U Smile

di Drew Bieber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ero tornata a casa da una lunga giornata di scuola, come al solito mio padre era a lavoro e la governante, Amanda, era l’unica ad accogliermi ogni volta.
Amanda:come è andata a scuola tutto bene?
Io:si tutto come al solito
 Lei si preoccupava sempre di me, di come mi sentissi, e c’era sempre per qualunque cosa. Andai in camera mia per iniziare a fare i compiti. Si fecero più o meno le 5:30 e suonò il campanello. Già sapevo chi era e Amanda mi chiamò per scendere.
Amanda: Sum (Sam) scendi c’è il tuo insegnante di pianoforte
Io non la risposi, feci finta di niente, mi chiamò più e più volte ma non scesi. Finché non salì col mio insegnate e fui costretta ad ascoltarla. Odiavo quando veniva quell’insegnante, non perché odiavo la musica e mi avevano costretta a imparare a suonare, anzi ho supplicato mio padre per un intero mese per prendere lezioni, ma il mio insegnante era un maestro di piano di gran livello ed era questa la cosa che mi infastidiva, era sempre stroppo serio e severo e io facevo di tutto per non scendere e mettermi a suonare, avvolte mi fingevo malata, altre dicevo che dovevo studiare o altre ancora uscivo di casa proprio quando lui arrivava quindi la maggior parte delle volte che veniva doveva riandarsene. La stessa cosa avveniva con l’insegnante di chitarra. Avevo detto molte volte a mio padre che volevo cambiare insegnante ma quello di piano era il sesto e quello di chitarra il quarto. Il giorno dopo, sabato, verso le 10:00 arrivò l’insegnante di chitarra ma non mi trovò.  Non mi andava proprio di suonare con quel noioso del mio professore, quindi cercai un posto dove suonare senza che nessuno mi disturbasse. Mentre camminavo sentii qualcuno che stava cantando e suonando la chitarra. Cercai di capire da dove venisse quel suono e arrivai a degli scalini su cui era seduto un ragazzo, era lui. Mi avvicinai per sentire meglio, e quando vide il mio forte interessamento si fermò.
Ragazzo: ciao
Io: ciao, sei proprio bravo
Ragazzo: grazie, suoni anche tu?
Io: diciamo di si, ho appena iniziato, e oggi avevo anche lezione ma non ho voluto farla
Ragazzo: perché?
Io: odio il mio insegnate, è troppo impaziente
Ragazzo: capisco
Io: è da molto che suoni la chitarra?
Ragazzo: si, 3 anni
Io: davvero, senti mi faresti un favore?
Ragazzo: certo dimmi pure
Io: mi insegneresti un po’ le basi?
Ragazzo: non c’è problema
Io: grazie, che dici se andiamo al parco?
Ragazzo: si come vuoi
Quel ragazzo era proprio gentile e simpatico. Arrivati al parco ci sedemmo sulla panchina e presi la chitarra. In meno di un’ora feci cinque lezioni, e pensare che col mio insegnante privato in due ore non ne avrei conclusa neanche mezza. Lui riusciva a spiegarmi tutto in modo più semplice, ma tra una nota e l’altra il tempo passò e sentii il telefono squillare.
Io: pronto
Amanda: Sum ma dove sei finita sei fuori da molto, tuo padre è preoccupatissimo ha provato a chiamarti tantissime volte sul cellulare ma tu non lo rispondevi, è furioso
Io : Amanda, sono semplicemente uscita a fare una passeggiata tra poco torno non preoccuparti
Amanda: veramente tuo padre ha mandato Robert (collaboratore e grande amico di mio padre) a cercarti
Io: ok ciao
Amanda: ciao
Ragazzo: ci sono dei problemi?
Io: mio padre, è arrabbiato con me perché sono di nuovo uscita di casa senza avvertirlo
Ragazzo: devi tornare?
Io: si, purtroppo
Ragazzo: se vuoi ti posso accompagnare
Io: non ti preoccupare se hai altro da fare non sei costretto
Ragazzo: no posso accompagnarti, sempre che tu voglia
Io: certo
Ci incamminammo verso casa mia, ma mentre passeggiavamo l’auto di mio padre si fermò vicino a me. Era Robert
Robert: Sum eccoti, su forza sali in macchina devi tornare subito a casa
Io: ma io …
Robert: tu niente devo accompagnarti sbrigati
Io: scusa devo andare
Ragazzo: non ti preoccupare,  vai pure
Io: ok, grazie per essere stato così gentile come me, ciao
Ragazzo: di nulla, è stato un piacere, ciao
Appena arrivai a casa mio padre mi sgridò per due ore e mi mise in punizione. Lui non riusciva a capire, mi sentivo sola, le mie compagne di scuola erano tutte antipatiche,  interessate solo ad essere popolari, non uscivo mai, e l’unico mio sfogo poteva essere la musica, ma nella mia situazione era diventata un’altra tortura. Quella sera pensai a ciò che mi era successo. A quel ragazzo, che mi aveva fatto ridere e che mi aveva fatto divertire per la prima volta suonando la chitarra. Non facevo altro che sorridere ero felicissima di averlo conosciuto. Amanda, ogni sera, come sempre, passò per la mia stanza. Capì subito che c’era qualcosa di diverso in me.
Amanda: ehi Sum, è una mia impressione o sei più felice del solito?
Io: Amanda non immagini neanche lontanamente cosa mi è successo oggi
Amanda: dai racconta
Io: sta mattina, quando sono uscita ho incontrato un ragazzo che stava cantando, abbiamo parlato e visto che sapeva suonare la chitarra gli ho chiesto se poteva insegnarmi qualcosa e siamo andati nel parco. Oh era così dolce e così simpatico
Amanda: fantastico e come si chiama?
Io: è vero, non gli ho chiesto il nome, uffa
Amanda: dai sicuramente lo rincontrerai e gli chiederai come si chiama, ma dimmi come era?
Io: beh, era alto, con i capelli biondo scuro e dei meravigliosi occhi color caramello, ma mi chiedevo cosa ci facesse su quegli scalini
Amanda: cosa vuoi dire?
Io: perché un ragazzo dovrebbe suonare per la strada?
Amanda: non lo so forse …
Io: forse cosa?
Amanda: per caso … hai visto non so … aveva qualcosa vicino a lui tipo un contenitore?
Io: no, solo la custodia della chitarra
Amanda: e c’erano delle persone attorno a lui che lo ascoltavamo?
Io: si, più o meno una decina
Amanda: e vedevi se quelle persone mettevano dei soldi nella custodia della chitarra?
Io: si, la maggior parte delle persone si, e anche qualche passante, ma perché, dove vuoi arrivare?
Amanda: senti Sum, forse c’è la possibilità che … beh può darsi che lui sia povero e stava lì per guadagnare qualcosa
Quando Amanda mi disse quelle cose, mi sentii triste, un ragazzo apparentemente felicissimo, povero. Mi dispiaceva avergli solo detto un misero grazie per aver perso tempo con me, dovevo fare qualcosa. Amanda se ne accorse e dopo avermi augurato la buona notte mi lasciò ai miei pensieri. Non riuscivo a dormire, sentivo qualcosa al cuore, come un vuoto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Amanda: Sum svegliati, sono le 10.00, vieni a fare colazione
La voce di Amanda interruppe il mio sonno e mi svegliai. Scesi in cucina e mi sedetti al tavolo. Mio padre si era rinchiuso nel suo studio per sistemare delle carte per il lavoro, come al solito. Finii di mangiare e risalii al piano di sopra per prepararmi anche sapevo che non potevo uscire. Rimasi in camera mia continuavo ancora a pensare a quel ragazzo. Desideravo intensamente di rivederlo, dovevo tornare da lui. Non potevo passare per l’ingresso principale dato che c’era Robert seduto in salotto e neanche per la cucina dove c’era Amanda, ma allora come avrei fatto ad uscire? Poi mi venne un’idea. Misi dei cuscini sotto le coperte così avrebbero pensato che stavo ancora dormendo. Aprii la finestra e uscii. Camminai sulla tettoia fino ad arrivare sull’entrata principale e saltai. Mi misi subito a correre verso gli scalini dove incontrai per la prima volta quel ragazzo con la speranza di rincontrarlo, e infatti era lì. Mi fermai a qualche metro di distanza e ripresi fiato mi vide e mi venne vicino.
Ragazzo: ciao
Io: ciao
Ragazzo: sei la ragazza di ieri
Andammo a sederci nello stesso parco dove c’eravamo seduti il giorno precedente, sulla stessa panchina e gli raccontai cosa era successo
Ragazzo: così sei venuta a cercarmi nonostante tuo padre ti avesse proibito di uscire, mi dispiace
Io: per cosa?
Ragazzo: a causa mia hai fatto troppo tardi e tuo padre si è arrabbiato con te
Io: non è vero è stata colpa mia, sono stata io a chiederti di insegnarmi a suonare, tu mi hai solo fatto un grande favore. Ah, a proposito di  questo come posso ringraziarti
Ragazzo: per cosa?
Io: per aver perso tempo con me per insegnarmi a suonare
Ragazzo: ah, no non ti preoccupare non è il caso l’ho fatto con piacere
Io: no dai non è giusto devo sdebitarmi in qualche modo per favore
Ragazzo: non importa davvero
Io: e invece si
Ragazzo: smettila se no non ti parlo più ok?
Io: ma …
Ragazzo: guarda che dico sul serio
Io: ok come vuoi hai vinto
Ragazzo: comunque io sono Justin, Sum giusto?
Io: hai sentito l’amico di mio padre chiamami così?
Justin: si, non sono riuscito a togliermi questo nome dalla testa ieri sera
Io: in realtà mi chiamo Summer e per gli amici Sum
Justin: e io come devo chiamarti?
Io: Sum ovvio
Justin: quindi ora siamo amici?
Io: si sempre se vuoi essere mio amico
Justin: certo
Passeggiammo a lungo per il parco, ma ogni secondo sembrava un’ora era bello sentirlo parlare anche se non sapevo niente di lui dal modo in cui mi parlava sembrava ci conoscessimo da sempre, ma presi dalla conversazione Justin inciampò e cadde con il polso destro su una pietra e il suo corpo sopra. Lo aiutai ad alzarsi e gli fece leggermente male il polso ci misi dell’acqua fredda sopra e poi iniziò a gonfiarsi e a fare sempre più male, probabile che se lo sia slogato o peggio. Casa mia non era molto lontana dal parco e anche se sapevo che mi sarei cacciata nei guai accompagnai Justin. Per fortuna mio padre non c’era e neanche Robert. Amanda chiamò il medico di famiglia, per fortuna non era nulla di grave, solo una leggera slogatura. Misi del ghiaccio sul polso e andai a prendere delle bende nell’altra stanza, Amanda mi seguì.
Amanda: Sum eri di nuovo con quel ragazzo vero? Guarda che sei nei guai
Io: mio padre se ne è accorto che ero scappata
Amanda: no, ma io si e stava per scoprirlo. Sum quando tornerà e vedrà quel ragazzo capirà che sei uscita nonostante te lo avesse vietato
Io: si ma … io …
Amanda: volevi rivederlo
Io: già
Amanda: dai vai quel ragazzo forza
Ritornai da Justin, mi sedetti accanto a lui e gli fasciai il polso mettendogli la pomata del medico per far passare il dolore.
Justin: è tutta colpa mia ora
Io: come?
Justin: ho sentito e quando tuo padre tornerà si arrabbierà di nuovo con te quando invece dovrebbe prendersela con me
Io: non ti preoccupare, non mi importa più di tanto
Justin: ma come?
Io: a lui non importa nulla di me, mi fa la predica solo per dimostrare che sa fare bene il suo dovere di padre ma non è altro che una finta
Justin: tu almeno un padre ce l’hai
Io: e tu almeno hai una madre
Finite di dire quelle parole Justin abbassò lo sguardo e il suo divenne triste. La porta si aprì e mio padre entrò felice di vedermi in casa, pensava che ero rimasta dentro senza uscire come mi aveva ordinato, ma quando vide Justin diventò confuso
Padre: Sum chi è questo ragazzo?
Io: papà è …
Amanda si intromise salutando mio padre
Amanda: oh signore è tornato le presento Justin mio nipote
Amanda stava fingendo per proteggermi, come sempre, lei era sempre dalla mia parte. Io e Justin restammo al gioco
Padre: e come mai è qui?
Amanda: è venuto per salutarmi, sa non ci vediamo da molto
Padre: capisco … tu invece non ti sei mossa di casa giusto Sum
Io: si … sono rimasta qui tutto il tempo
Padre: è strano che tu mi abbia obbedito
Io: non avrei dovuto forse?
Padre: no assolutamente e visto che mi hai ascoltato ti esonero dalla punizione … ora vado nello studio
Era andato tutto liscio, mio padre non si era accorto di nulla. Justin dovette ritornare a casa e lo accompagnai fino a destinazione. Mi invitò ad entrare ma era tardi e dovevo andare così ci salutammo e mi incamminai. Mi padre era davvero soddisfatto di come mi ero comportata, ma volevo dirgli tutto, tutta la verità anche se poi si sarebbe di nuovo arrabbiato. Era nel suo studio come al solito e gli parlai
Io: papà devo dirti una cosa importante
Padre: certo dimmi pure Sum
Io: ecco … è a riguardo di quel ragazzo Justin
Padre: si, il nipote di Amanda
Io: beh … lui … lui non è suo nipote
Padre: ma come? Amanda ha detto che lo era
Io: lo ha fatto per coprirmi
Padre: come?
Io: ieri quando … quando sono uscita l’ho sentito suonare e gli ho chiesto se mi insegnava e abbiamo fatto amicizia e sta mattina io sono uscita per la finestra della mia stanza per ritornare da lui perché volevo rivederlo, ma mentre stavamo passeggiando per il parco lui è caduto e si è leggermente slogato il polso e l’ho portato qui per medicarglielo poi sei arrivato tu.
Padre: quindi tu hai violato i miei ordini e hai portato a casa uno sconosciuto
Io: papà era ferito cosa potevo fare non potevo lasciarlo nel parco da solo no?
Padre: comunque non hai rispettato i miei ordini e sei uscita nonostante te l’avessi vietato
Io: papà io non voglio più prendere lezioni di musica
Padre: no Sum tu non devi più prendere lezioni, io faccio di tutto per renderti felice, accontento ogni tuo capriccio e tu mi ripaghi così
Io: papà tu mi accontenti solo perché così non mi hai tra i piedi e puoi pensare solo al tuo lavoro di me non ti importa non ti è mai importato
Padre: Sum non dire sciocchezze non è così
Io: invece si e lo sai, dimmi quando è stata l’ultima volta che hai passato del tempo con me, che mi hai ascoltata, tu non ti sei mai interessato a me perché non mi vuoi bene 
Detto questo sbattei la porta dell’ufficio e corsi in camera mia piangendo. Dopo un po’ sentii la porta aprirsi e mio padre entrò avvicinandomi al mio letto
Padre: ehi … Sum tutto bene?
Io: lasciami stare
Padre: mi dispiace se pensi che io non ti voglia bene
Io: …
Padre: sai da quando tua madre ci ha lasciati … tutto per me è diventato più difficile, lei ti capiva io non ci riesco, non riesco mai a starti vicino per sentire se sei triste o felice, ti ho data troppo per scontato e mi dispiace, non mi sono mai preoccupato di come potessi sentirti … sono uno stato un egoista, ti prego … perdonami, non voglio che tu mi odi
Io: ma io non ti odio, io ti voglio bene
Padre: anch’io te ne voglio
Io: scusami per averti detto quelle cose orribili
Padre: non preoccuparti, però non ho capito perché tu mi abbia detto di non voler più studiare musica
Io: perché non sopporto i miei insegnati
Padre: anche questi oh Sum non possiamo sempre cambiare all’infinito
Io: papà io però conosco qualcuno che mi insegni a suonare la chitarra
Padre: a si, e chi è?
Io: Justin
Padre: quel ragazzo che avete fatto passare per il nipote di Amanda
Io: si proprio lui … vedi lui suona per strada perché …
Padre: è povero giusto?
Io: già e poi è stato gentilissimo con me, mi ha insegnato a suonare la maggior parte delle note è un bravissimo insegnante ti prego papà voglio che mi insegni lui, per favore e poi devo anche trovare il modo per sdebitarmi dai
Padre: si per me va bene però devi parlarne con lui e con i suoi genitori e poi c’è un altro problema, chi ti insegna piano?
Io: Amanda lo sa suonare
Padre: beh allora è tutto risolto Justin ti insegnerà chitarra e Amanda pianoforte
Io: oh grazie papà, domani andrò a chiedergli se accettano
Padre: ok ora però dormi è tardi forza, buona notte
Io: notte
Mi addormentai con il cuore che stava per scoppiare di felicità non potevo crederci Justin sarebbe diventato il mio insegnante era troppo bello per essere vero!!!
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Erano le 7:30, mi ero appena svegliata e quando vidi l’ora mi precipitai in bagno per preparami per andare a scuola, scesi velocemente le scale e entrai in macchina. Sono arrivata giusto in tempo. Le ora passarono in fretta e senza rendermene conto ero già in mensa con le mie diciamo amiche perché in realtà non lo erano, avevano fatto amicizia con me solo per essere popolari dato che conoscevo tutta la scuola, ma comunque con loro avevo un buon rapporto ma non avrei mai raccontato i miei segreti più importanti, sapevo che li avrebbero detti a chiunque. L’ultima campanella era suonata ed era da più o meno 5 minuti che aspettavo Robert per venirmi a prendere poi sentii il telefono squillare e risposi.
Io: papà che c’è?
Padre: Sum senti Robert non può venirti a prendere perché mi ha dovuto accompagnare ad una riunione importantissima. Mi dispiace ma devi tornare a casa da sola ok?
Io: Ok papà ciao
Io: ciao
E così dovetti fare tutta la strada a piedi ma non mi dispiaceva, ero sola con i miei pensieri ovviamente tutti dedicati a Justin, non vedevo l’ora di rincontrarlo. Stavo per girare nella stradina che portava al mio isolato finché mi scontrai con un ragazzo che stava venendo anche lui nella mia direzione. Avevo alcuni libri in mano e anche lui che però caddero all’urto dei nostri corpi. Mi abbassai a prenderli e anche quel ragazzo ma quando sentii la sua voce chiedermi scusa alzai lo sguardo e mi accorsi che quel ragazzo era Justin.
Io: Justin … sei tu?
Justin: Sum?
Io: che ci fai qui?
Justin: stavo tornando a casa tu?
Io: anch’io
Per pochi minuti ci guardammo mentre le nostre mai erano ferme una sopra l’altra. Dopo aver raccolto le nostre cose percorremmo la strada insieme
Justin: possibile che noi due in un modo o nell’altro dobbiamo sempre incontrarci
Io: già è vero però non mi dispiace
Justin: neanche a me … mi piace stare in tua compagnia
Io: lo stesso vale per me
Senza accorgermene arrivai a casa e fui costretta a salutarlo. Appena entrai raccontai tutto ad Amanda e mi ricordò che dovevo chiedere quella cosa a Justin. Ma lui se ne era già andato. Erano le 6:15 e stavo studiando, sentii il campanello suonare ma rimasi in camera mia non mi interessava chi era. Scesi per prendermi da bere e mentre percorrevo le scale vidi Justin sulla soglia della porta parlare con Amanda. La sorpresa era così grande che non sentii neanche ciò che stavano dicendo e d’istinto gli andai vicino. Era venuto perché quando ci eravamo scontrati prima lo aveva preso per sbaglio ed era venuto a riportarmelo. Aveva la sua chitarra nella custodia e intuii che stava per andare per strada a suonare, ma lo feci entrare e salimmo in camera mia.
Justin: hai proprio una casa bellissima sai?
Io: grazie però a me non sembra niente di speciale forse perché ci sono abituata
Justin: sicuramente
Io: Justin … io volevo chiederti una cosa
Justin: certo dimmi pure
Io: io … io vorrei … che tu mi insegnassi a suonare
Justin: a suonare? La chitarra? cioè tu vuoi che io sia il mio insegnante di musica?
Io: si, sempre che a te faccia piacere
Justin: non lo so è che …
Io: Justin dimmelo ti prego … di me puoi fidarti
Justin: beh io sono povero, mia madre mi ha comprato questa chitarra perché lei sa che io tengo molto alla musica e ha rinunciato a molte cose per comprarmela … e io suono per strada per … per fare soldi in modo che lei possa riavere tutto ciò a cui ha rinunciato
Mentre parlava gli occhi gli diventarono lucidi, mi dispiaceva tantissimo per la sua situazione e dovevo aiutarlo
Io: Justin, tu con me sei sempre stato gentile, dolce e nonostante tutti i tuoi problemi hai sempre avuto il sorriso, io voglio fare qualcosa per te … ti prego … lascia che ti aiuti
Justin: grazie Sum … grazie davvero
Io: di niente
Restò u po’ a parlare con me, si fece sera e arrivò mio padre. Justin ritornò a casa accompagnato da Robert. Il giorno dopo sarebbe tornato a casa mia e mi avrebbe insegnato a suonare. Sarebbe stato così per molto tempo e la cosa mi entusiasmava. Passarono giorni, settimane, mesi e io e Justin eravamo sempre più uniti. Iniziò a prendere lezioni di pianoforte con me, diventando sempre più bravo, infatti quando Amanda non poteva era lui mi insegnava a suonare alcune composizioni.
Oggi è sabato. Sono le 11.00 e Justin doveva essere qui già da mezz’ora. Mi chiedevo cosa fosse successo e lo chiamai. Sua madre, malata da un po’ di tempo, era morta per un tumore. La sua foce era soffocata, singhiozzava e sembrava stesse per svenire. Il giorno dopo ci furono i funerali. Per la prima volta vidi Justin senza sorriso, ma con un espressione indescrivibile, era come morta, vuota, priva di significato. Ora che sua madre non c’era più e non avendo nessun altro che potesse prendersi cura di lui l’unica alternativa era andare in orfanotrofio. Quando me lo disse non volevo crederci. Se sarebbe andato in un orfanotrofio io non lo avrei più potuto rivedere, non gli avrei più parlato, non avrei più suonato con lui, sarei rimasta sola come prima. Mio padre vedendomi così abbattuta mi fece una proposta.
Padre: Sum senti un modo per lasciare Justin ci sarebbe
Io: davvero? E qual è? Dimmelo papà
Padre: beh noi potremmo prenderlo in custodia così lo adotteremo e lui diventerà il tuo fratellastro così verrà a vivere qui, anch’io mi sono affezionato molto a lui come Amanda e Robert quindi a me sta bene e a te?
Io: grazie papà grazie
Quando diedi la notizia a Justin lui era d’accordo e presto venne a vivere con noi. Iniziò anche a frequentare la mia stessa scuola ma ci volle del tempo per fargli dimenticare la morte di sua madre. Io: papà che c’è? Padre: Sum senti Robert non può venirti a prendere perché mi ha dovuto accompagnare ad una riunione importantissima. Mi dispiace ma devi tornare a casa da sola ok? Io: Ok papà ciao Io: ciao E così dovetti fare tutta la strada a piedi ma non mi dispiaceva, ero sola con i miei pensieri ovviamente tutti dedicati a Justin, non vedevo l’ora di rincontrarlo. Stavo per girare nella stradina che portava al mio isolato finché mi scontrai con un ragazzo che stava venendo anche lui nella mia direzione. Avevo alcuni libri in mano e anche lui che però caddero all’urto dei nostri corpi. Mi abbassai a prenderli e anche quel ragazzo ma quando sentii la sua voce chiedermi scusa alzai lo sguardo e mi accorsi che quel ragazzo era Justin. Io: Justin … sei tu? Justin: Sum? Io: che ci fai qui? Justin: stavo tornando a casa tu? Io: anch’io Per pochi minuti ci guardammo mentre le nostre mai erano ferme una sopra l’altra. Dopo aver raccolto le nostre cose percorremmo la strada insieme Justin: possibile che noi due in un modo o nell’altro dobbiamo sempre incontrarci Io: già è vero però non mi dispiace Justin: neanche a me … mi piace stare in tua compagnia Io: lo stesso vale per me Senza accorgermene arrivai a casa e fui costretta a salutarlo. Appena entrai raccontai tutto ad Amanda e mi ricordò che dovevo chiedere quella cosa a Justin. Ma lui se ne era già andato. Erano le 6:15 e stavo studiando, sentii il campanello suonare ma rimasi in camera mia non mi interessava chi era. Scesi per prendermi da bere e mentre percorrevo le scale vidi Justin sulla soglia della porta parlare con Amanda. La sorpresa era così grande che non sentii neanche ciò che stavano dicendo e d’istinto gli andai vicino. Era venuto perché quando ci eravamo scontrati prima lo aveva preso per sbaglio ed era venuto a riportarmelo. Aveva la sua chitarra nella custodia e intuii che stava per andare per strada a suonare, ma lo feci entrare e salimmo in camera mia. Justin: hai proprio una casa bellissima sai? Io: grazie però a me non sembra niente di speciale forse perché ci sono abituata Justin: sicuramente Io: Justin … io volevo chiederti una cosa Justin: certo dimmi pure Io: io … io vorrei … che tu mi insegnassi a suonare Justin: a suonare? La chitarra? cioè tu vuoi che io sia il mio insegnante di musica? Io: si, sempre che a te faccia piacere Justin: non lo so è che … Io: Justin dimmelo ti prego … di me puoi fidarti Justin: beh io sono povero, mia madre mi ha comprato questa chitarra perché lei sa che io tengo molto alla musica e ha rinunciato a molte cose per comprarmela … e io suono per strada per … per fare soldi in modo che lei possa riavere tutto ciò a cui ha rinunciato Mentre parlava gli occhi gli diventarono lucidi, mi dispiaceva tantissimo per la sua situazione e dovevo aiutarlo Io: Justin, tu con me sei sempre stato gentile, dolce e nonostante tutti i tuoi problemi hai sempre avuto il sorriso, io voglio fare qualcosa per te … ti prego … lascia che ti aiuti Justin: grazie Sum … grazie davvero Io: di niente Restò u po’ a parlare con me, si fece sera e arrivò mio padre. Justin ritornò a casa accompagnato da Robert. Il giorno dopo sarebbe tornato a casa mia e mi avrebbe insegnato a suonare. Sarebbe stato così per molto tempo e la cosa mi entusiasmava. Passarono giorni, settimane, mesi e io e Justin eravamo sempre più uniti. Iniziò a prendere lezioni di pianoforte con me, diventando sempre più bravo, infatti quando Amanda non poteva era lui mi insegnava a suonare alcune composizioni. Oggi è sabato. Sono le 11.00 e Justin doveva essere qui già da mezz’ora. Mi chiedevo cosa fosse successo e lo chiamai. Sua madre, malata da un po’ di tempo, era morta per un tumore. La sua foce era soffocata, singhiozzava e sembrava stesse per svenire. Il giorno dopo ci furono i funerali. Per la prima volta vidi Justin senza sorriso, ma con un espressione indescrivibile, era come morta, vuota, priva di significato. Ora che sua madre non c’era più e non avendo nessun altro che potesse prendersi cura di lui l’unica alternativa era andare in orfanotrofio. Quando me lo disse non volevo crederci. Se sarebbe andato in un orfanotrofio io non lo avrei più potuto rivedere, non gli avrei più parlato, non avrei più suonato con lui, sarei rimasta sola come prima. Mio padre vedendomi così abbattuta mi fece una proposta. Padre: Sum senti un modo per lasciare Justin ci sarebbe Io: davvero? E qual è? Dimmelo papà Padre: beh noi potremmo prenderlo in custodia così lo adotteremo e lui diventerà il tuo fratellastro così verrà a vivere qui, anch’io mi sono affezionato molto a lui come Amanda e Robert quindi a me sta bene e a te? Io: grazie papà grazie Quando diedi la notizia a Justin lui era d’accordo e presto venne a vivere con noi. Iniziò anche a frequentare la mia stessa scuola ma ci volle del tempo per fargli dimenticare la morta di sua madre.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Qualche mese dopo.
