La Gemma dell'Anima

di KaterinaVipera
(/viewuser.php?uid=623745)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** RITORNO ALLA SOLITA VITA (parte uno) ***
Capitolo 2: *** RITORNO ALLA SOLITA VITA (parte due) ***
Capitolo 3: *** PIACERE, SIAMO LO SHIELD ***
Capitolo 4: *** DOPO TANTO TEMPO ***
Capitolo 5: *** IL MOTIVO PER CUI SEI QUI ***
Capitolo 6: *** IO SONO QUESTO ***
Capitolo 7: *** TU SEI MIA ***
Capitolo 8: *** PRELUDIO DI UNA TRAGEDIA ***
Capitolo 9: *** BUGIE CHE FANNO MALE ***
Capitolo 10: *** LA FUGA ***
Capitolo 11: *** RAPIMENTO ***
Capitolo 12: *** THANOS ***
Capitolo 13: *** RITORNO AD ASGARD ***
Capitolo 14: *** LE GEMME DELL'INFINITO ***
Capitolo 15: *** LA FINE DELLA NOTTE ***
Capitolo 16: *** HOW I SAVED YOUR LIFE ***
Capitolo 17: *** PROMESSE ***
Capitolo 18: *** DARK PARADISE & RETURN ***
Capitolo 19: *** ODINO ***
Capitolo 20: *** ASGARD ***
Capitolo 21: *** PROMESSE SOTTO I CIELI DI ASGARD ***
Capitolo 22: *** EPILOGO ***
Capitolo 23: *** THIS IS NOT THE END ***



Capitolo 1
*** RITORNO ALLA SOLITA VITA (parte uno) ***


...DUE ANNI DOPO...

                                                                                        SUMMER PARADISE

La mattina era uscita presto per fare jogging vicino alla spiaggia, non lontano da casa sua. Correre l'aveva sempre aiutata a scaricare tensione e stress e in quel periodo ne aveva davvero molto bisogno.

Si mise le cuffie dell'iPod, alzò il volume della musica al massimo e partì. Le ci volle un po' di tempo per riprendere il suo ritmo nella corsa perchè era da tempo che non si allenava. Dopo una ventina di minuti aveva già preso un ottimo ritmo.

Sentiva i muscoli delle gambe in tensione che lavoravano e il cuore che pompava ad un ritmo serrato.

Percorse il viale semi deserto che affacciava sul mare.

La leggera brezza che si era sollevata, portava con se il profumo dell'oceano. Mentre correva respirava l'aria salmastra che le invadeva le narici e le si attaccava alla pelle. Era un profumo rilassante e inebriante. Quell'odore fresco riusciva sempre a calmarla.

A fine corsa si sedette affaticata sul muro che separava la spiaggia dalla strada. Guardò incantata il mare che si stagliava per miglia e miglia lontano da lei. Il sole che da poco era sorto, schiariva le acque rendendole simili ad un dipinto ad acquarello.

Il mare era così piatto e pacifico, quanto il suo cuore era tormentato e burrascoso. Sarebbe voluta essere una goccia di quel paradiso per essere cullata dolcemente dall'involucro blu.

Guardava lontano, più lontano di quanto la gente che le passava intorno potesse immaginare. Guardava ad un futuro che non ci sarebbe mai stato.

Si stava domandando che ne sarebbe stato di lei. Sarebbe riuscita ad andare avanti e a rifarsi una vita, oppure sarebbe stata rimasta in quello stato di catalessi per sempre? Mentre guardava le onde infrangersi sugli scogli, le venne in mente la favola della sirenetta di Andersen. Chissà se anche lei si sarebbe trasformata in schiuma di mare per il dolore di una perdita. In quel momento le pareva un bel modo per trovare pace. Dopotutto anche lei, come la povera sirena, aveva perso la persona amata.

“Ehi, finalmente ti abbiamo trovato!” le disse una voce alle spalle. “Ehi, Cat! Ci sei?” continuò la voce.

La ragazza si tolse le cuffie e si voltò nella direzione in cui l'avevano chiamata.

“Ciao Jake. Non ti avevo sentito.” disse indicando le cuffie. La musica era talmente forte che riusciva a sentirla anche il ragazzo.

“Che ci fai qui?” gli domandò.

“Avevamo fissato di andare al mare, non ricordi?”

No, in effetti non se lo ricordava.

“Scusa, me ne ero praticamente scordata.” si alzò dal muretto per guardare meglio il suo amico.

“Fa niente. Forza, andiamo.” disse incamminandosi verso la spiaggia ma Caterina non si mosse. “Eddaiii.. non fare quel muso lungo. Mary ci sta aspettando.” e senza aspettare un ulteriore rifiuto, la prese per mano e si avviarono in spiaggia.

Lì, trovarono Mary che stava sistemando i teli.

Mary era una bella ragazza, dai lineamenti delicati. Poco più alta di Caterina, sfoggiava sempre un look elegante che la faceva sembrare non solo più alta ma anche più grande. I lunghi capelli biondi le ricadevano fino a metà schiena perfettamente lisci, sempre al posto giusto. Ovviamente il suo aspetto era dovuto ad una cura quasi maniacale, cosa che Caterina non aveva assolutamente. Lei era più un tipo da ''mi metto quello che capita''.

“Finalmente ce l'avete fatta.” disse togliendosi la maglietta e rimanendo in costume. “Ho voglia di fare un bel bagno.” poi guardò la sua amica “Ma tu non hai il costume. Te ne eri dimenticata, non è vero?” disse mettendosi le mani sui fianchi e restando in piedi sul telo.

“Non ti preoccupare, non lo faccio il bagno.” disse stringendosi nelle spalle, ma i due ragazzi la guardarono malissimo e le toccò cambiare idea, prima che iniziassero a rimproverarla.

“D'accordo. Verrò in mare con voi.” si tolse le scarpe e la maglietta rimanendo con un top nero aderente e gli shorts.

“L'ultimo che entra in acqua paga il milkshake per tutti.” dichiarò Mary mente si stava già avviando verso la riva.

“Sei sleale Mary!” gli urlò contro suo fratello.

Così si precipitarono tutti verso il bagnasciuga, schizzando i passanti prima di sabbia e poi con l'acqua. Una volta che l'acqua gli arrivò sopra la pancia, si tuffarono, sentendosi un po' come quei telefilm di Baywatch.

Era una sensazione così bella sentirsi circondata dall'acqua e cullata dalle onde, che non sarebbe mai voluta riemergere.

“Jake, sei arrivato ultimo! Devi offrirci da bere.” sentenziò sua sorella.

“Ma non vale, tu parti sempre per prima.”

“Io dico che la dovremmo punire.” aggiunse Caterina che si fece più vicina a Jake.

“Si, io sono d'accordo con te.” e i due ragazzi si avvicinarono a Mary.

“Ehi, cosa avete intenzione di fare voi due?” disse cercando di allontanarsi.

Senza darle altre spiegazioni, le andarono incontro e iniziarono a schizzarla dando inizio ad una vera e propria guerra.

Era così bello ridere e scherzare con i propri amici, tutti i problemi le stavano scivolando via, perdendosi tra i flussi dell'oceano.

Trascorsero tutto il giorno diviso tra una nuotata e il relax al sole.

Poco prima del tramonto, Jake disse che sarebbe andato a fare l'ultimo bagno della giornata prima di ritornare a casa. Le ragazze lo avrebbero raggiunto dopo.

“Sai, Jake mi parla spesso di te.” palesò all'improvviso.

“E con questo?”

“Credo che sia interessato a te.” Caterina stava per ribadire all'amica che in quel momento non se la sentiva di frequentare nessuno e che il suo cuore apparteneva ad un altro, ma non la lasciò parlare.

“Lo so che non vuoi frequentare nessuno e che il tuo cuore appartiene ad un altro, ma cerca di capire anche noi. Siamo preoccupati per te e ti vorremmo vedere felice. Tu continui a dirci sempre le stesse cose e dopo due anni non notiamo alcun miglioramento. Credevamo che fosse solo una cosa passeggera, ma adesso non sappiamo più come comportarci con te.” Mary era preoccupata di perdere la sua migliore amica.

“Per favore, non ricominciare con questa storia.” disse seccata ma con tono pacato.

“Invece io ricomincio e ricomincerò sempre finché non ti sarai data una bella svegliata. Non puoi continuare ad andare avanti così. Siamo preoccupati.” disse guardando l'amica.

“Lo so, ma vi ho detto che non serve.”

“Senti Cat, non puoi dirci di non preoccuparci se continui ad evitare il mondo che ti circonda. Stai vivendo da reclusa, sempre in casa a studiare. Quante volte ci siamo viste noi, in questi ultimi anni?” si era avvicinata all'amica, coprendosi il volto dai raggi del sole che le accecavano gli occhi.

“Dovevo studiare molto se volevo avere quella borsa di studio.” si giustificò.

“Anche io. Però a differenza tua sono sempre riuscita a trovare un po' di tempo per vivere la mia vita.”

“Si vede che io e te siamo diverse.”

“Ma che ti succede? Non ti riconosco più.” domandò afflitta Mary.

“Quando se n'è andato, ha lasciato un vuoto dentro di me che non riesco a riempire. Per quanto mi sforzi, per quanto cerchi di distrarmi, mi sento terribilmente vuota.”

“Devi chiudere con il passato. Lo devi fare per te stessa. Noi ti vogliamo bene e ci fa star male vederti sempre giù di morale.”

“Io starò bene.” fu tutto quello che riuscì a dire.

“Lo dici da tanto tempo che non ci credi più neanche tu. Dovresti reagire, sul serio questa volta.” quante volte si erano dette la stessa cosa, senza poi vedere i cambiamenti.

“Che vorresti dire?” quel discorso era un tasto dolente e non aveva voglia di affrontarlo, ma Mary sembrava intenzionata ad andare avanti.

“Voglio dire che sarebbe l'ora di mettere da parte il passato e di cercare di guardare al futuro.”

“E dovrei farlo con tuo fratello?” disse ricordandosi che le aveva detto che Jake aveva una cotta per lei. Erano amiche dall'asilo e non le sarebbe mai passato per la mente di mettersi con il fratello maggiore di Mary, anche se aveva notato che ultimamente Jake era diventato davvero molto carino.

Del brutto anatroccolo che era, con gli occhiali e i brufoli, non era rimasto nulla e adesso era un bellissimo cigno dagli occhi verdi e dai capelli castano-biondo. Un fisico atletico grazie al football e molto simpatico, alcune volte un po' cretino, ma secondo Mary era colpa di tutte le botte che prendeva quando era in campo.

“Potresti provare. Senti, mio fratello è un cretino però la mia opinione non conta dato che io ci vivo costantemente con lui. Tu protesti dargli una possibilità.” disse sorridendo, come per fare pace e sviare il discorso su qualcosa di più spiritoso.

Non aveva voglia di dare possibilità a nessuno, voleva che la lasciassero in pace e che nessuno le dicesse cosa avrebbe dovuto fare; ritenne opportuno però tenersi per se quel pensiero e di assecondare l'amica in modo che si tranquillizzasse.

“Non ti prometto niente, però se vedo che provo anche un briciolo di interesse per Jake, farò in modo di non nasconderlo.” e guardò la sua amica sollevata dalla sua risposta.

“D'accordo. Tu però non dire niente a Jake. Se scopre che ti ho parlato mi uccide.”

Risero insieme di gusto, come non facevano da tanto tempo. Avevano appianato i loro problemi e adesso potevano continuare a godersi la giornata. Faceva ancora caldo, il sole picchiava forte e il vento fresco della mattina aveva lasciato il posto all'afa pomeridiana. Si alzarono e correndo si diressero in acqua per fare l'ultimo bagno della giornata.


 

Nel frattempo ad Asgard...

Passava gran parte delle sue giornate, senza dar segno di voler uscire dalla sua stanza. Trascorreva le sue giornate in solitudine, immerso nelle letture e in notturne passeggiate malinconiche.

Gli era stato negato, in più di una occasione, il permesso di fare ritorno sulla Terra e questo lo stava lentamente portando in un abisso oscuro e profondo.

Non era servito a niente chiedere perdono e aiutare Thor a sconfiggere Malekith e gli Elfi Oscuri, ultima minaccia per Asgard, per ritornare da lei. Suo padre lo aveva categoricamente proibito.

Thor si stava dirigendo nella camera del fratello, per salutarlo un'ultima volta, prima di partire. Temeva che non si sarebbe mai ripreso dal suo stato, men che meno ora, che stava per far ritorno sulla Terra definitivamente.

Bussò all'enorme porta in oro decorata da grossi ghirigori, nessuno rispose ma sapeva che Loki si trovava all'interno.

Entrò scostando un'anta della porta e se la richiuse alle spalle.

Suo fratello era appoggiato ad una colonna assorto nei suoi pensieri, tanto che sembrava che non l'avesse sentito bussare. Thor si sbagliava.

Sei venuto a dirmi addio fratello?” disse senza smettere di guardare avanti a se.

Si.” è tutto quello che riuscì a dire. Sarebbe partito subito però prima doveva dire addio a suo fratello ed era la cosa più difficile che potesse fare.

Dopo il suo aiuto nel sconfiggere Malekith il loro rapporto si era lentamente e inspiegabilmente consolidato. Continuavano ad avere le loro divergenze e alterchi ma cominciava ad esserci meno rivalità da parte del Dio degli inganni.

Sapevano bene entrambi che prima o poi si sarebbero divisi, prendendo strade diverse, inoltre Odino aveva permesso – anche se un po' controvoglia - a suo figlio Thor di lasciare Asgard per fare ritorno dalla sua mortale, mentre per Loki questa possibilità non era stata presa neanche in considerazione.

Al padre degli dei bastava avere un figlio innamorato di un essere inferiore, non ne voleva due. Inoltre temeva che Loki potesse commettere gli errori del passato e quindi, lo faceva tenere sotto stretta sorveglianza.

Allora, addio.”

Perchè non vieni con me Loki?” insistette suo fratello.

Sai che mi è reclusa la Terra e qualsiasi altro regno che non sia Asgard.”disse amaro.

Devi parlare con nostro padre.”

Ho tentato e non è servito.”

Quando hai parlato con nostro padre noi eravamo ancora dei fuggitivi per aver disubbidito ai suoi ordini e tu eri un prigioniero. Adesso che ti ha perdonato, dovresti tentare di nuovo.”

Non servirebbe a niente.” ormai si era rassegnato a perderla per sempre.

Si salutarono frettolosamente e in modo piuttosto distaccato.

Non doveva andare così.”disse ad un certo punto Thor prima che partisse. Non ricevette nessuna risposta dal fratello che lo guardava con il viso inespressivo. Solo gli occhi del Dio parlavano e rivelavano una profonda tristezza.


 

Si svegliò di colpo urlando e ansimando. Aveva fatto un incubo. Un incubo davvero tremendo. Cercò di far ritornare il battito cardiaco ad un ritmo normale sedendosi sul letto, ma non servì a nulla e così fu costretto ad alzarsi e a dirigersi verso la bacinella colma d'acqua per sciacquarsi il viso e rinfrescarsi. Come ogni notte, non avrebbe ripreso sonno, così decise di vestirsi e dirigersi nella biblioteca del palazzo a leggere. Senza rendersene conto si era messo la maglietta che indossava quando incontrò la mortale. Per un certo periodo la stoffa emanava un intenso profumo di fresco che le ricordava lei, poi con il passare del tempo, quell'odore era andato affievolendosi e adesso, non era rimasto nulla se non un vago ricordo di quello che era stato.

Mentre camminava con passo svelto ma leggero, ripensò al significato del sogno. Quell'incubo lo tormentava ormai da molto tempo e man mano che passava le notti sveglio a capirne il senso, si era convinto che non fosse solo una coincidenza. Qualcuno lo stava avvisando. Si era lasciato una scia di nemici che adesso lo stavano cercando per fargli portare a termine ciò che aveva lasciato in sospeso e lo stavano minacciando. Ne era certo.

Tutte le notti la vedeva ricoperta di sangue, con gli occhi vitrei ormai senz'anima. La prendeva tra le sue braccia, provando a chiamarla ma ormai era troppo tardi. Lei era morta.

Aveva sempre la pancia sventrata e sentiva qualcuno alle sue spalle che rideva. Una risata macabra e malvagia. Si rigirava e riusciva a intravedere solo due occhi diabolicamente blu in un viso nascosto dall'ombra.

Così col cuore e l'anima in tempesta si dirigeva nell'enorme biblioteca, l'unico luogo che riuscisse da donargli un'apparente tranquillità. Vagava tra gli scaffali, col naso in su, cercando vecchi libri che potevano portare alla luce l'identità di quell'essere.


Salve a tutti!! Eccomi di nuovo con il seguito delle avventure di Cat e Loki.. Spero che vi piaccia e che vi appassioni.. 
Aspetto di leggere le vostre opinioni e i vostri commenti.. 
Buona lettura a tutti..
Un bacio, la vostra Vipera :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** RITORNO ALLA SOLITA VITA (parte due) ***


                                                                                            WAKE ME UP1

La biblioteca era immersa in un silenzio pacificatore; gli unici rumori provenivano dalle pagine sfogliate dalle persone presenti. Caterina aveva aperto gli appunti che aveva preso all'università. Erano lì sul tavolo, accanto a qualche libro e a delle penne. Stava fissando i fogli, quel giorno non le riusciva studiare. Aveva bevuto del caffè ma non ebbe l'effetto sperato, peggiorò solo la situazione. Si ricordò di quando lo aveva fatto assaggiare a Loki e del loro primo strano incontro. Sprofondò in uno stato catatonico, con gli occhi persi nel vuoto.

Ti volevo solo ringraziare per avermi portata a New York.” disse prendendo alcuni pacchetti dalla borsa.

In totale erano cinque.

Sono per te.” disse porgendoglieli.

Loki li guardò con meraviglia. Alla fine prese i pacchetti e iniziò a scartarli uno ad uno.

Primo regalo: libro, Orgoglio e Pregiudizio;

secondo regalo: libro, Cime Tempestose:

terzo regalo: libro, L'amicizia;

quarto regalo: libro, I fiori del male.

Alla ragazza era sempre piaciuto leggere e quelli erano i suoi preferiti.

Il Dio non ci poteva credere, gli aveva fatto dei regali. Rimase in silenzio, senza trovare le parole. Anche lui adorava leggere.

E poi, c'è anche questo.” era un pacchetto più piccolo.

L'asgardiano lo aprì, se lo rigirò tra le mani e poi guardò la ragazza confuso.

Nel lettore MP3 ci sono già le canzoni, praticamente te l'ho riempito con la mia musica, dato che non so che cosa ti piace ascoltare. La batteria è già carica, così lo puoi provare subito.”

Non sapeva cosa fosse il lettore-qualcosa, in fondo non era sulla Terra da molto, ma era più di quanto potesse mai desiderare.

Forza, accendilo e dimmi se c'è qualche canzone che ti piace.” lo incoraggiò. Si mise a sedere sul letto accanto a lui e aspettò il verdetto.

Loki si rigirò tra le mani quell'affare, non era molto curioso di sapere che musica vi fosse. Aveva già avuto il ''piacere'' di sentire alcune canzoni che ascoltava la mortale, così confusionarie e movimentate, ma per non farcela rimanere male, accettò pur sapendo a cosa stava andando incontro. Cat mise una cuffia nell'orecchio di Loki e una nel suo e schiacciò PLAY. La musica partì a tutta palla; come immaginava era una canzone confusionaria e assordante di un gruppo rock (lo sapeva perché aveva ricevuto una vera e proprio educazione musicale da Cat). Se lo sfilò prima che perdesse l'uso dell'udito.

Sono i Black Veil Brides, la canzone si intitola Nobody's Hero.”disse lasciandosi la cuffia.

Si era commosso ma orgoglioso com'era, preferì non farglielo vedere e si rigirò tra le mani il libro di ''Orgoglio e Pregiudizio''; chissà se era un chiaro riferimento al loro incontro e a quel rapporto che si era instaurato tra loro due.

Caterina credette che non gli fossero piaciuti i doni. “Se non ti piacciono li posso sempre cambiare.” disse mesta abbassando il capo.

Il Dio si intenerì e non potette fare a meno di mostrarle la sua reazione e di tranquillizzarla. Quando vide l'effetto che i suoi regali avevano avuto su di lui, sorrise e lo abbracciò, felice.


 

“Ehi! Lo sai che è vietato tenere accesso il telefonino? Non sai leggere?” il rimprovero di un altro studente che indicava il divieto, appeso a tutte le pareti della biblioteca, la riportò alla realtà. Prese il cellulare dalla tasca dei jeans e controllò: una chiamata persa, tre messaggi. Aprì la cartella dei messaggi e ne lesse uno: “STASERA DISCOPUB. VESTITI CARINA”. I messaggi erano della sua amica Mary, così come la chiamata persa.

Ripose il telefono in tasca sospirando, mettendolo sul profilo silenzioso. Erano mesi che cercava di convincerla ad uscire ma fin'ora non c'era mai riuscita. Quello era l'ennesimo tentativo, fosse dipeso solamente da lei, le avrebbe dato buca ma ripensò alla conversazione avuta non molti giorni addietro, quando si incontrarono al mare, sul fatto di cominciare a vivere e a divertirsi, così decise di accontentarla nonostante il suo umore nero.

Uscire mi farà bene. Cercò di convincersi.

Uscì dalla biblioteca a ora di chiusura e ormai era già buio. Si incamminò verso casa esausta. Non tanto per la vita da universitaria che le riempiva le giornate, con lo studio, la preparazione agli esami e gli esami stessi, che in quel periodo stavano aumentando; era esausta per un'attesa che durava da due anni. La snervante attesa, la speranza che non la abbandonava mai, la stavano lentamente logorando. Diventava sempre più apatica e introversa persino con i suoi amici. Non che le fossero rimasti molti. Ormai aveva solo Mary e Jake, tutte le altre si erano allontanate, troppo superficiali per capire cose stesse passando.

In due anni non aveva mai ricevuto un messaggio dal Dio; si stava lasciando persuadere dal fatto che era stata abbandonata con una falsa promessa. Dopotutto Loki era il Dio degli inganni, quindi era più che normale che le avesse mentito. E poi perché mai un Dio dovrebbe ricordarsi di una cosa detta ad una umana? Comunque, nonostante gli amici e i genitori le dicessero di guardare al futuro, non riusciva a chiudere per sempre quella finestra che affacciava al passato.

Era sotto casa quando sentì il clacson di una macchina suonare come se la stesse chiamando. Si voltò e vide Mary e suo fratello Jake su una splendida Ford Mustang V8 GT blu decappottabile, con le strisce bianche sul cofano.

“O-MIO-DIO!!” rimase a bocca aperta. “E questa dove l'avete presa?” urlò sorpresa una volta che i ragazzi si fermarono.

“E' nostra.” disse Mary compiaciuta.

“Non ci credo. È bellissima!” e girò intorno alla macchina per osservarla attentamente. Era la fine del mondo. Adorava il rombo del motore, la carrozzeria e i dettagli. Era un capolavoro automobilistico.

“Dai, andiamo a fare un giro.” disse Jake scendendo dal posto guida per far salire l'amica.

“Ma noi non avevamo fissato per vederci dopo?”

“ C'è un falò sulla spiaggia, andremo dopo a ballare.” disse l'amica ridendo.

Caterina non era molto convinta del cambio di programma di Mary, che come al suo solito erano improvvisi, ma l'idea del falò le piacque e accettò.

Si sedette dietro, appoggiando le braccia sui sedili anteriori e partirono per la spiaggia.

Mary si voltò verso l'amica e la squadrò da capo a piedi.

“Non puoi venire a ballare così.” esordì.

“Se non mi avessi prelevato così all'improvviso, magari sarei più presentabile adesso.” aveva un paio di shorts che aveva tagliato lei stessa, la maglia degli HIM e le converse nere degli AC/DC. Se doveva incontrare Tony Stark sarebbe stata perfetta, ma la sua amica non era della stessa opinione.

“Vorrà dire che dopo il falò torneremo a casa e ti presterò uno dei miei vestitini super-sexy.” le fece l'occhiolino e ritornò a guardare avanti.

Le piaceva la sensazione del vento tra i capelli, anche se poi si sarebbe ritrovata un cespuglio intrigato difficile da domare. Quando Jake accese lo stereo e infilò un CD, le sembrava di stare dentro un film. Se la serata partiva bene in quel modo, non poteva che finire ancora meglio.

Parcheggiarono non lontano dalla festa e per trovare il punto preciso in cui si svolgeva, bastò seguire il flusso di gente che continuava a recarvisi e la musica, impossibile da non sentire.

“Ma questa è la festa per i diplomati di quest'anno. Non non c'entriamo niente.” disse guardandosi intorno e notando liceali in piene crisi ormonali.

“Dai Cat, che te ne importa! Basta divertirsi.”

Si unirono alla folla di ragazzi che stavano già bevendo e ballando. A breve avrebbero appiccato il fuoco su una pira enorme di legna accatastata proprio in mezzo alla gente. Jake e Cat si sentivano un po' fuori luogo, l'unica che pareva divertirsi era Mary che stava già flirtando con un paio di ragazzi. Caterina invidiava la sua amica per il suo carattere felice e spensierato, poco incline a farsi buttare giù dai problemi. La guardò con un pizzico di gelosia.

“Vuoi che ti vada a prendere da bere?” le domandò Jake. La ragazza annuì. Il suo amico ritornò poco dopo con due bicchieri di plastica rossi in mano.

“Avevano solo il punch.” e le porse un bicchiere sorridendo. “Ti va di fare due passi lontani da questa confusione?” le domandò avvicinandosi all'orecchio per farsi sentire.

Spostò il suo sguardo intimidito sulla sabbia, ricordandosi di quanto le aveva detto Mary riguardo a Jake.

In fondo, che c'è di male? Perché non posso provare ad essere felice con lui? No no, non posso illuderlo così. Non sarebbe giusto. Mary ha ragione, lui è quasi certo che sia interessato a me, ma io lo sono di lui? Potrò mai esserlo? Erano delle domande che le rimbombavano nella testa, peggio della musica.

“Allora?” insistette.

Per fortuna di Caterina, vennero interrotti da Mary, già sulla via della sbronza, che voleva andare via.

“Mi sto annoiando. Andiamo al locale che hanno aperto da poco?”

“Ma non volevi aspettare che appiccassero il fuoco?” domandò Cat.

“Ho cambiato idea. Forza andiamo.” e si avviarono alla macchina.

Si fermarono a casa per far cambiare abiti a Cat. Alla ragazza le toccò indossare un tubino nero, molto aderente che le lasciava gran parte delle spalle e delle gambe scoperte. Si sentiva a disagio e nuda con quell'abito ma la sua amica non glielo fece togliere.

La fila all'entrata era talmente lunga che non riuscivano a vedere la porta della discoteca.

I buttafuori facevano passare solo poche persone alla volta e solo quelle che avevano più di vent'anni.

“Sentite,” proferì all'improvviso Caterina “non sono tanto sicura di voler entrare. Non sono dell'umore giusto.”

“Non puoi andartene proprio adesso!” e le prese una mano.

“Non mi sento molto bene e poi questo tipo di musica non fa per me.” si scusò.

“Adesso non iniziare con questa storia.” inveì Mary. “Se non ti svaghi un po' non ti sentirai mai bene. Se proprio non lo vuoi fare per te, fallo per me. Per favooooooooore.” e si mise a fare il broncio come una bimba piccola. A quel punto non potette più dire di no.

Arrivarono davanti al buttafuori che gli fece aspettare qualche minuto prima di farli passare. Cat ebbe la malsana idea di alzare gli occhi verso l'insegna luminosa che riportava il nome del locale.

Olympians. Dei dell'Olimpo. Coincidenza del cazzo. Fanculo.

Entrarono dentro e la pista era già gremita di persone. Per arrivare al centro, dovettero fare a spallate con altri ragazzi che si dimenavano credendo di saper ballare. Mary iniziò subito a ballare e a catturare l'attenzione dei ragazzi, mentre a Cat le ci volle un po' di più per sciogliersi. Alla fine riuscì a prendere il ritmo e a ballare insieme alla sua amica e a suo fratello. Quando il DJ mise quella che le ragazze continuavano a dichiarare come la ''loro canzone'', iniziarono a cantarla a squarcia gola. Si presero per mano e l'altra la sollevarono al cielo, cantando, urlando e distruggendosi le corde vocali.

“SO WAKE ME UP WHEN IT'S ALL OVER... WHEN I'M WISER AND I'M OLDER.. ALL THIS TIME I FINDING MYSELF.. AND I DIDN'T KNOW I WAS LOST..1” Cantarono finché non fu finita la canzone, sotto lo sguardo divertito di Jake. Alla fine della canzone andarono dal barman per farsi fare un drink, dato che avevano la gola secca.

“Due Blue Lagoon.” disse mary, facendo l'occhiolino all'uomo che ricambiò il gesto e sfoggiò un sorriso tutt'altro che da innocente. Fece un po' l'esibizionista con le bottiglie e quando porse i bicchieri alle ragazze disse “Questo ve lo offre la casa.” e ammiccò nuovamente.

Ritornarono in pista a ballare, dando di tanto in tanto un sorso al liquido blu.

Cat notò che Jake le ballava parecchio vicino e intercettare il suo sguardo su di lei, che era pressapoco fisso, non era difficile. Quando Mary si allontanò per andare a ballare con un ragazzo che le faceva il filo, si sentì afferrare la mano e fatta roteare su se stessa. Con la scusa di farle fare un altro giro, cercò di avvicinarsela, ma lei fece finta di non accorgersene e si allontanò di qualche passo, continuando sempre a sorridere.

Ommiodio. Ci sta provando seriamente. Mary aveva ragione.

Per una sera la ragazza tornò ad essere la persona di sempre. Bevve tanto insieme alla sua amica (non avevano da guidare e ne approfittarono). Finalmente si stava divertendo senza pensare a niente, e sopratutto, a nessuno. Si sentiva la testa leggera, come se fosse vuota. Vedeva tutto a rallentatore e non aveva più molta padronanza di se, ma andava bene così. A lei stava bene che fosse tutto in quel modo. Aveva disimparato a divertirsi e a pensare a se stessa e capiva solo adesso che in tutto quel tempo aveva sbagliato. Adesso avrebbe rimesso il male degli anni passati, ricominciando a vivere.

Quello che non sapeva però, e che mai si sarebbe aspettata, era che il Dio la stava osservando perché presto si sarebbero rivisti. Ancora una volta la sua vita era in pericolo a causa delle azioni sconsiderate di Loki.


1 Wake me up,  Avicii.
- Spazio dell'autrice - 
Eccoci giunti, al secondo capitolo.. Non so se potete leggere il titolo del primo capitolo perché non so cosa ho combinato, scusate ma sono un pò una frana col pc XD Comunque il primo capitolo si intitola "RITORNO ALLA SOLITA VITA (parte uno)'' ve lo dico in caso non lo si legga..
Spero che anche questo vi piaccia, anche se credetemi, il meglio deve ancora venire..
Buona lettura a tutti.. e fatemi sapere cosa ne pensate...

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** PIACERE, SIAMO LO SHIELD ***


Uscirono dal locale che erano già le quattro passate. Avevano fatto nottata senza sentire i segni della stanchezza. Salirono in macchina ridendo e barcollando. Il viaggio di ritorno durò di più perchè il conducente si perse; il ragazzo dette la colpa alle ragazze che a forza di chiacchierare lo avevano distratto, ma la verità, secondo Cat e Mary, era che aveva sbagliato a girare ad un incrocio, dando inizio ai loro soliti battibecchi che finivano puntualmente in delle grasse risate. Dato che ormai erano più delle cinque, decisero che si sarebbero fermati a fare colazione.

“Jake, fermati. Devo fare pipì!” disse sua sorella.

“Ma l'hai appena fatta, non può scapparti di nuovo!”

“E invece si!” gli urlò nell'orecchio. Jake fu costretto a cercare una piazzola e fermarsi, altrimenti Mary non gli avrebbe dato tregua.

Jake, rimasto solo con Cat, prese coraggio e le chiese, buttandola sul vago, “Uno di questi giorni ti andrebbe di andare al cinema?” domandò appoggiando il sedere sullo sportello della macchina; avevano fermato l'auto in una piazzola nascosta e lontano dalla strada per il bisogno impellente di Mary e loro erano scesi per sgranchirsi le gambe. Caterina rimase un attimo in silenzio, indecisa su cosa dire.

“Non so quanto ti potrai divertire al cinema con me e Mary.” disse sperando che non le stesse per chiedere quello che lei temeva.

“Io intendevo solo io e tu.” la guardò voltando il capo nella sua direzione, erano uno di fianco all'altra. Cat guardava avanti a se, un brivido le percorse la schiena. La ragazza sapeva che quel momento sarebbe arrivato – era stata avvisata, dopotutto – ma non era pronta per affrontare il discorso ''usciamo insieme'', specialmente in quelle condizioni.

“So che stai ancora male per quel Dio,” accentuò quella parola con una velata gelosia, poggiando i palmi della mano sulla carrozzeria. Cat sbirciò in tralice il suo amico, decisamente più alto di lei. “Mary me lo ha detto. Magari ti farà bene distrarti.”

Perfetto, i suoi problemi erano di dominio pubblico. Ripensare a lui le fece venire un magone allo stomaco, o forse era solo l'alcool? Stava per dire di no, ma all'ultimo momento il cervello le andò in tilt e le uscì la risposta opposta.

“Si, perché no.” sorrise, ma dentro di se si maledisse.
Cosa? Cosa ho detto?! Accidenti a me!

“Perfetto, allora possiamo fissare per la settimana prossima.” si era fatto un po' più spavaldo e la stava guardando dritta negli occhi.

“Si, certo.” disse cercando di sorridere e ricambiando lo sguardo.

Rimontarono in macchina e deviarono il tragitto solo per riportare Caterina a casa. Era davvero stanca e non aveva voglia di intrattenersi ulteriormente.

“Grazie della splendida serata.”

“Ma figurati! Ci vediamo al campus!” urlò Mary mettendosi in ginocchio sul sedile mentre ormai la macchina era già ripartita.

Venne lasciata a qualche metro di distanza dalla sua abitazione su richiesta stessa della ragazza. Anche se il mondo intorno a lei girava come una trottola, aveva voglia di camminare per schiarirsi le idee.

Ahi! Maledetti tacchi!

A forze di inciampare e fare storte, si tolse i decoltè camminando scalza. Tutti i drink che aveva bevuto si facevano sentire. Per sua semplice curiosità fece il conto di quanti ne aveva bevuti.

Il primo compreso nell'entrata, il secondo a mezzo con Mary, il terzo l'ho pagato io poi ci sono stati quei due offerti dal barman. Senza considerare il punch della festa sulla spiaggia.

Sentiva il suo stomaco rimescolarsi tremendamente, anche solo al pensiero di quanto aveva bevuto.

Tutte le volte mi ripeto che non berrò per ridurmi in questo modo. E poi guarda come finisco. Se i miei mi vedono in queste condizioni, mi fucilano, sicuro!

Per cercare di non cadere a terra, appoggiò la mano sul muro del suo palazzo, passando un dito tra lo spazio in cemento dei mattoncini. Mentre camminava, in modo non proprio dritto, pregò di non incontrare il suo ex.

Speriamo di non incontrare Tommaso. Speriamo di non incontrarlo!

Tommaso abitava nello stesso quartiere della ragazza e dato che entrambi erano di origini italiane e che avevano avuto una storia, seppur di breve durata quando erano al terzo anno di liceo, avanzava delle pretese che Caterina puntualmente gli negava. E spesso era successo che la aspettasse sotto casa per parlarle e convincerla a rimettersi insieme. Cose da far venire i brividi. Fu quando varcò l'angolo dell'edificio che si trovò davanti un uomo piuttosto grosso che la fermò presentandosi.

“Agente Nick Fury, dipartimento dello SHIELD.” fece una pausa.

Caterina ebbe un sussulto e indietreggiò a causa dell'improvvisa apparizione; cercò di mettere a fuoco il viso di quell'uomo e quando vide che era senza un occhio per poco non le venne un colpo.

Incontrare Tommaso andava benissimo!

“Lei è Caterina Bennett?”

La ragazza si sentì gelare il sangue nelle vene, immediatamente le passò la sbronza ritornando padrona della sua testa. Almeno ci stava provando. L'alcool si stava facendo strada sempre più in alto nello stomaco. Da lì a poco avrebbe rivisto tutti i Blue Lagoon che aveva bevuto.

Chi era quello sconosciuto? Che cosa voleva da lei? A quell'ora poi? Perchè la stavano cercando? E cosa diavolo era lo SHIELD? Di certo non erano della polizia.

E se anche fosse della polizia, che cosa vuole la polizia da me?

Non lo sapeva e non le interessava saperlo. Così, senza pensarci due volte, mentì.

“No, non sono io. Mi chiamo Emily Parker.” pronunciò quella frase come se fosse vera, si morse un labbro ed ebbe un brivido di panico lungo la schiena. Quello era il suo nome falso, quello che dava a tutti quelli a che le chiedevano di uscire quando andava a ballare con le sue amiche. Ognuna di loro ne aveva uno e quello di Cat era Emily Parker. Le parve strano esserselo ricordato dopo tanto tempo che non lo usava. L'agente la guardò un po' perplesso, conscio del fatto che aveva mentito. Poi Caterina fece la cosa più logica, dettata dal puro istinto di sopravvivenza: gettò tutto a terra e corse via spaventata.

“Fermatela.” disse Fury con tono fin troppo calmo all'auricolare nascosto nell'orecchio.

Da dei SUV neri, parcheggiati vicino alla strada, uscirono delle persone vestite di nero che le bloccarono immediatamente la fuga; l'attimo che le servì per cambiare direzione e andare a chiedere aiuto in strada fu sufficiente per catturarla.Venne afferrata da dietro da qualcuno che le cinse lo sterno con un braccio, per tenerla ferma e le tappò immediatamente la bocca, prima che svegliasse tutto il vicinato con le sue urla. Non poteva gridare e nessuno l'avrebbe vista o sentita. Si ritrovò a tirare calci all'aria come un cavallo imbizzarrito, facendo appello a tutta la forza che aveva, cercando di non pensare al fatto che si sentiva intorpidita dalla stanchezza e dalla sbronza. Nel dimenarsi fu in grado di tirare un calcio talmente potente sul ginocchio dell'uomo che dovette allentare la stretta. Riuscì a quel punto a liberarsi la bocca per mordergli la mano e scivolare via dalla sua morsa. Si guardò intorno ansimando con le gambe decisamente deboli e tremanti, ma ormai era circondata da una decina di agenti. Non ce l'avrebbe mai fatta a fuggire. Quando si girò in cerca di una possibile via di fuga, riconobbe un viso familiare.

“TU?!” disse con il fiatone, sgranando gli occhi per la sorpresa.

“Maledetta ragazzina! Sei proprio impossibile.” esclamò il povero agente Barton mentre si massaggiava la mano sulla quale c'era il segno rosso del suo morso.

“ Guarda che io avrei anche un nome!” tuonò lei sorpresa di vederlo.

“Si, e non è certamente Emily Parker. Dico bene Caterina Bennett?” Fury si avvicinò mettendosi le mani dietro la schiena.

“Cosa volete da me?”

“Vogliamo proteggerti.”

“Certo, come no.” continuava a guardarsi intorno con la speranza di scappare via. Non lontano da lei, c'era un varco, ne avrebbe approfittato.

“Fossi in te, non lo farei.”consigliò Fury anticipando la mossa della ragazza.

Cat non gli dette retta e cercò di scappare verso il giardino dei vicini, ma fu fermata ancora prima che avesse il tempo di urlare aiuto. Venne portata davanti all'agente Nick di peso, senza che l'uomo allentasse la presa per un solo istante.

“E lasciami!” urlò. L'agente guardò il suo superiore in attesa di ordini. Fury con cenno della testa acconsentì alla richiesta della ragazza, che venne lasciata libera, sotto gli occhi vigili di tutti.

“Fatemi tornare a casa. Non voglio avere niente a che fare con voi.”

“Non possiamo.” ribatté l'uomo.

“E Perché? Si può sapere che diavolo volete da me?”

“Te l'ho detto, ti dobbiamo proteggere.” rispose secco il suo interlocutore.

“E da chi?”domandò curiosa. “Ci sono altri alieni per caso?”

“Al momento non possiamo dirti niente. Dovresti seguirci.”

Caterina non capì e non era intenzionata ad andare da nessuna parte.

“Io non vado da nessuna parte finché non mi dite che cosa sta succedendo, tanto meno con voi!”

“Cocciuta ragazzina.” bofonchiò Barton.

La ragazza gli fece una smorfia.

“E' una storia lunga e complicata da spiegare ora. Devi seguirci, in modo da poterti proteggere.”

“E non potreste farlo anche da qui?”

“Non abbiamo i mezzi adatti per farlo.” spiegò con calma l'uomo con un occhio solo.

“E a me che me ne importa? Io non lascerò casa mia, la mia famiglia e i miei amici solo perché non siete capaci di difendermi. E poi da cosa, mi domando, se come avete detto voi non ci sono alieni a giro.”

“Siamo qui perché una persona ci ha avvisati del pericolo che corri.” sapeva di aver acceso la curiosità nella ragazza, la vide accendersi come una scintilla nei suoi occhi e gli bastava fare un nome per convincerla.

“E chi sarebbe, sentiamo?” disse poggiando le mani sui fianchi fingendosi risentita e nascondendo quanto fosse curiosa, in realtà.

“Loki.” rispose secco.

La ragazza ebbe un tuffo al cuore. Quel nome la agitava sempre; adesso più che mai con tutto quello che le stava capitando.

“Cosa? Loki.. è qui?” disse mentre il suo cuore perdeva qualche battito.

“Si, ed è stato lui ad avvisarci e a dirci di portarti al sicuro. Quindi, tu vieni con noi.” e la fecero incamminare verso la macchina.

“Ehi, aspettate. Non posso andarmene così! Che cosa dirò ai miei?”

“Non devi dire niente. Dovrà sembrare una fuga.”

“Ma siete impazziti? Non posso far loro credere che sia scappata, gli verrà un infarto. Non posso! Devo avvisarli.” e si stava avviando verso casa ma Barton la fermò cercando di non dare in escandescenza, afferrandola saldamente per un polso.

“Senti ragazzina, la cosa è molto seria. Se non li vuoi mettere in pericolo devi fare quello che ti diciamo noi, chiaro?” la guardò serio, con le sopracciglia aggrottate.

Annuì non potendo fare altro che fidarsi di loro e leggermente spaventata dallo sguardo assassino che aveva assunto Clint.

Venne fatta salire su uno di quei grossi SUV neri. Per ironia della sorte era stata fatta salire nella stessa vettura di Barton.

Oddio quanto non lo sopporto questo.

Era rannicchiata sui sedili posteriori, intenta a fissare il paesaggio, appena illuminato da un sole nascente, fuori dal finestrino con l'aria preoccupata. Mentre si allontanavano dal quartiere, si ricordò che aveva ancora il telefono a contrasto con la pelle e l'elastico del reggiseno. Se lo sfilò e cercando di non farsi vedere provò a mandare un messaggio alla sua amica.

“LOKI E' TORNATO. LO SHIELD MI STA PORTANDO VIA. NON SO QUANDO TORNERO', MA STO BENE.”

Devo inviarlo, devo inviarlo, devo inviarlo.

Stava per inviare il messaggio quando Barton si girò per vedere come stesse; si immaginò che dovesse essere confusa, nessuno le aveva spiegato nulla – classico dello SHIELD – , e molto stanca. Quando la vide usare il telefono, però, glielo requisì all'istante in modo poco gentile.

“Non puoi avere contatti con nessuno quindi, niente telefono.” e se lo mise in una tasca del gilè in pelle.

Caterina rimase un attimo con la mano ferma a mezz'aria e la bocca a aperta per lo sconforto, poi sospirò spazientita appoggiandosi allo schienale in pelle beige.

Peggio di così non potrebbe andare.

“Posso almeno sapere dove mi state portando?” domandò acida.

“Nei pressi di Charleston, in Virginia.”

Perchè non me ne sto mai zitta?

Sospirò ancora più affranta.

“Ti conviene riposarti, è un viaggio di quasi dieci ore.” disse dopo un po'; il suo tono si era fatto un po' più affabile. “Tieni, copriti con questa.” e le dette una coperta con la quale la coprì.

“Scusa per la mano.” disse alla fine, più o meno dispiaciuta.

“Fa niente. Adesso dormi.” e si rigirò davanti.

Guardava fuori con occhi stanchi. Aveva sonno ma le mille domande la stavano martellando; come avrebbero reagito i suoi quando avessero capito che era scappata? Li avrebbe voluti avvisare, ma non glielo avevano permesso. E i suoi amici ci avrebbero creduto? In fondo la conoscevano bene e sapevano che non era il tipo da fare quelle cose. L'avrebbero cercata?

E poi c'era la questione ''Loki''. Erano due anni che non aveva sue notizie e adesso quell'uomini le dicono che è stato proprio lui ad avvisarli. Le montò la rabbia. Aveva parlato con loro e non con lei; perché non l'aveva contattata per informarla? Perché non farsi vivo se sapeva che la sua vita era in pericolo? Quanti perché le aleggiavano nella mente; le faceva male la testa e i postumi della sbronza non la stavano di certo aiutando.

Le veniva da vomitare, non per aver bevuto ma per il nervoso che le divorava lo stomaco. Appoggiò la testa al finestrino, convincendosi che appena lo avrebbe visto glie l'avrebbe fatta pagare. Anche se, in cuor suo, sapeva che non sarebbe riuscita a tenergli il muso a lungo. Era preoccupata, in ansia. Cosa gli avrebbe detto dopo due anni di assenza? Il loro rapporto poteva ritornare quello di una volta? E poi, che rapporto avevano loro due? Neanche lei lo sapeva con chiarezza che cosa ci fosse. Sapeva solo che si era sentita vuota in tutto questo tempo e adesso, solo adesso, che lo sapeva così vicino, il suo cuore sentiva un po' meno male. Ma per quanto sarebbe potuto durare?

Dopo essersi concentrata sul paesaggio che scorreva veloce accanto a lei, si assopì tutt'altro che tranquilla.





- Spazio dell'autrice -
Chissà cosa accadrà alla nostra protagonista.. Quanti incontri e quante vicissitudini dovrà affrontare prima che la storia si concluda? E cosa si diranno Loki e Cat, dopo due anni di silenzi? Lei riuscirà a perdonarlo? Riusciranno a ritrovarsi oppure il tempo ha cancellato ogni cosa?
Questo e molto altro nel prossimo capitolo..
Un ringraziamento speciale a tutti quelli che continuano a leggere la storia.. Sappiate che senza di voi, non avrei MAI continuato a pubblicare.. Un bacio a tutti.. 
La vostra Vipera :-* 
XOXO

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** DOPO TANTO TEMPO ***


Grazie al cielo Cat, sei sana e salva.” urlò sua madre appena ebbe varcato la soglia di casa. Le corse incontro abbracciandola, riempendola di baci e piangendo. “Eravamo così in pena per te. Appena abbiamo visto quello che stava accadendo a New York abbiamo cercato di chiamarti, ma tu non rispondevi.” fece una pausa per baciarla di nuovo. “Non sai che spavento.”La liberò dall'abbraccio per permettere anche al padre di fare la stessa cosa.

Cat si fece abbracciare dai genitori, felice di rivederli dopo quello che le era sembrata un'eternità. Quando anche suo padre si staccò, giunse il momento che la ragazza avrebbe volentieri evitato: le spiegazioni.

Tesoro cosa è successo? Te stai bene?” chiese sua madre mentre si torceva le mani. “Ci ha chiamati il signor Stark per avvisarci, ma voglio sapere da te cosa ti è accaduto.” stava per mettersi di nuovo a piangere dalla felicità di rivedere sua figlia sana e salva.

Si misero tutti e tre a sedere e a Cat non rimase altro che spiegare cosa fosse realmente accaduto.

Il signor Stark vi ha chiamati?” chiese stupita.

Si.” rispose il padre. “Ci ha chiamati ieri sera per dirci che eri con loro, che stavi bene e che ti avrebbero riportata a casa.” e sorrise.

La figlia spostò lo sguardo prima dal padre alla madre e poi viceversa. Come faceva a dire tutta la storia? Era così complicata da accettare pure per lei che l'aveva vissuta, figuriamoci a raccontarla a terzi. Prese un profondo respiro e iniziò la sua storia. Raccontò loro tutto, dal suo soggiorno tranquillo nella Grande Mela, all'invasione aliena e alla fine del conflitto, guardando le loro espressioni attonite quando disse che Loki era, beh, un Dio. Le ci volle un po' prima di convincerli della cosa.

È stato più facile insegnare a mia nonna ad usare il cellulare. Pensò.

Quando ebbe finito di parlare, sopraggiunse un momento di imbarazzante silenzio. Cat si sentiva un po' più leggera dopo aver raccontato loro tutta la verità, anche se una parte di lei era convinta a non aver fatto bene e dire proprio tutta la verità.

E adesso lui dov'è?” chiese sua madre. Aveva intuito dalle parole usate dalla figlia per parlare di Loki, che tra loro ci doveva essere più di una semplice conoscenza. Quello però rimaneva, per la ragazza, ancora un tasto dolente.

Fece spallucce, come a dire che non era una cosa importante e disse “E' ritornato a casa sua. Ad Asgard.” e fece un mezzo sorriso.

Comunque sia, siamo così contenti che tu sia qui.” e si abbracciarono tutti e tre.


 

Dopo tante ore passate in auto, tra la veglia e il sonno, fu svegliata dal rumore elettronico di un cancello.

La palla di fuoco che stava incendiando il paesaggio e che le colpiva gli occhi, scomparve. Erano entrati dentro ad un bosco, con le chiome rigogliose degli alberi che facevano filtrare solo leggeri fili di luce, disegnando strane sagome per terra e dentro l'auto. La strada era dissestata, il che equivaleva ad una strada poco transitata o abbandonata. Davanti e dietro a loro c'erano ancora le autovetture. Si girò e vide che nel SUV dietro c'era l'agente Fury, con quella sua aria seria, seduto al lato del passeggero, che pareva la stesse guardando. Si stiracchiò e abbassò il finestrino per svegliarsi. La sensazione del vento tra i capelli e l'aria fresca le fece ritornare il buonumore, anche se per poco.

L'avevano portata in una base militare, trasformata in casa. O viceversa. Però non le piaceva.

Accidenti, questo posto è immenso e in mezzo al nulla. Oddio, già lo odio. È come stare dentro una prigione.

Tutto il perimetro era circondato da un muro altissimo, ogni cinque metri era stata posizionata una telecamera a circuito chiuso, che periodicamente spostava il suo obbiettivo da un punto ad un altro. Per non parlare poi delle guardie armate fino ai denti che perlustravano la zona.


