Once upon a Beast di DirtyCharity (/viewuser.php?uid=11632)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Premier Chapitre ***
Capitolo 3: *** Deuxième Chapitre ***
Capitolo 4: *** Troisième Chapitre ***
Capitolo 1 *** Prologue ***
I don’t care, go on
and tear me apart
I don’t care if you do, ooh
‘Cause in a sky, ’cause in a sky full of stars
I think I see you
A sky full of stars - Coldplay
*** Prologo
Per la perduta
torre di Babele, come era finita così? Si chiese perplessa Levy
McGarden, una giovane donna che tutto si aspettava dalla vita meno che
ritrovarsi da qualche parte con ogni porzione del corpo dolorante.
Soprattutto lo stomaco, cielo se le faceva male! Riusciva con fatica a
respirare tale era il dolore che si irradiava da sotto lo sterno verso
qualunque direzione.
Tentò di
mettersi a sedere ma ogni articolazione le rispose che no, non le era
possibile e perciò fu costretta ad analizzare la sua pessima situazione
così com'era, stesa su un pavimento di una stanza che non l'aiutava a
capire dove fosse.
«Pensa Levy,
pensa!» si bisbigliò da sola, un po' per cercare di svegliarsi del
tutto e un po' per farsi coraggio: dopotutto, l'unica cosa che
ricordava prima di riaversi lì erano due occhi di fuoco e un lampo di
cupo argento... poi un dolore immenso, ecco quello lo rammentava
benissimo. Cosa poteva mai aver scatenato tutto quello? Insomma stava
camminando pacifica verso la stazione con i suoi migliori amici e-
«Jet, Droy!»
Si sedette di
scatto, preoccupata per i due giovani che la stavano accompagnando in
quel momento fatidico. Ma la sua agitazione fu ben presto rivolta a se
stessa: il movimento repentino, oltre ad aver infastidito non poco
tutti i muscoli del suo corpo, aveva generato un rumore cupo e in quel
frangente ancora più spaventoso e con orrore Levy scoprì che si
trattavano di catene. Non solo si trovava tra quattro mura sconosciute
in una casa probabilmente sperduta chissà dove ma era pure stata
legata! Per quanto fosse una ragazza coraggiosa in quel momento si
sentì perduta e disperatamente cercò di liberarsi dalle catene che le
imprigionavano il polso sinistro. A costo di sacrificare quel braccio
se ne sarebbe andata di lì prima che il suo aguzzino si fosse fatto
vivo. Il compito stava risultando può arduo per via delle lacrime che a
causa della paura le avevano offuscato gli occhi, ma inaspettatamente
sentì che il pesante bracciale di ferro le scivolava tra le dita: con
giubilo capì che il rapitore aveva sopravvalutato il suo polso – o
pensava solamente che sarebbe rimasta senza sensi per più tempo. Levy
non si soffermò troppo su quelle sottigliezze e dopo aver costretto il
suo corpo ad ascoltarla - «Su bello, lo sto facendo per tutti e due,
resisti» - si lanciò verso la prima finestra che vide e dopo aver
scostato le pesanti tende e spalancato il vetro si affacciò, notando
diverse cose in pochi secondi: era notte fonda, non si vedeva nulla
perché la luna era persa da qualche parte e nessuna luce artificiale o
meno le poteva indicare dove fosse e a quanti metri distasse dal suolo.
Ma soprattutto cicale e i versi di altri animali notturni le
confermarono, quasi deridendola, che si trovava in aperta campagna o
comunque in un posto isolato.
Era da pazzi
scappare tenendo conto le condizioni sfavorevoli della fuga, eppure la
ragazza decise che tutto era meglio che rimanere lì, in attesa. Senza
pensar troppo alle conseguenze alzò l'orlo della gonna e sottogonna e
salì sulla finestra.
***
«Tu hai fatto
cosa!?»
«Ho preso la
ragazza, Mery Mec qualcosa. Quella brava con i libri».
Il primo
interlocutore, uno strano gatto abituato a camminare su due gambe e ad
essere la coscienza perennemente inascoltata del secondo, scosse la
testa sconsolato: non sarebbe mai cambiato di quel passo. «Gajeel, non
puoi andare in giro a rapire una ragazza e a spaventare un'intera
città! Ti ricordo che avevamo deciso di non-» ma la voce della
ragione venne nuovamente interrotta con un verso scontroso e un
veramente poco simpatico e petulante:«Lo so, lo so. Non mi ha visto
nessuno!» disse infine orgoglioso di sé, mentendo spudoratamente. Non
era colpa sua se il suo bersaglio, una versione mignon di quello che
generalmente si chiama giovane donna, era in giro con due penosi cani
da guardia – li aveva stesi in un secondo, nemmeno la gioia di un po'
di adrenalina gli avevano regalato!- e men che meno era colpa sua se si
trovavano in una stazione ferroviaria, all'ora di punta. In più un
recupero di persona -«Si chiama rapimento, Gajeel» - su un treno non
era proprio il benvenuto. Per quanto fosse un fan dei treni (un gigante
di ferro sputa vapore) li mal digeriva, quindi prendere o lasciare.
Panther Lily, il singolare gatto, ascoltò con estrema pazienza e
irritazione tutte le scuse accampate dal compagno e per quanto alcune
fossero ben ragionate non riusciva a capacitarsi della sua stupidità:
«Hai rapito una ragazza! Lo vuoi comprendere che è sbagliato?». «Non
capisco perché rompi tanto, hai detto che lei poteva leggere quella
merda vecchia secoli e io sono solo andato a prenderla. Fine della
storia.» Non era facile discutere con un tipo come lui e, cosa ben
peggiore, bisognava sempre mandare giù il rospo della ragione: perché
potevi anche essere nel giusto ma Gajeel Redfox non lo avrebbe mai
ammesso. Sarebbe tornato sulla questione del rapimento in un altro
momento, ora doveva pensare alla ragazza spaventata a morte. «E
sentiamo, so tutto io, come intendi comportarti con lei? Sono almeno
dieci anni che non interagisci con qualcuno che non sia io e non ti ci
vedo a discorrere come nulla fosse con la tua prigioniera.» «Non è
prigion-» questa volta Lily non aveva nessuna intenzione di farsi
fermare nella sua filippica «E che mi dici della sua famiglia? Ormai si
saranno rivolti alla polizia per-» «Gihihi, lasciali venire, ci penso
io poi!» ribatté eccitato l'uomo: la sola idea di entrare in azione e
menare le mani lo elettrizzava sempre. «No Gajeel, così finiresti
ancora più nei guai e tanti saluti alla maledizione!».
Quel gatto
aveva sempre la dannata abilità di smontarlo sempre su ogni cosa;
tenuto poi conto che quella mattina aveva avuto a che fare con due
mezze tacche battute in poco tempo, la sua adrenalina stava ancora
gridando insoddisfatta. «Ora fila a vedere come sta la signorina e
chiedile se ha qualche necessità.» Perché aveva la brutta sensazione di
essere stato battuto nello scontro verbale? Dannato gatto parlante! Si
avviò verso le scale borbottando scocciato e un lontano «E non essere
il solito scorbutico!» lo bloccò sul posto. “Questo è troppo!” pensò
irritato “è ora che capisca una volta per tutte chi comanda!” e
saltandoli a due a due ridiscese i pochi gradini fatti in precedenza.
Ma i suoi intenti bellicosi vennero fermati da un rumore sordo che non
aveva motivo di esistere in quella casa dimenticata da dio. Gajeel si
immobilizzò, alzò la testa verso la parte del piano superiore dove si
trovava la stanza della sua ospite e tese l'orecchio. Il suono che ne
seguì confermò l'ipotesi iniziale: la ragazza si era svegliata e pareva
non essere molto contenta delle catene. Balzò velocemente in cima alla
scalinata per ritrovarsi nel giro di pochi secondi di fronte alla
camera e la confusione che proveniva da dentro lo spinse a spalancarne
la porta: vide subito la ragazza decisamente troppo sveglia e troppo
libera. Come diavolo aveva fatto a liberarsi così facilmen- Liiiily,
questa non gliel'avrebbe perdonata! La giovane, con i vari strati di
stoffa ancora tra le braccia e un piede sulla finestra, si girò
spaventata per l'evolversi troppo veloce degli eventi e con orrore e un
grido di paura vide finalmente chi era il suo rapitore. Avrebbe
preferito di gran lunga non scoprirlo: un enorme corpo umanoide pieno
di muscoli sicuramente letali, dalla pelle color del metallo più
freddo, lunghi capelli più scuri della pece e vibranti pupille rosse.
Agli occhi di Levy il suo aguzzino era nientemeno che un mostro
spaventoso e se l'avesse raggiunta l'avrebbe ridotta in poltiglia.
Proprio per evitarsi una simile fine, la ragazza non si lasciò più
frenare dalla paura dell'ignoto e del buio e prese lo slancio per
saltare.
«Dove pensi di
andare, ragazzina?»
Non era
possibile, quella cosa l'aveva raggiunta in meno di pochi secondi,
giusto il tempo di agguantarla al polso con quella mano
spropositatamente grossa e pericolosa lasciandola penzolare nel vuoto.
«Ti prego, lasciami andare!» gridò disperata la ragazza; ancora non si
spiegava il perché fosse stata portata via al calore della sua famiglia
e dalla sua vita tranquilla e felice. Il carceriere la guardò come se
avesse una testa di troppo - “Questa qui non deve esserci tutta con la
testa”- poi scrollando le spalle la tirò dentro la luce della stanza
come nulla fosse. La facilità con cui lui riusciva a sostenere il suo
peso la preoccupò ancora di più e si chiese una volta di troppo come
sarebbe riuscita a scappare da quell'energumeno. Anche se il pensiero
più pressante al momento restava il perché fosse stata rapita. Non
aveva sangue regale, non aveva mai fatto del male a nessuno, nemmeno a
chi prendeva in giro la sua passione per la letteratura, ma soprattutto
la sua famiglia non era così benestante da dare adito ad un riscatto.
