primato Kaede.

Lei stessa sussultò rendendosi conto di avere il piatto pronto davanti.

«Kaede, ti aiutavo!» la rimproverò.

Per tutta risposta, la donna la liquidò con un gesto della mano.

Precisa. La degna compagna di Manabu, a lui bastava un’occhiata per ottenere lo stesso risultato.

 

 

 

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NOTE:

 

Una breve gita fuori porta che mi ha portato una scottatura e… eccomi qua con il cap. 3!

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Capitolo 4
*** Il Dio della Pioggia - Capitolo 4 ***


Il Dio della Pioggia - Capitolo 4

Il Dio Della Pioggia

4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mana

Senza vana gloria, ma non era un genio solo come musicista.

Se le cose andavano come aveva pianificato in un nanosecondo, e l’inizio era più che promettente, a Seth avrebbe fatto comodo il fine settimana libero. E da lunedì Rain avrebbe potuto girare senza maschera.

E lui avrebbe potuto chiamarla senza prima contare fino a cinque!!!

Se le cose fossero finite a carte quarantotto anche con i Moi Dix Mois, avrebbe potuto davvero aprire un’agenzia per cuori solitari.

Rain si voltò verso di lui, «A volerla dire tutta, non sapevo neanche che ti facessi chiamare Mana.»

«Lui ora si fa chiamare Seth» le ricordò. «Rammenti i discorsi sul Dio del Caos?»

Li vide piegarsi sincronizzati a ridere.

Ci credeva.

«Della Pioggia!» lo corresse Seth senza fiato.

Non era un caso che avesse suggerito e poi caldeggiato quel nome.

Seth lo aveva accettato senza neanche discutere tanto.

«Cosa dovete studiare?» chiese Rain.

«Siamo arrivati all’Egitto» aveva risposto Seiji. «Il primo che sento affermare che la nostra religione è difficile da capire lo stendo, avevano più Dei che capelli in testa e tutti imparentati fra di loro!»

«Forse ricordo male io… ma dalle nostre parti funziona in modo analogo…» era stato il commento di Rain.

Come al solito lui era finito disteso sul letto a ridere.

«Sei uno spasso, il tuo futuro è nel cabaret. Se ci cresci non fatichi a memorizzare… ma con questi faccio casino! Per esempio, cosa dominava Nefertiti?»

«L’Egitto.»

«Eh?»

«Nefertiti era una regina, la consideravano una dea, ma non lo era veramente.»

«Appunto…» aveva concluso torvo Seiji.

«Ti intendi di Egitto?» le aveva chiesto mentre Seiji elucubrava sulla notizia.

«L’ho portato come argomento a scelta all’ultima valutazione.»

«Adesso lo so» si era inserito Seiji.

«Cosa?»

«Che sei completamente pazza, ecco cosa.»

Rain era scoppiata a ridere. «Seiji, di solito basta che ascolti le lezioni, per memorizzarle! A quali tette pensavi stamani?»

Lui era finito a sedere in terra.

Seiji era rimasto in silenzio per qualche secondo. «Avevano la Dea del rompimento di palle? Perché guarda che è la tua. Precisa.»

Rain aveva scosso la testa, «No, ma posso dirti esattamente quale sarà il tuo dio egizio: Seth.»

«Ah, e perché?»

«E’ il Dio del Caos.»

Aveva mancato il letto ed era finito di nuovo a sedere in terra, scatenando la risata di Rain e dando nuovo slancio alla propria.

«Veramente è quello dei morti» aveva obiettato Seiji dopo un breve controllo. «Cazzo Manabu, se questo è tutto l’aiuto che posso aspettarmi da te…»

«No, quello dei morti è Anubi, che poi è anche quello che traghettava le anime. Seth era il Dio benevolo dei morti, non quello cattivo, ma ne ha combinate talmente tante che gli hanno appioppato per acclamazione il caos e tanti saluti.»

«E’ un messaggio subliminale?» si era informato calmissimo Seiji.

E lui aveva rinunciato a tornare sul letto. Aiutare l’amico?? Era già tanto se riusciva a respirare!

«Non vedo perché dovrei inviartene uno.»

«Mh. Certo. Comunque ti informo che mi tengo Seth» aveva aggiunto leggendo qualcosa.

«Bene, come mai ti sei arreso così facilmente?»

«Ti sei semplicemente scordata che era anche il Dio della Pioggia? O si occupava della pioggia solo nel tempo libero? Magari quando non era già troppo nervoso…?»

Si era trovato Rain a sedere accanto.

«Vedi Seiji io non ho bisogno di chiedermi se mi mandi messaggi subliminali!! Capisco sempre quando ce l’hai con me!»

«Ah-ah-ah-che-ridere… il Dio della Pioggia… penso proprio che mi terrò questo, sì… dovrai ubbidirmi se divento il tuo dio, lo sai vero?»

«Ci vuole ben altro che l’essere un dio per avere la mia ubbidienza, Seiji!»

«E cosa dovrei fare?»

«Conquistarmi.»

Non ricordava la risposta di Seiji… forse perché non ce n’era stata una.

«Ah, e prima come ti facevi chiamare?» chiese Rain.

«Seiji» rispose rassegnato Seth.

Il sopracciglio di quella donna scattò come una molla.

«La verità è che la benda che porto dovrebbe nascondere la mia vera identità ai fans dei Moi Dix Mois…» spiegò sempre più rassegnato Seth.

«Hai il tono di uno che sta per inserire un ma nel discorso» disse Rain. «Effettivamente è come cercare di nascondere il Sole dietro uno stuzzicadenti.»

Seth sorrise «… ma ovviamente mi hanno riconosciuto appena ho aperto bocca per cantare!»

«E quindi?» chiese Rain rivolta stavolta a lui.

«Fino a quando io non lo renderò ufficiale, lui è semplicemente Seth, il cantante dei Moi Dix Mois. Conta poco chi pensa di averlo riconosciuto.»

Rain lo fissò per qualche secondo. «Quindi io fuori da queste mura vi devo chiamare Mana e Seth.»

«Esatto. Fuori da queste mura ipotizzano anche il mio vero nome e neanche immaginano l’esistenza di Kaede.»

«Quest’uomo è fissato con i misteri!» riprese Seth «Da una settimana registriamo con una tastierista che porta una maschera in viso.»

Rain sorrise a lui, perché effettivamente aveva il viso girato in un modo tale che Seth vedeva la nuca. «Ah sì?» chiese.

Sorrise a sua volta.

Il piano era già chiaro.

«Da come si comporta con lei la conosce bene.»

«Ah sì?» toccò a Kaede.

Seth la fissò, «Senti, sono già finito nei guai una volta a causa della tua gelosia, vediamo di finirla ancora prima di cominciare stavolta?» chiese calmissimo.

Come al solito fu lui a volare quasi giù dalla sedia per come scoppiò a ridere.

Seth e Rain erano un connubio micidiale, piangeva dal ridere con anche uno solo di loro.

Seth lo fulminò con lo sguardo. «Dicevo? Ah sì, lui la conosce bene, io conosco bene lui, ne consegue che dovrei conoscerla anche io… ma non riesco a capire chi possa essere ed il fatto che abbia ammesso di essere sfigurata mi incasina ancora di più.»

Lo vide bloccarsi come fulminato. Guardò Rain a dir poco incredulo. «Ti dirò… se non fosse per questo particolare, e decisamente il tuo viso non ha problemi… direi che potresti essere tu. Suona divinamente, è testona, è alta come te e anche lei porta i capelli lunghi. Anche quando ho sentito la tua voce…»

«Testona detto da te equivale ad un’onorificenza» lo informò Rain con il migliore dei suoi toni di voce.

Seth aprì bocca per ribattere, come al solito, ma Kaede, fedele alla versione della storia che conosceva, corse in suo aiuto con la puntualità che la contraddistingueva da quando aveva accettato di essere la sua ragazza. «Senti un po’, cos’è questa storia che ti ho messo nei guai?»

Seth richiuse la bocca e tornò a guardare lei, «Rammenti quando ti sei trovata a tu per tu con sua madre la prima volta?» chiese con un cenno della testa direzionato verso di lui.

«Certo.»

«Quindi ricorderai anche che la donna in questione, con lo stile che solo una madre che sotterra il figlio può sfoggiare, ti ha informata che eri la seconda ragazza che suo figlio le presentava…»

Kaede sorrise, «Rammento benissimo… la sua testa è ancora attaccata al resto del corpo perché la prima in questione era la tua ragazza

Si coprì gli occhi con una mano, ma fece in tempo a registrare un sussulto di Rain.

«Kaede, ce l’hai seduta davanti la prima in questione» la informò placido e sorridente Seth.

«Mea culpa, mea culpa, mea grandissima culpa…» cominciò a recitare rassegnato nel silenzio assoluto che seguì.

Quando alzò di nuovo lo sguardo, Kaede lo stava fissando sbalordita, Rain stravolta e Seth… se la stava godendo un mondo.

Deve essere vero che la vendetta va servita fredda…

Chiuse ancora gli occhi, «Ok. Vi spiego…» esordì.

«Lascia stare, faccio io» lo interruppe sadicamente Seth. «Per salvarsi dalla tua già rinomata gelosia, non ha calcolato il dettaglio che sua madre e mia madre non abitassero una al Polo Nord e l’altra al Polo Sud, ma a pochi portoni di distanza. Sua madre, ne sono sicuro, alla notizia non batté ciglio, perché me la immagino senza problemi la scena, ma memorizzò immediatamente la novità…»

Rain fissava a bocca aperta Seth, «Ma… ma… aspetta un attimo…»

Seth la fermò prendendole la mano sul tavolo, «Ascoltami tesoro, tornerà tutto al suo posto. Ovviamente questo fenomeno si guardò bene dall’avvisarmi di che razza di bomba aveva fatto scoppiare nelle mie quiete acque, quindi un paio di giorni dopo, mentre io avevo ancora una febbre da cavallo e Rain era così gentile da venirmi a trovare nel pomeriggio per farmi compagnia, le due madri si sono incontrate al supermercato di zona…»

Kaede cominciò a ridacchiare.

«… Immagina, se puoi, la scena: mamma Matsudo vaga tranquilla fra gli scaffali e incontra mamma Satoru. Dopo i convenevoli di base, mamma Satoru, piuttosto offesa, parte con una frase tipo, cara, non sapevo che Rain fosse la ragazza di Seiji!!»

Kaede scoppiò a ridere.

Rain si portò la mano libera sugli occhi.

«… non lo saprò mai per certo, ma posso immaginare che la risposta piuttosto perplessa di mia madre fu oh beh, neanche io…» stava continuando tranquillamente Seth.

Scoppiò a ridere anche lui.

«… Mamma Matsudo torna a casa covando tremenda vendetta nei riguardi del sottoscritto, ovviamente, mentre mamma Satoru torna a casa tutta contenta per aver aperto gli occhi all’amica… certo che figli bastardi come me ne nascono uno per generazione per la pietà degli Dei…»

Rain scoppiò a ridere a questo punto, lui già piangeva.

«… Per mia fortuna, mamma Satoru arriva a casa prima della mia e dice al figlio di aver incontrato l’amica e di averla avvisata di cosa il figlio le stava combinando sotto il naso…»

«Ti ho chiesto scusa!!!» cercò di difendersi.

Rain era praticamente appoggiata a Seth e rideva con le lacrime che scendevano sulle guance.

«A quel punto, e solo a quel punto» continuò Seth come se lui non avesse emesso fiato, «il tuo illustre fidanzato si è reso conto dell’immane cazzata fatta e corre ai ripari… o se non altro ci prova, chiamando subito me. Avevo la febbre altissima e Rain era già per la strada per arrivare da me quando, appunto, squilla il telefono. Esordì con un Seiji, ti ho infilato la testa in una ghigliottina senza sicura!»

Kaede si appoggiò a lui singhiozzando da come rideva.

«Mi spiega tutta la cosa… vuoi un po’ d’acqua Rain?» chiese premuroso.

