She Will Be Loved

di Nanek
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Angels ***
Capitolo 2: *** Fly with me ***
Capitolo 3: *** Keep that smile ***
Capitolo 4: *** More than this ***
Capitolo 5: *** You and I ***
Capitolo 6: *** She will be loved ***
Capitolo 7: *** Let me tell you a story ***
Capitolo 8: *** Wasting time ***
Capitolo 9: *** Lost boy ***
Capitolo 10: *** English love affair ***



Capitolo 1
*** Angels ***


Capitolo 1

Angels

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I sit and wait 
Does an angel contemplate my fate 
And do they know 
The places where we go.


 
 
«Continuo a credere che venire qui sia un’idiozia, ragazzi: se ci beccano è la fine» si lamenta Calum prendendo posto sulla sedia, un tavolo in angolo, per quattro, non troppo in mezzo alla sala, ma neanche troppo invisibile per non essere notato.
Non osa togliersi la sciarpa, anzi, la tiene ben alta fino al naso, il cappello blu continua a toccarlo e a sistemarlo con fare nervoso, come se potesse muoversi dalla sua testa; gli occhiali da sole indossati, nonostante siano le dieci e mezza scoccate, di sera.
«Il manager vuole una band di supporto per il nostro tour, questo posto è perfetto per trovare un talento!» annuncia Ashton che, senza indugiare, si è tolto berretto, giubbotto, sciarpa, guanti: libero da tutto, libero di lasciarsi scoprire dalle fan, libero di mettere tutti nei guai, perché assaliti dalla mandria di ragazze che li conoscono.
«Sì, in un locale stra pieno come questo, giusto per farci vedere in giro: le tue idee mi sconvolgono, Ash» brontola Calum ancora intento a nascondersi il più possibile, guardandosi attorno con aria sospetta.
«Avanti Hood, non essere ridicolo, togliti gli occhiali per piacere, è notte fonda» lo riprende Luke mentre si siede al suo fianco, sbottonandosi il giubbotto «Rilassati e goditi queste serate nella bella Londra» gli suggerisce ma, il moro, non sembra troppo convinto.
«Non ho proprio voglia di ragazzine urlanti, ho sonno, sono stanco, voglio andare a casa» piagnucola e Michael si lascia andare ad una risata.
«Cal, se sei preso così dopo una giornata di puro far niente, non oso immaginarti tra quattro settimane quando inizia il tour» e Calum sbuffa, incrociando le braccia sul petto, mettendo sul viso un broncio da bambino capriccioso, che tanto piace alle loro fan.
Calum non è mai così floscio o stanco: è sempre il più attivo dei quattro, a volte bisogna riempirlo di camomilla per riuscire a farlo dormire, a volte bisognerebbe solo ucciderlo quando, alle otto di mattina, si presenta nel letto saltando come un matto, urlando di alzarsi.
Ma Calum, questa sera, è stanco, è sfinito: forse aver sentito sua sorella su Skype lo ha un po’ distrutto, lei a Sidney, lui a Londra, lei così lontana, lui così solo, con la nostalgia a perseguitarlo, con la mente piena delle immagini di casa sua, della sua camera, del suo letto caldo, del sorriso di suo padre, degli abbracci di sua madre, tutte immagini che dovranno aspettare prima di materializzarsi per davvero, perché il tour comincia tra quattro settimane e parte dall’Europa, si estende per un po’ in America e termina a casa: c’è ancora tanto da aspettare, ancora tanto da fare.
La cameriera del locale arriva al loro tavolo, con tanto di blocchetto in mano, già pronta a prendere le ordinazioni.
«Non ho ancora…» Calum viene interrotto.
«Per me una birra» dice Ashton, sorridendole.
Non ho ancora deciso. Pensa il moro tra sé, fulminando l’amico.
«Birra anche per me» annuncia Michael, fiero di potersela permettere: l’unico della band a dover ancora compiere diciotto anni è Luke.
«Una Redbull per me» dice infatti il minorenne.
Tutti poi, fissano l’ultimo, il ragazzo moro, dagli occhi marroni, occhi che ingannano molti, dato che lo scambiano sempre per un asiatico, facendolo andare su tutte le furie.
«Una Coca Cola» annuncia, facendo salire lo stupore generale.
«Eddai, Calum! Hai diciotto anni da un mese passato!» lo rimprovera Michael.
«Una birra ti tira su di morale!» esclama Ashton, mentre la cameriera lo fissa, come incerta sulla sua ordinazione.
«Mi va bene così» dice secco rivolgendole uno sguardo e annuendo appena, mentre lei scarabocchia qualcosa, prende i menù e si dirige verso il bancone.
«Calum, porca miseria, vuoi spiaccicare un sorriso? Sei peggio dei bambini» lo rimprovera il biondo alla sua destra, ma lui non ci fa caso, fa spallucce, si perde nei suoi pensieri, isolandosi, lasciando i suoi amici alle loro chiacchiere e al loro divertimento: lui non ne vuole sapere, lui vuole solo dormire.
 
Alle dieci e mezza, è annunciato l’inizio del Karaoke: un tipo piuttosto giovane, si posiziona davanti al computer, controlla che sullo schermo bianco vengano riprodotti i testi delle varie canzoni e, poi, armandosi di microfono, comincia a salutare i clienti del locale.
Ma Calum neanche lo sente, neanche lo ascolta, al contrario degli altri membri della band, che innalzano le orecchie per poter studiare ogni singolo partecipante: sono sicuri di trovare qui quello che cercano, tra le persone comuni, tra le persone che non osano mettersi in Youtube per la troppa vergogna, negando al mondo la loro bravura.
Ma le loro speranze vengono sgretolate ad ogni canzone: Karaoke non è sinonimo di gara, Karaoke è un modo per divertirsi, per urlare invece di cantare, per fare a gara a chi si mette più in ridicolo, tutte cose che loro non avevano preso minimamente in considerazione.
I visi inizialmente allegri ed emozionati dei suoi amici si rabbuiano d'un tratto: le loro labbra perdono il sorriso, gli occhi emozionati si spalancano pieni di incredulità di fronte a tanta idiozia.
Io lo sapevo. Alza gli occhi al cielo Calum, sospirando rumorosamente. 
Ancora un minuto e propongo di andare via. Guarda l'ora sullo schermo del cellulare che segna le 22:59.
Fissa i suoi amici, ne studia le espressioni: Ashton gioca con la bottiglia di birra, sconsolato; Mike ha i gomiti appoggiati sul tavolo, le mani a reggere il viso annoiato; Luke invece gioca al cellulare, facendo scorrere la sua Home di Twitter. 
C'è silenzio tra di loro, nessuno ha più parole, questa serata è un autentico disastro: inutile e poco entusiasmante.

Passa vicino al loro tavolo una ragazza, che inciampa appena sulla gamba della sedia di Ashton, svegliandolo dai suoi pensieri.
Non fa in tempo a scusarsi che, la voce del Dj, la richiama.
«Angel! Eccoti qui! Ti stavamo aspettando» l’accoglie, mentre la nuova arrivata si toglie il giubbotto e la sciarpa in velocità, appoggiando il tutto sulla sedia di un tavolo libero, per poi avvicinarsi a lui, impugnando immediatamente il microfono.
Quanta fretta. Pensa Calum, girandosi verso di lei, come a voler spiare l’intera scena.
«Ciao Ty» dice una voce lieve, quella di lei, mentre si rivolge al ragazzo al suo fianco che, cominciando a schiacciare tasti freneticamente, le rivolge la parola «Sempre la solita vero?» e lei si limita ad annuire, tossendo appena come per schiarirsi la voce: avanza, in seguito, vicino allo schermo nero, dove verranno proiettate le parole della canzone.
Sospira un po’, cerca di rilassarsi, quasi scrolla le spalle, è nervosa, glielo si legge in faccia a metri di distanza: porta un ciuffo di capelli dietro l'orecchio e posiziona, infine, il microfono vicino alla bocca.
Le note di quella canzone inebriano il locale, una canzone conosciuta, impossibile da scordare, i Maroon5 non sono certo dei cantanti da quattro soldi: le note di “She will be loved” arrivano leggere alle orecchie di Calum, rilassandolo, facendogli provare un po' di brividi, dovuti alle parole di quella canzone, che gli rimbombano già in testa, ancora prima che lei cominci a cantare.
«Se questa qui mi rovina la canzone più bella del mondo, vado lì e le tiro il microfono sul naso» annuncia Michael, zittito in seguito da Luke che, come Ashton, si è messo in ascolto.
Una voce flebile, dolce, comincia a farsi sentire: "Angel" ha cominciato a cantare. 
Quella voce non è male, almeno canta per cantare e non per fare casino: la cosa è interessante, tanto che Calum si sistema ancora meglio per guardare per bene la ragazza sul piccolo palco: i capelli lunghi, biondi come l'oro e lisci, che vanno a coprire la schiena nuda, coperta appena da un top nero, che sembra fin troppo leggero per il clima del febbraio londinese; indossa degli shorts a vita alta, fantasia scozzese e Calum ride dentro di sé: i pantaloni a vita alta lo divertono, sono troppo buffi; le calze nere, le scarpe troppo strane: la moda inglese non la capirà mai.
La ragazza che ha davanti ha la pelle candida e la voce davvero bella, forse non troppo, nella media, non è qualcosa di troppo speciale, ma almeno si può ascoltare. 
Gli occhi di lei non lo convincono, lei non lo convince: sta con le spalle piegate, ha la mano che trema, sposta il suo peso da una gamba all'altra, lo fa quasi innervosire. 
Questa ragazza non lo ispira troppo: sembra quasi una dark, data l'abbondante presenza di nero nei suoi vestiti, ma i suoi occhi, il suo atteggiamento, la fanno sembrare completamente diversa: sembra più una ragazzina sperduta, che tenta di essere quello che non è, una ragazza timida che finge di essere forte e superiore a tutti.
La tua goffaggine è estrema. Pensa Calum, alzando gli occhi al cielo e sbuffando.
Non gli piace per niente quella lì che sembra, però, aver incantato i suoi tre amici: i loro occhi sono nuovamente entusiasti, si nota di nuovo quello spiraglio di speranza.
Quando la canzone finisce, un applauso generale si alza nella sala, gente che addirittura si alza in piedi, tra cui Ashton e Mike, Luke è troppo timido per certe cose.
«Brava, Angel!» urla il Dj, mentre Calum continua ad interrogarsi sul motivo di tanto entusiasmo: non è niente di che, intonata okay, ma niente di speciale, nessun timbro particolare, nessun acuto degno di nota, anzi, secondo lui ad alcune note neanche ci arriva. 
Non merita di essere la loro cantante di supporto, per nessuna ragione.
«Possiamo andare ora? Mi sto rompendo» sbotta, alzandosi dalla sedia, scocciato da morire, il suo solito buon umore è completamente andato. 
«Rilassati, Cal! Forse abbiamo trovato il nostro…» dice Luke, ma il moro lo blocca.
«No! Assolutamente no! Quella lì non ci fa da supporto: non se lo merita per niente, per piacere! Ci sono persone con del vero talento, persone che il manager può trovare meglio di noi! Non siate scemi, quella lì non vale così tanto» il suo tono di voce è fin troppo alto per non essere sentito tanto che, Calum, vede gli occhi dell'interessata puntati su di lui: ma poco gli importa, è in un paese libero, può avere la sua opinione. 

Eppure, la vergogna per la figura appena fatta con quella povera ragazza, lo fa arrossire, lo fa pentire: si allontana dai suoi amici e si dirige verso l'uscita. 
Non sa neanche lui che gli è preso, non si comporta mai così, tende ad essere sempre un ragazzo buono, dolce, una specie di cucciolo che tutti amano abbracciare, ma che questa sera, si è dimostrato l’esatto contrario.
Non capisce neanche lui perché, ma si sente in colpa da morire per quelle parole, si sente in colpa nei confronti di quella ragazza, si sente ancora i suoi occhi contro di lui, si sente la vergogna salire ad ogni passo che lo porta più distante da quel posto.
Ormai è andata, tanto non la rivedrò più. Cerca di scacciare quella sensazione orribile, cerca di non pensarci, velocizzando il passo e dirigendosi verso il suo hotel: ha bisogno di riposarsi.
Vuole andare a dormire, vuole allontanarsi da quel posto e dimenticarsi di tutto. 
Dimenticare quel locale, dimenticare quella voce, dimenticare quella canzone: immagini che il suo cervello cancellerà velocemente, perché non sono ricordi da custodire.
Cancellerà quella stupida idea di cercare la loro band di supporto, cancellare quelle idiozie che l’alcool ha fatto nascere nelle teste vuote dei suoi amici, cancellare ogni cosa e dimenticare.
Lui vuole andare a dormire e svegliarsi domani con il suo solito buon umore, riprendere la sua vita come se niente fosse, come se questa serata non fosse mai esistita, dimenticandosi di quei capelli color dell’oro, dimenticandosi di quelle note lente, dormire e svegliarsi con il lavoro già fatto, dormire e svegliarsi solo per poltrire fino all’inizio del tour che, non appena comincerà, renderà la sua vita più veloce, più interessante, meno distante da casa.
Vuole solo questo: chiudere gli occhi e dormire, crollare nel buio del sonno, crollare e non pensare ad altro, lasciando che il silenzio lo invada, lasciando che i suoi respiri si facciano più lenti e regolari.
Cancellare il suo comportamento ostile, cancellare la sua brutta luna, come se non fosse successo nulla, come se fosse stato tutto un errore, come se nulla fosse accaduto davvero.
Come se Angel non fosse mai comparsa nel suo cammino: cancellata dalla sua vita.



 
Note di Nanek

LO SO QUESTA NON è SATELLITES :D
Ciao a tutte! Parliamo con le veterane, sempre se ci siete pure qui :D
Lo so, avevo detto che dopo No Heroes Allowed avrei messo la FF a 4 mani “Satellites”, lo so MA: abbiamo qualche rallentamento :D quindi… nell’attesa, ho pensato di mettervi questa FF, non troppo lunga dato che sono solo 10 capitoli, che ho scritto ancora mentre scrivevo So out of reach :D della serie: ha la muffa sta FF, dovevo postarla prima o poi!
Ed eccola qui =)
Per le nuove arrivate: salve a voi <3
La storia è… beh questa qui :D Calum è un po’ diverso dal solito in questo primo capitolo… MA NON TEMETE, diventerà un orsetto ve lo garantisco ;)
Beh… vi piace? :D so che non c’è scritto molto…. Ma siamo solo all’inizio insomma =) e… boh, spero di… avervi incuriosito almeno un po’ =)
Se avete voglia di lasciarmi qualche parolina, beh, io leggo e vi rispondo molto volentieri <3
Bene… direi che… scappo :D ci vediamo presto con un nuovo aggiornamento per questa FF e spero di iniziare a pubblicare pure la FF a 4 mani :D
Grazie di cuore sin d’ora <3
Nanek

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Capitolo 2
*** Fly with me ***


Capitolo 2

Fly with me

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We'll chase the stars to lose our shadow 
Peter Pan and Wendy turned out fine 
So won't you fly with me 



“Speriamo che il Calum di ieri sera se ne sia andato: è insopportabile. Goditi la mattinata libera, ci vediamo alle 3 in studio.
Luke, Ash e Mike”

 
Simpatici insomma.
Queste le parole trovate su un post it verde, appeso sul frigo.
Un Calum ancora addormentato lo strappa via, stropicciandolo e gettandolo a terra: è nuovamente solo, senza niente da fare, senza un misero programma da seguire.
Sbadiglia, si stropiccia gli occhi, perde tempo fissando il contenuto del frigo: uova, pancetta, marmellata, succo all’arancia, burro…
Ormai sa quello che c’è dentro a memoria, ormai si sta pure congelando a forza di stare lì davanti, con il gelo ad avvolgerlo, a farlo rabbrividire dalla testa ai piedi: stare in mutande non è una grande genialata.
Sbuffa, tirando fuori solo il succo.
Sbuffa, mentre se lo versa in un bicchiere lasciato nel lavandino, senza neanche pulirlo, senza neanche pensare chi ci ha bevuto: è senza voglia, è da solo.
Calum odia stare da solo.
La solitudine non fa per lui, la solitudine è per le persone sciocche, per le persone strane, per le persone completamente diverse da lui.
Calum ama stare in compagnia, ama stare in mezzo a tante persone, ama sorridere, ma soprattutto ridere; ama essere abbracciato, ama abbracciare chi ne ha bisogno, ama provocare sorrisi, ama far star bene le persone.
Ama le sue fan e il loro affetto, ama fare foto imbarazzanti e condividerle con tutte loro, ama fare Keek e comportarsi come un folle, ama leggere i loro commenti divertenti e ama da impazzire i “Follow spree” che lui inizia nei momenti più strani.
Questo è Calum, il Calum che tutti conoscono, il bassista dalla voce stupenda e dal cuore grande.
Il Calum che ieri sera è stato sovrastato da Thomas. Pensa il moro, bevendo in un sorso il succo, appoggiato vicino alla finestra.
Guarda fuori e la neve bianca gli dà fastidio agli occhi: ma è così bella da vedere, i tetti sembrano surreali, gli alberi bianchi sono uno spettacolo bellissimo, poche macchine a invadere le strade, tanta gente a piedi che si concede una passeggiata.
Potrei concedermela anche io. Sorride tra sé, dirigendosi verso la sua camera.

