Fren's Chronicles

di Lore Torri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Agennesis ***
Capitolo 2: *** Clisis ***
Capitolo 3: *** Morsimon ***
Capitolo 4: *** Aletheia ***



Capitolo 1
*** Agennesis ***


AGENNESIS
“Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.”
 [da “Ogni Caso”; W. Szymborska]
 
Cortegia, Grande Impero
Un giorno al Torneo
 
 
Il sole battente che svettava nel limpido cielo della città di Cortegia, capitale del Grande Impero, rendeva la temperatura insopportabile. L’unico posto in cui si poteva trovare una relativa freschezza era la colossale Arena, al cui interno il freddo notturno accumulato dalle pietre mitigava l’afa estiva. Era la vigilia del Torneo Internazionale di Arti Magiche, e Fren aveva rifiutato di allenarsi con Lilie fino allo stremo, come avevano invece fatto nei giorni precedenti: aveva sempre sostenuto che tranquillità e riposo, prima di un grande evento, valessero molto più di qualsiasi tipo di preparazione fisica. Ora il ragazzo stava passeggiando pensieroso per i cunicoli scavati nella roccia, dove l’aria era più fresca.
Era alto e ben piazzato, con la muscolatura tipica di chi si espone a continui sforzi fisici. Sul volto, parzialmente coperto da una cascata di fuoco, due diamanti azzurrissimi erano accesi della solita aria di assorta riflessione, sopra un viso dai lineamenti duri che emanava un senso di sfida. Indossava la casacca che Walion aveva regalato a lui e Lilie, e che li contraddistingueva come membri della sua squadra: un leggero tessuto nero sul quale era disegnata, in corrispondenza della schiena, una spada circondata dalle fiamme. Era il simbolo che il mago aveva scelto per sé, e che ora attribuiva ai suoi apprendisti. Solitamente, un mago ne aveva di più - ma mai più di cinque -; in realtà, Walion inizialmente aveva addestrato, insieme a Fren e Lilie, Purpura, una giovane ragazza della loro stessa città, che però aveva deciso di rimanere a casa con una donna di cui si era innamorata, senza mai completare l’addestramento.
Improvvisamente, Fren si trovò davanti ad una svolta che non ricordava. Scrollò le spalle ed avanzò. Dopo qualche passo, il corridoio si aprì su un’ampia sala dalla marmorea volta bianca, da cui discendevano quattro drappi grigi e neri, uno per ogni parete. Fren capì di trovarsi nella sala dedicata ai partecipanti del Grande Impero. L’Arena era una specie di “centro di addestramento” per i giovani maghi - nessuno doveva superare i sedici anni, l’età in cui si diventava adulti - che volevano partecipare al Torneo. Era un evento fastoso e celebre, che richiamava i praticanti delle arti magiche pressoché da tutto il mondo. A dire la verità, c’erano esponenti di tutte le nazioni conosciute, eccezion fatta per le bellicose tribù degli orchi e per le lontane e misteriose città-stato dei nani. Fren e Lilie partecipavano come abitanti della Repubblica Asterigia, che non contava più di una quindicina di maghi. Molto più numerosi, fino a toccare la cinquantina, erano i ragazzi e le ragazze del Grande Impero, che in quell’occasione ospitava il Torneo nella propria capitale, e quasi altrettanti gli elfi, provenienti dalle loro quattro Repubbliche ad occidente. Più ridotti nel numero erano invece gli abitanti del Regno dei Climonidi, a nord, confinante con le Terre degli Orchi. Tutti questi ragazzi si radunavano nell’Arena, un’enorme costruzione edificata appositamente per sopperire a tutte le loro esigenze, tre mesi prima della Prima Prova, in modo che potessero prepararsi per le imminenti prove.
Immerso nell’affascinante pensiero di quel leggendario evento a cui lui stava per prendere parte, il ragazzo aveva già disceso metà della scalinata, prima di accorgersi della ragazza che stava dall’altra parte della stanza. Esattamente di fronte a lui, una ragazza era seduta sugli ultimi gradini e si stava rigirando fra le mani un pugnale lucido sul quale brillavano alcune piccole incisioni nell’argento, che da quella distanza solo Walion avrebbe potuto distinguere chiaramente. I lunghi e lisci capelli neri le coprivano per gran parte la faccia, di cui si scorgevano due sottili labbra rosee ed uno degli occhi, quello sinistro, che in quel momento era palesemente acceso di un Dono dello Spirito: sull’iride color indaco alcune striature viola si dipanavano verso l’esterno, mentre la pupilla, bianca, rimaneva assolutamente immobile, fissa al punto che stava osservando. Mentre guardava quel coltello, le striature viola si muovevano in circolo, talvolta sovrapponendosi e generando nuove striature, tutt’attorno alla pupilla, dando luogo ad un piccolo vortice di colori.
La ragazza alzò lo sguardo, ed i suoi occhi incrociarono quelli di Fren, spegnendosi istantaneamente per tornare ad un comune nero. Nel movimento, i suoi capelli si erano spostati, rivelando all’orecchio sinistro un piccolo orecchino la cui forma, difficilmente visibile, ricordava quella di una mezzaluna. Quegli occhi freddi e spenti, ora privi anche della loro peculiarità, rimasero immobili, fissati in quelli del ragazzo, mentre lei si alzava, facendo sciogliere al terreno le pieghe della lunga veste su cui spiccava la “C” nera di “Cortegia”, disegnata sopra una torre a cui si avvinghiava un massiccio ma sinuoso drago nero: la stessa effigie che era stata cucita sugli arazzi alle pareti.
«Chi sei?» chiese lei diffidente.
«Il mio nome è Fren.» rispose prontamente il ragazzo, mantenendo la consueta aria di sfida.
«Da dove vieni?»
Fren le sorrise.
«Importa?»
Lei lo fissò per un attimo, stupita e come indecisa. Poi scrollò le spalle e tornò a dedicarsi al suo coltello, pur osservando Fren con la coda dell’occhio.
Il ragazzo balzò di fronte a lei, atterrandole con leggerezza a poca distanza.
«Non mi hai detto il tuo nome.» fece notare, fissandole i lunghi capelli neri che nascondevano il volto.
«Thanya, dell’Impero.» la ragazza sollevò lo sguardo, in atto di chi cerca di ricordare qualcosa. «Fren... vieni da Aster. Hai una compagna, vero?»
Fren rimase attonito. Al Torneo partecipavano almeno un centinaio di maghi, ed erano stati presentati solo una volta, durante l’inaugurazione. Probabilmente, però - si disse, mascherando velocemente lo stupore -, a Cortegia gli imperiali conoscevano da molto il nome dei partecipanti ed avevano passato le informazioni ai loro concittadini, per aiutarli a conquistare l’onore per la patria.
«Sì. Si chiama Lilie. Tu invece? Sei sola o hai una squadra?»
«Mi hanno affiancato due maghi, sì» rispose noncurante, facendo nuovamente il filo al coltello.
«Non sembra che ti interessi.»
«Infatti, non mi interessa.»
Fren la squadrò. Era fondamentale avere una squadra, e dei compagni pronti ad aiutare. Come poteva non curarsene? Quella ragazza era veramente strana.
Il ragazzo si accorse in tempo del lancio, si scostò di lato e bloccò con due dita il sottile dardo che lei gli aveva scagliato, roteandolo nella mano per poi farlo cadere a terra.
«È proibito colpire gli avversari prima dell’inizio del Torneo.»
«Non sei particolarmente sveglio. Se mi avessi denunciato e fatto espellere, ora avresti un avversario di meno. E nemmeno troppo reattivo.» aggiunse, indicando la goccia di sangue che colava dal dito medio di Fren.
Lui alzò il dito, mostrandole il sangue già secco sopra il taglio ormai rimarginato.
«Se volessi farti espellere, basterebbe questo. Ma sarebbe incredibilmente stupido: perderei l’occasione di affrontarti.»
Questa volta fu lei a squadrarlo, dubbiosa. A Fren parve anche un po’ addolorata.
«A domani, Aristea.» la salutò, prima di voltare le spalle e tornare da dove era venuto.
 
 
 
