Melinda Bella Moon e il mistero degli unicorni scomparsi

di orkaluka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1- Lettera da Hogwarts ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Alla ricerca di una bacchetta ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Il treno e il cappello parlante ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 . Litigio a colazione ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Erbologia e Difesa Contro le Arti Oscure ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Hagrid chiede aiuto ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Scontri e punizioni ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Il quidditch ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Legilimens ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Congetture ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Nella foresta proibita ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Vacanze di Natale ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - La famiglia Potter-Weasley ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - Un piano ben architettato ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - Mi sento diversa, mi sento un mostro ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Verità e Amicizia ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - Scuse ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 - Inutile ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 - Draco Malfoy ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 - Duplice ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 - Duplice (parte seconda) ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 - Sua ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 - Grazie Melinda, grazie ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 - Amicizia ***
Capitolo 26: *** Epilogo ***
Capitolo 27: *** One-shot: Il primo di mille baci ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Grazie mille a tutti quelli che stanno per leggere questa storia, spero sia di vostro gradimento.

Prologo

“Mio Signore, mi conceda il permesso di vendicarmi. Lui mi ha portato via i genitori, io voglio uccidere i suoi figli, la prego, mi dia il permesso.”.

La figura incappucciata si alzò dalla sua poltrona accanto al fuoco e raggiunse il centro della grande stanza dai pavimenti di marmo.

“Non dovrai toccare la ragazza però, a lei non va torto neanche un capello.”

La donna annuì e sorrise, soddisfatta.

“Grazie mio Signore, grazie. Vado a preparare l’assassinio.”

 Scomparve, la strega, dietro una porta e la figura incappucciata rimase sola nella grande sala. Si avvicinò a uno specchio e con la punta della bacchetta passò ad alcuni millimetri dalla superficie, su di essa apparve l’immagine di una ragazzina, poco più di una bambina. I suoi capelli neri erano riccissimi e indomabili, tanto quanto lo sguardo che albergava negli occhi celesti, di un azzurro fuori dal comune.

 “Un giorno tu verrai da me e insieme governeremo il mondo dei maghi.”

La ragazzina nell’immagine sorrise, poi scomparve. I passi della figura incappucciata risuonarono sul marmo come i rintocchi lugubri di una campana.

 “Insieme nulla ci potrà fermare.”

Sussurrò la figura incappucciata in una lingua strana, una lingua sconosciuta formata da sibili che tutti, nel mondo magico, avevano sperato perduta per sempre.

 

Lo so, é un prologo breve, ma spero che vi sia piaciuto! Vi prego di recensire perché per me é veramente importante conoscere il vostro parere, lo so, il capitolo é breve, ma, insomma, prime impressioni? Spero di riavervi con me per il prossimo capitolo! Bacioni a tutti          Luka

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Capitolo 2
*** Capitolo 1- Lettera da Hogwarts ***


 

Capitolo uno – Lettera da Hogwarts

 

La prima volta che Melinda fece una magia fu per caso, per chi dice che il caso non esiste fu…be, magia. Aveva appena pochi mesi che gli oggetti nella sua piccola stanzetta presero a volare tutti insieme, aveva fame ed era da parecchie ore che nessuno passava a controllarla. La seconda volta fu quando, a cinque anni un gatto le graffiò una mano, per sbaglio lo mandò a finire dall’altra parte della strada, gli altri “incidenti” capitarono durante il resto della sua vita.

 Era una calda giornata di fine estate quando una strana lettera arrivò via gufo, come solo le lettere dirette a papà arrivavano. Questa lettera, a differenza delle altre però, era indirizzata a “Melinda Moon, 67 Dartmouth Park, Londra”. Erano mesi che aspettava quella lettera, papà le aveva raccontato moltissime cose di Hogwarts, la scuola di magia e stregoneria più famosa al mondo. Quando la piccola Melinda ricevette la lettera corse a perdifiato dalla madre, che era appena rientrata dopo la spesa.

“Mamma! Mamma è arrivata!”

 Urlò la piccola, gettandosi addosso alla madre, che la prese al volo lasciando cadere le uova che si spiaccicarono a terra formando una chiazza arancione sulla moquette. Rosemarie, donna che amava i suoi figli più di qualsiasi altra cosa al mondo eccezion fatta per suo marito, cominciò a congratularsi con la sua piccola, prodigiosa Melinda. Lanciò la piccola in aria per poi riprenderla al volo. Rosemarie aveva conosciuto suo marito per sbaglio, un uomo alto che vestiva in modo strano, aveva conosciuto il mondo magico poco dopo, quando aveva deciso di sposarlo.

“Dobbiamo preparare una torta!”

 Disse Rosemarie con un grande sorriso in volto. La piccola saltellò fino alla cucina con alcuni sacchi della spesa e cominciò a riporre con una sola mano, perché con l’altra reggeva la lettera, le pietanze nel frigorifero di casa. Riposto tutto in frigo, prese posto su una sedia nella piccola cucina.

“Dimmi piccola”

 Chiese mamma con il suo tono dolce e felice al contempo.

“Di cosa hai bisogno per la scuola?”

 La bimba aprì la lettera, trepidante.

 “Cara signorina Melinda Bella Moon, è stata accettata alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, la attendiamo alla stazione di Keeng’s Cross alle undici in punto, binario nove e tre quarti. Qui di seguito potrà trovare gli oggetti di cui necessiterà per l’anno a scuola.”.

Melinda sorrise, raggiante, poi passò al secondo foglio.

 “Gli allievi necessitano di: divise, guanti di pelle di drago, una bacchetta.”

 Melinda guardò la madre.

 “Mamma! Avrò una bacchetta tutta mia! Una con cui fare incantesimi come papà!”

 Rosemarie sorrise alla figlia e le disse di continuare.

 “I libri”

Seguì una lista piuttosto lunga di titoli di vario genere, dalla cura delle piante per erbologia ai tomi di storia della magia.

 “Mamma!”

 Urlò Melinda un poco arrabbiata.

“Gli ho già letti quasi tutti questi libri!”

 Rosemarie lanciò un’occhiata di fuoco alla figlia, che sorrise.

“Come hai fatto a leggere quei libri?”

 Chiese la donna, Melinda fece gli occhi dolci e disse.

“Be, ecco, io…forse ho letto alcuni libri della libreria di papà.”

Mamma fece gli occhi di come quando ci si deve aspettare una ramanzina di quelle serie, quelle per cui ti senti uno schifo dopo e vorresti sotterrarti. Melinda chiuse gli occhi, preparandosi ad incassare le parole. Invece sentì una carezza sfiorarle la guancia.

 “Non fa niente piccola, per questa volta. La prossima volta però che ti dico di non leggere i libri di papà non farlo, chiaro?”.

 La piccolina annuì, anche se tutte e due sapevano che tenere a bada la curiosità di Melinda era come chiedere a un molliccio di non far paura a nessuno. Rosemarie riprese a mischiare i vari ingredienti.

 “E ora continua a leggere, piccola peste.”

La piccola riprese a leggere.

 “Allora, dove ero rimasta? Ah, si! Posso portare o una civetta, un gufo, un rospo, un gatto o un topo.”.

 La piccola fece gli occhi dolci alla mamma ancora una volta, ma lei non disse nulla. Scosse la testa.

 “Ne abbiamo già discusso migliaia di volte, non vogliamo che un animale ti distragga dallo studio.”

 La piccola preparò mentalmente la sua arringa, per la millesima volta, ma decise di desistere, aveva sentito la porta di casa aprirsi. Sicuramente era papà che rientrava dal lavoro con il fratellone maggiore. “Papà! Fratellone! Guardate, guardate!”

 Corse verso di loro, erano vestiti con dei lunghi mantelli che arrivavano loro fino ai piedi. Mostrò la lettera indicandola con le mani e poi si precipitò tra le loro braccia aperte.

“Vedrai, Hogwarts ti piacerà moltissimo!”

 Le disse il suo fratellone: Andrew Moon, dipendente come il padre del Ministero della magia. Suo padre semplicemente la tenne stretta, a volte con lui basta uno sguardo con la figlia per comprenderne i pensieri. Si avviarono tutti e tre verso Rosemarie, che era ancora alle prese con l’impasto della torta. Papà baciò mamma, Melinda distolse lo sguardo arrossendo e cominciò ad apparecchiare. Quando tutti furono a tavola e Andrew ebbe finito di descrivere la sua giornata di lavoro Melinda chiese.

 “Papà domani mi porti a Diagon Alley?”

 La forchetta del padre rimane sospesa a mezz’aria.

 “Piccola, domani dovrò lavorare, non mi posso liberare purtroppo ho una missione con gli Auror.”

 Melinda mise il broncio, teneva veramente al fatto che il padre la potesse accompagnare a comprare la sua bacchetta. Andrew intervenne nella conversazione dicendo.

 “Io domani se proprio vuoi mi posso liberare piccola, che ne dici? Ti accompagniamo io e la mamma.” Bisogna ammettere che Melinda era una ragazzina cresciuta in mezzo all’amore, ma non viziata, per cui, nonostante questo le provocasse un grande dispiacere, accettò la proposta del fratellone.

“Va bene.”

 E sorrise, poi posò i suoi piatti nel lavandino e si avviò verso il papà, che sembrava dispiaciuto. Gli dette un bacio in fronte dicendo.

“Io capisco, non essere triste. Il mio papà fa un lavoro difficile e forse non puoi accompagnarmi a comprare la bacchetta, ma io so che mi vuoi bene e che vorresti essere lì con me.”.

La famiglia la guardò sbalordita, a volte sembrava che in Melinda abitasse un adulto.

“Basta che mi prometti una cosa”

Disse seria la piccola.

“Promettimi che tornerai dalla missione e che starai ore e ore ad ascoltarmi mentre ti racconto di come ho provato varie bacchette fino a prendere in mano quella giusta.”

 Edgar Moon guardò la figlia dritto negli occhi e glielo promise, sussurrando appena le parole. La bimba sorrise, felice come non mai e perse quell’aria da piccola adulta dirigendosi verso la sua camera.

 “Vado di sopra a leggere!”

Urlò dalle scale. Di sotto Rosemarie prese la mano al marito, che la strinse.

 “Vuole parlare con suo padre di come la bacchetta l’ha scelta.”

 Disse Edgar, Rosemarie gli strinse ancor più la mano.

“E tu la ascolterai, fino alla fine, è chiaro? Non una parola amore, abbiamo promesso e poi, lo sai, ancora un po’ di tempo e scoprirà tutto”.

 

Parole dall'autrice

Ed eccomi qui con il rpimo capitolo! XD Sono eccitatissima! Premettendo che sono folle e assolutamente sadica non si scoprirà il senso dell'ultima, criptica frase per ancora moooolto tempo, ma tranquilli, in questa storia di misteri ce ne sono a sufficienza, credetemi. Allora, come l'avete trovato? Piaciuto il primo capitolo? E la famiglia di Melinda, io adoro Rosemarie, fa l'insegnante d'asilo ed é una persona veramente dolcissima XD. Stavo pensando ad una cosa poco fa, mi é venuto in mente che potrei fare degli errori a livello di contenuto del mondo magico, magari piccole cose di cui mi sono scordata ma che voi ricordate e che volete segnalarmi come errori, mi farebbe molto sapere se c'é qualcosa di sbagliato e in caso cercherò di aggiustare, se posso. E ora vi lascio, grazie a tutti quelli che hanno letto questo capitolo (e quello prima)! Spero di avervi per il prossimo!                                 Bacioni; la vostra Luka

PS: Mi raccomando, recensite!

PSDPPS (post scriptum dopo il primo post scriptum): La lunghezza del capitolo va bene? O preferite più lunghi?

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Alla ricerca di una bacchetta ***


 

Capitolo 2 - Alla ricerca di una bacchetta

 

Il giorno dopo Diagon Alley era gremita di ragazzini accompagnati dai genitori che cercavano le cose per la scuola. Melinda passeggiò con il fratello e la madre, soffermandosi di qui o di là e comprando tutto ciò che le serviva. Per ultima lasciò la bacchetta.

 “Mamma, fratellone. Questa è una cosa che devo fare da sola, non vi dispiace, vero?”

 I due scossero la testa, carezzarono un poco il capo della loro Melinda e si avviarono verso il negozio Weasley, il più colorato di tutta la via. Inizialmente, dopo la morte di Olivander, nella via avevano aperto due botteghe di bacchette, soltanto che molti bambini passavano ore e ore a cercare una bacchetta che alla fine trovavano nella bottega a fianco. Dopo tre anni passati in questo modo il Ministero era intervenuto e le due società di bacchette erano divenute una sola. Melinda aprì la porta dipinta di azzurro, un campanello suonò, avvisando della sua presenza i due proprietari, che si fecero avanti con un sorriso in volto. Mai due persone potrebbero sembrare più diverse, uno aveva i capelli biondi, era alto, grassoccio e con le lentiggini. L’altro era magro ma bassino, con i capelli scurissimi e con un’abbronzatura dorata naturale. Melinda sorrise ai due venditori e porse loro la mano, cortesemente.

“Buongiorno, sono Melinda Moon e sto cercando una bacchetta.”

 I due sorrisero.

 “Bene bene, Moon è? Tuo padre è forse Edgar Moon, l’Auror?”

Chiese Lenitiggini. Melinda annuì.

“Salutalo quando lo vedi, digli che sono Merv Mickey”.

 Melinda annuì di nuovo, intanto lo Scuro era sparito dietro ad uno scaffale che era alto fino al soffitto. Tornò con in mano una bacchetta e una scatola lunga e sottile.

“Cedro e corda di cuore di drago, undici pollici e mezzo, flessibile.”

 Porse la bacchetta ad una Melinda sovreccitata che la scosse delicatamente, una grande scala fu ridotta in cenere.

“Decisamente no.”

 Disse lo Scuro, poi sparì insieme al compagno dietro ad un altro scaffale. Passarono per la mano di Melinda varie bacchette, ma nessuna che andasse bene, in poco tempo le scrivanie che i due utilizzavano a mo’ di bancone erano piene di scatole di bacchette. Dopo che Melinda ebbe provato quella che le sembrò essere la centesima bacchetta i due decisero di fare una cosa che non avevano mai provato.

“Vieni negli scaffali e cerca la bacchetta, noi ti seguiamo, magari riesci a percepirla.”

 Melinda sgranò gli occhi, suo padre le aveva detto che aveva provato varie bacchette e che dopo un po’ aveva trovato quella giusta, c’era chi la prendeva al primo colpo e c’era chi doveva provarne dieci prima di trovare quella giusta.

Decise comunque di avviarsi in mezzo agli scaffali, non sapeva bene cosa fare, finché non sentì emergere quella parte di lei che mamma, papà e il fratellone temevano, quella piccola adulta che viveva in lei fece capolino e guidò Melinda nei meandri più oscuri del negozio. I due la seguivano, sorpresi dalla decisione della piccola. Melinda trovò una scatola bianca, finemente lavorata ai lati con degli intrecci blu scuro, che formavano le fronde di alberi immaginari e bellissimi. Prese in mano la scatola, non notando lo sguardo che i due dietro di lei si scambiarono, non avevano mai visto quella scatola, tantomeno la bacchetta che essa conteneva, ma non dissero nulla e semplicemente osservarono la scena che si presentò davanti ai loro occhi. La bimba tornò sui suoi passi e poggiò la piccola scatola sul bancone, estrasse una bacchetta lunga e ben lavorata, appena la prese in mano una folata di vento le scompigliò i lunghi capelli neri, sentì un immediato legame crearsi tra la bacchetta e la sua proprietaria. Pagò i negozianti ancora del tutto sbalorditi, poi si avviò alla ricerca della madre e del fratello, che la attendevano con una sorpresa.

 

 

Andrew Moon si rigirò tra le dita la bacchetta della sorellina minore, era una bacchetta ben strana, non ricordava di averne mai viste di simili. Era completamente nera, con dei viticci blu che si attorcigliavano dalla punta della bacchetta scendendo fino al manico, non ricordava di aver mai visto neanche un legno simile, era flessibile però resistente e la lavorazione era avvenuta sicuramente in maniera magica. Melinda gli aveva riferito che la bacchetta era in mogano, dieci pollici e tre quarti, unicorno; ma chissà perché faticava a crederci. Non si fece però tante domande e la riconsegnò ad una Melinda piuttosto agitata che teneva in una mano la bacchetta e nell’altra una puffola pigmea, regalo da parte loro per l’ammissione a scuola.

“Domani dovrai prendere il treno”

 Le disse

 “Sei pronta? Scommetto che hai già letto tutti i libri di testo.”

 Melinda sorrise, aveva una vera passione per i libri e, anche se non l’aveva ammesso alla mamma, aveva letto tutta la libreria di papà da parecchio tempo, da quasi un anno ormai. La casa era calda e confortevole, Andrew era rimasto a casa con la sorellina mentre Rosemarie era andata a fare la spesa e Edgar era al lavoro.

 “Sai fratellone che ho letto tutti i libri di papà e lì ci sono anche tutti i libri di testo che servono a Hogwarts.”

Era seduta su una poltrona e la puffola pigmea le saltellava da una spalla all’altra, lui le sorrise. La sua piccola peste era una ragazzina minuta, che non dimostrava affatto i suoi undici anni, aveva dei lunghissimi capelli neri e degli occhi si ghiaccio pieni di un’intelligenza che lasciava spesso e volentieri spiazzati. La strinse in un abbraccio e le disse che era ora di fare merenda. Mangiarono insieme una fetta di torta al cioccolato (la preferita di Melinda) e poi si misero a giocare una partita a scacchi. Rosemarie tornò verso le sei, con molti sacchi, quasi tutti contenenti nuovi vestiti per la sua Melinda. I tre prepararono insieme il baule per Hogwarts, poi cenarono. Edgar sarebbe dovuto tornare presto quella sera, ma il tempo passò e di lui non si ebbero notizie. Rosemarie decise allora di mandare a letto Melinda e disse al figlio di spedire alcuni gufi per scoprire se era accaduto qualcosa. Non ricevettero risposta, Edgar tornò a notte fonda con solo qualche graffio e basta, disse che la missione era andata bene anche se era durata più del previsto. Chiese di Melinda, degli acquisti.

“Sarà magnifica, scommetto che avrà solo O e E alla fine dell’anno, lo sapevate che ha letto tutti i libri della tua libreria papà?”

 Disse Andrew. Risero tutti insieme, felici e al contempo tristi per la partenza della loro piccola peste, quella ragazzina così dotata eppure così particolare.

Parole dall'autrice

Ed eccoci al secondo capitolo! Ho cercato di togliere quelle immagini che facevano sembrare Melinda piccola, so di non esserci riuscita completamente ma sappiate che cerhcerò di migliorare ancora. Se avete qualcosa da dirmi, sappiate che sono sempre disponibile ad ascoltarvi, o meglio, leggervi e cercherò di rispondervi sempre! Allora, vi é piaciuto questo capitolo? Nel prossimo si prende il treno e si fanno conoscenze interessanti, siete pronti? Non vedo l'ora! :) Spero di avervi con me anche per il prossimo capitolo! Grazie a tutti, saluti Luka

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Il treno e il cappello parlante ***


 

Capitolo 3 - Il treno e il cappello parlante

 

Il mattino dopo Melinda si svegliò presto, saltò giù dal letto e preparò la colazione per tutti. Apparecchiò, mise le uova in tavola, il caffè e poi chiamò a raccolta i suoi parenti.

 “A tavola! La colazione è pronta!”

Sentendo il profumino che si propagava dalla cucina Rosemarie, Edgar e Andrew decisero di scendere a fare colazione. Rimasero tutti sorpresi e mangiarono con gusto.

 “Tra quanto andiamo? Tra quanto andiamo?”

Melinda era già in agitazione, saltellava in giro per casa cercando di calmarsi.

 “E se poi finisco in una casa che non mi piace? E se prendo dei brutti voti? E se i miei compagni mi odiano perché sono un mostriciattolo? E se faccio arrabbiare i professori? E se…”

Le risate della mamma, di Andrew e di papà la interruppero. Fu Rosemarie a mettere a tacere definitivamente quella valanga di parole, anche se non apparteneva al mondo magico per nascita ci era entrata a far parte innamorandosi di suo marito e conosceva molto di quel mondo grazie ai racconti di Edgar e di loro figlio.

“La casa ti piacerà, il cappello parlante sceglie sempre la casa giusta. Se ti impegni non prenderai dei brutti voti. Sei un mostriciattolo, ma sei simpatica e i tuoi compagni se ne accorgeranno, vedrai. E ti conosco, so già che in un qualche modo farai sicuramente arrabbiare un professore, per cui, un consiglio, pensaci a tempo debito.”

Rosemarie prese per un manico il baule e lo portò all’auto. La bimba salì in macchina e attese che tutti fossero seduti poi disse.

“Mi scriverete, vero? Voglio ricevere così tante lettere che il dormitorio vorrà scoppiare!”

 I tre sorrisero e annuirono, poi si avviarono verso King’s Cross.

 

 

Il treno partì alle undici in punto, Melinda salutò dal finestrino la sua famiglia poi si avviò alla ricerca di uno scompartimento vuoto. Ne trovò uno per caso, lo aprì, entrò e si sedette. Si sentiva tremendamente sola in quello scompartimento, pregò che arrivasse qualcuno a farle compagnia. Qualcuno arrivò, era un bambino della sua età, insieme ad una ragazzina tutta riccioli rossi.

“Possiamo metterci qui?”

Chiese il ragazzino, Melinda sorrise e disse.

“Certo, sedetevi pure.”

 Ed indicò con la testa i posti vuoti. Il ragazzino appoggiò le sue cose e le porse una mano.

“Sono Albus Severus Potter, ma puoi chiamarmi Al.”

Melinda strinse la mano e disse.

“Io sono Melinda Bella Moon, è un piacere.”

Sorrise ad Al, poi si rivolse all’altra bambina.

“Invece tu sei?”

 Le chiese.

 “Rose Weasley”

 E porse la mano a Melinda, lei la accettò e la strinse.

“Se volete potete chiamarmi Mel.”

 I due sorrisero, poi tutti insieme cominciarono a discutere delle case e delle varie informazioni ricevute dai genitori.

“I nostri genitori si conoscono dai tempi di Hogwarts, mio padre e la madre di Al sono fratelli”

 Disse Rose, Melinda annuì.

 “Quindi siete cugini, un po’ si vede in effetti, anche se poco.”

 Chiacchierarono allegramente per tutto il viaggio, alla fine di esso Melinda era quasi sicura di aver trovato due nuovi amici. Scesero dal treno tutti e tre insieme, un ragazzo più grande di Al, un certo James gli fece l’occhiolino e gli sussurrò un Serpeverde all’orecchio, la cosa non fece piacere ad Al, il suo sguardo si riempì di paura. Ad attenderli alla fermata c’era un mezzo gigante che faceva un poco paura, ma che i due cugini salutarono allegramente.

“Guardali qua i miei allievi preferiti!”

Li abbracciò brevemente e chiese loro.

 “Come stanno i vostri genitori?”

I due risposero che erano un po’ impegnati con il lavoro, ma che andava tutto bene.

“E chi è questa ragazzina che sta con voi? Una nuova amica?”

 I due sorrisero annuendo.

 “Mi chiamo Melinda Bella Moon, piacere”

 e porse la mano ad Hagrid. Lui sorrise e l’abbracciò, Melinda provò un moto d’affetto per quel mezzo gigante, che non smetteva di guardarla negli occhi.

 “Sai, i tuoi occhi mi ricordano quelli di una persona molto importante.”

Hagrid chiamò a raccolta tutti quelli del primo anno, poi raggiunse le barche che li avrebbero condotti al castello. Per fortuna che il tempo era bello e il lago piuttosto piatto. Le barche scivolarono sull’acqua senza problemi e i ragazzini poterono osservare il castello in tutta la sua bellezza. Raggiunsero l’entrata e si avviarono per le scale, davanti al portone della sala grande li attendeva un professore dall’aspetto strano. Alto, magro, con un paio di occhiali dalla montatura a rombo, il viso di un colorito un po’ spento, come se non avesse mai visto il sole.

“Buonasera a tutti, io sono il professor Zenit, insegno trasfigurazione. Ora attenderete in silenzio finché non vi verrò a chiamare, poi entrerete e quando chiamerò il vostro nome vi siederete sullo sgabello, chiaro?” Annuirono tutti, il professore scomparve per poi riapparire dopo poco con un gran sorriso in volto. Gli studenti del primo anno passarono in mezzo ai tavoli, osservati da tutti quanti. Erano tutti un po’ impauriti, d’altronde si sceglieva il luogo dove avrebbero abitato per sette lunghi anni. Il primo a essere chiamato fu un certo Zack Anderson, che venne affidato a Serpeverde, Melinda ascoltò attentamente la distribuzione dei vari allievi, aspettando la M con un pochino di timore. Lo sapeva che papà non le avrebbe mai rinfacciato il fatto di appartenere ad una casa piuttosto che un’altra, ma lei sapeva anche che teneva al fatto che andasse nella sua stessa casa: Tassorosso. Ad un certo punto venne chiamato un certo Scorpius Malfoy, che lasciò a bocca aperta vari insegnanti quando venne affidato a Grifondoro. “Melinda Bella Moon” Deglutì rumorosamente e si avviò con passo pesante verso lo sgabello, cercò di calmarsi, ma il cuore le batteva a mille. Il cappello parlante le scivolò sulla testa fino a coprirle gli occhi. Sentì la voce di quel vecchio cappello rattoppatto risuonarle nella testa. Il cappello stava urlando.

 “Non è possibile, non è possibile, non è possibile”

Continuava a ripetere. Quell’urlo che le risuonava nella testa le faceva male alla testa, si tolse il cappello con uno strattone e lo lanciò al professor Zenit. Tutti passavano lo sguardo da lei al cappello, sconvolti. Melinda si tappava le orecchie, le facevano ancora male a causa dell’urlo del cappello parlante. Esso intanto la osservava da due fessure che parevano essere gli occhi.

“Mi dispiace signorina di aver reagito in modo tanto esagerato, comunque Grifondoro, con la speranza che possa seguire le orme del più anziano dei suoi nonni.”

 Melinda non capì quelle parole, i suoi nonni erano morti moltissimi anni prima, non li aveva mai conosciuti. Si sedette al tavolo di Grifondoro dove venne accolta da vari ragazzi, si sedette al fianco di quel James che aveva infastidito Al. Lo smistamento continuò senza intoppi, Rose e Al finirono in Grifondoro, felicissimi. Lei fece loro i complimenti. Una vecchissima signora, tutta rughe si alzò dal posto centrale del tavolo dei professori e disse.

“Buonasera a tutti, benvenuti e bentornati. Spero che quest’anno vi porti a crescere, sia come maghi che come persone. Ricordo a tutti quanti che la foresta è proibita a qualsiasi studentee che un regolamento completo è appeso qui, in Sala Grande. Buona cena a tutti”

detto questo sul tavolo apparvero delle pietanze magnifiche, Melinda mangiò poco, sentiva gli sguardi dei professori e degli allievi più grandi raggiungerla di tanto in tanto e questo la inquietava. Rose le consigliò di fare una ricerca in biblioteca riguardo a ciò che era accaduto con il cappello parlante, le disse che se voleva l’avrebbe aiutata volentieri. Melinda si sentì immediatamente più tranquilla e accettò l’offerta di Rose. Chiacchierò tutta la sera con i suoi due nuovi amici e un po’ anche con Scorpius, che continuava a borbottare e a dire che suo padre l’avrebbe ucciso. Ad un altro borbottio Melinda si spazientì e gli disse. “Scommetto che tuo padre ti vuole bene, se ti vuole veramente bene non se la prenderà e nel caso in cui se la prenda sappi che qui hai degli amici che ti possono aiutare.” Fu l’inizio di una grandissima amicizia. Quella sera si misero in moto gli strani meccanismi del destino, che portarono a grandi cose, a scoperte strabilianti, ad amori intensi e avventure senza fine.

Parole dall'autrice

Cavoli, siamo già al terzo capitolo! Grazie mille per tutte le fantastiche recensioni, le ho apprezzate moltissimo. Spero di aver reso Melinda un po' più grande, fatemi sapere cosa ne pensate e se avete dei conigli, non esitate, saranno sempre ben accetti. Mi sembrava che lo smistamento avvenisse per cognome, ma non ricordo più bene, é giusto? Avete visto dov'é finito Scorpius? Hehehehe, non sapete che ridere ad immaginare la faccia di Hagrid o della McGranit e Zenit vi piace? Cosa ne pensate per ora delle amicizie di Melinda? Nel prossimo capitolo Melinda litigherà con qualcuno e conoscerà meglio il fratello di Al, non vedo l'ora! XD Spero che il capitolo vi sia piaciuto e non vedo l'ora di pubblicare il prossimo, cerhcerò di pubblicare sempre di sabato, un capitolo a settimana mi sembra che vada bene, voi cosa ne pensate? Ciao a tutti Luka

P.S.: eltanin12 ho cercato di seguire i tuoi consigli, se noti altro dimmi pure e grazie ancora

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 . Litigio a colazione ***


 

Capitolo 4 - Litigio a colazione

 

La sala comune era gremita di persone che chiacchieravano, salutavano amici che non avevano visto per estati intere, ridevano e facevano, insomma, un gran casino. Melinda e Rose si avviarono verso la stanza delle ragazze, i loro letti a baldacchino erano bellissimi, tranne per le tende, che Melinda odiò dal primo istante in cui le vide. I loro bauli erano già al fondo dei letti, aperti. Melinda si mise il suo pigiama preferito, rosso e verde, le era sempre piaciuto il contrasto tra i due colori. Lei e Rose rimasero alzate fino a tardi a parlare, verso le undici si addormentarono abbracciate l’una all’altra.

