Hesitant Zombie

di sassafras
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .Weighted. ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo ***



Capitolo 1
*** .Weighted. ***


.Weighted.




Gerard Way fissava l'entrata della mensa.

Al suo fianco, il fratello Michael copiava i compiti di trigonometria sputacchiando la sua Coca Cola ogni volta che Bob Bryar iniziava a imitare quel suo compagno di classe fissato con la musica techno.

Ray Toro, invece, sedeva silenziosamente. Era un'altra delle sue giornate difficili.

E poi lo vide entrare. Esile, spaventato, con quella singolare tristezza e quel pallore che Gerard riconobbe subito.

Immediatamente, con la stessa velocità con cui un viso si riflette allo specchio, sentì il proprio cuore stringersi.

Il ragazzo rimase immobile all'entrata della mensa. Si guardava intorno, smarrito ma calmo. Come se il tempo non esistesse più. Era uno degli effetti collaterali di essere morto.

- Gerard? - lo chiamò Bob.

Gerard continuò a guardare negli occhi il ragazzo finché i loro sguardi non si allinearono.

Fu come vedere per la prima volta qualcosa che avesse senso in un mondo generato da confusione. Fu il punto fermo in mezzo al movimento. L'unico sole nel cielo che illumina proprio *te.

Al ragazzo ci vollero forse venti secondi prima che iniziasse a muovere qualche passo in direzione del loro tavolo. Sembrava muoversi al rallentatore e non curarsene di tutte le spallate e vassoi che per poco non gli si erano rovesciati addosso mentre con una mano si reggeva lo zaino sulle spalle. E non si sforzava di sorridere. Rimaneva spento. Morto.

- Gerard? - insistette Bob, quasi rovesciando la bottiglietta di sangue da quanto si era sporto.

I suoi occhi non si schiodarono dal ragazzo. Era come se ogni centimetro del suo corpo li catalizzasse.

Il ragazzo gettò lo zaino su una sedia vuota. Guardò per qualche secondo Gerard prima di scostare dolorosamente l'attenzione da lui. Gettò un'occhiata agli altri, che lo fissavano senza parole, spiazzati dalla sua improvvisa comparsa.

- Sono Frank Iero. - disse. La sua voce era roca, bassa e piatta. Le sue labbra pallide rimanevano leggermente socchiuse alla fine di ogni frase, - Sta mattina mi è stato detto che sono figlio della Morte ed è per questo che mi trovo qui. Piacere. -


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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


.2.


Fu così che Frank Iero scivolò nelle loro vite. Aveva quell'espressione, sempre seria, vagamente infastidita. Quegli occhi verdi e opachi, quasi sempre rivolti in basso; quel corpo di bassa statura coperto di tatuaggi che gli dava involontariamente un'aria aggressiva. Quella voce bassa.

Cominciò a riempire le loro orecchie, ad attirare la loro attenzione. Bastò solo mezz'ora e poche parole. A dire il vero, Frank non spiegò quasi nulla di se. Alla domanda di Michael su perchè non si fosse servito alla mensa, Frank rispose che non aveva fame perchè era morto.

Bob aveva quasi sorriso. Bob sorseggiava sempre del sangue dalla sua bottiglietta di vetro, e nessuno di loro era tenuto a sapere da dove questo provenisse. Bob era una persona trasparente, sincera e davvero un buon amico; quello del sangue era il suo unico segreto. Ma ne aveva davvero bisogno. Era l'unica cosa che il suo metabolismo riuscisse a digerire. Aveva quel problema dalla nascita, insieme a dei canini leggermente sporgenti che Madre Natura gli aveva donato senza mettere in conto l'educazione di Bob, che non avrebbe mai azzannato anima viva.

Ray Toro, invece, era costretto a prendere un antidoto da quando aveva avuto un incidente da piccolo nella Foresta Nera. La madre aveva infatti notato un'anomala crescita di peluria su tutto il suo corpo una volta al mese, e dopo diverse visite e prescrizioni Ray Toro era finito in quella scuola, insieme a loro. Aveva passato due mesi senza prendere alcun tipo di antidoto ma poi aveva deciso di riprendere il trattamento. Lo seguiva ogni giorno. E le dosi aumentavano continuamente, in quanto il suo corpo opponeva resistenza, strappando sempre di più ciò che era rimasto della magnifica personalità di Ray Toro. Di fronte allo sviluppo delle cose, l'unica cosa che Gerard riusciva a fare era ritenersi fortunato per averlo conosciuto prima che si trasformasse davvero, con tutte quelle gocce, pastiglie e iniezioni, in un corpo vuoto.

-Che corso hai adesso? - chiese Gerard, alzandosi in piedi un secondo prima che la campanella suonasse.

Frank sollevò lo sguardo mentre la campanella iniziava a trillare.

Era la prima volta che Gerard gli rivolgeva la parola.

-Non lo so. - bofonchiò infine.

-Posso avere il foglio dei tuoi orari? - domandò quindi, allungando una mano.

Frank lo tirò bruscamente fuori dallo zaino, quasi strappandolo. Glielo consegnò.

Gerard cercò di spiegarlo, leggendolo in velocità: - Hai storia. Però la prossima ora di lezione, trigonometria, ce l'hai con me. Se vuoi ti accompagno all'aula di storia. -

-Va bene. - acconsentì in tono piatto. Si alzò in piedi artigliando lo zaino.

Gerard quasi si spaventò.

-Ci vediamo. - disse Gerard, rivolgendo un cenno di saluto agli altri.

-Già, ci vediamo. E' stato un piacere, uhm, Frank. - farfugliò Mikey.

Bob sfiorò una spalla di Ray, sospingendolo nella direzione giusta, e se ne andarono tutti e tre.

-Seguimi. - ordinò Gerard, dopo aver lanciato un'occhiata a Frank. Uscì dalla mensa e quando tornò a guardarsi alle spalle quasi si stupì di trovare Frank. Non si era aspettato davvero che lo seguisse. Era imprevedibile, come un qualche animale.

Gerard si sentiva nervoso. Non gli succedeva spesso, ma quel ragazzo era appena riuscito a spaventarlo e attirarlo nella medesima frazione di secondo e si sentiva girare la testa. Si sarebbe voluto voltare per fermarsi ad ammirarlo ma allo stesso tempo temeva che lo ferisse o facesse qualcosa di pericoloso. Frank, si intende. Gerard aveva da sempre avuto un ottimo autocontrollo, e forse era proprio quello a spaventarlo, ovvero la prospettiva di trovarsi di fronte a qualcuno di così diverso da lui. Strano che tali timori sopraggiungessero solo adesso, dopo che aveva passato tre anni circondato da esseri perlopiù privi di spiegazioni scientifiche.