Thanya rimase seduta per un po’, dopo che Fren se ne fu andato. Soppesava tra sé le parole di lui come faceva con il pugnale, tra le dita esperte. Quando l’aveva notato, per un attimo aveva avuto paura che lui notasse il suo occhio. Ma non ne aveva fatto mostra, e lei si era immediatamente tranquillizzata. Tuttavia, l’aveva chiamata Aristea. Gli Aristei erano le persone come lei, a cui una Creatura Occulta aveva fatto dono dello spirito, e di alcune sue particolari capacità con esso. Quello che lei poteva usare era l’acuto, attento ed esaminatore occhio di un’Arpia. Il fatto che quel ragazzo ora era a conoscenza di questo piccolo segreto non era un grosso problema; se l’avesse vista combattere l’avrebbe scoperto comunque. Però conosceva il termine Aristea, e questo significava che non era l’unica ad esserlo. Magari anche il ragazzo aveva un Dono dello Spirito. O magari il suo maestro... sì, era decisamente più probabile. Raramente si incontravano Creature Occulte, e raramente esse donavano il proprio spirito, specialmente ad un ragazzino. Sì, era di sicuro il maestro. Avrebbe informato Latho della cosa, e ci avrebbe pensato lui. Lei, per il momento, aveva ben altro di cui preoccuparsi.
Decisa ad informare il suo maestro di quanto aveva pensato, Thanya imboccò con sicurezza la strada che portava alla sua stanza. Fuori dalla porta trovò una guardia, un uomo alto e muscoloso che le sorrise e si fece da parte, cedendole il passo.
Latho era seduto dietro una pesante scrivania in mogano, sulla quale una cartina era segnata e colorata in più punti. Thanya sapeva che era la pianta del luogo dove lei e gli altri maghi avrebbero dovuto combattere. Il maestro dimostrava poco più di una trentina d’anni, ma gli occhi rilucevano di una conoscenza fortemente maggiore di gran parte delle persone di quell’età. I capelli e la barba che si era lasciato crescere erano neri con alcune ciocche grigie; Thanya sapeva che non era dovuto alla vecchiaia, ma al fatto che discendeva da un antichissimo insediamento nanico.
Lui alzò lo sguardo e puntò i suoi occhi in quelli della ragazza.
«Perché sei qui, Thanya? Hai qualcosa da dirmi?»
Lei fece una profonda riverenza, tanto che i suoi capelli si scostarono abbastanza da lasciar intravedere il disegno a linee grigie che rappresentava due ali aperte sopra le scapole ed una freccia che saliva lungo il collo.
«Maestro, devo informarla di un pensiero preoccupante.»
«Ti ascolto.»
«Oggi ho incontrato un ragazzo, deve aver notato l’occhio dell’arpia senza che me ne accorgessi... e mi ha chiamata Aristea.»
Il maestro si fece subito più attento.
«Anche lui ha un Dono?»
«Non l’ho visto, ma non credo. Però, il suo maestro potrebbe averne uno.»
«Già, è molto più probabile. Ricordi il nome del ragazzo?»
«Fren. Viene dalla Repubblica Asterigia ed ha una compagna di squadra di nome Lilie. Non ricordo il nome del loro maestro, non era tra i maghi più potenti.»
«Un mago bravo a nascondersi, dunque. A meno che il ragazzo non sappia dell’esistenza degli Aristei per qualche altro motivo...»
«Maestro, è molto improbabile. Nelle leggende popolari non si parla mai di Aristei, ma di maghi con occhi e capacità straordinarie. Questo nome è conosciuto solo da noi, dalle Creature Occulte e da chiunque ne sia messo a conoscenza da questi due gruppi. Tra gli umani, ci sono ben poche persone che conoscano questo termine.»
«D’accordo, mi hai convinto. Farò subito controllare a qualcuno.» disse, e con un cenno del capo congedò la ragazza. Lei, che era abituata a questo atteggiamento, uscì silenziosamente dalla stanza.
Mentre si dirigeva velocemente da dove era venuta, sentì la voce del suo maestro chiamare la guardia, che entrò velocemente nella stanza.

 

 
 Lilie si sedette, esausta, i lunghi capelli neri grondanti di sudore, di cui alcune gocce le colavano lungo le guance. I lineamenti delicati del volto si contrassero mentre con una mano spostava una ciocca di capelli e fissava attenta, con i luminosi occhi color indaco, il punto in cui era appena entrato Walion.
Il suo maestro era alto più o meno come lei, e portava i capelli corti dello stesso colore della barba sottile, marrone e rossiccia al contempo. I lineamenti del viso erano sereni, sebbene esso fosse ormai solcato da numerose rughe. Sebbene avesse ormai superato da un pezzo il secolo, le rughe erano l’unico segno visibile di vecchiaia. Non aveva perso il colore dei capelli né della barba, ed il suo corpo era rimasto solido e ben piazzato come una roccia. Se Lilie non l’avesse conosciuto, non gli avrebbe dato che quarant’anni, magari portati un po’ male per via del volto rugoso. Sapeva perché invecchiava così lentamente: era un Aristeo. I suoi occhi erano vitrei, colorati di varie sfumature di azzurro che si intersecavano tra loro, ruotando attorno alla pupilla con movimenti rapidi e scattanti. Dall’esterno dell’iride fino al centro dell’occhio, sei striature blu scuro si estendevano in linea retta, e si muovevano continuamente intorno alla pupilla. Questo continuo movimento serviva per mettere a fuoco quello che si guardava: la vista di Walion era perfetta. Poteva osservare qualsiasi oggetto nei suoi minimi dettagli, che fosse vicino, lontano, direttamente davanti a lui o nascosto da un altro oggetto. Quegli occhi, gli Occhi del Grifone, potevano guardare attraverso qualsiasi corpo solido.
«Vedo che ti sei allenata allo stremo anche oggi. Va’ a lavarti ora, e riposati... domani ti aspettano le prime due Prove. Non sono particolarmente difficili, ma ti conviene affrontarle con la massima tranquillità. Il vero ostacolo, il nucleo del Torneo, è la Prova Finale.»
«Sì, maestro.»
«Bene. Sono qui per dirti che mi è stato appena portato un messaggio da un mio vecchio amico, che vive in un villaggio poco distante da qui. Sono parecchi anni che non lo vedo, e mi ha mandato a chiamare perché ha qualcosa di molto urgente da dirmi.»
«Quindi, partirai per andare da lui?»
«Sì, ma non ti preoccupare. Sarò qui prima che cominci la Terza Prova.»
«Starai via due giorni?» chiese la ragazza, sorpresa.
«Forse anche di meno. Dipende da quanto è importante quello che deve dirmi questo mio amico.»
«D’accordo... avviserò anche Fren.»
«Brava. Io parto subito, voglio arrivare al suo paese prima del crepuscolo, poi mi fermerò là per la notte e lo andrò a cercare il mattino successivo. In questo modo, dovrei sbrigare la faccenda il più velocemente possibile. Se proprio è una questione lunga a risolversi, mi fermerò là un’altra notte, ma sarò comunque qui quando comincerà la Terza Prova. Dunque, non preoccuparti.»
«Va bene, maestro.»
Walion allungò una mano sul viso della ragazza e le carezzò la guancia con dolcezza.
«Buona fortuna. A te e a Fren.»
«Grazie.»
Il maestro sfoggiò uno dei suoi sorrisi bonari, poi si voltò ed uscì dalla sala, diretto verso l’uscita dell’Arena.
Lilie sospirò.
In quel momento, Fren comparve alle sue spalle.
«Ehi, Lilie» fece, sedendosi di fianco a lei.
«Ciao, Fren»
«Anche oggi ti sei allenata?»
«Sì. Devo dirti una cosa importante...»
«Dimmi.»
«Walion è partito.»
«Come, partito? È lui che ci ha portati qui!»
«Ehi, calmati» disse lei, vedendo che Fren si stava alterando «Sarà massimo per un paio di giorni. A quanto pare, deve incontrare un suo vecchio amico che ha qualcosa di molto importante da dirgli.»
«Quindi, dovremo affrontare le prime due prove da soli...»
«Mi ha assicurato che saranno abbastanza facili. Ora andiamo a riposarci.»
Fren la guardò, fingendo di essere incredibilmente sorpreso.
«Tu... che proponi di riposarci? Sogno o son desto?»
La ragazza gli tirò un pugno sulla spalla.
«Piantala» disse, ridendo.
Poi, entrambi si avviarono al dormitorio.
Walion andava a tutta velocità verso un piccolo paesino nei pressi di Cortegia, mentre la sua mente ed il suo cavallo si sfidavano per decidere chi galoppasse più freneticamente.
Reid, il “vecchio amico” di cui gli avevano parlato, non lo contattava da moltissimo tempo, e l’ultima volta che era capitato loro di vedersi si erano salutati da acerrimi nemici: dubitava che improvvisamente avesse deciso di metterlo a parte di qualche avvenimento importante. La cosa che gli veniva spontanea pensare era che gli stessero tendendo una trappola, ma chi e perché? Quando, qualche ora prima, un uomo tarchiato si era recato da lui con una lettera firmata da Reid, le sue meningi si erano quasi incendiate, lambiccandosi sul da farsi. La sua esperienza l’aveva portato ad essere il meno fiducioso possibile con le persone che non conosceva bene, ed ancor più se non si presentavano in pelle ed ossa davanti a lui. Però, se era una trappola, non poteva permettere che avvenisse vicino a Fren e Lilie, che erano come la sua famiglia, e comunque era abbastanza in gamba da cavarsela da solo. Così, aveva deciso di precipitarsi nella trappola di proposito, prendendo però qualche precauzione, in modo da cercare di svelare questo mistero il più presto possibile.
Mentre riconfermava le soluzioni che aveva deciso di prendere, scorse in lontananza l’insegna di una locanda e decise di fermarvisi: l’ora ormai si era fatta tarda. Raggiunto l’ingresso, fece segno allo stalliere di avvicinarsi.
«Lo voglio al sicuro per la notte, e che domani sia pronto ad affrontare un lungo galoppo. Se lo troverò come l’ho chiesto, avrai il doppio di questi.» gli sussurrò all’orecchio, lasciando cadere quattro monete d’oro nelle mani dello stalliere. Lui gli rivolse uno sguardo d’intesa e gli fece segno di entrare.
L’interno della locanda era caldo ed invitante, emanava un profumo di carne e vino che faceva venire voglia di riempirsi per bene la pancia e dormire sui tavoli dopo una serata di chiacchiere. Ma non poteva permetterselo, in quelle condizioni. Raggiunse il proprietario della locanda, dietro il bancone, con passi svelti, senza curarsi delle occhiate sospettose di chi era abituato a squadrare ogni nuovo avventore.
«Buonasera, buon uomo. Come posso aiutarla?» domandò il locandiere.
«Mi serve una stanza tranquilla, con un letto, una finestra ed un tavolo. Se possibile, vorrei un piatto di carne e del vino da portare in camera per cenare.»
«Come desidera!» disse l’altro, lanciandogli una chiave abbastanza pesante «Salga le scale; la sua stanza è la seconda sul lato destro. La cena arriverà a brevissimo.»
«Grazie.»
Walion salì le scale di fretta ed attese pazientemente in camera la cena, che arrivò prestissimo. Non appena ebbe finito di mangiare, dopo essersi assicurato che la porta fosse chiusa a chiave, trasse dal mantello una bisaccia e cominciò a spargere della polvere viola per terra.
Quando la polvere ebbe disegnato una figura ordinata di cerchi concentrici, decorati di altre figure, appoggiò la mano aperta al centro.
L’Arte Occulta della Vigilanza era un Incantesimo abbastanza semplice, che lo avrebbe informato in caso di movimenti sospetti nei pressi di quel luogo.
Quando ebbe terminato quello e qualche altro incantesimo minore di protezione, si stese sul letto e pensò a Fren e Lilie. Non avrebbe potuto consigliarli riguardo al torneo, e la cosa gli dispiaceva molto. Ma quello che stava facendo era decisamente l’opzione migliore. E poi, i due ragazzi erano molto ben preparati, e non avrebbero avuto difficoltà a superare le Prove del Torneo. In effetti, le probabilità che lo vincessero non erano affatto basse.
Fiducioso nei suoi allievi, Walion si assopì, ma anche da dormiente la sua mente continuò ad incespicare per gli ascosi percorsi delle sue congetture.

