Bedtime stories

di Mel_mel98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buonanotte ***
Capitolo 2: *** Vicini ***
Capitolo 3: *** Difficile ***
Capitolo 4: *** Paura, parte 1 ***
Capitolo 5: *** Paura, parte 2 ***
Capitolo 6: *** Musica per le mie orecchie ***



Capitolo 1
*** Buonanotte ***


Buonanotte

Ho passato ore seduto nella sala d'aspetto, a rigirarmi il telefono tra le mani.
Non che aspettassi una telefonata o qualcosa del genere, giusto per fare qualcosa. Mi sento così inutile in questi casi.
Stavo quasi per addormentarmi, anche se mi ero ripromesso di non farlo, quando è arrivato quell'infermiere.
Mi ha guardato dritto in faccia, poi è passato ad André, che per tutta le notte è stato al mio fianco.
“Beck Oliver?”
Ho fatto cenno di sì con la testa, non avevo proprio la forza di rispondere.
“Mi segua, prego.”. Ecco cosa mi ha detto.
E a quel punto, mi sono sentito come se la forza di gravità su di me fosse raddoppiata, triplicata. Non volevo alzarmi. Che cosa avrei scoperto, una volta seguito quell'uomo?
“Non aver paura, amico”- André mi ha dato un' affettuosa pacca sulla spalla- “Vai, forza. Sei hai bisogno, io sono qui.”- ha detto sorridendo.
Come farei senza di lui?
Ma soprattutto, vorrei proprio sapere come fa a sopportarmi sempre in queste situazioni.
Divento così nervoso, così ansioso... Dev'essere davvero terribile starmi vicino.
Eppure lui c'è sempre.
In qualsiasi momento, a qualsiasi ora del giorno.
E davvero, non so se ce l'avrei fatta ad alzarmi dalla sedia senza le sue parole.
Così, ho seguito silenziosamente l'infermiere, che mi ha guidato fino a questa stanzetta.
Ha aperto la porta e... eccomi qua.
Di fronte ad una delle cose più belle del mondo. Ma che dico del mondo, dell'universo.
Ho cominciato a sorridere, avrò avuto una faccia da ebete, sicuro.
Ho mosso qualche passo incerto in avanti, poi le gambe si sono fatte come di burro e mi sono dovuto sedere per non rischiare di cadere a terra.
L'infermiere a quel punto è uscito, lasciandomi solo.
Solo con te.
 
Sei così piccolo, ma così bello.
Non pensavo, non credevo davvero che vederti mi avrebbe fatto quest'effetto.
È come se, tutto d'un tratto non ci fosse più nessun io. Niente più Beck Oliver.
Non sento più nulla, non mi tremano più neanche le gambe.
Riesco a fare qualche passo e ad avvicinarmi un po' di più.
È davvero un'emozione fortissima.
Chissà se anche tu sei emozionato nel conoscermi.
Ma continui a dormire tranquillamente, imperturbabile.
Respiri piano, chiuso nell'incubatrice.
Ogni tanto muovi dolcemente le manine, come se volessi prendermi, come se mi volessi lì, vicino a te.
Sei bellissimo, piccolo mio. Veramente perfetto.
In un certo senso, vorrei tenerti là dentro per sempre.
Al riparo dal mondo, che è così spaventoso a volte.
Sembri così felice, così in pace. Ed anche io mi sento meglio adesso che sono qui.
 
La porta dietro di me si è aperta, ma non riesco a staccarti gli occhi di dosso. Mi hai ipnotizzato.
Una mano si poggia sopra la mia spalla, e sono costretto a girarmi.
Sorrido.
Mi aspettavo un medico, al massimo André, ma certo non lei.
Lei, che si stringe al mio braccio, con gli occhi lucidi.
La tua mamma, piccolino, è una donna fantastica.
Guardala, non è meravigliosa?
Non sai che paura ho avuto. Ho rischiato di perderla, di perdervi. Un'altra volta.
Sei proprio una calamita per i guai, vero?
 
“Sono già innamorato di lui”- sussurro.
Jade si stringe a me più forte.
“Sono tanto fiero di te, mamma”- le dico.
Lei mi guarda, con i suoi bellissimi occhi azzurri.
“Grazie... papà”- e il mio cuore comincia a battere più forte.
Poi lei mi lascia, arranca verso la sedia.
“Tutto bene?”- chiedo. Sono così preoccupato per lei adesso.
Sapessi che cosa ha passato stanotte!
“È tutto ok...”- dice prima dura- “Ma credo che mi farò portare di nuovo in stanza, forse ho bisogno di dormire.”- ammette poi.
Io mi accuccio e poggio la testa sulle sue ginocchia.
“Penso che questa sia un'ottima idea. Non devi strafare, Jade”
“Lo sai che non permetto a nessuno di dirmi cosa fare o meno. Neanche a te.”- risponde in malo modo come al solito, ma sorride.
“Sì certo certo. Ma lo hai detto anche tu di non essere in forma. Dai, vieni che ti accompagno in camera.”
In un certo senso mi dispiace lasciarti adesso che ci siamo appena conosciuti, ma lei è la mia Jade, la tua mamma, e voglio stare con lei se ha bisogno.
“No, tu resta qui”- e lo dice stringendomi debolmente il polso- “Resta qui con lui, se non posso farlo io.”
Mi guarda dritto negli occhi, mi colpisce, come sempre, con le sue parole.
“Oddio Jade, quanto ti amo”
Non le do il tempo di rispondere, sono già con le mie labbra contro le sue.
Lei passa una mano sulla mia guancia, ed io per un attimo vorrei che non la togliesse più.
Ci stacchiamo e mi soffermo a guardare il suo volto stanco.
“È meglio che tu vada a letto, adesso.”- sussurro.
“D'accordo”- dice alzandosi- “Tu intanto... raccontagli qualcosa.”
Mi scappa da ridere.
Dovresti sentire il tono con cui l'ha detto. Così dolce, tenero. Così strano, detto da lei.
Jade sembra sapere che cosa sto pensando e subito replica: “Deve essere la stanchezza a farmi dire certe cose.”
Io rido e rispondo: “No, dev'essere la maternità.”
La accompagno fino alla sua stanza, non molto distante. La aiuto ad entrare nel letto, le rimbocco le coperte e le stampo un bacio sulla fronte.
Sembra che stia per dirmi qualcosa, ma rimane in silenzio.
“Dormi bene, mi raccomando...”- sussurro mentre sto per uscire.
“Beck!”- la sento dire.
“Sì?”- faccio affacciandomi alla porta- “Dimmi tutto”
“Raccontagli... raccontagli di noi due.”- parla senza guardarmi in faccia, ha già gli occhi chiusi.
“Tranquilla... ci penso io, sono abbastanza bravo nel raccontare le storie.”
 
