Lost Cause

di MarieCecile
(/viewuser.php?uid=100152)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Amici. ***
Capitolo 3: *** È tornata. ***
Capitolo 4: *** Burghin. ***
Capitolo 5: *** Rimanere. ***
Capitolo 6: *** Rave. ***
Capitolo 7: *** L' after. ***
Capitolo 8: *** Noi. ***
Capitolo 9: *** Incontri. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Image and video hosting by TinyPic
 
Prologo.
 
Quando Allison Smith a quattordici anni aveva lasciato il Little East, il piccolo paesino vicino a Sydney dove viveva, aveva i capelli castani che a malapena le toccavano le spalle, i vestiti più invisibili e anonimi di tutta la regione e un caratterino da leader che solo i suoi veri amici conoscevano.
Si era lasciata alle spalle il suo migliore amico Mike, i suoi capelli che iniziavano ad essere più chiari e la sua fama da bravo ragazzo; Queen e il suo nuovo fidanzato Ashton e Cara con i suoi libri.
Aveva detto addio alla sua cotta per Luke Hemmings ed i suoi continui flirt riusciti male, alla sua villetta confinante a quella dei Hood con il loro figlio misterioso e al Little East College.
Alle interminate distese campestri, al canale artificiale dove faceva il bagno con Mike ed alla fattoria dei Lee.
Non aveva perso qualcosa di particolarmente speciale, a parte l’amicizia con Mike. Il paesino era troppo piccolo, troppo anonimo, troppo dimenticato.
Era partita per New York, insieme ai genitori inseguendo il lavoro del padre, che gli aveva procurato un appartamentino a Brooklyn sulla riva del fiume che lo separava da Manhattan.
Era certa che non sarebbe più tornata.
Che le cose li sarebbero rimaste le solite perché in un paese così niente sarebbe potuto cambiare.
 
 
Calum Hood è sdraiato nel giardino di casa sua, con una sigaretta in mano e la testa contro quella di Ashton Irwin, il suo migliore amico ormai da qualche anno.
Non hanno fondamentalmente voglia di fare un cazzo se non starsene li fermi ed immersi tra i loro pensieri.
Fa caldo come sempre e c’è silenzio come sempre.
C’è la sua villetta beige, con i fiori di sua mamma perfettamente curati, i cani della famiglia davanti a casa sua stanno dormendo e l’abitazione rosina abbandonata di fianco alla sua è esattamente come al solito.
Ashton ha trovato un appartamentino vicino al comune a basso prezzo e gli ha chiesto di trasferirsi li con lui.
Ormai hanno ventuno e ventitré anni e sono abbastanza maturi per poter salutare la convivenza con i genitori.
E Calum ci sta riflettendo, va bene essere grandi e tutto il resto, ma gli piace troppo farsi servire e riverire da sua madre.
Sono entrambi troppo assorti nei loro pensieri per accorgersi del camion che si è fermato davanti alla casetta rosina li vicina.
Particolare che però non sfugge a Queen Davies che sta passando li davanti in bici per raggiungere la casa di Claire Lee.
Non riesce a trattenere lo sguardo sbalordito davanti a quella scena.
Qualcuno sta per occupare la casa Smith dopo ben sei anni.
Scuote la testa prendendo il cellulare con l’intenzione di scrivere di quella sua scoperta a Claire, la sua migliore amica, prima che lo faccia qualcun altro perché Little East è un paesino piccolo e non ci sono mai novità e, quando qualcosa succede tutti sembrano far la gara a chi lo sa per primo, solo per il gusto di poterlo riferire agli altri.
 
 
Sue Robinson è seduta sul marciapiede della strada che attraversa i campi coltivati e porta al paese. Ha una bottiglia di birra appoggiata a terra vicino a lei già metà vuota e un senso di ribrezzo per se stessa ‘ché non riesce ancora a credere di essere riuscita a conciarsi così.
Sta aspettando Michael Clifford, il suo ragazzo, per poter andare a fare un giro a Sydney.
Nessuno dei due ha la macchina e nemmeno la patente, son troppo abituati a prendersi la vita così come viene per potersi impegnare in qualcosa di serio.
Faranno autostop come al solito, tanto qualcuno disposto a portarli in città c’è sempre, nonostante possano non sembrare l’esatto esempio di persone affidabili.
La canottiera maschile che ha preso in prestito da sua cugina Kyra è troppo grande per lei. E ok che è fatta per esser larga, ma il suo corpo è davvero troppo sottile per poter star bene con quell’indumento addosso.
Le calze a rete sono rotte, i quadratini piccolini che avevano una volta ormai si sono aperti del tutto, formando degli enormi buchi sulle ginocchia, sulla coscia, sulla gamba…
Ma a Sue non interessa granché.
Ultimamente non le sta interessando proprio più niente.
Un SUV nero con i vetri oscurati le passa davanti attirando la sua attenzione.
Poco più avanti Michael la sta raggiungendo, anche lui con lo sguardo puntato verso quella macchina che da quelle parti non si è mai vista.
Ha i capelli di un rosso tendente al fuxia nascosti sotto un cappellino grigio e le mani in tasca.
Le borse sotto agli occhi sono più visibili che mai ma ne è valsa la pena, quella di ieri sera la ritiene la serata più bella di sempre e quel gruppo che è andato a sentire suonare gli è rimasto impresso nella mente.
È per questo che ora è diretto a Sydney.
Vuole assolutamente andare a comprare i biglietti del loro prossimo concerto.
 
 
Cara Walker è sul balcone di casa sua con gli occhi chiusi e le cuffiette nelle orecchie.
Dan Reynolds sta cantando con la sua voce calda ed imprimente.
C’è la riproduzione continua del suo ultimo singolo, Warriors, che Cara ancora non riesce a smettere di ascoltare perché se lo sente esplodere nel petto, come se la sua vita ne dipendesse.
Sta cercando di abbronzarsi, nonostante i vent’anni di convivenza con se stessa le abbiano insegnato che ok, può provarci quanto vuole, ma non riuscirà mai ad ottenere un colorito di pelle diverso dal suo bianco naturale o dal rosso-ustione.
La vibrazione del suo cellulare la distrae dalle parole di Dan. È Ashton, che l’avvisa dell’avvistamento di un camion dei traslochi sospetto davanti all’ ex villetta degli Smith.
Sorride un po’ malinconica, Allison era stata una sua cara amica e la sua improvvisa partenza l’aveva lasciata decisamente turbata.
Si erano sentite diverse volte via facebook nel primo periodo della sua partenza.
Poi entrambe erano andate avanti con la loro vita senza più avere notizia l’una dall’altra.
A volte si mettevano ‘mi piace’ alle foto, quello era stato l’unico contatto che Cara aveva avuto con Allison negli ultimi anni.
 
 
 
 
 
 
 
 
NdA.
Ciao a tutti!(:
Che dire, sono tornata con una nuova long che è nata sta mattina mentre pensavo al ritorno di Allison Di Laurentis di PLL e quello di Ashton Irwin nel sequel della long di Verdazzurra, Bad Blood.
E niente, ci ho pensato tutto il giorno e alla fine ho deciso di pubblicare.
Si, so che ora è tutto confuso ma vi assicuro che già dal prossimo capitolo, con l’ingresso in scena di altri personaggi tutto inizierà ad essere più chiaro.
Fidatevi di me dai!
Eeee niente, le topine qui sotto sono i prestavolto dei personaggi femminili principali, che in ordine sono Allison, Cara, Queen, Kyra e sua cugina Sue.
Tutti i personaggi di questa storia sono ispirati a persone che conosco, possono starmi simpatiche o meno,  se dovete offendermi qualcuno fatelo pure, tanto non tutti sono miei amici(:
E… niente Ele bella, mi spiace deluderti ma non è una long su Oned, le ragazze son cinque per altri motivi!
Un bacione belé, fatemi sapere che ne pensate!
 
-Ceci.

 
Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Amici. ***


Image and video hosting by TinyPic 

Amici.
 
Sarò sempre con te
Quando mi chiamerai…
Io ti voglio bene,
non scordartelo mai.
 
 
Simon Harris è la persona migliore che Cara possa conoscere.
Può considerarlo il suo migliore amico, la sua spalla, una persona che le serve.
Ma non in senso negativo.
Simon Harris le serve semplicemente per vivere.
E no, non sono insieme e nessuno dei due è innamorato dell’altro, semplicemente la loro amicizia è così forte, così bella, che si potrebbe solo invidiare, un’amicizia a cui è impossibile rinunciare.
Peccato che, impossibile o meno che sia, Cara Walker è obbligata a rinunciarci.
È obbligata ma non ci riesce.
E tutto questo perché esiste Meg Johnson.
È una ragazzina di due anni in meno di Cara, alta quanto una dodicenne, con degli improponibili capelli color amarena e il taglio degli occhi all’ingiù che si ostina ad evidenziare con strati e strati di matita nera.
Ha un fisico che, nonostante la bassezza, sarebbe da invidiare e delle curve che per strada fanno sempre girare i ragazzi.
Meg Johnson è la ragazza di Simon, nonché la persona più gelosa che esista sulla faccia della terra.
E il problema è che non può far finta di niente e parlare comunque con Simon, perché vivono in un paesino di cinquemila abitanti se si vuole esagerare e si sa, in posti così le voci corrono, e ci vuole poco a parlare con uno e poi con l’altro, descrivendo Cara Walker un po’ come la zoccoletta di turno.
E tutto questo perché Meg Johnson può anche esser piccolina quanto vuole, ma la lingua lunga e la fantasia ampia le ha eccome.
E Simon, di tutto questo, non sa nulla. Cara non gliene ha voluto parlare per non mettere ulteriormente in crisi la sua relazione, limitandosi ad allontanarsi da lui il più possibile e non può negare di star bene. Perché è come privarsi di una parte di se, ma non può fare altro.
Si concede di messaggiarci, quello si, come ora, ma andare con lui ed Ashton a prendere un gelato per lei è diventato off limits.
Ora è sdraiata sul letto, con il telefono in mano e l’espressione delusa, Simmon le ha appena detto di aver visto Ashton al tabacchino con Queen e, una notizia peggiore di quella proprio non sarebbe potuta arrivare. Ashton è un altro suo carissimo amico e non vuole vederlo di nuovo con il cervello fottuto da quella ragazza.
Queen Davies e Ashton Irwin sono la coppia più odiata in tutto il paese.
Si potrebbe scrivere una storia sulla loro relazione, iniziata sei anni prima e conclusa ben due volte nel frattempo.
La prima volta si era stancato lui, la seconda, diversamente da come ci si sarebbe aspettati, era stata troncata da lei.
E poi non si erano parlati per un annetto, finché la relazione nata tra Jinny e Ashton non aveva insospettito Queen che l’aveva vista qualche giorno prima in compagnia di qualche suo ex.
E così i due erano tornati a parlarsi, Ashton le aveva regalato i biglietti per un concerto e avevano ripreso ad uscire insieme.
E sarebbe tutto anche carino se non fosse per il carattere da prima donna di Queen.
Ashton sta simpatico praticamente a tutti, lei, invece no.
Eccezion fatta per le sue care amiche, che la venerano, nonostante tutti gli altri abitanti del Little East si chiedono come possano farlo.
‘’Secondo me non tornano insieme, sarebbe ridicolo riprovarci per la terza volta’’ ha scritto Simon, ma Cara non è d’accordo.
Ha notato il comportamento di Ashton con lei nell’ultimo periodo.
La abbraccia, sta sempre con lei, si comporta come se fosse il suo fidanzato, ed è già successo una volta, qualche mese prima che tornasse con Queen.
‘’Non ci spererei troppo, quella li gli ha già polverizzato il cervello.’’ Risponde buttando il telefono sul comodino.
Odia quado Ashton la tratta così.
Anzi, a dire la verità adora quando Ashton la tratta così, peccato che puntualmente quella che poi viene delusa è Cara e, ora come ora, proprio non vuole pensarci.
 
 
Calum Hood è in piedi, davanti alla bottega di suo padre con una sigaretta in mano, una canottiera bianca e uno stupido cappellino in testa nonostante faccia anche fin troppo caldo per metterlo. Sta aspettando impaziente che Sue si degni di arrivare così da sbrigare ‘sta benedetta faccenda e andare a casa ‘ché ha in mente un ritmino e delle parole che non vede l’ora di buttar giù sul suo quaderno nascosto sotto al letto.
Sue è in ritardo di un quarto d’ora buono e non è un buon inizio per la sua nuova carriera lavorativa da suo padre.
L’aveva pregato due sere prima di aiutarla a fare qualcosa perché lei quella vita aveva dichiarato di non volerla più vivere.
E Calum aveva acchiappato la palla al balzo. Suo padre erano mesi che lo invitava nella sua bottega ad imparare a lavorare come cesellatore per fare poi i soliti gioiellini che poi vende.
Ma a Calum questo non può interessare di meno. Lui vuole fare una vita in giro per il mondo con il suo basso, non vuole invecchiare chiuso in quattro mura di un negozietto di un paesino sconosciuto.
E Sue invece gli sembrava la persona più adatta a quel lavoro. Aveva visto alcuni suoi scarabocchi su un ciondolo o su un braccialetto quando qualche mese prima era andato a casa sua e ne era rimasto affascinato.
Inoltre trovarle un lavoro era l’unico modo che aveva per tirarla fuori dal baratro in cui aveva deciso di buttarsi a capofitto insieme a Michael.
Quando la vede arrivare però tutte le aspettative di miglioramento che aveva cadono nel vuoto.
Ha una maglia zebrata larga che le lascia scoperto l’ombelico, il suo hips e un altro piercing all’ombelico. La minigonna nera è bagnata e la sua andatura è decisamente instabile, troppo per una persona perfettamente in se.
-Cal!- urla sbiasicando le lettere mentre si sbraccia.
Scuotendo la testa il ragazzo si avvicina con uno sguardo severo rivolto al suo ragazzo.
-Ha un colloquio di lavoro e la fai ubriacare prima?
Ma nemmeno Michael è perfettamente in se, lo si nota dalla bottiglia di limoncello che ha in mano e dal sorrisetto che proprio non riesce a cancellare dal volto.
-Calli, mi presenti il tuo paapà?- chiede Sue chiudendo gli occhi e lasciandosi cadere a terra.
-Non penso sia il caso. Gli dico che hai la febbre e torni domani.- le risponde il diretto interessato aiutandola a tirarsi su. –Ma come cazzo fate a sbronzarvi alle tre del pomeriggio?
E Calum è disgustato, davvero, perché non ci si può rovinare la vita così.
-Venite a casa mia a guardare un film!- propone Michael prendendo la mano della sua ragazza come se avesse paura che il moro possa provarci improvvisamente con lei.
-No Mike, adesso andate tutti e due in camera vostra e dormite finché non starete bene.
E sbuffando invia un messaggio al padre informandolo dell’improvvisa malattia di Sue.
-C’è qualcuno in casa tua?- le domanda poi poco prima di imboccare la sua via.
-Mia cugina forse.
E Michael lo guarda nuovamente in cagnesco, geloso, nonostante non lo sia mai stato particolarmente.
-La accompagno io, Cal.- dice circondando le spalle di Sue con un braccio.
Il moro non se lo fa ripetere due volte, li lascia soli facendo finta di andarsene, rimanendo comunque a controllare che arrivino entrambi a casa sani e salvi.
Lascia un foglietto nella cassetta delle lettere di Sue, per informare sua cugina –che spera sia più responsabile di lei- del colloquio del giorno dopo, nonostante sappia già che dovrà comunque inviare un messaggio e, dopo essersi accertato che Mike sia entrato in casa sua, si accende una paglia dirigendosi verso casa.
 