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Capitolo 2
*** Clisis ***


CLISIS
 
“È come un uomo che getta il seme nella terra;
dorma o vegli, di notte o di giorno,
 il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.”

 [dal Vangelo Secondo Marco]
Cortegia, Grande Impero
Giorno della Prima Prova
 
Fren si stava allacciando nervosamente gli stivali. Il giorno della Prima Prova era arrivato. Sapeva che il maestro Walion aveva preparato benissimo sia lui sia Lilie e che la Prima Prova era solo una sorta di smistamento, ma ciononostante non poteva che sentire le sue viscere contorcersi per la tensione. Finì in fretta di prepararsi e si infilò alla cintura la spada corta, che si estendeva circa quanto la distanza tra la sua spalla e metà del suo avambraccio, insieme a tre coltelli da lancio di foggia elfica, adatti ad essere usati per gli incantesimi.
Quando fu pronto, uscì all’esterno, e comprese dal sole che ormai era mattino inoltrato. Appena fuori c’era Lilie,  che sembrava tesa quanto lui.
«Stai bene?» le domandò.
«Sono un po’ agitata. Tu invece come stai?»
«Mi sento come se un lungo serpente mi si stesse arrotolando dentro allo stomaco. Ma, a parte questo, alla grande.» disse Fren, sorridendo. Lui avrebbe affrontato la Prova per primo.
«Buona fortuna, allora. Conoscendoti, non ti servirà.»
Entrambi erano troppo agitati per proferir parola dopo quel breve dialogo, così si avviarono silenziosamente verso la Sala delle Prove, che in realtà una sala non era affatto: dall’esterno appariva come un grande masso di pietra e dall’interno una cava estesa nel sottosuolo, dove si divideva in molteplici cunicoli. Era stata costruita moltissimo tempo prima, sfruttando la forza degli schiavi orchi, e poteva contenere moltissimi maghi durante le prime prove, che fungevano da eliminatoria per le successive.
Arrivati di fronte alla sala, ad attenderli c’erano due Senzienti, guardie incaricate di sorvegliare i partecipanti al torneo, che aspettavano di fuori. Sembrarono riconoscere Fren all’istante.
«Tu sei Fren di Aster, della squadra di Walion, giusto?»
«Sì.»
«Seguimi.» disse uno dei due, avviandosi nei meandri della sala. Fu così veloce che Fren dovette rinunciare a salutare Lilie, per evitare di perderlo di vista. Arrancò per raggiungerlo. Dopo mille svolte che gli avevano fatto perdere l’orientamento, si fermarono infine davanti ad una porta.
«Dovrai entrare nella stanza che si trova al di là di questa porta. Le possibilità di uscire da lì sono molte e, a seconda del modo in cui supererai la prova, verrà deciso come parteciperai alla successiva. Inutile ricordarti che, se dovessi fallire, sarai squalificato dal torneo.»
Fren annui, l’ansia che gli premeva sempre più forte sullo stomaco.
L’uomo gli fece segno di entrare.
«Potrò uscire utilizzando questa porta?»
«Potrai uscire come vorrai, ma non potrai utilizzare la porta finché non sarà stata bloccata.»
Annuendo un’ultima volta, il ragazzo entrò nella stanza. Era una grossa cavità scavata nella roccia, dalle pareti umide. Mosse un passo, ed una parete di roccia calò a coprire l’ingresso. Fren aveva già deciso cosa fare.
L’acqua cominciò a grondare da alcune fessure sul soffitto; Fren si chinò. Facendo cozzare il metallo del pugnale contro la roccia del terreno, fece alzare alcune scintille da terra. Erano sufficienti: le scintille si ingrossarono fino a diventare una fiamma in un attimo. Le fiamme si avventarono contro la parete, aprendo un varco. Fren si lanciò al di là della porta, appena in tempo perché l’acqua non lo travolgesse.
Non appena fu atterrato di fuori, il Senziente lo guardò con un’aria molto compiaciuta.
«Complimenti, ragazzo. Una magnifica prova, davvero. Ora puoi andare a riposarti. L’esito di quelle degli altri partecipanti verrà comunicato prima che cominci la fase successiva.»
Fren fissò incredulo l’uomo, che nel frattempo si era girato per accompagnarlo di nuovo all’uscita.

 

Lilie entrò nella sala della prova con grande cautela e si fermò in attesa non appena la parete di roccia precluse l’uscita. Vide l’acqua entrare copiosamente dalle fessure sul soffitto e tirò un sospiro di sollievo: l’acqua era il suo elemento preferito. La stanza si riempiva in fretta, ma attorno a lei si era formata una bolla che le garantiva ossigeno per almeno un’ora. Con questo stratagemma poté spostarsi al centro della sala, dove una tavola di pietra aveva tutta l’aria di essere il modo per uscire da quel posto.
Da vicino, notò che la tavola era decorata da un mosaico di tessere di pietra non saldate, probabilmente un rompicapo. Su ogni tessera era incisa un’antica runa nanica, una delle lettere magiche con cui potevano essere codificati gli incantesimi, a sua volta decorata da un disegno. I disegni potevano essere spostati per costruire una figura, ma ci sarebbe voluto tempo, e non capiva bene quale fosse il senso della figura da ottenere: avrebbe potuto essere solo un suggerimento, e lei rischiava di sprecare il tempo a disposizione prima che finisse l’aria all’interno della bolla. Però capiva i significati di molte delle rune, che anche per i maghi più abili erano spesso difficili da ricordare. In effetti, era sempre stata molto brava in questo versante. Capì che poteva formare un messaggio, e cominciò a spostare le rune. Dopo mezz’ora circa, era riuscita ad ottenere quello che sembrava un antico incantesimo codificato. Era difficile da decifrare, ma si trattava senza dubbio di un Incantesimo di Apertura; questo tipo di incantesimi non richiedevano un tributo per essere attivati, ma un semplice rito. Lilie con un solo movimento fluido si sedette sulla tavola e congiunse le mani, poi le portò sulla tavola stessa, i palmi aperti. I suoi occhi e le rune si illuminarono dello stesso colore verde chiaro: l’incantesimo era stato attivato. Con un boato, la tavola si infranse e le rune scomparvero, lasciando spazio ad uno squarcio in cui defluiva tutta l’acqua della stanza. Lilie dovette impiegare tutte le sue forze per controllare il flusso, in modo da non venire trascinata dall’ondata. Alla fine ci riuscì, e guidò la corrente in modo che percorresse una traiettoria circolare attorno a lei, per poi discendere nella fessura. Dopo poco tempo, la stanza era completamente asciutta, proprio come quando era entrata.
Tuttavia, ciò non aveva risolto il problema: la stanza era ancora chiusa. Lilie cominciò a ragionare più in fretta e più lucidamente: all’interno della bolla, l’ossigeno era progressivamente diminuito, e l’aria che respirava pochi minuti prima era estremamente rarefatta. Ora, l’aria era tornata pulita, e questo le fece riacquistare parte delle forze. Abbastanza per capire che doveva esserci un punto da cui l’aria entrava: mosse le mani sopra la testa, convogliando con la magia l’aria di tutta la stanza. Dopo poco tempo da quando aveva cominciato a controllarla, l’aria entrò sempre più velocemente da un punto alla sua destra: la ragazza lanciò un pugnale in quella direzione, e l’arma si conficcò in una fessura all’interno della roccia. Chiamando a raccolta le sue ultime forze, Lilie cercò di controllare la roccia che costituiva la parete, imponendole di aprirsi. Dopo un’intensa fatica, la fessura divenne abbastanza grande perché la ragazza vi potesse passare: lei si infilò all’interno e uscì dall’altra parte. Si trovava in un corridoio, e il Senziente che l’aveva accompagnata alla stanza la stava guardando, soddisfatto.
«Sei molto ingegnosa, e brava a controllare le arti magiche. Molti altri sono passati con l’astuzia, o con l’inganno... personalmente, apprezzo molto di più il tuo metodo. Credo che potresti vincere il torneo.» le disse, sorridendo. Poi, si girò e si avviò all’uscita, dando per scontato che lei l’avrebbe seguito. E lei gli barcollò dietro, ancora stremata dalla quantità di energie che aveva appena usato.
 
