Once upon a Beast

di DirtyCharity
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Premier Chapitre ***
Capitolo 3: *** Deuxième Chapitre ***
Capitolo 4: *** Troisième Chapitre ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


I don’t care, go on and tear me apart
I don’t care if you do, ooh
‘Cause in a sky, ’cause in a sky full of stars
I think I see you
A sky full of stars - Coldplay






*** Prologo

Per la perduta torre di Babele, come era finita così? Si chiese perplessa Levy McGarden, una giovane donna che tutto si aspettava dalla vita meno che ritrovarsi da qualche parte con ogni porzione del corpo dolorante. Soprattutto lo stomaco, cielo se le faceva male! Riusciva con fatica a respirare tale era il dolore che si irradiava da sotto lo sterno verso qualunque direzione.
Tentò di mettersi a sedere ma ogni articolazione le rispose che no, non le era possibile e perciò fu costretta ad analizzare la sua pessima situazione così com'era, stesa su un pavimento di una stanza che non l'aiutava a capire dove fosse.
«Pensa Levy, pensa!» si bisbigliò da sola, un po' per cercare di svegliarsi del tutto e un po' per farsi coraggio: dopotutto, l'unica cosa che ricordava prima di riaversi lì erano due occhi di fuoco e un lampo di cupo argento... poi un dolore immenso, ecco quello lo rammentava benissimo. Cosa poteva mai aver scatenato tutto quello? Insomma stava camminando pacifica verso la stazione con i suoi migliori amici e-
«Jet, Droy!»
Si sedette di scatto, preoccupata per i due giovani che la stavano accompagnando in quel momento fatidico. Ma la sua agitazione fu ben presto rivolta a se stessa: il movimento repentino, oltre ad aver infastidito non poco tutti i muscoli del suo corpo, aveva generato un rumore cupo e in quel frangente ancora più spaventoso e con orrore Levy scoprì che si trattavano di catene. Non solo si trovava tra quattro mura sconosciute in una casa probabilmente sperduta chissà dove ma era pure stata legata! Per quanto fosse una ragazza coraggiosa in quel momento si sentì perduta e disperatamente cercò di liberarsi dalle catene che le imprigionavano il polso sinistro. A costo di sacrificare quel braccio se ne sarebbe andata di lì prima che il suo aguzzino si fosse fatto vivo. Il compito stava risultando può arduo per via delle lacrime che a causa della paura le avevano offuscato gli occhi, ma inaspettatamente sentì che il pesante bracciale di ferro le scivolava tra le dita: con giubilo capì che il rapitore aveva sopravvalutato il suo polso – o pensava solamente che sarebbe rimasta senza sensi per più tempo. Levy non si soffermò troppo su quelle sottigliezze e dopo aver costretto il suo corpo ad ascoltarla - «Su bello, lo sto facendo per tutti e due, resisti» - si lanciò verso la prima finestra che vide e dopo aver scostato le pesanti tende e spalancato il vetro si affacciò, notando diverse cose in pochi secondi: era notte fonda, non si vedeva nulla perché la luna era persa da qualche parte e nessuna luce artificiale o meno le poteva indicare dove fosse e a quanti metri distasse dal suolo. Ma soprattutto cicale e i versi di altri animali notturni le confermarono, quasi deridendola, che si trovava in aperta campagna o comunque in un posto isolato.

Era da pazzi scappare tenendo conto le condizioni sfavorevoli della fuga, eppure la ragazza decise che tutto era meglio che rimanere lì, in attesa. Senza pensar troppo alle conseguenze alzò l'orlo della gonna e sottogonna e salì sulla finestra.



***


«Tu hai fatto cosa!?»
«Ho preso la ragazza, Mery Mec qualcosa. Quella brava con i libri».
Il primo interlocutore, uno strano gatto abituato a camminare su due gambe e ad essere la coscienza perennemente inascoltata del secondo, scosse la testa sconsolato: non sarebbe mai cambiato di quel passo. «Gajeel, non puoi andare in giro a rapire una ragazza e a spaventare un'intera città! Ti ricordo che avevamo deciso di non-»  ma la voce della ragione venne nuovamente interrotta con un verso scontroso e un veramente poco simpatico e petulante:«Lo so, lo so. Non mi ha visto nessuno!» disse infine orgoglioso di sé, mentendo spudoratamente. Non era colpa sua se il suo bersaglio, una versione mignon di quello che generalmente si chiama giovane donna, era in giro con due penosi cani da guardia – li aveva stesi in un secondo, nemmeno la gioia di un po' di adrenalina gli avevano regalato!- e men che meno era colpa sua se si trovavano in una stazione ferroviaria, all'ora di punta. In più un recupero di persona -«Si chiama rapimento, Gajeel» - su un treno non era proprio il benvenuto. Per quanto fosse un fan dei treni (un gigante di ferro sputa vapore) li mal digeriva, quindi prendere o lasciare. Panther Lily, il singolare gatto, ascoltò con estrema pazienza e irritazione tutte le scuse accampate dal compagno e per quanto alcune fossero ben ragionate non riusciva a capacitarsi della sua stupidità: «Hai rapito una ragazza! Lo vuoi comprendere che è sbagliato?». «Non capisco perché rompi tanto, hai detto che lei poteva leggere quella merda vecchia secoli e io sono solo andato a prenderla. Fine della storia.» Non era facile discutere con un tipo come lui e, cosa ben peggiore, bisognava sempre mandare giù il rospo della ragione: perché potevi anche essere nel giusto ma Gajeel Redfox non lo avrebbe mai ammesso. Sarebbe tornato sulla questione del rapimento in un altro momento, ora doveva pensare alla ragazza spaventata a morte. «E sentiamo, so tutto io, come intendi comportarti con lei? Sono almeno dieci anni che non interagisci con qualcuno che non sia io e non ti ci vedo a discorrere come nulla fosse con la tua prigioniera.» «Non è prigion-» questa volta Lily non aveva nessuna intenzione di farsi fermare nella sua filippica «E che mi dici della sua famiglia? Ormai si saranno rivolti alla polizia per-» «Gihihi, lasciali venire, ci penso io poi!» ribatté eccitato l'uomo: la sola idea di entrare in azione e menare le mani lo elettrizzava sempre. «No Gajeel, così finiresti ancora più nei guai e tanti saluti alla maledizione!».
Quel gatto aveva sempre la dannata abilità di smontarlo sempre su ogni cosa; tenuto poi conto che quella mattina aveva avuto a che fare con due mezze tacche battute in poco tempo, la sua adrenalina stava ancora gridando insoddisfatta. «Ora fila a vedere come sta la signorina e chiedile se ha qualche necessità.» Perché aveva la brutta sensazione di essere stato battuto nello scontro verbale? Dannato gatto parlante! Si avviò verso le scale borbottando scocciato e un lontano «E non essere il solito scorbutico!» lo bloccò sul posto. “Questo è troppo!” pensò irritato “è ora che capisca una volta per tutte chi comanda!” e saltandoli a due a due ridiscese i pochi gradini fatti in precedenza. Ma i suoi intenti bellicosi vennero fermati da un rumore sordo che non aveva motivo di esistere in quella casa dimenticata da dio. Gajeel si immobilizzò, alzò la testa verso la parte del piano superiore dove si trovava la stanza della sua ospite e tese l'orecchio. Il suono che ne seguì confermò l'ipotesi iniziale: la ragazza si era svegliata e pareva non essere molto contenta delle catene. Balzò velocemente in cima alla scalinata per ritrovarsi nel giro di pochi secondi di fronte alla camera e la confusione che proveniva da dentro lo spinse a spalancarne la porta: vide subito la ragazza decisamente troppo sveglia e troppo libera. Come diavolo aveva fatto a liberarsi così facilmen- Liiiily, questa non gliel'avrebbe perdonata! La giovane, con i vari strati di stoffa ancora tra le braccia e un piede sulla finestra, si girò spaventata per l'evolversi troppo veloce degli eventi e con orrore e un grido di paura vide finalmente chi era il suo rapitore. Avrebbe preferito di gran lunga non scoprirlo: un enorme corpo umanoide pieno di muscoli sicuramente letali, dalla pelle color del metallo più freddo, lunghi capelli più scuri della pece e vibranti pupille rosse. Agli occhi di Levy il suo aguzzino era nientemeno che un mostro spaventoso e se l'avesse raggiunta l'avrebbe ridotta in poltiglia. Proprio per evitarsi una simile fine, la ragazza non si lasciò più frenare dalla paura dell'ignoto e del buio e prese lo slancio per saltare.
«Dove pensi di andare, ragazzina?»
Non era possibile, quella cosa l'aveva raggiunta in meno di pochi secondi, giusto il tempo di agguantarla al polso con quella mano spropositatamente grossa e pericolosa lasciandola penzolare nel vuoto. «Ti prego, lasciami andare!» gridò disperata la ragazza; ancora non si spiegava il perché fosse stata portata via al calore della sua famiglia e dalla sua vita tranquilla e felice. Il carceriere la guardò come se avesse una testa di troppo - “Questa qui non deve esserci tutta con la testa”- poi scrollando le spalle la tirò dentro la luce della stanza come nulla fosse. La facilità con cui lui riusciva a sostenere il suo peso la preoccupò ancora di più e si chiese una volta di troppo come sarebbe riuscita a scappare da quell'energumeno. Anche se il pensiero più pressante al momento restava il perché fosse stata rapita. Non aveva sangue regale, non aveva mai fatto del male a nessuno, nemmeno a chi prendeva in giro la sua passione per la letteratura, ma soprattutto la sua famiglia non era così benestante da dare adito ad un riscatto.
Il suo aguzzino doveva aver pensato che fosse più agile di quanto non fosse in verità, visto che non l'aveva ancora lasciata andare – lui la stava ancora trattenendo per il polso e la distanza dei suoi piedi dal suolo era di svariati centimetri- e Levy poté notare altri particolari sul suo viso, per scoprire che la pelle non era semplicemente colorata da una qualche tintura strana: quel corpo era proprio fatto interamente di metallo e la superficie perfetta di quella che doveva essere cute era inquinata da piccole escrescenze dalla forma tondeggiante: che fossero bulloni? Si diede della stupida nell'attimo in cui si ritrovò a fissarlo dritto negli occhi. Che importanza potevano avere le sue illazioni quando di fronte a lei c'era un vero e proprio mostro?! «Io non proverei più a lanciarti di sotto, è un bel salto» le disse senza preamboli, studiandola attentamente. «Avevo ragione a legarti, hai strane tendenze suicide». Continuò a parlarle come se si rivolgesse ad una bambina e dopo averla depositata a terra, prese in mano la catena e la legò nuovamente al braccio sinistro, questa volta facendo ben attenzione che la mano non scivolasse via facilmente. «Quando avrai trovato la soluzione potrai anche lanciarti di sotto, per ora mi servi viva» e dopo averle dato una pacca amichevole sulla testa – a lei parve che fosse stata travolta da un vaso caduto da molto in alto- se ne andò tranquillamente, richiudendo la porta dietro di sé. Levy si lasciò cadere a terra, sopraffatta da sentimenti contrastanti e incapace di far qualunque cosa se non guardare l'uscio con occhi spalancati.
Ma che cosa stava succedendo?










