Il diario di una sfigata cronica di Alexis Cage (/viewuser.php?uid=450143)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piove ***
Capitolo 2: *** Ma non ha senso ***
Capitolo 3: *** Posso disperarmi, adesso? ***
Capitolo 4: *** Mi perseguitano tutti ***
Capitolo 5: *** Troppi suoni, troppi spari ***
Capitolo 6: *** Vomito a gogò ***
Capitolo 7: *** Ovviamente ***
Capitolo 8: *** Poi si vedrà ***
Capitolo 9: *** Chiaccherate tra volatili ***
Capitolo 10: *** Lezioni di danese e caos...come sempre ***
Capitolo 11: *** Voli imprevisti e altri grilletti premuti ***
Capitolo 12: *** Tutto molto incasinato ***
Capitolo 13: *** Scopro che nei recessi della mia anima c'è una Ivy figlia dei fiori e allegramente odiosa ***
Capitolo 14: *** Perdiamo qualcosa indietro ***
Capitolo 15: *** Tanta stanchezza ***
Capitolo 16: *** Abbiamo un paio di birre ***
Capitolo 17: *** Ma quanto sono forte? ***
Capitolo 18: *** Loquacità a mille e gente troppo neutra ***
Capitolo 19: *** Tentano di ammazzarmi e faccio discorsi deprimenti...la mia solita giornata, insomma ***
Capitolo 20: *** Mi fregano, e pure spesso ***
Capitolo 21: *** Terrore ***
Capitolo 22: *** Ansia ***
Capitolo 23: *** I cinque minuti peggiori della mia vita ***
Capitolo 24: *** Colazione ***
Capitolo 25: *** Faccio amicizia e mi deprimo nel giro di due ore ***
Capitolo 26: *** Tanto tra poco moriremo ***
Capitolo 27: *** Pre ***
Capitolo 28: *** Il mio carissimo amorino complessato esce di testa ***
Capitolo 29: *** Pianifichiamo ***
Capitolo 30: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 31: *** Un attimo di troppo ***
Capitolo 32: *** Il piano malefico va a compimento ***
Capitolo 33: *** Cose da tutti i giorni ***
Capitolo 34: *** Prendo a calci di tutto ***
Capitolo 35: *** Magari ***
Capitolo 1 *** Piove ***
Accade
velocemente, come in un flash.
Papà
è completamente concentrato su di me. Non si è accorto del qualcuno
che gli è strisciato alle spalle...e che gli ha appena rubato la
pistola dalle mani.
Dopo
qualche istante di fragore sono tutti per terra. Sanguinanti o morti,
tanto non fa molta differenza.
Resta
solo papà, ma per poco: dopo un bel discorsetto si spara in testa.
Magari voleva far uscire i cattivi pensieri che aveva, magari voleva
semplicemente smetterla di fare cazzate. Poco m'importa, tanto...si
sarà ammazzato, sì, ma non me ne frega un cazzo. Lui non è mai
stato mio padre.
Eccole
lì, quelle tre parole. Semplici da pronunciare.
La
mia voce suona strana mentre le dico. Il silenzio che segue fa quasi
male alle orecchie.
Il
silenzio che segue...e che resta.
Perchè
non è cambiato nulla. La formula non funziona.
Non
funziona.
Sono
ancora tutti morti, anche io.
Ho
fallito.
E
ora...ora cosa cazzo devo fare?
Sono
un fantasma, un cazzutissimo fantasma. Che figo.
Fossi
un maschio, penserei di andare nelle docce femminili...ma sono una
femmina, e non abbastanza depravata da fare una capatina negli
spogliatoi maschili di qualche squadra di rugby (anche perchè non è
che il naso smette di sentire la puzza, quando si muore). Così, non
mi resta altro da fare che girare senza alcuna meta per la città.
Come
sempre. Mi mancano solo i roller.
E
anche tutti gli altri. Sì, diciamocelo, mi mancano. E sicuramente
aumenta la mancanza il fatto che ho creduto sul serio di poter
rimettere a posto le cose.
Ma
evidentemente non sono stata abbastanza potente.
E
ora, che mi resta? Un cazzo, ecco cosa.
Un
tuono scuote il cielo. Alzo gli occhi verso le nuvole, chiedendomi
distrattamente se un fantasma possa prendersi la polmonite, poi li
riporto sulla lastra di marmo che ho davanti.
"Evelyn
Sullivan
morta
a 17 anni
amata
figlia e sorella
non
verrà dimenticata"
Non
ci hanno messo nemmeno dei fiori, quei porci bastardi. Schifosi figli
di puttana.
Beh,
almeno a me è andata meglio che agli altri: io una tomba ce l'ho
(vuota, ma ce l'ho), e un qualcosa che testimoni la mia esistenza in
questo mondo. A loro cosa resta, non contando i corpi che si
decomporanno in quella merda di casa di metallo?
Niente,
ecco cosa resta. E pure a me.
Fanculo.
Non
so perchè, ma appena mi chiedo che ora sia so esattamente che sono
le tre e mezza del pomeriggio. Tra poco arriverà Mary, come ha
sempre fatto in questa prima settimana di lutto. Magari anche questa
volta ci sarà Alice, forse con loro verrà Brian. Sono stati gli
unici a farlo...ma dire che non mi importa niente del basso numero di
visitatori è poco: dio, è vero che ci si accorge di cosa si aveva
quando è troppo tardi.
L'ultima
volta che li ho visti avevano gli occhi rossi. Tutti e tre. Sono
certi che li abbia abbandonati per sempre, e sono disperati per
questo.
Ma
io non li abbandonerò. Sarà una strana bontà caratteristica dei
fantasmi, ma voglio restare con loro e difenderli, per quel che
posso.
Chissà,
magari un futuro ce l'ho ancora. Posso aiutarli. Posso cercare June.
Posso far finta che non sia successo niente. Posso...
-Evelyn
Faber, giusto?-
No.
Non
è possibile.
Questa
voce.
Non
riesco nemmeno a voltarmi, tanto sono esterfatta. Perchè...perchè
non è possibile.
L'ho
visto morire. Ho aspettato accanto al suo cadavere, pregando che
diventasse un fantasma...ma non è successo.
È
morto.
-Ultime
parole?-
No,
un attimo. Ok, sono leggermente shoccata...ma qui c'è qualcosa che
non va.
Questa
non è esattamente la sua voce. Ha qualcosa...di strano.
Di
diverso.
Infine,
mi volto. Non posso dire che prima le mie gambe fossero pietrificate,
visto che le gambe non ce le ho più...diciamo che mi sono
leggermente paralizzata nel cervello.
Perchè
è impossibile.
Eccolo
qua. Esattamente davanti a me.
Ma...è
diverso.
A
parte i vestiti neri che mi ricordano assurdamente quelli che
indossano le spie nei film. A parte il pallore quasi spettrale e le
occhiaie. A parte il fisico più asciutto e atletico, come se si
fosse allenato per anni. A parte la cicatrice che gli attraversa
l'occhio sinistro (che è ancora al suo posto, grazie al cielo).
Quello
che mi lascia senza fiato è il suo sguardo. Gli stessi occhi,
sì...sempre di quel colore assurdo, indimenticabile...ma lo sguardo,
quello sguardo.
Non
è il suo.
Ha
uno strano dispositivo in mano. Una parte della mia mente si chiede
cosa diavolo sia, ma la situazione assurda riprende tutta la mia
attenzione.
Perchè
è lì, davanti a me. Ma non è lui.
-E...Evan?-
Il
suo volto impassibile non fa una piega. È una maschera bianca,
vuota, senza emozioni.
No,
questo non può essere lui.
-Beh,
non sono molto originali come ultime parole. Buona parte delle altre
ha detto la stessa cosa. Comunque...addio.-
Attiva
il dispositivo. Quasi non me ne accorgo.
Perchè
non so proprio cosa dovrei fare.
Il
dispositivo si illumina.
E
dopo, semplicemente, smetto di esistere.
Evan
spegne il dispositivo quasi distrattamente, la mente già rivolta
alla prossima meta.
Ormai
gliene manca solo una, poi potrà tornare a casa.
Ma
lui gli ha detto di stare attento, alla diciannovesima,
all'ultima: è lei quella che ha creato la realtà senza poteri.
Tutto quel casino l'ha fatto lei...e chi è, quello che ne pulisce la
merda?
Lui.
Ovviamente.
Ma
non è il momento di perdersi in pensieri del genere. Lui
gliel'avrà detto mille volte, ogni volta che si distraeva...chissà
come faceva a scoprirlo sempre, poi. Di certo non leggendogli nella
mente, visto che nessuno può farlo.
Bene,
è ora di andare.
Evan
getta un'occhiata veloce alla lapide, come ha già fatto altre undici
volte. Sfigata, questa Evelyn: su diciotto che ne ha incontrate, solo
sei erano ancora vive; le altre erano o già morte, o fantasmi. Beh,
tanto meglio: meno lavoro per lui.
Rimette
il dispositivo nella cintura, poi ne prende in mano un altro.
Schiaccia un piccolo tasto rosso.
Un
secondo dopo, nel cimitero non c'è più nessuno. Nè vivo nè morto.
E,
ironia della sorte...comincia a piovere.
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Capitolo 2 *** Ma non ha senso ***
Sto
camminando per la strada dove abito da, circa, quando sono nata.
Anzi,
no. Non sto camminando.
Sto
saltellando...e di certo questo non favorisce l'immagine che tutti i
miei cari vicini hanno di me. Tutto è cominciato quando, più di
dieci anni fa, un certo caro fratellone ha avuto la brillante idea di
rubarmi le mutande del costume da bagno che avevo perso nella
piscinetta allestita da papà, e sventolarle per tutta la
via...certo, io non avrei dovuto rincorrerlo per riprendermele, ma fa
niente. È un'altra storia.
Comunque,
riesco a frenare l'entusiasmo e a camminare da persona normale (non
che io possa sembrare normale, ovviamente).
Che
poi, perchè sono così entusiasta? Sto solo andando a casa di Evan
per poi accompagnarlo dove gli altri ci aspettano, come sempre fatto
negli ultimi tre giorni.
Gli
altri hanno accettato Evan nel gruppo meglio di quanto mi sarei mai
aspettata. Insomma, pensavo fossero almeno un pochino scettici...e
invece no. Subito amiconi, come se si conoscessero già.
Proprio
strano, visto che (in teoria) non si sono mai visti prima della
scorsa domenica.
Destino?
Chi lo sa. Evan dice che è già tanto che siamo tutti vivi, qua,
vista la fortuna che sembra ammantarci...e ogni volta che provo a
esporre le mie pare mentali su tutto quello che è successo mi blocca
in un modo rapido, esplicito ed efficace.
Di
certo le pare mentali mi passano di mente, quando lui mi blocca in
quel modo così efficace che è il baciarmi.
Io
ed Evan. Sì. Il mio subconscio sarà fiero di me.
Anche
se penso non sarebbe tanto contenta di quanto poco ci sia in quell'
"io ed Evan"...ma insomma, non possiamo stare appiccicati
ogni santo secondo: almeno in questa realtà non voglio farmi dare
della troia solo perchè vado con uno che conosco da una settimana.
Beh,
in effetti lo conosco da molto di più.
Ben
due settimane, contando il "prima". Un vero record.
Il
cielo è sereno come l'ho visto poche volte nella mia vita. Nella mia
lunga vita.
Adoro
poter dire sinceramente di avere una doppia personalità. O
meglio...un doppio passato. Ma per adesso la cosa non mi
disturba...stranamente. Insomma, è come se avessi due vite diverse
nella testa: in una sono Ivy Sullivan, la stronza...nell'altra sono
Ivy Faber, la presa male.
Incredibile
come lo stesso carattere venga chiamato in modo diverso solo perchè
si hanno più amici.
So
che dovrei essere quantomeno psicopatica. Del resto, non capita
spesso di vivere la propria vita per due volte, una diversa
dall'altra...completamente diversa. Ma l'ho capito, ormai
(dopo trentaquattro anni di convivenza): non sono normale.
Quindi
è meglio non preoccuparsi e basta. Che bello, fare la menefreghista.
Hey,
vedo qualcuno in fondo alla via.
È
normale, che il cuore mi salti di un battito appena riconosco chi è
quel qualcuno?
Come
cazzo fa a farmi salire così tanto il diabete?! Poi lui dice che non
ha mai avuto poteri...sì, certo. Penso che il mandarmi in corto il
cervello ogni volta che ci vediamo possa essere considerato un super
potere.
-Hey!-
chiamo allegramente. Massì, che vadano a farsi fottere tutti i
moralisti. Io lo voglio salutare, io lo saluto, punto.
Evan
si volta...come sempre. Come sempre mi aspetto che esponga quel suo
sorrisetto snervante che ormai ha ribattezzato lui stesso "il
sorrisetto per la cogliona".
Di
certo non mi sarei mai aspettata quello che vedo quando sposta gli
occhi su di me.
Perchè,
beh...ha un'espressione estremamente vuota.
In
modo quasi inquietante.
-Cos'è
tutta questa allegria di prima mattina?- chiede qualcuno...qualcuno
che, mio malgrado, conosco fin troppo bene.
Ah,
ecco spiegata l'espressione strana di Evan: esattamente davanti a lui
(per questo non l'avevo visto, il bastardo si era nascosto dietro)
c'è Jack con la sua solita faccia seccata dal mondo.
-Prima
mattina? Sono le undici.- noto mentre li affianco. O meglio: affianco
Evan.
Sposto
il peso sul piede più vicino a Jack, sperando che non abbia notato
questa piccola cosa che nella mia mente sembra gigante quanto il mio
ego.
Io
paranoica? No, per niente.
-Infatti.
È prima mattina.- ribatte Jack dopo qualche istante. Io lo guardo
male:
-Ti
rendi conto che stai sprecando la tua vita a dormire?-
E
qua accade qualcosa di molto, molto strano.
Insomma,
d'accordo, stiamo insieme da una settimana (sì. Stiamo insieme.
Wow)...ma qualche volta ho anticipato quello che Evan avrebbe
replicato alle mie massime, come se ci conoscessimo da anni, e anche
ora quasi prevedo quello che dirà, qualcosa come "senti chi
parla" o "Ha parlato quella che sta sempre sveglia" o
un classico "sarebbe uno spreco anche se non dormisse mai"...e
invece no.
Semplicemente,
non dice niente.
-Senti
chi parla. Tu neanche ti svegli, di mattina, ti alzi e basta.- fa
Jack dopo qualche secondo di ritardo. Sì, di ritardo...perchè ne
sono certa: quello avrebbe dovuto dirlo Evan.
Ecco...diciamo
che lo sento.
Getto
uno sguardo di puro odio a Jack proprio mentre sbucano dal fondo
della via Bill e Mary. Al momento giusto, oserei dire: così posso
guardare cosa diavolo sta accadendo a questo cazzone al mio fianco.
La
prima cosa che noto è che è pallido. Davvero pallido. Arriva
quasi al livello dell'avvelenamento cronico dell'altra vita. Come
cazzo ho fatto a non vederlo prima?!
E
poi...sbaglio, o sembra più magro? E cosa sono, quelle occhiaie da
ore piccole?
E
perchè cazzo io mi sto preoccupando così tanto? La preoccupazione
faceva parte dell'altro mondo. Questa è una realtà diversa,
migliore...dove la gente si può anche beccare l'influenza. Sì,
probabilmente si è ammalato.
Deve
essere così.
-Ivy?
Sei ancora tra noi, o dobbiamo chiamare ET per riaverti?-
Guardo
male pure Bill. Sì, oggi è proprio una giornata da occhiatacce.
-Ci
sono, non preoccuparti troppo.-
-E
chi si preoccupav...?-
-Oggi.-
comincia Mary, interrompendo il biondo prima che cominciamo a
battibecchiare...come ogni giorno -Pensavamo di andare a mangiare
alla pizzeria ristorante indiano accanto al cinema, poi andiamo a
vedere il film, com'è che si chiama...?-
-Carrie.-
-Sì,
quello, con Alice e Brian.-
-Che
ovviamente verranno da posti completamente diversi.- nota Jack
mentre cominciamo a camminare tutti assieme. Io faccio il mio sorriso
da presa per il culo:
-Quando
si decideranno a dirci che stanno insieme?-
-Mai,
probabilmente.- risponde allegramente Bill, che ovviamente trova
tutta quella situazione spassosa.
-Beh,
sanno che li prenderesti per il culo fino alla morte. Ci credo che
non si decidono a dirlo.- interviene Evan.
Sì,
il morto che cammina è intervenuto. Che miracolo.
E...sì,
sta decisamente male. Probabilmente si è beccato una di quelle
influenze che fanno venire mal di gola...come spiegare quello strano
tono che ha nella voce, se no?
Evan
nota che lo sto studiando. Fa una faccia prima sorpresa, poi
divertita:
-Ho
un volto così bello che rimani abbagliata ogni volta che lo vedi?-
...sì,
sono proprio un'idiota a preoccuparmi.
E
di che, poi? È Evan, c'è il sole e tutto va bene.
Devo
essere proprio messa male, se quelle tre magiche parole mi sembrano
quasi...stonate.
No,
Ivy, no. Questa è la realtà senza poteri. Deve andare tutto
bene.
Punto.
-Non
hai pensato che magari ti fisso spesso perchè hai un volto davvero
orrendo?-
-No,
è impossibile.-
-Vanitoso.-
-Bugiarda.-
-Sicuro
di star bene?-
Domanda
shock. Che persona terribile che sono, a fare queste domandine a
tradimento mentre mi preoccupo per gli altri.
Evan
non risponde. Ha gli occhi fissi su Mary e Bill, a braccetto poco
davanti a noi, ma non li vede davvero. Mi accorgo a malapena che
anche Jack lo sta fissando con un cipiglio preoccupato.
Cioè...Jack
è preoccupato per Evan. Siamo proprio in un'altra dimensione.
-Sì.
Sì, dai, sto bene...stamattina mi veniva un po' da vomitare ma è
passato, dai...-
-Sì,
perchè se ti viene da vomitare stai da dio.- nota Jack con la sua
simpatia solare. Beh, non posso dargli torto.
Evan
alza gli occhi al cielo:
-Andiamo,
ora sto meglio.-
-E
tra poco dovrai mangiare in un ristorante indiano. Sì, sei proprio
nel pieno delle tue facoltà mentali.- aggiungo io con la mia, di
simpatia solare. Evan sbuffa, poi fa una smorfia e deglutisce
velocemente.
-D'accordo,
l'idea dell'indiano non mi fa impazzire, ma...il film...-
-Facciamo
una bella cosa, ok?- lo interrompo senza tante cerimonie -Io ti
accompagno a casa e questi qua vanno a mangiare. Io li raggiungo
dopo, al cinema...e te te ne starai a casa a riposare.-
-Ma...-
-Non
era una domanda, genio.-
Quanto
mi piace zittirlo così. Sì, sono una dittatrice nata.
Evan
abbassa le spalle, come afflosciandosi, e annuisce stancamente. Dio,
deve stare proprio male per non tentare di averla vinta in una
discussione con me.
-Quindi
non vieni a mangiare?- interviene Mary. Io sorrido tranquillamente:
qua mi riesce facile farlo.
-Sì,
non è un problema.-
-Così
Evan si risistema per bene.- aggiunge Bill, poi i due piccioncini
riprendono a camminare serenamente per la strada, come se non ci
fosse alcun problema al mondo.
Jack
resta ancora per qualche secondo con noi.
-Non
vuoi che venga anche io? Nel caso 'sto qua stia davvero male e tu
debba trascinarlo in casa, sai.-
-Come
osi dubitare di me, il maschio mancato per eccellenza?!- replico
subito con un'occhiata d'odio, poi aggiungo:-Tanto saremmo stati io e
lui nell'angolino, con Bill e Mary sulle loro e te troppo distratto
da una certa cassiera...-
E
Jack, incredibilmente, sorride. Già, qualche giorno fa Roxanne (la
cassiera sopracitata) ha accettato di uscire con lui dopo averlo
tenuto sulle spine per un po'. Che simpatica, eh?
Quanto
mi piace fare la zia petulante impicciona...specie quando di mezzo ci
sono i miei amici.
Così
quei fantastici tre cominciano la marcia verso il ristorante, e io e
Evan cominciamo la marcia verso casa sua.
-Mi
sa che devo vomitare.- mi annuncia mentre raggiungiamo la porta
d'ingresso. Io non riesco a non ghignare, vedendo la sua faccia
sofferente. Sì, sono proprio comprensiva.
Finalmente
siamo dentro casa sua (cioè, casa di Dan e Angie). Faccio un inchino
a Evan mentre dico:
-Orsù,
signore, muovete il culo verso la vostra profumata destinazione per
espeller...-
Ma
non finisco la frase.
Perchè
mi sono raddrizzata, e ho visto una cosa proprio strana.
Evan
ha una pistola in mano. E ce l'ha puntata esattamente verso...me.
-Ultime
parole?-
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Capitolo 3 *** Posso disperarmi, adesso? ***
Non
ha senso. Per niente.
E
non parlo solo dell'avere una pistola puntata alla testa. Perchè
accade qualcosa di davvero, davvero, strano...nella mia mente. Come
sempre.
ABBASSA
LA PISTOLA
Quasi
non mi accorgo di starlo facendo. Perchè, insomma...dovrebbe essere
impossibile.
Mica
questa è la realtà dove i poteri non sono, non erano e non saranno
mai esistiti?
Cosa
cazzo sta succedendo?!
Lo
stupore, però, non intacca il funzionamento della mia vista: così
metto da parte il piccolo problemino del traviamento mentale (che in
teoria non potrei fare) e guardo Evan...o almeno, questo qua che
assomiglia terribilmente a Evan.