Cercò di convincersi del fatto che non fosse pericoloso. Che se la preside (per quanto svampita) aveva ritenuto Frank idoneo a partecipare alla vita in quella nuova scuola allora non doveva essere così minaccioso.

Si bloccò bruscamente di fronte all'aula di storia e Frank andò a sbattere piano contro di lui.

Gerard quasi urlò. Lo fissò negli occhi quasi vitrei e poi abbassò lo sguardo, sentendo di essere troppo sfacciato. - Siamo arrivati. Buona- lezione. -, balbettò. Quando riuscì a risollevare lo sguardo Frank era già sparito.


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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


.3.


L'ora di trigonometria fu faticosa. Passò lenta, ma allo stesso tempo veloce. Invece che durare un'ora fu come se durasse tre lenti e pesanti minuti. La professoressa Ferguson presentò alla classe Frank Iero, senza specificare nulla sulla sua natura. La discrezione dei professori era forse l'unica cosa che Gerard apprezzava di quella scuola.

Non si parlarono per tutta l'ora di lezione però Gerard non smise nemmeno per un secondo di pensare a Frank Iero. Cercò di immaginarsi come fosse morto, com'era stato, come si sentiva, come vedeva Gerard – si chiese se dormisse nel suo stesso dormitorio. Probabilmente sì, del resto chi avrebbe mai potuto spiegare a dei genitori che il figlio morto non è davvero morto?

Però non osò chiedergli nulla.

A fine lezione lo salutò e Frank (senza ricambiare) se ne uscì semplicemente dal suo campo visivo per il resto della giornata.

Più tardi, alle tre e mezza, Gerard si distese sul letto della sua stanza di dormitorio. Quella era la sua casa da quando aveva quindici anni. E la sua famiglia era da sempre stata nient'altro che Michael. Da piccoli erano stati lasciati anonimamente in un orfanotrofio e dopo aver subito numerosi test del DNA i medici avevano semplicemente dichiarato che apparentemente non erano imparentati (a parte fra di loro) con nessuno. Nessuna compatibilità con nessun essere umano. Micheal e Gerard avevano da sempre cercato una risposta, una soluzione, un motivo, ma man mano che gli anni passavano e i medici continuavano a scuotere rassegnati la testa, il loro folle bisogno di sapere era sfumato in una cupa rassegnazione. Che a volte, dopo dei strani incubi, diventava vera e propria paura.

La cosa più frustrante era che non presentavano alcun tipo di anomalia. Il loro corpo- i loro organi, le loro ossa, erano stati assemblati a perfetta immagine e somiglianza di ogni altro essere umano. Il loro quoziente intellettivo era nella norma, la loro mente non presentava disturbi. L'unico difetto era quello di essere stati generati dal nulla. O perlomeno, nulla di conosciuto.

-Oh, ciao. - lo salutò Michael dopo aver aperto la porta del dormitorio senza nemmeno bussare. Non lo faceva mai, a dire il vero.

-Ciao, Mikey. -

-Ero andato in biblioteca con Ray. Oggi non è proprio giornata per lui, nemmeno ricordava il libro che doveva prendere. - disse con un triste sospiro prima di sedersi sul proprio letto.

Gerard allungò le gambe sul letto e sospirò a sua volta: - Lo sai che andrà sempre peggiorando, vero? -

-Non hai le competenze mediche per dirlo. -

-Però ho la logica. - ribatté seccamente.

Micheal sbuffò.
Quello di contraddire quasi saccentemente le persone era uno dei deboli di Gerard. Non riusciva a controllarlo. Se non altro, tutti i suoi amici ormai l'avevano capito e accettato.

-Come ti sembra Frank? - domandò a bassa voce Gerard dopo qualche secondo di silenzio.

-Chi? - chiese Michael.

-Frank Iero. -

-Ah, lo zombie. - ricordò Mikey.

Gerard si chiese come avesse fatto a dimenticarlo anche solo per un secondo quando l'immagine di Frank era ormai diventata una costante nella mente di Gerard.

-Non so, deve sentirsi un po' confuso. Voglio dire, un attimo prima sei vivo, un attimo dopo sei morto... e poi di nuovo vivo. Dev'essere stato sconcertante. -

-Già. Credo che anche lui alloggi nel dormitorio. -

-Non è detto, magari i suoi l'hanno accettato o hanno assistito all'intera evoluzione o magari nemmeno si sono accorti che è morto. Che ne sai? -

Gerard rimase in silenzio per qualche secondo, leggermente sconvolto da quell'ultima opzione. Si rimproverò mentalmente per non aver considerato tutte quelle possibilità più che plausibili. E successivamente, si chiese perché si sentisse così deluso dal fatto che non alloggiasse come loro nel dormitorio. La verità era che aveva davvero voglia di conoscerlo. Di diventare amici. C'era qualcosa in lui... e forse era anche solo fantascienza, quella di affidarsi alle impressioni, al sesto senso così noto per non basarsi su assolutamente nulla di certo; eppure tutto ciò non era abbastanza per fermarlo.


La mattina quando si svegliò trovò al posto di Michael un piccolo biglietto scritto in velocità in cui gli diceva che era da Ray.

Gerard accartocciò il biglietto e lo gettò nel cestino lì vicino. Andò a lavarsi i denti e poi si vestì con lentezza, sbadigliando di tanto in tanto. Rigirando le magliette che si era infilato al contrario. C'era poco da fare, appena sveglio era totalmente rimbecillito.

Uscito dalla stanza la chiuse a chiave. A metà scale si accorse di non avere con se lo zaino. Tornò indietro, riaprì la porta, prese il zaino, controllò svogliatamente che dentro ci fosse il necessario, uscì di nuovo dalla stanza, la richiuse a chiave. E sospirò. Scese le scale a passo più veloce. All'uscita si accorse che pioveva. Sbuffò e imprecò piano nell'accorgersi di aver dimenticato l'ombrello. Si tirò furiosamente su il cappuccio della felpa, pienamente convinto che quella, con un inizio del genere, sarebbe stata una giornata di merda.

E quasi si spaventò nel notare una figura rannicchiata lì vicino alla porta.

-Frank? - balbettò, con il cuore ancora a mille per lo spavento.

Lui si voltò con un gesto impersonale, rigido e simmetrico. Come se si muovesse meccanicamente. - Ciao. -

-Che ci fai qui? -

-Ci abito. Curioso il fatto che mi mettano in un dormitorio nonostante io non dorma, non trovi? - chiese con un sorriso di amaro sarcasmo.