Continua...























Chanana! Ecco a voi Claudia la Pigra, di ritorno dall'oltretomba! Prima delle pataccate vi informo subito che questa long partecipa al contest estivo: The BlackIce-Cream Parade! Con svariati prompt obbligatori che verranno fuori nei capitoli a venire! Io ho scelto la vaschetta di gelato con i gusti amarena, foresta nera e come extra la granella di nocciole! Se siete curiosi non vi resta che seguirmi 8D (lo so, non può fregarvi niente, io ci ho provato, ecco). La cosa bella è che DEVO finir questa storia entro il 22 di Settembre, just saying...
Veniamo alle cose di poco conto: unendo i vari prompt (e avendo poca immaginazione) mi son ritrovata a butatr giù una rivisitazione de: “La Bella e la Bestia”, ovviamente molto cose son diverse (tipo il motivo per cui Levy è stata rapit-presa gentilmente dalla stazione) e probabilmente tutto girerà attorno a tre soli personaggi (non ho tempo di far qualcosa di più intricato ç_ç).
Spero comunque che possa piacervi!

→ Revisionato e corretto il 29 Agosto dalla mia amata ♥

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Capitolo 2
*** Premier Chapitre ***


*** Capitolo 1


Gajeel uscì dalla stanza con un ghigno soddisfatto: aveva salvato quella pazza da un sicuro spappolamento e il tutto senza aggredirla, spaventarla o shockarla più del necessario. Lily avrebbe dovuto rimangiarsi tutto! Rimase immobile per un po', cercando di sentire se quella cosina avrebbe tentato qualche altra stronzata ma, non captando nient'altro che il suo respiro, vagamente accelerato, tornò al piano di sotto diretto alla biblioteca personale. Nonostante fosse ormai giunta l'ora della cena e dato che la sua ospite era più che sveglia, si poteva dire prontissima a lavorare per lui. Ne aveva fin troppo di quella situazione e ora che aveva trovato chi poteva aiutarlo non voleva perdere altro tempo. Insolitamente di buon umore iniziò a canticchiare fra sé una canzone che parlava di quello che avrebbe fatto una volta tornato quello di un tempo e sulla ferrosa maestosità dei treni, mentre a lunghe falcate si dirigeva verso una delle sale più grandi e più maltrattate dell'intero maniero.
È doveroso spendere qualche buona parola per spiegare, almeno in parte, il motivo di un simile accanimento verso quella parte di casa che normalmente viene considerata come simbolo di grandezza e cultura del proprietario; difatti in tutti i salottini mondani non c'era signorotto o matrona vanesia che non sciorinasse ad ogni ospite, vecchio o nuovo che fosse, quanto fosse ben fornita e  ben vasta la libreria di famiglia; che poi tutta quella carta scritta stipata in una stanza venisse veramente anche solo sfogliata non era dato saperlo. Gajeel fu colpito dalla sua maledizione quando era soltanto un ragazzetto di quattordici anni e aveva appena imparato a leggere qualche parola appena prima di perdere la possibilità di intrattenere qualsivoglia relazione umana, perciò il suo livello di istruzione era rimasto scarso, quasi nullo: figuriamoci l'enorme difficoltà a decifrare interi libri con parole lunghe e complicate! Facile immaginare quindi la sua frustrazione e odio verso quei fogli di carta quasi illeggibili per lui, che potevano nascondere da qualche parte la soluzione a tutti i suoi problemi. Non che qualche ospite, titolato o meno, avrebbe mai visto la desolante confusione di libri lanciati in ogni dove, senza rispetto di pagine e copertine antiche o anche solo fragili. Di sicuro non sorprese il proprietario del maniero che, accingendosi a finire la sua nuova canzone - “Perché essere di ferro è figo, ma non puoi fare niente; quando tornerò umano invece, sarò ancora più incosciente!♪” - spalancò i due battenti a tutela della biblioteca e senza perdere tempo ad accendere alcuna lampada ad olio o candela  -conosceva ogni minimo anfratto, scalino o mobile della casa- raccattò svariati libri abbandonati a terra e lasciò nuovamente quel salone freddo e semi-dimenticato.
Superò a gran velocità, sfidando la gravità con la sua enorme pila di libri, il primo corridoio laterale che portava all'atrio dell'ingresso ed  intraprese poi l'ultima scalinata per giungere dalla tizia ma, come in ogni miglior missione, avvenne il fatidico imprevisto: «Gajeel dove pensi di andare?».
L'uomo dal corpo di ferro non poté fare a meno di tentennare alla domanda piena di biasimo del suo amico, ma niente lo avrebbe comunque fermato. «Non sono affari tuoi, gatto» e cercando di svignarsela riprese la corsa nascondendo il volto, colpevole, dietro alla pila di libri. «Non ci provare, fila a far qualcosa da mangiare, non puoi lasciarla morire di fame!» «Io non la faccio morire di fame! Prima il lavoro poi la cena...» «Non si ragiona a stomaco vuoto, caprone!» detto ciò Panther Lily, spazientito, aumentò considerevolmente di taglia abbandonando così le sue fattezze animali per rassomigliare di più ad un uomo dalla pelle color cioccolato con ancora coda e orecchie da gatto. Potendo ora confrontarsi alla stessa altezza si piazzò in mezzo alle scale impedendogli ogni possibilità di fuga, se non verso il piano sottostante e quindi la cucina. «E comunque puoi benissimo far te da mangiare!» non avrebbe ceduto, dannazione a lui e alle buone maniere! «L'ospite inattesa è tua, e tuo è il compito di trattarla come si merita, non farmi ripetere cose ovvie» continuò imperterrito Lily e per chiudere ancora più la questione gli prese dalle mani i libri e se ne tornò verso la biblioteca. «Ancora non si è meritata niente» disse tra i denti Gajeel, contrariato per essere stato costretto a far quello che voleva lo stramaledetto gatto. «Dannata fata, te e le tue clausole!». Mestamente intraprese la via verso le cucine, sbattendo nel tragitto tutto quello che si trovava sulla sua strada, comprese qualche porta già chiusa e senza risparmiare la mobilia dislocata lungo i vari corridoi. Per non parlare delle ante dei pensili: che contenessero pentolame o viveri in scatola, tutto era facile preda della stizza del padrone di casa e nonostante fosse ben consapevole che il suo comportamento fosse inutile e fondamentalmente infantile continuò imperterrito a far il maggior rumore possibile, lasciandosi sfuggire qualche urlo rabbioso di tanto in tanto. Come se la ragazza a un solo piano di distanza non fosse già abbastanza spaventata.


***


Levy sarebbe rimasta volentieri in quel limbo confortante nel quale si era lasciata affondare senza tante remore. Cosa poteva mai fare in quella situazione? Era prigioniera in un luogo non identificato, ad una altezza ancora da verificare e anche se si fosse trovata al pian terreno – cosa di cui dubitava enormemente- non sarebbe mai riuscita a liberarsi da quella catena. Oh, ci aveva riprovato a sfilarsela ma l'unico risultato che ottenne fu un brutto segno viola sul polso e una nuova parte del corpo che urlava vendetta e bruciava moltissimo. Aveva pure tentato di scardinarla dal muro nel punto in cui era fissata, tirando con tutte le sue forze, cercando un qualsiasi punto debole ma nulla da fare nemmeno lì. Lo sconforto era totale e le idee per la fuga ormai terminate perciò la ragazza decise che, per il momento, non poteva fare a meno che aspettare la prossima mossa del suo rapitore. Doveva ammettere che questa esperienza superava di gran lunga ogni libro horror che avesse avuto la gioia di leggere – anche se in quel momento si maledì per aver amato così tanto un genere letterario alquanto discutibile: “Non potevo appassionarmi ai libretti rosa?!” - visto che il suo anfitrione superava di gran lunga ogni tipo di mostro conosciuto dalla fantasia umana. Chi si poteva mai immaginare un energumeno tutto muscoli, fatto di ferro e dalla forza immane? Almeno non puzzava di animale selvatico o sangue... si augurò che non avesse qualche strano feticismo o lato perverso da sfogare su di lei. Rabbrividì al solo pensiero. Le sue elucubrazioni vennero però fermate da un'accesa discussione che sentì arrivare dalla porta della camera: quindi non c'era solo la bestia in casa. Si augurò che il secondo soggetto fosse più amichevole e disposto al dialogo del suo compagno. Levy tese le orecchie più che poté ma dai toni concitati captò solo le parole: lavoro e cena. Al pensiero di un pasto caldo la ragazza sentì lo stomaco, irritato per la poca considerazione, brontolare sonoramente. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per un pasto caldo! Se i suoi conti erano giusti -e pregò che lo fossero- doveva essere a digiuno da quella mattina e fortunatamente aveva saltato solo il pranzo. Si augurò che si stessero riferendo a lei quando stavano parlando della cena! Chissà per che cosa stavano discutendo i due... per un attimo ripensò alle poche parole che le aveva rivolto l'energumeno: «Quando avrai trovato la soluzione...» forse era collegato al "lavoro" che aveva sentito un attimo prima. A pensarci bene forse avevano bisogno solo di un qualche consulto oppure che risolvesse un indovinello... questo non spiegava il rapimento però! «Aaah!» Esclamò strapazzandosi i capelli come per far volar via tutti i pensieri inutili per far spazio alla risposta giusta. Doveva mettere assolutamente qualcosa sotto i denti, non riusciva a ragionare a stomaco vuoto. Tutto a un tratto un ruggito lontano la fece sobbalzare spaventata. Stava comunque per credere che si trattasse solo uno scherzo dei suoi nervi ormai provati quando al primo ne seguirono altri, uniti a rumori ben poco amichevoli. Levy si raggomitolò più che poté su se stessa: non ne poteva più!