E così, ecco perché sono qui adesso.
Ho pensato a lungo a cosa raccontarti.
Jade vorrebbe ti parlassi di me e lei. E questa è una cosa che mi fa sorridere, non parla quasi mai del nostro rapporto con gli altri, se non per marcare il territorio.
Ma questo ti fa capire quanto sei speciale, piccolo scricciolo. Quanto ti voglia bene.
È per questo che invece vorrei raccontarti di noi. Sì, noi tre.
Non l'ho saputo subito. Ho scoperto della tua esistenza quando la mamma era al quarto mese di gravidanza.
E, devo essere sincero, è stato un dramma.
Avevo così paura. Avevo paura che tu non fossi mio figlio.
In quel periodo di incertezza ho fatto un sacco di sbagli, mi sono chiuso nella mia roulotte e ho lasciato il mondo fuori.
Ma per fortuna alla fine tutto si è risolto per il meglio.
Non sai come sono grato alla mamma per aver scelto di tenerti.
Era da sola, di fronte a qualcosa più grande di lei, e ha scelto di affrontarla.
Te l'ho detto che è una grande donna.
Anche senza la sua solita maschera di cinismo e freddezza, lei è forte comunque.
E allo stesso tempo è anche fragile. Ed è forse per questo che la amo.
Devi volere tanto bene alla tua mamma, promettimi che sarai sempre buono con lei.
E cerca di capirci, quando sbagliamo, quando non ti capiamo.
Abbiamo solo diciotto anni, un figlio e quasi tutto il mondo contro.
Già, questa ancora non te l'avevo detta.
Non credere di avere tanti nonni e nonne intorno a te.
Come dire... tra tutti non è che l'abbiano presa molto bene.
Te lo racconterò una di queste sere, com'è andata.
Poi vorrei parlarti dei momenti passati nella mia roulotte tutti e tre insieme.
Jade con il pancione, tu che scalciavi come un forsennato, io che andavo avanti a litri di caffè.
E poi, poi vorrei raccontarti ciò che è accaduto ieri sera.
Forse non tanto per te, quanto per me. Per imprime nella mente quelle scene, quei secondi, quegli attimi.
Anche se forse, a pensarci bene, non credo sia possibile dimenticare, in questi casi.
E intanto che io sto qui a parlare praticamente da solo tu ti sei già addormentato.
Questo è un momento magico, fidati di me.
Buonanotte, piccolino. Dormi bene. Ci vediamo domani.
 
 


Angolo dell'autrice
Innanzitutto, buon primo giorno di scuola a tutti! (Oddio, potrebbe esserci anche qualcuno che comincia più tardi o ha già cominciato, ma spero possiate perdonarmi...)
Premetto subito che stamattina avrei preferito strapparmi i capelli, piuttosto che tornare a scuola; è stato uno dei rientri più duri, fino ad adesso.
Perciò, per tirarmi un po' su di morale...
Eccomi qui, di nuovo all'attacco con questa long.
Long si fa per dire, alla fine dovrebbero venire fuori solo quattro capitoli in totale.
Ma, come si dice, pochi ma buoni!
Lo scopo di questa fic è dare una degna conclusione a tutta quella serie di eventi e, in parte, disgrazie, a cui ho dato origine nei precedenti capitoli della serie.
Tre lunghi flashback, che mostrano momenti importanti per i protagonisti.
Spero che la mia idea per concludere la serie vi piaccia, sono stata tanto tempo ferma a pensare a cosa inventarmi. Sinceramente lasciare le cose così come sono nell'ultimo aggiornamento di “Say you love me, please” un po' mi dispiaceva. Volevo arrivare fino in fondo.
Mi rendo conto da sola come l’impostazione della fic sia completamente diversa dalle altre due che compongono la serie. Che cosa ne pensate? (Anche se forse è un po’ presto per dirlo, con un solo capitolo…)
Non vedo l'ora di trovarvi in qualche recensione, spero davvero di non deludere le vostre aspettative con questa ff.
A presto!

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Capitolo 2
*** Vicini ***


Vicini

“Stasera ti racconto della notte in cui scoprii il significato dell'aggettivo importante.
L'avresti mai detto che è stata proprio tua mamma ad insegnarmelo?”
 
Erano le dieci e mezza e la luce nella roulotte di Beck era ancora accesa, nonostante fosse abituato ad andare a letto presto nei giorni feriali.
Jade sedeva sul letto, con le spalle al muro, Beck intanto era indaffarato con le faccende domestiche.
“Beck, ricordami perché non stiamo ancora dormendo...”- disse acida la ragazza.
“Beh, ci sono vari motivi a dir la verità...”- rispose pacato lui.
“Ahh...”- sospirò lei roteando gli occhi.
“Vuoi che te li elenchi?”- la sfidò il ragazzo.
“Vuoi che ti lanci contro una cuscinata?!”
Lui rise, era sempre stato facile farla arrabbiare, ma il quel periodo lo era particolarmente.
“Tanto non riusciresti a colpirmi, nello stato in cui ti trovi”- la stuzzicò.
Per tutta risposta un cuscino lo colpì dritto sulla testa.
“Ehi!”- esclamò.
Posò i bicchieri che stava lavando nell'acquaio, raccolse il cuscino da terra e si volse verso la sua irritabile fidanzata, che lo guardava con occhi di fuoco.
“Non ti sarai offesa, spero...”- sussurrò avvicinandosi a lei.
“Lasciamo stare...”- sibilò Jade.
“Oh, andiamo...”- continuò Beck, più dolcemente, sedendosi al suo fianco- “Va tutto bene?”
Lei lo guardò, perplessa.
“Sì, tutto bene. Sono solo... stanca.”- e detto questo sprofondò tra le braccia del suo fidanzato.
Rimasero lì, in quella posizione, per diversi minuti. In assoluto silenzio.
Beck si concesse un attimo di pausa, rimanendo in ascolto del respiro calmo di Jade.
Era una sensazione magnifica, poterla stingere forte, dopo tutto quello che avevano dovuto passare.
A rompere quel momento di pace fu uno strano rumore.
“Cos'è?”- chiese Jade innervosita.
“Ehm... la porta.”- rispose l'altro, sorridendo imbarazzato.
Si alzò e velocemente andò ad aprire.
 
“Ciao Beck. Questo è il copione, a memoria le prime venti pagine per domani.”
“Venti? Vabbé, grazie mille André”- fece strabuzzando gli occhi. Come faceva ad imparare tutte quelle battute in una sola notte?
“Figurati. Ci vediamo domani alla caffetteria”- lo salutò l'amico, dandogli un amichevole pugno sul braccio.
Quando Beck si voltò incontrò lo sguardo severo di Jade.
“Sul serio?!”- fece lei.
“Già...”- rispose il ragazzo alzando le spalle.
“Hai intenzione di studiare e ripetere quel copione per tutta la notte?!”
“Sì, direi di sì.”- avviandosi verso la macchina del caffè.
Lei lo folgorò con gli occhi e si ributtò giù sul letto sospirando.
Cercò di convincere sé stessa che era possibile dormire anche se a pochi metri da lei Beck stava ripetendo le sue battute.
E come spesso le accadeva, si sorprese ad accarezzarsi il pancione.
 
