Forgotten Lives

di Sinnheim
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oscar ***
Capitolo 2: *** Quelaag ***
Capitolo 3: *** Priscilla ***
Capitolo 4: *** Rhea ***
Capitolo 5: *** Gwyndolin ***
Capitolo 6: *** Seath ***
Capitolo 7: *** Artorias ***
Capitolo 8: *** Solaire ***



Capitolo 1
*** Oscar ***


NOTE DELL’AUTRICE: salve a tutti! Ciò che sto per narrare è la storia di Dark Souls vista dal punto di vista dei personaggi secondari e dei boss; la breve raccolta di capitoli segue un ordine più o meno cronologico e il contenuto si basa principalmente su tre elementi: i fatti oggettivi riscontrabili nel gioco, teorie più o meno confutate e, soprattutto, la mia fantasia. Detto questo, buona lettura!

 

CAPITOLO 1: OSCAR

Infine, il mio destino si compie: non quello scritto dalle leggende, ma quello che ho scelto io, vigliaccamente. Si, perché davanti a quella fortezza così imponente, così maestosa, il mio spirito si è frantumato… me ne vergogno così tanto… e alla fine, morirò lo stesso. Sono l’ennesimo fallimento di questo mondo, l’ennesimo non morto che viene scelto per salvare questa bella terra, l’ennesimo essere vuoto che sto per diventare.

Mi rimane poco, non manca molto al momento in cui perderò il senno e, insieme a lui, anche me stesso. 

Nella mia famiglia si tramanda da generazioni la leggenda del non morto prescelto che, una volta lasciato il Rifugio dei Non Morti, pellegrinerà nella terra dei grandi Lord per suonare le due campane del Risveglio e rivelare il destino che lo attende. Quando diventai un non morto, ero orgoglioso e fiero di intraprendere tale viaggio, io volevo davvero salvare il mondo! Affrontai i temibili gargoyles e per un pelo riuscì a sfuggire alla terribile Quelaag, suonai le due campane e poi… poi incontrai un essere, un serpente totalmente nero, al Santuario del Legame del Fuoco, disse di chiamarsi Frampt. 

Mi disse che ero il non morto prescelto, che tanti prima di me erano giunti, ma nessuno era degno della missione: dovevo succedere a Lord Gwyn e ravvivare la fiamma primordiale e per farlo dovevo andare ad Anor Londo, oltre la Fortezza di Sen. 

Mi aspettava grande gloria! Non solo sarei diventato Lord, ma avrei anche avuto il merito di aver salvato l’era del Fuoco! La fiamma si sta ormai spegnendo: se dovesse accadere, il mondo intero cadrebbe nell’oscurità più totale, dovevo assolutamente adempiere al mio destino, onorare la leggenda, ma… i cancelli di ferro si erano sollevati, potevo entrare. 

Quella costruzione occupava l’intero fianco della montagna: guardie bestiali, metà uomini e metà serpenti, si nascondevano in ogni antro buio pronti ad uccidermi, trappole ovunque, corridoi stretti su profondissimi dirupi…e quel golem. Enorme, gigantesco, vestito della sua armatura di ferro, mai e poi mai avrebbe mai fatto passare qualcuno. Rimasi pietrificato da tanta difficoltà, dalla paura di una morte quasi certa: potrebbe sembrare un pararosso in effetti, un non morto che ha paura di morire… marchiati dal segno maledetto oscuro, possiamo morire e resuscitare, in un ciclo eterno, fino alla fine dei tempi.

Ma il mio terrore è ben altro… la maggior parte dei non morti, una volta persa la loro umanità, perde il senno, impazzisce completamente, soffrendo per l’eternità. E ciò mi agghiaccia, mi pietrifica, mi fa perdere la ragione ancor prima di morire… così mi arresi. 

Con la vergogna nel cuore, sono tornato al Rifugio, in cerca di un altro non morto che potesse svolgere la missione al posto mio: aspettai giorni e giorni, ma quei chierici vestiti di bianco non facevano altro che portare esseri ormai vuoti e completamente folli. Il tempo passava, e la fiamma primordiale si dissipava sempre di più, per colpa mia che non ho abbastanza coraggio.

Padre, madre, sono un tale disonore per voi, per gli dei, per tutti… Lord Gwyn ha dato sé stesso per salvarci tutti, e io sto annientando il suo sacrificio, sono una tale disgrazia. 

Oh eccolo! Eccolo finalmente! È il non morto arrivato ieri! Era vuoto, come tutti, ma fu quasi un miracolo quando lo vidi: era lucido! Non aveva perso il senno! Oh si, era il candidato perfetto per la missione: recuperai la chiave della sua cella e gliela lanciai dalla botola sul soffitto, ma quei maledetti chierici mi videro e combattemmo furiosamente: avevano magie molto potenti, ma per fortuna avevo il mio fidato scudo cimiero che mi proteggeva; ho combattuto davvero con tutte le mie forze ma erano troppi, mi massacrarono… e ora, in fin di vita, attendo qui il mio trapasso. 

E’ davvero ciò che mi merito per la mia codardia, voglio espiare il mio peccato verso gli dei: ho qui delle fiaschette di Estus, ma non le userò per curarmi, il non morto che ho liberato avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile in questo viaggio, le darò a lui. 

Eccolo, mi ha visto, sta venendo qui. 

Il dolore fisico sta svanendo a poco a poco, sento freddo, tanto freddo… presto, presto, dobbiamo fare in fretta…vieni qui, amico mio, avvicinati… dona speranza a questo mondo… ascoltami attentamente.

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Capitolo 2
*** Quelaag ***


CAPITOLO 2: QUEELAG

Sono passati mille anni ormai: mille anni di sofferenza, di prigionia, di terrore. Guardo la mia immagine riflessa nell’acqua putrida di quella che una volta era la Grande Palude: il mio corpo, il mio viso bellissimo… il mostro che sono. Non vedo l’ora che quella maledettissima fiamma si spenga! E’ solo per colpa sua che nostra madre Izalith fece quell’abominio! Eravamo così felici, così potenti noi streghe del Caos, con la nostra magia e con la guida di nostra madre, eravamo divinità! Io e le mie sorelle combattemmo duramente contro i draghi immortali: abbiamo scagliato la nostra magia fino a bruciarci la pelle per distruggere quelle loro scaglie di pietra, con la paura negli occhi di morire in qualunque momento, tutto per proteggere la fiamma primordiale.

Seguì la nostra supremazia sul mondo insieme agli altri due Lord, Gwyn e Nito: Anor Londo divenne un impero potentissimo e ricco di magia, dove vivevamo serene e in armonia, sviluppando continuamente il nostro potenziale. Nel frattempo arrivò perfino un fratellino, il primo maschio, era di una dolcezza infinita e gli volevo un bene dell’anima… poi successe. La fiamma iniziò a spegnersi, e tutti caddero nella follia più totale: mia madre era convinta di poter replicare la fiamma con la magia; ne parlammo a lungo, io lei e le mie sorelle, cercammo di farla ragionare ma non ne volle sapere.