E
rimango senza parole...di nuovo. Cos'è, sta tornando una cosa
quotidiana? Pensavo fosse finita, tutta questa faccenda del restare
ogni dannato secondo senza parole.
-Com'è
che sai fare questa cosa, te?-
E,
incredibile ma vero...lui sembra più sorpreso di me.
Comunque,
qua c'è un altro problema. Il traviamente non ha funzionato.
Quindi:
sono nella merda.
-Perchè
questo tono sopreso? Dovresti saperlo, che questa è la realtà dove
non esistono i poteri, è ovvio che io non li abbia.- dico senza
rendermene conto. Beh, però è vero...ma, anche se per il fallito
traviamento sembra che io non abbia davvero i cosi, quasi mi
sembra di sentire che questo qui non è Evan.
Quindi,
ecco la domanda clou: dove cazzo è finito il mio Evan?!
-Sì
che hai i poteri, sono io immune. E...non sai proprio raccontare
palle, come tutte le altre. So che sai.- fa lui.
E
sarà dal suo tono di voce, sarà per lo sguardo torvo che ha...ma
qua mi arriva una specie di illuminazione (incredibile).
Lui
è Evan...ma è un altro. Non il mio, ma è sempre un Evan.
-Cosa
dovrei sapere?- chiedo con tono scazzato. Sì, ho una pistola puntata
alla testa e ho un tono scazzato.
-L'esistenza
delle realtà. Te che ne hai creata una nuova e hai scombinato i
confini tra tutte, rendendo possibile viaggiarci attraverso...o forse
no. No, forse ti sei fermata alla formula e poi basta.-
La
cosa strana è che sembra davvero dispiaciuto di essersi lasciato
scappare qualcosa di troppo.
Ma
comunque...se l'è lasciato scappare, e ovviamente non posso
ignorarlo.
Esistenza
delle realtà? Viaggiarci attraverso?! E...è pure colpa mia?!
No,
dai. Mi sta raccontando palle. Sicuramente...forse per prendere tempo
per uccidermi più tardi, solo lui sa perchè.
-Facciamo
così: se vuoi sparare, fallo.- faccio io. E lo penso davvero -Abbi
un attimo di pietà e fallo subito.-
Ed
ecco che accade l'ennesima cosa che mi lascia senza parole: il falso
Evan ghigna...e in un modo molto simile a quello del vero
Evan.
-Ah,
ma io non voglio ucciderti. Lui è stato chiaro: se avessi
trovato una di voi che fosse arrivata ancora viva dopo la formula,
avrei dovuto portargliela. Viva.-
-...quindi
non mi puoi uccidere come hai fatto con le...altre?- tento. Magari ci
casca e si lascia scappare qualcos'altro che mi faccia capire cosa
cazzo sta succedendo.
Così,
sarebbe carino capirci qualcosa.
E
ovviamente non ci casca. Ghigna ancora (no, Ivy, no. È impossibile
che sia Evan. Ricordalo) e risponde serenamente:
-No,
non ti posso uccidere. Sei l'ultima, complimenti, e potrai pure
continuare a vivere...e non stai capendo un cazzo di quello che sta
succedendo...-
-Chi
è "lui"?- lo interrompo. Sì, non mi piace quel suo tono
da presa per il culo. Forse riuscirei a sopportarlo meglio, se non
avessi una fottuta pistola puntanta alla testa.
-"Lui"
è un pronome personale di terza persona singolare, grammaticalmente
sbagliato perchè la forma corretta è "egli", e...-
-Sai
una cosa? Fottiti.-
Sì.
Mi punta una pistola alla testa e io lo insulto.
Normale.
Nonostante
tutto, la situazione mi sembra stabile. Insomma, lui mi minaccia e mi
sfotte, io gli rispondo male. Niente colpi di scena.
E
invece no, perchè la vedo benissimo: quell'ombra improvvisa che gli
oscura gli occhi un po' verdi un po' blu.
Dopo
io faccio la tremenda cazzata di preoccuparmi per lui...ovviamente.
-...Evan?-
lo chiamo titubante. Sarà sbagliato, ok, ma insomma, è uguale.
Sembra solo un attimo più cattivo...ma è innegabile.
Lui
è Evan. Forse...un Evan di un'altra realtà?
Ma
dura solo un attimo: l'ombra scompare e l'espressione torna quella di
prima.
-Cos'è,
hai la sindrome di Stoccolma, ora? Gentile a preoccuparti per me,
Ivy...ma questo non toglie che verrai con me, che tu lo voglia
o...no, aspetta.-
Stavolta
è più marcata, l'espressione esterfatta che ha. Mi guarda con occhi
semplicemente increduli mentre dice con voce insicura:
-...Ivy...?-
Che
ho combinato, ora?
-Perchè
cazzo ti ho chiamata Ivy?!-
-Perchè
forse io mi chiamo Ivy?!- ribatto incazzata. Quasi penso di
averlo zittito...ma dura poco.
-No.-
fa infatti lui con tono sicuro -Te ti chiami Evel...ah, giusto. È un
diminutivo.-
Devo
dire che non è molto sveglio. E non mi viene neanche lontanamente in
mente l'idea che questo potrebbe avvantaggiarmi.
-Però.
Che cima.- faccio io...poi decido di riprovarci. Magari ora che
sembra distratto si lascerà sfuggire qualche spiegazione su cosa
cazzo stia accadendo -Nella tua realtà non mi chiamavano così?-
-No.
Nella mia realtà c'erano le stelle e gli arcobaleni e tutti erano
felici.-
-E
fumavano anche qualche erbetta strana, magari?-
Accade
in un istante...ma accade: l'Evan dell'altra dimensione sorride
per quello che ho detto.
Un
secondo dopo, però, ritorna alla sua solita espressione semi
impassibile, semi sarcastica, semi preoccupata.
-Nella
mia realtà non ti ho mai conosciuta. Come cazzo faccio a sapere che
ti chiamano Ivy?-
-Se
non lo sai te.-
Scrolla
la testa, come stesse davvero pensando a una risposta per
questo quesito irrisolto. Poi sembra riscuotersi: mi ripunta la
pistola alla testa (non mi ero nemmeno accorta che l'avesse abbassata
un poco, fantastico) e dice con quel tono neutro che il mio
Evan non ha mai avuto:
-Ora
andiamo nella mia realtà.-
-No.-
Eheh.
Hai sentito bene, caro mio, è inutile che tu faccia
quell'espressione incazzata.
-E
perchè, di grazia?-
-Perchè
se vengo probabilmente quell'"egli" mi ucciderà...se
mi rifiuto però tu non mi ucciderai, visto che devi portarmi viva da
quello là.-
E
ora gli compare un sorrisetto fastidioso sul volto. Dio, è quasi
uguale a quello dell'Evan che conosco io...ma c'è qualcosa in più:
un pizzico di crudeltà.
-Non
posso ucciderti, è vero. Ma come la mettiamo con gli altri? I tuoi
amici così simpatici...-
Merda.
È
vero, in questa realtà ci sono persone a cui voglio bene.
-Li
avviserò. Mi aiuteranno, ti cattureranno e di sbatteranno in
prigione.-
Ah,
quanto sarebbe bello se accadesse per davvero.
-E
magari i morti cammineranno sulla terra? Che fantasia. Ma ora basta:
dobbiamo andare.-
-Dove?-
-Vieni
con me e lo vedrai.-
Sembrerebbe
quasi la proposta di un'avventura entusiasmante...se non fosse per il
tono.
-No.-
-Allora
qualcun'altro morirà, e sarà tutta colpa tua...Ivy.-
Che
simpatico...ma un attimo.
Qualcun'
altro.
E
un pensiero terribile mi passa nella mente. Ha lo stesso effetto di
un fulmine. Prima c'era il buio, quel buio dell'ignoranza che è così
bello; dopo arriva il fulmine...e, quando torna il buio, tutto è
cambiato. Anche se è passato, gli occhi hanno visto.
Evan,
il mio Evan, è morto.
È
inutile sperare che non sia accaduto.
Ma
qual'è la cosa che mi fa salire un groppo in gola?
Non
mi sento disperata. Solo...solo triste.
Sarà
perchè sono diventata crudele? Sarà perchè qua davanti a me c'è
un altro Evan?
L'ha
ucciso lui. Chissà com'è, essere uccisi da se stessi.
Dio
santo. Evan è morto.
-Ora
basta. Dobbiamo andare.-
E
questo, di Evan, sta per ricevere un calcio nelle palle.
-No.-
-Non
era una domanda.- replica lui. Prende un qualcosa dalla tasca dei
jeans che indossa: una specie di scatolina di metallo con un
bellissimo, classicamente rosso tasto.
E,
senza dire niente, lo preme.
Passa
un secondo.
Due.
Tre.
Al
quarto, mi vien da chiedermi quanto basso possa essere il suo
quoziente intellettivo.
-Allora?
Mica avevi fretta?- non riesco a trattenermi dal dirgli. Sì, dai,
ormai si è capito che sono leggermente masochista.
Gli
è ricomparsa quell'espressione esterfatta...poi sembra capire
qualcosa (almeno qualche volta l'unico neurone che ha si accende).
-Ah.
Oh.-
Bene,
ora va avanti a monosillabi.
-Merda.
Il trasporto vale per una persona. A questo Faber non aveva
pensato...-
-FABER?!-
D'accordo,
forse non avrei dovuto interromperlo così. Ma insomma...porca
puttana!
-Non
dovevo dirlo.- dice Evan/nonEvan. Io non lo cago.
-Cioè,
anche nella tua realtà mio padre ha rotto la minchia e ha cercato di
distruggere il mond...-
E
questo Evan scoppia a ridere.
Sì,
non me lo sto immaginando. Ride, e di gusto, come se avessi detto
qualcosa di spassoso.
Non
avrei mai pensato di essere così simpatica.
-Tuo...padre?!
Ma se lui l'ha ucciso dopo che l'ha potenziato! Era troppo
debole, troppo indietro...Nathan non ha dovuto nemmeno scomodarsi, ha
lasciato l'onore a me.-
Poi
chiude la bocca di scatto, ricordandosi con chi sta parlando. Ma è
troppo tardi.
Ed
è come se la mia stessa mente fosse un passo avanti a me: è così,
che comprendo un po' di cose.
Nathan.
È Nathan che guida i pensatori nell'altra dimensione. È Nathan che,
a quanto pare, mi ha uccisa in quella dimensione, e ha ucciso pure
l'ennesima versione cattiva di mio, nostro padre. È Nathan
che ha inviato Evan ad uccidermi in ogni dimensione.
È
Nathan il cattivo.
La
voce dell'altro Evan mi richiama bruscamente alla realtà.
-Sì...potrei
tornare indietro, prendere un dispositivo anche per te e tornare...ma
chi mi dice che sarai ancora qua ad aspettarmi?-
Ha
fatto un ragionamento. Allora non è poi così pirla.
-Quindi...facciamo
così: domani verrò da te e ti dirò cosa faremo.-
-Fottiti.-
-Lo
prenderò come un sì. E dopo...-
Poi
sento qualcosa di davvero sorprendente.
Delle
chiavi che stanno aprendo la porta d'entrata.
-Eccoci
qua, c'è nessuno?!- grida una voce che conosco, ed entrano Dan e
Angie.
Guardo
Evan...ma ha già messo via la pistola, chissà dove.
-...ciao,
vicina di casa.- mi saluta Angie, sorridendo tranquillamente -Stavi
portando Evan a divertirsi da qualche parte?-
Sì,
in un posto fantastico che molti chiamano "fanculo".
-Dovevamo
andare al cinema con alcuni suoi amici, ma non stavo tanto bene.- fa
lui con nonchalance, sorridendo amabilmente. Dan lo studia per
qualche istante, facendomi provare una sorta di misto di speranza e
paura...perchè, se lui capisse, penso che questo Evan non si farebbe
troppi problemi a toglierlo di mezzo.
Poi
quegli istanti passano: Dan sorride e guarda Angie mentre dice:
-Sarà
per quelle polpette che hai fatto ieri, amore caro? Sai, penso non
fossero poi così commestibili...-
-Ma
sta' zitto, che le hai mangiate anche te e stai fin troppo
bene.- replica lei.
-Hai
pensato che le abbia mangiate, non significa che io le abbia mangiate
per davvero...-
-Io...io
penso di dover andare.- intervengo. Spero non si accorgano del tono
che ha la mia voce, ma non riesco a fare di meglio. Non ci riesco
proprio.
Angie
fa spallucce, sorridendo ancora:
-Beh,
allora a domani. Spero tu non voglia abbandonare Evan proprio ora che
si sta un po' ambientando.-
Io
annuisco debolmente. Mi sembra di non avere più forze, sul serio.
Non mi sono mai sentita così, nemmeno nell'altra realtà.
Detto
questo, Dan e Angie mi salutano e vanno in una qualche stanza della
casa. Come dovesse farlo per cortesia, Evan mi apre la porta
d'ingresso e mi fa cenno di uscire, sempre con quel sorriso
amabilmente falso.
Ho
fatto un passo fuori dalla casa, quando vengo tirata indietro. Mi
volto subito, pronta a un classico calcio nelle palle (perchè i
classici sono sempre i migliori), e mi ritrovo col volto a pochi
centimetri da quello di Evan.
No.
Lui
non è Evan.
Lui
è un assassino...e basta.
Devo
ricordarmelo.
Da
questa vicinanza spiacevolmente ravvicinata sono più evidenti
le differenze tra lui e...ed Evan: sembra ancora più pallido, con
occhiaie marcate...e cos'è, quella striscia di fondotinta
sull'occhio sinistro?
-Domani
pomeriggio loro saranno al lavoro, qua non ci sarà nessuno. Vieni
alle due di pomeriggio...o accadrà qualcosa di spiacevole a qualche
tuo conoscente.-
Detto
questo, mi lascia andare e chiude la porta d'ingresso.
Così.
Le
gambe si muovono da sole: torno a casa con la mente completamente
sconnessa. È successo tutto così in fretta che non riesco a pensare
a niente. O è una specie di autodifesa innalzata dalla mia mente?
Saluto
mio padre, ancora in giardino. Passo davanti a mia madre, seduta su
una panchinetta del cortile a leggere. Sento Nathan che mi dice
qualcosa...dio, Nathan. Entro in camera mia, mi siedo sul mio letto.
Nell'altra
realtà ero sola, prima che accadesse il tutto. Quando è cominciato
quel tutto, però...avevo gli altri. Avevo qualcuno con cui
affrontarlo.
Ora
non c'è nessuno.
Dio,
non mi è mai venuta così tanta voglia di piangere.
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Capitolo 4 *** Mi perseguitano tutti ***
È
un lunedì, come ogni settimana.
È
l'inizio della settimana...come ogni settimana.
Evan
è morto. Un altro Evan vuole uccidere tutte le persone a cui voglio
bene. Il mio amato fratellone di un'altra dimensione me l'ha inviato
contro per farmi quanto più male possibile.
E...non
ho per niente voglia di andare a scuola.
Come
ogni settimana.
La
musica della sveglia, però, mi ricorda rumorosamente che devo
alzarmi...e non è semplice riprendere a dormire, in situazioni del
genere. Già è tanto che sia riuscita ad addormentarmi...ieri.
Che
brutta giornata, ieri. Proprio brutta brutta. Delle peggiori.
Ma...oggi
è un nuovo giorno, giusto? E magari sarò più fortunata.
Magari
un tir tirerà sotto l'altro Evan.
Non
mi resta che sperare, mi sa.
Sento
qualcuno che bussa alla porta della stanza, quasi costringendomi ad
accendere il cervello e attivare i ricettori uditivi.
-Ivy?
Comincio io al bagno, devo produrre qualcosa di molto sostanzioso.-
-Buona
cagata.- auguro a Nathan, e lui sghignazza da dietro la porta prima
di entrare in bagno e cominciare a...produrre.
Cosa
sarà successo, nell'altra realtà, per cambiarlo così tanto?
Cioè,
anche in quella vecchia non è che fosse l'allegria, ma almeno
combatteva dalla parte giusta. Perchè invece là ha preso il posto
dell'uomo che odiava con tutto il cuore (e che ora, probabilmente,
ora si sta imburrando un toast in cucina)?
Potrei
chiederlo a Evan, visto che sarò costretta ad incontrarlo questo
pomeriggio...ah, no, giusto.
Non
è detto che questo Evan voglia rispondermi.
Che
situazione di merda.
-Ehi,
c'è qualcuno in casa?- sento chiedermi la voce della mamma da dietro
la porta...come ogni settimana. Come ogni giorno, in realtà: lo fa
sempre, da quando ho cominciato ad andare a scuola.
Le
biascico qualcosa in risposta e mi alzo...lentamente. Magari se
faccio tutto con calma il pomeriggio non arriverà mai.
Se.
Magari.
Arrivo
in cucina che non c'è nessuno: papà sarà già in viaggio verso il
lavoro, la mamma si starà preparando e Nathan sarà ancora a
produrre. Come ogni giorno di ogni settimana.
Qua
mi accade qualcosa di molto, molto strano: non ho fame. Già...Ivy
Faber non ha fame.
Devo
stare proprio di merda.
Ehi,
magari potrei morire di fame. Sì, potrebbe funzionare: se muoio Evan
tornerà indietro e dirà che sono morta e il Nathan cattivo sarà
felice e non avrà più intralci per prendere il potere...
Ma
certo.
Sono
una cogliona. È così ovvio!
I
confini tra le dimensioni si sono indeboliti. Io sono, a quanto pare,
l'Ivy più potente di ogni realtà. Nathan lo sa. Nathan ha paura,
perchè potrei raggiungerlo e sconfiggerlo...e per questo ha inviato
Evan a uccidermi dappertutto.
Allora
perchè Evan vuole portarmi viva da Nathan, se sanno che potrei
sconfiggerli?
Nonostante
l'illuminazione della colazione, non trovo una risposta sensata per
questo.
Dio,
vorrei solo smetterla di preoccuparmi così. Anzi, vorrei proprio non
preoccuparmi più: vorrei che il massimo della preoccupazione fosse
il pestare una merda di cane mentre cammino fuori. Sono pure scappata
dalla mia realtà originale, per non preoccuparmi più. Che cazzo
devo fare ora?!
Potrei
ammazzarmi. Tanto, sono già morta una volta, no? Una seconda non
farà poi tanto male.
Ma
se morissi, cosa accadrebbe?
Nathan
non avrebbe più ostacoli. Potrebbe dilagare per ogni realtà.
Potrebbe far imporre i pensatori in ogni realtà...anche qui, anche
se non esistono?
Beep,
Ivy, la domanda è annullata: la risposta è troppo semplice.
Quindi:
morire non sarebbe la soluzione migliore. Anzi,
visto che sono l'unica che può sconfiggerlo (da quando sono
diventata io l'eroina che salva il culo a tutti ogni dannata volta?!)
è meglio che resti viva.
Così
ci sarebbe ancora qualche speranza...proprio poca, ma ci sarebbe.
Pochissima...ma
ci sarebbe.
Cos'avevo
detto, non so quando, nell'altra realtà? L'importante è crederci.
Il
problema è che non ci credo neanche io.
Mentre
vado a scuola metto il pilota automatico alle gambe: che ci pensino
loro, a dirigermi...io voglio solo dormire.
Il
probleme del mio pilota automatico, però, è che viene sempre
influenzato da quella cosa strana che c'è tra le mie orecchie. È
per questo che mi ritrovo a fare la strada lunga per arrivare a
scuola, quella che passa per il parco dei tossici.
Che
so, forse spero che mi ammazzino loro?
Di
solito passo di qua con gli altri, ed è sempre pieno di gente. Ora,
alle otto meno dieci di mattina, è completamente vuoto.
È
innegabilmente un bel parco: c'è il sentiero che lo attraversa per
bene, le panchine ai margini di esso e tanti, tanti alberi. Non ho
ancora capito quale mente sovrannaturale possa aver partorito un
posto del genere in una città del genere, quasi tutta grigia
e...grigia. Probabilmente qualcuno di intelligente.
Perchè
qualcuno di intelligente c'è, da qualche parte.
Il
sentiero svolta verso destra, dove c'è il cancello che marchia la
sua uscita. C'è un'ultima panchina, prima di quell' ammasso di
ferraglia, ma è nascosta dagli ultimi alberi...ed è per questo, che
non li vedo subito.
Ma,
come dire...li sento ancora prima di avanzare di
qualche passo e, infine, vederli.
Sono
tre, e sono così pallidi che il loro soprannome viene fuori da solo,
quasi non fosse stato partorito dalla mia mente malata ma sia
esistito da sempre.
Signore
e signori, ecco a voi...i fratelli della muerte!
Tutti
e tre con capelli scuri, occhi chiari e occhiaie ben visibili; tutti
e tre vestiti di nero, con espressioni assenti e sguardi...rivolti
verso di me.
Beh,
vaffanculo. Non sono dell'umore di ricevere occhiatacce da gente che
non conosco.
Continuo
a camminare imperterrita. Quando vedo che loro non spostano gli occhi
da me, però, è impossibile continuare ancora. In altre parole: mi
rompo il cazzo.
-Qualche
problema? Sono così interessante, o state pensando a un qualunque
modo di derubarmi per prendervi una dose con i miei soldi? Buttatevi
sotto un tram e basta, che è meglio.-
Sono
sempre così brava a fare nuove conoscenze.
Mi
aspetto quasi che si alzino per pestarmi. Facciano pure, tanto ormai
ci sono abituata. Oppure resteranno lì, con quelle facce da pesci
lessi?
