Time after time

di Prinzesschen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


time after time sistemato

Time after time

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1-Some say I've got a bad attitude
But that don't change the way I feel about you
And if you think this might be bringing me down
Look again 'cause I ain't wearing no frown!
 

 

Il vento sembrava volermi  staccare i capelli dalla testa e, francamente, dopo tutta la fatica che avevo fatto per ottenere il rosso che li colorava, speravo tanto che non lo facesse davvero. Strinsi le spalle per reprimere i brividi di freddo che percorrevano il mio corpo come scosse e lanciai un’occhiata al paesaggio che scivolava sotto i miei piedi, mentre sfrecciavo nei cieli di Londra sulla mia scopa. 
Tutto era ricoperto di neve e i tetti delle case erano pieni di luci colorate che sfavillavano e che avrebbero potuto anche mettermi allegria, se la situazione non fosse stata così disastrosa.
-Tremi per il freddo o per la paura, Carter?- chiese con tono derisorio Sirius Black accostandosi a me con la sua scopa. –Lo dico sempre che dovresti restare a casa a cucinare insieme alla signora Weasley.
Sentii la rabbia salire e repressi l’istinto di afferrare la bacchetta e schiantarlo. Nonostante la palese ed immotivata sfiducia che quell’irritante esemplare di maschio bianco latitante mostrava nei miei confronti, ero una delle più giovani e promettenti Auror della storia.
-Non ti conviene, Black, ne approfitterei di certo per avvelenarti!
Pessima in cucina ma prontissima nella lotta. Avvelenarlo sarebbe stata una punizione eccezionale, avrei procurato una morte banalissima al primo mago che fosse mai riuscito a fuggire dalla Prigione di Azkaban. 
Ricordavo ancora la prima volta che lo avevo incontrato, chiuso in una delle più anguste e meglio sorvegliate celle di Azkaban.

-Sei circondata da Dissennatori che non vedono l’ora di baciarti, Lestrange, ti conviene rispondere. 
La strega scosse i ricci scuri, ormai intricati come rovi, ridendo sguaiatamente.
-Pensi davvero che parlerò con una STUPIDA RAGAZZINA?- urlò rivolgendomi uno sguardo folle e gettandosi pesantemente contro le sbarre.
-ANDATEVENE TUTTI AL DIAVOLO, quella stronza non parlerà mai, tanto vale che la lasciate ai Dissennatori, almeno la smetterà di urlare. 
Mi voltai nella direzione da cui proveniva la voce e scorsi, in una delle celle vicine, dal lato opposto dello stretto corridoio, un volto scuro e smunto, seminascosto dietro una coltre di capelli scuri.
Mi avvicinai, curiosa, e il rumore delle mie scarpe echeggiò come se i miei passi fossero colpi di martello.
-Bene bene, Sirius Black. Non temere, credo proprio che il primo ad essere baciato sarai tu. Ma guarda il lato positivo, non dovrai più sentire le urla della tua degna cugina.- sputai, sarcastica, dopo averlo riconosciuto, fermandomi davanti alla sua cella.
Mi repelleva anche solo l’idea dell'atrocità che quell’uomo aveva commesso. Aveva fatto strage di babbani, il che indubbiamente era già terribile di per sé, ma ciò che più mi disgustava era che avesse tradito i Potter, gli amici di una vita, per quel che ne sapevo. 
Quando alzò il volto per guardarmi vidi i suoi occhi sgranarsi.

Era quella la prima immagine che avevo di lui, dato il suo stato di prostrazione fisica e psicologica, di certo non delle migliori.
-Sirius, dacci un taglio. 
Gli feci una linguaccia e, dopo aver lanciato un’occhiata a Tonks e Moody che ci precedevano, virai per accostarmi al mio salvatore, il mio mentore. Era grazie a lui se ero diventata una brava Auror, si era preso cura di me e della mia formazione, colmando le lacune che il corso al Ministero aveva via via lasciato nella mia preparazione.
-Grazie, Remus. A volte mi chiedo come diavolo faccia ad essere amico tuo.
Remus Lupin si sforzò di sorridere, stanco. Eravamo tutti stanchi, di ronda anche la notte di Natale. Al quartier generale dell’ordine ci aspettavano per cenare, Molly Weasley aveva sicuramente preparato qualcosa di delizioso e non vedevo l’oro di sentirne anche solo l’odore, per potermi sentire a casa.
Tre anni prima la mia casa era Hogwarts e già nell’istante in cui i miei piedi ne avevano varcato la soglia per l’ultima volta, avevo realizzato che non avrei mai sentito dentro nessun altro posto come quella scuola così straordinaria.
Dopo tutto quel tempo associavo l’idea di casa all’odore del cibo, al calore di un camino, ai sorrisi della gente a cui tenevo e che non mi permettevo mai di amare abbastanza.
Non volevo correre il rischio di soffrire di nuovo come quando avevo perso la mia famiglia, quel tragico giorno.
Quell’estate avevo ricevuto la mia lettera per Hogwarts e i miei genitori, babbani entrambi, nonostante un primo momento di incredulità avevano inaspettatamente accettato l’idea che io fossi diversa.
Accadde il giorno in cui mi accompagnarono a Diagon Alley per comprare l’occorrente per il mio primo anno ad Hogwarts, ricordavo ancora troppo vividamente il loro sguardo esterrefatto, come il mio, d’altronde, nel vedere libri volare, foto che sembravano avere vita propria e calderoni stracolmi di pozioni maleodoranti.
Purtroppo alcuni maghi avevano ritenuto che la loro presenza nel mondo magico fosse inappropriata, sconveniente e soprattutto che rappresentasse una ragione sufficiente per dar fuoco al negozio in cui si trovavano, bloccando loro ogni via d’uscita.
Erano entrati al negozio di animali per comprarmi una civetta tutta mia. 
Tirai su col naso e ricacciai indietro le lacrime a fatica. Essere un Auror, voleva dire vedere morte ovunque ed accettarla. Non era mai giusta, non era mai accettabile davvero, ma dovevi farci i conti e non potevi lasciarti travolgere dalle emozioni, non se il tuo compito era combattere il male che la causava.
Secondo Remus era questo il mio punto di forza, avevo una tale rabbia, dentro, che mi rendeva molto più forte di ogni singola strega della mia generazione, senza però togliermi mai la lucidità necessaria. 
Vidi Tonks, mia amica e compagna ad Hogwarts, calare, e seppi che eravamo finalmente a casa.
Il numero dodici di Grimmauld Place, il quartier generale dell’unico ordine di Maghi capace di tener testa al più temibile mago oscuro di tutti i tempi. La maggior parte dei maghi e delle streghe non osava pronunciare il suo nome ad alta voce, molti non osavano neanche pensarlo.
Ma a me non faceva paura. Voldemort.

-Molly ma è.. fantastica! E’ la cosa più carina che abbia mai ricevuto!
Abbracciai la signora Weasley stringendo tra le mani la coloratissima giacca che avevo appena scartato.
Era formata da toppe di ogni colore, cucite tra loro in modo quasi casuale ma incredibilmente bello. Ero sempre stata una determinata sostenitrice del nero ma negli ultimi mesi avevo cominciato ad adorare qualsiasi cosa fosse colorata e vivace, tanto da decidere di tingere i miei anonimi capelli biondo scuro di un rosso sgargiante.
-Ti sta a pennello, cara!- esclamò la donna vedendomela indossare. I capelli rossi e mossi le incorniciavano il viso tondo e sorridente, se non avessi saputo quante preoccupazioni affliggevano il suo cuore, forse non avrei notato le profonde occhiaie che macchiavano il candore della sua pelle.
-Susu, Harry! Scarta il tuo!
Notai, senza poter evitare di sorridere, Harry e Ron scambiarsi un’occhiata preoccupata nell’afferrare i pacchetti che la signora Weasley tendeva loro.
Harry Potter era il ragazzo più fortunato della terra, nonostante in molti avrebbero potuto dire con ragionevole certezza l’esatto contrario.
La sua storia era molto triste, anche lui aveva perso i genitori, quando aveva poco più di un anno, per mano di Voldemort. I Potter facevano parte dell’originario Ordine della Fenice, così come la maggior parte dei presenti in salotto, quella sera, fatta eccezione per i ragazzi Weasley, Hermione, Harry, Ninfadora Tonks e me.
Harry era noto come il bambino che era sopravvissuto e i cinque anni che aveva trascorso ad Hogwarts fino a quel momento fungevano indubbiamente da conferma del fatto che, quello di sopravvivere, era più un vizio che un caso.
Aveva affrontato Voldemort in persona, più di una volta, un basilisco e un esercito di dissennatori, rischiando, insomma, molto più di quanto non avessi fatto io sommando gli anni della scuola con quelli della mia carriera da Auror.
Lo avevo conosciuto poco più di qualche mese prima, quando insieme ad alcuni membri dell’Ordine mi ero recata a Little Whinging per prelevarlo da casa Dursley dopo l’attacco dei Dissennatori di cui era stato vittima.

-E’ un po’ troppo pulito, capisci cosa intendo? E’ innaturale!
Tonks si rigirava tra le mani un portacandele in cristallo lucidissimo, dopo aver percorso con un dito la metà del mobilio del salotto per poi notare con stupore l’assenza assoluta di polvere.
-Sono tutti così perfettini, i babbani?- mi chiese per poi mordersi il labbro e assumere un colorito strano quasi quanto il viola dei suoi capelli. Sapeva che non amavo parlare della mia infanzia, della mia vita prima della magia.
La storia dell’omicidio dei miei era abbastanza brutta da scoraggiare chiunque volesse fare domande e non mi ero mai aperta più di tanto neanche con Tonks nonostante il fatto che se non fosse stato per lei avrei di certo trascorso l’intera durata della scuola chiusa nel mio malinconico ed esasperante mutismo.
-No, Dora, a casa mia non era così! Io poi sono sempre stata così disordinata! Mettevo a soqquadro tutto in un nanosecondo.
Mi guardò per un attimo, colpita, e poi sul suo viso si aprì un affettuoso sorriso riconoscente.
Non volevo essere misteriosa e impenetrabile con lei, non lo meritava, non l’aveva mai meritato.
-Harry, loro sono Ninfadora Tonks e Jales Carter, sono entrambe Auror.
Harry Potter ci guardò scettico attraverso i suoi anacronistici occhialetti tondi. Chissà perchè con tutti i soldi che aveva alla Gringott non avesse mai pensato di cambiarli.
I vestiti che indossava erano decisamente troppo larghi e evidenziavano il fisico magro tipico degli adolescenti che avevano da poco acquistato qualche decina di centimetri in altezza ma non in muscoli.
Virilità meno dieci, insomma, ma dopotutto il ragazzo prometteva bene, sarebbe di certo cresciuto in fretta.
-L’ultima persona che mi ha rivolto un’occhiata tanto scettica si è ritrovata il naso rotto senza avere il tempo di dire Troll. Fossi in te eviterei, giovane Potter.- lo avvertì con un sorriso minaccioso.
-Lasciala stare, Harry. E’ acida ed antipatica. 
Storsi il muso con aria pensierosa.
-Si, credo tu abbia ragione.- la schernii prima di battere forte le mani. –Basta chiacchierare, signorine. Saltate sulle vostre scope e andiamo via di qui. Se è vero che le case rispecchiano coloro che ci vivono non ho davvero nessuna voglia di conoscere questi Dursley.

-Grazie!- esclamò Harry sollevando il classico maglione con l’iniziale alla Weasley. –Ho preso qualche centimetro quest’anno e quello vecchio non mi stava più!
Una risata sommessa mi ricordò del signor Weasley, poco distante da me, fasciato e malconcio. Non si era ancora del tutto ripreso dall’attacco che aveva subito ma grazie al cielo Harry aveva smesso di sostenere che fosse stata colpa sua.
-Jal, muoviti a scartare il mio regalo! –  Dora mi stava letteralmente saltellando intorno con al collo la catenina e il ciondolo che le avevo regalato che balzava di qua e di là ad ogni suo movimento.
-Calmati, D. Ci sto provando! Che diavolo di incantesimo hanno fatto a questa carta?
-Secondo me sei tu ad essere un po’ impedita, Carter. Vuoi che faccia io?
Non avevo dubbi che la mia nemesi sarebbe intervenuta, a sproposito, come sempre, per rovinare uno dei pochi momenti sereni degli ultimi mesi.
-Morditi la lingua, Black. Se fai il bravo dopo ti do un biscottino.
Black era un animagus, non registrato ovviamente, e le battute sul suo corrispondente canino lo irritavano sempre abbastanza da alleviare il mio nervosismo.
Ignorando qualsiasi rispostaccia stesse preparando per me, abbracciai Ninfadora, sorridendo come una scema per il regalo meraviglioso che avevo appena ricevuto. 
Era un cercapersone babbano, una di quelle cose che non avrei mai creduto esistessero ancora e, come spiegò fiera la mia migliore amica, era stato modificato con una magia per funzionare anche da una parte all’altra del mondo, così avremmo saputo sempre quando avremmo avuto bisogno l’una dell’altra.
-Grazie. – le disse sincera stringendole le mani.
-Almeno saprò quando intervenire per tirarti fuori dai guai, sei un lavoro a tempo pieno!

-Ron sei una schiappa!
La serata era trascorsa nella serenità più assoluta, la cena era stata fantastica anche se avevo rischiato di affogarmi alla notizia che il dolce era stato preparato da Ginny, una ragazzina adorabile, ovviamente, ma ancora più negata di me –cosa che ritenevo impossibile, per inciso- nella cucina.
Aggrottai la fronte, concentrata sulla mossa che mi avrebbe permesso di battere a scacchi il campione indiscusso di casa Weasley.
-Ero il migliore prima che arrivassi tu!- mi rispose indispettito vedendo il suo alfiere pestato a sangue dal mio.
-Sei troppo distratto, Ronald.- ammiccai riferendomi ad Hermione che stava dietro di lui con la mano distrattamente poggiata sulla sua spalla.
Quei due erano sicuramente due delle persone più strane che avessi mai conosciuto: erano palesemente innamorati l’uno dell’altra, si sostenevano e rimbeccavano continuamente ed in egual misura finendo per litigare per una parola detta al momento sbagliato, ma nessuno dei due si convinceva ad ammettere i propri sentimenti.
La diretta interessata si schiarì la voce e ritrasse la mano.
-Vado a finire la relazione di Artimanzia, altrimenti non farò mai in tempo!- annunciò seria come solo Hermione sapeva essere.
-Ma è Natale, Hermione! – anche io ero una mezza secchia ai tempi della scuola ma non avrei mai minimamente pensato davvero di studiare la sera di Natale.- Ti verranno i capelli bianchi prima del tempo, se continui così.
Mi scoccò un’occhiata a metà tra l’irritato e l’imbarazzato prima di allontanarsi e notai, divertita, che con una mano si era portata una ciocca dei lunghi capelli castani davanti al viso, analizzandola attentamente.
-Non credo abbia gradito la tua battuta, e no, Jales, non era una battuta innocente. – disse Harry ghignando, seduto sul bracciolo della poltrona che ospitava il mio nobile sedere.
Mi strinsi nelle spalle, angelica.
-Voi giovani d’oggi non siete simpatici come lo eravamo noi, che posso farci? Vero, Tonks?- alzai la voce per richiamare l’attenzione della mia amica che stava mostrando a Remus tutte le varie sfumature che i suoi capelli potevano assumere. –Hey, lo sai che ti odio quando lo fai! Dovresti dover fare la tinta come tutte noi, per quello!
-E tu saresti simpatica, J.? – mi schernì sorridente.
-Come un mandragora impazzita.- completò Sirius Black alzando il proprio boccale di burrobirra come a voler brindare.


Era notte e tutti erano andati a dormire mentre io, come spesso accadeva nell’ultimo periodo, non riuscivo a prendere sonno. Avevo provato a contare le pecore, gli ippogrifi, i draghi e persino i gufi - Dio solo avrebbe potuto dire quanti fossero quei volatili. 
Mi sedetti al tavolo della cucina, arresa, incantando il cucchiaino per mescolare la tisana al posto mio mentre un piacevole aroma di ribes e vaniglia raggiungeva le mie narici.
Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi quando un fruscio mi fece balzare in piedi e automaticamente sfoderare la bacchetta, puntandola verso quella che i miei sensi mi informavano essere l’origine del rumore.
-Hey, hey, Carter, metti giù la bacchetta. Non ti hanno detto che non si gioca con le armi?
Sirius Black stava ritto sulla soglia della cucina, con le braccia tese in alto in segno di resa e il suo solito piglio lievemente tormentato.
Era tormentato quando scherzava, era tormentato quando si alzava, quando rideva e quando mangiava. Una vera palla al piede.
-Mi hanno detto anche di non dar retta agli idioti ma chissà perché mi ritrovo sempre costretta a farlo. Che ci fai, qui? – chiesi risedendomi e afferrando la mia tazza.
-Dovresti portarmi rispetto, dopotutto sono più anziano di te.
Era vero. Sirus Black, come Remus, aveva quindici anni più di me e sicuramente molta più esperienza e saggezza dalla sua.
-Diciamo anziano e basta, Black.
Sbuffò e per un attimo, incrociando il suo sguardo, pensai di averlo ferito davvero. Lo vidi avanzare verso il frigo e prendere una bottiglia d’acqua che pochi istanti dopo sollevò, bevendo senza toccarne il collo con le labbra.
-Posso sedermi o rischio di essere corroso dall’acido?- chiese avvicinandosi.
Inaspettatamente rimase in piedi, fermo, davanti alla sedia scostata. Non riuscivo davvero a realizzare quale potesse essere l’assurda ragione per la quale il padrone di casa si sentisse in dover di chiedere il permesso a me di sedersi al suo tavolo, della sua cucina, sulla sua sedia.
Accennai un movimento del capo. –Permesso accordato, mozzo.
Rise sotto i baffi, il che nel suo caso non era solo un modo di dire dato che il suo viso provato dal dolore e dagli anni trascorsi ad Azkaban era ornato di una barba apparentemente trasandata ma che, a giudicare dalla perfetta curva che i baffi disegnavano sul suo labbro superiore, doveva essere il risultato di una minuziosa rasatura. 
Aveva una risata profonda che mi dava sempre l’impressione di vibrare ovunque, anche nel mio stomaco.
C’era stato un momento, inutile negarlo, in cui quel suo viso tormentato e l’aria vissuta mi avevano quasi fatto prendere una cotta per lui. Ma si trattava dei miei primi mesi nell’Ordine, era acqua passata ormai, che lasciava però una perenne e sottile attrazione difficilissima da debellare. 
-L’insonnia tiene in ostaggio anche te?
-Mi sento quasi come se mi stesse tenendo la testa premuta sott’acqua, più che altro.- risposi poggiando la schiena alla sedia e sorseggiando la mia tisana.
-Non oso neanche immaginare l’effetto che avrà su di te, domani, questa perdita di sonno. Sei già insopportabile quando sei riposata.
Non riuscivo davvero a spiegarmi cosa spingesse Black ad essere così odioso, nei miei confronti. Con il resto del mondo, pur non essendo esattamente una persona dolce, si dimostrava una gradevole compagnia, soprattutto con Harry.
-Credi che andremo mai d’accordo io e te?- chiesi d’istinto e avrei tanto voluto prendermi a schiaffi già l’istante dopo averlo fatto.
Da quando lavoravo al Ministero avevo molto lavorato sulla mia impulsività, la mia più tremenda pecca. L’unica, avrei voluto dire, ma ahimè era solo la più evidente.
Mi guardò per interminabili istanti durante i quali la tentazione di alzarmi e tornare in camera a nascondere la testa sotto il cuscino fu fortissima.
-Non saprei, Carter. Forse non è questo il nostro tempo, forse se mi avessi conosciuto quando avevo la tua età non ti sarei risultato tanto antipatico.
Finsi di pensarci su per poi rivolgergli un sorrisino bastardo dei miei.
-A pensarci bene avrei solo avuto più tempo per trovare ancora altre ragioni per ritenerti odioso! 
Scosse la testa, rassegnato. 
-Buonanotte, ragazzina. Le brave bambine a quest’ora sono già a letto da un pezzo.
Mi ritrovai a sorridere, le labbra ancora premute sul bordo della tazza.
-Non lo sono mai stata.- soffiai, ma lui era già scomparso oltre la porta.

La mattina successiva, come previsto, ero un fascio di nervi ambulante, i miei capelli erano più arruffati del solito e le mie occhiaie sembravano più dei calderoni malconci.
-Buongiorno, raggio di sole!- trillò Dora, quando entrai in cucina. Sfoggiava una chioma arancione quasi abbagliante e un sorriso che lo era anche di più.
Vidi Hermione più o meno nelle mie stesse condizioni, semi-svenuta sul tavolo.
-‘Giorno, ragazze. D. smettila di sorridere o ti odierò ancora di più di quanto non odi già il mondo intero.
Hermione sollevò il pollice, senza alzare la testa, concordando con me.
-Che diavolo vi prende, stamattina? Non è una giornata peggiore delle altre. – si informò Harry mentre lui e Ron entravano in cucina.
Hermione riemerse finalmente dal suo stato catatonico per rivolgere all’amico uno sguardo disperato.
-Non sono riuscita a finire tutti i compiti che ci hanno lasciato per le vacanze e il mio giratempo ha deciso di rompersi proprio adesso.- piagnucolò prendendosi la testa tra le mani.
-Ci credo, Hermione, hai sfinito anche lui!
Ron non sapeva quanto rischiasse di ritrovarsi il cucchiaio con il quale Hermione aveva cominciato a mangiare i cereali dritto tra i denti.
-Dallo a me, Hermione, vediamo se posso fare qualcosa.- mi offrii tendendole la mano.
Si frugò nelle tasche con aria avvilita e me lo pose sul palmo, evidentemente sfiduciata. –Non credo sia così facile, aggiustarlo. Ieri ci ha provato anche il professor Lupin ma niente, non vuole saperne.
-Sto facendo i pancakes, Jal, ne vuoi uno?
-No, Dora, non ho affatto fame, torno in camera a vestirmi e a cercare di porre rimedio a questo sfacelo che si presume essere la mia faccia.
Uscii dalla cucina a passo svelto, cercando di ignorare le voci dei protagonisti dei quadri di casa Black che da ogni angolo inveivano contro di me e contro le mie origini. I primi tempi mi scomodavo anche a rispondere malamente alle loro barbare sentenze razziste ma pian piano avevo imparato a reagire con incredibile indifferenza riproponendomi che prima o poi avrei ripagato a me stessa con un bel falò ad alto contenuto artistico.
-Piantala, Sirius. Non puoi e lo sai meglio di chiunque altro.
Era la voce di Remus, che ritto sulle scale fronteggiava un Black più che mai nervoso e turbato.
Per una ragione sconosciuta persino a me stessa, mi appiatti contro il sottoscala per non farmi vedere e restai in ascolto.
-Ho avuto fin troppa pazienza, doveva già essere successo. Sto perdendo la testa, è sempre più difficile.
-Sarà difficile anche dopo che accadrà, non crede che cambierà le cose. Non c’è niente di semplice per noi, mai.
-Non sopporto l’idea che corra continuamente rischi su rischi, io..
-Devi essere più lucido, Sirius. Sei riuscito ad esserlo per tredici anni chiuso in quella fottuta cella di Azkaban, porca miseria!
Sentii un sospiro sofferto e seppi che era stato Sirius Black a produrlo perché Remus aveva ormai svoltato l’angolo dell’ingresso, diretto, probabilmente, in biblioteca, dove si chiudeva continuamente per sfuggire al chiacchiericcio dei quadri che almeno lì erano troppo impegnati a leggere per criticare il lupo che c’era in lui.

Giunta in camera mi vestii e cercai di rimettermi in sesto, pronta a cominciare un’altra estenuante giornata.
Continuavo a pensare alle parole che i due maghi si erano scambiati, meno di mezzora prima, chiedendomi chi fosse in pericolo e cosa stesse mandando fuori di testa Sirius Black.
Ero estremamente preoccupata e nervosa, odiavo essere stata tenuta allo scuro di qualcosa che, per inciso, doveva essere molto importante e, con ogni probabilità, considerato il tono esasperato di Sirius, doveva riguardare Harry.
Per Sirius Harry era come un figlio e qualsiasi cosa lo riguardasse lo toccava più di qualsiasi altra cosa, avrebbe sacrificato tutto e tutti per lui, se fosse stato necessario.
Era ancora presto quando, pronta, mi affacciai alla finestra. La neve non si era ancora sciolta e appesantiva i rami degli alberi in giardino mentre i campi tutto intorno sembravo dei veli candidi.
Voltandomi lo sguardo cadde sul giratempo che inerme sul mio letto sembrava gridare “aggiustami!”.
Lo rigirai un paio di volte tra le mani cercando di capire cosa non andasse in quell’affare e provai un paio di volte a girarlo in modo tale da tornare indietro di un’ora.
Hermione aveva ragione, non voleva proprio saperne di funzionare.
Feci un ultimo tentativo e vedendo che non dava alcun segno di vita feci per rimetterlo in tasca quando l’oggetto cominciò a vorticare furiosamente.
-No no no, non è affatto bene. Non mi sembra per niente il caso.- bisbigliai cercando di bloccarlo.- Che diavolo…?
Pochi istanti e sentii tutto intorno a me tremare e girare in modo innaturale, vedendomi costretta strizzare gli occhi.
Quando quella sorta di giostra del terrore si fermò e potei riaprire gli occhi, per poco non mi prese un colpo.


Piccola nota dell'autrice
L'immagine che vedete all'inizio del capitolo è opera di JeyCholties e se non avete già fatto un salto sulla sua pagina EFP vi consiglio di farlo perché vi assicuro che come autrice è anche più brava che come grafica, fatevi un po' due calcoli! ;) Un bacio! Ps: GRAZIE, Jey!

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


time after time 2

Time after time

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2-You take a deep breath
and you walk through the doors
It's the morning of your very first day
You say hi to your friends
you ain't seen in a while
Try and stay out of everybody's way
 

 

Non impiegai molto a capire dove fossi: mi trovavo nei giardini di Hogwarts, vicino al lago. Attorno a me frotte di studenti camminavano in varie direzioni, chi a passo svelto, in ritardo per qualche lezione, chi intento a chiacchierare con il compagno.
-Per la barba di Merlino..
Per quanto ne sapevo il giratempo poteva solo portare avanti o indietro nel tempo ma di certo non nello spazio, il difetto che mi aveva gettata in quel posto doveva essere abbastanza serio e tornare a Grimmuld Place non sarebbe neanche stato facile data l’impossibilità di materializzarsi e smaterializzarsi entro le mura del castello.
-Hey, tutto bene? – solo in quel momento mi accorsi di essere caduta, seduta scompostamente per terra, ancora tremante per lo shock.
-Oh beh, si.. io.. sto bene.- risposi poco convinta, voltandomi verso il ragazzo che aveva parlato.
I capelli neri e fin troppo lisci gli incorniciavano il volto pallido e malaticcio su cui gli occhi neri risaltavano come due asole su una camicia bianca.
I colori della casata dei Serpeverde brillavano sulla sua divisa e pensai che con ogni probabilità dovevo essere atterrata sulla testa perché il ragazzo che mi stava di fronte con l’aria preoccupata e confusa mi ricordava tremendamente il mio professore di Pozioni.
Severus Piton, a scuola, era odiato approssimativamente dal novanta per cento degli studenti e il restante dieci per cento comprendeva alcuni privilegiati Serpeverde ed una incapace pozionista che nonostante non riuscisse ad ottenere nessun voto che superasse l’Accettabile non era vittima delle cattiverie del professore. Io.
-Sicura? Non hai l’aria di stare granché bene, sembra quasi che tu abbia visto un fantasma per la prima volta!
-Tutto okay laggiù?
Vidi una ragazza , sicuramente coetanea del mio interlocutore, correre verso di noi. Bastarono pochi istanti durante i quali la mia mente associò automaticamente gli occhi verdissimi di lei all’impressione che avevo avuto guardando il ragazzo e realizzai che, inspiegabilmente, mi trovavo davvero davanti a dei fantasmi. I fantasmi di un passato non troppo lontano.
-Hey, ciao! Scusami io non..credo di averti mai vista.
Cercai di ricompormi passando le mani sulle pieghe della giacca che la signora Weasley mi aveva regalato la sera prima.
-Io si, voglio dire..
Non ero mai stata brava a dire bugie e in quel momento avrei voluto tanto scomparire. Una mano corse istintivamente al giratempo che avevo rimesso in tasca dopo la caduta e la necessità di trovare una storia plausibile che giustificasse la mia presenza in quel luogo e in quel momento surclassò qualsiasi possibile domanda riguardo l’assurdità della situazione.
-Tolgo il disturbo.- disse cupo il ragazzo facendo dietro front non aria fiera ma tremendamente sofferente.
Cercai di non farmi distrarre dallo sguardo triste della ragazza che seguiva quello che evidentemente non doveva essere un suo grande amico e ringraziai il cielo per il mio aspetto minuto. Tutti mi avevano sempre detto che sembravo molto più giovane di quanto non fossi in realtà e se questo aveva creato incolmabili scompensi alla mia autostima nei miei venti anni di vita, quel giorno mi salvò.
- Sono nuova.. vengo da Beauxbaton! E’ il mio primo giorno ad Hogwarts.
Non ero neanche tanto sicura che fosse legale un ipotetico passaggio da una scuola all’altra ma il problema, nell’immediato, si rivelò un altro. La ragazza sembrava la copia esatta di Hermione, quanto a saccenza.
-Non hai l’accento francese, però.
Mi guardò dubbiosa e per un istante presi in considerazione l’idea di lanciarle un Confundo per distrarla e potermi dileguare.
-Sono cresciuta in Gran Bretagna ma mia madre ha insistito tanto perché frequentassi Beauxbaton..sai, pizzi e merletti irretiscono le madri più di ogni altra cosa al mondo.
Non era affatto vero e sicuramente non avrebbero irretito la mia ma era l’unica cosa che mi fosse venuta in mente.
La sua risata sincera e cristallina mi fece sorridere.
-Piacere, io sono Lily Evans e quello.. beh lui era Severus Piton.
Ero davvero davanti alla madre di uno dei miei più cari amici e quello era davvero il mio ex professore di Pozioni.
-Qualche problema?- chiesi gentilmente vedendola sull’orlo delle lacrime. Quegli occhi lucidi erano così tremendamente simili a quelli di Harry che non potei rimanere indifferente alla sua malinconia.
-Credo di si, ma non c’è niente che io possa fare. – cercò di darsi un tono e stirò le labbra in un sorriso davvero poco convincente. -A parte accompagnarti dovunque tu voglia, sono Caposcuola!