Rain scosse la testa ridendo senza quasi riuscire a respirare. «E’ stato… quel giorno… che… tua madre…?» cominciò con un filo di voce la ragazza.

«Sì, intuisco che hai capito benissimo di che giorno si tratta. Considerato che ero in un imbarazzo che per fortuna non mi è più toccato in questa vita, ho preferito evitarlo del tutto a te.»

La puntellò saldamente contro di sé cingendole la vita e riuscendo in qualche modo ad aggirare l’angolo del tavolo.

«Inutile dire che io mi rifiutai di credere a quello che stavo sentendo» riprese raccontando a Kaede, «dovette giurarmi di aver davvero fatto una cazzata di tali proporzioni. Fatto sta, che alla fine mi convinse. Stavo valutando varie ipotesi per intercettare in qualche modo Rain… calcola che ancora non esistevano i cellulari, quando suona il campanello e va ad aprire mio padre. Sento che dice Rain, ben arrivata! So che Seiji ti aspetta, la strada ormai la conosci vero? Quindi, era troppo tardi. Rain bussa alla porta ed entra. A quel punto, ero in trappola. O la buttavo fuori di lì con una scusa qualsiasi, ma avrei avuto due donne pronte ad uccidermi, o le dicevo tutto prima dell’arrivo di mia madre… che arrivò dandomi appena il tempo di chiedere a Rain di avvicinarsi e sedersi sul letto perché le dovevo dire una cosa e avevo poca voce. Quella donna bussò e fece irruzione nella stanza…»

«… con lui sdraiato a letto e io a sedere accanto a lui puntellata con un braccio al lato del suo corpo, piegata su di lui…» disse Rain fra una risata e l’altra come ricordandosi la scena.

«… e con la mano che dalla fronte era arrivata sulla guancia per sentire se avevo la febbre. Dovevamo essere un bel quadretto. Mia madre si blocca sulla soglia, incredula. Io già recitavo le mie ultime preghiere, Rain ignara di tutto la saluta come al solito… e mia madre se ne esce con un Rain, perdona la domanda, ma quanti anni hai esattamente?»

Ormai lui e Kaede si stavano sostenendo a vicenda, se uno dei due avesse ceduto, sarebbero finiti in terra entrambi.

«E Rain, Diciassette signora, mia madre osserva la scenetta per qualche secondo ancora e… Fatemi la cortesia di stare attenti voi due, ok? Chiude la porta e se ne va.»

Rain si voltò verso Seth passandogli un braccio intorno al collo, «Ho pensato che stesse parlando di fare attenzione che non mi attaccassi la febbre!!» esclamò in un nuovo slancio di risata «Tant’è che prima che sparisse oltre la porta le risposi tranquilla, Sì sì signora, non si preoccupi…!!»

«… abbiamo preso delle precauzioni a riguardo!!» concluse allegro Seth «Me lo ricorderò per tutta la vita…» aggiunse scuotendo la testa rassegnato.

«Non mi hai mai detto questo!!» esplose allibito mentre Kaede ormai era allo stadio delle convulsioni per come rideva.

«Io dovrei ammazzarti adesso!! Che razza di figura!!» gemette Rain mentre Seth lo gratificava di un’occhiata che valeva mille accidenti.

Kaede tornò sulla sua sedia per abbracciarsi lo stomaco, assicurandosi però di puntellarlo fino a quando non ritrovò un suo equilibrio senza di lei.

«Che accidenti dovevo fare??» cercò di difendersi Seth, che aveva risposto all’abbraccio «Dirti che la parola precauzioni per mia madre non implicava un’aspirina come intendevi tu? Da lì a pochi mesi sono partito per Tokyo…» aggiunse un po’ meno di slancio.

«Che… ne… avete combinate… di incredibili lo sapevo…» ansimò Kaede senza fiato «ma questa… le batte… tutte…»

«Non è vero, ma lasciamo perdere…» fu il criptico commento di Seth. «Come siamo arrivati a parlare di questo?»

«La possibile gelosia di Kaede verso la tastierista misteriosa…» gli rammentò Rain. «Ho appena scoperto di aver fatto la peggiore figura della mia vita a diciassette anni… e con tua madre, per giunta.»

Si staccò da lui e tornò in equilibrio sulla sua sedia.

Seth sembrò imbronciarsi, poi tornò a guardare lui. «Mi vuoi dire chi è?»

Aprì bocca per rispondere Certo, te lo dice Rain

«Rain la conosce?»

Prese di nuovo fiato per chiudere la faccenda una volta per tutte…

«La conosce» dedusse Seth rassegnato.

Rain si stava tamponando gli occhi con le dita. «Manabu…» cominciò.

Si arrese, la cosa non poteva essere affrontata a tavola appena reduci da una tempesta di ridarella collettiva.

«Che ne dite di un buon vino?» propose alzandosi.

«Cielo, il mio fidanzato che si alza da tavola prima di me…» commentò Kaede, «la situazione è tragica…»

Sentì la risatina di Seth. «E’ questione di tempo, sta cedendo…»

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Seth

Come se non fosse stato sufficiente ricordarsi uno dei momenti più difficili della sua vita, Rain gli passò un braccio intorno al collo. Il suo profumo lo travolse come un treno in corsa. «Ho pensato che stesse parlando di fare attenzione che non mi attaccassi la febbre!! Tant’è che prima che sparisse oltre la porta le risposi tranquilla, Sì sì signora, non si preoccupi…!!»

«… abbiamo preso delle precauzioni a riguardo!!» terminò lui salottiero, anche se all’epoca era almeno sdraiato e l’infarto lo aveva graziato «Me lo ricorderò per tutta la vita…» ammise scuotendo la testa.

«Non mi hai mai detto questo!!» esplose allibito Mana mentre Kaede scansò per un pelo una testata contro il tavolo singhiozzando dal ridere.

Incenerì Mana con un’occhiata.

E certo, doveva dirgli che sua madre, lui e Rain si erano trovati in un ginepraio di doppi sensi mentre lui era bloccato a letto febbricitante… già che c’era perché non ringraziarlo anche? O fargli un regalo?

Aveva scoperto quel giorno che sua madre poteva accennare al sesso senza stramazzare a terra dall’imbarazzo‼! Sarà che l’imbarazzo della situazione se l’era preso tutto lui.

«Io dovrei ammazzarti adesso!! Che razza di figura!!» gemette Rain.

«Che accidenti dovevo fare??» cercò di difendersi «Dirti che la parola precauzioni per mia madre non implicava un’aspirina come intendevi tu? Da lì a pochi mesi sono partito per Tokyo…»

Adesso però è più facile parlarne.

«Che… ne… avete combinate… di incredibili lo sapevo…» articolò in qualche modo Kaede «ma questa… le batte… tutte…»

«Non è vero, ma lasciamo perdere…» gli scappò di bocca prima di pensarla.

Oh cazzo.

«Come siamo arrivati a parlare di questo?» s’informò.

«La possibile gelosia di Kaede verso la tastierista misteriosa…» gli rammentò Rain. «Ho appena scoperto di aver fatto la peggiore figura della mia vita a diciassette anni… e con tua madre, per giunta.»

Si perse un attimo a guardarla e Rain tornò eretta sulla propria sedia… ma doveva proprio allontanarsi?

«Mi vuoi dire chi è?» chiese rivolgendosi a Mana ricordandosi giusto in quel momento che tutto sommato poteva ancora interessargli saperlo.

Lo vide prendere chiaramente la rincorsa per rimbalzarlo.

«Rain la conosce?» insistette.

Prese nuovo slancio per rimbalzarlo meglio.

«La conosce» dedusse da solo.

«Manabu…» cominciò Rain che si stava tamponandosi gli occhi con le dita… dovette imporsi di stare fermo, di non tendere le mani verso di lei per sistemarle il trucco.

A quel punto era chiaro che non fosse un sogno e che era reale… quindi non c’erano scuse per toccarla.

Mana balzò in piedi come se fosse stato morso al culo da un serpente. E non era escluso che gli avrebbe aizzato contro il suo bimbo in ricordo dei bei tempi «Che ne dite di un buon vino?»

«Cielo, il mio fidanzato che si alza da tavola prima di me…» commentò Kaede, «la situazione è grave…»

Non riuscì a trattenere una risatina. «E’ questione di tempo, sta cedendo…»

«Questa è una fuga» disse Rain divertita.

Mana sparì oltre la soglia.

«Ritirata strategica» la corresse il padrone di casa alzando la voce per farsi sentire.

«E comunque non preoccuparti, perché mia madre ti adora» riprese rivolgendosi a Rain.

«Come sta quell’angelo?» chiese.

Quando parlava di persone alle quali teneva, la sua voce cambiava.

Era sempre stato qualcosa che lo aveva messo in difficoltà.

Come quando se l’era vista materializzarsi in camera sua dopo aver saputo che si era sentito male e aveva la febbre alta, pronta a proteggerlo dal resto del mondo… anche se con la sua solita ironia.

L’espressione di sua madre, quel giorno, non se l’era ancora scordata.

«Come stai Seiji?» gli aveva chiesto sedendosi accanto a lui e passandogli una mano fra i capelli.

«Non un gran bene» aveva ammesso istintivamente, «ma…» aveva subito aggiunto per correre ai ripari.

La tosse cavernosa che lo perseguitava da settimane lo aveva sotterrato insieme alle rassicurazioni che si era accuratamente preparato.

Ormai la posizione fetale era la sua preferita.

«Il dottore ti ha visitato?»

«Sì, è bronchite» aveva risposto sua madre dalla soglia.

«Me lo immaginavo. Quando ti ho detto la prima volta che quella tosse non mi piaceva era troppo facile darmi retta, vero testone? La voce ti è calata una settimana fa.»

«Sei venuta qui per cazziarmi?»

«Quando sei talmente stordito da non poterti difendere? Che gusto ci sarebbe?» Si era alzata in piedi e si era rivolta a sua madre, «Il dottore gli ha prescritto delle medicine?»

Sua madre aveva abbassato lo sguardo e aveva annuito.

I suoi genitori stavano giusto parlando di come fare a comprarle.

Rain aveva teso una mano verso sua madre, «Mi dia le ricette, vado a comprarle io.»

Erano saltati in due: lui per poco fuori dal letto e sua madre fino quasi a battere la testa contro l’intelaiatura della porta. E sua madre era alta quanto lui.

«Ma…» aveva pigolato quella povera donna, ignara del monumento alla testardaggine che si trovava davanti.

«E’ una cosa fra me e Seiji, signora. Mi dia quelle ricette per favore. Anche mio padre ha avuto la bronchite e non c’è più tempo da perdere.»

Sua madre aveva ceduto con le lacrime agli occhi mentre lui aveva perso del tutto la parola.

Anche l’espressione di suo padre, apparso accanto alla moglie, era impressa a fuoco nella sua mente.

Da uomo intelligente qual era, la figura di Rain aveva immediatamente guadagnato una luce diversa.

Rain era schizzata fuori dalla stanza alla velocità della luce. «Torno subito!»

I suoi non gli avevano fatto domande.

E Rain non aveva mai accettato i soldi indietro.

Alla fine sua madre le aveva fatto in regalo un completo in uncinetto creato da lei: cappellino, sciarpa e guanti.

Era uno dei lavoretti extra che sua madre aveva trovato per raccogliere qualche Yen in più.

Aveva visto piangere per la prima volta quella creatura, quando aveva ricevuto quel sacchetto. Lo slancio nell’abbracciare sua madre per ringraziarla lo aveva abbagliato.

Aveva finalmente cominciato a capire.

E, con il senno di poi, a cedere.

Sfortunatamente, aveva già giurato a se stesso che avrebbe coronato il sogno di diventare cantante a qualsiasi costo.

Era stata una delle cose più difficili della sua vita, andarsene da Hiroshima lasciandoci lei.

Rimase a fissarla per qualche secondo.

Perché lo ammetto solo ora?

Ripensandoci, sua madre e suo padre non gli avevano fatto domande neanche in quell’occasione.

