Huntbastian week 2014

di black_eyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day 1: Infanzia ***
Capitolo 2: *** DAY 2: Not Like Me ***
Capitolo 3: *** Day 3: Primogenito ***
Capitolo 4: *** Day 4: amico di penna (O TASTIERA) ***
Capitolo 5: *** DAY 5: Masquerade ***



Capitolo 1
*** Day 1: Infanzia ***


Per la prima giornata della Huntbastian week un pò di fluff ...
Non è betata sorry. Ma vi auguro una buona lettura!

 

Sebastian stringeva la mano di sua madre mentre stavano andando al parco, era una bella giornata di fine Giugno, e lui, solo per quel pomeriggio l'aveva scongiurata di accompagnarlo.

S'il vous plaît maman!” Le chiese infatti poche ore prima “seulement pour aujourd'hui! S'il vous plaît!” Domandò congiungendo le mani davanti a sé.

“Sebastian Andrew Smythe,” lo richiamò Sibylle inarcando un sopracciglio e fissandolo da sopra la rivista di moda “quante volte ti ho detto che si parla in inglese? Non siamo in Francia.”

Sebastian si morse il labbro inferiore e infine trasse un profondo respiro “per favore maman, possiamo andare al parco? Solo per oggi!” La fissò sotto la frangetta bionda “per favore!” supplicò con un marcato accento francese.

“E va bene” sospirò tirandolo sulle proprie gambe e dandogli un bacio a stampo sporcandogli di rossetto la guancia pallida. “Andremo al parco. Ma promettimi che farai esercizio di pronuncia. Ok?” Gli chiese tirando fuori dalla propria tasca un fazzoletto e inumidendolo per passarlo sopra alla guancia di suo figlio.

Maman!” Borbottò Sebastian ridacchiando quando Sibylle gliela strofinò con il fazzoletto “e va bene … prometto.” Le strinse le braccia attorno al collo. “Je t'aime” le sussurrò dolcemente e nascondendo il viso nel suo collo.

Sibylle sorrise passandogli una mano sulla schiena “lo so amore. Forza, andiamo a prepararci per il parco!” Disse facendogli il solletico sui fianchi per poi farlo scendere dal proprio grembo.

Sibylle si sedette su una panchina fissando suo figlio, aveva appena 8 anni ma era un vero e proprio ometto, dopo il divorzio avvenuto con suo marito Henry era successo tutto velocemente, il trasferimento con annesso cambio di casa, l'addio di Sebastian ai suoi compagni di classe. Ma Bas non aveva battuto ciglio, aveva seguito sua madre e l'aveva aiutata nel sistemare i vari scatoloni e decidere cosa mettere nelle loro camere da letto.

Sebastian era felice, felice come lo era stato poche volte in quell'ultimo anno, e adesso che era al parco avrebbe potuto giocare e farsi nuovi amici, ma nonostante andasse accanto agli altri bambini nessuno gli rivolgeva la parola, così decise di restare nell'angolo; avrebbe potuto fare amicizia con gli altri con calma, c'era tempo, no?

Stava giocando in un piccolo spiazzo erboso da solo, quando un bambino, nel silenzio più assoluto, gli si sedette in parte.

Aveva i capelli a spazzola, una maglietta blu e dei pantaloni a fantasia militare; non disse una parola, non si mostrò neanche interessato al francesino che lo fissò incuriosito.

“Ciao.” disse Sebastian timido muovendo una mano davanti al viso dell'altro “come ti chiami?”

L'altro bambino strinse le labbra e si passò una mano sugli occhi.

“Ehy.” Gli si sedette davanti, invadendo il suo spazio personale “tutto ok bambino?” Gli chiese aggrottando la fronte e allungando un braccio in avanti.

L'altro bambino annuì e fissò da un'altra parte “mi chiamo Hunter.” Disse in tono distaccato.

“Come mai sei arrabbiato?” Gli chiese Sebastian incrociando le gambette sotto di sé e inclinando il capo a destra.

“Non sono arrabbiato” mugugnò imbronciato “solo che … papà dice che non bisogna mischiarsi con la … gente normale” aggrottò la fronte scuotendo il capo “ma così non posso farmi nessun amico.” Scosse le spalle “papà dice che gli amici non servono a niente.”

Sebastian gli mise una mano sul braccio “maman invece dice che gli amici sono importanti, che bisogna circondarsi di brave persone” gli tolse la mano e incrociò le braccia contro il proprio petto facendosi pensieroso “però anche io non ho amici.” Si morsicò il labbro inferiore “vuoi essere mio amico?” Gli sorrise porgendogli la mano destra “io sono Sebastian Smythe.”