La sua solitaria prigionia durò ancora poche ore, le più lunghe ed estenuanti della sua vita. Era addirittura riuscita ad addormentarsi per qualche minuto: subito dopo aver perlustrato tutta la stanza da cima a fondo -no, nessun passaggio segreto-, aperto tutte le ante dell'unico ed enorme armadio di legno scuro, saggiato la comodità del lettone e notato solo all'ultimo un'altra porta a destra di quella per uscire sul corridoio. Con giubilo scoprì esserci un bagno là dietro, ma prima di poter fare la felice rivelazione ci mise almeno cinque minuti buoni perché insicura sull'esito della sua apertura. Doveva ammettere che aveva un terribile bisogno di usufruire di quella stanza ma il problema rimaneva sempre quello: la catena. Certo, chi aveva pensato a come legarla si era preso pure il disturbo di lasciare svariati metri di gioco così da permetterle di raggiungere ogni angolo della camera, bagno compreso, ma non aveva realizzato l'impossibilità della giusta privacy dato che la catena non permetteva di chiudere completamente la porta. Dunque era punto a capo: aveva fame, sete e un impellente bisogno di natura opposta alle prime due. Ed era ancora prigioniera e senza alcuna idea di quel che ne sarebbe stato di lei: insomma la situazione non era cambiata per nulla e stava solo peggiorando di ora in ora. Però aveva una sala da bagno tutta per sé.
Levy si rialzò dal letto dove una mezz'ora prima si era lanciata, sopraffatta dall'immobilità della sua condizione e dal pesante silenzio in cui si era chiusa la casa. Si avvicinò all'armadio ed aprì entrambe le ante, non ricordandosi in quale delle due sapeva nascondersi uno specchio. Cielo, stava uno schifo! Il vestito era tutto stropicciato, una manica quasi non esisteva più e aveva la faccia di chi non dormiva da giorni, per non parlare dei capelli divenuti una massa informe. Nemmeno si chiese che fine avesse fatto il suo cappellino visto che l'intricata acconciatura su cui aveva lavorato per quindici minuti buoni quella mattina -non era ancora passato un giorno, giusto?- rimaneva solo nei suoi ricordi. Si passò una mano tra i capelli, cercando di sciogliere più nodi possibili e tentando, sebbene invano, di domare quelle onde ribelli. La sua attività venne ben presto interrotta bruscamente quando il suo rapitore entrò nella stanza facendo sbattere con forza la porta: Levy si girò di scatto e notò quasi subito un vassoio pieno di piatti e piattini in mano all'uomo -se così poteva definirlo. Deglutì involontariamente e soffermò lo sguardo su quegli occhi cremisi che, per quanto fossero spaventosi, avevano un potere calamitante non indifferente. «È inutile che cerchi di farti bella, stai uno schifo» disse l'ospite avendo notato l'attività in cui stava indulgendo la sua... traduttrice? La ragazza si irrigidì come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso e, stralunata, lo guardò sconvolta. «Che c'è? Ho detto la verità!» Levy sapeva perfettamente che il commento era assolutamente sincero ma questo non le impedì di sentirsi offesa e oltraggiata per una simile uscita fuori luogo e maleducata. «Ma come vi permettete di muovermi un simile commento quando la causa di tutto questo» con un ampio gesto indicò tutta la sua piccola figura «siete voi!». Gajeel si sentì a disagio per un attimo: essere aggredito a parole da un cosino così piccolo, legato per di più, lo aveva lasciato disorientato. «Oi bimbetta, stai calma! Altrimen-» «Altrimenti cosa, screanzato? Non solo mi hai rapita in modo ignobile, mi hai pure rinchiuso qui dentro, mi hai legata e mi stai facendo morire di fame! In più non sono una bimbetta!» No, decisamente gli avevano scambiato la ragazzina: che fine aveva fatto quella cosina informe che aveva tentato il tuffo dell'angelo? Questa piccola arpia sputa-fuoco lo stava disabilitando un poco. «E sentiamo, quanti anni avresti, donna vissuta?» Però doveva ammettere che era più stimolante questa qui; sperò solo che fosse comunque capace di leggere. «Cosa!? Osate offendermi ancora di più! Non lo sapete che un vero gentiluomo non chiede mai l'età ad una signorina? Con quel tono poi» Sbuffò irritata incrociando le braccia al petto e, per condire al meglio il tutto, lo guardò con biasimo. «Cosa...? Senti, microbo, ti ho portato da mangiare, se lo vuoi vedi di star zitta e non aggredire chi ti sta aiutando!» Rispose Gajeel alzando il vassoio quel tanto che bastava per farle attirare l'attenzione sul cibo. «Visto che sei così gentile allora slegami!» «Seh certo, così puoi riprovare il tuo volo acrobatico? No, grazie» Levy stava iniziando a spazientirsi. Possibile che dovesse trattare con un testone simile? «Stavo tentando di scappare, zuccone!» Quella cosina aveva preso la brutta abitudine di offenderlo con troppa leggerezza. «Mi pare di capire che non hai fame: molto bene Miss Volevo Solo Scappare Uccidendomi, passate una buona notte» e, dopo aver usato il collo del piede per recuperare la porta riuscì, in qualche modo oscuro alle leggi della fisica, a chiudersela dietro, senza rovesciare nulla di quello che era presente nel vassoio. Levy corse alla porta e urlò: «Fammi uscire di qui! Ehi! Ti conviene liberarmi, ormai saranno tutti sulle tue tracce e quando ti troveranno...!» la risposta le arrivò subitanea «Con tutti intendi quei due bambocci? In tal caso non avrò molti problemi, gihihihi». Ma quel tipo sapeva solo offendere?, si chiese Levy. Gli intimò subito di non insultarli, ma non venne proferita altra parola.
«Ehi, la mia cena!»provò allora ad urlare, ma tutto quello che riuscì a sentire come replica fu un ringhio basso. Si abbandonò contro il legno chiaro dandosi della stupida e, per meglio ribadire il concetto, iniziò a dar leggere testate all'uscio e darsi sommessamente della stupida.