Gerard si sentì ancora più spaventato. (“Lo sapevo!) Ma in qualche modo affascinato. - Che stavi facendo qui? -

-Niente. -

-Ti va se andiamo a scuola insieme? Dev'essere piuttosto tardi... -

-Oh, wow, riesco ad essere in ritardo anche senza avere impegni. - sbottò alzandosi a fatica in piedi.

Con un brivido, Gerard si chiese se il rigor mortis avesse parzialmente agito sul suo corpo. Era la prima volta che entrava in così stretto contatto con uno zombie, non-morto o in qualsiasi modo si preferisca chiamare la gente morta che continua a muoversi e atteggiarsi come se fosse ancora viva. Conosceva di vista un altro paio di persone come lui, ma non avendo mai rivolto la parola a nessuno di loro quella con Frank era un'esperienza del tutto nuova e terrificante.

Avrebbe voluto correre fino al primo punto al coperto, ma Frank camminava lentamente nonostante la pioggia lo colpisse con la stessa intensità di una doccia e Gerard non riusciva semplicemente a correre via da lui come una checca, quindi si tenne nervosamente al suo passo. Si sentì stupido e si chiese perché Frank, nel fare le sue stesse cose, non lo sembrasse.

Salutò nervosamente un compagno di corso e si passò le dita fra i capelli cercando di liberarli dall'acqua.

Frank lo osservava freddamente, senza fare nulla per asciugarsi minimamente.

-Che corso hai adesso? - domandò Gerard, col fiato corto.

-Fisica. - . Gerard si stupì del fatto che lo sapesse.

-Oh, ce l'ho anch'io fisica adesso. - annuì energicamente, - Abbiamo lezione con la stessa professoressa di ieri, la signora Ferg- -

-Lo so. -

-Oh, okay... - farfugliò, - Uhm, andiamo? -

Frank si strinse nelle spalle. - Hai già fatto colazione? - chiese.

Gerard lo guardò, stupefatto. - Uhm, no? - . L'intonazione che la faceva somigliare a una domanda fu del tutto accidentale.

-E non hai fame? - chiese aggrottando appena la fronte.

-Beh, a dire il vero sì. -

-Allora prima passiamo in caffetteria. -

-Già... cioè, okay. Uhm, di là. - disse prima di sfrecciare in direzione della caffetteria. Non si riconosceva in quei comportamenti nervosi, quasi isterici. Ma non riusciva a controllarsi. Non più.

Ordinò un caffé lungo e una ciambella mentre Frank lo aspettava seduto a un tavolo.

Quando si sedette di fronte a lui e i loro occhi si incontrarono come il giorno prima si sentì più rilassato. Come se non avesse più a che fare con un imperscrutabile cadavere.

-Che ti è successo? - chiese in un sussurro, fissando intensamente quegli occhi quasi grigi.

Frank incrociò le braccia tatuate sul tavolo, abbassando lo sguardo come suo solito. Spostò il peso sulle braccia, chinandosi leggermente in avanti per avvicinarsi a Gerard. - Non lo so. Non ricordo nulla. - confessò.

-Sai perchè è successo? - domandò delicatamente l'altro, cercando in tutti i modi di non perdere la sua attenzione e soprattutto la sua fiducia.

-Sono nato il 31 Ottobre. Mi è stato detto che tutti quelli nati il giorno di Halloween sono figli della Morte, e questa concede loro una seconda e ultima possibilità. Per cui, la prossima volta che muoio giuro che non mi muovo più dalla mia tomba. - dichiarò.

Gerard scoppiò improvvisamente a ridere.

Frank lo guardò, piuttosto sorpreso. Provò a sorridere. Successe qualcosa nei suoi occhi, per un attimo sembrarono brillare. Come quando stai per piangere, solo che era diverso. Sembrava vivo. Aveva dato una risposta umana.

La risata di Gerard si esaurì, lasciandogli l'ombra di un sorriso. Prese un morso dalla ciambella e poi un sorso di caffé. - Continua a parlarmi. -, implorò.

- Non so come io sia morto. Ho... queste braccia ricoperte di tatuaggi che non hanno alcun significato per me, delle magliette di band che non conosco... non so nemmeno dove io sia nato. Non so chi siano i miei vecchi amici. Non conosco i miei genitori... non ho nulla. -

-Nemmeno io conosco i miei genitori. - mormorò Gerard.

Frank sollevò il viso, sorpreso. Di nuovo un'emozione umana. - Davvero? -

-Sì. Sono cresciuto in un orfanotrofio e i test del DNA non trovano compatibilità con nessun altro... -

-Credi di essere un alieno? - domandò a bassa voce. Quella luce negli occhi. Non sembrava più lui.

Gerard rifletté per qualche istante, meditabondo: - Sì. Credo di sì. Non c'è altra spiegazione. -



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Capitolo 4
*** Capitolo quarto ***


.4.


Il giorno dopo, all'ora di pranzo, Gerard Way si voltò in direzione dell'entrata e Frank Iero entrò nella mensa.

Frank cercò qualcosa con lo sguardo, e sembrò averlo trovato quando posò gli occhi su Gerard.

Camminò lentamente fino al loro tavolo.

Gerard capì che c'era stato un peggioramento rispetto al giorno prima. Riusciva a vederlo nei suoi occhi. Nelle sue labbra sottili e ferme. Come congelate.

Si morse un labbro, tormentato dal fatto che il giorno prima non fossero andati insieme al dormitorio. Avrebbe dovuto cercarlo o chiedergli qual era la sua ultima lezione in modo da prelevarlo fuori dall'aula e accompagnarlo. Avrebbero scambiato un paio di parole, e non avrebbero perso quanto instaurato quella mattina a colazione.

Frank si sedette al tavolo senza nemmeno salutarli. Né rispondere ai saluti di Gerard e Bob.

A proposito di peggioramenti, si avvicinarono Michael e Ray.

Ray aveva quel suo sorriso smarrito, falso. A volte era abbastanza lucido da avere l'accortezza di fingere di stare bene.

E Gerard, suo malgrado, finì per dipingersi sulle labbra quel genere di sorriso che si rivolge a un malato di mente per convincerlo visivamente di essere al sicuro e di avere di fronte una persona che non aveva nessuna intenzione di aggredirlo. Gerard Way si vergognava di se stesso, quando sorrideva così. Perchè prima che Ray iniziasse a prendere le medicine non gli aveva mai sorriso più di tanto. Perchè Gerard era così, non sorrideva molto. E ora si sentiva costretto a diventare la persona più solare del mondo in presenza di Ray. E si sorridevano a vicenda, loro due, recitando parti dello stesso copione.

-Ciao, Ray! Come stai? -

-Bene, tu? - . Parlava con estenuante lentezza, e aveva quella voce acuta di finta felicità e lo sguardo perennemente assonnato.