Decidemmo quindi di seguirla: io, mia sorella Queelan e il mio fratellino ci addentrammo nelle profondità più remote di Lordran, verso la città che porta il nome di mia madre per evitare di creare danni in superficie in caso di fallimento. Il piccolo non si staccava mai da nostra madre ma niente era in grado di toccarla minimamente allora: troppo presa dal furore e dalla disperazione di perdere il suo potere, perché si, esso derivava proprio dalla fiamma primordiale e se si fosse spento, con lui sarebbe andata via anche la magia.

Sarebbe diventata una divinità caduta, un niente, senza onori né potere, era ossessionata dal pensiero di perdere tutto. Passarono diversi giorni di manipolazione magica del fuoco: senza successo, Izalith continuò incessante a spingersi sempre più all’estremo delle sue possibilità, fino al quarto giorno; non potrò mai dimenticare la disperazione nei suoi occhi, il dolore che provò nel rendersi conto di quello che aveva appena fatto. Si accasciò sofferente e mi guardò negli occhi, mi urlò di prendere i miei fratelli e di scappare, perché da lì a poco sarebbe successa una catastrofe: presi tra le mie braccia il piccolo che piangeva disperato e strinsi forte la mano della mia sorellina Queelan, per poi correre via con tutta la forza che avevamo; potevo sentire il battito impazzito del cuore di mia sorella attraverso la stretta della sua mano, potevo leggere nei suoi occhi un terrore senza precedenti.

Ma non avrei mai permesso che nostra madre facesse del male a loro.

Nel corso del mio addestramento, incantai un anello proprio per proteggere dalle fiamme e dalla lava, senza pensarci due volte lo diedi al mio fratellino in preda ad un attacco di pianto inconsolabile. “Piccolo mio, tieni questo anello, non lo togliere per nessuna ragione è chiaro?” Annuì disperato, mentre spingevo mia sorella ormai esausta a correre. Al limite delle forze e a metà strada dalla superficie, le nostre sorelle corsero in nostro aiuto: essendo partiti da molti giorni, si preoccuparono della nostra sorte e vennero a cercarci.

Grave errore… il terreno iniziò a tremare e le pareti a crollare, sentimmo un’enorme ondata di magia invadere l’intera area, noi comprese: non era la solita magia del fuoco, era qualcosa di diverso, di corrotto, di terribile. Ricominciammo la nostra corsa, ma intorno a noi vi era il caos: inciampai e il mio fratellino mi cadde dalle braccia, mentre Queelan ruzzolò a terra con me, nell’impatto il piccolo perse l’anello.

Improvvisamente, tutto si fece cremisi… come ultimo atto istintivo, mi gettai su mia sorella proteggendola con il mio corpo, mentre il piccolo veniva protetto dalle altre. La piromanzia appena nata invase tutto, rovente ustionò i nostri corpi: urla di dolore lancinante si librarono nell’aria, il nostro sangue si mescolò alle fiamme intrise di magia corrotta, e dallo strazio mi addormentai. Mi svegliai poco dopo, ma quanto tempo fosse passato non ne avevo idea… ma appena aprii gli occhi, l’orrore mi aggredì furiosamente: il mio corpo fu brutalmente mutilato, dalla vita in giù ero diventata un… mostro.

Avevo un corpo di ragno ed ero avvolta dalle fiamme. Urlai e piansi forte, cercando le mie sorelle, il mio fratellino: vagai per giorni e giorni, inorridita da ciò che mi circondava; la lava e le fiamme avevano invaso tutto, mostri terribili erano ormai diventati padroni di quella terra dimenticata, avanzavo senza meta… poi finalmente la trovai. La mia adorata sorellina… Quelaan… così orribilmente mutilata e deturpata da quelle fiamme… completamente cieca, anche lei con il busto tranciato a metà, attaccata ad una parete.

Accanto a lei vi era un falò e un tipo strano, mi sembrò così deformato anche lui. Mi disse di chiamarsi Eingyi e che mia sorella lo aveva aiutato, quindi decise di servirla fino alla fine dei suoi giorni. Mi avvicinai a Queelan: non poteva vedermi ma poteva sentirmi, alzò il capo sofferente e mi sorrise dolcemente; con le lacrime agli occhi, la accarezzai piano e la strinsi al mio petto, consolandola, rincuorandola. “Sorellina… il piccolo dov’è? E le altre?” Mi disse che delle nostre sorelle non ne sapeva nulla, ma il nostro fratellino purtroppo…

Con la morte nel cuore, avanzai verso nord dal luogo in cui Queelan era confinata e lo vidi: una creatura gigantesca e immonda, completamente ricoperto di lava e di fiamme, che fissava con il suo volto deformato un corpo. “Piccolo..?!” La ‘cosa’ si girò a guardarmi ed emise un suono sinistro, come di urlo mozzato, mi resi conto che era lui, il mio dolce e innocente fratellino.

Allungò una di quelle sue appendici infuocate verso di me e lo strinsi forte, fortissimo, continuando a piangere come una neonata. Mi condusse verso il corpo carbonizzato che vegliava: era una delle nostre sorelle, senza dubbio, di lei era rimasta solo la veste nera orlata d’oro, ma dire chi fosse mi era impossibile; levai una preghiera silenziosa e sistemai con cura i suoi vestiti accanto a lei.

“Piccolo ascolta: Queelan è viva ma non si può muovere, io vado a cercare la mamma. Rimani qui ok?” La creatura annuì piano, così mi incamminai verso mia sorella e le riferì cosa avevo trovato e le mie intenzioni. “Fai attenzione, Queelag...”

Le diedi un bacio sulla fronte e partì.

Dopo alcuni giorni la trovai: Izalith, la grande strega del Caos, ridotta ad una piccola e insignificante larva. Il fallimento del suo esperimento, creò un nido perfetto per la nascita di tutti i demoni che ho visto qui sotto, inoltre il nuovo potere corrotto da lei nato, la piromanzia, aveva completamente soggiogato il suo potere, creando un’entità terribile e informe che proteggeva la fonte di tutto quel potere, ovvero mia madre Izalith. La odiai come non avevo mai odiato prima: nella sua paura di perdere il potere ci ha condannati tutti, ha ucciso e mutilato i suoi stessi figli, per quella maledetta fiamma primordiale, questo è quello che succede quando non si accetta la fine delle cose.

Tornai da mia sorella, provava un dolore infinito: l’unico modo che avevo e che ho di alleviare il suo dolore, è darle delle umanità. Sono ormai mille anni che uccido i viaggiatori incauti che si addentrano in questo luogo maledetto, tutti in cerca della campana del Risveglio: la loro cattiva sorte e la mia fortuna ha voluto che la sua collocazione fosse proprio la mia tana, da dove proteggo mia sorella e il mio fratellino. In questo modo posso prendere le loro umanità e alleviare le sofferenze di Queelan… ora però ne ho davvero poche. Devo assolutamente trovare altri non morti, devo andare da lei e… ecco! Un non morto! E percepisco moltissime umanità! Perfetto, non chiedevo di meglio.