«Sta bene…» si riprese rispondendo alla domanda di Rain «non la sento da tre giorni ora che ci penso. I tuoi?»

Rain scosse le spalle, «Mio padre sta bene, la sua seconda moglie idem… e anche il mio fratellastro se la passa bene.»

«Ah…» gli scappò di bocca prima di pensarla.

Doveva aver saputo della morte di suo padre. Sicuramente da Mana. Quindi evitava domande.

Rain annuì, «Ha quattordici anni. Una peste. Alla fine mio padre ha avuto il tanto agognato erede maschio e lo sta tirando su a sua immagine e somiglianza.»

Auguri.

«Tua madre?»

«E’ da qualche parte in Europa con il suo secondo marito.»

«Altri figli anche lei?»

«Oh no, ci sono errori che si fanno una volta sola. Mia madre non è adatta a fare la mamma, Seiji… non lo era trent’anni fa…»

«Sei stata sei anni a Parigi, Rain?» chiese Mana comparendo con una bottiglia stappata «Quindi parli bene il francese…»

«Non starai per cominciare con la tua solita ossessione, vero?» chiese retorico… ma in fondo grato.

Quella donna era il nervo scoperto di Rain, come aveva fatto a dimenticarlo?

«Aveva il massimo dei voti in francese…» ricordò divertita Rain.

«E lui come andava a scuola?» chiese Kaede indicandolo con la testa.

«Era un autentico secchione» rispose Rain prima che potesse anche solo pensare di fermarla.

«Donna, ho una reputazione di cantante dark-gothic da difendere…» fece presente.

«Resti un autentico secchione» lo informò lei con il classico tono ti sembra un problema mio, questo?

In quel momento decise che, in quella vita, mai e poi mai Rain sarebbe entrata in contatto con K, Sugiya e Hayato. Mai.

«Non te l’ho mai detto?» chiese Mana perplesso.

Kaede fece di no con la testa e due occhioni immensi. «Davvero?» gli chiese sbalordita.

Sbuffò, «Mi bastava ascoltare le lezioni. Non dovevo stare chino sui libri» rispose nel tentativo di salvare il salvabile.

Sentì la risatina di Rain. «Ha avuto qualche problema con gli Dei egizi, eh…»

Cercò di incenerirla con un’occhiata… ci provò con tutto l’impegno possibile… ma cominciò a ridere appena incontrò il suo sguardo.

Ho sentito la sua mancanza, in questi anni.

Fu una scoperta sconvolgente.

«Ehi Seiji…? Ti sei incantato?»

Una mano di Rain sventolò ad un centimetro dal suo naso.

Si riscosse.

Mana scoppiò a ridere, «Oh Dei… vi ricordate quando per poco ha rotto il naso a me con uno scherzetto del genere??»

Automaticamente ricominciarono a ridere.

«Tu eri in una delle tue fasi catatoniche!» ribatté Rain «Seiji si era davvero imbambolato!» Si rivolse a Kaede che era piegata sul tavolo, «Il tuo fidanzato si fissa a guardare le persone! Quando ho avvicinato la mano al suo viso e ho iniziato ad agitarla, lui si è mosso andando a sbattere contro il mio palmo!»

«L’avevo rimossa!!» ammise con un filo di voce.

«Di questo passo avrei potuto evitare di cucinare!» commentò Kaede.

«Ok, mangiamo per dieci minuti senza parlare» propose Mana.

Cominciarono.

O per meglio dire, ci provarono.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Rain

La prima a ridacchiare fu proprio Kaede. «Ma davvero eri un secchione?» chiese a Seiji.

Scoppiarono a ridere tutti e quattro.

«Sì» si arrese Seiji. «Era essenziale che fossi il più bravo a scuola: così i miei non pagavano la retta.»

La famiglia Matsudo aveva poche risorse. Vivevano dignitosamente, ma non potevano permettersi extras di alcun tipo.

Anche e soprattutto per quello Seiji, dopo aver rotto il ghiaccio alla festa per sua madre, aveva cominciato a cantare alle feste di compleanno, anche dei suoi stessi compagni. Tutto quello che guadagnava, lo passava alla madre.

Suo padre aveva la pessima abitudine di informarsi circa le persone che lei frequentava, quindi aveva saputo immediatamente vita, morte e miracoli di quei due.

Era rimasta scioccata quando lo aveva sentito cantare per caso la prima volta, visto che il professore lo aveva ricattato… ma era niente al confronto di quello che aveva provato sentendolo di recente in sala prove. La sua voce era sviluppata incredibilmente, conquistando un’estensione pazzesca.

Kaede stava annuendo. «Sì, ricordo che Mana me ne aveva parlato.»

«La prima volta che ci siamo trovati su un palco insieme» disse lentamente Mana, «è stato al compleanno di tua madre, Rain. Ricordi?»

«Un ingaggio d’oro» disse Seiji con un sorriso. «Ho dovuto imparare delle canzoni allucinanti…» aggiunse.

Con un’occhiata a lei.

Ok, era guerra, tanto per cambiare.

Aprì bocca per sotterrarlo, ma…

«E’ stato quel giorno che mi sono innamorato della tua voce» riprese Mana.

Seiji spostò lo sguardo di scatto sull’amico, l’espressione sbalordita. «Eh?»

Mana stava annuendo «Vuoi registrarmi così la pianti di rompere?»

«Se anche ti registrassi poi non potrei usare la registrazione» gli fece notare Seiji paziente. «Ti ricordo che le persone che hanno ascoltato il suono della tua voce si elencano in meno di dieci secondi.»

Mana sorrise soddisfatto.

«Perché non sorridi mai nelle foto?» le uscì di bocca prima di pensarla.

«Perché ho creato un personaggio» rispose senza esitazioni. «Un personaggio cupo, tetro a volte, tormentato, perfettamente silenzioso e… il sorriso non fa parte della maschera.»

Seiji stava fissando l’amico a bocca aperta.

«Si è creata una sorta di leggenda e a me va bene così. Mi permette di nascondermi restando sotto la luce dei riflettori. Posso fare quello che voglio e avere la mia vita accanto a Kaede, proteggendola dalla ribalta.»

Si trovò ad annuire. «Me lo immaginavo, ma volevo sentirtelo dire. Fra queste mura e quando nessun altro ci sente, tu sei e resterai Manabu, lo sia, vero?»

«Non ci provo neanche, a farti cambiare idea.»

«L’esperienza insegna…» fu il commento di Seiji.

Mana e Kaede scoppiarono a ridere. Lei provò a guardarlo male.

Provò, e anche con scarso successo, visto che fu sufficiente la risatina di Seiji per farla sorridere a sua volta.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Kaede

Sarebbe andata a letto con un sonoro mal di stomaco.

D’altra parte Manabu l’aveva avvisata: quei due mantenevano in allenamento gli addominali di quelli che gli stavano intorno.

Seiji preso singolarmente era da colica, non potevi restare seria se lui non decideva di avere pietà… tant’è che aveva il divieto assoluto di fare battute quando Manabu doveva mantenere la maschera di assoluta impassibilità che lo contraddistingueva, proprio perché il suo fidanzato era cosciente di non poter restare serio.

Rain, oltre a confermarsi matrice fisica del prototipo di quell’uomo, si era affermata anche come affinità intellettuale.

Si conoscevano bene, era evidente.

Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma il suo fidanzato sembrava davvero infallibile. Certo, in quel caso aveva dalla sua il fatto che li conosceva già e, dietro sua diretta ammissione, aveva registrato molto prima degli interessati il reciproco coinvolgimento, però… beh, era comunque un azzardo far ritrovare due persone, specie se di sesso opposto, dopo quindici anni.

Ebbe la conferma universale della sua teoria quando Manabu se ne uscì di punto in bianco con un sonoro sbadiglio.

Lei lo guardò basita, Rain sorrise vedendolo, «Stanco?» chiese.

C’era una dolcezza nel suo modo di rivolgersi a Manabu e Seiji, anche se nel secondo caso era accuratamente diluita con l’ironia, che era impossibile non capire che teneva a loro.

«Abbastanza» ammise il suo fidanzato.

«Quindi posso sperare che non farai ostruzionismo se tolgo il disturbo.»

«Tanto la strada per questa casa la conosci, adesso. A proposito, vi siete scambiate il numero di cellulare, voi due?»

«Certo, vi abbiamo aspettato per quasi un’ora» lo informò.

«Bene.» Le rivolse un’occhiata, «Per il fatto del numero, non perché ci avete aspettato» puntualizzò poi. «Al supermercato c’era un casino pazzesco.»

Ridacchiò, seguita da Rain.

Seiji era in piedi anche prima di lei.

La vide cercare con lo sguardo qualcosa, «La tua borsa è nell’ingresso.»

«Giusto.»

«Strano che nessuno ti abbia cercata fino ad ora» disse Seiji… con una nonchalance che non avrebbe convinto nessuno.

Sta cercando di capire se c’è qualcuno nella sua vita.

«Meno di quanto pensi: l’ho spento.»

Manabu si piegò sulla sedia per nascondere il riso.

Rettificava: non avrebbe convinto nessuno, tranne qualcuno che proprio non considerava un possibile secondo fine.

Si spostarono tutti nell’ingresso.

Rain arrivò alla propria borsa e prelevò il cellulare.

Appena lo accese cominciò a squillare.

L’espressione di Seiji si rannuvolò sensibilmente.

Dei del cielo, vi prego: ditemi che il mio fidanzato si è assicurato in qualche modo che non ci sia nessun altro nella vita di questa donna.

«Che fai?» chiese il suo fidanzato quando la vide digitare un numero.

«Chiamo un taxi. Ho la macchina dal meccanico e…»

In un nanosecondo il cellulare si volatilizzò dalle mani della donna. Sembrò smaterializzarsi per quanto la mossa fu fulminea.

«Ti accompagno a casa io» disse Seiji… con in mano il cellulare di Rain, già chiuso.

«Ma…»

«Niente ostruzionismo.»

«Non ti ricordavo così gentiluomo.»

«Hai sempre avuto una pessima memoria.»

«Non è vero.»

«Io sono nato gentiluomo, sei tu che non te lo ricordi.»

«Evidentemente non ero io il paio di tette con cui lo eri di solito.»

Si trovò a ridere piegata in due.

«Come ho potuto scordare la tua fulminante simpatia?» chiese divertito Seiji.

«Hai sempre avuto una pessima memoria» fu la risposta che la portò a doversi appoggiare al mobiletto per restare in piedi.

Stavolta anche Seiji scoppiò a ridere, e in un attimo ridevano tutti e quattro.

Le dispiaceva che la serata fosse già finita, era stata benissimo.

Tornò eretta mentre Seiji indossava il cappotto, con una stranissima espressione stampata in faccia della quale non capì la motivazione, e Manabu aiutava Rain a fare altrettanto. «Promettimi che ci sentiremo presto» le disse di slancio. «Sono stata benissimo stasera. Rimpiango di non averti conosciuta prima.»

Il suo fidanzato le rivolse un’occhiata che da sola valeva un discorso d’amore, Rain l’abbracciò. «Contaci. Grazie per la bella serata, Kaede. Anche se forse non ti è sembrato, ti ho fatto onore a tavola: era tutto buonissimo.»

«Confermo» disse Seiji mentre lei rispondeva all’abbraccio.

«E sappi che ho sempre fatto il tifo per te, sin da quando Manabu ti ha nominata la prima volta!»

Si staccò da Rain mentre il suo fidanzato confermava quanto detto dalla donna, «Il giorno dopo il nostro primo appuntamento le raccontai come era andata, il suo commento conclusivo fu ok, fuori uno

«Era evidente già da allora che eri andato» commentò Rain. «Direi che il tempo mi ha dato ampiamente ragione.»

«Direi anche io» convenne Mana.

Seiji aggirò Rain e scambiò un abbraccio anche con lui. «Grazie anche a te, secchione» non riuscì a trattenersi.

«Eccoci…» cantilenò il solista, «Mana, di lei te ne occupi tu, ok?»