Il mattino seguente Melinda si svegliò presto, era una di quelle persone, bisogna sapere, che dorme essenzialmente poco e che si sveglia sempre presto.  Indossò la sua divisa e coprì con la coperta Rose, che dormiva beata e tranquilla, russava abbastanza forte. Nella sala comune non c’era nessuno, vederla così vuota era strabiliante, le piacevano tutti quei drappi dorati e rossi. Uscì all’aria aperta, faceva ancora abbastanza caldo, per cui decise di mettersi a leggere su una panchina nel grande parco. Estrasse dalla sua cartella un libro su alcune pozioni interessanti che aveva rubato a papà. Poco tempo dopo era completamente immersa nella lettura, tanto che non si accorse dei passi che si avvicinavano. Quando alzò lo sguardo Melinda si ritrovò davanti alla preside McGranitt, che la fissava con un pizzico di divertimento negli occhi. Melinda, un po’ impacciata si alzò in piedi e disse.

“Buongiorno preside, mi scusi, non sapevo se si poteva stare qui è che volevo leggere un poco all’aperto prima delle lezioni.”

La McGranitt sorrise alla ragazzina e le disse.

 “Anche io sono mattiniera e anche a me piace passeggiare. Posso sapere cosa stai leggendo?”

 Melinda le porse il libro.

“Pozioni antiche della Norvegia? Non è un libro troppo difficile per una ragazza di undici anni?”

 La ragazza in questione scosse le spalle.

“Le pozioni mi affascinano, ho letto tutti i libri che avevo in casa, questo è l’ultimo e più difficile, era da tantissimo tempo che desideravo leggerlo.”

 La preside si sedette sulla panchina di Melinda e le fece segno di accomodarsi.

“Leggi solo libri di pozioni?”

 Melinda scosse il capo.

 “Certo ce no, leggo libri vari, oltre che questo e i libri di testo per le lezioni ho anche questo.”

Ed estrasse dal suo zaino a tracolla un tomo rilegato in blu, dall’aspetto abbastanza antico.

 “Trasfigurazione per medi ed esperti?”

 Chiese la preside scettica. Melinda annuì ed aggiunse.

 “Effettivamente di questo ci capisco meno, ma è interessante e piano piano sto imparando moltissime cose.”

La preside annuì, poi si alzò e disse a Melinda

 “è ora che io vada e che tu faccia colazione, non vedo l’ora di discutere di trasfigurazione a fine anno, quando ti saranno spiegate le cose per capire quel tomo difficile.”

Melinda sorrise, felice. Le piaceva la preside, con il suo sguardo intelligente, tutte quelle rughe e l’andatura un po’ altalenante a causa di una ferita alla gamba. Melinda, seguendo il consiglio della preside si avviò a fare colazione, al tavolo dei Grifondoro trovò Al e Rose, che le sorrisero e le chiesero dove fosse finita. “Stavo leggendo”

Disse lei semplicemente, capì che i suoi amici la potevano comprendere, forse Rose ancor più di Al.

 “Oggi ho incontrato la McGranitt”

 Disse loro Melinda, gli altri due sgranarono gli occhi e chiesero.

“E? Vi siete parlate?”

 Riferì la conversazione avuta con la preside, i suoi due amici la presero in giro dicendole che era un po’ una secchiona, ma Melinda non si offese e non fece vedere che quelle parole le avevano fatto un po’ male. Al tavolo arrivò uno Scorpius rabbuiato, arrabbiato con il mondo.

 “Cosa c’è?”

 Glie chiese Al.

“Mio padre mi ha sgridato perché sono in Grifondoro. Come se avessi avuto scelta, dico io! Mi ha detto che è molto deluso e che almeno spera che io faccia amicizia con quelle serpi, ma io non voglio! Proprio stamattina un serpeverde dell’ultimo anno mi ha buttato i libri per aria e mi ha sbattuto contro il muro perché diceva che gli intralciavo la strada quando il corridoio era libero.”

Melinda si infuriò immediatamente.

“Quale è il serpeverde di cui parli?”

Chiese con la voce che mostrava la sua ira. Scorpius indicò un ragazzo alto, con la puzza sotto il naso, assolutamente e completamente strafottente e antipatico. Melinda impugnò la sua bacchetta e si avviò verso il tavolo di quella serpe, che stava parlando con altre serpi della sua stessa razza. Al e Rose la guardavano increduli, non poteva davvero mettersi nei guai già il primo giorno, sarebbe stato deleterio e decisamente fuori dal comune.

“Tu!”

Urlò Melinda. Metà del tavolo dei Serpeverde si voltò a guardare la ragazzina che puntava il dito verso uno di loro. Quando capirono chi era il bersaglio della rabbia della ragazzina molti scoppiarono a ridere, il ragazzo in questione si alzò dal tavolo e si avvicinò con fare minaccioso, che non si lasciò intimorire per niente. Intanto nella sala era caduto un silenzio irreale, tutti stavano assistendo alla scena: una ragazzina che puntava un dito minacciosa verso un serpeverde dell’ultimo anno.

“Stai parlando con me?”

 Chiese il serpeverde in questione.

 “Pensavo che avessi un cervello, anche se piccolissimo, ma evidentemente non è così se stai ponendo una domanda simile. Se vuoi te lo scrivo in stampatello: CERTO CHE STO PARLANDO CON TE!”

Senza volerlo Melinda aveva agitato la bacchetta e le parole erano apparse scritte in stampatello per davvero. Rimase un po’ sconvolta da quella magia involontaria ma non lo dette a vedere e impegnò tutta la sua concentrazione nell’affrontare il serpe verde. Ormai tutta la sala era interessata alla scena, anche i professori osservavano, pronti ad intervenire.

“Ragazzina ti conviene sgombrare, mi sto arrabbiando e quando mi arrabbio divento irascibile.”

 Melinda lo guardò fisso negli occhi e gli disse, con voce rabbiosa.

“Primo: un tipo irascibile è uno che si arrabbia facilmente, quindi se sei già arrabbiato non puoi diventare irascibile. Secondo: quando un corridoio è libero non si rompe ad un altro studente sbattendolo contro il muro e dicendogli che intralciava la strada. Anche se il corridoio fosse pieno si chiede “permesso, potrei passare?” e nel caso che ci sai una ragazza la sia fa passare per prima. Terzo: ti conviene andare in infermeria, si vede che da piccolo hai sbattuto forte la testa, perché il tuo cervello oltre che minuscolo deve essere anche molto danneggiato, magari si può ancora mettere a posto, la speranza è l’ultima a morire.”

 Le risate risuonarono in tutta la sala grande mentre Melinda abbandonava il tavolo dei serpeverde voltando le spalle al ragazzo dell’ultimo anno. Il ragazzo estrasse la bacchetta, Melinda percepì, più che sentire, il fruscio di una bacchetta estratta. Si voltò di scatto e urlò

 “Expelliarmus!”

 Era uno di quegli incantesimi che suo fratello provava spesso da giovane contro un manichino di legno, lei aveva solo cercato di copiare movimento e parole ed evidentemente ci era riuscita, perché la bacchetta del serpeverde volò a metri di distanza. Melinda gli sorrise e disse.

 “Be, forse nel tuo caso non c’è più speranza.”

 Il serpe verde rubò la bacchetta ad un suo compare e scattò verso Melinda, che cominciò a correre verso il suo tavolo. Lanciò degli Expelliarmus che però il ragazzo deviò. Pensa Melinda, pensa, quali altri incantesimi utilizzava il fratellone contro il manichino? Quante volte hai assistito ai suoi allenamenti?

“Stupeficium!”

 Urlò, una sfera rossa volò verso il Serpeverde, che, stupefatto, non riuscì a deviarla in tempo e finì a gambe all’aria. Melinda era del tutto senza respiro, intanto gli altri serpeverde le si erano fatti intorno, solo in quel momento Melinda ricordò di avere paura. La guardavano tutti rabbiosi, il resto della sala era silenziosa, tranne che per le voci concitate dei professori. Melinda sorrise si serpeverde, che digrignarono i denti ancora di più. La stavano spingendo contro una parete e lei non sapeva cosa fare. Si guardò intorno, alla ricerca di aiuto, ma no riusciva a scorgere niente. In quel momento sperò che i professori facessero in tempo a soccorrerla.

Parole dall'autrice

Hahahaha, ogni volta che rileggo questa parte scoppio a ridere come una stupida! Che grande che é Melinda, ogni capitolo mi é sempre più simpatica e voi, come la trovate? Sembra meno una bambina? Nel prossimo capitolo Mel farà la conoscenza di Taddy e anche di qualcun'altro. Avete visto degli errori? Se si vi prego di riferirmelo. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi scuso per il ritardo, il prossimo lo posterò con un giorno d'anticipo, per conmpensare xD. Mi raccomando, se volete farmi sapere la vostra, anche se trovate che il racconto faccia schifo, lasciatemi una recensione, sono qui per migliorare e voi mi potete dire come farlo. Grazie mille a tutti e al prossimo capitolo!     Luka

P.S: Il mio computer mi corregge ogni volta la parola Serpeverde staccandola, ho cercatgo di correggere, ma non so se li ho trovati tutti, in caso fatemi sapere e cercherò di correggere al più presto.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Erbologia e Difesa Contro le Arti Oscure ***


 

Capitolo 5 - Erbologia e Difesa Contro le Arti Oscure

Non seppe mai come fecero ad apparirle davanti, sta di fatto che James e Teddy, due ragazzi di Grifondoro, la aiutarono a sfuggire a quella banda di Serpeverde infuriati. Si misero a correre a perdifiato per i corridoi, finché non ne trovarono uno sgombro e si fermarono con il fiatone.

 “Grazie”

 Disse Melinda.

 “Stai scherzando vero? È da tanto di quel tempo che nessuno faceva abbassare la cresta a quel Serpeverde! È stato divertente, sei mitica!”

Le disse un Teddy decisamente affaticato, con le guancie rosse.

“Piacere io sono Teddy Lupin e lui è James Potter, scalmanati e assolutamente trasgressori delle regole.”

 Le porse la mano, lei la prese e disse.

 “Melinda Bella Moon.”

 Si sorrisero, poi James (di cui Melinda aveva dunque compreso dal cognome la strana somiglianza con Al) chiese.

“Cosa hai adesso? Ti accompagniamo in aula, almeno siamo sicuri di ritrovarti tutta intera dopo le prime due ore.”

 Melinda sorrise e prese dalla sua borsa un foglio che sembrava già essere consunto.

“Ho Erbologia, per due ore, con i Serpeverde! Cavoli che sfortuna!”

Disse la ragazzina. James annuì e disse.

“Dovrai stare attenta mi sa, perché Paciock è una buonissima persona e spiega bene, ma una classe non la sa proprio controllare.”

Iniziarono a percorrere i vari corridoi, fino a trovarsi all’aria aperta. La classe era già tutta riunita attorno alla prima serra. Melinda si avvicinò ad Al, Rose e Scorpius, che la guardavano con un misto di preoccupazione e ammirazione nello sguardo.

“Noi ti lasciamo allora, mi raccomando, nel caso avessi bisogno di aiuto per un zuffa chiama!”

Disse James alzando una mano per salutare, Melinda salutò i due allo stesso modo, i capelli di Teddy stavano cambiando colore divenendo di un intenso blu notte. Melinda ne rimase impressionata, aveva letto dei metamorfomagus, ma mai aveva pensato di incontrarne uno. Il professor Paciock arrivò quando ancora era persa nei suoi pensieri. Era un uomo piuttosto sorridente, un po’ cicciottello e con la passione per le piante, tanto quanto Melinda poteva restare ore a leggere un libro lui poteva restare ore ed ore ad occuparsi delle sue piante. Questo fattore e le parole di James a suo favore fecero piacere a Melinda il professore. La lezione fu interessante, la Weasley rispose a tutte le domande del professore correttamente, facendo guadagnare diversi punti a Grifondoro. Alla fine Neville, fece i complimenti alla classe, nonostante avessero parlato solo lui e Rose. Melinda imparò varie cose nuove durante quella lezione, uscì felice delle nuove conoscenze acquisite.

 “Era molto interessante, mi piace Erbologia!”

Disse guardando un Al piuttosto annoiato, evidentemente a lui non interessava molto.

“Non vedo l’ora della prossima lezione!”

Disse Scorpius

 “Difesa contro le Arti Oscure! Sembra interessante!”

Rose sorrise e annuì, anche a lei piacevano le lezioni. Arrivarono all’aula di Difesa incontrando un paio di Serpeverde che incendiarono con un’occhiata Melinda, lei dal canto suo li ignorò. L’aula in cui entrarono era buia, le tende erano abbassate e su tutte le pareti erano appesi dei quadri che mostravano immagini di maghi e streghe famosi. Melinda si perse un momento a fissar i vari volti che sussurravano tra di loro, poi prese posto accanto a Al in un banco libero, Scorpius e Rose occuparono quello davanti.

“Speriamo che questa lezione sia più interessante.”

Sussurrò Al a Melinda, che gli sorrise. Entrò dalla porta, sbattendola, un giovane ragazzo, che probabilmente era appena uscito da scuola, o così sembrava.

 “Buongiorno a tutti.”

 Disse con tono arrabbiato. Si comincia bene, pensò Melinda.

 “Melinda Bella Moon, si alzi in piedi.”

 Disse il professore. Mel scattò in piedi come una molla.

“È lei la signorina che oggi ha utilizzato degli incantesimi di attacco su uno studente di Serpeverde dell’ultimo anno?”

 Melinda non sapeva bene cosa dire, da una parte temeva la reazione del professore, dall’altra sapeva che in un modo o nell’altro sarebbe arrivato alla verità da solo.

“Si, sono io.”

 Rispose allora. Il professore annuì, soddisfatto.

“Saprebbe ripetere su di me ciò che ha fatto a Finn?”

 Melinda annuì, avrebbe almeno potuto provare.

 “Venga qui allora signorina Moon, davanti a tutta la classe.”

 Lei si alzò in piedi e si mise davanti al professore, che stava sorridendo in modo maligno, le corsero dei brividi freddi lungo la schiena.

“Bacchetta alla mano signorina Moon.”

Impugnò meglio la bacchetta nelle mani sudaticce e si preparò nella posizione che aveva visto utilizzare da suo fratello milioni di volte. Aprì la bocca per pronunciare l’incantesimo, ma il professore fu più veloce e lei volò contro un muro.

“Tutto qui? Ha detto che era in grado di riprodurre gli incantesimi, non mi pare che lo stia facendo.” Melinda si rialzò, un nodo alla gola e il senso di ingiustizia che strisciava nella sua pancia. Aprì la bocca ancora una volta per provare a pronunciare Expelliarmus, ma il professore fu ancora una volta più veloce e lei si ritrovò per terra, con dolori in tutto il corpo. Si rialzò e riprovò, ma finì ancora una volta a terra, così successe ancora per altre tre volte, finché lei non rimase a terra.

 “Signorina Moon, insomma, si alzi. Stiamo ancora aspettando che lei faccia il suo incantesimo!”

Quel sadico! La parte adulta di lei prese di nuovo il possesso del suo corpo, senza rendersene conto era in piedi, infiammata dalla rabbia e dal senso d’ingiustizia. Questa volta fu decisamente più veloce, Melinda riuscì a lanciare l’incantesimo che però si infranse su uno scudo innalzato dal professore.

“Signorina Moon, molto brava, è riuscita a lanciare l’incantesimo, ora torni al posto. Per la prossima settimana voglio sulla mia scrivania una pergamena e mezza sull’utilizzo di uno di questi due incantesimi, Expelliarmus e Stupeficium, a vostra scelta.” Melinda tornò al suo banco ancora arrabbiata e dolorante.

 

Parole dall'autrice

Mi scuso per questo enorme ritardo e spero che non si ripeta più. Mi diaspiace mi dispiace mi dispiace veramente tanto, non sto neanche a mettervi le solite scuse, penso le conosciate anche voi. :) Visto che ho saltato di due volte l'aggiornamento domani mattina posterò un altro capitolo. Ho cercato di rendere Melinda un po' meno perfettina nello scontro con il professore (che tra l'altro adoro, non vi ricorda un po' un certo Serverus? Ma quanto lo amo!). Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi chiedo ancora scusa per l'enorme ritardo. Mi raccomando se volete commenatre io sono anche molto aperta alle critiche, anzi mi fa piacere cercare di migliorare e rendere la storia migliore, detto questo vi saluto e ringrazio buonanotte a tutti!      Luka

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Hagrid chiede aiuto ***


 

Capitolo 6 - Hagrid chiede aiuto

 

Al sprofondò in una poltrona della sala comune, era stata una giornata infernale. Dopo Difesa pranzo, durante il quale era quasi scoppiata una guerra Serpeverde contro Grifondoro, poi due ore di Incantesimi e, per finire, Trasfigurazione, una giornata piuttosto piena e pesante, pensare di cominciare così tutti i lunedì dell’anno aveva lasciato ai quattro Grifondoro un senso di sconforto. In più erano già sobbarcati di compiti, visto che oltre che a Difesa si erano aggiunti quelli di Trasfigurazione. Melinda si stiracchiò con una penna in mano, lei e Rose si stavano correggendo i compiti a vicenda mentre Scorpius e Al chiacchieravano davanti al fuoco. “Ecco la nostra ragazza del primo anno preferita!” Sentì dire da un coretto di due voci maschili. “Grazie della considerazione cugino!” Disse Rose ad un James piuttosto divertito.

 “Eddai, da quanto non capitava che una nuova mettesse a tacere quel Finn e sorprendesse il professor Spine il primo giorno di scuola? Se il mattino si vede dal buongiorno quest’anno sarà veramente fantastico.”

 I due lasciarono Melinda e Rose ai loro compiti e si avviarono verso l’esterno, nonostante le regole lo vietassero. Melinda si accoccolò davanti al fuoco, si addormentò lì senza accorgersene. Al sorrise osservando il visino di quella ragazza che sembrava appena più grande di uno scricciolo e, per una volta, fu d’accordo con suo fratello James, quello sarebbe stato un anno speciale. Coprì Mel con una coperta, poi si avviò verso la stanza, verso il suo letto che lo attendeva con ansia.

Quando Teddy e James rientrarono erano sporchi di terra e completamente fradici, per qualche strano motivo visto che fuori si potevano vedere le stelle. James inciampò in un sacco accanto al fuoco che scoprì essere Melinda. Provò a svegliarla, ma quella ragazzina probabilmente aveva il sonno più profondo dello zio Ron.

 “Cosa ne facciamo di lei Teddy? Non possiamo lasciarla qui, capisco che Rose non sia riuscita a portarla di sopra, ma qui è decisamente troppo scomodo.”

Teddy cercò di decifrare lo sguardo preoccupato di quello che considerava un fratello.

 “Perché ti interessa questa ragazzina? È una tipa tosta, d’accordo, ma è troppo giovane e a te non piace avere amiche femmine, quindi cosa mi stai nascondendo?”

 James sorrise a Teddy e disse

 “Non so Ted, è una sensazione, sento che questa ragazza ci somiglia molto, sono certo che tra meno di un mese sarà in direzione, con la Mcgranitt che le urla conto e i quadri che annuiscono ad ogni cosa che lei dice”

Ted rise delle parole di James e gli dette un piccolo schiaffo sul braccio.

 “Quante volte abbiamo vissuto quella scena? Comunque, se proprio ci tieni, portala di sopra, posso dividere il letto per una notte con il mio fratellino scalmanato.”

I capelli di Ted gli si accesero di un bel giallo canarino, significava che era divertito. Trasportarono la ragazzina di sopra e le lasciarono un letto intero. James prima di addormentarsi ripensò alle parole che aveva detto a Ted, non aveva la minima idea del fatto che la sua profezia si sarebbe avverata.

 

 

Melinda si svegliò di soprassalto, spaventata da un sogno che non riusciva a ricordare bene, e si guardò intorno. Evidentemente non si trovava nel dormitorio femminile, ma dov’era allora? Non ci mise molto a capire che si trovava nel dormitorio maschile e che era già mattina, decise di andare a fare una passeggiata, ma per quello doveva mettersi la divisa. Scese dal letto e senza fare rumore si avviò verso il suo dormitorio. Si cambiò, rimboccò le coperte a Rose e scese, borsa su una spalla, di fuori. L’aria era fresca, decise di andare a fare una passeggiata in prossimità della foresta. Sapeva che era proibito entrarci, ma lei stava solo passeggiando al di fuori di essa. Per puro caso incontrò Hagrid, che stava dando da mangiare a degli strani esseri. “Buongiorno Hagrid.”

Disse lei.

“Buongiorno Melinda!”

 Si fermò un attimo a parlare con Hagrid, che stava cercando di allevare (per la seconda volta) degli Schiopodi Sparacoda.

 “Come è andato il primo giorno i scuola?”

Le chiese Hagrid.

 “Bene”

Disse lei sorridendo, anche se non era proprio così. Le faceva ancora male la schiena a causa del professor Spine.

“Senti Melinda, mi sembri proprio una ragazzina intelligente, non è che mi accompagneresti nella foresta? Devo fare un lavoretto e avrei proprio bisogno di un aiuto.”

Melinda aveva veramente voglia di aiutare Hagrid, soprattutto perché quel mezzo gigante le stava simpatico e lei voleva conoscerlo meglio.

“Vorrei tanto Hagrid, ma la preside ha detto che è proibito entrare nella foresta per gli allievi.”

 Hagrid annuì.

“Oh, giusto giusto. Ma se chiedessi il permesso alla preside mi aiuteresti per questa cosa? Sai devo trovare gli unicorni, è da molto tempo che non se ne vedono e ci chiediamo se hanno dei problemucci. Chiederò alla Mcgranitt, grazie Melinda.”

Lei sorrise, le piaceva essere d’aiuto in qualche modo. Si avviò verso il castello, le piaceva la sua nuova casa, anche se un po’ le mancavano i suoi parenti. Decise che avrebbe scritto alla madre una lettera. Nella sala grande c’erano già i suoi tre amici, fantasticarono un po’ sulle lezioni della giornata, soprattutto su quella di volo. Improvvisamente Melinda ricevette uno spintone che le fece finire il naso e alcune ciocche di capelli nel succo di zucca. Si girò e Finn era lì che l’osservava dall’alto in basso.

“Mezzosangue” Le sussurrò in un orecchio, malevolo. “Idiota.”

 Disse lei in risposta, poi si pulì naso e capelli. Odiava i prepotenti tanto quanto odiava essere chiamata mezzosangue. Certo, sua madre era babbana a allora? Probabilmente Rosemarie avrebbe potuto tenere testa alla metà dei maghi presenti in quella sala tenendo in mano soltanto uno dei suoi grossi mestoli. “Andiamo?”

Chiese Scorpius, i tre annuirono, si alzarono e si avviarono verso la lezione di volo.

 

 

Alla fine della settimana i quattro Grifondoro erano seduti nelle grandi poltrone della sala comune, ridendo. “Vi ricordate la faccia di Spine giovedì, sembrava che avesse ingoiato un rospo.”

Disse uno Scorpius del tutto divertito.

 “Si e Zenit con Mel?”

Al spostò i suoi occhiali più in basso sul naso e disse schiarendosi la voce e imitando alla perfezione il professore di trasfigurazione.

 “Signorina Moon, strabiliante, veramente strabiliante.”

 Ridacchiarono tutti e quattro. In quel momento arrivò un gufo in sala grande, che si posizionò vicino a Melinda, lei gli carezzò la testa e prese in mano la busta che le porgeva.

 “Leggi ad alta voce!”

 Disse Rose. Melinda si chiarì la voce e disse.

“Cara signorina Moon, sono molto felice del fatto che ha accettato di aiutare Hagrid nella sua delicata missione nella foresta. Il nostro guardia caccia la sta aspettando alla sua capanna per iniziare stasera stessa. Mi raccomando, porti la bacchetta e si vesta bene, di notte nella foresta fa piuttosto freddo. La preside Mcgranitt.”

Melinda scattò in piedi e corse nel dormitorio a prendere il suo mantello. I suoi amici avevano sentito la storia dell’invito di Hagrid e non si fecero molte domande. Melinda corse per i corridoi finché non andò a sbattere contro un Finn piuttosto arrabbiato.

 “Guarda guarda, la mezzosangue che sta fuori di notte quando non deve. Ora vedremo cosa dirà il Professor Zenit al riguardo.”

 Accidentaccio a te Finn caposcuola. Aprì la bocca per dire che aveva il permesso, ma Finn la pietrificò. Melinda andò nel panico, solo un’altra volta qualcuno l’aveva pietrificata e, anche se non ricordava bene quando, sapeva che il dolore seguito dopo era stato grande. Il professor Zenit arrivò e disse qualcosa che Melinda non capì, lei sentì solo l’incantesimo abbandonarla. Poi fuggì verso la capanna di Hagrid.

 

Parole dall'autrice

Ed ecco qui, come promesso, il capitolo! Spero che vi piaccia e non vedo l'ora di leggere quello che ne pensate. ;) Purtroppo non ho molto tempo, quindi vi lascio, sabato posterò un altro capitolo e magari, chissà anche per Natale ce ne sarà uno. Alla prossima!    Luka

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Scontri e punizioni ***


 

Capitolo 7 - Scontri e punizioni

 

Melinda arrivò con i fiatone presso la capanna del guardiacaccia. Hagrid la stava aspettando.

 “Ciao Melinda, cosa ti è successo?”

Le chiese, preoccupato per il fiatone e il colorito verdognolo della ragazza.

“Finn, serpe verde del settimo anno, continua a prendermi in giro e a trattarmi male.”

 Involontariamente scoppiò a piangere, per gli insulti che aveva ricevuto, per gli spintoni e per l’incantesimo che l’aveva colpita. Da dentro la capanna arrivarono Ted e James, che la guardarono sorpresi. Si avvicinarono e le fecero raccontare ciò che era accaduto.

 “Per fortuna che Zenit è arrivato in tempo!”

Disse Teddy. Poi lei raccontò che era fuggita.

“Quella serpe non ti darà tregua, lasciatelo dire.”

 Disse James. Hagrid aggiunse.

“Se ci fosse qui Silente l’avrebbe già messo al suo posto, certo la Mcgranitt è brava, ma il nostro Silente non lo batte nessuno.”

 Melinda aggrottò le sopracciglia.

“Chi è Silente?”

I tre si girarono verso di lei sollevando le sopracciglia.

 “è solamente stato uno dei più grandi maghi degli ultimi tempi. Davvero non ne hai mai sentito parlare?” Chiese Ted. Lei scosse la testa.

“Dobbiamo andare ragazzi comunque, se no finisce che restiamo qui tutta la notte. “

 Disse Hagrid.

 “Venite anche voi?”

Chiese Melinda, i due risposero in coro sorridendo.

“Punizione.”

“Già la prima settimana?”

 Chiese lei, sorpresa. I due annuirono, poi si avviarono dentro la foresta. Essa era scura e spaventosa, i grandi alberi e i fruscii ogni tanto facevano battere il cuore di Melinda molto veloce. Quella sera la passarono soprattutto chiacchierando, James e Ted le mostrarono un incantesimo di protezione che lei apprese in un battito di ciglia.

“Dai prova.”

Le disse Ted. Lei annuì, alzò la bacchetta e disse.

“Protego!”

 Uno scudo la separò da un Ted Lupin che finì a un buon metro di distanza.

“Esattamente così.”

 Disse James. Quella sera scoprì che il ragazzo più grande era all’ultimo anno, mentre James solo al secondo. Ted aveva anche una ragazza, una certa Victorie, la più bella della scuola. L’aveva vista ogni tanto, con quel viso bellissimo e i capelli biondissimi con qualche sfumatura rossa qua e là. Scoprì anche che Al e James avevano una sorellina minore: Lily Luna Potter e che Rose aveva un fratellino Ugo Weasley. Si divertì molto quella sera, nonostante la foresta la spaventasse e il lavoro fosse infruttifero. Tornarono piuttosto tardi, Hagrid disse loro che sarebbero dovuti tornare il venerdì successivo. I tre annuirono, poi si dileguarono.

Hagrid tornò alla sua capanna e si preparò una tazza di te. Melinda le pareva una ragazza molto intelligente, furba e decisamente potente. Aveva notato la reazione della foresta alla sua presenza, come se l’ascoltasse e la osservasse. Si chiese per l’ennesima volta da dove venisse quella ragazzina, che a volte sembrava un uragano e a volte appariva come uno scricciolo. Sperò che non le capitasse nulla di male.

 

 

Melinda si avviò verso il dormitorio, felice della serata appena trascorsa. Ovviamente Ted e James erano andati da qualche parte a far casino. Davanti alla signora grassa c’era ad attenderla Finn, furioso. Decise di farsi avanti.

“Tu! Piccola sudicia mezzosangue, figlia di una squallida babbana…”

Mel, sentendo quelle parole andò su tutte le furie.

“Cosa hai detto scusa?”

 Finn sorrise, sornione.

 “figlia di una sporca, squallida babbana senza cervello.”

 Mel ricordò in un lampo il dolce sorriso della sua mamma e senza pensarci estrasse la bacchetta e la mosse verso il serpe verde. Finn finì contro una parete, ma si rialzò in fretta.

 “Sudicia mezzosangue.”

 Quella parte di se che Melinda non comprendeva e che chiamava adulta uscì ancora una volta allo scoperto e si infuriò ancor più di quello che avrebbe potuto fare Mel. Le due furie unite si fusero in una e Melinda perse completamente il lume della ragione. Finn osservò la trasformazione della ragazzina.

“Ex…”

cercò di dire, ma la ragazzina fu più veloce e la sua bacchetta volò a metri e metri di distanza. Una mossa della mano di quella sudicia mezzosangue e si ritrovò steso a terra e tutto dolorante.

“Stupeficum!”

Sentì dire prima che il buio si chiudesse su di lui.

Melinda si risvegliò improvvisamente da quello stato di torpore in cui si era ritrovata e osservò la scena davanti ai suoi occhi. Finn era sdraiato a terra, svenuto, dal dormitorio stavano uscendo degli studenti attirati dai rumori. Melinda, confusa e spaventata corse via, seguita a ruota da un Al piuttosto preoccupato. Si rifugiò dietro una statua di una signora strana. Al la abbracciò e stette in silenzio mentre lei parlava. “Io non ho f-fatto apposta.” I singhiozzi interrompevano ogni tanto le sue parole.