 
Thanya mosse qualche rapido passo all’interno della stanza. Si accorse dell’acqua che cominciava a sgorgare dalle fessure sul soffitto, ed attivò il Dono dello Spirito. Si trattava dell’occhio dell’arpia, il dono di una creatura mistica che le permetteva di analizzare velocemente i punti deboli di qualsiasi cosa. Con quello, focalizzò i punti da cui l’acqua entrava, e congelò con la magia il fluido all’interno delle rocce. L’acqua smise di entrare, tanto in fretta che quella sul pavimento non arrivava nemmeno al ginocchio di Thanya. Lei volse lo sguardo alla tavola al centro della cava, e si avvicinò. Con pochi e rapidi movimenti spostò i tasselli di pietra, formando una frase nella lingua degli elfi. Diceva “ancora uno sforzo prima di uscire”. La ragazza attivò l’incantesimo di apertura che vi era legato. Una parete si spalancò.
Non appena si mosse in quella direzione, però, tre demoni si materializzarono alle sue spalle, condensandosi nell’ombra. Lei si abbassò, pronta a scattare. Analizzò le figure. Erano demoni dell’ombra, frutto di un’Arte dell’Evocazione, un livello molto alto di incantesimo. Normalmente, creature come quelle non erano scalfibili da nessuna arma, eccetto che in un punto del loro corpo, a cui era legata la loro energia. La maggior parte dei maghi era in difficoltà nel fronteggiarli, ma non Thanya, che con l’occhio dell’arpia poteva vedere i loro punti deboli: quello del primo era nell’occhio sinistro, quello del secondo sotto la gola e quello del terzo in un punto appena sopra del ginocchio. Le creature si avvicinarono. La ragazza lanciò tre lunghi aghi con precisione chirurgica, e le tre creature vaporizzarono.
Lei si girò e percorse a grande falcate l’area che la separava dalla porta, poi la oltrepassò.
Il Senziente la fissò, incredulo.
Lei gli passò davanti, avanzando verso l’uscita con aria soddisfatta.
Quello rimase attonito.
 
 
Walion ringraziò lo stalliere che aveva appena dato da bere al suo cavallo e gli chiese qualche indicazione; cosa inutile, perché da poco era venuto a sapere del recente decesso del fantomatico amico che l’aveva mandato a cercare. Dopo aver salutato con un sorriso e qualche moneta lo stalliere, si diresse nella direzione indicatogli, deciso almeno a scoprire cosa stesse succedendo.
Poi sentì un fruscio alle sue spalle. Si voltò e colpì allo stomaco un uomo, che gli si era buttato contro da un albero, mentre i suoi occhi scorgevano velocemente altri suoi compagni in mezzo al fogliame. Decise che non valeva la pena di combattere, e che forse, facendosi catturare, avrebbe scoperto qualcosa di più sugli uomini che lo stavano provando ad ingannare. Così, si fece colpire da uno di loro alla nuca. Mentre sentiva di perdere conoscenza, sfiorò con la mano la runa di protezione che aveva in tasca, in modo che non potessero impedirgli di usare la magia, una volta sveglio. Quindi lasciò che il buio lo portasse nel mondo dei sogni.
 
 
 
Quando finalmente la luce del sole illuminò il paesaggio che i suoi occhi osservavano, Lilie si era ormai ripresa dalla fatica. Scrutò impaziente la folla di maghi che, superata la prova, stava aspettando i propri compagni nel prato, appena fuori dalla cava.
In mezzo alla calca, era quasi impossibile individuare il suo compagno di squadra: ci volle almeno una decina di minuti prima che i capelli rossi di Fren le permettessero di capire dove fosse. Non appena vide il volto noto, si avviò in quella direzione.
«Ciao, Lilie. Ci hai messo un po’, a superare la prova.»
«Era parecchio difficile. Tu come hai fatto?» chiese lei, stupita.
«Ho aperto la parete con un getto di fuoco. Ho consumato molta energia, ma ho superato la prova in poco tempo. Tu, invece?»
«Ho dovuto risolvere un lungo enigma, e sfruttare le arti di tutti gli elementi. Beato tu.»
«Dev’essere stato parecchio complicato. In ogni caso, l’abbiamo superata tutti e due. I Senzienti hanno appena detto che a breve spiegheranno come si svolgerà la seconda prova. Questo significa che tu sei stata tra gli ultimi a superare la prima.» disse lui, in tono canzonatorio.
«Se proprio vuoi saperlo, il Senziente che mi ha accompagnata mi ha fatto i complimenti, perché non mi sono sottratta alle difficoltà. Quindi, non darti tante arie.»
Lui tacque finché un Senziente, al centro del prato, non prese la parola.
«Giovani maghi, la prima prova è finita! Due squadre sono state eliminate completamente, mentre quindici si ritroveranno con un componente, e venti con due di meno. Nessuna squadra ha perso più di due componenti. Non vi terrò nascosto che ci aspettavamo un numero maggiore di maghi eliminati. Vista la situazione, sono state apportate alcune modifiche alla seconda prova.»
In tutto il prato si sollevò un brusio incuriosito.
«Silenzio!» ordinò il Senziente, ammutolendo tutti «Al termine della seconda prova, i membri delle squadre che avranno perso anche solo un componente verranno separati tra di loro, e dovranno affrontare un’ulteriore prova per stabilire quali di loro potranno proseguire, formando nuove squadre.»
Il brusio si alzò di nuovo, ma questa volta fu interrotto più velocemente, con la semplice alzata di mano del Senziente.
«La seconda prova sarà costituita di uno scontro diretto tra due squadre. Chi si arrenderà, rimarrà bloccato a terra o verrà ucciso sarà considerato come sconfitto.» vedendo che le squadre mormoravano tra di loro, il Senziente aggiunse: «L’uccisione di un avversario è prevista dal regolamento. Ed ora, vi spiego l’ultima, la più importante modifica della seconda prova.»
La frase ottenne l’effetto desiderato: tutti gli occhi erano puntati su di lui; nel prato non volava una mosca.
«Ogni squadra verrà accoppiata a un’altra squadra, di diversa provenienza, e le squadre così accoppiate formeranno una sola squadra nell’affrontare la Prova.»
Dopo quell’affermazione, il mormorio si fece incontenibile.
«Silenzio!» urlarono cinque Senzienti contemporaneamente, riuscendo ad ottenere quello che volevano.
«La squadra a cui la vostra è stata accoppiata è già stata comunicata ai vostri maestri. Domandate loro con chi dovrete affrontare la prossima prova: dopodichè, potrete incontrare la squadra in questione, ed organizzare con i suoi membri una strategia comune. Buona fortuna a tutti.»
Mentre tutti si alzavano e correvano dai propri maestri, Fren e Lilie si diressero verso i Senzienti, sgusciando silenziosamente all’interno della folla in agitazione. Fren toccò lievemente la spalla di quello che aveva parlato fino a poco prima, ottenendo la sua attenzione.
«Cosa vuoi, ragazzo?»
«Perdoni il disturbo, ma il nostro maestro non si trova qui e, non sapendo quando sarà di ritorno, vorremo sapere a che squadra dovremo rivolgerci.»
Il Senziente annuì, come capendo tutta la situazione.
«Siete della squadra di Walion, della Repubblica Asterigia?»
«Sì, signore.» risposero i due ragazzi.
«Cercate Latho, del Grande Impero. Lui ha tre squadre: fatevi indicare quella a cui fa da capo una certa Thanya.» detto questo, fece un cenno, in segno di congedo.
«Grazie mille.» disse Lilie. Dopodichè, entrambi si volsero e se ne andarono.
 
 
«Walion? È il maestro che avete attirato in trappola. Perché siamo stati accoppiati con la sua squadra?» domandò Thanya, senza troppo interesse.
«Dubito che i Senzienti abbiano tenuto conto di questo fattore. Al di là delle direttive della Setta e del Ministro, il loro compito è di organizzare il Torneo al meglio.»
«Mi sembrava un ragazzo in gamba, anche se con idee strane. Sfortunatamente, ha una sola compagna... poco male, non ho intenzione di collaborare troppo.»
«Non so quanto questa tua idea sia saggia.» disse Latho, pensieroso.
«Cosa intendi? Non devono interferire nei nostri piani.»
«No, assolutamente. Tuttavia, potrebbe essere utile avere un alleato.»
«Possiamo superare la Prova senza problemi.»
«Questo è ovvio. Almeno, per te. Ma i tuoi compagni, contro dei maghi abbastanza capaci, potrebbero essere in difficoltà, soprattutto se si trovano in inferiorità numerica. Con l’aiuto di altri due maghi, invece, passerete la prova senza problemi. Inoltre, se Fren e la sua compagna si fideranno di voi, cosa che, una volta terminata la prova, accadrà quasi di sicuro, saranno due potenziali nemici in meno nell’attuare il nostro piano. E il piano è la cosa più importante. Deve filare tutto liscio come l’olio.»
«Certamente. Ma ho qualche riserva sui due ragazzi. Da quelle poche parole che ho scambiato con Fren, mi sembra un debole. Potrebbe essere d’ostacolo, forse più dell’inferiorità numerica. Ragiona in modo stupido.»
«Capisco cosa intendi. In tal caso, forse è meglio che ti tieni alla larga da loro. Di’ loro che affronterete la seconda prova ognuno per sé, come se foste due squadre separate, ma che potrete aiutarvi a vicenda. Potrai dir loro che questa decisione serve a preservare le strategie di squadra, visto il poco tempo. Tuttavia, mi raccomando di insistere sull’aspetto dell’aiuto reciproco. Devono fidarsi di voi.»
«Come desidera, maestro.»
«Molto bene. So che non mi deluderai, Thanya. Buona fortuna, per quanto possa servirti.»
Thanya sorrise e si diresse verso la porta, ma in quel momento entrò Fren, evitando per poco di urtarla.
«Ciao.» disse lui.
«Ho giusto comunicato a Thanya che affronterà la Prova con voi. Uscite a discutere, per cortesia.» ordinò Latho, con voce suadente ed imperiosa.
Fren, Lilie - che gli stava dietro a distanza di pochi passi - e Thanya si affrettarono ad uscire, fermandosi in corridoio poco dopo.
Thanya si schiarì la voce.
«Bene. Sono contenta di affrontare la prova insieme a voi. Tuttavia, sarebbe meglio che ognuno usasse le proprie strategie.» spiegò pazientemente la ragazza.
«Cosa significa? Dovremo affrontare la prova da soli?» chiese Lilie.
«No. Ma, vista la mancanza di tempo, non possiamo conoscere meglio le nostre abilità, e tentare di collaborare potrebbe essere dannoso. Ovviamente, se doveste essere in difficoltà, io e i miei compagni non esiteremo ad aiutarvi.» spiegò Thanya, ripetendo quello che aveva sentito dire al maestro.
«Mi sembra la cosa migliore da fare. Io ci sto. Ci vediamo prima della Prova, allora.» disse Fren, salutando.
Thanya salutò a sua volta, ed i due ragazzi si allontanarono in silenzio.
 
