Forskjellig

di Kuki997
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tordenvær ***
Capitolo 2: *** Første Møte ***



Capitolo 1
*** Tordenvær ***


Tordenvær
 
 
Notte. Era notte inoltrata.
Silenzio. Era interrotto solo dal gocciolare insistente della pioggia.
Nessuno. A quell’ora tutti dormivano già, riposando nel più profondo dei sonni e immersi in quelle consuete fantasie notturne.
Aumenta. Il ticchettio della pioggia si fece più intenso, più severo e serrato.
Lampo. Uno squarcio di luce che abbaglia la profonda oscurità della notte.
Tuono. Prepotente, entrò nelle sue tempie attraversandola con un brivido.
Così si svegliò, intimorita, cercando di vedere qualcosa in quella oscurità che invadeva la stanza. Le palpebre ancora intorpidite lasciarono spazio alle iridi chiare, sovrastate dalla scura pupilla dilatata per il troppo buio. Si volse timidamente verso la finestra in cerca di una spiegazione anche se, in realtà, non ne aveva affatto bisogno.
Lampo.
Tuono. Prepotente, questa volta la rese irrequieta. Si raggomitolò su sé stessa come se in cerca di protezione. Protezione che non riceverà. Non più ormai. Mugugnò qualcosa, non poteva fare altro. Perché era terrorizzata dal temporale? Era una bambina, era normale che ne avesse paura.
Lampo. Di nuovo.
Tuono. Di nuovo.
Serrò gli occhi, si portò le mani alle orecchie. Non voleva vedere, non voleva sentire. Ma lei non poteva fermarlo, il temporale proseguiva furioso e sempre più intensamente.
Gemette. Ora piano, poco più di un sussurro.
Non poteva gridare, avrebbe svegliato l’intero istituto.
Non poteva gridare, avrebbe rischiato una punizione.
Voleva gridare, ormai era diventato insopportabile per lei quel maledetto fenomeno atmosferico. Dischiuse le sottili ed infantili labbra e gemette di nuovo. Più forte. Gli occhietti ancora serrati si inumidirono: piccole perle incolore comparirono al lati delle sue ciglia nere.
Lampo. L’ennesimo.
Tuono. L’ennesimo.
Silenziosamente qualcuno si avvicinò all’infisso che permetteva l’entrata nella stanza. Non gli importava a cosa andava incontro, non aveva ancora abbastanza coscienza perché gli importasse.
Dischiuse la porta e si affacciò lentamente all’interno, solo con il visino; non sapeva cosa avrebbe trovato ma era curioso. Eccola lì. Quel piccolo bozzolo fra le coperte di un letto troppo grande per un infante.
La guardò per svariati attimi, non capiva. Decise di avvicinarsi aprendo maggiormente la porta ma solo quanto bastava per permettergli di entrare. Senza far rumore si avvicinò, cauto ma non troppo, a quel giaciglio di morbide e calde coperte.
Lei tremava, spaventata più che mai. Aveva ancora gli occhi chiusi e non poteva vederlo. Le manine erano ancora fra i capelli rossi, era buio ma quelli si riuscivano a distinguere lo stesso.
Lui la osservava, confuso. Batté un paio di volte le palpebre di quegli occhi che si confondevano con le tenebre della stanza. Aveva inconsciamente le labbra lievemente dischiuse, segno che era decisamente concentrato.
Lampo. Ancora.
Tuono. Ancora.
Lei sussultò, questa volta pigolò ma quasi impercettibilmente. Ora lui aveva capito. Mosse un passo avanti, verso la piccola ancora ignara della sua presenza.
 
- Hai paura? - chiese innocentemente.
 
Lo aveva sentito ma non ebbe il coraggio di aprire gli occhi. Perché lui era lì? Come aveva fatto a sentirla? Non poteva aprire gli occhi, temeva di vedere qualcosa che l’avrebbe spaventata ancora di più. Annuì, era tutto ciò che riusciva a fare in quel momento.
Il bambino si avvicinò ancora, si appoggiò con i suoi esili gomiti al materasso. Non aveva ancora smesso di guardarla da quando si trovava lì.
 