Pochi minuti più tardi un leggero bussare la destò dal suo triste mantra. Levy si chiese chi potesse essere, dato che quella bestia insensibile sarebbe entrata senza troppi convenevoli – cosa che aveva già fatto due volte- e con fatica, visto che tra stanchezza e i vari lividi i suoi muscoli stavano iniziando ad abbandonarla, si rialzò e lentamente aprì la porta. Era la prima volta che lo faceva con le proprie mani: nonostante fosse sempre stata consapevole del fatto che non era mai stata chiusa dentro a chiave non aveva mai avuto il coraggio di affacciarsi dalla stanza, e sentì il cuore correre più velocemente: chissà cosa la stava aspettando! Con delusione scoprì che non c'era nessuno ad attenderla. Si chiese preoccupata se stesse diventando pazza ma un «Sono quaggiù» le fece rimangiare la paura.
«Un gatto.»
«Buonasera Miss-»
«Un gatto.»
«Diciamo di sì, è un po' lunga da spiegare... il mio nome è Phanter Lily-»
«Un gatto parlante»
«Già. Dicevo, può chiamarmi semplicemente Lily-»
«Facile Levy: è un gatto, parlante»
«Sì, vi sto parlando e se voleste-»
«È così ovvio! Chi non ha un gatto con il dono della parola?!»
«Ehm, Miss Levy tutto bene?»
«Eheh, certamente... posso toccarti le orecchie?» e senza aspettare risposta la ragazza si inginocchiò di fronte a quel singolare gatto dai modi di gentiluomo e delicatamente prese le due soffici e rotonde protuberanze in cima alla sua testa. Il nuovo venuto fu preso da sgomento e si lasciò sfuggire mugolii di apprezzamento che lei interpretò come fusa. Accettò per qualche momento ancora quei leggeri massaggi poi, con calma, le allontanò le mani accorgendosi – dal sussulto che ebbe la giovane - poi che un polso era ancora legato e aveva raggiunto una brutta colorazione violacea. Avvicinò a sé il livido per studiarlo meglio: «Sono state le catene immagino, deve farvi molto male!» Lei gli rispose che sì, non era piacevole ma tra tutti mali che aveva di sicuro la fame era quello più pressante. «Gajeel non vi ha portato su la cena!?» chiese esterrefatto Lily, eppure lo aveva visto salire la scalinata con il vassoio! «Portato è la parola giusta, poi se ne è tornato via senza lasciarlo» quindi il nome della bestia era Gajeel... «Quello stupido... venite, provvederò a curarvi la ferita e a darvi qualcosa con cui riempirvi lo stomaco, dovete essere allo stremo ormai». Lei lo guardò con gratitudine ma mestamente gli fece notare che era ancora legata in quella stanza. Lily si scusò per la maleducazione del suo amico provvedendo a liberarla immediatamente, e lo fece così velocemente che la ragazza non riuscì nemmeno a vedere come ci fosse riuscito.
Ma ci avrebbe pensato poi, decise mentre seguiva quell'essere singolare lungo il corridoio. Nel tragitto verso una destinazione ancora ignota la giovane prese nota di quante stanze stavano passando, della mobilia -incredibilmente elegante considerando l'aspetto del padrone di casa-, dei tappeti preziosi che calpestavano e di vari quadri che rendevano meno cupa quella casa così oscura -oscura in senso metaforico visto che erano dislocate ogni qualche metro delle lampade accese. «Non pensi che potrei scappare?». In tutta verità non voleva rivelare quella che era la sua idea da qualche minuto: dopotutto ora era libera e poteva scavalcare quel gattino in ogni momento, dato poi che quel bestione non era nei paraggi. Non aveva resistito però alla curiosità: sembrava essere assolutamente a suo agio e incondizionatamente certo che non avrebbe tentato nessuna fuga, c'era qualcosa che le sfuggiva e non le piaceva rimanere all'oscuro. Phanter Lily le rispose con un sorriso divertito e iniziò a scendere quella che era la scalinata più bella ed enorme che le fosse mai capitato di vedere. Era molto semplice in verità e collegava il suo piano a quello sottostante, ma oltre a quella direzione sulla destra c'era una sua gemella – da dove si trovava lei non si potevano vedere i gradini ma intuì comunque la presenza dell'altra scala dall'andamento obliquo progressivo del soffitto. In tutto contò tre piani e lei si trovava in quello intermedio. Deridendo il suo tentativo di fuga precedente considerò che tutto sommato il salto non sarebbe stato poi così alto. Nella discesa si appoggiò alla ringhiera e con tutta calma, continuando a studiare tutto ciò che aveva attorno a sé, seguì il suo Acheronte fino all'imponente atrio che la lasciò senza fiato. Purtroppo non ebbe modo di analizzare tutto l'arredo perché Lily per quanto fosse piccolo teneva un passo veloce, e dovette corrergli dietro per recuperare i metri persi.
Arrivarono nelle cucine, notò dall'ambiente inconfondibile, dove il gatto la fece accomodare in una sedia vicino ad un caminetto e, dopo aver preso una piccola cassettina con piccole boccette, le controllò il polso e le spalmò con delicatezza una pomata dal forte odore mentolato. «Ecco qua, questo unguento è portentoso» le disse mentre le avvolgeva delle bianche bende per proteggere l'azione benefica del balsamo «vedrai che starai meglio in pochi giorni. E ora pensiamo al cibo!». Così dicendo si avvicinò ai fuochi che erano ad un'altezza troppo elevata per un corpicino così basso. Sorridendo tra sé si chiese come avrebbe mai fatto ad arrivare lassù e stava per alzarsi ad aiutarlo quando rimase shockata: quel piccolo cosino peloso era appena diventato un enorme uomo dalla pelle scura. Con la coda. Ora capiva perché non fosse particolarmente preoccupato per una sua probabile fuga.





Continua...














































Ta-daaaaan! Come promesso a Girl Pumpkin e Gaia_chan -che ringrazio per i commenti gentili- ho postato al sesto giorno (credetemi, per una come me è un vero miracolo)! Levy si è scontrata con Gajeel, è riuscita a scappare da quella stanza e ha fatto pure la conoscenza di Lily! Nel prossimo capitolo Levy scoprirà, finalmente, il motivo del suo rapimento.

Ah si! Per motivi di immagine (date la colpa a Mashima) in questo universo ambientato nel nostro mondo (si è capito un po' il periodo storico in cui siamo?) sarà assolutamente normale avere i capelli blu/azzurri! Non potevo stravolgerla così e purtroppo all'epoca non c'erano tinture per capelli di quei colori così bizzarri!

Detto ciò, ringrazio chi mi segue nell'ombra, chi ha piaciato e preferito questa piccola favola rivisitata!


E ovviamente ringrazio la mia adorata revisionatrice ♥

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Capitolo 3
*** Deuxième Chapitre ***


*** Capitolo 2




Panther Lily aveva iniziato a parlare già da qualche minuto e non era certa di essere riuscita a dare risposte sensate alle varie domande che le aveva posto su le sue preferenze culinarie; probabilmente gli aveva detto che sì, la lingua di cavallo si accostava benissimo ai cavolfiori grigliati e per dessert avrebbe gradito del delizioso pot-pourri di cozze e vongole. Ma non poté fare a meno di fissarlo con tanto d'occhi mentre con tutta tranquillità prendeva pentole e alimenti e ne ricavava quel delizioso profumino che la stava investendo! Aveva accettato anche troppo velocemente l'esistenza di un gatto parlante, dall'aspetto incredibilmente adorabile ed educato, ma non poteva nella stessa mezz'ora accogliere anche la notizia che da micetto si poteva trasformare in una enorme pantera simil umana. Però in quel modo si poteva spiegare quel nome singolare...
«Miss Levy...?» chiese il singolare essere vivente, notando la mancanza di risposta della ragazza.
Si girò verso di lei guardandola interrogativo, per poi rendersi conto qualche secondo più tardi che cosa l'aveva distratta così tanto. «Perdonatemi signorina, sono davvero tanti anni che non parlo con qualcuno se non quel bisbetico di Gajeel e ho dimenticato che per le persone comuni gli Exceed come me non sono altro che leggende popolari. E invece esistiamo, solo che non tutti sono così fortunati da poterne vedere uno» le fece un occhiolino complice e tornò ad occuparsi del pasto.
Levy rimase assorta nei suoi pensieri, scavando nella memoria alla ricerca di informazioni: era sicurissima di aver letto qualcosa a proposito di quegli esseri. Le ci volle poco per ricordarsi di una piovosa e fredda serata d'autunno in cui era ancora una bambina: ricordava ancora la forte soddisfazione nell'essere riuscita a trascinare di nascosto nella sua cameretta uno dei libri più grossi su cui avesse mai messo occhio alla tenera età di otto anni. Le era stato severamente proibito di leggere prima di coricarsi visto che la notte era fatta per dormire, ma la piccola non poteva farne a meno. Per quella sera si era scelta una raccolta di fiabe e favole e a cena le fremevano le mani dalla voglia di rinchiudersi in camera a leggere!
Per poco non venne scoperta e dovette fingere di essersi addormentata con la lampada accesa -il libro nascosto sotto il suo corpo e le coperte tirate fin sopra le orecchie- e la lettura poté riprendere solo qualche minuto dopo, il tempo di riprendersi dallo spavento. Una delle storie raccontava di questi esseri magici, tendenzialmente pacifici e benevoli, che si accompagnavano sempre alle fate, trovando beneficio gli uni con le altre. Potevano assumere più di una forma ed avevano una certa predilezione per chi sceglievano di proteggere. Purtroppo non ricordava altre caratteristiche o particolari che la potessero aiutare a capire meglio Panther Lily, se non forse l'attaccamento verso quello che sembrava esserne il padrone. Dopotutto non
appariva in grave pericolo in quella casa ma era sempre bene averne la conferma. «Quindi questa è una casa magica, giusto?» chiese senza troppi preamboli, alzandosi a vedere come procedeva la sua cena: non si era dimenticata di avere uno stomaco sulla soglia di una guerra civile. Lily la vide avvicinarsi e, dopo essersi fatto leggermente da parte, le rispose che l'edificio era un normalissimo costrutto di calce e mattoni; solo chi vi alloggiava era particolare.

«Le posso fare un domanda che probabilmente avrei dovuto formulare fin da subito?» chiese la ragazza spezzando il silenzio che si era creato poco prima. «Certamente, se è in mio potere risponderle lo farò con piacere» rispose invitandola a sedersi al bancone-isola in mezzo alla cucina e servendola, finalmente, con la cena. Levy non si fece pregare altrimenti e prima di riprendere a parlare attaccò il pasto come se avesse avuto il timore di vederlo sparire di lì a breve.
«Scusatemi» riuscì a dire qualche minuto dopo, il piatto vuoto per poco più della metà, vergognandosi per il comportamento non troppo signorile dimostrato al suo ospite -a quello gentile e carino- «di solito non sono così maleducata... ma tornando alla domanda di prima: perché sono qui? Quel tipo, quel Gaj
eel, a parte insultarmi non è stato in grado di illuminarmi in proposito. Perché sono stata rapita? I miei famigliari non sono così benestanti da potersi permettere un riscatto e...» quello era un fiume in piena di parole, non una domanda! Lily si chiese quanto sarebbe durato ancora il suo fiato e decise che era meglio mettersi comodo, così mentre lei continuava a porre quesiti di vario genere – ma dove siamo? C'era forse bisogno di colpirla e legarla?- il gatto tornò nella sua forma normale e sedutosi sul bancone la ascoltò pazientemente mentre si sfogava su di lui. «Miss Levy, si fermi, la prego!» c'era un limite a tutto però, per cui la interruppe: «le spiegherò quel che posso. Innanzitutto si tranquillizzi, tecnicamente non è stata rapita. L'idea iniziale era quella di averla come nostra ospite, ma un certo testone che non pensa mai alle conseguenze ha estremizzato il gesto» cercò di essere più diplomatico e tranquillo possibile, nei limiti consentiti da quella spiegazione; in sostanza erano delle pessime scuse e si sarebbero meritati tutta la sua ira e il suo biasimo, e la denuncia alle autorità. Levy lo guardò sconvolta: era stata aggredita -non solo lei, ma anche Jet e Droy-, trattata come un sacco di patate, legata, presa a male parole MA si era trattato di un modo selvaggio di offrirle un periodo di svago in campagna in un maniero enorme. «Mi sta prendendo in giro» rispose perplessa, non trovando altra soluzione. «No, la prego, mi creda quando le dico che non doveva andare così! Posso mostrarle anche una lettera di presentazione e l'invito ad alloggiare qua per tutto il tempo che le sarebbe servito a concludere al meglio il lavoro.» Quello scherzo stava diventando un po' troppo intricato per lei, quel gatto aveva uno strano senso dell'umorismo! «Ma di che lavoro sta parlando?! Sono una semplice ragazza che non sa nulla sul lavoro!» «Avremmo esigenza delle sue conoscenze letterarie e linguiste. Mi è giunta voce, mentre facevo un giro in città, di questa ragazza molto capace in quell'ambito e Mavis solo sa quanto ne abbiamo bisogno» E adesso chi era questo Mavis? Levy si nascose il volto dietro il palmo delle mani: guardare quell'essere assurdo non la stava aiutando ad analizzare al meglio la situazione che stava diventando di attimo in attimo sempre più strana e assurda. Lily rispettò quel momento di raccoglimento della ragazza in quanto aveva la sensibilità atta a comprendere il suo disorientamento e sperò che dopotutto avrebbe accettato di aiutarli. Poi le sentì mormorare qualcosa e, scusandosi, le chiese di ripetere: allora Levy ripose la mani in grembo e domandò che cosa si sarebbero aspettati che facesse lei in caso di risposta affermativa. Si vergognava di aver dato una simile risposta a tutta la questione, dopotutto non doveva essere lì; a casa sua c'era la sua famiglia che stava soffrendo nel saperla in pericolo e tutto quello che provava in quel momento era una grande curiosità. Cosa c'era che non andava in lei? Perché la sua sete di conoscenza doveva essere così spropositata, a scapito di ben altri valori? Lily la consolò con un sorriso comprensivo e le spiegò in breve il motivo della sua presenza. «Quindi devo sciogliere una maledizione, ma per farlo devo scoprire da sola tutti i termini e le modalità e l'unico indizio che abbiamo è che in biblioteca giace la risposta. Non sembra una cosa facile» eppure era già eccitata all'idea della ricerca, delle ipotesi e delle tonnellate di libri. «Nell'ipotetico caso in cui decidessi di accettare...» le era dato di volta il cervello? Nessuna persona normale avrebbe accettato di rimanere in casa di sconosciuti, rapitori per di più, per un pugno di libri -una biblioteca intera!- «ci sarebbe la possibilità di informare la mia famiglia del fatto che sto bene in modo che non diano alle fiamme l'intera città?».

