Forgotten Lives di Sinnheim (/viewuser.php?uid=132828)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oscar ***
Capitolo 2: *** Quelaag ***
Capitolo 3: *** Priscilla ***
Capitolo 4: *** Rhea ***
Capitolo 5: *** Gwyndolin ***
Capitolo 6: *** Seath ***
Capitolo 7: *** Artorias ***
Capitolo 8: *** Solaire ***
Capitolo 1 *** Oscar ***
NOTE
DELL’AUTRICE: salve a tutti! Ciò che sto per
narrare è la storia di Dark Souls vista dal punto di vista
dei personaggi
secondari e dei boss; la breve raccolta di capitoli segue un ordine
più o meno
cronologico e il contenuto si basa principalmente su tre elementi: i
fatti
oggettivi riscontrabili nel gioco, teorie più o meno
confutate e, soprattutto,
la mia fantasia. Detto questo, buona lettura!
CAPITOLO
1: OSCAR
Infine,
il mio destino si compie: non quello scritto dalle leggende, ma quello
che ho
scelto io, vigliaccamente. Si, perché davanti a quella
fortezza così imponente,
così maestosa, il mio spirito si è
frantumato… me ne vergogno così tanto…
e
alla fine, morirò lo stesso. Sono l’ennesimo
fallimento di questo mondo,
l’ennesimo non morto che viene scelto per salvare questa
bella terra,
l’ennesimo essere vuoto che sto per diventare.
Mi rimane poco, non manca molto
al momento in cui perderò il senno e, insieme a lui, anche
me stesso.
Nella
mia
famiglia si tramanda da generazioni la leggenda del non morto prescelto
che,
una volta lasciato il Rifugio dei Non Morti, pellegrinerà
nella terra dei
grandi Lord per suonare le due campane del Risveglio e rivelare il
destino che
lo attende. Quando diventai un non morto, ero orgoglioso e fiero di
intraprendere tale viaggio, io volevo davvero salvare il mondo!
Affrontai i
temibili gargoyles e per un pelo riuscì a sfuggire alla
terribile Quelaag,
suonai le due campane e poi… poi incontrai un essere, un
serpente totalmente
nero, al Santuario del Legame del Fuoco, disse di chiamarsi
Frampt.
Mi
disse
che ero il non morto prescelto, che tanti prima di me erano giunti, ma
nessuno
era degno della missione: dovevo succedere a Lord Gwyn e ravvivare la
fiamma
primordiale e per farlo dovevo andare ad Anor Londo, oltre la Fortezza
di Sen.
Mi
aspettava grande gloria! Non solo sarei diventato Lord, ma avrei anche
avuto
il merito di aver salvato l’era del Fuoco! La fiamma si sta
ormai spegnendo: se
dovesse accadere, il mondo intero cadrebbe
nell’oscurità più totale, dovevo
assolutamente adempiere al mio destino, onorare la leggenda,
ma… i cancelli di
ferro si erano sollevati, potevo entrare.
Quella
costruzione occupava l’intero
fianco della montagna: guardie bestiali, metà uomini e
metà serpenti, si nascondevano
in ogni antro buio pronti ad uccidermi, trappole ovunque, corridoi
stretti su
profondissimi dirupi…e quel golem. Enorme, gigantesco,
vestito della sua
armatura di ferro, mai e poi mai avrebbe mai fatto passare qualcuno.
Rimasi
pietrificato da tanta difficoltà, dalla paura di una morte
quasi certa:
potrebbe sembrare un pararosso in effetti, un non morto che ha paura di
morire…
marchiati dal segno maledetto oscuro, possiamo morire e resuscitare, in
un
ciclo eterno, fino alla fine dei tempi.
Ma il mio terrore è ben altro… la
maggior parte dei non morti, una volta persa la loro
umanità, perde il senno,
impazzisce completamente, soffrendo per
l’eternità. E ciò mi agghiaccia, mi
pietrifica, mi fa perdere la ragione ancor prima di morire…
così mi arresi.
Con
la vergogna nel cuore, sono tornato al Rifugio, in cerca di un altro
non morto
che potesse svolgere la missione al posto mio: aspettai giorni e
giorni, ma
quei chierici vestiti di bianco non facevano altro che portare esseri
ormai
vuoti e completamente folli. Il tempo passava, e la fiamma primordiale
si
dissipava sempre di più, per colpa mia che non ho abbastanza
coraggio.
Padre,
madre, sono un tale disonore per voi, per gli dei, per
tutti… Lord Gwyn ha dato
sé stesso per salvarci tutti, e io sto annientando il suo
sacrificio, sono una
tale disgrazia.
Oh
eccolo! Eccolo finalmente! È il non morto arrivato ieri! Era
vuoto, come tutti, ma fu quasi un miracolo quando lo vidi: era lucido!
Non
aveva perso il senno! Oh si, era il candidato perfetto per la missione:
recuperai la chiave della sua cella e gliela lanciai dalla botola sul
soffitto,
ma quei maledetti chierici mi videro e combattemmo furiosamente:
avevano magie
molto potenti, ma per fortuna avevo il mio fidato scudo cimiero che mi
proteggeva; ho combattuto davvero con tutte le mie forze ma erano
troppi, mi
massacrarono… e ora, in fin di vita, attendo qui il mio
trapasso.
E’
davvero
ciò che mi merito per la mia codardia, voglio espiare il mio
peccato verso gli
dei: ho qui delle fiaschette di Estus, ma non le userò per
curarmi, il non
morto che ho liberato avrà bisogno di tutto
l’aiuto possibile in questo
viaggio, le darò a lui.
Eccolo,
mi ha visto, sta venendo qui.
Il
dolore fisico
sta svanendo a poco a poco, sento freddo, tanto freddo…
presto, presto,
dobbiamo fare in fretta…vieni qui, amico mio,
avvicinati… dona speranza a
questo mondo… ascoltami attentamente.
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Capitolo 2 *** Quelaag ***
CAPITOLO
2: QUEELAG
Sono
passati mille anni ormai: mille anni di sofferenza, di prigionia, di
terrore.
Guardo la mia immagine riflessa nell’acqua putrida di quella
che una volta era
la Grande Palude: il mio corpo, il mio viso bellissimo… il
mostro che sono. Non
vedo l’ora che quella maledettissima fiamma si spenga!
E’ solo per colpa sua
che nostra madre Izalith fece quell’abominio! Eravamo
così felici, così potenti
noi streghe del Caos, con la nostra magia e con la guida di nostra
madre,
eravamo divinità! Io e le mie sorelle combattemmo duramente
contro i draghi
immortali: abbiamo scagliato la nostra magia fino a bruciarci la pelle
per
distruggere quelle loro scaglie di pietra, con la paura negli occhi di
morire
in qualunque momento, tutto per proteggere la fiamma
primordiale.
Seguì
la
nostra supremazia sul mondo insieme agli altri due Lord, Gwyn e Nito:
Anor
Londo divenne un impero potentissimo e ricco di magia, dove vivevamo
serene e
in armonia, sviluppando continuamente il nostro potenziale. Nel
frattempo
arrivò perfino un fratellino, il primo maschio, era di una
dolcezza infinita e
gli volevo un bene dell’anima… poi successe. La
fiamma iniziò a spegnersi, e
tutti caddero nella follia più totale: mia madre era
convinta di poter replicare
la fiamma con la magia; ne parlammo a lungo, io lei e le mie sorelle,
cercammo
di farla ragionare ma non ne volle sapere.