«Sarà fatto» rispose Manabu divertito con Rain fra le braccia.

Risero di nuovo.

Quando chiuse la porta, dopo che Rain e Seiji sparirono dentro l’ascensore, sentì una leggera ansia. «Manabu, sei sicuro?» mormorò.

«Eppure li hai visti» fu l’immediata risposta.

«Ma Rain ha qualcuno?»

«Ma ti pare che non mi sono informato prima?»

Sorrise e si voltò verso di lui, «Scusami… ma sono stata così bene stasera che tremo al pensiero che qualcosa vada storto adesso.»

«Andrà tutto bene.»

«Per fortuna Seiji non sembra stanco…»

«Ma neanche io lo sono…» fu il sigillo al fatto che si fosse messa con un genio.

La gratificò di un sorriso, mentre lei lo seguì con lo sguardo e la bocca aperta mentre tornava in sala.

 

 

 

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NOTE:

 

Conservatoire national supérieur de musique et de danse de Paris = CNSMDP, per gli amici… no scherzo, dai. Ma la sigla è quella.

In italiano Conservatorio nazionale superiore della musica e della danza di Parigi, noto più semplicemente come Conservatoire de Paris, è uno storico conservatorio parigino. Trova le sue origini nel Conservatoire de musique fondato il 3 agosto 1795 dalla Convenzione Nazionale. È stato ed è tutt'oggi un punto cardine della musica classica francese ed europea.

Nessuno può dire che non scelgo sempre il meglio *si lucida le unghie*

 

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Capitolo 5
*** Il Dio della Pioggia - Capitolo 5 ***


Il Dio della Pioggia - Capitolo 5

Il Dio della Pioggia

5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rain

Uscirono dall’ascensore e Seiji le cinse la vita con un braccio, «Che ne dici di dirmi dove vivi? O devo leggerti nel pensiero?»

Riportò l’indirizzo sforzandosi di restare seria.

Appena fuori dal portone, un vento gelido li investì.

Bella serata per lasciare il cappellino a casa!

Il braccio di Seiji salì alle sue spalle e la strinse, «Che tempo da lupi…» disse praticamente nel suo orecchio.

Annuì senza riuscire ad aprire la bocca dal vento che tirava.

La guidò verso la macchina cercando di proteggerla e in un lampo si trovò all’interno della vettura.

Lo vide muoversi velocemente ed entrare al posto di guida.

«Accidenti‼» esclamò portandosi i capelli indietro «Non era un tempo del genere quando siamo arrivati!»

«No, infatti. E’ peggiorato in maniera incredibile.»

«Stai attenta come l’unico fine settimana libero da mesi coincide con una bufera da primato eh…»

Accese l’avviamento, il motore e il riscaldamento in rapida successione.

«Mana vi ha lasciato liberi? Allora avete fatto i compiti.»

Sarà il momento di dirglielo? Fra una risata e l’altra non c’è stato verso. Alla fine Manabu ha capito che toccava a me in separata sede.

«Puoi dirlo forte. E’ stata una settimana da cardiopalma, ma i risultati sono eccezionali. Tutto ok? Hai freddo?»

«Mi sto scongelando» rispose con un sorriso.

Riaprì bocca per introdurre il discorso della tastierista misteriosa, quando Seiji rispose al sorriso, poi si voltò per prendere la cintura di sicurezza, «Anche mia madre aveva il terrore che ti ammalassi.»

Il sorriso si allargò automaticamente, solo a sentirla nominare, «Sì, rammento. Lo dico a te come lo dissi a Manabu: in casa tua c’era un calore che esulava dal riscaldamento.»

Lo vide bloccarsi, poi voltarsi lentamente verso di lei, gli occhi socchiusi, «Se non fossi mai entrato a Villa Sasakawa avrei potuto chiederti cosa intendi.»

Rimase un attimo talmente spiazzata da non riuscire a muoversi, «Credimi… sono felice di non doverti dare spiegazioni. Tu hai conosciuto sia mio padre che mia madre.»

Sistemò anche la propria cintura di sicurezza, mentre Seiji faceva manovra per uscire dal parcheggio.

«Davanti a Kaede ho preferito non approfondire… ma li senti spesso?» riprese lui.

Scosse la testa. «No. Mia madre con la mia maggiore età ha perso anche l’unico fattore che in qualche modo la obbligava verso di me, mio padre… beh, non faccio parte della famiglia perfetta che si è creato dopo il divorzio da mia madre.» Ci fu un attimo di silenzio, poi, guardando rigorosamente fuori dal finestrino… «Manabu mi ha detto di tuo padre… non so dirti a parole quanto mi dispiace. Non ne sapevo niente.»

Sentì il suo sorriso, «E come potevi? Anche se lì per lì è stato devastante, me ne sono fatto una ragione. Soffriva e basta, non era vita.»

«Ti spiace se quando torno a Hiroshima faccio visita alla sua tomba?»

«Non vedo perché dovrebbe, ma già che me lo hai chiesto, possiamo andarci insieme.»

Sentì distintamente i muscoli del suo corpo rilassarsi, senza sapere quando si erano tesi come corde di violino, «Sono poco più che un’estranea per la tua famiglia e…» sentì il bisogno di giustificare la richiesta.

«Non è vero. Rain, sbagli clamorosamente se la pensi così.»

«… non volevo offenderti, pensavo solo…»

Si bloccò quando quello che aveva detto Seiji si fece spazio nel suo cervello.

«Non mi hai offeso. Ti sei sempre mossa come un’ombra… e mi dispiace ammettere che ho capito pienamente solo stasera il perché, ma i miei genitori ti hanno riconosciuta subito per quella fonte di luce che sei.»

Si voltò lentamente verso di lui, ricordandosi a malapena come si respirava.

Seiji sorrise appena e le lanciò un’occhiata, «Per la cronaca, ho riconosciuto la sciarpa e i guanti che porti stasera.»

La bocca le si aprì senza permesso. Ma che idiota sono. Sono quelli che mi ha regalato sua madre.

«Bella serata per scordarsi il cappellino» aggiunse con la solita faccia da schiaffi.

Scoppiò a ridere, «L’ho pensato appena messo piede fuori dal portone‼»

La seguì nella risata.

«Sai perché mi sono incantato a guardarti a cena?» chiese Seiji improvvisamente «Quando hai sventolato la mano davanti al mio viso.»

«Perché?»

«Ho realizzato di aver sentito la tua mancanza in questi anni. Mancava… qualcosa e l’ho semplicemente ignorato.»

Rimase, per l’ennesima volta, cristallizzata.

E il fatto che avesse parlato senza staccare gli occhi dalla strada, non fu di aiuto.

Rimasero in silenzio per tutto il resto del viaggio.

Un silenzio rilassato. Morbido.

Ci si adagiò sopra, avvolta da quella ammissione.

Aveva pensato spesso a lui… adesso, a distanza di quindici anni, poteva ammetterlo, almeno con sé stessa: aveva…

Quando il motore si spense, sussultò tornando alla realtà.

«C’è qualcuno nella tua vita adesso, Rain?»

Si voltò verso di lui, «No.»

Seiji incatenò i suoi occhi con una facilità sconcertante, «Credi che sia un caso che Mana ci abbia fatto ritrovare così?»

So che non lo è, maledizione… ma quando sarà troppo tardi per dirtelo?

«No.»

Lo vide spostare lo sguardo oltre lei, fuori dal finestrino. «Ho scoperto anche un’altra cosa… ed è quest’ultima scoperta che mi sta dando il coraggio di chiederti se posso salire con te.»

Non si sarebbe stupita se sotto il sedere si fosse aperta una voragine che l’avesse ingoiata.

«Cosa hai scoperto?» chiese con la poca voce che le era rimasta.

Seiji puntò di nuovo lo sguardo su lei. «Ti ho cercata in questi anni… in ogni donna che ha attirato per qualche motivo la mia attenzione c’era qualcosa di te.» Sorrise appena «E non sono riuscito a trovare il tuo senso dell’umorismo, la tua testardaggine, la tua ironia, i tuoi occhi, la tua voce, la tua complicità, il tuo profumo… ti guardo anche adesso e non riesco a capacitarmi di quanto sia stato idiota.» Quel sorriso si accentuò, «Non posso prometterti che sarò un bravo ragazzo o che tu sia improvvisamente al riparo dalla mia ironia… ma posso assicurarti che non forzerò le cose. Semplicemente, in questo momento, mi è inconcepibile allontanarmi da te.»

«Parcheggia.»

Le ubbidì alla velocità della luce.

Scesero dalla macchina e si ripeté la scena di quando erano usciti dal portone di casa di Mana.

«A che piano vivi?»

«L’ultimo.»

«Ah già… non tolleri che qualcuno ti cammini sulla testa…»

Si trovò a sorridere mentre aprì il portone.

Entrarono in ascensore che lei stava ancora scendendo a patti con i suoi capelli… e per fortuna che la maggior parte erano bloccati sotto la sciarpa e dentro il cappotto!

Seiji, perfetto anche spettinato, si appoggiò alla parete davanti a lei, «Facciamo un gioco?»

«Del tipo?»

«Vediamo se indovino casa tua.»

«Ok, proviamo.»

«Nero, grigio e bianco. Vetro. Marmo. Cristallo. Legno… chiaro però. Odi la plastica, quindi l’avrai evitata con tutte le tue forze. Pochi mobili, ti piacciono gli spazi ampi, ma ogni stanza è ben definita… quasi a sé stante. Come sto andando?»

Era a bocca aperta, ecco come stava andando.

«Direi… bene…»

Lo vide sorridere. «Hai sempre un debole per la seta?»

Fu lei a sorridere, «Sì.»

«Collezioni sempre bicchieri strani?»

Cercò di trattenersi dal ridere, «Sì.»

L’ascensore si fermò e le porte si aprirono.

Seiji le fece segno di precederlo.

«Non stavo scherzando da Manabu: non ti ricordavo gentiluomo.»

«Quando ci siamo visti l’ultima volta non ero neanche un uomo ancora. Se lo fossi stato, tu saresti salita su quel treno con me.»

Rimase spiazzata.

Completamente.

Aprì la serratura con la mano che tremava.

Seiji dovette accorgersene, perché l’avvolse nella propria, aiutandola.

«Sono nervoso anche io» mormorò.

L’ammissione la tranquillizzò un po’.

Entrarono e accese di riflesso la luce nell’ingresso.

Seiji chiuse la porta alle loro spalle.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Seth

Adesso restava da capire cosa intendeva il suo cervello quando le aveva detto che non avrebbe forzato le cose.

Dove avesse trovato il coraggio di chiederle di salire in casa sua e, in seguito, di dar voce a tutti gli altri pensieri, sarebbe probabilmente rimasto uno dei misteri più insondabili della sua vita.

Ho già perso troppo tempo con lei, ecco da dove nasce quel coraggio. Troppo, maledizione.

«Che ne dici di un altro caffè?» chiese Rain.

«Ti seguo.»

Era facile immaginare che non avrebbero dormito molto, a prescindere dalla stanza dove sarebbero finiti.

La tv si accese come per magia.

Quasi si staccò da terra per la sorpresa.

«Sono abituata ad accenderla appena entrata in casa» disse Rain accorgendosi del suo sussulto. «E’ automatico.»

Si trovò ad annuire, «Mia madre ha preso questa abitudine da quando è sola in casa.»

Rain lo fissò per qualche secondo, poi annuì. «Vedo che hai capito.»

Si tolsero i cappotti senza una parola.

Già suo padre, all’epoca, aveva inquadrato Rain come una ragazza molto sola. Gli ci erano voluti quasi diciassette anni per capire cosa intendesse.

La seguì in silenzio fino alla cucina e passando accanto alle porte, Rain gli diede una panoramica dell’attico.

«Ecco, già che ho inquadrato il bagno, ne approfitto subito!» esclamò.

«Ok, la cucina è la stanza in fondo, sulla destra. Appena hai fatto devo dirti una cosa importante.»