Il suo aguzzino
doveva aver pensato che fosse più agile di quanto non fosse in verità,
visto che non l'aveva ancora lasciata andare – lui la stava ancora
trattenendo per il polso e la distanza dei suoi piedi dal suolo era di
svariati centimetri- e Levy poté notare altri particolari sul suo viso,
per scoprire che la pelle non era semplicemente colorata da una qualche
tintura strana: quel corpo era proprio fatto interamente di metallo e
la superficie perfetta di quella che doveva essere cute era inquinata
da piccole escrescenze dalla forma tondeggiante: che fossero bulloni?
Si diede della stupida nell'attimo in cui si ritrovò a fissarlo dritto
negli occhi. Che importanza potevano avere le sue illazioni quando di
fronte a lei c'era un vero e proprio mostro?! «Io non proverei più a
lanciarti di sotto, è un bel salto» le disse senza preamboli,
studiandola attentamente. «Avevo ragione a legarti, hai strane tendenze
suicide». Continuò a parlarle come se si rivolgesse ad una bambina e
dopo averla depositata a terra, prese in mano la catena e la legò
nuovamente al braccio sinistro, questa volta facendo ben attenzione che
la mano non scivolasse via facilmente. «Quando avrai trovato la
soluzione potrai anche lanciarti di sotto, per ora mi servi viva» e
dopo averle dato una pacca amichevole sulla testa – a lei parve che
fosse stata travolta da un vaso caduto da molto in alto- se ne andò
tranquillamente, richiudendo la porta dietro di sé. Levy si lasciò
cadere a terra, sopraffatta da sentimenti contrastanti e incapace di
far qualunque cosa se non guardare l'uscio con occhi spalancati.
Ma che cosa
stava succedendo?
Continua...
Chanana! Ecco a
voi Claudia la Pigra, di ritorno dall'oltretomba! Prima delle pataccate
vi informo subito che questa long partecipa al contest estivo: The
BlackIce-Cream Parade! Con svariati prompt obbligatori che verranno
fuori nei capitoli a venire! Io ho scelto la vaschetta di gelato con i
gusti amarena, foresta nera e come extra la granella di nocciole! Se
siete curiosi non vi resta che seguirmi 8D (lo so, non può fregarvi
niente, io ci ho provato, ecco). La cosa bella è che DEVO finir questa
storia entro il 22 di Settembre, just saying...
Veniamo alle
cose di poco conto: unendo i vari prompt (e avendo poca immaginazione)
mi son ritrovata a butatr giù una rivisitazione de: “La Bella e la
Bestia”, ovviamente molto cose son diverse (tipo il motivo per cui Levy
è stata rapit-presa gentilmente dalla stazione) e probabilmente tutto
girerà attorno a tre soli personaggi (non ho tempo di far qualcosa di
più intricato ç_ç).
Spero comunque
che possa piacervi!
→ Revisionato e
corretto il 29 Agosto dalla
mia amata ♥
|
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Capitolo 2 *** Premier Chapitre ***
***
Capitolo 1
Gajeel uscì dalla stanza con un ghigno soddisfatto: aveva salvato
quella pazza da un sicuro spappolamento e il tutto senza aggredirla,
spaventarla o shockarla più del necessario. Lily avrebbe dovuto
rimangiarsi tutto! Rimase immobile per un po', cercando di sentire se
quella cosina avrebbe tentato qualche altra stronzata ma, non captando
nient'altro che il suo respiro, vagamente accelerato, tornò al piano di
sotto diretto alla biblioteca personale. Nonostante fosse ormai giunta
l'ora della cena e dato che la sua ospite era più che sveglia, si
poteva dire prontissima a lavorare per lui. Ne aveva fin troppo di
quella situazione e ora che aveva trovato chi poteva aiutarlo non
voleva perdere altro tempo. Insolitamente di buon umore iniziò a
canticchiare fra sé una canzone che parlava di quello che avrebbe fatto
una volta tornato quello di un tempo e sulla ferrosa maestosità dei
treni, mentre a lunghe falcate si dirigeva verso una delle sale più
grandi e più maltrattate dell'intero maniero.
È doveroso spendere qualche buona parola per spiegare, almeno in parte,
il motivo di un simile accanimento verso quella parte di casa che
normalmente viene considerata come simbolo di grandezza e cultura del
proprietario; difatti in tutti i salottini mondani non c'era signorotto
o matrona vanesia che non sciorinasse ad ogni ospite, vecchio o nuovo
che fosse, quanto fosse ben fornita e ben vasta la libreria di
famiglia; che poi tutta quella carta scritta stipata in una stanza
venisse veramente anche solo sfogliata non era dato saperlo. Gajeel fu
colpito dalla sua maledizione quando era soltanto un ragazzetto di
quattordici anni e aveva appena imparato a leggere qualche parola
appena prima di perdere la possibilità di intrattenere qualsivoglia
relazione umana, perciò il suo livello di istruzione era rimasto
scarso, quasi nullo: figuriamoci l'enorme difficoltà a decifrare interi
libri con parole lunghe e complicate! Facile immaginare quindi la sua
frustrazione e odio verso quei fogli di carta quasi illeggibili per
lui, che potevano nascondere da qualche parte la soluzione a tutti i
suoi problemi. Non che qualche ospite, titolato o meno, avrebbe mai
visto la desolante confusione di libri lanciati in ogni dove, senza
rispetto di pagine e copertine antiche o anche solo fragili. Di sicuro
non sorprese il proprietario del maniero che, accingendosi a finire la
sua nuova canzone - “Perché essere di ferro è figo, ma non puoi fare
niente; quando tornerò umano invece, sarò ancora più incosciente!♪” -
spalancò i due battenti a tutela della biblioteca e senza perdere tempo
ad accendere alcuna lampada ad olio o candela -conosceva ogni
minimo anfratto, scalino o mobile della casa- raccattò svariati libri
abbandonati a terra e lasciò nuovamente quel salone freddo e
semi-dimenticato.
Superò a gran velocità, sfidando la gravità con la sua enorme pila di
libri, il primo corridoio laterale che portava all'atrio dell'ingresso
ed intraprese poi l'ultima scalinata per giungere dalla tizia ma,
come in ogni miglior missione, avvenne il fatidico imprevisto: «Gajeel
dove pensi di andare?».
L'uomo dal corpo di ferro non poté fare a meno di tentennare alla
domanda piena di biasimo del suo amico, ma niente lo avrebbe comunque
fermato. «Non sono affari tuoi, gatto» e cercando di svignarsela
riprese la corsa nascondendo il volto, colpevole, dietro alla pila di
libri. «Non ci provare, fila a far qualcosa da mangiare, non puoi
lasciarla morire di fame!» «Io non la faccio morire di fame! Prima il
lavoro poi la cena...» «Non si ragiona a stomaco vuoto, caprone!» detto
ciò Panther Lily, spazientito, aumentò considerevolmente di taglia
abbandonando così le sue fattezze animali per rassomigliare di più ad
un uomo dalla pelle color cioccolato con ancora coda e orecchie da
gatto. Potendo ora confrontarsi alla stessa altezza si piazzò in mezzo
alle scale impedendogli ogni possibilità di fuga, se non verso il piano
sottostante e quindi la cucina. «E comunque puoi benissimo far te da
mangiare!» non avrebbe ceduto, dannazione a lui e alle buone maniere!
«L'ospite inattesa è tua, e tuo è il compito di trattarla come si
merita, non farmi ripetere cose ovvie» continuò imperterrito Lily e per
chiudere ancora più la questione gli prese dalle mani i libri e se ne
tornò verso la biblioteca. «Ancora non si è meritata niente» disse tra
i denti Gajeel, contrariato per essere stato costretto a far quello che
voleva lo stramaledetto gatto. «Dannata fata, te e le tue clausole!».
Mestamente intraprese la via verso le cucine, sbattendo nel tragitto
tutto quello che si trovava sulla sua strada, comprese qualche porta
già chiusa e senza risparmiare la mobilia dislocata lungo i vari
corridoi. Per non parlare delle ante dei pensili: che contenessero
pentolame o viveri in scatola, tutto era facile preda della stizza del
padrone di casa e nonostante fosse ben consapevole che il suo
comportamento fosse inutile e fondamentalmente infantile continuò
imperterrito a far il maggior rumore possibile, lasciandosi sfuggire
qualche urlo rabbioso di tanto in tanto. Come se la ragazza a un solo
piano di distanza non fosse già abbastanza spaventata.
***
Levy sarebbe rimasta volentieri in quel limbo confortante nel quale si
era lasciata affondare senza tante remore. Cosa poteva mai fare in
quella situazione? Era prigioniera in un luogo non identificato, ad una
altezza ancora da verificare e anche se si fosse trovata al pian
terreno – cosa di cui dubitava enormemente- non sarebbe mai riuscita a
liberarsi da quella catena. Oh, ci aveva riprovato a sfilarsela ma
l'unico risultato che ottenne fu un brutto segno viola sul polso e una
nuova parte del corpo che urlava vendetta e bruciava moltissimo. Aveva
pure tentato di scardinarla dal muro nel punto in cui era fissata,
tirando con tutte le sue forze, cercando un qualsiasi punto debole ma
nulla da fare nemmeno lì. Lo sconforto era totale e le idee per la fuga
ormai terminate perciò la ragazza decise che, per il momento, non
poteva fare a meno che aspettare la prossima mossa del suo rapitore.
Doveva ammettere che questa esperienza superava di gran lunga ogni
libro horror che avesse avuto la gioia di leggere – anche se in quel
momento si maledì per aver amato così tanto un genere letterario
alquanto discutibile: “Non potevo appassionarmi ai libretti rosa?!” -
visto che il suo anfitrione superava di gran lunga ogni tipo di mostro
conosciuto dalla fantasia umana. Chi si poteva mai immaginare un
energumeno tutto muscoli, fatto di ferro e dalla forza immane? Almeno
non puzzava di animale selvatico o sangue... si augurò che non avesse
qualche strano feticismo o lato perverso da sfogare su di lei.
Rabbrividì al solo pensiero. Le sue elucubrazioni vennero però fermate
da un'accesa discussione che sentì arrivare dalla porta della camera:
quindi non c'era solo la bestia in casa. Si augurò che il secondo
soggetto fosse più amichevole e disposto al dialogo del suo compagno.
Levy tese le orecchie più che poté ma dai toni concitati captò solo le
parole: lavoro e cena. Al pensiero di un pasto caldo la ragazza sentì
lo stomaco, irritato per la poca considerazione, brontolare
sonoramente. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per un pasto caldo! Se i suoi
conti erano giusti -e pregò che lo fossero- doveva essere a digiuno da
quella mattina e fortunatamente aveva saltato solo il pranzo. Si augurò
che si stessero riferendo a lei quando stavano parlando della cena!