“Lui stava insultando me e la mamma, io mi sono arrabbiata e-e l’ho colpito. N-non ricordo neanche come è succeso! M-mi dispiace.”

 Si rifugiò tra le braccia di Al e pianse tutte le lacrime che aveva. Al intanto restava in silenzio e le carezzava la testa, come faceva papà quando era triste.

“Ora però la Mcgranitt ti starà cercando e dobbiamo andare da lei.”

 La ragazzina cominciò a fare domande a raffica come quando era spaventata e ansiosa.

“E se mi espelle? Mio padre non mi vorrà più vedere! Come farò? Dove andrò ad abitare?”

 Al la aiutò ad alzarsi e disse.

“Dubito che sarai espulsa, ma nel caso puoi sempre venire a casa mia. Papà è bravo, scommetto che ti accoglierebbe a braccia aperte.”

Mel annuì, poi insieme si avviarono verso la sala comune di Grifondoro. Lì una folla di curiosi si era riunita, era incredibile la velocità con cui le notizie si diffondevano ad Hogwarts. Il professor Zenit la prese per un braccio appena la vide e la trascinò per i corridoi. Lei teneva ancora la mano di Al, che quindi fu trascinato a sua volta nell’ufficio della preside.

 “Gatto soriano”

Disse Zenit, la parola d’ordine fece scattare un meccanismo magico che fece comparire delle scale. I ragazzini furono condotti su per le scale e poi attraverso una porta. Si ritrovarono seduti su due poltroncine identiche, con una Mcgranitt in pigiama che camminava avanti e indietro dietro la scrivania. Molti dei presidi appesi stavano dormicchiando, solo alcuni assistevano alla scena.

 “Signorina Moon, ciò che hai fatto é molto brutto. Non si attaccano gli altri studenti. Il povero Finn dovrà passare una giornata in infermeria, il tuo schiantesimo era molto potente.”

La piccola Melinda annuì, consapevole di ciò che aveva fatto.

“Ovviamente verrà messa in punizione, aiuterà la bibliotecaria a mettere in ordine i libri da domani fino a Natale. Tutte le sere per due ore si occuperà della biblioteca.”

Melinda osservò la donna, si era aspettata una punizione molto più pesante, lei amava i libri. Al intervenne nella conversazione.

“E Finn?”

La Mcgranitt voltò lo sguardo verso di lui e disse.

“Si riprenderà.”

Disse. Al però voleva sapere un’altra cosa.

“Intendevo dire che punizione avrà.”

 La Mcgranitt gli disse.

 “Nessuna ovviamente.”

Al aprì la bocca per ribattere, ma Mel gli tirò una gomitata nelle costole, non che questo lo potesse fermare.

“Ma signora, non è giusto! Mel avrà pur reagito in modo esagerato, ma Finn l’ha insultata, ha utilizzato incantesimi su di lei e non si toglie neanche dei punti a serpe verde? Non è giusto.”

La Mcgranitt l’osservò con un sopracciglio alzato.

“Signor Potter, non mi risulta che la signorina Moon sia stata aggredita dal signor Finn, o sbaglio?”

 Al scosse la testa e disse.

“Ha utilizzato un pietrificus totalus su di lei! L’ha chiamata sporca mezzosangue e come se non bastasse ha insultato la sua famiglia!”

la voce di Al era salita di alcune ottave, tanto che alla fine stava urlando. La Mcgranitt si spazientì e con uno sguardo che poteva far paura a un molliccio disse.

 “Albus.”

“Si?”

 Rispose qualcuno alle sue spalle, lei lo ignorò e continuò.

 “Severus”

 “Si?”

Chiese un altro quadro dietro alla professoressa, ignorò anche quello e continuò.

 “Potter. Le conviene abbassare la voce, oppure la signorina Moon non sarà l’unica a ricevere una punizione. Io credo a voi, ma non abbiamo prove concrete di ciò che ha fatto il signor Finn e purtroppo non lo posso mettere in punizione. Ora andate.”

 “Aspetti!”

Dissero due voci all’unisono dietro alla preside. Lei si girò verso i due quadri che stavano dietro di lei.

“Cosa c’è professor Silente e Piton?”

 Melinda conosceva di nome i due professori.

 “Possiamo vedere il ragazzo?”

 Chiese Silente, la Mcgranitt sospirò e si spostò da davanti. Melinda osservò un uomo dalla lunga barba argentata e un altro uomo vestito completamente di nero.

 “Di loro come ti chiami signor Potter.”

Al si alzò in piedi e si mise davanti ai due quadri dicendo.

 “Piacere, sono Albus Severus Potter, è un piacere fare la vostra conoscenza.”

 I due quadri reagirono in modi completamente diversi, Seversu Piton cominciò a borbottare cose riguardo ad un Potter che portava il suo nome, mentre ad Albus Silente sfuggì una piccola lacrima, che si perse nella sua barba argentata.

 “E ora tornate ai vostri dormitori.”

 I due ragazzini scapparono via dall’ufficio della preside. La Mcgranitt si sedette nella sua poltrona.

“Sono preoccupata Albus.”

 Il quadro annuì.

“Quella ragazzina è molto potente.”

 la Mcgranitt disse.

“Potrebbe anche diventare una delle streghe più potenti di questo secolo, i professori sono rimasti tutti stupiti dalla facilità con cui apprende incantesimi anche complicati. Teddy Lupin mi ha riferito che stasera le ha insegnato il protego, il protego! Ha detto che le ci è voluta solo una prova ed è riuscita subito ad eseguire l’incantesimo.”

 La Mcgranitt rimase sveglia tutta la notte a pensare, con Albus e Severus che discutevano con lei. Ovviamente nessuno conosceva ancora il grande segreto della piccola Melinda Bella Moon.

Note dell'autrice

Prima di uccidermi per il ritardo clamoroso vi ricordo che senza di me non potrete mai sapere come andrà a finire questa storia (intanto prego che questo possa fermarmi da farmi del male). Mi scuso tantissimo per il ritardo, veramente, tra tipo dieci minuti posterò anche il prossimo capitolo e sabato un altro, spero così di rientrare nelle vostre grazie. :) Sarei sempre felice di sapere cosa ne pensate, quindi se volete recensire io sono una lettrice che apprezza tutti i generi, anche la critica. Grazie per non avermi amcora cruciata! Saluti Luka

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Il quidditch ***


 

Capitolo 8 - Il quidditch

 

Passò un mese, arrivò il brutto tempo e con esso le prime partite di quidditch della stagione. Melinda trovava lo sport divertente, anche se non sarebbe mai salita su una scopa al di fuori delle lezioni di volo. James ovviamente era un cercatore, come suo padre e suo nonno. La prima partita la vinse Grifondoro, era contro Serpeverde e i ragazzi dorati se la cavarono egregiamente. Ovviamente la sera della vittoria Melinda doveva occuparsi della biblioteca, quindi si diresse verso il luogo. Durante quel mese aveva scoperto tantissime cose interessanti in biblioteca, le piaceva sfogliare ogni tanto un libro preso a caso e vedere quali informazioni poteva regalarle. Grazie ai libri aveva appreso moltissimi nuovi incantesimi utili in ogni materia. Quella sera erano presenti solo lei e la signora Nadine, stavano aprendo varie scatole di libri nuovi arrivati da lontano. Bisognava trattarli con cura perché ne esistevano poche copie. Durante la battaglia contro il Signore Oscuro la biblioteca era andata quasi del tutto distrutta e, anche se, la magia aveva riportato alcuni libri, moltissimi erano andati persi. Melinda mise a posto un libro che parlava di trasfigurazioni di piante carnivore e finì il suo turno di lavori forzati. Salutò la signora Nadine e si avviò verso la sala comune, era un mese che non incontrava Finn e la cosa era molto piacevole, sperava di continuare così per molto tempo. In mezzo ad un corridoio deserto incontrò Teddy, si stava sbaciucchiando con una ragazza dai lunghissimi capelli biondi. Melinda arrossì violentemente e corse via silenziosamente, non voleva neanche pensare di assistere ad uno sbaciucchiamento più profondo. Arrivò davanti alla signora Grassa e le chiese.

“Stanno ancora festeggiando dentro?”

La Signora annuì. Melinda entrò in sala comune, l’accolse l’odore di succo di zucca e gli schiamazzi dei grifondoro che festeggiavano. Incontrò James subito dopo l’entrata, lo abbracciò e gli fece i complimenti per la presa del boccino.

“Grazie Mel. Succo di zucca?”

 Mel annuì e si lasciò condurre verso un tavolo dove prese del succo di zucca.

 “Senti.”

Le disse James ad un certo punto.

“Domani in giornata, visto che è sabato, pensavo di andare a trovare Hagrid con Al, Rose e Teddy, vieni anche tu?”

 Mel annuì.

“Subito dopo colazione?”

 Chiese al suo amico. James annuì, poi scomparve nella folla. Melinda raggiunse Rose, che era seduta ad un tavolo e cercava di leggere un libro senza successo, vista la continua distrazione.

“Ciao Rose!”

 La ragazza la salutò con un cenno della mano.

 “Cosa leggi?”

 Chiese Mel, Rose le mostrò un libro che parlava di incantesimi di Difesa.

“Io mi sa che vado di sopra a leggere, qui c’è troppo rumore.”

 Mel annuì e rimase sola a bere il suo succo di zucca, la raggiunse Scorpius, che non sembrava esattamente felice.

“Cosa succede?”

 Gli chiese.

“Mio padre, ce l’ha ancora con me perché sono di grifondoro e non di serpe verde, in più quell’incantesimo di trasfigurazione di un animale in bicchiere non mi riesce, Zenit si arrabbierà moltissimo.”

 Melinda gli sorrise e disse.

 “Se vuoi domani pomeriggio, appena torno dalla visita ad Hagrid ti aiuto ad esercitarti, va bene?”

Scorpius le sorrise, raggiante, poi si dileguò anche lui. Melinda era sorpresa dalla velocità con cui la gente spariva e riappariva durante la festa, incontrò molti altri conoscenti, ma non riusciva a trovare Al. Un senso di inquietudine si impossessò di lei, sperava che stesse bene e che non gli fosse accaduto nulla. Si avviò verso il dormitorio pensando che fosse andato a dormire presto. Si addormentò tardi quella sera perché rimase alzata a parlare con Rose. Appoggiata la testa sul cuscino si addormentò all’istante, cosa che capitava di rado.

 

 

L’urlo nella sua testa era prolungato e doloroso. Si trovava all’aperto, vedeva dei cerchi che levitavano nell’aria e delle figure scure che si avvicinavano lentamente. Sperò con tutto se stesso che le figure fossero quelle degli insegnanti, ma si dovette ricredere presto perché le tre figure portavano le sciarpe di serpe verde. Scherzarono e non videro la figura distesa a terra, continuarono per la loro strada. La paura attanagliò Al, non riusciva a muoversi e se fosse rimasto all’aperto probabilmente sarebbe morto congelato. Cercò nella sua mente di liberarsi del pietrificus, ma non ci riuscì. Allora fece l’unica cosa che gli veniva in mente, cercò di chiamare Mel.

 

 

Melinda si svegliò con il cuore che le batteva a mille nel petto, fuori tutto era silenzioso, ma forse Al era davvero in pericolo e lei non poteva lasciarlo lì. Si alzò con uno scatto e si avviò verso i dormitori maschili, trovò facilmente il letto di James e lo scosse con poca grazia. Il ragazzo ci mise un po’ a ricordarsi chi era e a mettere gli occhiali.

 “Mel! Cosa ci fai qui?”

 Mel gli spiegò in fretta la situazione.

“Ho sognato tuo fratello che era in pericolo, a letto non c’è, sono preoccupata.”

James si svegliò del tutto.

“Sei sicura? Raccontami esattamente cosa hai visto.”

 Mel gli raccontò del sogno.

 “Secondo me è al campo di quidditch.”

James annuì e disse.

 “Ci conviene muoverci allora, andiamo.”

 Si alzò dal letto, insieme scesero le scale, appena prima di uscire James estrasse da una tasca una pergamena.

 “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”

Sussurrò puntando la bacchetta sulla pergamena. Sulla pergamena comparvero delle linee in rosso scuro, che tracciarono ben presto una mappa di tutta Hogwards, con le persone che si muovevano all’interno di essa.

 “E questa dove l’hai presa?”

Chiese una Melinda del tutto sorpresa.

 “L’ho trovata sulla scrivania di mio padre e gliel’ho rubata. Via libera, possiamo andare.”

 Percorsero vari corridoi, finché non arrivarono davanti ad un quadro molto grande che rappresentava due maghi ed una strega molto giovani, circondati da volti che aveva già visto, come quello di Silente e di Piton. James spostò la cornice e scoprì un passaggio segreto che conduceva direttamente ai piedi del campo da quidditch. Melinda ringraziò mentalmente il signor Potter di aver tenuto quella pergamena e di non averla buttata via. L’aria fuori era fredda e Melinda si strinse nel suo mantello pesante. James la condusse all’interno del campo ed insieme cercarono Al, che però non trovarono da nessuna parte. Perlustrarono con lo sguardo tutto il campo, ma non trovarono nulla.

 “Sei sicura che fosse qui? Magari era solo un sogno.”

 Melinda ripensò a ciò che aveva visto, ma soprattutto sentito, era sicura che fosse tutto vero, glielo diceva una vocina che partiva dal cuore e che raggiungeva il suo cervello.

“James, lo so che sembra impossibile, ma tuo fratello deve essere qui da qualche parte.”

 Le venne un’idea e si diede anche della sciocca per non averci pensato prima.

 “Hominum Revelo”

Sussurrò e la sua bacchetta cominciò a vibrare un poco, la usò come radar, finché ad un certo punto la bacchetta non prese a vibrare come impazzita. Melinda la ritirò, poi si abbassò su quel piccolo appezzamento di prato e cercò con la punta delle dita ciò che non riusciva a vedere. Appena toccò una superficie solida, che era decisamente umana chiamò James a gran voce.

 “James! James!”

 Lui la raggiunse, ovviamente non capivano bene cosa fare, visto che non riuscivano vedere Al e l’unica cosa che potevano fare era toccarlo.

 “Come facciamo?”

 Chiese James. Melinda cominciò a cercare di pensare più lucidamente, prese a camminare in circolo.

 “è strano, non può essere svenuto, perché se no il suo corpo sarebbe molto più rilassato, ma non è neanche morto, per cui…”

Puntò la bacchetta e disse.

 “Finitem Incantatem”

provenne dal prato un sospiro profondo, come di chi respira dopo tanto tempo per la prima volta.

 “Grazie Mel, veramente grazie.”

Fu la voce di Al quella che la li raggiunse dal prato.

 “Pensavo di morire assiderato.”

Disse. James abbracciò, per quanto gli era possibile, suo fratello.

“Prova un’altra volta a fare una cosa simile e ti ritroverai un ragno gigante nel letto.”

Melinda rise per quella strana dimostrazione di affetto, poi disse.

“Dobbiamo andare in infermeria , sei ancora invisibile e non vogliamo che tu lo rimanga.”

 Gli porse una mano, che Al prese, poi i tre ragazzi si avviarono verso l’infermeria. Qualcuno dalla foresta osservava imprecando.

Note dell'autrice

Non dico molto perché penso non ce ne sia bisogno, lascio a voi il tempo di assimilare e, se volete, commentare. Sappiate che un giorno tutto vi sarà chiaro come la storia è chiara nella mia mente, sempre che continuiate a leggere :) Grazie mille a tutti coloro che seguono, leggono e recensiscono questa storia, probabilmente senza di voi mi sentirei un'emarginata del grande mondo che è efp.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Legilimens ***


 

Capitolo 9 - Legilimens 

 

 In infermeria dopo pochi minuti erano arrivati vari professori e, ovviamente, la preside.

 “Potter, parla.”

 Disse la Mcgranitt, i due Potter cominciarono a farfugliare nello stesso istante, rendendo incomprensibile ciò che stavano dicendo, finirono tutti e due però con lo stesso nome.

“Melinda.”

Al che la Mcgranitt voltò la testa verso la ragazza e le chiese.

“Dammi la tua versione.”

 Melinda annuì e cominciò a raccontare.

“Ho fatto un sogno, ero nel corpo di Al e vedevo e percepivo ciò che gli accadeva. Sono corsa nel dormitorio maschile alla ricerca di James, perché sapevo che mi avrebbe aiutata. Ci abbiamo messo del tempo per trovarlo, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.”

La preside la osservò a lungo.

 “Voglio tutti i dettagli.”

 Melinda allora cominciò a raccontare tutto quanto nei dettagli, tranne per alcuni fatti che lasciò in disparte: come la mappa e il passaggio segreto. Vide il tacito ringraziamento rivoltole da James con la coda dell’occhio.

 “Ora tocca a te giovane Potter.”

Al prese un respiro profondo e cominciò a parlare.

 “Stavo tornando dalla partita, con calma, perché volevo aspettare Scorpius. Poco prima di giungere davanti al portone del castello ho sentito un botto e poco dopo sono svenuto. Mi sono ritrovato nel campo di quidditch, non so bene come. Ero bloccato, completamente immobile, ho fatto l’unica cosa che mi suggeriva il mio istinto ho urlato mentalmente il nome di Melinda.”

 La preside interrogò anche James che diede la stessa identica versione di Melinda.

 “Non fosse stato per lei non l’avrei mai trovato, ha usato un Ominum revelio e un Finitem incantatem, insomma, a me non sarebbe mai venuto in mente.”

 Tutti gli sguardi si puntarono su Melinda.

 “Dove hai imparato quegli incantesimi?”

 Chiese il professor Zenit.

“In biblioteca, durante la mia punizione mi capita di leggere di alcuni incantesimi, cerco di memorizzare quelli che potrebbero servirmi in futuro.”

Scrollò le spalle leggermente, poi rivolse un’occhiata ai due fratelli, Al si era addormentato, doveva essere molto stanco.  Spine intervenne nella conversazione e disse.

“C’è anche la questione del come hai percepito Potter, hai una qualche spiegazione al riguardo?”

Melinda alzò un poco le spalle ancora e disse.

 “Ogni tanto capita che per sbaglio legga i pensieri delle persone che mi stanno intorno, senza farlo apposta. Con gli anni ho imparato, in un certo senso, a schermarmi, soltanto che certi pensieri mi raggiungo perché molto forti e non ci posso fare niente, non posso bloccarli.”

Gli insegnanti la guardarono sbigottiti.

 “Una legilimens naturale?”

 Domandò Spine. Melinda non aveva mai sentito la parola.

 “Potremmo velocemente verificare questo potere? Potresti dirci cosa stiamo pensando?”

Melinda sbuffò, lasciar passare i pensieri era doloroso, le costava fatica aprire quei muri che si era costruita con il tempo. Chiuse gli occhi e visualizzò nella sua mente le mura impenetrabili che non lasciavano passare nessun pensiero. Le abbatté con un unico, doloroso colpo, che le mandò subito una fitta alla testa. I pensieri delle persone presenti nella sala si riversarono nella sua mente. Le voci si sovrapponevano, rendendole il mal di testa ancora più penetrante. Si tappò le orecchie con le mani in un gesto involontario. Poi si concentrò sulla voce mentale di Spine.

 “…è impossibile. Insomma, una ragazzina così piccola, che sembra uno scricciolo, in grado di leggere le menti di qualcuno? Non ci credo, non ci voglio credere…”

Melinda pronunciò queste parole appena dopo averle sentite nella mente del professor Spine, lui sgranò gli occhi e lei passò al professore successivo, ripetendo i pensieri di tutti, parola per parola. Quando ebbe finito chiese.

“Posso smettere ora? Fa incredibilmente male.”

 La preside annuì, ancora un po’ scioccata dal potere strano della ragazzina. Melinda ricostruì quei muri che tenevano fuori i pensieri dei professori. Si sentì subito meglio, come se qualcuno le avesse dato una pastiglia per il mal di testa.

 “Come hai fatto a sentire Al comunque? Era lontano e avevi i tuoi schermi.”

Chiese James, che osservava Melinda con una nuova luce negli occhi.

 “Dormivo, quando dormo è come se tutte le difese in quel senso cadessero, per questo spesso vivo i sogni degli altri ed è per questo che Al ha potuto raggiungermi, i suoi pensieri erano fortissimi e le mie difese erano deboli, se fossi stata sveglia probabilmente l’avrei percepito come un ronzio all’orecchio e l’avrei ignorato.”

In quel momento venne spalancata una porta, entrarono nella sala due signori piuttosto giovani, che si gettarono ad abbracciare Al. Melinda approfittò della distrazione per sedersi su una sedia che trovò di fianco al letto. L’uomo, che immaginò essere il signor Potter, assomigliava in modo impressionante a James tranne per gli occhi, verdi quelli del più vecchio, azzurri quelli del più giovane.

“Harry, che piacere rivederti nonostante la situazione poco gradevole!”

Disse la preside Mcgranitt. Tutti gli insegnanti salutarono con rispetto quel ragazzo, nei loro occhi scintillava una luce strana, come di chi sta incontrando la sua celebrità preferita. Melinda si chiese cosa avesse fatto di così importante quell’uomo. La signora Potter si avvicinò a Melinda e le strinse la mano.

 “Grazie per quel che hai fatto, sono Ginny Potter, la madre di questi due scapestrati.”

 E carezzò la testa ai suoi figli. Melinda sorrise alla signora nello stesso istante in cui decise che le stava simpatica. Venne a salutarla anche Harry Potter che le strinse la mano. Si guardarono negli occhi per un momento che parve infinito.

“Questa ragazza ha lo stesso sguardo di Silente, quanti ricordi.”

Melinda aggrottò le sopracciglia, non era la prima volta che le dicevano che i suoi occhi somigliavano a quelli di un certo Silente, che era lo stesso uomo dipinto in presidenza.

“Non è la prima volta che me lo dicono, in che senso?”

Chiese al signor Potter.

“Hai lo sguardo di una persona che pensa molto, che ragiona. In più i tuoi occhi sono azzurri, come quelli del professore e questo aumenta l’effetto di somiglianza.”

 Melinda annuì, in quel momento finalmente capì, non le sembrava una brutta cosa. Sorrise al signor Potter che la ringraziò di aver salvato il figlio più giovane. L’infermiera decise che era il momento si scacciare via tutti, perché Al doveva riposare in pace, essendo debole a causa del freddo che aveva preso e dell’immobilità. La preside invitò tutti i professori e i coniugi Potter nel suo ufficio. James e Melinda si avviarono verso il dormitorio, ma la voce della preside li fermò.

 “Se non ti dispiace, Melinda, vorrei che tu venissi nel mio ufficio, ho un favore da chiederti.”

 La ragazza annuì, tanto un’ora in più o in meno di sonno da recuperare non faceva, oramai, differenza. 


Note dell'autrice

Capitolo corto ma denso, spero vi sia piaciuto! Purtroppo non ho molto tempo, devo studiare, per cui ringrazio velocemente tutti quelli che hanno letto la storia fino a qui e vi saluto con un grosso bacio! A presto Luka

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Congetture ***


 

Capitolo 10 -Congetture "cupidiche" 

 

L’ufficio, tra professori, genitori e Melinda, era pieno. La ragazza prese posto in una delle poltrone che la preside fece apparire per i suoi ospiti. Aveva molto sonno e in poco tempo gli occhi le si chiusero per la stanchezza, anche perché la preside e suoi ospiti più grandi stavano facendo discorsi noiosi, arrivando a conclusioni del tutto ovvie e a cui lei in quel momento non voleva pensare. Ovviamente c’era qualcuno che aveva fatto del male ad Al, ovviamente bisognava scoprire chi fosse e altrettanto ovviamente bisognava sorvegliare meglio Hogwards in generale, perché se Al aveva avuto la prontezza di chiamare Mel, molti altri studenti non ci avrebbero di certo pensato. Melinda fu svegliata con uno scossone poco cortese da parte del professor Spine, la stanza era quasi vuota, tranne per lei, Spine e la preside.  Il sole stava cominciando a sorgere al di fuori delle finestre, inondando di luce la stanza e svegliando i pochi presidi appesi alle pareti che stavano dormendo. La Mcgranitt si sporse verso Melinda, che era ancora mezza addormentata. “Melinda, ho bisogno del tuo aiuto.” Melinda cercò di svegliarsi maggiormente.

 “Cosa dovrei fare, preside?”

 Chiese, sbadigliando e mettendo una mano davanti alla bocca in un gesto automatico dettato dalle mille volte in cui la mamma l’aveva rimproverata.

“Potresti lasciare che i pensieri delle persone scorrano dentro di te? Così potresti individuare il colpevole.” Melinda si svegliò del tutto e piuttosto bruscamente.

“Vuole dire per tutto il giorno?”

 La preside annuì.

“Farà male.”

 Sussurrò. Un quadro dietro la scrivania prese a parlare.

“Soffri molto quando usi la tua capacità Melinda?”

 Lei rispose dicendo.

 “è come avere un’emicrania cosante, e non riesco a concentrarmi bene mentre sento tutte quelle voci. Non riuscirò a sentire i pensieri e ascoltare le lezioni. Poteri però provare a sentire durante gli spostamenti, nei corridoi ed ogni qualvolta non debba studiare o non stia assistendo alle lezioni.”

 La preside annuì, con un sorriso soddisfatto stampato sulle labbra.

“Grazie Melinda, sono certa che grazie a te troveremo il colpevole.”

Melinda annuì, ma non disse quanto in realtà soffrisse anche solo all’idea di ciò che l’aspettava. Poche volte era stata costretta a sentire i pensieri degli altri e la cosa era stata devastante, il vero problema era che non sapeva affatto controllare quel potere. Sperò con tutta se stessa che quella storia finisse presto, perché non sapeva quanto e se avrebbe resistito.

 

 

Melinda si svegliò il giorno seguente con un sorriso stampato in volto e la netta sensazione che tutto sarebbe andato bene. Era sabato, per cui, niente lezioni, doveva fare pochi compiti perché durante la settimana si portava sempre avanti. Si stiracchiò, era l’unica ancora a letto quella mattina, visto che erano già le undici. Melinda si alzò dal letto, si lavò i denti e si vestì, fuori il tempo era brutto, pioveva a dirotto, ma la cosa non la infastidì. Davanti allo specchio respirò a fondo fino a concentrarsi completamente, poi lasciò che i pensiero delle persone invadessero la sua mente. Quanto è carino, quanto è carino, magari gli chiedo di uscire, ma accetterà? Una grifondoro melensa le provocò una fitta dolorosa alla testa. Scaccio il dolore e si avviò verso la sala comune. Scorpius e Rose erano già lì ad aspettarla. “Grazie di aver salvato mio cugino!” Le sussurrò Rose stringendola in un abbraccio soffocante. Sono felice di aver incontrato una persona così speciale. Melinda cercò di scacciare dalla mente la voce di Rose, le sembrava scorretto origliare i pensieri della sua migliore amica. Scorpius le sorrise, e le fece i complimenti per l’impresa. Se anche io fossi così bravo magari mio padre la smetterebbe di non parlarmi perché sono un Grifondoro. Melinda cercò di scacciare dalla sua mente anche i pensieri del ragazzo, ma erano troppo forti e non ci riuscì. Si prese la testa tra le mani, espirando lentamente, erano passati cinque minuti e già una forte emicrania si affacciava al suo cervello, non voleva sapere per quanto tempo quella storia avrebbe dovuto continuare.

 “James mi ha chiesto se oggi volevamo andare da Hagrid, stare troppo in infermeria con suo fratello non gli fa bene, dobbiamo portarlo via di lì.”

I due ragazzi davanti a lei annuirono. Decisero di andare da lui tutti insieme e di trascinarlo via dal capezzale di suo fratello.

 

 

Incontrarono varie persone nei corridoi, professori e giovani maghi. Melinda cercò di concentrarsi e di cercare tra le loro voci mentali una che parlasse di misfatti compiuti di notte, non trovò nulla. Il mal di testa intanto peggiorava, per fortuna era controllabile. Arrivarono all’infermeria in pochi minuti, che sembrarono a Melinda delle ore. Entrarono tutti insieme ed andarono ad abbracciare Al, che sembrava essersi già ripreso del tutto.

 “Madama Lola ah detto che potrò uscire di qui tra poco.”

Disse. Melinda notò che James era accasciato su una sedia, con la bocca spalancata, probabilmente aveva dormito lì la notte. Lo scosse leggermente, lui si svegliò con un sobbalzo.

“Sei tu Mel, non sai che spavento mi hai fatto prendere.”

Tra qualche anno quei due saranno una delle coppiette più belle di Hogwarts. Nel momento stesso in cui sentì Madama Lola entrare la frase si diffuse fino al suo cervello. Alzò un sopracciglio, lei e James? Era ancora troppo giovane per pensare ai ragazzi e aveva problemi più grandi da risolvere, come scoprire chi aveva appena aggredito Al e perché, cosa volevano dire le parole del cappello Parlante e perché aveva certe capacità. Madama Lola guardò i presenti e disse.

“Fuori, tutti quanti, Al deve riposare, niente storie. Andate a fare rumore da un’altra parte.”

Anche la piccola Weasley e Malfoy però sembrano affiatati…e  Al? Triangolo amoroso? Mel scoppiò a ridere, tutti la guardarono male tranne James, che conosceva il suo “dono”.

“Scusate avevo in mente una barzelletta divertente”

 Sussurrò, gli altri scossero la testa.

 “Ci vediamo dopo allora Al? Ti aspettiamo in sala comune stasera?”

 Disse Scorpius, Al annuì sorridendo. Quanto vorrei che restassero, qui non c’è niente neanche da leggere, non posso neanche fare i compiti. Melinda respirò profondamente, cercò di scacciare la mente di Al dalla sua, riuscendoci parzialmente. Estrasse dalla sua borsa un libro sulla Trasfigurazione e lo lasciò sul comodino di Al.