“Beck, ti prego smettila.”
“Jade, mi dispiace, ma non mi manca molto ormai. Cerca di essere paziente.”- si scusò lui.
A quelle parole la ragazza si alzò in piedi e si avvicinò al tavolino dove l'altro stava studiando.
“Lo sai che ore sono, vero?!”- fece arrabbiata.
“Ehm... le due di notte?”- azzardò lui.
“No, sono le tre e mezza. E tu sei su codesto copione dalle undici.”- sentenziò Jade.
Lui sgranò gli occhi. Non pensava fosse così tardi.
“Io... mi dispiace veramente Jade, non credevo che fosse così tardi... Vuoi che vada fuori, così spengo la luce?”- disse, seriamente dispiaciuto.
Lei sbuffò: “Non si tratta della luce, Beck. Io in queste ore ho dormito, per me è normale essere sveglia a quest'ora, non sei stato tu a disturbarmi.”
“Ma allora... non capisco, che succede?”- chiese Beck, confuso.
“Succede che tu stai passando la notte in bianco, bevendo litri su litri di caffè solo per studiare questo stupido copione! Ma ti sembra una cosa normale?!”
Lui posò sul tavolo la tazza che aveva in mano.
La guardava stanco, con delle visibilissime occhiaie sotto agli occhi.
“Lo sai che per me è molto importante la recitazione, questa è una cosa che devo fare e che faccio volentieri, anche se devo sacrificare le ore di sonno...”- cominciò a dire il ragazzo.
“Girati.”- ordinò a quel punto lei. Probabilmente si era già stufata di starlo a sentire.
“No, Jade ascoltami, quello che sto dicendo è...”
“Ho detto girati!”- ripeté più forte.
Beck sospirò e rassegnato ruotò di novanta gradi sul divanetto su cui era seduto, tanto da mettere le gambe fuori dal tavolino.
Jade a quel punto si sedette sopra le sue ginocchia.
“Adesso ascoltami bene: la recitazione non è così importante. Non abbastanza da meritare una notte insonne.”
Lui parve preso da un moto di rabbia.
“Oh, andiamo Jade, ma che c'entra?! Magari per te può non essere abbastanza interessante recitare, magari preferisci la musica... ma questo non vuol dire niente! Io sono liberissimo di decidere come passare le mie notti in bianco, d'accordo? Quindi se ti do fastidio esco, ma non smetterò di studiare questo benedetto copione!”- disse con voce alterata.
Ma la ragazza non si scompose minimamente.
E se ne uscì fuori con una frase apparentemente fuori tema.
“Ti ho mentito prima, sai?”
“Eh?”- fece Beck, stanco.
“Non è vero che ho dormito. Anche io per adesso ho passato la notte in bianco.”- disse continuando a fissarlo.
Lui adesso era ufficialmente troppo confuso per capirci qualcosa in quella conversazione.
“Jade, dove stiamo andando a parare? Sei arrabbiata perché ho deciso di rimanere qui a ripetere o per quale altro motivo?”
Ma sembrava che la sua fidanzata continuasse a seguire il filo del proprio discorso, piuttosto che tentare di capire il suo.
“Lo vuoi sapere qual è una cosa davvero importante? Che merita di essere ascoltata per ore, anche tutta la notte se necessario?”
Beck, ormai sull'orlo della disperazione, annuì guardandola negli occhi.
Jade gli prese una mano e la appoggiò sulla parte superiore della pancia, vicino all'ombelico.
“Questa”- disse sorridendo.
Il ragazzo era senza parole. Continuava a fissare incredulo la sua mano.
“Questo, è molto più che importante. Avevi... avevi ragione Jade”- sussurrò per poi baciarla.
“Certo che avevo ragione... come sempre.”- disse dopo, con un malizioso sorrisetto sulle labbra.
 
“Quello è stato il giorno in cui mi sono accorto di te.
In cui ho capito che eri più vicino a me di quanto pensassi.”
 



Angolo dell’autrice
Ta-Daaaa!
Eccomi qui, sono tornata con un nuovo capitolo.
Ecco a voi la prima storia, o primo flashback se vogliamo. Che cosa ne pensate?
Volevo dedicare a Beck e a Jade, che in quesat serie ne hanno passate veramente di tutti i colori, in vero e proprio momento di tenerezza e di dolcezza. Qualcosa di banale, ma che vale la pena ricordare.
Spero davvero di esserci riuscita, ma non potrò saperlo per certo fino a quando non leggerò qualche recensione ;)
Detto questo… a presto!
Mel

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Capitolo 3
*** Difficile ***


Difficile
 
“Lo vuoi sapere di quel giorno in cui chiamai mia madre? Tua nonna, sì.
È stato... strano, per così dire. Non mi aspettavo proprio la sua reazione. Mi ha letteralmente mandato in confusione.”
 
“Sai a cosa stavo pensando?”- disse Beck avvicinandosi a Jade, seduta fuori della Hollywood Arts.
“Cosa?”- chiese senza troppo interesse, continuando a sfogliare il suo libro.
“Pensavo che potrebbe essere arrivato il momento di dirlo a mia madre...”
Lei si immobilizzò, chiuse di scatto il libro.
“Spero di aver capito male.”- disse con tono autoritario.
“No, mi sa proprio che hai capito benissimo, Jade”- continuò Beck, guardandola serio.
Lei lo afferrò per il braccio, lo strinse con tutta la forza che aveva in corpo.
“No Beck, pensavo di essere stata chiara sulla faccenda.”
Lui le stinse la mano, costringendola a lasciare la presa.
“Ehm, non proprio. Tu hai parlato, e mi hai detto ciò che pensi riguardo alla gravidanza e a tuo padre.”- disse risoluto.
“Già, e mi sembrava che fossi d'accordo con me. O sbaglio?”- chiese lei, sempre più irritata.
“Sì, certo condivido il tuo punto di vista in tutto e per tutto, non sarebbe sicuro dire a tuo padre che sei incinta, né per te né per il bambino...”
“Ma...”- continuò Jade acida.
“Ma con mia madre sarebbe diverso. Che vuoi che succeda? Non c'è alcun pericolo...”- rispose tranquillo.
“Beck, ma che stai dicendo! Come minimo inizierà a chiedere particolari, informazioni...”
“E io allora risponderò. Ma lei deve sapere del bambino, non mi sembra giusto nei suoi confronti tenerle nascosto tutto quanto.”- rispose sicuro.
Jade rimase qualche attimo in silenzio ad osservare la faccia del suo ragazzo.
Come faceva a non capire? Come poteva essere così cocciuto?
“Beck, così ti fai del male da solo. Tua madre non avrà la reazione che ti aspetti e ne rimarrai mortificato. Ne sono praticamente certa.”- disse dopo un po'.
Ma lui sembrava irremovibile, convintissimo della sua decisione.
“Io non mi aspetto nessuna reazione in particolare da parte sua, perciò è impossibile che rimanga deluso o qualcosa del genere. Quindi sta' tranquilla, andrà tutto bene. E poi pensaci: se un giorno dovesse venire a trovarmi a Los Angeles che cosa diavolo le racconterei?”
“D'accordo, ho capito, è inutile star qui a perdere tempo. Fai come ti pare. Io non ho la voglia, tanto meno la pazienza, di dissuaderti dalla tua idea.”- fece alla fine Jade alzandosi.
“Bene, grazie mille”- rispose Beck soddisfatto baciandola sulla guancia.
“Sì sì... Io vado da Cat, torno stasera verso le sette.”
“Ok.”- sorrise, poi un secondo dopo la fermò- “Un momento! Chi ti accompagna alla roulotte?”
“Mah... credo la nonna di Cat.”- fece lei tranquilla.
“Cosa?! Non se ne parla! Hai una vaga idea di come guida quella? È capace di fare un incidente ancora prima di mettere in moto!”
Jade rise.
“D'accordo, ho capito... Mi farò accompagnare a piedi da Cat... Sei più tranquillo?”
“Mah, insomma...” -disse, non proprio sollevato.
“Dai, tanto è ancora giorno fino a tardi e poi mi fa bene camminare... Ci vediamo stasera.”- e prima di separarsi si scambiarono un altro bacio.
 
