Family Matters

di micRobs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** How to welcome daddy ***
Capitolo 2: *** Come fa lo pitidattilo? ***
Capitolo 3: *** A.A.A. Babbo Natale Cercasi. ***
Capitolo 4: *** Demian ***



Capitolo 1
*** How to welcome daddy ***


Pairing: Sebastian/Thad + pargoli vari.
Genere: Sentimentale, Romantico, Generale, Commedia, Fluffissimo.
Avvertimenti: Future!Fic, Daddies!Thadastian.
Rating: Verde
Parole: 1243 (secondo Word)
Note d’Autore: Loro chiedono ed io eseguo. Avevo questa shot pronta da un po’, plottata mentre andavo a prendere mio padre all’aeroporto, e le dolci pulzelle del gruppo Thadastian mi hanno esplicitamente chiesto una daddies, so… tutta per voi, dolcezze ♥
E colgo l’occasione per augurare a tutti buone vacanze, visto che io domani parto e non potrò rompervi le scatole per un po’ :3
Note di betaggio: Vals ♥
 
 
 

How to welcome daddy

 
 
 
«Papi, che cosa fanno quei signori?»

Thad spostò lo sguardo nella direzione indicata da Seth e sorrise. A quell'ora della sera – l'orologio sul tabellone degli arrivi segnava che mancavano solo pochi minuti alle nove e trenta – e in un periodo relativamente di bassa stagione come poteva esserlo l'inizio di aprile, l'aeroporto era decisamente poco affollato, tant'era che, a parte lui e i bambini, vi era solo un'altra decina di persone ad attendere l'atterraggio dell'ultimo volo della giornata.
Aveva provato a convincere i suoi figli a rimanere a casa con sua madre, ma loro erano stati irremovibili e avevano insistito per accompagnarlo all'aeroporto a prendere Sebastian.

Era mancato poco meno di una settimana – a causa di un congresso di lavoro a New York – e la casa sembrava dolorosamente vuota, sebbene Seth e Demian contribuissero costantemente a tenere il silenzio lontano dalla loro abitazione.

«Sono... impiegati degli hotel e delle agenzie di viaggio» provò a spiegargli, per sedare la sua sete di continue nuove informazioni e farlo in maniera soddisfacente. «Aspettano i passeggeri del volo che non sanno dove andare.»

Seth schiuse le labbra in un muto «Oh» di mistico stupore, mentre Demian al suo fianco studiava con invidiabile concentrazione la piantina dell'aeroporto.
«Così non si perdono» annuì il bambino, dimostrandogli di aver capito alla perfezione quel concetto. «E perché c'hanno quei fogli in mano?» Continuò poi, tornando ad osservare due ragazze che parlavano tra di loro, reggendo tra le mani il nome del passeggero che aspettavano.

Thad ci pensò giusto un attimo, in modo da fornirgli la risposta più completa nel modo più semplice possibile, poi sorrise di nuovo. «Perché così, quando il passeggero scende dall'aereo, legge il suo nome sul foglio e sa dove deve andare.»

Seth lo osservò come se gli avesse rivelato chissà quale verità inconfutabile e annuì lentamente. «E se qualcuno di loro» li indicò di nuovo con un ditino. «C'ha scritto il nome di papà e papà va da loro? Come facciamo noi?»

Quella domanda parve risvegliare l'interesse di Demian che, improvvisamente, rivolse la sua attenzione a suo padre e a suo fratello, la fronte aggrottata in un'espressione preoccupata e confusa. «Ma papà lo sa che non deve andare da loro!» Obiettò, sapientemente. «Vero?» Chiese poi conferma a Thad, sollevando lo sguardo su di lui, immediatamente imitato da Seth.

Thad si prese solo un attimo per osservare i suoi figli con sguardo colmo di affetto e tenerezza, poi si chinò sulle ginocchia e, sorridendo, annuì. «Certo che lo sa» garantì, sistemando il colletto del giubbotto di Demian e ricevendo in cambio uno sbuffo scocciato. «Quando esce, ci vede e viene da noi.»

L'espressione sul viso dei bambini cambiò immediatamente ed entrambi ritornarono a sorridere, tranquillizzati dalle parole del padre. Un attimo dopo, le porte, che separavano la sala d'attesa dal salone del recupero dei bagagli, si aprirono e...

«Papà!»

«Papà!»

Sebastian comparve tra di esse, la giacca a vento sbottonata e il trolley al seguito. Non ebbe neanche bisogno di seguire le voci dei bambini per individuarli: non appena loro padre ebbe fatto la sua comparsa nel loro campo visivo, Thad perse tutta la sua attrattiva ed entrambi si fiondarono verso di lui che, prontamente, si chinò sulle ginocchia e li chiuse in un abbraccio caloroso e necessario.

«Ciao ometti» sorrise radioso tra i loro capelli. «Sentito la mancanza di papà?»

Thad osservò quella scena e sorrise, avvicinandosi lentamente alla sua famiglia e aspettando che qualcuno si rendesse conto anche della sua presenza. Una signora alla sua destra, anche lei in attesa, gli rivolse uno sguardo divertito e consapevole, al che Thad ridacchiò e scosse lievemente la testa.

«Sì, io ormai servo solo a portare in giro i bambini» commentò, all'indirizzo della signora che rise a sua volta.

A quelle parole, Sebastian sollevò leggermente il viso e gli rivolse uno sguardo divertito e adorante, ma senza sciogliere l'abbraccio intorno ai suoi figli. «E non ti lamentare sempre, tu» lo ammonì bonariamente, sorridendogli in maniera inequivocabile.
 

*°*°*°

 

Un paio di mesi dopo, Thad e i suoi figli si trovarono di nuovo all'aeroporto, di nuovo ad aspettare Sebastian di ritorno da uno dei suoi congressi. New Orleans, quella volta. Un'altra settimana trascorsa senza la sua ingombrante e difficilmente ignorabile presenza in casa, un'altra settimana trascorsa con Seth e Demian che si litigavano il diritto di dormire nel lettone, un'altra settimana trascorsa diviso a metà. Thad si domandava come fosse possibile che, dopo tutto quel tempo insieme, gli facesse ancora così male stare lontano dal suo uomo.

Quella sera, l'aeroporto era notevolmente più vivo e brulicante di viaggiatori, amici e parenti accorsi a salutare o accogliere i loro cari, hostess, steward e impiegati di vario genere.