Chissà per che cosa stavano discutendo i due... per un attimo ripensò
alle poche parole che le aveva rivolto l'energumeno: «Quando avrai
trovato la soluzione...» forse era collegato al "lavoro" che aveva
sentito un attimo prima. A pensarci bene forse avevano bisogno solo di
un qualche consulto oppure che risolvesse un indovinello... questo non
spiegava il rapimento però! «Aaah!» Esclamò strapazzandosi i capelli
come per far volar via tutti i pensieri inutili per far spazio alla
risposta giusta. Doveva mettere assolutamente qualcosa sotto i denti,
non riusciva a ragionare a stomaco vuoto. Tutto a un tratto un ruggito
lontano la fece sobbalzare spaventata. Stava comunque per credere che
si trattasse solo uno scherzo dei suoi nervi ormai provati quando al
primo ne seguirono altri, uniti a rumori ben poco amichevoli. Levy si
raggomitolò più che poté su se stessa: non ne poteva più!
La sua solitaria prigionia durò ancora poche ore, le più lunghe ed
estenuanti della sua vita. Era addirittura riuscita ad addormentarsi
per qualche minuto: subito dopo aver perlustrato tutta la stanza da
cima a fondo -no, nessun passaggio segreto-, aperto tutte le ante
dell'unico ed enorme armadio di legno scuro, saggiato la comodità del
lettone e notato solo all'ultimo un'altra porta a destra di quella per
uscire sul corridoio. Con giubilo scoprì esserci un bagno là dietro, ma
prima di poter fare la felice rivelazione ci mise almeno cinque minuti
buoni perché insicura sull'esito della sua apertura. Doveva ammettere
che aveva un terribile bisogno di usufruire di quella stanza ma il
problema rimaneva sempre quello: la catena. Certo, chi aveva pensato a
come legarla si era preso pure il disturbo di lasciare svariati metri
di gioco così da permetterle di raggiungere ogni angolo della camera,
bagno compreso, ma non aveva realizzato l'impossibilità della giusta
privacy dato che la catena non permetteva di chiudere completamente la
porta. Dunque era punto a capo: aveva fame, sete e un impellente
bisogno di natura opposta alle prime due. Ed era ancora prigioniera e
senza alcuna idea di quel che ne sarebbe stato di lei: insomma la
situazione non era cambiata per nulla e stava solo peggiorando di ora
in ora. Però aveva una sala da bagno tutta per sé.
Levy si rialzò dal letto dove una mezz'ora prima si era lanciata,
sopraffatta dall'immobilità della sua condizione e dal pesante silenzio
in cui si era chiusa la casa. Si avvicinò all'armadio ed aprì entrambe
le ante, non ricordandosi in quale delle due sapeva nascondersi uno
specchio. Cielo, stava uno schifo! Il vestito era tutto stropicciato,
una manica quasi non esisteva più e aveva la faccia di chi non dormiva
da giorni, per non parlare dei capelli divenuti una massa informe.
Nemmeno si chiese che fine avesse fatto il suo cappellino visto che
l'intricata acconciatura su cui aveva lavorato per quindici minuti
buoni quella mattina -non era ancora passato un giorno, giusto?-
rimaneva solo nei suoi ricordi. Si passò una mano tra i capelli,
cercando di sciogliere più nodi possibili e tentando, sebbene invano,
di domare quelle onde ribelli. La sua attività venne ben presto
interrotta bruscamente quando il suo rapitore entrò nella stanza
facendo sbattere con forza la porta: Levy si girò di scatto e notò
quasi subito un vassoio pieno di piatti e piattini in mano all'uomo -se
così poteva definirlo. Deglutì involontariamente e soffermò lo sguardo
su quegli occhi cremisi che, per quanto fossero spaventosi, avevano un
potere calamitante non indifferente. «È inutile che cerchi di farti
bella, stai uno schifo» disse l'ospite avendo notato l'attività in cui
stava indulgendo la sua... traduttrice? La ragazza si irrigidì come se
avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso e, stralunata, lo
guardò sconvolta. «Che c'è? Ho detto la verità!» Levy sapeva
perfettamente che il commento era assolutamente sincero ma questo non
le impedì di sentirsi offesa e oltraggiata per una simile uscita fuori
luogo e maleducata. «Ma come vi permettete di muovermi un simile
commento quando la causa di tutto questo» con un ampio gesto indicò
tutta la sua piccola figura «siete voi!». Gajeel si sentì a disagio per
un attimo: essere aggredito a parole da un cosino così piccolo, legato
per di più, lo aveva lasciato disorientato. «Oi bimbetta, stai calma!
Altrimen-» «Altrimenti cosa, screanzato? Non solo mi hai rapita in modo
ignobile, mi hai pure rinchiuso qui dentro, mi hai legata e mi stai
facendo morire di fame! In più non sono una bimbetta!» No, decisamente
gli avevano scambiato la ragazzina: che fine aveva fatto quella cosina
informe che aveva tentato il tuffo dell'angelo? Questa piccola arpia
sputa-fuoco lo stava disabilitando un poco. «E sentiamo, quanti anni
avresti, donna vissuta?» Però doveva ammettere che era più stimolante
questa qui; sperò solo che fosse comunque capace di leggere. «Cosa!?
Osate offendermi ancora di più! Non lo sapete che un vero gentiluomo
non chiede mai l'età ad una signorina? Con quel tono poi» Sbuffò
irritata incrociando le braccia al petto e, per condire al meglio il
tutto, lo guardò con biasimo. «Cosa...? Senti, microbo, ti ho portato
da mangiare, se lo vuoi vedi di star zitta e non aggredire chi ti sta
aiutando!» Rispose Gajeel alzando il vassoio quel tanto che bastava per
farle attirare l'attenzione sul cibo. «Visto che sei così gentile
allora slegami!» «Seh certo, così puoi riprovare il tuo volo
acrobatico? No, grazie» Levy stava iniziando a spazientirsi. Possibile
che dovesse trattare con un testone simile? «Stavo tentando di
scappare, zuccone!» Quella cosina aveva preso la brutta abitudine di
offenderlo con troppa leggerezza. «Mi pare di capire che non hai fame:
molto bene Miss Volevo Solo Scappare Uccidendomi, passate una buona
notte» e, dopo aver usato il collo del piede per recuperare la porta
riuscì, in qualche modo oscuro alle leggi della fisica, a chiudersela
dietro, senza rovesciare nulla di quello che era presente nel vassoio.
Levy corse alla porta e urlò: «Fammi uscire di qui! Ehi! Ti conviene
liberarmi, ormai saranno tutti sulle tue tracce e quando ti
troveranno...!» la risposta le arrivò subitanea «Con tutti intendi quei
due bambocci? In tal caso non avrò molti problemi, gihihihi». Ma quel
tipo sapeva solo offendere?, si chiese Levy. Gli intimò subito di non
insultarli, ma non venne proferita altra parola.
«Ehi, la mia cena!»provò allora ad urlare, ma tutto quello che riuscì a
sentire come replica fu un ringhio basso. Si abbandonò contro il legno
chiaro dandosi della stupida e, per meglio ribadire il concetto, iniziò
a dar leggere testate all'uscio e darsi sommessamente della stupida.
Pochi minuti più tardi un leggero bussare la destò dal suo triste
mantra. Levy si chiese chi potesse essere, dato che quella bestia
insensibile sarebbe entrata senza troppi convenevoli – cosa che aveva
già fatto due volte- e con fatica, visto che tra stanchezza e i vari
lividi i suoi muscoli stavano iniziando ad abbandonarla, si rialzò e
lentamente aprì la porta. Era la prima volta che lo faceva con le
proprie mani: nonostante fosse sempre stata consapevole del fatto che
non era mai stata chiusa dentro a chiave non aveva mai avuto il
coraggio di affacciarsi dalla stanza, e sentì il cuore correre più
velocemente: chissà cosa la stava aspettando! Con delusione scoprì che
non c'era nessuno ad attenderla. Si chiese preoccupata se stesse
diventando pazza ma un «Sono quaggiù» le fece rimangiare la paura.
«Un gatto.»
«Buonasera Miss-»
«Un gatto.»
«Diciamo di sì, è un po' lunga da spiegare... il mio nome è Phanter
Lily-»
«Un gatto parlante»
«Già. Dicevo, può chiamarmi semplicemente Lily-»
«Facile Levy: è un gatto, parlante»
«Sì, vi sto parlando e se voleste-»
«È così ovvio! Chi non ha un gatto con il dono della parola?!»
«Ehm, Miss Levy tutto bene?»
«Eheh, certamente... posso toccarti le orecchie?» e senza aspettare
risposta la ragazza si inginocchiò di fronte a quel singolare gatto dai
modi di gentiluomo e delicatamente prese le due soffici e rotonde
protuberanze in cima alla sua testa. Il nuovo venuto fu preso da
sgomento e si lasciò sfuggire mugolii di apprezzamento che lei
interpretò come fusa. Accettò per qualche momento ancora quei leggeri
massaggi poi, con calma, le allontanò le mani accorgendosi – dal
sussulto che ebbe la giovane - poi che un polso era ancora legato e
aveva raggiunto una brutta colorazione violacea. Avvicinò a sé il
livido per studiarlo meglio: «Sono state le catene immagino, deve farvi
molto male!» Lei gli rispose che sì, non era piacevole ma tra tutti
mali che aveva di sicuro la fame era quello più pressante. «Gajeel non
vi ha portato su la cena!?» chiese esterrefatto Lily, eppure lo aveva
visto salire la scalinata con il vassoio! «Portato è la parola giusta,
poi se ne è tornato via senza lasciarlo» quindi il nome della bestia
era Gajeel... «Quello stupido... venite, provvederò a curarvi la ferita
e a darvi qualcosa con cui riempirvi lo stomaco, dovete essere allo
stremo ormai». Lei lo guardò con gratitudine ma mestamente gli fece
notare che era ancora legata in quella stanza. Lily si scusò per la
maleducazione del suo amico provvedendo a liberarla immediatamente, e
lo fece così velocemente che la ragazza non riuscì nemmeno a vedere
come ci fosse riuscito.