Phanter Lily le rivolse un sorriso tutto denti e le fece un inchino promettendole che avrebbe recapitato personalmente la lettera, che avrebbe potuto scrivere di proprio pugno a breve. «E un cambio di abiti, ve ne prego, non posso rimanere con questi stracci addosso!» Così tornò a finire di mangiare il pasto più sollevata, pensando già a come sistemare il problemino “rapimento” e “aggressione”. Ma soprattutto si chiese come avrebbe mai potuto convincere i suoi due amici a lasciarla tutta sola in quel posto con due, anzi uno e mezzo, uomini. «Per tutti i libri ancora non scritti nel mondo! Sarò ricoperta di infamia e nessun gentiluomo vorrà mai prendere questa ragazza indifesa dall'onore perduto!» urlò così, sbattendo la forchetta sul piano di legno e guardando con orrore il nulla di fronte a sé.
Lil
y fu preso dal terrore nel veder quella ragazza cambiare repentinamente umore, e quelle frasi urlate per lui non avevano molto senso. Si decise infine a chiederle che cosa le fosse preso, quando notò che i suoi occhi nocciola si stavano riempiendo di lacrime. Capì a stento che una signorina non poteva assolutamente rimanere sola in presenza di un uomo e un gatto – la coincidenza non gli piacque particolarmente- altrimenti il suo futuro sarebbe stato pieno di vergogna e biasimo. Come se già non la guardassero storto perché aveva l'abitudine di leggere in ogni situazione, anche in barba al galateo: nessun uomo veniva attratto dalla sua cultura e passione! L'Exceed notò, con una certa dose di perplessità, che quello era diventato uno sfogo su vasta scala e, per quanto fosse lusingato della fiducia concordatagli dalla ragazza, non aveva nessuna intenzione di sorbirsi la frustrazione di una giovane donna. «Che ne dite se vi vado a prendere carta e penna, eh? Torno subito!» e letteralmente fuggì verso l'atrio lasciandola sola con i suoi patemi.
Levy appoggiò la fronte sul tavolo e sospirò sconfitta. «Povero gatto, l'ho disperato con le mie sciocchezze...» borbottò tr
a sé quanto fosse stupida e dopo essersi asciugata gli occhi si raddrizzò battendosi energicamente le guance intenzionata a riordinare le idee per la lettera. La parte più difficile sarebbe stata davvero persuadere quelli che erano i suoi unici amici che non le sarebbe successo nulla. Anche se, in tutta verità, questo non poteva saperlo nemmeno lei... Lily era un perfetto esempio di gentleman ed era rimasta affascinata dai suoi modi di fare, dalla sua strana natura e da quelle orecchie così tenere e soffici: parlare con lui era piacevole e stimolante, ma per quanto riguardava il padrone di casa la situazione era esattamente l'opposto. Per quanto avesse trovato facile fidarsi di quel gatto così particolare, sperò che la sua abilità nel giudicare gli altri non la mettesse ancora più nei guai, si chiese come avesse potuto decidere di propria iniziativa di rimanere lì: era quasi certa che, se glielo avesse chiesto, il piccolo accompagnatore l'avrebbe riportata a casa sana e salva in un istante. Ma soprattutto perché avrebbe dovuto impegnarsi tanto, mandando alle ortiche la sua reputazione già traballante, per un bruto scorbutico che non aveva fatto altro che deriderla e ferirla? Eppure era venuto a cercare proprio lei, esattamente per quelle qualità che apprezzava tanto di se stessa e che tutti guardavano storto, credendo che fosse un tantino stramba.
Levy sospirò guardando il bianco soffitto, come cercando la soluzione nascosta chissà dove nell'intonaco. Finalmente le veniva data la possibilità di dimostra
re quanto valeva, che male c'era a provarci? Jet e Droy l'avrebbero capita, lo sentiva, e in fin dei conti teneva solo alla loro considerazione e stima. Il suo filo di pensieri venne interrotto dal lieve bussare alla porta: la ragazza non ebbe bisogno di girarsi per capire che si trattava di Lily e della sua speranza di trovarla di tutt'altro umore rispetto a quando si era praticamente fiondato lontano da lei. «Venite pure, la tempesta è passata» lo invitò lei prendendosi in giro. L'Exceed si scusò imbarazzato e le consegnò diversi fogli, lettere, un calamaio d'argento e penne d'oca. «Se le serve altro me lo faccia sapere!» e dopo aver riassunto le forme di un gigante scuro prese a pulire piatti e pentole. «Ma non avete dei domestici?» chiese Levy, rimasta sorpresa dalla totale mancanza di servitori -prima aveva un leggero sospetto, ora la certezza- in un maniero così grande. «L'avete notato, eh? Diciamo che avere un titolare come Gajeel non ha aiutato la causa». La ragazza gli credette all'istante e, lasciandosi scappare una leggera risata, tornò a concentrarsi sui simboli che era intenta a segnare in un foglio a parte.
Lily si fermò ad osservarla curioso ed affascinato ma la giovane se ne accorse solo dopo aver finito di annotare ventun caratteri diversi sia in forme che angolature. Il gigante buono la guardò
interrogativamente e lei arrossì leggermente per poi spiegare: «Anni fa inventai un alfabeto tutto mio e solo io, Droy e Jet ne conosciamo il significato! Ho pensato che fosse l'unico modo per far saper che è la loro Levy che sta scrivendo e che va tutto bene sul serio!» «Davvero geniale!» si complimentò il gatto, che venne ricompensato con un enorme sorriso entusiasta. Rimase ad ammirarla per qualche minuto ed infine tornò alle sue incombenze accompagnato dal leggero grattare della penna sulla carta.



Poche ore più tardi Lily riaccompagnò la ragazza alla sua stanza, dopo averle rimediato una camiciola da notte: le augurò un buon riposo e la salutò anzitempo dicendole che sarebbe partito l'indomani mattina all'alba. «E mi raccomando...!» «Il cambio, state tranquilla signorina» così dicendo le sventolò sotto al naso la lista lunghissima di cose da prendere dalla sua camera da letto. «E non vi preoccupate, lascerò una nota a Gajeel spiegandogli il piacevole sviluppo!» e lei lo ringraziò accarezzandogli la piccola testa pelosa. Era vero che aveva scelto liberamente di rimanere sotto quel tetto, ma lo era anche il fatto che il proprietario del maniero, nonché suo ex carceriere, non ne era ancora a conoscenza e lei non poteva immaginare quale reazione avrebbe avuto alla notizia.
La partenza di Lily la rendeva felice perché i suoi famigliari avrebbe avuto presto sue notizie, ma allo stesso tempo la terrorizz
ava perché sarebbe rimasta da sola con lui. E il fatto che in quello stesso istante fosse in giro per la brughiera per sfogare la sua frustrazione, come le aveva detto il gatto, non la rassicurava affatto. Finiti i convenevoli la ragazza si cambiò velocemente lanciando a terra il suo vestito ormai da buttare e mettendo da parte la sottogonna che, per quanto fosse rovinata nell'orlo, era ancora utilizzabile. Con un sospiro soddisfatto si lasciò inglobare dalle morbide coperte, addormentandosi in pochi istanti.





