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Autore: DirtyCharity    25/08/2014    4 recensioni
Liberamente ispirata alla bellissima favola de: "La Bella e la Bestia" rivisitata per darle quel tocco alla Fairy Tail (e alla GajeelLevy). Giusto un attimo un cliché ma ogni tanto un po' di sano ammore non guasta!
[Partecipante al BlackIce-CreamParade! indetto dal forum TheBlackParade]
Rating arancio per colpa di Gajeel, sempre colpa sua!
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Levy McGarden, Pantherlily
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I don’t care, go on and tear me apart
I don’t care if you do, ooh
‘Cause in a sky, ’cause in a sky full of stars
I think I see you
A sky full of stars - Coldplay






*** Prologo

Per la perduta torre di Babele, come era finita così? Si chiese perplessa Levy McGarden, una giovane donna che tutto si aspettava dalla vita meno che ritrovarsi da qualche parte con ogni porzione del corpo dolorante. Soprattutto lo stomaco, cielo se le faceva male! Riusciva con fatica a respirare tale era il dolore che si irradiava da sotto lo sterno verso qualunque direzione.
Tentò di mettersi a sedere ma ogni articolazione le rispose che no, non le era possibile e perciò fu costretta ad analizzare la sua pessima situazione così com'era, stesa su un pavimento di una stanza che non l'aiutava a capire dove fosse.
«Pensa Levy, pensa!» si bisbigliò da sola, un po' per cercare di svegliarsi del tutto e un po' per farsi coraggio: dopotutto, l'unica cosa che ricordava prima di riaversi lì erano due occhi di fuoco e un lampo di cupo argento... poi un dolore immenso, ecco quello lo rammentava benissimo. Cosa poteva mai aver scatenato tutto quello? Insomma stava camminando pacifica verso la stazione con i suoi migliori amici e-
«Jet, Droy!»
Si sedette di scatto, preoccupata per i due giovani che la stavano accompagnando in quel momento fatidico. Ma la sua agitazione fu ben presto rivolta a se stessa: il movimento repentino, oltre ad aver infastidito non poco tutti i muscoli del suo corpo, aveva generato un rumore cupo e in quel frangente ancora più spaventoso e con orrore Levy scoprì che si trattavano di catene. Non solo si trovava tra quattro mura sconosciute in una casa probabilmente sperduta chissà dove ma era pure stata legata! Per quanto fosse una ragazza coraggiosa in quel momento si sentì perduta e disperatamente cercò di liberarsi dalle catene che le imprigionavano il polso sinistro. A costo di sacrificare quel braccio se ne sarebbe andata di lì prima che il suo aguzzino si fosse fatto vivo. Il compito stava risultando può arduo per via delle lacrime che a causa della paura le avevano offuscato gli occhi, ma inaspettatamente sentì che il pesante bracciale di ferro le scivolava tra le dita: con giubilo capì che il rapitore aveva sopravvalutato il suo polso – o pensava solamente che sarebbe rimasta senza sensi per più tempo. Levy non si soffermò troppo su quelle sottigliezze e dopo aver costretto il suo corpo ad ascoltarla - «Su bello, lo sto facendo per tutti e due, resisti» - si lanciò verso la prima finestra che vide e dopo aver scostato le pesanti tende e spalancato il vetro si affacciò, notando diverse cose in pochi secondi: era notte fonda, non si vedeva nulla perché la luna era persa da qualche parte e nessuna luce artificiale o meno le poteva indicare dove fosse e a quanti metri distasse dal suolo. Ma soprattutto cicale e i versi di altri animali notturni le confermarono, quasi deridendola, che si trovava in aperta campagna o comunque in un posto isolato.

Era da pazzi scappare tenendo conto le condizioni sfavorevoli della fuga, eppure la ragazza decise che tutto era meglio che rimanere lì, in attesa. Senza pensar troppo alle conseguenze alzò l'orlo della gonna e sottogonna e salì sulla finestra.