I giorni che seguirono furono parecchio strani e resero chiaro che non sarei tornata nella mia epoca così presto.
Dopo il mio incontro, o meglio il mio scontro, con Lily Evans avevo finto di dover andare a definire con il preside gli ultimi dettagli del trasferimento e così dopo avermi scortata al suo ufficio e avermi confidato la parola d’ordine, si era dileguata.

-Professor Silente lei.. deve aiutarmi, non ho idea di come sia potuto accadere, io..
-Scusami, cara ma non credo di conoscerti. Dovrei?
Lo sguardo sconcertato del preside mi ghiacciò. Mi vantavo di essere una strega particolarmente sveglia ma in quella circostanza mi stavo davvero comportando come una sprovveduta.
Ero tornata indietro di quasi venti anni e ovviamente Silente non poteva sapere chi fossi e non avrei mai e poi mai dovuto interagire con nessuno, ogni atto compiuto e ogni minimo contatto avrebbero potuto avere conseguenze disastrose, nel futuro.
Ad ogni modo, trovandomi ormai in piedi davanti al preside, intenta a fissarlo con l’aria da pesce lesso, non potevo più tirarmi indietro. Albus Silente era un mago troppo scaltro per bersi qualsiasi fandonia mi fosse venuta in mente.
Gli spiegai tutto sperando che non chiamasse quelli del San Mungo per farmi internare ma lui si dimostrò sorprendentemente ben disposto all’ascolto e non perse neanche una parola del mio apparentemente allucinante racconto.
-Consegnami il giratempo, signorina Carter. Farò il possibile per aggiustarlo senza causare altri danni ma la avverto che con ogni probabilità ci vorrà molto tempo. Quest’oggetto è opera di magia accuratissima e molto delicata, il minimo difetto può sconvolgere tutto il sistema. Così come ogni tuo atto può sconvolgere il futuro che tu già conosci, a differenza di tutti noi.
Il suo sguardo sembrava scavarmi nell’anima, mentre pronunciava quelle parole cariche di responsabilità. Mie.
-Non ho idea di cosa accadrà, ma a giudicare dai tempi che corrono e che non confido vedranno una soluzione molto presto, molti di noi potrebbero non esserci più, nel tempo dal quale provieni. Potranno accadere cose terribili ma tu non puoi e non devi fare nulla per cambiare il corso delle cose. Questo devi giurarlo.
-Professor Silente, anche solo il mio essere qui costituisce una breccia nell’equilibrio di tutto ciò che è e che sarà, sono un Auror, so come funziona e non credo che..
Alzò una mano per zittirmi, educatamente, senza scomporsi e sul suo viso ricomparve il suo classico sorriso rassicurante.
-Ogni cosa accade per un motivo, signorina Carter.
Forse per il suo aspetto ieratico o forse per l’ermeticità delle sue parole, decisi di non controbattere. Non sarebbe servito ad ottenere risposte.
-Il cappello ti assegnerà ad una casa, come fa con ogni studente di questa scuola, a prescindere da quale fosse la tua quando hai frequentato Hogwarts. La versione ufficiale sarà quella che hai raccontato agli studenti che hai incontrato,frequenterai le lezioni insieme agli studenti dell'ultimo anno. Sii prudente.


Il Cappello Parlante mi aveva smistata, con mia grande sorpresa, a Grifondoro. Avevo sempre ritenuto coloro che ne facevano parte come una massa di sbruffoni essenzialmente carenti di materia grigia, io ero stata una Corvonero e a differenza dei compagni delle altre case noi usavamo il cervello.
Il Cappello mi aveva trovata abbastanza coraggiosa e sicura di me, forte per la rabbia e per la passione da essere una perfetta Grifondoro.
Avrei dovuto sopportare quegli smidollati per chissà quanto tempo e non mi restava altro che sperare che Silente si sbrigasse ad aggiustare il giratempo di Hermione.
L’unica cosa che mi consolasse era la consapevolezza che nel mio tempo non era passato neanche un minuto e che non stavo sottraendomi a nessuna responsabilità, a nessuno scontro. Silente mi aveva fatto pronunciare un Voto Infrangibile per assicurarsi che non alterassi il corso degli eventi svelando il futuro e non potei sottrarmi alla sua richiesta che, ne ero consapevole, era più che lecita oltre che necessaria.
Grazie a Lily presi il ritmo con le lezioni e realizzai che tutta quella teoria non mi era mancata per niente. Le lezioni erano iniziate solo da una settimana e non era stato difficile recuperare senza dare nell’occhio.
Passavo il mio tempo ad evitare chiunque non fosse Lily che mi trovavo costretta a tollerare sempre con meno fatica:  era una persona eccezionale, esattamente come mi ero sempre immaginata la madre di Harry. Una ragazza seria, determinata ed estremamente ligia al dovere. Buona come poche persone al mondo, sempre pronta a consolarmi ogni volta che lo scoraggiamento mi si riversava addosso come una secchiata di acqua gelida, nonostante non sapesse nulla di me e non potesse saperlo.
Mi ritrovai, più di una volta, a parlare anche con Piton che si rivelò essere un ragazzo molto intelligente e a tratti anche simpatico seppure tremendamente complessato. I suoi unici amici erano un paio di squallidi Serpeverde che avevano l’aria di essere dei promettentissimi Mangiamorte. Mi chiedevo spesso se per caso avessi ucciso qualcuno di loro, nel mio passato.
Stavo seduta in Sala Comune, in un angolino, fingendomi presa dalla relazione di Trasfigurazione che stavo scrivendo ma in realtà impegnata solo a cercare di limitare le mie conoscenze a quelle di una studentessa del settimo anno, evitando le nozioni di Magia Avanzata. La mia testa, ad ogni modo, era altrove. Era a casa.
-Scusami, posso sedermi?
Chiunque fosse non faceva parte del mio piano. Evitare tutti.
-Posso sedermi qui?- ripeté deciso come se pensasse che avessi potuto non sentirlo.
-No. Ti avevo sentito anche la prima volta che l’hai chiesto e non si trattava di un silenzio assenso.
-Non c’è bisogno di essere così sgarbata, bellezza.
Mi voltai, furente.
-Non scocciare, ragazzino, d’accordo?  C’è un’intera sala praticamente vuota da sfruttare.
Il mio cuore perse un battito.
Speravo davvero di non incontrare nessun altro che mi conoscesse, già il fatto di essermi imbattuta nel mini-Piton mi turbava. Chissà come avrebbe reagito nel futuro.
Ci mancava solo lui.
I capelli ricci ricadevano scompostamente intorno al viso giovane, gli occhi grigi mi scrutavano attentamente e le labbra erano incurvate in un sorriso impertinente.
-Io sono Sirius Black. Sei nuova.
La sua non era una domanda e maledii il momento in cui mi ero lasciata sopraffare dai nervi e mi ero voltata. Feci per tornare alla mia relazione ma quel ficcanaso di Black non sembrava intenzionato a desistere.
-Tu ce l’hai un nome?
Mi lasciai sfuggire una risatina nervosa e lo guardai come a chiedergli se, seriamente, stesse continuando a pormi domande alle quali non avevo la minima voglia di rispondere.
Alzò un sopracciglio, in attesa.
-Jales, Jales Carter.
-Felpato, piantala di importunare le ragazze tanto lo sai che sono io quello figo.
Collegamenti mentali veloci e semplici. Felpato. Malandrini. Figo. Potter. Per quel che ne sapevo Remus non si era mai dato arie, era sempre stato un tipo molto discreto e di certo Peter Minus non poteva definirsi affatto “figo”, ragion per cui, ad esclusione, ne restava solo uno.
-Ripetitelo, James, magari ci credi.- fu la risposta giocosa dell’altro e finalmente, senza i suoi occhi indagatori puntati addosso, mi permisi di respirare.
Non potei resistere alla tentazione di voltarmi e ciò che vidi nonostante tutto mi intenerì.
James Potter sorrideva felice, con un braccio intorno alle spalle di un giovane Remus Lupin, insolitamente sereno mentre Peter Minus, non molto più magro di come sarebbe diventato anni e anni dopo, li seguiva.
-Ragazzi, lei è Jales Carter. Quella nuova.- mi presentò Sirius notando che stavo guardando un po’ troppo attentamente i suoi amici e rischiai seriamente di affogarmi con la mia stessa saliva, presa in contropiede.
Non andava bene. Non andava bene per niente, per la barba di Merlino.

Grazie, o forse per colpa di quell’incontro del tutto indesiderato con i Malandrini, scoprì un paio di cose di cui non ero a conoscenza e ricollegai gli eventi cui stavo prendendo parte a quel poco che sapevo di loro dai racconti laconici e vaghi di Remus.
Come già sapevo, Piton e i Malandrini non potevano soffrirsi neanche lontanamente, mi dissero che la relazione tra James Potter e Lily Evans si stava consolidando, dopo più di due anni di rifiuti da parte della ragazza, poco incline a tollerare la sbruffoneria dell’altro.
Due anni prima tra Piton e Lily Evans c’era stato un brutto litigio, anche se lei non volle mai approfondire, che li separò rovinando la loro amicizia ma spianando la strada al corteggiamento spietato di Potter.
Sirius era per James Potter come un fratello soprattutto da quando l’anno precedente il ragazzo aveva lasciato casa Black, dove la convivenza con la sua famiglia conservatrice e sostenitrice della superiorità dei Purosangue era diventata impossibile, e si era trasferito presso i Potter. Il legame già saldo che li univa era diventato praticamente indistruttibile.
Non sapevo granché della vita di Black, salvo il suo ruolo nella faccenda del tradimento dei Potter, e conoscere la sua storia l’aveva reso più umano, ai miei occhi, e aveva giustificato quella ancestrale malinconia che gli velava perennemente gli occhi e che evidentemente non dipendeva solo dagli anni trascorsi ad Azkaban.

-Forza, alzati da quella sedia!
Sollevai lo sguardo su Lily, fissandola confusa.
-Ho detto alza il tuo regale culo, amica mia, andiamo a festeggiare!
-Che cosa dovremmo festeggiare, di grazia? Devo finire i compiti. – risposi massaggiandomi le tempie con le dita.
Quel suo entusiasmo adolescenziale, nonostante fosse molto più matura della sua età, sottolineava il gap generazionale che ci separava.
Erano anni che non pensavo più alle feste. Solo ragazzini ubriachi pronti a saltarsi addosso con dubbi scopi.
-Come cosa festeggiamo, Jay?! E’ l’ultimo anno ad Hogwats!- spiegò come se fosse ovvio.
Me n’ero quasi dimenticata o forse avevo proprio voluto cancellare quell’informazione dalla banca dati della mia mente.
Io avevo già festeggiato il mio ultimo anno ad Hogwarts e pensavo che per il mio secondo ultimo anno avrei potuto evitare: il ballo di inaugurazione del settimo anno erano una vecchia tradizione che, per l’appunto, si era conclusa con il mio di ultimo anno a scuola dopo il quale studenti e professori si erano rassegnati a quanto anacronistico fosse e l’avevano abolito.
Tutte le ragazze della scuola avevano passato le tre settimane che avevo trascorso lì fino a quel momento a cercare un vestito adatto e con ogni probabilità anche la settimana precedente durante la quale io ero ancora tranquilla ed impegnata nelle mie ronde e nel mio tempo. Silente mi aveva procurato un baule con l’occorrente per sopravvivere in quell’epoca ma di certo questo non comprendeva abiti da sera.
-Non ho un vestito, Lily. Te l’ho detto io non..
-Te l’ho procurato io! Guarda!
-Tu cosa? Senti non è il caso, io..
Non mi fece neanche terminare la frase che estrasse dall’armadio un vestito magnifico, blu come la notte, che mi lasciò letteralmente a bocca aperta.
-Che te ne pare?
-E’ bellissimo, dove l’hai preso?- intanto mi ero avvicinata e lo stavo osservando, emozionata.
Non mettevo vestiti eleganti da troppo tempo per ricordarmene, il ruolo che ricoprivo mi costringeva ad una tenuta sobria e sportiva che di certo non esaltava la mia femminilità.
-Mi sono ricordata di questo vestito di mia madre, sai lei è piccolina proprio come te e le ho chiesto di spedirmelo. Te lo vedo proprio bene, addosso. Verrai?
Come potevo negare qualcosa a quella ragazza? Mi stava guardando con la sua dolcezza infinita, macchiata di impertinenza (che, senza dubbio, era il risultato della compagnia costante di Potter) e non potei rifiutare.
-Va bene. - sospirai inclinando la testa di lato.
Mi abbracciò forte e mi ordinò di provare il vestito. Quella sarebbe stata sicuramente una lunga notte.

Come previsto, dopo mezzora scarsa trascorsa cercando di mimetizzarmi con la tappezzeria della Sala Grande, la voglia di tornare al Dormitorio era più forte anche del dolore che le scarpe eleganti causavano ai miei piedi disabituati all’uso dei tacchi.
Mi si era anche chiuso lo stomaco e mi ero gettata a capofitto sugli alcolici che fortunatamente erano permessi ai ragazzi dell’ultimo anno.
I miei compagni di scuola ballavano scatenandosi al ritmo di un medley dance che la band ingaggiata per la serata stava suonando mentre io non avevo alcuna voglia di fare alcun movimento che non fosse quello per portare il bicchiere alla bocca.
-Quale meravigliosa creatura scorgono i miei indegni occhi?
Sirius Black si avvicinò a me con la mano premuta sul petto all’altezza del cuore e l’aria teatrale.
Il completo che indossava gli stava molto bene, la giacca scura fasciava le braccia non esattamente muscolose ma virili e il contrasto tra il colletto bianco della camicia e il nero dei capelli lunghi e ricci gli donava quella sua tipica eleganza casuale.
-Proprio la persona che mancava per peggiorare la mia serata!- esclamai sorridendo maligna.
-Bevi per dimenticare?- glissò poggiandosi al muro accanto a me.
Effettivamente si, ma non potevo dirglielo. Volevo dimenticare  il fatto che le speranze di tornare a casa diminuivano ogni ora sempre di più, il rischio che correvo restando lì e la mia totale impossibilità di mettere in guardia quelli che volente o nolente stavano ormai diventando miei amici dal futuro crudele che incombeva sulle loro spalle e che ovviamente solo io potevo vedere.
-Magari se chiudo gli occhi, continuo a bere e nel frattempo te ne vai, beh.. potrei anche dimenticare che mi stai di nuovo importunando.
Mi guardò serio per qualche secondo ed io mantenni il contatto visivo. Il grigio nel blu, come una giornata nuvolosa. Ad un certo punto scoppiò a ridere e non potei evitare di sorridere anch’io, chiedendomi quale pensiero l’avesse esilarato a tal punto.
-Ti va di ballare?
Dopotutto dovevo restare lì ancora per un po’ se non volevo deludere Lily che come una sorta di cucù compariva al mio fianco ogni cinque minuti per cercare di convincermi a divertirmi un poco.
Posai il bicchiere sul tavolo più vicino ed afferrai la mano che mi tendeva facendomi trascinare sulla pista e, proprio mentre ci univamo alle danze, il gruppo cominciò a suonare un lento.
Sentii la pressione delle sue mani sui fianchi e la cosa mi sembrò terribilmente strana riportando alla mia mente il ricordo dell’unico contatto fisico che avessi mai avuto con la sua versione adulta, quello che conoscevo meglio.


La lotta infuriava e ovunque volavano maledizioni senza perdono.

Bellatrix Lestrange, da poco evasa, deliziava tutti, Mangiamorte e componenti dell’Ordine, con la sua risata infantile e folle mentre dall’alto delle scale della Villa di uno di quei maledetti lanciava schiantesimi e maledizioni.
Grazie a Piton avevamo saputo di una riunione organizzativa tra alcuni Mangiamorte e sapendo che non tutti vi avrebbero preso parte un blitz non ci era sembrato eccessivamente azzardato. Più ne avremmo tolti di mezzo più avremmo indebolito il loro Signore.
Rotolai nascondendomi in una sorta di fortuita trincea creatasi dalla caduta di un paio di scaffali ed evitai una maledizione Cruciatus lanciata da quel bastardo di Greyback.
-Tu, piccola stupida, cosa credevate di fare?
In un balzo, inaspettatamente, mi era addosso, premendomi a terra con tutto il peso del suo corpo.
-Ho ucciso maghi molto più in gamba di uno stupido lupo.- sputai respingendolo con un incantesimo silenzioso.
Approfittando del piccolo vantaggio ottenuto mi allontanai di qualche passo.
-Come puoi parlare così di noi lupi mannari? – mi sfidò fingendo un broncio infantile.-Il povero Lupin potrebbe prenderla sul personale.
Un moto di rabbia mi spinse a gettarmi su di lui, facendogli perdere l’equilibrio, ed a puntargli la bacchetta alla gola.
-Non osare paragonarti a lui. Un mago straordinario come tu non potrai mai essere.
Il mio punto debole. La rabbia.
La tendenza ad agire in modo avventato era il rovescio della medaglia rispetto alla forza che quello stesso sentimento mi dava e ne pagai le conseguenze.
Abbandonandosi ad una risata simile ad un latrato mi afferrò il collo con una mano per poi alzarsi in piedi e sollevarmi.
-La tua audacia ti costerà cara, oggi. Di’ addio a..ARGH.
Mollò la presa e caddi a terra, tossendo furiosamente.
Sirius dietro di lui gli puntava la bacchetta contro. L’aveva bloccato con un silenzio Petrificus Totalus e senza perderlo di vista si avvicinò a me, aiutandomi ad alzarmi.
-Stai attenta. Per favore.- mi disse con aria sofferente e il panico negli occhi, mentre la forza mi veniva meno e sarei di certo caduta di nuovo se le sue mani saldamente ancorate a miei fianchi non mi avessero retto.


-Perché ridevi, prima?- chiesi curiosa, riscuotendomi e seppellendo l’ascia di guerra mentre gli circondavo il collo con le braccia.
-Perché sei strana. Sono lo scapolo più gettonato della scuola e tu continui a rifiutare le mie attenzioni.
Trasudava una spensieratezza che non credevo avesse mai potuto avere, conoscendo la versione stanca di lui, quasi vent’anni più grande.
-Ognuno di noi è strano a modo suo. – asserii stringendo le labbra in un piccolo sorriso.
Non era poi così difficile guardarlo negli occhi e mi ritrovai, inspiegabilmente, a cercare in lui qualcosa del Sirius che conoscevo. Qualcosa oltre la presunzione e la caparbietà.
Lo sguardo era attento, intelligente. Sembrava scrutare ogni sfumatura della mia espressione alla ricerca di un segno qualsiasi che potesse dirgli qualcosa in più di me che le mie labbra non dicevano e non potevano dire.
-Carter..
Il tono con il quale aveva pronunciato il mio nome e la scintilla impertinente che aveva attraversato i suoi occhi mi erano immensamente familiari.
Gli rivolsi un’occhiata interrogativa.
-Hai il trucco sbavato.
Mentre lo diceva la band suonava l’ultima nota della canzone e dopo avermi scoccato un bacio sulla fronte si allontanò, sorridente.

Trascorsi il resto della serata con Lily, il che mi diede la possibilità di approfondire la mia conoscenza con James.
-..è grazie a Lily che ho messo la testa a posto, sono persino diventato Caposcuola! Credo che se fino al quarto anno l’avesse detto alla cara Minerva si sarebbe fatta la prima risata della sua vita!
-Eri davvero così tremendo?- chiesi divertita, ormai quasi dimentica del fatto che il ragazzo con cui stavo parlando era il defunto padre di Harry il quale, per altro, gli somigliava in maniera impressionante.
-Più che tremendo, Jay. Ne combinavano una dopo l’altra, lui e quegli altri tre degenerati.- nonostante cercasse di fingersi severa non riusciva proprio a nascondere l’amore che provava per quello che sarebbe diventato, di lì a qualche anno, suo marito.
-Hey! E’ ingiusto che tu mi includa in questo giudizio!
Mi voltai e vidi Remus Lupin sedersi accanto a me. Mi faceva sempre tanta impressione interagire con lui, lo conoscevo troppo bene, tenevo troppo a lui per riuscire a non pensare a quanto avrei voluto avvertirlo, a quanto avrei voluto proteggerlo dalle brutture dalle quali lui stesso, anni e anni dopo, mi avrebbe insegnato a difendermi.
-Anche tu hai la tua parte di responsabilità, Lunastorta, non fingerti innocente!- James gli affibbiò un affettuoso pugno sulla spalla.
Remus mi guardò di sottecchi probabilmente chiedendosi come mai non avessi ancora chiesto dei loro soprannomi, come faceva chiunque li sentisse pronunciare per la prima volta. Sapevo bene tutta la storia, gliel’avevo sentita raccontare così tante volte che a chiedere spiegazioni mi sarei sentita una imperdonabile bugiarda.
-James non ha tutti i torti, Rem. Ricordo quella volta che al terzo anno avete messo della pozione invecchiante nel calice della Caporal, ho sempre saputo che eri stato tu!- lo schernì Lily facendogli l’occhiolino.
-E perché ne saresti così certa?!- chiese quello fingendosi offeso rizzandosi sulla sedia.
-Perché né James né Sirius ne sarebbero mai stati capaci! Peter, poi!
-Con amici come te a che servono i nemici?!- la rintuzzò James incrociando le braccia e guardandola storto.
Mi ritrovai a ridere e parlare con loro come se ci fossimo conosciuti da sempre, come se quello fosse stato il mio posto, come se avessi dovuto restarci per sempre.

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


time after time 3

Time after time

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3-It's too bad, but hey! That's me.
What goes around comes around and you'll see
that I can carry the burden of pain
'cause it ain't the first time that a man goes insane.

 

Era quasi arrivato Novembre e la solitudine che mi ero autoimposta mi aveva profondamente stufata; avevo ormai stretto amicizia con i ragazzi e la loro compagnia rendeva meno pesante il tempo non mio che vedevo scivolarmi intorno.
Il trentuno di Ottobre piombò su di me distruggendo il mio stato di quiete uniforme sotto forma di una impazzita Lily determinatissima a trovare un capo d’abbigliamento “particolare” nel mio decisamente ordinario baule.
-Ma com’è possibile, Jay? Sei una ragazza! Passi l’assenza di vestiti eleganti, posso pure capirla, ma una gonna potresti anche indossarla ogni tanto!
-Lily, cara, Halloween è un giorno uguale a tutti gli altri e questa benedetta gita ad Hogsmeade non è diversa da quelle che ci sono concesse ogni mese, potresti smetterla di frugare in mezzo alla mia roba? Non troverai nulla!
Sbuffò, sedendosi a gambe incrociate per terra.
-Sono Caposcuola e potrei anche chiedere una punizione per questo tuo atteggiamento irrispettoso, cara.- mi citò guardandomi in tralice.
Quel pomeriggio neanche le mie battute più acide o le minacce di restare a scuola riuscirono a fermarla, ragion per cui mi ritrovai a fissare con enorme disappunto uno specchio che rifletteva un’immagine troppo diversa dalla mia.
Mi sembrò un deja-vu e per un attimo mi persi nei ricordi.


-Muoviti, Jales, non abbiamo tutto il giorno!
-Io in queste condizioni non vado da nessuna parte.- sbottai rivolta verso Tonks che poggiata contro lo stipite della porta non faceva che mettermi fretta.
-E’ Halloween e dobbiamo confonderci con gli studenti, hai dimenticato come ci conciavamo ai tempi della scuola?
Continuavo a maledire Malocchio per quella assurda trovata ma non potevo di certo dargli torto: Harry Potter non aveva la benché minima intenzione di rinunciare all’uscita ad Hogsmade per Halloween e ovviamente l’Ordine non poteva permettere che corresse rischi così avevano ordinato a me e Dora di infiltrarci per tenere d’occhio il prescelto.
-Da cos’è che siamo vestite, esattamente? Da battone?- le chiesi velenosa cercando di abbassare un po’ di più la gonna in modo da coprire qualche centimetro di cosce.
-Piantala e muovi quel culo.
-Non posso neanche muoverlo troppo se non voglio trovarmi la gonna a mo’ di cintura.
-Ragazze si sta facendo tardi dovet.. oh, siete..- Remus ci osservava dalla porta con aria a dir poco interdetta cercando le parole giuste per descriverci.
-Passeggiatrici? Si, Rem.
-Stavo per dire stranamente femminili ma probabilmente è solo questione di punti di vista.- ribatté grattandosi la nuca, imbarazzato.
-Vuoi uomini avete davvero una strana idea di cosa sia femminile.
Li superai e mi gettai di corsa già per le scale sperando di non dover attraversare l’intera casa per raggiungere la passaporta.
Stavo svoltando verso il salotto quando sentii fischiare e mi immobilizzai.
-Non dire niente, Black, o ti infilo la bacchetta in gola.
Lo guardai truce mentre l’uomo osservava il mio abbigliamento sinceramente perplesso.
-Dovresti essere meno brusca per portare abiti del genere.
-Per non portare abiti e basta, vorrai dire.
Si avvicinò piano, con le braccia incrociate ed un sorrisetto malizioso.
-Smettila.
-Di fare cosa, di grazia?
-Di fissarmi le gambe, non è carino.
-Fossero solo quelle.
Notai che il suo sguardo era puntato alle mie spalle e quando mi voltai la voglia di prenderlo a ceffoni aumentò a dismisura: dietro di me c’era uno specchio che ad altezza umana rifletteva la mia intera figura dando bella vista del mio sedere.
-Sei un maiale e..- feci per alzare un pugno contro di lui ma bloccò il mio braccio, fulmineo, mentre il mio viso andava a fuoco.
-E’ colpa tua, non sono abituato a vederti conciata così. Dove stai andando?
La sua espressione era improvvisamente mutata perdendo qualsiasi ilarità o malizia e lasciando il posto ad un piglio decisamente infastidito.
-Ad Hogsmeade a tenere d’occhio il tuo viziatissimo figlioccio che non vuole proprio capire che questo non è anno per festeggiare alcunché.
-E perché ci stai andando praticamente nuda? Sentiamo.
Strattonai il mio braccio dalla sua presa, liberandomi,  e mi mossi qualche passo indietro.
-Dovresti chiederlo a Tonks ma pensandoci credo proprio di poter andare in giro vestita come mi pare!
-Certo, sei vuoi trovarti una massa di ragazzini attaccati alla gonna.
Feci per voltarmi ed andarmene ma uno dei tacchi dei miei stivali si impigliò nel tappeto facendomi perdere l’equilibrio.
Mi preparai all’impatto col pavimento ma stranamente quello non arrivò e sentii due mani calde posarsi su di me.
Sirius mi aveva afferrata al volo e mi resi conto che avrei di gran lunga preferito un bel livido piuttosto che trovarmi in quella assurda posizione, con le sue mani strette sul mio corpo troppo vicino al suo e il suo viso alla distanza di un respiro.
-Dovranno comunque rassegnarsi al fatto che cadi ai miei piedi, immagino.
Aveva recuperato il sorrisetto malizioso di poco prima e mi stava guardando troppo intensamente per i miei gusti. Assurdo cosa una stupida minigonna potesse fare: mostrare qualche centimetro di pelle in più trasformava qualsiasi uomo in un maiale nel tempo di un battito di ciglia.
-Nei tuoi sogni, Black!- mi tirai su allontanandomi velocemente da lui, come scottata.
-Si, a volte.
-Hey, voi due!
La voce di Remus ci raggiunse troppo tardi, il mio calcio aveva appena raggiunto il suo stinco facendolo gemere.