Decidemmo
quindi di seguirla: io,
mia sorella Queelan e il mio fratellino ci addentrammo nelle
profondità più
remote di Lordran, verso la città che porta il nome di mia
madre per evitare di
creare danni in superficie in caso di fallimento. Il piccolo non si
staccava
mai da nostra madre ma niente era in grado di toccarla minimamente
allora: troppo
presa dal furore e dalla disperazione di perdere il suo potere,
perché si, esso
derivava proprio dalla fiamma primordiale e se si fosse spento, con lui
sarebbe
andata via anche la magia.
Sarebbe
diventata una divinità caduta, un niente,
senza onori né potere, era ossessionata dal pensiero di
perdere tutto. Passarono
diversi giorni di manipolazione magica del fuoco: senza successo,
Izalith
continuò incessante a spingersi sempre più
all’estremo delle sue possibilità,
fino al quarto giorno; non potrò mai dimenticare la
disperazione nei suoi
occhi, il dolore che provò nel rendersi conto di quello che
aveva appena fatto.
Si accasciò sofferente e mi guardò negli occhi,
mi urlò di prendere i miei
fratelli e di scappare, perché da lì a poco
sarebbe successa una catastrofe:
presi tra le mie braccia il piccolo che piangeva disperato e strinsi
forte la
mano della mia sorellina Queelan, per poi correre via con tutta la
forza che
avevamo; potevo sentire il battito impazzito del cuore di mia sorella
attraverso la stretta della sua mano, potevo
leggere nei suoi occhi un terrore senza
precedenti.
Ma
non avrei
mai permesso che nostra madre facesse del male a loro.
Nel
corso del mio
addestramento, incantai un anello proprio per proteggere dalle fiamme e
dalla
lava, senza pensarci due volte lo diedi al mio fratellino in preda ad
un
attacco di pianto inconsolabile. “Piccolo mio, tieni questo
anello, non lo
togliere per nessuna ragione è chiaro?”
Annuì disperato, mentre spingevo mia
sorella ormai esausta a correre. Al limite delle forze e a
metà strada dalla
superficie, le nostre sorelle corsero in nostro aiuto: essendo partiti
da molti
giorni, si preoccuparono della nostra sorte e vennero a
cercarci.
Grave
errore…
il terreno iniziò a tremare e le pareti a crollare, sentimmo
un’enorme ondata
di magia invadere l’intera area, noi comprese: non era la
solita magia del
fuoco, era qualcosa di diverso, di corrotto, di terribile.
Ricominciammo la
nostra corsa, ma intorno a noi vi era il caos: inciampai e il mio
fratellino mi
cadde dalle braccia, mentre Queelan ruzzolò a terra con me,
nell’impatto il
piccolo perse l’anello.
Improvvisamente,
tutto si fece cremisi… come ultimo
atto istintivo, mi gettai su mia sorella proteggendola con il mio
corpo, mentre
il piccolo veniva protetto dalle altre. La piromanzia appena nata
invase tutto,
rovente ustionò i nostri corpi: urla di dolore lancinante si
librarono nell’aria,
il nostro sangue si mescolò alle fiamme intrise di magia
corrotta, e dallo
strazio mi addormentai. Mi svegliai poco dopo, ma quanto tempo fosse
passato
non ne avevo idea… ma appena aprii gli occhi,
l’orrore mi aggredì furiosamente:
il mio corpo fu brutalmente mutilato, dalla vita in giù ero
diventata un…
mostro.
Avevo
un corpo di ragno ed ero avvolta dalle fiamme. Urlai e piansi
forte, cercando le mie sorelle, il mio fratellino: vagai per giorni e
giorni,
inorridita da ciò che mi circondava; la lava e le fiamme
avevano invaso tutto,
mostri terribili erano ormai diventati padroni di quella terra
dimenticata,
avanzavo senza meta… poi finalmente la trovai. La mia
adorata sorellina…
Quelaan… così orribilmente mutilata e deturpata
da quelle fiamme… completamente
cieca, anche lei con il busto tranciato a metà, attaccata ad
una parete.
Accanto
a lei vi era un falò e un tipo strano, mi sembrò
così deformato anche lui. Mi disse
di chiamarsi Eingyi e che mia sorella lo aveva aiutato, quindi decise
di
servirla fino alla fine dei suoi giorni. Mi avvicinai a Queelan: non
poteva
vedermi ma poteva sentirmi, alzò il capo sofferente e mi
sorrise dolcemente;
con le lacrime agli occhi, la accarezzai piano e la strinsi al mio
petto,
consolandola, rincuorandola. “Sorellina… il
piccolo dov’è? E le altre?” Mi
disse che delle nostre sorelle non ne sapeva nulla, ma il nostro
fratellino
purtroppo…
Con
la morte nel cuore, avanzai verso nord dal luogo in cui Queelan
era confinata e lo vidi: una creatura gigantesca e immonda,
completamente
ricoperto di lava e di fiamme, che fissava con il suo volto deformato
un corpo.
“Piccolo..?!” La ‘cosa’ si
girò a guardarmi ed emise un suono sinistro, come di
urlo mozzato, mi resi conto che era lui, il mio dolce e innocente
fratellino.
Allungò
una di quelle sue appendici infuocate verso di me e lo strinsi forte,
fortissimo, continuando a piangere come una neonata. Mi condusse verso
il corpo
carbonizzato che vegliava: era una delle nostre sorelle, senza dubbio,
di lei
era rimasta solo la veste nera orlata d’oro, ma dire chi
fosse mi era
impossibile; levai una preghiera silenziosa e sistemai con cura i suoi
vestiti
accanto a lei.
“Piccolo
ascolta: Queelan è viva ma non si può muovere, io
vado
a cercare la mamma. Rimani qui ok?” La creatura
annuì piano, così mi incamminai
verso mia sorella e le riferì cosa avevo trovato e le mie
intenzioni. “Fai
attenzione, Queelag...”
Le diedi un
bacio sulla fronte e partì.
Dopo
alcuni giorni la trovai: Izalith, la grande
strega del Caos, ridotta ad una piccola e insignificante larva. Il
fallimento
del suo esperimento, creò un nido perfetto per la nascita di
tutti i demoni che
ho visto qui sotto, inoltre il nuovo potere corrotto da lei nato, la
piromanzia, aveva completamente soggiogato il suo potere, creando
un’entità
terribile e informe che proteggeva la fonte di tutto quel potere,
ovvero mia
madre Izalith. La odiai come non avevo mai odiato prima: nella sua
paura di
perdere il potere ci ha condannati tutti, ha ucciso e mutilato i suoi
stessi
figli, per quella maledetta fiamma primordiale, questo è
quello che succede
quando non si accetta la fine delle cose.