Thad teneva saldamente le mani dei suoi figli per evitare di perderli di vista in un luogo così affollato, mentre scrutava quelle familiari porte beige, in attesa che si aprissero e rivelassero il motivo per cui loro erano lì. Quando i primi passeggeri iniziarono ad attraversarle, Seth lasciò la mano di suo padre e iniziò a frugarsi freneticamente in tasca.

«Seth, non adesso» lo richiamò l'uomo, gettando continue occhiate alle porte e cercando intanto di riprendere la mano di suo figlio. «Non è il momento, dammi la mano.»

«Ma papà!» Si lamentò il figlio, imbronciandosi in maniera tenerissima. «Era qui e adesso non lo trovo più.»
Thad aggrottò la fronte in un’espressione confusa. «Cosa…?»

«Ce l’ho io!» Lo interruppe però la voce di Demian che, immediatamente, scivolò via dalla sua stretta e iniziò a tastarsi le tasche dei jeans. «Lo avevi lasciato in macchina ed io l’ho preso.»

«Non l’avevo lasciato in macchina, mi è solo caduto.»

«Ma lo avevi perso e adesso ce l’ho io.»

Così dicendo, sfilò dalla tasca un foglio malamente piegato in otto parti, mentre Thad posava a entrambi una mano sulla spalla per essere certo di non perderli di vista. Sotto il suo sguardo attento e vigile, Seth si avvicinò a suo fratello e lo aiutò a dispiegare il foglio con un'attenzione e una cura che Thad non aveva mai visto in nessuno dei due. Aggrottò la fronte, ma proprio mentre stava per domandare di che si trattasse, i bambini lo aprirono completamente e lui si sentì sciogliere di orgoglio e tenerezza: grande quanto tutta la pagina e colorata da sgargianti tinte rosse e arancioni, la scritta "Papà" faceva bella mostra di sé.

«Così sa dove deve andare anche se non ci vede» spiegò Demian, allo sguardo ancora sbalordito di Thad.

Quest'ultimo spostò una mano tra i loro capelli e glieli spettinò affettuosamente, poi si chinò appena e baciò la guancia ad entrambi. «Papà ne sarà tanto felice, sapete?»

E, infatti, non appena Sebastian varcò la soglia e trovò le figure dei suoi figli che reggevano tra le mani quel foglio di carta stropicciato – sotto sopra, per giunta – si aprì in un sorriso dolcissimo e raggiante, posò la valigia a terra e allargò le braccia per accoglierli. E loro non se lo fecero ripetere di nuovo: un attimo dopo, erano premuti contro il petto di un Sebastian sorridente ed emozionato.

«Ciao, mostriciattoli

Ancora una volta, Thad si ritrovò a osservare la perfezione della sua famiglia e, ancora una volta, rimase vicino a loro nell'attesa che si accorgessero anche di lui. «Ciao, amore» lo salutò infine, la voce divertita e leggermente sarcastica. «Ci sono anche io, sai?»

Sebastian sollevò finalmente lo sguardo su di lui e gli fece l'occhiolino, senza smettere di sorridere adorante. «Guarda che eri compreso anche tu tra i mostriciattoli.»
 


 
 
 
 
The End




Yup, avete letto benissimo: ho deciso di iniziare una raccolta di fanfiction, slegate tra loro, dedicate agli Smythe-Harwood.
Sorpresi? Felici?
Non ve ne frega una mazza?

No, l'insetticita non ha effetto su di me, mi dispiace

Non aspettatevi aggiornamenti regolari, però: ovviamente, arriveranno quando avrò idee su cui scrivere :3

Robs.

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Capitolo 2
*** Come fa lo pitidattilo? ***


Note d’Autore: Visto che non mi sono dimenticata di questa raccolta? I daddies!Thadastian iniziavano a mancarmi fin troppo, così ho biecamente approfittato del compleanno di quella cosina coccolosa e dispotica che è Aika per scriverle e regalarle questa shottina totally random ♥
Buon compleanno, paperotta bella, ti voglio bene ♥
 
 

 
 
Come fa lo pitidattilo?
 
 
 

 
«E questo qui?»

Demian guarda la figura colorata indicata da suo padre e arriccia le labbra. «Mucca?» Domanda, incerto, sollevando lo sguardo su di lui e ricevendo in cambio un sorriso orgoglioso.

«Bravissimo, e come fa la mucca?»

Il bambino ci pensa solo pochi istanti, poi si apre in un grande sorriso divertito e «Muuuuu» risponde, entusiasta.

Sebastian annuisce e sorride di più, spettinandogli i capelli con una mano. La casa è silenziosa e immobile, lui e suo figlio sono seduti sul divano nel salotto, Demian è accucciato sulle sue gambe e regge tra le mani un album a colori su cui sono raffigurati gli animali nei loro habitat naturali. Lui e Thad lo avevano comprato a Seth qualche anno prima, quando lo avevano iscritto all’asilo e lui era in quella fase in cui leggeva qualsiasi scritta si trovasse sott’occhio, preso dalla novità di riuscire a dare un senso alle lettere che componevano le varie parole.

«Questo, invece?» Fa scivolare il dito lungo la pagina, indicando un altro animale che, stavolta, mette in difficoltà suo figlio. Il bambino, infatti, lo osserva in silenzio per un lungo momento e lui riesce quasi a sentire il rumore dei suoi pensieri, mentre cerca di ricordarne il nome.

«Cavallo?»

Sebastian scuote la testa e gli sorride affabile. «Guardalo bene. Ha il collo lungo, come si chiama l’animale con il collo lungo?»

Demian si prende il labbro inferiore tra i denti e continua ad osservare la figura con sguardo un po’ più afflitto, intenerendo suo padre che decide di correre in suo aiuto. «Gi-?» Inizia e inclina la testa di lato per poterlo osservare più comodamente.

«-raffa!» Completa il bambino, dopo neanche un istante, aprendosi in un sorrisone grande e compiaciuto. «Li so tutti, papi!»

«Bravo il mio ometto» annuisce l’uomo, posandogli le labbra tra i capelli per un lungo istante. Si sistema meglio contro lo schienale del divano, mentre suo figlio gira le pagine alla ricerca di qualche altro animale interessante.

«Questo qui che cos’è?» Domanda dopo un po’, sollevando l’album per permettere anche a suo padre di vedere meglio l’oggetto del suo interesse.
Sebastian aggrotta la fronte e fa scorrere lo sguardo sulla sommità della pagina, dove la scritta “Nel mondo dei dinosauri” fa bella mostra di sé.