Qualcosa nella sua voce gli fece bloccare la mano sulla maniglia della porta, la guardò allontanarsi.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Rain

A parole o semplicemente facendogli trovare la maschera sopra il tavolo di cucina?

Non poteva più rimandare. Proprio no.

Poi, sarebbe successo quello che doveva succedere. Anche vederlo di nuovo uscire dalla sua vita, ma stavolta incazzato nero.

Non mi è mai sembrata una grande idea, ma ora è a dir poco pessima.

Seiji arrivò in cucina che stava versando il caffè nelle tazze, «Come al solito?» gli chiese.

Lo vide annuire.

«Ok, spara. Ti sei ricordata un fidanzato dimenticato nell’armadio?»

Scosse la testa, cosciente di star prendendo tempo. «Senti per caso puzza di decomposizione?» Gli tese la tazza e… « No, niente di tutto ciò. Ti ho detto che non c’è nessuno nella mia vita ed è esattamente quello che intendevo. Siediti, è meglio.»

Le ubbidì sempre più perplesso.

Prese fiato e… «Seiji, la cena a casa di Manabu è stata organizzata per farci incontrare… ma in realtà tu mi hai sotto il naso da una settimana, e da una tua considerazione ho capito che sei ad un passo dal capire come stanno le cose. Il punto è che non posso più aspettare che ci arrivi da solo, perché da ora in poi potrebbe succedere di tutto. Sono io, Mystery.»

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Seth

Il primo istinto fu di mettersi le mani nei capelli, il secondo di mettersi a ridere.

Optò per il secondo.

«Io lo ammazzo!» esalò.

Rain lo fissava sbalordita. «Pensavo che ti arrabbiassi» mormorò.

«Arrabbiarmi?? E’ vero: ero ad un passo dal capire. Ho riconosciuto la tua voce, a casa di Mana, e l’ho associata subito a Mystery! Non ci vedevamo da quindici anni Rain. Quindici anni. E’ bastata una maschera per nascondermi la tua identità! Potrei battere contro un muro Mana, ma realisticamente che me la riprendo a fare con quello spostato?»

«Senza mi hai riconosciuta subito. Non scherzavo neanche quando ti ho detto che mi hai fatto perdere cento Yen. Prima o poi Manabu verrà a battere cassa…» aggiunse con un sorriso.

«Pensavi davvero che non ti avrei riconosciuta?»

«Sono passati quindici anni» gli ricordò.

Quella donna, fin dalla prima volta che l’aveva vista sotto forma di una quattordicenne, gli aveva fatto vibrare il cuore in una tonalità che non aveva riconosciuto fino a quella sera.

O forse, a voler essere proprio onesti, non aveva voluto riconoscere.

Forse, tutto si riassumeva con il fatto che a diciassette anni, una multimilionaria di quindici anni scarsi non era un’ipotesi da prendere in considerazione, specie se eri povero.

Specie se era talmente affine a te da non riuscire a crederci.

Specie se avevi già un biglietto per Tokyo, nel tuo destino, prima del compimento dei ventuno anni.

Si era impegnato.

Avevano combattuto ad armi pari, a colpi di ironia e senso dell’umorismo.

Adesso vedeva la situazione per quello che era: se non si fossero trinciati dietro l’ironia…

«Io e te potevamo stare insieme da almeno quindici anni, ne sei cosciente anche tu adesso?»

Rain lo fissò con un sorriso, «Sì. Manabu ci è arrivato molto prima.»

Si trovò ad annuire.

Posò la tazza e si alzò.

Aggirò il tavolo.

Non abbiamo più bisogno di parole.

Anche Rain si sbarazzò della tazza vedendolo avvicinarsi.

La baciò ancora prima di toccarla.

Ancora prima di trovare finalmente il suo posto nel mondo incollato a lei da capo a piedi.

Ancora prima di ammettere finalmente, anche se solo con se stesso, io sono pazzo di lei.

Fu in quel preciso momento che il suo cellulare cominciò a squillare.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

K

Maledizione, in casa di Seth non rispondeva nessuno.

Qualcosa sbatté con violenza contro la persiana, facendolo sussultare.

No, doveva saperlo al sicuro, non avrebbe chiuso occhio altrimenti.

Gli altri tre erano già a casa, e anche se Mana lo aveva rassicurato, quasi proibendogli di contattare il solista, doveva sentirlo dalla voce di Seth che era al riparo.

Ti pareva che un fine settimana libero dopo mesi venisse messo in risalto da una tempesta in piena regola?

Si risolse a chiamarlo sul cellulare e, dopo diversi squilli, rispose, «K, qual buon vento?»

«Un vento di tempesta in piena regola, Seth. Dimmi che sei al sicuro da qualche parte, a casa non mi hai risposto.»

Seguirono secondi di silenzio perfetto, poi… «Fammi capire. Il vento gelido che c’è fuori si sta evolvendo?»

«Hai una tv a portata di mano?»

«Certo, è anche accesa, ma ero un po’ preso.»

«Ah, da cosa se non sono indiscreto?»

«Sei indiscreto, ma te lo dico lo stesso: non sono più single.»

Toccò a lui rimanere in silenzio. «Oh merda, non dirmi che ti ho interrotto… mentre…» L’incredulità mista ad imbarazzo lasciò presto il passo alla risatina divertita. «Sorry!»

«Sì, certo, sento quanto sei dispiaciuto…»

Scoppiò a ridere, «Dai Seth, cosa ne potevo sapere??» chiese omettendo accuratamente i segnali ricevuti da parte di Mana.

Accidenti a quell’uomo e alla sua mania di lasciare conigli nel cilindro! Cosa dannazione ci voleva a dirmi che era con una donna??

«La mia priorità era di saperti al sicuro e a casa non rispondevi!» concluse.

Seth lo stava già seguendo nella risata, «Dai, lo so! Gli altri?»

«Tutti al sicuro.»

«Ottimo. Oh cazzo… ne sta parlando il telegiornale.»

«Beh, almeno sei al sicuro.»

Il silenzio di Seth lo mise inspiegabilmente in allarme.

«Seth?»

«Maledizione, devo tornare a casa.»

«A fare cosa???» esplose «Non fare stronzate Seth, resta dove sei!»

«K, ascoltami. Se la tempesta continua, rischio di rimanere bloccato qui almeno fino a stasera. Quasi ventiquattro ore piene. E sono andato direttamente a casa di Mana dopo le prove. Non posso lasciare il pitone da solo per tutto questo tempo. Senza contare che sentendo la tempesta potrebbe rimettere il pasto… e… merda. Devo tornare.»

Sentì una voce in sottofondo.

«Cosa? Scordatelo Rain.»

Rain?

«Seth, ascolta almeno lei.»

«Mi ha informato che viene a casa con me.»

Si trovò la mano sugli occhi ancora prima di decidere di farla schiantare lì, «Ah, siete appaiati bene.»

«Più di quanto tu non immagini. E’ andata a preparare un valigiotto da portarsi dietro, pensa.»

«Fantastico, ti ho chiamato per tranquillizzarmi e invece mi sono guadagnato un’ansia da infarto multiplo.»

«Ovviamente ti chiamo quando sono a casa.»

«Non è quello il punto Seth. Ci devi arrivare, a casa.»

«Con lei in macchina, stai certo che ci arrivo. Per forza.»

Alla fine vinse la sua leggendaria curiosità, «Da quanto la conosci?»

«Quasi vent’anni.»

«Eh??»

«Eh… e la parte migliore è che la conosci anche tu, amico mio.»

«Se conoscessi una che si chiama Rain, penso che me lo ricorderei.»

«Tu l’hai conosciuta come Mystery.»

La risata in sottofondo, stavolta, fu inequivocabile. L’avrebbe riconosciuta ovunque.

«Ma… ma…»

«Ciao K» disse inderogabilmente la voce di Mystery.

«No, aspettate un attimo…»

«Te lo spieghiamo lunedì mattina, ok?» disse Seth.

«Stai scherzando vero? Io non ci arrivo a lunedì mattina dalla curiosità!» lo rimbeccò scatenando le risate di entrambi «No, ascolta cosa facciamo: voi due vi imbarcate in questo suicidio e io sto al telefono con quello che non guida! Così mi racconta cosa è successo e mi assicuro allo stesso tempo che arriviate tutti e due interi a casa tua!»

«E’ un distillato di senso pratico alto un metro e ottantasei» disse Seth.

«Sì, lo avevo già notato.»

«Come devo chiamarti a questo punto?»

«Rain.»

«Ok.»

«Senti K, ti richiamo quando siamo in macchina. Avremo bisogno di tutte e due la mani per arrivarci» disse Rain.

Anche questo è vero.

«D’accordo, ma per favore: fallo.»

«Tranquillo, a fra poco.»

Riattaccò e i suoi occhi furono attratti dall’orologio.

Si mise a contare i secondi.

Seth e Mystery stanno insieme? Si conoscono da vent’anni…?

Improvvisamente, come un fulmine, tutto fu chiaro.

Mana è a dir poco un folle genio‼‼!

Quando il cellulare squillò era ancora a bocca aperta a guardare fisso l’orologio.

«Pronto??»

«Ci siamo» disse Rain.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Rain

Era roba da pazzi.

Quindi in casa teneva un pitone.

Non ricordava la passione per i serpenti.

«Come è il tempo?» chiese K.

Al di là della curiosità, sentiva la tensione nella sua voce e già il fatto che non riuscisse a mascherarla, era segnale più che evidente di quanto fosse profonda.

«Ha cominciato a nevicare.»

«Sono in viva voce?»

«Assolutamente no: Se…th deve concentrarsi sulla guida.»

«Molto bene. Adesso, donna, mi spieghi cosa dannazione è successo. Perché la tua voce l’ho riconosciuta e sei inderogabilmente la tastierista che registra con noi da una settimana.»

Lanciò un’occhiata a Seiji che era concentratissimo sulla guida.

Solo il poco tempo e la consapevolezza che non lo avrebbe mai lasciato affrontare la tempesta da solo l’aveva convinto a desistere. L’alternativa, come giustamente le aveva fatto notare il suo ragazzo, era di legarla da qualche parte… e non sarebbe stato divertente legarla e andarsene.

Era evidente che quel pitone fosse importante per lui.

Prese un profondo respiro e raccontò al chitarrista come era iniziata.

«Quindi tu eri al liceo con loro» concluse alla fine K. «Ho improvvisamente capito perché Mana ha avuto quell’improvvisa esitazione nel rispondere a Seth con il loro linguaggio… e ho capito anche chi è la terza persona che lo conosce.»

K era intelligente, c’era poco da fare.

«Penso tu abbia centrato il punto. Mana pensava che la cosa si sarebbe contenuta ad una sorta di scherzo, ma i ricordi lo hanno sopraffatto e alla fine ha deciso di sistemare la cosa fra di noi.»

«Quei blackouts continui… ricordava situazioni di voi al liceo.» fece una breve pausa «Seth ha capito di conoscerti. Era vicino alla verità.»

«Già, e ho dovuto mentire dicendo di essere sfigurata.»

«Mh mh… guarda, ne parlo con te e non riesco a crederci.»

A chi lo dici.

«Ho Mana in attesa, ti richiamo» disse improvvisamente K.

«Ok.»

Riattaccò.

«Allora?» chiese Seiji.

«Non riesce a crederci, ha riattaccato perché Mana lo stava chiamando.»

«E’ in buona compagnia. Mi è appena venuto in mente che hai scoperto in maniera piuttosto rocambolesca che ho un pitone in casa.»

«Sei una fonte continua di sorprese. E’ quasi rassicurante che anche dopo quindici anni, riesci ancora a stupirmi.»

«Hai dei problemi con i serpenti?»

«Quanto è lungo?»

«Tre metri e ottanta centimetri.»

«Mh, lo vedo e ne riparliamo, ok?»

«Guarda che non mangia le donne.»

«Neanche gli uomini, voglio sperare.»