Ma ci avrebbe pensato poi, decise mentre seguiva quell'essere singolare
lungo il corridoio. Nel tragitto verso una destinazione ancora ignota
la giovane prese nota di quante stanze stavano passando, della mobilia
-incredibilmente elegante considerando l'aspetto del padrone di casa-,
dei tappeti preziosi che calpestavano e di vari quadri che rendevano
meno cupa quella casa così oscura -oscura in senso metaforico visto che
erano dislocate ogni qualche metro delle lampade accese. «Non pensi che
potrei scappare?». In tutta verità non voleva rivelare quella che era
la sua idea da qualche minuto: dopotutto ora era libera e poteva
scavalcare quel gattino in ogni momento, dato poi che quel bestione non
era nei paraggi. Non aveva resistito però alla curiosità: sembrava
essere assolutamente a suo agio e incondizionatamente certo che non
avrebbe tentato nessuna fuga, c'era qualcosa che le sfuggiva e non le
piaceva rimanere all'oscuro. Phanter Lily le rispose con un sorriso
divertito e iniziò a scendere quella che era la scalinata più bella ed
enorme che le fosse mai capitato di vedere. Era molto semplice in
verità e collegava il suo piano a quello sottostante, ma oltre a quella
direzione sulla destra c'era una sua gemella – da dove si trovava lei
non si potevano vedere i gradini ma intuì comunque la presenza
dell'altra scala dall'andamento obliquo progressivo del soffitto. In
tutto contò tre piani e lei si trovava in quello intermedio. Deridendo
il suo tentativo di fuga precedente considerò che tutto sommato il
salto non sarebbe stato poi così alto. Nella discesa si appoggiò alla
ringhiera e con tutta calma, continuando a studiare tutto ciò che aveva
attorno a sé, seguì il suo Acheronte fino all'imponente atrio che la
lasciò senza fiato. Purtroppo non ebbe modo di analizzare tutto
l'arredo perché Lily per quanto fosse piccolo teneva un passo veloce, e
dovette corrergli dietro per recuperare i metri persi.
Arrivarono nelle cucine, notò dall'ambiente inconfondibile, dove il
gatto la fece accomodare in una sedia vicino ad un caminetto e, dopo
aver preso una piccola cassettina con piccole boccette, le controllò il
polso e le spalmò con delicatezza una pomata dal forte odore mentolato.
«Ecco qua, questo unguento è portentoso» le disse mentre le avvolgeva
delle bianche bende per proteggere l'azione benefica del balsamo
«vedrai che starai meglio in pochi giorni. E ora pensiamo al cibo!».
Così dicendo si avvicinò ai fuochi che erano ad un'altezza troppo
elevata per un corpicino così basso. Sorridendo tra sé si chiese come
avrebbe mai fatto ad arrivare lassù e stava per alzarsi ad aiutarlo
quando rimase shockata: quel piccolo cosino peloso era appena diventato
un enorme uomo dalla pelle scura. Con la coda. Ora capiva perché non
fosse particolarmente preoccupato per una sua probabile fuga.
Continua...
Ta-daaaaan! Come promesso a Girl Pumpkin e Gaia_chan -che ringrazio per
i commenti gentili- ho postato al sesto giorno (credetemi, per una come
me è un vero miracolo)! Levy si è scontrata con Gajeel, è riuscita a
scappare da quella stanza e ha fatto pure la conoscenza di Lily! Nel
prossimo capitolo Levy scoprirà, finalmente, il motivo del suo
rapimento.
Ah si! Per motivi di immagine (date la colpa a Mashima) in questo
universo ambientato nel nostro mondo (si è capito un po' il periodo
storico in cui siamo?) sarà assolutamente normale avere i capelli
blu/azzurri! Non potevo stravolgerla così e purtroppo all'epoca non
c'erano tinture per capelli di quei colori così bizzarri!
Detto ciò, ringrazio chi mi segue nell'ombra, chi ha piaciato e
preferito questa piccola favola rivisitata!
E ovviamente ringrazio la mia adorata
revisionatrice ♥
|
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Capitolo 3 *** Deuxième Chapitre ***
***
Capitolo 2
Panther
Lily aveva iniziato a parlare già da qualche minuto e non era certa
di essere riuscita a dare risposte sensate alle varie domande che le
aveva posto
su
le sue preferenze culinarie; probabilmente gli aveva detto che sì,
la lingua di cavallo si accostava benissimo ai cavolfiori grigliati e
per dessert avrebbe gradito del delizioso pot-pourri
di cozze e vongole. Ma non poté fare a meno di fissarlo con tanto
d'occhi mentre con tutta tranquillità prendeva pentole e alimenti e
ne ricavava quel delizioso profumino che la stava investendo! Aveva
accettato anche troppo velocemente l'esistenza di un gatto parlante,
dall'aspetto incredibilmente adorabile ed educato, ma non poteva
nella stessa mezz'ora accogliere anche la notizia che da micetto si
poteva trasformare in una enorme pantera simil umana. Però in quel
modo si poteva spiegare quel nome singolare...
«Miss
Levy...?» chiese il singolare essere
vivente, notando la mancanza di risposta della ragazza.
Si
girò verso di lei guardandola interrogativo, per poi
rendersi conto qualche secondo più tardi che cosa l'aveva distratta
così tanto. «Perdonatemi signorina, sono davvero tanti anni che non
parlo con qualcuno se non quel bisbetico di Gajeel e ho dimenticato
che per le persone comuni gli Exceed come me non sono altro che
leggende popolari. E invece esistiamo, solo che non tutti sono così
fortunati da poterne vedere uno» le fece un occhiolino complice e
tornò ad occuparsi del pasto.
Levy
rimase assorta nei suoi pensieri, scavando nella memoria alla ricerca
di informazioni: era sicurissima di aver letto qualcosa a proposito
di quegli esseri. Le ci volle poco per ricordarsi di una piovosa e
fredda serata d'autunno
in cui era ancora
una bambina:
ricordava
ancora la forte soddisfazione nell'essere riuscita a trascinare di
nascosto nella sua cameretta uno dei libri più grossi su cui avesse
mai messo occhio alla tenera età di otto anni. Le era stato
severamente proibito di leggere prima di coricarsi visto che la notte
era fatta per dormire, ma la piccola non poteva farne a meno. Per
quella sera si era scelta una raccolta di fiabe e favole e a cena le
fremevano le mani dalla voglia di rinchiudersi in camera a leggere!
Per poco non venne scoperta e dovette fingere di essersi
addormentata
con la lampada accesa -il libro nascosto sotto il suo corpo e le
coperte tirate fin sopra le orecchie- e la lettura poté riprendere
solo qualche minuto dopo, il tempo di riprendersi dallo spavento. Una
delle storie raccontava di questi esseri magici, tendenzialmente
pacifici e benevoli, che si accompagnavano sempre alle fate, trovando
beneficio gli uni con le altre. Potevano assumere più di una forma
ed avevano una certa predilezione per chi sceglievano di proteggere.
Purtroppo non ricordava altre caratteristiche o particolari che la
potessero aiutare a capire meglio Panther Lily, se non forse
l'attaccamento verso quello che sembrava esserne il padrone.
Dopotutto non
appariva in grave pericolo in quella casa ma era sempre bene averne
la conferma. «Quindi questa è una casa
magica, giusto?» chiese senza troppi preamboli, alzandosi a vedere
come procedeva la sua cena:
non si era dimenticata di avere uno stomaco sulla soglia di una
guerra civile. Lily la vide avvicinarsi e,
dopo essersi fatto leggermente da parte, le rispose che l'edificio
era un normalissimo costrutto di calce e mattoni; solo chi vi
alloggiava era particolare.
«Le
posso fare un domanda che probabilmente avrei dovuto formulare fin da
subito?» chiese la ragazza spezzando il silenzio che si era creato
poco prima. «Certamente, se è in mio potere risponderle lo farò
con piacere» rispose invitandola a sedersi al bancone-isola in mezzo
alla cucina e servendola, finalmente, con la cena. Levy non si fece
pregare altrimenti e prima di riprendere a parlare attaccò il pasto
come se avesse avuto il timore di vederlo sparire di lì a breve.
«Scusatemi» riuscì a dire qualche minuto dopo, il piatto vuoto
per poco più della metà, vergognandosi per il comportamento non
troppo signorile dimostrato al suo ospite -a quello gentile e carino-
«di solito non sono così maleducata... ma tornando alla domanda di
prima: perché sono qui? Quel tipo, quel Gajeel,
a parte
insultarmi non è stato in grado di illuminarmi in proposito. Perché
sono stata rapita? I miei famigliari non sono così benestanti da
potersi permettere un riscatto e...» quello era un fiume in piena di
parole, non una domanda! Lily si chiese quanto sarebbe durato ancora
il suo fiato e decise che era meglio mettersi comodo,
così mentre
lei continuava a porre quesiti di vario genere – ma dove siamo?
C'era forse bisogno di colpirla e legarla?- il gatto tornò nella sua
forma normale e sedutosi sul bancone la ascoltò pazientemente mentre
si sfogava su di lui. «Miss Levy, si fermi, la prego!» c'era un
limite a tutto però,
per cui la interruppe: «le spiegherò
quel che posso. Innanzitutto si tranquillizzi, tecnicamente non è
stata rapita. L'idea iniziale era quella di averla come nostra
ospite,
ma un certo
testone che non pensa mai alle conseguenze ha estremizzato il gesto»
cercò di essere più diplomatico e tranquillo
possibile,
nei limiti consentiti da quella spiegazione; in sostanza
erano delle pessime scuse e si sarebbero meritati tutta la sua ira e
il suo biasimo, e la denuncia alle autorità. Levy lo guardò
sconvolta: era stata aggredita -non solo lei, ma anche Jet e Droy-,
trattata come un sacco di patate, legata, presa a male parole MA si
era trattato di un modo selvaggio di offrirle un periodo di svago in
campagna in un maniero enorme. «Mi sta prendendo in giro» rispose
perplessa, non
trovando altra
soluzione. «No, la prego, mi creda quando le dico che non doveva
andare così!
Posso mostrarle anche
una lettera di presentazione e l'invito ad alloggiare qua per tutto
il tempo che le sarebbe servito a concludere al meglio il lavoro.»