Io Justin
Justin: ciao Sum
Io: vieni con me
Justin: aspetta Sum sto mangiando
Io: mi serve il tuo aiuto
Justin: non ora ho fame e voglio mangiare
Io: mangi troppo ho devi aiutarmi ti prego
Justin: e va bene che ti serve?
Io: hai presente quel libro che ti ho prestato?
Justin: quello su cui dovevo fare la relazione?
Io: si proprio quello, mi serve
Justin: perché?
Io: mi sono ricordata che anch’io dovevo fare la relazione su quel libro
Justin: ma tu non l’hai fatta
Io: è questo il punto, Justin mi devi ridare quel libro subito è questione di vita o di morte per favore
Justin: si certo te lo do ma per quando è la relazione?
Io: per la prossima ora
Justin: ma non ce la farai a leggere tutto il libro e fare la relazione in tempo
Io: lo so però che posso fare
Justin: vieni con me ti do la mia
Io: cosa ma tu come farai?
Justin: non importa dai tieni
Io: ma Justin …
Justin: no a te serve la relazione quindi tieni
Io: grazie
Il suono della campanella annunciò la fine della ricreazione e tutti tornarono nelle loro classi. Justin doveva fare la relazione su un libro che gli avevo prestato ma dovevo farla anch’io e presentarla alla prossima ora Justin invece ora, ma grazie a me non l’aveva più e mi dispiaceva. Tornai nella mia classe e chiesi al prof se potevo uscire per fare una cosa importante. Justin intanto aveva iniziato la lezione e doveva leggere la relazione, stava per dire non l’aveva fatta quando entrai io e diedi la relazione a Justin con suo grande stupore, mi avvicinai al suo orecchio e gli sussurrai “grazie per il tuo aiuto”. Tornammo a casa. Justin non sapeva perché gli avessi riportato la relazione.
Justin: perché mi hai ridato la relazione?
Io: perché ti serviva
Justin: si ma anche a te
Io: infatti mi è servita
Justin: come?
Io: prima di arrivare in classe ho fatto la fotocopia e poi te l’ho riportata
Mi avvicinai a lui e gli diedi un bacio sulla guancia e andai in camera mia. Qualche ora dopo Justin salì ed entrò con il telefono in mano. Mio padre lo aveva appena chiamato dicendoci che domani non dovevamo andare a scuola perché saremmo andati a fare due settimane bianche. Io e Justin felicissimi iniziammo a preparare tutto per la partenza e finimmo più tosto tardi. Prima che Justin se ne tornasse in camera sua mi abbracciò forte dicendomi “ti voglio bene” e se ne andò. Il giorno dopo eravamo pronti a partire e arrivammo dopo qualche ora all’albergo. Il posto era stupendo e io e Justin andammo a fare un giro nei dintorni. Il primo e il secondo giorno passarono subito ovviamente sciammo, pattinammo e tante passeggiate. Il terzo giorno mentre io e Justin passeggiavamo tra i boschi di una montagna trovammo un laghetto ghiacciato. Per fortuna avevo portato i miei pattini e mentre danzavo sul ghiaccio Justin mi guardava non sapendo pattinare. Tornammo più volte in quel posto ma visto che per un giorno mi dimenticai i pattini andammo a passeggiare oltre il lago per altri boschi ma mentre correvo su una parte di neve friabile caddi in una buca. Non riuscivo a camminare e Justin mi portò quindi a casa in braccio. Mio padre mi portò subito in un ospedale, avevo una forte slogatura. Ero costretta a restare a casa senza muovermi con la caviglia fasciata e Justin per colpa mia fu costretto a restare a casa con me.
Io: perché non esci non sei costretto a stare con me se non vuoi
Justin: non mi diverto se non ci sei tu
Per fortuna Justin aveva portato con se la chitarra quindi mi cantava sempre le mie canzoni preferite. Ogni volta che lo sento cantare mi sento meglio. La sua voce è bellissima.
Io: hai davvero una bella voce
Justin: grazie però sai una cosa?
Io: cosa?
Justin: io non ho mai sentito la tua
Io: e non la sentirai mai
Justin: perché?
Io: perché io non canto, non sono brava
Justin: e chi lo dice? dai Sum voglio sentirti cantare
Io: no mi vergogno
Justin: però io no quindi neanche tu
Io: ma tu sei un caso a parte
Justin: perché?
Io: tu sei bravo a cantare
Justin: e so che anche tu lo sei
Io: no non è vero
Justin: ok non mi importa che hai una brutta voce voglio sentirti
Io: scordatelo
Justin: allora me ne vado e non ti canto più niente
Io: no aspetta, va bene hai vinto, come vuoi
Justin: brava Sum
Io: allora cosa devo cantarti?
Justin: vediamo … So Sick di Ne Yo la sai?
Io: si che la so
Justin: allora canta forza
And I'm so sick of love songs
So tired of tears
So done with wishing you were still here
Said I'm so sick of love songs so sad and slow
So why can't I turn off the radio?

Gotta fix that calender I have
That's marked July 15th
Because since there's no more you
There's no more anniversary
I'm so fed up with my thoughts of you
And your memory
And how every song reminds me
Of what used to be

That's the reason I'm so sick of love songs
So tired of tears
So done with wishing you were still here
Said I'm so sick of love songs so sad and slow
So why can't I turn off the radio?

Justin: …
Io: allora sono brava?
Justin: …
Io: Justin mi rispondi
Justin: Sum tu … tu sei bravissima
Io: come no certo
Justin: no non sto scherzando hai una voce stupenda, meravigliosa
Io: davvero? Non me ne ero mai accorta
Justin: è fantastica, sei fantastica
Io: cosa?
Justin: no no niente … lascia perdere
Io: Justin ti senti bene?
Justin: certo non ti preoccupare non è nulla
Io: ok se lo dici tu
Justin: senti è tardi meglio se vado a dormire
Io: ma è appena mezza notte
Justin: beh sono un po’ stanco quindi … notte
Io: notte
Non avevo sonno e mi misi a vedere un po’ di tv. Non capivo perché Justin era diventato così strano era come incantato, quando ho cantato ho visto che gli occhi gli brillavamo e mi guardava estasiato come se stesse sentendo la voce più bella che potesse esistere. Non capivo. Spensi la tv, erano le 2.05 e mi annoiavo a morte quando notai che Justin aveva lasciato la chitarra sul divano e mi misi a suonare e cantare. Le note di So Sick risuonavano nella stanza, mi sentivo così felice, così libera, così bene. Era da tantissimo che non provavo quella sensazione, le mani si muovevano da sole e la voce usciva come se tutto fosse in automatico sembrava il mio corpo sapeva cosa fare, era naturale. Ad un tratto interruppi la canzone e presi il mio diario dove tengo tutte le cose a me care. Presi un foglio e lo aprii, tornai sul divano, presi la chitarra e seguii le note, la canzone la sapevo a memoria e poco alla volte mi persi in quella melodia cantando sempre più forte, con la giusta tonalità senza abbassare la foce per non farmi sentire senza accorgermene Justin era entrato e mi stava ascoltando senza interrompermi. Mi ascoltava con attenzione e esaminava tutte le parole, sognava a occhi aperti e il testo in poco tempo divenne il suo mondo, ma senza accorgersene si avvicinava sempre di più a me come se era attratto finché non me lo ritrovai avanti. Io mi fermai ma lui mi fece continuare. Viveva della mia canzone. Quando finii non disse nulla e neanche io. Parlavamo con lo sguardo e sicuramente riuscivamo a dirci più delle parole. Mi alzai per posare la chitarra.
Justin: è davvero una canzone stupenda
Io: grazie
Justin: l’hai scritta tu?
Io: mia madre
Justin: ti manca?
Io: tantissimo
Justin: come ti capisco
Io: anche a te manca la tua?
Justin: più di quanto potessi immaginare
Io: quando è morta mia madre non pensavo che la mia vita sarebbe cambiata così tanto
Justin: anch’io però da una parte sono felice
Io: perché?
Justin: perché ci sei tu
Io: davvero?
Justin: mi rendi felice … ogni volta che sto con te
Io:  anche tu … per questo ti chiedo di cantare per me … mi fai sentire meglio
Justin: ti voglio tanto bene
Io: ti voglio bene anch’io

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


La settimana sulla neve e finita e ora sono di nuovo a casa (anche se è giovedì). Lo so dovrei essere a scuola ma la caviglia mi faceva ancora tanto male, in realtà era tutta una finta stavo benissimo, però perché perdersi una buonissima scusa come questa e rendersi più dura la vita con i prof e poi Amanda mi vizia continuamente, non fa altro che servirmi e riverirmi e tutto troppo bello e sarebbe perfetto se mio padre si dimenticasse di me, continua a dirmi ‘potresti andare a scuola a me sembra che tu stia molto meglio’ e a me tocca la parte della vittima che mi viene anche molto bene, sono un’attrice nata ahahahah. Ora sono con Justin, appena tornato da scuola, e mi sta facendo i compiti, già perché visto che abbiamo alcuni prof in comune lui mi prende in compiti, ma io non posso farli ovviamente perché il dolore alla caviglia è così forte che mi distoglie dal pensare, quindi addio compiti. Sono un genio ahahahahah. Ecco Amanda che mi porta i miei pop corn, tra poco inizierà il mio film preferito e un fil senza pop corn con è un vero film.
Io: ah che buoni questi pop corn
Justin: beato chi può dirlo
Io: a che punto stai con i miei compiti Justin?
Justin: ho quasi finito
Io: datti una mossa dai dei troppo lento
Justin: io non la sopporto più (sottovoce)
Io: hai detto qualcosa Justin?
Justin: no niente a parte che sono davvero felice di fare i compiti al posto tuo
Io: ne sono felice, ma d’altra parte cosa vuoi aspettarti da una persona generosa come me
Ore dopo
Amanda: ragazzi la cena è pronta
Io e Justin scendiamo o meglio Justin scende con me in braccio, perché sto davvero troppo male per camminare da sola. Ci sediamo e dopo un po’ arriva mio padre. Come sempre chiede a me e a Justin come è andata. Justin racconta tutta la sua avventura nel posto sperduto e pericoloso che è la scuola, io invece ho passato tutto il giorno in piscina (quella sotterranea) con Amanda che mi portava continuamente da bere, è stato fantastico era da tanto che non mi sentivo così bene, dovevo averla prima questa idea. E mentre mi facevo tante idee su quello che avrei potuto fare nei prossimi giorni l’orribile domanda di papà invase i miei pensieri.
Padre: allora Sum dopo questo trattamento domani potrai tornare a scuola no?
 Ovviamente quella era l’ultima cosa che volevo e quindi dovetti fingere, ma mio padre non credendoci mi disse che sarei tornata a scuola lunedì. Passai tutta la sera a guardare film con Justin, era il terzo film della serata e non avevo per niente sonno, erano le 01.30. Dopo qualche ora iniziavo ad essere stanca e senza rendermene conto mi appoggiai sulla spalla di Justin e mi addormentai. Il giorno dopo mi svegliai nel mio letto con Justin seduto avanti a me.
Justin: finalmente ti sei svegliata
Io: che ore sono?
Justin: le 11.30
Io: ma tu non dovresti essere a scuola?
Justin: infatti ci sono andato, ma oggi c’era l’assemblea
Io:  ah … ma ieri non mi ero addormentata sul divano? Come sono finita qui?
Justin: ti ci ho portata io. Ti va di fare una passeggiata al parco?
Ed ora eccoci al parco a passeggiare. Stranamente è pieno di ragazzi e ragazze che passeggiano sottobraccio, abbracciati o per mano chissà perché, cioè lo so che sicuramente è perché sono fidanzati ma è strano vederne così tanti. Poi Justin mi chiede se sabato ho da fare. Io gli dico di no e gli chiedo perché. Vuole invitarmi al ballo per San Valentino. Ora capisco tutte quelle coppie e iniziò a provare un po’ d’imbarazzo a stare con Justin. Insomma gli altri non sanno che siamo fratelli e quindi potrebbero pensare che io e lui stiamo insieme anzi io e lui siamo amici, solo e soltanto amici niente di più o almeno spero. Justin si accorge del mio imbarazzo perché ogni volta che passa qualcuno arrossisco e mi scosto da lui e ne capisce anche la causa. Allora torniamo a casa e scendiamo giù in piscina per fare un bagno, poi risale perché ha dimenticato l’asciugamano e qualche minuto sento la vibrazione del suo telefono: è un messaggio. Glielo ha scritto Sean, un suo amico che gioca nella squadra di basket con Justin. Lo leggo: ‘ehi ciao hai detto a Tory del ballo?’. Già il ballo, non avevo ancora dato una risposta a Justin e mentre pensavo a ciò che gli avrei detto arrivò e interruppe i miei pensieri appoggiando una mano sulla mia spalla. Gli diedi il telefono dicendogli che gli era arrivato un messaggio. Mentre lui lo leggeva io mi misi sul bordo della piscina fissando l’acqua. Pochi secondi dopo venne anche Justin, aveva anche lui lo sguardo basso, poi mi si avvicinò.
Justin: Sum … allora … vuoi venire al ballo con me?
Non risposi subito.
Justin: guarda che se non vuoi non fa niente
Sum: certo che voglio venire se ti fa piacere
Justin: grazie
Sum: aspetta ma hai detto che il ballo c’è sabato giusto?
Justin: si perché?
Sum: e sabato è domani?
Justin: oh già domani è sabato
Sum: oh no
Justin: perché?
Sum: e ora come faccio?
Justin: che c’è?
Sum: non posso andare al ballo senza e di certo non posso andarci con quello che già ho
Justin: ma cosa?
Sum: e se non lo trovassi, non potrò andare al ballo
Justin: Sum
Sum: devo assolutamente fare qualcosa
Justin: Sum qual è il problema?
Sum: non ho un vestito per la festa
Justin: ah ma è solo questo
Sum: ma come è solo questo?! È una cosa importantissima
Justin: si ma non è il caso di farne una tragedia
Sum: invece si come ci vado al ballo se non ho un vestito? Devo subito uscire e tu vieni con me
Justin: io? Perché?
Sum: tu mi hai cacciata in questo guaio e tu mi aiuti ad uscirne chiarooo!!
Justin: ma io voglio stare in piscina
Sum: non mi importa muoviti
Subito tornai in camera mia e mi vestii per andare a fare shopping con Justin. Più di due ore nel centro commerciale e Justin era pieno di buste. Ma in tutto questo tempo non avevo ancora trovato un vestito, non ce ne era uno che mi potesse piacere, non sono un tipo molto elegante e non sapevo più cosa fare. Tornammo a casa e io avevo il morale sotto terra. Justin non era da meno soprattutto perché i suoi tentativi di invogliarmi a mettere qualcosa che avevo comprato erano inutili. Ero così giù di morale che non avevo la minima voglia di cenare e andai subito a dormire. Il triste giorno era arrivato, quello in cui sarei dovuta andare al ballo con Justin ma ora non posso perché non ho uno stupido vestito. Ma a proposito di Justin, è da quando mi sono svegliata che non lo vedo Amanda mi ha detto che è uscito perché aveva una cosa importante da fare. Uffa, proprio ora che volevo un po’ suonare con lui. Pazienza. Meglio se mi chiudo in camera mia e metto la musica al massimo almeno così non penso più a quel maledetto ballo. A ora di pranzo Justin torna ed è stranamente felice, forse ha trovato qualcun’altra con cui andare al ballo, beh se è così sono felice per lui anche se un po’ mi dispiace, allora tengo le dita incrociate sperando non sia vero. Vado fuori in giardino e mi metto sull’amaca Justin è anche lui fari ma sulla poltrona gonfiabile e sta messaggiando con i suoi amici, probabilmente sul ballo e starà sicuramente parlando della nuova ragazza che accompagnerà. Ormai mi faccio sempre un’idea più concreta su questa cosa. Mi sta scoppiando la testa. Inizio a chiedermi se sono triste perché non vado al ballo o perché al ballo non vado con Justin ed e un’altra che ci va con lui. Non so più che pensare e sto dedicando anche fin troppo tempo a tutti questi pensieri. Sono le 19.45. Tra poco Justin andrà al ballo, infatti sono in camera sua per aiutarlo a scegliere cosa indossare. Ha già messo dei jeans un po’ strappati e sbiancati, le supra nere e ora si sta abbottonando una camicia poco più chiara di un blu elettrico che gli ho consigliato di mettere. Però vederlo così, mentre si prepara per andare al ballo con un’altra mi rende tristissima. Quando ha finito di vestirsi Justin si gira verso di me.
Justin: e tu?
Io: io cosa?
Justin: ancora non ti sei vestita?
Io: per cosa?
Justin: per il ballo no?
Io: Justin te l’ho già detto non il vestito
Justin: ma io si
Ero stranita da quello che aveva detto, poi prese una busta sotto la scrivania e me la diede dicendo che era per me e che dovevo indossarlo. Andai in camera mia con la busta e uscii qualche minuto dopo. Quando aprii la busta e vidi una rosa rossa con un bigliettino: “Spero ti possa piacere. Buon San Valentino”. Quando Justin mi vide era stupefatto non faceva altro che dirmi che ero bella e anche io mi vedevo bene. Justin mi aveva regalato un bellissimo vestito per il ballo. Era senza spalline, né troppo corto né troppo lungo, aveva la trama della bandiera americana che a me piaceva molto, con una cinta nera, un ciondolo e vari bracciali come accessori e dei tacchi neri lucidi. Ecco perché sta mattina era uscito e io che avevo pensato che aveva invitato qualcun’altra. in poco tempo eccomi al ballo, tutti fissavamo me e Justin. Io e lui siamo stati insieme tutto il tempo e ogni tanto notavamo qualcuno che spettegolava su di noi e un po’ mi dava fastidio ma mi bastava avere Justin vicino per dimenticarmene. Dopo il discorso tutti in pista a ballare. Io nonostante avessi i tacchi riuscivo a ballare senza cadere però non potevo esagerare. Ma c’era qualcosa di strano in Justin, sembrava dovesse dirmi qualcosa, era molto turbato. Quasi alla fine della serata ovviamente come ultimo ballo c’era un lento. Io e Justin eravamo molto vicini a pochi centimetri di distanza e non mi dispiaceva un gran che. Però lui sembrava ancora preoccupato, avevo paura che era a causa mia o perché tutti gli altri ci fissavano.
Sum: Justin che è ti senti bene?
Justin: io … si non ti preoccupare è tutto ok
Sum: è da un bel po’ che sei strano c’è qualcosa che non va? C’è qualcosa che dovresti dirmi?
Justin: beh ecco io … no no non ti preoccupare va tutto bene
Eppure sapevo che andava tutto male glielo leggevo negli occhi. Alla fine del ballo Justin chiamò Robert per farci venire a prendere e aspettammo il suo arrivo all’ingresso della scuola. Io ero seduta sulle scale e Justin era in piedi appoggiato al corrimano. Aveva ancora quell’espressione e io volevo sapere il perché quindi glielo chiesi.
Io: Justin voglio sapere perché sei triste, so che c’è qualcosa che ti preoccupa e me ne sono accorta più di una volta quindi dimmelo ti prego. È a causa forse?
Justin: beh centri tu però la colpa non è tua … è mia. Sum io voglio dirti perché sto così però … ho paura delle conseguenze
Io: quali conseguenze?
Justin: io ho paura che poi tu ti possa arrabbiare con me e che poi non mi parli più
Io: Justin non posso essere arrabbiata con te lo sai, io ti voglio bene
Justin: però quello che devo dirti è … davvero una cosa difficile da digerire
Io: non ti preoccupare dai dimmela
Justin: beh ti ricordi quando quella sera che abbiamo visto quei film e tu ti sei addormentata e io ti ho portata in camera tua?
Io: si certo e allora?
Justin: allora … io … io …
Io: dai non ti preoccupare qualunque cosa sarà io ti vorrò sempre bene. Te lo prometto
Justin: io quella sera … ti ho baciata
Io: tu tu cosa?
Justin: io ti ho dato un bacio
Io: perché?
Justin: non lo so è che ti ho vista così mentre dormivi così dolce, innocente e mi è venuta la tentazione però il vero motivo è che forse … ho un debole per te
Non ce la facevo a credere a quelle parole. Justin, il mio migliore amico, la persona che mi capisce più di chiunque altra è innamorato di me. Mi feci completamente pallida e la mia mano che qualche minuto prima stringeva quella di Justin scivolò per terra. Non riuscivo più a guardarlo in faccia. Justin stava per dire qualcosa quando la voce di Robert che ci chiamava lo fermò. Rimasi con lo sguardo basso tutta la durata del ritorno e appena entrata piano andai in camera mia senza salutare né Amanda né mio padre. Messo piede nella mia stanza mi tolsi quel vestito che avevo addosso e mi misi il pigiama. Chiusi la porta a chiave e mi misi sul letto. Ero nel silenzio più assoluto. La mia mente non aveva pensieri. Senza accorgermene mi scese una lacrima che notai solo quando bagnò il pantaloncino del pigiama. Mi alzai lentamente e vidi nello specchio che avevo gli occhi lucidi. Sbattei le palpebre e un fiume mi invase le guance. Mi gettai sul cuscino stringendolo forte e poco alla volta quel fiume divenne un mare che poi divenne un oceano. La mia mente continuava a ripetere continuamente le parole di Justin e nonostante facevo di tutto per sopprimerle con ci riuscivo, quel disco non smetteva girare anche se provavo a spegnerlo. Non potevo ingoiare un macigno così grande che mi provocava un terribile male in gola ed era come se qualcuno mi stesse svuotando il cuore perché lo sentivo vuoto. In quel momento volevo solo odiare Justin a tutti i costi ma non potevo e non volevo.