“In caso che volessi leggere qualcosa.”

Disse ad un Al decisamente felice. Lo salutarono e poi i quattro grifondoro si avviarono verso il capanno di Hagrid. Questi M.A.G.O mi uccideranno….quel Greg, fa scoppiare qualsiasi cosa gli capiti a tiro….perché le piace? Cosa ha lei che io non ho?....Prenderò una T, ne sono certo, mio padre…. Melinda incontrò varie persone, con moltissimi pensieri, sentirli era come avere una visuale diversa del mondo intero, nessuno mente nei suoi pensieri, o almeno così credeva.

 

Note dell'autrice

Laciatemi solo dire una cosa: io adoro madama Lola! Grazie mille a tutti coloro che hanno recensito, mi dispiace per il ritardo ma ho problemi con la scuola, spero di riuscire a postare un altro capitolo entro sabato. Grazie mille a tutti! Bacioni Luka

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - Nella foresta proibita ***



Capitolo 11 - Nella foresta proibita

 

Hagrid fu felicissimo di vederli di giorno, offrì loro dei biscotti e del the, che fecero finta di accettare per non offenderlo.

“Ho sentito dire di Al, non va bene, non va bene per niente. Prima gli unicorni che scompaiono, poi questo.” Il mezzo gigante scosse la grande testa, preoccupato. Melinda aggrottò le sopracciglia.

 “Vuoi forse dire che la stessa cosa che ha attaccato Al è la stessa che ha fatto allontanare gli unicorni?”

 Fu Rose a rispondere.

 “Gli unicorni sono cerature pure, purissime, magari qualcosa di malvagio si aggira per il castello o nei dintorni, qualcosa di molto malvagio. Andrò a fare una ricerca in biblioteca al riguardo, anzi vado subito, qualcuno vuole venire con me?”

 Melinda guardò fuori dalla finestra, il sole ormai stava tramontando, era inutile andare in biblioteca per poi tornare indietro dieci minuti dopo, quella sera aveva promesso ad Hagrid di fare una ronda con lui e James in più. Scopius si alzò in piedi e disse.

 “Vengo io con te Rose, ci vediamo stanotte quando tornate ragazzi?”

 I due giovani grifondoro annuirono e sorrisero ai due amici che si avviarono verso la biblioteca con passo deciso. Forse, pensò Melinda, al loro riguardo Madama Lola aveva ragione. Li guardò andare via dalla finestra, era piuttosto preoccupata per loro. Quando li vide sparire dietro una collina decise che preoccuparsi così non era necessario e si girò. James era vicinissimo a lei e la fissò negli occhi. Fu facilissimo leggere la sua mente con il contatto visivo. Puoi fare in modo che la tua mente legga con un raggio d’azione più ampio? Melinda annuì. Hagrid era girato, intento a preparare dell’altro te. E se tu provassi a percepire anche dentro la foresta? Non era poi così male come idea pensò Melinda, tranne che per un fattore. Nella foresta si radunavano animali di ogni tipo, probabilmente alcuni pericolosi e con delle menti potenti, non avrebbe mai voluto incontrare degli esseri in grado di intrappolarla. Però era un rischio che era pronta a correre. Visto che Hagrid era ancora girato si avvicinò al ragazzo e gli sussurrò ad un orecchio.

“Ce la posso fare, ma devo sapere che tu sarai lì di fianco a me nel caso che io stia male.”

 James annuì e Melinda sorrise ad Hagrid, che stava versando il te. Venti minuti dopo stavano camminando nella foresta proibita, Melinda soffriva moltissimo a causa del mal di testa, ma cercava di non darlo a vedere. James camminava a fianco dell’amica, consapevole del colorito cinereo di lei. Hagrid camminava davanti a loro con il suo cane Tohr, un mastino tutto nero tranne che per una macchiolina bianca in fronte. Aveva raccontato loro che non era il primo cane della stessa specie che aveva, il primo gli era morto di vecchiaia alcuni anni prima. James ricordava ancora la descrizione del cane fornita da suo padre, gli piaceva ascoltare le storie raccontate da lui, soprattutto quelle che riguardavano la scuola.

Camminavano nel folto della foresta da un po’ quando Melinda percepì qualcosa di strano, qualcosa di apparentemente incomprensibile.

 “James.”

 Sussurrò. Non riusciva bene a comprendere, qualcosa nella cartina mentale dei pensieri e delle menti che le stavano intorno era cambiata, anche se non riusciva a comprendere cosa. Cercò di pensare lucidamente nonostante il mal di testa, ma le riusciva difficile. Allora allargò ancor più la sua sensibilità, arrivando ad un raggio d’azione che mai aveva provato ad utilizzare. Il mal di testa era fortissimo, si prese il capo fra le mani e chiamò con più forza James. Lui le fu accanto in un momento.

“Cosa c’è Mel?”

Chiese il ragazzo, preoccupato. Lei cercò di parlare, ma oltre ai mal di testa erano arrivati i capogiri.

 “Non lo so James, qualcosa…è cambiato, non riesco a capire cosa.”

 Scandagliò la foresta con la mente, ma non trovò nulla, eppure qualcosa era cambiato. Cercò di tenere il passo di Hagrid, ma le forze la stavano abbandonando, non poteva mantenere a lungo gli scudi aperti o sarebbe svenuta. Ritirò la sua capacità all’interno di quei muri invisibili e si sentì immediatamente meglio. James la reggeva con un braccio intorno alla vita.

 “Stai bene?”

 Le chiese, lei annuì. Hagrid intanto si era girato a cercarli con lo sguardo, si avvicinò e loro e disse.

 “Per tutti gli ippogrifi del mondo! Sei pallidissima! Stai bene?”

 Melinda annuì, poco convincente.

“Era solo un capogiro, tra poco starò benissimo, ma grazie Hagrid.”

Lui annuì.

 “Però è meglio tornare ragazzi, mica che ci stai male proprio in mezzo alla foresta, non vorrei mai fare del male alle piccole creaturine che si aggirano per la foresta.”

 I due ragazzini si scambiarono un’occhiata perplessa. Hagrid prese in braccio Melinda e tutti insieme uscirono dalla foresta.

 “Non c’era bisogno, ma grazie Hagrid.”

 Il mezzo gigante annuì, sorridendo. La notte fuori dalla foresta era punteggiata di stelle che illuminavano il cielo. La capanna del guardiacaccia era illuminata da una luce che proveniva dall’interno. Hagrid si avvicinò borbottando qualcosa sulle visite. Entrarono tutti e tre insieme, Melinda sulle sue gambe, aveva costretto Hagrid a metterla giù, non le piaceva molto essere trasportata. Dentro il professor Spine sorseggiava una tazza di te, i piedi erano appoggiati sul tavolo e si dondolava con la sedia, avanti e indietro.

 “Finalmente! Avevo paura di dover aspettare tutta la notte!”

Disse con il suo tono irritante. Spine fissò negli occhi Melinda, come se volesse comunicarle qualcosa. Lei scosse un poco la testa, per fargli capire che non stava utilizzando il suo “dono”. Spine aggrottò leggermente le sopracciglia, ma non disse nulla.

 “Ho dei messaggi per tutti voi. James ho bisogno di te, così sconti un’altra delle punizioni che hai accumulato in un solo mese, dovrai aiutarmi a correggere i compiti degli allievi del primo anno. Hagrid, la preside ha detto di dirti che la caccia agli unicorni deve essere interrotta per un po’, l’insegnante di Cura delle Creature magiche si è ammalata di una malattia rara e vorrebbe che tu la sostituissi temporaneamente.”

 Hagrid annuì.

“Ci posso provare, ho già insegnato una volta e sono andato bene, sicuramente ce la farò”

 I ragazzi si scambiarono un’occhiata eloquente che il professor Spine fece finta di non notare.

“Signorina Moon la preside la aspetta nel suo ufficio, penso che sappia ritrovare la strada.”

 La ragazza annuì.

“Bene allora, meglio che vi accompagni, non si sa mai.”

 Spine si alzò in piedi e si diresse verso la porta.

“è stato un piacere Hagrid.”

Il mezzo gigante annuì e salutò i ragazzi con la mano. Il gruppetto di tre si avviò verso il castello silenziosamente. Durante il tragitto Melinda abbatté nuovamente i muri invisibili. Per fortuna il castello era per la maggior parte addormentato ed in giro non c’era nessuno. Chissà cosa vorrà mai la preside da questa ragazzina… Melinda cacciò dalla mente il professor Spine e tenne d’occhio, con la mente, i dintorni bui. Melinda, sei sicura di stare bene? Le chiese James, lei annuì e gli sorrise.

 

La preside era seduta sulla grande sedia dietro la scrivania. Quella sedia sembrava abbracciare la preside e ricordava a Melinda la sedia che aveva visto in un casa di una vecchia signora. Per rispetto e un poco di paura nei confronti della preside chiuse la sua mente dietro i muri invisibili.

 “Accomodati”

 Le disse la preside indicandole una sedia consunta, che aveva visto molti sederi. Quel pensiero fece sorridere Melinda. La preside era concentrata su alcune carte che aveva davanti agli occhi, apparivano importanti, per cui Melinda rimase tranquilla al suo posto. Si mise ad osservare i vari oggetti che ornavano l’ufficio. C’era una specie di costruzione di palle che giravano su loro stesse, cercò di capire cosa fosse e infine comprese che forse era una specie di orologio, molto particolare e decisamente insolito. Passò all’oggetto successivo. Essa era una cornice che mostrava la foto di una Hogwards decisamente ridotta male e di moltissime persone che avevano uno sguardo felice e al contempo triste. Melinda si soffermò per molto tempo sulla fotografia, osservò tutte le persone. Riconobbe Hagrid, la preside, il professor Paciock, Il padre di Al e una donna che somigliava incredibilmente a Rose. C’erano anche degli adulti in quella foto, anche se non molti, la maggior parte erano giovani maghi con indosso la divisa di Hogwards. Due persone, in mezzo a quelle fila, attirarono lo sguardo, si tenevano abbracciate e sorridevano all’obbiettivo, dondolando un poco su loro stessi. Apparivano stremati, eppure felici.

“Allora signorina Moon”

 Disse la preside distogliendo Melinda dai suoi pensieri.

“Si?”

Chiese lei.

 “Hai provato a leggere le menti dei tuoi compagni?”

Melinda annuì e cominciò a parlare.

 “Ho fatto come mi ha chiesto, non ho notato nulla di particolare, tranne che per una cosa.”

Sorrise vedendo l’interesse della preside scintillarle negli occhi.

“Ho scoperto che Madama Lola ha tendenze da cupido.”

 La preside sorrise, mentre il quadro del professor Silente rise apertamente. Chissà perché la donna non si permetteva di ridere.

“E nella foresta hai sentito qualcosa?”

 Melinda esitò per un solo secondo, non poteva dire niente alla preside finché non avesse scoperto qualcosa di reale.

“No, niente.”

La preside annuì.

 “Puoi andare a dormire, ma nel caso in cui…”

Un forte botto risuonò fuori dalla porta.

 “Quel piccolo teppista!”

 La preside alzò gli occhi al cielo.

“Potresti aspettarmi qui? Ho il forte sospetto che James o Teddy ne abbiano fatta una delle loro.”

 La preside si dileguò fuori dalla porta prima che Melinda potesse anche solo chiedere di raggiungere il suo letto. Rimase sola nell’ufficio, con il preside Silente e il preside Piton che l’osservavano con interesse.

 “Tutti dicono, professor Silente, che io e lei abbiamo degli occhi simili.”

 Il preside sorrise.

“Scommetto che hai chiesto spiegazioni al riguardo.”

 Melinda sorrise.

“Dicono che io e lei abbiamo lo sguardo di persone che pensano molto, che ragionano. In più i miei occhi sono azzurri come i suoi e questo aumenta l’effetto di somiglianza.”

 Il preside annuì.

 “Ti piace la scuola Melinda?”

 La ragazzina annuì.

“Si, mi è sempre piaciuto apprendere cose nuove, per questo spesso spiavo mio fratello che si allenava con gli incantesimi e anche per questo ho letto tutti i libri di papà nonostante mia madre me l’avesse vietato.”

 Il preside annuì.

 “Parlaci di questo tuo potere.”

 Disse il preside Piton, appariva come un uomo molto serio, scontroso. Con il mantello nero lungo sembrava un pipistrello, Melinda se lo immaginò che volava con le sue ali e il naso adunco nei dintorni della scuola, sorrise.

 “è un potere che ho sempre avuto fin da bambina, da piccola pensavo che fosse una cosa normale, poi sono arrivata alla conclusione che, probabilmente, se così fosse stato molti nostri vicini di casa sarebbero divorziati. Più cresco più questo potere cresce con me. A cinque anni ho cominciato a soffrire di forti emicranie, non riuscivo a controllarlo, ogni tanto si mostrava e altre no. Ora è costante se non altro, è sempre presente, da un paio d’anni a questa parte. A sei anni ho imparato ad isolarmi dal mondo dei pensieri, potevo finalmente camminare di nuovo per strada senza temere di svenire a causa dei mal di testa.”

Piton la guardava, interessato.

 “Se guardi qualcuno negli occhi mentre il tuo “dono” è attivo cosa succede?”

La ragazza ripensò alle poche volte che le era capitata la situazione.

 “Il contatto visivo da sollievo alla mia mente, diventa molto più facile percepire i pensieri e la testa non fa male. Mentre guardo negli occhi qualcuno ho la sensazione di poter andare molto più in profondità.”

 Il preside Silente aveva giunto la punta delle dita e teneva lo sguardo fisso su di esse sussurrando un “interessante” ogni tanto.

 “I tuoi genitori hanno lo stesso tipo di potere?”

 Melinda scosse la testa.

 “Mia madre è babbana, per cui niente. Mio padre non possiede questo “dono” e mio fratello neanche.” Silente e Piton si scambiarono un’occhiata scettica.

“Tua madre è babbana?”

Chiese Piton, incredulo.

“Si, ne sono sicura. Sa, lava le pentole con le mani e insegna in un asilo babbano”

 I due maghi aggrottarono le sopracciglia.

“Un asilo è una specie di scuola per i piccoli babbani.”

 I due annuirono, in quel momento entrò la preside e con lei Teddy e James, che sorrisero a Melinda. “Questi due hanno di nuovo aizzato Piz contro la sala comune Serpeverde. Non so più cosa fare con voi due!”

 La preside appariva disperata. I due sorridevano, fingendosi due poveri bambini indifesi, Melinda sorrise. “Preside io posso andare?”

 Chiese. La Mcgranitt si girò verso di lei e disse.

“Ti stavo dicendo una cosa ma non ricordo più cosa…a si!”

Osservò con occhio critico i due ragazzi.

“Uscite un attimo voi due.”

 I due Grifondoro obbedirono all’istante.

 “Muffliato”

 Sussurrò la preside.

“Stavo dicendo…che nel caso in cui tu dovessi sentire qualcosa dovresti avvisarmi. Ti pregerei di tenere attivo il tuo “dono”, sempre.”

Melinda strabuzzò gli occhi.

“Anche durante le lezioni?”

 La preside annuì.

“Lo so che deve essere difficile per te, ma è l’unico modo che conosco per cercare il colpevole.”

A Melinda sfuggì una lacrima, che asciugò in fretta con la manica della divisa.

“Va bene preside, ora posso andare?”

La donna annuì e la lasciò andare. La ragazza lasciò la porta aperta per i suoi due amici, che entrarono con lo sguardo basso di chi non è pentito per davvero

 

Note dell'autrice

  Io: Ed eccomi di nuovo qui!

Voi: Fossimo in te indietreggeremmo, abbiamo istinti omicidi in questo momento.

Io: Ma...ma...perchè?

Voi (lanciandomi un'occhiataccia che fa veramente paura): Cos'è questo modo di postare a singhiozzo?

Io (disperandomi): mi spiaceeeeeeeeee, lo so sono una franaaaaa, mi scuso!

Questo è più o meno il dialogo che mi immagino ogni volta che sono in ritardo, probabilmete non lo sapete, ma mi perseguita. Comunque, dopo essermi scusata un altro centinaio di volte perchè, cavoli, mi spiace tantissimo di essere perennemente in riatrdo con gli aggiornamenti, volevo chiedervi: come avete trovato questo capitolo? è un po' più lungo del precedente e ci sono tante, tantissime domande senza risposta, ma in fondo, una storia senza un pizzico di mistero non è una storia, giusto? Grazie mille a tutti quelli che hanno letto, recensito, messo tra le seguite, inserito tra le preferite o tra quelle da ricordare la mia storia! Veramente, grazie mille. Bacioni     Luka 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 - Vacanze di Natale ***



Capitolo 12 - Le vacanze di Natale

 

Il mese successivo fu freddo, pieno di temporali e non esattamente fortunato per i Grifondoro, che persero una partita a quidditch contro i Corvonero, la colpa fu data a James, a cui era stato vietato di giocare dalla preside, che con lui non sapeva bene più cosa fare. Melinda continuava a seguire le lezioni e a utilizzare il suo “dono”, a cui, più o meno, si era abituata. Aveva anche trovato un incantesimo che le levava il fastidioso mal di testa e che non sembrava sortire effetti collaterali. Il mese successivo, novembre, fu altrettanto freddo, ma più fortunato, i Grifondoro vinsero contro i Tassorosso e tutti festeggiarono per molto tempo. Ovviamente la ricerca degli unicorni non era ripresa, così Melinda aveva più tempo libero, tempo che utilizzava per leggere, chiacchierare con i suoi amici (che si erano avvicinati molto in quel periodo) e studiare. Arrivò così dicembre che trovò gli studenti decisamente stanchi e un po’ provati, ma comunque felici per le nevicate. Una settimana prima delle vacanze Melinda ricevette una lettera via gufo da sua madre, Rosemarie, le comunicava che papà le aveva regalato una vacanza per solo loro due in Oriente. Melinda fu contenta per lei e le disse che sarebbe rimasta a scuola senza problemi. Fu in sala comune che avvertì i suoi amici del fatto.

 “Mi sa proprio che rimarrò qui per le vacanze di Natale ragazzi, la mamma ha ricevuto in regalo da papà un viaggio in Oriente e lei ha sempre voluto visitare la Cina.”

 Rose non le prestò molto ascolto, era china su un foglio di pergamena, stava facendo un compito di Pozioni. Al alzò lo sguardo dalla sua partita a scacchi contro James.

“Davvero? Ho sentito dire che quest’anno non rimarrà qui nessuno, solo due Corvonero e un Tassorosso.” James sfruttò la distrazione del fratello per abbattere illegalmente un pedone.

“James ha barato”

 Disse Melinda ad Al. Il fratello più piccolo lanciò un’occhiataccia al fratello maggiore. Che imbroglione! Sei una ficcanaso lo sai? Melinda sorrise a James, erano diventati molto bravi nella comunicazione non verbale. “Perché non vieni a casa nostra?”

 Le chiese Al. Melinda sentì un’onda di felicità invaderle il petto, ma decise di trattenerla, non poteva accettare.

“Al non posso.”

 Nella conversazione intervenne James.

 “Certo che puoi, a papà farà piacere e a mamma piaci, me l’ha scritto in una lettera. Ci divertiremo, vedrai.”

 Al si alzò in piedi e disse.

 “Allora è deciso, verrai da noi, vado a scrivere una lettera per casa.”

 Melinda abbracciò Al prima che scappasse alla voliera.

“Grazie Al, sarà un Natale fantastico, me lo sento.”

Il ragazzo le sorrise e si avviò di corsa a scrivere e spedire il messaggio. Melinda si sedette davanti a James e gli uccise una torre.

“Credi veramente di potermi battere?”

Le chiese lui. Lei sorrise semplicemente, sfidandolo. Due ore dopo, alla settima partita James non aveva ancora vinto una volta. Bisogna dire che per certi versi sei peggio di mia cugina. Melinda rise e disse.

 “Lo prenderò come un complimento.”

 Rose e Scorpius osservavano la partita da una poltrona.

 “Che bello, saremo insieme per le feste Mel! A Natale andiamo sempre tutti a mangiare alla Tana da nonna Molly e nonno Arthur.”

Mel le sorrise e l’abbracciò.

 “Sono veramente felice, non vedo l’ora di passare del tempo con voi.”

 

 

Una settimana dopo lei e Rose erano chine su un foglio di pergamena a cercare di svolgere un compito difficile di Trasfigurazione.

“è ora di andare intelligentone!”

Disse loro Al. Mel alzò la testa, le faceva molto male. No! Dovevo finire tutti i compiti prima di partire! Mamma mi ucciderà, magari ce la faccio, magari in treno riesco a finirli! Melinda sorrise probabilmente l’avrebbe costretta a fare i compiti con lei. Presero i bagagli e il mantello e uscirono all’aria aperta. Nevicava molto quel giorno, così tanto che il mondo non sembrava più di tutti i colori dell’arcobaleno, ma soltanto bianco. Il castello in mezzo a tutto quel biancore accecante appariva irreale. A Melinda ricordava tanto un barboncino con il pelo a batuffoli, che in alcuni punti era pelato e appariva grigio. Lei, Al, Scorpius, Rose e James presero uno scompartimento e si misero comodi. Ancor prima che il treno partisse Rose aveva già estratto i compiti e stava discutendo con Mel di alcune proprietà di un incantesimo di Trasfigurazione. In meno di un ora finirono tutti i compiti, sotto lo sguardo stupefatto degli altri occupanti della cabina.

 “Voi due finirete ai M.A.G.O con tutte delle E.”

Disse Al. Melinda sorrise e disse.

“Bé, c’è chi prenderà tutte delle T come quel Finn, sai è il modo dell’universo di equilibrare le cose.”

 Tutti risero. Finn apparve proprio in quel momento alla porta dello scompartimento, Melinda era la più vicina alla porta, per cui fu la prima ad alzarsi e a fronteggiarlo.

 “Vattene Finn, qui non c’è posto per te, sai accettiamo solo persone con un cervello più grande di una punta di piuma.”

 Finn storse la bocca.

 “Non capisco come possa esserci entrato il grande Potter lì allora.”

Melinda si arrabbiò.

“Capisco che tu non comprenda molte cose, d’altronde è stupefacente il solo fatto che tu, con quel cervello così piccolo, sia arrivato al settimo anno ad Hogwarts.”

 Finn estrasse la bacchetta, ma James era già pronto e lo disarmò.

 “Ora” Gli disse restituendogli la bacchetta. “Ti pregerei di andartene da qui.”

 Finn borbottò qualcosa fuggendo via. Melinda si sedette scuotendo la testa, odiava quel ragazzo come poche persone al mondo. Probabilmente aveva odiato di più soltanto la sua vicina di casa che era vecchia e le strizzava le guancie fino a farle divenire di un bel rosso pomodoro. Si riscosse dai suoi pensieri appena sentì la mente di Finn avvicinarsi di nuovo. Quella piccola mezzosangue con la madre babbana la pagherà, adesso vede. Voglio proprio vedere se fa tanto la sbruffona anche fuori dal treno, io sono maggiorenne, lei no, vediamo un po’ come si difende. Ho già delle idee interessanti… Melinda aggrottò le sopracciglia, ovviamente non poteva utilizzare la magia al di fuori della scuola e Finn avrebbe potuto benissimo utilizzarla, era maggiorenne, per cui non solo lei era in pericolo, ma probabilmente lo erano anche i suoi amici. Cosa doveva fare? Trovare una soluzione.

“James, l’altro giorno mi hai fatto vedere della polvere Peruviana di tuo zio George.”

 Il ragazzo annuì, un po’ sorpreso. “Non è che me ne presteresti un po’?”

Cosa hai in mente? Chiese James, con un sorriso che gli illuminava il viso, ovviamente se c’era da fare casino lui era pronto.

“Ho bisogno di creare disordine, molto disordine, diciamo in modo che qualcuno non si accorga di un furto di bacchetta.”

 James sorrise anche più apertamente.

“Allora ho qualcosa di meglio, di quanto tempo hai bisogno?”

 Melinda disse.

“Dieci minuti, ho un piano che ci farà scendere illesi dal treno.” 

 

Note dell'autrice:

Ed eccomi qui, dopo tanto tempo, con un nuovo capitolo. È la domenica di pasqua e mi sembrava giusto pubblicare un nuovo capitolo, soprattutto perché di questi giorni sono piuttosto felice nonostante il mio umore ballerino. :D Allora lettori, come va? Vi è piaciuto questo capitolo? Cosa ne pensate? Mangerete tanti dolci in questa domenica di pasqua? Io probabilmente si, ma forse non vi interessa, quindi vi lascio, ringraziandovi moltissimo per aver letto la mia storia e augurandovi una buona pasqua piena di coniglietti e uova di cioccolato enormi! Luka

P.S.: Se volete lasciare una recenzione io non mordo :D

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 - La famiglia Potter-Weasley ***


Grazie a tutti quelli che stanno leggendo, pensando di commentare, inserendo nelle seguite/preferite/ricordate questa storia e grazie a tutti quelli che hanno già fatto una o più delle tre cose. :D


Capitolo 13 - La famiglia Potter-Weasley

 

Venti minuti dopo, su tutto il treno scoppiò l’inferno e tutti furono certi che la colpa fosse di un certo Potter e, probabilmente, di un suo caro amico di nome Ted. Melinda si avvicinò di soppiatto a Finn, in mezzo a un corridoio, che urlava come una puffola pigmea. Qualcosa esplose di fianco a lei rendendo tutto nero per un momento, le bastò. Fece lo sgambetto a Finn, che crollò a terra con un tonfo, cercò di capire cosa l’avesse colpito, ma non l’avrebbe mai scoperto. La bacchetta abbandonò le mani di Finn, finendo fortunatamente vicino a Melinda, che la raccolse e corse a perdifiato finché la nuvola nera non si fu un poco dissolta, allora prese a camminare lentamente verso il suo scompartimento. Arrivò alla cabina e entrò, lì la nuvola non era ancora del tutto scomparsa, i suoi amici cercavano di guardare oltre la cortina scura, appena fu possibile le sorrisero.

 “Ce l’hai fatta Mel? L’hai presa?”

Chiese Scorpius, lei estrasse dalla sua manica una bacchetta di legno scuro, piuttosto flessibile.

 “Ed ecco qua signori e signori la bacchetta di Finn.”

 I quattro applaudirono, ridendo. Lei si inchinò, scherzando.

“Sai James, ho sentito molte persone dire che la pagherai, complimenti, il tuo diversivo è riuscito perfettamente.”

James le batté il cinque con una mano, mentre con l’altra scartava una cioccorana. Melinda riprese posto e si stese per metà sulle gambe di Rose, che stava leggendo.

“Stai bene Mel?”

Le chiese quest’ultima. Lei annuì, anche se sentiva la testa scoppiarle. Lo stress aumentava il rumore dei pensieri e il rumore di essi aumentava il suo mal di testa. Dovrebbe dormire un po’ ha delle occhiaie profonde. Se anche Scorpius le aveva notate, allora voleva dire che aveva veramente bisogno di una dormita.

 “Rose, posso dormire un po’?”

La ragazzina annuì.

 “Ti svegliamo noi.”

Mel annuì, poi si addormentò cullata dall’andatura del treno.

 

 

Fu Al a svegliarla.

“Melinda, siamo arrivati.”

 Lei aprì gli occhi e la bocca (per uno sbadiglio) nello stesso momento. Si stiracchiò, aveva un torcicollo doloroso, Rose e gli altri erano già scesi dal treno.

 “Come mai siamo rimasti solo noi due?”

 Chiese la ragazza. Al la guardò e disse.

 “James ha portato giù le tue cose, molto gentilmente ed io mi sono fermato a svegliarti, solo pensavo ci volesse meno tempo.”

 Melinda si svegliò del tutto e trascinò Al giù dal treno, aveva il terrore che esso partisse lasciandoli tornare ad Hogwarts prima del tempo. Fuori, sui binari, la famiglia Potter era al completo, Harry, Ginny, James e Lily. Al corse ad abbracciare i suoi genitori, mentre Melinda si soffermò vicino a Finn e ai suoi genitori. Lei porse loro la mano parlando e lasciandoli a bocca aperta.

 “Piacere, sono Melinda Moon, una ragazza del primo anno. Vostro figlio prima sul treno ha perso questa.” Porse la bacchetta a Finn stesso, che la prese digrignando i denti.

“Io come minimo gli farei una ramanzina sul fatto che le bacchette sono importanti eccetera. Comunque ora devo andare, arrivederci.”

 E detto questo scappò verso i Potter, che le sorrisero. La signora Potter la abbracciò con affetto, come avrebbe fatto la mamma.

 “Grazie per l’ospitalità signori Potter.”

Disse Melinda, guardando prima la madre poi il padre di due dei suoi migliori amici.

“Andiamo?”

Chiese la signora Potter prendendo sottobraccio i suoi due figli. Melinda sorrise alla vista del quadretto famigliare e si mise al fianco del signor Potter, che cercava di tenere per mano Lily e di portare il carrello con le valigie nello stesso momento. Melinda sorrise a Lily e le porse una mano.

“Signorina Lily, vorrebbe avere il mio braccio per questa passeggiata?”

 La bimba annuì e prese a braccetto la ragazza poco più grande di lei. Melinda chiuse definitivamente i muri che dividevano la sua visuale dei pensieri da tutto il resto.

“Che bel pupazzo!”

Fu così che Melinda Moon fece amicizia con la piccola Lily, divennero grandi amiche; ancora adesso Lily ricorda a memoria tutte le favole che Melinda le raccontò durante i Natali che trascorsero insieme.