 

Nel frattempo nella base segreta dello SHIELD, un'anima in pena vagava in tondo per la sua stanza. Si affacciava alla finestra in modo ossessivo, ogni volta che udiva il rumore di una macchina.

Cosa le avrebbe detto? Doveva spiegarle il perché della sua scomparsa per così tanto tempo, chiederle perdono per non aver mantenuto la parola data. Conservava ancora i doni che gli aveva fatto. Durante gli anni di prigionia erano stati i suoi fedeli compagni; aveva letto decine di volte quei libri, sapendo che gli occhi della mortale si erano posati su quelle pagine prima dei suoi. Le mancava. La punizione più dura da sopportare non fu tanto la prigionia, ma il permesso negatogli dal padre degli Dei, di poterla vedere, anche solo attraverso la magia.

Cosa si sarebbero detti una volta messi uno di fronte all'altra? Il pensiero che più lo tormentava era la paura che il sentimento che nutriva la ragazza per lui, fosse, col tempo, mutato o addirittura cessato.

Si sedette sulla poltrona in pelle, con la schiena curva e il capo chino, rigirandosi tra le mani il libro di poesie di Cat. In quel momento i suoi pensieri pesavano come macigni.

“Loki, sono arrivati.” disse Thor, con voce calma, entrando nella camera del fratello, per poi uscirvi subito dopo.

Per un periodo abbastanza lungo tra loro non scorse buon sangue. A niente valse l'aiuto che si dettero per fermare la minaccia degli Elfi Oscuri, del perdono di Thor per averlo aiutato a salvare Jane, perchè c'era sempre stata rivalità da parte di Loki. Solo adesso che un'altra minaccia gravava su di loro, il Dio degli inganni si vide costretto a chiedere, suo malgrado, aiuto al fratello, per fare in modo che le sue azioni non coinvolgessero l'unica persona a cui teneva.


I SUV si fermarono davanti alla porta d'ingresso.

Non ce la faceva a scendere. Era ancora rincoglionita e assonnata, con le gambe pesanti. Se avesse richiuso gli occhi si sarebbe riaddormentata; per non parlare della voglia di vomitare che era ancora lì. Neanche dieci ore di sonno lo avevano fatto passare.

Questa è l'ultima volta che bevo, porca troia!

Ma la realtà è che non lo avrebbe fatto, la prossima volta ci sarebbe ricascata come tutte le volte precedenti.

Sbadigliò.

Cazzo! Ho un alito che potrebbe stendere anche Hulk. E adesso come faccio? Ho bisogno di una mentina. No, avrei bisogno dell'intera ditta di mentine.

Si guardò intorno, non sapendo a chi chiedere. Si sentiva stupida a chiedere una mentina in quella situazione a tutti quegli sconosciuti. Se almeno ci fosse stata Mary, lei lo avrebbe capito senza bisogno che aprisse bocca, tanto si conoscevano bene le due ragazza. Ma purtroppo lei non c'era e Caterina era completamente da sola. Barton scese dalla vettura ed esortò la ragazza a fare lo stesso. Aprì lo sportello e guardò l'edificio. Era una grande casa dalle pareti bianche, forse era del periodo rinascimentale ma in quel momento l'unica sua preoccupazione era il suo alito.

“Tieni.” disse l'agente porgendo a Cat un pacchetto di gomme da masticare. “Credo che tu ne abbia bisogno.” La ragazza ne afferrò due, non ce la fece neanche a sentirsi offesa, dopotutto Barton aveva ragione.

“Grazie” disse. Finalmente il suo alito non sapeva di morte ma di menta, la sua preferita.

Salì i gradini di marmo in punta di piedi, accompagnata da Barton, che le ridette la borsa che aveva scaraventato a terra la sera prima, e Fury; una volta entrati dentro, si fermarono nell'atrio. In attesa.

“Che cosa stiamo aspettando?” domandò a Clint sottovoce, intimorita da quell'enorme luogo. L'uomo non le rispose, le indicò solo la scalinata curva, che finiva a pochi passi da loro.

Dalle scale scese Thor, con l'armatura e tutto il resto. Con la mano destra teneva il martello che a guardare lui sembrava fatto di cartapesta. Salutò tutti con un cenno del capo e riservò un sorriso dolce alla ragazza che ricambiò molto volentieri.

Poi fece il suo ingresso lui, Loki.

Scese le scale lentamente, con la lunga tunica asgardiana fatta di pregiata stoffa verde, pelle e metallo che ricopriva petto, spalle e avambracci, cercando con lo sguardo la ragazza. E finalmente la vide. In piedi, in mezzo a tutti quegli agenti, ancora stordita per il viaggio, con i suoi soliti capelli ribelli. Ebbe un fremito. Il cuore iniziò a battere più veloce a ogni passo che si avvicinava a lei.

I due si avvicinarono in silenzio, aspettando che uno dei due facesse il primo passo. Si guardarono negli occhi, incapaci di proferire parola. Poi il silenzio fu interrotto da un sonoro ciaff.

Caterina aveva mollato un potente ceffone al Dio, sotto gli occhi increduli di tutti. Loki compreso.

“Questo è per non aver mantenuto la promessa.” disse, ma subito dopo gli saltò al collo. Lo strinse forte a se per paura che se ne ritornasse via, che quello fosse solo un sogno. “Credevo di non rivederti più. Mi sei mancato così tanto.”

“Anche tu.” le bisbigliò in un orecchio, senza che gli altri lo sentissero.

Si scostò dall'abbraccio per guardarla meglio. Non era cambiata, era ancora la mortale che gli faceva venire una strana agitazione alla bocca dello stomaco. Gli spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e fissò i suoi occhi su quelli della ragazza, turbato dall'effetto che aveva su di lui quello sguardo.

“Accompagnala in camera sua.” disse Fury rivolgendosi a Loki. Poi si rivolse a Caterina. “Disfai le valige, quando sarai pronta vieni giù.”

Caterina si girò verso di lui. “Ma io non ho valige. Mi avete praticamente sequestrata e portata qui.” si rivolse all'uomo con tono abbastanza acido.

“Infatti te le abbiamo fatte noi.” rispose atono Nick Fury.

Fu accompagnata da Loki nella sua stanza. In un angolo c'erano le borse con i vestiti che le avevano preso. Sistemare gli abiti era l'ultimo dei suoi pensieri. Si gettò di schianto sul letto, sprofondando la testa tra i cuscini. Erano più di 24 ore che non dormiva in un vero letto e non le era mai successo. Se non dormiva in un letto, affermava sempre di non aver dormito seriamente e che aveva bisogno di rimediare subito. Il Dio la guardò intenerito. Si sedette sul bordo del letto che si deformò sotto il suo peso, non perdendo mai di vista ogni suo buffo movimento.

Caterina dopo essersi rigirata e stiracchiata, assaporando la morbidezza del materasso, si sedette accanto a lui, felice. Adesso erano uno accanto all'altra e si guardavano negli occhi, senza riuscire a dire niente. Erano troppe le cose che avevano da dirsi e sapevano che per il momento era meglio tacere. La ragazza prese un po' di coraggio, incerta della reazione del Dio e afferrò con delicatezza la sua mano, che aveva appoggiato sulla gamba. Quando la sfiorò sentì Loki irrigidire tutti i muscoli del corpo, per poi rilassarsi e stendere la mano.

Alla fine intrecciarono le dita e lei gli appoggiò la testa sulla spalla; l'asgardiano le dette un bacio sulla nuca, sollevato. Le sue paure erano finalmente cessate. Dopo tanto tempo erano di nuovo insieme.




- Angolo dell'autrice
Ecco finalmente il quarto capitolo..! So che è corto, ma finalmente i due si sono ritrovati, e non è meraviglioso? XD
Inoltre, devo dirvi una cosa: so che il rating di questa FF è arancione e ancora non ci sono state scene nè violente nè osè, perdonatemi, ma la storia si deve ancora evolvere, credetemi! Dopotutto siamo ancora all'inizio dell'avventura. 
Vedrete che poi ci saranno scene da bollino arancione - almeno spero che le possiate considerare tali - .
Mi auguro (come sempre) che vi piaccia il capitolo.. Se volete lasciarmi, gentilmente, opinioni, commenti, consigli sarà ben lieta di leggerli :)
Ciao ciao, un bacio..
La vostra Vipera :*
XOXO

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** IL MOTIVO PER CUI SEI QUI ***


Caterina aveva bisogno di una doccia per svegliarsi e di cambiarsi il vestito che le aveva prestato Mary per andare a ballare. Sciolse la sua mano da quella di Loki e alzandosi dal letto iniziò a tirare i vestiti fuori dalle valigie e a studiarli con attenzione. Nel giro di dieci minuti erano già disfatte, ma in compenso, la camera era diventata un enorme armadio. Aveva sparso quei pochi vestiti che le avevano dato praticamente ovunque.

Mentre tirava fuori gli abiti, commentava ironica.

“Pantaloni neri, maglietta nera, altra maglietta nera. Che cosa abbiamo qui? Un'altra maglietta nera e un paio di pantaloni neri in pelle.” frugò più a fondo nella borsa e ne emerse con degli anfibi neri.

Hanno avuto molta fantasia, non c'è che dire. Per fortuna che mi piace il nero.

“Questi sono come quelli che indossano loro.” osservò. “Se volevano che entrassi a far parte dello SHIELD bastava che lo chiedessero.”

Loki la guardò perplesso. Lui era sempre stato un maniaco dell'ordine, non tollerava niente fuori posto, sia nelle sue stanze sia riguardo agli abiti. Tutto doveva essere impeccabile; quella ragazza era l'esatto opposto, era un tornado. Aveva buttato all'aria tutti gli abiti e non sembrava intenzionata di mettere ordine. La cosa che gli sembrava più strana era che pareva che a lei stesse bene così, che non fosse infastidita da tutto quell'eccessivo disordine. Ma come faceva a non infastidirla?

“Hai intenzione di mettere in ordine, non è vero?” disse guardandola in tralice.

“Sei matto? Che c'è da mettere in ordine? E' già tutto apposto così.” sorrise. Alla fine si arrese a mettersi le prime cose che le capitarono sotto mano.

“Mi preparo. Cinque minuti e sono pronta.”

Loki sorrise. Fu proprio Caterina a spiegargli che i ''cinque minuti'' delle donne corrispondono a mezz'ora degli uomini. Era una vera legge della fisica, continuava a sostenere.

Entrò in bagno, chiudendosi dentro. Girò il pomello della doccia tutto verso il punto rosso. In poco tempo l'acqua era talmente calda da riempire di vapore la stanza. Si tolse quel ''vestito'' ed entrando dentro si lasciò cullare dal getto. Sentì finalmente i muscoli sciogliersi e rilassarsi. Si massaggiò più volte le spalle e le gambe che le facevano ancora male a causa dei tacchi vertiginosi, anche quelli ovviamente erano di Mary.

Uscì solo quando la sua pelle iniziò a diventare rossa per il troppo calore. Prese un asciugamano che si rigirò intorno al corpo e un secondo che le servì per asciugarsi i capelli. Guardandosi intorno notò che non aveva portato con se i panni di ricambio. Si picchiò la fronte con la mano per la sua demenza. Aprì leggermente la porta e fece capolino. Oltre alla sua testa, uscì una quantità industriale di vapore, sembrava quasi che andasse a fuoco qualcosa.

“Scusa, avrei bisogno che tu mi prendessi quei vestiti che sono sulla sedia.” disse indicandola.

“Quale dei tanti che vi hai scaraventato?” domandò ironico.

“Quelli neri.” rispose lei, ironica a sua volta.

Loki prese i primi che gli capitarono porgendoglieli; lei li prese e si richiuse dentro.

“Ecco fatto. Sono pronta.” disse uscendo dal bagno con i capelli ancora bagnati, venti minuti dopo.

La doccia l'aveva rimessa al mondo, togliendole i segni della stanchezza. Adesso che si era rilassata con una bella doccia calda, sentiva di poter affrontare qualsiasi cosa. Quando la ragazza uscì canticchiando dal bagno, Loki notò che c'era qualcosa di diverso negli abiti che indossava. Quella che prima era una maglietta a mezze maniche, adesso era diventata una canottiera con i fili della cucitura svolazzanti.

“Che cosa hai fatto a quella povera maglia?” disse divertito il Dio.

“L'ho solo fatta diventare un po' più carina e meno formale. Questi abiti sono così seri.” si scusò la ragazza. Si allacciò gli anfibi, avvolgendo le stringhe alle caviglie per accorciarle.

Prima di uscire si guardò allo specchio. Quel look total-black le donava proprio. Adesso era pronta per andare.

Quando entrarono nella sala dove si svolgeva la riunione, erano già tutti presenti ad aspettarli.

Caterina riconobbe il gruppo di persone che l'aiutarono a ritrovare Loki. Era felice di rivederli dopo tanto tempo e li salutò uno ad uno. Senza darlo a vedere, il Dio si infastidì quando la ragazza andò a salutare Stark, Banner e Rogers guardandoli torvo. Solo il miliardario playboy filantropo1 si accorse dell'irritazione del Dio e per dispetto, quando la ragazza gli passò vicino, le prese un polso e la riabbracciò.

“E' bello riaverti tra di noi.” le disse, sorridendo appena.

Lei non capì il significato di quel gesto anche se ricambiò l'abbraccio. Quando si scostò da Tony, per ritornare vicino a Loki, l'uomo ammiccò malizioso verso il Dio.

“Adesso che ci siamo tutti, possiamo iniziare.” disse Fury guardando gli ultimi due arrivati. Toccò lo schermo del computer e sulla parete alle sue spalle, apparve l'immagine di un essere bruttissimo.

Il dipinto raffigurava il volto di una creatura non umana, con il viso dai lineamenti geometrici e duri, dalla pelle violacea. Ovviamente lo SHIELD era in possesso di un ritratto preso da un antico libro proveniente da Asgard, datoli per gentile concessione del Dio del tuono.

“Questo è Thanos, come potrete notare non è umano ma ha puntato gli occhi su questa terra. Vi ho convocato perché noi siamo gli unici che possono fermarlo.” era andato dritto al sodo.

“Questo è un gioco da ragazzi. Lo troviamo, lo bombardiamo e abbiamo vinto.” ironizzò Stark.

“Non è così facile. Benché non sia in possesso di tutti i suoi poteri, è già molto forte.” Nick Fury passò il dito sullo schermo e l'immagine cambiò.

“Queste sono le sei Pietre dell'Infinito. Al momento si trovano al sicuro, nascoste, ma se Thanos dovesse trovarle e impossessarsene, non ci sarebbe modo di fermarlo.”

“Sapete dove si trova quel mostro?” disse Steve.

“No, ma ci stiamo lavorando con i due Dei.” e lasciò la parola al Dio del tuono.

“Le leggende non narrano della sua dimora. Potrebbe essere ovunque all'interno dell'Universo. Neanche Heimdall riesce a vederlo.” disse Thor.

“E come pensate che riusciremo a trovarlo e sconfiggerlo se neanche voi sapete dove si trova?” ribatté Rogers.

“E' per questo motivo che Loki è qui. E' l'unico che ha avuto a che fare con lui, anche se indirettamente.” disse Fury.

Tutti rivolsero i propri sguardi al Dio, aspettando che parlasse.

“E' il comandante dei Chitauri.” disse secco, ripensando a quanto avvenne due anni prima e non fu necessario aggiungere altro.

“Basterà andare nel pianeta sul quale si trova. Ti ci sei già stato, no?” domandò Steve rivolgendosi a Loki.

“Si, ma non...”

“Allora tu ci condurrai da lui e noi lo uccideremo.”

“Se evitavi di interrompermi – inutile umano – avresti appreso che con ogni probabilità lui non si trova più su quel pianeta.” disse cercando di nascondere quanto gli avesse dato fastidio essere stato interrotto.

“Che intenzione avete di fare?” intervenne l'agente Romanoff.

“Thanos vuole le pietre e questo è un dato di fatto. Così come non sa, per il momento, dove si trovano.” disse il Dio dei tuoni, poggiando le nocche sul tavolo. “Dobbiamo cercare di intercettarlo mentre tenta di trovarle.”

“Abbiamo abbastanza indizi per credere che si voglia recare sulla Terra.” Aggiunse l'agente Fury.

Caterina che fino a quel momento aveva assistito alla conversazione, non capiva il motivo per cui anche lei fosse lì. Le era stato detto che la dovevano proteggere ma da quanto Ciclope aveva appena detto, sembrava che fosse tutto il mondo in pericolo, non solo lei. Così, nonostante odiasse essere al centro dell'attenzione, prese la parola.

“Tutto questo è molto serio,” fece una pausa, imbarazzata. “Ma io che cosa c'entro in tutto questo?” tutti si voltarono verso la ragazza che immediatamente arrossì.

“Sospettiamo che Thanos abbia mandato alcuni soldati a cercarti per portarti da lui.”

“Sospettate, ma non ne siete sicuri.” affermò, un poco più sicura di se.

“Invece lo sono” le disse Loki.

“E perchè proprio me?” si rivolse verso il Dio.

“Sanno che sei amica di Loki. E' probabile che vogliano rapirti per costringerlo a dargli le Pietre.” Fury era l'insensibilità fatta persona. Usava sempre quel suo tono distaccato, come se fosse normale che un mostro la volesse rapire.

“Ma se sono nascoste, come fa a dargliele?” domandò, con la voce appena alzata.

“Sappiamo che questa creatura è molto malvagia e non si fa scrupoli per ottenere ciò che vuole.” disse Thor.

“La tua vita adesso è in serio pericolo.” disse l'agente Fury. “Se ti dovesse catturare, non ne usciresti viva, anche se gli venissero consegnate le Gemme.” come al suo solito andò dritto al punto senza mezze misure.

Caterina rimase pietrificata. Quelle parole furono come acqua gelata, le fece venire i brividi. Istintivamente cercò la mano del Dio e quando gliela sfiorò, la strinse con forza; anche lui ricambiò la stretta per darle supporto.

“Stai tranquilla, sei al sicuro qui. E poi, ti proteggerò io.”

La ragazza apprezzò il suo tentativo ma non la rilassò molto.

“Scusate un attimo,” proruppe “ se Coso mi sta cercando, non pensate che farà del male anche alle persone che mi sono vicine per trovarmi? Voi mi avete detto che era per il loro bene, ma credo che siano in pericolo lo stesso.”

“Non ti allarmare, loro non li guarderà nemmeno.”

“Ma non ne siete sicuri.” continuò lei.

“Ne siamo abbastanza convinti.” continuò serio l'uomo dall'occhio solo, irritato dalla cocciutaggine della ragazza che stava mettendo in discussione la sua autorità.

“Ma non al cento per cento, quindi ci sono sempre delle possibilità che sia io ad avere ragione e non voi.” ribatté incrociando le braccia al petto e guardandolo con l'aria da dura.

Dove l'ho trovata tutta questa faccia tosta? Forte! Dovrei essere più spesso così, mi piace.

Dal fondo della sala si sentì una risatina soffocata. Era stato Stark che si era divertito a vedere la faccia di Fury fissarsi adirato su quello della nuova ospite.

“Comunque sia,” disse cercando di non dare in escandescenza “tu dovrai stare qui. E non ammetto discussioni.” e si rivolse agli altri, escludendo volontariamente la ragazza.

Fanculo Ciclope.

La riunione durò un'ora più; durante tutto quel tempo continuarono a parlare di strategie e possibile attacchi, discutendo animatamente. Ognuno aveva una propria teoria, una propria opinione che contraddiceva quella di un altro; questo clima a dir poco incandescente, fece si che per più di una volta, il gruppo dei Vendicatori litigasse andando vicini anche a fare a botte. Era un continuo punzecchiare e schernire l'altro che la situazione divenne quasi insostenibile.

Caterina però non riuscì a pensare ad altro se non a quello che le avevano detto. La stavano cercando, era sicuro. Come era sicuro che se l'avessero trovata l'avrebbero uccisa. Tutto quel casino solo per aver aiutato uno sconosciuto. Se quel giorno, di ritorno da scuola, fosse passata avanti senza prestare soccorso a Loki, a quest'ora sarebbe stata al sicuro a casa sua e con i suoi amici. Ma è anche vero che non lo avrebbe mai conosciuto.

Ne è valsa davvero la pena?

La riunione finì molto dopo e non erano ancora arriva a nulla. Lei in tutto quel frangente, non aveva fatto altro che bere caffè; non le piaceva, le faceva proprio schifo ma sembrava che non avessero altro e si dovette accontentare. C'è chi diceva che dovevano attaccare subito, chi diceva di aspettare. E nessuno voleva scendere a compromessi. I Vendicatori erano una miscela esplosiva e Fury lo sapeva bene, nonostante fossero davvero gli unici in grado di fermare quel mostro, si stava domandando se avesse fatto bene a riunirli un'altra volta.



- Angolo dell'autrice - 
1: Mi riferisco al film "The Avengers" in cui lo stesso Tony Stark si riferisce a se stesso in quel modo.

E siamo a 5, evvaiiiii..!!!!
Ho aggiornato due giorni prima del solito perché sabato andai a vedere Captain America e quando uscii dalla sala ero super gasata e non vedevo l'ora di pubblicare un nuovo capitolo!
Probabilemente pubblicherò a breve anche il sesto dato che tra un paio di giorni inizierò a lavorare e non so se avrò il tempo per dedicarmici molto, inoltre è ora di dare un pò di brio a 'sta storia XD
Anche il quinto cap è tranquillo, ma vi garantisco che sarà l'ultimo ;-)
Abbiate pazienza per una cosa.. Creare i dialoghi tra tante persone e tutte diverse non è stato facile, ho cercato di dare vita ai loro battibecchi costantemente presenti e molto esilaranti come in "The Avengers", spero di esserci riuscita anche solo vagamente...

Detto questo passo ai saluti e ringraziamenti:
ringrazio Kelya99, marilu396 e TomFeltonMyObsession che hanno messo questa storia tra le seguite;
un grazie va a Chiccadj che l'ha messa tra le preferite e Lady Laufeyson che me l'ha commentata..!! GRAZIEEEEEEE..!!!

Aspetto i vostri giudizi per sapere che ne pensate della storia... 
Un bacio, la vostra Vipera :-*

 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** IO SONO QUESTO ***


                                                             LOVE LIKE WINTER1 AND COLD



“Stai bene?” disse Loki entrando in camera della mortale e chiudendo la porta.

“Credo di si.” e fece spallucce. Scoprire che qualcuno la stava cercando per poi rapirla e ammazzarla l'aveva terrorizzata. La cosa era più seria di quanto immaginasse.

“Non dovevi venirlo a sapere in questo modo.” fece una breve pausa. “Hai paura?” il Dio voleva sapere cosa stesse pensando la mortale, la vedeva assorta e avere quell'espressione non era da lei.

“Certo che ho paura.” disse mentre camminava avanti e dietro per la stanza, toccandosi nervosamente le punte dei capelli.

Accidenti a me e a tutto quel caffè! Bere tutta quella caffeina l'aveva fatta agitare ancora di più e adesso non riusciva a stare un attimo ferma.

“Come fanno a sapere che quel mostro vuole proprio me? Non è per il semplice fatto che sono tua amica, vero?”

La mortale era più perspicace di quanto Loki potesse immaginare.

“Loro lo sanno perché gliel'ho detto io.” disse freddo Loki. Caterina si fermò di colpo.

“Tu lo sai? E come?” era sconcertata.

“L'ho visto.”

“C-come?” non riusciva a capire.

“Ho avuto delle visioni. Vedevo Thanos e poco distante da lui, vedevo te. Eri morta.”

Il cuore le saltò alla gola. “E.. e le tue visioni si avverano sempre?” ma aveva paura di sapere la risposta. A dire la verità, avrebbe preferito non saperla.

“Si.”

Allora erano più di semplici supposizioni quelle che avevano allo SHIELD. Tanto per cambiare le avevano omesso piccoli e rilevanti dettagli. Caterina si mise a sedere sul davanzale della finestra, per evitare che cascasse a terra e iniziò a muovere nervosamente la gamba. Il Dio si accorse del malessere della ragazza e del suo poco tatto, così le domandò se stesse bene.

“No, non sto bene. Come potrei stare bene dopo aver saputo una cosa del genere?”

“Devi stare tranquilla, non ti accadrà nulla.” le disse il Dio.

“Beh, non ci riesco a stare tranquilla. Neanche tu ci riusciresti.” sbottò

“C'è una lista molto lunga di persone che mi vogliono uccidere, credimi.” disse pungente.

“Ma comunque non puoi morire, tu sei un Dio!” e cominciò di nuovo a fare avanti e dietro per la stanza.

“Nessuno ci è mai riuscito finora.” e guardò la ragazza che continuava a camminare nevroticamente per tutta la stanza. Quel suo comportarsi così da isterica, lo stava infastidendo. Doveva farla smettere prima che perdesse la pazienza.

“Finiscila di camminare su e giù per la stanza.” disse asciutto.
Cat non lo ascoltò neppure, continuando a girare per tutta la stanza, assorta nei suoi pensieri.

“Piantala, sei fastidiosa.” lo disse in tono tanto duro da farla smettere all'istante di camminare. Lo guardò allibita; per un momento rimase ferma a fissarlo, credendo di non aver capito. Quando si accorse che glielo aveva veramente detto alla paura subentrò l'irritazione. C'era modo e modo per dire certe cose e quello non era il momento giusto per essere infastiditi da una cosa simile. Tanto più che non era lui quello che volevano morto, quindi Cat si sentiva in diritto di comportarsi come meglio credeva.

“Allora non mi guardare.” rispose acida lei.

“E' impossibile dato che giri per tutta la stanza.” ribattè lui.

“Scusa tanto se sono nervosa! Ma sai com'è quando scopri che c'è uno che ti vuole fare fuori!” si era fermata a pochi passi dal suo interlocutore. Sentiva crescere dentro di se la rabbia, la frustrazione. Era tutta colpa del caffè, di quella maledetta situazione, colpa di lui che improvvisamente stava ritornando la persona scontrosa che aveva conosciuto.

“Adesso la stai facendo lunga.” anche Loki si stava alterando. Non capiva perchè l'umana si agitasse tanto nonostante le avessero assicurato che non correva pericoli.

“No, no che non la faccio lunga!” stava alzando il tono della voce. Si sentiva stranamente agitata, la stava invadendo una insolita voglia di litigare. Non sopportava il tono da superiore che stava assumendo Loki. Per lui era tutto più facile, era un Dio, forte e con poteri magici. Mentre lei era solo una ragazza che era stata prelevata da casa, senza poter avvisare nessuno, costretta a restarsene rinchiusa in quel posto per chissà quanto tempo. Non pensava proprio di farla lunga.

“Ma ti rendi conto di quello che sto passando?” gli domandò.

“Adesso ti stai comportando come una bambina egoista.”

Quelle parole invece di ferirla, la fecero arrabbiare. Come si permetteva di darle della bambina? E dell'egoista per di più? Si avvicinò al Dio, con passo deciso e si fermò a pochi centimetri dal suo viso.

“Guarda che finora quello egoista sei stato tu!” e gli picchiò un dito sul petto.

“Tu sei come tutti gli altri, sempre pronti a giudicare e sputare sentenze!” la guardò dall'alto al basso, con uno sguardo tagliente, con occhi glaciali.

“No, non è vero!” aveva il sentore che stessero per riportare alla luce una questione che apparteneva al passato, non c'entrava nulla con quello che si stavano dicendo poco prima, ma ormai che lo avevano ritirato fuori Cat decise di affrontarlo.

“Si, invece. E' sempre stato così.”

“Non ti sei mai chiesto perché la gente ti giudicasse?”

“Perché è inetta e non capisce.” le rispose il Dio.

“No! Perché tu hai sempre dato un'idea sbagliata di te. Non hai mai permesso che le persone ti conoscessero per quello che sei veramente. Sei cresciuto così tanto nell'odio che era solo tuo, che alla fine sei finito per farti odiare! Non dare la colpa agli altri quando invece è solo tua!”

“Cosa ne vuoi capire tu? Sei solo un'umana!” le urlò furibondo. Si era lasciato scappare quell'orribile affermazione e si rese conto troppo tardi di quello che aveva detto.

Cat incassò quel colpo basso che mai si sarebbe aspettata da lui. Ricacciò indietro le lacrime, ingoiando rabbia e dispiacere e disse “E tu sei solo uno stronzo!” lo disse con un tono di voce calmo, ma dentro gli stava urlando contro. Si era comportato male nei suoi confronti; non riusciva a capire perché tutta quella rabbia fosse esplosa tra loro. Si allontanò stizzita da lui per cercare di calmarsi, cosa che non le riuscì.

Sei solo un'umana. Sei solo un'umana! Ma chi cazzo si crede di essere!? Fanculo anche a lui!

Ripensare a quella frase le fece ribollire il sangue nelle vene; ormai era partita e niente e nessuno poteva impedirle di dire quello che pensava, o che perlomeno, voleva dirgli per sfogarsi.

“Sei uno stronzo e un MOSTRO!” gli urlò mentre si voltava con il busto per guardare la sua reazione. Finalmente glielo aveva detto. Non lo pensava veramente, forse solo un pochino, e urlarglielo contro la fece sentire meglio. Lo voleva far sentire in colpa per tutte le cose brutte che le aveva detto. Lo voleva far sentire in colpa per tutto.

Loki la guardò con uno sguardo pieno di rabbia e di odio. Aveva sorpassato ogni limite, osando troppo. Non era nessuno per giudicarlo, non si doveva permettere di dirgli quelle cose; lei non sapeva niente di lui e di quello che aveva passato, di quello che era veramente. Avrebbe rimediato subito a quella sua mancanza, facendola pentire di ciò che aveva detto. Si avvicinò alla ragazza con un passo feroce, tanto da spaventarla e farla arretrare finché non incontrò la parete con i piedi. Mentre si avvicinava alla mortale, il Dio cominciò a mutare il colore del suo corpo.

Cat ormai era con le spalle al muro e non riusciva a credere ai propri occhi. La pelle di Loki stava diventando blu e i suoi occhi rossi. Qualcosa di malvagio stava uscendo fuori, qualcosa che non aveva mai visto prima. Quello non poteva essere lui. Quegli occhi demoniaci non potevano appartenere alla persona che conosceva, erano privi di ogni espressione, privi di anima.
Il cuore cominciò a batterle con violenza nel petto, tanto da credere che le sarebbe scoppiato. Respirava sempre più affannosamente a ogni passo che gli avvicinava. Posò le mani tremanti alla parete, fissandolo terrorizzata.

“Si, sono un mostro!” le disse una volta che le fu vicino e la spinse contro il muro, poggiandole con forza le mani sulle spalle e impedendole di fuggire.

“Loki, che stai facendo?” domandò intimorita

“Ti faccio vedere il mostro che sono.” disse con freddezza.

“Smettila, ti prego.” implorò la ragazza ormai sul punto di piangere.

“No. Devi vedere chi sono veramente, perché come hai detto tu, io sono un mostro. Io sono questo!” e premette di più le mani sulle spalle, fino a lasciarle dei segni leggeri di bruciatura a causa della sua natura di gigante di ghiaccio.

Erano faccia a faccia e Loki aveva abbassato il viso per arrivare all'altezza della mortale, che adesso non osava più guardarlo. Aveva serrato gli occhi e voltato il capo di lato; sul viso le arrivava il respiro freddo del Dio.

“Guardami.” le intimò, ma lei non lo fece. “Ho detto, guardami!” e le prese con la forza il mento e la costrinse a guardarlo. Fece quello che le era stato ordinato e vide rosse iridi intorno a nere e profonde pupille del Dio fissi su di lei. Erano pura malvagità, non era rimasto niente di buono in lui, non più. Non sotto quelle sembianze, almeno.

“Loki, così mi fai paura. Ti prego, smettila.” disse con la voce rotta dal pianto.

“No. Io sono il mostro da cui i genitori mettono in guardia i proprio figli!2 Io sono un gigante di ghiaccio!” le urlò e la strinse ancora più forte.

Sentiva il ghiaccio bruciarle la pelle. Quello che all'inizio era solo il fastidio causato dal contatto, adesso stava diventando vero e proprio dolore.

“Loki, mi fai male.” continuava a piangere senza riuscire a smettere. “Per favore.. smettila.” provò a dire tra un singhiozzo e l'altro e cercando di sottrarsi dalla presa del Dio. “Mi.. fai.. male..” e cercò di spingerlo via con tutte le forze.

Solo allora Loki ritornò in se rendendosi conto di quanto aveva appena fatto. Stava stringendo Cat bloccandola al muro; la ragazza lo guardava atterrita, singhiozzante e tremante. Sentiva il suo respiro divenutole faticoso; il viso rigato dalle lacrime e l'espressione terrorizzata negli occhi. La sciolse dalla presa e si allontanò. Fu allora che vide i segni di bruciatura che gli aveva lasciato.

Che cosa ho fatto?

Come era arrivato a quel punto? Perché aveva permesso alla sua natura malvagia di venire fuori e ferire l'unica persona che gli stava a cuore?

Alzò lo sguardo sulla mortale, che non osava muoversi e lo guardava con occhi spauriti.

“Mi dispiace.” le disse a bassa voce e portando una mano all'altezza del suo viso. Ma lei si scansò, emettendo un gridolino di paura.

“Ehi, sono io.” provò ad avvicinarsi, ma lei si tolse dalla traiettoria della carezza e girandogli intorno si spostò dietro di lui.

Il Dio provò ancora una volta ad avvicinarsi ma Cat non glielo permise e prima che le venisse accanto uscì di corsa dalla camera.

Scese le scale a rotta di collo, non prestando attenzione alle persone che le stavano salendo. Andò a sbattere contro un paio di agenti, ma non si fermò a chiedere scusa e tirò dritto per la sua strada. 
Uscì dalla porta principale che trovò già aperta, precipitandosi nel folto del verde che circondava quell'edificio.

Dopo un po' smise di correre e prese a camminare con un passo molto spedito; tirava in su col naso e ogni tanto le usciva una lacrima che si asciugava con il palmo della mano.
Si fermò a riprendere fiato una volta giunta davanti ad un grosso albero frondoso. Si sedette appoggiando la testa al tronco e cercando di far ritornare il battito del cuore regolare. Quando riprese a battere con regolarità e lei si fu calmata un poco, si guardò le spalle per vedere in che stato fossero.

Non erano proprio ridotte male, era solo un'ustione lieve e le dava solo fastidio. Il dolore proveniva da dentro, per la reazione che aveva avuto Loki.

Perché ha reagito in quel modo? Perché farmi del male? E' stato crudele. Non credevo che potesse arrivare a tanto.

Passò un dito sulle ferite e lo ritrasse dolorante. Ci soffiò sopra, per cercare un po' di sollievo, ma non servì ad alleviare il dolore.

All'improvviso un fulmine squarciò il cielo e nel giro di qualche minuto iniziò a piovere a dirotto. Il cielo era completamente oscurato da dense e grigie nuvole e sembrava che non avesse intenzione di smettere tanto presto. La pioggia si stava, infatti, via via intensificando, aumentando anche il rumore. Batteva incessante sulle foglie e sul terreno, riducendolo ad una estesa pozza.

Guardò la cima dell'albero, bagnandosi il viso.

Ma guarda te se doveva piovere proprio adesso! Il mio solito culo! Siamo in estate e piove! Che palle.

Era già fradicia ma non aveva intenzione di ritornare dentro. Si strinse le gambe con le braccia e rimase lì, rannicchiata, assorta nei suoi pensieri e nel suo dispiacere. Iniziò a strappare i fili d'erba intorno a lei e a gettarli via con rabbia. Afferrava alcuni fili verdi, li strappava con violenza e li gettava via. Compì le stesse azioni fin quando non rimase erba da strappare intorno a lei.

Non aveva neanche provato a capire cosa stesse passando. Lei aveva esagerato dandoli del mostro, ma lui non si doveva permettere di essere così scontroso.

Non è stato scontroso. È stato crudele. Pensò tra se e se, mentre una lacrima si confuse con la pioggia che le bagnava il volto.

A quanto aveva capito lui c'era abituato ad avere qualcuno che lo voleva morto; lei però no. La sua vita era stata nuovamente scombussolata a causa sua. L'unica che aveva il diritto di essere furibonda quella era lei, non certo Loki.

Rimase sotto l'albero fino a quando non si rese conto di quanto fosse pericoloso starsene lì con un temporale del genere. I fulmini erano aumentati e qualcuno sembrava che fosse caduto vicino.

Meglio andare via, prima che un fulmine mi folgori. Anche se ormai, bruciata per bruciata, potrei anche farmi colpire da un fulmine. Pensò sarcastica.

Si alzò senza furia, camminando piano e a capo chino. Si teneva le braccia per cercare un po' di calore. Le era venuta la pelle d'oca dal freddo. Ogni centimetro del suo corpo era bagnato e infreddolito.

Aprì la porta bianca dell'ingresso principale e vide che nella stanza adiacente a quella dei computer era radunato tutto il gruppo dei Vendicatori. Erano intenti a parlare di qualcosa che non riusciva a sentire; lì scrutò con attenzione ma non riuscì a vedere il Dio degli inganni.

Spero solo di non incontrarlo mentre torno in camera. Spero proprio di non incontrarlo mai più.

Salì i gradini in punta di piedi, lasciando dietro di lei una scia di impronte fangose. Giunta nella sua stanza chiuse la porta con un calcio e si precipitò nel bagno per farsi una doccia calda. 
Aprì la valvola e la spostò tutta verso il punto rosso. Mentre aspettava che la temperatura fosse a livello ottimale, si tolse la maglietta fradicia che le aderiva al corpo lasciandola cadere sonoramente a terra. Fece lo stesso con i pantaloni.
Quando il vapore iniziò a riempire la cabina della doccia, si tolse il resto ed entrò. Il getto caldo, quasi bollente, dell'acqua la aiutò a distendere i muscoli e a rilassarsi. Si immerse lasciandosi cullare dal calore e dagli schizzi che le massaggiavano il corpo. Quando l'acqua le bagnò le ferite, si ritrasse gemendo dal dolore. Spostò la manovella dell'acqua fino al punto blu e quando divenne fredda, vi immerse le spalle poco per volta. Fece questo movimento svariate volte finché al dolore non prese il posto l'intorpidimento. Adesso non percepiva più le ferite, anche se passandoci sopra la mano riusciva ancora a sentire i segni che le erano rimasti; perlomeno adesso non le davano molto fastidio. Rimase sotto l'acqua, con la testa e le mani appoggiate alle mattonelle ad occhi chiusi per mezz'ora buona, finché i polpastrelli delle dita non le si raggrinzirono.

Quando ebbe finito, si asciugò e si vestì. Si mise un altro paio di pantaloni neri e una maglietta a cui fece subire lo stesso trattamento dell'altra. Raccolse i lunghi capelli castani, ancora umidi, in uno chignon morbido, in modo tale che non gli sfregassero sulle bruciature. Si diresse verso la libreria e iniziò a passare in rassegna i titoli che erano presenti.
Alla fine ne prese uno, con la copertina bianco-sbiadito sulla quale c'era scritto ''Anna Karenina''. Era un classico della letteratura russa, che aveva già letto, nonostante fosse piuttosto peso da digerire a causa della sua mole, lo trovava una piacevole lettura che in quel momento non avrebbe guastato.

Si gettò di schianto sul letto, come era sua abitudine, e aperto il libro alla pagina del primo capitolo che recita ''Tutte le famiglie felici si assomigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.'' la sua frase preferita, iniziò la lettura.
Lesse tutto il giorno, senza mettere il naso fuori dalla sua stanza. Grazie al cielo non ricevette nessuna visita, non aveva voglia di vedere nessuno. Per lei la lettura era un momento sacro, che doveva essere fatto nella più totale solitudine. Quando leggeva non pensava a niente, riusciva a svuotarsi di tutto e a fare suoi gli avvenimenti dei personaggi. Era come se venisse catapultata in un mondo parallelo, dove c'era solo lei e la storia narrata. Grazie alla lettura si dimenticava di tutti i dispiaceri, le liti, tutte le cose brutte e spiacevoli che le capitavano; quando finiva di leggere si sentiva più leggera e meno affranta, come se le parole stampate le togliessero un pezzetto della sua tristezza.

Quando alzò il capo in direzione della finestra, vide che il sole stava calando, portandosi con se gli ultimi istanti di luce.

Infilò il segnalibro tra la pagina 288 e 289, segnando con la matita il punto in cui era arrivata, si alzò stiracchiandosi e facendo il punto della situazione.
Si sentiva decisamente meglio. Leggere, come al solito, le aveva dato sollievo. Non era comunque pronta per vedere gente e scendere come se nulla fosse. Sarebbe rimasta lì ancora a lungo, forse sarebbe uscita solo la mattina seguente.
Accese la lampada che aveva vicino al letto, prese l'iPod che aveva sul comodino e poggiando i cuscini per distendercisi con la schiena, vi si adagiò comodamente. Allungò le gambe e le accavallò, iniziando a muoverle a ritmo di musica.

Continuò a leggere per tutta la sera, alzando di tanto in tanto il capo per vedere che ore fossero.

Alla fine si addormentò con il libro in mano e il volume della musica a tutta palla. Adesso era tranquilla, finalmente il suo malessere le era passato e avrebbe trascorso una nottata serena.


 


- Angolo dell'autrice - 

1:Canzone degli AFI (A Fire Inside); questa canzone mi ha ispirata molto nella stesura di questo capitolo.
2: Frase ripresa dal film "Thor" in cui Loki scopre di essere stato adottato e litiga con Odino.

Ritengo questo capitolo importante perché i protagonisti non avevano ancora litigato come si deve e in situazioni come queste non può essere tutto rose e fiori, specialmente se si tratta di Loki che ha a che fare con una umana. Inoltre, Cat scopre qualcosa in più sulla vita privata del Dio..

Ringraziamenti
Grazie a: Yuki_KuronSnape18 per aver recensito il capitolo 5 e aver messo la storia tra le preferite; LullabyJane e mizu7 per aver messo la storia tra le seguite.. Grazie davvero di cuore..

Un bacio e alla prossima, 
la vostra Vipera :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** TU SEI MIA ***


Come ho potuto fare una cosa del genere a lei? Alla sola persona a cui io tenga veramente? Cosa sono se non un mostro?

I must confess that I Feel like a monster.1  [Devo confessarlo mi sento un mostro]  

Era questo quello che pensava il Dio rinchiuso nella sua stanza. Anche lui si era rintanato lì, con l'intenzione di tenere tutti fuori dal suo mondo. Si guardò i palmi delle mani. Le stesse mani che avevano aggredito Cat solo qualche ora prima. Si affacciò alla finestra. Stava ancora piovendo, il cielo si era completamente oscurato, la pioggia si era infittita e fatta pesante, come il tormento che lo stava logorando. Non c'era alcun rimedio per lui. Cat non lo avrebbe perdonato, non questa volta. Lei che era sempre stata comprensiva e paziente con lui, non sarebbe riuscita a nascondere la paura che provava e il disgusto, non questa volta. Era sicuro di averglielo letto negli occhi. Aveva avuto paura di lui. E come darle torto, lui era un mostro. La ragazza aveva ragione, su tutto. E adesso l'avrebbe persa.

Si avventò furioso sui soprammobili che aveva di fianco e li scaraventò a terra, rompendoli. Urlò, cadendo in ginocchio sulle mattonelle e i pugni stretti fino ad affondare le unghie nella carne.

Poi udì il rumore di una porta che venne chiusa in modo non molto delicato, molto probabilmente l'aveva chiusa con un calcio e dei passi provenire dalla camera adiacente la sua, quella di Cat. Si rialzò e accostandosi al muro, tese l'orecchio e studiò i rumori che provenivano da lì. Dopo un primo momento di silenzio, sentì il suono ovattato dello scroscio dell'acqua. Si distanziò dal muro, incerto su cosa fare.

Devo andare da lei e chiarire. Le devo spiegare. E si diresse verso la porta ma quando alzò la mano per girare la maniglia, si tirò indietro. Con che coraggio mi presento alla sua porta? Non mi perdonerà mai per quello che le ho fatto.

Si arrese decidendo che non le avrebbe parlato; le avrebbe concesso un po' di tempo per elaborare la lite e magari, per perdonarlo. Si rinchiuse ancora di più in se stesso, oscurando l'intera camera con una magia e lasciando solo una piccola fiammella verde accesa, sulla quale si concentrò inchiodando i suoi occhi imperscrutabili.

Si ridestò dalla sua trance solo molte ore dopo, con un viso stanco e rassegnato. Si alzò, facendo fluire lentamente la luce artificiale all'interno della stanza. Posando l'orecchio alla parete non sentì rumori provenire dall'altra camera. La luna era alta e splendeva ormai all'apice del suo cammino e non era rimasta nessuna traccia del temporale. Era notte fonda e con ogni probabilità Cat stava dormendo ma se fosse stata sveglia le avrebbe dovuto raccontare molte cose, a partire dalla storia della sua vita e il perchè del suo carattere; tralasciando solo qualche secolo. Senza pensare a quello che stava facendo – cosa molto strana per lui –, uscì a grandi passi dalla sua stanza per entrare silenzioso come un gatto, in quella della ragazza. Era pronto a qualsiasi cosa avesse da dirgli, anche che non lo voleva più vedere, ma perlomeno doveva vederla e parlarle.

And I beg for forgiveness. [E io prego per il perdono.]

Quando entrò vide che stava dormendo. Era scomodamente distesa sul letto, con le gambe leggermente piegate e il busto supino, il petto le si abbassava e alzava ad un ritmo regolare e calmo. Sul volto aveva dipinta un'espressione beata, forse stava sognando. Le si avvicinò cercando di non fare rumore ma si accorse che aveva le cuffie e la musica si sentiva anche a distanza.

Come fa a dormire con quel chiasso infernale nelle orecchie? Questa ragazza continuerà ad essere sempre un mistero.

Le tolse le cuffie e riuscì a spegnere quell'attrezzo umano. Si sedette accanto a lei, togliendole il libro che si era appoggiata alla pancia lo mise sul comodino. Studiò con attenzione le ferite che aveva e un nodo gli si formò alla gola. Passò il palmo della mano prima sulla spalla destra e poi sulla sinistra e in un attimo le ferite erano guarite, sparendo del tutto; infine recitò un piccolo incantesimo che l'avrebbe fatta sentire meglio al risveglio. Quello era il suo modo per chiederle scusa, non sarebbe bastato ma almeno avrebbe rimediato. Scostò il lenzuolo da sotto il suo esile corpo e la coprì, adagiandola più comodamente. Le sciolse lo chignon e i capelli le ricaddero sulle spalle formando alle punte, dei ricci un po' grossolani ed emanando un delicato profumo fruttato. Rimase a guardarla ancora un po'. Si rese conto allora, che non era solo il volto che stava guardando ma tutto il corpo della fanciulla. Un corpo che lo attirava terribilmente e richiamava una parte sopita in lui e forse mai emersa, un desiderio cocente. Avrebbe voluto posare le sue labbra su quelle di lei, desiderando d'andare oltre un semplice e casto bacio. Si alzò di scatto, turbato dai suo pensieri.

Come è potuto accadere che un'umana mi facesse tale effetto?

La guardò un ultima volta prima di varcare la soglia ed uscire.


Quando Cat si svegliò, il sole era alto e splendente in cielo, come se volesse augurarle una buona giornata. E infatti era proprio così. Si sentiva stranamente di buon umore.

Scese al piano inferiore dirigendosi direttamente in cucina, dove c'erano Steve e Clint.

“Buongiorno!” sorrise la ragazza.

“Qualcuno oggi si è svegliato di buonumore.” disse Clint.

“Buongiorno a te, signorina.” rispose invece Steve sorridendole di rimando.

Oddio quanto è gentile. Se ci fosse stata Mary si sarebbe sciolta come un ghiacciolo al sole. E sorrise allegramente ai due uomini.

Prese una tazza da dentro una credenza e ci versò dentro il latte e una porzione massiccia di cereali.

“Di buonumore e affamate.” replicò Clint che ricevette una linguaccia giocosa.

“Adesso dobbiamo andare ad allenarci.” disse il capitano. Clint lo seguì “Mi raccomando ragazzina, non ti mettere nei guai.” e le dette una pacca sulle spalle. La ragazza emise un ''ahi'' involontario, quando in realtà non aveva sentito nulla.

“Sei così delicata?” scherzò Barton ma Cat non lo stava ascoltando. Si guardò le spalle e non vide niente e poi le ritornò alla mente quanto accaduto il giorno precedente. Non rispose all'agente e si precipitò in camera sua per guardarsi allo specchio. Una volta messa davanti al suo riflesso non potette altro che rimanere di stucco: le sue spalle erano guarite. Niente più bruciature, neanche l'ombra.

Possibile che siano guarite nell'arco di una notte?

Cercò di darsi una spiegazione. Come hanno fatto? Eppure erano evidenti, non gravi, ma c'erano.

Spostò lo sguardo dal letto al comodino e viceversa. Ieri sera mi sono addormentata mentre leggevo con l'iPod acceso e questa mattina no, addirittura ero sotto le coperte, cosa che non ero ieri sera. Che sia stato..lui?

Poteva essere stato davvero lui? Non c'erano altre spiegazioni se non quella. Ritornò davanti allo specchio e passò un dito sulla pelle liscia e olivastra. Sorrise. Era stato lui, ne era certa.

Passò il resto della giornata a gironzolare per casa, da sola. I Vendicatori erano fuori ad allenarsi e di Loki nessuna traccia. Avrebbe voluto parlargli, ma non riuscì a trovarlo. Solo a tardo pomeriggio, mentre era ritornata in camera a leggere, qualcuno bussò alla porta anche se era già aperta.

Al di là della soglia c'era il Dio degli inganni che aspettava una risposta dalla mortale, che però non giunse.

“Posso?” domandò alla fine.

Cat fu sorpresa di trovarselo lì, non avendolo sentito bussare. Si alzò in piedi di scatto e stringendosi nelle spalle disse “E' un paese libero.”

Loki si avvicinò alla mortale con cautela; si era studiato un discorso per quella occasione, ma quella creatura riusciva a disorientarlo e alla fine gli uscì un “Mi dispiace per come ho reagito ieri.” era poco più che un sussurro. “Sono stato uno..”

“Stronzo.” concluse la frase Cat.

“Già.” disse afflitto spostando lo sguardo prima sul pavimento e poi nuovamente sulla ragazza. “Stai meglio?” le domandò leggermente preoccupato.

“Non saprei. E' tutto così assurdo.”lo guardò in quegli occhi turchesi, socchiusi quasi a due fessure, che le toglievano il respiro.

“Lo so.” era una cosa che lo aveva tormentato per tutta la giornata, impedendoli di dormire e costringendolo in una lunga e solitaria passeggiata .

“Non voglio avere paura. Non voglio aver paura dell'unica persona di cui mi fido.” disse avvicinandosi e gli passò una mano sul viso, che venne delicatamente presa dal Dio, scosso dalla sua rivelazione.

Lei si fida di me? Io che degli inganni sono il Re?

“Tu ti fidi di me?” domandò incredulo.

