Tra l'odio e l'amore c'è la distanza di un bacio - Extra

di _Bec_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I parte - Ritorno a casa ***
Capitolo 2: *** I parte - Prime (?) incomprensioni ***
Capitolo 3: *** I parte - Distrarre in che modo? ***
Capitolo 4: *** I parte - Di ex psicopatiche e messaggi nascosti ***



Capitolo 1
*** I parte - Ritorno a casa ***


A tutte le meravigliose e pazienti lettrici di Tra l’odio e l’amore…spero che Lore e Ali riescano ancora a strapparvi qualche sorriso e qualche emozione

A tutte le meravigliose e pazienti lettrici di Tra l’odio e l’amore…spero che Lore e Ali riescano ancora a strapparvi qualche sorriso e qualche emozione. Spero che vi sembrino ancora gli stessi (:

 

I Parte: Ritorno a casa

 

Questi extra sono tratti da “Tra l’odio e l’amore c’è la distanza di un bacio”.

 

 

Tornare nella grigia, triste e inquinata Milano, dopo essersi abituati allo stile di vita e al fuso orario dell’Inghilterra, fu un vero e proprio trauma.

Non potevo più tirare gomitate a Mel per sparlare ad alta voce e in italiano degli ignari inglesi intorno a noi, se avessi fatto una cosa del genere a Milano mi avrebbero capita.

Appena uscita dalle porte scorrevoli degli arrivi, mia madre mi aveva abbracciata così forte da rischiare di farmi uscire gli occhi dalle orbite, mentre il suo profumo nauseante aveva violentemente invaso le mie narici.

-Come è andata? Ti sei divertita? Cosa mi racconti? Dai, dai racconta!-

Non le avevo detto nulla, ovviamente.

Le avevo raccontato della bellissima Exeter, di Bath, di Tintagel, Stonehenge, Londra. Le avevo detto di Susan e Rod e di quanto fossero stati meravigliosi con noi, una vera e propria famiglia, ma...non le avevo detto nulla. Nulla di quello che realmente contava, nulla di quello che mi rendeva così stupidamente felice.

Non aveva capito che quel sorriso non era per i posti che avevo visitato, né per le persone che avevo incontrato.

Era solo per una persona. Una persona che mi aveva fatto dannare per mesi e mesi e a cui era bastata una dichiarazione farneticante per farmi innamorare più di quanto già non lo fossi.

Una dichiarazione fuori da ogni standard, per nulla simile a quella che mi sarei aspettata di ricevere dall’uomo dei miei sogni, dal mio principe azzurro.

Quanti principi, del resto, se ne sarebbero usciti con un “Sono fottutamente innamorato di te”? Solo lui, quello degli Stronzi.

Non ero ancora pronta per condividere con lei tutto quello, glielo avrei raccontato con più calma nei giorni successivi.

Con la coda dell’occhio, mentre mio padre mi aveva sfilato la valigia dalle mani, mi ero voltata a guardare il mio ragazzo: i capelli scarmigliati -che soddisfazione sapere di essere stata l’artefice di quel dettaglio fuori posto!- e le labbra gonfie dei miei ultimi morsi e baci dati in aereo, stava ridendo e alzando gli occhi al cielo per qualcosa che doveva aver appena detto sua sorella Glenda.

Chissà se, come e quando le avrebbe raccontato di noi due…probabilmente, conoscendolo, non lo avrebbe proprio fatto. Se anche lei gli avesse chiesto qualcosa di me, lui avrebbe risposto con un secco “Fatti i cazzi tuoi”.

Però, in quanto amica, confidente e sostenitrice del partito “L’Oréal”, Glenda meritava di sapere, glielo avrei detto io stessa. Sentivo l’irrefrenabile impulso di farlo, con tanto di urletto isterico ad accompagnare le mie parole…lo stesso che aveva seguito il mio precedente annuncio, quello al telefono con Ilaria, Angelica e Daniela.

-Tesoro?-

Il richiamo di mia madre mi aveva distratto bruscamente dalla contemplazione di tutto quel ben di Dio.

-Andiamo? O devi salutare qualcuno?-

Quella donna era una fottutissima veggente, ero quasi certa che avesse già intuito tutto. Il modo in cui aveva detto “qualcuno” lasciava ben poco all’immaginazione, avevamo capito entrambe chi fosse il soggetto.

-No, possiamo andare.- Dopo un’indifferente scrollata di spalle, avevo sorriso a mio padre leggermente confuso. Fortunatamente lui non ci sarebbe mai arrivato, momentaneamente sarebbe stato all’oscuro di tutto…avevo ancora tempo per prepararlo allo shock.

 

 

************************

 

Il lunedì mattino seguente ero esausta, distrutta, a pezzi.

Faticavo a tenere gli occhi aperti, eppure, nonostante tutto, la prima cosa che feci fu controllare il cellulare con il cuore in gola.

Nessun messaggio, niente di niente.

Sbuffai e lo rimisi a posto. Ero troppo abituata ai messaggi del buongiorno e della buonanotte che mi mandava Matteo quando stavamo insieme, Lore non era proprio tipo da fare una cosa del genere.

Se Matteo era il ragazzo che scriveva quasi ogni ora “Amore cosa fai?”, “Amore dove sei?”, “Principessa ti sto pensando, mi manchi”, Lore era…l’esatto opposto.

Diedi un’occhiata svelta alla radiosveglia: era probabile oltretutto che stesse ancora dormendo, si alzava sempre all’ultimo ed era sempre in ritardo.

Lasciai ricadere le palpebre sugli occhi annebbiati dal sonno e sospirai: pretendere che ci alzassimo per andare a scuola il giorno dopo il ritorno dallo stage in Inghilterra era a dir poco sadico. Non avevo, comunque, un valido motivo per rimanere a casa, mi sarei persa la spiegazione di geografia e non avevo alcuna intenzione di restare indietro con il programma.

Feci forza su me stessa e mi alzai, barcollando come uno zombie fino alla cucina per mangiare qualcosa.

Ero troppo stanca anche solo per mettere il tè a scaldare, così mi limitai a sgranocchiare qualche biscotto al cioccolato davanti alla tv.

-Ti sei già svegliata?- Mia madre mi accarezzò dolcemente i capelli da dietro, facendomi sobbalzare spaventata come una vittima in un film horror.

Inquietante il fatto che a volte fosse così silenziosa da non far percepire la sua presenza.

-Già.- Borbottai prendendo un altro biscotto.

-Sei stanca? Vuoi stare a casa oggi?-

Ecco le famose parole che praticamente ogni adolescente avrebbe voluto sentirsi dire dalla propria madre, chi non avrebbe voluto restare a casa ad oziare e dormire? Io.

-Stai scherzando? Mamma non chiedermelo neanche, lo sai che non voglio perdere inutilmente un giorno di scuola.- Sbottai irritata. Poi mi sarebbe toccato mettermi in pari e io odiavo fotocopiare le pagine di quaderno degli altri, non riuscivo a studiare degli appunti non miei.

Finita quella misera colazione, mi diressi al bagno strascicando i piedi, dove provai, con un bel po’ d’acqua fresca, tanto dentifricio e una bella spazzolata ai capelli, di rendermi un tantino più decente alla vista.

Finii di prepararmi alle sette e mezza esatte, avevo impiegato più tempo per truccarmi e cercare di rendermi ancora più carina che per vestirmi.

Il motivo? Facilmente intuibile.

Osservai nuovamente il cellulare e mi morsi il labbro nervosa. Come funzionava? Cioè…avremmo fatto la strada insieme? Avrei dovuto suonare al suo campanello? Fargli uno squillo? O lo avrebbe fatto lui a me? Magari lui se n’era già andato per conto suo…o magari non aveva nemmeno intenzione di andare a scuola quel giorno.

Gemetti affranta; porca miseria, stare con Lore era così complicato! Quando si trattava di lui regredivo allo stato infantile, mi sentivo una stupida bimbetta timida che non sapeva come comportarsi con un bambino che le piaceva!

Che poi alla fine erano tutte inutili paranoie mie, quando lui mi era vicino, nonostante l’emozione e il battito cardiaco a mille, mi veniva abbastanza spontaneo stuzzicarlo e baciarlo, ma…quando non era con me, non facevo che chiedermi come avrebbe reagito, cosa avrebbe potuto pensare di me se, ad esempio, gli avessi mandato un messaggio un po’…sdolcinato. Ero abbastanza certa del fatto che a lui una cosa del genere avrebbe dato fastidio, immaginavo di vederlo storcere il naso contrariato nel leggere troppe smancerie, così mettevo via il cellulare e lo spegnevo ogni volta che la tentazione di assillarlo con messaggi zuccherosi era troppo forte. Non volevo essere appiccicosa, non volevo che si stufasse di me.

In Inghilterra era stato tutto più semplice: la mattina lo incontravo già al college e la sera mi riaccompagnava a casa di Susan e Rod dopo molte, molte, molte ore passate insieme a fare di tutto; passeggiare per le strade punzecchiandoci, mangiare fuori, baciarci, fare l’amore. Avevamo battezzato un po’ tutti i banchi di quel povero college…

Ma ora? Sarebbe cambiato qualcosa? Non gli avevo chiesto nulla il giorno prima all’aeroporto, ero ancora troppo rimbambita nella mia bolla personale di felicità per riuscire a ragionare lucidamente. Seriamente, lui mandava il mio cervello a farsi le pippe.

-Mamma, io vado!- Gridai infine, dopo aver constatato che alle 7.35 lui ancora non si fosse deciso a scrivermi nulla. Che cavolo, non potevo aspettarlo in eterno, avrei perso l’autobus e fatto tardi a scuola altrimenti!

Sarei andata per conto mio a quel punto, si sbagliava di grosso se pensava che sarei corsa io alla sua porta a chiedergli di fare la strada insieme!

Stronzo, stronzo, stronzo, schifoso, maledettissimo…

Stavo ancora ripetendolo con rabbia nella mia mente, quando, uscita di casa, quasi rischiai di avere un infarto nel vederlo bello tranquillo appoggiato con un braccio alla porta dell’ascensore.

Gli insulti nella mia testa cessarono all’istante e riuscii solo a pensare a come cavolo facesse quel ragazzo ad essere così schifosamente…-e dai Alice, l’hai pensato, su, non rimangiartelo-…arrapante anche di prima mattina, porco cazzo.

Alzò appena un sopracciglio e ghignò divertito, se aveva capito i miei pensieri era solo l’ennesima volta che facevo la figura della ninfomane pervertita, -Alla buon’ora. Non vorrei allarmarti Puccio, ma sai, sei in ritardo.-

Bastardo.

Odio profondo per lui che mi sfotteva in quel modo –sapeva benissimo quanto non sopportassi l’idea di fare tardi a scuola!- e per me stessa che, nonostante tutto, stavo morendo dalla voglia di farmelo nel modo più selvaggio possibile.

Oh no, non dovevo cedere, non gli sarei saltata al collo per riempirlo di baci, mi sarei comportata da stronza indifferente come lui. Com’era? Chi andava con lo zoppo imparava a zoppicare.

Richiusi la bocca –rimasta tristemente spalancata per la sorpresa tutto quel tempo- e sollevai il mento con fare altezzoso, -Cose che capitano, ero stanca e ho fatto fatica ad alzarmi.-

Non sono in ritardo per colpa tua, no. Non stavo aspettando un tuo messaggio, non stavo pensando a te prima di uscire. E non sto morendo dalla voglia di baciarti…

L’importante era ripeterselo, poi magari ci avrei creduto.

Il suo ghigno si accentuò; si vedeva chiaramente quanto poco credesse a quell’acida risposta elaborata in due secondi esatti, sembrava quasi essere consapevole dei miei pensieri.

-E ora scusami Latini, ma come hai detto tu sono in ritardo e devo correre per non perdere l’autobus.- Ringhiai fra i denti, avanzando con fare intimidatorio per spingerlo a spostarsi di lì. Cosa che non fece, purtroppo per i miei nervi.

Sbuffai ed allungai una mano con l’intento di afferrare il suo ingombrante arto superiore e toglierlo dalla porta dell’ascensore, ma lui fu più svelto ed utilizzò quello stesso braccio per bloccare il mio a mezz’aria.

Gli lanciai un’occhiata indignata e cercai, con scarsi risultati, di liberarmi.

-Nervosetta di prima mattina? Come mai?-

I suoi occhi si animarono di malizia, mentre con l’altra mano mi attirava completamente a sé.

-Lore…- Socchiusi le palpebre nel vano tentativo di essere minacciosa, -Sei veramente uno stronzo.-

Sorrise compiaciuto a due centimetri dal mio viso, -Dovresti imparare ad insultarmi con più cattiveria, sembrava quasi un complimento.-

Aveva ragione in effetti. Ma finché mi teneva così stretta a sé col cavolo che sarei riuscita ad insultarlo come si doveva!

-Vorrà dire che mi eserciterò.- Mantenni lo sguardo fisso nel suo e soffiai peggio di un felino dal pelo ritto.

Feci in tempo solo a sentire un suo “Brava” sussurrato sulle mie labbra, poi la sua bocca sfiorò la mia ed il mio cervello non riuscì più ad elaborare pensieri coerenti.

Stronzo, schifoso, bastardo, bellissimo e meraviglioso Lorenzo, lo odiavo con tutta me stessa quando faceva così. Eppure, se si fosse comportato diversamente, non sarebbe stato lui e non lo avrei amato così tanto.

Alla fine fui io a bloccare la porta dell’ascensore con la mia schiena, ma sinceramente non ero intenzionata a togliermi tanto presto.

Mi aggrappai a lui e lo strinsi talmente forte da chiedermi come diavolo facesse a respirare. Buffo che fossi io a chiedermi una cosa del genere, visto che ero la prima ad ansimare impudicamente e a fatica fra un bacio e l’altro.

-Lore…- Volevo dirlo in tono autoritario, invece mi uscì un gemito che lo invitò a continuare e ad alzarmi la felpa per accarezzarmi la pelle nuda della schiena.

Infilai le dita fra i suoi capelli e sospirai, -Lore…la scuola…- Gemetti nella sua bocca quando mi scostò il reggiseno.

-Si fotta.- Fu la sua risposta.

Grandioso.

La situazione stava decisamente degenerando. Sentivo l’eccitazione di entrambi crescere e delle fitte sempre più frequenti e insostenibili tra le mie gambe.

Poggiai le mani sul suo petto per allontanarlo, provocandomi un brivido lungo tutta la spina dorsale, -Se esce tua madre da quella porta mi farai fare la peggiore…- Mi baciò di nuovo per zittirmi, sorridendo sulle mie labbra, -Figura di merda…della mia vita.- Continuai ansante.

Per non parlare del fatto che ci avrebbe potuto sentire chiunque sulle scale, non eravamo propriamente…silenziosi. E se ci avesse visto mia madre dallo spioncino della porta? O Glenda, o Rossella…

Anche se era il pensiero che fosse Amelié a vedermi avvinghiata a suo figlio a terrorizzarmi maggiormente.

Per carità, mi era sembrata una donna molto gentile, disponibile e comprensiva, ma…seriamente, che figura ci avrei fatto se ci avesse scoperti in quel momento? Mi sarei giocata definitivamente l’opportunità di star simpatica a mia suocera come fidanzata di suo figlio. Mi avrebbe visto come la troietta che lo aveva sedotto e costretto a saltare la…

-La scuola!- Sbottai, questa volta a voce più acuta e stridula. Forse il fatto che avesse infilato una mano dentro ai miei jeans aveva contribuito ad alterare il mio tono…

Lui fece un profondo respiro per cercare di calmarsi e si scostò per guardarmi bene in viso, -Fammi capire…- Socchiuse gli occhi infastidito, -Sono eccitato da morire, riesco solo a pensare a quanto cazzo ti voglio, e tu invece che gridare il mio nome ti metti a pensare e a gridare “La scuola”?- Imitò il mio strillo d’aquila precedente, aggiungendoci un’eloquente smorfia irritata.

Sorrisi sotto i baffi che non avevo: era un amore. Se glielo avessi detto si sarebbe sicuramente incazzato, ma con quel broncio offeso era…un amore.

Non immagini nemmeno quanto vorrei lasciar perdere tutto, scuola compresa…

-Esatto.- Trattenni a fatica una risatina isterica, -La scuola Lore…- A differenza sua stavo ancora ansimando fra una parola e l’altra, complice il fatto che le sue mani mi stessero mandando a fuoco la pelle fino ad un attimo prima, -Siamo in ritardo.-

-E credi che me ne freghi qualcosa?- Fece ironico, -Oggi possiamo pure bigiarcela, non ci andrà nessuno, siamo rientrati ieri dallo stage!-

-Scherzi?- Misi discretamente al loro posto il reggiseno ed il maglione, -Ci sarà la spiegazione di geografia oggi, non voglio perderla!-

-Ma che cazzo…?- Avrebbe sicuramente continuato con un “te ne fotte”, ma si interruppe all’ultimo e si passò una mano fra i capelli incredulo, -Sei una secchiona di merda, lo sai?-

Socchiusi gli occhi stizzita, -E tu uno stronzo. Ricordati di dirmi che sarò una “secchiona di merda” anche quando sarò laureata, ok?- Schiacciai il tasto per chiamare l’ascensore.

-Come no, me lo segno come promemoria sul cellulare.-

Sbuffai e cercai di sistemarmi alla bell’è meglio, dovevo essere in uno stato a dir poco pietoso; le labbra gonfie di baci, gli occhi lucidi, i capelli per aria e le guance rosse e bollenti. Facevo pena ed ero pure in ritardo, un rientro a scuola in grande stile.

L’ascensore arrivò ed io aprii la porta esterna, voltandomi verso di lui in attesa.

Storse appena la bocca contrariato, -Dammi almeno un buon motivo per non bigiarmela e per venire a scuola con te.-

Perché altrimenti ti prendo a calci? Perché mi incazzo?

Nah, quelle frasi non avrebbero funzionato con Lore, ci voleva qualcosa di più…stimolante per lui.

Finsi di pensarci su, poggiandomi l’indice sul mento, -Non te ne sei accorto?- Mi sforzai di sorridere furbescamente, nonostante stessi avvampando per l’imbarazzo, -Ho messo il reggiseno nero di pizzo che ti piace tanto.- Se non altro il mio sorriso imbarazzato lasciava sottintendere qualcosa di particolarmente…malizioso.

Alzò appena un sopracciglio, poi sospirò e le sue labbra si piegarono in un ghigno, -Andata.-

La strada in autobus fu relativamente tranquilla; lui si sedette al suo solito posto in fondo ed io rimasi in piedi lì accanto.

Non si poteva proprio dire che fosse un gentiluomo, ma anche se avesse provato a cedermi il posto gli avrei risposto di no, non mi piaceva sedermi sui mezzi pubblici.

Parlammo del più e del meno come non eravamo mai riusciti a fare prima di Exeter, almeno finché io non spezzai il discorso con una domanda cretina del tutto fuori luogo, -Intendi dirlo a tua madre e alle tue sorelle?- Mi morsi la lingua un secondo troppo tardi, ormai avevo appena reso la conversazione imbarazzante.

Sapevamo entrambi di cosa stavo parlando, non c’era bisogno di specificare nulla.

Mi sentivo come una bambinetta piccola che portava un disegno alla madre e la assillava con un “Ti piace? Ti piace?”.

Allora? Glielo dici? Glielo dici?

Ero identica.

Sfoggiò un irritante sorrisetto compiaciuto che mi fece distogliere lo sguardo a disagio, -No, perché dovrei? Non parlo di queste cose con loro.- Con la coda dell’occhio lo vidi fare una smorfia.

Traduzione: “non voglio parlare di te con loro”. O “non voglio che sappiano di te”, ancora peggio.

Ma certo, che mi aspettavo? Che mi invitasse a cena e mi presentasse a loro come la sua ragazza? Stavamo insieme da pochissimo, eravamo giovani, non dovevamo mica sposarci! Non potevo rimanerci così male per così poco, non era una tragedia se nessuno della sua famiglia sapeva di noi…

-Se lo dicessi a Glenda non la smetterebbe più di rompermi i coglioni.- Aggiunse, forse dopo aver visto la mia espressione delusa, -Lei e quella storia del “L’Oréal”.- Alzò gli occhi al cielo innervosito al solo ricordo.

Lo sapeva quindi...dimenticavo sempre che anche lui aveva letto il diario di Glenda.

Arrossii involontariamente al pensiero che lo avesse fatto quando ancora per lui non ero che una buona scopata, chissà cosa aveva pensato.

-E mia madre...- Riportai lo sguardo su di lui.

-Ho dovuto sopportare per anni le sue minchia di domandine curiose sulla “fidanzatina”, ora che ha finalmente smesso di chiedermi se ce l’ho…- Schioccò la lingua e fece un’espressione così contrariata che non ridere fu impossibile.

-Va bene, non fa niente.- Dissi fra una risata e l’altra, più sollevata, -Non sono così cattiva da volere che tua madre e Glenda ti assillino.-

Sorrise e mi passò una mano intorno alla schiena per attirarmi a sé, facendomi cadere…sulle sue gambe.

Merda.

-No, che…? Lore!- Cercai inutilmente di richiamarlo a disagio e di rialzarmi: che cavolo, ero spiaccicata al vetro del finestrino e stavo praticamente in braccio a lui in un luogo pubblico!

Lui non spostò comunque la mano dalla mia schiena di un millimetro e riprese il discorso come se nulla fosse.

-Perché, tu…?- Mi guardò di sbieco e attese impaziente una risposta che non arrivò.

Dove voleva andare a parare? Io cosa?

Provai di nuovo ad alzarmi approfittando di quella sua distrazione, ma la mia posizione non migliorò affatto, anzi. Agitandomi così finii solo per finire a cavalcioni su di lui.

Ok, meglio star ferma, prima che qualcuno ci denunciasse per atti osceni in luogo pubblico. O peggio, che il conducente ci facesse scendere dall’autobus, come cavolo ci sarei arrivata a scuola?

-Tu l’hai detto a tua madre?- Mi chiese con un tono di voce indecifrabile.

-Eh?- Lo guardai in faccia nonostante l’imbarazzante vicinanza; era stranamente serio e…nervoso? -No, io…no, non ne ho avuto il tempo, sono arrivata solo ieri e…- Scossi la testa, -No.- Ignorai a fatica le occhiate di rimprovero dell’anziana signora seduta dietro di noi e mi concentrai nuovamente sul mio ragazzo.

-Ah.-

Un momento. Il mio cuore ebbe un sussulto quando mi accorsi di quel qualcosa che stonava nella sua risposta.

-Cos’era quello?- Sgranai gli occhi allibita.

-Quello cosa?- Era già sulla difensiva, decisamente sospettoso.

-Quell’“ah”, cos’era?-

Alzò un sopracciglio, guardandomi come se fossi scema, -Solo un “ah”?- Chiese in tono ovvio e vagamente annoiato. E per nulla credibile.

-Non era un semplice “ah”!-

-Ma perché cazzo devi per forza vedere qualcosa dietro a quello che dico?-

Mi venne quasi da ridere e la cosa lo stizzì non poco, -Sei deluso! Ti dispiace che non l’abbia detto a mia madre?- Non ci avrei creduto nemmeno io a momenti, non avessi visto con che faccia aveva pronunciato quelle due lettere.

-E l’avresti dedotto da un semplice “ah”, genio? Tua madre poi mi sta pure sul cazzo.- Si stava arrabbiando, ergo avevo indovinato.

-L’avevo immaginato, ma non cambiare discorso, non mi depisti.- Mi avvicinai al suo viso senza smettere di sorridere gongolante.

Porca puttana, bastava un niente per rendermi felice quando si trattava di lui, bastava una sua parola (che poi non lo era nemmeno una parola) a stravolgermi, a scombussolarmi, a farmi scoppiare di gioia.

Nemmeno un dieci in matematica mi avrebbe reso così leggera e su di giri.

Mi alzai quando mi resi conto che eravamo arrivati, ma non prima di avergli riservato un’occhiata soddisfatta, -Mia madre ti adorerà.- Dissi con voce carezzevole, con il chiaro intento di sfotterlo.

Mi lanciò un’occhiata omicida dal basso che mi fece ridere di gusto, -Non me ne fotte un cazzo.-

-Ti trova già carino.- Ricordavo bene il discorso che mi aveva fatto mesi prima, sul fatto che il mio vicino di casa fosse un bel ragazzo.

-La mia autostima sta raggiungendo livelli inimmaginabili.- Rispose ironico, alzandosi a sua volta.

-Sei più simpatico del solito oggi.- Gli diedi una leggera spinta e osservai incantata gli angoli delle sue labbra piegarsi all’insù, nonostante cercasse di non farlo vedere e di mantenere l’aria scazzata di poco prima.

Arrivati davanti all’ingresso, Lore cercò ancora, inutilmente, di convincermi a tornare indietro e andare da un’altra parte. In altre parole cercò di convincermi a bigiare.

-No, prendi esempio da…Vergata?- Mi sfregai gli occhi convinta di aver visto male. Vergata era davvero davanti al cancello della scuola, puntuale, ma soprattutto presente? La cosa aveva dell’incredibile, pensavo sarebbe stato il primo ad assentarsi.

Ci venne in contro e salutò Lore con la classica e stupida stretta di mano stile hip hop; poi, dopo avermi sorriso contento come un bambino davanti ad una caramella, alzò il braccio.

-We, bella Puccio!-

Fissai per un po’ il suo arto fermo a mezz’aria, prima di capire che fosse in attesa di una mia stretta.

-Mmm…yo?- Azzardai, stringendogli la mano e aggrottando la fronte perplessa.

O forse dovevo rispondere “Bella!” anche io?

Ero contenta che Vergata mi avesse salutata come una sua pari, amica, o quel che diavolo pensava, ma non avevo la minima idea di quello che dovessi rispondere, nessuno dei ragazzi che avevo conosciuto mi aveva mai stretto la mano in quel modo.

Ebbi la conferma di aver detto una stronzata quando li vidi piegarsi in due dalle risate un attimo dopo, mentre mi indicavano come se fossi un fenomeno da baraccone divertente. Idioti.

Socchiusi gli occhi irritata, -Andate a cagare tutti e due.- Mi sforzai di sorridere e di trattenere un broncio offeso per non dar loro ulteriore soddisfazione.

-Com’è?- Lore mi mise un braccio intorno alla spalla, gli occhi lucidi per il troppo ridere, -Yo?- Mi imitò, sul volto l’evidente – e inutile – tentativo di non scoppiare nuovamente a ridere.

Casualmente il mio gomito colpì il suo stomaco. Così imparava a sfottere.

Indietreggiò di poco, ma non mollò comunque la presa. Si avvicinò con il viso al mio orecchio, solo per sussurrarmi divertito fra i capelli un “Permalosa” che mi fece rabbrividire.

Cazzo.

Non era nemmeno iniziata la prima ora…quanto avrei resistito se solo sentire le sue labbra così vicine mi provocava una reazione del genere?

Fortunatamente non sembrava averlo notato…

-Puccio non ti eccitare troppo, eh.-

Un’arma. Mi serve qualcosa di appuntito e tagliente.

Dimenticavo di essere circondata da due cretini. Se una considerazione stupida non arrivava da uno, era logico che arrivasse dall’altro.

Avevo già detto comunque che Vergata sarebbe morto molto presto? Restava solo da decidere se prolungare la sua sofferenza o se farlo fuori subito, con un colpo solo. Quanto non sopportavo i suoi commenti del cavolo e quelle risate sguaiate da scimmia stupida.

-Ammazzati Vergata.-

Se c’era anche una sola possibilità che Lore non se ne fosse accorto era andata a farsi benedire ormai.

Lo guardai e, quando notai il sorrisetto compiaciuto che aveva sulla bocca, scossi la testa rassegnata; se n’era accorto eccome lo stronzo!

Così come praticamente mezza scuola si era accorta di noi, del fatto che fossimo abbracciati.

Era indubbiamente bello avere il braccio di Lore sulla spalla, ma era decisamente imbarazzante il modo in cui alcuni tizi che conoscevo di vista si soffermavano a guardarci sorpresi.

Una buona dose di cazzi loro?

Neanche il tempo di borbottare qualcosa contrariata che il mio viso venne bruscamente attirato alla mia destra da una mano; la mia protesta venne stroncata sul nascere dalla bocca esigente del mio ragazzo, che mi strinse a lui incurante degli sguardi curiosi.

E tanti cari saluti alla regola del “niente cose a scuola”.

Dopo un primo attimo di smarrimento, mi avvinghiai letteralmente a lui, circondandogli il collo con le braccia e fregandomene a mia volta del pubblico.

-Puccio, Latini, quando avete finito di giocare a Via Col Vento…-

Mi staccai immediatamente da lui, ansante e imbarazzata, portandomi una mano alle labbra.

Lore si riprese decisamente più in fretta e sfoggiò il suo miglior sorriso da ruffiano, -Salve prof.-

Essere beccati dalla prof di matematica che appena il primo giorno ci aveva messo insieme per delle ripetizioni era proprio…il massimo.

Non seppi dove trovai il coraggio di guardarla; nascondeva bene il suo stupore, ma dal tono di voce leggermente stridulo si era capito che quella era l’ultima cosa che si aspettava.

-In classe, forza. O vi segno assenti.- Ci minacciò, dopo averci lanciato un’occhiata di rimprovero.

Bella figura di merda. Persino i ragazzi delle altre classi e i nostri compagni ci stavano fissando. E tutto per colpa di…

Chiusi le dita a pugno e colpii Lore con forza sulla spalla, -Idiota!-

Che diavolo gli era preso? Cos’era quell’improvviso sfoggio di…affettuosità? Così, davanti a tutti, era impazzito…?!