A differenza della sera precedente, Calum non usa occhiali da sole, oggi ha voglia di incontrare le sue ragazze, ha voglia di abbracciarle e di baciarle sulle guance mentre scattano foto; ha voglia di parlare con loro, ha voglia di stare in mezzo alla gente, ha voglia di chiacchierare... purtroppo però, nessuno sembra riconoscerlo. 
Incrocia mamme con bambini, tante persone anziane, tante persone impegnate al cellulare o a correre dietro all'autobus: nessuno sembra avere tempo per lui.
Sospira, continua a camminare, cerca con lo sguardo qualcuno che faccia parte del suo piccolo mondo, ma senza successo. 
Arriva a Piccadilly completamente libero, come se lui fosse una persona qualunque tra la folla, come se il suo viso fosse uno come tanti e non avesse niente di speciale. 
Arriva al centro della piazza e scorge una pista di pattinaggio: deserta.
Si avvicina, ridendo tra sé, perché quello a cui sta pensando è ridicolo: pattinare da solo, lui che non sa stare in piedi, lo aspettano grandi cadute. 
Ma la noia lo porta a fare anche questo. 
Si avvicina al baldacchino di legno, ad accoglierlo una signora piuttosto vecchia, che gli chiede come si chiama, che sbaglia a pronunciare il suo nome, ma a lui non importa, le sorride, la ringrazia per i pattini e paga.
Calum sembra innamorato del bordo pista: non lo lascia mai, si tiene aggrappato con la mano, i piedi pronti a tradirlo da un momento all'altro. 
Maledizione a me. Pensa ridendo di se stesso, continuando ad avanzare un passo alla volta, pregando di non finire a terra.
«Devi staccarti da lì» suggerisce una voce fin troppo vicina a lui: alza lo sguardo e dopo aver messo a fuoco il proprietario di quella voce, la sua gamba destra sfreccia in avanti, facendolo cadere in una mezza spaccata.
Batte con il ginocchio sinistro, si tiene ancora al bordo con la mano destra, si sente così stupido.
I suoi occhi, però, continuano a fissare quel punto.
Lei è lì, la proprietaria della voce misteriosa, lei che continua a fissarlo, i suoi occhi sono color del ghiaccio, non li aveva notati la sera precedente, i capelli raccolti in una treccia e coperti da un cappello blu, le guance rosse, il cappotto lungo e grigio: la guarda, mentre entra in pista anche lei, con i pattini indossati e gli tende la mano. 
«Nonna mi ha detto che sei un po' impedito» dice, mentre lui le prende la mano e tenta di rimettersi in piedi.
«Mi ha detto lei di venire ad aiutare il povero "Clallum"» ridacchia «il tuo viso non le sembra troppo inglese, Calum Thomas Hood» sorride, mentre lui abbassa lo sguardo, preso dalla vergogna. 
«Ciao, Angel» la saluta imbarazzato da morire, cercando le parole adatte da dirle.
«Cels» lo corregge lei, facendogli alzare lo sguardo, il sopracciglio inarcato, la mano di lei sempre rivolta verso di lui «Angel è il mio... nome d'arte, ma mi chiamo Cels, Cels Lancaster» chiarisce lei, mentre lui le stringe la mano. 
«Cels... ossia Celeste?» azzarda.
«No, solo Cels» lo corregge ancora e lui non sa più cosa dirle. 
«Imbarazzato?» chiede diretta, senza sorridere, seria come non mai, intenta a farlo morire di vergogna.
«Credo di doverti delle scuse, ieri ero... turbato» la peggiore giustificazione di sempre.
«Non preoccuparti, la tua caduta è stata la punizione perfetta» sorride beffarda, per poi dargli le spalle e pattinare lontana da lui.
Gli occhi di Calum continuano a fissare quel corpo che si allontana, continua a fissare i suoi movimenti, così sicuri, così esperti nel pattinare, come se stesse semplicemente camminando, come se il ghiaccio non fosse così scivoloso.
Le fissa le gambe, avvolte da dei leggins neri, si muovono così bene, i suoi piedi non sembrano volersi incontrare mai: non inciampa, non esita, il pattinaggio è qualcosa che le appartiene; le mani che vanno a ritmo con il resto del corpo, come se fosse tutto calcolato, come se fosse una melodia venuta bene, dove ogni cosa sembra avere un proprio ruolo.
E, Calum, affascinato da tutto questo, cerca di imparare a memoria quei passi, perché anche lui può farcela, ne è sicuro: ed ecco che lascia il bordo pista, le mani a mezz’aria come se si stessero tenendo a qualcosa di immaginario, le gambe dritte come bacchette, non osa piegare il ginocchio, muove solo i piedi e finalmente, si muove un pochino.
Si perde nuovamente a fissare la ragazza, si perde nuovamente a fissare il movimento delle sue anche e, cercando di non sembrare un maniaco, abbassa lo sguardo una volta capito il “meccanismo” per pattinare un po’ più veloce di una lumaca: ed ecco che la sua gamba destra azzarda un passo un po’ più grande, seguita dalla sinistra, seguita nuovamente dalla destra.
Ma Calum non è in grado di restare in equilibrio, Calum non sa dosare la lunghezza dei suoi passi, ed ecco che scivola di nuovo, cadendo all’indietro, facendosi male al didietro, che gli pulsa come non mai.
Merda. Impreca dentro di sé, trattenendo i suoi lamenti dovuti alla botta.
Una risata giunge alle sue orecchie, la ragazza è nuovamente vicina a lui.
«Oddio, ti sei fatto male?» le risate la bloccano, si porta la mano alla bocca per tentare di smetterla «Ti giuro eri da Youtube, che volo che hai fatto!» lo deride, mentre lui le rivolge un sorriso, cominciando a ridere a sua volta.
«Dai aiutami, credo che, dopo essermi rotto ginocchio e didietro, io meriti il tuo perdono» le suggerisce, ma lei sembra pensarci su.
«Troppo poco, Calum» sorride, mentre lui tenta di alzarsi senza successo.
«Sembri una tartaruga: hai presente quando cadono a pancia in su? Uguale» e Calum sospira: sta pagando per la sua cattiveria.
Ma lei gli porge nuovamente la mano, che lui afferra, stringe e come per vendetta, la trascina giù, facendola barcollare e poi cadere a sua volta su di lui: mossa troppo azzardata.
«Oh, ma guarda chi è caduta» si finge sorpreso, mentre lei lo fulmina con lo sguardo per tale affronto.
«So essere vendicativa» dice a denti stretti, ma lui ride, mostra la dolcezza del suo sorriso, gli occhi che diventano più piccini, le guance così tenere che viene voglia di accarezzarle.
«Mi farò perdonare, pure per la caduta» le dice e la vede arrossire, distoglie lo sguardo e tenta di rimettersi in piedi, aiutando pure lui, che ormai si è congelato del tutto a forza di stare per terra.
Quando sono una davanti all’altro, Calum può finalmente guardarla negli occhi: non è troppo piccolina, è perfetta e timida morire, dato che non osa sostenere il suo sguardo e comincia a giocare con le mani.
«Cels Lancaster quindi… e tua nonna gestisce questa pista?» le domanda, cercando di cominciare una conversazione, nel più orribile dei modi.
Lei annuisce: spiega che la pista è allestita solo da dicembre a febbraio, spiega che sua nonna è una volontaria, non viene pagata per dare i pattini alla gente.
«Ha settantacinque anni, direi che può fare a meno di lavorare» sorride.
«Tu lavori invece?» chiede ancora, lei ci pensa un po’.
«Cerco lavoro… ho lasciato gli studi esattamente ieri» il suo sguardo si rabbuia un po’ «L’università costa e i miei nonni… beh, mi scoccia fare la mantenuta, appena avrò soldi miei riprendo» abbozza un finto sorriso.
Calum si sente la persona più orribile del mondo: non solo l’ha offesa davanti a tutti, la sera precedente, ma l’ha fatto il giorno in cui lei ha abbandonato quel percorso che tanto le appartiene, ma che ha dovuto lasciare.
Sospira, cerca di sviare il discorso, il senso di colpa non riesce a reggerlo.
«Università… quindi… sei più grande di me» balbetta, lei annuisce.
«Ho vent’un anni, compiuti il 25 Gennaio» sorride ancora, mente lui spalanca gli occhi.
«Dai, non ci credo! Compi gli anni il mio stesso giorno!» esclama, lei annuisce.
«Al massimo: sei tu a compierli il mio stesso giorno, diciottenne» lo corregge e lui le sorride nuovamente.
«Cels! Ho bisogno di una mano qui!» una voce lontana richiama l’attenzione di lei, che si affretta a rispondere, rassicurando sua nonna.
«Devo andare» si rivolge a Calum che, tirando fuori il cellulare, si accorge di dover avviarsi anche lui, deve andare a mangiare e correre in studio dagli altri.
Si avviano insieme verso l’uscita della pista, Cels che tiene Calum per le spalle, lo spinge e ride, perché sembra incollato al ghiaccio, ma riesce nel suo intento e lo porta in salvo sulla terra ferma.
Lei è più veloce di lui a togliere i pattini, lo saluta velocemente e quasi scompare già dai suoi occhi ma, Calum, la richiama ancora e la ragazza si ferma a fissarlo.
«Se sta sera ci… trovassimo per… un gelato, dici che ti troverei davanti al Big Ben alle nove?» propone senza pensarci troppo e lei sorride.
«Come siamo coraggiosi, ieri mi insultavi, oggi mi chiedi di uscire… hai coraggio, davvero» ridacchia, mentre lui si lascia avvolgere da una tonalità di rosso sulle guance.
«Lo prendo come un sì?» bisbiglia, lei sorride ancora.
«Tu vai, se mi vedi arrivare… allora è un sì» e si allontana da lui, lasciandolo un po’ sorpreso dalla risposta, lasciandolo senza parole per ribattere: mai si sarebbe aspettato una cosa del genere.
 
Alle tre in punto, Calum varca la porta dello studio.
Ad accoglierlo, un Ashton intento a fare un Keek, un Luke perso con la sua chitarra che tenta di evitare di essere ripreso dalla telecamera e un Mike seduto su una poltrona a giocare con l’Xbox: un quadretto proprio niente male, per essere una band che sta per cominciare un tour faticoso e che dovrebbe iniziare le prove invece di perdere tempo.
«Calum! Sei Calum, vero?» lo acclama Ashton, bloccando il cellulare, facendolo ridere.
«No, sono Thomas» ribatte il moro, ridacchiando, avvicinandosi loro e prendendo posto su una sedia.
«Thomas ci sta in culo, sii te stesso per piacere» dice Michael, senza togliere lo sguardo dallo schermo, troppo concentrato.
«Sto meglio ora, avevo bisogno di dormire» si giustifica, guardando i suoi amici, ancora intenti a far nulla.
«Beh? Non iniziamo?» li interroga: Luke fissa l’orologio sopra la porta.
«Appena arriva cominciamo» annuncia, per poi riprendere a strimpellare con la chitarra.
Calum inarca il sopracciglio: arriva chi? Cosa?
«Mi sono perso qualcosa?» chiede ancora, ma non riceve risposta.
Alle tre e cinque in punto, si sente bussare alla porta: ad aprirla è Ashton, Luke si alza dalla sedia, Michael spegne tutto alla velocità della luce… perché tanta fretta? Perché tutti si sono rizzati in piedi? Chi sta arrivando? La Regina per caso? Calum non capisce.
Ma le sue domande non hanno lunga durata, dato che quegli occhi, quella treccia, quel cappotto grigio si presentano, di nuovo, davanti a lui.
«Cels?» domanda, il tono della sua voce trema, è stupito.
La ragazza rivolge un sorriso, lo saluta con la mano «Da quanto tempo, Calum» ironizza, confondendo gli altri presenti.
«Vi conoscete già?» li interroga Ashton, che richiude la porta e fa cenno alla ragazza di avanzare.
«L’ho vista meno di due ore fa…» balbetta il moro, senza dare ulteriori dettagli.
«Beh, meglio! Così non servono le presentazioni» conclude Michael, avvicinandosi a lei e offrendosi di appenderle il giubbotto: la ragazza arrossisce, con movimenti goffi se lo toglie e glielo porge, sotto lo sguardo incredulo di Calum, che è disorientato come non mai.
«Ma… che ci fa lei qui?» domanda ancora, a rispondere, è Luke.
«Ieri sera, quando te ne sei andato, le abbiamo proposto di venire a provare oggi…» ci gira attorno, ma Calum ha già capito dove vuole andare a parare: le hanno chiesto di essere colei che aprirà i loro concerti, senza neanche prendere in considerazione la sua opinione, senza neanche considerarlo un membro della band, hanno deciso senza di lui e, la cosa, lo sta innervosendo, lo fa arrabbiare un po’, ma non deve permettersi di esplodere, non davanti a lei, di nuovo, non dopo averla pure invitata ad uscire!
«Non ho ancora accettato, non preoccuparti, Calum» interviene lei, come se lo avesse letto nella mente, spiazzandolo ancora, lasciandolo nuovamente senza parole da dire.
«Su non farti pregare, a noi farebbe molto piacere, vero Calum?» il suo nome detto con quella voce, Ashton lo sta fulminando con gli occhi: si limita ad annuire, si volta e raggiunge il suo basso, se la guarda ancora è la volta buona che sprofonda per terra dalla vergogna.
Ma come Calum ha sempre pensato, Cels non è esattamente il tipo di supporto che serve loro: non ha canzoni scritte da lei, o almeno così sembra, ha solo tante cover, molte di queste fatte anche un po’… non troppo bene; le tre ore che seguono, si sono basate soprattutto sull’aiutare lei ad intonare la sua voce, ad aiutarla ad esercitarsi con il diaframma: tutte cose che Calum si è limitato a fissare, incredulo, perché i suoi amici stanno perdendo un sacco di tempo per una persona che non è in grado di affrontare un tour.
Non capisce cosa li spinga ad essere così gentili con lei, non capisce perché Michael le insegni a stare più dritta quando canta, non capisce perché Luke si ostini ad usare pure il pianoforte per farla arrivare a quella nota alta, non capisce perché Ashton si ostini a ripeterle quanto gli farebbe piacere averla in tour.
Calum sbuffa, non li capisce proprio e non si sente in dovere di intervenire, lui che di canto, poi, ne sa ancora meno: la sua voce viene e basta, non ha bisogno di troppi aiuti.
«Cels avanti, non mentire, cantaci qualcosa di tuo» la incita Ashton, mentre lei abbassa la testa, rossa in viso: Calum la fissa, curioso, forse non sono proprio sull’orlo della disperazione.
«M-magari… un’altra volta» dice balbettando, imbarazzata, piena di vergogna: guarda l’orologio e come presa dal panico, si alza dalla sedia, cominciando a scusarsi, ma deve andarsene, ha una cosa da fare, non può fare tardi.
I ragazzi annuiscono, le sorridono ancora, la rassicurano, la trattano con fin troppo amore: nascondono qualcosa, c’è qualcosa per davvero, Calum sente questa sensazione.
Salutano Cels, la quale volge uno sguardo verso il moro, un sorriso appena accennato, per poi uscire e lasciarli nuovamente soli.
«Ho solo tre parole da dirvi» dice Calum «Siete degli idioti» e i suoi amici scoppiano a ridere, chiedendo il motivo di tale dimostrazione d’affetto.
«Punto primo: grazie per avermi ascoltato; punto secondo: vi rendete conto che lei non va bene per noi, vero? No, perché noi dovremmo fare delle prove per il nostro tour, non per aiutare la cantante di supporto!» si porta le mani tra i capelli.
«Terzo ed ultimo punto: spiegatemi con che faccia mi presento tra tre ore, dato che le ho chiesto di uscire con me!» una risata generale si innalza in quelle pareti: Calum si è messo nei guai con le sue stesse mani.
 
 



Note di Nanek

Sono pure in anticipo: un applauso a me =)
TANTI AUGURI ASHTON! <3 anche se non è il protagonista di questa storia lol
I 5SOS FANNO UN TOUR E A BREVE ESCONO I BIGLIETTI, ho voglia di mettervi ansia, sì.
SATELLITES è ANCORA IN PREPARAZIONE: questo ve lo dico perché in molte mi chiedete info a riguardo, non preoccupatevi, arriverà, e quando arriverà, vi informo per messaggio, se avete notato devo ancora rispondere alle recensioni di No Heroes Allowed ed è proprio per questo, quando lo faccio è per avvisarvi che la FF a 4 mani sta arrivando =)
Il nostro Cal si sta mettendo in casini colossali, non trovate? :D lol
Vi ho fregate con il nome della tipa :D il suo nome è Cels Lancaster e… ha molti misteri, ve lo posso garantire ;)
Un grazie di cuore alle 15 preferite, 20 seguite e quella unica persona che ha messo la storia tra le ricordate <3 grazie alle 9 recensioni <3 grazie per aver dato una possibilità pure a questa storia, che è veramente un po’ sempliciotta, ma almeno l’attesa di Satellites non diventa straziante ;)
Un grazie davvero per ogni cosa che fate <3 io scappo =)
Ci vediamo settimana prossima <3
Nanek

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Capitolo 3
*** Keep that smile ***


Capitolo 3

Keep that smile
 
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I'll be there when you're insecure, 
Let you know that you're always lovely. 
Girl, cause you are the only thing that I got right now.

 
 
«Calum sei un ruba cuori insomma! Bravo il nostro piccolino» lo deride Michael, abbracciandolo e baciandogli la guancia, nonostante le lamentele del moro.
«Quanto dolce sei? Dove la porti? Dai coinvolgi i tuoi amici nei tuoi intrighi amorosi» dice Ashton, sedendosi sulla poltrona, come in attesa.
«Pensavo di vederla per fare un giro! Non pensavo di vederla qui! Con noi! Voi siete idioti» li insulta il ragazzo, portandosi troppo spesso le mani tra i capelli: che figuraccia, che figuraccia.
«Ma, così, fai amicizia con lei e durante il tour non ci sono problemi» suggerisce Luke, mentre l’amico scoppia in una risata isterica.
«Certo, il tour! Siete davvero… stupidi» li offende, cominciando ad esporre tutte le sue idee contro di lei: non ha canzoni, non è preparata, non è adatta, non può sopportare un tour, non ha neanche idea di cosa voglia dire, non possono davvero credere di portarla con loro, è un suicidio, li porterà alla derisione.
«Ecco che viene fuori Thomas…» alza gli occhi al cielo Michael.
«No, questa è la voce della verità! Dico, voi avete presente come eravamo noi? Noi ci siamo fatti il mazzo porca miseria!» esclama, ma nessuno sembra voler dargli ascolto, tutti sospirano, sospirano e gli danno dello stupido, perché lui non capisce, perché lui è solo tanto acido e in astinenza da sesso.
«La volete smettere?! Io mi chiedo cosa vi siete fumati!» si arrabbia ancora di più: se loro capiscono, allora che parlino, che dicano il motivo di tale interessamento per la ragazza.
E Luke, si fa avanti, con il suo portatile.
Lo schermo è sintonizzato su un canale Youtube: Angel93, un video, una ragazza a lui familiare.
Angel suona, una tastiera bianca davanti a lei, una melodia che Calum ormai è stufo di sentire: sempre la solita She will be loved, sempre la solita storia, ma con una differenza, la voce di Angel è decisamente migliore di quella sentita la sera precedente.
La sua voce è potente, mette i brividi, è una voce bellissima e trasmette qualcosa bello in chi l’ascolta; ma Calum non si lascia abbindolare, è solo una cover, non possono portarsi dietro una ragazza che non ha canzoni proprie.
Ma ecco che Luke, schiaccia un pulsante e parte un nuovo video, dove la stessa Angel93, canta una canzone, senza titolo: spiega che è sua, spiega che è dedicata a una persona importante, il video la riprende, mentre suona e canta, per poi spostarsi, inquadrarla in giro per un parco, mentre cammina da sola, mentre sorride appena; vengono inquadrati posti stupendi che vanno dall’autunno all’inverno e lei c’è sempre, lei canta, un video fatto da lei e basta, che si conclude con Cels che torna verso un pianoforte messo in una sala buia, dove solo lei è illuminata e continua a cantare.
Le parole di quella canzone sono… tristi.
La canzone è un mix di malinconia e felicità: è nominato sempre un “lui”, sono nominati occhi azzurri e capelli neri, sono nominate mani pronte a salvarla, sono nominate ali che la portano lontana da quello che la circonda, sono nominate stelle lontane e addii inevitabili, questa canzone nasconde qualcosa, nasconde un messaggio che, Calum però, non riesce a cogliere; ma, nonostante questo, sente dentro di sé una sensazione di vuoto nello stomaco, sente il cuore battergli più forte ad ogni ritornello, sente quella punta di nostalgia battergli sul petto.
«Sei ancora convinto che non valga nulla?» lo interroga Luke, mentre l’altro abbassa lo sguardo, dandosi dello stupido per non aver guardato prima in Youtube.
«Secondo noi ha altre canzoni, non è da buttare, ha solo bisogno di riprendersi» dice Michael, Calum inarca il sopracciglio, riprendersi da cosa?
«Frequentava l’Università di musica più prestigiosa di tutta Londra, il suo livello era tra i migliori… problemi economici» spiega in breve, il moro ricorda le sue parole al parco: l’Università lasciata, la voglia di potersi pagare da sola gli studi.
«La voce ce l’ha, ha solo bisogno di… un amico forse? Ha bisogno di essere incoraggiata» ipotizza Ashton, fissando il moro, che si sente preso in causa.
«Okay, okay. Ho capito, voi avete ragione e io torto» non vuole sentire altri rimproveri «Sta sera la convinco a stare con noi, promesso» annuncia, notando un sorriso generale.
«Su, adesso vai a lavarti, Cal, puzzi da far schifo, hai un appuntamento tra meno di tre ore!» lo deridono, facendogli alzare gli occhi al cielo: i ragazzi sono sempre i soliti.
 