 
Luke è davanti ad un muro che fino a poco tempo prima era completamente vuoto.
È di una vecchia casetta diroccata in mezzo ad uno dei campi degli Harris e quel grigio gli metteva tristezza ogni volta che lo vedeva.
Adesso per terra davanti a quel muro ci un paio di bombolette vuote e su di esso è comparsa un paesino in prospettiva con tanto di chiesetta e campanile.
Non si è nemmeno preoccupato di firmarlo, visto che a Little East lui è l’unico che, dai tempi del liceo, disegna quegli scorci di città in bianco e nero abbastanza aberrati che stupiscono sempre tutti.
Ha il braccio sinistro che brucia ancora a causa del tatuaggio che si è fatto, una maschera africana con il naso lungo e squadrato e non vede l’ora di arrivare a casa per farlo vedere a sua sorella Sarah.
I suoi genitori sono andati a trovare la nuova famiglia che si è trasferita a Little East nella casa degli Smith ma a lui non può fregar di meno.
È sempre stato uno che ama farsi gli affari suoi, sta nel suo mondo, poco gli importa quello che lo circonda, anzi, è sempre l’ultimo a scoprire gli scoop del paese, e non è mai lui a chiedere informazioni.
Un messaggio da Hannah lo riscuote facendolo tornare alla realtà.
Gli chiede se vuole raggiungerla a casa sua dopo.
Ma Luke non ha voglia. Hannah è una ragazza che aveva conosciuto qualche settimana prima in un locale a Sydney. Ci aveva un po’ provato con lei, si erano baciati e il giorno dopo si era trovato il suo numero salvato sulla rubrica del telefono.
Si erano visti qualche volta, erano stati a letto insieme e niente di più, ora Luke sta cercando solo una scusa per scaricarla definitivamente.
Le scrive che ha un lavoro da finire, il che è anche vero, anche se dubita di finirlo oggi, il braccio gli fa ancora male e non riuscirebbe mai a mettersi all’opera in quello stato.
Luke è un falegname, nonostante gli piaccia considerarsi un artista.
Anche se quella definizione che da di se stesso non è poi così sbagliata. Dal legno riesce a tirar fuori qualsiasi cosa si possa immaginare, dal gufetto porta ombrelli che la signora Morgan ha all’ingresso di casa sua, alle sedie della sala docenti della scuola.
L’anello in legno e il ciondolino a forma di elefante che ha appeso al collo sono entrambi suoi, l’orecchino di Kyra Robinson che le aveva regalato per il suo compleanno anche.
In soldoni, quasi tutti i manufatti in legno posseduti dagli abitanti di Little East son fatti a mano o da lui o da suo padre e Luke non potrebbe essere più orgoglioso di così.
-Dovresti farti pagare dal comune e metterti a fare murales in giro per la città.
Per terra, dietro di lui, circondata dalle spighe che iniziano a crescere c’è Kyra Robinson con un libro appoggiato sulle gambe e la sua solita espressione serena e rilassata.
È la sua migliore amica da qualche anno, nonché consulente fidata per i regali di Natale a sua sorella.
-Nah, alle vecchiette verrebbe un infarto.- afferma mettendo tutte le bombolette in un sacchetto prima di avvicinarsi e sedersi vicino a lei. –Vuoi vedere il mio nuovo tatuaggio?
Kyra annuisce spostandosi i lunghi capelli castani su una spalla lasciata scoperta dalla canottiera grigia stranamente da femmina e della sua taglia.
Luke sorride prima di iniziare a srotolare il cellophane dal punto dolente con estrema cura.
-Ma non è la stessa maschera che hai fatto per tua nonna?
-Si, è il lavoro che mi è venuto meglio.
Kyra annuisce, ricordando quando aveva partecipato con quella maschera al concorso ‘Piccoli cortili’ che si tiene ogni anno a Little East. E ricorda anche la sua vittoria.
Con il ricavato era riuscito ad aprire la sua botteghina che sognava da anni.
-Mi piace il chiaroscuro tratteggiato.
Luke annuisce senza riuscire a trattenere un sorriso. Kyra è una delle poche ragioni che lo trattengono a Little East, perché ne è certo, senza lei e i suoi consigli a quest’ora sarebbe perso.
-Devo andare a finire la sedia a dondolo per la nonna di Queen.- dice alzandosi prima di dare un bacio sulla guancia a Kyra. –Quella che fa fashion design, hai in mente?
L’amica ci pensa un attimo su, prima di annuire facendo una smorfia.
-Ci vediamo Luke.
Lo guarda allontanarsi un attimo prima di appoggiarsi al recinto li vicino, ‘ché il muro è ancora fresco, ed iniziare a leggere ‘I Dolori del Giovane Werther’.
Perché lei vivrebbe per leggere e scrivere.
Lo dimostra la memoria del computer per metà riempita dai documenti di World salvati, la sua libreria troppo piena e oggetto di perenni critiche da parte di sua cugina Sue che la considera troppo ingombrante per il loro piccolo appartamento e il suo corso di laurea in Lettere moderne.
Tutto ciò che riguarda la letteratura è diventata, negli ultimi anni soprattutto, la sua passione, il suo metodo per evadere dalla realtà, la sua àncora salda.
Che poi, tutte le arti, per lei, lo sono.
La pittura, la scultura, la musica,…
Non a caso è il punto di certezza di Luke. Quando ha bisogno di un consiglio su un soprammobile da scolpire o una cornice da intagliare non si rivolge a nessun altro se non lei.
‘Ché secondo lui è la persona migliore che potesse conoscere, nonostante il suo essere sempre sarcastica e nonostante il suo sternun di cui va fiera e che a lui proprio non piace.
 
 
-Secondo me dovresti uscire Ali, incontrare i tuoi vecchi amici e ricominciare da capo.
Céline Smith è seduta sulla vecchia poltrona di casa sua, con le gambe appoggiate sul pouf.
Dovrebbe pulire quella casa, rimasta vuota per sei lunghissimi anni, ma il grosso l’ha fatto ed ora vuole solo riposarsi un attimo.
-Oppure potrei aiutarti a rifare le valigie, prendere il primo aereo per New York e tornare a casa.
-Sei nata e cresciuta qui, Allison, questa è casa tua.
E la ragazza sbuffa, ‘ché continuare a discutere sarebbe inutile.
Si era abituata alla Grande Mela, ai suoi milioni di abitanti e al suo traffico continuo.
Ora, a Little East le sembra di essere in un altro mondo, con il passaggio di una macchina massimo due ad ogni ora, pochissimi abitanti in giro per il paesino, le casette basse che non nascondono il cielo e tutti quei campi coltivati attorno che si era quasi dimenticata.
Ha voglia di vedere Michael, che non sente da sei anni se non per gli auguri del compleanno, ma un po’ si vergogna.
Non può sparire e ricomparire così nella vita degli altri.
L’urlo di sua madre dal salotto che la obbliga ad uscire la fa sbuffare ancora, mentre cerca di infilarsi le sue Dr. Martens basse senza slacciare le stringhe.
La Allison Smith che sei anni prima aveva lasciato la città viveva di All Star bianche, comunissimi jeans grigi e magliette che più anonime di così non potevano essere.
La Allison Smith che ora sta chiudendo il cancelletto di casa non può essere più diversa di così, invece.
A partire dalla lunghissima chioma azzurra, fino ad arrivare al top nero abbinato ad un paio di shorts che aveva comprato da Macy’s qualche giorno prima di partire.
Si ricordava le strade di Little East meno contorte e meno numerose, finché non si trova davanti ad una bottega con scritto ‘L’angolo del legno’.
Quella non l’aveva mai vista, ne è certa, dev’essere nuova.
In vetrina c’è un geco tutto decorato appoggiato su un tavolo dall’aria non finita.
Li vicino c’è uno sgabello con le gambe come arrotolate e la scritta ‘interamente realizzato a mano’.
Titubante spinge la porta d’ingresso in vetro, guardandosi attorno come meravigliata.
C’è di tutto, li dentro, dai comunissimi anellini in legno alle graziose marionette sedute su una mensola.
E, nascosto dietro al bancone con la cassa, c’è un ragazzo biondo che, con le cuffie alle orecchie e la testa che si muove a ritmo, sta intagliando dei ghirigori su un bracciolo di quella che sembra una sedia a dondolo.
Il problema è che il ragazzo biondo in questione non è un ragazzo biondo qualunque, visto che l’Australia ne è piena.
‘Ché Allison riconoscerebbe quella mandibola ben delineata tra tutte le mandibole del mondo, quel nasino all’insù e quelle mani orribili.
Nonostante quel piercing al labbro che non dovrebbe esserci e nonostante lo scorrere del tempo lo abbia cambiato notevolmente, Allison riesce a riconoscerlo comunque, ma proprio non ce la fa ad andare a salutarlo.
Così si volta correndo fuori dalla bottega, con il cuore a mille e il volto paonazzo.
Ed è così che si ritrova, però, faccia a faccia con una ragazzina bassa più o meno come lei, con un caschetto biondo cenere piuttosto vaporoso e scompigliato ed un look decisamente vintage.
-Devi essere la nuova arrivata!- esordisce la ragazza in questione sorridendo e porgendole la mano. –Io sono Cara Walker.
E solo in quel momento Allison riconosce quegli occhi grigi e penetranti e quel sorriso familiare.
-Io sono Allison, Allison Smith.
Ed anche gli occhi di Cara si spalancano davanti a quella presentazione, perché spesso pensava al suo ritorno, ma mai se lo sarebbe aspettata così.
E non esita un attimo ad abbracciarla ancora incredula.
Allison Smith ha i capelli azzurri e un aspetto impossibile da non notare.
Ed anche la nuova arrivata ci mette tutto l’affetto possibile in quell’abbraccio.
Cara le era mancata e cavolo, non si sarebbe mai aspettata di veder diventare quella quattordicenne vesita sempre come un maschio  una delle ragazze con i vestiti più vintage dell’intera Australia.
 
 
 
 
 
 
NdA.
Heilà.
Beh che dire, spero che adesso si inizi a capire qualcosina di più!
Mi spiace tantissimo per il capitolo lungo e ‘fermo’ che ho scritto, ci son pochissimi dialoghi ed è anche un po’ noiosetto ma ci tenevo tantissimo a descrivere i primi rapporti tra i miei personaggi.
È che Ashton, Simon e Kyra sono delle persone importantissime per me (e di conseguenza dovevo per forza farvi capire il motivo, farvele amare tanto quanto le amo io) e Luke… beh Luke è stato la mia cotta del primo quadrimestre della prima media e, nonostante siano passati anni ed abbia ben altri per la testa, un debole per lui, seppur minimo, l’avrò sempre e quindi, anche con lui, non potevo limitarmi a quattro righe di spiegazione e stop!(:
E… niente, sono logorroica e lo si capisce anche da questa nota!
Quindi vi lascio ringraziandovi di cuore delle bellissime recensioni! Siete dei tesori! <3
Un bacio!
-Ceci.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** È tornata. ***



Image and video hosting by TinyPic

È TORNATA.
 
So che sei la più brava a non andarsene via.’
Queen si lascia scappare un mezzo sorriso prima di mettere il tweet di Ashton tra i preferiti.
Sa che è indirizzato a lei come sa, con certezza, di essersi procurata l’odio di metà Little East ricominciando a frequentare il ragazzo più amato in tutta Sydney, sia dalle ragazze sia dalle madri.
Non vede l’ora di andare con lui al concerto, ne è certa, li riavvicinerebbe ancora di più e lei ad Ashton ci tiene più di qualsiasi altra cosa al mondo e non le interessano le occhiatacce che certe ragazze hanno preso il vizio di lanciarle quando passa per strada.
Lei vuole tornare con Ashton e con Ashton tornerà.
Lo conosce troppo bene. Sono stati insieme per troppo tempo anche solo per poter aver un minimo dubbio sul suo ritorno.
Il cellulare inizia a vibrare, segno che Claire è arrivata.
Facendo attenzione a non rovinare lo smalto rosa fresco va ad aprirle il cancelletto senza mascherare il sorriso.
-Novità da Ashton, immagino.
E Queen annuisce dirigendosi verso il bagno.
Hanno programmato il pomeriggio a base di relax e maschere per il volto.
-Hai letto il suo ultimo tweet?
-Quello sul goal di Del Piero?
Queen le lancia un’occhiataccia prima di scoppiare a ridere. –Sai che non mi interessa il calcio. Ha detto che sono la più brava a rimanere nel suo cuore.
Claire, con gli occhi sbarrati, incrocia le mani al petto mettendosi ad urlare e saltellando.
Un’usanza piuttosto comune per lei e la sua ristretta cerchia di amichette, che ha procurato loro il soprannome di ‘Uh’ usato da tutti i loro compaesani.
-È fatta Queen, per la terza volta!- esclama facendosi la coda per spalmarsi la crema verdognola sul volto.
-Assolutamente! Se non è destino questo…
Le due amiche ridono ancora, mentre Claire apre facebook.
-Dicono che la figlia degli Smith sia tornata con i capelli blu.
Queen fa una faccia disgustata sistemandosi meglio sul lettino. –Non la sopportavo prima che partisse, figurarsi ora che è tornata con quei capelli solo per attirare le attenzioni!
E Claire non può che darle ragione. –Per non parlare della ridicola camicetta nera che aveva l’altra sera!
L’amica scuote le spalle ‘ché ancora non l’ha vista tra le strade di Little East.
-Non mi piace che sia tornata.
E –Nemmeno a me.- risponde Queen chiudendo gli occhi per riposarsi un attimo.
 