“Certo che mi fido.” disse con naturalezza. “L'altro giorno, però, ho avuto molta paura.” gli confidò.

“Non ne avrai più.” disse infine, la ragazza gli sorrise. Un sorriso amaro, però. Loki se ne accorse e gli domandò “C'è qualche altra cosa che non va?”

Cat cercò di nascondere la preoccupazione in un sorriso tirato e quando fu sul punto di dire no, venne fermata.

“So quando menti, lo riconosco. E adesso stai mentendo, non puoi ingannarmi.” disse con una punta di sarcasmo nella frase.

“E' che questa situazione è così complicata. Mi spaventa.” disse mordendosi un labbro. “Tu non mi lascerai, non è vero?” lo supplicò infine puntando i suoi occhi color del cielo in tempesta in quelli magnetici del Dio, pregando che non fosse una frase troppo smielata per i suoi canoni. Lui la guardò intenerito e facendole poggiare la testa contro il suo petto, le accarezzò i capelli inebriandosi del profumo che emanavano.

“Non ti lascerò più.” la scostò per avvicinarsi alla sua bocca, desideroso più che mai di baciarla e di averla tutta per se.

C'era stato solo un lieve contatto tra le loro labbra, atteso e sospirato da entrambi, quando qualcuno li interruppe, entrando dentro. I due si staccarono e guardarono imbarazzati l'intruso.

“Interrompo forse qualcosa?”

Loki che si era girato di scatto verso quella voce inopportuna stava per annuire, ma fu interrotto da Caterina.

“No, no. Entra pure Tony.” gli era rimasto simpatico fin da subito, forse per la sua aria da irriverente e per il suo carisma e lo fece entrare con molto piacere ma si guadagnò uno sguardo tagliente da Loki.

“Ho portato la cena.” disse prima di uscire da quella camera con un'ombra di sorriso malizioso sulle labbra. La ragazza lo seguì a ruota e lo fermò.

“Senti Tony,” disse con evidente imbarazzo stampato sul volto, con le guance rosate “riguardo a quello che hai visto prima...” si morse il labbro; non sapeva come spiegare la cosa che era appena successa tra lei e il Dio e come andare avanti nella richiesta da fare. Tony la guardò divertito e sulla bocca si disegnò l'ennesimo sorriso malizioso.

“Io non ho visto niente. Forza, andiamo. La cena è pronta.” e andò via. Cat tirò un sospiro di sollievo. Quell'uomo era davvero grande. Aveva già capito tutto ancor prima che lei parlasse. Intelligente, sexy e pure perspicace, Pepper era davvero fortunata. O era lui ad esserlo con una donna come lei al suo fianco?

I pensieri si dissolsero quando il suo stomaco iniziò a brontolare tanto che anche Loki, che l'aveva raggiunta, lo sentì. Finalmente si mangiava! Caterina non mangiava da più di ventiquattr'ore e non le era mai capitato. I suoi amici dicevano sempre che il suo stomaco era un pozzo senza fondo. E in effetti, avevano ragione.

Scesero in cucina e videro l'intero tavolo imbandito con pietanze di ogni genere. Gli altri erano già seduti e avevano iniziato a mangiare da poco; lei e Loki furono fatti sedere vicini.

“Qui abbiamo cinese, qui giapponese, poi c'è del shawarma3 e là c'è la pizza.” disse Tony indicando le varie zone del tavolo.

“Io adoro la pizza!” esclamò assaporandola solo con lo sguardo. E il suo stomaco rincarò la dose di lamenti.

“Se non sbaglio tu sei per metà italiana, vero?”

“Si, da parte di mamma.”disse pronunciando quelle parole con una eccentuata nota di tristezza. Ormai si erano già resi conto della sua scomparsa mobilitando tutte le forze di polizia per ritrovarla. Se solo li avesse potuti avvertire, se li avesse potuti salutare un ultima volta. Sentiva già la loro mancanza non sapendo quando e se li avrebbe visti.

Sospirò triste.

“Li rivedrai presto.” le disse Tony intuendo i suoi pensieri.

“Tu dici?”

“Certo! Sono io quello intelligente qui dentro, quindi se ti dico che li vedrai presto, sarà così!”

“Il solito sbruffone.” aggiunse Steve.

“Beh, almeno a me non hanno iniettato degli steroidi. La mia intelligenza è tutta naturale.” disse sorridendo sotto i baffi.

Steve si stava per alzare in piedi e controbattere ma venne fermato da Nat. “Ehi, non ne vale la pena.” e gli fece segno di sedersi.

Cat sorrise divertita. Saranno stati anche degli eroi, ma quando non erano in servizio erano persone ''normali'' come tutti gli altri. Anzi, Tony e Steve sembravano come una coppietta di vecchietti che litiga su tutto pur di darsi contro.

Si sedettero, mettendo da parte il risentimento, e iniziarono a mangiare. Loki aveva preso solo un misero involtino di primavera, rimpiangendo le prelibatezze asgardiane, mentre Caterina aveva fatto il pieno, prendendo un po' tutto, iniziando a mangiare con soddisfazione. Il Dio moro e tutti gli altri la stavano guardando stupiti di quanto, una ragazzina minuta come lei, potesse mangiare senza dar segno di sazietà. Quando lui ebbe a malapena finito quello che aveva nel piatto, lei era già al secondo giro. Lei e Thor avevano iniziato, senza dirlo apertamente, a fare a gara a chi riusciva a mangiare di più. Con grande sorpresa di tutti la ragazza, che riuscì a tenere testa al Dio, si arrese solo alla quarta portata.

Durante la serata ci furono molti discorsi divertenti e spensierati; alcuni di loro parlarono di avventure vissute, azioni compiute, frasi dette e aneddoti che la fecero divertire molto. I suoi racconti preferiti erano quelli di Stark, riusciva sempre a far sembrare tutto facile e divertente. Dopo cena si spostarono in un enorme salotto con luci soffuse e comodissimi divani in pelle. L'arredamento era proprio all'ultimo grido in fatto di moda e alla ragazza parve strano che lo SHIELD si preoccupasse di tali sciocchezze, dato che il suo compito era quello di salvare il mondo. Si guardò intorno un po' disorientata, seguendo gli altri che sembravano perfettamente a loro agio. Stark più di tutti. L'uomo avviatosi al bancone con una certa familiarità, dove erano riposte le bottiglie di liquore, disse alla ragazza che era ancora in piedi a bocca aperta “Ti piace come ho arredato l'appartamento?”

A parte il fatto che quello non era un vero e proprio appartamento bensì una villa, cosa aveva detto? Ti piace come ho arredato l'appartamento?

Cat guardò l'uomo senza capire e assunse un'espressione interrogativa. “In realtà è stata arredata da Pepper, lei ha più gusto. Comunque che credevi? Lo SHIELD se lo sogna uno stile come il mio.”e cominciò a trafficare con bicchieri e bottiglie.

Dubbio risolto, quella splendida villa era una delle molte proprietà di Stark. In effetti c'erano molti indizi che lo facevano capire, ad esempio lo stile megalomane tipico di Stark ma lei non aveva avuto modo di accorgersene; in poco tempo la sua vita era stata stravolta, è normale quindi che certi dettagli passino inosservati.

“Chi vuole un drink?” disse alzando la bottiglia trovata in un mobile. Tutti alzarono la mano, anche Cat, tranne Loki.

“Tu piccolo cervo, ne vuoi?” disse con aria divertita. Loki lo guardò malissimo.

“Perchè continua a chiamarti in quel modo?” disse Caterina al Dio tra il divertito e il curioso, già con il bicchiere in mano; si ricordò che lo aveva chiamato in quel modo anche quando erano a New York. Ma al posto di Loki, rispose Stark.

“Ma come? Non gliel'hai mai detto? Devi sapere che il Bambi qui presente aveva un elmo con le corna tanto sciocco e stupido quanto lo era lui. Per fortuna adesso lo ha buttato.” la battuta di Tony fece ridere tutti, tranne il soggetto della conversazione. Si intrattennero fino a tardi, poi alla fine, andarono via quasi tutti ritirandosi nelle proprie camere.

Caterina venne accompagnata da Loki fino alla porta; stava per andarsene ma fu fermato dalla ragazza che lo invitò dentro.

“Io non ho sonno, ti va di entrare?” lui annuì.

“E' stata proprio una bella serata.” disse lei stiracchiandosi. “Era da tanto che non mi divertivo così.”

“Però mi sembra che l'altra sera tu ti sia divertita con la tua amica Mary e il tuo amichetto.” disse scocciato Loki.

Lei lo guardò con un'espressione mista tra ilarità e stupore. “Come fai a saperlo?”

“Perchè ti ho visto.” rispose tranquillo lui.

“E come?”

“Ho usato un vecchio trucco per visualizzarti mentre ti aspettavo qui.” lo disse come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.

“Mi hai spiata?” le scappava da ridere.

“Non ti ho spiata. Ti ho solo osservata perché sapevo che eri in pericolo.” cercò di giustificarsi.

A Cat non importava se l'aveva spiata o meno, anzi ne era felice poiché significava che lui era interessato a lei e questo le faceva piacere. Ma, come aveva chiamato Jake? Amichetto?

“Non sarai mica geloso di Jake?” disse stuzzicandolo. Loki si dette un certo contegno.

“No.” sarebbe risultato convincente a tutti ma Cat, che lo conosceva, sapeva che aveva mentito.

Caterina iniziò a ridere di gusto.

“Ahah.. sei geloso! Non ci posso credere, sei geloso.. di Jake.” disse ridendo e mettendosi una mano sulla pancia, come per trattenersi dal ridere. Lui si sentì leggermente offeso e rimase serio a fissare la ragazza, che nel frattempo si stava riprendendo avvicinandosi alla finestra aperta, per prendere un po' d'aria, senza smettere di sorridere. Abbassò lo sguardo solo per qualche secondo e quando alzò gli occhi, il suo cuore perse qualche battito. Il volto della giovane era illuminato dalla luna, che splendeva piena sopra di loro. A sedere sul davanzale della finestra, si stava godendo il fresco venticello di quella serata estiva, con la bocca leggermente schiusa e i capelli mossi dal vento.

Cat guardò il Dio venirle incontro e seguendo il movimento leggero della sua mano, si sentì sfiorare la spalla. Le era caduta una spallina della canottiera e lui gliela aveva rimessa su. Quel semplice e involontario contatto fece si che la mortale venisse attraversata da un brivido di piacere. Il Dio, dal canto suo, bramava quella ragazza con tutto se stesso. Avido della sua bocca, desideroso di quel corpo. Si ritrovò di fronte a lei sfiorandole il viso con le mani; la attirò a se e la baciò con tenerezza; con quel innocente bacio scoprì di volere di più. Così premette più forte e le loro bocche divennero una cosa sola. Fece scivolare lentamente le mani giù lungo il collo, per spostarsi sulla schiena. Caterina lo circondò con le braccia in modo che i loro corpi premessero l'uno contro l'altro. Loki sentì il seno premergli contro il petto e il cuore della ragazza battere veloce.

La mortale gli tolse i vari strati che componevano la veste e sfiorò leggera il petto duro del Dio con l'indice. Lui le prese una mano e se la portò al cuore. Aveva la pelle così fredda, che per un momento le venne quasi istintivo togliere la mano, ricordandosi per un solo istante che quel ghiaccio le aveva fatto del male; eppure lo desiderava così tanto che non se ne curò e poi quello che le disse dopo, cancellò ogni ombra di timore.

“Ti voglio tutta per me.” le disse con voce melliflua all'orecchio.

Posò le sue labbra sul collo rovente e iniziò a succhiarle delicatamente la pelle, mentre lei gli era montata in collo avvinghiando le gambe intorno al Dio. Smise di baciarle il collo giusto per vedere le guance colorite della mortale, la sua mortale. Si sdraiarono, poi, a letto, ardenti di consumare quell'amore che avevano taciuto per tanto tempo. Stretti l'uno all'altra, si donarono reciprocamente corpo ed anima.

Alla fine si adagiarono di fronte per potersi guardare; i loro corpi nudi, coperti solo da un lenzuolo bianco, erano a pochi centimetri di distanza. Avevano il fiatone e le loro fronti erano leggermente imperlate di sudore. La mortale si abbandonò al sonno stretta tra le braccia rassicuranti di Loki.

È così strana, sconosciuta e conosciuta al tempo stesso questa sensazione che ho dentro, che non mi sembra vero. È mai possibile che abbia ancora impressa sulla pelle il suo freddo? Un freddo che farebbe rabbrividire chiunque, ma non me. Può il freddo essere una fonte di calore e di amore, che riscalda il cuore e fa sciogliere il corpo? Se è lui a farmene dono, si. È proprio così.

La mattina fu svegliata dai raggi del sole, penetrati attraverso la tenda. La finestra era aperta e lasciava entrare un fresco venticello che donava sollievo.

Caterina si svegliò lentamente, stropicciandosi gli occhi. Si rigirò e vide che il Dio stava ancora dormendo. Era meraviglioso, il viso baciato dal sole che faceva risaltare la sua perfetta carnagione diafana e quei bellissimi capelli diventati ancora più neri, come una notte senza stelle e ancora più lunghi, con l'espressione tranquilla sul volto che difficilmente gli si poteva vedere quando era sveglio. Per la prima volta lo vide spettinato e le scappò da ridere; iniziò a prendergli le punte con due dita, per poi passarci tutta la mano. Lo guardava incantata senza riuscire a distogliere lo sguardo.

Poi il suo amante si destò. “Sei sveglia da molto?” lei scosse la testa, sorridendo appena. “Ti vuoi alzare?”

No, non avrebbe voluto farlo mai più. Voleva rimanere ancora sotto le lenzuola con lui per non rompere l'incantesimo.

L'esitazione di lei bastò come risposta al Dio, che se l'avvicinò e coprì i loro corpi sotto il lenzuolo.


 


- Angolo dell'autrice - 
C'è poco da dire su questo capitolo dato che si spiega da solo. Dopo quel loro ENORME battibecco hanno fatto la pace.. e che pace eheheh... XD
Inoltre Cat, proprio come me, ama la musica rock e metal e quindi all'interno di questo e dei prossimi capitoli troverete alcuni pezzi dei miei brani preferiti, che, a mio modesto parere, rendono meglio l'idea che voglio dare alla storia e all'atmosfera in cui si muovono i personaggi.

NOTE
1: Monster, Skillet;
2: Silver and Cold, AFI;
3: shawarma = kebab; da quando Tony lo ha assaggiato dopo la battaglia di New York non ne può più fare a meno e lo propina tutti.

RINGRAZIAMENTI
 Grazie a Yuki e LullabyJane per i loro preziosissimi commenti; a hikikomori97 per aver messo la storia tra le ''preferite''; a Anastasia_Snape, LullabyJane e Rack12345 per aver messo la storia tra le ''seguite''.... 
Un bacio, vostra Vipera  :-*

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** PRELUDIO DI UNA TRAGEDIA ***


                                          I LOVE YOU (PRELUDE TO TRAGEDY)1


I giorni si susseguirono tranquilli, senza nessun segno di un potenziale attacco alieno.

I Vendicatori si esercitavano costantemente in una zona, fuori portata, all'interno del perimetro. Più di una volta Caterina li vide rientrare con lividi, graffi e armature ammaccate. A volte le permettevano di osservarli, ma il più delle volte le era proibito perchè troppo pericoloso.

Un giorno, emozionata dalle gesta di quegli eroi, chiese a Clint e Natasha di farle un corso accelerato di tiro con l'arco e autodifesa. I due furono felici di darle una mano, sopratutto quando videro con quanta facilità apprendesse le nozioni basilari. Assorbiva tutto come una spugna; era un allieva perfetta tanto che le intensificarono gli addestramenti e tutte le volte tornava con qualche livido in più ma sempre sorridente e felice anche se stremata.

I suoi giorni, quindi, furono scanditi da stancanti mattinate in cui tirava cazzotti e calci, sotto la supervisione di Natasha – anche se Clint continuava a ripetere che non aveva bisogno, era già brava – o scoccava frecce sentendosi un pò come Legolas. Fu grazie a quegli sfiancanti allenamenti che potette stringere un rapporto di amicizia con Natasha e Clint. Sebbene all'inizio le stesse antipatico, l'agente Barton si rivelò un ottimo insegnate e amico; non era l'antipatico, presuntuoso e arrogante che credeva lei. Trascorreva rilassanti pomeriggi in compagni di Loki e Thor per farsi raccontare di più del loro mondo e dagli altri compagni con cui stava pian piano legando.

La notte, invece, era solo per il Dio e la mortale. Nonostante in pubblico lui rimanesse il solito insopportabile arrogante ingannatore e lei allegra e solare con tutti, il gruppo non potette fare a meno di notare un certo affiatamento tra i due, nonostante qualcuno continuasse a sostenerla una cosa impossibile dato le loro nature così diverse.

Un caldo pomeriggio, dopo un'estenuante allenamento passato a menare calci, pugni, a sparare e scoccare frecce, Cat fece una richiesta ai suoi maestri.

“La prossima volta mi posso allenare con voi?” disse mettendola sul vago.

“E' quello che facciamo quasi tutti i giorni.” le rispose l'uomo, guardando di sottecchi Natasha, intuendo dove volesse arrivare la ragazzina.

“Io intendevo con tutti voi.”

“E' fuori discussione.” replicò l'uomo all'istante.

“Dai, per favore!” disse unendo le mani e facendo il broncino.

“E' troppo pericoloso.” parlò senza guardarla, sistemando le ultime frecce rimaste.

“Eddai, eddai, eddai.” gli urlò nell'orecchio, saltellandoli vicino. Clint la tenne ferma e cercò di dissuaderla. “No. Ripeto, è fuori discussione. Potrebbe essere troppo pericoloso per te.”

Le toccò arrendersi. Barton non avrebbe cambiato idea e anche Natasha era dalla sua parte; due contro uno, non avrebbe vinto comunque. Pazienza, prima o poi ce l'avrebbe fatta a convincerli.

Mentre facevano ritorno alla base, Cat si sentì chiamare dal giardino. Si voltò e guardò intorno ma non vide nessuno. Poi una sagoma scura, fermatasi un attimo ad osservarla, si insinuò nel folto del bosco. Quella era la magia di un potente mago, che, con voce subdola e lusingatrice, la chiamava a se.

Sorrise. Stava per seguirla quando Natasha la richiamò.

“Non entri?”

“No, ho voglia di fare una passeggiata.” disse senza guardarla nemmeno. Si avviò all'interno del bosco mentre i due agenti si lanciarono un'occhiata d'intesa.

All'interno della boscaglia altro non si sentiva che il suono dei suoi passi. Poi, di nuovo, il suo nome riecheggiato nell'aria o nella sua testa, non sapeva dire dove con precisione. Seguiva quella voce suadente, ingannevole, per tutti, tranne per lei. Si fermò sotto un grosso faggio rosso, attendendo.

Stava guardando avanti a se, con aria sognante e fu così che non si accorse che qualcuno l'aveva raggiunta e si trovava alle sue spalle. Il rumore di un ramoscello rotto intenzionalmente la riscosse e la fece voltare.

Loki le era praticamente addosso, si avvicinò di qualche passo fino a che lei non fu a contrasto con il tronco dell'albero.

“Mi hai spaventata.” disse piano, quasi un bisbiglio.

“Ah si?” le disse con un sorriso sornione sulle labbra mentre si avvicinava al viso. Il respiro caldo e affaticato di lei si mescolava a quello freddo di lui.

Gli occhi languidi indugiarono su quelli del Dio, le sue guance si tinsero di rosa. Loki le sollevò il mento e stampò la sua bocca sopra quella della ragazza. In un attimo il bacio divenne più impetuoso, le labbra si schiusero vogliose l'una del sapore dell'altra. Le piccole mani della mortale, appoggiate delicatamente alla veste verde del principe, iniziarono a salire lungo il collo, dove si soffermarono un poco, per poi immergersi nella folta chioma corvina; le mani del Dio, curiose, avide, e delicatamente prepotenti si insinuarono sotto la maglia aderente, provocando scariche di piacevole freddo in lei. Si misero ancora di più a contrasto con il tronco; le gambe di lei a cingere il busto di lui, che sfrontato più che mai, salì con le dita dalla pancia fino al seno. Si staccarono quanto bastava per riprendere fiato; vide il dolce viso dell'umana color della melagrana. Loki le baciò la bocca, si spostò sulla mandibola e poi sul collo dove si soffermò, compiaciuto del respiro corto di lei. Scese ancora più in basso, fino all'incavo del collo, facendola scivolare un poco in modo che i loro ventri fossero a stretto contatto.

“Credo che ti dovresti fermare.” fu poco persuasiva, perchè il Dio non le badò e continuò, anzi la strinse ancora di più, continuando a lasciarle lievi segni sul collo. Durante i suoi studi giovanili si era imbattuto in letture che parlavo che su Midgard gli antichi greci veneravano degli Dei che bevevano una bevanda chiamata Ambrosia o nettare degli Dei, per lui il vero nettare era la sua pelle, il suo corpo, le sue labbra e il sapore di pesca che non le lasciava mai.

“Credo proprio che ci dovremo fermare.” disse più sicura di se, allontanando il viso di Loki. Quando la sua bocca si staccò dalla pelle, la ragazza emise un leggero, quasi impercettibile gemito.

La guardò con aria interrogativa.

“E' solo che non voglio che ci vedano. Qui siamo troppo allo scoperto.” il Dio si guardò intorno, sghignazzò e subdolo disse “Siamo in mezzo ad un bosco, chi vuoi che ci veda?”

“Non è per quello. Sai cosa voglio dire.”

Non fu necessario parlarne, sapevano già che avrebbero dovuto mantenere nascosta la loro relazione per evitare che lei venisse giudicata troppo ingenua a fidarsi di Loki, mentre lui veniva accusato di ingannare la ragazza.

Loki le dette un bacio sulla fronte, la fece scendere e si avviarono insieme verso la base. Prima di uscire dal boschetto, la fece fermare e alzando il palmo della mano verso l'alto fece comparire sopra di esso una collana col cinturino in pelle e una pietra di colore verde su cui era incisa una runa.

2

“Si chiama Berkana. È simbolo di protezione.” le spiegò mentre gliela legava al collo. “Non toglierla mai. Ti proteggerà da tutto quello che non è del tuo mondo, anche da me.”

“Ma tu non mi faresti mai del male.”

“Beh, l'altro giorno te ne ho fatto.” disse abbassando gli occhi su di lei.

Cat sfiorò con l'indice la superficie liscia della pietra, ripassando i contorni dell'incisione. “Grazie, è bellissima.” si alzò in punta di piedi e poggiando le mani sulle spalle del Dio, gli dette un fugace e tenero bacio sulla guancia.

Rientrarono insieme, lui spettinato, con i capelli che li cadevano sul viso, lei con le guance vermiglie e un'aria peccaminosa.

“Ehi Cat, va tutto bene?” le domandò Steve che stava uscendo dalla cucina e li vide insieme, più strani del solito.

“Si, va tutto a meraviglia.” e scomparve al piano di sopra.

Tutto procedeva, in effetti, a meraviglia.

Poi, la situazione cambiò.

Caterina iniziò a sentirsi sempre più stanca, non riusciva più a reggere il ritmo serrato degli allenamenti e le toccava terminare ogni volta sempre prima.

Per non parlare di quanto stava male la mattina. Si sentiva lo stomaco in subbuglio, in preda a nausea che le impediva di muoversi. Continuava a sostenere che non avesse niente e che le sarebbe passato presto.

Una mattina, però, successe qualcosa di inaspettato.

Si svegliò di colpo a causa della forte nausea che l'aveva aggredita e nel giro di un paio di minuti, si ritrovò sulla tazza del gabinetto a dare di stomaco. Ritornò in camera asciugandosi i lucciconi agli occhi che gli erano venuti a causa dello sforzo e si rimise a letto.

Loki si era svegliato e la stava aspettando disteso su di un fianco con la mano a reggersi la testa, con aria preoccupata.

“Ti senti bene?”

“Si, credo di avere solo l'influenza.” disse rimettendosi a letto e godendosi gli ultimi minuti tra le sue braccia, prima di uscire per gli allenamenti.

Si vestì di tutta fretta perché si era di nuovo addormentata come un sasso. Quando si alzò Loki non c'era più. Per quanto le dispiacesse era così che dovevano fare per mantenere la loro relazione al sicuro dai giudizi degli altri, che sapevano non avrebbero tardato ad arrivare. Si infilò i pantaloni in pelle nera, una maglietta del medesimo colore, si raccolse i lunghi capelli in una coda alta e uscì. Ormai pronta per cominciare un'altra mattinata di allenamenti si diresse in cucina, dilaniata dalla fame. Era sempre la stessa storia: dopo aver vomitato l'anima iniziava a mangiare qualsiasi cosa e a qualsiasi ora.

Varcò la soglia, passando davanti ad un calendario con in mano la tazza rotonda con la quale faceva sempre colazione, si mise a contare quanti giorni erano passati dal suo ingresso in quella base-casa, poi a quel conto ne subentrò inconsciamente un altro e quello che scoprì non le piacque per niente, tanto che per poco non le cadde tutto in terra.

Il suo ciclo era in ritardo di ben quindici giorni; di solito era regolare, perchè questa volta no?

Entrò nel panico. Come aveva fatto a non accorgersene? Come diavolo era stato possibile che non se ne fosse accorta del ritardo? Forse era troppo sconvolta e poi troppo felice e poi troppo..

Incosciente. Sono stata un'emerita scema ed incosciente!

Se aveva un ritardo così enorme, ci poteva essere una sola spiegazione per quanto sconvolgente e brutta potesse essere.

No, non è possibile. Non posso essere...

Le fu impossibile continuare quel pensiero assurdo. Cercò di fare mente locale, ricalcolando i giorni e il risultato fu sempre lo stesso. Doveva darsi una calmata e per riuscirci c'era solo un modo: doveva fare il test.

Farò il test e vedrò che è solo un sbalzo di ormoni. Deve essere SOLO uno sbalzo di ormoni.

Poi si ricordò che non le era permesso uscire.

Cazzo, non posso uscire! Adesso come diavolo faccio?

Poi le venne in mente la persona giusta che poteva aiutarla.

Cercò Natasha ovunque, senza riuscire a trovarla. Stava perlustrando ancora l'interno della casa quando si imbatté in Thor, andandoci a sbattere contro.

Cavolo quanto è grosso. In confronto a lui sembro una formica.

“Ciao Thor, hai visto Natasha?”

“E' fuori, credo stia uscendo. Va tutto bene?”

“Si, a meraviglia.” e si precipitò a rotta di collo fuori di casa.

Riuscì a fermare in tempo la macchina agitando le braccia e correndogli dietro.

“Natasha ho bisogno che tu mi faccia un favore.

“Certo, dimmi pure.”

Caterina dette uno sguardo all'interno della vettura e vide altre persone con lei che la stavano guardando, tutti uomini e nessuno che conoscesse, fu costretta a bisbigliarle nell'orecchio la sua richiesta.

“Cosa?!” sgranò gli occhi.

“Ssssh!! E' solo per sicurezza, non è niente. Però per favore, non lo dire a nessuno.” aggiunse con le guance arrossate per l'imbarazzo.


 

Romanoff rientrò solo nel tardo pomeriggio; durante questo periodo Cat si chiuse in camera sua, evitando tutti. Sopratutto Loki.

Durante tutta la giornata non riuscì a trovare un po' di pace, in preda al nervoso continuava a camminare su e giù per la camera, si sdraiava a letto sbuffando per poi rialzarsi. Aveva acceso lo stereo, attaccandoci il suo iPod e messo il volume della musica talmente alto che la potevano udire anche al piano di sotto. Ascoltò tutto il tempo le canzoni del suo gruppo preferito, gli H.I.M., le uniche canzoni che riuscivano a darle almeno una calma apparente.

Se fosse stata veramente... beh, in quel modo sarebbe stata rovinata.

Sono ancora troppo giovane, non sono pronta.

Benchè solo l'idea la straziasse e non ci volesse nemmeno pensare, la doveva prendere in considerazione. La cosa che più temeva era la reazione di Loki.

Vabbè che adesso era cambiato, non era più scontroso e arrogante – no, certe volte lo era ma ci aveva fatto l'abitudine – ma non avrebbe saputo dire come il Dio avrebbe preso la notizia.

Magari sarà felice. Si disse poi la sua speranza l'abbandonò e subentrò la paura e il dubbio. E se, invece, l'idea lo ripugnasse? Non potrà mai essere felice di aspettare un figlio da un'umana.

Si angosciò con questi e altri dubbi, fino al ritorno della donna.

[I'm done with questions, I have no answers, the choice is yours.] [Ho finito con le domande, non ho risposte, la scelta è tua.]3

Natasha bussò alla porta.

“Non voglio vedere nessuno, va' via.” urlò per sovrastare il volume della musica; ormai ripeteva quella frase come un nastro inceppato a tutto quelli che bussavano alla sua porta.

“Cat, sono io.” ed entrò con il sacchetto della farmacia in mano e storcendo il naso non gradendo evidentemente le canzoni.

Quanto era bella quella donna. Alta, con il fisico atletico e quella tuta nera super attillata la rendeva uno schianto. E poi era forte. Non solo a livello fisico; quello che Caterina le invidiava era la sua forza interiore, cosa che adesso a lei mancava. Romanoff posò la busta sul letto, fece per andarsene ma venne fermata da una voce impaurita e tremula.

“Ti dispiace rimanere?” aveva paura a restare sola, con quel suo grosso fardello. Spense lo stereo regalando un po' di sollievo alle sue povere orecchie e a quelle di tutti gli altri abitanti della villa. Prese la confezione dalla busta e si ritirò in bagno.

Tre minuti dopo uscì piangendo. Non c'era bisogno di parlare, quelle lacrime amare spiegavano già tutto, per non parlare delle due righette rosa sul display del test.

Natasha la prese per un braccio facendola sedere a letto, in attesa che si calmasse. Benché la donna fosse in grado di gestire qualsiasi tipo di emozione riuscendo a nasconderla e benché quelli che la circondavano – ma che non la conoscevano bene – la ritenessero abbastanza priva di emozioni, non potette fare a meno che essere dispiaciuta per la ragazza.

“Adesso cosa farai?” disse dopo che parve essersi ripresa.

“Non lo so.” le lacrime iniziarono di nuovo a bagnarle il viso.

“Glielo devi dire.” suggerì. “E' giusto che Loki sappia.”

Caterina la guardò stupita del fatto che lei sapesse. Credeva di essere riuscita a nascondere la loro relazione a tutti, ma a quanto pareva si sbagliava.

“Tu sai?”

“Non era difficile da capire.” le poggiò una mano sulla spalla come a darle un po' di sostegno.

“E come hai fatto?” chiese davvero curiosa, nonostante la curiosità in quel momento le parve fuori luogo.

“Sono andata per esclusione e comunque non era difficile intuirlo. State sempre insieme e lui ti guarda in un modo strano, diverso da come guarda tutti noi. Si vede che prova affetto per te.”

“Lui è un Dio e io solo un'umana.” singhiozzò.

“Se davvero tiene a te, ti aiuterà. Domani vai a parlargli.” la donna era veramente dispiaciuta e le disse che le sarebbe stata vicino qualsiasi cosa fosse successa.

Accettò il consiglio di Natasha; l'indomani mattina lo avrebbe detto subito a Loki. La Rossa la lasciò da sola, ormai non poteva fare più niente per lei. Sperò solo che il Dio fosse comprensivo e che le stesse vicino; non le parlò dei suoi dubbi sul fatto che Loki non sarebbe stato contento della notizia solo per non farla agitare più di quanto non fosse già.

Cat si addormentò molte ore dopo, stremata dal pianto, divisa tra una vaga speranza e una più certa paura.


- Angolo dell'autrice - 
Come prenderà la notizia il nostro caro Dio degli Inganni? Cat farà bene a preoccuparsi o si fa soltanto inutili (che poi tanto inutili non sono) problemi? Boh, chissà! XD
Ahahah, sono sadica e vi terrò sulle spine!! XD

NOTE
1: I love you, HIM;  non potevo non citare gli HIM, dato che sono il mio gruppo preferito.
2: la runa esiste davvero e si chiama proprio come dice Loki; prima di inserire questa parte nel capitolo mi sono documentata ed ha veramente - secondo la tradizione- il potere di proteggere, anche se ne avrebbe altri io scritto solo la parte che mi interessava.
3: Heal my wounds, The Poets of the Fall.

RINGRAZIAMENTI
Ringrazio di cuore tutti coloro che continuano a seguirmi e che mi lasciano commenti e complimenti capitolo per capitolo.
Un bacio, la vostra Vipera :-*

ps scrivere questo capitolo è stato faticoso, quindi siate clementi.. ciao ciao...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** BUGIE CHE FANNO MALE ***


['Cause I lost it all, dead and broken. My back's against the wall. Cut me open. I'm just trying to breathe, just trying to figure it out, because I bulit these walls, to watch you crumble and down. I said, then I lost it all. Who can save me now?] [Perché tutto è perduto, morto e spezzato, ho le spalle al muro, trafiggimi. Cerco solo di respirare, cerco solo di comprendere perché io ho costruito queste mura per vederti sgretolare e cadere, ho detto. Poi ho perso tutto. Chi può salvarmi adesso?]1




Fu una notte agitata da incubi tremendi.

C'era sempre tanto freddo e oscurità; si ritrovava a vagare sperduta e sola in una terra sconosciuta, circondata solo dal ghiaccio. Voleva ripararsi dalle raffiche di vento che le ferivano il volto, ma non ci riusciva. Intorno a lei c'erano solo roccia, neve e una landa desolata. Continuava a camminare coprendosi il viso con le mani, tagliate dalla furia vento. Alla fine cadeva stremata a terra, senza la forza di continuare. Si accasciava, aspettando di morire; poi una luce accecante si manifestava davanti ai suoi occhi e appariva l'unico che la potesse portare al sicuro, che, con un solo gesto, la potesse salvare perchè quella era la sua dimora. Intravedeva soltanto la sagoma, ma sapeva che era lui, così gli andava incontro, nuovamente rinvigorita dalla speranza. A quel punto egli si allontanava, portandosi via anche la luce. Caterina cercava di raggiungerlo, lo inseguiva, gridava il suo nome ma lui non si voltava neppure. Lo implorava di aspettarla ma lui, con un sorrido maligno spariva, abbandonandola.

[Trying hard to reach out, but when I tried to speak out, felt like no one could hear me] [Cercavo duramente di raggiungerti, ma quando provavo a parlare ad alta voce, era come se nessuno potesse sentirmi]2

Si svegliò all'alba, senza riuscire più a prendere sonno. Aveva la fronte imperlata di sudore e si sentiva affaticata. Durante la notte si era agitata così tanto da scaraventare le lenzuola a terra. Mettendosi a sedere sul materasso e spostandosi dietro le orecchie i ciuffi di cappelli gli si erano appiccicati alla fronte, cercò di riprendere il controllo di se stessa.

Sono solo sogni. Non significano niente. Si ripeteva per cercare di convincersi. Adesso mi faccio una bella doccia, mi rilasso – come se fosse possibile – e vado a parlare con lui. Natasha ha ragione! Troveremo una soluzione.

Si diresse in bagno per fare il secondo test pregando che quello della sera prima si fosse sbagliato. Attese, a sedere sul pavimento, quei interminabili, maledetti, eterni tre minuti ad chiusi. Tutto il suo futuro dipendevano da quante linee sarebbero apparse sul display.

Ma come si può essere lasciate sospese sul baratro da delle schifosissime righette rosa?

Sbirciò giusto un attimo, morsa dalla curiosità e dall'impazienza e per un solo attimo le parve che il display segnasse solo una linea; per un momento il suo cuore perse un battito di felicità; poi guardò meglio e vide che il risultato era positivo alla gravidanza. A quel punto il suo cuore perse tre battiti dovuto all'angoscia, lo gettò con rabbia nel cestino alzandosi e borbottando chissà cosa a mezza voce. Si sciacquò bene la faccia cercando di togliere i segni di pianto e di stanchezza, si vestì con i suoi soliti short e la maglietta che aveva trasformato in canottiera, si allacciò gli anfibi ricordandosi di tutte le volte che Clint e Natasha l'avevano rimproverata perchè tenendoli quasi slegati come faceva lei, c'era il rischio che si facesse male; avrebbe gradito di più rompersi una gamba che affrontare quella situazione. Comunque, adesso, le rimaneva una sola cosa da fare. La sua decisione l'aveva presa, ma non fu mai ansiosa di scendere per parlare con lui come in quel momento; fece con calma, parlando tra se e se e cercando di trovare le parole giuste. Alla fine si arrese.

Non c'è un modo per dare certe notizie. Non fare la codarda, adesso vai da lui e digli tutto d'un fiato: Loki aspetto un figlio.

A quel pensiero le ritornarono le lacrime a pungerle violente gli occhi già arrossati e stanchi.

Bastarde! Sempre pronte a venir fuori.

Per prima cosa lo cercò nella sua camera e non lo trovò, iniziò a girare per tutta la casa senza riuscire a trovarlo. Stava camminando lentamente, non aveva furia di parlare con lui; cercava di fingere che non fosse successo nulla e che lo stava cercando come lo cercava ogni mattina quando si alzava prima, per non farsi scoprire nella sua camera, ma quella volta era totalmente diverso. Assorta nei suoi dubbi, si imbattè in Fury.

“Hai visto Loki?” aveva una faccia da funerale, ma cercò lo stesso di sorridere.

“Si, è nella stanza in fondo al corridoio. E' succ..” non terminò la frase perchè la ragazza se n'era già andata, oltrepassandolo. Una volta trovatasi davanti alla porta, alzò la mano per bussare ma le voci al suo interno la fermarono. Sentì Thor e Loki parlare e si mise ad origliare.

“Ti prego, Loki, dimmi che non fai sul serio con quella ragazza.”

“Non capisco a cosa tu ti riferisca.”

“Non prendermi in giro, fratello. Ho visto come ti guarda la mortale.”

“E come mi guarda?” chiese col tono curioso, socchiudendo un occhio e arricciando un poco le labbra, ben sapendo come Caterina lo guardava. Thor non sopportava che suo fratello facesse il vago, quel suo comportamento non portava mai a niente di buono.

“Non essere vago con me. Sai benissimo come ti guarda. Vi ho visto che vi scambiate occhiate languide e fugaci quando pensate che nessuno vi veda.”

“E se anche fosse,” ipotizzò “cosa ci sarebbe di sbagliato?” disse Loki guardando il fratello negli occhi.

“Ho paura che questa storia vada a finire male.”

“Adesso ti preoccupi per me fino a questo punto?” lo schernì, ma il viso serio di Thor gli fecero capire che era così. “E comunque, anche tu ti sei legato ad una mortale.” gli fece notare mentre passava i polpastrelli della mano sinistra sul palmo dell'altra mano. Erano in piedi uno di fronte all'altro, davanti alla finestra, lo sguardo alto e fiero.

“E' vero, però io ho deciso di vivere come lei qui sulla Terra, vivendo come un terrestre. Tu saresti disposto a fare altrettanto?”

Prima o poi Loki avrebbe dovuto fare i conti con questo fondamentale aspetto della loro relazione. Caterina era ancora giovane ma sarebbe cresciuta e invecchiata, mentre lui sarebbe rimasto giovane per ancora molto tempo.

E, inoltre, era veramente disposto a perdere le sue doti, i suoi poteri per lei?

“Hai ragione. Stai tranquillo, ti assicuro che tra noi non c'è assolutamente niente. Appena questa noiosissima storia sarà finita, farò ritorno ad Asgard e qui non ci rimetterò mai più piede.” disse sorridendo fino a farsi spuntare delle fossette intorno alla bocca.

“Mi assicuri che non c'è nulla tra voi?” ripeté Thor poco convinto della veridicità delle parole del fratello.

“Non sono uno sciocco sentimentalista come te.” sputò velenoso. A quelle parole Thor riconobbe la vera natura di suo fratello e si convinse che stesse dicendo, per una volta in vita sua, la verità. Anche se si sorprese della sua affermazione perché era convinto che tra loro due ci fosse qualcosa. Doveva però ammettere che con la sua natura bugiarda e ingannevole era pressapoco impossibile che Loki si legasse a qualcuno, sopratutto da dopo la morte della madre e ad una ragazza umana.

La ragazza in tutto quel tempo era rimasta lì ad ascoltare, pietrificata.

Sono stata sciocca e ingenua. Sono stata un'illusa se credevo che lui mi volesse veramente bene. Mi ha ingannata per tutto questo tempo con false promesse, rimpinzandomi solo di bugie. Non sarebbe mai rimasto con me.

Scappò via, col petto dilaniato dal dolore, incapace persino di piangere. Un dolore così forte che le impediva di respirare.

[I'm suffocating under words of sorrow] [Sto soffocando sotto parole di dolore]3

Si strappò via la collana, gettandola sul pavimento con un gesto di rabbia.

Non voglio averci più niente a che fare con lui. Non voglio avere più niente che sia suo.

La sua fuga si arrestò quando si scontrò con Clint, che come al solito era in compagnia di Natasha, che la fermarono preoccupati.

“Ehi, ragazzina, che ti prende?” le domandò l'uomo contro la quale era andata letteralmente a sbatterci contro.

“Niente, lasciamo stare.” ringhiò lei a denti stretti, sbattendo violentemente le palpebre per non piangere e non guardandolo negli occhi. A quel punto stava per correre di nuovo via ma Natasha la bloccò per i polsi e si informò sul suo stato, immaginando che avesse già parlato con il Dio. La ragazza cercò di guardarla con fermezza, di essere forte e tenere lo sguardo alto come le aveva sempre insegnato ma non ci riuscì e scoppiò in un pianto disperato.

“Sono stata una STUPIDA a fidarmi di lui! Mi ha INGANNATA, non vuole stare con me, non l'ha MAI voluto!” piangeva così forte che i singhiozzi le impedivano di parlare e si mise ad urlare. Si liberò dalla presa e corse fuori.

Barton non aveva capito nulla e domandò “Ma che le è preso?” e mosse il braccio in direzione della ragazza che ormai era già sparita.

Natasha non rispose e si precipitò come una furia verso lo studio dove si trovavano ancora i due Dei, ignari di quanto era successo fuori dalla stanza, spalancò la porta e gridò un “TU!” così forte, così arrabbiato da deformarle quasi la voce e da far girare al contempo i due uomini, guardandola sorpresi e leggermente intimoriti dalla furia che si stava per scatenare su di loro, o meglio, su di uno in particolare.

Afferrò Loki per il colletto sbattendolo al muro, furibonda.

“Dimmi cosa le hai fatto?”

Il Dio non capì e non rispose. Fu scaraventato sul tavolo e gli venne riformulata la domanda.

“Dimmi, cosa le hai detto?”

“A chi?” chiese con un ghigno da schiaffi stampato sul volto. Natasha divenne cieca dalla rabbia e gli dette un cazzotto, non riuscendo a scalfire né il viso né il ghigno.

Thor, ancora incredulo dalla scena presentatagli davanti agli occhi, cercò di dividerli ma venne fermato.

“Stanne fuori tu.” ringhiò, liberandosi dalla debole presa del Dio biondo e allontanandolo. “Allora vuoi dirmi cosa le hai detto per farla piangere in quel modo? La vuoi abbandonare, non è vero?” si rivolse di nuovo a Loki.

“Chi sta piangendo? Chi vuole abbandonare chi?” chiese il Dio dei tuoni, confuso e guardando Barton che lo era ancora di più.

“Loki ha fatto scappare Caterina in lacrime. Adesso voglio sapere cosa le hai detto, mostro!” stava per colpirlo di nuovo ma l'agente Barton la fermò in tempo, allontanandola da lui.

“Qui non c'era Cat.” intervenne Thor.

“Certo che c'era! Altrimenti non sarebbe corsa via straziata dal dolore in quel modo.” aveva alzato la mano chiusa a pugno, pronta per colpire il colpevole, ma Clint la fermò.

“Ehi Nat, cosa ti prende?” le chiese dopo che la ebbe allontanata dal Dio moro. La donna lo stava guardando con tanto, tanto disprezzo.

“E' tutta colpa sua.” disse indicando il Dio degli inganni.

“Loki che cosa hai fatto?” tuonò Thor, guardandolo male con quei suoi occhi cerulei.

“Io non ho fatto niente.” disse alzando le mani a mezz'aria per discolparsi. Era abituato ad essere accusato di ogni sorta di cattiveria, ma questa volta era davvero innocente. Almeno, così credeva.

Thor si rivolse a Natasha per farsi spiegare il perchè delle sue azioni. Nel frattempo si erano affacciate altre persone attirare dalla confusione che veniva dentro la sala riunioni. Stavano assistendo alla scena anche Stark e Steve.

“Dimmi cosa è successo.” disse Thor cercando di calmare l'amica, dividendola nuovamente dal fratello.

“Caterina aspetta un figlio da Loki.”


 


- Angolo dell'autrice
Salve a tutti!! Ho voluto e dovuto aggiornare prima perché con la Pasqua ormai alle porte  non avrò molto tempo per dedicarmi alla correzione e pubblicazione dei capitoli.  Quindi, ho preferito anticipare..
Le cose, ahimè, si fanno complicate.. E lo saranno sempre di più. Questo è uno dei miei capitoli preferiti ma non prendetemi per sadica perché anche io ho sofferto insieme a Cat, mentre scrivevo questa parte XD

NOTE
1  Lost it all, Black Veil Brides;
2 Breakaway, Kelly Clarkson;
3 Suffocating under words of sorrow, Bullet for my Valantine.

RINGRAZIAMENTI
Ringrazio di cuore tutti coloro che continuano a seguirmi e che mi lasciano commenti e complimenti capitolo per capitolo. In particolare Yuki che commenta sempre.. Sei davvero molto carina, grazie grazie, grazie ;-))))
Un bacio, la vostra Vipera :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** LA FUGA ***


Non può averlo detto veramente. Non ci credo!

Continuava a ripetere sempre la stessa cosa. Non poteva credere che dicesse sul serio. Eppure l'aveva sentito con le sue orecchie.

''Appena questa noiosissima storia sarà finita, farò ritorno ad Asgard e qui non ci rimetterò mai più piede.''

L'aveva detto. Aveva pronunciato seriamente quelle parole, che in quel momento la ferivano come lame affilate, bloccandole il respiro nella gola.

Ha mentito. Ha mentito sin dall'inizio. E io sono cascata nella sua rete di menzogne come una stupida.

Si era nascosta dietro il grosso faggio rosso, cercando di far ritornare il suo battito cardiaco normale. In quel momento le rimaneva difficile respirare, come se l'aria intorno a lei si fosse dissolta. Il suo petto si alzava e abbassava veloce e non dava segno di decelerare. Inconsapevolmente si era fermata sotto lo stesso albero, che muto spettatore, li aveva visti nei loro fugaci e clandestini incontri, desiderosi solo di tagliare tutto il mondo fuori alla disperata ricerca di un luogo tutto loro. Ripensò a lui, alle sue parole dette a bassa voce, mentre facevano l'amore, sussurrate tra un respiro e l'altro. Le sue mani, fredde e roventi di passione. I suoi sguardi, le sue labbra. E tutto divenne un ricordo dannato, maledetto e angosciato. Era solo finzione. Lei era solo un passatempo per lui, nulla di più.

[Your touch used to be so kind. Your touch used to give me life. I've waited all this time, I've wasted so much time.] [Il tuo tocco era così gentile, il tuo tocco mi dava la vita, ho aspettato tutto questo tempo, ho sprecato così tanto tempo.]1

Si sedette a terra con le gambe incrociate provando a calmarsi perché il mondo iniziò a girarle sotto i piedi come una trottola; provò ad rialzarsi dopo pochi minuti ma dovette desistere, si sentiva senza forze. Appoggiò la testa al tronco dell'albero riempendo i polmoni di aria; il risultato? Dette di stomaco.

Dopo aver vomitato si sentì un po' meglio e pulendosi la bocca con il dorso della mano, si alzò per allontanarsi.

Era intenzionata a scappare via. Non importava se non le era permesso e se tutto il perimetro era recintato e sorvegliato, ci avrebbe provato e ci sarebbe riuscita. Non poteva sopportare di restare lì un minuto di più.

Prima di andare via, però, doveva prendere una cosa.

Ritornò indietro, dove di solito gli agenti lasciavano le auto. Ispezionò ogni singola vettura con fare disinvolto, in modo da non destare sospetti, in cerca di un telefono.

Ne trovò uno al quarto tentativo. Due agenti erano scesi per dirigersi dentro la base e avevano lasciato gli sportelli aperti con dentro i propri oggetti personali.

Prese il telefono e scappò via.

Corse, corse tanto. Corse fin quando non si trovò la strada sbarrata dal muro. Alzò il capo e vide che era troppo alto per poterlo scavalcare e non c'era neanche modo di arrampicarsi. Il muro era troppo liscio affinché trovasse delle sporgenze.

Batté una mano contro la superficie con stizza, respirando a fondo e cercando un modo per evadere.

Controllò intorno a se per vedere se ci fosse qualche appiglio che le consentisse di oltrepassare la recinzione.

Non lontano da dove si era fermata, c'era un albero la cui chioma sfiorava a malapena l'estremità del muro.

Senza ragionarci sopra, afferrò il telefono con i denti e iniziò la rampicata. Le lacrime le impedivano di vedere bene e la nausea era tornata più forte di prima; si fece forza continuando a salire sempre più in alto, fino ad arrivare al ramo sporgente che aveva visto da terra.

Una volta in cima, si mise a sedere sul tronco con le gambe sospese nel vuoto; dette uno sguardo a terra e fu attraversata da un brivido di panico. Inconsapevolmente aveva fatto una cosa che di solito non le sarebbe mai passato per la testa: arrampicarsi in alto. E lei era davvero molto in alto. Guardò in basso per qualche istante, poi spostò gli occhi sulla distanza che intercorreva tra la fine del ramo e il muro. Oltre l'altezza doveva pure considerare la distanza, di circa un metro, e la resistenza del suo appoggio. Prese le misure.

Ma che diavolo sto facendo? Devo saltare e basta!

Saltò dal ramo per rifinire aggrappata all'estremità della parete, con i piedi ciondoloni. Stava sudando freddo, se fosse caduta in maniera sbagliata si sarebbe sicuramente rotta qualcosa e le sarebbe toccato rimanere lì alla base e questo non se lo poteva permettere. Per questo strinse più forte che poté le mani alla sommità del muro e puntando i piedi alla parete, si dette la spinta che le serviva per mettersi a sedere a cavallo della recinzione. Nel spostarsi si scorticò un ginocchio e si graffiò un gomito ma neanche se ne accorse, troppo impegnata a fuggire via; e poi non era certo il dolore fisico che la faceva star male. Spostò le gambe dall'altra parte e guardando per un attimo in terra e pregando che non si rompesse niente, si gettò di sotto.