 
 
  Io: ah che buoni questi pop corn Justin: beato chi può dirlo Io: a che punto stai con i miei compiti Justin? Justin: ho quasi finito Io: datti una mossa dai dei troppo lento Justin: io non la sopporto più (sottovoce) Io: hai detto qualcosa Justin? Justin: no niente a parte che sono davvero felice di fare i compiti al posto tuo Io: ne sono felice, ma d’altra parte cosa vuoi aspettarti da una persona generosa come me Ore dopo Amanda: ragazzi la cena è pronta Io e Justin scendiamo o meglio Justin scende con me in braccio, perché sto davvero troppo male per camminare da sola. Ci sediamo e dopo un po’ arriva mio padre. Come sempre chiede a me e a Justin come è andata. Justin racconta tutta la sua avventura nel posto sperduto e pericoloso che è la scuola, io invece ho passato tutto il giorno in piscina (quella sotterranea) con Amanda che mi portava continuamente da bere, è stato fantastico era da tanto che non mi sentivo così bene, dovevo averla prima questa idea. E mentre mi facevo tante idee su quello che avrei potuto fare nei prossimi giorni l’orribile domanda di papà invase i miei pensieri. Padre: allora Sum dopo questo trattamento domani potrai tornare a scuola no? Ovviamente quella era l’ultima cosa che volevo e quindi dovetti fingere, ma mio padre non credendoci mi disse che sarei tornata a scuola lunedì. Passai tutta la sera a guardare film con Justin, era il terzo film della serata e non avevo per niente sonno, erano le 01.30. Dopo qualche ora iniziavo ad essere stanca e senza rendermene conto mi appoggiai sulla spalla di Justin e mi addormentai. Il giorno dopo mi svegliai nel mio letto con Justin seduto avanti a me. Justin: finalmente ti sei svegliata Io: che ore sono? Justin: le 11.30 Io: ma tu non dovresti essere a scuola? Justin: infatti ci sono andato, ma oggi c’era l’assemblea Io: ah … ma ieri non mi ero addormentata sul divano? Come sono finita qui? Justin: ti ci ho portata io. Ti va di fare una passeggiata al parco? Ed ora eccoci al parco a passeggiare. Stranamente è pieno di ragazzi e ragazze che passeggiano sottobraccio, abbracciati o per mano chissà perché, cioè lo so che sicuramente è perché sono fidanzati ma è strano vederne così tanti. Poi Justin mi chiede se sabato ho da fare. Io gli dico di no e gli chiedo perché. Vuole invitarmi al ballo per San Valentino. Ora capisco tutte quelle coppie e iniziò a provare un po’ d’imbarazzo a stare con Justin. Insomma gli altri non sanno che siamo fratelli e quindi potrebbero pensare che io e lui stiamo insieme anzi io e lui siamo amici, solo e soltanto amici niente di più o almeno spero. Justin si accorge del mio imbarazzo perché ogni volta che passa qualcuno arrossisco e mi scosto da lui e ne capisce anche la causa. Allora torniamo a casa e scendiamo giù in piscina per fare un bagno, poi risale perché ha dimenticato l’asciugamano e qualche minuto sento la vibrazione del suo telefono: è un messaggio. Glielo ha scritto Sean, un suo amico che gioca nella squadra di basket con Justin. Lo leggo: ‘ehi ciao hai detto a Tory del ballo?’. Già il ballo, non avevo ancora dato una risposta a Justin e mentre pensavo a ciò che gli avrei detto arrivò e interruppe i miei pensieri appoggiando una mano sulla mia spalla. Gli diedi il telefono dicendogli che gli era arrivato un messaggio. Mentre lui lo leggeva io mi misi sul bordo della piscina fissando l’acqua. Pochi secondi dopo venne anche Justin, aveva anche lui lo sguardo basso, poi mi si avvicinò. Justin: Sum … allora … vuoi venire al ballo con me? Non risposi subito. Justin: guarda che se non vuoi non fa niente Sum: certo che voglio venire se ti fa piacere Justin: grazie Sum: aspetta ma hai detto che il ballo c’è sabato giusto? Justin: si perché? Sum: e sabato è domani? Justin: oh già domani è sabato Sum: oh no Justin: perché? Sum: e ora come faccio? Justin: che c’è? Sum: non posso andare al ballo senza e di certo non posso andarci con quello che già ho Justin: ma cosa? Sum: e se non lo trovassi, non potrò andare al ballo Justin: Sum Sum: devo assolutamente fare qualcosa Justin: Sum qual è il problema? Sum: non ho un vestito per la festa Justin: ah ma è solo questo Sum: ma come è solo questo?! È una cosa importantissima Justin: si ma non è il caso di farne una tragedia Sum: invece si come ci vado al ballo se non ho un vestito? Devo subito uscire e tu vieni con me Justin: io? Perché? Sum: tu mi hai cacciata in questo guaio e tu mi aiuti ad uscirne chiarooo!! Justin: ma io voglio stare in piscina Sum: non mi importa muoviti Subito tornai in camera mia e mi vestii per andare a fare shopping con Justin. Più di due ore nel centro commerciale e Justin era pieno di buste. Ma in tutto questo tempo non avevo ancora trovato un vestito, non ce ne era uno che mi potesse piacere, non sono un tipo molto elegante e non sapevo più cosa fare. Tornammo a casa e io avevo il morale sotto terra. Justin non era da meno soprattutto perché i suoi tentativi di invogliarmi a mettere qualcosa che avevo comprato erano inutili. Ero così giù di morale che non avevo la minima voglia di cenare e andai subito a dormire. Il triste giorno era arrivato, quello in cui sarei dovuta andare al ballo con Justin ma ora non posso perché non ho uno stupido vestito. Ma a proposito di Justin, è da quando mi sono svegliata che non lo vedo Amanda mi ha detto che è uscito perché aveva una cosa importante da fare. Uffa, proprio ora che volevo un po’ suonare con lui. Pazienza. Meglio se mi chiudo in camera mia e metto la musica al massimo almeno così non penso più a quel maledetto ballo. A ora di pranzo Justin torna ed è stranamente felice, forse ha trovato qualcun’altra con cui andare al ballo, beh se è così sono felice per lui anche se un po’ mi dispiace, allora tengo le dita incrociate sperando non sia vero. Vado fuori in giardino e mi metto sull’amaca Justin è anche lui fari ma sulla poltrona gonfiabile e sta messaggiando con i suoi amici, probabilmente sul ballo e starà sicuramente parlando della nuova ragazza che accompagnerà. Ormai mi faccio sempre un’idea più concreta su questa cosa. Mi sta scoppiando la testa. Inizio a chiedermi se sono triste perché non vado al ballo o perché al ballo non vado con Justin ed e un’altra che ci va con lui. Non so più che pensare e sto dedicando anche fin troppo tempo a tutti questi pensieri. Sono le 19.45. Tra poco Justin andrà al ballo, infatti sono in camera sua per aiutarlo a scegliere cosa indossare. Ha già messo dei jeans un po’ strappati e sbiancati, le supra nere e ora si sta abbottonando una camicia poco più chiara di un blu elettrico che gli ho consigliato di mettere. Però vederlo così, mentre si prepara per andare al ballo con un’altra mi rende tristissima. Quando ha finito di vestirsi Justin si gira verso di me. Justin: e tu? Io: io cosa? Justin: ancora non ti sei vestita? Io: per cosa? Justin: per il ballo no? Io: Justin te l’ho già detto non il vestito Justin: ma io si Ero stranita da quello che aveva detto, poi prese una busta sotto la scrivania e me la diede dicendo che era per me e che dovevo indossarlo. Andai in camera mia con la busta e uscii qualche minuto dopo. Quando aprii la busta e vidi una rosa rossa con un bigliettino: “Spero ti possa piacere. Buon San Valentino”. Quando Justin mi vide era stupefatto non faceva altro che dirmi che ero bella e anche io mi vedevo bene. Justin mi aveva regalato un bellissimo vestito per il ballo. Era senza spalline, né troppo corto né troppo lungo, aveva la trama della bandiera americana che a me piaceva molto, con una cinta nera, un ciondolo e vari bracciali come accessori e dei tacchi neri lucidi. Ecco perché sta mattina era uscito e io che avevo pensato che aveva invitato qualcun’altra. in poco tempo eccomi al ballo, tutti fissavamo me e Justin. Io e lui siamo stati insieme tutto il tempo e ogni tanto notavamo qualcuno che spettegolava su di noi e un po’ mi dava fastidio ma mi bastava avere Justin vicino per dimenticarmene. Dopo il discorso tutti in pista a ballare. Io nonostante avessi i tacchi riuscivo a ballare senza cadere però non potevo esagerare. Ma c’era qualcosa di strano in Justin, sembrava dovesse dirmi qualcosa, era molto turbato. Quasi alla fine della serata ovviamente come ultimo ballo c’era un lento. Io e Justin eravamo molto vicini a pochi centimetri di distanza e non mi dispiaceva un gran che. Però lui sembrava ancora preoccupato, avevo paura che era a causa mia o perché tutti gli altri ci fissavano. Sum: Justin che è ti senti bene? Justin: io … si non ti preoccupare è tutto ok Sum: è da un bel po’ che sei strano c’è qualcosa che non va? C’è qualcosa che dovresti dirmi? Justin: beh ecco io … no no non ti preoccupare va tutto bene Eppure sapevo che andava tutto male glielo leggevo negli occhi. Alla fine del ballo Justin chiamò Robert per farci venire a prendere e aspettammo il suo arrivo all’ingresso della scuola. Io ero seduta sulle scale e Justin era in piedi appoggiato al corrimano. Aveva ancora quell’espressione e io volevo sapere il perché quindi glielo chiesi. Io: Justin voglio sapere perché sei triste, so che c’è qualcosa che ti preoccupa e me ne sono accorta più di una volta quindi dimmelo ti prego. È a causa forse? Justin: beh centri tu però la colpa non è tua … è mia. Sum io voglio dirti perché sto così però … ho paura delle conseguenze Io: quali conseguenze? Justin: io ho paura che poi tu ti possa arrabbiare con me e che poi non mi parli più Io: Justin non posso essere arrabbiata con te lo sai, io ti voglio bene Justin: però quello che devo dirti è … davvero una cosa difficile da digerire Io: non ti preoccupare dai dimmela Justin: beh ti ricordi quando quella sera che abbiamo visto quei film e tu ti sei addormentata e io ti ho portata in camera tua? Io: si certo e allora? Justin: allora … io … io … Io: dai non ti preoccupare qualunque cosa sarà io ti vorrò sempre bene. Te lo prometto Justin: io quella sera … ti ho baciata Io: tu tu cosa? Justin: io ti ho dato un bacio Io: perché? Justin: non lo so è che ti ho vista così mentre dormivi così dolce, innocente e mi è venuta la tentazione però il vero motivo è che forse … ho un debole per te Non ce la facevo a credere a quelle parole. Justin, il mio migliore amico, la persona che mi capisce più di chiunque altra è innamorato di me. Mi feci completamente pallida e la mia mano che qualche minuto prima stringeva quella di Justin scivolò per terra. Non riuscivo più a guardarlo in faccia. Justin stava per dire qualcosa quando la voce di Robert che ci chiamava lo fermò. Rimasi con lo sguardo basso tutta la durata del ritorno e appena entrata piano andai in camera mia senza salutare né Amanda né mio padre. Messo piede nella mia stanza mi tolsi quel vestito che avevo addosso e mi misi il pigiama. Chiusi la porta a chiave e mi misi sul letto. Ero nel silenzio più assoluto. La mia mente non aveva pensieri. Senza accorgermene mi scese una lacrima che notai solo quando bagnò il pantaloncino del pigiama. Mi alzai lentamente e vidi nello specchio che avevo gli occhi lucidi. Sbattei le palpebre e un fiume mi invase le guance. Mi gettai sul cuscino stringendolo forte e poco alla volta quel fiume divenne un mare che poi divenne un oceano. La mia mente continuava a ripetere continuamente le parole di Justin e nonostante facevo di tutto per sopprimerle con ci riuscivo, quel disco non smetteva girare anche se provavo a spegnerlo. Non potevo ingoiare un macigno così grande che mi provocava un terribile male in gola ed era come se qualcuno mi stesse svuotando il cuore perché lo sentivo vuoto. In quel momento volevo solo odiare Justin a tutti i costi ma non potevo e non volevo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Jennifer: hey Sum sono qui vieni
Sum: si ecco
Io e Jennifer entriamo nel nostro negozio preferito per fare shopping. Jennifer è la mia migliore amica, l’unica che mi è simpatica in tutta la scuola, anche lei era venuta al ballo e mi ha detto che io e Justin eravamo una bellissima coppia insieme. Quando disse quelle parole ripensai subito a quello che era successo ieri sera, da allora non gli ho più parlato. Sta mattina mentre stavo scendendo le scale e lui le stava salendo siamo leggermente sbattuti con le spalle e a quel contatto non so perché mi è venuta la pelle d’oca. Mi faceva davvero male quello che aveva detto sentiva che tra di noi era cambiato molto e quell’imbarazzo che ho provato al ballo con lui ora mi accompagna ogni giorno e ogni volta che dicono che siamo fratello mi brucia ancora di più perché io lo consideravo come un fratello ma se lui mi ha baciata non mi considera una sorella ma come una ragazza che potrebbe amare e che ama. Jennifer ha notato questo mio cambiamento e penso che sappia che riguarda anche Justin. Già sta mattina appena uscite aveva capito che qualcosa non andava e me l’ha anche chiesto ma io non voglio dirle nulla, certo lei è la mia migliore amica per non voglio che lo sappia ci soffrirebbe. Verso l’ora di pranzo torniamo a casa mia e troviamo Justin seduto sul divano con Katryn. Entrambe rimaniamo stupite lei ci saluta e anche Justin io e Jennifer saliamo in camera mia, siamo sconvolte insomma Katryn è la ragazza più antipatica che possa esistere è una viziata e una presuntuosa di prima categoria cosa ci fa lei con Justin. Questa non me lo sarei davvero mai aspettata, ma cosa sta succedendo?. Cerchiamo di non pensarci cambiando argomento ma per ogni cosa finiamo sempre di parlare di loro due. Usciamo fuori dalla stanza e ci affacciamo per vedere cosa stanno dicendo ma c’è solo Katryn  poi vedo arrivare Justin dalla cucina con dei bicchieri in mano dopo aver finito di bere Katryn se ne va e prima di uscire dalla porta lei è Justin si danno un bacio. È ovvio ormai Justin e Katryn stanno insieme. Io e Jennifer ci accasciamo sul pavimento, stringo forte le mie mani in pugni sento una forte rabbia in me, ma noto Jennifer ha le lacrime agli occhi e scende qualche goccia mi avvicino a lei e l’abbraccio Justin alza lo sguardo e io lo guardo con la coda dell’occhio, non so se definirlo soddisfatto o incolpa. Ci alziamo e scendiamo Jennifer cerca di asciugarsi le lacrime prima di arrivare vicino Justin per non fargli notare che aveva pianto, usciamo in giardino. Lei si riprende io mi accascio sul prato e qualche lacrima scende anche a me, cerco di stringere l’erba d’avanti a me ma non ne ho la forza, vorrei gridare, gridare fino a non avere più voce, mi sembra l’unica cosa che riuscirei a fare con le mie forze, ma non voglio. Jennifer se ne va, vuole stare sola, vuole sentirsi sola per un po’, anch’io voglio stare sola. Mi siedo sul bordo della piscina e osservo il punto più profondo come se lo stessi studiando con lo sguardo, sento il telefono vibrare sulla poltrona dietro di me e mi giro per prenderlo, è mio padre che mi sta chiamando gli rispondo e alzo lo guardo che prima era concentrato sull’asciugamano e vedo Justin che mi osserva e non riesco più a parlare, la voce al telefono mi risveglia e continuo la chiamata. Poi poso il telefono e mi butto nella piscina restando qualche secondo sott’acqua, distesa sul fondo, come se fossi morta, senza vita, adoro quella sensazione. Ho gli occhi aperti e nonostante non riesca a vedere bene per via dell’acqua riesco a distinguere bene un’ombra e poi qualcuno si tuffa, guardo chi è, Justin. Subito risalgo e riprendo fiato, anche Justin ritorna in superficie, lui mi guarda ma io no, anche se volessi non ci riuscirei. Mi si avvicina, mi sta venendo incontro ma in realtà va vicino il bordo piscina per uscite, si asciuga e si sdraia sulla sdraio. Esco anch’io e senza asciugarmi mi metto sull’amaca sentendo un forte freddo ma non mi importa  ho già il cuore gelato.  Ritorno dentro dopo qualche ora perché inizia a fare buio e chiamo Jennifer, e le chiedo se posso dormire da lei domani, lei mi dice di si, ho bisogno di non vedere Justin per un po’ e lei di un po’ di compagnia. Non ceno, non ho per niente fame. Vado a dormire, ma rimango sveglia fino a tardi. Vado a scuola, non ho dormito per tutta la notte. Incontro Jennifer, lei è ancora triste, non parliamo fino alla ricreazione nemmeno per le interrogazioni, a parte che nessuno ci ha fatto domande perché vedevano che non stavamo molto bene, ci chiedevano se stavamo bene, cos’era successo o se volevamo andare in infermeria. A pranzo non abbiamo mangiato, ci siamo sedute sul prato e gli ho raccontato cos’è successo ieri mattina. Non riuscivo a dormire e verso le 04.03 mi sono alzata dal letto e sono scesa in cucina. Dopo un po’ è sceso anche Justin, e mi ha dato il mio plettro, quello che gli avevo regalato. Secondo me facendo così intendeva dirmi che non voleva più avere a che fare con me. Jennifer era davvero meravigliata, anche lei sapeva che per Justin quel plettro era importantissimo proprio perché era un mio regalo, devo lasciar perdere Justin per sempre. Mentre parliamo Justin passa con Katryn, è da quando ho messo piede a scuola che tutti mi guardano e ora non è diverso e tutti fissano anche loro due. Katryn intanto ha una faccia molto compiaciuta, si vede che si stava solo mettendo in mostra. Poi gli sguardi si puntarono su noi soprattutto su Jennifer e lei non riusciva proprio a sopportare tutto questo infatti ritornammo dentro. Mi dispiaceva per lei, mi ripeteva continuamente che voleva scomparire dalla faccia della terra e lo stesso io. Andammo in classe e parlavano tutti di Justin e Katryn quando stavo male quanto e stavo peggio nel vedere Jennifer triste. Finalmente alla fine di tutte quelle ore infernali andammo a casa di Jennifer, nonostante ero a digiuno dalla sera scorsa non avevo fame il mio corpo non aveva più bisogno di cibo, il dolore e la tristezza mi saziavano. Quel pomeriggio non volevamo neanche fare i compiti, non riuscivamo più a trovare soddisfazione in niente. Restammo in silenzio fuori ma avevo le grida dentro, chiuse a chiave, per non farle uscire e farle diventare parte di me. Dovevo dire tutto a Jennifer non ce la facevo a vederla così triste, ma proprio perché stava male volevo tenermi tutto dentro. Anche quella notte fu inutile, niente cambiò e non ci passai sopra con una dormita. Il giorno dopo Jennifer non venne a scuola, aveva la febbre. Mi sembrava tutto peggio senza di lei e lo era. Stranamente ogni ragazzo e ragazza della scuola mi guardava, rispetto a ieri che mi notava meno di mezza scuola. Cos’era successo?. Mi fermo vicino l’armadietto per prendere i liberi quando sento delle ragazze che dicevano “Katryn dopo aver pubblicato quella cosa Justin si è arrabbiata con lei”. Cosa ha pubblicato Katryn? Devo sapere di più peccato che sto a scuola e non posso indagare. Non ce la faccio più tutti hanno gli occhi puntati su di me e non so il perché, poi mi ricordo del telefono e vado su facebook, Katryn avrà sicuramente pubblicato qualcosa lì. Scorro per la pagina fino a trovare quello che cercavo. Non potevo credere a quello che Katryn aveva scritto, ma come è venuto a saperlo. Ora tutta la scuola lo sapeva e io avevo la testa piena di pettegolezzi e mi misi a correre cercando un posto dove stare sola senza nessuno, volevo essere invisibile. Al suono della penultima campanella tutti ritornarono in classe ma io mi rimasi nel cortile seduta sull’erba a piangere. Rimasi lì per un bel po’, e più il tempo passava più iniziavo a sentirmi meglio anche se non molto, era tardi a momenti sarebbe suonata l’ultima campanella. Piangevo più che potevo e gli occhi mi bruciavano molto ma non mi importava, mi fermai per qualche secondo e mi accorsi che c’era qualcuno ma non sapevo chi era perché avevo la testa abbassata e quando l’alzai non riuscivo a crederci. Dopo tutto quel tempo ci stavamo guardando negli occhi, le sue iridi color caramello e le mie verde smeraldo non si riuscivano a distaccare, poi mi appoggiò una maso sulle guance e mi asciugò le lacrime e mi abbracciò forte cose se quell’abbraccio gli desse vita e chiusi gli occhi appoggiandomi sulla sua spalla e gli sentii dire “scusa” ma a me non mi importava, non mi serviva chiedermi scusa per capire che gli dispiaceva, quell’abbraccio significava tutto per me. Sapevo che ora era tornato tutto come prima tra me e Justin. La campanella interruppe quell’istante di pace, e ci rialzammo subito era meglio non farci vedere abbracciati. Appena tornata a casa chiamai subito Jennifer, dovevo dirgli tutto, ma nonostante i continui messaggi in segreteria non mi rispose. Aspetta so il perché ho capito. Corsi subito verso casa sua.
Jennifer: pensavo fossi mia amica
Sum: Jennifer senti mi dispiace lo so te l’avrei dovuta dire io quella cosa
Jennifer: appunto avresti dovuto ma l’ho scoperta grazie Katryn su facebook e ora lo sa tutta la scuola
Sum: io volevo dirtelo però non volevo farti soffrire
Jennifer: invece facendo così sto peggio
Sum: mi dispiace ma non è stata neanche colpa mia
Jennifer: lo so io non arrabbiata molto per quello che è successo ma perché non sei stata sincera con me, sapevi che io amo Justin e sapere che voi due la sera dopo il ballo vi siete baciati mi fa stare troppo male
Sum: mi dispiace
Jennifer: le scuse non posso cambiare quel bacio
E così mi sono rovinata la giornata. Mi dispiace davvero tanto per non aver detto nulla a Jennifer però era già così triste e non volevo peggiorare la situazione. Spero solo che le cose si aggiustino e anche presto. Jennifer: pensavo fossi mia amica Sum: Jennifer senti mi dispiace lo so te l’avrei dovuta dire io quella cosa Jennifer: appunto avresti dovuto ma l’ho scoperta grazie Katryn su facebook e ora lo sa tutta la scuola Sum: io volevo dirtelo però non volevo farti soffrire Jennifer: invece facendo così sto peggio Sum: mi dispiace ma non è stata neanche colpa mia Jennifer: lo so io non arrabbiata molto per quello che è successo ma perché non sei stata sincera con me, sapevi che io amo Justin e sapere che voi due la sera dopo il ballo vi siete baciati mi fa stare troppo male Sum: mi dispiace Jennifer: le scuse non posso cambiare quel bacio E così mi sono rovinata la giornata. Mi dispiace davvero tanto per non aver detto nulla a Jennifer però era già così triste e non volevo peggiorare la situazione. Spero solo che le cose si aggiustino e anche presto.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


È da una settimana che io e Jennifer abbiamo litigato, perché io e Justin ci siamo baciati e lei lo è venuto a sapere su facebook invece che da me. Io non glielo detto perché temevo che lei potesse rimanerci male, però è stato tutto inutile visto che ora è peggio. Io sapevo che lei aveva una cotta per Justin e non volevo che si arrabbiasse con me. Devo fare qualcosa, mi sento in colpa. Justin non sa che piace a Jennifer e forse è meglio non dirglielo. Ho il sospetto che lui abbia capito che sono più triste di quanto potesse pensare e so che vorrà sapere di più, lui non sa il vero motivo per cui io abbiamo litigato. Jennifer non mi parla più, mi tratta come una perfetta estranea. Sto davvero male. Ora sono nella mia stanza, è sera. Justin passa d’avanti la porta ed entra, si siede sul letto e mi chiede perché sono così giù, ovviamente gli mento dicendogli che va tutto bene e che sono solo un po’ stanca. Lui sta al gioco, ma lo conosco troppo bene per illudermi che ci ha creduto. Mi chiede come va tra me e Jennifer. E qui le cose si fanno più difficili.
Justin: come vanno le cose tra te e Jennifer?
Io: oh, bene, tutto ok perché?
Justin: ho notato che non vi parlate più come prima, anzi per niente
Io: no, no è tutto apposto
Justin: sicura?
Io: sicurissima
Justin: perché avete litigato?
Io: cosa?
Justin: perché tu e Jennifer avete litigato?
Io: io e le non abbiamo litigato
Justin: senti Sum non prendermi in giro, ti conosco e so che c’è qualcosa che non và, voi due siete migliori amiche e non è mai capitato che non vi parlaste più
Io: ma non abbiamo litigato, non è successo nulla, è solo che …
Justin: solo cosa?
Io: io e lei ci siamo arrabbiate per una stupidaggine tutto qui
Justin: deve essere stata davvero una grande stupidaggine per non guardarvi neanche
Io: beh, a dire la verità …
Justin: Sum è inutile che gi giri intorno, so che mi nascondi qualcosa e voglio sapere cosa
Io:  Justin io vorrei dirtelo però …
Justin: però cosa, dai voglio saperlo, dimmelo
Io: beh tu … insomma …
Justin: tu cosa? Dai parla
Io: io e Jennifer abbiamo litigato perché …
Justin: avanti, coraggio
Io: allora … la verità è che …
Stavo per dirgli tutto, ma quasi come se qualcuno ascoltasse le mie preghiere, si tolse la corrente, rimanendo al buio. Amanda, dopo qualche decina di minuti, salì in camera mia con una candela per fare luce e accompagnò Justin in camera sua per fargli luce e io tornai a dormire, anche se rimasi tutta la notte sveglia. Il giorno dopo a scuola, Justin non mi chiese nulla della conversazione fatta la sera precedente. Le ore passarono normalmente. All’ora di pranzo, mi sedetti la solito tavolo e Justin mi fece compagnia. Sapevo il perché, sapevo cosa voleva.
Justin: allora adesso vuoi dirmelo?
Io: quella cosa che mi hai chiesto ieri?