 
Il Big Ben scocca le nove in punto.
Calum è sul ponte, fissa London Eye illuminata di blu, i gomiti appoggiati, le mani a pugno a raggere il viso.
Nella sua testa, rimbombano le note musicali di quella canzone.
Ci pensa, ci ripensa, le canticchia dentro di sé, sono così belle, sono così magiche, sono dedicate ad un ragazzo, non ha dubbi, ma un ragazzo speciale, sicuramente non una vecchia cotta di Cels, ci sono troppe parole che negano una possibile relazione: lei canta parole d’affetto, di abbracci, di baci sulla punta del naso, forse è lui che non vuole pensare ad un ipotetico fidanzato della ragazza, ma niente lo conduce a pensare a una storia d’amore finita male, quella canzone ha qualcosa di diverso, ha una sfumatura sotto, che è la chiave di tutto, ne è sicuro.
«Non pensavo che, dopo questo pomeriggio, ti facessi vivo» lo distrae una voce, facendogli alzare lo sguardo: lei è qui.
«Allora era un sì, quello di oggi» ribatte lui, facendola sorridere imbarazzata «E comunque, perché non dovrei? Ormai sei parte della famiglia» dice socievole, ma lei lo guada storto.
«Proprio tu parli? Se vuoi ti faccio un’imitazione: la tua faccia toccava il pavimento quando ho varcato la porta» lo deride, portandosi le mani sulle guance, la bocca a “O”, gli occhi al cielo: Calum ride.
«Ho giudicato senza… aver ascoltato» si dà la colpa, lei sbuffa: aveva detto chiaramente a Ty di non dare più a nessuno il nome del suo profilo Youtube.
«I ragazzi sanno essere persuasivi» le dice lui, facendole l’occhiolino, mentre lei continua a maledire il suo amico Dj: deve smetterla di credere in lei, deve smetterla di acclamarla come se fosse una star, lei non è più quella di una volta, se ne è resa conto e quel profilo è solo un lontano passato.
«Hai messo il video circa due mesi fa, non è così passato» la riprende Calum, per poi mettersi sulle spalle la chitarra che ha appoggiato per terra.
«Vieni, io e la tua voce abbiamo bisogno di chiarimenti» sorride dolce, prendendole la mano, trascinandola con sé verso la metro: Hyde Park è la loro meta.
 
 
Il silenzio e il buio li avvolgono.
I loro passi, che calpestano qualche foglia, sporcano quel silenzio tombale, nessuno dei due parla, sembrano imbarazzati, sembrano insicuri, eppure: lui deve aiutarla e convincerla a partecipare al loro tour, mentre lei deve dare il meglio di sé per convincere il quarto membro di quella band, l’unico che, ancora, tende a non essere fiducioso nelle sue qualità.
I loro pensieri sono rumorosi, pulsano nelle loro menti, fanno scorrere agitazione e adrenalina nelle loro vene, i loro passi si interrompono non appena arrivano ad una panchina.
«Qui andrà bene» annuncia il ragazzo, prendendo posto e tirando fuori la chitarra.
«Cosa mi canti, Angel?» le chiede, controllando che le corde siano perfette; lei risponde che vuole cantare la solita canzone, quella che Calum ha sentito al Karaoke, quella che ha sentito in Youtube.
«Ormai mi dà la nausea “She will be loved”» annuncia ma lei fa spallucce, quella canzone le appartiene.
«Dai, comincia» sbuffa lui, cercando di ricordare gli accordi.
E la voce di Angel, riempie il silenzio del parco, avvolge Calum che suona davanti a lei, dà calore in quell’atmosfera così fredda: ma quando arriva al ritornello, perde un po’ di magia, diventa fioca, perde importanza, il ragazzo si ferma e glielo fa notare.
Non può fare quello che sta facendo, non può trascurare in questo modo il ritornello, è la parte più significativa di una canzone, il ritornello di “She will be loved” è ancora più importante di tutte le altre canzoni al mondo, è un inno all’amore, è un inno alla salvezza, alla speranza, bisogna cantarlo sicuri, bisogna credere in quel che si dice, bisogna saper trasmettere quel messaggio che i Maroon 5 hanno messo in quelle parole.
«Cioè, tu hai una voce degna di essere ascoltata, usala. Usala e fammi emozionare, usala e fammi capire che lei sarà amata davvero da qualcuno: come la canti tu sembra una bugia, sembra la classica storia della ragazza che viene amata e bla bla bla, tutte balle. Dimostrami che non è così, dimostrami che c’è speranza per questa lei, fammi sentire la tua voce, per piacere» la incita, battendo a tempo con il piede, suggerendole di alzarsi in piedi, davanti a lui e di riprendere dal ritornello.
Cels tossisce un po’, come a schiarirsi la voce e, quando riprende, ecco che la magia la avvolge di nuovo.
La voce di Cels esce fuori più potente, la sua voce, finalmente, si fa sentire per davvero: e Calum sorride, di fronte a tale spettacolo, Calum sorride perché è felice di essersi sbagliato su di lei, perché lei è davvero come la definiscono gli altri e lei si merita una possibilità.
Ma quella voce, all’ultimo ritornello, viene spezzata da un singhiozzo.
Cels si porta le mani sul viso, singhiozza, facendo alzare il ragazzo dalla panchina: le si avvicina, l’accoglie in un abbraccio, continua a sorridere, inizia a sussurrarle i suoi complimenti, il suo stupore, la sua incredulità di fronte a quella voce.
«Sei micidiale quando canti. Però… se piangi ai concerti non credo sia divertente» le consiglia e la sente ridacchiare appena.
«Non lo farò più, lo giuro» dice lei, balbettando, ma lui non osa chiedere altro a quella ragazza, hanno ancora tanto tempo da passare insieme, ed è convinto che tutto verrà da sé.
«Cantiamo insieme, vuoi?» le propone, mentre lei si asciuga le lacrime con un fazzoletto ed annuisce.
«Conosco un posto più caldo di questo» dice ancora sorridendo, si incamminano per le vie.
 
 
Quando Ty la vede entrare, in compagnia del ragazzo moro che è uscito con una nuvola nera in testa, l’accoglie con lo stesso calore di sempre.
Si sorprende, quando lei gli dice di voler cantare una canzone diversa dal solito ma, sorridendo, comincia a cercare il nuovo titolo da lei richiesto.
In quel locale di Londra, Calum e Cels cantano una canzone a loro cara, perché creata dai loro idoli: Chris Brown, Justin Bieber, Next to you.
«Justin Bieber… voi femmine» alza gli occhi al cielo il moro, beccandosi come punizione un pizzicotto sul braccio da parte di lei, che mette un finto broncio e si porta le braccia incrociate sul petto, per poi scoppiare a ridere e volgere lo sguardo verso lo schermo.
Calum canta, con una semplicità da farle quasi invidia, canta e sorride, le sue guance sono quelle che tutte le fan vorrebbero baciare o semplicemente toccare, gli occhi marroni si fanno piccoli piccoli quando ride, la sua espressione è così dolce che viene voglia di stringerlo e non lasciarlo mai andare.
Impugna il microfono, la sua voce è così perfetta, è così unica, che la imbarazza da morire, la fa sentire così ordinaria, così poco speciale, che quasi si dimentica di cantare la sua parte: ma la sua voce riesce a recuperare, la sua mente si concentra di più, cerca di stare al passo, cerca di evitare altre figuracce davanti a Calum Thomas Hood.
Lui sorride ancora, non sembra neanche essersi reso conto del suo ritardo, è troppo felice per notare certe sciocchezze: lui, in un palco, per quanto piccolo possa essere, è su un mondo tutto suo, dove riesce ad esprimersi al meglio, dove la parte migliore di lui viene fuori in modo così semplice che neanche si accorge che Cels sta rabbrividendo ad ogni sua parola, rabbrividisce e si sente le gambe molli.
Quando arriva il ritornello, poi, lui la guarda e quegli occhi le stanno dicendo chiaramente di fargli sentire quella voce che tanto nasconde.
Fammi emozionare.
Fammi sentire che quello che dicono non sono bugie.
Dimmi che ci sarai quando sarò insicuro.
Dimmi che sei davvero l’unica cosa che ho ora.
Dimmi che anche se il cielo si distruggerà, tu sarai vicino a me.
Dimmi che nulla si metterà in mezzo a noi.
Dimmelo, perché il tuo sorriso è stato fatto dal paradiso.
Dimmelo perché con te non ho paura.
E Cels canta, Cels ritrova quel tassello che le manca per poter esprimersi al meglio, per poter dar più voce a se stessa, a quello che tiene dentro, a quelle emozioni che lei sa dare, anche se tende a nasconderle, a sopprimerle.
Cels e Calum cantano, arriva anche l’ultima parte della canzone: e lui le prende la mano, le sorride, è fiero di lei e di quello che ha appena cantato.
Si alza un applauso generale per loro due, Ty è ancora più emozionato e fischia come un matto, Cels sorride a quel ragazzo moro che, non appena la canzone finisce, l’abbraccia forte portandole il braccio attorno al collo e baciandole la guancia; lei non può far altro che ricambiare, stringendolo, inebriandosi e beandosi di quel suo profumo così buono, nascondendo il viso sulla sua spalla.
Cels Lancaster sarà amata, lei ne è sicura per davvero.
 
 
 


Note di Nanek
 
Sono davvero qui a distanza di così pochi giorni? :D
Sapete il motivo? ;) beh, ve lo svelo dopo, andiamo per grandi ;)
L’apparenza inganna insomma, la nostra Cels non è proprio l’ultima arrivata in fatto di musica, ha frequentato un’Università MOLTO prestigiosa, ha canzoni sue e pure un canale Youtube che Calum non ha pensato di cercare: allocco di un kiwi :D
C’è questa canzone senza titolo che parla di un Lui, c’è questa She will be loved che Calum ormai non riesce più ad ascoltare a forza di sentirla… ci sono tanti misteri dietro la figura della nostra Cels, misteri che, vi prometto, verranno svelati ;)
Chi vuole fare supposizioni? :D di chi parla quella canzone senza titolo? A voi la parola ;)
Non odiatemi per aver messo Justin Bieber e Chris Brown ma… Chris è l’idolo di Calum, ci stava, e questa canzone… beh a me piace davvero tanto, mi tocca l’anima ed è, a mio parere, un buon modo per far aprire Cels =)
Detto questo, passiamo al motivo per cui sto aggiornando come una matta, dato che, sono sincera, voglio finire questa storia abbastanza velocemente :D
A parte il fatto che ho Satellites <3 ma questa long non c’entra, dato che sarà davvero tanto lunga… la ragione per cui voglio velocizzarmi un po’ è che: LA MIA MENTE IDIOTA HA ELABORATO UN’ALTRA MINI LONG.
Perché sono così emozionata? Perché è su MICHAEL.
Sì, avete letto bene, su Mike <3333 e… giuro non vedo l’ora di mostrarvela =)
La sto scrivendo e, non appena concludo questa, inizia l’altra ;) oddio sono tutta un’agitazione da chilo!!! <3333
Bene, annunciata pure sta cosa, io ci tengo a ringraziare tutte voi, questa storia (che a me continua sembrare un po’ sempliciotta) la state “amando” e… non so, sono felice di questo <3
Grazie a tutte voi che mettete la storia tra le preferite/ricordate/seguite <3 grazie per le recensioni troppo buone che ricevo e che so di non meritare <3
Siete speciali, tutte voi <3 e vi voglio un bene dell’anima <3
Ci vediamo molto presto con l’aggiornamento di questa storia, per quanto riguarda Satellites, credo che ci vedremo martedì ;)
Grazie ancora di cuore <3
Nanek
 

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Capitolo 4
*** More than this ***


Capitolo 4

More than this

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I'm just a sucker for anything that you do.
And I'm stuck in the friend zone again and again.


Da quella serata al Karaoke, sono passati già cinque e lunghi mesi.
Cinque mesi pieni di emozioni di ogni tipo, pieni di lavoro da fare, pieni di corse da una città all’altra, pieni di fan urlanti, pieni di luci, pieni di note musicali, pieni di tutte quelle cose che il tour sta dando loro, facendo battere i loro cuori, facendo andare in circolo l’adrenalina necessaria, facendoli sorridere davanti alla loro fortuna.
Michael, Calum, Ashton e Luke, stanno vivendo il loro sogno, lo stanno vivendo davvero e nulla potrebbe essere più perfetto di così, nulla.
La parte Europea è quasi agli sgoccioli, l’America li aspetta, per poi volare a casa, nella loro terra, l’Australia.
E con loro, la loro cantante di supporto, le cose non potrebbero essere più felici di così: Cels, Angel per i suoi fan, dà ottimi risultati, sul palco comincia a sentirsi più a suo agio, ogni data che passa è sempre meno imbarazzata, è più sciolta, si trova bene di fronte a tutta quella folla, si trova bene a cantare, la sua voce emoziona le ragazze che l’ascoltano, alcune di loro piangono al sentire le sue parole, altre alzano il cellulare illuminato in quell’oscurità, per dare quell’effetto che fa luccicare gli occhi alla cantante stessa.
Cels canta, parla con il suo pubblico, accompagna il suo momento con voce e pianola, la sua pianola bianca, che suona con naturalezza, che la rende ancora più unica e speciale, non solo agli occhi delle fan…
Calum crede di essere sempre più dipendente da quella ragazza dai lunghi capelli biondi e gli occhi di ghiaccio, Calum, invece di prepararsi per un nuovo show, scaldando la voce, se ne sta nascosto per poterla spiare, per poter sentirla cantare: quella voce, che tanto aveva sminuito, è diventata la sua droga, è diventata una cosa di cui ha bisogno spesso, come se fosse meglio dell’ossigeno o della Vegemite, o addirittura del suo basso: Cels Lancaster è riuscita è travolgerlo con prepotenza, senza dargli il tempo di chiarire i suoi sentimenti, lei lo ha devastato, come un vortice l’ha preso con sé, senza neanche rendersene conto.
Calum, quando non ha impegni con la band, passa tutto il tempo possibile con lei, le sta accanto, si offre di darle una mano con le nuove canzoni che lei sta scrivendo, tenta di conoscerla sempre un po’ di più, tenta di entrare in un rapporto più chiuso e speciale, al quale ha accesso solo lui.
L’infanzia di Cels non gli è ancora troppo chiara, quella canzone che lei canta ogni sera, la stessa canzone del video in Youtube, ancora non ha un significato preciso, lei non si è ancora lasciata andare, lei non si è ancora aperta del tutto e lui lo sa, lui aspetta, non ha fretta di lasciarla andare, lui è sicuro di avere tutto il tempo che gli serve per poterla capire.

Questa cotta per lei gli costa parecchie prese in giro, questa cotta per lei è fonte di numerose derisioni da parte dei suoi amici di band.
I soliti giochetti stupidi, i soliti nomignoli come “innamorato” “piccioncino” urlati davanti a lei, urlati per provocare rossore sulle guance di lui, che dopo aver fulminato l’artefice di quelle sciocchezze, abbassa lo sguardo chiedendo scusa, mentre lei sorride.
I suoi amici sono idioti, lui lo sa bene, ma sono anche i primi a dargli una mano con questa situazione: tutti che ripetono le stesse cose, tutti che lo incitano a essere un po’ più diretto con i sentimenti.
Lo incitano a comprarle regali, lo incitano a comprare delle rose o qualsiasi altro tipo di fiore, lo incitano a scrivere qualcosa per lei, lo incitano a darsi una mossa prima che il tour finisca.
Ma, Calum, non vuole sentire ragioni: non le comprerà mai quel braccialetto che Ashton gli ha consigliato, non comprerà mai quelle rose rosse che Michael gli ha fatto notare per la via, non le scriverà mai una canzone come ha sussurrato Luke una notte, mentre si perdevano nuovamente in questi discorsi…
Eppure, Calum, nella tasca del suo giaccone, ha un pacchetto regalo con la carta blu e il fiocco bianco, un'etichetta dorata incollata vicino al fiocco, l’etichetta che riporta il nome di quella gioielleria, la gioielleria del braccialetto: il braccialetto che ha comprato mesi fa, un braccialetto con i brillantini e un ciondolo a forma di nota musicale, il braccialetto che non ha ancora il coraggio di darle.
Calum ha, nel sacchetto della spazzatura, mazzi di rose rosse, mazzi di girasoli, di tulipani di tutti i colori: fiori che non è mai riuscito a darle, perché preso dalla vergogna, perché preso dall’imbarazzo più totale.
Calum sulla scrivania ha fogli di mille tipi: tra quei fogli, si nascondono pezzi di post it, post it con poche frasi scritte, frasi che, insieme, formano la canzone che sta scrivendo per Cels; la canzone che canticchia a bassa voce, la canzone che ha già tutto pronto, compresa la melodia, la canzone che, però, lui non le canterà mai, perché è un codardo, perché è terrorizzato da morire dalla parola “rifiuto”.
Non si sente abbastanza pronto per compiere quel gesto: dichiararsi.
Non si sente pronto, né tanto meno all’altezza: Cels è troppo… perfetta per uno come lui.
E come ogni innamorato, il suo cervello si riempie di mille paranoie, paranoie che non lo fanno dormire, paranoie che lo distruggono: sono brutto, ho il naso enorme, sembro asiatico anche se non è vero, i miei capelli sono orribili, forse dovrei farmi biondo, magari dovrei avere gli occhi azzurri, forse dovrei usare le lenti a contatto colorate, forse dovrei allenarmi di più, forse il mio fisico non è dei migliori, forse dovrei essere più alto, forse dovrei avere la barba, forse dovrei avere la voce più roca e virile.
«Sì, Cal… vuoi diventare Luke Hemmings, lo abbiamo capito» lo prende in giro Michael, quando il moro confessa le sue ansie.
«Lo sanno tutti che “biondo occhi azzurri” è l’ideale di ogni femmina» risponde affranto Hood, che si siede sul divano sospirando.
«Cels magari non è una femmina qualunque, non credi? E smettila di dire “femmina”, primitivo» lo rimprovera Ashton, che si passa la mano tra i capelli «I castani occhi verdi sono uno sballo, altro che biondi» si vanta un po’, facendo scoppiare a ridere i suoi amici, tutti tranne Calum, che si sente di nuovo preso in giro.
«Infatti Luke ha più followers di tutti noi, infatti Luke ha mille biglietti di fan che vorrebbero finire a letto con lui… la mia teoria è più che giusta» dice ancora il moro, mentre gli altri cominciano a ribattere: fanno a gara di chi ha più biglietti, fanno a gara di chi ha più corteggiatrici… discorsi che Calum non ascolta, perché avvolto dai suoi pensieri, mentre Luke lo fissa da lontano, con aria triste e persa: il suo amico lo sta invidiando, il suo amico è sul punto di voler essere diverso da quello che è per una ragazza, non è esattamente il massimo.
Calum lo vede avvicinarsi, Luke si siede vicino a lui e, abbracciandolo, dice quelle parole sincere «Anche io voglio essere come Calum, d’ora in poi mi tingo i capelli di scuro e uso le lenti colorate marroni» annuncia, sentendo gli altri ridacchiare «Non essere sciocco Cal, sei una persona unica e meravigliosa, a Cels piaci sicuramente come sei. A me, neanche mi calcola! Posso giurarlo» spiega, sentendo l’amico rilassarsi un po’ a quelle parole.
E meno male che al mondo esistono persone come Luke Hemmings, persone pronte a tutto pur di farti sentire felice e orgoglioso di te stesso, persone in grado di farti sorridere in ogni istante, persone uniche che, grazie al cielo, fanno parte della tua vita.
«Questa sera le parlo» annuncia il moro, per poi alzarsi e andare a cambiarsi: lo show di Cels inizia tra meno di mezz’ora, lui non deve perderselo.
 