***


«Tu hai fatto cosa!?»
«Ho preso la ragazza, Mery Mec qualcosa. Quella brava con i libri».
Il primo interlocutore, uno strano gatto abituato a camminare su due gambe e ad essere la coscienza perennemente inascoltata del secondo, scosse la testa sconsolato: non sarebbe mai cambiato di quel passo. «Gajeel, non puoi andare in giro a rapire una ragazza e a spaventare un'intera città! Ti ricordo che avevamo deciso di non-»  ma la voce della ragione venne nuovamente interrotta con un verso scontroso e un veramente poco simpatico e petulante:«Lo so, lo so. Non mi ha visto nessuno!» disse infine orgoglioso di sé, mentendo spudoratamente. Non era colpa sua se il suo bersaglio, una versione mignon di quello che generalmente si chiama giovane donna, era in giro con due penosi cani da guardia – li aveva stesi in un secondo, nemmeno la gioia di un po' di adrenalina gli avevano regalato!- e men che meno era colpa sua se si trovavano in una stazione ferroviaria, all'ora di punta. In più un recupero di persona -«Si chiama rapimento, Gajeel» - su un treno non era proprio il benvenuto. Per quanto fosse un fan dei treni (un gigante di ferro sputa vapore) li mal digeriva, quindi prendere o lasciare. Panther Lily, il singolare gatto, ascoltò con estrema pazienza e irritazione tutte le scuse accampate dal compagno e per quanto alcune fossero ben ragionate non riusciva a capacitarsi della sua stupidità: «Hai rapito una ragazza! Lo vuoi comprendere che è sbagliato?». «Non capisco perché rompi tanto, hai detto che lei poteva leggere quella merda vecchia secoli e io sono solo andato a prenderla. Fine della storia.» Non era facile discutere con un tipo come lui e, cosa ben peggiore, bisognava sempre mandare giù il rospo della ragione: perché potevi anche essere nel giusto ma Gajeel Redfox non lo avrebbe mai ammesso. Sarebbe tornato sulla questione del rapimento in un altro momento, ora doveva pensare alla ragazza spaventata a morte. «E sentiamo, so tutto io, come intendi comportarti con lei? Sono almeno dieci anni che non interagisci con qualcuno che non sia io e non ti ci vedo a discorrere come nulla fosse con la tua prigioniera.» «Non è prigion-» questa volta Lily non aveva nessuna intenzione di farsi fermare nella sua filippica «E che mi dici della sua famiglia? Ormai si saranno rivolti alla polizia per-» «Gihihi, lasciali venire, ci penso io poi!» ribatté eccitato l'uomo: la sola idea di entrare in azione e menare le mani lo elettrizzava sempre. «No Gajeel, così finiresti ancora più nei guai e tanti saluti alla maledizione!».
Quel gatto aveva sempre la dannata abilità di smontarlo sempre su ogni cosa; tenuto poi conto che quella mattina aveva avuto a che fare con due mezze tacche battute in poco tempo, la sua adrenalina stava ancora gridando insoddisfatta. «Ora fila a vedere come sta la signorina e chiedile se ha qualche necessità.» Perché aveva la brutta sensazione di essere stato battuto nello scontro verbale? Dannato gatto parlante! Si avviò verso le scale borbottando scocciato e un lontano «E non essere il solito scorbutico!» lo bloccò sul posto. “Questo è troppo!” pensò irritato “è ora che capisca una volta per tutte chi comanda!” e saltandoli a due a due ridiscese i pochi gradini fatti in precedenza. Ma i suoi intenti bellicosi vennero fermati da un rumore sordo che non aveva motivo di esistere in quella casa dimenticata da dio. Gajeel si immobilizzò, alzò la testa verso la parte del piano superiore dove si trovava la stanza della sua ospite e tese l'orecchio. Il suono che ne seguì confermò l'ipotesi iniziale: la ragazza si era svegliata e pareva non essere molto contenta delle catene. Balzò velocemente in cima alla scalinata per ritrovarsi nel giro di pochi secondi di fronte alla camera e la confusione che proveniva da dentro lo spinse a spalancarne la porta: vide subito la ragazza decisamente troppo sveglia e troppo libera. Come diavolo aveva fatto a liberarsi così facilmen- Liiiily, questa non gliel'avrebbe perdonata! La giovane, con i vari strati di stoffa ancora tra le braccia e un piede sulla finestra, si girò spaventata per l'evolversi troppo veloce degli eventi e con orrore e un grido di paura vide finalmente chi era il suo rapitore. Avrebbe preferito di gran lunga non scoprirlo: un enorme corpo umanoide pieno di muscoli sicuramente letali, dalla pelle color del metallo più freddo, lunghi capelli più scuri della pece e vibranti pupille rosse. Agli occhi di Levy il suo aguzzino era nientemeno che un mostro spaventoso e se l'avesse raggiunta l'avrebbe ridotta in poltiglia. Proprio per evitarsi una simile fine, la ragazza non si lasciò più frenare dalla paura dell'ignoto e del buio e prese lo slancio per saltare.