Justin: si, ora devi dirmela
Io: è che non ci riesco, è davvero difficile da dire
Justin: Sum per favore, devo saperlo, voglio sapere perché stai così, non ce la faccio più a vederti con quello sguardo spento ogni singolo giorno, non lo sopporto, non sopporto vederti soffrire
Le sue ultime parole mi fecero battere il cuore a mille. Non le aveva dette come un fratello che si preoccupa per sua sorella. Le aveva dette come un ragazzo che si preoccupa per la sua migliore amica. Le aveva dette con gli occhi che gli brillavano dalla sincerità. Non so perché ma qualcosa cambiò i me il contatto della sua mano che stringeva la mia mi faceva perdere tutte le forze, anche di respirare. La campanella interruppe quello che era diventato un mondo immaginario e tornammo in classe. Non sono riuscita a dire nulla a Justin neanche questa volta. Vedevo che ci era rimasto male. Alla penultima ora mi arriva un messaggio. Justin: “se non riesci a dirmelo a voce scrivimelo per messaggio”. Io: “non posso, è troppo importante per dirtela così, dobbiamo parlare”. Non mi rispose. Quando tornammo a casa abbiamo parlato di tutto tranne di quella cosa che voleva sapere lui. Quel pomeriggio siamo rimasti soli. Io ero in piscina e Justin stava suonando. Dopo un po’ si è messo anche lui il costume per farsi una nuotata. Mentre prendevo il sole e lui si asciugava mi ha chiesto di nuovo di dirgli il motivo per cui io e Jennifer abbiamo litigato.
Justin: allora me lo dici si o no?
Io: ok hai vinto te lo dico …
Mi concentrai bene su quello che dovevo dirgli, presi un bel respiro e gli dissi tutto d’un fiato
Io: io e Jennifer abbiamo litigato perché io e te ci siamo baciati, ma non si era arrabbiata solo per quello ma perché lo ha letto da facebook e non da me e si è arrabbiata perché ci siamo baciati perché tu le piaci
Glielo dissi così velocemente che non capì nulla, ma riuscì a capire l’essenziale. Non riusciva a credere a quello che gli avevo detto, che piaceva a Jennifer.
Justin: aspetta, aspetta, io piaccio a Jennifer?
Io: si, e tanto
Justin: e da quando?
Io: tre mesi
Justin: e tu non me l’hai mai detto
Io: lei mi ha fatto promettere di tenertelo nascosto
Justin: voi non siete più amiche per colpa mia allora?
Io: perché?
Justin: se io non ti avessi baciata non sarebbe successo nulla di tutto questo
Io: ehi Justin, tu non potevi saperlo, non potevi sapere che sarebbe finita così
Justin: questo non toglie che sia colpa mia, devo fare qualcosa
Io: come qualcosa?
Justin: io ho combinato questo guaio e io lo risolvo
Poi si alza e torna dentro. Chissà cosa avrà in mente? Torno anch’io in casa e mentre entro vedo Justin che sta scendendo le scale per uscire. Dove sta andando? Non glielo chiedo perché è già fuori. Lo aspetto per un ora e mezzo, ancora non è tornato. Potrei mandargli un messaggio però non lo faccio. Vado in camera mia per prendere la chitarra e cantare un po’. Mentre stavo scendendo entra Justin. Era felice. Anche molto, ma non ci diedi molto peso. Il giorno dopo a scuola stavo aprendo il mio armadietto per prendere i libri e Jennifer mi trascinò prendendomi per mano nel bagno.
Jennifer: hai detto qualcosa a Justin vero?
Io: si, scusa è che lui volevo assolutamente saperlo e …
Jennifer: beh grazie
Io: per cosa?
Jennifer: ieri Justin è venuto a casa mia e mi ha detto che sa che mi piace
Io: non capisco per cosa mi hai detto grazie?
Jennifer: beh … lui mi ha anche detto che … anch’io gli piaccio … e quindi … ora stiamo insieme
Io: oh … beh … che dire … bene … sono felice per te
Jennifer: non ti dispiace?
Io: no perché dovrebbe dispiacermi, infondo la ragazza di Justin è la mia migliore amica e so che tu lo ami davvero col cuore
Jennifer: grazie Sum, sei una vera amica
Fuori facevo finta di essere felice, ma dentro di me mi si spense il cuore. Insomma Justin sta con la mia migliore amica e dovrei essere al settimo cielo, ma proprio perché Jennifer è la mia migliore amica che sto peggio. Non avrei mai immaginato che a Justin piacesse Jennifer, cioè lei mi ha sempre fatto capire che lui gli piaceva, ma Justin non la calcolava proprio, era una semplice amica. Devo parlare con Justin, alla svelta.
Io: Justin, ehi aspetta
Justin: ah Sum ciao cosa c’è?
Io: lo saputo, di te e Jennifer
Justin: ah lo sai
Io: perché ieri quando sei tornato non me l’hai detto?
Justin: non volevo, e poi te l’ha comunque detto Jennifer, è lo stesso
Io: no non è lo stesso, avresti dovuto dirmelo tu
Justin: non cambia nulla, lei dopotutto è la tua migliore amica no?
Io: si però io volevo saperlo da te, Justin … tu ami davvero Jennifer?
Non fece in tempo a rispondermi perché la campanella interruppe il nostro discorso. Rimasi con quella domanda in testa, non riuscivo a pensare ad altro. Come era possibile che Justin amasse Jennifer? Perché mi dava così fastidio che stessero insieme? In quelle ore sentii Justin lontano miglia e miglia da me, mi sembrava irraggiungibile. Mi sentivo sola e lo ero, volevo scomparire, ma non potevo. Mentre tornavamo a casa a piedi rifeci quella domanda a Justin. Perché stava come lei. Mi rispose semplicemente “almeno siete di nuovo amiche”. Che voleva dire con quella frase? La sua risposta mi sembrava senza significato, che c’entrava, lui non si era messo con lei solo perché così io e Jennifer saremmo ritornare amiche giusto? Comunque non volevo farmi più domande di quelle che occorrevano e soprattutto non volevo farle a Justin, che a parlare di quest’argomento era triste come non l’avevo mai visto, e ci misi una pietra sopra. Justin: come vanno le cose tra te e Jennifer? Io: oh, bene, tutto ok perché? Justin: ho notato che non vi parlate più come prima, anzi per niente Io: no, no è tutto apposto Justin: sicura? Io: sicurissima Justin: perché avete litigato? Io: cosa? Justin: perché tu e Jennifer avete litigato? Io: io e le non abbiamo litigato Justin: senti Sum non prendermi in giro, ti conosco e so che c’è qualcosa che non và, voi due siete migliori amiche e non è mai capitato che non vi parlaste più Io: ma non abbiamo litigato, non è successo nulla, è solo che … Justin: solo cosa? Io: io e lei ci siamo arrabbiate per una stupidaggine tutto qui Justin: deve essere stata davvero una grande stupidaggine per non guardarvi neanche Io: beh, a dire la verità … Justin: Sum è inutile che gi giri intorno, so che mi nascondi qualcosa e voglio sapere cosa Io: Justin io vorrei dirtelo però … Justin: però cosa, dai voglio saperlo, dimmelo Io: beh tu … insomma … Justin: tu cosa? Dai parla Io: io e Jennifer abbiamo litigato perché … Justin: avanti, coraggio Io: allora … la verità è che … Stavo per dirgli tutto, ma quasi come se qualcuno ascoltasse le mie preghiere, si tolse la corrente, rimanendo al buio. Amanda, dopo qualche decina di minuti, salì in camera mia con una candela per fare luce e accompagnò Justin in camera sua per fargli luce e io tornai a dormire, anche se rimasi tutta la notte sveglia. Il giorno dopo a scuola, Justin non mi chiese nulla della conversazione fatta la sera precedente. Le ore passarono normalmente. All’ora di pranzo, mi sedetti la solito tavolo e Justin mi fece compagnia. Sapevo il perché, sapevo cosa voleva. Justin: allora adesso vuoi dirmelo? Io: quella cosa che mi hai chiesto ieri? Justin: si, ora devi dirmela Io: è che non ci riesco, è davvero difficile da dire Justin: Sum per favore, devo saperlo, voglio sapere perché stai così, non ce la faccio più a vederti con quello sguardo spento ogni singolo giorno, non lo sopporto, non sopporto vederti soffrire Le sue ultime parole mi fecero battere il cuore a mille. Non le aveva dette come un fratello che si preoccupa per sua sorella. Le aveva dette come un ragazzo che si preoccupa per la sua migliore amica. Le aveva dette con gli occhi che gli brillavano dalla sincerità. Non so perché ma qualcosa cambiò i me il contatto della sua mano che stringeva la mia mi faceva perdere tutte le forze, anche di respirare. La campanella interruppe quello che era diventato un mondo immaginario e tornammo in classe. Non sono riuscita a dire nulla a Justin neanche questa volta. Vedevo che ci era rimasto male. Alla penultima ora mi arriva un messaggio. Justin: “se non riesci a dirmelo a voce scrivimelo per messaggio”. Io: “non posso, è troppo importante per dirtela così, dobbiamo parlare”. Non mi rispose. Quando tornammo a casa abbiamo parlato di tutto tranne di quella cosa che voleva sapere lui. Quel pomeriggio siamo rimasti soli. Io ero in piscina e Justin stava suonando. Dopo un po’ si è messo anche lui il costume per farsi una nuotata. Mentre prendevo il sole e lui si asciugava mi ha chiesto di nuovo di dirgli il motivo per cui io e Jennifer abbiamo litigato. Justin: allora me lo dici si o no? Io: ok hai vinto te lo dico … Mi concentrai bene su quello che dovevo dirgli, presi un bel respiro e gli dissi tutto d’un fiato Io: io e Jennifer abbiamo litigato perché io e te ci siamo baciati, ma non si era arrabbiata solo per quello ma perché lo ha letto da facebook e non da me e si è arrabbiata perché ci siamo baciati perché tu le piaci Glielo dissi così velocemente che non capì nulla, ma riuscì a capire l’essenziale. Non riusciva a credere a quello che gli avevo detto, che piaceva a Jennifer. Justin: aspetta, aspetta, io piaccio a Jennifer? Io: si, e tanto Justin: e da quando? Io: tre mesi Justin: e tu non me l’hai mai detto Io: lei mi ha fatto promettere di tenertelo nascosto Justin: voi non siete più amiche per colpa mia allora? Io: perché? Justin: se io non ti avessi baciata non sarebbe successo nulla di tutto questo Io: ehi Justin, tu non potevi saperlo, non potevi sapere che sarebbe finita così Justin: questo non toglie che sia colpa mia, devo fare qualcosa Io: come qualcosa? Justin: io ho combinato questo guaio e io lo risolvo Poi si alza e torna dentro. Chissà cosa avrà in mente? Torno anch’io in casa e mentre entro vedo Justin che sta scendendo le scale per uscire. Dove sta andando? Non glielo chiedo perché è già fuori. Lo aspetto per un ora e mezzo, ancora non è tornato. Potrei mandargli un messaggio però non lo faccio. Vado in camera mia per prendere la chitarra e cantare un po’. Mentre stavo scendendo entra Justin. Era felice. Anche molto, ma non ci diedi molto peso. Il giorno dopo a scuola stavo aprendo il mio armadietto per prendere i libri e Jennifer mi trascinò prendendomi per mano nel bagno. Jennifer: hai detto qualcosa a Justin vero? Io: si, scusa è che lui volevo assolutamente saperlo e … Jennifer: beh grazie Io: per cosa? Jennifer: ieri Justin è venuto a casa mia e mi ha detto che sa che mi piace Io: non capisco per cosa mi hai detto grazie? Jennifer: beh … lui mi ha anche detto che … anch’io gli piaccio … e quindi … ora stiamo insieme Io: oh … beh … che dire … bene … sono felice per te Jennifer: non ti dispiace? Io: no perché dovrebbe dispiacermi, infondo la ragazza di Justin è la mia migliore amica e so che tu lo ami davvero col cuore Jennifer: grazie Sum, sei una vera amica Fuori facevo finta di essere felice, ma dentro di me mi si spense il cuore. Insomma Justin sta con la mia migliore amica e dovrei essere al settimo cielo, ma proprio perché Jennifer è la mia migliore amica che sto peggio. Non avrei mai immaginato che a Justin piacesse Jennifer, cioè lei mi ha sempre fatto capire che lui gli piaceva, ma Justin non la calcolava proprio, era una semplice amica. Devo parlare con Justin, alla svelta. Io: Justin, ehi aspetta Justin: ah Sum ciao cosa c’è? Io: lo saputo, di te e Jennifer Justin: ah lo sai Io: perché ieri quando sei tornato non me l’hai detto? Justin: non volevo, e poi te l’ha comunque detto Jennifer, è lo stesso Io: no non è lo stesso, avresti dovuto dirmelo tu Justin: non cambia nulla, lei dopotutto è la tua migliore amica no? Io: si però io volevo saperlo da te, Justin … tu ami davvero Jennifer? Non fece in tempo a rispondermi perché la campanella interruppe il nostro discorso. Rimasi con quella domanda in testa, non riuscivo a pensare ad altro. Come era possibile che Justin amasse Jennifer? Perché mi dava così fastidio che stessero insieme? In quelle ore sentii Justin lontano miglia e miglia da me, mi sembrava irraggiungibile. Mi sentivo sola e lo ero, volevo scomparire, ma non potevo. Mentre tornavamo a casa a piedi rifeci quella domanda a Justin. Perché stava come lei. Mi rispose semplicemente “almeno siete di nuovo amiche”. Che voleva dire con quella frase? La sua risposta mi sembrava senza significato, che c’entrava, lui non si era messo con lei solo perché così io e Jennifer saremmo ritornare amiche giusto? Comunque non volevo farmi più domande di quelle che occorrevano e soprattutto non volevo farle a Justin, che a parlare di quest’argomento era triste come non l’avevo mai visto, e ci misi una pietra sopra.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Da quando Jennifer e Justin si sono fidanzati lei non fa altro che parlarmi di quello che fanno. Justin non lo fa mai, come se non gli importasse, ci penso sempre a questa cosa. Justin ama davvero Jennifer? Non che non volessi, ma ho sempre più dubbi. Lui non la invita mai ad uscire, solo pochissime volte in confronto a Jennifer. Le lo ama davvero ne sono sicura, ma Justin secondo me vorrebbe lasciarla, ma perché non lo fa? Inizio a preparare la valigia, io e Jennifer volevamo fare un campeggio e ci siamo decise ad andarci, verrà anche Justin e Sean, il suo migliore amico, così per allargare il gruppo. Andremo in un bosco a due ore da Stratford, non vedo l’ora di arrivare. Justin mi sta già aspettando da un ora, ho moltissime valigie, devo portare tutti i miei vestiti e tutto quello che ho, lui ne ha a malapena una e mezza. Passiamo a prendere Jennifer e Sean e andiamo dritti verso il campeggio. Jennifer è rimasta incollata a Justin per tutta la durata del viaggio, io non ce l’ho fatta a guardarli, mi dà un fastidio immenso. Arrivati scendiamo e cerchiamo un posto per cercare una tenda, lì vicino c’è anche un hotel, ma noi vogliamo dormire fuori. Io e Sean montiamo la tenda mentre Justin e Jennifer se ne stanno per i fatti loro, lui ha la faccia di un cucciolo legato alla catena e che non può sognare la libertà. L’ho capito perché si gira sempre verso di me come per chiedere il mio aiuto, vorrei tanto andare da lui e portarlo via da Jennifer, ma poi non saprei cosa dirle. Montata la tenda, dopo ore e ore vado a farmi una passeggiata mentre Sean dorme e la dolce coppietta sta in disparte. Mi avventuro per il boschetto lì vicino, è più grande di quello che sembra, ma è meglio così, c’è più da esplorare, io sono un’amante dell’avventura e questo è il posto perfetto per me. Dopo una mezzoretta sento dei passi, qualcuno sta correndo, è Justin, sta scappando dalle grinfie di Jennifer, poverino lo sta torturando.
Justin: Sum ... Sum … ti prego aiutami
Io: guarda chi c’è, dov’è finita la tua dolce metà?
Justin: dolce un corno
Io: Justin non devi dire certe cose della tua ragazza
Justin: e io le dico, nascondimi da qualche parte per favore
Io: e dove di certo non dietro di me
Justin: invece penso che possa andare bene
Io: ma che vattene, togliti
Justin: e dove vado?
Io: mmmm, fammi pensare … dietro quell’albero
Justin: ottimo nascondiglio giusto grazie
Appena dopo che Justin va a nascondersi dietro l’albero sento la voce di Jennifer che lo chiama.
Jennifer: Justin … Justin dove sei? Oh ciao Sum hai visto Justin?
Io: si certo è dietro l’albero
Justin esce dal nascondiglio e viene ricatturato da Jennifer. Quella sera dopo aver finito di mangiare mi siedo vicino un albero e Justin mi raggiunge.
Justin: te la farò pagare
Io: per cosa?
Justin: non dovevi dire a Jennifer che mi eri nascosto
Io: ma tu non mi hai detto di non dirglielo
Justin: e non ci arrivi, se mi nascondo lei non deve saperlo
Io: ma io l’ho fatto apposta, per farti un dispetto
Justin: cattiva perché? Che ti ho fatto?
Io: perché tu passi sempre il tuo tempo con lei e non mi pensi, lo so che è la tua ragazza ma mi dà fastidio
Justin: quindi sei gelosa?
Io: no non sono gelosa e solo che …
Justin: … che vuoi stare con me perché ti senti sola
Io: si, hai ragione, è così
Justin: ti capisco, insomma … io passo tantissimo tempo con Jennifer, ma se devo dirla tutta con lei non mi trovo poi così bene, io mi sento solo perché … non ci sei tu con me
Io: che vuoi dire?
Justin: che solo con te mi sento felice
Quelle parole mi illusero più di quanto potessi pensare, in quel momento pensai che io per lui ero importante, che valevo qualcosa, che forse ero più di un’amica, mi sentivo felice come non mai, ma per esserlo totalmente dovevo fargli un’altra domanda.
Io: Justin, perché hai detto che con Jennifer non ti trovi bene?
Justin: non è il mio tipo
Io: e allora perché stai con lei?
Stava per rispondermi che Jennifer ci venne a chiamare e il mio piano saltò via, e ricominciai a pensare a cosa mi avrebbe potuto rispondere facendomi mille pensieri e mille idee e non bastò il sonno per ignorarle.
Il giorno dopo
Stamattina mi sono ritrovata Justin che stava aspettando che mi svegliassi per fare una passeggiata insieme, questa davvero non me la sarei mai aspettata. Gli è bastato dire a Jennifer di lasciarlo stare per tutto il giorno per potermi dedicare tutto il tempo che volevo. Non potei apprezzare di più quei minuti e quei secondi passati in sua compagnia in quel bosco dove passeggiavamo senza preoccuparci di nulla. Avrei voluto perdermi tra quegli alberi e piante per non uscirne più, per restare per sempre lì. Non facevamo altro che parlare e ridere, tutto intorno mi sembrava il paradiso, non avevo mai provato una cosa del genere. Quando ci accorgemmo che stava facendo buio ritornammo da Jennifer e Sean. Quella sera faceva particolarmente freddo e andammo nell’hotel per dormire. Iniziò anche a piovere dopo qualche minuto e ci annoiavamo a morte. Jennifer propose di fare il gioco “Obbligo o paragone”.
Sean: inizia Justin per primo, gira la bottiglia
Justin: ok. Bene Jennifer obbligo o verità?
Jennifer: verità
Justin: allora, è vero che sei andata al ballo con un nerd due anni fa?
Jennifer: si lo ammetto ma solo perché non sapevo con chi andare. Ora tocca a me. Sum, obbligo o verità?
Io: vediamo … verità
Jennifer: hai mai detto a Justin quel tuo segreto?
Io: no, e non glielo dirò mai
Justin: di quale segreto state parlando?
Io: di niente di importante, non ti interessa
Justin: invece si dimmelo
Io: se la smetti te la dico dopo ora tocca a me. Sean
Sean: obbligo
Io: devi fare dieci flessioni
Sean: non è giusto però, ora dammi, Justin obbligo o verità
Justin: obbligo
Sean: bene vediamo, però devi fare quello che ti dico ok?
Justin: si va bene
Sean: qualunque cosa sia
Justin: se me lo dici
Sean: devi farlo con Sum
Io: cosa?
Jennifer: nooooo lui non può, io sono la sua ragazza
Justin: perché devo farlo con Sum
Sean: così vediamo se sei fedele a Jennifer, se Jennifer si fida davvero di te e se piaci a Sum
Jennifer: ok io ci sto, ho fiducia in Justin
Io: io non voglio, insomma non c’è bisogno di farlo per capire che non mi piace
Sean: e allora perché non vuoi farlo con Justin?
Io: perché Justin non mi piace
Sean: o forse proprio perché ti piace, perché sai che poi noi sapremo i tuoi veri sentimenti per lui
Justin: oh Sum dai che ci vuole facciamolo
Io: ma che? Io non voglio più giocare continuate senza di me
Jennifer: no voi lo farete, io e Sean ce ne andiamo e vi lasciamo soli e non andremo avanti col gioco finché non ti deciderai
Jennifer e Sean andarono fuori dalla stanza chiudendo la porta a chiave lasciando me e Justin soli seduti sul letto. Io non volevo proprio farlo con Justin, il mio migliore amico. Lui aveva notato che ero molto confusa e triste, ero rassegnata, da lì non ne sarei uscita come ci ero entrata, lo sapevo.
Justin: Sum se non vuoi possiamo anche non fare niente, lo so che non vuoi, e … anche il perché
Sum: Justin io …
Justin: non preoccuparti, non mi importa, solo che quando Sean aveva detto che dovevamo farlo, non lo so, ero come dire, felice, mi piaceva l’idea, ma non voglio forzarti
Mi sentivo in colpa, come se l’avessi deluso, forse è così, l’ho illuso. Vedere quel suo sguardo così triste, mi provocò la reazione più strana che potessi pensare e di cui mi sarei pentita. Di colpo mi gettai sulle sue labbra senza pensarci troppo, in quel momento mi sembrava la cosa giusta da fare, l’unica risposta che potevo dare alle sue parole. Mi allontanai da lui tenendo lo sguardo basso e lui con stupore, mi strinse la mano nella sua e quando alzai gli occhi incrociai i suoi, non mi erano mai sembrati così belli, si leggeva chiaramente amore in quello sguardo, in quel sorriso, così pieni di speranza, gioia. Mi baciò con passione, in modo casto, con tutto l’amore che poteva, con tutta la delicatezza e la dolcezza.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Sta mattina mi sono svegliata nel modo che non avrei mai potuto pensare. In un letto completamente nuda. Avevo appena aperto gli occhi e vidi Justin uscire dal bagno in camera con solo i boxer addosso. Per fortuna avevo le coperte che mi coprivano, ma era comunque imbarazzante, non avevo ancora capito quello che era successo, finché Justin non me lo fece ricordare, volevo tanto scomparire, ero completamente rossa e averlo davanti che mi sorrideva non aiutava affatto. In realtà non siamo andati fino infondo, avevamo fatto le cose a metà. Per fortuna. Justin finisce di vestirsi ed esce. Io vado a farmi una doccia e mi rivesto. Scendo giù nel salottino dell’hotel. Jennifer, Sean e Justin sono tutti e tre lì. Justin gli ha già detto tutto. Almeno mi sono risparmiata l’imbarazzo di raccontare cosa è successo. Jennifer e Sean vanno a fare un giro in barca, Justin non ne ha voglia, io me ne ritorno in camera. Dopo un po’ mi raggiunge. Quando lo vedo mi faccio tutta rossa, so che qualcosa tra di noi è cambiato. Gli è bastano sfiorarmi per farmi venire la pelle d’oca. Insomma anche se mi metto mille magie addosso lui saprà sempre come sono sotto tutti quei vestiti, per lui non è lo stesso, lo conosco bene, non si vergogna per certe cose soprattutto se si tratta di me.
Justin: allora ti è piaciuto?
Io: beh devo dire di si, sei stato bravo
Justin: solo bravo, però sei molto generosa con i complimenti
Io: si lo so ahahaha e a te?
Justin: diciamo che non ho mai provato niente di più bello
Io: allora io devo essere bravissima
Justin: non montarti la testa
Io: tra di noi è cambiato qualcosa?
Justin: penso di no
Io: si hai ragione
Justin: ti voglio solo più bene di quanto te ne volessi prima
Io: anch’io
Justin: la prossima volta però dobbiamo fare sul serio
Io: ci sarà una prossima volta?
Justin: certo perché tu non vuoi?
Io: guarda che tu hai una ragazza
Justin: beh possiamo usare una scusa come quella che ha usato Sean quando stavamo facendo quel gioco
Io: si può darsi, potrebbe funzionare
Justin: quindi vuoi rifarlo?
Io: cosa? No
Justin: e dai
Io: ma non ti importa proprio di Jennifer
Justin: si che mi importa, ma …
Io: tu e lei l’avete mai fatto?
Justin: no
Io: aspetta, tu e lei state insieme da quasi un mese, lei non si stacca un secondo da te e non l’avete mai fatto invece con me si quando poi siamo solo amici
Justin: esatto
Io: wow, questo e davvero strano
Justin: ma io non ci tengo, se lei vuole bene
Io: tu sei sicuro di amarla?
Justin: ah … c’è una ragazza che amo davvero tanto, come non ho mai amato nessun’altra , potrei averla senza problemi, ma se gli direi che l’amo creerei a lei dei problemi e la farei soffrire, e questa è l’ultima cosa che voglio
Io: e chi è? Chi è questa ragazza?
Justin: non posso farti soffrire
Si alzò andandosene, e lasciandomi una valanga di dubbi. Quella presa era a doppio senso, forse sono io quella ragazza di cui è innamorato e che non vuole far soffrire, e rispondendo alla mia domanda con “non posso farti soffrire” forse voleva farmi capire che ero io. O forse non vuole farmi soffrire perché è innamorato di un’altra e sa che ci starei male. Ho un tale casino in testa, non è giusto che mi lasci sempre così, ma non riesco a fermarlo ogni volta e farmi spiegare cosa voleva dire. Forse mi piace restare con un punto interrogativo, così posso sperare in positivo.