Quello scherzo stava diventando un po' troppo intricato per lei, quel
gatto aveva uno strano senso dell'umorismo! «Ma di che lavoro sta
parlando?! Sono una semplice ragazza che non sa nulla sul lavoro!»
«Avremmo esigenza delle sue conoscenze letterarie e linguiste. Mi è
giunta voce, mentre facevo un giro in città, di questa ragazza molto
capace in quell'ambito e Mavis solo sa quanto ne abbiamo bisogno» E
adesso chi era questo Mavis? Levy si nascose il volto dietro il palmo
delle mani:
guardare
quell'essere assurdo non la stava aiutando ad analizzare al meglio la
situazione che stava diventando di attimo in attimo sempre più
strana e assurda. Lily rispettò quel momento di raccoglimento della
ragazza
in quanto aveva la sensibilità atta a comprendere il suo
disorientamento e sperò che dopotutto avrebbe
accettato di aiutarli. Poi le sentì mormorare qualcosa e,
scusandosi, le chiese di ripetere:
allora
Levy ripose la mani
in grembo e domandò che cosa si sarebbero aspettati che facesse
lei in caso di risposta affermativa. Si vergognava di aver dato una
simile risposta a tutta la questione, dopotutto non doveva essere
lì; a casa sua
c'era la sua famiglia che stava soffrendo nel saperla in pericolo e
tutto quello che provava in quel momento era una grande curiosità.
Cosa c'era che non andava in lei? Perché la sua sete di conoscenza
doveva essere così spropositata,
a scapito di
ben altri valori? Lily la consolò con un sorriso comprensivo e le
spiegò in breve il motivo della sua presenza. «Quindi devo
sciogliere una maledizione,
ma per
farlo devo scoprire da sola tutti i termini e le modalità e l'unico
indizio che abbiamo è che in biblioteca giace la risposta. Non
sembra una cosa facile» eppure era già eccitata all'idea della
ricerca, delle ipotesi e delle tonnellate di libri. «Nell'ipotetico
caso in cui decidessi di accettare...» le era dato di volta il
cervello?
Nessuna
persona normale avrebbe accettato di rimanere in casa di sconosciuti,
rapitori per di più, per un pugno di libri -una biblioteca intera!-
«ci sarebbe la possibilità di informare la mia famiglia
del fatto che sto bene in modo che non diano alle fiamme l'intera
città?».
Phanter
Lily le rivolse un sorriso tutto denti e le fece un inchino
promettendole che avrebbe recapitato personalmente la lettera,
che avrebbe
potuto scrivere di proprio pugno a breve.
«E
un cambio
di abiti, ve ne prego,
non posso rimanere con questi stracci addosso!» Così tornò a
finire di mangiare il pasto più sollevata, pensando già a come
sistemare il problemino “rapimento” e “aggressione”. Ma
soprattutto si chiese come avrebbe mai potuto convincere i suoi due
amici a lasciarla tutta sola in quel posto con due, anzi uno e mezzo,
uomini. «Per tutti i libri ancora non scritti nel mondo! Sarò
ricoperta di infamia e nessun gentiluomo vorrà mai prendere questa
ragazza indifesa dall'onore perduto!» urlò così, sbattendo la
forchetta sul piano di legno e guardando con orrore il nulla di
fronte
a sé.
Lily
fu preso dal terrore nel veder quella ragazza cambiare repentinamente
umore,
e quelle frasi urlate per lui non avevano molto senso. Si decise
infine a chiederle che cosa le fosse preso, quando
notò che i suoi occhi nocciola si stavano riempiendo di lacrime.
Capì a stento che una signorina non poteva assolutamente rimanere
sola in presenza di un uomo e un gatto – la coincidenza non gli
piacque particolarmente- altrimenti il suo futuro sarebbe stato pieno
di vergogna e biasimo. Come se già non la guardassero storto perché
aveva l'abitudine di leggere in ogni situazione, anche in barba al
galateo: nessun uomo veniva attratto dalla sua cultura e passione!
L'Exceed notò, con una certa dose di perplessità, che quello era
diventato uno sfogo su vasta scala
e, per quanto fosse lusingato della fiducia concordatagli dalla
ragazza, non aveva
nessuna intenzione di sorbirsi la frustrazione di una giovane donna.
«Che ne dite se vi vado a prendere carta e penna, eh? Torno subito!»
e letteralmente fuggì verso l'atrio lasciandola sola con i suoi
patemi.
Levy appoggiò la fronte sul tavolo e sospirò sconfitta.
«Povero gatto, l'ho disperato con le mie sciocchezze...» borbottò
tra
sé quanto
fosse stupida e dopo essersi asciugata gli occhi si raddrizzò
battendosi energicamente le guance
intenzionata a riordinare le idee
per la lettera. La parte più difficile sarebbe stata davvero
persuadere quelli che erano i suoi unici amici che non le sarebbe
successo nulla. Anche
se, in tutta verità, questo
non poteva saperlo nemmeno lei... Lily era un perfetto esempio di
gentleman ed era rimasta affascinata dai suoi modi di fare, dalla sua
strana natura e da quelle orecchie così tenere e soffici:
parlare con lui era piacevole e stimolante, ma per quanto riguardava
il padrone di casa la situazione era esattamente l'opposto. Per
quanto
avesse trovato facile fidarsi di quel gatto così particolare, sperò
che la sua abilità nel giudicare gli altri non la mettesse ancora
più nei guai, si chiese come
avesse potuto decidere di propria iniziativa di rimanere lì: era
quasi certa che, se glielo avesse chiesto, il piccolo
accompagnatore l'avrebbe riportata a casa sana e salva in un istante.
Ma soprattutto perché avrebbe dovuto impegnarsi tanto, mandando alle
ortiche la sua reputazione già traballante, per un bruto scorbutico
che non aveva fatto altro che deriderla e ferirla? Eppure era venuto
a cercare proprio lei, esattamente per quelle qualità che apprezzava
tanto di se stessa e che tutti guardavano storto,
credendo
che fosse un tantino stramba.
Levy sospirò guardando il bianco
soffitto, come cercando la soluzione nascosta chissà dove
nell'intonaco. Finalmente le veniva data la possibilità di
dimostrare
quanto valeva, che
male c'era a provarci? Jet e Droy l'avrebbero capita, lo sentiva, e
in fin dei conti teneva solo alla loro considerazione e stima. Il suo
filo di pensieri venne interrotto dal lieve
bussare alla porta: la ragazza
non ebbe bisogno di girarsi per capire che si trattava di Lily e
della sua speranza di trovarla di tutt'altro umore rispetto a quando
si era praticamente fiondato lontano da lei. «Venite pure, la
tempesta è passata» lo invitò lei prendendosi in giro. L'Exceed si
scusò imbarazzato e le consegnò diversi fogli, lettere, un calamaio
d'argento e penne d'oca. «Se le serve altro me lo faccia sapere!» e
dopo aver riassunto le forme di un gigante scuro prese a pulire
piatti e pentole. «Ma non avete dei domestici?» chiese Levy,
rimasta sorpresa dalla totale mancanza di servitori -prima aveva un
leggero sospetto, ora la certezza- in un maniero così grande.
«L'avete notato, eh? Diciamo che avere un titolare come Gajeel non
ha aiutato la causa». La ragazza gli credette all'istante e,
lasciandosi scappare una leggera risata, tornò a concentrarsi sui
simboli che era intenta a segnare in un foglio a parte.
Lily si fermò
ad osservarla curioso ed affascinato ma la giovane se ne accorse solo
dopo aver finito di annotare ventun caratteri diversi sia in forme
che angolature. Il gigante buono la guardò
interrogativamente e lei arrossì leggermente per poi spiegare: «Anni
fa inventai un alfabeto tutto mio e solo io, Droy e Jet ne conosciamo
il significato! Ho pensato che fosse l'unico modo per far saper che è
la loro Levy che sta scrivendo e che va tutto bene sul serio!»
«Davvero geniale!» si complimentò il gatto,
che venne
ricompensato con un enorme sorriso entusiasta. Rimase ad ammirarla
per qualche minuto ed infine tornò alle sue incombenze accompagnato
dal leggero grattare della penna sulla carta.
Poche
ore più tardi Lily riaccompagnò la ragazza alla sua stanza, dopo
averle rimediato una camiciola da notte: le augurò un buon riposo e
la salutò anzitempo dicendole
che sarebbe partito l'indomani mattina all'alba. «E mi
raccomando...!» «Il cambio, state tranquilla signorina» così
dicendo le sventolò sotto al naso la lista lunghissima di cose da
prendere dalla sua camera da letto. «E non vi preoccupate, lascerò
una nota a Gajeel spiegandogli il piacevole sviluppo!» e lei lo
ringraziò accarezzandogli la piccola testa pelosa. Era vero che
aveva
scelto liberamente di rimanere sotto quel tetto, ma lo era anche il
fatto che il proprietario del maniero, nonché suo
ex carceriere, non
ne era ancora a conoscenza e
lei non
poteva immaginare quale reazione avrebbe avuto alla notizia.
La partenza di Lily la rendeva felice perché i suoi famigliari
avrebbe avuto presto sue notizie, ma allo stesso tempo la
terrorizzava
perché sarebbe rimasta da sola con lui.
E il fatto che
in quello stesso istante fosse in giro per la brughiera per sfogare
la sua frustrazione, come le aveva detto il gatto, non la rassicurava
affatto. Finiti i convenevoli la ragazza si cambiò velocemente
lanciando a terra il suo vestito ormai da buttare e mettendo da parte
la sottogonna che, per quanto fosse rovinata nell'orlo, era ancora
utilizzabile. Con un sospiro soddisfatto si lasciò inglobare dalle
morbide coperte, addormentandosi in pochi istanti.
***
«Non.
Ci. Posso. Credere.»
