Un tuffo nel Domani ~

di Yssis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ; La scomparsa ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ; Imprigionato...! ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ; Al sicuro! ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ; Quando le parole non servono... ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ; Rivelazioni sconvolgenti! ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ; C'è odore di amore nell'aria... ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ; Una mattinata movimentata! ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ; Di sfide e baci ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ; Incubi e fuochi d'artificio ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ; Misteri aspettando mezzogiorno... ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ; Un compleanno innevato! ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ; Alla Resistenza! ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ; Un po' di chiarezza... ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ; Di ricordi e divise. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ; Alla Raimon!! Le cose cambiano... ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ; Inquietudine ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ; Luci nella notte ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ; Dentro un sogno pericoloso ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ; Sono felice dove brilla il sole ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ; Lacrime e sorrisi sul margine del giorno nuovo che nasce ***
Capitolo 21: *** Epilogo ; Va tutto bene. ***



Capitolo 1
*** Prologo ; La scomparsa ***


Prologo ; La scomparsa.

-E questo tu lo chiami passaggio?!-
-Scusate ragazzi…-
-Vado a prenderla io. Arrivo subito!-

Kidou si addentrò nel boschetto che affiancava uno spazio erboso dove i ragazzi si stavano spensieratamente allenando.
In effetti, non era un vero e proprio allenamento: il torneo internazionale è finito da qualche mese, ma Endou e i suoi amici dal pallone proprio non riescono a star lontano.
E così, si erano incontrati in un fresco pomeriggio estivo; tra poco le vacanze sarebbero finite, ma loro avevano ancora l’estate nella testa, e pensavano solo a giocare.
Su questo ragionava sorridendo il giovane quattordicenne, mentre con lo sguardo cercava il pallone fra l’erba alta e verdeggiante.
Finalmente la scorse, e scavalcata una grossa pietra molto alta ed imponente, prese la palla sottobraccio.
Si concesse un momento di quiete, e appoggiandosi alla roccia scura si crogiolò nel silenzio e frescura della penombra del luogo in cui si trovava.
Non volendo far stare in pensiero i compagni, il ragazzo decise ben presto di rimettersi sui suoi passi.
Stava appunto per saltare di nuovo il grosso macigno, quando scorse con la coda dell’occhio qualcosa brillare intensamente dietro di lui.

Si voltò, incuriosito, e davanti ai suoi occhi si materializzò uno specchio d’un azzurro tenue, quasi argenteo… Risplendeva di luce propria, e sembrava inconsistente.
Senza pensare alle conseguenze di quel gesto, Yuuto si sporse, seppur con cautela, verso quella superficie riflettente e luminosa.
E, senza rendersene conto, sprofondò giù… Nel lucente specchio del “domani”.
Quel domani che doveva ancora giungere, ma che per lui, non sarebbe più arrivato.
Non un filo d’erba si mosse, non un uccellino cinguettò… Non un sibilo uscì dalle labbra del giovane, che, con il pallone ancora sottobraccio, sparì per sempre senza lasciar traccia.





*Angolino dei portali magici*

Okay.
Se fossi cattiva - ma cattiva cattiva - smetterei all’istante di scrivere.
Ma visto che io non voglio fra morir d’ansia i miei lettori, preferisco continuare.
So che a molti di voi questo darà fastidio: e avete anche ragione. Perché farvi rompere le scatole da una pazza squilibrata come me?
Non posso che darvi ragione: quindi, mi raccomando, chiudete all’istante questa storia e, se volete fare le cose il più correttamente possibile, non riapritela mai più.
Mai, per nessun motivo. Neanche se vi puntassero una pistola alle tempie.
Perché, davvero, non ne vale la pena.
Non merito assolutamente la vostra attenzione, proprio no.
Ma, visto che io non posso lasciare le cose a metà, non la chiuderò qui.
Mi raccomando, lo ripeto, voi smettete all’istante di leggere e non riaprite mai più questa long - lo dico per il vostro bene, potrebbe farvi male ^^” - e lasciatemi divertire.
Perché io la scriverò tutta, fino alla fine. *u*
… Wow, con che coraggio ho scritto la frase precedente? Davvero non so da dove è saltata fuori. xD
No, la verità è che, sinceramente, non ho un’idea precisa della fine che voglio strutturare. Ma pian piano che scriverò sicuro mi verrà in mente. ^^”
Quindi, visto che nessuno leggerà ma io devo comunque spiegare a me stessa quello che è successo (?), lo spiego lo stesso. ;D
Anche se, in realtà, non c’è nulla da spiegare. (?)
Yuuto era in un boschetto d’estate quando è caduto dentro un portale magico… Una cosa comune, che capita tutti i giorni. *u* O, almeno, a me è capitato spesso. ^^
Lettori: Ah, ecco da dove sei spuntata, allora. >.< Potevi rimanertene dov'eri, sai.
Tsk. Che impertinenti. *^*
Nel prossimo capitolo, vedremo che fine ha fatto Jude... Chissà dove si è cacciato...?
Surprise! ^^"
Adesso la smetto, altrimenti rischio di scrivere uno space più lungo del prologo. çOç
Ah, un'ultima cosa: penso che anche il prossimo capitolo sarà più o meno della stessa lunghezza, ma vedremo che dopo quello, i capitoli lieviteranno. ^^"
Chi ha già letto delle altre mie storie lo sa, che tendo a scrivere delle shot chilometriche... Quindi non temete, la lunghezza ci raggiungerà a breve. ;D
Un bacione a tutti,
Sissy-chan <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ; Imprigionato...! ***


Capitolo 1 ; Imprigionato…!
Un rumore meccanico lo destò dal sonno forzato e minante nel quale si era ritrovato.
Intorno era molto buio e non si riusciva a scorgere nulla. Costatò quindi che era ancora notte: fece allora per rigirarsi dall’altra parte del letto, che trovava alquanto ruvido e scomodo, ma non vi riuscì.
Si rese infatti conto di essere legato con resistenti catene gravose ai polsi, alle caviglie e al collo.
Senza riuscire a mantenere la calma cominciò ad agitarsi; in breve, fu panico.
Sudava un sacco, in quella stanza buia e opprimente, inoltre sentiva un fastidioso pizzicore in tutto il corpo, in modo particolare alle braccia, gambe e petto.
Il rumore assordante di un macchinario poco distante non aiutava senz’altro: anzi, stava facendolo impazzire.
Troppi e confusi pensieri gli rodevano la mente, e non gli permettevano di ragionare con lucidità.
In questo stato di penoso tormento, il ragazzo continuò ad agitarsi per diverse ore, che a lui parvero le più lunghe e sfiancanti in assoluto.
D’un tratto, sentì un rumore, come un chiavistello sfondato, e dei passi risuonarono lenti per l’angusto spazio in cui si trovava a spasimare il giovane.
Vide delle ombre affusolate spargersi intorno, ma sempre rimanendo vicine al macchinario tanto rumoroso.
Erano tutte scure e invisibili, sembravano quasi fantasmi.
Una di queste figure ostili gli si avvicinò maggiormente.
Quando gli fu praticamente di fianco, le altre si dileguarono, silenziose e sibilline.
Yuuto era ancora sdraiato su quella lastra aspra e spigolosa, che gli feriva la schiena nuda.
La figura si chinò sopra di lui, e in quel momento il ragazzo avvertì di non indossare più i suoi occhialini.
Ma in quel momento non se ne curò più di tanto: si accorse tuttavia che l’uomo che gli stava al di sopra portava un abito di un colore intenso.

Non riuscì a distinguere né il capo d’abbigliamento né tantomeno la colorazione precisa.
Questo, accorgendosi dell’agitazione del ragazzo, gli accarezzò il viso unto dal sudore e dalla sozzura di quell’ambiente, con mano calda e affettuosa.
In quel gesto tuttavia, Kidou non percepì nessuna benevolenza; e non si sbagliava.
Da dietro la schiena, l’uomo trasse un tubicino trasparente e poco rassicurante.
Nel cuore del giovane si scatenò puro panico, mentre l’oscuro individuo gli ficcava violentemente il tubicino giù, fin dentro la gola riarsa.
E Yuuto iniziò a boccheggiare, improvvisamente senza più aria intorno; l’uomo si avvicinò di nuovo al suo viso, e sussurrò, fioco: -Benvenuto… Kidou-kun.-
Il giovane strabuzzò gli occhi in un urlo di terrore che il fiato assente non gli permetteva, mentre l’uomo si richiudeva la porta alle spalle...

*Angolino delle torture*

Io vi avevo avvisato.
Ve l'avevo detto che non avreste dovuto proseguire nella lettura.
Ma vi conosco bene: siete testardi, e volete farvi venire gli incubi.
Ebbene, io porto buone notizie: che io sappia (?), non ci dovrebbero più essere capitoli di questo genere. Ecco perchè ho comunque valutato la possibilità di mantenere il raiting verde. *u*
Ma non perdiamoci.
Che ne pensate di questo capitolo?
In effetti è un po' macabro... E non mi piace neanche un po'. >.<
Chi mi conosce lo sa, che io non sono il tipo di persona che scrive sempre cose del genere.
Piuttosto, il fluff. Cioè, odio anche il fluff, ma se devo scegliere...
Qui non ho avuto scelta: questo capitolo era troppo importante per tralasciarlo... E così, compiendo un atto molto masochistico nei miei confronti, l'ho scritto.
Ma l'ho concluso qui perchè non sarei riuscita a resistere una parola di più. *^*
Adesso, dovete sapere che l'ultima volta mi sono sbagliata, quando vi ho detto che questo sarebbe stato l'ultimo capitolo "corto".
Perchè - visto che sono birichina - voglio lasciarvi un po' di suspance nel prossimo capitolo, e quindi lo dovrò fare anch'esso corto. ^^"
Ma non temete, da lì in avanti le cose prenderanno una piega migliore... Anzi, se proprio devo fare un po' di spoiler, diciamo che è da lì che comincia la storia vera, con l'innesto di alcuni personaggi in un ambiente molto più "vitale" e simpatico. çOç
Quindi, abbiate fede: il prossimo capitolo arriverà a breve, e vedremo finalmente una svolta positiva.
Faccio tutto questo spoiler perchè anche io devo convincermi, anche io devo rilassarmi. *u*
Sono molto sensibile, ecco. E capitoli del genere mi sconvolgono...
Sono sicura che nessuno indovinerà la persona che ha accolto Kidou, piantandogli quel tubo nella gola. u.u E nemmeno il posto: siete troppo poco fantasiosi. *^*
Quindi non ve lo chiedo nemmeno. xD
Ah, vedrò più avanti di spiegarvi anche cos'è successo; quindi non arrivate nelle recensioni a chiedermi "Ma dov'è Kidou? Ma chi ce l'ha messo lì? Ma cosa vogliono da lui?" e domande del genere. Perchè tutto verrà spiegato in seguito (forse). ^^"
Un bacione,
Sissy-chan <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ; Al sicuro! ***


Capitolo 2 ; Al sicuro!

Trasse un bel respiro, finalmente all’aria aperta.
Subito percepì di avere molto freddo; la brezza serale sfregiava il corpicino martoriato nascosto dalla luce fioca della luna piena peggio di una tempesta di neve.
I suoi occhi, opachi e pieni di lacrime, andarono subito in cerca della luna: la sua luce lattiginosa lo colpì più violentemente di quanto avesse immaginato, e dallo stupore chiuse gli occhi.
Mentre ancora doveva riaprirli, egli già aveva ripreso a correre.
La paura di essere seguito era terribile, e nonostante la sua debolezza fisica, corse.
Corse come non correva più da un sacco di tempo.
Corse come se ne andasse della sua stessa vita.
E in effetti un po’ di ragione l’aveva.
Case, alberi, viali e edifici gli passarono accanto, ma così nascosti dal buio della notte non vennero considerati dalla figura che correva veloce, fulminea, per le strade deserte.
Presto però, gli mancò il fiato.
Non era certo in grado di reggere ancora a lungo, ma egli aveva intenzione di allontanarsi il più possibile da quell’edificio, da quella stanza… Da quelle persone che l’avevano imprigionato e trattato così malamente senza uno straccio di motivazione.
Esausto, alla fine crollò.
Si adagiò, sfinito, a lato della strada.
Aveva il fiato grosso, e non rammentava situazione in cui avesse sentito il cuore battere tanto forte.
La paura lo possedeva completamente, ed era tanto stanco…
Gli occhi gli si chiusero senza che egli avesse ancora avuto il tempo di adagiarsi completamente al suolo.
Batté forte la testa, mentre si stendeva come un corpo senza vita, sui gradini di una villa grande ed illuminata…

**

 -Cos’è stato?
Eccolo. Di nuovo, che tornava all’attacco.
Quella era una serata di quelle dove nulla sarebbe dovuto andare storto.
Sarebbe, certo.
Perché, alla fin fine, qualcosa che non andava come previsto c’era sempre.
Ovvio. Mai una giornata dove tutto andasse bene, e non ci fossero complicazioni di nessun genere.
A questo pensava l’uomo seduto sulla vellutata poltrona scarlatta mentre sorseggiava il caffè con gli occhi fissi sul televisore, tentando inutilmente di ignorare la voce piena di brio ed energia che proveniva dalla stanza accanto.
-Hikaru… Non ne ho idea. Che ne pensi, piuttosto di captare ogni sacrosanto rumore al di fuori di quella porta, di andare un po’ a nanna?! Sono quasi le undici…! Domani non ho intenzione di trascinarti giù dal letto per portarti a scuola!
-Ooooh…! Uffa però…!-
Avvertendo una nota di scoraggiamento e arrendevolezza nella voce del ragazzo, l’uomo si illuse di averla fatta franca, ed essere riuscito, al primo richiamo a spedire a letto il nipote.
Ma non aveva fatto i conti con la sfrenata curiosità del piccolo…
-Uh uh! Aspetta solo un attimo!-
Dalla cucina si affacciò una testolina violacea, il cui sorriso birbante era tutto fuorché disposto a desistere.
Kageyama si passò una mano sulla fronte, intuendo che quella serata sarebbe stata particolarmente dura. Con un sospiro si adagiò lievemente al soffice sedile della poltrona, annuendo con aria vaga al piccolo che ancora bramava un’autorizzazione dalla porta della cucina.
Tutto bello soddisfatto, il viola si sfregò le mani, incamminandosi verso la porta d’ingresso.
Era proprio curioso di sapere che cosa avesse provocato un tale trambusto, di fuori.
Aveva sentito come se fosse caduto qualcosa di molto pesante… Magari avevano lasciato fuori dalla porta qualcosa. Un regalo. Una borsa. Un pacco per lo zio.
Di quelli arrivavano più spesso dei regali anonimi, a ben pensarci, ma al ragazzetto non importava più di tanto, in quel momento.
Spalancò la porta d’ingresso con un bel sorriso deliziato sulle labbra, ma il gelo e il nero della notte lo intimorirono assai, tant’è che fu quasi preso dal desiderio di chiudere subito la porta… Sennonché, con la coda dell’occhio notò un’afflitta e gracile figura stesa sui gradini di casa.
Con un urletto di sorpresa, chiamò a gran voce l’uomo in salotto:
-Zioo! C’è un bambino qua fuori!!
-Un bambino? E chi è, amico tuo?
A sentire l’affermazione e il tono del ragazzo, Kageyama si era subito alzato dalla poltrona.
L’unica cosa che gli era venuta in mente di pensare era una visita –alquanto inaspettata e inopportuna- di qualche amico di Hikaru un po’ sprovveduto. Non avrebbe mai potuto immaginare una situazione come quella che da lì a poco gli si sarebbe parata davanti agli occhi.
-No no!- sentì infatti esclamare dal giovane sull’uscio – E’ molto più piccolo di me!-
-Più picc…?!- ma le parole gli morirono sulle labbra.
Davanti agli occhi stupefatti di Kageyama, apparve Hikaru tenente in braccio un bambino che conosceva fin troppo bene, purtroppo.
-Ma che cosa…?-
-Zio! Che facciamo? Guarda, sanguina tutto! Ed è così magro…! Hai mai visto un bambino tanto magro zio? Hey!! Ziooo! Ci sei?!-
Ma Kageyama ignorava completamente le parole del nipote, tanto era meravigliato da quello che stava succedendo. Con estrema delicatezza ed attenzione, prese dalle mani del ragazzo che ancora strepitava cercando di farsi ascoltare, il frugoletto: lo avvertì gelido, e istintivamente lo abbracciò forte.
Kageyama chiuse gli occhi, concentrandosi solo sul debole battito del cuore del piccolo; cercava di dare un senso a quello che stava succedendo, ma tanta, troppa era l’emozione.
“No” sussurrò, più a se stesso che a Hikaru “Sarà una mia impressione. Non è possibile che…”
Ma non poteva mentire. Non di nuovo. E il piccolo glielo dimostrò, seppur inconsciamente.
Avvertendo il calore dell’uomo che lo stringeva, il bimbo aprì di poco gli occhi, che seppur opachi e pieni di pianto, fecero tornare il buon senso all’uomo che lo teneva in braccio.
Il piccolo non riuscì neanche a sorridere, ma i suoi occhi per un solo istante sembrarono quasi riprendere vitalità, per poi richiudersi nuovamente.
Kageyama continuò a abbracciarlo, scaldandolo, finché non fu sicuro che dormisse; dopodiché, rivolse di nuovo la propria attenzione su Hikaru.
-Zio, allora. Chi è que…?-
-Adesso non ha importanza, Hikaru. Quando domani mattina si sveglierà, vedremo di capirci qualcosa, okay?-
Al ragazzo la risposta piacque, o almeno al momento lo soddisfò, perché sorrise pieno di rinnovato entusiasmo, ed esclamò: - Zio. So che è molto tardi, e che dovrei essere a letto, ma non sarebbe meglio che adesso guardassimo un attimo le ferite del bambino? Sai, mi sembra proprio ridotto maluccio…-
Kageyama acconsentì con un gesto del capo, allora il ragazzo fece strada ed entrambi entrarono nel bagno.
Facendo estrema attenzione a non disturbare il suo sonno, nipote e zio lavarono il piccolo, fermarono le emorragie e medicarono le ferite più evidenti.
Kageyama a volte si perdeva, accarezzando i morbidi capelli castani del bambino che non doveva avere più di cinque anni, ripetendosi “Ho provato, ho provato davvero a farmene una ragione… Ma non ci sono mai riuscito. Da quando è scomparso non ci siamo più dati pace; e adesso, questo… Penso di aver pregato troppo, e adesso la stanchezza mi sta giocando un brutto scherzo… Non può essere altrimenti. Io…”
-Zio. Direi che così può andare, che ne pensi?-
Kageyama si riscosse dai suoi pensieri, mettendo a fuoco la figura di Hikaru che sollevava il bambino e cominciava con passo incerto e traballante a risalire le scale.
-Dove pensi di andare?- gli chiese, cercando di mascherare la sua paura nella voce.
-In camera mia, dove sennò?-
-E il bambino?-
Il giovane dai capelli violetti si voltò, sorridendo: -Ho pensato che potrei portarlo a letto con me. Se lo mettiamo in un letto da solo, potrebbe cadere: è piccolo, e per giunta non ha un sonno molto tranquillo. Lo tengo stretto stanotte, così magari si calma e dorme più sereno. Sei d’accordo zio?-
L’uomo si lasciò sfuggire un sorriso di sorpresa: suo nipote aveva ragione. Il bambino nonostante stesse dormendo da un pezzo e non avesse accennato a svegliarsi, aveva un sonno molto agitato, e sicuramente l’abbraccio affettuoso di Hikaru l’avrebbe tranquillizzato.
-Sono d’accordo Hikaru, sono sicuro che saprai farci buona guardia.- e sorrise di nuovo, al suo bambino che tanto piccolo non era più. – A letto ora, e dormi subito!-
Hikaru sorrise a sua volta, sornione, ed esclamò, impettendosi: -Signorsì, Comandante!- dopodiché, voltatosi, salì velocemente le scale, chiudendosi in camera.
Kageyama stette qualche istante immobile, a fissare il vuoto. Poi ridiscese in salotto e sedutosi sulla poltrona scarlatta, cercò inutilmente di continuare a seguire il programma alla televisione: troppi e confusi pensieri gli agitavano la mente… Cullato dai ricordi, l’uomo socchiuse gli occhi, e spento il televisore, godette nella penombra della stanza.

*Angolino delle sorprese*

Aww. *u*
Che piacere! Finalmente, un capitolo di quelli che piacciono a me! ^^ (?)
L’inizio è un po’ confuso, non è vero?
Vi dirò la verità: pensavo di separare questo capitolo – per creare ulteriore suspance, sapete *u* - ma poi ho pensato che proseguendo di questo passo, vi avrei fatto morire di noia. (?)
Così, ho deciso di allungare un tantino le cose ^^
Spero che il tutto sia stato di vostro gradimento: ah, devo avvertirvi di una cosa.
Dal capitolo scorso a questo, non è passato un solo giorno. Ne sono passati tanti, ma proprio tanti. Nel prossimo capitolo, vedrò di spiegare meglio la situazione, va bene? ^^”
Comunque, qualche spoiler l’ho già fatto: sta a voi trovarlo e comprendere il suo significato *u*
Io direi che più di così non posso fare: vi è piaciuto Kage-kun?
Pensavate mica che non sarebbe mai apparso, il mio bel Comandante? *^*
Nel prossimo capitolo, vedremo anche di spiegare un po’ che ci fa qui; altrimenti, potrei confondervi.
Sappiate solo che con sti’ due, ho intenzione di fare tanto bel fluff (?): oh su! Diciamo che quello che avete letto fin ora era solo un preludio xD
Ma non immaginatevi solo scene sdolcinate: ho in mente anche tante belle risate, sì sì! ^^
Dedico questo capitolo alla mia carissima amica Juddy, perchè se lo merita. Per colpa mia è successo un casino, e voglio rimediare. *ç*
TVBBBB!! <3 <3 Questo capitolo è tutto per te, fatina dei desideri ~   
Ci vediamo nel prossimo capitolo, furbacchioni? ;D
Ciaoo!!

Sissy-chan <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ; Quando le parole non servono... ***


Capitolo 3;  Quando le parole non servono…

Kidou si svegliò. Avvertì subito un gran calore tutt’intorno, e ne fu felice.
Quando però capì la fonte di quel tepore, cominciò a salirgli un po’ di angoscia: un bambino sconosciuto lo stava stringendo forte, come avesse paura che gli sfuggisse.
Il ragazzetto doveva avere circa la sua età, aveva dei buffi capelli viola e un sorriso delicato sulle labbra; dormiva tranquillo in quella che doveva essere la sua stanza.
Kidou però non ne era convinto: perché, seppur quel ragazzo avesse la sua età, gli sembrava tanto grande? E perché era nel suo letto? Cosa ci faceva lì?
Lentamente, scese dal letto, liberandosi dall’abbraccio del viola, e si guardò intorno.
Ne rimase incantato. Non sapeva perché, ma Yuuto avvertì di non essere in un posto completamente nuovo.
C’erano tante cose, tante piccole cose che gli erano familiari: e non capiva perché.
Si sentiva a casa, dopo tanto tempo, e non ne comprendeva la ragione.
Già gli mancava il tepore di quell’abbraccio nel quale aveva riposato per tutta la notte.

Si sentiva fresco, pulito e tranquillo.
Ma dove caspita era finito?

Si sedette vicino alla scrivania, per terra, chiuse gli occhi e cercò di far luce sui suoi ricordi recenti: le immagini arrivarono, e con la consapevolezza di quanto era successo, il sorriso di Yuuto si spense.
Nonostante tutto però, ancora non capiva cosa centrasse l’abbraccio del ragazzo dai buffi capelli viola con la sua fuga.

Dopo qualche minuto passato a ragionarci su, Kidou si convinse che per il momento, era meglio non porsi domande del genere.
Non era più legato, e le sue ferite erano state medicate: questo erano le cose importanti. Con rinnovata curiosità, uscì dalla camera con passo felpato, e senza far rumore, decise di dare un’occhiata in giro.

Scese lentamente le scale, fermandosi quando le ferite sulle gambe dolevano troppo: i suoi arti ancora non gli permettevano movimenti bruschi, ma il ragazzo non si fece intimorire.
Aveva molto da osservare, e stranamente tutto quello che gli capitava sott’occhio gli ricordava incredibilmente qualcosa. E più girava in quella casa, più si rendeva conto di cosa si trattasse quella sua impressione.

Stranito e confuso, arrivò in soggiorno: anche qui, tutto come se lo ricordava.
Perché erano ricordi, sì, e molto chiari. Come se avesse abitato in quella casa da sempre; sapeva perfettamente dove andare.
Questa situazione, invece che inquietarlo come era successo in un primo momento, lo rilassò all’inverosimile.
“Possibile che… Non mi stia sbagliando? E’ proprio la casa che credo?”

Era contento Kidou, finalmente, dopo tante sofferenze.
Si adagiò sulla poltrona d’un rosso accesso, quella che gli era sempre piaciuta tanto: non lo aveva mai fatto sedere lì, però.
Come incantato, si accovacciò bene fra i due braccioli, ma una cosa subito lo turbò: come mai i suoi piedi non toccavano per terra? Era davvero così alta?

Di questo non ne era sicuro, certo, ma ormai era abbastanza alto per cui i suoi piedi non penzolavano mai, quando si sedeva.
Decise tuttavia di non dare troppa importanza a quel particolare; com’era bella quella casa di mattina presto, era proprio come se la ricordava.
L’odore del caffè gli risvegliò tutti i sensi possibili, d’un tratto.
Senza indugio, si diresse verso la cucina: il cuore gli batteva forte, fortissimo, e la consapevolezza di quello che stava facendo arrivò solo dopo.
Sorrideva e basta, quando varcò la soglia, perché sapeva di avere ragione.
Aveva imparato, il giovane Kidou, che il cuore, e i sentimenti che questo faceva provare, così spontanei, erano sempre esatti. E non c’era regola che valesse.
Quando senti il cuore battere forte, ma così forte che non riesci a concentrarti su altro, fa quello che vuole lui. Fidati sempre del tuo cuore Onii-san, perché la strada che lui impone è quella giusta. Solo seguendola sono riuscita a ritrovarti, e nel caso ci perdessimo di nuovo, tu ascolta il tuo cuore, e mi ritroverai
Quelle erano state le parole di Haruna, in un’occasione che lui non rammentava già più, ma… Gli erano rimaste. Le aveva tenute a mente, perché di sua sorella lui si fidava sempre, e le pillole di saggezza che a volte tirava fuori erano sorprendenti.
Sorrise Kidou, la mente rivolta alla sua sorellina; l’aveva pensata tanto, e adesso le sue parole erano arrivate, come un fulmine a ciel sereno, per dirgli cosa doveva fare.
Il pensiero ad Haruna e tutto quello che ne seguiva però fu bruscamente interrotto e cancellato nella mente del regista dagli occhi color del sangue.
Quello che aveva davanti, semplicemente, non aveva senso.
Impossibile. Incredibile.
Stupefacente. Sensazionale.
Lo sbigottimento in un attimo fu sostituito dalla più incontenibile delle felicità.
-Kageyama…!- riuscì solo a sussurrare.
Un sussurro tanto forte da farsi udire, tanto debole da confondersi con il bollore del caffè fumante dentro la caffettiera.
E l’uomo, che dava le spalle alla porta d’ingresso, sobbalzò.
Vestiva un abito d’un azzurro molto tenue, sotto una camicia bianca. I capelli erano lunghi, legati un una coda bassa; ma la cosa che sorprese di più Yuuto fu il loro biancore.
Era alto, altissimo il suo Comandante, ma tutto sommato era proprio come se lo ricordava: emozionatissimo, con le lacrime che già gli pizzicavano gli occhi scoperti, Kidou dette di nuovo ascolto al cuore invece che alla testa, e si lanciò ad abbracciare le gambe del suo Kageyama.
Strofinava il viso ustionato e pieno di graffi sulla stoffa bianca dei pantaloni di tela del suo allenatore; il cuore straboccante di emozione forte, incontenibile.
Tanta era stata la sua paura di averlo perso. Perso per sempre.
Kageyama da canto suo sobbalzò, al sentire la voce commossa e meravigliata dietro le sue spalle.
Ci aveva pensato tanto, quella notte.
Aveva cercato di considerare ogni possibilità, nel modo più oggettivo possibile: ad un certo punto, aveva persino valutato l’eventualità di essersi appisolato davanti alla televisione e di essersi sognato tutto.
Erano capitati spesso sogni del genere, ma con il tempo, si era quasi arreso. Se era fatto una ragione; che altro si può fare, dopo dieci anni di tormenti?

Ma di fronte alla stretta emozionata del bambino che ora gli cingeva le gambe, nulla di tutto quello aveva più senso.
Si accovacciò, e preso il viso del piccolo fra le mani sorrise, le lacrime che minacciavano di scendere.
Yuuto gli lanciò le braccia intorno al collo, scoppiando in singhiozzi commossi, mentre lo chiamava per nome.
Kageyama lo sollevò delicatamente da terra, e il bambino gli si strinse tutto al petto.
Rimasero così, per tanto tempo: nessuno dei due disse nulla.
Kageyama accarezzava delicatamente i capelli mossi di Yuuto; i rasta si erano sciolti completamente, e quella era una delle pochissime volte dove si poteva costatare la somiglianza di capelli del ragazzo con quelli della sorella. Certo, il colore era molto diverso, ma a parte quello, erano praticamente identici. Mossi, morbidi e profumati, la mano dell’uomo continuava a massaggiarli con delicatezza, mentre il piccolo aggrappato al suo ventre, singhiozzava sempre meno, e l’uomo avvertiva che il suo battito si stava regolarizzando, lentamente.
Quando fu sicuro che Yuuto non piangesse più, Kageyama sedette su una sedia, e staccatosi il bimbo dal collo, gli porse dell’acqua, che quello accettò con garbo.
Il piccolo riappoggiò il bicchiere di vetro scintillante sul tavolo in legno, dopodiché i due tornarono a guardarsi, per qualche minuto.
Osservandoli, era facile intuire che né uno né l’altro sapevano che dirsi.
O meglio, di cose ce ne sarebbero state un sacco, da non smettere più di parlare, ma nessuno dei due aveva idea di come iniziare, cosa dire… Ma i loro sguardi, i loro occhi, commossi e incantati, bastavano ad entrambi.
Tutti e due, si erano come convinti, ad un certo punto, di non rivedere mai più l’altro: si erano arresi alla ragione, che aveva stabilito per entrambi un ritrovo impossibile, la separazione inconfutabile.
Il cuore aveva dimostrato loro che la mente si sbaglia, in alcune situazioni.
Il viso di Kageyama, Kidou aveva avuto il tempo di osservarlo bene, e con dispiacere non aveva potuto non fare caso alla vistosa cicatrice nell’occhio sinistro.
Kageyama, dal canto suo, di cose di Yuuto ne aveva osservate parecchie, ma nessuna era nuova per lui: era proprio come se lo ricordava… Il problema è che, così, non doveva rispuntare.
Aveva addosso uno staccio di vestito, che gli copriva in parte le gambe, ma l’addome e la schiena erano completamente spoglie, e martoriate. C’erano evidenti segni di graffi, lividi ed ustioni un po’ ovunque, in quel corpicino che non doveva vedere la luce del sole da un sacco di tempo: ma il vero problema di Kageyama, era un altro...

*Angolino delle coccole*

Lasciatemi godere...! *u*
Perché voi non capite… Io sto proprio godendo! *u*
Alla faccia di tutte le shot/long dove ho dovuto versare litri di lacrime e passare notti insonni per colpa del modo in cui alcune autrici – non faccio nomi *^*, che farebbero meglio a inchinarsi umilmente a me chiedendo perdono per tutti i tormenti che mi hanno fatto patire – hanno trattato il mio Kage-kun. <3
Questa è poesia pura… *u*
Acqua di sorgente, pura e rinfrescante, per la mia gola riarsa e il mio cuore che stava cedendo *^*

Ma cerchiamo di spiegare il capitolo: all’inizio Yuuto si è svegliato e…
Beh, avete capito che è successo, no?! ç.ç
Quello che ci tenevo a fare è spiegare il suo comportamento: Kidou, come avrete senz’altro notato, spesso avrebbe potuto rendersi conto del cambiamento che c’è stato nel suo corpo: è tornato un bambino di cinque anni, ma lui non se n’è reso conto nonostante le continue testimonianze di quanto è successo.
Questo perché Yuuto ha passato davvero dei brutti momenti-  che nel prossimo capitolo spiegherò promesso – e quindi, adesso che è in “libertà”, vuole solo vedere le cose belle, diciamo, le cose positive e piacevoli di quel che succede ^^”
Invece per quanto riguarda l’inizio, quando ha detto “
Il ragazzetto doveva avere circa la sua età (…)”; mettiamo le cose in chiaro. Yuuto ha cinque anni, e Hikaru dodici; ma Kidou ancora non si è reso conto di essere stato, per così dire, “rimpicciolito”, e quindi crede di aver quattordici anni.
Per questo dice che è un ragazzo che ha circa la sua età ^^”
Volevo chiarire questo punto per non mettere in allerta qualcuno, tutto qui ;D
Di Kidou e Kageyama potrei parlarne ad oltranza, quindi non ne parlerò proprio (?): se comincio, non la smetto più. <3
La scena dedicata a loro, la mattina presto, l’ho separata in due parti, per farvi pregustare meglio il momento, sapete ^^ E perché mi diverto un sacco a scrivere su questi due…
TREMATE!! SISSY E’ ARRIVATA E ATTUERA’ LA SUA VENDETTA!!

Dopo questo piccolo sclero – mi sento molto potente in questo momento, sapete? *u* - vi lascio alle recensioni <3
Un bacione a tutti!!
Sissy-chan <3

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ; Rivelazioni sconvolgenti! ***


Capitolo 4;  Rivelazioni sconvolgenti!

C’erano evidenti segni di graffi, lividi ed ustioni un po’ ovunque, in quel corpicino che non doveva vedere la luce del sole da un sacco di tempo: ma il vero problema di Kageyama, era un altro.

Kageyama osservava il bambino che portava sul grembo da un sacco di tempo, come incantato.
Era così… Bello. Continuava ad accarezzargli il viso, che seppur vessato sembrava risplendere di luce.
Continuava ad accarezzarlo, bramando ogni particolare di quel volto così sospirato, come se avesse paura che la sua immagine sfumasse davanti a lui, d’un tratto.

Dal canto suo, Kidou percepì subito, dal modo in cui lo accarezzava, il tormento dell’uomo.
Così gli strinse le mani, sussurrando con voce fioca e strozzata dall’emozione: -Sono io. Sono qui. Non… Non vado via…-
E Kidou avrebbe voluto parlare, parlare ancora, adesso che aveva recuperato il dono della parola.
Ma Kageyama se lo strinse ancora forte al petto, e il bimbo commosso e colpito dalla situazione, lo abbracciò di nuovo con la stessa gioia che gli ardeva il cuore di felicità pura.
-Sei… Ma dove sei stato…? Io… Noi… Oh Kidou, sei bellissimo…!-
Yuuto spalancò gli occhioni scarlatti, pieni di lacrime e brillanti d’affettuosità; ma che stava succedendo adesso? Perché Kageyama gli diceva quelle cose?
Ecco, non è che avesse proprio l’abitudine di fargli i complimenti…

-Kageyama.- provò a richiamarlo, vedendo come l’uomo davanti a sé si perdeva ad osservarlo, meravigliato. – Da quel che so, dovrei essere io quello stupito! Io… Io… Pensavo che lei…-
-Di me non devi preoccuparti, ragazzo. – il suo Comandante scosse impercettibilmente il capo, posando delicatamente il bambino a terra per mettersi in piedi. – E’ la tua la situazione più importante, adesso.-
In quel modo, Kageyama gli sembrava ancora più alto. Era sempre lo stesso, ma la voce non l’aveva mai sentita così; era soffocata, commossa, anche se cercava di mantenere la sua calma e freddezza.
Tentativo assai vano, ragionò in fretta Kidou, considerando la sua commozione.
-Ma come la mia? Io… Ah!- il piccolo si piegò in due dal dolore, cascando a terra. La gamba destra aveva ripreso a sanguinare, e debole com’era non riusciva a reggere il peso del suo corpo.
Kageyama in un attimo fu sopra di lui: lo prese in braccio in modo così delicato e rassicurante che a Yuuto parve che il dolore fosse già scomparso.
-Non mi lasciare… - fece Kidou in un sussurro – Fa meno male quando sono con te…-
E sorrise.
Un sorriso così fragile e sincero che Kageyama fu di nuovo sul punto di commuoversi.
Poi, riprese a parlare: - E’ a questo che mi riferisco. Ragazzo mio, si può sapere cosa ti è successo? Dove… Dove sei stato per tutto questo tempo? E, soprattutto…- ma non riuscì a continuare.
La sua voce era troppo spezzata e rotta, cosicché Yuuto faticava a comprenderne il senso.
Ma il ragazzo non rispose. Il suo visetto magro e sfracellato era illuminato dal sorprendente sorriso che gli era dipinto sulle labbra scorticate: - … Sei stato tu a medicarmi, vero? - Suonava come una domanda, certo, ma Kidou non aspettò una risposta, e aggiunse: -Ti… Ti ho visto, ieri sera. Ho aperto gli occhi, perché ho percepito tanto caldo in tutto il corpo, e mi sono sentito al sicuro, dopo tanto tempo. Ero al Fifth Sector, o almeno così chiamavano quel posto infernale.-
A Kidou parve che, da dietro le lenti d’occhiale, gli occhi di Kageyama si dilatassero, illuminati da un bagliore d’odio e di paura. Inclinò appena la testa a quella reazione, chiedendosi a che informazioni fosse dovuta, ma vedendo che l’uomo non accennava a dare spiegazioni o a dire alcunché, limitandosi ad accarezzargli amorevolmente i lunghi capelli castani che superavano le spalle, Yuuto continuò: - Non ricordo come ci sono finito, so soltanto che dopo un lungo tempo di torpore, mi sono svegliato completamente indolenzito, e legato. Legato sì, ad una lastra fredda e spigolosa, che mi graffiava sempre la schiena. Ero in una stanza buia, che fossi solo non so, perché c’era tanto rumore: ma davvero tanto, pensa che non riuscivo neanche a sentire la mia voce. Quindi se qualcun altro pativa insieme a me, io non l’ho sentito.-
Kageyama alzò lo sguardo sul viso del piccolo: era concentrato, attento a non farsi sfuggire nulla di quel che ricordava, ma era chiaro che quel che raccontava aveva lacerato per lungo tempo il suo corpo e la sua mente.
Kidou raccontava di un posto brutto e terribile, dove lui e altri ragazzi venivano rinchiusi e usati come “scorte energetiche e vitali” aveva sentito dire da una guardia fuori dalla stanza: i giocatori delle squadre del Fifth Sector potevano avere un calo improvviso, e allora le forze e le capacità di questi ragazzi legati a delle macchina rumorosissime e scure venivano cedute ai SEED carenti di energie.
Era un racconto osceno, da far venire la pelle d’oca. Kageyama più volte rabbrividì, e quando questo accadeva stringeva forte il bambino che teneva in braccio: questo sospendeva per qualche istante il racconto, e ricambiava l’abbraccio.
Yuuto stava abituandosi a quelle dimostrazioni d’affetto del suo Comandante, anche se gli parevano molto strane e ancora non riusciva a spiegarsele.
Concluse così il suo racconto: - E’ arrivato un momento in cui sono riuscito a liberarmi. E’ molto difficile pensare all’eventualità in cui io avessi avuto così forza da rompere le gravose catene che mi obbligavano i polsi; è molto più strano eppure plausibile che qualcuno le abbia allentate. Anche se non capisco proprio chi possa essere. Tutti quelli che venivano, o azionavano la macchina a rubarmi più energie, o mi frustavano, per il semplice gusto di farlo: a quanto pare, quelle guardie si annoiavano parecchio. Sono riuscito a fuggire, e l’unica cosa che ho pensato una volta in piedi è stata “devo uscire di qui!”; e così ho fatto. Trovando tutte le porte aperte, senza nessun allarme che scattasse – anche questa è una cosa stranissima, non credi? – sono uscito. Ma nemmeno fuori mi sono fermato. Avevo tanta paura che venissero a prendermi, e mi facessero del male. Non mi ricordo di aver mai corso così tanto, e poi…-
-E poi ti ho trovato io!- esclamò allegra una voce alle loro spalle.
-Hikaru!- esclamò Kageyama a quel punto, e dalla sorpresa allentò la presa sul corpicino di Yuuto, che cascò a terra.
-Ouch!- si lamentò il piccolo, massaggiandosi il fondoschiena; ma non fece in tempo a rimettersi in piedi, che il ragazzetto lo prese in braccio, saltando festosamente: - Che bello! Che bello! Ti sei svegliato! Sai, stanotte ho avuto anche paura che morissi durante il sonno… Ti batteva così piano il cuore… Per fortuna sei sveglio! Quando mi sono alzato e ho visto che non c’eri più, mi è preso uno spavento!! Ma come sei carino…! Lo sai che sei proprio un bambino bellissimo?! Anche se sei ridotto un po’ maluccio… Sei il bimbo di un barbone?-
-Hikaru!- saltò su a quel punto Kageyama, strappando Yuuto dalle mani del nipote e poggiandolo sul pavimento. – Hai intenzione di fondergli il cervello!? Sono troppe cose tutte insieme…! Non ti ricordi più in che stato era ieri sera? Hai intenzione di tramortirlo di nuovo?!-
Le risate di Yuuto interruppero il simpatico coretto che si stava svolgendo: -Siete fortissimi!!- riuscì a esclamare il piccolo fra le risa, mentre si rotolava per terra.
-Non ti ci mettere anche tu, di grazia…- supplicò l’uomo, con un tono tutt’altro che amorevole.
Kidou si esibì in un sorriso a trentadue denti, gli occhi che brillavano di gioia.
-Ma no, zio! – prese parola il viola a quel punto, impettito – So bene come era ieri il bambino, l’ho visto anch’io! E’ solo che ero molto contento, ecco…! Sei un po’ nervoso stamattina o è una mia impressione?-
Kageyama si voltò verso Yuuto lanciandogli un’occhiata truce, ma allusiva: -Potresti anche smetterla di ridere adesso.- utilizzando un tono sarcastico e buffo che non fece altro che aumentare l’ilarità di Kidou.
Poi, tornò da Hikaru: - Ho bisogno di un po’ di tempo…-
Hikaru lo guardò, sospettoso, e gli lanciò uno sguardo allusivo e supponente: -
Cosa stavi facendo con il bambino…?!-
-BASTA! BASTA! Vi prego…! Io muio!!- interruppe di nuovo Kidou, continuando a ridere troppo divertito dalla situazione.
-NIENTE!- esclamò a quel punto Kageyama, rosso d’imbarazzo o d’ira – nessuno dei due ragazzi lo capì, ne ebbe l’ardore di chiederlo.
Hikaru, recuperato il sorriso di sempre, disse allora, semplicemente: -Okay, zio. Io adesso devo andare, c’è Kariya che mi aspetta per andare insieme a scuola!-
L’uomo lanciò uno sguardo rapido e fuggente al grande orologio appeso sopra la porta: mancava già un quarto alle otto! Si era fatto proprio tardi…
-Va bene Hikaru. Io…-
-CIAO ZI- il ragazzo stava già per fiondarsi fuori dalla porta di casa, ma all’ultimo Kageyama lo trattenne per un braccio: -Non parlare a nessuno di quanto è successo ieri sera, chiaro? Quando torni ne discutiamo insieme e vediamo di trovare una soluzione.-
Il ragazzino sorrise, annuendo; allora Kageyama lo lasciò andare, aprendogli la porta: -Buona giornata Hikaru.-
-Grazie zio! A dopo!-
Kageyama chiuse subito la porta, e ritornò in cucina, dove ad attenderlo c’era ancora il suo Yuuto.
-Allora…!- attaccò con tono malizioso Kidou, ma venne subito interrotto.
-Ti consiglio di cancellare alla svelta quel sorrisino perché non ho niente da dirti.- ammiccò Kageyama; ma l’entusiasmo di Kidou non finiva certo lì.
Aveva mille curiosità, e adesso aveva di nuovo davanti un sacco di tempo con cui parlare con Kageyama.
-Dimmi un po’. Ma chi è quel ragazzino? E perché quando mi sono svegliato mi stava abbracciando? Perché prima mi ha detto che sono bello e poi che sono figlio di un barbone?-
-Hikaru. Perché ha voluto tenerti a letto con sé questa notte. Perché è molto confuso.-
-Wow Kageyama-san! Sei proprio spicciato tu nelle risposte!
-Dico tanto a Hikaru-kun, ma anche tu caro mio non scherzi…-
-Che ci vuoi fare…?- e un altro sorrisino si dipinse sul volto di Yuuto.
-Ma…!- tornò di nuovo all’attacco dopo qualche secondo di riflessione – Perché io Hikaru non l’avevo mai visto?-
-Ti pare che dico tutto, a te?!- esclamò a quel punto Kageyama, scompigliandogli i capelli noisette.
-Beh…!- Yuuto abbassò lo sguardo, tutto rosso.
-E adesso che c’è?- l’uomo gli si avvicinò, cautamente, e lo prese in braccio.
-Mi vuoi proprio molto bene tu oggi o mi sono perso qualcosa?- esclamò a quel punto Yuuto, stanco di non capire tutta quell’affettuosità del suo allenatore.
-Possibile che…?- bisbigliò quello; ma invece di continuare, mosse qualche passo e uscì dalla stanza, posizionando il frugoletto davanti allo specchio.
Kidou lanciò un urlo.
Era piccolo. Ooh se era piccolo!
Arrivava all’incirca al ginocchio del suo allenatore, aveva i capelli tutti liberi dai rasta, ed era praticamente nudo. Aveva un cencio grigiastro e consunto addosso, che gli copriva a malapena le gambine magre. Era piccolo, accidenti quanto era piccolo!
Ed era anche ferito ovunque. Quello lo aveva percepito, dal dolore, ma non pensava che fosse ridotto in uno stato tanto miserevole. Gli occhi erano l’unico tocco di colore in quel corpicino ingrigito e debole, così grandi e scintillanti da far paura. Il viso era completamente ustionato, si vedevano numerosi segni di ferite e dalle medicazioni si riusciva ancora a vedere le rossastre lesioni.
-Ma… Ma cosa…- riuscì a sussurrare, ancora non completamente ripreso dallo spavento. La sua voce era senza inflessioni, tant’è che Kageyama si spaventò a sentire quel fioco sussurro incolore.
-… Non lo so.- se ne uscì soltanto, continuando a osservare il suo Kidou. – Non lo so…-
Il bimbo si piegò tutto sulle ginocchia, gemendo e piangendo.
Davanti a quella scena, a Kageyama si strinse il cuore; sapendo che non sarebbe riuscito a trattenere le lacrime nel caso queste avessero di nuovo preso a scendere, si piegò sul bambino, sollevandolo da terra. Questa volta, si diresse in bagno, e una volta lì, appoggiò delicatamente Yuuto nella vasca che Hikaru aveva già preparato qualche minuto prima, e che era ancora calda.
A quel tiepido contatto, vide Kidou rilassare gli arti, e chiudere gli occhi beato.
Sciolte le bende, dopo poco tempo l’acqua prese tinte scarlatte, che angustiarono ancora di più Kidou.
Il piccolo volle subito uscire dalla vasca, e Kageyama lo accontentò.
-Abbiamo bisogno di tempo, Yuu-kun, prima che le tue ferite si rimarginino.-
Non lo voleva deprimere, né farlo sentire in colpa, ma Kageyama non poteva nascondere al suo ragazzo la verità: era ridotto malissimo, e l’unica cosa che si potesse fare era fare attenzione che le ferite non facessero infezione, e cambiare spesso la medicatura. Con pazienza, Kidou avrebbe potuto camminare di nuovo.
-Lo sforzo che hai fatto per venire qui è stato il colpo di grazia. Non sono un medico, ma puoi fidarti se ti dico che non devi più usare le gambe per qualche tempo. Rischi di perderle sul serio, se non fai attenzione.-
Kidou annuiva, senza più proferir parola. Quello che aveva visto l’aveva sconvolto parecchio e questo il suo allenatore poteva capirlo. Anche lui aveva avuto bisogno di tempo per farsene una ragione…
Quando il bambino fu asciugato e rivestito, Kageyama se lo issò sulle spalle, e  insieme tornarono in cucina.
-Yuuto!- lo chiamò allora Kageyama con un tono allegro, intenzionato a distrarlo – Quando torna Hikaru, gli dirò di andare a comprare dei vestiti che ti stiano, che ne pensi? Quello straccio addosso deprimerebbe chiunque… Ti sentirai subito meglio con un vestitino nuovo, puoi starne certo.-
Kidou annuì, e bevve ancora dell’acqua.
Bevve molto lentamente, godendosi il piacere che l’acqua fresca dava alla gola.
Kageyama si stava sforzando per non farlo piangere ancora, e Kidou decise di provare a farsi aiutare. Gli venne subito in mente il coretto ascoltato circa un’ora prima fra il suo allenatore e quel ragazzetto, e scoppiò nuovamente a ridere.
Di fronte a quel cambio d’umore improvviso, Kageyama, che aveva intuito tutto, volle stare al gioco, e afferrata la bottiglia dell’acqua esclamò: - Ma che ti ho dato da bere?! Ché adesso tu ridi così…?!-
-E’…- esclamò Kidou cercando di smettere di ridere – E’ per quel ragazzino, Hikaru. Si può sapere chi è? Perché è qui con te…?-
Kageyama sorrise, prendendo un bel respiro: -Hikaru è figlio di mia sorella e di suo marito. Quando tu frequentavi la Teikoku, lui aveva sì e no un paio d’anni…-
-E non l’ho mai visto?- chiese Kidou dubbioso.
-Eh-eh!- Kageyama si portò una mano dietro la nuca sorridendo imbarazzato – Diciamo che mia sorella non ha un carattere molto simile al mio, e… Essendo più grande di me, ha sempre cercato di starmi, ecco, vicina… Ma aveva un carattere fin troppo esuberante per i miei gusti…!-
Yuuto ascoltava il racconto con gli occhi sbarrati dalla sorpresa: “Il suo Comandante aveva un sorella?! Più grande di lui?! Incredibile!”
-Izumi, così si chiama la madre di Hikaru, ha sempre amato viaggiare, per questo il bimbo non ha mai avuto una vera e propria casa. Finché era piccolo, poteva anche andare bene, ma adesso che è grande… -
-Mi stai dicendo che te lo sei preso in custodia?! Come tutore?-
Yuuto aveva un’espressione talmente sbalordita che Kageyama stentava a non ridere.
-No! No no… Cioè, insomma; in un certo senso… Abitando qui, lo ospito in casa mia per permettergli di frequentare con costanza la scuola! E poi, i suoi genitori non stanno sempre via… Adesso ad esempio se ne sono appena andati, quindi li rivedremo tra qualche mese. Magari arrivano a… Aprile, toh. E rimangono finché non finisce la scuola, in modo da portare con loro anche Hikaru.-
Kidou sorrideva, rapito dal racconto del suo allenatore: e Kageyama contento di essere riuscito a distrarre Yuuto, aggiunse, con quell’aria da lestofante che lo contraddistingueva nonostante tutto: -Poi, per quel che ne so, potrebbero spuntare dal soffitto anche in questo momento. E’ gente strana, te lo dico io…!-
Kidou scoppiò a ridere, e Kageyama se lo issò di nuovo sulle spalle.
Dopo aver fatto due volte il giro del salotto, l’uomo chiese; -Allora, diavoletto, dove andiamo?
Yuuto gli tirò la coda, come faceva da piccolo ogni volta che il suo allenatore lo chiamava così: “diavoletto”…
E saltò giù, scivolando svelto sulla camicia dell’allenatore.
La schiena gli parve esplodere, e un dolore devastante pervase quel corpicino provato e stanco.
-Aaaah!-
-Kidou!-
Appena Kageyama lo ebbe raccolto da terra, nuovamente Yuuto si sentì così bene da voler di nuovo scendere: -Mi prendi in braccio… E sai che il dolore non lo sento quasi più?- lo informò, con ancora tutta la vocina tremolante.
-Sì, ma anche se non lo senti c’è, e dobbiamo fare in modo che…-
-SONO TORNATO!!- proruppe in quel momento una voce alle loro spalle.
-Hikaru!- esclamò Kidou tutto contento, e sfuggito questa volta più cautamente dalle mani del suo allenatore, corse incontro al ragazzetto, che sorrise di rimando.
-Corri già?! Ma allora sei proprio in gamba!- il viola porse allo zio la cartella, e preso Yuuto in braccio, si diresse in cucina.
Kageyama fece per richiamare il nipote, per ammonirlo di fare attenzione al bimbo, ma Kidou gli strizzò l’occhiolino, e raggiante fece il suo ingresso in cucina tutto aggrappato al quattordicenne.
Una volta che furono tutti seduti a tavola davanti ad un piatto di spaghetti, Hikaru esclamò: -Sai zio, oggi la maestra ci ha…-
-La professoressa, Hikaru.-
“E’ la stessa cosa…!” bofonchiò il ragazzetto, ma che incrociando il sorriso divertito del piccolo di fianco a sé, recuperò il sorriso e proseguì: - La professoressa ci ha riparlato di… Sai, no, quella “cosa” lì…!-
Kageyama sospirò, ma Hikaru appena alzò lo sguardo dal suo piatto si accorse che lo zio non prestava attenzione a quanto stava dicendo, bensì guardava il piccolo davanti a sé; a quel punto esclamò: -ZIO!-
Dallo spavento, Kageyama rischiò di ribaltarsi dalla sedia, e Hikaru davanti a quella scena sorrise soddisfatto: -Non mi ascolti mai! Ma è incredibile! Hai sentito quello che ho detto?!-
-Sì sì…- fu la vaga risposta dello zio che intanto aveva ripreso a mangiare – Vai avanti.-
-Ecco, ho fatto particolare attenzione…-
-Perché, di solito non presti “particolare attenzione”?-
-Oh zio! Ma mi vuoi far parlare?!-
-Sembro io, vero?- s’intromise il bambino, alludendo a Hikaru.
Kageyama sospirò di nuovo; -Con che bambini mi tocca vivere…-
Kidou a quel punto s’impettì: -Sarà ben colpa tua, che ne pensi…? Non ci dai mai retta un secondo!-
-Mi sembra che oggi sono stato più dietro a te che a chiunque altro.-
-Questo non vuol dire niente!-
-Eccome se non vuol dire niente!-
-Ehm… STAVO PARLANDO IO!!- irruppe a quel punto Hikaru.
Nella stanza calò il silenzio per pochi istanti… Poi il bambino scoppiò a ridere, mentre lo zio gli fece cenno di continuare.
-Dicevo – enfatizzò allora Hikaru – Facendo particolare attenzione al racconto… E non mi interrompete! Mi sono detto “Assomiglia tanto al bimbo che abbiamo trovato ieri sera!” e non è così zio? Non pensi anche tu che sia simile…?-
-Certo Hikaru. E’ ovvio che è simile. E’ lui.- rispose semplicemente Kageyama, prima di mettersi a bere.
-CHE COSA??!?!?! Ma… Ma zio! Non… Non si può! Come fa a essere lui?!-
-Di chi stiamo parlando ragazzi? Ho perso il filo. – s’intromise Kidou, sospendendo un attimo di mangiare.
-Stiamo parlando del ragazzino che è scomparso dieci anni fa. Stiamo parlando del fratello dell’insegnante di Hikaru. Stiamo parlando di te, Kidou.-   