Calum ha appena finito la sua ennesima tappa, sta scendendo verso il backstage, dove è sicuro che ad aspettarlo, ci sarà lei, Cels: le ha dato “appuntamento” per parlare un po’, lei ha accettato senza problemi l’invito del suo amico e, Calum, ha pregato in tutte le lingue che il concerto finisse presto.
La vede, lo sta guardando scendere dalle scale, gli rivolge un saluto con la mano, lui avanza verso di lei quasi con ansia.
«Cels!!» urla un ragazzo, facendo distogliere lo sguardo alla ragazza che, voltandosi, viene travolta da due braccia, che l’avvolgono, la sollevano da terra, la fanno girare: un ragazzo biondo platino, gli occhi verde smeraldo, sta abbracciando la sua Cels.
Calum spia l’intera conversazione da lontano, non sente quel che si dicono, ma i loro sguardi parlano da soli: quei sorrisi ebeti, tutto quel contatto, lui le tocca i capelli, le accarezza le guance, lei arrossisce, sorride nervosa, mentre Calum trattiene una risata isterica, per fortuna che lei era una femmina diversa dalle altre.
E Calum si sente frustrato, si sente accecato dalla gelosia, si sente un idiota, si sente ridicolo a stare lì: ha il cervello andato, non connette bene, è solo tanto arrabbiato, tanto confuso; e quando l’amore ti travolge così tanto, non ti fa capire nulla, ti fa vedere cose strane, sciocche, alle quali dai retta, senza pensare ad altre possibilità, senza considerare il fatto che si sta fraintendendo, senza vedere altre via di fuga.
Calum, in quel ragazzo, vede tutto quello che gli manca, vede il suo futuro con Cels: se li vede già sposati con tre figli, se li vede felici nella loro villa a due piani, felici e senza bisogno di lui.
Il colpo di grazia, lo dà l’ultima cosa che appare davanti ai suoi occhi: il ragazzo che porge a Cels un biglietto, la fine di tutto.
Sente il rossore salirgli in faccia, sente il battito cardiaco rimbombargli in testa, sente l’agitazione farsi avanti, le mani che tremano, le gambe che vogliono correre via, la vergogna che sale a non finire e le prime imprecazioni che cominciano ad urlare dentro di lui: come ha potuto innamorarsi di una come lei? Come ha potuto essere così stupido?
Corre lontano da quella scena, corre via nonostante Luke lo stia tenendo per la maglia: deve lasciarlo in pace.
«Calum, respira ti prego!» lo incita l’amico, terrorizzato da quello che potrebbe fare.
«Vaffanculo! Lasciami stare, Hemmings!» esclama a voce troppo alta per non essere sentito, tanto che Cels si volta verso di lui.
«Quella lì la voglio fuori! Avete capito tutti? Fuori! Non la voglio più in mezzo alle palle per questo tour!» urla più forte, come a volerle far sentire la sua rabbia, la sua ira, la sua pazzia.
«Calum per piacere, vuoi darti una calmata? Non c’è motivo di agitarsi così tanto» lo rimprovera Ashton, anche se dentro di sé prova terrore al sentire quelle parole, Calum non le pensa davvero, ne è certo, ma sta ferendo Cels, senza motivo.
«Deve sparire. O sparisco io» ringhia ancora, allontanandosi dal gruppo, andando verso l’uscita.
Una mano gli afferra il braccio, quando si volta, quegli occhi di ghiaccio lo stanno fissando, sono lucidi, sono spaventati.
«Cal? Che succede?» chiede quella dannata voce che lui ama, quella voce che è come una droga, quella voce che è la sua rovina.
«Fatti i cazzi tuoi, Lancaster» taglia corto, scappando dalla sua presa, correndo via da quegli occhi chiari, correndo via da quello che ha appena combinato, dandosi dell’idiota ad ogni passo che fa, ad ogni metro che mette tra lui e Cels.

Che gli è preso poco fa?
Che è successo al solito Calum?
Perché quella rabbia?
Perché quella reazione esagerata per un foglietto?
Perché esplodere?
Perché andare fuori di testa?
Perché io la amo.
Perché io le ho comprato un braccialetto.
Perché ho comprato tutti i fiori più belli per lei.
Perché io ho scritto una canzone per lei.
Perché vorrei essere io destinato a lei.
Perché vorrei essere io quel biondo, occhi smeraldo.
Perché vorrei essere considerato anche io come un ragazzo da frequentare.
Perché sono stanco di esserle amico.
Perché credo di meritarmi di essere felice.
Thomas.
Maledetto Thomas, pure questa volta mi hai fatto apparire come una persona orribile.
E grazie a te, ora l’ho persa per sempre.




 
 
Note di Nanek

Della serie: datti na calmata Hood, è estate, beviti una camomilla (frecciatina a No Heroes Allowed lol) e respira.
Lol, bello che nella prima parte il Calum è un orsetto e nella seconda è una specie di pazzoide assatanato lol
Ma l’amore è qualcosa per pazzi, non a caso l’hanno creato i matti u.u
E Calum esplode così: ma niente panico, suvvia ;)
Quasi non si nota che voglio finire al più presto sta FF eh? ;)
Ma quella di Mike è.. è… beh insomma!! Io voglio farvela vedere e quindi mi devo dare una mossa a finire qui!!
Per Satellites, ci vediamo mercoledì :D così intanto leggete qua senza fretta =)
Ringrazio tutte coloro che continuano a mettere tra le preferite/ricordate/seguite questa mini long e grazie di cuore alle 9 stelline che hanno recensito <3
Grazie davvero per avermi dato ancora un’ulteriore possibilità, siete troppo buone <3
Bene, io scappo :D ma tornerò molto presto ;)
Grazie ancora <3
Nanek

 

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Capitolo 5
*** You and I ***


Capitolo 5

You and I
 
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Settle down with me 
Cover me up 
Cuddle me in 
Lie down with me 
Hold me in your arms 
 
Calum ha appena guardato l’ora sul suo cellulare quando la porta di camera sua si apre: a mezza notte e sedici, un’ombra si fa avanti.
Non è l’ombra dei ragazzi, sono più alti di lei, i loro capelli sicuramente più corti, il loro profumo più mascolino, non odorano di vaniglia, come lei ma, soprattutto, non camminano così leggeri quando lui dorme, anzi, fanno di tutto per essere rumorosi, ma lei no.
Lei si avvicina lentamente, come se avesse paura di spaventarlo, avanza, si siede sul letto.
Chissà se ha capito che è sveglio, chissà perché è arrivata qui, in camera sua, nel pieno della notte: la sente sospirare, la sente esitare, mentre con la mano gli accarezza il viso, facendolo irrigidire, provocandogli una scia di brividi lungo la schiena.
«Hey Cal…» la voce di lei lo chiama, è intenzionata a parlare con lui, vuole svegliarlo.
«Mmm» brontola lui, fingendosi reduce da un sonno profondo, facendola sentire in colpa.
«Scusami Cal… ma… devo… parlarti» dice lei balbettando, continuando ad accarezzargli la guancia, continuando a farlo sentire in paradiso, perché quelle mani così morbide lo stanno sfiorando, lo stanno avvolgendo: quanto vorrebbe sentirle anche sul suo petto, sulle sue braccia, quelle mani.
«Che c’è?» chiede scontroso, mettendosi seduto, una mossa fin troppo azzardata da parte di un ragazzo assonnato, ma ormai è fatta, è seduto, è sveglio, ha gli occhi spalancati nel buio.
«Posso accendere la luce?» chiede lei, ma lui freddamente dice di “no”: la luce non la vuole, dà fastidio agli occhi, non vuole essere accecato.
Ma in realtà, non vuole farle leggere la scritta “vergogna” che si ritrova in fronte, sa benissimo di avere una faccia pentita, sa benissimo di essersi comportato come uno scemo, la luce glielo farebbe capire, e lui non è pronto a tale imbarazzo.
«Che vuoi?» chiede ancora, lei sospira ancora.
«Perché ce l’hai con me, Cal? Che ti ho fatto sta volta?» lei è ancora più diretta di lui, tenta di nascondere la paura, tenta di sembrare decisa e sicura di se stessa, ma nelle vene ha paura, trema, teme la sua riposta.
Risposta che lui non riesce a dare, resta in silenzio.
La mano di lei, si appoggia ancora su di lui, lo scuote un po’.
«Non dormire Cal… rispondimi» e lui afferra quella mano.
Preso da uno strano coraggio, trascina Cels verso di lui, la trascina fino a farla distendere, la testa sul cuscino, pancia in su, lui sopra di lei, le mani a reggerlo.
«Cal che stai…» sussurra lei, sorpresa dalla sua mossa azzardata, ma non ha paura, non balbetta, è solo… stupita.
«Shh» dice lui portando l’indice sulla bocca di lei, non è tempo di parole ora.
Con il cuore in gola, il viso di Calum si avvicina di più, la mano di lui va a giocare con i suoi capelli, li sposta dietro l’orecchio, li accarezza delicatamente, li tocca come se fossero la cosa più bella del mondo.
Le accarezza le guance, le labbra, la sente respirare a fondo, sente il suo battito aumentare un poco.
Le labbra di Calum, poi, le si avvicinano al collo, facendola sussultare appena: bacia quel collo, lo sfiora, le provoca brividi che la immobilizzano ancora di più; si sposta verso il suo viso, sale sulla mascella, sale sugli zigomi, lasciandole quei baci, lasciando che le sue labbra le facciano provare almeno metà dei brividi che lei gli provoca solo con uno sguardo.
Le bacia il naso con tenerezza, le sente sorridere, scende ancora, va verso l’angolo della sua bocca per poi coraggiosamente portare le sue labbra ad unirsi alle sue, una volta per tutte.
Bacia quelle labbra che sanno di burro cacao, che sono così morbide, così fragili, che quasi teme di romperle, bacia Cels senza quella passione che brucia, bacia Cels lentamente, con dolcezza, imprime nella sua mente queste immagini per non scordarle mai.
E finalmente, a sua sorpresa, le mani di lei vanno a cingergli il collo: quelle mani vanno a trascinarlo più vicino a lei, quelle dita si intrecciano tra i suoi capelli, mentre le labbra di lei vanno a ricambiare quel bacio, facendolo arrossire, lasciandolo senza parole, senza pensieri da fare: è incredulo, non crede possa essere vero, lei che lo sta baciando, lei che non lo sta rifiutando, forse non è così male come crede lui.
Il culmine di questo bacio lo dà sempre lei, quando apre leggermente le labbra, imitata da lui, che la lascia fare, che lascia sfiorare la sua lingua con la sua, facendolo arrossire ancora, facendolo sentire così inesperto, così impacciato: poco importa, perché Cels lo sta baciando e nulla potrebbe turbarlo in questo momento.
Le mani di lei passano alle sue guance, mentre le loro labbra continuano a cercarsi, mentre i loro corpi sono più vicini che mai, si scambiano lo stesso respiro, lo stesso battito del cuore, per minuti, per ore, separandosi appena per sorridere, per prendere fiato, per poi riprendersi più di prima.
 
Alle tre e dieci, Cels è sotto le coperte, avvolta dalle braccia di Calum.
«Mi spieghi che è successo sta sera?» sussurra, sentendo la sua presa stringere di più.
«Chi… era il biondo?» le domanda esitando un po’, la sente ridacchiare.
«Un tuo fan» gli bacia il mento, lui non ci crede: le ha dato un abbraccio da far paura, gli ha dato pure un foglietto, al massimo era fan di lei, non di lui.
«Il foglietto è per te, c’è il suo numero di telefono, se vuoi chiamarlo» ridacchia ancora lei «Quel tipo è gay» continua e Calum si sente avvampare.
«Che figura di merda…» si lascia scappare dalle labbra, mentre le labbra di Cels si appoggiano alle sue.
«Direi Hood, direi» il ragazzo sospira, continua a imprecare contro se stesso nei suoi pensieri, ripensando a quella reazione esagerata, rendendosi conto di essere apparso come un emerito idiota.
«Scusa Cels, non volevo» confessa, ripensando a come si è rivolto a lei «Devo delle scuse un po’ a tutti» chiarisce, mentre la ragazza gli bacia ancora il viso.
«Sei così tenero, Cal» lo fa arrossire, lo fa sorridere, la stretta di lui si fa sentire ancora, la mano di Calum preme sulla schiena di lei, i loro bacini sono così vicini, i loro petti così uniti.
«Tu riesci a farmi diventare una bestia, altro che tenero» annuncia, la sente ridacchiare ancora.
«Lo so, ho i miei informatori» confessa, mentre lui perde un battito: chi dei tre ha osato parlare con lei? Chi dei tre ha osato parlare di lui con Cels?
«Chi devo uccidere? Il biondo, il castano o arcobaleno?» domanda, la risata di Cels è più forte al sentire come si è appena rivolto a Michael.
«La mora» annuncia lei, facendolo irrigidire: la mora? Chi è la mora?
«Tua mamma» risponde prontamente la ragazza, mentre il ragazzo si sente raggelare il sangue, il cuore pulsa violentemente nel petto: sua madre è andata a parlare con lei? Con Cels? Sua madre neanche sa che è innamorato di lei!
«Avanti, parla» la incita, mettendosi in ascolto e Cels, lasciandosi scappare qualche risatina, racconta del suo bellissimo rapporto con la signora Hood, Joy.

Joy, a differenza del figlio, ha sempre avuto grande simpatia nei confronti della ragazza, Cels spiega a Calum che, il primo giorno di tour, sua mamma si era presentata a lei porgendole un mazzo di fiori, congratulandosi per essere parte del gruppo, congratulandosi per la bellissima voce che Calum ancora non ammetteva di amare, congratulandosi per aver fatto breccia nel cuore del suo bambino.
Joy aveva sorriso sincera in quell’affermazione e Cels era arrossita come non mai.
«Io le dicevo che si sbagliava che, anzi, ti stavo pure antipatica, ma lei sorrideva alzando gli occhi al cielo» spiega la ragazza, mentre Calum maledice la madre.
«Poi dal nulla mi ha guardato e mi ha detto “Sappi che approvo” ed è uscita» Calum è senza parole: sua madre è andata a dire a Cels che approva qualcosa che deve ancora iniziare: deve farle un discorsetto ne è certo.
Cels parla, in seguito, degli sbalzi d’umore di Calum, di quei giorni in cui era di cattivo umore e lei lo notava, senza dire nulla: lo vedeva stare alla finestra pensieroso, con il suo basso tra le mani, notava nei suoi occhi quell’aria arrabbiata, lo sentiva sospirare di prepotenza, era decisamente un giorno “no”, un giorno in cui se lei gli avesse rivolto la parola, lui l’avrebbe sicuramente aggredita.
E Joy, pure in questa occasione, si era fatta avanti.
«Calum è nervoso perché pensa di non essere abbastanza per te» le aveva sussurrato con un sorriso, mentre Cels era talmente angosciata da non poterle credere.
«Calum mi odia, Joy. Ne sono più che convinta, è sempre così… turbato quando gli parlo» le aveva risposto, continuando a sistemare camera sua.
«Lo so: Calum mostra il peggio di lui quando è innamorato. È un ragazzo strano, ma… smetterà di essere così schivo, te lo prometto» aveva concluso, per poi lasciarla sola con i suoi pensieri.

«Appena la vedo mi sente. Che figure di merda» dice ancora il moro, incredulo di tutto quello che è successo alle sue spalle senza che lui se ne accorgesse, senza notare niente, come se vivesse in un altro mondo.
«Era rassicurante quello che mi diceva» confessa lei, nascondendo il viso sul petto di Calum «Mi sentivo davvero in più, almeno lei mi diceva di essere una presenza positiva, perché qualcun altro, era troppo preso a fare l’offeso» lo stringe forte a lei, mentre lui si sente avvampare, sente caldo sul viso, sta arrossendo brutalmente, sente il cuore battergli più forte, la sua idiozia ha passato i limiti possibili.
«Ci tengo a te, troppo forse» sussurra lui, baciandole la testa.
«E non hai pensato che anche io, forse, provo lo stesso?» lo interroga, mentre lui dà inizio alle sue spiegazioni più che logiche: che ne può sapere lui? Lui che è moro con gli occhi scuri? Lui che ha il naso gigante? Lui che è solo un bassista qualunque? Mentre lei è…
«Bella da morire, più grande di me, perfetta in ogni cosa» sussurra, mentre lei quasi si innervosisce.
«Sei un autentico idiota, Cal. Il naso gigante… ma cosa devo sentire» lo rimprovera, andando a baciare quel naso, facendolo sentire così sciocco, così stupido, altro che diciotto anni, di anni ne ha cinque o sei.
«Si vede che non leggi nulla su Twitter» spiega lei, facendogli inarcare il sopracciglio: cosa c’è in Twitter che gli è sfuggito? Lui passa la sua vita in Twitter!
«Beh, ora ho sonno, te lo cerchi da solo» annuncia lei, lasciandogli un bacio sulle labbra, un bacio che dura a lungo, un bacio che l’accompagnerà nel sonno.
«Non è valido così» protesta lui, mentre lei gli dà le spalle, lasciando che la sua schiena si unisca al suo petto.
«Dormi Cal, domani abbiamo un sacco di cose da fare» lei intreccia le sue dita a quelle di lui, non rispondendo più a nulla, lasciando Calum con i suoi interrogativi.
Calum ama starle così vicino, vorrebbe tanto poterla guardare mentre dorme, ma la luce la sveglierebbe, ne è certo; si limita ad ascoltare il suo respiro, che si fa sempre più leggero, fino a fargli capire che è nel mondo dei sogni, sogni dove spera di comparire, sogni dove spera di renderla felice, sogni che lui vuole farle vivere anche di giorno.
Ma la curiosità, dentro di lui, è alle stelle: cosa nasconde Twitter? Cosa gli è sfuggito di così logico? Lo vuole sapere ad ogni costo, ha il cellulare lì accanto, può scoprirlo, può avere chiare alcune cose.
E quando scopre cosa intende Cels, non può far altro che sorridere al buio, non può far altro che abbracciare quella ragazza, bearsi del suo profumo, bearsi del suo corpo avvinghiato al suo, bearsi di tutto quello che gli sta succedendo, perché quello che verrà sarà meraviglioso e perfetto, ed è incredulo di avere davvero così tanta fortuna.
Perché, nella biografia di Cels, lui c’è, lui compare e da stupido non se n’è mai reso conto, perché troppo preso a disperarsi, perché troppo preso a preoccuparsi del suo aspetto, perché troppo preso ad essere un autentico idiota.
“Cels Lancaster: amo le mie #Angels, siete la ragione per cui sono arrivata fino a qui <3
I’m into bassist.
In his brown eyes.