-Bene, grazie. Bella maglia. - aggiunse accennando alla maglia dei Nirvana.

-Grazie! Anche a me piace come sei vestito. - . Si sedette a tavola, e Michael al suo fianco.

Michael sembrava non accorgersi di come stava. Forse ci era abituato perchè era quello che passava più tempo con lui.

Gerard riportò gli occhi su Frank, e si chiese perchè stesse fissando così il petto di Ray.

-Frank? - lo chiamò a bassa voce.

Frank continuava a fissare la maglietta. Non reagì in alcun modo alla voce di Gerard, come se non la conoscesse. Come se non gli interessasse. Come se fosse sordo.

- Frank? - ripeté Gerard, posando con delicatezza il palmo della mano destra sul dorso della mano di Frank appoggiata al tavolo. Era così fredda.

Frank sobbalzò e scansò la mano di Gerard sollevando di scatto la propria. La spinse via.

Gerard arrossì. Ferito per il modo con cui Frank aveva respinto un suo gesto affettuoso. E si sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Si vergognava così tanto, ancora di più ora che si era accorto di stare piangendo. Si alzò improvvisamente in piedi, - Devo andare in bagno. -, balbettò prima di correre fuori dalla mensa.

Si rinchiuse nel primo bagno dei ragazzi che trovò. Si sedette sul water dopo aver chiuso la porta della piccola stanza e ringraziò il cielo che in quella scuola non ci fossero orinatoi ma bagni separati come nei servizi igienici delle ragazze.

Riuscì a placarsi prima di sfociare in una vera e propria crisi di pianto. Solo qualche lacrima, un paio di tremiti e poi poté asciugarsi definitivamente le guance con la carta igienica.

-Gerard? -

Trattenne il fiato, bloccato dalla sorpresa e da mille altre cose che gli stavano stringendo lo stomaco, dandogli nausea.

-Gerard, dove sei? -

In fin dei conti, sentire uno zombie chiamare il tuo nome mentre sei nascosto in un bagno chiuso a chiave non è esattamente una situazione piacevole. Ma del resto, non lo sarebbe stata nemmeno se al suo posto ci fosse stato una qualche sorta di alieno... Dio, erano così incasinati.

-Che c'è, Frank? - chiese, cercando di tenere un tono di voce fermo dopo aver deciso che non si sarebbe comportato da bambino offeso. Aveva già fatto abbastanza bambinate per oggi.

-Posso entrare? - . Il suo tono di voce trasmetteva solo vagamente una strana piccola forma di preoccupazione.

-Non finché la porta è chiusa a chiave... -

-E allora aprimela. -

Gerard rimase in silenzio, aggrappato al colletto della propria maglietta umida di lacrime. Aggrappato al bisogno di sentire un'altra misera frase che potesse dimostrargli anche solo parzialmente quanto umano era in grado di essere Frank Iero.

-Ti prego, lasciami entrare. -

Lasciò il colletto della propria maglietta e sospirò via tutto ciò che aveva emotivamente accumulato finora. Con le mani indolenzite, girò la chiave nella serratura e aprì la porta con un colpo del piede.

Frank lo guardò. Non sembrava nemmeno respirare, figurarsi se il suo volto trasmetteva un qualche tipo di emozione. Gerard gli avrebbe ceduto più che volentieri gran parte delle sue, di emozioni.

-Scusa. - asserì Frank, entrando nel piccolo bagno. Si chiuse la porta alle spalle, portandosi involontariamente vicino a Gerard.

Il naso di Gerard, che se ne stava ancora seduto sulla tazza abbassata, quasi sfiorava la pancia di Frank.

Frank lo guardava dall'alto, per la prima volta. Nonostante fosse così basso.

-Mi dispiace. E' che... credo di avere una maglietta uguale a quella di Ray- Ray, giusto? Cosa significa “Nirvana”? -

Gerard si asciugò le ciglia inferiori, ancora zuppe di lacrime, - E' il nome di una band. Il Nirvana, per i buddisti, è l'annullamento del dolore. -

-Oh... - mormorò Frank. Abbassò ulteriormente lo sguardo, fino a fissarsi i piedi a lato del water perchè di fronte non ci stavano a causa dello spazio ristretto. Era praticamente a cavalcioni sulle ginocchia di Gerard.

Gerard si asciugò di nuovo gli occhi col dorso della mano, ancora scosso.

-Scusa... - ripeté Frank. Ma non sembrava affatto dispiaciuto. Non sembrava nulla, a parte un corpo senza vita.

Gerard, all'improvviso, si sentì furioso. Lo afferrò per i polsi, - Cazzo, Frank, smettila di comportarti come se fossi morto! Non sei morto, sei vivo! Sei autorizzato a provare sentimenti, hai la facoltà di parlare, di muoverti, dimostrami qualcosa con tutto ciò che hai a disposizione! Smettila di essere morto! I morti non si muovono, sei vivo! Sii vivo! -

Frank socchiuse appena le labbra pallide, colto dalla sorpresa. Sembrò perdere l'equilibrio, insieme al contatto visivo. Si accasciò appena contro la porta e poi si sedette sulle ginocchia di Gerard, posando le mani sulle sue spalle. Ruotò la testa che gli si era abbassata di colpo fino a posarsi sul petto in uno spettacolo agghiacciante. I suoi occhi tornarono a puntare il viso di Gerard.

-F-frank? - farfugliò Gerard, spaventato.

-Dimostrami che sono umano. - mormorò Frank, gli occhi che di tanto in tanto si rovesciavano all'indietro.

-Frank, mi spaventi. -

-Scusa... - . Improvvisamente, le sue dita mollarono la presa dalle sue spalle e crollò all'indietro, bloccandosi fra la porta e le ginocchia di Gerard. Aveva gli occhi socchiusi e la parte scoperta totalmente bianca.

Gerard lo afferrò per i fianchi, spalancò la porta e se lo caricò in spalla. Peso morto. Si chiese se fosse il caso di chiamare l'ambulanza per soccorrere un morto che stava poco bene. Si chiese se Frank fosse di nuovo morto.

Corse per i corridoi, con le lacrime di nuovo agli occhi. Irruppe nell'infermeria, spaventando le donna seduta dietro la scrivania.

-Tutto bene? - . Quant'era assurdo, esattamente, chiedere a un ragazzo che entra nell'infermeria di corsa con un ragazzo in stato di incoscienza sulle spalle se andasse tutto bene?

Gerard la ignorò, in quanto questo era stato già sufficiente a dimostrargli quanto poco ci sapesse fare, ed entrò in una delle due stanze laterali in cerca di Cindy, che si era presa cura di Gerard quando, qualche mese prima, era stato trovato da Michael svenuto sul proprio letto in una pozza di vomito (ancora non si erano spiegati l'accaduto).