«È uno pterodattilo» risponde con sicurezza, ma aiutandosi con la dicitura accanto alla figura, visto che i nomi dei dinosauri non li conosce bene neanche lui.

Demian schiude le labbra in un “oh” sorpreso ed è talmente simile a suo fratello che Sebastian si sente stringere lo stomaco di soddisfazione e affetto. «E come fa lo piti- pitidattilo?» Vuole sapere, litigando un po’ con le lettere che non ne vogliono sapere di ordinarsi correttamente. Ha meno di quattro anni, è normale che non sappia ancora pronunciarle certe parole. Anche se i nomi dei mostri animati che vede alla tivù costituiscono una sostanziale eccezione: quelli li conosce tutti.

Sebastian deve pensarci un po’ su, prima di potergli fornire una risposta esatta e soddisfacente; lui non è bravo come Thad a semplificare i concetti per i suoi figli, quindi ha sempre bisogno di rifletterci bene, per far sì che comprendano la risposta alle loro curiosità. «È come… quello di un drago, però senza il fuoco» prova a spiegargli. Dinosauri e draghi si assomigliano, qualcosa vorrà pur dire. E come diavolo fa uno pterodattilo, poi?

Lo sguardo confuso che gli rivolge suo figlio gli fa intuire che la risposta non è stata delle più geniali che potesse fornirgli. «Papà ha detto che non esistono i draghi.»

E ti pareva. Grazie mille, amore.

«Infatti non esistono» chiarisce, grattandosi una guancia alla ricerca della spiegazione più semplice. «Ma… se esistessero, sarebbero molto simili ai dinosauri.»

«Oh» Demian ritorna a guardare la pagina con sguardo concentrato e annuisce lentamente, così Sebastian immagina di aver fatto centro. «Mi compri un pito- piti- uno di questi, papi?»

«Uno vero?» Chiede, colto alla sprovvista da quella domanda a cui si ritrova a rispondere stupidamente. Demian annuisce entusiasta e gli rivolge uno sguardo dolcissimo e implorante e Sebastian si maledice perché riesce a distinguere ogni singolo gene che quel bambino ha ereditato da lui. «Uhm» ci pensa su per un attimo. «Temo che i dinosauri siano estinti, amore.»

Suo figlio aggrotta la fronte, confuso. «Che vuol dire?»

«Vuol dire che-» maledizione a lui e alla sua mancata capacità di sintesi. «Vuol dire che non esistono più. Da tantissimi anni.»

Demian schiude le labbra in un’espressione dispiaciuta e delusa che gli stringe il cuore e lo fa sentire improvvisamente un papà inutile e poco super, per non aver salvato i dinosauri dall’estinzione. Poi però suo figlio scrolla leggermente le spalle e il suo sorriso torna ad essere sereno e disteso. «E vabbè, poi dove ce lo mettevamo?» Gli fa, giustamente, notare. «I draghi sono giganti… così!» Posa l’album sulle gambe e allarga le braccia più che può, facendo ridere Sebastian che gli spettina teneramente i capelli.

«Ottima osservazione, campione.»

Il mio ruolo da super papà è salvo.

«Allora mi compri un ippopopotamo

O forse no.

 



 

Here, la mia paginetta 

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Capitolo 3
*** A.A.A. Babbo Natale Cercasi. ***


Note di Robs: Okay, stavolta non ho proprio scusanti e lo so. Doveva essere una daddies!Thadastian natalizia – e a conti fatti lo è, okay – ma è venuto fuori un concentrato di demenza gratuita che non avevo assolutamente preventivato. Ma, ehy!, ci sono i daddies!Thadastian, i daddies!Niff e Hunter Clarington: cosa vi aspettavate? Mi auguro con tutto il cuore che questa shot vi strappi un sorriso e che, soprattutto rimetta insieme i pezzettini lasciati dal capitolo di Mis ♥

 
 
A Melissa,
sperando che sia di tuo gradimento,
io ce l’ho messa tutta ♥


 
 
 
A.A.A. Babbo Natale cercasi
 
 
 


(-13 giorni alla Vigilia di Natale.)
 

«Ti sei occupato di quella cosa di cui parlammo l’altro giorno?»

Sebastian inarca un sopracciglio e ripone nella credenza il piatto che ha appena terminato di asciugare, poi si volta a guardare suo marito. «Quale delle decine di cose di cui parliamo ogni giorno?»

Lo sguardo avvilito ed esasperato che gli rivolge Thad gli fa schiudere automaticamente le labbra in un sorriso colpevole: la sua memoria non è mai stata così affidabile. «Quella di cui mi hai assicurato ti saresti occupato quanto prima» risponde lui cripticamente, mentre gli passa un altro piatto che ha appena finito di sciacquare.

Sebastian deve pensarci solo qualche istante, prima che «Oh!» la comprensione faccia comparsa sul suo viso. «Quella cosa

Thad annuisce e sembra sul punto di aggiungere qualcosa, ma poi si volta e getta un’occhiata indiscreta al salotto alle sue spalle, dove Seth e Demian stanno guardando i cartoni animati alla televisione. «Hai detto che avresti trovato qualcuno che facesse il lavoro.»

«E lo troverò» assicura Sebastian, poi la sua espressione si fa pensierosa, ma giusto per un istante: l’attimo dopo sta di nuovo ghignando apertamente. «E mi auguro vivamente che nessuno stia origliando questa conversazione, altrimenti rischiamo di trovarci l’FBI in casa da un momento all’altro.»

Thad non ha tempo di ridere o ribattere alcunché, che le labbra di Sebastian lo stanno già baciando.

 
*°*°*°
 
(-10 giorni alla Vigilia di Natale.)

 
«Mancano dieci giorni a Natale.»

«Praticamente una vita.»

«Sebastian.»

«Dolcezza?»

«Hai trovato-»

«Ci sto lavorando. Adesso che ne diresti di toglierti quella roba inutile da dosso ed entrare nella doccia con me?»

 

*°*°*°
 
(-8 giorni alla Vigilia di Natale.)
 