Quando toccò terra ruzzolò su se stessa per tre volte prima di fermarsi. Si era ricordata dei consigli che le avevano dato i suoi maestri per cadere senza rischiare di farsi male e fu proprio grazie a quei consigli che risultò indenne.

Il cuore le batteva forte a causa della scarica di adrenalina e le gambe le tremavano per via del salto, della paura e dall'agitazione. Cercando di stare in piedi, vacillando un pochino, si allontanò prima che qualcuno desse l'allarme, dato che era stata sicuramente ripresa da almeno una o due videocamere di sorveglianza.

La sua folle corsa continuò, più veloce di prima.

Ripercorse il tragitto che aveva fatto all'andata a bordo dei SUV, senza avvicinarsi troppo alla strada per non essere vista.

Non sapeva dire con certezza per quanto tempo corse, ma alla fine fu costretta a fermarsi stremata. Voleva riprendere un po' di energie, ma il rumore di una macchina la mise in allerta e si nascose dietro un cespuglio verde e rigoglioso. Quando si fu accertata che non sarebbe passata più nessuna vettura, riprese a spostarsi camminando velocemente. Ogni tanto tirava in su col naso e si asciugava le guance ancora bagnate dal pianto.

Si bloccò quando vide, in lontananza, un cartello posto sul ciglio della strada. Quando gli fu vicina lesse quello che c'era scritto e il suo morale si risollevò di poco e per poco tempo.

                                                     ''Welcome to Charleston''

Era un buon segno. Era riuscita a raggiungere il limitare della città e poteva chiamare aiuto per farsi portare via.

Prese in mano il telefono, componendo a memoria un numero.

Primo squillo. Secondo squillo. Terzo squillo.

Stava perdendo le speranze.

“Pronto?” disse una voce maschile assonnata dall'altro lato della linea. Molto probabilmente Jake era disteso pigramente sul divano tra il sonno e la veglia, e la suoneria del telefono lo aveva ridestato all'improvviso grazie anche alla suoneria che partiva all'improvviso, spaccando i timpani.

La gioia di sentire la sua voce le fece venire le lacrime agli occhi.

“Jake, sono io!” esclamò con la gola secca e un groppo attanagliato alle sue corde vocali.

“CAT?!” era sorpreso, stupito ed incredulo di sentirla.

“Si. Ti prego vienimi a prendere.” aveva la voce tremula.

“Ma dove sei? Che cosa ti è successo? Pensavamo tu fossi scappata! O che ti avessero rapita!!” il ragazzo era confuso e non riusciva a focalizzare bene la situazione attuale. “Stai bene? Sei ferita? Dov'eri finita? Che fine avevi fatto si può sapere?”

“Si, sto bene. Adesso, però, non fare domande. Sono al confine di Charlston, in Virginia. Ti prego vieni a prendermi.” adesso stava singhiozzando.

“Perchè sei in Virginia?”

“Io non volevo venirci, mi hanno costretta. Ti prego, vieni.”

“Oddio, ti hanno rapita? Non ti hanno fatto del male, vero? Chiama SUBITO la polizia!” Jake era ancora scioccato e non riusciva a rendersi conto di quanto stava capitando. Era balzato dal divano e stava camminando nervosamente per tutta casa con una mano sopra la fronte incredulo di stare parlando con la sua amica.

“Non mi hanno proprio rapita e comunque non la posso chiamare la polizia. È una storia molto lunga. Però, ti prego, vieni. Vieni a prendermi e portarmi via di qua.” lo supplicò disperata.

“D'accordo. Parto subito. Tu però rimani ferma dove sei. Ti richiamo io appena varco il confine.” era così preoccupato. Non sapeva dove fosse finita e quella chiamata lo aveva allertato.

Senza che nessuno gli dicesse niente, si era già immaginato che c'entrava di mezzo quel bell'imbusto del Dio. Altrimenti perché non voleva che chiamasse la polizia? Semplice. Perché la polizia non poteva fare niente per fermare un Dio.

Chissà in quali casini l'avrà cacciata quel maledetto! Tanto lo so che c'entra lui, anche se Cat non mi ha voluto dire nulla.

Appena ebbe riattaccato, montò in macchina senza dire niente alla sorella che, per sua fortuna, in quel momento era all'università e partì per la Virginia.

Nel frattempo Cat si era appoggiata al palo del cartello, col telefono in mano, guardando ogni pochino l'ora. Si sentiva la testa vuota, il cuore colmo di disperazione e dolore, il petto schiacciato da un peso invisibile e, quasi, assassino. Avrebbe voluto che Jake fosse stato subito lì per portarla via. Non si sarebbe dovuta lasciar convincere ad andare via all'improvviso; avrebbe dovuto avvisare qualcuno a tutti i costi ma lei aveva avuto fiducia e aveva sperato. Come al solito, si era fatta mettere nei guai. E adesso, che ne sarebbe stato di lei? Aveva imboccato una strada senza ritorno. Quella strada non l'aveva imboccata scappando, ora se ne rendeva conto, ma quel giorno di un paio di mesi prima decidendo di andare con loro, o peggio, lo aveva fatto quando si era legata ad un Dio bugiardo e meschino.

[Falling in the black, slipping through the cracks, falling to the depths, can I ever go back?] [Sto cadendo nel nero, scivolando tra le screpolature, cadendo nella profondità, potrò mai tornare indietro?]1

Erano appena passate due ore, quando in lontananza udì il rumore di alcune auto che venivano verso di lei. Appena riconobbe il rumore dei motori dei grossi fuori strada che avevano in dotazione gli agenti dello SHIELD, si precipitò nel folto del bosco. Si nascose dietro ad un cespuglio, sperando che non l'avessero vista. Ringraziò mentalmente il suo amico. Jake era un meccanico e fu lui ad insegnarle tutto sui motori, durante i lunghi pomeriggi passati insieme negli ultimi due anni. Se aveva riconosciuto quelli degli agenti, che probabilmente la stavano già cercando per riportare indietro, lo doveva a lui.

Grazie Jake.. a proposito....

Prese in mano il telefono, conscia del fatto che ormai avevano capito della sua fuga e che non le rimaneva molto tempo prima che la trovassero, richiamò il suo amico.

“Jake, dove sei?” chiese a bassa voce, come se qualcuno la potesse sentire e guardandosi intorno come un animale braccato e senza via di fuga.

“Ho appena sorpassato Savannah. Mi ci vorrà ancora un bel po' prima di arrivare da te. Dimmi, piuttosto, dove sei tu di preciso? E si può sapere che ti è successo? Tutti noi credevamo che fossi scappata.”

“Sono stata talmente stupida a fidarmi di loro, mi hanno costretta a scappare e mi hanno portata in una base militare in mezzo al bosco, poco fuori Charlston. Ma sopratutto non dovevo fidarmi di lui.” disse con la voce incrinata.

“Si tratta di quel Dio, non è vero?” Jake aveva sempre detto che non le avrebbe portato niente di buono, e adesso, purtroppo, ne aveva le prove.

“Si.” fu tutto quello che riuscì a dire.

“Non ti preoccupare, adesso. Vengo a prenderti io. Tu stai calma okay?” il tono della sua voce si era fatto dolce, per lei si sarebbe fatto sempre dolce.

“Ti prego Jake, non riattaccare. Non voglio restare da sola.”

“Va bene, restiamo in linea.” non voleva lasciarla sola e impaurita. Si sarebbe preso cura di lei. “Ehi Cat, sei sempre sul limite della città?”

“No, mi sono dovuta nascondere nella boscaglia.”

“Cerca di recarti in centro, lì ti troverò meglio.”

“Ma così mi troveranno anche loro.” disse con un filo di voce.

“Chi sono questi ''loro''? E si può sapere che cosa ti hanno fatto?”

“Sono dello SHIELD. Mi avevano detto di andare con loro perché ero in pericolo.” mentre parlava si stava incamminando verso la città, dando retta al suggerimento del suo amico. Dopo aver fatto una pausa e aver preso un bel respiro, si decise a raccontarli la verità.

“Non sono stati loro a farmi qualcosa.”

Ci fu un attimo di pausa. Caterina si immaginò Jake che cercava di mantenere i nervi saldi, stringendo le mani intorno al volante.

“E' stato lui?” domandò freddo e duro, sapendo già la risposta.

“Mhmh.” non riusciva ad andare avanti. Era così penoso che non riusciva a parlarne.

“Che cosa ti ha fatto?” adesso la sua voce era dura.

“Lui... io...” un rumore dietro di lei catturò la sua attenzione. Si voltò ma non vide nulla.

Forse è solo la mia mente che mi gioca brutti scherzi.

“Io sono..” ancora quel rumore, come di passi pesanti che spezzano ramoscelli e foglie. Questa volta era sicura di aver sentito bene. Si bloccò paralizzata dalla paura. Che l'avessero trovata?

Si voltò, trovandosi faccia a faccia con una creatura alta il doppio di lei, possente e dalla carnagione violacea, orrenda.

Provò a scappare via, correndo a più non posso tra gli alberi e i rovi, ferendosi gambe, braccia e viso per diversi metri prima di venire afferrata da un paio di mostri che sbucati da dietro dei tronchi, la stavano aspettando. Tenendola ferma, attesero che la creatura viola le si avvicinasse.

Le sue urla ruppero il silenzio del bosco.

“Aaaaaaaaah! Lasciatemi! Jake!!” urlò con quanto fiato aveva in gola dimenandosi per cercare di liberarsi dalla loro presa. Quella creatura gigantesca le si stava avvicinando e tentò con tutte le sue forze di fuggire, provando a graffiare, a tirare calci e scivolare via da quelle viscide mani, o meglio, zampe. Li guardò per un attimo e li riconobbe. Occhi gialli, il colore della pelle tra il viola e il grigio, muso allungato e denti sporgenti ed emettevano un verso raccapricciante. Non potevano che essere loro. Non potevano che essere Chitauri.

“Che succede Cat?” la voce del ragazzo le arrivava lontana, il telefono le era cascato ai piedi quando l'avevano afferrata e adesso era sepolto sotto un mucchio di foglie.

L'essere viola, una volta di fronte alla fanciulla che si dimenava come una dannata, disse qualcosa in una lingua sconosciuta e sghignazzò divertito.

“Chi c'è lì con te?”

“S..o C..ta..ri! So.. qui p.. me!”

Le interferenze resero impossibile per Jake, capire cosa stesse dicendo Caterina. Provò a farsi dire chi fossero, ma all'improvviso non udì più niente. Chiamò e richiamò l'amica, ma ormai non gli rispondeva più.

Prima che la ragazza potesse dare altre indicazioni su chi fossero quegli esseri, le venne gettata una polvere nera sul viso che le fece perdere immediatamente i sensi.













- Angolo dell'autrice-

NOTE
1 Falling inside the black, Skillet;
RINGRAZIAMENTI
Chiccardj, hikikomori97, Joe King, Rack12345, Yuki_KuranSnape18 per aver messo la storia tra le preferite, ne sono davvero MOLTO MOLTO onorata.
Jani1996 per averla messa tra le ricordate, grazie mille.
Anastasia_Snape, esi_chan, Keyla99, Lady of the sea, LullabyJane, marilu396, mizu7, Rack12345, TomFeltonMyObsession per aver messo la FF alle seguite. Vi voglio ringraziare nuovamente tutte/i (non so se ci sono anche dei maschietti, booooh XD).. siete fantastici, daverro ;-)
Un bacio carino e coccoloso a tutti :-*

KV

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** RAPIMENTO ***


Nel giro di qualche secondo all'interno della stanza si creò il finimondo. Le urla erano talmente forti che si potevano udire anche dal cortile.

Tutti stavano urlando contro il Dio che non aveva ancora focalizzato bene quello che gli avevano detto. Nessuno gli lasciava il tempo di dare spiegazioni, puntavano il dito contro di lui.

“Loki, mi avevi detto che non c'era niente tra te e la mortale!” Thor era infuriato, con la mano chiusa a pugno, riusciva a stento a trattenersi e a mantenersi calmo.

“Ho mentito.” disse atono.

“E perché? Perché devi sempre mentire?” gli domandò il fratello furioso, tentato di prenderlo a cazzotti.

“Per evitare situazioni come queste.” disse appoggiandosi al bordo di una scrivania, ripensando a quanto gli avevano appena detto.

“Ma non sei riuscito ad evitarla. L'hai addirittura peggiorata.” ci mancava davvero poco che non lo colpisse ma avrebbe dovuto mettersi in fila perché anche Nat era vicina a rompergli la faccia.

“Non potevo sapere che Caterina stesse ascoltando!”

“Perché se lo sapevi le avresti detto un'altra bugia?” intervenne Natasha.

“Io non le ho mai mentito, piuttosto l'ho fatto con voi.” disse spostando la mano per indicare i suoi interlocutori, che ammutolirono stupiti. Non dette il tempo a nessuno di dire altro e si precipitò fuori. Quando varcò la soglia della porta vide in terra c'era la collana che le aveva regalato. La raccolse e si diresse nella camera della ragazza; anche se non voleva avere niente a che fare con lui, anche se non gli avrebbe creduto, doveva almeno indossare quel ciondolo.

Senza questa è totalmente indifesa.

La porta era aperta e non c'era nessuno al suo interno. Vi entrò lo stesso, gridando il suo nome, pensando che si fosse chiusa in bagno. Anche quella porta era aperta e non c'era nessuno dentro. Mentre usciva, vide all'interno della camera Natasha, che lo aveva seguito, con la braccia conserte appena sotto il seno e le gambe leggermente divaricate.

“Se cerchi Cat, non la troverai qui. E' scappata fuori.”

Loki si precipitò in cortile, seguito da suo fratello e dai due agenti.

L'avevano cercata dappertutto ma della ragazza non c'era traccia. Né in camera sua né da qualsiasi altra parte. La risposta alla domanda su dove fosse finita, arrivò da un operatore incaricato di sorvegliare i monitor delle telecamere.

Richiamò la loro attenzione e li fece avvicinare alla sua scrivania. Nel filmato si vedeva chiaramente Caterina che arrampicandosi su di un albero, riusciva a scavalcare il muro e passare oltre. Il problema era che non c'erano telecamere che riprendessero oltre la recinzione, quindi sapere di preciso dove fosse andata non era facile.

Montarono di corsa in macchina e uscirono alla sua ricerca. Un'auto avrebbe perlustrato la zona boschiva, mentre la seconda avrebbe ispezionato la città. Con un po' di fortuna l'avrebbero trovata in centro ad aspettare un bus per ritornare a casa.

Mentre percorrevano la strada, Loki fu assalito da una visione che lo scosse profondamente.

“Fermatevi.” ordinò al conducente, che si arrestò all'istante inchiodando e spingendo i passeggeri in avanti.

Il Dio scese e si diresse nel folto del bosco, seguito da Natasha, Clint e suo fratello che non capivano dove stesse andando.

Si fermò vicino ad un albero, toccò la corteccia, chiuse gli occhi e la vide: stava parlando al telefono, quando un rumore dietro di lei l'aveva spaventata. Si era girata e non aveva visto niente, poi di nuovo quel rumore. Questa volta c'era qualcuno con lei. La vide, poi, mentre cercava di fuggire, si era ferita, era terrorizzata da qualcosa che aveva visto e che la stavano inseguendo. Non la stavano solo inseguendo. Quella era una trappola per farla dirigere nel punto esatto in cui la stavano aspettando per catturarla. La vide infine cercare di sfuggire alla presa salda di quei mostri, prima che tutto si dissolvesse in una nuvola nera.

Quando riaprì gli occhi, tutti erano intorno a lui aspettando che dicesse cosa aveva visto. Con la mano ancora appoggiata all'albero e gli occhi sgranati, riuscì solo a dire “L'hanno presa.”

Un telefono iniziò a squillare. Thor e Loki guardarono i due agenti come per dire ''deve essere vostro'', ma neanche loro avevano un cellulare. Iniziarono quindi a cercare di capire da dove provenisse quel suono, guardando in terra e spostando le foglie con i piedi. Lo trovarono poco prima che smettesse si squillare ai piedi di un albero; Natasha lo raccolse e rispose.

“Cat, cosa è successo? Perché non mi hai più risposto? Questa sarà la decima volta che ti chiamo.”

“Tu chi sei?” domandò a sua volta l'agente Romanoff.

“No no, chi sei tu! Dov'è Cat? Perché hai il suo telefono?” domandò il ragazzo non riconoscendo la voce della sua amica.

“Sono l'agente Natasha Romanoff, del dipartimento dello SHIELD.” aveva messo il viva-voce affinché lo sentissero tutti.

“Dov'è Cat? Cosa le avete fatto?” domandò furioso.

“E' quello che stiamo cercando di capire. E' scappata e credo che tu sia l'ultimo che l'ha sentita.”

“Certo che l'ho sentita. Mi ha chiamato lei. Quando l'ha fatto era in lacrime, in preda alla disperazione. Non ha fatto in tempo a dirmi cosa le era successo perché deve essere cascata la linea.”

“Cosa ti ha detto?”

“Mi ha chiesto di venirla a prendere, ed è quello che sto facendo. La voglio portare lontano da voi.”

“Credo che questo non sia possibile.” affermò la donna.

“E perché no? La volete proteggere? Me lo ha detto, sai, come lo avete fatto! E mi ha anche detto che se adesso è nei casini è tutta colpa di quel Dio!” era furibondo e stava urlando.

“Si può sapere chi sei, inutile umano?” disse Loki, tagliente, acido e fuori di se.

“Io sono Jake. E come mi hai chiamato? Sei tu il Dio che l'ha incasinata, vero?” si venne a creare un momento di silenzio, dopodiché Jake aumentò la dose di cattiverie nei suoi confronti. “Sei un essere schifoso! Che cosa le hai fatto, eh? Lei si fidava ti te. Se solo fossi lì, ti farei vedere io. Non mi fai paura, sai?”

Loki stava per rispondere ma fu fermato da suo fratello mentre Natasha cercava di calmare Jake.

Tolse il viva-voce e continuò la conversazione. “Senti la tua amica è scappata e abbiamo ragione di credere che sia stata catturata. Sai dirci nient'altro sulla vostra ultima conversazione?”

“Eravamo al telefono quando ad un certo punto l'ho sentita gridare e dire qualcosa, ma non ho capito bene, c'erano molte interferenze.” disse un po' più calmo.

“E' importante che ti ricordi cosa ti ha detto. Potrebbe esserci utile.”

“Mi sembra che abbia parlato di C – ta – ri e che erano lì per lei.” fece una pausa durante la quale cercò di capire che parola era quella che aveva sentito o aveva creduto di sentire. Alla fine domandò “Che cosa sono questi Citari?”

Natasha non rispose alla sua domanda e gli riattaccò in faccia.

La cosa era veramente seria. L'avevano trovata e l'avevano portata con se.


 

Venne trascinata per le braccia da due Chitauri, per una lunga e ripida scalinata. Non riuscì a capire dove si trovasse, aveva ancora la vista annebbiata e non aveva la forza per alzare il capo; preferì farsi credere ancora priva di sensi.

Tutte le stanze che avevano attraversato erano buie e fredde, ma quella in cui si fermarono lo era molto di più. Fu legata per i polsi e lasciata sospesa a pochi centimetri dal pavimento.

Quando gli alieni se ne furono andati ed ebbe la certezza di essere sola, cercò di tenere gli occhi aperti, evitando di perdere nuovamente i sensi.

La testa le faceva male, le pulsava tremendamente come se le avessero dato una botta; tenendo sempre il capo chino, vide che era stata lasciata ciondolone attaccata da qualche parte, ma non riuscì a rendersi conto a che cosa. Cercò di mettere a fuoco la vista, ma era come se il corpo non le rispondesse e facesse per conto proprio.

Più voleva vedere più le si chiudevano gli occhi.

Devo restare sveglia. Devo restare... sveglia... devo..

Le palpebre le si fecero pesanti e sprofondò di nuovo nell'oblio.

Si svegliò dopo circa un paio d'ore. Appena ebbe coscienza di se, fastidiosi dolori le invasero il sistema nervoso.

La testa continuava a farle male e a darle capogiri, in più, le braccia iniziavano a formicolarle e a perdere sensibilità. Sollevò il capo e vide che era appesa a dei grossi pali ricurvi con delle pesanti catene. Scosse i polsi, ma era legata bene e non c'era modo di sciogliersi. Provò a dondolare avanti e dietro e a fare forza ma fu tutto inutile; quella mossa contribuì solamente a peggiorare il dolore. Si arrese e iniziò a guardarsi intorno.

Si trovava in un enorme salone spoglio, diviso da due serie di colonne alte e massicce. Davanti a lei, in fondo, c'era un portone fatto di freddo metallo grigio, con due grosse maniglie poste troppo in alto per essere all'altezza di un uomo. Girò il capo alla sua destra e vide che dopo una serie di cinque scalini vi era posto un trono vuoto. Al di là, a far passare quella poca luce che c'era fuori, una finestra che ricopriva gran parte della parete e che terminava con un arco ad ogiva. Dalle parti della finestra partivano delle decorazioni che sembravano filo spinato.

Poi il suo sguardo si spostò oltre il vetro, oltre il paesaggio deserto e morto, per fermarsi sul cielo.

Nello spazio più profondo, i colori erano un'esplosione di tonalità dal blu cobalto al più acceso arancione e all'accecante rosso. In mezzo a quella nebulosa, una stella dalla luce abbagliante illuminava non solo la sala in cui era incatenata, ma anche due pianeti mai visti prima.

Si trovava in un altro pianeta.

No, non può essere vero. Non voleva credere a quello che stava vedendo, pensava che si trattasse di uno scherzo della sua mente. Magari era solo un sogno.

Strizzò gli occhi e li riaprì, ma il panorama non era cambiato. Guardò disperata fuori dalla finestra, cercando di mantenere la calma.

Dove mi hanno portata? Dove sono?

Alzò il capo e cercò di far scivolare la mano attraverso la stretta fessura della catena, ma non c'era modo di liberarsi. Afferrando le catene, si sollevò e si lasciò cadere a peso morto. Gli anelli non cedettero e lei si ferì i polsi, lesionandoseli. Tentò di nuovo e di nuovo. Tentò finché non si arrese alla disperazione e all'idea che non sarebbe riuscita a evadere. Dovette fermarsi anche perché stava iniziando a perdere sangue che lentamente le stava colando lungo le braccia, dovuto alle catene troppo strette e ai suoi tentativi di sfilarsele.

Mentre si lasciava invadere dallo sconforto, la porta si spalancò facendo entrare un gigante dal viso inespressivo e da due guardie con in mano fucili alla cui estremità avevano una inquietante luce azzurrina.

Si avvicinarono alla ragazza che non li aveva seguiti con lo sguardo e quando vi furono di fronte, quello nel mezzo le parlò.

“Spero ti abbiano trattato bene. Ho detto loro che sei nostra ospite e che ti dovevano trattare come tale.” sghignazzò.

Caterina non rispose e lo guardò male, o almeno ci provò perché quella creatura le faceva davvero molta paura.

“Non mi guardare con quel faccino. Non ho niente contro di te. Sono solo affari. Una volta che avrò le pietre, tu sarai libera.” le disse mentre si stringeva nelle spalle.

Lo guardò in quegli occhi privi di anima e solo allora si rese conto chi si trovava davanti.

“Tu sei...”

“Io sono Thanos.”


 




- Angolo dell'autrice-

Eccomi di nuovo con un altro capitolo. Scusate se non ho mai un giorno prestabilito per pubblicare, aggiornando quando mi pare e piace ma cerco di farlo sempre quando ho il giorno libero e quindi, il risultato è questo.
Mi scuso per la brevità ma a mia discolpa posso dire che è breve ma intenso... Oh - oh, qui le cose si fanno serie...... Chissà cosa accadrà.. Io lo so e voi noooooo..!! Scusate per quest'attimo di delirio ma sto scrivendo questo scempio a mezzanotte e mezzo e quindi sto un pochettino delirando. Ma ho voglia di fa' du' ruzzi con i miei lettori e le mie lettrici che mi fanno i complimenti e che leggono ogni caitolo. Siete così tanto carini e mi fa piacere vedere che aumentano giorno dopo giorno..
Detto ciò io vi saluto, ci ''sentiamo'' al prossimo aggiornamento..
Un bacio a tutti :* (tranquilli, non sono velenosa.. sono una viperetta tranquilla e pacifica)
La vostra Vipera, ciao ciao!!!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** THANOS ***


Era finita nelle mani dell'ultimo essere in cui doveva capitare. Si sentì un'immensa stupida per essere fuggita via in quel modo, ma che altro poteva fare? Era sconvolta e non aveva ragionato molto su quello che stava facendo e, infatti, quelli erano i risultati.

Adesso si trovava prigioniera di un mostro che la stava cercando per ucciderla.

Peggio di così non poteva davvero andare.

Abbassò il capo, rassegnata. Sarebbe rimasta lì finché Thanos non avesse ottenuto le Pietre; con molta probabilità non le avrebbe mai avute e lei sarebbe morta lì. E anche una volta entrato in possesso di ciò che voleva, dubitava fortemente che l'avrebbe lasciata vivere.

[Despair, you come to me. With your poison and you misery. Oh Death, you come to sting, with your poison and your misery.] [Disperazione, tu vieni da me. Con il tuo veleno e la tua miseria. Oh Morte, tu vieni per pungere, con il tuo veleno e la tua miseria.]1

Non le importava più niente della sua vita. Qualcosa in lei si era spezzato nel momento in cui si era sentita tradita da Loki e adesso non le interessava cosa ne avrebbero fatto di lei. Anche se non riusciva a spiegarsi quel suo cambio repentino di idee.

Perché continuo a ripetermi che non sia stato amore? Come faccio a mentire a me stessa in questo modo? Se non era amore, allora perché ho tutto questo male dentro al cuore? E come faccio a non pensare che forse, per un solo istante, anche lui mi abbia amata? Non posso, no, non voglio, credere che lui mi abbia sempre ingannata. Se fossi stata solo una scocciatura, non mi avrebbe fatto portare al sicuro. Ma allora perché dire quelle cose terribili? Perché vuole abbandonarmi? Ma in fondo lui è il Dio degli Inganni, non ha bisogno di spiegazioni logiche per fare quello che fa. A lui piace creare scompiglio, caos, disordine e morte ovunque vada e ci è riuscito. Chissà, forse si stava annoiando ed a trovato in me un buon passatempo, poi alla fine si è scocciato.

Sarebbe voluta tornare indietro, per cambiare il corso degli eventi. Non sarebbe scappata, ma lo avrebbe affrontato. Perché è quello che si fa nella vita, non si scappa. I problemi si affrontano, anche se fanno male ed è difficile andare avanti. Ma ormai per lei era troppo tardi. Ad un certo punto, mentre continuava a cercare disperatamente delle spiegazioni che non riusciva a trovare, sentì la nausea farsi strada nel suo stomaco fino a giungere a metà della trachea per poi arrestarsi e sparire. Fu solo una sensazione che durò pochi secondi ma questo le ricordò di non essere più sola. Dentro di lei c'era una vita; una vita nata dall'amore. Non poteva essere altrimenti. Quella era la prova che forse non era stato tutta una menzogna. Avrebbe lottato per quella vita che non aveva ancora visto il mondo, ma che il mondo stava già minacciando. E sebbene avesse detto che non voleva avere più niente a che fare con Loki, avrebbe tenuto il bambino e lo avrebbe amato, senza condannarlo per una colpa che non era sua.

Thanos si sedette sul trono e parlando, a bassa voce, in una lingua sconosciuta alla ragazza, ordinò qualcosa alle sue guardie, che si inginocchiarono e si allontanarono, lasciando la sala del trono e lasciandoli soli.

Il mostro guardò divertito la povera mortale appesa.

Sapeva di avere una carta vincente in mano: grazie a lei avrebbe piegato il Dio dell'inganni al suo volere, che gli avrebbe consegnato le sei Pietre per salvare l'inutile vita di quell'umana. Vita che non sarebbe riuscito a salvare, poi. Una volta avute le pietre li avrebbe uccisi tutti e sarebbe diventato il padrone indiscusso dell'Universo. Non era di certo il tipo che si accontentava del minino, non lui, mai lui. Si stava pregustando il sapore della vittoria e delle vendetta, bramata e desiderata così a lungo che aveva iniziato a fare male, a diventare corrosiva. Ma a lui piaceva così. Avrebbe ottenuto ciò che voleva e aveva intenzione di usare tutte le sue carte per ottenerlo.

Com'era dolce quel pensiero.

Dopo un tempo indefinito, ritornarono i due chitauri che stavano trasportando quello che all'apparenza sembrava un enorme specchio, sorretto da un piedistallo che si biforcava in un grossolano intreccio di pietra nera lucida. Lo posizionarono dalla parte opposta in cui si trovava la prigioniera, in modo che riflettesse lei e ciò che la circondava.

Thanos, una volta alzatosi dal suo trono, si mise davanti allo specchio e vi appoggiò una mano. In quel momento all'interno di esso si vennero a creare delle increspature, come quando viene buttato un sasso in una pozza. Le onde lasciarono spazio poi a delle immagini che si fecero via via sempre più nitide. Alla fine lo specchio mostrò delle persone che la ragazza conosceva bene. Li sentì pronunciare il suo nome e istintivamente alzò la testa e guardò avanti a se.

Riconobbe Natasha e Clint; stavano guardando qualcosa sul tavolo e indicavano dei punti, parlando tra di loro. Ad un certo punto, Thor si mise dietro di loro e iniziò a parlare ma Cat non riuscì a capire cosa stessero dicendo.

A toglierle quel dubbio, ci pensò il mostro viola.

“Ti stanno cercando. Vedi come si danno da fare? Vogliamo rassicurarli dicendo loro che sei qui con me?” si stava divertendo davvero molto.

Avrebbe voluto gridare i loro nomi, ma aveva la bocca secca e non le uscì niente. Il suo carceriere notò il suo inutile tentativo di farsi sentire, fallito miseramente ancor prima di iniziare e sfoggiando un sorriso da far venire la pelle d'oca, la guardò in tralice e le disse “Anche se tu gridassi, non potrebbero sentirti. Ma non ti preoccupare, presto loro sapranno.” appoggiò nuovamente la mano sulla superficie e una luce bluastra circondò il contorno del vetro.

Notò che quella volta c'era qualcosa di diverso quando i due agenti alzarono il capo e iniziarono a fissarla con aria incredula, interrompendo all'istante le attività in cui erano tanto indaffarati. Vide Steve, che facendosi vicino agli altri due agenti la guardò con una espressione mista tra il sollevato per vederla viva e il disperato per il come e per il dove la stava vedendo. A bassa voce e senza perdere il contatto visivo disse “Andate a chiamare Fury.”

Adesso la potevano vedere.


 


 

Nel frattempo, alla base dello SHIELD..

Tutti si davano un gran da fare per trovare una soluzione. Fury era stato appena informato ed era su tutte le furie. Erano riusciti a farsi scappare una ragazza di appena più di vent'anni, come se niente fosse. Era riuscita a fuggire indisturbata e quegli incompetenti se n'erano accorti solo dopo un paio d'ore.

Mobilitò tutta la squadra, ma fu inutile. Della ragazzina nessuna traccia. Sapevano solo che era stata presa dai Chitauri, ma non sapevano dove l'avessero portata. Poteva essere ovunque e molto probabilmente non erano sullo stesso pianeta in cui Loki li aveva incontrati per l'attacco a New York.

Thor era tornato ad Asgard per consultarsi con suo padre. Avrebbe taciuto la parte in cui la ragazza aspettava un figlio da Loki, sapendo che non avrebbe affatto gradito; voleva solo sapere dove si trovavano le Pietre dell'Infinito. Con sua grande sorpresa scoprì che le pietre erano nella camere delle armi, ben custodite e protette da un incantesimo arcaico, impossibile da sciogliere.

Odino non avrebbe permesso che venissero prese e date in mano ad un folle. Anche se questo comportava la morte di un essere umano.

“Gli uomini nascono, crescono e muoiono. Non dobbiamo farci influenzare, è il corso della vita. Di tutte le vite di questo Universo.”

“Padre, voi non capite. Non si tratta del corso naturale della vita di un uomo. Dobbiamo salvarla perché è prigioniera di quella immonda creatura, non ha colpe.”

“Non lascerò che il distruttore di universi venga in possesso delle Pietre dell'Infinito.”

“Così facendo la condannerai ad una morte atroce!”

“No. Così facendo salverò il mondo dalla distruzione!” disse inasprendo il tono della voce, gridando contro il figlio caparbio. Il padre degli dei non avrebbe ceduto. Già una volta affermò che avrebbe sparso il sangue di tutti quelli che servivano per fermare un male al di sopra di loro, e lo avrebbe fatto anche questa volta.

Thor dovette arrendersi e tornare su Midgard, dove ad attenderlo speranzosi c'erano i suoi compagni.

“Amici, ho fallito. Padre non permetterà che prendiamo le Pietre.” disse sconcertato, occhieggiando in direzione di suo fratello.

Loki appoggiato alla finestra stava fissando un punto lontano. Non aveva lo sguardo perso nel vuoto come credevano quelli che gli passavano vicini. Pensava a lei.

[Staring at the ceiling in the dark. Same old empty feeling in your heart. 'Cause love comes slow and it goes so fast. Well you see her when you fall asleep. But never to touch and never to keep. 'Cause you loved her too much and you dived too deep.] [Fissi il soffitto nell’oscurità. Hai sempre la solita sensazione di vuoto nel cuore. Perché l’amore giunge lentamente ma sparisce in fretta. La vedi quando ti addormenti. Ma non riesci mai a toccarla o tenerla stretta. Perché l’hai amata troppo e sei affondato troppo in profondità.]2

La visione della sua cattura lo tormentava, così come lo tormentava quella visione della sua morte. Se si fosse avverata non poteva che incolpare se stesso. Quel macigno lo stava facendo affondare e non c'era modo di ritornare in superficie se non riaverla accanto a se. Non poteva permettere che le facessero del male. Sopratutto se il responsabile era lui, che con le sue azioni l'aveva condannata. Già una volta aveva condannato una persona amata alla morte e non avrebbe MAI permesso che accadesse di nuovo.

C'era solo un modo per salvarla, lo sapeva bene. Sarebbe andato contro suo padre, contro Asgard, di nuovo, e questa volta lo avrebbero imprigionato per sempre, ma doveva farlo.

Non lo avrebbe detto a nessuno, avrebbe taciuto la cosa a suo fratello per non farlo diventare suo complice. Per una volta, avrebbe messo gli altri prima di se. Thor non se lo meritava, ma Cat si.

Adesso lei doveva venire per forza prima di tutto.

Ormai era tutto deciso: durante la notte avrebbe fatto ritorno ad Asgard per rubare le Pietre. Lui era un mago potente e sciogliere il sigillo sarebbe stato un gioco da ragazzi.

Avrebbe salvato Cat e la vita che portava in grembo, suo figlio.

Mio.. mio figlio..

Com'era strano quel pensiero. Strano, certo, ma anche misteriosamente dolce. Durante la sua esistenza non aveva mai pensato a se stesso come padre, per il semplice motivo che non si era neanche mai legato così profondamente ad una donna. Curioso come a volte il destino, o meglio, un incontro inatteso, ti cambiano la vita.

Ad un certo punto apparve un fascio luminoso nel centro della stanza. La luce fu accecante solo per pochi istanti, alla fine dei quali lasciò posto ad un portale nel quale potevano vedere cosa ci fosse al di là.

Tutti alzarono lo sguardo per indirizzarlo verso quella finestra spaziale; oltre la quale si trovava Thanos e alle sue spalle la sua prigioniera.

Nessuno seppe cosa dire o come comportarsi, neanche quando comparve Fury, rimasero fermi, in silenzio e confusi.

Loki vide Cat imprigionata e il cuore per un attimo, smise di battere. La chiamò con voce rotta, quasi disperata, ma la ragazza si limitò ad alzare il viso, segnato da stanchezza, malessere e rassegnazione. Quando vide che con loro c'era anche lui, ritornò a guardare il pavimento. Non voleva più avere niente a che fare con lui, considerando tutto quello che le avrebbe detto solo una bugia.

Il Dio si accorse che quel gesto era stato fatto con odio. Lei lo odiava. E come poteva biasimarla? Pensava che la avesse tradita.

Doveva cercare di comunicare con lei, prima che fosse troppo tardi. Doveva farle sapere la verità, doveva sapere che quelle cose che aveva detto a Thor erano solo le ennesime ragnatele di menzogne costruite per evitare di soffrire e di far soffrire lei. Come faceva ancora a non capire, dopo secoli di vita, di prove tangibili, che le sue bugie e i suoi intrighi finivano sempre per ferire lui e le poche ed uniche persone a cui teneva?

“Cat!” mosse qualche passo verso il portale, prima di essere fermato da suo fratello.

Per tutta risposta, la ragazza chinò ancora di più il capo e chiuse gli occhi. Quello era il suo modo per tagliare fuori Loki.

A toglierli da quella situazione di confusione ci pensò Thanos che iniziò a comunicare con loro.

“ Vedo che vi state dando un gran da fare per la vostra amica. Come potete vedere lei è qui con me, ci stiamo divertendo insieme non è vero?” si girò verso la ragazza che non si mosse.

“Cosa le hai fatto, mostro?” disse il Dio dei tuoni, facendo tacere Loki prima che compromettesse la vita della ragazza.

“Per ora non le ho fatto niente. Ma se non otterrò ciò che voglio, state pur certi che la sua morte non sarà affatto piacevole.”

“Che cosa vuoi?”

“Credevo fosse chiaro. Voglio le Pietre.”

“Senti stupido gigante viola,” intervenne Stark “perché non vieni qui? Almeno ti diciamo dove ti puoi ficcare quelle pietre.”

Thanos sorrise, socchiuse leggermente gli occhi e quando li riaprì Caterina venne aggredita da un'improvviso dolore alla testa.

Le sue urla risuonarono nell'immenso salone.

Era come se tanti minuscoli e invisibili aghi le si conficcassero nel cervello. L'intensità del dolore aumentava e così anche le sue suppliche. Quella sensazione la stava facendo impazzire; tirò la testa indietro colta da uno spasmo.

“Ti prego... fermati.” lo supplicò.

“Non dipende da me, ma dai tuoi amici. Finché loro non mi consegneranno le Gemme, tu sentirai dolore e man mano aumenterà l'intensità, stanne pur certa.” e rincarò la dose. Alzò un dito da quale uscì un fascio di raggi elettrici che puntò nella sua direzione. Fu attraversata da una scarica elettrica potentissima, per tutto il corpo. Si stava agitando, come per cercare di scansarsi dal raggio, ma l'elettricità era tutta intorno a lei e non poteva far niente per trovare un po' di sollievo.

Al di là del portale, non poterono fare altro che guardare scioccati. Tutti stavano ribollendo di rabbia, consapevoli di non poter fare nulla per aiutarla.

Quando il suo persecutore abbassò il dito, il fascio elettrico si dissolse nell'aria.

“Questo è nulla in confronto a cosa le aspetta se io non avrò le mie pietre. Avete uno scorrere di luna per consegnarmele. Altrimenti lei morrà, e non sarà piacevole.”

La mortale stava lentamente riprendendo fiato, dondolando appesa alle catene. In terra iniziarono a cadere piccole gocce di sangue che le stavano uscendo dal naso e dalle orecchie. Thanos le si avvicinò, sotto gli occhi vigili e impotenti di tutti, continuando a sorridere, divertito di avere quei babbei in suo potere. Si posizionò davanti alla ragazza e le strappò un lembo di maglia, proprio il punto che le copriva la pancia, ancora piatta.

Si girò, poi, verso i suoi spettatori poggiando una mano sul suo ventre; improvvisamente la ragazza si ridestò e alzò la testa conscia che un nuovo pericolo che stava giungendo.

Il mostro viola sorrise.

“Congratulazioni. È un bel maschietto.” disse picchiettando la mano sulla pancia. “Sarai contento, principe.”

Loki furibondo, liberatosi dalla presa poco salda di suo fratello, si avvicinò al portale, non riuscendo più a controllare la rabbia. “Non la devi neanche toccare tu, mostro!” i suoi occhi cristallini lanciavano scintille d'ira.

“Io non la toccherò con un dito. Sarà, piuttosto, il mio coltello che lo farà.” e le poggiò la fredda lama del pugnale, facendo un poco di pressione. La ragazza presa da un senso di protezione per quella creatura che ancora non le si era formata dentro di se, afferrò le catene con le ultime energie rimaste, facendo una fatica enorme, e issandosi su, riuscì ad assestare un calcio in piena faccia a quell'essere.

Dall'altra parte, Natasha la guardò orgogliosa. Quella era una mossa che le aveva insegnato lei e le era riuscita alla perfezione. Peccato che quel suo gesto, provocò l'ira del re di Titano.

Si rivolse verso la ragazza, massaggiandosi la mascella e stringendo saldamente il pugnale lo indirizzò verso il basso ventre, facendo penetrare solo lievemente la punta.

D'istinto Cat urlò e con lei, Loki. “NOOOOOO!!”

Quando fece riemergere il pugnale, la lama era appena bagnata da un rivolo scarlatto.

“Stai tranquillo principe. La ferita è appena percettibile e non ha danneggiato né la madre né il figlio. Ma la prossima volta non sarò così clemente.”

Detto questo, con un gesto della mano chiuse le comunicazioni.


 


 


 


 

- Angolo dell'autrice-
Salveeeeeeee a tuttiiiiiiii..!!!! Eccoci con il 12°capitolo.. spero che vi piaccia.. lasciatemi commenti, opinioni e consigli..Un bacio a tutti, ciao ciao..
La vostra Vipera :-*


NOTE
1 Not gonna die (intro), Skillet;
2 Let her go, The Passengers.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** RITORNO AD ASGARD ***


Il cerchio del portale si dissolse e tutto nella sala dei computer tornò come prima.

“Che significa?” tuonò Fury, che aveva capito ma sperava di aver frainteso. Nessuno gli rispose e la cosa lo fece alterare di più. “Caterina aspetta un figlio,” domandò retorico. “come?” proseguì. Era già molto nervoso perché una banda di ''eroi'', che aveva salvato il mondo da un'invasione aliena, non era riuscito a tenere sotto controllo una ragazza e glielo avevano comunicato da ultimo, solo perché costretti dagli eventi e, adesso, gli avevano taciuto pure questa. In che lingua glielo doveva dire che lui voleva sapere TUTTO?!?

“Mi aspettavo che uno della tua età sapesse come nascono i bambini.” rispose ironico Stark, cercando di cambiare discorso sperando che non chiedesse chi fosse il padre perché altrimenti ci sarebbe stato da divertirsi. Il miliardario ricevette uno sguardo che avrebbe fulminato chiunque all'istante, e non importava se il mittente di quell'occhiataccia aveva un occhio solo.

Fury continuava ad attendere una risposta, impaziente; il silenzio venne spezzato da Banner, che essendosi guardato intorno, notò la mancanza di una persona.

“Dov'è tuo fratello?” chiese rivolgendosi all'unico Dio rimasto in sala.

Loki era sparito. Era andato via mentre tutti erano impegnati a non fare niente per salvarla. Non avrebbe aspettato che quegli incompetenti la lasciassero morire.

Sarebbe andato ad Asgard per rubare le Gemme e fare quello che quegli umani non erano in grado di fare.

Sapeva di non poter contare sull'aiuto di Heimdall per farsi aprire il passaggio, altrimenti quel cagnolino sarebbe andato ad abbaiare subito da Odino e si sarebbe fatto scoprire. E comunque non ne aveva bisogno, gli sarebbe bastato usare la sua magia per ritornare nella dimora degli Dei.

Ritornato nella sua camera, in silenzio, aveva già iniziato a formulare l'incantesimo per teletrasportarsi, quando fu interrotto da Thor.

“Che stai facendo Loki?”

“Faccio quello che è giusto.”

“Non puoi andare da Thanos da solo, non sai dove si trova e ti ucciderà!” Thor lo aveva voltato a forza e adesso i due si trovavano faccia a faccia.

“Si trova su Titano. E comunque non stavo andando lì.” aveva riconosciuto il luogo in cui si trovavano; quella era la sua sala del trono. Il suo regno era Titano.

A Thor gli ci volle solo un secondo per capire il folle e inattuabile piano del fratello.

“Non puoi rubare le Gemme! Se Padre lo venisse a sapere le conseguenze delle tue azioni sarebbero tremende.”

Incurante di quello che suo fratello adottivo aveva da dirgli, continuò a recitare la formula dell'incantesimo.

“Non potrai tenere nascosta una cosa del genere a nostro Padre!”

“Tuo padre!” rispose con arroganza il Dio; e poi perché Thor doveva essere così cocciuto da non capire certe sottigliezze al volo? Allora era vero, che sotto tutti quei muscoli, non si nascondeva niente di concreto. “E comunque, lui lo dovrà sapere.” era questo il punto fondamentale del suo piano. Far sapere ad Odino che le Pietre erano state rubate per essere portate da Thanos che, in breve tempo, avrebbe appreso la notizia del furto.

Aveva quasi finito di recitare l'incantesimo.

“Lascia che venga con te.”

“Lavoro meglio da solo.” ultimò la formula.

Davanti a lui si formò il varco che, con i suoi colori vivaci, irradiava con una luce accecante tutta la stanza. Il Dio dai capelli neri si fece trasportare all'interno del flusso; prima che esso potesse sparire, Thor gli andò dietro.

In breve tempo, poco più di una manciata di secondi, si ritrovarono all'entrata di una grotta buia ed umida, nascosta nel folto di un bosco.

“Siamo ad Asgard?” domandò Thor, non riconoscendo quel luogo in particolare.

Che cosa di ''lavoro meglio da solo'' non gli è chiaro?

Non rispose ad una domanda tanto sciocca ed inutile e si diresse nel folto bosco, passando per un sentiero invisibile per tutti coloro che non ne conoscevano l'ubicazione. Camminarono uno di fronte all'altro, in silenzio.

“Non sapevo dell'esistenza di questo sentiero.” dichiarò ad un certo punto il Dio del tuono.

“Nessuno lo sa, tranne me.” rispose benché fosse seccato della presenza del fratello. Anche se, a pensarci bene, alla fine gli sarebbe potuto tornare utile per il suo piano.

Dopo aver camminato a lungo, assorti ognuno nei loro pensieri, in mezzo alla vegetazione a tratti insidiosa e fitta, iniziarono a scendere lungo il pendio, non molto ripido, che dal bosco portava direttamente alle soglie del palazzo senza esporli a rischi o senza che qualcuno li potesse vedere. Quando non furono molto lontani videro che l'entrata principale era sorvegliata, normale routine o, forse, già sapevano del loro arrivo. Se così fosse stato, lo avrebbero scoperto presto.

Con Loki alla testa, si diressero nascosti dalla penombra, che ormai stava inghiottendo tutto il Regno, verso un'entrata che non sarebbe mai stata sorvegliata. La stessa che usavano da piccoli per sgattaiolare fuori dal palazzo senza essere visti.

Nascosta da un giardino verde e rigoglioso, c'era una porta, in legno che, si vedeva, era stata dimenticata. I disegni si erano difatti sbiaditi e resi indistinti dal lento ed inesorabile scorrere del tempo. In alcuni punti erano mancanti, lasciando sospeso il motivo della decorazione.

Non dovettero fare molta forza per aprirla. Bastò spingere un po' con la mano ed essa li lasciò entrare. Una volta dentro, si ritrovarono all'interno di uno stretto e buio corridoio, ricoperto di polvere e ragnatele. Chiusero la porta alle loro spalle, sprofondando nella più totale oscurità. Erano cresciuti dall'ultima volta che avevano attraversato quel passaggio segreto; l'ultima volta che lo usarono erano decisamente più piccoli e senza tanti strati di vestiti o senza armature a complicare i movimenti.

Loki sollevò una mano all'altezza del suo busto, tenendo il palmo rivolto verso l'alto, dal quale comparve una fiamma bianca che rischiarì il loro cammino.

Avevano una sola possibilità per rubare le Pietre; se avessero fallito le conseguenze sarebbero state tremende: Thor e Loki sarebbero stati accusati di tradimento (di nuovo), uno esiliato, l'altro imprigionato fino alla fine dei suoi giorni e la ragazza sarebbe morta.

Le ho taciuto qualcosa di così importante, di così diverso per me, per il semplice motivo che ne ero, e sono, terrorizzato.

Nessuno lo aveva mai amato, salvo sua madre. Non sapeva cosa significava amare ed essere amati. Era sempre stato sulla difensiva, per non esporsi, come un debole, a quelli che lui chiamava inutili rischi. Ma con lei era diverso, lo era sempre stato perchè era lei ad essere diversa da tutti. Era migliore persino di quelli che si ritenevano superiori alla sua razza. Lei che non si era fatta intimorire dal fatto che fosse uno sconosciuto, che si era fidata a prescindere da chi o cosa lui fosse.

Come aveva fatto a non accorgersene prima che anche lui si fidava ciecamente di lei e che la sua non era semplice attrazione fisica, ma qualcosa di molto più profondo, e per una volta, molto sincero?

Lei che aveva rischiato la sua vita per trovare lui.

Adesso toccava a Loki. Sarebbe morto per trovarla e salvarla.

[I will be the one that's gonna find you. I will be the one that's gonna guide you. My love is a burning consuming fire.] [Io sarò l'unico che ti troverà. Io sarò l'unico che ti guiderà. Il mio amore è un ardente fuoco consumatore.]1

Procedettero in silenzio fino a che non intravidero una fioca luce farsi più intensa, man mano che le si avvicinavano. Erano giunti alla fine del tunnel; si affacciarono per constatare eventuali problemi.

Il corridoio era deserto, illuminato da piccoli falò accesi dentro ad degli enormi paioli messi in fila. Nessun rumore, nessuno nei paraggi. Asgard non era ancora andata a dormire ma di certo a quell'ora non avrebbero incontrato nessuno in quella parte del palazzo.

“Possiamo ancora trovare un'altra soluzione.” bisbigliò Thor.

“Se vuoi vattene, non chiedere lo stesso a me.” disse asciutto Loki, con la forza di chi è sicuro di sé e di quello che sta facendo.

Il Dio biondo gli appoggiò una mano sulla spalla vedendo la risolutezza del fratello. La stessa che aveva lui quando, insieme, andarono da Malekith per salvare Jane.

Si diressero alla camera delle armi, sicuri di poter aggirare l'ostacolo delle due uniche guardie che controllavano quel piano. Loki era stato in grado di rendere se stesso e suo fratello invisibili a tutti, Heimdall compreso. Il guardiano stava davvero perdendo colpi: prima gli elfi oscuri, adesso loro. Era stato più facile del previsto ingannarlo. Beh, meglio così.

Mancavano ormai pochi metri, le ultime gradinate nella semi oscurità e finalmente sarebbero giunti alla camera che custodiva lo scrigno delle Pietre. Adesso non c'era più niente e nessuno che li potesse fermare. Si resero visibili e svoltarono l'angolo che li avrebbe messi di fronte all'enorme portone in oro massiccio. A Thor il compito di neutralizzare le guardie, mentre Loki avrebbe rubato le Pietre. Il biondo i muscoli e il moro l'astuzia, come sempre.