Lui rise soddisfatto, bloccandomi i polsi con le mani un secondo dopo, -Sentito cosa ha detto la prof?- Si protese verso di me con il viso, il labbro inferiore sporto all’infuori a mo’ di presa in giro, -Non vorrai prenderti una nota sul registro Puccio…Basta “giocare a Via col Vento”, un po’ di serietà.-

In risposta gli arrivò un colpo sull’altro braccio, -Quello che stava giocando eri tu. Cosa della frase “niente cose a scuola” non ti è chiaro?- Lo guardai in cagnesco, pronta ad insultarlo di nuovo, quando una voce conosciuta mi fece desiderare di sprofondare lì, seduta stante, sotto le luride piastrelle del pavimento del corridoio.

-Ali!-

Ecco la risposta a tutto.

L’espressione di Lore ricordava tanto quella di un bambino beccato con il dito nel barattolo della marmellata, pienamente appagato per il suo misfatto. Un gatto con un topolino fra le zampe.

Stronzo.

-Teo!- Quasi mi strozzai con la saliva nel pronunciare quel nome. Ci aveva visti, ci aveva sicuramente visti. Merda.

Mi staccai da Lore e cercai di non arrossire nuovamente. Impresa titanica.

Teo mi sorrise come sempre e si sporse per baciarmi la guancia, senza fare commenti su di noi fortunatamente.

Vidi nitidamente Lore irrigidirsi, ma non fece nulla che potesse far trapelare la sua irritazione. A parte una smorfia impercettibile.

Avevo già il timore che dopo il nostro saluto sarebbe calato uno sgradevole silenzio, invece Teo mi stupì quando spostò lo sguardo su Lore e si sforzò –cosa che apprezzai veramente tanto – di non storpiare nemmeno di un millimetro il suo sorriso.

-Lore.- Salutò, un lieve cenno con la testa.

Non si erano più parlati da…beh, da quella volta al cinema. A Exeter, senza farlo di proposito, stavo con Lore quando non c’era Teo e parlavo con Teo quando non ero con Lore.

A Lore non andava proprio giù il fatto che Teo mi avesse baciata, il fatto che fosse un semplice bacetto a stampo e che per me non avesse significato nulla non era abbastanza per lui. L’intolleranza nei confronti del mio/suo ex-migliore amico restava.

-Valenti.-

Gli lanciai un’occhiata ammonitrice dal basso; ok, non aveva usato il solito tono sprezzante, ma…poteva almeno sforzarsi di chiamarlo per nome, no? Cosa gli costava?

Ad ogni modo il tanto temuto silenzio era stato semplicemente posticipato, visto che calò dopo quella sottospecie di saluto.

Mi mossi sul posto a disagio; non riuscivo a trovare nessun argomento che potesse coinvolgere entrambi e se anche lo avessi fatto, ero sicura al cento per cento che Lore non mi avrebbe assecondata. Si sarebbe limitato a stare zitto e a guardarlo male.

Mi schiarii la voce e scrocchiai le dita nervosa, -Allora…ci vediamo dopo in classe?- Proposi esitante.

La faccia di Teo riprese vita, -Sì, certo! A dopo.- Si vedeva chiaramente che non vedeva l’ora di svignarsela, doveva essere tremenda anche per lui quella situazione.

Sarebbe stato tutto molto più semplice se il mio ragazzo non si fosse comportato da idiota.

Rimasta sola con lui, mi ritrovai a sbuffare come una teiera, -Dovevi proprio chiamarlo per cognome?- Lo accusai, gli occhi socchiusi in un’espressione infastidita.

Si voltò a guardarmi sorpreso, come se gli avessi appena detto chissà quale cavolata, -E come dovevo chiamarlo scusa? È il suo cognome, eh. Non l’ho mica insultato.- Fece spallucce indifferente, -Anche se non mi sarebbe dispiaciuto.-

Ignorai volutamente la seconda parte della frase, -Teo?- Proposi. Dopotutto lui lo aveva chiamato “Lore”.

Sfoggiò un ghigno così odioso che la voglia di mettergli le mani addosso tornò, -Ah-ah, no.- Mi rispose sarcastico.

Sbuffai e feci per aggiungere qualcosa, quando lui mi interruppe, -E il suo nome per intero non è che mi ispiri troppa simpatia, sai.- S’incamminò verso la nostra classe, piegando le labbra in un’espressione dispiaciuta molto poco convincente.

Matteo.

Corrugai la fronte e lo seguii, -Cosa c’entra Teo con il mio ex? Sono due persone diverse.-

Aggrottò le sopracciglia scettico, -Davvero? Mi irritano allo stesso modo.-

Entrammo in classe proprio in quel momento e notai con una punta di sollievo che la prof non avesse ancora fatto l’appello e riportato l’ordine.

Esitai per un attimo sull’uscio, occhieggiando il mio banco in prima fila e sotto la finestra.

Avrei dovuto rinunciarci? Sedermi in fondo con lui? O sarebbe stato lui a sedersi…

Tutte seghe mentali inutili e da donna, lui non si fece nessun problema di quel tipo. Mi superò impassibile e si diresse al suo solito banco, vicino ai soliti Lele e Andrea.

Ok, niente broncio.

Stavamo insieme, ma non potevamo mica stare sempre appiccicati come una di quelle coppiette sdolcinate “Pucci pucci”.

A te piacerebbe Alice.

Sì, ma a lui no. Non era proprio il tipo. E si sarebbe stancato subito di me se gli fossi stata troppo addosso.

Niente cose a scuola.

Fingendo di non esserci rimasta male, presi posto ed aspettai tamburellando le dita sul banco l’arrivo di Mel.

Imprecai a bassa voce e più volte quando, un quarto d’ora dopo, compresi che la mia amica quel giorno non si sarebbe fatta vedere, era rimasta a casa come metà della classe.

Stappai la penna ed incominciai a mordicchiarla nervosa; sei ore sarebbero passate in fretta se fossi rimasta concentrata sulla spiegazione. Niente distrazioni. Nemmeno una. Non importava se, umettandomi le labbra, riuscivo ancora a sentire il sapore di Lore, non importava se sentivo il suo odore addosso…non importava, soprattutto, se sentivo il suo sguardo su di me.

Non mi dovevo girare. Non dovevo girarmi per nessuna ragione al mondo. Sapevo che mi stava guardando, lo sentivo su ogni centimetro di pelle, ero più che certa che se mi fossi voltata avrei incontrato i suoi occhi.

Per qualche stupido ed involontario motivo, il respiro accelerò ed il cuore prese a tamburellare freneticamente nel petto.

Mi mossi nervosa sulla sedia ed accavallai le gambe, cercando di prestare attenzione solo ed esclusivamente alle parole della prof. Il teorema degli zeri in quel momento era il centro del mio mondo, la cosa più importante, non doveva esistere altro.

Sospirai e mi passai una mano fra i capelli, scoprendo di avere la fronte ed il collo sudati ed appiccicaticci. Già non capivo nulla di matematica quando non avevo Lore a distrarmi, figuriamoci ora! Ma come diavolo avevo fatto quel primo pomeriggio di ripetizioni a concentrarmi su quello che mi diceva e non su di lui?!

Compresi presto di non poter andare avanti per sei ore così; come potevo prendere appunti e studiare se lui mi faceva quell’effetto solo guardandomi? Come potevo scrivere qualcosa sul quaderno, se la mano tremava e la penna mi scivolava dalle dita sudaticce? Ed il respiro affrettato, il cuore impazzito? Neanche stessi avendo un attacco di qualcosa!

Repressi più volte l’istinto di voltarmi per fulminarlo con lo sguardo ed intimargli di smetterla. Qualcosa mi diceva che lui fosse perfettamente consapevole dell’effetto che aveva su di me e che lo stesse facendo di proposito. Maledetto.

Ruotai di pochissimo la testa, giusto per accertarmi che mi stesse davvero guardando e non fossero solo paranoie mie.

Era seduto scomposto –come sempre-, appoggiato al muro con la schiena e voltato –come avevo previsto – verso di me. Quando incrociai i suoi occhi, si umettò lievemente le labbra e sorrise malizioso, rischiando quasi di farmi strozzare con la saliva.

-Puccio girati.-

Desiderai di poter sparire con un “puff” quando la voce della prof mi portò nuovamente alla realtà.

Perché, perché dovevo sempre fare figure di merda?

Suonata la campanella che decretava la fine di quella tortura, mi alzai e mi diressi a passo spedito verso il suo banco.

-La smetti?- Non diedi nemmeno il tempo a Lele di congedarsi per lasciarci soli, piombai su di loro con quella frase, ringhiata fra i denti come una minaccia –o una preghiera?

Lui sbatté le palpebre in una perfetta espressione meravigliata, -Di fare cosa?- La sua bocca chiedeva una cosa, i suoi occhi maliziosi ne dicevano un’altra.

-Lo sai benissimo.- Incrociai le braccia al petto intimidatoria, mentre Lele si alzava un po’ impacciato dal suo posto per andarsene.

Si stravaccò sullo schienale della sedia e sfoggiò uno dei suoi consueti e fastidiosi sorrisetti, -Qual è il problema?-

Feci un respiro profondo per cercare di calmarmi, -Non riesco a concentrarmi sulla lezione d’accordo? Mi distrai.- Sputai fuori tutto d’un fiato. Pazienza se dirlo così, ad alta voce, fosse a dir poco imbarazzante, volevo sfogare su di lui la mia frustrazione.

-Guarda che lo so cosa stai facendo…- Poggiai le mani sul banco e mi inchinai verso di lui con aria torva, -Ma non attacca. Quella regola non si cambia.-

Niente cose a scuola.

Poteva spogliarmi quanto voleva con lo sguardo, poteva farmi sudare ed eccitare, poteva distrarmi e farmi innervosire, ma non mi sarei mai chiusa con lui in uno sgabuzzino o in bagno per fare…quello! Non qui! Avevamo i pomeriggi, i week end, ma a scuola…no!

-Ma se non ho fatto niente, sei paranoica!- Ridacchiò fra una parola e l’altra, alzando le gambe anteriori della sedia e sorreggendosi solo su quelle posteriori.

Si alzò in piedi di scatto poco dopo, proprio mentre stavo valutando quanto male si sarebbe fatto se lo avessi spinto a terra.

Fece una smorfia, -A parte baciarti davanti a quelle teste di cazzo in corridoio per far capire loro di chi sei.- Precisò, in tono calmo e studiato.

-Tu cosa?!- Non c’entrava nulla Teo allora! L’aveva fatto per…per marcare il territorio, lì, davanti a tutti, per far capire che fossi proprietà privata.

-Brutto…!- Era in momenti come quelli che mi pentivo di non avere muscoli nelle braccia e di non saper tirare un Signor Pugno.

-E comunque…- Ammiccò a due centimetri dalla mia faccia, offrendomi una buona possibilità per colpirlo, -Se decidessi di eliminare quella inutile imposizione probabilmente non avresti questo genere di problemi.- Passò oltre il banco per avvicinarsi di più e poggiare una mano sul mio fianco per attirarmi a sé, -Saresti più…rilassata durante le lezioni.- Il modo in cui le sue labbra pronunciarono la parola “rilassata” nel mio orecchio mi fece tremare le gambe.

Non saltargli addosso, non saltargli addosso.

L’avrebbe avuta vinta lui di quel passo, era dannatamente bravo.

Mi sfiorò con nonchalance la guancia quando si allontanò ed un’ondata del suo profumo mi stordì, -Ma dato che non vuoi cambiare idea…non lo farò nemmeno io. Faccio solo quello che voglio, lo sai. Non infrango nessuna inutile regola delle tue.- Si morse maliziosamente il labbro, superandomi e lasciandomi lì, a bocca aperta come un’idiota.

Ok, la faccenda andava chiarita e risolta. Non gli avrei dato la soddisfazione di infrangere quella regola, ma dovevo trovare un modo per non impazzire durante le lezioni, dovevo trovare un modo per concentrarmi su quello che ascoltavo durante le lezioni e non su di lui.

Faccio quello che voglio.

Era solo un capriccio il suo. Odioso, irritante, stronzissimo. Avrei fatto anche io quello che volevo –e con questo non intendevo cedere e farmelo selvaggiamente, ma tenere duro e mantenere un atteggiamento consono all’ambiente scolastico.

Mi serviva tutto l’aiuto delle mie amiche per riuscirci, quello era solo il primo giorno di scuola dopo lo stage, avevo tempo per lavorarci su.

 

 

 

*Note dell’autrice*

 

Mi ero scritta tutto un bel discorsetto da farvi, una serie infinita di scuse per il ritardo mostruoso, dovuto alla mancanza di tempo e di ispirazione, ma alla fine, visto che vi ho fatto attendere anche troppo per questo capitolo, ho deciso di postarlo ora, nonostante l’ora.

Non so come sia venuto, non so se Lore e Ali vi siano sembrati diversi o sempre gli stessi. Ho cercato di renderli come sempre, sono sempre Lo Stronzo e la Nanerottola isterica, lui è sempre scostante, scazzato –e innamorato. Lei è sempre isterica, romantica –e innamorata.

Non sono una coppia “pucci pucci”, Lore non è tipo da messaggi dolci o da alzarsi in autobus per lasciarle il posto a sedere. Lore è il tipo che la stringe a sé per far vedere agli altri che è sua, è il tipo che la punzecchia e prende in giro.

Sono sempre, costantemente, a punzecchiarsi questi due. A litigare su tutto, si troveranno mai d’accordo su qualcosa? XD

Mi divertirò parecchio a sviluppare il loro rapporto, ci saranno anche momenti di crisi, momenti di serietà e momenti, nonostante Lore non li sopporti :P, di dolcezza.

Questa è più una raccolta, ci saranno dei salti temporali ogni tanto (ovviamente vi avvertirò quando capiterà.)

Ora che mi sono sbloccata (avevo paura di non riuscire a rendere bene Lore e Ali, di deludervi dopo Tra l’odio e l’amore), spero di riuscire a scrivere molto più in fretta gli altri extra.

Che altro dire? Spero vi siano piaciuti e vi ringrazio, davvero, di cuore per il calore dimostratomi fino ad ora! Siete meravigliose (:

E mi scuso se il fatto che io non abbia ancora risposto alle recensioni possa esser visto come una mancanza di rispetto nei vostri confronti…giuro che non è mia intenzione, apprezzo davvero tantissimo i vostri commenti, li leggo e li rileggo quando l’ispirazione manca e di tanto in tanto rispondo a qualcuno, molto lentamente, ma lo faccio.

Un bacione e a presto (giuro, prestissimo!)

Bec

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Capitolo 2
*** I parte - Prime (?) incomprensioni ***


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-Allora, che ne…pensi

Parte I: Prime (?) incomprensioni

 

 

 

-Allora, che ne…pensi?- L’ultima parola la mormorai a voce bassa, impacciata, mentre Vergata prendeva letteralmente d’assalto il corpo della mia amica.

Mi ero fiondata a casa di Angelica nel pomeriggio, in cerca di una confidente, liquidando il mio ragazzo con una scusa che lo aveva reso piuttosto imbronciato durante tutto il tragitto in autobus.

Il problema era che la mia stessa idea l’aveva avuta quel cretino di Andrea, che da quando avevo iniziato a confidarmi con Angie non aveva smesso un attimo di tormentarle il collo, l’orecchio, la bocca, qualsiasi cosa, davanti a me.

Mi schiarii la gola a disagio, sforzandomi di guardare da un’altra parte. Quando avevo visto in che condizioni versavano i due al mio arrivo, ero arrossita fino alla punta dei capelli e mi ero subito offerta di ripassare più tardi se disturbavo.

-Assolutamente no, entra! Ho sempre tempo per te!- Mi aveva risposto Angie, la voce stridula, i capelli scarmigliati e le guance del mio medesimo colore, infilandosi svelta una maglietta e obbligando Vergata a fare altrettanto.

Inutile dire che quel poco di simpatia che avevo guadagnato agli occhi della Scimmia era andata immediatamente perduta nel momento in cui avevo interrotto il suo pomeriggio di sesso sfrenato. Non ero tanto sicura che mi avrebbe salutato di nuovo con un entusiasta “Bella!” il giorno dopo.

Dopo un attimo di titubanza dovuta alla presenza di Andrea, che avrebbe quasi sicuramente riferito il tutto allo Stronzo, avevo raccontato ad Angie quanto successo quella mattina a scuola con Lore.

Lei, dopo avermi assicurato che Vergata non ci avrebbe disturbato –minacciandolo subdolamente ed esplicitamente di non dargliela più –, si era seduta sul letto a gambe incrociate e mi aveva ascoltata attentamente, pur avendo una piovra dietro di sé.

Scrollò le spalle per l’ennesima volta con l’intento di allontanarlo, probabilmente per restare il più lucida e concentrata possibile sulle mie parole, -Che se lui fa lo stronzo e marca il territorio devi farlo anche tu tesoro.- Mi rispose, la fronte aggrottata e gli occhi insistentemente puntati su di me.

Vergata non si lasciò scoraggiare e, dopo aver strattonato il tessuto della sua maglietta, incominciò a scendere con la bocca verso la sua scapola.

Mi morsi il labbro e mi spostai i capelli sulla spalla per far prendere un po’ d’aria al collo sudato, -In che senso?- Mi sentivo una terza incomoda rompiballe, ma avevo davvero bisogno della consulenza di Angelica, in materia di stronzaggine era molto più esperta di me.

Fece una smorfia e con una manata non troppo gentile spinse via la faccia di Vergata, -Comportati come si è comportato lui. Bacialo selvaggiamente davanti a delle ragazze per far capire loro di chi è, fallo eccitare ben bene e poi lascialo a bocca asciutta.- Si lasciò sfuggire un risolino imbarazzato – Angie imbarazzata? – e si morse il labbro quando Vergata le sussurrò qualcosa di chiaramente malizioso all’orecchio. Qualcosa che fortunatamente non riuscii a sentire.

-E secondo te funzionerà?- Avrei voluto essere padrona del mio corpo come lei, avrei davvero voluto riuscire a comportarmi da stronza e tenergli testa. Se avessi baciato Lore, però, sarei stata la prima a sciogliermi come burro, altro che staccarsi e far finta di nulla. Non avevo un minimo di forza di volontà, ecco qual era il problema.

Vergata sbuffò e si staccò da Angie, precedendola nella risposta, -Puccio, senza offesa, ma che due coglioni eh!- Alzò gli occhi al cielo esasperato, -A meno che tu non voglia unirti a noi in un’eccitante ménage à trois, posso chiederti di piantarla con queste noiose seghe mentali della quale non ce ne fotte nulla?-

Sorprendente il fatto che avesse definito una scopata a tre “ménage à trois”, non pensavo nemmeno che sapesse pronunciarlo.

Aprii la bocca con l’intenzione di rispondergli per le rime, ma la richiusi di scatto quando mi resi conto di non aver nulla da dire in mia difesa.

Stranamente mi ritrovai persino a dargli ragione, potevo comprendere il suo fastidio, ero una rompipalle terza incomoda bella e buona.

Angie gli lanciò un’occhiata truce e gli diede un colpo sul petto, -Ignoralo.- Borbottò, ritornando in fretta a me, -Certo che funzionerà tesoro. Tu rimani concentrata sul piano, pensa ad altro mentre te lo fai, devi restare lucida.-

Annuii rinfrancata dalle sue parole, sfregandomi le mani impaziente di mettermi “all’opera”.

Anche se…puntai il mio sguardo su Vergata, tutto intento a fissarmi ad occhi socchiusi; per una volta sembrava avere un’espressione vagamente intelligente.

-Dovrai comprare il mio silenzio Puccio…- Sfoggiò un ghigno soddisfatto, come un bambino che si aspettava un gioco dal papà per tenere nascosto qualcosa alla mamma, -Lore è mio amico e tu hai detto parecchie cosine interessanti su di lui, il prezzo sarà alto.- Sollevò le spalle fintamente dispiaciuto, quasi per lui il pensiero di non riferire di quella chiacchierata fosse davvero insopportabile.

Sbuffai scocciata, incrociando con foga le braccia al petto, -Che vuoi Vergata? Spara.-

Fece un respiro profondo e strofinò le mani sui jeans concentrato, -Visto che Lore è mio amico, purtroppo non posso proprio chiederti di farmi un…-

-NO! Ma sei scemo?!- Lo interruppi furibonda. Ormai capivo e interrompevo le sue frasi a metà, mi stavo Vergatizzando.

-Mi dispiace Puccio…- Annuì fra sé e sé rammaricato, la cosa assurda era che sembrava realmente convinto di quello che diceva. Si stava scusando come se potessi davvero rattristarmene. Quel ragazzo era fuori di testa.

-Sopravvivrò.- Arcuai un sopracciglio sarcastica, esortandolo con un cenno del capo a continuare. Ero pronta a tutto a quel punto, mi aspettavo il peggio.

-E neanche una…-

-No.-

Angie seguì quel dibattito come se fosse una partita di ping pong, spostando lo sguardo divertita da uno all’altro. Non riuscivo a capire come – in apparenza almeno – potesse essere sempre così calma e non mostrare nemmeno un pizzico di gelosia. Eppure la conoscevo abbastanza bene da poter affermare con certezza che Vergata le piacesse…e parecchio. Il motivo a me restava tuttora oscuro.

-Immagino che una palpatina alle…-

-Nemmeno. A tuo rischio e pericolo, ti ammazzerei di botte io, lo farebbe Angie…- Diedi uno sguardo alla mia amica che alzò le mani indifferente, come a volersene tirar fuori, -E in ultimo…ti ammazzerebbe Lore. Non penso tu voglia passare le vacanze di Pasqua in ospedale.- Gli lanciai un’eloquente occhiata obliqua. Mai dire mai, magari avrebbe persino rischiato idiota com’era.

-Naaa, come non detto.- Arricciò il naso e si passò una mano fra i capelli, -Anche se ti sarebbe piaciuto, lo dicevo per te eh.-

Altro sguardo supplicante al soffitto; parlare con Vergata era estenuante, -Non ne dubito.- Sperai che la mia voce suonasse abbondantemente ironica e che non travisasse le mie parole, -Ti decidi a farmi una richiesta seria che non comprenda il contatto fisico?- Sbottai, lasciando ricadere le mani sulle mie ginocchia.

-Ok, ci sono.- Si guardò intorno con aria cospiratoria, prima di mormorare tremendamente serio, -Voglio vincere almeno una partita alla Play contro di lui.-

Quasi mi strozzai con la mia stessa saliva nel tentativo di trattenere una risata, -Cosa? E io che c’entro?-

Andrea fece una smorfia e mosse la mano in aria, come per scacciare un insetto, -Devi distrarlo, ovviamente. Mentre gioca. Sii sleale come solo una donna può esserlo.-

Non credevo a quello che stavo sentendo, ma si poteva essere più bambini di così?

-Questo si chiama barare. Non vinceresti onestamente.- Gli feci presente, sporgendomi verso di lui e assottigliando lo sguardo.

Lui non parve turbato dalla mia insinuazione, -Embé? Almeno la pianterebbe di sfottere.-

Mi stavo davvero lamentando? Quello tutto sommato era fattibile rispetto alle proposte precedenti, distrarre Lore per un po’ mentre giocava alla Play non sarebbe stato un problema, anche se…

Un momento.

-Distrarre…in che modo?- Quel suo parlare della slealtà delle donne fece correre i miei pensieri in un’unica direzione.

-Puccio…- Mosse le sopracciglia eloquentemente e la cosa non mi piacque per nulla, -Lascia che ti spieghi una cosa…-

-No, scordatelo.- Avevo già capito dove voleva andare a parare.

Arrossii vistosamente: fare la gatta morta con Lore per far vincere Vergata…sarebbe stato imbarazzante da morire. Senza contare che mi avrebbe scoperta subito, ero una pessima attrice.

-Oh andiamo! Cederà subito, ci cascherà in un secondo e lo sai anche tu!-

Affondai i denti nel labbro inferiore e mi mossi sul posto a disagio. Sì, sapevo che se ci avessi provato si sarebbe distratto, ma…mi sarei sentita goffa e sciocca.

-Devi farlo con discrezione però, senza che io ti veda, così lui non potrà tirarla fuori come scusa in caso di perdita. O di persona o per messaggio; gli mandi magari qualche sms stuzzicante mentre stiamo giocando, del tipo che lo aspetti nuda o…-

-Tu sei fuori di testa!-

Si era già fatto tutto un suo film! E solo per vincere una stupida partita alla Playstation!

Mi coprii il viso con le mani, troppo rossa, sconvolta e desiderosa di sparire per potergli sbraitare qualcos’altro contro. Quel ragazzo aveva dei seri problemi mentali, ne ero sempre più convinta.

-Angie è molto brava in questo.- Si complimentò con lei tranquillamente, con un sorriso ebete, prima di riprendere il discorso, -E il gioco sarebbe fatto! Figurati se si concentra sulla nostra partita poi!- Concluse, incurante della mia reazione.

Non fossi stata troppo bollente e a disagio per togliermi le mani dal volto lo avrei preso per il collo e strozzato, come diavolo gli veniva in mente di dire certe cose ad alta voce?! Non aveva un minimo di pudore!

Mi aspettavo almeno il supporto e la comprensione della mia amica, che invece sbatté il pugno della mano destra sul palmo della mano sinistra con aria compiaciuta, -Non è una cattiva idea…Potrebbe essere un altro modo per vendicarti del suo modo di fare.-

Di male in peggio. Cos’altro potevo aspettarmi da Vergata e Angelica? Erano più simili di quanto, ahimè, volessi credere.

-Allora Puccio? Ci stai?-

Avevo scelta? Se non l’avessi fatto sarebbe davvero andato a riferirgli tutto quello che avevo detto di lui quel pomeriggio, la mia chiacchierata segreta con Angie non sarebbe stata più tale.

Ma che avevo fatto di male per meritarmi tutto quello?

-Va bene. Ci proverò, ma non ti prometto un esito positivo.- Precisai. Se non riuscivo a distrarlo o se perdeva comunque non sarebbe stato di certo colpa mia.

-Grandioso! Questo pomeriggio passato ad ascoltare le tue stronzate non si è rivelato completamente inutile!- Si alzò in piedi e fece un inquietante quanto primitivo ballo per tutta la stanza.

-Sicura che non sia pericoloso? Voglio dire, è sano di mente?- Domandai ad Angie, sporgendomi leggermente verso di lei.

Storse la bocca e socchiuse gli occhi pensierosa, -Non te lo so dire. Quel che è certo è che un animale selvaggio, come lo fa lui… -

-Va bene, va bene.- La interruppi, -Non voglio essere messa a conoscenza di questi particolari.- Avrei ascoltato i suoi racconti su qualsiasi altro ragazzo, non su Vergata, non li avrei decisamente retti.

Fu un sollievo andarmene di lì e tornare a casa, fu una delusione trovare mia madre davanti alla tv della sala.

-Già a casa?- Chiesi amareggiata, dando un’occhiata all’orologio.

Cazzo, erano solo le cinque! Contavo di poter invitare Lore e stare un po’ con lui prima dell’arrivo dei miei, visto che a casa sua non potevo andarci per la presenza di Glenda e Rossella.

Non aver detto ancora a nessuno di noi era una vera seccatura.

-Grazie eh! Vedo che sei contenta di vedermi.- Fece lei ironica, roteando gli occhi per la stanza.

Incassai la testa nelle spalle per farmi più piccola, -Scusa.- Accennai un piccolo sorriso dispiaciuto e me ne andai nella mia stanza con un solo proposito in testa, quella di dirle la verità.

Dovevo solo prepararmi un discorso per farlo, una scaletta, ma nei prossimi giorni le avrei detto di me e Lore, non potevo continuare a tenerglielo nascosto.

C’era da mettere in conto la certezza che gli avrebbe rotto le scatole per averlo a cena e conoscerlo meglio – già immaginavo la disperazione del mio ragazzo –, ma non mi piaceva tenere un segreto del genere con lei, volevo essere libera di poter parlare di lui se volevo. E di poterlo invitare a casa mia.

Mi buttai sul letto esausta, in attesa della cena, e presi il mio cellulare per entrare su facebook e leggere le notifiche.

Lo strinsi con forza fra le dita quando, dopo aver cliccato l’icona delle amicizie, comparve sullo schermo la scritta “non ci sono nuove richieste”.

Nessuna richiesta, nessun messaggio. Di nuovo. Andavamo proprio bene.

Dovevo mettere in chiaro anche questo con lui; non pretendevo che mi scrivesse ogni due secondi quanto mi amava e quanto gli mancavo, ma almeno un...

Non lo so, uno squillo?

Sbuffai; non sapevo nemmeno io cosa avrei potuto aspettarmi da lui.

Stavamo insieme da poco più di una settimana e già mi sentivo trascurata, una storia d’amore proprio epica.

Altro che piano di Angelica, lui era così stronzo e indifferente con me?

BENE. Lo sarei stata anche io, ma molto di più. Non avrebbe mai potuto battere una ragazza ferita in quanto a stronzaggine.

 

****

 

La mattina dopo mi svegliai con il cosiddetto piede sbagliato. Un tremendo mal di testa mi accompagnò per tutta la durata della colazione, della doccia e della scelta dell’abbigliamento.

Sapevo che, per quanto mi riguardava, poteva significare solo una cosa: quel simpatico periodo del mese era quasi giunto a farmi nuovamente visita.

Sbuffai e mi vestii in fretta, mettendoci, come al solito, più tempo per truccarmi e sistemarmi i capelli.

Ero pronta a salutarlo con freddezza e ad evitare qualsiasi suo tentativo di baciarmi, avrebbe finalmente capito che cosa si provava ad essere ignorati dalla propria ragazza!

