59esimi Hunger Games: La storia di Jade

di Traumen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** È solo l'inizio. ***
Capitolo 2: *** Voglio piangere ***



Capitolo 1
*** È solo l'inizio. ***


Capitolo Uno
È solo l’inizio
 
Sono stesa sul mio letto, aspettando che mia sorella venga a chiamarmi. I miei genitori e mio fratello maggiore sono andati al lavoro: non riesco a capire perché non li lasciano stare con noi, è nostro diritto avere vicino i nostri cari durante la mietitura, eppure non li lasciano venire perché devono lavorare. Io al momento ho solo mia sorella a sostenermi per la dura giornata di oggi, ma dall’anno prossimo non potrà più aiutarmi e dovrò cavarmela da sola, a condizione che sopravviviamo a quest’anno. Ho paura, tanta paura: ho paura di essere pescata, ho paura che venga pescata mia sorella o uno dei miei amici, ho paura di non poter tornare a casa. Io ho pochissime possibilità di essere pescata, ma mi sento già il cuore in gola e sudo freddo; tutto questo è troppo per una povera ragazzina di 15 anni. Mia sorella Cally invece ha più probabilità perché dentro l’urna ci sono 18 bigliettini, mentre io solo 6. Da quando mio fratello non partecipa più non può prendere le razioni di cereali e olio in più in cambio di un secondo bigliettino, quindi io sono costretta a prendere il suo posto, altrimenti la nostra famiglia potrebbe morire di fame. Sento dei passi venire dal corridoio oltre la porta della mia stanza e la voce soave di Cally che canta una canzone che usa la nostra famiglia nei campi per dare il ritmo al lavoro. La porta si apre scricchiolando e lei entra con un dolcissimo sorriso sul volto. “Jade alzati, devi cominciare a prepararti o non sarai pronta in tempo.” mi dice con voce gentile. Io mi alzo senza fare obiezioni, ma senza guardarla negli occhi: se lo facessi vedrebbe tutta la mia preoccupazione e non voglio che lei stia male perché io sono debole. Mi aiuta a svestirmi e rimango in biancheria; mi lavo come posso e poi mi infilo il bellissimo vestito che Cally mi ha donato: lo indossava lei quando aveva la mia età e ora è il mio turno di portarlo. È corto sino alle ginocchia con le spalline a palloncino, il tutto color panna con qualche farfallina sul lato sinistro. Io ho sempre adorato questo vestito e ora posso finalmente metterlo, anche se preferirei farlo in un giorno diverso da questo. Cally indossa un vestito azzurro cenere con le spalline in pizzo. Dopo essermi vestita mia sorella mi aiuta con i capelli: non sono molto pratica quindi si occupa sempre lei di me. Me li sistema in una coda alta con il ciuffo davanti che pende dal lato destro, lasciando scoperti i miei grandi occhi marroni. Sono pronta, pronta per la mietitura. Ci spostiamo in cucina, dove mia madre ha preparato qualcosa di speciale per noi: il giorno della mietitura è uno dei peggiori nella vita di ogni ragazzo, e quindi i genitori di tutti i giovani cercano come possono di alleviare la paura della giornata. Mia madre sa come fare: un buon pasto ricco. Noi del Distretto 11 siamo molto poveri e siamo costretti a lavorare nei campi tutto il giorno, sotto il continuo controllo delle guardie che si assicurano che noi non rubiamo nulla. Durante molti anni di lavoro mia sorella ha trovato un modo per rubare un frutto ogni tanto, quindi una volta ogni due giorni porta a casa qualcosa d in più per la famiglia. A quanto pare mia madre ha tenuto da parte alcuni pezzi e oggi io e Cally possiamo mangia qualcosa di davvero delizioso prima di andare in piazza. Mangiamo un po’ di lattuga con un po’ di pane, accompagnato da un pezzo di formaggio che ha sicuramente comprato dalla nostra vicina di casa, perché costa molto meno rispetto la mercato.
Ci dirigiamo verso la piazza del Distretto 11, insieme a tantissimi altri ragazzi che vanno dai 12 ai 18 anni. Arrivate al punto prestabilito ci dobbiamo separare perché dobbiamo dividerci per fasce di età: Cally mi prende si abbassa alla mia altezza e mi abbraccia così forte che mi mancava il respiro, mi guarda negli occhi “Jade, ci vediamo dopo, ok? Torneremo a casa insieme, come gli anni scorsi. Tu aspettami che verrò a prenderti.” Dal suo viso scese una lacrima che Cally asciugò immediatamente, per non far piangere anche me. Cominciai a camminare verso la mia postazione e aspettai finché non arrivarono tutti. Sul palco che si trovava davanti a noi c’erano delle sedie: una per il sindaco, una per colui che pesca i nomi e una per il precedente vincitore del nostro distretto. Durante gli anni passati non ho mai fatto attenzione a coloro che sedevano in quelle sedie, e anche quest’anno farò altrettanto: mi metterò a pregare, a supplicare qualsiasi entità divina per chiedere di non essere chiamata, perché non chiamino mia sorella e perché non chiamino i miei amici. Piegai la testa verso il basso portando le mani congiunte al viso: non ho mai saputo quello che stavo facendo, ma se ha funzionato gli anni passati, perché non dovrebbe funzionare adesso? Sento l’incaricato che parla degli Hunger Games, di noi ragazzi, del Distretto … tutto eccessivamente inutile. Io sono lì che prego quando, ad un momento, sento l’uomo dire “Ed ecco il tributo maschile per il Distretto 11, Trevor Loure.” Il ragazzo chiamato comincia la sua camminata verso il palco, con il volto pieno di angoscia. Dopo la stretta di mano con il collaboratore di Capitol City si mette alla sua destra e l’uomo si avvicina all’urna con i nomi delle ragazze. Mi stringo le braccia attorno al corpo e chiudo gli occhi, sperando che vada tutto come gli anni passati. “Il tributo femminile del Distretto 11 è Jade Gray.” Il mondo mi è caduto addosso. Mi sento debolissima e le braccia sono cadute lungo il corpo, mentre le gambe cominciano a camminare lentamente verso il palco come se avessero preso vita propria. Salgo sul palco e stringo la mano all’uomo di Capitol City e poi mi volto verso gli altri ragazzi: nella parte femminile noto che un gruppo di ragazze è chinato a terra e stanno cercando l’aiuto di uno dei Pacificatori: credo che mia sorella sia svenuta. Mi volto verso l’altro tributo e mi accorgo che anche lui mi sta guardando, ci scambiamo uno sguardo vuoto e senza emozioni: entrambi sappiamo che questa sarà l’ultima volta che vedremmo il nostri Distretto.