L'altro bambino fissò quella mano e la strinse con vigore sorridendo felice “io sono Hunter … Hunter Clarington.”


SOOOOOOO è terminata, non è niente di che e bho.
Grazie per aver letto! A domani! (?) sempre che vorrete leggere XD

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Capitolo 2
*** DAY 2: Not Like Me ***


Terza giornata! Yeaaah! mi sono sbizzarrita e mi è garbato questo prompt ... che mi è uscito una Smut/angst e non so come ho fatto ma ok ...
Non è betata so ... sorry come al solito XD
Buona lettura!

 

Sebastian Smythe era fuggito, era una vita che fuggiva dagli altri, il più delle volte non riuscendoci, e solo nell'ultimo periodo stava fuggendo dal proprio passato.

Per quell'ultimo caso ci era anche riuscito bene, ma adesso erano tornati, e lo aveva scovato.

Ci aveva messo tutto il suo impegno a non farsi vedere o sentire, aveva provato ad essere un'ombra e per quel periodo ci era riuscito; ovviamente con lo scomparire ne conseguiva anche abbandonare più volte la propria dimora, le piccole abitudini che si era creato, ma nei 3 secoli che aveva vissuto tutto ciò non importava.

Entrò nel proprio appartamento chiudendo la porta con tre mandate, rise scuotendo il capo, come se questo li avesse tenuti alla larga, si avvicinò alla finestra per tirare le tende, quando un movimento gli catturò l'attenzione. Non servì neanche voltarsi, sapeva già chi era.

“Mi hai trovato” sussurrò andando verso il bar per prepararsi qualcosa, in quegli anni aveva imparato a convivere con il suo essere diverso, e quindi a cercare di essere un po' normale, come chiunque. Come un umano.

“Oh Sebastian, come se fosse stato difficile.” Un giovane uomo dalla corporatura robusta e gli occhi di ghiaccio, uscì dall'ombra e gli andò alle spalle fissandolo mentre preparava l'alcolico “cos'è che stai facendo?”

“Bevo.” Spiegò, allontanandosi dall'altro “che vuoi da me?” Chiese bevendo quell'intruglio di cui sentì poco o nulla. Il suo organismo poteva bere decine di quegli alcolici che non sarebbe stato male, una cosa positiva del non essere un umano.

“Manchi alla famiglia. Sei come noi Sebastian,” il ragazzo sogghignò mostrando due canini appuntiti, lunghi e bianchi, delle vere armi che avrebbero potuto dissanguare una persona normale in poco meno di cinque minuti.

“Non più Hunter.” Si tolse il giubbino che appoggiò sulla poltrona di pelle. “sono cambiato in questi anni. Io non sono come te.” Lo fissò per poi voltarsi e raggiungere il comodino vicino al proprio letto. “Comunque lo conosci il motivo per cui mi sono allontanato da voi.”

“Allontanato … che parola stupida.” Sbuffò il ragazzo che faceva di nome Hunter “tu sei scappato come un codardo.” Ringhiò per poi ghignare quando vide che l'altro si era voltato di scatto.

“Io non sono un codardo. Non lo sono mai stato, ma fare una carneficina … come quella … è stato troppo anche per me.” Scosse il capo fissandolo mentre si versava un bicchiere di vodka “attento che quella l'ho comprata in Russia e …”
“Zitto un po' Smythe,” Hunter alzò gli occhi al cielo “sei diventato noioso in questo ultimo secolo che non ci siamo visti.” Disse bevendo d'un fiato il bicchierino di vodka che si era versato. “Non male questa, ma non è al pari di quello che è nostra natura bere.” Ghignò riponendo il bicchiere sul tavolino. “Non hai più bevuto una stilla di sangue umano noto.”

Sebastian strinse la mandibola scuotendo il capo “dopo quella notte ho fatto indigestione e non credo di voler ripetere quell'esperienza.”

Il ragazzo accanto a lui rise con cattiveria “certo, ma quando vivevi con noi ti piaceva fare sesso e uccidere ogni tuo amante.” Si leccò il labbro inferiore “ve ne erano tanti, cinque o sei, ogni notte, sette giorni a settimana, 365 giorni l'anno.” Gli si avvicinò poggiandogli una mano sul petto, facendolo sedere sul letto “te lo ricordi? Sesso e sangue.” Gli impose di stendersi sotto di lui, gli passò la mano su tutto il petto coperto della maglietta, fino ad arrivare al cavallo dei pantaloni.

Sebastian deglutì rilassandosi quando appoggiò la schiena contro al materasso rigido; non ci dormiva mai, non usava mai il letto, ma vedendolo ogni giorno in quella stanza, lo faceva sentire un po' più umano.