***




«Non. Ci. Posso. Credere.»
Aveva passato la notte profondamente addormentata, aveva addirittura sognato di essere riconosciuta come la più grande esperta archeologa dell'accademia universitaria! E i vari dolorini sparsi per tutto il corpo avevano iniziato ad attenuarsi sensibilmente. Insomma, un vero e proprio sonno ristoratore, se non fosse stato che al risveglio aveva sentito nuovamente un fastidioso peso sotto al seno che le comprimeva leggermente il respiro. Con mani tremanti aveva confermato quelli che erano i suoi più cupi sospetti: ancora catene. Si lasciò sfuggire un urlo pieno di rabbia e risentimento e, con le lacrime agli occhi, alzò il busto dal comodo letto e studiò la sua nuova tortura; ma la prima cosa che le venne in mente fu che qualcuno le avesse messo le mani addosso, probabilmente toccando parti del suo corpo estremamente private, il tutto quando indossava solo una leggera camiciola. Il senso del pudore violato a momenti non la distrusse completamente. Si coprì i seni incrociando le braccia e si strinse le ginocchia al petto, cullandosi un po', cercando di ritrovare il coraggio di affrontare quella bestia che era diventata nuovamente sua carceriera.
In verità la piccola Levy non poteva sapere che, paradossalmente, il suo rapitore era stato accorto, nel suo stupore di trovarla libera, curata e avvolta in una delle sue vecchie camicie, a non legarla nuovamente per il polso fasciato ed era stato ancora più attento a non sfiorare nemmeno per sbaglio quella piccola ragazza più del dovuto – tranne quando l'aveva fatta rotolare su un fianco svariate volte per fissarle la catena addosso.
Che non avesse visto la lettera che il gatto gli aveva lasciato? O aveva forse deciso di ignorarla a prescindere? Quale che fosse la verità non cambiava la sua situazione che era peggiorata dato che in quel momento non poteva nemmeno vestirsi decentemente: «Lily ti prego, torna presto!».
In breve si presentò nuovamente il problema fisiologico e Levy guardò sconsolata la porta del bagno: forse se fosse stata abbastanza veloce... scattò dal letto lanciando le pesanti coperte di lato, prese in braccio quante più catene potesse tirar su per non farle sbattere a terra e appoggiò l'orecchio alla porta della stanza. Il pesante silenzio la convinse a correre nella piccola stanzina, ma prima spinse uno dei comodini contro la porta – sapeva che non sarebbe mai riuscita a fermarlo con quel piccolo espediente, ma almeno lo avrebbe rallentato un poco.
Fortunatamente riuscì a sbrigare i suoi bisogni e si lavò con acqua gelida quel tanto che le riuscì in quella condizione.
Tornata nella stanza più grande, infreddolita ma decisamente più presentabile, notò una pila di libri ai piedi del letto che le doveva essere sfuggita mentre cercava di tornare umana. Lasciò cadere a terra la pesante catena, sfilò via una delle svariate coperte sul le
tto avvolgendosela addosso ed infine si inginocchiò per studiare il contenuto dei tomi. «Ma che cosa...?!» i primi libri potevano essere molto utili ma di certo non sarebbero serviti a spazzare alcuna maledizione, dato che il loro contenuto era tutto meno che misterioso. Non ebbe modo di scoprire l'utilità degli altri che la porta venne quasi scardinata dalla sua sede e il comodino volò per qualche metro prima di schiantarsi a terra, finendo in pezzi di legno sparsi ovunque.
Gajeel guardò sorpreso il misero ostacolo che aveva, involontariamente, provveduto a distrugg
ere: poi spostò l'attenzione sulla sua giovane e stupita ospite. «Pensavi davvero di fermarmi così?» le chiese infine, divertito, indicando i poveri resti del mobile e osservando l'originale modo in cui si era agghindata: con quell'enorme coperta addosso sembrava ancora di più una bambina. Una mocciosa che credeva di poterlo fermare con un comodino e un libro, visto come lo stava stringendo al petto come difesa.
In tutta verità Levy si era dimenticata del piccolo espediente trovato per avvertirla dell'arrivo dell'u
omo ma immaginò che non sarebbe servito a nulla spiegarlo a quel bruto, quindi saltò i convenevoli e gli intimò di liberarla. «Anzi, potete lasciarmi solo la chiave, provvederò io stessa a togliermi questo giogo!» in tutta risposta ebbe un'occhiata sbalordita seguita da una risata di petto. «Certo, certo mezza pinta. Non sono uno scemo come Lily, io!» Levy stava per contraddirlo e spiegargli la situazione quando l'altro aggiunse un divertito: «E poi di cos'hai paura, che tocchi della pelle ossuta?» la ragazza arrossì piena di vergogna e orgoglio ferito e, furiosa, gli lanciò l'unica cosa che aveva in mano: il libro. Oggetto che fu schivato senza problemi dall'uomo, che continuava a ridere di lei. Troppo impegnato a redarguirla dal non gettare via quello che avrebbe potuto servirle per il suo lavoretto, si accorse all'ultimo che lei aveva appallottolato la sua coperta/vestito e che gli era stata lanciata addosso pure quella. Questa volta non riuscì ad evitarla, perché a metà volo si era aperta completamente e venne ricoperto dalla stoffa -che scoprì essere impregnata dell'odore della ragazza e che, tutto sommato, per essere una mocciosa aveva un buon profumo. Non indugiò troppo nella novità e se la sfilò via, per vedere cos'altro avrebbe avuto da tirare quella piccola belva. «Oi, calma. Cosa avrò mai detto di-» un'occhiataccia da parte della diretta interessata non gli permise di finire la frase. A guardarla bene sembrava davvero una piccola tigre in gabbia, con quella camiciola più grande di lei, gli azzurri capelli selvaggi che le incorniciavano il volto rosso di rabbia e fieri occhi castani.
Presa dalla foga tentò di sfilarsi l'anello della catena spingendolo verso il basso ma riuscì solo a farlo scendere fino al punto vita e, in compenso, si guadagnò un'al
tra risata sguaiata. «Con quel bel di dietro che ti ritrovi sarà dura farla passare di lì, gihihi». La ragazza lo guardò sconvolta e si portò le mani tremanti alla parte del corpo appena offesa, come per accertarsi che non fosse cresciuta spropositatamente nella notte. «Siete un bruto!» lo apostrofò Levy, pronta a scagliare un altro libro a difesa del suo orgoglio. «Oh oh oh, mi hanno detto cose peggiori, nanetta!» lei continuò a guardarlo male e Gajeel si sentì vagamente a disagio, per cui passò di nuovo all'attacco, com'era nella sua indole. «È ora di mettersi a lavoro adesso. Chi non lavora non mangia. E vedi di non lanciare più libri: quella merda si legge, non si usa come arma» «Cosa...? Prima slegami razza di becero barbaro, non ho nessuna intenzione di aiutarti in queste condizioni!» Lo sguardo dell'uomo si incupì leggermente «Non sono un coglione, mocciosa. Già una volta hai tentato di lanciarti di sotto, per non parlare del misero tentativo fatto con quel pezzo di legno. Quindi resti legata.» «Ma che problemi hai? Lily non ti ha lasciato scritto niente?!» Quel dannato gatto era diventato fin troppo gentile con quella spostata, al suo ritorno avrebbe subito tutte le sue lamentele a riguardo!
«Panther Lily» calcò sul nome intero dell'Exceed, solo lui poteva usare la forma abbreviata! «ha detto che è in città, tanto mi basta. Ora inizia a lavora
re e, se farai la brava, troverai una colazione degna di re!» E la lasciò nuovamente sola, con l'irresistibile voglia di urlargli dietro ogni tipo di insulto che conosceva.







Continua...












































In quasi ritardo, ma allo scadere del sesto giorno eccomi qua! (Mi sento un po' Gandalf ora che ci penso XD) In verità avrei potuto postare un po' prima ma lavoro e il mio corpo che ogni tanto mi abbandona -se non sto male ogni tre per due non sono contenta- sono riuscita sola ora .-.

Comunque! Dato che, con questo passo lemme lemme, non so se riuscirò a finire la fict entro il 22 mi chiedevo se postare ad una distanza minore di giorni (3 o 4) più o meno con capitoli della stessa lunghezza o lasciare lo stesso periodo di tempo (5 o 6) ma allungare sensibilmente la portata del capitolo... cosa preferireste? Così almeno mi adeguo al parere comune!

Un grazie a Girl Pumpkin perché sì (sappi che sento il dovere morale di postare in orario proprio per te x°D) e grazie a Bluesun (invece per amor tuo (?) ho scritto un po' di più xD).

Ma soprattutto grazie alla mia amatissima seconda testa, senza di te sarei perduta ♥

Non so che altro aggiungere o.o Spero vi piaccia come si sta sviluppando, piano piano, la storia!


A presto! ♥

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Capitolo 4
*** Troisième Chapitre ***