*Angolino delle verità rivelate*

MINNAAAA!!
Carino il capitolo, neh? *ç*
Io vi avevo avvisato, qualche tempo addietro, che la lunghezza presto ci avrebbe raggiunto! ^^
Ed eccole qui, sei pagine tutte tutte da spiegare ;D
Beh, che dire? Spero vi sia piaciuto, e la storia cominci ad entusiasmarvi *u*
Qui abbiamo spiegato un po’ di cose, vero?
Allora, primo; dov’è stato Kidou per tutto questo tempo.
I protagonisti ci arriveranno penso nel prossimo capitolo, comunque lo dico già adesso così se ci sono dei dubbi li chiariamo sul nascere (?): Yuuto cadendo nel portale magico del prologo ha “saltato” diec’anni, andando a finire nel Go, per capirci, ma è rimasto un ragazzino. ^ç^
Poi, è stato catturato dal Quinto Settore che ha sfruttato le sue capacità atletiche e da regista per “potenziare” i propri giocatori. *^* Cosa molto crudele, me ne rendo conto, ma avevo bisogno di un Yuuto un po’ debole, ecco. E’ fin troppo esuberante ridotto in questo stato, figuriamoci xD
E durante questi mesi di “prigionia”, è stato anche “rimpicciolito” ^^”
Dopodichè, ho spiegato un po’ di Hikaru… Dovevo far sì che vivesse in casa con Kageyama in qualche modo, e mi sono inventata la prima storia che mi è venuta in mente: mi rendo conto che forse non è proprio il massimo della credibilità, ma… Beh, in quella famiglia lì sono tutti dei matti (?), quindi perché sforzarsi di trovare una giustificazione comprensibile? *u*
Kidou ha finalmente scoperto di essere piccolo: e vedrete, anche se adesso si è un po’ rattristito, svolgerà questa caratteristica a suo favore ^^ Ho già in mente due o tre scenette davvero carine <3
Il tempo vola quando ci si diverte, e devo scappare adesso ragazzi *ç*
Ci vediamo il mese prossimo; prometto che aggiorno ai primi della seconda settimana, okay?
Un bacione a tutti quanti, vi adoro! <3
Sissy-chan ^^

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ; C'è odore di amore nell'aria... ***


Capitolo 5;  C’è profumo d’amore nell’aria…

-Ah certo. E tu pensi forse che io creda a questa storia?! E’ assurdo!-
-Ma… Ma piccolo tu…-
-No no e no! Mi rifiuto di credere a una cosa del genere!-
Sembrava indemoniato: Yuuto percorreva la stanza praticamente di corsa, sferrando pugni sui muri e contro il tavolo, rifiutandosi categoricamente di credere a quello che aveva sentito.
-Zio… Che facciamo?- Hikaru lanciò un’occhiata supplichevole all’uomo di fianco a sé: gli era parso che lo zio avesse parlato bene, facendo attenzione a non usare parole che potessero essere fraintese.
Era stato molto delicato, e aveva parlato sempre guardando il bambino, con calma e dolcezza.
Eppure, non era servito a niente. Il piccolo era rimasto zitto per qualche minuto, a racconto finito, poi aveva cominciato a fare il matto.
Pure Hikaru stentava all’inizio a fidarsi di quello che affermava lo zio, ma dopo il suo racconto, si era convinto. Possibile che per quel bimbo fosse così difficile?
-Nulla Hikaru. Vieni, lasciamolo solo; vedrai che tra un po’ si calmerà.-
E insieme, lasciarono la stanza, e uscirono in giardino.
Il sole brillava alto, nonostante le basse temperature di stagione: era Dicembre inoltrato ormai, ma ancora di neve non si vedeva.
Hikaru si strinse nel suo cappottino verde quando una spirata d’aria gelida lo investì. La luce opaca del sole pallido metteva in risalto i rami spogli e freddi degli alberi.
Il ragazzino alzò lo sguardo verso lo zio: Kageyama guardava di fronte a sé, verso il sole, verso la città.
-Pensi che dovremo portarlo ?- chiese prendendo coraggio, sperando di aver intuito il significato di quel silenzio.
- Prima o poi, dovremo farlo. Ma non ora; prima deve esserne convinto lui, altrimenti non riusciremo a convincere neanche gli altri.-
-In effetti zio, anch’io ho avuto e continuo ad avere delle perplessità. Cioè, intendo… Io non l’ho mai visto, e per quello che vale, mi fido ciecamente del tuo giudizio, ma… Vedi, penso che, per essere lui, dovrebbe essere…-
-Più grande?-
Hikaru tacque per un istante: la voce di suo zio non mostrava inflessioni, ma lui lo conosceva bene, ed era certo di aver colto un leggero tono di tristezza nelle parole dell’uomo.
Decise tuttavia che sarebbe servito ad entrambi ascoltare quella storia ancora una volta.
-Sì, sì esatto, più grande. Molto più grande. Invece… Zio! Hai visto quanto è piccolo?-
-E’ lui, ti dico.-
-D’accordo zio, ho capito! Ma… Ma come…?-
-Ascolta. Noi non sappiamo tutto quello che succede al Fifth Sector; quel luogo è già di per sé un mistero, chissà quanti ne nasconde…!-
-Ma voi siete già riusciti a scoprire un sacco di cose su quell’organizzazione! Possibile che una cosa del genere vi sia sfuggita?-
-Tutto è possibile, Hikaru.-
-Uff…!-
Il ragazzo dai capelli color prugna si buttò per terra con uno sbuffo: gli ispidi ciuffi d’erba gli sfregavano il volto, pizzicandogli le guance.
Per quanto quel discorso sul ragazzino scomparso gli stesse a cuore, Hikaru a volte non riusciva a trattenersi: ma era mai possibile che non si avesse un momento di pace?
-Zio!- tornò a ribattere dopo qualche tempo di riflessione in cui anche Kageyama era stato in silenzio – Ricapitoliamo, vah. Noi sappiamo che circa dieci anni fa la nazionale giapponese reduce dalla vittoria al mitico Football Frontier International si è incontrata in un campo fuori città, come avevano fatto spesso durante l’estate, e in quel frangente Kidou è scomparso praticamente nel nulla. La polizia ha setacciato bene tutta l’area intorno, non è così? E non hanno trovato nulla?-
-Neanche il pallone che Yuuto era andato a recuperare…-
-Ma è qui che ti voglio, zio! Tu vorresti far credere a me e a quel bambino che qualcuno del Fifth Sector l’ha rapito mentre era lì nel bosco? E che non ha lasciato nessunissima traccia?! Otonashi-sensei e Endou-san ci hanno raccontato spesso di aver preso parte alle ricerche dal vivo… Zio, io non metto in discussione il fatto che sia lui, ma devi renderti conto che quel bambino non può accettare una cosa del genere! Così, sparito…! Nel nulla?!-
Kageyama taceva, ostinandosi a non guardare negli occhi suo nipote mentre parlava.
-Zio! Mi stai facendo arrabbiare…! PARLA, accidenti!-
L’uomo venne scosso da un brivido di freddo: soffiava un vento gelido, quel pomeriggio…
Con passo lento, si avvicinò e sedette sulla panchina di ferro battuto che dava sul giardino, nel retro della casa.
-Ti ascolto Hikaru, e continuo a prestare attenzione a quanto dici. Non ti scaldare, non ce n’è bisogno…-
-Certo che ce n’è bisogno! E non sarebbe così male neanche se mi scaldassi davvero, perché ho un freddo…! Brr!!-
Kageyama per la prima volta da quando erano usciti posò lo sguardo sul nipote, concedendogli un sorriso sincero, ma che addirittura tradiva un certo divertimento: -Sembri proprio tua madre, quando fai così.-
-Dici che ho preso qualcosa anche da te?-
-Aaah, la parlantina no di sicuro!-
-Allora magari la testardaggine…?-
-Cosa stai cercando di insinuare…?!-
Quando i loro sguardi si incrociarono, non ci fu più modo di trattenersi: scoppiarono entrambi a ridere, sereni, mentre una nuvola copriva il sole, e il giardino si oscurava.
Cominciò a soffiare un vento ancora più fresco, e nipote e zio decisero allora di rientrare.
Appena messo un piede in casa, le loro risa si tramutarono immediatamente in un meravigliato silenzio di stupore.
Reggendosi bene al corrimano delle scale che portavano al piano di sopra, il piccolo palleggiava meravigliosamente bene; con colpi di testa e di tacco, continuava a far rimbalzare la palla, gli occhi sanguigni che attenti controllavano il suo movimento in modo che non toccasse terra.
-Ma che…?- esclamò Hikaru, tra il confuso e lo stupefatto.
-Ma che cosa devo vedere!- esclamò invece Kageyama che con un unico movimento della mano si sbarazzò del pallone lanciandolo distante e afferrò il bambino per chiudersi in bagno.
-Zio…!- provò a fermarlo il ragazzino, ma inutilmente: rimase imbambolato qualche istante davanti alla porta, poi con un sorrisetto corse su in camera sua…

***
-Sei proprio sciocchino, allora…!-
-Non stavo facendo niente di male…-
-Certo, se il tuo obbiettivo è passare il resto dei tuoi giorni immobilizzato su una sedia a rotelle, stai facendo proprio un ottimo lavoro!-
Il piccolo deglutì a vuoto, abbassando lo sguardo.
Kageyama gli stava cambiando le medicature; le fasce che avevano preso il colore della porpora poco distante…
-I-Io…-
-Kidou. Guardami, guardami ragazzo. La tua situazione mi preoccupa, capito? Mi preoccupa tantissimo. Ancora non abbiamo chiarito come fai ad essere qui, ma quello che conta adesso è stare calmi, capito?-
-Senti chi parla! Hai appena detto di essere agitato tu, non io!-
-… Vuoi farmi credere che tu consideri questo- esalò, afferrando le medicazioni insanguinate appena tolte dalle gambe del bambino – uno scherzo?!-
Yuuto alzò lo sguardo, incontrando quello dell’uomo che gli stava sopra: e la situazione gli parve la stessa di quella mattina. In mattinata infatti cercava di parlare in modo calmo e composto, ma la sua voce e il suo volto tradivano un’emozione fortissima, e la commozione. Anche adesso, cercava di mostrarsi arrabbiato e terribilmente serio, ma se Kidou avesse avuto gli occhi bendati, avrebbe potuto comunque esser certo che Kageyama era tutto meno che adirato: la preoccupazione e l’angoscia che accompagnavano tutte le sue parole mortificarono il piccolo, e lo fecero sentire terribilmente in colpa.
-N-No…- sussurrò, cercando di non scoppiare a piangere dalla vergogna.
Avendo finito di medicarlo, Kageyama guardò il bambino seduto di fronte a sé, e sentì il cuore scoppiargli in petto dalla gioia di averlo di nuovo accanto: con un sorriso rassicurante dipinto sulle labbra, lo prese delicatamente in braccio, permettendo a Yuuto di appoggiare la testa nell’incavo del suo collo.
Il bambino a quel contatto scoppiò in singhiozzi, stringendosi forte al petto e al collo del suo allenatore.
Questo aspettò, e i due galleggiarono in quel silenzio fatto d’affetto e calore mentre Kageyama carezzava con dolcezza la schiena del piccolo.
Quando fu certo di riuscire a parlare senza essere interrotto dai singhiozzi, Yuuto ruppe quel silenzio incantato: -Mi scusi Comandante, io… Io non volevo farla preoccupare tanto, è solo che…-
-Ssshh…! Va tutto bene, non dire così che piangi di nuovo… E’ tutto a posto, tranquillo…-
Kidou si strinse ancora al petto dell’uomo, sfregando il viso contro la sua spalla; e il pianto si trasformò in sorriso…
-Che ne pensi, raggiungiamo Hikaru? Si starà chiedendo se non siamo scappati via dalla finestra, a quest’ora…!- propose con disinvoltura Kageyama, aprendo la porta del bagno con la mano per far passare il piccolo.
-Oh sì!- e appena messo un piede fuori, Kidou ricominciò a correre, su per le scale, diretto in camera di Hikaru.
Kageyama sorrise, sbattendosi una mano sulla fronte: “E’ impossibile! Gli dici di non fare una cosa, ed è la prima cosa che fa! E’ proprio un bambino, è più forte di lui…!”

***

-Holy Road, eh? Allora si chiama così adesso il Football Frontier?
-Già!- esclamò Hikaru, azzannando un fetta di torta – E’ un torneo fantastico, e si gioca a calcio!-
Kidou sorrise, decidendo che si era spantegato sufficientemente riso addosso, per quel pasto –Questo l’avevo capito…!-
-Se, Hikaru, la smetti di torturare quell’innocente fetta di torta e Yuuto, pensi che ora sei abbastanza ricoperto di chicchi di riso, potreste anche alzarvi da tavola così magari andate a letto.-
I due spalancarono gli occhi, per poi esclamare: -Ma sono solo le nove di sera!!-
-E’ stata una giornata molto faticosa, e poi…-
-Ma domani è domenica! – si lamentò Yuuto, e nell’agitare le braccia, chicchi di riso presero il volo.
-E tu come fai a saperlo?- gli chiese indagatore Kageyama, dandogli un buffetto sulle guance piene e rosee.
-Ho guardato il calendario, ti pare?-
-Non ti smentisci mai, vero?-
-Io, ti sembra?!-
-Yuu-kun, hai voglia di finire di guardare tu quelle riviste che sfogliavamo prima? Io aiuto lo zio e poi ti raggiungo…-
-Okayyyyyy…!!- con un balzo saltò giù dalla sedia, il piccolo Kidou, e sparì chiudendosi la porta alle spalle.
Kageyama fissò sinceramente colpito il nipote: Hikaru e Yuuto avevano passato quasi tutto il pomeriggio a giocare e parlare là sopra. Per tutto il tempo, non aveva fatto altro che sentirli ridere… Cos’è che adesso lo liquidava con tanta premura?
-Zio, devo dirti una cosa importante!-
-E ti pareva…! Figurati se mai una volta vuoi veramente darmi una mano…?!-
-Stai scherzando! Pensavi davvero che ti volessi aiutare?!-
-Sono un tipo molto ottimista…-
-Ah davvero? A me non sembrava…-
-Allora, sentiamo, che hai da dirmi di così urgente?-
-Oh zio, zio! L’ho sognata, capisci, l’ho sognata ancora!-
-Oh no, ci risiamo…!- Kageyama sembrò intenzionato ad accasciarsi sul lavandino dalla disperazione. – Ti prego Hikaru, non ricominciare…!-
-Ma zio! Tu… Io… Lei…! Cioè! Era così bella… E dolce… E aveva una voce tanto melodiosa…-
-Un sorriso tanto sincero, i capelli tanto morbidi, le mani tanto affettuose, gli occhi tanto brillanti! Hikaru, dici sempre le stesse cose!- Kageyama sorrise, tra l’esasperato e il divertito.
In realtà, adorava quando Hikaru si metteva a parlare di quella ragazza: era buffissimo, diventava tutto rosso, gli brillavano gli occhi e ripeteva sempre le stesse due frasi.
Aah, l’amore…
-Oh zio, tu non capisci! E’ stupenda, chiaro?-
-Non ho mai detto che sia una brutta ragazzina, anzi! E’ molto graziosa…!- saltò subito su, sulla difensiva.
-E’ bellissima…!- sussurrò Hikaru, lo sguardo incantato rivolto fuori dalla finestra.
Kageyama lo squadrò per qualche istante, gli occhi socchiusi e lo sguardo supponente.
-Hikaru, devi capire che è una partita persa in partenza.-
Alle orecchie dell’uomo giunse solo un mugugno incomprensibile, e tutto soddisfatto decise di continuare… Almeno finché suo nipote non si fosse stancato.
-Le ragazzine a quell’età, guardano solo avanti. Non degnano di attenzione neanche i loro coetanei, figuriamoci quelli più piccoli come te!-
-Ma… Ma…!-
-Niente “ma” figliolo. Arrenditi; non la conquisterai mai.-
-Hai molta fiducia in me, a quanto vedo!-
-Io sono sempre stato schietto con te, Hikaru, ed è già da qualche tempo che ti dico di rinunciare e accettare la sua amicizia.-
-Uff…!- Hikaru sembrava scoraggiarsi: magari era la volta buona…
Kageyama non voleva realmente far desistere Hikaru, ma allo stesso tempo non riusciva proprio a impedirsi di ridere al pensiero di Hikaru e quella ragazzina insieme.
No no! Proprio no. Non c’era storia, assolutamente!
Si vedevano poco, in effetti, ma spesso Kageyama aveva notato alcune lettere, che arrivavano e che partivano da casa sua…!
Posò di nuovo lo sguardo sul nipote, tutto intento a guardare le lucenti stelle della sera: “Hikaru è bello che innamorato…!” pensò mentre finiva di sciacquare le ultime stoviglie.
-Zio, io…- esalò Hikaru, ma venne subito interrotto dall’entrata trionfante di Yuuto nella stanza, che reggeva un disegno di una giovane ragazzina.
-Mettendo a posto quei giornalini, ho trovato questo, e ho pensato che è proprio un bel disegno! L’hai fatto tu Hikaru?-
-Dammi quel foglio!- Hikaru gli si avventò sopra, strappandogli con forza il disegno dalle manine.
Yuuto lo fissò sorpreso per un istante, poi sorrise esclamando: -Non c’è bisogno di scaldarsi tanto, Hikaru. Bastava che mi dicevi di dartelo, eh.-
-Zio!- sbottò il ragazzino a quel punto – Parla come te, questo qua!-
-Eh già…!- sorrise beffardo Kageyama, voltandosi verso i due.
Yuuto lanciò uno sguardo di fugace intesa verso l’allenatore, poi notando il rossore delle gote del ragazzino, esclamò: -Ho forse interrotto qualcosa?-
-S…-
-No!- ribadì Kageyama con quel sorrisetto che non prometteva niente di buono – Stavamo facendo un po’ di… gossip.-
Hikaru lo fulminò lo sguardo -G-Gossip?!-
-Oh sì!- esclamò Yuuto tutto contento, mettendosi a sedere per riposare le ferite nelle gambe che avevano preso a battere – E’ da una vita che non faccio questo genere di discorsi, e devo ammettere che l’argomento mi intriga un sacco!-
Questa volta fu Kageyama a sorprendersi: -Ah davvero? Pensa, non l’avrei mai detto…-
-“Sono cambiate molte cose, da quando te ne sei andato. Mentre tu eri lontano, la mia creatura si è evoluta ai massimi livelli e ora non puoi far altro che osservare impotente”…-
-Sì sì sì! Penso di aver afferrato il concetto!-
Alla voce stridula di Kageyama seguirono una manciata di secondi di silenzio…
-Ah ah ah! Dovresti vederti zio, sei tutto rosso!!-
Hikaru accompagnò Yuuto in una gioiosa risata, non di scherno, ma di pura ilarità.
Asciugandosi la fronte dal sudore, Kageyama esclamò: -E va bene, te lo concedo. Hai un’ottima memoria, se vai a ricordati particolari del genere…-
Yuuto sorrise sornione, godendosi quei residui di imbarazzo ancora perfettamente visibili sul volto di Kageyama, poi riprese il suo sorriso di sempre e esclamò concitato: -Ma non è questo che stavamo dicendo. Gossip, già! Allora, Kageyama è troppo vecchio per queste cose, io sono piccolino ma… Hikaru! Dimmi un po’, hai delle spasimanti che ti vengono a cercare sotto casa?-
-I-Io…!- Hikaru cercò vanamente di  nascondere il suo imbarazzo; ma ormai Kageyama e Yuuto erano partiti, e sembravano intenzionati a collaborare al fine comune di farlo morire d’imbarazzo. Hikaru non seppe prevedere nulla di quello stravagante colloquio che si sarebbe verificato da lì a poco.
-No, semmai è lui che spasima per una…!- sogghignò infatti lo zio, e negli occhi di Yuuto si accese una scintilla veramente poco promettente.
-Ah-ah, allora la cosa è ancora più seria… E dimmi un po’, che aspetto ha?-
-La conosci anche tu, Yuuto, se è per questo.- s’intromise Kageyama senza neanche dar tempo a Hikaru di aprir bocca.
-La conosco anch’io…? Kageyama, penso che mi stai sopravvalutando: non è che abbia fatto molta attenzione alle neonate, dieci anni fa!
-Fidati che una volta l’hai vista anche tu.-
-D’accordo… Allora, com’è, è bella?- chiese Yuuto, liquidando in fretta l’uomo, intenzionato a far parlare Hikaru.
-Bellissima…- fu la risposta con tono innamorato del ragazzo.
-… Dolce?-
-Dolcissima…!-
-Simpatica?-
-Simpaticissima…!-
-Mmh… Bionda?-
-Biondissima…!-
-E’ tutta "–issima" questa qua! E’ perfetta Hikaru! Sei proprio bravo tu a trovarti le ragazze!-
Kageyama sospirò; Yuuto stava andando bene, ma non aveva ancora capito di che ragazza stavano parlando, e quindi da lì a poco avrebbe fatto cilecca, ne era sicuro.
-E dimmi, vi vedete spesso, voi due?-
-Veramente… Ci vediamo una, massimo due volte all’anno.- Hikaru per un attimo perse il suo sorriso – Ma ci sentiamo spesso con delle lettere!-
Kidou sembrò perplesso: -Come una, due volte l’anno?! E’ veramente pochissimo per essere la tua ragaz-
-Ecco, lei in effetti…- lo interruppe Hikaru, le guance bordeaux e una strana voglia di far smettere quei due di parlare.
-Sono amici.- ci tenette a precisare Kageyama, meritandosi uno sguardo accigliato da parte del nipote e uno ancor più confuso da parte del più piccino.
-Ma come…? Questo vuol dire che lei non…-
-Oh, lei mi vuole molto bene, però io…-
-Ho capito tutto, ho capito tutto…! Sei timidissimo e hai paura che confessandoti potresti compromettere... la vostra amicizia.-
Hikaru abbassò lo sguardo, in imbarazzo e in difficoltà.
Notando quel suo sguardo corrucciato, Yuuto volle subito recuperare, e così chiese a bruciapelo, tanto per cambiare un poco l’argomento del discorso: - E… Quando siete insieme, cosa fate?-
-Ah, quando eravamo più piccoli giocavamo tutto il giorno insieme, ma anche adesso ci divertiamo sempre…-
-Ridono tutto il tempo e quando fa bello giocano anche a calcio.- irruppe conciliante Kageyama, porgendo un bicchiere d’acqua ad entrambi.
-Arigatou!- Hikaru accettò con gioia l’acqua fresca, mentre Yuuto dopo un piccolo sorso appoggiò il bicchiere sul tavolo, tutto elettrizzato dalla nuova informazione: -Calcio? Gioca anche lei?-
-Sì, è proprio brava e spesso mi batte! E’ una scheggia, ma è anche molto elegante…-
Yuuto lanciò uno sguardo a Kageyama; cominciava ad intuire qualcosa ma aveva bisogno di altre informazioni per esserne certo.
-Quando parla, h-ha una bella voce?- tornò all’attacco Kidou, intenzionato a spennare fino all’osso il ragazzino e vedere se e quanto era davvero innamorato.
-Una voce bellissima… Quella di un angelo…!-
-Ed è bionda, giusto?-
-Sì ha dei capelli chiarissimi, e il suo sorriso brilla…!-
-Il suo sorriso già… E’ bella quando ride?-
-Oh, è stupenda… Potrei sentirla ridere per tutto il giorno…!-
-E dimmi una cosa: tu riesci a farla ridere?-
-Sì! Cioè, sì, ridiamo spesso insieme…- si sorprese Hikaru: non era pronto a una domanda così. – E’ molto importante?-
-Certo Hikaru, importantissimo! Le ragazze adorano quando riusciamo a farle ridere!-
-Senti chi parla… - si intromise Kageyama senza più curarsi di nascondere il suo divertimento davanti ad una scena simile – L’unica persona di sesso femminile con la quale ti sei spinto a conversare è tua sorella, non mi sembra che sei proprio la persona giusta per dare consigli sull’amore!-
-Beh, per tua informazione neanche tu sei quel cupido! E poi io mia sorella la facevo ridere, e mi voleva bene!-
-Ti vuole bene perché sei suo fratello, non certo perché la fai ridere! E poi, rideva per pena, senz’altro; non hai quello spiccato senso dell’umorismo, mi pare.-
-Devo ripetermi?!- s’impettì Kidou, alludendo alla risposta che aveva dato a Kageyama qualche minuto prima.
-No no. Continua pure…- sorrise conciliante l’allenatore, rimettendosi a sedere.
-Grazie. Allora, dicevo; bella, graziosa, simpatica, intelligente, bionda, occhi scintillanti, appassionata del calcio… Beh, mi sembra fantastica! Una principessa, proprio. Dimenticavo una cosa: quanti anni ha? La tua età, immagino…-
-Beh, ecco in effetti… E’ un goccino più grande di me…- azzardò Hikaru.
-Ah. Ah allora si cambia musica. Amico mio, penso proprio che te la devi scordare; avrà quindici, sedici anni t’oh, e, fidati, i miei ricordi si fermano a quando avevo appena quell’età, le ragazzine non ti filano manco di striscio. Cioè, io ero un giocatore della nazionale che aveva vinto il mondiale, quindi forse un po’ di più attenzione rispetto ad altri senz’altro, ma… In generale, a parte queste eccezioni, le ragazze guardano avanti.-
Hikaru rimase immobile, come paralizzato dalle parole che aveva appena sentito, o da quegli occhi così rossi da far venire la pelle d’oca...
Poi, con uno scrollone, si riprese, esclamando: -Ma come?! Avete il cervello sincronizzato voi due?! Mi hai appena detto le stesse cose!- sbuffò, diretto allo zio.
Il bimbo sorrise a quell’espressione così genuina, e Kageyama si limitò ad un’alzata di spalle, che avrebbe potuto avere un sacco di significati.
Alla fine però, se ne uscì solo con un: -E’ meglio che andiamo a dormire adesso, vi pare?-
Hikaru alle parole dell’uomo volse lo sguardo verso Yuuto, come a voler costatare la sua reazione; ma di fronte allo sbadigliare del piccolo, sorrise anche il giovane.
Si infilarono sotto le morbide coperte di lana, Hikaru e il piccolo Kidou, e mentre Kageyama spegneva la luce, fuori sembrò che anche la luna si oscurasse per non disturbare il sonno dei due ragazzini.






*Angolino dei gossip*

Salve gentagliaH!
Come ve la passate?
Il capitolo mi sembra *smack* un capolavoro! <3
Ero intenzionata a farlo un tantino più corto; mi sono detta “sette pagine di capitolo sono veramente tante” ma alla fine mi sono lasciata trasportare dall’ispirazione! ^^
Adoro scrivere su questi tre, se potessi ambienterei tutta la long in questa casa ;D
All’inizio sinceramente non so se ho reso bene la reazione di Yuuto: in realtà, non avevo proprio in mente come fargliela prendere, ecco.
Mi sembra che una notizia del genere sia abbastanza schoccante, ma, ecco… Non è che mi convinca poi tanto.
Mentre scrivevo quella prima parte, ero tutta presa già dalla seconda… Dai gossip! xD
Allora, avete indovinato chi è la ragazzina di cui è invaghito Hikaru?? <3
Non è difficile, ho dato tante belle informazioni… *u*
Sono proprio soddisfatta di questa crack che ho inventato: sono pucci, insieme, non trovate? ^^
Il prossimo capitolo, lo preannuncio già, è tutto dedicato a loro… Più o meno.
Hey! Il mio Yuuto non può passare in secondo piano, scordatevelo! Però… Diciamo che mi diletterò con i due piccioncini! ;D
Beh, non mi sembra che ci sia altro da aggiungere, quindi… Ringrazio chi segue la mia long recensendo o preservando l’incognito (?), vi voglio bene! <3
Alla prossima!
Sissy-chan



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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ; Una mattinata movimentata! ***


Capitolo 6;  Una mattinata movimentata!

Fuori era buio.
Non un filo d’erba si muoveva, non una luce era accesa; tutt’intorno, non c’era nessun tipo di rumore… Il gelo della notte sembrava aver immobilizzato ogni cosa, tranne lui.
Circondato dal buio pesto della stanza, aprì gli occhi di scatto.
Nel giro di pochissimi istanti, si abituò alla vista notturna, e si guardò intorno.
Balzò giù dal letto, facendo attenzione a non svegliare l’altro, che ancora dormiva.
Esitò. Forse avrebbe fatto meglio a svegliare pure lui… Ma poi, decise che era meglio lasciarlo dov’era.
Si chiuse la porta alle spalle, e scese le scale.
I suoi movimenti erano meccanici, freddi, come computerizzati.
Non pareva accorgersi del buio che vigeva intorno a lui, né tantomeno dell’orario spropositato nel quale si era alzato.
Non pensava. Non pensava a nulla: aveva un solo obbiettivo, e lo avrebbe raggiunto molto presto…

-ZIOOOOOOOOO!!!-
-Aaaaaaah! Chicosadovecomequando cheeeeeé?!- Kageyama fece un salto nel letto dalla sorpresa, poi capitombolò per terra.
-Zio! Zio presto, non c’è tempo! Alzati su, che abbiamo da fare un migliaio di cose prima che sia troppo tardi!!-
Kageyama, massaggiandosi la testa, gli occhi ancora mezzi chiusi e la voce impastata dal sonno, mugugnò: -Hikaru…? Ma che ti prende… Cos- sbadigliò, rimettendosi nel letto – Cosa c’è…?-
-Zioooo! Non provare a rimetterti a dormire!! Non c’è tempo da perdere!!-
-Ma come non c’è tempo… Cosa succede…?- mugugnò ancora l’uomo, rigandosi dall’altra parte.
-Zio! Alzati su!  Oggi è domenica!!- sbuffò il ragazzino, scuotendo energicamente l’uomo che si era rimesso sotto le coperte.
-E sono le tre di notte, sì. Bravo Hikaru… Adesso torna a letto.- esalò Kageyama, scostandoselo di dosso.
-Ma zio!!! E’ domenica!!-
-
Proprio perché è domenica che tu devi andare a dormire. Ti sveglio tutti i santi giorni per andare a scuola… L’unico giorno in cui ci possiamo riposare, devi fare tutte ste’ scene? Torna a letto, dai…-
-Zio! Ma proprio tu me lo dici! E’ da quando ti conosco che non hai mai dormito una volta! Sarà la prima volta in undici anni che ti vedo dormire!-
-A maggior ragione Hikaru… Abbi rispetto per un povero vecchio che per una volta in vita sua stava tranquillamente, semplicemente, dormendo…-
-Oh zio! Fra tutti i giorni dell’anno, proprio oggi devi dormire?! No no! Adesso ti alzi subito e vieni ad aiutarmi!-
-Mi rifiuto!- Kageyama si rigirò ancora, mettendosi il cuscino sulla testa – Ti aiuterò quando sarà mattino. Adesso, a nanna!- ordinò, ma il fatto che continuasse a sbadigliare non aiutava affatto a dargli quel tono sprezzante e abituato a dare ordini del Comandante di un tempo. Infatti Hikaru considerò in fretta che sembrava solo un vecchio che dormiva.
Il che non andava bene, perché suo zio né era così vecchio né aveva mai dormito!
Ma perché proprio quella mattina?!
-Zio accidenti! Adesso mi ascolti tu, chiaro?! Tu ora ti alzi, e mi dai una mano!- dicendo questo, il ragazzino sfilò le coperte, lasciando Kageyama scoperto.
-Hey! Non ti permettere…!- l’uomo riafferrò i lembi del plaid, rimettendosi sdraiato.
-Zioooooooo…!- implorò Hikaru sull’orlo di una crisi di nervi – Non fare i capricci! Ti ordino di alzarti, mi sono spiegato?!-
-Hikaru… Non sei mai stato un grande Comandante, lascia perdere…- fu la risposta infastidita
-Ufff!! Zio! Stai cominciando a darmi sui nervi! Su, sbrigati! – Hikaru afferrò Kageyama per una gamba, lo costrinse ad alzarsi in piedi, e tra i mugugni e le imprecazioni dell’uomo il ragazzino lo spinse in bagno: - Sbrigati! Che la colazione la preparo io, tra pochissimo in cucina!-
Kageyama, dalla rincorsa che gli aveva dato il nipote, capitombolò nella vasca: -Ahi!-
-E fatti bello, eh, zio! Lo so che ci tieni a essere carino!- e gli strizzò l’occhio, chiudendo la porta e scendendo di sotto.
-Eeeeh?!- fu l’articolato commento dell’uomo, prima che il telefono-doccia gli piombasse sulla testa.
-Ouch!-
-Zio!- chiamò Hikaru ancora sulle scale – Ti sei fatto male?-
-No no, tranquillo Hikaru – affermò Kageyama tutto barcollante, uscendo dalla vasca – Sono già morto una volta, ormai non può succedermi di peggio!-

Tutto confuso e stordito, Kageyama decise di vestirsi: non aveva capito nulla, assolutamente.
Ma se suo nipote per una volta prendeva un’iniziativa, e codesta iniziativa comprendeva lui e la casa, allora bisognava capire ad ogni costo cosa caspiterina stesse succedendo.
E, per farlo, doveva uscire vivo da quel bagno. Ci riuscì, nonostante tutti i pronostici – stanchezza compresa – e fece la sua trionfale entrata in cucina, continuando a massaggiarsi la testa.

Hikaru rise di gusto, a vedere la faccia così sconvolta e assonnata dello zio – Quella botta deve averti fatto male…!- osservò, trattenendo a stento di scoppiare di nuovo a ridere.
-E’ così, e la colpa è di…?-
-Tua, perché ti sei dimenticato di mettere il telo per terra ieri sera, quando ti sei fatto la doccia, e così stamattina il pavimento era tutto bagnato!-
Kageyama lo fulminò con lo sguardo; era troppo presto, e non era perfettamente sveglio e attivo per rispondere a tutte le affermazioni del nipote.
Prese semplicemente a mangiare, mentre Hikaru correva da una parte all’altra della cucina, mettendo in ordine e spolverando ovunque.
-Ma cosa stai facendo…!?- gli chiese l’uomo, in un moto di stupore.
-Dobbiamo avere una casa perfetta, oggi! E sto cercando di darmi da fare, al contrario di te che stai impalato lì a guardarmi come una bella statuina!-
-Senti un po’, te… Com’è che mi parli in questo modo!?-
-Oh zio, sei intrattabile a volte… La mattina soprattutto. Ma non ha importanza, visto che io sono buono e ti voglio tanto bene, ho deciso che sarò paziente e che ti perdonerò. Oggi è l’ultimo giorno dell’anno, e ho già iniziato con i miei buoni propositi per l’anno nuovo; come vedi, sono più avanti di te, nel programma. Ah, ehm… Puoi alzarti un secondo?-
Kageyama si grattò un attimo la nuca, per poi alzarsi: Hikaru passò velocemente la scopa e poi l’aspirapolvere in ogni centimetro della stanza, e in poco meno di mezz’ora la cucina era tutta brillante.
-Wow…!- commentò Kageyama; non si raccapezzava più.
Era forse perché era l’ultimo giorno dell’anno che Hikaru era così agitato?
-Vieni zio!- lo richiamò Hikaru, passandogli un panno umido e la scopa: -Andiamo a pulire il salotto, che ce ne vorrà di tempo!-
Il sorriso splendente di Hikaru avrebbe convinto chiunque, e così Kageyama, che lo fissava con due occhi a palla e la testa piena di confusione, seguì il nipote per affiancarlo nella pulizia della casa.
A cosa fosse dovuta tutta quell’agitazione poi, non l’aveva ancora capito, ma non ci avrebbe messo molto…
Dopo tre ore di durissimo lavoro, sudati e pieni di polvere nipote e zio sfiniti di adagiarono sul divano: appena le loro teste sfiorarono i cuscini morbidi, si addormentarono placidamente, entrambi…

Fu la luce del sole penetrata dai vetri della sala a svegliarli, alle otto passate.
Kageyama aveva ancora più mal di testa e confusione di prima, mentre Hikaru appena lanciò un’occhiata all’orologio, scattò su come impazzito, tanta era la sua fretta di finire…!
Fretta che, con tutto l’amore del mondo, Kageyama non riusciva a spiegarsi.
Doveva ammettere che dopo una faticaccia del genere, quelle due ore di sonno pieno avevano giovato parecchio, ma… Proprio non riusciva a capire l’agitazione del suo ragazzo.
Inclinò di poco la testa, alzandosi in piedi.

***

Kageyama lanciò un’occhiata all’orologio appeso sopra la porta della cucina: le undici.
Gli sembrava essere passata un’eternità di tempo, da quando Hikaru si era messo a sistemare tutta la casa.
Contro ogni sua aspettativa però, avevano fatto in tempo, e adesso, dopo un’altra meritata doccia, erano pronti.

Pronti a cosa, poi, non era ancora chiaro.
Aveva chiesto spiegazioni al ragazzo, ma quello era talmente preso dalle sue faccende che non aveva risposto: e, se aveva risposto, Kageyama non aveva capito lo stesso.
Si guardò intorno: la casa sembrava proprio brillare, Hikaru era vestito molto bene, e nonostante il freddo, era un bella giornata.
Hikaru era attaccato alla porta d’ingresso, sembrava intenzionato a divorarla dall’agitazione; muoveva qualche passo avanti e indietro, continuando a torturarsi le unghie per poi correre subito a poggiare l’orecchio sulla serratura.
Era buffissimo, constatò Kageyama; eppure, gli sembrava di aver dimenticato qualcosa…
-Yuuto!- esclamò di scatto, battendosi una mano sulla fronte.
Nello stesso istante, suonò il campanello.
Hikaru fece un saltino di gioia, e lanciò furtivo un’occhiataccia a Kageyama che stava per salire le scale.
-Fermo zio! Dove vai…? Lascialo dov’è, è meglio che dorme…!- e aprì la porta.
Con una riverenza, Hikaru, semplicemente, aprì la porta di casa, facendo accomodare i visitatori.
Erano due, bellissimi giovani.
Il ragazzo, alto e bruno, aveva un sorriso smagliante che illuminava i due occhi celesti; vestiva una maglietta rossa con delle scritte europee bianche, una gilet di pelle nera e dei jeans scuri. Teneva per mano una ragazzina che doveva avere qualche anno più di Hikaru, ma che conservava la sua espressione da bambina: i corti capelli dorati le incorniciavano il viso pallido, grandissimi occhi color smeraldo di una vivacità incontenibile, sembravano traboccare di gioia e luce.
Aveva addosso un vestitino bianco e argentato, intorno al collo una sciarpa soffice, verde come i suoi occhi ridenti.

Kageyama si immobilizzò, come congelato.
In quel momento, pregò ogni dio reale o immaginario che lo facesse sprofondare: come aveva fatto a dimenticarsi della visita di Fideo e Rushe!? Come?!
-Oiji-san!!- la ragazzina appena incontrò il suo sguardo, corse ad abbracciarlo.
Kageyama ci mise qualche istante a metabolizzare il tutto, ma alla fine ricambiò la stretta affettuosa, salutando la sua Rushe.
-Ciao principessa. Ogni volta che ti vedo sei più bella e più grande!- le sorrise, cercando di mascherare la sua difficoltà.
Lei fece una piccola giravolta, poi gli prese le mani e sorridendo esclamò: -Oh zio! Ogni volta che vengo qui questa casa è sempre più stupenda!-
-C-ciao Rushe-chan…!- prese coraggio Hikaru, avvicinandosi.
A Kageyama bastò un istante: era già tutto rosso, conveniva farlo parlare finché ci riusciva.
Soffocando una risata, esclamò, lasciando le morbide mani della giovane e scostandosi di qualche passo -Allora, io lascio un attimo questa giovane coppietta felice per salutare quest’omino!-
stringendo la mano a Fideo, e concluse – Che tra un po’ è più alto di me, altroché!-
Il giovane Ardena sorrise, con un leggero imporporimento delle guance: -Saremo pure cresciuti in altezza, ma rimaniamo dei bambini.-
-Oh, non dirlo a me ragazzo: ogni giorno imparo qualcosa di nuovo! A volte mi viene da ridere quando Hikaru mi ribecca. Ma ha ragione, e che posso farci? -
Lanciarono entrambi uno sguardo a Hikaru e Rushe, per vedere come se la cavava il giovane Romeo: lei già rideva, mentre il ragazzino aveva preso a raccontare, tutto esaltato.
Bastò uno sguardo: -Calcio.-
Sorrisero entrambi, dopodiché con un gesto del capo Kageyama invitò tutti a sedersi.
-Com’è andato il viaggio, tutto bene?-
-Oh sì zio! E’ stupendo venire qui in Giappone, anche se il viaggio è piuttosto lungo! Fideo-kun non può dirti niente, perché come al solito ha dormito tutto il tempo!- e la giovane scoppiò a ridere, mentre Kageyama lanciava un’occhiata di scherzoso rimprovero verso Fideo – Ah, è così… Tu, l’uomo forte e coraggioso che dovrebbe difenderla, dormi tutto il tempo?!-
-Non hai idea di che viaggio sia! – si difese il ragazzo - Ci si alza già prestissimo per prepararsi, poi vai a prendere la signorina che come al solito si fa aspettare, si arriva in aeroporto e prima che ti metti seduto passa un’altra ora, se non di più. Poi, c’è tutto il viaggio… -
-Oh, dicendo così sembra che fai questo viaggio solo per fare un favore a me!-
-Ma, dipende dai punti di vista…!- ridacchiò il giovane Ardena
-Ah è così?- si impettì Kageyama; ma non riusciva a mostrarsi arrabbiato, tanta era sempre l’emozione e la felicità di avere ospiti così graditi in casa come Fideo e Rushe.
Spesso parlavano così fino all’ora di pranzo, poi si mangiava tutti insieme; a fine pasto, i due più piccoli si dileguavano per giocare e fare i fatti loro, e così Kageyama e Fideo potevano affrontare discorsi un po’ più seri, e raccontarsi le varie novità.
Kageyama sapeva che adesso il giovane stava studiando all’università e per quel che era stato aggiornato, aveva sempre ottenuto dei risultati eccellenti.
Rushe cresceva forte e allegra, amava il calcio e il mare, non passava tutto il giorno sui libri o davanti alla televisione; appena aveva un momento libero, andava in giro, esplorava, con gli amici, alla scoperta di quel mondo che non era riuscita a godersi pienamente a causa della sua cecità, che ora era soltanto un brutto ricordo.