“Ciao mamma”
“Beck! Santo cielo!”- sentì gridare dall'altra parte del telefono.
“È da un bel po' che non ti fai sentire! Come va?”- chiese la madre.
“Bene, benissimo... Sul serio, qua è tutto a posto.”- disse, cercando di essere il più convincente possibile.
“Ah, sono contenta! Ma lo sai che non ti credo... Se non fosse successo qualcosa non mi avresti chiamato!”
Beck sorrise. Sua madre era una donna molto furba. Non le sfuggiva mai niente. Era sempre stato impossibile nasconderle le marachelle che combinava da bambino.
“Beh, forse hai ragione... qualcosa è successo.”- disse, sedendosi sul letto.
“Va bene, fammi indovinare...”- cominciò la donna.
“No mamma, non credo che tu riesca ad indovinare questa volta...”
Lei rimase un attimo in silenzio.
“Dai, dammi qualche indizio, sono brava ad indovinare!”-esclamò- “Per caso... riguarda la tua ragazza, Jade?”
“In un certo senso sì”- annuì il ragazzo.
E sentì il suo cuore battere più forte.
Solo in quel momento si rese veramente conto della notizia che stava per comunicarle.
E si domandò, per la prima vera volta, come avrebbe potuto prenderla.
Alla fin fine, a sua madre Jade non piaceva e non era mai piaciuta.
La tollerava sì, ma niente di più.
“Per caso vi siete lasciati?”- domandò la madre, mantenendo il tono della voce neutro.
“No mamma, affatto. Abbiamo avuto una piccola crisi, ma adesso insieme stiamo meglio che mai”
“Ah... direi che questa è una cosa... buona. Era questo che volevi dirmi?”
Beck si trovò esitante.
“Beh, partendo da lontano... sì.”- disse alla fine.
Sentì il rumore di una sedia dall'altra parte del telefono.
“Dai Beck, figliolo, sputa il rospo. Non ce la faccio più ad aspettare e tra un po' devo mettermi ai fornelli. Quindi o me lo dici adesso o mai più.”
Beck respirò profondamente.
“Mamma, Jade è incinta.”
Seguirono attimi a suo parere interminabili, fatti solo da un profondo silenzio.
“Beck io... cosa dovrei dirti adesso?!”- sembrava leggermente alterata, anche se tentava di contenersi. Beck ne rimase stupito.
“Mamma... che cosa...”
Le parole gli si erano incollate alla bocca. Non riusciva più a dire niente.
“Cavolo Beck, perché? Perché mai avete fatto una cosa del genere?! È stata lei a convincerti a fare un'azione così scellerata, è stata quella lì a costringerti ad accettare una tale situazione?”
E ritrovò immediatamente la forza di parlare: “Smettila, non parlare così, non devi neanche pensarci! Jade mi ha lasciato libero, ha lasciato decidere a me cosa volessi fare. Quindi non parlare così di lei, per favore.”
La donna sospirò.
“Tu non sai assolutamente a cosa stai andando in contro...”
“Certo che non lo so, e come potrei? Mamma, si tratta di mio figlio, della ragazza che amo... non voglio e non avrei mai potuto abbandonarli.”- disse convinto.
“Oh Beck... Tu sei così buono, così dolce e sensibile. Logico che tu abbia scelto questa strada.”- sussurrò.
E Beck la riconobbe. C'era pietà nella sua voce.
Lo stava compatendo. Ancora.
“Mamma, ancora questa storia! È da quanto ti ho presentato Jade che non fai altro che dire che lei è così maleducata, così fredda e scortese, mentre descrivi me come un santo. Dovresti smetterla, seriamente!”- sbottò.
“Beck, mi hai chiamato per chiedermi un'opinione sulla faccenda immagino. Bene, questa è la mia opinione. Avresti voluto che fossi contenta per te, che ti facessi, non so, i complimenti per l'imminente paternità. Beh, sarei una falsa se mi comportassi così. Ti illuderei che fosse una cosa facile, avere un bambino a cui badare.”- rispose severa.
Il ragazzo si distese sul letto, letteralmente schiacciato da quelle parole.
“E poi, cosa pensi di poter vivere di tre in quella roulotte? In due con un bambino! Con quali soldi comprerai pannolini, fasciatoio, passeggino... Non è una cosa facile per due adolescenti questa Beck!”- continuò la donna.
“Non penso che sia una cosa facile e no, non stavo cercando il tuo appoggio. Volevo semplicemente... che tu lo sapessi.”- disse rassegnato.
“Perfetto, ora lo so. Mi dispiace di non aver avuto la reazione che ti aspettavi.”
A quelle parole il ragazzo si ricordò della precedente conversazione con Jade. Anche lei aveva detto la stessa cosa.
“Non mi aspettavo nessuna reazione in particolare”- ripeté un'altra volta- “Ma forse... mi sarei aspettato solo un po' più di fiducia.”
Sentì la madre sospirare.
“Io mi fido di te tesoro, mi fido davvero. Ma per prepararsi all'arrivo bisogna pensare ad un sacco di cose e... potresti non averle considerate tutte.”- disse poi.
“Per esempio? Guarda che non sono un cretino, anche io so benissimo che vivere dove vivo adesso sarebbe un suicidio. Jade si è già procurata di trovare una sistemazione e si è accordata con Cat, la sua amica. I suoi genitori sono partiti e lei è andata a vivere da sua nonna. Con il permesso di suo padre abbiamo ottenuto la casa per un anno intero. Poi vedremo come procedere.”
“Oh, bene. Ottima idea. Ma il problema maggiore sono i soldi, a meno che non vogliate dare da mangiare vermi a vostro figlio”- fece con una nota di sarcasmo.
“Ho già trovato lavoro.”- rispose immediatamente Beck, spiazzandola.
“Ah sì?!”
“Già... Ho trovato posto in un bar, lavorerò a giorni alterni e di sera, così potrò anche dare una mano a Jade. E prima che tu me lo chieda: anche per lo studio sono a posto. Ho parlato con il coordinatore e abbiamo programmato un piano di studi agevolato che mi permetterà di finire la scuola.”
Parlò tutto d'un fiato, senza mai fermarsi.
Perché sì, doveva ammetterlo, dire quelle cose lo faceva sentire meglio. Un po' più pronto, se vogliamo.
Dopo i soliti saluti chiuse la chiamata, e lasciò cadere sul letto il telefono.
 
Rimase disteso a fissare il soffitto, ripensando alla conversazione avuta con la madre.
Beck era seriamente... ferito.
Non sapeva bene nemmeno lui da cosa, ma si sentiva come se lo avessero pugnalato.
Non aveva mai pensato che allevare un bimbo sarebbe stato facile. Ma adesso improvvisamente gli sembrava una cosa impossibile.
Poi la porta della roulotte si aprì e si ricordò di non essere da solo in quell'ardua impresa.
“Com'è andata da Cat? Tutto a posto?”- disse tirandosi su.
“Sì, certo... Abbiamo fatto... le solite noiose cose da ragazze. Tu?”- fece Jade posando la borsa sul tavolo.
“Ti vedo un po' giù... Hai chiamato tua madre, vero?”- indovinò incrociando le braccia.
“Esattamente.”- disse solamente Beck.
Poi si alzò di scatto e andò a sedersi al tavolo, invitando anche lei.
“Jade, non sarà facile,vero? Voglio dire, avere un bambino.”- chiese, guardandosi le mani.
“Nessuno ha mai detto che è una cosa facile.”- rispose semplicemente lei, con la sua solita calma e freddezza.
“Ma noi possiamo farcela, giusto?”
Lei rimase in silenzio.
Beck alzò lo sguardo e incontrò i suoi occhi.
“Forse... forse non sono pronto. Poi mi dico che anche tu potresti non esserlo. E alla fine giungo alla conclusione che singolarmente potremmo non farcela, ma grazie al cielo i bambini nascono solo ed esclusivamente dall'unione di due persone.”
Jade rise.
“Perché ridi?”- fece lui, quasi offeso.
“Ti sto facendo diventare matto, di' la verità.”- disse lei.
“Decisamente.”- ammise Beck, ma questa volta anche lui si lasciò sfuggire un sorriso.
 