 
 
Note di Nanek

Stupido Kiwi, ci voleva tanto ad andare in twitter??? Ma guarda te.
Ed ecco risolta la questione: si piaccionooooo <3333 e da morire a quanto pare *-*
Si sono baciatiii <3333 che dolci e coccolosiiii <3333
Sapete che ho pensato? Che la canzone che Calum scrive a Cels potrebbe essere “English love affair” U.U voi che dite? ;)
Bene, io sono di fretta, volevo postare velocemente ed eccomi qua :D
Ringrazio di tutto cuore chi mette la storia tra le ricordate/preferite e seguite <3 ringrazio le 10 recensioni dolcissime <333 e ringrazio chi continua a seguire questa storia <33
So di sembrare molto frettolosa, ma vi assicuro che lo sono XD c’è Gino Bartali in Tv!! Lui è una leggenda, è il mio mito!! Non posso perdermelo.
Detto questo, tornerò presto ad aggiornare, siamo a metà storia, dai che finiamo presto per Mikey ;)))))))
Grazie davvero di cuore <3
Nanek
 

 

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Capitolo 6
*** She will be loved ***


Capitolo 6

She will be loved

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I don't mind spending everyday 
Out on your corner in the pouring rain 
Look for the girl with the broken smile 
Ask her if she wants to stay awhile
 
Novembre 2014.
 
«Ci vediamo domani sera allora, ragazzi, io salgo al quinto piano» annuncia Calum, stretto tra le mani un mazzo di rose rosse, stretto nella tasca del giubbotto il pacchettino regalo che ha con sé da troppi mesi, stretta, nella sua testa, la canzone che deve far sentire a Cels.
Sono passati quattro mesi da quella notte, quattro mesi da quel bacio, quattro mesi da quella confessione, ed ora, Calum e Cels sono niente meno che nella meravigliosa Seattle, per la parte americana del tour, sono nella meravigliosa Seattle e sembrano essere le persone più felici del mondo.
Calum saluta i ragazzi che scendono dall’ascensore facendo un baccano tremendo, tanto che il moro li incita a stare zitti, dato che sono le nove e mezza di sera, dato che c’è gente che dorme, dato che lo stanno prendendo in giro per l’ennesima volta.
«Mi raccomando Cal, non farla urlare» suggerisce Mike.
«Sii dolce» gli ricorda Luke.
«E non rompere il letto!» sghignazza Ashton.
Ma, alle loro provocazioni, Calum non osa rispondere, abbassa lo sguardo, scuote la testa, arrossisce appena e prega la porta dell’ascensore di chiudersi velocemente, non ha più voglia di aspettare, non ha più pazienza, deve darle quei doni che da troppo tempo nasconde.
Quella sera Cels non è uscita con loro, si è giustificata con un “Devo sentire i nonni” che sono rimasti a Londra e lui l’ha lasciata fare, non ha voluto indagare di più: il suo animo da curioso è stato soppresso, o almeno spera.
Non gli piace essere troppo ficcanaso negli affari di Cels, non gli piace dover scoprire le cose, preferirebbe che fosse lei a dirgli i suoi pensieri, le sue paure, le cose che più nasconde, vuole che lei si senta libera di trovare il momento giusto per aprirsi definitivamente con lui.

La porta della camera 325 lo accoglie, stranamente, socchiusa.
Calum tocca con la punta dell’indice il legno bianco, un leggero scricchiolio arriva alle sue orecchie, la stanza completamente buia davanti ai suoi occhi.
Buia, ma sente un rumore.
«Cels?» la chiama, ma non riceve risposta.
Richiude la porta dietro di sé, cerca con la mano l’interruttore: non appena la luce mette chiarezza ai suoi occhi, nota che la stanza è preparata in modo particolare: per terra ci sono dei petali, il tavolo preparato per due, un pacchetto regalo dalla carta blu, sembra tutto così speciale, così perfetto… eppure la cosa non lo convince.
Le candele che tracciano una specie di vialetto fino al tavolino non sono state accese, la cera non è consumata; lei non è qui presente, regna il vuoto e quel rumore si fa sentire ancora.
Rumore che Calum decide di seguire, dopo essersi tolto il giubbotto ed aver posato le rose sul tavolo; rumore che viene dal bagno, rumore che si trasforma, fino ad essere riconoscibile: è la melodia di quella canzone, la solita canzone, la solita monotonia, il solito ritmo, la solita “She will be loved”.
La porta del bagno è socchiusa anche questa.
Calum entra lentamente e l’aria in quel piccolo abitacolo è… cattiva: c’è odore di fumo, odore di sigaretta e le note di quella canzone rimbombano più forti, rimbombano di continuo, come se fosse in replay.
E il cuore di Calum, non appena scorge la figura di lei, perde quasi un battito.
Perché Cels è dentro la vasca, le ginocchia sul petto, il viso coperto dalle mani rosse, il petto che singhiozza quasi violentemente, un posa cenere pieno di mozziconi, due pacchetti di sigarette vuoti, il cellulare di lei che riproduce quella canzone; e Cels che piange, in quella vasca, nell’acqua, disperata.
«Cels!» esclama più forte lui, avvicinandosi, spegnendo quella dannata musica, inginocchiandosi vicino a lei, portando una mano sulla sua schiena: è fredda, ha brividi ovunque.
«Calum…» sibila lei con le labbra che tremano, le labbra quasi violastre, i suoi occhi azzurri si scontrano con quelli di lui: sono così gonfi, sono così rossi, sono così tristi.
«Esci Cels! Sei un pezzo di ghiaccio!» la rimprovera, cercando con la mano il suo accappatoio, incitandola ad alzarsi, ad ascoltarlo.
E Cels, come presa da uno stato di incoscienza, come sotto ipnosi, ascolta ed esegue tutto quello che lui le dice: si lascia avvolgere dall’accappatoio, si lascia prendere in braccio da quel ragazzo, si lascia portare fuori da quell’abitacolo.

Lui la distende sul letto, la copre, l’avvolge, la tiene stretta a lui, distendendosi al suo fianco, la sente tremare, sente il suo corpo muoversi un po’ a scatti: che cosa le è saltato in mente? Aveva bisogno di una doccia fredda con il gelo che regna fuori?
E poi perché quelle sigarette? Da quando lei fuma? E perché chiudersi dentro in bagno? Perché ascoltare quella canzone di continuo? Che è successo a Cels? Che è successo alla sua ragazza?
«Calum…» lo richiama lei, ancora, con quella voce così flebile da fargli sentire una pugnalata allo stomaco: una voce così triste, così malinconica, così diversa da quella che lui ama, la voce che lui non vorrebbe mai perdere.
Lui continua ad accarezzarla, continua a tenerla vicina, continua a passarle calore, continua ad evitare quello sguardo perso, buio che domina il viso di lei, quello sguardo che lo fa sentire in colpa, anche senza sapere il motivo.
«Sono qui, sono qui» la rassicura baciandole la fronte, accarezzando i capelli bagnati, prendendosi cura di lei senza fare domande.
«Guardami» lo incita lei.
E le iridi marroni di Calum si specchiano in quelle azzurre di lei.
E lui vede, in quelle iridi, la sua Cels, lui vede la sua ragazza, lui vede la ragazza bionda conosciuta per caso in un locale e che ora è in tour con lui, la riconosce, ma vede un’ombra in quello sguardo.
Vede un’ombra ma non capisce da che cosa ha origine.
Vede un’ombra e si sente così insufficiente, così stupido, così impreparato, perché non sa che pensare, perché non sa che fare, non sa come comportarsi, non sa cosa le ha procurato così tanto dolore da ridurla in quello stato, non lo sa e si sente inutile, si sente la persona più sbagliata ad essere qui, su questo letto, con lei.
Cels, poi, non esita un secondo per unire le sue labbra a quelle di lui.
Le labbra di lei così fredde, le sue così calde, così morbide, mentre quelle di lei sono screpolate, sono così fragili, sono così bisognose delle sue.
Le mani di lei, toccano le sue guance e sente quelle dita, quei polpastrelli, consumati dall’acqua, sente come sono leggermente ringrinziti, li sente sulla sua pelle, mentre vanno a provocargli brividi lungo la spina dorsale.
E sempre quelle mani toccano il suo collo, per poi passare sempre più in basso, all’estremità del maglione, quelle mani vogliono togliere quell’ammasso di lana, vogliono toccare la pelle del suo corpo ma, Calum, si sente così confuso.
«Cels…» sussurra, mentre le labbra di lei gli tolgono il fiato, come se non potessero dividersi, come se fosse un bisogno averlo così vicino.
E non appena il primo indumento è stato tolto, ecco che il viso di lei si riavvicina a quello di lui, lui che si sente davvero senza parole, senza pensieri concreti in testa, non sa cosa fare, non sa se assecondarla, non sa se deve parlare con lei, gli sembra tutto così confuso, così strano.
«Amami, Calum» bisbiglia lei, andando a baciarlo sul collo, provocandogli un’ennesima scia di brividi, che porta Calum a chiudere gli occhi.
Ed è quando la mano di lui va a toccarle la guancia, che Calum sente le proprie dita bagnarsi appena: un’altra lacrima ha solcato il viso della ragazza, un’altra lacrima che comporta a un altro singhiozzo.
E lui si ferma perché non può davvero andare fino in fondo: non con lei che piange, non con lei che sta soffrendo per motivi che non vuole confidargli, non in questa situazione, non oggi, non questa notte, non è proprio il momento adatto, non è speciale, non è magnifico, è triste, è malinconico e sa quasi di addio.
«Calum non…» bisbiglia lei, come ad incitarlo ad andare avanti, come incitarlo a non badare alle sue lacrime.
«Non posso, stai piangendo, sei triste, non so cosa ti sia successo» dice lui, restando sopra di lei, restando immobile, senza osare fare altro.
«Ho bisogno di te» bisbiglia lei, cercando di avvicinarsi ancora a lui, alle sue labbra, ma lui distoglie lo sguardo, lui non può davvero cedere, non può continuare, non è così che lo vuole, non è così che ha sognato questo momento, possibile che lei non lo capisca?
«Parlami» la incita lui con tono quasi frustrato, esasperato: sussurra di parlargli, ma dentro di sé sta urlando, la sta implorando di aprirsi con lui, la sta pregando di confidargli i suoi segreti, le sue inquietudini, i suoi timori, perché la ragazza che ha trovato in quella vasca è la cosa più triste che ha mai visto.
Perché quella ragazza ha gli occhi spenti, gonfi, rossi e si lasciano scappare troppe lacrime.
Perché quella ragazza ha le labbra che tremano dal freddo, non sono rosee, sono di un colore spento, freddo, sono screpolate, sembrano vietare l’uscita a quelle parole che lui vuole sentire.
Perché quella ragazza ha le mani consumate per le troppe ore passate in acqua, ha le unghie viola, hanno le dita che tremano e sono rosse.
Perché quella ragazza ha i capelli bagnati che scendono sulla schiena, ha il corpo rannicchiato, ha la pelle invasa dai brividi, brividi dovuti al freddo, ha il petto che sobbalza un poco dovuto ai singhiozzi, ha le gambe che tremano, ha la pelle rossa dal freddo.
Perché quella ragazza è immersa nell’acqua fredda, avvolta solo dal fumo di tutte quelle sigarette, sigarette che sono state fumate fino all’ultimo tiro, sigarette che lei non ha mai preso in mano, ma che sono lì, in quel posacenere.
Perché quella ragazza è immersa nelle note malinconiche, che non danno più tanta speranza, di quella dannata canzone, quella canzone che lui si è stancato si sentire, perché è la canzone che ha fatto da sfondo a quell’immagine, l’immagine di una ragazza sola, nell’acqua, con il sorriso rotto, con la speranza sparita come il fumo di ogni sigaretta: quella canzone Calum la odia, perché non ha dato coraggio alla sua Cels, ma l’ha solo fatta sentire debole, l’ha solo condannata alla tristezza.
«Parlare mi fa male» dice ancora quella voce flebile, mentre quelle dita vanno a tracciare la sua spina dorsale.
«Non dirmi quello che ti succede mi fa male» ribatte lui perché è stufo di non capire, è stufo di sentirsi così inutile, è stufo di non poterla aiutare, è stufo di non sapere mai nulla.
«Amami Calum, ti prego» quella voce ancora, quella voce che lo prega, quella voce che richiama i suoi occhi su quelli di Cels «Te lo sto chiedendo perché ne ho bisogno, ho davvero bisogno di essere amata da te, ho bisogno di sentirti vicino» e quelle parole sembrano così uguali a quelle di quella dannata canzone.
«Cels…» sussurra ancora lui e quella voce flebile osa il tutto per tutto: Cels comincia ad intonare quelle note, quelle note che sembrano i suoi pensieri, quelle note che tanto sembrano appartenerle.
Sono la ragazza dal sorriso rotto.
Sono la ragazza che ha inquietudini profonde.
Sono la ragazza che sa benissimo che la propria vita non è solo arcobaleni e farfalle.
Sono la ragazza che bussa alla tua porta per averti vicino.
Sono la ragazza che aspetti sotto la pioggia.
Sono la ragazza che tenti di salvare sempre, la ragazza che puoi salvare, perché riesci a farla sentire bella, riesci a farla sentire a casa.
Sono la ragazza che si nasconde ma che tu riesci sempre a trovare, sono la ragazza che ti implora di essere sollevata ogni volta che cade, sono la ragazza che ti ama nonostante tutte le tue insicurezze.
Sono la ragazza che tu puoi amare come nessun altro, sono la ragazza che aspetta solo da te quelle parole, quella domanda: “Vuoi restare un po’?”
Sono quella ragazza che verrà amata, amata da te, Calum.
«Solo da te» bisbiglia lei, implorandolo ancora una volta con lo sguardo, implorandolo di non lasciarla andare, implorandolo di ascoltarla, di amarla.
«Ti amo» confessa lui di getto, per poi impossessarsi delle sue labbra, sentendo il cuore nel petto battere all’impazzata, un misto di tristezza e felicità, un misto tra inquietudini e sicurezze, sicurezze che solo lui può darle, solo lui sa di poterla salvare.
E in quel letto, Calum si fa più deciso, si convince di poterla rendere felice, si convince di essere l’unica cosa di cui lei ha bisogno, l’unica cura contro tutto il male che la circonda.
Calum fa l’amore con Cels.
La ama con tutto se stesso.
La ama come non ha mai amato nessun’altra al mondo.
Perché nessuna è come lei, nessuna è come Cels, nessuna riesce a farlo sentire così importante, così prezioso, così speciale.
Cels Lancaster è amata da Calum Hood e nessuno riuscirà mai a colmare quel vuoto che la invade, perché solo lui ha quella qualità, perché lui è unico e lei non lo cambierebbe con nessuno al mondo.
 
 


 
Note di Nanek

Okay, questo capitolo è abbastanza deprimente e va in netto contrasto con il mio umore da innamorata XD
Sì, sono innamorata, un povero sfigato è costretto ad essere il mio pensiero preferito, ma lui ancora non lo sa ahah sembro pazza e forse lo sono, l’amore è per i matti, dicono.
Cels, mia piccola Cels, ma che ti è successo?
Questo ancora non si sa… io vi lascio la parola: perché Cels era in quello stato? A voi i commenti!
Sono stra veloce ad aggiornare perché voglio finire, ma il bello è che, da quando mi sono presa sta cotta idiota per quell’idiota di ragazzo, non sono più andata avanti con quella di Mike!!! Sono un genio insomma.
Vabbè insomma, che vi dico ancora?
Che vi ringrazio per ogni cosa che fate <3 per le preferite/ricordate e seguite, per le 8 recensioni dolcissime e per ogni cosa, dico davvero <3
Grazie per aver dato una possibilità a questa storia <3
Io scappo <3 ma ci sentiremo molto presto ;)
Nanek

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Capitolo 7
*** Let me tell you a story ***


Capitolo 7

Let me tell you a story

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Well did you know you're an angel?
Who forgot how to fly 
Did you know that it breaks my heart
everytime to see you cry
 
 
Quando Calum apre gli occhi, la figura di Cels non è al suo fianco.
La cerca con la mano ma l’altra parte del letto è vuota, lei non è al suo fianco, perché lei è ai piedi del letto: in mano un vassoio, due tazze fumanti, due piattini con ciambelle, i capelli raccolti in una coda veloce, il maglione di Calum indossato, le gambe scoperte.
«Buongiorno» esordisce lei con quella voce: la sua voce di sempre, quella voce che scalda il cuore, che calma l’animo di lui, perché lei è tornata.
Calum si alza un poco, appoggia la schiena alla testa del letto, il palmo della sua mano batte appena al suo fianco, la incita a raggiungerlo, a tornare sotto le coperte con lui, al caldo, dato che nota le sue dita rosse, segno che ha freddo e che dovrebbe vestirsi di più.
Lei lo raggiunge appoggiando il vassoio sul comodino, gli si avvicina, lasciandogli un bacio sulla punta del naso, accoccolandosi su di lui, sul suo petto nudo, ancora così caldo rispetto alle mani di lei, così fredde.
«Sei sempre congelata, dovresti smettere di girare mezza nuda» la rimprovera lui, sentendola ridacchiare appena, sentendo che le dita di lei vanno a tracciare il contorno del tatuaggio che ha sul petto, provocandogli una scia di brividi.
«Mi piace il tuo tatuaggio» esordisce lui ripensando all’immagine che gli passa davanti agli occhi, l’immagine di quel tatuaggio nero sulla pelle candida di Cels, un tatuaggio fatto sopra il seno, che non gli è passato inosservato: ed ora si sente arrossire, sente il calore invaderlo, perché ha appena fatto la figura del guardone.
«L’ho fatto a quattordici anni» spiega lei, facendogli spalancare gli occhi: quattordici anni? La sua piccola Cels a quattordici anni si è fatta un tatuaggio?
«Rappresenta mio papà» spiega ancora, sospirando a fondo «Una rosa all’altezza del cuore: banale, lo so, ma mia nonna mi ha raccontato che quando sono nata, mi ha messo una rosa nella culla» sorride appena, stringendosi ancora a lui, facendogli capire che tutte quelle incomprensioni stanno per essere risolte, una volta per tutte.
«Sai perché mi faccio chiamare Angel?» lo interroga ricevendo, in risposta, Calum che scuote la testa, non lo sa, non si è mai posto quella domanda, non avrebbe mai pensato che il suo nome potesse c’entrare con la vita di Cels.
«Mia mamma si chiamava Angelika, mio papà la chiamava “Ang” per farla arrabbiare, dato che lei era abituata a sentirsi chiamare “Angy”, ma anche a me piace quel soprannome… perché ho potuto attaccare pure una parte del nome di mio papà: lui si chiamava Elya» spiega, sorridendo ancora, dicendo quanto sia stupido il suo collegamento, ma che l’ha portata a chiamarsi con quel nome, AngEl.
Gli occhi di lei vanno a specchiarsi su quelli di Calum che, in silenzio, ascolta il suo racconto, senza perdersi una sola parola, senza osare interromperla, lasciandola libera di aprirsi piano piano con lui.
***
 
Quando Angelika Walker incontra per la prima volta gli occhi azzurri di Elya Lancaster, ha solo quattordici anni: ha appena cominciato il liceo, è ancora troppo bassa in confronto con le sue compagne, ha i capelli lunghi e biondi, gli occhi marroni che tanto somigliano a quelli di un cerbiatto, le lentiggini invadono le sue guance, la sicurezza domina il suo animo.
Angelika non è tipa da timidezza, è fiera di se stessa, è fiera del corpo che si ritrova, non si fa problemi per la sua altezza, non si fa problemi se nessun ragazzo vuole stare in sua compagnia perché non mostra abbastanza parti del suo corpo, come quelle ochette che girano per i corridoi: Angelika vuole solo vivere tranquilla, vuole solo apprendere più cose possibili, lei vuole solo girare il mondo.
Elya Lancaster, dal canto suo, a liceo è popolare come pochi, da ormai un anno e, non a caso, lui gioca per la squadra di Basket, non a caso, tutte le ragazze sembrano voler uscire con lui, non a caso, si ritrova con due occhi color del ghiaccio, in contrasto con i capelli neri, occhi che fanno conquiste, occhi che non si possono evitare, sono davvero troppo belli per non innamorarsene: ma Elya, nonostante tutte le sue qualità, è un timido di prima categoria, anche se non lo dà a vedere, lui arrossisce con poco, si sente lusingato per tutti i complimenti che le ragazze gli fanno, non crede di meritarli, non crede di essere così speciale, ma soprattutto: non sono i complimenti delle altre ciò che vuole.
Perché Elyas Lancaster, da quando l’ha vista varcare la porta di quella vecchia scuola, non riesce a togliersi dai pensieri la ragazza che tutti definiscono “strana” “insensata”, ma che per lui, è semplicemente: Angelika Walker.
I momenti che hanno passato insieme Cels neanche li conosce, suo padre non si è mai fermato troppo su quei vecchi ricordi, non ha mai voluto calcare troppo la mano su quelle immagini che gli spezzano il cuore quando ne parla, ma ha sempre raccontato alla sua bambina bionda, dagli occhi così uguali ai suoi, che per conquistare la sua mamma ha dovuto faticare tantissimo.
Ha dovuto dedicarle la vittoria di una partita davanti a tutta la scuola, ha dovuto farle trovare sul banco dell’aula di fisica un mazzo di fiori, delle rose rosse, per circa due mesi senza mai fermarsi; ha dovuto ricevere da lei derisione e pure un bicchiere d’acqua in pieno viso come rifiuto per andare al ballo con lui; ma dopo sette mesi e ventotto giorni, Angelika Walker, si è finalmente rivolta a lui con un sorriso, si è avvicinata a lui, gli ha preso il viso tra le mani e l’ha baciato per i corridoi di quell’edificio, sorridendo con lui in quel bacio, stringendolo forte e facendogli capire quanto fosse importante per lei.