E
poi quello che sembra più vecchio esibisce una smorfia che dovrebbe
essere un sorrisetto. Nella sua mente magari lo è, ma quello che
vedo io sembra un ghigno da squalo.
-Però,
che loquacità. Comprendo perchè tutti vogliono ammazzarla...o sono
in errore, fratelli?-
-Nessun
errore, questa volta. È la nostra ragazza, non ci sono dubbi.-
risponde quello che sta in mezzo mentre compare sul suo volto lo
stesso identico ghigno del fratello che sembra più grande.
-Questa
volta non falliremo. La porteremo dalla Signora, e lei le spiegherà
tutto quello che deve sapere per salvarci ancora.-
Oh,
ma non ci credo.
Ormai
ho superato ogni apice della sfiga. Andiamo, non è possibile che
sia così sfigata.
Pure
loro?!
-Sì.
Pure noi.-
Fantastico.
Mi leggono nella testa.
Ma
ho la controffensiva: mi basta pensarci...e so che
ho la mente schermata. Ci sarà un motivo, se tutti dicono che sono
super potente.
-Cosa
cosa? La signorina ci chiude fuori? Non va bene, non va bene.- fa il
maggiore, che sembra gradire le ripetizioni. Quello alla mia destra,
che sembra il più giovane, fa spallucce con una tranquillità
spiazzante:
-Che
lo faccia. Non potrà opporsi a lei.-
-Di
certo non ci impedirà di portarla da lei quando vorremo.-
-Ma
come, non volete catturarmi ora?- intervengo io, rompendo quel loro
parlare saccentemente. E qual'è la cosa più ironica? Voglio sentire
davvero la risposta.
Sono
proprio andata.
Stavolta
è il turno del minore, di fare spallucce:
-Temo
che dovrai attendere. Dobbiamo aspettare che la Signora ci dia il via
libera...dopo comincerà il divertimento.-
-Vedendo
chi la accompagna, penso sarà un divertimento intenso.-
-Accompagnarla?
Come può accompagnarla se lui stesso, poichè non ricorda, pensa di
tenerla in pugno? La minaccia, ecco cosa.-
-Allora
non ci resta che fargli ricordare...-
Se,
vabbè, ciao. Questi sono andati.
Non
sto neanche ad ascoltarli. Mi sono rotta le palle di tutta sta
situazione di merda.
Tanto,
più ascolto più mi si confondono le idee. Meglio non sprecare
tempo.
Ricomincio
a camminare verso il cancello, lo supero, esco dal parco, mi
allontano di qualche metro...e sento una voce non troppo lontana
dirmi con tonoallegro:
-Sta'
tranquilla, lui ricorderà! E tornerà ad essere il tuo punto debole
più grande!-
Non
riesco a capire quale dei tre abbia parlato.
Ma
non me ne importa più niente.
L'altro
Evan non è venuto a scuola. Qualcuno lassù mi avrà ascoltata e
sarà stato centrato in pieno da un tir?
Il
problema di questa realtà è che, a differenza di quella merdosa da
cui sono venuta, beh...ho degli amici. Perchè è un problema? Loro
capiscono subito se c'è qualcosa che non va, quasi avessero un po'
di poteri. Capisco solo ora che questa loro empatia è più
comunemente chiamata...amicizia.
-Ivy?
Tutto bene?- mi chiede Mary. Io faccio spallucce ed esibisco un
sorrisetto che sembra falso pure a me:
-Solo
un po' di stanchezza, è lunedì.-
Lei
annuisce e mi sorride di rimando...ma capisco dalla sua espressione
che questo è solo l'inizio.
All'intervallo
è il turno di Jack. Sto sorseggiando la mia cioccolata (chissà,
magari sarà la mia ultima cioccolata, meglio gustarsela) seduta su
un banco accanto alla finestra aperta, al fresco dell'arietta che
entra, quando lui si avvicina con calma spiazzante. Fissa un qualcosa
tra gli alberi che vediamo fuori dalla scuola e, dopo qualche
istante, dice:
-Allora?-
-Allora
che?-
-Allora
che? Dovresti sentirti, qualche volta.-
-Sei
qua per insultarmi o c'è una motivazione più profonda che
giustifica la tua presenza nel mondo?-
-Cosa
c'è che non va?- mi domanda lui prima che cominciamo a discutere
all'infinito. È proprio una cosa ironica, questo mio battibecchiare
con tutti senza alcuna logica.
-Cosa
ci dovrebbe essere?-
-Smettila
di rispondere alle domande con domande e rispondi.-
-Che
cosa figa, hai fatto un chiasmo!-
-Ivy!
Porca troia! Rispondi!-
Lo
fisso, scandalizzata. Grazie al cielo non c'è nessun altro in
classe...no, un attimo: che differenza farebbe? Ci sentono litigare
dalla prima superiore, tanto che ormai i prof non ci sgridano più,
si limitano a guardarci male e basta. Possiamo insultarci quanto
vogliamo.
Che
cosa bella. Nell'altra realtà appena mi partiva una bestemmia tutti
restavano senza parole, visto che per loro ero la bambina disadattata
troppo cresciuta.
Che
figli di puttana.
-Sono
solo stanca. È un delitto?-
-Sì,
se sei te. Non sei mai stanca.-
-Perchè
tu ovviamente lo sai.-
-Sì
che lo so. Adesso fai pure fatica a connettere. Che ti succede, Ivy
Faber?-
Ivy.
L'altro
Evan non sapeva nemmeno il mio vero nome.
-Allora,
mi vuoi dire che ti prende o no?-
-No.-
-Bene.-
fa lui all'improvviso. Si stacca dal muro a cui era appoggiato e
sbuffa sonoramente. -Fantastico. Dimmi quando ti passa, così posso
sentire per quale cazzata sei diventata una stronza colossale.-
Entrano
Brian e Alice, misteriosamente scomparsi all'inizio dell'intervallo,
e vengono seguiti da Mary e Bill. Cos'è, la sfilata delle coppie?
Poi entrano anche altri nostri compagni di classe nell'esatto momento
in cui suona la campana.
Jack
fa per tornarsene al suo posto, dall'altra parte dell'aula.
-Aspetta
un attimo, tu.-
Si
volta lentamente, quasi distratto...ma i ricordi di questa vita mi
dicono che Jack non è mai distratto:
-Sì?-
-Non
preoccuparti per me, ok?-
-Se
lo dici te.- fa, e poi se ne va al suo posto.
Quasi
capisco gli altri, quando dicono che io e lui dovremmo metterci
insieme...ma so anche che non capiterà mai. Lo sento quasi allo
stesso livello di Nathan.
Beh,
almeno lui non manda degli Evan a uccidermi.
La
quarta ora è il corso di tedesco a cui abbiamo aderito (nell'altra
realtà era italiano...chissà perchè è cambiato), ed è l'entropia
pura: quando il prof si presenta è un miracolo, quando fa lezione
senza che nessuno parli è il segnale del giudizio universale che sta
arrivando.
È nella
quarta ora, che arriva il turno di Alice.
-Sicura
di star bene? Sembri un po' giù.-
Sì,
ma che palle.
-Sono.
Solo. Stanca.-
-Sicura
sicura? Qualcuno ieri mi ha detto che te ne sei
andata perchè Evan stava male...non è che ti sei beccata qualcosa
anche te?-
Evan.
-Magari.-
-Beh,
se stai proprio male domani stattene a casa, così non ci
influenzi...aspetta, domani abbiamo la verifica di letteratura!-
E
si slancia in avanti per abbracciarmi. Io non riesco a trattenermi e
scoppio a ridere, quasi senza parole:
-Cazzo
fai, decerebrata?!-
-Cosi
mi ammalo anch'io!-
-E
così fai ammalare anche Bribri, vero?- non mi trattengo dal notare.
Ovviamente lei diventa bordò nel giro di, circa, un millisecondo:
-Cazzo
c'entra?!?-
-Niente,
certo. Proprio niente.-
-Il
tuo sarcasmo prima o poi scioglerà la scuola.-
-È per
questo che continuo ad usarlo, no?-
-Comunque...hai
sentito che tra un mese esci il film di Divergent?- cambia argomento
lei, quasi sperasse che non me ne accorga.
Dopo,
passiamo tutta l'ora a parlare del film in futura uscita, del fatto
che a Mary verrà un infarto perchè Alice (che ha letto il libro da
cui è tratto il film) sa che ci saranno mille scene di quasi volo, e
a Mary vengono puri attacchi di panico quando vede scene del genere;
a un altro film; al film che loro hanno visto ieri, alla faccia
disgustata che Brian aveva nelle scene più cruente del film...e
quasi mi dimentico di tutto il casino.
Ma
no, ovviamente: c'è una vocina, nella mia testa, che continua a
ricordarmelo.
Infine,
al secondo intervallo, giunge il turno di Bill. Mi raggiunge alle
macchinette mentre schiaccio il bottone per la cioccolata (non è che
ne beva una cinquantina tutti i giorni: in realtà sono qua solo
perchè volevo seminare il biondo...ma non è che abbia funzionato
tanto).
-Qualcuno
mi dice che stai male.- comincia con voce serena.
-Gira
un po' d'influenza.-
-Oppure
hai semplicemente la mente altrove?-
Dio
santo, qualcuno che mi capisce allora esiste, alla fine.
-Forse,
dai.-
-E...magari
stai pensando a qualcuno che quest'oggi è assente?-
No.
Un attimo.
-Che?-
-Andiamo,
lo sai cosa intendo.-
Non
mi piace per niente l'espressione che ha sulla faccia questo idiota.
-Sinceramente...no,
non lo so.-
-Sese.
Comunque...non dimenticarti di noi solo per lui, eh. Noi
siamo meglio.-
Sto
seriamente mettendo in dubbio la sua sanità mentale.
-Ti
fai troppi viaggi mentali.-
-Sì,
certo, hai ragione.- replica Bill, dondolandosi con fare soddisfatto.
Magari lo è davvero, solo perchè pensa di aver
capito cosa mi angustia.
Povero
montato.
Beep,
la cioccolata è pronta. La prendo e mi dirigo verso il mio porto
sicuro in questa situazione più che imbarazzante: il bagno delle
ragazze.
-Smettila
di farti, che poi vedi cose che non esistono!- grido dietro a Bill.
-E
voi usate precauzioni!-
No,
un attimo...CHE?!
Scappo
in bagno prima che qualcuno tra gli studenti vicino alle macchinette
capisca che l'idiota si stava rivolgendo a me...e mi accorgo solo ora
che ho un sorrisetto divertito stampato sul volto.
Alla
fine ce l'hanno fatta, a tirarmi su il morale.
Ed
è per questo che, all'orario stabilito, sono davanti alla casa di
Dan e Angie.
Perchè
non posso permettere che lui faccia loro del male.
Preferisco
morire.
Probabilmente
morirò davvero. Ma, francamente, non me ne importa più così tanto.
Probabilmente
mi torturerà. Tenterà di usarmi in qualunque modo, di traviarmi
fino a farmi passare dalla sua parte...ma io ho ancora fede, una fede
verso qualcuno.
Perchè,
signore e signori...ho capito. Il criceto si è riattivato.
Evan,
il mio Evan, non avrebbe mai accettato di continuare questa
guerra...non di sua volontà.
Quindi,
praticamente, devo tentare di riportare questo Evan all'Evan che so
che è stato, e che sento esistere ancora da qualche parte in lui.
Al
massimo, che può accadere di peggio del morire? O mi uccide Nathan,
o mi uccide la "signora" dei fratelli della muerte.
Così,
suono il campanello.
E
stavolta prego che quest'idiota non sia finito sotto un tir.
|
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Capitolo 5 *** Troppi suoni, troppi spari ***
-Eccola
qua.-
-Eccomi
qua.-
Si
sporge fuori e guarda prima a destra, poi a sinistra. Cosa pensa, che
arrivi un miracolo dal cielo che mi salvi il culo anche questa volta?
-Forza.
Muoviti.-
Se,
calmo bello. Non è che solo perchè sono un ostaggio debba
comandarmi a bacchetta.
-Che
fretta hai?- gli chiedo io con il mio sarcasmo che prima o poi mi
costerà le chiappe. Vedendo come stanno andando avanti le cose,
però, non è che me ne preoccupi molto.
-Che
allegria, signorina. Non vuoi incontrare tuo fratello?- mi domanda in
risposta lui, facendomi segno di andare nella sala della casa...e
facendo un sorrisetto strano. Perchè sì: è il sorrisetto di Evan.
Ma
questo non è Evan. Perchè a volte me lo dimentico?
-Io
un fratello ce l'ho già. E degli amici. E una famiglia.- gli
rispondo io. Mi siedo tranquillamente sul divano (devo almeno tentare
di far finta di essere calma, dai) e decido di tirargli una
frecciatina. Così, mi annoio.
-Te non
pensi alla tua famiglia? Nella tua realtà non c'è un Dan o una
Angie? Oppure...sono entrambi morti? Li hai uccisi tu? La cosa non mi
sorprenderebbe.-
Niente.
Nemmeno un'ombra veloce di rabbia o rimorso negli occhi.
-No,
non c'è un Dan o una Angie. Mai conosciuti.- mi risponde Evan mentre
si siede sulla poltrona davanti a me.
Ommioddio:
mi ha risposto! Stiamo intavolando una conversazione!
Miraaacolo.
-Pensavo
che in ogni realtà ci fossero le stesse persone.- tento con molto
coraggio. Chissà, magari riusciamo davvero a discutere amabilmente
l'uno con l'altra.
Sorprendentemente,
il tentativo non va a vuoto; questo rincoglionito fa spallucce e
dice:
-Beh,
è giusto, ma magari quei due nella mia realtà non sono nati come
mio fratello e mia probabile cognata...-
-Come
fai ad essere sicuro che Angie sia fidanzata con Dan? Potrebbe essere
tua sorella, no?-
-Si
capisce da come si parlano. Andiamo, è evidente che stanno insieme
da sempre...-
Chiude
la bocca di scatto e spalanca gli occhi, come se avesse detto
qualcosa che non sapeva di conoscere nemmeno lui: il fatto che Angie e Dan stanno insieme da sempre. Una cosa piccola e
innocente, sì: ma non avrebbe dovuto conoscere.
L'effetto
è un po' comico (solo un po'?), ma mi trattengo dal sorridere
perchè, beh, questa è una cosa alquanto importante.
Perchè
conferma quello che pensavo prima.
La
mia teoria? Semplice semplice...ma complicata. Ovviamente.
In
qualche modo, nella sua realtà io ho perso. Probabilmente alla
scogliera sono morta e basta, kaput e addio mondo. Così tutti i
quattro moschettieri sono stati catturati.
Non
ho la più pallida idea di che fine abbiano fatto quei Jack e
Bill...ma, non so come, so che a Evan è stato fatto
un lavaggio del cervello che l'ha messo al servizio prima di papà,
poi di Nathan. È per questo che non ricorda niente per la maggior
parte del tempo.
Ed
ecco la star: Nathan. il caro fratellone. Che gli avranno fatto, per
farlo diventare cattivo?
Quasi
inconsapevolmente mi sporgo verso di lui. Con i gomiti appoggiati
alle ginocchia e la faccia che penso di avere, immagino di sembrare
una cospiratrice cronica...ma pazienza. L'importante è che questo
Evan non si distragga.
-Non
è che sai tutte queste cose perchè, beh, le hai vissute?
Cosa c'è stato, prima che tu diventassi il braccio destro di Nathan,
prima che lui uccidesse papà? Chi c'era con te, quando eri piccolo?-
E
qua accade qualcosa che non ho previsto: Evan si mette nella mia
stessa posizione e sorride tranquillamente...prendendomi altamente
per il culo:
-Vuoi
davvero conoscere la mia fantastica infanzia?-
-Perchè,
te la ricordi?-
Sbuffa,
si raddrizza, sprofonda nella poltrona, incrocia le braccia, mi getta
un'occhiata delle sue.
Dio,
quanto gli assomiglia.
-A
nove anni mi sono ritrovato in mezzo tra una rissa tra sperimentali e
pensatori. Uno di quelli ha tentato di condizionarmi per distrarre i
nemici...e non ha funzionato. Gli sperimentali se ne sono accorti, mi
hanno rapito e mi hanno usato come cavia per i loro esperimenti per,
circa, cinque anni...quando è arrivato Faber e mi ha salvato.
Salvato per modo di dire, ovviamente: pure lui mi ha usato in mille
esperimenti, e quando si è accorto che ero immune a ogni cosa ha
iniziato ad allenarmi e a usarmi per combattere i pensatori suoi
nemici. Un anno e mezzo fa Nathan ha preso il potere. Da allora
stiamo cercando di dare ai pensatori il posto che spetta loro di
diritto da quando sono comparsi su questo mondo di merda.-
...interessante.
Sul serio.
Potrei
quasi crederci, se non fosse accaduto quello che è accaduto
stamattina al parchetto.
Che
hanno detto, i fratelli della muerte? Che Evan ancora non ricorda?
-Due
anni fa hai perso la memoria, vero?-
Stavolta
non riesce a trattenere l'espressione scandalizzata che gli invade il
volto. Sembra dire: "Come cazzo fa a saperlo?"
Come
cazzo faccio a saperlo? Sarò troppo intuitiva, forse?
-No.-
-Quanti
anni hai, diciannove?-
-...no.-
E
invece sì.
Tutto
quadra. Che devo fare, cambiare il nome in Sherlock?
La
realtà da dove viene va più velocemente...o magari Nathan l'ha
fatto venire qua due anni prima, chissà. Comunque sia, questo è
l'Evan smemorato arrivato da due anni dopo il Grande Disastro, come
la mia mente malata ha ribattezzato il mio fallimento (eh, lo so, è
colpa mia se sono morta).
È sensato,
in fondo.
Ma
come cazzo faccio a farglielo capire?!
-Non
ti è mai passato per la testa che magari è stato mio padre o
direttamente Nathan a raccontarti tutto quello che è successo prima
che perdessi la memoria...e che abbiano inventato un po' di cose?-
-Nathan
non lo avrebbe mai fatto. E se l'avesse fatto Faber...Nathan me
l'avrebbe detto.-
-E
perchè? Per perdere l'assassino provetto che sei diventato? Per far
tornare l'Evan che di certo si sarebbe opposto a
tutto il suo piano?-
Non
dice niente. Come...beh, come se ci avesse già pensato prima, ma
avesse accantonato tutto per evitare di incasinare la sua vita. Anche
se falsa.
E
ora tocca alla stoccata finale.
-Come
sai che mi chiamo Ivy, se tutti quelli che ti hanno parlato di me,
quindi Nathan e basta, mi hanno chiamata solo e sempre Evelyn?-
Si deve ricordare
di me. Anche soltanto lontanamente.
Perchè...perchè
sì.
Restiamo
in silenzio per un tempo che mi sembra infinito. E ovviamente mi
passano per la mente mille immagini...dove, ancora più ovviamente,
ci sono tutte le scene che mi aspetto che accadano. Non è una cosa
incoraggiante che più della metà abbiano come soggetto me stessa
morta.
Poi
sento un rumore strano e alquanto snervante. Di
quei ding! che possono farti uscire di testa.
-Il
traghettatore.- annuncia Evan a chissà chi (io di certo non lo
capisco). Si alza di scatto, va al tavolino della sala e prende la
scatolina di metallo che ci è letteralmente comparsa sopra.
Lo
osserva per qualche istante e dopo si volta verso di me. Ha il suo
solito sorrisetto, sul volto...ma vedo che gli occhi sono cambiati.
Sì,
questo discorsetto non è stato un completo fallimento, in fondo.
Ma
tanto non è servito a niente: ora che quel coso è comparso dal
nulla...mi sa che dovrò vedere il Nathan cattivo.
Merda.
-È giunta
l'ora. Squillino le sette trombe, perchè Ivy Faber sta per uscire
dalla sua realtà.-
-Lo
vedi, che a volte sei simpatico?- gli dico io. Naturalmente non mi
sono persa l'"Ivy Faber" e lo "squillino
le sette trombe" (non l'aveva già detto qualcuno?)...ma ora
penso di non aver tempo per commentarli.
Come
cazzo esco da questa situazione di merda?
Poi sento
qualcosa di davvero, davvero strano.
Una
specie di trillo fastidioso. Come un...campanello?
-Toc
toc, i due porcellini sono in casa?-
Uhm,
aspetta. Questa voce l'ho già sentita. Mi ha gridato qualcosa
stamattina, giusto? Mentre me ne andavo...ed è per questo, che non
so a chi appartiene.
A
chi dei tre.
-Pazienza,
noi entriamo e basta.-
-Non
sia mai che facciamo attendere la Signora.-
Ed
eccoli qua. Gli scassapalle.
Mi
dimentico completamente di chi ho vicino e guardo Evan come fosse il
mio Evan, quando gli chiedo:
-Hai
chiuso la porta a chiave, vero?-
-No.-
risponde candidamente, e toglie la sicura dalla pistola che gli è
comparsa tra le mani. Ma dove la tiene, nelle mutande?!
Comunque,
'sta cosa della pistola non mi piace per niente. Dopo gli farò un
discorsetto anche su questo.
Aspetta...dopo?
Sento
la porta venire aperta. E poi...il caos, come sempre.
Uno
dei tre fratelli della muerte compare, come per magia, accanto a noi.
Evan punta la pistola su di lui e spara, e io non riesco a trattenere
un grido. Gli spari mi riportano alla mente troppi brutti ricordi.
Era
a tre metri di distanza. Evan aveva il polso fermo e uno sguardo da
assassino, quando ha premuto il grilletto.
Come
cazzo ha fatto a non beccarlo?!