 
Cara è al supermercato concentrata nella comprensione della differenza tra due ammorbidenti.
Sua madre le ha detto di comprare quello rosa, peccato che ce ne siano di diversi tipi e quella donna non risponde al telefono.
Le viene un mezzo infarto quando due braccia le circondano le spalle attirandola verso un torace decisamente alto.
Non riesce a trattenere un sorriso riconoscendo subito la persona in questione.
-Ashton, cosa stai facendo!
L’amico ride, liberandola dalla presa.
-Mi serve l’ammorbidente azzurro, e questo è il nuovo modo di fare la spesa, pensavo conoscessi questa nuova moda!
Cara ride girandosi e trovandosi davanti anche Simon e Calum. Di getto abbraccia anche il primo stampandogli un sonoro bacio sulla guancia per poi darne uno meno esuberante al moro.
-No, non pensavo che adesso si abbracciassero le persone per prendere la merce- risponde poi stando al gioco senza smettere un solo secondo di sorridere.
-Domani sera fanno i fuochi d’artificio a Burghin, vuoi aggregarti a noi?- le domanda allegro.
Cara si stringe nelle spalle. –Posso portare un’amica?
-Dipende da chi, è figa?- si intromette subito Simon guadagnandosi uno scappellotto da Calum.
-È Allison Smith.
Tra i quattro cala un attimo il silenzio, interrotto bruscamente da Simon entusiasta. –Allora portala assolutamente. È diventata una figa si!
-Sim, cazzo! Hai Meg, smettila di provarci con tutte!- lo rimprovera nuovamente Calum ricevendo uno sbuffo come risposta.
-Sapete tutti che scherzo. Non la tradirei mai.- dice facendo scoppiare tutti a ridere.
-Non ci crediamo amico, mi spiace!- Ashton gli sta dando delle compassionevoli pacche sulla schiena con uno sguardo dispiaciuto.
-Infatti non mi stavo riferendo a Meg io, parlavo di Cara! Sai che il mio amore per te non ha limiti!
E la ragazza scoppia a ridere di nuovo lasciandosi trascinare in un suo abbraccio.
È da quando si conoscono che Simon si comporta così con lei e la cosa che la fa arrabbiare è che ancora nessuno ha capito che tra di loro, oltre l’amicizia profonda non c’è proprio niente.
-Sinceramente non mi aspettavo che Allison sarebbe tornata.- dice Calum guardando l’orologio.
-Non se l’aspettava nessuno.- gli da corda subito Ashton pensieroso.
Cala di nuovo il silenzio e Cara inizia a sentirsi di troppo. Fa un sorriso di circostanza prima di attirare l’attenzione di Ashton appoggiandoli la mano sul braccio.
-Devo andare ragazzi, ci si vede!
E dopo aver sentito i saluti degli amici si dirige a pagare, con un sorrisetto impertinente sulle labbra che ancora non è riuscita a mascherare da quando Ashton l’ha abbracciata.
 
 
Allison Smith tanto lontana da ‘L’angolo del legno’ non è riuscita a stare.
L’immagine di Luke concentrato sulla decorazione di quel bracciolo le è rimasta in testa tutta la sera e la cosa la disturba un po’. ‘Ché Luke Hemmings le piaceva tanto a quattordici anni e ci aveva impiegato molti mesi, a New York, nel tentativo di passarci sopra.
Ricorda ancora quando diceva in giro ‘Allison crescerà bene, sisi!’ facendola arrabbiare perché ‘dai, va bene tutto, ma mi sta dando del cesso ora e della figa in un ipotetico futuo!’ e le sue amiche si mettevano a ridere.
Ora si sta specchiando velocemente nella vetrina del negozio, indecisa se entrare o meno.
Si farà fare un dilatatore, ha passato tutta la notte a trovare quella scusa e a scegliere i vestiti.
Ha optato per una camicia rossa sbiadita troppo grande per lei, con le maniche arrotolate e il bordo infilato nei jeans larghi che le arrivano sopra le caviglie.
Ai piedi ha le solite Dr. Martens basse e nere e le unghie non possono essere più mangiucchiate di così.
Ha paura ad entrare, perché Luke in questo momento, sembra essere diventata l’incarnazione di tutte quelle sicurezze che aveva passato anni a cercar di accantonare, ma non riesce a resistere.
Vuole salutarlo, vedere se si ricorda di lei ed ascoltare di nuovo la sua voce.
Si infila le mani nelle tasche, per nascondere l’angoscia, e la borsa che ha sulla spalla è in bilico pronta a scivolare giù da un momento all’altro.
Fingendo molta non-calanche entra nel negozietto facendo suonare il campanellino all’ingresso.
Si guarda intorno, ancora stupita dalla bellezza dei manufatti mentre con un cenno della testa si allontana i capelli azzurro-grigiastro dagli occhi.
-Posso aiutarla?
Un biondino dietro al bancone la distrae dai suoi pensieri facendola piombare di nuovo nella realtà.
Sorride cortesemente andandogli incontro fingendo di non avvertire le guance arrossarsi sempre più.
-Certo, vorrei che mi facessi un dilatatore.
Luke la guarda curioso, ‘ché quegli occhi blu son familiari e quella catenina con un anello appeso al collo anche, ma non riesce a ricordarsi di chi si tratti.
-Quanto di diametro?
Allison sorride ancora di più dicendo che è di otto millimetri. –Lo vorrei con una decorazione in mezzo.
E Luke, alla vista di quel sorriso, di quei denti dritti e di quel neo sulla guancia, si sente come risvegliato.
-Allison, sei tornata!
Esclama alzandosi in piedi per andare verso di lei ad abbracciarla.
La ragazza chiude gli occhi, sentendo quel profumo, sempre uguale, invaderle le narici.
-Sei diventata ancora più bella! Hai visto che avevo ragione, anni fa?
Allison scuote la testa, lasciando che il ciuffo le cada davanti al viso giusto per schermarle un po’ le guance imporporate.
-Ti trovo bene anche io.- risponde staccandosi dall’abbraccio, improvvisamente dimentica di quella voglia di tornare a New York che aveva prima.
-Son contento che tu sia tornata Ali, davvero!
Ed anche lei lo è, anche lei è felice di esser li.
Ma non li nel Little East, ma li con Luke, che cazzo, è diventato ancora più bello di come se lo ricordava.
 
Calum è di nuovo davanti alla bottega di suo padre, con il solito cappellino in testa e le mani rigorosamente in tasca.
Questa volta, quando vede Sue arrivare è sobria, composta, nonostante i vestiti non siano quelli adatti ad un colloquio di lavoro, ed in compagnia di una castana decisamente più alta di lei.
Aspetta che siano davanti a lui, per salutarle, così da non mettersi a urlare per strada, perché è troppo riservato, lui, per queste scenate in pubblico.
Sorride incoraggiante a Sue, che si sta mangiucchiando le unghie per la tensione, prima di rivolgere la sua attenzione alla ragazza li vicino.
È decisamente alta, per i suoi standard, abituato com’è nanette che a malapena gli arrivano alle spalle.
Lei sicuramente non lo supera, ma almeno riesce a guardarlo negli occhi senza dover piegare il collo all’indietro come si fa per vedere un grattacielo.
-Sono Calum.- si presenta togliendo per la prima volta le mani dalle tasche.
La ragazza davanti a lui accenna un sorrisetto e poi –Piacere, Kyra, sono la cugina di Sue.
Il moro la osserva un momento, pensieroso prima di farsi da parte per lasciarle entrare nel negozio.
-L’ho accompagnata io per evitare i problemi di ieri.- spiega Kyra con lo sguardo fisso su un bracciale spesso decorato a mano.
Sua cugina sta stringendo la mano al suo possibile datore di lavoro e lei ora, li, non ha più uno scopo.
Fa un giro per la bottega, guardando gli orecchini, i braccialettini fini e le collane esposte, uno più bello dell’altro eppure tutti che non riuscirebbe mai a vedersi addosso.
Infondo perché Kyra non è tanto una da braccialettini da donnina elegante. Preferisce quelli in cuoio che si trovano al mercato, meno femminili, più spontanei e meno difficili da mantenere.
È più una persona pratica, che non bada a quegli accessori, fatta eccezione per qualsiasi tipo di piercing ed orecchino.
Sente uno sguardo puntato sulle sue spalle, insistente e leggermente imbarazzante e vorrebbe tanto girarsi e puntare i suoi occhi in quelli scuri di Calum, ma non ne ha la forza, si vergogna.
Si limita a rimaner girata sperando che Sue finisca presto di parlare con il signor Hood ed andare a casa, perché quel ragazzo, Calum, sta iniziando ad essere inquietante e si sa, le cose inquietanti diventano misteriose e, tutto ciò che è misterioso, l’affascina.
E bello e misterioso è un mix che per il momento Kyra non ha voglia di affrontare, o meglio, di voglia ne ha eccome, ma dover ricominciare con le sue solite paranoie, proprio, non ne ha voglia.
Si volta verso la cugina appena la sente alzarsi dalla sedia.
Saluta cortesemente il signor Hood e il figlio prima di uscire in compagnia di Sue, che è stata presa, con una voglia matta di guardarsi indietro ed incrociare lo sguardo del moro.
Dal canto suo, invece, Calum, non riesce a non pensare a quel neo sullo zigomo, a quel piercing, a quelle labbra, a quell’insieme perfetto che Kyra non sa di essere, con una frase che proprio, non sembra voler smettere di passare per la sua mente.
Tu sei lei.
 
 
 
 
 
 
NdA:
Hei!(:
Ok, iniziamo ad entrare nel vivo e sta iniziando a comparire anche qualche dialogo –strano ma vero!- e niente, penso di aver esagerato con Queen, penso di averla fatta odiare a chiunque in questo capitolo ma è necessario (non al fine della storia, ma al fine della mia esistenza, perché a me sta davvero antipatica!).
Pooi… Ele, mi spiace! Mi immaginavo l’incontro tra Calum e Kyra dieci mila volte più bello ma proprio non ci sono riuscita. Ti giuro che col passare dei capitoli rimedierò! Chiedo solo umilmente perdono):
E basta, ho scritto anche fin troppo!
Ringrazio tantissimo tutte voi per aver messo la mia storia tra le preferite e le seguite, per avermi fatto sapere cosa ne pensate su Ask (vi amo tutte!) e anche per aver recensito, mi fa davvero tantissimo piacere!
Ora scappo perché hanno aggiornato una storia che adoro e devo assolutamente leggere il nuovo capitolo.
Un bacione! A presto <3
-Ceci.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Burghin. ***


Image and video hosting by TinyPic

BURGHIN
 
Mary Milligan è, senza ombra di dubbio, la ragazza più del paese.
Più timida, più strana, più carina, secondo alcuni ed è anche la ragazza più conosciuta dai vecchietti del Little East visto che tutti i suoi nonni erano nati e cresciuti li.
È la figlia dell’unico barista che c’è in paese ed una delle amiche più care di Cara
È forse anche la persona più negata a guidare di tutta l’Australia eppure è sempre lei che, nonostante tutto, quando si tratta di andare a qualche festa prende in mano le chiavi e si mette al volante.
Come adesso che, mentre canticchia distrattamente l’ultima canzone di Macklemore, ignara della registrazione che le sta facendo Ashton dal sedile posteriore, sta andando a vedere i famosi fuochi d’artificio sull’acqua in compagnia di Cara, Simon, Allison e Calum.
Mary si trova bene ad uscire con loro, il gruppetto della domenica sera.
Pensa che quelli, siano gli amici migliori che, in quel maledetto paese, sarebbe mai riuscita a trovare.
Sono persone a posto, infondo.
Fatta eccezione per Calum nessuno fuma, son tutti abbastanza tranquilli e, per quanto lei ne sappia, non son mai andati oltre ad un’ innocentissima canna.
Che poi, il fatto che ogni volta che escono bisogna portare a casa una Cara ed un Calum troppo bevuti, è un’altra questione.
Ma le piacciono, tutti e cinque e, ne è certa, le piacerà anche Allison che si è portata dietro due birre a testa, così, perché le piacciono.
-Avresti dovuto portare il limoncello, per me, Ali!- si sta lamentando Cara che di birra, ne beve proprio poca.
-Ringrazia che abbiam da bere gratis, ingrata!- la rimprovera sorridendo Mary che, quando si tratta di birra, smette immediatamente di ragionare.
Calum ride, scuotendo la testa ‘ché Mary non potrà bere visto che deve guidare, ma preferisce non ricordarglielo e lasciarla nell’illusione.
-Quanto manca ad arrivare?- chiede Simon masticando una cicca rumorosamente e guadagnandosi un’occhiataccia da Ashton.
-Cinque minuti.- gli risponde Mary con lo sguardo fisso sulla strada.
Cara non vede l’ora di arrivare, andare al Broth, un locale nelle vicinanze a prendersi un Luxury, il nuovo drink azzurro alla vodka e cocco che ha scoperto, vedere i fuochi d’artificio che, nonostante abbia vent’anni la continuano ad affascinare e, magari, sdraiarsi nel pratone di fianco ad Ashton.
 