Erano davanti al portone quando vennero bruscamente circondati da un esercito che era lì e li stava aspettando. Si fermarono di colpo, accerchiati da dozzine di militari che puntavano le armi dritte ai loro busti. I due Dei, ora prigionieri, alzarono subito le mani in segno di resa.

Il comandante delle truppe si fece avanti. “Per ordine di Odino, ho l'ordine di portarvi al suo cospetto, in quanto siete stati accusati essere traditori di Asgard.” con un gesto della mano, ordinò a due dei suoi di ammanettare i prigionieri.

“Ehi, non c'è bisogno di arrivare a tanto. Ci siamo arresi e siamo disarmati.” alzarono le braccia per dimostrare che stavano dicendo la verità.

“Mi dispiace, principe. Ho ricevuto l'ordine da Vostro Padre.” disse il comandante e fece proseguire le due guardie.

“Aspettate. Non opponiamo resistenza, veniamo di nostra volontà dal Padre degli Dei. I ferri non sono necessari.” continuò Thor.

L'uomo si fece convincere, in fondo il Dio biondo aveva sempre agito per il bene di Asgard, non c'era da temerlo lui. Era l'altro, il vero ed unico a perseverare nel tradimento e che, quindi, non spirava nessuna fiducia. Si avviarono tutti nella sala del trono, senza però, abbassare mai le armi e lo sguardo dei soldati era pressoché fisso sul mago. I due Dei si guardarono reciprocamente, tirando un sospiro di sollievo per un pericolo appena scampato, che era stato quello delle manette. Thor appena trovatosi accerchiato, aveva cercato con lo sguardo i suoi amici in mezzo agli altri soldati, ma non li aveva trovati. Forse non erano neanche stati avvisati sapendo che avrebbero fatto di tutto pur di aiutarlo. Mossa astuta da parte di Odino.

“Fai qualcosa, Loki.” bisbigliò suo fratello dopo un po' che camminavano.

“Ci sto provando.” rispose con la voce di chi sta compiendo uno sforzo enorme.

“Silenzio voi!” ordinò il comandante. Aveva ricevuto l'ordine di non farli parlare tra loro e quando Odino avrebbe visto che non erano incatenanti con le dovute precauzioni, cioè, che uno in particolare non lo era, si sarebbe adirato molto.

Ancora qualche corridoio da svoltare e una gradinata da scendere e sarebbero arrivati. I soldati erano abbastanza tranquilli, anche se tutti temevano che Loki potesse giocarli qualche brutto scherzo con maledizioni e incantesimi.

“Loki!” disse in un sussurrò Thor. Non ricevette risposta. “Ci siamo quasi! Sbrigati!” ancora silenzio da parte del fratello.

“ORA!”urlò il Dio moro; fu allora che ebbe inizio la seconda parte del piano.

Loki scomparve sotto gli occhi increduli dei soldati, rimasti di stucco per un attimo. Nel momento in cui la figura del Dio scomparve, in mano a Thor si presentò il suo martello. Non dette modo alle guardie di attaccare, alzò la mano destra nella quale teneva saldamente il Mjolnir e scagliò a terra la sua arma. L'onda d'urto che si propagò per tutto il corridoio fece si che i soldati venissero scaraventati a terra o che andassero a sbattere contro le colonne in pietra e la parete. Solo un paio di guardie resistettero al colpo ma vennero messi fuori gioco da un paio di pugni del Dio.

Adesso erano tutti al tappeto, ma non sarebbe passato molto tempo prima che qualcuno si rendesse conto di quanto era appena accaduto e desse l'allarme. Dovevano sbrigarsi.

Si diresse alla camera delle armi dove Loki, quello vero, lo stava aspettando con un piccolo scrigno argentato tra le mani.

“Ce ne hai messo di tempo.” lo rimproverò. “Ancora un po' e mi avrebbero condotto da nostro padre.”

Ripercorsero lo stesso tragitto dell'andata. Solo quando furono dentro al tunnel, iniziarono a sentire il passo serrato dei soldati che li stavano cercando per tutto il palazzo con Odino alla testa dell'esercito, furioso a causa della scomparsa delle Pietre e per l'incompetenza dei suoi uomini.


 

Nel frattempo alla base...

Restare con le mani in mano non era da loro. Restare con le mani in mano sapendo che la vita di qualcuno era in pericolo era ancora più duro da sopportare. All'oscuro su dove si trovasse la ragazza, su dove fossero spariti i due Dei e all'oscuro sul piano da attuare.

Solo Banner e Stark riuscirono a lavorare tutto il giorno nel laboratorio costruito al piano di sotto. Rinchiusi in quelle quattro mura di pura tecnologia, in compagnia di JARVIS, a cui di tanto in tanto Tony chiedeva qualcosa, riuscirono a trovare un modo per poter eliminare Thanos. Si, se solo fossero stati a conoscenza di dove si trovasse.

“Quell'infame è fuggito via.” disse Steve battendo un pugno sul tavolo. “Non tornerà.” continuò mentre faceva avanti e dietro. Ormai il sole era calato da diverso tempo, lasciando spazio solo alle stelle e ad una luna decrescente.

“E' un egoista, pensa solo a se stesso. Vi siete dimenticati che lui voleva conquistare la Terra? Cosa ci dice che non ne approfitterà per riprovarci?” gli altri nella stanza si erano girati a guardarlo. “Tradirà noi come ha fatto con la ragazza.”

“Non lo farà.” disse Bruce entrando nella stanza, in compagnia di Tony, mentre si toglieva gli occhiali e si stropicciava gli occhi segnati dalla stanchezza.

“E come lo sai?”

“E' abbastanza chiaro. Perché, prima di tutto non l'ha mai tradita, e poi, Stark ed io, abbiamo motivo di credere che sia tornato ad Asgard.”

“Come fate a pensare una cosa del genere?”

“Mentre eravamo nel laboratorio, i computer hanno rilevato un innalzamento delle onde gamma, seppur per breve durata.”

“Non capisco dove vuoi arrivare.”

“Le onde gamma sono le stesse che si manifestano quando quelli ai piani superiori scendono da noi.” spiegò Tony. “E poi, hai notato come quel bell'imbusto guarda la ragazza? E inoltre aspetta un marmocchietto da lei. No, non tradirà noi nè tanto meno lei.” Si diresse al bancone degli alcolici e si versò un po' di whisky nel bicchiere, lo mandò giù in un sorso e se ne versò di nuovo.

“Vuoi?” domandò a Steve con l'unico scopo di irritarlo. Chissà perché a Tony era sempre piaciuto irritare le persone, sopratutto se erano permalose come il Capitano.

“No.” rispose secco l'altro, irritato per l'appunto.

“No? Davvero?” insistette l'altro.

“Come fai a pensare sempre al bere?”

“Io penso perchè bevo.” disse Tony.

“E' tutto un gioco per te?” il Capitano alzò il tono di voce.

“Certo che no, sarebbe monotono se fosse un gioco.”

“Come puoi dire questo? Come fai ad essere così indifferente?” si avvicinò di scatto a quell'uomo ricordandosi di suo padre, una persona per bene, gentile. Niente a che vedere con il figlio arrogante e presuntuoso.

“Non sono indifferente,” disse mettendosi una mano sul cuore, con fare molto teatrale. “solo che non mi comporto come una donnetta isterica.”

Steve stava per ribattere ma vennero interrotti.

“Signori, il comandante Fury richiede la vostra immediata presenza.” disse un agente mandato a chiamarli da Fury stesso.

Ecco che nuovamente, nella sala dei computer, era apparso il portale; Thanos stava parlando e quando giunsero gli altri, il discorso era già avviato.

“... le mie Pietre o lei farà una brutta fine.” le era accanto, tenendole la testa all'indietro per i capelli.

“Non abbiamo ancora le Pietre. Ci vorrà del tempo prima che..”

Il mostro viola rise. “Io ho tutto il tempo ma non credo che lo stesso valga per lei.” afferrò il pugnale che aveva nel fodero e con un colpo deciso glielo conficcò nella spalla destra, fino a che non fece uscire la punta dall'altra parte. Le urla di Cat risuonarono macabre in tutta la sala del trono, fino a giungere alle orecchie degli agenti.

Il sangue vermiglio iniziò a sgorgarle copioso dalla spalla. Caldo e denso le scivolava lungo la schiena e il petto, impregnando la maglietta. La lama le aveva attraversato le ossa, il dolore intenso e insopportabile quasi da farle perdere i sensi e bloccandole il respiro in gola.

“Ci stiamo lavorando, non è facile trovarle.” Nick cercava di guadagnare tempo, tempo che Cat non aveva più.

“Invece è molto semplice: dite al principe che se non avrò le Gemme potrà dire addio alla vita della mortale e a quella di suo figlio.” posò la lama scarlatta sulla pancia della giovane.

Quando sentì il freddo del metallo, iniziò a dimenarsi incurante del dolore alla spalla. Tentava di allontanarsi dalla lama, non vi riuscì legata stretta per i polsi più che mai.

Thanos aumentò lievemente la pressione, fino a far spuntare una linea rossa sul suo ventre, scosso da impercettibili spasmi.

“Nooooo..” strascicò quel no fino a farlo diventare un semplice rantolio.

“Ricordate: avete tempo fino allo scadere della notte!” disse brusco prima di chiudere la conversazione.


 






- Angolo dell'autruce - 
Salve a tutti e ben ritrovati.. Spero che questo capitolo sia di vostro gradimenti e che non lo troviate noioso o troppo banale ( in questi giorni ho perso un pò di fiducia in quello che scrivo..).. Vi è piaciuto lo scherzetto che Loki gioca alle guardie????
Le cose si mettono DAVVERO tanto tanto male per la povera midgardiana... Chissà se i nostri eroi riusciranno a salvarla in tempo... booooooooooooooooooooh...
Detto questo, vi auguro che abbiate trascorso dei buoni minuti leggendo questo capitolo... Wow, sono 13.. è la storia più lunga che abbia mai scritto XD e il bello dovrà ancora venire XD
Ciao ciao, al prossimo aggiornamento..
La vostra Vipera :-*

NOTE
1 Whisper in the dark, Skillet

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** LE GEMME DELL'INFINITO ***


                                                      INCONTRO E SCONTRO


Una volta ritornati ai piedi della grotta, vi entrarono dentro e vennero inghiottiti dall'oscurità; Loki formulò di nuovo l'incantesimo che li aveva teletrasportati ad Asgard per ritornare indietro e quando furono nella stanza, videro che anch'essa era stata inghiottita dalla notte.

Sulla Terra il sole aveva lasciato spazio alla luna, alle stelle e alla fine di tutto. C'era meno tempo di quello che credevano.

“Dove eravate finiti?” domandò Natasha. Era stata informata da Banner che i raggi gamma erano, per un momento, saliti di livello e che quindi era stato aperto il portale. Non fu certo difficile immaginare chi lo avesse attraversato.

“Abbiamo le Pietre.” disse Thor. E gli occhi della donna si dilatarono un attimo per la sorpresa perché ormai non sperava più che ci potesse essere un modo per salvare Caterina, per poi posarsi sulla scatola argentata tra le mani di Loki.

“Forza, venite. Non ci rimane più tempo.” disse guardando principalmente Loki, al quale era rivolta l'esortazione.

Scesero di corsa le scale e si precipitarono nella sala in cui tutti erano riuniti. Il Dio liberò dai fogli il tavolo, gettando tutto a terra e vi appoggiò lo scrigno. Iniziò a borbottare strane parole, in una lingua arcaica a sconosciuta ai presenti, un incantesimo potente. Perchè, come se non bastasse, Odino aveva fatto sigillare con la magia sia lo scrigno sia il piedistallo in cui era posizionato immaginando che Thor avrebbe tentato di rubarlo per aiutare suo fratello e la mortale.

Quando ebbe finito di formulare l'incantesimo la serratura scattò e si sollevò un poco il coperchio che venne afferrato dalle dite affusolate del Dio. Lo aprì, mostrando a tutti il contenuto.

Le sei Gemme dell'Infinito erano dentro e risplendevano luminose, lucide e lisce. Di uguali dimensioni e forma ma di colori diversi, erano ovali e stavano in un palmo della mano, tanto erano piccole.

Ogni Gemma aveva un nome e un ruolo diverso quanto importante. La gemma arancione, quella del Tempo, in grado di controllare la dimensione temporale. La gemma Spaziale di colore viola, in grado di controllare il tessuto dello spazio. La gemma blu, la Mentale, in grado di dominare la mente degli esseri senzienti. Quella rossa, la gemma del Potere che permette di sfruttare e manipolare ogni sorta di elemento, naturale o costruito dall'uomo. La gemma gialla, quella della Realtà, la più pericolosa di tutte, è in grado di deformare, controllare e manipolare la realtà stessa. Infine c'era la gemma dell'Anima, di un intenso colore verde. Questa pietra ha il potere di controllare e assorbire le anime dei vivi. Erano tutte adagiate su di un cuscinetto in velluto rosso, che si era deformato sotto il loro peso, in quei lunghi millenni in cui vi erano state riposte.

Nessuno doveva entrare in possesso di tutte le Pietre, altrimenti sarebbe divenuto l'essere più forte e indistruttibile dell'interno Universo. Un essere onnisciente, in grado di distruggere l'universo stesso.

Questo fu quello che Loki disse loro riguardo a quelle Pietre. C'era molto di più da raccontare, ma quello non era il momento adatto.

“Se è come hai detto tu, perchè le hai rubate? Non vorrai consegnarle a Thanos?” domandò Banner. Seppur ne fosse affascinato in quanto scienziato e avrebbe voluto studiarle, rimanevano comunque delle potenziali armi di distruzione di massa se riposte nelle mani sbagliate, quindi meglio liberarsene.

“Lui dovrà credere di averle.” rispose il Dio

“E come?”

“A questo ci penserò io. Sono bravo, anzi, sono il migliore a formulare inganni. Gli faremo credere che dentro ci siano le Pietre quando, invece, non avrà altro che una scatola contenente dei sassi qualunque.”

“No, non ci saranno dei sassi.” intervenne Tony che fino a quel momento era stato, stranamente, buono buono in silenzio ad ascoltare la storia delle Gemme. “Le riempiremo con qualcos'altro.”

Tutti si voltarono verso di lui, con un'espressione interrogativa stampata sul volto.

“Se Piccolo Cervo può far credere che dentro ci siano dei sassi, perchè non metterci delle bombe?”

“Thanos non può essere annientato da delle comunissime armi midgardiane.” disse Thor, interpretando lo sguardo truce del fratello, rivolto allo scienziato.

“Infatti bel palestrato, non metteremo delle bombe qualsiasi. Useremo l'energia residua compressa del Tesseract per fargli la festa.” aveva spiegato.

“Non si può imprigionare un'energia tanto potente come quella del Tesseract se non è all'interno del Tesseract stesso.” aveva chiarito Steve.

“Stai calmo, io e Bruce abbiamo studiato e trovato un modo per farlo. Cosa credi che abbiamo fatto tutto il tempo giù al laboratorio?”

“E come pensi di riuscirci?”

“Allora..” si gonfiò il petto d'orgoglio, creando un po' di suspense e la curiosità dei suoi interlocutori. “useremo...”

“Scusate signori, credo proprio che dobbiate venire a vedere.”

Si girarono tutti verso quel giovane agente che li aveva appena interrotti. Lo stesso ragazzo che aveva avvertito della scomparsa di Cat, adesso doveva dare un'altra notizia di dubbia positività. Tony lo guardò in tralice, seccato dal fatto di essere stato interrotto sul più bello, mentre stava per spiegare la sua brillante idea.

Lo seguirono nella sala dei computer, fino alla sua postazione. Il giovane si mise a sedere e premendo il tasto del mouse aprì una finestra collegata con la videocamera di sorveglianza, posta sopra al cancello d'entrata.

La videocamera stava riprendendo un ragazzo che sceso di macchina, stava parlando e gesticolando alle guardie, evidentemente alterato.

“Dagli volume.” ordinò il Capitano.

L'agente premette due tasti e subito tutti poterono sentire cosa stesse dicendo il ragazzo davanti al cancello.

“... cosa importante! Devo parlare con il vostro capo. Subito!”

“E questo adesso chi è?” domandò curioso e confuso Tony. Ogni pochino ne succedeva una diversa, la situazione si era fatta molto più movimentata di quello che avevano creduto. Porti una ragazzina all'interno della base e dopo essere scappata te ne ritrovi un altro. Chi aveva detto che doveva essere un lavoro facile e noioso? E poi come diavolo aveva fatto a trovare la loro base?

“Io devo entrare.” continuò, afferrando le sbarre del cancello con entrambe le mani. Al che le guardie impugnarono le loro armi, continuando, però, a tenerle basse.

“Per favore, devo assolutamente parlare col vostro capo!” disse alle due guardie che gli risposero di no e di andarsene immediatamente, indicandogli la macchina affinché ci salisse e ritornasse da dove era venuto.

“E' cocciuto il ragazzo, non vuole mollare.” puntualizzò Banner.

“Già, mi ricorda qualcuno.” disse Clint con un po' d'amaro in bocca, ricordandosi Cat e la sua infinita testardaggine.

“Fatelo allontanare prima che si faccia ammazzare.” ordinò la Rossa.

“No, perchè? Sarà divertente vedere come quell'inutile umano salterà in aria.” aveva detto Loki in tono perfido e tagliente.

Tutti si voltarono verso di lui, sorpresi della sua uscita visto che era sempre stato assorto nei suoi pensieri, sotto un ostinato mutismo. A Natasha le ci volle un secondo per capire chi fosse il ragazzo. Cat gliene aveva parlato, confidandole la cotta che aveva per lei e la gelosia di Loki, e la frase del Dio le dette la conferma.

“Quello è l'amico di Cat.”

“Ecco perchè piccolo cervo è tanto acido.” borbottò il miliardario, sotto i baffi, guadagnandosi l'ennesimo sguardo d'odio.

Natasha ordinò che venisse acceso l'interfono per poter parlare con lui.

“Sono l'agente Natasha Romanoff. Vattene da qui, ragazzo.”

Jake guardò la telecamera fissa sopra di lui e capendo che lo stavano osservando urlò “No, non me ne vado finché non direte dove si trova Cat!!”

“Non sono informazioni che ti riguardano.”

“Certo che mi riguardano se si tratta di Cat!” urlò ancora più forte.

“Sparateli.” disse Loki, freddo.

“Ma signore..” disse perplesso una delle due guardie, insicuro se eseguire o meno l'ordine.

“Ho detto di spararli!” insistette duro, deciso, cattivo.

“No, fermi.” ordinò Natasha perentoria. “Fatelo entrare.” meglio farlo entrare senza permesso che farlo ammazzare.

Jake montò sulla sua auto, dopo aver ricevuto il permesso di entrare dentro la base, e percorse in un lampo tutto il viale; si fermò davanti all'entrata principale, scese e si appoggiò col sedere alcofano della macchina per sgranchirsi le gambe stanche mentre aspettava che gli ''eroi'' si facessero vivi e gli dicessero dov'era la sua amica.

Era distrutto a causa del viaggio e dal fatto che avesse tirato sempre a dritto, senza mai fare una sosta, per andare subito da Cat. Aveva nascosto la partenza a sua sorella, andandosene senza dirle niente, senza lasciarle un messaggio o un biglietto. Era montato in auto e si era diretto in Virginia. Mary lo aveva chiamato e richiamato più volte, ma lui non le aveva mai risposto. Era arrivato a venti chiamate perse e dieci messaggi in segreteria. Degli SMS aveva perso il conto al quindicesimo.

Si passò una mano sulla fronte, portandosela dietro la nuca e grattandosi i capelli, emise un profondo e sonoro sbadiglio.

Si sentì vibrare la coscia destra, sperò che avesse sentito male e di essersi sbagliato, che fosse stata un'allucinazione dovuta alla stanchezza ma la suoneria partì. Sapeva di averla praticamente abbandonata ma in quel momento un'altra persona, a lui molto cara, aveva bisogno del suo aiuto. Dopo la morte dei loro genitori, si erano protetti l'un l'altra e si erano promessi di aiutarsi a vicenda senza mai abbandonarsi. Erano due fratelli inseparabili, legati e uniti, a volte un po' litigiosi ma raramente si staccavano per lunghi periodi e quella era la prima volta che la lasciava da sola all'improvviso; sicuramente si sarebbe arrabbiata, lo avrebbe infamato ma mai e poi mai le doveva dire che la sua migliore amica era scomparsa un'altra volta e che, forse, non sarebbe tornata.

Giunto a quel punto, però, non se la sentì più di nasconderle tutto, doveva almeno parlarle per tranquillizzarla.

Afferrò il telefono esasperato e guardò lo schermo. Sua sorella lo stava chiamando; questa volta non potette fare finta di niente, quindi trascinò il dito sulla parte verde del display accettando così la chiamata.

“Si può sapere dove cazzo sei finito? È tutto il giorno che ti cerco.” strillò sua sorella.

“Mary, non posso parlare adesso.”

“E perchè no?”

“Sono a Charleston.”

“E che cazzo ci fai a Charleston?”inveì la ragazza.

“Sono venuto per un affare con uno che è interessato a comprare le auto che assemblo.” come scusa era davvero pessima e ,infatti, sua sorella non gli credette.

“Cosa?! Un affare a Charleston, a quest'ora?! Ma chi vuoi prendere in giro?” era molto arrabbiata. Suo fratello era scomparso ormai da tante ore e dopo esser riuscita a contattarlo le veniva a dire delle bugie? Aveva paura che si fosse messo nei casini, perché da quando la loro amica era scomparsa, lui aveva iniziato a comportarsi in modo strano, preoccupante. “E' la verità, Jake?” domandò seria, un po' più calma.

“Si. No. Devo andare. Ti richiamo io.” nel frattempo che lui parlava con sua sorella, stava uscendo tutto il gruppo dei vendicatori andandoli incontro, per niente felici di averlo tra i piedi.

“Immagino che tu sia la donna con la quale ho parlato oggi per telefono.” disse rivolgendosi all'unica donna del gruppo.

“Acuto il ragazzo.” bofonchiò Tony.

“Cosa sapete dirmi sulla scomparsa di Cat?” domandò andando dritto al punto, senza aspettare che gli dicessero qualcosa loro.

“Senti ragazzo, l'unico motivo per cui ti abbiamo fatto venire qui è per evitare che tu ti facessi ammazzare dalle guardie e..” disse tutto d'un fiato Steve, con indosso la sua divisa a stelle e strisce. “per dirti che te ne devi andare. Non puoi restare qui.”

“Non posso andarmene. Devo sapere se Caterina sta bene, perchè quando mi ha chiamata era disperata.”

“Lo sappiamo. Il fatto è che non sappiamo neanche noi come stia.” disse con una fredda calma la donna.

“Dovete fare qualcosa per trovarla. Voi l'avete messa in questo casino e voi la dovete togliere!” era stanco e spazientito. Lo stavano trattando come un cretino, con quella loro aria da superiori, e la cosa lo stava mandando su di giri.

“Non credere che non l'abbiamo fatto.” disse Clint, arrabbiato anche lui dal tono di quello sfrontato.

“Si vede non è stato abbastanza!” continuò. “Sapete dove si trova?”

“Non possiamo darti nessuna di queste informazioni, sono riservate.” disse Natasha prima che Clint o qualche d'un altro esplodesse. “Adesso facci un favore, vattene via e ritorna a casa.”

“No! Io resterò qui finché non troverete Cat e l'avrete portata in salvo.” piantò i suoi occhi segnati dalla stanchezza ma testardi sui volti di chi li stava davanti.

“E' fuori discussione.” disse Barton mentre gli apriva lo sportello dell'auto per farcelo salire, nella speranza che capisse che doveva andarsene.

Jake, che aveva capito che non era il benvenuto, cercò però di adottare un'altra tattica, con l'intento di convincerli a farlo rimanere.

“Sentite,” disse assumendo un tono di voce calmo e remissivo “io voglio molto bene a Cat, molto più di quanto possiate capire. Io e mia sorella siamo soli, non abbiamo che lei. Mary è distrutta e io non sono da meno. Non posso andarmene proprio adesso che sono così vicino a ritrovarla. Per favore, permettete che rimanga. Non vi disturberò, non mi vedrete né mi sentirete, però fatemi rimanere qui. Vi prego.”

Tutto il gruppo si guardò, come a cercare uno sguardo di approvazione tra di loro. La cosa migliore sarebbe stata mandarlo via con un bel calcio in culo, ma si trattennero. Fu questa loro esitazione che dette a Jake l'input per continuare ad andare avanti.

“Se proprio non volete farlo me, e vi capirei, fatelo per Cat. L'avete prelevata da casa, senza darle il tempo di avvertire nessuno. Era sola, spaventata e disperata quando mi ha chiamato, lo sarà ancora di più adesso con tutto quello che le sta accadendo. Quando ritornerà qui, perché deve ritornare!, le farà bene vedere qualcuno che conosce e a cui vuole bene.” Questo era davvero l'ultimo tentativo, fallito questo avrebbe fallito tutto e sarebbe stato costretto a tornare a casa.

“Va bene, ragazzo.” disse il Capitano. “Entra, ma non un fiato. Altrimenti ti rispediamo a casa.” disse alzando l'indice in segno di ammonimento.

Lo accompagnarono dentro, persuasi fino ad un certo punto di fare la cosa giusta. Nick Fury sarebbe andato su tutte le furie quando avrebbe scoperto che avevano fatto entrare un perfetto sconosciuto alla base, senza chiedere prima il suo assenso, che non sarebbe mai arrivato. Credettero però di fare un favore alla ragazza, quando sarebbe tornata e avrebbe visto un viso familiare. Già, sempre ammesso che fosse tornata perché non sapevano cosa le stessero facendo in quel momento.

Alla base ormai non c'era più nessuno se non loro. Era notte fonda e tutti gli altri agenti si erano ritirati, o erano usciti. Questo era un bene, almeno nessuno avrebbe notato la presenza di una persona in più, non autorizzata.

Lo stavano accompagnando al piano superiore per farlo riposare e, a dirla tutta, a nasconderlo da Fury, quando il ragazzo chiese di poter mangiare, dato che era digiuno da tutto il giorno. Lo accompagnarono Steve, Clint e Natasha, mentre Tony e Bruce ritornarono in laboratorio per ultimare la loro invenzione.

Attraversarono il lungo e buio corridoio, svoltando per l'enorme sala in cui erano soliti intrattenersi per dirigersi alla cucina. Quando entrarono nella sala, si accorsero troppo tardi che, nascosto in un angolo, seduto su una poltrona in pelle, con lo sguardo triste e perso nel vuoto, c'era Loki.

Gli occhi verdi di Jake si posarono su quelli turchesi del Dio, che da un'espressione rassegnata passò ad una carica di odio e rabbia. All'istante i due si riconobbero e si furono addosso ancor prima che gli altri si rendessero conto di cosa stava per accadere.

“Tu sei Loki!” urlò Jake, avvicinandosi al Dio che stava facendo altrettanto, arrivandoli di fronte e guardandolo con la fronte alta.

“E tu, inutile omuncolo, sei Jake.” disse freddo.

“Sei un vile bastardo! Cosa hai fatto a Cat, eh?”

“Qualcosa che tu non potrai mai farle.” sorrise malizioso, viscido e ambiguo, serrando le labbra fino a farle diventare sottili e taglienti come rasoi.

Jake capì a cosa si stesse riferendo il Dio e la rabbia montò in lui, insieme ad una mal celata gelosia. “Mi fai schifo!” gli urlò, battendogli le mani sul petto, senza neanche smuoverlo.

Loki mantenne la calma, sotto gli occhi increduli di tutti; quella però era solo una calma apparente. L'unico motivo che gli permise di non ridurre in cenere quell'inutile umano era il fatto che fosse caro a Cat.

Come fa a trovarci qualcosa in lui? È così patetico.

Non gliela avrebbe fatta passare liscia tanto facilmente. Socchiuse leggermente quegli occhi diabolici e ingannatori senza smettere di guardare Jake. Un attimo dopo Loki sorrise malvagio e se ne andò.

Non appena ebbe varcata la soglia, udì le voci allarmate e molto alterate dei tre vendicatori che avevano appena assistito alla trasformazione di Jake in una donna, che adesso stava sbraitando e inveiva contro il Dio.

“Loki. Devi immediatamente far ritornare il midgardiano nella sua forma naturale.” disse Thor entrando in camera del fratello, dopo che gli era stato detto quanto aveva fatto.

Loki tacque.

“Mi hai sentito fratello?”

“Ha avuto quello che si merita.”

“Smettila di fare così.”

Di nuovo silenzio. Il Dio biondo si avvicinò a suo fratello, con l'intento di rimproverarlo ma la tristezza e la profonda disperazione che lesse nei suoi occhi, gli fecero cambiare idea.

Non lo aveva mai visto in quello stato. Credeva che fosse una persona fredda, calcolatrice, ingannevole, privo di emozioni ma si sbagliava di grosso. O meglio, era in quel modo ma non con Frigga, non con Caterina. Come aveva fatto a non accorgersene prima? Come aveva fatto a non vedere la profonda disperazione che albergava e inaspriva il suo cuore? Era stato cieco fino a questo punto? Fino al punto di obbligarlo a tacere la sua relazione con lei? Si sentì terribilmente in colpa.

“E' colpa mia, Loki, se Cat è stata catturata.” disse a voce bassa. Il Dio dell'inganni si limitò a guardarlo. “Se non ti avessi costretto a mentirmi sulla vostra relazione, lei a quest'ora sarebbe ancora con noi.”

“Ti stai dando troppa importanza.” sospirò leggermente.

“Perchè tenere nascosta la cosa?” domandò il Dio dei tuoni, curioso di sapere le motivazioni delle azioni di Loki.

“Perché voi non dovevate sapere. Non volevo che Cat venisse giudicata ingenua, quando è più forte e intelligente di tutti voi, e io...”

“E tu, un ingannatore, bugiardo che incanta la sua preda.” concluse Thor.

E io uno sciocco che si fa intimorire da una creatura che sa essere tanto fragile e tanto forte, per cui prova un sentimento così forte e così misterioso, che ti annebbia ogni pensiero logico e razionale. Quel pensiero, come molti altri, se lo tenne per se. Sapeva cosa provava per la ragazza, ma era già difficile da ammettere a se stessi, che non lo avrebbe mai detto ad altri.

[Your love is mine for the taking. My love is just waiting, to turn your tears to roses.]

[Il tuo amore è il mio perchè l'ho preso. Il mio amore sta solo aspettando di trasformare le tue lacrime in rose]1

“Non doveva andare così.” disse Thor evidentemente molto dispiaciuto.

Un rumore di passi che fece voltare i due Dei, terminò alla soglia della porta; il respiro calmo, tenuto sotto controllo ma lo sguardo impetuoso, lasciava trapelare ogni sorta di emozione che pesava sull'anima di Natasha: speranza, incertezza, dubbi e paure. Emozioni che, però, sapevano essere gestite e nascoste.

“Le bombe sono pronte.”









-Angolo dell'autrice-
Bentornati..!!! Jake è stato trasformato in una donna, ooooh che peccato..! XD No, immagino che non importi a nessuno di lui.. Anche se era questo il mio scopo, il povero Jake sta seguendo solo il suo cuore XD.. No, neanche io riesco ad essere dispiaciuta per lui, non posso farci niente...
Spero che lo abbiate trovato un pò divertente questo capitolo perché da qui in avanti da ridere ci sarà ben poco e quindi volevo allentare un pò la tensione prima di farla crescere al massimo XD.... Mi piace troppo tenervi sulle spine, è divertente.
Comunque, detto questo, ho detto tutto. Non ho altro da aggiungere. 
Ah si, ora ricordo...!! Voglio ringraziare (di nuovo, lo so, ma lo farò sempre! =D) tutti coloro che leggeranno, recensiranno e commenteranno la storia. Mi fa DAVVERO tanto piacere vedere che continuate a seguirla, è una gran bella soddisfazione.
Ora si che ho detto tutto.
Un bacio, la vostra Vipera ;-)

NOTE
1 Whispers in the dark, Skillet.
Inoltre le informazioni sulle Pietre sono vere, o meglio, le ho trovate su Internet. Non mi appartengono, solo della Marvel e questa storia non è stata scritta con l'intento di violare il Copyright nè a scopo di lucro.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** LA FINE DELLA NOTTE ***


- Angolo dell'autrice - 
Bentornati miei cari :-) vi sono mancata? Voi tantissimo :-)
Questo è il 15esimo capitolo, waooooooo.. Forse è un pochino triste, vi avverto. L'ho scritto pensando che alla fine dovesse far commuovere chi lo leggeva, ma credo che abbia fatto emozionare solo me XD (forever alone XD)
Okay, ho finito di dire ciò che dovevo, quindi vi auguro una buona lettura. Fatemi sapere se vi è piaciuto, se un pochino vi ha fatto emozionare. In fondo al capitolo troverete le note e i ringraziamenti.
Ps questo capitolo lo dedico alla mia carissima amica Giulia, sostenitrice e prima fan di tante mie storie. La tua versione di Halleluja mi commuove sempre. Grazie di cuore, davvero.
Ciao ciao a tutti, bella gente! :-*







                                                          



                                                MENTE GIACEVO MORENTE1



 

''Non credevo sarebbe finita così.''

''Finita? No, il viaggio non finisce qui.''2




A quelle strane e mai viste stelle presero posto delle altre, altrettanto sconosciute e colorate. Ma i colori erano lontani, irraggiungibili, freddi. Meravigliosi e raccapriccianti. Che incuriosivano ma spaventavano al tempo stesso. Pian piano ritornarono i colori di quello che sembrava essere stato il giorno prima.

Non sapeva dire con esattezza quanto tempo fosse passato; aveva trascorso gran parte di quello a capo chino, stremata dal dolore, dalla disperazione, dalla rassegnazione e in uno stato confusionale. Un po' come quando abbiamo la febbre e non ci rendiamo conto del trascorrere del tempo o del mondo che ci circonda, così come non sappiamo se quello appena visto era un sogno o la realtà, se qualcuno ci ha parlato o è stata solo la nostra mente a giocarci un brutto scherzo.

Faticava ad alzare la testa per vedere cosa le stesse succedendo, tanto aveva capito che non poteva essere nulla di buono. Guardò in terra, i suo piedi riversavano in una pozza di sangue fresco misto a quello che ormai si era già seccato e raggrumato, diventando quasi nero. Aveva ferite ovunque e non si poteva dire da dove fuoriuscisse tutto quel sangue.

Cercò di smuovere le braccia ma erano come inchiodate, immobili. Ordinava loro di muoversi ma era tutto il suo corpo che si rifiutava di obbedirle, ormai intorpidito a causa della posizione assunta per così tanto tempo. La gabbia toracica si abbassava e alzava in maniera quasi impercettibile, il suo respiro era affaticato, spesso sfociava in un rantolio che le faceva venire i brividi. A stento riusciva a riconoscersi in quei versi che sapevano solo di morte.

Provò a inspirare col naso ed espirare con la bocca, alla ricerca di un po' di ossigeno che le riusciva difficile respirare ma questo le provocò solo nuovo dolore al petto che si trasformò in una tosse violenta. Si sentiva in bocca un sapore metallico, che riconosceva ma non sapeva dire dove lo avesse già sentito prima. Sputò in terra per cercare di toglierselo dalla bocca e in terrà si formò l'ennesima chiazza si sangue.

Aveva freddo e stava sudando. Aveva la febbre, alta. Intorno a se vedeva tutto sfuocato, incapace di mettere a fuoco anche un singolo dettaglio.

All'interno dell'enorme e fredda sala del trono non si sentiva un singolo rumore, tutto taceva. Credeva di essere rimasta sola; sola con i suoi pensieri, con le sue paure. Si sbagliava.

“Vedo che ci siamo riprese.” le disse una voce, non lontano da lei. Non rispose. Che senso avrebbe avuto a quel punto?

Aveva tentato in tutti i modi di tener testa a quell'orribile mostro, a tutti i suoi giochetti mentali, a tutte le allucinazioni a cui l'aveva sottoposta, a tutte le torture strazianti. Ci aveva provato fino da ultimo. Non ricorda quando aveva smesso di lottare, sapeva solo che ad un certo punto si era arresa.

“La notte è finita. I tuo amici non sono venuti a prenderti, per loro non conti nulla. Non sei che una seccatura per loro, lo sei sempre stata fin dal principio.”

“Non è.. vero.”

“Specialmente per Loki.” sorrise perfido.

Le aveva letto nella mente tutto il dolore che aveva provato per il tradimento di Loki. E su questo l'aveva torturata fino allo stremo.

Thanos le si mise davanti, senza abbandonare quel ghigno crudele e compiaciuto di se stesso.

“Ti hanno abbandonata.”

La ragazza chiuse gli occhi, riuscendo a cacciare indietro le lacrime.

“Però sai, ho visto che hai uno spirito combattivo.” fece una pausa, la studiò attentamente e poi riprese. “Posso offrirti una via di fuga, una via di salvezza.” marcò l'ultima parola per catturare l'attenzione della mortale.

La ragazza alzò il viso tanto bastava per vedere Thanos guardarla attraverso la fessura dell'elmo metallico blu e oro, con il suo solito ghigno. Si stava domandando dove volesse arrivare.

“Se tu venissi dalla mia parte, potresti diventare molto potente. Nessuno ti abbandonerebbe, nessuno più ti tradirebbe. Saresti temuta e venerata come una dea e,” fece una breve pausa “saresti immortale.” posizionò le mani guantate dietro la schiena, aspettando la risposta della ragazza.

Gli uomini sono così deboli, si fanno abbindolare da vane promesse di immortalità e potere, per la sola paura di morire e di non essere nessuno. Accecati e avidi di potere, che farebbero di tutto pur di possederne un po'.

Caterina tenne i suoi occhi fissi su quelli del mostro.

“Fanculo.” rispose con il poco fiato che le era rimasto.

Thanos non si scompose, sospirò profondamente e le fece nuovamente la proposta.

“Non amo ripetermi due volte, per questa volta, però, farò un'eccezione. Vieni dalla mia parte e ti darò una nuova vita.”

Voglio proprio vedere la faccia del principe quando capirà che la sua umana è passata dalla parte del male. Ci sarà da divertirsi.

Il re di Titano era sicuro che la mortale accettasse la sua proposta. Sarebbe morta da lì a poco, e lui ben sapeva come erano fragili e inclini alla corruzione gli uomini che erano sul punto di morte. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non morire. Glielo leggeva negli occhi. Lo stesso sguardo che aveva sua madre quando, un giorno da piccolo, l'aveva uccisa trapassandola dalla gola al ventre. Anche lo sguardo della donna era identico a quello della fanciulla: supplichevole.

Cederà, cederà.

In altre occasioni avrebbe ucciso senza esitazioni la sua vittima, per niente disposto ad aspettare. Ma questa volta era diverso. C'era una vendetta di mezzo e lui, aveva sempre tempo per dedicarvisi appieno. Anche se questo significava aspettare una risposta da una inutile umana.

Caterina dal canto suo si trovava di fronte a due possibilità, che sarebbero state decisive. Nonostante si sentisse davvero abbandonata e tradita, non sarebbe mai passata dalla parte di un mostro, che la ripugnava oltremodo. Cercò di farsi coraggio, di essere forte e non farsi vedere vacillare davanti alla possibilità di rimanere viva. Cosa che l'aveva leggermente fatta titubare, riguardo alla scelta da prendere.

“Neanche a me piace ripetermi. Quindi, vaffanculo.” un colpo di tosse le percosse la gabbia toracica, facendole fuoriuscire piccole gocce di sangue.

Il mostro dalla pelle violacea non si scompose benché non si aspettasse tanta resistenza da parte di lei, aveva capito che non l'avrebbe convinta in nessun modo; purtroppo per lei, sarebbe dovuta morire. Comunque la sua vendetta se la sarebbe presa ugualmente.

Malvagia o morta, che differenza fa? Ora il traditore saprà come ci si sente a perdere tutto ciò che ci è caro. Che gli serva da lezione per non tradirmi più.

Sfoderò il pugnale dal fodero e glielo conficcò dritto nella pancia. Cat urlò di dolore, sgranando gli occhi. Poteva sentire la lama dentro di se, fredda e portatrice di morte. Glielo sfilò con altrettanta crudeltà. Adesso non doveva far altro che aspettare che spirasse.

Sul lato sinistro del ventre della giovane, rimase il segno della ferita, orizzontale, precisa, sottile. Inutile dire che il sangue non tardò ad uscire, scendendole lungo l'interno coscia e lungo le gambe per poi schiantarsi, goccia dopo goccia, al suolo mischiandosi con quello vecchio.

Mentre il gigante guardava, divertito, la lenta agonia della ragazza, alla sua destra apparve un forte bagliore che si trasformò in una luce accecante. Prima che il bagliore si dissolvesse, disegnò nell'aria intorno a Caterina un cerchio per renderla invisibile. Si voltò, poi, verso quella luce e vide che era stato aperto un portale, dal quale non erano uscite delle persone qualunque ma QUELLE persone.

I Vendicatori erano arrivati.

Iron Man, Captain America, Occhio di falco, Vedova Nera e Thor erano appena sbucati nell'enorme salone, uno di fianco all'altro con i volti di chi è pronto per fare il culo a qualcuno. Si avvicinarono a Thanos, i loro passi risuonavano nell'aria producendo l'eco tutt'intorno.

Vennero circondati da un gruppo di Chitauri che si era precedentemente nascosto dietro le colonne nell'oscurità. Il gigante viola aveva già percepito la loro presenza, ancor prima che arrivassero, e così aveva radunato le sue guardie e dato loro l'ordine di ucciderli tutti appena gli avessero consegnato le Gemme. Nessuno escluso.

“Vedo che avete accettato il mio invito. Che siate i benvenuti.” disse con voce gutturale, aprendo la bocca in un mezzo sorriso e allargando le braccia in segno di benvenuto.

“Dov'è la ragazza?” domandò Thor, senza tanti convenevoli, andando dritto al punto.

“Dove sono le Pietre?” domandò a sua volta.

Da dietro il gruppo dei vendicatori spuntò Loki, con in mano lo scrigno d'argento. Si fece largo tra i suoi compagni e mostrò, da lontano, ciò che aveva tra le mani. I Chitauri si spostarono in modo che il loro signore potesse vedere chiaramente il bauletto.

Thanos sorrise. Finalmente le Pietre sarebbero state sue. Ancora poco e avrebbe potuto formare il Guanto dell'Infinito, per controllare e dominare tutto l'universo.

“Dammi le Pietre, principe.”

“Prima la mortale.” disse freddo, calcolatore. Nonostante temesse per la vita di Cat, era riuscito ad assumere il suo atteggiamento distaccato e ingannatore. Non avrebbe mai dovuto far vedere a quell'essere riprovevole quanto fosse legato a quella ragazza, altrimenti l'avrebbe uccisa all'istante. Aveva sbagliato la prima volta a mostrarsi così attaccato alla mortale, rischiando di farla morire e non avrebbe commesso due volte lo stesso errore.

“Sei davvero affezionato alla fanciulla, eeeheh.” rise sbeffeggiando il Dio.

“No. Voglio solo vedere se darai a loro quello che hai promesso prima di consegnarti lo scrigno.” disse riferendosi ai suoi compagni.

La freddezza che aveva assunto spiazzò tutti, persino lo stesso Thanos che era convinto dell'affetto del principe per quell'umana. Restava un'ultima prova per capire fino a che punto rimanesse indifferente, ed era proprio quella di mostrargliela ferita ed esanime. Quanto gli piaceva e si divertiva a portare avanti quel gioco. Disegnò un cerchio invisibile nell'aria e non lontano da lui, apparve Cat ancora legata, appesa alle catene. Richiamò a se due chitauri e ordinò di scioglierla.

I due mostri la sciolsero brutalmente e lei cadde a peso morto a terra, emettendo un leggero gemito di dolore. La alzarono a forza per le braccia, pur rimanendo fermi dove si trovavano, in attesa di altri ordini.

Gli occhi del Dio indugiarono un solo istante sul corpo straziato della mortale, lacerato, ricoperto di sangue dalla testa fino alle gambe. Gli bastò un'occhiata fugace e lesta per accertarsi che respirasse ancora; c'era ancora modo di salvarla. E lo avrebbe fatto, a qualsiasi costo.

“Adesso, le Pietre!” ordinò, privo di ulteriore pazienza, aggrottando le sopracciglia.

Loki iniziò a camminare accompagnato da Thor, che nonostante tenesse il Mjolnir basso, lo stringeva come se da un momento all'altro lo dovesse usare. Il Dio moro non tolse mai lo sguardo da Thanos, ma la sua unica preoccupazione era prestare soccorso a Cat. Con passo svelto gli si avvicinarono, Loki posò la scatola sul tavolo di marmo, posizionato davanti a lui. Lo aprì e mostrò alla creatura il contenuto: le sei Pietre erano lì, luminose e potenti. Il re di Titano ne prese una in mano, rigirandosela per constatare che non si trattasse di un'illusione del Dio. Quando ebbe la certezza che fossero concrete e che fossero proprio le Gemme che stava cercando, con un cenno del capo ordinò che gli venisse consegnata la prigioniera.

I chitauri la trascinarono bruscamente, macchiando il pavimento con una lunga striscia di sangue. Si fermarono davanti al Dio dei Tuoni e gliela gettarono ai piedi. Il Dio la sollevò delicatamente per un braccio mettendoselo intorno al collo, pronto a sollevarla stando molto attento a non farle ulteriore male. Quando se l'ebbe caricata, sia lui che suo fratello ritornarono indietro. Per tutto quel tempo Loki non rivolse nemmeno uno sguardo fugace alla ragazza, quel sacrificio gli stava costando molto caro. Appena l'aveva vista aveva avuto la tentazione di andare subito da lei e prestarle soccorso, ma doveva recitare una parte ed a quella si doveva attenere per far funzionare il piano.

Una volta che furono insieme agli altri Vendicatori, i loro spiriti si fecero più sicuri perché avrebbero subito azionato le bombe e aperto il portale, in modo da fuggire in tempo.

Ora che i Vendicatori avevano lei, fingere non serviva più.

Ora che Thanos aveva le Pietre nelle sue mani, non c'era motivo per cui quei bambocci restassero in vita un minuto di più.

“Forza uccideteli!” e in un attimo tutti i Chitauri furono addosso al gruppo che si posero in posizione d'attacco, in cerchio, coprendosi le spalle a vicenda.

In un attimo il silenzio venne rotto dal fragore della battaglia. Clint e Natasha si coprivano le spalle a vicenda, il Capitano sferrava pugni e colpiva quei dannati alieni con il suo scudo mentre Stark usava i raggi e i laser della sua armatura. Nonostante i loro sforzi, non riuscivano a uccidere abbastanza mostri che ne arrivavano sempre di nuovi.

La situazione iniziava a svolgersi a loro sfavore, dovevano agire il prima possibile.

“Ehi Stark, sarebbe ora che tu dessi il via alle danze.” disse Clint mentre con una sola freccia uccise tre chitauri: ne trafisse uno e dalla stessa partirono dei proiettili che ne andarono a colpire altri due.

Stark, dopo aver sorvolato l'intero salone ed ucciso un po' di chiaturi qui e lì, ritornò a sorvolare sopra i suoi compagni dando inizio a quello che lui stesso aveva chiamato ''danze''.

“Ehi JARVIS, avverti Banner. È ora che azioni le bombe.”

Si, signore.” la voce parlò con la sua solita cadenza robotica. Tony dovette attendere solo un istante prima che la voce lo richiamasse.

Il signor Banner è pronto. Vuole che inizi il conto alla rovescia?” l'uomo guardò in basso e vidi tutti gli altri intenti a combattere. Non avevano più tempo, dovevano fuggire da lì il prima possibile. Si avvicinò a Loki e gli disse di aprire il portale.

“Apri il portale e portaci via di qui.” e ritornò subito a combattere; aiutò il Capitano che era stato sommerso da quei mostri. Con il mirino della visiera centrò i nemici e gli sparò contro i proiettili che aveva nella spalla sinistra.

“Grazie Stark.”

“Ma figurati.”

Signore, il conto alla rovescia ha inizio. Il signor Banner ha azionato le bombe.

“Forza! È ora di togliere il disturbo.” esortò gli altri.

10

Thor consegnò Caterina nelle braccia di Loki, credendo che fosse ancora svenuta, per prepararsi all'imminente battaglia. Lui la stava sorreggendo e la sentiva tremare contro il suo corpo. Stava sudando freddo ed era diventata terribilmente bianca ed estremamente pesa. Il Dio dovette essere più risoluto nel tenerla in braccio. La fanciulla si destò lentamente ed aprì gli occhi, frastornata e confusa da tutto il clangore che risuonava all'interno del salone.

“Loki?” disse, ritrovandosi tra le sue braccia e non aspettandosi di vederlo. “Che succede?” aveva appena ripreso conoscenza e non si era resa conto di quello che era accaduto, non aveva visto i Vendicatori e neanche lo scambio delle pietre.

“Ti porto a casa.” gli sorrise.

Lei gli domandò incredula, con quella poca e roca voce che le era rimasta “Perchè sei qui?”

“Sono qui per te. Sono qui per riportarti a casa.” rispose come se fosse la cosa più normale al mondo, con una dolcezza difficile da trovare in lui.

[I finally know just what it means, to let someone in. Just see the side of me, that no one does or ever will. So if you're ever lost and find yourself all alone, I'll search forever just to just to bring you home. Here and now this I vow.]

[Finalmente so cosa significa, lasciare entrare qualcuno. Guarda la parte di me, che nessuno vede nè vedrà mai. Quindi se ti dovessi mai perdere e ritrovare tutta sola, ti cercherò per sempre solo per portarti a casa, qui e adesso lo giuro.] 3

 

“Cosa?” disse con gli occhi velati di lacrime. “Io credevo che non ti importassi...” non le fece finire di dire la frase poggiandole un dito sulla bocca e passandole una mano sul viso. “Sssh, non dire queste cose.” le disse per non farla agitare ulteriormente. Rialzò il capo e vide che era giunto il momento per loro, di andare.

Iniziò a recitare la formula per aprire il portale, ormai era arrivato alla fine dell'incantesimo, ma era difficile farlo mentre sorreggeva la ragazza e tentava di difenderla dagli attacchi. Nel mentre, tutti si erano avvicinati al Dio moro, senza smettere un attimo di sferzare colpi, uccidere e lottare.

9

Thanos era sempre rimasto lì a guardarli, convinto che il suo esercito gli avrebbe spazzati via in un attimo, invece venivano decimati e sembrava che fosse lui, adesso, ad avere la peggio. Furioso iniziò a colpire i Vendicatori con scariche elettriche ed esplosioni, tutte contrastate dallo scudo di Steve e dal Mjolnir di Thor.