 
 
Walion fu svegliato da una secchiata d’acqua gelida che lo fece trasalire.
«Ben svegliato, Aristeo.» disse una voce beffarda.
«Cosa volete da me?» domandò.
«Chi sei?» chiese tranquillamente il suo interlocutore.
In quel momento, Walion aprì gli occhi. Davanti a lui c’era un uomo abbastanza alto, dal naso aquilino ed i capelli lunghi e bianchi, che dimostrava sui quaranta anni di età; il fisico era snello ma muscoloso, e gli occhi emanavano una grande sicurezza di sé. Quasi certamente possedeva un Dono dello Spirito, poiché lo aveva chiamato Aristeo.
«Il mio nome è Walion, e vengo dalla Repubblica Asterigia. Sei un Fratello Aristeo anche tu?»
Lui rise, sprezzante.
«Temo che tu sia capitato tra le mani sbagliate.» disse, alzando la manica sinistra. Sull’avambraccio c’era un segno blu scuro, costituito da quattro linee affusolate che circondavano una grossa sfera.
«Sai che simbolo è questo?» chiese l’uomo.
Walion scosse la testa: lo sapeva bene, ma doveva sembrare capitato lì per caso o per errore.
«È il Segno dei Silenti. Conosci l’Ordine degli Aristei, vero?»
«È l’insieme di tutti i Fratelli, giusto?»
«Esattamente. Non si raduna quasi mai, eccezion fatta per i casi di pericolo. Io faccio parte dell’Alleanza degli Aristei Rinnegati.»
Walion finse di non capire.
«Noi siamo coloro che vi spazzeranno via dalla faccia della terra. I Fratelli Aristei sono spesso deboli, impreparati e immeritevoli di ricevere il dono di una creatura occulta. Per questo noi libereremo il mondo da questa piccola piaga, e sfrutteremo al meglio queste potentissime creature.»
«E quello che hai sul braccio è il simbolo dei Rinnegati?» domandò Walion, per guadagnare tempo.
«Sciocco, i Rinnegati, proprio come i Fratelli, non hanno bisogno di simboli. Basta il loro Dono. Questo segno» disse, alzando il braccio «Viene concesso ai tre più potenti Rinnegati di tutta l’Alleanza, ovvero i Silenti. Benvenuto alla presenza del primo silente.»
«Perché mi avete rapito?» chiese ancora Walion.
«Per lo stesso motivo per cui ora ti sto parlando. Ti voglio lasciare una scelta. Unirti all’Alleanza, o venire ucciso seduta stante.»
«Voi Rinnegati siete dei codardi che uccidono uomini inermi ed incatenati?» rispose l’altro, accennando ai ceppi che gli bloccavano gambe e braccia.
Il Rinnegato lo colpì in piena pancia.
«Non insultare l’Alleanza.»
«Tranquillo, era solo uno scherzo. Non tengo troppo all’Ordine degli Aristei e, in effetti, mi sono sempre chiesto in base a che criterio alcuni di loro potessero acquisire i Doni. Cosa devo fare per unirmi all’Alleanza?»
«Noi abbiamo diversi centri, tutti segreti. Posso portarti al più vicino. Là vivrai in reclusione e verrai addestrato, se non lo sei già. Poi, verrai inserito in una squadra, e con i tuoi compagni ti dedicherai alla nostra nobile causa.»
«Accetto.» disse Walion, senza esitazione. Quella era una setta di pazzi, che non aveva capito quale fosse l’importanza dei Doni dello Spirito. Ma doveva stare al gioco, finché poteva.
«Non prendere decisioni affrettate. Hai tutta la notte per pensarci. E non credere che qualche Fratello non sia già venuto con l’idea di tradirci... ti assicuro che nessuno di loro, né dei loro compagni, è sopravvissuto a lungo, o è morto sereno.» gli disse, ghignando. Poi, si voltò e se ne andò.
«Buonanotte.» sussurrò, prima di varcare la soglia.
Walion chiuse gli occhi, in testa una fucina di idee.  

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Capitolo 3
*** Morsimon ***


MORSIMON
 
"Foglia appena nata
nell'aria spasimante
involontaria rivolta"
 
[da “Fratelli”, G. Ungaretti]
Cortegia, Grande Impero
Giorno della Seconda Prova
 
La squadra di Fren e quella di Thanya si erano ritrovate presto quella mattina, ed ora stavano chiacchierando animatamente da un po’ di tempo. Alle spalle della ragazza, i suoi due massicci compagni di squadra, quasi ventenni, si erano già presentati: si chiamavano Gareth e Jereth. La prima cosa che Fren aveva pensato era stata che erano dei nomi molto simili, ed anche nelle fattezze i due colossi si assomigliavano molto: entrambi erano alti e muscolosi, ben piantati, con una testa squadrata sopra cui pioveva disordinatamente una massa di capelli neri. Poco dopo, gli avevano detto di essere gemelli.
Mentre parlavano tra di loro un Senziente, avvolto nel lungo mantello blu, si avvicinò.
«Siete voi le due squadre di Walion, della Repubblica Asterigia, e di Latho, del Grande Impero, i cui capisquadra sono Fren e Thanya?»
«Sì, signore» risposero all’unisono i due nominati.
«La Prova comincerà a breve. Permettetemi di accompagnarvi.»
“Permettetemi” non era stato il termine più adatto, dato che il Senziente, dopo averlo detto, si girò e diede per scontato che i ragazzi lo seguissero; tuttavia, la loro attenzione non fu certo posta su questo dettaglio. Mentre seguivano l’uomo, per un tacito accordo nessuno proferì parola, fino a quando non giunsero davanti ad un solido e mastodontico edificio in pietra con un solo ingresso, di modeste dimensioni. Il Senziente li guidò all’interno.
L’edificio era spazioso, ed era costituito da un’ampia sezione circolare alta almeno trenta metri, attorno alla quale si alzavano le gradinate sopra cui  erano seduti alcuni Senzienti.
Dall’altra parte della stanza stavano facendo il loro ingresso, proprio in quell’attimo, i Maghi che evidentemente componevano le altre due squadre.
Quando queste cominciarono a fronteggiarsi, raggiunto il centro della sala, i Senzienti presero la parola. Quello che sedeva al centro si alzò in piedi.
«Sapete già quali sono le regole della Prova. Che abbia inizio!» urlò, alzando la mano.
Fren, che aveva rivolto il suo sguardo al Senziente mentre lui parlava, dovette muoversi ad una velocità impressionante per schivare il coltello che gli era stato rivolto contro.
Le strategie accuratamente preparate da lui e Lilie andarono in fumo: il coltello che lo aveva mancato di poco non fece in tempo a toccare terra, che già tutti e sette gli avversari si erano lanciati contro i cinque ragazzi, impedendo loro di contrattaccare.
Fren saltò indietro, estrasse la spada e cominciò a parare con una relativa calma i colpi della squadra avversaria.
Terminata la sorpresa, vide che Lilie stava ostacolando i nemici con la terra, proteggendosi. Fren ricordò una vecchia mossa del maestro. Si chinò per schivare un colpo e sfregò sul pavimento con la lama. Qualche scintilla si alzò da terra. Una mossa semplice, in realtà, ma molto pratica: da quelle poche scintille fece scaturire abbastanza fuoco da imitare la tecnica di Lilie, facendoselo vorticare attorno. L’avversario si alzò. Fren lo colpì al petto, dando a Lilie il tempo di rialzarsi.
«Pronta?» chiese, il respiro affannoso.
«Prigione?» domandò lei di rimando.
«Prigione.» disse lui, deciso.
Lei si abbassò a terra. Fren esplose lingue di fuoco in tutte le direzioni. I nemici si abbassarono prontamente, ma caddero in un fitto reticolo di rami. Lilie chiuse i palmi, i rami si avvolsero attorno ai nemici, intrappolandoli
Bloccati gli avversari, i due ragazzi guardarono in che situazione versassero i loro alleati.
I quattro ragazzi che combattevano contro di loro erano molto più abili di quelli che avevano appena bloccato: si muovevano ad una velocità impressionante, colpendo con ogni tipo di elemento Gareth e Jereth. Loro alzavano barriere di roccia, ma i nemici le squarciavano prontamente. Quando ormai sembravano allo stremo, scattarono, mandando tre degli avversari lunghi distesi. Senza che loro avessero il tempo di reagire, i due compagni di Thanya portarono contemporaneamente la mano alla spalla e la distesero verso i nemici atterrati; le braccia si illuminarono, e Fren riconobbe l’incantesimo che stavano mettendo in atto: quello di Blocco. Né i gemelli né i tre avversari ora potevano muoversi, ma il quarto era ancora in piedi.
Fren fece qualche passo avanti, intenzionato ad aiutare Thanya, mentre Lilie continuava a fornire energia alla tecnica con cui stava tenendo i nemici bloccati a terra; la ragazza era quasi esausta, poiché loro continuavano a divincolarsi.
«Non intervenire, Fren.» disse Lilie, «Aiuta la tua compagna. A questo penso io.»
Fren indietreggiò, e l’ultimo mago della squadra avversaria rise.
«Sciocca ragazzina, sciocca decisione.»
Allargò i palmi delle mani, ed una sottile sostanza intangibile si avvolse attorno al suo corpo, illuminandolo di rosso. Non era fuoco: era Energia Vitale allo stato puro. Si trattava dell’Arte Occulta del Perfezionamento, una speciale arte magica che consumava molta energia, ma aumentava esponenzialmente le abilità fisiche di chi la usava.
Si mosse ad una velocità incredibile verso la ragazza, ma cadde a terra.
Era successo tutto in una frazione di secondo.
Incredulo, il ragazzo, che era riuscito a voltarsi appena in tempo per cogliere quel turbine di azioni, fece mente locale. Mentre l’avversario sfrecciava verso di lei, Lilie aveva attivato l’Occhio dell’Arpia, ed in un attimo doveva aver analizzato i punti deboli del nemico. Ad analisi compiuta, quello però era già di fronte a lei: anche la ragazza doveva allora aver usato il Perfezionamento, ed averlo colpito in un punto preciso, sul collo.
Fren rimase a bocca aperta.
In quel momento, però, uno dei maghi si liberò dalla tecnica di Lilie. Si alzò e scagliò il coltello in direzione di Thanya.
Questa volta fu Fren ad intervenire. Saltò a velocità normale, senza riuscire ad impedire all’arma di ferirlo ad una spalla, ma in quel momento aveva già lanciato il suo, di coltello, che si piantò nel petto dell’altro mago.
I Senzienti si alzarono.
«Tutti i membri delle squadre di Jin e Ketr sono a terra. Tutti i membri delle squadre di Thanya e Fren sono in piedi. Dichiaro quindi le due squadre di Walion e Latho Vincitrici Assolute dell’incontro! I feriti potranno farsi curare da noi.»
Mentre gli incantesimi dei gemelli si scioglievano e Lilie annullava la sua tecnica, i Senzienti scesero verso il mago colpito da Fren. Lui si avvicinò per vedere in che condizioni era: come aveva previsto, il coltello non lo aveva colpito in nessuno degli organi vitali, ma con abbastanza forza da mandarlo a terra comunque. Sorrise: era una gran precisione, e non aveva dovuto ucciderlo.
Si estrasse il coltello dalla spalla e lo appoggiò in grembo all’altro mago, poi recuperò il proprio, che ripulì nella stoffa. Mentre lo faceva, sentì il lieve calore del tocco di Lilie, che si era avvicinata per curarlo con la magia. La ferita si rimarginò in un attimo.
Mentre si voltava, Thanya lo guardò, inviperita.
«Grazie. Non avevo sentito muoversi quel mago.» disse, in un modo che faceva quasi sembrare che le parole fossero macigni, e che dirle le costasse un terribile sforzo.
«Non ti preoccupare. Sei stata grandiosa. Vinceremo noi il Torneo.» disse Lilie, entusiasta.
«Questo di sicuro. Visto come siamo stati bravi insieme, cosa ne diresti di ideare una strategia comune?» chiese Fren, rivolto verso Thanya.
Lei soppesò la proposta.
«Non saprei... ne parlerò con il mio maestro. Mi dispiace, ma questo Torneo è davvero molto importante per noi. Vi farò sapere il prima possibile.»
Fren sembrò deluso dalla risposta.
«Questo non significa che non possiamo festeggiare!» urlò Thanya, precedendo gli altri verso la città.
Fren, Lilie, Gareth e Jereth li seguirono molto volentieri.
 