Kageyama adorava quelle giornate, che sembravano voler volare ma che allo stesso tempo davano modo di dirsi tante cose, e stare insieme come se non avessero fatto altro da tutta la vita.
“Certo”, aveva detto una volta a Hikaru, “se fossero sempre così le nostre giornate, alla lunga diventerebbero noiose: invece in questo modo ci divertiamo davvero, e contenti salutandoli attendiamo già la loro prossima visita”. Eppure, eppure Kageyama dentro di sé avrebbe dovuto sapere che quella giornata non sarebbe stata come tutte le altre, oh no…

Una vocina assonnata giunse alle loro orecchie quando avevano appena finito di pranzare.
Una vocina impastata dal sonno, che veniva dal corridoio.
Una vocina da bambino, piccolo e un po’ confuso:
-Comandante…? Cos’è tutto questo baccano?!-

*Angolino delle visite inaspettate*

Pfff…!! Pantt…! x.x
Eccomi…! Ce l’ho fatta…! *sviene*
*si riprende* Buondì, minna!
Allora… *u* E’ stata una faticaccia arrivare fin qui…
Cioè, rendiamoci conto! Sono riuscita a scrivere ben 5 pagine, ripeto 5 pagine di capitolo in cui appare Yuuto solo alle ultime tre righe!! >.<
E’ una cosa abominevole, per me!! *^*
Per fortuna, c’erano Reiji e Hikaru che mi hanno distratta! ^^
Beh, capitolo pieno di colpi di scena, neh? xD
Non so chi si aspettava che arrivassero proprio a casa Kageyama questi due italiani ma… Spero di aver fatto una sorpresa gradita!
I due sono grandi, ovviamente, ma hanno continuato a tenere i contatti con Mister K, e come ha detto Hikaru nel capitolo scorso “una, massimo due volte all’anno” li vanno a trovare ;D
Un’idea carina per i miei gusti, e anche possibile, non credete?
Per l’agitazione e la confusione di Kageyama all’inizio-capitolo… Boh. Ditemi voi. Non volevo fare che capisse subito quello che stava succedendo, volevo lasciare un po’ di suspance anche a voi lettori, capite… *u*
Ho appena accennato a Hikaru e Rushe, ma in mia difesa posso dire questo: la visita di Ardena e Rushe doveva stare in un solo capitolo, solo che, quando mi sono messa a scrivere, mi sono accorta che era davvero troppo lunga se la mettevo insieme… Allora ho deciso di separarla ^^
Ma nel prossimo capitolo, ho intenzione di farli vedere un po’ di più, i due piccioncini… <3
E ora ci sarà Yuuto a rompere le scatole? Ce la farà Kageyama a sopravvivere? E Hikaru, riuscirà a dichiararsi con l’aiuto del piccolo demonio dagli occhi rossi?
Ah, e ho scelto il nome della mia crack ;D
HikaRushe, sì sì; si chiamerà così *ç*
Adesso devo andare, ragazzi… Al prossimo aggiornamento, ci si sente! <3
Sissy-chan ^^

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ; Di sfide e baci ***


Capitolo 7;  Di sfide e baci



Una vocina assonnata giunse alle loro orecchie quando avevano appena finito di pranzare.
Una vocina impastata dal sonno, che veniva dal corridoio.
Una vocina da bambino, piccolo e un po’ confuso:
-Comandante…? Cos’è tutto questo baccano?!-



“Oh-oh…!” sussurrò Hikaru, tappandosi subito la bocca.
Rushe, con quel sorriso splendente chiese con dolcezza: -Avete sentito anche voi?-
Kageyama aveva preso a sudare freddo, mentre si lanciava con Hikaru occhiate atterrite.
E intanto, i passi aumentavano, e la voce di Yuuto si faceva sempre più vicina…
-Heyyy!! Hikaru-kun? Kageyama-san?! Perché non mi avete sveg…- ma le parole gli morirono sulle labbra, appena Kidou spalancò la porta della cucina.
Nella stanza cadde un silenzio confuso e attonito, in cui Kageyama sarebbe volentieri sprofondato.
Ma sapeva che non sarebbe successo, e quindi doveva assolutamente sbrogliare la situazione.
-T.T-Tu s-sei…-
-Ciao piccolo…!- Kageyama si alzò da tavolo, prendendolo in braccio e stringendoselo forte al petto.
Yuuto cominciò a dimenarsi, ma si era appena svegliato ed era molto stordito da quello che aveva appena visto.
Non oppose quindi molta resistenza, e Kageyama continuò a stringerlo finché non lo sentì calmarsi.

Nella stanza non volava una mosca, mentre Hikaru osservava la scena congelato dall’imbarazzo e paura della reazione degli ospiti, che rimanevano basiti a guardare Kageyama di schiena reggere in braccio un bambino.
-Fermi tutti!- esclamò ad un certo punto Kidou alzando le braccia, ma per effetto contrario, tutti i presenti sembrarono scongelarsi, e mentre Rushe strillava di contentezza, Fideo che sembrava aver ripreso il dono della parola – sensata, si sperava – si avvicinò di qualche passo all’ex allenatore, ma questo precedette tutti e si chiuse fuori dalla cucina.
Inginocchiatosi, la schiena contro la porta, finalmente ebbe il coraggio di guardare Yuuto negli occhi; al contrario di ciò che si aspettava, non c’era ombra di rabbia o stizza nel suo sguardo, solo tanta, tanta confusione.
-K-Kidou io…-
-Kageyama. Non dirmi che è quello che penso io. No, perché, se è quello che penso io, allora sto ancora dormendo. Ma sarebbe terribile se stessi ancora dormendo, perché… Sì, insomma, ho una fame!!- esclamò il piccolo, lanciandosi ad abbracciarlo.
Kageyama sbatté le palpebre qualche volta, poi si separò da Kidou per mormorare: -Dovresti andare a cambiarti però, adesso. Sei ancora in pigiama, e…-
-Sì sì, ho visto; ci sono ospiti in casa. Potevi anche dirmelo, ieri sera, così non ti facevo fare questa figuraccia…!- e tutto saltellante, Yuuto attraversò il salone, per chiudersi in bagno.
Kageyama stava per alzarsi in piedi, quando rispuntò la testolina castana del piccolo che con voce supplichevole esclamò: -Però, non mi metto quella camicetta a pois terrificante che mi ha comprato Hikaru ieri…!-
-Non mi era sembrata così brutta…- sorrise Kageyama, alzando le spalle.
-No no, ho un piano! Tu lascia fare a me, arrivo!- e si richiuse di nuovo dentro.
“Fa un po’ come vuoi…” sussurrò mezzo divertito l’uomo, rimettendosi in piedi.
Prese un bel respiro, e mise una mano sulla maniglia della porta: non sapeva cosa avrebbe detto una volta che si sarebbe ritrovato faccia a faccia con Rushe e Fideo, ma ormai la situazione non sarebbe potuta andare peggio.
O almeno, questo è quello che credeva lui…

-Zio! Eccoti qua! Ma dove ti eri cacciato…?-
Rushe gli si avvicinò, tutta elettrizzata e sorridente: - Dov’è? Dov’è adesso?-
Kageyama fece un passo indietro, ma senza perdere il sorriso: -C-Chi, il bambino…? Eh-eh, lui…! E’… Ma-a arriva presto, deve…-
-Doveva cambiarsi!- arrivò in suo soccorso Hikaru – Si è appena svegliato e allora mio zio l’ha mandato a vestirti, non è così?- ed entrambi si voltarono verso l’uomo che annuì con troppa voga per sembrare credibile.
-Chi era quel bimbo allenatore?- prese coraggio Fideo, alzandosi anche lui dalla sedia.
Kageyama deglutì, mentre sentiva le gote imporporarsi: “Perfetto! Davvero perfetto! E adesso chi gliela spiega una storia così, che nemmeno io l’ho ancora capita?!”
-Mi chiamo Yuuto! E sono contentissimo di essere arrivato giusto giusto per il pranzo!- esclamò una voce alle spalle di Kageyama, che però non ebbe il coraggio di voltarsi.
-Allora, allenatore, dov’è la mia pappa?!-
Yuuto si lanciò su una sedia, affrontando con un sorriso lo sguardo di tutti diretto su di sé.
Indossava una maglietta azzurra, dei pantaloncini bianchi, e come tocco di classe a cingergli le spalle, una mantellina rossa.
I grandi occhi color rubino erano freschissimi, sembravano luccicare e le ciocche castane erano state sistemate nei soliti rasta, anche se non se li era legati in una coda; sembrava un piccolo demonio, e Hikaru rimase molto sorpreso di come avesse saputo nascondere le ferite sulle braccia e sulle gambe, sembrava che fosse in perfetta forma!

Kageyama invece si sbatté una mano sulla fronte: -Ma come ti sei conciato…?-
-Non ti piace?- chiese di rimando Yuuto con un pizzico di malizia, un sorriso furbastro dipinto sul viso.
-Quello che hai sulle spalle… E’ il maglioncino di Hikaru? Quello che voleva buttare via?-
-Non potevo permettere che buttasse una cosa tanto bella! E calda, che non è tutto dire…! Anzi, fa un piacere sulle spalle!-
-Oooooh!! Ma come sei carino!! – Rushe gli si avvicinò, prendendolo in braccio e guardandoselo tutto – Sei bellissimo lo sai? E sei tanto caro…!!-
Yuuto la fissava, ammaliato; poi appena fu cortesemente rimesso a terra, si chinò elegantemente, prendendole la mano e sussurrando: -Oh principessa, benvenuta! Sei proprio come ti ha descritto Hikaru; bellissima…! Certo, da bimba era carina, ma adesso sei un vero splendore…! E guarda come sei cresciuta…! L’ultima volta che ti ho vista, eri piccola così…!- E nel dire questo, Kidou fece per indicare l’altezza di un bambino, e con sorpresa si accorse di alludere alla sua di altezza.
Ci ragionò un attimo, corrucciando le sopracciglia in quel modo adorabile, considerando che era un bimbo di cinque anni: - Beh sì – sorrise imbarazzato dopo qualche istante – In effetti è un po’ strano dire che l’ultima volta che ti ho vista eri alta come me, ma… La vita è imprevedibile, e il tuo zietto ne è la prova vivente! Allora, zietto bello, io sto aspettando la mia pappa, lo sai questo vero?!-
-Ma sentilo…!- Kageyama gli poggiò un piatto di riso davanti, e il piccolo lo guardò, beffardo: -Lo sai adesso cosa succede al tuo riso, vero? La fine di ieri sera, tutto sul pavimento!-
-Okay okay, ammetto che siete riusciti a distrarci bene, ma adesso… Kageyama, devi dirmi ch-
-Tu sei… Oh mamma! Fideo-kun, neh? E’ passato un sacco di tempo… Cioè, no, per me saranno passati quattro mesi al massimo, ma da quel che mi ha riferito Kageyama e da quel che posso vedere, siamo proprio cresciuti! Io mi sono rimpicciolito, ma guarda te che misteri…!-
Yuuto saltò giù dalla sedia, e dalla fretta rovesciò tutto il piatto di riso che ovviamente cadde addosso a Kageyama, ma nessuno ci fece caso.
Yuuto si strinse tutto al giovane e bell’Ardena, abbracciandolo forte.
Questo si chinò, dubbioso, e prese il piccolo in braccio.
Yuuto a quel gesto sorrise, ed esclamò: -Potrai vantarti di questo, quando torni a casa! Non è da tutti avere la possibilità di tenermi in braccio, eh. Kageyama è molto geloso, in effetti… Strano che non abbia detto niente; Kage-kun?? Dì qualcosa!!-
-Dico che hai detto fin troppo, giù!-
E Kageyama lo strappò neanche troppo gentilmente dalle braccia di Fideo, rimettendolo per terra.
Kidou s’impettì: -Ecco! Visto? Lo sapevo! E’ tutto geloso lui, ma io lo capisco, che ci vuoi fare…? L’ha sempre fatto, come si fa a togliergli questo vizio adesso? Ormai è tardi, meno male che tu vivi distante, almeno per qualche tempo te lo scampi…!-
-Ma che stai dicendo?!- lo interruppe Kageyama con voce stridula, prendendolo e rimettendolo a sedere: -Zitto e mangia, che per quel che mi riguarda abbiamo già finito di pranzare.-
-Ah è così…? Avete mangiato senza neanche aspettarmi…?-
-Noi non sapevamo nemmeno che ci fossi, piccino, altrimenti sì che ti avremmo aspettato!- Rushe gli si avvicinò, e con Hikaru al suo fianco si inginocchiò per guardare bene gli occhi del bimbo.
-Grazie piccola Rushe, tu sì che sei gentile. Ma dimmi un po’, cos’è che ti piace tanto di me ché mi guardi in questo modo?-
Fidio prese Kageyama per un braccio e lo intimò ad uscire con lui dalla camera.
Appena in salotto, l’ex giocatore della nazionale italiana sussurrò: -Kageyama. Si può sapere cosa sta succedendo? Chi è quel bambino?-
Kageyama, pur volendo esser serio come lo era stato Fidio, non riuscì proprio a cancellarsi dal viso quel sorrisetto divertito: per quanto lo facesse disperare, Yuuto era troppo forte e, lo faceva apposta, ne era sicuro, oggi a maggior ragione era buffissimo.
Poi, si costrinse a parlare: -Vedi Fidio, è una storia lunga… Ma senz’altro raccontabile. Vieni, siediti che ne parliamo. Avevo comunque intenzione di farlo, forse…-

***

-E così sarebbe davvero Kidou? Incredibile! Mamoru me l’aveva raccontata questa storia, quando ci siamo sentiti qualche anno fa, ma… Era alquanto giù di morale, nel parlarne. Tu invece, che sei pieno di novità, continui a ridere!-
-Non lo faccio apposta, credimi ragazzo. E’ che quando penso a quella peste, non posso fare a meno di essere felice per il suo ritorno, anche se… Te l’ho detto, è ridotto malissimo.-
-Non sembrava, da come si muoveva e parlava prima.-
-Già, neh? L’ho notato anch’io. E’ proprio bravo a fingere, ma ha saputo anche vestirsi in modo da nascondere il meglio possibile le ferite.-
-E adesso cosa intendi fare?-
Kageyama lo fissò disorientato prima di ribattere:
-C-Come cosa intendo fare? 
-Del bambino, intendo. -
-Eeh… In effetti non lo so. Pensavo di tenerlo ancora qualche tempo qui, ma non so per quanto ci riuscirò: ha bisogno di uscire, e non posso tenerlo chiuso in casa a lungo. Avviserò Endou e la Resistenza, qualcosa ci faremo venire in mente.-
-Bene.- Fidio si alzò dal divano, e Kageyama lo seguì a ruota – Andiamo adesso a vedere come se la cavano di là?-
Kageyama annuì, sbadigliando, e alla occhiata di Fidio esclamò: - E’ per stamattina! Hikaru mi ha buttato giù dal letto alle tre per sistemare casa… Doveva essere perfetta, per la sua Giulietta.-
Ardena scoppiò a ridere, mentre insieme rientravano in cucina.
Una volta messo un piede dentro la stanza però, si guardarono intorno sconvolti: dei ragazzini nessuna traccia.
-Dove si saranno cacciati?- Fidio si voltò verso il padrone di casa, che con un gesto del capo lo convinse a seguirlo.
Fidio gli venne dietro, ridendo sotto i baffi, mentre Kageyama sbuffava:
-Scommetto quello che vuoi che Kidou li ha portati in qualche botola segreta in voga ai vecchi tempi…-
-Vecchi tempi, allenatore?- Fidio soffocò un'altra risata, mentre l’uomo dopo l’ennesimo sbuffo, rispondeva.
-Quando erano piccoli, lui e i suoi compagni della Teikoku venivano qui a distruggermi la casa, approfittando del fatto che non c’era nessuno a casa di Kidou e –alluse alle virgolette con le dita – “non volevano restare da soli”… Figurati! Hanno trasformato casa mia in un formicaio! -
Ardena se non avesse saputo mantenere un contegno, in quel momento si sarebbe volentieri rotolato a terra dalle risate, tanta era la comicità della disperazione delle parole dell’uomo.
Kageyama che sembrava non accorgersi di nulla fuorché delle sue imprecazioni sussurrate, arrivò davanti ad una porta; ma non fece neanche in tempo ad aprirla, che dall’alto gli piombarono addosso un Hikaru e una Rushe. Kidou scese subito dopo, pestandogli tutte le dita delle mani.
-Oh, ma guarda un po’! Comandante! Che ci fai lei qui? Sa, stavamo venendo a cercare lei e… Ah, Fideo, eccoti qua. Rushe voleva chiederti se si poteva giocare un po’ a pallone…-
A quel punto, Kageyama che stava cercando di rimettersi in piedi togliendosi di dosso i due ragazzi, esclamò: -Il padrone di casa sono io, qui e…-
Ma di fronte all’accenno di un sorriso da parte di Fidio, i due piccioncini con Yuuto in testa corsero di fuori, pestando a turno il povero Kageyama che sembrava letteralmente fumare.
Il giovane italiano gli porse la mano, per aiutarlo a rimettersi in piedi.
Dopodiché, mentre Kageyama borbottava qualcosa del tipo “Questa sera arrosto di Yuuto con delizioso contorno all’Hikaru; mangerò da re!” anche loro uscirono di casa, e si sedettero sulla panchina guardando i tre intenti nella preparazione della sfida.

Hikaru in quel momento esclamava: -Ci sfidiamo a centrocampo, e chi riesce a superare l’altro prova a fare goal!-
In realtà, parlava più con Rushe che con Yuuto, in quanto il bimbo, più piccolo rispetto a loro due, aveva non poche difficoltà di farsi ascoltare.
Inoltre tirava un vento piuttosto forte, e quindi non riusciva a capire bene tutto quello che si dicevano.
-E io che faccio?- chiese con tono spazientito il piccolo, stufo di non essere al centro dell’attenzione come suo solito.
-Tu vai in porta, che domande…!?- esclamò Hikaru, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
-Questa voglio proprio vederla…!- Kageyama sorrise sornione, con un tono furbastro e poco incoraggiante.
Yuuto, tutto stralunato, mosse qualche passo verso la porta: poi, colto come da un’illuminazione, la raggiunse più in fretta, si batté le mani sulle guance e sorrise, aspettando il tiro dei ragazzini.
-Sta facendo sul serio, a quanto pare…- sorrise Fidio, colpito dalla carica del piccolo.
-Comunque è meglio così.- soggiunse l’uomo al suo fianco, accavallando la gamba destra sull’altra. –Vedi, Yuuto è molto più grave di quello che sembra, solitamente fatica pure a rimanere in piedi: non è in grado di reggere a una sfida del genere. E così, Hikaru l’ha piazzato in porta. Non è come negargli del tutto il pallone, ma nello stesso tempo lo si protegge…-
-Beh, che dire? Hikaru è proprio bravo! – commentò il ragazzo dagli occhi turchesi, per poi aggiungere all’alzata di spalle di Kageyama – Avrà imparato dal migliore.-
E gli strizzò l’occhiolino, mentre Kageyama gli sorrideva disorientato.
Intanto, i ragazzi avevano iniziato a darsi battaglia.
Hikaru avanzava a centrocampo, ma la biondina gli dava filo da torcere: i suoi movimenti erano talmente fluidi, scattanti ed eleganti che sembrava danzare, nonostante questo era concentrata e decisa a non far passare il compagno.
Yuuto dalla sua postazione in porta osservava incantato un bellissimo gioco di gambe della ragazza e gli scatti repentini ma un po’ impaperati dell’altro.
Evidentemente, Hikaru non era molto a suo agio a scontrarsi con una ragazza… Eppure, ragionava il piccolo, era stato proprio lui a proporre una sfida simile.
Ad un tratto, Rushe alzò la palla di tacco, sfilandola dai piedi del viola: saltò in aria, con un eleganza da mozzare il fiato, e sorridendo entusiasta fece per concludere a rete… Un istante prima del tiro però, Hikaru le fu sopra, e colpito di testa il pallone, cascò a terra, seguito a ruota dalla ragazza.
Yuuto era stupefatto: erano proprio bravi, i due ragazzini!
Era da tempo che non giocava più a calcio, e i suoi piedini scattavano quasi da soli, tant’era che si trovava già fuori dai pali, al limite dell’area di rigore.
Ma intanto sembrava che Hikaru e Rushe avessero la palla attaccata ai piedi, e non c’era verso di vederli tirare.
Rushe aveva un’eleganza davvero senza pari, e Hikaru una velocità discreta ma soprattutto, grande scelta di tempo; poteva magari farsi soffiare il pallone, ma sembrava impossibile prevederlo.
Quando scattava, i piedi del giovane sembravano metter su le ali, e questo bastava perché la palla non arrivasse mai tra le mani di Yuuto.
I due si trovavano sempre l’uno contro l’altra, e nei loro sguardi si leggevano una sana competizione… Ma soprattutto grande divertimento.
Kidou si volse un attimo verso la “panchina”: non avrebbe mai immaginato che potesse esserci tanta freschezza e serenità in un gioco tutto insegnato loro da Kageyama.
Insomma, si vedeva bene che, nonostante le loro capacità, i due ragazzi non erano inseriti in nessun collettivo: Yuuto non sapeva spiegarselo, ma c’era una sostanziale differenza fra gli atleti che giocano per conto loro e quelli che invece si allenano in una squadra.
Sapeva che Hikaru andava alla Raimon, ma da quel che aveva capito non era ancora così ben inserito: in pratica, era entrato da poco, e ancora non era abituato al gioco di squadra.
Rushe a maggior ragione era tutto gioco individuale: strano, pensava Yuuto, perché ormai non era più così piccina, avrebbe potuto entrare in una squadra senza incontrare nessunissima difficoltà. Lui, che aveva giocato a livello competitivo praticamente da quando aveva iniziato a calciare il pallone, non riusciva a considerare un atleta completo se questo non era inserito in una squadra.
Per questo gli era quasi impossibile pensare che quei due ragazzi dalle ottime prestazioni non giocassero ancora in un collettivo. Si sarebbero divertiti molto di più, ne era certo.
-Yuuto! Attento al …!-
Fideo non fece in tempo a finire la frase, ché la palla finì dritta sul naso del bambino, facendolo cadere a terra.
-Ouch!- borbottò Kidou una volta che fu di nuovo in piedi – Che tiro potente! Rushe, non avrei mai detto che avessi un destro tanto forte!-
-Scusa Yuu-chan, mi dispiace!! Ti ho fatto tanto male…?- la biondina in un attimo gli fu sopra, piena di coccole e baci.
-Sto bene! Sto bene!- si dimenò il piccolo Yuuto, e Hikaru a quel punto lo prese in braccio.
-Potrebbe bastare per il momento, che ne dite?-
-Zio noooo!! Ma perché…?-
-Hikaru! – chiamò allora Kidou, che aveva intuito cosa avesse in mente Kageyama – Non avevi qualcosa da dare a Rushe?-
Il viola in un attimo avvampò, mentre Rushe gli si avvicinava tutta contenta – Cosa cosa cosa?! Hikaru-kun, cosa mi vedi far vedere?-
Il giovane Kageyama decise che gli occhi della sua amica erano decisamente irresistibili, lucenti e belli come uno smeraldo, e così, mano nella mano, salirono al piano di sopra.
Yuuto fece per seguirli, ma Kageyama lo fermò per un braccio, senza dire nulla. Kidou però si scrollò la presa di dosso, e mentre saliva di corsa le scale, gli strizzò l’occhiolino: -Ha bisogno di me, il piccolo Romeo!- e sparì in tutta fretta su per le scale.
Kageyama con un sospiro si lasciò cadere sulla poltrona, mentre Fidio ridacchiava.
-Beh, almeno ti sei fatto un po’ del ridere, oggi…-
-Mi dispiace, ma quel bambino è una vera peste…!-
-Già…- sovvenne Kageyama, un sorriso stanco sul volto – Per fortuna è quasi ora di cena… Prima lo metto a letto, meglio sarà!-
-E’ nei guai allora…!-
-Chi, il bambino? Quello è un pascià!-
-Guardi che io mi riferivo a lei, allenatore…-
-Io non ho mai vissuto in pace, Fidio-kun, perché dovrei cominciare ora?-

***

-Oh, per me…? Ma Hikaru-chan, è bellissimo!!-
Rushe rigirava ammirata il dipinto che Hikaru aveva fatto per lei come regalo di Natale.
-So che è già passato, però noi ci vediamo così poco e allora ho pensato che…-
Rushe si strinse a sé il disegno, gli occhi che scintillavano di felicità: -E’-E’ bellissimo…-
Hikaru abbassò gli occhi, le gote tutte imporporate: -Figurati! E’-E’ una sciocchezza, d-davvero…-
Erano vicini, vicinissimi: sarebbe stata l’occasione perfetta, ma il viola era tutto timido e impacciato, aveva una paura terribile di rovinare tutto, e così aveva deciso che, ancora una volta, si sarebbe limitato a quello. Un regalo da un amico: niente di più, niente di meno.
Alzò di poco lo sguardo, e guardò di sottecchi la sua Rushe: era bella, bellissima.
Più di come l’aveva sognata in tutti quei mesi: i suoi occhi straboccavano di luce e felicità, verdi come l’erba dei campi d’estate, il viso cereo ma colorito da quell’allegria e infantilità che la caratterizzavano tanto, il sorriso acceso e brillante, puro e… bellissimo. Bellissimo!
Non c’erano parole per descrivere l’emozione che gli faceva battere così forte il cuore quando la vedeva sorridere, o quando gli stava accanto, o si stringevano le mani: quando avrebbe voluto dire qualcosa, una cosa qualsiasi, che non risultasse stupita però, o fuori luogo, che non la facesse accigliare né sbeffeggiare di lui.
Che non lo rendesse ridicolo o
piccolo ai suoi occhi: avrebbe desiderato farla ridere, oh sì.
Vedere quel sorriso sbocciare sulle sue labbra sottili e rosee era sempre uno spettacolo meraviglioso…

Yuuto, che osservava la scena a qualche passo di distanza, alzò gli occhi al cielo: “E’ mai possibile che sia così difficile?!” e senza farsi sentire, mosse qualche passo nella loro direzione, finché non fu proprio dietro a Hikaru.
A quel punto, con un energico colpo, lo spinse addosso alla ragazza: un movimento lieve, ma veloce, repentino.
Senza neanche rendersene conto, i due si trovarono abbracciati, le labbra strette in un contatto fresco e delicato.

Si sentì solo un leggero “Oh!” di sorpresa della biondina, dopodiché i due stettero immobili, legati uno all’altra in quel contatto semplice e puro che da sempre li univa.
“Ecco!” sussurrò Yuuto, annuendo poco distante “Ci voleva tanto?!
I due giovani avevano gli occhi chiusi, mentre si abbracciavano dolcemente.
Kidou, pieno di idee, soffuse la luce della stanza rendendola quasi a un debole bagliore, dopodiché, fece partire una musica dolce, velata ed elegante.
I piedi dei ragazzi che pochi minuti prima scattavano veloci e precisi, adesso si mossero leggiadri e composti, con un leggero imbarazzo della più grande.
“Ha imparato a giocare a calcio, e non sa ballare?! Oh, ma andiamo…!” Yuuto si portò le mani alla testa, sorridendo scoraggiato.
Hikaru però non sembrò affatto del suo stesso parere: accompagnò la giovane a muoversi, guidandola nei passi.
Dopo pochi giri, già sembravano più affiatati: avevano sciolto il bacio, nonostante questo i loro occhi sembravano incatenati gli uni agli altri, e Yuuto si ritrovò ad ammirarli ammaliato, pensando che occhi così lucenti non ne aveva davvero mai visti. “Occhi innamorati” fu il suo primo pensiero: e il tempo, avrebbe fatto il resto...

*Angolino dell’amour*

Carino, molto carino. *ç*
Ciao a tutti! ^^
Che ne dite, l’attesa è stata ripagante?
Sono proprio soddisfatta della crack che ho inventato: HikaRushe, stupenda<3
Certo, c’è il piccolo Cupido che dà una mano, ma d’altra parte… Un piccolo aiuto non fa mai male! ^^
In generale, sono molto soddisfatta dei miei capitoli: certo, sono lunghi, ma mi piacciono un sacco, e spero che anche voi apprezziate il mio lavoro <3
La parte della sfida calcistica non è stata poi così terribile come avevo sospettato, nonostante tutto è forse il pezzo che mi convince meno: non se ne leggono molte, di fan fiction che parlano di calcio puro e semplice qui nel fandom, quindi avevo ben poco su cui basarmi: spero di aver reso l’idea decentemente e di non essere stata troppo noiosa *ç*
Yuuto in porta… Che ne dite? In realtà, volevo già dare un accenno all’HikaRushe, e finirla lì, ma poi ho pensato che sarebbe stato davvero troppo poco e poi...
Oh insomma, nelle pairing che si rispettano, un bacio è d’obbligo! *^*
Fideo forse è stato un po’ tanto nell’ombra, però… Sinceramente, avevo poche idee sulla sua posizione, e poi… Boh, ho fatto del mio meglio per renderlo credibile, almeno lui. ^^”
Sono nelle vostre mani, mi raccomando; recensite, perché… Beh, ho ancora parecchie carte da giocare… *ç*
Salutoni, a presto! <3
Sissy-chan ^^

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ; Incubi e fuochi d'artificio ***


Capitolo 8;  Incubi e fuochi d’artificio

Per cena, si decise di andare a mangiare fuori.
Fideo e i due ragazzini andarono per primi, mentre Kageyama e Yuuto si attardarono.
Appena furono rimasti soli, Kageyama lo portò di sopra per cambiare le medicature e prepararsi per la serata.
Inoltre… Aveva qualcosa da dirgli.
Stava giusto cercando le parole adatte per incominciare il discorso, ma Yuuto lo precedette esclamando: -Ha visto anche lei Hikaru e Rushe, neh? Sono stato bravo, questo me lo deve concedere…- ammiccò con un sorrisetto furbastro, e in un attimo Kageyama ebbe una visione di come il bambino potesse centrare con gli sguardi imbarazzati dei due ragazzini e del loro tenersi per mano in ogni momento.
-Sei una peste. – se ne uscì, quando fu sicuro che il suo tono di voce fosse calmo e composto.
-Perché?!- si impettì il piccolo, mentre faceva passare le braccia fasciate nelle morbide maniche lunghe del golfino azzurro.
Ma non ricevette nessuna risposta. Stupito, osservò con più attenzione l’espressione del suo Comandante, ma non riuscì a scorgere niente di preoccupante. “Forse”, si ritrovò a pensare, “è solo stanco…”
-Stai tranquillo – buttò lì l’uomo di fronte a lui, scompigliandogli le ciocche noisette – Stavo pensando che forse il golfino da solo non basterà. C’è molto freddo stasera, e noi non abbiamo la macchina.- gli dedicò un sorriso debole, che sembrava solo supplicarlo di credere alla frivolezza delle sua parole. E Yuuto cedette, com’era ormai solito a fare, e si fece convincere da quella che era palesemente una bugia. O almeno, una mezza bugia.
Poi, preso dalla sua insaziabile curiosità da fanciullo, chiese: -Perché non abbiamo la macchina Comandante?-
-Ce l’ha Fideo no?- domandò ironico, con il chiaro tono di chi vuole cambiare subito discorso. Kidou allora si fece prendere in braccio ma una volta arrivati in salotto, Kageyama dovette rifermarsi. –Tu aspetta qui.- lo ammonì, facendo per risalire le scale.
-Comandante? – lo bloccò Yuuto, fermo davanti alla grande poltrona color porpora. –Posso sedermi qui mentre l’aspetto? – e nel l’arco di un secondo che seguì la risposta, Kidou venne pervaso da una strana sicurezza. Per tutto il tempo che aveva frequentato la Teikoku Gauken e quindi quella casa, che sembrava una vita fa e a ben pensarci forse lo era anche, non aveva mai ottenuto il permesso di sedercisi. Adesso, dopo tante tribolazioni, sentiva che era cambiato qualcosa in Kageyama. Qualcosa che gli avrebbe fatto dire “sì”. E infatti…
-Che domande inutili fai, Kidou?- rispose l’uomo non seccato, semplicemente stupito, senza neanche voltarsi per guardarlo.

-Non sono mai inutili quando si prova un grande piacere a sentirsi rispondere di "si"- ribatté Yuuto in un sussurro, mentre già si sistemava fra i braccioli grandi e rossi del cuoio imbottito.
Si sentiva tanto al caldo e al sicuro che avrebbe voluto rimanere lì per sempre; invece poco dopo tornò Kageyama, che se lo prese sulle spalle ancora intorpidito e uscì di casa.
Bastò il freddo della sera a risvegliare completamente Kidou dal suo torpore, e quello che avvertì lo congelò.
Ricordava bene la notte della sua fuga da quel posto spaventoso che aveva sentito chiamarsi Fifth Sector. Era una notte buia come quella, non c’erano le stelle in cielo e lo spicchio di luna che adesso si scorgeva sembrò ugualmente tetra e terribile.
Se non fosse stato aggrappato con forza alle spalle del suo allenatore, probabilmente sarebbe già scoppiato in lacrime. Ma decise che era stato bambino fin troppo per quel giorno, così decise di darsi un contegno e di stringere appena la presa con le gambe sul torace ampio dell’uomo. Questo se ne accorse subito, e trovando un buon modo per distrarlo esclamò: -Adesso che siamo arrivati mangiamo qualcosa, poi Hikaru mi aveva accennato al fatto che volesse portare Rushe e Fideo alla torre d’acciaio, da dove si vedranno bene i fuochi d’artificio.-
-Hanabi taikai?!- ripeté colpito Yuuto mentre rimetteva i piedi per terra ed entrava nel locale.
-E’ molto più romantico di quello che avrei mai creduto, quel ragazzo…- sospirò Kageyama con una nota di scoraggiamento nella voce che piacque a Yuuto; l’uomo lo vide infatti distendere i tratti intirizziti dal freddo della sera, e sorridendo dirigersi sereno verso i due ragazzini seduti al tavolo.
-Pizzaaaaa!!- esclamò Rushe battendo le mani contenta, mentre Hikaru non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Yuuto lo colpì appena con il gomito all’altezza del braccio, strizzandogli l’occhiolino. Hikaru per tutta risposta sorrise incerto, tornando a fissare la sua amica. Yuuto allora alzò le spalle, concentrandosi su ciò che aveva nel piatto; una pizza calda e fumante, proprio quello che ci voleva dopo una giornata faticosa come quella!

**

I fuochi d’artificio erano un vero spettacolo, quella notte.
Il cielo era nero come la pece, e i colori accesi e vivaci che si riflettevano nella sua oscurità erano veramente spettacolari. Anche il fiume sembrava voler prendere parte a quello scoppio infinito di colori, e quasi a voler assomigliare al cielo, i suoi flutti s’erano fatti anch’essi di tonalità scurissime, e l’arancio il rosso e il blu dei fuochi lo illuminavano a festa. Il fragore degli scoppi non sembrava turbare nessuno, tant’erano ammaliati dalla vista di un simile spettacolo notturno. A ogni nuovo botto tuttavia Rushe sobbalzava e subito Hikaru le stringeva più forte la mano, assicurandole la sua presenza vicino. In quei momenti i loro occhi si incontravano, e nella nera oscurità degli occhi del giovane si rifletteva la luce brillante del verde smeraldo della ragazza: e i fuochi d’artificio non scoppiavano solo in cielo.
Fideo stava a rispettosa distanza da loro, come temesse disturbarli, ma era sempre come le mani sulla ringhiera, affacciato sul cielo notturno sprizzato di scintille fluorescenti. Kageyama era quello più appartato di tutti, appoggiato con la schiena contro l’alto albero dove anni prima si allenava con tanto impeto Mamoru. Sorrise quasi commosso quando tolse lo sguardo dal firmamento illuminato nonostante la notte scura e vide Yuuto accasciarsi dolcemente sulla ringhiera argentata, a fianco di Hikaru. Con sua grande sorpresa il ragazzino se ne accorse subito, e facendo delicatamente scivolare la sua mano dalla presa della biondina, raccolse da terra Kidou, già profondamente addormentato, e mosse qualche passo verso lo zio.
-E’ stanco morto.- sussurrò Hikaru temendo di svegliarlo. Kageyama annuì soltanto, sfilandolo delicatamente dalle braccia del giovane e appoggiandoselo contro il petto. La testa del bimbo ricadde dolcemente sulla sua spalla, e lo zio con un sorriso muto salutò i ragazzi, per poi sparire attraverso la luce del lampione nelle strade di Tokyo.
Rushe, accorgendosi che lo zio lasciava il campo, si voltò a guardarlo sparire, un tantino preoccupata: gli occhi incantati di Hikaru però la trattennero –Yuuto si è addormentato. Lo porta a casa e poi ci aspetterà lì, tranquilla.-
In quel momento un botto più forte degli altri lo fece trasalire, e per un attimo strabuzzò gli occhi scuri come la notte in un’espressione di muto terrore. Fu un attimo, ma bastò perché la ragazzina scoppiasse a ridere, quella risata serena e cristallina, che in poco tempo trascinò anche il giovane. Insieme, tenendosi per mano, continuarono a guardare il cielo scoppiare e illuminarsi, finché Fideo non li richiamò sulla terra decidendo che si era fatto tardi, e che avrebbero dovuto rientrare.
Una volta dentro casa però, la trovarono buia e silenziosa…

**

Kageyama camminava per le strade illuminate con passo celere ma non frettoloso; non voleva disturbare il sonno di Kidou, che riposava docilmente dopo una giornata molto più faticosa di quello che imponesse il suo fisico. L’uomo sospirò, stringendosi nella giacca invernale, e il suo gesto fu accompagnato da una nuvoletta di condensa subito congelata dall’aria ammortizzata che tirava la sera.
Soffiava un vento strano quella notte: silenzioso e gelido, non scuoteva gli alberi né l’erba ricoperta di brina scintillante, e preannunciava una cosa soltanto. Neve. Kageyama sorrise, poggiando mollemente una mano sulla schiena del piccolo senza intenzione di fargli male, ma solo per accertarsi che fosse ben assicurato al suo petto. Respirava regolarmente, ed era abbastanza al caldo considerando che non erano in casa e che indossava solo un golfino di lana.
La neve era forse la prima cosa che aveva imparato ad apprezzare dopo essersi ripreso dall’incidente di dieci anni prima. Sentì Yuuto sbuffare, e ridacchiò appena  sotto i baffi bianchi come i fiocchi che da lì a poco sarebbero caduti dal cielo plumbeo.
Ci si ostinava a chiamarlo così, perché anche se tutti sapevano bene che fosse volontario, non erano state ricercate le prove che accusassero Garshield o chi aveva incaricato; Kageyama non ne aveva più testa, aveva solo voluto vedersi morto.
Per poi rimettersi in forze senza che quell’uomo lo sapesse. Erano stati dei momenti veramente duri, ma li aveva superati. La presenza di Kidou, dopo tanto tempo di assenza, gli faceva tornare alla mente quegli anni oscuri, ma la sua felicità era talmente tanta che quasi non se ne accorgeva. Quasi. E poi, non se la sentiva di dare la colpa a Yuuto.
“-Sono cambiate molte cose, da quando te ne sei andato. Mentre tu eri lontano, la mia creatura si è evoluta ai massimi livelli e ora non puoi far altro che osservare impotente…-“
Le aveva riportate lui stesso alla luce, la sera prima. L’aveva fatto per sbeffeggiarlo forse, probabilmente. Ma Kageyama non riusciva a illudersi: da un po’ di tempo a quella parte, si era ripromesso di osservare sempre la verità, anche quando essa è dolorosa. E in quel caso, la verità era che Yuuto non aveva avuto il tempo di digerire quanto gli aveva detto durante il Football Frontier International,  e soprattutto non aveva ancora avuto il tempo di farsi una ragione della sua brusca scomparsa dalla sua vita. La lotta contro il mondo non permetteva distrazioni emotive, per questo aveva rimandato tutto lo sbigottimento e il dolore a dopo il torneo. Ma per qualche motivo ancora da chiarire il ragazzo a quel punto era sparito senza lasciar traccia, e adesso veniva a raccontare di essere stato per tutto quel tempo al Fifth Sector, come “scorta energetica” per i Seed.
Un brivido.
Kidou doveva ancora sfogare tutta la sua frustrazione che riusciva a tenere ben celata nonostante il susseguirsi davvero sconvolgente di eventi intorno a lui: il problema è che non sapeva come andare incontro al suo ragazzo. Permettergli di sfogarsi tranquillamente… Lo voleva vedere sereno, ma nel momento stesso in cui realizzava il suo pensiero, si rese conto che non sarebbe mai stato tranquillo finché non sarebbe tornato ragazzo.
Stanco ed infreddolito, Kageyama ebbe il tempo di lanciare uno sguardo all’orologio una volta entrato in casa, per rendersi conto che fosse l’una passata. Si strascinò fino in camera sua, dove con delicatezza appoggiò prima Kidou sul letto; o almeno, ci provò.
Infatti il piccolo nonostante stesse dormendo da un pezzo, non accennava a voler addolcire la stretta al suo petto caldo, tant’è che Kageyama fu obbligato, per metterlo sdraiato, a coricarsi.
Yuuto strofinò delicatamente il viso contro la giacca a vento dell’uomo, sorridendo estasiato.
Questo coprì lui e il bambino con il piumone da letto, e lo osservò nel sonno.
A volte si dimenticava persino che non era un bambino. E come biasimarlo, in fondo?
Si costrinse a tenere gli occhi aperti almeno finché non fossero tornati Fideo e i ragazzi… Ma in poco tempo, cullato dai rimbombi lontani dei fuochi d’artificio e dalle coccole di Kidou, si concedette quei due minuti a occhi chiusi che gli costarono la veglia…

**

-Ziooooo!!- chiamò Hikaru a gran voce, una volta entrati nel salotto buio.
-Sssshh!- lo ammonì Rushe mettendosi un dito davanti alle labbra screpolate dal freddo – E se stesse dormendo?-
-Mio zio non dorme mai…!- sbottò Hikaru, tradito da quella poca insicurezza che emerse dalla sua esclamazione al ricordo di quella mattina. Il giovane dai capelli violetti scosse il capo con veemenza, come per convincersi – Mio zio non dorme mai. – ripeté con più fermezza.
Eppure tutto in quella casa silenziosa diceva il contrario.
Fideo sorrise, cercando di immaginarsi il suo ex-allenatore coricato in un letto a dormire, magari russando anche, ma tutto quello che ottenne fu scoppiare a ridere senza controllo, e due occhiate maligne da parte di Hikaru e Rushe. Riprese allora il suo contegno da bravo venticinquenne, e fece togliere ai due ragazzini le giacche invernali e le scarpe. Il pavimento era caldo e camminare in pantofole non fu certo un problema.
-Seguimi. – mormorò a Hikaru la ragazza bionda, mentre negli occhi brillava una curiosità allarmante.
Nonostante le sue perplessità, il giovane seguì l’amica su per le scale, ammoniti inutilmente dai sussurri di Fideo alle loro spalle.
Rushe posizionò la mano sulla maniglia della stanza da letto di Kageyama, e a quel punto Hikaru fu quasi sul punto di fermarla: ma anche in lui la curiosità di sapere se stesse davvero dormendo era troppa, e così entrarono.
Rimasero sulla soglia della stanza, ancora mezzi infreddoliti e meravigliati fino all’assurdo.
Erano le due e mezza di notte, e la stanza era completamente avvolta nella penombra. La finestra era chiusa, ma le tende lasciavano trapelare le luci dei lampioni in strada; non c’era nessun tipo di rumore a infrangere quel silenzio incantato, se non i respiri impercettibili delle due figure addormentate nel grande letto al centro della stanza.
Kageyama era sdraiato di lato, verso sinistra, una gamba penzolava nel vuoto mentre l’altra era nascosta dal piumone; Yuuto era praticamente immerso dentro la calda coperta, spuntava solo una manina che cingeva il collo dell’uomo e alcuni ciuffi di rasta a pizzicare il naso di Kageyama che incuorante di tutto dormiva tranquillo.
-Ooowwww!!- Rushe si lasciò scappare un trillo meravigliato di puro stupore, e stavolta fu Hikaru a doverla zittire. Se lo zio si fosse svegliato, questa non l’avrebbero passata liscia.
Ridacchiarono appena, in silenzio, e poi decisero di uscire dalla stanza. Avevano bisogno anche loro di riposo, e così continuarono a salire le scale il più silenziosamente possibile.

**

Mi sveglio, solo, spaventato, incapace di capire dove mi trovo.
Sono in una stanza scura, o forse non sono proprio in nessun posto.
E’ tutto buio, troppo buio.
Sento qualcosa di strano nell’aria, come se ci fosse della polvere, come fossi immerso in una nebbia nera.
Provo a muovermi, ma è come se non avessi corpo.
Per quanto la mia mente si sforzi, mi sembra di non percepire nulla come “parte di me”.
Mi sembra quasi di essere buio. Parte di questo buio opprimente intorno a me.

Strizzò gli occhi infastidito dal riverbero di luce immaginario che trapelava dalle tende ramate.
Fece vagare lo sguardo ancora assorto nel sonno sulla stanza, non ricordando minimamente come fosse finito lì.
Poi sentì il bambino ancora stretto al suo petto gemere sommessamente nel sonno, e i suoi sensi si attivarono all’istante.
Strizzò un paio di volte ancora gli occhi scuri, tirandosi a sedere sul materasso.
“Mi era parso di vedere della luce, invece è ancora notte…” considerò l’uomo guardando ancora attraverso le tende “ Non ho sentito i ragazzi rientrare, strano. “ si strinse le spalle, rivolgendo la sua vaga attenzione sulla porta della stanza, rimasta socchiusa dalla stanchezza della sera precedente.
Sulle labbra dell’allenatore si dipinse un sorriso amaro, mentre riappoggiava la testa sul cuscino alto “ Evidente sono veramente vecchio per queste cose…”
Il secondo lamento sussurrato del piccolo lo mise di nuovo in allerta.
-Yuuto…- sussurrò appena, sfiorandogli il viso pallido che sussultava ogni momento.

E c’è silenzio. … No, non proprio. Sento un rumore lontano, come un ronzio.
Sì, un fastidioso ronzio che arriva da qualche parte intorno a me. Dentro di me.
C’è silenzio e c’è rumore. A tratti. A scatti.
E’ come se non avessi né ricordi né pensieri. Sono qui e basta, va bene così.
Non provo neanche a capire perché non riesco a parlare. Non mi serve, va bene così.

Rimase a osservare prima distrattamente poi con sempre più attenzione il corpo e soprattutto il volto del bambino. Era riuscito, durante la notte, ad allentare la presa su di sé; in questo modo adesso, il piccolo era raggomitolato su se stesso quasi completamente avvolto dal piumone scuro che intiepidiva il suo sonno, purtroppo non molto tranquillo.
Kageyama ricordò che anche la prima notte che aveva passato in quella casa, appena l’avevano ritrovato, Yuuto aveva un sonno molto agitato, invece la notte precedente si era addormentato tranquillo e sereno.
Gli incubi erano tornati, e, Kageyama lo sapeva bene, sarebbe stato difficile liberarsene.
Strinse a sé il bambino senza molte idee, e quando avvertì delle lacrime scivolare lente e agonizzanti dagli occhi chiusi di Kidou, fu scosso da un brivido.

Poi, tutto d’un tratto, scoppio in lacrime. Tento di trattenere il pianto, che diviene tuttavia incontrollabile.
Non so perché sto piangendo, non ne capisco la ragione.
E’ un luogo ammortizzato questo, dove non riesco a pensare a nulla.
Perché sto piangendo?
Sento le mie gambe, che fino a poco prima neanche percepivo, piegarsi sotto il peso indicibile di queste lacrime aguzze  come diamanti che si infrangono al suolo. Mi accascio in un pavimento oscuro e assurdo, continuando a piangere in silenzio.
Adesso avverto qualcosa. Qualcosa di più vero, qualcosa di più reale.
Non sono accasciato per terra.
Sono coricato sì, completamente disteso su un qualcosa di freddo e duro.
Sento un dolore ai polsi e al collo, come se dovessi soffocare.
Gli occhi bruciano, e le lacrime mi fanno bene. Il mio è un pianto tranquillo, rassegnato.
La testa gira, appesantita, aspetto di perdere conoscenza da un momento all’altro.
Piango fino ad addormentarmi. Piango, come potrebbe piangere un bambino.

Accarezzò con delicatezza le ciocche castane di Kidou, mentre con una mano continuava a stringerlo forte. Rivoli di lacrime a inumidire il cuscino e sospiri a rendere il silenzio ancora più acuto e snervante.
Nel sonno Yuuto rimaneva immobile, distendendo braccia e gambe come se fosse costretto con delle cinghie sul posto. Dalle sue labbra non uscivano che sussurri, gemiti, mentre il viso era continuamente contratto in smorfie di dolore e paura.
Kageyama chiuse per un attimo gli occhi come per illudersi di non vedere quell’agonia inconcepibile: era decisamente troppo.
In quel momento Yuuto parve sbiancare, prendendo a boccheggiare in maniera allarmante. Subito dopo però, spalancò gli occhi in un urlo di paura pura, per poi richiuderli l’istante dopo.
Fu talmente veloce che Kageyama fu assalito dal dubbio di essersi immaginato tutto.
Con sua grande sorpresa, il piccolo socchiuse appena le palpebre, come a spiare la situazione.
Appena incontrò la figura dell’uomo seduto al suo fianco sul materasso che gli accarezzava la fronte imperlata di sudore, sorrise timidamente senza riuscire a dire una parola: gli mancava il fiato.
Kageyama allora si chinò su di lui, sussurrandogli con fare malizioso e rassicurante nello stesso tempo – E’ ancora notte. Dormi, che va tutto bene. Ci sono io qui, che faccio la guardia.-
Yuuto accennò ancora a un sorriso questa volta più sereno, e chiuse nuovamente gli occhi.
Kageyama sospirò silenziosamente, vedendo i tratti di Kidou distendersi e farsi più tranquilli.
Chissà, magari per quel giorno gli incubi avevano smesso di tormentare…

*Angolino notturno*

Sapete, mi piace cambiare sempre il titolo dell’angolino. Mi fa sentire… imprevedibile! ^^
Ma passiamo alla long, vah. *^*
Allor, che ve ne pare?
E’ un capitolo un po’ strano e diverso dagli altri, questo sì.
Ma mi piace un sacco lo stesso. A me piace tutto a patto che ci sia Kidou, e poi sono l’Autrice della storia, i miei commenti sono pressoché insignificanti *u*
Vedete, avevo bisogno di un momento ammortizzato e “buio” e la notte cascava a pennello ^^”
Che dire? In queste scene Yuuto dorme praticamente sempre, ma provate a immedesimarvi in lui: è veramente provato dal suo fisico, e poi non è ancora abituato a questo suo nuovo corpo… Si sta stancando eccessivamente, e di conseguenza si addormenta un po’ ovunque! xD
Diciamo che è un capitolo pressoché dedicato a Kuroiwa, ma non mi dispiace neanche un po’ a dirla tutta. E’ un po’ introspettivo forse, e… Non sono riuscita a trattenermi nel scrivere ancora qualche piccola scena dedicata all’HikaRushe; sono troppo belli per essere veri!! (?) <3
Volevo far notare a chi è poco dotato di spirito d’adattamento (?) che le parti in corsivo e in prima persona sono l’incubo di Yuuto. E’ al presente e raccontato personalmente da lui, perché farlo in terza persona mi sembrava assurdo, e al passato mi riusciva strano pensarlo. A chi capita di sognare al passato? Si sogna e basta, e così ho pensato di riportare semplicemente quello che avvertiva Yuuto nel sogno, tutto qui ^^”
Comunque non preoccupatevi, voi che non siete soddisfatti da questo capitolo, perché nel prossimo ho già in mente più risate e più giochi – magari li faccio di nuovo giocare a calcio, vedo un po’ ^^” – quindi… Beh, che dire? Mi sembra di aver finito qui.
Ci si vede, a presto ragazzi! <3
Sissy-chan

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ; Misteri aspettando mezzogiorno... ***


Capitolo 9;  Misteri aspettando mezzogiorno…

Yuuto si svegliò, sbadigliando rumorosamente. Si accorse subito di non essere solo nel letto, e se ne chiese il motivo. In verità, non ricordava nemmeno di essersi addormentato in un letto.
Alzò le spalle, cominciando a capire che forse il corpicino nel quale si trovava non riusciva a reggere tutto quel tempo, e così avrebbe dovuto aspettarsi spesso di piombare addormentato nei momenti più svariati della giornata.
Guardò di fianco a sé il suo Comandate a occhi chiusi; dormiva… Dormiva!
Yuuto ridacchiò fra sé e sé, cercando fra i suoi ricordi un momento in cui avesse visto Kageyama dormire. Non lo trovò e questo lo fece sorridere.
Si districò facilmente dall’abbraccio caldo dell’uomo e delle coperte, e quando si ritrovò in piedi si rese conto di indossare ancora il maglioncino azzurro dell’altra sera.
Corse allora a cambiarsi, e notò con una certa soddisfazione e immenso stupore che i segni che martoriavano il suo corpo erano già in parte scomparsi, e quegli aloni di sangue scuro erano solo un orribile ricordo. Non fece caso a che ora fosse, e si fiondò di sotto, rischiando più volte di rotolare dalle scale.
Quando fu davanti alla porta della cucina, fece attenzione a non spalancarla come l’altra volta.
In quel frangente aveva fatto prendere un bello spavento ai padroni di casa, nonché suscitato la curiosità generale.
Questa volta, sarebbe stato più attento.
Così, aprendo molto lentamente la porta, riuscì a ottenere uno spiraglio, una fessura dalla quale spiare la situazione.
Quello che vide, se non si fosse costretto a un contegno decoroso, l’avrebbe fatto saltellare per tutta la casa dalla felicità.