Non
ho quasi il tempo di farmi questa domanda, che il fratello è stato
affiancato dagli altri due.
Stavolta
Evan non perde un secondo: spara tre colpi nel giro di un attimo.
E
pure lui resta senza parole.
-Ma
come...-
Poi
gli compare sul volto un'espressione più che incazzata che non gli
ho mai visto fare.
-Hijos
de puta.-
No,
un secondo...questa versione parla pure spagnolo?! Ma
quando mai?!
Uno
dei fratelli, il più alto, si concede di sorridere. Vedo di sfuggita
che il fratello al suo fianco sta caricando una mini pistola
sbrilluccicante.
-È
un piacere rivederti.-
Dopo,
il fratello in mezzo solleva di scatto il braccio. Impugna la pistola
sbrilluccicante.
Bang!
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Capitolo 6 *** Vomito a gogò ***
-E
non preoccuparti così, mica l'abbiamo ammazzato. Che, sei la sua
ragazza? Pensavo volesse ammazzarti.-
Già
mi stanno sul cazzo, 'sti tre. E non ho problemi a esternare questo
pensiero.
-Vaffanculo.-
-Guarda
che ti abbiamo fatto un favore.- nota uno dei tre fratelli mentre si
sdraia sulla poltrona, quasi sfondandola -Tra poco si ricorderà di
te.-
-Ma
per quel tempo non saremo qua.- aggiunge l'altro, di fratello, quello
che sembra il più vecchio. Sta guardando lo schermo di un congegno
strano. A quanto pare ne hanno parecchi, di congegni strani, nella
loro dimensione.
Li
guardo male, uno per uno (il maggiore gironzola alla cazzo, il minore
giochicchia con la pistola sbrilluccicante e quello di mezzo sfonda
la poltrona), poi riporto gli occhi su Evan.
Non
ha un bell'aspetto. Non che prima ce l'avesse, intendiamoci, ma ora è
quasi cadaverico.
Se
si lamentasse o cose del genere sarei già più contenta...ma così,
svenuto e sdraiato sulla schiena sul divano, sembra pronto per una
cassa da morto. Non un bello spettacolo, diciamocelo, considerando
anche che gli hanno appena sparato addosso una freccetta piena di
quello che mi ricorda del sedativo per elefanti.
Almeno
non è messo male quanto me: è da un po' che mi è venuta la voglia
malsana di affondargli un dito nella guancia. Meglio che non mi
chieda il perchè.
-Quindi...ricorderà
quello che ha dimenticato?- mi azzardo a chiedere ai tre.
È
quello di mezzo a rispondere...non per mio gaudio.
-Ohoh,
adesso la signorina è interessata? Non ricorderà,
comunque. Non ha mai dimenticato. Ha solo...rimosso. Dico bene,
fratelli?-
-Dici
bene, fratello.- gli risponde quello che sembra più vecchio. Ha
un'espressione sorprendentemente scazzata, sul volto...ehi, magari
qualcuno mi capisce.
Lancia
al mezzano il congegno strano e aggiunge:
-Parla
tu con Didime e Fenicia.-
-Perchè
non lo fai te, fratello?- interviene il minore con un sorrisetto da
presa per il culo. Il maggiore lo guarda male:
-Lo
sai. Mi ucciderebbe.-
-Non
è che io sia messo meglio, eh.- nota quello di mezzo con un ghigno
semi sadico, semi masochista -La differenza tra noi due è che io ho
una maggior resistenza ai suoni alti.-
-Didime
non urla.-
-Fenicia
sì. Dovresti sentirla sotto la doccia, dio santo...-
-Ehi.-
Oh,
finalmente mi cagano.
Li
guardo male (di nuovo), uno per uno, e dico:
-Non
che mi dispiaccia farmi i cazzi vostri...ma potreste spiegare anche a
me qualcosa?-
-Vuoi
che ti spieghi della mia intensa vita sessuale con la futura cognata
di Mark?- risponde quello di mezzo. Quello che mi sta più sul cazzo,
intendiamoci.
-Mark?-
ripeto, giusto per replicare qualcosa. Il maggiore dei fratelli
della muerte alza la mano.
-Io.
Il coglione è Mike, l'intelligente è Maurice...-
-...e
vogliamo solo aiutarvi.- finisce il minore, quello intelligente.
No,
prendiamoci un secondino.
Mark, Mike
e Maurice?
Ma
scherziamo?!
Che
hanno fatto ai loro genitori per fargli scegliere nomi così?!
-Le
altre lettere erano finite?- chiedo simpaticamente. L'intelligente,
Maurice, sorride:
-No,
è che sapevano che saremmo stati i fratelli della morte e hanno
scelto i nomi apposta...-
-Fratelli
della muerte.-
-Ops,
pardon. Sei te che ci chiudi fuori, non posso sentire tutto solo
dalle tue sensazioni...-
-Ok,
pausa finita.- lo interrompe garbatamente il coglione chiamato Mike.
Si raddrizza di scatto, avvicina il congegno all'orecchio (che sia
forse un cellulare?) e alza un dito, come se bastasse quello per
zittirci tutti.
In
effetti ce la fa: cala un silenzio istantaneo.
È per
questo, che sentiamo tutti la voce che esce dal congegno.
-Sì?-
Non
ho mai sentito così tanto odio in una sillaba. Ah no, giusto: lo
sento sempre quando lo dico io.
Mike
sorride tranquillamente:
-Ehy,
Fen! Ci puoi portare tutti...-
-IDIOTA.
APRI LA BOCCA DI NUOVO E TI CASTRO.-
Mi
sta simpatica, questa Fenicia.
Dal
congegno arriva un'altra voce:
-Hey,
idiota quasi castrato. Avvisare che andavate no, eh?-
-Sai
come siamo fatti, Dì. Non potete pretendere che...-
-Lo
sai che non sto parlando con te, vero? So che ci sente.-
Mark
tossicchia dal suo angolo. Maurice se la ride. Mike sbuffa:
-Senti,
tu dì all'isterica di portarci a casa e poi potrai pigliarlo a
schiaffi quanto vorrai.-
-L'isterica
ti castrerà.-
-Meglio,
sesso sicuro a vita.-
-SEI
UN COGLIONE.-
-Ehy,
ciao Fen. Ci puoi portare tutti a casa o dovremo restare in questa
dimensione di merda per sempre?-
-CREPA.-
-Lo
prendo come un sì. C'è la Faber e l'altro, Sanders...-
-Sanders
no.-
Ed
è questo, che rompe tutto. Si era creata una specie di calma, con
tutti gli insulti tra loro...ma ora...
Sanders
no.
Merda.
-L'abbiamo
sparafleshato, tra poco recupererà la memoria.- spiega Mike.
La
voce che gli risponde è dura:
-No,
Mike. Lo sai che la Signora non vuole.-
Ed
eccola qua. La Signora.
Meeerda.
-Andiamo,
tra poco tornerà com'era prima che gli facessero il lavaggio del
cervello. Sai cosa potrebbe aver visto, in questi anni? Ci racconterà
tutto, avremo mille...-
-La
Signora non vorrà.-
E
mi viene l'illuminazione.
Ding.
Che
aveva detto, Evan? Il traviamento non ha funzionato con lui perchè è
immune ai poteri...quindi io ce li ho ancora.
Fantastico.
EVAN
SANDERS VERRA'.
-Bene.
Preparatevi.-
I
tre fratelli della muerte spostano gli occh su di
me. E mentirei, se dicessi che non mi piace quello che ci vedo
dentro.
Che
bello, far paura alla gente.
-Che
volete? Io qua non lo mollo.- dico loro, artigliando un braccio a
Evan. Che ci provino, a contraddirmi, vedranno cosa si prova a essere
pestati mentalmente da una ragazza.
Mentirei
anche se dicessi che non mi è mancata questa onnipotenza.
Mark
scatta verso il fratello e gli strappa il quasi cellulare dalle mani.
-Didime?
Stai...stai bene?-
-Cazzo
vuoi, tu? Io con te non ci parlo.-
-Sì,
sta bene.- fa Mike. Riprende il cellulare e annuncia alla ragazza
dall'altra parte:
-Siamo
pronti.-
Maurice
si muove più velocemente di quanto immaginassi: tra le mani gli
compare una siringa piena di una roba viola, si avvicina, inietta
quella roba ad Evan. Poi mi prende il braccio e la inietta a me con
molta finezza.
-Ehi!-
obbietto. Lui mi getta un'occhiata divertita:
-Non
dirmi che ti dà fastidio.-
-No,
solo...avevo ragione a pensare che foste dei tossici.-
Sono
sempre più simpatica. Lo so.
-Vai,
Dì...e togli dalle mani di tua sorella gli oggetti taglienti, per
amor dei miei coglioni.-
-Sarà
fatto.-
Il
criceto mi si attiva solo ora.
Che
cazzo sta succedendo?!
-No,
aspettate...-
-Preparati
a vomitare.- sento dire Maurice.
Dopo,
ovviamente, il caos.
Mi
pare di essere stata ficcata in una giostra sadica a forma di palla e
di essere stata sballottata dappertutto, rimbalzando di qua e di là,
sbattendo ovunque e rompendomi la testa.
Atterro
(se si può chiamare "atterrare") su un pavimento grigio
metallo.
E
dopo che succede?
Vomito.
Ovviamente.
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Capitolo 7 *** Ovviamente ***
Dopo
mezz'ora sono seduta vicino a una roba elettronica gigantesca. E
quando dico gigantesca intendo gigantesca, cazzo, come i
computer appena nati.
Evan
è seduto di fronte a me. Ha un'espressione che mi fa semplicemente
scompisciare: un misto tra perdizione totale e incazzatura assoluta.
-Quel
figlio di puttana.- mormora da circa dieci minuti. Non posso esserne
certa, ma per intuito penso si riferisca al mio fratello di questa
dimensione.
Chissà,
magari ce l'ha con lui perchè l'ha ingannato per due anni.
Ma
ora sono sicura del fatto che questo Evan è una versione più
vecchia di due anni del mio Evan. A parte il pallore mortale,
le occhiaie e l'inquietante cicatrice che gli attraversa l'occhio
(sì, era davvero trucco quello che gli avevo visto)
sembra...normale.
Normale
per i nostri limiti, s'intende.
Si
stringe un po' nella coperta che gli hanno dato dopo che si è
assentato per un po', per svuotare l'anima nel primo bagno che ha
trovato (io non sono stata così veloce). Strano, lo trovo quasi
tenero.
Mi
sa che mi sta venendo un complesso mammesco. Capita.
-Mi
ha lavato il cervello.-
-Già.-
-Mi
ha nascosto tutto.-
-Già.-
-Mi
ha usato. Per due anni.-
-Già.-
-Mi
ha fatto ammazzare della gente.-
-Già.-
-Mi
ha ingannato.-
-Già.-
-La
vuoi smettere?-
Questo
mi risveglia dal "già" in cui mi ero imbrigliata. La cosa
strana che noto quando guardo Evan, però, è che sono convinta che
sia incazzato, davvero incazzato. Il vecchio Evan non lo sarebbe
stato, l'Evan assassino sì.
E
questo, ovviamente, mi sorprende: ha un'espressione esattamente a
metà. Che cosa strana.
-Già.-
ripeto per la millesima volta.
Io
masochista? Naaaa.
Ovviamente
lui ghigna. Ovviamente dice:
-Questo
mi era mancato.-
-E
ne sei sorpreso? Cioè, non pensavi ti sarebbe mancato il mio
rompimento di palle? Basta, mi ritengo offesa.-
-Ok.-
-Ok.-
-Bene.-
-Fantastico.-
-Stupendo.-
-Geniale.-
-Fanculo.-
-Fottiti.-
-Crepa.-
-Già
fatto.-
-Giusto.-
-Già.-
-Mi
dispiace proprio interrompere questo bellissimo discorso.- interviene
una voce dall'entrata della stanzetta-computer. Mi volto anche se ho
riconosciuto la voce di Mike. Che dire, sono così aperta al mondo
che non ho per niente voglia di parlargli.
Stranamente,
però, vedo qualcosa che non mi sarei mai aspettata: una ragazza
supera Mike, fermo sulla soglia, tirandogli un colpo con i fiachi per
levarlo da là, poi si piazza davanti a me e Evan (seduti entrambi,
siamo la pigrizia impersonificata) e legge qualcosa sulla cartelletta
che stringe.
È
strano: anche se ha occhiali da studentessa, un'espressione seria e i
capelli scuri disordinati, non mi dà tanto l'idea di una
ragazza...normale.
Sempre
secondo i nostri standard, ovviamente.
-Ora
devi rispondere a qualche domanda, Ivy. Primo: cosa sai di tutto
questo? Secondo: perchè hai traviato mia sorella per far venire qua
il nostro peggior nemico? Terzo...-
-Fen,
dio santo, sta' tranquilla, tanto non scappano.-
E
qua cerco in tutti i modi di non scoppiare a ridere. La ragazza, Fen,
ha un'espressione così incazzata e così da...psicopatica, che quasi
fa paura.
Sembra
una bomba a orologeria.
-Sta'
zitto o giuro che ti ammazzo.-
-Sempre
scorbutica, eh?- nota tranquillamente Mike, affiancandola. Le mette
casualmente un braccio sulle spalle, e un'occhio di Fen (Fenicia? Che
nome è?) comincia a tremolare, come se stesse per esplodere per
davvero.
-Tira
giù il braccio.-
-Se
no, che mi fai? Mi castri?-
-Vuoi
provare?-
-Beh,
non mi dispiacerebbe andare in una stanza appartata per farlo...poi,
se dopo vorrai ancora castrarmi...-
-Non
provar...ridammi gli occhiali!-
-Ma
a cosa cazzo ti servono, se hanno le lenti che sono di normalissimo
vetro?- chiede tranquillamente Mike, inforcando gli occhiali che ha
appena tolto dal volto di Fenicia. Poi, ira funesta, me li ficca
davanti agli occhi dicendo:
-Provali
anche te, vero che non servono a un cazzo!-
Sbatto
le palpebre per la sorpresa. Poi, non so perchè, guardo Evan
attraverso le lenti.
Sta
ghignando, il bastardo.
-Sei
uno stronzo!- sbotta intanto Fen, quasi strappandomi la faccia mentre
si riprende gli occhiali e se li rimette frettolosamente -Lo sai che
se non li tengo per un po' esplodo!-
-Allora
perchè quando facciamo sesso non li tieni mai?!-
-Fatti
qualche domanda, se duri poco non mi disturbo a...-
-Duro
poco?! Io?! Chi era quella che godeva da matti, tre giorni
fa?!-
-Non
hai mai sentito parlare di orgasmo simulato?!-
-Oh,
fidati, lo riconosco quando simuli, e non simuli da tanto
tempo...-
E
qua la mia mente fa un attimo una pausa, visto che nel mio tranquillo
mondo non sono abituata a sentire discorsi del genere (non
all'aperto, almeno) e...sì, dai, c'è un limite a tutto.
Poi,
come mandata dal cielo, giunge nella stanza un'altra ragazza...e
sbatto le palpebre un paio di volte, leggermente abbagliata. Cioè,
ha i capelli lunghi e bianchi, la pelle bianca, gli occhi chiarissimi
e, tombola, è pure vestita di bianco.
C'è
troppo bianco.
-Ragà,
vorrei stare a sentire dei vostri porno per anni, ma la Signora vuole
incontrare 'sti due, quindi...-
-Andiamo!-
esclamo io, riattaccando il cervello e saltando in piedi.
Per
ricevere tre sguardi preoccupati. Ah, loro pensano che io sia
folle?
Evan
si alza lentamente. Mette sulla sedia la coperta, mi affianca, infila
le mani nelle tasche dei jeans che indossa e dice tranquillamente:
-È
un po' cogliona...già.-
No.
Non mi è mancato per niente.
L'edificio
in cui ci troviamo è molto, come dire, diverso dalla casa di
metallo. Prima di tutto: è terribilmente scrostato (cioè, i muri
sono scrostati). Secondo: ha i tubi che ricoprono il soffitto, che è
alquanto basso. Terzo: il pavimento è bagnato, forse per tutte le
goccioline snervanti che cadono dai tubi sul soffitto. Quarto: c'è
un silenzio spettrale.
Fa
un po' schifo.
Ah,
quinto: c'è un solo corridoio, e cinque sole stanze. Stiamo andando
verso la quinta.
Didime
(sì, si chiama davvero così) trotterella davanti a noi, e dietro
abbiamo Fenicia e Mike.
E
solo un pensiero mi sta nella mente ristretta già di suo: stiamo per
vedere la famosa Signora.
Aiuto.
Qual'è
il problema? Oh, beh, è ovvio: siamo nella dimensione dove papà ha
vinto.
I
poteri hanno vinto.
Quindi
non è strano che senta circa tutto quello che mi sta attorno,
vero?
So
che Didime e Mark si sono già riappacificati, che Maurice si sente
con una e che Mike e Fenicia faranno grande sesso, stanotte (e lui
non verrà castrato, per la felicità dei suoi coglioni). So che Evan
sta cercando di ricordare cos'è successo negli ultimi anni...non
solo perchè non vuole pensare a tutto quello che ha fatto, ma anche
perchè non riesce a ricordare il volto di Dan.
So
tanto, sì...ma non è soltanto un sapere, quello che provo quando
l'ultima prova viene aperta e sento la voce della Signora.
È
anche un riconoscere.
-Ivy.
Sapevo che sarebbe arrivato questo momento.- dice Karen Faber con
voce commossa.
Sì.
Mia madre.
Siamo
una famiglia esplosiva.
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Capitolo 8 *** Poi si vedrà ***
-Diciamo
che è una cosa un po' strana.- dico dopo qualche istante.
Stranamente, non intendo il fatto che, in teoria, se fossi la Ivy di
questa realtà non dovrei vedere mia madre da, circa...diciasette
anni? Mi pare strano il fatto che la prima volta che ho visto mia
madre oggi sia stata quando ha bussato alla mia porta dicendo il
classico "Ehi, c'è qualcuno in casa", mentre la
seconda...beh, è adesso.
È
la capa della roba simile a un'organizzazione che vuole combattere
mio fratello. Quindi, praticamente, vuole ammazzare suo figlio.
Ma
soprattutto...mica doveva essere morta quando sono nata io?
Tutto
molto chiaro.
-Sì.
Lo è anche per me.- replica Karen Faber (come la devo chiamare,
mamma? Perchè in teoria non sono uscita dalla sua pancia, eh). Mi
studia per qualche istante, e mi chiedo se l'espressione che ha sia
simile a quella che ho io quando faccio lo stesso. Non ho mai visto
la mia vera madre fare un'espressione del genere.
-Lo
so che non sei tu, la bambina che ho partorito diciassette anni
fa...ma, insomma...-
-Sì.
Non sai che aspettarti, visto che la Ivy di questa dimensione non
l'hai mai vista.- noto io con grande diplomazia. Non è una cosa
fantastica da dire, insomma, è come se l'accusassi implicitamente di
avermi abbandonata...ma boh, non sento di avercela con lei.
E
so che lei lo sa.
Mi
viene in mente una domanda strana, così, all'improvviso (a quanto
pare il mio cervello elabora più velocemente di quanto abbia mai
pensato, strano) e le chiedo:
-Ma...perchè
non hai mai provato a cercarmi nelle altre dimensioni?-
-Voglio
occuparmi dei miei figli, non lasciarli al loro destino.- replica
subito lei, come lo trovasse ovvio -E, visto che te ti ho già
persa...non voglio abbandonare Nathan. Non ora.-
-Non
ti sei fatta tutti questi problemi quando mi hanno uccisa.- dico io.
Ok,
forse un pochino ce l'ho con lei.
Sono
cattiva? Sì.
Lei
è stata cattiva? Sì.
La
me della realtà da cui sono scappata la settimana scorsa sta
tornando, mi sa. Antipatica come sempre, ovvio.
La
carissima Karen Faber fa un'espressione un po' ferita, prima di
mascherarla dietro un'impassibilità impossibile e dire:
-Ho
dovuto. Lewis mi avrebbe uccisa...-
-Sarò
un poco, come dire, di vecchie vedute...ma io avrei preferito morire
che vedere mio marito uccidere mia figlia per poi essere ucciso dal
figlio che dopo gli ha fregato il posto di tiranno dell'anno.- noto
ancora io.
Recepisco
dopo qualche secondo (di troppo) che forse sono stata un po'
dura...ma la cosa non mi tange.
Che
mi succede? Un tempo non l'avrei mai fatto, anzi, avrei sentito le
emozioni di questa mia madre e avrei cercato in tutti i modi di farla
felice.
Beh...ne
è passato di tempo, da quel tempo. Una settimana...intensa.
È
bastata una settimana da persona normale per farmi capire com'è una
vita vera e farmi odiare dal profondo dell'anima tutto il casino
delle altre dimensioni?
Nella
stanza è calato un silenzio alquanto imbarazzante. Cioè,
imbarazzante per la me del passato...ora quasi non ci bado.
-Ehm...chiedo
venia per l'interruzione, capa, ma ho un paio di notizie.- interviene
Maurice (ma da dove è spuntato?). Karen Faber si volta verso di lui,
non perdendo quell'espressione impassibile.
-Dimmi.-
-Faber
non sa che lei è qui.- annuncia il minore dei fratelli
della muerte con un sorrisetto soddisfatto -Non sa
neanche che Sanders è qui, del resto...-
-Ma
se ne accorgerà.- lo interrompe Fenicia. Alla faccia di chi diceva
che io sono la persona più pessimista del mondo, la sua faccia
sembra dire "Siamo sopravvissuti pure oggi. Wow."