Quando ebbi finito di prepararmi uscii sulle scale, convinta di trovarlo come la mattina precedente ad aspettarmi.

Il non vederlo non fece che peggiorare ulteriormente il mio umore. Perché cavolo non c’era? Non era ancora pronto? Non sarebbe venuto a scuola? Poteva farsi sentire almeno per avvisarmi!

Lo aspettai per dieci minuti, digrignando i denti come una belva rabbiosa, poi, dopo aver dato un’occhiata al mio bellissimo orologio Hip Hop rosso dal profumo fruttato, mi decisi a tirar fuori il cellulare per chiamarlo.

Mugolai fra me e me i peggiori insulti mentre portavo il telefono all’orecchio, rischiavo di arrivare pure in ritardo per colpa sua, dannazione!

La porta di fronte si spalancò proprio in quel momento, così chiusi la chiamata decisamente scocciata e pronta ad aggredirlo nel peggiore dei modi.

Una parolina nella mia testa mi bloccò prima che mi mettessi all’opera.

Indifferenza.

Giusto, dovevo essere fredda e controllata, non mi sarei fatta vedere nuovamente arrabbiata per colpa sua.

-Alla buon’ora. Sempre in ritardo.- Alzai un sopracciglio, il tono di voce calmo e velatamente sprezzante.

Sembravo tanto un’aristocratica altezzosa che, con occhio critico, valutava un gioiello di poco valore.

Lui socchiuse gli occhi irritato e aprì la bocca per ribattere, ma fu un’altra persona a parlare. Persona che non mi aspettavo minimamente di vedere. Trasalii.

Merda.

-Ali!- Fece Glenda sorpresa, sorridendomi gentile come sempre.

Deglutii a vuoto e mi schiarii la voce: tutta la mia spavalderia sembrava essere scomparsa nel giro di un secondo, -Ah, ciao Glenda!- Perché il mio sembrava il verso di un gatto a cui avevano appena schiacciato la coda?

-Come mai qui fuori? Chi stavi aspettando?- Mi domandò allargando vistosamente il suo sorriso.

-C-Chi? Ahehm…io…-

Molto intelligente, vai così Alice.

-Stavo…- Lanciai un’occhiataccia a Lore; che cavolo, avrebbe potuto informarmi della presenza della sorella, avrei potuto prepararmi una scusa intelligente!

Lui fece un quarto di sorriso vagamente infastidito, -Lascia stare, non serve.-

Sbattei le palpebre confusa. Cosa non serviva? Spostai nuovamente l’attenzione su Glenda e capii.

Era fin troppo palese che lei sapesse, un sorriso così sornione sarebbe dovuto risultare sospetto fin da subito.

-Glielhai detto?- Sentii gli angoli delle mie labbra piegarsi istintivamente all’insù ed il cuore riempirsi di gioia.

Oh, che me ne importava se non mi aveva chiamata o aggiunta su facebook? Era così bello pensare che Lore le avesse detto di noi, che avesse parlato a sua sorella di me…e che finalmente potessimo comportarci come sempre, senza fingere anche davanti a lei.

Aggrottò la fronte inorridito, come se avessi pronunciato chissà quale terribile bestemmia, -Io? Ti pare?-

Come non detto. Entusiasmo smorzato nel giro di un secondo. In effetti era strano che Lore di sua spontanea volontà, senza essere stato drogato o minacciato, si fosse messo a parlare con lei di un argomento del genere.

Glenda fece un piccolo passo in avanti, più simile ad un saltello che poco conteneva la sua eccitazione, -L’ho capito da sola. Non che ci volesse un genio.- Si vantò ridendo.

Avvertii un fastidioso e mortificante calore espandersi sulle guance, -Ah.- Fu tutto quello che riuscii a dire, guardandomi intorno per evitare accuratamente il suo sguardo.

Cosa si diceva in casi del genere? Perché mi sentivo terribilmente idiota e non riuscivo a spiccicare parola?

Cavolo, se ero a disagio con Glenda, che era un’amica e una sostenitrice di noi come coppia, non osavo immaginare quanto lo sarei stata con Rossella o con sua madre.

Allungai le maniche del mio dolcevita e mi dondolai sul posto agitata.

Con un altro salto – cos’era, un canguro? – Glenda si avvicinò per prendermi le mani fra le sue, gli occhi quasi commossi.

-Lo sapevo che sarebbe successo, lo sapevo! Da quel famoso pomeriggio di confidenze!-

Mi umettai le labbra e trattenni a stento un sorriso a quel ricordo. Il pomeriggio in cui avevo visto Lore mezzo nudo leccare quel caspita di gelato, il pomeriggio in cui avevo detto a Glenda di essere interessata a Matteo e Lore mi aveva sentita.

-Oh, che bello!- Lore le fece il verso e sorrise sarcastico, prima di tornare alla sua solita aria scazzata, -Abbiamo finito con le stronzate? Andiamo?-

Mister Simpatia si sarebbe meritato un bel pugno sul naso. Forte. Dovevo lavorarci su.

Glenda gli lanciò un’occhiata assassina, infastidita quanto me dal commento del fratello, -Vieni in macchina con noi, vero? Non sento storie.-

Mi spostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e feci spallucce.

-Se non è un problema.-

-Scherzi? Non pensarlo nemmeno.-

Che “cognata” adorabile che avevo! Era una ragazza deliziosa, se solo non avesse avuto un fratello stronzo e una sorella gemella psicolabile…beh, ognuno aveva i suoi difetti.

-Lui non mi ha detto niente, come sempre, poi voglio sapere tutto da te!-

Mi disse all’orecchio, quando Lore fu abbastanza lontano da non sentirci, -Come vi siete messi insieme, cosa vi siete detti…tralasciando la parte sul sesso selvaggio, quella mi fa un po’ senso, non riuscirei ad immaginare mio fratello…ecco.- Rabbrividì disgustata.

Ridacchiai divertita e più tranquilla, -D’accordo, ti risparmierò quella parte, ma…toglimi una curiosità…- Anche se Lore era già andato sufficientemente avanti e stava aprendo il cancello per uscire in strada, porsi quella domanda a bassa voce, -Come hai fatto a capirlo?-

Ero veramente curiosa di saperlo. Lore si era lasciato sfuggire qualcosa? O si era comportato in modo diverso dal solito?

Glenda si fermò, mise una mano sulla mia spalla e sospirò, -Tesoro…se tuo fratello prima di partire per uno stage in Inghilterra è sempre nervoso, irascibile e soprattutto suscettibile quando sente nominare una ragazza te ne accorgi.-

Sente nominare…una ragazza? Me?

Glenda mi aveva nominata spesso prima che partissimo per l’Inghilterra? E lui…si era indispettito?

In effetti le cose tra di noi non andavano troppo bene prima di quella partenza…a dire il vero non erano proprio mai andate bene.

-Così come ti accorgi che ha i capelli in uno stato pietoso, un’espressione particolarmente appagata e gli occhi che guizzano come…- Si bloccò e portò l’indice alle labbra, probabilmente in cerca di un paragone che calzasse con il verbo appena usato, -Pesci in direzione di quella stessa ragazza in aeroporto quando torna. E magicamente è di buon umore, quasi sopportabile.-

Deglutii un gigantesco ed ingombrante nodo incastratosi in gola, rischiando di strozzarmi.

Maledetto stronzo. Riusciva sempre, anche involontariamente, a far rammollire le mie gambe.

Le parole di Glenda mi avevano fatto piacere, inutile negarlo. Mi avevano fatto avvampare come un’idiota, tanto che per un attimo mi dimenticai perfino di avercela con lui.

Dovevo restare concentrata. Ero ancora offesa: lui non mi aveva scritto niente il giorno prima, non si era fatto sentire neanche con un “ciao” su facebook. O una richiesta d’amicizia.

Motivo per cui in macchina lo ignorai e mi dedicai completamente alla mia “cognatina” preferita, che mi stava raccontando di un ragazzo molto carino che aveva conosciuto all’università.

Ero contenta di sapere che stesse davvero cercando di lasciarsi Domenico alle spalle, quel verme non meritava nemmeno un briciolo dei pensieri di Glenda.

Speravo solo che il suo nuovo interesse amoroso non fosse un altro stronzo violento mascherato da principe azzurro.

Una volta scesa dall’auto, dopo averla ringraziata e salutata calorosamente, mi diressi a passo svelto verso l’ingresso senza girarmi per accertarmi della presenza di Lore.

Lui non parve risentito, né disse nulla per il mio comportamento, cosa che mi fece letteralmente rizzare i capelli dalla rabbia.

L’aveva sicuramente capito che ero arrabbiata con lui, ma non faceva domande, probabilmente perché sapeva che come risposta avrebbe ottenuto una sfuriata in piena regola.

Di tanto in tanto lo sentivo in corridoio alle mie spalle mentre salutava ragazzi di altre classi che non conoscevo, ma non mi soffermai ad origliare cosa si dicessero, feci finta di niente e proseguii spedita fino alla porta della mia aula.

Notando tre ragazze che chiacchieravano tranquille sul calorifero lì di fronte, però, mi ricordai improvvisamente delle parole di Angelica il pomeriggio prima.

Comportati come si è comportato lui. Bacialo selvaggiamente davanti a delle ragazze per far capire loro di chi è, fallo eccitare ben bene e poi lascialo a bocca asciutta.

Sentendosi osservate, le ragazze ricambiarono la mia occhiata con delle smorfie altezzose e si dissero qualcosa a bassa voce.

Simpatiche.

Mi umettai le labbra indecisa e mi torsi le mani con evidente nervosismo. Vendicarmi non sarebbe stata una cattiva idea, ma come potevo baciarlo e far finta di nulla dopo che gli avevo chiaramente fatto capire, fino ad un attimo prima, di avercela con lui ignorandolo? Oh, al diavolo.

Con il cuore letteralmente in gola, presi coraggio e feci dietrofront fino ad arrivare ad un palmo dal naso del mio ragazzo.

Lui arrestò la camminata sorpreso per non venirmi addosso ed aprii la bocca stranito con l’intento di dirmi qualcosa. Non seppi mai cosa, perché ne approfittai per alzarmi sulle punte e baciarlo con foga, le braccia gettate dietro al suo collo ed il mio corpo fatto aderire perfettamente al suo.

Rabbrividii quando, dopo un primo attimo di smarrimento, un suo braccio mi circondò il fianco e mi strinse con forza a lui, facendomi desiderare che non ci fosse nessun inutile indumento fra noi.

Gemetti contro le sue labbra e lo tirai indietro con me, contro il muro alle mie spalle.

Torna sul pianeta Terra Alice, ora.

Sollevai le palpebre di scatto e costrinsi le mie dita fastidiosamente intorpidite a staccarsi dai suoi capelli. Feci scivolare le mie mani sul suo petto per fare pressione e allontanarlo.

Maledizione! Ero a scuola e mezzo corridoio ci stava fissando, ragazze smorfiose comprese, che cavolo mi era preso?!

Lore mi guardò con un misto di confusione e risentimento, anche se nei suoi occhi era ancora visibile una punta di eccitazione, -Che cazzo…?-

-Mi andava così.-

Mi andava così?

L’avevo davvero interrotto con una frase del genere? Io?

Avvampai ed abbassai lo sguardo, scansandolo per correre – scappare – il più veloce possibile in classe.

Non ero riuscita a rimanere indifferente come avrei voluto, ma lo avevo comunque lasciato a bocca asciutta dopo essermi strusciata contro di lui e averlo provocato. Mi scappò un sorrisino: ero fiera di me.

Anche se…restava il fatto che quello stronzo non si era minimamente fatto sentire il giorno prima e non mi aveva chiesto nulla quando mi aveva visto più fredda nei suoi confronti.

Iniziai a torturarmi le unghie con i denti dal nervoso e presi posto vicino a Mel.

Lo odiavo, lo odiavo, lo odiavo. Lui non mi chiese nessuna spiegazione, niente di niente. Si era messo a parlare con Vergata e Lele come se non lo avessi prima palesemente ignorato e poi baciato, come se non se ne fosse nemmeno accorto. Un dubbio mi colse; e se era davvero così? Se gli interessava così poco di me da non far caso ai miei stati d’animi e al mio modo di comportarmi con lui?

-Ali, piantala.-

Mi voltai sorpresa verso Mel; aveva un cipiglio piuttosto serio in volto.

-Di fare cosa?- Domandai stupidamente.

Lei sospirò e, dopo avermi afferrato il polso con delicatezza, abbassò il mio braccio sul banco.

-Di tartassare quelle povere unghie. Che è successo?-

Come avrei fatto in quella classe di menomati mentali senza Melanie? Non sarei sopravvissuta un giorno.

-Niente.- Brontolai stizzita, -Non è successo niente, è questo il problema. Mai una chiamata, mai un messaggio. Quando non ci vediamo è come se non esistessi.- Raccontai.

E il pomeriggio prima ci eravamo salutati dopo la scuola, quindi avevo passato l’intera giornata a patire la sua mancanza, senza neanche sentirlo per telefono.

Non potevo sopportarlo, non ero abituata a non sentire il mio ragazzo per così tanto tempo, con Matteo al telefono…

Smettila di fare paragoni, lui non è Matteo.

Mel sorrise di sbieco, il naso leggermente arricciato in una smorfia divertita, reazione che mi stizzì un po’.

-Ma Lore è fatto così. Se aspetti che si stacchi dalla Play o che abbia soldi nel cellulare…- Scrollò le spalle e si appoggiò al suo banco con entrambe le braccia, -Hai provato a parlargliene?-

Se mi ero un attimo rilassata dopo la sua prima affermazione, la seconda frase mi fece nuovamente rizzare il pelo come un gatto pronto ad attaccare.

-No. Non voglio dargli questa soddisfazione.-

Mel parve non capire, così, dopo aver lanciato di sfuggita un’occhiataccia al diretto interessato, mi spiegai meglio, -Non voglio essere io a dirgli quanto mi fa stare male il fatto che non si faccia sentire…deve arrivarci da solo. Per questo sto cercando di essere fredda con lui, aspetto che sia lui a capirlo. O a chiedermi perché sono arrabbiata.-

Aspetta e spera Alice.

Aveva senso quello che stavo cercando di dire? O di fare?

-Dimmi che ho ragione, che non sto esagerando e che non ti sembro una pazza.- La supplicai, aggrappandomi al suo braccio come una scimmietta.

Esitò troppo nel darmi una risposta e la cosa non mi piacque.

-Beh…personalmente- Calcò parecchio su quella parola; brutto segno, stava per dare un’opinione diversa dalla mia, -io non reagirei così solo perché il mio ragazzo non mi ha chiamata per un giorno dopo solo…una settimana- Si morse il labbro e mi guardò dispiaciuta, -Che stiamo insieme…-

Le mie mani lasciarono andare la presa su di lei e ricaddero con un tonfo sul banco.

-Soprattutto sapendo che è un tipo come Lore, allergico ai messaggini e alle telefonate sdolcinate.- Concluse, cercando di addolcire il tutto con un altro sorriso.

Mi sentivo incompresa e sciocca, perché nemmeno lei mi capiva? Non volevo messaggini dolci o telefonate romantiche, volevo semplicemente dei messaggi e delle telefonate, volevo essere considerata, mi sentivo…trascurata.

Mi spostai i capelli all’indietro e arrossii, -Ok.- Feci un respiro profondo, -Quindi secondo te sono io che esagero.- Chissà, forse aveva davvero ragione lei. Sarebbe bastato parlarne con lui, dirgli di farsi sentire, senza bisogno di tenergli bronci infantili ed evitarlo dopo solo…una settimana che stavamo insieme.

Magari era stato impegnato, magari non aveva avuto il tempo di chiamarmi.

-Lo so che ti aspetti il messaggio del risveglio, quello della buonanotte, la chiamata per ricordarti che ti ama e il “riattacca prima tu”.-

-Non è vero.- Sporsi il labbro inferiore come una bambina piccola.

Sì, mi sarebbe piaciuto, ma non me lo aspettavo, non da Lore; non avrebbe mai fatto una cosa del genere e lo sapevo, non era nel suo carattere.

Lo sguardo scettico di Mel bastò a farmi chiudere in un dignitoso mutismo, -Ma non sarebbe da lui e lo sai anche tu. Cercate di trovare un compromesso.-

Un compromesso. Quella parola mi piaceva, era da persone mature.

Emessi un versetto stupido, molto simile a quello di una bimbaminkia in procinto di coccolare la sua “best” o “socia” del cuore, -Mel, come farei senza di te?- La abbracciai di slancio ed il prof, entrato in classe in quel momento, si schiarì la voce infastidito.

Mel ridacchiò e mi diede delle affettuose pacche sulla spalla, -Lo so, saresti persa senza i miei preziosi consigli.-

Decisamente. Fortuna che potevo contare sul suo saggio punto di vista.

Nell’intervallo, dopo le due ore di educazione fisica, ero decisa a parlargli della cosa con calma e senza aggredirlo. Magari sarei riuscita a strappargli la promessa di una telefonata al giorno e qualche messaggio di buonanotte. Avremmo trovato un compromesso, ne ero certa.

Peccato che prima ci fossero quelle due maledette ore di ginnastica che, alla seconda e alla terza ora del martedì, erano un vero e proprio massacro.

E non serviva applicarsi troppo per indovinare che cosa ci avrebbe fatto fare il solito adorabile e maschilista professore.

Non ascoltò le suppliche mie e di Mel sul poter, almeno per una volta, giocare a pallavolo.

-La settimana prossima, ragazze.- Ci liquidò in fretta con un cenno di mano per allontanarci, quasi temesse che la nostra vicinanza potesse infettarlo, -Latini, Vergata, formate le squadre.-

Mel mi posò una mano sulla spalla affranta ed io annuii con aria rassegnata.

Facciamoci forza sorella.

La settimana dopo avremmo sempre e comunque giocato a calcio, ne eravamo consapevoli, ormai non credevamo più alle parole del prof.

Se non altro, per la prima volta avrei giocato in squadra con il mio ragazzo.

Mi dondolai sul posto, contenta come una bimba la mattina di Natale; per la prima volta avrei dato il meglio di me a calcio, sarebbe stato un giorno epico quello, da segnare sul calendario.

Non volevo far perdere la squadra di Lore, non volevo che pensasse che fossi un peso o un’incapace, gli avrei dato modo di pensare che ero in gamba nonostante fossi una ragazza.

-Latini inizia.-

Fu difficile non pettinarsi i capelli con le mani, gonfiare il petto e sorridere raggiante quando Lore disse, ovviamente, il mio...

-Mancini.-

Cosa?

La mascella doveva essersi schiantata al suolo, non la sentivo più visto quanto avevo spalancato la bocca.

Ok, voleva Lele in squadra, era un suo amico e giocava bene, ma…io ero la sua ragazza! Cos’ero, l’ultima scelta?

Sbuffai e mi misi a sedere sul pavimento, incrociando le gambe. Potevo pure mettermi comoda, sospettavo che Lore avrebbe snocciolato una decina di nomi prima del mio.

Non è giusto!

Avrei giocato peggio del solito per vendicarmi, avrei fatto un autogol, ecco.

-Puccio.-

Cosa? Chi? Dove? Quando?

Alzai lo sguardo sorpresa: non era stato il mio ragazzo a chiamarmi, ma Vergata, uno sfrontato e soddisfatto ghigno stampato sul volto.

Lore sbatté le palpebre incredulo, schiuse la bocca e si voltò a guardarlo decisamente infastidito; probabilmente non immaginava che la scelta di Vergata ricadesse su di me.

E chi lo immaginava…?

Ben gli stava! Così imparava a preferire Lele, ero quasi contenta di essere in squadra con la scimmia.

-Puccio, cosa aspetti, una richiesta scritta?!- Si spazientì il professore, dopo aver visto che non accennavo ad alzarmi.

Quanto odiavo quell’uomo. Fossi stata un cane gli avrei fatto pipì direttamente sulle scarpe.

Raggiunsi Vergata – che mi aspettava compiaciuto ed ignorava volutamente lo sguardo omicida di Lore – spavalda, carica di energia e pronta a far vincere la mia squadra e a stracciare quella avversaria.

-Daje Puccio che vinciamo. Mi servi per distrarre Lore tu.-

Mi diede un colpetto sulla spalla, forse un pelino troppo forte visto che mi sbilanciai in avanti.

Di nuovo con la faccenda del “distrarre”, che si aspettava che facessi, uno spogliarello nel bel mezzo del campo? Se lo poteva pure scordare.

Preferii comunque non indagare sulla questione ed attesi la fine delle formazioni in silenzio.

Ero in squadra con Mel e Teo, non potevo chiedere di meglio, la nostra era a tutti gli effetti la “squadra dei buoni”. Fatta eccezione per Lele, l’altra squadra era il male e andava annientata.

Non appena fischiato l’inizio della partita, cercai con tutta me stessa di bloccare i miei avversari, in particolar modo Lore, stando ben attenta a non aggrapparmi di nuovo alla sua maglietta e a non deconcentrarmi vedendolo così vicino, affaticato e sudato…più facile a dirsi – o meglio pensarsi – che a farsi, di certo il battito del mio cuore non era impazzito solo per la fatica della corsa.

Ad ogni mio tentativo di rubargli la palla riusciva sempre a dribblarmi senza problemi e mi riservava, ogni volta, un sorrisino compiaciuto alla “ritenta e sarai più fortunata”. Che nervoso. Avessi potuto mettergli le mani addosso cosa gli avrei fatto…

Ok, messo in quei termini quel pensiero poteva essere equivocabile ed io non volevo affatto intendere che…sì, lo intendevo eccome.

Mi diedi dei colpetti sulle guance bollenti e scossi la testa; dovevo calmare i bollenti spiriti, subito.

Non devo pensare a Lore (nudo), non devo pensare a Lore (nudo).

Dovevo riuscire a far segnare un gol alla mia squadra, così da far pentire amaramente il mio ragazzo di non avermi scelta per prima.

Marchesi stava correndo verso di me, la palla ai suoi piedi e l’espressione soddisfatta di chi era convinto di segnare.

Illuso. Non aveva fatto i conti con me.

Feci uno scatto felino in sua direzione, trattenendomi a stento dallo sbuffare dal naso come un toro e ruggire come una leonessa.

Peccato che, nel momento in cui gli arrivai davanti, fui letteralmente scaraventata indietro con forza e mi ritrovai a terra come un sacco di patate. Altro che leonessa, non c’era animale abbastanza debole e patetico per definirmi.

Il mio braccio sinistro sfregò contro l’asfalto duro del campetto ed avvertii una fitta lancinante al polso su cui ero praticamente caduta.

Era stato come andare in contro ad un muro, anzi, contro ad un tir.

-Cazzo!- Imprecò il “tir”.

Mossi a fatica il polso e gemetti dal dolore, contenta comunque di non essermelo rotto per colpa di quel bisonte di Giulio Marchesi.

-Scusami Puccio!- Se non altro ebbe la decenza di fermarsi e di chinarsi per guardare come stavo.

-Mi sono lasciato prendere dalla foga, non pensavo facessi un volo del genere…- Si giustificò grattandosi la testa.

“Un volo” era esattamente il modo in cui avrei definito la mia caduta, un volo molto doloroso.

Ci raggiunsero gli altri compagni e diventai nel giro di un secondo l’attrazione principale del momento, quasi fossi un fenomeno da baraccone.

-Cazzo, Giu, stai attento. Minchia l’hai quasi ammazzata.-

Il rimprovero di Lore, invece che farmi piacere, mi fece storcere il naso.

La voce era leggera, divertita, stava chiaramente scherzando…e mi stava velatamente prendendo in giro.

-Sì Giu, cazzo ci metti così tanta forza con una ragazza?- Vergata rise e con lui anche gli altri.

Una ragazza.

Perché mi sentivo improvvisamente in imbarazzo ad essere una ragazza? E perché nessuno mi chiedeva come stavo?

Strizzai le palpebre per il male e diedi un’occhiata al polso; dal punto in cui mi ero graffiata stavano uscendo tanti piccoli puntini di sangue.

-Ti sei fatta male?-

Quasi piansi come una poppante quando Lele me lo chiese con aria seria.

Sì, dannazione, sì. Mi ero fatta male. Non era nulla di grave, ma bruciava ed essere sfottuta in quel modo non era piacevole per niente.

-Ma sì dai, ti sarai spezzata un’unghia se è tanto. Fa vedere.- Lore trattenne male una risata e si inchinò per afferrarmi la mano ed esaminarla.

Quella frase fu la goccia che fece traboccare il vaso, l’aria in eccesso che mi fece scoppiare come un palloncino gonfiato troppo.

Sicuramente il fatto che il mio ciclo fosse in dirittura di arrivo contribuì parecchio a condizionare le mie emozioni e a farmi appannare la vista.

No, no e no. Non piangerò, non darò loro un motivo per prendermi ancora in giro.

Ritrassi la mano con rabbia e cercai di trasmettergli con gli occhi tutto il rancore che stavo provando per lui in quel momento.

Volevo solo un po’ di comprensione, volevo solo essere viziata e…coccolata dal mio ragazzo dopo lo spavento per la caduta. Avrebbe dovuto preoccuparsi, chiedermi come stavo, darmi un bacio o una carezza magari...

E invece cosa faceva quello stronzo? Mi rideva in faccia insieme ai suoi amici del cazzo.

Pretendevo troppo io? Non era forse così che avrebbe dovuto comportarsi un ragazzo con la sua ragazza?

Lui inarcò un sopracciglio confuso e mi osservò in silenzio mentre facevo leva sul braccio destro per alzarmi.

-Allora? Ci muoviamo o vogliamo interrompere la partita solo perché la Puccio è caduta?- La voce sprezzante e canzonatoria del prof mi irritò peggio delle ortiche sull’ epidermide, se non fossi stata sull’orlo delle lacrime l’avrei volentieri strozzato.

Ero circondata da un branco di stronzi maschilisti, nessuno di loro, a parte Lele, si era realmente preoccupato per me o aveva chiesto come stessi, avevano iniziato subito a ridere.

Cercai Mel con gli occhi per avere un po’ di conforto e, prima che potessi individuarla, Teo mi si avvicinò per chiedermi con aria preoccupata:

-Ali, piccola, come stai?-

Piccola?

Da quando Teo mi chiamava piccola? Sorvolai su quel nomignolo e piegai gli angoli della bocca all’ingiù.

-Male.- Piagnucolai, in cerca di attenzioni che finalmente qualcuno mi stava dando.

Era sbagliato, lo sapevo, la mia era solo un’immatura ripicca, ma fare la voce da bambina con Teo e accettare che mi chiamasse “piccola” davanti a Lore era…stuzzicante.

Non mi ero voltata a guardarlo, ma ero sicura al cento per cento che stesse seguendo la scena – come tutti i nostri compagni del resto – e che non ne fosse contento.

Mi uscì un altro lamento infantile quando il mio amico mi prese con delicatezza la mano sinistra e se la portò al viso.

-Ti fa male?-

Annuii, i lineamenti distesi in un broncio forse un po’ troppo pronunciato.

Non avevo la minima idea di quello che stesse per fare, se lo avessi saputo lo avrei fermato per il suo bene. 
Avvertii le sue labbra fresche poggiarsi sulla pelle escoriata del mio polso ed arrossii involontariamente. Le schiuse imprudentemente e mi guardò con una dolcezza tale da farmi sciogliere.

Oh merda.

E ora?

Non mi ero scordata di avere addosso lo sguardo di Lore, non mi aveva lasciata andare nemmeno per un secondo, lo sentivo bruciare dannatamente sulla mia pelle.

Che cosa avrebbe pensato? E soprattutto, che diavolo avrebbe fatto a Teo?

Ok, ora sfilo la mano con nonchalance…piano…

Completamente nel pallone, balbettai qualcosa di incomprensibile persino per me e mi ripresi bruscamente la mano.

Meno male che dovevo far piano.

Non volevo che il mio amico si facesse male per causa mia e sapevo che sarebbe bastato un secondo di più perché Lore si facesse largo tra me e lui per colpirlo.

Ma perché Matteo doveva sempre complicare tutto? Sapeva che stava rischiando grosso, prevedevo comunque una prossima e negativa reazione da parte del mio odioso ragazzo.

Il fischio del prof, per una volta, si rivelò utile e spezzò l’imbarazzante silenzio creatosi fra me e il mio amico dopo il mio allontanamento.

Non osai girarmi verso di lui, finsi di non essermi accorta delle sue attenzioni e mi dedicai nuovamente a Teo. Perché era più semplice, perché non avevo paura di quello che vedevo nei suoi occhi.

-Va meglio, grazie.- Mormorai con un impacciato sorriso, -Ora però…cioè…non ti conviene giocare. Sai che Lore…- Avrebbe sicuramente trovato un modo per vendicarsi, conclusi mentalmente.

Teo scrollò le spalle con noncuranza, -Tranquilla. Non mi fa di certo paura.- Sembrava rilassato, compiaciuto o forse…possibile che fosse impaziente?

Impaziente? Perché mai dovrebbe esserlo?

Provai a ribattere qualcosa ma non me ne diede il tempo, riprese a correre verso la palla lasciandomi ferma ed impalata come una statua.

Respirai appieno per scaricare la tensione e feci ruotare lentamente il polso, tastandolo piano con l’altra mano; era ancora arrossato e faceva male, contavo di andare in infermeria a farmi mettere del ghiaccio dopo la fine della lezione, quando l’odioso prof di ginnastica non avrebbe avuto più nulla da dire.

La restante mezz’ora di gioco fu un vero e proprio massacro…per Teo.

Come avevo previsto il suo gesto non restò impunito, a meno che non fosse un caso che tutti i ragazzi della squadra avversaria si avventassero su di lui con decisamente troppa violenza ogni volta che aveva la palla.