Resisti ancora un po’ Queelan, tra poco sono da te.


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Capitolo 3
*** Priscilla ***


CAPITOLO 4: PRISCILLA

 

C’era una volta un abominio.

Penso che sarebbe questo il modo con il quale i genitori inizierebbero a raccontare la mia storia ai loro figli. Perché cos’altro potrei essere se non un abominio?  Un mero esperimento attuato da mio padre, con il puro e semplice scopo di vedere cosa poteva nascere da lui, drago traditore ormai vuoto e folle… Seath il Senza Scaglie lo chiamano. Io l’ho sempre chiamato solo papà, anche se per lui ero solo una cavia da studiare. 

Non so come ci sia riuscito: nel momento in cui creò la mia anima artificialmente, pur derivata dalla sua di anima, iniziai a vedere tutto, e più vedevo più volevo morire, dissolvermi nell’aria come bollicine. C’erano tante ragazze e tanti ragazzi dove mi trovavo ma tutti, nessuno escluso, piangevano e stavano rinchiusi in gabbie di cristallo; il loro terribile destino non mi fu mai rivelato da mio padre ma mi era ben intuibile. Mia madre è la dea Gwynevere, figlia del dio Gwin e principessa del Sole; mio nonno concesse enormi privilegi a mio padre per aver ribaltato le sorti della guerra contro i draghi, così tanti che perfino il vescovo Havel decise di opporsi categoricamente al drago… e per tutta risposta, Gwin lo rinchiuse in una torre, pur essendo un suo carissimo amico. 

Mio padre commise le più grandi atrocità che questa terra abbia mai visto, eppure mio nonno continuava a lasciarlo fare, fin quando non nacqui io: sotto la benevolenza di Gwin, mia madre Gwynevere acconsentì a portare in grembo l’esperimento di Seath, rassicurata dalla promessa che il nascituro sarebbe stato per tutto umano, ma con i poteri di un drago. Chissà, forse mia madre e mio nonno speravano in una sorta di miracolo in grado di ravvivare la fiamma primordiale… ma quando vidi la luce, occhi disgustati fissavano quella piccola creaturina candida come la neve: allora ero una neonata, ma ho dei capelli lunghissimi e bianchi, il viso di mia madre, gli occhi e la coda di un drago e una morbida pelliccia argentata. 

Ero un mostro. 

Vedevo facce inorridite allontanarsi da me, mio nonno non riusciva neanche a guardarmi… l’unica che mi rimase accanto fu proprio mia madre, che per quanto io fossi mostruosa lei non riuscì a non amarmi. Lo scandalo era troppo e le voci giravano: contro il volere di Gwynevere, mi rinchiusero nel castello di mio padre e restai con lui per parecchio tempo; prima di partire, mia madre mi donò una bambola dalla quale non mi staccai mai.

Era così morbida… lei non scappava da me, proprio come mia madre. Crebbi insieme ai mostri come me: mio padre faceva esperimenti su esperimenti, su non morti di cristallo, sulle fedeli di mia madre rapite e poi trasformate in… cose, piromanti deformati, semplici non morti sventurati… e di tutti quegli esseri, io ero senza dubbio il fenomeno da baraccone più curioso di tutti. Mi trattavano tutti bene, stranamente: ero come una sorella maggiore per la maggior parte di loro, in breve tempo diventarono la mia seconda, grande famiglia.

Mio padre non mi degnava di uno sguardo, se non per studiare l’evoluzione dei miei poteri: egli derubò l’antico popolo di Oolacile delle loro stregonerie più potenti e fece numerosi esperimenti per imparare ad usarli, uno dei quali lo usò anche su di me. Fu abbastanza facile per me prendere padronanza della capacità di diventare invisibile a mio piacimento, mio padre ne era completamente affascinato: tanto più sviluppavo poteri particolari, tanto più si interessava a me; così iniziai ad esercitarmi tutti i giorni per migliorarmi, per farmi notare da lui… desideravo disperatamente il suo amore. Essendo cieco, non si accorgeva mai quando mi avvicinavo furtivamente alle sue code e provavo a prenderle: faceva finta di non accorgersene, ma sono sicura che giocava con me. 

Forse nei momenti di lucidità mi voleva bene davvero…

Gli anni passavano ed io diventavo sempre più grande: le notizie che mi portavano dall’esterno narravano di una caccia spietata a tutto ciò che riguardava il dio Velka da parte degli dei; che fossero stregonerie, piromanzie, armi, armature, poco importava, veniva portato via tutto. 

Papà mi spiegò che Velka è il dio del peccato e che intorno a lui si era creato un vero e proprio culto, ma del perché gli dei ne avessero tanto timore non mi seppe dire nulla. Il tempo passava, e con lui crescevano anche le pile di oggetti considerati pericolosi e taboo per gli dei: presto non solo gli oggetti, ma anche gli esperimenti di mio padre entrarono a far parte della lista. La mia famiglia. 

Un grande pittore, Ariamis, dipinse un quadro gigantesco che nascondeva un segreto terribile: gli dei crearono un mondo vero e proprio nel dipinto, un luogo inaccessibile dove nascondere tutte quelle indegne cose che non rispettavano il loro volere; in breve tempo radunarono anche gli esperimenti di mio padre e li sigillarono là dentro con tutto il resto, c’era perfino il tizzone oscuro per forgiare armi occulte, letali per le divinità. Chissà quanta morte avevano sparso per recuperarlo. Nel castello regnò un silenzio doloroso per molto tempo: ero sola, di nuovo, non potevo più sopportarlo. Feci una proposta a mio padre, il quale accettò senza troppe storie: non avevo più niente di interessante da studiare, fuori non mi era permesso uscire, avrei vissuto un’esistenza in completa solitudine, quindi decisi di rinchiudermi nel mondo di Ariamis con coloro che mi volevano bene.

Il giorno stabilito c’erano tutti: mio nonno, mia madre, la servitù, addirittura mio zio Gwendolyn; egli, quando mi vide, non provò disgusto, bensì inaspettata solidarietà, tanto che mi donò una falce per difendermi in caso di necessità. Sentivo molti mormorii tra le persone presenti, mi chiamavano Priscilla la Mezzosangue.

Non era per niente male, mi piaceva molto. 

Gwin mi nominò guardiana del dipinto e di tutto ciò che vi era nascosto all’interno, così guadagnò un mostro potente a difesa di quel luogo e, allo stesso tempo, mi faceva sparire da quella terra. 

Due piccioni con una fava, molto ingegnoso, ma non sono per niente scontenta: finalmente posso stare con coloro che mi vogliono davvero bene, non sarò mai più sola. Li proteggerò a costo della vita. 