“Forza fratello, non abbiamo più tempo!”

8

Il passaggio spaziale, con un po' di difficoltà si era finalmente aperto: irradiava una luce accecante, resa ancora più luminosa a causa dell'oscurità del luogo.

“Non crederete di cavarvela così facilmente!” ringhiò adirato il mostro viola. Rincarò le dose degli attacchi, costringendo tutti a indietreggiare.

7

Si avvicinarono al suo ingresso e iniziarono ad entrarvi dentro, schivando i colpi e cercando di infliggerli a loro volta sia ai soldati che al loro re, ma quell'essere sembrava indistruttibile.

Entrarono per primi Iron Man e Clint.

6

Vennero seguiti da Natasha e Steve mentre uccidevano gli ultimi chitauri.

5

Poi entrò Thor ed esortò suo fratello a fare lo stesso, alla svelta.

4

3

Thanos, dietro di loro, rise divertito da quella scena. Aveva ragione a credere che c'era un legame tra di loro. Bene, la sua morte sarebbe stata ancora più dolce. Il mostro, quindi, adottò l'ultimo disperato tentativo: afferrò le Pietre e cercò di unirle tutte per formare il Guanto dell'Infinito. Quando arrivò a prenderle in mano, la magia nella quale erano avvolte svanì, quelle che gli erano sembrate le sei gemme si trasformarono in altrettanti piccoli involucri di vetro che racchiudevano una densa sostanza azzurra. Sgranò gli occhi, conscio del fatto di essere stato tradito ed ingannato, ancora. Il Dio si era preso di nuovo gioco di lui, ma questa volta non l'avrebbe scampata liscia. Urlò. Urlò carico di rabbia e frustrazione; alzò la mano destra al cielo, digrignando i denti pronunciò delle parole nella sua lingua natia, e rivolse successivamente la mano in direzione degli ultimi due rimasti.

2

Prima che venissero trascinati via, dal risucchio del portale, la ragazza, sentendo le urla del suo torturatore volse la testa nella sua direzione e vide che stava per sferzare un colpo al Dio. Senza ragionare a quello che stava facendo, nel momento in cui Thanos indirizzò la mano contro l'asgardiano con l'obbiettivo di colpirlo ed ucciderlo, lei scese e gli si parò davanti proteggendolo col suo esile corpo, venendo centrata in pieno petto da un colpo mortale.

1

Accadde tutto in un attimo: Loki e Cat vennero risucchiati dal passaggio mentre alle loro spalle l'esplosione delle bombe invadeva tutto intorno. L'espressione sconcertata di Thanos all'evidente sconfitta, venne cancellata dal fuoco che si materializzò allo scadere del conto alla rovescia.

Il portale si chiuse giusto in tempo, prima che le fiamme vi entrassero dentro e coinvolgessero anche l'altra parte da cui sbucava. Thanos, i chitauri, la sala del trono, il palazzo e tutto nel raggio di miglia e miglia sul quel pianeta, venne distrutto e cancellato dall'energia residua del Tesseract esplosa in una luminosissima luce azzurra che andò affievolendosi come fumo a contatto con l'aria.

Gli ultimi a toccare il suolo terrestre, prima che il portale si chiudesse dietro di loro, portandosi sfocati colori dell'esplosione, furono il Dio moro e la mortale. Loki si era accorto troppo tardi del gesto compiuto da Cat e non aveva fatto in tempo a portarla in salvo.

Stava camminando sul prato della base, appena illuminato da un timido sole nascente, sotto gli occhi sbarrati e increduli di tutti. Nessuno sapeva cosa fosse successo, nessuno aveva visto niente. Solo adesso vedevano il corpo della ragazza abbandonato tra le braccia del Dio, che la sorreggeva come se fosse la cosa più leggere di questo mondo.


 

[Well your faith was strong but you needed proof. You saw her bathing on the roof. Her beauty and the moonlight overthrough ya. She tied you to her kitchen chair. She broke your throne and she cut your hair. And from your lips she drew the Hallelujah.
Hallelujah, Hallelujah, Hallelujah, Hallelujah.]  

[La tua fede era forte ma avevi bisogno di una prova. Avevi visto lei mentre faceva il bagno sulla terrazza. La sua bellezza e la luce della luna ti avevano sopraffatto. E lei ti ha legato ad una sedia della cucina. Ha infranto il tuo trono ed ha tagliato i tuoi capelli. E dalle tue labbra ha tirato fuori l'Alleluia] 4

 

La adagiò dolcemente a terra mentre guardava disperato la ferita che riportava. Il colpo le aveva quasi trapassato lo sterno, provocandole una enorme lacerazione su gran parte del petto, il cui interno non era difficile da vedere. Spostò i suo occhi colmi di lacrime dalla ferita al volto della fanciulla che lo guardava, con aria sofferente, terrorizzata ed agonizzante.

Avvicinò il suo volto a quello di lei fino a che le loro fronti non si sfiorarono. Sentiva che stava respirando a fatica e in modo irregolare, ogni fiato che faceva era un nuovo e atroce dolore che la scuoteva.

“Perchè l'hai fatto?” calde ed acide lacrime iniziarono a pungergli gli occhi turchesi incollati a quelli grigi della fanciulla.

“Perché... io ti..” venne scossa da un colpo di tosse, iniziò a tremare tra le sue braccia. Aveva tanta paura. Lui era tornato per lei perché voleva farlo, perché anche lui teneva a lei tanto quanto Cat teneva a Loki e adesso sarebbe morta senza avergli mai confidato cosa veramente provava, cosa sentiva dentro il suo cuore di mortale da ormai tanto tempo. Lungo la guancia le scivolò una lacrima che l'uomo si preoccupò di asciugarle.

“Ssssh, stai tranquilla. Non ti agitare.” disse mentre premeva con la mano sinistra sulla ferita per arrestare la fuoriuscita di sangue, e con la destra la sosteneva saldamente.

“Ho paura.” confessò poggiando la sua mano sopra quella di lui; altre due lacrime le scivolarono sul viso.

“Andrà tutto bene.” le sussurrò cercando di apparire tranquillo anche lui stesso.

“Ma tu devi sapere.” Cat gli accarezzò il viso, come per trarne forza e cercò di sorridergli. “Io ti amo, Loki.”

Lui la guardò, le sorrise, pianse e la strinse forte a se senza mai staccare la fronte da quella della sua mortale.

Poi un ultimo e violento spasmo la invase e lentamente si accasciò tra le braccia del suo amato, che la stava dolcemente accarezzando i capelli. Tutti gli altri si erano radunati intorno a loro due e stavano assistendo impotenti e affranti. Natasha, Clint, Tony, Steve e Thor, raggiunti da Bruce e Fury, erano dispiaciuti, incapaci persino di versare una lacrima.

“Mi.. dispiace.” disse Cat prima di riversare la testa all'indietro e chiudere, per sempre, gli occhi. Loki spostò le sue iridi cristalline e umide su ogni centimetro del viso di lei.

“No. Non puoi lasciarmi..” disse con la voce spezzata dal dolore, due lacrime scesero fino alle guance, andando a bagnare il viso di Cat; la baciò sulla fronte e sulla bocca ormai fredde, prive di vita.

Fu come se il mondo in quel momento si fosse fermato. C'erano solo lui inginocchiato sul verde prato che teneva stretto a se il corpo immobile della mortale. Non sentiva altri suoni, rumori e voci di chi lo stava richiamando, non vedeva altro se non il volto spento della persona che amava. Perchè adesso che l'aveva persa per sempre, si era reso conto che l'amava, e lo aveva sempre fatto.


 






NOTE
1 titolo ripreso da una puntata di ''The Vampires Diares'', quando ho scritto questo capitolo avevo una fissa per questa serie televisiva  e la mia puntata preferita era, appunto, Mentre giacevo morente;
2 Il Signore degli Anelli, Il ritorno del Re. Dialogo tra Gandalf e Pipino;
3  I'd come for you, Nickelback;
4  Halleluja, Leonard Cohen. In questo caso mi riferisco alla versione cantata da Kate Voegele che vi consiglio di ascoltare.

RINGRAZIAMENTI
Ringrazio tutto coloro che continuano a leggere la storia, vedo che man mano aumentano le visualizzazioni ma anche coloro che la aggiungano tra preferite e ricordate. Siete davvero molto carino e io non posso fare altro che apprezzare e ringraziarvi.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** HOW I SAVED YOUR LIFE ***


Stava tenendo tra le sue braccia il corpo inerme della ragazza, disperandosi di averla persa per sempre. Non riusciva ancora a credere che era successo proprio ciò che aveva tentato in tutti i modi di evitare: perderla. Era come essere ritornati a tanti anni addietro quando, rinchiuso in una cella, era stato informato della morte della madre, per mano di Kurse, ormai a funerale concluso. La consapevolezza della notizia, il dolore di sapersi responsabile di quanto accaduto, di non avervi preso parte per darle il suo ultimo ed estremo saluto, la rabbia, il rancore e l'odio verso se stesso per averle detto delle cose terribili e che davvero non pensava, lo avevano reso quasi un folle; così anche in quel momento Loki sentiva la rabbia covare nel petto. Una rabbia per averla lasciata andare via, per averle mentito e per non essere riuscito a dire ciò che veramente provava. Non era servito a nulla macchiarsi di alto tradimento, di aver rischiato la vita per trarla in salvo dal regno di Titano perchè lei era morta e lui non le aveva mai detto che cosa provava nel suo cuore, ormai non tanto più gelido.

Era stata lei a renderlo un Dio migliore e meno vendicativo, ma adesso non gli era rimasto niente se non un mucchio di speranze per il futuro tramutatesi in polvere; di quella polvere che se gettata negli occhi ti impedisce di vedere e ti fa lacrimare, ti offusca la vista e la mente, ti fa brancolare nel buio incerto su dove mettere i piedi e che ti fa assalire la paura di cadere nel vuoto. Ma lui stava già precipitando. Stava cadendo giù nel più profondo ed oscuro baratro del suo cuore e della sua anima; perdere lei era come perdere la luce. Una luce che Loki non aveva mai avuto modo di assaporare se non stando con lei. Cat era la sua luce, dolce ed avvolgente, che ti fa sentire al sicuro da tutti i mali di questo mondo. Erano così diversi loro due, Caterina era un raggio luminoso e raggiante, lui era l'oscurità più totalizzante, era la notte senza stelle e senza luna, ed era per questo che lui sentiva il morboso bisogno di lei, la metà di cui si sentiva attratto e spaventato al contempo.

E ora che la sua metà di luce era svanita, per se stesso non veda altro che buio, dolore e morte.

No, non poteva arrendersi così, lasciando che gli eventi avessero la meglio su di lui; lui che li controllava, li creava e li distruggeva a suo piacimento.

Si ricordò allora di avere sempre avuto con se lo scrigno delle Pietre, nascosto agli occhi di tutti dalla sua magia. Con un movimento veloce e rotatorio delle mani lo fece comparire poco distante da loro due, tirò fuori la pietra verde, unica ed ultima possibilità di salvezza per Caterina.

Thor quando capì che cosa stava per fare suo fratello, si inginocchiò vicino al corpo della mortale e la guardò addolorato, sinceramente dispiaciuto per la sua terribile sorte.

“Che cosa vuoi fare?” gli domandò quando lo vide estrarre la piccola gemma

“La voglio salvare.”

“Sai a cosa la manderai incontro?” domandò in un sussurro dubbioso il Dio biondo.

“Certo e tu non mi fermerai.” rispose l'altro fissandolo deciso, pronto a correre qualsiasi rischio pur di riaverla.

“No fratello, non ti voglio fermare.” questa volta Thor sarebbe stato dalla parte di Loki qualsiasi cosa avesse in mente.

Mise la Gemma verde sul corpo della mortale, aspettando che la magia avesse inizio.

Dopo un primo momento in cui sembrò che non accadesse nulla e le ultime speranze del Dio si infransero, iniziò a diffondersi su tutta la ragazza una leggera e flebile luce verdastra che si fece man mano più intensa. La luce si propagò su tutto il suo corpo, inondandola di un bagliore accecante, tanto che anche coloro che le stavano intorno dovettero chiudere gli occhi per non venire accecati.

Quando il bagliore svanì e gli altri riaprirono gli occhi, videro che le ferite erano quasi del tutto scomparse, la sua pelle aveva riacquistato il suo naturale colore olivastro e la sua gabbia toracica si stava lentamente alzando ed abbassando.

Il suo corpo aveva assimilato con successo la pietra.


 


 

La finestra era stata lasciata aperta in modo da illuminare gran parte della stanza.

I raggi del sole penetravano la leggera stoffa candida della tenda che, ogni tanto, veniva pigramente mossa da un vento altrettanto pigro.

La camera era irradiata da una leggera e piacevole luce, che illuminava il pavimento e ricadeva morbida fino al bordo del letto. Tutto intorno aleggiava un intenso profumo di fiori, infilati dentro un vaso in ceramica blu, posto sul comodino accanto al letto.

Ogni cosa era immersa nel silenzio dolce e pacificatore, che infondeva sollievo e tranquillità.

Respirò profondamente due volte per bearsi e fare sua quella sensazione di benessere. Fu quando tentò di aprire gli occhi che la situazione mutò: una forte emicrania cominciò a martellarle la testa e quando provò a muovere mani e braccia si sentì invadere da una sensazione di pesantezza; lo stesso valse per i muscoli delle gambe che non ne volevano sapere di muoversi. Benchè si rendesse conto di essere distesa su un comodo materasso e che si fosse svegliata da pochi istanti, non capiva come fosse finita lì.

Si focalizzò sugli ultimi, e alquanto offuscati, ricordi che riusciva a riportare alla luce. Pian piano si insinuò la consapevolezza di quanto era successo; nonostante fossero immagini confusionarie e sfuocate, simili a veloci e dolorosi flash, le ritornò alla mente solo il momento del suo rapimento, le lunghe ore di agonia dovute alle innumerevoli torture. Poi il buio totale. Ma quel buio non era poi così totale, dato che aveva la sensazione che ci fosse altro; come quando ci si sveglia e ci si ricorda che stavamo sognando ma non sappiamo cosa; ecco, questo era quello che stava succedendo a lei. In questo sogno dentro al sogno, sapeva che aveva a che fare con Loki e la morte. Il sentore di sapersi quasi sul punto di morire non la stava abbandonando, anzi si faceva sempre più vivo in lei.

Credeva di stare per morire. Stava per morire.

E adesso era lì, ridotta uno straccio ma viva. Che cosa era successo?

Riaprì lentamente gli occhi e con un po' di sforzo riuscì a portare la mano sinistra all'altezza della fronte e a massaggiarsi la tempia.

“Ben svegliata. Come ti senti?” la voce proveniva dalla sua sinistra; la sagoma della persona che le aveva parlato con gentilezza era illuminata dai raggi del sole che rendevano più biondi i già biondi capelli dell'uomo.

Cat strizzò gli occhi per mettere a fuoco quel volto che le riservava sempre un sorriso dolce e genuino.

“Uno schifo.” disse poggiando il braccio sul lenzuolo. Tentò di issarsi sulle braccia per mettersi a sedere ma gli venne impedito.

“Sei ancora molto debole. Devi riposare, ora.” e senza dirle altro si era alzato dalla sedia dirigendosi verso la porta.

“Ehi Thor, aspetta. Loki come sta?” chiese con un filo di voce carico di preoccupazione.

“Sta bene. Ora però riposati.” aveva mentito. Aveva mentito perché Loki era molto debole a causa della magia compiuta per salvarla e di quelle che quotidianamente le stava facendo per farla guarire il prima possibile, che gli avevano tolto quasi tutte le forze; preferì farla stare tranquilla e farla riposare. Sarebbe giunto fin troppo presto il doloroso momento della verità. Cat si mise a fissare il soffitto non volendo seguire il consiglio di Thor per poter ricordare di più su quanto le era accaduto e non si rese conto che in poco tempo i suoi pensieri sfumarono fino a svanire e che le braccia di Morfeo la circondarono facendola sprofondare in un profondo sonno.

Si risvegliò molte ore dopo, quando ormai il sole stava sparendo tra le verdi colline, lasciando stracci di cielo variopinti tra l'arancione, il rosa e un chiaro celeste.

Questa volta le fu più facile aprire gli occhi; molti dolori le erano passati e adesso il suo corpo cominciava a risponderle. Si grattò il naso e stropicciò gli occhi mentre si guardava intorno. Vicino alla finestra vide due persone, una donna stretta tra le braccia di un uomo più alto di lei, che osservavano il tramonto. Non le ci volle nulla a rendersi conto chi fossero.

“Mamma!? Papà!?”

I due si voltarono verso la figlia e si precipitarono da lei sedendosi vicino; la madre le prese una mano mentre con l'altra le accarezzava il volto; il padre seduto dietro a sua moglie, intento a guardare sollevato e felice sua figlia.

“Tesoro, come stai? Come ti senti?”

Cat si limitò a fare spallucce ma quando vide la preoccupazione crescere sul volto della madre, si affrettò a calmarla.

“Un po' meglio.” cercò di sorridere ai suoi genitori.

Cosa ci fanno a casa di Stark/ base provvisoria dello SHIELD? Come hanno fatto a trovarmi? Cosa me ne importa, è così bello rivederli!

“Come avete fatto a sapere che ero qui?”domandò commossa di vederli.

A quel punto sua madre, una donna di quarantacinque anni, capelli castani che le arrivavano poco sopra le spalle, iniziò a raccontare ciò che era accaduto durante la sua assenza.

“All'inizio pensavamo che fossi fuggita, sai eri così introversa e chiusa in te stessa da dopo i fatti di New York che pensavamo avessi avuto qualche colpo di testa e ti fossi messa alla ricerca di quel tuo amico ma ci siamo prima rivolti a Jake ed a Mary, quando abbiamo scoperto che neanche loro sapevano nulla, ci siamo rivolti alla polizia. Ti abbiamo cercata ovunque; non ci siamo mai arresi e per un po' di tempo neanche i poliziotti. Tutti i giorni andavamo alla centrale per avere tue notizie ma ad un certo punto ci hanno detto di non farci più illusioni e che non c'era più modo di trovarti. A quel punto ci è crollato il mondo.” la donna fece una pausa, cercando di reprimere le lacrime che le venivano al solo pensiero di quei momenti in cui credeva che non avrebbe mai più rivisto sua figlia.

“Abbiamo passato momenti in cui credevamo che non ce l'avremmo fatta. Poi due giorni fa ci ha chiamati il signor Stark e ci ha detto dove eri e che ci avrebbero condotto da te.”

“E cos'altro vi hanno detto?” chiese curiosa di sapere veramente quanto ne sapessero di tutta quella storia.

“Ci hanno informati che ti hanno dovuta portare via all'improvviso senza avvisare nessuno sia per il tuo che per il nostro bene e che la loro missione di protezione è finita.” disse con il cuore pieno di apprensione.

Praticamente non gli hanno detto niente, meglio così. Meno sanno e meglio è per loro. Ma allora come gli hanno spiegato il fatto che sono distesa a letto e ridotta uno schifo?

“E perché sono distesa sul letto?” domandò evasiva.

“Non ti ricordi?” disse suo padre, un uomo poco più grande della moglie, con i capelli scuri, corti e gli occhi simili a quelli della figlia. “ Eri uscita a correre dopo aver avuto una discussione con un certo agente Barton ma ti ha sorpresa un temporale e quando sei rientrata era completamente bagnata e ti è venuta una brutta influenza che ti ha costretto a letto per diversi giorni con la febbre alta.”

Certo, come no. Ho avuto proprio l'influenza.

Almeno con quella scusa non si sarebbero preoccupati più di quanto non avessero già fatto. Era una buona cosa sia per loro che per lei. Ma ascoltare il racconto pieno di disperazione della madre, le aveva attanagliato il cuore di dispiacere.

“Mi dispiace così tanto. Io non volevo andarmene... non volevo davvero..”

“Lo sappiamo, cara. Ce lo hanno detto.” la rincuorò il padre. Si avvicinò alla figlia e insieme alla moglie si abbracciarono, felici di essersi finalmente ritrovati.

Fuori dalla camera c'erano altre due persone, che con l'anima in pena stavano consumando le mattonelle del pavimento con il loro andare avanti e dietro. Stavano aspettando che Cat si svegliasse e che i suoi genitori uscissero dalla sua camera per correre da lei. Quando la ragazza che si era un attimo appoggiata con la schiena contro la parete, udì delle voci all'interno della camera, si decise ad entrare. Non le importava nulla se avrebbe interrotto qualcosa con i genitori, era la sua migliore amica e non poteva aspettare un secondo di più.

“Io entro. Non ce la faccio più ad aspettare.” e senza aspettare la risposta di suo fratello, Mary entrò.

“Cat, sei sveglia!” si fermò alla soglia della porta. “Salve signori Bennett. Vi disturbo? Posso entrare?” l'euforia di entrare e fare irruzione era morta nel momento in cui li aveva visti abbracciarsi; temeva di aver interrotto un momento molto dolce tra loro e le dispiacque.

“Ciao cara, no figurati. Entra pure.” disse il padre facendole segno di entrare e sedersi.

“Sai, Mary ci è stata molto di conforto insieme a Jake.” spiegò sua madre, sorridendo ad entrambi i ragazzi.

Intanto anche il ragazzo era entrato salutandoli con un cenno del capo.

“Spero di non disturbare.” si informò Jake

“No, nessun disturbo.”

“Vi lasciamo soli, avrete molto di cui parlare.” così dicendo lasciarono la figlia in compagnia degli amici. Però, prima di andarsene la madre le dette un leggero e dolce bacio sulla fronte e mimò con le labbra un ''ti voglio bene''.

“Come stai Cat?” domandò l'amica sdraiandosi vicino a lei e ricevendo indietro un'occhiata che lasciava già presagire la risposta.

“Ehi, non mi guardare così.” mugolò mentre si avvicinava a Cat. “Non sai quanto siamo stati in pensiero per te.”

“Un po' meglio, ma sempre uno schifo. Anche voi siete stati avvisati da Tony?”

I due ragazzi la guardarono con aria interrogativa.

“Tony Stark, Iron Man?” cantilenò; per lei era normale chiamarlo per nome, ormai era entrata in confidenza con tutti, pensò che forse per loro non era così.

“Ma non ricordi? Hai chiamato Jake, per farti venire a prendere!” le fece il verso Mary. Fu sorpresa, molti dettagli le erano ancora ignoti e quello era uno di quelli.

“Che cosa è successo?”

“Non ricordi proprio niente?” domandò a sua volta Jake, sedendosi sul bordo del letto, vicino alle due ragazze.

“Solo qualcosa.” spiegò. Ma cosa importava adesso? Lei era di nuovo con i suoi genitori e con i suoi amici, non era più sola e questo era più che sufficiente.

“Sono così felice di vedervi!” sorrise, cercando di nascondere la stanchezza che la stava invadendo. Si sentiva come se fosse stata appena investita da un tir.

“Lo siamo tanto anche noi.”

“Certo che qui sono tutti così.. come posso dire.. sexy!” squittì Mary per alleggerire un po' il momento così commovente. “Specialmente Steve. Ha un'aria così.. così...” e aggrottò le sopracciglia per cercare di trovare il termine giusto.

“ Anni '40?” le venne in aiuto l'amica.

“Siiii.. e hai visto quanto è figo Tony Stark? In televisione è bello ma dal vivo è tutt'altra cosa.”

“Mi dispiace Mary ma lui è già impegnato.” ridacchiò Cat felice della sua allegria e della sua spensieratezza. Riusciva sempre a farle tornare il sorriso anche dopo situazioni brutte o drammatiche. Quella ragazza era un'esplosione di positività e in quel momento era proprio ciò di cui necessitava.

“Mary, finiscila con questi discorsi, per favore! Cat non è nelle condizioni per ascoltare i tuoi deliri.” la rimproverò il fratello, un po' acido.

“Fa niente. Mi è mancato anche questo di lei.” la difese.

“Hai visto? E poi ha bisogno di tirarsi su di morale e non ci riuscirà di certo se tu continui ad essere così serio!” fece l'occhiolino alla compagna che le sorrise di rimando.

Non erano cambiati, litigiosi e perennemente in disaccordo. Come al solito.

“Comunque se sei stanca me ne sto buona buona e in silenzio.” disse tornando per un attimo seria, le venne detto di continuare. “Senti un po', a proposito di fichi, ho conosciuto Loki...” disse ammiccando. “...sono tutti così ad Asgard?” e indirizzò il pollice verso un punto imprecisato.

Jake sbuffò alzando gli occhi al cielo scandalizzato ed alterato, si diresse verso la finestra, dando le spalle alle due ragazze che lo guardarono stranite.

“Che hai Jake?”

“Niente.” disse laconico. “Continuate pure a parlare di lui.”

“Ma cosa gli è preso?” bisbigliò Caterina che non capiva quel suo cambio repentino d'umore. Le sue parole trapelavano stizza e rabbia e lui non era un tipo di persona scontrosa. Sapeva che gli stava antipatico ma non lo credeva il tipo da comportamenti infantili.

Mary sapeva il vero motivo per cui Jake ce l'aveva a morte con il Dio; a dire la verità ce n'erano più d'uno e tutti molto validi perché Jake fosse arrabbiato con lui ma agli occhi della sorella erano tutti divertenti. Specialmente l'ultimo accaduto. E dato che Cat non lo sapeva, le parve giusto metterla al corrente di cosa il suo Dio aveva fatto al suo migliore amico. Cercò di trattenersi del ridere fino alla fine del racconto ma fu più forte di lei.

“.. e quando si sono incontrati nella stanza hanno avuto una leggera discussione e...” non era più in grado di contenersi e finì di parlare tra le risate. “.. Loki lo ha trasformato in una donna..!” a quel punto le risate dilagarono per tutta la stanza.

“Cosa? Davvero!?” la cosa la faceva ridere, una risata sincera che scaturiva dal cuore ma sapeva che a Jake non faceva per niente ridere e non gli stava piacendo neanche il fatto che fossero loro due a trovarlo divertente.

“Non è divertente.” sibilò tra i denti il ragazzo.

“Scusa Jake, è vero. Perdonami.” disse Cat davvero molto dispiaciuta, tornando subito seria e guardando il suo amico che si era girato nella loro direzione.

“No, è a me che dispiace.” si avvicinò al letto, sedendocisi sopra, e le prese una mano chiudendosela tra le sue, molto più grandi.

Jake aveva le mani così calde. Caterina si era dimenticata del significato della parola calore, riusciva solo a ricordarsi della terribile ed opprimente sensazione di freddo. Quel contatto le piacque così tanto che si ritrovò a sorriderli di rimando e appoggiò la mano libera sopra quella del ragazzo.

“E' così bello riavervi vicini. Mi siete mancati così tanto.”

“Oooh, dai. Se ce lo dici un'altra volta mi farai piangere.” Mugolò Mary e sistemandosi sulle ginocchia abbracciò la sua migliore amica. Anche Jake fece lo stesso, solo con un po' più di trasporto e avvicinandosi all'orecchio di Cat le sussurrò “A me puoi dirlo tutte le volte che vorrai.”

“Ehm-ehm..”

Tutti e tre si rigirarono verso il nuovo arrivato; la prima a parlare fu Mary, con la sua solita vivacità.

“Oh Loki!” esclamò sorpresa; poi si rivolse verso Cat e vide che improvvisamente le si erano tinte le guance di un leggero e timido rossore. “Vi lasciamo soli.” bisbigliò sorniona.

Prima di alzarsi dal letto dette una pacca sulla spalla al fratello che non sembrava intenzionato ad alzarsi. “Forza, andiamocene.” il suo tono era risoluto, una delle poche volte in cui non ammetteva repliche. Jake fece quello che gli era stato ordinato e tirando dritto uscì dalla stanza, mentre Mary, una volta di spalle al Dio, ammiccò a Cat e le fece il segno dell'okay come segno di approvazione e incoraggiamento; prima che Loki si potesse girare per vedere il motivo del sorriso della mortale, Mary era già sparita chiudendosi la porta alle spalle.

“Bizzarra la tua amica.” le disse. Aveva sentito cosa l'amica mortale aveva detto su di lui e gli si disegnò sul viso un ghigno divertito.

“E' solo molto esuberante. Loro sono come la mia seconda famiglia.” spiegò. “Mi sono stati molto vicino in questi due anni.”

Il Dio prese una sedia e avvicinandola al letto, vi si mise a sedere con le gambe divaricate e i gomiti poggiati sopra. Stava guardando la mortale in attesa che che gli raccontasse altro, era giunto il momento, tanto atteso, delle spiegazioni.

“Sapevo che avrei dovuto aspettarti, non credevo che fosse un attesa di due anni.”

“Sono stato imprigionato e la condanna prevedeva che lo fossi per l'eternità senza nessuna possibilità di uno sconto della pena.” disse amaro, con un'ombra di rancore e rabbia negli occhi. “Poi la minaccia degli Elfi Oscuri guidati da Malekith ha investito sia il mio che il tuo mondo. Solo allora sono stato liberato per volere di Thor; ha commesso alto tradimento nel farlo, però lui è stato perdonato da Odino ed è potuto tornare qui sulla Terra.”

“Se sei qui, anche tu sarai stato perdonato. Odino non può essere così cattivo con te, dopotutto sei suo figlio!”

“Sei molto ingenua, piccola Cat. Il Padre degli Dei ha sempre messo al primo posto l'interesse politico a quello familiare. E comunque, io, non sono suo figlio.” disse stizzito.

“ Lo so ma ti ha cresciuto, ti ha permesso di vivere, anche se non sei carne della sua carne, sono convinta che ti vuole bene.”

Loki le prese la mano stringendola tra le sue. Questa volta Cat venne percorsa da un brivido di freddo; non potette fare a meno di fare un paragone: il loro contatto non era stato come quello con Jake che aveva le mani calde; le mani di Loki erano fredde come il ghiaccio secco, quasi bruciante, ma tremendamente invitanti e rassicuranti. Avrebbe voluto circondarsi del suo freddo per non aver più paura, nonostante a lei le basse temperature non fossero mai piaciute. Sarebbe potuta morire felice stretta nel suo abbraccio, o tra le sue mani, purché fosse al suo fianco.

Morte. Morte. Quella tremenda sensazione di morte era ritornata a farsi strada nella sua testa. Adesso era sicura che significasse qualcosa di importante e prendendo coraggio, si informò.

“Loki che cosa mi è successo?” le parole le uscirono di getto come se non potesse più controllare la sua bocca.

Il Dio si irrigidì al suono di quelle parole cariche di aspettativa che avrebbe portato solo dolore, straziante e devastante; però non poteva star a procrastinare ancora sulla verità.

“Mi ha salvato la vita.” disse serio, con la voce bassa e un poco roca fissando la ragazza. “Per salvare me sei morta tu.”

Il dolore gli attanagliò il petto al solo ricordo di averla perduta per qualche istante; fu come se il suo cuore venisse stretto da uno spesso filo spinato che gli si conficcava nella carne del muscolo e ogni battito era origine di dolore e sofferenza. Lo stesso dolore che provò e aveva provato per tanto tempo dalla morte di Frigga, l'unica persona capace di amarlo. Non avrebbe avuto più senso vivere anche un solo giorno in più senza poter passere un giorno insieme, senza sentire il suo sguardo su di lui o le sue mani sulla sua pelle a riscaldare la sua natura fredda.

“Allora perché sono qui?”

La sua domanda lo riportò alla realtà. “Dopo il tuo sacrificio sono stato io a salvare te.”

“E come?”

“Con questa.” e dal palmo alzato della mano sinistra fece apparire l'ologramma di una pietra ovale e verde.

“E' una delle pietre che cercava Thanos, non è vero?”

“Si. È la Gemma dell'Anima e adesso è qui, dentro di te.” e poggiò, premendo appena, l'indice della stessa mano sullo sterno della ragazza.

Subito Cat si portò la mano a quell'altezza ma non sentì niente; si aspettava di trovare la Pietra conficcata nella carne, un po' come era successo a Tony Stark con il suo cerchietto luminoso.

“E' dentro di te, ora. Se ti concentri potrai sentirla.”

Caterina ci provò, chiuse gli occhi e tentò di percepire l'essenza della gemma dentro di se. Strinse forte le palpebre, trattenne il respiro finchè potette ma non ottenne niente e soffiò l'aria fuori quasi sbuffando seccata di non esserci riuscita.

“Ehi, è presto, sei ancora troppo debole.” il Dio allungò la mano e prese un bicchiere d'acqua porgendoglielo. “Bevi, ne hai bisogno. Sei molto disidratata.” le spiegò.

Cat prese il bicchiere ringraziandolo e bevve avidamente, tanto da farsi scivolare due gocce ai lati della bocca. Era fresca e così buona, le dette sollievo ma la troppa foga con cui bevve le fece andare di traverso un sorso, costringendola a tossire. E fu allora che, tossendo, sentì tirare qualcosa giù nel basso ventre. Indirizzò veloce e curiosa la mano dove aveva sentito qualcosa pungerle la pancia e ci strofinò delicatamente la mano, sentendo il materiale fine della garza da sotto la quale riuscì a sentire i punti che le erano stati cuciti. Loki si rese conto tardi di quello che stava facendo e non riuscì a fermarla prima che estraesse la mano da sotto il lenzuolo. Si portò la mano leggermente insanguinata davanti al viso e guardò Loki con nera disperazione, le iridi velate da velenose ed amare lacrime con il labbro leggermente tremante, incapace di parlare.

Il Dio piegò sotto il suo peso il ginocchio sinistro sul materasso e strinse forte a se la ragazza che si lasciò invadere dalla tremenda consapevolezza di ciò che aveva perso. Si aggrappò a lui come se fosse la sua unica salvezza, tra il pianto carico di dolore, singhiozzi e gemiti soffocati. Loki si sdraiò dall'altra parte senza mai allentare la presa; avvicinò l'esile corpo scosso da spasmi a se, infilando le dita affusolate tra i suoi capelli e premendole delicatamente la testa contro il suo petto. Le lacrime bagnarono a lungo la veste verde del Dio, mentre Cat non riusciva a calmarsi e si nascondeva sempre più all'attaccatura del collo dell'uomo.

“Che cosa ho... fatto?” piangeva così tanto che le risultava difficoltoso parlare. “Che cosa ho fatto Loki?” gridò appena più forte contro la stoffa liscia e setosa, continuando a serrare gli occhi.

“Ssssh, stai calma.” le disse con voce tanto dolce da stupire lui stesso, senza riuscire però nel suo intento; più le dice di calmarsi e più lei si agitava ed il rischio che le si aprissero i punti che lui aveva tanto faticato a tenere chiusi era alto. “Ehi, guardami.” le prese il mento tra il pollice e l'indice per farsi guardare. “Tu non hai fatto niente, non hai colpe.” e le passò il pollice sulle labbra screpolate e sulle guance per asciugarle le lacrime.

“Si, invece. Non sarei dovuta fuggire. E adesso ho perso.. ho perso il..” si tappò la bocca con la mano sinistra, troppo devastata per poter finire la frase e continuò a singhiozzare e tremare, a piangere e disperarsi.

“Sono io che non avrei dovuto lasciarti andare.” la strinse più forte a se, in un abbraccio avvolgente.

“Fa tanto male, Loki. Non credo che riuscirò a sopportarlo.”

“Ssssh, non dire così” le disse con una stretta al cuore, non più freddo e insensibile. “Ci sono io qui, per te.”

Per sempre.

Lei lo guardò con gli occhi ancora colmi di lacrime ma luminosi e pieni di una nuova speranza che si fissarono nelle iridi cristalline di lui.

“Dici davvero?”

“Si, davvero.”







-Angolo dell'autrice-
Ciaoooooooo.. Ecco il tanto atteso (spero) sedicesimo capitolo.
Beh, ho poco da dire al riguardo.. Spero che lo abbiate trovato una buona lettura, che vi sia piaciuto ecc..
Volevo aggiornare nel pomeriggio, come faccio sempre, ma non ci sarò per tutto il giorno dato che oggi è il mio compleanno XD (OH MIO DIO come mi sento vecchia!!! XD)
Okay, a presto e al prossimo capitolo.
Fatemi sapere che ne pensate..
Ciao ciao
KV

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** PROMESSE ***


La convalescenza durò un paio di giorni, durante i quali i suoi genitori, Mary e Jake non la lasciarono mai sola. Di tanto in tanto anche gli altri membri degli Avengers andavano a trovarla, ormai affezionati a quella ragazza piena di forze, così solare e che li aveva fatto penare così tanto. Avere al suo fianco persone che le volevano bene e che la conoscevano la aiutò a guarire prima e a rimettersi in piedi in pochissimo tempo.

Passava i pomeriggi con i suoi amici, cercando di dimenticare i brutti momenti vissuti, ma purtroppo quelli erano come una ferita aperta che doveva ancora cicatrizzarsi. Sempre ammesso che lo avessero fatto. C'era qualcosa nel suo sguardo, spesso perso nel vuoto, che mostrava qualcosa che lei cercava disperatamente di tenere sepolto. Un male dell'anima che covava dentro come un cancro; un male che le impediva di dormire, respirare, vivere.

Fu proprio durante uno di questi pomeriggi passati in compagnia di Mary e Jake a passeggiare per il giardino che rivelò cosa la stava logorando, spinta anche dalle domande preoccupate della sua amica.

“C'è altro che ti turba?” domandò la ragazza bionda rompendo il silenzio in cui erano sprofondati, rotto solo dalle foglie calpestate dai loro piedi.

“Cos'altro vuoi che ci sia?” rispose remissiva, chinando il capo. Rispondere ad una domanda con un'altra domanda era il suo modo per evitare a tutti i costi di dire una verità scomoda.

“Ci stia nascondendo qualcosa. Lo sento.” quell'affermazione le arrivò come una doccia gelata e la spinse a rivelare la sua terribile verità.

“C'è qualcosa che non vi ho detto.” quanto tempo ancora sarebbe riuscita a nascondere il suo segreto? Voleva davvero tagliare fuori i suoi amici rimanendo sola? No, non era quello che voleva. Sapeva di aver bisogno delle persone care. Iniziò a torturarsi le mani in preda al nervoso; stava per dire il motivo della sua sofferenza quando si rese conto che parlare di ciò che aveva da dire in presenza di Jake, visto i sentimenti che nutriva per lei, non era il caso.

“Jake, sarebbe meglio che tu non ascoltassi. Quello che ho da dire non piacerebbe a nessuno, a te meno di tutti.”

“Non capisco cosa tu voglia dire.” disse lui, vago.

“Sai benissimo a cosa mi sto riferendo. So cosa provi per me, ed è per questo motivo che preferirei che tu non sentissi.”

Il ragazzo la guardò un attimo, fermandosi; era chiaro che Caterina avesse scoperto i suoi sentimenti per lei e si trovò spiazzato quando ne venne messo così a conoscenza.

“Sono tuo amico, voglio starti vicino sia nel bene che nel male.” disse risoluto, prendendole una mano e sorridendole debolmente. Era inutile continuare a fingere ormai.

“Jake, dico davvero. Non devi sentire.”

“Anche io dico davvero. Non ti lascio ad affrontare questa cosa da sola!” e cominciò ad accarezzarle la pelle liscia, cercando di sfiorare più pelle possibile.

Sospirò rassegnata. Lei lo aveva avvertito. “D'accordo. Venite, andiamo a sederci laggiù.” e si liberò dalle carezze di Jake. Non voleva illuderlo e sentiva che quelle attenzioni la ferivano perché non erano né volute, né fatte dalla persona che lei desiderava. Ma come dirlo al povero, caro Jake senza ferirlo?

Si misero a sedere sull'erba con le gambe incrociate, uno vicino all'altra.

“Se quel mostro, Thanos, mi ha catturata c'è un motivo.” iniziò.

“Perché sei fuggita, vero?”

“Si.”

“Ma questo lo avevo capito quando mi hai chiamato al telefono per farti venire a prendere.”

“Se sono scappata era per una ragione e non credo che ve l'abbiano detto.”

“Hai detto a Jake che riguardava Loki. Credevamo che si trattasse di una lite.”

“Io aspettavo un bambino da lui.” disse d'un fiato, non riuscendo più a sopportare quel macigno sul cuore e aspettando che si scatenasse il finimondo specialmente da parte di Jake. Nessuno dei due fu in grado di fiatare e Caterina continuò a parlare. “L'ho perso dopo l'ennesima pugnalata alla pancia.” disse con voce spezzata; anche se adesso si sentiva inspiegabilmente più leggera era un dolore lancinante che non le avrebbe dato tregua. Si tirò su la maglia e fece vedere quella bruttissima cicatrice rossa che le sfigurava il ventre per obliquo. Loki aveva faticato tanto per chiuderla e farla smettere di sanguinare, non sapevano come mai ma era la ferita più difficile da guarire nonostante la Pietra dell'Anima avesse curato tutte le altre e il Dio usasse tutti gli incantesimi di guarigione che conosceva.

Mary si mise la mano alla bocca scioccata e con le lacrime agli occhi abbracciò la sua amica. “Oooh tesoro. Mi dispiace così tanto.” per quanto le suonassero poco convincenti e banali, non trovava altre parole per far capire a Cat che era profondamente addolorata. Le cinse la vita con il braccio sinistro e se l'avvicinò facendole mettere la testa sul suo petto. Cercava di non scoppiare di nuovo a piangere e iniziò a sbattere violentemente le palpebre e a tirare in su col naso.

“Non fare così. Lui come l'ha presa?”

“Ha detto che mi starà vicino.”

“E' stato molto carino a dirlo e proprio per questo non vorrei fare l'uccello del malaugurio ma come farete a stare insieme? Cioè lui è un dio e vive ad Asgard ed è longevo, molto longevo mentre tu vivi sulla Terra e non vivrai quanto lui. Come farete?”

Si aspettava una domanda del genere prima o poi. “E' semplice: quando Loki mi ha salvata usando la Pietra, quest'ultima oltre ad essere stata assimilata, mi ha reso... speciale.”

“Speciale?” domandò Jake che fino a quel momento era rimasto in un silenzio tombale.

“Si, mi ha donato longevità oltre che ad una serie di poteri.”

“P-poteri?” fece eco Jake allibito. Si alzò in piedi d'improvviso come se fosse stato punto da uno spillo invisibile.

“Quindi ti ha veramente salvata.” constatò Mary non notando lo scatto di suo fratello, troppo presa dal racconto della sua amica.

“Come fai a dire questo Mary?” inveì suo fratello. “Ti rendi conto Cat che lui riesce solo a farti del male? Ti ha stravolto la vita fin dall'inizio e adesso questa! Come puoi pensare che ti abbia salvato quando invece ti ha condannata?!”

“Jake ma che cazzo ti prende?” domandò incazzata sua sorella. Non era certo quello il momento di una scenata di gelosia. La ragazza ne aveva già passate troppe per poter sopportare anche i problemi di suo fratello, che in un momento quello erano insignificanti. Invece di preoccuparsi per la sua migliore amica, pensava solo a se stesso; quello che però Mary non riusciva a capire era che la scenata di gelosia era dovuta perché Jake teneva a Cat e non voleva più vederla soffrire in quel modo, anche lui stava soffrendo come un dannato a vederla ridotta in quello stato e pensare che cosa aveva dovuto subire gli faceva ribollire il sangue nelle vene.

Caterina non riuscì a parlare, troppo sorpresa e scossa della sua reazione.

“Datti una calmata.” proseguì la ragazza bionda.

“No! No, che non mi calmo. Cat, ti prego, apri gli occhi. Aprili per favore perché lui ti porterà alla distruzione se non l'ha già fatto.”

Perché nessuno in Loki vedeva il buono che riusciva a vedere lei? Perché il suo migliore amico stava reagendo così? Non ne aveva già passate troppe per avere pure i suoi amici contro? Se Jake non capiva il motivo per cui lei fosse così tanto legata al Dio glielo avrebbe detto.

Si alzò in piedi presa dalla rabbia e urlò “Io lo amo! E non voglio rinunciare a lui ora che siamo così simili!”

“Ma tu sei una ragazza della Terra, non sei fatta per stare con uno come lui, che è un Dio ed un principe. Adesso pensi di si ma vedrai che tra poco capirai che non siete fatti l'uno per l'altra.”

“E tu che ne sai, eh? Che ne sai se siamo fatti l'uno per l'altra? Che ne puoi sapere tu?”

“Lo so perché ti conosco da una vita, IO. Ti conosco bene e so che non è quello che vuoi tu.”

“Tu non sai niente di me!” gridò contro il ragazzo con le mani serrate a pugni.

Il ragazzo non disse nulla. Sapeva che lei non avrebbe mai provato quel sentimento per lui ma sentirselo dire in quel modo fu come essere schiacciati da un macigno. Se ne andò percorrendo il giardino a grandi falcate, dirigendosi verso la base. Caterina si gettò a terra, piangendo. Non lo aveva mai visto così adirato e non avevano mai litigato in un modo così brutto. Qualsiasi cosa Jake pensasse di lei o di Loki, non voleva perderlo, gli voleva bene ma doveva capire anche che lei la sua scelta l'aveva presa e non avrebbe cambiato idea.

“Lascialo perdere, è solo un cretino.” disse Mary, ritornando seduta accanto all'amica. “Gli passerà. Ora torniamo a casa.”


 

Il giorno dopo si radunarono tutti nel cortile per salutare Caterina. Ormai lei si era ripresa completamente e dato che la loro missione era giunta al termine, era giunto il momento che ognuno di loro tornasse a casa. Il SUV dove sarebbe montata insieme ai suoi genitori era già pronto, col motore acceso sul viale.

La ragazza iniziò a salutare tutti, dispiaciuta di doverli salutare e di non rivederli più. Perché dopo quel giorno chissà dove sarebbero andati o dove sarebbero stati mandati per altri incarichi. Li ringraziò uno ad uno per il loro aiuto. Si lasciò per ultimo Loki, sapendo come sarebbe andata a finire: una promessa che si sarebbe trasformata in una bugia.

Si mise di fronte a lui, con le mani in tasca e puntò i suoi occhi su quelli del Dio, cercando di mantenere i nervi saldi.

“Per favore, non mentire, non questa volta.” disse, forse un po' troppo dura.

Le labbra di Loki si mossero in un mezzo sorriso sghembo; la ragazza cominciava a prevedere le sue mosse e non capiva se era una cosa che gli piaceva o meno.

“Dimmelo subito che non tornerai. Dimmelo adesso e io lo accetterò.” disse con voce ferma, mentre dentro di lei già iniziava a scatenarsi una tempesta.

Loki sospirò impercettibilmente mantenendo il suo solito ghigno e la sua solita espressione da furbo.

“Devo tornare ad Asgard.”

Primo tuffo al cuore e perdita di un battito.

“Sono accusato di furto ed alto tradimento, di nuovo.”

Secondo tuffo al cuore e perdita di un altro battito.

“E con ogni probabilità mi imprigioneranno.”

Terzo tuffo al cuore. Se avesse detto una frase di più la sua anima non avrebbe retto. Si sarebbe sgretolata in un'infinità di minuscoli pezzi che le si sarebbero conficcati nel cuore, distruggendoglielo. E non importava se adesso poteva controllare le anime altrui, perché la sua non l'avrebbe potuta guarire. E anche adesso, a ogni parola del Dio, che nascondeva un tacito addio, sentiva la sua anima incrinarsi irrimediabilmente.

“Allora addio.” mormorò nonostante le si fosse prosciugata la gola e le si fosse formato un magone allo stomaco.

Non era giusto che le parlasse in quel modo tanto distaccato, come se stesse elencando una serie di numeri a caso. Dopo tutto quello che si erano detti e quello che era successo tra di loro, veramente la stava liquidando in questo modo? Quanto contava Cat per il Dio? Perché tutto quello che Loki le diceva finiva per trasformarsi in una bugia? Sperava che le cose tra loro fossero cambiate; lei lo amava e glielo aveva detto e sapeva che nessun altro avrebbe mai preso, nel corso della sua nuova lunga vita, il suo posto.

Ti prego, dì qualcosa. Qualunque cosa.

Veramente a lui non importava?

Dimmi che ci tieni a me, ti prego.

Say something, I’m giving up on you. I’ll be the one, if you want me to. Anywhere, I would’ve followed you. Say something, I’m giving up on you. 1
[Dì qualcosa, sto rinunciando a te. Sarò la persona giusta, se mi vuoi. Ovunque, ti avrei seguito. Dì qualcosa, sto rinunciando a te.]

Le risposte a tutte quelle domande le erano state date nel momento in cui Loki le aveva detto la verità senza un briciolo di dispiacere trapelato dalla sua voce.

Ebbe un pensiero e quella situazione fu come un deja-vù: lui era un Dio e lei una ragazza le cui uniche particolarità che possedeva le aveva acquisite grazie ad una pietra, non aveva nulla da offrirgli. Rimaneva comunque una midgardiana, inferiore in tutto rispetto a lui proprio come quando sul tetto della Stark Tower si domandava se lui la riconoscesse ancora, come quando nel bel mezzo di Central Park la abbandonò con una bugia e come quando in preda ai singhiozzi si domandava come l'avrebbe presa nel sentirsi dire che aspettava un figlio da un'umana. Umana. Lei rimaneva pur sempre un'umana ed era questo aspetto a incidere su tutto.

Ad Asgard ci saranno state centinaia di donne, di Dee, degne di attirare la sua attenzione, molto più belle, eleganti e decisamente molto più dotate di lei e che suo padre avrebbe gradito, senza avere nulla da ridire sulla loro relazione.

Say something, I’m giving up on you. I’m sorry that I couldn’t get to you. Anywhere, I would’ve followed you. Say something, I’m giving up on you. 1
[Dì qualcosa, sto rinunciando a te. Mi dispiace di non essere riuscito ad arrivare a te. Ovunque, Ti avrei seguito.]

Stupida io a vivere di questa speranza, quando sapevo benissimo come sarebbe andata a finire questa storia.

Si voltò decisa a montare sull'abitacolo senza mai voltarsi.

Fai qualcosa. Non lasciarmi andare così.

Forte e determinata, così doveva apparire d'ora in poi, sempre e in qualsiasi occasione. Non avrebbe fatto vedere a nessuno la sua sofferenza, la sua debolezza.

Non farmi andare via. Non far morire l'ultimo barlume, morente, di speranza. Ma che..?

Prima che la ragazza muovesse un altro passo, che la distanza tra loro aumentasse, diventando invalicabile, e lui si facesse sopraffare dal suo ego orgoglioso la afferrò per un braccio e la fece voltare con determinazione, catturando d'impeto le labbra dolci di Cat con le sue, gelide ed ammaliatrici

I dubbi, le paure e quelle certezze che le straziavano il cuore si dissolsero come polvere nel vento con quel bacio. Caterina schiuse un po' le labbra dando il permesso a Loki di fare altrettanto e lasciare che le loro lingue si rincorressero sfrenate, in un bacio lungo quanto una vita, tanto da lasciare senza fiato. Si strinsero come se fossero l'uno l'ancora dell'altra; sapevano che solo loro due potevano salvarsi a vicenda e lo stavano appena facendo.