“Lo ricordi il sapore del sangue umano? Ferroso, caldo, denso, il tutto che ti scende giù per la gola e ti disseta.” Gli baciò il collo, succhiandogli la giugulare fredda “e il sesso?” Iniziò a baciargli tutta la gola, arrivando anche alle labbra che morse senza delicatezza “seducente, focoso, appagante.” Il suo tono di voce scese, fino a diventare un basso, gutturale, ringhio. “E ti ricordi quello che eravamo noi due Bas?” Gli chiese succhiandogli un lobo dell'orecchio facendolo gemere. “Ogni notte facevano sesso con gli umani, che quando raggiungevano l'orgasmo li uccidevamo.” Ghignò sulla sua pelle, leccando il suo collo. “Allora Sebastian?”

“Perchè mi fai questo Hunt?” Domandò balbettando e ansimando sotto ai suoi tocchi.

“Perchè mi manchi, ti rivoglio con me.” Gli slacciò i jeans velocemente stringendogli l'erezione tra le sue gambe “noi due siamo un'unica entità Bas” Gli baciò le labbra tenendogli fermi i polsi con una sola mano “come quando ci univamo, ogni notte, dopo aver bevuto il sangue.” Lo spogliò totalmente, e quando fu nudo davanti a lui un lieve ringhio gli uscì dalle labbra “perfetto, tu sei sempre stato perfetto Sebastian.” Si avventò sulle sue labbra “perfetto per me” gliele morse “solo per me, e per nessun altro.” Rimarcò fissandolo nelle iridi nere di lussuria.

“Non tornerò nella famiglia” ansimò Sebastian scuotendo il capo e fissando il ragazzo sopra di sé spogliarsi “non voglio tornarci, non ne faccio più parte.” Gli si bloccarono le parole in gola vedendo i muscoli del petto, le braccia muscolose e quella distesa di pelle che una volta solo lui poteva marchiare e mordere a suo piacimento. Non potè dire o fare altro che Hunter gettò tutti i loro vestiti sul pavimento per potersi dedicare completamente a quel corpo longilineo e perfetto che aveva sotto di sé.

Morse, leccò, succhiò ogni centimetro di pelle che poteva raggiungere, facendo impazzire Sebastian che gemeva e ansimava sotto al tocco dell'altro.

“Torna tra noi Bas,” gli sussurrò in un orecchio senza smettere di suggere la pelle e stringere l'erezione oramai completa “il tuo posto è quello.” Si abbassò a mordergli un capezzolo, lasciandogli un marchio piuttosto vistoso, vedendolo poi inarcarsi verso l'alto. “Quello vicino a me.”

Smythe scosse il capo, cercando di sgusciare via dalla presa di Hunter, quando ci riuscì, seppur non senza fatica, gli strinse entrambe le mani tra le proprie.

“No” sussurrò “non voglio più essere un assassino.” Deglutì la saliva che gli si era accumulata in bocca e lo fissò nuovamente “era bello uccidere, vivere rubando la vita agli altri” notò le iridi dell'altro divenire rosse, quasi bourdeux “ma non è giusto. Ho passato un secolo cercando di riabilitarmi e ...” inspirò il suo profumo. In tutti quegli anni non era cambiato; e il fatto che non era cambiato neanche l'effetto che aveva sul proprio corpo, quel suo profumo era peggio di una droga, era più buono e dissetante del sangue. Avrebbe potuto dissetarsi già solo restando con il suo profumo nelle narici. “Se davvero ti manco,” deglutì Sebastian sentendo i canini e le gengive pulsare dal male “se davvero tu dici che siamo una cosa sola, allora lascia tutto come ho fatto io. Vieni a vivere con me.” Lo baciò delicatamente sulle labbra, sentendo i propri canini graffiargliele leggermente, “allontanati da quei mostri. Stai con me Hunter” lo baciò nuovamente per poi prendergli il viso tra le mani “te lo chiedo in ricordo di ciò che eravamo.” Sebastian si avvicinò nuovamente alle sue labbra, ma una mano forte gli si strinse attorno alla gola.

“Mi spiace Bas.” Scosse il capo Hunter stringendo la mano un po' più forte “ma nella famiglia ci sono delle regole.” Vide le pupille dell'altro allargarsi dal terrore.

“No.” Sussurrò Sebastian cercando di deglutire “ti prego no.”

“Mi spiace” sussurrò un'ultima volta prima di rompergli il collo riuscendo a stordirlo, per poi prendere un paletto di legno dal proprio giubbino pugnalandolo dritto al petto e così facendo uccidendolo.