-Andiamo, femme fatale?
-Fossi in te eviterei di sfottere, carina, non sei nella posizione adatta per farlo.-borbottai affiancando Lily per raggiungere la Sala Comune.
-Hey, Lils, chi ti sei portata dietro? Non mi presenti la tua amica?
Sirius, stravaccato su una poltrona mi fissava divertito e qualcosa mi diceva che quella sarebbe stata una lunghissima serata.
-Si è portata dietro una che non te la darà mai, Black, quindi levati quel sorrisetto imbecille dalla faccia.
James si alzò, venendoci incontro. –Ti adoro, Beauxbaton, ti adoro.
Battemmo il cinque, complici, e poi mi avvicinai a Remus, appoggiato al muro accanto al camino, mentre James abbracciava la sua ragazza mormorandole smancerie di ogni sorta che le mie orecchie non erano biologicamente pronte ad ascoltare.
-Wow.
Remus mi fissava, esilarato, con le sopracciglia sollevate in un’espressione dispettosa delle sue.
-Ti ci metti anche tu?
-Non può un amico apprezzare un inaspettato cambiamento come questo?
Stava per scoppiare a ridere, si vedeva lontano chilometri e istintivamente gli pestai un piede, stringendo le labbra , irritata.
-Siete tutti così sorpresi che potrei davvero offendermi.- mi giustificai mentre Lunastorta saltellava su un piede, dolorante.
 
Le vie di Hogsmeade pullulavano di studenti, effettivamente l’abbigliamento mio e di Lily era tra i più discreti e, affiancando Sirius e Remus, dovetti sorbirmi i commenti dei due malandrini sulle forme delle studentesse più giovani conditi con una serie di espliciti apprezzamenti su quanto bene fossero cresciute.
-Black ha una pessima influenza su di te, Rem.- lo rintuzzai mentre attraversavamo l’ingresso di Madama Piediburro. Ai Tre Manici di Scopa non avevamo trovato neanche una mattonella sulla quale poter buttare un passo e dopo aver dato un’occhiata alla chilometrica fila di studenti che ci precedeva avevamo definitivamente rinunciato.
-Non essere gelosa, Carter, sei sempre la mia preferita!- Sirius si avvicinò cingendomi le spalle con un braccio dopo aver finto di stiracchiarsi.
-Giù le mani, Black, o per i M.A.G.O. ti troverai costretto a scrivere con i piedi.
Tra le risate degli altri prendemmo posto ad un tavolo appartato e discreto dove poter scherzare e chiacchierare indisturbati.
-Mi piaci anche di più quando mi minacci, dovresti smetterla.
Alzai gli occhi al cielo sollevando la sua mano, ancora saldamente ancorata alla mia spalla, e scostandola energicamente mentre un sorriso si disegnava inarrestabile sul mio viso smascherando il divertimento che si celava dietro il mio atteggiamento scostante.
-Cosa vi porto, cari?
Lily scosse il capo portandosi la mano alla fronte mentre i Malandrini ed io ci guardavamo negli occhi, con aria cospiratrice.
-Gara di Burrobirra?- chiese James portando le braccia dietro la nuca con fare rilassato.
-Decisamente gara di Burrobirra.

-Hai preso appunti ad Artimanzia, oggi?- chiesi a Remus che mi camminava a fianco, il suo viso era più pallido del solito ma non per questo poteva definirsi sgradevole. Aveva lineamenti molto dolci nonostante le cicatrici dei graffi che si procurava durante la luna piena non facessero mai davvero in tempo a guarire ed aveva lasciato crescere i capelli castani, con ogni probabilità, proprio per coprire i segni.
-Certo, te li passo se vuoi.- si offrì sorridendo cordiale. –Anche se in teoria non te li meriteresti.
Mi bloccai sul posto all’improvviso e si ritrovò solo qualche metro più avanti.
-Che cosa avrei fatto, stavolta, sentiamo!
-Hai passato l’intera lezione a flirtare con Sirius e non hai prestato attenzione neanche ad una parola di ciò che è stato spiegato. –chiarì con ovvietà, scuotendo la testa.
-Cosa?! Sei pazzo! Non si chiama flirtare, quello, hai davvero una strana idea di queste cose, tu!
Rise, guardandomi malizioso. –Ah no? E come lo chiami, rossa?
Aggrottai la fronte ripensando ai battibecchi che avevo avuto, per l’ennesima volta, con Black che, ormai ne ero certa, da ragazzo era ancora più insopportabile di quanto non sarebbe diventato una volta adulto.
-Si chiama rimettere i mocciosi al loro posto.
-Avete la stessa età, non fare la furba!
Non aveva idea di quanto si sbagliasse, il lupastro.
Mentre camminavamo il mio sguardo indugiava sui quadri e sulla gente che dentro sonnecchiava, chiacchierava o dipingeva persino, mentre sotto di me la scale cambiavano continuamente percorso e i fantasmi si aggiravano placidi ovunque, passando attraverso i muri. Quanto mi era mancata, quella scuola, nessuno poteva lontanamente immaginarlo.
Era stata la mia casa, il mio rifugio. Fuori di lì non avevo più nulla, non avevo neanche una casa in cui tornare.
Se non fosse stato per le estati passate dai Tonks o quelle trascorse ai Tre Manici di Scopa lavorando come cameriera non avrei avuto davvero nulla.
Nel frattempo eravamo giunti innanzi al ritratto della Signora Grassa e Remus mi guardò in attesa, incrociando le braccia al petto con un’espressione dispettosa.
-Beh?- chiesi interdetta spostando lo sguardo ripetutamente dal mio amico alla Signora Grassa.
-Su, di’ la parola d’ordine.
La mia espressione colpevole e confusa fu una risposta sufficiente. La cosa più irritante di essere stata smistata a Grifondoro per quella mia seconda permanenza ad Hogwarts era proprio dover ricordare quelle stupide parole d’ordine, una più assurda dell’altra.
-La dimentichi sempre, Jales! Non puoi neanche girare da sola se non la tieni a mente! Schiopodo Sparacoda.
La Signora Grassa che intanto si era goduta la scena dalla sua posizione privilegiata, ci fece passare. –Il ragazzo ha ragione, bambina!
Restai a fissare accigliata il ritratto finchè non sentii Remus afferrarmi il braccio.
-Per la miseria! Ti vuoi muovere?

-Bene, ragazzi oggi voglio che mi prepariate una utilissima Pozione Dimenticante, può creare temporanee ma potentissime amnesie, armatevi di Manuale e buona volontà. Buongiorno, signorina Evans!- il professor Lumacorno non tentava neanche lontanamente di dissimulare l’adorazione che provava nei confronti di Lily, la sua allieva prediletta che in quel momento mi stava rivolgendo uno sguardo mortificato.
Ero arrivata in ritardo a lezione, come sempre, e al posto che di solito mi veniva riservato accanto a Lily trovai quell’opportunista di James Potter che da solo non sarebbe riuscito a preparare neanche una stupidissima Bevanda Balbettante.
-Signorina Carter, puntuale come sempre! Prenda posto accanto al signor Piton, non vorrei correre il rischio che lei facesse esplodere l’aula.
Anche agli esami per diventare Auror Pozioni era stata la materia in cui avevo preso il voto più basso, il minimo sindacale. L’avevo sempre odiata.
Mi accostai in silenzio a Severus Piton che non alzò neanche lo sguardo in segno di saluto, restando chino a fissare gli ingredienti della pozione. Il fatto che avessi stretto amicizia con i Malandrini aveva bloccato sul nascere la nostra conoscenza procurandomi, più che altro, una serie di occhiate torve per la maggior parte del tempo.
Dopo cinque minuti impiegati tagliuzzando stupide erbe e cercando denti di Doxy la mia pozione sembrava una specie di acquerello grigio scolorito e maleodorante, totalmente diverso dal contenuto blu intenso e profumato che del calderone del mio compagno.
-Prova ad aggiungere un altro po’ di quella. – mi suggerì sotto voce facendo cenno col capo verso una delle erbe.
-Uhm.. okay ma tanto è irrecuperabile,  guarda che roba!
Presi a tagliere l’erba che mi aveva indicato ma mi fermò.
-Ferma, ferma, ferma. – scosse la testa sorridendo appena. –Non devi frullarla, Carter. Lascia pezzi più grossi, più o meno fino a metà gambo e buttala nel calderone.
Feci come mi aveva detto e l’intruglio cominciò a tendere più verso il blu che avrebbe dovuto avere sin dall’inizio, anche se certamente non brillante come quello di Severus.
-Hey.. grazie!- esclamai riconoscente, sorridendogli.
-Di nulla, figurati.- si strinse nelle spalle e continuò a mescolare la pozione. –Ti conviene mescolare ancora un po’ in senso antiorario, più o meno altri dieci giri. Allevierà la puzza.
Notai che continuava a lanciare occhiate tristi a Lily, dall’altra parte dell’aula.
-Posso chiederti una cosa?
Mi guardò interdetto, quasi spaventato, ma alla fine annuì.
-Che è successo? Tra te e Lily, intendo.
Evidentemente prese in considerazione l’idea di ignorare la mia domanda perché in un primo momento si girò dal lato opposto, come a voler dimenticare che mi trovavo proprio accanto a lui.
-Niente.
-D’accordo, scusa. Non avrei dovuto impicciarmi, non..
-E’ stata colpa mia.- soffiò improvvisamente, mantenendo lo sguardo basso. –eravamo amici, una volta. Prima che quel decerebrato sbruffone di Potter le mettesse gli occhi addosso.
Capii che non avrei avuto altra risposta se non quell’ammissione e così gli sorrisi, incoraggiante.
-Secondo me le manchi anche tu, per quello che vale. Dovresti parlarle.
-No.
Lo sguardo era diventato duro, freddo. –Non è più tempo per quell’amicizia, ogni cosa ha un inizio e una fine e ormai non abbiamo più niente in comune. E non dobbiamo averlo.
Sembrava pervaso da una sofferenza incredibile, come se quella consapevolezza lo stesse corrodendo dall’interno. Come se ci fosse stato qualcosa di terribile da nascondere, in lui, e involontariamente si portò una mano al braccio.
Sapevo cosa stava stringendo, con quella foga e quella frustrazione. Sapevo come andava a finire.
-Siamo solo noi a decidere, Severus. Nessuno può farlo al posto nostro.


Qualcosa, dopo quella conversazione, aveva spinto Severus Piton a riavvicinarsi a me, fu quasi un trauma scoprire quanti argomenti potesse avere il mio futuro professore di Pozioni, un vero Nerd del nuovo millennio patito di fumetti e film, continuava ad elencarmi intere filmografie di registi per me quasi sconosciuti. Sosteneva che la bravura di un regista si misurasse in base ai suoi Cattivi. Non era facile creare un cattivo come si deve senza cadere nella banalità.
Indubbiamente lui avrebbe seguito uno dei peggiori della storia, il cattivo meno originale ma più sadico che la storia della magia avesse mai visto.
In quei giorni notai un’altra stranezza che non riuscì a lasciarmi indifferente come, probabilmente, avrebbe dovuto.
Peter Minus mi lanciava continuamente sguardi insistenti che mi mettevano i brividi, ogni volta di più.
Cercava di inserirsi in ogni conversazione che i suoi amici avevano con me e inspiegabilmente me lo ritrovavo sempre tra i piedi, che fossi nella Sala Comune o chiusa in Biblioteca non faceva differenza.
-Jales, per caso hai capito le ultime lezioni di Trasfigurazione? Io ho perso il filo della spiegazione e il test di domani sarà sicuramente un disastro.
Mi fissava dall’altra parte del tavolo di una delle postazioni di lettura della Biblioteca. Avevo provato ad ignorarlo concentrandomi sui libri che svolazzavano ogni volta che alzavo gli occhi dal libro ma evidentemente non aveva funzionato.
-Mh, non credo che il mio aiuto ti servirebbe a molto, Remus è molto più bravo di me!- cercai di tirarmi fuori da quella imbarazzante situazione nel modo meno pietoso possibile.
Peter Minus stava a Trasfigurazioni come James Potter stava a Difesa contro le Arti Oscure, che avesse bisogno dell’aiuto di chiunque altro di noi poveri mediocri era assolutamente impensabile. Aveva scelto davvero una pessima tecnica di abbordaggio.
Il suo aspetto anonimo e la consapevolezza di ciò che avrebbe fatto in futuro ovviamente non aiutavano ad accendere il mio interesse.
-Remus non sta molto bene, per ora, non vorrei dargli un ulteriore peso.
Almeno quell’ultima affermazione aveva un fondo di verità. Si avvicinava la luna piena e Remus era di un pallore incredibile, le occhiaie violacee spiccavano evidenti come se gli avessero rifilato un paio di pugni ben assestati. Avrei dovuto essermi ormai abituata a vederlo in quel modo ma probabilmente non sarebbe mai successo.
-Io beh.. potrei..
-Hey, voi due! Sempre col naso sui libri!
Lo sguardo scocciato con il quale Minus lo aveva accolto mentre io invece mi illuminavo alla sua vista come mai (proprio mai) avevo fatto suggerirono a Sirius Black di aver scelto il momento sbagliato per fare la sua unica comparsa dell’anno in Biblioteca.
-Credo di aver interrotto qualcosa, ad occhio e croce, ma ormai la frittata è fatta.- decretò sedendosi scompostamente sulla sedia libera accanto alla mia e posando il braccio, in modo apparentemente casuale, sulla spalliera di quest’ultima.
Non avevo mai visto Minus tanto accigliato e indispettito come in quel momento, ma almeno Sirius mi aveva tolto dall’imbarazzo, avrei dovuto ricordarmi di ringraziarlo e di astenermi da un paio di cattiverie delle centinaia che gli riservavo, futuro incluso.

-Sei stato provvidenziale.- soffiai quando finalmente mi ritrovai sola con Sirius, diretti versi il campo di Quidditch. Pur di scaricare Minus avevo tirato su una storia davvero poco credibile su un presunto libro che dovevo riportare a James all’allenamento di Quidditch e della cui consegna non potevo incaricare Sirius perché era troppo inaffidabile anche solo per trasportare un libro.
-Che poi ce l’hai davvero, il libro?- ghignò con il viso mezzo nascosto sotto i lunghi ciuffi di capelli scuri.
-Certo che no, che domande.
-Quindi non uscirai con lui..
Lo guardai come se avesse appena detto che la McGranitt e Vitius si erano innamorati.
-Deduco di no.- concluse sorridendo sghembo e un po’ più sollevato.
-Che farai a Natale, Carter?
Ovviamente non avrei potuto fare altro che restare ad Hogwarts. Era triste quando frequentavo davvero la scuola e la storia si stava ripetendo, ancora più triste del passato, il mio passato.
-Resterò qui. Dicono che Hogwarts a Natale sia un posto accogliente, dopotutto.
-Non raggiungi la tua famiglia, come mai?
-N-no non.. non lo farò.
Mi guardò serio e dalla sua espressione capii che aveva colto la mia difficoltà e non avrebbe indagato oltre.
-Anche io resterò qui.
-Niente Potter?- pensavo sarebbe stato da James dato che l’anno prima i Potter l’avevano accolto come un secondo figlio quando era andato via di casa.
-I Potter hanno prenotato una vacanza in Francia solo per loro, James andrà a casa dei suoi nonni e non sono esattamente entusiasta all’idea di seguirlo.
Gli rivolsi un’occhiata indagatrice senza dire nulla, in attesa di maggiori informazioni.
-Mi vedono come un delinquente, l’erede di una famiglia di schizzoidi, cresciuto troppo vicino al male per non averlo toccato. E forse hanno anche ragione.
Si era intristito parecchio e mi sentii quasi in colpa per aver approfondito, sorprendendomi a provare una certa empatia nei suoi confronti.
Sfiorai l’assurdo quando una parte di me mi indusse a posare la mano sulla sua spalla.
-Non è così, Black.
Si voltò e mi sorrise, sorpreso quanto me.
-Sei troppo idiota anche per quello.
La mia parte irriverente era tornata a prevalere e dopo aver infranto la seria atmosfera che si era venuta a creare corsi veloce verso il campo, con il cagnaccio alle calcagna.

Mi aspettavano più di due settimane da trascorrere in compagnia di Black e la cosa mi turbava in modo considerevole: l'incalzante ritmo delle lezioni, la costante della vita in comitiva e lo studio mi avevano più volte salvata da domande alle quali non avrei potuto rispondere ma da quel momento in poi sarebbe stato un po' come affrontare il boss di fine livello nei videogiochi Babbani, ovvero difficile ed angosciante.
Lily mi promise di scrivermi e rinnovò l'invito a seguirla per le feste che io naturalmente rifiutai, meno rapporti stringevo meno conseguenze del mio soggiorno ci sarebbero state e la mia amicizia con loro era già un inconveniente non trascurabile.
-Sii paziente, Jales. Vorremmo avere ancora quell'idiota del nostro migliore amico quando torneremo.
Remus aveva pronunciato quelle parole con un sorriso tanto malizioso da rischiare di guadagnarsi una fattura semi-permanente sul cui grado di cattiveria avrei riflettuto durante quelle che faticavo a considerare vacanze.
Silente mi fece convocare nel suo studio proprio l’ultimo giorno di lezioni e, salutati i miei amici e liquidato il mio tormento peloso, mi recai dal preside, felice di ricordare almeno quella parola d'ordine.
-Cioccorane.
Il gargoyle restò esattamente nella stessa posizione senza accennare neanche un minuscolo movimento.
-Cioccorane.- ripetei con più convinzione innervosendomi sempre di più.-ARGH.
Cominciai a premere le mani sul volto di pietra del gargoyle come a volergli cavare gli occhi.
-Stupido monolite senza cervello, fammi entrare o, parola mia, ti butto giù io!
Ero sola in tutto il corridoio e non avevo intenzione di ripercorrere tutte quelle interminabili scale solo perché Silente come i suoi prediletti Grifondoro aveva quella incomprensibile mania delle parole d'ordine.
-Signorina Carter, qualcosa non va?- la voce del preside mi raggiunse nel momento esatto in cui le mie nocche collidevano violentemente con il naso del gargoyle.
-AHIA. MERLINO GIG.. oh, ehm.. Professor Silente, potrebbe ricordarmi la parola d'ordine?- chiesi dandomi un contegno e cercando di dissociare la mia mente dal dolore lancinante alla mano. Dopotutto un Auror era giornalmente esposto a traumi ben peggiori, mi dissi mentre nella mia testa si disegnavano costellazioni e civette orbitanti.
-Pallottola Puzzola.- esclamò rivolto alla statua cercando di trattenere un sorriso. Avesse saputo quanto mi stavo divertendo io avrebbe avuto ben poco da sorridere.
-Volevo solo informarti che ho consegnato la giratempo a dei maghi esperti nel campo degli utensili cronomodificanti, ogni mio tentativo si è dimostrato vano come quello di ciascun componente del corpo insegnanti.
Non credevo di aver mai visto Silente davvero preoccupato prima di quel momento e questo mi allarmò, facendomi almeno dimenticare delle fitte alla mano.
-Ma professor Silente, io devo tornare indietro! Insomma.. rischio di creare spaccature nel sistema spaziotemporale, non dovrei essere qui!
-Comprendo la tua angoscia ma non c'è altro modo.
-Potrebbe procurarmi un’altra giratempo, sono rari ma non credo che..
-Solo la giratempo che ti ha condotta fin qui può riportarti indietro.
Mi abbandonai contro una parete, abbassando la testa, sconfitta.
-Cose terribili stanno accadendo nel tempo dal quale provengo, professore. L'ultima cosa che serve al mondo intero è che io le peggiori.
Sentii il fruscio della lunga veste e poi la sua mano posarsi gentilmente sulla mia spalla.
-Vedrai che andrà tutto bene, o per lo meno andrà come deve. Tu devi solo continuare a comportarti come stai facendo.
-A mentire, insomma.
-No, cara.. Ad agire saggiamente nell'unico modo possibile.
Strinsi gli occhi, esasperata e feci per congedarmi.
-Ti consiglio di andare in infermeria, adesso, ad ogni modo. Il sinistro crack prodotto pocanzi dalle tue dita sembra richiedere il sapiente intervento di Madama Chips. 

*

Buongiorno a tutti, HarryPotteriani! So che le note di fine capitolo sono ormai roba vecchio stampo e quindi non mi dilungherò, volevo solo chiedere un favore a chi segue questa storia, sono troppo curiosa: come immaginate JALES? Il volto di quale attrice, modella, cantante o personaggio le attribuite? Io ho una mia idea, ovviamente, ma mi piacerebbe conoscere le vostre! Ne approfitto ovviamente per rinnovare il mio ringraziamento alla straordinaria JeyCholties per l'immagine della storia e per mandarle un enorme bacio. ;)

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


time after time 4

Time after time

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4-We are walking on a thin line
No you better stay away from this
So shut you mug and read my lips
we're just kids

 

Il cenone di Natale (il secondo in quelli che per me erano stati poco più di due mesi) fu il più eccezionale che il mio stomaco avesse mai digerito e la compagnia di Sirius Black si rivelò meno scocciante del previsto.
Mangiammo in Sala Grande al tavolo con i pochi compagni che erano rimasti come noi a scuola, senza distinzione tra le case di appartenenza, e con i professori che vestiti di rosso tracannavano Burrobirra come adolescenti.
Una allegra melodia risuonava nell’aria e il cielo era stellato e sereno, sopra di noi, mentre comete dalla lunga coda sfrecciavano da un lato all’altro troppo frequentemente per essere vere.
I gufi continuavano a portare lettere e pacchetti ed io ricevetti un braccialetto di pelle intrecciata da Lily insieme ad un biglietto che mi fece sorridere.

“Tu sei una dura, perline e ciondoli sarebbero stati decisamente poco adatti.. buon Natale, Jay! PS: Cerca di non usarlo per strozzare Sirius ;) PPS: è già rossa, cosa mi sarò dimenticata?”

Io le avevo comprato una Ricordella che mi aveva detto di desiderare sin dal primo anno, affascinata dalla sua funzione, e le avevo infilato il pacco nel baule poco prima che partisse.
Sirius, che si era rigirato tra le mani il bellissimo giubbotto di pelle che aveva ricevuto dai Potter per almeno mezzora, non appena mi vide sbadigliare scattò come una molla.
-Non pensarci neanche, Carter! Mica abbiamo finito di festeggiare!
-Che vuoi dire? Io ho un sonno tremendo e..
-Non se ne parla! Vieni, andiamo al Dormitorio!
Mentre mi trascinava per una manica fuori dalla Sala Grande la mia mente cominciò ad arrovellarsi riguardo il possibile senso delle sue parole e ogni ipotesi mi terrorizzava più della precedente.
-Black a Natale sono tutti più buoni tranne me, neanche lo spirito natalizio mi convincerà a dartela!
Rise con quella sua risata bassa e sensuale che avrei odiato in ogni epoca e in ogni caso e poi mi fece l’occhiolino.
-Fermo restando che prima o poi mi implorerai in ginocchio, sappi che non è questo che ho in mente stasera!
Lo seguii fino alla Sala Comune e poi al Dormitorio maschile lamentandomi della cena che saltellava nel mio stomaco come la pallina dei flipper con i quali giocavo da bambina e quando arrivammo mi accomodai a gambe incrociate sul suo letto.
-Allora? Che hai architettato di tanto epico?
I suoi compagni di stanza erano tutti a casa per le vacanze ma stranamente il fatto di essere sola con lui in una enorme stanza piena di letti non mi turbò più di tanto. Cominciavo ad affezionarmi a quello sbruffone.
-Aspetta e vedrai!- esclamò prima di scomparire oltre il letto per frugarvi sotto.
Inclinai la testa di lato cercando di scorgerlo e di capire cosa stesse combinando quando lo vidi rialzarsi con quattro bottiglie di alcolici, due per mano.
-Ta dan! Rum Babbano inviatomi dall’unico parente degno di essere definito tale, mio zio, e Whisky Incendiario invecchiato nella migliore cantina di tutta Hogsmeade. – decretò trionfante incantando dei bicchierini che cominciarono a fluttuare in mezzo a noi mentre lui li riempiva.
Non riuscii a trattenere una risata allegra e decisi di deporre l’ascia di guerra e godermi quel ben di dio alcolico insieme alla mia nemesi.


-E poi io gli ho urlato: “Hey, testa di gallina! Sai che devi farci con quella mazza?”
Dopo cinque whisky incendiari e numerosi bicchierini di rum Sirius stava barcollante davanti a me, intento a mimarmi il suo scontro estivo con un troll delle paludi.
-Almeno avrai capito la gravità del prendere una T!- rilanciai, altrettanto brilla.
Mi si fece vicino, chinandosi di fronte a me che stavo ancora seduta sul letto. Sicuramente colpa dell’alcol se i suoi occhi mi sembrarono più belli del solito, grigi come le nuvole poco prima dell’alba, un grigio tutt’altro che triste o anonimo. Quegli occhi mi fissavano attenti, come sempre, e la tentazione di passare le dita tra i suoi capelli scuri e spettinati stava diventando quasi incontrollabile, motivo per cui gli fui immensamente grata quando finalmente parlò.
-Carter, vieni con me!
Si alzò e mi tese la mano.
-Dove andiamo?!
Sorrise, quasi lucido, per un attimo.
-Ti porto nel mio posto preferito, ma deve rimanere un segreto. Chiaro?
La serietà con la quale pronunciò quelle parole mi indusse ad annuire, solenne, e ad afferrare la mano che mi tendeva. –Su, fai strada! Anche se non credo riuscirai ad andar dritto per più di mezzo metro!
Ridemmo di nuovo, inebriati dall’alcol e dalla spensieratezza del momento mentre correvamo per i corridoi semi-deserti, fingendoci seri ogni volta che incrociavamo un gruppetto di studenti che puntualmente ci squadrava con disappunto. Da quando i Corvonero erano così bacchettoni?
Arrivati davanti alla statua della Strega Orba Sirius si guardò intorno e, non avrei saputo dire neanche come, pochi istanti dopo stavo di nuovo correndo lungo un corridoio umido ed angusto.
-Tu sei pazzo, Black.
-Si, Carter. Credo proprio di essere impazzito.- sorrise di rimando scuotendo la testa senza fermarsi.
Sbucammo nelle cantine di Mielandia, inaspettatamente aperto anche la notte di Natale. Dovevano aver organizzato una piccola festa a giudicare dal vociare della gente al piano di sopra.
Non capii molto di quello che facemmo dopo, i movimenti resi troppo fluidi e veloci dall’alcol, ci confondemmo tra la folla e ci ritrovammo avvolti dalla neve lungo la via principale di Hogsmeade.
Corremmo per non congelare e non mi curai neanche di chiedergli dove fossimo diretti, finchè non attraversammo una porta fatiscente, in un angolo di Hogsmeade che avrebbe messo i brividi a chiunque.
-Dove siamo?- chiesi quando arrivammo in una stanza impolverata e che avrei di certo considerato abbandonata se non fosse stato per i tappeti antichi e dall’aria pregiata che coprivano l’ottanta per cento del parquet impolverato.
-Benvenuta alla Stamberga Strillante, ragazza!
Mi guardai intorno, esterrefatta.
L’avevo sempre e solo vista dall’esterno, suggestionata dalla leggenda delle urla che si diceva provenissero da lì e che anni dopo avrei scoperto essere solo la manifestazione della sofferenza di Remus durante ogni luna piena.
In un barlume di lucidità mi chiesi cosa diavolo avesse potuto spingere Sirius a portarmi nel loro nascondiglio segreto. Avrei potuto fare la spia o metterli nei guai. Si fidava di me a tal punto?
-Vieni.
Mi sedetti accanto a lui, sul tappeto rosso e nero, finemente cucito e rifinito.
-Ho portato via una o due cosette quando sono andato via da quella casa infernale, dopotutto erano anche mie.- mi spiegò vedendomi percorrere con le dita la fantasia del tappeto.
Alzai lo sguardo su di lui, seria e curiosa.
-Com’è che hai deciso di andartene? Così, all’improvviso?
Inspirò forte e strinse le labbra, evidentemente teso.
-Scusami, non vorrai parlarne.. è giusto. Non preoc..
-E’ successo l’ultimo giorno delle vacanze di Natale, l’anno scorso.
Il suo sguardo era puntato verso la parete malconcia di fronte a noi ma era come se fosse altrove, perso in ricordi dolorosi che potevo quasi vedere riflessi nelle iridi nuvolose.
-Mia madre continuava a guardarmi con sdegno, ero una vergogna per loro. Un Grifondoro, simpatizzante dei Nati Babbani, per giunta.- sorrise amaro, gli occhi ridotti a due fessure. –Mio fratello Regulus era stato smistato a Serpeverde giusto qualche mese prima e lei  era così fiera. Diventerai un grande mago, gli disse quel giorno, hai tutte le carte in regola per onorare la nostra famiglia, potresti persino catturare l’attenzione del Nostro Signore. Non ci vidi più, credimi. Fu troppo. Gli urlai che erano degli stolti, che era assurdo che non vedessero quanto fosse folle quel mago e quanto l’intero mondo magico rischiasse, con lui.
La voce gli tremava per via di troppe emozioni che lottavano nel suo petto, confondendolo.
-Mi dissero che non ero abbastanza, che neanche una parola sarebbe dovuta uscire dalla mia bocca se non per ringraziarli di aver tenuto in casa loro un figlio indegno come me. Così tolsi il disturbo e giurai che non avrei mai più rimesso piede in quella casa, a costo di vivere per strada.
Terminò il racconto tutto d’un fiato, stringendo i pugni, posati per terra.
La mia mano corse a raggiungere la sua e la strinsi finché non lo sentii rilassarsi sotto le mie dita.
-Sei migliore di tutto questo, Sirius. Sei migliore di loro.
Mi guardò e piano piano i suoi occhi che avevano viaggiato fino a quel giorno tornarono limpidi e coscienti mentre indugiavano sul mio viso, ancora un po’ lucidi per l’alcol.
-E per te? Sarò mai abbastanza?
Restai spiazzata da quelle parole dette d’impulso, dirette come proiettili, ma alla fine sorrisi e con una mano gli spettinai ancora di più i capelli scuri.
-Si vede che non sei abituato al Rum babbano, Black. Non essere sdolcinato, adesso.
Mi alzai e lo trascinai su con me. –Torniamo indietro?