Seiji sorrise, senza staccare gli occhi dalla strada. «Sistemato il bimbo, io e te abbiamo un discorso dolorosamente in sospeso.»

«Più di uno, in realtà. Hai affermato di non essere single ma…»

«… vuoi essere la mia ragazza?»

Le venne da ridere. «Tutto sommato è anche un contesto romantico.»

Chissà se si ricorda che amo la ne…

«Cosa vuoi di più dalla vita? Tu ami la neve. E’ un sì?»

«Sì che è un sì. Ci abbiamo messo più di quindici anni, vuoi che ti dica anche di no?»

Squillò di nuovo il cellulare di Seiji, «Ah, deve essere K…» cominciò portandosi il display davanti al naso «Mana.»

«Cosa?? Oh no, K gli deve aver detto che siamo per la strada!»

Prese la chiamata con un sospiro, «Pronto?»

«A farvi fuori tutti e due, sicuro!» esplose il loro comune amico dall’altro capo della comunicazione.

«E’ una situazione di emergenza Manabu, il bimbo è solo in casa.»

«E’ completamente pazzo maledizione, è solo un dannato serpente!»

«Mmmmhhhh no. Credo proprio di no. Se lo fosse, non saremmo per la strada.»

Il silenzio era totale dall’altra parte. «Hai ragione» ammise più calmo. «Sono io il coglione che si ostina ad aspettarsi della normalità da lui. Maledizione, vi ho appena messo insieme, vedete di non farmi scherzi, intesi? Chiamami appena arrivate!»

«Stai tranquillo.»

«Ormai manca poco» disse Seiji. «Tempo venti minuti e siamo a casa.»

«Sentito? Fra una ventina di minuti ci siamo.»

«D’accordo, a fra poco.»

«Che ha detto?» s’informò Seiji.

«Che tu sei pazzo, lui un coglione che si aspetta ancora della normalità da te e ha concluso che ci ha appena messi insieme, non facciamogli scherzi» riassunse. «Come è la visibilità?»

«Ho gli abbaglianti accesi. Direi mezzo metro, più o meno. Sono facilitato dal fatto che conosco bene la strada e siamo i soli fuori di testa a girare con questo tempo.»

Cominciarono a ridacchiare.

«Abbiamo cominciato proprio bene…» commentò Seiji «neanche il primo bacio in santa pace ci hanno concesso.»

«Ce ne saranno altri, tranquillo. Non ho mai neanche preso in considerazione che potesse essere qualcosa di normale.»

«Da quanto lo hai preso in considerazione?»

La domanda la prese in contropiede. «Non lo so» ammise. «Forse una settimana o poche ore, ma non sapevo cosa ne pensavi tu. Con il senno di poi…»

«Io ho perso la testa per te che eri una quattordicenne rompiballe. E credo ormai che Mana se ne sia accorto subito. E con subito intendo proprio vent’anni fa.»

«Sì… è sempre stato il divertito spettatore dei nostri scambi.»

«Già… oh, finalmente… oh cazzo.»

«Eh?»

«Ma… no, non è possibile!» Lo vide fermarsi con cautela senza toccare i freni ma scalando le marce e buttare giù il finestrino, «Junnosuke‼!»

Oltre il finestrino aperto, apparve come per magia un uomo.

«Ah menomale sei tornato!»

«Che ci fai qui? Ma sei impazzito?»

«Non più di te, ragazzo. Che ci fai in macchina? E per di più con una donna. Una vita è troppo poco da mettere in pericolo?»

«… disse quello che ha affrontato la tempesta per venire a controllare il pitone a casa mia…» cantilenò quasi Seiji.

Tale Junnosuke alzò gli occhi al cielo «Vado a casa.»

Afferrò un braccio a Seiji. Non potevano lasciarlo andare via.

Seiji annuì senza voltarsi, intuendo cosa voleva dirgli.

«Non vai da nessuna parte, resti con noi.»

«Non posso. Tu ne hai uno, io un intero negozio, rammenti?»

Sentì lo sbuffo di Seiji, «Maledizione. Chiamami quando arrivi, non farmi stare in pensiero.»

«D’accordo, ci sentiamo dopo. Ah, ho visto gente togliere la neve dall’entrata del garage, non manchi solo tu all’appello nel condominio.»

Sparì com’era apparso.

Seiji chiuse il finestrino e… «Ok, scendiamo in garage.»

Annuì.

In pochi minuti si trovarono al sicuro nel sottosuolo.

Furono accolti da tre o quattro uomini, il più anziano dei quali manca poco si mise a piangere quando lo vide scendere dall’auto «Siano ringraziati gli Dei‼! E’ salvo!»

«Grazie infinite per aver ripulito l’entrata, sarebbe stato un problema trovarla. Chi manca oltre me?»

«Li ho già rintracciati. Si fermano dove sono, ripuliremo di nuovo in mattinata, per stanotte non torna nessun altro.»

«Ottimo. Grazie ancora per il vostro lavoro» si rivolse agli altri uomini che sorrisero e annuirono.

Le cinse la vita con un braccio, «Andiamo, che dobbiamo chiamare mezzo mondo.»

Si trovò al caldo dentro l’appartamento senza avere davvero la coscienza di come ci fosse arrivata, anche perché in ascensore aveva abbracciato Seiji ed era rimasta con il viso contro il suo collo.

Con un rapido movimento lo vide togliersi il cappotto e avviarsi verso una stanza.

Doveva essere la tana del pitone. Lo seguì più per riflesso e curiosità che per volontà.

Rimase a fissare l’enorme serpente bianco dentro la teca.

Sembrava dormire, ma, guardando meglio, gli occhi rossi erano aperti e puntati su Seiji.

«Ehi… come stai? Non farmi scherzi tipo rimettere la cena, intesi? Qui sei al sicuro.»

Rimase perfettamente immobile.

«Sembra tranquillo e non ha vomitato.»

«Perché dovrebbe?»

«Perché se si sente in pericolo rigurgita la cena, ritenendola un potenziale intralcio.»

«Ah, cosa mangia?»

«Prede morte, ogni dieci giorni. Ci pensa Junnosuke a procurarmele. Nei primi quattro dopo il pasto non deve essere manipolato o potrebbe rigettare.»

«Quindi hai temuto che sentendo la tempesta non si sentisse al sicuro e rimettesse la cena.»

«Esatto.»

«Sei più tranquillo ora?»

Annuì. «Pensiamo ad avvisare gli altri adesso o…»

Squillò il telefono di casa e Seiji la fissò perplesso un attimo, poi lo vide uscire dalla stanza e tornò a guardare il pitone bianco. Che strano colore per un serpente.

«Mamma???»

Istintivamente lo seguì e lo trovò nel corridoio.

«Mamma, calmati, per favore. Certo che sono a casa e sono tutto intero. … Non ho risposto prima perché non… lascia perdere. Ora sono qui e sto bene. Tu come stai?» Ascoltò la risposta e si voltò verso di lei «Mamma, scommetti che ho trovato il modo di farmi perdonare la preoccupazione di stasera? … Ti passo una persona che vuole salutarti…»

Prese la cornetta «Buonasera signora Matsudo…»

La sentì smettere di respirare.

«Signora?»

«Rain? Oh Dei, Rain sei davvero tu?»

Sorrise, «Sì, sono io.»

«Non… non posso crederci! Come stai bambina mia? Vi siete ritrovati?»

Guardò Seiji che stava annuendo, «Certo, te l’ho passata apposta» rispose alla muta domanda.

«Beh, sto bene signora e… sì, ci siamo ritrovati e… ci siamo messi insieme. Davvero, stavolta» aggiunse facendo piegare Seiji in due dal ridere.

Accidenti a lui. Fortunatamente affrontava qualsiasi cosa con ironia e senso dell’umorismo!

«Da… davvero? Finalmente!!» fu il commento di quella donna «Alla fine fu mio marito a capire che quella storia non era vera… non del tutto almeno. Quando venite a trovarmi?»

«Presto, così le raccontiamo tutto. E non si preoccupi: restiamo a casa adesso, fino alla fine della tempesta.»

«Mi raccomando ragazzi miei, ho visto immagini alla tv da far paura!»

«Non ci muoviamo di qui, promesso.»

«Mana, tranquillo, ci siamo e siamo tutti interi. Rain è al telefono con mia madre, mi ha cercato anche lei a casa…» stava dicendo Seiji al cellulare. «Sì, ora sento K e poi magari riuscirò a dare alla mia ragazza le attenzioni che merita, eh?» Breve pausa «Hai capito benissimo, infame.»

«Saluta Seiji da parte mia.»

«Lo farò, è al cellulare con Manabu.»

«A presto Rain. Non so dirti quanto sia felice.»

Sorrise, «Neanche io ho le parole in quel senso signora. A presto.»

Riattaccò in sincronia con Seiji.

«Ok, K» disse Seiji facendo partire un’altra chiamata.

Tornò nella stanza del pitone.

Il serpente era tranquillamente acciambellato e sembrava dormire, se non fosse stato per il netto contrasto degli occhi con il bianco che li circondava, avrebbe detto che avesse gli occhi chiusi.

Improvvisamente sentì le mani di Seiji sulle spalle, «Hai freddo?»

«No, perché?»

«Non ti sei tolta il cappotto.»

«Non ci ho pensato. E’… bello.»

«Sì, lo è. Mi ci sono voluti dieci anni per potermi permettere un esemplare come questo.»

«Costoso?»

«Aggressivo e delicato. Bisogna sapere come trattarlo.»

Annuì, «Mi hai lasciato intendere che non è pericoloso.»

«Non lo è. Nella fattispecie, lui è un animale domestico da generazioni. E’ nato fra gli uomini, allevato da uomini. E’ una particolarità che stia così acciambellato anche ora, di solito quella posa indica paura, ma se avesse paura…»

«… avrebbe rigettato la cena.»

«Esatto.»

Si trovò fra le sue braccia, con il mento di Seiji appoggiato su una sua spalla.

Appoggiò le proprie braccia sulle sue, «Lo lasci libero per casa?»

Lo sentì annuire, «Non prima di domani l’altro però. Sono certo che farete l’abitudine l’uno all’altro, anche per lui sarà una bella novità avere te che giri per casa.»

Scoppiò a ridere, «Ci credo!»

«Io, al contrario, mi abituerò in un lampo.»

Si girò verso di lui e gli cinse il collo con le braccia, «Non lo metto in dubbio. Controlliamo che sia tutto chiuso e…»

«… riprendiamo il discorso interrotto. Sì.»

La sciolse dall’abbraccio e la prese per mano, «Ti do anche una veloce panoramica dell’appartamento.»

 

 

 

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NOTE:

 

Uff, siamo a -1 alla fine. J

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Capitolo 6
*** Il Dio della Pioggia - Capitolo 6 ***


Il Dio della Pioggia - Capitolo 6

Il Dio della Pioggia

6

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mana

K continuava a guardare la porta, l’orologio, poi la porta e di nuovo l’orologio. Da esaurimento nervoso.

Come se non bastasse la sua, di ansia.

«Arriverà senza maschera» disse improvvisamente il chitarrista ritmico.

Annuì.

«Posso anticiparlo a loro?»

Annuì di nuovo e rimase in silenzio mentre K spiegava alla sezione ritmica la situazione… e chi sarebbe arrivato.

Aveva fatto una fatica immensa a non chiamarli durante il fine settimana, ma anche Kaede gli aveva detto che almeno i primi due giorni come coppia, se li meritavano in esclusiva.

Alla fine c’era un silenzio assordante.

«La ragazza di Seth?» chiese Hayato.

«Non ha riconosciuto la sua ragazza?» chiese Sugiya.

«Rain, è questo il vero nome di Mistery» prese la parola lui, «non era ancora la sua ragazza quando ha varcato quella soglia, ma la conosceva quanto me, cioè da vent’anni. Quindi l’ho mascherata per cercare di non fargliela riconoscere.»

«Ah» fu il coro della sezione ritmica.

Prese un profondo respiro, «Dovevo essere sicuro che fra tutti e due fossero finalmente pronti ad ammettere di essere pazzi l’uno dell’altra» spiegò brevemente.