Hunter si rivestì senza fissare il letto, sapeva che era già divenuto polvere, ma non riusciva a essere freddo e impassibile. Sebastian era stato il suo compagno per più di un secolo e mezzo, l'aveva amato, si erano amati, ma quando la famiglia decideva che bisognava eliminare i fuggiaschi allora bisognava obbedire.

Anche se Sebastian aveva cambiato il suo modo di vivere e nutrirsi, era pur sempre un pericolo e una minaccia per gli altri vampiri.

Uscì da quell'appartamento come vi era entrato, come un'ombra, nessuno lo vide, nessuno lo sentì e sentendo un dolore forte all'altezza del petto.
Forse Sebastian aveva ragione, lui non era più un assassino, e forse in realtà, non lo era mai stato, pensò Hunter cercando altre prede da cacciare per cibarsi.

Perchè lui era questo, un cacciatore senza anima né cuore, lui era un mostro.


Teeeerminata anche oggi!
Grazie per chi legge e per chi commenta!
A domani!
Buona Huntbastian Week! <3

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Capitolo 3
*** Day 3: Primogenito ***


Saaaaaaaaaaaaaaalve! Dato che ieri è stata la giornata ANGST per eccellenza, oggi è superfluff!
... Nonostante non sia betata ...
Spero che piaccia e che faccia gongolare un pochino ... sooo ... buona lettura!

 

Un vagito acuto scoppiò nel buio della camera.

“Non è possibile” sibilò Sebastian voltandosi e nascondendo il viso nel cuscino “no, no, no, no, no, NO!” Gemette sentendo il tasto della luce che si accendeva “fatemi dormire per favore.”

“Smythe giuro che se non vai a far zittire quello sgorbio che è di là ...” suo marito non finì la frase che subito il francesino scostò le lenzuola dal letto, indossò un paio di boxer e ciondolò verso la cameretta della nuova arrivata.

“Ehy bestiolina.” Sussurrò quando la prese in braccio “che gran voce che hai” la dondolò tra le braccia camminando avanti e indietro per la stanza “volevi far svegliare i tuoi papà, mh?” Si sedette sulla sedia a dondolo e sistemandosi meglio tra le braccia quel fagottino rosa la coccolò un pochino continuando a parlarle “ma dimmi, ti piace così tanto farmi dannare?” Le domandò fissandola negli occhietti vispi, sempre che potevano essere vispi gli occhi di una neonata, appena svegliata, di 5 mesi. “Sei uguale al tuo papà Hunter, non c'è niente da dire” annuì più a sé stesso “però la devi smettere di farmi dormire così poco eh!” Mascherò uno sbadiglio mettendosi una mano libera davanti alle labbra “già che il tuo papà mi fa fare cose interessanti la notte, ho bisogno anche io di un po' di riposo.” Abbassò lo sguardo verso la piccina che iniziò a sbadigliare. “E io che avevo il terrore di non essere abbastanza capace di avere una relazione stabile.” Sussurrò “guardami qui, sono sposato e con una bestiolina a cui fare da padre.” La fissò inarcando un sopracciglio “me la cavo abbastanza bene per essere la prima volta.” Continuò fissando la bimba che dormiva serenamente tra le sue braccia. La tenne stretta al petto, dondolando le braccia e socchiudendo gli occhi per sentire meglio il respiro di sua figlia contro il proprio stomaco.

“Capisco perchè Harley si addormenta solo con te.” Una voce lo riscosse dal torpore in cui stava scivolando lentamente “e non sto scherzando.” Hunter gli andò in parte e gli lasciò un bacio contro la tempia “hai una bella voce, e non solo quando gemi per me.”

Sebastian sbuffò alzandosi per rimettere la neonata nella culla “smettila … marpione.” Ridacchiò sommessamente prima di rimboccare le coperte alla bambina “andiamo, credo che questa sia la volta buona che dorma per qualche oretta.” Baciò suo marito sulle labbra, “andiamo a letto.” E tendendogli la mano tornarono nella loro camera, per poter dormire qualche ora, almeno fino a che Harley non li svegliò nuovamente per l'ennesima volta in quella notte.

“Prima e ultima figlia che avremo!” Sbottò Sebastian mettendosi le mani nei capelli “intesi?” Urlò per farsi sentire sopra ai singhiozzi della bambina.

“Sì, sì … intanto falla dormire che poi ne riparliamo.” Mugugnò Hunter rotolandosi dall'altra parte e tornando a dormire placido e sereno.


EEEEEE anche oggi è terminata! Grazie per chi legge, per chi commenta e per chi segue!
Siete delle stelle solo per il fatto che passate di qui ogni tanto XD
Alla prossima e buona continuazione!