Da dietro di loro sopraggiunse una risatina a stento soffocata, non ci badarono minimamente tanto già sapevano chi era stato, anche se nella sua risata non c'era malizia, non questa volta.

Si staccò lui per primo, quanto bastava per poter parlare sulle sue labbra.

“E' vero, io devo andare ma questa volta farò tutto ciò che è in mio potere per tornare da te, dovessi ricorrere al più meschino e subdolo degli inganni, dovessi ingannare tutti e nove i Regni, dovessi rapirti e portarti con me.”

Suonava più come una minaccia che come promessa ma era la cosa più bella che potesse sentire dalla sua bocca.


 


-Angolo dell'autrice-
OMMIODDIO, ho aggiornato con due giorni di anticipo.. Sono forse impazzita? Si, sono impazzita ma è tanto che questo capitolo è qui, buono buono ad aspettare che venga pubblicato - e recensito! XD - e io non potevo non accontentarlo...
Per il resto ho poco da dirvi... Spero vi piaccia..
Ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi, che commentano e aggiungano la storia da qualche parte :-))

NOTE
1 Say something, Christina Aguilera e A Great Big World


Ciao bella genteeeeeeeeeeeeeeeee..!!! Buone vacanze a tutti, fatele anche per me che io quest'anno non le potrò fare dato che lavoro.. 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** DARK PARADISE & RETURN ***


                                                              2 SETTIMANE DOPO


 

I giorni trascorsero dannatamente lenti, benché cercasse di distrarsi e di tenersi occupata il più possibile.

Decise di ritirarsi dall'università per prendersi un po' di tempo per riflettere sulla sua vita. Si sentiva in un limbo, né mortale né immortale, né appartenente alla Terra né a nessun altro Regno. Chi era lei adesso?

Doveva continuare a vivere come un'umana o doveva attingere al potere della pietra e sfruttare le sue abilità? Ma a cosa le sarebbe servito? Scartò l'ultima opzione; non era mai stata in grado di giocare con i sentimenti altrui, figurarsi manipolarli o manipolare le anime delle persone.

Ritenne più opportuno prendersi un periodo di pausa e fare chiarezza, cercando di non fare gli stessi errori dell'ultima volta, ovvero sprofondare in uno stato pietoso di catalessi ed apatia, cercando di riempire le sue giornate con il lavoro in casa, aiutando sua madre, e aiutando suo padre occasionalmente lavorando con lui nella sua agenzia immobiliare. Solo così riuscì a tranquillizzare i suoi genitori, che la vedevano, sempre un po' malinconica, ma molto più serena. Ma si sbagliavano.

Nonostante cercasse di vivere la sua vita, non poteva fare a meno di pensare a Loki.
Questa volta sarebbe tornato? Si sarebbe ricordato di lei e di quella promessa dolcemente minacciosa che le aveva rivolto?
Per il momento non poteva fare altro che aspettare, come sempre quando si trattava di lui, speranzosa. Ma quella speranza la stava logorando e non c'era scampo per il male che le albergava nell'anima e lei questo lo sapeva.

Everytime I close my eyes. It's like a dark paradise. No one compares to you. I'm scared that you won't be waiting on the other side. 1
[Ogni volta che chiudo i miei occhi. Vedo come un paradiso oscuro. Nessuno è comparabile a te. Ho paura che tu non aspetterai dall’altro lato.]

Si vestì di corsa perché in ritardo mostruoso, come al suo solito, per l'appuntamento che aveva preso con la sua amica Mary, per quello stesso pomeriggio alla spiaggia. Aveva lavorato con suo padre quel giorno e dei clienti avevano impiegato più tempo del previsto per firmare i documenti di vendita del loro immobile. Appena tornata a casa si era diretta come un fulmine in camera sua per cambiarsi ed uscire di nuovo. Si infilò gli short, che trovò sulla seggiola della sua scrivania, sempre in perenne disordine, saltellando per tutta la stanza per infilarseli, andando a sbattere contro la torretta dei porta CD. Per sua fortuna si limitò a barcollare senza cadere, altrimenti avrebbe dovuto riordinare una trentina di dischi.
Aprì l'anta dell'armadio afferrando la prima maglietta capitatale sotto mano, indossò un paio di converse nere con la scritta AC/DC stampata di lato, si truccò velocemente e guardò il suo riflesso allo specchio prima di uscire.
La stoffa della maglia era bianca e di conseguenza semi trasparente ma con quel caldo non poteva mettersi qualcosa di scuro. Guardò attentamente la scritta sulla maglietta che recitava la frase: ''parenti serpenti''. Aveva litigato con i suoi quando la comprò ma a lei piaceva e trovava sempre il modo di mettersela.

Pazienza, sono in un ritardo enorme e non ho tempo per cambiarmi. Tanto mica devo incontrare il Presidente!

Prese la borsa infilandoci il necessario e si precipitò fuori di casa. Stava per uscire quando i suoi genitori la fermarono.

“Dove vai?” chiese sua madre, stretta tra le braccia del marito.

Strano, la mamma non si lascia abbracciare in quel modo senza una ragione che preveda la fuoriuscita di lacrime.

“Ho un appuntamento con Mary.” rispose veloce lei; era in ritardo per l'appuntamento e se sua madre si metteva a fare domande, ci sarebbe andata il giorno dopo a quell'incontro.

“Capisco.” disse la donna dopo una pausa, carica di significato. “Salutami Mary, allora.”

“Va bene, lo farò. Adesso scappo, sono in ritardo.” e si diresse verso la porta d'ingresso.

“Ehi tesoro..” la fermò suo padre vedendo che la moglie non riusciva quasi più a parlare e alla figlia il comportamento dei genitori parve tanto strano ed inspiegabile.

“Si pà?” si rigirò per guardarli. Certo che si comportavano davvero in modo molto strano per i loro canoni.

“Ti vogliamo bene, cara.” le disse l'uomo stringendo la mano della moglie, come per trarne forza. Forza di cui aveva bisogno e Caterina non capì perché.

“Anche io ve ne voglio.” disse loro sorridendo. Uscì di corsa da casa, continuando a correre per tutto il tragitto.

Abitava vicino alla baia e in dieci minuti raggiunse il punto di ritrovo che avevano stabilito la sera prima per telefono.
Cat vide la sua amica seduta sul muro che si affacciava sulla spiaggia, intenta a guardare l'ora sul display del cellulare.

“Scusa il ritardo.” disse dopo averla raggiunta, attraversando la strada di corsa e cercando di riprendere fiato.

Mary rimise il telefono in tasca e guardandola di sfuggita disse “Dobbiamo parlare.”

Iniziarono a camminare una di fianco all'altra in silenzio, vicino al bagnasciuga, alzando i granellini di sabbia a ogni loro passo.

“Perché Jake con è con te?” avevano fatto pace dalla loro ultima discussione, decisi di mettersi tutto alle spalle e di rispettare le rispettive decisioni.

“Aveva da lavorare e poi è meglio così.” disse quasi atona.

“Mary, ma che succede? Così mi fai preoccupare.” disse fermandosi e costringendo anche Mary a fare lo stesso.

“No, niente. Non ti allarmare. Credimi, però, se ti dico che è meglio che lui non ci sia.”

Ripresero a camminare, lasciando che i loro piedi sprofondassero nella sabbia bollente, benché fosse pomeriggio inoltrato.

“Noi due ci conosciamo dal primo giorno delle elementari, ricordi? La maestra ci mise accanto di banco e da allora siamo state inseparabili.” fece una pausa durante la quale Caterina si aspettava che continuasse ma invece non lo fece. Era come se avesse intrapreso una sorta di monologo interiore e fosse assorta in altri pensieri.
Ma che le era preso?

“E con questo?” la esortò.

“Con questo voglio dire che ti conosco come le mie tasche. Riconosco quando hai qualcosa che non va e adesso hai decisamente qualcosa che non va. E io so anche il motivo.”

“Non è come pensi tu.” disse poco convinta di quanto aveva detto. Invece era proprio come pensava Mary che aveva intuito che tutti i suoi impegni che la vedevano spesso fuori casa per tutto il giorno, la dedizione con cui si immergeva nel lavoro col padre e tutte le ore passate fuori a correre e ad allenarsi in palestra erano solo per evitare di stare ferma e pensare. Di pensare a lui. E poi, si, di pensare anche al bambino che avrebbe potuto avere; perché anche se Cat non aveva più toccato quell'argomento, lo si leggeva nel suo sguardo che lei ci stava ancora pensando. E Mary aveva carpito la sua sofferenza, che adesso riusciva a celare a tutti, nel vedere a giro madri coi propri figli ancora piccoli. Era un dolore che l'avrebbe portata alla distruzione di se stessa.

“Si, è come penso io. E credo che questa volta sia anche peggio. Guarda che ho capito il perché tu continui a riempirti la giornata di impegni.”

“E' l'unico modo che ho per non pensare a lui e per fingere di poter ritornare a vivere una vita normale.”

Per non morire dentro. Ma preferirei esserlo, perché per il momento è solo il mio corpo che vive, non più la mia anima.

And there's no remedy for memory of faces. Like a melody, it won't lift my head. Your soul is hunting me and telling me. That everything is fine. But I wish I was dead. 1
[E non c’è rimedio, il ricordo del tuo viso resta. Come una melodia, non abbandonerà la mia testa. La tua anima mi sta ossessionando e mi dice, che tutto va bene. Ma preferirei essere morta.]

Ormai era inutile continuare a fingere a lei e a se stessa. La sua amica aveva fatto breccia nelle sue difese formate di una fitta rete di bugie, dette al solo scopo di proteggersi dalla verità. Si sentì molto simile a Loki in quel momento e le venne da sorridere. In fondo lei stava facendo la stessa cosa che lui ha fatto per secoli interi prima di incontrarla e forse anche dopo.

“Lo so.” il tono dell'altra si fece dolce e la prese a braccetto, costringendole a camminare più vicine. Cat non lo sapeva ancora, ma la ragazza bionda cercava di stringerla il più possibile vicino a lei per cercare un loro ultimo contatto.

“Ed è per questo che ho mandato un messaggio all'universo2.” disse teatralmente sollevando la mano aperta in aria e spostandola da sinistra a destra. “E l'Universo mi ha risposto.”

“Che vuoi dire?” chiese non capendo perché Mary aveva citato una frase del loro film preferito in quel contesto.

La ragazza bionda si fermò di colpo, come se si fosse resa conto all'improvviso di essere arrivata in un punto preciso.

“Voglio dire che l'Universo mi ha risposto.” e indicò con l'indice un punto alla loro destra.

Caterina seguì la traiettoria invisibile tracciata dal suo dito e fu in mezzo alla gente che lo vide. In piedi, fermo con le mani dietro la schiena e solo il suo mezzo sorriso a tradire la gioia di essere lì, altrimenti nascosta dalla sua espressione apparentemente impassibile.
Fissò per qualche istante la sua figura sinuosa, bellissima, eterea e poi si rivolse alla sua amica incapace di proferir parola.

“Che aspetti? Corri da lui!” la esortò con un cenno del capo un sincero sorriso a disegnarle la bocca.

Caterina seguì il suo consiglio, gettò la borsa sulla sabbia e gli corse incontro trepidante di felicità. Quando fu a pochi passi da lui, gli saltò letteralmente in collo, avvinghiandolo con le gambe e le braccia, stringendolo forte a se, per la paura che quella fosse solo una delle sue tante illusioni o solo un sogno. Lo baciò con passione e trasporto, come se non esistesse altro all'infuori di loro due, incurante della gente che passandoli vicino li guardava. Continuò a baciarlo come se quella fosse la sua boccata d'ossigeno dopo essere stata immersa nell'acqua, in apnea, per tanto tempo. Sentì le mani del Dio, che la premevano contro la sua veste, mentre faceva passare una mano tra i capelli fini della mortale, mai sazio di lei.

“Sei tornato.” disse con la voce evidentemente emozionata sopra le labbra fini e gelide di Loki.

“Te l'ho detto che lo avrei fatto. Ne dubitavi forse?” disse prendendola giocosamente in giro.

“Un po'.” rispose stando al gioco ma dicendo la verità.

Loki la fece scendere senza perdere il contatto visivo fin quanto i piedi di lei non toccarono la sabbia. La accompagnò a riprendere la borsa e poi dalla sua amica.

“Alla fine hai risposto.” disse Mary, rivolta al Dio.

“Sei stata tu!” esclamò meravigliata Cat.

“E chi altro poteva essere stato? Te l'ho detto che ho mandato un messaggio all'Universo. E, Loki, scusa se ti ho affibbiato quegli appellativi poco carini, spero solo che tu non ti sia offeso. A dire il vero, mi aspettavo che tu mi tramutassi in una specie di schifoso essere strisciante o in un mucchietto di cenere.” si rivolse al Dio sperando con tutta se stessa che non scatenasse la sua vendetta proprio ora.

“E' stato divertente vederti sbraitare come una pazza dannata contro il cielo.” disse trattenendo un ghigno.

“Tu cosa?” Cat si stava immaginando la sua amica ad urlare ed alzare le mani al cielo, pronunciando le sue tipiche espressione decisamente poco carine. Era tipico comportamento suo, quello lì.

“Qualcuno doveva pur farlo.” fece spallucce come se fosse una cosa normale. Cat la abbracciò d'impeto, colma di affetto e riconoscenza. Le mormorò un grazie appena udibile, con le lacrime di felicità agli occhi.
Quando le due ragazze si staccarono continuando a sorridersi, Loki cinse la vita di Cat con il braccio destro, stringendola a se; lei lo guardò con aria stranita e interrogativa, guadagnandosi l'ennesimo ghigno compiaciuto sul volto del Dio.

“Che fai?” la voce era pura curiosità, la stessa che le si poteva leggere anche nelle sue iridi metalliche.

“Qualcosa che non mi vedrai fare tanto spesso.” sghignazzò divertito.

All'improvviso lei e Loki vennero circondati da una luce accecante e splendente, in cui risiedevano una vasta gamma di colori vividi e brillanti.

Sobbalzò quasi intimorita vedendo offuscarsi la figura della sua amica che aveva preso le dovute distanze. Le persone intorno a loro si allontanarono impaurite o rimasero ad ammirare quello spettacolo, decisamente divino, scattando foto e facendo filmati coi telefonini.

“Stringiti forte.” le venne consigliato e lei non se lo fece ripetere due volte.

“Addio Cat, mi mancherai.” le aveva urlato dall'altra parte della barriera luminosa la sua amica.

“Cosa?!”

Mary si limito a mimarle con le labbra un ''ti voglio bene'' prima che lei e il Dio sparissero risucchiati dalla colonna di luce.
Una manciata di secondi. Ecco quanto durò in tutto il viaggio ma a Caterina parve durare molto di più.
Attraversarono lo spazio profondo in poco tempo ma ebbe modo di osservarlo con occhi traboccanti di meraviglia, capace solo di spalancare la bocca e gli occhi.
Se lo era sempre immaginata come un posto buio e invece scoprì essere ricco di stelle luminose, vive, magnifiche.
Vennero trasportati ad una velocità incalcolabile e benché si sentisse al sicuro tra la presa salda e rassicurante di Loki, non potette fare a meno di stringersi un po' di più a lui.

Solo quando i suoi piedi toccarono una superficie mai calpestata prima, si sentì lo stomaco come se glielo avessero sheckerato e rimesso al posto, le gambe tremolanti e il cuore martellava nel petto; era come se avesse fatto un giro sulle montagne russe, ma quel ''giro'' era stato infinitamente meglio.

“Accidenti, è stata una figata assurda!” aveva dichiarato a corto di fiato. Anche a distanza di anni, nonostante Cat fosse cresciuta, cambiata, maturata non aveva perso la sua abitudine ad esprimersi con le sue tipiche espressioni midgardiane che strappavano sempre un sorriso al Dio.
Stava per chiedere se era possibile rifarlo un'altra volta ma la sua attenzione fu catturata dalla figura possente di un uomo bardato dalla testa ai piedi con un'armatura dorata che lo rendeva ancora più grosso e minaccioso, brandendo una spada enorme ed evidentemente pesante.
Lo guardò cercando di decifrare la sua espressione e di capire se averne paura o meno.
L'uomo, già alto di suo, se ne stava in piedi sopra ad una pedana luccicante che lo rialzava maggiormente, le sorrise cordiale dandole il benvenuto.

“Benvenuta ad Asgard, lady Caterina.” la salutò con la sua voce profonda, una voce che sapeva di ere, di tempo illimitato pur avendo un padrone apparentemente giovane.

La ragazza ricambiò il sorriso e lo ringraziò.

“Principe Loki.” disse con reverenza appena forzata.

Era una cosa rara vederlo usare il Bifrost per i suoi spostamenti personali, ma Loki non voleva farle perdere quello spettacolo. E ne era valsa la pena perché Cat adesso, stava ridendo come una bambina senza smettere di guardarsi intorno.
Era incantata ed incantevole, quasi gli dispiacque doverla richiamare ma dovevano andare; avrebbe avuto modo, in futuro, di ammirarlo meglio.

“Forza, andiamo.” le disse posandole una mano in mezzo alle scapole.

Passarono sotto l'arco di quella gigantesca struttura e quando vide il famoso ponte, rimase senza parole.

“O-mio-Dio.” fu tutto quello che riuscì ad elaborare ed a pronunciare.

“E di chi altre dovrei essere?” domandò retorico con un sorriso sornione a increspargli le labbra.

Cat lo guardò un attimo perplessa e dopo averci riflettuto, capì il doppio senso della sua frase e gli dette una spinta giocosa.

Ad attenderli c'erano due splendidi esemplari di cavalli, lasciati lì docili ad attendere i loro padroni. Erano possenti, fieri e Cat ne fu affascinata. Si avvicinò al cavallo nero che prese ad accarezzare tranquillamente, passando una mano sul collo arcuato e poi al muso. L'animale parve apprezzare le attenzioni della ragazza e si lasciò accarezzare docile.

“Spero che tu sappia cavalcare.”

“Se so cavalcare?” domandò retorica. Con un balzo secco ed elegante monto in sella. “Sono nata per montare a cavallo.” e gli fece l'occhiolino.

Spero solo di non aver parlato troppo presto. È da una vita che non monto e qui il rischio di figura di merda è elevato.

Ma quando spronarono i rispettivi cavalli si rese conto di non aver mai perso il suo talento.

Loki la guardava compiaciuto e stupito, cavalcava sciolta come se ci fosse veramente nata su di una sella; teneva le redini con una mano sola e aveva lasciato la sinistra abbandonata sopra la coscia scoperta. Nel suo corpo, che si alzava e abbassava a ritmo con la schiena dell'animale, tutto era aggraziato ed elegante. Sembrava una amazzone, selvaggia e bellissima. Libera.

Nel montare un cavallo, noi prendiamo in prestito la libertà. 3

Poco più avanti a loro si aprì il grande portone in oro massiccio che li avrebbe ammessi all'interno della città di Asgard.
Cat frenò l'andatura dell'animale per poter ammirare meglio l'entrata; quando varcarono la soglia, lo scintillio brillante e dorato della città illuminata da un morente e lontano sole la lasciò così stupita che tirò le redini verso di se, costringendo il cavallo a fermarsi.

“Va tutto bene?” domandò preoccupato Loki dalla reazione della ragazza. Che se ne volesse tornare indietro? Che si rendesse conto di stare per fare un grosso sbaglio andando ad Asgard con lui? Le si affiancò, attendendo la sua risposta carico di apprensione.

“Si. Solo che è... è bellissima.” rispose con tanta emozione nella voce. Loki sospirò impercettibilmente, rincuorato del fatto che Cat non volesse tornare via ma che fosse rimasta incantata.

Ripartirono al galoppo percorrendo il grande viale, ormai quasi deserto, passando sotto l'arcata sorretta da possenti statue di guardie in oro – strano vero? – con gli elmi da cui gli spuntavano le corna.

Le persone che camminavano tranquille sotto il cielo che presto si sarebbe rabbuiato, si accostarono ai margini della strada per far passare il giovane principe e la sua ospite di cui tanto avevano sentito parlare ma che non avevano visto.

Dannati impiccioni.

A Loki non piacque tutta quella curiosità che si era diffusa a macchia d'olio nel Regno appena si venne a sapere di quello che era successo al principe minore sulla Terra. La voce si era sparsa ed era stata subito travisata la realtà. Adesso circolavano decine e decine di versioni sul come e sul perché Loki fosse tornato e portasse con se anche l'umana.

Si fermarono e smontarono nelle prossimità delle scuderie; i loro animali vennero affidati ad uno stalliere che li stava aspettando. Il ragazzo che avrà avuto si e no l'età di Cat, chissà però da quanti secoli, guardò la nuova arrivata con tanta, troppa curiosità sia per il suo insolito abbigliamento sia per i suoi particolari tratti fisici. I capelli castani e la carnagione un poco più scura non erano caratteristiche facile da trovare ad Asgard, dal momento in cui tutti, o quasi, avevano una colorazione di capelli che racchiudeva tutte le sfumature del biondo e la pelle diafana. Il Dio delle malefatte se ne accorse e rivolse al piccolo insolente uno sguardo torvo costringendolo a chinare il capo, afferrare le redini dei cavalli e sparire quasi a gambe levate all'interno delle stalle, intimorito da quello che li sarebbe potuto accadere.
Caterina continuava a tenere gli occhi alzati, impegnata a mirare il mondo intorno a lei. Da lì, proseguirono verso i giardini da cui poi sarebbero entrati a palazzo.
La ragazza era rapita dai colori sgargianti e dai profumi inebrianti che vi regnavano in quel luogo. Alcuni dei fiori presenti erano presenti anche sulla Terra e quindi li riconosceva ma c'erano alcuni che capì essere di lì. Si avvicinò a quelli sconosciuti, studiandone i colori, il profumo e l'aspetto. Raggruppati sotto un albero c'erano dei fiori dalle foglie rosso carminio, poco più distante ne vide alcuni con i petali color indaco le cui estremità si arricciavano su se stesse verso l'esterno. Ci fu un particolare fiore che la colpì più di tutti e di cui ne fu subito affascinata. Aveva il gambo lungo verde che terminava in un bozzolo, un guscio, di una tinta più chiara contornato da spine appuntite, fitte e sottili come aghi.
Cat fece per allungare la mano per poterlo toccare ma venne fermata dalla voce di Loki.

“Le sue spine sono velenose.”

Immediatamente ritirò la mano; il moro vi passò sopra la sua facendo fiorire e mostrandole il suo vero aspetto: era un fiore fragile, dai petali così chiari e così trasparenti da risultare opalescente.

“I suoi petali hanno poteri curativi.” spiegò per poi ripassarvi sopra la mano facendolo chiudere.

Questo fiore assomiglia molto a lui. Per tutti è inavvicinabile e letale ma dandogli il giusto tempo possiamo vedere la parte migliore, quella buona, bella, in grado di guarire. Tra me e Loki è stato così: la prima volta che l'ho visto era inavvicinabile, pericoloso ma ho saputo essere paziente con lui, ho saputo aspettare e adesso è riuscito a far fiorire la parte migliore di lui, la parte che riesce a salvare. Beh, con me l'ha fatto.

Stava ancora ragionando mentalmente sulla somiglianza tra quel fiore e Loki che non si accorse di aver ripreso il cammino ed essere entrata tra le mura del palazzo.

“E così questa è casa tua?” domandò retorica, ritornando presente coi pensieri.

E comunque, alla faccia della casa!

“No. Questo è il palazzo di...”

“Vabbè, era per dire. Non fare il pignolo, Loki!” e gli dette una spallata giocosa.

“Fratello! Lady Caterina!” li richiamò Thor mentre si avvicinava in compagnia di una donna. Indossava abiti eleganti, asgardiani, ma la statura e l'aspetto fisico facevano ben intuire che fosse umana anche lei.

“Ehi, Thor!” lo salutò Cat, andandogli incontro e abbracciandolo quando furono uno di fronte all'altra. “E comunque, chiamami Cat. Nessuno mi chiama col nome lungo.” lo rimproverò bonariamente.

“Cat ti voglio presentare la mia fidanzata, Jane.”

Le due donne si strinsero la mano, sorridendosi cordiali; entrambe avevano sentito parlare molto dell'altra e adesso che si trovavano faccia a faccia capivano cosa ci trovavano i due fratelli nelle rispettive fidanzate. Anche se Jane era ancora un po' incredula che quella ragazza fosse riuscita a guarire l'animo malvagio e dannato del Dio degli inganni.

“Io sono..” stava per presentarsi quando venne interrotta da Loki.

“Lei è la mia fidanzata.” facendo un chiaro riferimento a quella volta di due e più anni fa, quando sul pianerottolo di casa di Cat, le situazioni erano rovesciate.
Fu divertente vedere come la ragazza arrossì vistosamente presa alla sprovvista da tale affermazione, decisamente inaspettata.

“Pronta?” domandò Thor, sciogliendo l'imbarazzo venutosi a creare.

“Pronta per cosa?” chiese a sua volta, guardando prima il Dio biondo e poi suo fratello curiosa.

All'improvviso venne assalita da una brutta sensazione, come qualcosa che avrebbe dovuto sapere ma che nessuno si era preoccupato di dirle. E non perché se ne fossero dimenticati, no, più per il non volerglielo dire di proposito.

“Per l'incontro con Odino.” rispose con naturalezza Thor.


 


 


 



- Angolo dell'autrice-
Dedico questo capitolo alla mia amica Martina. Lei non vuole che la chiami per il nome intero, dice che è troppo formale e non le piace, ma a me ogni tanto scappa.
Lo dedico a lei che è una mia carissima amica dalle elementari, che dopo tutti questi anni continua a starmi vicina e a volermi bene, tanto quanto io ne voglio a lei.
Lo dedico a tutte le occhiate che ci scambiamo, complici, e che parlano nonostante noi non diciamo niente. A tutte le risate grasse che ci hanno costretto a nascoderci dietro al bancone del bar per non farci vedere dai clienti, a quelle volte che alla sua domanda: "Cate, che canzone mettiamo?" solo il mio sguardo le fa subito capire capire di mettere una canzone che noi abbiamo ribattezzato ''Ahia ahia mal di pancia'', diventata la nostra colonna sonora di quest'estate. 
A tutte le volte che ci volevamo impiccare agli olivi per la disperazione e finivamo sempre col ridere sotto lo sguardo torvo delle nostre responsabili che non capivano i nostri sorrisi, dovuto a tantissimi anni di complicità.
Al nostro essere fatte con lo stampino (parole di Fabrizio XD) nonostante siamo l'una l'alfa e l'altra l'omega; a tutte le volte che diciamo di fare una vacanza insieme e poi finiamo per non fare nulla; alle nostre estati in campeggio, ai giri in motorino nel campo di Alessio
Insomma, lo dedico alla mia Marti, alla quale vuoglio un bene dell'anima e senza la quale non potrei vivere.

NOTE
1 Dark paradise, Lana del Ray;
2 dal film Burlesque, con Christina Aguilera e Cher;
3  H. Thomson


RINGRAZIAMENTI
un grazie a tutti coloro che continuano a leggere la storia, che la commentanto e la aggiungono.

 


 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** ODINO ***


“COSAAAA!?! Devo incontrare Odino?” sbraitò infervorata guardando le tre persone davanti a lei.

“Loki, perché non gliel'hai detto?”

“Non ho avuto il tempo.” disse nascondendo la verità sotto un ghigno. Quella era una scusa bella e buona; di tempo per avvisarla ne aveva avuto a sufficienza, preferì aspettare di essere già ad Asgard perché così facendo, non si sarebbe potuta tirare indietro. Era stata una mossa estremamente sleale da giocarle ma se solo avesse saputo, allora, non se la sarebbe presa così tanto.

“Loki!” gridò incredula. “Perché non me lo hai detto prima?”

“Perchè è più divertente così.” e sfoderò uno dei suoi soliti sorrisi a trentadue denti.

“No, non è divertente. Non mi posso presentare in questo modo!” stava dando di matto. Fino ad un attimo prima era così felice di essere lì con Loki, vedere il suo mondo e adesso era nel panico più totale. Perché il Padre degli Dei voleva vederla? L'avrebbe interrogata, studiata, scrutata per giudicarla degna o meno di suo figlio. E se non gli fosse piaciuta? Dopotutto all'inizio era contrario pure alla relazione tra Thor e Jane; ma si sa per Odino, Thor, è sempre stato il prediletto e quindi gli veniva più facile assecondarlo. Questo non valeva di certo per Loki.

“Cosa c'è che non va?”

“Sembro una barbona. E poi sulla maglia c'è scritto parenti serpenti! Non è molto carino da indossare al primo incontro col il padre del proprio...” concluse la frase constatando che Loki si divertiva e che lui lo pensava davvero quello che c'era scritto sulla maglia; per una volta era d'accordo con le strambe affermazioni degli umani. Si rassegnò all'inevitabile.

Non dovevo incontrare il Presidente. Solo il re di Asgard! Perché non me ne sto mai un momento zitta?

Si fermarono davanti al portone della sala del trono.

“Entrate, Padre vi attende.” Thor incoraggiò i due per niente felici di quello che li aspettava.

Una delle guardie poste a sorvegliare l'ingresso scostò solo di poco la porta, permettendo al principe e alla ragazza di entrare.

Camminarono fianco a fianco, senza mai sfiorarsi; cercò di stare al passo di Loki che sembrava corresse.

Percorsero in breve tempo tutto il tragitto fino ad arrivare davanti al monumentale trono dorato, sul quale attendeva seduto il sovrano, che, come al suo solito, con la mano destra impugnava lo scettro mentre l'altra era abbandonata sul bracciolo, scrutando con attenzione la figura minuta che procedeva insicura a fianco di suo figlio. Si fermarono davanti al trono, attendendo che il re parlasse. La giovane era già molto in soggezione per quell'esame silenzioso a cui era sottoposta, sentiva i muscoli tesi fino allo spasmo, tanto da pensare che più di così non le si potessero tendere, si sbagliava.

Sentì la sua poca e debole sicurezza spezzarsi e il cuore saltarle in gola, iniziando a palpitare in modo irregolare, nel momento in cui Odino parlò con voce calma ma imperativa.

“Voglio parlare con la nostra ospite da solo. Loki lasciaci.”

Il cuore di entrambi perse un colpo a quella richiesta; non avrebbe voluto lasciarla da sola con lui, sapendo quanto poteva essere meschino e non dopo aver visto la faccia della ragazza carica di tensione e paura. Andò via senza inginocchiarsi, senza nessuna forma di reverenza, imprecando mentalmente contro quell'uomo. Fu costretto ad obbedire per il semplice fatto che quella era una prova, una dimostrazione della veridicità delle sue parole, se non aveva niente da nascondere poteva benissimo non assistere alla loro ''chiacchierata''. Voleva parlare da solo con la ragazza senza la presenza, o minaccia, di Loki a condizionarla; una sola mossa falsa e lui sarebbe ritornato nei sotterranei per tutta la sua vita, senza rivederla mai più.

Quando la midgardiana rimase sola con Odino, si sentì esposta, vulnerabile, quasi minacciata.

“E così tu sei l'umana per la quale mio figlio si è macchiato nuovamente di alto tradimento.”

Quando gli fa comodo è suo figlio!

“Non è colpa sua.” disse senza pensare, presa solo da un forte senso di protezione verso Loki.

“Ah. E di chi sarebbe? Tua forse?” domandò curioso di sapere fino a che punto era disposta a proteggerlo. Ancora non sapeva che piega insolita avrebbe preso quella conversazione, dal momento in cui Cat era disposta a molto più di quello che credeva lei per salvarlo.

“Si.” rispose risoluta.

Se serve a salvarlo mi prenderò tutte le sue colpe, tutti i suoi crimini.

La guardò stupito più dal tono risoluto che dalla risposta, che si aspettava.

“Sai che l'alto tradimento è punito con l'incarcerazione a vita nei nostri sotterranei, senza possibilità di uno sconto di pena?” le domandò per spaventarla e farle confessare la verità. “Sei disposta a ciò, giovane umana?”

Deglutì come a cancellare il panico che la stava attanagliando ma non avrebbe ceduto, mai per lui.

“Si, certamente.” la risposta ancora una volta lo stupì.

“Perché? Perché lo difendi?”

Caterina ebbe un tuffo al cuore e spalancò gli occhi, sapendo che doveva rispondere ed esternare i suoi sentimenti a quell'uomo. Il non rispondere non avrebbe giocato a loro favore, doveva dire cosa provava per Loki a tutti i costi. Non che si vergognasse di ciò che provava ma si sentiva già molto esposta, vulnerabile e parlarne con una persona che non fosse il diretto interessato o la sua migliore amica, la innervosiva molto. Si fece coraggio, immaginando che quella fosse una prova necessaria per poter stare con lui.

“Io...” disse prima che tutto le morisse sul principio della gola, prima di emettere un altro suono.

“Tu?” la incoraggiò Odino.

“Io lo amo.” era sicura, decisa, sguardo fisso in quello del re, niente tremolio nella voce. Che fosse l'amore che aveva nel cuore a darle coraggio? Certamente. Ma involontariamente aveva stretto le mani a pugno fino ad affondare le unghie nella carne per scaricare la tensione.

“Com'è possibile? Ti ha forse soggiogata?” domandò stupito, ancora una volta e ancora di più.

Perché tutti credono che Loki non sia in grado di avere una persona che lo ami? Non è perché se loro non lo hanno mai amato, allora non c'è nessuno in grado di farlo. E poi quanto mi fa incazzare il pensiero che lui sia solo un egoista, bugiardo, insensibile quando ha dimostrato, più di una volta, che in fondo lui un cuore ce l'ha. Anche se poi alla fine è pure in quel modo, ma ci sono così tante sfaccettature che non se ne possono considerare solo quelle negative perché fa più comodo ed è più facile poter sputare sentenze. E poi perché tutti se ne vengono fuori con 'sta storia che deve per forza asservire la gente. Ma che è 'sta fissa? E comunque, in un certo senso, con me l'ha fatto ma solo perché mi son sentita legata a lui fin da subito da qualcosa di estremamente forte e coinvolgente. Se non è magia questa...

“Allora, ti ha forse fatto un incantesimo?” incalzò, interrompendo il lungo silenzio.

“Si.” rispose più sulla scia di un suo ragionamento interiore che alla domanda.

“Ah-ah!” esclamò il vecchio re credendo di averli incastrati.

“Non è come credete voi.” disse capendo l'errore in cui era caduto, preso dalla foga di attribuire al figlio il titolo di ingannatore.

Che gusto ci potrà trovare nell'essere così meschino col figlio?

“E' vero, lui mi ha stregato ma non lo ha fatto con la magia. Di lui mi hanno stregato i suoi occhi profondi e infidi come l'oceano di casa mia, lo sguardo che, senza volerlo, trapelava così tanta tristezza che ne venivo invasa anche io. Me lo ricordo in che stato era quando l'ho trovato e gli occhi che dicevano così tante cose che è difficile da spiegare; è vero, sapete, quel detto del mio mondo che dice: uno sguardo vale più di mille parole. Il sorriso sghembo, il ghigno che non abbandona mai la sua bocca, la sua faccia da schiaffi, perchè ammettiamolo, la faccia da schiaffi ce l'ha spesso.” prese fiato. Si stava sovreccitando e le si tinsero le guance di un tenue rosa per tutto il sentimento che ci stava mettendo. Il cuore, il corpo e l'anima, sempre, se si trattava di Loki.

“Però lui ha anche un cuore; forse lei e gli altri su questo pianeta non ve ne siete accorti ma io si! Loki ha un cuore e un'anima che per quanto possano essere stati maltrattati, ingannati, presi usati e poi gettati, per quanto possano essere sanguinanti e non innocenti, io so che li ha perché l'ho visto. E sapete come ho fatto? Ho fatto in modo che lui si fidasse di me fidandomi di lui per prima. E non capisco come voi che siete suo padre, adottivo lo so!, non ve ne siate mai reso conto.” prese nuovamente fiato. “Se Loki era veramente l'egoista bastardo che tutti voi ritenete, avrebbe fatto 'sto putiferio per salvarmi? Io che sono solo una comune mortale? Vi ha disubbidito – anche se penso ci trovi gusto nel farlo, ma comunque – mandando in culo la sua possibilità di ritornare libero? Ha rubato, ha rischiato di morire e questo non vi basta? Cos'altro deve fare, appendere degli striscioni per la città?”

Per tutto questo tempo Odino era rimasto ad ascoltare in silenzio la giovane mortale. Difficile dire che cosa stesse pensando il sovrano, certo è che era stupito dalle sue parole anche se un po' contrariato dai termini usati, poco raffinati e non adatti ad una donna. Ma quello che più contava era che nessuno aveva mai parlato così per Loki, nessuno era mai stato disposto a prendere le sue difese accollandosi le sue colpe pur di non condannarlo. La giovane appariva sincera ma poteva essere stata costretta, magari sotto minaccia di morte sua e dei propri cari. C'era solo un modo per accertarsene; era una soluzione estrema, che avrebbe preferito evitare, ma non poteva fare altrimenti.

“Tu menti!” disse il sovrano con un tono di voce decisamente acuto e la ragazza ebbe un tuffo al cuore. Credeva di essere riuscita a convincere il re della veridicità delle sue parole, invece era stato solo fiato sprecato ma non si sarebbe arresa. Non lo aveva fatto con Loki e non lo avrebbe fatto neanche con lui. In fondo, anche se non erano sangue dello stesso sangue, si assomigliavano più di quello che volevano far credere. Entrambi erano terribilmente testardi.

“No! Non è vero.” esclamò lei, la voce un poco tremula.

“Ti ha minacciata. Guardie! Portate il prigioniero Loki nei sotterranei e condannatelo a morte.” disse rivolgendosi alle guardie che sembrarono sbucate dal nulla.

A quella frase Caterina si sentì davvero morire. Doveva fare qualcosa o sarebbe accaduto il peggio.

“No, fermi!” disse con quanto fiato aveva in gola. “Lui non mi ha fatto niente ma se proprio volete ucciderlo, dovrete uccidere anche me perché io non potrei MAI vivere una vita senza di lui!” aveva le lacrime agli occhi, guardando atterrita i soldati ed il re. Perché quell'uomo si ostinava a non capire? Perché doveva spargere del sangue? Perché? Caterina non riusciva a capirlo.

“Saresti davvero disposta a morire per salvarlo?” le domandò. Caterina lo aveva già fatto e non se ne era pentita, lo avrebbe fatto anche questa volta.

“Si.” disse senza più la paura nel cuore. Sapere che stava salvando la vita del suo amato le dava la forza di affrontare qualsiasi cosa, anche la morte.

Odino mandò via le guardie con un gesto della mano e queste ultime si inginocchiarono e se ne andarono. Il vecchio sovrano ancora seduto sul trono, guardava stupito la fanciulla davanti a se. Era davvero disposta a morire per lui. La sua era solo una prova per vedere fino a che punto si sarebbe spinta per proteggerlo e il risultato fu quasi sconvolgente. Lei sarebbe morta solo per salvarlo.

Ancora sotto il suo mutismo, il re di Asgard scese con solennità i gradoni, che lo separavano da Caterina, per avvicinarsi a lei. Quando se lo vide di fronte il cuore iniziò a batterle più forte, lo sentiva rimbombare all'interno del suo torace. Era confusa e spaventata, quell'uomo voleva far loro del male, come poteva essere così crudele? Avrebbe tanto voluto che ci fosse Loki con lei, per proteggerla.

Osservò Odino che adesso la stava guardando un po' più rilassato, pareva più tranquillo. Il vecchio re era sorpreso ed incredulo. “Puoi andare.” le disse con tono addolcito.

La ragazza lo guardò sconvolta per qualche secondo e poi chiese “Tutto qui?”

“Ho visto che hai detto la verità, i tuoi sentimenti sono sinceri senza trucchi e senza inganni.”

“Perché allora fare tutto questo?” domandò incredula ed allibita. Non c'era motivo di arrivare a tanto per dimostrare la veridicità delle sue parole.

“Vorrei potermi fidare di mio figlio ma sai che i suoi trascorsi passati la rendono una cosa difficile.” disse, con una punta di acredine e di dispiacere nella voce.

“Quindi questa era solo una.... una messa in scena?” Caterina era spaventata. Per un momento interminabile aveva creduto che lei e Loki fossero perduti.

“Non sarei voluto arrivare a tanto ma era necessario. Sei stata messa alla prova e hai dimostrato di essere una persona sincera e fedele. Sarai un'ottima compagna per Loki. Benvenuta ad Asgard, giovane fanciulla.” detto ciò le accarezzò lievemente la guancia prima di ritornare a sedere sul suo trono, con l'occhio vagamente lucido e il cuore punto di sommessa felicità.

Saranno anche degli essere più evoluti di noi ma usano mezzi davvero barbari per estorcere la verità.

Cat abbozzò un inchino un po' impacciato, fece un paio di passi indietro e poi si voltò ripercorrendo la lunga navata centrale, aumentando il passo man mano che si avvicinava all'uscita. Sorrise tra se e se, felice di aver fatto capire ad Odino che il loro amore era sincero e che tutto quello che volevano era stare insieme.












 

- Angolo dell'autrice-

Allora, che ne pensate di questo incontro burrascoso con il grande e potente Odino? Ma quanto è crudele quell'uomo? Mi sono ritrovata un pochino in difficoltà nello scrivere questo capitolo, perennemente combattuta se rappresentare il grande Padre degli Dei come ce lo mostrano i film ( insensibile e meschino ) oppure dargli una nota personale e farlo un pochino più buono. Alla fine sono andata in mezzo e spero di averlo reso degno del suo nome.
In fondo – secondo me – vuole veramente bene a Loki, solo è incapace di dimostrarglielo..
Okay, adesso che Cat ha incontrato Odino la sua relazione con Loki, oltre che ufficiale, dovrebbe essere tutta in discesa.... o no????
Oddio quanto mi piace farvi stare sulle spine! Quanto sarò sadica XD

* immaginate l'autrice che si atteggia alla signor Burns *

Ritornando serie e curiose..............

Come vi è andata la scuola e gli esami?? Dove andrete di bello quest'estate???
Ah, quanto sono curiosa.. scusate :-)

 

RINGRAZIAMENTI

c'è bisogno di dirlo??? Grazie e tutti, ovviamente ;-)

 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** ASGARD ***


Quella sera stessa venne indetta una grande festa per celebrare lo scampato pericolo e, in fondo, anche per il ritorno di un figlio che tutti credevano perduto.

Cat venne accompagnata nelle sue stanze che su ordine di Loki erano vicine alle sue. Fu scortata da due ancelle , molto giovani e un po' civettuole, incuriosite dalla loro dama. Erano davvero molto graziose, entrambe bionde e con lunghi ricci che li ricoprivano metà schiena; le loro tuniche color crema ricadevano fin sotto le caviglie e le facevano sembrare più alte e longilinee di quello che erano.

Caterina le stava seguendo in silenzio, contemplando gli sfarzi delle stanze che attraversavano; per dirigersi verso le camerate dovettero percorrere un corridoio che si affacciava sulla parte della città che dava sul mare, protetto solo da un basso muro e da archi in pietra massiccia, levigata e decorata con fregi arcaici.

“Stiamo percorrendo l'ala est, la zona delle camere da letto.” le spiegò la più grande delle due. “La sua è poco più avanti, Lady.”

“Chiamatemi pure Cat, non c'è bisogno di tanta formalità.” disse, trovandosi a disagio ad essere chiamata in quel modo. Sapere di avere delle persone al suo servizio le faceva sentire un certo fastidio, figuriamoci se assumevano un tono ed un atteggiamento così distaccato. Il disagio sarebbe salito a livelli alti.

“Dite davvero?” chiese la più giovane, fermandosi e guardando la nuova ospite, speranzosa.

“Si.” sorrise. A lei non importava nulla degli appellativi, tanto meno se non erano veritieri, dato che lei tutto si sentiva fuorché una lady.

“Ma ci è stato detto che dovevamo chiamarla come si conviene ad una dama come voi, e che, mai e poi mai d'ora in avanti, dovevamo chiamarla come una semplice donna della Terra.” spiegò la più grande, fermandosi a sua volta titubante, quasi spaventata, per una possibile punizione per aver avuto tanta insolenza.

“Ma con me non è necessario, dico davvero. State tranquille e poi, io, sono una semplice donna della Terra.” chiarì, un po' amara.

“Ma a noi ci è stato detto..” continuò la più grande prima che venisse interrotta da Cat.

“Sentite, facciamo così: quando saremo solo noi tre chiamatemi Cat e basta, mentre quando l'occasione lo richiederà mi potrete chiamare Lady o come vi è stato detto, d'accordo?” e sorrise ad entrambe che ricambiarono sollevate dal fatto di non aver una padrona austera e cattiva.

“Io sono Lia e questa è mia sorella Athi.” si presentò la ragazza e presentando così anche sua sorella minore.

“Ecco, siamo arrivate.” squittì tutta emozionata Athi, fermatasi davanti ad un portone che aprì e lasciando che vi entrasse prima l'ospite.

Entrò in quella che sarebbe diventata la sua camera, il suo e il loro rifugio per tanto, tantissimo tempo.

La stanza, anzi, le stanze perché erano due ambienti, decisamente spaziosi, erano illuminate da massicci archi, sorretti da colonne lisce, in cui erano stati incastonati dei vetri finemente decorati ai quali erano appese lunghe, leggere e quasi trasparenti tende color avorio. Alla sua destra era stata posizionata una toeletta in ferro battuto, con uno specchio ovale sorretto dalle zampe anteriori di due draghi, accanto c'era il piccolo sgabello, tondo e rivestito di stoffa grigia. Poco più distante una porta aperta immetteva nell'altra stanza, illuminata ed areata dagli archi, che senza vetri, davano sul balcone molto ampio e spazioso nel quale erano stati posizionati un tavolino tondo e un paio di sedie.

Cat passò ad osservare la parte opposta della camera, soffermandosi sull'enorme caminetto dentro il quale scoppiettava tranquillo un fuocherello, necessario a riscaldare l'ambiente divenuto più freddo a causa del calare della notte. E poi, non molto lontano dal caminetto, c'era il letto matrimoniale e con lenzuola di pregiata seta bianca, con cuscini posizionati in ordine decrescente. Avrebbe voluto saltarci sopra, curiosa di sentire quanto fosse morbido il materasso, spinta anche dalla stanchezza ma si dovette fermare, perché le due ancelle la stavano richiamando.

“Vi potete cambiare lì.” Lia le stava indicando un paravento in legno e vimini non molto lontano dal focolare.

La più piccola prese l'abito posto in fondo al letto e, insieme a sua sorella e a Cat, si diresse dietro il paravento.

“Toglietevi pure i vostri attuali abiti. Vi aiuteremo noi.”

Così, iniziò a spogliarsi indumento dopo indumento fino ad arrivare alle scarpe. Si guardò disgustata quella cicatrice la quale non sarebbe mai andata via e che l'aveva privata di una delle più belle cose che una donna potesse desiderare di avere: i figli. Era stato un miracolo che fosse sopravvissuta, grazie all'uso della Pietra, ma il pugnale era andato così in profondità che le aveva danneggiato la parte interna del ventre in modo definitivo. E se anche la ferita si era rimarginata dopo le cure magiche e giornaliere di Loki, ogni tanto una fitta acuta la infastidiva. Guardò le due ancelle che la guardavano a loro volta, come in attesa. Alla fine le venne rinnovato l'invito di togliersi i suoi abiti terrestri.

“L'ho fatto.”

“Intendevo anche quello.” disse indicando il reggiseno nero.

“Credevo che questo lo dovessi tenere.” più che altro lo sperava, perchè senza si sentiva totalmente nuda e in imbarazzo a farlo davanti a due sconosciute.

“Adesso siete una dama di Asgard e certi indumenti non vi serviranno più.” ribattè l'altra. Si lasciò convincere a toglierselo e le fecero indossare il suo nuovo abito; nonostante la coprisse tutta, non potette a fare a meno di sentirsi nuda. Un po' era colpa della stoffa leggera e liscia un po' perché, effettivamente, sotto era nuda.

“Siete bellissima.” le disse la più giovane, sistemandole il vestito color smeraldo meglio in vita e sorridendole.

La accompagnarono davanti allo specchio dove potette ammirarsi, stupita del cambiamento. Il vestito le arrivava fin sotto le caviglie, facendo appena intravedere la punta degli stivali. La stoffa era sorretta da due medaglioni argentati, posti sulle spalle; lo scollo era largo sia davanti che dietro, lasciando intravedere parte della schiena e l'inizio della carne morbida dei seni. Nonostante si sentisse in imbarazzo con quel vestito non potette fare a meno di guardarsi meravigliata e apprezzare un pochino l'immagine che lo specchio mostrava. Sembrava più grande, sembrava quasi una di loro, era diversa.

La fecero sedere per facilitarsi il lavoro di raccoglierle i capelli in una semplice pettinatura. Le rinchiusero dietro la nuca, in un fermaglio dorato, le ciocche di capelli che altrimenti le sarebbero cadute sul volto. Infine le abbellirono i polsi con bracciali in oro e in argento.

In tutto questo tempo si era fatta fare tutto quello che era necessario per prepararla. Fu in questi momenti che dei nuovi dubbi le invasero la mente. Non era da lei farsi servire e riverire, neanche essere trattata con tanta reverenza; capì che le cose sarebbero sempre peggiorate, perché se da una parte erano gli altri a doverle portare rispetto, dall'altra era anche lei che avrebbe dovuto assumere un atteggiamento più regale, più dignitoso, adatto alla compagna di un principe. Quello a cui stava andando incontro era un cambiamento radicale e se era vero che lo faceva per Loki, era anche vero che ne era spaventata.

“Sembrate una Dea.” civettò la più giovane, mentre finiva di sistemarle i capelli e guardava il suo riflesso allo specchio.

“Ma lei è una Dea.” disse la voce di un uomo, giunto allora e che nessuno aveva sentito arrivare.

Le tre donne si voltarono di scatto verso la quarta persona. Le due ancelle chinarono il capo in segno di riverenza mentre Cat gli regalò un piccolo e imbarazzato sorriso.

“Lasciateci.” ordinò e le due giovani dopo un breve inchino, uscirono svelte dalla stanza.

Quando furono soli, il Dio allungò le mani come invito ad alzarsi ed andare verso di lui. Cat si alzò e lentamente gli si avvicinò sotto un attento sguardo di Loki che in quel momento aveva tanti pensieri, nessuno dei quali era casto.

“Sei bellissima.” le sussurrò caldo e mellifluo all'orecchio stringendola tra le sue braccia e dandole un bacio lieve sulla fronte.

“Anche tu non sei niente male.” si scostò di poco per vederlo meglio. Indossava degli aderenti pantaloni neri infilati negli stivali e sopra aveva la sua personale armatura fatta di metallo, pelle e stoffa verde ed il mantello a coprirgli la schiena. Chissà perché, si domandò la ragazza, aveva la fissa per quel colore.