Cindy stava parlando con una ragazza che si stava premendo un fazzoletto sporco di sangue contro le narici.

La ragazza scese improvvisamente dal lettino su cui era seduta per lasciare spazio a Frank, e Gerard lo mise a sedere a fatica, continuando a reggerlo per le spalle.

-Cindy, non so cosa sia successo, stavamo p-parlando e... - farneticò sbrigativamente.

-Uscite dalla stanza. - fu l'unica cosa che Cindy disse prima di portarsi di fronte a Frank per reggerlo lei stessa.

Gerard e la ragazza obbedirono e se ne andarono in fretta, chiudendosi la porta alle spalle.

-Tutto bene? -

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto ***


.5.



Solo uno svenimento. Calo di zuccheri. Erano sei giorni che Frank non mangiava. Cindy si dichiarò impressionata dal fatto che fosse rimasto in uno stato di coscienza per così tanto tempo.

-Sei più umano di quanto tu creda. - gli disse Gerard, un'ora e mezza dopo, quando Frank finì di mangiare il suo trancio di pizza.

Frank scosse appena la testa, riluttante. Bevve lentamente un sorso della Coca Cola che Gerard gli aveva ordinato. - Senti... io non so come mi sentivo prima, ma so che mi sento diverso. Non mi sento come te. Mi sento... fuori posto. Nel torto. Insomma, quanto tu morirai non avrai una seconda possibilità- -

-Frank, smettila di dannarti per quello che hai ricevuto. Apprezzalo, piuttosto. E comunque non sei solo, ci sono altri ragazzi come te nella nostra scuola. E anch'io mi sento diverso. Tutti, nella nostra cazzo di scuola, si sentono diversi. Dovrebbe essere sufficiente a renderci tutti uguali. -

Frank Iero lo fissava, in silenzio.

-Vieni. - ordinò Gerard, alzandosi in piedi. Lo afferrò per il polso e nel trarre Frank a se fino a rimetterlo in piedi le sue dita scivolarono fra le sue. Fredde. Continuarono a sfiorarsi, slittando in posizioni opposte dalla base della mano fino ai polpastrelli. E poi si lasciarono.

Gerard andò a pagare e uscirono in velocità dalla piccola pizzeria.

-Dove stiamo andando? - chiese Frank, seguendolo con difficoltà mentre Gerard sfrecciava fra i passanti sul marciapiede.

-Nel dormitorio. Nella mia stanza, per la precisione. -


Fece sedere Frank sul letto vuoto di Michael.

Raccolse delle custodie di cd sotto lo sguardo attento e distaccato di Frank, e con un lieve sospiro ne inserì uno nello stereo. Roteò attorno al proprio palmo puntato sul pavimento fino a sedersi lentamente per terra. Si cinse le ginocchia piegate con gli avambracci, mentre le note di Static Age rotolavano in maniera bizzarra per la stanza. Osservò Frank.

Frank osservava un punto del pavimento, ascoltando con gli occhi leggermente socchiusi per lo sforzo. Le sue labbra si socchiusero in un sorriso, e arrossì appena. Era la prima volta che Gerard lo vedeva arrossire.

-La conosco! - urlò Frank.

Gerard sorrise e gli porse la custodia del cd.

Frank la strinse fra le mani tremanti, - Misfits? -

Annuì, e gli sorrise di nuovo, - Il loro primo album. -

-Credo di avere una loro maglietta, da qualche parte nell'armadio... - sussurrò. Improvvisamente lasciò cadere il cd. La custodia di plastica si crepò. Frank si portò un pugno di fronte alla bocca, con gli occhi pieni di lacrime. Sollevò le mani e poi se le infilò fra i capelli, tremando.

Gerard scattò in piedi e gli posò una mano sulla spalla, senza nemmeno pensarci. Pensava troppo poco, da quando aveva conosciuto Frank. Il quale, come c'era da aspettarsi, balzò via non appena avvertì il contatto di Gerard.

-Oddio, scusa... - borbottò Gerard, sferzando con le mani l'aria mentre faceva inutili gesti di scuse.

-No... - scosse la testa Frank, piangendo, - No... -

-Che succede? -

-Ho paura. - disse in un sussurro strozzato.

-Non aver paura... -

-Gerard, non so nulla di me. Ho fatto cose che non ricordo. Ho vissuto momenti che ho totalmente dimenticato. Sono uno sconosciuto per me stesso quanto lo sono per te. -

-Ti ho appena dimostrato che hai le capacità di ricordare il tuo passato, con un po' di sforzo. -

-Ma mi fa paura farlo. - singhiozzò.

-Posso abbracciarti? -

Frank annuì, togliendosi le mani dal viso.

Gerard si avvicinò, cercando di non essere troppo lento per paura che Frank cambiasse idea. Gerard voleva abbracciarlo, non lo faceva solo per dare conforto a Frank. Aveva bisogno di qualcosa di materiale, era stanco di volere bene a Frank a distanza. E non sapeva come avesse fatto a legare così tanto con lui senza che quest'ultimo lo volesse o glielo permettesse davvero. Era la prima volta in assoluto che Frank assecondava un gesto affettuoso.

E Gerard non sapeva nemmeno come mai spesso aveva quell'impressione che avesse aspettato l'arrivo di Frank da quando era nato. Né come facesse a sentire la sua vicinanza ancora prima che entrasse in una stanza.

Quindi colmò la distanza. Con un braccio gli circondò le spalle e con l'altro il busto. Lo strinse delicatamente a se.

Frank allargò le braccia e le richiuse attorno alla sua cassa toracica, posando il mento sulla sua spalla.

Si strinsero a lungo. Le mani di Frank si spostavano sulla sua schiena, tastandola e spingendo Gerard più vicino.

Allo stereo il cd suonava già la sesta traccia. Hybrid Moments.

Oh, baby, when you cry your face is momentary...”

Frank si scostò e portò il viso vicino a quello di Gerard. Gli guardava le labbra. Si inumidì le proprie con la lingua prima di socchiuderle. Senza nemmeno guardare Gerard negli occhi le posò sulle sue.

Lo baciò. Con dei movimenti lenti della bocca fredda gli socchiuse le labbra.

La lingua di Gerard si trascinò spontaneamente sulla sua. Continuarono a baciarsi, e a Gerard per un istante parve che avessero raggiunto l'equilibrio termico.

Non sapeva come si stava sentendo.

Frank interruppe improvvisamente il contatto fisico, allontanandosi in fretta.