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Capitolo 4
*** Day 4: amico di penna (O TASTIERA) ***


Per la ... NON MI RICORDO SE OGGI E' IL 4 O 5 GIORNO ... non sto bene sorry
Comunque anche se sono in ritardo ci sono!
Niente betatura sorry e buona lettura!

 

Hunter sedeva composto nell'aula di letteratura francese; a lui non interessava granchè di questa lingua ma suo padre lo aveva costretto dicendogli, testuali parole: “quando sarai in grado di parlare fluentemente più di una lingua allora sì che sarai un vero uomo.”

E purtroppo quello era il suo ultimo anno in un liceo, e di conseguenza era obbligato a imparare quella schifosa lingua da mangia-lumache-con-la-puzza-sotto-al-naso in meno di un anno.

Scosse il capo facendo schioccare la lingua contro al palato, che lingua insulsa che era quella, per niente sensuale, per niente fine … interruppe i suoi pensieri quando vide entrare in aula una signora con un portamento elegante, vestita con un tailleur grigio antracite e con i capelli raccolti in una crocchia stretta sulla nuca, un paio di occhiali dalla montatura fine erano appoggiati sulla punta del suo naso aquilino.

Bonjour, je suis votre nouveau professeur de français.” Disse quella parlando lentamente e fissando ad uno ad uno gli studenti “dato che oggi è il vostro primo giorno, parlerò inglese.” Sorrise mettendo alcuni fascicoli sulla cattedra “ma da domani si cambia modo di insegnamento.”

Andiamo bene, pensò Hunter incrociando le braccia sul banco e nascondendovi la testa sopra.

Monsieur Clarington!” Urlò la professoressa andandogli accanto “nelle mie lezioni non si dorme intesi? Mi dica monsieur, è già stanco o stufo di ciò che sto dicendo?” Domandò inarcando un sopracciglio.

“No miss, mi scusi.” Borbottò Hunter scuotendo il capo.

Parfait.” E dicendo questa parola si voltò verso la cattedra. “Oggi vi darò un unico compito che durerà per tutto l'anno scolastico.” Prese delle cartellette che erano poste sulla cattedra e ne diede una a ogni studente “qui vi sono degli indirizzi di ragazzi e ragazze francesi.” Si sedette sul bordo della cattedra e fissò la classe davanti a sé. “Per quest'anno tutte le classi avranno il compito di scrivere e imparare la lingua straniera di un corso a loro scelta.” Spiegò togliendosi gli occhiali e sistemandoseli in grembo “spagnolo, tedesco, italiano e appunto francese.” Sorrise a tutti “questi indirizzi vi serviranno per contattare gli altri studenti e scrivere delle lettere in cui vi parlerete e scoprirete i vari modi di vivre degli altri studenti.” Continuò a parlare agitando e muovendo le mani stando attenta a non far cadere gli occhiali dalle proprie gambe. “Sarà molto semplice il lavoro di quest'anno. Vi arriveranno le lettere, rispondete ai mittenti e a inizio di ogni settimana le manderemo tutte assieme.” Appena la campanella suonò l'insegnante indossò gli occhiali e si alzò dalla cattedra “perfetto, ora le lezioni sono terminate. Per domani, o al più tardi nel fine settimana arriverà la vostra prima lettera.” Raccolse i vari faldoni rivolgendosi nuovamente alla classe, e con un cenno del capo li congedò.

Hunter uscì dalla classe sbuffando prendendo in mano la propria cartelletta e i vari libri.

Un amico di penna, perchè aveva dovuto scegliere proprio quel corso? Perché? Si domandò mentre saliva lo scalone che portava alla propria camera.

 

Nello stesso momento, dall'altra parte dell'oceano un ragazzo francese dagli occhi verdi stava fissando una cartina geografica.

“Westerville.” Disse passandosi una mano sugli occhi “Perchè diamine non sono capitato a uno di New York?” Si chiese prendendo carta e penna e iniziando a scrivere quello che gli passava per la testa. Dalle domande più sciocche a quelle un po' più dettagliate riguardanti la scuola e il futuro. Scrisse qualcosa su di sé, su chi era, quanti anni aveva e sopratutto che era un omosessuale dichiarato, sperava che così facendo nessuno lo avrebbe più voluto come correspondant.

Sebastian! Dîner est prêt!” sentì sua madre chiamarlo dal piano inferiore.

Sorrise poggiando la penna sul foglio e scostandosi dalla scrivania “arrivée maman!” Urlò per farsi sentire prima di scendere le scale a tre gradini alla volta.

Combien de fois ai-je dit que vous vous lavez les mains?” Gli chiese fissando i polpastrelli del ragazzo macchiati di inchiostro blu “vais, je vais attendre.” Disse prima di dargli un buffetto sulla spalla per poi voltarsi verso la cucina.