-Ragazzi piano…- Disse il prof ad un certo punto, fischiando e aggrottando la fronte confuso. Sembrava non riuscisse a capire il perché tutti improvvisamente fossero propensi a far falli su Teo.

Scossi la testa e mi portai una mano alla bocca quando Teo fu di nuovo scaraventato a terra prima da Marchesi, poi da Radaelli, Stoppini, Lore…

Io ammazzo quella testa di cazzo del mio ragazzo…

A dieci minuti dalla fine dell’ora, Lore non finse più nemmeno di mirare alla palla e si scagliò direttamente addosso a Teo. Lo afferrò per il colletto della maglietta e lo spinse con forza all’indietro, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Disse anche qualcosa che non riuscii a cogliere, ma a giudicare da quanto era incazzato doveva essere stato un insulto.

Quello che mi lasciò completamente interdetta, però, fu la reazione del mio amico: non diede più il tempo a Lore di fare altro, alzò velocemente il braccio e ne approfittò per colpirlo in pieno viso.

Spalancai la bocca allibita e rimasi per una buona manciata di secondi immobile. Lo aveva davvero colpito. Non era possibile! Teo era il ragazzo più dolce che conoscessi e…non immaginavo nemmeno che sapesse come si tirasse un pugno! Porco cazzo, invece gliene aveva tirato uno dritto in faccia. Ma era impazzito?!

Fui abbastanza vicina da sentire le sue di parole, un “Questo te lo dovevo da un po’, ora siamo pari” mormorato fra i denti.

-Valenti!-

Sbraitò il prof incredulo, quasi avesse appena visto l’animale più pacifico del mondo trasformarsi in un mostro carnivoro.

Lore sembrava persino più sorpreso di lui, evidentemente non immaginava che Teo potesse reagire; si rialzò e si portò una mano al mento, gli occhi sgranati e furiosi.

Un moto d’angoscia mi assalì ed il mio labbro inferiore prese a tremare.

Si sarà fatto male?

Ero già pronta ad avvicinarmi e chiederglielo – io a differenza sua mi preoccupavo per lui –, quando il mio ragazzo decise che i conti con Teo non erano stati affatto pareggiati come aveva sostenuto il mio amico; Lele fece un passo avanti per cercare di fermarlo, ma né lui né il professore riuscirono ad evitare che si avventasse nuovamente su Teo per ricambiare il colpo di poco prima.

E tanti cari saluti alla partita di calcio e all’ora di educazione fisica.

Mi portai una mano al viso disperata, vergognandomi come una ladra nel sentire i miei compagni ridere e scommettere su chi avrebbe battuto chi e, soprattutto, su chi avrebbe vinto la – parole (censurate) di Vergata – “f” della Puccio.

Non fosse stata tragica la situazione sarei scoppiata a ridere. Era tutto talmente surreale da sembrare la scena di un film, uno stupido e senza senso. Ci sarebbe stata bene qualche canzoncina divertente e velocizzata in sottofondo.

Perché avevo sempre a che fare con trogloditi che discutevano in quel modo?!

Quella scena mi ricordava tremendamente la prima rissa a cui avevo assistito, quella fra il mio ex Matteo e Lore.

Evidentemente il mio ragazzo aveva dei problemi a relazionarsi con i Matteo, dovevo evitare che incontrasse altri poveri innocenti che avevano la sfortuna di chiamarsi così.

-Latini, Valenti!- Il prof era più disperato di me, si mise in mezzo per cercare di separarli e solo con l’aiuto di Lele e di un riluttante Vergata ci riuscì.

-Voi…voi…- La voce gli tremava mentre squadrava prima uno, poi l’altro, -Voi siete fuori di testa! Mai vista tanta maleducazione e indisciplina e di classi ne ho avute parecchie!-

Li osservai a mia volta, affaticati e arruffati; non smisero neppure in quel momento di guardarsi con odio puro, se fra di loro non ci fossero stati i nostri compagni di classe e il professore sarebbero sicuramente andati avanti.

Mi strinsi le braccia al petto amareggiata e calciai un insignificante sassolino con un piede. Come avevo anche solo potuto credere che potessero andare d’accordo e diventare amici in futuro? Come potevano esserlo stati in passato?

Forse era anche stupido da parte mia sperare in quella riappacificazione, finché entrambi continuavano ad essere innamorati di me le prospettive di poter avere un rapporto civile non erano delle più rosee.

Teo mi guardò con aria colpevole e da cucciolo bastonato, un chiaro ed evidente tentativo di chiedermi scusa e farsi perdonare.

Quel cretino del mio ragazzo, invece, non mi degnò proprio della benché minima considerazione, teneva la testa voltata dall’altra parte, ma riuscivo comunque a vedere di sfuggita i tratti del suo viso tesi in una smorfia di irritazione pura.

Assurdo! Fa pure l’arrabbiato!

Io avrei dovuto esserlo! Ne avevo fin sopra i capelli del suo modo di fare da bambino, non mi ero mai sentita tanto in imbarazzo in vita mia, tutta la classe ne avrebbe parlato per mesi.

-State certi che ne parlerò con la coordinatrice e prenderemo provvedimenti, non è nemmeno la prima volta che succede Latini!- Il prof indicò Lore con l’indice, ricordandosi del precedente “incidente” e successivo infortunio di Teo sempre durante le sue ore.

-Se avete problemi fra di voi siete pregati di risolverli fuori dall’ambiente scolastico e civilmente, sono stato chiaro?!-

Bravo prof sudicio e maschilista, così si parla.

Peccato che, nel riascoltare nella mia testa le sue parole, analizzai più attentamente quel “se avete problemi”, fino ad arrivare a valutarlo a dir poco avvilente. Ero io il problema che avrebbero dovuto risolvere in maniera civile, porca miseria.

La seconda ed ultima ora di ginnastica era finita – finalmente –, così, dopo quella strigliata di capo, il prof ci congedò e ci permise di tornare negli spogliatoi.

Lore non se lo fece ripetere due volte e, a passo abbastanza veloce, si diresse insieme a quelle teste di cazzo dei suoi amici verso la palestra per rientrare.

Non così in fretta.

Gli fui subito dietro, una piccola corsetta per poterlo raggiungere ed impedirgli di farla franca. Stavo già per pregustare la liberazione che avrei provato nel sfogare la mia ira su di lui, quando la sagoma di Teo mi si parò davanti, -Ali, mi dispiace…- Si tamponò il naso sanguinante con il palmo della mano, gli occhi lucidi e la fronte corrugata, -Non avrei dovuto, lo so, ma…-

Sospirai, cercando di alzarmi sulle punte e sporgermi oltre la sua spalla e vedere che fine avesse fatto Lore. Non mi sarebbe scappato, quello era certo. Avevo troppe cose da gridargli contro.

-Non importa Teo.- Non ero arrabbiata con lui, ero solo…non lo sapevo neppure io, semplicemente il suo modo di fare non riusciva a toccarmi e a condizionare il mio umore come quello di Lore.

-Beh…ho colpito il tuo ragazzo.- Spiegò apparentemente mortificato, ma con una punta di soddisfazione nella voce.

Sorrisi a mezza bocca e rilassai la fronte, -Direi che se lo è meritato.- Dopo tutto quello che aveva subìto Teo, a partire dalla caviglia…

Si lasciò sfuggire una risatina appagata e tirò su col naso, -Già. Peccato che quello che ne esce sempre messo peggio sono io.- Con una mano indicò le narici leggermente incrostate di sangue ed il suo sorriso si tramutò in una smorfia.

Oddio mi fa un po’ impressione...

Cercai di contenere la mia repulsione e gli feci una leggera carezza d’incoraggiamento sulla spalla, -Vai subito in infermeria per farti mettere del ghiaccio.- Non sarebbe stato carino da parte mia fargli intuire quanto vedere quel sangue mi stesse nauseando, contando anche che lui una mezz’oretta prima era stato un tesoro quando mi ero fatta male io.

Lasciai scivolare le mie dita fino al suo braccio e gli diedi due pacche amichevoli, -Scusa, vado a cambiarmi, altrimenti chi la sente la Zerbato.- Ogni tanto la prof di matematica serviva a qualcosa, come scusa per lasciare Teo al suo sangue rappreso e andare a prendere Lore a calci ad esempio.

Ero più che certa del fatto che si stesse già cambiando negli spogliatoi per tornare in fretta in classe ed evitare di incontrarmi. Se pensava di farmi desistere dai miei propositi con quella sceneggiata da maschio ferito si sbagliava di grosso.

Completamente accecata dalla rabbia, dal risentimento e dalla foga del momento, feci la cosa più sciocca che potesse venirmi in mente di fare.

Eppure, quando c’era la voglia di inveire contro una persona, quando si era furiosi, si arrivava sempre ad agire d’istinto, senza pensarci. Quello che feci io.

Mi portai una mano agli occhi per oscurarmi la vista e spalancai la porta dello spogliatoio maschile di botto, facendo – ne ero certa, pur non riuscendo a vederli – sussultare più di un mio compagno di classe.

-Oh, Puccio!-

-Che cazzo…?!-

-Sbagliato porta?-

-Venuta a dare un’occhiata?-

Ignorai i loro commenti inutili e a tentoni, con la mano libera protesa in avanti, avanzai fino ad arrivare al centro della stanza.

Ricordavo più o meno com’era fatta, ci ero già stata una volta…chissà per quale motivo lo ricordavo bene.

-Non credere di cavartela così signorino!- Non avevo la minima idea di dove fosse, così inveii contro il vuoto davanti a me, gesticolando come una pazza.

Fu una liberazione. Mi ero tenuta dentro troppi insulti che avrei voluto rivolgergli.

Non mi importava dei commenti idioti dei suoi amici, non mi importava di farlo incazzare ancora di più – io ero incazzata perdindirindina! –, volevo che capisse una buona volta che non poteva comportarsi così, che ero furibonda, che era una grandissima, immensa, stratosferica, fantasmagorica testa di cazzo.

E iniziavo pure a delirare e ad usare parole cretine nei miei pensieri per colpa sua.

Un boato si levò intorno a me: davanti, dietro, a destra, a sinistra, le risate e le voci dei miei compagni di classe mi stordirono e bloccarono per i successivi secondi.

-Oh oh, sentito Lore? Non credere di cavartela così!-

-E mo’ so’ cazzi!-

-T’aspetta la frusta!-

-Vai Puccio, ci piaci violenta!-

Bene. Cioè, no, bene un cavolo, era imbarazzante da morire sentire quei commenti, ma se non altro grazie a quelli avevo capito che Lore era ancora lì nello spogliatoio e non già uscito lasciandomi in completa balìa della mia pazzia.

Allungai la mano libera dall’arduo compito di coprirmi gli occhi e la tenni all’altezza della mia vita per assicurarmi che non ci fosse nessuno davanti a me e fare altri due passi.

-Vieni un po’ più avanti con quella mano Alice Puccio e troverai il Paese delle Meraviglie.-

La voce di Vergata, proveniente proprio dalla direzione intrapresa dalle mie dita, mi fece sussultare e rannicchiare su me stessa nauseata.

Che schifo, cosa mi tocca sentire.

Qualche spiritosone, dopo aver riso della mia reazione, ebbe pure il coraggio di rinominare il famoso gioco per bambini “mosca cieca” come “sega cieca”.

Schifosi pervertiti senza senso del pudore, credete di essere divertenti?

Borbottai fra me e me insulti della peggior specie e decisi di restar ferma dove ero; non ci tenevo proprio a toccare nulla, né tantomeno a giocare.

Sbuffai per scaricare la tensione e ricominciai il discorso precedentemente interrotto, -Ti sei comportato da emerito idiota prima e…non mi sta bene!- Strinsi la mano libera a pugno, sentendo dolere il polso per quel gesto impulsivo.

-Ma chi, io?-

Se avessi avuto gli occhi aperti li avrei fatti roteare per la stanza indispettita.

-No Vergata, quel cretino del tuo amico.- In risposta mi arrivarono solo altri mormorii e risatine, ma non riconobbi quella giusta fra nessuna di quelle, -So benissimo che è qui e che sta ascoltando, è inutile che faccia finta di niente!-

Sicuramente era furioso e potei solo ipotizzare che il mio comportamento davanti ai suoi amici lo stesse facendo arrabbiare ancora di più, ma non sarebbe bastato quello a fermarmi.

Mi ero stufata del suo modo di fare e avremmo chiarito, che lo volesse o no!

-Bene, continua pure a stare zitto, non importa.- Mi sentivo un’idiota a sbraitare contro il vuoto, senza sapere nemmeno da che parte guardare. Non era stata una buona idea per niente quella di infilarsi lì dentro, cosa mi aveva detto la testa?

Qualcuno dovette leggermi nel pensiero perché, passandomi accanto, ebbe pietà di me e mi suggerì: -È alla tua destra.-

Riconobbi la voce di Lele e le mie labbra si piegarono in un sorriso colmo di gratitudine, -Grazie.- Mormorai seguendo il suo consiglio.

Rinvigorita da quella consapevolezza e dalla presenza di un alleato, ripresi a parlare più decisa, -Non pensare minimamente di scappartene in classe, dobbiamo parlare.-

-Ahia, non è mai un buon segno.-

Alzai un dito e lo puntai verso la voce di Stefano Radaelli, annuendo fra me e me soddisfatta del suo commento, -Esatto. Non è un buon segno.-

Devi temermi stronzo, perché sono incazzata come una iena.

-Ti aspetto qui fuori.- Sì, forse era il caso di congedarsi finché avevo ancora una dignità – ce l’avevo ancora, vero?

E detto quello, non senza aver sbattuto contro il corpo sudato e appiccicoso di un mio compagno di classe – Che schifo, che schifo! – ed una panchinetta, uscii da quella stanza in fretta e furia.

 

 

 

*Note dell’autrice*

 

Lo so, è un capitolo del cavolo, lunghissimo e noioso, un polpettone illeggibile. L’ho persino tagliato (sul più bello, scusate), era di 28 pagine, da spararsi veramente.

Comunque, del prossimo ho scritto 7 pagine e posso dirvi già da ora che sarà più interessante.

In questo non succede nulla di importante, è più di passaggio/introduzione al prossimo dove ci sarà IL discorso fra i due che personalmente adoro xD

In questo capitolo già iniziano i primi battibecchi, come era prevedibile del resto. Sono ancora i soliti Lore e Ali, sono completamente diversi e cretini.

Alice forse esagera un po’ a prendersela così con Lore – che tra parentesi è un deficiente –, però a sua difesa posso dire che, oltre ad essere in un certo periodo del mese (XD), si sente un po’…trascurata e quindi sbotta. Non ha tutti i torti, mi incavolerei pure io ad essere sincera.

A difesa di Lore, invece, posso dire che non ha capito niente, non sa come comportarsi in una relazione, è convinto che le cose possano andare avanti come prima; sesso, qualche bacio di tanto in tanto e stop.

Mentre lei vuole gli appuntamenti, le telefonate e, soprattutto, le coccole.

Sono un disastro in poche parole, chi li ha fatti mettere insieme? -.-

Nel prossimo comunque affronteranno questo punto e Alice metterà in chiaro le cose –con non poco imbarazzo. E ci sarà nuovamente un pov Lore.

Concludo dicendo che gli extra saranno divisi in tre parti e che ognuna avrà più o meni dieci capitoli.

Detto questo spero abbiate passato un bellissimo Natale e vi auguro, in anticipo di qualche giorno, un felicissima anno nuovo ;)

Grazie infinite di essere ancora qui, un bacione grandissimo!

Bec

 

PS: Ringrazio Sharon per la copertina che vedete in cima ;)

Ho deciso, dal momento che non ho ancora deciso un titolo decente per questi extra, di riutilizzare una per ogni capitolo tutte le immagini che avete fatto voi (e che adoro) per la storia originale :)

 

Piccolo spoiler del prossimo capitolo per farmi perdonare:

 

“[…]

-Lo so che non è grave, non mi sono fatta così male, ma…avrei semplicemente voluto che tu…- Mi morsi il labbro e distolsi lo sguardo a disagio, in cerca di parole che avrebbero potuto aiutarmi a non rendere imbarazzante la situazione. Più di quanto già non lo fosse almeno.

-Che tu mi…- Mi torsi le mani e annaspai accaldata.

Coccolassi.

Non potevo davvero dirlo, non ad alta voce, non a lui, sarei morta di vergogna.

Lore aggrottò la fronte confuso e cercò invano di guardarmi di nuovo negli occhi, -Consolassi?- Azzardò.

Scossi la testa e diventai, se possibile, ancora più rossa. Non era quella la parola che doveva cogliere, non era quello che intendevo.

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Capitolo 3
*** I parte - Distrarre in che modo? ***


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I parte: Distrarre in che modo?

 

 

Il cuore in gola, il respiro affannoso, le mani dietro la schiena appoggiate al muro, mi dondolavo sul posto in attesa di vedere uscire il mio ragazzo dallo spogliatoio maschile.

Sarebbe per forza dovuto passare di lì, non aveva via di scampo, eppure, man mano che vedevo i miei compagni di classe sfilarmi davanti – e ammiccare in mia direzione divertiti – il dubbio che lui potesse già essersene andato senza che me ne fossi accorta si instillò in me.

Non era possibile, lo sapevo, sarebbe dovuto diventare invisibile per passare inosservato, ciononostante continuai a restare in ansia fino a quando non lo vidi mettere fuori piede – visibilmente controvoglia – dallo spogliatoio.

Il volto contratto in una smorfia di disappunto e le mani nelle tasche dei jeans, alzò impercettibilmente il mento, come a dirmi di muovermi che non aveva tempo da perdere. Stronzo.

-Vergata.- Dissi in tono solenne, dopo aver visto la Scimmia chiudere alle sue spalle la porta dello stanzino. Probabilmente era l’ultimo, dietro di lui non c’era più nessuno, -Se la prof arriva e chiede di noi dille che non sono stata bene, che ho avuto un calo di pressione e che Lore mi ha accompagnata al bar a prendere qualcosa di zuccherato.-

Entrambi mi guardarono stupiti, quasi avessi appena detto una madornale cazzata.

Sapevo che come scusa faceva acqua da tutte le parti, ma se non altro ci avrebbe fatto risparmiare un po’ di tempo. Non volevo che la prof mi segnasse assente in classe senza una motivazione o scusa valida, né volevo che pensasse che fossi fuori a fumare come la maggior parte dei compagni all’inizio dell’ora.

Lore inarcò un sopracciglio, -Non ci crederà mai.- Considerò scettico.

Vergata annuì serio, nonostante si vedesse chiaramente quanto fosse sul punto di scoppiare a ridere, -Lore che aiuta qualcuno? Che addirittura lo accompagna al bar?- Lo indicò con un cenno sbrigativo della mano, -Non ci crederà mai.- Ripeté le sue parole prima di sghignazzare, -Al massimo crederà che sia fuori a fumare…o che vi siate appartati da qualche parte per…-

-Limitati a dirle quello che ti ho detto.- Lo interruppi secca, già nervosa di mio all’idea di confrontarmi con Lore. Ci mancava solo Vergata con le sue stupide osservazioni!

Lo scrutai in cagnesco fino a quando, capendo di essere indesiderato, non sparì dietro al muro in fondo al corridoio, non prima di averci fatto l’occhiolino ed aver alzato entrambi i pollici da bravo cretino.

Santo cielo. Io un ragazzo del genere non riuscivo a sopportarlo le poche ore che lo vedevo a scuola, non invidiavo per nulla Angelica.

Certo c’era da dire che anche Lore la maggior parte delle volte era insopportabile, ma Vergata era senz’altro peggio, la loro amicizia doveva essere fatta di reciproca condiscendenza.

Quando la sua ingombrante presenza non fu più un problema, calò su di noi un imbarazzante e teso silenzio. Sentivo lo stomaco in subbuglio come prima di un’interrogazione importante o, peggio ancora, come appena scesa dal Blu Tornado a Gardaland. Ricordavo ancora quanto ero stata male quando Ilaria e Angelica mi avevano costretta a salire su quelle dannatissime montagne russe su cui avevo giurato di non rimettere più piede.

Inspirai ed espirai profondamente. E va bene. Via il dente via il dolore.

Quando tornai a guardarlo in volto e lo vidi alzare un sopracciglio annoiato, il coraggio di parlare mi investì come un treno in corsa e sputai fuori le parole successive con invidiabile calma…più o meno, -Primo: levati subito quell’espressione dalla faccia, come se avessi motivo di essere tu arrabbiato poi.- Socchiusi appena gli occhi ed incrociai le braccia al petto con il suo stesso fare arrogante, -Secondo.- Lo bloccai prima che, evidentemente infastidito, potesse replicare, -Posso sapere che diavolo ti è preso?- Quella domanda non era proprio in cima alla lista delle cose che avrei voluto dirgli – tra cui una lunghissima serie di insulti –, ma ebbe l’effetto di un fiammifero acceso accanto ad una miccia.

-Che diavolo è preso a me?!- Sbottò gesticolandomi contro, -Che diavolo è preso a te!-

Uoh, stavamo insieme da due settimane e avevamo iniziato a litigare alla grande. Incoraggiante!

-Prima sei incazzata per non so cosa e non mi rivolgi nemmeno la parola, mi baci in corridoio e poi ritorni ad ignorarmi quasi ti avessi fatto chissà quale torto! Oh chiariamoci, hai le tue cazzo di cose?!-

Arrossii di botto e gonfiai le guance oltraggiata. Ma erano domande da fare, così, ad alta voce, nel bel mezzo del corridoio? Non avrei risposto nemmeno se me l’avesse chiesto con più delicatezza e se fossimo stati in un luogo più appartato, figuriamoci!

Mi schiarii la voce e mi sforzai di non morire per autocombustione.

Si era pure accorto del mio comportamento scostante quello stronzo, eppure non mi aveva chiesto nulla, aveva volutamente finto di non notarlo!

-Non…- La mia brillante protesta fu malamente interrotta.

-Perché se hai intenzione di farmi andare fuori di testa una volta al mese facendo la stronza vorrei saperlo, sai…-

Un momento. Calma.

Mettersi a ridere sarebbe stato del tutto fuori luogo, giusto? Giusto.

Era ridicolo che lui stesse dando a me della stronza! Per cosa di preciso, poi?

Era stato lui il primo ad ignorarmi e a non farsi sentire per un giorno intero! E non aveva alcun diritto di fare quelle sceneggiate da maschio ferito!

Avrei voluto mantenere il controllo e dare una risposta ponderata, invece sbraitai semplicemente un -Facendo la stronza? Io?!- che non migliorò la situazione. Era come rilanciarsi una palla, uno accusava e l’altro riceveva rispondendo con un “io? E tu allora?”. Di quel passo non avremmo risolto nulla.

-Ti sei fatta baciare da Valenti davanti a me, cazzo!- Disse fra i denti, facendo un passo in avanti mosso dalla rabbia, -Tu come lo chiami questo?!-

-Sulla mano!- E la mia era un’immensa precisazione, un asterisco grande quanto una casa posto accanto alla sua affermazione, -Era un bacetto del cavolo sulla mano dopo che tu mi avevi preso per il culo con quei coglioni dei tuoi amici!- Per enfatizzare la cosa indicai il mio povero e malandato polso con la mano buona.

Ora, chiunque con un po’ di buon senso mi avrebbe dato ragione, giusto? Lui non ne aveva di buon senso evidentemente.

-Questo non c’entra un cazzo e non cambiare discorso! Si è praticamente slinguazzato la tua mano ed era parecchio compiaciuto, credevo avessi capito quello che in realtà vuole da te!- Ringhiò adirato, le braccia tese verso il basso e le mani strette a pugno lungo i fianchi.

Scossi la testa sconvolta; stava divagando alla grande, non era quello il punto.

-Ma chi cazzo se ne frega!- L’avrei preso a pugni più che volentieri, mi faceva salire il sangue al cervello!

Mi aveva quasi incastrata al muro, ma non avevo alcuna intenzione di fargli guadagnare altro terreno, così avanzai verso di lui fino ad arrivargli ad un palmo dal naso per puntargli un dito al petto con aria minacciosa. O forse solo ridicola: dettagli.

-Chi se ne frega di quello che vuole Teo, non mi importa nulla di quello che vuole da me!- Provai un incommensurabile senso di appagamento quando vidi la rabbia lasciar posto alla confusione sul suo viso; non era la risposta che si aspettava, probabilmente pensava che mi mettessi a difendere ancora una volta e a spada tratta Teo. Avrebbe saputo come rispondermi a modo in quel caso – ovvero insultando pesantemente il mio amico –, invece lo stavo sorprendendo con una risposta che tirava completamente fuori dal discorso il suo bersaglio.

Gli diedi una spinta e provai un brivido di eccitazione lungo tutta la spina dorsale nel toccarlo – maledizione! –, specie nel toccarlo con l’intento di fargli del male, cosa che ovviamente non feci. Dettagli.

-So solo quello che io volevo da te!-

Era bello spiazzare Lore, perché quando aggrottava la fronte e sbatteva le palpebre perplesso era, se possibile, ancora più stupendo.

Come diavolo faceva? Perché io con quella stessa espressione in faccia sarei sembrata un pesce lesso?

-E cioè?-

Non riuscivo a capire se me lo avesse chiesto perché davvero non ci era ancora arrivato o perché lo immaginava ma preferiva sentirselo dire da me. Forse entrambe le cose.

Ed io mi ero appena messa nei casini urlando quella frase, me ne resi conto quando mi ritrovai a boccheggiare in cerca delle parole esatte da dire, sempre che ce ne fossero.

Cosa volevo da lui? Praticamente tutto.

-Magari un po’ di considerazione dopo che sono caduta come un salame e mi sono fatta male per colpa di quel bisonte del tuo amico? Avrei voluto che tu ti comportassi come Teo, d’accordo?!- Ammisi stringendo la mascella, il viso chiazzato di rosso per l’imbarazzo.

Avrei voluto che fosse stato lui a trattarmi in quel modo, a me del conforto di Teo e del suo baciamano non fregava assolutamente nulla, quel bacio lo avrei voluto da Lore.

Si rabbuiò quando dalle mie labbra uscì nuovamente il nome del mio amico. Come poteva infastidirsi per quello, quando gli stavo confessando di volere più attenzioni da lui?

-Ah, certo, scusami se non mi sono comportato come Valenti! Magari cercherò di prenderlo come modello da seguire la prossima volta!- Disse tra i denti palesemente sarcastico, calando appena le palpebre furioso.

Era ad un soffio da me e concentrarsi sui suoi occhi e non sulla sua bocca era un’impresa quasi impossibile. Per un secondo, il pensiero di baciarlo e di mandare al diavolo tutto il resto si impossessò della mia mente, ma venne presto cacciato con forza dalla ragione.

Dovevo restare concentrata e cercare di risolvere quella situazione.

Inspirai ed espirai lentamente per rilassare i muscoli e mi massaggiai le tempie, -No, non hai capito niente, non voglio che tu prenda Teo come esempio.- Cercai di abbassare il tono di voce: continuare a gridargli contro in corridoio non mi sembrava una buona idea, -Non saresti più tu ed io non voglio cambiarti.-

Ti amo così come sei, idiota.

Mi ero innamorata del ragazzo stronzo, presuntuoso e antipatico, non di Teo.

Quell’ultima frase parve tranquillizzarlo un po’, ma era ancora arrabbiato, lo vedevo dallo sguardo e dalla postura rigida.

-Sto solo dicendo che sono caduta e che tu non hai perso tempo a prendermi in giro con i tuoi amici!- Tornai a dimenare il mio fidato indice, in qualche modo mi faceva sentire più sicura e minacciosa. Anche se in fondo non lo ero neanche un po’, -E hai anche malmenato Teo per…solo perché io sono andata da lui a reclamare le attenzioni che tu non mi hai dato! Se proprio vuoi picchiare qualcuno, dovresti picchiare me!- Strinsi i pugni e li alzai come un lottatore di boxe pronto a colpire, mi mancavano solo i guantoni, almeno trenta centimetri di altezza e trenta chili in più di muscoli per risultare credibile.

Lui mi fissò incerto per qualche secondo, palesemente combattuto tra la voglia di scoppiarmi a ridere in faccia e l’idea di rispondermi seriamente.

-Non dire cazzate.- Disse infine, scuotendo la testa infastidito, -E comunque ti ho chiesto di farmi vedere la mano, se non sbaglio. Sei tu che sei andata subito da quel coglione.- Precisò guardandomi di traverso, un sopracciglio inarcato a mo’ di sfida. Figuriamoci se dal suo contorto punto di vista non aveva ragione lui.

Mi passai con rabbia una mano fra i capelli per tirarli indietro, il nervosismo ormai la stava facendo da padrone in me. Di quel passo sarei diventata calva!

Non mi sembrava di parlare in cinese, cosa c’era di complicato in quello che stavo dicendo?

-Sì, ma...dopo! E l’hai chiesto in tono ironico…- La voce si affievolì quando lo sguardo mi cadde sulla sua bocca. Oh merda, no! Dovevo restare concentrata, concentrata. Fissare le sue labbra ed immaginare di tracciarne il contorno con la lingua e mordicchiarle non era restare concentrata.

-Che cazzo!- Imprecai rialzando gli occhi ed incrociando di nuovo i suoi, questa volta accesi di divertimento: se n’era accorto, maledizione. -Lo so che non era una caduta grave, anche se sono permalosa sono capace di ridere per delle sciocchezze, ma le vostre risate mi sono sembrate comunque fuori luogo, la tua soprattutto! Mi sono fatta piuttosto male e avrei semplicemente voluto che tu…- Affondai i denti nel labbro inferiore e voltai la testa a disagio, in cerca di parole che avrebbero potuto aiutarmi a non rendere imbarazzante la situazione. Più di quanto già non lo fosse almeno.