Tornai
da mia sorella, provava un
dolore infinito: l’unico modo che avevo e che ho di alleviare
il suo dolore, è
darle delle umanità. Sono ormai mille anni che uccido i
viaggiatori incauti che
si addentrano in questo luogo maledetto, tutti in cerca della campana
del
Risveglio: la loro cattiva sorte e la mia fortuna ha voluto che la sua
collocazione fosse proprio la mia tana, da dove proteggo mia sorella e
il mio
fratellino. In questo modo posso prendere le loro umanità e
alleviare le
sofferenze di Queelan… ora però ne ho davvero
poche. Devo assolutamente trovare
altri non morti, devo andare da lei e… ecco! Un non morto! E
percepisco
moltissime umanità! Perfetto, non chiedevo di
meglio.
Resisti
ancora un po’ Queelan,
tra poco sono da te.
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Capitolo 3 *** Priscilla ***
CAPITOLO
4: PRISCILLA
C’era
una volta un abominio.
Penso che sarebbe questo il modo con il quale i genitori
inizierebbero a raccontare la mia storia ai loro figli.
Perché cos’altro potrei
essere se non un abominio? Un
mero
esperimento attuato da mio padre, con il puro e semplice scopo di
vedere cosa
poteva nascere da lui, drago traditore ormai vuoto e folle…
Seath il Senza
Scaglie lo chiamano. Io l’ho sempre chiamato solo
papà, anche se per lui ero
solo una cavia da studiare.
Non
so come ci sia riuscito: nel momento in cui
creò la mia anima artificialmente, pur derivata dalla sua di
anima, iniziai a
vedere tutto, e più vedevo più volevo morire,
dissolvermi nell’aria come
bollicine. C’erano tante ragazze e tanti ragazzi dove mi
trovavo ma tutti,
nessuno escluso, piangevano e stavano rinchiusi in gabbie di cristallo;
il loro
terribile destino non mi fu mai rivelato da mio padre ma mi era ben
intuibile. Mia
madre è la dea Gwynevere, figlia del dio Gwin e principessa
del Sole; mio nonno
concesse enormi privilegi a mio padre per aver ribaltato le sorti della
guerra
contro i draghi, così tanti che perfino il vescovo Havel
decise di opporsi
categoricamente al drago… e per tutta risposta, Gwin lo
rinchiuse in una torre,
pur essendo un suo carissimo amico.
Mio
padre commise le più grandi atrocità
che questa terra abbia mai visto, eppure mio nonno continuava a
lasciarlo fare,
fin quando non nacqui io: sotto la benevolenza di Gwin, mia madre
Gwynevere
acconsentì a portare in grembo l’esperimento di
Seath, rassicurata dalla
promessa che il nascituro sarebbe stato per tutto umano, ma con i
poteri di un
drago. Chissà, forse mia madre e mio nonno speravano in una
sorta di miracolo
in grado di ravvivare la fiamma primordiale… ma quando vidi
la luce, occhi
disgustati fissavano quella piccola creaturina candida come la neve:
allora ero
una neonata, ma ho dei capelli lunghissimi e bianchi, il viso di mia
madre, gli
occhi e la coda di un drago e una morbida pelliccia argentata.
Ero
un mostro.
Vedevo
facce inorridite allontanarsi da me, mio nonno non riusciva neanche a
guardarmi…
l’unica che mi rimase accanto fu proprio mia madre, che per
quanto io fossi
mostruosa lei non riuscì a non amarmi. Lo scandalo era
troppo e le voci
giravano: contro il volere di Gwynevere, mi rinchiusero nel castello di
mio
padre e restai con lui per parecchio tempo; prima di partire, mia madre
mi donò
una bambola dalla quale non mi staccai mai.
Era così morbida… lei non scappava da
me, proprio come mia madre. Crebbi insieme ai mostri come me: mio padre
faceva
esperimenti su esperimenti, su non morti di cristallo, sulle fedeli di
mia
madre rapite e poi trasformate in… cose, piromanti
deformati, semplici non
morti sventurati… e di tutti quegli esseri, io ero senza
dubbio il fenomeno da
baraccone più curioso di tutti. Mi trattavano tutti bene,
stranamente: ero come
una sorella maggiore per la maggior parte di loro, in breve tempo
diventarono
la mia seconda, grande famiglia.
Mio padre non mi degnava di uno sguardo, se
non per studiare l’evoluzione dei miei poteri: egli
derubò l’antico popolo di
Oolacile delle loro stregonerie più potenti e fece numerosi
esperimenti per
imparare ad usarli, uno dei quali lo usò anche su di me. Fu
abbastanza facile
per me prendere padronanza della capacità di diventare
invisibile a mio
piacimento, mio padre ne era completamente affascinato: tanto
più sviluppavo
poteri particolari, tanto più si interessava a me;
così iniziai ad esercitarmi
tutti i giorni per migliorarmi, per farmi notare da lui…
desideravo
disperatamente il suo amore. Essendo cieco, non si accorgeva mai quando
mi avvicinavo
furtivamente alle sue code e provavo a prenderle: faceva finta di non
accorgersene, ma sono sicura che giocava con me.
Forse
nei momenti di lucidità
mi voleva bene davvero…
Gli
anni
passavano ed io diventavo sempre più grande: le notizie che
mi portavano dall’esterno
narravano di una caccia spietata a tutto ciò che riguardava
il dio Velka da
parte degli dei; che fossero stregonerie, piromanzie, armi, armature,
poco
importava, veniva portato via tutto.
Papà
mi spiegò che Velka è il dio del
peccato e che intorno a lui si era creato un vero e proprio culto, ma
del perché
gli dei ne avessero tanto timore non mi seppe dire nulla. Il tempo
passava, e
con lui crescevano anche le pile di oggetti considerati pericolosi e
taboo per gli
dei: presto non solo gli oggetti, ma anche gli esperimenti di mio padre
entrarono
a far parte della lista. La mia famiglia.
Un
grande pittore, Ariamis, dipinse
un quadro gigantesco che nascondeva un segreto terribile: gli dei
crearono un
mondo vero e proprio nel dipinto, un luogo inaccessibile dove
nascondere tutte
quelle indegne cose che non rispettavano il loro volere; in breve tempo
radunarono anche gli esperimenti di mio padre e li sigillarono
là dentro con
tutto il resto, c’era perfino il tizzone oscuro per forgiare
armi occulte,
letali per le divinità. Chissà quanta morte
avevano sparso per recuperarlo. Nel
castello regnò un silenzio doloroso per molto tempo: ero
sola, di nuovo, non
potevo più sopportarlo. Feci una proposta a mio padre, il
quale accettò senza
troppe storie: non avevo più niente di interessante da
studiare, fuori non mi
era permesso uscire, avrei vissuto un’esistenza in completa
solitudine, quindi
decisi di rinchiudermi nel mondo di Ariamis con coloro che mi volevano
bene.
Il
giorno stabilito c’erano tutti: mio nonno, mia madre, la
servitù, addirittura mio
zio Gwendolyn; egli, quando mi vide, non provò disgusto,
bensì inaspettata solidarietà,
tanto che mi donò una falce per difendermi in caso di
necessità. Sentivo molti
mormorii tra le persone presenti, mi chiamavano Priscilla la
Mezzosangue.
Non era
per niente male, mi piaceva molto.
Gwin
mi nominò guardiana del dipinto e di
tutto ciò che vi era nascosto all’interno,
così guadagnò un mostro potente a
difesa di quel luogo e, allo stesso tempo, mi faceva sparire da quella
terra.