**

Hikaru porse a Rushe la tazza fumante che emanava il dolce profumo del latte e miele. Lei gli rispose con un sorriso sprizzante di luce, la stessa luce ovattata e chiara che traspariva dalla finestra chiusa.
Nella casa regnava un silenzio addormentato, e loro due erano gli unici in piedi.
Avevano deciso in comune accordo di dormire insieme, quella notte. Hikaru aveva aperto il divano celeste che stava in un angolo della sua camera, e l’aveva avvicinato al suo letto: poi aveva insistito perché fosse lui a dormire lì, mentre la ragazzina avrebbe potuto benissimo dormire nel letto, di sicuro più comodo e confortante. Ma lei era stata testarda e non aveva voluto accettare una simile gentilezza, insistendo sul fatto che avrebbe dormito benissimo anche nel divanetto.
Alla fine, erano crollati l’uno dopo l’altra; non riuscivano più a tenere gli occhi aperti dalla stanchezza.
E il letto era rimasto in ordine, senza neanche una piega.
Alla fine, forse Rushe aveva ragione: il divano era senz’altro molto comodo.

Si erano svegliati presto nonostante tutti i pronostici, ed erano rimasti a chiacchierare in camera per un po’. Poi i loro stomachi li avevano interrotti, avvisandoli che avrebbero dovuto mangiare qualcosa o c’era il rischio di svegliare tutta la casa a furia di brontolii.
E così, ridendo sommessamente, si erano preparati la colazione.
Adesso erano soli in quell’ambiente caldo e rassicurante.
Hikaru guardava incantato Rushe inzuppare i biscotti nel latte caldo e portarseli alla bocca. I suoi occhi brillavano, come sempre.
Il giovane dai capelli violetti avrebbe potuto giurare di non aver mai visto occhi così belli. Un verde scintillante come erba appena spuntata, da amare.
Indossava una maglia bianca lunga fino alle ginocchia e delle calze di lana a scaldarle le gambe. Così vestita di bianco, con i capelli arruffati e gli occhi lucenti, sembrava un angioletto appena sveglio.
Si riscosse dai suoi pensieri innamorati quando la ragazzina gli sventolò una mano davanti al viso: -Ehi Hikaru-chan?? Sei sveglio o dormi ancora?-
Hikaru sbatté qualche volta quegli occhioni grandi e scuri, facendo ridacchiare la compagna al suo fianco.
-No no! – si affrettò a riprendersi il giovane scuotendo le mani – Sono sveglio! Sono sveglio!-
Rushe sorrise ancora, e per un attimo Kageyama fu di nuovo sul punto di perdersi nei meravigliosi occhi di lei, ma questa glielo impedì.
Gli si avvicinò lentamente al viso, mentre Hikaru arrossiva tutto di botto.
Le loro labbra si sfiorarono in un contatto tanto veloce quanto delicato, che sapeva di latte e miele.
Poi Rushe, sempre ridacchiando, scosse il capo, e fu allora che anche Hikaru capì: si sfregarono il naso l’uno contro l’altro. Era il loro modo di salutarsi e dimostrare il loro affetto o rassicurarsi da quando erano bambini. Fino all’altra sera, non conoscevano altri modi per esprimere all’altro la propria amicizia.
E così facendo Rushe l’aveva rassicurato: “Non è cambiato nulla Hikaru, ci vogliamo bene e io sono felice.” Questo sembrano dire i suoi occhi ridenti e allegri.
Hikaru tirò un sospiro di sollievo, e facendo distrattamente vagare lo sguardo per la stanza, si accorse che la porta era socchiusa… E un paio di occhi vermigli che silenziosi spiavano la situazione…
Ritornò subito a concentrarsi su Rushe, sorridendo in modo malizioso.
-Hikaru-kun? Che succede?- gli chiese lei ingenuamente.
Con un impercettibile movimento del capo, il ragazzo dai capelli violetti le fece notare che avevano compagnia: bastò uno sguardo d’intesa, e i due ragazzini sapevano di aver già vinto.
Si lanciarono subito contro la finestra, e sorrisero estasiati mimando perfettamente stupore e meraviglia. 
uuto che nel frattempo non si era accorto di nulla, si incuriosì ma prudentemente non lasciò la sua postazione.
Allora Rushe strizzò l’occhiolino a Hikaru, e insieme esclamarono: -Oooohh! La neveee!!-

**

-Ah-ha! Ti abbiamo beccato in fragrante, piccolo monello!-
-Adesso devi fare la penitenza!-
-Ahahaahah!! NO! No no! Basta… Basta per favore… Ahahahah!! No! Lasciatemi! Lasc..!-
Yuuto era letteralmente nelle mani dei due ragazzini, che si stavano divertendo da matti.
Il piccolo appena sentite le esclamazioni di gioia riguardo la neve era uscito allo scoperto, e i due ragazzini l’avevano preso con le mani nel sacco!
E adesso si stavano prendendo una piccola vendetta per essere stati spiati impunemente…
-Il solletico NO! Basta, vi prego… Soffoco…!-
Kidou stava letteralmente rotolandosi per tutta la cucina, inseguito da Hikaru e Rushe che non gli concedevano un attimo di tregua.
Quando finalmente riuscì a rintanarsi sotto la panca dove per quanto si sforzassero i due ragazzini non riuscivano a prenderlo, riprese a respirare regolarmente.
Quando il rischio di soffocamento fu sventato, esclamò: -Siete proprio perfidi come vostro zio! Non vi pare una tortura estrema da fare a un bambino piccolo e carino come me?!-
-Veramente siamo noi le vittime…- gli fece notare Hikaru, di cui Yuuto vedeva solo i piedi scalzi nascosto com’era sotto la panca in legno.
-Ho sentito delle voci e mi sono avvicinato per sentire! Che c’è di male?-
-C’è di male che ci stavi spiando!-
-E allora?! Sarebbe stato peggio se ci fosse stato qualcun altro no? E poi stavate facendo colazione, non c’è niente di più naturale!-
-Sarà…- esalò il giovane Kageyama
-Ma non farlo mai più!- concluse Rushe con tono che, osservò Yuuto, aveva un che di dittatoriale e un poco spaventoso.
-Però siete carini…- mormorò Yuuto dopo qualche istante di silenzio, mentre strisciava fuori da sotto la panca. – Sì insomma, avete feeling; se già completate l’uno le parole dell’altra, siete sulla buona strada per diventare…-
Kidou si fermò, cercando la parola adatta: purtroppo fece l’amara scoperta che il suo vocabolario era piuttosto ristretto considerando l’età che dimostrava.
Sospirò, tirando fuori l’espressione più adatta al contesto che possedeva - … Ottimi amici. Se non qualcosa di più…-
E fece cadere il discorso mentre i due ragazzini erano diventati improvvisamente rossi e avevano distolto lo sguardo.
A quel punto Yuuto decise che era arrivato anche per lui il momento di fare colazione.
Così, si posizionò sul suo sgabello e cominciò a spilluzzicare biscotti nel succo d’arancia, mentre si faceva raccontare qualcosa su Fideo da Rushe e su Endou e Haruna da Hikaru.
Ahimè i ragazzini non avevano tutte le informazioni che Yuuto aveva sperato di ottenere, ma fu felice di ricevere tutte notizie positive.
A un certo punto, Rushe se ne saltò fuori con una curiosità che Kidou aveva già rimosso:
- Yuuto sai dov’è lo zio adesso?-
Nonostante non ci pensasse già più, il bambino non si fece trovare impreparato: sorrise come non ricordava di saper più fare, e assottigliò gli occhi rubizzi a due fessure.
Si formò una fossetta a lato della bocca, adorabile e spaventosa allo stesso tempo, mentre la sua voce maliziosa uscì tagliente e provocante: -Dorme…!-
Scoppiarono tutti e tre a ridere, stupiti dalla serietà e arroganza che era riuscito a inscenare il piccolo.
-Sei un po’ sadico a mio parere…- osservò Rushe mentre ancora rideva
-No…- s’impettì Yuuto fingendosi offeso ma onorato al tempo stesso dall’osservazione della giovane – Ho avuto un ottimo insegnante, tutto qui…-
Lasciò cadere la frase nel vuoto, con stizza ed eleganza.
-Wow! Sei proprio bravo!-
-Te l’ho detto: io imparo in fretta, ma è da riconoscere che ho avuto un sensei unico nel suo genere.-
Fece una pausa facendo calare un silenzio teatrale nella stanza, dopodiché sussurrò: - E adesso, chi salta nel lettone con me?-

**

-E uno… E due… E TRE!! BUONGIORNO!!-
PATAPUM!
-Ohi-ohi-ohi… Ma che diavolo…?!-
Un attimo prima si trovava nel mondo dei sogni, e un attimo dopo… PUM! … A rabattarsi sul pavimento fra le coperte.
Kageyama tirò un sospiro, cercando con lo sguardo un punto stabile per rimettersi in piedi senza inciampare nel piumone mentre i ragazzini ridevano a tutto spiano.
-Oji-san! Ti abbiamo spaventato?-
-Bah! Diciamo che ho avuto risvegli migliori…-
-Ma allora dorme anche lei Comandante?! Da non crederci… Quando mi sono svegliato e l’ho vista con gli occhi chiusi, non pensavo che facesse sul serio…!-
-E come avrei dovuto fare? Per finta?! Come facevi tu prima delle partite così poi non ti reggevi in piedi?!-
Yuuto arrossì di botto, e con voce claudicante esclamò: -Mi sembra che stiamo andando fuori tema…-
Kageyama dal canto suo assottigliò lo sguardo, arricciando le labbra: -Già.-
Poi, come colto da un pensiero improvviso, fece per rincarare la dose contro Yuuto – Ehi senti un po’… Tu che sei il più grande, avresti dovuto fermare queste pesti e le loro idee malsane riguardo il mio sonno!-
Ma Kidou  aveva già la battuta pronta.
A guardarli da lontano, sembrava che seguissero un copione da quanto erano coordinati i loro botta-e-risposta.
-Ah non guardi me! Se l’è già dimenticato?! Sono il più piccolo fra tutti, che potevo fare? La colpa è di Fideo, che dorme come un sasso di là e non si è accorto di nulla!-
Kageyama lo guardò malissimo ma Yuuto in quel momento tirò fuori la sua carta vincente: sfoderò uno sguardo da cucciolo smarrito e abbandonato, e con quegli occhioni sgargianti e purpurei mosse qualche passo verso l’uomo tenendo le mani in avanti: -Braccio…- sussurrò con fare tenero e affettuoso.
Kageyama scosse la testa, mentre Rushe e Hikaru rischiavano l’epistassi; poi prese in braccio il bimbo, caricandoselo sulle spalle: -Ma guarda te che razza di bambino sadico che mi ritrovo…-
-Sono mortificato Soushi – enfatizzò Yuuto con un tono che lo faceva sembrare tutto fuorché dispiaciuto – Ma me l’ha detto lei che non devo sforzare le gambe. Per questo penso che dovremo fare questo sforzo enorme per tenermi sempre in braccio.- concluse con tono rammaricato.
-Dovremo?- alluse allora l’uomo che intanto era arrivato insieme ai ragazzi in salotto.
-Certo! Pensa che sia una fatica solo per lei?! Anche per me è dura farmi sempre portare ovunque, che crede?- ribadì il piccolo con malizia.
-Avete fatto colazione ragazzi?- cambiò bruscamente argomento Kageyama che sembrava già stanco di quel buffo dibattito con Yuuto.
-Sì sì!- esclamò raggiante Rushe, per poi avvicinarsi all’uomo e tirarlo per la manica della giacca che aveva indosso dalla sera scorsa. – Zio ti prego ti prego! Possiamo uscire a giocare? C’è la neve fuori!-
Reiji si lasciò sfuggire un sorriso mentre con lo sguardo cercava la finestra:  - Certo, basta che vi coprite bene.-
-Certo zio grazie!- Hikaru seguito da Rushe si fiondò subito in camera per prepararsi all’uscita in giardino.
-Posso andare anch’io?-
Kageyama si fermò un attimo a riflettere. E in quell’attimo decise di far tornare a galla la sua vena sadica e molto, molto cattiva a detta di alcuni.
-Ovviamente no Yuu-chan. Hai detto giustamente che sei ancora debole e che devo tenerti in braccio. Quindi considerando che io devo ancora fare colazione, togliermi questi vestiti e svegliare quel furbacchione di Ardena che sveglio com’è è rimasto a dormire… Penso che dovrai aspettarmi per andare a giocare con la neve.-
E si godette gli sbuffi contrariati e insoddisfatti del bimbo che non ottennero alcun risultato se non quello di farlo sentire ancora più soddisfatto della sua piccola vendetta.
-Okay va bene… Questa me la dovevo aspettare. – Alla fine Yuuto si arrese, e attese che Kageyama facesse colazione.
Mentre l’uomo sorseggiava il caffè guardando fuori dalla finestra i piccoli fiocchi cadere dal cielo coperto di nuvole, Kidou sbriciolava un biscotto sfregandoselo fra le dita. Quando ebbe finito il suo lavoro di disintegramento del frollino, rivolse la propria attenzione al padrone di casa: - Mi dica un po’ allenatore… Quando andiamo alla Resistenza?-
Per poco Kageyama non si rovesciò tutta la tazza di caffelatte ustionante addosso.
Il piccolo ridacchiò appena, ma quando l’uomo si portò di nuovo la tazza alle labbra la sua risposta lo congelò sul posto. – Anche domani se vuoi.-
Sbatté qualche volta gli occhi scarlatti, mentre le parole dell’allenatore gli risuonavano ancora nelle orecchie: -Lei…-
-Sono vecchio Yuuto ma non sono ancora del tutto cieco. Ho visto che stai meglio, e ne sono sinceramente sollevato. -
Il tono atono con cui pronunciò queste parole suonò a Kidou molto ipocrita, ma poi gli tornarono in mente tutte le attenzioni e le cure che gli aveva dedicato in quei due giorni, e sorrise.
Infondo, era questo il Kageyama che conosceva lui. Il suo Comandante…
Si lanciò ad abbracciarlo, e Reiji per niente preso alla sprovvista sorrise sotto i baffi bianchi accarezzando le ciocche castane del piccolo.
Poi appoggiò la tazza sul tavolo, ancora mezza piena, e sussurrò all’orecchio del bimbo: -Lo sai che giorno è oggi?-
Yuuto alzò di scatto la testa, corrucciando lo sguardo alla ricerca dell’informazione nei suoi ricordi.
Non fece in tempo a rispondere che sulla porta della cucina si materializzò un Fideo ancora mezzo addormentato, con la bocca impastata di sonno e sbadigli. I capelli castani erano tutti arruffati e annodati, così come il pigiama caldo tutto spiegazzato. Strizzava gli occhi continuamente, cercando di abituarsi alla luce soffusa dell’ambiente.
-Buongiorno bell’addormentato! Hai dormito bene?- salutò il padrone di casa alzandosi in piedi per preparare il caffè anche per il ragazzo.
-Non so che razza di letti hai tu in casa allenatore, ma qui si dorme sempre ch’è ‘na meraviglia…- sbadigliò ancora Fideo, sedendosi su una sedia. -I ragazzi non sono dello stesso avviso. Penso che abbiano dormito sì e no un paio d’ore…-
-Davvero?- esclamò Kageyama porgendogli la tazza fumante – Conoscendoli, saranno stati a parlare tutto il tempo… Dimmi un po’, com’è andata ieri la serata? Erano belli i fuochi? Il piccolo qua ha deciso che erano uno spettacolo non degno della sua attenzione e così ha deciso bene di addormentarsi in piedi…!-

**

Passò il tempo, e si fece quasi ora di pranzo.
Fideo, Hikaru e Rushe erano fuori a giocare con la neve, Kageyama era uscito a non si sa bene fare cosa, e così Yuuto era rimasto confinato in casa.
Stava guardando fuori dalla finestra cercando inutilmente di immaginarsi la Resistenza.
Nella sua mente apparivano un gruppo di individui incappucciati - magari vestiti di giallo, per dare meno nell’occhio…!- che si riunivano sulla cima di alcuni monti, oppure da qualche parte nei boschi intorno al monte Fuiji, oppure in una base segreta sotto terra…
Ma tutte quelle riflessioni non lo portavano da nessuna parte, e lo facevano soltanto ridere.
Inoltre, c’era stato quel “-Lo sai che giorno è oggi?-“ che proprio non riusciva a capire.
Che giorno era? Cos’aveva di così speciale?
Immerso in riflessioni del genere guardava i fiocchi di neve infrangersi dolcemente contro il vetro della finestra del salotto, quando all’improvviso sentì un telefono suonare.
Si voltò di scatto e vide il cellulare di Kageyama appoggiato sul divano suonare con insistenza.
“Se lo sarà dimenticato qui…” pensò Yuuto avvicinandosi.
Di norma lui non avrebbe avuto il permesso di rispondere, ma era anche vero che in quel momento era l’unico in casa, e l’unico che l’aveva sentito squillare.
Guardò sul display, ma il numero non era registrato in rubrica.
In quel momento maledisse l’incredibile memoria del suo allenatore che gli permetteva di non memorizzare nessun numero sul telefono perché era in grado di riconoscere da sé chi lo chiamava.
Ragionò velocemente sul da farsi: se non avesse risposto, poi una volta che Kageyama avrebbe visto la chiamata persa avrebbe potuto richiamare.
Ma se fosse stata una chiamata urgente? Magari qualcosa collegato alla Resistenza?

Quella storia lo incuriosiva troppo, e così non si fece più problemi e accettò la chiamata.
-Pronto? – esclamò subito con enfasi.
Si maledisse subito.
Non aveva pensato a cosa dire. Chi era lui per rispondere a una chiamata di uno sconosciuto?
Non avrebbe mai potuto fingersi Kageyama… In fondo, era un ragazzino scomparso dieci anni prima…! Chiunque fosse stato dall’altra parte dell’apparecchio non gli avrebbe mai creduto.

Optò allora per la mossa più banale ma sicura.
-Chi è che parla?-
Yuuto fu quasi certo che quella fosse la voce di Hibiki. Decise che doveva essersi sbagliato.
-Mi spiace, Kageyama in questo momento non è in casa. La farò richiamare appena possibile. Arrivederci. – E chiuse.
“Brr…!” Avvertì un brivido mentre sentì la porta alle sue spalle spalancarsi.
D’istinto lasciò cadere il cellulare sul divano, e dentro di sé sperò che chiunque fosse entrato non l’avesse visto con il telefono di Kageyama in mano. Per fortuna appena si voltò incontrò il viso sorridente di Hikaru e tirò un sospiro di sollievo.
-Dov’è lo zio?-
-E’ uscito una mezz’oretta fa ma non ho capito cos’andava a fare. Comunque ha detto che tornava presto…-
-Bene!- esclamò Rushe togliendosi gli stivali zuppi – Allora ci conviene prepararci così quando arriva…- e lasciò la frase sospesa. Così, mentre il piccolo Kidou la guardava con occhi spaesati, si scambiò uno sguardo d’intesa con Hikaru ed entrambi scoppiarono a ridere.

*Angolino di titoli assurdi*

Shi lo so.
Non guardatemi così *^*
Il titolo del capitolo è orrendo… Non mi veniva in mente niente! -.-“
Di nuovo questo capitolo è stato un po’ poco pepato… Ma che ci volete fare?! Così sono già sette pagine, dovevo scrivere ancora?! >.<
Mi è sembrato già troppo lungo, anche se avevo ancora molto da scrivere…
Va boh, sarà per il prossimo capitolo ^^”
Intanto Kuroiwa ci ha lasciato un bell’indovinello: “Sapete che giorno è oggi?
Si aprono le scommesse! Vediamo chi è che indovina… *ç*
Io lo so! Io lo so!! ^^
Beneeeee… v.v
Allora scenette dell’HikaRushe molto carine come sempre, anche se forse Hikaru è un po’ banale. Dice sempre che gli occhi di Rushe brillano, neh? xD
Beh, vi ricordate cos’ha detto Kageyama qualche capitolo fa?
“(…)
era buffissimo, diventava tutto rosso, gli brillavano gli occhi e ripeteva sempre le stesse due frasi.”
Quindi, è naturale che sia un po’ impacciato e ripetitivo, vi pare?? ^^”
Ehm… E’ il secondo giorno che buttano giù dal letto il povero Kage-kun! x.x Mi odierà per questo… Ma pace, penso che potrei pure farmene una ragione! *u*
Ah, ad un certo punto Kidou si rivolge a Kageyama chiamandolo “Soushi”; bene per chi fosse carente in giapponese (?), sappiate che vuol dire “Comandante”. Per evitare fraintendimenti, ecco. ^^”
Vedo di togliere il disturbo adesso, perché non mi sembra che ci sia nulla di così importante da rubarvi altro tempo! *^*
Chi può recensisca, chi non può pace…! Spero che a tutti il capitolo sia piaciuto!
Ci si sente, baby! <3
Sissy ^^

... Ah già, dimenticavo.

BUON ANNO A TUTTI!! *coriandoli*

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ; Un compleanno innevato! ***


Capitolo 10;  Un compleanno innevato!

Yuuto si diede da fare per aiutare i ragazzi a cambiarsi e asciugarsi.
-La neve è un vero spettacolo, adesso che è appena caduta!- raccontavano Hikaru e Rushe – Dopo pranzo torniamo fuori e questa volta vieni anche tu Yuuto, okay?-
-Beh sì… A me piacerebbe ma non so se avrò il permesso…-
-Oh stai tranquillo! Sono sicuro anche lo zio verrà a giocare dopo!-
Yuuto lo guardò con una faccia stranita, come se avesse detto che da un momento all’altro sarebbero apparse delle lumache da corsa. –Dai non scherzare…- cercò di schermirsi, ma Hikaru gli sorrise con tanta naturalezza che quasi lo spaventò – Mica scherzo io! E’ stato mio zio a insegnarmi a fare i pupazzi di neve!-
-Ti ricordi Hikaru-chan? Di quando eravamo bambini?-
-Oh certo! Ci faceva le piste e poi scendevamo insieme fino a valle! Sul monte Fuiji deve essere bellissimo adesso!-
Yuuto teneva la bocca tanto aperta che pareva volersene andare per conto proprio, staccandosi dal volto. Gli occhi erano enormi, spalancati dallo stupore.
-Mamma mia…- si tenne la testa fra le mani, cercando inutilmente di immaginarsi le scene che raccontavano i due ragazzini, soprattutto le parti in cui Kageyama slittava sulla neve dalla cima del vulcano spento fuori città. – Credo di essermi perso qualcosa…-
-Vieni Yuu-kun!- Rushe lo prese in braccio, interrompendo bruscamente una partita di palle di neve immaginaria in giardino – Ché adesso ti facciamo bello…!-
Qualcosa nel tono della ragazzina, o nel fatto che Hikaru le venne dietro, o nella risata di Fideo alle loro spalle lo spaventò. Molto.

Quando riuscì a mettere piede fuori da quella stanza, si convinse che da quel momento sarebbe stato invulnerabile a ogni apocalisse che si sarebbe verificata.
In fondo, era riuscito a sopravvivere alla smania artistica di due adolescenti che volevano sottoporlo ad un intero trattamento intensivo di bellezza!
Per quella giornata, era fin troppo… E le sorprese non erano finite; anzi, a ben pensarci, la festa non era nemmeno iniziata!
Nonostante tutto, guardandosi allo specchio, per un attimo volle pure complimentarsi con i ragazzi.
Poi si ricordò che inizialmente avevano voluto metterlo in smoking e truccarlo come un pinguino, e si rimangiò tutte le belle parole che si era già preparato.
Aveva addosso una camicetta a pois – terrificante a detta di Yuuto – di cui spuntava solo il colletto e i polsi; infatti sopra portava un maglioncino rosso e dei jeans lunghi e caldi di un color cenere, un grigio impalpabile. Gli occhi grandi perennemente in vista – il che turbava un poco il piccolo, che non era più abituato a guardarsi intorno senza i suoi occhialini – e i piedi scalzi che però non si notavano a causa della lunghezza dei pantaloni.
Tutto sommato, era carino, sì. Non capiva però perché aveva dovuto cambiarsi…
Di colpo gli tornarono in mente quelle parole “-Lo sai che giorno è oggi?-“
Possibile che non gli venisse in mente niente?! Aveva la testa completamente svuotata, non riusciva a capire cosa avesse voluto intendere Kageyama con quella frase.
Scosse il capo, cercando di ricacciare indietro il pensiero. Quando sarebbe tornato gliel’avrebbe chiesto direttamente e avrebbe fatto luce sulla questione.

**

-Fatemi indovinare cosa c’è oggi per pranzo…- sorrise sornione Yuuto quando vide anche i ragazzi spuntare dalla camera vestiti di tutto punto – … Riso?- concluse con arroganza.
-No.- rispose Rushe con un sorriso dolcissimo che lasciò l’amaro in bocca a Kidou – Veramente non lo sappiamo neanche noi perché ha fatto tutto lo zio. Ma credo proprio che non sia riso…-
-Ragazziii! E’ pronta la tavola?-
-Oji-san!- salutarono i due ragazzini fiondandosi contro l’alta figura comparsa sulla porta quasi completamente ricoperta di neve – Sembri un pupazzo di neve!-
-Beh i capelli bianchi aiutano…- sorrise l’uomo scrollandosi di dosso quanta più neve possibile.
Yuuto osservava la scena un po’ in disparte, in silenzio.
Una strana sensazione l’aveva travolto, una sensazione di… vuoto. Un grande vuoto al centro del petto.
Si era sentito improvvisamente solo, come un estraneo che guarda da fuori la felicità di qualcun altro e che sa di non poterne fare parte.
Deglutì a vuoto, cercando di trattenere le lacrime.
Era sempre stato bravo a mascherare i suoi sentimenti, e anche questa volta non fu da meno.
Represse i singhiozzi e un sorriso, seppur dannatamente forzato e falso, si dipinse sul suo volto.
Perché si sentiva così adesso? Cosa gli prendeva? Erano tutti così felici, perché ora gli veniva da piangere? Andava tutto bene, no?
E perché Kageyama non veniva a salutarlo? Perché continuava a ridere, lì, a pochi passi da lui, ignorandolo così?
Non le vedeva, le lacrime che veloci già scivolavano lungo le sue guance graffiate, e marce?
Si guardò le mani, e represse un urlo di terrore: le lacrime si infrangevano fra le sue dita putride e raggrinzite, ed erano rosse. Rosse come il sangue.
Il suo corpo era flaccido, si piegava su se stesso, debole, senza forze, morto.
Urlava, si dimenava, chiamava, piangeva. E intanto lì, praticamente di fianco, Kageyama, Hikaru e Rushe continuavano a ridere…

Si svegliò urlando come un matto. Subito Fideo fu da lui, accorso dalla cucina. Lo strinse forte contro il petto, cercando di calmarlo con delle carezze sulla schiena e delle frasi appena sussurrate.
Non era come essere abbracciati da Kageyama, ma Yuuto riuscì lo stesso a calmarsi.
Fideo aveva un tocco molto leggero e delicato, come se temesse che accarezzandolo troppo sarebbe scoppiato di nuovo a piangere, e gli parlava con dolcezza, mormorando parole che Kidou non traduceva chiaramente, ma di cui sentiva l’affettuosità che gli faceva bene.
Yuuto sfregò gli occhi ancora appannati di lacrime contro il petto caldo del ragazzo, e si sentì meglio.
Aveva un profumo molto buono, anche se non riusciva a riconoscerlo. Magari non l’aveva mai sentito, oppure era semplicemente troppo confuso per pensare ad altro.
Faceva sempre dei sogni orribili da quel che ricordava: al Fifth Sector ne faceva a ogni ora, adesso invece che era uscito da quel posto terribile e si trovava al sicuro erano drasticamente calati.
Ma quando si assopiva, non riusciva a impedirsi di sognare situazioni spaventose. La cosa terribile era che erano realistiche, troppo realistiche.
Yuuto scosse la testa, per poi alzarla e esalare un “Arigatou…” appena sussurrato.
Ardena sorrise e in quei grandi occhi celesti Kidou percepì affetto, non pena.
Questo gli fece ritornare il buon umore; essendo bambino la sua mente era molto più volubile di quello che avrebbe mai immaginato, e si ritrovò a sorridere senza neanche rendersene conto.
Intanto erano arrivati anche i due ragazzini: -Abbiamo sentito Yuuto urlare! E’ successo qualcosa? Ti sei fatto male?-
Il bimbo scosse il capo, mentre Fideo fece un cenno che sembrava dire “Tutto a posto, niente di grave.”
I due allora tirarono un sospiro di sollievo, e Kidou guardò riconoscente il venticinquenne che per tutta risposta sorrise dandogli un buffetto sulla guancia.
In quel frangente, tornò anche Kageyama.
Yuuto si voltò subito verso la porta: entrò proprio come l’aveva sognato, quasi completamente sommerso di neve e con il sorriso sulle labbra.
A quella vista tutti scoppiarono a ridere, e Kageyama sbuffò: -Guarda un po’ te… Che qui tutti ridono e nessuno che voglia aiutare questo pover uomo che ha affrontato una tempesta…!-
-Adesso esageri zio! Noi siamo usciti e non scendeva così forte la neve! Sarai caduto dentro un cumulo di neve per essere ridotto così, piuttosto!-
-Bada a te giovanotto, che quando siamo soli ti pentirai delle tue parole!-
-Ohi-ohi…! Faresti bene a fare attenzione Hikaru, lo zio quando si arrabbia è una furia…-
-Ma Rushe! Che dici?! Quando l’avresti visto tu, arrabbiato?! Quando ci sei tu è sempre così carino e dolce!-
-Ti ho detto bada a come parli, nipotino mio adorato, perché neanche tu mi hai mai visto arrabbiato…-
A quel punto si fece avanti Yuuto : -Io sì che l’ho visto arrabbiato minna, e vi conviene fare attenzione a non giocare troppo con il fuoco…!-
-Per te è lo stesso discorso…- Ma qualcosa nel tono di voce dell’uomo era cambiato, si era fatto più dolce e meno minaccioso – Ma lasciamo perdere. Te che sei tanto vestito bene attento a non sporcarti quando apri questa…- e gli posò fra le manine una di quelle confezioni di carta bianca della pasticceria, che incuriosì non poco il bambino.
-Comandante che c’è qua dentro?-
-Come?!- Kageyama lo guardò enormemente stupito, mentre si toglieva la giacca – Non te lo ricordi più? – fece un’altra pausa, strofinandosi le mani e strizzandogli l’occhiolino – Che compleanno è senza neanche una torta?!-

**

-Ma dico io come si fa a dimenticarsi del proprio compleanno?!-
Hikaru si portò alla bocca una mega forchettata di spaghetti, con un’espressione meravigliata dipinta sul volto. Kageyama inarcò un sopracciglio guardandolo malissimo, ma non disse nulla.
Yuuto dal canto suo aveva due cose importanti da dire al padrone di casa, ed era indeciso su come  iniziare il discorso… Era davvero troppo incuriosito, ma non voleva sembrare uno sprovveduto…
Così decise di rispondere a Hikaru, e si sarebbe fatto guidare dal suo istinto.
Sperava solo di avere ancora un po’ di buonsenso; quella mente da bambino lo spaventava, avrebbe potuto dire qualsiasi cosa –anche assai fuori luogo – senza rendersene conto, e non sarebbe stato molto carino…
Si portò una mano dietro la nuca, arrossendo lievemente: -Kageyama-san mi aveva detto qualcosa ma sono successe tante di quelle cose tutte insieme che io… Ecco, proprio l’ultima cosa che pensavo era il mio compleanno!-
Sorrise lievemente, e si schizzò il nasino con uno spruzzo di sugo.
Si leccò le labbra godendosi il sapore salato che rimaneva sul palato, poi si fece improvvisamente serio e abbassato il capo sussurrò: -Comandante…-
A quel mormorio tutti i presenti si voltarono verso Yuuto, quasi spaventati dall’improvviso cambio d’umore del piccolo: quel bambino era pressoché imprevedibile!
E difatti Kidou aveva pronto per loro una domanda veramente insolita: -Comandante… Davvero fa i pupazzi di neve?-
Qualcosa nel tono quasi supplichevole di Yuuto fece arrossire di botto Kageyama e scoppiare a ridere i ragazzi; dopodiché, il padrone di casa li stupì quasi quanto era stato capace di fare Yuuto.
Si sbatté una mano contro la fronte, mimando un moto di disperazione e mormorò in tono crescente: -Hikaru…! Kidou è forse l’unico che ancora mi considera una persona decorosa e con una reputazione dignitosa! Cosa gli vai a raccontare?!-
Questa volta fu il bambino a ridere di gusto; questo Kageyama gli piaceva. Era strano, ma gli piaceva. Era senz’altro più sereno, ed era rimasto lo stesso.
Inforchettò un altro paio di spaghetti al sugo, l’aroma salato e delicato delle vongole a insaporire la sua lingua veloce.
-Oji-san! Guarda che non è colpa mia se sei cambiato un sacco in questi anni! – fece una pausa il giovane Hikaru, e assestò allo zio una leggera gomitata – Però, devi ammettere che quella volta che vi siete messi tu e Hibiki-san a giocare a carte hai proprio toccato il fondo!-
-Se non la smetti…!- sibilò l’uomo vestito di celeste prima di dedicargli uno dei sorrisi più crudeli che avesse mai fatto, mentre Yuuto non sapeva se rotolarsi per terra dalle risate o strabuzzare gli occhi fino a far schizzare fuori le orbite.
Era abbastanza scioccante come rivelazione, in effetti… Ma quella era proprio l’occasione che aspettava.
-A proposito… - esordì appunto il piccolo, e Kageyama gli dedicò tutta la sua attenzione ben contento di cambiare argomento – Ha ricevuto una chiamata un’oretta fa.-
Il bimbo deglutì a vuoto, cercando di prendere tempo mentre l’allenatore lo squadrava con circospezione – Io… Mi è parso che fosse Hibiki-san, ma…-
-Hai risposto?!- fu l’esclamazione stizzita di Kageyama che dovette trattenersi per non alzarsi dalla sedia dalla sorpresa.
Yuuto deglutì ancora, annuendo impercettibilmente e rimanendo a capo chino, senza sapere che reazione aspettarsi.
Seguirono secondi di silenzio, poi una risata serena.
Il piccolo alzò di scatto la testa, sorpreso. Non aveva mai sentito Kageyama ridere così.
-Beh, conoscendolo avrebbe potuto scambiarti anche per Hikaru, e comunque non penserà mai a te, non ho ancora detto niente a nessuno. A meno che tu non abbia fatto al posto mio…!-
-N-Non lo farei mai…- sussurrò il piccolo con voce che ancora tradiva la sua preoccupazione; ma scrollò subito la testa e di nuovo sorridente chiese – Nessuno sa che sono qui…?-
-Meno persone lo sanno meglio è, fidati piccolo. – rispose Hikaru al posto dello zio, che si limitò ad annuire portandosi alle labbra il bicchiere pieno di acqua frizzante – Ci sono in giro molte spie del Fifth Sector, e bisogna diffidare da… Praticamente chiunque! Il lavoro dei ribelli è molto difficile, in effetti, ma noi della Raimon stiamo facendo del nostro meglio! E i membri della Resistenza ci sostengono… Vedrai, riusciremo a vincere l’Holy Road e faremo tornare il calcio!- concluse con gli occhi scintillanti di orgoglio e determinazione.
Yuuto sorrise senza accorgersene, e nello sguardo di Hikaru rivide lui e i suoi compagni quando erano ancora una squadra… Dieci anni prima…! Incredibile a pensarci!
Nel frattempo avevano finito di mangiare, e i ragazzini insistettero per sparecchiare.
Yuuto sedeva mascherando bene la propria emozione; beh, era un compleanno molto strano e senz’altro pieno di sorprese.
Hikaru e Rushe ad un certo punto sparirono e d’un tratto si spensero anche le luci.
Kidou rimase al buio, seduto e composto: non vedeva pressoché nulla.
Si intravedeva la strada al di là del giardino, verso la finestra, illuminata dalla luce opaca dei lampioni che erano rimasti accesi per la poca luce del giorno. Continuava a nevicare, di questo ne era certo.
Sentiva ancora sul palato il calore saporito della pasta, e sinceramente non sapeva proprio come avrebbe dovuto reagire.
Lo spaventava un poco quella situazione così ovattata e piena d’attesa.
D’un tratto, sentì una, no due voci alle sue spalle cantilenare allegramente: -Tanti auguri a te! Tanti auguri a te!-
La porta si spalancò e apparvero Hikaru e Rushe che reggevano una torta con entrambe le mani, sul volto dipinti due sorrisi raggianti e una leggera acquolina se per caso i loro sguardi cadevano sul dolce. – Tanti auguri a Yuuto! Tanti auguri a te!-
Senza che riuscisse bene a metabolizzare il tutto, gli posizionarono davanti la torta rettangolare.
Yuuto la squadrò con un sorriso lieto ma confuso appeso sulle labbra: avrebbe potuto infilarci tutto il viso dentro, era lunga quanto uno suo braccio e emanava un profumo buonissimo.
Sembrava squisita, ma soprattutto gli sembrava veramente grandissima.
“Probabilmente è il mio punto di vista anche perché,” si ritrovò a considerare “con la memoria di un bambino che mi ritrovo non mi pare di aver mai visto una torta in vita mia…!
E’ particolare questa cosa, in effetti: una parte di me sa perfettamente che ho festeggiato i miei compleanni fino ai quattordici anni, ma di fatto adesso il mio corpo è tornato indietro a quando ne avevo quattro o cinque, e a quell’epoca ero all’orfanotrofio. Una torta del genere la potevo solo vedere in televisione! Quindi sono un po’ in contrasto con le mie memorie, in questo momento…”
Per fortuna intervenne Kageyama a riscuoterlo dai suoi pensieri con una delle sue; mentre Rushe gli passava una mano davanti agli occhi – Yuuto!? Ti sei incantato? – lui lo richiamò enfatizzando: - Oh! Ci siamo dimenticati una cosa!-
I ragazzi si voltarono verso lo zio, e Hikaru lanciato uno sguardo sulla torta esclamò concitato: -Sicuro! Mancano le candeline!-
Kageyama sorrise candidamente nel vedere Yuuto scattare subito sull’attenti e concentrarsi su quanto aveva detto – Sì ma… Quante ne mettiamo?-
Intanto Reiji stava tirando fuori da un sacchetto delle candeline argentate, posizionandole sulla torta: -Hai l’imbarazzo della scelta Yuu-kun! Ne vuoi soffiare cinque, quindici o venticinque? Non tutti hanno questa possibilità, eh?!-
Il piccolo lo guardò sorridente, ma non disse nulla; stava cominciando a capire come si giocava, ma preferiva procedere lentamente invece che lanciarsi con impeto: se ci fosse stato un muro davanti a sé, avrebbe potuto accorgersene ed evitare di andarci a sbattere contro. –Come l’imbarazzo della scelta?-
-Beh  -  affermò Kageyama dedicandogli un sorriso complice – Il tuo corpo dice cinque anni, la tua memoria quindici e la tua carta d’identità venticinque; a chi diamo retta?-
I ragazzi risero, mentre con movimenti repentini ed invisibili sfioravano le nuvolette di panna per poi portarsi le dita alla bocca per un secondo di deliziosa delizia.

**

Nel pomeriggio si decise di comune accordo di uscire in giardino a giocare sulla neve appena caduta.
Prima però, Yuuto decise saggiamente di ritirarsi per qualche ora di riposo: non voleva finire come il giorno prima a cascare addormentato senza neanche accorgersene!

Quando si ridestò, trovò i ragazzi già fuori a giocare. Tutto entusiasmato e in forze, si fece imbacuccare come un eschimese e finalmente riuscì ad uscire.
Sentì subito una folata d’aria gelida attraversare la sciarpa beige che gli copriva la bocca e il naso, e si sentì stranamente entusiasmato.
Da un lato avrebbe voluto mantenere un contegno, ma c’era una parte di lui, innocente e
terribilmente infantile, che non resisteva all’impulso del gioco.
Il suo trionfale ingresso nel giardino fu un capitombolo d’eccezione; appena mosso un passo crollò in un cumulo di neve fresca, provò a rialzarsi ottenendo il solo risultato di rotolare per mezzo metro buono e rimettersi in piedi con una capriola. Quando riuscì finalmente a ritrovare un equilibrio, si rese conto di essere nel bel mezzo di un campo di battaglia, o almeno questa fu la sua prima impressione.
La neve morbida sotto i suoi scarponcini era tutta calpestata e inzaccherata, e volavano palle di neve in ogni direzione.

Si accucciò, e senza neanche accorgersene si ritrovò a rotolare nuovamente laddove c’era più calma.
Si tolse di dosso i residui della neve fredda, e guardò in alto: si trovava sotto un albero altissimo, probabilmente un pino, o un abete, tutto addobbato con luci e nastri colorati.
I rami verdi sembravano sul punto di cedere dal peso della neve candida che si era adagiata ovunque in quella notte.

Mentre ancora la sua attenzione era sul grande albero illuminato a festa si sentì sollevare per la vita e in un attimo raggiunse un ramo innevato.
Senza trattenere le risate sfiorò quella fronda ricoperta di neve e la strinse fra i guanti. Sentì un brivido di freddo, e quando la neve si sciolse sul suo palmo caldo spalancò gli occhi dalla sorpresa.

-Kageyama-san le piace la neve?- le sue parole gli arrivarono alle orecchie chiare e cristalline così com’erano uscite dalla sua bocca senza che se ne fosse accorto.
-Mi piaci tu quando ci giochi.-
Con immenso stupore avvertì il suo allenatore chiudere di scatto le gambe e insieme atterrarono sulla distesa bianca.
Kageyama era a gambe incrociate davanti a lui, e senza perdere un sorriso che Yuuto non era abituato a sentire su di sé, mostrò da dietro la schiena secchiello e paletta.

Kidou li afferrò titubante, ma per qualche motivo che lui non capiva appieno non riusciva a smettere di sorridere.
Gli sembrava una cosa incredibile e assurda, eppure in poco tempo si ritrovò a tracciare un percorso nella neve per le biglie che percorreva un buon tratto di giardino insieme a Kageyama.
Appena i ragazzi videro cosa stavano facendo, accorsero anche loro interrompendo la battaglia a palle di neve.
Quando Fideo uscì, ignaro di tutto, e calpestò un tratto della loro pista, per punizione Rushe e Hikaru decisero di farci un pupazzo di neve.

All’inizio Yuuto era abbastanza scettico alla cosa, ma dovette ammettere che ricoprire di neve una persona fino a che diventava blu dal freddo e non gli si vedevano più le gambe da quanto era sommerso dalla neve aveva il suo charme.
Poi ovviamente accorse Kageyama che interruppe la penitenza afflitta al povero Ardena e lo portò a scaldarsi; intanto i bambini lanciavano le biglie e le inseguivano nella loro corsa intorno al giardino.
Una calda cioccolata li convinse a rientrare, che già si era fatta sera.
Erano le cinque passate, ma essendo le giornate molto brevi, il sole calava silenzioso donando un po’ di colore a quel cielo grigio e pieno di nuvole.

Fu mentre sorseggiavano la dolcissima bevanda che Kageyama ricevette una chiamata e si allontanò dalla cucina per rispondere.
Sul momento Yuuto non ci fece molto caso e continuò a ridere con Hikaru e Rushe; non avrebbe potuto immaginare che da quella chiamata la sua avventura nel futuro avrebbe subito una nuova ed entusiasmante svolta…

*Angolino della neve*

*spunta da un cumulo di neve*
Ma chi si rivede! E’ proprio vero che il mondo è piccolo e storto (?)
Diciamocelo: questa long è uno spettacolo! *ç*
Dai, ditemi chi si aspettava il compleanno di Yuu-chan? ^^”
Lo so, sono piena di idee geniali! *^*
Comunque, seriamente, a me è sembrata un’idea carina; un diversivo originale per metterci un altro capitolo, no? *ç*
Io non voglio che Yuuto vada via da questa casa… ç.ç
Ignoratemi vi prego *^*
Volevo parlarvi dell’incubo che ha avuto Kidou all’inizio del capitolo: ecco, dovete sapere che il corpo di Yuuto è molto migliorato, ma il piccolo ha subito un trauma non da poco e quindi ha paura che possa ritornare in quella situazione pietosa. E… L’abbandono. Io penso che in condizioni del genere, deve avere dentro di sé, magari anche inconsciamente, una paura matta di essere lasciato solo. Sì insomma, non ha più una famiglia né una casa, è ricercato dal Fifth Sector ed è tornato bambino! Vi pare poco? x.x
Come ho fatto ed essere così perfida nei confronti di Yuu-chan?! ç.ç
E allora, in sintesi ho capito che mi piace scrivere degli incubi di Kidou e ho deciso di scrivervi questa piccola scenetta ^^”
Che ne pensate della torta? Una bella sorpresa?
Mi piace un sacco questo Kageyama più sereno ma che conserva la sua ironia… Quando si mette a giocare con Yuuto ho rischiato l’epistassi – e pensare che stavo scrivendo io! xD
Nel prossimo capitolo vedremo chi ha chiamato Kuroiwa-san e perché… Da come ho lasciato intuire, non è un’informazione ignorabile perché cambieranno le sorti della storia. v.v
Shi shi, mi piace mi piace! *ç*
Adesso vado, ma ci risentiremo presto… Non dimenticatevi che io sono qui, e vi osservo… *^*
*si trasforma in un pupazzo di neve (?)*
XDD Kisses,
Sissy-chan <3

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ; Alla Resistenza! ***


Capitolo 11;  Alla Resistenza!