 

 

La Tana, la grande casa che aveva visto crescere la signora Potter e il signor Weasley (Ron), era calda ed accogliente, vi arrivarono grazie ad una Passaporta. Erano tutti vestiti in modo semplice, Melinda indossava un caldo maglione di lana blu e dei jeans, insieme alla nuova sciarpa e ai nuovi guanti che mamma e papà le avevano spedito via gufo. Quel giorno nevicava e faceva anche piuttosto freddo, entrarono alla Tana con le punte dei nasi tutte rosse, dentro un’anziana signora muoveva la bacchetta, intenta a controllare che tutto in cucina funzionasse perfettamente. Ci mise un po’ ad accorgersi dell’arrivo degli ospiti.

 “Ginny! Harry! Che bello vedervi e voi bambini, non venite ad abbracciare la nonna?”

 A Melinda la donna piacque subito dopo che ebbe sentito il tono con cui pronunciava le parole, sembrava materna e protettiva, si vedeva che voleva molto bene ai sui figli e ai suoi nipoti. Quando i piccoli Potter sciolsero l’abbraccio della signora Weasley (Molly) Melinda si fece avanti con una mano tesa, presentandosi.

“Piacere, sono Melinda Moon, un’amica di Al, James e Lily.”

La più piccola sorrise. La donna rifiutò la mano e la strinse in un caldo abbraccio, che sapeva di frittelle e di casa.

 “Il piacere è tutto mio figliola, hai salvato Al, sei la benvenuta qui quando vuoi.”

 Melinda le sorrise timidamente, non le piaceva ricordare quella notte.

 “Ora però è meglio che torni a cucinare, guardatevi, mi sembrate troppo sciupati!”

Ginny rise.

 “Mamma anche se fossimo così grassi da non riuscire a passare per la porta diresti che siamo sciupati!” Risero tutti alla battuta, poi la famiglia si sciolse, il signor Potter raggiunse il signor Weasley, che stava leggendo un giornale babbano, Lily, James e Al Trascinarono fuori Melinda per giocare a palle di neve. “Prendi questa!”

 Urlò Lily prima di lanciare una pallina in faccia a Melinda, che fece finta di svenire accasciandosi a terra. Un urletto spaventato le rivelò che il suo scherzo stava funzionando. James fu il primo ad avvicinarsi e a dire. “Smettila Lily, non è morta, non si muore per una pallina di neve!”

Quando il ragazzo fu abbastanza vicino Melinda balzò in piedi e lo atterrò nella neve, poi si rivolse agli altri. “Che ne dite di riempirlo di neve?”

 Si scambiarono occhiate complici e poi cominciarono a bombardarlo.

 “Pietà! Pietà!”

 Urlò James dopo poco.

 “Avete vinto, chiedo il vostro perdono.”

 Melinda guardò gli altri.

 “Che facciamo? Glielo concediamo?”

Lily annuì.

 “In fondo non ha fatto nulla di male, possiamo anche salvarlo.”

 Al si disse d’accordo e Melinda liberò James. Quest’ultimo si rialzò in piedi, spazzò via un po’ di neve dal cappotto poi disse.

 “Melinda la posso anche capire, ma voi dovreste sapere che la vendetta è la mia specialità.”

 Detto questo si buttò sopra ad una Melinda presa alla sprovvista e la scaraventò a terra, nella neve, riempiendola e bagnandola del tutto.

 “Così imparate!”

 Urlò James. Quando arrivarono anche gli altri ragazzi Lily propose di giocare ad Auror e Maghi Oscuri, tutti si dissero d’accordo e il gioco cominciò. Melinda non si era mai divertita tanto come quel giorno. 


Note dell'autrice

Capitolo di passaggio non molto importante per la trama, ma che comunque mi è piciuto scrivere, spero che a voi sia piaciuto leggerlo. Vi lascio perché il latino mi aspetta, spero di poter postare presto il prossimo capitolo!     Bacioni Luka

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 - Un piano ben architettato ***


 

Capitolo 14 - Un piano ben architettato

 

Le vacanze trascorsero felici, Melinda conobbe praticamente tutta la famiglia Weasley e fece amicizia con tutti. Al ritorno ad Hogwards erano tutti rilassati e decisamente di buon umore. Il castello era ancora immerso nella neve, tutto sembrava, per una volta, quieto e tranquillo. Melinda si sedette su una poltrona rossa in sala comune, Rose la raggiunse poco dopo e si sedette sopra ad un bracciolo di essa.

“Tra poco ci sarà il compito di trasfigurazione, hai voglia di studiare?”

 Melinda annuì, mentre i loro tre amici alzavano gli occhi al cielo.

 “Noi andiamo a giocare a palle di neve”

 Disse James, le due annuirono e cominciarono a ripassare. Alla fine della serata Melinda aveva un terribile mal di testa e si avviò ciondolando verso il suo letto. Si addormentò in un battito di ciglia.

Stava correndo, libera, al suo fianco correvano con lei Al, James, Scorpius e Rose. Erano incredibilmente veloci, saettavano tra le piante della foresta con un’agilità insolita. Si sentiva felice, veramente speciale…. Qualcuno camminava al suo fianco, ma non riuscivano a vederla. Perché? Perché nessuno riusciva a vederla? Stava congelando lentamente e la paura la prendeva alla gola, era andata nella foresta per trovare il suo ragazzo. Finn non era lì e lei era stata colpita da uno strano incantesimo, poi le avevano fatto delle domande…che domande? Quali? Aveva risposto? Ed ora si trovava in mezzo alla foresta, invisibile a chiunque e mezza congelata, probabilmente sarebbe morta di lì a poco. Provò a parlare, ma l’incantesimo pietrificante era troppo forte, allora pregò con tutta se stessa che qualcuno la sentisse e che venisse a prenderla, come era successo ad Al Potter, intanto lei avrebbe cercato di tenere la mente sveglia, già, sveglia….

Melinda si svegliò di soprassalto, sentiva ancora il freddo intorpidirle le membra. Senza neanche pensare di mettere una vestaglia corse giù dalle scale, sorprendendo i pochi ancora svegli e uscì dalla Sala Comune. Raggiunse l’ufficio della preside in pochissimo tempo, praticamente mandò a gambe all’aria il custode, che borbottò qualche improperio.

 “Ragazzina! Non potresti stare fuori a quest’ora! Dove stai andando?”

 Melinda attivò il suo “dono” appena prima di entrare nell’ufficio della Preside. Bussò forte alla porta, sempre di più, finché la preside, tutta spettinata e con gli occhiali storti sul naso non aprì.

 “Preside è successo di nuovo, una ragazza questa volta, è nella foresta proibita.”

 Raggiunse con un balzo la cattedra della preside e prese una pergamena vuota, dietro ad essa, con la bacchetta tracciò una mappa approssimativa della foresta e tracciò una x nel punto preciso in cui si trovava la ragazza.

“Si trova qui, bisogna fare in fretta, era già mezza congelata, potrebbe morire da un momento all’altro.”

 La preside si attivò del tutto in quel momento e disse.

“Silente, chiami tutti i professori, in fretta non c’è molto tempo, anche voi Severus e Phineas, veloci.”

 I tre presidi scomparvero dai quadri e poco dopo riapparirono, accompagnati dal suono di qualcuno che bussava alla porta. Entrarono ad uno ad uno tutti i professori che abitavano Hogwarts, la preside McGranitt affidò ad ognuno un compito preciso.

“Chi è la ragazza in questione Melinda?”

 Lei scosse la testa.

 “Una Serpeverde probabilmente, la ragazza di Finn, non ho neanche riconosciuto la sua voce, la paura la deformava troppo.”

 Molti professori si scambiarono sguardi di sconcerto, ma non dissero niente e andarono alla ricerca della ragazza. Melinda rimase sola nell’ufficio della preside, chiedendosi perché non potesse andare anche lei là fuori, ad aiutarli, d’altronde era lei che l’aveva vista! Lei che sapeva dove trovarla! Guardò i presidi che a loro volta la fissavano e chiese molto cortesemente.

“Posso sedermi?”

Silente sorridendo le fece un cenno con il capo. Lei si sedette, ma immediatamente scattò in piedi come una molla e prese parlare da sola, girando in tondo per la piccola stanza circolare.

“Non ha senso la cosa, perché mostrare che in effetti si nasconde nella foresta, chiunque sia? Non capisco, a meno che non si nasconda nella foresta e questo è un modo per sviare l’attenzione. Ma mi sembra assurdo, ho tenuto i muri abbassati, l’avrei sentito. Sono anche stata attenta in questi mesi ad essere sempre vicina ad Al, a fare in modo che tutti ci vedessero insieme, in modo che i pensieri potessero essere rivolti a lui, in modo che il colpevole ricordasse quella notte.”

Oltre che a girare in tondo cominciò a unire e disgiungere le mani. I presidi seguivano attentamente i suoi ragionamenti, forse un po’ sorpresi.

 “Ha voluto che la ragazza si trovasse lì e non da un'altra parte. Non “ha” però, la ragazza ha detto che le avevano fatto delle domande, quindi sono più di uno. Perché la ragazza doveva trovarsi lì? È una trappola? No, non può essere, ovviamente i colpevoli si aspettavano che la trovassero dopo un po’, magari morta.”

 I presidi annuivano, seguendo i suoi ragionamenti.

 “La prima vittima nel parco, vicino alla foresta, ma non all’interno e la seconda dentro al bosco….forse, forse stanno preparando qualcosa. Ma cosa?”

 E poi a Melinda venne un’illuminazione e si bloccò al centro esatto della stanza, fissando il vuoto davanti a lei e sentendo quella sensazione di giusto che le invadeva la pancia quando sentiva che i suoi ragionamenti erano giusti.

“Ho capito!”

 I presidi sobbalzarono un poco all’urlo. Il professor Piton disse.

 “Parla ragazzina.”

 Lei fissò i suoi occhi in quelli scuri del preside.

 “Questa vittima non è per una trappola, ma la prossima o quella dopo ancora lo sarà.”

 I presidi la guardavano, ancora palesemente disorientati.

 “Non capite? Prima il prato appena fuori dalla foresta, poi la foresta, stanno costruendo un…”

Silente la interruppe.

 “Un percorso. Stanno tracciando una mappa che conduca qualcuno fino a loro, una mappa fatta di vittime, non è solo un modo per intrappolare la persona che vogliono, è anche una dimostrazione di forza, molto astuto.”

 Disse, Melinda annuì.

“Però ci sfugge ancora qualcosa, qualcosa di fondamentale.”

 Ricominciò a camminare in tondo, il preside Piton intanto scambiava delle occhiate dall’uno all’altro, totalmente sorpreso.

“è quasi più insopportabilmente intelligente di te.”

Sussurrò a Silente, ma fu ignorato dai due.

 “Osservano dalla foresta, stanno all’erta. Cosa vogliono? Cosa c’è ad Hogwarts di importante? Cosa potrebbe condurre una persona ad uccidere per averla?”

 Guardò i presidi, che scossero la testa.

“La camera delle Necessità è andata distrutta, la maggior parte è andato distrutto, cosa è sopravvissuto che vogliono? Cosa vorranno in cambio dell’ultima vittima?”

 Girò in tondo ancora per un po’, finché non le venne un’altra idea.

 “A meno che in realtà non stiamo cercando qualcosa, ma qualcuno.”

 Gli occhi di tutti i presidi si illuminarono di comprensione.

 “Ma non ha senso a dir la verità, perché allora le persone rapite dovrebbero essere collegate da un’altra. Chiunque avesse visto Al  e Finn avrebbe intuito che si odiano, quindi lui è da escludere, anche se per ora sembra l’unico collegamento tra Al e la ragazza.”

 Silente la guardò, sembrava preoccupato.

“Un docente?”

 Chiese uno dei presidi, Melinda scosse la testa.

 “Dubito, se sono stati disposti ad attaccare a mesi di distanza vuol dire che la pazienza non manca loro e che quindi avrebbero potuto benissimo prendere i docenti durante l’estate, quando non hanno in torno tante persone pronti a difenderli.”

 Intervenne un altro preside, uno con una pancia tonda e gonfissima che sembrava dover uscire dal dipinto da un momento all’altro.

 “Allora è un allievo.”

 Melinda annuì e si chiese ancora una volta.

“Ma la domanda è: chi?”

 Decise di accomodarsi su una poltrona davanti al fuoco e mise a riflettere. Non riuscì a trovare una soluzione al dilemma e così neanche i dipinti. Decise di provare a raggiungere con la mente la foresta, per vedere se avessero trovato la ragazza. Ci volle uno sforzo immane per arrivare fino alla foresta, ma poi si rifugiò nella mente della preside. Era una cosa che non aveva mai fatto e che probabilmente era meglio che non facesse con una preside. Erano vicini, ma non riuscivano a raggiungerla. Perché non riuscivano a raggiungerla? Lei la percepiva era vari metri avanti a lei, eppure continuavano ad evitare l’area, giravano in tondo e tornavano al punto di partenza come se per loro in realtà….quel pezzetto di foresta non esistesse. Melinda decise di provare una cosa del tutto nuova. Preside, sono io Melinda. La preside si guardò in giro, alla ricerca della ragazza. Sono dentro la sua testa, mi spiace, lo so che non avrei dovuto, non so bene neanche io come ho fatto. Di questo parleremo dopo, Melinda. Cosa c’è? Non riusciamo a trovarla, eppure dovremmo essere vicini. Melinda si concentrò ancora di più, doveva fare una cosa che le sarebbe costato molte energie. Condivise per un momento con la preside la parte della mente che era lì con lei, in modo che potesse vedere l’incantesimo di protezione che circondava la ragazza. Quel momento bastò, la Mcgranitt riuscì da lì in poi a vedere il sottile strato argenteo che faceva sparire alla vista ed a ogni senso una piccola porzione di foresta. Grazie Melinda, ora torna al castello, non vorrei che le te energie si esaurissero del tutto. La ragazza si concentrò e tornò in se, il contraccolpo fu così forte che la poltrona cadde all’indietro e lei finì per terra. Respirò con affanno, come se avesse trattenuto il fiato per cinque minuti interi. Aveva la vista annebbiata e il cuore che sembrava voler volare via dalla cassa toracica.

“Melinda, Melinda! Ti senti bene?”

Lei tossì ripetutamente e annuì. Era stesa per terra, su un tappeto morbido e non aveva nessunissima intenzione di alzarsi.

“Cosa è successo?”

 Chiese quando il respiro le ritornò un po’ più normale e poté parlare. Fu Silente a risponderle.

“Ti sei concentrata per un momento sul fuoco, poi abbiamo sentito qualcosa attraversare le mura del cancello e raggiungere la foresta. Il tuo corpo intanto ha smesso di vivere per alcuni minuti. Il tuo cuore, da un momento all’altro, ha smesso di battere. Cosa è successo?”

 lei tossì ancora e poi disse.

“Io…non lo so. Ho solo cercato di raggiungere la preside e ce l’ho fatta, ma è stato come se la mia mente si fosse distaccata, ho usato troppe energie e mi sono rifugiata dentro di lei, poi le ho mostrato la posizione della ragazza, è stato spaventoso ritornare, ho male ovunque.”

I presidi annuirono, anche se pochi in realtà comprendevano ciò che era accaduto. La ragazza guardò Silente negli occhi e con una voce acuta a causa della stanchezza gli chiese.

“Posso dormire qui? Solo per poco…”

 Le si stavano chiudendo.

“Si piccola, dormi pure.”

Tutto divenne nero e finalmente Melinda, nei suoi sogni, poté tornare ad essere quella bambina normale che non doveva affrontare la sparizione di suoi compagni. 

 

Note dell'autrice:

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, grazie mille a tutti quelli che lo hanno letto. Ora vi lascio, lo studio mi aspetta. Luka

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 - Mi sento diversa, mi sento un mostro ***



Capitolo 15 - Mi sento diversa, mi sento un mostro

 

 

Venne svegliata molte ore dopo, quando la luce del giorno le illuminò in pieno il viso. Melinda aprì gli occhi lentamente, chiedendosi perché la piccola Lily avesse lasciato per la prima volta le imposte aperte. Il luogo in cui si trovava non era certamente la casa dei Potter, assomigliava ad un posto che conosceva, un posto che considerava casa…si ricordò tutto all’improvviso, trasalendo. Era in infermeria e la signora che le si avvicinava era Madama Lola che le portava uno dei suoi intrugli strani.

 “Ci siamo svegliate allora!”

 Melinda ricordava di essersi addormentata nell’ufficio della preside, cosa ci faceva lì? Madama Lola doveva aver scorto le domande nei suoi occhi, perché rispose prontamente.

“Sono due giorni che dormi, non ti sei mai svegliata, d’altro canto sei ufficialmente morta per cinque minuti, di solito sono cose che lasciano le persone stremate, soprattutto quelle giovani.”

La ragazza sorrise e prese dalle mani di Madama Lola un intruglio scuro, viscido e che ribolliva per qualche strano motivo, visto che era quasi gelido. Aveva un sapore a dir poco rivoltante, lo ingoiò con disgusto, pensando alle parole di mamma.

 “Pensa a qualcosa di bello e vedrai che la medicina non sarà così schifosa.”

 “Sembra che tu abbia appena ingoiato un porcospino ricoperto di vermi viscidi.”

 Disse Rose, appena entrata in infermeria, seguita da Al, Scopius e James. Fu quest’ultimo e buttare un occhio nella bottiglia che Madama Lola reggeva ancora in mano e a sussurrare.

“Forse è proprio così.”

 Con un’aria disgustata. Al sorrise e disse.

“Io non mi lamenterei a me hanno dato estratto di vesciche di drago e essenza di Mangiamosche.”

Risero tutti, tranne Al che rabbrividì al ricordo. I ragazzi restarono con lei per un po’, le raccontarono che la ragazza, Alicia Mckarton, Tassorosso, era stata portata con urgenza al San Mungo. A quanto pare era viva, anche se sotto shock, dicevano tutti che aveva rischiato la vita, i curatori l’avevano salvata per un soffio. “Per fortuna che Hagrid stava passeggiando ed è inciampato nel corpo, altrimenti non l’avrebbero mai trovata.”

 Melinda aggrottò solo per alcuni secondi le sopracciglia, poi tornò alla sua espressione sorridente di sempre. Perché mentire a tutti? La cosa non aveva senso, ma decise di lasciar perdere, lei era una del primo anno, nient’altro. Quando gli ultimi raggi solari si gettarono oltre le montagne i ragazzi furono costretti ad andarsene. Melinda si addormentò poco dopo, anche parlare le richiedeva energie.

 

 

Quella volta fu un colpo secco e un urlo appena trattenuto a svegliarla, si alzò con uno scatto impugnando la bacchetta e illuminando la stanza. James saltellava per l’infermeria tenendosi un piede in mano.

 “Per Merlino che male, questi letti in ferro….”

 Melinda rise alla vista della scena e spense la bacchetta.

 “Io ti vengo a trovare in piena notte rischiando l’espulsione, mi faccio male a un piede e tu ridi?”

 Melinda sorrise ancora più vistosamente.

 “Se preferisci mi rotolo per terra dalle risate, ma se non ti vuoi far scoprire…”

Sussurrò. James si avvicinò facendole la linguaccia e prese posto in una sedia accanto al letto. 

“Allora? Cosa è successo veramente due giorni fa?”

 Le chiese, lei cominciò a raccontare. Si fidava di James come di poche altre persone in quel momento, probabilmente si fidava più di lui che della mamma o del papà, o di suo fratello. Gli raccontò tutto, cercando di non tralasciare nulla, James stava in silenzio ascoltando come non aveva mai fatto, ascoltando come probabilmente non avrebbe mai ascoltato nessun’altro. Alla fine del racconto James la guardò e chiese.

“E questa cosa come ti fa sentire?”

 Melinda aggrottò le sopracciglia.

 “Questa cosa cosa?”

 James parve esitante.

“L’essere coinvolta in questa storia….il fatto che possiedi questo “dono” così strano…come ti fa sentire?” Melinda ci pensò per alcuni secondi e poi rispose con sincerità.

“Diversa, non speciale, mi sento più….un mostro. Io ho questo potere ed è spaventoso perché nessuno sembra sapere da dove provenga e so che è una cosa buona salvare le persone, ma a volte mi chiedo e se tutto questo fosse di qualcun altro? Come sarei? Meno sicura di me? Io non lo so e forse non lo voglio sapere, perché in fondo se senza il “dono” la mia vita potesse essere migliore rimpiangerei tutta la vita di essere me stessa e la cosa sarebbe…triste.”

James la fissò sbalordito.

 “Inoltre non ne posso parlare con nessuno apertamente perché quando lo faccio mi guardano tutti male.” James le prese una mano e sussurrò.

“Con me puoi parlare.”

 Lei scosse a testa.

“E se poi mi reputi anche tu una strana? Tu sai come comunicare con la mente ed è una cosa fantastica, una cosa che nessuno ha mai provato a fare con me.”

Lui le sorrise.

 “Ti reputo già strana. Quante ragazzine del primo anno tengono testa a un Serpeverde del settimo?”

 Si sedette con lei sul lettino di ferro, lei si alzò e lo abbracciò. Piangeva, calde lacrime che abbandonavano i suoi occhi e bagnavano il pigiama a strisce di James.

 “Grazie.”

 Lui la strinse ancora un po’ e disse.

“Avanti su, parlami di ciò che senti ora.”

Melinda abbatté i muri per la prima volta senza provare rimorso. Le immagini dei sogni degli abitanti del castello si riversarono dentro di lei. James si sdraiò al suo fianco e Melinda, sdraiata come se stesse osservando le stelle cominciò a raccontare.

“Una del quarto anno di Corvonero sta sognando che tu le lanci addosso una cacca bomba, lei scappa, inciampa in una buccia di banana posizionata da Teddy e poi….”

 Rise di gusto.

“Tu le fai uno sgambetto e lei finisce nel lago!”

Continuò a raccontare a James i sogni che riusciva a scorgere, finché non si addormentarono tutti e due, mano nella mano e probabilmente uniti per sempre.

 

 

Madama Lola, verso le sei di mattino andò a visitare la sua piccola paziente. Quella ragazza era un vero portento, intelligente e acuta, non le sfuggiva niente. L’infermeria era ancora buia, alzò in alto la sua bacchetta illuminando un poco la stanza, c’erano due persone nel letto della signorina Moon. Lola osservò con affetto i due ragazzi, che dormivano mano nella mano, ormai ne era più che certa, sarebbero stati una bella coppietta un paio di anni più tardi. Si avvicinò a Potter, quello scapestrato che combinava guai con la stessa velocità con cui afferrava i boccini. Lo scosse lievemente, bastò a svegliarlo. Si guardò in giro, allarmato.

 “Tranquillo Potter, non dirò nulla alla preside, a patto che adesso tu raggiunga il tuo dormitorio e lasci in pace Melinda, deve riposare.”

 James annuì, quella donna gli stava particolarmente simpatica. Scese dal letto, impugnò mappa e bacchetta e si preparò ad abbandonare la sua più grande amica. Corse fuori dalla porta non appena la mappa del malandrino gli diede il via libera.

 

 

Melinda si svegliò parecchio tempo dopo, appena sveglia si accorse di sentirsi incredibilmente bene. Al suo fianco sedeva la professoressa McGranitt, che la guardava.

“Buongiorno professoressa.”

Disse in un sussurro roco a causa della dormita.

“Buongiorno Melinda, oggi va meglio?”

 La ragazza annuì. Provava per la professoressa un senso di soggezione, che le storie del signor Potter non avevano fatto altro che aumentare.

“Sono felice di informarti che la signorina che hai salvato, Alicia Mckarton, ritornerà a scuola tra due settimane.”

Melinda sorrise, era felice di aver aiutato qualcuno.

 “Ciò che hai fatto con la tua mente é….be diciamo insolito.”

Il sorriso di Melinda si spense come una candela al soffio del vento.

“Melinda è molto pericoloso per te ciò che hai fatto, mi devi promettere che finché non scopriremo come funziona come questa e come puoi controllarla la userai con parsimonia. Devi promettermi che solo in caso di estremo pericolo farai una cosa del genere.”

Melinda annuì.

 “Lo prometto professoressa.”

 La preside le sorrise dolcemente.

 “Sai, l’altra sera sono tornata nel mio studio e tu eri a terra, svenuta, i presidi mi hanno raccontato ciò che è accaduto. Un preside in particolare è rimasto molto colpito dalla tua logica: Silente, probabilmente il più grande preside che ci sia mai stato ad Hogwarts. Pochi hanno avuto il suo rispetto, tu sei una di questi, è una cosa di cui andar fieri e che ti volevo riferire. Per il resto non ho altro da aggiungere, tranne forse che per una cosa: sei l’unica persona che può salvaguardare le vite di alunni e insegnanti, ti chiedo ancora una volta di tenere abbassati i muri che ti permettono di non udire i pensieri altrui.”

 Melinda annuì. La preside si alzò in piedi e disse.

 “Il professor Zenit l’aspetta nel suo studio oggi pomeriggio, deve recuperare un compito a quanto pare.” Melinda sorrise, un po’ di normalità le sarebbe piaciuta.

“Oh, dimenticavo. Spine è un legilimens non eccelso, ma comunque bravo. Vorrei che tu andassi da lui stasera, ti insegnerà delle cose.”

 Melinda annuì ancora una volta e la preside uscì dall’infermeria. Melinda respirò profondamente e lasciò che i muri cadessero. Povera ragazza, così giovane e già così potente… Madama Lola entrò subito dopo, con i suoi vestiti in una mano e l’intruglio schifoso nell’altra. Melinda bevve, si vestì e poi si avviò verso la Sala Grande. 


- Note dell'autrice -

Ed eccomi qui con un nuovo capitolo. Spero che la storia vi piaccia, ho notato che le recensioni si sono estinte, lo so che in questo periodo si ha molto da fare, io per prima fatico a trovare un momento per scrivere, ma vorrei sapere cosa ne pensate della mia storia, se non vi piace SCRIVETEMELO, se trovate che la mia storia faccia schifo anche, ma se vi piace e siete timidi sappiate che io non mordo ^^ Quindi vi lascio, al prossimo capitolo e bacioni a tutti                            Luka

P.S.: che sbata, stavo dimenticando i ringraziamenti: allora, ringrazio tutti quelli che hanno letto la mia storia, che l'hanno inserita tra le seguite, le ricordate e le preferite, grazie a quelli che hanno commentanto la mia storia. 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 - Verità e Amicizia ***


Capitolo 16 – Verità e amicizia

 

Camminò per i corridoi, fino a raggiungere i suoi amici al tavolo dei Grifondoro, che la sommerso di abbracci. Sta bene! Finalmente! Ero così preoccupata…Si vede che sta meglio, il suo colorito è molto più sano ora…Che bello rivederla, ci era mancata!...Tutto il tavolo Grifondoro la salutò con gioia. Melinda guardò James e cercò di utilizzare il suo “dono” in un modo nuovo. Si allungò verso la mente del suo amico e condivise con lui un pensiero. Come hanno fatto a spiegare ciò che mi è successo? James, che stava bevendo il succo di zucca si strozzò per lo spavento e il suo succo finì sulla veste. Hanno detto che sei stata colpita da una maledizione scagliata da uno sconosciuto. Melinda annuì, senza farsi notare mentre James cercava di ripulirsi la veste.

“Gratta e netta”

Disse Melinda puntando la bacchetta e tutto il succo scomparve dalla divisa del ragazzo, che la guardò riconoscente. Melinda condivise un altro pensiero con James. Forse è meglio che io glielo dica, devo dirgli del mio “dono” e di tutto ciò che è successo, hanno il diritto di sapere, sono miei amici. James rabbrividì, sembrava che avesse la pelle d’oca e Al se ne accorse.

 “Hai freddo? Vuoi che ti presti dei guanti?”

 James scosse la testa e lanciò un’occhiataccia a Melinda, che se la rideva sotto i baffi. Non. Farlo. Mai. Più. È una cosa fastidiosissima, sembra di essere percorsi dai ragni. Lei gli sorrise, poi si rivolse ai suoi amici. “Sentite ragazzi, vi devo raccontare delle cose…importanti. Possiamo andare da qualche parte dove non ci senta nessuno?”

Melinda vide Scorpius illuminarsi.

 “Ragazzi, un posto così ce l’ho. Mio padre mi raccontava sempre di questo cunicolo buio dove si rintanava con i suoi amici per discutere di cose legalmente discutibili.”

 Rose, Al, James e Melinda scoppiarono a ridere.

“Anche io so usare i paroloni e allora? Comunque venite ragazzi del primo anno, da questa parte prego.” Scoppiarono di nuovo tutti a ridere, l’imitazione del prefetto che li aveva accompagnati nel dormitorio il primo giorno di scuola era perfetta.

 

 

Il cunicolo era proprio un cunicolo: buio, sporco, umido. Melinda si sedette su un masso e cominciò a raccontare ai suoi amici del suo “dono”. Alla fine tutti la guardarono sorpresi, le loro menti erano in subbuglio. Non è possibile, nessun libro parla di una cosa simile, si è sentito parlare di Legilimens molto potenti ma mai di un dono simile. I pensieri di Rose erano certamente i più rumorosi. Melinda rialzò i muri per rispetto nei confronti dei suoi amici.

“Allora?”

 Chiese con voce tremante, in un sussurro.

 “Cosa ne pensate? Mi volete ancora bene?”

 I tre ragazzi di Grifondoro rimasero in silenzio, James lanciava e riacchiappava un boccino che aveva rubato da qualche parte. Fu Rose a parlare, dopo interminabili minuti.

 “Io penso…. Credo di aver bisogno un po’ di tempo per pensare da sola. Ti voglio bene, ma Melinda, questo cambia molte cose. Potresti sapere tutto ciò che penso e …”

Era la prima volta che a Rose mancavano le parole.

 “Capisco.”

Disse Melinda annuendo, Rose abbandonò il cunicolo, sentirono i suoi passi dissolversi in mezzo al rumore di quelli degli altri studenti. Scorpius la seguì poco dopo. Al invece rimase qualche minuto in più, stava pensando intensamente.

“Io mi sento un po’ ferito. Avresti potuto dircelo Mel, non ti avremmo giudicata.”