-Scusa, mi era... - . Bloccò le mani alzate in aria e smise di gesticolare, lasciandole cadere lungo i propri fianchi. Portò gli occhi su Gerard. Non sembrava imbarazzato, sembrava confuso. Era comunque un'emozione. Gerard non aveva mai dato così tanto peso alle emozioni, prima di incontrare Frank. - Mi è uscito spontaneo... come.... mi era familiare... -

-Evidentemente ti piacciono i ragazzi. -

-Mi piacevano i ragazzi? - ripeté.

-Ti piacciono. - lo corresse Gerard, - Sei ancora tu. -














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Capitolo 6
*** Capitolo sesto ***


.6.


La mattina dopo tutti notarono un netto miglioramento per quanto riguardava Frank. Durante la lezione di chimica, non appena la professoressa non li guardava, Gerard si prese la libertà di spiegargli mormorando della situazione di Ray. Gli sembrò giusto farglielo presente.

A pranzo si misero d'accordo e decisero che quel pomeriggio, alle tre e mezza, avrebbero fatto un giro tutti insieme, come facevano a volte i migliori amici.

Si sedettero sul prato del parco dietro scuola con dei pacchetti di patatine, dei biscotti e dei panini.

Frank li osservava mangiare, senza prendere parte.

Gerard non voleva insistere con lui riguardo il cibo per paura che perdesse la pazienza come quel giorno che era svenuto.

Dei ragazzi a una decina di metri da loro giocavano a calcio, bisticciando scherzosamente.

Il cielo era azzurro e la luce del sole li sfiorava appena attraverso le foglie dell'albero sotto il quale si erano sistemati.

Era una bella giornata.

-Patatina? - propose a bassa voce a Frank, mentre gli altri intraprendevano una discussione su un qualche videogioco.

Frank spostò lo sguardo su Gerard, con una strana luce negli occhi verdi. Prese la patatina ed esplose in un sorriso, rilanciandogliela indietro.

Gerard rimase a palmi rivolti verso il cielo, spiazzato, fissando la patatina che gli era atterrata sul ginocchio.

Frank si morse il labbro inferiore e prese a ridere. Aveva una risata meravigliosa. Una specie di gorgoglio che da basso diventava sempre più alto, quasi a trasformarsi in una risata femminile.

Gerard scoppiò a ridere a sua volta, ed era ben consapevole di avere una risata buffa ma non gli importò. Gerard, più che ridere, sembrava urlare vocali.

Frank rise più forte, divertito dalla singolare risata di Gerard Way.

Gli altri si interruppero solo per un istante, piacevolmente sorpresi.

Gerard gli rilanciò di rimando una manciata di patatine.

L'altro provò a restituirgliele mirando ai suoi capelli, ma Gerard si sollevò sulle ginocchia e lo bloccò al suolo tenendolo per i polsi.

Improvvisamente, sentì un forte dolore al naso insieme ad una superficie dura che sapeva di cuoio ed erba. Una pallonata. E delle imprecazioni e delle scuse.

Si lasciò cadere a terra, affondando un gomito nel suolo e l'altro in mezzo alle costole di Frank, le dita portate sotto le narici già bagnate dal sangue che scorreva denso e caldo.

Rotolò di lato per scendere da Frank.

-Oddio, scusa! Ti senti bene? - domandò una voce maschile, affannata.

-E' rotto? - chiese un altro.

-No. - borbottò Gerard.

Qualcuno gli sollevò la testa e gli chiuse entrambe le narici attraverso un fazzoletto, tenendole schiacciate. Bob.

-Così si ferma prima. - mormorò, - Siediti, se no lo ingoi. -

Gerard obbedì e si alzò a sedere dopo essersi accorto di stare già effettivamente deglutendo sangue. Ora gli veniva da vomitare. Restò con le mani appoggiate all'erba, lasciando che Bob continuasse a reggergli il fazzoletto mentre guardava in cagnesco i due ragazzi che lo avevano accidentalmente colpito con la palla.

-Ti sei sporcato la maglietta. - notò Michael con una smorfia.

-Mi dispiace. - continuavano a ripetere i due ragazzi.

Gerard cercò con lo sguardo Frank, senza riuscire a vederlo. Non si spinse abbastanza oltre da chiedere dove fosse. Sarebbe stato inopportuno. Dopo un po' che percorreva con lo sguardo la zona circostante, riuscì a catturare nel campo visivo Frank, che lo fissava, impallidito. Bizzarro che un morto si impressionasse per un po' di sangue, no?


La sera cenarono fuori senza Frank, che si congedò senza un vero motivo. Quando Michael e Gerard tornarono nel dormitorio si misero subito a letto.

Però Gerard non riusciva ad addormentarsi. Si rigirò sul letto, ascoltando il silenzio e chiedendosi se Frank stesse dormendo. Probabilmente la risposta era decisamente no. I suoi istinti e bisogni umani rimanevano in ogni caso ridotti, per quanto Frank si fosse potuto impegnare ad essere meno morto. Pensò forse un po' troppo a lungo a Frank. A come fosse improvvisamente entrato nella sua vita. A come, in così poco tempo, fosse diventato più o meno il centro dei suoi pensieri. A come gli interessasse qualsiasi cosa dicesse, qualsiasi cosa il suo viso lasciasse trasparire. E si interrogò sulla sua natura. Cercò di immaginare come fosse stato prima di morire. Come i suoi genitori dovevano piangere ogni giorno la sua morte, senza sapere che, da qualche parte, nel loro stesso pianeta, era ancora vivo.

Finì inevitabilmente fuori dalla propria stanza. Percorse le scale, cercando di indovinare a quale piano potesse trovarsi la stanza 57, quella in cui risiedeva Frank.

Finalmente la trovò. Secondo piano. Bussò alla porta. Nessuna risposta. Eppure, da sotto la porta si vedeva che la luce nella stanza era accesa. Per un attimo, si chiese se ricordasse male il numero della sua stanza. Strinse la maniglia e provò ad abbassarla piano. Aprì la porta, senza trovare alcun tipo di resistenza. Sorpreso, si affacciò nella stanza. E gridò.


Credette di non riuscire mai più a togliersi dalla testa quella raccapricciante immagine di Frank che lo aveva accolto nella sua stanza di dormitorio invece dei soliti occhi verdi vagamente annoiati. Nemmeno ora che lo osservava dormire con un ago nel braccio e un polso bendato sulle lenzuola bianche del letto dell'infermeria. E con il petto riempito dal sollievo di sapere che, nel suo essere morto, era ancora vivo. Pensò che finiva un po' troppo spesso in infermeria da quando aveva conosciuto Frank.