Ma quello chi… oh. Un non morto straniero. Deve aver trovato la mia bambola magica che funge da chiave per questo mondo. Per favore, torna sui tuoi passi e torna dall’altra parte, questa non è casa tua…

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Capitolo 4
*** Rhea ***


CAPITOLO 3: RHEA

 

Il buio è così denso che sembra quasi pece liquida: l’oscurità  avvolge ogni angolo di questo luogo, non sono neanche sicura di star appoggiando i piedi sul terreno. Potrei andarmene da qui in teoria… possiedo una stregoneria molto antica, risalente all’epoca di Oolacile, che mi permette di creare la luce, ma facendo ciò verrei sicuramente uccisa: la mia scorta, i miei due amici… sono diventati esseri vuoti. Non mi riconoscono più, se vedessero la luce della mia stregoneria mi attaccherebbero all’istante.

Oh, Petrus, perché ci hai traditi? Eravamo così impuri e indegni ai tuoi occhi? Non mi stupirebbe in effetti… la Via Bianca è conosciuta come una delle congreghe più giuste e sacre di queste terre, ma pochi conoscono gli orrori che cela dietro la sua immensa luce abbagliante: la nostra missione è quella di salvare la fiamma primordiale dalla sua fine e di proteggere l’era del Fuoco. 

Essere sotto il diretto influsso degli dei, salvaguardare Gwyn stesso… rimasi estremamente affascinata da questi ideali così puri, così decisi di farne parte: all’inizio sembrò che io avessi finalmente trovato il mio posto nel mondo, poi vidi il marcio che si nascondeva tra le file di chierici dell’ordine. 

Un  fanatismo religioso quasi inverosimile: odiavano i non morti come se fossero demoni, e proprio come quest’ultimi gli davano la caccia; torturati, catturati e poi condotti verso il Rifugio dei Non morti, chi era portatore del segno maledetto oscuro veniva immediatamente additato come la causa principale per cui la fiamma si stava spegnendo.

E tutti questi poveretti, privati di tutto, diventavano vuoti e perdevano il senno… quanto orrore hanno visto i miei occhi. Ma una sorte diversa attendeva i non morti appartenenti all’ordine: all’inizio non capivo, perché mai incaricare un non morto, seppur un seguace della Via Bianca, di andare in missione a Lordran per recuperare un oggetto di estrema importanza per salvare la fiamma? Perché concedere un tale onore a chi era considerato maledetto? Il primo di noi ad essere scelto fu il Paladino Leeroy: un uomo devotissimo e puro d’animo, non esitò minimamente a partire, ma non tornò mai più. 

Col passare del tempo mi resi conto dell’amara verità: spedivano i non morti in missioni suicide per recuperare l’arte dell’accensione, una potentissima stregoneria in grado di potenziare i falò oltre il limite;  in caso di riuscita della missione, l’ordine avrebbe ottenuto un’arma potentissima per combattere lo spegnimento della fiamma, in caso contrario si sarebbero liberati facilmente di un miserabile non morto senza destare sospetti. È terribile… così tanta crudeltà verso i propri adepti, senza nessuno scrupolo, stanno sfruttando le immense sofferenze della gente… che colpa ne abbiamo se siamo così? Non abbiamo fatto male a nessuno… 

E infine, è toccato anche a me. 

Mi guardarono tutti con disgusto, fingendo un finto entusiasmo per la mia partenza, augurandomi ogni bene e di ritornare sana e salva, quando i loro occhi dicevano l’esatto opposto. Ma accettai di buon grado: io entrai nella Via Bianca per pura e semplice fede, e se il mio sacrificio fosse servito a salvare la fiamma, beh lo avrei fatto. Mi affidarono Vince e Nico come scorta, due chierici non morti da mandare a morire insieme a me; con mio grande stupore, mi fu assegnato un terzo uomo, Petrus,  che studiò a fondo le terre di Lordran per farci da guida.

Lui non era un maledetto e lo si poteva intuire dallo sguardo: puro e profondissimo disgusto nei nostri confronti e odio malvagio per quell’incarico suicida. Nei miei riguardi era sempre premuroso e attento, dopotutto sono pur sempre la figlia di un nobile ricco e gli conveniva, ma arrivati nelle Catacombe, su quel dirupo nero come l’oblio, non ci pensò due volte ad abbandonare me e i miei amici per scappare. Lui aveva troppo per cui vivere, non era un condannato come noi… posso anche capire il suo gesto. Questo posto ospita creature immonde e pericolosissime, non poche volte abbiamo tutti rischiato la vita qui, inoltre tutto ciò che sappiamo di questo luogo mi induce a pensare che qui dimora Nito, uno dei grandi Lord del passato, forse Leeroy l’ha perfino incontrato.

Durante il tragitto, piccole luci colorate ci indicavano la via, forse segno che il Paladino era davvero arrivato tanto avanti. Sono qui da giorni ormai… l’oscurità immensa e i nemici in agguato hanno corrotto i miei chierici: Vince morì per primo, trafitto da quegli esseri informi che strisciano nel terreno e ti attaccano all’improvviso, Nico mi guardò sofferente e mi ordinò di scappare lontano, perché da lì a poco sarebbero risorti come esseri vuoti. Piangeva, piangeva tanto e io con lui, strisciò ormai vinto dalla disperazione vicino al suo compagno d’armi e si accasciò singhiozzando. 

Ora sono sola… sono completamente sola… ho davvero paura di morire. Non voglio diventare vuota, io voglio davvero salvare l’era del Fuoco, ma a nessuno importa dei miei ideali, sono tutti ossessionati dal mio marchio, da quello che sono, mi ripudiano pur non avendo fatto niente… non riesco a smettere di piangere, sono così frustrata che… che… io… sto iniziando a perdere la lucidità… diventerò vuota in questo luogo io… la mia testa cosa, io, cosa sono no, no…

Luce. Sento il rumore di un’armatura. Sono abbagliata, non vedo bene… è un uomo. Un non morto. È lo stesso che incontrai al Santuario del Legame del Fuoco, lo trattai anche male, ingiustamente. 

Oh, ti prego, aiutami!

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Capitolo 5
*** Gwyndolin ***


CAPITOLO 5: GWYNDOLIN

 

Mi manca terribilmente il calore del sole sulla mia pelle: da quando se ne sono andati tutti da Anor Londo, ho dovuto continuamente mascherare l’oscurità di questa terra con una mia mera illusione; è vero, il sole sembra splendere luminoso nel cielo, ma non posso ricreare la sensazione del suo calore sulla pelle. 