“E questa è la storia del perché non vedrai molto spesso la nonna qui a farti visita.
Ma in compenso ci ha spedito la culla e la carrozzina che usava quando io ero piccolo. Ma ci pensi? Le ha mandate dal Canada!
Deve aver speso una fortuna, con il corriere”
 
 


Angolo dell’autrice
Finalmente ce l’ho fatta! È stata dura, ma sono riuscita a trovare un po’ di tempo e a fare ordine nel mio cervello.
Devo dire che da questo fine settimana ho scritto parecchio, e mi sono portata un bel po’ avanti.
Diciamo che ho già praticamente finito la fic, ma mi concedo comunque ancora qualche giorno per riguardare bene il prossimo capitolo prima di pubblicarlo.
Beh? Che ne pensate?
Prima di tutto voglio chiarire un punto importante… Io sono sempre stata convinta che Beck fosse venuto da solo a Los Angeles, lasciando tutti i suoi parenti in Canada.
Per questo secondo la mia storia la madre è laggiù ed è ignara di quanto sia accaduto negli ultimi mesi tra lui e Jade.
Ma qualche giorno fa, guardando una puntata di Victorious mi è sorto il dubbio: e se invece la mamma fosse a Los Angeles con Beck? Ci ho pensato perché in quell’episodio mi è sembrato (sembrato perché l’ho visto in inglese, e per questo non sono sicura di ciò che ho sentito) di cogliere un riferimento alla madre…
Mah! Sono stata veramente tanto a pensare e a ripensare, a cercare conferme, ma niente di niente.
Così, dato che avevo già scritto il capitolo, ho deciso di lasciarlo stare e di chiedere il vostro umile perdono nel caso avessi sbagliato.
In ogni caso, fatemelo sapere!
Personalmente non penso che questo sia un capitolo particolarmente emozionante, e mi dispiace.
Ma credo (ripeto credo, perché ovviamente non ne ho la minima idea!) che quando ci si ritrovi ad affronate una gravidanza a diciotto anni, ci siano sì momenti di forte impatto emotivo, ma anche tante difficoltà da affrontare.
Detto questo… ci vediamo nelle recensioni!
Mel

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Capitolo 4
*** Paura, parte 1 ***


Paura
parte 1
 
“Non hai idea di quanto sia stato difficile, piccolo mio.
Gestire le emozioni quando gioia e paura si fondono insieme.
È così per ogni travaglio, ogni parto.
Eppure io credo che per noi, tutto sia stato un po' più complicato del solito.
Oggi ti racconto del giorno in cui sei venuto al mondo, contento?”
 
Camminava, o meglio dire saltellava, allegra come al solito nel corridoio principale della scuola.
Scuoteva i suoi lunghi capelli rossi muovendo la testa ad ogni passo.
Sprizzava felicità da tutti i pori.
Non per un motivo in particolare, lei era felice e basta.
Svoltò l'angolo poco dopo l'armadietto di Tori, in direzione dell'uscita.
Fu in quel momento, in quella giornata apparentemente come le altre, che si accorse che qualcosa non andava.
“Jade”- esclamò Cat.
Nessuna risposta. La sua amica rimaneva immobile, come pietrificata.
Provò a scuoterla e a chiamarla più volte, ma niente.
“Oddio Jade, che ti succede?! Sembra che tu abbia visto un fantasma”
“Peggio”- sussurrò la ragazza.
“Che cosa potresti mai aver visto di peggio di un fantasma... Magari un tirannosauro, ma non si erano estinti?”- pensò ad alta voce la rossa.
“Cat, Cat!”- la richiamò l'altra.
“Sì?”
“Sta' zitta per favore.”
Jade si appoggiò al muro poco distante. Sembrava veramente fuori di sé.
Cat la guardava preoccupatissima.
Cosa cavolo le era successo questa volta?
“Va... va tutto bene?”- azzardò piano.
“Secondo te?!”- sbottò lei a quella domanda.
“Devo... chiamare Beck, per caso?”
Jade sgranò gli occhi.
“No, assolutamente. Non ti azzardare”
La rossa si era fatta improvvisamente seria. “Jade, perché non vuoi che avverta Beck? Se c'è qualcuno che può aiutarti è senz'altro lui...”
“No!”- gridò, con il suo tono autoritario. Ma qualcosa non quadrava.
Le tremava la voce, era impossibile non notarlo.
Cat la afferrò per un braccio: “Jade calmati!”- adesso era davvero in allarme.
“Vado in bagno, seguimi.”- rispose, per poi aggiungere: “E non mi toccare!”
 
“Jade, sul serio, datti una calmata! Nel tuo stato non dovresti agitarti così!”
Cat cercava di tenere buona la sua amica, per quanto possibile.
Ma non sembrava riscontrare grandi risultati.
“Stare calma?! Come faccio a stare calma! Credi sia facile, che sia semplice?!”- il grido le morì in gola, non ce la faceva più neanche a parlare.
Proprio in quel momento la porta di uno dei bagni si spalancò.
“Tori! Mi hai spaventata!”- esclamò Cat.
“Ehi, che sta succedendo qui?”- fece Tori molto confusa.
Cat le si fece più vicina: “Jade... sembra impazzita. Deve aver visto qualcosa di tremendo.”- sussurrò.
Tori poggiò a terra la borsa e fece un sospiro.
Dal giorno dell’incidente e della scoperta della gravidanza non era raro vedere Jade o Beck dare di matto.
Lei capiva che fosse per loro una situazione estremamente stressante, avevano da gestire un’infinità di cose, gli ormoni e tutto il resto.
Ma per loro, i loro amici, era davvero complicato essergli accanto.
Anche se nonostante tutto l’amicizia che nutriva sia verso Jade che verso Beck le imponeva di essere comprensiva, alcune volte capitava anche a lei di non riuscire a trattenersi.
“Che ti prende Jade? Ce lo vuoi dire o preferisci continuare a fare la pazza ancora per molto?”
La diretta interessata si trattenne a stento. Si avvicinò pericolosamente al volto della ragazza.
“Mi sto veramente sforzando per evitare di tirarti un pugno su quel tuo bel visino, Vega....”- sibilò.
Tori si rese conto di aver osato troppo e che la situazione era più grave di quanto pensasse.
Era raro vedere in Jade quell'espressione.
Era impaurita. Ma da cosa?
“Ma perché non vuoi che chiami Beck?!”- strillò ad un certo punto Cat, pazza dall'agitazione.
“Perché no! Sono affari miei e lui non deve sapere!”
La situazione stava degenerando.
E Tori decise che era l'ora di intervenire.
Si mise nel mezzo alle due ragazze e disse con decisione: “Ok, calmiamoci tutte. Facciamo un bel respiro, mandiamo ossigeno al cervello e iniziamo a ragionare.”
Per qualche secondo calò il silenzio. Tutte e tre si guardavano negli occhi, si studiavano a vicenda.
“Jade, ti prego, dicci che cosa hai visto. Poi vedremo come aiutarti.”
Jade si sciacquò il viso nel lavandino.
Sapeva per certo che quelle che aveva davanti erano sue amiche, che le volevano bene, che erano in ansia per lei. Ma non ce le faceva, non riusciva proprio a fidarsi di loro.
Era come se ci fosse un muro invisibile a separarle.
Però guardava gli occhi lucidi di Cat, la faccia sconvolta di Tori e capiva che non si sarebbero mai accontentate di un suo silenzio.
E quel muro, che per anni era stato la sua protezione dal resto del mondo, adesso si scalfiva, perché era diventato un ostacolo.
“Non è importante chi ho visto io, ma chi ha visto me.”
E pronunciando quelle parole sentì le lacrime bagnarle le guance.
E poi la rabbia esploderle nel petto.
La disperazione invaderle la mente.
Infine, il buio.
***
 