Quella corsa lo distrasse dai suoi pensieri e tornò allegro e brillo come era stato durante il viaggio di andata. Ci spintonavamo come due bambini, correndo lontano dalla Strega Orba per non rischiare che l’attenzione di Gazza cadesse sul passaggio segreto e decidessero di chiudere anche quello.
Improvvisamente mi strattonò e mi appiattii contro il muro, con la sua mano premuta sulla bocca.
-Che diavolo..
-SH.
-Chi è là?!- disse il Guardiano un corridoio più avanti di quello in cui ci trovavamo noi. Sgranai gli occhi, allarmata.
Dovevo mettermi nei guai anche il mio secondo ultimo anno? Avevo già fatto abbastanza danni quando era stato il mio turno: Tonks ed io eravamo le più temute combinaguai della scuola, ci divertivamo un mondo e finivamo sempre per essere accusate anche di disastri che non avevamo provocato. Per nostra fortuna Vitious e la Sprite erano molto affezionati a noi e le punizioni che erano costretti ad affibbiarci non erano mai così terribili.
Lo vidi sorridere, malefico. -Guarda e impara!
Tirò fuori dalla tasca una Caccabomba minuscola e vi puntò contro la bacchetta facendola tornare alle sue dimensioni usuali. –Dopotutto Incantesimi a qualcosa serve.- disse stringendosi nelle spalle.
-Resta qui.
Corse silenzioso fino all’imbocco del corridoio che Gazza stava ispezionando e lanciò la Caccabomba verso il lato opposto al nostro.
-Via!- soffiò raggiungendomi e spingendomi a correre mentre sentivamo il Magonò inveire a gran voce contro ogni singolo studente, a cominciare proprio dai Malandrini.
Scaricammo l’adrenalina correndo a perdifiato fino al settimo piano e ridemmo cercando di immaginare la faccia di Gazza ancora alle prese con il suo piccolo scherzetto.
-Frena, scheggia. Sto per stramazzare a terra.- mi pregò, col fiatone, posandosi le mani sulle ginocchia, proprio davanti all’ingresso del corridoio del settimo piano.
-Sei un rammollito!- lo presi in giro saltellandogli in torno, sveglia come non mai e per niente affaticata.
Gli allenamenti al ministero erano durissimi, prove di velocità e prove di resistenza erano all’ordine del giorno. –Che c’è?
Mi stava guardando malizioso, riprendendo il piglio presuntuoso di sempre e posando una mano sul muro accanto al mio visto, bloccandomi. Il suo petto si alzava e si abbassava sotto i miei occhi mentre alzavo lo sguardo per incrociare i suoi che mi fissavano, ostinati.
-Guarda su.
Alzai lo sguardo e il mio stomaco fece un salto quando vidi il vischio appeso proprio al centro dell’arco.
-Non penserai che..
Non potei completare la frase che le sue labbra si posarono sulle mie. Mi baciò dolcemente il labbro inferiore e accarezzò il mio naso con il suo, senza smettere di sorridere.
Ero senza fiato, spezzata in due dal desiderio di baciarlo a mia volta e dalla consapevolezza che non solo si trattava del mago più odioso della storia, ma era anche la cosa più sbagliata che potesse mai accadere in quel momento.
Si allontanò di poco e seppi di non essere forte come pensavo, nessuna prova di resistenza mi aveva preparato a quell’evenienza così afferrai il suo viso tra le mie mani, sentendo la barba perfettamente rasata sotto i polpastrelli, e lui catturò di nuovo le mie labbra soddisfatto e stupito.
Fu un bacio più urgente, entrambi stavamo scaricando l’attrazione che avevamo represso troppo a lungo e con la quale io, silenziosa, lottavo dal momento in cui l’avevo conosciuto, adulto e altrettanto attraente.
Le sue mani mi stringevano i fianchi, proprio sotto la maglietta e con le labbra aveva cominciato a lambirmi il collo quando improvvisamente lo sentii fermarsi, posando per un attimo il capo sulla mia spalla e le mani contro il muro dietro di me.
-Abbiamo corso abbastanza rischi, per oggi. – dichiarò, con gli occhi liquidi di desiderio insistentemente inchiodati alle mie labbra rosse dei suoi baci.
-Tutta colpa del Whisky Incendiario.

Il giorno dopo e quello dopo ancora mi premurai di evitare accuratamente qualsiasi contatto anche solo visivo con Sirius.
Avevo riflettuto tanto su quello che era successo e mi ero resa conto si essere stata una sprovveduta. Cose di quel tipo non dovevano capitare, non a me e non a lui, non in quell’epoca.
Stavo modificando l’ordine degli eventi e questo era male, era malissimo.
Uscivo dalla Sala Comune la mattina presto e poi passavo la giornata ciondolando tra la biblioteca e il parco, cercando di passare inosservata e di non combinare altri guai.
Ogni tanto mi fermavo ad osservarlo da lontano mentre si guardava intorno, abbattuto e evidentemente molto innervosito dalla situazione.
Mi aggregai ad un paio di Corvonero che avevo conosciuto in biblioteca qualche settimana prima e cominciai a sedermi con loro per mangiare e studiare, ignorando per quanto mi era possibile Sirius che era già abbastanza presente nella mia testa senza esserlo anche fisicamente.
Continuavo a pensare alle sue labbra, a quelle sensazioni strane e contraddittorie che avevo provato mentre le sue mani mi accarezzavano e ogni volta sentivo il sangue affluire alla testa e le mie guance imporporarsi.
Mi sentivo una stupida ragazzina alle prese con la prima cotta o peggio in lotta con gli ormoni mentre, per le mutande della Strega Orba, avevo ormai superato quella fase da un pezzo!
Colpa dell’atmosfera della scuola, mi giustificavo, i banchi e le scuffie erano un binomio inscindibile, dopotutto.
Senza accorgermene era arrivato il giorno di Capodanno e la mia voglia di festeggiare il nuovo anno era pari al grado di tenerezza di un Molliccio; non scesi neanche in Sala Grande per il cenone. A cosa avrei dovuto brindare? Ad un tempo non mio che stavo sprecando? O alla mia totale incapacità di dimostrarmi ragionevole e responsabile?
Continuavo a guardare il soffitto credendo di vedere ombre inesistenti quando la schiena cominciò a farmi male e mi convinsi che forse era il caso di muovermi un po’ se non volevo essere inglobata dal letto; mi diressi alla Sala Comune, dopotutto i pochi studenti rimasti, Sirius incluso, erano impegnati a festeggiare il nuovo anno e le probabilità di imbattermici erano prossime allo zero.
Sentivo il caminetto schioppettate ancor prima di svoltare l’angolo e quel che vidi mi fece pentire di averlo fatto. Pessima mossa e pessimo calcolo delle probabilità, brava Jales.
-Oh, ma tu guarda! Quali fortuiti incontri si fanno, alle volte.
Sirius stava con la schiena poggiata al muro accanto al camino, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo più cattivo che avessi mai visto.
Sentivo di dover dire qualcosa ma nessuna buona risposta giunse sensata alla mia lingua che sembrava bloccata così feci per voltarmi ed andarmene.
-Si, ti prego, scappa di nuovo e continua ad evitarmi. Codarda.
Mi bloccai, sentendo quella parola tanto ingiusta e maligna quanto il tono di voce con il quale l’aveva letteralmente sputata.
Ero stata sprovveduta ma di certo non codarda, non sapeva quel che diceva e a chi lo diceva, quello stupido moccioso arrogante.
-Che cosa vuoi, Black?
-Cosa voglio?!- si spinse con una spalla e poi con l’altra, staccandosi dal muro, senza districare le braccia dal petto e mi si avvicinò, lento. -Bella domanda! Vorrei sapere perché mi eviti come la peste, ad esempio! E’ stato un bacio, Carter. Non avevo di certo intenzione di chiederti di sposarmi, sai.
Strabuzzai gli occhi e poi li rivolsi al cielo, esasperata, lasciandomi andare ad una risata nervosa.
-Lo so cosa è stato.
-E allora? Che ti è preso?- spalancò le braccia, in attesa di una risposta che non arrivò. –Pensavi che avrei voluto di più? Cioè, intendo..
Ragazzini che si pongono problemi da ragazzini. Un classico. Era davvero assurdo che stessi sostenendo quella conversazione, che la stessi sostenendo con lui e che fossi a chilometri e decenni lontana dal posto in cui avrei dovuto essere.
-Credi di sapere tutto, tu, eh?- mi avvicinai andandogli incontro e fronteggiandolo, aggressiva.-Non sai niente di me, Black. Ci sono cose più importanti di uno stupido bacio e..
-Uno stupido bacio. Già.- lo vidi lanciare un’occhiata al grande orologio da muro e poi guardarmi, gli occhi stretti e pungenti come lame. -Buon anno, Carter.
Mi passò accanto come se improvvisamente fossi diventata trasparente e scomparve su per le scale del Dormitorio maschile.

*

Il capitolo è leggermente più corto dei precedenti ma è abbastanza.. denso, credo. Colgo l'occasione per indicarvi le canzoni che ho inserito all'inizio dei capitoli fino ad ora pubblicati perchè penso che siano molto importanti per capire le sensazioni che ogni capitolo mira a trasmettere o per lo meno le mie sensazioni nel momento della stesura e diventeranno davvero fondamentali andando avanti nella storia dato che è stata proprio una canzone a darmi l'idea per la trama.

1-Everything about you - Ugly kid joe

2-Fifteen - Taylor Swift

3-Nobody's wife - Anouk

4-Kiss the dawn - Guano apes

Il titolo, invece, è ovviamente preso in prestito dalla bellissima Time after Time di Cyndi Lauper.

Un ringraziamento speciale va ancora a JeyCholties e a Letstarthekilling, la mia eterna prima lettrice, un po' beta e un po' fonte di ispirazione con le sue trovate e i suoi consigli geniali. Credo di aver concluso il mio monologo inutile e posso anche salutarvi, alla prossima! A.

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


time after time 5

Time after time

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5-Hey Jack, it's a fact they're talkin' in town,
I turn my back and you're messin' around!
I'm not really jealous, don't like lookin' like a clown.
I think of you every night and day,
You took my heart then you took my pride away!
 

-Terra chiama Jales, hey! Che diavolo ti è preso?
Non avevo davvero idea di cosa mi fosse preso ma di certo non potevo spiegarlo a Remus che mi stava seduto di fronte fissandomi con aria interrogativa mentre il mio sguardo seguiva i passi di Sirius e della ossigenata che gli camminava accanto, concentrandosi sul braccio di lui che le circondava le spalle.
-Scusami, ero distratta. Dicevi?
-Me n’ero accorto.- si voltò verso il punto dal quale proveniva l’oggetto della mia distrazione e sbuffò, spazientito, per poi guardarmi con aria di rimprovero.
-Che ti aspettavi? Non ha voluto dirci niente ma a giudicare dal suo umore devi avergliene combinata una veramente grossa!
-Cosa? Io non..
-Oh, piantala! Vorresti farmi credere che non c’entri niente?
Il suo sguardo scettico scoraggiò ogni mia possibile replica, così, ormai smascherata, riconcentrai l’attenzione sulla coppia che si aggirava per il parco chiacchierando. Lei sembrava davvero divertita da chissà quale esilarante battuta fosse uscita dalla bocca di quella sottospecie di canide che evidentemente doveva soffrire di una preoccupante patologia che prevedeva la perdita di memoria a breve termine. Brevissimo.
Fino alla settimana prima non solo mi baciava, ma aveva anche il barbaro coraggio di colpevolizzarmi per la mia reazione, lo ammetto, non esattamente ortodossa e improvvisamente sembrava interessatissimo a quella banalissima bionda dall’aria neanche troppo intelligente.
-Chi è lei?- chiesi posando la testa sul palmo della mano e mettendo su un broncio rassegnato.
-Megan Kroeg, Tassarosso, quarto anno. Gli va dietro da quando è arrivata ad Hogwarts e Sirius non era mai stato neanche lontanamente interessato a lei. Fino ad ora.
Era un dispetto, quindi. Uno stupido dispetto di uno stupido adolescente vittima dei suoi stupidissimi ormoni. –Beh evidentemente ha cambiato idea, spero che vadano d’accordo e di non doverlo mai vedere impegnato a metterle lo smalto.
Mi alzai di scatto e cercai di scrollarmi dalla gonna della divisa la terra e l’erba che si erano ormai sedimentate dopo un’ora trascorsa seduta a pochi metri dalla riva del lago.
-Stavamo cercando di ripetere Storia della Magia, Jay, che cosa stai facendo?- mi ammonì un contrariato Remus guardandomi dal basso con evidente disappunto.
-Sono sicura che arriverò a fine giornata ugualmente. E poi so già come va a finire la guerra dei goblin, ci sarà un motivo per cui sono così pochi, adesso.
Gli soffiai un bacio con fare ruffiano e mi diressi a grandi passi verso il castello, cercando di non guardare più i due piccioncini. Non avrei saputo a quale dentista rivolgermi, in quell’epoca.

Quelle scale che tanto mi erano mancate stavano di nuovo cominciando a stufarmi con il loro continuo cambiamento di percorso, non potevo davvero impiegare mezzora per raggiungere la Sala Comune, era davvero assurdo.
-Sei pazzo? Non puoi disobbedire agli ordini.
La voce di Evan Rosier, uno dei peggiori Serpeverde che avessi mai avuto la sfortuna di incrociare sul mio cammino, risuonava aggressiva dal corridoio del sesto piano.
-Taci, imbecille. Se urli così tanto vale mostrare il marchio.
Era Severus Piton il suo interlocutore. Mi chiesi cosa diavolo stessero architettando e mi ricordai del modo in cui Piton si era stretto il braccio, qualche settimana prima a Pozioni.
Erano già diventati Mangiamorte e niente di buono poteva nascere da qualunque fosse l’oggetto del loro confabulare.
-Devi stilare quella cazzo di lista per il Signore Oscuro. Non si fiderà mai di te se ti tiri indietro al primo incarico. E poi mi spieghi che diavolo te ne frega di quei luridi sanguesporco?
Mi sporsi leggermente oltre la grande anfora dietro la quale mi ero nascosta, sembrava proprio che origliare fosse diventata la mia specialità da Auror, avrei dovuto avvertire i miei superiori e ottenere una promozione quando fossi tornata al mio tempo. Se mai l’avessi fatto.
Piton scagliò un pugno contro il muro, furente.
-Non sono affari tuoi, Rosier.
-E’ per quella rossa, vero? Ancora? Sarà la prima che scriverò quando sarò io ad adempiere ai tuoi..
Stavolta il pugno colpì dritto dritto la faccia del ragazzo che non potè terminare la frase e forse fu meglio così altrimenti probabilmente si sarebbe guadagnato qualcosa di ben peggiore di un gancio destro.
Vidi Piton allontanarsi e veloce come un furetto scattai un paio di rampe di scale più su continuando fino al ritratto della Signora Grassa. L’avevo scampata di nuovo.

Il giorno successivo era già sabato e avevamo il permesso di recarci ad Hogsmade per svagarci come ogni studente che si rispettasse aveva bisogno di fare, così, armata di sciarpa Grifondoro e guanti di lana mi aggregai ai Malandrini e a Lily per la gita.
Mi sentivo nervosa e inquieta, le parole dei due Serpeverde continuavano a vorticarmi nella testa come trottole impazzite mentre cercavo di ricollegarle a qualche evento in particolare risalente a vent’anni prima di cui di certo avrei dovuto avere notizia, in quanto Auror. Sirius non ci aveva onorati della sua compagnia come invece era solito fare e nonostante Peter Minus per questa ragione sembrasse più alto, cresciuto in felicità ed autostima, io non potevo fare a meno di sentirmi in colpa e anche un po’ arrabbiata. Molto infantile da parte sua scaricare sull’intera comitiva i problemi che aveva con me.
Quando arrivammo a destinazione la prima tappa fu come sempre Mielandia dove Remus si riempì le tasche di cioccorane e di altro cioccolato di ogni forma e dimensione mentre Lily e James cominciavano ad adocchiare i dolciumi che avrebbero voluto in regalo per San Valentino.
-Mancano due mesi, piccioncini, smettetela di tubare.- mi guardarono con aria di superiorità e Lily mi lanciò l’involucro di una caramella che aveva già comprato e scartato.
-Dici così solo perché non sei innamorata, vedrai!
James mi lanciò un’occhiata truce. –E sei anche un po’ stronza.
Si riferiva di certo a quello che era successo con Sirius, erano come fratelli e sapevo perfettamente che almeno a lui doveva averlo detto. Era solo questione di tempo prima che Potter senior lo desse a vedere, come infatti aveva appena confermato.
Non risposi e guardai Remus, in cerca di un supporto che non arrivò dato che anche lui scosse la testa, supportando l’amico.
-Siete tutti contro di me, ho capito.
-Io no, se può esserti utile. – azzardò Peter che era stato accanto a me per tutto il tempo.-Tieni!
Mi porse uno strano biscotto rivestito di pasta di zucchero azzurra sul cui involucro brillava una imbarazzante scritta rosa. “Date cookie”
-Cosa..?- lo guardai confusa, con lo strano dolciume posato sul palmo della mano aperta.
Sorrise, cercando di sembrare affascinante ma risultando solo un po’ grottesco. –Devi morderlo! Se dentro è verde devi accettare di uscire con chi te l’ha regalato. E’ semplice.”
A parer mio avrebbe voluto solo dire che era in negozio da troppo tempo e aveva fatto la muffa ma mi sembrò eccessivamente indelicato da dire così, sotto pressione per lo sguardo insistente del ragazzo che viaggiava da me al biscotto senza tregua, lo scartai e lo avvicinai alla bocca.
Lily mi guardava con la fronte aggrottata e l’aria di una che stava per sentirsi male per lo sforzo di trattenere le risate.
-Vado, allora.
Strinsi gli occhi e lo morsi per poi voltarlo verso gli altri e aprire gli occhi.
-Aoraichecooreè?- chiesi con la bocca piena di pasta troppo dolce.
Lo sguardo deluso di Minus e la faccia di Lily furono una risposta sufficiente. Avevo proprio un culo sfacciato.

Mentre camminavamo verso i Tre Manici di Scopa cercai di consolare Peter dicendogli che in fondo uscivamo continuamente insieme, tutti insieme, ma questo sembrò deprimerlo ancora di più e si chiuse in un dignitoso silenzio.
Prendemmo posto nel primo tavolo libero, non lontano dal bancone, intenzionati a risparmiare a Madama Rosmerta viaggi troppo lunghi per via della nostra usuale gara a chi tracannava più Burrobirra e alla quale Lily non partecipava praticamente mai.
Dovetti trattenermi dal salutare Rosmerta che per me significava davvero tanto ma che a quel tempo ancora non poteva conoscermi.
Quando Silente mi aveva accompagnata lì, ancora adolescente, a chiedere di essere assunta per l’estate, si era dimostrata fin da subito affettuosa e materna e mi aveva accolta a braccia aperte nonostante fossi evidentemente troppo piccola per avere esperienza.
-Hey, ragazzi. Quello non è Sirius?
Minus aveva sciolto il suo voto al silenzio e come sempre aveva parlato a sproposito, indicandoci un angolo del locale, non troppo distante da noi, in cui Sirius e Megan Kroeg sembravano intenzionati a divorarsi la faccia l’un l’altro.
Il sangue affluì al cervello troppo velocemente e se fossi stata un cartone animato probabilmente avrei inspiegabilmente cominciato a mandare nuvolette di fumo dalle orecchie.
Non potevo essere gelosa per tutta una serie di sensatissimi motivi: numero uno, ero stata io a rifiutare quello che nonostante la mescolanza di facce e denti avevo riconosciuto essere il mio chiodo fisso delle ultime settimane, numero due quella era una ragazzina ed io nonostante dichiarassi diciassette anni ero ormai una donna e, dulcis in fundo, numero tre della mia isterica lista mentale lui era un emerito imbecille evidentemente incapace di accettare con maturità un rifiuto e lei una povera sciocca cui la tinta doveva aver fritto il cervello con la gentile collaborazione delle favole che la mamma continuava a raccontarle prima di metterla a dormire.
-Felpato!- lo chiamò James dopo avermi rivolto un’occhiata di sfida e aver cominciato a sventolare la mano in direzione dell’amico.
Sembrò stupito, per un attimo, ma immediatamente lo stupore lasciò il passo all’immensa soddisfazione di vedermi in prima fila al suo patetico spettacolino porno-adolescenziale.
Si avvicinò ed io desiderai come mai di affatturare almeno tre delle persone che respiravano l’aria di quei cinque metri quadri attorno al nostro tavolo.
-Hey, ragazzi!- rispose quello ai saluti dei nostri amici, senza degnarmi di uno sguardo.-Conoscete già Megan?
-Ciao!
Okay, ci mancava solo la vocina imbecille da bambina della scuola primaria.
-Venite, prendete un paio di sedie e unitevi a noi!- li invitò James e potei avvertire chiaramente con quale animo dispettoso lo avesse fatto.
Si sedettero con noi e grazie al cielo l’ochetta non parlò poi molto, limitandosi a guardare ed ascoltare adorante il suo principe azzurro che con il braccio saldamente ancorato alle sue spalle, come sempre, chiacchierava con gli altri, me esclusa.
Decisi che se proprio voleva giocare non si meritava la soddisfazione di vedermi arrabbiata, così indossai uno dei miei migliori sorrisi e mi stiracchiai.
-Non bevevo così tanto da, quanto? Oh, già! Da Natale! Ricordi che botta, Black?
Mi rivolsi a lui come fossimo due amiconi e gli avrei anche affibbiato un simpatico e maschilissimo pugno sulla spalla se fosse stato più vicino.
Notai che la biondina aveva teso le orecchie. –A Natale?
Sirius si grattò la nuca, indeciso su come reagire.
-Ehm, si.
-Che notte! Anche se non sono proprio sicura di ricordarla tutta.. forse ho proprio esagerato con il rum, dovresti rinfrescarmi la memoria! Oh, guarda chi c’è! Scusatemi, ragazzi, vado a salutare degli amici!
Con nonchalance mi alzai e raggiunsi un gruppetto di Corvonero che stava vicino al bancone in attesa delle proprie ordinazioni, mostrandomi più simpatica del solito con uno dei ragazzi che la settimana prima mi aveva persino chiesto di uscire.
Sentivo lo sguardo furente di Sirius Black puntato sulla schiena e la cosa, dopotutto, non mi dispiaceva affatto.

Gli altri, fatta eccezione per Minus, mi rivolsero occhiatacce di disapprovazione per tutto il viaggio di ritorno e continuarono così, rivolgendomi a stento la parola, anche la mattina dopo.
La dea bendata doveva essere pure un po’ bastarda perché quando entrai nell’aula di Trasfigurazione c’era solo un posto libero. Il peggiore che potesse capitarmi.
Mi accomodai in silenzio, posando i libri sul banco e concentrandomi sulla lezione che la McGrannit stava spiegando.
-Bel teatrino, Carter. Molto maturo.
Ringhiai piano, stringendo con foga la matita che tenevo in mano fin quasi a romperla.
-Parli proprio tu di maturità. Divertente, Black! –rilanciai con un sorrisetto sarcastico senza guardarlo.
Inspirò rumorosamente e nonostante non lo stessi guardando potei immaginare quelle maledette labbra stringersi in un’espressione nervosa.
-Non so di cosa parli.
-Mi riferisco alla borsetta bionda che ti porti dietro, proprio un accessorio banale.
-Sei una stronza.
-E tu un imbecille.
-Scusatemi, voi due. Mi dispiace tantissimo interrompere quella che, ne sono certa, sarà una interessantissima spiegazione trasversale di Trasfigurazione ma spero non vi scoccerà trascorrere il pomeriggio in Sala Trofei. Hanno davvero bisogno di una ripulita.
Minerva McGranitt, tesa ed austera come solo lei sapeva essere, aveva pronunciato la sua sentenza.

Black ed io trascorremmo la prima mezzora strofinando e lucidando vecchie coppe avvolti in un pesantissimo silenzio, rivolgendoci solo, di tanto in tanto, sguardi omicidi della peggior specie.
-Mi spieghi che cosa vuoi da me?- sbottò ad un certo punto, posando per terra la coppa delle case del 1936.
-Io non voglio proprio niente sei tu che..
-Non ti azzardare!- mi minacciò puntandomi contro un dito e facendosi più vicino.
-Mi baci, scappi, mi sbatti in faccia il più indelicato due di picche della storia ed hai anche il coraggio di arrogarti il diritto di giudicarmi?
Mi aveva presa in contropiede facendo improvvisamente crollare ogni mia certezza e facendomi sentire, per la prima volta dopo troppo tempo, una stupida ragazzina capricciosa.
-Io non ti giudico affatto.
-Fai solo la stronza, giusto? Se cerchi uno che ti venga dietro come un cagnolino hai già Peter!
Sorrise amaro, forse per l’azzardato riferimento al cane come animaletto da compagnia e riafferrò la coppa, continuando il lavoro che aveva interrotto.
Mi resi conto che se avessi continuato a strofinare quel punto della coppa con quella foga ci avrei probabilmente fatto un buco e di punizione me ne bastava una, onde per cui cercai di darmi una calmata.
Aveva ragione. Aveva ragione su tutto. Avevo cercato di soffocare l’attrazione che mi spingeva verso di lui screditandolo ed incolpandolo quando invece l’unico problema ero io che non potevo assolutamente concedermi il lusso di creare legami di quel tipo nella mia situazione.
Ero stata la peggiore stronza di sempre e avevano ragione anche gli altri ad odiarmi, dopotutto ero piombata nella loro vita con la delicatezza di un elefante in cristalleria.
-Scusami.
Si voltò lentamente verso di me, cercando di non sembrare troppo sorpreso da quell’ammissione di colpa ma restò in silenzio.
-Hai perfettamente ragione ed io ho esagerato. Il fatto è che è tutto così.. complicato.
-Cosa c’è di così complicato? Vuoi spiegarmelo, per favore? Perché da solo evidentemente non ci arrivo!
Vederlo così arrabbiato mi colpiva più di quanto avrei mai immaginato e sentivo dentro di me crescere sentimenti che non avrei mai dovuto provare.
-Non posso, Sirius.
Abbassai lo sguardo, sconfitta. Non ce la facevo più a reggere quella situazione, a non sentirmi libera di fare quel che volevo, a sapere come tutto ciò che stavo vivendo sarebbe andato a finire e a non poter far nulla per evitarlo, a temere di restare lì abbastanza a lungo da assistere alla morte di persone alle quali mi stavo inevitabilmente affezionando e alla rovina del ragazzo che in quel momento mi fissava in cerca di risposte che non potevo dargli.
-Jales.
Mi posò le mani sulle spalle, sovrastandomi di parecchi centimetri e facendomi sentire ancora più piccola, fuori e dentro.
-Potresti.. abbracciarmi e basta?
Non ero mai stata una ragazza né affettuosa né particolarmente dolce ma in quel momento avevo un bisogno incredibile di forza che dentro di me non riuscivo a trovare e al diavolo l’orgoglio, volevo che mi stringesse così forte da togliermi il respiro.
Tentennò per qualche istante, giusto il tempo perché l’imbarazzo si impadronisse di me insieme alla voglia di allontanarmi da lui ma prima che potessi farlo due forti braccia mi avvolsero ed io lo lasciai fare, artigliando le sue spalle con le dita, aggrappandomi a lui con una insopportabile voglia di piangere.
-Grazie. 

Song: I hate myself for loving you - Joan Jett 

Artwork: JeyCholties

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


time after time sei

Time after time

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6- Oh, I confess I’ve lost control,
I've let my guard down,
I've let the truth out.

 

-Che è quel sorrisone, J.? Hai finalmente preso un Accettabile in Pozioni?
Neanche le battutine sulla mia totale incapacità con il calderone turbarono il mio stato di beatitudine.
-No. Indovina!
Tonks, che quel giorno sfoggiava una impressionante chioma azzurra, mi guardò, curiosa, cercando di immaginare cosa avesse potuto causare il sorriso beota che regnava incontrastato sul mio viso.
Era raro che mi sentissi davvero felice, soprattutto per motivi banali come quello che colorava i miei pensieri in quel momento ma forse non ero poi così diversa dalle altre ragazze, tutte dolcezze e moine.
A quel pensiero dovevo essere arrossita perché Dora mi puntò contro un dito. –Ah ah! Riguarda Phil Brynnes!
-Mi ha baciata!- quella frase uscì dalle mie labbra come un urletto stridulo e cominciai a saltellare sul posto, in brodo di giuggiole. Avevo dovuto aspettare tutta la mattina per raccontarlo alla mia migliore amica che essendo una Tassorosso non sempre seguiva i miei stessi corsi alla stessa ora ed era stata una fatica immane resistere alla tentazione di mandarle un gufo da un’aula all’altra.
-Quando?!
-Ieri sera! Mi ha riaccompagnata al Dormitorio e… mi ha augurato la buonanotte con quelle sue meravigliose labbra! Dora tu non hai idea! E’ il ragazzo più intelligente e.. brillante e.. affascinante che io abbia mai conosciuto!
Avendo ancora solo 13 anni non era esattamente un gran riconoscimento ma qualcosa mi diceva che non avrei mai incontrato un ragazzo altrettanto fantastico.