Quando ero piccolo adoravo stare all’aria aperta per assorbire più raggi possibile: mio padre era il dio del Sole e, anche se aveva poco tempo da dedicarmi, potevo comunque sentire il suo caldo abbraccio semplicemente stando alla luce del giorno. Mi voleva bene, ma non era soddisfatto di me, non ero il suo orgoglio… Quello era mio fratello, il primogenito del Sole: non ricordo quasi nulla di lui, so solo che era un dio della guerra, cacciato poi da mio padre per dei crimini da lui commessi, non so nemmeno il suo nome, ma so per certo che lo amava. Io non sono forte fisicamente e non mi interessa la guerra: nacqui sotto il segno della Luna, ero delicato e ricchissimo di abilità magiche, un po’ come una leggiadra fanciulla; non ero l’esempio di virilità sognato da mio padre, così mi allevarono come una dea, come mia sorella maggiore Gwynevere. 

Le differenze di genere per me non contano molto, ero solo molto rattristato dal fatto che a mio padre non andavo bene come ero e sono… ma era comunque mio padre e gli volevo bene. Sono secoli che veglio sulla sua finta tomba, costruita quando partì per ravvivare la fiamma primordiale e mai più tornato: tutti gli dei di Lordran furono terrorizzati dalla dipartita di mio padre e sapevano benissimo che, prima o poi, il problema si sarebbe ripresentato; cosa sarebbe successo se questi ‘uomini’ avessero preso il potere dopo di loro? Esseri così inferiori eppure capaci di ucciderci, erano sicuri che nel momento in cui la fiamma si fosse spenta, questi scarafaggi li avrebbero spodestati dai loro troni d’oro ponendo fine alla loro vita di lussi e agi. Cosa fare allora? Sterminarli tutti e rinchiudere i non morti? 

Senza nemmeno degnarsi di onorare il sacrificio di mio padre, gli dei decisero di andarsene e di abbandonare tutto prima che fosse troppo tardi: io mi ribellai, urlai, tentai in ogni maniera di farli restare, ma la mia figura minuta e per niente autoritaria venne derisa e infangata, lasciandomi solo in quel luogo. 

Mia sorella voleva restare con me ma suo marito, il dio del fuoco, la costrinse a venire via con gli altri: mi abbracciò fortissimo e mi disse di essere forte, che ero il suo adorato fratellino e provò a convincermi a partire ma sapeva benissimo che non potevo, ero l’unico in grado di aiutare nostro padre. 

La rassicurai e le promisi anche che avrei vegliato su sua figlia Priscilla, così ella partì e io iniziai la mia caccia: mi alleai con Frampt il cercatore di Re; quel serpente nero è sempre stato amico di Gwyn, anche se l’istinto mi dice che qualcosa in lui non va… i serpenti sono comunque draghi imperfetti, invidiosi. 

Comunque sia non avevo scelta: mi propose di usare i non morti per ravvivare la fiamma primordiale con l’inganno e acconsentii; mentre lui li convinceva a intraprendere il viaggio ad Anor Londo dal Santuario del Legame del Fuoco, omettendo chiaramente il fatto che avrebbero dovuto sacrificarsi alla fiamma, io avrei dovuto accoglierli e convincerli ad eliminare gli altri Lord e mio padre stesso.

Era un buon piano, ma fin dai nostri primi tentativi mi accorsi che non ero all’altezza: così come quando provai a far restare gli dei ad Anor Londo, anche i non morti che giungevano fino a me non mi ascoltavano e non mi davano peso, per via del mio aspetto e dell’ambiente poco rassicurante. 

Il nome di Gwyndolin il Sole Oscuro, terzogenito del grande Lord Gwyn, non era abbastanza per attirare le loro volontà a me, così decisi di usare il mio immenso potere: da quando mia sorella non c’è più, il sole su queste terre è diventato oscuro, gettando tutto nelle tenebre, così creai l’illusione della luce, donando maestosità e imponenza all’intera città; all’interno del castello creai un’ulteriore illusione di mia sorella, lei che era così meravigliosa da soggiogare uomini e donne al suo cospetto, era perfetta per la causa. 

A lei diedi il ricettacolo dei Lord e attraverso lei potei manipolare i non morti a mio gusto e piacere. Il piano è molto efficace, ma fino ad ora nessuno è riuscito nell’impresa… suppongo sia solo questione di tempo. In effetti, il tempo è sempre stato la mia più grande fonte di sofferenza e pericolo: devo trovare in fretta il non morto prescelto poiché la fiamma sta per spegnersi di nuovo, ma allo stesso tempo soffrivo all’idea di dover far eliminare i resti di quello che era mio padre. Mi manca tanto… mi mancano tanto tutti. 

Mi sento terribilmente solo in questa buia tomba. 

Ma non posso farmi vedere sofferente dai miei adepti: col passare del tempo, nonostante il mio aspetto, sono riuscito a radunare un gruppo di seguaci che mi difendessero; non posso permettere a qualcuno di scoprire l’illusione e di uccidermi, andrebbe in fumo tutto, il sacrificio di Gwyn sarebbe stato vano. Ogni tanto mi permetto di andare a trovare mia nipote Priscilla: da sempre sola, reietta e allontanata da tutti, mi somiglia molto da questo punto di vista, è una gradevolissima compagnia, adoro passare il poco tempo libero che ho con lei; da quel drago maledetto aveva senz’altro ereditato la sua intelligenza, lei non giudica il mio aspetto, mi rispetta per quel che sono e, soprattutto, mi ascolta davvero quando parlo, prende a cuore le mie parole.

Non devo permettere che le sia fatto del male, devo assolutamente trovare il non morto prescelto. 

Cos’è questo rumore? Qualcuno è entrato nella tomba! Ma il sole è ancora splendente, quindi la mia illusione è integra. Deve possedere l’anello della magia nera, l’unico mezzo in grado di rivelare questo posto… è un non morto. 

Eretico! Come osi profanare la tomba del grande Lord Gwyn? Io, Gwyndolin il Sole Oscuro, punirò il tuo folle atto!

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Capitolo 6
*** Seath ***


CAPITOLO 6: SEATH

 
Li ho sognati di nuovo.

I miei occhi ciechi ricordano fin troppo bene: il cielo buio e oscuro, la terra informe, gli alberi giganti e LORO, i miei odiatissimi simili. Loro così arroganti, loro così gonfi di presunzione pavoneggiandosi con le loro scaglie di pietra, loro così superbi, loro così ingenui da nascondersi dietro la loro immortalità.

Non avevo ancora emesso il mio primo verso quando quelli già mi ripudiarono e mi segnarono a vita come MALEDETTO.

Io così pallido, io così diverso, io senza scaglie, io mortale.

Una disgrazia per il mio popolo, una vergogna, così ripugnante da non meritare nemmeno un nome: decisi quindi da solo quale sarebbe stato ma infangarono anche quella mia piccola libertà affibbiandomi il nomignolo di “Il Senza Scaglie”, come se sbattermelo in faccia ogni volta non bastasse.