Non sarebbe mai riuscito a definire quante ore avesse passato da solo a osservare il viso addormentato di Frank illuminato dalla luce fredda della stanza sterile. L'unica cosa che sapeva era che, quando aprì gli occhi, il suo cuore mancò un battito.

Frank portò gli occhi su Gerard, con calma. Lo fissò, senza alcun genere di espressione nel viso pallido.

-Perchè l'hai fatto? - sussurrò Gerard, rabbrividendo mentre riposava gli occhi sul suo polso.

-Volevo vedere se avevo anch'io sangue in corpo. - spiegò.

-Beh, sì, ce l'hai, e se lo perdi rischi di morire sul serio. Sei felice, adesso? -

Frank inarcò un sopracciglio, guardandolo con diffidenza. - Perchè sei incazzato? -

-Perchè non voglio che tu muoia. -

-Perchè non lo vuoi? -

Gerard lo guardò, mordendosi un labbro senza sapere cosa dirgli. - Tu vuoi che io muoia? - azzardò infine, rivolgendogli un'occhiata di sfida.

-No. - rispose con voce ferma.

-Ecco, la cosa è reciproca. Non voglio che tu muoia per lo stesso motivo per cui tu non vuoi che io crepi. -

-Perchè ti stai innamorando di me? -

Gerard arrossì, e sentì un'ondata calda percorrergli la schiena. - Cosa? - balbettò, confuso.

-Io mi sto innamorando di te. - . Accennò un sorriso, senza aggiungere altro.

-Cosa? - farfugliò Gerard, allontanandosi appena spingendo la sedia indietro con un gran baccano.

Frank si alzò improvvisamente a sedere, rischiando di staccarsi la flebo di sangue. - Ti ho spaventato? - chiese.

Il cuore di Gerard martellava da impazzire, riempiendogli le vene di calore. Frank pareva ossessionato dalla paura di spaventarlo. Scosse la testa, respirando a fatica. - E' che... è... è così umano, da parte tua... innamorarti di me... -

-Sei stato tu a dirmi che sono più umano di quanto io creda. Guarda, ho anche del sangue che mi scorre nelle vene. - disse spostando un braccio per mostrargli la vena che la flebo stava nutrendo.

-Lo so, Frank. -

-Ho anche dormito. -

-Ho visto. -

Frank si ridistese lentamente.

Gerard si accorse che anche il suo petto si alzava e abbassava vistosamente.

-Sono vivo. - sussurrò Frank, sorridendo mentre gli occhi gli si inumidivano di lacrime, - Sono vivo. - ripeté.




















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Capitolo 7
*** Capitolo settimo ***


.7.


Frank era dallo psicologo a parlare per quello che aveva fatto.

Gerard e gli altri si trattenevano sul tavolo della colazione, riluttanti ad andare a lezione. Continuando a versarsi caffé per posticiparla il più possibile.

-Okay, dai, vado a pagare. - sospirò infine Michael, alzandosi con una smorfia dal tavolo.

Bob alzò gli occhi dal suo saggio breve e sospirò.

Ray aveva quel suo strano sorriso, e i suoi occhi erano fissi su Gerard senza motivo. La faceva spesso, quella cosa di fissare qualcuno senza dire nulla.

-Non sto scherzando, smettila con le pastiglie. - disse all'improvviso Gerard, spazientito.

Bob risollevò lo sguardo dai fogli, spalancando appena gli occhi.

Michael, in lontananza, pagava la loro colazione senza aver la possibilità di difendere l'amico.

-Credi che mi diverta prenderle? - chiese Ray, irrigidendo l'espressione vuota che aleggiava sul suo viso stanco.

-No, non ti fa alcun effetto. Non provi più niente. -

-Se ti può confortare, in questo momento mi sento infastidito. -

Gerard soffiò aria fuori dal naso, cercando di non arrabbiarsi. Strinse i denti. - Sono solo spettri di tuttò ciò che potresti provare. -

-Gerard, non conosci i motivi per cui lo faccio. -

-Nemmeno tu. -

Ray rise sarcasticamente. - Oh, no, credimi, li conosco molto bene. -

-E perchè non ce li dici? Siamo amici. -

-Mikey lo sa. - si limitò a dire, stringendo a pugno una mano posata sul tavolo.

-E io e Bob? Non contiamo nulla? -

A quel punto Bob intervenne. Posò una mano sull'avambraccio di Gerard, allarmato. - Gerard, non fare leva su questo... -

-Non- - cercò di ribattere Gerard.

-E' scorretto. - aggiunse Bob.

Gerard richiuse la bocca. - Io- io so solo che ho perso un amico per colpa di quelle merda di pastiglie. E sono stanco di continuare a fingere di volerti bene come prima. Non sei più quello di prima. Come posso volerti bene? -

Ray strinse le labbra.

Gerard guardò combattuto i suoi occhi, che si stavano colmando di lacrime.

-Gli amici non ci dovrebbero essere nel momento del bisogno? - chiese con voce tremante il riccioluto.

-Non è un momento, è un'intera vita. Non sono diventato tuo amico a queste condizioni. Mi ero affezionato al vecchio Ray, non a questo- quello che sei diventato perchè sei troppo codardo per accettare la tua natura. -

-Condizioni? - ripeté, - Da quando per diventare amici si firma un cazzo di contratto? - tuonò.

Gerard notò qualcosa, nella sua voce. Qualcosa che proveniva dal fondo della sua gola. Uno strano brontolio come se... ringhiasse. Terrorizzato, fissò a occhi spalancati le labbra di Ray distendersi fino a scoprirgli i denti.

Bob scattò in piedi, afferrando Gerard per la spalla per allontanarlo.

Michael era corso da loro e stava cercando di trattenere Ray fermo sulla sedia, mentre nella mensa accorrevano le guardie.

Lo portarono via.

Gerard era sconvolto. Stordito di fronte all'assurdità di quella scena. Quella rapida sequenza di cose. L'aveva da sempre saputo, leggendo fra le righe come tutti in quella scuola facevano. Nessuno di loro dichiarava mai apertamente la loro natura, soprattutto perchè spesso gli esseri umani avevano affibbiato loro nomi fin troppo imbarazzanti. Lupo mannaro, licantropo... lo sapeva. Ciò che lo preoccupava era il fatto che Ray non riuscisse a controllarsi nemmeno sotto trattamento. Credeva fosse perfettamente in grado di trattenersi.

-Gerard Way. -

Si voltò, ancora allibito. E guardò senza capire la donna che aveva visto un paio di volte alla segreteria. - Il signor Terrace la vuole in ufficio. -

-Cosa? - . Lo psicologo? Ma se era quello più normale dell'intera scuola!

-Mi segua. -

Gerard, il fiato ancora corto, si voltò a guardare con aria smarrita Bob e il fratello.