Nevicava. Nevicava ancora.
Fuori dalla finestra, il paesaggio che si presentava era candido e incantevole.
Fiocchi leggeri venivano sollevati dalla brezza che tirava e faceva tremare i rami spogli e freddi degli alberi, mentre gli abeti nel parco venivano accarezzati dalla neve ghiacciata di prima mattina.
Il sole non era ancora sorto, solo alcuni tenui e audaci raggi trafiggevano l’orizzonte innevato, fingendo di illuminare il cielo ancora assorto nelle tenebre della notte.
Yuuto e Hikaru dormivano tranquilli e beati nel caldo del loro piumone, il ragazzino stringeva forte a sé il più piccolo che sorridente iniziava a svegliarsi.
Aveva sempre avuto questa stranissima abitudine: svegliarsi pochi minuti prima del suono della sveglia. Come se avesse paura che quel fischio atono potesse irritargli la giornata.
Stropicciando gli occhi inerti fece vagare lo sguardo sulla stanza, e come una folgorazione improvvisa, gli tornò in mente quella sensazione che aveva provato la prima volta che si era risvegliato in quella stanza, abbracciato da Hikaru. A differenza di quella esperienza, adesso con la mente più tranquilla e cosciente, si era reso conto del perché quella stanza in particolare lo incuriosiva così tanto. E se la ricordava così bene…!
Come aveva fatto a non rendersene conto subito?
Quando era più piccolo… - ehm…! Sì insomma, poco dopo l’adozione… - era capitato spesso che si fosse trovato da solo in casa. Suo padre infatti, prima del suo arrivo, viveva per il lavoro. Sua moglie viaggiava molto e di conseguenza il signor Kidou passava gran parte dell’anno da solo in casa. Senza neanche dei bambini di cui occuparsi, aveva deciso di investire tutto il suo tempo lavorando.
Quando Yuuto venne adottato, suo padre non aveva potuto allontanarsi in modo così brusco dal lavoro; questo procedimento aveva avuto bisogno di tempo.
Non molto in realtà, ma per poche settimane che fossero, Yuuto di fatto era solo e Kageyama allora si era preso la responsabilità di portarselo a casa una volta finita la scuola e gli allenamenti di calcio.
Kidou ricordava benissimo quelle settimane; erano state le più scombussolate in assoluto di tutta la sua esperienza alla Teikoku, e anche le più spassose. (nd Sissy: Ma questa è un’altra storia…! *ç*)
La ragione per cui ricordava così bene la camera di Hikaru era perché, molto semplicemente, prima era stata la sua.
E di fatto, non era cambiata neanche poi così tanto… Certo, era passato molto tempo – quasi vent’anni…! Incredibile a pensarci! – ma in linea di massima era tutto come l’aveva lasciato.
Si concentrò sulla finestra che dava sul giardino, ma essendo stritolato da Hikaru non poté alzarsi più di tanto per verificare quanta neve fosse scesa durante la notte.
Non oppose resistenza, e rimase così, costretto fra le calde coperte e le braccia del ragazzetto.
Sbuffò, pensando che Hikaru sarebbe stato costretto ad andare a scuola a costo di affittargli una slitta: su questo, come preside, Kageyama era sempre stato irremovibile.
“A scuola bisogna andarci, a prescindere dalla stagione e dal tempo.” “E poi”, diceva spesso, “capirei se fossimo nell’Hokkaido, ma visto che qui di neve non ne cade mai tanta da fermare i mezzi di trasporto, non vedo perché dobbiate rimanere a letto al caldo e ignoranti.”
Genda e altri ragazzi avevano sempre risposto con molta educazione, ma si erano sempre premurati di insultare fra i denti il loro mister perché sapevano di rischiare molto.
Yuuto si era abituato presto a questo modo di pensare, e quindi gli sembrava quasi assurdo anche il solo prendere in considerazione l’idea di rimanere a letto, quel giorno.
Ma poi, chissà… Magari Kageyama in quegli anni aveva cambiato idea.
Magari adesso anche lui si era finalmente reso conto che fuori, quando nevica, c’è un freddo spaventoso. E il freddo non stimola di certo i ragazzi ad uscire di casa per stare cinque ore a scaldare un banco.
Come a rispondere ai suoi pensieri, la porta prima si socchiuse piano, facendo entrare un sottile fascio di luce, fino a spalancarsi quasi completamente.
Dalla luce che veniva dal corridoio, Yuuto distinse la figura alta di Kageyama, e sorrise.
“No, evidente non ha cambiato idea.”
-Ah-ha! Adesso è il mio momento di portarvi via da mondo dei sogni!-
Yuuto ragionò il fretta che la vendetta di Kageyama avrebbe potuto manifestarsi al massimo con del solletico o togliendo loro le coperte o aprendo la finestra e facendo entrare il freddo della mattina, e per quanto ridicola che fosse, il piccolo ci tenne a evitarsela. Così alzò il busto mettendosi a sedere sul letto, per far vedere all’uomo che era sveglio, almeno lui.
-Sei sveglio anche tu? Pensavo che saresti stato il più difficile da buttare giù dal letto… Invece a quanto pare batti sempre sul tempo la sveglia.-
Battere sul tempo un orologio parve a Kidou una stupidaggine colossale, ma essendo bambino gradì lo stesso quel modo un po’ infantile per indicare che lui si era svegliato prima del previsto.
E non riuscì a non figurarsi lui piccolo e una sveglia rossa con le lancette gialle e un gran sorriso e gli occhioni ridenti correre uno di fianco all’altro, finché all’ultimo lui superava la sveglia e arrivava prima al traguardo.
“Avere la mente e la fantasia di un bambino di cinque anni è veramente una cosa scandalosa…”
Kageyama sorrise divertito e Yuuto arrossì vistosamente intuendo all’istante di essere lui la causa dell’ilarità dell’allenatore.
-Ma si può sapere a che cosa pensi?! Fai delle facce…!-
Kageyama per prima cosa gli passò una mano fra le ciocche castane da cui pendevano da ogni lato alcuni ciuffi di capelli spettinati durante il sonno – una svogliata carezza – poi con somma sorpresa del piccolo lo sollevò afferrandolo per i piedi.
-Ma che?!-
Yuuto prese a dibattersi come un pesce fuor d’acqua, e a ridere come un matto. – Mi lasci! Mi lasci…!- biascicava fra le lacrime e  le risa.
-E dove ti dovrei lasciare? Sul pavimento?! Aspetta almeno che arriviamo in bagno…!-
La doccia di quella mattina – se doccia è degna di essere definita – fu la più particolare e esilarante che Yuuto avrebbe mai immaginato.
Essendo a testa in giù, mentre Kageyama attraversava il corridoio diretto in bagno, il piccolo si diede un gran da fare per togliersi la parte superiore del pigiama e per fortuna vi riuscì in tempo.
Appena arrivarono davanti alla vasca, Kidou si aspettava che il suo allenatore l’avrebbe rimesso in piedi e l’avrebbe fatto svestire completamente, invece senza tanti complimenti non lo appoggiò manco al suolo, e prese a immergerlo nell’acqua dalla testa fino all’ombelico, reggendolo per il piede sinistro, inzuppandolo come si inzuppano i biscotti nel latte la mattina.
Kidou rideva come un matto, e più volte rischiò di bere l’acqua della vasca. Era tiepida e profumata, c’era tanto sapone e le bollicine che volavano tutt’intorno ogni volta che la sua testa affondava nell’acqua.
E mentre Yuuto quando era sott’acqua faceva del suo meglio per sciacquarsi, Kageyama lo svestiva dei pantaloni. Poi tutto d’un tratto, il piccolo fece appena in tempo ad accorgersi di avere anche le gambe nude, che l’uomo lo capovolse, iniziando a immergerlo e sollevarlo dalla vita in giù.
In questo modo il rischio di soffocamento fu pressoché sventato, ma non per questo Yuuto smise di ridere.
-Si può sapere che doccia mi sta facendo fare? -
Quando riuscì a mettere insieme più di due parole sensate una dopo l’altra, la frase che ottenne fu all’incirca questa.
E come risposta, ottenne un misterioso…
- Fidati piccolo, che hai bisogno di ridere il più possibile adesso. Perché ti prenderai uno di quegli spaventi che non si scordano più.-
E in quel momento Kidou non sapeva a cosa si stava riferendo il Comandante, né tantomeno se stava esagerando oppure no.
Ma l’avrebbe scoperto presto…
-Io farò finta di non aver visto niente.-
Al sentire quelle parole entrambi si voltarono e videro un Hikaru già vestito ma con gli occhi ancora addormentati, il che sembrava a Yuuto una vera discordanza.
Kageyama sbuffò soltanto, rispondendo per le rime: - Penso che anch’io farò finta di non aver visto niente. Ma soprattutto di non ricordare di averti già detto un centinaio di volte di non andare a letto vestito…! -
-Sai zio, l’età è quella che è…-
Kageyama fece ricorso a tutta la sua compostezza e alla sua calma, e si lasciò scivolare addosso il tutto, fingendo di non aver prestato attenzione a quanto aveva detto il nipote occupato com’era a tamponare i capelli di Yuuto, mentre il piccolo si asciugava il viso ancora gocciolante.
Hikaru a quel punto disse che li avrebbe aspettati di sotto, intanto lui avrebbe fatto colazione, e quando lo sentirono scendere le scale, Kageyama sbuffò: -Allora vorrà dire che mi scorderò anche di stirargli l’uniforme della scuola e della squadra…! Che ingratitudine!-
Yuuto ridacchiò, ma non seppe bene cosa dire.
Quando fu bello asciutto, guardarono le ferite e Kageyama decise di spalmare sopra quelle più gravi, sulla schiena e sulla pancia, una pomata fresca, mentre i segni sulle gambe, braccia e viso rimanevano solo un brutto ricordo. Ogni giorno che passava Yuuto sentiva le gambe sempre più forti e le braccia che gli permettevano movimenti sempre più ampi, e ne era profondamente sollevato.
Il bambino uscì da quel bagno vestito con dei caldi collant sotto dei pantaloni carmini, una camicia di un bel verde vibrante a quadri e sopra un gilet di pelle color caffè. Gli occhi vermigli brillavano scoperti nel loro rossore demoniaco, mentre i
dreadlocks erano stati sistemati e raccolti febbrilmente nella solita coda.
Quei colori gli ricordavano incredibilmente qualcosa, ma per quanto si sforzasse non riusciva a focalizzare nulla di preciso…
-Non avrò freddo?- si azzardò a chiedere il piccolo Kidou, mentre scendevano le scale per raggiungere Hikaru.
Kageyama scosse la testa, la mente altrove. Sembrava guardare al di là del muro, al di là della finestra, al di là della strada…
E Yuuto avrebbe voluto seguirlo ovunque, anche col pensiero, ma dovette limitarsi a camminargli appresso guardando in su cercando di incrociare il suo sguardo e capire su cosa era posato.

**

-Buona giornata Hikaru!-
-Grazie, a dopo! Ah, in bocca al lupo!-
Kageyama chiuse la portiera, e salutato un’ultima volta il nipote con un cenno della mano, rimise in moto la macchina, che procedeva lenta su quella strada ghiacciata.
Il sale scricchiolava sotto le ruote dell’auto, mentre i cumoli di neve sui marciapiedi per il momento erano ancora bianchi e candidi nonostante lo smog delle macchine in circolazione.
L’uomo dette un’occhiata veloce dietro di sé: Kidou era piuttosto inquieto. Continuava a spostare lo sguardo da un finestrino all’altro, sfuggendo allo sguardo di tutti i passanti; gli occhi erano puntati verso l’alto, verso le nuvole bigie che continuavano a far cadere quei bianchi batuffoli ghiacciati.
Stettero in silenzio per tutto il viaggio in macchina, ognuno assorto in diversi pensieri. Il piccolo desiderava ardentemente uscire da quell’auto e fiondarsi fuori, nel parco, a giocare con la neve come l’altro pomeriggio… Aspetta! L’altro pomeriggio!!
-Kageyama-san?- chiamò allora Yuuto, sperando di non star formulando una domanda eccessivamente ridicola – Dove sono finiti Fideo e Rushe?-
Nel momento stesso in cui sentiva la sua voce da bambino esprimere il concetto, il bimbo venne colto da una stranissima sensazione.
I suoi occhi si alzarono come attratti da un magnete verso l’imponente edificio davanti a sé, mentre scendeva dall’auto.
Kageyama rispose senza dare particolare inflessione al tono di voce che, sapendo che Hikaru era a scuola e loro due avevano un giro “importante” da fare, i due italiani erano andati a farsi un giro in città per conto loro, e comunque non c’era da preoccuparsi perché sapevano esprimersi benissimo in giapponese e non ci sarebbero stati problemi; li avrebbero rivisti per cena, probabilmente. Quando però vide il piccolo sbattere gli occhi purpurei come se quella fosse la prima volta che vedeva la Teikoku Gauken, lo prese in braccio e accendendo il tono per assicurarsi di essere sentito esclamò: -Ehi che ti prende? Guarda che non succede nulla…-
Kidou si strinse forte al collo dell’uomo, mentre questo si muoveva già verso l’entrata dell’imponente scuola.
-Non avrai paura spero! Stai tranquillo che con Sakuma di travi non ne cadono più..!-
-Sakuma?!- si attivò all’istante Yuuto, e Kageyama sorrise sotto i baffi “Ma quant’è facile calmare un bambino…!?”
Purtroppo però, non aveva così ragione…

-Adesso basta! Staccati immediatamente dalla mia gamba e cammina decorosamente, di grazia! Se non ti senti in grado dimmelo che non c’è niente di male e ti porto in braccio! Ma sappi che non ho minimamente intenzione di vederti aggrappato a me in questo modo chiaro?!-
-Soushi… Che posto è questo?-
-Per la centesima volta…! Siamo alla Teikoku, e smettila di fare quella vocina pietosa perché mi dai sui nervi chiaro?! Non posso crederci che hai paura, quindi smettila una buona volta!-
-Ma che cosa ci siamo venuti a fare…?-
-… Allora lo fai apposta. No, perché non è possibile! Ti ho già ripetuto più volte che non devi preoccuparti, siamo al sicuro. Adesso se mi molli la gamba, magari usciamo da questo ascensore e vedi con i tuoi occhi la base della Resistenza… Eddai! Mollami!! Che figura mi fai fare con Hibiki-san?-
-HIBIKI?!-
In quel momento le porte dell’ascensore si spalancarono, e membri presenti alla base segreta della Resistenza ebbero davanti all’incirca questa scena: Kageyama era appoggiato contro la porta, con una gamba in avanti su cui era saldamente aggrappato un bambino su sei anni. Appena le porte dell’ascensore si aprirono, l’ex preside della scuola si ritrovò senza un appoggio e cadde in avanti mentre il bambino accortosi del pericolo di rimanere schiacciato sotto il peso dell’uomo pensò bene di mollarlo e scansarsi di lato.
Kuroiwa atterrò quindi di pancia sul pavimento scuro dell’ambiente, mentre il piccolo ignorando completamente la rovinosa e alquanto imbarazzante caduta dell’uomo si guardava intorno, spalancando sempre più quegli occhi così misteriosi.
-Ehmehm… Kuroiwa-san, tutto bene?- Yuuto riconobbe dal tono profondo e i capelli di quel viola scuro Kudou Michiya, il suo ultimo allenatore, il coach che aveva portato l’Inazuma Japan a vincere il torneo internazionale.
"Possibile che si siano fatti crescere tutti i baffi?!"
Kidou si chiese anche perché Kudou si fosse rivolto a Kageyama chiamandolo Kuroiwa… “Kuroiwa” non era un asteroide ? Che cosa aveva voluto dire?! Magari aveva solo sentito male…!
Ma il sibilo che uscì in quel momento dalle labbra del suo allenatore gli fece accantonare il problema.
-Sto bene, sto bene…! Dov’è quella peste?!-
Con tono supplichevole esclamò allora -Scusaaaaaaa!!- poi si rivolse a tutti gli uomini presenti nella sala, e enfatizzò frettolosamente: -Buongiorno, spero che voi signori possiate scusarmi ma ho urgente bisogno di...-
Ma non riuscì a finire la frase che Kageyama lo sollevò per il colletto della camicia; Yuuto si ritrovò a penzolare inerme retto con una mano da Kageyama, in attesa della punizione più che meritata. Punizione che però non arrivò mai.
Sentì la presa dell’uomo farsi sempre più calma fino ad allentarla del tutto e a quel punto tornò con i piedi per terra.
Volse uno sguardo interrogativo verso Kageyama, ma quando vide Hibiki alzarsi e stringergli la mano pensò che gli occhi volessero schizzargli via dalle orbite.
"Questa non me la sarei neanche sognata, probabilmente… O, al massimo, sarebbe stato uno dei miei peggiori incubi."
Invece era tutto vero, e stava avvenendo davanti ai suoi occhi.
Kageyama prese posto in quella tavola rotonda di quella stanza assurda nei sotterranei della Teikoku, e si mise a discutere con gli uomini presenti della sala.
C’era il signor Raimon, il papà di Natsumi, c’era il preside della Raimon Jr High, c’erano Kudou, Hibiki…
“Questa sarebbe la Resistenza… Un gruppetto di vecchietti?!”
Tutte le sue fantasie si dissiparono all’istante; era fin troppo deprimente per essere vero.
E la cosa più assurda di tutte, era che l’avevano letteralmente accantonato in un angolo della sala!
“Mi stanno ignorando completamente…!” rifletté il piccolo senza però avere il coraggio di muovere un passo verso gli adulti. “Questa sarebbe l’organizzazione che vuole fermare il Fifth Sector e destituire Ishido?!” Yuuto si sedette a gambe incrociate per terra, scuotendo la testa con rammarico “Non ce la faranno mai…”
-Kageyama-san?! Siamo qui! Scusate il ritardo…-
Tre figure sbucarono dal corridoio dall’altra parte della sala; una era in testa, le altre due le venivano dietro, e sembrava che tutti avessero fretta. Non correvano, ma Kidou riuscì a distinguere chiaramente il rumore dei passi affrettati sul pavimento.
Finalmente uscirono dal corridoio e per poco il bimbo non lanciò un urlo di sorpresa.
Sakuma… Sakuma. Sakuma!
Kageyama si materializzò improvvisamente davanti a lui, sventando il pericolo che il piccolo saltasse addosso all’allenatore della Teikoku.
-Salve ragazzi. E’ un piacere rivedervi.-
-Già, è da un po’ che non si fa vedere da queste parti… E’ successo qualcosa ad Hikaru?-
-No no. Assolutamente. In effetti… Stavo proprio aspettando voi ragazzi per… Sì, insomma, parlare di questa cosa che è…-
-Oh non la faccia troppo lunga Soushi… Volevo solo abbracciare i miei compagni…!-
-Non stavo parlando di questo…!-
Ma Kageyama si fregò da solo, perché nel momento in cui si rivolse a Yuuto il piccolo ne approfittò per sfuggire alla sua presa e mostrarsi davanti a tutti, al centro della sala.
Come si era immaginato più volte, gli occhi di tutti si focalizzarono su di lui; di recente era un po’ troppo al centro dell’attenzione…
Quasi quasi si pentì della sua audacia, e avrebbe tanto voluto nascondersi ancora dietro l’alta persona del suo allenatore, ma sapeva che arrivato a quel punto non avrebbe potuto tirarsi indietro.
Non gli avrebbero fatto del male. Kageyama l’aveva portato lì per garantirgli una sicurezza maggiore, un aiuto… E allora, se era davvero al sicuro, perché continuava a non sentirsi a suo agio?
Probabilmente perché era un bambino, e questo spiegava anche perché avvertiva un continuo bisogno di non allontanarsi troppo da Kageyama.
Forse, in qualche maniera, l’uomo percepiva questo suo stato d’animo, perché per quanto lo sgridasse faceva sempre in modo di lasciarlo solo il meno possibile.

La sua mente stava già navigando in mari più ampi, e fu costretto ad ancorare sulle rive del presente ancora una volta.
C’erano le reazioni dei suoi amici da vedere… E sinceramente non stava più nella pelle!
-K-K-K-Chi è…?- Balbettò Midorikawa per primo, aggrappandosi al compagno al suo fianco.
Hiroto lo osservava pieno di stupore, ma le sue labbra rimasero sigillate.
Kidou sentì una grande fitta allo stomaco, e si portò entrambe le mani a coprirsi gli occhi.
Gli occhi di un demone.
Pianse, o almeno credette di farlo.
Si strinse tanto forte le dita negli occhi che smorzò la fuoriuscita delle lacrime.
Lo sapeva. Sapeva che avrebbero fatto paura. Era ovvio, naturale.
Era nella natura di quegli occhi spaventare. Lo avevano sempre fatto.
Come aveva anche solo potuto pensare che le cose sarebbero andate diversamente, quella volta?
Mentre le sue dita affondavano negli occhi e in fretta consumava le sue lacrime, di colpo si ricordò di Rushe. Di Fideo. Di Hikaru.
Nessuno di loro aveva accennato niente ai suoi occhi, anzi Rushe li aveva osservati a lungo, incantata.
Spalancò gli occhi sanguigni di colpo, e si accorse di avere tutte le dita inumidite.
Furono delle mani gentili, affusolate e calde a fargli ricadere le braccia lungo e fianchi e a obbligarlo a mostrare nuovamente il suo sguardo confuso.
Appena le sue dita piccole e gonfie si scostarono dal volto, percepì il sorriso di Sakuma davanti a sé. Sentì di nuovo le lacrime salirgli su, dagli occhi, ma si sforzò nuovamente per non piangere.
Buttò le braccia intorno al collo di Jirou, e questo lo prese in braccio sollevandolo delicatamente da terra.
Hiroto e Midorikawa gli si fecero vicini e Yuuto sorrise a tutti.
-Ben tornato Kidou-kun…! – mormorò Kudou, rimasto da parte come il resto degli adulti lasciando ai quattro giovani il momento per ritrovarsi.
Kageyama si appoggiò le spalle contro il muro, sorridendo dall’altra parte della sala: “Non devi avere paura tu per primo dei tuoi occhi: se ne sarai fiero, tutti ne verranno colpiti positivamente.
E adesso, posso dire con certezza che i tuoi sono gli occhi più belli che abbia mai visto…”

*Angolino amico-amico*

Tra il titolo del capitolo, il capitolo stesso e il titolo dell’angolino.... Diciamo che stendiamo un velo pietoso. Non so quale dei tre faccia più pena! >ç<
Ah-ha! Come ve la passate, passerottini miei (?)
Ooh, io ho bisogno di una pausa. La scuola è ricominciata da circa un mesetto, e io già rimpiango terribilmente le ronfate che mi facevo al mattino (?)
Che bellissimo sogno lontano… *ç*
Beh, che dire della long? La neve cade e siamo tutti felici. Hikaru va a scuola anche se è il primo giorno dell’anno (?) e di solito si sta a casa a far baldoria o a dormire come nel mio caso v.v
Ma vabbeh. *^*
Chi se l’aspettava la Resistenza??
Tutti. Ovvio ~
Sono troppo banale di recente. *^* E non va bene…
Beh, l’idea è quella che è. v.v
Ah, metto ben chiaro una cosa: non voglio sentire commenti sc—sciocchi riguardo il bagno che s’è fatto Kidou la mattina, chiaro?! >.<
Perché quando mia sorella mi ha fatto notare alcune versioni di lettura di quelle dieci righe… Avrei voluto annegarla personalmente in quella vasca, per aver anche solo pensato una cosa simile, chiaro?!
No, davvero. Ci tengo un sacco. *ç*
Io - essendo me medesima una tipa molto casta e assolutamente non incline ad un genere di pensieri talmente sconci - non avevo neanche valutato la possibilità che quella scena potesse essere letta in quel modo. Quindi vi prego, fatemi la cortesia di tenere per voi i vostri pensieri sulla dubbia identità e poco costruttiva moralità dei miei protagonisti – ovviamente se ne avete avuti – e chiuso il caso.
Fosse stato per me non l’avrei manco fatta questa parentesi, perché davvero non sono il tipo. Ma, davanti alla palese evidenza dei fatti…
Basta. Bom. Caso chiuso.
Parliamo d’altro, prima che mi venga da vomitare. ^^”
I colori con i quali ho vestito Kidou sono i colori della divisa calcistica della Teikoku, per chi non l’avesse capito il bambino in questione: marrone, verde e rosso.
Il racconto che Kidou dovrà fornire alla Resistenza e come prenderà avvio la vicenda d’ora in poi lo vedremo meglio nel prossimo capitolo: il mio obbiettivo in questo capitolo era appunto presentare la situazione alla Resistenza in modo da potermi dedicare tranquillamente e in modo più specifico nel prossimo capitolo al racconto di Kidou, le varie impressioni dei membri della Resistenza ed eventuali ricordi/flash-back… Vedrò prossimamente. *ç*
Ho concluso il capitolo con 'sta cosa degli occhi perché sinceramente non sapevo come cavare il ragno dal buco. >.< Ero veramente in difficoltà, e me la sono sbrogliata come ho potuto.
E questo è quanto, ci si vede fra due settimane!
Ah, volevo ricordavi per chi non c’avesse fatto caso e quindi avesse dei dubbi…
“Soushi”, espressione con cui Kidou utilizza spesso per rivolgersi a Kageyama vuol dire “Comandante” ; mentre “Kageyama-san” è stato tradotto in italiano come “signor Dark”, eh.
E ho scritto Kuroiwa, già. Perché a Yuuto non gliel’ha ancora spiegato nessuno che adesso il suo allenatore si chiama Kuroiwa, ma penso che continuerò a chiamarlo Kageyama perché mi è più facile, approfondendo le riflessioni e comunque il punto di vista di Yuu-chan.
Bene, dopo questa parentesi lessicale (?), ho concluso per davvero.
A presto! <3
Sissy

ps: ah, e spero che dopo tutto questo tempo di attesa, il tanto agnoniato capitolo sia piaciuto alla mia compare Juddy. <3 Insomma, ci teneva così tanto a leggerlo... (?)
Bene, ora vado davvero ^^"
Kisses <3<3

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ; Un po' di chiarezza... ***


Capitolo 12; Un po’ di chiarezza…

Protetti dal freddo del mattino e da occhi indiscreti, circondato da cari amici nei sotterranei della scuola cui era più affezionato, nonostante tutto Yuuto non riusciva a dirsi “tranquillo”.
C’era qualcosa che lo agitava… Un brutto presentimento? Non sapeva dire.
Era una sensazione molto strana: impotenza, disagio…
Ma perché? Perché non si tranquillizzava nonostante le calde parole di Hiroto, le coccole di Sakuma e i sorrisi e le battute di Ryuuji…? Era tutto così strano…
-Kuroiwa-san…!- chiamò piano, preoccupata, la voce di Sakuma, ma il bimbo nemmeno la udì.
Avvertì però le mani forti dell’uomo che lo sollevavano dall’abbraccio di Jirou e se lo portavano al petto.
-Yuuto…! Che succede? Stai tremando…- enfatizzò allora, scrollandolo leggermente.
Ma di nuovo il piccolo per quanto si sforzasse non riuscì a rispondere.
Non aveva freddo, no… Eppure non riusciva a smettere di tremare...

Aveva paura.
Era una sua impressione, o si era fatto tutto più buio? Le mani di Kageyama erano dure, fredde, d’acciaio, facevano male, stringevano i polsi. E non riusciva a respirare, aveva un tubo che gli attraversava il collo, freddo, e faceva male, e arrivava ai polmoni e prendeva l’aria. Gli era stato sottratto tutto, persino il respiro. Il pensiero no, ma a che può pensare un prigioniero che non sa neanche più se ce l’ha, una casa vera?
“E io voglio solo tornare indietro, tornare a casa, mia sorella starà piangendo, e senza di me come se la caverà la squadra? Voglio tornare a scuola, studiare mi piaceva, stavo bene lì. Perché mi tenete qui?  Cosa volete? Cosa devo fare per tornare a casa?

-Kidou…! Kidou mi senti?-

“-Benvenuto Kidou-kun…-“
Sì, ma benvenuto dove? E chi mi c’ha portato? Kidou-kun, così mi chiamo? Ma io chi sono? Qualcuno che mi vuole bene, davvero, c’è? Qualcuno che mi ama, e che vuole che io stia bene, c’è, sul serio? E se queste persone esistono e mi sono accanto, allora perché sono solo? Perché hanno permesso che fossi portato qui? E’ qui che devo stare, forse? E’ questo lo scopo della mia esistenza? Tutto quello che ho vissuto – o sognato di vivere? – fino ad ora era per questo? Per obbedire al Fifth Sector?”

Kageyama teneva stretto a sé Kidou; il piccolo gemeva, tremando. Piangendo.
Tutti stavano accalcati intorno ai due, ma sembrava che il bambino fosse fuori dal mondo. Lo chiamavano, lentamente, sussurrando parole dolci, oppure più forte, scuotendolo, agitandolo, cercando di farlo reagire…
Ma non c’era verso, Yuuto pareva una bambola morta.
Bianco come un cencio, gli occhi vitrei, di un rosso opaco non più brillante, parlava una lingua spaventosa e oscura, funesta, articolando gemiti e singulti. Solo una volta Kageyama l’aveva visto così, qualche notte prima, ma adesso, alla luce del giorno, era molto più terribile. Di nuovo si ritrovò con Yuuto da calmare fra le sue braccia, senza sapere come intervenire.
Fu Hiroto, delicatamente, che non riuscendo più a resistere nel vedere un bambino piangere così, gli chiuse gli occhi. Accarezzò con dolcezza le palpebre serrate con i polpastrelli e così com’avevano cominciato le lacrime smisero di scendere.
Quando Kidou aprì gli occhi, timido, si ritrovò davanti l’espressione serena di Hiroto che gli sorrise sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. Volle scendere il piccolo, e senza dire una parola abbracciò forte le gambe del rosso, dopodiché preso per mano da Sakuma, sparì nel corridoio.

-C-Che cosa è successo? – Domandò a quel punto il signor Raimon, la voce ancora un po’ incrinata dallo spavento.
-Di questo e di molto altro volevo parlarvi oggi, per questo l’ho portato qui…-

**

-Come ti senti adesso? Va un po’ meglio?
La voce di Sakuma gli fece rialzare gli occhi dal bicchiere colmo di latte caldo.
-Sì grazie. Sto meglio… - Yuuto sorrise, perché quasi si sentiva in colpa.
-Meno male… Ci hai fatti spaventare…-
-Mi dispiace. E’ che…-
-Non hai bisogno di scusanti, Kidou. Sono contentissimo di rivederti, va bene così.-
Questa volta fu Jirou a sorridere, e Yuuto nel guardarlo si sentì in soggezione: perché era così piccolo? Perché… Perché gli veniva sempre da piangere?!
-Sei agitato?
-Non so. E’ strano… -
Parlare con Sakuma gli era sempre piaciuto: era rilassante, piacevole. Nel suo attaccante dai capelli turchesi Yuuto aveva trovato un amico meraviglioso: era come un fratello per lui. Lo conosceva bene, benissimo, forse meglio di se stesso. Era sempre stato al suo fianco, sempre sostenuto: da quando aveva memoria Jirou c’era, Jirou c’era sempre stato.
Parlavano di qualsiasi cosa insieme, era una delle poche persone a cui Kidou si era mostrato interamente, in ogni sua sfaccettatura. Per alcune persone lui era lo studente modello, un figlio diligente e di cui andar fieri, un ragazzo accorto, giudizioso, con la testa sulle spalle. Con sua sorella non c’era verso, si trasformava. Quando stavano insieme, per conto loro, passeggiando nel parco o in giro per le affollate strade del centro, si tenevano la mano, lei che parlava in continuazione, lui che arrossiva per nulla e sorrideva con timidezza, guardando gli occhi di lei. Era dolce, affettuoso, la stava ad ascoltare e non riusciva a dirle “no”. Con lui, Haruna riusciva ad ottenere qualsiasi cosa; era troppo bella, troppo brava… Dirle no era semplicemente impossibile.
Ma lui non era solo questo; era questo e molto altro.
Sakuma aveva avuto a che fare con ogni lato del suo carattere, con i suoi momenti di debolezza e quelli di forza. Era un amico splendido, e Yuuto lo sapeva. Con lui non aveva paura di fare o dire qualunque cosa, certo. Ma adesso… Era così… Così… Grande.
Kidou non sapeva come aprirsi: troppo, o troppo poco?
Il bambino si accorse all’improvviso che aleggiava un silenzio bellissimo su di loro.
Jirou rispettava il suo momento di quiete, accarezzandogli la manina calda appoggiata sulla scrivania. E Yuuto si sentì solo uno stupido a star pensando cose del genere. Non era cambiato niente: lui stava bene insieme a Jirou, e per il suo amico era lo stesso. E l’età poco importava in quel momento. Avrebbero risolto anche quel problema, insieme. Era per questo che Kageyama l’aveva portato lì alla Teikoku, dal’altra parte…
E in quel momento era sicuro che non ci sarebbe stato bisogno di parole; Sakuma, il suo migliore amico Sakuma, avrebbe capito.
E infatti Jirou non ebbe un attimo di esitazione, nel vedere quella nuova luce sicura negli occhi dai riverberi rossastri del bambino.
-Allora andiamo!- assentì con un sorriso, porgendogli la mano che il bambino strinse con decisione.

**

-Lei pensa che sia una buona idea?-
-E’ l’unica che vedo, in realtà…-
-Se quello che sospettate è vero, allora sarà conveniente agire il prima possibile.-
-Ma non possiamo chiedere a Kidou di spostarsi ulteriormente, ci avete pensato? E’ già abbastanza scombussolato da sé per quello che ha passato, anche questo…-
-Yuuto capirà. E’ piccolo è vero, ma ci si parla con tutta serietà. E’ in grado di capire la situazione, ne sono certo.-
-E allora che si fa?-
-Io avrei pensato a…

-Eccoci! Scusate l’interruzione…- Come erano andati, i due riapparvero dal corridoio buio e silenzioso, tenendosi per mano.
Yuuto aveva un’espressione più bella, più colorita, più serena.
-Ehi Kidou-kun! – salutò Midorikawa sorridente – Allora come ti senti?
-Molto meglio, grazie. – Il bimbo chinò il capo davanti agli uomini seduti o in piedi adiacenti al tavolo. Quando alzò lo sguardo questo subito gli cadde sull’alta figura di Kageyama. Sorrise il piccolo, scorgendo turbamento nello sguardo dell’uomo: -Sto bene Soushi. Cosa succede? C’è qualche problema?-
-Vieni qui, devo farti vedere una cosa.-
Yuuto si separò sicuro dalla mano calda e ferma di Sakuma, e quando fu di fianco all’uomo, questo lo prese in braccio, sollevandolo e mettendolo seduto sul tavolo.
Kidou era tranquillo, aspettava paziente con le mani appoggiate sulle ginocchia. Kageyama lo scrutò fino in fondo agli occhi purpurei, e ci trovò solo stupore, curiosità, trepidanza… Non paura. A Yuuto parve invece che fosse il suo allenatore a essere nel panico; gli sembrò quasi che fosse sul punto di abbracciarlo. Il bambino lo guardò intensamente, convincendolo a mettersi da parte. Kudou spuntò allora dalla sua destra, un sorriso serio da cui non trapelava nulla e un giornale in mano. Kidou lo guardò accettando i fogli con sguardo curioso. Rimase colpito appena le sue dita sfiorarono quelle pagine sottili: erano molto vecchie, ingiallite, si polverizzavano fra le dita.
Non ci fu bisogno di parole o spiegazioni: appena Yuuto appoggiò lo sguardo sull’articolo perse sensibilità e contatto con il mondo esterno, per la seconda volta nella mattinata.
I suoi occhi grandi affogarono nelle parole in grassetto, caddero fra l’inchiostro sfumato dal tempo, fra le frasi che nessuno più leggeva e che erano già state dimenticate, come legati a una zavorra che li faceva scendere  sotto, affondare nei ricordi oscuri, pieni di polvere e buio…

[“Componente della squadra giovanile più forte al mondo scompare misteriosamente due mesi dopo il primato mondiale”

Sono stati i suoi amici a denunciare la scomparsa” racconta il capo della squadra di ricerca della polizia “Sono entrati in caserma stravolti, le ragazze piangevano, quasi nessuno è stato in grado di spiegarci bene la situazione, all’inizio. Erano pieni di paura, una paura che non riuscivano ad esprimere…”
Kidou Yuuto, componente della Inazuma Japan, la nostra  fantastica rappresentativa giovanile che ha sbaragliato le altre squadre al FFI imponendo il suo gioco come migliore al mondo, è scomparso sabato pomeriggio.
Era con i suoi amici, in un campo  adiacente al bosco nelle vicinanze dell’area sud di Tokyo-cho; da allora non è stato più rintracciato in nessun modo.
“Stavamo giocando nel campo quando il pallone è caduto nel bosco, vicino a noi.” Raccontano i ragazzi, ancora sconvolti dalla situazione “Kidou era andato a prenderlo, ma dopo qualche tempo che ancora non tornava abbiamo cominciato a preoccuparci, e siamo andati a cercarlo.  Aiutateci vi prego! Yuuto non si trova da nessuna parte!”
La prima ipotesi della squadra di ricerca è stata una fuga, magari organizzata o improvvisata sul momento, ma subito amici e famiglia smentiscono.
Yuuto non aveva motivo di allontanarsi da casa. Dopo il ritorno dall’isola di Liocott era sempre stato con i suoi amici, poco e sarebbe iniziata la scuola superiore… No, non può essersene andato di sua spontanea volontà!”
Le squadre di ricerca già da giorni setacciano l’area in cui il ragazzo è stato visto l’ultima volta, alla ricerca di qualsiasi cosa che aiuti a mandare avanti le indagini: le piste di ricerca sono molte, e non si lascia niente al caso. Gli stessi compagni e amici si sono offerti di partecipare alle ricerche, e…]

Yuuto strizzò gli occhi più e più volte, senza successo: niente, non riusciva più a leggere nulla. Gli occhi erano annebbiati dalle lacrime. Lo stomaco  in subbuglio, la mente vuota, ma pesante. Terribilmente pesante.
Si accorse troppo tardi che le manine, tremando, allentarono la presa sul giornale, e senza riuscire a far nulla accompagnò con lo sguardo la caduta dei fogli ingialliti.
Adesso erano tornati vecchi e impolverati articoli di giornale, ma le parole che ci aveva trovato erano state più terribili di quanto avrebbe mai immaginato.
Portò istintivamente le mani in avanti, in cerca di un abbraccio. Kageyama fu subito su di lui, lo prese fra le braccia con la stessa delicatezza ed emozione della prima sera; Yuuto si appoggiò sul petto duro, strofinandosi il volto umido di lacrime contro quell’appoggio sicuro che era il suo Comandante.
Rimasero così a lungo, mentre Kidou si calmava: avvertì lo scalpiccio dei ragazzini che uscivano dall’edificio scolastico, immergendosi nel candore della neve che aveva continuato a scendere, imperterrita e indifferente a quello che succedeva là dentro.
Tirò un sospiro profondo, un “-Kageyama-san…-“ gli uscì dalle labbra come un richiamo, come una richiesta di parole. Non sopportava più il silenzio che li circondava, aveva bisogno di sapere il “perché”.
Perché gli avevano fatto leggere quello? Cosa poteva dire lui?
Lui… Lui si sentiva terribilmente in colpa. Era colpa sua, non avrebbe dovuto entrare in quel…
Un momento. Quel… Quel… Quel “coso”  in cui era caduto! Ecco cos’era successo!
I ragazzi non l’avevano più trovato… Perché era finito in quello “specchio di luce”! Come aveva fatto a non pensarci prima?!
Ecco risolto il mistero della sua scomparsa: probabilmente, per quanto assurdo e incredibile che fosse, era caduto dentro un “portale magico” che gli aveva fatto fare “un salto nel futuro”. Un futuro sbagliato però, un futuro parallelo. Un futuro dove tutti lo credevano morto… Un non-futuro: cadendo in quel portale aveva abbandonato il suo presente, cancellando il futuro…
Sarebbe stato sufficiente riuscire a riaprire il portale per riportarlo al suo presente, e tutto sarebbe tornato alla normalità… Ma certo!
Rimaneva tuttavia un altro mistero: come era possibile che fosse tornato bambino? A rigor di logica, gli anni avrebbero dovuto passare per lui, e quindi sarebbe dovuto apparire a venticinque anni compiuti! Oppure, al massimo, immaginare che gli anni per lui non fossero passati – di fatto era stato così – e quindi sarebbe dovuto rimanere ragazzino…
Perché aveva cinque anni? Perché si era rimpicciolito?
Scrollò la testa, afferrando con forza la camicia dell’uomo all’altezza delle spalle, poi alzò lo sguardo. La testa gli sembrava incredibilmente pesante…!
-Hai da raccontarci qualcosa Kidou-kun? – Sakuma. Lo avvertì dietro di sé, vide la sua immagine celeste riflessa nelle lenti scure dell’uomo che lo teneva in braccio.
-I-Io…-
Kageyama con un sorriso incoraggiante lo sedette sul tavolo, ma Yuuto si tirò su in piedi, nonostante la testa gli dolesse all’inverosimile.
Voleva guardarli tutti negli occhi, voleva parlare: non avrebbe più affogato le parole nelle lacrime. – ... Io penso di aver capito come ho fatto ad arrivare fin qui…-

-Quindi è andata così, davvero?!-
-A quanto pare…- Kidou sbuffò, mettendosi seduto, le gambe a penzolare nel vuoto: i suoi compagni non gli credevano! Continuavano a guardarlo come se avesse raccontato una fiaba!
-Ho detto la verità! – sentiva di nuovo le lacrime impigliate fra le ciglia, ma si sforzò perché non ricominciassero a scendere. – Perché non mi credete?!-
-Non è che dubitiamo di te, Kidou. E’ solo che… Anni di ricerca, e poi tutto si risolve con un portale magico? Un tuffo nel “Domani”?-
-Un “domani” in cui io sono morto, però… -
-Non dire così. Non dirlo neanche per scherzo! – Sakuma gli si avvicinò, facendo per prenderlo in braccio, ma il piccolo indietreggiò; la fronte contratta, gli occhi annebbiati.
Lacrime di rabbia? Di disperazione? Di paura? Jirou non volle saperlo.
Kidou, con una strana luce negli occhi, cominciò a scrollare le braccia intorno a sé:
-Guardami!-
Diceva. Ripeteva.
Urlava. Piangeva.
-GUARDATEMI!-
Gli crollarono le ginocchia, cadde sul tavolo freddo. Si fece male, sentirono un sussulto scivolare fuori dalle labbra sottili.
-Non tornerò mai alla normalità…-
Risuonò il silenzio nella stanza e nei cuori dei presenti. La scuola era vuota e silenziosa adesso.
Se n’erano andati tutti, non c’era più nessuno.
Hikaru sarà tornato a casa da solo, affondando gli stivali caldi in quella neve candida, ma trovando la casa vuota e buia sarà rimasto in piedi sulla soglia. Negli occhi di Yuuto i grandi occhi color carbone del ragazzino vagavano per l’atrio deserto; poi un sorriso si increspava fra le labbra intirizzite dal freddo, e con una luce bella negli occhi si tuffava di nuovo nella coltre di neve che era il giardino, che era la città, che era il mondo.
Sarà andato a cercare Fideo e Rushe, li avrà dentro qualche bar a mangiare un piatto freddo, si sarà a loro per passare il pomeriggio a consigliare alla ragazzina i diversi capi d’abbigliamento.
“No, forse mi stava meglio quell’altro…” E con un broncio di sfida, la bionda Rushe sarà rientrata nel camerino, mentre Hikaru e Fideo si saranno lanciati sguardi scoraggiati, gli occhi stravolti dal troppo e confuso cambio d’abbigliamento della giovane.
Rise di cuore il piccolo, e sorrise mentre il suo sguardo cadeva senza volere sulla figura del suo allenatore; forse anche lui stava pensando a queste cose…
Cercò di ritornare sui suoi passi, ritrovare il filo sperduto dei suoi pensieri, ma non ci riuscì.
Un bambino perde il filo del discorso un po’ troppo facilmente…!”
-Te l’ho già detto stamattina: dovresti vedere le facce che fai!
-I-Io…!- Yuuto abbassò il capo, le labbra contratte in un sorriso imbarazzato. Infilò la manina nella tasca dei pantaloni, era sudata. Fra le dita umidicce fece rigirare più volte la pallina che teneva lì nascosta. Non ricordava come ci fosse finita, ma se l’era trovata fra le dita da quando si era risvegliato al Fifth Sector, e sentiva che era importante, per questo se la metteva sempre in tasca, e non se ne separava mai.
-Cos’hai lì?
-Che occhio Mido-kun! Come hai fatto a vederlo fare… Fare cosa? Cos’hai fatto Yuuto?!-
Kidou rise di gusto, mentre il suo sorriso si faceva sempre più grande e sincero: forse lo faceva apposta, Hiroto. Ma a lui sarebbe andata bene qualunque cosa, pur di sentirli di nuovo vicini. Gli erano proprio mancati…
-H-Ho… Questo. E’… - E fu in quel momento che Kidou se ne rese conto per la prima volta… Il pallone!  Lui si era ritrovato a cadere in quel portale  lucente… Perché doveva recuperare il pallone! E lui sì, l’aveva recuperato.
Solo ora se ne ricordava: - Avevo la palla da calcio in mano quando sono caduto…- biascicò, gli occhi fissi in qualche momento indietro nel tempo.
-Come?-
-Il pallone è caduto con me… E con me si è rimpicciolito!- Tirò su la piccola sfera bianca, stringendola fra le dita e facendo in modo che tutti la potessero vedere.
-Allora è andata così. Non sono stati quelli del Fifth Sector a farti tornare bambino… E’ stato quel portale!-
-E basterà farti rientrare perché tu possa recuperare la tua età e il tuo presente...-

**

-Dobbiamo fare qualcosa signore. Stanno cominciando ad ottenere troppe informazioni…-
-Lei dice? Io penso invece che la questione si fa sempre più interessante…-

*Angolino dei fogli volanti*

Ehi! <3<3
Come ve la passate, mnh?!
Qui per una volta abbiamo avuto delle notizie un po’ più chiare… Beh, almeno si spera ^^
Io ho cercato di descrivere la situazione nel modo più dettagliato e preciso possibile, ma nessuno è perfetto –
e tantomeno Sissy v.v– e quindi potrei avervi confuso ancora di più.
In questo caso, non abbiate paura di chiedermi spiegazioni… Mi cimenterò nel rispondervi nel modo più esauriente possibile, yay! *ç*
Beh, adesso che abbiamo tutto più o meno chiaro… I protagonisti dovranno solo capire come aprire il portale… Vedremo come se la caveranno, yay! <3<3
Chiedo perdono per quanto riguarda l’articolo di giornale: non sono mai stata brava a scrivere questa tipologia di testo, quindi potrei aver fatto… Un lavoro indecente, me ne rendo conto. -.-“
E… Ehi ehi! Ho una sorpresa per tutti voi, la scoprirete fra… Uno, due capitoli penso ^^
-E Yuuto sta sempre male… Ma è mai possibile?! Sto cominciando a stancarmi anch’io di tutta questa continua debolezza… *//*”
Ho voluto in questo capitolo approfondire un poco la figura di Sakuma, che secondo me è molto importante per Yuuto. Purtroppo in questa long non è stato un granché come personaggio, ma al di là di questo penso che siano due amici fantastici, lui e Kidou <3 Per questo ci ho tenuto a fare questa piccola parentesi… ^^”
Spero che il capitolo vi sia piaciuto come i precedenti, come al solito ringrazio moltissimo chi legge, recensisce, e chi segue in generale questa long: siete importantissimi per me, sappiatelo. *ç*
Devo avvisarvi che a causa di alcuni miei lavori arretrati non potrò aggiornare fino ai primi di marzo... So che è tanto, e mi dispiace ma non posso fare altrimenti. >.<
Ah, una dedica speciale per _Lady Nonsense_, che oggi compie gli ani!! Auguri cara, spero di sentirti presto! *ç*
Bacioni a tutti,

Sissy-chan <3<3

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ; Di ricordi e divise. ***


Capitolo 13; Di ricordi e divise.

-Kuroiwa-san. Le posso parlare?-
-Dimmi, cosa posso fare per te?-
-Kidou non può più stare con lei. Deve portarlo alla Raimon, e subito.-
-… D’accordo, d’altra parte anch’io avevo pensato…-
-A presto allenatore.-
-… A presto.-

**

-Brr!!- Yuuto affondò le mani nelle tasche e sorrise guardando la nuvoletta di vapore ghiacciato che si diffondeva nell’aria.
Quando avevano deciso di andarsene, l’avevano abbracciato tutti, e per un attimo avrebbe anche voluto rimanere lì. Poi Kageyama l’aveva preso per mano, e così si era lasciato convincere a tornare a casa.
Adesso camminavano lentamente nel viale, ovunque spruzzato da neve ghiacciata. Erano crollate le temperature, c’era davvero freddo.
Kidou non si sentiva più il naso, le orecchie invece erano rosse, ‘sì calde che quasi bruciavano. Il piccolo spostò il suo sguardo tremante sulla mano di Kageyama che stringeva la sua, e la teneva al caldo. Sorrise di fronte a quella stretta: non era abituato.
Quando era alla Teikoku, il Comandante non lo prendeva mai per mano: lo si doveva seguire da dietro, senza dir nulla, senza nessun contatto.
Ricordava una volta in cui era arrabbiato… L’aveva afferrato, ma per il polso. Stringeva forte, mentre lo trascinava per il corridoio della scuola.
Gli aveva fatto male quella volta… Gli aveva lasciato un livido all’altezza del polso.
Non aveva voluto dire niente a nessuno di quello che era realmente successo. Aveva raccontato di essersi fatto male cadendo durante un allenamento.
Era stata l’unica volta che Kageyama aveva usato le mani su di lui…
L’aveva trascinato fino in presidenza, stringendolo forte per il polso sinistro. E poi non era riuscito a scrivere per una settimana dal dolore.
Non ricordava esattamente come l’avesse picchiato, probabilmente era svenuto…
I suoi ricordi cominciavano a essere nitidi ore più tardi, quando si era risvegliato a casa sua. Kageyama aveva detto che la squadra si era allenata fino a tardi quel giorno, e così aveva preferito riportarlo a casa lui stesso, essendosi fatta sera. Yuuto non aveva obbiettato nulla, limitandosi ad acconsentire, sfinito.
Il giorno dopo il Comandante gli aveva dato il permesso di non venire a scuola: aveva dormito tutto il giorno.