Spesso pensavo di essere nato dall’odio e dal caos, come quello che regnava in questo mondo, ma più mi guardavo più mi rendevo conto che non potevo essere un aborto della mia razza, bensì un prescelto. Fin da subito ho sempre avuto una sete incolmabile di sapere: volevo una spiegazione alla mia diversità, volevo il potere dei miei simili, desideravo follemente la loro immortalità, e in modo o nell’altro gliela avrei strappata via dalle carni scaglia per scaglia!

Ma presto mi resi conto che avevo poco su cui studiare e nessuno strumento utile.

Qualsiasi cosa su cui quei maledetti puntassero gli occhi nel giro di pochi minuti era distrutta, ora che finalmente il fuoco stava plasmando nuove forme in questo mondo, non potevo lavorare su niente! Per me c’era solo odio, disprezzo, dolore! Io ero superiore a tutti loro, io capivo, io sperimentavo, io li avrei spazzati tutti via!

E se per loro ero maledetto, ebbene avrei fatto della maledizione la mia arma, ma per quanto fosse potente non era ancora sufficiente, non ero ancora all’altezza e i miei esperimenti si concludevano sempre con un nulla di fatto. Sono mortale, perché non mi uccidevano? Perché continuare la mia agonia in questo modo?

La mia sete di sangue era comunque più forte del desiderio di morire; pazientai ed ebbi la mia ricompensa: anime così forti, con un potere così immenso! Gwyn con quella sua forza distruttiva, Izalith con quel suo fuoco devastatore e Nito con quel potere oltre natura. Ecco! Ecco il segreto! Le anime! Sono loro la fonte del potere assoluto! Magnifico, sublime!

Ma nonostante la loro potenza, non conoscevano il modo di annientare l’immortalità dei miei schifosi simili, sarebbero periti e con loro il segreto del potere assoluto! No, no, no, che senso ha vivere in una terra di orrore senza aver l’occasione di riscattarmi, senza conoscenza, senza scienza? Non ci pensai due volte: al cospetto dell’anima divampante di Gwyn, mi sentii così emozionato, così bramoso di conoscerne i più oscuri antri, era la cosa più bella che io abbia mai visto; rivelai il segreto delle scaglie e, con la potenza dei Lord, riuscì finalmente a ripulire la terra da quella feccia che erano i draghi!

Solo Kalameeth, quel maledetto sgorbio nero riuscì a sfuggirci, ma era davvero potente quel mostro, andava bene così. Era fatta!

Gwyn mi nominò duca, mi diede un castello tutto per me traboccante di libri! Finalmente, finalmente il potere! Finalmente il rispetto! Finalmente avrò la mia immortalità.

Depredai Oolacile delle sue stregonerie e passai secoli a studiare i cristalli: ero e sono sicuro che siano la risposta a tutto, così traboccanti di potere, così facilmente malleabili, non posso fare a meno di creare, di mutilare, di generare… Anche ora che sono cieco non mi importa, io devo continuare!

Ho creato un cristallo che mi farà vivere per l’eternità! Ora devo creare servitori potenti che lo proteggano a tutti i costi… devo continuare a sperimentare… devo mutilare più non morti possibili, le servitrici di Gwynevere, chiunque che respiri su questa terra! Io contaminerò tutti con i miei cristalli, genererò l’esercito più potente mai visto!

Nemmeno quel maledetto vescovo Havel potrà fermarmi, ahahaha! Godo pienamente della protezione di Gwyn, lo ha addirittura chiuso in una torre per salvaguardarmi! Perfino quando deturpai sua figlia riproducendo la mia anima ibridata con la sua e facendo nascere Priscilla non mi ha negato nulla dei miei privilegi, e anzi potei finalmente fare esperimenti altissimi!

Infondere la magia di Oolacile in anime artificiali e poi dargli corpo con una dea! Mai niente di così grande fu mai tentato, la mia conoscenza brama potere, ho potere illimitato e nessuno può negarmelo! Io… io… io…

AHAHAHAHAHAHAHA! Io… perché sono qui? Come ci sono arrivato nella grotta di cristallo, perché sto proteggendo io stesso il mio prezioso elisir di vita eterna? Perché non ricordo?  PERCHE’? Devo creare nuovi esseri di cristallo, devo creare nuove stregonerie, devo distruggere, devo governare, devo…

Chi è? CHI DIAVOLO SEI TU, NON MORTO?! NON DISTRUGGERAI IL LAVORO DI UNA VITA, SARAI LA MIA PROSSIMA CAVIA!!

 
 
 
 
 
Note dell’autrice: si lo so, vi sembrerà un capitolo strano dagli effetti quasi allucinati, ma ho narrato dal punto di vista di un Seath vuoto e completamente folle; riprendendo poi gli effetti della perdita graduale di senno specificati in Dark Souls 2, li ho integrati nel capitolo.

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Capitolo 7
*** Artorias ***


CAPITOLO 7: ARTORIAS

Non ho mai visto tanta malvagità in vita mia: di un nero così profondo da far male agli occhi, una bestia immonda dall’aspetto demoniaco.

Il terrore puro.

Il sole di Oolacile riscalda la mia armatura rovinata, il cielo azzurro e le verdi foreste allietano la mia vista, è davvero un posto bellissimo… ed è la mia più grande maledizione: L’Abisso ha corrotto il mio corpo e la mia anima, ma non la mia coscienza; perché costringermi ad un tale dolore, perché non uccidermi subito, perché questo? Che la mia incrollabile volontà alla fine si sia rivelata la mia più grande debolezza?

Il mio corpo straziato trabocca oscurità da ogni poro, si muove senza la mia volontà mentre io, il vero io, rimane sveglio e vigile ben coscio di quello che sto facendo. 

E non riesco a fermarmi. 

Sono costretto a vedermi uccidere e distruggere senza poter far nulla… Ricordo con nostalgia i tempi in cui la gloria mia e dei miei compagni d’armi risuonava in ogni angolo del regno: ricordo l’orgoglio di Gwyn che provava nei nostri confronti, ricordo il mio amico più caro… Passo le giornate a vivere nei miei ricordi, ormai sono le uniche cose che mi sono rimaste: mi manca il vocione di Gough rimbombare nel mio elmo, mi mancano le battute taglienti di Ornstein, la dolcezza di Ciaran e l’ululato di Sif.

Quel pazzo gigante di Gough si trova in una torre proprio qui, nell’arena dove vago senza meta da tempo ormai dimenticato, perché non viene ad uccidermi? Il nostro arciere non si è mai tirato indietro davanti a nulla, il coraggio non gli manca… forse non ne ha le capacità. Ogni tanto lo sento sospirare forte dalla sua torre: il mio corpo brama la sua carne ma non può raggiungerlo, io invece posso scrutare il suo testone tra le fessure e gioire della sua presenza. Sapere che è qui vicino a me mi fa sentire meglio… oh, amico mio.