*** Capitolo 3


Sfogliò un altro libro, leggendo annoiata le avventure di un cane con la barba, seduta a terra sulle svariate coperte che aveva debitamente lanciato in giro per la stanza presa da un momento di stizza. Ne aveva già scartati quattro, assolutamente non pertinenti, e si era soffermata su quello più per noia che altro e un po' per vedere come il protagonista intendesse salvare sua rattosità regina del regno di Groviera.
Terminata anche la banale storiella per bambini chiuse sconsolata il libretto e lo adagiò sulla pila di quelli già letti e scartati. Di questo passo avrebbe finito nel giro di qualche mese, a essere ottimisti. Sospirò sconsolata e lo stomaco brontolò. Sarebbe anche morta di fame a stare a sentire quel bruto! Si alzò determinata ad ottenere la sua colazione -e se possibile pure la libertà perduta- e ripreso quello straccio che era il suo vestito lo fece passare dall'alto, impresa assai complicata da portare a termine da sola, lasciando da parte il bustino dato che non sarebbe mai riuscita ad allacciarlo sopra le catene. Si guardò allo specchio dell'armadio e si trovò buffa e goffa, ma almeno non era vestita con una sola camiciola! Si diresse a passo di marcia verso la porta della camera, l'aprì e urlò a pieni polmoni e con le mani a coppa per ampliare la portata dello strillo: «Aiuto!!» e lo ripeté fino ad avere la gola bruciante e finché non sentì un rumore sordo seguito da imprecazioni venire dal piano superiore.
Con tutta calma tornò al centro della stanza vicino alle varie pile di libri e aspettò che il suo gentilissimo ospite corresse da lei. Questa volta non volò nessun uscio ma Gajeel si precipitò comunque dentro la camera come sua abitudine. «Che diavolo sta succedendo!?» chiese spiegazioni l'uomo, ancora turbato per le grida angosciate della ragazza. «Direi che abbiamo iniziato con il piede sbagliato io e lei.» Proruppe la giovane, cercando di non farsi cogliere dalle risa per la faccia sconvolta di lui. «Il mio nome è Levy McGarden, piacere di fare la sua conoscenza» continuò poi con un leggero inchino. La scena non poteva essere più assurda: la ragazza che fingeva di presenziare a un evento mondano con quel vestito ormai impresentabile e l'uomo che la guardava a bocca aperta chiedendosi se le fosse dato di volta il cervello. «Che diamine-» «Un gentiluomo dovrebbe rispondere a questo punto con il suo nome, asserendo poi che è un vero onore avermi come sua ospite!» La mascella di Gajeel non poteva scendere più di così. Decise che quella femmina doveva avere la febbre alta per avere avuto un cambio così repentino di carattere, così se ne assicurò avvicinandosi e toccandole la fronte con una mano. «Che cosa state facendo?» chiese lei sbigottita, non era riuscita nemmeno ad allontanarsi dal suo tocco da quanto era rimasta perplessa. «Eppure non scotta...» mormorò lui ma osservando da vicino come il volto della giovane stesse assumendo una leggera gradazione di rosso. «Non sto male!» e lo allontanò da sé spingendolo per il petto -che constatò essere solido come il granito- «Stavo solo cercando di essere educata! Ma vedo che non siete il tipo quindi ora vi dirò, da scortese quale solitamente non sono, che siete un emerito sciocco!» esplose lei lasciandolo nuovamente sconvolto. Poteva essere uno stronzo certe volte, ma questa volta non si meritava quell'insulto! Si era anche preoccupato per lei, dannazione. «Che diavolo ti prende, femmina?» le gridò dietro, stufo di arrivare sempre alla parte dove lui si prendeva le offese. «Che diav-cosa mi prende?! Ve lo dico subito!» e iniziò ad elencare le svariate cose che l'irritavano e ad ogni nuovo punto gli batteva l'indice destro in mezzo allo sterno riuscendo a farlo indietreggiare di un passo ogni volta. «Primo: avrei potuto anche perdonarla per la storia del rapimento ma se non mi leva subito queste catene non lo farò mai! Secondo: ho accettato di rimanere di mia iniziativa e non vedo perché io debba essere trattata da prigioniera. Terzo: come potete pretendere che io trovi il bandolo della matassa se mi riempite la camera di libri inutili?!» Gajeel deglutì nervoso, quella cosina lì lo stava distruggendo passo a passo. Levy riprese fiato e il gran finale venne distrutto dal forte brontolare del suo stomaco: lui sollevò le sopracciglia e la guardò perplesso, lei invece arrossì furiosamente e battendo entrambi i pugni sul suo petto finì la sua ramanzina intimandogli di darle da mangiare.
«Te l'ho già detto: prima-» «Come pensi che possa affrontare una maledizione con dei libri sul giardinaggio e le favole dei bambini?!» lo interruppe infuriata, poi tornò verso i tomi incriminati e glieli fece sfilare uno a uno sotto al naso «Devo per caso far crescere dal nulla una pianta di Amaranto?» chiese dopo aver aperto a caso un libro di botanica, leggendo poi il nome di quel fiore dall'aspetto così esotico e dall'intenso color porpora. «O forse devo trovare un qualche indizio nascosto nella fiaba di un cane verde che diventa primo cavaliere di una regina topo?  In tal caso basta che lo diciate e vedrò di inventarmi qualcosa!» Gajeel non si era mai sentito così stupido e riconobbe che tutto sommato quella ragazzina poteva aver ragione... ma solo perché lui non sapeva leggere bene e aveva preso i primi libri capitatigli a tiro. Si chiese come avrebbe potuto fermare la sua pungente ironia che lo stava travolgendo ad ogni libro preso con foga e sviscerato con accuratezza. Il tutto cercando di salvare la faccia: ringraziò il colore metallico della pelle che riusciva a coprire piuttosto bene l'imbarazzo che provò nel rendersi conto che quella nanetta era riuscita a vincere la battaglia e che Lily aveva ragione. «C'è aria di temporale, Lily tarderà qualche giorno» disse con il tono più neutro che poté, lasciandola finalmente senza parole a guardarlo perplessa. «Che cosa c'entra...?» Gajeel sospirò sconfitto, si avvicinò alla ragazza, che questa volta tentò di arretrare ma la fuga le venne bloccata dalla presenza del letto dietro di lei. La prese per le spalle, lei ovviamente si irrigidì e fece per chiedergli scusa e promettergli che sarebbe stata buona e zitta ma lui la fece girare su se stessa e senza tante cerimonie infilò il braccio tra la stoffa del vestito e quella della camiciola. «Cosa...??» esordì Levy sentendo un qualcosa di estraneo scenderle dal colletto fino alla vita: con vergogna capì che si trattava della calda mano dell'uomo e indecisa se allontanarlo o attendere la morte in silenzio si portò le mani al volto ormai completamente rosso per l'imbarazzo. Pochi centimetri ancora e all'improvviso non sentì più il peso della catena intorno a sé.
Gajeel sfilò via il braccio, inciampando di tanto in tanto nella stoffa per via di una fila di piercing che aveva lungo tutto l'avambraccio, poi con un piede trascinò via la catena facendola scorrere lungo le gambe della sua ospite. «Gihihi, sembravi un topolino con quella coda». La ragazza stava ancora decidendo se svenire dalla vergogna o prenderlo a male parole così lo lasciò ridere da solo -nonostante anche lei, qualche ora prima, si fosse paragonata a una qualche specie di scimmia-, e si girò a guardarlo incrociando le braccia in vita, ora libera da qualsiasi restrizione. Se solo fosse stato sempre così quel tipo: appariva tutta un'altra persona mentre rideva così liberamente, sembrava un po' meno bestia.
«Bada bene, ti terrò d'occhio. Sempre.» le disse all'improvviso guardandola severo. «Come te lo devo dire che non tenterò più di scappare?!» fu presa così di sorpresa che non si accorse di essere esplosa dimenticando le formalità. «Non è che non mi fido di te, nanetta è che... ecco vediamo-» cercò di trovare le parole giuste per esprimersi al meglio mentre lei lo stava guardando dubbiosa «No, non mi fido.»

Forse fu grazie alle troppe emozioni provate tutte in una volta, oppure l'aver riacquistato la libertà che le impedirono di sindacare ancora sulle sue buone intenzioni. E scoprì che il suo essersi arresa alla testardaggine di quell'essere le aveva portato solo vantaggi  vista la tavola imbandita che aveva di fronte a sé.  Decise che la cucina era il suo luogo preferito in assoluto. Senza ulteriori indugi si sedette nello stesso posto che aveva occupato la sera prima e iniziò a mangiare sotto lo sguardo vigile di Gajeel. Se aveva intenzione di guardarla tutto il tempo e non approfittare di tutto quel ben di dio era peggio per lui: nonostante la piccola mole il suo stomaco riusciva sempre ad impressionare anche il più navigato dei buongustai. «Lo ha lasciato Lily?» chiese Levy tra un boccone e l'altro, apprezzando con piacere la sua colazione/pranzo.  Gajeel, rimasto sconvolto dalla voracità dell'esserino, non riuscì a dirle che il suo gatto si chiamava Phanter Lily ed era pregata di non prendersi troppe confidenze e no, il cuoco era lui. Dato che non le arrivò risposta la ragazza pensò di aver avuto ragione e finì di banchettare di buon umore. Il suo ospite, per quanto non l'avesse lasciata da sola un solo momento -e per tutto il tempo passato a mangiare aveva sentito su di sé il suo sguardo-, non aveva ancora aperto bocca ma recuperò tutte le parole non dette nell'instante in cui proferì: «Finito? Bene, ora puoi tornare a-» «Ma come, non sistemiamo le stoviglie?» lo interruppe lei all'istante un po' per senso del dovere -era abituata a tenere sempre in ordine gli spazi in comune con la famiglia- e un po' per avere il gusto di interferire con i piani di quel burbero che credeva di poter fare il buono e il cattivo tempo – cosa che effettivamente avrebbe  potuto fare, ma Levy si era fatta molto più baldanzosa senza catene. «A quello ci baderanno i servitori dopo!» Non avrebbe mai ammesso che non c'era nessuno in quella casa oltre a loro due, ne andava del suo patriarcale orgoglio! Sfortuna volle che la risposta che ricevette fosse: «Ma Lily mi ha detto che non ci sono domestici e fate tutto voi due!». E dopo averlo ghiacciato all'istante sul posto, si alzò prendendo i vari piatti, posate e contenitori e si diresse all'acquaio, senza nemmeno voltarsi a constatare se lo avesse nuovamente spiazzato o meno. Senza alcun dubbio era riuscita nella titanica impresa e si perse lo sguardo corrucciato e le maledizioni interne che stava lanciando a quel gatto spione, che si era fatto mettere nel sacco da una vocina dolce e due occhioni da cerbiatta! Ma il fato non poteva essere solo contro di lui e una piccola e indiretta vendetta la raggiunse quando venne ghiacciata da capo a piedi dall'acqua che era letteralmente esplosa addosso a lei. «Aaah! È gelida!» Preso dalle invettive verso Lily si era dimenticato di avvertirla che il rubinetto era guasto e solo la manopola a sinistra era utilizzabile. «Gihihi, giusto, sono mesi che Lily mi ha chiesto di ripararlo» la derise, mentre faceva il giro della cucina per chiudere la cascata d'acqua che continuava a zampillare per la stanza.
L'immagine di lei, completamente fradicia, che saltellava in un angolo lontano da tutto quel casino mentre cercava di scaldarsi abbracciandosi lo ripagò di tutto l'onore calpestato quel giorno dalla piccoletta. «N-non ridere di me!» balbettò arrabbiata lei. «Hai fatto tutto da sola» replicò lui, continuando a ghignarle in faccia: quello che rimaneva del suo abito che tentava di seguire la moda del momento – tolto il corsetto che non era più riuscita a mettere e giaceva al piano superiore abbandonato- era un gocciolante tendone di stoffa che aveva visto giorni decisamente migliori. «Come siamo eleganti!» continuò lui, non riuscendo a smettere di prenderla in giro e sfogandosi per la figuraccia della mattina. Lei lo guardò furiosa, scatenando ancora di più le sue risate. «Va bene, va bene. Ho capito» e le si avvicinò. Quella volta Levy fu pronta e indietreggiò chiedendogli perplessa che cosa volesse ancora. «Prendo le misure» e le mise le pesanti mani sulle spalle. «Per cosa?» quell'uomo non conosceva le formali distanze tra due estranei soprattutto di sesso opposto? Possibile che non si rendesse conto che se qualcuno li avesse visti così avrebbero tirato su uno scandalo praticamente impossibile da fermare? «Non puoi rimanere con quegli stracci, ci manca solo che non riesci lavorare perché ti sei ammalata!». Aveva appena buttato via una piccola opportunità di rendersi più gradevole agli occhi di lei con quella che sembrava essere un'azione altruista degna di nota. Ma Levy decise di accettare quel gesto senza tenere conto del secondo fine, iniziava ad averne abbastanza dei loro battibecchi e ora dopo ora riusciva ad inquadrare un po' di più quell'uomo.