Aveva
passato la notte profondamente addormentata, aveva addirittura
sognato di essere riconosciuta come la più grande esperta archeologa
dell'accademia universitaria! E i vari dolorini sparsi per tutto il
corpo avevano iniziato ad attenuarsi sensibilmente. Insomma, un vero
e proprio sonno
ristoratore, se non fosse stato che al risveglio aveva sentito
nuovamente un fastidioso peso sotto al seno che le comprimeva
leggermente il respiro. Con mani tremanti aveva confermato quelli che
erano i suoi più cupi sospetti: ancora catene. Si lasciò sfuggire
un urlo pieno di rabbia e risentimento e, con le lacrime agli occhi,
alzò il busto dal comodo letto e studiò la sua nuova tortura; ma la
prima cosa che le venne in mente fu che qualcuno le avesse messo le
mani addosso, probabilmente toccando parti del suo corpo estremamente
private, il tutto quando indossava solo una
leggera camiciola. Il senso del pudore violato a momenti non la
distrusse completamente. Si coprì i seni incrociando le braccia e si
strinse le ginocchia al petto, cullandosi un po', cercando di
ritrovare il coraggio di affrontare quella bestia che era diventata
nuovamente
sua carceriera.
In
verità la piccola Levy non poteva sapere che, paradossalmente, il
suo rapitore era stato accorto, nel suo stupore di trovarla libera,
curata e avvolta in una delle sue vecchie camicie, a non legarla
nuovamente per il polso fasciato ed era stato ancora più attento a
non sfiorare nemmeno per sbaglio quella piccola ragazza più del
dovuto – tranne quando l'aveva fatta rotolare su un fianco svariate
volte per fissarle la catena addosso.
Che
non avesse visto la lettera che il gatto gli aveva lasciato? O aveva
forse deciso di ignorarla a prescindere? Quale che fosse la verità
non cambiava la sua situazione che era peggiorata dato che in quel
momento non poteva nemmeno vestirsi
decentemente:
«Lily ti prego, torna presto!».
In
breve si presentò nuovamente il problema fisiologico e Levy guardò
sconsolata la porta del bagno:
forse se fosse stata abbastanza veloce... scattò dal letto lanciando
le pesanti coperte di lato, prese in braccio quante più catene
potesse tirar su per non farle sbattere a terra e appoggiò
l'orecchio alla porta della stanza. Il pesante silenzio la convinse a
correre nella piccola stanzina, ma prima spinse uno dei comodini
contro la porta – sapeva che non sarebbe mai riuscita a fermarlo
con quel piccolo espediente, ma almeno lo avrebbe rallentato un poco.
Fortunatamente riuscì a sbrigare i suoi bisogni e si lavò con acqua
gelida quel tanto che le riuscì in quella condizione.
Tornata nella
stanza più grande, infreddolita ma decisamente più presentabile,
notò una pila di libri ai piedi del letto che le doveva essere
sfuggita mentre cercava di tornare umana. Lasciò cadere a terra la
pesante catena, sfilò via una delle svariate coperte sul letto
avvolgendosela addosso ed
infine si inginocchiò per studiare il contenuto dei tomi. «Ma che
cosa...?!» i primi libri potevano essere molto utili ma di certo non
sarebbero serviti a spazzare alcuna maledizione,
dato che il loro contenuto era tutto meno che misterioso. Non ebbe
modo di scoprire l'utilità degli altri
che la porta venne quasi scardinata dalla sua sede e il comodino volò
per qualche metro prima di schiantarsi a terra,
finendo in pezzi
di legno sparsi ovunque.
Gajeel guardò sorpreso il misero ostacolo
che aveva, involontariamente, provveduto a distruggere:
poi spostò
l'attenzione sulla sua giovane e stupita ospite. «Pensavi davvero di
fermarmi così?» le chiese infine, divertito, indicando i poveri
resti del mobile e osservando l'originale modo in cui si era
agghindata: con quell'enorme coperta addosso sembrava ancora di più
una bambina. Una mocciosa che credeva di poterlo fermare con un
comodino e un libro,
visto come lo stava stringendo al petto come difesa.
In tutta verità
Levy si era dimenticata del piccolo espediente trovato per avvertirla
dell'arrivo dell'uomo
ma immaginò che non sarebbe servito a nulla spiegarlo a quel bruto,
quindi saltò
i convenevoli e gli intimò di liberarla. «Anzi, potete lasciarmi
solo la chiave, provvederò io stessa a togliermi questo giogo!» in
tutta risposta ebbe un'occhiata sbalordita seguita da una risata di
petto. «Certo, certo mezza pinta. Non sono uno scemo come Lily, io!»
Levy stava per contraddirlo e spiegargli la situazione quando l'altro
aggiunse un divertito: «E poi di cos'hai paura, che tocchi della
pelle ossuta?» la ragazza arrossì piena di vergogna e orgoglio
ferito
e, furiosa, gli lanciò
l'unica cosa che aveva in mano: il libro. Oggetto che fu schivato
senza problemi dall'uomo, che continuava a ridere di lei.
Troppo impegnato a redarguirla dal non gettare via quello che avrebbe
potuto servirle per il suo
lavoretto, si accorse all'ultimo che lei aveva appallottolato la sua
coperta/vestito e che gli era stata lanciata addosso pure quella.
Questa volta non riuscì ad evitarla,
perché a metà volo si era aperta completamente e venne ricoperto
dalla stoffa -che scoprì essere impregnata dell'odore della ragazza
e che, tutto sommato, per essere una mocciosa aveva un buon profumo.
Non indugiò troppo nella novità e se la sfilò via, per vedere
cos'altro avrebbe avuto da tirare quella piccola belva. «Oi, calma.
Cosa avrò mai detto di-» un'occhiataccia da parte della diretta
interessata non gli permise di finire la frase. A guardarla
bene sembrava davvero una piccola
tigre in gabbia, con quella camiciola più grande di lei, gli azzurri
capelli selvaggi che le incorniciavano il volto rosso di rabbia e
fieri occhi castani.
Presa dalla foga tentò di sfilarsi l'anello
della catena spingendolo verso il basso ma riuscì solo a farlo
scendere fino al punto vita e, in compenso, si guadagnò un'altra
risata sguaiata. «Con quel bel di dietro che ti ritrovi sarà dura
farla passare di lì, gihihi». La ragazza lo guardò sconvolta e si
portò le mani tremanti alla parte del corpo appena offesa,
come per accertarsi
che non fosse cresciuta spropositatamente nella notte. «Siete un
bruto!» lo apostrofò Levy, pronta a scagliare un altro libro a
difesa del suo orgoglio. «Oh oh oh, mi hanno detto cose peggiori,
nanetta!» lei continuò a guardarlo male e Gajeel si sentì
vagamente a disagio,
per cui passò
di nuovo all'attacco, com'era nella sua indole. «È ora di mettersi
a lavoro adesso. Chi non lavora non mangia. E vedi di non lanciare
più libri: quella merda si legge, non si usa come arma» «Cosa...?
Prima slegami razza di becero barbaro, non ho nessuna intenzione di
aiutarti in queste condizioni!» Lo sguardo dell'uomo si incupì
leggermente «Non sono un coglione, mocciosa. Già una volta hai
tentato di lanciarti di sotto, per non parlare del misero tentativo
fatto con quel pezzo di legno. Quindi resti legata.» «Ma che
problemi hai? Lily non ti ha lasciato scritto niente?!» Quel dannato
gatto era diventato fin troppo gentile con quella spostata, al suo
ritorno avrebbe subito tutte le sue lamentele a riguardo!
«Panther
Lily» calcò sul nome intero dell'Exceed, solo lui poteva usare la
forma abbreviata! «ha detto che è in città, tanto mi basta. Ora
inizia a lavorare
e, se farai la brava, troverai una
colazione degna di re!» E la lasciò nuovamente sola, con
l'irresistibile voglia di urlargli dietro ogni tipo di insulto che
conosceva.
Continua...
In
quasi ritardo, ma allo scadere del sesto giorno eccomi qua! (Mi sento
un po' Gandalf ora che ci penso XD) In verità avrei potuto postare
un po' prima ma lavoro e il mio corpo che ogni tanto mi abbandona -se
non sto male ogni tre per due non sono contenta- sono riuscita sola
ora .-.
Comunque!
Dato che, con questo passo lemme lemme, non so se riuscirò a finire
la fict entro il 22 mi chiedevo se postare ad una distanza minore di
giorni (3 o 4) più o meno con capitoli della stessa lunghezza o
lasciare lo stesso periodo di tempo (5 o 6) ma allungare
sensibilmente la portata del capitolo... cosa preferireste? Così
almeno mi adeguo al parere comune!
Un
grazie a Girl Pumpkin perché sì
(sappi che sento il dovere morale di postare in orario proprio per te
x°D) e grazie a Bluesun (invece
per amor tuo (?) ho scritto un po' di più xD).
Ma
soprattutto grazie alla mia amatissima seconda testa, senza di te
sarei perduta ♥
Non
so che altro aggiungere o.o Spero vi piaccia come si sta sviluppando,
piano piano, la storia!
A
presto! ♥
|
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Capitolo 4 *** Troisième Chapitre ***
*** Capitolo 3
Sfogliò un
altro libro, leggendo annoiata le avventure di un cane con la barba,
seduta a terra sulle svariate coperte che aveva debitamente lanciato in
giro per la stanza presa da un momento di stizza. Ne aveva già scartati
quattro, assolutamente non pertinenti, e si era soffermata su quello
più per noia che altro e un po' per vedere come il protagonista
intendesse salvare sua rattosità regina del regno di Groviera.
Terminata anche
la banale storiella per bambini chiuse sconsolata il libretto e lo
adagiò sulla pila di quelli già letti e scartati. Di questo passo
avrebbe finito nel giro di qualche mese, a essere ottimisti. Sospirò
sconsolata e lo stomaco brontolò. Sarebbe anche morta di fame a stare a
sentire quel bruto! Si alzò determinata ad ottenere la sua colazione -e
se possibile pure la libertà perduta- e ripreso quello straccio che era
il suo vestito lo fece passare dall'alto, impresa assai complicata da
portare a termine da sola, lasciando da parte il bustino dato che non
sarebbe mai riuscita ad allacciarlo sopra le catene. Si guardò allo
specchio dell'armadio e si trovò buffa e goffa, ma almeno non era
vestita con una sola camiciola! Si diresse a passo di marcia verso la
porta della camera, l'aprì e urlò a pieni polmoni e con le mani a coppa
per ampliare la portata dello strillo: «Aiuto!!» e lo ripeté fino ad
avere la gola bruciante e finché non sentì un rumore sordo seguito da
imprecazioni venire dal piano superiore.