La casa è un disastro. Sebastian la guarda e no, non ci sono altre parole per definirla. Lui e Thad avevano convenientemente deciso di aspettare che il Natale si avvicinasse di più, prima di fare l’albero – forti dell’esperienza dell’anno precedente, altresì denominata: “Questa è la volta buona che il gatto lo facciamo al forno” – ma i bambini hanno insistito talmente tanto che alla fine i due uomini hanno acconsentito a portare un po’ d’aria natalizia anche nella loro abitazione. Se solo non fosse che adesso sembra che una bomba sia esplosa in salotto, tra il malefico micio che gioca con una pallina rubata di nascosto e scatoloni su scatoloni di decorazioni natalizie recuperate dal garage.

«Le stai mettendo tutte quante in basso.»

Seth rimprovera suo fratello e Sebastian studia per un attimo l’albero disastrato, notando immediatamente l’abbondanza di palline nella parte inferiore. La vista lo fa sorridere senza una ragione apparente. Demian gonfia le guance e sembra quasi sul punto di mettersi a piangere, ma Sebastian lo conosce abbastanza da sapere che non accadrà; infatti, il bambino non dà alcun segno di essersi offeso o risentito a causa delle parole del fratello.

«Le metto dove voglio metterle» dichiara, dall’alto dei suoi quasi quattro anni, appendendo una decorazione blu ad un ramo alla sua portata.

«Papà!» Si lamenta Seth, cercando appoggio nel suo genitore. «Diglielo che poi è brutto!»

«Non è brutto! Vero, papi?»

Sebastian osserva i due bambini, alternando lo sguardo tra le loro espressioni ugualmente speranzose, poi chiama in aiuto suo marito.

«È bellissimo lo stesso» interviene Thad, chinandosi sulle ginocchia per portarsi all’altezza dei suoi figli. «Ma» aggiunge subito, alla vista del labbro inferiore di Seth che minaccia di sporgersi in fuori. «Se le mettiamo tutte quante giù, poi la parte di sopra è vuota» conclude, le sue dita che corrono a scostare con delicatezza i capelli dalla fronte di Demian. 

Quest’ultimo mette su un’espressione seria e pensierosa, come se davvero stesse riflettendo sulle parole di suo padre. «E poi Babbo Natale non le vede, perché lui è alto, giusto?»

Thad annuisce morbidamente e Sebastian avverte il cuore gonfiarsi d’amore, di fronte all’assoluta perfezione della sua famiglia.

«Giusto campione. Adesso papà ti prende sulle spalle, così arrivi a metterle anche sopra.»

Demian si apre in un sorriso festante e gli getta le braccia al collo, prima che Thad lo tiri su con facilità un attimo dopo.

«Papà?»

Sebastian abbassa lo sguardo sui ricci scuri del suo primogenito e schiude le labbra in un sorriso adorante. «Dimmi, ometto.»

Seth si morde un labbro e lo guarda di sottecchi ed è talmente tanto simile a Thad che Sebastian sente lo stomaco stringersi piacevolmente a quella vista. «Posso venire anche io sulle spalle?»

La sua voce è sporcata da un accenno di incertezza che lo intenerisce all’inverosimile. «Ma certo, mostriciattolo, papà stava per prenderti» assicura e si gode il sorriso radioso in cui si apre Seth.

«Sebastian» chiama Thad, mentre i bambini si litigano lo spazio sull’albero, dall’alto delle loro spalle.

«Lo so, amore, tranquillo» lo precede. «Ci sto lavorando.»
 

*°*°*°
 

(-5 giorni alla Vigilia di Natale.)
 

«Sono appena stato al centro commerciale.»

“E…?”

«Ti eri mai accorto di quanto fossero scortesi e poco professionali?»

“Sebastian.”

«Io dico che da oggi hanno perso uno dei loro clienti più affezionati.»

“È un no?”

«È un “non abbiamo bisogno di loro, troveremo una soluzione alternativa”.»

Troverai una soluzione alternativa.”

«Mi sa che dobbiamo rivedere la scala gerarchica su cui si basa la nostra famiglia.»

“Non c’è niente da rivedere: io sono quello dotato di un cervello funzionante ed io prendo le decisioni.”

«Dio, quanto mi ecciti quando fai l’autoritario.»

“Davanti a quanta gente stiamo dando spettacolo?”

«Solo io. Scusa, Thad, tuo marito è un idiota.»

“Ciao, Hunter, dimmi qualcosa che non so.”

«Non essere così duro con me, dolcezza… o meglio, Dio, sii duro tutte le volte che vuoi, ma-»

«Cristo, Smythe!»

«Sto guidando, amore, sei in vivavoce. Non posso fare altrimenti.»

“D’accordo, non ti dimenticare di andare a prendere Demian. E trova una soluzione.”

«Ci sentiamo dopo, ma tu sei troppo teso, Thad, rilassati. Ti amo.»

“Ti amo anche io. Ciao, Hunter.”

«Thad.»

«…»

«…»

«Clarington. Che hai da fare la Vigilia di Natale?»

«Scordatelo, Smythe.»  

 
*°*°*°
 
 
(-2  giorni alla Viglia di Natale.)
 

Sebastian parcheggia l’auto nel vialetto di casa e sospira. Thad lo ucciderà, ormai è inevitabile. Ha sempre avuto dei problemi con l’organizzare le sue priorità, ma stavolta è consapevole di averla fatta grossa. Riesce a immaginare perfettamente l’espressione che farà suo marito quando lui gli comunicherà di aver fallito e sa già che non gli piacerà. È fortunato se Thad gli lascerà tenere il gatto quando chiederà il divorzio. Il percorso che lo separa dall’ingresso di casa è molto simile all’ultima camminata di un condannato a morte verso il patibolo, solo che è reso più suggestivo dalla neve che ricopre la ghiaia e il fumo che fuoriesce dal comignolo. Uno scenario da cartolina che gli farà da contorno mentre viene mandato sul lastrico.

Il calore che lo accoglie quando mette piede nell’appartamento gli fa dimenticare per un attimo la spada di Damocle che pende sulla sua testa, un apocalittico giorno del giudizio attribuibile solo al suo incontrollato procrastinare. «Ciao, famiglia» annuncia comunque, ed è un attimo, prima che i bambini corrano da lui.

«Papà!»

«Papà! È venuto zio Jeff!»

«Non è vostro zio.»

Ottimo, sono quindici anni che Sterling gli dà del buono a nulla: sarà sicuramente felice di assistere alla sua cacciata dal Paradiso ad opera del proprio migliore amico.

«Abbiamo fatto i biscotti!»

«E una crostata buonissima!»

«E ha detto che vengono qui a Natale!»