Appena il ragazzo tornò in sala, dopo essersi lavato le mani, lasciò un bacio sulla guancia di sua madre “désolé maman” e si sedette accanto a lei attorno al tavolo in sala. “Où est papa?” Le chiese fissando la porta e aspettando di vedere entrare suo padre.

"Non ... non torna più, caro." Rispose la donna mettendo una mano sul braccio del figlio

“Cosa?” Urlò il ragazzo dagli occhi verdi scuotendo il capo incredulo “lui …”

“È andato a trovarci un nuovo appartamento” sorrise sua madre, vedendo gli occhi di suo figlio spalancarsi dallo stupore. Ridacchiò vedendolo più tranquillo “è tutto ok Sebastian.” Gli sfiorò uno zigomo “forza, finiamo la cena che dopo chiamiamo papà.”

Quella sera stessa Sebastian finì di scrivere la lettera per il ragazzo che gli avevano affibbiato e la mise nella cartella. E così sarebbe iniziato il compito di francese più lungo di sempre.

 

Quel lunedì mattina, all'ultima ora della giornata, Hunter rilesse più volte la prima riga di quella lettera, ok, ci capiva meno di zero e quella era solo la prima che avrebbe ricevuto da quello Smythe. Si aiutò tramite i vari dizionari e infine riuscì a capire ciò che diceva, a grandi linee ovviamente.

Per la fine dell'ora iniziò a scrivere una lettera di risposta a quel francesino.

I libri che aveva letto, i film che aveva visto, i posti che adorava e che avrebbe voluto vedere.

Si grattò una tempia rileggendo una frase in particolare, era gay, deglutì, gli dava fastidio questa cosa? Già che quell'anno stava avendo dei problemi con sé stesso, ora ci si metteva anche questo ragazzino francese con la puzza sotto al naso … Si passò una mano sulla faccia e ricontrollò l'ortografia per poi aggiungere altri particolari della propria vita.

Le lettere venivano mandate e ricevute periodicamente, una alla settimana, ogni volta c'era sempre qualcosa in più che si scrivevano, qualcosa di più personale che confessavano all'altro.

Magari con le prime lettere entrambi i ragazzi erano un po' riottosi, ma poco a poco si lasciarono andare parlandosi e scrivendosi con più scioltezza e familiarità.

Passarono i giorni, le settimane, e si arrivò al periodo di Natale che Hunter e il ragazzo francese si erano scambiati anche l'indirizzo e-mail e quello di Skype per sentirsi più spesso e in tempi più stretti rispetto a quello delle lettere cartacee. Clarington aspettava solamente il giorno in cui gli arrivava la chiamata di Sebastian per potergli parlare e ridere di tutto e di niente, come ciò che si farebbe con un vecchio amico, e finalmente, come ogni settimana, il venerdì sera era arrivato.

Ehilà” sorrise raggiante Smyhte salutandolo dalla web camera.

“Ciao Bas,” si scompigliò i capelli “lo sai che dovrei parlare francese per approfondire i miei studi.”

Il francesino sbuffò alzando gli occhi al cielo “certo, e so anche che tu sei uno schifo a parlare il francese, che a parer mio è troppo elaborato per te.” Sghignazzò vedendolo arrossire “andiamo Hunt, lo sai che scherzo!” Rise inumidendosi il labbro inferiore “comunque, come va a scuola?”

“Bene, sai è l'ultimo anno, quando terminerò qui dovrò andare all'università, mio padre vorrebbe che facessi quella militare, per diventare come lui” gli si oscurarono le iridi “e io non voglio! Io odio la scuola militare! E ...”

Sebastian alzò le mani per calmarlo “shhh, tranquillo Hunt, lo so come ti senti. Mia padre vorrebbe che diventassi un avvocato, ma ho altre idee.” Aggrottò la fronte “comunque potresti dirgli ciò che ti piacerebbe fare nella tua vita.” Gli sorrise incoraggiandolo “sei tu che devi studiare e vivere. Non loro.” Alzò le spalle fissando nella web camera.

Hunter sospirò annuendo “hai ragione. Comunque, hai novità per me riguardo alla Francia?” Gli chiese incrociando le braccia al petto.

Come sei scortese, ti interessa la Francia e non ti interessi di me?” Mugugnò Sebastian fissandolo dritto negli occhi.

“Mi interesserò di te quando ti incontrerò faccia a faccia.” Gli fece una linguaccia Clarington.