- Ma non devi. Il temporale non può farti nulla.- aveva una vocina rassicurante anche se sottile ed infantile. Aveva inciampato sulla parola “temporale”, troppo difficile per lui da pronunciare.
 
Questa volta lei non reagì. Non reagì subito, perlomeno. Passarono svariati minuti prima che si decidesse ad aprire le pesanti palpebre rivelando di nuovo quello sguardo acquamarina. Aveva riflettuto sulle parole del bambino e in effetti sapeva che lui aveva ragione. Aveva deciso di provarci, voleva fidarsi di quel piccolo compagno e provare a reagire. Non sapeva cosa la spingeva a farlo, forse la presenza rassicurante di quel piccolo ficcanaso.
Lui la osservava a sua volta, quasi sorrideva vittorioso per essere riuscito a ricevere un suo sguardo. Ma ciò non poté durare a lungo perché un’altro scroscio fece raggomitolare nuovamente la bambina. L’espressione sul visino del piccolo tramutò immediatamente e si fece lievemente sorpresa e anche un po’ preoccupata.
 
- Vuoi che rimanga qui? - chiese incerto.
 
La piccola non si scompose ma diede il suo assenso annuendo nuovamente. Lui non aspettò un solo istante prima di fare forza sulle sottili braccia e salire sul morbido materasso. Si adagiò vicino a lei avvolgendola in un abbraccio amichevole e caloroso come solo i bambini sanno fare. La rossa si lasciò abbracciare rannicchiandosi contro di lui e tirando su con il naso un paio di volte; si assopì senza neanche accorgersene sotto ancora lo sguardo del bimbo che chiuse gli occhi svariati istanti dopo.
 

. . .
 

Notte. E’ notte inoltrata.
Silenzio. E’ interrotto solo dal gocciolare insistente della pioggia.
Nessuno. A quell’ora tutti dormono già, riposando nel più profondo dei sonni e immersi in quelle consuete fantasie notturne.
Aumenta. Il ticchettio della pioggia si fa più intenso, più severo e serrato.
Lampo. Uno squarcio di luce che abbaglia la profonda oscurità della notte.
Tuono. Prepotente, entra nelle sue tempie attraversandola con un brivido.
Si sveglia di soprassalto con respiro leggermente affannoso e sposta lo sguardo oltre la finestra: temporale. Eccolo lì quello che potrebbe essere considerato il suo peggior nemico. Si adagia di nuovo contro il materasso poggiando lentamente la testa sul cuscino che aveva lasciato poco prima per mettersi rapidamente a sedere.
No, non può continuare così, sono ormai anni che va avanti in quel modo ogni volta che quella perturbazione passa sopra di lei e la travolge letteralmente. Però non ci riesce. Non ce la fa a far finta di niente, è più forte di lei.
Lampo.
Tuono.
Si porta le mani alla testa affondandole in quella folta chioma rossa sparsa per tutto il cuscino. Chiude gli occhi stringendoli per bene, forse questo la farà sentire meglio. No, non serve a un bel niente fare così e lei lo sa bene. Ma che altro può fare? Neanche ora che è cresciuta è capace di domare quella paura. E non solo quella.
Lampo. Di nuovo.
Tuono. Di nuovo.
Si lascia sfuggire un singhiozzo, un forte singhiozzo, per questo provvede subito a tapparsi la bocca. Con la mano premuta sulle candide labbra si rigira nel letto verso la porta che in quel momento si sta schiudendo. Una figura entra e, seppur con leggera titubanza, si avvicina. Ora, è ben consapevole che non dovrebbe trovarsi lì ma non può farne a meno ora che sa cosa è il temporale per lei.
 
- Ehi...Hai paura...? - la sua è una domanda anche se dal tono di voce che ha usato si può tranquillamente considerare un’affermazione. La voce di lui è più profonda di quella di un tempo ma è rimasta rassicurante e dolce allo stesso modo.
Lei dischiude gli occhi, piano, e allontana allo stesso modo la mano dalle labbra per poter proferire il nome del giovane mentre lo osserva quasi stupita di vederlo lì.
 