«Dove pensi di andare, ragazzina?»
Non era possibile, quella cosa l'aveva raggiunta in meno di pochi secondi, giusto il tempo di agguantarla al polso con quella mano spropositatamente grossa e pericolosa lasciandola penzolare nel vuoto. «Ti prego, lasciami andare!» gridò disperata la ragazza; ancora non si spiegava il perché fosse stata portata via al calore della sua famiglia e dalla sua vita tranquilla e felice. Il carceriere la guardò come se avesse una testa di troppo - “Questa qui non deve esserci tutta con la testa”- poi scrollando le spalle la tirò dentro la luce della stanza come nulla fosse. La facilità con cui lui riusciva a sostenere il suo peso la preoccupò ancora di più e si chiese una volta di troppo come sarebbe riuscita a scappare da quell'energumeno. Anche se il pensiero più pressante al momento restava il perché fosse stata rapita. Non aveva sangue regale, non aveva mai fatto del male a nessuno, nemmeno a chi prendeva in giro la sua passione per la letteratura, ma soprattutto la sua famiglia non era così benestante da dare adito ad un riscatto.
Il suo aguzzino doveva aver pensato che fosse più agile di quanto non fosse in verità, visto che non l'aveva ancora lasciata andare – lui la stava ancora trattenendo per il polso e la distanza dei suoi piedi dal suolo era di svariati centimetri- e Levy poté notare altri particolari sul suo viso, per scoprire che la pelle non era semplicemente colorata da una qualche tintura strana: quel corpo era proprio fatto interamente di metallo e la superficie perfetta di quella che doveva essere cute era inquinata da piccole escrescenze dalla forma tondeggiante: che fossero bulloni? Si diede della stupida nell'attimo in cui si ritrovò a fissarlo dritto negli occhi. Che importanza potevano avere le sue illazioni quando di fronte a lei c'era un vero e proprio mostro?! «Io non proverei più a lanciarti di sotto, è un bel salto» le disse senza preamboli, studiandola attentamente. «Avevo ragione a legarti, hai strane tendenze suicide». Continuò a parlarle come se si rivolgesse ad una bambina e dopo averla depositata a terra, prese in mano la catena e la legò nuovamente al braccio sinistro, questa volta facendo ben attenzione che la mano non scivolasse via facilmente. «Quando avrai trovato la soluzione potrai anche lanciarti di sotto, per ora mi servi viva» e dopo averle dato una pacca amichevole sulla testa – a lei parve che fosse stata travolta da un vaso caduto da molto in alto- se ne andò tranquillamente, richiudendo la porta dietro di sé. Levy si lasciò cadere a terra, sopraffatta da sentimenti contrastanti e incapace di far qualunque cosa se non guardare l'uscio con occhi spalancati.
Ma che cosa stava succedendo?










Continua...























Chanana! Ecco a voi Claudia la Pigra, di ritorno dall'oltretomba! Prima delle pataccate vi informo subito che questa long partecipa al contest estivo: The BlackIce-Cream Parade! Con svariati prompt obbligatori che verranno fuori nei capitoli a venire! Io ho scelto la vaschetta di gelato con i gusti amarena, foresta nera e come extra la granella di nocciole! Se siete curiosi non vi resta che seguirmi 8D (lo so, non può fregarvi niente, io ci ho provato, ecco). La cosa bella è che DEVO finir questa storia entro il 22 di Settembre, just saying...
Veniamo alle cose di poco conto: unendo i vari prompt (e avendo poca immaginazione) mi son ritrovata a butatr giù una rivisitazione de: “La Bella e la Bestia”, ovviamente molto cose son diverse (tipo il motivo per cui Levy è stata rapit-presa gentilmente dalla stazione) e probabilmente tutto girerà attorno a tre soli personaggi (non ho tempo di far qualcosa di più intricato ç_ç).
Spero comunque che possa piacervi!

→ Revisionato e corretto il 29 Agosto dalla mia amata ♥

   
 
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