Due
piccioni con una fava, molto ingegnoso, ma non sono per niente
scontenta:
finalmente posso stare con coloro che mi vogliono davvero bene, non
sarò mai
più sola. Li proteggerò a costo della
vita.
Ma
quello chi… oh. Un non morto
straniero. Deve aver trovato la mia bambola magica che funge da chiave
per
questo mondo. Per favore, torna sui tuoi passi e torna
dall’altra parte, questa
non è casa tua…
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Capitolo 4 *** Rhea ***
CAPITOLO
3: RHEA
Il
buio
è così denso che sembra quasi pece liquida:
l’oscurità avvolge
ogni angolo di questo luogo, non sono
neanche sicura di star appoggiando i piedi sul terreno. Potrei
andarmene da qui
in teoria… possiedo una stregoneria molto antica, risalente
all’epoca di
Oolacile, che mi permette di creare la luce, ma facendo ciò
verrei sicuramente
uccisa: la mia scorta, i miei due amici… sono diventati
esseri vuoti. Non mi
riconoscono più, se vedessero la luce della mia stregoneria
mi attaccherebbero
all’istante.
Oh, Petrus, perché ci hai traditi? Eravamo così
impuri e indegni
ai tuoi occhi? Non mi stupirebbe in effetti… la Via Bianca
è conosciuta come
una delle congreghe più giuste e sacre di queste terre, ma
pochi conoscono gli
orrori che cela dietro la sua immensa luce abbagliante: la nostra
missione è
quella di salvare la fiamma primordiale dalla sua fine e di proteggere
l’era
del Fuoco.
Essere
sotto il diretto influsso degli dei, salvaguardare Gwyn
stesso… rimasi estremamente affascinata da questi ideali
così puri, così decisi
di farne parte: all’inizio sembrò che io avessi
finalmente trovato il mio posto
nel mondo, poi vidi il marcio che si nascondeva tra le file di chierici
dell’ordine.
Un
fanatismo religioso
quasi
inverosimile: odiavano i non morti come se fossero demoni, e proprio
come quest’ultimi
gli davano la caccia; torturati, catturati e poi condotti verso il
Rifugio dei
Non morti, chi era portatore del segno maledetto oscuro veniva
immediatamente
additato come la causa principale per cui la fiamma si stava spegnendo.
E tutti
questi poveretti, privati di tutto, diventavano vuoti e perdevano il
senno…
quanto orrore hanno visto i miei occhi. Ma una sorte diversa attendeva
i non
morti appartenenti all’ordine: all’inizio non
capivo, perché mai incaricare un
non morto, seppur un seguace della Via Bianca, di andare in missione a
Lordran
per recuperare un oggetto di estrema importanza per salvare la fiamma?
Perché concedere
un tale onore a chi era considerato maledetto? Il primo di noi ad
essere scelto
fu il Paladino Leeroy: un uomo devotissimo e puro d’animo,
non esitò
minimamente a partire, ma non tornò mai
più.
Col
passare del tempo mi resi
conto dell’amara verità: spedivano i non morti in
missioni suicide per
recuperare l’arte dell’accensione, una potentissima
stregoneria in grado di
potenziare i falò oltre il limite;
in
caso di riuscita della missione, l’ordine avrebbe ottenuto
un’arma potentissima
per combattere lo spegnimento della fiamma, in caso contrario si
sarebbero
liberati facilmente di un miserabile non morto senza destare sospetti.
È terribile…
così tanta crudeltà verso i propri adepti, senza
nessuno scrupolo, stanno
sfruttando le immense sofferenze della gente… che colpa ne
abbiamo se siamo
così? Non abbiamo fatto male a nessuno…
E
infine, è toccato anche a me.
Mi
guardarono
tutti con disgusto, fingendo un finto entusiasmo per la mia partenza,
augurandomi ogni bene e di ritornare sana e salva, quando i loro occhi
dicevano
l’esatto opposto. Ma accettai di buon grado: io entrai nella
Via Bianca per
pura e semplice fede, e se il mio sacrificio fosse servito a salvare la
fiamma,
beh lo avrei fatto. Mi affidarono Vince e Nico come scorta, due
chierici non
morti da mandare a morire insieme a me; con mio grande stupore, mi fu
assegnato
un terzo uomo, Petrus, che
studiò a
fondo le terre di Lordran per farci da guida.
Lui non era un maledetto e lo si
poteva intuire dallo sguardo: puro e profondissimo disgusto nei nostri
confronti e odio malvagio per quell’incarico suicida. Nei
miei riguardi era
sempre premuroso e attento, dopotutto sono pur sempre la figlia di un
nobile
ricco e gli conveniva, ma arrivati nelle Catacombe, su quel dirupo nero
come l’oblio,
non ci pensò due volte ad abbandonare me e i miei amici per
scappare. Lui aveva
troppo per cui vivere, non era un condannato come noi… posso
anche capire il
suo gesto. Questo posto ospita creature immonde e pericolosissime, non
poche
volte abbiamo tutti rischiato la vita qui, inoltre tutto ciò
che sappiamo di
questo luogo mi induce a pensare che qui dimora Nito, uno dei grandi
Lord del
passato, forse Leeroy l’ha perfino incontrato.
Durante il tragitto, piccole
luci colorate ci indicavano la via, forse segno che il Paladino era
davvero
arrivato tanto avanti. Sono qui da giorni ormai…
l’oscurità immensa e i nemici
in agguato hanno corrotto i miei chierici: Vince morì per
primo, trafitto da
quegli esseri informi che strisciano nel terreno e ti attaccano
all’improvviso,
Nico mi guardò sofferente e mi ordinò di scappare
lontano, perché da lì a poco
sarebbero risorti come esseri vuoti. Piangeva, piangeva tanto e io con
lui,
strisciò ormai vinto dalla disperazione vicino al suo
compagno d’armi e si
accasciò singhiozzando.
Ora
sono sola… sono completamente sola… ho davvero
paura di morire. Non voglio diventare vuota, io voglio davvero salvare
l’era
del Fuoco, ma a nessuno importa dei miei ideali, sono tutti
ossessionati dal
mio marchio, da quello che sono, mi ripudiano pur non avendo fatto
niente… non
riesco a smettere di piangere, sono così frustrata
che… che… io… sto iniziando
a perdere la lucidità… diventerò vuota
in questo luogo io… la mia testa cosa,
io, cosa sono no, no…
Luce.
Sento
il rumore di un’armatura. Sono abbagliata, non vedo
bene… è un uomo. Un non
morto. È lo stesso che incontrai al Santuario del Legame del
Fuoco, lo trattai
anche male, ingiustamente.
Oh,
ti prego, aiutami!
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Capitolo 5 *** Gwyndolin ***
CAPITOLO
5: GWYNDOLIN
Mi
manca
terribilmente il calore del sole sulla mia pelle: da quando se ne sono
andati
tutti da Anor Londo, ho dovuto continuamente mascherare
l’oscurità di questa
terra con una mia mera illusione; è vero, il sole sembra
splendere luminoso nel
cielo, ma non posso ricreare la sensazione del suo calore sulla
pelle.