- Ryuuji... -
 
Aveva sentito il temporale ed era andato da lei.
Senza esitazioni.
Senza timori.
Come la prima volta, anche ora non distoglieva lo sguardo da lei, da quel volto per lui perfetto. O forse non lo faceva semplicemente perché non poteva, non ne era in grado.
 
- Posso...? - chiese con quella voce calma e controllata che solo lui riusciva sempre ad avere.
Lei annuì spostandosi leggermente per far spazio al ragazzo in quel letto che ora non era poi così grande come lo sembrava essere un tempo.
Lui accenna l’ombra di un sorriso, forse come quello che aveva un tempo, mentre si infilava delicatamente sotto le coperte accanto alla giovane dai capelli rossi. Le avvolge quasi subito la vita per poterla avvicinare a sé in quello stesso caldo abbraccio di una volta; lei si rintana fra le forti braccia del ragazzo accoccolandosi contro il suo petto. Il giovane comincia ad accarezzarle la schiena, su fino alle spalle e poi di nuovo giù all’altezza dei fianchi, nel tentativo di rassicurarla.
Lampo. L’ennesimo.
Tuono. L’ennesimo.
Questa volta la ragazza non si scompone, è troppo concentrata a scrutare il volto del ragazzo che a sua volta la sta ammirando. Le palpebre cominciano a farsi pesanti e presto la giovane cade in un sonno profondo.
Ha ritrovato la protezione di cui era stata privata.
Ora è al sicuro.
Ryuuji le si avvicina, fino a posare le labbra sul capo di lei, fra i suoi capelli, in un dolce gesto d’affetto.
 
- Dormi, mia piccola stella...- fa una pausa come se proseguire gli risulti difficile. Non è facile ammettere quella consapevolezza.

- Anche se mia non sarai mai. –
 



Angolo del Coniglio
Aehm…salve? Se state leggendo queste note significa che siete coraggiosi, avete letto fino alla fine la mia storia. . .oppure avete semplicemente fatto scorrere la rotellina del mouse fino a qui (?).
In ogni caso, spero di avervi soddisfatto e di non aver fatto troppi errori. E neanche di aver sbagliato avvertimenti o altro. Ah, a proposito di questo, non ho sbagliato sezione nonostante questa prima one-shot della raccolta non sia esattamente un cross-over. Le prossime comunque lo saranno in piena regola, tranquilli ^^
Ho messo l’avvertimento OOC perché temo che i personaggi presi dagli anime già esistenti non riuscirò ad interpretarli come nelle loro opere originali, perciò per sicurezza l’ho messo.
Ah, un’altra cosa: in teoria questa era l’idea per una long ma siccome essendo la prima volta che scrivo qualcosa ho preferito i vari piccoli momenti che ho sparsi per la testa in questa raccolta per poi quando avrò le idee più chiare scrivere la long. Naturalmente in essa non narrerò le vicende che pubblico qui ma bensì il resto che qui lascio avvolto nel mistero…uwu
E ultimo, ma non meno importante, volevo dirvi che non ho descritto la mia OC per il semplice motivo che verrà descritta a poco a poco in ogni one-shot della raccolta. ^^
E dopo aver fatto delle note d’autore quasi più lunghe dell’intero racconto, vi ringrazio per letto e sarei contenta se lasciaste una recensione per farmi sapere cosa ne ensate (le critiche costruttive sono ben accette ^w^)
Okay, ora mi ritiro (?)
A presto!
 