A quel punto Smythe ghignò “proprio quello che volevo sentirti dire carissimo amico mio.” Gli brillarono gli occhi prendendo un foglio accanto a sé e mostrandolo alla web “partirò domani, starò lì in America per 2 settimane.” Si morsicò il labbro “ma che purtroppo andrò a NY con la mia famiglia.” Abbassò lo sguardo “devo controllare un paio di cose per quando mi trasferirò l'anno prossimo.” Spiegò alzando le spalle “l'ora di arrivo è alle 2 di pomeriggio credo … non potrò usare per due settimane internet … morirò!” Mugugnò lamentandosi.

“Cosa?” Urlò Hunter alzandosi dalla sedia “tu ...” lo indicò “verrai qui?” e indicò verso il basso “e me lo dici così?” Sbuffò passandosi una mano fra i capelli socchiudendo gli occhi “però è a NY che andrai … un po' lontano.” Si morse l'interno guancia sorridendo tra sé e sé “speriamo di avere altri modi per vederci.” Si voltò verso un lato della propria stanza “ora devo andare, ci sentiremo ancora” e lo salutò chiudendo la chiamata.

Hunter non aveva mai fatto nulla di scandaloso nella sua vita, era sempre stato sotto a suo padre e alle sue rigide regole, ma adesso sapeva quello che avrebbe dovuto fare.

Iniziò a cercare il miglior sito, il giorno che gli sarebbe interessato e il gioco era fatto, ora l'unica cosa che doveva fare era aspettare.

 

Sebastian era arrivato da solo due ore e già odiava l'America, bagagli che non si trovavano, persone che ti spingevano e l'odore di bruciato mista a quella di sudore e smog, impregnavano l'aria.

Gli mancava Parigi, o meglio la propria stanza, e sopratutto le videochiamate con Hunter; quel ragazzo era molto dolce, nonostante nascondesse il tutto sotto un'armatura di acciaio e cattiveria, un po' come sé stesso, erano simili per certi versi.

Con uno sbuffo prese i suoi due bagagli e si incamminò verso l'uscita, notò molte persone con i fogli in mano, recavano tutti i nomi dei familiari o dei conoscenti, e in mezzo a tutta quella calca notò il proprio nome e cognome scritto in rosso su un foglio tenuto in mano da un ragazzo alto e muscoloso. Aveva i capelli corti tagliati a spazzola e un paio di occhi azzurri, che lui aveva visto così tante volte, ma che purtroppo lo schermo non dava loro giustizia.

Gli corse in contro, senza badare a sua madre, che stava già andando verso suo marito, trascinandosi dietro il trolley rosso; appena gli fu davanti sorrise dimenticandosi l'uso della parola.

“Ciao” sussurrò quando gli fu di fronte.

“Ciao” gli rispose l'altro ridacchiando “finalmente ci vediamo a quattrocchi.”

“Già.” Annuì Sebastian “ti va una birra?” Gli chiese per rompere il ghiaccio.

“Sì, credo che abbiamo molto di cui parlare.” Gli porse la mano “io sono Hunter Clarington.”

“Sebastian Smythe.” Sorrise il francesino stringendogliela.

Dopotutto New York non era così brutta.


Ed è finita anche oggi! **
Grazie a chiunque legga e commenti! Siete dolcissime e gentilissime con me che sono una pirla!
Alla prossima e buon proseguimento di Week! **

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Capitolo 5
*** DAY 5: Masquerade ***


Penultimo giorno! (EVVIVA! direte voi, e fate bene obv)
Coooomunque, spero che piaccia questa cosa qui, che come al solito non è betata, quindi scusate per gli strafalcioni che troverete e ... buona lettura!

 

Sebastian si era trasferito a NY da 5 anni, aveva studiato e iniziato la propria carriera come avvocato, la sua vita era una routine continua e non si era mai aspettato di venire invitato a una di quelle manifestazioni, anche perchè a lui non era mai interessato andarci.

Così quella mattina era andato a Times Square e si era aggregato alla massa.

Colori, persone, risate, c'era una folla di persone che manifestava per l'uguaglianza dei diritti gay, e sì, anche se era possibile che una coppia gay si sposasse, vi erano sempre dei cavilli che non legalizzavano totalmente ancora quella coppia.

Sebastian si rese conto che in tutta la sua vita da bravo ragazzo francese si era sempre perso il meglio della vita, in quei momenti rise, scherzò, si fece imbrattare il viso e il corpo di colori e scritte; in quella piazza vi era tanta confusione, eppure si sentì a casa.

Ma quella bella sensazione non durò molto, vari gruppi di ragazzi vestiti di nero, con elmetti e scudi di plastica, interruppero la manifestazione lanciando lacrimogeni e mettendo scompiglio tra la folla.