Una storia d’amore così bella, una storia d’amore degna di un film, ma un film non prevede mai le mille occasioni che ti dà la vita, un film non può scorgere tutti i bivi che siamo costretti a superare, facendo delle scelte: e il bivio che Elya ha dovuto affrontare, a Cels lo ha raccontato sua nonna, la signora Lancaster, quando la ragazza ha compiuto tredici anni.
Perché Elya, alla vigilia del suo diciannovesimo compleanno, ha aperto la porta a una Angelika strana, triste, vuota, con gli occhi spenti, che non hanno osato fissare le iridi azzurre di lui, occhi che non hanno trasmesso nessun tipo di emozione, freddi come era lei.
«Sono incinta, voglio abortire» parole dure, secche, dirette, che hanno trafitto il petto di lui, una lama a doppio taglio, che l’ha distrutto: distrutto perché non capiva come poteva essere successo, distrutto perché lei ha già fatto tutti i suoi conti, tutte le sue scelte; lei vuole andare via, il liceo è quasi finito, quella stessa estate vuole partire per l’America, un bambino non lo può sopportare, le impedisce di coronare i suoi sogni, un bambino è un intralcio, è l’ultimo dei suoi pensieri.
«No» dice secco il ragazzo, bloccando il monologo egoista della ragazza che ha di fronte agli occhi, che parla di lei, del suo futuro, di se stessa e basta.
«Non voglio che tu uccida mio figlio, non te lo permetto!» esclama Elya, pieno di rabbia, rabbia nei confronti di se stesso, per aver amato una persona come lei, rabbia perché ha davvero perso la pazienza, è stufo del suo egoismo, è stufo di dover passare sempre al secondo posto, è stufo e non vuole avere suo figlio sulla coscienza.
«Il corpo è mio» risponde lei con fare arrogante, fulminandolo con lo sguardo, cominciando ad urlargli contro.
Ed è qui che, i genitori di lui, sono intervenuti, sono arrivati a salvare quel piccolo puntino che è nel ventre di Angelika, quel puntino che si chiamerà Cels.
«Ti pagheremo l’anno che perdi, se non abortisci» soldi, i soldi le fanno più che comodo, i soldi sono quello di cui ha bisogno, per viaggiare, per pagarsi da dormire, da mangiare, i soldi le vanno a genio, molto più di quel bambino.
E Angelika, dopo appena trenta secondi di silenzio, accetta, accetta di portare avanti la gravidanza, per amore del denaro.

E quando il 25 Gennaio 1993, alle tre del pomeriggio, una bambina giunge in questo mondo, piangendo e respirando per la prima volta l’aria di questa terra, Angelika non osa neanche guardarla, non osa neanche prenderla in braccio: quella bambina non è affare suo.
Sarà Elya a prenderla con sé, sarà Elya a portarla lontana da quella ragazza che tanto ha amato con tutto se stesso, sarà Elya a guardare sua figlia, guardare le sue iridi ancora lucide dalle lacrime, guardare quel fagottino e dire « Cels Lancaster, sono qui, non piangere» per poi notare sua figlia che, con occhi vispi, lo fissa come se avesse già capito.
Il 30 Gennaio 1993, Angelika Walker parte per New York, con un biglietto di sola andata, con in tasca i soldi promessi dalla famiglia Lancaster, con la coscienza più pulita che mai.
Elya Lancaster, aiutato dai genitori, comincia così, la sua vita da ragazzo padre: un ragazzo solo, che non ha tempo da dedicare ad altre ragazze, che ha tempo solo per lavorare e crescere la sua bambina, la sua bambina che ha i suo stessi occhi, la sua bambina che ha i capelli come la madre, la sua bambina che cresce e comincia a parlare, comincia a chiamarlo, la bambina che qualche notte si sveglia e piange, cerca il suo papà, lo chiama con le lacrime agli occhi: ma il suo papà è proprio lì, accanto a lei, perché non vuole farla sentire sola, perché non vuole farle mancare la sua presenza; ed Elya, si fa sentire a quella bimba, si fa sentire abbracciandola, accarezzandole la pancia, baciandole la testa, ma soprattutto, intonando le note di quella canzone, la canzone che l’accompagnerà per sempre: She will be loved.
Canta quella canzone nella speranza che lei capisca, che lei capisca che sarà sempre amata, da lui in primis, che sarà amata davvero, che non si sentirà mai sola, perché la sua voce la salverà sempre, la salverà dal buio della notte, dai fantasmi che non esistono, dal male del mondo, dalla solitudine che opprime, lui ci sarà sempre, lui è in quella canzone.
***
 
«Mio padre è morto quando avevo quattordici anni, lo hanno investito mentre veniva a vedere il mio spettacolo di Musical» bisbiglia Cels, sotto lo sguardo sconvolto di Calum, che non ha davvero parole da dire.
«A quattordici anni mi sono tatuata la rosa che simboleggia mio padre. La canzone che canto su Youtube, quella che non ha ancora un titolo, parla di lui, l’ho scritta a quattordici anni. Ho provato a continuare con la musica, come a cercare riparo dalle mie sofferenze, ma non ce l’ho fatta, perché la musica mi ricorda lui, mi ricorda mio padre e, a me, manca come l’aria. Ieri, ero in quelle condizioni, perché sono già passati sette anni dal suo addio» un singhiozzo la ferma, le lacrime si fanno avanti sul viso di lei: Elya Lancaster è la ragione per cui Cels è caduta così in fondo, è la ragione per cui lei, ieri, non ha trovato la forza di dire “sarò amata da qualcuno”.
E Calum la stringe in quel pianto, la stringe con tutto l’amore che ha in corpo, la stringe e non sa davvero cosa dire, non sa davvero che parole usare per dirle quanto gli dispiace, quanto si senta in colpa, quanto si senta così inutile.
«Scusa Cels, scusa» balbetta, mentre lei alza lo sguardo su di lui, si asciuga malamente le lacrime dalle guance, sorride appena.
«Ma scusa di cosa, Calum? Scusa per essere l’unica ragione della mia esistenza? Scusa per essere l’unico in grado di capirmi? Scusa per cosa, Calum? Sei la persona più importante che ho» gli bacia le labbra «Grazie di esistere Calum, perché senza di te, sarei persa» lo bacia ancora, lo bacia e non lo lascia più andare, lo bacia e quel peso che aveva sullo stomaco si è alleviato, lo bacia e Calum vorrebbe solo fargliela pagare a quella Angelika, per essersi persa una creatura come Cels, per essersi persa una ragazza stupenda come lei, per essersi persa sua figlia, per averla abbandonata da autentica egoista.
E Calum però, volge i suoi pensieri anche a Elya Lancaster, volge i suoi pensieri a lui, perché lo ringrazia, perché grazie a lui Cels è lì, perché grazie a lui, Cels fa parte della sua vita, riempiendola e rendendola più bella di quanto non lo sia già.
 
E quella sera, Cels e Calum raggiungono la festa di compleanno di Mike: si tengono per mano, sorridono, si lasciano avvolgere dalla musica che assorda il locale, si lasciano andare a quelle luci dai mille colori; al polso destro, Cels indossa quel braccialetto che Calum le ha comprato molto tempo prima, quel braccialetto che Ashton gli aveva detto di comprare, mentre Calum, al collo, ha una collana speciale, una collana che è molto simile a quella che Angelika aveva regalato ad Elya molti anni prima, la collana che Elya ha lasciato a sua figlia, come simbolo del suo ricordo, come incoraggiamento a non abbattersi mai, e quella collana così preziosa, ora è al collo di Calum.
«Ma che bel braccialetto, Cels!» strilla un Ashton fin troppo brillo, che sorride come un idiota alla coppia, per poi iniziare a ballare, avvolto dalle note di “Tik Tok”.
Cels ride, divertita come non mai, mentre Calum la trascina con sé per ballare, per cercare di farle dimenticare i ricordi che l’hanno avvolta quella mattina, per cercare di farle vivere la sua vita con lui, una vita che non sa di tristezza, non sa di addio.
«Ho pensato al titolo della canzone senza titolo» le dice poi, mentre la schiena di lei si struscia sul suo petto; la ragazza è curiosa, lo incita a parlare.
«Fourteen» urla più forte, facendola ridere ancora.
«Anche una vostra canzone ha come titolo un’età! Dopo mi dicono che copio» lo rimprovera, ma lui fa spallucce, non gli importa troppo, ma poi un’altra idea gli balza in testa.
«Che ne dici di “Elya” allora?» propone, vedendo un sorriso dolce formarsi sul viso di lei.
«È perfetto» gli dice sincera, per poi portare le mani sul suo viso, appoggiando le labbra alle sue, baciandolo con tenerezza, illudendolo che tra di loro nulla avrà mai fine.
 
 
 
 
Note di Nanek

Dovevo aggiornare ieri, ma sono persa nel mondo tutto mio lol
Satellites: arriverà, lo giuro :D non mi sono dimenticata è che… sono ancora nel mondo tutto mio.
Dovete perdonarmi davvero… vi giuro, sono persa, lost in confusion, l’amore mi fa malissimo, altro che bene! Odio e amo sentirmi così.
Vi giuro, mi dispiace per farvi aspettare così tanto =( perdonatemi =(
Bene, piccola cosa: She will be loved è del 2002, ma fingiamo che i Maroon 5 l’abbiano scritta prima dai ;)
Ed ecco a voi, chi era il tipo della canzone, ecco a voi il motivo di tale tristezza: Elya, papà di Cels.
Non so cosa vi aspettavate voi… ma… io ho pensato a un motivo così… spero non sia troppo banale, non volevo buttarvi in una storia troppo depressa!
Bene, io sono di corsa, come al solito diamine.
Spero di tornare presto e più sulla terra che sulle nuvole dell’amore lol
Vi ringrazio per ogni cosa <3 siete tutte davvero tanto dolci con me <3
Grazie davvero <3
Nanek

 

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Capitolo 8
*** Wasting time ***


Capitolo 8

Wasting time
 
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And you wanna pull her close, but your heart has froze
You kiss her but her eyes don't close 
Then she goes out of your heart forever
And it hurts you but you know that it's better

 


Aprile 2015.

Già un anno è passato.
Già un anno è passato da quando i 5SOS e Cels hanno cominciato il lungo tour mondiale, è passato un anno, Calum ha festeggiato i suoi diciannove anni, Cels i suoi ventidue.
È già passato un anno, e quella di oggi, è l’ultima data: Sydney.
Siedono tutti in studio, Cels sul divanetto con Michael, che gioca all’X-Box, Luke strimpella un po’ con la sua chitarra seduto sulla sedia, Ashton gioca al cellulare, mentre Calum li guarda tutti, con aria disgustata: è peggio di un funerale questa scena.
Si avvicina allo stereo, lascia partire la canzone “September”, le note allegre, ritmate animano l’atmosfera, richiamano l’attenzione dei loro occhi, che lo fissano e sorridono non appena lui comincia a ballare, a fare movimenti strani con le braccia, con la testa, con i piedi: un pagliaccio.
Il moro si avvicina a lei, le porge la mano che, Cels, afferra imbarazzata, dato che le sue guance diventano rosse, dato che non osa guardare i presenti, mentre Calum l’afferra, la trascina più vicina a lui, la fa muovere a suo piacimento, per poi baciarle il collo, la guancia, la bocca.
«Le camere sono di là» lo deridono gli altri, ma a lui poco importa, ha bisogno di fare l’idiota, ha bisogno di fingersi tonto, perché nel suo petto, una strana, stranissima sensazione lo invade.
È da quasi due settimane che lui e Cels sono strani, o meglio, che lei è strana: limita troppe volte il contatto con lui, non gli prende più la mano quando camminano l’uno affianco all’altra, non lo bacia più quando stanno per andare a dormire, non gli rivolge più quel sorriso complice, non fa più l’amore con lui da ben quindici giorni.
E la cosa non lo turba perché è “Un pervertito in astinenza” come lo deride Michael, la cosa lo turba perché… ha la sensazione che Cels lo stia… evitando.
Dice “evitando” perché vuole illudersi che vada tutto bene.
Dice “evitando” perché non gli piace pensare al peggio, non gli piace affrettare le cose, magari si sta facendo solo tanti castelli in aria.
Oppure tenta in tutti i modi di convincersi che lei non lo stia davvero lasciando.
Perché dovrebbe lasciarlo?
Perché dovrebbe osare tanto?
Che ha fatto di sbagliato? Che ha fatto di male? Che è successo? Che cosa si è perso?
Forse non vuole lasciarlo, forse è solo un po’ triste per la fine del tour, forse è solo un po’ nostalgica di casa e vuole tornare a Londra…
Ma sicuramente non lo vuole lasciare.
«Cels devi andare, tra poco si comincia» esclama Luke, risvegliando Calum dai suoi pensieri: la ragazza si libera dalla sua presa, si allontana salutando con un cenno della mano, neanche un bacio al suo Calum, neanche un misero bacio sulla punta del naso.
È la fine. Pensa il moro, buttandosi di peso sul divano, prendendosi il viso tra le mani, dicendo a denti stretti ai suoi amici di non fargli domande, di non chiedere nulla, di stare zitti, perché non è proprio il momento.
 
Lo vuole lasciare.
Lo vuole lasciare davvero, ne è certo ormai, non ha più troppi dubbi, non ha più quel briciolo di positività, lei lo vuole lasciare, ne è più che convinto, potrebbe scommettere tutti i suoi soldi, potrebbe scommettere anche il suo prezioso basso e vincerebbe la scommessa, perché lei lo sta lasciando, è evidente, è palese.
Quell’ultima sera, quell’ultima data, Calum non osa andare a vedere l’esibizione di Cels.
Resta in camerino, da solo, a fissarsi allo specchio, a pensare alla nuova vita che lo attende: la vita senza di lei, la vita senza la sua ragazza dagli occhi color ghiaccio e i capelli biondi, la vita che sperava di dover affrontare il più tardi possibile, ma che sta già per cominciare, manca poco, manca un niente.
E lui si sente già vuoto, si sente già perso, si sente il petto in fiamme, si sente il cuore battere troppo velocemente, sente i primi singhiozzi farsi avanti, le lacrime ad inumidirgli gli occhi, le lacrime che senza aspettare gli rigano le guance.
Entra in camerino sua mamma, Joy, lui non impiega un secondo di più ad abbassare lo sguardo: piangere con la mamma presente è l’imbarazzo.
Ma Joy non osa parlare, Joy si avvicina al figlio, lo abbraccia da dietro, posando la testa sopra quella di lui, spiando il suo sguardo dallo specchio, lo sguardo che lui gli nega, lo sguardo che non ha voglia di spiegare: ha bisogno di stare da solo, ha bisogno di essere lasciato in pace, eppure, sua mamma non la manda via, la lascia stretta a sé, come se fosse davvero l’unico conforto di cui ha bisogno, forse perché lei ha sempre creduto in Cels, forse perché non è davvero finita, forse perché lei, donna, capisce molte più cose di lui, e lui si sta facendo solo tante paranoie, quando in realtà è tutto normale, è tutto ordinario.
Ma chi vuole prendere in giro? Chi?
Non è niente di normale, non c’è niente di ordinario, è tutto un gran casino, è tutto orribile, è tutto un autentico disastro, è tutto così sbagliato, è tutto così brutale.
Calum sospira, si alza in piedi, si sposta da quell’abbraccio, deve andare a sistemarsi, deve andare a concludere il suo tour, deve concludere la sua relazione con Cels.
 
E durante Beside You, il bassista dei 5SOS ha un momento di pura debolezza, soprattutto nel cantare quelle parole, parole che dicono “non lasciarmi” dette da una lei, parole che parlano di un posto lontano, un posto dove non c’è posto per un noi, ma solo per un lei, un io, separati, divisi, parole che sono difficili da confessare, parole che Calum sta cercando per prepararsi per il discorso che deve affrontare non appena lo show finisce: Beside You è diventata una tortura, ogni singola parola viene storpiata nella sua mente, viene indirizzata a Cels e questa cosa lo porta a lasciarsi sfuggire due lacrime, lacrime che compaiono sul maxi schermo, lacrime che fanno urlare ancora di più le Fan ma che fanno preoccupare i suoi amici di band, che lo fissano senza sorriso in volto, che lo fissano con aria triste e colpevole perché loro non possono fare nulla per aiutarlo.
E finalmente, anche l’ultima data di quel lungo tour, è finita.