Kuki~
 
P.S.: sia il titolo della fict che quello della raccolta sono in norvegese e significano rispettivamente Differente e Temporale. - spero di non aver sbagliato, non studio norvegese ma mi serviva usare questa lingua ^^” – Il perché lo scoprirete poi uwu

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Capitolo 2
*** Første Møte ***


~Forskellig~
 
Første Møte
 
 
Si guardò intorno: era appena entrata in quell’edificio dalle dimensioni piuttosto grandi ed era stata condotta in quello che sembrava un salotto accogliente. Aveva camminato fin lì quasi inconsciamente condotta da una donna che doveva essere una specie di balia; era confusa ed anche parecchio, per questo non aveva fatto caso al disimpegno che aveva appena percorso. Se fosse stato per lei a quest’ora si sarebbe trovata ancora all’ingresso.
La prima cosa che vide fu un comodo divano rivestito di un tessuto chiaro, un beige misto a del grigio probabilmente.
Non badò a ciò che la donna le disse poco prima di andarsene e dopo svariati attimi trascorsi ferma lì, in piedi sullo stipite della grande entrata ad arco, si mosse andandosi a sedere su quel divano che aveva adocchiato precedentemente. Si guardò attorno fino a che non ebbe studiato del tutto a fondo quelle quattro mura che la circondavano e tutto ciò che si trovava in quella stanza. Abbassò lo sguardo, impossibile definire cosa stesse guardando di preciso, ma da quel giorno si comportò sempre in quella maniera.
Arrivava, si sedeva e abbassava lo sguardo.
 
Era primavera, quel giorno.
Gli uccellini cantavano allegri e armoniosi accompagnati dal fruscio del vento che leggero smuoveva le fronde degli alberi e faceva ondeggiare l’erba alta e non e i fiori di mille colori che disseminavano i prati e le verdi distese lì intorno. Il sole irradiava il tutto, tenue ma caldo.
Proprio una bella giornata primaverile.
E in quella giornata lui arrivò.
Arrivò in quel luogo, condotto lì dalla stessa donna che aveva accompagnato tutti gli altri nei mesi o anni precedenti.
Fece scorrere lo sguardo in quel salotto che si trovava di fronte, spaesato. La stanza era piuttosto grande: al centro vi era un tavolo basso e intorno ad esso un divano e due poltrone, poste ognuna dal lato più corto del tavolo in modo da risultare una di fronte all’altra. Addossata alla parete destra della camera si trovava una grande credenza in stile antico colma di argenteria e ceramiche nella parte superiore mentre la parte inferiore, chiusa da sportelli in legno come tutto il mobile che copriva quasi l’intera parete, doveva probabilmente essere adibita a dispensa. Agli angoli di quella parete erano collocate due piante ben affondate nei loro vasi.Nella parete di fronte a quella in cui era situata la porta vi erano grandi finestre e solo un comò spiccava sotto una di esse. Nella parete di sinistra si trovava un’altra porta e una libreria abbastanza grande, anch’essa di legno pregiato come tutto il resto dell’arredamento che aveva visto fino a ora.
La sua attenzione venne catturata poi da alcune, poche ma acute, voci lì vicino in un angolo del grande tappeto al centro di quella grande stanza: tre bambini, due maschi ed una femmina, giocavano allegramente con tanti giocattoli sparsi in ogni dove.
Li osservò uno ad uno e gli sembrò che si stessero divertendo. Si accorse in quel momento che i tre avevano smesso i giocare e lo stavano osservando, per non dire fissando: tre paia di occhietti, dorati, violetti e azzurri, puntati su di lui.
Imbarazzato, abbassò lo sguardo. Poco dopo si trovò di fronte l’orsacchiotto che aveva visto poco prima in mano alla bambina, così alzò lo sguardo e la vide di fronte a sé che gli porgeva il morbido peluche.
 
- Ti va di giocare? - chiese uno dei due maschietti, con un sorriso.
 
Il nuovo arrivato, dopo un paio di attimi di incertezza, annuì sorridendo leggermente e unendosi così ai divertimenti degli altri tre.
 