-Te
l'ho mai detto che sei la personificazione dell'allegria, Fen?-
chiede tranquillamente Mike, al suo fianco, ricevendo come premio
un'occhiata assassina.
Sembrano
odiarsi così tanto, sempre ad insultarsi o a incenerirsi con gli
occhi...eppure lo sento, che morirebbero per salvarsi a vicenda.
La
cosa più importante, però, è che tutti loro lo farebbero: sono
come una grande famiglia, non tanto felice ma solo per cause esterne.
E
qua mi chiedo: che ci faccio io qua?!
-Per
ora non lo sa, quindi siamo in vantaggio noi.- li interrompe Mark
prima che Mike e Fen degenerino in un battibecco (come accade a me ed
Evan...che ora se ne sta qua a sentire tutto, tranquillamente)
-Abbiamo un po' di tempo per arrivare al generatore prima di loro
e...-
-Scusate
un secondo.-
Si
voltano tutti verso di me così velocemente che io mi chiedo:
ricevono così poche visite da non essere abituati a sentire una voce
sconosciuta? E loro dovrebbero aiutarmi a sconfiggere Nathan?
Siam
messi bene.
-Potreste
spiegarmi perchè diavolo mi avete rapita dalla mia
bellissima e tranquillissima vita? O...non c'è una motivazione
precisa e sperate soltanto che ci sia una botta di culo in cui io
trovo Nathan e lo ammazzo e poi vengo ammazzata dai suoi?-
-Niente
di tutto questo.- mi risponde Didime con un sorriso solidale sul
volto cereo (ma quanto cazzo è bianca?).
-E
allora cosa devo fare?- chiedo io, visto che la bianca non sembra
voler dire altro. Gli altri si scambiano qualche sguardo, come se non
sapessero da dove cominciare...e, a super sorpresa, è qualcuno che
conosco da più di un giorno che mi spiega tutto.
Secondo
me prima o poi Evan chiederà che lo assuma a vita come quello che mi
spiega tutto ogni volta.
-Sono
successe un po' di cose, da quando sei morta.- comincia. Con quel
tono tranquillo, quello che ha sempre avuto in ogni dimensione.
Ah,
il mio spiegatore ufficiale.
-Faber,
Lewis Faber, è riuscito a catturare tutti noi: te, me,
Nathan, Jack e Bill. A tuo padre è sempre piaciuto sperimentare,
l'abbiamo capito dopo quello che ha fatto a Mina, quindi non è così
sorprendente che ci abbia provato anche con noi. Non so che fine
abbiano fatto Jack e Bill, penso che siano morti...-
No,
Ivy. Quelli non sono i Jack e Bill che conosci, sono quelli di
un'altra dimensione.
Non
sono i miei amici. Devo ricordarlo.
-...comunque,
Faber ha smesso quasi subito di provarci con me perchè ha capito che
sono immune ai vostri poteri.-
-Ma
io riuscivo a leggerti la mente, prima.- noto, davvero confusa. Evan
mi fissa, confuso più di me.
-...no,
invece. Non ce l'hai mai fatta, nessuno di voi pensatori
ce l'ha mai fatta.-
-Ah.-
dico semplicemente. Boh, magari in questa dimensione è andata così.
-Sì, ok, fa niente. Vai pure avanti.-
-Ok.
Allora...sono rimasto loro prigioniero per un po', non mi ricordo
tanto. So perfettamente, però, che Faber ha fatto esperimenti anche
a Nathan, ed è così che l'ha potenziato e traviato. Vostro padre vi
teneva come ostaggi l'uno per l'altro, sapeva che non avreste tentato
di ribellarvi sapendo che uno di voi due rischiava di essere
torturato...ma un giorno lui ti ha uccisa in uno dei suoi
esperimenti, e Nathan l'ha sentito; ma ha deciso di fare finta di
niente, aspettando un momento migliore per entrare in azione. È
diventato così potente da poter uccidere Faber appena quello l'ha
liberato, pensando di poter controllarlo. Poi è stato semplice: i
pensatori sotto Faber senior hanno cominciato a seguire Faber Junior,
e lui mi ha convinto ad aiutarlo perché cercava "un modo per
far convivere pensatori e normali"...così ha potuto sfruttarmi
a dovere per togliere di mezzo i pensatori che volevano opporsi alla
sua tirannia.-
No,
un attimo...cosa?
-Cosa?-
-Non
tutti la pensavano come lui: alcuni non lo volevano come capo, altri
lo ritenevano troppo crudele. Sono stati alcuni di questi ultimi che
hanno rivelato l'esistenza dei pensatori ai normali, pensando che
avrebbero reagito bene...e ovviamente parecchi normali hanno reagito
male. Così Nathan è diventato più crudele e ha cominciato a
eliminare quelli troppo estremisti, che fossero normali o pensatori.-
continua Evan sempre tranquillamente. Oh, beh, non è lui quello che
ha assistito auditivamente alla cagata magistrale fatta dal presunto
tiranno questa mattina.
-Normale.-
-Per
noi sì.- interviene Mark, poi continua:
-Comunque...noi
veniamo da un gruppo di pensatori che non vuole seguire i metodi di
Faber. Certo, abbiamo capito che i normali ci dànno la caccia, ma
non vogliamo ucciderli per questo. Sono solo spaventati, no? In
teoria ci occupiamo di scovare le diavolerie tecnologiche che usano i
normali per scovare i pensatori ed internarli; ma qualche tempo fa
abbiamo catturato Sanders e gli abbiamo impiantato un rilevatore. Per
questo l'abbiamo trovato quando è venuto a cercarti nella tua
realtà.-
-Ecco
perché vi avevo sempre tra i piedi.- nota Evan, con un tono
infastidito che mi fa preoccupare: in teoria dovrebbe essere loro
grato perché loro gli hanno ridato la memoria...di certo non
dovrebbe essere infastidito. Eppure ormai dovrei sapere che mi
preoccupo per nulla, perché passa un secondo che lui sorride e
aggiunge:
-Beh,
penso che sia stata una fortuna l'avervi tra i piedi, in fondo.-
In
una via indiretta li ha ringraziati per avergli dato una mano, e pare
che nessuno dei presenti se lo fosse aspettato: deve avere proprio
una brutta fama in questa realtà.
-Ok,
adesso so che è successo.- dico io per rompere il silenzio che è
calato. -Ma non ho ancora capito una cosa.-
-Spara.-
fa Maurice, sorridendo affabilmente.
-Perchè
mi avete portata qui? Se ho capito bene, là fuori c'è la gente
normale che vi vuole ammazzare perchè siete pensatori, e i cattivi
di Nathan che vi vogliono ammazzare perchè non siete dalla loro
parte. Che possiamo fare noi?-
Noi.
Ho appena detto noi.
Fantastico.
È
il turno della mia non madre. Si schiarisce leggermente la gola e
spiega:
-Nate...Nathan ha
qualcosa di grande, in mente. Non si accontenterà che i pensatori
comandino sugli altri normali, lui vuole che ci siano i pensatori...e
basta.-
-Quindi...-
comincio, ma non riesco ad andare avanti. Il cervello ha realizzato
cos'ha detto la mamma (questa mamma...sì, ok, va bene)
ed è arrivato alla conclusione prima di me.
Un
genocidio? Cioè, Nathan?!
Il
figlio supera il padre?!
Nathan,
il mio fratellone...vuole uccidere migliaia di persone innocenti.
Cosa posso fare io?
-Sì.
Quindi...sì.- fa Mark. Ha un'espressione cupa, mentre aggiunge:
-Non
sappiamo esattamente come farà, ma sappiamo che c'è un dispositivo,
noi lo chiamiamo "generatore", che può effettivamente
uccidere tutte le menti più deboli: tutte le persone normali.-
-Ma
non sappiamo nè dove sia, nè come funzioni...nè come bloccarlo.-
finisce per lui Didime.
E
qua tocca a loro, restare sorpresi: Evan ha la risposta a tutto.
Del
resto, è lo spiegatore.
-Questo
lo so io.-
Si
voltano tutti verso di lui...e non mi sorprende, il sogghigno
soddisfatto che c'è sul volto di Evan.
Stranamente,
però, lui guarda me mentre continua:
-Il
generatore può essere attivato solo da Nathan...e si trova in
Danimarca. Non so dove, ma è lì. Comunque...il generatore può
essere sia attivato che distrutto da qualcuno potente quanto Nathan,
ed è per questo che mi ha mandato ad ucciderti. Per evitare che tu
lo distruggessi.-
-Chiaro.-
faccio io -Praticamente sono l'unica che può distruggerlo.-
-Fantastico.
Noi pensavamo che tu potessi solo bloccare in qualche modo
Faber...così potrai anche salvare il mondo!- esclama Mike fin troppo
allegramente.
Devo
salvare il mondo. Di nuovo.
Fantastico.
-Calma,
però.- dico subito, sperando di interrompere quello che ho visto
nascere su tutti i loro volti -Anche se (e dico se) riuscissi
a spegnere quella macchina e a mettere fuori gioco il cattivo...chi
vi dice che tutto tornerà alla normalità? I pensatori ci saranno
comunque, idem per la gente normale.-
-Abbiamo
qualcosa che potrebbe cambiare tutto.- ribatte Maurice. Così,
allegramente al massimo.
Devono
sapere qualcosa che io non so, per avere un sorriso così speranzoso
sui volti.
È
Mike a dire, sempre più allegro:
-Stiamo
cercando il Libro, e siamo abbastanza sicuri di averlo quasi in
pugno.-
Ah.
Talà,
eccolo qua.
-Il
Libro. Quello che mi ha fatto creare la nuova dimensione?-
-Quello
che Faber avrebbe voluto farti usare per sconfiggere gli scienziati,
prima di capire che sarebbe stata una cazzata e rinchiuderti con
tutti noi.- mi corregge amabilmente Evan. Io lo guardo come a dire
"Sì, intendevo quello, hai capito", poi chiedo ancora:
-Pensate
che sul Libro ci sia scritto un qualcosa per sedare tutti i pensatori
violenti e tutti i normali troppo spaventati?-
-Meglio.-
risponde Didime. Le brillano gli occhi, come se volesse dire qualcosa
di eclatante, ma è Mark che afferma:
-Sappiamo
di una formula capace di cancellare completamente i poteri da questa
realtà.-
Ah.
Wow.
Perchè
provo un vago senso di deja-vù?
Faccio
per dire qualcos'altro (qualcosa come "avete un culo tremendo",
o "ma io tornerò a casa, dopo?")...poi Maurice mi espone
le sue papille gustative in uno sbadiglio enorme, e mi
trattengo a stento dallo scoppiare a ridere.
Comunque,
non sono l'unica ad averlo notato; la mia non madre sorride
leggermente e dice:
-Hai
ragione, è un po' tardi. Che ne dite se discutiamo di tutto quello
che abbiamo da fare questa mattina?-
Quasi
fosse un segnale Mark e Didime, Maurice, Mike e Fenicia escono dalla
stanzetta borbottando vari "'Notte" "Buonanotte"
"A oggi" con tono un po' stanco.
-Ma
che ore sono?- domando. Nella realtà senza poteri non erano mica le
tre?
-Due
del mattino.- mi risponde candidamente Karen Faber -Tra sei ore ci
dovremo svegliare...molto probabilmente partiremo subito per andare
in Danimarca. Lì potremo metterci in contatto con i nostri alleati
pensatori, valutare come andare avanti, soprattutto per trovare il
generatore...poi si vedrà.-
Poi
si vedrà. Certo, come sempre.
Fin'ora
non è che sia andato così fantasticamente, eh.
Karen
Faber, mia non madre, ci indica le uniche due camere rimaste libere
del corridoio e ci augura la buonanotte, chiudendosi nella stanza in
fondo alla base.
-Che
casino.- dico non riuscendo a trattenermi quando arrivo alla porta
della mia nuovissima stanza, di fronte a quella di Evan.
-Già.-
risponde lui, al massimo della loquacità.
Mi
sto voltando verso la porta per aprirla, quando sento una mano
prendermi per un braccio e farmi girare.
Poi,
tranquillamente, Evan mi bacia.
Un
bacio leggero, così veloce che quasi non ho tempo di realizzare
cos'è successo. Lo so, sono lenta di cervello. Non è una novità.
Dopo
un istante Evan si allontana. Fa un mezzo sorriso, un po' di scuse e
un po' con gli occhi che brillano.
-È
da due anni che era in sospeso. Giusto?-
-Giusto.-
concordo io nella mia vitalità cerebrale. -Beh...beh, buonanotte.-
Quasi
non sento la risposta che mi dà lui: apro la porta, entro nella
camera, mi chiudo dentro e mi siedo per terra. Sono comoda così.
Come
fosse la prima volta che mi bacia, certo.
Poi
mi viene in mente: in effetti è la prima volta che questo
Evan mi bacia.
Sarò
così perchè sono psicologicamente instabile? O perchè non avevo
più speranza che questo Evan tornasse ad essere il mio Evan?
Comunque
sia, mi sa che devo farmi curare. O prendermi dei tranquillanti, così
non scapperò più di fronte alle cose inaspettate che, a quanto
pare, si ostinano a tartassarmi la vita.
Tipo
Evan, per fare un esempio. A caso, eh.
Che
casino.
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Capitolo 9 *** Chiaccherate tra volatili ***
Sarà
che non ho mai visto il mare e per questo ero super emozionata prima
di vederlo (e morire, ma questi son dettagli)...ma è giusto che non
sia per niente impaurita nel dover prendere l'aereo? Cioè,
emozionata sì...ma impaurita no. Per niente.
Sarà
che ora sono foderata dalla paura. Beh, meglio per me.
-Non
hai paura?- mi chiede Maurice. Sì, perchè l'unico compagno che ho
nel raggio di due sedili è lui: Evan è tra mia madre e Mark, Didime
e Fenicia leggono gli opuscoli della compagnia aerea (e sembrano pure
divertirsi) e Mike è tutto solo dietro a loro, quindi davanti a noi.
Io
faccio un'espressione indifferente:
-Nah.
Non ho mai volato, non so se devo aver paura o no. Devo aver paura?-
-Nah.-
replica lui, scimmiottando il mio tono. Me la prenderei con lui...se
non avesse un'espressione così simpatica. Sì, dai, Maurice è
quello che mi sta più simpatico tra i fratelli della muerte.
Per
quel che li conosco, eh.
-Lo
sai che c'è più probabilità di cadere con l'aereo che di vincere
alla lotteria?- continua Maurice.
-Davvero
rincuorante.-
-Io ho
appena vinto alla lotteria. Davvero rincuorante, eh. Proprio. Sul
serio.- interviene una voce.
Realizzo
dopo qualche istante che la voce appartiene a quello seduto al posto
accanto a me, un tipo sulla trentina con le mani che stanno
distruggendo un opuscolo e un'espressione da "bene, tra poco
moriremo".
E
qua mi domando: da quant'è che ho una faccia così simpatica da
invogliare un completo sconosciuto a intervenire in una mia
conversazione?
'Sta
cosa non va bene, eh.
-Ops.
Pardon.- sorride tranquillamente Maurice, come fosse normale parlare
con i compagni di volo. Il tipo gli lancia un'occhiata semi
assassina, semi comprensiva.
-Niente,
niente. Non è mica colpa tua. È colpa mia, ho crocettato io quelle
caselline e ho vinto io.-
-L'aver
vinto non mi sembra una cosa così brutta.- noto io.
Sì...io.
Da
quant'è che rispondo ai completi sconosciuti che intervengono nelle
nostre conversazioni?
Eh,
il mondo cambia.
Il
tipo ci getta un'altra occhiata, poi risponde:
-Sarebbe
bello, se un altro gentile signore non avesse vinto con me. Ora
dobbiamo trovarci e sistemare la faccenda, e quasi certamente io
perderò ogni moneta dei soldi che non ho mai neanche potuto vedere.-
-Fantastico.-
dico tranquillamente io mentre Maurice sorride:
-Magnifico.-
Il
tipo ci getta l'ennesima occhiataccia, scandagliandoci per bene. Poi
fa:
-E
voi dove li trovate i soldi per fare una gita romantica, eh?-
No,
dai.
Questo
no, è troppo.
-Non siamo
fidanzati.- mi sento rispondere all'istante. Sarà che ormai mi sono
abituata?
Maurice
sorride tranquillamente:
-Siamo
amici, stiamo facendo una gita e basta. Sei mai stato a Copenhagen?-
Il
tizio fa spallucce, poi sussulta e stringe il sacchetto pre vomito
nella mano sinistra.
-N...No.
Mai. Mi piace, però, penso sia una bella città.-
-Per
la Sirenetta degli Andersen?-
-Per
l'incendio.-
Questo è
interessante.
-...l'incendio?-
ripete Maurice, sinceramente confuso.
-Per
il bombardamento inglese, nel 1800...mi pare.- gli spiego io (che
brava persona sono). Ma questo di certo non spiega perchè questo
piaccia al tizio accanto a me.
Sì,
non vorrei ritrovarmi vicino un piromane. Voglio saperlo solo per
sicurezza, eh.
-1807.-
replica all'istante il tizio -Per quel bastardo di Nelson.-
Oh,
fantastico. Uno con la memoria lunga?
Poi
i motori si accendono e il tizio si zittisce per tutto il tempo in
cui l'aereo decolla.
Ed
è una figata pazzesca. Il volare, intendo...semplicemente pazzesco.
Ci
sono le nuvole sotto, le nuvole sopra e una striscia azzurra in
cielo...con il Sole che brilla proprio lì in mezzo.
Che
figata pazzesca.
Per
fortuna sono resuscitata.
-E
voi, perchè andate a Copenhagen?-
-Dicono
sia una bella città.- rispondo io senza voltarmi. Di certo il cielo
fuori dal finestrino è meglio del colorito che deve avere il grande
amante del volo che è il mio vicino di posto.
-E
non avete paura?-
-Di
cosa?- interviene Maurice, sporgendosi leggermente per guardare il
tizio, e quindi io lo imito.
Sì,
c'avevo azzeccato sul colorito del tizio.
Lui
ammicca e dice, come fosse ovvio:
-Dei
pensatori, no? Dicono siano parecchi e che si stiano riunendo in
Grecia, in Messico e in Danimarca. Ma non li vedete i notiziari?-
Quello
che ho visto io nella mia realtà dava bel tempo per tutta la
settimana.
Maurice
fa spallucce, quasi fosse un discorso da niente:
-Non
mi fanno tanta paura. Del resto, che possono fare nel concreto?
Leggerci nella mente mente e basta...-
-Non
quelli di quello là...Faber.- lo interrompe il tizio (sembra ben
informato) -Loro sono armati. E se uno ti legge nella testa riesce
anche a capire quale sarà la tua prossima azione...ed ad agire per
primo.-
-Ma
perchè dovrebbero voler di certo uccidere?- chiedo io. Sì, alla mia
mente ultradimensionale 'sta cosa sembra un po' strana.
Il
tizio fa una faccia filosoficamente scazzata:
-Chiedilo
a quelli che hanno ammazzato. Ci credo che ora gira dappertutto la
polizia, se ci sono squilibrati del genere...-
-Non
è detto che siano tutti squilibrati. Di certo ci sono pensatori non
assassini, no?- lo interrompo ancora io. 'Sta cosa mi fa proprio
incazzare, specie considerando che abbiamo sprecato un casino di
tempo in aeroporto prima di partire, a causa di tutti i controlli
anti-pensatori che il governo ha deciso di piazzare lì; curiosamente
non è scattato nessun allarme quando sono passata io sotto i
controlli.
Il
tizio mi fissa di nuovo, e dice:
-Allora
perchè non hanno ancora fatto niente per fermare quelli simili a
loro?-
-Magari
sono in pericolo le loro famiglie, magari temono che la gente li
linci solo perchè sono pensatori.-
Questo
lo zittisce.
Il
tizio sembra pensarci su per qualche istante, poi fa spallucce e
dice:
-Di
gente stupida che lincia una persona solo perchè è diversa ce n'è,
in effetti. Però...se mi ritrovassi vicino un pensatore non so cosa
farei. Probabilmente lo denuncerei, penso...beh, sempre che me ne
accorga, è impossibile riconoscerli...-
Questo
è divertente.
-...e,
chissà, magari voi siete pensatori e io neanche me ne sono accorto!-
nota, e scoppia a ridere per la prima volta. Io e Maurice lo seguiamo
a ruota...non so dal suo canto, ma dal mio è una risata davvero
divertita.
Perchè
questo è fottutamente divertente.
E
qual è la cosa più strana? Non mi è mai venuto in mente, neanche
per un istante, di leggere nella mente di 'sto tizio.
-Direi
che è una cosa reciproca, no?- nota Maurice quando smette di ridere.
Il tizio annuisce:
-Non
ci si può più fidare di nessuno.-
-Come
sempre, quindi.- faccio io, tornando all'allegrissima Ivy di due
settimane fa. Ma quanto ero allegra?
Maurice
alza gli occhi al cielo. Io lo guardo male. Il tizio sorride, un poco
stancamente...almeno non ha più un colorito da vomito.
E
ho una stanchezza gigante, addosso. Fantastico, mi mancava tutto
questo tramtram...visto che, appena arriveremo all'aereoporto, ce ne
andremo in pullmino a una base di pensatori alleati di mia madre.
Sperando che ci vogliano aiutare, ovviamente.
Quindi:
il mio culo diventerà ancora sformato per il troppo stare seduta.
Fantastico.
-Sta
meglio, ora?- domanda Maurice al tizio. Lui gli sorride stancamente:
-Sì,
un po'. Vediamo come andrà l'atterraggio, ma per adesso ho dovuto
ricredermi sulle capacità di volo del metallo alato.-
L'allegria
non manca nemmeno a 'sto qua, eh.