Una settimana dopo
Siamo tornati a casa da cinque giorni. Ho ancora quel grande dubbio, ci sto ancora pensando, si può sapere cosa voleva dire? Lo sto letteralmente impazzendo, ogni giorno a scuola Justin si nasconde nei posti più impensabili per non incontrarmi. Ma poi lo trovo sempre ed è costretto a dirmi tutto, ma fa scena muta. Stasera è uscito con Jennifer, ed è molto che è fuori. Mi manca. Cerco di riempire la solitudine con la musica, e mi metto al piano, ma è peggio. Vado in camera mia e dopo più o meno due ore torna Justin. Vado subito ad abbracciarlo, ma è un po’ triste. Devi dirmi qualcosa di importante. Il tempo di sederci sul divano e cambia completamente scena, diventa serissimo.
Io: che c’è? Che vuoi dirmi?
Justin: è una cosa importante … e non voglio che le cose tra noi cambino
Io: cioè?
Justin: ho lasciato Jennifer
Io: cosa? Ho capito bene? Perché?
Justin: si, è così, e … l’ho fatto perché le volevo bene
Io: aspetta, non ti seguo cosa vuoi dire
Justin: io non amo Jennifer, non l’ho mai amata
Io: e perché ti sei messo con lei?
Justin: per te, perché solo così potevate ritornare amiche, quando sono andato da lei per chiederglielo, le ho detto che se sarei stato il suo ragazzo lei avrebbe fatto pace con te
Io: quindi, sei stato con chi non amavi solo per conservare l’amicizia tra me e Jennifer?
Justin: si, sono stato con lei tutto questo tempo e l’ho sempre assecondata solo per farti essere felice, ma non ce l’ho fatta più, non ho potuto più tenermi più tutto dentro
Io: cosa vuoi dire?
Justin: che non amavo lei, ma un’altra
Io: chi è? Justin … ti prego … devi dirmelo …
Justin: non posso, non ho il coraggio di farti piangere, non a te, non me la sento
Io: Jennifer lo sa? Sa chi è?
Justin: …
Se ne è andato così, ma a saperlo, non lo avrei neanche ascoltato, ha lasciato Jennifer per un’altra. Mi sento incolpa perché è successo tutto a causa mia, se non avrei litigato con lei, Justin non sarebbe diventato il suo ragazzo e non l’avrebbe mai lasciata. Ora sarà molto triste. La a chiamo più volte, ma non mi risponde, lo sapevo. Vado da Justin, in camera sua, per vedere cosa sta facendo. Mi stendo sul letto, vicino a lui, e guardo il soffitto, cercando lo stesso punto che sta guardando anche lui. Senza aspettarmelo, mi stringe la mano. Ha già capito tutto, lui mi comprende meglio di chiunque altro, sa perché sono triste, felice o perché piango, per chi rido, e io sono da meno, ora sono triste non solo per Jennifer, ma per tutto e tutti, perché Justin si sente confuso, perché nella mia vita c’è sempre qualcosa che và storto, perché rendo impossibile quella degli altri, perché non so più cosa pensare e di chi.
Justin: scusa
Io: per cosa?
Justin: ti rendo sempre la vita un casino
Io: ma che, semmai sono io che complico la tua
Justin: tu la vita me la rendi solo più felice
Io: davvero?
Justin: certo, me l’hai sempre semplificata e quando ero solo mi sei sempre stata vicina, non ho ancora dimenticato tutto quello che hai fatto per me, e mai lo farò
Io: di niente, infondo, tu ti meriti tutto questo
Justin: sei davvero unica
Io: tu invece non vuoi proprio dirmi chi ti piace?
Justin: lo faccio solo per il tuo bene, credimi, ci rimarresti malissimo, e non vorrei mai darti un dispiacere
Io: come vuoi
Justin: cosa?
Io: lo so che mi vuoi bene, e se non vuoi dirmelo perché sai che non mi farà piacere, va bene, mi fido di te
Quelle parole ravvivarono in lui un fantastico sorriso, mi strinse forte a lui dandomi un bacio sulla fronte e sussurrandomi all’orecchio un leggero “Grazie”. Lo sentii più vicino di qualunque altra volta. Non ho più dubbi. Lo amo.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Io: Justin, Justin svegliati forza o facciamo tardi
Justin: dai Sum aspetta tra poco mi sveglio
Io: Justin svegliati
Justin: tra cinque minuti
Io: ora, muoviti
Justin: …..
Io: io non ne posso più, ti rimango qui ok
Justin: grazie
Ultimamente Justin non ha mai voglia di alzarsi per andare a scuola, e arriva sempre in ritardo, Jennifer lo tiene sempre impegnato in uscite, ieri per esempio è tornato a casa quasi alle due del mattino, e quindi passa tutto il giorno a dormire. Sarà meglio che ci dia un taglio a questa storia, poverino non può andare avanti così. Sto per entrare in macchina quando sento un tonfo al piano di sopra, salgo e trovo Justin nel corridoio sommerso dai libri, nel correre gli si è aperto lo zaino ed è caduto tutto. Lo aiuto a raccogliere tutto e gli dico di andare a fare colazione mentre riordino per terra. Prendo l’ultimo quaderno e scendo giù in cucina, invece che mangiare qualcosa, Justin è sul tavolo addormentato, mi fa così tenerezza. Lo sveglio e andiamo a scuola. Neanche entrati e Jennifer gli salta addosso per abbracciarlo forte e inizia a massacrarlo con le sue chiacchiere, povero lui. Oggi siamo usciti prima per un’assemblea importante, quindi alla terza ora siamo tornati a casa. io e Justin siamo andati a piedi. 
Io: allora come ti è andata oggi?
Justin: da schifo, non ne posso più
Io: della scuola o di Jennifer?
Justin: entrambe
Io: senti stasera vogliamo vedere un film?
Justin: non posso, devo andare da Jennifer
Io: per fare cosa?
Justin: niente di importante
Io: ok se lo dici tu
Stranamente oggi mi sembrava più triste del solito, c’era qualcosa che non andava e sapevo con assoluta certezza che era per Jennifer, inizio davvero a stancarmi di questa storia. Tornati a casa neanche il tempo di entrare e ecco che Justin deve correre da Jennifer , e io resto sola ad annoiarmi. Dopo un quarto d’ora squilla il telefono e vado a rispondere.
Io: pronto
Sean: ciao Sum sono Sean
Io: ciao, Justin non è in casa, è uscito
Sean: beh in realtà ho bisogno di te, ti va bene se tra cinque minuti vengo a prenderti per uscire devo dirti una cosa
Io: ehm … si, si penso veda bene, ok, ti aspetto
Sean: ok grazie ciao
Io: ciao
Bene Sean doveva parlarmi ma chissà di cosa, probabilmente riguarderà Justin, anzi sicuramente. Non ne posso più di problemi altrui già non riesco a risolvere i miei, e con “miei” mi riferisco al perché Justin non vuole dirmi chi gli piace, lo so gli ho detto che non mi importava perché mi fidavo di lui ma la curiosità ha sempre la meglio sulle promesse. Meglio se vado a cambiarmi per uscire. Suona il campanello e Amanda fa entrare Sean, perché lui pensa sempre che quando viene c’è di mezzo un appuntamento, cioè non vuol dire che se due amici escono per parlarle abbiano un appuntamento, ma io e Amanda a quanto pare non abbiamo lo stesso modo di pensare. Saliamo in macchina e partiamo verso il centro commerciale. Facciamo un giro per i negozi, Sean mi sembra molto agitato, stranamente il suo comportamento mi causa una grande curiosità, voglio sapere immediatamente cosa sta succedendo e lo voglio sapere subito. Ci sediamo a un bar per parlare e con parlare non intendo parlare come persone normali dato che Sean sia ancora più agitato di prima e per dire anche solo mezza parola ci sta impiegando una vita
Io: senti Sean si può sapere che mi devi dire?
Sean: io sto provando a dirtelo ma è complicato
Io: non mi interessa voglio sapere cosa hai da dirmi perché so che si tratta di Justin quindi muoviti
 Sean: beh non è che si tratta solo di Justin
Io: e chi altro?
Sean: Jennifer
Io: o no dai adesso che c’entra lei in tutto questo?
Sean: beh c’entra per quello che è successo tra me e lei
Io: che vuoi dire?
Sean: io … c’è lei … insomma lei mi piace
Io: aspetta cos’hai detto?
Bene questa sì che ci voleva, adesso il migliore amico di Justin è innamorato della sua ragazza, la mia vita è un inferno, se Justin lo sa non la prenderebbe molto bene, o almeno credo, Sean ci starà davvero male dopotutto Jennifer è il fedele animaletto di Justin e non lo lascerà per niente al mondo, anzi secondo me ci sta già soffrendo, e alla fine tutti si sfogano con me, non sono mica un centro di accoglienza per poveri adolescenti disperati per amore? Eppure la sottoscritta deve sempre rimboccarsi le maniche e fare l’angelo custode per le povere anime sofferenti. Quindi a lavoro mia cara Sum
Sean: io amo Jennifer
Io: no, nononononononono tu non stai dicendo sul serio, vero, ti prego dimmi che è tutto uno scherzo
Sean: no è la realtà
Io: nooooooo, perché tutte a me? Si può sapere come cavolo è successo?
Sean: ti ricordi quando siamo andati a fare il campeggio e stavamo facendo il gioco obbligo o verità
Io: oh si, come posso dimenticare quel gioco
Sean: mentre tu e Justin stavate di sopra io e Jennifer abbiamo parlato
Io: eeeeeee?
Sean: e tra una battuta e una risata … ci siamo baciati
Io: cheeeeeeeeeeeeeee
Sean: si, ci siamo baciati, in realtà l’ho baciata io
Io: tu … che hai … fatto?
Sean: lo so forse ho sbagliato ma in quel momento mi è venuto spontaneo
Io: nonononononooooooo non è giusto, perché, perché ho una vita così …. Così …. Bah lasciamo stare tanto a che serve arrabbiarsi
Ecco la goccia che fa traboccare il vaso, lo sapevo io che sarebbe andata a finire da schifo, ma questo è proprio in basso ci può essere qualcosa di peggio? Tornata a casa aspettai che Justin tornasse, per tutto il tempo sono stata davanti la televisione a vedere quegli stupidi programmi che trasmettono alle 2 del mattino, alla fine lo aspettai inutilmente e un po’ alla volta cedetti al sonno. Il giorno dopo Justin non era ancora tornato, erano quasi le 10 ormai e iniziavo ad avere dei dubbi. Sapevo dove potesse essere quindi senza perdere tempo andai verso la mia unica direzione la casa di Jennifer. La porta principale era chiusa, ma per fortuna erano le 10.15 di sabato mattina, il giorno in cui la madre di Jennifer esce e rimane la porta sul retro aperta, quindi entrai per di lì. Sul divano del salotto c’era una giacca, quella di Justin, quindi avevo indovinato. Ma se era a casa di Jennifer ora voleva dire che aveva dormito qui. Subito un primo pensiero mi prese e iniziai ad esserne sempre più convinta. Corsi su e arrivai davanti la porta della camera di Jennifer, avevo paura di abbassare quella maniglia. Aprendo vidi che Jennifer stava dormendo tranquillamente, ma non c’era nessuno con lei. Mi ero sbagliata, per fortuna. Tiro un sospiro di sollievo e senza più inutili dubbi per la testa me ne ritorno a casa. E ecco che mi ritrovo Justin sul divano. Mi siedo vicino a lui e cerca di svegliarsi.
Io: ciao
Justin: ehi
Io: dov’eri?
Justin: da Jennifer
Io: hai dormito da lei?
Justin: si
Io: perché non sei rimasto?
Justin: non volevo
Io: Justin, hai qualcosa da dirmi?
Justin: no no niente
Io: sicuro?
Justin: si non c’è nulla che devo dirti
Io: ok
Mi alzo per andare in cucina e rimango come freddata da ciò che mi dice: IO E JENNIFER LO ABBIAMO FATTO. Tengo lo sguardo basso e resto di spalle: bene, sono felice per voi; dicendolo quasi in lacrime me ne andai fingendo che mi facesse piacere, ma se ne accorse che il mio comportamento era una falsa, e mi faceva male che non faceva niente, come se lo tollerasse. Passai per la cucina uscendo in giardino. Non ero più sicura delle mie emozioni, non sapevo cosa avesse la mia testa, provava mille sentimenti e aveva mille pensieri, sentivo che stava per scoppiare, e il mio cuore stava peggio. Dopo appena cinque minuti mi accorsi che era ritornata Amanda, capii che era lei perché le sentii chiedere a Justin dov’ero, lui le disse che ero fuori in giardino, lo disse con una leggera tristezza sfumata alla freddezza, Amanda mi diede un’occhiata dalla portafinestra della cucina e dalla sua espressione posso dire che aveva già intuito che qualcosa non andava, e di sicuro non era una sciocchezza, quindi mi raggiunse.
Amanda: ehy Sum tutto ok?
Io: si, si certo
Amanda: allora perché hai quella faccia?
Io: io non ho nessuna faccia, sto benissimo ok
Amanda: ma quelle lacrime mi dicono qualcos’altro
Io: ………
Amanda: dai dimmi la verità, che è successo?
Io: ………
Amanda: è per Justin vero?
Nonostante avessi negato tutto e non le avessi detto niente aveva capito subito qual’era il problema, ma io non volevo dirle la verità, volevo solo soffrire in pace e da sola, ma con lei sapevo che il silenzio non era il rimedio giusto, l’unica cosa che potevo fare e restare lì ed essere sincera. A quella domanda non ebbi neanche il coraggio di dirgli “sì” quindi le accennai semplicemente un leggero accenno.
Amanda: sapevo era per lui, i ragazzi c’entrano sempre e vediamo, ti dà fastidio che Jennifer se lo tenga tutto per se
Io: già, non sopporto che passino tutto il tempo insieme, mi sento esclusa
Amanda: è normale, ma ho il presentimento che ci sia qualcos’altro
Io: no, non c’è niente davvero
Amanda: invece lo so che c’è qualcosa di ancora più grave che ti preoccupa
Io: no, non è così, ti sbagli
Amanda: Sum hai bisogno di sfogarti non puoi tenerti tutto dentro
Io: no, ti ho detto che è solo questo, tra me e Justin non sta succedendo niente, io non sono triste e ora finiamola qui chiaro
Completamente arrabbiata e quasi con le lacrime agli occhi ritornai dentro per andare in camera mia, ero così irritata dalle parole di Amanda, anche se erano la verità, che mentre salivo le scale ho urtato Justin, lasciandogli capire che c’era un problema abbastanza grave ed era stato a causarlo in parte. Appena misi piede in camera mia mi buttai sul letto nascondendo la faccia nel cuscino non potendo più trattenere la tristezza. Mi sentivo malissimo, ce l’avevo con Justin, con Jennifer, con Amanda, con me, non sapevo più con chi prendermela se non col mondo intero. Volevo solo scomparire, per non poter più soffrire, per non sentirmi più sola. Ero arrabbiata, triste, sola, abbattuta, infuriata, disperata, rassegnata, nel mio cuore avevo più di cento emozioni che non riuscivano a farsi posto e che quindi si davano libero sfogo con le lacrime. Speravo che qualcuno venisse e mi consolasse, che mi spiegasse perché avevo avuto quella reazione, volevo che qualcuno non mi facesse sentire abbandonata e volevo che quel qualcuno fosse Justin. Sfortunatamente desiderai invano quella fantasia.  

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Odiavo a morte Justin per tutto quello che mi stava facendo passare, pensavo fosse una persona migliore da quello che ha dimostrato di essere, come ha potuto farlo con Jennifer dopo che si erano lasciati? Probabilmente anche quando lo ha fatto con me era solo per divertimento e me ne pento e dato che non voglio più vederlo mi chiudo a chiave in camera mia, anche se so che è dietro quella porta per me, perché vuole dirmi qualcosa. Ma nella vita non c’è sempre un muro di mattoni pronto a proteggerci semplicemente perché non si può costruire ovunque, infatti a casa faccio di tutto per evitarlo, ma a scuola non è per niente così, a pranzo, in aula, vicino l’armadietto ci troviamo dai 5metri ai 5centimetri di distanza e anche se non lo guardo percepisco comunque la sua presenza che mi pesa più di un masso nello stomaco. Per tutti questi motivi la mia vita è passata da +8 a -20, pensavo che tra Justin e Jennifer fosse finita e invece sarebbe stato meglio se non si fossero mai lasciati, ma infondo a me cosa importa, Justin non è l’unico ragazzo sulla faccia della Terra e in questa scuola ci sono migliaia di ragazzi che farebbero di tutto per frequentarmi, è qui c’è LUI. L’unico che si distingue da tutti dagli altri, per tutti perché è il più popolare e carino della scuola, per me perché al contrario degli altri sembra essere interessato davvero a me, o meglio alla mia amicizia, e non come tutti gli altri ragazzi che sono interessati a tutt’altro. Per me LUI è l’unico ragazzo davvero sincero che abbia conosciuto fin ora, all’inizio credevo fosse un montato di testa perché piaceva a tutte le ragazze della scuola, ma in realtà è simpaticissimo e mi vuole molto bene, me lo fa capire ogni giorno, mi pensa sempre e se sono sola non ci pensa due volte a farmi compagnia. Sono le 7.45 e sto andando proprio da LUI, mi ha invitata a vede un film a casa sua, da soli.
Michael: allora tutto ok?
Io: si si, a te?
Michael: alla grande
Io: come mai?
Michael: domani è il mio compleanno
Io: ah, e festeggi?
Michael: ovvio e tu sei invitata
Io: grazie
Michael: sembri un po’ delusa
Io: no è che ….. lascia perdere dai non è niente di importante
Michael:sicura?
Io: certo
Michael: lo sai che per qualunque cosa per te ci sono
 Io: grazie
Era vero quello che aveva detto. Lui per me c’era stato fino ad allora ed ero sicura che ci sarebbe stato anche dopo, ma avevo dei dubbi su un’altra persona perché negli ultimi giorni non si stava comportando come il ragazzo che credevo fosse,questo mi rendeva molto delusa di lui, per fortuna avevo chi di me se ne importava e per mia sfortuna a quella dannata festa c’era non solo Justin ma anche Jennifer. Avevo passato un’intera giornata della mia vita a trovare un vestito per cercare di essere decente ed evitare figuracce con il ragazzo più favoloso di questo mondo e mi ritrovo con i due cuori spezzati sotto la stessa capanna e già sapevo che sarebbe stato un incubo. Se avessi saputo di tutto questo non mi sarei neanche degnata di mettere piede in questa casa o meglio in questo giardino, neanche il tempo di uscire fuori e mi ritrovo Jennifer addosso e Justin a qualche metro di distanza, intuii subito che quelle due facce che ormai conoscevo a dir poco benissimo mi avrebbero rovinato la serata infatti pensai di sfuggire fuori la porta ma appena cercavo di mettere piede dentro casa un  fantastico sorriso di un ragazzo semplicemente perfetto mi faceva tornare indietro verso un bel bicchiere di birra o vodka, in un modo o nell’altro dovevo pur affogare le mie pene e l’alcol era certamente il miglior modo per farlo.
Justin: ehy ciao
Ma la mia fantastica sorte non poteva assolutamente essere gentile e darmi la possibilità di lasciarmi sola con i miei pensieri e il bicchiere per discutere in pace perché giustamente il trio non era  completo senza Justin, come si dice non c’è due senza tre e il quarto vien da sé, e il quarto veniva davvero da sé e non si preoccupava più di tanto, ma fortunatamente eravamo già abbastanza intorno a quell’angolo bar che di lì a poco ci avrebbe cacciati via ma bastò Justin per questo trascinandomi sul divanetto a bordo piscina e facendomi abbandonare il mio piccolo angolo di paradiso e solitudine.
Io: che vuoi Justin?
Justin: siediti
Io: allora?
Justin: sei arrabbiata?
Io: una festa fantastica che però non mi posso godere, un ragazzo con cui vorrei tanto parlare ma non ci riesco, delle persone che non vorrei vedere ma che ci sono, un  angolo bar che adoro e qualcuno mi ci ha portato via, quel qualcuno ora mi chiede cose strane e una serata che mi fa sentire con il morale sotto i piedi, direi che è tutto semplicemente fantastico
Justin: perché non riesci a goderti questa festa?
Io: per il semplice fatto che sono troppo stupida e ingenua per divertirmi … e ignorare il mondo
Justin: cosa vuoi dire?
Io: niente, lascia stare quello che ho detto ok?
Dopo quel breve discorso avevo bisogno di distrarmi totalmente da Justin e tutto quello che era successo ma non sarebbero bastato l’alcol quindi dovevo ricorrere a qualcosa di più pesante, ma dopo neanche due ore me ne sarei pentita amaramente. Avevo davvero esagerato e presto mi ritrovai dalle stelle alle stalle, il mio stomaco non era abituato a tutto questo e non faceva altro che protestare, era un interminato via vai dal bagno.
Michael: ehy ti senti meglio ora?
Io: credo di si
Michael: non pensavo potessi fare una cosa del genere
Io: una figuraccia colossale d’avanti a te?
Michael: no, cioè si, anche, ma non mi riferivo a quello
Io: già neanche io
Michael: morale della storia?
Io: non cercherò più di drogarmi
Michael: e….?
Io: e al massimo alzerò un po’ il gomito solo con l’alcol
Michel: e…?
Io: e non vomiterò più con te d’avanti
Michael: e…?
Io: e …. Cosa?
Michael: e promettimi che non permetterai mai a nessuno di renderti infelice
Io: ok, certo
Michael: bene, io allora vado, se vuoi riposarti un po’ resta pure in camera mia
Io: grazie
Incredibile, fino a qualche minuto fa ero a vomitare con Michael vicino e ora ero in camera sua sul suo letto e mi stava addirittura consolando, lui è davvero un ragazzo fantastico. Ogni volta che penso a lui mi avvicinavo sempre di più all’idea che mi possa piacere, ma lì iniziava un mio secondo pensiero, Justin, non ancora dimenticato quello che è successo al campeggio, né che sono stata male per lui, né anche lui c’era per me, né che io lo amavo, ma neanche di ciò che c’era stato con Jennifer. Questo mi causava più dubbi di quanto ne avessi già, e più di quanti problemi potessi immaginare. Non sapevo chi scegliere né come amico né come chi amare. Ritornando alla festa/incubo, dopo tutto il casino che avevo nella testa (e anche dello stomaco) ora ci si metteva anche Jennifer, che a quanto pare soffre di crisi d’amicizia, non fa altro che chiedermi cose come “io e te saremo sempre amiche vero?” oppure “tu sei ancora mia amica?”, e anche peggio dato che sta ripetendo queste frasi così tante volte che sembra un disco che si è inceppato. A questo punto non so più cosa c’è di peggio, la mia vita non potrebbe fare più schifo di così. Ma come mi succede sempre quando tocco il fondo c’è ancora un piano terra che non ho ancora visitato, o meglio un piano acqua. Sto cercando in tutti i modi di sbarazzarmi di Jennifer, la sua ossessione mi sta letteralmente facendo impazzire, ma mi sta attaccata più di una sanguisuga. Seguendo la logica della mia vita quando mi accadono cose orribili dopo dovrebbe accadere qualcosa di meraviglioso, ma è da stamattina che mi và tutto storto e con questo perdo completamente fiducia nella buona fortuna, infatti scappando dalla sanguisuga sbatto contro Justin e mi faccio un bel bagno nella piscina. Ora avevo toccato davvero il fondo, e ci ero proprio appoggiata su e avrei tanto voluto rimanerci ma rieccomi al primo piano e mio Dio se era orribile, quando hai gli occhi di tutti puntati addosso non ti dispiacerebbe mai un po’ d’acqua! Ed ecco che arriva il mio angelo custode.
Michael: Sam ehy tutto ok? Ti senti bene?
Io: si si certo non preoccuparti, è solo un po’ d’acqua nei polmoni sta tranquillo
Michael: dai vieni dentro ad asciugarti
E quindi di nuovo dentro assistita dal ragazzo più dolce della Terra, nonostante tutto mi piace quando mi coccola così abbracciandomi e facendo il premuroso con me, dimostrandomi che mi vuole bene.
Michael: questa non è proprio la tua serata eh?
Io: già, scusa
Michael: per cosa?
Io: per colpa mia non puoi goderti la tua festa in pace
Michael: non preoccuparti, preferisco stare vicino una ragazza dolce e gentile come te piuttosto che con una decina di ragazze che fanno di tutto per cercare di fare colpo su di me
Io: grazie
Michael: te l’ho detto che per te ci sono sempre
Adoravo quando diceva quella frase accompagnandola con il suo unico sorriso, lui al contrario di tutti gli altri ragazzi mi trasmetteva delle emozioni diverse che mi facevano vedere il lato positivo della mia esistenza.
Io: senti come posso fare per sdebitarmi?
Michael: per cosa?
Io: per la tua gentilezza
Michael: non scherzare io lo faccio perché ti voglio bene
Io: ma anch’io ti voglio bene quindi dimmi cosa vuoi che faccia
Michael: beh ci sarebbe qualcosa
Io: cosa?
 
Spazio Autrice
Ciao ragazze scusate se non ho finito il capitolo ma volevo che immaginaste il finale, se volete sapere cosa succede lo scriverò nel prossimo capitolo, spero che questo vi piaccia e recensite per favore, ovviamente se volete che legga le vostre ff ricambio ciaoo, un bacione a tutte
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Io: senti come posso fare per sdebitarmi?
Michael: per cosa?
Io: per la tua gentilezza
Michael: non scherzare io lo faccio perché ti voglio bene
Io: ma anch’io ti voglio bene quindi dimmi cosa vuoi che faccia
Michael: beh ci sarebbe qualcosa
Io: cosa?