 
Luke Hemmings e Kyra Robinson sono già seduti sul pratone in riva al lago dove ci sarebbero stati i fuochi.
Uno intento a rollarsi un drum, l’altra con il naso incollato tra le pagine del libro di poesie che ha trovato a pochissimo nel mercatino degli usati qualche giorno prima, scritto da Kathleen Jamie.
Sono entrambi in attesa dell’arrivo di qualcuno.
Kyra sta semplicemente aspettando che sua cugina e Michael li raggiungano per farsi dare il trancio di pizza che ha chiesto poco prima, Luke, invece, sta solo sperando di scorgere, tra le troppe persone che lo circondano, un’ eccentrica chioma azzurrina.
-Ho visto Allison Smith.- dichiara, dopo un po’, mentre cerca fare gli anellini di fumo.
Kyra distoglie lo sguardo dal suo nuovo tesoro solo per rivolgerne uno interrogativo al biondo di fianco a lei.
-Quella che era partita anni fa, eravamo insieme a chimica e a disegno!
-Ah, quella che è tornata con i capelli azzurri e la faccia da svampita?
Luke scoppia a ridere, ‘ché la sua amica, infondo, ha ragione.
Allison Smith non è mai stata la persona più sveglia del mondo, vive in un posto tutto suo e lo dimostra tutto in lei, la sua voce acuta e vellutata, il suo muoversi morbidamente e lentamente, il suo modo di vestire…
Ed a Luke, Allison, anni prima, piaceva proprio per questo.
-Ci provavo con lei, prima che partisse.
Kyra lo guarda stupita, che la Smith è la persona più diversa da Luke che esista al mondo. –E non ricambiava?
L’amico ride di nuovo, facendo girare qualche ragazzina. –Oh no, le piacevo da morire, scriveva il mio nome circondato da cuoricini sull’agenda di chiunque conoscesse!
-Ma…?
-Ma non si è mai accorta che io ci stavo seriamente provando con lei.
Adesso è Kyra che scoppia a ridere, perché quando a Luke una ragazza interessa, non si crea problemi a farglielo capire, in modi decisamente espliciti, tra l’altro.
-E tu come facevi a sapere che ti moriva dietro?
-Me l’aveva detto Elis un giorno. Stavo sfogliando la sua agenda e su tutte le pagine c’era il mio nome circondato da cuoricini.
Ridono entrambi, di nuovo e Kyra si appunta mentalmente di conoscere quella Allison, perché nonostante sian passati anni, al suo amico sembra interessare ancora.
China di nuovo lo sguardo sul libro, ma non fa in tempo a leggere due righe che sente una voce maschile salutare Luke.
Si è avvicinato un gruppetto ed i tre ragazzi stanno stringendo la mano a Luke ridendo, sotto lo sguardo contrariato di quella ragazza un po’ vintage che, se Kyra non ricorda male, dovrebbe chiamarsi Cara.
Insieme a lei ci sono altre due ragazze, una con dei capelli biondissimi ed una bandana a tenerle indietro i capelli, l’altra invece, è Allison Smith in persona.
Kyra spende qualche secondo per guardarla attentamente.
È strana, e non per il colore dei capelli.
Ma per il suo modo di vestire, così stravagante e disinteressato. A partire dai pantaloncini troppo corti e troppo larghi e a vita troppo alta, per arrivare al maglioncino giallo mezzo infilato dentro e mezzo fuori.
Le persone così, le son sempre piaciute. Così semplici, così lontane, così chiare.
Sorride pensando a Luke, anni prima, provarci con lei, e capisce bene cosa ci avesse trovato.
Cara, affianco ad Ashton, sta chiacchierando con i ragazzi, ridendo forse un po’ troppo spesso, e vicino a lei la ragazza bionda che Kyra vede sempre in giro con la sua amica vintage si sta guardando attorno, decisamente imbarazzata.
Principalmente perché Mary non conosce né Allison né l’altra ragazza che era prima con Luke.
Non è una che fa amicizia facilmente, lei. Così timida, chiusa, non riesce a iniziare un discorso facilmente.
 
 
È sempre più buio e il prato è sempre più pieno.
Qualche gruppo più avanti sta ascoltando Invaded dei Tokio Hotel e Cara sta tenendo il tempo con il piede.
Accanto a lei Mary si sta lamentando perché non è possibile che l’unica volta che riesce a rimediare birra gratis non può bere ed Ashton, per farglielo pesare, sta continuando a offrirgliene qualche sorso.
Kyra è ferma immobile a guardare il lago da mezz’ora, visto che Luke non l’ha più considerata dall’arrivo dei ragazzi troppo impegnato com’è a parlare con Simon e Calum.
Si sta annoiando a morte ma, nonostante non abbia problemi ad approcciare con le persone, in questo momento non riesce a muoversi da li, non con lo sguardo di quel moro con gli occhi a mandorla puntato addosso.
Allison è seduta vicino a Mary invece, zitta anche lei, nonostante Cara stia cercando in tutti i modi di inserirla nel discorso, ma il suo sguardo sembra non volersi spostare da quell’anellino sul labbro di Luke.
Vorrebbe rispondere a Cara con più interesse e riuscire a rimanere concentrata sul discorso, ma proprio non riesce.
Poco più avanti, invece, Luke e Simon stanno parlando animatamente, entrambi presi dal discorso, visto che sono entrambi sportivi, che poi uno faccia calcio e l’altro atletica poco importa visto che l’argomento in questione è l’esito dell’ultima partita di basket al palazzetto del Little East.
Calum è più silenzioso. L’argomento non potrebbe interessargli meno di così.
Appena sente il primo scoppio in cielo e tutti ammutoliscono decide di cogliere la palla al balzo.
Si allontana dai due amici spostandosi poco più in la, vicino a quella ragazza dalle gambe chilometriche ed i capelli lunghissimi.
Kyra si volta di scatto guardandolo ed arrossendo lievemente, non si aspettava quel gesto da lui.
Aspetta che dica qualcosa –qualsiasi cosa- visto che da quando l’ha conosciuto la sua voce continua a ronzargli nella testa.
Ma nulla, così, sotto il suo sguardo attento che non ha ancora lasciato il suo viso, torna a guardare i fuochi.
Calum sorride vedendo il suo profilo illuminato da colori diversi, prima giallo, poi rosso, verde, viola…
Sente Cara battere le mani eccitata quando sente il fischio dei suoi fuochi d’artificio preferiti ed Ashton ridere, ma non riesce a spostare lo sguardo da quel profilo leggermente arrossito.
Vorrebbe dirle qualcosa, ma non riesce, non riesce ad aprire la bocca, non con quel turbine di pensieri che gli vorticano nella testa.
Fortunatamente ci pensa Kyra, dopo un attimo, con voce tremante.
-Stai diventando imbarazzante. Se non inquietante.
Calum si mette a ridere, facendo voltare Simon e Luke che ancora non si erano accorti dell’assenza dell’amico e, con la coda dell’occhio, nota subito un sorrisetto malizioso farsi largo sui loro visi.
-Scusa.- si limita a rispondere girandosi finalmente verso i fuochi. –Ero perso nel mio mondo.
-Ho notato.- sogghigna Kyra cambiando posizione.
-Cosa fai?- le chiede dopo un po’, mentre dall’acqua parte una fontana di fuochi viola che si aprono a ventaglio.
-Èh?
-Nella vita, dico. Studi?
Kyra annuisce, senza togliere lo sguardo dal cielo. –Lettere moderne a Sydney. E tu?
-Do qualche lezione privata di basso ai ragazzini principianti.
A Kyra piace la musica, le piace qualsiasi melodia sia degna di esser chiamata canzone, escludendo quindi certe lagne che l’America ha deciso di sfornare come Ariana Grande o Taylor Swift. Si stupisce quando Calum le rivela quella sua dote, perché le sarebbe tanto piaciuto imparare a suonare qualche strumento.
-Che bello.- si limita a dire, senza trattenere un sorriso. –Da quanti anni lo studi?
Il ragazzo fa le spallucce, ‘ché son troppi, sinceramente, proprio non se lo ricorda. –Tanti.
E poi più nessuno parla.
Rimangono li, spalla contro spalla, con lo sguardo incantato verso quei fuochi che son meravigliosi, quest’anno.
E nessuno dei due ha comunque voglia di dir qualcosa, sono a posto così, per il momento.
 
 
Michael è sdraiato nel pratone con la testa di Sue sulla pancia e una voglia di dormire che metà basterebbe.
Si è svegliato presto questa mattina, per andare a farsi un giro tra i campi di grano, così, per schiarirsi le idee, ed è giunto alla conclusione che serve uno scatto nella sua vita.
Che non può continuare in quell’oblìo, ma Little East è troppo piccola per poter ricominciare da capo e, sinceramente, non ne ha proprio voglia.
Sue miagola qualcosa di incomprensibile accarezzandogli il braccio e facendogli venire i brividi.
Quasi meccanicamente le accarezza i capelli troppo crespi annodati e stopposi.
-Facciamoci un tour dell’Europa, Miky.- dice la ragazza tenendo gli occhi chiusi.
-Non credo che sia l’ideale Sue, hai appena iniziato a lavorare.
L’altra scrolla le spalle, indifferente. –Voglio andare ad Amsterdam, Berlino, Dublino, Barcellona…- elenca sognante.
-E il fatto che se non c’è l’erba allora c’è l’alcool non rientra nei tuoi canoni di scelta di quelle città vero?-
Sue sbuffa, non capisce proprio cosa sia preso a Michael nell’ultimo periodo, sempre più scontroso ed aggressivo, soprattutto con lei.
-Sue abbiamo venti fottutissimi anni. Non credi che sia l’ora di crescere e smettere con tutta questa merda?
-Non c’è un’età specifica per questa vita Mike, che cazzo di ragionamento è questo?
L’aria inizia ad essere tesa, Michael ha la mascella contratta e Sue si è alzata, ora è seduta a gambe incrociate proprio di fronte a lui.
-Dove vuoi andare?- gli chiede ammorbidendo il tono e lui fa le spallucce.
-Vorrei solo cambiare vita.
-Lo faresti senza di me Mike.- la sente dire, con la voce e lo sguardo bassi, dispiaciuta.
E lui non riesce a rimanere arrabbiato. -Non sto cercando di lasciarti amore!
A volte ci pensa, ma va a finire che non ci riesce mai, perché è troppo affezionato alla sua Sue per lasciarla. Sono arrivati li insieme, dopo anni ed anni di relazione e proprio non riesce a buttarli via.
-Se vuoi cambiare vita dovrai partire dall’abbandonare me Miky, perché io così sto bene.
Michael l’accarezza stampandole un bacio romantico.
-Non voglio abbandonare te, solo qualche abitudine.
E Sue sorride, lasciandosi coccolare da lui, con gli occhi chiusi.
-Verrai comunque alla festa di Jordi?- gli chiede dopo un po’.
-Al rave dici? Sai che non me lo perderei mai per nulla al mondo.
 
 
NdA.
Non uccidetemi vi prego.
Fa schifissimo, lo so, ma nella mia mente aveva una piega del tutto diversa (e più figa).
Peccato che non sia riuscita a metterla giù!):
Comunque grazie infinite (siete state dei tesori!) per le recensioni ricevute e per le domande che mi avete fatto su ask, mi ha fatto davvero piacere! <3
Spero di riuscire a non deludervi nel prossimo capitolo!
Vi lascio con una foto di Simon, Mary (la nuova arrivata) e Claire (l’amica di Queen, l’ho accennata qualche volta)
A presto <3 <3
 
-Ceci.
Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Rimanere. ***


Rimanere.
 
Escapee degli Architecture in Helsinki è appena iniziata e le cuffiette del telefono di Cara la riproducono al massimo del volume.
C’è il sole alto nel cielo circondato da un azzurro fin troppo brillante per quell’ora e l’umore della ragazza non può che essere ottimo, cosa alquanto rara per lei, ma complici anche il nuovo maglione grigio appena comprato e le All Star appena lavate dalla mamma.
Si guarda lo smalto marroncino appena messo e stranamente ancora perfetto mentre ragiona che ultimamente sta cambiando radicalmente il suo modo di vestire, i colori allegri che era solita comprare ultimamente sembrano essere stati sostituiti da tonalità più scure come il nero, il blu notte, il grigio, il marrone... ed anche tutti i motivi, le scritte ed i disegni sulle sue magliette stanno scomparendo sotto l’innumerevole presenza di tinte unite.
Interrompe il suo ragionamento filosofico solo quando avverte una presenza accanto a lei e nota con la coda dell’occhio delle All Star rosa dalla bellezza discutibile.
-Queen!- esclama sorridendo togliendosi le cuffie dalle orecchie.
La biondina accanto a lei la saluta con meno euforia e con il fiatone e le guance arrossate.
-Fortuna che il pullman è in ritardo o l’avrei perso.-
Cara guarda l’ora al telefono e si, in effetti la N18 sarebbe dovuta passare cinque minuti fa.
-Farò ritardo, di nuovo.- dice sconsolata ‘ché non è possibile che ultimamente arrivi all’Università di Sydney dieci minuti dopo l’inizio dei corsi.
-Cara, ho bisogno dei consigli di una che ha studiato disegno e sa impugnare una matita.- sospira Queen senza spostare lo sguardo da un punto non ben definito.
-Certo, dimmi!
Da lontano il pullman blu raggiunge le ragazze. Queen spiega dettagliatamente il lavoro che l’aspetta e si lamenta ripetutamente per aver scelto fashion design e Cara sorride assente, perché dai, Ashton non può tornare con quella li!
 
 
-Certo tesoro, accomodati pure, Calum è andato a correre ma dovrebbe tornare a momenti.
La signora Hood è la persona più cordiale che Ashton abbia mai conosciuto, dolcissima, gentilissima e la miglior cuoca di tutta Little East.
Non è mai invadente e non c’è da esser timorosi con lei, che è diventata un po’ la ‘mamma’ di tutti, in quel paese.
Ashton entra, chiudendosi la porta alle spalle.
-Vuoi i biscotti caro?- si sente chiedere dalla cucina sentendo un intenso profumo uscire da li.
-Volentieri signora Hood, son quelli allo zenzero?
La donna annuisce rivolgendogli uno dei sorrisi più teneri che esistano nel Little East.
-Tieni tesoro- dice prendendone qualcuno. –E questi sono per il piccolo Harry. È tanto che non lo vedo al parco!
Ashton scrolla le spalle dando un morso al biscotto e mettendo nella tasca della felpa il pacchettino che la signora Hood ha fatto per suo fratello.
-La mamma è molto impegnata ultimamente e non ha tempo per portarlo.
-Oh cucciolo! Dille che se vuole lo accompagno io!- esclama la mamma di Calum –Comunque io adesso devo stendere Ashton caro, vai pure in camera di mio figlio, dovrebbe arrivare a momenti.
Il ragazzo le sorride prima di uscire dalla cucina ed andare al piano superiore, verso la porta nera, quella del suo migliore amico.
È in ordine come sempre, la signora Hood ogni mattina gliela sistema con cura, cosa che invidia, visto che sua madre non l’ha mai fatto con lui.
L’orologio sopra la finestra segna che son le undici e dieci ed Ashton si sta annoiando a morte.
Si siede sul letto sbloccando il cellulare con lo scopo di giocare a ‘Don’t touch the white tap’ quando sente qualcosa provocare un rumore sinistro sotto il materasso, nel punto dove si è messo lui.
Terrorizzato dall’idea di aver rotto qualcosa si alza di scatto sollevando il materasso.
Tira un sospiro di sollievo quando nota che tutto è intatto ma la sua attenzione ricade su un quadernetto nero con l’adesivo della sua vecchia squadra di calcio.
Ashton pecca di curiosità, da sempre. Quando sua madre gli diceva ‘non aprire quell’armadio’ lui puntualmente lo faceva rovinandosi la sorpresa del regalo di compleanno. Col passare degli anni, i pacchetti decorati che comparivano sotto l’albero di Natale in anticipo erano diventati la sua rovina, sempre con un angolino aperto giusto per buttarci dentro l’occhio.
E quando nota uscire dal quadernetto una foto di loro due scattata qualche anno prima non riesce a resistere, lo afferra e lo sfoglia.
Dentro è tutto scritto, disordinatamente, con qualche post-it qui e la e pagine strappate.
Su ognuna c’è un titoletto sottolineato, alcuni con i buchi nelle lettere campiti, altri ripassati sei o sette volte, altri ancora cancellati e riscritti diversamente.
Sopra ogni frasetta poi c’è un accordo e Ashton sorride. Tutto si sarebbe aspettato da Calum ma non che scrivesse canzoni.
Scuotendo la testa si infila nella tasca posteriore dei pantaloni il quadernetto, correndo fuori dalla stanza.
-Signora Hood mi spiace ma mia mamma ha bisogno di me a casa, passerò un altro giorno!- esclama passando davanti alla lavanderia.
La donna annuisce, mandandogli un affettuoso bacio volante ed Ashton corre al parco, con una penna trovata in macchina ed un entusiasmo del tutto nuovo per lui.
 