-Che tu mi…- Mi torsi le mani e annaspai accaldata.

Coccolassi.

Non potevo davvero dirlo, non ad alta voce, non a lui, sarei morta di vergogna.

Lore aggrottò la fronte confuso e cercò invano di guardarmi di nuovo negli occhi, -Consolassi?- Azzardò.

Più o meno il senso era quello, no? Mi gonfiai come un pesce palla, -Qualcosa del genere.- Soffiai infine, sgonfiando le guance lentamente, benché la voglia di usare quell’altro verbo restasse. Ma non potevo: quanto mi avrebbe preso in giro se lo avessi detto? Non ero una bambina, le coccole potevo chiederle senza vergognarmi a mia mamma o a mio papà, non di certo a lui che probabilmente neanche conosceva l’esistenza di quella parola. Anche se, con un pizzico di coraggio in più, lo avrei fatto ugualmente, gliele avrei chieste perché le volevo.

Mi raschiai la gola e ripresi a parlare, -Avrei voluto le attenzioni che un ragazzo dovrebbe dare alla sua ragazza.- Con qualsiasi altro ragazzo non avrei sentito le guance andare a fuoco in quel modo, come riusciva lui a farmi quell’effetto? La mia sicurezza, la mia spavalderia, la mia superbia erano andate a farsi un viaggetto alle Hawaii dalla prima volta che lo avevo baciato in quel benedetto ascensore.

Gettai una rapida occhiata al suo viso e notai che mi stava fissando seriamente ed intensamente, troppo intensamente. Era a dir poco destabilizzante.

-E non parlo solo di oggi.-

Assottigliò lo sguardo, ma non disse nulla, stranamente rimase in ascolto.

Ricordai le parole di Mel e decisi che, se non l’avessi fatto in quel preciso istante, non avrei più trovato il coraggio di dire certe cose e di chiarire la situazione, -Lo so che non sei il tipo, ma…vorrei le telefonate, anche solo una al giorno e di due minuti, anche se non mi ascolti perché stai giocando alla Playstation, solo per sentirti.-

Qualcuno mi fermi, ora.

Si passò una mano dietro il collo e si umettò le labbra, accennando un sorriso indecifrabile; mi sembrava compiaciuto, ma poteva anche essere teso o…intenerito, anche se quest’ultima ipotesi mi sembrava altamente improbabile.

Sapevo che mi stavo mettendo in ridicolo con quelle frasette sdolcinate da romanzetto rosa, ma ormai avevo fatto trenta, tanto valeva fare trentuno, no?

-Vorrei i messaggi, su facebook o sul cellulare, vorrei sentirti anche al di fuori della scuola...-

Mi sentii incredibilmente piccola e stupida, mi sarei voluta nascondere dietro la gonna di mamma come una bambina impaurita. O sparire inghiottita dal terreno.

Sbatté le palpebre improvvisamente consapevole, -Quindi tutto il teatrino di stamattina era per quello?- Domandò, pur conoscendo già la mia risposta.

Incrociai le braccia al petto e sbuffai dalle narici, -Secondo te?- Chiesi retoricamente.

Fece un passo in avanti e un altro ancora, fino ad intrappolarmi con la schiena al muro. Non che mi sentissi davvero in trappola, né avevo alcuna intenzione di andarmene.

Appoggiò una mano accanto alla mia spalla, ogni traccia della rabbia di poco prima sembrava essere svanita dal suo volto, -Avresti potuto dirmelo subito.-

-Avresti potuto immaginarlo.- Replicai a tono. Non era una cosa così strana che una ragazza volesse sentire il suo ragazzo, no? Ma in che mondo viveva lui?

Piegò la bocca in un mezzo sorriso e si passò una mano sulla fronte, -Ci ho pensato, in realtà.-

Strabuzzai gli occhi perplessa: a cosa aveva pensato? Aveva intuito il motivo per cui mi ero comportata così? Perché non aveva detto nulla allora?!

-Di mandarti un messaggio, intendo. Ieri sera.-

Oh. Ci aveva pensato. Un coro soave si levò nella mia testa, allora aveva pensato a me la sera prima! Magari anche solo per quindici secondi, ma lo aveva fatto! Era già qualcosa.

-E…?- Sollecitai impaziente.

-E non sono portato per queste stronzate.- Borbottò contrariato, aggrottando le sopracciglia e arricciando il naso in una smorfia, -Così come tu sai che io non sono il tipo da messaggi sdolcinati, io so che lo sei tu.- Schioccò la lingua e mi negò lo sguardo, -Non sapevo che cazzo scriverti.-

Avvertii una forte ma tuttavia piacevole morsa allo stomaco ed il cuore schizzò dritto in testa. Ci aveva pensato a scrivermi, aveva pensato a cosa scrivermi. Magari aveva persino provato a scrivermi qualcosa di…carino? Altrimenti perché dire che non era portato per quel genere di cose se non aveva almeno fatto un tentativo?

Liquefarsi davanti a lui non mi sembrava un’opzione possibile, né dare di matto ed iniziare ad urlare frasi sconnesse.

Tentai di riprendermi e di ricollegare il mio cervello, che al momento stava ripetendo a manetta solo una parola, come impazzito.

Amore, amore, amore.

Quanto avrei voluto chiamarlo così…

-Qualsiasi cosa.- Risposi flebilmente, cercando di parlare come una persona normale e di non fare versi come un Tamagotchi, -Avresti potuto anche scrivermi “come va”, idiota, mi avrebbe fatto piacere!- Insultarlo mi faceva recuperare il senno, quello lo avevo imparato da un bel po’.

Sbuffò risentito, appoggiandosi anche con l’altra mano al muro dietro di me, -Sì, certo, ti pare che ti scrivo “ciao, come va” come un perfetto coglione?-

Lui era sarcastico, io no: -Guarda che a me va bene sul serio, eh.- Mi sarei accontentata davvero di un messaggio così banale, a me bastava sentirlo.

Mi scrutò con attenzione e, quando vide che non stavo scherzando, mormorò secco un: –Sei strana Puccio. E sdolcinata da far schifo.- Tuttavia, nella voce era ben udibile una nota scherzosa e lo vidi lottare inutilmente per reprimere un sorriso.

-Mai strana quanto te Latini.- Io non mi trattenni affatto, il mio sorriso arrivava quasi da un orecchio all’altro, -E comunque almeno uno dei due dovrebbe esserlo, non credi? Per fortuna l’altro è uno stronzo e compensa bene.- Affermai ironica, guadagnandomi un’occhiata divertita in risposta.

Mi ero tolta di dosso un peso enorme, era una liberazione averne finalmente parlato…speravo che fosse almeno servito a qualcosa.

Restammo in silenzio per un po’, semplicemente fermi in quella posizione, io attaccata al muro e lui quasi attaccato a me.

Non sopportando più il forte rumore del mio battito accelerato, interruppi quella quiete ponendo una domanda forse un po’ sciocca, -Questa era un specie di…prima litigata?-

Fu tremendamente bello sentirlo ridere, mi piaceva da morire la sua risata. Mi piaceva da morire tutto di lui, come era possibile che amassi anche i suoi difetti? E dire che, prima di finirci in classe insieme, evitavo accuratamente di andare in ascensore con lui, lo trovavo insignificante, antipatico e insopportabile. Oddio, era ancora antipatico e insopportabile, solo che era adorabilmente antipatico e insopportabile.

-Mica tanto “prima”, quante volte ci siamo già mandati a fanculo a vicenda?-

Annuii con un finto cipiglio serio, -Ho perso il conto.-

In effetti non era certo la prima volta che succedeva… però era la prima volta che litigavamo come coppia.

Sussultai quando, con un gesto straordinariamente delicato considerando i suoi standard, mi prese la mano sinistra su cui ero caduta.

Mi strozzai con la saliva e sentii il battito del cuore pulsare ritmicamente in ogni singola vena sulla fronte, sul collo e nel petto.

Sospirò con finto rammarico, -La prossima volta che vorrai essere consolata cercherò di capirlo.- Sorrise malizioso a due centimetri dalla mia faccia e alzò il mio braccio per interporlo tra noi e portarlo all’altezza del suo viso.

Non vorrà mica…?

-E di comportarmi di conseguenza.- Sussurrò sulla mia pelle, poggiando poi le labbra nell’incavo del mio polso e schiudendole senza smettere di guardarmi.

Oh.Cazzo. Le mie gambe diventarono immediatamente di gelatina – mi chiesi per quanto tempo ancora mi avrebbero retto – e la gola iniziò ad ardere, lasciandomi senza fiato e saliva.

Il suo sguardo era completamente diverso da quello di Teo: era eccitante, provocante, invogliante. Molto invogliante.

Così come era completamente diverso il tocco: quello di Teo era stato dolce, casto e gentile, in quello di Lore non c’era nulla di tutto ciò, lasciava ben intendere altri significati.

Respirai affannosamente e mi lasciai sfuggire un basso gemito quando mi sfiorò con la punta della lingua, promettendomi con gli occhi di farmi di quello e altro.

Si ritrasse fin troppo presto, sogghignando soddisfatto per la mia reazione.

Brutto stronzo…!

Non gli diedi il tempo di parlare, non gli diedi il tempo di fare altro, lo afferrai per la maglietta e lo attirai di nuovo a me con tutta la forza di cui ero capace per baciarlo.

Avevo resistito anche più del dovuto, mi aveva già torturata abbastanza quello stronzo.

La risposta non tardò ad arrivare, Lore si lasciò sfuggire un basso verso gutturale che s’infranse sulla mia bocca e fece combaciare completamente i nostri corpi, tenendosi sempre appoggiato con un braccio al muro dietro per non pesare troppo su di me.

Al diavolo, io lo volevo tutto addosso, poco mi importava di essere schiacciata come una sardina.

Feci pressione con le braccia sulle sue spalle per avvicinarlo ancora di più ed avvertii le sue labbra distendersi in un sorriso.

Mi si mozzò il respiro quando mi gravò ulteriormente addosso, ma non feci nulla per allontanarlo, né gli diedi modo di farlo avvinghiata com’ero al suo collo.

Sciolsi la presa solo per far scorrere le mie mani fino ai lembi della sua maglietta ed infilare le dita sotto il tessuto.

Quando sentii i suoi addominali contrarsi al mio passaggio, gli morsi il labbro ed inclinai la testa indietro ed il corpo in avanti, desiderosa di avere un contatto più diretto con lui, desiderosa di sentirlo eccitato contro di me.

Il mio cervello mi ripeteva a manetta una parola che non faceva che farmi ansimare ancora di più.

Mio, mio, mio.

Era solo mio, cazzo. Mio e di nessun’altra. Io potevo toccarlo come, dove, quanto e quando volevo.

E non ne avrei mai avuto abbastanza, era una dannatissima droga, dava dipendenza.

Lore scese a baciarmi e mordicchiarmi il collo, mentre con la mano libera strattonava l’orlo dei miei jeans per insinuare le dita ed accarezzarmi.

Gemetti ormai al limite, vogliosa di sentirlo dentro di me e dimentica del fatto che fossi nel corridoio deserto accanto alla palestra.

Gli graffiai la pancia con le unghie per la fretta e l’urgenza con cui scesi ad afferrare la sua cintura per slacciarla, le mani tremanti e sudaticce che cercavano frenetiche di liberarlo di quell’impiccio.

-Oh sì, Lorenzo, prendimi, sbattimi al muro e fammi tua, così…-

Mi si gelò il sangue nelle vene quando il dubbio che potessi davvero averlo detto io ad alta voce si fece strada in me.

In effetti era proprio quello che stavo pensando, solo che non potevo essere stata così sciocca da esternarlo, me ne sarei vergognata troppo.

Sgranai gli occhi e mi bloccai – purtroppo – a metà dell’opera, mentre sia io che il mio ragazzo ci voltavamo verso il proprietario di quella voce.

Andrea Vergata sarebbe morto, morto. Aveva imitato sarcasticamente la mia voce, rendendola molto più…da chat erotica di quanto non lo fosse.

Il volto visibilmente contratto nel tentativo di non ridere e una postura disinvolta, ci stava squadrando con evidente interesse e divertimento, -No, ma…prego, continuate pure. Puccio non immaginavo fossi così porca, mi stavo quasi eccitando.-

Solo in quel momento mi accorsi del fatto che Lore avesse ancora una mano…ecco, insomma, lì. Deglutii ed avvampai, mentre lui, con nonchalance, la sfilava lentamente senza farsi troppi problemi.

-Cristo Andre…- Oddio, la sua voce roca era da orgasmo, se non ci fosse stato Vergata gli sarei saltata nuovamente addosso, -Guardati un porno piuttosto, che cazzo ci fai qui?- Si lamentò irritato, l’affanno ancora presente per via di quanto successo pochi secondi prima.

Vergata scrollò le spalle e schioccò la lingua, -Bel ringraziamento per essere venuto ad avvisarvi al posto della prof. O filate subito in classe o vi mette una nota. Non scherza, è già parecchio incazzata.-

A poco a poco, la mia mente riprese a ragionare come doveva e connesse il tutto: classe, prof, nota. Oh Santo Cielo, stavo per far l’amore con il mio ragazzo durante l’ora di lezione! E meno male che dovevamo solo chiarire!

Che fine aveva fatto poi il “niente cose a scuola”?

Tentai di ricompormi e di trattenere un piagnucolio frustrato per tutta la situazione creatasi, -Da quanto tempo sei qui Vergata?- Temevo la risposta.

Lui sorrise sornione, -Quanto bastava per dire quello che ho detto. Porca troia Puccio, ti sei avvinghiata a lui e ti contorcevi come se fossi posseduta…ma riuscivi a respirare Lore?-

La temperatura era aumentata di duecento gradi o era solo una mia impressione? Qualcosa andava a fuoco? Sì, io.

Dio, che vergogna…

-Andre saresti da prendere a calci sui denti.- Borbottò Lore, gli occhi ridotti a due fessure.

-E perché mai?- Vergata sfoderò l’espressione più ingenua del mondo, -Vi ho interrotto prima che la situazione diventasse imbarazzante…e prima che diventassi zio.-

Ah, per lui quindi la situazione non era imbarazzante? Che diavolo di criteri aveva? Non osavo immaginare a che livelli si dovesse arrivare perché potesse pensare che lo fosse.

-Sparisci va’. Dì a quella rompicazzo che arriviamo.-

Era una fortuna che stesse parlando Lore, io non avevo più il coraggio di dire altro, mi ero pietrificata sul posto.

Quando Vergata fece come gli era stato caldamente suggerito, il mio ragazzo tornò a guardarmi e sospirò, -Ci vediamo oggi pomeriggio?- Fece aderire la sua fronte alla mia e la gola mi si seccò di nuovo.

Annuii, incapace di parlare, mentre stropicciavo tra le dita la sua t-shirt.

-Casa mia o tua?-

Stavo per rispondere, ma lui mi precedette con un’imprecazione, -Ah cazzo, no, oggi pomeriggio deve venire quel coglione a casa mia, gli ho promesso una rivincita a Fifa.-

Quella frase permise ad un ricordo di farsi strada nella mia mente annebbiata.

Non avevo la minima idea di cosa fosse quel “Fifa”, ma la parola “rivincita” lo collegava ad un qualcosa che avesse a che fare con la Playstation. Ed io avevo promesso a Vergata che avrei cercato di farlo vincere a calcio contro Lore in cambio del suo silenzio.

Si staccò da me – un vero trauma – ed iniziò a camminare in direzione delle scale e, quindi, della nostra aula, -Gli dico di non passare e di restarsene a casa sua.- Scrollò le spalle noncurante.

Normalmente il suo sorriso e quella precisazione mi avrebbero lusingata parecchio…come non essere contenta del fatto che il mio ragazzo fosse disposto a dar buca al suo migliore amico per me? Peccato che avessi altri progetti.

-No!- Dissi con troppa enfasi, insospettendolo, -Voglio dire…puoi passare da me dopo, non serve che rinunci a…Fifa.-

Inarcò il sopracciglio in attesa di sentirmi aggiungere altro, sapevo che il mio tentativo di sembrare disinvolta era miseramente fallito.

-Ok, Vergata mi ha chiesto aiuto per batterti alla Play, vuole che tu lo lasci vincere.- Spiegai in poche parole, tralasciando tutta la questione del “distrarre”.

Lore mi squadrò pensieroso, meno convinto di prima se possibile, -Non sarebbe da Andre. Che senso avrebbe farlo sapere a me? E chiederlo a te, poi? Quando te lo ha chiesto?-

Come diavolo riusciva a ragionare così lucidamente? Io stavo ancora pensando alle mie mani sotto la sua maglietta e alla sua dentro ai miei jeans…

Affranta, mi lasciai sfuggire un basso mugolio: le mie bugie non stavano in piedi, tanto valeva dirgli la verità, -Ho parlato di te con Angelica ieri, Vergata ha sentito tutto ed in cambio del suo silenzio voleva che ti…distraessi mentre giocavi alla Play cosicché lui potesse vincere.- Avevo buttato fuori le parole tutte d’un fiato, constatando quanto, man mano che parlassi, Lore sembrasse sempre più divertito.

-Distrarmi in che modo?-

Lo sapevo che sarebbe andato a parare lì e con quel tono insinuante. Erano proprio amici lui e quell’altro.

-Per messaggio, ma cancella quell’espressione maliziosa dalla faccia.- Mormorai a braccia conserte, -Non lo farò, perdi e basta. E poi vieni da me.- Semplice, no?

Lore fece una smorfia contrariata, -Scusa io non solo non vengo a sapere cosa hai detto di tanto tremendo su di me alla tua amica…- Mi lanciò un’occhiata eloquente dall’alto, per ricordarmi che non si era perso quella parte del mio discorso, -Ma mi viene tolta anche la possibilità di vederti intenta a distrarmi, cosa che sarebbe molto interessante. Che ci guadagno a perdere di proposito contro Andre?- Se non avesse saputo che così facendo mi sarei incazzata ancora di più, sicuramente sarebbe scoppiato a ridere.

-Mmm, vediamo…la mia gratitudine? Il mio perdono per quanto successo oggi?- Elencai sarcastica, aprendo conseguentemente prima il pollice e poi l’indice, -E non dimentichiamo l’invito a casa mia.- Conclusi appagata.

Il coltello dalla parte del manico ce l’avevo io e una risata diabolica riecheggiò nella mia testa a quel pensiero. Ci sarebbe stato bene lo sfregamento di mani e l’“eccellente” del signor Burns dei Simpson. Sì, ogni tanto guardavo quegli stupidi omini gialli, ma meglio che non si sapesse in giro, o la mia immagine di ragazza perfetta e intelligente ne sarebbe stata intaccata.

-Uhm…- Lore piegò la bocca pensieroso, gesto che non mi piacque per nulla. Stava passando al contrattacco, cavolo, -Quindi se facessi perdere Andre, lui potrebbe dirmi cosa hai riferito di me alla tua amica, giusto?-

Avevo dimenticato quell’insignificante particolare. Cazzo.

Si passò la lingua sul labbro – gesto che, maledizione, seguii ipnotizzata – e sorrise maleficamente, -Dipende tutto da te Puccio: distraimi e potrei decidere di farlo vincere.- E non potei ribattere, perché aprì la porta della nostra aula e sparì al suo interno lasciandomi lì ferma e inebetita.

Merda.

 

 

*****

 

Mi morsi il labbro e camminai nervosamente per la stanza, il cellulare nella mano destra che sembrava scottare.

Non riuscivo a credere di essere stata fregata così. Certo, avrei potuto non scrivergli nulla e lasciare che Vergata perdesse come sempre contro di lui, ma in quel caso tutto quello che avevo detto ad Angelica sul mio ragazzo non sarebbe più stato un segreto.

Lo amo Angie, ma quando fa così mi fa impazzire!

Impazzire in tutti i sensi.

Certo che gli salterei addosso a scuola, ma, che cavolo, non si può!

Non mi ero fatta troppi scrupoli davanti agli spogliatoi quella mattina…

Quella dannata cattedra è una continua tentazione…

Troppo spesso durante le lezioni mi distraevo e fantasticavo con la mente.

Involontariamente, giuro che non lo faccio apposta, a volte mi capita che l’occhio mi cada sul suo sedere o sul cavallo dei suoi pantaloni…

Involontariamente, certo…

Le ultime due frasi le avevo dette a bassa voce quando Vergata era andato in bagno, ma ero abbastanza certa che mi avesse comunque sentita dal momento che era rientrato in camera di Angie due secondi dopo… ghignando. Dannato Andrea Vergata!

Mannaggia ad Angelica e al suo “parla pure, fai come se lui non ci fosse”!

E mannaggia a me che mi ero lasciata scappare più di quanto avrei dovuto con la mia amica, convinta che Vergata fosse troppo distratto da lei per badare a quello che dicevo! Se avesse riferito tutto a Lore… non ci volevo nemmeno pensare, sarei morta di vergogna.

Sbloccai la tastiera del mio telefono ed incominciai a scrivere un nuovo messaggio.

 

Non ti costa nulla farlo vincere. Perdi in fretta e poi vieni da me, ok?

 

Poteva andare, no? Inviai a “Latini” – ogni volta mi veniva da sorridere quando lo trovavo in rubrica, non lo avevo più modificato – e attesi impaziente ed agitata una risposta che non tardò ad arrivare.

 

Messaggio da Latini:

Dammi un motivo per perdere. Puoi essere molto più convincente di così.

 

-Vaffanculo!- Sbottai ad alta voce, paonazza in volto. Deficiente.

Lo odiai con tutta me stessa, ma non potei fare a meno di immaginarlo con quel sorrisetto eccitante sulle labbra.

Avrei potuto lasciare che vincesse e basta, del resto a me non importava nulla di quel gioco della Play, ma avevo comunque il timore che Vergata vuotasse il sacco se non lo avessi aiutato a vincere.

Sbuffai e ricominciai a muovere le mie dita tremanti sui tasti.

 

Stronzo. Non ti conviene tirare troppo la corda, potrei arrabbiarmi e decidere di non farti entrare, sai?

 

Ok, sapevo che con quel messaggio avrei ottenuto ben poco, ma tanto valeva provarci lo stesso, no?

 

Messaggio da Latini:

Questo è il massimo che sai fare? Mi deludi Puccio. Due a zero per me comunque, Andre mi sembra incazzato. Magari è in vena di chiacchiere come te ieri.

 

Lanciare il cellulare a terra e calpestarlo non mi parve una buona idea, anche se al momento quel pensiero ronzava allettante nella mia testa.

Deglutii lava bollente – o almeno, quello mi sembrava la mia saliva – e mi diedi un colpetto sulla guancia. Forza e coraggio, non poteva essere tanto terribile scrivere messaggi stuzzicanti al proprio ragazzo. Imbarazzante forse, ma non terribile.

Certo io ero il tipo di ragazza romantica che scriveva solo messaggi dolci come “Mi manchi” e “Ti amo”, ma c’era una prima volta per tutto.

Ma cosa diavolo avrei potuto scrivergli? Mi vergognavo davvero a scrivere quel genere di messaggio.

Quella però era una provocazione bella e buona. Probabilmente mi avrebbe dato ironicamente della “santarellina” se non lo avessi fatto, già lo immaginavo.

Era una specie di sfida la sua? Bene. Peggio per lui che si era messo contro di me.

 

E se ti dicessi che sono nuda – Oddio, oddio! Non potevo credere di averlo davvero scritto – e che mi sto facendo la doccia?

 

Un classico quello della doccia. Chiaramente una balla, dal momento che ero vestita.

Avevo scritto e cancellato un “pensando a te” dopo la parola “doccia” che mi sembrava un po’ troppo prima di trovare il coraggio di inviarlo.

Mi chiesi se il mio cuore potesse esplodere visto quanto forte stava battendo. E se fosse davvero esploso? E se fossi morta per autocombustione? Quando arrivò la risposta, fissai la bustina in alto per ben dodici secondi prima di aprirla.

 

Messaggio da Latini:

Va già meglio, facciamo progressi. Sarei quasi tentato di scriverti cosa ti farei se fossi lì con te, ma purtroppo ho una partita da giocare…

 

Il calore, dalle guance e dal petto, si espanse in tutto il resto del corpo e diventò sempre più insopportabile. Non mi importava più nulla della partita, dei messaggi imbarazzanti o dei miei goffi tentativi di essere maliziosa e provocante, sapevo solo che lo volevo lì, subito. Volevo fare l’amore con lui.

Così non resistetti oltre e il resto venne da sé.

 

Cosa mi faresti? Vieni qui da me ora e dimostramelo, o potrei pensare che le tue siano solo parole.

 

Sgranai gli occhi sconvolta quando mi resi conto di quello che ero riuscita a tirar fuori e scriverlo era stato…elettrizzante. Cazzo se lo era stato.

Con il cuore in gola e le gambe molli, aprii l’ultimo messaggio arrivato e lo lessi avidamente, sorridendo come un’idiota l’attimo dopo.

 

Messaggio da Latini:

‘Fanculo la partita. Ora vedrai.

 

Oh-oh, forse l’avevo provocato un po’ troppo?

A Matteo non avevo mai avuto il coraggio di scrivere niente del genere, mi sarei sentita una specie di depravata. Con Lore invece… beh, messaggi del genere sembravano avere un piacevole effetto su di lui – e su di me di riflesso – e la cosa mi piaceva decisamente tanto.

Con ancora un sorriso da parte a parte e il cuore in gola, corsi in camera mia a darmi una sistemata. Mi strizzai le guance per renderle più rosee e mi tolsi il fermaglio da casalinga disperata dai capelli, cercando di lisciarli e pettinarli con le dita, pur sapendo che di lì a poco sarebbero comunque diventati un totale disastro.

Un momento… che reggiseno indossavo? Tuffai la faccia nella maglietta e storsi il naso: era il caso di cambiarsi e di mettersi un completo più carino? Qualcosa di pizzo?

Suonò il campanello proprio in quel momento, non una, ma almeno una decina di volte di seguito. E probabilmente sarebbe andato avanti così ancora per molto se non mi fossi sbrigata ad andare ad aprire.

Al diavolo, tanto lui non aveva mai fatto caso alla mia biancheria, non aveva senso farsi tutti quei problemi.

Attraversai la casa su gambe incerte e traballanti, i muscoli così tesi da far male ed il respiro affrettato.

Che cavolo, perché non avevo messo il reggiseno con il pizzo blu scuro? Sbuffai; era troppo tardi per i ripensamenti sciocchi e non avevo alcuna intenzione di spiegare a mia madre i motivi di un eventuale morte precoce del campanello.

Feci girare la chiave nella serratura ed aprii con estrema lentezza, stampandomi in faccia un’espressione sicura di me che riuscii a mostrare per appena un secondo. Forse meno.

Non feci in tempo a vederlo bene in volto, non feci nemmeno in tempo a tirare un altro respiro, mi ritrovai subito le sue labbra incollate alle mie ed il suo corpo – tutto il suo corpo – premuto contro.

Gemetti per la sorpresa ed incrociai le braccia dietro al suo collo per ricambiare con più trasporto. Mi accorsi solo di sfuggita del fatto che la porta fosse stata richiusa alle sue spalle da un suo calcio, se non ci avesse pensato lui sarebbe rimasta completamente spalancata.

-Com’è che non sei nuda e bagnata?- Ansimò tra un bacio e l’altro, infilando una mano sotto la mia orrenda maglietta per stare in casa.

Ci misi un po’ a comprendere il significato di quella frase, in un breve momento di lucidità mi ricordai del messaggio che io stessa gli avevo mandato poco prima.

“E se ti dicessi che sono nuda e che mi sto facendo la doccia?”

Non ero nuda, ma sul secondo punto avrei avuto un paio di cosette da ridire.

Ci pensò lui per me, -Non ancora almeno.- Avvertii le sue labbra distendersi in un sorriso. Cretino.

Rischiai quasi di inciampare e cadere per la frenesia con cui ci trascinammo fino alla mia stanza, il fatto che io lo stessi tirando con urgenza verso di me e che lui mi stesse spingendo indietro non aiutava il mio precario equilibrio.

-Pensavo fossi…- Mi afferrò un seno con foga ed io singhiozzai per la sorpresa ed il piacere, -troppo impegnato...- Spinsi la porta della mia camera con la schiena, -a giocare alla Play…- insinuò l’altra mano sotto l’elastico dei miei pantaloni e sussultai nel sentire nitidamente le sue dita calde sopra la stoffa delle mie mutandine, -per accorgertene.- Conclusi con voce strozzata.

Mi pentii di non essermi messa della biancheria più carina quando mi spinse i pantaloni verso il basso, fino alle ginocchia, con un gesto deciso.

Agitai le gambe e li scalciai con i piedi, alzando impaziente le braccia per farmi sfilare anche la maglia in un lampo.

Scese a baciarmi e mordicchiarmi il mento, il collo, la spalla… -Non ero per niente concentrato su quello che stavo facendo.- Affermò con voce roca sul mio seno, sfilando la coppa del reggiseno per raggiungere con la bocca e la lingua il capezzolo.

Chiusi gli occhi ed il corpo venne scosso violentemente da più brividi. Stavo impazzendo, non avevo neanche capito cosa mi avesse appena detto.

Avevo un bisogno disperato di fare l’amore con lui, un bisogno disperato di lui. Avrebbe dovuto spaventarmi il fatto che mi sentissi così legata e quasi dipendente da lui, avrebbe dovuto spaventarmi l’idea che avessimo solo diciotto anni, che fossimo molto diversi e, sicuramente, volessimo anche cose diverse. Forse quella storia non era destinata a durare molto, forse sì. Sapevo solo che lo amavo come non avevo mai amato e come non avrei mai più amato nessun altro.