In
questo momento passa un'hostess con il carrello delle cibarie. Io e
Maurice decliniamo l'offerta di sostanze commestibili (il mio stomaco
non approva l'ossessione per la sicurezza di questa mia madre) e,
quando lo chiede a lui, il tizio fa un sorriso più che falso:
-Visto
che me l'avete negato all'imbarco perchè non ho pagato quello schifo
in più per il cibo, potreste almeno evitare di chiedermelo ora.-
Questo
è più sfigato di me, eh.
Lascerei
correre...se l'hostess non facesse una faccia così merdosamente
antipatica.
ANDIAMO,
UNO STUZZICHINO SE LO MERITANO TUTTI.
E
all'improvviso accade il miracolo: l'hostess sorride, prende un
pacchetto di noccioline e lo consegna al tizio mentre dice:
-Questo
lo offre la ditta...per chiedere venia a causa del trattamento. Buon
proseguimento.-
E
se ne va senza dire altro. Il tizio guarda il pacchetto, poi me e
Maurice, poi il pacchetto, poi ancora noi.
-Non
me lo sono sognato, vero?-
-No.
Credo di no.- sorride Maurice con un'espressione tranquilla -Avanti,
goditelo, ora che ce l'hai.-
Non
dovevi farlo.
Getto
un'occhiata veloce e scazzata al mio compagno di viaggio.
Tanto
non se n'è accorto nessuno.
...o
almeno spero.
Vanamente,
ovvio. Perché è più semplice pensare che Nathan non si sia accorto
di niente, piuttosto che sospettare che in qualche modo abbia
scoperto il mio arrivo in questa dimensione e il ritorno dei ricordi
di Evan, e che abbia mandato qualcuno a seguirci nella nostra
scampagnata in Danimarca.
Sfortuna
vuole che non sappia che quel qualcuno è su questo stesso aereo.
Troppo
ingenua, Ivy, troppo ingenua.
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Capitolo 10 *** Lezioni di danese e caos...come sempre ***
Il
furgoncino alfine si è rivelato essere un minibus, con venti posti e
il navigatore dalla voce odiosa. Odiosa perchè, a parte non
conoscere neanche una parola in inglese, ha quel caratteristico tono
dei navigatori che farebbe andare in bestia chiunque.
Fatto
sta, però, che sia anche un navigatore intelligente...o almeno lo
sembra, visto che ci sta mandando proprio alla base di pensatori di
questa magnifica città.
Io
me ne sto seduta in seconda fila, tranquilla tranquilla. Sì, a volte
non sono reattiva come un chiwawa in una centrifuga. Capita.
Mi
piace la Danimarca. Cioè, quello che ne ho visto...quindi quasi
niente. Ha tanto verde e tanti fiori e il cielo tanto grigio.
Piacerebbero
a papà.
Una
cosa che non mi piace sono i continui pedaggi per tutte le strade.
Insomma, ci saremo lasciati l'aereoporto alle spalle da almeno
mezz'ora e abbiamo già pagato cinque volte!
Stavolta
però c'è un tizio a prendere i soldi.
-God
morgen. Èn og halvtreds Kroner, bedes.-
Ok.
Per fortuna non sono io a guidare.
Mia
madre arraffa qualche moneta dall'incavo del cruscotto in cui ha
infilato i soldi (che sono corone danesi...quante cose s'imparano,
facendo queste scampagnate), le dà al tipo e sorride
tranquillamente.
-Er
rigtige?-
-Ja.
Tak og farvel, dame.-
-Tak.-
Dette
queste cose molto sensate, mia madre ritira su il finestrino e
rimette in moto...non prima che tutti gli spifferi di freddo
esistenti in questa terra amletica raggiungano la sottoscritta.
A
casa non fa così freddo. Cioè, mi aspettavo molto peggio (la
Danimarca mica era vicina al circolo polare artico...o no? Non sono
una cima in geografia)...ma fa freddo lo stesso.
Ma
non sembra un freddo naturale. Insomma...ce l'ho addosso da quando ho
sentito quella specie di qualcosa sull'aereo. Come una presenza.
Una
presenza che conosco.
E,
considerando le mie conoscenze...non è un bene, vero?
Sono
così immersa in queste mie pare mentali che non mi accorgo neanche
che qualcuno si è avvicinato...finchè mi tira in testa qualcosa di
pesante.
-Che
cazz...?- faccio mentre mi tiro via dalla capoccia il qualcosa, che
si rivela essere un giaccone nero come la mia anima (muahahah).
Evan
si siede stancamente accanto a me e mi lancia una delle sue
occhiatacce scazzate:
-Hai
solo una felpa e sei a Copenhagen. Fa freddo.-
Poi
se ne sta zitto. Io non riesco a trattenermi (perchè, ci sono mai
riuscita?) e commento:
-Sembrerebbe
quasi una cosa carina, il darmi la giacca...se tu non avessi quella
faccia.-
-Perchè?
Che faccia ho?-
-Sembra
che stia pianificando un omicidio di massa. Non dimenticarti di
coinvolgermi, eh, voglio ammazzare anche io qualcuno...a cominciare
da Nathan, magari. Strozzandolo. A mani nude...o con i lacci delle
sue scarpe? Sì, ci starebbe morire soffocati dai propri lacci. Bene,
ho deciso come voglio morire...-
-È
che mi fa male la testa.- sbotta lui, interrompendomi. Bene, mi
chiedevo quanto avrei dovuto continuare a divagare per farmi
interrompere.
Ma
la cosa che vedo non mi piace: si sfrega gli occhi, si china e si
prende la testa tra le mani...come se stesse davvero male.
Evan
che sta male? Quando mai? Non è mai successo! È stato solo
minacciato, pestato, avvelenato ed è solo crepato un paio di volte.
-Male
in che senso?-
-Nel
senso che ha. Me la sento scoppiare...e fa male.-
-Non
è che è perchè hai dormito poco?- ipotizzo io. Lui mi guarda
ancora male:
-Ho
passato due anni a inseguire e ammazzare gente e tu pensi che mi
faccia male la testa perchè ho dormito poco?!-
-Ok,
ok. Scusa.- sbuffo. Perchè devo essere sempre rimproverata? Prima
Maurice che mi ha sgridata perchè ho aiutato il tizio dell'aereo,
ora il morto che cammina...manca solo che pure Nathan Versione
Cattiva mi rimproveri.
-Comunque
mettitela e basta, o me la riprendo.-
-Obbedisco.-
faccio io, infilandomi la sua giacca nera come i nostri animi
(muahahahahahahah).
Poi
mi viene in mente: e se parlando di altro il mal di testa
scomparisse? Potrebbe funzionare.
Che
genio che sono.
-Sei
già stato in Danimarca?-
Lui
resta col volto appoggiato alle mani, mentre mi bofinchia dietro:
-Ovviamente.-
-Quindi
qualche parola di danese la sai?-
Questo
almeno gli strappa un sorriso. Solleva un po' la testa e mi guarda
ironicamente, poi dice:
-Vuoi
sapere come si dice "fanculo", vero?-
-Beh...anche.-
Ma
come fa a leggermi sempre nella mente, lui che non è un pensatore?
-Kneppe
skiderik. Dillo a Nathan.-
-Significa
"vaffanculo"?-
-Significa
"fottiti bastardo". È meglio, no?-
Ah,
come mi capisce sempre.
-Altre
parole? Non è che potrò dire a ogni danese che incontrerò kneppe
skideche...-
-Skiderik.
Beh, se vuoi puoi dire tæve hore.-
-Che
sarebbe...?-
-Puttana
cagna. Poco fine ma sempre efficace.-
-È
così divertente parlare con te.- me ne esco io con molta
nonchalance. -Imparo sempre nuove parolacce...mi piace.-
-Dai,
ti insegno qualcosa di decente.- sbuffa Evan come se mi volesse fare
una grande concessione, raddrizzandosi leggermente. Io faccio
spallucce:
-Va
beh. Sentiamo.-
La
cosa ironica è che voglio davvero imparare qualche parola.
-Du
vil ikke dø...eller jeg vil dø.-
-Ellamadonna,
questo è troppo, dai.- sbuffo. Che pensa, che sia super
intelligente?!
Così
esagera.
Evan
fa filosoficamente spallucce:
-Pazienza,
così non saprai mai cosa significa.-
-Ma
come, non me lo dici te?-
-Scordatelo.-
-Ma
perchè?! Perchè...era una cosa brutta, vero? Una bella bestemmia, o
un insulto verso di me?! Cos'era quella roba...ah, sì: kneppe
skiderk!-
Sì.
Me la prendo per poco.
Capita.
-SkiderIk.-
-Fanculo.
Dimmi cosa significa.-
-Scordatelo.-
-Ti
posso costringere.- provo io. Ovviamente non attacca: Evan ghigna da
persona crudele quale è e dice:
-Con
me non funziona. Rinunciaci.-
-Dimmelo.-
-Scordatelo.-
-Dimmelo.-
-Scor.da.te.lo.-
-Dai,
dimmelo.-
-No.-
-Da...-
Solo
qualcosa di davvero, davvero grande potrebbe farmi rinunciare al
tartassare Evan fino alla sua confessione...e infatti accade.
Il
qualcosa di davvero, davvero grande, intendo.
Praticamente:
la Karen Faber di questa dimensione frena nel bel mezzo della strada
a più corsie e trafficata che stiamo percorrendo.
Così.
Sbatto
contro il sedile davanti e sento l'aria uscire violentemente dal mio
petto. Poi qualcosa mi tira indietro e mi tiene dritta...e mi accorgo
che è la mano di Evan.
-Che...che
cosa...?-
-Sta'
ferma.- mi dice lui. Controlla ancora che sia ben appoggiata al mio
schienale, poi comincia a guardarsi attorno.
-Gli
altri?- gli chiedo io, sbattendo qualche volta le palpebre.
Sì,
dai, non sto male. Mi fa male il collo e la schiena...ma almeno sono
intera.
E...cosa
cazzo è successo?!
Volto
la testa verso la parte posteriore del minibus. Didime sta
controllando il taglietto che Mark si è fatto sbattendo la testa sul
sedile davanti...e Mike e Maurice cercano di togliere gli occhiali a
Fenicia senza che le lenti rotte di quelli si spacchino
completamente, accecandola.
Nel
complesso sembrano stare bene.
Poi
guardo in avanti: anche la guidatrice sta bene.
Sembra
solo...scioccata.
-Ma...mamma?
Cos'hai?- le domando io. No, non mi accorgo nemmeno di averla
chiamata "mamma".
Lei
non mi risponde. Farfuglia qualcosa d'insensato:
-I...i
suoi...i suoi occhi...n-non è possi...possibile...-
-Mamma?-
dico ancora. Mi sembra quasi naturale l'alzarmi per andare accanto a
lei...ma qualcuno mi costringe a restare seduta.
-Non
muoverti da qui.- fa Evan. Sento distrattamente qualche clacson che
suona, ma non mi chiedo perchè facciano tutto quel casino.
Perchè
ho visto: Evan è spaventato...ma è diverso.
È
anche...forte. Sicuro. Come non lo è mai stato prima.
Si
volta anche verso gli altri, e subito lo imito. Il taglietto di Mark
sanguina ancora, Fenicia ha addosso un nuovo e non distrutto paio di
occhiali; tutti hanno delle espressioni impaurite e stanche.
Sembra
quasi che si aspettino di morire da un secondo all'altro.
-Anche
voi. Restate qua. Cercherò di distrarlo...appena non frenerà più
il pullman dovrete ripartire.-
Dette
queste memorabili parole, Evan si alza e va da mia madre.
-Appena
vi lascerà liberi, anche se non risalgo. Dai gas e scappate.- le
dice.
E...mi
sa che mi sto perdendo qualcosa d'importante.
Senza
dire altro, Evan prende due pistole da sotto il sedile del guidatore,
apre le porte davanti ed esce.
Così.
E
solo in questo momento mi ripiglio.
-Aspetta!-
gli grido dietro raddrizzandomi, ma è troppo tardi, ormai è sceso.
No,
non può andare là fuori con quello che ha frenato il bus con la
mente (non so come lo so, lo so e basta. Sento che sta bloccando il
bus anche ora, non lasciandoci libertà di fare qualunque cosa)...non
può rischiare così.
La
mia attenzione, però, viene subito catturata da quello che ha
frenato il bus con la mente. Ora che mi sono raddrizzata lo vedo
chiaramente, piazzato davanti al veicolo...e capisco la reazione di
mia madre.
Perchè
nonostante il pallore da cadavere, nonostante le cicatrici che gli
deturpano il volto...non posso non riconoscerlo.
È
Bill.
Ma
non ha più i suoi occhi. Quelli azzurri, quelli che credevano sempre
nel meglio.
Ora
i suoi occhi sono circondati da mille cicatrici. E sono neri come la
pece...come quelli di Nathan.
Come
quelli di papà.
E
solo ora capisco perchè mia madre ha quell'espressione.
Perchè
quelli sono gli occhi di papà.
Dio
santo.
Nathan...cos'hai
fatto?
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Capitolo 11 *** Voli imprevisti e altri grilletti premuti ***
Evan
si piazza esattamente davanti al minibus e, quindi, a rigor di
logica, di fronte al mostro che un tempo fu Bill.
Non
so perchè ma mi ricorda un automa. Bill, intendo. Uno di quelli che
non hanno un'anima, come fossero comandati da lontano.
Quindi
quello non è Bill, il mio amico. Non posso permettermi di pensarlo.
Evan
tiene le pistole in vista ma non sollevate...come se avesse qualcosa
in mente. Beh, è stato gentile a non dirmi in cosa diavolo
consiste il suo piano.
Se
esiste, ovviamente.
Mia
madre è ancora paralizzata sul posto del guidatore. La affianco
cercando di non far rumore e mi accovaccio accanto a lei, continuando
a guardare il mostro che un tempo fu Bill.
Che
sta dicendo qualcosa anche se la sua bocca è cucita.
DACCI
IVY. VOGLIAMO IVY. VOI SARETE LIBERI SE AVREMO IVY. DACCI IVY E
POTRETE ANDARE. VOGLIAMO IVY. SOLO IVY.
Non
è propriamente come il traviamento mentale made by me: lo sentiamo
tutti...ma è solo come se avesse parlato ad alta voce con questa
voce da automa (di certo non quella di Bill).
Comunque,
mi sta venendo il dubbio che Nathan l'abbia mandato per rapire me.
-E
se non te la consegnassimo?- domanda Evan. Ha un tono tranquillo, il
bastardo.
MORTE.
MORTE ALL'ARMA. MORTE ALLA FENICE. MORTE AL GENIO. MORTE AL
TRADITORE. IVY CATTURATA. DACCI IVY.
Il
mio dubbio sul fatto che mi voglia rapire sta diventando una
certezza. Ehi, sono ridiventata popolare!
E
qua mi viene una delle mie più che amate illuminazioni: il mostro è
telecinetico...ma non è telepate. Perchè per essere telepate devi
avere una mente...e lui non ce l'ha. Non più.
Io
non posso comunicare con Evan perchè lui è immune, questo è un
punto a sfavore, ma intanto il mostro non può traviarci. È un passo
avanti.
-Tu
sei l'esperimento sacrificabile di Faber, l'unico che ha poteri
telecinetici. Tu dici che se te la consegnamo ci lasci vivere, noi lo
facciamo e dopo puoi ucciderci tranquillamente. Quindi non raccontare
palle e parla chiaro: ci ucciderai comunque, vero?-
VUOLE
IVY. DACCI IVY. MORTE AI TRADITORI. È INUTILE. MORTE AI TRADITORI.
-La
prenderò come una conferma.- fa Evan. Muove la testa come se stesse
annuendo, e non so perchè ho la certezza che sorrida mentre dice:
-Sei
come un orologio caricato da Faber: dici sempre le stesse cose e non
sai usare i tuoi poteri. E si sa...gli orologi che devono essere
caricati si scaricano, prima o poi.-
Che
bravo che è Evan.
Sì,
ok, ma...cosi non l'ha incitato a muovere il culo?!
Gli
occhi neri del mostro non si muovono, eppure mi sembrano diversi da
prima. Che Evan sia riuscito a confonderlo?
Beh,
magari non c'è bisogno di far tanto per confondere un mostro senza
cervello.
ALLORA
È MEGLIO CHE VI UCCIDA
SUBITO.
Che
frase lunga.
All'improvviso
mi passa per la testa una visione fugace e alquanto orribile: il
mostro scatta e uccide Evan spaccandogli la testa (perchè se è un
mostro è anche forte), entra nel minibus, uccide mia madre, i tre
fratelli della muerte, le due gemelle...e dopo prende me. Non
mi uccide, lo stronzo.
Perchè
sono sempre io quella che deve vedere gli altri morire?
Ma
la visione fugace e alquanto orribile scoppia come una bolla di
sapone quando Evan solleva leggermente le pistole e spara alle
ginocchia del mostro.
Ahi.
Deve far male.
Però
Evan ha una buona mira, bisogna ammetterlo.
-Bene.
Possiamo andare.- fa lui sciallatamente, voltandosi verso di noi con
un'espressione da "so' figo e so di esserlo" (sì, questo
conferma che lui è
Evan). Sento i cinque ammassati dietro di me che si tranquillizzano
in modo percepibile e, ovviamente, io guardo male Evan attraverso il
vetro del parabrezza. Ancora più ovviamente, lui ghigna ancora di
più...
Ed
è in questo momento che vedo un movimento strano alle sue spalle.
Evidentemente
Evan vede la mia espressione: si volta e, tutti assieme, guardiamo il
mostro Bill che si rialza.
Così,
con le rotule spappolate. Fanculo ai medici.
Sento
che non ha una mente. Sento che per questo non è vivo, e quindi non
può morire, esattamente come un automa...ma so anche che se si
tagliano le gambe a un automa, quello non si può rialzare. Magari si
muove ancora, ma...non si rialza. Punto.
Insomma:
quello che sta accadendo è leggermente impossibile.
Si
raddrizza lentamente, con calma, come se non ci fosse fretta.
Maneggia un po' con le mani attorno alle sue ginocchia, una per una,
e le fa schiccare entrambe in modo orribile per rimetterle a posto.
Poi
solleva la testa e non fissa Evan, di fronte a lui, con la bocca
comicamente spalancata per l'incredulità...
Fissa
me.
VIENI
CON NOI. NO MORTE. AIUTA NATHAN. NO MORTE.
Ma
ormai vi conosco, caro il mio mostro. So che li ucciderete lo stesso,
qualunque cosa io faccia.
Non
sono più così ingenua.
Le
scelte sono due: vederli morire oppure consegnarmi e sapere che
sono morti.
Non
voglio scegliere.
Evan
gli spara ai piedi, il mostro si accascia.
Poi,
ovviamente, si rialza.
-Porca
puttana CAGNA!- sbotta con la sua finezza Evan, sparandogli
direttamente alla testa.
Il
mostro fa un passo indietro e abbassa la testa, poi la solleva e lo
guarda.
Oh,
no...
ERRORE.
MORTE.
Il
mostro solleva una mano. Evan si solleva.
Il
mostro sposta il braccio...e mi accorgo solo ora che siamo su un
ponte. Le macchine sfrecciano accanto a noi ma sembrano lontane, non
appartengono al nostro mondo. Il fiume, invece, può farne
parte...specie se qualcuno ci viene lanciato dentro da un certo
telecinetico.
Il
mostro fa un cenno con la mano verso il lato del ponte, verso il
fiume.
Evan
si fa un voletto oltre il parapetto del ponte.
-EVAN!-
Senza
neanche rendermene conto sono scattata in piedi e sto per correre
fino al parapetto. Sì, una parte del mio cervello mi dice che il
ponte sembra alto e, sì, potrei anche tuffarmi direttamente per
riprendermi Evan...ma succede qualcosa che non avevo calcolato.
Qualcuno
mi trattiene per il braccio.
Mi
volto leggermente...e vedo mia madre. Ha gli occhi lucidi.
Mi
sta puntando una pistola alla testa.
-Non
voglio che succeda di nuovo.-
Poi
preme il grilletto.
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Capitolo 12 *** Tutto molto incasinato ***
È
universalmente riconosciuto che, nel momento in cui una persona spara
alla testa di una seconda persona, questa muore. Stranamente, ciò
non è mai strato dimostrato in modo teorico...forse perchè l'atto
pratico lo rende leggermente (ma proprio leggermente, eh) ovvio.
Beh,
non lo è più. Chi vuole fare un'altra prova per ridimostrarlo?
Si
accettano volontari.
Mia
madre (forse per lo stupore, forse rendendosi conto di quello che
sarebbe dovuto succedere) fa cadere la pistola. Stranamente nella mia
testa il suono che quella fa mentre colpisce il fondo del minibus
risuona un po' troppo forte e un po' troppo a lungo. Sarà per lo
shock di essere quasi stata uccisa dalla propria madre per, cito sue
testuali parole:"Non voglio che succeda di nuovo"?
Sono
circondata da psicopatici.
Ma...urge
una spiegazione: perchè non sono morta?
Sento
un rumore strano, come se qualcos'altro di metallico fosse caduto sul
fondo del minibus. Abbasso gli occhi...e studio per qualche istante
il proiettile che teoricamente dovrebbe trovarsi nella mia
testa. Sembra quasi che sia stato bloccato un secondo dopo essere
uscito dalla pistola, tenuto fermo nell'aria durante gli istanti che
nella mia mente si sono bloccati...e lasciato andare.
Quasi
come se ci fosse un telecinetico qua accanto?