Eravamo tutti ad Anor Londo quando ci arrivò la notizia: per qualche ragione a noi sconosciuta, gli abitanti di Oolacile liberarono Manus, l’umano primordiale, il quale iniziò a vomitare oscurità dal suo corpo distruggendo l’intera città e mutando orribilmente i suoi abitanti. Se nessuno fosse intervenuto, l’Abisso da lui creato si sarebbe espanso all’infinito, ma nessun essere vivente era in grado di camminare in quell’oblio. Ricordo Gwyn che non si scompose minimamente quando sentì il nome di Manus, probabilmente era il nome a lui affibbiatogli dagli abitanti, ma quando gli fu riferito cos’era, ne rimase completamente pietrificato: si rinchiuse con la strega Izalith nei suoi alloggi e le urla si sentirono fino in fondo ai corridoi.

Cosa diavolo stava succedendo? Ornstein vagava con il suo solito atteggiamento rilassato nell’enorme salone reale ove ci trovavamo tutti e quattro, beh cinque più Sif, si tolse l’elmo leonino e ci guardò intensamente: è sempre stato un cavaliere molto intelligente e di poche parole, però quando era il momento sapeva bene cosa dire. “Amici miei, credo di aver capito.”

La passione per le leggende e la storia antica di Ornstein ci tornò molto utile. “Temo che gli abitanti di Oolacile abbiano risvegliato il Nano Furtivo, il quarto Lord che trovò l’anima oscura nel fuoco. Da come lo hanno descritto e da come ha reagito Lord Gwyn, sembra proprio lui. È un avversario di estrema potenza, non mi sorprende che siano preoccupati.” La situazione era disperata, Ciaran giocava nervosamente con i filamenti della sua armatura. “Se anche il nostro Lord ha paura, cosa possiamo fare noi? Anche supponendo di voler affrontare Manus, come ci camminiamo nel nulla?”

Sentimmo il nostro cuore diventare pesante gravato dalla nostra paura, quando Sif iniziò ad agitarsi, ad abbaiare, come se cercasse di dire qualcosa: era sempre stato un animale dalle acutissime capacità intellettive, lo trovai nella mia terra natia appena nato, abbandonato dalla madre. Da allora mi ripagò innumerevoli volte combattendo al mio fianco.

“Cos’ha il cucciolo?” Il vocione di Gough tuonò per la sala, Sif mi tirava per la mano fuori dal castello. “Ragazzi, provo a vedere dove mi porta, al mio ritorno informatemi se ci sono novità.” E viaggiammo lontano, verso le foreste di Oolacile, ove già si intravedevano le conseguenze disastrose del risveglio di Manus; non ho mai dubitato dell’istinto di Sif, così lo seguii fino ad una radura in fiore, uno dei pochi luoghi risparmiati dalla corruzione. Intravidi uno strano animale sul bel prato verde: un gatto enorme, dagli occhi grandi e strani, mi fissava sorridendo.

“E così siete arrivati. Io sono Alvina, e sono qui per aiutarvi.” Non so per quale motivo ma sentivo di potermi fidare di quel gatto, dopotutto Sif non mi porterebbe mai davanti ad una minaccia. “Io sono una creatura dell’Abisso, Sir Artorias, ma per qualche fortunata ragione ho ben mantenuto il senno, miao.” Le sue fusa erano molto rumorose ma quasi piacevoli. “Ho visto cosa fa l’oscurità ai miei amati fratelli della foresta, e ciò mi fa soffrire molto. Io ho bisogno di un paladino valoroso che fermi Manus, ma so che voi che siete nati in questa terra non potete camminare nell’Abisso. Sir Artorias, se mi fa l’onore di andare laggiù, io le concederò il potere di sopravvivere nel più buio oblio.”

Non ci pensai due volte e accettai.

Alvina mi consegnò un anello forgiato proprio dall’oscurità dell’Abisso e tornai ad Anor Londo con un barlume di speranza: Gwyn mi incaricò ufficialmente di recarmi ad Oolacile e di sconfiggere Manus, festeggiandomi come eroe fin da prima della partenza. La sera prima del viaggio, i miei compagni d’armi mi salutarono a modo loro, sperando di poterci rivedere ancora.

Il mattino dopo, io e Sif ci incamminammo, seguiti dall’occhio vigile di Ornstein che non ci mollò un attimo fino a che non sparimmo all’orizzonte.

Arrivati all’entrata della foresta conobbi Elizabeth: un fungo gigante parlante, madrina della principessa Dusk, mi raccontò di un serpente nero di nome Kamph che convinse gli abitanti a risvegliare Manus, promettendo potenza e prosperità ad Oolacile; dopo che la città fu distrutta il serpente sparì ma Elizabeth non dimenticò mai quel suo fetore, mi implorò di fermare quell’essere e ripresi il mio cammino.

Non avrei mai dovuto portare Sif con me! Era troppo giovane ma lui insistette così tanto… Quella città in rovina era piena di mostri deturpati e fortissimi, per un pelo riuscimmo ad arrivare all’entrata di quel nero oblio: quell’antro di tenebra pullulava di esseri informi che ci prosciugavano le forze appena ci toccavano, ben presto fummo sopraffatti e Sif fu ferito; lo portai in un luogo nascosto e gli affidai il mio scudo magico, in modo tale che quelle cose non potessero più colpirlo. Alvina comparve all’improvviso vicino al cerchio di luce che proteggeva il mio compagno.

“Se non riuscirai nell’impresa non temere: rimarrò qui ad aspettare il prossimo eroe, lo guiderò dal tuo lupo e lo porteremo via da qui. Ora va, Sir Artorias!” Abbracciai forte Sif e lo accarezzai, nel momento in cui feci per andarmene lui iniziò ad ululare così intensamente da far tremare le pareti.

Presi coraggio e mi tuffai nelle tenebre: rimasi agghiacciato da tanto terrore, mi tremavano le gambe e la mia fidata spada sembrò pesare tonnellate sul mio braccio; ho combattuto con tutte le mie forze, ma alla fine fui sconfitto.

Mi ricordo… mi ricordo che mi addormentai, e mi ricordo un gran dolore al petto… quando mi risvegliai ero qui, in questa arena, intrappolato nel mio corpo deforme e corrotto. Sif, amico mio… mi dispiace così tanto… per quanto ancora dovrò vivere così? Io desidero solo… morire… Ma è un nonmorto quello? No, che fai, non entrare o ti attaccherò! Il mio corpo bolle, vuole la sua carne… si è messo in guardia. Lui vuole… vuole combattere. Lui è qui per me.

Ascoltami, valoroso nonmorto! Abbi il coraggio di affrontarmi, ti prego, ferma l’Abisso e salva Sif! Sii l’eroe che non ho saputo essere!


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Capitolo 8
*** Solaire ***


CAPITOLO 8: SOLAIRE

Ah… L’altare del Sole.

Quale meraviglioso luogo per godere dei caldi raggi del sole, ammirando il panorama che mi offre la terra sacra dei Lord. È la mia sensazione o il calore è più intenso? No, non credo.