«Ah!» fu il coro, stessa sezione.

K per poco volò giù dalla poltroncina davanti al mix.

Lo so, K, musicista, produttore e stilista era troppo poco…

Non riuscì a trattenere un sorriso.

Ok, tutto sommato poteva lasciare perplessi se non si era pratici del meccanismo che muoveva loro tre.

Sentì le risate dal corridoio.

«Potrei provarci, perché no?» stava dicendo Seth.

«Se sei riuscito a fare quelle maniglie per le porte, riuscirai a fare anche le chiusure a forma di grilletto per le finestre.»

«Non fa una piega.»

«Sei sempre stato bravo in queste cose, ti ricordi quando Mana ruppe il portagioie di sua madre? Ci volle l’intera serata, e sei mani, ma alla fine lei neanche si accorse del disastro.»

Un sorriso gli curvò le labbra, mentre un’ondata di…

«Lo ricordo, sicuro. Un uomo, un danno.»

… istinto omicida lo avvolse.

E li ho pure messi insieme.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Hayato

Era inderogabilmente la voce di Mystery.

Rain. Ricordati: Rain. Che nome particolare per una donna.

Entrarono e… era senza maschera.

«Alla buon’ora» li apostrofò all’istante Mana, come se non li stesse aspettando con la stessa trepidazione che covavano lui, K e Sugiya… e non fossero comunque in anticipo di due minuti.

Seth lo fissò, «Giusto te. Non so se impiccarti o offrirti un caffè, che preferisci?»

K si alzò alla velocità della luce e, passandole vicino, prese per mano Rain trascinandola fuori, «Io non ho dubbi: caffè! Così mi finisci di raccontare la novella‼»

Seth rimase talmente preso in contropiede da non muoversi per una manciata di secondi, poi «Ehi‼‼» esclamò gettandosi all’inseguimento dei due.

Mana si alzò, «Figuriamoci se si poteva iniziare a lavorare…» disse con un seccato, radioso sorriso stampato sulle labbra.

Sugiya ridacchiò, «Beh, non potrai mai dire di non essertela voluta!»

Li raggiunsero alla macchinetta e Rain stava ridendo, mentre Seth e K stavano bacchettandosi a vicenda.

«Come dannazione potevo dirtelo se non lo sapevo?» stava dicendo Seth.

«Però sei arrivato a capire subito che la conoscevi, potevi sforzarti un po’ di più!»

«Riprenditela con Mana, che io non posso… visto che mi ha fatto un favore» concluse Seth.

«Questa te la ricorderò spesso» disse Mana.

Rain, senza maschera, si confermava bellissima.

«Quindi vi conoscete dal liceo» riprese K. «Voglio che mi raccontiate i vostri aneddoti. Specie quelli che hanno mandato in tilt Mana!»

«Scordatelo» lo segarono in coro Seth e Mana.

K sbuffò. «Rain!» si rivolse a lei in cerca di aiuto.

«Non ne ho idea, non sono telepatica.»

«Da un paio di giorni avrei detto il contrario…» fu il commento di Seth.

Si sorrisero.

Dei.

«Ah, scordavo» disse K rivolgendosi a lui e Sugiya. «Conosce anche lei il loro linguaggio segreto. Anzi, direi che ho capito chi è la terza persona di cui mi parlò Seth tempo fa.» Squadrò il solista con un’occhiata, «E ho capito anche lo sguardo sognante che aveva quando ne parlava.»

Mana si piegò in due a ridere. «K, ti adoro quando tiri le fila così bene‼‼»

Seth stava sorridendo, «Negare mi sembra inutile.»

Rain lo stava fissando con la testa reclinata in un’espressione a dir poco perplessa.

«Beh, te l’ho detto no? Ho perso la testa per te che avevi quattordici anni.»

Mana si drizzò come se fosse stato bacchettato, «Che cosa??? E lo ammetti così adesso?»

«Visto? Un miracolo, Mana. Dovresti esserne soddisfatto» commentò Rain felice.

Dei. Si adoravano.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

K

«Ma voi non l’avete mai scordata, vero?» chiese di punto in bianco Sugiya «Voglio dire…»

Era un continuo. Tutti ci rimuginavano sopra appena la musica finiva.

«Lo stesso nome di Seth è un richiamo a questa donna» disse Mana. «Seth è il dio egizio della pioggia.»

Rimase a bocca aperta. Hayato aveva gli occhi fuori dalle orbite, Sugiya era incredulo.

«Lo hai caldeggiato proprio tu» disse rivolto a Mana appena riacquistò il controllo della mandibola.

«Già…» fu il commento di Seth, braccio abbandonato intorno alle spalle di Rain.

«In realtà Seth è il Dio del Caos. Si occupa della pioggia…» cominciò Rain.

«… quando non è già troppo nervoso!» concluse Seth come ricordandosi qualcosa «Beh, da ora, nervoso o non nervoso, ti prenderai tutto il pacchetto regalo.»

«Wow…»

«Ehi…»

Rain ridacchiò.

«Allora, la versione di Dispell Bound è confermata con tre voci» annunciò Mana «e non sento storie.»

«Ah, prima che mi scordi di chiedertelo» disse Seth, «ma viene anche in tour con noi?»

Mana si bloccò «Beh… se non ha altri impegni come concertista.»

«Beh, se mi dici le date, magari te lo dico» disse Rain dopo qualche secondo di silenzio.

Mana annuì, «Te le so dire fra qualche giorno, accidenti. Andremo anche in Francia, mi piacerebbe che ci fossi anche tu.»

Rain rise, «Ti troverai fra il pubblico qualche mio ex alunno, sicuro! Ho seguito la tua carriera anche grazie a loro, ecco come sapevo il nome del tuo precedente gruppo!»

«Le farai mettere la maschera?» chiese prima di pensarla.

«Assolutamente no, K» fu la perentoria risposta di Mana. «Il riserbo sulla mia identità e quella di Seth non saranno intaccate dal saperla una nostra amica di vecchia data.»

Seth mugolò un assenso, «Quindi è nata nel… 1552?»

Si trovò a ridere senza fiato.

«Ma…?» cominciò Rain perplessa.

«Tesoro, io e Mana siamo nati ufficialmente nel 1549.»

«Ah… dovrete aggiornarmi sui particolari.»

«Tranquilla.»

«Ti divertirai in tour» prese la parola.

«Oh sì» gli resse il gioco Seth. «Questo simpatico ragazzo ti sarà di aiuto quando sarai distrutta dalla stanchezza.»

Capì immediatamente a cosa alludeva, come anche Mana, Sugiya e Hayato che lo seguirono immediatamente nella risata.

«Ho colto la chiara vena ironica dell’affermazione, amore. Mi racconti?» chiese Rain già divertita.

Seth si mise comodo, «Mancavano un paio di date alla fine del tour ed ero praticamente un uomo distrutto. Dissi qualcosa tipo non so come farò ad arrivare in camera ed ecco il solerte K accorrere in mio aiuto. Mi disse che dovevo solo stare attento a premere il giusto piano in ascensore, quindi prestare la massima attenzione al simbolo impresso sul porta chiavi della chiave della stanza, assicurandomi che lo stesso simbolo fosse impresso sulla porta. La prova del nove sarebbe stata l’inserimento della chiave nella serratura: se la porta si apriva, ero a posto; se la porta non si apriva avevo chiaramente cannato e dovevo rivedere qualche passaggio.»

Ogni volta che ci ripensava, poteva solo biasimare se stesso!

Anche Rain rideva da avere le lacrime agli occhi.

Passarono diversi minuti prima che potessero tornare tutti in posizione eretta.

«Ah, già che siamo a parlare di particolari tecnici: come preferisci apparire nei credits dell’album?» chiese Mana.

«Rain.»

«Ottimo.»

«Nel senso che avevi già dato disposizioni in questo senso?»

«Esatto.»

Scoppiarono di nuovo a ridere.

«Che facciamo ora? Diamo mano a Last temptation o Sacred lake?» chiese Hayato guadagnandosi un’occhiata compiaciuta di Mana.

«Sacret lake la lascio a Rain» rispose, «ci lavora un po’ da sola e poi vediamo. Last temptation… cosa manca?» chiese più a se stesso che a qualcuno dei presenti.

«Direi che dobbiamo tirare le somme della musica e provare la parte vocale» rispose comunque per velocizzare la ricerca del chitarrista solista.

«Giusto. Direi di provarla e vedere che succede» disse Mana.

Si alzarono se erano a sedere, si avviarono verso la sala insonorizzata se erano già in piedi.

Tutto sommato non poteva lamentarsi, alla fine dell’album c’era la promozione e alla fine della promozione c’era il tour.

Ne aveva di tempo per farsi raccontare tutto da quei tre.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Seth

Il pensiero che in ambito lavorativo la relazione con Rain sarebbe potuta cambiare o non sapeva neanche lui che altro, lo aveva sfiorato.

Avevano parlato tantissimo in quei due giorni, neanche si erano accorti che la tempesta aveva superato Tokyo.

Quando si erano svegliati quella mattina, il sole imperava sulla città e si erano preparati per tornare in sala prove, coscienti che K e Mana avessero anticipato tutto agli altri. Infatti non aveva visto grandi sorprese, tranne quelle che erano ovvie davanti a Rain vista per la prima volta.

Non che avessero recuperato quindici anni in due giorni, ma un rapporto come il loro si era cementato di nuovo in un lampo. Era bastato fare l’amore la prima volta, per portarlo al livello superiore, senza scossoni o momenti di imbarazzo.

Era stato naturale come respirare.

Cosa si era perso, per tutto quel tempo.

«Ehi, che c’è?»

La voce di Rain lo strappò ai suoi pensieri, se la trovò accanto.

«Niente, pensavo.»

Le cinse la vita e, trovandosi seduto sulla poltroncina davanti al mix, fu facilissimo affondare il viso contro il suo ventre.

Rain gli rese l’abbraccio.

«Torni da me stasera?» le chiese.

«Certo.»

Serrò la stretta intorno a lei, «Non vedo l’ora di tornare a casa.»

«Anche io.»

«Bene, se lo schiodi da quella poltroncina in tempi brevi vi lascio liberi per le 18.00, promesso» disse la voce di Mana.

«Stai diventando un cuore tenero, Mana» lo apostrofò.

«In realtà ho promesso a Kaede di non rincasare tardi.»

Rain scoppiò a ridere, e anche lui la seguì… non poté proprio trattenersi.

Alla fine ridevano tutti.

«Giusto, ora non ha più la scusa delle tastiere e dei sintetizzatori!» esalò K con le lacrime agli occhi.

«Siete una manica di stronzi, si salva solo Rain» decretò Mana con il sorriso ancora stampato in faccia. «Avanti, mano agli strumenti, proviamo Neo pessimist.»

Quando uscirono, Mana annuiva. «Ok, ci siamo, direi…»

Lo squillo di un cellulare lo bloccò.

«Beh, Il Lago dei Cigni, se non sbaglio… Rain, mi sa che è il tuo.»

«Già» disse la ragazza separandosi da lui.

Lo trovò nella tasca del cappotto e guardò il display. Corrugando la fronte, «Non conosco il numero.»

Le si avvicinò. «Prova a sentire chi è.»

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Rain

Prese la chiamata, «Pronto?»

«Ame?»

Solo cinque persone la chiamavano così e dalla voce era il più giovane. «Tsunayoshi?» chiese incredula «Cosa è successo??»

Che la chiamasse il fratellastro era in assoluto una novità, da dove la chiamava? Il numero di casa almeno lo aveva in memoria.

«Sapevo che ti saresti preoccupata sentendomi, ma papà mi ha finalmente regalato il cellulare e lo sto provando! Non sai quanto mi ci è voluto ad estorcere il tuo numero a quell’uomo, mi ha detto che non lo aveva! Quando ho saputo della tempesta che si è abbattuta su Tokyo, sono andato a prenderlo direttamente dalla sua rubrica in studio!»