 James alzò un sopracciglio, come se non credesse a quelle parole. Melinda disse.

 “Davvero Al? Io ho paura, paura di voi. Vi voglio bene e ho paura che voi non vogliate più stare con me. Vuol dire non avere segreti, nessuno, sarebbe difficile, complicato, sincerità assoluta su tutto Al.”

Lui annuì, poi disse.

 “Per te Mel avremmo potuto farlo, ora scusami ma ho lezione tra poco.”

Lasciò anche lui il cunicolo, Melinda intanto affondò la sua faccia nelle mani. Fu una carezza di James a farle alzare il viso, la guardò e le disse.

 “Al è uno stupido. Rose è troppo intelligente e Scorpius…è un Malfoy!”

 Melinda gli sorrise anche se aveva le lacrime agli occhi.

“Vedrai che si risolverà tutto, ti vogliono bene. E finché loro ti eviteranno ricorda che tu hai anche me.” Melinda gli sorrise ancora una volta, poi si alzò in piedi ed uscì con James dal cunicolo. Melinda lanciò un’occhiata all’orologio e notò che era in ritardo da cinque minuti. Corse a perdifiato per i corridoi fino a raggiungere l’aula di trasfigurazione e il test per cui non aveva aperto un libro.

 

 

Non è possibile! Non ci posso credere. Questa ragazzina è un portento, non può essere. Il professor Zenit stava analizzando ancora una volta il risultato perfetto del test pratico. Melinda aveva trasformato un corvo in un bellissimo calice che pareva essere di cristallo, finemente decorato con degli svolazzi di vetro, sembrava un’opera d’arte. “Complimenti Melinda, complimenti.” Lei sorrise al professore, ringraziandolo. “Ora potrebbe per piacere riportarlo ad essere un corvo?” La ragazza annuì e pronunciò la formula, il corvo riapparve, con il piumaggio nero lucido e il becco aperto pronto a gracidare. Zenit annuì, ancora sorpreso e disse che il suo test era finito. “Questo merita una E signorina Moon.” La ragazza gli sorrise, raggiante. “Posso chiederle un favore? Non è che mi trasfigurerebbe di nuovo quel corvo in un calice?” Melinda annuì, visualizzò nella sua mente un calice bellissimo come quello di poco prima e si concentrò molto più di prima. Puntò la bacchetta e pronunciò la formula, il risultato fu ancor più stupefacente, tanto che al professor Zeit caddero gli occhiali a forma di rombo dal naso. Il calice era completamente trasparente, dei tralci partivano dalla base per arrivare formando delle volute fino al bordo del calice. I tralci non erano trasparenti, ma del colore del cielo di notte. Era bellissimo, Melinda rimase affascinata per un poco a fissarlo.

“Va bene così professore?”

 Lui annuì, tornando alla sua solita espressione vacua.

“Grazie Melinda, puoi andare.”

 Melinda fuggì dall’aula quasi a gambe levate, lasciandosi dietro quel bicchiere.

 

Note dell’autrice

E dopo una miriade di tempo eccomi di nuovo qui! Probabilmente nessuno di voi avrà più voglia di leggere questa storia e ne ha tutte le ragioni, però mi pare ingiusto lasciarla incompiuta, quindi finirò di pubblicare la parte di racconto che manca un po’ per volta, spero non ne abbiate troppo a male con me.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 - Scuse ***


Questo capitolo è dedicato a Deborosky grazie di aver dato fiducia a questa storia


Capitolo 17 - Scuse

 

 

Dopo il compito di trasfigurazione raggiunse la sua classe ad Incantesimi, dove il professor Laugh, stava cercando di far sollevare a tutti qualcosa di più pesante di una piuma.

“Melinda, cara eccoti. Sono felice di vedere che ti sei ripresa! Potresti venire tu a provare?”

Melinda fu trascinata dal professore in mezzo alla classe. Il professore era un tipo decisamente nella norma, né alto né basso, né grasso né magro, né bello né brutto, però aveva una personalità sprizzante che spesso faceva ridere gli allievi e che lo rendeva simpatico a tutti.

 “Allora il movimento lo conosci, l’incantesimo anche, vediamo come te la cavi!”

Melinda deglutì, estrasse la bacchetta e si concentrò. Aveva così paura di far del male al professore che si concentrò tanto quanto prima, se non di più. Alzò la bacchetta e pronunciò le parole, compiendo perfettamente il gesto.

“Vingardium Leviosa!”

 Il professore si sollevò da terra, di pochi centimetri, nessuno diceva nulla. Melinda mosse un poco la bacchetta e il professore salì ancora più in alto.

 “Potresti portarci in cima?”

 Melinda annuì e mosse ancora un po’ la bacchetta, finché il professore non poté toccare con una mano il soffitto.

“Magnifico, ora Melinda, con delicatezza, facci atterrare per piacere.”

 Il professore appariva, per la prima volta, estremamente calmo, inoltre parlava al plurale. Melinda mosse la bacchetta e fece atterrare il professore con grazia e delicatezza. Appena Melinda lasciò la presa sul professore la classe cominciò a sussurrare.

“Cara, ti sei accorta di cosa è successo?”

 Chiese il professor Laugh, lei scrollò le spalle.

 “L’ho sollevata fino al soffitto?”

 Il professore sorrise e le disse.

“E degli altri? Te ne sei accorta?”

Melinda aggrottò le sopracciglia.

“Cosa facevano gli altri?”

 Chiese, ma proprio mentre le parole abbandonavano le sue labbra si rispose da sola. Aveva sollevato tutti, tutti quelli presenti nell’aula.

“Io….no non me n’ero accorta.”

 Disse Melinda rispondendo alla domanda.

 “Immaginavo cara, ora vai pure al posto.”

 Lei annuì e prese posto accanto ad Al, che la ignorò completamente.

 “Direi” aggiunse il professore battendo le mani. “Dieci punti a Grifondoro! Ora signori mettetevi a coppie ed eseguite l’incantesimo sul vostro compagno.”

 La classe era a numero dispari e, per la prima volta, fu Melinda a rimanere da sola.

 “Cara, cara! Vieni, ti devo presentare una persona che vorrebbe parlare con te!”

Il professore prese Melinda per mano e la condusse da un uomo nascosto nell’ombra. Era piuttosto vecchio, molto basso e si appoggiava ad un bastone, come se da esso dipendesse la sua vita.

 “Piacere signorina”

 Il vecchio le porse una mano, che Melinda prese prontamente, quell’uomo era alto quanto lei, se non più basso.

 “Sono Vitius, un professore che molto tempo fa insegnava in questa scuola.”

Melinda gli sorrise.

 “Complimenti per la sua magia, vorrei parlare con lei di alcuni incantesimi…”

 Melinda parlò con il professore per tutta la lezione, mentre i suoi compagni si esercitavano. Scoprì che il professore aveva insegnato ai tempi dei signori Potter e del preside Silente. Discussero di incantesimi e Melinda apprese cose nuove, cose che avrebbe volentieri riferito ai suoi amici, se essi avessero voluto parlare con lei.

 

 

Alla fine della giornata Melinda si era rintanata in biblioteca fino alle otto, orario in cui avrebbe dovuto raggiungere il professor Spine. Alle otto in punto Melinda era davanti alla porta dell’aula di Difesa contro l’Arte Oscura, bussò e la voce sprezzante del professore le disse di entrare. L’aula era stranamente sgombra, i tavoli e le sedie erano stati spostati per far spazio in centro.

“Appoggi pure la borsa signorina Moon su una delle sedie.”

 Melinda obbedì all’istante poggiando la sua borsa su una delle sedie messe contro la parete.

 “Bene, oggi e nelle prossime lezioni cercheremo di comprendere come funziona il tuo potere, come schermarti dalle intrusioni altrui e come utilizzare il tuo “dono” al meglio.”

Melinda annuì.

“Bacchetta alla mano, prego.”

 Quella sera il professore sembrava essere felice, per un motivo alla ragazza del tutto sconosciuto.

 “Per prima cosa proverò ad invadere la tua mente, chiaro?”

No che non è chiaro, avrebbe voluto rispondere Melinda, ma fece finta di niente ed annuì. Il professore si concentrò e fissò i suoi occhi in quelli della ragazza, lei non distolse lo sguardo. Il professore alzò al bacchetta e disse.

 “Legilimens!”

 Non successe nulla, Melinda si sentiva esattamente uguale ad un attimo prima. Il professore Spine si concentrò maggiormente, il suo volto era una maschera di concentrazione. Melinda cominciò a percepire qualcosa, sembrava un ronzio come una mosca fastidiosa che girava intorno alla sua mente. Si concentrò per sentire quel ronzio e sentì la mente di Spine cercare di sorpassare i muri che innalzava sempre per schermarsi dai pensieri altrui. Spine si lanciò con una spinta contro i muri, che non si scossero nemmeno e rimasero al loro posto. Il ronzio cessò subito dopo.

“Dove hai imparato a schermarti così?”

Melinda scrollò le spalle.

 “Sono gli stessi scudi che uso per tenere fuori gli altri.”

Spine alzò un sopracciglio.

 “Strano. Ora prova tu ad entrare nella mia mente e a rubarne i pensieri e i ricordi.”

 Melinda abbatté quei muri e lasciò entrare i pensieri del professor Spine. Si concentrò sulla sua mente fissandolo negli occhi ed entrò in essa facilmente, nonostante gli scudi che la proteggevano. Cominciò a scavare a fondo. Vide il professore da bambino, accudito da una famiglia di maghi, poi lo vide affidarsi al cappello parlante che lo proclamò essere un Serpeverde, lo vide baciare una bella ragazza a sedici anni, poi lo vide affrontare i M.A.G.O e superarli, lo vide mentre entrava di nuovo ad Hogwarts contento di essere diventato un insegnante. Con uno scatto Melinda tornò alla sua mente.

“Sorprendente.”

Disse Spine.

“Davvero sorprendente.”

Era la prima volta in assoluto che Spine le faceva quello che pareva essere un complimento.

 “Io credo che per stasera basti, puoi andare.”

Melinda annuì e si avviò verso la Sala Comune di Grifondoro con la mente invasa dai pensieri di moltissime persone.

 

 

Al, Rose e Scorpius non si vedevano in giro e Melinda non sapeva bene cosa fare. James era andato a ficcarsi nei guai con Teddy e lei aveva già finito tutti i compiti. Decise quindi di dedicarsi ad un libro di Storia che raccontava di ciò che era accaduto al castello vent’anni prima. Si immerse talmente profondamente nella lettura che non si accorse di che ore fossero finché non alzò lo sguardo dall’ultima pagina del libro e si accorse che erano le due. Rimase immersa nei suoi pensieri ancora a lungo, non credeva al fatto che i suoi genitori le avessero nascosto un pezzo così importante di storia, per quale motivo poi? Era ovvio che prima poi ne sarebbe venuta a conoscenza. Era rimasta impressionata da ciò che aveva fatto il signor Potter da giovane, a ciò che lui e i signori Weasley avevano dovuto affrontare. Andò a letto con in mente battaglie epiche tra maghi oscuri e maghi buoni, ragazzi alla ricerca di oggetti oscuri per salvare un mondo, uomini che facevano da spia e grandi menti che lavoravano perché il mondo venisse salvato.

 

 

Passarono due mesi molto strani per Melinda, i suoi amici non le parlavano, James continuava a cacciarsi nei guai, seguiva le lezioni aggiuntive con il professor Spine, ascoltava i pensieri di tutti senza sentire niente di utile e andava bene a scuola. I suoi genitori e il fratello avevano preso a scriverle più spesso, sentendola un po’ triste e sola. Mamma continuava a raccontarle cose divertenti, papà le raccontava storie strane sulle sue missioni e il fratello le riferiva delle storie sui vicini di casa, che erano tutti dispiaciuti per la sua mancanza. La neve aveva abbandonato il cielo e la terra, così ricominciarono anche gli allenamenti di quidditch a cui Melinda assisteva sempre con un libro in mano. Nei due mesi aveva fatto ricerche molto approfondite sui personaggi della Storia recente, scoprendo moltissime cose interessanti. Le lezioni divenivano sempre più interessanti e alla fine di una giornata c’erano sempre molti compiti da svolgere, soprattutto perché si avvicinava con una velocità impressionante la fine dell’anno. Melinda il 3 marzo, una domenica, era stesa sugli spalti del campo da quidditch con un libro sulla pancia e un pallido sole negli occhi. La squadra di Grifondoro si stava allenando intensamente, la partita seguente si sarebbe tenuta di lì a una settimana. James volteggiava per il campo alla ricerca del boccino, che riuscì ad acchiappare in cinque minuti scarsi, Melinda applaudì con gli altri spettatori. Troppo facile. Lo sentì pensare, che sbruffone pensò lei, poi tornò alla sua lettura. Non sentì arrivare Al tanto quanto non lo sentì sedersi al suo fianco, solo quando lui tossicchiò lei alzò gli occhi dal libro.

 “C-ciao Al”

Disse. Al le sorrise e disse.

“Io ti devo delle scuse.”

 Melinda fece per interromperlo, ma lui fu più veloce.

“No, lasciami parlare. Io e Rose ne abbiamo discusso, è ovvio che tu non fai apposta ad avere il tuo “dono”. Scommetto che è grazie ad esso che mi hai salvato e che hai salvato anche la ragazza, veramente Mel, mi dispiace di averti trattata male.”

Lei gli sorrise e poi lo abbracciò.

 “Ti prego non mi lasciare più da sola ad Incantesimi e Difesa, perché è stato terribile!”

Lui rise.

“Rose e Scorpius sono a fare i compiti, ma sono sicuro che stasera anche loro verranno a scusarsi.”

 Melinda gli sorrise, poi disse.

 “Prometto che cercherò di non utilizzare il mio “dono” su di voi.”

Al scosse la testa.

“No, siamo migliori amici, non dovremmo avere segreti, piuttosto prometti che ci riferirai tutte le cose che scopri.”

 Melinda annuì e lo abbracciò un’altra volta.

 “Sono felice!”

 Seguirono il resto dell’allenamento parlando di tutte le cose che avevano lasciato in sospeso, alla fine James li raggiunse e disse.

 “Fratellino ti sei ravveduto è?”

Al gli sorrise e gli disse.

 “Guarda guarda, stare un po’ in sua compagnia ti ha reso più intelligente, ravveduto? Da quando usi questi paroloni?”

 I due fratelli si abbracciarono, poi tutti e tre si avviarono verso il capanno di Hagrid, che li aspettava per il the.

“Hagrid! Siamo noi!”

 Urlò Al bussando alla grande porta di legno. Hagrid aprì poco dopo, aveva un braccio sanguinante.

“Cosa è successo?”

Chiese Melinda, preoccupata. Hagrid li fece entrare sorridendo.

 “Ci è stato un piccolo incedente stamattina con la lezione di domani, ma nulla di cui preoccuparsi.”

I ragazzi si scambiarono sguardi preoccupati, la lezione del giorno dopo?

 “Ma Hagrid, non sarà pericoloso per gli allievi, vero?”

Chiese Melinda.

 “No no, tranquilla è che a loro ci piace la carne fresca.”

 I ragazzi si scambiarono sguardi ancora più preoccupati, ma non dissero nulla.

 “Allora Hagrid, come procede la caccia ai rapitori?”

Hagrid scrollò le sue grosse spalle e disse.

 “Non ci si arriva a niente, certo nessuno è più sparito, ma… Voi non dovreste sapere queste cose!” Melinda, Al e James fecero il loro più dolce sorriso da bambini smarriti, che comunque non fece vacillare Hagrid.

 “Voi non ci dovete entrare in questa storia, siete studenti, del primo anno. La preside fa delle ronde con gli altri insegnanti, ma voi queste cose non le dovreste sapere e io dovrei stare zitto zitto. Adesso la smetto di parlare.”

 Versò il the in quelle tazze giganti che usava solo lui e mise in tavola i soliti biscotti fatti di sasso.

“Ma Hagrid, abbiamo il diritto di sapere!”

 Ovviamente Melinda stava fingendo, sapeva delle ronde notturne e del fatto che non fossero arrivati a nulla, il suo “dono” serviva a qualcosa, in fondo.

 “Io non vi dirò niente!”

Questi ragazzi…mi ricordano così tanto Harry, Hermione e Ron, anche se sono molto diversi. James si caccia sempre nei guai, Al è più tranquillo e Melinda é…strana, ma molto simpatica. Melinda fece finta di non sentire ciò che Hagrid aveva pensato e sorseggiò il suo the.

“E Hagrid, avete mai ripreso la ricerca agli unicorni?”

 Chiese James cambiando completamente discorso. Hagrid scosse il grande capo.

 “No, purtroppo. Tra le sparizioni e le lezioni non ci è stato più tempo per cercare quelle creature purissime. Chissà dove sono finiti e perché se ne sono andati…”

 I tre ragazzi non avevano idee al riguardo, rimasero da Hagrid fino a sera, poi si avviarono verso il castello. Stavano camminando per i corridoi quando per caso incontrarono Alicia, che stava rientrando a scuola dopo una lunghissima assenza.

“Ragazzi! Sono felice di rivedervi.”

 La abbracciarono con gioia.

 “Come mai sei rimasta così tanto al San Mungo?”

 Chiese Melinda.

“Ci sono state delle complicazioni con la mia mente, non riuscivo più a ricordare nulla, nemmeno il mio nome, i Curatori hanno detto che è stato a causa di vari Confundus gettati su di me, mi hanno mandato in tilt il cervello, ma adesso sto bene.”

 Melinda non vedeva l’ora di porre le domande che le premevano, ma non voleva neanche essere indelicata. Alicia dovette notarlo perché rispose ancor prima che lei potesse porre la domanda.

“Non so chi sia stato e non so neanche cosa ho raccontato loro, so solo che erano più di uno.”

 Melinda annuì e non aggiunse altro, si divisero e si avviarono verso la propria Sala Comune.

 “Parola d’ordine.”

Disse la Signora Grassa, che appariva piuttosto annoiata e si osservava le unghie smaltate.

“Cuore di drago.”

 Disse Melinda e la signora grassa si scostò per lasciar passare i tre ragazzi.

“Al! Melinda! James! Dove eravate finiti?”

 Chiese Rose, nella Sala Comune c’era una gran confusione.

 “Il professor Zenit ha esposto una cosa qui.”

 Attaccato alla bacheca c’era un annuncio.

 “La preside Mcgranitt ha deciso che, in vista delle recenti sparizioni di allievi, per mantenere la sicurezza degli allievi, per ogni uscita o ritrovo al di fuori degli orari scolastici dovrà essere avvisato un professore. Le partite di quidditch non saranno sospese, mentre le uscite a Hogsmead si. Grazie per l’attenzione professor Zenit.”

 Melinda non capiva bene il senso del proclama, perché bloccare le uscite due mesi dopo l’ultima sparizione? A meno che non fosse scomparso qualcuno di recente, non aveva alcun senso. Melinda si trastullò ancora per un po’ finché un allievo del sesto anno non la raggiunse portandole un messaggio.

 “La preside vuole che la raggiunga nel suo ufficio.”


Note dell'autrice

Cosa sta succedendo? Perché la preside ha deciso di eliminare le gite a Hogsmead? Cosa sta accadendo? Per una volta ho deciso di lascirvi in sospeso, alla prossima lettori, se ci siete ancora!

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 - Inutile ***


Visto che ho sempre pensato che i ringraziamenti siano da fare obbligatoriamente di persona e guardando negli occhi le persone a cui si deve un grazie, citerò di seguito tutte le persone che hanno inserito questa storia tra le seguite, le ricordate o le preferite. Quindi un grande grazie a:

-cavallinobianco91 

-Fire25 

ladyselena15 

moonlight96 

ScudoDiTiglio 

_Wonderland_

Lyu chan

Dream96

 - Fall 

sara_giuly

E un grande, grandissimo grazie va a Deborosky, non sai quanto sia bello ricevere le tue recensioni non appena posto un nuovo capitolo, se ho continuato a scrivere questa storia è solo grazie a te. 

 


Capitolo 18 - Inutile

 

 Melinda annuì e cominciò a correre verso lo studio della preside, i suoi amici la salutarono sorridendo, forse avrebbe trovato delle risposte. Pronunciò la parola d’ordine ed entrò nell’ufficio circolare della preside. Lei era già lì, con un mantello indosso e lo sguardo preoccupato.

“Melinda cara, eccoti.”

Cosa faremmo se questa ragazza non esistesse?

“Probabilmente affiderebbe molte meno punizioni.”

 La preside le sorrise, poi cominciò a parlare.

“Ad Hogsmead è scomparso qualcuno, un signore che abitava lì, abbiamo bisogno del tuo aiuto per ritrovarlo.” Melinda scosse la testa, poi si voltò direttamente verso il preside Silente, le piaceva ragionare con lui.

 “Non ha senso professore.”

 Silente la guardò negli occhi e annuì, anche lui concordava.

“Perché?”

Chiese la preside. Invece di rispondere Melinda chiese.

“Qualcuno degli studenti ha dei genitori che abitano ad Hogsmead?”

La preside ci pensò per alcuni attimi, poi scosse la testa.

“è stato un errore.”

Dissero in contemporanea Silente e Melinda, la preside continuava a non capire, fu Silente a spiegare.

 “Vedi cara, presupponendo che le sparizioni servano per attrarre qualcuno in una trappola, non ha senso rapire una persona che non ha alcun collegamento con uno studente, per cui devono aver fatto un errore, questo signore deve averli visti, per cui, se è ancora vivo, cosa di cui dubito, ci potrebbe fornire le descrizioni dei rapitori.”

 La preside annuì, poi disse.

“Però dobbiamo comunque tentare, Melinda, vieni.”

 Melinda annuì, però le venne un’idea.

 “Preside, non posso venire solo io, si desterebbero troppi sospetti. Consiglio di affiancare ad alcuni professori Rose, Al, James e Scorpius.”

 La preside aggrottò le sopracciglia.

“Come mai proprio loro?”

Melinda scrollò le spalle.

“Perché conoscono il mio dono e perché sono una scusa facile da coprire anche con il resto degli studenti, può sempre dire che James ne ha combinata una delle sue trascinando con se i suoi amici e che quindi li ha messi in punizione.”

 La preside annuì, Silente le sorrise.

 “Complimenti Melinda, li mando a chiamare, intanto andiamo.”

 Si avviarono così verso il villaggio. Melinda teneva ben aperto il suo radar speciale e la preside scrutava i dintorni come un rapace alla ricerca della sua preda.

 

 

Stavano arrancando nella foresta da ore, senza aver trovato nulla, neanche la traccia di uno scarpone. In lontananza Melinda sentiva Scorpius lamentarsi e il professor Spine che lo prendeva in giro. Melinda ci aveva provato con tutte le sue energie, ma nulla, il signore pareva essere sparito in una cortina di nebbia. Sentiva i pensieri di tutti quelli presenti, che cercavano con più o meno concentrazione. Perché non riesco a sentirlo? È già morto? Non posso fare niente per trovarlo? Si chiese Melinda. Cercò, per l’ennesima volta, di sentire i pensieri ancora più distanti. Sentì qualcosa, un sussurro, a quattrocento metri da lì, un sussurro che si stava spegnendo lentamente. Da questa parte. Disse a tutti nello stesso istante, molti rabbrividirono, non era piacevole ricevere informazioni in quel modo, comunque si fidarono di Melinda e la seguirono. Il sussurro si stava spegnendo, diventava sempre più affaticato, come se la voce e il suo proprietario fossero stanchi. Melinda condusse la preside in mezzo agli alberi, fino a ritrovarsi in una radura esposta alla luce della luna e delle stelle, una radura al cui centro svettava imponente un appendiabiti, era da quello che proveniva il sussurro.  La preside puntò la bacchetta verso l’appendiabiti, la mosse e quello tornò a essere un uomo morente. Melinda si precipitò dentro la mente del signore. Deve resistere, la cureranno, la prego resista. Cercò di infondergli forza con tutta se stessa, ma sentiva la vita dell’uomo abbandonare il suo corpo e la sua mente. Dì a mia figlia che le voglio tanto bene. Lo sentì sussurrare nella mente prima di lasciare, con un sospiro, un vuoto che mai si sarebbe potuto colmare. Melinda mandò un messaggio agli altri professori che erano ancora distanti e stavano arrivando. È morto, tenete i ragazzi via da qui. Nonostante fosse una studentessa a dare l’ordine obbedirono e James, Al, Rose e Scorpius non videro il corpo senza vita dell’uomo. Melinda si lasciò andare e crollò a terra, non era riuscita nemmeno a salvare quell’uomo, era proprio inutile. Se con il suo “dono” non riusciva neanche a salvare lui, chi avrebbe mai potuto aiutare? Era solo un peso, per lei, per i suoi amici, per tutte le persone che le stavano intorno. Cominciò a piangere silenziosamente, mentre tre professori provvedevano a coprire il corpo e a trasportarlo con la magia. La preside si avvicinò a Melinda e le mise una mano sulla spalla.

“Hai fatto tutto ciò che potevi.”

 Le sussurrò.

“Ora alzati, dobbiamo andare a restituire il corpo alla famiglia.”

Melinda annuì e si alzò da terra, ancora con le lacrime agli occhi. Camminò al fianco della preside per un tempo che le parve cortissimo, tanto che rimase sorpresa di veder apparire le prime case di Hogsmead. Gli abitanti cominciarono ad uscire dalle case, ad osservare il telo bianco che celava le fattezze di una persona. C’è chi si mise a piangere in silenzio, chi trascinò i bambini dentro casa per non far vedere loro la scena, Melinda decise che non voleva sentirei pensieri di tutte quelle persone e si chiuse dietro a quei muri impenetrabili e invisibili. Arrivarono al portone di una casa non molto grande, ma ben tenuta. Bussarono alla porta e venne ad aprire una donna in lacrime, che teneva in braccio una bimba di cinque anni. La donna, appena le vide mise giù la bambina e le disse di andare in camera sua, la piccola obbedì senza protestare, cosa che Melinda non avrebbe mai fatto. La preside e il professor Zenit condussero il cadavere in camera e dettero la notizia alla moglie, che cominciò a piangere ed a urlare. Melinda si allontanò dalla scena e salì le scale, verso la camera della bambina. Lei era sdraiata nel suo lettino e stava piangendo, probabilmente aveva compreso ciò che era successo.

“Ciao”

 Sussurrò Melinda, avvicinandosi alla bimba, che alzò lo sguardo su di lei e le chiese.

“Non tornerà mai più, vero?”

 Melinda annuì.

“Non tornerà.”

La bimba si lanciò addosso a Melinda e pianse per un po’, finché Melinda non la prese per le spalle e la guardò fissa negli occhi.

“Come ti chiami?”

 Tra un singhiozzo e l’altro riuscì a dire.

 “Iris”

Melinda trovò che fosse un bellissimo nome.

 “Iris, tuo padre mi ha chiesto di darti un messaggio.”

 Iris la guardò, aspettando.

“Mi ha detto di dirti che ti vuole bene.”

 Iris sorrise un poco, annuendo. Melinda la strinse e le disse.

“Dovrai essere forte, aiutare la mamma, che non si sente molto bene, cerca di farla sorridere, lo farai? Sarai forte per tutte e due?”

 La bimba si asciugò le lacrime nel pigiama e annuì, serissima.

“Brava.”

Disse Melinda scompigliandole i capelli. La bimba la strinse per ancora un momento e poi si avviò verso la cucina, dove sua madre stava ancora piangendo. Lei, invece, rimase in quella camera, si accasciò contro un muro, aspettando. Fu Al a raggiungerla, a non parlare, a sedersi di fianco a lei e ad abbracciarla, semplicemente. Dopo poco li raggiunsero anche Rose, Scorpus e James, che si sedettero e strinsero la mano a Melinda. Lei si riscosse da quel torpore che l’aveva invasa e si disse che doveva essere forte, che, certo, aveva visto morire un uomo, ma che quelli che l’avevano ucciso erano ancora in giro e che lei poteva aiutare a catturarli. Si alzò in piedi, sorrise ai suoi migliori amici e disse loro.

 “Grazie.”

Loro le sorrisero, tutti quanti.

“Mi sa che dobbiamo tornare a scuola, tra poche ore sarà l’alba e noi non abbiamo ancora dormito.”

 Disse Rose. Tutti gli altri annuirono e insieme si avviarono verso la porta di quella casa. Appena fuori i professori aspettavano notizie dall’interno.

 “Non è che noi potremmo tornare a scuola?”

Chiese Melinda al professor Spine. Lui annuì, chiamò a se Hagrid e gli disse che avrebbero scortato i ragazzi al castello. Hagrid non disse nulla, annuì e tutti insieme si avviarono. Melinda strinse le mani di Al e Rose, che a loro volta, per riflesso, strinsero quelle di James e Scorpius. 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 - Draco Malfoy ***



Ed eccoci giunti al diciannovesimo capitolo, questo e il prossimo, che pubblicherò tra...*guarda l'orologio* cinque minuti, sono importanti al fine di comprendere le potenzialità della piccola Melinda. Buona lettura!


Capitolo 19 - Draco Malfoy

La mattina dopo Melinda si ritrovò completamente vestita nel suo letto. Si alzò, fece una doccia calda e confortante e si mise la divisa, aveva dormito per due ore soltanto e le occhiaie erano fin troppo evidenti sul suo viso. Prese la borsa con i libri per la giornata e si avviò verso la Sala Grande, che era mezza vuota. Mangiò da sola, completamente distrutta, era già tanto che riuscisse a tenere gli occhi aperti e la bocca chiusa. I professori non erano presenti, molto probabilmente stavano ancora discutendo sul da farsi. Restò al tavolo di Grifondoro ad aspettare i suoi amici dormiglioni leggendo qualcosa. Stava cercando di apprendere più cose possibili sulla difesa dalle Arti Oscure, le piaceva come materia, la trovava interessante quasi quanto Incantesimi o Trasfigurazione. Stava leggendo di un incantesimo chiamato Patrunus, si diceva che era molto difficile, voleva provarlo.