Aspetta. Cosa? Thad Smythe-Harwood ha davvero invitato a cena Hansel e Gretel e prole senza prima consultarsi con lui? Perfetto, Sebastian potrebbe aver appena trovato una valida arma per combattere la crociata che Thad porterà avanti contro di lui.

«Dove sono papà e lo zio Jeff?»

«In cucina! Vieni, papo, ti accompagno io!»

«E io pure!»

Senza poter fare nulla per impedirlo, Sebastian si trova preso per mano dai suoi figli che adesso gli sembrano quasi due ufficiali giudiziari che lo scortano al banco degli imputati. Magari può chiedere a Duvall di fargli da avvocato. Tanto, peggio di così…

La prima cosa che sente, non appena mette piede in cucina, è un delicato e invitante profumo di pastafrolla e cacao, ma solo perché non ha pranzato e ha lo stomaco in sommossa. Altrimenti, le risate di Thad e Jeff sarebbero state la prima cosa che avrebbe notato.

I due uomini sono in piedi – Sterling è poggiato al ripiano della cucina, mentre Thad è impegnato a sciacquare delle stoviglie nel lavello – e ridono come i due ragazzini che erano al liceo. Se la situazione non fosse così ridicolmente drammatica, Sebastian riuscirebbe anche ad essere intenerito dalla scena.

«Smythe» esordisce Jeff, accortosi della sua presenza, «sembra che tu abbia visto un fantasma.»

«Purtroppo per me, Fatina, sei piuttosto corporeo» ribatte, posa la borsa su una sedia e poi si avvicina a baciare una guancia a suo marito. «E fastidioso.»

Thad rotea gli occhi e lo schizza con l’acqua, facendo ridere i bambini che assisteono alla scena. Sfortunatamente per Sebastian, Harwood lo conosce meglio di quanto sia umanamente concepibile, quindi non fa alcuna fatica a leggere il senso di colpa dietro le sue iridi chiare.

«Seth» chiama, la voce ferma in una calma che è solo apparente, gli occhi ancora fissi in quelli di Sebastian. «Perché tu e Demian non fate vedere a zio Jeff cosa vi ha portato la nonna ieri?»

Sebastian chiude gli occhi e prende un respiro profondo, perché quel modo di agire può voler dire solo una cosa: stanno per litigare ed è meglio che i bambini non assistano. Grandioso. Jeff pare afferrare al volo il concetto, tant’è che rivolge uno sguardo vagamente preoccupato e consapevole a Thad, prima di seguire i “nipoti” al piano di sopra.

Rimasti soli, il silenzio cala tra loro come una patina viscida e appiccicosa, Thad non dice una parola: finisce di fare ciò che stava facendo e poi si asciuga le mani. «Dimmi che mi sbaglio» sospira, una volta voltatosi verso di lui. «Dimmi che non sono più capace di capire quello che ti passa per la testa con un solo sguardo.»

Colpito e affondato. Sebastian storce le labbra in una smorfia ovvia e rassegnata. «Credo che non la perderai mai quella capacità, micetto.»

«Dovevi fare una sola cosa, Sebastian, solo una e- ti sei offerto tu, non mi sono imposto io.»

«Lo so. Lo so, Thad» la delusione che legge nel suo sguardo gli rende difficile anche mettere correttamente due parole in fila. «Credevo sarebbe stato più semplice, ho sbagliato a fare i conti e ti chiedo scusa.»

Harwood sospira e incrocia le braccia al petto e tutto ciò che desidera Sebastian è stringerlo a sé e ammettere di essere un cretino disorganizzato, ma sa che sarebbe anche peggio; l’ultima cosa che vuole è che Thad lo allontani bruscamente.

«Quando la Vigilia di Natale i bambini ci chiederanno perché non è venuto Babbo Natale a portargli i regali, lascerò che sia tu a rispondere.»

Sebastian chiude gli occhi e incassa stoicamente il colpo, giacché non può dire di non meritarselo. «Troverò qualcuno, ti do la mia parola» assicura e stavolta la sua voce è ferma e decisa, caricata dall’immagine dei volti delusi dei suoi figli che gli è soggiunta alla mente. «Troverò qualcuno che si vesta da Babbo Natale e venga a consegnare i regali ai bambini. Fidati di me.»

Thad annuisce con poca convinzione e poi sospira stancamente, Sebastian lo ringrazia in silenzio di non avergli fatto notare che sono a quel punto proprio perché si è fidato di lui. Non aggiunge nulla a parole, ma si limita ad uscire mestamente dalla cucina, lasciandolo da solo; Sebastian lo segue con lo sguardo e giura a se stesso che cancellerà quell’espressione delusa dal suo viso.
 

*°*°*°
 

(-1 giorno alla Vigilia di Natale.)

 
«Ti ricordi quella volta che al liceo ho messo il mio nome sul tuo compito di francese per non farti prendere un’insufficienza?»

«No.»

«Bugiardo, tieni presente che devi la tua carriera anche a quella A che io ti ho gentilmente permesso di conseguire.»

«Non sei mai stato tanto filantropo, Smythe. Ti costrinse Harwood a farlo ed io non ho mai specificato di essere d’accordo.»

«Così come non hai specificato di disdegnare il buon voto che ti ho regalato. Ma, grazie di aver velocemente raggiunto il punto della questione, non ti senti un minimo in debito nei confronti del mio Thad?»

«No, di nuovo.»

«Clarington.»

«Smythe, la colpa non è mia se tu hai le priorità organizzate male.»

«Oh, andiamo! Cosa ti costa concedermi un’ora del tuo tempo?»

«Ho una dignità da preservare. E una moglie con cui trascorrere la Vigilia di Natale, non mi metterò una barba finta per venire a portare i regali ai tuoi figli.»

«E avresti il coraggio di essere così crudele con due bambini che non hanno alcuna colpa se non quella di avere un padre inaffidabile?»

«Mh, sì. Sì, è corretto.»

«D’accordo, come vuoi. Ma quando Thad chiederà il divorzio e mi sbatterà fuori di casa, sarà il tuo divano che ospiterà il mio francesissimo culo e la depressione che si porterà dietro.»

«Dai per scontato che ti aprirò la porta, cosa che starò particolarmente attento a non fare.»

«Mi attaccherò al campanello. Dormirò in giardino, o sotto il portico. Potrei accamparmi sulla tua sedia a dondolo, in realtà. Ne conosco parecchi di modi per essere fastidioso.»