Alzo
gli occhi e lo vedo. Eccolo lì, mostruoso come sempre. Ma...sbaglio,
o ha qualcosa che non va?
Poi
mi ricordo quello che ha detto Evan, prima: il mostro è un burattino
nelle mani di Nathan, ed è stato caricato da lui. E, se una cosa si
carica, allora prima o poi si scarica, no?
Sembra
che il mostro abbia appena sprecato tutta la sua carica per salvarmi
dalla mia psicopatica madre. È lì immobile, con la mano alzata
verso di noi e un'espressione...incredula?
Si
fissa il braccio come se non capisse quello che è successo.
Poi
guarda di nuovo me. E, lo giuro davanti a qualsiasi entità
sovrannaturale esista in cielo...i suoi occhi non sono più così
neri. O meglio: non sono più così simili a quelli di mio padre.
Nonostante
il colore, la forma, tutto sia come prima, lo vedo
chiaramente. Quelli sono gli occhi di Bill.
TI
PREGO.
Non
ha neanche il tempo di abbassare le palpebre, un secondo e bum!,
è per terra...scarico.
E
direi che sono successe troppe cose in questi ultimi cinque minuti.
Sento
delle sirene lontane. Gli uccelli cinguettano, qualcuno grida, il
fiume scorre.
È
la voce di Didime, però, che mi riporta alla realtà.
-State...state
tutti bene?-
Evidentemente
lo chiede per l'incidente e il mostro. Evidentemente questo mi
sblocca.
-Tu...mi
hai sparato.- dico ancora prima di pensarlo. Mi volto lentamente
verso la Karen Faber di questo mondo e la fisso. Ha un'espressione
tra il terrorizzato e il disperato.
-Mi
hai sparato.- ripeto, giusto per dare un po' di enfasi. Cioè, se
qualcuno ti spara è giusto pretendere almeno una fottutissima
spiegazione, no?!
Ma
lei non cambia espressione e dice:
-Pensavo
che saresti diventata come Nate. Non potevo perdere anche te. Non
c'era altra scelta.-
Sì,
il ragionamento ci sta...ma qua c'è un problema proprio grosso.
-Se
fossi una persona bastarda, cinica e senz'anima sarebbe una cosa
sensata...- comincio io sorprendendola, visto che ha appena
spalancato gli occhi. Poi aggiungo: -Ma una madre non potrebbe mai
sparare alla propria figlia. Non così. Lo so che non sono davvero
tua figlia, ma...se fosse stato il contrario io non ti avrei mai, mai
uccisa.-
E
poi danno a me della cinica senza cuore.
Visto
che non mi piace stare troppo vicina alla persona che ha appena
cercato di ammazzarmi, mi rialzo ed esco dal minibus senza voltarmi.
Sì, chissenefrega di tutti quelli che ci sono dentro...a quanto pare
è meglio starsene da soli, contando che la mia stessa madre mi ha
sparato.
Vado
davanti al minibus e mi fermo accanto al corpo del mostro.
Ha
la faccia piena di cicatrici e tutta tirata. La pelle è quasi
bianca, gli occhi sporgono e ha le labbra in una linea perfetta. Per
il resto...sì, è lui. È innegabilmente Bill.
Pure
Bill. Quanti ancora ne devono morire?
E
ora mi ricordo.
Cazzo.
-Merda.-
dico mentre corro al parapetto del ponte. Che poi, cosa mi aspetto di
vedere? La corrente l'avrà già portato via...se è sopravvissuto al
volo, ovvio.
Raggiungo
il parapetto e mi affaccio, non volendo vedere cosa penso che vedrò
ma non riuscendo a non guardare...
E
ovviamente mi sono preoccupata per niente.
-Ehilà.
Lo sai che c'è una bell'arietta, qui?-
-MA
VAFFANCULO.-
È
appeso a un filo...e non è una metafora: non so come, non so da dove
l'ha preso, ma è appeso a un filo lungo quattro metri e agganciato
al groviglio di tubi che c'è sulla parte sotto del ponte.
In
pratica: si è salvato il culo.
Io
lo ammazzo.
-Visto
che sei ancora viva deduco che l'esperimento è morto...bene.- fa
lui. Poi, tranquillamente, come nulla fosse, comincia ad arrampicarsi
sullo stesso filo che gli ha salvato il culo.
Cioè,
io non riesco neanche ad arrampicarmi sui primi due metri della
pertica della scuola.
Qualcosa
alle mie spalle stride in modo alquanto fastidioso. Mi volto subito e
sopprimo le bestemmie da scaricatrice di porto che mi sono nate in
gola appena riconosco l'auto che ha creato quel suono alquanto
fastidioso.
La
polizia, deduco dalla scritta politi sul fianco. Fantastico.
-Ehm...Evan,
c'è un problemino...-
-Se
ti levi dalle palle sistemo tutto.-
Mi
volto, e mi trovo Evan accucciato sul parapetto, più calmo della
calma e alquanto...incombente.
-Sì,
ma stai calmo.- replico levandomi dalle palle. Lui sorride
soddisfatto e torna sulla strada normale. Fa per dire qualcosa,
quando una voce poco lontana ci distrae.
-Ehi,
voi! Tutto bene laggiù?!-
Ci
giriamo verso il poliziotto che ha parlato e io, in uno scatto
decisamente insolito di collaborazione, gli rispondo:
-Tutto
bene, non preoccupatevi!-
Che
poi, è una cosa alquanto idiota da dire a un poliziotto.
-Non
muoverti.- dice all'improvviso Evan. Lo guardo, sorpresa, e seguo ciò
che i suoi occhi stanno scrutando con espressione alquanto
inquietante.
La
scritta "politi".
E
qua il cervello si riattiva completamente.
-No,
un attimo...- faccio mentre Evan si sposta davanti a me,
nascondendomi per qualche istante il poliziotto che teoricamente
dovrebbe essere danese...e quindi dovrebbe anche parlare
danese.
Un
altro poliziotto lo affianca. Ci studia per qualche istante, e ci
grida dietro:
-Non
muovetevi! Dovete venire con noi!-
Due
poliziotti inglesi in Danimarca...che cosa curiosa.
Qualcosa
nella mia mente mi ricorda che questo dimostra che siamo più che nei
guai e comincia a lavorare per trovare un modo per uscirne. Sì, quel
qualcosa nella mia mente esiste.
Poi,
semplicemente, il minibus fa uno scatto avanti e becca in pieno i due
poliziotti non danesi.
Ma
chi ha dato la patente alla mia non madre?!
Qualcuno
si sporge dalla porta del minibus: Maurice.
-Forza,
muovetevi, non abbiamo tempo!-
Lo
fisso per qualche istante. Poi fisso mia madre, alle sue spalle, e
lei ricambia lo sguardo.
-C'è
un altro modo?- sussurro alla schiena di Evan. L'ho detto a bassa
voce, quasi mi aspetto che non mi abbia sentita...e invece sì.
Volta
leggermente la testa verso di me, poi lui guarda Maurice...e sorride:
-Grazie,
ma no. Non abbiamo bisogno del vostro aiuto.-
Solo
nella mia testa quell' "abbiamo" suona in modo alquanto
melodico?
Stranamente,
Maurice non sembra nè sorpreso nè deluso. Fa un sorriso che pare
stanco e dice soltanto:
-Sì.
Capisco.-
Poi,
all'improvviso, si rovista nelle tasche e lancia verso di noi un
oggetto metallico. Evan lo prende al volo e lo studia mentre Maurice
spiega:
-Per
tenerci in contatto. Anche noi vogliamo quello che volete voi.-
-Sì,
ma con gli stessi mezzi?- commento io. Stavolta Maurice fa un sorriso
che trasuda stanchezza:
-Non
tutti sono disperati quanto loro, Ivy. Ricordatelo.-
Detto
questo, rientra completamente nel minibus, le porte di esso si
chiudono e ripartono sotto i nostri occhi.
Lasciandoci
completamente scoperti alla polizia che non è polizia.
Merda.
-Direi
che questo è il momento migliore per esporre il tuo piano sull'altro
modo.- dico a Evan. Con mio sommo orrore, lui si volta di scatto
verso di me e bofinchia:
-...perchè,
non ce l'hai te il piano?-
Merda
secca.
-Scherzo,
idiota. Un piano ce l'ho...ma non ti piacerà.-
Io
lo odio.
E...non
è normale che anche adesso io lo guardi male e lui mi
risponda con un ghigno, vero?
-Perchè
non mi piacerà?-
Mentre
discutiamo amabilmente, i tanti poliziotti che non sono poliziotti ci
hanno accerchiati e si stanno avvicinando. Strano, sembrano temere
Evan...anzi, non è neanche un po' strano, in effetti.
Poi
accade tutto troppo in fretta.
Sento
soltanto di essere presa in braccio e sollevata. Dopo Evan sale sul
parapetto...e fa un passo nel vuoto.
Con
me tra le braccia, ovviamente.
L'impatto
con l'acqua non fa male...è solo un po' fredda per i miei gusti. Un
po' troppo.
Riapro
gli occhi quando ormai sono sotto. Mentre muovo gambe e braccia per
restare in questa posizione, batto mille volte le palpebre prima di
riuscire a vedere decentemente...e mi ritrovo davanti Evan, con i
capelli fluttuanti che sembrano raggi attorno alla sua testa, che mi
tende un congegno strano. Io lo prendo e lo studio.
Che
cazzo è? A cosa serve? Si mangia?
L'aria
comincia a scarseggiare. Mi fa male la gola.
Evan
mi schiocca le dita davanti agli occhi per attirare la mia
attenzione, poi si indica la bocca...e vedo solo ora che stringe tra
le labbra un congegno identico a quello che ho io in mano.
Ah.
Lo
imito subito...e aspiro una meravigliosa boccata d'aria. Non so come
ma sento un rumore strano, come se qualcosa fosse filtrato.
Cioè,
'sto coso filtra l'acqua e la trasforma in aria?! Che, siamo in Star
Wars?!
Senza
il problema della deficienza d'aria mi concedo di guardarmi attorno:
siamo davvero lontani dal limite dell'acqua. Stiamo scendendo verso
il fondale (alquanto sporco, devo dirlo). E non mi piace.
Poi
riporto gli occhi su Evan...e lo fisso con orrore, cercando di capire
cosa cazzo sta facendo.
Si
sta spogliando.
Ma
io non so. Che gente pervertita.
Si
accorge della mia faccia mentre si sfila le scarpe. Ricambia il mio
sguardo per qualche istante...poi ghigna. Indica le scarpe,
che ora fluttuano verso il basso, poi i pantaloni e la maglietta che
se ne vanno verso l'alto. E dopo indica me.
Ah.
I vestiti appesantiscono e portano verso il fondo. E non penso che i
congegni strani che ci fanno respirare durino a lungo.
Eh
no, bello mio. Per farmi spogliare ti devi sforzare molto di più.
Nonostante
la telepatia mancante, sembra che Evan comprenda appieno cosa penso
(sarà per il colore che ha assunto la mia faccia?): alza gli occhi
al cielo e mi indica di nuovo, poi si stringe le mani sulla gola,
passando direttamente alle minacce.
Ok,
va bene. Mi tolgo la giacca, le scarpe...e dopo qualche istante i
pantaloni. Poi incrocio le braccia e concentro tutto il mio odio
nello sguardo che lancio ad Evan.
Fottiti.
Evan
ghigna un'ultima volta, poi si volta. Così, tranquillamente in
boxer, comincia a nuotare verso un punto imprecisato. Dopo qualche
istante lo seguo, pensando che tutta questa storia sta diventando
davvero ridicola.
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Capitolo 13 *** Scopro che nei recessi della mia anima c'è una Ivy figlia dei fiori e allegramente odiosa ***
Dopo
dieci minuti di sana nuotata in acqua sporca e gelida (e pure in
mutande) raggiungiamo il punto della riva dove finisce il ponte.
Mentre rispuntiamo fuori nell'aria freschina di marzo, non posso fare
a meno di chiedermi cosa diavolo penserebbe una persona normale se ci
vedesse ora, esseri simili a umani fradici e infreddoliti che
risorgono dal fiume.
Non
dev'essere un bello spettacolo.
Appena
metto piede sui freddi sassolini della riva mi tolgo dalla bocca il
congegno strano e sputacchio un po' di acqua, giusto per far scena.
-Tutto
bene?- mi chiede Evan, sempre al mio fianco. Mi volto verso di lui e
io, infreddolita, tremante e incazzata lo incenerisco con gli occhi.
È in boxer e fresco come una rosa, come se avesse appena fatto una
nuotatina piacevole in piscina a fine maggio.
-M-ma
come fai?- tento di chiedergli e contemporaneamente di bloccare il
tremore. Ma come cazzo fa a stare lì, tranquillo e sicuro...e in
boxer?!
Ecco,
ho deciso: sono incazzata con lui.
Intanto
Evan, non sapendo della mia novella decisione, fa serenamente
spallucce e dice:
-Sono
allenato da anni? Ho un'innata resistenza alle temperature estreme?
Non faccio schifo quanto te?-
Cioè,
un conto è incazzarsi per niente, un conto è farlo con una
giustifica...e lui me la sta pure offrendo su un piatto d'argento.
Che dolce.
Non
lo degno neanche di una risposta, mi volto e comincio a camminare
verso dove il ponte e la terra si uniscono (lontano dall'acqua ma non
a tiro di fucilate. Furba, no?)...mettendo il piede destro coperto
dal calzino esattamente sopra un vetro rotto il cui antico
possessore farà una brutta fine.
-Ahi!
Cazzo! Male!!-
Lo
so, ho una capacità di sintesi pazzesca.
Faccio
un passo indietro, perdo l'equilibrio, agito un po' le braccia, mi
volto (perchè se cado devo farlo con stile: di faccia)...e finisco
direttamente contro Evan.
Lui
mi prende al volo e, sarà per il casino del momento, sarà per il
voletto di un'ora fa, sarà per tutta 'sta situazione di
merda...casualmente le sue labbra finiscono sulle mie.
Casualmente,
eh.
E
mi succede qualcosa di proprio strano, mai accaduta prima (nella
dimensione tranquilla e normale, per intenderci): c'è come una
scossa elettrica che mi attraversa il corpo, una carica di adrenalina
che mi spinge ad aggrapparmi di più a lui (rischiando di cadere, ma
fottesega) e rispondere al bacio, che mi fa desiderare e credere di
poter restare così ancora per un po', fanculo tutti i problemi, per
l'eternità o fino alla fine del mondo...
Cosa
che potrebbe accadere da un momento all'altro.
Non
c'è tempo.
Mi
stacco da lui e lo spingo via...e quasi scoppio a ridere vedendo
l'espressione ferita che ha.
-Non
è la situazione adatta per fare cose del genere, eh.-
-Ogni
situazione è adatta per fare cose del genere.- ribatte subito lui,
prendendomi un braccio e tirandomi per farmigli ricadere
addosso.
Poi
sento un rumore davvero, davvero strano.
Come...una
risatina?
-Ah,
i giovani di oggi. Quanta libidine in giro.-
A
parte il fatto che qualcuno ha appena detto questo in inglese...ma
c'è qualcosa che non va. Nella sua voce.
È
esattamente uguale alla mia.
Evan
guarda qualcosa alle mie spalle e spalanca gli occhi. Mi volto
anch'io, chiedendomi cosa diavolo stia succedendo...e mi ritrovo
davanti me.
O
meglio: una mia versione...HIPPIE?!
-Beh.-
commenta quella me mentre si stiracchia e scende dalla scrivania su
cui era seduta (mi sa che siamo in una discarica abusiva) -Se avete
finito possiamo andare.-
-Ma...tu...io...-
Questo
è il meglio che il mio cervello riesce a comporre.
La
mia gemella sorride tranquillamente, come fosse normale per lei
trovarsi davanti una copia di se stessa.
Normale.
Ahah.
-Sì,
siamo uguali. Io sono di un'altra dimensione, dove sono stata
adottata a tre anni dopo che i miei genitori, Faber, hanno avuto un
incidente. In pratica: due mesetti fa ho ricevuto un biglietto in cui
era spiegato che esistono millemila dimensioni, qualcuno ne ha
reso i confini così deboli che ci si può passare attraverso, e che
dovevo premere il tasto rosso di un congegno strano che c'era in
allegato al biglietto. Così sono arrivata qua e...ehi, ma non avete
freddo?!-
-No.-
rispondo io, stringendomi la maglietta addosso per riscaldarmi
(inutilmente) -Per niente.-
La
cosa strana è che, anche se sto gelando, non mi fanno per niente
invidia gli strati di vestiti che indossa la mia gemella. Cioè, ha
una gonna rossa con sopra un'altra gonna, viola, e un maglione
giallo con sopra un coprispalle arancione...e tutto è coperto da
fiori.
E
lo accetterei, giuro, se 'sta qua non avesse anche un fiore infilato
tra i capelli.
La
mia sosia non coglie il sarcasmo e ridacchia, poi dice allegramente:
-Andiamo,
lavoro dall'altra parte della strada in un negozio di vestiti.
Curioso, no? Che vi manchino e che io lavori proprio lì. Trovo
questa cosa davvero affascinante.-
-Affascinante.
Sì.- faccio io, ancora a vuoto visto che non sente la nota ironica.
Sento qualcuno ridacchiare e fulmino Evan. Lui tossicchia
sogghignando e chiede al mio clone, mentre quella si arrampica per i
cinque metri scarsi di salita che ci dividono dalla strada:
-Non
ci hai detto chi ti ha fatto venire qua dalla tua dimensione.-
Lei
si volta di scatto e fa un sorrisetto pieno di divertimento:
-Ha
detto che vuole dirvelo di persona. Dai, muovetevi, diventerete dei
ghiacciolini se restate lì.-
Sì,
l'unica spiegazione è che sia completamente fatta. La Danimarca non
è molto lontana da Amsterdam, giusto?
Ma
un attimo...
-Cioè,
tu hai ricevuto un fottuto biglietto con un fottuto
congegno...e hai premuto il bottone rosso?! Così?!-
-C'era
scritto.- fa la mia sosia. Evan mi sfiora la schiena per farmi
muovere il culo, e cominciamo a salire anche noi.
-Ah.
Adesso è tutto più chiaro.-
Stavola
la sosia si volta: sorride ancora, e io provo (di nuovo) l'immensa
tentazione di pigliarmi a schiaffi.
-Lui
ha detto che saresti stata così.-
-Così
come?-
-Acida.-
Evan
ridacchia ancora. Evan si becca una gomitata nello stomaco.
Il
piede mi fa un po' male. Ehi, magari mi sono fatta un brutto taglio
infetto e morirò a breve...meglio che stare ad ascoltare 'sta qua.
Infine
arriviamo sulla strada. Guardo verso il centro del ponte, dove
qualcuno ha deciso di fare bungee jumping senza corda, e non
sono molto sorpresa quando vedo che le macchine passano
tranquillamente per la strada sgombra.
Ma
tutto quel casino è successo davvero?
Poi
mi volto, e vedo il negozio dove lavora la mia sosia.
-...che
diavolo c'è scritto?-
-Begærets
butik.-
risponde la flippata Ivy, pronta.
Poi,
di punto in bianco, Evan dice:
-Hai
presente "Cose Preziose" di Stephen King?-
-Quello
dove il proprietario di un negozio in realtà è un mostro che
ammazza la gente?-
-Quello.-
-E...?-
lo incoraggio io, non capendo perchè abbia tirato fuori la
questione. Evan ghigna:
-Indovina
come si chiama in danese.-
Guardo
lui. Poi guardo il nome del negozio.
Simpatico.
Attraversiamo
la strada ed entriamo in negozio...che è come tutti i negozi di
questo mondo: cassa, file di vestiti, camerini, bagno, ufficio del
personale.
-Prendete
quello che volete, tanto tra poco questo negozio lo abbandoniamo.- fa
la mia sosia -Non ci serve più.-
-Davvero?-
dico io. Quando lei annuisce prendo la prima maglietta che mi trovo
davanti e mi ci asciugo la faccia e i capelli.
Dieci
minuti dopo sto facendo la stessa cosa, solo che sono un po' più
vestita. E, devo dirlo, sono stati i dieci minuti più lunghi di
tutta la mia vita: non avrei mai pensato di fare "compere"
con la me di un'altra dimensione...e di venire criticata in ogni mia
scelta. È snervante.
Così,
ci ritroviamo in piedi vicino alla cassa, tutti vestiti (chi da
persona normale e chi no) e in silenzio.
-Stiamo
aspettando qualcuno?- domando nella mia sagacia. Evan alza gli occhi
al cielo, come a dire "maddai?", e l'altra me risponde:
-Sì,
quello che mi ha inviato il biglietto, ha comprato il negozio e mi ha
detto quello che devo fare...-
-In
pratica quello che vi ha salvato il culo.-
Un'ennesima
voce interviene per l'ennesima volta. La cosa ironica è che questa è
l'ennesima voce che sento qua e che, beh, conosco.
Del
resto, basta andare per esclusione: in questa dimensione ho
incontrato praticamente tutti...tranne lui.
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Capitolo 14 *** Perdiamo qualcosa indietro ***
-Dai,
metti il piede di fata qua, che te lo fascio.-
-Davvero?
Ma che cosa carina...che ti hanno dato?-
-Perchè?-
-Sei
gentile.-
-Io
sono sempre gentile.-
-Se,
certo.-
-Smettila
di lamentarti e dammi il piede...non tutti e due.-
-Ma
sei comodo!-
-Dammi
il piede e smettila di lamentarti!-
-Lo
vedi, che non sei gentile?-
-Fanculo.-
-Ecco.-
Mi
asciugo ancora un po' i capelli e sorrido tranquilla, mentre Evan
sbuffa e comincia a fasciarmi il...com'è che l'ha chiamato? Ah, sì:
piede di fata.