Alzò gli occhi al cielo, «Fantastico, un nuovo giocattolo.»

«Questo è un giocattolo utile, adesso posso sentirti quando voglio, non solo nelle feste o quando papà si ricorda che respiri per un motivo o l’altro! Ti ho disturbato?»

Rimase un attimo senza parole. Ma giusto un attimo.

«Tsunayoshi ma con chi sei?»

«Con la mamma! Ame, come stai? Me lo dici? Ho visto scene non proprio belle al telegiornale e non so in che parte di Tokyo vivi.»

La cosa non poteva essere liquidata.

Fece segno a Seiji di darle un minuto, «Torno subito.»

«Chi è?» chiese Seiji preoccupato.

«Il mio fratellastro.»

La sua espressione cambiò.

«Ti spiego appena ci capisco qualcosa» aggiunse.

«Con chi ce l’hai?»

«Con il mio ragazzo, Tsunayoshi. Io sto bene, ero al riparo durante la tempesta, tu?»

«Ma come, ti sei fidanzata e non me lo dici?»

«Beh, ci siamo messi insieme ieri.»

«Ah, papà deve saperne qualcosa?»

«Per me è indifferente.»

«Me lo immaginavo. Senti, vuoi fare di me un quasi quindicenne felice?»

«Sentiamo.»

«Non pensare più a me come ad un’estensione di papà. Sono tuo fratello, non il tuo fratellastro, ok? Anche io ho cominciato a pensare a te come a mia sorella solo da qualche mese… è che ci ho messo una vita a trovare questo numero. E’ successa una cosa Ame, e la mamma mi ha detto che solo tu puoi aiutarmi.»

Rimase un attimo in silenzio, cercando di assimilare il concetto.

«Cosa è successo?»

«Papà sta organizzando il mio matrimonio.»

«COSA STA FACENDO????» esplose.

In un nano secondo Seiji era davanti a lei.

«E aiutami a dire che è un totale cesso quella che vuole appiopparmi. Mamma mi ha detto che solo tu puoi insegnarmi come tenergli testa. Ame, sono nei guai. Seri. Non voglio quella lì, non voglio sposarmi a ventuno anni e anche se volessi farlo, insomma… sai come funziona no? Ci sei passata prima di me!»

Ascoltava il fratello fissando Seiji con occhi sbarrati.

«Rain, cosa c’è?» chiese Seiji.

«Tsunayoshi, ascoltami bene. Come fai a sapere che papà sta organizzando il tuo matrimonio?»

Seiji si batté una mano sulla fronte rovesciando la testa indietro.

Sentì lo sbuffo di Mana da dove era.

«Ho quattordici anni Ame, ma non sono stupido. Questa qui è fissa in casa completa di famigliola e i due padri passano tutto il tempo in studio a parlare a porte chiuse. Roba da claustrofobia. Alla fine ho sentito papà parlare al telefono.»

«Tua madre è lì con te, giusto? Ci sta ascoltando?»

«Sì Ame» rispose la sua matrigna. «Sei in viva voce.»

«Tu sai qualcosa di più preciso?»

«Quando mio figlio mi ha chiesto spiegazioni… gliele ho date, che altro potevo fare? Tuo padre mi ha informata della cosa, non so i particolari.»

«Quindi è ufficiale: sta organizzando il matrimonio di Tsunayoshi.»

«Ame aiutami, ti prego.»

«Tsunayoshi calmati. E’ più facile di quello che pensi.»

Silenzio, «Davvero?»

«Certo. Lascialo fare come vuole, a ventuno anni sarai maggiorenne e potrai decidere di non sposarti.»

«Ma avrà preparato tutto, ricevimento, invitati…»

«Il problema è suo, non tuo. Ti ha chiesto qualcosa?»

«No.»

«Appunto. Non hai dato il consenso al matrimonio. A quattordici anni non varrebbe comunque. Ci muoveremo se decidesse di farti sposare prima dei ventuno anni, a quel punto anche tua madre dovrebbe dare il benestare.»

«E se mi chiede qualcosa prima?»

«Tipo che di punto in bianco comincia a parlarti di matrimonio come fece con me, come se fosse una cosa risaputa da tutti?»

Seiji cambiò espressione.

«Esattamente. Mamma mi ha accennato a qualcosa.»

«Beh, io gli risposi, davanti a tutti Matrimonio? Quale matrimonio? Ne sento parlare ora per la prima volta. Non sposerò mai qualcuno che va bene a te papà, conosco il tuo metro di giudizio. Puoi richiamare i cani.»

Il silenzio si poteva tagliare con un coltello. «Mamma aveva ragione: tu avresti saputo cosa fare. Sei un genio sorellina.»

«Stai in campana Tsunayoshi, ma non preoccuparti: il modo di fermarlo c’è sempre

«Grazie Ame» disse la sua matrigna.

«Di niente, fatemi sapere se ci sono sviluppi.»

«Lo farò, ci sentiremo spesso adesso! Passo questo numero anche alla mamma che ti farà avere il suo! Salutami il tuo fidanzato!»

«Lo farò.»

Riattaccò.

«Ho capito bene?» chiese con una lentezza impressionante il suo ragazzo.

«Dal tuo sguardo, direi che hai capito alla perfezione.»

«Ma è roba da matti» disse Mana. «Ricordo bene i tuoi discorsi a riguardo ma…»

«Quali discorsi?» chiese Seiji.

«Tuo padre voleva farti sposare con qualcuno di sua scelta?» chiese K come a voler essere sicuro.

«Esatto. Alla fine, aveva trovato qualcuno che sarebbe stato in una situazione di inferiorità anche con me.»

Mana le si avvicinò prendendole la mano, «Andiamo a prenderci un caffè.»

Mentre si avviavano alla macchinetta, Mana raccontò a Seiji lo scambio che era avvenuto anni prima in macchina.

Era pazzesco, ma anche lui ricordava parola per parola quello che si erano detti anni prima.

«Io dove ero?» chiese alla fine il suo ragazzo.

«A casa. E credimi, non potevi stare in un posto migliore» rispose lei. «Maledizione, credevo che almeno mio fratello fosse al sicuro. Che idiota.»

«Da quello che ho sentito, la soluzione l’hai trovata» disse Hayato.

«Sì, ma Tsunayoshi adesso dovrà stare in campana. Ditemi voi se questi sono problemi di un quattordicenne.»

«Ma lui non è solo» disse Mana. «Lui una madre ce l’ha ed è vigile da quello che ho capito. Lui ha te, e non si è fatto problemi a cercarti quando ha avuto bisogno di aiuto.»

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Seth

Ce n’era abbastanza per rovinargli la giornata.

«Ma lui non è solo» disse Mana. « Lui una madre ce l’ha ed è vigile da quello che ho capito. Lui ha te, e non si è fatto problemi a cercarti quando ha avuto bisogno di aiuto.»

Rain lo fissò con un sorriso, uno di quei sorrisi che gli avevano sempre fatto contrarre lo stomaco, «Ma neanche io ero sola, Mana. Avevo te e Seth. E due famigliole acquisite.»

I sorrisi si moltiplicarono come per magia, uno piegò anche le sue, di labbra.

«E adesso le sei anche meno di prima. Chi era il coglione che dovevi sposare?»

«Non ne ho idea. Neanche era di Hiroshima, ma non ho mai saputo il nome.»

Mh.

Se la trovò davanti e con due dita gli formò di nuovo il sorriso, tirandogli gli angoli della bocca «Non ti provare.»

«E’ una parola» le fece notare intuendo cosa voleva dire. «Non…»

«Non ha senso. Cosa vuoi che ne sappia mio padre? Cosa sapeva di te e Mana?»

«Solo quello che sapeva il resto della gente» rispose Mana. «Rammenti che erano tutti convinti che sarebbe rimasta incinta di uno dei due? E sarà così, alla fine. Ma nei tempi giusti, non due ragazzi poco più che adolescenti.»

Scoppiarono a ridere. Tutti.

«Giusto!» convenne.

Mana era il re dei riassunti.

Rain si appoggiò a lui, «Rammenta che ora sei il mio dio.»

«Ah, quindi ti ho conquistata?»

«Sì.»

«Ottimo.»

«Se non ricordo male puntavi all’ubbidienza» disse Mana.

«Con l’età cambiano gli obiettivi.»

«Non per niente mi sono innamorata di te» sussurrò Rain nel suo orecchio.

La strinse a sé, affondandole un bacio sul collo.

Poteva stare tranquilla, se mai suo padre aveva avuto la possibilità di farle del male, da quel momento quelle possibilità erano azzerate.

Assaporò il momento in cui si sarebbe trovato davanti quell’uomo nelle vesti del fidanzato della figlia.

E, soprattutto, assaporò il momento in cui Rain sarebbe rientrata in casa dei suoi come la sua fidanzata.

Probabilmente non poteva fare un regalo più bello a sua madre.

Ah, la vita era splendida.

«Al lavoro adesso, abbiamo ancora venti minuti a disposizione.»

Lanciò un’occhiata a Mana che era già lanciato nel corridoio a passo di carica.

Tutto sommato poteva includere anche lui nel lato splendido della vita. Anche se non glielo avrebbe mai detto.

«Ah Rain, rammenta che devi finire di raccontarmi» disse K. «Più ne so e più ne voglio sapere! Dovevate essere delle sagome da giovani!»

«Seth hai il permesso di menare il chitarrista ritmico‼!» esplose Mana dalla porta della sala.

«Oooooook‼» esclamò tutto felice usando il giochetto di parole che aveva involontariamente coniato dopo appena due ore l’aver conosciuto K.

Quando cioè per rispondere a Mana si era prodotto in un ooooook a presa di culo che aveva fatto spuntare la testa di K dalla porta con un mi hai chiamato?

Era un episodio che li riduceva ancora in lacrime ogni volta che ci pensavano.

Infatti, sentì anche la risata di Mana.

K, Hayato e Sugiya erano letteralmente accartocciati contro il muro a ridere.

Gli venne in mente che Rain non poteva sapere di questo sketch e si voltò verso di lei con l’intenzione di riuscire, in qualche modo, a spiegarle lo scherzo… anche se ridendo come rideva, restava un mistero come ci sarebbe riuscito… ma Rain già rideva, appoggiata al muro.

L’aveva capita al volo.

Ma poteva davvero stupirsi? Era una vita che lo capiva al volo.

E per fortuna me ne sono accorto in tempo.

«Ho già… capito co… me impegneremo i… restanti venti… minuti!» riuscì ad articolare K fra una risata e l’altra.

E io ho chiaro come impegnerò il resto della mia vita…

«Chi devo uccidere per lavorare??» s’informò Mana fra una risata e l’altra.

 

 

 

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NOTE:

 

Guren: Non ti nascondo che mi sono divertita e ho anche riso scrivendola e soprattutto rileggendola per le mie infinite revisioni. Nonostante tutto.

Grazie per averla letta e soprattutto, sono contenta che ti abbia divertita.

 

 

 

 

NOTE FINALI:

 

Anche questa è andata, spero vi abbia fatto compagnia e vi abbia divertito.

E’ successa una cosa curiosa. Sono andata a rileggermi le mie recensioni per Fated 'Raison d'être'

Avete presente quando dico che tanto Guren sa che non la prendo in giro?

Dal mio commento al 4° capitolo del 16/10/10: Solo altri due aggiormenti e poi finisce? Cielo, ma sono l'unica logorroica che... ah no, aspetta, tu sei quella delle flashfic... 6 capitoli senza contare le parole... no, non posso chiedere di più. Fai come se non ti avessi detto niente. *annuisce*”.

Eh beh…

Pensandoci, giuro che è un caso che siano 6 capitoli anche per questa, ma lo ha detto anche Guren: abbiamo una sorta di connessione mentale.

E va da sé che non vedo l’ora di leggere la sua ff sull’argomento.

 

Alla prossima, in qualunque fandom infesterò.

 

 

P.S.: 70 pagine complessive di word. Eh però.

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