Quando
ero
piccolo adoravo stare all’aria aperta per assorbire
più raggi possibile: mio
padre era il dio del Sole e, anche se aveva poco tempo da dedicarmi,
potevo
comunque sentire il suo caldo abbraccio semplicemente stando alla luce
del
giorno. Mi voleva bene, ma non era soddisfatto di me, non ero il suo
orgoglio…
Quello era mio fratello, il primogenito del Sole: non ricordo quasi
nulla di
lui, so solo che era un dio della guerra, cacciato poi da mio padre per
dei
crimini da lui commessi, non so nemmeno il suo nome, ma so per certo
che lo
amava. Io non sono forte fisicamente e non mi interessa la guerra:
nacqui sotto
il segno della Luna, ero delicato e ricchissimo di abilità
magiche, un po’ come
una leggiadra fanciulla; non ero l’esempio di
virilità sognato da mio padre,
così mi allevarono come una dea, come mia sorella maggiore
Gwynevere.
Le
differenze di genere per me non contano molto, ero solo molto
rattristato dal
fatto che a mio padre non andavo bene come ero e sono… ma
era comunque mio
padre e gli volevo bene. Sono secoli che veglio sulla sua finta tomba,
costruita quando partì per ravvivare la fiamma primordiale e
mai più tornato:
tutti gli dei di Lordran furono terrorizzati dalla dipartita di mio
padre e
sapevano benissimo che, prima o poi, il problema si sarebbe
ripresentato; cosa
sarebbe successo se questi ‘uomini’ avessero preso
il potere dopo di loro? Esseri
così inferiori eppure capaci di ucciderci, erano sicuri che
nel momento in cui
la fiamma si fosse spenta, questi scarafaggi li avrebbero spodestati
dai loro
troni d’oro ponendo fine alla loro vita di lussi e agi. Cosa
fare allora? Sterminarli
tutti e rinchiudere i non morti?
Senza
nemmeno degnarsi di onorare il
sacrificio di mio padre, gli dei decisero di andarsene e di abbandonare
tutto
prima che fosse troppo tardi: io mi ribellai, urlai, tentai in ogni
maniera di
farli restare, ma la mia figura minuta e per niente autoritaria venne
derisa e
infangata, lasciandomi solo in quel luogo.
Mia
sorella voleva restare con me ma
suo marito, il dio del fuoco, la costrinse a venire via con gli altri:
mi
abbracciò fortissimo e mi disse di essere forte, che ero il
suo adorato fratellino
e provò a convincermi a partire ma sapeva benissimo che non
potevo, ero l’unico
in grado di aiutare nostro padre.
La
rassicurai e le promisi anche che avrei
vegliato su sua figlia Priscilla, così ella partì
e io iniziai la mia caccia:
mi alleai con Frampt il cercatore di Re; quel serpente nero
è sempre stato
amico di Gwyn, anche se l’istinto mi dice che qualcosa in lui
non va… i
serpenti sono comunque draghi imperfetti, invidiosi.
Comunque
sia non avevo
scelta: mi propose di usare i non morti per ravvivare la fiamma
primordiale con
l’inganno e acconsentii; mentre lui li convinceva a
intraprendere il viaggio ad
Anor Londo dal Santuario del Legame del Fuoco, omettendo chiaramente il
fatto
che avrebbero dovuto sacrificarsi alla fiamma, io avrei dovuto
accoglierli e convincerli
ad eliminare gli altri Lord e mio padre stesso.
Era un buon piano, ma fin dai
nostri primi tentativi mi accorsi che non ero all’altezza:
così come quando
provai a far restare gli dei ad Anor Londo, anche i non morti che
giungevano
fino a me non mi ascoltavano e non mi davano peso, per via del mio
aspetto e
dell’ambiente poco rassicurante.
Il
nome di Gwyndolin il Sole Oscuro, terzogenito del grande Lord Gwyn, non
era
abbastanza per attirare le loro volontà a me,
così decisi di usare il mio
immenso potere: da quando mia sorella non c’è
più, il sole su queste terre è
diventato oscuro, gettando tutto nelle tenebre, così creai
l’illusione della
luce, donando maestosità e imponenza all’intera
città; all’interno del castello
creai un’ulteriore illusione di mia sorella, lei che era
così meravigliosa da
soggiogare uomini e donne al suo cospetto, era perfetta per la
causa.
A
lei
diedi il ricettacolo dei Lord e attraverso lei potei manipolare i non
morti a
mio gusto e piacere. Il piano è molto efficace, ma fino ad
ora nessuno è
riuscito nell’impresa… suppongo sia solo questione
di tempo. In effetti, il
tempo è sempre stato la mia più grande fonte di
sofferenza e pericolo: devo trovare
in fretta il non morto prescelto poiché la fiamma sta per
spegnersi di nuovo,
ma allo stesso tempo soffrivo all’idea di dover far eliminare
i resti di quello
che era mio padre. Mi manca tanto… mi mancano tanto
tutti.
Mi
sento
terribilmente solo in questa buia tomba.
Ma
non posso farmi vedere sofferente
dai miei adepti: col passare del tempo, nonostante il mio aspetto, sono
riuscito a radunare un gruppo di seguaci che mi difendessero; non posso
permettere a qualcuno di scoprire l’illusione e di uccidermi,
andrebbe in fumo
tutto, il sacrificio di Gwyn sarebbe stato vano. Ogni tanto mi permetto
di
andare a trovare mia nipote Priscilla: da sempre sola, reietta e
allontanata da
tutti, mi somiglia molto da questo punto di vista, è una
gradevolissima
compagnia, adoro passare il
poco tempo libero
che ho con lei; da quel drago maledetto aveva senz’altro
ereditato la sua
intelligenza, lei non giudica il mio aspetto, mi rispetta per quel che
sono e,
soprattutto, mi ascolta davvero quando parlo, prende a cuore le mie
parole.
Non
devo permettere che le sia fatto del male, devo assolutamente trovare
il non
morto prescelto.
Cos’è
questo rumore? Qualcuno è entrato nella tomba! Ma il
sole è ancora splendente, quindi la mia illusione
è integra. Deve possedere l’anello
della magia nera, l’unico mezzo in grado di rivelare questo
posto… è un non
morto.
Eretico!
Come osi profanare la tomba del grande Lord Gwyn? Io, Gwyndolin
il Sole Oscuro, punirò il tuo folle atto!
|
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Capitolo 6 *** Seath ***
CAPITOLO 6: SEATH
Li ho sognati di nuovo.
I miei occhi ciechi ricordano fin troppo bene: il cielo buio e oscuro, la terra informe, gli alberi giganti e LORO, i miei odiatissimi simili. Loro così arroganti, loro così gonfi di presunzione pavoneggiandosi con le loro scaglie di pietra, loro così superbi, loro così ingenui da nascondersi dietro la loro immortalità.
Non avevo ancora emesso il mio primo verso quando quelli già mi ripudiarono e mi segnarono a vita come MALEDETTO.
Io così pallido, io così diverso, io senza scaglie, io mortale.
Una disgrazia per il mio popolo, una vergogna, così ripugnante da non meritare nemmeno un nome: decisi quindi da solo quale sarebbe stato ma infangarono anche quella mia piccola libertà affibbiandomi il nomignolo di “Il Senza Scaglie”, come se sbattermelo in faccia ogni volta non bastasse.