……………
BEH CI SAREBBE QUALCOSA
………………..
CI SAREBBE QUALCOSA
……………………
QUALCOSA
Cerco inutilmente di prestare attenzione alla lezione di storia ma … questa frase non fa altro che rimbombarmi  nella testa. Sto facendo di tutto di ascoltare il professore ma è più facile a dirsi che a farsi, soprattutto se il ragazzo che ti ha detto queste parole è a neanche un banco di distanza e non smette di fissarti e sorriderti rendendomi le cose ancora più difficili. Per fortuna la campanella mi salva e mi alzo subito  per correre al mio armadietto. Cammino a passo svelto per tutto il corridoio facendo attenzione a non scontrarmi con tutte le persone che mi ritrovo d’avanti e, ovviamente, a non incontrare Michael, è da ieri sera che non ci parlo e non voglio farlo proprio ora, mi vergogno troppo per quello che è successo. Arrivata a destinazione apro l’armadietto e mi ci nascondo dentro per paura che qualcuno mi trovi, ma mi ero totalmente dimenticata che vicino al mio c’era quello di Justin, infatti appena mi riconosce mi saluta con assoluta calma senza notare la mia agitazione. Esco la mio rifugio segreto e mi guardo un po’ intorno per vedere se ci sono nemici in arrivo e vado in mensa con Justin. Mentre camminiamo non faccio altro che muovere la testa a destra e a sinistra facendo finta di sentire cosa sta dicendo, entriamo, prendiamo un vassoio e facciamo la fila per il pranzo. Prendo un hamburger con le patatine fritte, un bicchiere di coca cola e del gelato, Justin una fetta di piazza e anche lui la coca cola. Cerchiamo un posto per sederci e la mia attenzione viene attratta da Michael che ci ha segno di sederci al tavolo con lui, Justin parte subito in quarta mentre cerco di fermarlo inventandomi mille scuse una più stupida dell’altra del tipo “non voglio sedermi lì perché il tavolo è troppo al centro” oppure “lì fa troppo caldo e si sta troppo scomodi”, insomma di tutto e di più ma avrei fatto prima a stare zitta. Nel momento in cui mi sono seduta mi sono letteralmente autocondannata a morte, avere Michael proprio d’avanti agli occhi non era di certo quello che avevo in mente, soprattutto se il mio piano iniziale era quello di evitarlo nel modo più assoluto. Ero così impegnata a tenere lo sguardo fisso sul pavimento che mi era passata totalmente la voglia di magiare, mentre quei due facevano comodamente salotto, sento la campanella e senza perdere tempo scappo via, in quel momento non ero mai stata così felice di fare matematica. Mentre attraversavo il corridoio venni spinta verso il muro e iniziò a girarmi la testa, stavo quasi per cadere quando vidi che Michael mi stava chiamando e feci di tutto per riprendermi e continuare a camminare fino alla mia classe. Il professore era già lì, come al solito, che aspettava l’arrivo di tutti i ragazzi, c’era già qualcuno e in pochi minuti iniziammo la lezione. Aprii il quaderno per fare le equazioni.
Prof.: Michael che dici di venire alla lavagna per risolvere l’equazione?
Michael: si ecco
Prof.: voi intanto risolvete da posto
Michael si alza e va verso la cattedra dove era appoggiato il gesso, lo prende, e  inizia a scrivere alla lavagna. Io copio la traccia e inizio, passammo così una buona mezz’ora chiamando a turno qualcuno da posto, ma più tempo passava e più non ci capivo niente di quello che scrivevo, cosa molto strana perché in matematica sono la prima della classe, avevo un forte mal di testa che di minuto in minuto aumentava sempre di più. Poi il professore chiamò anche me alla lavagna, presi il gesso e scrissi ciò che mi dettava, quando iniziai i primi calcoli non trovai grandi difficoltà, poi però, mentre scrivevo veloce i risultati delle operazioni mi fermai, il mal di testa era fortissimo e mi girava tutto in torno, mi cadde il gesso delle mani e mi appoggiai alla cattedra per non cadere, tutti si stavano preoccupando da posto e stavo diventando sempre più pallida.
Prof: Sam ti senti bene? Che ti succede?
Non capii niente di quello che mi stava dicendo e preoccupato mi fece accompagnare in infermeria.
A casa
Michael: ciao Sam, come ti senti?
Io: ciao, sto meglio non ti preoccupare
Michael: che hanno detto in infermeria?
Io: avevo un po’ di febbre tutto qui
Michael: forse è meglio se domani resti a riposo a casa
Io: no non ce n’è bisogno sto già molto meglio per domani mi passa tutto
Michael: no per favore non venire a scuola devi riguardarti
Io: okay come vuoi
Michael: comunque per quello che è successo l’altra sera …
Io: si ...
Michael: ti ha dato fastidio? C’è ti sei arrabbiata?
Io: no no
Michael: sai oggi a scuola ti sei comportata in modo strano
Io: in modo strano che intendi?
Michael: cercavi di evitarmi
Io: oh già
Michael: perché?
Io: ecco io … io non volevo parlarne
Michael: ah … capisco … scusa
Io: no non è per te è solo che … è stato strano … non riesco ancora a rendermene conto
Michael: ma ti è piaciuto?
Io: io … io credo si
Michael: bene
Io: solo che non voglio che Justin lo sappia … tutto qui
Michael: come mai?
Io: so che non lo renderebbe felicissimo
Michael: si può sapere il perché?
Io: no … meglio di no
Michael: va bene non sei costretta a dirmelo se non vuoi, io devo andare ora ciao
Io: ciao
Chiudo la chiamata e poso il telefono sul comodino vicino al letto, non capisco cosa mi sia successo stamattina, eppure stavo bene, ora non ci voglio pensare, mi sta già ritornando il mal di testa. Amanda mi chiama per dirmi che è pronta la cena e, anche se con poco entusiasmo, scendo a mangiare, tutti aspettano solo me e appena mi siedo e vedo un enorme piatto di carne mi viene subito la nausea, mi passa subito la fame, costretta da Amanda mangio solo qualche verdura e un po’ di insalata con il termometro sotto il braccio, e nel frattempo mi ha l’interrogatorio, non la sopporto più è da quando ho chiamato da scuola per farmi venire a prendere e le ho detto “ho dei capogiri, sono pallidissima e ho la febbre” che mi perseguita per tutta la casa per fare la super protettiva, anche Justin è contro di me, mi era andata a nascondere nella sua stanza, più precisamente nel suo armadio, per sfuggire alle grinfie di una governante/infermiera/rompi scatole e lui le dice dove sono, perché si preoccupa così tanto per me? Mangio un ultimo boccone e mi alzo per tornare in camera mia ma appena sono i piedi sento un dolore fortissimo al fianco sinistro, è così forte che non ce la faccio e cado sullo schienale della sedia me cercare di reggermi. Amanda subito si alza preoccupatissima e prova a reggermi, Justin mi viene vicino e mi prende in braccio per portarmi di sopra, mi appoggia sul letto e mettendomi la mano sulla fronte vede se mi sta salendo la febbre, infatti scotto, e mi metto sotto le coperte, ma dopo un po’ inizio a morire dal caldo e le tolgo di dosso. Prendo il telefono per guardare l’ora: 21:46, “sarà meglio dormire un po’” penso e cerco di addormentarmi.
All’improvviso mi sveglio, mi alzo e  mi guardo in torno, è tutto buio, solo la luce della luna che entra dalla finestra illumina un po’ la stanza, mi sdraio e appoggio una mano sulla fronte e sono tremendamente sudata, scendo dal letto e lentamente vado verso il bagno, ho un forte dolore alle gambe e non riesco a camminare. Apro la porta e vado vicino lo specchio appoggiandomi sul lavandino, sono bianca da far paura, a quel punto mi serviva solo un bel bagno rilassante, così riempio la vasca di acqua calda e schiuma, e prendo l’accappatoio e un asciugamano. Tolgo il pigiama e l’intimo e mi immergo nell’acqua bollente, chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi, dopo un po’ però inizio ad avere caldo e mi gira la testa, quindi mi alzo ed esco stringendomi nell’accappatoio e asciugandomi bene con l’asciugamano, ritorno in camera mia, ma mentre cammino vedo Justin che esce dalla sua stanza e mi chiede dove sto andando, vedendomi debole mi accompagna e mentre mi metto un altro pigiama lui va in cucina per prepararmi un the caldo, scendo anch’io, la luce forte del lampadario quasi mi acceca, mi siedo su una sedia e Justin vicino a me, prendo la tazza tra le mani e fisso quell’acqua calda aromatizzata con qualche cucchiaio di zucchero dentro, Justin intanto è li che mi fissa in silenzio come se volesse studiare i miei movimenti, provo ad alzare la tazza ed è più pesante di quello che pensavo, quasi non ce la facevo, riuscii a bere giusto qualche sorso e mi sentii subito piena,pensavo di aver bevuto più mezza tazza, invece mi sembrava di non averla proprio toccata. Alzai la testa e Justin era rimasto immobile.
Io: Justin non ce la faccio … puoi accompagnarmi su per favore …
Quasi non riuscivo a parlare, per aver detto quelle poche parole mi sentivo svenire, Justin  mi si avvicina e con un braccio mi stringe i fianchi e io mi appoggio sulla sua spalla.
Justin: vieni dai
Piano saliamo le scale e arriviamo alla porta della mia stanza, lui la apre e ci sediamo sul mio letto, io metto la testa nell’incavo del suo collo e respiro un po’ affaticata, Justin si appoggia sui cuscini distendendosi e io appoggiata a lui, sento gli occhi pesanti e li socchiudo metto una mano sul petto di Justin e gli stringo la maglia come posso, prima di chiudere gli occhi riesco a vedere l’ora, 02:50, Justin prende la mia mano nella sua e mi addormento.
Il giorno dopo
Il giorno dopo mi sveglio nella mia stanza, sul letto sotto le coperte, ma senza Justin. Mi alzo per andare a chiudere le tende per il troppo sole e mentre apro l’armadio per prendere un jeans e una T-shirt sento dei passi, mi siedo sul letto e mi tolgo il pigiama, ma non trovo la maglia e mi accorgo che è caduta sul pavimento, non faccio in tempo a prenderla che arriva Justin come una furia e inciampa nella maglietta. Apro gli occhi e mi ritrovo mezza nuda distesa sul mio letto con Justin addosso che si mantiene sulle braccia e che mi fissa, in quel momento non ho il coraggio di muovere un muscolo, neanche di respirare, anche perché stranamente mi sentivo più debole del solito, restiamo così in silenzio a contemplare l’uno il viso dell’altra.
Amanda: Justin sbrigati o farai tardi a scuola
Volevo quasi piangere, un momento così bello e perfetto rovinato dalla voce stridula di Amanda. Justin subito si alza da me e mi dà le spalle per non guardarmi, io ne approfittai e presi subito una coperta per coprirmi.
Io: guarda che puoi girati
Si girò con imbarazzo.
Justin: scusa
Io: non preoccuparti … che volevi?
Justin: niente è che prima di andare a scuola volevo vedere come stavi e volevo salutarti
Disse mettendosi la mano dietro la testa con lo sguardo basso e con la faccia tutta rossa. Il modo in cui lo aveva detto e la sua espressione lo rendevano così dolce che non riuscii a non sorridergli.
Io: non preoccupati sto meglio ora
Justin: bene allora vado ciao
Mentre era sull’uscio della porta gli dico di fermarsi e gli prendo il braccio, mi avvicino la suo orecchio e gli sussurro: Grazie per ieri; e gli lascio un bacio sulla guancia.
Allora Justin se ne è andato a scuola già da qualche oretta e io sto sul letto con le coperte sul pavimento, ancora col pigiama e sto morendo di caldo. Fino a pochi minuti fa congelavo. Odio avere la febbre. Mi guarda intorno continuamente non sapendo cosa fare, accendo la tv, ascolto la musica, gioco col telefono ma niente sembra che il silenzio e la solitudine mi facciano da compagnia, loro e Amanda che passa davanti camera mia ogni cinque secondi per tenermi d’occhio. Ma sono sempre nella stessa posizione. Continuo a rimanere distesa, i capelli stravolti sul cuscino, le braccia e le gambe mi sembra di non averle più, e guardo fisso la finestra dalla quale si vede il ramo fiorito dell’albero piantato il giardino, non so perché ma guardando lì provo una strana sensazione, come un peso, mi sento impotente, e mi viene da pensare che prima o poi morirò, presto. Giro per qualche secondo lo sguardo e sospira, non per noi, ma mi sento triste, estremamente triste. Mi sa che divento depressa. Mi giro mettendomi a pancia in già con la testa metà sul bordo del letto e metà sul cuscino, un braccio schiacciato sotto la mia pancia e l’altro che penzola dal letto toccando appena il parquet. Sto quasi per addormentarmi che sento un rumore provenire dalla finestra come se qualcuno stesse bussando, alzo la schiena voltandomi piano verso la finestra.
Io: Michael ?
 
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Mentre ero distesa sul letto sento un rumore provenire dalla finestra, mi giro e con mia grande sorpresa vedo Michael fuori che bussa.

Io: Michael?
Mi alzo velocemente e vado ad aprire la finestra così entra dentro. Lo guardo aspettando che mi spieghi perché si è arrampicato fino alla mia finestra e cosa vuole, ma invece prima che me ne rendessi conto mi ritrovo tra le sue braccia e divento ancora più confusa. Perché sta facendo tutto questo? Poi mi accorgo che mi sta sussurrando qualcosa.
Michael: stai bene?
Mi accarezzava piano i capelli con una mano mentre con l’altro braccio cingeva i miei fianchi, alzò il mento dalla mia spalla e mi guardò fissa negli occhi aspettando una mia risposta. Io lo guardavo quasi incantata non sapendo cosa rispondere anche se mi aveva posto una semplicissima domanda, le parole mi si bloccarono in gola e lui lo notò.
Michael: ehi Sam cosa c’è?
Spostò la mano dai capelli per appoggiarla sulla mia guancia e accarezzarla dolcemente col pollice e probabilmente stavo arrossendo dato che sentivo un fiorente calore invadermi il viso.
Io: si sto bene grazie
Sussurrai appena presa dall’imbarazzo, sia per quel bacio sia perché solo ora mi rendo conto di quanto sia stata stupida a scappare da lui invece di chiarire. Un sorriso raggiante apparve sul suo viso e non sapevo cosa chiedere per rompere il ghiaccio ma ci pensò lui.
Michael: mi fa piacere, ero in pensiero per te e sono venuto per fortuna mi hai ascoltato e sei rimasta a casa
Io: avrei voluto ma Justin ha detto che dovevo rimanere qui
In effetti un po’ alla volta mi feci meno problemi a rispondere e per fortuna Amanda era uscita da poco ed ero sola, ma forse non era una cosa molto positiva. Si avvicina piano a me e mi guarda con sguardo quasi supplichevole.
Michael: posso rimanere a farti compagnia?
Io: ehm … s-se vuoi
Per risposta lui mi sorrise facendomi capire che era felice della mia risposta che sembrava attendere con ansia. Che abbia saltato la scuola solo per venire qui? Per me? Intanto Michael si  mise seduto sul mio letto e mi guardò con lo stesso sorriso aspettando che io mi mettessi accanto a lui, con un pò d’indecisione lo accontentai ma volevo sapere perché era lì, poi mi mise un suo braccio sulle mie spalle tirandomi verso di lui e provai una strana sensazione, da una parte volevo rimanere accoccolata a lui dall’altra avrei voluto allontanarmi il più possibile da lui.
Michael: sei sola?
Io: si …
Michael: allora mi sa che sono venuto al momento giusto
A quelle parole un fiume di pensieri mi invase la mente, volevo tanto gridare e che se ne andasse il prima possibile, da ciò che è successo quella sera non ho ancora cambiato idea, dal modo in cui mi baciava, dal modo in cui mi stringeva, riusciva a trasparire quanto fosse voglioso e forse è qui per questo. Mi allontano un po’ da lui e lui mi guarda.
Michael: cosa c’è?
Io: niente … ehm …
Michael: sei strana sai?
Io: e tu non mi hai ancora detto perché sei qui
Michael: perché mi mancavi, volevo stare con te
E mi avvolse il braccio intorno ai fianchi. A quel punto speravo solo che qualcuno entrasse da quella stupida porta o che succedesse qualunque cosa che potevo usare come scusa per mandarlo via. Poi me lo ritrovai a qualche centimetro di distanza dalla mia bocca e appena me ne resi conto cercai di allontanarmi ma neanche mezzo secondo dopo mi ritrovai distesa sul letto con lui addosso che mi baciava, cercai di sottrarmi ma non ci riuscii, poi come se qualcuno avesse ascoltato le mie preghiere sentii che qualcuno aveva aperto il portone e una voce chiamò il mio nome: era Justin. Appena lo sentimmo Michael si fermò e io potei alzarmi.
Io: sarà meglio che te ne vada
Dissi quasi in tono severo, non so se avrei dimenticato facilmente quello che mi aveva fatto e che aveva intenzione di farmi. Lui annuì velocemente ancora più scaltro se ne andò come era venuto. Io mi alzai e uscii dalla mia stanza correndo verso le scale abbracciando forte Justin, forse dovevo raccontargli tutto anche se sapevo che forse avrebbe reagito male, anche troppo. Ci scambiamo due parole e poi ci sediamo in cucina e gli racconto tutto: del bacio dell’altra sera e di tutto quello che era successo qualche minuto prima. La sua espressione era tra lo stupore, la tristezza e la rabbia, stava per farmi una scenata di gelosia colossale ma per qualche motivo sembrava trattenersi ma sapevo che quella calma non sarebbe durata per molto e prima o poi sarebbe esploso. Si alzò e uscì usci senza dirmi dove andava ma lo avevo intuito, volevo fermarlo o seguirlo per convincerlo a tornare indietro ma lo lasciai andare senza opporre troppa resistenza non avevo la minima voglia si assistere a un loro litigio e poi non era detto che sarebbe andato da Michael potevo anche sbagliarmi e lo speravo. Tornai in camera mia di nuovo e mentre aspettavo che Justin tornasse sentii il telefono squillare, lo prendo e rispondo: era Jennifer e mi sembrava alquanto triste.
Jennifer: ciao Sum
Io: ehi Jennifer ciao
Jennifer: Sum devo dirti una cosa …
Io: dimmi tutto
Jennifer: domani parto
Io: cosa? Come parti? Dove vai? Per quanto stai via? Perché?
Jennifer: mi trasferisco in Europa, mia madre vuole ritornare in Inghilterra e non tornerò più …
Stavo per morire, la mia migliore amica non può andarsene proprio ora, non può abbandonarmi, NO! Non potevo credere alle sue parole, rimasi allibita, non sapevo cosa rispondere, di colpo fui invasa dalla tristezza e stavo per scoppiare a piangere, volevo supplicarla di non andarsene ma anche lei sarebbe voluta rimanere, sfortunatamente non potevamo fare niente.
Jennifer: parto dopo domani di mattina
Io: va bene allora passo a salutarti
Jennifer: mi mancherai molto
Io: anche tu …
Jennifer: ciao
Io: ciao
Chiusi la chiamata e posai il telefono sul comodino e mi misi a riflettere su come sarebbe stata la mia vita con una persona in meno, senza la mia amica, la mia migliore amica, ero così presa dai miei pensieri che non mi ero nemmeno resa conto che Justin era tornato e che mi stava guardando fermo sulla porta della mia camera. Mi venne vicino e lo guardai per qualche secondo cercando di capire cosa avesse fatto in tutto quel tempo che era stato via, poi lui, quasi come se mi avesse letto nel pensiero, mi rispose, come avevo sperato non era andato da Michael anche se ne aveva tutte le intenzioni ma per fortuna non era successo niente. Gli chiesi se sapeva di Jennifer e mi annuì ma non mi sembrava triste come lo ero io ma era normale però mi aspettavo che mi dicesse che gli dispiaceva invece gli era indifferente come se fosse l’ultimo problema, dal suo sguardo capivo che era ancora arrabbiato, e ritornai a pensare a Jennifer poi mi venne un idea davvero grandiosa, avevo trovato il modo per rendere meno dolorosa la sua partenza, Justin mi disse che era uscita con sua cucina e quindi chiamai a casa sua, come avevo calcolato rispose la madre e le spiegai la mia idea: avrei organizzato la migliore festa d’addio per la mia migliore amica, anzi sarebbe stata la migliore festa di arrivederci sperando che un giorno ci saremmo rincontrate; la madre ovviamente era d’accordo e avrebbe pensato lei a tutto. Più tardi, nel tardo pomeriggio io e Justin uscimmo per fare un giro e comprare un gelato, ma non so perché aveva quell’espressione che però sembrava essersi sfumata in un’espressione di tristezza più che di rabbia, ero confusa.
Io: Justin come lo prendi il gelato?
Lo guardai in attesa di una sua risposta ma sembrava completamente assente, non mi stava ascoltando e dovetti richiedere di nuovo la stessa cosa e solo questa volta mi rispose anche se non era certo di quello che diceva. Mangiammo il gelato facendo una passeggiata al parco, lui rimase in silenzio tutto il tempo con quel cono in mano e io dopo cinque minuti lo buttai senza averne mangiato neanche la metà dato che improvvisamente mi si era chiuso lo stomaco, intanto lo fissavo, volevo parlargli e cercavo di capire cosa c’era che non andava.
Io: Justin va tutto bene?
Justin: si perché?
Io: ti vedo strano, sei arrabbiato?
Justin: un po
Io: per colpa mia?
Justin: no
Io: sicuro?
Justin: si
Mi rispose in modo freddo e alla fine si allontanò un po’. Camminai per qualche altro metro seguendolo fino ad entrare in un parco, mi fermai per buttare il gelato, improvvisamente mi passò completamente la fame, mi girava la testa e le palpebre si fecero pesanti e cercai di chiamare Justin con un fil di voce sperando che mi sentisse, riesco a vedere che si è girato verso di me e mi viene vicino, riesce a prendermi prima che cada per terra, mi avvolge un braccio intorno ai fianchi e ci sediamo su una panchina e mi stringe forte a se facendomi appoggiare la testa sulla sua spalla, cerco di guardarlo nonostante gli occhi socchiusi ma teneva lo sguardo basso, così gli accarezzai una guancia e un sua lacrima cadde sulla mia mano che strinse nella sua, entrambi restammo in silenzio e io chiusi gli occhi. Dopo 5 minuti passati così sento il mio telefono squillare e rispondo: mio padre mi chiede dove sono e dopo un quarto d’ora passa Robert e ci porta a casa. Entro e c’è mio padre che mi aspetta seduto sul divano per parlarmi. Negli ultimi giorni è stato assente e Amanda lo ha informato delle mie condizioni di salute ed essendo preoccupato mi chiede di andare dal dottore per farmi visitare.
………………………………………………………………
Il giorno dopo
Io e mio padre siamo appena tornati dalla clinica del dottore e domani sapremo il risultato delle analisi ma non ci sto proprio pensando dato che stasera ci sarà la festa di Jennifer e ne sono sia felice che triste, sto organizzando qualcosa di davvero bello per la mia migliore amica però dovrò anche dirle addio ma per adesso l’aspetto per fare una passeggiata. Dopo 5 minuti e suona il campanello, apro la porta e trovo Jennifer, la saluto abbracciandola forte e lei ricambia e siamo pronte per lo shopping, ci dirigiamo a piedi verso il centro e diamo un’occhiata ai vari negozi, ne approfitto per compre un vestito per stasera e convinco anche Jennifer. Entriamo in un negozio e iniziamo a cercare qualcosa poi mi chiama e mi fa vedere un vestito molto carino e mi chiede di provarlo così l’accontento e mi sta davvero bene, Jennifer intanto ne prova uno per lei e anche lei sta bene così paghiamo e continuiamo il nostro giro, entriamo in un altro negozio e compriamo anche delle scarpe e accessori poi ci fermiamo in un fast food e mangiamo un hamburger, facciamo un altro giro e restiamo fuori per ore fino a sera per poi ritornare a casa mia e ci cambiamo per la festa anche se è stato difficile convincerla perché dovevo inventarmi una buona scusa dato che non potevo dirle della festa. È quasi ora di andare, aspettiamo che anche Justin sia pronto e andiamo a casa di Jennifer, lei apre la porta di casa e trova tutte le luci spente e quando le accende tutti la salutano a gran voce e rimane senza parole, mi abbraccia forte felicissima e in poco tempo inizia la festa. Gli invitati si divertono molto tranne Justin che rimane seduto sul divano con la solita aria triste, vado a parlargli ma sento qualcuno che mi tiene la mano e girandomi vedo Michael che mi sorride, mi allontana e io guardo Justin a malincuore, sto un po con lui e parliamo ma vorrei tanto andarmene, lo ascolto per più o meno venti minuti e quando riuscii a scambiare un sorriso con Justin, andiamo fuori e io riesco solo a vedere che si alza. Michael mi abbraccia mi accarezza la schiena, le braccia, il viso e le labbra mentre si avvicina sempre di più nonostante io mi ritrassi speravo che sarebbe successo qualcosa per evitare quel bacio e dopo qualche secondo mi resi conto che Justin aveva tirato un pugno a Michael che era caduto per terra col labbro che sanguinava, mi prende la mano e torniamo dentro lasciandolo lì.
Io: Justin ma che ti è preso?!
Justin: non devi avere a che fare con quello Sum non devi
Io: ma perché?
Justin: perché è un poco di buono, lui non ti ama è tutt’altro ciò che vuole da te
Io: cosa?