Ragazzi, uomini e donne si dispersero correndo, chi cadeva, chi cercava disperatamente di non finire sotto ai colpi di quelle squadre, chi si spingeva pur di allontanarsi il più possibile da quella piazza; anche Sebastian si ritrovò a correre, lontano, macchie di colori, urla, fischi, gli sfrecciavano davanti agli occhi, e solo quando di sicuro di essere abbastanza al riparo si fermò, appoggiandosi vicino a un muretto e respirando a fatica per colpa del fiatone.

Com'era possibile che vi erano ancora persone di quel genere? Perchè vi erano ancora squadre di polizia che usavano la forza per placare manifestazioni riguardanti la libertà di essere e di amare?

Il francesino entrò in un bar ancora aperto e si sedette ad un tavolino ordinando qualcosa da bere.

Da fuori non si sentivano più schiamazzi e in televisione si vedeva il fantasma della festa a cui prima aveva partecipato; striscioni rotti, carri buttati a terra, coriandoli e lattine occupavano i marciapiedi e tantissime bombolette di lacrimogeni invadevano la piazza.

Stava ancora bevendo quando un ragazzo alto e dalle spalle larghe entrò nel bar, indossava un elmetto protettivo perciò Sebastian non potè vederlo in volto.

Il giovane uomo appena entrato posò lo sguardo verso Sebastian, squadrandolo dalla testa ai piedi e soffermandosi sul torace nudo, coperto, come per le sue guance, le braccia e il collo, di pittura multicolor.

“In che stato ti sei ridotto Smythe?” Lo sentì chiedergli. Aveva un tono beffardo, cinico, anche se la sua voce sembrava che l'avesse già sentita da qualche parte.

“Almeno io parlo a viso scoperto,” sibilò alzandosi. Non aveva paura di essere aggredito, quel ragazzo poteva anche avere con sé un manganello, ma era certo che non lo avrebbe utilizzato, non finchè erano in un baro con dei testimoni “e tu? Perchè ti nascondi dietro a quell'elmo? Cos'hai da mascherare?” Gli chiese incrociando le braccia al petto.

Una rista uscì dall'elmetto prima che il ragazzo se lo tolse “Ciao Bas.”

Il francesino rimase interdetto, lì, davanti a lui, c'era il suo ex capitano, Hunter Clarington.

“Hunter?” Chiese con voce strozzata “ma che?” Gli si avvicinò riponendo il bicchiere di birra, ormai vuoto, sul bancone “come cazzo sei finito a fare questo lavoro?” Disse indicando la divisa dell'altro.

Hunter alzò le spalle “ho fatto la scuola di militare, ma dato che non ho superato un paio di test, sono finito a fare questo lavoro qui,” si tolse il giubbino e lo appoggiò sullo schienale di una sedia accanto a lui.

Sebastian inarcò un sopracciglio fissandolo dalla testa ai piedi, era cambiato dall'ultima volta che lo aveva visto, il corpo era più tonico e muscoloso, i lineamenti del viso erano più maschili e marcati. In un certo senso sembrava ancor più adulto di quello che era già al liceo. “Che ne dici se beviamo qualcosa assieme?” Chiese Sebastian sogghignando e indicandogli il tavolino accanto a loro. “Per ricordare i vecchi tempi e anche per conoscere le novità.” Ordinò altre due birre “Ti va o devi tornare a picchiare la gente che manifesta?” Disse ironicamente sedendosi.

Hunter alzò gli occhi al cielo sedendoglisi davanti “se ti dico che io non ero in piazza perchè odio questo genere di attacchi, mi crederesti?” Chiese inarcando un sopracciglio e bevendo un sorso di birra dal proprio boccale “non sono la stessa testa di cazzo di quando eravamo al liceo.” Sorrise tristemente “sono cambiato.”

“Lo siamo entrambi” annuì Sebastian bevendo anche lui la birra “e adesso raccontami di come è andata in questi anni.” Gli sorrise mettendosi una mano nei capelli e scostandosi un ciuffo completamente colorato di tempera viola.

Quel pomeriggio condivisero i propri ricordi e le idee su un futuro che in un modo o nell'altro si stavano costruendo da soli, in un certo senso si conobbero, riscoprendosi, senza maschere o gli stati sociali che c'erano fuori da quella porta del bar.


Yeeee, sì, lo so, fa pena. Ma hey! Sorry ç_ç
Comunque questa cosa orribile qui mi è venuta in mente ascoltando questa canzone http://www.youtube.com/watch?v=hskvJjcXRQM (lo so, nessuna la conosce, solo io, lo so, sono vecchia!)
Comunque grazie alle solite bellezze che mi commentano e spasticano per queste cose ... e grazie anche a chi legge!
A domani! (forse)

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