Mi riscossi dai miei pensieri, mentre, seduta su una poltrona della Sala Comune, mi perdevo nei ricordi della mia adolescenza, quando nonostante le prove cui la vita mi aveva sottoposta, almeno l’amore sembrava una cosa semplice. Non che lo fosse stato mai davvero, per me. Ero la classica persona che si innamorava dell’idea, che costruiva aspettative su aspettative che le invadevano il cuore in modo incontrollabile mentre da fuori apparivo sempre trattenuta, restia a mostrarmi davvero interessata a qualcuno.
Le troppe delusioni, da Phil Brynnes in poi, mi avevano resa anche tremendamente scettica e avevano peggiorato notevolmente la mia apparenza anaffettiva. Avrei voluto un ragazzo che mi sapesse prendere, veramente brillante ed intelligente e non costruito come avevo poi scoperto essere quel Phil di cui ormai ricordavo a malapena la fisionomia.
Per uno come Sirius, a quei tempi, avrei di certo perso la testa.
Sospirai, affranta. Quando eravamo rientrati in Sala Comune insieme, dopo aver finito di scontare la nostra punizione, gli altri che si aspettavano urla e percosse si stupirono della nostra tranquillità e non notarono, per fortuna, i miei occhi rossi per le lacrime trattenute.
Mi concessero una sorta di riabilitazione sociale e Sirius sembrava tornato quello di sempre, pronto a prendermi in giro e a rispondere a tono alle mie frecciatine.
La sua storia con la Kroeg era durata poco più di una settimana, dopo quell’episodio, durante la quale lui si era reso conto di quanto diversi fossero e dell’abisso che, intellettualmente parlando, li separava. Per questi e per altri a noi oscuri motivi aveva deciso di troncare definitivamente, provocando la disperazione della ragazzina che però, già qualche giorno dopo, aveva trovato qualcuno disposto a consolarla.
Mi chiesi dove fossero finiti i miei amici e mi convinsi a risorgere dal torpore che si era impossessato di me rendendo atroce anche solo l’idea di aprire un libro per fingere di studiare cose che già sapevo a memoria.
Erano tutti molto preoccupati per i MAGO mentre non solo per quel che mi riguardava non avrebbero avuto alcuna validità, come Silente si era premurato di comunicarmi, ma di certo non sarebbero stati peggiori dei test di abilitazione alla professione che il Ministero rifilava ai poveri ex studenti.
Mi diedi una spinta con le gambe che avevo tenuto sospese ciondoloni oltre il bracciolo della poltrona ed uscii dalla Sala Comune con l’intenzione di fare una passeggiata e prendere un po’ d’aria.
Remus e Lily erano sicuramente chiusi in biblioteca a studiare e James doveva essersi unito a loro, incapace di stare lontano dalla sua ragazza per più di un quarto d’ora, Peter era in assoluto l’ultimo dei miei pensieri anche se tendeva a guadagnare quota nella lista delle mie preoccupazioni: cercavo di trascorrere con lui giusto il tempo che riservavamo alle passeggiate in comitiva evitando di trovarmici da sola e costretta a rifiutare i suoi insistenti inviti ad Hogsmeade.
Non mi piaceva affatto né lui né il mago che sarebbe diventato e per di più, considerato il fragile equilibrio dei miei rapporti con Sirius, non avrei potuto accettare di uscire con lui neanche per indurlo a smettere di chiedermelo.
Inspirai forte l’aria di quel freddo febbraio sentendola  scorrermi fino ai polmoni e tornare indietro, causandomi brividi lungo tutto il corpo che cercai di reprimere stringendomi nella grossa sciarpa rossa e gialla.
Camminai per un po’ lungo la riva del lago e poi costeggiai la foresta proibita, concentrandomi suoi suoni che le creature che la popolavano emettevano senza sosta e stupendomi di quanto il mio coraggio fosse aumentato negli ultimi anni.
Quando frequentavo Hogwarts anche solo volgere lo sguardo a quegli alberi scuri mi metteva i brividi ma inevitabilmente quando convivi con il rischio e con la morte neanche la creatura peggiore della foresta può spaventarti più così tanto.
Sentii un fruscio tra le foglie di un cespuglio poco distante da me e una mano corse ad afferrare la bacchetta, più per abitudine che per reale timore.
Mi voltai lentamente e constatai che dietro quel cespuglio sembrava non esserci proprio nulla, probabilmente qualche dispettoso Doxy della foresta.
Qualcosa di umido mi sfiorò la mano facendomi sobbalzare e scattai qualche metro indietro, presa alla sprovvista quando vidi un grosso cane nero dal pelo lungo e folto che mi guardava, poco distante, con la testa inclinata come a chiedersi cosa mi fosse preso.
Adoravo gli animali e prima che la mia mente potesse fare alcun collegamento mi avvicinai, tendendo le mani ed accarezzandolo, sotto il muso e le orecchie.
-E tu che cosa ci fai, qui?
Mentre pronunciavo quelle parole i miei occhi incrociarono quelli dell’animale e dovetti trattenere un’esclamazione che di certo mi avrebbe smascherata.
Sirius mi fissava con quei suoi particolari occhi grigi, scodinzolando e dando colpetti giocosi con il muso alla mia mano che aveva smesso di accarezzarlo.
La sua versione canina che conoscevo, nonostante fosse capitato molto raramente di trovarmici a contatto, era più malandata e adulta, quello sembrava poco più che un cucciolo, le orecchie stavano tirate indietro, in segno di sottomissione mentre le mie dita affondavano nel pelo morbido e scuro come la notte.
-Sei davvero un bel cagnolino.- mi limitai a dire, sorridente, sperando che non cogliesse la mia ironia e capisse che l’avevo riconosciuto. In teoria non avrei dovuto sapere della vera natura dei Malandrini e se mi fossi tradita avrei vanificato mesi di fatica.
Mi sedetti a gambe incrociate e lui mi si fece più vicino, leccandomi delicatamente il mento, dolce e sicuro di sembrare solo un tenero cagnolino indifeso.
Quanto avrei voluto prenderlo in giro, in quel momento! Continuavano a venirmi in mente battute di ogni sorta che minuto dopo minuto soffocavo, insieme alle risate.
Smisi per un attimo di accarezzarlo e in risposta mi afferrò la mano tra i denti, senza stringere e guardandomi con aria di sfida.
-Hai proprio una bella faccia tosta, tu!
Non si poteva resistere a quella prepotenza tanto dolce che risultava ai miei occhi sempre meno fastidiosa, cane o umano che fosse.
-Adesso devo andare, ma tornerò a trovarti presto.
Gli feci un occhiolino mentre mi guardava allontanarmi e passo dopo passo aspettai che il suo corrispondente umano mi affiancasse, prevedibilmente.
-Carter!
Mi trattenni a stento dallo scoppiare a ridere e indossai la mia più credibile espressione sorpresa.
-Black! Che ci fai qui?
Non lo vedevo così allegro e soddisfatto da quella sera sotto il vischio, sembrava di ritorno da un appuntamento galante e questo mi fece sorridere ancora di più. Era sbagliato, lo era tremendamente, ma dopotutto lui non sapeva che ero a conoscenza del suo segreto.
-Facevo una passeggiata!- mentì stringendosi nelle spalle e portandosi poi le braccia dietro la nuca con aria rilassata.
-Dalla tua faccia si direbbe che fossi con una ragazza.. – azzardai, quasi casualmente.
La classica risata bassa che lo caratterizzava scivolò fuori dalle sue labbra, sincera.
-Diciamo di si.
-La conosco?
-Può darsi.


Erano giorni che vedevo Remus parecchio inquieto ed ero quasi certa che non si trattasse solo degli esami in vista: era pallido e le occhiaie gli scavavano il viso come ogni volta che si avvicinava la luna piena. Avrei voluto rassicurarlo ma era l’ennesima delle tante cose che non mi era concesso fare.
Sembrava sempre sul punto di rivelarmi qualcosa ma alla fine si allontanava con scuse una meno probabile dell’altra, inconsapevole del fatto che sapevo benissimo cosa volesse dirmi.
Non riuscivo ad immaginare quanto potesse essere difficile per un ragazzo di diciassette anni portare un fardello simile, mentire e rinchiudersi dietro un albero assassino come un animale pericoloso in una gabbia.
-Jales, devo parlarti. Siediti.
Eravamo soli in un’aula vuota e Remus e aveva un’espressione terribilmente ansiosa stampata sul viso mentre camminava avanti e indietro per tutto il perimetro della stanza.
-Calmati, Rem. Respira. – invece di sedermi mi ero avvicinata a lui e lo avevo afferrato per le spalle, facendolo stare fermo.-Vai, sono tutta orecchie.
-Quello che ti dirò potrebbe allontanarti ma non ritengo giusto che tu sia l’unica a non saperlo. Insomma, anche Lily lo sa e.. io credo che sia giusto che.. diamine! E’ così difficile, per la barba di Merlino!
Non l’avevo mai visto così sconvolto, neanche sommando gli anni di amicizia del tempo al quale appartenevo.
Stava sudando freddo e i capelli erano più scompigliati e trascurati del solito, continuava a passarsi le mani sul viso in modo compulsivo e presi persino in considerazione l’idea di lanciargli un Petrificus Totalus, tale era l’ansia che mi stava trasmettendo.
-Non mi allontanerò da te, Remus. Ti voglio bene, sono tua amica cosa..
-Sono un lupo mannaro.- sputò tra i denti prima di voltarsi e darmi le spalle.-Io.. sono un lupo mannaro da quando ero bambino, sono stato morso, sai.. una sorta di vendetta contro mio padre e..
Quando sentì le mie braccia stringerlo si bloccò, stupito.
-Non hai.. paura?
-No, Remus. Non ho paura. Tu sei sempre tu, qualsiasi sia la creatura in cui ti trasformi con la luna piena. Sei una persona meravigliosa e lo sarai sempre.- lo rassicurai, sincera, sapendo esattamente ciò che dicevo.
Sarebbe diventato il mio mentore, la mia guida, una delle poche persone di cui mi fidassi davvero. E non ero tipo da sprecare la mia fiducia.
Mi strinse a sua volta, sorpreso e ancora molto teso per via di quella confessione e della mia insperata calma riguardo una questione tanto spinosa.
Lo sentii rilassarsi e mi scostai un po’, per guardarlo in viso. La maschera di angoscia che aveva indossato fino a qualche istante prima sembrava scomparsa e un timido sorriso ne aveva preso il posto.
-Grazie.
-Per cosa, Zanna Bianca?
Rise per la mia battuta e mi posò una mano sulla spalla.
-Ci sarò sempre per te, Jales. Sei una vera amica.
Mai parole suonarono più vere alle mie orecchie e al mio cuore.
Un improvviso e deciso bussare ci fece separare e qualche istante dopo Sirius fece capolino oltre la porta, guardandoci sospettoso e lievemente infastidito.
-Lunastorta! Fai tanto il mago per bene e poi ti apparti con Carter nelle aule vuote. Non c’è più mondo.
Per niente preoccupato di essere di troppo e perso il piglio diffidente di qualche istante prima, avanzò verso di noi, con le braccia incrociate e l’aria sorniona di chi sapeva perfettamente che nonostante le apparenze non c’era assolutamente niente di equivoco in quella situazione.
-Ebbene si, Black. Ci hai beccati.. Rem, di’ qualcosa!- esortai il mio amico tirandogli la manica della divisa. –Avremmo comunque dovuto uscire allo scoperto prima o poi, no?
L’espressione sul volto del ragazzo mutò come se avesse davvero creduto alle mie parole e gli occhi grigi aumentarono notevolmente di diametro rischiando di schizzare fuori dalle orbite.
-Ehm si, Jay, hai ragione. Noi..
Remus e le bugie che non riguardavano la sua natura di licantropo viaggiavano su due vie parallele, destinate a non incontrarsi mai e finalmente Sirius si rilassò.
-Sei il solito, Lunastorta, non sei affatto credibile. E poi sarebbe stata dura per te amare una donna perdutamente innamorata del tuo migliore amico!
Altrettanto divertito Remus si rivolse a me, puntandosi le mani sui fianchi per niente deluso dal fallimento di quello scherzo. Probabilmente prendeva troppo sul serio la strana alchimia che legava Sirius e me per intromettersi in qualsiasi modo.
-Sei innamorata di James? E quando pensavi di dirmelo?
Risi di cuore vedendo Sirius accigliarsi e avvicinarsi minaccioso all’amico. –Hey! Questa maledetta strega ti sta traviando, eri un amico fedele e sincero prima che arrivasse lei!
-E quindi la colpa sarebbe mia, Black?- mi posizionai in mezzo a loro fronteggiando Sirius e rivolgendogli uno sguardo malizioso.-E poi chi sarebbe innamorata di te? Credo di essermi persa un passaggio.
-Tu, tesoro. Cerchi di resistere al mio fascino ma sei irrimediabilmente attratta da me.- rispose con fare teatrale circondandomi la vita con le braccia.
-Mi piacerebbe restare ad assistere a questa patetica scenetta ma ho una lezione di Antiche Rune che mi aspetta. Con il vostro permesso!
Remus ci superò scuotendo il capo, sconcertato e lievemente imbarazzato del nostro continuo flirtare ed uscì chiudendosi la porta alle spalle.
-Dove eravamo rimasti?- chiese fingendosi pensieroso.-Ah si! Al tuo imperituro amore per il sottoscritto.
Non avevo nessuna voglia di divincolarmi dal suo abbraccio, la sua presa era gentile e allo stesso tempo possessiva ma non per questo opprimente, anzi. Le sue mani su di me avevano sempre un effetto rasserenante e sembrava quasi che i nostri corpi si incastrassero alla perfezione. Ovviamente, però, non potevo concedergli una simile soddisfazione e dargliela vinta così posai le mani sul suo petto, tendendomi verso di lui.
-Potresti avere ragione, Sirius.- miagolai sottolineando il suo nome, che raramente usavo quando mi rivolgevo direttamente a lui, e con le labbra arrivai ad un soffio dalle sue che automaticamente si schiusero come se avesse voluto dire qualcosa che però tenne per sé; le mani che aveva tenuto fino a quel momento incrociate dietro la mia schiena si distesero ed una di esse salì ad afferrare delicatamente una ciocca di capelli che strofinò tra le dita procurandomi una scarica di brividi e rischiando di volgere a suo vantaggio quella dubbia situazione che avevo contribuito a creare.
Vidi le sue palpebre abbassarsi e i suoi occhi rivolgersi languidi nella direzione dei miei mentre inclinava impercettibilmente il capo verso la spalla, pronto ad un bacio che però non arrivò.
-..ma non ne sono proprio sicura.- chiarii tirandomi indietro mentre con una lieve pressione delle mani ancora posate sul suo petto lo allontanavo da me scuotendo il capo ed incurvando le labbra in un ghigno dispettoso.
Strinse un pugno, consapevole del fatto che gliel’avevo fatta per l’ennesima volta ma dovette riprendersi molto velocemente perché pochi istanti dopo le sue mani erano attorno al mio viso e lo riportavano vicinissimo al suo cancellando la mia espressione vittoriosa.
Il suo fiato mi sfiorava la pelle del viso e i suoi occhi affondavano nei miei. –Sappiamo entrambi come stanno le cose, Jay, gioca quanto vuoi. Mi basta guardarti negli occhi per vedere la verità.
Indossando l’espressione vittoriosa che mi aveva sottratto mi sfiorò una guancia con le labbra per poi superarmi ed uscire dall’aula.
-Ci vediamo in Sala Comune, Carter!


-Bene ragazzi, oggi approfondiremo l’argomento delle maledizioni senza perdono.- disse il nostro insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure e tutti i ragazzi cominciarono ad emettere versi di stupore mentre io mi ritrovai a rabbrividire.
Le conoscevo bene, quelle. Chi lavorava al Ministero sapeva meglio di chiunque altro quanto fossero atroci e meschine e quanto pateticamente malvagi si dovesse essere per farvi ricorso.
-Non è un caso che vigano misure tanto restrittive riguardo le tre maledizioni per eccellenza. Imperius, Cruciatus e Avada Kedavra. La prima produce il controllo della mente e del corpo, la seconda è la più atroce arma di tortura, può persino portare alla follia mentre la terza.. la terza, per definizione, non perdona. Confido che non sia la prima volta che ne sentite parlare nonostante siano state inserite nei programmi dell’ultimo anno e per la prossima volta vorrei che faceste delle ricerche, vi dividerete in coppie e vi documenterete riguardo gli eventi più importanti che hanno visto maghi oscuri più o meno importanti fruire di tali abietti mezzi.
Impiegò il resto della lezione raccontandoci qualche episodio e spiegando per filo e per segno le dinamiche della maledizione Imperius, la meno immediata ma altrettanto temibile.
-Bene, prima di andare vi dividerò in coppie per le ricerche, dunque vediamo..
Mi dissociai mentalmente in attesa di sentir pronunciare il mio nome ma quando ciò avvenne desiderai sbattermi la testa contro ogni papabile superficie piana nel raggio di miglia.
-Signorina Carter lei farà coppia con il signor Minus.
Il diretto interessato, qualche posto più avanti, si voltò peggiorando la già tragica situazione con una strizzatina d’occhio.
Prima di tornare a disperarmi per la mia tragica sorte un dettaglio catturò la mia attenzione: Peter stava guardando con aria di sfida Sirius che ricambiava lo sguardo, incattivito.
-Qualche problema, Felpato?- gli chiese, una volta afferrati i libri, affiancandosi al banco al quale era seduto.
-Assolutamente, Codaliscia. Perché?
Se la domanda non fosse risultata già abbastanza retorica di per sé, il ragazzo chiarì il concetto alzandosi e guadagnandosi la porta così velocemente da evitare persino James che stava per raggiungerlo.
-E’ un bel guaio. – mi sussurrò Lily stringendosi i libri al petto.
-Credi sia davvero per me?- chiesi, avvilita, mentre Peter mi aspettava sulla porta.
-Si, Jay ma.. lasciali perdere. Sono stupide rivalità maschili che non devono minimamente importarti.
Poco convinta dalle parole della mia amica mi avvicinai al mio compagno di studio e ci accordammo per vederci in biblioteca quello stesso pomeriggio. Via il dente via il dolore.


Mi incamminai verso la biblioteca cinque minuti dopo l’ora prefissata e questo mi costrinse ad accelerare il passo più che potevo.
Sfrecciavo tra gli studenti con facilità ma quando voltai l’angolo la collisione fu inevitabile.
-Severus, scusami!- gli porsi la mano, mortificata, dopo essermi rialzata velocemente.
-Che cavolo..Carter! L’impatto con il nottetempo sarebbe stato meno disastroso.
Antipatia firmata Serpeverde, un classico che superava le epoche e le generazioni.
-Come stai?- ne approfittai per fare un po’ di conversazione. Negli ultimi tempi sembrava essersi volatilizzato e le uniche volte che si mostrava in giro era in compagnia di quei viscidi individui che si ostinava a definire amici.
-Alla grande, ti ringrazio.
Era più nervoso del solito e fece per allontanarsi ma c’era una domanda che premeva per uscire dalle mie labbra martellandomi il cervello troppo forte per ignorarla.
-Sev!
Si voltò, spazientito.
-Che vuoi ancora?
Mi guardai intorno, circospetta, per poi avvicinarmi a lui e fronteggiarlo. –L’altro giorno ti ho.. sentito parlare con Rosier e..
-Che cazzo fai, Carter? Mi segui? Devi starne fuori maledizione tu non sai cosa..- si costrinse ad abbassare la voce.
Era furente ma non mi spaventava affatto la sua reazione, ero molto più preoccupata per quel poteva succedere.
-Lily, Severus. Che cosa intende farle Rosier? O riguarda.. tutti noi?- mi riferivo a noi Mezzosangue, consapevole di quanto i Mangiamorte ci odiassero, essendomi scontrata faccia a faccia troppe volte con il loro astio.
-L’ho obliviato. Non farà proprio nulla. Vattene o oblivierò anche te e..vedi di tenere la bocca chiusa.
Restai lì, in mezzo al corridoio con le braccia abbandonate lungo i fianchi e una rassicurante sensazione di sollievo prima di ricordarmi che ero in ritardo per l’incontro con Peter e costringermi a riprendere a correre.


Sfogliammo libri per tutto il pomeriggio e cercai di collocare mentalmente gli episodi di cui ero a conoscenza o dei quali ero stata tristemente spettatrice in modo da poterli riportare come fatti di cronaca non documentata e Peter sembrava ogni volta più colpito, guardandomi con occhi ammirati.
-Sei straordinaria, tu. Come fai a sapere tutte queste cose?
-Seguo un sacco di cronaca.-risposi temendo di avere esagerato ma per fortuna lui non approfondì.
-Non credo di avere mai conosciuto una ragazza come te, Jales.
Sospirai, era proprio arrivato il tempo di essere chiara ed esplicita, ero stufa della situazione che si era creata tra lui e Sirius e cominciavo un po’ a sentirmi un oggetto, un trofeo conteso tra di loro.
-Peter senti io non.. non voglio rovinare la nostra amicizia- parecchio ipocrita a definirla tale ma ci voleva tatto in certe cose – ma non sono interessata a te in quel senso e spero tu possa..
Non mi diede il tempo di terminare il mio discorso che schiacciò le sue labbra sulle mie che non si schiusero neanche per un attimo, neanche mentre, presa alla sprovvista, mi ero ritrovata inerme con le sue mani attorno al viso.
-Peter! Porca miseria!- sbottai seccata ma vidi il suo sguardo soddisfatto puntato dietro le mie spalle e mi voltai, raggelata.
Sirius camminava a grandi passi verso l’uscita della biblioteca con l’espressione ferita e arrabbiata di chi era stato appena tradito dalla ragazza alla quale si era legato e da uno dei sui migliori amici.
-Sirius!- lo chiamai senza pensarci per poi afferrare la borsa con i libri e seguirlo fuori.
Mi guardai intorno ma di lui sembrava non esserci traccia. Scandagliai ogni angolo del primo piano e poi tornai alla Sala Comune, sperando di trovarlo.
-Maledizione!
Quello stupido era saltato a conclusioni affrettate ed io ero ancora più stupida, in preda a quell’insolito sconforto e alla voglia di giustificarmi per qualcosa che non solo non avevo fatto ma per la quale non avrebbe neanche avuto il diritto di arrabbiarsi.
Che pretese poteva avanzare su di me? Ero stata chiara, non potevo stare con lui, non potevo desiderarlo al mio fianco così profondamente come in cuor mio continuavo a fare e sentii lo stomaco stringersi in una morsa quasi dolorosa.
Mi stavo rovinando con le mie stesse mani.
Uscii fuori dal castello, nonostante si fosse ormai fatto tardi e non ci fosse più nessuno.
Provai a scaricare la rabbia camminando in lungo e in largo, con la testa piena di pensieri confusi e contraddittori quando in lontananza vidi una macchia nera. Un cane. Presi a correre velocemente in quella direzione fino a trovarmi sola e nel buio più totale davanti al cancello del campo di Quidditch.
-Non dovresti passeggiare sola di notte.
Quella voce mi suonava tremendamente familiare.
-Gira a largo, Rosier.
Ghignò, avvicinandosi lento e viscido come una serpe.
-Fossi in te porterei più rispetto, sporca Mezzosangue.
-A te? Meglio Mezzosangue che Mezzocervello.
Ero riuscita a levargli quel ghigno fastidioso dalla faccia ma anche a farlo arrabbiare; non volevo uno scontro, non volevo dovergli fare del male. Ne avevo le capacità, era solo un ragazzo, ma avrei dovuto rendere conto a troppa gente dopo averlo fatto.
-Come osi, puttanella?
Rosier doveva essere abbonato ai pugni in faccia perché non appena finì di pronunciare quella sgradevole frase, un pugno chiuso era piombato dritto dritto sul suo naso, all’improvviso.
-Black! Il difensore di coloro che insozzano l’aria che respiriamo. Tuo fratello cerca continuamente di dimenticare che nelle vostre vene scorre lo stesso sangue.- biascicò il Serpreverse mentre il sangue colava copioso dalle narici.
-Sparisci.
Rosier tirò fuori la bacchetta e la puntò contro Sirius che scuro in volto si difendeva, pieno di rabbia per troppe ragioni.
Senza alcun preavviso il giovane Mangiamorte si voltò verso di me. –Cruc..
-Stupeficium!
L’incantesimo di Sirius lo colpì appena in tempo, pochi secondi e la maledizione sulla quale mi ero documentata per il tutto il pomeriggio, ironia della sorte, mi avrebbe colta impreparata.


Rosier era svenuto e Sirius ed io, nel più totale silenzio, lo trascinammo fino al castello, nell’ufficio del Preside.
Rinvenne giusto in tempo per sentire Silente avvertirlo che provvedimenti molto seri sarebbero stati presi e che un atto del genere avrebbe probabilmente comportato l’espulsione dalla scuola.
A Grifondoro furono tolti cinquanta punti per la nostra gita notturna senza permesso e fummo rimandati dritti al nostro Dormitorio.
Ero abituata agli scontri ma paradossalmente non ero mai stata tanto in pericolo. Avevo abbassato la guardia facendo affidamento sul fatto che infondo Rosier era ancora uno studente e non avrebbe mai usato incantesimi del genere ma, evidentemente, mi ero sbagliata di grosso.
Silente mi aveva lanciato occhiate di palese disapprovazione per tutto il tempo e non aveva fatto cenno alla giratempo neanche quando, prima di uscire anche io dal suo studio, gli avevo rivolto uno sguardo implorante.
Volevo tornare a casa. Volevo tornare a lottare contro il male che conoscevo e soprattutto non volevo più lottare contro me stessa.
Sirius ed io camminavamo fianco a fianco, scendendo le scale della Torre Nord senza rivolgerci la parola e sentivo addosso il peso dei suoi pensieri, della sua delusione.
-Sirius.
Si bloccò, restando di spalle. Dopotutto era già qualcosa.
-Sirius, guardami.
Si voltò e mi puntò addosso uno sguardo serio ed ostinato. –Avrebbe dovuto esserci Peter a salvarti la pelle, Carter.
-Non dire sciocchezze.
-Sciocchezze? Alla fine c’è riuscito e tu hai il tuo cucciolo da compagnia, buon per voi.
-Ma ti senti?- sbottai aprendo le braccia e fissandolo sconcertata.- Come puoi pensarlo?
-Non lo penso, l’ho visto. Evidentemente sono io il problema, è con me che non vuoi..
-Sirius, smettila di fare il bambino e ascoltami.- lo bloccai, severa, e non gli permisi di replicare, lanciandogli un’occhiataccia appena aprì la bocca per rispondere a tono.-Peter mi ha presa alla sprovvista, gli stavo dicendo che non poteva esserci nulla di più che un’amicizia tra me e lui e quello a cui hai assistito è stato l’ennesimo dispetto a tuo uso e consumo. Deve averti visto e ha pensato bene di farti arrabbiare.
Mi guardò, indeciso se credermi oppure no, intenso come sempre e come sarebbe sempre stato e geloso come non l’avevo mai visto.
-Quando.. quando vi ho visti baciarvi è stato come un pugno nello stomaco. Io non lo so che mi succede, Jales, credimi. Sono mesi che non riesco a cacciarti via dalla mia testa, ho provato ad odiarti e persino ad esserti amico ma sai una cosa? Non ci riesco! E vorrei poter evitare che chiunque altro ti sfiori o ti baci ma non ho alcun titolo per farlo perché per te è difficile.- sottolineò l’ultima parola con acidità.
-Non ne hai idea e..
-E non mi importa!- era sempre più vicino e mentre diceva quelle parole sentii le sue mani stringersi attorno alla vita e spingermi finchè le mie spalle non toccarono il muro.
-Sirius..
Abbassò il capo e strofinò il naso contro la pelle del collo, nel punto in cui ero più sensibile provocandomi incontrollabili scariche di elettricità che si diffondevano in ogni centimetro del mio corpo mentre mi aggrappavo con le mani al muro.
Con una mano mi accarezzò lo schiena, mentre l’altra correva lungo la mia gamba che come fosse stata dotata di vita propria si sollevò per facilitare la sua carezza.
Mi baciò il mento e poi indugiò sulle labbra socchiuse rischiando di farmi impazzire.
Non avevo mai desiderato tanto qualcuno, prima di quel momento, e fu probabilmente per quel motivo che la mia mano affondò nei suoi capelli scuri e le dita cercarono i ricci appena accennati.
Mi schiacciò contro il muro con tutto il suo corpo mentre finalmente le sue labbra raggiungevano le mie modellandosi su di esse come se fossero state fatte per combaciare alla perfezione.
Era un bacio famelico, urgente, molto diverso da quello delicato e misurato della notte di Natale.
Scese a baciarmi il collo, trattenendo il respiro, come se la sua vita dipendesse da me, dal contatto con la mia pelle.
-Dimmi che sei solo mia.- sussurrò sulla mia pelle, roco e sensuale.
Boccheggiai mentre la sua mano che prima mi accarezzava la schiena saliva lungo la mia pancia, audace.
-Dimmelo, Jales.- non aveva mai pronunciato il mio nome in quel modo, nessuno l’aveva mai fatto. Ed io mi persi.
-Sono tua.