«Non immagini neanche quanti. E d’accordo, ma basta che la smetti di parlare, la mia sanità mentale chiede pietà.»

«Sei un brav’uomo, Hunter Clarington, vedrai che non te ne pentirai.»

«Me ne sono già pentito.»
 

*°*°*°
 

(Vigilia di Natale.)
 

«Uh, sexy.»

«Sei un uomo sposato, Smythe.»

«E tu sei vestito da Babbo Natale nella mia camera da letto, quando mi ricapita?»

Hunter finisce di allacciarsi la cintura del costume e poi solleva lo sguardo su Sebastian che, ghigno più che prevedibile stampato in viso, è poggiato con la schiena alla porta. «Mezz’ora» contratta. «Scendo, tiro fuori i regali dal sacco e poi torno a casa in tempo per il dolce. E non ho intenzione di calarmi dal camino, rassegnati.»

«Vuoi scherzare? Ci rimarresti incastrato» gli fa una smorfia e attende che l’amico abbia indossato la sua barba finta. «Io scendo di sotto, tu aspetta qualche minuto e poi… non lo so, scampanella, di’ “ho, ho, ho”, canta Jingle Bells… annunciati, insomma.»

«E come diavolo dovrei fare?» Domanda quello, la voce più alta di almeno un’ottava rispetto al naturale, sintomo del panico imminente. «E quest’affare pizzica» si lamenta, grattandosi una guancia.

Sebastian rotea gli occhi, ma non può negare che tutta quella situazione lo diverta all’inverosimile. «L’ho presa in prestito dalla costumeria del teatro, avrà tipo… boh, la mia età, credo.»

Hunter assottiglia gli occhi, il suo colorito che impallidisce prima di accendersi insieme al suo sguardo. «Smythe, pagherai la mia assistenza sanitaria, quando mi prenderò qualche fungo a causa della tua carenza di senso pratico.»

«Sì, come ti pare» minimizza l’altro, un gesto vago della mano a sottolineare il concetto. «Vado, conta cinque minuti e poi scendi. E, Clarington» aggiunge un attimo prima di sparire dietro la porta. «Cerca di essere credibile, altrimenti faremo questa cosa ogni anno fino a che non verrà il sindacato dei Babbo Natale a farmi causa per molestie sul lavoro.»
 

In sala da pranzo, la situazione non è molto differente da come Sebastian l’aveva lasciata qualche minuto prima, quando Hunter lo ha chiamato per avvisarlo che lo stava aspettando sul retro. La tavola è stata sparecchiata e adesso solo un paio di guantiere con i dolci natalizi e le bibite troneggiano su di essa. Sebastian prende posto a capo tavola, accanto a Thad che, chiacchierando con Jeff, tiene Demian sulle gambe.

«Tutto sistemato?» Gli domanda suo marito e Sebastian annuisce, spettinando dolcemente i capelli a suo figlio. «Ancora mi chiedo come tu abbia fatto a convincerlo» aggiunge, le labbra piegate in un sorriso divertito.

«Davvero, Smythe, non credo di essere mai stato più felice di venire a cena da te.»

«Ti assicuro di non poter dire lo stesso, Sterling.»

Thad prova scarsamente a nascondere una risata, ma ormai è talmente abituato ai continui battibecchi da lui e Jeff da trovarli quasi naturali, una routine a cui sarebbe difficile rinunciare.  Sebastian prende un sorso di spumante, con cui hanno brindato poco prima, e intanto accarezza con lo sguardo l’intera sala, nell’attesa che il loro Babbo Natale improvvisato faccia la sua comparsa. Seth è seduto sul tappeto insieme a Sunny Sterling-Duvall e, supervisionati da Nick, stanno portando avanti una strenua a complicata opera di tortura ai danni del malefico micio che, per come lo stanno agghindando, adesso sembra qualcosa di molto simile all’albero di Natale su cui tanto duramente si è accanito.

D’un tratto, poi, qualcosa rompe il silenzio – silenzio già rotto dalle risate dei bambini, dalle chiacchiere degli uomini e dai miagolii disperati di Biffy. Non è lo scampanellio che Sebastian si era aspettato, né la canonica risata di Babbo Natale. È un rumore sordo, seguito da un lamento basso e frustrato. Sebastian chiude gli occhi e sospira, anche se ormai i bambini si sono messi all’erta e Seth ha già gridato ai ladri.

«Ho, ho- ma che diav- ho!» Si sente all’improvviso e Sunny è la prima a scattare in piedi e a battere le mani entusiasta, i boccoli rossicci che ondeggiano a ritmo.

«È Babbo Natale! Papi!»

«Babbo Natale!» Le fa eco Seth e un attimo dopo sono entrambi spariti nel salotto adiacente alla sala da pranzo. I genitori li seguono immediatamente, scambiandosi occhiate divertite e soddisfatte, mentre Demian si nasconde dietro le gambe di Thad.

Lo spettacolo che li attende, una volta varcata la soglia, è quanto di più comico e grottesco Sebastian abbia mai visto; adesso non solo ha ottenuto un efficace aneddoto per ogni futuro malumore suo o dei suoi cari, ma ha anche sufficiente materiale da ricatto per avere Hunter Clarington in pugno per la prossima eternità.

Babbo Natale sta malamente scendendo le scale che dal piano di sopra portano alla zona giorno della casa; tiene il sacco su una spalla e la campanella nell’altra mano, ma la sua capacità di coordinazione deve essere scemata nel corso degli anni, perché ogni passo che compie rischia di sbilanciarlo pericolosamente in avanti.

«Hai visto, Sunny? Che ti avevamo detto?» Esclama Nick, mentre sua figlia saltella ad abbracciarlo, fuori di sé dalla gioia.

«Buon Natale, bambini» annuncia Babbo Natale con voce grossa, arrivando vivo e vegeto al piano. «Avete fatto i bravi quest’ anno?»

Seth annuisce e lui e Sunny gli si avvicinano, osservandolo con sguardo colmo di affetto e mistico stupore. «Leggi sulla tua lista!» Risponde sapientemente il maggiore dei bambini Smythe-Harwood e i suoi genitori si ritrovano a sorridere soddisfatti e orgogliosi di lui.

Clarington lancia uno sguardo inceneritore a Sebastian, a cui quest’ultimo risponde con un ghigno divertito. «Hai ragione, bambino» annuisce poco dopo, «ma l’ho… dimenticata sulla slitta.»