Spesso pensavo di essere nato dall’odio e dal caos, come quello che regnava in questo mondo, ma più mi guardavo più mi rendevo conto che non potevo essere un aborto della mia razza, bensì un prescelto. Fin da subito ho sempre avuto una sete incolmabile di sapere: volevo una spiegazione alla mia diversità, volevo il potere dei miei simili, desideravo follemente la loro immortalità, e in modo o nell’altro gliela avrei strappata via dalle carni scaglia per scaglia!
Ma presto mi resi conto che avevo poco su cui studiare e nessuno strumento utile.
Qualsiasi cosa su cui quei maledetti puntassero gli occhi nel giro di pochi minuti era distrutta, ora che finalmente il fuoco stava plasmando nuove forme in questo mondo, non potevo lavorare su niente! Per me c’era solo odio, disprezzo, dolore! Io ero superiore a tutti loro, io capivo, io sperimentavo, io li avrei spazzati tutti via!
E se per loro ero maledetto, ebbene avrei fatto della maledizione la mia arma, ma per quanto fosse potente non era ancora sufficiente, non ero ancora all’altezza e i miei esperimenti si concludevano sempre con un nulla di fatto. Sono mortale, perché non mi uccidevano? Perché continuare la mia agonia in questo modo?
La mia sete di sangue era comunque più forte del desiderio di morire; pazientai ed ebbi la mia ricompensa: anime così forti, con un potere così immenso! Gwyn con quella sua forza distruttiva, Izalith con quel suo fuoco devastatore e Nito con quel potere oltre natura. Ecco! Ecco il segreto! Le anime! Sono loro la fonte del potere assoluto! Magnifico, sublime!
Ma nonostante la loro potenza, non conoscevano il modo di annientare l’immortalità dei miei schifosi simili, sarebbero periti e con loro il segreto del potere assoluto! No, no, no, che senso ha vivere in una terra di orrore senza aver l’occasione di riscattarmi, senza conoscenza, senza scienza? Non ci pensai due volte: al cospetto dell’anima divampante di Gwyn, mi sentii così emozionato, così bramoso di conoscerne i più oscuri antri, era la cosa più bella che io abbia mai visto; rivelai il segreto delle scaglie e, con la potenza dei Lord, riuscì finalmente a ripulire la terra da quella feccia che erano i draghi!
Solo Kalameeth, quel maledetto sgorbio nero riuscì a sfuggirci, ma era davvero potente quel mostro, andava bene così. Era fatta!
Gwyn mi nominò duca, mi diede un castello tutto per me traboccante di libri! Finalmente, finalmente il potere! Finalmente il rispetto! Finalmente avrò la mia immortalità.
Depredai Oolacile delle sue stregonerie e passai secoli a studiare i cristalli: ero e sono sicuro che siano la risposta a tutto, così traboccanti di potere, così facilmente malleabili, non posso fare a meno di creare, di mutilare, di generare… Anche ora che sono cieco non mi importa, io devo continuare!
Ho creato un cristallo che mi farà vivere per l’eternità! Ora devo creare servitori potenti che lo proteggano a tutti i costi… devo continuare a sperimentare… devo mutilare più non morti possibili, le servitrici di Gwynevere, chiunque che respiri su questa terra! Io contaminerò tutti con i miei cristalli, genererò l’esercito più potente mai visto!
Nemmeno quel maledetto vescovo Havel potrà fermarmi, ahahaha! Godo pienamente della protezione di Gwyn, lo ha addirittura chiuso in una torre per salvaguardarmi! Perfino quando deturpai sua figlia riproducendo la mia anima ibridata con la sua e facendo nascere Priscilla non mi ha negato nulla dei miei privilegi, e anzi potei finalmente fare esperimenti altissimi!
Infondere la magia di Oolacile in anime artificiali e poi dargli corpo con una dea! Mai niente di così grande fu mai tentato, la mia conoscenza brama potere, ho potere illimitato e nessuno può negarmelo! Io… io… io…
AHAHAHAHAHAHAHA! Io… perché sono qui? Come ci sono arrivato nella grotta di cristallo, perché sto proteggendo io stesso il mio prezioso elisir di vita eterna? Perché non ricordo? PERCHE’? Devo creare nuovi esseri di cristallo, devo creare nuove stregonerie, devo distruggere, devo governare, devo…
Chi è? CHI DIAVOLO SEI TU, NON MORTO?! NON DISTRUGGERAI IL LAVORO DI UNA VITA, SARAI LA MIA PROSSIMA CAVIA!!
Note dell’autrice: si lo so, vi sembrerà un capitolo strano dagli effetti quasi allucinati, ma ho narrato dal punto di vista di un Seath vuoto e completamente folle; riprendendo poi gli effetti della perdita graduale di senno specificati in Dark Souls 2, li ho integrati nel capitolo. |
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Capitolo 7 *** Artorias ***
CAPITOLO
7: ARTORIAS
Non
ho
mai visto tanta malvagità in vita mia: di un nero
così profondo da far male
agli occhi, una bestia immonda dall’aspetto
demoniaco.
Il
terrore puro.
Il
sole
di Oolacile riscalda la mia armatura rovinata, il cielo azzurro e le
verdi
foreste allietano la mia vista, è davvero un posto
bellissimo… ed è la mia più
grande maledizione: L’Abisso ha corrotto il mio corpo e la
mia anima, ma non la
mia coscienza; perché costringermi ad un tale dolore,
perché non uccidermi
subito, perché questo? Che la mia incrollabile
volontà alla fine si sia
rivelata la mia più grande debolezza?
Il
mio corpo straziato trabocca oscurità
da ogni poro, si muove senza la mia volontà mentre io, il
vero io, rimane
sveglio e vigile ben coscio di quello che sto facendo.
E
non riesco a
fermarmi.
Sono
costretto a vedermi uccidere e distruggere senza poter far
nulla… Ricordo
con nostalgia i tempi in cui la gloria mia e dei miei compagni
d’armi risuonava
in ogni angolo del regno: ricordo l’orgoglio di Gwyn che
provava nei nostri
confronti, ricordo il mio amico più caro… Passo
le giornate a vivere nei miei
ricordi, ormai sono le uniche cose che mi sono rimaste: mi manca il
vocione di
Gough rimbombare nel mio elmo, mi mancano le battute taglienti di
Ornstein, la
dolcezza di Ciaran e l’ululato di Sif.
Quel
pazzo gigante di Gough si trova in
una torre proprio qui, nell’arena dove vago senza meta da
tempo ormai
dimenticato, perché non viene ad uccidermi? Il nostro
arciere non si è mai
tirato indietro davanti a nulla, il coraggio non gli manca…
forse non ne ha le
capacità. Ogni tanto lo sento sospirare forte dalla sua
torre: il mio corpo
brama la sua carne ma non può raggiungerlo, io invece posso
scrutare il suo
testone tra le fessure e gioire della sua presenza. Sapere che
è qui vicino a
me mi fa sentire meglio… oh, amico mio.