Inquietata da quell’ultimo pensiero fatalista, attirai il suo viso al mio e lo baciai nuovamente con passione per cercare di distrarmi.

Lui era lì con me e mi amava, così come io amavo lui. Solo questo contava.

Armeggiai nervosamente con la sua cintura e tirai piano il suo labbro inferiore tra i denti, -La odio.- Bofonchiai frustrata, facendolo ridere sommessamente sulla mia bocca.

Non stavo ottenendo alcun risultato soddisfacente con quella maledetta e non era neanche la prima volta che mi dava problemi. -Non metterla più quando dobbiamo…- Mi lamentai con voce bassa ed infantile. Non serviva continuare la frase, il resto era facilmente intuibile.

Sentivo i suoi occhi divertiti puntati addosso, così abbassai lo sguardo sull’oggetto della mia collera, credendo ingenuamente che la visuale mi avrebbe favorita nel mio intento. Errore. Vedere quanto il mio ragazzo mi stesse desiderando non fece che peggiorare la mia situazione.

Mi passai involontariamente la punta della lingua sulle labbra per umettarle, sentendo il sangue affluire a fiotti sulle guance e scaldarle.

Quasi guidata da una forza invisibile – anche detta brama – riuscii finalmente a slacciare la cintura e, con dita tremanti, feci scivolare il bottone fuori dall’asola, strappando un ansito strozzato ad entrambi quando con il polso toccai la sua erezione.

L’avevo fatto più volte, eppure ogni volta riuscivo a sentirmi una completa imbranata, ogni volta sentivo di andare a fuoco quando lo spogliavo e al pensiero di poterlo vedere nudo.

Si liberò svelto di quell’ingombrante indumento ed io gli sfilai la maglietta, sospirando di piacere quando non ci fu più alcuna stoffa tra di noi, a parte le mie mutande ed i suoi boxer.

Mi spinse indietro sul materasso e fu di nuovo su di me famelico, insaziabile, le mani e le labbra che vagavano su ogni parte del mio corpo.

Una parte del mio cervello registrò la sua presenza sul mio letto. Era la prima volta che facevamo l’amore lì. Avrebbero avuto il suo odore le mie lenzuola? Il nostro odore? Lo speravo.

Un assordante rumore stridulo interruppe bruscamente quella fantasia: il telefono. Perché diavolo non lo avevo staccato?

Lore fece leva sulle braccia per guardarmi bene in viso, a metà fra l’incazzato, l’esasperato e l’implorante, -Non…-

Non lo lasciai continuare: mi avventai sulla sua bocca e ripresi a muovere il mio bacino contro il suo, per fargli capire cosa volessi e stessi aspettando.

Non avevo assolutamente intenzione di rispondere, poteva andare a quel paese chiunque stesse rompendo dall’altra parte.

Si staccò da me e sorrise palesemente compiaciuto e malizioso, sfilandomi con un dito le mutande senza smettere di guardarmi.

-Lore.- Il suo nome scivolò tra le mie labbra come una preghiera. Quella era una subdola tortura, sospettavo che me la stesse facendo pagare per il mio ultimo messaggio.

Si dedicò nuovamente ai miei seni, alternando lingua e denti sadicamente, a seconda della mia reazione. A rendere il tutto ancora più eccitante era il contatto visivo, i suoi occhi scuri e bramosi continuavano ad inchiodare i miei.

Poi scese ancora, arrivando all'ombelico ed osservandomi attentamente quando infilò la lingua in quella piccola cavità.

Oh.Dio.

Mugolai eccitata e mi inarcai contro di lui, disperata in modo imbarazzante. Quanto ci sarebbe voluto perché cedessi e lo implorassi di farmi sua subito?

Il sorrisetto che sfoggiò mi fece intuire le sue intenzioni ancor prima che tuffasse la sua faccia in mezzo alle mie gambe e... fu la mia fine.

Mi persi completamente, persi la ragione, persi il controllo, persi ogni capacità di riflettere e agire. Urlai in preda al piacere ed istintivamente cercai di infilare le dita tra i suoi capelli per spingerlo ancora più contro di me.

Intuendo le mie intenzioni, Lore mi bloccò i polsi al materasso ed io sgranai gli occhi per quello che era evidentemente un altro modo per mettermi in difficoltà. Una crudeltà vera e propria.

Fui costretta ad artigliare il lenzuolo e a stringere i denti per trattenere altri gemiti, mentre lui continuava, continuava, continuava.

Ed io non potevo nemmeno toccarlo, non potevo nemmeno afferrarlo per quei dannati capelli, tirare le sue ciocche tra le dita.

Cercai di liberarmi i polsi senza successo, -Lore, ti prego...- piagnucolai frustrata, con voce incerta e ormai al limite.

Volevo toccarlo, lo volevo disperatamente.

Lui allora mi lasciò andare, non solo per la mia docile preghiera, ma anche per mandare definitivamente a quel paese la mia sanità mentale.

Non utilizzò più solo la lingua, ma iniziò ad usare anche le dita, stuzzicandomi celermente con i polpastrelli.

Boccheggiai senza fiato e gridai nuovamente, inarcandomi fino all'inverosimile e affondando, finalmente, le mani tra i suoi capelli.

Fissai gli occhi al soffitto e mormorai il nome di Dio così tante volte che sarebbe stato impossibile contarle.

Sapevo che Lore mi stava ancora guardando dal basso, non aveva mai smesso di farlo, ma non riuscivo proprio ad incontrare quegli occhi, non quando mi stavo sgretolando come pasta frolla a causa sua.

Avrei potuto dire qualsiasi cosa in quel momento, avrei potuto dirgli che lo amavo, che lo avrei amato per sempre e addirittura sposato, che gli avrei dato tutti i figli che avrebbe voluto, che gli avrei fatto tutto quello che desiderava. Qualsiasi cosa. E sarebbe stata la pura, preoccupante e semplice verità.

Il mio corpo fu scosso da un tremito più violento degli altri, una scarica di piacere più potente mi attraversò da parte a parte e, reclinando la testa indietro sul cuscino, mi protesi verso di lui un'ultima volta, prima di accasciarmi sul materasso.

Dio, era stato qualcosa di... animalesco, selvaggio, meraviglioso, eccitante.

Abbassai la testa per guardarlo: pensavo di vederlo con un sorriso vittorioso o di sentirgli dire qualche frasetta sarcastica, invece quando incrociai il suo sguardo vidi che era tremendamente serio.

-Che c'è?- Domandai col fiato corto, la paura di aver fatto – o detto – qualcosa di sbagliato che prendeva forma dentro di me.

Scosse la testa e riprese a fissarmi con un'intensità tale da farmi contorcere lo stomaco, -Mi piace vederti venire.-

Ah.

Deglutii ed avvampai, senza saper bene cosa rispondere. Non si poteva proprio dire che fosse portato per le frasi romantiche e di circostanza, nessun banale “sei bellissima” o “ti amo”. Che genere di risposta sarebbe potuta andar bene in quel caso?

-Uhm… grazie.- Abbassai lo sguardo sui nostri corpi a disagio e mi accorsi del suo ancora evidente... problema.

Rise per la mia uscita cretina e poggiò la fronte sulla mia, -Anche se sarebbe stato ancora più eccitante se mi avessi guardato.-

Oddio, di male in peggio, potevo essere più imbarazzata di così? Raschiai la gola ed allungai le mani fino all’elastico dei suoi boxer per evitare di rispondere e per cercare di distrarlo.

Alzò un sopracciglio a mo’ di sfida, una sfida che fui ben lieta di accettare.

Senza ulteriori esitazioni, feci scivolare la mano nei suoi boxer e lo sentii irrigidirsi e trattenere il respiro.

Fu il mio turno di sorridere, più sicura e padrona della situazione. Un suono roco provenne dal fondo della sua gola quando incominciai a muovermi e, per quanto cercasse di mantenere la sua espressione spavalda, il suo viso lasciava trapelare molto bene quello che il mio tocco gli stava facendo provare.

Sentii, come sempre, un senso di potere inspiegabile, mi piaceva vederlo in balìa delle emozioni che le mie carezze gli provocavano.

Ricordavo che farlo a Matteo mi aveva infastidiva, farlo a Lore era appagante, eccitante ed era anche e soprattutto... un gesto d'amore.

Non mi diede modo di continuare per molto, tolse troppo presto la mia mano e si sfilò i boxer rabbiosamente, quasi stessero andando a fuoco e volesse strapparseli di dosso.

Fece un respiro profondo e si posizionò meglio tra le mie cosce, affondando dentro di me con una spinta che mi fece strabuzzare gli occhi ed ansimare oscenamente.

Gli allacciai le braccia attorno al collo e le gambe intorno ai fianchi per spingerlo più in profondità, assecondando il suo ritmo con il bacino.

Lore nascose il viso nell'incavo tra la mia spalla e la base del collo, risalendo con la bocca fino al lobo dell’orecchio, -Doccia o cattedra domani?- Sussurrò. Avrei giurato che stesse sorridendo nonostante l’affanno.

Gli conficcai le unghie nelle spalle irritata quando compresi cosa volessero dire le sue parole, -Stronzo.- Annaspai, completamente persa nel vortice di emozioni che stavo provando.

Avevo confidato solo ad Angelica quella specie di mio sogno erotico di farlo con lui sulla cattedra e, oltre a me e lei, c’era solo un’altra persona che avrebbe potuto parlare. Avrei dovuto sospettare che Vergata non sarebbe stato comunque di parola.

In risposta mi arrivò una risata rauca, -Lo prendo per un “tutti e due”.-

 

******

 

Il sole stava iniziando a tramontare fuori: non avevo idea di che ore fossero e non avevo la minima intenzione di controllare l’orologio per saperlo.

Avrei voluto restare così per sempre, abbracciata a lui e con la sua mano tra i capelli, avrei voluto che il tempo si fermasse.

Quando ero con lui mi sentivo completa come non mi ero mai sentita in vita mia, mi sentivo felice, spensierata, stupida e innamorata.

Eravamo entrambi svegli, eppure nessuno parlò per un po’, cosa che mi andò più che bene. Mi piaceva lanciargli qualche occhiata di sottecchi di tanto in tanto ed osservarlo di profilo; avrei dato qualsiasi cosa per sapere a cosa stesse pensando.

Era stupendo, ancora nudo nel mio letto, i capelli scarmigliati e il volto rilassato. Se avessi avuto in mano una macchina fotografica o il mio telefonino gli avrei fatto volentieri una foto; l’avrei poi custodita gelosamente e guardata fino ad impararne a memoria i tratti, le sfumature, i colori.

Non osavo immaginare in che condizioni pietose fossi io invece. Preferii non scoprirlo.

-Vergata ha parlato comunque, vero?- Dissi infine, interrompendo quella quiete al solo scopo di sentire di nuovo il suono della sua voce.

Senza smettere di fissare il soffitto, piegò un angolo delle labbra, -Credevi davvero che non lo avrebbe fatto?- Mi studiò, gli occhi accesi di divertimento.

Sbuffai e appoggiai di nuovo la guancia al suo petto, -Non è giusto.- Borbottai imbarazzata. Maledetta scimmia!

Lo sentii ridere, -Che cosa non volevi che sapessi?-

Mi ostinai a non guardarlo, imprecando mentalmente in dieci lingue diverse.

Non importava se erano lingue inventate, erano comunque imprecazioni.

-Dei sogni erotici sulla cattedra? Delle occhiate al cavallo dei miei jeans? O del fatto che mi ami e che ti faccio impazzire?-

Argh, maledizione, ma gli ha detto proprio tutto?

Un momento… aveva davvero detto l’ultima frase o l’avevo immaginata? Il mio cuore ebbe un sussulto nel sentire le parole “mi ami” pronunciate da lui.

La curiosità vinse sulla vergogna, così mi appoggiai sul dorso della mano e lo esaminai.

Aveva un sopracciglio inarcato e un sorriso soddisfatto sulle labbra. Odioso. E dannatamente attraente.

Socchiusi gli occhi, -Nessuna di queste cose dovrebbe sorprenderti, no?- Mi finsi tranquilla e per nulla scossa al pensiero di Vergata che gli riferiva tutto quanto.

Lore piegò la testa pensieroso, -Non più di tanto, in effetti. Quello che non capisco è perché ti vergogni di farmi sapere le tue fantasie, io le apprezzo, sai?- Ghignò e mi prese il mento con la mano, sfregandomi il labbro inferiore con il pollice.

Rabbrividii al suo tocco, ma mi sforzai di incenerirlo con lo sguardo, -Perché sono solo fantasie e fantasie resteranno.- Non c’era nessuna possibilità che io potessi fare una cosa del genere a scuola, non ci tenevo proprio a finire in presidenza e ad essere sospesa! Il fatto che avessi rischiato di finirci appena quella mattina era irrilevante, ovviamente.

Fece spallucce per nulla convinto dalla mia affermazione, -Vedremo. Ho i miei metodi per farti cambiare idea.-

Purtroppo non potevo metterlo in dubbio, erano metodi molto persuasivi.

Toccò a me sorridere, -Vedremo.- Replicai vaga, sollevandomi sugli avambracci per baciarlo dolcemente.

Ben presto, quello che era solo un innocente bacetto diventò un incontro piuttosto passionale di lingue: Lore mi circondò i fianchi e mi strinse con più forza a lui. Ansimai il suo nome e lo accarezzai lentamente tra i capelli.

-Credo sia meglio…- Ripresi fiato, prima di ritornare affamata sulle sue labbra, -Che tu ti vesta.- Conclusi rammaricata, appellandomi a tutta la mia forza di volontà per allontanarmi da lui. Non era semplice farlo, non quando ci stavamo entrambi… risvegliando.

Tamburellò le dita sulla mia schiena e sorrise arrogante, -Perché dovrei?-

Risi e lo baciai di nuovo a stampo, prima di ritrarmi, -Perché a mia madre potrebbe venire un colpo se ti vedesse… non parliamo di mio padre.-

Fece roteare gli occhi annoiato, -Secondo me tua madre approverebbe. Hai detto te che le piaccio, no? E a tuo padre sto simpatico.- Affermò convinto.

-Non gli staresti più così simpatico se ti vedesse nudo nel mio letto.- Per quanto volessi farlo scendere di lì e buttargli addosso i vestiti, proprio non riuscivo a staccarmi da lui e a smettere di baciarlo.

Gli mordicchiai il labbro inferiore e sospirai, -Credimi, se fosse per me ti terrei qui per sempre.- Il sorriso mi si congelò sulle labbra quando mi resi conto di cosa avessi appena detto. In tono dolce, deciso, senza la minima esitazione. Che cretina.

Sbuffai: perché non ero capace di trattenermi e continuavo a dire cose così sdolcinate? Era più forte di me, non potevo farne a meno.

Sapevo che lui non era tipo da smancerie, sapevo che lo irritavano, eppure ogni volta me ne uscivo con quelle frasette stucchevoli.

Fortunatamente per me lui la buttò sullo scherzo, -Non hai la Play. Non potrei vivere senza la Play, mi spiace.- Fece una smorfia e il tono leggero e sarcastico di voce mi tranquillizzarono.

Aggrottai la fronte per fingermi corrucciata, -Mi organizzerò allora.-

Mi alzai da lui – e fu un dolore fisico – e gli passai i vestiti. Farsi beccare dai miei sarebbe stato a dir poco imbarazzante… senza contare che volevo che si facessero una bella opinione di Lore, cosa che sarebbe stata impossibile se lo avessero visto in quel momento.

Sbuffando rumorosamente, scese dal letto e si vestì. Cercai di non guardarlo per non cadere di nuovo in tentazione, mentre voltata di spalle lo imitavo.

Una volta infilata la maglietta, sistemai il letto e nascosi le prove di quanto successo.

Quando ritornai a guardarlo, lo vidi tentennare un po’ prima di parlare. A che stava pensando?

-Che fai sabato sera? Hai impegni?-

Oh. Oddio! Mi stava per invitare ad uscire? Un appuntamento? Il nostro primo appuntamento? Dove saremmo andati? Come mi sarei dovuta vestire?

Dovevo mantenere un certo contegno, non potevo urlargli contro “No, non ho niente da fare, fai di me ciò che vuoi!”

-Uhm… non credo.- Mi tirai indietro i capelli con l’intento di sistemarli e sembrare più carina, -Perché?-

Scrollò le spalle con indifferenza, -C’è la festa di compleanno di un mio amico, se vuoi venire…-

Ah.

-Ah.-

Lo pensai e lo dissi nello stesso momento. Il sogno di un appuntamento romantico sparì con un sonoro “puff” nella mia testa. La festa di compleanno del suo amico. Cosa mi importava di andare alla festa di un tizio che non conoscevo nemmeno?! Quella era la nostra prima uscita!

-Ok.- Ero solo un pelino sorpresa e spiazzata. E delusa, ma non lo dimostrai.

In fondo era comunque un bel gesto il suo, no? Invitarmi alla festa di un suo amico. Mi avrebbe introdotta nel suo… gruppo di amici come la sua ragazza.

Bello. Dovevo essere contenta.

Meglio sorridere.

Detto – o meglio pensato – fatto.

-Ok.- Ripeté lui annuendo impercettibilmente, -Ti faccio sapere poi l’ora e tutto il resto allora.- Sorrise e mi baciò velocemente a stampo, proprio mentre udii il rumore di una chiave infilata nella serratura della porta di casa. Merda.

Contai i giri nella toppa con il battito a mille, poi, quando sentii la maniglia abbassarsi, trattenni il respiro.

Lore mi guardò di sbieco e non capii se stesse studiando la mia reazione o se mi stesse silenziosamente chiedendo cosa fare.

-Vuoi che mi nasconda nell’armadio?- Ironizzò.

Bastò quella battuta a farmi risvegliare dal mio stato di terrore; gli poggiai le mani sul petto per spingerlo verso la sedia della scrivania – facendolo protestare neanche tanto a bassa voce – ed iniziai a tirar fuori volumi a casaccio dalla mia libreria.

-Che stai facendo?- Lore lo domandò nell’esatto momento in cui la voce di mio padre mi raggiunse dal corridoio, -Alice?-

Buttai gli odiosi testi di matematica sulla scrivania e li aprii su una pagina a caso, per poi lanciare un’occhiata eloquente al mio ragazzo che lo invitava ad assecondarmi.

-Sono qui papà.- Risposi sedendomi sul letto con il mio quaderno in grembo.

Mi tremavano giusto un po’ le mani, ma nient’altro avrebbe potuto far trapelare il mio nervosismo.

Mio padre si affacciò nella stanza con aria stranita, probabilmente chiedendosi con chi fossi visto che aveva già udito la voce di Lore poco prima.

-Oh.- Fece sorpreso esaminandoci per qualche secondo.

Il mio ragazzo sfoggiò un sorrisone compiaciuto che diceva chiaramente “Sì, ho scopato con sua figlia e sì, mi è piaciuto”. Avrei voluto prenderlo a calci.

-Salve.- Fece con finta nonchalance.

-Lorenzo, ciao.- Mio padre strabuzzò gli occhi quasi dubitando della sua stessa vista.

Sperai con tutta me stessa che la mia voce non risultasse isterica, -Mi stava aiutando con matematica. Ripetizioni.- Se avessi visto la scena dall’esterno sarei scoppiata a ridere. Poco credibile, sembravamo proprio due adolescenti colti in fallo.

Mio padre annuì, sempre piuttosto scettico, ma meno confuso, -Capisco.-

Con uno slancio un po’ troppo energico e sospetto, Lore si alzò dalla sedia e si diresse verso di lui, -Beh io allora vado…- Si schiarì la voce e si voltò verso di me per lanciarmi un’occhiata maliziosa che fortunatamente mio padre non vide, -Ci vediamo domani.-

Feci cenno di sì più volte con la testa, come uno di quegli stupidi pupazzetti che annuivano in continuazione non appena toccavi loro il capo.

-Sì, a domani. Ciao.-

Ero pronta a scommettere che Lore avesse già tirato mentalmente un sospiro di sollievo dopo aver superato mio padre, ma il suo -No, aspetta un attimo- lo fece bloccare sul posto con l’aria di un ladro colto in flagrante. Un ladro che aveva appena fatto scattare l’allarme.

Aveva la scritta “sgamato” stampata in fronte quando si girò, -Cosa?- Chiese aspettandosi il peggio.

Mio padre sorrise, -Perché non ti fermi a cena? Mia moglie si arrabbierebbe se sapesse che avevamo ospiti e che sono stato così maleducato da non invitarti.-

Oh, mio padre era così tenero! Mi sentivo in colpa a mentirgli su Lore, avrei voluto essere fin da subito onesta con lui e dirgli la verità su tutto, ma quello non mi sembrava proprio il momento più adatto.

Mi sfregai le mani tesa, mentre aspettavo che Lore rispondesse. Non mi sarebbe dispiaciuto che accettasse, onestamente. Mi sarebbe piaciuto restare ancora un po’ con lui, vederlo seduto a tavola con noi, guardarlo mentre parlava con mio padre e mia madre.

No, correzione, mi ritrovai a desiderare ardentemente che accettasse.

-No, grazie, ho già un impegno stasera.-

Un impegno? Contenni un’occhiata raggelante e sospettosa. E con chi? Perché non ne sapevo niente? Non mi aveva detto nulla…

-Va bene, sarà per un’altra volta.- Mio padre gli diede un colpetto amichevole sulla spalla che mi fece stringere lo stomaco in una morsa. Lo avrebbe colpito così pacificamente anche se avesse saputo che era il mio ragazzo? Ne dubitavo.

Forzai un altro sorriso ed alzai la mano per salutarlo, mentre dentro venivo corrosa dalla gelosia e dalla curiosità al pensiero del suo “impegno”.

 

 

 

*Note dell’autrice*

 

Ci sono parecchie cose da dire prima delle solite scuse per il ritardo e tutto il resto e vi prego di leggere.

La prima è che quasi sicuramente cambierò il nome alla storia (questo è proprio orrendo xD) e, forse, anche il mio nick – che non ho ancora deciso.

Quindi se trovate nomi sconosciuti/orrendi tra i preferiti/seguiti/da ricordare… ebbene sì, probabilmente sarò io.

La seconda riguarda la scena a rating un po’… tanto arancione tra i due.

Il regolamento di EFP cita: Arancione = adatto a storie in cui sono trattate tematiche sessuali o violente, laddove però le descrizioni delle scene ad esse riferite non si soffermino sui particolari.

Premetto che ho cercato di rileggere e modificare non so quante volte e di togliere particolari, alcuni termini usati precedentemente e pezzi troppo espliciti. Se la scena dovesse comunque risultare troppo forte per voi, vi prego di avvisarmi e provvederò subito a modificarla.

Sono un po’ arrugginita poi, quindi sicuramente non sarà venuta fuori un granché, ma…ci ho provato, ecco XD

Come vedete tutto il capitolo è incentrato su Lore e Ali. Nello scorso Lore non si è quasi visto, in questo direi che si è visto anche troppo :P

Purtroppo non sono riuscita ad aggiungere il suo pov, non ci è stato. Avrei dovuto aggiungerlo dopo l’ultima scena con il padre di Ali, invece, ho deciso di metterlo all’inizio del prossimo. Ventidue pagine di capitolo sono abbastanza, sono sicura che finiranno con l’annoiarvi XD

Poi… riguardo Lore e Ali come coppia, ribadisco che sono un disastro totale! Lei vuole l’appuntamento, lui ovviamente le chiede di andare alla festa del suo amico – è stato comunque carino a modo suo, no? Non dimentichiamoci che parliamo di Lore.

E lei è gelosa. Non sapere cosa fa lui le dà parecchio fastidio e lui non ne parla, non la coinvolge più di tanto.

Se non altro ora hanno più o meno chiarito alcune cose nella prima parte… ma per due cose che si chiariscono, ci sono altre incomprensioni e casini dietro l’angolo. Come sono sadica, eh? xD

Mi dispiace infinitamente per il ritardo e mi dispiace per il pov di Lore.

Ogni volta giuro che non ci metterò tanto ad aggiornare e ogni volta vi deludo. Nonostante faccia davvero l’impossibile per non farvi aspettare troppo.

Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo, spero ne sia valsa la pena.

Vi ringrazio per il calore che mi dimostrate sempre, per tutte le letture, i preferiti, i messaggi, le recensioni. Ve ne sono infinitamente grata, paranoica ed insicura come sono penserei che la storia sia pietosa se non ci foste voi. (Anche se è nella mia natura di rompiballe pensarlo comunque xD)

Ho già iniziato a rispondere ai vostri commenti e man mano andrò avanti stasera e nei prossimi giorni :)

Credo di aver detto tutto… vi lascio con il link al mio gruppo spoiler nel caso voleste avere anticipazioni sul prossimo capitolo, accetto tutti senza chiedere il nick!

 

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Capitolo 4
*** I parte - Di ex psicopatiche e messaggi nascosti ***


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Ricompaio dopo questo vergognoso ritardo con un capitolo che probabilmente non sarà come lo aspettavate, ma non potevo più farvi aspettare, non dopo che è passato più di un anno

 

Ricompaio dopo questo vergognoso ritardo con un capitolo che probabilmente non sarà come lo aspettavate, ma non potevo più farvi aspettare, non dopo che è passato più di un anno. Vi ricordo brevemente cosa è successo nello scorso capitolo, nel caso in cui – comprensibilmente – ve lo siate dimenticato.

Lore e Ali si sono chiariti (più o meno; lei continua a sentirsi “trascurata” da lui e lui continua ad essere geloso marcio di Teo e a “trascurarla”) e si sono accoppiati come due conigli in calore – yahoooo. Lui poi da bravo deficiente ha rifiutato l’invito del padre di Ali di restare per cena perché “aveva da fare” e le ha chiesto di uscire il sabato seguente per andare alla festa di un suo amico. Lei che sperava in un appuntamento romantico ci è rimasta di cacca ma ha accettato comunque. Fine del bellissimo riassunto. Vi lascio al capitolo sperando che non vi faccia troppo schifo… buona lettura! (: E grazie di essere qui.

 

 

I parte: Di ex psicopatiche e messaggi nascosti

 

 

 

 

 

Lorenzo.

 

 

-Le hai chiesto di venire con te alla festa di Ricky? Di sabato sera? Ma sei idiota?!- 
Il tono di Lele era incredulo, gli occhi e la bocca spalancati, sembrava persino più deficiente del solito.
-State insieme da due settimane!- Mi sbraitò contro, gesticolando come una persona con degli evidenti disturbi mentali. 
Mi passai una mano fra i capelli e feci una smorfia infastidito; che cazzo di bisogno c'era di gridare come una fottuta ragazza in sindrome premestruale?
-Lo so da solo, quindi?- 
Forse aveva ragione. Due settimane erano poche, non era stata una buona idea dirle di venire con me alla festa di un mio amico, troppo... impegnativo. 

Poi forse avrebbe iniziato a pretendere di uscire sempre con me ed i miei amici, cosa che poteva pure scordarsi. Cazzo, avrei dovuto pensarci prima.
-Non ti passa in mente l'idea che lei possa voler stare da sola con te? Che possa aspettarsi un appuntamento romantico? Il vostro PRIMO appuntamento?-

Aggrottai la fronte e mi voltai a guardarlo contrariato. Primo appuntamento? Ma che stronzate di libri per ragazze si leggeva?

-Siamo già stati da soli. Ieri pomeriggio. E posso affermare con una certa sicurezza che le sia piaciuto- Ribattei con una non indifferente dose di compiacimento.

Quello che diceva Lele non aveva senso, come sempre. Lei sapeva benissimo che non ero tipo da uscite a due a lume di candela – solo il pensiero mi faceva morire dalle risate –, non poteva davvero aspettarsi un appuntamento romantico. Di sabato sera poi. Come se buttassi al cesso così una serata per annoiarmi a guardare una puttanata di film svenevole al cinema.

Lele si tolse gli occhiali per pulirli con la maglietta e mi osservò – per quanto riuscisse a vedermi senza lenti – con un cipiglio serio sul volto. -Non è la stessa cosa e lo sai anche tu. A volte mi sembra di parlare con un bambino.-

Schioccai la lingua e sbuffai. Sì, lo sapevo che per una ragazza non era la stessa cosa e sinceramente non ne capivo proprio il motivo. Eravamo stati bene il pomeriggio prima a casa sua, che bisogno c’era di uscire solo noi due da soli? Il sabato sera era sacro e l’ultima cosa che volevo fare era mettere da parte gli amici e trasformarlo nel giorno dedicato alla mia ragazza. Per quello c’erano i pomeriggi in settimana, e che cazzo!

-Lore, mi stai ascoltando?-

-Figa, che rompicoglioni sei?!- Mi stravaccai meglio sul suo divano e alzai gli occhi al cielo. -Ma neanche mia madre oh.-

Aveva seriamente bisogno di trovarsi una ragazza che lo facesse scopare di più. Sempre che con quella vegetariana facesse qualcosa al di fuori dell’andare alle fiere canine.

-Terrò sicuramente conto delle tue cazzate, ora possiamo parlare d’altro?-

Ero ancora un po’ rincoglionito per via della sera prima, rientrare alle due del mattino mezzo ubriaco non era stata una buona idea, tanto per cambiare. Non avevo nemmeno potuto bigiare quella mattina, Alice mi aveva rotto le scatole peggio del mio amico per ricordarmi che non potevo saltare la verifica di Storia e che, se lo avessi fatto, non avrei più potuto recuperarla. Proprio quando stavo per risponderle che quella materia inutile e la sua prof di minchia potevano pure andare a farsi fottere per quanto mi importava, la sopraccitata prof di minchia ci era passata davanti tutta sorridente per dirci “Buongiorno ragazzi! Pronti per la verifica di oggi?”. Per un cazzo.