Quando lo schiudersi lento delle palpebre segnò finalmente la fine di quel sonno squassato da continui incubi, Walion ci mise un po’ per tornare lucido.
La prima cosa che notò fu il silenzio.
Pensò che avrebbe potuto approfittare di quella situazione per scoprire qualcosa di quello che stava succedendo, e vederci chiaro: gli sembrava molto improbabile di essere stato rapito solo perché avevano bisogno di un alleato. Inoltre, se avessero saputo chi era davvero, non si sarebbero di certo rivolti a lui...
Dopo qualche minuto, decise finalmente di andare in perlustrazione. Mentre richiamava la magia, sentì la flebile resistenza di qualche incantesimo che era stato lanciato per indebolirlo, ma che la Runa di Protezione aveva contrastato. Sfortunatamente, non poteva muovere le braccia a suo piacimento, quindi non riuscì ad usare un incantesimo di apertura: dovette richiamare, con un po’ di sforzo, del fuoco tramite l’energia interiore; quando finalmente ne ebbe abbastanza a disposizione, cominciò a far fondere i ceppi.
Quando l’opera fu compiuta, avvicinò l’orlo della tunica al fuoco che ancora era vivo sul braccio destro, incendiandola. Controllandolo, non avrebbe permesso alla fiamma di espandersi, ma almeno avrebbe avuto a disposizione sempre un po’ di fuoco per la magia.
Lentamente, mosse qualche passo verso l’uscita della cella. Era chiusa da un pesante catenaccio, ma questa volta gli bastò toccarlo con un braccio, ed incrociare le dita della mano sinistra, per farlo aprire. La porta si spalancò silenziosamente, e Walion sgusciò fuori.
Non appena fu nel corridoio, sentì un brusio sommesso provenire da una stanza che non doveva essere lontana, e si mosse in quella direzione. Mentre si avvicinava, le voci divennero distinguibili.
«Tienilo qui un paio di giorni e poi ammazzalo.» diceva una.
«Potrebbe sempre diventare un alleato in più...» suggeriva un’altra.
«Non mi piace questa faccenda. Secondo me, dovremmo toglierlo di mezzo e basta.» ripeté la prima.
«Sentite, smettetela di litigare. Dobbiamo tenerlo qui per non mandare a monte il piano del Consigliere, ma approfittarne è rischioso. Capisco come la pensate... però devo ammettere che, addestrandolo, prenderemmo due piccioni con una fava.» si intromise una terza voce.
«Non sappiamo nemmeno a che livello sia!» esclamò quello che aveva parlato per secondo.
«Calmati, Crio. Intendevo che potremmo addestrarlo di nascosto, tenendolo sotto controllo. A quanto dice Anemo, non sembra che quel mago sia particolarmente potente. Però, se ha un Dono dello Spirito, potrebbe rivelarsi molto più in gamba di quanto non vuol far credere...»
Continuando ad origliare, Walion si avvicinò alla porta della stanza da cui provenivano le voci.
«Lo credo bene, visto che si è appena liberato.» rivelò quello che doveva essere Crio.
Walion si spostò, appena in tempo per evitare il coltello che si conficcò nella parete alle sue spalle. Guardò il coltello per un secondo e trasalì: era il Pugnale di Ghiaccio, un’arma leggendaria.
Non ancora totalmente ripreso, si voltò ed incrociò lo sguardo di Crio: era un uomo alto, dai capelli bianchi ma sfumati di azzurro, come se fossero congelati... i lineamenti erano tipicamente nordici, leggeri e delicati quanto marcati e crudeli, mutevoli in base alle espressioni. L’occhio sinistro sembrava fatto di ghiaccio, e non solo all’interno: mentre lo guardava, Walion si accorse che la temperatura attorno a lui stava lentamente calando. Si lanciò di lato, evitando di rimanere imprigionato in una morsa di ghiaccio. L’uomo del giorno prima, che doveva essere Anemo, gli si scagliò incontro, vibrando rapidi colpi con una spada. Walion ne schivò alcuni, ma, essendo disarmato, il confronto era impari: ben presto fu messo al muro, con la spada puntata alla gola.
Fissò negli occhi Anemo, e quelli mutarono. Diventarono verdi, ipnotici, con alcune sfumature più scure e tendenti al marrone. Mentre li guardava, Walion si rese conto che stava rimanendo paralizzato. Nello stesso tempo, capì che i tre uomini l’avrebbero di certo ucciso.
Il fuoco che ancora ardeva su un lembo della sua tunica divampò, riempiendo tutto il corridoio. Il maestro fuggì. Doveva assolutamente avvisare i ragazzi.
Mentre, alle sue spalle, Crio continuava a spegnere le fiamme con semplici sguardi, Walion correva per i corridoi, macinandoli a grandi falcate. Alla fine, vide la luce del sole, che penetrava da una finestra: scattando, si tuffò all’esterno.
Quando alzò lo sguardo, si trovò a fissare un uomo coperto da un mantello nero, che gli lasciava visibile solo il volto. Walion lo riconobbe immediatamente.
«Melthumo» sussurrò.
«Quanto tempo, Walion.»
Entrambi portarono le mani al petto ad una velocità impressionante.
L’uomo avvolto nel mantello le rigirò verso Walion. Un lampo nero colpì l’edificio alle sue spalle, facendolo collassare. Melthumo fissò le macerie, dove non c’era traccia di Walion.
«Maledizione.» disse.
 
Latho rimase fermo per qualche minuto, le tempie poggiate sui polpastrelli delle dita, analizzando la proposta di Fren. Thanya, di fronte a lui, pendeva dalle sue labbra.
«Non vedo come potremmo costituire una strategia comune a nostro vantaggio. La cosa più sensata è procedere con il nostro piano.» disse infine.
«Non c’è il rischio che questo insospettisca i due ragazzi?»
«Se succede, nella foresta potrete eliminarli prematuramente. Altrimenti, dovrete rispettare gli ordini: all’alba del secondo giorno. Per allora, l’esercito sarà qui, e per i nemici non ci saranno speranze.»
«Come desidera, signore.» disse Thanya, prima di inchinarsi ed uscire silenziosamente dalla stanza.
Il giorno successivo sarebbe cominciata la Terza Prova, che consisteva in una gara di sopravvivenza all’interno di una foresta, nella quale erano state portate anche numerose bestie feroci. Thanya immaginò Fren a terra, sotto di lei, incredulo, la luce dei suoi occhi spegnersi. Aveva assistito tante volte a scene come quella, ed ora stava pregando perché Fren non ne fosse coinvolto.