 
«Che tenero che sei… ti sei emozionato sta sera» dice Cels, seduta su una sedia, nella terrazza della loro camera in hotel, la camera che vedranno per l’ultima volta.
Calum siede vicino a lei, si limita ad annuire, non ha voglia di parlare, perché se parla piange, ne è sicuro, oppure esplode, diventa una bestia, meglio tacere, meglio non essere né un frignone né un mostro.
E il silenzio cala tra i due, cala ma non per scambiarsi qualche bacio, non per scambiarsi qualche abbraccio, il silenzio cala perché nessuno dei due ha il coraggio di parlare, nessuno dei due vuole cominciare quel discorso, sono due codardi, aspettano e basta, senza fare altro.
Ma nella testa di Calum, almeno, rimbombano tanti interrogativi, troppi, rimbombano dentro di lui, gli fanno quasi male, vuole delle risposte, vuole metterli a tacere, vuole sapere ogni cosa, per avere l’animo un po’ in pace.
Vuole sapere che è successo tra di loro, vuole sapere perché lo sta per lasciare, vuole sapere cosa la spaventa, vuole sapere perché devono per forza dividersi.
Non è lui che riesce ad amarla?
Non è lui la ragione della sua esistenza?
Non è lui l’unico che riesce a capirla?
Non è lui il suo tutto?
Non è lui colui che la può salvare?
Se lui è tutto questo, perché lo sta facendo penare così tanto? Perché trattarlo così?
«Mi manca fare l’amore con te» la voce di lei va a riempire la sua mente: lo ha detto davvero? Se l’è sognato?
Lo sguardo di Calum volge verso di lei, la vede con gli occhi bassi, si fissa i piedi, è imbarazzata per quella piccola confessione, confessione reale, che lui non si è immaginato, che ha sentito davvero, che gli ha fatto battere il cuore un po’ più velocemente.
«Ma… credo dovrò abituarmi» dice ancora lei, facendo fermare il cuore di lui.
Calum sospira, continua a non dire nulla, sospira e cerca di non crollare, cerca di mantenere la calma, deve stare tranquillo, non deve agitarsi, non deve fare mosse azzardate, deve respirare, far entrare ed uscire l’aria, dentro fuori, dentro fuori.
«Ho firmato un contratto con una casa discografica, è in America, finalmente avrò un album e un tour tutto mio» confessa lei, ma lui già sa di questa notizia: era anche scontato che succedesse, ha avuto la sua occasione di fare successo, si è dimostrata meritevole per essere notata da persone importanti.
«Oggi al concerto sai chi c’era? La tua amica Lucy» cambia discorso lei, ma anche questo lui lo sa, gliel’ha detto Ashton prima di salire sul palco, ma la notizia non gli ha fatto né caldo né freddo.
Fa spallucce.
«Beh, è carina, no? Venire fin qui, a Sydney, dall’America, solo per vederti» a cosa sta alludendo? Cosa sta blaterando? Cosa le importa se quella lì è venuta fin qui? A lui importa meno di zero, perché così tanto interessamento da parte di lei?
Lo sta facendo arrabbiare.
«È molto bella… dovresti uscire più spesso con lei» lo ha detto davvero? Ha davvero detto quella cazzata?
Calum respira ancora, rumorosamente, sa benissimo dove vuole andare a parare, vuole avere la coscienza a posto, vuole non sentirsi in colpa per quello che sta per fargli, lei gli ricorda così tanto una certa Angelika Walker.
«Sei peggio di tua madre» sputa acidamente, ritrovando gli occhi scioccati di Cels puntati sui suoi, un misto tra stupore e rabbia.
«E io, a quanto pare, sono anche peggio di tuo padre!» esclama, ridendo isterico, portandosi una mano tra i capelli, cominciando a credere di essere davvero nella stessa situazione di Elya Lancaster, perché sta per essere trattato come un cane, come se lui fosse un oggetto, come se lui si potesse mettere ovunque, perché non ha problemi ad abituarsi a posti diversi: lei lo sta lasciando, ma sta anche già trovando una soluzione, la soluzione che è Lucy.
«Maledizione a me, perché come Elya Lancaster, mi sono innamorato di una stronza come te! Una stronza che crede di potermi girare come più le piace!» è esasperato, non può più trattenere tutto quel dolore, non può più stare in silenzio.
E Calum comincia il suo monologo, comincia ad urlare, a dare voce ai suoi pensieri, sotto lo sguardo attonito di lei, che non ci crede, che è incredula di fronte a questo ragazzo che non riconosce, che è così diverso da colui che ha sempre visto, da colui che ha conosciuto.
Ma lui è stanco, è al limite della sopportazione: sono quindici giorni che è in pena per lei, sono quindici giorni che tenta di capire i suoi silenzi, le sue giornate storte, i suoi mancati atteggiamenti affettuosi, i suoi sguardi freddi, la sua distanza, non ne può più.
E lei cosa fa?
Si arrampica sugli specchi, non ha neanche il coraggio di dirgli le cose in faccia, cerca, piuttosto, un ripiego, un modo per non essere considerata così crudele e l’ha trovata la via di fuga, l’ha trovata eccome: Lucy è la chiave, Lucy può essere l’unico modo per uscire di scena senza essere troppo visibile, Lucy è quello che cerca, ma è quello che vuole lei, non lui.
«Io parto per l’America, Calum, non è esattamente dietro l’angolo» cerca di ribattere lei, cercando di non dare troppo peso a quel paragone con sua madre, perché lei lo capisce, perché lei sa quanto lui sia in pena, quanto lui sia disperato e lascia scorrere, lascia andare, non ci fa caso, perché in fondo in fondo, sa anche lei di essere un’autentica stronza.
«E sai cosa me ne frega, Cels? Un emerito cazzo! Io non lo vedo come un ostacolo, io non lo vedo come una cosa impossibile, giro il mondo anche io, sono lontano da casa anche io, ma non ritengo il mio lavoro fonte di separazione!» e lei abbassa lo sguardo, perché vorrebbe tanto essere come lui, vorrebbe anche lei essere così ottimista, eppure non ci riesce, non riesce a pensare a una vita lontana da lui, non riesce a pensare a quei giorni in cui sentirà il bisogno di essere amata, di essere abbracciata a lui, e la cosa non potrà avverarsi perché c’è un oceano a dividerli: no, lei non è così forte.
«Io non voglio far soffrire nessuno dei due» balbetta lei, abbassando lo sguardo sui suoi piedi, lasciando Calum sospirare ancora, la sua rabbia si è come placata, perché sovrastata dallo sconforto, dall’idea che nulla può cambiare, perché lei ha già fatto la sua scelta, e in quella via, non c’è posto per lui.
E con le lacrime agli occhi, decide di compiere lui quel passo, decide di essere lui, colui che chiede «Ci stiamo lasciando?» non aspettandosi niente di meraviglioso, non sa neanche più cosa sperare, non sa più cosa pensare.
«Dimmelo tu» osa rispondere lei, codarda fino alla fine, codarda per l’ennesima volta.
Ma la rabbia che Calum vorrebbe tanto sfogare al sentire quelle parole, si placa dall’idea di aver appena cominciato quella vita che tanto temeva, la vita senza di lei.
E senza aggiungere altro, senza dire una sola parola di più, Calum esce da quella terrazza, esce e prende le sue cose, per poi sbattere la porta ed andarsene verso casa sua, a piedi, nel buio della notte, lasciando che le lacrime si facciano avanti, perché da quindici giorni non aspettano altro.
 


 
 
Note di Nanek

Modalità allegria pari a zero sto capitolo, ma che è??
Mi dispiace, dico davvero… quel “illudendolo” non vi è passato inosservato noto :D
Beh, complimenti Cels, davvero una persona molto coraggiosa.
Povero Cal =( andiamo a consolarlo!
Io chiedo ancora scusa per Satellites, è colpa mia se stiamo tardando ma… oltre ad essere in un mondo tutto mio con un farmacista, sto male, fisicamente intendo, sono ridotta ad un calzino e non so neanche perché sono qui ad aggiornare!!
Vi giuro, la FF su Mike è ferma lì a fare la muffa, poi avevo pure cominciato una OS su Luke e pure quella è ferma, poi Satellites è lì in attesa e boh… sono presa male lol
Vi chiedo davvero scusa, cercate di capirmi, ma appunto sto male e dovrei pure iniziare a preoccuparmi per gli esami di settembre (che in realtà sono stati anticipati verso la fine di agosto, che cosa dolce) e sono presa giusto un po’ indietro -.-
Vi ringrazio per essere ancora qui <3 mi rendete davvero felice <3
Bene, ora vado, tornerò presto, ve lo prometto <3
Nanek

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Capitolo 9
*** Lost boy ***


Capitolo 9

Lost boy

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I've gone from place to place
Trying to bring you back
I've walked for days and days
Cause I can't face the fact
That nothing is better than you


Dicembre 2015.

E sono già otto mesi da quella notte.
Sono già passati otto mesi da quando Cels e Calum non sono più una coppia, non sono più nulla, sono solo due perfetti sconosciuti che non si vedono da giorni, non si sentono da mesi, non si scrivono da un’eternità.
E Calum ha cercato di non dare troppo peso alla cosa: quella notte, nel suo tragitto dall’Hotel a casa sua, ha versato così tante lacrime da consumarsi gli occhi, ha singhiozzato per tutta la notte, ha lasciato che la sua mente si riempisse delle immagini di loro due insieme per torturarsi, per sfogarsi almeno una volta, per poi cominciare ad accantonare il tutto.
Non vuole piangere, non vuole più soffrire, una notte gli è bastata, ha diciannove anni, ha tutta una vita davanti, ha altre ragazze che lo amano e che possono dargli ciò di cui ha bisogno, può uscire con altre ragazze, non è mica condannato alla solitudine, può avere l’opportunità di rifarsi, di ricostruirsi una vita, sorridendo al nuovo giorno che lo accoglie, sorridendo ad ogni cosa, lasciando che le immagini di lui e Cels insieme svaniscano giorno dopo giorno, come accade con i ricordi.
I suoi amici di band, tuttavia, sono preoccupati come non mai per il loro bassista, il bassista che finge di stare bene, che finge di non esser mai stato più felice di così, ma che non riesce a nascondere loro la sua tristezza, il suo stato di angoscia e delusione che i suoi occhi non riescono a nascondere; perché loro lo sanno che pensa a Cels, loro lo sanno che non fa altro che torturarsi ogni notte, navigando in Internet, cercando il nome di lei in ogni sito, mantenendosi informato su ogni cosa, mantenendosi aggiornato sul suo tour, sul suo album che deve ancora uscire, che sembra avere difficoltà ad essere pubblicato, Calum si è pure creato un altro account Twitter, sotto falso nome, per seguire gli Updates di Angel, conosce le fan di lei, parla per messaggio diretto con le persone che l’hanno incontrata, fingendosi un fan qualunque, pur di sapere come sta lei, come vive, se pensa a lui qualche volta, se i suoi fan notano nei suoi occhi un segno di rimpianto.
Calum si fa del male da solo guardando i live messi in Youtube, ed è arrivato a farsi ancora più male, quando ha solo pensato di comprare un biglietto per un suo concerto: e i suoi amici lo sanno, perché la cronologia di Google è sempre e solo indirizzata su “ Cels Lancaster” o “Angel”.
Luke ha provato a farlo parlare, andando diretto al sodo, chiedendogli di non fingere e di sfogarsi con lui: ma non ha avuto la risposta che cercava, dato che Calum gli ha sorriso e gli ha confidato di uscire per un appuntamento con una ragazza.
Ashton, quando camminano per le vie, cerca in tutti i modi di nominare Cels, per esempio quando passano davanti a una fioreria, o una gioielleria: ma Calum si rallegra e compra fiori da consegnare ad una fan incontrata per la via, o all’ennesima ragazza con cui esce per un solo appuntamento.

Michael, dal canto suo, è quello che si fa meno gli affari del moro: non gli chiede mai nulla, non vuole essere invadente, lui sa quello che prova Calum, non ha bisogno di approfondire, lui sa che soffre, lui sa cosa sta facendo, ma non osa fare domande, non osa alludere a quella ragazza, non osa far cadere il suo amico in quel pozzo di ricordi, che gli fanno solo del male.
E forse, è proprio per questo motivo che, Calum oggi, mentre passeggiano per Hyde Park, decide di fargli quella domanda.
«Secondo te sono stupido?» domanda che fa scoppiare a ridere il ragazzo dai capelli nuovamente azzurri.
«Imbecille ti si addice di più» lo corregge, facendo sorridere Calum, che lo ringrazia per la sua onestà.
«Dovrei smetterla?» chiede ancora, alludendo a tutto quello che fa di nascosto nei confronti di Cels.
Michael fa spallucce, borbottando un «Che ne so io» bevendo il Cappuccino comprato da Starbucks, non guardando l’amico.
Calum sospira, continua a camminare al suo fianco, ha bisogno di parlarne con qualcuno, ha bisogno di parlarne con Michael, gli sembra lui il più adatto, gli sembra lui quello un po’ più imparziale: Luke ed Ashton sono troppo sentimentali, sono troppo fissati con le storie da film dove tutto si sistema e non è questo di cui ha bisogno lui, lui vuole una cosa oggettiva, realistica, una cosa che faccia al caso suo, una cosa che Michael può dargli, ne è certo.
«Sai… Cels si è fatta un nuovo tatuaggio, sul collo, l’ho visto in una foto» dice quasi bisbigliando, rendendosi conto di quanto stupida sia la sua constatazione; ma l’amico non ci fa caso, anzi, sembra informato pure lui.
«Ho visto, ha una “C” se non sbaglio» azzarda, mentre il moro annuisce, sta aspettando.
«“C” come… Cels» butta lì Michael, distruggendo i mille castelli che Calum si è fatto, distruggendo le sue illusioni, stracciandole di proposito, perché vuole studiare la sua reazione.
«“C” come... castoro» ipotizza il moro, gesticolando un po’ con la mano, guardando l’amico, che continua a sorseggiare il suo Cappuccino senza ridere.
«O magari… “C” come Calum» dice infine Michael, facendogli battere il cuore più forte, facendolo sorridere appena, per aver finalmente pensato la stessa cosa.
«Dici che le manco?» azzarda il piccolo innamorato, ma la riposta che riceve non è esattamente quello che si aspetta.
«Non credo» dice diretto, secco, senza esitare, mandando in frantumi la sua autostima, facendo fermare il suo cuore, facendolo sbiancare, confondendolo ancora di più.
«Credo che veda le tue foto, sempre con una ragazza diversa. E secondo me, non ci pensa più a te. Sai come sono le donne, dimenticano in fretta» si spiega meglio e Calum continua a perdere colorito in viso, incredulo, senza parole: con quelle ragazze ci esce per creare gelosia, non per essere gettato nel dimenticatoio.
«Ma… io lo faccio per lei!» si lascia sfuggire dalle labbra, l’amico lo guarda stupito.
«Ma come? A noi hai detto chiaramente che esci con ragazze diverse per farti una nuova vita, senza Cels… adesso il vero motivo è scatenare la sua gelosia? Devi essere più chiaro Calum, o non ti stiamo dietro» colpito e affondato.
Calum Hood zero, Michael Clifford mille.
Ecco che la maschera, che Calum si ostinava a tenere, è andata a farsi distruggere da Michael, nel giro di appena tre minuti: tutto lavoro perso, crollato, Calum è stato scoperto, la sua debolezza è tornata a galla, il suo stato di angoscia è nuovamente scoperto, la sua “depressione” per Cels Lancaster è stata svelata: ma che novità, Mike già lo sapeva, non è mica così stupido.
«Mille punti a Grifondoro» ridacchia il ragazzo dai capelli azzurri, continuando a sorseggiare la sua bevanda, continuando a sorridere all’ingenuità del suo amico: è un bassista, non un attore, la sua tristezza la si nota a chilometri di distanza e Michael ci vede bene, non usa neanche gli occhiali da vista, non poteva scappare al suo occhio sveglio.
«Cosa faccio Mike?» gli chiede con voce flebile, ma nuovamente l’amico scrolla le spalle.
«Quello che vuoi tu Calum, vita tua, scelta tua» e qui il moro si arrabbia un po’, decidendo di avanzare con il passo, prendendo una strada secondaria: ha bisogno di stare da solo, ha bisogno di un consiglio da se stesso, ha bisogno di silenzio.
Ma il suono del suo cellulare non gli permette questo lusso, perché un messaggio da “Katrin” lo avvisa del loro appuntamento.
«Merda!» impreca ad alta voce: l’appuntamento, e chi se lo ricordava più? Deve correre verso London Eye, deve fare in tempo, povera ragazza, non se lo merita.
 
«Scusami Katrin, Michael mi ha… portato via troppo tempo» dice un Calum reduce da una corsa colossale, con il fiato corto, le gambe che sono già sfinite.
«Tranquillo Cal, sono appena arrivata» sorride la ragazza, ma il suo sorriso sembra una smorfia: sta mentendo, lo sta aspettando da millenni, glielo legge in faccia quanto è arrabbiata con lui, ma il moro non ci fa caso, non ha voglia di mettersi a pensare pure a lei e alle sua paranoie, lui ha già i suoi problemi, e lei, non ha posto in quella lista infinita.
Passeggiano, i due conoscenti, Katrin è… non se lo ricorda neanche lui quando l’ha conosciuta, era ubriaco quella sera, ne è certo, si ricorda solo di averle lasciato il suo numero di cellulare sul braccio per farla contenta, ma credeva di averlo scritto sbagliato: un ubriaco non sa mentire, regola d’oro, che lui si è dimenticato.
Camminano, Calum ha le mani in tasca, non osa tirarle fuori, ci manca solo che qualcuno lo veda mentre le tiene la mano, faccia una foto, crei nuovi casini in Twitter e crei nuove paure a Cels, non osa tirare fuori le mani, non osa diminuire quella distanza di sicurezza tra loro due, non osa nulla, ha troppi pensieri per la testa.
Ripensa alle parole di Mike, ripensa a quello che gli ha detto: si immagina Cels, la sua Cels, che vede in internet le sue foto, foto con ragazze sempre diverse, foto dove lui sorride, scherza, abbraccia a volte una ragazza che non è lei, una ragazza sempre diversa, appare come un latin lover, come un… puttaniere, questo è quello che sembra.
E che avrà pensato Cels di lui? Che avrà detto? Come avrà reagito?
Se fino al giorno prima ha sempre pensato che non fossero affari che la riguardano, Mike è riuscito a mettergli in testa la peggiore delle immagini.
L’immagine di Cels che piange, l’immagine di Cels che bisbiglia “Non mi ha mai amato per davvero”, l’immagine di Cels che spegne il computer con violenza, l’immagine di Cels che va verso il bagno.
Quasi la vede, la vede spogliarsi, la vede riempire la vasca d’acqua fredda, la vede selezionare quella canzone dal suo cellulare, quella dannata “She will be loved” che riempie la stanza; la vede con quelle sigarette, le sigarette che lei non fuma mai, ma che in momenti di tristezza tira fuori, e fuma, fuma senza motivo, fuma come se fosse l’unica cosa da fare, facendosi del male, perché la voce di un cantante può essere compromessa dal fumo, ma a lei poco importa della sua dannata voce, a lei non importa nulla; la vede immergersi, in quell’acqua gelida, la vede immergersi, per poi portare le ginocchia al petto, su quel petto dove c’è un segno di Elya, quella rosa; e su quel collo, ora, c’è pure un segno di lui, c’è la sua iniziale, c’è Calum sul suo corpo, un corpo che rabbrividisce, che si lascia sopraffare dalla pelle d’oca, un corpo che trema, che soffre; le labbra screpolate, i polpastrelli che si consumano secondo dopo secondo, le unghie più violastre, e quegli occhi.
Gli occhi azzurri gonfi, rossi, che non smettono di lasciar scorrere via quelle lacrime, lacrime che lui non può asciugare, lacrime che lui stesso le sta provocando; e quella canzone, quelle dannate parole, non le danno conforto, non la fanno sentire amata, ma la fanno sentire sola, lontana dalla felicità, lontana dalla speranza, Cels non ha nessuno, non c’è davvero più nessuno a salvarla, non c’è nessuno che entrerà in quel bagno a tirarla fuori dall’acqua gelida, non c’è nessuno a portarla sul letto caldo, non c’è nessuno ad amarla con tutto se stesso.
Perché lui è lì, a Londra, e sta camminando con un’altra, ennesima, ragazza.
«Cels!» si ritrova ad esclamare, rendendosi conto che la ragazza al suo fianco lo sta fulminando: lei non è Cels, che sta dicendo? Che gli è preso? È stupido?
No, imbecille gli si addice di più.
«Scusami Katrin, scusami davvero» si congeda così, senza darle il tempo di rispondere, e si allontana da lei, correndo via, correndo per le strade di Londra, con quella immagine di lei in testa, lei in quella vasca, lei che sta sprofondando senza di lui a salvarla.
Lei che è così debole, lei che si è sempre fidata di lui, lei che non ha mai detto “Ti amo” e solo ora lui capisce il motivo: come può amare uno come lui? Uno che cambia ragazza ogni cinque minuti, uno che non ha dimostrato di meritare il suo amore, uno che peggio di lui non esiste.
E lei sta cadendo sempre più in basso, e lui, corre, corre perché si illude di poterla aiutare.
E correndo, vede l’immagine di Cels, alla sua destra.
Si ferma di colpo, quell’immagine non è davvero lei: è la sua fotografia, è un cartellone, appeso alla vetrina di un negozio di dischi: l’album del debutto, il primo album di Cels.
È finalmente uscito, quel tanto atteso album di Angel, un album di dieci canzoni, un album in cui come foto copertina c’è una ragazza, dai capelli lunghi e biondi, lo sguardo che fissa per terra, non lascia vedere le sue iridi azzurre, vestita con quei pantaloni a vita alta, gli stessi pantaloni con la fantasia scozzese che aveva quella sera al Karaoke, quelle calze nere, quella maglia larga e scura; la ragazza è seduta su una sedia, ha un basso in mano, la sua Cels con in mano lo strumento che appartiene a lui e non a lei, e si stupisce, Calum, perché si aspettava la sua solita pianola.
Ma Cels Lancaster è sempre piena di sorprese, è sempre capace di stupirlo, ed il colpo di grazia, lo dà il titolo di quell’album.
Perché l’album del suo debutto, si intitola: “Calum”.
 