“André, l'hai visto quello?”- chiese Beck avvicinando all'amico nel parcheggio della scuola.
“Di chi parli?”
“Di quell'uomo laggiù.”- sussurrò appena.
André si voltò leggermente, giusto in tempo per vedere un uomo salire in macchina e uscire dalla scuola.
“Lo conosci?”- fece perplesso.
“Purtroppo sì.”
Detto questo scattò immediatamente verso l'interno dell'edificio.
“E adesso dove stai andando Beck?!”- sbuffò il suo amico.
“Devo trovare Jade.”
“Come sarebbe a dire?”- disse seguendolo nell'atrio.
“Sarebbe a dire che quell'uomo era suo padre. Forse è venuto qui a cercarla. E se l'ha trovata...potrebbe aver avuto una sorprese inaspettata”- riuscì a stento a finire la frase. Non voleva nemmeno pensarci, a quell'evenienza.
“Frena frena frena!”- André inchiodò immediatamente e rimase fermo nel mezzo della stanza.
“Mi vorresti dire che non gli avete detto che aspettate un bambino?”
Beck si morse il labbro inferiore.
Lui era l'unico a sapere delle violenze che Jade subiva da parte di suo padre.
Le aveva promesso e ripromesso più volte di non dire niente a nessuno. E adesso si stava tradendo da solo.
“Ehm, no André, non glielo abbiamo detto.”- rispose allora semplicemente, ricominciando a camminare.
Più per evitare la conversazione che per raggiungere la sua ragazza.
“Ma perché? Perché lo avete tenuto all'oscuro di tutto?!”- André continuava imperterrito.
Beck si voltò e deciso disse: “Se non lo abbiamo fatto c'è un motivo valido, non credi?”
“Sì, ma io non capisco...”
“Beh, forse appunto non c'è bisogno che tu capisca!”- finì l'altro alzando la voce.
André alzò un sopracciglio. Che cosa gli era preso adesso?
Di una cosa era certo: Beck gli stava nascondendo qualcosa.
Era strano, il suo amico. Molto strano.
Soprattutto in quell'ultimo periodo.
Eppure gli voleva bene, e non lo avrebbe mai lasciato da solo ad affrontare certe situazioni.
“D'accordo, d'accordo. Non importa. Va bene lo stesso. Adesso andiamo a cercare Jade, va'”- disse dopo qualche secondo.
Proprio in quel momento la voce di Cat inondò il corridoio.
“Beck!”
“Che succede?”- disse quello dirigendosi verso di lei alla velocità della luce.
Jade sbucò da dietro l'angolo e rispose al posto dell'amica: “Niente”
“Ma come niente, sei praticamente svenuta in bagno prima!”- strillò quella di rimando.
Beck guardò severo la sua fidanzata, pallida in volto come non mai.
“Beck, fai qualcosa, Jade ha visto qualcuno, o qualcuno ha visto lei e si è spaventato. Anzi no, è lei che è spaventata. Oh, insomma non lo so! Comunque devi assolutamente fare qualcosa o lei finirà per stare male un'altra volta!”- continuò la rossa.
Ma nessuno dei due sembrava ascoltarla.
Si guardavano negli occhi, scioccati.
“L'hai visto anche tu, non è così?”- chiese Jade.
“Già...”- rispose in un soffio Beck- “E lui ha visto te, immagino.”
“Che pensi di fare?”- disse fredda la ragazza.
“Jade io... io non lo so. Non ne ho la minima idea.”- fece rassegnato.
Lei prese un po' di tempo, fece un bel respiro.
“Io so perfettamente cosa farò.”- affermò- “E altrettanto perfettamente so che non ti piacerà affatto.”
 
…to be continued…

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Capitolo 5
*** Paura, parte 2 ***


Paura
parte 2

Non sapeva neppure come c’era arrivato, eppure si trovava davanti alla porta della casa di Jade.
Aveva una faccia sconvolta, inutile dirlo. Non tentava neanche di nasconderlo.
“Che ci facciamo qui, Jade?”- sussurrò.
“Affrontiamo il problema.”- rispose semplicemente lei.
Lui alzò lo sguardo dalla serratura del portone e guardò la sua ragazza.
“Devi essere impazzita del tutto”- sentenziò.
Lei sospirò infastidita.
“Pensala come ti pare. Te l’avevo detto che non ti sarebbe piaciuta questa idea, no?”
“Jade questa è follia. Non puoi entrare là dentro”- disse stringendole la mano.
“Sì che posso, è casa mia.”- continuò lei indifferente.
“Non stai dicendo sul serio. Non vuoi davvero entrare, non ci credo.”
“Bene, sta’ a vedere.”- infilò la chiave nella serratura e con un rapido gesto la girò.
E la porta si aprì, senza far rumore.
Beck ebbe un momento di cedimento.
Lo stava facendo per davvero. Non stava scherzando. Jade aveva intenzione davvero di andare da suo padre e di dirgli tutto di persona. Se non vado io da lui, verrà lui da noi. E sarà peggio, credimi gli aveva detto mentre erano in macchina pochi minuti prima.
“Se tu vai, vengo con te”- disse dopo qualche attimo, dopo aver ripreso un minimo di lucidità.
“Assolutamente no”- fece di rimando Jade, mettendo un piede sulla soglia- “Tu mi servi qui.”
“Ma sei fuori?! Mentre tu affronti quell’uomo io dovrei stare qui ad aspettare? Ma cosa stai dicendo!?”- esclamò scandalizzato il ragazzo, afferrandola per un braccio.
Jade, ancora una volta, prese un bel respiro e rispose: “Sì, il piano è questo. Io dentro e tu fuori. Qualche obiezione?”
Lo sguardo di Beck si fece vuoto. Perché? Che cosa aveva in mente?
“Adesso lasciami, per favore”- finì poi, sforzandosi.
“No che non ti lascio. Non te lo permetterò.”- riuscì solo a dire l’altro.
Lei alzò gli occhi al cielo.
Convincerlo che sarebbe andato tutto bene era più difficile del previsto.
Ma non è facile convincere qualcuno ad avere fede in qualcosa in cui neanche tu più credi.
Già, lei era pessimista per natura e pensare che ce l’avrebbe fatta, che sarebbe uscita fuori da quella casa tutta intera le risultava difficile.
Ma non c’era altra soluzione, in quel momento.
“Fidati di me, Beck. Andrà… tutto bene. Non faccio niente di strano. Ricambio solo un favore.”
Si avvicinò a lui e lo baciò. Fece scivolare nella sua mano le chiavi e gli sussurrò nell’orecchio “Io mi fido di te. Aspetta solo il momento giusto.”
Detto questo sparì lasciando chiudere la porta dietro di sé.
 
 
Il momento giusto. Il momento giusto?!
Qual era il momento giusto? Come faceva a saperlo?
Beck sentiva il cuore scoppiargli nel petto, come se volesse sfondare la cassa toracica.
Si sedette, respirando a fatica.
Nella sua mente le parole della sua ragazza vorticavano confusamente. E lui non riusciva più a rielaborarle per formare frasi decenti.
Non aveva assolutamente senso quello che Jade aveva appena fatto.
Era entrata dentro, aveva chiuso la porta. Ma gli aveva lasciato le chiavi per entrare.
Che cosa aveva in mente? Perché non gli aveva chiaramente spiegato tutto prima?
Ricambio solo un favore.
Si immobilizzò. Quelle parole, adesso comprese, lo attraversarno e lo uccisero.
Jade lo stava proteggendo.
Finalmente tutto per Beck parve più chiaro.
Il ragazzo strinse forte le chiavi nella mano.
Si rese conto di far parte del piano B, quello di riserva, quello che si usa quando le cose vanno male.
Adesso capiva.
Sarebbe dovuto entrare solo e soltanto se la situazione fosse degenerata.
Aprì la persiana della finestra del soggiorno, che dava sul giardino.
E intanto continuava a premere la punta delle chiavi nel palmo, come per ricordarsi che quella era la realtà e non un sogno. Che lui era vivo, e che poteva ancora fare qualcosa.
Con l’orecchio poggiato sul vetro freddo, riparato dalla tenda, stette ad ascoltare le grida di Jade e di suo padre per minuti che gli parvero infiniti.
Ogni frase era un pugno allo stomaco, una tortura.
Poi, uno schiaffo. E poi un altro. E un altro ancora. Sapeva che avrebbe rivisto quell’ombra in molti dei suoi futuri incubi.
Sentì Jade urlare. E a quel punto le emozioni furono incontrollabili.
Cercò il telefono nella tasca della giacca e chiamò la polizia. Forse questo Jade non lo avrebbe apprezzato, ma non se la sentiva proprio di farla passare liscia a quel bastardo ancora una volta.
Accecato dalla rabbia e dalla paura, e per nulla rincuorato dall’ “Arriviamo subito” della polizia, aveva aperto la porta e si era fiondato in salotto.
Appena in tempo per vedere la sua ragazza accasciarsi a terra, spinta da quello che ai suoi occhi era ormai un essere immondo.
“Che le hai fatto?!”- gridò, furibondo, con le lacrime agli occhi.
“Quello che si meritava”- si sentì rispondere, e un nuovo moto di odio lo attraversò.
Beck si passò una mano sul viso.
Non capiva, con riusciva a comprendere come un padre potesse fare del male alla propria figlia.
Quando lo vide avvicinarsi a lei il cuore gli saltò in gola.
“Non la toccare!”- gridò afferrandolo per la camicia.
L’uomo lo guardò con disprezzo. “Pensi di avere qualche potere su di lei solo perché te la sei portata a letto?”- disse.
Beck rimase in silenzio.
“Beh, caro il mio bell’imbusto, questa è mia figlia. MIA figlia, capito? E io con mia figlia ci faccio quello che voglio.”
Quello che voglio.
Non poteva permetterglielo. Jade sarà stata pure sua figlia, ma era anche la sua ragazza, una delle persone più importanti nella sua vita. Era la madre di suo figlio.
Beck strinse le presa, indeciso sul da farsi.
Avrebbe tanto voluto mollargli un pugno in piena faccia.
Ma sentì un rumore al di fuori della porta, e capì che non era certo il momento adatto.
 