Afferrò una ciocca con due dita, iniziando a giocarci; notò allora che i lunghi capelli del Dio erano liberi dal suo elmo, e un nuovo sorriso le apparì sulle labbra.

“Non hai l'elmo.” constatò.

“L'ho buttato tempo fa.” disse riferendosi a davvero tanto tempo addietro.

“Meglio così, non mi piaceva. Sai, aveva ragione Tony, sembravi proprio un piccolo cervo.” scherzò lei, ridendo appena contro l'armatura sulla quale aveva poggiato la testa.

“Ah si?” la scostò assumendo un'aria seria, guardandola con gli occhi ridotti a due fessure e facendole morire il sorriso sul viso.

“Scusa, non volevo...” disse lei, ricordandosi che Loki odiava quell'appellativo e, cercando di giustificarsi in qualche modo, arretrò di un paio di passi.

Accidenti alla mia bocca!! perché devo sempre combinare danni?!

“Sarai punita per ciò che hai detto, umana impertinente.” e sfoderò uno dei suoi ghigni maliziosi.

Prima che lei se ne rendesse conto, l'aveva costretta contro il muro bloccandole i polsi sopra la testa tenendoli fermi con una mano sola, mentre le teneva le gambe divaricate con la sue. Cat lo guardò con gli occhi colmi di emozione e le farfalle che le svolazzavano nello stomaco e un po' più giù. Con l'indice della mano libera le percorse tutto il braccio fino a giungere sotto il seno. Fece lo stesso movimento con l'altra e la premette contro il suo corpo metallico afferrandola per il costato. Stampò le sue labbra sottili e gelide su quelle roventi della ragazza che le dischiuse dandogli il permesso di infilare la lingua in cerca del suo sapore. Fu una danza sfrenata ed umida quella intrapresa dalle labbra di entrambi che tolse loro il respiro. Iniziò a morderle il labbro inferiore passando poi al collo, lasciandole piccoli segni rossi e facendola mugolare appena di piacere. Loki le afferrò con forza i capelli costringendola ad inarcarsi sotto il suo corpo e facilitandosi la discesa verso i suoi seni. E lei, senza più un briciolo di autocontrollo, gli passò le dita tra i capelli, spingendoli la testa più in basso preda del vortice cieco di piacere che erano le mani e la lingua di Loki.

Furono bruscamente interrotti da un servo che, dall'altra parte della porta, bussò richiamandoli per avvisarli che la festa stava per iniziare. Si staccarono, seccati di essere stati interrotti, con il respiro corto e il cuore che pompava a mille.

Loki si girò verso Cat quando la sentì lamentarsi appena e vide sul suo volto una smorfia di dolore malcelata.

“Ti fa ancora male?” domandò con un po' di preoccupazione, posandole la mano nel punto esatto in cui aveva la cicatrice. Lei annuì solo col capo.

“Passerà, col tempo.” disse morbido.

Forse il dolore, un giorno, sarebbe cessato ma la situazione non sarebbe affatto cambiata. Non avrebbe potuto mai avere figli e, quindi, come faceva ad essere una buona compagna per Loki? Forse non era quello che voleva adesso, ma in futuro chi avrebbe potuto dirlo? Non si sentiva degna di stargli vicino, anche se lui le aveva detto che lo avrebbe fatto per sempre, non si sentiva degna di lui. Si sentiva totalmente sbagliata e fuori posto.

Probabile che la sua fosse solo una banale paranoia, nata da assurde paure e, se ne avesse parlato, avrebbe capito che erano solo fisime della sua testa. In quel momento sentiva che erano sassolini destinati a diventare macigni.

“Loki, ti devo dire una cosa.”

Toc – toc.

“Cat, Loki, è ora di andare.” la voce di Thor li riscosse solo per un attimo prima che ritornassero l'uno concentrato sull'altra.

“Dimmi.”

Cat ci rifletté un attimo. Non era quello il momento adatto, gli avrebbe parlato dopo. Forse.

“No, niente. Forza andiamo o faremo tardi.”

Il Dio non badò poi molto a ciò che la ragazza voleva dirgli e le prose il braccio sinistro il quale venne afferrato dalla sua mano destra. Quando varcarono la soglia si trovarono di fronte Thor accompagnato da Jane e da altre quattro persone. Loki sospirò, seccato di avere tutta quella gente intorno. Si era dimenticato di loro e stava tanto bene senza vederli; fu il Dio biondo a presentarli alla ragazza, perché fosse stato per il fratello Cat non li avrebbe mai conosciuti.

“Lady Cat, loro sono Lady Sif e i tre guerrieri: Hogun, Fandral e Volstagg.”

I tre uomini chinarono la testa in ordine di come erano stati presentati e la ragazza gli sorrise cordiale, come lo era sempre stata con tutti, felice di conoscere i famosi e valorosi guerrieri di cui aveva tanto sentito parlare da Thor.

“Piacere di conoscervi.” disse alla fine, notando che quello nel mezzo, Fandral, continuava a guardarla con una leggera insistenza, studiandola con una certa ammirazione.

E l'attimo dopo, lo spadaccino le prese la mano baciandole il dorso.

“Il piacere è tutto nostro.” disse, pieno di riverenza, ammirando una bellezza decisamente fuori dai canoni asgardiani ai quali era abituato.

Se solo ci fosse stata Mary, sarebbe caduta ai suoi piedi come una pera cotta.

Alla fine delle presentazioni, tutto il gruppo si mosse in direzione della sala dove si sarebbe tenuta la grande festa. Quando si trovarono di fronte al portone, che si aprì al loro passaggio, alla ragazza si presentò lo sfarzo più luminoso e regale che avesse mai visto. In un lato del salone erano stati posti dei lunghi tavoli imbanditi di vassoi colmi di cibo mentre l'altro lato della sala era gremita di persone, giocolieri e giullari che stavano intrattenendo gli ospiti con spettacoli infuocati e divertenti esibizioni di equilibrio.

Vennero annunciati da una guardia che li chiamò uno ad uno; gli ospiti presenti si divisero in due gruppi, formando un passaggio per consentire loro di camminarvi in mezzo; man mano che i principi e le fidanzate avanzavano venivano salutati da profondi e rispettosi inchini. Una volta che il sovrano si sedette a capotavola anche gli altri presero i rispettivi posti, come l'etichetta prevedeva e fu così che la servitù iniziò a portare le prime portate, sulle quali Volstagg non perse tempo ad avventarcisi sopra, come un lupo affamato quale era. Cat, strano a dirsi, aveva lo stomaco chiuso, dovuto al nervoso di sentirsi sotto esame e al centro dell'attenzione, non solo di Fandral e del suo gruppo ma anche da parte di quelle persone che la stavano guardando curiosi e che, sicuramente, la stavano giudicando. Provò ugualmente a mettere qualcosa nel piatto giusto per non rimanere a digiuno e non essere scortese; guardò Loki che era decisamente più a suo agio e lo invidiò moltissimo.

“Non è veleno, puoi mangiare.” le disse intuendo i suoi pensieri e lei gli sorrise di rimando, iniziando a mangiare un piccolo boccone alla volta. Un servitore, posizionatosi alla sua destra, le domandò cosa gradisse bere tra birra e idromele.

No, non posso bere. Se bevo farò la fine dell'altra volta, già lo so che sarà così.. devo bere solo acqua.. oh, al diavolo!

“Idromele.” rispose. Dopotutto aveva un profumo così buono ed un colore così invitante che era difficile resistergli, inoltre non lo aveva mai bevuto e la voglia di assaggiarlo era molta. Fu così che riuscì a scrollarsi di dosso la brutta ed opprimente sensazione di disagio, iniziando a sciogliersi ed a fare domande ai valorosi guerrieri, entusiasta delle loro gesta. Il più attento alle sue domande fu Fandral che non mancava mai di risponderle e porle domande a sua volta. Durante la cena, tra risa, conversazioni di battaglie ed aneddoti – sembrava di essere tornati a casa di Tony – , non potette fare a meno di notare con che intensità Sif guardava Thor e con che odio, invece, guardava Jane e benché non capisse il motivo, le dispiacque per la guerriera.

“Mi hanno detto che sei micidiale con la lancia a doppia punta, è vero?” le domandò per cercare di distrarla, sentendosi già a suo agio con le nuove conoscenze.

“Si, è vero.” disse con una punta di orgoglio nella voce la valorosa guerriera.

“Non è solo micidiale, è devastante.” la adulò Fandral, sfoderando un sorrisetto sotto i suoi baffi biondi e bevendo un sorso di vino.

“E ci sono molte donne nell'esercito?”

“Per ora solo io.” si sentiva e si vedeva che ne andava estremamente fiera. Ne rimase affascinata, dal momento in cui le aveva sempre ammirate le donne combattenti. Non a caso, le sue storie preferite erano quelle che narravano di donne, ragazze che diventavano delle guerriere.

“E voi sapete combattere, Lady?” le domandò Volstagg interessato dall'argomento trattato e occupando la bocca per una cosa che non fosse mangiare.

“Un mio amico una volta mi disse che me la sapevo cavare molto bene per essere una principiante. La verità è che mi so a malapena difendere.” rinominare Clint le fece capire quanto in realtà gli mancasse e si fosse legata non solo a lui ma a tutto quello strambo gruppo.

“Potreste venire a vederci nell'arena durante gli allenamenti e, magari, allenarvi con noi. Vi potremmo insegnare qualche tecnica di difesa” disse lo spadaccino, strappandola dalla nostalgia.

“Ogni donna della famiglia reale si deve saper almeno difendere.” disse Sif; tirò questa frecciatina più che altro a Jane,che ancora non le andava proprio a genio. Fandral, poi, si ricordò di Loki e cercò di ritrattare l'invito che aveva rivolto alla nuova ospite. “Sempre che a Loki vada bene.” e lo guardò titubante.

“Se va bene a lei.” tagliò corto il Dio moro, seccato di doverla dividere anche con quegli stolti; in fondo, non poteva certo essere così egoista da tenersela tutta per se. Si, poteva ma non lo avrebbe fatto, conoscendo il carattere estroverso di lei, così incline a fraternizzare con le persone. Sospirò rassegnato a non capire come facevano a restarle simpatici, dal momento in cui lui li trovava così fastidiosi e, talune volte, inopportuni.

Finita la cena, tutti gli ospiti si spostarono al centro della sala per dare inizio alle danze.

“Ti va di ballare?” le domandò Loki, in piedi accanto alla fanciulla che guardava stupita i luccichii regali, vicino al suo orecchio, con voce bassa e volutamente sensuale che la fece rabbrividire. Lei lo guardò incerta; non sapeva come si ballava nel suo mondo e di certo non voleva fare una brutta figura davanti a tutta la corte e non voleva farla fare neanche a Loki.

“Ti guiderò io.” le disse cogliendo, come aveva imparato a fare, i suoi pensieri. Assomigliava molto ad una promessa per il futuro e Caterina non poté fare a meno di sorridere a quel pensiero e di lasciarsi guidare dal Dio.

La testa iniziò a girarle al terzo ballo, costringendoli a fermarsi appena finì la musica; impedendo che la mano dell'umana si staccasse dal suo braccio la invitò a seguirlo. La portò sul terrazzo mostrandole la città di notte, illuminata solo dalle lanterne. Ancora una volta, sul suo volto, si delineò l'espressione di stupore e meraviglia. In lontananza vide il ponte e capì perché veniva chiamato dell'arcobaleno, dato che risplendeva dei colori che vedeva negli arcobaleni. Era tutto così meraviglioso; antichità e tecnologia convivevano in una simbiosi perfetta. Sembrava una città medievale, con le sue lanterne, le case in pietra e gli stendardi attaccati alle pareti ma era intrisa di magia e di avanguardia tecnologica.

“Hai sonno?” le domandò avendola già vista sbadigliare un paio di volte.

“Un poco.” rispose lei, poggiando la testa alla sua spalla metallica. In fondo era stata una giornata molto importante, piena di eventi e novità, e non aveva avuto modo ancora di rilassarsi.

“Vieni, ti accompagno in camera. Sono sicuro che non hai la più pallida idea di dove si trova.” ghignò. Si incamminarono assorti nel silenzio, seguiti solo dal fruscio delle loro vesti e dalle ombre che le lanterne producevano sul pavimento. Sul loro cammino incontrarono solo qualche guardia di ronda e alcuni servi che si fermarono e li salutarono con un profondo inchino, aspettando che la coppia li superasse. Ecco, era proprio quello che Cat temeva, così tanta reverenza da non riuscire a gestirla senza sentirsi a disagio.

Passerà. Sono certa che passerà. Prima o poi ci farò l'abitudine.

Continuarono a camminare ed attraverso un paio di scorciatoie arrivarono in un lampo alle stanze della ragazza.


 










 

- Angolo dell'autrice-

Mi scuso se risulterà un po' noioso e poco dinamico, vi dico solo che è servito, e serve, a preparare i vostri cuoricini al prossimo capitolo... Detto questo non vi spoilero nient'altro..

Per chi lo volesse sapere (alcuni/e di voi mi hanno chiesto quanti capitoli mancano) vi avviso che ormai siamo quasi giunti alla fine della storia.. manca davvero poco e, in tutta sincerità, mi dispiace un po'..
Vabbè, sentimentalismo a parte, buona lettura ;-)

KV

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** PROMESSE SOTTO I CIELI DI ASGARD ***


I WILL LOVE YOU, UNCONDITIONALLY


 

Una volta entrati dentro, Caterina si diresse verso l'enorme finestra aperta, volendo ammirare ancora una volta quello spettacolo fatto di stelle, colori e di magia.

Sentì le dita affusolate e delicate di Loki accarezzarle piano la pelle nuda delle spalle, facendole risalire lungo il profilo del collo per poi arrivare al fermaglio che aveva in mezzo ai capelli e toglierlo. Le spostò le ciocche castane di lato per poterle baciare il punto in cui il collo si unisce alla spalla; la sentì fremere, rabbrividire a contatto con le sue labbra e sospirare ad occhi chiusi più bella che mai. Quando decise di voltarla il suo cuore perse un battito. La ragazza aprì gli occhi e gli spostò in alto, verso di lui, guardandolo con uno sguardo languido attraverso le ciglia folte. Annegò dentro a due occhi verdi e profondi, arrossendo di imbarazzo ed emozione sotto il suo studio silenzioso. Non avevano più fatto l'amore da.. dall'ultima tragica volta e sentì tutta l'emozione attraversarle il corpo, come se la stesse baciando, toccando per la prima volta.

In principio fu un bacio semplice, labbra su labbra; poi Loki le schiuse la bocca insinuando la lingua e rincorrendo quella della ragazza in un bacio umido e appassionato, vorace. Continuando a baciarsi, con un po' più di foga, si diressero verso il caminetto e si inginocchiarono sul tappeto uno di fronte all'altra; parte dei volti e dei corpi rischiarati solo dalla luce del fuoco. Le tolse la spilla destra percorrendo con le dita il suo braccio e la spalla mentre faceva lo stesso movimento dall'altra parte. I vestiti si afflosciarono a terra, lei abbassò lo sguardo, imbarazzata e timida, e posò le mani sull'armatura prendendo a spogliarlo, a sua volta, pian piano. Loki era troppo occupato a bearsi del suo corpo che si scioglieva come cera sotto il suo tocco per notare una nota contrariata sul volto di Cat, dovuto alla presenza di quell'orrenda cicatrice messa in mostra al suo sguardo. Il Dio, rimasto solo con i pantaloni, si sdraiò sopra di lei poggiando gli avambracci vicino alla sua testa per non gravarle con il suo peso.

La vide sorridere, sincera, piena di complicità e di pudore quando i loro corpi nudi entrarono in contatto; anche lui le sorrise di rimando senza rendersene nemmeno conto. Quella ragazza era in grado di fargli fare, dire e pensare cose che credeva che nessuno potesse esserne in grado. Gli aveva fatto provare sensazioni ed emozioni che pensava che gli sarebbero state recluse per sempre.

E non poté fare a meno di esserle grato e glielo dimostrò quella notte con tutta la passione e la dolcezza di cui era capace. Tra carezze, baci, morsi e sussurri arrivarono all'apice del piacere stringendosi forte l'uno all'altra. Rimasero distesi sul tappeto senza dire niente, continuando a specchiarsi nei propri sguardi, abbracciati stretti come se temessero di essere strappati via dalle braccia dell'altro.

Loki la guardò addormentarsi, ancora abbracciata a lui, mentre le sfiorava con la mano destra la schiena, l'espressione serena sul suo volto lo portò a domandarsi come una ragazza come Caterina si potesse essere innamorata di uno come lui. Le aveva solo fatto del male e la cicatrice che adesso le stava delicatamente sfiorando, per non far risvegliare il dolore, ne era la prova più evidente e permanente.

Una folata di vento entrò nella stanza, attraverso la finestra rimasta aperta e Cat si rannicchiò più vicina a lui, in cerca di calore, accoccolandosi contro il suo petto e stringendosi di più tra le sue braccia.

Se cerchi del calore, piccola mia, hai sbagliato persona.

Allungò la mano verso il letto, cercando di non svegliarla, e tirando verso di se il lenzuolo coprì entrambi.


 

La mattina seguente fu svegliata dal vento che entrava fresco dalla finestra e dalle prime lontane luci del giorno. Avanti a se Loki stava ancora dormendo. Si ritrovò ad osservarlo incantata, come faceva quando erano sotto protezione dello SHIELD; non si sarebbe mai stancata di guardarlo dormire, l'unico momento in cui era se stesso senza rivestire il ruolo che si era cucito sulla propria pelle.

Si alzò, cercando di non svegliarlo, ed indossò la sua maglietta che trovò sul bordo del letto; si diresse verso la finestra mentre si portava le maniche al viso per respirare a pieni polmoni il suo odore. E pensò.

Quel senso di malessere non era sparito durante la notte, anzi, si era fatto più pesante ed opprimente. Dal sassolino che era, si era già trasformato in un macigno. Sentiva di non poterlo reggere; sapeva di essere in un mondo completamente nuovo per lei e questo la spaventava. Aveva ancora in testa gli sguardi curiosi, invadenti ed indiscreti alla quale era stata sottoposta durante tutta la cena. Le era sembrato anche di aver sentito giungerle alle orecchie alcune voci.

Com'è caduta in basso la famiglia reale. Ti rendi conto? Due umane ad Asgard!”

Molto probabilmente il principino l'ha messa incinta e adesso il povero Re deve risolvere i danni di quello sciagurato.”

Come facevano male quelle parole. Ma non tanto perché erano contro di lei, no, perché erano contro di lui e Cat sapeva benissimo che erano tutte schifose bugie. E per quanto tentasse di ignorarle non riusciva a sopportare che Loki fosse messo sotto una cattiva luce per colpa sua. Ed ecco che la sua vera natura tornava a tormentarla, così come le parole che il suo amico le aveva rivolto durante la loro lite.

Si affacciò alla finestra per guardare un'alba che non aveva mai visto e che non avrebbe mai più potuto ammirare. Si rivestì con i suoi abiti terrestri velocemente, in assoluto silenzio e sgattaiolò fuori dalla camera prima che Loki si svegliasse, prima che fosse troppo tardi.

Non so se la rotta è giusta o se mi sono perduto ed è troppo tardi per tornare indietro. Così, meglio che io vada via, non pensarci è colpa mia. Questo mondo non sarà mio.1

Era confusa, disorientata. Jake, alla fine, aveva ragione su tutto: quel mondo non faceva per lei, allo stesso modo in cui lei non faceva per quel mondo. Abbandonare Loki le faceva male e le avrebbe fatto male per sempre; la loro storia sembrava condannata a questa specie di malato e perverso gioco di ritrovarsi e abbandonarsi. Lui ne avrebbe sofferto ma sarebbe durato poco, l'avrebbe dimenticata in fretta riuscendo a trovare una Dea alla sua altezza.

Si recò alle scuderie, dove i cavalli erano già svegli e in attesa della loro razione di cibo giornaliera. L'aria era frizzante e quando aprì le scuderie venne investita dall'odore di chiuso, fieno e di cavalli. Senza tante cerimonie andò dal cavallo nero, lo stesso che aveva montato il giorno precedente e che sembrava l'avesse riconosciuta.

“Sssh, stai buono.” disse, accarezzandogli il muso per non farlo agitare . “Adesso, noi due, ce ne andiamo a fare una bella corsa.” il cavallo, per tutta risposta, agitò il muso dall'alto verso il basso un paio di volte, come se avesse voluto risponderle.

“Ecco, da bravo.” gli sussurrò lei, intuendo la natura impetuosa dell'animale e infilandogli le briglie vi montò sopra spronandolo al galoppo in direzione del Bifrost.

Non si voltò mai indietro per non avere ripensamenti o indecisioni. Doveva farlo e basta. Anche se il dolore che stava provando l'avrebbe portata alla morte. Ripensò alle parole che le aveva detto il suo amico non molto tempo prima.

''Ma tu sei una ragazza della Terra, non sei fatta per stare con uno come lui, che è un Dio e un principe. Adesso pensi di si ma vedrai che tra poco capirai che non siete fatti l'uno per l'altra.''

Aveva ragione. Aveva ragione e adesso era troppo tardi per non soffrire. Sperava che Jake si fosse sbagliato, che avesse parlato solo per gelosia ma era lei che si era sbagliata. E adesso come faceva male quello sbaglio. Cavalcava con il vento che le scompigliava i capelli e gli occhi colmi di lacrime amare, spronando il cavallo ad andare sempre più veloce, non volendo restare lì un minuto di più.

Una volta raggiunto il Bifrost, arrestò la folle corsa del cavallo facendo impuntare in avanti le possenti zampe al suolo con un nitrito sonoro; scese e si avvicinò al guardiano che, avendola vista senza bisogno di usare gli occhi, la stava aspettando.

“Non dovreste essere qui, Lady Caterina.” le disse continuando a sorvegliare l'universo intero, dandole le spalle.

“Heimdall, non puoi capire. Io non sono adatta per lui.” disse con voce spezzata e al contempo sorpresa di capire che l'uomo di fronte a lei avesse già capito le sue intenzioni.

“Come fate a saperlo se non vi date neanche un'occasione?” domandò girandosi verso la fanciulla e guardandola con i suoi occhi ambrati che scrutavano ogni cosa.

Rimase un attimo in silenzio, sorpresa dalla sua domanda.

“Non c'è bisogno che mi si presenti un'occasione per capirlo. Avevano ragione a dirmi che non ero adatta per lui e per il suo mondo. E poi è bastato vedere come mi guardavano le altre persone. Sono sbagliata per questo posto e sono sbagliata per Loki. Ti prego, apri il ponte non rendere più penosa questa scelta.” gli rispose portandosi le mano all'altezza del petto, con la speranza che non tentasse di convincerla ancora. Il suo cuore e la sua anima non avrebbero retto.

Le iridi d'ambra di Heimdall si spostarono dietro la ragazza e prima che si potesse girare, si sentì chiamare.

“Caterina.” era la prima volta che Loki la chiamava con il nome intero. E poi come aveva fatto a raggiungerla? Lei pensava che stesse dormendo e di aver fatto piano proprio per non svegliarlo. Come poteva essere lì?

“Loki?”

“Che cosa stai facendo?” le domandò; sapeva bene, purtroppo, quali erano le sue intenzioni e sentiva il terreno cedergli sotto i piedi. Se lo avesse abbandonato per lui sarebbe stata la fine.

“E' la cosa giusta da fare.” disse con sforzo, per cercare di convincere più che altro se stessa.

“Ma cosa diavolo stai dicendo?” anche il Dio faticava a parlare, col cuore ferito ed a pezzi.

“Lo sappiamo entrambi. Io non sono degna di stare qui e non lo sono neanche di stare al tuo fianco e di essere la tua compagna.” lo guardò e le si strinse il cuore: anche lui si era messo le prime cose che aveva trovato, era spettinato, il viso segnato dalla consapevolezza e gli occhi lucidi traboccanti tristezza.

“E' stato Odino a dirti ciò?” domandò duro.

“No. Lui sembrava quasi felice.” ammise, guardando in basso, sentendosi colpevole.

“E allora perché?” disse questa volta con la voce incrinata.

“Perchè sono solo un'umana!” alzò, senza volerlo, il tono della voce.

“E cosa mi importa di questo?”

“Te ne deve importare, invece! Sono un'umana che non potrà MAI darti dei figli e tu sei un principe e un Dio! E presto di renderai conto di che sbaglio madornale hai fatto a legarti sentimentalmente con un essere sbagliato come me, che non può darti nulla!” le lacrime stavano bagnando il suo volto lente e silenziose, costringendola ad alzare sempre di più la voce.

Loki la vide così sconvolta e capì di dover fare qualcosa per lei; lei che era tutto per lui. Sapeva bene cosa significava essere diversi, essere sbagliati ma lei non lo era. Non lo sarebbe mai stata per lui. Continuò a guardarla e prendendo un profondo respiro pronunciò la cosa più difficile che potesse dire.

“Io ti amo.”

“Cosa?” domandò lei dopo un attimo di silenzio surreale, pensando solo di essersele immaginate quelle parole uscite dalle sue labbra, posando i suoi occhi lucidi in quelli del Dio.

“Ti amo e non mi importa se sei umana o una dea, se sei o meno di sangue reale o non mi potrai mai dare dei figli, perché io mi sono legato a te indistintamente ed incondizionatamente.” le si era fatto più vicino e le aveva preso le mani per impedirle di andarsene.

I will love you unconditionally. There is no fear now. Let go and just be free. I will love you unconditionally. 2

[Ti amerò incondizionatamente. Non c’è paura ora. Lasciati andare e sii libero. Ti amerò in maniera incondizionata.]

“Ti promisi che ti avrei protetta, che ti avrei salvata, seguita e che ti sarei rimasto per sempre accanto ed è quello che voglio fare.” sapeva che quella di Cat era solo paura; vedeva riflesso nelle sue iridi metalliche il suo amore vivo ed ardente. E sapeva anche che se si fossero separati, sarebbe per sempre rimasto dentro al suo cuore e nella sua mente.

I know now, just quite how, my life and love may still go on. In your heart, in your mind, I'll stay with you for all of time.3

[Adesso lo so, so come la mia vita e il mio amore possono andare ancora avanti. Nel tuo cuore, nella tua mente, starò con te per tutto il tempo.]

Adesso si erano avvicinati tanto che i loro respiri si confondevano. Loki le aveva appoggiato la fronte sopra la sua, mentre intorno a loro cominciava a rischiararsi.

“Sposami.” le sussurrò.

La ragazza lo guardò dritto negli occhi, incredula messa davanti ai sentimenti di Loki e alla sua proposta. Il cuore le saltò alla gola, perdendo prima un battito per poi iniziare a battere come un tamburo, così forte da far male. Ma era un male buono, quello.

“Dici davvero?” domandò credendo ancora una volta di non aver capito bene cosa le avesse detto.

“Si. Rimani, sposami e manterrò quanto ti ho promesso, anche a costo della mia vita.” quanto era difficile per lui esternare i propri più intimi e profondi sentimenti? Ma se non voleva perdere l'unica luce delle sue tenebre doveva fare questo sforzo. Valeva davvero la pena per avere lei e il suo amore incondizionato. In cuor suo, però, temeva un rifiuto perché nonostante quella creatura non lo avesse mai considerato un mostro, un rifiuto e un reietto, lui si sentiva tale.

“Si.” rispose, un leggero ed emozionato sorriso a decorarle le labbra.

Adesso era Loki che credeva di aver solo immaginato quella parola tanto sperata.

“Certo. Certo che ti sposo Loki!”


 

Era passata una settimana da quando Loki le aveva proposto di sposarlo e il matrimonio si sarebbe tenuto tra solo un giorno. Tutto il regno era rimasto colpito e sorpreso nell'apprendere la notizia e vi avrebbero preso parte da ogni angolo del Regno.

I genitori della ragazza erano stati accolti nella grande casa di Odino e vi sarebbero rimasti fino al giorno delle nozze. Cat aveva chiesto se era era possibile far venire anche la sua amica Mary, le era stato risposto che la cerimonia era riservata solo ai parenti. Si era così ritrovata la sera prima in camera sua, da sola.

Come prevedeva la tradizione non le era permesso di vedere Loki ed aveva congedato le sue ancelle con la chiara ed unica intenzione di restare sola, dal momento in cui le era impossibile vedere le uniche due persone con cui aveva voglia di stare. Distesa sul letto a guardare il soffitto, con una leggera camicia da notte color crema, pensava a come e a quanto sarebbe cambiata la sua vita da domani. Ripensava a tutti i discorsi che sua madre le aveva fatto riguardo al matrimonio, alle scelte difficili, le liti e ai possibili periodi bui ma anche tante risate, tante gioie e tanto amore. Per loro due era stato così, chissà se per loro sarebbe stato lo stesso; di certo non sarebbe stato più facile.

Venne distratta dai suoi pensieri quando qualcuno bussò piano. Si alzò ed andò ad aprire la porta in punta di piedi scalzi e davanti si ritrovò Loki con un'aria malandrina stampata sul volto.

“Loki, che ci fai qui?” disse a bassa voce, guardandosi intorno per accertarsi che nessuno li vedesse insieme.

“Ho un regalo per te.” ripose, dopo averle dato un leggero bacio sulla fronte, un po' sorridendo e un po' ghignando. “Consideralo un regalo di nozze in anticipo.” si fece da parte per mostrarle in che cosa, o in chi consisteva il suo dono; lasciò così spazio a Mary che si avventò al collo dell'amica che non aveva ancora focalizzato bene la sua figura nel buio. Si abbracciarono così forte e così a lungo che ad un certo punto mancò loro il fiato e furono costrette a staccarsi.

“Vi lascio sole.” si congedò Loki ma Caterina lo fermò prima che sparisse nell'oscurità di quei corridoi.

“Grazie.” mormorò e alzandosi in punta di piedi gli dette un piccolo e tenero bacio sulla guancia.

Una volta dentro la camera entrambe si gettarono sul letto, riprendendo ad abbracciarsi, ridere e parlare. Si confidarono fino a notte tarda, o per meglio dire, fino a quando non iniziarono a spuntare le prime luci del nuovo giorno.

“Loki mi ha portata qui di nascosto.” disse ridendo per la birbanteria appena fatta. “Ha visto che una certa persona non poteva stare senza di me.” scherzò e risero insieme, felici di essersi ritrovate. Poi calò di nuovo il silenzio, interrotto dopo una manciata di secondi.

“E così ti sposi.” constatò tranquilla la ragazza bionda, un accenno di emozione mal nascosto.

“Già.” fu tutto quello che Caterina riuscì a pronunciare, ancora incredula che quello stesse capitando a lei. Altre risa sommesse riecheggiarono nella stanza ma furono presto interrotte da una domanda bruciapelo rivolta all'amica clandestina.

“Jake come l'ha presa?” domandò all'improvviso turbata, l'aria seria a decorarle il viso che prima era rilassato.

Mary sospirò, preoccupata da quella domanda. Jake non l'aveva presa per niente bene, iniziando a fare subito scenate melodrammatiche.

“Quando ha saputo che saresti andata a vivere ad Asgard ha iniziato a sbraitare e a darmi la colpa perché io avevo chiamato il coinquilino al piano di sopra – è così che ha iniziato a chiamarlo – . Quando gli ho detto che ti sposavi non ha detto niente. Ha preso ed è uscito senza dire una singola parola, un mugolio, niente, ed è rimasto fuori per tutto il giorno. Non mi ha parlato per giorni e tu sai che non l'ha mai fatto. Solo adesso sembra che sia più tranquillo.” disse tutto d'un fiato, senza entrare nei particolari ma neanche senza dirle una bugia. Non le avrebbe detto niente ma dato che era stata lei a chiedere informazioni del fratello le sembrava giusto dirle come stavano le cose.

“Mi dispiace. Mi dispiace davvero tanto. Io credevo ingenuamente che fosse solo una cosa passeggera, che gli passasse subito. Non avrei mai pensato che potesse starci così male. Mi sento così in colpa.”

Mary le prese le mani e gliele strinse tra le sue, per darle forza. “Devi vivere la tua vita, tesoro. Lui se ne farà una ragione.” cercò di consolarla, proprio come aveva fatto col fratello. Perché prima di tutto voleva vedere le uniche due persone care essere felici.

Continuarono a parlare ascoltando la musica nel lettore MP3 che la bionda si era portata dietro fino a quando non si addormentarono con le mani intrecciate per giocare a schiaccia-pollice, proprio come quando erano bambine.


 

Vennero svegliate da un gruppo di ancelle che, precipitatosi nella camera alle prime luci del giorno, pensavano di trovare la futura sposa già sveglia.

“Lady, svegliatevi.” la scosse Athi.

“Ancora cinque minuti, dai.” borbottò nel sonno.

“Ma Lady, non avete cinque minuti. Vi dovete sposare, oggi.” e riprese a scuoterla con maggiore forza, seria.

Caterina si alzò col busto di scatto dal letto e svegliò anche Mary, che continuava a dormire come un sasso. La ragazza bionda non se ne curò e rigirandosi dall'altra parte, continuò a dormire. Si passò una mano sulla fronte, si spostò i capelli dietro le orecchie e vedendo che la sua amica stava ancora dormendo, gridò “Mary, mi devo sposare!”

Nell'arco di due secondi anche l'altra midgardiana si alzò dal letto, credendo che fosse tardi e iniziò a camminare su e giù per la stanza, senza aver la minima idea di che cosa fare.

“O. MIO. DIO. Sei in ritardo. Oh, accidenti!”

“Stai calma, è appena mattina.” la tranquillizzò l'amica mentre si alzava dal letto e si stiracchiava.

“Ah, perfetto.” e si rese conto che non erano sole e che la sua scenata da pazza isterica l'avevano vista tutti.

“Dovreste recarvi nelle vostre stanze, Lady. Immagino vi staranno aspettando per prepararvi.” le suggerì Lia. Già, peccato che Mary fosse una clandestina e che non solo non aveva una camera ma nessuno sapeva della sua presenza ad Asgard.

“Può rimanere con noi?” domandò Cat. Quello era un giorno speciale per lei e aveva bisogno della sua migliore amica al suo fianco.

“Ma certo Lady.” e fu predisposto che le due dame venissero preparate insieme.

“Ci vorrebbe una bella tazza di caffè, adesso. Hai presente quelle che fa Joe al bar? Ecco, non so cosa darei per un po' della sua caffeina.” disse Mary mentre si stava lentamente riprendendo dal sonno e veniva ascoltata con curiosità dalle ancelle che non sapevano di cosa stesse parlando. Si, Cat aveva presente le tazze che serviva Joe al suo bar ma non era certamente quello di cui aveva bisogno in quel momento.

Si era svegliata fin troppo tranquilla ma l'ansia non aveva tardato ad arrivare e prendere possesso del suo cuore e delle sue mani, tremanti.

Venne fatta lavare in una grossa vasca di rame, con acqua arricchita da sali profumati. La preparazione durò un paio d'ore, tempo in cui, entrambe, indossarono il rispettivo abito, vennero truccate e pettinate. Quando Lia ed Athi finirono di preparare la sposa, il risultato lasciò tutte a bocca aperta.

Indossava un semplice ed elegante abito di seta color avorio, le cui maniche si ampliavano a partire dai gomiti. Le avevano raccolto la lunga chioma castana in una classica treccia a spiga di grano che le ricadeva fino a metà schiena; le avevano truccato leggermente il volto per risaltarne i tratti delicati ma sopratutto per darle luminosità agli occhi con della polvere bianca. Per finire le avevano messo un finissimo diadema a incorniciare la sua chioma.

“Cat, sei uno schianto.” ammiccò Mary, stupita del cambiamento della sua amica.

“Siete bellissima.” bellissima ed estremamente felice. Talmente felice da non riuscire più a smettere di sorridere, inebetita.

“Lady, ha delle visite.” la informò Athi facendo entrare i suoi genitori, un po' impacciati dagli abiti e da tanta riverenza. Appena la madre vide la figlia con l'abito bianco e così radiosa non potette fare a meno di trattenere l'emozione e andandole incontro l'abbracciò forte a se, sapendo che la sua ''bambina'' non era più tale.

“Sono così felice, tesoro.” e si asciugò una lacrima.

“Dai cara, così farai piangere pure lei!” esclamò suo padre con l'aria buffa dentro a quei vestiti che non era abituato a portare, vedendo che pure sua figlia era sul punto di aprire i rubinetti e piangere.

Il Signor Bennett nonostante ostentasse un comportamento normale e forse leggermente distaccato, era invece molto emozionato per sua figlia che, dopo davvero tanto tempo, era finalmente felice. E di questa sua felicità ne fu contagiato anche lui benché significava non rivederla più.

“E' ora.” esortò Lia, con l'aria grave. I genitori uscirono dalla stanza accompagnati dalle altre ancelle, mentre le altre quattro ragazze rimasero lì, ad attendere.

Caterina prese un profondo respiro e tese la mano a Mary che gliela afferrò e gliela strinse per farle capire che lei era lì, era lì per lei.

Quando la porta si aprì, si diresse a testa alta e il cuore gonfio di gioia nella sala del trono dove, ad attenderla con impazienza, c'era il suo futuro sposo.


 






 

- Angolo dell'autrice-

“Ciao Marti, immagino che tu sia un po' nervosa per domani ma stai tranquilla che andrà tutto bene. Ci sarò io e ci saranno le tue amiche a fare il tifo per te e a darti coraggio, anche se so che non ne avrai bisogno, sei già forte di tuo. Mi raccomando, spacca il culo ai professori..”

questo è quello che ho scritto ieri sera alla mia amica Marti alla quale dedico pure questo capitolo.
Oggi si è laureata e devo ammettere che è stato molto emozionante quando ha stretto la mano ai professori mentre le dicevano il risultato.
Sono davvero tanto, tanto tanto, fiera di te. Stavo per commuovermi, per fortuna il caro Enzino mi ha distratto, altrimenti finivo come Nikla e tua sorella Michela... a piangere! XD
E poi a giro per piazza del Campo ed a giro per il Corso... è stata davvero una BELLISSIMA giornata e sono felice che sia stata per te, perché sei una persona speciale e molto importante per me.
Questo è ciò che oggi non sono riuscita a dirti, un po' perché c'era tanta gente ed un po' perché altrimenti le lacrime avrebbero preso il sopravvento.
Chissà se leggerai mai queste righe... molto probabilmente te le farò leggere mentre saremo a lavoro ed agiteremo i nostri pugnetti secchi ascoltando ''Ahia ahia mal di pancia'' XD

Ti voglio bene.

 


Okay, care ragazze che mi seguite e mi scrivete sempre così appassionatamente mi duole annunciarvi che siamo al penultimo capitolo..............

“Mi duole annunciare che questa è la fine.”4

*immaginatevi l'autrice che fa il broncio triste triste :-( *

già, siamo giunti (quasi) alla fine di questa avventura.... Spero che vi sia piaciuta, che vi abbia fatto sorridere e che vi abbia fatto commuovere e che continuerete a seguirmi se mai, un giorno, dovessi pubblicare altre storie..

 

NOTE

1 Ci sono anch'io, Max Pezzali

2 Unconditionally, Katy Parry

3 Wherever you will go, The Calling

4 Il Signore degli Anelli – La compagnia dell'anello,discorso di compleanno di Bilbo Baggins

 

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio tutti/e coloro che hanno letto, seguito, recensito e più ne ha più ne metta... Siete stati/e davvero molto calorosi...

Un bacione a tutti :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** EPILOGO ***


ASGARD – 5 ANNI DOPO
 




 

Stavano cavalcando nei boschi di Asgard come facevano ormai da tanto tempo, solo per ritagliarsi dei momenti tutti loro, in solitudine e in privato cosa molto difficile da fare all'interno del palazzo. Durante gli anni trascorsi nella città d'oro Cat aveva imparato a raffinare le abilità che aveva acquisito con la Pietra: Loki le insegnava la magia e stava man mano imparando a combattere insieme a Thor ed ai suoi amici. Era così riuscita ad integrarsi e il senso di inadeguatezza, finalmente, era scomparso senza che lei se ne accorgesse. Semplicemente una mattina si era svegliata al fianco di Loki, il suo sposo, osservandolo e ripensando agli anni trascorsi si era sentita a casa.

Lei cavalcava davanti, con i lunghi capelli sciolti e il vento che le scivolava sul viso mentre il sole illuminava il sentiero. Cat aveva appena spronato il suo cavallo ad una andatura più veloce per non dare a Loki la soddisfazione di raggiungerla, quando una donna dai lunghissimi capelli biondi e dalle vesti dorate apparve dal nulla e le si parò davanti, costringendola a fermarsi di colpo tanto da far impennare l'animale. Dopo averlo tranquillizzato con un paio di carezze, scese e si diresse preoccupata verso la donna pensando che avesse bisogno di aiuto. Le si avvicinò un po' scossa domandandole se stesse bene ma lei non le rispose limitandosi a sorriderle.

Quando giunse anche Loki, la misteriosa donna rivolse ad entrambi un profondo inchino e cominciò a parlare.

“Miei signori, vi stavo cercando.”

“Chi siete?” domandò Loki, smontando da cavallo e avvicinandosi alla sua sposa, non capendo cosa fosse successo.

La signoria sorrise. “Principe, non ha importanza chi sono. Sono qui per un motivo.”

“Parla. Qual'è il motivo?” domandò sempre più confuso.

“Sono qui per lei, sono qui per vostra moglie.” disse indicandola con l'indice appena coperto dalla lunga manica dell'abito.

Si gelò il sangue nelle vene ad entrambi. Il Dio si parò subito davanti a Caterina per proteggerla – anche se oramai lei sapeva cavarsela anche da sola – e lei gli poggiò le mani alle spalle, intimorita dall'affermazione di quella sconosciuta.

Chi era quella donna? Che cosa voleva da sua moglie? Qualsiasi cosa fosse, non era intenzionato a dargliela, non senza aver prima combattuto.

“Tu non le farai del male.” ringhiò tra i denti, un accenno di fiatone dovuto al pompare serrato del cuore.

“Oh, ma io non ho nessuna intenzione di farle del male, anzi,” disse camminando intorno a loro in cerchio, in modo solenne. “voglio farvi un dono.” continuò.

“Che dono? Che storia è mai questa?” ma le domande di Loki non ottennero la risposta sperata; la dama si limitò a pronunciare una frase avvolta dal mistero.

“Il vostro ruolo in questa storia non si è ancora concluso.”

Trascorse un attimo in cui tutti e tre rimasero in attesa; Cat era ancora nascosta dietro il corpo di Loki ma aveva sporto la testa alla sua sinistra per vedere le mosse di quella strana e misteriosa signora. Quando quest'ultima vide che la ragazza si era appena distanziata dal corpo di lui che la proteggeva, ne approfittò per andarle incontro e le poggiò la mano destra sul ventre rilasciando una luce rossa dal palmo.

“Sii felice, principessa.” disse prima di ritirare la mano e sparire nel nulla, avvolta da una luce dorata proprio come quando era apparsa.

Cat fu invasa da una sensazione di calore che partì dal ventre e si propagò in tutto il corpo. Tirò indietro la testa, chiuse gli occhi e svenne.


***



Si era girata e rigirata tutta la notte nel letto senza riuscir a prendere sonno. Aveva bevuto un infuso che le avevano consigliato Athi e Lia per riposare e dormire ma non aveva funzionato. Forse era il caldo, forse era la luna che proiettava la sua luce all'interno della camera o forse erano i pensieri ma lei aveva gli occhi sgranati che non ne volevano sapere di chiudersi.

Si girò alla sua destra e vide Loki dormire.

Beato lui. Lei erano notti che non riusciva a dormire mentre il giorno crollava sempre, stremata anche se trascorreva le sue giornate a leggere o a passeggiare nei giardini. Aveva voglia di cavalcare, perché aveva scoperto che la rilassava e le scaricava la tensione ma per il momento non poteva assolutamente farlo.

Si alzò sbuffando impercettibilmente, tanto anche per quella notte non avrebbe dormito e si diresse verso l'enorme finestra aperta che lasciava entrare una piacevole aria fresca, in quella notte asgardiana afosa.

Stava ammirando il cielo stellato, non si sarebbe mai abituata a quel cielo così diverso, pieno di colori freddi ma incredibilmente affascinanti, quando un fruscio alle sue spalle le fece voltare appena la testa. Era Loki che, avendola vista sveglia ed alzata, l'aveva raggiunta e rimanendole dietro le cinse delicatamente la vita.

“Tutto bene?” le domandò un po' allarmato, poggiandole il mento sulla spalla sinistra e guardando lontano.

“Si.” rispose lei, sorridendo alla luna e alle stelle, per tranquillizzarlo.

Lui le posò le mani sulla pancia e un dubbio si insinuò nella sua mente; a lui, che i dubbi li insinuava nelle menti altrui.

E se avesse commesso gli stessi errori che suo padre aveva commesso con lui? E se non fosse stato in grado di amarlo come meritava? E se fosse stato diverso, sarebbe riuscito a quel punto ad amarlo?

Sospirò profondamente solleticando l'orecchio della sua compagna che si girò verso di lui avvolgendoli le braccia al collo e, come avesse letto i suoi pensieri, disse “Sarai un ottimo padre.” sorrise, dolce ed intenerita.

Solo lei aveva il dono di saperlo rendere tranquillo, di indovinare i suoi pensieri e i suoi sentimenti.

Sorrise il Dio nascosto dalla penombra e avvicinò sua moglie per abbracciarla, divisi soltanto dalla pancia pronunciata di lei.


 

***



Si potevano sentire le urla di Caterina riecheggiare per tutto il palazzo, benché la porta fosse chiusa. Loki camminava nervoso su e giù per il corridoio aspettando il momento in cui le guaritrici fossero uscite per dargli il permesso di entrare.

Le fiammelle delle candele che proiettavano ombre distorte sulle pareti, venivano smosse dallo spostamento d'aria che il suo andar avanti e dietro produceva.

All'interno si potevano sentire le grida della ragazza e le voci delle donne che la stavano assistendo. Poi, ad un certo punto, tutto tacque avvolto dal silenzio e dall'oscurità della notte. Per un momento il cuore di Loki smise di battere, temendo che fosse successo il peggio.

Ed ecco che, dopo un momento apparentemente infinito, un vagito ruppe quel silenzio divenuto assordante nel cuore del principe e delle risa sommesse provennero dalla stanza. Non aspettò che lo chiamassero ed entrando dentro cercò con lo sguardo le due cose più importanti della sua vita.

Erano lì sul letto, una vicina all'altra. Caterina era stremata e tremendamente accaldata , con i capelli attaccati alla fronte imperlata di sudore e di gocce d'acqua che le guaritrici le avevano versato per darle sollievo, ma sorridente. Tra le braccia aveva un piccolo fagottino bianco che si muoveva appena.

Loki si avvicinò con cautela, dubbioso, timoroso di vedere chi ci fosse rinvolto e come fosse. Quando lei scostò il panno per mostrargli chi ci fosse al suo interno, il cuore del Dio perse un battito e i suoi occhi vennero punti da lacrime di gioia.

Non era un mostro. Non era blu. Non era uno Jotun. Era una bellissima bambina, con gli occhioni luminosi spalancati impegnati ad osservare l'uomo che la stava prendendo in braccio. La prese goffamente quando gliela misero tra le mani, per paura di farle male o di farla cadere.

La guardò e non si sentì mai tanto orgoglioso di qualcosa che poteva dire suo, come in quel momento.

Ancora non ci poteva credere ma tra le sue braccia stava stringendo la piccola Aki. Stava stringendo sua figlia.










- Angolo autrice-
Ai miei lettori...
eccoci dunque al finale tanto atteso e sospirato.. Spero che vi sia piaciutam che vi abbia fatto sorridere, vi abbia commosso ed emozionato.. Insomma, che abbia trasmesso qualcosa..
Per chi mi segue anche quell'altra storia, ci ''vediamo'' di là  (ne vedrete delle belle!)
Un saluto caloroso ed un abbraccio a tutti voi :-*

GRAZIE A TUTTI, DI CUORE <3
adri1816
agatha
Anastasia_Snape
Caris 
Chiccardj 
CirulinaRulu
dama galadriel
Darknesslight 
esi_chan
GjXD 
 Jani1996
hikikomori97 
Joe King 
Lady of the sea
ladyselena15
Lora_Ophis 
Love me again 
LullabyJane
marilu396 
Mary_Sophia_Spurce
me_seroy
mizu7 
Rack12345
sirina89 
td98
TomFeltonMyObsession20 
Tsunami_99
ZephiliaMalfoy99
Yuki Hiddles_ 
 _andreea_ 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** THIS IS NOT THE END ***



- Angolo autrice-
Come in ogni film della Marvel che si rispetti, anche qui non poteva mancare la scena finale dopo i titoli di coda (i titoli di coda sarebbero i nomi di tutti coloro che ho menzionato nel capitolo precedente), che fa capire che ci sarà un seguito.
Non sapete quanto mi sono divertita a leggere i vostri commenti che dicevano ''No! Ma è già finita? peccato!'' ecc, sapendo che, alla fine, non era finita.. *me tanto sadica xD*






 

- Una piccola sorpresa per i miei amati lettori -




I suoi piedi stavano calpestando i resti di quello che un tempo era il regno di suo padre e che sarebbe dovuto spettare a lui. Ormai quella era una terra desolata, fredda, abbandonata, dimenticata.

Più camminava, più andava avanti e vedeva quello che un tempo fu promessa di gloria e dominio, più la rabbia, il rancore e la sete di vendetta crescevano e si propagavano, corrodendolo, come un cancro dentro di lui.

“Com'è potuto accadere?” domandò, la voce bassa, roca e profonda, per natura, mentre svolgeva il suo sguardo intorno a se.

“E' stato un gruppo di umani. Si fanno chiamare i ''Vendicatori''.” rispose un essere alle sue spalle, il fisico estremamente longilineo avvolto nella sua divisa, la pelle grinzosa e grigia.

Quell'idiota si era fatto sconfiggere da un gruppo di pagliacci di un circo squallido e misero. Da dei semplici ed insignificanti umani quando lui era un titano. Era, perché adesso di lui non restava nient'altro che polvere e sogni di gloria spazzati via.

I suoi occhi violacei, senza pupilla, videro in mezzo alle macerie qualcosa brillare; vi si avvicinò camminando sui detriti che si frantumavano sotto il peso del suo corpo della sua armatura; si piegò sulle ginocchia e dopo aver scansato le macerie, lo raccolse rigirandoselo tra le mani. Era un frammento del trono che gli sarebbe dovuto spettare per diritto di nascita. L'avrebbe fatta pagare a quegli stolti che lo avevano sfidato uccidendo Thanos. Avrebbe vendicato suo padre ed il trono.

Il suo cuore, sempre ammesso che ne avesse uno, reclamava, ESIGEVA vendetta.

E vendetta avrebbe ottenuto.









Adesso posso garantirvi che ''La Gemma dell'Anima'' è ufficialmente conclusa..
 




Cat e Loki will return...

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2500505