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Capitolo 4
*** Aletheia ***


ALETHEIA
 

 
“Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.”

 
[da “I Limoni”, E. Montale]








 







Cortegia, Grande Impero
Primo Giorno della Terza Prova
 
L’uomo, avvolto in un mantello, si avventurò silenzioso nella foresta. Dopo parecchio tempo di marcia, vide finalmente una tigre, una delle bestie che erano state inserite nell’Arena della Terza Prova per renderla più difficile agli sfidanti. Prima che la bestia potesse attaccarlo, l’uomo sovrappose le braccia davanti al petto in una croce, attivando l’Incantesimo di Incatenamento: quattro robuste catene apparvero dal nulla e strinsero la belva, immobilizzandola.
L’uomo si avvicinò, tranquillo: l’incantesimo era facile da spezzare, ma non certo per una bestia. Con precisione, passò la mano sul pelo della tigre, fino a percepire una certa energia, in un punto in corrispondenza del ventre. Quando osservò quel punto, notò che una runa nanica era incisa sulla pelle. L’uomo non era un grande esperto di rune, ma capì che si trattava di una Runa del Controllo ancora inattiva.
«Come pensavo...» mormorò.
Si buttò di lato, evitando di poco un coltello da lancio.
«Chi diavolo sei?» urlò alla figura che l’aveva assalito.
Non fece in tempo a rispondere: la tigre, il cui incantesimo doveva essere stato sciolto, lo attaccò alle spalle, mandandolo a terra. Nel frattempo, un secondo coltello lo colpiva con precisione alla testa.
«Buonanotte, ficcanaso» disse il Senziente, beffardo. Poi si volse e se ne andò, disattivando la runa della tigre, che cominciò a mangiare il corpo morto.
Quando il Senziente si fu allontanato, un corvo si alzò in volo da una delle piante, senza che nessuno lo notasse, ed uscì dall’Arena, diretto all’accampamento dell’Impero del Nord.
 
Fren si addentrò nella foresta, seguito da Lilie e dalla squadra di Thanya. Alla fine, avevano deciso di non elaborare una tattica comune: avrebbero combattuto come nella Seconda Prova.
Ognuno di loro aveva uno zaino contenente il necessario per sopravvivere qualche giorno, ed avevano deciso, per il primo, di fermarsi a riposare, e cominciare a cercare altri sfidanti solo nel secondo.
Erano ormai avanzati da parecchio tempo, e la vegetazione era fittissima, quando una serie di sibili allarmò i cinque ragazzi, che schivarono per poco le frecce pioventi su di loro. Dagli alberi emersero tre ragazzi, completamente vestiti di rosso.
Gareth fissò uno dei tre e rimase a bocca aperta.
«Ehi, tu! Non eri in squadra con uno dei nostri?» domandò, ma, prima di chiudere bocca, una spada lo trapassò da parte a parte: dietro di lui, cinque altri ragazzi avevano raggiunto i loro compagni di squadra.
«Lo ero, sporchi traditori! Ma oggi siamo stati avvisati delle vostre ripugnanti azioni. Ora ce la pagherete cara!» urlò il ragazzo a cui Gareth si era rivolto.
«Di cosa diavolo sta parlando?» chiese Fren.
Non ci fu tempo di rispondere: tutti si erano gettati in armi nella mischia. Fren vide con la coda dell’occhio Lilie sfruttare la terra per abbattere uno degli avversari, e poi voltarsi per fronteggiarne altri due. Nel frattempo, Thanya stava piroettando, come in una danza mortale, nella mischia, colpendo ripetutamente alcuni ragazzi che riuscivano a malapena a difendersi.
Dalle uniformi, il ragazzo capì che gli assalitori erano dell’Impero del Nord.
Poi si accorse che uno dei tre che erano comparsi all’inizio si stava gettando su Thanya dall’alto, alle spalle, da dove lei non poteva notarlo.
Colpì forte con un piede a terra, sollevando una polvere con cui accecò il ragazzo che stava fronteggiando, poi si scagliò di corsa contro quello che si stava tuffando verso Thanya. Lo intercettò in volo, mandandolo lungo disteso a terra.
«Aiutaci, stupido! O quelli del Grande Impero ci...» prima che finisse la frase, il coltello di Jereth lo colpì. Lui, nel frattempo, era indietreggiato, dopo aver tirato fuori dalla mischia il corpo senza vita del fratello.
Lilie e Fren seguirono Thanya, che corse dietro il compagno di squadra.
Quando furono giunti dietro di lui, Jereth fece qualche passo avanti, sfidando con lo sguardo gli avversari, che erano ancora una decina.
Quello di loro che sembrava il capo, dal canto suo, avanzò a sua volta.
«Voi due, della Repubblica Asterigia» disse, facendo un cenno del capo a Fren e Lilie «da che parte state?»
Fu Fren a rispondere.
«Da quella della nostra squadra.»
Con la coda dell’occhio gli parve di vedere una lacrima scendere sul volto di Thanya.
«Allora morirete tutti!» urlò il capo degli avversari.
«Non credo proprio. Controllo!» urlò Jereth, sollevando la mano sinistra, sul dorso della quale si illuminò una runa. Istantaneamente, decine di bestie di tutti i tipi assalirono gli avversari alle spalle. Quelli provarono a difendersi, ma gli animali erano troppi: uno cadde, azzannato da lupi, un altro fu sommerso da insetti, un terzo sfigurato al volto da vari volatili... fino a quando anche l’ultimo non fu ridotto ad un cadavere irriconoscibile.
Quando lo scempio fu compiuto, la Runa sul dorso di Jereth si spense, e lui si voltò.
Due delle sottilissime lance di Thanya lo colpirono: una alla giugulare, l’altra in mezzo agli occhi. Jereth cadde a terra, riverso sulla schiena, incredulo.
Fren e Lilie si voltarono verso la compagna di squadra, ma lei si era rannicchiata a terra, ed era scoppiata in pianto.
 
«Ci hanno scoperti!»
L’uomo era entrato di corsa nella stanza di Latho, senza preavviso.
«Cosa stai dicendo?»
«L’uomo che quel Senziente ha ucciso stamattina non era solo. Un suo compagno ha avvisato tre squadre dell’Impero del Nord, ed ora loro stanno eliminando tutti i nostri alleati.»
«Grazie dell’informazione. Ora calmati e siediti.»
Era tipico di quel maestro analizzare con calma ogni situazione, indipendentemente dall’immediatezza con cui si presentava.
«Non abbiamo altra scelta» annunciò infine «Di’ a tutti di anticipare il piano. Manda messaggi ai Sicari, che vengano subito, ed al Comandante dell’Esercito, che si metta in marcia. Nel frattempo, però, manda qualcuno dei nostri uomini che cerchi di mettere a tacere i rivoltosi. Che tutti agiscano con la massima celerità» ordinò.
«Sì, signore» fece l’uomo, prima di voltarsi e scattare verso l’uscita.
Latho si girò e contemplò l’armatura appesa ad una parete.
 
«Siete spacciati» disse Thanya, tra un singhiozzo e l’altro «Mi dispiace.»
Così dicendo, estrasse un coltello e se lo puntò alla gola. Quello di Fren cozzò contro il suo, facendoglielo cadere a terra.
«Non osare toglierti la vita! Spiegaci quello che sta succedendo.»
Thanya si controllò, frenando il pianto.
«L’Imperatore vuole dichiarare guerra agli elfi, a occidente, ed alla vostra Repubblica, ad oriente. Per assicurarsi di non incontrare grossi scogli, ha deciso di sfruttare il Torneo per sbarazzarsi di tutti i maghi delle altre nazioni.»
«Combatteremo.» disse Lilie.
Thanya scosse la testa.
«Domani all’alba giungeranno qui i Tre Sicari, massimi esponenti della Setta degli Assassini, e l’esercito imperiale. Hanno il controllo di tutti gli animali di questa Arena. Non avete nessuna speranza.»
«Cos’è la setta degli assassini?»
«Una potente organizzazione che elimina i nemici dello stato. Io ne faccio parte. Il mio maestro ne è a capo.»
I due ragazzi rimasero di stucco. Avevano ancora stampata in testa l’immagine dei ragazzi dell’Impero del Nord, che avevano chiamato Thanya ed i suoi compagni traditori. Probabilmente, quei ragazzi erano l’ultima speranza dei maghi che avevano preso parte al torneo. E loro li avevano uccisi tutti.
Lilie estrasse il coltello e lo puntò al cuore della ragazza.
«Dammi un buon motivo per non ucciderti.»
«Se lo avessi, non avrei provato a farlo io stessa.»
Fren si mise tra le due.
«Io ce l’ho.»
Le due ragazze lo fissarono, incredule e curiose.
«Forse ci ha traditi tutti, ma, rivelandocelo, ci ha anche salvati. Ed ora può aiutarci a fuggire.»
«D’accordo.»
In quel momento, si udì un boato, poi centinaia di animali, con la Runa del Controllo illuminata, uscirono allo scoperto, gettandosi all’inseguimento di ogni mago.
Thanya alzò il braccio, con la stessa runa illuminata, e le bestie passarono oltre.
«Non avete speranze di vincere. Possiamo provare a fuggire ed organizzare la difesa da un’altra nazione.»
«Ti seguiamo.»
«L’uscita è per di là.» disse la ragazza, tuffandosi tra gli alberi. Fren e Lilie la seguirono.
 