“No”- disse serio alla fine- “Non più. Mai più potrai farle del male.”
“E tu come lo sai? Se proprio ci tieni, posso farla pagare anche a te…”- chiese l’uomo avvicinandosi ancora di più al ragazzo, che poté chiaramente avvertire l’odore di alcol misto a fumo proveniente dalla sua bocca.
“Le hai provocato abbastanza dolore, la pagherai cara, promesso.”- continuò lasciando la camicia e indicando con un cenno della testa la finestra.
Quello si diresse là e spalancò la tenda, per trovare davanti ai suoi occhi una volante della polizia.
Entrarono gli agenti che lo presero e lo portarono fuori.
E da quel momento non fu più un problema di Beck.
Ma i pensieri erano solo all’inizio.
La sua ragazza era ancora distesa sul pavimento. Si precipitò su di lei e notò che era in preda a degli spasmi terribili.
 
Lo sentiva.
Prima era appena percettibile. Quasi una carezza.
Poi in poco tempo si era fatto prepotente, forte, sempre più forte.
Arrivava dal basso ventre e piano piano raggiungeva ogni parte del suo corpo.
No, non ci voleva credere.
Non adesso, ti prego. pensò. Non era pronta.
Poteva fare finta di essere coraggiosa, imperturbabile, ma davanti a quel dolore niente resisteva.
La razionalità, la calma, la sua solita freddezza. Nulla riusciva a fermarlo.
 
“J…Jade…”- fece Beck, scioccato.
Lei gli afferrò il braccio e lo strinse con tutte le sue forze. Voltò la testa verso di lui.
“Beck, chiama un’ambulanza”- riuscì solo a dire, prima di ricadere a terra.
Il ragazzo esiguì immediatamente e dopo qualche minuto due paramedici irruppero nella stanza.
“Che succede ragazzo?”- chiese uno.
Ma come poteva lui riuscire a rispondere?
Bloccato dalla paura, era come intrappolato in una realtà che lui non avrebbe mai voluto.
Sull’orlo di una crisi di nervi.
“Sono… alla 37° settimana di gravidanza… ah!”- sentì Jade dire a fatica.
I due paramedici si scambiarono sguardi veloci.
“Sembri sofferente, potrebbe anche essere iniziato il travaglio. Ti portiamo subito in ospedale, tranquilla, faremo presto e andrà tutto bene”
A sentire quelle parole cominciò a piangere.
Perché non era affatto vero. Niente andava bene nella sua vita. C’era sempre l’intoppo, sempre qualche problema.
“Mi dispiace…”- sibilò. Un po’ a Beck, a cui continuava a stringere il braccio, un po’ al piccolo che aveva in pancia e che di sicuro in quel momento stava soffrendo per colpa sua.
 
La misero sopra ad una barella, e le sembrò di rivivere le scene posteriori all’incidente di qualche mese prima.
L’ambulanza partì a tutta velocità.
“C…come sta lui?”- chiese ad uno dei due paramedici riferendosi a Beck, che avevano fatto sedere in fondo al mezzo.
“È solo sotto shock per l’accaduto. Sta bene, deve solo metabolizzare l’idea che il momento di diventare padre è già arrivato.”- disse con un bel sorriso.
“Perché quel momento arriverà, non è vero?”
 
“Certo”- rispose allora Beck, come risvegliatosi dal suo sogno.
Anche se era fuori di sé e a malapena riusciva a contenere le emozioni, doveva farsi forza e restare lucido per lei.
Capiva quanto avesse bisogno di lui in quel momento.
Jade non chiedeva mai conferme, rassicurazioni, in genere se le procurava da sola.
“Arriverà presto, Jade. Più presto del previsto, ma a noi sta bene lo stesso.”- disse con voce più chiara mettendosi vicino a lei.
La vide sorridere nel sentire la sua presenza al suo fianco.
Si presero ancora una volta per mano, e si prepararono a vivere quella terrificante quanto emozionante avventura.
“Beck…”
“Sì?”
“Sei stato bravo. Lo… lo sapevo che potevo fidarmi di te”- disse stringendo gli occhi all’arrivo di una contrazione.
Lui la guardò teneramente: “Grazie… Ce la faremo, vedrai. Anche io mi fido di te”
 
Arrivati all’ospedale, si rese conto di come fossero messe realmente le cose.
Sotto la luce dei neon vide che il colorito di Jade era troppo somigliante a quello di un lenzuolo.
E quando, dopo un’altra ora di contrazioni, si era lasciata sopraffare dalle emozioni, a Beck gli si era davvero sbriciolato il cuore.
L’aveva vista piangere, disperata, sfiancata dal dolore e dalla tensione.
A nulla serviva rassicurarla. “Beck, io non ce la faccio”- continuava a ripetere, con un filo di voce.
E se diceva in quel modo, c’era un motivo valido.
 
“Jade? Che succede Jade!”- esclamò ad un certo punto il ragazzo.
“Ha perso i sensi”- rispose un medico, accorso al suo grido.
Beck rimase pietrificato, continuanado imperterrito a stringerle la mano.
“Dobbiamo far nascere questo bambino ora”- disse ad un’infermiera- “Preparate la sala, presto!”
Le loro dita si sciolsero, rimase seduto nella stanza mentre i dottori la portavano via di corsa.
Aveva tutto un sapore di già visto, come se fosse già accaduto.
“Jade”- continuò a ripetere, rimasto ormai solo.
Finché, dopo circa dieci minuti, una donna lo riportò sulla Terra.
“La tua ragazza ha ripreso conoscenza, i medici stanno per iniziare il cesareo. Se te la senti, puoi assistere, dato che lei è sveglia.”
Rimase qualche secondo a fissare l’infermiera, prima di rispondere.
Se la sentiva? Non ne era poi così sicuro.
Ma una cosa era certa. Non avrebbe lasciato Jade sola ad affrontare la situazione ancora una volta.
 