Kidou sbatté qualche volta le palpebre, e una spira di vento gelido lo riportò alla realtà con un brivido tremolante.
Adesso Kageyama lo teneva per mano, ma non gli avrebbe fatto del male. L’avrebbe portato a casa, avrebbero cenato insieme e gli avrebbe rimboccato le coperte prima di dormire.
Come un papà, non un Comandante.
Sorrise, e nemmeno lui sapeva spiegarsi perché si tranquillizzava così tanto a pensarsi insieme a Kageyama…
-Otosan…!- chiamò piano fra le labbra, e quasi quasi una parte di lui desiderò davvero che l’allenatore lo sentisse, ma in quel momento un alito di vento trascinò via il suo sussurro insieme ai fiocchi di neve. Kageyama non lo udì, si voltò solo verso di lui, e sorrise.
E Yuuto riuscì solo a pensare che doveva essere diventato un papà perfetto, nei suoi mille difetti. Poi scoppiò a ridere. I bambini ridono sempre quando c’è la neve...
-Pensavo che ti saresti sconvolto di più… Invece tutto sommato sei sereno.-
-Beh… Mi sono spaventato, è innegabile. E non è che mi sentissi proprio molto tranquillo, là sotto… Adesso sto già meglio.-
Il bambino fece scivolare la sua manina dalle dita calde di Kageyama, si chinò un attimo per terra e affondando la presa in un cumulo di candida neve ritornò al fianco dell’uomo con una pallina biancastra fra le dita. Kageyama lo squadrò per un attimo, senza smettere di sorridere: -Così ti diventeranno blu dal freddo…-
Con gli occhi poggiati sulla pallina inversamente sferica fra le sue dita, Kidou commentò, ignorando bellamente l’intervento dell’uomo – Comunque abbiamo messo al loro posto molti tasselli del puzzle… Siamo a buon punto, non trova?-
Kageyama scosse il capo dolcemente, e le labbra secche si incresparono in un sorrisetto maligno: - Quando questa storia sarà finita, dovremo scriverci un libro.-
-E come la chiamiamo?! “La storia della mia vita”?! Mi rifiuto!-
-Non parlavo di tutta la nostra storia, sciocchino! Solo di quello che sta succedendo ora!-
-Mmh… Il Fifth Sector censurerebbe questo “capolavoro” fin dalle prime righe!-
-Lo venderemo clandestinamente…!-
-Credevo che dopo tutto questo tempo avesse imparato ad attenersi alle regole, Soushi…!-
-Io?! Regole?! Ti ho appena portato alla base segreta della Resistenza! Credevo che fosse sufficientemente chiaro che le “leggi” con cui Onigawara cerca di assoggettare tutti al suo volere non mi hanno fatto e mai mi faranno un baffo!-
-A proposito… Che fine ha fatto Onigawara-san?-
-Mai più visto…!-
Kidou affondò in un cumulo di neve fresca, e ne riemersero soltanto alcuni ciuffi di rasta e un sorrisetto imbarazzato. Kageyama si fermò, affondando le braccia fino ai gomiti e tirandolo su: - Ma che mi combini?! Bravo com’eri nei dribbling, pensavo fossi in grado di scartare due ammassi di neve sul marciapiedi!-
-Sono un po’ fuori allenamento mi sa… Dovrà farmi qualche seduta di allenamento di ripasso…!-
Ripresero a camminare, ridevano entrambi, mentre il bimbo saltellava da una parte all’altra del marciapiedi nel tentativo di togliersi di dosso più neve possibile.
-Sono diventato troppo vecchio per queste cose… Girati, su!- Con due pacche al fondoschiena, Kageyama gli tolse di dosso i residui di neve, ma il corpicino cominciava a raffreddarsi…
-Scherza allenatore?! Non l’ho mai vista così in forma!-
La voce chiara del bambino stava cominciando a farsi più rotta… L’uomo lo sollevò per le braccia, e se lo strinse al petto. Lo avvertì gelido. Sperava solo che rimanesse cosciente di sé, almeno finché non sarebbero stati a casa.
Yuuto si limitò a sbuffare, ma lasciò le braccia a penzolare contro il bacino dell’uomo, senza cingergli il collo come al solito.
-Sei gelido… Se siamo fortunati comincerai a starnutire e soffiarti il naso stanotte. Nel peggiore dei casi ti buscherai la febbre… E reggiti bene! Non vorrai mica cadere di nuovo?!-
Sentì il ventre del bambino contrarsi, probabilmente colpito da una fitta che Kageyama non riuscì a spiegarsi, e senza dire una parola avvolgere il caldo collo dell’uomo con le braccia.
Anche Reiji avvertì un brivido, talmente intenso che gli parve di perdere i sensi: quella stretta era mortalmente fredda.
Kageyama affrettò il passo verso casa, e mentre l’eco delle loro risate rimbombava nell’aria buia e ghiacciata, Yuuto gli svenne fra le braccia.

**

-Bentornati!
-Com’è andata?!-
-Sssh…-
Kageyama entrò in casa con lo sguardo più serio che i ragazzi si aspettavano di incrociare. Senza degnarli di attenzione posò il bimbo sul divano, delicatamente.
Rushe gli si avvicinò curiosa, ma appena scorse il piccolo scosso dai brividi e con gli occhi bianchi dovette trattenersi per tirare un grido di spavento.
Fideo andò subito in cucina, e con Hikaru preparò una borsa d’acqua calda.

Dopo qualche minuto, Yuuto chiuse gli occhi per riaprirli, subito dopo, rossi e vividi.

-Fiiiuu!! Sta bene!-
-Come ti senti adesso?-
Il bambinetto si tirò su, con un sorriso piuttosto stanco sulle labbra.
Si voltò subito verso il suo allenatore: - Scusi Soushi. L’ho fatta spaventare vero?-
-Adesso non pensarci. L’importante è che tu stia meglio.-
-Vieni Kidou-kun! Ti facciamo vedere cos’abbiamo fatto di là!-
-Sì, sì! Giochiamo insieme!-

Quando i tre ragazzi salirono al piano di sopra, Fideo guardò serio il padrone di casa.
-Cosa intende fare? Yuuto non può continuare a scombussolarsi così.-
-Lo so. – Parve un attimo dubitare delle sue stesse parole - Lo so… - lo ripeté con più fermezza, mentre gli poggiava una mano sulla spalla, ma cercò di evitare di guardare negli occhi il giovane italiano. Affogare nel blu oltremare sarebbe stato rilassante, in qualsiasi altro momento. Ma non ora. – E domani rimedio. Promesso, Yuuto da domani starà meglio.-
Vide Ardena inarcare un sopracciglio, e gli venne quasi da ridere.
Scansò i pensieri troppo preoccupanti e precedette Fideo in cucina. – Dimmi piuttosto, com’è andato il giro di oggi?-

**

-Bene ragazzi! E’ ora di fare la nanna… Tutti a letto!-
-Nooooooo!! Daaaaiiiii…!! E’ ancora presto…!!-
-Ma è possibile che dobbiate sempre fare i capricci come quando eravate dei bambini?!-
-Ma noi non abbiamo ssooooo… nnnoooo…-
Kageyama squadrò il nipote sbadigliare, aprendo la bocca in maniera oltremodo esagerata.
Il suo sguardo dava a capire tutto.
-Uffiiiiii… Però non è giusto! – Rushe scosse i capelli color del grano più e più volte, con le guance gonfie e la fronte contratta.
-La mia principessina fa i capricci?-
-Signorsì! Io PRETENDO di stare ancora in piedi!-
-Il tuo Romeo sta andando a dormire… Cosa fai, qui, tutta sola…-
Rushe per tutta risposta mostrò la lingua, strizzando gli occhi e saltando giù dalla sedia. Dopodiché, corse su per le scale all’inseguimento del suo cavaliere mezzo addormentato.
Fideo ridacchiò, mentre Kageyama cominciava a sparecchiare.
-Tsk! Sta diventando sempre più facile…-
-Beh! Certo che anche lei… Usando la carta dell’amore…-
-EHI! Che dovrei fare, andarci a leggere la favola della buonanotte come quando avevano sei anni?!-
-Potrebbe essere un’idea, sa?-
-Bah!-
-Più il tempo passa, più diventa scorbutico.-
-Ah. Grazie. Sempre gentile.-
-Faccio del mio meglio.-
-E più il tempo passa, più diventi cretino.-
-Ehi ehi! Piano con gli unsulti… Sono un mezzo laureato, io!-
-E cosa centra? Tu pensi che essere dottori significhi avere la testa a posto?!-
-Conoscendo lei… No. Proprio no.-
-Adesso fili anche a tu a letto, se non la smetti di prendermi in giro alle spalle!-
-Ma non lo sto facendo alle sue spalle… Glielo sto dicendo apertamente!-
-Ancora peggio. Sto cominciando a rivalutare la tua posizione, lo sai questo?-
-Che vuol dire? Che non si fida più di me?! Dopotutto quello che ho fatto per lei?-
-Smettila di usare la carta dell’altruismo perché cominci a risultare noioso. Non hai altri mezzi per convincermi?-
-Beh… Le pare poco quello che ho fatto?-
-Vedrai che sforzo…!-

Risero entrambi e parlarono ancora per qualche tempo, poi il giovane decise di ritirarsi nella sua camera. Quando Kageyama rimase solo, tirò un sospiro di sollievo sedendosi sulla sua poltrona. Poggiò la testa contro lo schienale imbottito, concentrandosi solo sul silenzio che regnava ora nella casa. I ragazzini dovevano dormire già da un pezzo, già…
Mentre stava anche lui cominciando ad assopirsi, sentì qualcosa muoversi sotto i suoi piedi.
Spalancò allora gli occhi, abbassando lo sguardo sul tappeto sotto di lui.
Incontrò un bambino con la pancia in giù, tutto intento a completare un puzzle. Non riusciva a vedere l’immagine completa, ma i colori erano tenui. Sembrava un cielo, forse un tramonto, o un’ alba. Il bambino teneva le gambe in su, e i suoi piedi involontariamente gli avevano colpito le gambe, ma il piccolo sembrava non se ne fosse accorto. Alcuni ciuffi di rasta erano scivolati dalla coda e gli ricadevano sulle spalle. Kageyama sorrise, sentendo il cuore invadersi di tenerezza.
-Yuuto…?- Lo chiamò, piano, per non spaventarlo. Pareva fuori dal mondo, forse non si era manco accorto che si era seduto. –Yuuto tutto bene?-
Il piccolo si voltò, di scatto, e dalla sorpresa il pezzo che teneva in mano schizzò di lato, sulle frange del tappeto. – Chantokou… Scusi, non l’ho sentita.-
-Tranquillo. L’avevo immaginato.- Kageyama scese dalla poltrona, accucciandosi accanto al bambino – Non sei stanco? I ragazzi sono andati a dormire da un po’… Pensavo fossi lassù con loro. -
-Non riuscivo a dormire. – fu la risposta, lo sguardo vermiglio di nuovo sul puzzle.
-Dove l’hai trovato questo?-
-In camera mi… Sì, insomma… In quella di Hikaru. L’avevo lasciato nell’armadio l’ultima volta. Me lo sono ricordato. Era ancora lì, e ho pensato che vale la pena di finirlo.-
-Hai ragione, è molto bello. Sei… Bravo.-
-Grazie. Ma in realtà lo ero, adesso non mi ricordo neanche più che cos’era.-
-Mi pare un tramonto. Sulla baia di Okinawa…-
-Vero. Non è affatto facile.-
-C’hai passato dei pomeriggi interi, con lo sguardo chino su questi pezzi.-
-Beh, mi hanno sempre rilassato tanto, i puzzle.-
-Giusto. Me lo dicevi spesso…-
Reiji sospirò, mentre Yuuto incastrava un altro pezzo. Era un bel rosso acceso, stracciato al bordo. Una nuvola, o forse il suo riflesso sull’acqua.
-Vieni qui.- Senza incontrare resistenza alcuna, Kageyama sollevò il bambino, poggiandoselo sulle ginocchia. Il piccolo posò la testa contro il petto dell’uomo, chiudendo gli occhi. Rimase così a lungo, poi rizzò la schiena mettendosi ben seduto, le gambe che dondolavano nel vuoto.
Si ricordò della prima volta che l’avevano preso in braccio in quel modo, che lui ricordasse ovvio.
Forse anche i suoi genitori l’avevano tenuto così, quando erano ancora con lui e sua sorella, però era talmente piccolo che non lo ricordava. La prima volta che aveva memoria di un abbraccio del genere era un giorno speciale, di molti anni prima…

Era quasi Natale, il loro primo Natale senza mamma e papà. Il primo Natale all’orfanotrofio. Tutti i bambini avevano fremuto ininterrottamente durante la mattinata, e nel primo pomeriggio… Era arrivato. Proprio lui, Babbo Natale. Se lo ricordava come un omone tutto vestito di rosso, con dei grandi occhi grigi, un viso tondo incorniciato da una lunga barba bianca e una voce profonda. I bambini avevano tutti fatto festa, poi uno per uno Babbo Natale li aveva presi sulle ginocchia e aveva chiesto loro cosa volessero per Natale.
Era una cosa piuttosto cattiva, a pensarci ora. Perché i bambini che stavano lì non chiedevano certo il nuovo modello di macchinina telecomandata, o Barbie ballo in maschera vestita di rosso. No no, niente di tutto quello. Erano desideri più umili, più semplici.
La maggior parte di loro, chiedeva di poter passare il Natale con mamma e papà, a casa.
E alla fine si stava tutti lì, in quelle sale ricreative, a sognare tutti la stessa cosa, insieme. Babbo Natale era tornato qualche giorno dopo con un sacco pieno zeppo di giocattoli… Ma niente casa, né l’abbraccio della mamma.

Sorrise, sentiva gli occhi lucidi. Abbassò lo sguardo sul puzzle lì per terra, mentre un nodo gli stringeva forte la gola.
Il regalo che aveva ricevuto quell’anno gli era piaciuto davvero tanto, comunque. Quando era stato adottato, gli avevano permesso di portarlo con sé.
Ma non era mai riuscito a completarlo, quel bellissimo puzzle…
-A cosa pensi?-
-A Babbo Natale, Soushi.-
E non ci fu bisogno di ulteriori spiegazioni.

Poco dopo, entrambi dormivano sereni sulla poltrona, Yuuto stretto al petto dell’uomo e Kageyama che lo stringeva a sé in un abbraccio delicato.

**

La stanza ora era completamente avvolta da una luce pallida e poco calda del sole che stava sorgendo. Nonostante tutto, il bambino dormiva ancora sereno… Fino a quando qualcosa non cominciò a pizzicargli il naso. Era un qualcosa di davvero fastidioso. Non so a chi di voi è mai capitato di svegliarsi per un insistente pizzicore al naso: è qualcosa di terribile.
Yuuto si tirò su dal divano, la fronte corrucciata e gli occhi ancora pesti di sonno. Una domanda fugace gli attraversò per un attimo la mente “Ma dove mi sono addormentato, ieri?”
Non fece in tempo a pensare alcunché, che la porta davanti a lui si spalancò. Una figura emerse dal buio del corridoio, ma era controluce, e il bambino non la vedeva chiaramente. La figura intanto si avvicinava sempre di più, sempre di più… Yuuto la vedeva piuttosto alta – senz’altro più di lui. –due occhi bigi illuminati da una luce piuttosto cattiva e… Tanti, tanti capelli.
Alla fine, il ragazzo fu sopra di lui, un ghignetto poco raccomandabile stampato sul viso . – Ben svegliato, Kidou-kun…!-
Un solo pensiero, un solo nome attraversò la mente del bambino…
Fudou.
… Dopodiché, lanciò un urlo.

Si svegliò di soprassalto, con il fiatone, tutto sudato.
“Che incubo…” pensò. “C’è solo da sperare che resti solo un sogno…”
-Bel modo di iniziare la giornata! – sentì una voce provenire dalle scale, e per un attimo ebbe paura che ci fosse sul serio Fudou Akio, in quella casa. Alla vista di Hikaru però, si tranquillizzò non poco.
-Eheheh… - ridacchiò nervosamente. –Ho fatto un incubo terribile.-
-Come quelli delle altre volte?- sovvenne Rushe, spuntata magicamente alle spalle del ragazzo.
-No. Era… Un incubo diverso. Molto peggio, forse. Ho sognato… Un mio compagno di squadra… Fudou.- sputò il nome del ragazzo quasi fosse disgustoso. Era davvero terribile.
-Un sogno allucinante. Sei stato fin bravo a lanciare solo un urlo… Io non mi sarei più mosso dal letto dalla fifa…!-
-Soushi! Buongiorno!-
-Eh, se il buongiorno si vede dal mattino…-
-No no, ma mi sono già ripreso. E’ stato spaventoso lì per lì…-
Kageyama gli dedicò un sorriso. Ma era un sorriso diverso dal solito. Era… Strano. Nascondeva qualcosa, quel luccichio sospetto negli occhi dell’allenatore.
-Cosa c’è? Perché ride così?-
-Vieni, oggi ti aiuto a vestirti ché dobbiamo uscire.-
-Davvero? E dove andiamo?-
-Uh, lo scoprirai tra poco, tranquillo…-
Mentre salivano le scale, Yuuto sentì chiaramente Hikaru bisbigliare qualcosa all’orecchio di Rushe, e poi li sentì ridacchiare entrambi. Ebbe paura, per un attimo.
In quella casa, ci si poteva aspettare davvero qualunque cosa.

Kageyama lo lasciò fare tutto da solo, rimase fuori dalla porta mentre lui si lavava. Quando fece per prendere i vestiti del giorno prima che aveva lasciati appesi dietro la porta del bagno, Kageyama lo fermò e fra le sue mani come per magia apparve un’uniforme scolastica blu con i bottoni dorati e il fulmine su entrambe le spalle.
Kidou strabuzzò gli occhi dalla sorpresa: l’uniforme della Raimon Jr High?!

*Angolino dei puzzle*

-Certo, io che penso ancora al Natale… Aah, come sono nostalgica… -ç-“
Buondì minna-san, eccomi di nuovo qui con un capitoletto dolce e pieno di ricordi…
Ci tenevo a fare questa parentesi. Mi sono presa un respiro dalla narrazione veloce: nello scorso capitolo abbiamo svelato un bel po’ di misteri… Mi ci voleva un pausa ^^”
In questo capitolo ho approfondito due o tre ricordini (?) che da tanto tempo mi frullavano in testa… Spero che siano piaciuti anche a voi! <3
Come al solito, se non avete capito chiedete e… Bah. Penso che Juddy mi vorrà del male, ma molto male (?), perché ho scritto un dialogo fra Kageyama e Fideo che a me pare troppo simpatico ma che a lei sicuro non piacerà. *^* Vabboh, sicuro rimedio prossimamente perché… Ahi! Ho già svelato il mistero… Udite udite, si va alla Raimon gente! <3<3
Me la spasserò con qualsiasi cosa, ve lo garantisco… Ho in mente due o tre scenette fantastiche…E un finale a sorpresa piuttosto commovente, come mio solito *ç*
Sono troppo romantica… ^^”
Comunque, spero che al momento questo capitolo vi sia piaciuto e che con me aspettiate con trepidazione il prossimo capitolo. *^*
Approfitto per scusarmi del ritardo della pubblicazione di questo capitolo, prometto che non succederà più, grazie a chi legge soltanto e alle anime pie che trovano il tempo di recensire… Siete tutti importantissimi per me! <3<3
Bacioni a tutti,
Sissy-chan

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ; Alla Raimon!! Le cose cambiano... ***


Capitolo 14;  Alla Raimon!! Le cose cambiano…

-Voglio proprio vedere come se la caveranno, ora che hanno capito qualcosa…-
-Signore? Ha detto qualcosa?-
-Uh…? No, niente d’importante… A quando la prossima partita della Raimon?-

**

Quando fece per prendere i vestiti del giorno prima che aveva lasciati appesi dietro la porta del bagno, Kageyama lo fermò e fra le sue mani come per magia apparve un’uniforme scolastica blu con i bottoni dorati e il fulmine su entrambe le spalle.
Kidou strabuzzò gli occhi dalla sorpresa
: l’uniforme della Raimon Jr High?!

-CHE COS’E’?!- strillò Yuuto, quasi spaventato.
Kageyama sorrise di un sorrisetto furbastro, ma per qualche assurdo motivo il bambino si tranquillizzò.
-Considerala un regalo di compleanno… In ritardo, ma sempre un regalo è. Non è stato facile trovarla della tua misura, di norma saresti troppo piccolo per indossare un’uniforme del genere…-
-E’ stupenda…- osservò Yuuto, rigirandosela tra le mani, quasi con il timore di indossarla. -  Ma perché?-
-Te l’ho detto.- Kageyama gli raccolse velocemente i rasta in una coda alta, dopodiché gli cinse le spalle di rosso. – Oggi andiamo in un posto speciale…-
Quando si sentì caricarsi sulle spalle dell’uomo, Kidou non poté trattenersi dal sorridere: “La Raimon… Haruna… I miei compagni…!” Era troppo bello per essere vero!

**

-Quante volte te lo devo ripete?! E’ fuorigioco!!-

Kirino sbuffò, ma al cenno d’assenso del Capitano fece continuare il gioco con un passaggio in avanti.

-Fuorigioco! Fuorigioco! Fuorigioco! Kirino Kirino Kirinooooo!! Mi senti quando parlo?! E’ fuorigiocoooooo!!-

A quel punto il rosa difensore si avvicinò con un’espressione famelica a Masaki, mollandogli un calcio nel polpaccio destro.
Il pollo starnazzante si accasciò al suolo, tenendosi la gamba, e i ragazzi presenti in campo confermarono che Ranmaru in quel momento era il ritratto del trionfo.
Non l’avevano mai visto più soddisfatto di sé come il quel momento.

-Sei fortunato, potrei tirartene tanti quante le volte che mi hai esasperato. Ma sarò magnanimo, e per questa volta ti lascerò in vita. Vedi però di non starnazzare più come un pollo perché ti faccio arrosto!!-

-Bene, riprendiamo all’allenamento.- Ma anche Shindou rideva.

-Capitano, ma non potremmo fermarci?! Ancora in molti non sono arrivati… Dovremmo aspettarli…-
-… In compagnia di quella meraviglioso splendore di ragazza, per esempio…!-

E mentre tutti si voltavano e sfrecciavano letteralmente incontro alla giovane in questione, a lato del campo, Kirino si chiese solamente come Kariya fosse riuscito a rialzarsi così velocemente.
Ne seguì quindi la seguente conclusione: la prossima volta che se ne sarebbe presentata l’occasione, gli avrebbe affibbiato uno o due calci in più.
Se intanto si riprendeva rapidamente, tanto valeva che si vendicasse di più!

**

Kageyama scese le scale e con passo svelto si chiuse la porta di casa alle spalle. Hikaru fremeva già dentro la macchina, mentre Fideo li stava aspettando appoggiato con la schiena contro il portellone dell’auto.
-E’ meglio che ci affrettiamo; Hikaru-kun da tempo sbuffa che è tardi…-
Il giovane italiano strizzò l’occhiolino all’allenatore, o almeno così parve di scorgere a Yuuto: ma era troppo su di giri per occuparsi di queste piccolezze.
Mentre saliva sull’auto, per un attimo una vaga sensazione che mancasse qualcosa – o qualcuno.- sorvolò la sua mente, ma subito la soffocò in uno strillo di gioia.
Era davvero troppo felice…!
Kageyama che lo portava alla Raimon era incredibile quasi quanto aver scoperto che amava la neve, o che faceva parte di una resistenza per riportare il vero calcio…
… In effetti ne aveva fatte di scoperte assurde negli ultimi giorni!

**

-E così saresti italiana, eeeehh??-
-Già. Ma da quando ero piccola mio zio mi ha sempre insegnato un po’ di giapponese, e adesso lo so parlare bene!-
-Sei bravissimaaaaa…-
-E mi piace anche il calcio, per questo vi stavo guardando.-
-Aaahhh… Ti piace il calcio…-
-Minna? Ma vi sentite bene?-
-Lasciali perdere. – con una manata Tsurugi si fece largo fra l’ammasso di occhioni a forma di cuore dei suoi degeneri compagni e stelline che sembravano volare da tutte le parti. – Sono cerebralmente infermi, soprattutto a quest’ora del mattino.- E ammiccò, passandosi una mano fra il ciuffo blu profondo, il bel Kyosuke.
-Aaahhh… Rushee…-
-E non si accorgono manco che li insulti, perfetto! – Il ragazzo con un’occhiataccia rimise Hamano al suo posto. Stavano veramente esagerando, quel branco di idioti… Se perdevano la testa per ogni fan che provava ad avvicinarsi al loro campo era finita! – Scusali, non è colpa tua.-
-Oh, meno male! Arigatou Tsurugi-kun!-
-Tsk! – Ma non poté fare a meno di arrossire, il giovane Tsurugi, e per un attimo spostò lo sguardo su Tenma. Aveva un sorriso decisamente diverso dal solito, mentre gli tirava una gomitata che per poco non gli faceva perdere l’equilibrio! Accidenti, non davanti a Rushe!
-Ma che fai?!-
-Eheheheheh… Tsurugi fa il furbo, eh?-
-Ma cosa dici?! Sei completamente fuori strada, Matsukaze!-
-Però sei arrossito…-
-Shindou-san?! Anche tu?! Ma siete impazziti?!-
I due ridacchiarono, e Tsurugi li guardò malissimo.
-Voi avete bevuto qualcosa stamattina. Qualcosa di pesante.-

-Minnaaa!! Siamo arrivati!!- Kyosuke fu lietissimo di voltare lo sguardo, ma alla vista dell’allenatore Endou correre come se ne andasse della sua vita giù, verso il campo, si chiese seriamente perché a lui fosse toccato vivere in quella gabbia di matti. Quasi provò pena per Tenma, per Endou, per Rushe… O forse per se stesso, che era quello ridotto peggio.
-Coraggio, che ci fate tutti qui?! IKE MINNA! Fate qualche giro di corsa, che cominciamo l’allenamento!-
I ragazzi inizialmente esitarono, poi con passo lento e strascinato lasciarono la panchina, gli occhi puntati all’indietro, sulla figura aggraziata che rimaneva seduta.
Haruna, in compagnia di Mamoru, alzò un po’ il tono in modo che i giocatori si allontanassero dalla panchina, smettendo di accerchiare quello che rimaneva fermo, e che non riusciva ancora a vedere chiaramente.
– E tu, non ti alleni?!-
Ma quando finalmente la calca fu sfusa incontrò due occhietti ridenti, di un bel verde smeraldo, che proprio non si aspettava di incrociare.
– Oh! – balzò subito la giovane insegnante dai capelli blu, perennemente sbarazzini che incorniciavano in modo infantile il suo volto – E tu chi sei?-
-Sono un’amica! – squittì allegra la ragazzina che doveva avere qualche anno in più dei ragazzi – Sono venuta a guardare un po’ la squadra… Posso?-
-Ma certo!- esclamò Endou a quel punto, grande ma con quel sorriso che non l’aveva mai abbandonato nonostante fossero passati degli anni, sedendosi sulla panchina per poi rialzarsi subito dopo. – E’ un piacere averti qui con noi!-

**

-Finalmente zio! Ma si può sapere da quando guidi così piano?! Avranno già iniziato da un pezzo!!-
-Hikaru, c’è il ghiaccio sulla strada, non posso volare.-
-Uff…!- borbottò il viola, fiondandosi fuori dalla macchina, verso il campo gremito di ragazzini.
-Wow, che fretta!- sorrise Fideo, mentre prendeva in braccio Yuuto facendolo uscire dalla macchina.
-Troverà una bella sorpresa ad aspettarlo…-
-Ma si può sapere cosa continuate a sghignazzare voi due?! E’ da quando siamo saliti in auto che state fremendo più di Hikaru!-
Kageyama ridacchiò, spettinandogli i capelli mentre Yuuto si arrabbiava e metteva su quel broncio adorabile.
Lo rimise per terra, e quando il piccolo senza guardarlo si diresse sicuro e svelto verso il cancello della scuola, quasi correndo con il mantello rosso al vento, l’uomo sentì una grande fitta stringergli il cuore, ma buttò fuori il fiato e si costrinse a continuare a sorridere. Già gli mancava come fosse lontano…

**

 -MINNAA!! Ho fatto prima che ho potuto, scusatemi sono in ritardo!-
-Oh Kageyama sei arrivato! Non preoccuparti, abbiamo appena cominciato!-
Mentre Hikaru frugava nella sua borsa, con lo sguardo chino dentro la borsa, cercando le scarpe da indossare una volta raggiunta la panchina, Masaki smise di correre per andargli al fianco.
-Non immagini che cosa è successo oggi! Prova ad indovinare!-
-Uhm…- e intanto guardava dentro il borsone, e non davanti a sé come invece avrebbe dovuto fare.
-Hikaru-chan!! Ciao!-
Una voce. Una voce chiara, ridente, luminosa. Una voce lo investì in pieno, bloccandolo sul posto. Gli cadde la scarpa dalla mano, adesso che finalmente era riuscito a trovarla, almeno una. Ma non se ne curò nemmeno, rimase così, come un cretino, il piccolo Kageyama, con lo sguardo chino nella borsa che gli stava scivolando, e i fiocchi di neve che lenti riprendendo a scendere gli inumidivano i capelli. Avrebbe voluto affondare in un cumolo di neve, mentre improvvisamente si era fatto tutto silenzio. Persino Kariya taceva, e questa sì che era una cosa strana. Persino più strana di pensare che aveva sentito dalla panchina la voce di…
-R-R-R-R-RUSHE?! C-C-C-C-Che diavolo ci fai tu qui?!?!-
No, non era un sogno. Rushe stava venendo verso di lui, sorridente, luminosa e chiara come un angelo su una nuvoletta di panna montata. Perché doveva essere così bella!? Perché ogni volta che la vedeva ne rimaneva abbagliato?! Perché, maledizione, non riusciva a dire nulla?!
La giovane rideva adesso, e lo stava abbracciando. Intorno era tutto luce e silenzio, e calma. Nessuno rideva, nessuno correva, nessuno diceva niente, nessuno si muoveva. Forse Rushe era davvero un angelo, una specie di figura celeste, che abbracciandolo l’aveva portato con sé in un universo di pace e armonia, dove magari, finalmente, avrebbe potuto dirle quello che gli agitava nel petto ogni volta che la vedeva, di quelle farfalle nello stomaco che non lo lasciavano dormire al pensiero di lei, avrebbe potuto chiederle tutto allora, senza paura di nulla, senza pensare a nulla, semplicemente lei e lui, come quando erano piccoli, come quando era facile abbracciarsi e baciarsi sulla guancia, come quando lei era la sua principessa e lui, una volta sconfitto il drago, la portava nel suo castello sulle nuvole…
Sì, le nuvole, il cielo, la neve, la terra, il campo, Masaki, la squadra, suo zio… SUO ZIO?!
-Oji-san!! T-T-T-Tu! Essere infame, ti rendi conto che spaventi che mi fai prendere?!-
-Ah, ecco! Bene, basta saperlo, che è sempre colpa mia! Spiegami come posso aver organizzato io questo: spiegami come potevo io sapere che Rushe ci aveva preceduto qui sul campo. Dai, su, spiegamelo!-
-Zio!! Non girare la frittata, sei stato TU a dare il permesso a Rushe di venire qui prima!-
-Suvvia, così la fai sembrare una colpa…-
-E’ una colpa, eccome se la è!!-
-Hikaru,
sei un po’ nervoso stamattina o è una mia impressione?-
-Kageyama-san! Che sorpresa averla qui! E’ da tanto che non ci vediamo…-
-Hai ragione Endou, sono contento di rivederti.-
-ZIO?! Mi stai ignorando?!-
-Tornate ad allenarvi ragazzi, arrivo subito.-
-Ma allenatore!-
-Posso giocare anch’io?!-
-I patti sono che stai in panchina, Rushe.-
-PATTI?! Avete anche fatto dei patti?! Zio, questa me la paghi…-
-E stai zitto un attimo, Hikaru! Non vedi che lo zio sta parlando?-
-No, vedo solo un babbeo che mi ignora completamente!-
-Magari il babbeo fa bene a ignorarti. Magari tu sei ancora più babbeo del babbeo, non ci hai mai pensato?-
-Ti odio quando fai così… Sei insopportabile!-
-Faccio del mio meglio.-

Con un sorrisetto soddisfatto, come se tutto rientrasse perfettamente nei suoi piani supremi, Kageyama osservò i ragazzi della Raimon con a capo Rushe trascinare Hikaru in campo.
-Tutto come previsto.- ridacchiò Fideo con un’alzata di spalle, mentre abbracciava Endou.
-Tutto come previsto…! E anche Hikaru è sistemato. Bene, ora possiamo occuparci di…-
E un dubbio a Kageyama venne: in effetti era strano che Yuuto fosse stato zitto per tutto quel tempo… Abbassò lo sguardo, e quasi si sentì mancare quando non ritrovò con lo sguardo il bambino. Era impossibile che fosse scomparso nel nulla, aveva un mantello più grande di lui addosso! E che si fosse perso era ancora più incredibile… Erano alla Raimon!
-Tutto bene Kuroiwa-san? Doveva parlarci di qualcosa?- Alzò lo sguardo per incontrare quello celeste della giovane, e scorse una lembo rosso spuntare da dietro la panchina.
Lanciò un’occhiata eloquente a Fideo, chiedendogli di spiegar lui la situazione, per poi esclamare: -Scusatemi un attimo ragazzi…-
Attraversò come un lampo quel metro di panca, e girando si trovò faccia a faccia con un frugoletto tutto nascosto dietro i pali della panchina.
Il piccolo per poco non cadde a terra dalla sorpresa, e Kageyama per farlo star più tranquillo gli si accovacciò accanto.
Così lo guardava negli occhi
Un’ultima volta…
-Si può sapere perché ti stai nascondendo, adesso? Ti ho portato da Haruna e Endou, non sei contento?-
-Io…- il piccolo abbassò lo sguardo, torturandosi le manine. Kageyama gliele prese, costringendolo a guardarlo di nuovo. – Cosa c’è? Qual è il problema ora? Va tutto bene, no? -
Yuuto lanciò un’altra occhiata furtiva verso la panchina, e strizzò gli occhi, come se non volesse credere a quello che vedeva. Poi parlò, e quasi a Kageyama venne da ridere: -Ma sono così grandi…-
L’uomo gli si avvicinò per prenderlo in braccio, ma il piccolo si ritrasse.
Un’altra fitta, dolorosa e terribile. “Ti faccio davvero così paura piccolo mio?”
Scrollò la testa, ritirandosi in piedi. Era sempre stato forte, aveva superato questo e altro. E questo era per il bene di Yuuto, quindi a maggior ragione non doveva esitare.
Sorrise al bambino, che adesso aggrappato alla gamba si sporgeva ancora, timido, a guardare il campo: -Beh… Che differenza fa? Sono grande anch’io, ti pare?-
Kidou allora alzò gli occhi su di lui, luminosi e quasi ridenti. – Ma cosa c’entra! Tu sei sempre stato grande… Haruna no…!-
-Giusto. Giusto non ci avevo pensato. –

-CHE COSA?! Yuuto… Davvero?!-
-Fideo, è la verità? Kidou è tornato?!-

Kageyama lo guardò: guardò il bambino davanti a lui, il suo bambino, il suo Kidou, e quasi gli venne da piangere. Ricordò la prima volta che l’aveva preso in braccio, quando Hikaru l’aveva tratto in casa, tutto sanguinante e spoglio. Ricordò quando l’aveva tenuto sulle ginocchia mentre il piccolo raccontava del Fifth Sector, ricordò gli abbracci e ricordò le risate.
E lì, in quel momento, sentendo gli strilli entusiasti dalla panchina dietro di loro, realizzò che era tutto finito. Che non sarebbe più entrato nella stanza da letto con il buio per rimboccargli le coperte, che non l’avrebbe più sentito ridere per casa, o in giardino… Che quel puzzle del tramonto sulla baia del mare sarebbe rimasto incompiuto su quel tappeto, in quella stanza, in quella casa in cui sarebbe tornato da solo.
Che ora doveva farsi da parte, perché Yuuto con lui stava male, continuava ad avere gli incubi. Invece con Haruna e con Endou sarebbe stato meglio, avrebbe potuto riprendersi completamente e sarebbe anche riuscito a tornare a casa, dove doveva stare. “Non con me, è giusto così…”
-E’ meglio che tu ora vada da Endou… E da tua sorella. Avranno una voglia matta di parlarti e sapere tutto quello che è successo… Vai, coraggio. Io devo tornare a casa…-
Kageyama volse lo sguardo in alto: aveva ripreso a nevicare. Avrebbe dovuto sorridere, probabilmente, ma proprio non ci riuscì.
-Soushi… No. Non mi aspetta? Saluto Endou e Haruna e poi vengo con lei… Io voglio stare con lei…-
-Yuuto. Basta.-
-M-Ma… Perché? Perché mi sta parlando così, ora?-
Negli occhi del piccolo si riflettevano i fiocchi di neve che lenti e eleganti cadevano su di loro, mentre dietro la panchina, in lontananza, i due giovani tempestavano di domande Ardena.
-Che figura ci fai, davanti a tua sorella, a voler venire con me?- Voce tremante. Tono spezzato. “Perché vuoi rendere tutto ancora più difficile? Vai con loro, e sarai più felice che con me…”
-Sta scherzando spero! Non mi verrà a dire che lei…-
-Kidou, non una parola di più.-
-Io… Io non capisco. Non mi vuole più? Ho fatto qualcosa di sbagliato?-
Tremava anche il bambino adesso: lacrime d’argento appannavano i suoi occhi rubizzi. Quelle lacrime gelavano il cuore dell’uomo e il viso del bambino; erano taglienti, i solchi profondi...
-Ascoltami. Non ti sto abbandonando, ti sto portando al sicuro.-
Kageyama sfilò dalle spalle del piccolo la mantella rossa. Yuuto lo guardava disperato, ma non accennava a intralciarlo. Parlava: sembrava quasi che, con le parole, cercasse un appiglio per reggersi ancora all’uomo. “Perché non mi sono fatto prendere in braccio? La prego mi perdoni, non volevo ferirla… Ho avuto paura, ma non di lei… La prego mi creda…!”
-Stavo benissimo a casa sua! A sei anni io ero con lei, non con mia sorella! Starò ancora peggio di prima se mi lascia qui. Mi porti con lei, per favore… Torniamo a casa…- Yuuto si sporse in avanti, tirando su le braccia. “Mi prenda in braccio, ora, la prego… Ne ho bisogno…”
-Non dire sciocchezze. Me ne sono accorto, che ti faccio soggezione. E’ giusto così, è sempre stato così…- Kageyama si ritrasse, e Yuuto si sentì in colpa come non si era mai sentito.
-Non è vero! E’ lei che dice cose assurde! – Quando però sentì l’uomo chinarsi su di lui, e senza toccarlo avvolgergli le spalle con una mantella blu sfilata da sotto il cappotto, quasi non ci credeva.
-… Sono stati gli uomini della Resistenza vero? E’ stato Sakuma? A dirti che io con te male? Che è colpa sua se ho gli incubi? Che lontano da casa sua sarei al sicuro?!-
Non poteva essere altrimenti. Ma come…?! Non poteva davvero star pensando di lasciarlo solo. “No… No!”
-…- Senza dire una parola, senza nemmeno voltarsi, Kageyama con un passo lo lasciò solo.
A Yuuto apparve davanti agli occhi la medesima scena: lui di fianco a Fideo, e Kageyama che scendeva le scale dello stadio. E poi il rumore dell’ambulanza, e tutte quelle sirene, e quella paura…
-No. Soushi! Aspetti… Io! …- Poi il vuoto. Il vuoto più assoluto.
Vide Kageyama già lontano, a tre passi di distanza, stringere la mano ad Endou, che quasi gli stava saltando al collo “Lascialo stare! Lascialo stare! Non vedi, Endou!, che l’avete fatto piangere? Che mi avete fatto piangere?! Ci avete separati, voi, per cosa poi?! Perché con lui io ho gli incubi? Li avrò anche con mia sorella… Ma voi questo non lo sapete, e intanto adesso Kageyama se ne sta andando!”
Sua sorella, da dietro, con mani morbide e una stretta delicata, che lo prendeva in braccio, e stringeva quella mantellina azzurra in cui il bambino tremava.
-Oh Yuu-chan! Sei adorabile, vieni, fatti vedere…! Sei davvero tu, fratellone…!-
-Le voglio bene…- Si sentiva in trance. Gli avevano strappato un parte di lui, l’avevano preso e fatto a pezzi. Chi, poi, non lo sapeva. Perché, era un mistero.
-Anch’io Onii-chan. Mi sei mancato tanto…-

Yuuto tirò su lo sguardo; con gli occhi lucidi di lacrime, forzatamente, sorrise.
Nelle lenti di Kageyama, che voltato di schiena camminava già lesto fuori dal campo, si riflettevano i fiocchi di neve, ora.

*Angolino della disperazione*

Buuuuuuuuuuaaaaaahhhh!!!! *piange disperata*
Come ho potuto?!?!?!?!
I-Io… Buuuaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhh!! *^*

No, sul serio. E’ uno strazio (?) v.v
Non so quanti di voi si siano commossi, io sinceramente faccio invidia a una fontana >.<
Ma perché devo scrivere queste cose che mi fanno piangere, dico io?! v.v
Sarebbe tutto molto più facile se, non so, AD ESEMPIO, Yuuto rimanesse con Kageyama per sempre, no? – è solo un esempio, ovviamente ^//^”
Nel senso… No, dai! Perché devono essere tutti così cattivi…?! *^*

Non so se si è capito molto: praticamente quando Kageyama ha portato Yuuto alla Resistenza, il caro e coccoloso Sakuma (potrei iniziare a odiarlo… E non voglio, accidenti! *^*) prima ha fatto tutto il tenero con Yuuto, poi è andato da Kageyama a dirgli che è colpa sua se sta male e che quindi deve lasciarlo a qualcun altro.
Kageyama, che anche lui si era accorto che in effetti il bambino aveva ripreso recentemente ad essere tormentato dagli incubi, è rimasto colpito da questa “cattiveria” e si è convinto che è davvero colpa sua se Kidou sta male. Allora l’ha subito portato alla Raimon.
Notare come nell’altro capitolo e nell’inizio di questo non avesse fatto trapelare praticamente nulla, é stato se stesso probabilmente per godersi fino all’ultimo il tempo passato con Yuuto. Poi, dietro la panchina del campo della Raimon, si è consumato un saluto veramente straziante (e non provate a dire il contrario v.v): Kidou era confuso, non capiva e quando ha capito era troppo tardi, e Kageyama… Eh, sarà stato parecchio triste, voi che ne dite?? *^*
- Io odiavo già di per sé i vecchietti della Resistenza. Adesso ho un motivo ancora più valido per farli tutti fuori. *^*
Me li hanno fatti piangere, questi due tesori!! *ç*

MaH! Cerchiamo di essere felici (?)
La prima parte del capitolo invece ho voluto farlo più allegro e simpatico, con Rushe che fa strage di cuori e… Eh, il piccolo Hikaru innamorato. Mi piace troppo quest’immagine di lui, completamente imbambolato davanti a Rushe, bellissima e splendente.
Non so, ci scriverei una long solo su di loro <3<3

Adesso basta, per favore. Vado a deprimermi in un angolino, ma soprattutto a meditare vendette atroci contro Sakuma, Hibiki e compagnia bella… Sono degli esseri Malvagi (con la “m” maiuscola!) *^*
A presto, e grazie a tutti. ^^
Sissy <3

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ; Inquietudine ***


Capitolo 15;  Inquietudine

Il pomeriggio passò quieto e in ombra.
Kidou stava seduto in panchina, torturandosi le manine livide e osservando Endou.
Endou, il ragazzo che aveva seguito senza esitazioni, con la promessa di un calcio e di un futuro… E pensava con che aggettivo concludere la frase.
Non “migliore”, no. Non era quello giusto.
Solo… Forse, solo “diverso”. Forse era stato quello, era stata solo curiosità, ricerca di qualcosa di nuovo, di diverso.
Eppure lì, in quel momento, mentre osservava Mamoru che con quel sorriso gaio organizzava la squadra e l’allenamento che stava svolgendo, rifletteva che a volte la vita è davvero strana.
“O meglio, che vita e vita… Sempre a parlar di vita e destino.
No, non è la vita, è quel filo teso e sottile e trasparente che lega insieme Kageyama e me.”
Si toccava le dita, con insistenza, massaggiando i polpastrelli, quasi a volerlo cercare questo filo, quasi a volerlo trovare. Per farci cosa esattamente non lo sapeva: se l’avesse trovato e strappato? Che sarebbe successo? Si sarebbe sentito bene? Si sarebbe fatto male? Si sarebbe liberato di quel groppo in gola che quasi non lo faceva respirare, rendendogli intorno l’aria afosa e acida?
Non lo sapeva. Però sarebbe stato interessante, trovarlo. Insomma, avrebbe avuto la conferma di quello che pensava, dopo tanti anni. Un filo legato al dito, una promessa da ricordare.
“-Papà! Chi è? Chi c’è?-
-Guarda un po’ chi è venuto a trovarti?-
-Ciao diavoletto.-
-Kageyama-san!”
A distanza di anni… - Quanti? Quanti anni erano passati? – avrebbe potuto ugualmente giurare che gli si erano illuminati gli occhi, a vedere la figura di Kageyama sull’uscio della sua nuova casa.
Quasi sentiva ancora le gote arrossarsi di colpo e iniziare a pizzicare.
“Ma no, forse non è il ricordo della gioia, forse è solo quest’acqua ghiacciata che cade dal cielo e che mi ricorda quanto sono freddo e solo, ora…”

Inutile, non ci riusciva.
I ricordi più limpidi che riusciva a evocare erano i primi momenti a casa Kidou, e le visite di Kageyama… La Teikoku, e il preside che lo fermava nei corridoi e gli diceva che la sua classe era dall’altra parte, i primi approcci con la squadra, e gli allenamenti di Kageyama
Niente, non riusciva a toglierselo dalla testa. Ora che era lontano, gli sembrava ancora più nitido il ricordo, la presenza...
E provava a pensare ad altro, a pensare a Endou, e i ricordi c’erano, certo… Haruna, gli allenamenti, l’attacco alieno, Kudou, le prime partite al Liocott, l’Italia… L’Italia
E qui c’era un punto strano.
Come quando vai a capo a metà della frase. Quando sai che potresti ancora scrivere qualcosa, e probabilmente qualcosa da scrivere ancora c’è, ma proprio non ti viene in mente nulla, e allora vai a capo, e lasci quello spazio vuoto, quello spazio in cui avrebbe potuto esserci scritto qualcosa, qualcosa di bello, di divertente, di triste, di commovente… Invece c’è solo del bianco, del bianco perché tu non sai cosa scrivere, non sai cosa fare.
E vai a capo, e poi ricominci a scrivere.
Però quello spazio bianco rimane sempre, e mentre ti fermi a riflettere ti colpisce per il suo vuoto, e rimpiangi di non averlo riempito quando potevi farlo.
Invece sei andato a capo.

-Bene ragazzi, per oggi abbiamo finito!-
-Mi raccomando, continuate ad impegnarvi così e insieme riporteremo il vero calcio!-

La voce di Haruna e quella di Endou erano molto differenti fra loro: sua sorella, nonostante gli anni, aveva mantenuto un tono allegro e cristallino, e mentre trillava come un campanello con quella sua voce dolce, distribuendo asciugamani e bottigliette d’acqua, Yuuto quasi si sentiva chiamato in causa anche lui, perché infondo prima c’era lui su quel campo in cui avevano corso per ore dei ragazzini sconosciuti, che a detta della Resistenza portavano avanti lo “spirito della Raimon”.
Kidou a guardare quei ragazzi si sentiva strano: si sentiva come a guardare dei tipi qualunque che alla televisione commentano uno spettacolo che tu non hai visto. Come un festival, un concerto, un nuovo film. E tu stai lì, e ascolti i loro pareri senza avere uno straccio d’idea tua. Ecco, così si sentiva. Guardava quei ragazzi che dicevano di portare avanti i loro sogni e la loro gloria come se lui di sogni e gloria non ne avesse mai avuti.
Era strano, era davvero parecchio strano.
Aveva già sentito Hikaru parlare di questa storia, di questa “rivoluzione”, di questo “spirito della Raimon”… Ma ora che aveva passato un pomeriggio a guardarli, questi ragazzi, questi “spiriti guerrieri”, si sarebbe dovuto sentire orgoglioso, invece era solo confuso.
Non riusciva davvero a capire.