Avevo scritto quello che ricordavo delle lezioni precedenti e scopiazzato da Lele il resto. Forse potevo evitare di essere così stronzo con il mio amico, visto che, se non fosse stato per lui, sicuramente il compito sarebbe andato molto peggio. Naaa, troppo sbatti essere gentile.

Lui s’incupì. -Okay. Che avete fatto ieri sera al Lime?-

La discoteca Lime Light era praticamente il paradiso per Andre, dal momento che si poteva fumare sulla pista da ballo senza che nessuno dicesse niente. Ultimamente avevamo preso l’abitudine di andare sempre lì.

Scrollai le spalle. -Se fossi venuto l’avresti saputo.- Lele e le sue tristi serate in pantofole, mai una volta che usciva con noi in settimana.

-C’era anche la Levrieri?- Pronunciò con una certa ostilità quel cognome, non simpatizzava molto per Anna, l’amica di Karolina.

-Ovvio che c’era, sta sempre attaccata al culo della Kar.- Mi allungai sul tavolino di fronte a me e presi il telecomando della tv.

-Più che al suo direi al tuo.- Insinuò, spingendosi meglio gli occhiali sul naso.

In effetti aveva ragione, Anna mi si era incollata addosso come una cozza da tempo ormai.

Iniziai a fare distrattamente zapping, in cerca dei canali del calcio. -Vero. L’ho cagata una volta l’anno scorso e ora non mi si stacca più di dosso.- Ricordavo vagamente la festa di compleanno di Bìa, ma ricordavo molto bene di aver bevuto e di aver lasciato che Anna facesse un discreto lavoretto di bocca. Non l’avessi mai fatto; se prima era appiccicosa, negli ultimi mesi lo era diventata ancora di più, forse sperando di diventare la mia ragazza.

Lele annuì pensieroso. -Ma lo sa che stai con Ali adesso?-

Feci una smorfia quando beccai la replica della partita Inter-Juventus che avevamo miseramente perso il giorno prima. -Ma va, ci parlo il meno possibile.-

-Oh, lascia- Protestò quando provai a cambiare canale. Non si poteva dire che non fossimo un gruppo di amici ben assortito; io interista, Andre milanista e Lele juventino.

-Comunque,- Cercò di riprendere il filo del discorso, sforzandosi visibilmente di non fare commenti sulla disfatta della mia squadra, -L’hai detto ad Ali?-

Mi voltai a guardarlo stranito. -Detto cosa?- Allarmato, frugai nella mia mente in cerca di una possibile risposta. Che avevo fatto? Merda, magari qualche cazzata che non ricordavo…

-Beh che esci in gruppo con Anna. E che è successo qualcosa con lei.- Mi disse in tono ovvio.

Mi rilassai nel comodo schienale in pelle – chissà che avrebbe detto la sua ragazza animalista se lo avesse visto –; quanto non lo sopportavo quando tirava fuori quell’espressione da professore del cazzo. E quando mi faceva venire dei mezzi infarti.

-Perché dovrei? Dovrei dirle anche di Karolina allora. Di Bìa. Delle due tizie di capodanno. Che faccio, mi metto a fare una lista? Sono cose irrilevanti.-

Non aveva senso mettersi a parlare di ogni tizia con cui ero stato. Chiacchiere inutili, spreco di tempo. Meglio impiegarlo per scopare.

-E che mi dici di Erika?- Scandì bene e lentamente quel nome, come se stesse parlando con un idiota, le sopracciglia arcuate e una ruga in mezzo alla fronte. -Non le dirai nemmeno di lei?-

-Chi?- Feci sarcastico. Seriamente, se non l’avesse nominata lui non l’avrei nemmeno ricordata.

-Oh andiamo! È stata la ragazza più seria che hai avuto.-

-Minchia davvero, siamo stati insieme ben tre mesi. Non riesco più ad immaginare la mia vita senza di lei.- Alzai gli occhi al cielo divertito e portai le mani dietro la testa per stare più comodo.

-Piantala di fare il cretino. Sei stato costretto a lasciarla, magari a quest’ora stareste ancora insieme se le cose fossero andate diversamente.- Mi fece presente vagamente stizzito, dandomi un calcio sul polpaccio quando poggiai le scarpe sul tavolino da caffè in vetro di fronte a me.

Piegai la testa indietro e risi, senza muovere di un millimetro i piedi. -Ma figurati! Mi stava già stufando, ho solo trovato la scusa perfetta per mollarla.-

Erika era poco appiccicosa, divertente, appassionata di calcio ed estremamente scopabile: in altre parole la donna perfetta. Non ne ero innamorato però. Non lo ero mai stato prima di… quella nanerottola irritante.

Che cazzo, da dove uscivano quei pensieri sdolcinati? Meglio concentrarsi su altro. -Ma con ‘sto abbonamento hai anche i canali porno?-

-Non cambiare discorso. Comunque no.- Precisò, tentando di darsi inutilmente un certo contegno.

-Che fregatura- Commentai annoiato.

-Ah-ah- Sbuffò scocciato, -Allora? Mi rispondi?-

Sospirai. Un paio di tiri di sigaretta non mi sarebbero dispiaciuti in quel momento. -Te l’ho detto. Non era importante. E no, non lo dirò ad Alice se non sarà lei a chiedermelo.-

L’idea di parlare con la mia attuale ragazza della mia ex non mi allettava per niente, Erika era il passato e non mi aveva influenzato in alcun modo, era stata più una scopamica come Bìa che altro. L’avevo lasciata per la mia amicizia con Andre; il mio amico stava con la sua migliore amica Stefania e, quando l’aveva lasciata, ci aveva rimesso quasi la vita per quella stronza. Erika aveva difeso a spada tratta quella pazza dell’amica e così avevo trovato solo un ulteriore pretesto per mettere fine alla nostra storia. Sempre che storia si potesse chiamare.

-E se dovesse chiedertelo?-

Ecco perché preferivo passare i pomeriggi fuori con Andre e Giu piuttosto che a parlare con Lele. Con loro non c’era bisogno di sforzarsi troppo per sostenere una conversazione, bastavano i grugniti, mentre Lele era esasperante e stancante.

-Ci penserò al momento. Certo sarebbe masochista, a me non frega un cazzo di sapere quanti prima di me se la sono scopata. Né voglio saper nulla del suo ex di merda.- Ogni volta che ripensavo al fatto che quel Matteo fosse stato con lei prima di me mi andava il sangue al cervello. Era una fortuna per lui che Milano fosse una città abbastanza grande da impedirmi di incontrarlo in giro, dato che avrei seriamente potuto considerare l’idea di prenderlo nuovamente a pugni, così, perché mi andava. Non gliene avevo dati a sufficienza, una volta non mi era bastata.

-Tu sei tu e non vuoi saperlo perché li ammazzeresti di botte.-

-Esattamente.-

Scosse la testa, si alzò in piedi e prese in mano il telefono di casa che aveva iniziato a squillare. Quando lesse il numero sul display, l’espressione sul suo volto cambiò completamente. -Ciao Pussola!-

Pussola? E che minchia di soprannome era? Non osavo immaginare come lo chiamasse lei.

-Shì, sono a casa.-

Mi portai le mani al viso e alzai gli occhi al cielo, intrecciando poi le dita tra loro a mo’ di preghiera. Dio Santissimo, il mio amico era imbarazzante da ascoltare. Era umiliante per un ragazzo ridursi così, mi sentivo davvero male per lui.

-Ma sì, sei sholo mia, Pussolina?-

Ma che cazzo mi toccava sentire. Non poteva andare in un’altra stanza o parlare a bassa voce come le persone con un minimo di discrezione? Non si vergognava poi di parlare come un menomato mentale? Stava peggio di quanto pensassi, il mio amico era un bimbominchia in piena regola. Non che non lo sapessi già, i sintomi c’erano da anni; su msn si chiamava “LeLuCciO StRoNzEttO”. Ero rimasto traumatizzato a vita, non sarei più riuscito a rimuovere il ricordo di tutte quelle stelline messe accanto a quel nickname da deficiente. Decisamente in contrasto con il secchione so-tutto-io che era.

“Stronzetto” dove, poi? La bastardata più grossa che doveva aver fatto probabilmente risaliva all’asilo.

Mentre stavo valutando l’ipotesi di barrare il nome di Lele dalla mia lista di amici, il mio possibile ex-amico decise di porre fine a quel supplizio salutandola con un “Shì, ci vediamo stasera. Tanti ‘cini.”

Tanti.Cini. Dai, un ragazzo che parlava così era seriamente ridicolo! Non c’era un minimo di dignità in tutto quello!

-Evita di fare commenti.- Mi puntò l’indice contro e tornò a sedersi sul divano.

La mia faccia già diceva tutto, la mia espressione era parecchio eloquente.

Sollevai le mani e le sopracciglia. -Chi ha detto niente? Se non ti senti tu un coglione a parlare così.-

-No, mi piace parlare così con la mia ragazza. L’anormale sei tu.-

Annuii impercettibilmente. -Sicuramente. Il non essere in grado di sostenere una conversazione brillante come la tua mi creerà dei problemi nella vita.- Il sarcasmo abbondava nelle mie parole.

-E non fare il presuntuoso. Dici così perché ti vergogni all’idea di parlare in questo modo con Alice e non dovresti, è la tua ragazza.- Affermò con sicurezza.

Sì, mi ci vedevo proprio ad usare quel tono con Alice. Il giorno in cui avrei iniziato a parlare così a qualsiasi ragazza avrei chiesto ad Andre di porre fine alla mia miserabile esistenza dandomi un colpo in testa.

Ero un ragazzo, era ovvio che mi vergognassi e che mi sentissi un cretino al solo pensiero di parlare in quel modo, specie con la mia ragazza. E la virilità dove andava a finire, al cesso?

Per forza Lele non aveva mai avuto uno straccio di ragazza prima di Daniela, le tipe finivano col trovarlo dolce e tenero, aggettivi che portavano inevitabilmente a frasi come “ti vedo solo come un amico” o “sei come un fratello per me”. Una tragedia.

Di certo a loro non veniva voglia di farsi sbattere selvaggiamente al muro da uno che diceva “shì, sei sholo mia”.

Mi schiaffai una mano in fronte e sospirai. E credeva pure di saperci fare con le ragazze!

-Certo che mi vergogno, non ho tre anni e non vedo perché dovrei parlare come un coglione, che sia con la mia ragazza o con chiunque altro non fa differenza. Non userei quel tono di voce nemmeno con la mia cuginetta che di anni ne ha cinque.- Mi fermai un attimo a riflettere. -Anzi, scommetto che se le parlassi così mi risponderebbe “mi prendi per il culo?”-

Forse non avrebbe proprio usato quelle parole, avendo solo cinque anni, ma si sarebbe ugualmente indignata. O avrebbe riso di me chiedendomi perché parlassi come un cartone animato. Era una bambina sveglia, Elisa, una parente di cui andare fieri. Tutta sua cugino, naturalmente, da qualcuno doveva aver preso l’intelligenza.

-Hai dei parenti curiosi.- Sostenne stranito.

Annuii pensieroso, senza replicare. Nemmeno io, ad essere sincero, avrei sopportato che qualcuno mi si rivolgesse in quel modo. Le ragazze che usavano nomignoli stupidi o che imitavano la voce di una bambina mi irritavano da morire, sembravano delle decerebrate.

Fortunatamente Alice non aveva mai fatto niente di tutto quello; un miracolo visto quanto era romantica e sdolcinata. A volte lo era anche involontariamente, ma come aveva detto lei fortunatamente c’ero io a compensare con la mia stronzaggine.

Nascosi un sorriso dietro alla mano e camuffai il tutto con un colpo di tosse. Avevo ancora un po’ di orgoglio io, a differenza di Lele.

O forse no.

Il cellulare vibrò proprio in quel momento e lo tirai fuori con una sospettosa fretta. Lo avevo letteralmente strappato dalla tasca dei jeans, con talmente tanta impazienza da rischiare di farlo cadere. Merda.

Diedi un’occhiata al display ed insultai mentalmente me stesso per la mia stupidità e Andre per avermi scritto. Quello stava sempre o a scopare o a scrivermi, mai una volta che accendeva un neurone per studiare.

-Fai poco il superiore, comunque, non sei messo tanto meglio.- Lele storse la bocca in un sorrisetto indisponente, mentre indicava il mio telefono con il mento. -Chi è, la tua bella?- Sporse il labbro in fuori per sfottermi.

-Vaffanculo.-

Okay, ero un po’ risentito, inutile negarlo. Sia perché Lele aveva sgamato la mia reazione, sia perché non era di Alice quel messaggio.

Non mi sarebbe dispiaciuto sentirla in quel momento. Era assurdo, imbarazzante ed inspiegabile… eppure avevo voglia di sentire la sua voce. Io.

Avevo sempre odiato stare al telefono, quando squillava a casa lo tenevo in mano come se fosse una bomba pronta ad esplodere e lo passavo alla prima sorella nelle immediate vicinanze, borbottando secco un “rispondi tu. Se è la nonna dille che ho mangiato e che non sono in casa”.

La cosa più strana era che mi importava sapere cosa stesse facendo Alice, probabilmente l’avrei persino ascoltata, magari rispondendole solo con dei “ah-ah” che le avrebbero fatto credere che non fossi attento.

Di solito ascoltare le chiacchiere di una ragazza era in cima alla lista delle mie priorità tanto quanto dar da mangiare ai criceti di mia sorella (che finivano per crepare sempre quando lei era in vacanza, pace all’anima loro) o annaffiare le piante di mia madre (che facevano la stessa fine dei criceti). Forse persino più in basso.

Mi avevano fatto piacere le sue parole il giorno prima, non potevo negarlo. Non aveva cagato neanche di striscio Valenti dopo quanto successo in campo ed era subito corsa dietro a me. Per gridarmi contro, certo, ma anche per dirmi che avrebbe voluto sentirmi al telefono quando non ci vedevamo. Ero passato dall’idea iniziale di fare una scenata per il fatto che mi avesse messo in ridicolo davanti ai miei amici entrando in quello spogliatoio, alla voglia di saltarle nuovamente addosso e chiuderle la bocca con la mia, tanto per cambiare. Quando si arrabbiava era ancora più arrapante, porca merda.

E i messaggi stuzzicanti che mi aveva mandato il pomeriggio… Deglutii a vuoto e mi tirai con nonchalance il colletto della maglietta sentendo improvvisamente caldo. Non ero davvero messo meglio di Lele. Ma almeno avevo ancora una certa reputazione, un minimo di facciata.

-Eh Lore. Puoi negarlo quanto vuoi, ma siamo entrambi fottuti. Noi- fece una pausa enfatica e il suo sorriso si accentuò, -ma anche Andre.-

Rimisi il cellulare al suo posto e ghignai, felice di cambiare il soggetto del discorso. -Andre è quello messo peggio.- Il che era preoccupante e un bene al tempo stesso.

-Speriamo non si metta di nuovo nei casini. Non se le sceglie bene le tipe a cui interessarsi.-

Decisamente no, Stefania ne era la prova. -Quell’Angelica mi sembra a posto.- Feci spallucce. Se fosse stata una pazza, Alice lo avrebbe sicuramente detto.

-Se sta uscendo con Andre qualche rotella fuori posto deve averla per forza.- Ridacchiò.

Meditai per un attimo sulle sue parole, le braccia incrociate al petto e le scarpe ancora – per la sua gioia – sul tavolino.

Se Angelica avesse mostrato anche solo per un secondo di essere gelosa… Andre si sarebbe sicuramente allontanato. O forse no, visto quanto sembrava preso da lei. Ma lei? Difficile dirlo, non la conoscevo affatto.

-Birra e partita alla Play?- Proposi, dopo aver deciso che per oggi avevo fatto funzionare anche troppo il cervello per i miei gusti. Avevo bisogno di fotterlo un po’ giocando alla Play.

-Ci sta.-

Per una birra e una partita alla Play avrei anche potuto decidere di perdonargli la conversazione di poco prima.

 

 

Alice.

 

Ero fottuta. Sul serio, ero fottuta. La mia carriera scolastica stava andando a farsi benedire, la mia media dei voti si sarebbe inevitabilmente abbassata, era la fine di tutto.

La verifica di Storia di quella mattina era stata un totale disastro, e tutto perché il pomeriggio precedente, invece di ricordarmi di ripassare, mi ero lasciata distrarre dal mio ragazzo. Io! Come avevo potuto permettere che succedesse?

Solo quando Lore se n’era andato da casa mia mi ero ricordata di quel maledetto compito il giorno dopo. E non ero nemmeno riuscita a concentrarmi troppo mentre leggevo, in testa avevo il pensiero di quel deficiente che se ne usciva con gli amici a fare il cretino e a bere. Lui e il suo cavolo di “impegno”!

Lo avevo praticamente obbligato ad entrare in classe quella mattina. Voleva bigiare, il signorino, ma poteva pure scordarselo! Se prendevo un voto del cavolo io, lo avrebbe preso anche lui e giustizia sarebbe stata fatta. Di sicuro non aveva ripassato nulla. Ciò non cambiava comunque le cose: la verifica era andata male. E io ero fottuta.

Appoggiai il gomito sulla scrivania e il mento sul palmo della mano, lasciandomi andare ad un sonoro sbuffo. Eppure… non avrei rinunciato al ricordo del pomeriggio precedente nemmeno per un dieci in Storia. Il modo in cui avevamo fatto l’amore, il modo in cui lui mi aveva guardata… arrossii come una deficiente e mi arruffai i capelli mugolando disperata.

Perché dovevano andare così le cose? Una brava, intelligente e bella ragazza come me cercava di andare bene a scuola e all’improvviso arrivava il deficiente di turno che mandava a quel paese tutti i buoni propositi di studio. E i bei voti.

Presi il cellulare e scrissi veloce un messaggio, un broncio da bambina sul volto.

 

Ti odio.

 

Accesi il pc e mi connessi su facebook, giusto per distrarmi nell’attesa di una risposta. Di tanto in tanto sbloccavo la tastiera solo per vedere se mi ero persa un suo messaggio. Come mi ero ridotta. E quanto ero patetica.

Quando il cellulare vibrò, una decina di minuti dopo, lessi le parole sullo schermo con il cuore in gola.

 

Tanto per cambiare insomma. C’è almeno un motivo sensato stavolta?

 

Le mani sudate, il battito accelerato, un sorriso da cretina sulla faccia. Oh, perché non poteva essermi indifferente? Perché doveva farmi quell’effetto ogni volta?

Avrei voluto rispondergli “Sì, c’è un motivo. Ti odio perché mi manchi di già”, ma non ero troppo sicura che avrebbe apprezzato, conoscendolo. Niente messaggi sdolcinati, dovevo contenermi. E poi, tecnicamente, ero arrabbiata.

 

Sì che c’è, come sempre naturalmente. Non sono riuscita a studiare quasi niente di storia ieri per colpa tua.

 

Iniziai a mangiarmi le unghie e a ticchettare con le dita dell’altra mano sulla superficie liscia della scrivania. Quella mattina ero troppo nervosa per via della verifica per fargli capire che ce l’avevo con lui, ma potevo sempre rifarmi in quel momento. Oltretutto avevo voglia di sentirlo, quella era un’ottima scusa per farlo.

 

Non mi sembrava che ti dispiacesse troppo…

 

Avvertii un’imbarazzante sensazione di calore nello stomaco al ricordo. La mia risposta fu facile e veloce da scrivere.

 

Stronzo.

 

Ci avevo preso gusto ormai a scriverlo, il t9 ce l’aveva salvato in automatico. E dire che prima di iniziare a messaggiare con lui non lo usavo quasi mai.

 

Sei poco originale con gli insulti.

 

Sbuffai e riportai lo sguardo sullo schermo del pc, sul suo profilo facebook. Non aveva più la foto con quella Bìa in braccio, ma una foto in cui fumava di profilo. Era chiaramente sera ed era in strada, illuminato da un lampione che metteva in risalto i suoi lineamenti ed il fumo bianco davanti al suo viso.

Porco cavolo, come faceva ad essere così… così? Così maledettamente figo?

Ed è mio.

Non mi sforzai di trattenere un largo sorriso inquietante a quel pensiero.

Non lo avevo ancora aggiunto agli amici, ma stavo morendo dalla curiosità di sbirciare le sue foto e i suoi stati, quindi abbandonai l’orgoglio e cliccai sul tasto “aggiungi agli amici”. Per il suo bene gli conveniva accettarmi. O forse non gli andava di avermi tra i contatti perché non voleva che lo controllassi?

 

Non riesco a trovare un insulto più azzeccato. Accettami su facebook

 

Mi stava persino passando la rabbia, porca miseria. Non riuscivo quasi mai a restare arrabbiata per molto con lui.

Mi morsi il labbro inferiore incerta quando mi arrivò la sua risposta.

 

Perché dovrei?

 

Sapevo che stava scherzando e che mi stava provocando, ma per un attimo il dubbio che non volesse davvero accettarmi mi sfiorò la mente.

Facebook: la distruzione dei rapporti. Quel social network sarebbe stato la mia rovina.

 

Perché voglio pubblicarti tanti cuori in bacheca, no? :D Scemo. Accettami e basta, dai.

 

Rilessi il messaggio dopo averlo inviato e, deglutendo accaldata, mi accorsi del fatto che sarebbe potuto benissimo essere fraintendibile. Magari avrebbe davvero creduto che volevo mettermi a fare la fidanzatina appiccicosa che gli piazzava i cuori in bacheca.

Meglio precisare, non si sapeva mai:

 

Nel caso non l’avessi capito, stavo scherzando per la storia dei cuori.

 

Alzai lo sguardo sullo schermo del pc e la notifica “Lorenzo Latini ha accettato la tua richiesta di amicizia” apparve in quel momento.

Grazie al cielo. Sarebbe stato imbarazzante essere rifiutata su facebook dal proprio ragazzo. E avrei inevitabilmente pensato che avesse qualcosa da nascondere, tipo uno stato “impegnato” con Tizia, Caia o Sempronia.

 

Cazzo e io che ci speravo. Sei una stronza Puccio.

 

Ridacchiai come una povera deficiente con degli evidenti problemi mentali. Perché sorridevo e avevo il battito del cuore a mille? Il mio ragazzo mi aveva appena dato della stronza, non era molto lusinghiero. Eppure tra di noi sembrava un modo quasi affettuoso di chiamarci.

Bella roba, tu insulti lui e lui insulta te, una storia d’amore epica.

Mi sfuggì un gridolino scemo, mentre mi buttavo sul letto a pancia in su. Nemmeno la mia parte più acida poteva smontarmi in quel momento.

 

Mi dispiace di averti illuso :(

 

Qualcuno avrebbe seriamente dovuto aiutarmi a rinsavire. Dovevo rimettermi a cercare la mia sanità mentale, la mia dignità, la mia concentrazione, la mia responsabilità, la mia voglia di studiare.

 

Dovrai farti perdonare…

 

Oddio. Perché il mio cervello era partito in quarta con pensieri tutt’altro che casti? Merda.

Mi rialzai e tornai al pc, poiché stare sdraiata sul letto dove il pomeriggio prima ci eravamo dati alla pazza gioia non aiutava a farmi ragionare lucidamente.

 

Vedremo.

 

Decisi di restare sul vago, non avevo ancora del tutto deciso di perdonarlo per avermi distratta dallo studio il pomeriggio precedente. E non avevo ancora imparato a flirtare in modo decente.

Tornai sul suo profilo facebook e cliccai sul mouse per far scorrere le sue foto, trattenendo il ridicolo impulso di salvarle sul pc o di metterle sul cellulare.

Beh, una potevo anche salvarla magari… e metterla come sfondo del telefono. Non avevo nessuna sua foto e non era affatto giusto.

Scossi la testa. No, pessima idea: sarei morta di vergogna se lui si fosse accorto del fatto che tenevo una sua foto come sfondo. Avrei raggiunto un livello di pateticità estremo e, se possibile, preferivo tenermi su livelli più bassi.

Guardai tutte le sue foto profilo con un sorriso idiota in faccia, le unghie in bocca da mangiucchiare e le guance accaldate. Se mi fossi vista dall’esterno mi sarei vergognata: sembravo una bimbetta scema. O una psicopatica. Pazienza. Nessuno avrebbe mai saputo quanto ero assurda.

Il sorriso morì di colpo sulle mie labbra quando arrivai alla successiva foto. Lore era seduto su quello che mi sembrava il divanetto di una discoteca e aveva una ragazza mora sulle sue ginocchia, praticamente stravaccatagli addosso.

E mo’ questa chi diavolo è?

Lui era venuto indubbiamente bene, era schifosamente fotogenico, anche se aveva la solita aria scazzata. Aveva il mento sulla spalla di lei e le mani sulla sua pancia; il solo vederle mi fece venire la nausea. Cos’era, un gesto possessivo? Affettuoso?

Lei era venuta male, invece, cosa di cui ero decisamente contenta. Era appoggiata a Lore con la testa e aveva allungato un braccio all’indietro per passarlo dietro al suo collo. Era una foto della fine del dicembre 2008, ergo più di un anno prima. Io ero finita nella classe di Lore nel settembre 2009, quindi era un sollievo sapere che non l’avesse frequentata nel periodo in cui aveva iniziato a stare con me.

Lessi svelta i commenti, tutti complimenti per la foto, e mi soffermai in particolare su quello di una certa Erika Roncato.

“Sembro una drogata”, diceva con tanto di faccina a bocca aperta accanto. Sì, lo sembrava.

Io ero molto più carina, onestamente parlando. E avevo anche più stile, mi vestivo molto meglio. Comunque quello era nulla in confronto all’irritazione che mi causava il commento appena sotto, quello di Stefania Bassetti:

“Che belli siete? <3”

Della sabbia in un occhio mi avrebbe seriamente dato meno fastidio. Non erano belli per niente insieme, stonavano alla grande.

Ad ogni modo quel commento poteva voler dire solo una cosa: erano stati insieme. Per quanto tempo? Perché si erano lasciati e quando?

Oltretutto quello stronzo aveva messo un’immagine del profilo con quella, come minimo ne esigevo una anche con me.

Avvertii un forte senso di calore e fastidio alla bocca dello stomaco, molto diverso da quello provato prima. Era sciocco essere arrabbiata per una ex, era acqua passata e dovevo immaginare che non fossi la sua prima ragazza. Restava il fatto che sentivo di odiare con tutta me stessa quella tizia, la trovavo una stronza, una troia della peggior specie, pur non avendoci mai parlato.

Non sei giusta Alice, non ti ha fatto nulla. Sii obiettiva e pensa razionalmente.

Giusto. Ero intelligente e razionale, ero un essere umano in grado di pensare, non ero una scimmia senza cervello come Vergata. Non aveva senso odiare una ragazza che non sapeva nemmeno che esistessi.

Decisi di chiudere facebook e di guardarmi un po’ di televisione, notare tutti i commenti e i “mi piace” che lasciavano ragazze a me sconosciute sulla sua bacheca non mi aiutava a far scemare il fastidio.

Tuttavia, anche mentre guardavo un film sdolcinato, non potevo fare a meno di chiedermi quante ragazze avesse avuto prima di me. C’erano state altre ragazze serie? Anche a loro aveva detto di essere “fottutamente innamorato”? Dopotutto sarebbe stato sciocco credere di essere l’unica “speciale”.

Io, prima di Lore, non potevo vantare chissà quante altre esperienze. Avevo avuto un fidanzatino alle elementari, mi ero presa una cotta per un certo Francesco in prima media e poi mi ero innamorata di Matteo in seconda. Ero stata solo con lui, un continuo tira e molla fino alla terza superiore.

Che cavolo, in diciotto anni di vita con quante ragazze poteva essere stato? Era matematicamente impossibile che fossero così tante, avrebbe dovuto iniziare a frequentarne quando ancora beveva dal biberon e portava il pannolino!

Alzai un dito senza nemmeno rendermene pienamente conto: Bìa – alzai il secondo –, quella Erika – alzai il medio – e quella Elisabetta. Almeno tre erano sicure.

Per avere notizie su quelle o su altre sapevo a chi chiedere.

 

 

******

 

La campanella dell’intervallo suonò, ed io mi fiondai ad inseguire il mio obiettivo fino al cortile, benché si fosse riempito di fumatori come sempre. Difficile vedere la sua faccia, vista la nuvola bianca di fumo in cui eravamo avvolte.

-Ti prego, ti prego, ti prego!- Congiunsi le mani e sporsi il labbro nel tentativo di impietosire la mia interlocutrice. Di solito ero brava con le suppliche, ma Mel era un osso duro.

Melanie sbuffò e alzò gli occhi al cielo. -Ma perché non lo chiedi a lui, scusa?- Si accese un’altra sigaretta senza badare alla mia smorfia. Non sopportavo l’odore del fumo, se c’era una cosa che odiavo era sentirlo sui miei vestiti e capelli. Lore era una cavolo di eccezione, tanto per cambiare, lui mi avrebbe fatto sesso anche se puzzava di fumo o di sudore dopo aver giocato a calcio. Questo particolare evidenziava ulteriormente il mio disperato stato mentale.

-Scordatelo. Ti pare che gli chieda delle sue ex? Mi scoccia. E mi vergogno.- Lui a quel punto avrebbe potuto chiedermi dei miei e sarebbe stato mortificante dire che c’era stato solo Matteo. -E poi non deve capire che sono gelosa. Voglio sembrare indifferente e completamente a mio agio, sicura di me stessa e non paranoica. Allora?- Sollecitai impaziente.