“È così che è andata.
Un crescendo di emozioni sempre più forti, finché non ti ho visto per la prima volta.
Saranno stati cinque secondi.
Eppure da quel momento, ho sentito solo tanta gioia dentro di me”
 

 
 
Angolo dell’autrice
Per la gioia di chiunque non aspettasse altro che il momento del parto… Eccoci qua!
Ancora un capitolo e questo pargoletto vedrà la luce del sole (in realtà era già nato nel primo capitolo…)! Comunque, tutto questo per dirvi che adesso ci siamo, siamo davvero ad un passo dalla fine. Che emozione!
C’è da chiedersi di questo passo quando riuscirò a trovare il tempo per pubblicare, e soprattutto scrivere, ma cerchiamo di non pensarci… ;)
Spero, come sempre, che il capitolo vi sia piaciuto, ringrazio tutti coloro che hanno recensito e mi hanno sostenuta fino ad adesso. Grazie davvero! <3
Detto questo… a presto!
Mel

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Capitolo 6
*** Musica per le mie orecchie ***


Musica per le mie orecchie

Che cosa ho combinato?
Io… spero solo che tu stia bene.
Non posso dire lo stesso di me. Mi stai davvero uccidendo, scricciolo.
Ti stai vendicando, lo so. Ma è stato più forte di me. Non avrei mai sopportato la vista di mio padre rifarsela con Beck. È per questo che sono andata da sola.
Ma… in fondo lo sapevo che non ce l’avrei mai fatta. Per questo gli ho dato le chiavi.
Magari un giorno capirai, e mi perdonerai.
Scusa se ti ho coinvolto in tutto questo.
Mi sento così in colpa, così debole e fragile.
Mi sembra di sparire dentro a questo lettino, di spofondare giù.
Tutto ciò che mi tiene a galla è la mano di Beck.
Non ci siamo mai lasciati, neppure per un secondo.
Mi ricorda di non mollare, di restistere. Che sa che posso farcela.
Ma non è vero.
Le sue parole arrivano così fievoli alle mie orecchie. Come se fossimo a chilometri di distanza.
Sto male, bambino mio. Dentro, c’è un vuoto che mi sta divorando.
E ho paura di diventare anche io vuoto, tra poco. Sì, Jade West ha paura.
Come ha paura di suo padre, del suo sguardo, delle sue mani.
Ho vissuto con questa paura per anni. Con il terrore che ci fossero altri uomini come lui, altre mani pronte a scendere su di me.
Poi ho incontrato Beck. Non so dirti come, ma ho capito che non mi avrebbe mai fatto del male.
Lui sì, sarà un bravo papà.
Con lui tutte le mie paure si sono come dissolte, mi sono sentita protetta, accolta per quello che ero. Una ragazza difficile.
Tante volte ho temuto di perderlo. Di vederlo tra le braccia di qualcun’ altra, con le labbra sulle labbra di un’altra ragazza.
Sono possessiva, isterica se vogliamo, gelosissima. Questo lo so.
Ma avrei fatto di tutto pur di non perdelo. Finché un giorno non l’ho perso davvero.
È stata dura, non lo nascondo.
Perdonami, ma non ce la faccio a ricordare come sono stati quei giorni senza di lui.
Nella mia mente ci sono solo una manciata di immagini sfocate in questo momento.
Che succede? Mi devo concentrare sul presente adesso, devo sforzarmi di rimanere presente.
Ecco che succede, scricciolo. Il mio corpo sta cedendo.
Non è colpa tua, sono io che non ce la faccio.
Anche se con la mente ci sono, non riesco più a connettere.
Di una sola cosa sono sicura. Beck non mi stringe più la mano.
E questo mi butta ancora più giù, perché non è più con noi?
“Beck…”
Spalanco gli occhi, ho bisogno di lui. Come dell’aria, come dell’acqua.
“Dove… dove sono?”
“In sala parto. Dobbiamo sottoporti ad un taglio cesareo per far nascere il tuo bambino”
L’infermiera che ha parlato, assieme ad una collega, mi tira su e mi prepara per l’anestesia.
“Adesso sentirai una leggera pressione a livello della gambe…”
Ma non le ascolto nemmeno per sbaglio.
“Beck…”- continuo a dire fissando il soffitto, finché quel nome perde di significato.
Adesso non sento più niente.
Mi fanno ridistendere e continuano nella loro occupazione.
Arrivano anche un paio di medici, ci siamo. Tra poco ci conosceremo.
Continuo a guardare il soffitto, sento le guance bollenti. Probabilmente sto piangendo.
Non vorrei, davvero. Mi dispiace, dovrei essere felice, lo so, questo è un momento che ricorderò per il resto della mia vita.
Ma mi manca qualcosa.
E poi… eccola.
Qualcuno mi sfiora la guancia destra. È lui. Lo so.
Sospiro, sorrido debolmente.
“Sono qui”- mi dice.
Entra nel mio campo visivo, e per quel poco che vedo mi sembra davvero al limite dello sconvolto.
Eppure è qui. E non potrei essergli più grata.
“Beck”- è come se non sapessi dire altro.
Non riesco più a controllami, e le lacrime ricominciano a scorrere copiose.
“Shh… basta piangere”- sussurra pulendomi il viso- “Adesso puoi cominciare a ridere. Senti…!”
Così rimango in ascolto, trattengo anche il respiro.
“Lo senti?”- mi domanda.
Sì che lo sento.
Stai piangendo piccolo mio. Vuol dire che stai bene, così anche io mi sento meglio.
Ti appoggiano sul mio petto, mi sembra di impazzire.
Sei così bello!
Ti accarezzo con un dito la manina. Vorrei stare così ancora per un po’, ma non me ne danno tempo.
Devono assicurarti che tu stia bene, e ti portano via.
Ed io adesso, pur non avendo fatto niente, sono veramente stanca.
Mi dicono di tener duro, di aspettare la fine dell’operazione per chiudere gli occhi.
E così, mi soffermo a pensare ai tuoi occhi, al tuo candido volto.
A come quel tuo pianto felice abbia portato così tanta pace dentro al mio cuore.
So che nelle prossime settimane mi toglierà il sonno e un moto di disperazione salirà dentro di me tutte le volte che lo sentirò.
Ma per adesso, credo sia il suono più bello che abbia mai avuto il piacere di ascoltare.
Te lo assicuro, non c’è niente di meglio.
Perché è musica della migliore qualità, pura armonia.
È vita.
 
"Sono tanto fiero di te, mamma"
"Grazie... papà"
 
 
 
Angolo dell’autrice
Che dire… È nato! <3
Sono felice e allo stesso tempo mi si spezza il cuore nel pubblicare questo capitolo.
Perché, ragazzi, questa è la fine davvero.
Spero di aver fatto un buon lavoro, pur postando con un super mega ritardo, me ne rendo conto. Mi dispiace davvero tanto, ma un po’ l’ispirazione per scrivere qualcosa di decente se n’era andata a Timbuctu, un po’ sentivo la pressione “da finale” e non ho mai avuto la voglia di mettermi a pensare seriamente a come poter scrivere questo capitolo conclusivo.
Spero di non aver rovinato ogni cosa, se così fosse mi mangerei la mani!
Ci tengo tanto a questa serie, come del resto tengo tanto ai protagonisti… e dato che il primo capitolo era raccontato dal punto di vista di Beck, mi sembrava carino concludere con le vicende dal punto di vista di Jade.
C’è anche un’altra questione che vorrei chiarire prima di andare: il fatto dell’ooc. Mi rendo conto da sola che, soprattutto in questi capitoli finali, sia Jade che Beck possano essere risultati un po’ fuori dai loro personaggi, ed in parte è una cosa voluta.
Vedo tutti questi eventi ho fatto piombare su di loro, come una sorta di valanga che li ha travolti in pieno e che inevitabilmente ha cambiato parte dei loro caratteri o che ne ha scoperto lati nascosti.
Perlomeno per adesso questa è la mia opinione, probabilmente con il crescere mi renderò conto che la realtà è ben diversa.
Per finire, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno pazientemente commentato tutte e tre le storie, grazie infinite davvero, questi mesi in vostra compagnia sono stati fantastici :)
Vi aspetto nelle ultime recensioni per un saluto finale!
Quindi, ci sentiamo…!
E forse in questo caso è meglio dire…
Passo e chiudo.
Vostra, sempre in ritardo, Mel.

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