 
Michael è seduto dietro al cespuglio del parco centrale del Little East, con una sigaretta tra le dita secche e screpolate. Tutto in lui sa di ‘lasciato andare’ di ‘caduto a pezzi’ e a quanto pare nessuno sembra accorgersene.
Sue è troppo impegnata a sbaciucchiarlo per guardarlo in faccia e di altre persone a cui affidarsi totalmente non ne ha, o meglio non ne ha più.
Poco più in la una ragazza con i capelli azzurrini sta scavalcando la staccionata che dovrebbe rendere quel posto irraggiungibile ma che per lei è sempre stato come se non esistesse.
Prima di partire andava sempre li, insieme a quello che era il suo migliore amico.
Le è mancato quel posto, da morire, e non era ancora tornata li, a vedere se qualcosa era cambiato, da quando aveva rimesso piede nel Little East.
Li non è cambiato nulla, il cespuglio è sempre mezzo morto, l’erba troppo alta e la panchina ancora mezza rotta.
E, nonostante sian passati anni, un ragazzo è sempre seduto sulla stessa roccia sporgente, con lo stesso marsupio grigio su una spalla ed anche la posizione non sembra esser cambiata.
I capelli però si, son diversi, son di un rosso tendente al fuxia, diverso dal vecchio biondo, i vestiti più trasandati, l’aspetto più lasciato al caso ed il fisico sette volte più muscoloso.
Il ragazzo ha lo sguardo perso nell’orizzonte. Si è accorto della presenza li, e non deve girarsi per riconoscerla. Solo una persona conosce quel posto.
Allison.
-Sei tornata.- dice Michael, accusandola.
-Non sarei voluta partire, ma quando si è trattato di dover tornar qui mi sarebbe piaciuto rimanere a New York.
Mike sbuffa, guardandola per la prima volta, alla ricerca della ragazza che aveva lascito anni prima Little East.
-Non mi sembra di avertelo chiesto.- le risponde scontroso.
Allison si aspettava un’ accoglienza del genere da parte di Michael, da sempre così fragile nei rapporti con le persone.
-Cosa ti è successo, Mike, in questi anni?- gli domanda avvicinandosi per sedersi accanto a lui e accarezzargli i capelli.
-Te ne sei andata Ali.- l’accusa sottraendosi al tocco. –E mi hai abbandonato qui da solo.
La ragazza sospira scuotendo la testa, non gli aveva più scritto né niente.
-Sono tornata adesso, Mike, e non me ne vado.
Anche lui scuote il capo, con disappunto.
-Non ci sei stata in questi anni, quando mi son distrutto. Cosa vuoi fare ora?
Allison apre la bocca per rispondere ma una palla invade i loro spazi facendo comparire subito dopo una biondina in pantaloncini e canottiera che si sbraccia.
-Ehi! Ragazzi! Mi passereste la palla?
Ali si alza per prenderla e gliela rilancia. –Ciao Mary!- esclama riconoscendola.
La biondina risponde al saluto cordiale come sempre prima di lanciare un’occhiata veloce al ragazzo li vicino e correre verso la partita di pallavolo.
Mike la osserva, osserva la sua allegria, la sua energia, che lui sembra aver perso ultimamente e sorride malinconicamente.
-Voglio aiutarti a riprendere in mano la tua fottuta vita, Mike.- dice Allison scavalcando il recinto prima di andarsene.
 
 
Sue e Kyra sono nel loro appartamento, ognuna nella sua stanza. Ultimamente non parlano nemmeno più così frequentemente come prima.
Kyra è stanca di dover fare da madre alla cugina e, dal canto suo, Sue se n’è andata di casa perché si era rotta di aver sempre qualcuno pronto a rimproverarla.
La loro relazione sembra essersi guastata, la castana ci ha già pensato diverse volte, ad andarsene da li, anche se negli ultimi giorni, una mezza motivazione per rimanere, l’ha trovata, forse.
Sospende un attimo lo studio alzando lo sguardo verso la finestra e concedendosi un sorrisetto ripensando a Calum che ha visto questa mattina correre sotto casa sua, passare di corsa con le cuffiette nelle orecchie.
Dall’altro lato dell’appartamento Sue é seduta a terra, appoggiata all’armadio, con una siringa in una mano e l’altro braccio stretto sul muscolo da un nastro in gomma.
Mancan poche sere alla festa di Jordi, e lei sta già iniziando a prepararsi.
 
 
 
 
 
NdA.
 
Ciao!
Mi scuso per questo capitolo, ma se non l’avessi finito sta sera non so quando ci sarei riuscita visto che mi aspetta una settimana a base di alberi da disegnare.
Ho pensato che Queen è stata descritta troppo come una stronza (che poi si, è!) ma non è nemmeno così antipatica, diciamo che nonostante il suo caratteraccio chiacchierare con lei la mattina è piuttosto spiacevole.
Beh, questo capitolo è tutto per la ragazza di Ask che oggi si è informata su quando avrei aggiornato, beh ci sono riuscita, mi son messa d’impegno e non mi son fatta distrarre da niente se non dalla tisana al finocchio.
Vorrei mettere il solito banner ma il sito non me lo fa vedere perché devo scaricare il nuovo Adobe Flash Player-.-
Grazie mille per le recensioni, le seguite, le ricordate, le preferite, siete tutte dei tesori!
Un bacione!! <3
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Rave. ***


Image and video hosting by TinyPic

RAVE.
 
 
Ashton è seduto sul cofano della macchina, la luna è quasi inesistente e le stelle sono perfettamente visibili. Accanto a lui Queen ha la testa sulla sua spalla e gli occhi puntati verso il cielo.
-Ho paura di aver sbagliato università Ash.- dice senza pensare un attimo alle conseguenze di quella rivelazione.
Ha sempre paura, Queen, di confidare i suoi problemi, ma con lui è diverso.
È fondamentalmente questo quello che le manca della loro vecchia relazione, il loro rapporto di amicizia stretto.
-Ti è sempre piaciuta la moda, che paura hai?
Sbuffa. –Non so disegnare io… con gli esami teorici sto andando divinamente, ma con la pratica…
Ashton scuote la testa allungando il braccio e appoggiandolo sulle spalle della ragazza.
-È solo un periodo Queen, andrà tutto bene, devi solo essere più sicura di te stessa.
E la futura stilista chiude gli occhi, interrompendo la visione di quel cielo meraviglioso e sentendosi a casa, vicina a lui.
Anche Ashton lo fa, ma non riesce a sentirsi bene come prima.
C’è come qualcosa di spezzato che ha tutte le intenzioni di ricomporre, perché Queen è bella, è brava, è intelligente, è sportiva,… è tutto quello che cerca in una ragazza eppure sente come se le mancasse qualcosa, è troppo matura, forse, e lui, questa caratteristica, non la apprezza troppo.
 
 
Il cielo stellato che si vedeva dal lucernario di casa sua, ora è invisibile a causa delle continue luci ad intermittenza che la stanno facendo andare insieme.
Ha la vista annebbiata, le orecchie che fischiano, l’andatura un po’ sbilenca e la risata facile.
Ha caldo, anche.
Troppo caldo.
La sua camicia, che ormai puzza troppo, aperta del tutto mette in mostra il reggiseno nero a fascia che di più semplici non ce n’é. Tutti attorno a lei sembrano essere nelle stesse condizioni.
C’è odore di erba nell’aria e nemmeno una zanzara si vede nel raggio di un chilometro, e di solito il Little East è pieno zeppo di insetti a causa delle sue innumerevoli zone paludose.
Calum l’ha perso di vista già da un po’, Cara anche, ma dovrebbe essere ancora con Simon a reggergli la testa mentre vomita.
Delle mani le afferrano i fianchi, sono gelide ed umide, nonostante il caldo.
Dovrebbe girarsi e vedere chi è, ma sente la sua schiena entrare in contatto con un petto e lei non ha voglia di indagare adesso.
Una mano si stacca dal suo fianco per finire sul collo.
È rovinata, rugosa, e sposta la sua chioma azzurrina tutta su una spalla.
Dopo di che ci sono due labbra calde in contrasto con un piercing gelido.
C’è aria bollente, dei capelli che le solleticano la guancia e l’abbraccio sempre più possessivo.
La luce bianca ad intermittenza illumina per un attimo appena il sorrisetto malizioso comparso su quel volto, ma nessuno lo nota. Non ci sarà nessuno a testimoniare questi gesti, nonostante siano circondati da persone.
Allison si volta, petto contro petto, deve piegare il collo all’indietro per vedere Luke in faccia, visto che nel suo cono ottico son comprese solo delle clavicole, bellissime clavicole, per l’amor del cielo!, ma niente in confronto al viso.
Un altro flash causato da quella luce ad intermittenza fa scorgere alla ragazza un sorrisetto identico al suo stampato sul volto e, non fa in tempo a metabolizzarlo che le stesse labbra calde e gelide si scontrano con le sue.
E l’alcool che gira nel suo corpo, quell’odore di marjuana ha contribuito ad inebriarle i sensi ma l’adrenalina che carica quella musica, forse troppo forte, riesce comunque a tenerle il cervello attivo e lo stomaco pronto a tutto, persino a quella morsa improvvisa che sente.
I brividi sulla schiena, le ginocchia molli, c’è Luke Hemmings, spalmato su di lei, che la sta baciando con una foga inaudita.
Gli morde il labbro, con una forza che potrebbe farlo sanguinare. Lo sente gemere un attimo ma non le importa.
Potrebbe mettersi a saltare per quel campo abbandonato da un momento all’altro, tant’è la gioia.
-Sei anni.- mormora lui staccando lievemente le labbra.
-Éh?
Luke sorride puntando gli occhi nei suoi.
-Sei anni che sogno questo momento.
E poi ci son di nuovo labbra, passione, dialogo silenzioso.
Un urlo silenzioso che tuona nelle loro gole, come per volersi dichiarare tutto.
Come per voler godere di quel bacio, atteso per anni.
 
 
Le mani di Cara puzzano di vomito, Meg, dopo essersi resa conto della sparizione del suo ragazzo l’ha raggiunta, cacciandola malamente.
-Ci penso io, so badare a Simon.- le aveva detto fulminandola con lo sguardo e facendole alzare gli occhi al cielo.
E ora Cara è da sola, in riva al canale, con le mani immerse dentro nella speranza di cacciar via quell’odore.
Vuole solo aver la forza di tornare nella mischia di corpi del rave.
Si alza barcollando, asciugandosi le mani nei suoi shorts in jeans a vita troppo alta e lunghezza troppo corta.
Non sa perché se li sia messi, ma si sente a suo agio vestita così.
Fa per raggiungere gli altri ma si blocca appena sente uno scricchiolio vicino a lei.
Si volta giusto in tempo per vedere una figura incappucciata avvicinarsi terrorizzandola.
‘Sono morta.’ pensa. ‘la mia vita finisce drasticamente qui. Cara Walker, la zitella inacidita stuprata e abbandonata in un campo desolato sede di un rave.’
Apre la bocca per urlare ma il cappuccio del ragazzo cala rivelando un Calum Hood decisamente serio.
-Zio bello, mi hai fatto venire un infarto, cazzo!- esclama portandosi le mani al cuore.
-Sai che Ash ora è con Queen a vedere le stelle?
Silenzio.
Cara ha lo sguardo a terra, i battiti cardiaci ri-aumentati a mille e le gote rosse.
Ma son così per l’alcol, sicuramente.
-Perché non ti svegli e non gliene parli?
Calum sta facendo un discorso che non si capisce, che non ha meta.
-O hai paura?
Paura.
Si, Cara ha paura, sempre, di tutto, di tutti.
-Cosa vuoi tu?- gli chiede unendo le mani in grembo.
-Non mi piace Queen e a te Ashton piace.
Il brutto di Calum è proprio questo.
Capisce sempre ogni fottuta cosa.
E sa sempre cosa dire, in ogni occasione.
Cara no invece.
È un concentrato vivente di dubbi ed incertezze e chiunque abbia parlato con lei per più di due minuti può affermarlo senza problemi.
E Calum che ok, non è mai stato un suo grande amico, in questo momento sembra sia quello che l’abbia compresa meglio.
-Come fai a saperlo?
-Vivi nel panico del dolore e del dopo, Cara. Ti spaventano così tanto che persino quando andiamo a farci un caffè o qualsiasi cosa tutti insieme tu bevi sempre tutto freddo, per paura di scottarti la lingua.
Cala ancora il silenzio. Perché le stia facendo quel discorso non capisce, ma appena apre la bocca per dir qualcosa si accorge che qualcosa non quadra. Delle macchine si stanno avvicinando, e non sembrano essere invitati.
-Corri verso il paese Cara!- esclama Calum balzando in piedi. –E avvisa sul gruppo degli sbirri, io vedo di trovarli nella massa.- e poi corre, verso il rave, lasciando la ragazza con il telefono in mano già aperto su whatsapp.
‘Se siete al rave andatevene, ci son gli sbirri’ scrive per poi avviarsi verso casa.
 