Song: Control - Garbage

Artwork: JeyCholties

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


time after time sette

Time after time

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7-"Show me how you do that trick,
The one that makes me scream" she said
"The one that makes me laugh" she said
And threw her arms around my neck
"Show me how you do it and I promise you,
I promise that I'll run away with you..
I'll run away with you"

Dopo quell’episodio concentrarmi sullo studio era diventato praticamente impossibile. Pensavo a lui prima, dopo e durante le notti quasi insonni, ci pensavo anche quando ero a lezione o in biblioteca, scatenando l’ira di Remus e Lily che invece mi avrebbero voluta concentrata e partecipe del ripasso generale cui si stavano dedicando, a poche settimane dai M.A.G.O.
Peter e Sirius non si rivolgevano la parola ma quest’ultimo si era mostrato decisamente più discreto rispetto all’amico, non si era vantato della sua piccola “vittoria” sulle mie resistenze e non aveva ostentato nulla di fronte ai nostri amici. Peccato che ai miei ormoni bastasse anche solo un suo sguardo per impazzire cominciando a mordicchiare la mia corteccia cerebrale.
Il suo era un sorriso complicato, lo vedevo cercare di nascondere una gioia tanto spontanea da sembrare infantile dietro un apparente contegno da uomo vissuto e sicuro di sé e non potevo fare a meno di chiedermi se il Sirius che conoscevo da più tempo, l’uomo adulto e davvero sicuro di sé, mi avrebbe mai desiderata come la sua versione giovane ed altrettanto attraente.
Prima o poi sarei tornata al mio tempo e quell’incanto sarebbe finito, sarei ripiombata in quel vortice di dispetti e frecciatine acide che ci contraddistingueva.
-Mi spieghi che è successo tra voi due?- sentii Remus bisbigliare a Sirius durante la lezione di Storia della Magia.
-Lascialo stare, Lunastorta. Deve ancora riprendersi.- ghignò a voce meno bassa James guadagnandosi un’occhiataccia e una gomitata da parte del diretto interessato. –Ahia! Che ho detto di male?
Non potei fare a meno di ridacchiare voltandomi e vedendo Sirius che mi lanciava uno sguardo imbarazzato, passandosi le dita tra i capelli mentre James si teneva una mano premuta sullo stomaco.
Sembrò illuminarsi e senza interrompere il contatto visivo scandì, affinchè leggessi il labiale: Reggimi il gioco.
-Professor Binns, sono già le undici! La professoressa McGranitt voleva vedere me e la signorina Carter più di mezzora fa. Possiamo andare?- chiese, ruffiano, e seppi che era un bravissimo bugiardo. Dieci punti in meno a Grifondoro, mi appuntai mentalmente.
-Andate.- disse solamente il fantasma senza alzare la testa dal libro dal quale era preso il passo che stava leggendo alla classe che intanto sbadigliava, annoiata.
Lo guardai incredula per la riuscita di quella grossolana trovata e lo seguii fuori dall’aula.
-Che bugiardo patentato!-
-Solo quando serve.- ribattè allegro, strizzandomi l’occhio.-Seguimi.-
Tirò fuori dalla tasca una strana mappa e quando fummo appartati dietro un angolo puntò la bacchetta contro la pergamena.
-Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.-
-Che diavolo è questa cosa?-
-Una mappa stregata.- mi informò fiero.-posso sapere dove sono tutti in qualsiasi momento. Guarda..- la avvicinò a me. –Silente fa avanti e indietro nel suo studio. Lo fa sempre.-
-E’ opera tua?-
-E’ opera nostra.- rispose riferendosi ai Malandrini.
Avevo sentito i gemelli Weasley parlare di un oggetto simile ma non lo avevo di certo ricondotto a lui. Avrei dovuto aspettarmelo.
Individuammo un’aula vuota e mi ci trascinò.
-Finalmente soli.- decretò una volta che ebbe chiuso la porta alle nostre spalle per poi sollevarmi di peso e mettermi a sedere su un banco, sorridendo furbo.
-Sei anche presuntuoso, oltre che bugiardo.-
-Mi conosci.-
Mi baciò e non potei trattenermi dal circondargli il collo con le braccia, letteralmente stregata dai suoi modi e dai suoi occhi che mi erano mai sembrati belli come in quel momento. Energici, limpidi e sinceri.
Avevo resistito troppo a lungo e forse non sarei neanche mai riuscita a tornare al mio tempo: perché votarmi al sacrificio e all’astinenza?
Giorno dopo giorno quel ragazzo aveva occupato uno spazio sempre più ampio nel mio cuore e non avevo più la forza per nasconderlo. Sarei rimasta lì, con lui. Non facevo che pensarci.
Chi diceva che sarei dovuta tornare nel mio tempo? Non avevo nessuno con cui affrontare la morte e la paura mentre lì, quando fosse arrivato il momento, sarei stata stretta tra le braccia di Sirius e forse le cose sarebbero andate diversamente, insieme.
Il mondo era pieno di Auror, la mia assenza, se avessi abbandonato il mio futuro per quello alternativo in cui speravo, non avrebbe di certo comportato un disastro di chissà quale proporzione.
-Come ho potuto vivere diciassette anni senza di te?- mi chiese scostandomi una ciocca di capelli rossi dal viso.
Aveva vissuto molto di più senza di me e neanche lo sapeva. Mi chiesi se nel caso in cui fossi tornata da dov’ero venuta, i suoi ricordi sarebbero cambiati e avrebbe avuto memoria di quel che ci stava succedendo. Sarebbe stato un bel po’ confuso nel vedere l’odio che mi riservava artificialmente sostituito dalla devozione che leggevo nei suoi occhi in quel preciso istante.
Lo baciai e i nostri sorrisi si unirono mentre le mie mani cominciavano a slacciargli i bottoni della camicia dell’uniforme facendolo ridere.
-E pensavo di essere io a dover calmare i bollenti spiriti.-
-Calma i miei se ci riesci.- risposi furba accarezzandogli il torace mentre i miei occhi affondavano impertinenti nei suoi, beati.
Non eravamo ancora passati alla fase successiva, Sirius Black, contrariamente a quanto le apparenze e i modi facessero desumere, era un gentiluomo ed io ufficialmente ero una giovane alle prese con il primo amore. E forse era proprio vero.
Avevo già fatto le mie esperienze ma non avevo mai provato quelle sensazioni, niente di più di una accettabile attrazione, quanto bastasse per rendere gradevole la compagnia.
Alan McDrew, ad esempio. Un brav’uomo e anche abbastanza bravo sotto le lenzuola. Ma ciò che provavo con lui non era neanche lontanamente paragonabile alle sensazioni che Sirius riusciva a trasmettermi anche solo sfiorandomi.

-J. hai pensato di richiamare McDrew? Ieri sera avete..-
-Si, Tonks. Abbiamo.-
Alan McDrew, mio collega e amico al Ministero mi aveva chiesto di uscire un paio di volte e dopo nessuna di esse mi ero convinta a richiamarlo.
La sera prima eravamo stati ad una rappresentazione teatrale di una compagnia francese e, galeotti il vino pregiato e l’atmosfera in stile belle epoque, avevamo concluso la serata sotto le lenzuola. Probabilmente era il caso che mi dessi una mossa prima che si stufasse di venirmi dietro, non ero più una ragazzina che potesse permettersi di fare la capricciosa e Tonks non faceva che ricordarmelo.
-McDrew?- chiese Sirius stravaccato su una sedia poco lontano, in salotto.
Non avevo notato quanto fosse nervoso, quel giorno, ma quando mi voltai verso di lui per rispondergli notai che aveva la mascella contratta e l’aria di uno che aveva trascorso una giornata davvero tremenda, il che probabilmente era anche vero ma io non potevo saperlo, essendo stata fuori con Alan per tutto il mio giorno libero.
-Si.- rispose Ninfadora prima che potessi replicare, guardandomi severa.-Jales non si convince a prendere una decisione, quell’uomo muore per lei, sarebbe un ottimo compagno.- tornò a rivolgersi a me.- E’ un Auror anche lui e non avresti difficoltà a conciliare famiglia e lavoro e..-
-Famiglia?! Dora piantala! Non la voglio una famiglia adesso!-
-Non sarebbe capace di badare neanche ad una Puffola Pigmea e tu le proponi di mettere su famiglia?- intervenne con tono stronzo l’uomo che sedeva con noi, guardandomi torvo.
-Ma nascerebbero dei bambini bellissimi!- infierì Tonks fingendosi intenerita.
-Figli? Per la barba di Merlino, Tonks,non pensavo odiassi così tanto i bambini!-
Aveva superato il limite e non mi importava se stesse scherzando. –Sei bravo a sputare sentenze, tu, che sei troppo impegnato ad autocommiserarti per cercarti una donna. La cosa più simile ad una compagna che tu possa vantare è Kreacher!-
Mi guardò pieno di rabbia, colpito dove faceva più male e senza dire una parola se ne andò, sbattendo la porta del salotto.
-Siete sempre i soliti.- commentò Tonks, contrariata.-E ora che stai facendo?
-Chiamo McDrew!

Ridacchiai, a quel ricordo.
-Perché ridi?-
-Niente.- scossi la testa accarezzandogli la folta chioma scura che ricordava terribilmente il bel pelo nero della sua versione canina, facendomi venire un’idea. -Sai, l’altro giorno mi è successa una cosa strana..
-Ovvero?
-Secondo te cosa ci farebbe un cane ad Hogwarts?
Strabuzzò gli occhi e rischiò di soffocare, preso alla sprovvista da una domanda più che lecita. Chiunque non avesse saputo della natura dei Malandrini avrebbe di certo trovato strana la presenza di un cane quanto di un cervo dentro le mura.
-Beh.. magari un cane selvatico, nella Foresta Proibita ci sono creature di tutti i tipi. Sicura non fosse un lupo.. oppure il gramo?- cercò di ironizzare per deviare l’argomento.-A proposito l’altro giorno a Divinazione..
-Era dolcissimo, sai?- dissi, languida, inclinando il capo per godermi la sua reazione.
-Si?- sembrava improvvisamente interessato e partecipe.
-Si. Aveva un pelo magnifico e poi gli occhi.. sembrava volermi dire qualcosa.
-Forse voleva farlo davvero.- buttò lì posizionandosi meglio tra le mie gambe e cominciando a slacciare a sua volta la mia divisa.
-Cosa, ad esempio?
-Mh, tirando ad indovinare, magari..- fece scivolare la camicetta scoprendomi le spalle e cominciando a percorrerle con le labbra, lento e misurato, facendomi sospirare. –Magari voleva chiederti cosa ci facessi lì invece che con il tuo irresistibile ragazzo.
Finsi un’espressione confusa.-Ma io non ho un ragazzo irresistibile. Deve avermi scambiata per qualcun'altra.
Si bloccò rivolgendomi uno sguardo contrariato e scettico. -Ah no?
-No.- infierii con tono innocente scuotendo la testa.
Fortunatamente capì che si trattava di un dispetto e il solito sorriso petulante non tardò a riprendere il suo posto su quel viso perfetto mentre lanciava un’occhiata all’orologio.
-Guarda che ora si è fatta! La lezione di Storia della Magia sarà finita e James mi aspetta per accompagnarlo all’allenamento.
Cominciò a riabbottonarsi la camicia sotto il mio sguardo allarmato. –Cosa? Tu.. allenamento? Non può andarci da solo, per oggi?
-Mh?- chiese distrattamente ricomponendosi.-Direi di no! Dopotutto non ho mica una ragazza irresistibile che mi motivi a dar buca al mio migliore amico.
Cercai di corromperlo in ogni modo ma sembrava determinato a vendicarsi e alla fine, sconfitta e tornata presentabile, feci strada fuori dall’aula senza degnarlo di uno sguardo mentre quel maledetto sghignazzava, soddisfatto.

-Dimmi dove si trovano.-
-Godric’s Hollow, mio Signore.-
Una voce sibilante, una voce spaventata. Intorno a me era tutto tremendamente buio e le pareti troppo strette, troppo vicine.
Le voci si moltiplicarono e cominciai a correre lungo un corridoio che sembrava infinito, sapevo a chi appartenevano. Dovevo fermarli.
Corsi e senza sapere come mi ritrovai in una stanza improvvisamente bella, accogliente, illuminata dalla luce di una abajur posata su un comodino.
Vidi una culla e una donna che vi girava intorno con in braccio un bambino.
-Lily!-
Ma lei non si voltò.
Udii delle voci fuori dalla porta, urla e maledizioni ma lei sembrava non sentirle.
-Lily ti prego, vai via. Lily!-
Dalla mia bocca non usciva alcun suono e non potevo muovermi, non potevo toccarla, non potevo portarla via.
Vidi un mago incappucciato entrare e puntare la bacchetta contro Lily che terrorizzata adagiò Harry nella culla.
-Non ti avvicinerai a lui!-
Urlavo ma non riuscivo a sentire la mia voce, sembrava che tutto fosse immerso nel caos, nelle urla, nel sangue e sentii improvvisamente caldo.
Mi voltai e vidi la stanza adiacente in fiamme proprio mentre Lily cadeva a terra, esanime, e le urla si fecero più definite, più chiare.
-Jales! Jales, dove sei?-
Mia madre urlava dalla stanza in fiamme ed io piangevo, piangevo disperatamente senza riuscire a muovermi di un passo.
-TU! TU LO SAPEVI! E NON HAI FATTO NIENTE!-
Ero fuori, in una strada deserta, di notte davanti alla casa ormai in fiamme e Sirius, adulto, mi urlava contro, scuotendomi violentemente mentre io piangevo e non riuscivo a smettere, mentre il cuore sembrava esplodermi nel petto e l’aria non accennava ad arrivare ai polmoni.
-Sei una di loro, eh? Non hai salvato Lily e James, non hai salvato i tuoi genitori!-
-Jales!-
Perché urlava il mio nome e sembrava improvvisamente così preoccupato? Ero colpevole tanto quanto quei maledetti Mangiamorte, quando Voldermort e ancora di più. Nessuno avrebbe dovuto preoccuparsi per me.
-Jales!-
Aprii gli occhi a fatica, continuando a piangere e vidi Lily chiana su di me e con l’aria spaventata.
-Jales, che è successo? Urlavi e piangevi..-
Non mi importava se le altre ragazze del dormitorio ci stessero osservando e la abbracciai, di slancio.
Era viva, era davanti a me. Ma non lo sarebbe stata, non lo sarebbe stata per colpa mia che non potevo avvertirli e invece avrei dovuto, avrei dovuto rompere quel maledetto Voto Infrangibile e non m’importava se avesse significato la mia morte se in gioco c’era quella di Lily, di James.
Ma cosa avrei potuto dirgli? Cosa avrei potuto fare?
Mi limitai a stringere Lily che si adagiò sul letto accanto a me, accarezzandomi i capelli senza dire una parola. –Calmati, Jay. Ci sono io, con te.

Il giorno successivo decisi che non avevo nessuna voglia di andare a lezione e dato che in realtà non ero neanche una vera studentessa della scuola nessuno avrebbe potuto aver nulla a che dire a riguardo.
In momenti di tranquillità come quelli solitamente si scrive agli amici lontani ma, pensai tristemente, i miei erano davvero troppo lontani perché potessi farlo.
Quella mattina avevo trovato, nella tasca dei pantaloni che indossavo il giorno che mi ero ritrovata catapultata ad Hogwarts, il cercapersone che mi aveva regalato Tonks ed avevo avuto l’istinto di premere il bottone ma Dora, in quell’epoca, era solo una bambina e non avrei di certo potuto mettermi in contatto con lei tramite un regalo che mi avrebbe fatto tanti, troppi, anni dopo.
Mi recai comunque alla Guferia, senza un motivo preciso, pensando a quel che avrei voluto scrivere a Tonks, se avessi potuto.
Mi ero innamorata, mi ero innamorata come una ragazzina e Sirius era esattamente il contrario rispetto alla persona che le avevo sempre detto di desiderare.
Era presuntuoso, arrogante e incredibilmente irritante, alle volte, ma quando lo guardavo mi sembrava che il mondo, il tempo e tutto il resto ci si stringessero intorno, come a stringerci in una bolla tutta nostra, privata e meravigliosa.
Pensai agli sguardi che Dora e Remus si scambiavano continuamente, nel mio tempo, lei era testarda come poche persone al mondo e come mi aveva detto più di una volta, era certa che ci fosse qualcosa tra di loro.
Se il giovane, placido e misurato Remus che avevo conosciuto in quei giorni avesse saputo che si sarebbe imbattuto, un giorno, in una tipa stramba come Tonks non ci avrebbe creduto. Era tipo da ragazze calme e semplici, tutto il contrario della mia esuberante e particolare migliore amica.
Innamorarsi era una bella grana per tutti, insomma, ed evidentemente neanche io, la donna ghiacciolo, ne ero immune.
-Non ti facevo tipo da saltare le lezioni, Carter!- esclamò allegro James Potter salendo gli ultimi gradini della torre.
-Tu invece hai proprio la faccia adatta, Potter.-
Era il classico ragazzo perfetto in tutto, brillante ed intelligente, James Potter. L’anima della compagnia.
Aveva sempre la risposta pronta ed era l’unico, prima che arrivassi io, che riuscisse a tener testa a Sirius, rimettendo al suo posto con una battuta o, talvolta, persino con una parola detta al momento giusto.
-Scrivi a qualcuno?- mi chiese avvicinandosi ad un Gufo e consegnandogli una lettera.
-So che è strano ma.. no. Non sapevo dove andare e mi sono ritrovata qui.- risposi cercando di dire la verità senza espormi.-Tu invece a chi scrivi?-
-Alla mia famiglia..- disse con un sorriso. –Mia madre minaccia di morire di crepacuore se non le scrivo anche solo per una settimana ed io, da bravo figlio, cedo a questi ricatti psicologici. Non è giovanissima ma di certo non corre certi rischi.-
Risi insieme a lui, incrociando le braccia al petto.
-Pretende che le scriva anche Sirius con la stessa frequenza, sai, lo considerano come un figlio.-
-Già, mi ha accennato qualcosa.- risposi vaga sperando che mi desse qualche particolare in più.
-Mia madre è una Black, sai?- buttò lì, quasi distrattamente, quando il Gufo spiccò il volo.
-Cosa? Una..Black?- non l’avrei mai detto. Quel miscuglio sembrava un po’ come le mie pozioni, strano e potenzialmente dannoso.
-Dorea Black. Già. Ma non credere, non assomiglia affatto agli altri componenti di quella famiglia. Poverini, che delusione.- disse sarcastico storcendo la bocca.-quello che sembrava un fortunatissimo matrimonio purosangue non ha dato gli effetti sperati. Il fatto che mio padre fo-sse un Grifondoro doveva metterli in guardia, comunque.
Lo ascoltavo, affascinata e avida di particolari.
-Quindi tu e Sirius siete.. cugini?- tentai.
-Qualcosa del genere, si, anche se un po’ alla lontana. Peccato che non ci fossimo mai incontrati prima di arrivare ad Hogwarts. I miei non erano abbastanza razzisti per i loro standard e i rapporti non sono mai stati esattamente rosei.-
Le dinamiche delle famiglie magiche erano qualcosa di estremamente affascinante ai miei occhi, forse per via dell’interesse che la teoria del sangue puro aveva sempre suscitato in me: quando i miei erano morti non avevo idea del motivo per cui quella gente avesse bruciato il negozio. Attraverso i miei occhi di bambina lo avevo visto come un tragico incidente, un incantesimo andato storto.
Degli Auror mi avevano portata via di lì, per mettermi in salvo e una di loro si era inginocchiata davanti a me.
Nella mia mente, il suo sguardo mortificato e arrabbiato era ancora vivido come una fotografia.
–Devi essere forte, bambina mia.-
Ed io gli avevo fatto la domanda più diretta e scontata del mondo, l’unica che una bambina che era appena rimasta orfana potesse fare, senza sapere quanto terribile sarebbe stata la risposta che avrei ricevuto.
-Perché?-
-Jales? Sei con me?-
James mi sventolava la mano davanti agli occhi con il suo solito sorriso sghembo stampato sul volto.
-S-scusami..-
Sentivo gli occhi lucidi e la gola chiusa e lui dovette notarlo perché la sua espressione mutò, improvvisamente seria e preoccupata.
-Qualcosa non va?-
Scossi il capo, sospirando. –No, solo.. brutti ricordi. Torniamo giù?-
Attraversammo il parco per tornare a scuola ipotizzando possibili svaghi per quella giornata di irregolare vacanza quando sentimmo abbaiare.
-Mi sembrava proprio strano che tu fossi diventato improvvisamente diligente, Felpato.- lo schernì James mentre ci fermavamo per permettere al cane nero di raggiungerci.
-Ma se è un cucciolo tenerissimo.- infierii chinandomi e strapazzandogli il muso mentre lui cercava di divincolarsi facendomi ridere.
Da quando mi aveva confessato la sua natura di Animagus erano più le volte che me lo ritrovavo tra i piedi in forma canina che quelle in cui potevo abbracciare il mio ragazzo. Diceva che quando si trasformava diventavo molto più dolce e che se per ricevere un po’ di tenerezza avesse dovuto assumere sempre quella forma pelosa avrebbe potuto anche ponderare l’idea di una trasformazione permanente.

-Credo proprio che mi tocchi mostrarti una parte di me che non conosci ancora, spero solo che tu non la preferisca al resto, come temo proprio che farai.- mi avvertì, sorridente, prima di alzarsi le maniche della camicia. -Stai a guardare, dolcezza.-
Mi feci indietro, interdetta per quell’appellativo tanto ruffiano, e lo vidi trasformarsi nel bellissimo cane nero che conoscevo bene. Dovevo fingermi sorpresa così mi chinai su di lui, sgranando gli occhi.
-Sei un Animagus! Non è.. legale!- risi accarezzandolo e cercando di suonare credibile.
Mi posò le zampe sulle spalle e mi buttò a terra, leccandomi ripetutamente una guancia e scodinzolando.
-Ora si spiegano tante cose, Felpato!-
Abbaiò, guardandomi felice mentre affondavo le mani nel suo pelo, coccolandolo.
-Sei davvero il mio cagnolino da compagnia, allora!-
In tutta risposta mi beccai un leggero morso sul braccio e un ringhio basso di ammonimento che seppi di meritare sul serio.

-Quant’è bello questo cucciolone? Su, mostra i denti, fammi vedere quanto sei feroce!-
Mi divertivo un sacco a prenderlo in giro, seduta per terra a gambe incrociate mentre lui stava steso, comodo e rilassato, con una zampa posata sulla mia gamba.
-Non vedevo l’ora che lo sapessi per poter avere una alleata.- scherzò l’altro prendendo un bastoncino. –Dici che se lo lanciassi me lo riporterebbe?-
Eravamo in punto deserto del parco, troppo vicino alla foreste perché gli studenti si avvicinassero.
-Adesso basta!- esclamò Sirius ritrasformatosi velocemente prima di scagliarsi sul suo migliore amico, buttandolo per terra.
Sembravano proprio due bambini, quei due, e il loro legame era evidentemente qualcosa di indistruttibile, era il motivo per cui Sirius era così affezionato ad Harry; non sono era il figlio del suo migliore amico ma somigliava tremendamente a James, sotto tanti, forse troppi, aspetti.
Cosa avrei detto ad Harry, una volta tornata indietro? Avevo la possibilità di salvare suo padre eppure.. non mi era concesso farlo.
-Jales?-
Sirius si era avvicinato a me, stranito. –Che cos’hai?-
Era sempre più difficile controllare i miei sbalzi di umore, reprimere le mie paure e le mie consapevolezze e quando mi prese il volto fra le mani e mi baciò, per la prima volta mi sentii distante, come se tutto ciò che mi circondava fosse un sogno e stessi per svegliarmi.
-N-niente, non mi sento granchè bene, credo che farò un salto in infermieria. Ci vediamo dopo.- presi le sue mani e le allontanai per poi alzarmi e avviarmi velocemente verso il castello sotto i loro sguardi straniti.

Song: Just like heaven - The Cure

Artwork: JeyCholties

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


Time after time 8

Time after time

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8-I didn't mean to kiss you,
You didn't mean to fall in love,
I never meant to hurt you,
We never meant for it to mean this much.
Hush hush, now.

Quattordici Febbraio e un Dormitorio invaso di smancerie. Fidanzati vicini e lontani, avevano manifestato il loro amore nei confronti delle rispettive ragazze con dolci e fiori di ogni specie e dimensione e lo sconcertante spettacolo mi indusse a nascondermi sotto le coperte. Già dopo pochi secondi di veglia ero certa di aver visto abbastanza.
Restai con la testa nascosta sotto il cuscino finchè la maggior parte delle ragazze con cui condividevo il Dormitorio non fu scesa a colazione e quando lo scostai leggermente per assicurarmi di avere via libera quello mi ripiombò addosso, più pesante e irruento.
-Sei zitella e acida dentro, tu!- mi rimproverò Lily che era piombata senza alcuna grazia sul mio letto, già vestita e pettinata.
-Mai detto il contrario, Lils! Non raggiungi il tuo consorte?- chiesi speranzosa. Era Domenica e non avevo alcuna intenzione di alzarmi da quel letto per vedere stupidi cuori ovunque.
-Per la barba di Merlino, speravo che Sirius fosse riuscito ad addolcirti almeno un po’ e invece..-
-Sono una causa persa, amica mia. Neanche Gilderoy Allock potrebbe..-
-Chi?-
Mi resi conto che l’avvenente e altrettanto stupido scrittore doveva essere ancora un perfetto signor nessuno in quell’epoca e sperai che la rossa non volesse davvero approfondire.
-Nessuno. E allora? Non vai da James?-
-Si che vado da James, devo ancora dargli il suo regalo! E’ incredibile.. sei anni passati a sfuggirgli per poi capitolare così, come una sciocca qualsiasi!-
Risi, intenerita, mettendomi a sedere. –Mica una sciocca qualunque, tu sei LA sciocca!-
Strinse le labbra trattenendo un sorriso e afferrò un cuscino dal suo letto, vicino al mio, per colpirmi.
-Senti chi parla! Ti lascio alla tua solitudine e vado a cercare il mio fidanzato prima che venga sommerso dai dolcetti delle sue spasimanti. Se dovessi sentire delle urla vorrà dire che ne ho affatturate un paio.- brontolò alzandosi. –E fossi in te darei anche un’occhiata a Sirius. Non è di certo uno che passa inosservato.-
Uscì dal Dormitorio mentre le sue parole si insinuavano nel mio cervello come un tarlo nel legno. Provai a soffocare la gelosia e a riaddormentarmi ma ogni sforzo si dimostrò vano. Ringhiai scalciando le lenzuola per poi alzarmi.
-Maledetto Black!-

-Hey tu, straniera!-
Quel che vidi confermò i miei timori e fece guadagnare una serie di tacite e, fortunatamente per loro mentali, maledizioni ad un paio di ochette che si aggiravano nei paraggi.
-Pensi di potermi fare un autografo, Black? Mh, hai le mani troppo impegnate anche per una maledetta piuma.- sbottai acida mentre mi si accostava, con le mani piene di dolci.
-Qualcuno è geloso, da queste parti?- chiese gongolante come se la mia fosse esattamente la reazione che aveva sperato.
-Figurati!- sbuffai liquidandolo con uno sbrigativo movimento della mano e prendendo a camminare a passo svelto.
-Miss Gelosia, avrei una proposta.- disse senza smettere di gongolare, camminandomi accanto.
-Sentiamo. Vuoi che ti aiuti a smistare i tuoi regali o a rispondere alle lettere delle tue fans?-
-E piantala! Non hai visto James!-
Povera Lily, probabilmente anche lei era immersa nel bollente brodo di ormoni che i nostri rispettivi ragazzi sembravano causare tra le più giovani.
Faticavo a definirlo il mio “ragazzo” ma in fondo, continuava a sottolineare la mia coscienza, era proprio così.
Passavamo il nostro tempo insieme più di quanto non facessimo prima ed i nostri amici si erano abituati ai nostri battibecchi ormai molto più maliziosi.
-Potremmo passare la giornata ad Hogsmeade e tornare per la festa di stasera.- disse circondandomi le spalle con un braccio dopo aver depositato i suoi regalini nella sacca sotto il mio sguardo indispettito.
Gli studenti avevano organizzato una specie di party nella Sala Grande e gli insegnanti, nonostante la strenua opposizione della McGranitt, non avevano potuto negare loro un evento che sarebbe stato, a detta del Professor Silente, una magnifica occasione per festeggiare la pace prima che iniziasse il countdown per i M.A.G.O.
-Oh ti prego! Non vorrai andare a quella stupida festa?- mi lamentai, buttando la testa indietro.
-Gli altri ci andranno e.. beh, dopotutto sarebbe la nostra prima festa insieme.- sembrava tenerci davvero tanto e mi sentii cattiva ed insensibile a non essere altrettanto emozionata all’idea. Non lo facevo affatto tipo da amare le feste, soprattutto quelle piene di fiori e cuoricini, ma alla fine acconsentii.
-D’accordo, Black. Anche se dopo il colpo basso dell’altro giorno dovrei proprio mandartici da solo.- ridacchiò, cogliendo il mio riferimento all’esito della nostra fuga da Storia della Magia.
Ad Hogsmeade passeggiammo per i negozi e grazie al cielo non mi propose né dolci né fiori.
-So che non è il tuo genere.- si giustificò.
-Jales, ho notato una cosa strana. Praticamente tutti qui a scuola hanno un Gufo o una Civetta mentre tu continui ad usare quelli della Guferia.- disse mentre un Barbagianni planava sulle nostre teste, come se avesse desiderato chiedermelo da molto tempo.
-Io.. avevo una Civetta, una volta.- mi costava tantissimo parlare del mio passato e la voce, normalmente decisa e ferma, mi tremò alla sola idea di dovergli raccontare di me. Mi guardava, in attesa e mi costrinsi a continuare. –Si chiamava Penelope, un animale intelligente come pochi altri.-
-Che fine ha fatto?- chiese mentre continuavamo a passeggiare, sul sentiero che portava alla Stamberga Strillante.
-E’ morta durante una delle mie consegne.- non potevo di certo spiegargli che stava portando un messaggio al Ministero quando quegli abominevoli Mangiamorte l’avevano colpita.-non potrei mai sostituirla, era.. è stata un regalo dei miei genitori.-
Poggiò la schiena alla staccionata e mi attirò a sé. –Non mi hai mai parlato di loro.-
Non aveva mai fatto domande, sempre discreto e paziente ogni volta che, toccando argomenti troppo personali, mi irrigidivo e cambiavo bruscamente argomento.
-Loro sono morti quando ero una bambina, un mese prima che entrassi a scuola.-
Mi guardò, serio e con gli occhi pieni di dolcezza; probabilmente quell’ammissione rispondeva alle milioni di domande che la mia ritrosia doveva aver scatenato in lui.
-Deve essere stata dura per te.- sospirò, quando capì che non avrei approfondito l’argomento, accarezzandomi i capelli delicato come solo lui sapeva essere.
-Ognuno di noi ha la sua parte di dolore. Neanche tu hai avuto un’infanzia semplice, dopotutto.- cercai di darmi un contegno ma a lui non la diedi a bere e mi strinse.
Mi baciò il capo senza allentare la stretta che io ricambiai, sentendomi al sicuro. Era come un incastro, due parti di un marchingegno che potevano funzionare solo insieme, rappresentando da sole solo capolavori di una tecnologia fredda e praticamente inutile.
Mi sentivo come se le mie emozioni si stessero legando alle sue, annodandosi strette come le nostre mani intrecciate e mi scostai quanto bastava per posare le mie labbra sulle sue.
-Romantica una camicia zuppa di lacrime, eh?- ironizzai asciugandomi gli occhi.
-Lo hai fatto solo perché speravi che la togliessi. Sei la solita.- rispose, indossando di nuovo la sua espressione presuntuosa.
-Mi hai scoperta.- dissi ridendo e piangendo allo stesso tempo.