 
Il giorno dopo quando raggiunse il salotto per unirsi di nuovo ai giochi dei suoi nuovi amichetti, Ryuuji si accorse di un particolare.
In quella stanza vi era un’altra bambina, la quale stava seduta sul grande divano e teneva lo sguardo basso.
Si soffermò a guardarla per svariati attimi con espressione stupita e curiosa al tempo stesso: non si era accorto di lei il giorno precedente, forse gli era parsa parte integrante dell’arredamento. Venne ridestato dai suoi pensieri dalle vocine dei suoi compagni che lo stavano chiamando per riprendere a giocare tutti assieme. Lui annuì e li raggiunse.
Nonostante fosse lì da appena un giorno aveva già imparato a conoscerli, naturalmente non a fondo ma quel che bastava per considerarli amici. Dopotutto i bambini sanno fare amicizia molto facilmente. Il più grande si chiamava Takeru, aveva una chioma scompigliata di capelli blu che si stagliavano ribelli sul suo capo; i suoi occhi erano di un colore dorato talmente vispi e coraggiosi che facevano quasi invidia. Era abbastanza alto per la sua età e aveva la carnagione chiara apparentemente anche morbida.
La bambina invece si chiamava Selene: aveva sempre i capelli castani raccolti in due codini e i suoi occhi violetti erano vispi e sempre attenti ma con un velo di mistero che li avvolgeva. Era minuta e la sua carnagione era abbronzata come se provenisse da un lontano paese esotico.
E l’ultimo dei tre, colui con cui era andato maggiormente d’accordo fin da subito, era Hiromu anche se gli altri due lo chiamavano spesso, se non sempre, con il soprannome di Diam. I suoi capelli erano castani, più chiari rispetto a quelli di Selene, e raccolti in una capigliatura strana a cui il piccolo Ryuuji non sapeva dare una forma. La sua pelle era chiara e metteva in risalto quegli occhi misti tra il blu e l’azzurro che mescolandosi davano vita ad una accattivante e magnifica sfumatura.
Ancora doveva conoscerli meglio per poterli descrivere sul piano caratteriale ma per il momento gli bastava aver trovato dei nuovi compagni di giochi.
 
 
Era passato un altro giorno da quando si trovava lì ed era, anche quel mattino, seduto sul tappeto a giocare assieme agli altri.
Quel giorno la bambina dai capelli rossi non era lì, ma quando arrivò si guardò attorno e dopo essersi seduta sul divano nel solito posto abbassò lo sguardo al pavimento.
Il verde, che aveva seguito ogni movimento della bambina con lo sguardo, non riusciva ancora a capacitarsi di quel comportamento. Decise allora di chiedere spiegazioni.
 
- Fa sempre così? - chiese ai suoi tre compagni.
 
I bambini fecero scorrere lo sguardo da lui alla bambina sul divano. Takeru prese la parola poco dopo.

- Sì, quando noi siamo arrivati lei era qui, e l’abbiamo sempre vista andare a sedersi sul divano e non fare o dire mai niente. - spiegò semplicemente il bambino.
- Abbiamo provato a parlarle e a farla venire a giocare con noi ma non ci è mai voluta venire. - aggiunse il piccolo Diam.
 
Ryuuji ascoltò con attenzione le parole dei due e rivolse un ultimo sguardo alla bambina soggetto del loro breve discorso. Qualche minuto più tardi videro la balia sopraggiungere e annunciargli che il pranzo era pronto. Senza avere neanche il tempo di reagire, il bambino venne trascinato dagli altri tre alla piccola mensa dell’istituto.
 
 
Questa volta erano passati due giorni.
Il giorno precedente aveva tentato di avvicinarsi alla rossa ma i suoi compagni avevano organizzato un gioco troppo divertente e lo avevano fatto desistere.
Così si era ripromesso che ci avrebbe riprovato l’indomani, ed ora eccolo lì che la osservava.
Gli sembrava che lei fosse triste, perennemente triste, e lui voleva capirne il perché.
Quindi si fece coraggio e le si avvicinò.
La bambina si accorse che il piccolo le si stava avvicinando ma fece finta di nulla, non alzando nemmeno per un attimo lo sguardo.
Arrivato fino a lei Ryuuji, continuando a guardarla, le rivolse per primo la parola.
 