 
Mary si è accorta dell’arrivo degli sbirri grazie ad uno sconosciuto che si é messo ad urlare proprio di fianco a lei.
È andata un attimo nel panico, perché proprio non ha voglia di finire in galera, ma poi la mente lucida le è tornata.
Corre, corre verso la macchina parcheggiata poco più in la e poi si ricorda di Cara, Calum ed Allison e torna indietro.
Ringrazia il cielo per la sua sobrietà (imposta, visto che deve ancora guidare) così riesce a muoversi normalmente e non come alcuni ragazzi attorno a lei.
Incrocia lo sguardo di Calum, che le fa cenno di andarsene e, mentre vede i poliziotti avvicinarsi ed una chioma azzurra correre via dall’altra parte, il suo sguardo si blocca verso quel ragazzo con i capelli colorati che aveva visto l’altro giorno con Allison.
Ha gli occhi spalancati e si guarda attorno, come terrorizzato.
Ha bevuto, ha fumato, si vede benissimo ma Mary non riesce a lasciarlo li, in balia di se stesso e della polizia.
Gli afferra un braccio sbrigativa, iniziando a correre ancora verso la macchina.
-Chi sei?- si sente domandare ma non risponde.
-Muoviti o ci fermano, ti ripoto a casa.- spiega sbrigativa cercando le chiavi in tasca.
La musica è cessata e le luci si sono spente.
Ora le urla che si sentono non sono di gioia ma di paura.
-Sali, veloce.- gli intima buttandosi nel posto del guidatore.
Michael indugia un attimo ma poi non fa storie e si siede.
-Abbiamo lasciato la Sue. Chi sei?
Ma Mary non ha la testa per rispondergli, ha lo sguardo incollato sul campo e con la mente sta ripercorrendo una strada da fare senza essere vista.
-Devo vomitare, bionda.
-Trattieniti.
Non può fermarsi ora.
O la beccheranno.
Sterza nelle vicinanze del canale, ormai ha ben chiara la strada ma due figure le passano davanti facendola frenare bruscamente.
-Cazzo, li ho tirati sotto.- fa in tempo a dire.
E poi sente bussare sul vetro.
 
 
Tutti si muovono, corrono, urlano e a Calum il caos non piace troppo. Sta cercando una massa castana che aveva intravisto appena arrivato e si era segnato l’appunto mentale di andargli a parlare, ma ora non c’è tempo.
Spera che non l’abbian presa, che non se ne sia andata, tra tutte quelle persone è impossibile capirlo.
Si ferma.
Respira.
Calma.
Calma.
Calma.
E poi improvvisamente il grido lo sente. ‘Luke’.
E quella voce la riconoscerebbe subito, al volo.
Così riprende a correre, correre. Spinge gente, salta un cagnolino e poi la vede, seminascosta dietro al palco.
-Kyra!
La ragazza si guarda un attimo in giro, prima di notare un moro che si sbraccia nella sua direzione, e fa un sospiro di sollievo.
-Come cazzo ce ne andiamo di qui?
-Mio zio ha una proprietà qui in giro, con un fienile. Correndo la raggiungeremo in fretta.- le dice trascinandola verso i campi aperti e vuoti.
Son tutti troppo fatti per capire che devono correr via e non rimaner fermi ad urlare.
-Sto morendo Calum!- esclama Kyra dietro di lui dopo un po’.
Il rave è lontano ma potrebbero sempre vederli. Quindi non possono fermarsi.
-Dai cazzo, resisti che ci siamo.
E poi sente un rumore di motore e cazzo, è la fine.
La polizia li ha sgamati.
Vede la macchina frenare bruscamente e sente Kyra prendergli un braccio e trascinarlo via, ma riconosce la chioma bionda, al volo.
Mary.
-Kyra la conosco, sali!- urla aprendo la portiera dopo aver bussato nel finestrino.
Sono salvi.
Loro quattro sono salvi.
Spera che Cara se la sia cavata, o si passerebbe il resto della vita a sentirsi uno stronzo.
-Mike, cosa ci fai qui? Dov’è Sue?- sente domandare.
Il ragazzo sul sedile del passeggero scuote le spalle tenendo gli occhi chiusi.
Sue è ancora al rave.
E Kyra inizia ad esser preoccupata.
 
 
 
 
 
 
NdA.
 
Niente, ho passato una settimana a far tavole e a studiare per niente visto che mi hanno annullato tutto.
MA VA BEH.
Non lo so, non mi convince questo capitolo, sento che potrei fare qualcosa di più ma proprio non riesco a scriverlo.
Non riesco a dare l’idea!
Quindi scusatemi, se ho deluso le aspettative, spero di ritirarmi su con i prossimi(:
Un bacione!!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** L' after. ***


Image and video hosting by TinyPic

L’after.
 
Le persiane sono spalancate, completamente, e la luce fredda e azzurrognola mattutina illumina la stanza ancora perfettamente in ordine.
Insieme alle persiane anche le finestre sono aperte lasciando entrare quell’aria frizzante che sa di buono, di pulito, di natura, così diversa da quella così pesante ed artificiale tipica di New York.
Nel centro della stanza c’è un letto da una piazza e mezza occupato principalmente da cuscini soffici e da Allison che, con un braccio a coprirsi gli occhi e l’altro sopra la testa, non riesce a smettere di sorridere.
È perfettamente sveglia eppure non ha voglia di alzarsi. Sta troppo bene li accucciata al calduccio –nonostante fuori faccia tutto fuorché freddo- con la mente che continua a ripercorrere la serata precedente.
Quelle mani, quelle labbra, quel piercing…
Quel bacio.
Quel fottutissimo bacio che cazzo, sognavano da anni e nessuno aveva mai avuto il coraggio di darlo.
Luke Hemmings l’aveva baciata.
E cazzo, non era il suo primo bacio, ma era il suo bacio.
Quello che sperava fosse si, il primo.
Quello speciale, quello dal ragazzo che le piaceva tanto.
Sorride al ricordo di quelle labbra, nonostante il mal di testa pulsante le renda la mente meno lucida.
La vita nel Little East non fa poi così schifo come avrebbe immaginato.
 
 
Il suono continuo e martellante del citofono sveglia di colpo Kyra, facendole masticare un’imprecazione poco femminile, perché dovrebbe essere illegale una sveglia del genere dopo una sbronza come quella della sera prima.
Si infila una felpa, giusto per nascondere la canottiera scollata del suo pigiama e si avvia alla porta, con gli occhi ancora chiusi dalla stanchezza e l’andatura leggermente traballante.
-Chi è?- domanda cercando di scandire le parole.
-Signorina Robinson deve aprire immediatamente, polizia di Little East.- ordina una voce femminile dietro la porta svegliando del tutto la ragazza.
Sue non è tornata questa notte e la polizia è fuori casa sua.
Con la mano tremante gira la chiave e apre, trovandosi davanti una donnona massiccia seguita da due uomini muniti di pistola e manganello.
-Dobbiamo controllare casa sua signorina.
Kyra li guarda pensierosa. Nei film bisogna sempre mostrare il mandato e il distintivo, ma chiedendoli li insospettirebbe e basta.
Nel frattempo, l’agente davanti a lei, però, ha capito i suoi pensieri mostrandole il necessario.
-Possiamo entrare ora? O dobbiamo denunciarla per intralcio alle indagini?
Spalancando gli occhi, terrorizzata dalla durezza di quella voce Kyra si fa di lato lasciando entrare gli sconosciuti mentre fa mente locale del cellulare.
-Qual è la camera di sua cugina?
La ragazza non riesce a fare nient’altro se non indicare la prima porta a sinistra mentre afferra il telefono.
Ieri sera Calum le ha lasciato il numero ma non si ricorda come l’ha salvato.
Quando lo trova, sotto ‘Hood’ inizia a digitare, con le dita che tremano.
Mi sa che hanno preso Sue, c’è la polizia in casa.
Ed invia, maledicendosi per la lontananza di tutti gli amici con cui ha un rapporto molto più profondo e fidato.
 
 
Cara è in piedi, all’ingresso del bar dell’università con gli occhi puntati su uno sconosciuto dai capelli mori e la pelle chiarissima che si è seduto al suo tavolino, vicino alla finestra e tutti gli altri sono occupati.
Sbuffando si avvicina al bancone, chiedendo ad Andy, la barista, nonché sua vicina di casa, il solito, senza nascondere l’aria stanca e l’umore nero.
-Rimani qui a farmi compagnia bevendo il caffè?- le chiede quella vedendo la ragazza sedersi su uno degli sgabelli alti.
-A quanto pare. La mia tana oggi è occupata.- ride Cara prendendo dalla borsa la confezione di pastiglie di stevia.
Andy getta un’occhiata veloce all’angolo, notando anche lei il ragazzo che lo occupa.
-Potresti andar li e approfittare della tua abitudine per far conoscenza!
-Perché non vai tu a parlarci Andy, avresti una scusa più plausibile!
Scoppiano a ridere entrambe senza nemmeno accorgersi del ragazzo che si sta avvicinando.
-Mi scusi? Dovrei pagare.- cerca di farsi notare senza mascherare il suo accento inglese.
Andy annuisce, scambiandosi uno sguardo d’intesa con Cara, prima di andare a preparare il conto.
-Siete così strani, voi di qui- osserva il ragazzo girandosi verso Cara e sorridendole.
-Sei qui da poco?
Lui annuisce, squadrandola da capo a piedi. –Un mese, ma non mi sono ancora abituato ai vostri ritmi.
Andy torna con il conto, sorridendo davanti al dialogo tra i due ed aspetta le poche monete del caffè prima di andare a servire Claire e Queen.
-Sono Rick, comunque.
-Cara.- risponde subito, ricordandosi poco che, stando alle buone maniere, se qualcuno comincia un discorso, l’altro dovrebbe cercare di continuarlo. -Tu cosa studi?
Rick solleva in risposta un grosso tomo, sulla filosofia moderna. –Scienze della comunicazione, tu?
-Geologia, beh Rick, ci vediamo in giro!- lo saluta sorridendogli prima di sventolare il braccio in direzione di Andy ed andarsene.
Poco più in la Claire e Queen sembrano essersi dimenticate del rispettivo te e cappuccino con brioches per dedicarsi completamente alla discussione della conoscenza appena avvenuta.
-Non ci credo, lui è proprio bello!- sta sospirando la mora osservando Rick allontanarsi.
L’altra scuote le spalle, che finché si tratta di qualcuno che non sia Ashton è anche contenta per Cara, infondo anni prima erano anche amiche.
-Non credo che il tuo Philip sia contento di questo commento- la rimprovera ridendo e ricevendo come risposta un bel dito medio da Claire.
 
 
Sue ancora non riesce a credere di essere li.
In attesa che i genitori vengano a prenderla.
Obbligo alla disintossicazione e fortuna che era riuscita a vendere tutto senza lasciare nulla in giro per casa, o si sarebbe potuta dimenticare della libertà.
L’hanno sgamata.
Dopo quattro anni l’hanno sgamata e ancora non riesce a crederci.
Sente la scricchiolante porta di quella stanza aprirsi e si alza automaticamente, nella speranza che sia la poliziotta di prima a portarle il thè che aveva chiesto, ma appena scorge sua madre e sua zia avanzare verso lei si sente morire.
-Non ci posso credere.- mormora sua mamma scuotendo la testa.
-Anche Kyra c’è caduta?- domanda l’altra donna, terrorizzata.
Sue scuote la testa, incapace di alzare il capo, sentendo lo sguardo deluso della madre che non riesce ancora a sopportare.
-Cosa sei diventata piccola mia?
La ragazza non sa cosa rispondere, non vuole parlare, si sente troppo uno schifo, di fronte a sua madre.
Fortunatamente una poliziotta entra nella stanza, facendo firmare alcuni fogli alle presenti, prima di invitarle gentilmente ad uscire.
-Le lascio l’elenco delle migliori strutture per disintossicamento.- conclude poi la giovane donna lasciando alla signora Robinson  in post-it con alcuni nomi scarabocchiati.
Quando escono dalla centrale Sue ancora non è riuscita ad alzare lo sguardo dal suolo.
Sua madre, davanti a lei, cammina velocemente verso la macchina, mentre sua zia è al telefono con Kyra, per comunicarle i risultati.
La sente mentre l’avvisa di cercarsi una nuova coinquilina e, per la prima volta da quando tutto quel casino è scoppiato, la ragazza sente gli occhi bruciare e inumidirsi.
Non aveva mai pensato a quanto fosse nella merda.
 
 
-Non si rompe così l’uovo!
Mary alza gli occhi al cielo, maledicendo la brillante idea che ha avuto poco prima, di preparare una bella colazione all’americana per Michael, che aveva passato la notte sul divano del suo appartamentino.
Che poi, ‘appartamento’ sarebbe anche un parolone, ma la ragazza non ne poteva più della convivenza sotto lo stesso soffitto con i suoi genitori, così, per sentirsi autonoma, aveva sistemato tutta la soffitta della villetta degli anni trenta in cui abitava e vi ci si era trasferita.
-Se non la smetti di rompere ti rompo io.- lo minaccia con il mestolo da cucina e scoppiando a ridere nel frattempo.
Ma Michael non si lascia influenzare, lanciandole un’occhiataccia severa, si avvicina verso la padella dove Mary sta preparando il bacon. –Lo stai facendo bruciare.
La ragazza sbuffa, di nuovo, porgendogli il mestolo e facendosi da parte. –Pensaci tu allora!
E Michael, finalmente, le concede il primo vero sorriso, da quando la conosce. –Non vedevo l’ora, Mary cara.
L’altra gli strizza l’occhio, andandosi a sedere sul tavolo per guardarlo cucinare.
-Come mai questa bravura in cucina?
-Ho sempre sognato di fare lo chef, così mi sono iscritto a tutti i corsi culinari di Sydney a prezzi accettabili.
E Mary annuisce, chiedendosi mentalmente come mai non lavori in un ristorante ma preferisce rimanere nel suo ed iniziare ad apparecchiare.
Le viene quasi un infarto quando un campanello inizia a suonare a volume decisamente alto vicinissimo a lei.
Michael le fa cenno di pensare alle uova strapazzate prima di rispondere al telefono con uno sguardo confuso.
-Kyra?
Mentre controlla la colazione Mary continua a lanciare occhiate veloci al ragazzo che ha sempre l’aria più disperata e non ha ancora parlato da quando è iniziata la chiamata.
-Non ci posso credere.- lo sente dire, mentre cerca di nascondere la sua curiosità. –E adesso?
Passano alcuni minuti, prima che Michael attacchi la cornetta, con lo sguardo basso e l’aria distrutta.
-Tutto bene?- gli domanda subito Mary, affiancandolo e ricevendo un no in risposta.
-Hanno preso Sue, la porteranno in una clinica.
-Sue?
E Michael annuisce, prendendo dalla sedia il suo giacchino in jeans.
-La mia fidanzata. Senti, ti ringrazio di tutto ma adesso devo scappare. Ci vediamo!
La porta sbatte e il rumore dei passi veloci sulle scale riempiono quel momento di silenzio calato nella soffitta.
Mary si riscatta solo quando sente l’odore di bruciato salire dalla padella con il bacon mandando a fanculo tutto e buttando l’intera colazione nell’umido.
Le è passata la fame.
 