La belligeranza tornò nell'esatto attimo in cui lui la prese di peso sotto le ascelle e la tenne sospesa lontana dal suo corpo. «Mettimi giù!» ordinò agitandosi la ragazza. Gajeel prese a camminare senza degnarla di risposta, ma quando lei iniziò a scalciare le intimò di star buona e di smettere di inzuppare ancora di più i pavimenti e i tappeti nei corridoi. La trasportò, senza alcuno sforzo, su per le scale, salendo all'ultimo piano, quello che lei aveva intuito esistere e che ancora non aveva avuto modo di esplorare -non che fosse riuscita a vedere molto di quella casa. Ne approfittò: dato che non doveva far attenzione a dove metteva i piedi poteva tranquillamente studiare tutto ciò che vedeva, e ammirò gli sporadici quadri che incontravano nel tragitto, qualche vaso qua e là, mobilia varia... il tutto tenuto ben pulito e senza traccia di polvere: Levy immaginò, a ragione, che fosse tutto merito di Lily. All'improvviso Gajeel la depositò a terra senza preavviso, costringendola a barcollare per mantenere l'equilibrio, e aprì una la porta di fronte a loro, entrando per primo. Levy fece per seguirlo ma si fermò sconvolta di fronte a tutto quel disordine: armadi, comò, cianfrusaglie varie... sembrava che tutta la mobilia della casa convergesse lì dentro. E tanto, tanto ferro.
Il momento divenne ancora più agghiacciante quando un tuono la colse impreparata e un altro lampo rese l'ambiente degno di un libro horror. «Smetti di squittire e dà un'occhiata qua» la interpellò l'uomo, lanciando una vecchia bicicletta arrugginita nel mucchio di cose più avanti, causando un piccolo smottamento generale. Lui non se ne curò e continuò ad allontanare tutto ciò che lo separava da un vecchio baule seppellito da anni di accumulamento. Raggiuntolo lo trascinò verso l'entrata e lo aprì di fronte a lei. «Su, prendine uno e vatti a cambiare» grugnì poi, impaziente di riportare l'attenzione sulla sua maledizione. Levy rimase senza fiato nello scoprire che quell'ammasso di stoffe colorate erano tutti abiti di pregevole fattura. Ne sollevò uno dall'esotico colore arancione e scoprì che, oltre ad essere bellissimo, andava di moda mezzo secolo prima. Se ne innamorò subito e lo scelse senza perdere altro tempo, Gajeel doveva esserle grato per non essere una di quelle donne fissate con le tendenze del momento altrimenti sarebbero rimasti per mezza giornata a scartare quello e quell'altro vestito. La ragazza trotterellò tutta felice verso la sua stanza, incurante della scia di goccioline che stava lasciando dietro di sé. L'uomo decise di lasciar correre e la seguì a passi larghi per poi fermarsi in fondo alla scalinata: ci avrebbe pensato Lily al suo ritorno a sistemare tutto. «Gihihi».


Una mezz'ora più tardi e un Gajeel irrequieto per l'attesa, Levy fece la sua comparsa in cima alla gradinata e girò su se stessa per mostrare all'uomo cosa ne era stato del suo regalo. Lui alzò lo sguardo vedendola nello sgargiante abito arancione e si chiese come avesse potuto metterci così tanto a cambiarsi; poi notò che i capelli avevano un aspetto decisamente più decente e domato, grazie anche ad una fascia tenuta ferma da un fiocco. «Sembri una marmocchia» la derise lui, smontando tutto l'entusiasmo della ragazza che lo guardò offesa informandolo, mentre scendeva le scale con fare superbo, che una giovane donna andava sempre complimentata. «E io ho diciannove anni» disse bloccando sul nascere l'eventuale commento sgarbato che stava per rivolgerle ancora.
Poi come se nulla fosse si diresse nell'ala opposta alla cucina, curiosa di scoprire che cosa ci fosse in quella parte della casa. Gajeel la seguì dopo aver scimmiottato tra sé e sé le parole della ragazza apprezzando comunque il fatto che si stesse dirigendo verso la biblioteca. Fu preso però dal terrore quando realizzò che quel luogo era un vero letamaio, per sua gentile concessione tra l'altro. Magari avrebbe dovuto provare a sistemare un pochino, almeno i libri lasciati aperti e abbandonati alla polvere! Per un momento si pentì di non aver dato retta a Lily tutte quelle volte in cui gli aveva urlato che non ci avrebbe mai guadagnato nel lasciare tutto in giro, anzi, sarebbe stata la sua rovina visto che non avrebbe più trovato niente. Probabilmente aveva ragione a intimargli di tenere ben ordinata quell'enorme stanza visto che quel gamberetto era rimasta impietrita una volta aperte le due porte d'ingresso. Si portò una mano dietro dietro la testa, grattandosi nervosamente il collo e decise di controllare la salute mentale della ragazza. «Senti, nanetta, lo so che è un vero casino, ti prometto che poi lo metto a pos-» ma le sue scuse vennero bloccate dallo sguardo estasiato e da un sorriso così luminoso che pensò non potesse esistere nella realtà. Le sventolò una mano davanti al volto svariate volte, chiamandola con diversi nomignoli di volta in volta sempre più atroci per smuoverla da quello stato di trance, ma niente la smosse. «È stupendo» bisbigliò alla fine lei, addentrandosi nella stanza e continuando a studiare ad occhi aperti tutto quello che l'ambiente aveva da offrire. Gajeel la guardò sconvolto mentre tutta contenta si chinava a raccogliere un libro, si avvicinava al primo di svariati scaffali e lo depositava con affetto tra gli altri suo compagni: dopo un trillo meravigliato la vide correre di fronte al camino -che di tanto in tanto provvedeva a dar vita al fuoco e vergognandosi si rammaricò di aver usato come accendini dei libri la cui unica colpa era stata quella di trovarsi in mezzo ai piedi in quel momento- ritrovando infine anche una poltrona sepolta da lenzuola e libri ammonticchiati. Di buona lena iniziò a liberare quella che sicuramente sarebbe diventata la sua postazione preferita di lì in avanti e tutto quello che poteva fare l'uomo era continuare ad osservarla allibito. Di ritorno dalla seconda crociata per la liberazione della comoda sedia si bloccò meravigliata: di fronte a lei, appeso alla parete, riposava un enorme specchio. Rimase affascinata dalla superficie opacizzata dell'incuria del tempo, dalla dimensione imponente che riusciva a catturare completamente tutta l'ampiezza dell'ambiente, e dalla dettagliata cornice dorata.
Doveva essere veramente molto antico dato che l'immagine che le restituiva di sé era leggermente sbiadita e pareva donarle un incarnato più pallido del normale. Stava per avvicinarsi incuriosita quando vide con la coda dell'occhio un'ombra dietro di lei, eppure lo specchio non rifletteva nessun altro a parte lei...  si girò e vide Gajeel intento a raccogliere tutto il salvabile. Levy rispostò l'attenzione sulla superficie riflettente e ancora una volta ad attenderla c'era solo la sua figura. «Un vampiro!» urlò alla fine, allontanandosi da lui, le mani corse a proteggere il collo. «Dove!?» domandò curioso l'uomo ma la risposta gli venne data dallo sguardo terrorizzato che gli stava rivolgendo lei. «Che diavolo ti prende ora?! Sicura di esserci tutta con la testa?» «Aglio, ho bisogno di aglio!» non lo ascoltò, troppo sconvolta per la brutta novità appena scoperta, e cercò di correre verso la cucina. Lui però fu più veloce e la fermò agguantandola per le spalle. «No ti prego! Il mio sangue è amaro come il fiele, lo giuro!» lo pregò lei chiudendo gli occhi. «Ma per chi mi hai preso, non sono un dannato uccello succhia-sangue!»





Continua...
































Vi prego di perdonarmi ç_ç Ultimamente soffro tantissimo di pressione bassa e col lavoro che faccio ho davvero poco tempo da dedicare alla scrittura Q_Q
Per oggi dovrete accontentarvi di questa cosa che spero vi possa piacere ugualmente, mi rimetto nelle vostre mani >.<
Conto di tornare ben operativa al più presto! Grazie a tutti/e, di cuore! (sì, anche a te che mi segui nell'ombra ♥


Oh Frà, ti amo tanto (queste epistole nascoste sono troppo esaltanti XD)

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