Eravamo
tutti ad Anor Londo quando ci
arrivò la notizia: per qualche ragione a noi sconosciuta,
gli abitanti di
Oolacile liberarono Manus, l’umano primordiale, il quale
iniziò a vomitare
oscurità dal suo corpo distruggendo l’intera
città e mutando orribilmente i
suoi abitanti. Se nessuno fosse intervenuto, l’Abisso da lui
creato si sarebbe
espanso all’infinito, ma nessun essere vivente era in grado
di camminare in
quell’oblio. Ricordo Gwyn che non si scompose minimamente
quando sentì il nome
di Manus, probabilmente era il nome a lui affibbiatogli dagli abitanti,
ma
quando gli fu riferito cos’era, ne rimase completamente
pietrificato: si
rinchiuse con la strega Izalith nei suoi alloggi e le urla si sentirono
fino in
fondo ai corridoi.
Cosa
diavolo stava succedendo? Ornstein vagava con il suo
solito atteggiamento rilassato nell’enorme salone reale ove
ci trovavamo tutti
e quattro, beh cinque più Sif, si tolse l’elmo
leonino e ci guardò
intensamente: è sempre stato un cavaliere molto intelligente
e di poche parole,
però quando era il momento sapeva bene cosa dire.
“Amici miei, credo di aver
capito.”
La
passione per le leggende e la storia antica di Ornstein ci
tornò
molto utile. “Temo che gli abitanti di Oolacile abbiano
risvegliato il Nano
Furtivo, il quarto Lord che trovò l’anima oscura
nel fuoco. Da come lo hanno
descritto e da come ha reagito Lord Gwyn, sembra proprio lui.
È un avversario
di estrema potenza, non mi sorprende che siano preoccupati.”
La situazione era
disperata, Ciaran giocava nervosamente con i filamenti della sua
armatura. “Se
anche il nostro Lord ha paura, cosa possiamo fare noi? Anche supponendo
di
voler affrontare Manus, come ci camminiamo nel
nulla?”
Sentimmo il nostro cuore diventare
pesante gravato
dalla nostra paura, quando Sif iniziò ad agitarsi, ad
abbaiare, come se
cercasse di dire qualcosa: era sempre stato un animale dalle acutissime
capacità
intellettive, lo trovai nella mia terra natia appena nato, abbandonato
dalla
madre. Da allora mi ripagò innumerevoli volte combattendo al
mio fianco.
“Cos’ha
il cucciolo?” Il vocione di Gough tuonò per la
sala, Sif mi tirava per
la mano fuori dal castello. “Ragazzi, provo a vedere dove mi
porta, al mio
ritorno informatemi se ci sono novità.” E
viaggiammo lontano, verso le foreste
di Oolacile, ove già si intravedevano le conseguenze
disastrose del risveglio
di Manus; non ho mai dubitato dell’istinto di Sif,
così lo seguii fino ad una
radura in fiore, uno dei pochi luoghi risparmiati dalla corruzione.
Intravidi
uno strano animale sul bel prato verde: un gatto enorme, dagli occhi
grandi e
strani, mi fissava sorridendo.
“E così siete arrivati. Io sono Alvina, e sono
qui per aiutarvi.” Non so per quale motivo ma sentivo di
potermi fidare di quel
gatto, dopotutto Sif non mi porterebbe mai davanti ad una minaccia.
“Io sono una
creatura dell’Abisso, Sir Artorias, ma per qualche fortunata
ragione ho ben
mantenuto il senno, miao.” Le sue fusa erano molto rumorose
ma quasi piacevoli.
“Ho visto cosa fa l’oscurità ai miei
amati fratelli della foresta, e ciò mi fa
soffrire molto. Io ho bisogno di un paladino valoroso che fermi Manus,
ma so
che voi che siete nati in questa terra non potete camminare
nell’Abisso. Sir
Artorias, se mi fa l’onore di andare laggiù, io le
concederò il potere di
sopravvivere nel più buio oblio.”
Non
ci pensai due volte e accettai.
Alvina
mi
consegnò un anello forgiato proprio
dall’oscurità dell’Abisso e tornai ad
Anor
Londo con un barlume di speranza: Gwyn mi incaricò
ufficialmente di recarmi ad
Oolacile e di sconfiggere Manus, festeggiandomi come eroe fin da prima
della
partenza. La sera prima del viaggio, i miei compagni d’armi
mi salutarono a
modo loro, sperando di poterci rivedere ancora.
Il
mattino dopo, io e Sif ci
incamminammo, seguiti dall’occhio vigile di Ornstein che non
ci mollò un attimo
fino a che non sparimmo all’orizzonte.
Arrivati
all’entrata della foresta
conobbi Elizabeth: un fungo gigante parlante, madrina della principessa
Dusk,
mi raccontò di un serpente nero di nome Kamph che convinse
gli abitanti a
risvegliare Manus, promettendo potenza e prosperità ad
Oolacile; dopo che la
città fu distrutta il serpente sparì ma Elizabeth
non dimenticò mai quel suo
fetore, mi implorò di fermare quell’essere e
ripresi il mio cammino.
Non
avrei
mai dovuto portare Sif con me! Era troppo giovane ma lui insistette
così tanto…
Quella città in rovina era piena di mostri deturpati e
fortissimi, per un pelo
riuscimmo ad arrivare all’entrata di quel nero oblio:
quell’antro di tenebra
pullulava di esseri informi che ci prosciugavano le forze appena ci
toccavano,
ben presto fummo sopraffatti e Sif fu ferito; lo portai in un luogo
nascosto e
gli affidai il mio scudo magico, in modo tale che quelle cose non
potessero più
colpirlo. Alvina comparve all’improvviso vicino al cerchio di
luce che
proteggeva il mio compagno.
“Se
non riuscirai nell’impresa non temere: rimarrò
qui ad aspettare il prossimo eroe, lo guiderò dal tuo lupo e
lo porteremo via da
qui. Ora va, Sir Artorias!” Abbracciai forte Sif e lo
accarezzai, nel momento
in cui feci per andarmene lui iniziò ad ululare
così intensamente da far
tremare le pareti.
Presi
coraggio e mi tuffai nelle tenebre: rimasi
agghiacciato da tanto terrore, mi tremavano le gambe e la mia fidata
spada
sembrò pesare tonnellate sul mio braccio; ho combattuto con
tutte le mie forze,
ma alla fine fui sconfitto.
Mi
ricordo… mi ricordo che mi addormentai, e mi
ricordo un gran dolore al petto… quando mi risvegliai ero
qui, in questa arena,
intrappolato nel mio corpo deforme e corrotto. Sif, amico
mio… mi dispiace così
tanto… per quanto ancora dovrò vivere
così? Io desidero solo… morire… Ma
è un
nonmorto quello? No, che fai, non entrare o ti attaccherò!
Il mio corpo bolle,
vuole la sua carne… si è messo in guardia. Lui
vuole… vuole combattere. Lui è
qui per me.
Ascoltami,
valoroso nonmorto! Abbi il coraggio di affrontarmi, ti
prego, ferma l’Abisso e salva Sif! Sii l’eroe che
non ho saputo essere!
|
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Capitolo 8 *** Solaire ***
CAPITOLO 8: SOLAIRE
Ah…
L’altare
del Sole.
Quale
meraviglioso luogo per godere dei caldi raggi del sole, ammirando
il panorama che mi offre la terra sacra dei Lord. È la mia
sensazione o il
calore è più intenso? No, non credo.