“Ciao.”

 La salutarono James, Scorpius e Al, decisamente distrutti.

“Ciao”

 Rispose lei sorridendo.

“Stanchi?”

Chiese, loro le lanciarono un’occhiata significativa. Li raggiunse anche Rose, dietro di lei c’era la preside Mcgranitt, che si avvicinò al tavolo dei Grifondoro e disse con voce possente.

 “James Sirius Potter, mi raggiunga nel mio ufficio insieme ai suoi compagni scapestrati.”

 Molti dei presenti non fecero neanche caso alla scena, in due anni avevano assistito migliaia di volte a scene simili. I cinque annuirono e la preside se ne andò. James alzò le mani verso i suoi amici e disse. “Questa volta non ho fatto niente, lo giuro!”

 Scoppiarono tutti a ridere.

“Avrà scoperto una delle tue malefatte passate.”

 Disse Scorpius.

“Sono sicuro che qualcosa ai tempi le è sfuggito.”

 

 

“Siete stati molto coraggiosi questa notte, per questo, ad ognuno di voi verranno assegnati trenta punti.”

Al e Scorpius batterono le mani.

“Con la morte di un uomo non posso più tenere il segreto di ciò che è accaduto. Oggi durante le lezioni tutti gli studenti e gli insegnanti verranno convocati in Sala Grande per un avviso, non si potrà più uscire dalla scuola e le partite di quidditch verranno severamente controllate. Speriamo di catturare quegli assassini in tempo, possibilmente prima che uccidano qualcun’altro.”

 La preside annuì stancamente, si vedeva chiaramente che era distrutta.

 “Ora Melinda c’è un signore che ti vuole vedere. Anzi due, uno lo conosci già è Harry Potter, il capo dell’Ufficio Auror del Ministero e l’altro è il ministro della magia Kingsley Shacklebolt.”

Entrarono dalla porta dell’ufficio della preside due signori, Melinda riconobbe all’istante Harry, con i suoi capelli neri e gli occhi verdi uguali ad Al, mentre l’altro signore lo aveva intravisto ogni tanto sulla gazzetta del profeta, scuro di pelle, alto e piuttosto massiccio, indossava una tunica molto colorata. Porse la mano al Ministro della magia, che la strinse con vigore.

 “Piacere.”

Disse Melinda con una voce sottile, che non era abituata a sentire. James, Rose e Al corsero ad abbracciare Harry, che sorrise a tutti loro. La preside fece comparire con un gesto della bacchetta delle sedie di legno grezzo, molto rudimentali, ma decisamente comode. Si sedettero tutti quanti.

“Melinda, Harry e il Ministro…”

 La preside venne interrotta.

“Chiamami Kingsley Minerva.”

 La preside sorrise poi riprese a parlare.

 “Come stavo dicendo loro sono qui perché vogliono scoprire qualcosa di più sul tuo dono.”

 Melinda aggrottò le sopracciglia.

 “Ci ha già provato il professor Spine e l’unico risultato è stato quello di farlo aumentare.”

 La preside annuì.

 “Oggi rimarrai qui ad esercitarlo con questi due signori e con me, mentre gli altri andranno a lezione spargendo la voce che sei stata molto male, cosa di cui non dubiterà nessuno se ti hanno visto in faccia a colazione.”

 Rose, Al, Scorpius e James si alzarono, salutarono Harry e il signore dal nome impossibile e poi si avviarono verso la lezione. Melinda si sentì abbandonata, non voleva essere una cavia da laboratorio per quei tre, voleva solo essere normale, voleva chiudere quei muri e farla finita, far restare silenti i pensieri delle persone per sempre.

“Melinda, puoi ricordare con chiarezza la prima volta che hai utilizzato il tuo dono?”

 Chiese Harry. Melinda socchiuse gli occhi e cercò di visualizzare il preciso istante in cui aveva utilizzato il suo dono per la prima volta, si ricordava di qualcuno che implorava per la sua vita, poi la voce di qualcuno che diceva mentalmente è salva e poi due braccia che l’abbandonavano ad altre due braccia, più calde delle altre e meno viscide. La mamma le aveva raccontato che era sopravvissuta ad un incidente e che era stato un uomo a tirarla fuori dalle macerie dell’automobile e a riportarla tra le braccia di sua madre. Melinda lo raccontò ad Harry ed al Ministro, loro annuirono e segnarono tutto su un piccolo quaderno.

“Puoi utilizzare sempre il tuo potere? In qualsiasi situazione?”

 La mattinata continuò così, con i due che facevano domande e Melinda che rispondeva come meglio poteva, perché alcune cose nemmeno lei le conosceva. Dopo pranzo, consumato ovviamente nell’ufficio della preside, entrò un terzo signore, un Auror molto dotato nell’Occlumanzia e nella Legilimanzia. Glielo presentarono come Draco Malfoy e lei riconobbe immediatamente in lui il padre di Scorpius.

“Eccomi qui, come desideravi signor Potter.”

 Disse lui in un tono schifato, come se avesse perennemente la puzza sotto il naso. Melinda porse la mano al signor Malfoy, che la strinse.

“Bene, cosa devo fare?”

Chiese Malfoy lanciando sguardi gelidi in giro.

 “Cerca di entrare nella sua mente.”

 Malfoy alzò un sopracciglio.

 “Una bambina di undici anni, mi avete chiamato qui per entrare nella mente di una bambina di undici anni?”

Scoppiò a ridere.

 “Potter, devi essere peggiorato parecchio dall’ultima volta perché sono sicuro che riuscivi ad entrare nella mente di mio figlio.”

C’era del rancore in quelle parole, che Harry scacciò con un colpo della mano.

“Ti prego Draco, cerca di entrare.”

Melinda si preparò al colpo che sarebbe arrivato, alzò le sue difese e attese. Di certo non rimase delusa, mantenne il contatto visivo con il signor Malfoy e la sua mente arrivò a destinazione con un colpo tremendo, di una forza inaudita, che incrinò le difese della ragazza. Melinda sentì un brivido d’eccitazione scorrerle nelle vene, finalmente poteva testare la resistenza dei suoi scudi e capirne di più su suoi poteri. Il signor Malfoy rimase impressionato, percepiva gli scudi della ragazza e non riusciva a sorpassarli, si concentrò ancora di più e sferrò un altro attacco, occhi negli occhi e bacchetta alla mano. Melinda cercò di resistere a quel colpo e, con immensa fatica, ci riuscì. Fu certa in quel momento però che non avrebbe mai resistito ad un terzo attacco del genere, per cui, decise di passare all’azione. Un colpo deciso e i muri vennero definitivamente abbattuti, lei, scivolò dentro la mente del signor Malfoy con facilità, come se non ci fossero stati muri a proteggerla. Le immagini cominciarono a scorrerle davanti agli occhi, un rgazzino che viveva in una grandissima casa piena di manufatti oscuri e raccapriccianti, lo stesso ragazzino che saliva su un treno, poi veniva affidato alla casa di Serpeverde e passava gli anni successivi a complottare e cercare di far spaventare il signor Potter. Melinda si ritirò da quella mente appena prima del matrimonio di Draco Malfoy, appena fu rientrata nella sua innalzò i suoi muri.

 “Stupefacente.”

Disse Malfoy.

 “Allora?”

 Chiese il signor Potter.

 “Non ho mai visto nulla di simile, è un’impenetrabile Occlumante e una Legilimens formidabile, mi chiedo chi siano i suoi genitori per aver creato un essere così potente.”

 Harry strabuzzò gli occhi.

“Non sei riuscito a entrare? Non hai visto niente?”

Chiese, con voce sorpresa. Il signor Malfoy sogghignò.

“Certo che ho visto qualcosa, per chi mi hai preso?”

In quel momento fissò i suoi occhi in quelli della ragazza.

“E ciò che ho visto mi spaventa. Chi sei tu, ragazzina?”

 Melinda ne rimase sorpresa, come aveva fatto a vedere qualcosa? Era sicurissima che i suoi scudi fossero ancora intatti, oppure le era sfuggito qualcosa? Cercò una falla che avesse fatto fuoriuscire qualcosa, che gli avese permesso di vedere e la trovò. Ovviamente non l’aveva trovata e il perché era semplice, lì abitava la parte adulta di lei, quella che tutti temevano e che i suoi genitori facevano finta che non esistesse. Il signor Malfoy aveva visto quella parte di lei e ne era rimasto spaventato.

“Sono Melinda Bella Moon, mezzosangue.”

Non le piaceva quella parola, l’aveva sempre odiata.

“Tua madre è una babbana, vero?”

 Melinda annuì.

“Eppure il capello parlante ti ha messo nella casa di Grifondoro perché tu segua le orme del tuo nonno più vecchio, quindi, tutti e due i tuoi nonni dovevano essere maghi. Sei sicura che tua madre sia chi dice di essere?”


Postfazione 

Oramai dovreste aver capito se questa storia vi piace oppure no, se avete voglia di continuare a leggere o se trovate che ci siano degli errori evidenti, per questo motivo vi chiederei di lascaire un commento in modo che io possa capire cosa passa per le vostre fantasiose menti. Grazie a tutti!

P.S.: Mi è stato chiesto di aggiungere le foto dei personaggi, ma se c'è una cosa che amo dei racconti è il fatto che si possano immaginare le più piccole caratteristiche fisiche dei vari persoanggi senza che queste siano per forza smentite. Comunque se desiderate avere delle foto potrei inserirle, a patto che qualcuno di voi mi spieghi come si fa xD

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 - Duplice ***


Capitolo 20 - Duplice 

 

“Eppure il capello parlante ti ha messa nella casa di Grifondoro perché tu segua le orme del tuo nonno più vecchio, quindi, tutti e due i tuoi nonni dovevano essere maghi. Sei sicura che tua madre sia chi dice di essere?”

 

 

 Melinda lanciò un’occhiata di fuoco verso il signor Malfoy, di sua madre si potevano dire molte cose, ma non che fosse una bugiarda.

“Certo, ha mai visto un mago negare di esserlo? Mia madre è una babbana.”

 Malfoy scrollò le spalle.

 “Scorpius mi aveva detto che eri una tipa piuttosto irascibile.”

 Melinda scosse la testa, se non altro in quel momento seppe come aveva fatto a sapere del cappello parlante.

 “Comunque, questa ragazza potrebbe essere utile al Ministero, è facile per lei entrare nelle menti altrui e difendersi allo stesso tempo, se fossi in voi la utilizzerei come interrogatore.”

Harry scosse la testa.

“Per quello abbiamo già il Veritasierum.”

 Il signor Malfoy sorrise.

“Come sempre non comprendi le sfumature Harry, per ricevere una risposta con il Veritasierum devi fare domande dirette, mentre lei potrebbe facilmente ripescare il quadro completo, con tutte le sfumature e, di conseguenza, percepire tutte quelle cose che a voi, con il Veritasierum, sfuggono.”

 Il signor Malfoy fece un cenno con il capo e si dileguò. Il signor Potter e il Ministro si scambiarono un’occhiata, poi dissero a Melinda di attendere nell’ufficio, loro dovevano discutere fuori. Lei annuì e, appena furono fuori, si accasciò sulla sedia, era terribilmente stanca.

Rientrarono solo alcune ore dopo, con espressioni concentrate, come se li attendesse un difficile compito. “La preside ha annunciato che gli studenti che vogliono abbandonare la scuola possono farlo, ha raccontato loro tutta la verità, tranne quella riguardante il tuo “dono”. Ha aggiunto che il Ministro della magia in persona e gli Auror si occuperanno della protezione della scuola. Vuoi abbandonare la scuola?”

 Chiese il signor Potter. Melinda aggrottò le sopracciglia, sicuramente Al, Rose, James e Scorpius non avrebbero mai abbandonato la scuola e lei non poteva rischiare di perderli senza aver fatto nulla per salvarli.

“No, non abbandono la scuola. In quanti hanno lasciato?”

Harry scrollò le spalle.

“Una quindicina, relativamente pochi.”

 Melinda annuì, seria, poi chiese.

“C’è qualcosa che posso fare per aiutare?”

I due uomini si guardarono negli occhi e sorrisero, in un certo senso lei somigliava a loro da piccoli. “Potresti continuare a fare quello che stavi facendo, tieni sotto controllo un po’ tutti.”

 Appena il Ministro finì di pronunciare queste parole Melinda abbatté le sue difese e lasciò che i pensieri la invadessero. Sentiva la paura, la rabbia e il disappunto serpeggiare tra gli studenti.

 “Sono tutti piuttosto arrabbiati.”

Disse lei, chiudendo gli occhi per ascoltare meglio. C’era qualcosa di strano, qualcosa di singolare in una voce di quelle che sentiva. Si trovava nella sala comune di serpe verde ed era come…duplice. Melinda non fece in tempo a riconoscere la mente che l’effetto svanì, qualsiasi cosa fosse stata in quel momento non era più lì. Speriamo di catturare quei maghi, non sia mai che muoia uno studente.  Melinda scacciò la voce del Ministro e anche quella del signor Potter. Staremo tutti attenti immagino, pensò.

 “Posso andare ora? Devo recuperare le lezioni di oggi e Rose sarà felicissima di ripetermi parola per parola tutto ciò che è stato detto.”

 I due sorrisero e fecero un cenno con il capo, cosicché Melinda si avviò verso la Sala Comune di Grifondoro, dove ad attenderla c’erano i suoi amici.

 

 

Passarono altri tre mesi, arrivò il caldo, passarono i compleanni di James e Rose e con loro una barca di compiti per la fine dell’anno, che ormai era vicinissima. Melinda era allo stremo delle forze, una volta alla settimana raggiungeva la preside nel suo studio a notte fonda, per non farsi vedere da altri studenti e la avvisava che nulla era cambiato, che le menti dei suoi compagni erano sempre ripiene di cose inutili e, per la maggior parte delle volte, insensate. Passava moltissimo tempo con i suoi amici, a studiare, prendere il sole, assistere alle partite di quidditch e divertirsi. Certo, con gli Auror in giro era diventato tutto meno privato, c’era sempre qualcuno a controllare che nessuno uscisse o entrasse nella foresta proibita, probabilmente per questo, Melinda sospettava, i colpevoli non avevano ancora agito, eppure sapeva che presto si sarebbero messi in azione, c’era solo da sperare che lo studente designato fosse tra quelli che se ne erano tornati a casa. Il tre giungo Melinda era stesa al sole sotto ad un grande albero affacciato al lago nero, le piaceva quel posto, le trasmetteva pace e tranquillità, cosa che non trovava facilmente. James era agli allenamenti di quidditch e Al era andato a trovare Hagrid, Melinda, Rose e Scorpius erano rimasti soli sotto l’albero, soli con gli Auror che gironzolavano intorno. Che noia, ho studiato come un dannato per diventare Auror e mi ritrovo qui! Al punto di partenza, senza poter far nulla per combattere contro le forze Oscure. Un mese prima anche il padre di Melinda era venuto a fare da pattuglia, ma solo per pochi giorni, perché era stato affidato ad un’importante missione subito dopo. Melinda sentì un fruscio di foglie avvicinarsi e seppe che qualcuno li stava osservando.

“Caro Finn, pensi di spiarci tutto il giorno o vuoi muoverti a dirci perché sei qui?”

 Chiese Melinda scortesemente.

“Volevo solo prendervi di sorpresa, che male c’é?”

Gli occhi di Finn si appannarono subito dopo che ebbe pronunciato quella frase, divenne improvvisamente calmo e Melinda sentì una voce che non gli apparteneva invadergli la mente. Portò subito la mano alla bacchetta, ma Finn, o quello che lo possedeva, fu più veloce e la mano di Melinda si fermò a mezz’aria. Quell’incantesimo pietrificante era molto più potente di quello del solito Finn, e non veniva dalla sua direzione, la bocca di Finn aveva pronunciato un altro incantesimo, un incantesimo che Melinda non si sorprese di riconoscere. Ovvio che li rendessero invisibili agli occhi degli altri, era troppo pericoloso con gli Auror. Melinda mosse gli occhi, unica cosa a non essere immobile e vide che i suoi due amici erano nella stessa condizione, per cui, le fu facile arrivare alla conclusione che i rapinatori volevano o James o Al, probabilmente tutti e due, d'altronde erano i figli di uno dei maghi più amati dell mondo magico. Uno stupeficium la colpì in pieno petto e lei perse i sensi, cos’altro poteva fare?

 

Note dell'autrice

Questo capitolo è mooooooooolto corto, come avrete notato, ma molto intenso. Siamo ormai giunti allo snodo principale della storia, dove molte cose verranno svelate, molti personaggi entreranno in scena e verrà rivelata la vera forza di Mel. Non tutti i miesteri saranno però risolti, poiché questa storia è stata elaborata per avere un seguito, spero comunque che apprezzerete le novità! a presto e, mi raccomando, non dimenticate di farmi sapere cosa ne pensate! 

Volevo ringraziare tutti quelli che mi hanno inserita tra le seguite (e sono 10!!! *gongola*), tra le ricordate e tra le preferite. A presto!

Luka 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 - Duplice (parte seconda) ***


 

Capitolo 21 – Duplice (parte seconda)

 

 

“Finalmente, non ce la facevo più ad aspettare”

disse una voce di donna, in un sussurro ovattato in cui si riconoscevano i suoni di un’insana follia.

 “Tutti questi anni ad attendere che i due Potter arrivassero a scuola e poi aspettare ancora per le misure di sicurezza del Ministero, non ne potevo più.”

 Melinda rimase immobile, con gli scudi alzati e il respiro pesante.

“Potter mi ha rubato i genitori, io toglierò la vita ai suoi figli.”

 Melinda cominciò a fare un rapido calcolo di quanto stesse male e decretò che era in ottima forma, nessun osso rotto, nulla di slogato.

“Ma dobbiamo proprio tenere tutti questi ostaggi? Mi voglio divertire.”

 Disse una voce di uomo con lo stesso tono in cui un bambino avrebbe chiesto più biscotti alla baby-sitter. La donna rise sadicamente, a Melinda si accapponò la pelle.

“No, effettivamente non ci servono tutti questi ostaggi.”

Sentì dei passi avvicinarsi e la paura cominciò ad accelerarle il battito cardiaco, finché non ordinò a se stessa di calmarsi.

“Allora, questo no perché è un Malfoy, sono sempre stati dalla parte del lato Oscuro, non vorremmo perdere la loro fiducia proprio ora.”

 Disse la donna.

“Questa no, perché è la loro cara cuginetta e io voglio vedere il loro volto sofferente mentre la uccido davanti ai loro occhi. Questa qui non so neanche chi sia, puoi averla, ma ad una condizione.”

 Disse la donna sadica in tono divertito.

“Devi batterla a duello.”

 Per poco Melinda non aggrottò le sopracciglia. Ma chi diavolo era quella strega infida? Uno scossone la scrollò e lei fece finta di essersi appena svegliata.

“Su ragazzina, ti sfido a duello.”

Disse la voce di uomo, questa volta distorta da una nota di divertimento. Melinda aprì gli occhi e inorridì alla vista dell’uomo. Era alto, sudicio, magrissimo, si vedevano persino le ossa e pareva più morto che vivo. Il suo naso era incredibilmente grande, quasi un becco, l’insieme non era solo brutto, ma anche orribile e terrificante.

 “Alzati piccolina, non vorrai morire senza aver lottato, no?”

 Disse la donna che entrò finalmente nel suo campo visivo. Un tempo, quando ancora non era stata corrosa dalla vendetta, doveva essere stata bella, perfino divina, ma ora sembrava solo l’ombra di una pazza. Le occhiaie sfioravano quasi le labbra, gli occhi erano iniettati di sangue, i capelli erano crespi, sudici e disidratati, il suo corpo era deteriorato, quasi che la rabbia che portava dentro si fosse riversata fuori attraverso la pelle. Anche lei nel complesso era terrificante. La lasciarono andare e Melinda barcollò un poco, ma ritrovò subito la sua posizione eretta. Osservò la radura in cui si trovavano, la luna illuminava tutto e rendeva ogni cosa contornata d’argento, tutto, tranne le tre figure immobili e nascoste nell’ombra. In tutto erano cinque, cinque maghi oscuri, pronti ad uccidere.

“Cinque contro una, non vi pare come minimo scorretto?”

 Chiese con voce flebile ma dura nonostante la paura stesse attanagliando le viscere. La donna rise apertamente, era evidentemente il capo della banda e non solo perché gli altri sembravano chiederle il permesso per ogni singolo movimento, ma anche perché Melinda faticava a credere che qualcuno non avrebbe obbedito ad un così alto concentrato di cattiveria.

“Si, ragazzina, cinque contro uno sarebbe scorretto, ma sarà lui a sfidarti.”

E indicò con un dito il Nasone, che sorrise e si leccò le labbra.

 “Non vedo l’ora”

Disse, con un tono sudicio che sembrò arrampicarsi sulla pelle di Mel.

 “Cosa ottengo se vinco?”

Chiese Melinda, nel disperato tentativo di rinviare il duello. La donna rise di gusto, prese a camminare avanti e indietro, con un indice sulle labbra, come se stesse davvero prendendo in considerazione quella possibilità. Era davvero così scarso il Nasone? Si poteva Mel fidare della follia di quella donna?

“Se vinci, uno di voi tre potrà andarsene indenne, non verrà attaccato fino a domani notte.”

 Melinda non sorrise, se il premio era quello voleva dire che il Nasone non era certo un pivellino.

 “Come faccio a sapere che potrò scegliere indistintamente tra di loro e che manterrai la promessa?”

 La donna sorrise un’altra volta.

“Dovrai fidarti. Sai checché ne dicano i maghi buoni”

 e qui fece una smorfia.

“Noi manteniamo sempre la parola data, in un certo senso siamo molto affidabili.”

Melinda annuì, sentiva che ormai non poteva più rinviare il duello, per cui si preparò come meglio poteva. “Accetto la sfida.”

Le opzioni erano due, poteva morire subito o tentare di lottare per salvare almeno uno di loro, avrebbe optato per la seconda, era un Grifondoro per qualcosa, per le mutande di Merlino! La donna rise un’altra volta.

 “Bene bene bene, non vedo l’ora di assistere allo spettacolo e voi cosa ne dite? Non vi avvicinate per vedere?”

Chiese. Gli uomini annuirono  e uscirono dall’ombra, senza però mostrare i volti, coperti dal cappuccio. Melinda si posizionò di fronte al Nasone, con la bacchetta alzata e fece l’inchino insieme a lui, poi, appena si alzò schivò un colpo che le bruciò un poco la spalla sinistra.

“Ma come, tutto qui? Vogliamo più azione insomma!”

disse la donna, completamente fuori di senno. Melinda lanciò uno stupeficium, che non andò a segno, provò di nuovo con un expelliarmus, ma il Nasone evitava tutti i colpi con un movimento della bacchetta e un sorriso di scherno sul viso. Le lanciò addosso degli incantesimi potenti, che evitò per un soffio, ma che le procurarono ferite superficiali ma dolorose. Fu quando un incantesimo le colpì parzialmente un piede che Melinda comprese di non potercela fare da sola, non lei. Si nascose dietro ad un masso, i colpi continuavano a colpire la pietra per essere sbalzati con ferocia contro il terreno. Osservò il suo piede, che sanguinava abbondantemente da un taglio che percorreva anche gran parte della gamba. Pronunciò sottovoce una litania che rimise insieme gli squarci e attenuò il dolore. Poi si concentrò su se stessa e sulla sua mente. Ciò che voleva fare era molto facile e al contempo molto complicato. Lo so che ci sei, ci sei sempre. Perché ora non ti mostri? Chiese alla sua mente. Si ritrovò improvvisamente intrappolata nel suo stesso cervello, le apparve davanti una figura, era lei, ma con uno sguardo diverso, che trasformavano quella persona in un’altra Melinda. Cosa vuoi da me? La bocca non si mosse, ma Melinda comprese lo stesso le parole. Aiutami, ho bisogno del tuo aiuto. Io, quella che tu chiami la tua parte adulta? Non penso proprio, tu hai paura di ciò che io potrei fare, lo senti anche tu. Melinda annuì, aveva paura si di quella parte di lei, la temeva come temeva poche altre cose al mondo, aveva intravisto i sogni di quella creatura, di quell’altra lei, amava uccidere, torturare e distruggere. Lo so, ma non ho altra scelta, o ti lascio il mio corpo per alcuni momenti oppure morirò e con me i miei amici. La parte adulta sembrò riflettere per alcuni secondi. Voglio qualcosa in cambio. Disse, Melinda chiese. Che cosa? La parte adulta di lei sorrise sadicamente e disse. Voglio il permesso di uccidere quell’uomo, il Nasone. Melinda non ci pensò per molto tempo, annuì e il suo corpo fu invaso da rabbia, rancore, solitudine e tutto ciò che la parte adulta di lei rappresentava, un ammasso di emozioni così violente e negative che per alcuni secondi si dimenticò dell’amore con cui era cresciuta, delle grandi amicizie he aveva stretto e per cui stava per sacrificare tutto. Quello che accadde dopo fu strano, così particolare che anche la donna pazza tacque e semplicemente assistette alla scena. Melinda puntò la bacchetta verso il Nasone e pronunciò un incantesimo che aveva sperato di non ricordare.

“Sectumsempra.”

 Il Nasone lo evitò e sorrise divertito.

“Allora cominciamo a fare sul serio, piccina eh?”

 Detto questo lanciò un incantesimo che incendiò l’erba attorno a Melinda, lei puntò la bacchetta verso le fiamme e disse.

“Fredda fiamma!”

 Quando i lembi di fuoco la raggiunsero sentì solo un lieve formicolio. Melinda puntò la bacchetta e disse. “Dolohoferio!”

Anche di questa aveva letto nei libri di papà e aveva sperato di non ricordarla. La frusta magica partita dalla bacchetta della ragazza colpì il Nasone, che si accasciò a terra dopo alcuni secondi. Melinda si avvicinò lentamente al corpo e rise di gusto, alla vista del Nasone agonizzante, che cercava di asciugarsi il sangue che colava dalla bocca. Melinda poggiò la punta della bacchetta sullo sterno dell’uomo e sussurrò.

 “Avada Kedavra.”

 Quello morì in un lampo di luce verde. La parte adulta di Melinda si ritirò, soddisfatta della morte di un uomo, anche se non innocente, appena prima di andarsene la voce sussurrò. Chiamami Bella.

 

Note dell’autrice

Respirate, c’è una spiegazione a tutto e anche se questo potrebbe sembrarvi del tutto improbabile, credete, lo è solo perché non siete all’interno della mia pazza quanto fantasiosa mente. Bella è uno dei grandi misteri di quella che spero diverrà una serie e quindi non assicuro che alla fine di questa storia comprenderete chi sia davvero.  Detto questo vi saluto e spero di leggervi in tempo per il prossimo capitolo. Recensioni sono più che gradite, come sempre ;)

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 - Sua ***


Vi chiederete perché sono ancora qui, perché, dopo un anno di silenzio, torno a pubblicare una storia che avete dato per morta. La verità? Ho inventato Melinda tre o quattro anni fa, le ho dato corpo e consistenza nella mia mente e, alla fine, le ho fatto prendere vita sulla pagina bianca. Quattro anni fa è nata e quattro anni fa la prima parte di quella che doveva essere una serie era già stata scritta e ricorretta varie volte. Ma questo era quattro anni fa, frequentavo la prima liceo, non ero che una ragazzina, capivo a malapena come prendermi cura di me stessa, figurarsi dei miei personaggi. Ho imparato a pretendere da me stessa molto più di quello che trovate in queste pagine eppure la consepevolezza di aver lasciato una storia a metà mi distrugge e soprattutto deve essere estremamente frustante per voi. Quindi, mi scuso per il ritardo e avviso che nei prossimi giorni verrano pubblicanti i restanti (e non molti) capitoli di questa storia.

Sperando che non mi odiate troppo, buona lettura 



Capitolo 23 - Sua

 

 

Melinda si sedette a terra, il senso di colpa la opprimeva, ma sapeva che se non l’avesse ucciso la donna l’avrebbe torturata, probabilmente fino alla pazzia. Scacciò le lacrime, si alzò in piedi e nascose il senso di colpa, il dolore e tutte le sue emozioni dietro ad una maschera di ferro.

“Ora, devo scegliere chi liberare.”

Disse Melinda, con un tono monocorde. La donna annuì sorridendo.

“Sai” Disse “Mi sei simpatica, quanti allievi del primo anno conoscono la Maledizione di Antonin Dolohov?” Melinda sorrise e disse.

“Be, è un peccato, perché io la disprezzo profondamente.”

La donna rise di gusto, Melinda cominciava ad odiare quella risata sadica che sembrava graffiare i timpani per quanto era malvagia.

 “Scommetto che sei una Serpeverde!”

Disse, sorridendole. Melinda scosse la testa.

“Grifondoro.”

 Se non altro rispondere alle domande faceva guadagnare tempo a James e Al e a tutti loro. La donna parve delusa.

“Purosangue?”

 Melinda scosse la testa un’altra volta. La donna alzò prima una spalla, poi l’altra, poi le riabbassò.

 “Dimmi allora, quale di voi vuoi liberare?”

 Melinda osservò attentamente Rose e Scorpius, aveva sentito la donna dire che a Scorpius non doveva essere fatto del male e che Rose voleva ucciderla davanti ai cugini, per cui la risposta era semplice.

“Rose, voglio che liberiate Rose.”

Vide la donna arrabbiarsi molto, tanto che brividi gelidi le scorsero lungo la schiena.

“Mi vuoi togliere il mio divertimento! Insulsa ragazzina! Pagherai per questo!”

 Melinda non vide neanche alzarsi la bacchetta, seppe solo che il colpo arrivò e che fu violento e doloroso, molto doloroso. Una delle maledizioni senza perdono, la maledizione Cruciatus. Urlò così forte che alcuni uccelli scapparono via. Sentì i passi della donna avvicinarsi e seppe che era finita lunga distesa a terra.