-Andiamo. - insistette la donna.

Senza veri motivi per cui non farlo, decise di seguirla senza opporre resistenza. Non voleva essere trascinato a forza da un'altra decina di quegli uomini alti e muscolosi, come avevano fatto con Ray. Percorsero a passo sostenuto i corridoi in fase di svuotamento, e Gerard riuscì a confortarsi vagamente nel pensare che almeno avrebbe perso un po' di lezione.

Sperò di trovare Frank nell'ufficio di Terrace, ma quando entrò trovò entrambe le sedie di fronte alla scrivania vuote.

E la tozza figura del signor Terrace appoggiata al tavolo.

-Grazie, Melanie. - ringraziò educatamente la signora, con uno dei suoi vecchi sorrisi pacati.

La donna uscì dall'ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.

-Buongiorno, Gerard. -

-Dov'è Frank? - chiese, guardandosi intorno come se fosse potuto sbucare dalla carta da parati.

-Non c'è. E' appunto di lui che ti vorrei parlare... -

-Cosa? - domandò, alzando involontariamente la voce.

Il signor Terrace abbassò per un attimo le palpebre prima di riprendere a guardare Gerard da sotto le folte e spettinate sopracciglia brizzolate. - Siediti. -

Soffocò l'infantile istinto di non farlo e obbedì. Non gli era mai andato a genio il signor Terrace. Aveva l'impressione che fosse una di quelle persone sopravvalutate e forzatamente bonarie. Anche se, c'era da ammetterlo, Gerard Way tendeva a odiare qualsiasi cosa o persona gli altri amassero.

-Io e Frank abbiamo parlato a lungo di come si trova qui, e di come si sente. Mi ha nominato spesso il tuo nome. Mi sono fatto raccontare un po' delle cose che fate insieme... -

Gerard arrossì violentemente, chiedendosi a cosa si riferisse, esattamente. Indugiando sul genere di cose che avrebbe potuto fare con Frank. Riempiendosi la testa di immagini che non avrebbe mai voluto avere con il signor Terrace di fronte. Soffocò freneticamente i propri pensieri.

-Credo che tu non debba prenderti la libertà di esplorare il suo passato umano. Il fatto di non ricordarsi della sua vita precedente fa parte del suo Dono, e non sei tenuto a scavare nei suoi pensieri. E' contro la sua natura, la sua nuova natura. -

Gerard corrugò la fronte. Era possibile arrabbiarsi così spesso nella stessa mattinata? - Ma non sapere nulla di com'era prima lo fa stare male. -

- Sono condizioni che vanno accettate, non respinte. E' abusivo. A lungo andare, col formarsi della sua nuova vita associato allo spirito della vecchia che state cercando di resuscitare, potresti causargli disturbi dissociativi dell'identità. -

-E' un suo diritto sapere cos'è successo prima. Come potrebbe costruirsi un futuro senza un passato su cui basarsi? -

- Il suo passato è iniziato una settimana fa quando è arrivato in questa scuola. Non è tenuto a sapere nient'altro di ciò che è successo prima di quello. - ribatté con calma l'uomo, - E non costringerlo più a provare emozioni. Non fa parte di ciò che è ora. -

-Costringerlo?- ripeté Gerard, ridendo con tagliente sarcasmo, - Si rende conto di ciò che sta dicendo? Che razza di psicologo è? E' vivo, e ha il diritto di vivere. Vivere significa provare cose. Non glielo può impedire solo perchè una volta è morto. Che senso avrebbe, altrimenti, avere una seconda possibilità di vivere e farlo basandosi solo sugli aspetti biologici, che fra l'altro nel caso di Frank sono davvero ridotti? La vita non è fatta solo di organi funzionanti, singor Terrace. E se crede che sia così, allora deve avere davvero molto fegato per definirlo “Dono”. E' una condanna, piuttosto. E ora, se mi permette... - disse, posando le mani sui braccioli della sedia per alzarsi.

-Non ho ancora finito. Se ripeterai gli stessi errori con Frank sarò costretto ad allontanarvi. -

Gerard scoppiò di nuovo a ridere. Si alzò in piedi. - Senta, oggi non è davvero giornata. Prima uno dei miei migliori amici mi ha quasi azzannato e non ho davvero intenzione di prestare ascolto alle sue stronzate philofobiche. Le auguro una discreta giornata. - . Uscì dall'ufficio e si sbatté la porta alle spalle, furioso.


Bussò alla porta ed entrò nell'aula, fremendo ancora.

-Buongiorno. - lo salutò il professor Zane.

-Buongiorno. Scusi il ritardo. - sbottò, andando a sedersi accanto a Frank.

Frank sorrise e lo salutò a bassa voce, riportando mansuetamente gli occhi sul libro.

Il professor Zane riprese a parlare di Cervantes, come sempre beatamente ignorato dalla maggior parte degli alunni seduti.

-Che ti ha detto Terrace? - sussurrò concitatamente Gerard, ricatturando i suoi occhi.

Frank lo guardò, vagamente preoccupato dall'agitazione dell'amico. -Mi ha parlato insieme a un medico. Mi hanno spiegato che ho meno sangue in corpo rispetto alle altre persone e che ho rischiato di morire. -

-Che altro ti hanno detto? -

-Che è normale sentirsi confusi e fuori posto ma che dovrei parlare con uno di loro invece di sezionarmi. Perchè tutte queste domande? -

-Mi hanno convocato. Cioè, il signor Terrace ha voluto parlarmi. Quel pezzo di merda. -

Frank sbiancò, spalancando gli occhi verdi. Che un tempo sembravano color fango ma che ora erano limpidi e luminosi. - Perchè? -

-Non gli sono piaciute le cose che gli hai raccontato su di noi. Che gli hai detto, di preciso? -

-Oh merda, scusa... - farfugliò, sollevando irrequieto le mani.

-Non sono arrabbiato. Dimmi che gli hai detto. - insistette, avvicinandosi.

-Gli ho detto della cosa- che abbiamo ascoltato insieme musica e mi hai fatto ricordare di che gruppo si trattava, che mi hai spiegato che ho ancora la capacità di provare sentimenti come tutti gli altri. -

-Terrace è contrario a questo genere di cose. Essenzialmente, dice che sei morto e che devi sentirti tale. -

Frank socchiuse le labbra, quasi disgustato.

-Senti, noi continueremo a fare quel cazzo che vogliamo. Però non devi farne parola con nessuno. E probabilmente è meglio se in pubblico mantieni un atteggiamento piuttosto distaccato dal sottoscritto. Okay? -

Il ragazzo annuì, spaventato.

Gerard gli afferrò una mano fredda. - Non preoccuparti. -





























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