Fortunatamente lo stile della festa, seppure molto più rosa, fu meno formale della festa di inizio anno e potei evitare un abbigliamento troppo elegante. Quando ero arrivata, o meglio piombata, nella Hogwarts degli anni ottanta, Silente mi aveva procurato un baule con un po’ dell’abbigliamento necessario, mostrando un gusto impeccabile e discreto.
Indossavo un vestito molto semplice, nero, che accendeva i miei capelli come una lampadina ma Sirius mi guardava come se avessi portato l’abito più elegante del mondo o, sospettai, come se fossi stata nuda.
Mi cinse i fianchi con fare possessivo mentre ci univamo ai nostri amici. Lo scorno con Peter continuava a lasciare strascichi non indifferenti e i due non si rivolgevano la parola fatta eccezione per piccoli scambi di pura cortesia.
-Black.
-Minus.
Si guardarono torvi finchè Peter non decretò di aver voglia di bere e si avvicinò al buffet, lanciandoci occhiate inquietanti. Mi sorprese molto vederlo chiacchierare con dei Serpeverde, uno dei quali riconobbi come il degno compare di Rosier e Piton. Marchiato anche lui, con ogni probabilità.
-Se continui a guardarlo finirà per illudersi.-mi riprese Remus quando Sirius si fu allontanato per prendere da bere per entrambi.
-Secondo te che ci fa con gente come quella?- speravo di indurlo a riflettere, di metterlo in guardia come potevo senza avere il permesso di essere esplicita. Dopotutto io sapevo perfettamente cosa c’entrasse con loro, cosa sarebbe diventato nel giro di pochi anni. Il più viscido e vile dei traditori, il più meschino e codardo dei maghi.
-Non lo so, li frequenta spesso per ora, quando non è con noi.-
Non potei che sentirmi in colpa. –Mi dispiace, Rem. Ho fatto un casino.-
-Smettila. Non hai fatto proprio niente. Non decidiamo noi di chi innamorarci.-
Ricambiai il sorriso che mi aveva rivolto e allungai la mano per stringergli il braccio, grata. Aveva ragione. L’amore non era qualcosa che potessi scegliere, non era una decisione da prendere. Ti ci ritrovavi dentro senza neanche sapere come e ogni resistenza è perfettamente inutile.

-Cerca di non esagerare, non ho intenzione di portarti in braccio al Dormitorio.- mi avvertì Sirius.
-No?- chiesi, improvvisamente maliziosa.
-Non giocare con il fuoco, Carter. – mi riprese, cogliendo la tacita proposta che i miei occhi gli avevano rivolto, prendendomi il mento tra le dita e sollevandomi il viso verso il suo.
-Signorina Carter, avrei bisogno di scambiare due parole con te.
La voce di Silente mi raggiunse interrompendo l’idillio del momento e facendomi sobbalzare.
-Certo, professore.- risposi, seria, temendo già cosa avrebbe avuto da dirmi. -Arrivo.-
Afferrai la giacca e seguii il preside che mi fece strada, fuori dal castello.
-Una notte incantevole, non credi?- disse, vago, guardando il cielo scuro e pieno di stelle.
-Cosa deve dirmi, professore? Non serve indorare la pillola.- lo incoraggiai tenendo lo sguardo basso e torcendomi ferocemente le mani.
-Fino a qualche mese fa l’avrei definita una buona notizia ma adesso.. forse è semplicemente qualcosa che devi sapere. I maghi cui mi sono rivolto forse hanno trovato un modo per aggiustare la giratempo. Ci vorrà del tempo, è ovvio, ma tornerai nella tua epoca.-
Mi fermai, turbata, e lui mi assecondò, aspettando la mia reazione. –E se io non volessi? Se volessi... restare qui e..-
-Sai meglio di me che non è possibile. Non puoi alterare il corso degli eventi.-
-Ma l’ho già fatto!- replicai più irruenta di quanto avessi voluto, passandomi le mani tra i capelli.
Silente sospirò, riprendendo a camminare e invitandomi a seguirlo mentre costeggiava il lago.
-Capisco quanto sia difficile ma tutto avrà un senso, vedrai. Niente è come sembra.-
Quella frase continuò ad echeggiare nella mia testa mentre il mio cuore avrebbe davvero voluto che tutto fosse stato esattamente come sembrava.

-Per favore, ragazzi.- James ci rivolse un’occhiata a metà tra il divertito e lo scocciato. –Spero non abbiate intenzione di tubare per tutta la sera.
Tornata dai miei amici mi ero stretta a Sirius, anche se con la mente ero ancora bloccata alla mia conversazione con il preside: volevo vivere al massimo gli ultimi momenti che mi erano concessi ma il pensiero di lasciare tutto mi terrorizzava a tal punto da togliermi il respiro.
Sirius mi stava accarezzando il braccio, mentre stavo seduta sulle sue gambe, vicino al buffet, davanti a James e Lily che ci guardavano inteneriti.
-Hai perso credibilità, Jales.- mi schernì Lily, ridendo, felice e spensierata come ogni ragazza della sua età.
-Dissero Romeo e Giulietta.- risposi guardandoli di sbieco prima che il respiro del mio ragazzo sul collo mi distraesse.
-Credi che potremmo accelerare i tempi? Che so.. finisci il drink, ti fingi ubriaca e così posso portarti in braccio fino al settimo piano?-
Quel tono di voce avrebbe dovuto essere dichiarato illegale e ancora più esilarante era il fatto che non fosse la prima volta che mi ritrovavo a pensarlo.

-Bene, ragazzi. Oggi Tonks ha pensato bene di darci buca e Mr. Latitanza ha deciso di offrirsi volontario per gli addestramenti.-
Mancavano poche settimane all’inizio dell’anno scolastico quando Harry Potter era arrivato al numero dodici di Grimmuld Place e date le circostanze non esattamente rosee l’Ordine aveva deciso di integrare il suo programma di protezione con una sorta di addestramento.
I miei impegni con il Ministero non si conciliavano bene con il ruolo di scorta del ragazzo e non mettevo piede a casa mia da giorni, ormai, ma sentivo la responsabilità della sua incolumità molto più di quanto avrei voluto. Anche lui era orfano, proprio come me, e se per me era stata dura, sopravvivere, per lui lo era indubbiamente molto di più.
-So che alcuni di voi si sono già trovati coinvolti in situazioni critiche e non mi riferisco solo ad Harry.- continuai rivolta ai fratelli Weasley e ad Hermione che mi guardavano, attenti. –ma adesso dovete essere pronti a duellare, la vostra bacchetta deve essere più veloce dei vostri pensieri, niente tentennamenti.-
-Adesso Carter ed io vi mostreremo ciò che intende dirvi.- intervenne l’uomo posizionandosi ad una decina di metri da me.
Afferrai la bacchetta e la strinsi, pronta a difendermi e ad attaccare. Sapevo che era un mago molto abile e furbo e soprattutto che quella simulazione sarebbe stata molto interessante.
-Expelliarmus!
-Scudo!- con energia rigettai il suo incantesimo e con la bacchetta ancora stretta in mano mi portai qualche passo avanti. –Più veloce, la prossima volta. Vedete ragazzi? La velocità è tutto, non crediate di..-
Dovetti interrompere la mia spiegazione per scansare velocemente un getto di luce che mi volò sul capo.
-Stupeficium!- risposi d’istinto ma il mio colpo andò a vuoto perché Sirius Black non era più nel punto in cui lo avevo lasciato.
Prima che potessi guardarmi intorno sentii un braccio bloccarmi alle spalle e la punta di una bacchetta puntata alla gola.
-Vedete ragazzi?-mi citò,-chiacchierare è proprio ciò che non dovete fare mentre duellate- 
Potevo avvertire il suo sorriso vittorioso anche dandogli le spalle, con la schiena premuta con forza contro il suo petto.

-Cerca di non abbassare la guardia, la prossima volta. Un Mangiamorte di certo non ti avrebbe abbracciata così.- mormorò, basso e roco, in modo che solo io potessi sentirlo, soffiando dritto sul mio collo e procurandomi una intollerabile sensazione di debolezza.

Sorrisi a mia volta, tornando con i piedi per terra.–Se proponessi di saltare anche il drink mi riterresti una depravata?
Avevo bisogno di lui, avevo bisogno di fissare ogni istante nella mia memoria per non dimenticare neanche il più minuscolo dettaglio, il suo odore, il suo sguardo.
Non mi avrebbe mai più guardata in quel modo e non gli sarei stata mai più così vicina.
-Ragazzi, noi facciamo un giro. Ci vediamo.. più tardi?- propose immediatamente agli altri, scattando in piedi e trascinando anche me, senza staccare gli occhi dai miei.
-Si, ovvio.- commentò James con l’aria di chi la sapeva lunga, con un sorriso malizioso stampato sul volto.
Salutammo velocemente i nostri amici e raggiungemmo i Dormitori Maschili, vuoti.
-Qui stanno solo James, Remus, Peter e Frank e non credo che si offenderanno se strego la serratura per qualche ora.
Mentre lui si occupava della porta mi avvicinai alla finestra. Il panorama era diverso da quello che si vedeva dalla finestra del mio Dormitorio e feci vagare lo sguardo sul lago nero come la pece, affascinata.
Sentii le sue braccia circondarmi la vita mentre posava il meno sulla mia spalla. Sembrava che la frenesia di qualche istante prima ci avesse abbandonati lasciando il posto ad una incredibile tenerezza.
Non avrei saputo descrivere cosa provai in quel momento, quando voltandomi gli presi il viso tra le mani, serena, appagata anche solo dalle sue braccia che mi stringevano, salde, e dai suoi occhi persi nei miei.
-Libido e scherzi a parte, Jales, non ti ho portata qui per.. quello.- sorrise, inclinando il capo come a voler imprimere il contatto della mia mano sulla sua guancia. –Mi basta poterti tenere così, vicina.. Per la barba di Merlino quanto sono patetico.-
Strizzò gli occhi, imbarazzato, con una smorfia delle labbra che senza potermi trattenere mi ritrovai a baciare, sollevandomi leggermente sulle punte dei piedi.
Quando ci separammo notai che mi stava guardando con un’espressione improvvisamente troppo seria stampata sul volto.
-Io ti amo, Jales Carter. Questi mesi hanno cambiato tutto, mi hanno.. fatto capire quanto in realtà fossi incompleto, prima.-
Lo guardai, le labbra dischiuse per lo stupore senza riuscire ad emettere alcun suono.
-Anche quando ci limitavamo a battibeccare e criticarci io.. sentivo il bisogno di vederti, sempre. Sapevo che c’era qualcosa di speciale in te, qualcosa che mi attirava come una calamita ogni giorno, ogni ora di più. Il punto è che ho sempre l’impressione che tu mi nasconda qualcosa. So che non è diventato tutto semplice, all’improvviso, te lo leggo negli occhi quando ti bacio e sembri allontanarti, istintivamente, a volte sembra quasi che cerchi di sfuggirmi, sembri altrove, sembri.. spaventata. Ma è davvero solo una mia impressione, Jal? Vorrei che tu mi dicessi cos’è che rende tutto complicato perché.. comincio a temere che qualsiasi cosa sia possa dividerci.-
Come avevo potuto credere che quel momento non sarebbe arrivato? Lo avevo davvero sottovalutato a tal punto? Era troppo intelligente per non notare quei particolari e aveva imparato a conoscermi davvero troppo a fondo per non accorgersi di nulla.
Cosa avrei potuto dirgli? Che prima o poi sarei tornata in un futuro che lo vedeva a pezzi? Che innamorarmi di lui era stato un errore, che non avrei mai dovuto neanche incrociare il suo sguardo?
Avrei davvero voluto che fosse tutto più semplice ma era ogni istante più complicato.
-Ti prego..- mi supplicò, in attesa di risposte.
-Fai l’amore con me. Adesso e.. non chiedermi niente.-
Lo sguardo che mi rivolse mi ferì a morte. Sembrava deluso, sconfitto. Gli circondai il collo con le braccia e non replicò neanche quando lo baciai, disperata, cercando di trasmettergli tutta la mia frustrazione.
-Ti amo anche io, Sirius e questo non dovrai dimenticarlo mai. Qualunque cosa accada.-
Lo vedevo, in bilico tra i suoi dubbi e il desiderio di lasciarsi andare, di amarmi nell’unico modo che non gli era stato ancora concesso e il cuore quasi mi scoppiò nel petto quando lo sentii rispondere ai miei baci, quando mi afferrò, irruento, e mi sollevò così che allacciassi le mie gambe ai suoi fianchi e mi adagiò sul letto, senza pesarmi addosso.
Il suo viso incorniciato dalla ribelle e lunga chioma scura, già un po’ accaldato ma non dimentico delle bugie che ci dividevano, quel viso era qualcosa che non avrei mai potuto dimenticare.
Posò la fronte sulla mia mentre le mani correvano lungo la mia schiena per tirare giù la cerniera del vestito in sincronia con le mie che gli slacciavano la camicia.
-Mentimi, Jales ma.. non lasciarmi. Ti sento scivolare via e non lo sopporto.-
-Non sarà mai davvero un addio, per noi.-
I nostri corpi che entravano a contatto per la prima volta sembravano conoscersi da sempre, sembrava che il mio cominciasse esattamente dove finivano le sue mani e che i palmi delle mie che scorrevano lenti sul suo torace fossero stati concepiti solo per quella funzione. Sfiorava con le labbra i miei punti più sensibili come se li conoscesse già ed io rabbrividivo, istintivamente, stringendomi ancora di più a lui le cui braccia mi circondavano la vita. Gli occhi grigi erano liquidi e le labbra dischiuse emanavano una sensualità incredibile ed io gliele sfiorai con la punta delle dita mentre con lo sguardo percorreva adorante ogni millimetro della mia pelle che mostravo senza alcun imbarazzo, consapevole che in quel momento non avrei voluto essere in nessun altro posto se non lì.
Gettai il capo indietro mentre le sue labbra lo lambivano e lui fece scorrere le dita oltre le scapole, accarezzando lieve l’intera lunghezza della mia schiena e facendomi inarcare ancora di più contro il suo torace con il quale mi scontrai dolcemente prima di riposare la mia bocca sulla sua come se fosse la mia unica fonte di ossigeno, il cuore a mille ed il respiro rotto dall’emozione.
-Sirius..-
Ero certa che non sarei mai più riuscita a sospirare nessun altro nome, che mai niente e nessuno avrebbe potuto eguagliare quel momento né lui. Non avrebbe avuto alcuna importanza quanto tempo sarebbe trascorso, quanto le cose sarebbero cambiate prima di poter di nuovo averlo per me, nel mio tempo, ma non mi sarei mai pentita di essermi innamorata di lui

Song: Hush hush - Avril Lavigne

Artwork: JeyCholties

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove ***


time after time 9

Time after time

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9-Goodbye green eyes
Goodbye for now
Goodbye sunshine
Take care of yourself
I have to go and leave you alone
But always know that I love you so

Sirius sembrava aver accettato l’idea di doversi astenere dal chiedere alcunché e prendemmo il tacito ma evidente accordo di far finta che la conversazione di quella notte non fosse mai avvenuta.
I giorni trascorrevano sereni e mi imposi di non rovinare il tempo che mi restava rimuginando su quanto atroce sarebbe stata la separazione. Ero circondata dagli amici migliori che avessi mai avuto, fatta eccezione per Ninfadora la quale, se fosse stata presente e avesse potuto leggermi nel pensiero mi avrebbe affatturata nel modo più creativo e tremendo possibile.
Fortunatamente Piton aveva mantenuto la sua parola e niente di spaventoso si era verificato, Rosier era stato espulso, nonostante suo padre, per quel che ne sapevo, stesse muovendo mari e monti per farlo riammettere.
Uno schifoso Mangiamorte in meno di certo non costituiva un danno per la comunità scolastica.
-Ma secondo te, mi chiedo, a chi mai può essere stato utile lo studio di Rune Antiche?-
Stavo seduta, o meglio stravaccata, sul divanetto della Sala Comune con la testa posata sulle gambe di Remus che intanto cercava di studiare quella astrusa e inutilissima materia e lo guardavo dal basso, interdetta per l’entusiasmo che dedicava alla lettura del libro.
-E’ una materia molto affascinante, Jales. Solo perché non comprende l’agitare una bacchetta o mescolare una pozione non vuol dire che sia inutile.
Sollevai le sopracciglia cercando di trasmettergli tutto il mio sconcerto e fastidio per il tono ovvio e saccente che aveva usato. –Sei la noia fatta mago.-
-E tu sei una scansafatiche che non li supererà mai, i M.A.G.O.-
-Sirius! Digli qualcosa! Il tuo amico denigra le mie capacità.-
Sirius, seduto poco lontano ed intento a ricopiare la mia relazione di Storia Della Magia si limitò ad arricciare le labbra senza neanche alzare lo sguardo, concentrato.
-Ci sei coricata addosso e sarebbe amico mio?-
-Non sarai mica geloso di Remus?- chiesi allibita, voltandomi verso il nostro amico che continuò ad ignorarmi bellamente, preso e compreso dal suo libro.
-Certo che no, ma fossi in lui ti azzannerei alla prima occasione per questa affermazione. Tutti dovrebbero temere il fascino mistico di Remus Lupin.-
-Ha ancora la testa attaccata al collo solo perché sta con te, Felpato, tienilo a mente. Lasciala e dovranno cercare i pezzi per tutta la scuola.-
Mi imbronciai senza accennare a spostarmi di lì.
-Non incanti nessuno, con quella faccia.-
-Ah ah! Allora stai solo fingendo di studiare! Sirius, il tuo amico guarda me invece di stud..-
Mi ritrovai un cuscino rosso premuto sulla faccia.
-Se tu stessi zitta forse studierei anche! –mi rimproverò quando riemersi, boccheggiante, mentre l’ottanta per cento dei Grifondoro presenti se la rideva.
-Che succede?- chiese James entrando nella Sala Comune e gettandosi su una poltrona vicina.
-Attentano alla mia vita.-
-Ah, senza di me?-

Chissà come sarebbe stata la mia vita se fossi appartenuta davvero a quel tempo, a loro.
Camminando al fianco di Remus lungo l’interminabile corridoio esterno che collegava un’ala del castello all’altra provai ad immaginare come sarebbe stato crescere con loro, fin dall’inizio, e poi costruire un futuro insieme. Lily e James sarebbero morti ugualmente? O avrei potuto essere l’ago della bilancia, il tassello mancante del loro equilibrio?
Dicono che il battito delle ali di una farfalla causa uragani dall’altra parte del mondo. Se avessi sbattuto le mie ali? Se quell’uragano avesse potuto salvarli?
Probabilmente non l’avrei mai saputo.
-Cosa farai? Dopo la scuola, intendo.- chiese Remus e per un attimo mi irrigidii temendo che avesse potuto leggermi nella mente per poi darmi della sciocca. Un ragazzo del settimo anno non poteva ancora avere simili capacità in Legilimanzia.
Avevo già fatto la mia scelta. Ero già quel che avevo sempre sognato di essere.
-Auror. Non ho mai desiderato fare altro che questo.- risposi quando ci fermammo a guardare il paesaggio sotto la galleria.
Con i gomiti posati sulla balaustra guardavo le nuvole salire e il cielo farsi scuro. Avrebbe di sicuro piovuto a dirotto quella sera.
Il tempo dopo la sera della mia conversazione con il Preside sembrava aver cominciato a seguire il flusso delle mie emozioni, ad adattarsi al mio umore.
Il cielo avrebbe pianto al posto mio, quella notte.
-E’ una scelta impegnativa.- rispose guardandomi, curioso. –Una scelta coraggiosa.-
Sorrisi, pensando a quante volte avevo dovuto cercarlo, quel coraggio, per non farmi sopraffare dall’orrore e dalla paura di quella sorta di regime del terrore cui Voldemort sottoponeva il mondo magico. Che la gente accettasse o meno il suo ritorno non cambiava nulla perché, in realtà, ogni singolo mago o strega dotato di un minimo di intelligenza sapeva che non era una bugia di Silente, né di Harry. I segni erano chiari, troppo chiari.
-E’ il sogno che covo dal mio primo anno. Voglio essere quella forte, quella che resiste. Sono una maniaca del controllo, troppo per lasciare che siano altri a difendermi, altri a muoversi mentre io sto dietro una scrivania o dietro un bancone. – sorrisi, mordendomi il labbro. –credo sia una sorta di generalizzata sfiducia.-
Rise, scuotendo il capo e facendo ondeggiare le ciocche castane. –E’ proprio da te.-
-Tu cosa pensi di fare, Rem?-
Sapevo perfettamente cosa sarebbe diventato ma avevo voglia di chiederglielo ugualmente, volevo sapere se la carriera di insegnante era stata un ripiego o una scelta consapevole.
-Vorrei restare ad Hogwarts, insegnare.. Difesa contro le arti oscure sarebbe un sogno. E’ che..- sospirò, improvvisamente cupo,-quale genitore manderebbe il proprio figlio nell’aula di un lupo mannaro? Un lupo mannaro che insegna a dei ragazzini come difendersi. Grottesco, non trovi?-
Potevo avvertire la sua frustrazione anche senza incrociare i suoi occhi tristi.
-E’ solo una parte di ciò che sei. Ma in te c’è troppo di più perché il lupo possa prevalere. Sei un ragazzo intelligente, capace.. e hai un cuore enorme. Cosa vuoi che conti?-
Non rispose, limitandosi ad annuire timidamente. Le mie parole erano quelle di un’amica, gli occhi del cuore vedevano l’uomo dove molti altri avrebbero visto il lupo.
Gli strinsi la mano mentre mi tornava alla mente il ricordo della prima volta che lo avevo incontrato. Il mio professore di Difesa Contro le Arti Oscure aveva preso due settimane di congedo e la cattedra era stata affidata al professor Lupin per la supplenza, la prima volta ad Hogwarts come insegnante.

-Per le mut.. per la barba di Merlino, scusi!
Maledissi a mia sbadataggine che cominciavo seriamente ad attribuire alla compagnia di Ninfadora e mi chinai a recuperare i libri dell’uomo sul quale ero praticamente inciampata.
-Non preoccuparti. Faccio io.- si chinò e raccolse gli ultimi fogli, sparsi qualche metro più lontano.
Quando si rialzò vidi che sorrideva, entusiasta. Non si vedevano spesso persone sorridere a quel modo, con le labbra e con gli occhi. Il viso era molto pallido e da brava osservatrice quale ero notai delle cicatrici semi nascoste dai capelli spettinati sulla fronte.
-Lei è..-
-Sono il vostro supplente di Difesa Contro Le Arti Oscure.- mi informò, cercando di celare la gioia dietro un atteggiamento quanto più possibile professionale. –Remus Lupin.-
Mi porse la mano ed io la strinsi, energica.
-Jales Carter. Corvonero.-
-Lo sospettavo.- rispose, infilando le mani nelle tasche del fatiscente cappotto e facendo un cenno col capo verso la mia divisa.-Anche se personalmente avrei detto Grifondoro.-
Mi guardava in modo strano, l’avrei definito affettuoso se non fosse stata la prima volta in tutta la mia vita che la mia strada incrociava quella dello strano professore.
Il suo aspetto trasandato gli donava un’aria particolare. Una persona indubbiamente eccentrica ma dallo sguardo molto intelligente, attento.
-Io sono stato un Grifondoro. Non tornavo in questa scuola dal mio ultimo anno. - continuò guardando lo spazio circostante, innamorato, e poi tornando a fissare me, studiandomi.
-Non sembra passato neanche un giorno, Carter.- mormorò così piano che, voltandomi dopo essermi congedata, pensai di averlo immaginato.