 “Va bene, va bene. Affidate quella ragazzina ad unicorno e dite alla ceratura di portarla a scuola.”

 Due uomini si mossero, presero Rose e la affrancarono ad un unicorno intrappolato in una recinzione. Ce ne erano moltissimi, Melinda non li aveva neanche notati.

“Ti starai chiedendo perché ho intrappolato gli unicorni.”

Melinda annuì, tutto pur di rimandare la maledizione cruciatus che sicuramente l’avrebbe colpita prima o poi. La donna rise.

“Sai, mi hanno sempre infastidita gli unicorni, li odio. Appena avrò finito di uccidere i piccoli Potter li brucerò tutti, oppure venderò il loro prezioso sangue.”

 Melinda constatò che quella donna era pazza, realmente e definitivamente. I due uomini liberarono l’unicorno che prese a correre per la foresta, con Rose sula schiena, verso Hogwarts che li avrebbe accolti a braccia aperte. Melinda sorrise un poco, appena prima che il dolore la colpisse di nuovo e che ricominciasse ad urlare. Appena l’effetto finì Melinda tossì e cercò di parlare.

“Fammi sfidare un altro dei tuoi uomini, se vinco libererai Scorpius.”

La donna rise, poi si mise a pensare, passeggiando avanti e indietro.

“Va bene! Si, ho proprio voglia di assistere ad un duello del genere!”

Sorrise, sembrava una bambina a cui i genitori avessero regalato ciò che agognava.

“Alzati ragazzina, sfiderai Skin.”

Melinda fece forza sulle braccia e si mise in posizione da duello. L’uomo che avrebbe dovuto battere era ancora più terrificante degli altri. Era grasso, alto, con un naso piccolo. Gli occhi erano di un intensissimo rosso sangue, un colore strano. La cosa più terrificante però rimaneva la sua pelle, perché non era definita, doveva essere stato in mezzo ad un fuoco, o a un’esplosione violenta che si era portato via metà del suo corpo. Melinda non riusciva a comprendere il solo fatto di come fosse ancora vivo, era ripugnante. Scavò ancora una volta dentro di se e chiese a Bella. Ancora voglia di far fuori qualcuno? Lei emerse ridendo e il duello ebbe inizio. Fu più difficile di quello contro Nasone, decisamente. Tanto che alla fine Melinda era coperta di sangue, la maggior parte non suo. Aveva fatto un incantesimo molto strano, un incantesimo che aveva fatto esplodere dall’interno il corpo del mago. Bella si ritirò soddisfatta, mentre Melinda stava per crollare, non poteva credere a ciò che aveva appena fatto. La donna fece un cenno con la mano ai due uomini rimasti che caricarono Scorpius su un unicorno e lo spedirono verso Hogwarts. La donna sorrideva, malvagia e Melinda si sentiva sempre peggio, tanto che non si accorse neanche della sua bacchetta che volava via e che la lasciava completamente indifesa.

 “Crucio!”

 Disse la donna, ridendo subito dopo all’udire le urla della ragazza.

“Questo è per avermi tolto il divertimento! Crucio!”

 Melinda piangeva, urlava, si dibatteva, con il cuore che andava a mille e il corpo in fiamme.

“Questo perché non mi hai dato la possibilità di conoscere il piccolo Malfoy! Crucio!”

 La donna rideva, rideva felice.

 “Questo perché i tuoi amichetti non sono ancora arrivati. Crucio!”

Urlò ancora e ancora Melinda sentì il dolore, forte come mai prima.

 “Questo per…”

 La donna si interruppe a metà della frase e una voce maschile intervenne, una voce che Melinda conosceva, ma che non ricordava dove l’avesse già sentita.

 “Non osare alzare ancora la bacchetta su di lei Lamia, è mia.”

 Alla donna si spense il sorriso sulle labbra. Si inchinò con deferenza al cospetto dell’uomo coperto da un lungo mantello nero.

“Mi scusi, non volevo…non sapevo…non avrei mai osato.”

L’uomo schiaffeggiò Lamia violentemente, con un colpo ben assestato che la mandò a ruzzolare per terra. Melinda rimase immobile, era senza forze, del tutto inutile senza bacchetta e con la mente incredibilmente vuota, per la prima volta nella sua vita.

 “Mi aveva promesso la mia vendetta.”

 L’uomo alzò la bacchetta verso la donna, puntandola al suo sterno.

“Avevo promesso la tua vendetta, ma ti avevo anche detto che se tu avessi torto un solo capello alla ragazza di mia proprietà saresti morta.”

 La donna si prostrò ancora.

 “Mio signore, pensavo fosse di Serpeverde, questa ragazzina è amica dei Potter, non può essere veramente lei, è sicuro di riconoscerla?”

 L’uomo si arrabbiò.

“Osi anche mettere in discussione le mie capacità? È lei, cambierà idea, o forse non hai assistito a ciò che ha fatto ai tuoi uomini.”

La donna annuì, si prostrò di nuovo e cominciò a chiedere perdono, cosa che non le fu concessa, perché cadde, morta, dopo che un lampo di luce verde aveva attraversato gli occhi di Melinda.

“Voi due, morirete, siete stati suoi complici.”

 Altri due lampi verdi illuminarono la notte, poi il mago si avvicinò a Melinda, lei sapeva di dover provare terrore, paura o rabbia, ma semplicemente era tutto vuoto, tutto incomprensibilmente silenzioso. L’uomo posò la bacchetta sul busto di Melinda e cominciò a pronunciare una litania, che permise a Melinda di riprendere le energie e le curò tutte le ferite. Chiunque fosse quell’uomo era potente, molto potente. Porse a Melinda una mano guantata, che la prese e si rialzò in piedi. L’uomo le porse la sua bacchetta.

“Ottima scelta.”

Disse. Melinda non capiva più nulla e non solo a causa dello shock, tutto quello che stava accadendo era incomprensibile. Chi era quell’uomo? Cosa voleva da lei? Perché un mago oscuro l’avrebbe dovuta proteggere? Non riusciva a capire. Dei passi vicini avvisarono i due nella radura che stava arrivando qualcuno, erano in molti. Tra i primi comparve il signor Potter, che appena vide la figura ammantata si fermò.

 “Piacere Harry, è un grande onore conoscerti.”

Disse la voce.

“Ora, se non vi dispiace me ne vado. Ma un avviso, questa ragazza è mia, se le torcerete anche un solo capello giuro che verrò a prendervi e vi assicuro che so quando questo accadrà.”

Detto questo il mantello nero scomparve in un turbinio di vento e con lui scomparvero anche le poche energie che a Melinda erano rimaste. Si accasciò a terra e si lasciò andare al buio di un sonno ristoratore, un sonno in cui non aveva fatto cose orribili e non aveva subito una tortura, un sonno insomma che di buio non aveva nulla. 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 - Grazie Melinda, grazie ***


 

 

Capitolo 24 – Grazie Melinda, grazie



Delle ombre colorate si muovevano sullo sfondo della sua visuale, una voce conosciuta disse.

“Mel, ti voglio tanto bene Mel. Grazie.”

 Il nero si richiuse su Melinda, era troppo faticoso anche solo aprire gli occhi.



“Crucio!”

 Una donna scagliava la sua maledizione e lei urlava, urlava ed urlava, ma il dolore non voleva andarsene. Poi Melinda vide se stessa uccidere due uomini, uno esploso e l’altro gravemente ferito. Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, finché non sentì qualcuno che la chiamava.

 “Melinda”

Era una voce conosciuta, giovane, però era così lontana…

 “Melinda, svegliati è solo un incubo, un brutto incubo.”

Melinda continuò ad urlare finché l’immagine della donna non svanì e davanti ai suoi occhi apparve il volto di un James decisamente preoccupato. Sta così male, sono giorni che ha gli incubi. Il pensiero la colpì così forte che si dovette tenere la testa tra le mani perché non scoppiasse.

“Melinda, Melinda. Calmati, va tutto bene, ora sei al sicuro.”

 Cominciò a carezzarle la testa e dopo pochi minuti Melinda era calma, sdraiata in un letto sconosciuto e relativamente scomodo.

“Cosa?”

 Cercò di chiedere lei, ma le uscì solo un raschio dal fondo della gola, per sua fortuna James capì.

 “Rose ha raggiunto il castello cavalcando un unicorno, diceva che si era svegliata a metà tragitto, che aveva sentito delle urla di dolore e che qualcuno stava combattendo. Ci ha raccontato della quercia, io avevo già avvisato papà della lettera che avevo ricevuto. Poco dopo Rose è arrivato anche Scorpius, che ci ha detto di aver finto di dormire, ci ha riferito di come hai affrontato e ucciso due maghi oscuri per salvare le loro vite. Poi dalla foresta sono arrivate le tue urla, ma ormai eravamo vicini e quando siamo arrivati erano tutti morti e tu eri tra le braccia di un mago Oscuro.”

 Melinda annuì, quello lo ricordava, anche se vagamente. Si guardò intorno, ma non riconobbe il posto. “Dove?”

Chiese con quella voce roca, lui rispose subito, comprendendo ancora una volta la domanda.

“Al San Mungo, non stavi per niente bene, anche se il mago Oscuro ti ha salvata da morte certa. Nei combattimenti sei stata colpita e la maledizione cruciatus non ha fatto altro che aumentare il dolore, hai dormito molto.”

 Melinda provò a parlare, ma non ci riuscì, allora usò il pensiero. Quanto tempo è passato?

“Una settimana”

 Quindi era domenica, mancava pochissimo alla fine della scuola e lei aveva saltato dei compiti importanti. Gli altri stanno bene? Chiese. James annuì.

“Tutti bene, soprattutto grazie e te, Rose senza di te sarebbe morta di sicuro, abbiamo sentito il racconto di Scorpius, voleva ucciderla davanti ai miei occhi e a quelli di Al.”

 James rabbrividì.

 “Grazie Melinda, veramente grazie.”

 James, il mascalzone che faceva scherzi a chiunque incontrasse sulla sua strada e che aveva ricevuto più punizioni di chiunque a Hogwarts la stava ringraziando, con le lacrime agli occhi. Non devi ringraziarmi, non ce n’è bisogno. Voglio bene a Rose e per lei avrei fatto qualsiasi cosa. James le sorrise e l’abbracciò, fu allora che Melinda scoppiò a piangere, singhiozzando. James la tenne stretta e non tentennò quando i suoi pensieri lo raggiunsero con rabbia. Ho fatto delle cose orribili, ho ucciso un uomo in fin di vita e ne ho fatto esplodere un altro, sono una persona orribile. Ho ucciso! Ucciso delle persone di cui non conoscevo neanche il nome, l’ho fatto a sangue freddo, quasi senza problemi. James la strinse ancora più forte, aspettando che lei finisse di parlare.

 “Smettila. Tu hai salvato la tua migliore amica da una morte lenta e dolorosa, per farlo hai dovuto uccidere delle persone malvagie. A volte nella vita ci si presentano delle scelte, chiunque con un minimo di Grifondoro nell’animo tra la vita dei suoi compagni e la vita di persone malvagie avrebbe scelto la vita dei suoi compagni.”

 Vedere James che ringraziava era stato quasi un colpo, ma vederlo addirittura diventare saggio lasciò Melinda completamente basita. Lui rise.

 “Cos’è quella faccia, credi davvero che io abbia un cervello solo per fare degli scherzi? Ogni tanto lo uso, con parsimonia però che se no si consuma.”

Melinda rise e in quel momento entrarono i suoi migliori amici che saltarono sul letto ad abbracciarla.

“Vi voglio bene.”

Sussurrò lei tra le lacrime. Dopo di loro entrarono la preside Mcgranitt, il signore a la signora Potter, il Ministro in persona, la signora Weasley (Hermione) con suo marito, i nonni Weasley e un sacco di altre persone dai capelli rossi o rossicci. Cercò di alzarsi a sedere, fu Al ad aiutarla, lei gli sorrise. Si avvicinò la signora Weasley che le disse.

“Grazie per aver portato in salvo Rose.”

 Melinda sorrise, si schiarì la voce e provò a parlare normalmente, l’effetto fu strano, ma se non altro le parole erano comprensibili.

“Non avrei mai lasciato morire la mia migliore amica nella foresta.”

La signora Weasley le sorrise, poi lasciò il posto alla preside che si avvicinò e le sorrise. Melinda chiese immediatamente.

“Potrò recuperare tutti i compiti, vero? Avevo studiato così tanto.”

 Molti risero a quelle parole, anche la preside accennò un sorriso.

“Certo che potrai recuperarli. A quanto abbiamo sentito sei stata molto coraggiosa nella foresta, hai anteposto la vita di due tuoi amici alla tua, hai affrontato con molto coraggio due maghi Oscuri vincendoli. Per questo la casa di Grifnodoro riceverà sessanta punti, meritatissimi dal mio punto di vista.”

Melinda sorrise e ringraziò. Dalla stanza scomparvero la maggior parte dei Weasley, che la ringraziarono e le posarono un bacio sulla fronte, anche la preside lasciò la stanza, doveva tornare immediatamente a scuola. Rimasero così i suoi migliori amici, il Ministro della magia e i signori Potter. Ginny Potter le si avvicinò, le carezzò la guancia poi con un’occhiata costrinse i ragazzi ad uscire dalla stanza, le ubbidirono tutti. Harry e il Ministro si avvicinarono.

“Melinda, dobbiamo sapere cosa è successo quella notte nella foresta proibita. Scorpius ci ha dato la sua versione, ma ne manca un pezzo.”

Melinda annuì e cominciò a raccontare, anche se faceva male. I due aggrottarono le sopracciglia sentendo il racconto della morte dei suoi due avversarsi, lei stessa si vergognava profondamente di ciò che aveva fatto. Continuò finché non arrivò al momento della tortura inflittale dalla strega malvagia. Harry borbottò qualcosa e il Ministro aggrottò le sopracciglia. Melinda continuò a raccontare, lasciando perdere la parte di quanto fosse stato doloroso e arrivando all’arrivo del mago Oscuro. Ripeté parola per parola la discussione tra i due maghi e le poche parole che poi le aveva rivolto. Il signor Potter rimase in silenzio per alcuni secondi dopo la fine della discussione, poi disse.

“Per un motivo a noi sconosciuto lui ti vuole proteggere ed è convinto che farai parte delle sue schiere. Melinda, dobbiamo sapere che non ti unirai a lui, dobbiamo sapere che non sei una sua spia. Prenderesti del veritasierum? Non vogliamo che i tempi di Lord Voldemort tornino, dobbiamo prendere delle precauzioni.”

 Melinda aggrottò le sopracciglia.

“Se questo può tranquillizzarvi prenderò il Veritasiuerum, ma perché avete paura che io mi unisca a lui? Sono solo una ragazzina al primo anno di scuola.”

 Harry le sorrise.

“Sei tutto fuorché una persona normale. Eccelli in tutti i corsi, fare magie ti riesce così facile che a volte i professori ne rimangono basiti. Dai racconti di Scorpius quella notte hai padroneggiato degli incantesimi complicati soltanto leggendo le formule su un libro. Siamo preoccupati di ciò che potresti diventare se venissi affidata alle forze del male.”

 Melinda annuì, se non altro quello poteva comprenderlo. Il Ministro le porse una boccetta chiusa ermeticamente, lei la stappò e la bevve tutta in un fiato. Aspettarono alcuni secondi poi cominciarono a porle delle domande molto dirette.

 “Fa da spia per qualche mago Oscuro?”

Chiese il Ministro con la sua voce profonda. A Melinda sfuggirono le parole di bocca, quasi che volessero fuggire via.

“No.”

 “Ha mai incontrato prima il mago Oscuro che l’ha salvata la notte del tre giugno?”

Ancora una volta le parole scapparono dalle sue labbra.

 “No mai, anche se mi sembrava di conoscerne la voce.”

I due si scambiarono un’occhiata preoccupata.

 “In che senso le sembrava di conoscerla?”

 “Era come un ricordo lontano, sa, come quando si ricorda la voce della propria madre che da piccoli ci racconta una fiaba.”

Il Ministro annuì. E continuò con le sue domande, fino ad arrivare alla conclusione che di lei ci si poteva fidare. Melinda sorrise, non ne poteva più di quell’interrogatorio e le sue forze stavano ormai finendo. Harry le scompigliò un poco i capelli, come si fa con i bambini piccoli a cui si vuole bene.

 “I suoi genitori sono qui fuori, vorrebbero vederti. Vuoi che li faccia entrare?”

Melinda aveva tanta voglia di vedere sua madre e suo padre, ma al contempo sentiva che avrebbero dovuto tenere una conversazione difficile. Ancora sotto l’effetto del veritasierum disse.

“Non voglio vederli, ma la prego di farli entrare.”

 Il signor Potter aggrottò le sopracciglia ma non disse nulla e lasciò che i signori Moon entrassero. La madre di Melinda si precipitò dalla sua amata figlia, senza badare ai presenti. Fu suo marito a scusarsi con il Ministro e con il suo capo, poi anche lui si avvicinò alla figlia e la prese tra le braccia. Harry osservò il quadretto con la netta sensazione che non sarebbe durato molto. I genitori parevano davvero felici, ma Melinda, quella straordinaria ragazza aveva lo sguardo perso nel vuoto. Per Merlino! Lui più di tutti sapeva che certe cose non si dimenticano e il tre giugno di quell’anno Melinda lo avrebbe rammentato per il resto dei suoi giorni, come lui non aveva mai dimenticato i giorni passati a combattere contro Lord Voldemort.



I suoi genitori cominciarono a parlarle di un sacco di cose, le raccontarono del fratello che aveva trovato un posto migliore al lavoro, del padre che era riuscito nella missione con gli Auror, di Rosemarie che era stata morsa da un bambino all’asilo. Melinda sapeva che doveva fermarli e chiedere spiegazioni su quanto detto dal cappello parlante, ma decise di rimandare e si godette tutte quelle chicchere e i loro baci finché non se andarono.  Rimase per parecchio tempo a guardare nel vuoto, ripensando a ciò che le era accaduto, sperò con tutta se stessa che gli anni successivi a Hogwarts fossero più tranquilli. Si addormentò con un sorriso sulle labbra pensando che, in fondo le bastava sapere che tutti i suoi amici erano al sicuro.



Due giorni dopo, nonostante le raccomandazioni delle infermiere, Melinda girava per i corridoi di Hogwarts. Visto che il viaggio dal San Mungo alla scuola era stato ritardato dovette raggiungere i suoi compagni a Volo. Appena mise piede nei grandi prati dove si teneva la lezione i suoi amici corsero ad abbracciarla. “Come va?”

Chiese Rose.

“Benissimo!”

Rispose Melinda con un sorriso sulle labbra. Le lezioni proseguirono senza intoppi, i docenti erano felici di rivedere Melinda tanto quanto i suoi amici. La sera Melinda dovette recuperare alcuni compiti che aveva saltato durante la settimana di convalescenza. Dopo aver superato magnificamente tutti i test si avviò verso la sala comune.

“Cuore di Drago.”

 Disse alla Signora Grassa, che la lasciò passare senza fare tante storie. Appena entrò nella sala la investirono le urla di una festa. Un cartellone appeso al muro diceva.

 “Ben Tornata Mel, Era Ora!”

 Lei scoppiò a ridere e prese un bicchiere di succo di zucca dalle mani di James, poi festeggiò con tutti i Grifondoro fino a notte fonda. Quando si coricò aveva in mente i volti sorridenti dei suoi migliori amici e, ancora una volta, anche lei si addormentò sorridendo. 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 - Amicizia ***


Grazie a chi ha letto questa storia fino in fondo, grazie a Deboroski per aver commentato puntualmente quasi tutti i capitoli, grazie a quelli che hanno inserito la storia nelle "da ricordare", "da recensire", "seguite" o "preferite". E infine grazie Melinda, è stato un incredibile e bellssimo viaggio. 

 

Capitolo 25 - Amicizia

 

Il venti giugno la scuola finì e con essa arrivò l’ultimo banchetto e, ovviamente, la consegna della Coppa delle Case. Melinda stava mangiando un pasticcio di carne buonissimo quando la preside si alzò e il silenzio si diffuse in tutta la sala.

“E ora arriviamo alla consegna della Coppa delle Case. Al quarto posto trecentosessantasette punti Tassorosso!”

 Tutti applaudirono e James urlò.

 “Due punti in più dell’anno scorso, se continuate così tra quarant’anni sarete i primi!”

 Molti risero.

“Al terzo posto, con quattrocento punti e uno Serpeverde!”

Tutti applaudirono, anche se con meno entusiasmo. I Grifondoro fecero le linguacce ai Serpeverde.

 “Al primo posto, a pari merito dopo anni ed anni che ciò non accadeva ci sono Corvonero e Grifondoro! E sappiate che se ieri sera non avessi scoperto qualcuno”

 e lanciò un’occhiata a James

“in un corridoio proibito alla ricerca di divertimenti, avrebbe vinto Grifondoro.”

 James sorrise, divertito, cosa ci poteva fare se un nuovo passaggio segreto che aveva scoperto lo aveva condotto per caso lì proprio quando passava la preside? Finirono tutti di mangiare e a tutti fu augurata una buona estate. Melinda salì sul treno con Rose, Al e Scorpius, proprio come quando erano partiti. Trovarono uno scompartimento vuoto e lo presero. Dopo dieci minuti li raggiunse anche James.

“Uffa, Ted se ne va e ora io con chi farò gli scherzi? Chi mi accompagnerà fuori la notte alla ricerca di qualcosa da sgraffignare?”

 I suoi amici, tra cui suo fratello, risero tutti al sentire quelle parole. Fu Melinda a rispondere.

 “Credi davvero che ti lasceremo da solo alle tue imprese? Divisi siamo bravi, insieme non ci beccherà mai nessuno.”

 E batté il cinque a James. Rose borbottò qualcosa a proposito delle regole che sicuramente avrebbero infranto e Al disse qualcosa su loro padre che li avrebbe di sicuro uccisi, ma tutti concordarono silenziosamente su una cosa: mai avrebbero lasciato James da solo, perché era loro amico e gli amici si aiutano sempre, anche quando fanno qualcosa di stupido.

L’amicizia è coraggio, l’amicizia è sacrificio, l’amicizia è fiducia, pensò Melinda appena prima di gettarsi tra le braccia di suo fratello, l’amicizia è amore e io spero di non perderla mai. 

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Capitolo 26
*** Epilogo ***


Epiologo

 

La sala con il pavimento in marmo era gremita di persone, tutte attendevano il più grande mago oscuro del loro tempo, l’unico importante esistito dopo Lord Voldemort. Lui entrò avvolto nel mantello nero che sempre portava.

“Signori.”

Disse, piano, avvicinandosi alla tavola imbandita e prendendo posto a capotavola. Subito il silenzio serpeggiò lungo tutta la tavolata.

 “Mio signore”

 Chiese un uomo coraggioso, seduto alla destra della figura incappucciata.

 “Lamia è riuscita nel suo intento?”

Lui si tolse il mantello e lo gettò ad un elfo che apparve dal nulla. Sorrise e disse.

“No, l’ho dovuta uccidere.”

Molti mormorarono a sentire ciò.

 “Uccidere mio signore? Possiamo conoscere il motivo di tale scelta da parte tua?”

 Lui annuì.

“Stava cruciando Melinda.”

Furono in molti a trattenere il fiato, costernati.

“Ha osato ferire la ragazza?”

Chiese qualcuno dal fondo del tavolo.

“Ha implorato il mio perdono dicendo che pensava che Melinda dovesse appartenere alla casa di Serpeverde, mentre la ragazza che lei stava cruciando era chiaramente una Grifondoro.”

 Lui sorrise ancora, si sentiva maledettamente felice quella sera.

 “Possiamo chiederle, Signore, come mai la vediamo così gaio?”

 Chiese qualcun altro. Lui scoppiò a ridere, gaio non era esattamente un aggettivo che veniva spesso associato a lui.

 “Melinda si é rivelata molto brava nelle arti oscure, pensate ha appena utilizzato la sua prima maledizione senza perdono, l’Anatema che Uccide!”

Batté le mani, estasiato.

 “Inoltre grazie al nostro caro compagno Malfoy abbiamo scoperto che è ancor più potente di me per quanto riguarda la Legilimanzia e l’Occlumanzia. C’è di che essere fieri, non trovate?”

Annuirono tutti, consapevoli del fatto che Melinda era una delle loro più grandi occasioni per conquistare il mondo dei maghi. Lui levò un calice d’oro e tutti i commensali lo imitarono.

“A Melinda, la nostra arma più grande.”

Disse poi levando alto il bicchiere. Si, pensò, la mia arma. 

 

Ringraziamenti

Come sempre grazie a Deorosky per le sue recensioni e il suo entusiasmo e grazie a tutti voi, che avete letto questa storia, che l'avete inserita tra i preferiti, ricordate, seguite e da recensire. Grazie, grazie di cuore.
Sono quasi certa che non porterò a termine il progetto che prevedeva che Melinda fosse il personaggio principale di una serie e non di una singola storia, so però di aver lasciato in sospeso molte questioni, se avete domande al riguardo non esitate a pormele, per recensione o messaggio, come preferite. Detto questo mi dileguo e vi saluto, grazie ancora. 

P.S.: Il prossimo capitolo sarà una one-shot, qualcosa che ho scritto tempo fa e che mi dispiacerebbe non pubblicare, spero che possiate apprezzare!
 

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Capitolo 27
*** One-shot: Il primo di mille baci ***


Questa one-shot è temporalmente situtata 4 anni dopo l'ultimo capitolo di "Melinda Bella Moon e il Mistero degli unicorni scomparsi", non è necessario aver letto la storia per comprendere il contesto generale.  

 

Questa one-shot è dedicata a Deborosky; grazie per avermi sostenuta puntualmente durante la pubblicazione della mia prima vera e propria fun-fiction, grazie per aver recensito, grazie di tutto. 

 

Il primo di mille baci 

 

Uscirono dalla sala comune silenziosamente. Non era la prima volta che Melinda infrangeva il coprifuoco e, sicuramente, non sarebbe stata  l’ultima. D’altronde a Hogwarts doveva passarci ancora due anni. James reggeva tra le mani la mappa del malandrino e la bacchetta, un paio di deviazioni e furono fuori. L’aria era fresca nonostante fosse maggio inoltrato e le stelle rilucevano vivide. Si avviarono verso il loro posto preferito, un piccolo spiazzo nella foresta proibita. “Perché hai deciso di venire qui stanotte? Potevi andare nella sala comune di Serpeverde a piantare casini come al solito.” Chiese Melinda quando si furono accomodati su un tronco caduto. James scrollò le spalle. “Oggi hai praticamente avuto una crisi di nervi ed è difficile che tu perda la pazienza per certe cose. Ho pensato che, magari, volessi staccare e fare qualcosa di rilassante.” Melinda gli sorrise, riconoscente, poi scivolò a terra sdraiandosi sul prato fresco e prese ad osservare le costellazioni. James, invece, prese ad osservare quella ragazza, così strana, così intelligente, così bella e così … sua. Si, sua. James aveva avuto tante fidanzate nella sua vita a Hogwarts, ma aveva sempre pensato a Melinda come ad una sorella, una sorella che lo incastrava in guai più grossi di loro. Solo durante il quinto anno, quando Al aveva preso a farle una corte spietata insieme ad altri ragazzi si era accorto di quanto in realtà quella ragazza gli stesse a cuore. Durante l’estate tra il quarto ed il quinto anno era come sbocciata, i capelli erano diventati più ordinati, le sue curve si erano modellate alla perfezione e il suo intelletto, se possibile, era cresciuto. Si era accorto di amarla solo quando Rose glielo aveva sbattuto in faccia, ricordava ancora, perfettamente, le parole velenose della sua cuginetta. “James apri gli occhi! Non vuoi che lei esca con altri perché sei geloso! Ammettilo a te stesso e al mondo intero: la ami! Si vede lontano un miglio!”

James si sdraiò al fianco di Melinda, era così piccola al suo confronto, pareva uno scricciolo, uno scricciolo per cui avrebbe dato la vita. Che strano, non ho mai pensato ad altri che a me stesso, ma da quando c’è lei è tutto diverso. Fece scivolare la sua mano nella sua, un gesto che faceva spesso in quei giorni, che gli infondeva sicurezza.

Melinda sorrise, le piaceva il calore di James, i brividi che le attraversavano il corpo quando si sfioravano. In fondo, le piaceva James. Dopo parecchi minuti si girò verso di lui, lo sorprese a fissarla e gli chiese. “Come mai mi guardi?” James sembrò non trovare le parole. Ogni volta che apriva bocca la richiudeva dopo alcuni secondi. Era un fatto strano vederlo a quel modo, lui, il tipo deciso, diretto ed istintivo. Poi, improvvisamente, prese coraggio e si avvicinò a Melinda. Il tragitto verso le sue labbra fu lento, Melinda accorciò le distanze e le loro bocche, per la prima di un’infinità di volte, si incontrarono. Il primo bacio fu lieve, uno sfioramento di labbra, nulla di più. Il secondo fu più intenso, più caldo. James prese tra le mani la testa di Melinda, la sua Melinda. Affondò le mani tra quelle ciocche color della pece e la baciò profondamente, come se ne andasse della sua vita. Gli piaceva giocare con la lingua di lei, gli piaceva sentire il suo corpo contro il suo, gli piaceva assaggiare la sua pelle. Quando si staccarono Melinda aveva le guancie in fiamme e James sorrideva, in preda ad una gioia senza freni. “Ti amo.” Le sussurrò per la prima di migliaia di volte e ogni volta che avrebbe ripetuto quelle due paroline avrebbe ricordato il più bel bacio che avesse mai dato in vita sua. “Anche io.” Sussurrò Melinda, timidamente. James, sommerso dalla felicità la prese tra le braccia e la baciò di nuovo, perché era semplice, perché era naturale, perché era amore. 

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