«Che ne dite se facciamo sedere Babbo Natale?» Interviene Thad, con somma ed evidente gratitudine da parte dell’uomo in rosso.

Tutti annuiscono e, guidato dai bambini, Hunter viene fatto accomodare sul divano, sacco al fianco e gatto malefico che lo fissa con fare sospettoso e circospetto. Nick prende posto sulla poltrona, Jeff si accomoda sul bracciolo della stessa, Seth e Sunny si sistemano sul tappeto e Demian rimane aggrappato saldamente alle gambe di Thad.

«Ho, ho! Vediamo che cosa abbiamo qui» Hunter prosegue nella sua sceneggiata, guadagnandosi le occhiate ammirate dei bambini, apre il sacco e ne tira fuori il primo regalo. «Questo qui è per… Seth!»

Il bambino in questione si apre in un sorriso grande e radioso, prendendo il regalo che Babbo Natale gli porge e scartandolo sotto gli occhi curiosi e attenti di tutti i presenti. Sebastian scambia uno sguardo complice e d’intesa con Thad, all’espressione di pura gioia che colora il viso di Seth, mentre si rigira tra le mani la confezione della sua nuova consolle per videogiochi portatile.

«È proprio come quella di Colin!» Esclama il bambino, all’indirizzo dei suoi genitori che lo osservano con dolcezza, lieti che il loro regalo sia stato apprezzato, prima di voltarsi nuovamente verso Hunter. «Grazie mille, Babbo Natale!»

L’uomo pare un po’ in difficoltà, sorride piuttosto impacciatamente al bambino per poi proseguire nella sua magistrale interpretazione. Dopo Seth, è il turno per Sunny di scartare il suo regalo – che Nick e Jeff avevano precedentemente messo nel sacco per approfittare dell’occasione – e i saltelli entusiasti e festanti della bambina riescono a smuovere persino il gelido e cinico cuore di Babbo Natale, che le rivolge uno sguardo che, se non si stesse parlando di Hunter Clarington, Sebastian definirebbe addirittura “dolce”.

«Questo qui invece è per Demian» annuncia Babbo Natale, estraendo l’ultimo pacchetto dal sacco.

Demian non si muove dal porto sicuro rappresentato dalle gambe di suo padre, ma studia l’uomo con sguardo sospettoso e circospetto. «Vai, tesoro» lo esorta Thad. «Se non lo vuoi, Babbo Natale se lo porta via.»

Queste parole sembrano risvegliare l’interesse del bambino che, lentamente, raggiunge l’uomo e allunga le braccia per ricevere il suo regalo; dopodiché, si mette seduto sul tappeto accanto al fratello e lo scarta con attenzione. Sebastian segue ogni suo movimento con sguardo colmo d’affetto e tenerezza, desideroso di non perdersi nessuna sua reazione o sfumatura che assumerà il suo viso quando scoprirà cosa gli è stato regalato. Infatti, eliminato anche l’ultimo brandello di carta, Demian analizza la confezione per una frazione di secondo, prima di aprirsi in un sorriso raggiante che fa tirare a Thad un sorriso di sollievo.

«Un Gormita gigante!» Esulta, voltando la scatola per mostrare il dono ai suoi genitori. «È quello più forte di tutti, papi!»

«Lo so, campione» assicura Sebastian, facendo passare un braccio dietro la schiena di Thad, vicino a lui. Il Natale è salvo, così come il suo matrimonio. Nel momento in cui Thad posa la guancia alla sua spalla, Sebastian realizza che tutto quello – i sorrisi, l’aria natalizia e il clima di festa che si sono venuti a creare – è opera di Hunter, contro ogni previsione. L’uomo è ancora seduto sul divano e si guarda intorno come a cercare di individuare il momento giusto per risalire sulla sua slitta e tornarsene in Lapponia; Sebastian sta proprio pensando di essere clemente con lui e annunciare che Babbo Natale ha altri regali da consegnare, ma il suo secondogenito lo precede e, senza chiedere permessi, si avvicina d Hunter e si arrampica sulle sue gambe, il Gormita tra le mani e uno sguardo indagatore in viso.

«Come lo sapevi che volevo questo?»

Hunter sgrana leggermente gli occhi e Sebastian lo vede distintamente boccheggiare e voltarsi a cercare il suo aiuto. «Ho» si schiarisce la voce, prima di impostarla di nuovo sul tono da Babbo Natale. «Ho letto la tua letterina, bambino.»

Demian arriccia le labbra in una smorfia sospettosa e «Non l’ho scritta la letterina» gli fa sapientemente notare.

«Demian» lo ammonisce morbidamente Thad. «Non essere indisponente, dai.»

«Esatto» Nick Duval annuisce e corre anch’egli in soccorso del malcapitato Babbo Natale. «Lui è magico, non lo sapevi? Sa sempre ciò che vuoi, anche se tu non lo dici.»

Il bambino schiude le labbra in un muto “oh” di mistico stupore, poi riporta la sua attenzione sull’uomo con il costume. «E a cosa sto pensando adesso?» Lo sfida, con vivo interesse.

Quello rotea gli occhi ed emette un sospiro pesante e frustato. «Sono Babbo Natale, marmocchio, non il mago Houdini.»

Demian non ha tempo di rimanerci male per quella risposta, così come Sebastian non ha tempo di completare l’imprecazione che gli stava lasciando le labbra, perché Thad e Jeff intervengono a ripristinare la situazione prima che Smythe prenda Babbo Natale per la barba a causa del suo poco tatto.

«Demian, tesoro, Babbo Natale sarà stanco, perché non andate a prendere il latte e i biscotti?»

Seth e Sunny si dicono subito d’accordo e, in men che non si dica, i tre bambini spariscono in cucina. Babbo Natale tira un sospiro di sollievo e si lascia cadere contro lo schienale del divano. «Smythe» sibila tra i denti. «La tua maledetta progenie-»

«Non dare la colpa a loro» lo interrompe però quello. «Sei tu che fai schifo come Babbo Natale.»
 