 
 
 
NdA.
 
Sono viva e vegeta, eccomi qui! Fresca fresca di un fantastico nove in italiano guadagnato dopo un pomeriggio passato tra fisica e non so quante partite al solitario.
Ma va beh.
Scusatemi per l’attesa e anche per questo ‘capitolo’ che ho iniziato minimo un mese fa e che mi son degnata di finire oggi e che, sinceramente, nemmeno mi fa impazzire.
Ma non riesco a fare di meglio, ho la testa dio solo sa dove ultimamente!
Quindi…. Beh scappo, che ho in mente una cosuccia da scrivere e voglio mettermi all’opera subito.
Un bacione <3

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Noi. ***


Image and video hosting by TinyPic

NOI.
 
-Io Cara so perfettamente che hai fame.- esclama una voce vellutata alle sue spalle non appena l’insegnante di paleontologia congeda gli studenti.
Allison è in piedi con la vecchia borsa marrone già sulla spalla e il maglioncino da nonna, come l’aveva definito sua madre quella mattina, che sbuca dalla borsa, con la chiavetta delle macchinette in mano ed un sorrisetto malizioso.
-A dire la verità ho appena mangiato una focaccia, però ti accompagno volentieri.
Il sorriso dell’amica si amplia ancora di più, prendendola sotto braccio e trascinandola verso i distributori di merendine.
-Ho voglia di salato.- esordisce Allison corrugando la fronte davanti alla vasta scelta.
-Secondo me il quaranta è buonissimo.
-Cara, è cioccolato, è un dolce!-
La castana rotea gli occhi, continuando la sua ricerca e focalizzando la sua attenzione sul cinquantadue, dei biscottini semplici dall’aria buonissima. –Quello li?- le indica speranzosa.
-Salato, caspita, Cara, non è così difficile da capire!
La scelta delle merendine alle macchinette è sempre stata una lotta tra le due, sin dai tempi del liceo, prima che Allison partisse.
Spesso stavano cinque minuti interi a discutere sulle patatine da prendere perché una marca era cancerogena, l’altra sfruttava il lavoro minorile e la terza era dei mafiosi.
-Se continui a fare la schizzinosa così non troverai mai niente in questa macchinetta.
-No ciccia, io voglio quelle schiacciatine alle olive.
Cara si allontana di scatto, guardandola male. –Ma fanno schifo le olive!
Quando Allison sta per replicare, dal corridoio, con un grosso tomo tra le braccia e delle monetine in mano, compare una ragazza familiare ad entrambe.
-Kyra!- esclama Cara sorridendole seguita a ruota dall’amica.
L’altra saluta educatamente a sua volta spostando lo sguardo verso i distributori.
-Passa pure, tanto qui siamo ancora in difficoltà con la scelta.
Allison lancia un’occhiataccia alla Walker sottolineando che lei avrebbe già scelto, e che le sue patatine al pollo stanno aspettando solo di esser comprate.
-A sto punto preferisco le schiacciatine.- dichiara esausta Cara che no, non potrà a scroccare nemmeno un pezzettino di merendina visto che non le piace nessuna di quelle scelte.
-Io penso che prenderò un succhino- dice Kyra indecisa sui vari gusti.
Una voce all’interfono annuncia l’apertura della mostra dei ragazzi di beni culturali distraendo le tre ragazze.
-Io vado adesso, che magari becco in tempo il rinfresco.- esclama Cara dirigendosi verso il seminterrato, lasciando sole Kyra ed Allison che, dopo un sorriso di circostanza, si allontanano, poiché la prima deve rispondere al telefono che squilla.
E –Si mamma, torno a casa subito.- la sente annunciare mentre svolta l’angolo.
 
Calum era disperato all’idea di aver perso il suo quadernetto, aveva passato tutta la settimana a sollevare il materasso nella speranza della sua ricomparsa ma inutilmente. O almeno, inutilmente fino a questa mattina quando, colto da uno schizzo di speranza, ha controllato nel solito posto trovandolo incastrato nella rete del letto, dove era sempre stato.
Lo afferra per sfogliarlo distrattamente e quasi gli viene un colpo notando delle annotazioni a matita, sopra i suoi accordi in una calligrafia minuscola e disordinata.
Ashton.
Non sa bene, Calum, se sentirsi arrabbiato o sorpreso. Certo, il suo migliore amico ha invaso i suoi spazi, ma allo stesso tempo l’ha liberato dal peso di quella sua passione che non ha mai condiviso con nessun altro e gli ha concretizzato in qualche modo il suo sogno.
Sorride, gli scriverà poi, adesso non ha voglia.
Si infila le scarpe, ha voglia di festeggiare e così, senza nemmeno avvisare sua madre, esce di casa, diretto verso un appartamentino vicino all’ Atlantis.
Fischietta allegramente, mentre passeggia e si blocca immediatamente quando vede una figura slanciata andargli incontro.
-Kyra!- esclama sventolando il braccio.
La ragazza alza lo sguardo spostando gli occhiali dal volto.
-Cal! Cosa ci fai qui?
L’altro scuote le spalle. –Volevo andare a fare la spesa per mia mamma.
-E non potevi andare in quello nell’isolato dietro al tuo?- gli sorride Kyra.
Calum si gratta un momento la nuca, alla ricerca di una scusa che non sia ‘avevo voglia di vederti’ ma appena la guarda in faccia per rispondere nota delle occhiaie violacee e lo sguardo stanco le parole gli muoiono in gola.
-Tutto bene?
Kyra scuote le spalle, l’altro giorno ha chiamato lui quando erano arrivati i poliziotti, si é già mostrata debole una volta e non ha voglia di rifarlo.
Dal canto suo, invece, Calum non sembra voler demordere. La psicologia gli era sempre interessata ma non tanto da spingerlo ad iscriversi al corso universitario.
Rimane fermo davanti a lei, guardandola, in silenzio totale.
Rimangono così per poco, finché Kyra non riesce più a trattenersi e, abbassando gli occhiali da sole sul naso sussurra un –Sue va a Vienna.
E, li per li, Calum non capisce al volo il problema, tant’è che l’amica, sorridendo di fronte al suo sguardo perplesso spiega subito.
-La zia va a nasconderla, per paura di quello che pensa la gente. Andrà in un centro per tossicodipendenti in Austria.
L’altro annuisce, poggiandole una mano su una spalla e sentendosi un idiota, ‘ché di solito quando la gente sta male non se ne fa nulla di un semplice braccio appoggiato su una spalla.
-Devo trovarmi un coinquilino o dovrò tornare a Leonora con mia madre perché papà con la sua nuova famiglia non ha posto per me a Sydney.
Calum la mano ancora non l’ha spostata ma sente che gli torna utile quando, dopo quella notizia, attira Kyra a se per abbracciarla.
-Troveremo una soluzione, stai tranquilla.- le dice accarezzandole i capelli. –Mettiamo gli annunci e troveremo qualcuno che cerca un appartamento. Fidati di me.
E la ragazza sorride, a quelle parole. Quando sente quel plurale che si negava da tanto un po’ di speranza si fa largo nella sua mente.
E si sente anche stupida, perché avrebbe potuto pensarci lei e si è solo lasciata prendere dall’ansia.
-Grazie Cal.- sussurra sul suo collo, tenendo gli occhi chiusi.
 
 
Michael è al solito parchetto con il suo Samsung tutto crepato tra le mani tremanti.
Avrebbe voluto salutare la sua Sue ma l’arpia non gliel’ha permesso. ‘Hai già avuto troppa influenza negativa su di lei, è meglio che tu te ne vada.’ Gli aveva infatti detto la madre dell’ ormai ex ragazza, quando si era presentato sotto casa sua per parlarle.
Si era dovuto accontentare di un fottuto messaggio, chiedendole di vedersi di nascosto senza aspettarsi però una risposta come quella che si è trovato sotto agli occhi qualche minuto fa, e che ha letto e riletto talmente tante volte da averla imparata a memoria.
‘Mia mamma mi porta a Vienna, mi nasconde perché si vergogna e l’ho sempre alle calcagna, non ti posso chiamare. Ma ti amo Mike, ti amo davvero.’
Il ragazzo si sfrega velocemente un occhio, rileggendo le ultime parole. Non ha avuto il coraggio di risponderle.
Rispondere cosa, poi! ‘Ti amo anche io’? ‘Resta ti prego?’.
Non ce la fa.
Non ci riesce.
E scuote la testa quando conta che son già due, le ragazze della sua vita ad averlo abbandonato a se stesso.
In tasca ha abbastanza erba per farsi uno spinello, ma appena la sente, sotto i suoi polpastrelli, quasi gli viene la nausea.
Non può farlo.
Lo deve a Sue, che per quella merda se ne sta andando.
E un po’ anche a Mary, che gli ha parato il culo alla sera del rave.
Lo tira fuori dalla tasca e lo fissa un po’.
-Fossi in te lo butterei.- sente dire poco più in la dopo dio solo sa quanto tempo.
-Mary!- esclama alzandosi e rimettendo l’erba in tasca. –‘Cazzo ci fai qui?
L’altra scuote le spalle, indicando il suo completo da jogging. –Corro un po’. Vuoi unirti a me?
E Michael fa segno di no con la testa, che non ha più né il fisico né i polmoni per tenersi in forma.
-Appunto per questo. Così ti disintossichi un po’.- gli dice Mary capendo al volo i pensieri del ragazzo.
-No, davvero. Non sono dell’umore, torno a casa.
L’altra gli sorride, guardandolo scavalcare il cancelletto e avviarsi verso una delle uscite del parco.
-Mike!- lo chiama dopo pochissimo, con una brillante idea in mente. –Dammi quella roba! Così non cadi in tentazione.
Michael non si gira nemmeno, continuando per la sua strada, ma Mary lo vede mentre tira fuori qualcosa dalla tasca e lo butta per terra. Scuote la testa, ‘ché cazzo! Ci sono i cestini, ma almeno l’ha ascoltata.
 
 
La mostra non è malaccio, forse un po’ ripetitiva e scontata ma si tratta comunque di ventenni alle prese con i primi lavori, non di professionisti, ma Cara è comunque contenta di essere li, con un bel piattino pieno di salatini e una bibita rossastra sconosciuta tra le mani.
Sta fissando una reinterpretazione della Nike di Samotracia, deliziata dal chiaroscuro che la rende quasi palpabile quando si accorge di una presenza piuttosto slanciata vicina a lei.
-Cara Walker, ho indovinato?- le chiede il ragazzo con l’affascinante accento inglese lasciandola un attimo in contemplazione del suo bel volto.
-Penso di si- risponde sorridendo, felice che qualcuno come lei si sia davvero ricordato di una come lei. –Rick di scienze della comunicazione, immagino.-
L’altro annuisce e i suoi capelli scurissimi gli cadono sugli occhi ma non si cura di spostarli da li.
-Non pensavo che i geologi fossero amanti dell’arte.
Cara si stringe nelle spalle, cercando di spegnere quel fastidioso sorrisetto che la accompagna da quando Rick è comparso alla sua destra. –Mi son sempre piaciute le cose belle.- ammette vaga e abbassando lo sguardo. Dovrebbe darsi una calmata.
-Non sempre l’arte è bella. Non venirmi a dire che le opere di Picasso siano esteticamente belle!- le fa notare il ragazzo accennando ad un sorriso sghembo.
-No, non sono esteticamente belle, ma l’hai detto anche tu stesso, sono opere, il ché implica la bellezza di qualcosa al loro interno.
Per un momento Rick sembra rimanere senza una risposta pronta, colpito dal ragionamento della ragazza, ma quando apre la bocca decide di cambiare decisamente discorso, non appena gli cade lo sguardo sulla maglia che si intravede sotto la felpa di Cara.
-Non ti immaginavo una fan degli Imagine Dragons.- dice facendola scoppiare a ridere.
-Sono quasi caduta in depressione quando non sono riuscita a comprare in tempo i biglietti del concerto, quindi direi che si li adoro.
Rick annuisce facendole l’occhiolino e guardando l’ora.
-Devo andare Cara, spero di rivederti presto.- le dice con il suo solito accento bretone.
-Ci vediamo Rick.
E mentre il ragazzo se ne va, controlla due foglietti gialli nella tasca interna della giacca. Sarebbe dovuto andare con un suo amico, ma sa che la sua compagnia era per pena più che per il resto e non sta nella pelle all’idea di andare ad un concerto con qualcuno che ascolti sul serio gli Imagine Dragons.
 
 
Ashton è seduto in treno con la testa di Queen addormentata sulla spalla.
Stanno tornando dal famoso concerto che aspettavano da mesi e ancora non riescono a credere di essere andati sul serio.
Sono bagnati fradici a causa del diluvio insolito che è venuto giù poco prima che il loro cantante preferito iniziasse a cantare e sono anche stanchi morti.
Ashton però, ancora non riesce ad addormentarsi, accarezza una spalla della sua ex pensando all’anno passato insieme.
Le piaceva sul serio eppure, nonostante i suoi sentimenti per lei non sembrano volersi spegnere, sembra che ci sia come se un pezzo del loro puzzle fosse andato disperso rendendone impossibile il termine.
Sente che le manca quella loro relazione, ma quando si immagina, mentre la bacia, percepisce un errore, un fottutissimo errore che non riesce a capire da dove nasca.
Queen è perfetta cazzo.
Ha il sedere perfetto e la pancia piattissima.
Cara ha i fianchi arrotondati e una maglia mai troppo attillata perché si vergogna delle sue forme.
Scuote la testa, tornando con lo sguardo sulla sua ex.
Cara è una delle amiche a cui tiene di più e non può pensare ad altro.
Soprattutto ora, che un braccio di Queen gli sta circondando i fianchi ed un sorrisino inizia a comparire innocentemente.
-Mi eri mancato Ash.- mormora con gli occhi ancora chiusi e ricevendo in risposta un dolce bacio sul capo.
-Mi era mancato parlare di noi.-
-È stata una tua scelta, quella di lasciarmi.- le fa notare, spostandosi un pelo per osservarla meglio in faccia.
-Lo so.- gli risponde Queen abbassando lo sguardo e mordendosi un labbro. –E forse sto iniziando a pentirmene.
 