Sospirò sconfitta e diede un calcetto ad un sassolino con la punta della scarpa. -Che cosa vuoi sapere?-

La fissai con aria seria e grave, quasi le stessi per comunicare che le restavano soltanto pochi giorni di vita. -Erika Roncato.- Quel nome gravò su di noi come una spada di Damocle e l’aria si fece più tesa di quanto già non fosse.

Lei spalancò la bocca e la richiuse. Poi la riaprì. Una reazione incoraggiante.

-È una storia lunga, Ali. Che non credo tu voglia sapere proprio in questo momento.-

-Certo che…- Interruppi la mia risposta quando mi indicò qualcosa alle mie spalle con un cenno della testa. Mi voltai e vidi Lore, Marchesi e Vergata non troppo distanti da noi, intenti a fumare e a parlare vicino ad una delle finestre del Natta, il liceo accanto al nostro.

Avrei anche potuto ignorarli e tornare a guardare Mel per riprendere la conversazione, se non mi fossi accorta di un piccolo, insignificante, ma tremendamente irritante dettaglio: c’erano delle ragazze affacciate alla finestra sopra di loro. Almeno una decina, tutte accalcate contro il vetro come degli animali in gabbia. Più che ragazze le avrei chiamate ragazzine, visto che non dovevano avere più di quindici anni. Cercavano in tutti i modi di attirare l’attenzione del mio ragazzo e degli altri due, spintonandosi tra di loro per farsi spazio.

Strabuzzai gli occhi incredula quando una ebbe il coraggio di appiccicare un foglio al vetro, con scritto a caratteri cubitali la parola “stupratemi”. Un’altra, con un pelo in più di dignità, si limitò ad attaccare un altro foglio con scritto il suo nome ed il suo numero di telefono. Santo Dio, quelle erano davvero le ragazze delle nuove generazioni?

Né Lore – per il suo bene –, né Vergata, né Marchesi si degnarono di guardarle grazie al cielo, sebbene si fossero accorti di aver suscitato un certo interesse dall’altra parte del vetro. La risata che stava trattenendo Vergata mentre continuava a chiacchierare e a fumare con nonchalance ne era la prova.

Una bimba più coraggiosa delle altre aprì la finestra per sporgersi e gridare, con mio immenso imbarazzo, “complimenti alla mamma!”. Ero abbastanza certa, tra l’altro, del fatto che la stronzetta si stesse rivolgendo a Lore, poiché stava puntando lui con lo sguardo.

I tentativi di Vergata di non ridere andarono a farsi benedire, mentre Lore sembrava essere un misto tra il divertito e l’irritato.

Mi sforzai di mantenere la calma, dal momento che non potevo di certo essere gelosa di un gruppo di ragazzine senza un briciolo di cervello e amor proprio. Inoltre erano state bellamente ignorat… un momento. Vergata ghignò in un modo che non mi piacque per nulla e si diresse a passo lento e studiato verso di loro. Quelle iniziarono subito a starnazzare quasi avessero avuto Brad Pitt, Johnny Depp o chi altri sotto la finestra.

Dopo un primo momento di incertezza, Lore e Marchesi scrollarono le spalle e lo imitarono, tenendosi comunque a debita distanza dalle piccole psicopatiche.

-Non vai a marcare il territorio?- Mi chiese Mel dandomi un leggero colpetto sul braccio per richiamare la mia attenzione.

-Perché dovrei?- Dissi tra i denti, osservando come quei tre avevano iniziato a parlare con quelle tizie. Qualcosa mi diceva che le stessero prendendo in giro fingendosi interessati a loro, restava il fatto che mi stava dando un fastidio tremendo vederle mentre ci provavano con Lore. Non ero tanto diversa da lui, tutto sommato. L’unica differenza era che lui la sua dannata gelosia la mostrava senza problemi, io non ne ero capace. Non ero tipo da fare sceneggiate, ero il tipo che gli avrebbe messo il muso e non gli avrebbe rivolto la parola per almeno un giorno.

-Torniamo in classe?- La implorai con impazienza, staccando a fatica lo sguardo dalla biondina che aveva riso e sbattuto le ciglia al mio ragazzo. -Così continuiamo il discorso di prima.- Il discorso su quella Erika-come-cavolo-si-chiamava, che ora non mi pareva più così interessante rispetto al resto. Non avrei mai dato a quello stronzo la soddisfazione di vedermi gelosa, non avrei fatto la fidanzatina possessiva che lo andava a prendere per i capelli e gli impediva di parlare con le altre ragazze.

Dopo un attimo di perplessità, Mel annuì comprensiva e buttò a terra la sigaretta per spegnerla. -Andiamo.-

Mentre cercavo di ripetermi che non dovevo arrabbiarmi per quello che avevo visto, digrignai i denti e mi sforzai di ascoltare le successive parole della mia amica.

Non ero abituata ad essere così gelosa di un ragazzo, mi era capitato di esserlo solo delle mie amiche, quando magari facevano nuove amicizie. Avevo sempre avuto la tendenza ad attaccarmi molto alle persone a cui volevo bene e ad ingelosirmi nel momento in cui qualcuno ‘minacciava’ di portarmele via.

-Dunque… all’inizio della terza Andre stava con una ragazza, Stefania.-

Mi voltai a guardare Mel perplessa, senza capire cosa c’entrasse quello con Lore e la sua ex ragazza. La lasciai proseguire senza fare domande, ricordandomi improvvisamente di quel commento che tanto mi aveva irritata su facebook, scritto proprio da una certa Stefania.

-E visto che Erika, la migliore amica di Stefania, era carina e single, Andre ha deciso di presentarla a Lore.- Si sedette sul calorifero in corridoio, gettando una rapida occhiata all’orologio analogico del suo cellulare.

-Era qualcosa di serio?- Non riuscii a trattenermi, chiederlo fu più forte di me. Ebbi una paura tremenda della risposta, non avevo la certezza che Lore non si fosse innamorato seriamente altre volte prima di me.

Mel mi lanciò di sottecchi un’occhiata divertita. -Ho appena iniziato, le domande alla fine.- Ridacchiò e sospirò. -Comunque no, non lo era. Né per Andre, né per Lore.-

Sentire uscire dalla sua bocca quelle parole mi fece affrontare il resto della storia con uno spirito diverso, decisamente più ottimista e rilassato. Se avessi scoperto che quella Erika fosse stata in qualche modo importante per Lore… l’avrei presa sicuramente male.

Mel tirò su una gamba e poggiò la caviglia sopra il ginocchio dell’altra, giocando distrattamente con i lacci delle scarpe. -Infatti, dopo appena due mesi Andre si è scocciato e ha lasciato Stefania.- Attorcigliò un laccio con un dito ed increspò le labbra. -Lei era molto presa e non ha reagito bene.-

Ahia. A giudicare dalla sua espressione le cose non erano andate molto bene.

Probabilmente c’era stato un brutto litigio tra i due e Lore doveva aver preso le parti di Vergata, mentre Erika della sua amica. Tutto tornava.

-Stefania non è proprio riuscita a farsene una ragione, ha iniziato a perseguitarlo, a chiamare a casa sua anche ad orari improponibili, a tempestare di messaggi lui, Lore e Lele per sapere dove fosse o cosa facesse, a seguirlo, a minacciare le ragazze con cui parlava…- Mel s’interruppe e non fu necessario che lo disse esplicitamente a voce, intuii subito che anche lei doveva esser stata infastidita da quella tizia.

-Gli scriveva anche messaggi piuttosto preoccupanti, del tipo “ti rovinerò la vita” o “me la pagherai”.-

Porca miseria. Mi sedetti accanto a lei, sempre più inquietata da quanto stavo ascoltando. Quella tizia era una mezza pazza insomma, con chi cavolo si era andato a mettere Vergata?

Lei si grattò la fronte pensierosa ed inclinò di poco la testa. Alcuni capelli castani le ricaddero scompostamente sul viso angosciato a quel gesto. -All’inizio Andre l’aveva presa sul ridere, sai come è fatto, difficilmente prende qualcosa sul serio. La lasciava fare, era infastidito, ma credeva che se ne sarebbe fatta una ragione e prima o poi avrebbe smesso.-

Così non era stato. Non c’era bisogno che lo dicesse per capirlo, il silenzio che seguì fu sufficientemente eloquente.

-Poi però Stefania ha iniziato a perseguitare anche la sorellina di Andre, Elena, perché voleva che l’aiutasse a rimettersi con lui.-

-Oddio.- Strabuzzai gli occhi sconvolta, cercando di immaginarmi quanto doveva essere stato brutto per la sorella di Vergata trovarsi coinvolta in una faccenda del genere.

-Elena all’inizio non l’ha detto al fratello per non farlo preoccupare, ma era seriamente spaventata e alla fine è scoppiata a piangere davanti a lui e gli ha raccontato tutto. Andre si è incazzato tantissimo, non credo di averlo mai visto così furioso. Vuole un casino di bene alla sorella.-

Un vero e proprio caso di stalking, santo cielo. Quella ragazza poteva essere seriamente disturbata, ossessionata da lui, Vergata avrebbe dovuto senza alcun dubbio denunciarla.

Mi morsi il labbro e sfregai nervosamente i palmi delle mani sui jeans, chiedendomi fino a che punto si sarebbe spinto quel racconto e in che modo c’entrassero Lore ed Erika.

-L’ha chiamata e le ha intimato di smetterla, altrimenti l’avrebbe denunciata.-

Non era la fine, il viso scuro di Mel lasciava presagire qualcosa di ben peggiore.

-L’ha lasciato in pace per un po’. Dopo qualche settimana, però, si è messa con un altro, a cui deve aver raccontato un sacco di stronzate su Andre e sul fatto che fosse lui a perseguitarla.-

Sbattei le palpebre allibita, convinta di aver capito male. Più speranzosa che convinta, quella Stefania non poteva essere davvero così folle.

-Così Andre è stato chiamato da questo tizio, il ragazzo di Stefania, che ha minacciato di ammazzarlo se non avesse smesso di dar fastidio alla sua ragazza.-

Oh cavolo. Se non fosse stata una storia vera sarei scoppiata a ridere per l’assurdità della cosa, tutto quello non aveva senso! Stefania aveva perseguitato Vergata ed era andata a raccontare il contrario al suo nuovo ragazzo? Ma che problemi aveva?!

Rabbrividii al pensiero che quella tizia fosse libera di scrivere su facebook “ma che belli siete?” sotto una foto di Lore e non chiusa in qualche clinica psichiatrica.

La campanella suonò, ma sia io che Mel la ignorammo. Lei era talmente presa dal ricordo di quanto successo che non sembrava essersi nemmeno accorta del rumore.

Scrollò le spalle e sospirò. -Per farla breve Andre è stato pestato a sangue da lui e da altri tizi che lo accompagnavano.-

Mi portai una mano alla bocca, sconvolta. Con un pizzico di cattiveria del tutto fuori luogo mi chiesi se per caso fosse quello il motivo dell’idiozia di Vergata, forse qualche botta in testa… Deglutii e mi rimproverai mentalmente per la mia mancanza di delicatezza: quanto era successo a Vergata era terribile, non avrei mai potuto immaginare niente del genere.

Certo, conoscendolo, doveva aver trattato di merda quella Stefania, forse l’aveva scaricata dopo averla illusa, ma nulla giustificava quel comportamento da psicopatica, né la violenza.

-Lo hanno preso un sabato sera di un anno e mezzo fa, da solo, quando stava tornando a casa ed erano in quattro. A scuola l’anno scorso non si è parlato d’altro per giorni e giorni, tra professori e genitori. È stato in ospedale per un po’.-

-Ma… li ha denunciati, no?- Domandai con un filo di voce, arricciando il naso in direzione di due rumorosi ragazzi davanti a noi nel corridoio.

-Sì, li ha denunciati.- Mel rilassò le spalle. -Comunque, tornando al discorso Erika Roncato, Erika ha dato ragione all’amica, sostenendo che fosse innocente e non c’entrasse con il pestaggio di Andre. Puoi immaginare come siano andate poi le cose; Lore l’ha lasciata senza pensarci due volte, non risparmiandosi qualche bell’insulto a quanto ne so.-

Spostai la mia attenzione su alcuni ragazzi che si accalcavano per rientrare nella classe accanto alla nostra, senza vederli davvero. Era terribile quanto successo a Vergata. E quella Erika era folle almeno tanto quanto la sua amica, come poteva giustificarla e difenderla in quel modo?

Mi chiesi cosa avrei fatto io al posto suo, se a fare una cosa del genere a Vergata fosse stata Angelica. Rabbrividii e scossi la testa; non volevo nemmeno prendere in considerazione un’idea del genere.

Istintivamente mi chiesi se Angie fosse a conoscenza di quella storia e se fosse il caso di raccontargliela. Dubitavo lo sapesse. Vergata non sembrava il tipo da farle discorsi tanto lunghi, seri e personali. Era più il tipo che al massimo le avrebbe detto “io uomo, tu donna: scopiamo”. Probabilmente voleva dimenticare quella brutta faccenda, o forse l’aveva già fatto.

-Per un certo periodo Andre e Lele hanno avuto paura che Erika reagisse come Stefania dopo che Lore l’aveva mollata. Fortunatamente non si è più fatta sentire- Proseguì Mel con calma, scendendo dal calorifero con un piccolo saltello.

Mi morsi il labbro e strinsi le mani sul freddo bordo del termosifone. Se fosse successa una cosa del genere a Lore… mandai giù un nodo fastidioso alla gola, sentendomi male al solo pensiero. Pur essendo totalmente contraria alla violenza, se mi fossi trovata davanti quella Erika l’avrei presa a calci sui denti, senza alcun tentennamento.

-Quindi… ora è tutto a posto? Voglio dire, Vergata sta bene, non ha subito danni permanenti? E quelle due tizie sono sparite?- Abbassai la voce quando vidi sbucare Lore, Vergata e Marchesi in fondo al corridoio. L’ultima cosa che volevo era essere beccata a parlare di loro con Mel.

-Direi di sì, che io sappia le cose sono tornate a posto.-

Seguì un breve momento di silenzio, spezzato solo dal rumore dei passi dei nostri compagni di classe. In qualche modo mi pentii di aver chiesto alla mia amica di raccontarmi quella storia, avrei preferito che fosse Lore a parlarmene, anche se dubitavo che di sua iniziativa mi avrebbe mai raccontato qualcosa di sé.

Ad interrompere il corso dei miei pensieri fu il prof di Diritto che, neanche tanto gentilmente, ci esortò a rientrare in classe minacciandoci di segnarci assenti sul registro. Un amore d’uomo.

Sospirai e ripresi posto al mio banco; la rabbia provata poco prima in cortile per via di quelle ragazzine era solo un lontano ricordo, la mia mente era stata rapidamente assorbita da altro.

Lore aveva lasciato Erika per via della sua amicizia con Vergata, ma se tutta quella faccenda con Stefania non fosse successa, sarebbe stato ancora con lei?

Affondai i denti nell’estremità della matita e mi sforzai di concentrarmi su quanto il prof stava scrivendo alla lavagna. Farsi domande del genere non aveva senso, le cose erano andate così e basta. Mel, inoltre, aveva detto che per lui non era stata una storia importante, preoccuparsi era inutile e deleterio.

Piuttosto avrei dovuto pensare a cosa mettermi quel sabato sera, per la festa dell’amico di Lore. Volevo fare una buona impressione sui suoi amici ed essere bella per lui, ma non intendevo certo assomigliare ad una, come dire, passeggiatrice notturna. Avevo un paio di abitini perfetti per l’occasione, quella sera avrei dovuto far le prove sia per il vestito che per il trucco, le scarpe e i capelli.

Al cambio d’ora mi alzai con un’espressione pensierosa stampata in faccia. Era difficile non focalizzare i miei pensieri sul racconto di Melanie e non potevo negare che quello che aveva detto aveva reso Vergata più tollerabile ai miei occhi. Chissà come sarebbero andate le cose tra lui e Angelica; la mia amica sembrava veramente presa da lui, forse anche troppo, ma era ricambiata?

Feci un respiro profondo e tornai a concentrarmi sulla serata che mi aspettava sabato. Non vedevo l’ora che arrivasse, non vedevo l’ora di uscire finalmente con lui. Certo, ci sarebbero stati i suoi amici, ma quello era comunque a tutti gli effetti il nostro primo appuntamento.

Senza pensarci, dimentica di quanto successo in cortile poco prima e di quanto raccontatomi da Mel, feci spontaneamente scivolare le mie braccia sulle spalle e sul petto del mio ragazzo, abbracciandolo da dietro mentre era ancora seduto al suo posto. Bellissimo. Avevo un bisogno quasi disperato e doloroso di toccarlo.

Fu come se tutti i problemi del mondo sparissero in quell’esatto istante; sentire il suo corpo contro il mio, il suo profumo, la sua presenza, mi fece girare la testa, battere all’impazzata il cuore e sospirare felice al tempo stesso.

Lo sentii sussultare un po’ sorpreso al contatto, ma miracolosamente non si ritrasse. Si voltò e piegò le labbra in un mezzo sorriso. -Ehi.- Inarcò un sopracciglio interrogativo, -Com’è che non sei incazzata ora?-

Arrossii quando mi resi pienamente conto del mio gesto. Mi sentivo sempre così quando azzardavo un gesto affettuoso nei suoi confronti, come se stessi sbagliando qualcosa.

-In realtà sto meditando di strozzarti.- Ne approfittai per stringerlo più forte, avvertendo una dolorosa fitta di piacere allo stomaco. Oh Dio, non in quel momento, non a scuola.

Rise e percepii il suo petto e le sue spalle sussultare. -Ora ha più senso.- Mi afferrò le braccia con le mani, attirandomi di più a lui con l’intenzione di baciarmi, la testa inclinata verso di me ed un sorrisetto odioso sul viso.

Quanto cazzo lo odiavo e amavo, come era possibile? Avrei voluto baciarlo, ma sapevo che, se lo avessi fatto, inevitabilmente mi sarebbe venuta anche la voglia di scendere con le labbra sul suo mento, sul suo collo, sul suo petto… non mi sembrava decisamente il caso, non davanti a tutti.

Mi strozzai con la mia stessa saliva, come un’idiota, e mi ritrassi in fretta e goffamente all’ultimo, cercando con quel poco di dignità che mi restava di non fargli capire quanta voglia avessi di lui. Tentativo fallito, visto che stava nuovamente ridendo. Oh, ma che bastardo!

Mi raschiai la gola con un colpo di tosse. -Avete fatto qualche conoscenza interessante prima?- Ero riuscita a non balbettare e ad usare un tono di voce neutro, ero fiera di me.

Il suo sorriso si spense e lasciò posto ad un’espressione interrogativa. Merda. Lore non mi aveva vista prima in cortile con Mel, non sapeva che io avevo assistito al tutto. Figura della patetica fidanzatina gelosa: la stavo facendo alla grande!

Quando comprese a cosa stessi alludendo, non trattenne un ghigno ben poco promettente. -Le stavamo prendendo per il culo. Non ti avrà mica dato fastidio?-

Sì, pezzo di idiota, certo che mi ha dato fastidio, sei il mio ragazzo e non voglio che delle ochette ci provino con te, va bene?

Abbassai lo sguardo e mi controllai le unghie con nonchalance, non mostrando alcun tipo di coinvolgimento emotivo. -Assolutamente no. Perché avrebbe dovuto darmi fastidio?-

Storse le labbra verso il basso, in una smorfia pensierosa, ed alzò lievemente le spalle. -Che ne so, chiedevo. Meglio così, una di loro voleva il mio numero e, dato che non mi sembrava particolarmente male, gliel’ho lasciato.-

Sollevai la testa così di scatto che fu impossibile continuare la mia recita. Non potevo sembrare indifferente alla cosa, non quando un’evidente furia omicida aveva preso possesso del mio volto. -Tu cosa?!- Strillai senza accorgermene.

Ora, io ero una persona estremamente comprensiva (magari anche no, va beh), ma non poteva assolutamente pretendere che non mi arrabbiassi per una cosa del genere! Che diavolo, volevo vedere come avrebbe reagito lui se avessi iniziato a dare il mio numero a perfetti sconosciuti interessati a me.

-Qual è il problema? Hai detto che non ti dava fastidio.- Gli riusciva bene la parte dell’ingenuo, peccato che i suoi occhi diabolicamente divertiti lo tradissero.

-Vaffanculo.- Strinsi le mani a pugno e socchiusi gli occhi.

-Stavo scherzando.-

-Vaffanculo comunque!-

Fece roteare gli occhi divertito. -Cazzo se sei permalosa.-

Permalosa io? Per tutta risposta presi l’astuccio di Lele dal banco vicino e glielo tirai amichevolmente addosso. Gli era andata pure di lusso, contando il fatto che fosse chiuso e non si fossero sparse in giro le penne al suo interno.

-Quanto amore- Scherzò Lele, arrivato giusto in tempo per assistere al mio gesto affettuoso e non protestando per il modo in cui era stato trattato il suo astuccio. -Che hai fatto stavolta, Lore?-

Senza abbassare le braccia che aveva saggiamente utilizzato per difendersi, Lore alzò un sopracciglio risentito. -Perché parti sempre dal presupposto che sia stato io a sbagliare? È lei che è pazza! Mi ha lanciato un fottuto astuccio addosso!-

-Oh, poverino!- Lo presi in giro, afferrando il pesante libro di storia dal banco di Vergata – sorprendente il fatto che la Scimmia lo avesse portato a scuola! – e rigirandomelo tra le mani con aria diabolica. A chi aveva detto pazza?

Lele non riuscì a trattenere una risata. -Perché Ali non farebbe male ad una mosca, attacca solo se provocata.-

Amore immenso per Lele, quell’uomo aveva capito tutto della vita, avrebbe dovuto scrivere un manuale su come trattare una donna. Commossa e con due cuori al posto degli occhi, misi giù il libro-arma e allargai le braccia per buttarmi su di lui ed abbracciarlo. -Oh, grazie Lele, tu sì che mi capisci! Scappiamo a Las Vegas e sposiamoci!-

Lui si schiarì la voce a disagio e, probabilmente, un pelino preoccupato per via dell’occhiata assassina che ricevette da Lore.

-Uhm, sì.- Mi diede una goffa pacchetta sulla spalla e tossì di nuovo. -Ah, ho saputo che verrai anche tu sabato, Ali.- Disperato ed evidente tentativo di cambiare argomento e di farmi allontanare per evitare di essere ucciso dal suo migliore amico. Sciolsi l’abbraccio ed annuii.

-Già. Posso almeno sapere qualcosa del festeggiato? Devo prendergli un regalo?- Guardai prima Lele, poi Lore, aggrottando la fronte pensierosa. Non avevo affatto pensato a quell’inconveniente, non era mia abitudine imbucarmi alle feste a mani vuote.

-Ma va, ma che cazzo te ne frega, manco lo conosci.-

Riservai un’occhiataccia al mio ragazzo e attesi la risposta più saggia ed esplicativa di Lele.

-No, tranquilla, non serve. Al massimo aggiungiamo il tuo nome sul biglietto del regalo se vuoi, ma non devi comunque dar nulla.-

Ci pensai su e decisi che non mi sembrava affatto il caso di far aggiungere il mio nome su un biglietto per uno sconosciuto, tantomeno di spacciare per mio un regalo che non avevo contribuito ad acquistare. Mi sarei pagata io l’ingresso e il drink e non avrei mangiato la torta, fine della storia.

Scrollai le spalle ed appoggiai le mani sul banco davanti a me. -Non importa.- Sentii qualcosa vibrare sotto i miei palmi ed abbassai istintivamente gli occhi sullo schermo del telefono di Lore. Prima che potessi osservare con attenzione cosa ci fosse scritto, una mano lo spostò via dal mio campo visivo.

-Chi è Giorgia?- Chiesi di getto, incapace ancora una volta di contenere la curiosità – e la gelosia.

Lore sbloccò distrattamente la tastiera e lesse di sfuggita quello che doveva essere un messaggio. -Un’amica- Rispose semplicemente, infilando il cellulare nella tasca anteriore dei jeans.

-Uh, quella Giorgia?- S’intromise Vergata, sbucato dal nulla, dopo essersi buttato sulla sua sedia con la grazia di un gorilla. Quel commento non piacque né a me, né a Lore, che socchiuse gli occhi con aria minacciosa e si protese verso di lui. -Finiscila, cretino.-

Lo ignorai e mi rivolsi a Vergata. -Quale Giorgia?- Avvertii una spiacevole e dolorosa fitta di fastidio al pensiero di quante ragazze scrivessero al mio ragazzo e fossero sue “amiche”.

-Sta facendo il coglione- Commentò ancora Lore infastidito, fissando con insistenza il proprio amico.

Vergata rise ed incollò – che essere disgustoso! – la sua cicca* sotto il banco dopo averla tolta di bocca. -Oh e fattela una risata Lore, non hai più senso dell’umorismo! Ti stavo prendendo per il culo, Puccio. Volevo vedere come avresti reagito, non ho idea di chi sia Giorgia- Spiegò scrollando le spalle ed appoggiando le scarpe sul banco.

Cazzate, non ero ingenua fino a quel punto. Si era corretto all’ultimo, aveva inventato quella scemenza dopo aver visto la reazione di Lore e credeva che non me ne sarei accorta.

Rimasi in silenzio per una manciata di secondi, desiderosa di sbottare e chiedere spiegazioni, ma consapevole del fatto che, se lo avessi fatto, sarei sembrata una patetica fidanzata insicura e gelosa. Senza contare che lo avrei fatto arrabbiare.

La campanella suonò e decisi di lasciar correre per il momento, ma la faccenda non era chiusa e avevo tutta l’intenzione di far luce sulla cosa.

 

 

 

*Note dell’autrice più ritardataria del mondo*

 

Alloooora. Prima che vi venga voglia di lanciarmi pomodori – o astucci e libri come nel caso di Ali con Lore – lasciate che vi dica che è stato davvero un anno stancante per me, tra alti e bassi, studio e lavoro, casini a casa e casini con amici. Ho avuto poco tempo per scrivere, poca ispirazione e troppi problemi personali. È brutto dovermi giustificare ogni volta, lo so, ma sento di doverlo fare perché mi dispiace farvi attendere. Purtroppo non posso fare diversamente, mi piacerebbe poter scrivere e pubblicare sempre, ma questo non è il mio lavoro e devo pensare prima di tutto alla vita vera.

Sono sincera quando dico che mi dispiace avervi fatto attendere tanto e che mi siete mancate. Mi è mancato pubblicare su efp in generale e mi sono mancati anche Lore e Ali, che sono sempre i due soliti idioti che conoscete – spero.

Nei mesi scorsi ho aggiornato The unexpected life of Emma Wimsey e conto di aggiornare presto anche Time is running out e la storia dal punto di vista di Lore.

Fatta questa premessa, ci sono un paio di cose che vorrei dire su questo capitolo, prima fra tutte la storia di Vergata che, attenzione, è vera.

È stato difficile parlarne perché è una cosa che mi ha toccato personalmente dal momento che ad un ragazzo che conosco è successo realmente quello che ha “raccontato” Mel. Perché l’ho scritto? Perché penso che questa brutta storia meritasse di avere un po’ di “attenzione”, perché purtroppo non esistono solo stalker uomini che non si rassegnano alla fine di una relazione, spesso capitano anche queste situazioni inverse.

Chiusa questa parentesi, questa storia ha influito ovviamente su Vergata e, di conseguenza, influenza il suo rapporto con Angelica che, ve lo dico io, non sa nulla di Stefania.

La seconda cosa “vera” è la storia delle tizie che scrivono “stuprami” su un foglio di carta alla finestra per attirare l’attenzione di un ragazzo. Quando ho visto fare questa cosa nella mia vecchia scuola da delle ragazzine di prima mi sono sentita veramente a disagio per loro.

Nel prossimo capitolo ci sarà questa benedetta festa – perdonatemi ho dovuto tagliarlo perché quel pezzo è da riscrivere e sistemare – e, come molte sanno per via dello spoiler letto nel mio gruppo facebook, Lore e Ali litigheranno.

Perché? Vedrete (:

Nel frattempo accetto ipotesi, a chi indovina potrei inviare uno spoiler in privato ;)

Ah e potete provare ad indovinare anche chi sia Giorgia. È la persona più insospettabile del mondo, molto probabilmente quando lo scoprirete penserete il classico “WTF?!” :D

Ultime due parole e poi la smetto di blaterare, vorrei linkarvi due cose a cui tengo molto, la prima il FORUM che tempo fa due mie carissime amiche, Dids e Bea, hanno creato per le mie storie. Stiamo pensando di rianimarlo, ci aggiungerò spoiler e tante curiosità sui personaggi. Per ora è un “work in progress”, ma se vorrete visitarlo e iscrivervi per fare quattro chiacchiere ne saremo più che liete :)

La seconda è una OS qui su EFP che mi è piaciuta tantissimo e di cui sto aspettando il seguito che, forse, arriverà. Ci tengo a linkarvela perché credo meriti molto, è scritta bene ed emoziona, anche se l’autrice, una broccola di nome Beatrice, non lo pensa (:

Beeene, ho finito! Non dico “farò il possibile per aggiornare presto” perché credo porti sfiga, voi che dite? Facciamo che non dico nulla! :D

Un bacione grande e un GRAZIE di cuore, davvero. Mi sembra di non dirlo mai abbastanza, ma vi sono infinitamente grata per il vostro sostegno e affetto. Colgo l’occasione per ringraziarvi anche dei messaggi che mi avete mandato, sia qui che su facebook, prima o poi spero di riuscire a rispondere a tutte! (e anche alle recensioni, non perdete la speranza!)

Bec

 

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