Justin: si, mentre lui fa il ragazzo dolce con te sai quante si è fatto!? E se non lo lasci stare non si farà problemi con te, avrei dovuto dirtelo dall’inizio se solo lo avrei saputo prima, stagli lontana ti prego!
Io: io … io non ne avevo idea
Justin: vieni a casa non voglio lasciarti qui da sola
Io: perché? Te ne vai?
Justin: io non voglio più restare qui, vieni
Io: non lo so, voglio restare con Jennifer
Justin: Sum ho paura per te, io non voglio che ti succeda qualcosa, Sum io …
Mi guardava negli occhi e stringeva le mie mani nelle sue, volevo sapere cosa doveva dirmi, sapevo che era una cosa importante.
Io: cosa?
Justin: io … io …
Io: cosa Justin dimmi voglio sapere, cos’hai?
Justin: devo andare
Mi lasciò le mani e si allontanò velocemente, prima di aprire la porta si girò per guardarmi e poi uscì fuori. Volevo seguirlo e capire, probabilmente non era il momento adatto. Dopo qualche minuto notai che anche Michael se ne stava andando. Cercai di divertirmi nonostante tutto fino a che non fosse finita la festa, non vedevo l’ora, mancava ancora qualche oretta che però mi sembrava infinita, restai per ultima, restai a parlare un po’ con Jennifer da sola della festa e la salutai con le lacrime agli occhi e ritornai a casa. Mi sentivo male ad aprire quella porta dove era passato qualche ora prima Justin e mi sentivo peggio a passare davanti alla sua stanza, sarei rimasta davanti quella porta ad aspettare che uscisse per poterlo guardare negli occhi e capire se fosse arrabbiato, anche se a dire il vero alla festa, oltre alla paura, avevo anche notato della gelosia, soprattutto quando gli aveva tirato quel pugno e mi aveva portata dentro come per sottrarmi a Michael, ma la stanchezza stava prendendo il sopravvento e mi buttai sul mio letto quasi a peso morto e non riuscii a tenere gli occhi aperti neanche un secondo in più.
………………………………………………..
Erano le 11.30 di un giorno nuvoloso e freddo, stavo tornando a casa con mio padre dalla clinica del dottore dopo aver saputo il risultato delle analisi, nessuno dei due riusciva a rompere quel silenzio che dominava l’auto, in quel momento stavo pensando a come dirlo a Justin, come avrei potuto dirgli una cosa del genere? Come? Ci sarebbe rimasto male? Sicuramente. Avrebbe pianto? Forse. Ci sarebbe passato sopra? Difficile. Avevo paura ad entrare in casa con quella faccia, lui avrebbe intuito che qualcosa era andato storto, anche se quella mattina, anche se sapeva dove sarei andata, non era per niente preoccupato, pensava ad altro, come al solito ormai. Salii le scale fino alla sua camera e bussai alla sua porta e me lo ritrovai davanti, volevo scappare e invece gli chiesi di venire in camera mia, mi sedetti sul mio letto quasi tremante, e lui vicino a me, mi sforzai di guardarlo e di trovare le parole giuste, quando però stavo per parlare iniziò lui.
Justin: devo dirti una cosa
Io: a-anch’io …
Justin: è qualcosa d’importante?
Io: si … ma dimmi prima tu
Justin: Sum è da tanto che … che provo qualcosa per te, ma me ne sono reso conto solo quando sono diventato geloso perché tu passavi troppo tempo con Michael, però ora devo dirtelo …
Io lo guardavo e avevo paura di quel che stava per dire, non volevo che ci rimanesse male ma non potevo tenerglielo nascosto anche perché lo avrebbe scoperto.
Justin: Sum … io ti amo
A quelle parole stavo quasi per mettermi a piangere, mi aveva appena detto ciò che provava per me e io stavo per farlo sprofondare, non volevo aprire bocca, per niente, non volevo che soffrisse, soprattutto a causa mia, la testa mi si riempiva di pensieri e gli occhi erano lucidi, lui se ne accorse e mi accarezzò amorevolmente il viso, le lacrime stavano per inondarmi le guance e l’unica cosa che riuscii a dire erano ripetuti ‘no’, ma lui non capiva, stavo per dirgli tutto e quando lui mi abbracciò sentivo il cuore in gola, a quel punto piansi più che potevo.
Justin: Sum … piccolina cos’hai?
Io: Justin …
Mi asciugai le lacrime nonostante ne uscissero delle altre e lo guardai dritto negli occhi.
Io: per un po’ di tempo io … non potrò esserci …
Justin: cosa? Perché?
Io: per quel periodo io … io sarò impegnata con … con la chemioterapia  
Quell’ultima parola la dissi a testa bassa quasi sussurrandola. CHEMIOTERAPIA. Mi spaventava quella parola e ancora di più aveva spaventato Justin che subito aveva intuito tutto, mi guardava, poi guardava altrove e poi me e io non sapevo cosa fare. Si alzò e anche lui aveva gli occhi lucidi, lentamente si diresse verso la porta e io non riuscivo neanche a guardarlo andarsene, sapevo che per colpa mia stava soffrendo e non riuscivo a perdonarmelo. Mi buttai sul letto stringendo forte il cuscino e piangendo più che potevo.
SPAZIO AUTRICE
Ehiii rieccomi con il nuovo capitolo di U Smile, scusate se ci ho messo così tanto ma alla fine l’ho pubblicato, spero vi piaccia ho cercato di scrivere il più decente possibile. Recensite presto e fatemi sapere se vi è piaciuta cercherò di scrivere presto anche il prossimo.
CIAOOOOOO :P 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


È ormai quasi un mese e mezzo che vado regolarmente in ospedale per la chemioterapia. È anche ormai un mese che Jusitn non ha più il coraggio di guardarmi negli occhi. La novità lo aveva sconvolto. Non era una cosa da niente e la sua reazione era del tutto normale anche perché appena prima che gli dicessi della malattia mi aveva appena aperto il suo cuore, mi aveva detto che mi amava. Probabilmente non è colpa mia se ho questo stupido cancro ma è sicuramente colpa mia se ora Justin è sempre ogni giorno più triste. I medici mi hanno diagnosticato una leucemia acuta. Cioè i miei sintomi si manifestano più precocemente rispetto ai sintomi di una normale leucemia. Quindi sto seguendo un ciclo molto pesante e aggressivo di chemio che mi distrugge. Inizialmente mi stancavo semplicemente camminando troppo a lungo e per molto tempo, ora invece ogni mattina mi alzo a fatica dal letto, riesco a malapena a vestirmi e rendermi più decente. Ormai sono sempre molto pallida, il viso e scavato, ho le occhiaie, il mio corpo fa paura, si vedono solo le ossa, le mie mani e le vene del braccio sono ben evidenti e ci sono qualche lividi qua e là, non oso pettinarmi i capelli, ogni volta ci sono dei capelli tra i denti del pettine e prima o poi cadranno tutti, ne ho sempre meno. Tutto questo mi distrugge. I miei occhi sono ormai spenti. E, forse, si chiuderanno. Per sempre. Sono le 10.15 e sto facendo colazione. Quell’enorme bicchiere d’aranciata e la brioche sono troppo per il mio stomaco, Amanda cerca di convincermi a mangiare il più possibile ma bevo solo un piccolo sorso di spremuta e do un morso alla brioche, così lei si arrende e mette tutto a posto. A quando ho il cancro sono tutti molto più tristi e neanche più molto ostinati. Prima erano più fermi sulle loro decisioni, soprattutto Amanda, lei non mi invoglia più tanto a mangiare, sa che non serve a nulla, qualche volta mi dice di vestirmi un po’ più pesante ma se non voglio uscire lei non insiste più di tanto, mio padre mi ha proposto di invitare qualcuno a casa ma dormivo per la maggior del tempo a casa e non era il caso, anche perché non voglio vedere nessuno. Non ho nessuno. Jennifer è in Europa, Michael si è rivelato quello che è e l’ho mandato a fanculo, Justin si è chiuso in se stesso. Mi guardo un po in torno e la luce che entra dalla porta finestra quasi mi acceca, mi alzo e mio padre è già ad aspettarmi davanti alla porta. Metto il giubbino, troppo grande per me, avvolgo la sciarpa intorno al collo ed esco. Appena fuori una folata di vento mi investe e mi stringo forte nella giacca, per un minuto penso che il vento trascini via il mio esile corpo ormai quasi senza forze e quasi mi lascio andar, intanto mio padre esce fuori il vialetto e mi richiama, lo raggiungo ed entro in macchina nascondendomi dietro il vetro oscurato dei posti dietro. Ho l’aria pensosa e infatti inizio ad estraniarmi dalla realtà e penso al futuro. Ci sarà un futuro per me? Come sarà? Chi ci sarà? Mi salverò da questa sofferenza? Tutto questo servirà a qualcosa? La stessa espressione avevo anche in ospedale. Entrano nella stanza, la stessa per un mese e mezzo, tolgo il giubbino, la sciarpa e le scarpe, mi metto sotto le coperte e mi appoggio con la testa sul cuscino, quei pochi capelli ancora in testa stravolti sul cuscino, lo sguardo basso, fisso il tubicino della flebo con l’ago nel braccio nascosto cerotto. Possibile mai che quel tubicino con l’ago nel braccio potesse avere il potere della vita e della morte? Poteva mai salvarmi o farmi morire? A quanto pare si. Il mio futuro era in quel tubicino, in quell’ago nel mio braccio. Oggi resterò quasi tutto il giorno in ospedale. La chemio dura qualche ora. Poi mi sveglio ed entra il medico in stanza e dà una buona notizia. Sono riusciti a trovare un donatore con il gruppo sanguigno compatibile col mio. Mio padre ha sorriso come se avessimo risolto tutti i nostri problemi. Finalmente potevo guarire. Ma non poteva essere così. –Il sangue che hanno donato basterà per una settimana, non è molto. Purtroppo non abbiamo ancora trovato un donatore fisso. Bisogna aspettare.- aggiunse il medico e tutte le speranze di mio padre sparirono –ma non si può fare proprio nulla per velocizzare questa situazione?- il medico rispose –beh bisogna vedere se qualcuno della famiglia ha lo stesso gruppo sanguigno e se è disposto a donare- purtroppo l’unico della mia famiglia che poteva donare era mio padre ma entrambi sapevano che non eravamo compatibili e lui ne restò profondamente deluso. Deluso di se stesso. Di non essere capace di aiutare sua figlia. A me tutto mi era indifferente, non li stavo a sentire, guardavo l’espressione di mio padre così affranta ma io non gli davo la colpa di nulla, stava facendo già tanto e poi se proprio dovevo morire niente lo avrebbe impedito. In quel periodo era sempre più fredda. Niente mi spaventava più. Forse perché quando stai per morire, ormai mi avvicinavo sempre più a quell’idea, niente importa più, amici, familiari, neanche la scuola, sono una ragazza abbastanza studiosa e mi impegno non mi dispiaceva alzarmi la mattina e partecipare alle lezione ma adesso che non varcavo la soglia di quelle porta da più di un mese non mi importava, non mi mancava nulla di lì, i prof, le aule, il mio armadietto, quelle poche persone che mi stavano simpatiche, la palestra, per me non esistevano più, sembrerò egoista perché in realtà non mi importava più di nessuno ma non mi importava neanche in me a dire il vero. A scuola forse mancavo a qualcuno e a molti dispiaceva la mia situazione, mio padre era andato a scuola per spiegare alla preside ciò che era successo e quindi avrei dovuto lasciare la scuola. all’inizio prendevo lezioni private a casa ma poi ci ho rinunciato quindi a casa dormivo solo e quelle poche volte mangiavo o uscivo in giardino a prende una boccata d’aria. A volte mi alzavo dal letto e mi strascinavo lungo il corridoio verso la porta della stanza di Justin, sempre chiusa, quando usciva e poi ritornava a casa subito correva in camera sua e nessuno lo vedeva. A me non importava più di nessuno ma di lui si perché se dovevo morire volevo sapere che lui non si sarebbe mai dimenticato di me e sarei sempre stata nei suoi pensieri. Un po alla volta si fa sera nell’ospedale e io torno a casa. Entro e mi metto sul divano stanca morta, avevo fatto la trasfusione e mi sentivo strana ad avere il sangue di qualcuno nel mio corpo. Chissà se mi avrebbe aiutato. Facendo un po di attenzione sento un profumo venire dalla cucina. Amanda starà preparando qualche dolce. Mi alzo e sbircio del forno alzandomi in punta di piedi. Quando ero bambina prendevo sempre la sedia, ci salivo sopra e sbirciavo. Il forno è sempre stato troppo alto per me. Adesso bene o male ci arrivo, mi accorgo che Amanda è dietro di me così mi giro. –Cosa cucini?- le dico con grande interesse come facevo sempre prima della malattia e lei mi guarda quasi sconvolta come se avessi detto qualcosa di assolutamente proibito, poi fece un enorme sorriso –crema pasticcera- prese gli ultimi ingredienti che le servivano e ci mise sul fornello per preparare la crema. Io la guardavo con l’acquolina in bocca, quando Amanda faceva un dolce io mi rallegravo sempre, forse per questo lo starà preparando, spegne il fornello e io prendo il cucchiaio e lo ripulisco leccandolo, lei mi guarda di nuovo e ride –non cambi mai Sum- io rido con lei e mentre continua la preparazione del dolce me ne vado in camera mia sentendomi ancora stanca. Mi sdraio sul letto, metto una mano sulla fronte e sento le vene nelle tempie sbattere e quasi muoio anche perché ho una nausea incredibile. Dopo un’ora Amanda mi chiama per la cena ma non ho la forza di risponderle. Continuo a peggiorare. Sto sempre peggio. E non ce la faccio. Come sempre si arrende e mi lascia stare ma dopo una mezz’ora mi giro verso la porta perché qualcuno la sta aprendo. Vedo un piatto con una fetta di torta con crema e fragole in una mano poi Amanda entra e vedo che nell’altra ha un bicchiere con un liquido bianco, si siede vicino a me sul letto e io la guardo restando sempre nella stessa posizione. –ti ho portato una fetta di torta e un’asprina, prendila così ti senti meglio- mi guardò sempre con le stesso sorriso di prima e questo mi fece piacere, dopo averla ringraziata uscì dalla mia stanza e mi misi seduta comoda sul letto stringendomi nella coperta lilla di pile, portavo quella coperta con me anche in ospedale, per me aveva un significato affettivo, mi legava a mia madre, quando ero piccola mi avvolgeva sempre in questa coperta e mi abbracciava accarezzandomi i capelli e un po alla volta mi addormentavo, mi piacerebbe poter sentire di nuovo quelle carezze che mi mancano che anni e anni ma sento ancora quel calore confortevole e rassicurante, sposto lo sguardo sul pavimento e gli angoli della coperta sono a terra dato che è troppo lunga per me, lo è sempre stata e per evitare che strusciasse a terra e si sporcasse la tiravo su ora invece guardo quei lembi sul parquet e rimango la coperta così com’è,  senza metterla sul letto. Sposto lo sguardo un po più in alto, sulla scrivania, prima ero sempre seduta lì a studiare, immaginavo di finire il liceo, iniziare il college, volevo diventare qualcuno, volevo viaggiare, una famiglia, una casa, un futuro ……. una vita ……. Ma quel futuro e quella vita adesso mi sembravo senza fondamenta e irraggiungibili, sembrava come una cosa troppo strana per me, quasi faceva ridere, non avrei più avuto niente, mi potevo limitare solo a sognare. più avevo questi pensieri e più la vista mi diventava appannata a causa degli occhi lucidi, sbattei le palpebre e due lacrime mi rigarono il viso, appoggiai la testa sul cuscino distendendomi, le braccia lungo i fianchi, lo sguardo fisso sul soffitto, le labbra tremanti, gli occhi pieni di paura, un sospiro mi si levò nell’aria e mi asciugai il viso col dorso della mano poi mi rimisi seduta e velocemente presi il piatto sul comodino con la fetta di torta e una forchettina da dolce, ne mangiai qualche boccone ma già al quarto non ce la facevo più così riposai tutto sul comodino prendendo il bicchiere, girai un po l’acqua non l’aspirina sciolta dentro e bevvi tutto in un sorso, posai anche il bicchiere, mi distesi e mi coprii per bene con la coperta per poi chiudere gli occhi con la speranza che questa nuova vita fosse solo un sogno e che al mio risveglio tutto sarebbe finito….
ANGOLO AUTRICE                                                                                                                                                           SIGNORI, SIGNORE, AMICHI, AMICHE, TIZIETTI, TIZIETTE, CICCINI, CICCINE SONO TORNATAAAAAAAAA! SCUSATEMI SONO STATA IMPEGNATA CON LA SCUOLA MA ADESSO CERCHERO’ DI CONTINUARE A SCRIVERE. SE AVETE QUALCOSA DA FARMI LEGGERE FATEMI SAPERE, LASCERO' ANCHE UN COMMENTO.BEH ALLORA LEGGETE LEGGETE LEGGETE E RECENSITE RECENSITE RECENSITE SPERO VI PIACCIA. ALLA PROSSIMA.
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
Alla fine ero davvero stanca e anche se pensavo di fare un piccolo di riposino di qualche ora mi addormentai abbastanza profondamente per quasi tutta la notte ma di colpo mi svegliai presa da un forte caldo, mi guardai intorno restando ferma distesa nel letto, non riuscivo a vedere molto soprattutto perché era buio, la luce della luna non riusciva a penetrare bene tra le fessure degli scudi esterni della finestra poi mi girai verso il comodino, sforzando un po la vista lessi l’ora, 3.04 del mattino, mossi un po le braccia alzandole quasi e mi accorsi, poco a poco, che ero completamente sudata, dalla testa ai piedi, così mi alzai velocemente mettendomi seduta e sentii un leggero freddo dietro la schiena, mi guardai di nuovo intorno, ma questa volta esaminando più dettagliatamente i dettagli della stanza mettendo a fuoco ciò che vi era all’interno e, proprio tra la porta e la cassettiera vidi una figura, mi concentrai sul volta di quella persona e presa dallo stupore accesi la lampadina sul comodino, lo stesso dove era la sveglia, e la luce calda scoprì il viso di Justin, quel viso che ormai non vedevo da tempo, quel viso che avevo esaminato ogni volta che mi capitava di perdermi del suo sguardo, in quegli occhi, così belli, di quel color caramello con qualche sfumatura sul chiaro quasi verde, che per ora però spenti, e non mi sembravano poi così familiare, quelli di Justin mi trasmettevano sempre gioia, brillavano, adesso invece era freddi, avevo paura di guardarlo, rannicchiato contro il muro, con le gambe piegate contro il petto e strette tra le braccia, indossava il suo pigiama blu indaco, i capelli erano tutti scompigliati, era pallido e facendo attenzione notai che aveva un po di occhiaie, come se avesse passato delle notti in bianco. Mi guardava con la sua espressione seria/triste/affranta e non parlava, quel silenzio in un certo senso mi facevano male, mi ferivano più di qualunque altra parola potesse dire, ma era meglio così, non avrei saputo come rispondere, qualunque fosse stata la sua domanda o qualunque altra cosa avesse detto. Mentre i nostri occhi si scambiavano sguardi io grondavo completamente di sudore e alla fine fui costretta ad alzarmi anche se un lentamente, quando stetti in piedi Justin stava come per alzarsi ma poi si blocco e si rimise nella sua posizione iniziale, iniziai a camminare verso la porta ma lui forse pensava che stavo andando verso di lui e mi guardava quasi spaventato, probabilmente non sapeva come affrontarmi, beh a me non andava di affrontarlo, non ce la facevo, in quel momento volevo solo fare una doccia e cambiarmi dato che mi sentivo schifosamente appiccicosa, quindi lui poteva starsene tranquillo sul suo pavimento e la schiena appoggiata al muro, gli arrivai vicino, la mia mano sulla maniglia della porta, con la gamba lo colpii leggermente e lo sentii irrigidirsi, abbassai lo sguardo ma non troppo, lui mi fissava la gamba come se la stesse studiando, feci pressione sulla maniglia e quasi come per scappare aprii velocemente la porta e la richiusi di scatto, facendo probabilmente fin troppo rumore. Andai verso il bagno e mi feci una doccia veloce ma come una stupida dimenticai il cambio, sarei dovuta ritornare in camera ma, ci avrei giurato qualunque cosa, Justin era ancora lì quindi, dopo averci pensato un po, mi misi l’accappatoio asciugandomi per bene e facendo meno rumore possibile uscii dal bagno e camminai lentamente in camera mia, aprii la porta, sempre piano e dalla fessura che man mano diventava più grande vidi subito Justin sul pavimento, ancora lì, dov’era, riuscivo a vedere appena il suo viso, vedevo bene i suoi capelli, aperta completamente la porta entrai nella stanza muovendo piano i piedi quasi strusciandoli a terra, forse anche perché non volevo farmi sentire e rompere quel silenzio che regnava tutta la casa, richiusi la porta dietro le mie spalle e appena fatto questo partii a razzo verso l’armadio prendendo subito un cambio e sempre velocemente attraversai il corridoio e mi chiusi in bagno. Mi calmai di nuovo facendo tutto con tranquillità, prima di tutto mi appoggiai sul bordo della vasca e ripresi fiato, ero stanca e volevo solo andare nel mio letto al caldo così mi feci forza e mi tolsi l’accappatoio rimettendolo al suo posto e presi il pigiama. Quando finii camminai fino alla mia stanza per la seconda volta, entrai e mi infilai nel letto, finalmente stavo comoda nel mio letto con le coperte addosso e la testa appoggiata sul cuscino, chiusi gli occhi e pensai davvero che avrei ripreso a dormire profondamente come prima ma ogni dieci minuti mi rigiravo tenendogli occhi socchiusi e non riuscivo a prendere sonno. Il fatto che Justin fosse lì a pochissimi metri di distanza a fissarmi mi rendeva tutto difficile così stetti girata sul fianco sinistro e guardarlo ininterrottamente, lui non si smentì e ricambiò lo sguardo, passato credo un quarto d’ora così lo chiamai quasi con un fil di voce, lui inizialmente non disse nulla ma notai che aveva alzato il sopracciglio destro e poi si alzò avvicinandosi a me e una volta vicino al letto si sedette di nuovo a i nostri sguardi erano alla stessa altezza, molto più vicini di prima, non contenta di quella vicinanza mi misi seduta –vieni qui- passai la mano sul materasso, si alzò ancora una volta e si sedette sul letto vicino e me ancora stando in silenzio, non appena fu lì lo strinsi fortissimo appoggiando la mia testa tra l’incavo del suo collo al che lui rimane senza parole e non riusciva né a muoversi né a respirare per quanto lo stringevo, non sapevo da dove prendessi tutta quella forza dato che ero quasi senza forze, sentivo che il suo corpo era freddo, credo che era stato seduto sul pavimento a lungo senza coperta e fuori mancava poco che non nevicasse dato che eravamo in pieno inverno e poi lui era in pantaloncini e a torso nudo quindi immagino stesse congelando. Sentii le sue braccia stringersi attorno ai miei fianchi e stavo scoppiando di felicità, mi strinse come se ci fossimo ritrovati dopo tanto tempo come se avesse voluto abbracciarmi già da molto tempo e adesso che ne aveva l’occasione non voleva lasciarmi più a me non dispiaceva affatto anzi, sentivo poi il suo cuore battere forte e gli presi ad accarezzargli il braccio e poi la mano sentii che gli venne la pelle d’oca e accennai un sorriso, magari lo avevo accarezzato così piano e dolcemente che gli avevo fatto un leggero solletico. Sempre tenendomi stretta a se si distese con la schiena sul cuscino e io su di lui, guardai la sua espressone ed era come se finalmente avesse trovato la pace e la tranquillità dopo tanto tormento e anch’io avevo quasi la stessa sensazione, quel muro che c’era tra di noi era crollato. Piano piano mi abbandonai alle sue carezze e chiusi gli occhi addormentandomi profondamente vicino a lui. Almeno per quella notte sperai che potevo ritornare a sognare un futuro felice.