Con tutta calma
tornò al centro della stanza vicino alle varie pile di libri e aspettò
che il suo gentilissimo ospite corresse da lei. Questa volta non volò
nessun uscio ma Gajeel si precipitò comunque dentro la camera come sua
abitudine. «Che diavolo sta succedendo!?» chiese spiegazioni l'uomo,
ancora turbato per le grida angosciate della ragazza. «Direi che
abbiamo iniziato con il piede sbagliato io e lei.» Proruppe la giovane,
cercando di non farsi cogliere dalle risa per la faccia sconvolta di
lui. «Il mio nome è Levy McGarden, piacere di fare la sua conoscenza»
continuò poi con un leggero inchino. La scena non poteva essere più
assurda: la ragazza che fingeva di presenziare a un evento mondano con
quel vestito ormai impresentabile e l'uomo che la guardava a bocca
aperta chiedendosi se le fosse dato di volta il cervello. «Che
diamine-» «Un gentiluomo dovrebbe rispondere a questo punto con il suo
nome, asserendo poi che è un vero onore avermi come sua ospite!» La
mascella di Gajeel non poteva scendere più di così. Decise che quella
femmina doveva avere la febbre alta per avere avuto un cambio così
repentino di carattere, così se ne assicurò avvicinandosi e toccandole
la fronte con una mano. «Che cosa state facendo?» chiese lei
sbigottita, non era riuscita nemmeno ad allontanarsi dal suo tocco da
quanto era rimasta perplessa. «Eppure non scotta...» mormorò lui ma
osservando da vicino come il volto della giovane stesse assumendo una
leggera gradazione di rosso. «Non sto male!» e lo allontanò da sé
spingendolo per il petto -che constatò essere solido come il granito-
«Stavo solo cercando di essere educata! Ma vedo che non siete il tipo
quindi ora vi dirò, da scortese quale solitamente non sono, che siete
un emerito sciocco!» esplose lei lasciandolo nuovamente sconvolto.
Poteva essere uno stronzo certe volte, ma questa volta non si meritava
quell'insulto! Si era anche preoccupato per lei, dannazione. «Che
diavolo ti prende, femmina?» le gridò dietro, stufo di arrivare sempre
alla parte dove lui si prendeva le offese. «Che diav-cosa mi prende?!
Ve lo dico subito!» e iniziò ad elencare le svariate cose che
l'irritavano e ad ogni nuovo punto gli batteva l'indice destro in mezzo
allo sterno riuscendo a farlo indietreggiare di un passo ogni volta.
«Primo: avrei potuto anche perdonarla per la storia del rapimento ma se
non mi leva subito queste catene non lo farò mai! Secondo: ho accettato
di rimanere di mia iniziativa e non vedo perché io debba essere
trattata da prigioniera. Terzo: come potete pretendere che io trovi il
bandolo della matassa se mi riempite la camera di libri inutili?!»
Gajeel deglutì nervoso, quella cosina lì lo stava distruggendo passo a
passo. Levy riprese fiato e il gran finale venne distrutto dal forte
brontolare del suo stomaco: lui sollevò le sopracciglia e la guardò
perplesso, lei invece arrossì furiosamente e battendo entrambi i pugni
sul suo petto finì la sua ramanzina intimandogli di darle da mangiare.
«Te l'ho già
detto: prima-» «Come pensi che possa affrontare una maledizione con dei
libri sul giardinaggio e le favole dei bambini?!» lo interruppe
infuriata, poi tornò verso i tomi incriminati e glieli fece sfilare uno
a uno sotto al naso «Devo per caso far crescere dal nulla una pianta di
Amaranto?» chiese dopo aver aperto a caso un libro di botanica,
leggendo poi il nome di quel fiore dall'aspetto così esotico e
dall'intenso color porpora. «O forse devo trovare un qualche indizio
nascosto nella fiaba di un cane verde che diventa primo cavaliere di
una regina topo? In tal caso basta che lo diciate e vedrò di
inventarmi qualcosa!» Gajeel non si era mai sentito così stupido e
riconobbe che tutto sommato quella ragazzina poteva aver ragione... ma
solo perché lui non sapeva leggere bene e aveva preso i primi libri
capitatigli a tiro. Si chiese come avrebbe potuto fermare la sua
pungente ironia che lo stava travolgendo ad ogni libro preso con foga e
sviscerato con accuratezza. Il tutto cercando di salvare la faccia:
ringraziò il colore metallico della pelle che riusciva a coprire
piuttosto bene l'imbarazzo che provò nel rendersi conto che quella
nanetta era riuscita a vincere la battaglia e che Lily aveva ragione.
«C'è aria di temporale, Lily tarderà qualche giorno» disse con il tono
più neutro che poté, lasciandola finalmente senza parole a guardarlo
perplessa. «Che cosa c'entra...?» Gajeel sospirò sconfitto, si avvicinò
alla ragazza, che questa volta tentò di arretrare ma la fuga le venne
bloccata dalla presenza del letto dietro di lei. La prese per le
spalle, lei ovviamente si irrigidì e fece per chiedergli scusa e
promettergli che sarebbe stata buona e zitta ma lui la fece girare su
se stessa e senza tante cerimonie infilò il braccio tra la stoffa del
vestito e quella della camiciola. «Cosa...??» esordì Levy sentendo un
qualcosa di estraneo scenderle dal colletto fino alla vita: con
vergogna capì che si trattava della calda mano dell'uomo e indecisa se
allontanarlo o attendere la morte in silenzio si portò le mani al volto
ormai completamente rosso per l'imbarazzo. Pochi centimetri ancora e
all'improvviso non sentì più il peso della catena intorno a sé.
Gajeel sfilò
via il braccio, inciampando di tanto in tanto nella stoffa per via di
una fila di piercing che aveva lungo tutto l'avambraccio, poi con un
piede trascinò via la catena facendola scorrere lungo le gambe della
sua ospite. «Gihihi, sembravi un topolino con quella coda». La ragazza
stava ancora decidendo se svenire dalla vergogna o prenderlo a male
parole così lo lasciò ridere da solo -nonostante anche lei, qualche ora
prima, si fosse paragonata a una qualche specie di scimmia-, e si girò
a guardarlo incrociando le braccia in vita, ora libera da qualsiasi
restrizione. Se solo fosse stato sempre così quel tipo: appariva tutta
un'altra persona mentre rideva così liberamente, sembrava un po' meno
bestia.
«Bada bene, ti
terrò d'occhio. Sempre.» le disse all'improvviso guardandola severo.
«Come te lo devo dire che non tenterò più di scappare?!» fu presa così
di sorpresa che non si accorse di essere esplosa dimenticando le
formalità. «Non è che non mi fido di te, nanetta è che... ecco
vediamo-» cercò di trovare le parole giuste per esprimersi al meglio
mentre lei lo stava guardando dubbiosa «No, non mi fido.»
Forse fu grazie
alle troppe emozioni provate tutte in una volta, oppure l'aver
riacquistato la libertà che le impedirono di sindacare ancora sulle sue
buone intenzioni. E scoprì che il suo essersi arresa alla testardaggine
di quell'essere le aveva portato solo vantaggi vista la tavola
imbandita che aveva di fronte a sé. Decise che la cucina era il
suo luogo preferito in assoluto. Senza ulteriori indugi si sedette
nello stesso posto che aveva occupato la sera prima e iniziò a mangiare
sotto lo sguardo vigile di Gajeel. Se aveva intenzione di guardarla
tutto il tempo e non approfittare di tutto quel ben di dio era peggio
per lui: nonostante la piccola mole il suo stomaco riusciva sempre ad
impressionare anche il più navigato dei buongustai. «Lo ha lasciato
Lily?» chiese Levy tra un boccone e l'altro, apprezzando con piacere la
sua colazione/pranzo. Gajeel, rimasto sconvolto dalla voracità
dell'esserino, non riuscì a dirle che il suo gatto si chiamava Phanter
Lily ed era pregata di non prendersi troppe confidenze e no, il cuoco
era lui. Dato che non le arrivò risposta la ragazza pensò di aver avuto
ragione e finì di banchettare di buon umore. Il suo ospite, per quanto
non l'avesse lasciata da sola un solo momento -e per tutto il tempo
passato a mangiare aveva sentito su di sé il suo sguardo-, non aveva
ancora aperto bocca ma recuperò tutte le parole non dette nell'instante
in cui proferì: «Finito? Bene, ora puoi tornare a-» «Ma come, non
sistemiamo le stoviglie?» lo interruppe lei all'istante un po' per
senso del dovere -era abituata a tenere sempre in ordine gli spazi in
comune con la famiglia- e un po' per avere il gusto di interferire con
i piani di quel burbero che credeva di poter fare il buono e il cattivo
tempo – cosa che effettivamente avrebbe potuto fare, ma Levy si
era fatta molto più baldanzosa senza catene. «A quello ci baderanno i
servitori dopo!» Non avrebbe mai ammesso che non c'era nessuno in
quella casa oltre a loro due, ne andava del suo patriarcale orgoglio!
Sfortuna volle che la risposta che ricevette fosse: «Ma Lily mi ha
detto che non ci sono domestici e fate tutto voi due!». E dopo averlo
ghiacciato all'istante sul posto, si alzò prendendo i vari piatti,
posate e contenitori e si diresse all'acquaio, senza nemmeno voltarsi a
constatare se lo avesse nuovamente spiazzato o meno. Senza alcun dubbio
era riuscita nella titanica impresa e si perse lo sguardo corrucciato e
le maledizioni interne che stava lanciando a quel gatto spione, che si
era fatto mettere nel sacco da una vocina dolce e due occhioni da
cerbiatta! Ma il fato non poteva essere solo contro di lui e una
piccola e indiretta vendetta la raggiunse quando venne ghiacciata da
capo a piedi dall'acqua che era letteralmente esplosa addosso a lei.
«Aaah! È gelida!» Preso dalle invettive verso Lily si era dimenticato
di avvertirla che il rubinetto era guasto e solo la manopola a sinistra
era utilizzabile. «Gihihi, giusto, sono mesi che Lily mi ha chiesto di
ripararlo» la derise, mentre faceva il giro della cucina per chiudere
la cascata d'acqua che continuava a zampillare per la stanza.