-Yuu-chan?? Che hai, ti sei imbambolato? Vieni Onii-chan, andiamo a casa!-
Kidou sbatté gli occhioni purpurei come se sua sorella fosse apparsa davanti a lui in quel momento. Come un’allucinazione, un sogno, uno specchio di qualche realtà distorta.
Mentre lei con un risolino lo prendeva in braccio, il piccolo pensò davvero, per uno, un solo istante, di essere finito dentro uno di quei spaziali e misteriosi buchi neri: era finito in una realtà alternativa, una concezione di esistenza diversa da quella che noi fin ora abbiamo creduto unica ed insostituibile.
Poi scrollò le spalle, aggrappandosi a quel seno fermo e caldo, a quel collo morbido e setoso, che quasi erano estranei, che quasi gli mettevano paura.
Era più normale essere presi per mano da Kageyama o abbandonarsi a quell’abbraccio sensuale e giovane di sua sorella che sembrava più una mamma?
“Un universo parallelo… Il mio scetticismo sta iniziando a venir meno, sull’argomento…”

**

Fuori era buio.
Dentro era buio.
Non riusciva a vedere altro che l’oscurità, Kageyama, seduto su quella poltrona da dove tutto era iniziato, e dove tutto finiva, adesso.
“E se stesse piangendo? E se gli venisse freddo? E se venisse di nuovo posseduto da un incubo? E se si perdesse? E se…”
-Zio! Zio mi senti?-
Kageyama si ritrovò a sbattere stupidamente le palpebre, confuso, davanti allo sguardo preoccupato di Hikaru. Non ne riusciva a combinare una giusta, ultimamente.
-Scusa.- riuscì solo a dire, troppo occupato a reprimere le lacrime per inventarsi una scusa decente.
Hikaru, il suo nipotino, gli sorrise debolmente, mettendosi accucciato fra le sue ginocchia. –Zio, ti sei accorto di quando siamo rientrati, io e Rushe?- chiese con tono dolce, delicato.
-No.-
Ne aveva abbastanza, delle bugie. E poi, anche volendo, non avrebbe saputo inventarsene neanche una convincente.
Hikaru sorrise di nuovo, ma anche i suoi occhi erano lucidi.
-Zio… So che non ne vuoi parlare, ed è giusto, se non vuoi non sei obbligato, però… Io volevo…-
-Non ha importanza. Davvero, sto bene.-
Di nuovo il ragazzino annuì, increspando le labbra.
Gli avevano sempre descritto suo zio come un uomo forte e carismatico in qualsiasi situazione, ma in quel momento gli sembrava solo una persona angustiata dalla preoccupazione e dai sensi di colpa.
Era più bello vederlo così, dopotutto; dava un’idea di umanità stravolgente… Però era anche triste, terribilmente triste.
A Hikaru vennero in mente quelle volte in cui da bambino piangeva perché i suoi genitori dovevano andarsene a causa del lavoro, e suo zio che riusciva sempre a distrarlo, a farlo sorridere di nuovo…
Se pensava a quante volte era stato capace di asciugare le sue lacrime: con un sorriso, una battuta, un pallone…!
E adesso che avrebbe voluto fare qualcosa lui, per suo zio, non aveva idea di come comportarsi.
Poi sorrise, perché probabilmente era l’unica cosa che in quel momento si sentiva di fare.
Sorrise, e abbracciò quel grande Kageyama Reiji che era tutto tranne che un uomo privo di sensibilità, come invece lo descrivevano gli altri, senza riflettere, senza conoscere.
-Vieni adesso, zio. Accendiamo la luce e prepariamo qualcosa da mangiare. Ti aiuto anch’io, va bene? –

**

-Eccoti qui! Finalmente soli!-
-Ehi ehi! Piano eh. Mi stavo quasi assopendo… E non mi sballottare troppo Endou! Non sono un peluche!-
-Sei paffutello e caldo proprio come un bambino, sai? Sei adorabile!-
-E perché, cosa ti sembravo? Una scimmia?!-
Otonashi e Endou camminavan lesti per le già buie strade di Tokyo, passandosi il piccolo Kidou di mano in mano, increduli e affascinati come del resto c’era da aspettarsi… Il piccolo però non sembrava molto d’accordo sul fatto che i due lo tormentassero con così tanta insistenza.
-Ditemi una cosa… E per favore mettetemi giù!-
-Kidou per carità! Hai delle gambe talmente tanto vessate che non…-
-Ma che vessate e vessate… Questi sono graffi alle ginocchia perché Hikaru mi ha messo in porta, quando giocavano a calcio! Le mie gambe stanno benissimo!-
-Hai giocato in porta Onii-chan?! Davvero?-
-Haruna… Ti prego. Da coetanei ancora ancora… Ma non mi puoi chiamare “fratellone” adesso! Potresti essere mia madre!-
-Oh! Sai che idea…? -
-Non ci pensare nemmeno. Piuttosto scappo di casa. -
-Perché, non pensi che potrei prendermi cura di te?-
-No, sei negata. -
-Ehi! Bada a come parli, nanerottolo!-
-Ah! Visto? Prima “onii-chan” e adesso “nanerottolo”?! -
-Beh, ma sei mi fai arrabbiare colpa mia non è…!-
-Siete proprio fratelli, è innegabile.-
-QUALCUNO TI HA CHIESTO QUALCOSA?!?!-
-No no, per carità. Scusate, era tanto per dire…-
-Bene, taci Endou-kun che devo dare una lezione al mio bambino…-
-Ehi ehi ehi! Lasciami stareeee!!-
-Ehm… Non vorrei disturbare ulteriormente, ma non potremmo posticipare il tutto a quando saremo a casa? Ci stanno guardando tutti…-
-Tsk! E che guardino…!- Haruna si ravvivò gli capelli ondulati, socchiudendo gli occhi con fare allusivo.
-Wow! Questa sì che è nuova… Endou che si preoccupa di cosa pensa la gente quando ci vede correre per la strada…-
-Ma non si possono fare paragoni del genere! Adesso sono cresciuto, un minimo di reputazione da mantenere ce l’ho anch’io…-
-Hikaru…! Kidou è forse l’unico che ancora mi considera una persona con una reputazione dignitosa! Cosa gli vai a raccontare?!- “
Il bambino ebbe per un attimo un capogiro, il suono delle risate in quel tavolo risuonarono nelle orecchie taglienti e incrinate.
La voce secca e provocante della sorella lo riportò alla realtà…
-Ptf! Lascia perdere… Che oggi per arrivare al campo abbiamo fatto ridere metà Tokyo!-
-Non è colpa mia se Natsumi non ci mollava! Io glielo avevo detto, che dovevamo andare, ma lei niente! Quando si fissa, non c’è verso di farla star tranquilla…-
-Ehi ehi! Calma calma calma. Non riesco a seguire… Una cosa per volta, per favore. Voi abitate nella stessa casa? E c’è anche Natsumi-san? Perché nessuno mi ha avvertito?! Dovevo prepararmi psicologicamente ad incontrare quella serpe di “delicata” fanciulla…! E perché non vi voleva far andare all’allenamento? Cosa voleva fare?-
Endou lo prese delicatamente dalle braccia di Haruna, e mentre lei ridacchiava e Yuuto osservava quegli occhi grandi e ghiacciati e le lunghe ciglia messe in evidenza dal mascara nero, gli scompigliò le ciocche intrecciate.
Kidou non si era mai sentito così a disagio, era una sensazione orribile… Endou che lo prendeva in braccio e gli scompigliava i capelli? Ma quando mai?!
-Oh no, non temere! – faceva intanto la voce di un uomo, un giovane uomo, con dei sogni a brillare negli occhi scuri e grandi, come sempre, come allora… Forse gli occhi di tutti erano l’unica cosa che rimaneva, del passato che lento gli sfumava nella mente come fuliggine impalpabile… – Haruna mi viene sempre a chiamare per andare agli allenamenti, e per strada ci mettiamo già d’accordo per schemi e tattiche d’allenamento, così una volta in campo si inizia subito a lavorare. Sono io che vivo con Natsumi, ci siamo sposati…-
-CHEEE?!?-

**

Rimase un attimo in piedi, quando tutto si fu quietato.
Aspettò che Hikaru salisse le scale fino a chiudersi in camera sua, e stette immerso nel silenzio serale.
Sospirò, lo sguardo perso nel vuoto.
Hikaru era stato dolcissimo con lui in quel frangente, l’aveva aiutato a riprendersi, almeno un poco, almeno per salutare Fideo e Rushe.
Sarebbe stato veramente brutto, e anche egoista, da parte sua, salutarli così sconvolto. Avevano cenato insieme, e poi avevano accompagnato i due italiani all’aeroporto.
“Allora ciao Oji-san!”
“Ciao Rushe. Ci risentiamo presto, promesso.”

“Ciao romanticone, mi mancherai un sacco!”
“C-Ciao Rushe… Torna p-presto…”
“Il tempo di un bacio e sarò di nuovo qui con te, d’accordo Hika?”
“D-D’accordo… Ti-Ti aspetto…”

“A presto!”
“Buon viaggio ragazzo mio. Continuate così, mi raccomando.”

“Ciao! Ciao zio! Ciao Hikaru! Vi scriverò presto!”

Durante il viaggio di ritorno avevano ascoltato della musica alla radio, nessuno dei due sentiva il bisogno di dire qualcosa.
Hikaru era subito andato a letto, senza farsi pregare, e adesso era solo.
Di nuovo, solo, immerso in una notte senza stelle.
Sedette sulla poltrona vellutata senza pensare a nulla.
Accese la televisione. Squadrò lo schermo, tentò di concentrarsi su quelle immagini sfavillanti nel buio del salotto. Cambiò canale. Lanciò un'altra occhiata. Cambiò di nuovo.
“Non mi lasciare…”
Quel premere il pulsante e vedere quei puntini luminosi formare un’altra immagine, altre facce, era quasi diventato un movimento catatonico. Non riusciva a fare altro.
… Fa meno male quando sono con te…”
Altre voci qualunque, ad un volume talmente alto per coprire i sussurri di qualche giorno prima.
Altre facce qualunque, luminose e finte, per annebbiare nella mente quegli occhi commossi che continuava a vedere ovunque si voltasse…
“… Mi prendi in braccio, e il dolore non lo sento più…”
Kageyama si prese la testa fra le mani, le orecchie battevano dal dolore.
-E’ giusto così, è per il tuo bene… Starai meglio, senza di me. -
Lanciò uno sguardo terribile contro la presentatrice di un gioco televisivo. Poco ci mancò che non la incenerisse sul serio.
“E comunque mi sono sempre annoiato, a guardare la televisione.”
Prese il telecomando, e premette con forza il pulsante rosso.
Lo schermo si spense, e lui piombò nel buio.

**

-Oh! Bene, ho preso tutto?-
-Sì, tranquilla Natsumi-chan. Vieni a sederti con noi, dai! Ci fai mangiare da soli?-
-No no, arrivo arrivo!-
Natsumi Endou finalmente prese posto a tavola, dopo averci poggiato sopra qualsiasi, dico qualsiasi, tipologia di alimento. Sembrava che dovesse sfamare un esercito...
-Com’è ragazzi? Non ho esagerato con le salse, vero?-
-Oh assolutamente! E’ perfetta!-
-Uh, che sollievo!-
Le facce di Haruna e Mamoru erano contratte in smorfie adorabili, fatte su misura per compiacere la “donna di casa”. La Otonashi bevve un sorso d’acqua, buttando giù un boccone che altrimenti avrebbe rimesso, e dopo aver tossicchiato prese coraggio, infilandosi un altro boccone di cibo in bocca. Non era sicura di voler sapere esattamente quel che stava mangiando.
-Ma ditemi un po’, che fine ha fatto Yuuto?-
-Perché, non è qui con noi?- Esclamò Endou, ben contento di poter intervenire e sospendere, almeno per poco, la trangugiazione di quel “cibo”.
-No. – sorrise calma Haruna. – Appena siamo entrati mi ha detto che si sentiva stanco, così l’ho accompagnato di sopra, in camera. Ho fatto bene Natsumi?-
-Oh certo certo! Ci mancherebbe! Sarà stremato piccino, ha passato una giornataccia…-
-Sono sicuro che si riprenderà presto. – sorrise sereno Mamoru
-Lo spero davvero…-

Nella stanza di sopra intanto, Kidou si guardava intorno.
Non era stanco per niente, semplicemente non aveva minimamente intenzione di mangiare qualcosa preparato da Natsumi: non aveva voglia di essere costretto a sottoporsi a una lavanda gastrica solo per compiacere una ragazza. O una donna. O, insomma, quello che era…!
La camera era molto diversa da quella di Hikaru, però non era male. Anzi, c’erano un sacco di cose interessanti… C’era un grande armadio, appoggiato alla parete davanti, un letto matrimoniale al centro e di lato delle tende pesanti, di un bordeaux intenso, a coprire le finestre e a rendere l’ambiente ancora più scuro. Evidente, dovevano assorbire molta luce…
Si avvicinò a quel punto, e scostandole si rese conto invece di quanto buio fosse già, fuori. I suoi occhi scarlatti si muovevano agitati, cercando di capire dove si trovasse, mentre si spingeva più in alto che poteva, sulle punte dei piedini.
Affaticato, si staccò dalla finestra e la sua attenzione fu catturata da diverse cornici appese alle pareti; c’erano delle riproduzioni di quadri famosi, dediche, ritratti, delle immagini satiriche di Endou e Natsumi… “Devono essere felici insieme… Già, d’altra parte si sono sposati…”
In fondo alla stanza, quasi nell’angolo, Kidou intravide un quadretto piccolo e piuttosto in alto. Vagò subito con lo sguardo sulle pareti della stanza, ma non trovò interruttori della luce. Si faceva sempre più buio là dentro, ma lui voleva vedere cosa raffigurasse l’ultima cornice…
Allora prese uno sgabello che stava vicino al letto, e con fatica lo spostò sotto il quadretto; ci si arrampicò sopra e staccò la cornice dal muro.
Ridiscese sul pavimento, scostò di nuovo le tende e un poco di luce illuminò opaca la superficie lucida del quadretto.

Era un dipinto ad olio, i colori erano caldi, molto accesi. Un bel tramonto sul mare, dei gabbiani che volavano stracciando sugli orli le nuvolette infiammate dal sole morente.
Kidou si sentì avvolgere da un capogiro, mentre si ostinava a tenere lo sguardo su quei colori brillanti. Piano piano questi iniziarono a sfumare nei suoi occhi rossi, d’un opaco come nessuno aveva mai visto: di rosso nel suo sguardo ormai c’era solo l’idea, il ricordo. L’utopia.
Affondò nel giallo, rosso e arancio del cielo e del mare in fiamme.
Fiamme… Fiamme…
Sentì l’ardore del fuoco avvolgerlo, mentre affogava nell’acqua.
Si sentiva lì, in quel preciso punto in cui il sole, caldo, caldissimo, si scioglieva nell’acqua bluastra del mare, buio, freddo, profondo
Si sentiva l’acqua alla gola, tutto avvolto dalle fiamme.
Caldo… Caldo… Acqua… Acqua…
D’un tratto il cielo e il mare scomparvero, ora c’era solo del verde.
Verde del campo di fiori. Del campo da calcio.
E c’era del blu. Il blu del cielo. Oh, che bel cielo blu… Blu delle divise.
Era tutto buio, tutto nero.
Nero… Nero… Freddo… Freddo…
Poi una luce, improvvisa. Lontana.
Lontano… Troppo lontano…
Gli altri, tutti, tutti gli altri, che si tuffavano nella luce.
Bello, bellissimo…
Lui rimaneva indietro.
Chiamava.
“Aiuto! Aiuto!”
Aveva male alle gambe.
Le gambe erano rotte, a pezzi. Raccoglieva i pezzi delle sue gambe, aveva paura di perderli per strada. Per strada…
Quant’è buia la strada…! Per raggiungere la luce, la strada, la strada…
Strisciava per terra, intorno a lui tutti correvano, tutti andavano. Verso la luce.
Lui strisciava lento, raccogliendo il suo corpo che cadeva a pezzi.
Pezzo per pezzo… Pazzo per pazzo… Pozzo per pozzo…
Un pozzo, sì. Quanto può essere buio e freddo e profondo un pozzo?
Però è anche calmo.
Non c’è più rumore, non corre più nessuno, qui nel pozzo.
Un pezzo di pozzo di un pazzo.
Un pazzo pozzo. Un pazzo nel pozzo. Un pozzo nel pazzo.
“Che differenza fa?
Tanto qui nessuno può sentire me che parla.
Me che grida.
Me che piange.
Me che
muore.”

*Angolino della paura*

Beneeee…
Buondì minna-san! <3
(?)

Prendete un respiro profondo e affilate i coltelli. Immagino che ce l’avrete a morte con me, e come biasimarvi? Anch’io sono un po’ arrabbiata, sto facendo soffrire tutti in modo spropositato… *^*
Ah beh. Sono cose che capitano. *la freddano*
Uhè uhè! Un attimo, please. ^^” Abbiate la decenza di lasciarmi spiegare, poi sarete liberi di farmi quello che più desiderate opportuno v.v
Prima di tutto… Diciamo che è un capitolo particolarissimo, pieno di riflessioni e manifestazioni di mancanza profonde.
Volevo fare due o tre punti, tanto per avere le cose chiare in testa…
Prima fra tutti, quel paragone che ho fatto con la sensazione d’angoscia che prova Kidou e quella provata da noi quando andiamo a capo. (?) Mi rendo conto che quel pezzo, preso da solo, è a se stante, come dire, ha significato compiuto, se però si considera solo la nostra condizione di autori. Se invece si trasferisce il paragone sulla figura di Yuuto… Allora voglio vedere chi è che è così bravo da capire da cosa è causato questo stato d’animo.
Vi do una traccia, dai: Yuuto dice che si sente come se, mentre scriveva - faceva un percorso… - ad un certo punto non sapeva più come continuare, non si sentiva più in grado di continuare, e allora ha cambiato idea, ha ricominciato a scrivere su un'altra riga, andando a capo. Cercando di dimenticare quello che stava scrivendo prima, per non soffrire più. La sofferenza però lo tormentava sempre quando si fermava a riflettere, a pensare, e sentiva pesare addosso quello “spazio bianco” - quel vuoto… - che lui non ha voluto o saputo riempire. Lui è andato a capo, si è voluto lasciare tutto alle spalle, e quello spazio bianco è stato riempito da qualcun altro, che non è lui, perché lui è andato a capo.
Adesso chi è così bravo da dirmi quando ha cominciato ad avvertire questo stato d’animo e perché è tormentato da esso? Suvvia, conosco delle persone che avrebbero dovuto spiegarmi questo paragone senza bisogno del mio aiuto, comunque chi mi spiegherò ciò… Avrà la mia gratitudine (?) Cosa ci può essere di meglio?? Come premio di consolazione tutti riceveranno una banana (?) uou
Ora andiamo oltre.
Kageyama in questo capitolo è umanissimo e disperato, ma d’altra parte questa separazione mi ha permesso di scrivere questi pezzi: se Yuuto fosse rimasto sempre in questa casa, non avrei potuto raccontare il loro legame in questo modo romantico e struggente!! *la freddano x2 (?)*
Mi state facendo fuori un po’ troppe volte! Le mie vite mi servono, eh! >.<
Hikaru… Aaaawwww!! <3<3 Non ditemi che solo io l’ho trovato dolcissimo tanto che mi sono messa a piangere, ché altrimenti vi freddo io v.v
Insomma… Yay! E’ un amore, punto. <3 E’ un personaggio che sa amare, in tutti i sensi. Se non l’avesse inventato la Level-5 dovevamo inventarcelo noi, un personaggio così. v.v
Penso che sia chiaro a tutti, comunque mentre guardava la televisione sono tornate in mente a Reiji le parole di Yuuto del capitolo 4 ^^”
E… Vabbeh, le scene a casa di Endou non mi ci sono soffermata tanto ché sinceramente me ne importa poco. v.v Li odio tutti (?) perché hanno separato brutalmente i miei due cuccioli (?) >.< E questa è una cosa che non tollero, anche se alla fine la long la scrivo io, quindi dovrei prendermela solo con me stessa (?) *^* Ma è più bello prendersela con gli altri. v.v
MaH! Penso che stiate strepitando dalla voglia di capire qualcosa dell’incubo di Yuuto, gnègnè.
Quindi quindi… Allora, inizialmente Kidou ha preso questo quadro, e i colori caldi hanno avuti un effetto drammatico su di lui, trasportandolo lontano nel suo inconscio oscuro e tormentato. Qui ha visto del verde, del blu e del buio seguito da una luce.
Allora… Torniamo sempre allo stesso punto, ovvero al momento in cui ha perso Kageyama. La partita, il campo verde, le uniformi sia della nazionale giapponese che di quella italiana che sono blu, e il cielo che Kageyama ha guardato prima di essere investito. Blu è anche il colore degli occhi di Fideo, gnè~
Poi, la luce. Beh, il concetto è facile: lui è caduto dentro una luce (il portale) e si è trovato da solo, al buio. Sapeva che tutti gli altri, fuori da lì, fuori da lui, sono rimasti nella luce e hanno continuato a inseguirla, mentre lui, dolorante e ferito, è stato costretto a rimanere nel buio a lungo. Finché è riuscito ad uscire – vi ricordate, il secondo capitolo? ^^” – e con le gambe martoriate camminava lungo la strada buia.
Poi ho parlato di un pozzo, neh? Beh, semplicemente ha funzionato così: Yuuto per la prima volta durante il suo incubo si è mosso, si è come buttato giù dalla finestra – infatti dice di sentire dolore alle gambe, probabilmente si è ferito – e ha cominciato a camminare lungo questa strada buia, fino a quando non è caduto dentro una fossa, un burrone, un pozzo. -Devo ancora pensarci ^^”- Qui si è sentito insanguinato e solo, e in preda all’incubo perde i sensi convinto di star morendo.
Ovviamente non morirà, eh. Ci manca solo.
~
Arriverà la fanteria in suo soccorso! (inutile dire chi si metterà in moto per primo, vero?? *ç* Amorriiii!! Non vedo l’ora che si riabbraccino!! <3<3 – sono un caso perso, ignoratemi. -.-“)
Probabilmente qualcuno protesterà perché Haruna e Endou sono descritti come degli esseri orribili e cattivi che volevano solo il male di Yuuto portandolo via da Kageyama: in realtà la questione è più complicata. Vedete, non è che Kidou non vuole bene a sua sorella o a Mamoru, per carità, è solo che è piccolo e come abbiamo visto nei capitoli prima ha alcuni ricordi un po’ discordanti: per questo ha bisogno di un appiglio sicuro, che è Kageyama, perché quando lui aveva sei anni pensava sì ad Haruna, ma il suo punto di riferimento era il Comandante. Inoltre nel capitolo prima, quando si sono salutati, non so quanti di voi ci abbiano fatto caso, ma Yuuto ha detto una cosa interessante: “Ma tu sei sempre stato grande! (…)”
Kageyama è sempre stato “adulto” è sempre stato una figura di riferimento, mentre Haruna è la sua sorellina, e Endou è un suo coetaneo… E’ molto difficile per lui aggrapparsi ad Haruna “che quasi sembra una mamma” che a Kageyama, perché in qualche modo lui è sempre stato adulto.
Capito? No, perché non vorrei mai che qualcuno -  non faccio nomi *^* -  mi venga a dire che ho espresso troppo esplicitamente il mio disinteresse nei confronti della sorella di Yuuto ^^” Mnh~
Bene bene, non mi pare ci sia altro.
A voi la parola e…
“Fu vera vittoria? Ai posteri l’ardua sentenza.” ~ Alias: Ditemi se merito davvero la pena di morte, e ricordatevi che vi voglio bene! *//*”
Baci baci,
Sissy <3<3

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ; Luci nella notte ***


Capitolo 16;  Luci nella notte

-Aaaaahhh…! Com’è tardi ragazzi…!-
-Faremo meglio ad andarcene tutti a letto, che ne dite?-
-Ottima idea Mamo-kun! A questo punto è meglio che io vi lasci…-
-Ma Haruna! Cosa dici? Ormai è molto tardi, di sicuro Kidou si sarà già addormentato da un pezzo… Dormite da noi, è la cosa migliore!-
-Io… Non vorrei disturbare…-
-Non dire sciocchezze e seguimi, così andiamo a prepararci.-
-D’accordo Natsumi-chan! Arigatou…- Mentre le due giovani donne stavano per sparire nel corridoio che portava alle stanze da letto, la blu rallentò il passo per volgersi verso l’uomo di casa.
-Endou mi faresti un favore?-
-Dimmi pure; cosa c’è?
 -Non potresti per caso andare di sopra a controllare Yuuto? E’ da molto che non lo sentiamo più, penso che si sia addormentato…-
-Lascia fare a me, tranquilla.-
-Grazie!- trillò allora, chiudendosi la porta del bagno alle spalle.
Il moro finì di sparecchiare la tavola, dopodiché facendo attenzione a fare meno rumore possibile salì le scale che portavano in camera da letto.
Socchiuse la porta debolmente, facendo trasparire solo un fascio di luce: già si immaginava Kidou tutto rannicchiato a dormire nel grande letto matrimoniale… Ma dovette ricredersi.
Forti e rumorose spire di vento sbattevano le tende.
Una sedia era rovesciata.
Poco distante, un quadro a pezzi.
Il buio più totale. Il silenzio più totale.
Mamoru gelò sul posto, si sentì travolgere da un terrore indicibile.
La stanza era vuota.

**

Nella sua stanza, Hikaru guardava il soffitto, senza riuscire a prendere sonno.
Di norma, quei giorni che passavano in compagnia di Rushe e Fideo erano già di per sé emozionanti e fantastici… Ma questa volta era successo qualcosa di più, qualcosa di pazzesco che stentava ancora a spiegarsi.
Non era strano che dopo la partenza dei loro amici italiani rimanesse a lungo sveglio: faceva mente locale di tutto quello che era successo, contava le volte in cui Rushe l’aveva preso per mano o gli aveva sorriso, si scriveva tutte le cose che lei gli aveva raccontato sull’Italia… Insomma, era una veglia piacevole. Invece questa volta era diverso.
Pensieri confusi, aspri e bigi gli toglievano il sonno. Non era tranquillo.
Si girò su un fianco, e si accorse di aver lasciato le tende aperte: si alzò allora per chiuderle, e preso dalla troppa curiosità guardò fuori.
La notte era gelida e scura, le stelle sembravano essersi tutte spente.
“Un black-out nel cielo… E’ possibile?”
Pensò a Rushe, la sua Rushe che adesso era su un aereo e stava correndo contro la notte: sarebbe arrivata a casa e forse lì ci sarebbe stata la luce del giorno.
Pensò a Masaki, perché il suo amico gli aveva sempre detto di non sopportare la notte, perché era buia, triste ed inutile – così aveva detto – ma Hikaru sapeva che è solo nei momenti bui che è bello credere alla luce: e Kariya alla luce ci credeva, ne era certo.
Pensò alla sua mamma e al suo papà, che vedeva così raramente, e chissà se adesso anche loro stavano pensando a lui, guardando le stelle…
Pensò a quel bambino, quel Kidou, che era arrivato fin a casa loro in una notte buia come quella.
Pensò a suo zio, perché suo zio gli aveva detto una cosa bellissima riguardo la sua nascita. Gli aveva raccontato che lui era nato di notte, ma aveva gli occhi tanto brillanti che i suoi genitori l’avevano voluto chiamare Hikaru. “Una stella è rimasta intrappolata nei tuoi occhi neri, e così per quanto buio sarà intorno a te, tu saprai sempre che la luce c’è, si può trovare; e si trova in noi stessi, nei nostri occhi.”
Anche suo zio aveva gli occhi neri, e anche se lui si ostinava a non pensarla così, Hikaru sapeva che, infondo infondo, la luce di una stella brillava anche negli occhi del suo oji-san.
Sorrise, pensando che forse era davvero troppo poetico a volte; lui pensava sempre, pensava a tante cose… Al momento di doverle esporre però, al momento di dover parlare, non riusciva a combinare nulla di serio, balbettava, diventava rosso rosso e rovinava tutto.
Ma dentro di sé conservava un mondo di parole e pensieri… Un mondo di sogni.
D’un tratto sentì il telefono di casa squillare.
Ma era così immerso nel silenzio e nella quiete notturna che inizialmente non se ne accorse; gli arrivò alle orecchie solo un rumore flebile e indistinto.
Pian piano qualcosa tuttavia cambiò: all’improvviso divenne un suono d’allarme, vibrando per la casa silenziosa le onde sonore lo fecero trasalire.
Si lanciò allora al piano inferiore, alzò la cornetta e rispose.
All’inizio non capiva, non capiva nulla, si sentiva stordito dalla sua stessa paura: all’improvviso si autoimpose di calmarsi, e riuscì a capire quel che era sufficiente sapere.
“-Arriviamo!-” Fu l’unica cosa che proferirono le sue labbra prima di riattaccare.
Afferrò subito la giacca pesante e si fiondò in salotto… Ma attonito dalla tenerezza si fermò.
Suo zio era seduto a gambe incrociate sul tappeto, la testa che ricadeva dolcemente in avanti mentre fra le mani teneva ancora alcuni pezzi di puzzle.
Sorrise Hikaru, mentre nel suo cuore si battagliava tra il desiderio di abbracciarlo forte e dirgli che gli voleva davvero bene, scrollarlo e svegliarlo immediatamente perché era successa una cosa grave e dovevano subito fare qualcosa, oppure semplicemente godersi l’attimo pensando che era l’unico a potersi permettere di vedere suo zio ridotto in quello stato, a detta di qualcuno, patetico.
Ridacchiò sottovoce, e poi lentamente si avvicinò all’uomo ancora addormentato.
-Zio… Zio svegliati… Dobbiamo andare…-
Vide chiaramente le palpebre dell’altro stropicciarsi, ma non ci misero molto ad aprirsi in quanto nella stanza era ancora tutto buio.
-Hikaru…- Appena si accorse di essersi addormentato in quella posizione ridicola suo zio si alzò in piedi, e mentre nel buio il ragazzino scorgeva chiaramente il rossore sulle guance dell’uomo, di nuovo gli venne da sorridere. – H-Hikaru… C-Cosa succede…?-
-Sai zio. – Esordì il ragazzino, porgendo la sciarpa all’uomo che gli stava di fronte. – Ho come l’impressione che questa giornata non sia ancora finita.-
-Che intendi? E’ notte fonda ormai…-
-Sì zio, è notte. E noi dobbiamo uscire a cercare la luce del giorno.-
-La luce del domani… Il portale!-
Hikaru sorrise, anche se il suo assomigliava di più a un broncio.
-Uff! Non riuscirò mai a dirti qualcosa che ti impensierisca, senza che tu mi dica subito il senso di quello che intendevo!-
-Ehi! In questo non mi batterai mai, mi dispiace… Sei ancora troppo inesperto per superare il maestro…-
-Zio, adesso andiamo. Volevo solo dirti… Io-Io sono con te. Io ti voglio bene, e so che per te è importante…-
-Hikaru…-
-… Però domani a scuola non ci vado, se stiamo tutta la notte in giro a cercare quel bambino!-
Kageyama scrollò la testa, lacrime insapori inumidivano le labbra sorridenti: - Avrei dovuto aspettarmelo… Buon sangue non mente, sei veramente mio nipote.-
-Ne dubitavi forse?-
-Assolutamente no.-
-Andiamo zio, troviamo Kidou.-

**

Yuuto si destò frastornato ed infreddolito.
Non riconosceva il luogo in cui era né rammentava come ci fosse arrivato.
Per un attimo si sentì freddo e vuoto, con tanta paura nel cuore che batteva forte.
Già una volta si era trovato in quella situazione; intorno c’era solo oscurità, silenzio mentre lui aveva freddo e paura.
Quella volta però, per quanto fosse indolenzito, aveva chissà dove trovato la forza per correre, per scappare, per cercare riparo.
Ora invece era solo nel buio della foresta, le ombre spettrali dei rami spogli lo ghermivano e lo bloccavano sul posto.
A ogni rumore sobbalzava, il cuore batteva talmente forte nel petto che – ne era sicuro – sarebbe potuto schizzar via da un momento all’altro.
Si accucciò per terra, nascose la testa fra le ginocchia e chiuse gli occhi.
Persino la Luna non aveva più luce per lui, per infondergli un po’ di sicurezza; era solo nel buio della notte, eppure qualcosa brillava ancora.
Qualcosa si agitava nel suo petto di bambino, mentre piccoli cristalli rimanevano congelati sulle ciglia; qualcosa di tiepido e tranquillo, come la fiamma tenue e gialla di una candela, lo tranquillizzava.
Pensò alla neve bianca e lucente, pensò alle candeline sopra la sua torta, pensò all’abbraccio con cui Hikaru l’aveva accolto, ospite senza nome, e tratto in salvo.
Pensò alla luce, e placidamente il suo respiro si fece calmo e regolare.

E nello specchio di luce tenue, d’un azzurro quasi argenteo, l’immagine di un bambino addormentato ai piedi di un grosso masso si rispecchiò quasi d’incanto.

*Angolino delle lanterne (?)*

Tadàààà! ^^”
Sì lo so, sono in mostruoso ritardo. -.-“
Non vi ho mai fatto aspettare così tanto, e sicuramente avrò perso metà dei miei lettori, se non di più *^*
La colpa è mia, sono un essere spregevole; sul finale penso di starvi deludendo parecchio, ma sinceramente il tempo è poco e la signorina Ispirazione non aiuta affatto x.x
Si fa i comodi suoi e basta, quell’arrogante!
Quindi lo so che questo capitolo è una cosa abominevole, pensavate al gran finale e invece no! Non ancora… Non immaginate quanto tempo c’ho speso dietro a questo capitolo, ogni finale che provavo a ideare mi sembrava orrido e poco esauriente e lo cancellavo, così alla fine ho deciso di scrivere questa cosetta più breve ma quanto meno decente – spero.
Farò il possibile per pubblicare il prima possibile il “vero” finale, questa è più che altro di nuovo una pausa riflessiva. ^^”
Au revoir, e scusatemi ancora.
Sissy <3

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ; Dentro un sogno pericoloso ***


Capitolo 17; Dentro un sogno pericoloso

La foresta buia, spaventosa e tetra di qualche ora prima sembrava non essere mai esistita.
Kidou era un ragazzo, al fianco aveva Endou e Fideo, con addosso le divise di quando erano al Liocott.
Brillava il sole, alto nel cielo terso, i suoi piedi scalzi affondavano delicatamente nella sabbia umida del bagnasciuga. La spiaggia era deserta, c’erano solo loro: sorridevano, sereni.
Mamoru aveva gli occhi lucenti, d’un castano intenso e tranquillizzante.
Lo sguardo di Ardena era più chiaro e movimentato, la luce faceva risplendere i suoi occhi blu come il mare davanti a loro di mille sfumature verdazzurre.
Si sentiva tranquillo, le palme ondeggiavano adagio cullate dal vento tiepido e carezzevole: erano immersi in una calma quasi inimmaginabile per Yuuto, dopo tutta la paura dei giorni precedenti.
In quel momento, di fronte a un paesaggio così idilliaco, non riusciva a concentrarsi su nulla di preciso.
Non importava più niente; necessitava di calma, aveva bisogno di non pensare a qualcosa di importante o urgente.
Sentiva solo il rumore delle onde, lento, come una ninna nanna soave, e gli occhi tranquilli di Endou e Fideo appoggiati delicatamente sulla distesa infinita d’acqua davanti a loro.
“Il resto non conta, il resto può aspettare…”
All’improvviso i ragazzi al suo fianco mossero qualche passo verso la superficie lucente del mare.
Kidou rimase immobile a fissarli, mentre sorridenti si allontanavano sempre di più, camminando a pelo dell’acqua, fino a scomparire nel punto in cui cielo e mare non si distinguono più, l’orizzonte.
Nel suo cuore era tranquillo nonostante i suoi amici si fossero allontanati, perché dentro, da qualche parte, forse nel cuore, sentiva che non l’avevano lasciato solo, che avrebbe potuto raggiungerli in qualsiasi momento; allora si volse e davanti a lui stava Kageyama.
Non sembrava né arrabbiato né preoccupato: era sereno, e guardava il mare.
Kidou gli si avvicinò, Kageyama allora abbassò lo sguardo su di lui.
-Sei felice Kidou?-

Era una domanda strana, Yuuto s’incupì.
Sì, si sentiva tranquillo, c’era forse qualcosa di sbagliato?
-Ho avuto tanta paura, qui ora sto bene. Possiamo rimanerci? L-Lei può rimanere qui con me?-
Il ragazzo si accorse che le parole non avevano la loro voce, ma erano portate dagli sbuffi del vento e del mare.
“Non importa! Non importa! Stiamo qui, va bene così…”
-Qual è la fonte della tua felicità, Kidou? Questo posto ti rende felice perché è cosiffatto, oppure è la consapevolezza di star scappando da un pericolo che ti rende felice?-
-Scappando? Un pericolo? Kageyama, io non…-
Yuuto sentì che stava succedendo qualcosa: il sole brillava tanto, troppo, la sua pelle si stava strappando, cominciava ad uscire sangue… Sangue, sangue!
D’un tratto ai suoi piedi si formò una pozza di sangue bollente, il sole era caldo, troppo caldo, il sangue evaporava e continuava a scorrere.
Yuuto guardava sconvolto quello che gli stava succedendo. Impotente.
Appena una goccia vermiglia venne a contatto con il mare, tutta quella bellissima distesa lucente si tinse di rosso.
Si fece tutto buio, il mare brillava insanguinato in quella notte generata da un incubo.
Kidou era girato verso il mare terribile, quando avvertì la mano di Kageyama sulla sua spalla.
Non ebbe il coraggio di voltarsi: qualcosa, dentro, ma forse questa volta non era il cuore, perché il cuore adesso aveva sbagliato – Endou non era più tornato. E neanche Ardena. Non erano tornati, e lui non avrebbe potuto raggiungerli. – forse ora era la mente, gli diceva che era sua la colpa.
Aveva sbagliato… In cosa non lo sapeva. Non riusciva a capirlo. E proprio per questo era stato punito. Da sempre così funziona e per sempre così funzionerà.
Appena avvertì il contatto con Kageyama si sentì travolgere da un capogiro, ma tenne gli occhi aperti.
Tutto scomparve.
Bianco più assoluto.
Kidou aspettò.
Aspettò.
E aspettò ancora.
Ma non successe nulla. Assolutamente nulla.
L’uomo ancora teneva la presa sulla sua spalla, ma davanti a lui c’era solo del bianco.
-Che significa?-
Neanche questa volta uscì niente dalle sue labbra.
Si convinse di aver parlato, doveva convincersene.
-Se tu fossi a casa, Kidou… Saresti felice?-
-Mi può riportare a casa Soushi? E’ riuscito a farmi tornare ragazzo e ora mi riporterà a casa?-
Sentiva gioia e adrenalina. Aveva avuto una paura orribile, ma il suo comandante l’aveva aiutato anche in quel momento, e ora finalmente sarebbe ritornato a casa sua, nel suo tempo…
Non fece in tempo a voltarsi che si ritrovò sommerso da colori e forme.
Gli piovvero direttamente addosso: d’istinto si difese la testa con le braccia e quando non avvertì più movimenti si guardò attorno.
Lanciò subito uno strillo di gioia, quella davanti a lui era la sua casa.
Casa… Casa. Casa!
-Comandante!- Yuuto si voltò, immaginava di averlo ancora di fianco.
Invece non vide nulla. Kageyama era scomparso.
-Comandante? Kageyama? Do-Dove siete?-
Nell’agitazione non si accorse di scontrare contro il cancello di casa.
Avvertì di nuovo una vertigine.
Il cancello si era deformato al suo tocco. Se avesse provato ad oltrepassarlo l’avrebbe distrutto.
-Comandante, che significa? So che riesce a sentirmi! Dove mi ha portato…? Dove siamo…?-
-Sei vicino a casa Kidou.-
-Questa non è casa mia!- ribatté sicuro il giovane in piedi su un muretto che si stava sciogliendo – Nulla di quello che è intorno a me è reale!-
-Potrà diventarlo, se tu risponderai alla mia domanda.- Le parole di Kageyama perdevano sempre meno consistenza e volume, sembravano invisibili fili di vento.
-Alla sua domanda?-
-Se tu fossi a casa, Kidou… Saresti felice? Se questa fosse realmente casa tua, saresti felice?-
-S-Sì! Certo che sarei felice… E’ tanto tempo ormai che cerco di tornare a casa, lei lo sa…-
La sua rabbia era sfumata, si sentiva solo confuso.
All’improvviso Kageyama apparve davanti a lui, girato di schiena. Yuuto aprì la bocca per chiamarlo, ma il tono forte, fermo e reale del Comandante lo zittì.
-Allora avevo ragione.
La tua felicità deriva dalla consapevolezza di star scappando da qualcosa che ti spaventa.
E pensare che ti consideravo un ragazzo forte…
Va’ allora, rifugiati nella tua felicità, codardo.-

Detto questo, Kageyama scomparve così com’era apparso, e al suo posto Yuuto vide una piccola chiave argentata che brillava appena, sospesa nell’aria.
Poi una forza più potente di lui lo spinse dentro il cancello, che al tatto era tornato rigido, freddo e resistente.
Con un colpo secco il cancello si chiuse alle sue spalle, e il ragazzo si ritrovò solo, all’interno del suo giardino, con davanti la porta d’ingresso.
Scoppiò a piangere, nelle orecchie sentiva ancora lento brontolio delle onde in riva al mare…

 

 

 

 

*Dreams’ corner*

-Oggi mi sono data all’inglese (?) uu
Buongiorno ragazzuoli~
Nel precedente capitolo non ho ricevuto recensioni a parte la mia cara Juddy <3
Ma spero che non abbiate pensato che io mi sia arresa: guai a voi, eh!
Avevo solo, come tanti suppongo, una valangata di scadenze, interrogazioni e compiti che mi hanno rubato un sacco di tempo.
Ohibò, è stata dura, e ancora lo è. Infatti per altre due settimane sarò piena di lavoro, ma ci tenevo a non sparire completamente; ecco perché ho deciso di pubblicare questo capitolo.
E’ corto, lo so, ma unire tutto il sogno/incubo sarebbe stato eccessivamente lungo e pedante per voi. Invece in questo modo potete leggere qualcosa e spero che qualcuno riesca a ritagliare qualche minutino per lasciarmi una recensione, anche corta, non importa **
Notizia super: ho il numero ufficiale dei capitoli… Saranno 20 in totale, e vedrò di pubblicarli tutti entro Giugno, salvo problemi ovviamente. Spero che continuerete a seguire questa long nonostante gli impegni scolastici ed extra-scolastici, gnè~
Per quanto riguarda il capitolo… Ho pressoché poco da dire, nel senso che è solo e solamente un sogno di Yuuto, ma questo è piuttosto chiaro, spero. Nel prossimo capitolo lo vedremo a ragionare sulle parole di Kageyama e chissà se riuscirà a risvegliarsi e tornare a casa?
Bene bene ragazzi, alla prossima e grazie a tutti!

Sissy <3

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ; Sono felice dove brilla il sole ***


Capitolo 18;  Sono felice dove brilla il sole

Yuuto si sedette sul divano, tenendosi la testa fra le mani.
Non riusciva a capire…
Era tornato ragazzo.
Era tornato a casa.
Ma mancava ancora qualcosa.
Per quanto si ostinasse a non pensarci, non riusciva a non rievocare le parole di Kageyama…
“La tua felicità deriva dalla consapevolezza di star scappando da qualcosa che ti spaventa.”
Cosa aveva voluto intendere? Non era forse giusto essere felici di essere tornati a casa?
E poi lui non stava scappando da niente, piuttosto aveva continuato a inseguire per tutto il tempo il suo desiderio di ritornare a casa, alla normalità…
Perché Kageyama aveva voluto lasciarlo così, però? Per tutto quel tempo si era comportato talmente bene con lui… Perché aveva dovuto mettergli quest’agitazione addosso?
E soprattutto come aveva fatto a portarlo dov’era adesso? Kageyama era riuscito a tornare indietro? E perché non l’aveva salutato? Non gli aveva permesso di salutare neanche i ragazzi…
No, c’era sicuramente qualcosa sotto. Non era possibile che l’avventura finisse così. Doveva ancora fare qualcosa… Capire qualcosa… Ma non riusciva a concludere nulla.
Una cosa era certa, doveva ritrovare Kageyama. Di sicuro lui sapeva come fare a tornare a casa davvero. Perché non era a casa, non ancora.
Kidou si alzò in piedi, perlustrò per l’ultima volta l’abitazione e varcò la soglia.
Attraversò in fretta il giardino, oltrepassò il cancello e si incamminò per strada, diretto al centro.
In casa non aveva trovato nessuno… In effetti era pieno giorno, e suo padre teoricamente avrebbe anche potuto trovarsi al lavoro… Ma gli aveva fatto un effetto orribile ritornare a casa e trovarla vuota. Sentire lo schiamazzo della gente al centro l’avrebbe tranquillizzato, e una volta calmo avrebbe pensato a cosa fare.

Per strada non incontrò nessuno.