- Ciao. - cominciò. Purtroppo per lui, non ricevette alcuna risposta e neanche attendere altri attimi servì.
- Come ti chiami? - tentò di nuovo.
 
Ella non ebbe la minima reazione, come se neanche lo avesse sentito. Ma Ryuuji non voleva darsi per vinto quindi sfoderò un sorriso e tornò a parlare in modo solare.
 
- Va bene, allora ti dico prima io il mio nome. Io mi chiamo Ryuuji. - si presentò contento mentre andava a sedersi sul morbido cuscino del divano accanto alla bambina.
Lei lo guardò di soppiatto, seguendo i suoi movimenti con la coda dell’occhio quasi temendo che lui potesse accorgersene. Infatti, non appena il verde si fu sistemato e si voltò verso di lei, la bambina distolse subito lo sguardo tenendo ancora il capo chino.
 
- Adesso me lo dici il tuo nome? - tornò a domandare il maschietto.
 
Seguirono alcuni attimi di silenzio, interrotti solo dal vociare degli altri tre che stavano giocando beatamente qualche metro più distanti.
 
- Astro. - sputò fuori definitivamente la bambina.
 
Il viso del piccoletto si illuminò nel vero senso della parola, come se avesse appena saputo il più ignoto dei segreti.
 
- Piacere di conoscerti Astro! - disse al settimo cielo e con un sorriso radioso stampato in volto.
 
Astro alzò di poco lo sguardo su di lui per poterne studiare l’espressione e i lineamenti: lo trovava un po’ buffo con quei capelli verde pistacchio raccolti in una piccola coda dietro la testa.
 
- Cosa sai fare tu? - fu la nuova domanda del bambino.
 
Infondo era proprio quello il motivo per cui tutti loro si trovavano lì: avevano qualcosa di speciale che però andava tenuto nascosto.
La rossa prese tempo prima di rispondere, tornando con lo sguardo sulle proprie manine poggiate sulla lunga gonna del vestito blu che indossava.
 
- Io…controllo il fuoco. - ammise lei con aria titubante e leggermente avvilita.
- Che bello, a me piacerebbe molto avere un potere simile! – ammise invece lui estasiato. Aveva risposto subito e con naturalezza, infondo era stato sincero e aveva solo detto ciò che pensava veramente.
Astro alzò del tutto il viso voltandosi verso di lui, incredula.
 
- Dici davvero? - chiese. Nessuno aveva mai trovato qualcosa di positivo in quella sua particolare capacità.
Ryuuji annuì.
- Sì, certo. - affermò lui sicuro. - Io invece so…uhm…- fece una pausa cercando di trovare nel suo infantile inventario di parole quelle giuste per esprimere ciò che voleva dire. - insomma ho il potere delle stelle. -
 
A quel discorso breve del bambino Astro rimase un po’ perplessa: più che altro non riusciva bene a capire in cosa consistesse la capacità del suo nuovo amico. Perché, ormai, poteva definirlo così, no?

- Adesso ti va di venire a giocare con noi? -
 
Si fermò a riflettere. Che motivi aveva per non andare? Così, spinta da quel nuovo compagno che per primo aveva trovato in lei qualcosa di buono, sorrise e annuì.
Da quel giorno nessuno sedeva più su quel divano e i bambini che giocavano sul tappeto tutti assieme erano cinque.
 
 
Angolo del Coniglio
Salve popolo! (?) Eccomi a pubblicarvi il secondo racconto della raccolta. Ho fatto una fatica enorme a scriverlo e devo ammettere che non mi soddisfa del tutto neanche adesso. Come avete potuto vedere in questo racconto ho inserito gli altri personaggi principali - e spero di essere riuscita ad introdurli decentemente -. Ora sì che è un vero e proprio crossover.
Ah, questa volta il titolo significa –o almeno credo xD- “primo incontro” ^^
P.S.: perdonate il ritardo mostruoso, visto che avevo scritto questo capitolo tipo un mese fa, ma la partenza mi ha scombussolato un po’ il tempo libero ^^” 

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