Il giorno dopo mi svegliai più tardi del solito, mi guardai un po intorno e solo quando notai che stavo tra le braccia di Justin mi ricordai subito tutto ciò che era successo quella notte. Justin mi guardava sorridendo e mi accarezzava i “capelli”, questo mi diede quasi fastidio dato che non ero poi così felice di essere quasi calva del tutto, mi vergognai e abbassai lo sguardo, intuendolo, Justin smise e mi strinse a se –mi dispiace piccola- sussurrò con una specie di senso di colpa, io rimasi sorpresa non per quello che aveva detto in se ma perché dopo tanto tempo ho sentito la sua voce ed era sempre la stessa, la sua voce che tanto mi piaceva, quella voce vellutata, dolce, confortante e divertente, mi venne da sorridere e mi scostai da lui mettendomi seduta con la coperte sulla schiena leggermente curvata, le gambe incrociate e le mano appoggiate tra di esse. Guardavo Justin dopo quasi due mesi, dopo la notizia, dopo averlo visto la sera prima, dopo aver dormito con lui nel mio letto, dopo essermi svegliata tra le sue carezze e tutto quel silenzio tra di noi non esisteva più e per fortuna, avevo bisogno di qualcuno che mi sorridesse con quel sorriso che aveva solo lui, avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, avevo bisogno di qualcuno che mi abbracciasse, che mi confortasse, che mi facesse ridere nonostante stessi affrontando un periodo così duro, avevo bisogno semplicemente di lui e adesso ce lo avevo davanti tutto per me. Istintivamente gli presi la mano e iniziai ad accarezzarne il dorso e lui fissava i miei movimenti, poi aprii il palmo della mano e così anche lui e incrociammo le dita, lo guardai, mi sorrise e mi attirò a se di nuovo stringendomi talmente forte da non farmi respirare, ovviamente lo faceva apposta e io ridevo supplicandolo di lasciarmi ma lui rideva e mi diceva di no così gli tirai dei pugni sul torace cercando mi fargli mollare la presa ma niente, strinse ancora di più la stretta. Mentre stavamo in quella posizione Amanda aprì la porta e io riuscii a vederla a malapena dato che ero rivolta verso la porta ma non potei chiamarla così Justin non la notò e intanto disse qualcosa che sentimmo entrambe –sei solo mia e non lascerò che NIENTE (accentuò molto questa parola) e nessuno ti portino via da me- la sua voce si fece sempre più un sussurro al mio orecchio ma Amanda sentì lo stesso –il mio mondo non ha senso senza di te- io divenni subito rossa, me ne accorsi perché sentivo un calore in tutto il viso e la sua presa divenne più dolce, mi sentii così protetta ma allo stesso tempo demoralizzata, sapevo che quel “NIENTE” era riferito al cancro, mi sentivo protetta nel sapere che voleva proteggermi e che avrebbe fatto di tutto a questo scopo ma mi sentivo demoralizzata perché si stava facendo tutta un’illusione e forse avrebbe illuso anche me, ero solo ai primi mesi di cancro ma sapevo che sarei morta, ogni giorno i globuli bianchi continuavano ad aumentare del mio sangue che poco a poco avrebbe perso il suo colore rosso, sentivo anche un senso di colpa perché sarei morta e gli avrei lasciato un enorme vuoto, lui credeva di poter “sconfiggere” il cancro come un principe che uccide il drago cattivo e salva la sua principessa ma questa non è una favola e non ci sarebbe stato nessun “E vissero per sempre felici e contenti” io lo sapevo, con quella frase me lo ricordava mi sbatteva in faccia che quelle cure erano inutili ma ovviamente non era questa la sua intenzione, Justin non sentendo alcuna risposta da me lasciò completamente la presa e lasciando cadere le braccia lungo i suoi fianchi intuendo che avrebbe fatto meglio a restare zitto e io vedendo le sue braccia distese mi sentivo scoperta senza difese come se non ci fosse più e se fossi di nuovo sola. Amanda che era rimasta lì tutto il tempo finalmente si avvicinò di più a noi e anche Justin si accorse di lei, la guardò con la coda dell’occhio ma rimase a fissare fuori dalla finestra come da prima che lei entrasse, -ragazzi vi va di fare colazione?- disse lei sorridendo forse sperando di combattere quella tensione che si era creata, io avevo lo stomaco chiuso ma, dato che mi sentivo un po a disagio a stare in quella situazione annuii e mi alzai, Amanda sorrise ampiamente alla mia risposta e se ne andò in cucina a preparare la colazione, io scossi piano Justin e lui si girò.
Io: dai andiamo
Justin: dove?
Io: giù a fare colazione
Justin: non ho fame
Io: neanch’io ma vado comunque dai vieni ti prego
Mi sporsi in avanti verso lui appoggiandomi sulle braccia, pensai di indietreggiare data l’estrema vicinanza ma restai ferma e i nostri nasi quasi si sfioravano, feci labbruccio e gli occhi dolci, magari non ero poi così dolce dato che avevo le occhiaie anche se non troppo evidenti ed ero pallida come un fantasma per non parlare di quei quattro capelli che mi ritrovavo in testa tutti scombinati, magari suscitavo più pietà, lui sorrise lo stesso e si alzò, mi prese per mano e si mise a correre giù per le scale trascinandomi dietro di se ma appena fui sull’ultimo scalino dovetti fermarlo, mi appoggiai al corrimano e poi mi sedetti respirando un a fatica, ero sempre più stanca ormai e entrambi ce ne rendemmo conto subito, mi guardò preoccupato, mi abbassò alla mia altezza e mi prende il viso tra le mano e mi guardò negli occhi –tutto bene?- gli risposi dopo un po dopo aver ripreso fiato quasi completamente –si tranquillo ce la faccio- sempre tenendomi al corrimano mi alzai e lui vedendomi in difficoltà mi tenne per i fianchi e mi aiutò ad alzarmi –scusami- disse lui io scossi la testa per fargli capire che non doveva preoccuparsi e poi camminando a passo tranquillo nel mio pigiama azzurrino raggiunsi la cucina e entrambi ci sedemmo comodi sugli sgabelli. Il bancone era pieno di cibo: pancake, frittelle, uova strapazzate, salsicce, becon, cereali, ciambelle, latte, succo d’arancia, caffè. Solo a guardare mi sentivo piena ma alla fine presi due pancake, qualche frittella e un po di uova strapazzate con succo d’arancia, Justin invece abbondò con becon, salsicce, uova, poi una tazza di cereali e latte. Mentre mangiavo alzai lo sguardo verso l’orologio, 10,02, a quell’ora era strano non vedere già mio padre per casa, prima che scoprissimo la mia malattia io non lo vedevo mai dato che stava tutta la settimana a lavoro e il weekend stavamo un po insieme adesso invece lavorava da casa proprio perché doveva accompagnarmi in ospedale per la chemio, in realtà poteva anche venire Amanda con me ma mio padre teneva molto a stare con me, credo che era perché per lui quelli erano gli ultimi momenti che potevamo passare insieme, poi chiesi ad Amanda e lei mi confermò che era ancora a dormire ma proprio un quarto d’ora dopo, quando avevo quasi finito e Justin era quasi a metà, eccolo scendere e sedersi sullo sgabello, ci saluta e dopo essersi versato il caffe prese il suo giornale e iniziò a leggere poi prese una ciambella e la mangiò, lesse qualche notizia e poi parlò con noi.
Papà: Sum per le 11 dobbiamo essere in ospedale quindi sbrigati a fare colazione
Io: si papà, oggi starò solo mezza giornata per fortuna
Papà: come hai dormito?
Quando mi fece quella domanda rivenni leggermente rossa e guardai Justin, lui stava sorridendo e anch’io, mio padre ci guardò confuso e poi gli risposi guardando di sott’occhi Justin.
Io: molto bene
Papà: mi sono perso qualcosa?
Justin: nono assolutamente
Papà: tu come mai non sei a scuola?
Justin: stanno facendo alcuni lavori quindi oggi e domani niente scuola
Io: la scuola è sempre la solita?
Justin: se intendi terribilmente noiosa si
Io: non mi perdo niente
Justin: affatto
Justin finì di mangiare, io già da un pezzo ma non me n’ero andata per parlare un po poi mi alzai e andai a cambiarmi. Odiavo andare in bagno la mattina e mettermi davanti lo specchio per lavarmi la faccia e i denti, tenevo sempre lo sguardo basso per non guardare la mia immagine riflessa nello specchio, l’immagine di quella che non era più una persona, non con quella faccia così stanca, quel corpo così magro e quelle braccia piene di lividi a causa degl’aghi, odiavo il mio aspetto, odiavo me ne stessa e quello che stava succedendo, quella malattia che mi scorreva nelle vene quel dolore con cui dovevo convivere. Quindi velocemente mi lavai e indossai un paio di jeans e una felpa, aprii la porta dove dietro trovai Justin, lo abbracciai forte e lo salutai poi andai in ospedale con mio padre. Era una cosa noiosissima fare la chemio, ore e ore distesa a non fare niente, a volte dormivo, altre guardavo fuori la finestra altre ancora parlavo con qualche infermiera ma per poco, volendo sarei potuta girare per l’ospedale con la flebo ma sarebbe stata una pazzia ero troppo stanca per camminare quindi restavo immobile sul mio letto sperando che il tempo passasse velocemente e appena entrava l’infermiera e mi diceva “per oggi abbiamo finito” tiravo un sospiro di sollievo non tanto per il “per oggi” ma per il “abbiamo finito” così salto giù dal letto, metto il giubbino e torno a casa. È ora di pranzare quindi mi siedo nella sala da pranzo e mangio metà piatto di pasta e un po di carne e verdure, di solito non mangio così tanto ma già so che il mio stomaco non reggerà tutto questo cibo infatti appena dieci minuti dopo aver finito di mangiare corro in bagno e vomito, odio vomitare mi viene sempre un gran mal di testa, mi lavo bene i denti e scendo a prendere un’aspirina poi risposo per poco più di un’ora. Al mio risveglio il mal di testa non è del tutto passato ma sto comunque meglio, Amanda viene a sederci vicino a me con il suo solito sorriso e mi chiede come sto, ovviamente non a meraviglia ma meglio del solito, resta stranamente in silenzio a fissarmi o meglio fissava la mia testa senza capelli e si rattrista, mi passa una mano sul collo poi sulla guancia e poco a poco arriva quasi alla testa, mi dà leggermente fastidio perché mi fa ricordare che non ho più i miei lunghi capelli che tanto mi piacevano, piacevano anche a lei, fin da piccola ha sempre insistito nel pettinarmeli ogni mattina soprattutto da quando è morta la mamma –sai tesoro dovremmo fare qualcosa con questi capelli- disse e io non capivo bene a cosa si riferisse –io non ho più capelli- le feci notare dato che era così alla fine –già proprio per questo, forse dovresti prendere una parrucca almeno riusciresti a guardarti allo specchio- la guardai esterrefatta sia per la sua proposta ma soprattutto perché non capivo come avesse saputo che non mi guardavo allo specchio –come ...- mi interruppe –ogni volta che passò per il bagno e vedo che sei dentro non ti guardi mai allo specchio, lo eviti, come se ne avessi paura- forse quello che diceva era vero e forse dovevo darle ragione, almeno quando sarei uscita non dovevo subirmi lo sguardo della gente che mi fissava capendo perché fossi calva, da quando mi sono caduti i capelli cercavo di evitare la gente per la vergogna, la maggior parte delle volte mi guardavano in ospedale, con quegli sguardi rattristati e pieni di pietà, mi dava fastidio che pensassero “povera ragazza così giovane e con un cancro” o “guarda come è ridotta è così magra e pallida” e guardando mio padre compativano anche lui pensando “quell’uomo ne starà passando di tutti i colori, non avrà più una figlia” mio padre pensava spesso che anch’io potessi morire, mia mamma era già morta e se se ne sarebbe andata anche sua figlia, la sua unica figlia, sarebbe rimasto solo come un cane e l’ultima cosa che volevo era far soffrire qualcuno a causa mia ma questo era già successo. –si Amanda, è una buona idea- le accennai un sorriso, ero davvero felice della sua proposta, mi sarei sentita più normale con una parrucca, anche se i capelli non crescevano dalla mia testa. Ci preparammo e uscimmo, Robert ci accompagnò dal parrucchiere dove di solito andava Amanda, io non ci ero mai stata dato che i capelli me li lavavo e asciugavo sempre io e se dovevo tagliarli o fare qualche acconciatura carina chiamavano l’ex parrucchiere di mia madre, arrivammo davanti un salone che fuori aveva il muro in bianco, dentro c’era un arredamento moderno, delle poltroncine in pelle erano sistemate in un angolo c’erano alcuni clienti ad aspettare alcuni leggevano delle riviste prese da un tavolino di ferro avanti a loro, eravamo andate in un giorno in cui il negozio non era molto affollato quindi non ci volle molto, Amanda andò a salutare il parrucchiere io ero impegnata a guardami intorno, le pareti erano di un grigio freddo e su una parete c’era una specie di murales con rappresentata Marilyn Monroe, poi una parete con specchi e poltrone, vidi la mia immagine e abbassai lo sguardo ricordando le mie condizione a causa del tumore, sentii Amanda chiamarmi e mi avvicinai a lei e al suo parrucchiere un ragazzo di 20-30 anni alto, magro, capelli castani e folti con una barba crespa e occhi color caramello con riflessi smeraldo, mi ricordavano gli occhi di Justin, ci presentammo, si chiamava Andrew, e gli disse il motivo per cui eravamo venute, feci per sedermi ma Amanda mi fermò, noi non dovevamo aspettare, Andrew si sarebbe occupato di me e i suoi colleghi degli altri clienti, mi sentivo un po in colpa per loro, dopotutto gli ero passata davanti mentre probabilmente stavano aspettando da ore ed erano annoiati. Mi fece mettere su una poltrona in pelle come quelle nell’angolo ma aveva due braccioli grandi e ci sprofondavo dentro, mi rasò la peluria che mi era rimasta in testa e mi fece provare una parrucca simile ai miei capelli di prima ma dato che potevo scegliere la pettinatura che più mi piaceva volevo cambiare, -ho sempre voluto essere rossa- così prese una parrucca che era poco più lunga mi metà schiena e con un colore rosso fuoco che si abbinava alla perfezione con i miei occhi chiari, mi piacque subito, mi fece un piccolo ciuffo di lato e con la piastra me li fece mossi, mi guardai allo specchio e già mi ero dimenticata la mia testa calva che però era sempre lì sotto quella finzione ma non mi importava stavo proprio bene anche Amanda lo disse e ovviamente anche Andrew che era molto fiero della sua “creazione”. Usciamo poi dal negozio e torniamo a casa, corro subito nella camera di Justin ma appena arrivo davanti la porta lui esce e mi guarda dalla testa ai piedi sorpreso –ma che hai fatto?- mi chiede stupito a occhi spalancati –mi sono ricresciuti i capelli- scherzai io per vedere se ci credeva ma per come mi guardava si capiva che non se l’era bevuta –no è una parrucca, Amanda mi ha proposto di prenderne uno dato che non mi ci vedevo proprio senza capelli- allungò una mano verso il mio ciuffo e lo accarezza per poi scendere a prende un boccolo e mettermelo avanti –mi piace questo colore- sorrisi alla sua affermazione e anche lui –grazie mille- mi si avvicinò e mi sussurrò qualcosa all’orecchio –sei bellissima- quella voce roca sul mio collo mi fece rabbrividire e poi aggiunse qualcosa –e tremendamente sexy- accennò una risata e arrossii arretrò per guardarmi e vedendo la mia faccia sconvolta scoppia a ridere –oooooooooh stupido smettila- gli gridai contro paonazza dalla vergogna e lui per provocarmi mi mise un braccio un braccio intorno la vita e la mano dietro la schiena e mi avvicinò, si lassò la lingua sul labbro inferiore e poi se lo mordicchio –si tremendamente sexy- aggiunse –adesso però ti guarderanno troppi ragazzi- non sapevo cosa dire e non sapevo come interpretare cosa aveva detto, sembrava che questo non lo rendeva troppo felice, poi mi lascia e si mette le mani nelle tasche, si guarda intorno e fa un sospiro profondo, dopo aver tenuto lo sguardo fisso sul pavimento mi guardò –ti va di uscire?- annuii subito felice di quella proposta ed entrò nella sua stanza lasciandomi fuori, non entravo dalla sua stanza da un po ormai e da ciò che potevo vedere dalla fessura della porta mentre entrava, dentro era alquanto buio e ciò mi rendeva curiosa di sapere se fosse cambiato qualcosa lì dentro, uscì dopo appena cinque minuti con la sua giacca, io avevo già il mio cappotto quindi dovevamo solo andare verso la porta, scese le scale e lo seguii poi aprì la porta e uscì io dopo di lui e la chiusi. Durante il tragitto stavamo un po lontani ma pian piano ci avvicinavamo e ci ritrovammo mano nella mano, io strinsi forte la sua perché non volevo più lasciare la sua mano e non volevo più star lontana da lui, per la strada c’erano alcuni negozi e spesso ci fermavano, o meglio mi fermavo, per vedere i vestiti nella vetrina, al terzo negozio Justin mi propose di entrare a dare un’occhiata –ma no dai che entro a fare?- -a vedere qualcosa che ti piaccia- ma ti annoieresti- -no entra su o ti ci trascino io- ridacchiai per ciò che aveva detto e sempre tenendolo per meno aprii la porta del negozio ed entrai, guardai qualche vestito esposto sui manichini, qualche maglia piegata sugli scaffali, i jeans sulle stampelle e cercando qua e là trovai un abitino proprio carino, chiamai Justin e glielo feci vedere –ti starebbe bene provalo- andai in camerino e lui mi aspettò fuori, tolsi i miei vestiti e indossai l’abito ma dato che aveva la zip dietro la schiena non riuscivo ad alzarla, aprii la tenda del camerino e mi girai di spalle alzando i capelli –me la alzi?- -siamo provocanti oggi?- si alza, prende la zip del vestito e la chiude, poi mi giro e mi avvicino al suo orecchio –hai detto tu che sono sexy no?- sussurrai proprio come aveva fatto lui prima e proprio come prima a lui venne la pelle d’oca, ritornai indietro e gli feci l’occhiolino prima di girarmi verso lo specchio. L’abito mi stava attillato ma non troppo, aveva uno scollo a cuore e la gonna arrivava poco sopra il ginocchio, aveva una specie di fascia sulla vita ed era color cipria con qualche ruche, era carino ma non mi convinceva del tutto così lo tolgo e mentre faccio questo Justin mi chiama, esco con la testa fuori e vedo che ha in mano un vestito molto carino, lo provai senza esitare, era un vestito simile al primo ma questo era blu con un cinturino in vita, la gonna era della stessa lunghezza e aveva una coda dietro, mi piaceva proprio e mi sono fatta vedere da Justin, anche a lui piaceva e quindi lo presi, mi avviai per andare alla cassa ma lui mi precedette col vestito in mano e lo pagò al posto mio, lo guardai come per rimproverarlo e lui mi sorrise dolcemente –dovevo- mi prese per mano e uscimmo. Ci avviammo al parco che si trovava vicino da li, passeggiavamo per il parco tenendoci per mano e per un secondo ammisi che potevamo sembrare una vera coppia, a lui di sicuro poteva far piacere conoscendo i suoi sentimenti per me, volevo parlare proprio di questo a dire il vero, volevo chiarire la situazione. Arrivati vicino a una panchina ci sedemmo e per un po ci siamo messi a guardarmi intorno non sapendo cosa dire ma nonostante tutto le nostre mani non si lasciavano, questo mi rendeva sicura. –Sum, lo sai …- mi disse senza guardarmi in faccia –cosa?- fece un grande respiro profondo come se ciò che stava per dire era troppo –lo sai che ti amo- si girò verso di me e vidi le sue labbra pronunciare quelle due ultime parole che mi facevano quasi paura, io non risposi, come potevo? Cosa potevo dire? Nulla, semplicemente nulla ma dovevo dire assolutamente qualcosa –Justin… non puoi dirmi questo- feci anch’io un grande respiro profondo come il suo come se quelle parole pesassero anche a me –e sai il perché, finirà tutto, lo sai…- anch’io mi girai verso di lui e quelle ultime due parole e lui rimase freddo poi disse semplicemente – sei solo mia e non lascerò che NIENTE e nessuno ti portino via da me- ripeté quella frase, la stessa di sta mattina e come stamattina accentuò la voce su quel NIENTE –non puoi contrastare il cancro- gli feci notare con estrema freddezza –solo perché hai un cancro non significa che tu sia condannata a morire- non sapevo cosa dire, mi aveva sbattuto avanti quella che doveva essere la vera realtà, fin ora ci sono stati anche dei sopravvissuti al cancro e questi sopravvissuti hanno avuto una vita normale come chiunque io però non sentivo che sarei stata una sopravvissuta, io sarei morta. Rimasi a pensare a tutto questo con lo sguardo fisso a terra così immersa nei miei pensieri che non mi resi nemmeno conto che Justin mi stava coccolando stretta a lui e che mi stava sussurrando che andrà tutto bene che non dovevo avere paura, ci sarebbe stato lui per me. Sentendo quelle parole non potevo far a meno di aver gli occhi lucidi e quando proprio non ne potevo più trattenermi sbattei le palpebre lentamente, troppo, e rimasi con gli occhi chiusi e le lacrime mi scendevano lungo le guance, lui non se ne accorse finche una lacrima non gli bagnò la mano e vedendo quella goccia sorrise mi strinse ancora di più a se facendomi appoggiare il viso contro il suo petto, mi accarezzò i capelli e mi sussurrò –tranquilla piccola, sfogati- scoppiai a piangere tutte le lacrime che avevo represso in quei mesi così difficili, gli bagnai tutta la t-shirt ma a lui non importava, lui era sempre col sorriso col volto pronto a incoraggiarmi –Justin…- la voce era ancora modificata da qualche singhiozzio –scusami…- -per cosa piccola?- -per averti fatto star male tutto questo tempo- mi scontai da lui asciugandomi un po le  lacrime –spiegati meglio- si mise seduto meglio –continuo a pensare a quando tu mia hai detto che mi amavi e io sono stata così cattiva a dirti in quello stesso momento che avevo un cancro, mi sono sentita talmente pessima nel vedere la tua espressione, nell’immaginare come ti potessi sentire, scusa…- ripresi a piangere anche se cercavo di trattenermi ma non ci riuscii e lui mi abbracciò di nuovo. Lui sapeva sempre quando avevo bisogno ci conforto. Mi asciugò le lacrime e mi baciò la fronte poi mi sposto i capelli dietro l’orecchio. Era sera e quasi ora di cenare. Entrambi avevamo fame e nel parco solitamente c’era un furgoncino da street food e si metteva proprio dove stavamo noi. –Voi mangiare qualcosa?- -non ho molta fame- -su devi mangiare, almeno qualcosa- mi convinse e ci alzammo andando vicino al furgoncino, si affacciò una signora un po grassottella ma con un viso molto simpatico, dietro di lei un ragazzo e una ragazza stavano iniziando a cucinare qualcosa, vicino al furgoncino un uomo sistemava i tavoli, probabilmente era un’attività a conduzione familiare, Justin ordinò un hamburger con becon, uovo, insalata, cipolla, formaggio e cetriolini e un bicchiere di coca cola, io volevo un tacos di pollo e presi anch’io la coca cola, pochi minuti ed era già tutto pronto, Justin pagò per entrambi e ci andiamo a sedere ai tavolini, quel tacos era davvero buono e dal come Justin mangiava il suo hamburger anche a lui piaceva quello che aveva ordinato, finii tutto velocemente e con gusto, tutto ciò che era successo prima era quasi tutto dimenticato poi sentii il cellulare squillare e risposi. Mio padre mi chiese dov’ero, era preoccupato ma quando gli dissi che ero con Justin si tranquillizzò, comunque mi disse che dovevamo tornare a casa il prima possibile, si preoccupava continuamente per me e io non volevo creargli più problemi di quanti non ne avesse già, lo tranquillizza dicendo che per le 10 sarei ritornata a casa erano le 8.53 e quindi potevamo stare ancora un po soli. Quando anche Justin finì di mangiare continuammo il nostro giro per il parco e appena vidi le giostre e soprattutto l’altalena ci corsi sopra e Justin mi seguì ridendo –sei diventata improvvisamente una bambina?- gli feci la linguaccia, lui scoppiò a ridere e iniziai a dondolarmi sulla punte dei piedi mentre si sedé a terra proprio vicino a me –sai quando ero piccola io e i miei venivamo spesso qui, mi sedevo su questa altalena e i miei mi dondolavo, mi mancano quei tempi, mi manca mia madre… - quando nominai mia madre Justin divenne subito triste, anche lui aveva verso sua madre e anche a lui mancava mi sentivo un po in colpa –ieri mattina sono andata a trovarla, sulla sua tomba i fuori che avevo messo mesi prima erano tutti appassiti, erano così brutti per fortuna che ne avevo comprati degl’altri ci volevano proprio- -Justin tu ricordi la voce di tua madre?- mi guardò come se avessi chiesto una cosa un po strana ma volevo che rispondesse –si la ricordo ancora, perché?- mi rivolse la domanda guardandomi –ci sono momenti in cui non ricordo neanche il suo viso così corro a prendere la sua foto che tengo nel cassetto del comodino, la fisso ma non ricordo la sua voce e ci sto male Justin, vorrei poter ricordare di più- deglutii abbastanza rumorosamente poi continuai guardandolo –tu ti ricorderai di me Justin?- lo guardai sperando che dicesse di si anche se la riposta era sicuramente quella –certo, io ti ricorderò per sempre- ma sapevo che quella era una grande stupidata, si sarebbe ricordato di me forse per qualche anno ma poi sarei stato un semplice ricordo del passato, l’uomo non è fatto per ricordare all’infinito ma accettai quella risposta e tenni i miei pensieri per me, restammo lì ancora un po facendo anche qualche altro giro alle 9.30 tornammo a casa e alle 9.46 eravamo arrivati. Salii in camera mia e mi cambiai, caddi sul letto stanchissima e strisciai sotto le coperte, prima che potessi addormentarmi avvertii che Justin mi stava baciando la fronte e lo sentii augurarmi la buona notte e rimase lì aspettando che mi addormentarmi, non ci misi tempo e mi lasciai andare nel sonno.
ANGOLO AUTRICE
ALLORA ECCO QUI UN NUOVO CAPITOLO SPERO VI PIACCIA E SE AVETE QUALCOSA DA FARMI LEGGERE FATEMI SAPERE (LASCERO’ ANCHE UNA RECENZION SE VI FA PIACERE) VOLEVO DIRVI CHE PENSO DI SCRIVERE UNA NUOVA FANFICTION (SEMPRE CON JUSTIN PENSO) AMBIENTATA IN UN POSTO FANTASTICO (?) TIPO QUALCOSA COME “IL TRONO DI SPADE” CEH NON UGUALE MA CON MONDO FANTASTICO INTENDO PIU’ O MENO QUEL MONDO (SONO OSSESSIONATA DA QUEL LIBRO OUO) QUIIIIIIIIIIIIIIIIINDI MI FAREBBE SE LA LEGGESTE DOPO CHE L’AVRO’ PUBBLICATA DETTO QUESTO CIAO CIAO

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