«Tu sai che quello che mi stai chiedendo è troppo grande persino per te, vero?» tuonò la voce roboante che proveniva dal baratro incolore.
«Sì, Supremo Signore. Ma è già avvenuta un’Agennesis naturale, e pensavo...»
«Gli errori della natura non sono mai casuali. I casi provocati dalle nostre azioni, invece, sono sempre imprevedibili ed incontrovertibili.»
«Credo che valga la pena di sfidare il destino, per questa faccenda.»
Questa volta, il silenzio rimase tesissimo. Dal baratro sterminato apparve un volto, centenario ed infantile, senza tempo, enorme e sconfinato, dagli occhi stupiti, ma che non potevano aspettarsi nulla di troppo grandioso, illuminati di una curiosità simile a quella che anima un uomo mentre osserva un bambino giocare all’aria aperta.
«Pensi davvero che quell’uomo possa arrivare a sfidarvi?» il tono era quasi divertito.
«Mio Supremo Signore, voi non avete nulla da temere. Tuttavia, ho ragione di credere che quell’uomo andrà ben oltre allo sfidare noi. Potrà forse avere una punizione per la sua tracotanza quando essa lo porterà a sfidare lo sconfinato potere dei Supremi, ma temo che ciò succederà dopo lunghe guerre, che metteranno in ginocchio tutte le razze mortali ed immortali.»
Il volto scomparve, ed il baratro tornò vuoto.
«Comprendo le tue paure, Purforo. Sei valoroso, ed il Custode che più volte ha salvato questa terra. Le tue scelte, che parevano avventate, si sono spesso rivelate vincenti. Non dovrai rispondere a me, né agli altri Supremi, dell’Agennesis. Tuttavia, i moniti sono preziosi per chiunque, se dettati da saggi pensieri. Ascolta: non dovrai temere chi sta sopra di te, ma ciò che tu stesso creerai.» Non appena la voce tacque, un fragore indescrivibile si scatenò, e Purforo ebbe la consapevolezza che il Supremo Signore se n’era andato. Non poté fare a meno che tirare un sospiro di sollievo, prima di alzare lo sguardo, gli occhi carichi di sfida.
 
Dopo parecchio tempo che correvano, evitando orde di animali assassini e sentendo urla e rumori spaventosi da ogni direzione, finalmente i tre ragazzi giunsero in vista dell’uscita. Sbarrata.
«Ben arrivata, sporca traditrice.» disse l’uomo che aveva svegliato Walion solo due giorni prima.
Thanya scagliò quattro delle sue sottili lame, ma lui si spostò con una velocità sovrumana, afferrandole tra le dita e lasciandole cadere a terra, senza nemmeno graffiarsi.
Rise forte.
«Ho seguito personalmente la maggior parte dei tuoi allenamenti. Conosco perfettamente come combatti. Contro di me non hai speranze.»
Thanya si gettò in avanti ancora prima che finisse di parlare, ma finì a terra ancor prima di accorgersi che il suo avversario era dietro di lei, e non davanti. Lui alzò la lama di una spada, ma quando l’abbatté al suolo, essa si incastrò in un tronco che si era sollevato in difesa della ragazza, al comando di Lilie.
«Non avete speranze, idioti!» urlò l’uomo, alzando la mano destra. All’interno, l’aria stava cominciando a vorticare su se stessa.
Fren avvertì una scarica di adrenalina e cominciò a correre. Quando l’uomo lanciò la sfera che ormai si era compattata, lui si abbassò, ma non appena fu in piedi quello gli stava di fronte, e lo colpì con una serie di pugni al petto ed al volto, lasciandolo senza fiato.
Con la coda dell’occhio, vide che Lilie era stata colpita in pieno, ed ora era a terra, priva di sensi.
Si abbassò appena in tempo perché la spada dell’uomo non lo colpisse al cuore, ma alla spalla; ciononostante, il dolore esplose come un incendio all’interno dei suoi nervi.
Thanya cercò di alzarsi, ma l’uomo le inchiodò le mani a terra lanciando due coltelli, e rise alle perforanti urla della ragazza.
Fren riuscì a malapena ad alzarsi in piedi, la spalla che bruciava di dolore. Le sue due compagne erano completamente fuori combattimento, ed al nemico non avevano inferto neanche un graffio. La situazione si faceva nera.
«Giusto perché sappiate chi è stato ad uccidervi», disse l’uomo, «sappiate che avete avuto l’onore di perire per mano del Primo Sicario, illustre membro della Setta degli Assassini. Il mio nome è Anemo. Ed ora, buon viaggio per l’Aldilà.»
Fu mentre la lama si avvicinava a velocità vorticosa al petto di Fren, questa volta troppo veloce perché se ne potesse deviare la traiettoria, che il ragazzo sentì uno strano calore pervadere le sue membra, un calore che era certo di aver vissuto prima.
 
Aster, Repubblica Astercense
Sei anni prima del Torneo
 
Fren era inginocchiato a terra, il volto da dodicenne tumefatto, il corpo graffiato e gonfio in più punti. Davanti a lui ridevano quattro ragazzini, che lo avevano fermato mentre tornava a casa cercando di derubarlo. Il ragazzo si era battuto come una furia, e dei quattro bulli tre erano molto malridotti, mentre il quarto aveva ricevuto solo qualche botta; ma, da solo contro quattro, ormai era talmente dolorante da non riuscire a muoversi.
Uno dei bulli aveva afferrato un’asse di legno, da cui sporgevano alcuni chiodi dall’aria pericolosa, e l’aveva sollevata sopra la testa.
Quando aveva vibrato il colpo, Fren non aveva potuto fare a meno di pensare che quello sarebbe stato il suo ultimo respiro, e che avrebbe dovuto sfruttarlo al meglio: ma quello che sentì fu solo odore di bruciato.
Quando alzò gli occhi, una parete di fuoco si era alzata tra lui ed i quattro ragazzi, mandando in fumo l’arma di fortuna che quel ragazzo aveva recuperato da terra. Attraverso le fiamme, Fren vide i rapinatori fuggire, scottati da non poche lingue di fuoco.
Mentre tutto si faceva nero e perdeva i sensi, quando con la coda dell’occhio ebbe scorto un uomo, che avrebbe in seguito conosciuto come Walion, arrivare in suo soccorso, allora aveva visto brillare tra le fiamme il volto di un uccello, ed i suoi occhi si erano puntati in quelli della creatura.
Quello che sentì, fu un calore poderoso, che lo pervase e gli diede energia.
 
Cortegia, Grande Impero
Giorno dell’attacco
 
Questa volta però ci fu qualcosa di diverso. Il calore pervase Fren, sì, ma lo fece in modo violento, facendogli sentire il sangue scorrere nelle vene come lava, mentre si alzava in piedi: la lama che avrebbe dovuto colpirlo ora era ridotta ad una pozza di metallo fuso ai piedi di Anemo, che era rimasto basito da quanto era successo almeno quanto il ragazzo.
Fren ne approfittò senza esitazione. Non si era mai sentito così pieno di energia: gli bastò alzare le mani perché getti di fuoco si scatenassero dai palmi in direzione dell’uomo, costringendolo ad usare non poco le sue abilità magiche per rimanere illeso.
Bastarono pochi secondi, però, perché entrambi si rendessero conto che la situazione era rimasta quella di prima: anche con tutta quell’energia a disposizione, il Sicario era perfettamente in grado di difendersi, e, molto probabilmente, di trovare un buon modo per sconfiggere ugualmente il ragazzo.
Mentre entrambi i contendenti spremevano le meningi al massimo delle forze, in cerca del modo migliore per sfruttare i vantaggi di cui disponevano, un tremendo ruggito fece tremare la terra.
Gli occhi dei due andarono al cielo, dove una gigantesca creatura stava volteggiando, pronta a precipitare nel punto esatto dove si trovavano.
Mentre la fissavano, la creatura aprì i suoi giganteschi occhi azzurri come il cielo, fissandoli in quelli molto più piccoli di Anemo. Lui venne scosso da tremiti di paura.
In preda al panico, l’uomo si voltò e fuggì nel bosco.
Fren pensò che fosse meglio seguirne l’esempio, così si gettò a terra per caricarsi in spalla le due ragazze. Mentre sollevava Lilie, però, il drago atterrò.
Era una magnifica e possente macchina da guerra: l’intero corpo era di grosse dimensioni, tanto che occupava lo spazio di una radura. Dalla coda, talmente robusta e grande che avrebbe potuto demolire il muro di un castello in un colpo solo, fino alla testa, sinuosa e piatta, il corpo si estendeva elegantemente, in una struttura aerodinamica e distruttiva. Tutto il corpo era coperto di scaglie che brillavano come fiamme.
Fren preparò nella mano una frecciata di fuoco, pronto a lanciarla contro la creatura, ma poi i suoi occhi si fissarono in quelli del drago.
Quello che ebbero non poteva essere considerato un dialogo, né il drago di fatto parlò al ragazzo. Tuttavia, gli trasmise le sue emozioni, i suoi desideri, in modo che lui potesse capirlo.
Come se quello che il drago gli aveva detto fosse una verità assoluta, cominciò a caricargli le ragazze sul dorso, assicurandole con qualche corda che trovò al di sotto dell’ala.
Quando ebbe finito, si issò anche lui sul dorso del drago, e, mentre nella radura cominciavano a farsi vivi alcuni uomini, troppo spaventati o sorpresi per fare alcunché, la creatura spalancò le sue enormi ali ed, in men che non si dica, tra gli sguardi attoniti di tutti, i ragazzi erano volati via.

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