Sono i primi effetti di ciò che si è consumato alla Fornace della Prima Fiamma, dove il dio che servo e che ho amato tanto si è definitivamente spento… Nonostante ero molto restio dal voler combattere contro Lord Gwyn, dovevo onorare la promessa fatta al mio caro amico nonmorto: avevo promesso di aiutarlo qual’ora ne avesse avuto bisogno e così feci, anche perché gli dovevo la vita; nel momento in cui quegli insetti a Lost Izalith stavano prendendo possesso di me, egli arrivò con la sua spada scintillante ad eliminarli tutti, uno per uno.

Per un momento, ho creduto di vedere Lord Gwyn in persona nella figura del mio amico.

La vista del dio del Sole fu quasi folgorante ai miei occhi: così vuoto eppure ancora così glorioso nella sua imponenza, provai un misto di amore e odio ingiustificato, perché mai avrei dovuto odiare qualcuno che ho amato così tanto? Non riuscì a darmi risposte, così diedi fondo alle mie capacità, seppur limitate, per aiutare il mio amico a sconfiggere il mio Lord: accidenti se era potente! Seppur vuoto e consumato dal suo sacrificio, la sua potenza rimaneva comunque superiore a quella del più valoroso dei cavalieri; combattemmo duramente, ma alla fine riuscimmo a spuntarla: nel momento in cui la lama del mio amico trapassò il guscio vuoto del dio, una scarica elettrica intensa attraversò la mia testa, come quando uno scrigno sigillato viene finalmente aperto.

E vidi tutto nella mia mente… io ero il primogenito del Sole, ero un dio.

Gwyn era mio padre, Gwynevere mia sorella, Gwyndolin il mio fratellino.

Amavo la guerra, oh la amavo quasi più della mia famiglia: amavo la devastazione che portavo con i miei dardi infuocati, amavo le urla di pietà dei miei nemici, amavo sentirmi invincibile. Se solo ci penso io… come ho fatto ad essere così malvagio? Io che ora a stento stringo la mia spada nel pugno, stanco e triste. Fui cacciato da mio padre, persi il mio status di divinità e mi reincarnai in un neonato di Astora, un bambino con una macchia nera sul cuore. Ciò che per me è stata una vita meravigliosa è la sua punizione? Oppure lo è la maledizione? Come faccio a espiare i miei peccati se ciò che dovrebbe essere un purgatorio non lo percepisco come tale?

Sono ancora macchiato della mia colpa… oh padre, mi dispiace così tanto.

L’odio che provai nel vederlo derivava dalla mia vita divina precedente senza dubbio alcuno, ma non lo biasimo per quello che ha fatto, io me lo sono meritato. E ora sono qui, a godere dell’abbraccio di mio padre e fissando il volto della statua distrutta dell’altare coperto di muschio. Mi sono osservato per parecchio tempo, non sono cambiato poi tanto… chi lo avrebbe mai detto, ahahaha! Per tanto tempo ho pregato sulla mia stessa statua! Ha la sua ironia, lo devo ammettere. Di ciò che rimane la mia famiglia ho ben poco: il mio amico nonmorto ha ucciso il mio fratellino, mia nipote e mio padre, mentre mia sorella era via, chissà dove. Sono triste ma non sono certo arrabbiato con lui, doveva farlo per poter continuare la sua missione, e poi come poteva sapere di me e di tutti gli altri?

Finita la battaglia ci sedemmo a riposare e gli parlai di quello che avevo ricordato: non disse nulla per molti minuti, poi rammaricato mi chiese perdono per le mie perdite. Quale grande cuore aveva quel ragazzo… Mi raccontò dei suoi incontri prima di recarsi nella Fornace, della scelta gravosa che doveva prendere proprio in quel momento, e di quanta paura avesse per questo.

Era davvero devastato, sia fuori che dentro: lasciare morire la fiamma come prima o poi sarebbe successo o immolarsi ad essa per regalare al mondo ancora un po’ di tempo?

Davanti a noi, il falò primordiale aspettava una scelta.

Io non dissi nulla per non influenzare il suo giudizio, dopotutto non era compito mio e avrei accettato qualunque decisione egli avesse preso, per il rispetto enorme che provavo per quel cavaliere così virtuoso. Ma assistere al suo dilemma interiore mi faceva stare molto male, non lo posso negare. Dopo molti minuti si alzò e mi sorrise: disse che, se tanti erano morti per la fiamma, doveva davvero valere la pena regalare il fuoco al mondo. Io mi alzai di scatto, quasi a volerlo fermare mosso da puro affetto, lui mi fermò con la mano e mi abbracciò forte, dicendomi che se lui avesse lasciato morire la fiamma, tutti se la sarebbero presa con i nonmorti, perseguitandoli in modi ancora più estremi di quelli già conosciuti.

E così, mi diede il suo addio.

Per rispetto nei suoi confronti me ne andai; nel momento in cui il mio piede oltrepassò l’entrata dell’enorme porta che teneva prigioniero mio padre, una vampata enorme di fuoco nuovo, energetico, si irradiò dalla Fornace investendo ogni angolo di Lordran, portando nuova vita e bellezza in questo mondo.

Non potei far a meno di inchinarmi al suo nobilissimo gesto.

E ora che sono solo, ho deciso di espirare le mie colpe a modo mio: io viaggerò in ogni antro di questa terra raccontando le gesta del mio valoroso amico, del suo sacrificio, in modo tale che tutti sappiano chi era, cosa ha fatto e cosa accadrà in futuro, perché ahimè purtroppo la storia si ripeterà. Ma così come ora, anche in futuro avremo un barlume di speranza al quale aggrapparci, e io mi impegnerò al massimo per combattere quelle forze oscure che ci tentano in ogni momento a porre fine all'Era del Fuoco. Finita la mia missione, tornerò nel luogo in cui dovrei essere… si, perché il mio caro amico mi ha raccontato di aver trovato un cadavere nella tomba di mio padre, possedeva l’anello del primogenito del Sole; prima di immolarsi al fuoco me lo ha restituito, lo porto al dito.

Ora che ho appreso di essere io tale personaggio, il cerchio si chiude: sono perfettamente al corrente di trovarmi in un’epoca che non mi appartiene, il tempo a Lordarn è distorto.

Con molta probabilità, quel cadavere sono proprio io.

Mi siederò accanto al me stesso del passato e mi immolerò con la mia spada. Oh Lord Gwyn, oh padre mio, spero così di riuscire ad espiare la mia colpa e di tornare finalmente a te, dove dovrei essere... Tra le tue braccia.

Ehi tu, nonmorto! Si, dico a te che sei venuto a pregare al mio altare! Io sono Solaire di Astora, primogenito di Lord Gwyn! Avvicinati, devo raccontarti la storia del grande Lord nonmorto che ora risplende come il Sole! Ahahahaha.


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