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Capitolo 2
*** Voglio piangere ***


Capitolo Due
Voglio piangere
Fummo portati al Palazzo di Giustizia per incontrare i nostri cari e salutarci, forse per l’ultima volta. Ero ancora sconvolta e non riuscivo a realizzare che da lì a poco sarei entrata nell’arena degli Hunger Games dove molto probabilmente sarei morta. Non mi sembrava reale: non avevo mai immaginato che sarebbe potuto accadere, pensavo solo “Dopo dobbiamo tornare a lavorare, devo impegnarmi per la mia famiglia”. Forse questa situazione avrebbe favorito la mia famiglia per un po’ di tempo, infondo tute le famiglie dei tributi avrebbero ricevuto dei doni, magari con un po’ di fortuna potrei vincere e garantire a tutti una vita meno faticosa, ma a quale prezzo. Ho sempre ritenuto questo reality show un’ingiustizia verso tutte le famiglie di Panem: tutti quei ragazzi che si recavano in piazza per la mietitura, quei 23 ragazzi la cui vita verrà portata via per uno stupido gioco di Capital City. Ero lì, ferma al centro di una stanza al Palazzo di Giustizia. Ad un certo punto vedo la porta aprirsi e mia sorella correre verso di me a gran velocità: mi abbraccia fortissimo inginocchiandosi a terra, appoggia la sua testa su una mia spalla e piange, piange tutte le lacrime che ha. Io ricambio l’abbraccio in modo gentile e premuroso, cerco di essere forte anche per lei e cerco di calmarla. Entrano anche i miei genitori e mio fratello: mia madre è in lacrime mentre mio padre cerca di consolarla; mio fratello ha lo sguardo basso ed evita un contatto visivo con gli altri per evitare di piangere. È sempre stata una persona molto forte e sicuramente non vuole farsi vedere debole in questo momento. Tutti e tre si avvicinano a me e mia madre mi appoggia una mano sulla testa e mi guarda con gli occhi pieni di lacrime “Jade, sei una ragazzina molto intelligente, sono sicura che troverai un modo per vincere. Io credo in te e non ti abbandonerò mai.” Mi rende felicissima sapere che mia madre pensa questo di me, ma so che la deluderò, non sopravvivrò nell’arena. Mio padre mi fa cenno con la testa ma non dice nulla. Sam, mio fratello, Si inginocchia vicino a Cally e cerca di tranquillizzarla per poi voltarsi verso di me: allunga una mano e mi porge una collana: ci metto un secondo per riconoscerla, è la collana che usano Sam, Cally e gli altri ragazzi all’interno delle piantagioni per richiamarsi a vicenda. La collana è formata da un laccio marrone e vi è legata un pezzo di pietra molto sottile a forma di foglia su cui sono presenti incisioni e forellini: se si soffia nel modo corretto si produce un suono simile a quelli dei passeri, oppure se si inclina la foglia in un certo modo si ottiene il suono di un altro uccello; i miei fratelli utilizzano questo tipo di richiamo quando mettono in atto il loro “piano” per rubare della frutta o della verdura dalle piantagioni. Prendo la collana con una mano e guardo il pezzo di pietra con molta attenzione: mio fratello si avvicina con un dito e indicando diversi punti della foglia pronuncia il nome di diversi uccelli. Ci metto un attimo a memorizzarli. Alzo lo sguardo verso di lui e lo ringrazio con tono calmo. Arrivano dei pacificatori e fanno uscire la mia famiglia ma Cally non vuole andarsene, non ancora. La strattonano per farla uscire e nel mentre mi urla qualcosa “Io credo in te, io so che ce la farai! Sei una ragazza molto forte e intelligente e so che ci renderai fieni di te…” fa appena in tempo a finire la frase che le chiudono la porta in faccia. Vorrei piangere e liberarmi di tutto, ma non ce la faccio, queste emozioni non mi appartengono, non sono una parte di me. Stringo forte la collana tra le mie mani e faccio dei respiri profondi per tranquillizzarmi. Vengono a prendermi: è tempo di partire. Il treno ci aspetta e non possiamo tardare nemmeno di un minuto, altrimenti ci saranno delle severe punizioni per tutti. Lì incontro per la seconda volta Trevor: ha gli occhi rossi, sicuramente non è come me ed è riuscito a sfogarsi e liberarsi di tutto, provo quasi invidia per lui. Distoglie lo sguardo molto velocemente, non vuole farsi vedere in quello stato, potrebbero etichettarlo come una persona debole e di certo non vuole dare questa idea di sé. Il treno parte appena l’ultima persona sale a bordo, e dopo neanche 20 secondi stiamo viaggiando ad altissima velocità verso Capital City, verso il luogo dove 23 di noi moriranno.

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