 
 
 
N.d.A.
 
Sono quasi le dieci e ho pochi minuti per pubblicare prima che la mia dolce Ele mi uccida.
Si Ele, proprio tu, che non mi hai fatto godere come si deve la nuova puntata di Pretty Little Liarsss!!!
Sono esaltatissima, oggi, è il mio primissimo aggiornamento da maggiorenne, il che non cambia un cazzo ma va beh, almeno posso firmarmi le giustificazioni finalmente.
Per finire questa nota infinita… Ho una richiesta da farvi, quindi CONSIDERATE QUELLO CHE STO SCRIVENDO QUI SOTTOOO!
Come avrete notato mi è comparso un nuovo personaggio tra le righe, l’affascinante Rick.
Bene, mi piacerebbe sapere come lo immaginate, nonostante l’abbia descritto poco. Se riuscite scrivetemi il nome dell’attore/cantante/modello/chiunque egli sia nella recensione oppure mandatemi direttamente il link della foto.
Sono curiosissima!
Adesso scappo! Un bacio gigante! :*
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Incontri. ***


INCONTRI.
 
Kyra è seduta al bar dell’ università, con il suo portatile che inizia a scaricarsi e le chiavi della macchina abbandonate in giro per il tavolo, pronte per essere rubate senza problemi.
È su un sito che le ha consigliato Calum qualche giorno prima, quando insieme si erano iscritti e avevano pubblicato qualche foto dell’appartamento.
Ha ottenuto molto più successo di quanto avesse immaginato, tant’è che ora si sta concedendo il lusso di scartare le persone dall’aria sospetta.
Non che sia una che si basa sui pregiudizi, ma l’esperienza con Sue le è bastata ed avanzata e non ha proprio voglia di altri problemi.
Sbuffa rifiutando la richiesta di un certo Norman senza cognome mentre cerca di ignorare le voci alle sue spalle che da quando è arrivata continuano a distrarla.
-C’era anche lei al rave.- sta dicendo una delle ragazze dietro di lei, che riconosce come Queen Davies.
-Sua cugina è stata trovata in possesso di LSD, me l’ha detto mia madre. Lei invece era pulita, ma non ci credo troppo.- risponde l’altra che, ad esclusione dovrebbe essere di Clary.
Kyra si ritrova a pensare –Eroina, idiota.-, vorrebbe andarsene da li, ma allo stesso tempo la darebbe loro vinta e proprio non le va, così, scorrendo per la pagina distrattamente, continua ad ascoltare le cattiverie che le due arpie hanno da dire su di lei.
Le sente parlare del suo sedere molle, come se una che ha giocato ad anni a pallavolo lo avesse davvero, dei suoi capelli rovinati e di Calum.
Sorride sotto i baffi non appena sente  Clary lamentarsi delle attenzioni che il ragazzo le riserva.
-Dai cazzo, è indecente, ho passato anni a morirgli dietro e adesso questa arriva e pretende di prenderselo.
Queen al suo fianco la rimprovera subito, ‘ché dai, è fidanzata da due mesi, non può già essersi stufata.
-Ma è una questione di principio, capisci? Calum rimarrà sempre il mio punto debole e non posso accettare che abbia rifiutato me e se la spassi con lei.
L’amica le fa cenno di abbassare la voce e Kyra afferra il cellulare, con l’intento di scrivere a Calum, vorrebbe dirgli di quello che ha sentito ma si vergogna, non vuole fare la figura dell’origliona.
Così si limita a chiedergli di trovarsi, per scartare qualcuno dei ragazzi che l’hanno contattata per l’appartamento.
Sopprime l’istinto di invitarlo li al bar dell’università, solo per risparmiargli il viaggio Little East- Sydney, più che per altro, visto che le piacerebbe proprio vedere la faccia di Clary di fronte ad un Calum che appare al localino solo per lei.
 
 
Cara è di fronte al cancelletto di casa sua, è appena tornata dall’università e ha visto Rick, che però andava di corsa per via dell’esame di filosofia che doveva sostenere.
Sbuffa, mentre ravana disperatamente nella borsa alla ricerca delle chiavi che hanno il potere di sparire sempre ma improvvisamente si blocca, notando la figura di Ashton riflessa nella vetrata all’ingresso di casa sua.
-Ashton!- esclama girandosi e trovandoselo proprio davanti.
-Hei, guarda chi c’è, è tantissimo che non vedo questa!
Senza badare più alle chiavi, Cara lo abbraccia di getto, ‘ché le era mancato, quel ragazzo.
-Allora, devi raccontarmi! Com’è andato il concerto?- si informa aprendo definitivamente il cancelletto e facendosi da parte per invitarlo ad entrare.
-Non entro Cara, sono di corsa, comunque meravigliosamente. Ha diluviato tutto il tempo e ho preso il raffreddore.
L’amica scoppia a ridere e: -sei il solito debole.- lo accusa con tanto di linguaccia.
-Tu invece sei sempre la solita ragazza natura noto!
Non c’è persona al mondo che diverta Cara più di Ashton, che emana allegria e spensieratezza da ogni poro. La sua presenza non può che essere positiva, le fa sempre dimenticare la tristezza o qualsiasi altro problema le abbia peggiorato la giornata.
-Dai scemo! Raccontami! Hai pasturato duramente con Queen mentre cantava ‘I love you’?
-No, non abbiamo pasturato purtroppo, ma adesso sto andando da lei.
Cara ignora il leggero fastidio al petto, come se qualcosa fosse caduto nel vuoto e gli rivolge un sorriso cercando di apparire il più sincera possibile.
-Non voglio far…- inizia a dire prima di venire interrotta da un: -Dai, sei anche tu contraria alla nostra relazione?
La ragazza fa la spallucce, arrossendo all’idea di esser stata sgamata nella sua delusione. –Ma va Ash, ci prendo il pullman tutte le mattine insieme, è simpatica! Sono contenta per voi.
-Sei una delle poche che lo dice, è per questo che ti considero una delle persona più preziose in assoluto- le dice abbracciandola di slancio.
Cara sorride cercando di allontanarsi che non se la sente di ricambiare quel gesto. –Non farla aspettare Ashton, perderesti solo punti ai suoi occhi!- lo rimprovera sorridendogli prima di varcare il cancelletto di casa sua.
-Hai ragione, ‘orco il cazzo. Ci vediamo Cara!!
-Ciao Ash, salutami tuo fratello!- gli urla vedendolo allontanarsi e, con un sospiro, va ad aprire la porta d’ingresso.
Le è andata di nuovo da schifo.
 
 
Allison è di nuovo davanti all’Angolo del legno, con un paio di Dr Martens e dei pantaloni larghi arrotolati fino al bordo degli anfibi, la solita vecchia borsa sempre in bilico sulla spalla ma questa volta è molto più sicura.
Entra facendo suonare un campanello in legno con due uccellini su un ramo dirigendosi verso il bancone.
Adocchia un posa cenere niente male, che potrebbe spedire a suo padre per il compleanno e una sedia a dondolo che starebbe a meraviglia nella mansarda che ha trasformato in camera sua.
-Hei Luke!- esclama vedendo una testa bionda nel retro bottega.
Il ragazzo lascia subito perdere i pennelli da lavare per andarle incontro, asciugandosi le mani nella maglia logora grigia del lavoro.
-Ali!- sussurra prima di abbracciarla e stamparle un bacio a fior di labbra, facendola sorridere.
Non si aspettava certo un’accoglienza del genere.
-Che ci fai qui?- le domanda senza liberarla dall’abbraccio.
-Avevo la mattinata libera e voglia di vederti.
Luke sorride, senza risponderle subito, non stava con lei dalla serata del rave e, nonostante fossero passati quattro giorni o magari cinque… va beh, la voglia di fare qualcosa loro due insieme era davvero troppa.
-Se la metti così- dice dopo un attimo –io ho poco lavoro questa mattina, che ne diresti di farci un giretto?
 Allison annuisce subito, potrebbero andare a far merenda insieme o una passeggiata lungo il canale, non lo sa, ma è entusiasta di quella proposta.
Guarda Luke tornare nel retro bottega, per cambiarsi la maglietta, mentre cerca di trattenere un sorriso. Sta uscendo con Luke cavolo.
 
Il Joe’s è il bar del padre di Mary, nonché unico bar di Little East, e prepara dei cappuccini che sono una favola, sotto ogni punto di vista.
Allison e Luke sono seduti in un tavolino della sala sul retro, quella meno affollata, e stanno chiacchierando ininterrottamente.
Lui le sta raccontando di come ha aperto l’ Angolo del Legno, lei invece della Grande Mela, della magnificenza dei grattacieli, del senso di oppressione quando ci si passa sotto, dell’immensità di Macy’s e dei semafori per i pedoni che durano troppo poco tempo.
Il tempo sembra volare, sono già le sei e mezza e Allison, rapita dalle parole del ragazzo, ancora non ha finito il suo cappuccino.
-Sono davvero contento che tu sia tornata, e so che te l’ho già detto, ma ci tengo a precisarlo.
-All’inizio ero arrabbiata con mia madre, mi mancava l’America già dal primo giorno qui, ma penso di essere stata un’idiota, sto benissimo ora, qui.
Il padre di Mary sta portando gli ordini ad una famiglia vicina a loro, e chiede ai ragazzi se vogliono il conto. Luke annuisce prima di tornare a rivolgersi ad Allison e: -Ti sembra che sia cambiato qualcosa qui in questi anni?
La ragazza ci pensa su un attimo, indecisa.
-Soliti impiccioni, nonostante siano cresciuti, solito silenzio per le strade… Non pensavo che saresti diventato un falegname e non mi aspettavo che Queen sarebbe potuta peggiorare in antipatia.
Luke scoppia a ridere, alzandosi dalla sedia e prendendo lo scontrino.
-Inizia ad esser tardi, sta sera cucino io. Ma mi ha fatto piacere stare con te oggi.
-Anche a me, mi piacerebbe vederti più spesso.– Azzarda Allison arrossendo lievemente.
L’altro le si avvicina, sussurrando un ‘volentieri’ prima di lasciare un altro bacio a fior di labbra.
 
 
Ashton e Queen sono al parco, su una panchina, mano nella mano. Fa freschino, per essere marzo, Queen che voleva uscire con una semplice canottiera ha dovuto aggiungere anche un maglioncino rosino ed ha comunque la pelle d’oca sulle braccia.
È felice di essere li con lui nonostante fosse rimasta delusa quando, nel vederla l’aveva abbracciata e stop. Nell’aspettare quel momento Queen aveva immaginato un bacio, proprio come nei film romantici, che però non era arrivato.
-Ash, ma ci sei con la testa?- domanda a un certo punto spazientita nel vedere il ragazzo perso in un mondo suo.
Ma Ashton non c’è proprio. ‘Sono contenta per voi’, ha detto prima Cara e non riesce a non pensarci. ‘Io sono contento per noi?’. Si continua a chiedere indeciso.
Il problema di Queen è che è noiosa. Passeggiata, chiacchierata, panchina… mai qualcosa di più attivo, di diverso. Sorride mentre gli tornano in mente le serate con Simon, Calum, Cara, Mary e gli altri, quando dopo aver finito il kebab si univano attorno al tavolo per giocare a Monopoli o qualsiasi altro gioco senza mai riuscire a finirlo per il troppo ridere.
Con loro, con Cara, si diverte, forse non sempre, ma è felice di star con loro.
Ma con Queen?
 
 
Zumba è divertente, Cara e Mary aspettano il martedì e il giovedì sera con angoscia assoluta, entusiaste all’idea di andare nella palestra di periferia di Sydney a scatenarsi sulle note di ‘Vivir mi Vida’ o ‘Toma Reggaetton’. Mary poi è uno spasso da guardare mentre balla, persa nei suoi pensieri mentre si muove come Heidi.
Ma la parte più bella di quelle serate sono i viaggi in macchina, passati a parlare di Ashton, Rick, Michael da qualche tempo e delle varie relazioni che nascono nel Little East.
Stanno discutendo dell’incontro tra Cara e Ashton di quel pomeriggio quando il telefono inizia a vibrare richiamando l’attenzione delle ragazze.
Nel leggere l’emittente, Cara sbianca un attimo, prima di scoppiare istericamente a ridere, lasciando Mary un attimo perplessa.
-È Ashton.- esclama dopo essersi calmata, con le dita tremanti e la voce entusiasta.
-ASHTON?- ripete l’amica. –E cosa vuole?
Cara trattiene a stento un sorrisone, prima di iniziare a saltellare sul sedile del passeggero guadagnando un’occhiataccia dall’amica, che già quel posto è sfondato, potrebbe per lo meno evitare.
-Vedermi. Domani.
Mary schiaccia di più il pedale sull’acceleratore, nel notare che il solito semaforo alla fine della salita è verde così da evitare la partenza così tanto odiata e ancora non riesce a crederci.
-Seriamente?
-Ti giuro cavolo Mary ti rendi conto!?
L’altra sorride, annuendo, contenta per l’amica.
-Bene, visto che siamo in tema allora Cara ti dico la mia news.- esclama dopo un po’ trattenendo un sorriso e attirando l’attenzione dell’amica che ha appena staccato gli occhi dal telefono.
-Michael Clifford mi ha chiesto se posso accompagnarlo a Sydney domani che deve comprare alcune cose.
-L’ex di Sue Robinson?
Mary annuisce, rabbuiandosi nel sentire quel nome.
-Non pensavo ti interessasse.- continua Cara, leggermente confusa.
-Ma io non ho detto che mi interessa.
-Mary, tu a me dici sempre e solo le cose davvero importanti. Non farmi scema.
Le due ridono, mentre la maggiore parcheggia la macchina storta come suo solito.
Cara è entusiasta, anzi di più. Lei e Mary, forse, riusciranno a trovarsi qualcuno.
 
 
 
N.d.A.
 
Bene, dopo essere stata ricattata, gentilmente invitata dalla cara Ele ad aggiornare eccomi qui, con un capitolo che mi convince meno di zero ma la situazione Ashton per me sta iniziando a diventare davvero complicata.
E non ho niente da dire, non lanciatemi le pietre se vi fa schifo, chiedo umilmente perdono.
Comunque non aggiornerò più per quest’anno, visto che partirò con i miei amici (tra cui Ashton) per Bergamo, di conseguenza… Buon 2015 <3 <3
Un bacio!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2838084