 
 
Note di Nanek
Esattamente 21 anni fa, sono nata io, la Nanek :D
Ed ecco a voi che il giorno del mio compleanno io vengo qui a rompere le balle e a darvi un po’ di speranza per questa coppia :D
Il capitolo spero vi piaccia, sono di fretta, ma sta volta concedetemelo, è il mio giorno speciale :D
Volevo solo dirvi che… ho incontrato Alessandro Casillo *-* e Noemi, Annalisa, Marco Carta, ma CASILLO QUANTO FIGO NON è???
Volevo rendervi partecipe della mia piccolissima vita da “raccomandata” dato che per la prima volta in 21 anni sono andata in un backstage :D
Bene, io vi ringrazio se siete qui a leggere <3 spero davvero di non deludervi =)
Il prossimo capitolo è l’ultimo, quante vogliono il lieto fine? Fatemi sapere ;)
A presto!
Nanek

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Capitolo 10
*** English love affair ***


Capitolo 10

English love affair

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When the lights go out,
she's all I ever think about
The picture burning in my brain
kissin' in the rain
I can't forget my English love affair

 
 
Calum.
L’album di debutto di Cels si intitola Calum: non ci crede, è senza parole, incredulo, sconvolto, non può essere vero.
Cammina per il corridoio del suo Hotel, raggiunge la camera, dove ad accoglierlo ci sono gli altri, che gli parlano, urlano a momenti, ma lui non ci fa caso, è troppo preso da quell’album che tiene tra le mani, che ha paura di far cadere, che continua a pensare sia frutto della sua immaginazione, non può essere vero, lei non può avergli dedicato un album, non può essere arrivata a questo, non ci crede, è impossibile, eppure, lo ha tra le mani, quell’album, e lo ritiene la cosa più preziosa del mondo, perché è come se fosse Cels, è parte di lei.
Ma la cosa che lo lascia ancora più a bocca aperta, è la track list che c’è dietro.
1-Cause he is
2-All I need to
3-Live
4-U are
5-My soul, my sunshine and my heart
6-I love you and I miss you
7-Elya
8- Ice and fire
9-Shiver
10-Happy ending
In quella lista di canzoni c’è un messaggio, non troppo nascosto, indirizzato a lui, ne è sicuro, ne è certo, perché le iniziali delle prime cinque canzoni formano il suo nome, non se lo sta sognando, c’è davvero un messaggio per lui, c’è davvero una frase rivolta a lui.
Cause he is All I need to Live; U are My soul, my sunshine and my heart”
«Dov’è il computer? Dov’è internet??» quasi esclama a voce fin troppo alta, preso dall’emozione, dall’agitazione, dall’adrenalina: ha bisogno di sapere dov’è Cels, ha bisogno di lei, ha bisogno di vederla, deve parlarle, deve spiegarle ogni cosa, deve sistemare tutto quel casino, deve fare qualcosa, quel messaggio è chiaro, è diretto a lui, lui che è la sua anima, il suo raggio di sole e il suo cuore, deve trovarla, deve abbracciarla, deve farle capire quanto le sia mancata, quanto la sua vita sia vuota senza di lei, perché anche lei è per lui, la sua ragione di vita.
E Calum schiaccia i tasti fin troppo velocemente, cerca tra le pagine notizie su Cels, cerca ogni tipo di informazione, scorre pagine che non gli interessano, scorre velocemente, non ha un solo secondo da perdere; va poi su Twitter, e ringrazia al cielo di aver trovato dei Updates davvero utili, che lo informano che lei è di ritorno da New York, lei sta tornando a Londra, per il suo concerto, che si terrà tra due giorni, atterrerà a Heathrow: e Calum, non rendendosi conto di usare il suo account personale, ritwitta quell’informazione, e lascia un tweet veloce, dove ringrazia le ragazze che, dopo aver notato che Calum Hood è passato nel loro profilo, impazziscono.
Calum spegne tutto, non ha tempo da perdere.
 
E all’aeroporto, si rende conto di non essere l’unico ad aspettare Cels, e non si rende conto, che aver scritto quel commento… ha portato solo sue fan ad aspettarlo, speranzose di vederlo, di incontrarlo, insieme a Cels.
E si maledice, per aver lasciato gli occhiali da sole in camera, maledice di essere così poco coperto, perché tutte, tutte, lo riconoscono e si affrettano ad avvicinarsi, riempiendolo di domande, di richieste, che lui soddisfa, ma continua a cercare con lo sguardo la figura di Cels, che non esce, che forse, ha preso l’uscita VIP, che forse, non si farà vedere.
Ma un urlo gli fa capire che lei è arrivata.
E la vede uscire dagli arrivi, lei, la sua Cels.
I capelli raccolti in due trecce, gli occhiali da sole indossati, le labbra avvolte dal rossetto rosso, la pelle candida, il giaccone pesante, il suo sorriso che si apre non appena vede le sue fan.
Molte ragazze vanno più vicine, si fanno abbracciare da lei, le baciano le guance, le chiedono una foto, un autografo e lei firma, sorride, le avvolge, scambia due parole, ma le sue iridi azzurre hanno già notato quelle marroni di Calum, quelle iridi azzurre fremono, sono nervose, sono impazienti, lei non ha più voglia di aspettare.
«Dobbiamo andare ora, grazie per essere venute» dice la ragazza alle sue fan, avvicinandosi a lui, prendendolo per mano e avviandosi insieme verso l’uscita, verso un posto, dove loro due possono parlare.
 
E quel locale, il locale che li ha fatti conoscere, è ancora chiuso, non c’è il DJ già all’opera, non ci sono tutte quelle persone pronte a cantare: è deserto, è spento e Calum non capisce che ci facciano qui, fuori, ad aspettare.
«Vieni con me» lo trascina ancora lei, portandolo sul retro, dove un muretto piuttosto alto blocca loro la strada.
«Spero tu sappia scavalcare» sorride ancora Cels, cominciando ad arrampicarsi, sotto lo sguardo incredulo di Calum che, tentando di non sembrare goffo fino alla derisione, la segue, scavalcando e saltando dall’altra parte, dove un giardino fin troppo bello lo accoglie di sorpresa: non lo ha mai visto.
«Questo è un posto segreto, in pochi sanno della sua esistenza» commenta la ragazza, avanzando, come per controllare che tutto sia rimasto come lo ha lasciato.
Ma i suoi occhi, vanno di nuovo a cercare quelli di Calum: non è tempo di blaterare, non è tempo di chiacchiere, loro devono parlare, devono chiarire, hanno troppe domande da farsi, hanno troppe parole da far scivolare dalle loro labbra, non riescono più a tenersi dentro tutto.
«Comincia tu» la precede Calum, facendola arrossire, il suo sorriso timido si fa avanti, quelle parole sono così difficili da dire, è passato così tanto tempo, sono successe tante cose.
«Ti amo» confessa di getto «Mi manchi» confessa ancora, facendo irrigidire il moro che, al sentire quelle parole, si sente il cuore in gola, pulsa come non mai, non lo fa deglutire «E, io... sono una stronza che pensa di poter tornare dal nulla per riaverti con sé» dice ancora lei, sospirando, ricevendo un sorriso da parte di lui, che quasi non ci crede di aver sentito quelle parole.
«Non merito il tuo perdono Cal, lo so. Ma… ci ho provato, mio padre mi ha sempre insegnato così: cercare di rimediare agli errori, soprattutto con le persone che… sono importanti» la sua voce quasi diventa un sibilo, i suoi occhi puntano ai suoi piedi, la vergogna e l’imbarazzo davanti al suo silenzio si fanno più vivi che mai.
«Pensavo fosse la cosa più giusta» quella voce così debole «Ma… non sono mai stata brava in relazioni sociali» dice quasi ironica, provocando in lui una risatina soffocata.
«Parla tu ora, Calum: insultami, urla, fa quello che vuoi» lo incita, mentre lui avanza verso di lei.
A Calum non è mai piaciuto litigare, non gli piace urlare contro la gente, non gli piace perdere la voce perché la alza con qualcuno.
A Calum non è mai piaciuto essere in lite con qualcuno, è una cosa che non sopporta, che non regge, perché quando qualcuno litiga con te, dopo è automatico che te lo ritrovi ovunque, e l’atteggiamento che siamo costretti a mettere in atto è da patetici: non ci si saluta, non ci si guarda nemmeno, non si sa mai cosa dire, non si sa mai se si deve salutare o meno, anche con un solo cenno del capo.
A Calum non piacciono queste cose, a lui piace arrabbiarsi solo con se stesso, non è in grado di farlo con altri, perché gli passa tutto alla velocità della luce: e Cels, non sarà l’eccezione.
Lei che è così importante per lui, lei che è la fonte di ogni suo pensiero, lei che la ama con tutto se stesso, l’ha perdonata.
Ma non la perdona oggi, perché lei è tornata, perché lei ha appena confessato di non poter stare senza di lui, lui l’ha perdonata davvero tanto tempo prima, solo che non ha mai avuto il coraggio di dirlo.
E Calum, travolto dal suo amore per lei, travolto da quella tenerezza che quella ragazza gli sta infondendo, le si avvicina, sempre di più, fino ad avere un respiro di distanza.
Le prende il viso tra le mani, guarda quelle iridi azzurre per pochi secondi, e appoggia le sue labbra alle sue, sentendole nuovamente parte di lui, parte della sua vita; quelle labbra così fine, che vengono avvolte dalle sue, con delicatezza, con amore; quelle labbra fine che sente ancora un po’ screpolate, ma che ama incondizionatamente; e le sente poi, quelle mani, quelle dannate mani affusolate, mani così fragili, così perfette, mani che gli hanno lasciato un ricordo così assillante: quelle mani sul suo corpo, quelle mani in grado di fargli provare brividi incancellabili, quelle mani che ora gli accarezzano le guance, per poi scendere al suo collo, per poi avvolgersi tra i suoi capelli; quelle mani della sua Cels che tanto gli sono mancate, quegli occhi che tanto ha sognato, quel momento in cui tutto si sarebbe risolto che si sta avverando per davvero, facendogli battere il cuore all’impazzata, facendolo sorridere in questo bacio così lungo e così perfetto.

*
 
Ed è ora di calare le luci in questa arena “O2 Shepherds Bush Empire”, è ora di sentire un boato alzarsi dagli spalti, voci che chiamano quel nome, voci che vogliono lei, lei e le sue canzoni, lei che tanto le fa emozionare, lei che è il loro angelo, lei che finalmente ha cominciato il suo tour.
E Cels compare, illuminata da una luce bianca: compare con i suoi pantaloni a vita alta e la canottiera nera, i capelli biondi e lunghi che le scendono sul petto, gli occhi azzurri pesantemente truccati di nero, le labbra caratterizzate dal suo rossetto rosso che lasciano spazio a un sorriso, che lasciano uscire da quelle labbra il suo saluto verso il suo pubblico.
E Cels però, ha un annuncio da fare, ha un cambio di programma improvviso per quanto riguarda la scaletta per quella serata: non canterà “Elya” per prima, ma canterà una canzone a lei davvero cara, una canzone che l’ha portata in quel palco, perché quattro ragazzi l’hanno notata grazie a questa.
«Vorrei dedicare a tutte voi “She will be loved” e per rendere il tutto più speciale… ho pensato di portarvi una sorpresa» un boato ad accogliere quelle parole, urla ancora più forti quando la figura di lui viene illuminata a sua volta: lui e la sua chitarra, lui e il suo sorriso raggiante, saluta il pubblico con la mano, si avvicina a lei quasi timidamente.
«Calum Hood ragazze, se volete urlare, vi do cinque secondi per farlo» suggerisce Cels, per poi venire travolta da quelle urla, sorridendo al suo ragazzo, che è imbarazzato come non mai, che ringrazia per il caloroso saluto datogli, per poi guardare lei, la sua Cels, che gli dà segno di cominciare quella canzone.
E Cels e Calum cantano quella canzone che tanto appartiene loro: lei, la ragazza dal sorriso rotto, lui, il ragazzo che l’aspetta anche sotto la pioggia.
Quella canzone che rimbomba per tutta l’arena, quella canzone che è accompagnata dai flash dei cellulari che illuminano quel buio, facendo brillare gli occhi dei due cantanti, che danno il meglio di loro, che cantano convinti di quelle parole, che si guardano complici sorridendosi a vicenda, cercando di stare vicini, cercando di non perdersi mai.
E quello che il pubblico non sa, è che sarà l’ultima volta che Cels canterà ai suoi concerti quella canzone.
Sarà l’ultima volta, perché lei ormai, non ha più bisogno di essere convinta.
Lei non ha più bisogno di quelle parole di incoraggiamento, lei non ha più bisogno di essere confortata dalla voce di Adam Levine, non ha più bisogno di quella melodia, non ha davvero più bisogno di essere chiamata “the girl with the broken smile”.
E la ragione, è il ragazzo che le sta affianco in questo momento.
Cels ha il suo Calum
Calum ha la sua Cels.
Non c’è davvero più bisogno di quella canzone, non c’è davvero più bisogno di quelle parole.
Cels sa che lui l’aspetta anche sotto alla pioggia.
Calum sa che è colui che aggiusterà sempre il suo sorriso quando più ne avrà bisogno.
Cels sa che lui vuole solo farla sentire bella.
Calum sa che la loro vita non sarà solo farfalle e arcobaleni, ma metterà se stesso per rendere i loro giorni luminosi più frequenti di quelli bui.
Cels sa che se cade lui la aiuterà a rialzarsi, e, lei, farà lo stesso con lui.
Calum giura, che potrebbe guidare anche per miglia e miglia, ma tornerà sempre da lei, in tempo.
Cels sa che entrambi tendono ad essere insicuri, ma giura, che insieme riusciranno sempre a dare il meglio di loro.
Calum sa dove Cels tende a nascondersi, lui la conosce, sa ogni cosa di lei e riuscirà sempre a trovarla.
Ma la cosa più importante è che: sia Cels che Calum sono consci di una cosa, una cosa che appartiene loro, una cosa che li legherà sempre, una cosa che li farà sempre tornare l’uno verso l’altra, perché si appartengono, perché sono fatti per stare insieme, perché si completano, perché loro sono loro, e la loro storia è unica nella sua semplicità.
Calum e Cels, sanno che verranno entrambi amati per davvero: Cels da Calum e Calum da Cels, da nessun altro, perché nessuno ha quello che serve loro, perché loro si amano, a modo loro, un modo che nessuno potrà mai imitare.
Loro si ameranno sempre e comunque.


 
THE END

 
 
 
Note di Nanek

È FINITA.
Pure questa mini long è conclusa, DIAMINE.
Beh, voglio un applauso perché vi ho messo di nuovo il lieto fine :P state pur certe che un giorno vi caccio un finale da pianti isterici perché finisce male XD non sto scherzando u.u
Cels e Calum, finalmente vissero felici e contenti insomma, i miei patati <3
Dolcini loro.
Prima di ringraziarvi, volevo solo avvisarvi di una cosuccia ^^
So che mi ammazzerete appena ve lo scrivo ma… mi dispiace, devo: la FF su Mike……. È posticipata a settembre, forse per il 10 o giù di lì e non prima.
Lo so, volevo finire questa al più presto per mettervi quella su Mike, lo so, mica sono scema, ma… il tempo mi rema contro.
Per farvi dello spoiler gratuito, la FF su Mike è a rating rosso, molto rosso, quindi i capitoli sono abbastanza complicati per la mia mente fluffuosa, sono ancora ferma al capitolo 4 o 5, ho poco tempo, dato che ho esami e il 18 parto per la mia “meritata” vacanza lol, e… non sarebbe giusto nei vostri confronti farvi aspettare millenni per capitoli che io non riesco a scrivere.
Mi spiace davvero anche per la OS su Luke, spoileriamo anche qui, è su punk Luke, e… ci tengo a farla bene e bella lunga, ma il tempo è poco, devo studiare e impegnarmi e non ho davvero tempo per accendere il pc, chiedo umilmente perdono.
A settembre non manca tanto, quindi spero che per il momento riusciate a sopravvivere solo con Satellites che verrà aggiornata spero presto, Dio mio che casino che ho lol
Bene, dette queste cattive notizie, vi ringrazio di cuore per essere arrivate fino a qui <3
Ringrazio le 37  persone che hanno messo la storia tra le preferite <3
Ringrazio le 5 persone che hanno messo la storia tra le ricordate <3
Ringrazio le 42 persone che hanno messo la storia tra le seguite <3
Ringrazio le 95 recensioni che mi hanno sempre resa molto felice <3

Vi ringrazio per aver dato una possibilità a Cels <3 dico sul serio <3
Un grande grazie sempre e comunque a Nek <3 ma anche ai Maroon 5 per aver creato questa canzone che dà speranza <3 grazie ad Ash, Luke e Mikey per essere stati degli aiutanti perfetti <3
Grazie a Calum per essere un panda adorabile <3
Grazie davvero per ogni cosa =)
Noi ci sentiamo presto, o almeno lo spero <3
Nanek

 

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