I negozi erano tutti aperti, a dimostrazione che non era stato indetto nessuno sciopero generale.
Eppure non c’era anima viva per strada, né passava un’auto o un pullman.
Si voltò verso la stazione, tese l’orecchio ma non avvertì alcun rumore dello sfrecciare dei treni.
Possibile che fosse tutto fermo quel giorno?
Mentre sentiva l’agitazione montargli nel petto si diresse a passo lesto verso la scuola, entrò come una furia e corse per i corridoi della Teikoku.
Nulla.
Eppure i vari club avrebbero dovuto allenarsi e lavorare, si sarebbe dovuto sentire lo schiamazzo dalle aule dei bambini più piccoli… Possibile che tutti lavorassero in perfetto silenzio?
Uscì sconfortato dall’imponente scuola, si appoggiò ad un muretto e attese.
Sarebbe dovuta passare un’auto prima o poi, per forza. Non era concepibile un silenzio del genere.
Eppure quell’immobilità lo stava logorando, sembrava che il tempo si fosse fermato.
Riprese la strada verso casa, ora era davvero senza idee.
Come poteva essere quello il suo mondo? Come avrebbe potuto riprendere la vita di sempre, se ora era solo in una città silenziosa e gigantesca? Dov’erano le altre persone, i suoi amici, gli uccellini sui rami degli alberi nel parco, i mezzi di trasporto, il traffico, il vento, i cani che abbaiano, i bambini che piangono nei passeggini, la confusione, gli impegni?
Il sole non si era ancora mosso dalla sua posizione, nulla si muoveva.
C’era solo lui, e tutta la sua gioia si era consumata tanto in fretta che neanche aveva fatto in tempo ad accorgersi di provarla, che già era scomparsa.
Camminava, e gli sembrava di non riuscire più ad avanzare.
-KAGEYAMA!-
Era l’unica persona con cui era riuscito a parlare, da quando quel mondo gli era caduto addosso. Doveva essere ancora lì, da qualche parte.
Doveva avergli lasciato qualcosa per capire dove fosse e come si doveva comportare.
Alzò gli occhi dalla strada, era di nuovo all’inizio di quel giro dell’oca terrificante.
La sua casa, immersa nell’oblio del silenzio, si ergeva davanti a lui facendogli venire il capogiro.
Si volse di lato, dove aveva visto Kageyama per l’ultima volta.
La chiave!
Credeva di essersela immaginata, invece era reale, ed era ancora lì!
Yuuto si affrettò a prenderla in mano, era piccola e sembrava ricoperta di una polvere argentata e brillante.
La strinse fra le dita, e mentre lo faceva venne travolto da un’incontenibile e assurda voglia di pianto.
Prese a singhiozzare convulsamente, senza riuscire a controllarsi.
-No… No Comandante non sono felice. Aveva ragione, sono solo un codardo che sa disperarsi e piangere e nient’altro. Io non so dove sono, né tantomeno dove sia lei adesso, e mi dispiace solo di non essere riuscito a ringraziarla, perché per quanto io fossi stato testardo e disobbediente lei ha continuato a prendersi cura di me e a cercare in tutti i modi di riportarmi a casa… Ora non so dove ho sbagliato, cos’ho fatto per meritare questo silenzio logorante, ma di una cosa sono sicuro. Questa che ho davanti non è casa mia, che io possa toccarla o meno, né questa è la mia città: non è la mia casa a rendermi felice, ma le persone che ci vivono con me. Qui io non sono felice e non potrò mai esserlo, anzi non potrò mai essere nulla se non questo silenzio che pesa sugli edifici e sul mio cuore in modo crudele; io sarò felice quando saprò di essere con i miei amici, la mia famiglia, le persone che si prendono cura di me e mi vogliono bene. Il posto non è importante, non è questa la “casa” che mi rende felice…-
Le lacrime appannavano la vista al giovane che, in ginocchio al margine della strada, lentamente scompariva nel bianco di una luce brillante…

 

 

 

Si svegliò di soprassalto, l’alba rosata lo accolse. Kidou si alzò in piedi, si guardò le manine e constatò meravigliato che era ancora un bambino. Che era di nuovo un bambino.
Si guardò attorno, sentiva il cuore straboccare di una gioia incontenibile mentre il sole sorgeva rischiarando l’oscurità notturna con bellissime sfumature d’arancio e di rosa.
Si sentì avvolgere dalla vita, respirò a fondo chiudendo gli occhi, e quando li riaprì vide una coccinella che si era posata sul suo nasino all’insù.
Lanciò allora uno trillo di gioia, era troppo felice di essere tornato a far parte di un mondo animato, vivo e colorato.
Prese a correre per il bosco, doveva assolutamente tornare a casa e far vedere a Kageyama che ci era riuscito, non era scappato e stava tornando a casa, dove c’era sua sorella e i suoi amici e la squadra della Raimon e le cotte di Hikaru e il suo puzzle, dove c’era tutto ciò a cui teneva e che non voleva perdere più, per nulla al mondo.
Correva veloce e tranquillo, quasi non sentiva il terreno sotto i piedi ma soprattutto sentiva il cuore talmente leggero e scoppiettante che avrebbe potuto continuare all’infinito.
All’improvviso però qualcosa ostruì la sua corsa, ma lui andava talmente veloce che non riuscì a fermarsi in tempo, allora rotolò insieme all’altro giù per un bel pezzo di sentiero dove finalmente si fermarono, ai piedi di un cespuglio di bacche rosse e umide di rugiada.
-YUUTO! Sei tu!- Sentì esclamare dalla figura che aveva investito, ancora tutta incastrata fra i rami del cespuglio. Lui era piccino e si era riuscito a districare facilmente, e stava aiutando l’altro a uscire quando riconobbe il tono di voce cristallino e meravigliato.
-Hikaru! Sei tu? Che ci fai qui? Io stavo giusto…- Non riuscì a finire che si ritrovò sollevato in aria; Hikaru lo reggeva dal bacino, saltellando e ridendo come un matto.
-Sei tu sei tu sei tu! Finalmente ti abbiamo trovato, è tutta la notte che ti cerchiamo!-
-T-T-Tutta la notte?- Kidou si dimenò appena, guardando il ragazzino con espressione confusa.
-Eccome! Erano tutti preoccupatissimi, mio zio appena ha capito cosa era successo non è andato su tutte le furie solo perché c’eri tu in pericolo. … Ad Haruna è andata piuttosto bene in effetti…-
Il violetto ora aveva smetto di saltare e gridare, stava fermo con lo sguardo concentrato su riflessioni che a Yuuto parevano non avere né capo né coda. Okay che era tornato piccolo, ma Hikaru stava davvero spiegandosi in modo contorto…
-Hikaru, per favore, dimmi bene cos’è successo, perché non ho capito nulla.- chiese, pacato.
-Uh sì!- balzò subito quello, riposando la sua attenzione sul bambino -Ma tu non ti sei accorto di nulla? Che strano… Eheh, mi sa che lo zio aveva ragione anche ‘sta volta. Vedi, a quanto sembra Haruna ti aveva portato in camera da letto nella casa dell’allenatore Endou per riposarti, ma quando sono venuti a controllare come stavi, ore dopo, di te in quella stanza non c’era più traccia! Strano però supporre che te ne fossi andato di testa tua… Evidentemente sei stato posseduto di nuovo da un incubo, o almeno questo è quello che ha pensato Oji-san…-
Yuuto trasalì. “ Posseduto da un incubo…? “
-Appena ci hanno avvisato io e mio zio siamo subito andati a casa dell’allenatore Endou, e da lì abbiamo cominciato a cercarti. E’ stata veramente una nottataccia, non hai idea dello spavento che si sono presi tutti quanti… Che ti è saltato in mente?-
-I-Io… Non so, non ricordo…-
L’espressione indagatrice sparì immediatamente dal volto di Hikaru, che prese il bambino in braccio e lo strinse forte.
Kidou si sentì avvolgere da un brivido di piacere, e sussurrò al ragazzino: - Lo sai che solo tuo zio riesce ad abbracciarmi così…?-
-Oh mammina!-
-Che succede?- si allarmò subito il piccolo appoggiato alla spalla di Hikaru
-Allora secondo te ci assomiglio davvero così tanto io a mio zio?-
Kidou scoppiò a ridere, il tono drammatico e serio con cui l’altro aveva esposto questo dubbio era stato esilarante. – No no! Tranquillo… Siamo tutti unici, ma l’unicità di Kageyama Reiji è particolarmente difficile da imitare…-
-Fiiuuu…! Okay, ora che me lo hai detto sono più tranquillo.-
E intanto Hikaru aveva cominciato a camminare lungo il sentiero.
-Tu sai come ritrovare gli altri, vero?-
-Ma certo! Quel ruzzolone non mi ha confuso più di tanto, tranquillo…-
-Meno male, scusa ancora, mi dispiace per prima… -
-A proposito, perché correvi a quel modo? Ti stava inseguendo qualcosa?-
-No no, niente del genere. E’ solo che… Volevo tornare a casa.
-Lo posso capire. Passare tutta la notte da solo nel bosco deve essere stato brutto. Lo sai che una volta è successo pure a me?-
-Dici davvero!?-
-Certo! Il fatto è che stavamo passeggiando con lo zio qua intorno, e quando lui mi dice che è ora di tornare a casa io mi metto a fare i capricci. E’ una cosa che fanno spesso i bambini, ma il suo modo di reagire è stato completamente diverso dal solito comportamento adottato dagli adulti. Mi ha detto “Benissimo Hikaru, se tu vuoi stare qui stacci pure, io vado a casa.” E se n’è tornato indietro per conto suo, lasciandomi solo! Io pensavo che mi avrebbe aspettato poco distante, e quando ho cominciato a chiamarlo e ad andare dove era andato lui mi sono accorto che ero davvero solo! Ho avuto tantissima paura, ho pianto tutta la notte. Poi il mattino. quando mi sono svegliato, me lo sono di nuovo trovato davanti, e mi ha detto “Buongiorno Hikaru-chan. Ora hai voglia di venire a casa?” Io ho annuito e da quel momento ho capito che razza di persona malvagia era mio zio.-
Kidou da un bel pezzo rideva come un matto: Kageyama nonostante l’incidente non era cambiato di una virgola, e aveva fatto subito rigare dritto suo nipote… Accipicchia, anche Hikaru doveva averne passate parecchie, convivendo con un uomo di una simile portata di pensiero…!
-Ti fa tanto ridere questa storia? Guarda che è terribile! Come si può lasciare abbandonato a se stesso un bambino solo perché non ha capito subito quello che intendevi?-
Yuuto si bloccò all’improvviso, anche nel suo sogno era accaduto lo stesso. Kageyama l’aveva sgridato e l’aveva lasciato solo a disperarsi perché non aveva capito cosa intendesse lui con “Se tu fossi a casa saresti felice?”. Ma gli aveva lasciato anche quella chiave, che sicuramente insieme al suo pentimento l’avevano fatto risvegliare: nello stesso modo appena sorto il sole era andato a riprendere Hikaru.
Il piccoletto sorrise, Kageyama aveva un modo di insegnare ai propri beniamini piuttosto particolare, ma senza dubbio efficace.
-Lo ha fatto per insegnarci, Hikaru. Per trasmettere un insegnamento che ci aiuta ogni giorno a essere più forti, più indipendenti e più maturi. E poi sono sicuro che non ti ha lasciato completamente da solo; magari a te è sembrato perché eri piccolo, ma sono certo che non è tornato nemmeno a casa. Si sarà allontanato e messo in una postazione dove poteva guardarti e vedere come reagivi. E appena ti ha visto pentito e pronto a dargli retta è venuto a prenderti.-
-Lo sai, piccoletto… Sembri avere più esperienza di me per quanto riguardo il confronto con mio zio.-
-Oh no, è solo che ho imparato a conoscerlo. Riesce più facile se è una persona che ti vuole bene e comunque ti considera.-
-Guarda Kidou! Ecco l’allenatore con la signorina Otonashi! EHIII! Siamo qui!! Ho trovato KIDOU!!-
-Fammi scendere fammi scendere…!-
Il bimbo scivolò con entusiasmo dalle braccia del ragazzino e si tuffò fra le gambe della sorella.
-Haruna! Haruna! Haruna!-
-Yuuto… Onii-chan… -
Entrambi piangevano rasserenati, e mentre lei si accucciava ad abbracciarlo lui strofinava il viso contro le gambe e le mani della giovane donna.
-Ti voglio bene fratellone…-
-Anch’io Haruna anch’io… Non volevo andarmene, è stato… Non so… E’ solo che io…-
-Tranquillo, è tutto passato, non importa… Ora sei qui, va tutto bene…-
Endou commosso osservava la scena, poi porse una mano alla Otonashi per rialzarsi e prese in braccio il piccolino.
-A quanto pare ti sei di nuovo perso, Kidou-kun?-
-Endou…! Io…!-
-Stai tranquillo, qualsiasi cosa sia successa non ha più importanza, perché adesso ci siamo qui noi e tu sei al sicuro. Sei certo di sentirti bene Yuuto? Sei tanto rosso…-
-Uh no, è solo che per strada Hikaru mi ha fatto ridere un sacco, e poi quando mi sono svegliato ho corso tantissimo e allora è possibile che mi sia leggermente surriscaldato.-
-Ma leggermente, neh? L’importante è che adesso è tutto a posto.-
-Grazie Endou, grazie a tutti.-
-Onii-chan, vieni qui che ti do da bere qualcosa… Avrai fame tesoro, ecco, tieni…-
-Ehi Yuuto!-
Mentre il piccolo stava già andando verso sua sorella la voce di Hikaru lo fece voltare di scatto: - Che c’è?-
-Mio zio sarà ancora in giro a cercarti, lo vado a chiamare.-
A quel punto si alzò in piedi Mamoru – Sei sicuro che ce la fai da solo? E’ mattina presto, molti animali si saranno appena svegliati, non è prudente andare in giro per il bosco…-
-Oh tranquillo allenatore, non c’è problema. Seguendo le tracce che ha lasciato mio zio non correrò pericoli: è talmente preoccupato e furioso che persino gli animali non oseranno avvicinarglisi! Oji-san non fa paura solo a noi, questo è certo!-
Haruna, Endou e Kidou osservarono il cespuglietto di capelli viola sparire per il bosco e mentre Haruna ridacchiava Mamoru esclamò: -Penso che sia l’unica persona al mondo che riesce a prendersi gioco di Kageyama Reiji in questo modo e a farla costantemente franca.-
Yuuto annuì, mentre tutto intento finalmente metteva qualcosa di buono sotto i denti.

*Angolino dell’estate*

YAY!
Per la gioia di grandi e piccini Sissy è tornata!! *applausi e pomodori volanti*
Grazie, troppo buoni troppo buoni ~ XDD Umh! Sugo (?) *ç*
Bene bene… Minna è finita la scuola, i libri di scuola possono pure stare in un angolo a marcire per tre mesi perché è estateee! Finalmente, wow!
E estate è sinonimo di sole, spiaggia, caldo e fan fiction! Ho tanta voglia di scrivere e di fare, quindi sappiate che d’ora in avanti sarò molto più presente e aggiornerò con più regolarità questa long. A proposito, voglio anche chiedere scusa se ho aspettato tanto ad aggiornare, e intendo ringraziare le anime pie che hanno letto e recensito durante anche i mesi di duro lavoro scolastico… Ehi, continuate a leggere questa long perché ormai siamo alle battute finali, e entro Giugno intendo concluderla <3
Bene bene, per quello che riguarda il capitolo Yuuto ha capito il senso delle parole di Kageyama e si è risvegliato ^^
Ormai manca poco, dobbiamo solo ritrovare il portale per rispedire Kidou da dove è venuto (?) XD
Bacioni a tutti, siete fantastici! *ç*

Sissy <3<3

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ; Lacrime e sorrisi sul margine del giorno nuovo che nasce ***


Capitolo 19;  Lacrime e sorrisi sul margine del giorno nuovo che nasce

Hikaru camminava tranquillo per il sentiero, stretto nel suo cappotto e con lo sguardo vigile: per fortuna aveva nevicato da poco, quindi le impronte che lasciavano erano piuttosto facili da seguire, però nello stesso tempo tutto             quel bianco faceva perdere l’orientamento.
Camminava sereno, senza fretta, pensando a cosa avrebbe detto una volta trovato suo zio: quell’uomo era sempre stato bravissimo con le parole, e anche se spesso Hikaru aveva cercato di imitarlo e rispondere per le rime, era sempre stato anni luce lontano dalle capacità oratorie e linguistiche di suo zio. Per questo, era certo che sarebbe stato, anche in quel caso, un fiasco colossale. Però lui si ostinava a volerci provare lo stesso.
Parlare con suo zio aveva poca attrattiva in effetti: gli bastava che lui aprisse bocca che aveva già capito tutto quello che intendeva dirgli. Per questo non capiva come Fideo riuscisse a parlarci per interi pomeriggi insieme…
Parlare con Rushe invece era tutt’altra cosa. Quella ragazzina era meravigliosa, quando diceva qualcosa la sua voce era delicata e cristallina, nonostante fosse ormai quasi maggiorenne. E quando le rivolgeva la parola lei lo ascoltava incantata e attenta, dava davvero importanza a quello che diceva, anche se era una cosa di poco conto: suo zio a confronto era già un miracolo se guardava nella sua direzione quando gli parlava!
O almeno, con lui funzionava così, poi era anche possibile che selezionasse i suoi interlocutori…
Uff, che uomo complicato…!
D’un tratto, alzando lo sguardo, gli parve di vedere una figura oltre l’alto arbusto innevato alla sua destra. Si lanciò in quella direzione senza esitazioni, ma aveva calcolato troppo approssimativamente le distanze, e in poche parole piombò addosso all’uomo, che dalla sorpresa si esibì in un principio di salto ma si convinse che il ragazzino non l’aveva notato e Hikaru preferì non fargli intendere il contrario; come se si fossero messi tacitamente d’accordo che quel moto di sorpresa non si era mai manifestato, l’uomo esordì con: -Hikaru. Sei tu.- che dovevano essere rispettivamente un’esclamazione e una domanda, ma entrambe uscirono senza intonazione alcuna.
Hikaru preferì non fargli notare nemmeno questo. Si vedeva che era agitato, e in cuor suo rideva sapendo che avrebbe potuto dirgli qualsiasi cosa riguardo la situazione di Yuuto e, in questo frangente, suo zio gli avrebbe creduto in qualsiasi caso. Quasi quasi si sentì tentato di dirgli una cattiveria, esibirsi con seriosa drammaticità in una descrizione dell’atroce ritrovamento del corpo maciullato da morsi di belve feroci, e il sangue rappreso sulla neve che aveva coperto parzialmente l’arbusto sotto il quale aveva ritrovato il corpo al sorgere del sole… Poi si sentì in colpa per aver solo pensato una cosa del genere, ed esclamò soltanto.
-Sì sì oji-san, scusa.- Ma nel frattempo suo zio si era già allontanato di qualche metro.
-ZIO! Aspettami…- Corse appresso all’uomo, ma questo non sembrava affatto intenzionato al dialogo. Poteva capire che era agitato, faceva quasi compassione, ma non per questo aveva il diritto di ignorarlo così palesemente!
D’un tratto si fermò, osservando con attenzione i movimenti dell’uomo e le occhiate che lanciava ogni tanto al di là di quell’albero dai rami nodosi o sotto quell’arbusto secco…
-Zio, sai che facendo così non troverai mai nulla, vero? Pensi davvero che comportandoti in maniera così penosa saresti in grado di ritrovare Kidou? Di riportarlo al sicuro?-
L’uomo si voltò verso di lui. Dall’espressione rabbiosa del volto non sembrava esattamente felice di quello che aveva sentito. Ma a Hikaru non importava granché; a volte gli piaceva far arrabbiare suo zio. Con il tempo aveva capito che, a dispetto delle apparenze, era un uomo facilmente suscettibile: bastava saperlo punzecchiare con l’argomento giusto al momento giusto…
Ora avanzava verso di lui, le impronte che lasciava sulla neve erano piuttosto profonde. Hikaru poteva giurare che fumava di rabbia dal naso.
-Wow, che scena drammatica…!- Proferì quando si ritrovò il volto di Reiji a pochi centimetri dal suo, a metà fra il divertito e l’ampolloso.
Ora lo afferrava per il colletto della giacca pesante; d’un tratto il ragazzino non avvertì più la terra sotto i piedi, ma era tranquillo e continuava a sorridere. In che modo, non avrebbe saputo descriverlo.
Nonostante suo zio cercasse di fargli paura, Hikaru sapeva benissimo di averlo completamente in pugno.
Anche se con i suoi compagni non l’avrebbe mai ammesso, in questi momenti provava un pizzico di adrenalina e piacere; intanto suo zio non si arrabbiava mai sul serio… E poi lui era portatore di buone notizie, anche se stava quasi per dimenticarsene.
-Zio, senti. Non intendo attaccar briga, ma penso che non sia il momento di picchiarmi fino a farmi perdere i sensi, sempre che tu ne abbia il coraggio, perché sinceramente ho moltissimi dubbi in proposito. Ma al di là di questo, penso che sarebbe più utile adesso cercare di darsi una calmata.-
Lentamente, come se fosse la cosa più normale da fare in una situazione del genere, Hikaru, sempre sollevato di qualche centimetro da terra, calò giù un braccio e afferrando un po’ di neve la appoggiò delicatamente sulle guance di Kageyama. Questo sbollì all’istante, accennando anche a un’espressione serena.
Poi il suo viso divenne paonazzo; dal freddo a causa del contatto con la neve ghiacciata o dall’imbarazzo di ritrovarsi in una situazione che sfiorava l’assurdo?
Allorché rimise il nipote per terra senza fare troppe storie, e mentre si asciugava il viso Hikaru ridacchiava.
-Ti pare zio? Ogni volta che voglio la tua attenzione devo inventarmi dei numeri assurdi! Se tu fossi un po’ meno concentrato su TE STESSO sarebbe più facile parlare!
-Non stavo pensando a me stesso, stavo pensando…-
-A Kidou, lo so, lo so e hai ragione a farlo. Intendevo in generale.-
-D’accordo. Scusa, va bene?-
-Bravo zio, ora sì che cominciamo a ragionare.-
Kageyama gli rivolse un sorriso a metà fra il riconoscente e lo scocciato, ma Hikaru preferì non indagare. Si era preso il suo divertimento, adesso era il momento di tranquillizzare anche quel povero diavolo che aveva davanti.
Sorrise conciliante, e porse una mano all’uomo in modo che la prendesse.
-Vieni oji-san, torniamo al limitare del bosco. Ho trovato Yuuto, sta benone; allora l’ho lasciato con l’allenatore e Haruna-sempai per venirti a cercare. Avrà voglia di…- Sentì in quel momento una stretta calda sulla sua mano, e istintivamente sorrise.
Con le dita intrecciate le une nelle altre, il ragazzino condusse l’uomo sul sentiero e lo riattraversarono insieme, mentre i respiri rasserenati si confondevano nel biancore del mattino.

**

Yuuto stava quasi assopendosi appoggiato al tronco di un albero; i mormorii di Haruna e Mamoru ormai gli arrivavano confusi alle orecchie, ma qualcosa nonostante tutto lo teneva vigile.
Voleva vedere Kageyama, sentiva che da un momento all’altro sarebbe arrivato.
La pesantezza delle palpebre ad un tratto si fece pressoché insopportabile, così chiuse gli occhi. “Solo per poco”, si premurò di pensare. “Solo per poco, così quando arrivano sono sveglio e gli racconto cosa ho sognato.”
Il sonno lo colse subito, e rimase dormiente contro la corteccia fredda dell’albero cullato dal sussurrare lieve del vento fra i rami più alti.

Un poco di neve gli inzuppò il viso, facendolo trasalire e svegliandolo completamente.
Tutto infreddolito si sfregò il volto con le manine stranamente calde e subito vide che c’era qualcosa di strano; non c’era di nuovo nessuno. Il cielo era buio ma intorno a lui era tutta luce. Trasalì, riconosceva quel luccichio. Era il portale in cui era caduto all’inizio di tutto, quel pomeriggio lontano nel tempo e nello spazio… Agitato si guardò intorno, alla ricerca disperata di qualche segno, qualche cosa che lo aiutasse a tranquillizzarsi, a convincersi che non era ancora arrivato quel momento. Aveva ancora troppe cose da fare, da dire, da vedere… Non poteva finire così, in un sogno, senza salutare nessuno…
Il terrore lo colse quando si sentì trascinare da quella luce azzurrognola, ma all’improvviso una luce diversa, più calda e più rassicurante lo avvolse e si trovò a riaprire di nuovo gli occhi, e davanti a sé stavano Endou e Kageyama, e parlavano.
Accantonò all’istante ogni complesso, ogni riflessione, e si lanciò ad abbracciare le gambe dell’uomo come la prima volta, quando si erano rincontrati in quella cucina calda e accogliente, immersi nel silenzio della mattina e nell’odore amaro del caffè fumante.
Voleva ancora tempo. Doveva esserci ancora tempo.
-Soushi…-
Avvertì Kageyama trasalire. Come sempre. Come la prima volta.
-Kidou…-
Lo sollevò con una dolcezza strabiliante. Anche se ormai doveva esserci abituato, il contatto lo meravigliò moltissimo. Era sempre bello abbandonarsi in quell’abbraccio che non aveva conosciuto per tanti anni…
-…- Il piccolo aprì la bocca per parlare, e un fiume di parole allagò il cuore. Alla gola non arrivò nulla, era secca.
Avrebbe voluto (o dovuto?) dirgli del suo sogno (o incubo?), delle parole che gli aveva rivolto e di come era venuto a capo del problema, di come in realtà non fosse lui, ma fossero la sua coscienza, le sue paure, i suoi rimorsi ad averlo posto in quella situazione; di come in realtà avesse paura di andarsene, di tornare a casa e non trovare più nessuno, non trovare più lui e Hikaru a cui si era affezionato tantissimo, di come se avesse potuto avrebbe voluto dimenticare tutto e rimanere lì, sarebbe guarito, non era importante; avrebbe ricominciato ad andare a scuola, avrebbe fatto di tutto pur di non andarsene, di non fuggire per tornare dove magari l’avevano dimenticato, dove all’improvviso gli sembrava non gli volessero così bene come credeva, e poi voleva parlargli di Hikaru, di calcio, della casa, dei boschi, delle albe e di tutte le cose belle che all’improvviso aveva voglia di fare con lui, con il suo comandante, con il suo…
-Per fortuna stai bene, Yuuto. Ero molto preoccupato.-
Queste poche parole, espresse con modestia e pacatezza sciolsero qualcosa nel cuore del bambino. Scoppiò a piangere a dirotto, stretto forte al collo dell’uomo.
E se intorno i ragazzi cominciavano ad agitarsi, Kageyama manteneva calma e compostezza; avvicinò una mano alla testa di Yuuto, accarezzò lentamente le ciocche raccolte nella coda troppo bassa per tenerle tutte a bada e l’altra l’appoggiò sulla schiena del piccolo.
Lo sentiva singhiozzare forte contro il suo petto, pronunciava parole rotte e slegate da ogni contesto e contenuto.
Si stava solo sfogando. Aveva solo paura.
Anche Kageyama ne aveva tanta, in cuor suo, perché tutti avevano capito cosa stava succedendo.
Hikaru tirò una manica dell’uomo per attirare la sua attenzione: davanti a loro si stava materializzando uno specchio luminoso, brillante e inconsistente.
Se non lo avessero avuto davanti agli occhi, loro stessi non ci avrebbero creduto.
Kageyama sentì Haruna deglutire rumorosamente, mentre Hikaru teneva ancora stretta la presa sulla manica della sua giacca anche se non lo tirava più.
Strinse forte il bambino, qualcosa dentro gli impediva di posarlo per terra. Sapeva che nel momento in cui l’avrebbe fatto avrebbe posto la parola “fine” a qualcosa di importante.
Qualcosa che entrambi non volevano che finisse.
Passarono secondi travestiti da secoli, mentre la luce azzurra del portale si faceva sempre più intensa.
Yuuto si lasciò sfuggire un ultimo, disperato singhiozzo. Ma ormai nessuno poteva più fare nulla.
Kidou toccò il suolo innevato come in sogno.
Si avvicinò prima a Mamoru.
Alzò il capo e incontrò un sorriso sorridente e vivace, come nei suoi ricordi sempre più sbiaditi.
Endou, il suo capitano, l’asse portante della Raimon, gli porse il pugno e Yuuto ricambiò, pieno di riconoscenza.
-Addio allenatore Endou. Siete fortissimi, continuate così.-
-Puoi contarci Kidou! Riporteremo il vero calcio, te lo prometto.-
Haruna lo prese in braccio, lui si concentrò sui loro occhi.
Si rispecchiò nel suo blu cristallino, da quanto erano lucidi e commossi.
I suoi non sapeva come fossero, quanto brillassero, ma l’intensità con cui il suo fuoco si scioglieva nel mare tranquillo dello sguardo di lei bastava. Ad entrambi.
-Addio sorellina, sei una splendida giovane donna e tantissime sorprese ti aspettano dietro l’angolo. Coglile, e continua a sorridere.-
-Onii-chan… Vedrai, andrà tutto bene.- Yuuto le sorrise, ma non capì se con quella frase intendeva consolare più lui o se stessa.
Hikaru gli si avvicinò, e gli porse il palmo chiuso. Kidou lo guardò senza capire, ma quando il ragazzino aprì la mano scoprendo il suo pallone da calcio ridimensionato a una pallina sentì troppo forte l’impulso di abbracciarlo.
-Buon proseguimento Hikaru, fa’ del tuo meglio, sempre. Tieni a bada tuo zio e non dargli ascolto: sei dolcissimo e anche Rushe voleva baciarti, quel pomeriggio.-
A quest’ultima frase il giovane avvampò, ma continuò a sorridere.
-Buon viaggio Kidou, stammi bene. Sei un vero campione, solo… Fai più attenzione. La prossima volta che vedi un portale sconosciuto stacci alla larga.-
-Ottimo consiglio, me ne ricorderò.-

Yuuto era sull'orlo del portale, ancora un passo e sarebbe sparito.
Indugiò un attimo sull'abisso, guardò quel luccichio che sapeva di speranza per un nuovo giorno e si girò, un sorriso stanco e commosso appeso sulle labbra.

-Soushi... Per quello che vale, è stato un papà meraviglioso.-
Kageyama avvertì un brivido caldo, qualcosa che lo scosse da capo a piedi e lo fece sorridere.
-Ti voglio bene Yuuto.-
-Anch'io...-

A quel punto si voltò nuovamente davanti a sé, e ad occhi chiusi sentì la luce del portale avvolgerlo e portarlo via, senza commozione, verso il suo presente che valeva la pena di essere vissuto.
Col cuore e con la mente lanciò loro un grido di addio e sperò che riuscissero a sentirlo.
I ragazzi presenti rimasero a lungo a fissare quel punto dove in un attimo era scomparso tutto.
In quel punto dove si era consumato un "arrivederci" che sapeva solo di addio.
E mentre con un sorriso avvertirono di star piano dissolvendosi, si guardarono negli occhi.
Sorridevano tutti, sapevano che quello che stava succedendo era la cosa più giusta.
Sarebbero riapparsi, in un altro futuro, più bello, più giusto, forse.
Kageyama lanciò uno sguardo al suo Hikaru che guardava in alto, mentre una nuvola chiara era stracciata agli orli dal passaggio di un aereo.
Probabilmente Rushe era lassù, in quel momento, e forse li stava guardando.
Sarebbe scomparsa senza accorgersene, come tutti, dormendo, salutando con la mano la terra là sotto, con il suo sorriso raggiante e l'amore per la vita a brillarle negli occhi verdi.
E
Kageyama sentì che un pezzo di sé se n'era appena andato, con il suo Kidou, e solo lui avrebbe potuto ridarglielo.

Nel prossimo futuro.
Perché si sarebbero rincontrati ancora, ne era certo.

*Angolino degli addii*

Sigh sigh…
Per la felicità di grandi e piccini, Sissy è finalmente giunta con l’ultimo capitolo! **
Mi dispiace di averci messo tanto, ma ora questa long è QUASI conclusa.
Esatto ragazzi, perché ho pronto per voi un epilogo, un qualcosa di molto tenero che chiuderà in bellezza questa long.
L’avventura è però giunta a termine, Yuuto si è rituffato nel ormai famoso portale e tornerà a casa.
Eheh, è stata dura separarsi da questi simpatici amici (?) che si era trovato, ma il presente merita di essere vissuto. Non si può viverlo immersi in un futuro sbagliato, illudendosi di poter tornare al passato.
Per questo, nonostante il distacco doloroso per tutti, Kidou riattraversa il portale uu
Spero che questi addiucci teneri (?) vi siano piaciuti, io ci ho lavorato molto e spero che il risultato sia gradito a tutti ^^
Volevo ringraziare e dedicare questo capitolo alle persone che ieri mi hanno coccolata per il mio compleanno a partire dalla mezzanotte con regali e tante attenzioni, quelle care ragazze di “We, girls”. Perché loro sono la mia Inazuma, anche se non ho l’arroganza di considerarmi io il loro capitano **
Un ringraziamento speciale va come al solito anche a tutte le persone che leggono e recensiscono questa long ormai agli sgoccioli; vi voglio un mondo di bene, arigatou! <3
Ora devo andare, ma ci si risentirà presto con l’epilogo, oh yeah! (?)
Bacioni a tutti,
Sissy <3<3

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Capitolo 21
*** Epilogo ; Va tutto bene. ***


Epilogo ; Va tutto bene

Kidou si destò, ma rimase con gli occhi chiusi. Non voleva svegliarsi di nuovo in un sogno; essere nuovamente intrappolato in un incubo.
Per questo stette fermo, a occhi chiusi, desto e improvvisamente terrorizzato dall’esser sveglio.
Aveva paura di che cosa avrebbe trovato, o meglio di come lui avrebbe reagito a qualsiasi cosa avesse percepito intorno a sé: non voleva sbagliare ancora.
Cercò di cacciare fuori da sé le angosce e provare a capire dove si trovava, se percepiva qualcun altro vicino al suo corpo.
La prima cosa che sentì, fu l’erba.
Percepì il verde, il verde fresco e luminoso dell’erba estiva.
Poi, il tepore.
Non era né caldo né sensazione di freddo: stava bene, un sottile strato di calore gli avvolgeva le membra immobili.
Poi, i suoni.
All’improvviso, come se il mondo gli fosse arrivato addosso in quel momento, ora avvertiva il frinire di cicale e grilli, l’oscillare delle chiome degli alberi, cinguettii in cielo.

Tutto era colorato, caldo e rumoroso intorno a lui. Yuuto sentì il bisogno di sorridere, e sulle sue labbra sbocciò lentamente un sorriso delicato, come un papavero umido di rugiada luccicante di lacrime nell’erba alta.
Il cuore batteva ad un ritmo nuovo, si sentiva tranquillo e bisognoso di alzarsi, e godere dello spettacolo della vita che brulicava intorno a lui.
Allora aprì gli occhi sul suo presente, raggiunto dopo tante tribolazioni, ma se li ustionò: troppa era la luce intorno a lui.
Poi la bruciò a sua volta con la luminosità del fuoco che scoppiettava nel suo sguardo; il viso tutto rosso, tanta la voglia di ridere.
Alzò gli occhi al cielo; era di varie sfumature di celeste, con qualche spennellata di nuvole qua e là, che sembrava panna a imbiancare il blu di quella giornata di fine estate.
Perché era quello che Kidou percepiva; estate.
Era tornata l’estate. Era tornato in estate!
Si toccò il viso, si guardò le mani; questo era lui, era ragazzo, e al suo fianco giaceva tranquillo il pallone, come se non si fosse mosso da lì fino a quel momento.
Kidou alla sua vista sorrise, e si chinò a prenderlo fra le braccia.
Lo tenne come si tiene un bambino, e per questo si diede quasi dello stupido. Poi sorrise.
All’improvviso aveva voglia di correre e abbracciare tutti, persino Fudou, persino un pallone.
Poi gli sorse un dubbio, anzi due. Per la prima volta, si chiese se tutto quello che aveva vissuto potesse essere stato solo un sogno.
Poi si allarmò: ma se si era addormentato, quanto tempo era rimasto lì? Magari avevano già cominciato a cercarlo… Le parole di quella vecchia stampa gli piovvero addosso, e fu percorso da un brivido. Con il cuore pesante e una strana angoscia ad agitarlo, percorse a passo lesto quel breve spiazzo alberato poi… Ecco il campo erboso.

Si fermò all’ombra di un albero al limitare del boschetto, a guardare i suoi amici.
C’era Sakuma – riconobbe la chioma azzurra – che correva inseguito da Fudou – inconfondibile.
Intorno gli altri – Kazemaru, Gouenji, Endou, Fubuki, le ragazze… - che tifavano per l’uno o per l’altro.
Quanto gli erano mancati… Corse loro incontro, un sorriso sereno a celare la sua gioia.
-Minna! Sono qui.- Disse, e vide i suoi compagni voltarsi a guardarlo e sorridere.
-Eccoti! Adesso possiamo continuare… Appena questi due la piantano.- Avvertì ilarità, una punta di sarcasmo, ma soprattutto tranquillità nel sorriso e nelle parole di Mamoru.
E Kidou sorrise complice, poi con Gouenji ad aiutarlo separò i due indiavolati.
Il giovane regista avvertì un brivido di fianco a Shuuya, e per un attimo fu tentato di raccontare la sua avventura.
Poi la sua attenzione fu catturata da Akio, che con aria da sbruffone si passava una mano fra il ciuffo castano: -D’accordo, ora che hai recuperato il pallone che questo id-

-Fudou!? Non ricominciare… Altrimenti…!-
-Wow Jirou sto tremando di paura! Comunque, ora che abbiamo di nuovo il pallone… Giochiamo?-
Kidou lo guardò, intensamente, poi volse lo sguardo alla sua squadra.
Aveva il cuore pieno di parole ed espressioni, ma non ne articolò una; non era necessario.
Loro non avrebbero capito, inoltre non era ancora tempo. Il loro futuro era tutto da scrivere, inutile angosciarsi prima.
-Certo!- esclamò solo – Giochiamo a calcio!-
Un coro di esclamazioni gioiose accompagnò il suo calcio d’inizio: il gioco ricominciava.
Era tornato, era lì, ora, in quel momento, con i suoi amici.
Questa era la cosa più importante, e il tempo avrebbe fatto il suo dovere.

**

Sulla strada verso casa aveva insistito per accompagnare gli amici.
Ora era solo, e camminava.
Aveva il cuore leggero e tranquillo, la testa piena di pensieri sereni.
Era solo un ragazzo che tornava a casa dopo un pomeriggio passato con gli amici.
Le giornate erano ancora calde e lunghe, ma per quel giorno andava bene così.
Ora aveva bisogno di riposare: nel momento di salutare i ragazzi aveva stretto tutti, e nessuno aveva chiesto il perché. Solo Fudou gli aveva dato del “coccolone” – parola che dubitava esistesse, ma si era astenuto dal ribattere in quel momento – e poi aveva ricambiato l’abbraccio. Akio aveva tutt’ora uno strano modo per dimostrare che gli voleva bene, ma in fondo andava bene così: gli era mancato anche lui, sotto sotto.
Nel salutare sua sorella l’aveva baciata sulla fronte, dandole la buonanotte: Haruna gli aveva chiesto di stare da lei per cena, ma lui aveva declinato l’offerta con un sorriso: -Ho voglia di tornare a casa, facciamo un’altra volta. Buonanotte Haru-chan, ti voglio bene.-
Lei l’aveva guardato allontanarsi, poi aveva chiuso la porta.

 

Sorrise Yuuto, ora solo.
Haruna non l’avrebbe più preso in braccio, e questa era una consolazione e nel contempo un dispiacere.
Poi, passò davanti a una casa.
Ne aveva oltrepassate molte, eppure davanti a quella rallentò, fino a fermarsi completamente. Da dietro le lenti sbatteva lentamente gli occhi, come incantato.
Osservò le persiane abbassate, annegò nel silenzio che trasmetteva.
Sembrava disabitata, ma Yuuto sapeva che era solo apparenza. Ora lo sapeva.
Sorrise, mentre sentiva di nuovo l’adrenalina formicolare in tutto il corpo.
Si avvicinò al portone, stava per bussare ma poi si ritrasse. Aveva bisogno di una cosa.
Corse indietro ed entrò nel primo negozio che gli capitò sott’occhio: dopo qualche minuto era di nuovo davanti al pesante portone.
Prese coraggio e con una mano batté tre volte, senza fretta ma con decisione; nell’altra aveva un pallone da calcio morbido, grande come una pallina da biliardo.
Per qualche istante non sentì nulla.
Dopo un minuto di attesa stava per gettare la spugna e magari convincersi di aver sbagliato edificio, di essersi illuso di averlo riconosciuto.
Poi la porta si aprì, cigolando appena, e il cuore di Kidou fece un balzo fino in gola.
Non si trovò nessuno davanti, e quando abbassò lo sguardo si sentì scoppiare di euforia: un bambinetto di appena un anno con due occhioni neri scintillanti e qualche ciuffetto viola sulla testolina lo guardava sorridendo.
Kidou si chinò a prenderlo in braccio; non riusciva a non ridere.
-Ciao Hikaru-kun!- Il piccolo non si ritrasse, non un’increspatura del suo sorriso tradì la paura… Quindi le cose erano due.
O suo zio era stato talmente veloce ed efficace ad impartigli impersonalità, oppure Hikaru non era per niente spaventato dall’apparizione improvvisa di un ragazzo sconosciuto alla sua porta, a meno che non l’avesse scambiato per Fidio.
E sinceramente Yuuto non sapeva quale fra le opzioni fosse la più credibile.
Il bambino intanto si era già impossessato del suo regalo; sorrideva, lanciando sgrilletti di gioia, mentre si passava fra le mani il mini-pallone.
-Dov’è lo zio Hikaru?- si rivolse al piccolo, dandogli un buffetto sulle guance piene e rosee.
Hikaru battè le manine, e cominciò a correre per casa con quelle gambette traballanti.
Yuuto gli andava dietro, il mantello scivolava tranquillo alle sue spalle: da quando era tornato non aveva smesso un attimo di sorridere.
Hikaru lo guidò fin sopra le scale, e si fermò davanti alla camera da letto.
Il ragazzo riflettè che, seppur piccolo, camminava già tranquillo e svelto: aveva buone gambe, si vedeva che era abituato a correre.
Dal modo in cui lo guardava, Kidou comprese che voleva che aprisse la porta.
Sentì un improvviso un senso di smarrimento, quasi si pentì di essere arrivato fin lì: ma ora non poteva tornare indietro.
Aprì di un poco la porta, uno spiraglio di luce si infiltrò in quella camera buia che odorava di chiuso.
Tapparelle abbassate.
Un letto.
Una sedia a rotelle.
Lettere sul comodino.
Kidou chiuse la porta. Aveva il fiatone.
Si sedette per terra, gli occhi sul pavimento.
Si era infiltrato in casa di Kageyama per vedere cosa?
Cosa si aspettava di trovare?
L’euforia con cui era entrato si era dispersa di colpo; aveva il batticuore, e il fiato grosso.
Non aveva pensato, non aveva riflettuto quando aveva bussato a quel portone.
Nella sua mente c’era Kageyama con i capelli bianchi e un sorriso delicato, quelle braccia forti che l’avevano sempre preso in braccio e quella voce ancora più profonda e calda in cui aveva riposato e ripreso conoscenza.
Niente di tutto questo esisteva. Non ancora.
Kageyama era in quel letto in condizioni gravi, e c’erano le lettere dall’Italia e i passi svelti di Hikaru in casa, ora.
Lui no. Lui ora non doveva esserci. Era giusto così.
Kidou sapeva che Kageyama appena sarebbe stato meglio sarebbe tornato.
Da lui e dal calcio… Doveva solo aspettare.

 

Si riscosse dai suoi pensieri, ritrovandosi Hikaru accovacciato al suo fianco.
Faceva rimbalzare il pallone che gli aveva regalato; le labbra umide di bollicine di saliva.
Yuuto sorrise, e nei suoi occhi si riflettè il giovane che aveva spinto per baciare Rushe, chiusi nella stanza di sopra, Hikaru Kageyama che giocava a calcio nella Raimon Eleven e chiamava Endou “allenatore”.
Sorrise, intenerito, e prese in braccio il piccolo: -Hikaru-chan, devo tornare a casa.-
Si accorse di aver detto una cosa piuttosto stupida, ma non gli era uscito niente di meglio.
-Un giorno- continuò mentre scendevano le scale – Ci rivedremo piccolo. Tu verrai a giocare alla Raimon e io sarò lì, te lo prometto. Giocheremo insieme a calcio.-
Hikaru battè di nuovo le mani, poi gli si strinse al petto.
Lo abbracciò come abbracciano i bambini, senza dire nulla, senza un vero motivo – oh, in verità un motivo c’è, è solo che sono ancora troppo piccoli per spiegarlo. O forse siamo noi troppo grandi per capirlo davvero. – e Kidou gli baciò la fronte. Aveva gli occhi lucidi.
-Abbi cura di tuo zio, mi raccomando. Ora ha tanto bisogno di te.-
Poi il ragazzo lo riposò per terra e aprì la porta d’ingresso.
Il piccolo lo guardò confuso, gli abbracciò le gambe.
-Kiduu…!- sussurrò.
Il ragazzo si fermò.
-T-Tu sai il m-mio… Tu sai chi sono?-
Hikaru alzò lo sguardo; era particolarmente luminoso, sembrava quasi piangere, ma annuì.
Yuuto allora si chinò, sorridendo intenerito: -Ora non posso restare qui.- un singhiozzo trattenuto a stento – Mi dispiace… Ma ti prometto che ci rivedremo.- il bimbo sorrise.
Kidou lo abbracciò ancora, qualcosa gli impediva di separarsi da quel frugoletto: -Ti voglio bene piccolo. Arigatou…-

 

Hikaru tenne la porta aperta mentre Yuuto si allontanava.
-Ciao ciau Kiouu!-
Il ragazzo si volse, e lo salutò con la mano; il bambino disse qualcosa che Yuuto non udì, poi chiuse la porta.
Mentre camminava spedito verso casa, Kidou pensò che forse aveva parlato a Hikaru con troppa serietà. Eppure… Eppure quel bambino dava l’impressione di aver capito perfettamente.
“Forse lui ricorda” si ritrovò a pensare, e poi sorrise. “Forse anche Kageyama ricorda, e nel sonno in cui l’ho colto riposare forse ha creduto di sognare di avermi sentito aprire la porta. Forse mi sentito davvero, ma una volta sveglio si convincerà che era tutto un sogno.”
Kidou svoltò e questa volta era davanti a casa sua.
Con la coda dell’occhio vide una macchina fermarsi davanti al portone di casa Kageyama, ma ormai era dentro il suo cancello.
… E alla fine, il sogno quale sarebbe stato?

**

-Papà! Sono a casa!-
-Ciao Yuuto. Com’è andata la giornata?-
Il ragazzo osservò il padre adottivo apparire all’ingresso per salutarlo e corse ad abbracciarlo.
-Tutto bene papà, grazie.-
L’uomo subito non disse nulla, limitandosi a ricambiare l’abbraccio.
-Sono contento. Ora va a cambiarti, oggi arriva la mamma lo sai.-
-A proposito di questo, ho pensato che forse alla mamma farà più piacere mangiare in casa, invece che fuori. Sai, ha mangiato in hotel e ristoranti molto in questo periodo, mentre era in trasferta per lavoro. Penso che la cosa che le farebbe più piacere sia mangiare a casa con noi, in tranquillità. Cosa ne pensi?-
Il ragazzo guardava il padre che sorrise di rimando: - Penso che sia un’idea fantastica.-
-D’accordo allora, vado a prepararmi, non posso accogliere la mamma conciato così!- E corse di sopra, in camera sua.
“Tu sei sempre conciato così…!” sorrise l’uomo ma evitò di dirlo ad alta voce: il ragazzo era già di sopra.

 

Yuuto si chiuse la porta della sua camera alle spalle, tirando un sospiro di sollievo.
Si prese un secondo per guardare la sua stanza, le sue cose, poi chiuse le tende e iniziò a svestirsi per la doccia.
“Ciao Yuuto. Com’è andata la giornata?”
“Tutto bene papà, grazie.”

-Tutto bene…- ripeté, mentre faceva scaldare l’acqua per il bagno.
Tutto bene…
Pensa papà, se io non fossi tornato a casa oggi.
Avresti aspettato, cominciando ad agitarti, poi sarebbe arrivata la mamma e l’avresti accolta con un sorriso tirato, che non nasconde l’ansia.
Lei avrebbe subito chiesto di me; allora non avresti retto più e avresti detto che ero uscito per giocare con i ragazzi ma non ero rientrato all’orario stabilito, né avevo avvisato un possibile ritardo.
Allora avreste chiamato la polizia e sarebbero iniziate delle ricerche che non avrebbero portato a niente.
Io mi sarei dissolto nel nulla e non mi avresti più rivisto, mai più…
Però va
tutto bene papà, perché non è successo nulla e io sono qui, sono tornato a casa, adesso mi lavo e mi preparo per la serata.
La mamma ci racconterà del suo viaggio, e io parlerò della partita e della possibilità di iscrivermi al club di calcio anche alle scuole superiori.
Mangeremo tutti insieme, finirà anche l’estate ma io sono qui papà.

“Tutto bene, sono a casa. Grazie.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

**

In un altro luogo, in un altro tempo…

 

-Hai visto? Ha pure detto “grazie”!! Siamo stati bravi vero? Siamo stati super! Anzi, IPER-BRAVISSIMISSIMI!
-Tutto quello che vuoi, ma ora smettila di strillare.-

 

La ragazza si tolse il cappello che teneva nascosti i capelli castani, che dolcemente ricaddero sulle spalle. Poi si levò anche la camicia nera che portava, e due ali lucenti illuminarono la stanza avvolta nella penombra.
Il giovane uomo al suo fianco sbuffò, infastidito.
-Sai Gouenji-kun, sei davvero stressato di recente! Cos’è, adesso sei in imbarazzo perché mi sto togliendo questa divisa assurda?! Guarda che è soffocante! Se proprio devi obbligare i tuoi uomini a vestirsi con un’uniforme, dovresti trovare qualcosa di più fresco e leggero, perché con questo addosso io non resisto più!
-Nessuno ti ha mai chiesto di indossarlo, quello.- rispose seccato l’uomo, lasciandosi cadere seduto sul trono alle sue spalle.
-Avresti proprio bisogno di una vacanza…- continuava intanto la fatina, imperterrita. – Magari potrei… Con la mia magia…!- E gli sventolò scherzosamente la mano piena di polvere luminosa davanti al viso.
-NON MI TOCCARE CON QUELLA ROBA!- Si ritrasse subito il Grande Imperatore, leggermente impallidito. –Ne ho già avuto in fin troppa.-
-Eeeehhh… Ti ricordi? Che bei tempi, quelli. Quando eravate ancora piccoli ed indifesi…- blaterava la fatina, stropicciandosi le ali brillanti. -Non ce l’avrei mai fatta senza il tuo aiuto Gouenji-kun. Grazie mille!-
-Ah, e per cosa?! Per aver fatto passare a Kidou un’esperienza traumatica?! Mi sembrava che fosse già abbastanza maturo di suo, senza doverlo obbligare anche in quel mondo distorto…-
-Era un mondo distorto ma tenero tenero…-
-Tenero nella tua concezione distorta di tenero! Mi hai obbligato a ridurlo in fin di vita! Questo tu lo chiami “tenero”?
Q  - si alzò in piedi l’uomo vestito di rosso.
-Beh, però poi l’abbiamo liberato!- Sorrise la fatina, tutta gongolante.
-E ci mancava solo che lo lasciassi lì!-
-Dai Gouenji-kun, non scaldarti. – la fatina gli si avvicinò con un sorriso, poggiandogli una mano sulla spalla. Gouenji la scosse subito, allontanandosi. - E’ finito tutto per il meglio, è questa la cosa positiva!-continuò ancora la giovane, sorridendo.
-Finchè tu sei qui non è finito un bel niente. Pussa via, fatina ficcanaso!-
-Oh, così mi offendi… -
-Questo è un problema solo tuo, vecchia mia… A proposito, e l’altra che fine ha fatto? Non eravate due?-
-Sssh! – l’essere fatato si portò una dito sulle labbra, mimando il silenzio - Non ho detto niente alla mia compare, era uno sfizio che volevo togliermi da sola.-
-Sadica e pure esibizionista. Ma guarda te che razza di fata sei!-
-Devo scappare tesoruccio, vedi di fare il bravo! Grazie per avermi appoggiata in questa parapiglia, è stato uno spasso ma ora devo tornare!
-Va’ va’, che finisce che fai qualche altro disastro… E attenta ad aprire il portale giusto!-
-Suvvia Gouenji… - sospirò la fatina mentre con uno schiocco di dita si trovava di fronte uno specchio luminoso – Pensi che non sappia ancora come si apre un portale? Ormai sono esperta, io!-

 

L’uomo guardò la giovane con le ali luminose sparire all’interno del portale magico, che si spense in un attimo alle sue spalle. Poi alzò un sopracciglio, lasciandosi cadere di nuovo a sedere.
-Speriamo bene…! Non vorrei che si ritrovasse nel Giurassico. E conoscendola ne è in grado… Oh beh, comunque non è un problema mio.
A quanto pare si è tutto risolto per il meglio.
E per questa volta è andata così.-

 *Angolino finale*

Tadààà! 
Ahahah, chi se l’aspettava la fatina Sissy nel finale?
Mi sono dovuta inventare qualcosa di carino per spiegare una volta per tutte chi era quel tizio vestito di un colore “intenso” che ha ridotto Kidou in quello stato pietoso che abbiamo visto per tutta la long ^^
Dietro c’era Ishido Shuuji, il Grande Imperatore… Ma impazzito non è, era stato contattato da moi (?), ovvero la fatina che avete visto dulcis in fundo, e grazie a questa strana alleanza e alla magia di Sissy è nato il mondo distorto dove Kidou ha vissuto per qualche tempo ^^
Come finale mi sembrava potesse funzionare, poi ditemi voi.
Come epilogo comunque ho mosso Yuuto che riprende il suo presente in mano e decide di continuare.
Ho affrontato all’incirca tutti i personaggi con cui ha avuto a che fare: prima i compagni, poi la sorellina, suo padre… Mi sembrava sbagliato non citarlo nemmeno, quell’uomo.
Insomma, Yuuto per tutta la long non l’ha manco nominato e quando me ne sono accorta me ne sono dispiaciuta. E’ pur sempre suo padre uwu Quindi ho voluto fare la scena finale con lui <3
Ah, poi ovviamente non poteva mancare la visita in casa Kageyama.
Come la prima volta, è stato Hikaru ad aprire e poi… Poi abbiamo visto tutti, Kidou si è reso conto che è ancora troppo presto, quando Kageyama si rimetterà come lui ricorda potranno di nuovo vedersi. Adesso sta male e ha bisogno di altre attenzioni. <3
Per chi potesse sorgere un dubbio… Allora, ho messo Kageyama in casa anche in queste condizioni gravi perché, fingendosi morto, non penso abbia potuto stare in ospedale a lungo; doveva nascondersi da qualche parte.
L’ho portato nella sua vecchia casa in Giappone dove è assistito dalla sorella – citata già all’inizio della long dallo stesso Reiji – che è madre di Hikaru. Ovviamente il piccolo non è in casa da solo - perché seppur ci sia anche Reiji, sinceramente non so tra il bambino di un anno e il convalescente quale abbia più bisogno di attenzioni uwu
Come Yuuto ha ben notato appena lui si è allontanato è arrivata una macchina, dove presumibilmente c’erano i genitori di Hikaru. ^^
Kidou è stato semplicemente molto fortunato a beccare un momento dove Hikaru era solo con lo zio; i genitori si saranno allontanati per breve tempo magari per comprare qualcosa uwu – le mie spiegazioni molto accurate, oh yeah! (?) *^*

Bene, della fatina ho già parlato quindi penso di poter salutare.
Ringrazio moltissimo le persone che hanno preferito/seguito e ricordato questa shot <3
Le persone che hanno letto in silenzio e i miei recensori di fiducia (?) <3
E’ stata un’avventura emozionante e sono contenta di averla vissuta insieme a tutti voi!
Con quest’ultimo bacio vi saluto! A risentirci bellezze~

Sissy <3

 

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