-Sono felice, Jales. E non credo di esserlo mai stato davvero, prima d’ora.
Sirius aveva convinto i suoi compagni di stanza a concedersi un intero pomeriggio di svago altrove così che noi potessimo usare il Dormitorio per svagarci a nostra volta e in modo sicuramente più efficace. Non fu esplicito ma ovviamente gli altri dovevano aver capito che tornare al Dormitorio prima di sera sarebbe stato parecchio azzardato oltre che traumatico.
-Cerca di non smontare la stanza, Felpato.- lo aveva ammonito Remus, guardandolo torvo prima di voltarsi ed allontanarsi insieme agli altri facendomi ovviamente sorgere un dubbio più che lecito.
-Sei solito demolire i Dormitori? Ed eventualmente… con chi è che avresti posto in essere un tale vandalismo?- non ero propriamente una donna gelosa ma il pensiero di Sirius e di qualsiasi altra ragazza che non fossi io mi dava una spiacevole sensazione di nausea e di insicurezza.
Mi aveva liquidata con una risata roca delle sue senza tranquillizzarmi più di tanto.
-Lo sarei anch’io, Black, se non stessi continuando a chiedermi quante ragazze siano passate per il tuo Dormitorio.- risposi smettendo di disegnare immaginari ghirigori sul suo petto e sul suo ventre asciutto e affibbiandogli un pizzicotto.
-Ti rendi conto che non puoi chiamarmi per cognome in certe situazioni, vero?- eluse nuovamente la mia domanda alludendo al fatto che stavamo entrambi nudi e coperti solo da un leggero lenzuolo sul suo letto dopo aver fatto l’amore più dolce e il sesso più sconvolgente della mia vita.
-Non è una risposta, Felpato.-
Alzai il viso verso il suo e vidi che sorrideva, beato. Fece correre una mano per tutta la lunghezza della mia gamba, da sopra il lenzuolo e si soffermò sul sedere attirandomi a sé con fare possessivo.
-Mi piace che tu sia gelosa, se rispondo non lo sarai più.-
Sbuffai, scettica, posando di nuovo il capo sul suo petto e la mano sul suo addome.
-Tu, invece?-
-Io cosa?- ero stata stupida, stupida ed irresponsabile ancora una volta. Non potevo chiedergli certe cose pensando che non lo facesse a sua volta mettendomi in grave difficoltà.
Provai a distrarlo sedendomi a cavalcioni su di lui, lenta, e cominciando ad accarezzargli le ossa appena sotto il collo con le labbra.
-Il fatto che tu stia cercando di distrarmi mi fa temere una risposta spiacevole.- sbottò scocciato senza però riuscire a trovare la forza necessaria per allontanarmi.
-Vuoi che smetta?- chiesi, maliziosa, mentre con le mani aperte percorrevo la sua pancia, fermandomi poco prima di arrivare a destinazione.
Sospirò mentre gli mordevo il lobo, intraprendente come solo lui riusciva a rendermi.
-Sei una schifosa manipolatrice.- biascicò con la voce un’ottava più bassa del normale.
Con una spinta decisa invertì le posizioni e la sua espressione corrucciata mi fece ridere e dovetti baciarlo, afferrandogli il viso e conducendolo fino alle mie labbra.
-Non mi ero mai innamorata, prima d’ora.- gli assicurai mentre rispondeva alle mie attenzioni con altrettanta foga, accarezzandomi il seno e baciandomi ovunque le sue labbra riuscissero ad arrivare da quella posizione. –Sirius?-
-Sono impegnato, riprova più tardi.- rispose roco sulla mia pelle, tutto preso dalla sua occupazione, facendomi sorridere.
-No! E’ importante!- lo rimproverai tirandogli piano i capelli in modo che sollevasse la testa e mi guardasse.
-Voglio che tu mi faccia una promessa.-
Poggiò il gomito sul materasso, sostenendosi il capo con la mano e guardandomi serio.
-Io.. potrei dovermene andare, Sirius.-
Meritava di sapere come stavano le cose, lo meritava davvero. Non potevo raccontargli nulla, non potevo dirgli la verità ma non potevo neanche scomparire da un giorno all’altro, abbandonarlo senza preavviso.
-Perché?- chiese, accarezzandomi il viso, con aria sofferente.
Chiusi gli occhi godendo di quel contatto e mi imposi di continuare. –Non importa perché, importa che con ogni probabilità dovrò farlo e tu dovrai accettarlo. Voglio che tu mi prometta che non dubiterai mai del mio amore ma che andrai avanti e che.. che non mi cercherai.-
-Che diavolo stai dicendo, Jales?- si era tirato a sedere e il lenzuolo era scivolato giù scoprendolo, quasi a ricordarmi la perfezione di quel che stavo lasciandomi alle spalle.
-Ti prego. Io.. un giorno ci rincontreremo, te lo prometto. – non potevo permettermi di piangere, nonostante il suo sguardo duro mi pesasse addosso come un macigno.
-Quando andrai via?-
-Non lo so.-
Si stese di nuovo accanto a me e mi abbracciò mentre a mia volta gli circondavo la vita con un braccio.
-Sono uno stupido. Odio i tuoi segreti, odio vivere nell’incubo che potrei svegliarmi una mattina e non trovarti più ma non riesco ad odiare te, non riesco a non amarti.-
Potevo sentire la tristezza nelle sue parole trafiggermi il cuore e lo strinsi più forte, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.
Improvvisamente si scostò un po’ tendendosi  verso il comodino per poi aprire il cassetto frugandovi all’interno.
-Voltati.-
Lo guardai interrogativa per poi dargli le spalle: vidi un ciondolo a forma di chiave passarmi davanti al viso e posarsi sul mio petto mentre la catenina fredda mi veniva chiusa attorno al collo.
-Non credo che potrò mai dimenticarti, Jay. Sei andata troppo a fondo per poterti cancellare e.. vivrò ogni giorno nell’attesa del momento in cui ti rivedrò, non mi importa quando, non mi importa come.
-Ti amo, Sirius Black. Ti amo così tanto che mi sta uccidendo. 

Il continuo ed eccitato ciarlare dei miei compagni di scuola stava seriamente cominciando a darmi sui nervi ma capivo perfettamente che per loro la simulazione di un duello era qualcosa di eccezionale e irripetibile così mi limitai ad una smorfia infastidita reprimendo l’istinto di cruciarne un paio.
-Non è fantastico?- mi chiese persino Lily, saltellando allegra e battendo le mani.
Il professore di Difesa Contro le Arti Oscure aveva pensato che quella sarebbe stata una magnifica occasione per gli studenti più grandi di mettersi alla prova e di cominciare ad ingranare quello che avrebbe potuto essere l’uso pratico della magia fuori da quelle mura.
-Dividetevi in coppie!- esclamò altrettanto entusiasta agitando la bacchetta in modo da unire un due dei grandi tavoli della ala grande che cozzarono producendo un fragoroso rumore. Come se gli studenti fossero stati già abbastanza chiassosi.
-Mia. Ma prometto di essere clemente.- esclamò Sirius circondandomi la vita con un braccio e attirandomi a sé.
-Spera solo che dei tanti pezzi resti integro almeno il tuo bel fondoschiena, Black.- risposi a tono dandogli un pizzicotto e facendolo guaire.
-Secondo me non c’è da sottovalutarla.- lo mise in guardia James che si era già prevedibilmente appropriato della sua sfidante che sorrideva, radiosa.
Guardammo i nostri compagni sfidarsi e finalmente capii perché fossero tutti tanto eccitati all’idea di quella simulazione. Se avessero fatto una cosa del genere quando frequentavo la scuola, Tonks si sarebbe divertita un mondo.
Justin Mckenzie finì a gambe all’aria prima ancora di voltarsi per affrontare Phrida Sullivan che se la rideva di gusto, tenendosi la pancia, Ryan Grayson scagliò un Densaugueo ad un povero Tassorosso che dovette premersi le mani sulla bocca per coprire gli enormi denti e Remus lanciò un incanto Furnunculus contro Peter, come se madre natura non avesse fatto già abbastanza.
-Black!- chiamò il professore indicando l’improvvisato tatami magico.
-Madame..- mi porse la mano, galante, aiutandomi a salire sui tavoli, con un sorrisetto furbo che di lì a poco, ne ero certa, sarebbe scomparso da quella sua faccia presuntuosa.
-Vedremo quanto sarai galante quando ti avrò battuto.-
-Non vedo l’ora di scoprirlo. – rilanciò, saccente, voltandomi le spalle.
Percorremmo direzioni inverse contando i passi e fulminea mi voltai, la bacchetta stretta in pugno. –Impedimenta!-
Preso alla sprovvista e con le gambe bloccate da un vincolo invisibile Sirius Black rovinò sulla superficie lignea dopo pochi secondi in cui aveva agitato le braccia per stare in equilibrio.
Tutti cominciarono a battere le mani. –Benissimo, signorina Carter! Il round più veloce della giornata!
Mi avvicinai, fiera e gongolante, al mio ragazzo, chinandomi su di lui che stava ancora seduto sgraziatamente massaggiandosi la schiena.
-Madame..- lo citai porgendogli la mano.
-Sei irritante esattamente come quando ti ho conosciuta, Carter!- sbuffò lui alzandosi da solo senza riuscire a trattenere un sorriso. -Sarò lo zimbello della scuola.-
Saltammo giù dal tavolo e prendemmo posto nelle ultime file, lontani dagli sguardi degli altri ragazzi.
Mi guardai intorno e dopo essermi accertata che il professore fosse distratto lo afferrai per la nuca e lo attirai bruscamente verso di me, bloccandomi a pochi millimetri dalle sue labbra.
-Credi che sia una perversione di dubbio gusto se mi ecciti anche quando ti poni in modo così inadeguatamente virile? – mi chiese senza staccare gli occhi dalle mie labbra mentre le sue si piegavano all’insù.
-Lascerò che sia tu a baciarmi, allora. Non sia mai che ferisca il tuo orgoglio.-
Sollevò un sopracciglio posandomi una mano sul collo e carezzandomi il viso con il pollice. –Feriscimi fino in fondo, ormai.-
Lo baciai, cogliendo l’attimo in cui tutti erano impegnati ad acclamare la vincitrice del duello successivo dal modo in cui mi attirò a sé seppi che la situazione si sarebbe riscaldata oltre il comune senso della decenza se non lo avessi bloccato sul nascere.
-A cuccia, Felpato. Vuoi che ci sospendano per aver leso l’altrui sensibilità?-
-I tuoi baci valgono qualsiasi umiliazione pubblica e qualsiasi punizione io possa mai subire, Jales. Sei diventata fastidiosamente indispensabile, ormai.

-Signorina Carter.-la McGranitt mi sfiorò la spalla mentre, meno di un'ora più tardi, mi avviavo insieme ai Malandrini e a Lily verso la Sala Comune e il suo sguardo mi fece raggelare.
-Il professor Silente vuole vederla, immediatamente.- disse quelle parole in modo talmente dolce che il senso mi fu subito chiaro.
Il mio tempo era scaduto e lei lo sapeva. Il mio tempo era scaduto e non potevo neanche dire addio ai miei amici. A Lily. A James.
-I-io.. arrivo subito, professoressa.-
Feci cenno a Sirius che li avrei raggiunti e, nonostante la curiosità di ascoltare cosa la McGrannit avesse intenzione di dirmi, si allontanò, ormai abituato ai miei segreti.
-Voglio salutarli, professoressa e… e poi farò ciò che devo.-
La professoressa mi sorrise e non credevo di averla mai vista davvero dispiaciuta e materna come in quel momento in cui le sue mani si posarono sulle mie spalle e mi parlò, sottovoce.
-Ci rivedremo, signorina Carter. Nessuno di noi dimenticherà. Lei è già tornata in queste aule, è già tornata in questa scuola.. probabilmente le ho già affibbiato più di una meritata punizione.-
-Ma..professoressa io non..-
-Capirai. – concluse stringendo la presa sulle mie spalle.-Buona fortuna.-
Quando mi voltò le spalle i circuiti della mia testa si misero in moto e tutto ebbe senso, all’improvviso. Come avevo potuto essere così stupida? Come avevo potuto essere così cieca?
Corsi così velocemente da non riuscire a respirare, rincorrendo i miei amici, alcuni dei quali non avrei mai più rivisto.
-LILY!-
Lily stava per passare attraverso il ritratto ma sentendo la mia voce si fermò, guardandomi confusa.
-Che succede, Jay? Sembri..-
Le buttai le braccia al collo e le lacrime cominciarono a scendere, silenziose. Non l’avrei salvata, non potevo. Era già successo, non dipendeva da me né da nessun altro. Né da Hermione e la sua giratempo, né da Silente, né da nessun altro.
Era tutto scritto, tutto terribilmente inciso in un disegno che non potevamo cancellare. Quelle incisioni si marchiavano a fuoco sulla nostra pelle ogni istante, ogni momento in cui perdevamo qualcosa o qualcuno ed era tutto profondamente ingiusto.
-Io devo..tornare a casa, è.. un’emergenza.- cercai di spiegare dandomi un contegno.
-Tornerai, vero? Cioè..- aveva sgranato gli occhi, scostandomi in modo da potermi guardare in viso.
-No, Lily.. io.. tu sei..-affondai il viso tra le mani e ringhiai.-Quant’è difficile! Lily tu devi sempre.. tenere a mente che dovunque sarò e dovunque sarai, io ti voglio bene e..questi mesi sono stati i più belli della mia vita.-
-Ma che stai dicendo? Tu non puoi andartene così! Gli altri..-
-Dovrai salutarli tu per me , io..non ne avrei la forza. Di’ loro che mi dispiace e.. a Sirius che lo amo e di ricordare quel che gli ho detto. Lui capirà-
-E’ un addio, Jay?-
Trattenni un singhiozzo, premendomi una mano sulle labbra. Per noi era un addio. Non avrei mai più incrociato i suoi occhi verdi se non attraverso suo figlio, non avrei mai più sentito la sua risata spontanea e sincera.
-Promettimi che non ti dimenticherai di me.-
-Te lo prometto, Lily.-


Song: Goodbye - Avril Lavigne (con una piccola modifica, ho sostituito, per ovvie ragioni, "goodbye brown eyes" con "goodbye green eyes".)

Artwork: JeyCholties

Piccolo avviso alle meravigliose lettrici (e meravigliosi lettori, ammesso che ce ne siano), il prossimo sarà l'ultimo capitolo della storia perciò rimando i ringraziamenti ufficiali al prossimo aggiornamento. Un bacio, A.

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci ***


time after time 10

Time after time

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10- I've tried to go on like I've never knew you
I'm awake but my world is half asleep
I pray for this heart to be unbroken
But without you all I'm going to be is
Incomplete.

-Sono qui, professore.
Avanzai verso Silente che, silenzioso, mi attendeva con la giratempo stretta in una mano e l’aria austera che lo contraddistingueva e che sempre l’avrebbe fatto.
-Curioso, non è vero? Come ogni evento, ogni istante possa essere così strettamente intrecciato ad un altro.-
Sapeva che avevo capito, forse le lezioni di Occlumanzia non avevano funzionato con me o forse ero semplicemente troppo stravolta ed evidentemente confusa.
-Perché non me l’ha detto, professore? Perché nessuno me l’ha mai detto? Questo è già.. successo! E’ così ovvio!-
Affondai la testa tra le mani, lasciandomi cadere su una sedia con lo sguardo fisso al pavimento. Non capivo più quale fosse la menzogna e se ce ne fosse davvero una, se ero stata la pedina di un gioco così crudele e per mano di chi.
-Io.. se avessi fatto qualcosa per salvarli magari il futuro sarebbe stato diverso! Lei mi ha detto di non farlo ma è tutto così.. assurdo. Perché non ha lasciato che li avvertissi?-
Silente sospirò e si avvicinò a me, lento e placido come sempre.
-Io non so cosa accadrà, signorina Carter. Non posso saperlo. Ciò che è certo è che niente del futuro può essere svelato nel passato.-
-Ma professore io so come è andata e troppe persone soffriranno, lei deve ascoltarmi!-
-Non puoi svelare nulla neanche a me. Le cose devo fare il loro corso e tu lo sai. Non ti è chiaro, adesso? E’ già successo. So chi sta causando tanto dolore nel tuo tempo senza bisogno che tu me lo dica, conosco il nemico che combatti e voglio che tu sappia che farò tutto ciò che è in mio potere per fermarlo. Tu sei la prova che c’è ancora chi combatte per questa causa in un futuro, lontano che sia da questo momento. Tu sei la speranza di una lotta che non si ferma e qualunque cosa tormenti il tuo cuore ti darà la forza di continuare a batterti per le persone che ami. Adesso torna indietro e cambia il tuo tempo, torna indietro e ci rivedremo, signorina Carter.-
Mi porse la giratempo ed io la afferrai.
-Conti due giri ogni cinque anni, qualcosa mi dice che ne serviranno un paio.- sorrise prima di allontanarsi.
Fissai quell’oggetto per un tempo che mi sembrò infinito chiedendomi cosa avrei trovato, al mio ritorno. Tante, troppe cose sarebbero cambiate e non sapevo se davvero considerarmi pronta. Chissà quante volte mi avevano giudicata: avrei subito di nuovo l’odio di Sirius e, finalmente, avrei saputo di meritarlo, avevo consegnato Lily e James alla morte quanto e più di Peter.
Feci ruotare la giratempo ma i miei occhi non la videro, offuscati dalle lacrime che avevano ricominciato a scendere senza tregua.
Sentii la stanza stringersi attorno a me e quando riaprii gli occhi ero di nuovo nella stanza che occupavo, al numero dodici di Grimmuld Place, scossa dai singhiozzi. Posai la giratempo sul letto e mi lasciai cadere per terra, stringendomi le gambe al petto.
Fuori dalla stanza il vociare dei ragazzi mi sembrava lontanissimo e ovattato.
-Jales!-
Ma io non ero più Jales, non ero più la Jales che loro conoscevano né la Jales che Remus e Sirius avevano conosciuto vent’anni prima.
Non ero più nessuno, ero l’involucro di un’anima che aveva sfidato il tempo, strappata da un’epoca e da un’altra come una fotografia da un album di ricordi. Cosa era rimasto di me ad Hogwarts? O a Grimmuld Place?
-Jales, per l’amor del cielo, non farmi sfondare la porta.-
Riconobbi la voce di Remus e senza pensarci mi sollevai correndo verso la porta e spalancandola.
-Remus!- mi gettai tra le sue braccia singhiozzando sempre più forte e lui si fece avanti, entrando nella stanza e chiudendosi la porta alla spalle.
Sentii il suo petto sollevarsi e riabbassarsi mentre sospirava, stringendo la presa e abbracciandomi forte.
-Io non.. non ho potuto fare niente, capisci? Non potevo.. dirvi niente!-
-Jales, tesoro, va tutto bene.-
-NO! IO NON DOVREI ESSERE QUI! IO NON VOGLIO ESSERE QUI!-
Stavo urlando battendo i pugni contro il suo petto, incapace di controllare tutta la rabbia e la frustrazione che si stavano riversando dentro e fuori di me come un tornado, travolgendo ogni altra sensazione, ogni altro pensiero.
-Non potevi fare nulla. Non è colpa tua..-
Alzai lo sguardo verso di lui e vidi che il suo volto era una maschera di emozioni contrastanti. Percepiva il mio dolore, lo capiva e lo condivideva. 
Non era più costretto a fingere.
-Lily e James.. loro.. avrei dovuto essere lì a lottare, non sarei mai dovuta tornare ma Silente diceva che non potevo ed io..-
-Mancano anche a me, Jales.-


-E così Silente mi mise in guardia. Disse che avrei incontrato qualcuno che credevo di aver perso per sempre e non ebbi alcun dubbio che si trattasse di te. Mi raccontò di com’era andata, mi spiegò tutto e mi fece giurare che mai e poi mai ti avrei svelato la verità, una verità che non potevi ancora conoscere.-
Seduti sul mio letto era arrivato il momento dei chiarimenti e finite le lacrime non potei che ascoltarlo, guardandolo con occhi nuovi, con gli occhi di un’amica che aveva perso la parte peggiore della storia, che si era presa il meglio rubandolo a loro.
-Sirius.. lui mi odia.-
-Credi che ne sarebbe mai capace, adesso che sai?- chiese, sorridendo come avrebbe fatto un tempo, da ragazzo.
-Io ho..-
-Tu non hai fatto niente di sbagliato, Jales. Sono stanco di ripeterlo. Sirius ti incontrò ad Azkaban qualche mese prima della sua fuga. Quando lo rividi, due anni fa, mi disse di essere certo che tu fossi stata un’illusione, la follia che inesorabile lo tormentava come il resto dei prigionieri. Non potei far altro che raccontargli tutto, aveva già sofferto abbastanza e da allora ha vissuto ogni istante aspettando questo momento. Non l’ho mai più visto innamorato, Jales. Hai portato via il suo cuore e credo proprio che ti tocchi restituirglielo.-
Sentivo il mio, di cuore, bruciare selvaggiamente, mi sentivo spezzata, violata, colpevole. Quell’insopportabile sensazione di oppressione non voleva lasciarmi ma mi imposi di non ricominciare a piagnucolare. Non li avrebbe riportati indietro.
-Non c’era da stupirsi che tu rifiutassi Peter, comunque.- buttò lì, serio.
-Come avrei potuto fare altrimenti? Amavo Sirius e il pensiero di ciò che avrebbe fatto mi nauseava.
-E’ sempre stato così invidioso di Sirius.. gli ha restituito anni di sconfitte nel modo peggiore possibile.- mi spiegò, amareggiato.
-Anche per..-
-Si, Jales, per te ma anche per altre innumerevoli cose che probabilmente nessuno di noi saprà mai con certezza.-
Chinai il capo, abbattuta.
-Farà sempre male, Jales. Non smetterà mai. Si allevierà, si anniderà in un angolo della tua mente ma non smetterà mai di ferirti.- fece una pausa, accennando un altro sorriso, -in qualche strano modo, è bello essere insieme a parlare di questo. E’ bello riavere la mia amica Jales, quella che mi impediva di studiare e nascondeva i miei libri perché aveva voglia di chiacchierare.- sottolineò l'ultima parola e scosse la testa, divertito.
-Sono contenta che tu ci sia, Rem.-
-Te l’avevo detto che ci sarei sempre stato, per te. Mi sei mancata.-

-Ma dov’eri finita? Mia madre sta dando di matto, non riesce a far funzionare quella dannata aspirapolvere babbana!-
Fred Weasley mi venne incontro, esasperato, per poi afferrarmi per un braccio e trascinarmi di sotto.
-Ma che fai?!-
Scesi le scale trovandomi davanti una nervosissima Signora Weasley intenta a prendere a calci una aspirapovere supermoderna, di quelle che, se programmate, pulivano autonomamente l'ambiente prescelto.
-Dubito che così la convincerà a funzionare, Signora Weasley!- la ripresi avvicinandomi a lei e sfiorandole un braccio per tranquillizzarla, -dove l’ha presa, questa?-
-Arthur è affascinato da questa stupida roba babbana, senza offesa, cara. L’ha portata dal Ministero e insiste perché impari ad usarla.- mi informò, spazientita, con le mani arpionate ai fianchi.
Mi chinai e la programmai, ringraziando Merlino di aver assecondato la mia curiosità e di essere tornata alla mia città natale, l’estate precedente, cercando di recuperare le conoscenze e le abitudini babbane che avevo ormai abbandonato da troppo tempo.
-Ecco, guardi un po’ che magia!-
L’aspirapolvere cominciò a muoversi, pulendo il centro della stanza, come animata di vita propria.
-Ma è magnifico!- trillò elettrizzata fissando l’oggetto che intanto si stava avvicinando pericolosamente al portombrelli a zampa di troll che, instabile come sempre, piombò per terra con un tonfo sordo e con le abituali conseguenze.
-FECCIA, LURIDI TRADITORI DEL VOSTRO SANGUE, MALEDETTI USURPATORI CHE INSOZZATE QUESTE MURA..-
La dolcissima Signora Black dal suo ritratto sbraitava maledizioni di ogni tipo con un’espressione, se possibile, più feroce del solito e nonostante ci stessi mettendo tutta la forza che avevo non riuscivo proprio a tirare la grossa tenda di velluto ammuffito e pesante per zittirla.
-Lascia, Carter, fai fare a me.-
Il mio cuore perse un battito quando Sirius comparve al mio fianco e si appese alla tenda, tirandola con un strattone e chiudendo finalmente quella insopportabile strega dietro il velluto nero.
Non mi era mai sembrato così bello, nonostante il volto provato e stanco fosse così diverso da quello del giovane malandrino con il quale avevo trascorso i mesi precedenti e del quale mi ero perdutamente innamorata.
Non riuscivo a staccare gli occhi da lui, dalle sue mani belle e perfette come allora, e le sue labbra che troppe volte avevo baciato. I suoi occhi, quante volte ci avevo visto riflessi i miei?
-Ti sei incantata, Carter?- chiese, sprezzante come sempre, rivolgendomi uno sguardo quasi infastidito.
-I-io, no.. scusami.-
Gli voltai le spalle e mi avviai su per le scale quando la sua mano afferrò la mia.
-Non farlo. Non andartene di nuovo.- mormorò con lo sguardo fisso sulla catenina che portavo al collo. Il suo regalo d'addio.

Senza riuscire a pronunciare neanche un’altra parola ci recammo nella sua camera per avere un po’ di privacy e poter parlare liberamente, avrei voluto gettargli le braccia al collo e baciarlo così forte da far male ad entrambi ma lui stava al capo opposto della stanza, poggiato contro un vecchio mobile di legno con le braccia incrociate al petto.
Lo sguardo era impenetrabile, puntato su di me come se avesse voluto guardarmi attraverso.
-Ti prego, Sirius.. di’ qualcosa.-
Chiuse gli occhi, rigido e teso.
-Ho immaginato per troppo tempo cosa avrei potuto dire, in questo momento, ma adesso.. – strinse le labbra, scuotendo il capo.-Adesso non riesco neanche a pensare. Per noi non sarà mai un addio, mh?- citò le mie parole avvicinandosi a me.-Eppure te ne sei andata.-
Si fermò a meno di un passo da me, sovrastandomi e facendomi sentire immensamente piccola, chiusa tra la parete e il suo sguardo duro.
-Mi dispia..-
-Non dirlo!- lo aveva quasi urlato, scagliando un pugno contro il muro bianco dietro di me e portando il viso vicino al mio, troppo vicino.
-Non ne avevi il diritto, Jales. Non avevi il diritto di ferirmi come hai fatto. Ho passato anni a chiedermi cosa ti fosse successo, se fossi ancora viva! A sognarti e svegliarmi disperato e tremendamente solo. Poi quando.. quando ti ho incontrata di nuovo è stato.. folle.- si scostò, ridendo amaro. 
–Eri ancora giovane e bella come l’ultima volta che ti avevo vista, come l’ultima volta che ti avevo stretta. Come quando eri mia. Ho rifiutato l’idea che fosse possibile finché Remus non mi ha spiegato come stavano le cose e ricordo che in quel momento, dentro di me, infuriava una guerra. Avrei voluto raggiungerti per poterti tenere di nuovo al mio fianco e avrei voluto ucciderti per avermi mentito e ferito a morte.-
-Hai.. ragione su tutto e.. so che mi odi perché James e.. Lily..- sentivo le lacrime tornare a premere nei miei occhi. Non mi ero mai sentita tanto fragile come in quel momento.
-Non ti ho odiata così a lungo per questo, Jales. Non c’era niente che tu potessi fare, neanche essere lì con me quando è successo, nonostante lo avessi tanto desiderato. No. Ti ho odiata perché non potevo amarti. Ti ho odiata perché sei stata tu tutto questo tempo eppure non lo eri ancora.-
La rabbia sembrava aver lasciato il posto ad una dolcezza smisurata quando mi prese il viso tra le mani ed io le strinsi, premendomele sulla pelle.
-Perché io soffrivo e tu no. Perché io non ho smesso di amarti neanche per un singolo fottuto istante mentre tu vivevi la tua vita e neanche mi vedevi. Silente ti ha spedita qui, in questa casa, come se il fatto di sapere che non avevi memoria di noi non fosse già stato abbastanza crudele ed io ho.. concentrato tutto nell’odio, incapace di provare alcunché di razionale in tua presenza.-
Tutto quel tempo in cui lo avevo giudicato, schernito e in cui credevo di difendermi da un odio che in realtà non era altro che amore mi piombò addosso come una secchiata di acqua gelida. Gli avevo rivolto parole orribili, troppo spesso.
Sorrise di nuovo, colto da un pensiero improvvisamente meno brutto. –Sembravamo bloccati a quando ti conobbi e tu continuavi a rifiutarmi, ricordi?-
Fu il mio turno di spiegare ma non avrei mai potuto farlo con i suoi occhi puntati addosso e le sue mani sulla pelle che distruggevano ogni mia volontà, così scivolai fuori dalle sue braccia e presi a percorrere la stanza, torturandomi le mani.
-Era per questo che non volevo che ci fosse niente tra noi. Non avrei mai voluto baciarti e non avrei mai voluto che tu ti innamorassi di me ma ero tutto così dannatamente vero, mi facevi sentire viva e reale nonostante quello non fosse il mio posto e..ho fatto un casino, Sirius.-
Quando mi voltai per guardarlo di nuovo lo trovai ad un soffio da me, silenzioso come sempre.
-Per te è.. trascorsa una vita mentre per me sono state solo poche ore e ora vorrei tanto..-
Le sue labbra sigillarono le mie, zittendomi, e quel bacio fu il più sconvolgente della mia vita. La sua bocca aveva lo stesso sapore di allora ma i suoi baffi mi solleticavano il viso e la sua presa era quella di un uomo, non più di un ragazzo, mentre spingeva il mio corpo contro il suo.
Gli accarezzai la nuca, rigettandomi sulle sue labbra ogni volta che uno dei due si scostava per riprendere fiato, per poi aggrapparmi alle sue spalle e lasciare che le lacrime mi bagnassero il volto.
-Ho preso la parte migliore di te e ti ho lasciato solo ad affrontare dolori che avremmo dovuto condividere. Hai vissuto venti anni di orrore nel tempo di un mio respiro e non mi perdonerò mai per questo.-
Mi sorrise, come se la tempesta che infuriava dentro di lui si fosse improvvisamente placata e mi asciugò il viso, con le dita magre.
-Guarda su.-
Alzai lo sguardo e vidi che proprio sopra le nostre teste pendeva del vischio. 

The end


Song: Incomplete - Backstreet boys

Artwork: JeyCholties

Bene, adesso è tempo di ragionare! Spero che il finale non vi abbia deluse e che la vostra fantasia possa, da qui in poi, viaggiare abbastanza da costruire il resto della storia cui io ho dovuto, per mancanza di tempo e pazienza, rinunciare. 

Vorrei ringraziare le mie adorabili lettrici, tutte, dalla prima all'ultima, sia quelle che mi hanno seguita passo per passo esprimendo i loro pareri e le loro sensazioni, sia quelle che hanno inserito la storia tra le preferite o tra le seguite o che hanno semplicemente letto il mio delirio harrypotteriano con un sorriso. 

Un grazie particolare, sperando che non si monti la testa, va a Letstarthekillin e alla sua infinita pazienza nel sopportare i miei trip e nel leggere passo passo la storia aiutandomi durante il percorso ma, ovviamente, non solo per questo, lei lo sa bene.

Un bacio abnorme va anche a JeyCholties per l'immagine meravigliosa che avete visto all'inizio di ogni capitolo e per le adorabili registrazioni che mi ha inviato dopo ogni aggiornamento regalandomi un sorriso. 

Ringrazierei anche Ben Barnes e Jane Levy per avermi ispirata con i loro, per me azzeccatissimi, volti.

Il fatto che questa storia sia finita mi rende abbastanza triste, c'ero particolarmente affezionata, ma avrò più tempo per dedicarmi a Furry Love ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2630106&i=1 ), una storia un po' più babbana.

Ho cianciato abbondantemente e vi lascio. ;) A.

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