 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Demian ***


Demian
 
 
 
«Che ne dici di Jonathan?»
«Esiste già un Jonathan Harwood in famiglia.»
«Questo sarebbe Jonathan Smythe-Harwood, amore.»
«Lo so, gioia, ma mio padre non ci tiene così tanto che uno dei suoi nipoti si chiami come lui.»
«Con Seth non è stato così difficile. »
«Questo perché Jeff ebbe l'idea geniale e trovò il nome perfetto.»
«Dobbiamo trovare qualcosa di altrettanto perfetto.»
«Magari possiamo chiedere di nuovo-»
«Scordatelo, Harwood. Quante volte credi che possa sopportare di dargli ragione?»
«Quando lo troveremo, sapremo che è quello giusto, Sebastian. Abbiamo tempo.»
 
«Continuo a pensare che Alphonse sia un bel nome.»
«Io continuo a pensare che tu abbia un'idea un po' distorta di cosa sia un bel nome.»
 
«Thomas, mh?»
«Il discorso fatto per tuo padre vale anche per il mio.»
 
«Sean. Sean Smythe-Harwood suona bene. E non è il padre di nessuno dei due.»
«Sean mi ricorda il nome di un cane.»
«Ma che infanzia disturbata hai avuto, per chiamare un cane Sean?»
«Una in cui era facile scegliere un nome, di sicuro.»
 
 
«Sei sicuro che quel libro sia adatto a lui? I genitori normali di solito non leggono Peter Pan o Il libro della giungla
Thad ripone sul comodino gli occhiali da vista, insieme a quella copia vecchia e logora del suo romanzo preferito. «Da quand'è che io e te siamo genitori normali?»
Sebastian sorride. «Non lo siamo» ragiona, accarezzando morbidamente i capelli di Seth che dorme a cavalcioni sulle gambe di suo marito.
«E comunque è lui che me lo chiede» aggiunge quest'ultimo. «Io scelgo i passi più innocui e glieli leggo. Dubito che si renda conto che non sto seguendo un filo logico.»
«Dici? È intelligente, sta venendo su bene. Prima o poi si accorgerà che la storia non lo sta portando da nessuna parte.»
Thad scrolla le spalle. «Per allora, avrò già cambiato favola della buonanotte.»
«Non ho mai capito perché ti piace tanto» sospira Sebastian, dopo alcuni minuti di silenzio in cui Thad è riuscito in qualche modo a far stendere Seth in mezzo a loro. «Ormai lo sai a memoria.»
La risposta che gli giunge è semplice e lapidaria: «Conosco a memoria anche te, eppure mi piaci ancora.»
Sebastian raggiunge la sua mano e se la porta alle labbra in un movimento naturale e necessario. La pelle di Thad è calda. La crisi ormai è solo un ricordo lontano.
 
 
Non si stupisce di trovarlo ancora lì, quel libro. Sul comodino, dove Thad lo ripone ogni sera, anche quando sta leggendo altro. Da che ha memoria, quel romanzo non è mai entrato in una libreria, sin dalla prima volta in cui lui stesso lo ha messo tra le mani di un Thad ancora sedicenne.
Preso a caso da una libreria a caso, poche ore prima di un Natale in cui si era come al solito ridotto all'ultimo per comprare i regali. Thad lo aveva adorato e Sebastian lo sa, lo sa ancora che quello era stato il momento in cui le cose tra loro avevano iniziato a mutare.
È ingiallito e logorato, ma lui non si stupisce neanche di questo, perché si può dire che quel libro abbia la stessa età del loro amore, sebbene non abbia resistito ugualmente bene allo scorrere del tempo. Lo prende in mano con un tuffo al cuore, ricordandosi che neanche per loro le cose sono state così facili. È tutto passato, si ripete. Come fa quasi ogni giorno.
Lo sfoglia con attenzione, come se stesse accarezzando davvero un pezzo della loro vita; Thad ha evidenziato i passaggi che lo hanno colpito di più, contribuendo ad arricchire quelle pagine con note scritte a matita. Sebastian sorride con dolcezza, senza neanche sapere perché.
C'è una pagina, però, che cattura la sua attenzione. È verso la fine ed è più sottile e consumata delle altre, segno che Thad ci si sia soffermato molto più a lungo. Al centro, sottolineata diverse volte, spicca una frase che Sebastian legge senza fiato e con lo stomaco annodato.
 
"L'amore non bisogna implorarlo e nemmeno esigerlo. L'amore deve avere la forza di attingere la certezza in se stesso. Allora non sarà trascinato, ma trascinerà."
 
Quello è stato il loro inizio. Forse può esserlo di nuovo.
 
 
Ritorna a casa che ormai l'ora di cena è vicina, ma non si fa prendere dall'ansia: il giovedì Thad rientra più tardi da lavoro, quindi lui sa di avere ancora tempo.
Estrae il libro dalla busta di carta del negozio e lo posa sul bancone della cucina, osservandolo con circospezione e ostinatezza, come se stesse chiedendo a lui cosa fare. Ma tanto ormai ha già deciso: recupera un pennarello nero da un cassetto e scrive quelle due parole che sa potrebbero cambiargli la vita per sempre, di nuovo. Sulla copertina, proprio sotto al titolo.
 
Quella sera stessa, quando Thad scosta le lenzuola per infilarsi a letto, aggrotta la fronte e osserva il comodino come cercando di capire cosa sia successo, cosa sia cambiato.
Sebbene la copertina sia rivolta verso il piano di legno, gli risulta immediatamente chiaro che quella non sia la sua copia del libro.
«Sebastian, cosa-» inizia, all'indirizzo di suo marito, che si trova poco distante da lui, ma poi si interrompe, perché intanto ha preso il romanzo tra le mani e lo ha voltato per capire da dove provenisse.
E lo capisce subito, con gli occhi lucidi e le braccia di Sebastian che adesso gli circondano la vita da dietro. Lo capisce e capisce che è perfetto, così, senza bisogno di altre parole.
 
 
Demian
Smythe-Harwood
 
 
 

 
Meno di mille parole per un headcanon che era un secolo che avevo voglia di scrivere e che è venuto fuori davvero in pochissimo tempo e senza sforzo.
Il libro in questione è “Demian” di Herman Hesse e, guarda un po’, non è solo il libro preferito di quel signorino lì. Io lo consiglio a tutti, ne vale tantissimo la pena ♥
Ah, giusto a scanso di equivoci: sì, nel mio headcanon, i Thadastian hanno avuto una crisi coniugale circa tre anni dopo la nascita di Seth. Sono cattiva, lo so, ma è una cosa che trovo molto molto da loro e che forse, prima o poi, deciderò di mettere su carta.
 
Per il momento, vi saluto e vi mando un bacio.
Robs, che ormai è quasi un anno che si trova qui.

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