Sono
i primi effetti di ciò che si è consumato
alla Fornace della Prima Fiamma, dove il dio che servo e che ho amato
tanto si
è definitivamente spento… Nonostante ero molto
restio dal voler combattere
contro Lord Gwyn, dovevo onorare la promessa fatta al mio caro amico
nonmorto:
avevo promesso di aiutarlo qual’ora ne avesse avuto bisogno e
così feci, anche perché
gli dovevo la vita; nel momento in cui quegli insetti a Lost Izalith
stavano
prendendo possesso di me, egli arrivò con la sua spada
scintillante ad
eliminarli tutti, uno per uno.
Per
un momento, ho creduto di vedere Lord Gwyn
in persona nella figura del mio amico.
La
vista del dio del Sole fu quasi
folgorante ai miei occhi: così vuoto eppure ancora
così glorioso nella sua
imponenza, provai un misto di amore e odio ingiustificato,
perché mai avrei
dovuto odiare qualcuno che ho amato così tanto? Non
riuscì a darmi risposte,
così diedi fondo alle mie capacità, seppur
limitate, per aiutare il mio amico a
sconfiggere il mio Lord: accidenti se era potente! Seppur vuoto e
consumato dal
suo sacrificio, la sua potenza rimaneva comunque superiore a quella del
più
valoroso dei cavalieri; combattemmo duramente, ma alla fine riuscimmo a
spuntarla: nel momento in cui la lama del mio amico trapassò
il guscio vuoto
del dio, una scarica elettrica intensa attraversò la mia
testa, come quando uno
scrigno sigillato viene finalmente aperto.
E
vidi tutto nella mia mente… io ero
il primogenito del Sole, ero un dio.
Gwyn
era mio padre, Gwynevere mia sorella,
Gwyndolin il mio fratellino.
Amavo
la guerra, oh la amavo quasi più della mia
famiglia: amavo la devastazione che portavo con i miei dardi infuocati,
amavo
le urla di pietà dei miei nemici, amavo sentirmi
invincibile. Se solo ci penso
io… come ho fatto ad essere così malvagio? Io che
ora a stento stringo la mia
spada nel pugno, stanco e triste. Fui cacciato da mio padre, persi il
mio
status di divinità e mi reincarnai in un neonato di Astora,
un bambino con una
macchia nera sul cuore. Ciò che per me è stata
una vita meravigliosa è la sua
punizione? Oppure lo è la maledizione? Come faccio a espiare
i miei peccati se
ciò che dovrebbe essere un purgatorio non lo percepisco come
tale?
Sono
ancora
macchiato della mia colpa… oh padre, mi dispiace
così tanto.
L’odio
che provai
nel vederlo derivava dalla mia vita divina precedente senza dubbio
alcuno, ma
non lo biasimo per quello che ha fatto, io me lo sono meritato. E ora
sono qui,
a godere dell’abbraccio di mio padre e fissando il volto
della statua distrutta
dell’altare coperto di muschio. Mi sono osservato per
parecchio tempo, non sono
cambiato poi tanto… chi lo avrebbe mai detto, ahahaha! Per
tanto tempo ho
pregato sulla mia stessa statua! Ha la sua ironia, lo devo ammettere.
Di ciò
che rimane la mia famiglia ho ben poco: il mio amico nonmorto ha ucciso
il mio
fratellino, mia nipote e mio padre, mentre mia sorella era via,
chissà dove. Sono
triste ma non sono certo arrabbiato con lui, doveva farlo per poter
continuare
la sua missione, e poi come poteva sapere di me e di tutti gli
altri?
Finita
la
battaglia ci sedemmo a riposare e gli parlai di quello che avevo
ricordato: non
disse nulla per molti minuti, poi rammaricato mi chiese perdono per le
mie
perdite. Quale grande cuore aveva quel ragazzo… Mi
raccontò dei suoi incontri
prima di recarsi nella Fornace, della scelta gravosa che doveva
prendere
proprio in quel momento, e di quanta paura avesse per questo.
Era
davvero
devastato, sia fuori che dentro: lasciare morire la fiamma come prima o
poi
sarebbe successo o immolarsi ad essa per regalare al mondo ancora un
po’ di
tempo?
Davanti
a noi, il falò primordiale aspettava una scelta.
Io
non dissi
nulla per non influenzare il suo giudizio, dopotutto non era compito
mio e
avrei accettato qualunque decisione egli avesse preso, per il rispetto
enorme
che provavo per quel cavaliere così virtuoso. Ma assistere
al suo dilemma
interiore mi faceva stare molto male, non lo posso negare. Dopo molti
minuti si
alzò e mi sorrise: disse che, se tanti erano morti per la
fiamma, doveva
davvero valere la pena regalare il fuoco al mondo. Io mi alzai di
scatto, quasi
a volerlo fermare mosso da puro affetto, lui mi fermò con la
mano e mi
abbracciò forte, dicendomi che se lui avesse lasciato morire
la fiamma, tutti se
la sarebbero presa con i nonmorti, perseguitandoli in modi ancora
più estremi
di quelli già conosciuti.
E
così, mi diede il suo addio.
Per
rispetto nei suoi
confronti me ne andai; nel momento in cui il mio piede
oltrepassò l’entrata
dell’enorme porta che teneva prigioniero mio padre, una
vampata enorme di fuoco
nuovo, energetico, si irradiò dalla Fornace investendo ogni
angolo di Lordran,
portando nuova vita e bellezza in questo mondo.
Non
potei far a meno di
inchinarmi al suo nobilissimo gesto.
E
ora che sono solo, ho deciso di espirare
le mie colpe a modo mio: io viaggerò in ogni antro di questa
terra raccontando
le gesta del mio valoroso amico, del suo sacrificio, in modo tale che
tutti
sappiano chi era, cosa ha fatto e cosa accadrà in futuro,
perché ahimè
purtroppo la storia si ripeterà. Ma così come
ora, anche in futuro avremo un
barlume di speranza al quale aggrapparci, e io mi impegnerò
al massimo per combattere quelle forze oscure che ci tentano in ogni
momento a porre fine all'Era del Fuoco. Finita la mia missione,
tornerò nel
luogo in cui dovrei essere… si, perché il mio
caro amico mi ha raccontato di
aver trovato un cadavere nella tomba di mio padre, possedeva
l’anello del
primogenito del Sole; prima di immolarsi al fuoco me lo ha restituito,
lo porto
al dito.
Ora
che ho appreso di essere io tale personaggio, il cerchio si
chiude: sono perfettamente al corrente di trovarmi in
un’epoca che non mi
appartiene, il tempo a Lordarn è distorto.
Con
molta probabilità, quel cadavere
sono proprio io.
Mi
siederò accanto al me stesso del passato e mi
immolerò con
la mia spada. Oh Lord Gwyn, oh padre mio, spero così di
riuscire ad espiare la
mia colpa e di tornare finalmente a te, dove dovrei essere... Tra le
tue
braccia.
Ehi
tu, nonmorto! Si, dico a te che sei venuto a pregare al mio
altare! Io sono Solaire di Astora, primogenito di Lord Gwyn!
Avvicinati, devo
raccontarti la storia del grande Lord nonmorto che ora risplende come
il Sole! Ahahahaha.
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