L'immagine di
lei, completamente fradicia, che saltellava in un angolo lontano da
tutto quel casino mentre cercava di scaldarsi abbracciandosi lo ripagò
di tutto l'onore calpestato quel giorno dalla piccoletta. «N-non ridere
di me!» balbettò arrabbiata lei. «Hai fatto tutto da sola» replicò lui,
continuando a ghignarle in faccia: quello che rimaneva del suo abito
che tentava di seguire la moda del momento – tolto il corsetto che non
era più riuscita a mettere e giaceva al piano superiore abbandonato-
era un gocciolante tendone di stoffa che aveva visto giorni decisamente
migliori. «Come siamo eleganti!» continuò lui, non riuscendo a smettere
di prenderla in giro e sfogandosi per la figuraccia della mattina. Lei
lo guardò furiosa, scatenando ancora di più le sue risate. «Va bene, va
bene. Ho capito» e le si avvicinò. Quella volta Levy fu pronta e
indietreggiò chiedendogli perplessa che cosa volesse ancora. «Prendo le
misure» e le mise le pesanti mani sulle spalle. «Per cosa?» quell'uomo
non conosceva le formali distanze tra due estranei soprattutto di sesso
opposto? Possibile che non si rendesse conto che se qualcuno li avesse
visti così avrebbero tirato su uno scandalo praticamente impossibile da
fermare? «Non puoi rimanere con quegli stracci, ci manca solo che non
riesci lavorare perché ti sei ammalata!». Aveva appena buttato via una
piccola opportunità di rendersi più gradevole agli occhi di lei con
quella che sembrava essere un'azione altruista degna di nota. Ma Levy
decise di accettare quel gesto senza tenere conto del secondo fine,
iniziava ad averne abbastanza dei loro battibecchi e ora dopo ora
riusciva ad inquadrare un po' di più quell'uomo.
La belligeranza
tornò nell'esatto attimo in cui lui la prese di peso sotto le ascelle e
la tenne sospesa lontana dal suo corpo. «Mettimi giù!» ordinò
agitandosi la ragazza. Gajeel prese a camminare senza degnarla di
risposta, ma quando lei iniziò a scalciare le intimò di star buona e di
smettere di inzuppare ancora di più i pavimenti e i tappeti nei
corridoi. La trasportò, senza alcuno sforzo, su per le scale, salendo
all'ultimo piano, quello che lei aveva intuito esistere e che ancora
non aveva avuto modo di esplorare -non che fosse riuscita a vedere
molto di quella casa. Ne approfittò: dato che non doveva far attenzione
a dove metteva i piedi poteva tranquillamente studiare tutto ciò che
vedeva, e ammirò gli sporadici quadri che incontravano nel tragitto,
qualche vaso qua e là, mobilia varia... il tutto tenuto ben pulito e
senza traccia di polvere: Levy immaginò, a ragione, che fosse tutto
merito di Lily. All'improvviso Gajeel la depositò a terra senza
preavviso, costringendola a barcollare per mantenere l'equilibrio, e
aprì una la porta di fronte a loro, entrando per primo. Levy fece per
seguirlo ma si fermò sconvolta di fronte a tutto quel disordine:
armadi, comò, cianfrusaglie varie... sembrava che tutta la mobilia
della casa convergesse lì dentro. E tanto, tanto ferro.
Il momento
divenne ancora più agghiacciante quando un tuono la colse impreparata e
un altro lampo rese l'ambiente degno di un libro horror. «Smetti di
squittire e dà un'occhiata qua» la interpellò l'uomo, lanciando una
vecchia bicicletta arrugginita nel mucchio di cose più avanti, causando
un piccolo smottamento generale. Lui non se ne curò e continuò ad
allontanare tutto ciò che lo separava da un vecchio baule seppellito da
anni di accumulamento. Raggiuntolo lo trascinò verso l'entrata e lo
aprì di fronte a lei. «Su, prendine uno e vatti a cambiare» grugnì poi,
impaziente di riportare l'attenzione sulla sua maledizione. Levy rimase
senza fiato nello scoprire che quell'ammasso di stoffe colorate erano
tutti abiti di pregevole fattura. Ne sollevò uno dall'esotico colore
arancione e scoprì che, oltre ad essere bellissimo, andava di moda
mezzo secolo prima. Se ne innamorò subito e lo scelse senza perdere
altro tempo, Gajeel doveva esserle grato per non essere una di quelle
donne fissate con le tendenze del momento altrimenti sarebbero rimasti
per mezza giornata a scartare quello e quell'altro vestito. La ragazza
trotterellò tutta felice verso la sua stanza, incurante della scia di
goccioline che stava lasciando dietro di sé. L'uomo decise di lasciar
correre e la seguì a passi larghi per poi fermarsi in fondo alla
scalinata: ci avrebbe pensato Lily al suo ritorno a sistemare tutto.
«Gihihi».
Una mezz'ora
più tardi e un Gajeel irrequieto per l'attesa, Levy fece la sua
comparsa in cima alla gradinata e girò su se stessa per mostrare
all'uomo cosa ne era stato del suo regalo. Lui alzò lo sguardo
vedendola nello sgargiante abito arancione e si chiese come avesse
potuto metterci così tanto a cambiarsi; poi notò che i capelli avevano
un aspetto decisamente più decente e domato, grazie anche ad una fascia
tenuta ferma da un fiocco. «Sembri una marmocchia» la derise lui,
smontando tutto l'entusiasmo della ragazza che lo guardò offesa
informandolo, mentre scendeva le scale con fare superbo, che una
giovane donna andava sempre complimentata. «E io ho diciannove anni»
disse bloccando sul nascere l'eventuale commento sgarbato che stava per
rivolgerle ancora.
Poi come se
nulla fosse si diresse nell'ala opposta alla cucina, curiosa di
scoprire che cosa ci fosse in quella parte della casa. Gajeel la seguì
dopo aver scimmiottato tra sé e sé le parole della ragazza apprezzando
comunque il fatto che si stesse dirigendo verso la biblioteca. Fu preso
però dal terrore quando realizzò che quel luogo era un vero letamaio,
per sua gentile concessione tra l'altro. Magari avrebbe dovuto provare
a sistemare un pochino, almeno i libri lasciati aperti e abbandonati
alla polvere! Per un momento si pentì di non aver dato retta a Lily
tutte quelle volte in cui gli aveva urlato che non ci avrebbe mai
guadagnato nel lasciare tutto in giro, anzi, sarebbe stata la sua
rovina visto che non avrebbe più trovato niente. Probabilmente aveva
ragione a intimargli di tenere ben ordinata quell'enorme stanza visto
che quel gamberetto era rimasta impietrita una volta aperte le due
porte d'ingresso. Si portò una mano dietro dietro la testa, grattandosi
nervosamente il collo e decise di controllare la salute mentale della
ragazza. «Senti, nanetta, lo so che è un vero casino, ti prometto che
poi lo metto a pos-» ma le sue scuse vennero bloccate dallo sguardo
estasiato e da un sorriso così luminoso che pensò non potesse esistere
nella realtà. Le sventolò una mano davanti al volto svariate volte,
chiamandola con diversi nomignoli di volta in volta sempre più atroci
per smuoverla da quello stato di trance, ma niente la smosse. «È
stupendo» bisbigliò alla fine lei, addentrandosi nella stanza e
continuando a studiare ad occhi aperti tutto quello che l'ambiente
aveva da offrire. Gajeel la guardò sconvolto mentre tutta contenta si
chinava a raccogliere un libro, si avvicinava al primo di svariati
scaffali e lo depositava con affetto tra gli altri suo compagni: dopo
un trillo meravigliato la vide correre di fronte al camino -che di
tanto in tanto provvedeva a dar vita al fuoco e vergognandosi si
rammaricò di aver usato come accendini dei libri la cui unica colpa era
stata quella di trovarsi in mezzo ai piedi in quel momento- ritrovando
infine anche una poltrona sepolta da lenzuola e libri ammonticchiati.
Di buona lena iniziò a liberare quella che sicuramente sarebbe
diventata la sua postazione preferita di lì in avanti e tutto quello
che poteva fare l'uomo era continuare ad osservarla allibito. Di
ritorno dalla seconda crociata per la liberazione della comoda sedia si
bloccò meravigliata: di fronte a lei, appeso alla parete, riposava un
enorme specchio. Rimase affascinata dalla superficie opacizzata
dell'incuria del tempo, dalla dimensione imponente che riusciva a
catturare completamente tutta l'ampiezza dell'ambiente, e dalla
dettagliata cornice dorata.
Doveva essere
veramente molto antico dato che l'immagine che le restituiva di sé era
leggermente sbiadita e pareva donarle un incarnato più pallido del
normale. Stava per avvicinarsi incuriosita quando vide con la coda
dell'occhio un'ombra dietro di lei, eppure lo specchio non rifletteva
nessun altro a parte lei... si girò e vide Gajeel intento a
raccogliere tutto il salvabile. Levy rispostò l'attenzione sulla
superficie riflettente e ancora una volta ad attenderla c'era solo la
sua figura. «Un vampiro!» urlò alla fine, allontanandosi da lui, le
mani corse a proteggere il collo. «Dove!?» domandò curioso l'uomo ma la
risposta gli venne data dallo sguardo terrorizzato che gli stava
rivolgendo lei. «Che diavolo ti prende ora?! Sicura di esserci tutta
con la testa?» «Aglio, ho bisogno di aglio!» non lo ascoltò, troppo
sconvolta per la brutta novità appena scoperta, e cercò di correre
verso la cucina. Lui però fu più veloce e la fermò agguantandola per le
spalle. «No ti prego! Il mio sangue è amaro come il fiele, lo giuro!»
lo pregò lei chiudendo gli occhi. «Ma per chi mi hai preso, non sono un
dannato uccello succhia-sangue!»
Continua...
Vi prego di
perdonarmi ç_ç Ultimamente soffro tantissimo di pressione bassa e col
lavoro che faccio ho davvero poco tempo da dedicare alla scrittura Q_Q
Per oggi
dovrete accontentarvi di questa cosa che spero vi possa piacere
ugualmente, mi rimetto nelle vostre mani >.<
Conto di
tornare ben operativa al più presto! Grazie a tutti/e, di cuore! (sì,
anche a te che mi segui nell'ombra ♥
Oh
Frà, ti amo tanto (queste epistole nascoste sono troppo esaltanti XD)
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