Intanto,
seduti sulle poltroncine accanto ai vestiti di fronte a noi, la mia
versione hippie e Jack ci osservano in silenzio.
O
meglio: Jack osserva me.
Finisco
di bere la cioccolata (gentilmente offerta dalla mia versione
hippie...sì, dai, come gusti ci siamo) e guardo Jack di rimando. Ha
uno sguardo strano nei suoi occhi blu, che mi sembrano stranamente
diversi dalle altre versioni di lui che ho conosciuto.
Ora
sembra...tranquillo. Strano pensarlo, ancora di più vederlo.
-Che
c'è?- gli chiedo alla fine. Lui, semplicemente, fa spallucce:
-Non
ti vedo così da due anni...e non sembri cambiata per niente. È
strano.-
-Non
mi vedi già tutti i giorni?- noto accennando alla mia versione
hippie. Quasi istintivamente Jack si volta verso di lei...e poi
accade una cosa proprio strana.
Lei
sorride a lui e lui sorride a lei.
-Beh,
sì, ma non è la stessa cosa. Siete la stessa persona...ma non siete
uguali.-
Già.
Jack è invecchiato.
E...quante
volte la gente ha detto che io e lui saremmo stati una bella coppia,
nella realtà senza poteri? Ma non era vero: siamo troppo simili. Lui
col suo odio, io con il mio...e, specialmente in questa realtà, non
gli serviva una Ivy cazzuta che fomentasse il suo odio.
Gli
serviva qualcuno come me, ma che riuscisse a rendere la sua fiamma un
fuocherello leggero. Qualcuno che non avesse già dell'odio di suo.
La
Ivy hippie mi fissa tranquillamente dalla poltroncina su cui è
seduta.
Evan
casualmente mi fa il solletico sotto il piede, e quasi si becca un
calcio in faccia.
-Fatto.-
dice ghignando tranquillamente. Io mi riprendo il mio piede, poi
guardo Jack:
-Cosa...cos'hai
fatto in questi due anni?-
Ok,
la vera domanda sarebbe:"Sai cos'è successo a Bill, vero?"
A
quanto pare, in questi due anni non ha perso i suoi poteri: sorride
leggermente e dice, con un'espressione che mi pare la copia vecchia
di mille anni di quella battagliera e sconfitta assieme che aveva
nella mia realtà originale:
-Sì.
Lo so. E, comunque, per di più ho vagato...solo per ingannare il
tempo, però. In realtà sapevo già quando saresti arrivata, ho
dovuto aspettare solo un anno dopo che sono scappato...-
-No,
frena.- lo interrompo -In che senso sapevi quando sarei arrivata?-
E
questo sorrisetto che gli è comparso sul volto è nuovo.
-Perchè
l'ho visto. Il tuo caro fratellone non ha fatto esperimenti solo su
Evan e su...su Bill...sai?-
Oh,
ma dai. Questo è troppo.
-Riesci
a...vedere nel futuro?-
-Non
è esattamente un vedere.- mi corregge subito lui. Come fosse
normale. -Sembra più un...calcolare correttamente. Appena Nathan ha
scoperto il viaggio tra dimensioni, beh, era ovvio che avrebbe
cominciato a cercare te, l'unica capace di ostacolarlo. Così ho
deciso di scappare, sono riuscito a far venire lei qui da noi
per tenerla al sicuro, ho preso il negozio...e ho aspettato.-
-Come
potevi essere sicuro che io sarei arrivata?-
Per
tutta risposta, Jack fa un cenno verso Evan:
-Sapevo
che lui avrebbe ricordato.-
Quanta
fiducia. Il Jack che conoscevo non era così fiducioso verso il
prossimo...o, nello specifico, verso Evan.
Poi
Jack dice qualcosa di davvero strano.
-Allora,
come vanno le protesi?- domanda.
Protesi.
Che sono le protesi?
Una
sostituzione a una mancanza. Una mancanza fondamentale.
Mi
volto verso Evan. Lui ha gli occhi spalancati fissi su Jack.
-...bene.
Sono ancora intere. Come...come hai fatto a scappar...-
-Protesi?!-
Ok,
non avrei dovuto gridare. Ok, non me ne fotte un cazzo.
Lentamente,
Evan si volta verso di me. Ha un'espressione strana stampata sul
volto...tra il preoccupato e l'arreso.
-Non
è importante...non abbiamo tempo, dobbiamo...-
-Non
me ne fotte una beata minchia su cosa dobbiamo o non dobbiamo fare.-
lo interrompo, stavolta con voce pacata -Ora tu mi spieghi a cosa
cazzo vi riferivate, o vado a chiederlo direttamente a Nathan. Perchè
è colpa sua, vero? Vero?-
-Beh,
però la bomba non è che l'abbia fatta esplodere lui, eh...-
-Io
ti ammazzo.- ringhia Evan nello stesso momento in cui io dico
-Cosa?!-
Jack
ci fissa sorridendo tranquillo. Anzi, non tranquillo...divertito.
Divertito, il bastardo.
-Prima
o poi l'avrebbe scoperto da sola, no?- nota guardando Evan. Lui gli
getta un'altra occhiata assassina, poi si volta verso di me con una
faccia...timorosa?
E,
visto che è alla mia sinistra, solo ora che si è girato posso
vedere bene la cicatrice che gli attraversa l'occhio.
Beh,
diciamocelo: non sono mai stata una grande intenditrice di cicatrici.
Quella sembra essere stata fatta da un taglio...ma se così non
fosse?
-Diglielo
tu.- borbotta Evan a Jack, poi si sfrega distrattamente la guancia
sinistra e abbassa lo sguardo. Viene quasi voglia di abbracciarlo.
Jack
prende seriamente il suo ruolo di cantore: accavalla le gambe, guarda
ancora una volta la Ivy hippie e racconta:
-È
successo un anno e mezzo fa. Me lo ricordo bene, io, senza di me
saresti ancora a marcire. A Praga, giusto? Giusto. Beh, in sostanza
non è che sia così complicato: a Praga c'era una base di pensatori
"ribelli", ed Evan era stato mandato là con una squadra
per ripulire la zona. Purtroppo per lui, ai ribelli quella cosa non
andava tanto bene...e si sono dimostrati fin troppo concordi con
Nathan, nel pensiero sull'inutilità completa dei normali esseri
umani.-
-...in
che senso?-
-Non
gliene fregava un cazzo della gente normale, erano ribelli soltanto
perchè non volevano sottomettersi a Nathan. Comunque...disseminarono
tutti i ponti di Praga con esplosivi su esplosivi. Non servirono a
niente, quelli di Nathan cancellarono la loro esistenza dalla faccia
della terra...ma uno praticolarmente stupido, mentre attraversavano
un ponte dopo aver finito il lavoro, si era avvicinato a un cestino
che gli era sembrato particolarmente strano. E poi...-
-Bum.-
dice Evan senza alzare lo sguardo. Si sfrega ancora la guancia
sinistra.
Jack
annuisce:
-E
poi bum. Sui venti membri della squadra, furono ritrovati quindici
corpi...più dei resti rimasti non classificabili. Sai, erano troppo
bruciati. Comunque, Evan risultò scomparso e Nathan stava già per
rendere ufficiale che uno dei resti non classificabili fosse il
suo...quando ebbi la prima visione. Non so come, non so
perchè, ebbi la certezza che Evan fosse ancora vivo. Lo dissi ai
pensatori, nessuno mi credette...tranne Nathan. Oh, quante ne diede a
quelli che non mi avevano creduto. Così mandò alcuni fidati a
Praga...e trovarono Evan. O almeno, la maggior parte di lui.-
-Non
pensavo lo trovassi così divertente.- borbotta il diretto
interessato. Jack sorride, stavolta con una nota di tristezza:
-Lo
sai come funzionano le mie visioni. Ha fatto male anche a me.-
Poi
resta in silenzio. La prossima domanda a cui non ha risposto mi
sembra un po' ovvia...ma la faccio comunque:
-Cosa?-
Non
voglio che risponda Jack: mi volto verso Evan, aspettando che sia lui
a parlare.
Per
tutta risposta, lui alza il braccio sinistro.
-Questo.
E la gamba.-
Ah.
-E
un po' di faccia...ma solo superficialmente.-
-Molto
consolante.-
D'accordo,
va bene. Non avrei dovuto dirlo.
Quasi
senza accorgermente mi giro completamente verso di lui e tendo le
mani:
-Posso...?-
Poi
lui fa una cosa strana: sorride, come a dire "potrei
impedirtelo?"...e mi porge la mano sinistra.
È
strano. Cioè, non si sente niente. La pelle è normale pelle, le
nocche, i nervi, le unghie...ma c'è qualcosa che non va. Sì, adesso
lo vedo.
È
tutto troppo...perfetto.
-Com'è
possibile?-
-Ringrazia
i medici di tuo fratello. Senza di loro il tuo ragazzo sarebbe
leggermente menomato.- mi risponde tranquillamente Jack. Così, come
fosse normale che io scopra solo adesso che l'Evan di questa
dimensione corrisponde solo per tre quarti agli Evan delle altre
realtà.
Mi
accorgo ora che sto praticamente stritolando la mano
dell'Evan-solo-tre-quarti.
-Oh.
Scusa.-
-No,
fa niente. Lo sai che è svitabile? Non ci sono rimpiazzi, però. Ma
tienitela pure...del resto, se sono il tuo ragazzo anche la
mano è tua, no?-
-...ma
che ti prende?- gli chiedo, sinceramente confusa. Che è,
quell'espressione allegra che ha stampata sulla faccia?
Per
tutta risposta, Evan sorride ancora di più:
-Jack
ha detto che sono il tuo ragazzo. Te non lo hai corretto
all'istante.-
'Sto
ragazzo ha qualche problema mentale. Ma serio.
Nel
silenzio che è calato (Evan ha ancora quell'espressione allegra e
soddisfatta, io sto sbattendo le palpebre da mezzo minuto per
dimostrargli la mia perplessità) la voce di Jack risuona
alquanto...fastidiosa, mentre dice alla Ivy hippie:
-Ecco,
vedi? Io due anni fa ero a questi livelli. Almeno sono cresciut...-
Poi
si zittisce. Così, all'improvviso.
Tanto
all'improvviso che io smetto di fissare Evan chiedendomi se sia
serio, impazzito o coglione e mi volto verso Jack...che ha gli occhi
puntati oltre la vetrina del negozio.
-GIU!-
In
un istante, così velocemente che mi coglie completamente di
sorpresa, Evan sfila la mano falsa dalla mia, mi agguanta il polso,
mi butta per terra e si mette sopra di me...e poi si sente un rumore
di vetri infranti, accompagnato dal suono di una raffica di
proiettili.
Merda.
Dopo
un altro istante Evan si solleva leggermente da me, permettendomi
così di vedere il negozio. La vetrina è andata, parecchi trespoli
coi vestiti sopra sono caduti...e la Ivy versione hippie è per
terra, accanto a Jack.
Lo
guardo. Lui guarda l'altra Ivy, accoccolata sul pavimento e col
respiro affannato.
-L-lei...-
riesco in qualche modo a balbettare. Jack alza di scatto la testa,
forse solo perchè ho la stessa voce della sua Ivy. Mi fissa
per qualche istante, poi dice:
-La
porta sul retro. Andate.-
No,
non voglio. Non senza di lui.
Ma
Evan è decisamente più pratico: mi agguanta per il polso e mi
costringe ad alzarmi.
-No!
Aspetta!- grido senza trattenermi, cercando di divincolarmi.
È
Jack, non posso...
-Ivy!
Non c'è tempo.- ribatte subito Evan, scrollandomi per le spalle.
Poi, ovviamente, dice la cosa giusta.
-Fallo
per loro.-
Guardo
Jack. È ancora per terra, accanto all'altra Ivy...che non respira
più.
Non
mi piace vedermi morta.
-Forza.-
mi sussurra un'ultima volta Evan.
Senza
dire altro, nel giro di un secondo mi trascina verso la porta
dell'ufficio, la apre e mi spinge oltre, facendomi quasi cadere...
Poi
ci sono altri spari.
Mi
volto verso la porta, che si è semichiusa. Non riesco nemmeno ad
allungare una mano per riaprirla.
No,
dai, non può essere successo ancora, non può...non può e basta.
Ed
Evan spalanca la porta e se la richiude alle spalle con un colpo
secco. Mi riagguanta il polso e mi trascina a forza (non mi ricordo
più come si muovono le gambe) verso l'auto che c'è nel cortiletto
sul retro. Nel giro di un secondo saliamo, lui prende le chiavi dal
cruscotto, le infila, accende la macchina e con una sgommata esce dal
cortiletto.
Sbuchiamo
in una viuzza laterale sprovvista di case, corta e che porta verso
un...boschetto? Possibile?
È
un dono della fortuna ritardataria, o un regalino traditore della
sfiga?
Senza
pensarci due volte Evan fa entrare la macchina nel bosco. Ed è
mentre posa la mano destra sul cambio, che lo vedo.
-Ma...la...la
tua....-
Non
riesco a dire di più. Comunque lui capisce: si volta leggermente
verso di me e mi guarda con gli occhi spalancati e il volto cereo.
E
la sua espressione non mi piace per niente.
-Già.
D'ora in poi sarà un problema contare fino a dieci, eh?-
|
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Capitolo 15 *** Tanta stanchezza ***
La
benzina è finita.
Siamo
in una specie di radura del bosco in cui, sì, lo ammetto, ci siamo
persi. Ora Evan ha acceso un fuocherello e sta arrostendo dei
marshmellow che abbiamo trovato nell'auto di Jack.
Che
bravo boyscout.
-Ma...sicuro
di star bene?- domando per la millesima volta. Per la millesima volta
Evan alza gli occhi al cielo e replica:
-Sì.
Non rischio di morire dissanguato, il braccio è collegato solo al
mio sistema nervoso.-
-Ma...perchè
sembra che ti abbiano appena sparato, allora?-
-Perchè
il sistema nervoso mi trasmette dolore. Sai, gli mancano il mignolo e
l'anulare, ci era affezionato.-
Ma
che simpatico.
Mi
sistemo meglio per terra, cercando di fare in modo che la giacca del
negozio di Jack e dell'altra Ivy mi copra quasi del tutto. Poi non
riesco a trattenermi e guardo di nuovo la mano sinistra di Evan. Più
esattamente, dove ci sono stati il mignolo e l'anulare...prima di
essergli tranciati da un proiettile vagante.
Ora
ci sono due buchi da cui sbuca qualche cavo elettronico tagliato e
annerito.
Fa
un po' impressione.
-Quindi
ti fa male. Come se te li avessero tagliato davvero.- faccio di nuovo
io. Evan non mi guarda mentre risponde:
-Sì.-
Il
cielo si è annuvolato ancora di più, manca solo che cominci a
piovere. Che giornata di merda.
-E
non c'è modo di far diminuire il male?- tento. Lo so, lo so. Sono
ingenua.
A
sorpresa, però, Evan sorride:
-Oh,
un modo c'è. Ma so che non ti piacerà.-
Questo
mi fa preoccupare.
-...che
modo sarebbe? Ti ricordo che siamo all'aperto e fa tanto freddo...-
-Non
quel modo. Ok che sei pervertita ma non pensare sempre e solo
al sesso.- fa lui. Io lo guardo male e lui continua:-Te non
preoccuparti e basta, ok?-
Ok,
sono preoccupata all'inverosimile.
Evan
punzecchia un po' il fuocherello e dice:
-Vai
a prendere qualche ramo, e non allontanarti troppo. Resta nel raggio
di cinque metri.-
-Ok
capo.- replico io scattando in piedi con innata agilità. Poi
comincio a cercare...e la cosa si rivela alquanto semplice: insomma,
siamo in un bosco.
Così
racimolo qualche ramoscello a caso e ripercorro i cinque metri che mi
dividono dal nostro accampamento.
-Questi
vanno ben...- comincio per poi bloccarmi subito .
-Io
l'ho detto che non ti sarebbe piaciuto.- commenta soltanto Evan,
continuando a rendere cilindrica la cartina che ha in mano. Certo, ho
già visto qualcuno (com'è che si dice?) rollarsi una
sigaretta...ma Evan non ha messo dentro questa del tabacco.
Fantastico.
-L'altra
opzione sarebbe ubriacarsi. Ma sai quanto è difficile infilarsi
nelle mutande un bottiglia?-
-Cioè,
te la tieni nelle mutande per i momenti depressi?- commento io,
risedendomi accanto a lui e gettando i rametti nel vuoto. Evan
sghignazza un po' mentre dice:
-No,
dovrei portarmene dietro troppa. La tengo nelle mutande per quando mi
sparano.-
-Quindi
te ne devi portar dietro troppa lo stesso.-
-In
effetti.- commenta solo lui. Lecca un lato della cartina e finisce
quella che è a tutti gli effetti una canna, poi chiede:
-Hai
da accendere?-
Io
lo guardo male:
-Ti
pare?!-
-Ok.
Scusa.- fa lui sogghignando ancora. Wow, pensavo che solo fumando
della droga si diventi coglioni, non che si diventi imbecilli anche
prima.
Poi
lui tira fuori un accendino e, visto che proprio non mi va di
vederlo, mi sdraio e studio un po' il cielo. Le nuvole sono
misteriosamente scomparse, lasciando spazio a un tramonto che rende
il tutto davvero carino. Carino ma non stupendo; del resto, il
tramonto è sempre uguale dovunque ci si trovi, no?
Chissà
perchè, solo ora mi viene da pensare alla mia famiglia. Quella vera,
con cui ho vissuto per diciassette anni nella realtà senza poteri.
Insomma, penso che saranno almeno un po' preoccupati visto che mi
hanno trascinata via da là quando, solo stamattina? E per loro erano
le tre del pomeriggio...ora là dovrebbe essere sera. Chissà come
saranno preoccupati. Avranno chiamato la polizia? Il papà avrà
imbraccato la zappa e sarà uscito a caccia di rapitori per trovarmi
o vendicarmi, la mamma avrà pianto? Nathan avrà mobilitato tutto il
quartiere per cercarmi, i Sullivan avranno partecipato? E i miei
amici, loro che staranno facendo?
Qua
sono morti quasi tutti. Jack qualche ora fa, Bill poco prima (se si
poteva considerare ancora in vita nella sua forma di mostro), Mina è
stata uccisa da Ladsen...Mary come starà? E Brian e Alice? In questa
realtà sono morta, saranno andati a trovarmi al cimitero?
E
Nathan, il mio fratellone, con quel suo odore di vernice per il suo
lavoro...e la mamma? A chi dirà "c'è qualcuno in casa"?
Riuscirò a tornare da loro?
O
meglio, mi correggo mentre sento un odore troppo dolce che comincia a
pervadere l'aria, vorrò tornare da loro?
-Evan?-
Non
mi risponde. Mi volto leggermente e vedo che ha un'espressione strana
sul volto cadaverico: sembra...triste. Ha gli occhi rossi puntati sul
cielo.
-Secondo
te se vinciamo, se sconfiggiamo Nathan e cancelliamo i poteri e tutti
potranno vivere in pace...io cosa dovrò fare?-
All'improvviso
si mette a ridacchiare. E a me viene una voglia matta di tirargli un
ceffone.
-Cerca
di ascoltarmi, è importante!- sbotto mettendomi seduta di scatto
-Dovrò tornare alla mia realtà? Là c'è la mia famiglia...ma qua
ci sarebbe un casino gigantesco, non voglio lasciart...lasciarvi qua
a rimettere tutto a posto da soli...-
-No,
no, aspetta un...secondo.- m'interrompe Evan. Si raddrizza pure lui,
mi guarda con gli occhi brillanti e dice, cercando di non scoppiare
di nuovo a ridere: -Te pensi davvero che abbiamo una possibilità?
Cioè, una possibilità di vincere?! Sveglia, Ivy! Quel
fottuto bastardo ha un cazzo di esercito di esseri come Bill e più
potenti e anche lui è potente, è potenziato, è il più potente, ha
ucciso Faber! Te sarai super potente ma non lo ucciderai, non sei di
questa realtà, non sei abbastanza forte...-
-Lo
ucciderai te. Te sei immune ai suoi poteri.-
E
così, di punto in bianco, torna serio. Si stende di nuovo e guarda
il cielo per qualche secondo.
-No.
Io morirò prima. Mi uccideranno e te sarai da sola, uccideranno
anche te e, dio, spero che ti uccidano. Non voglio che ti facciano
quello che hanno fatto a Jack e a Bill e a me. Due anni. Non mi
ricordo la sua faccia, Ivy, non riesco a ricordarmela...-
Ok.
Pensavo che drogarsi rendesse coglioni, non espansivi e pessimisti.
Così è troppo, dai.
-La
faccia di chi?-
Questo,
non so perchè, lo fa ridacchiare ancora. Sbuffa, ridacchia e dice:
-Non
mi viene il nome. Non mi ricordo. Mi ricordo di te perchè sei qua,
ma di lui proprio no. Era un coglione. Era ancora vivo quando sei
morta te. Te sei morta e lui era vivo, potevo tornare da lui ma
Nathan mi ha detto "uno di quelli che hanno ucciso la tua
famiglia è ancora vivo" e io sono andato a cacciarlo e dio, non
l'ho riconosciuto, lui era troppo debole...troppo...-
E
solo adesso capisco.
Dan.
Dio
santo. Nathan ha mandato Evan a...Dio santo.
Poi
Evan scatta in piedi e quasi mi fa venire un infarto.
-Andiamo,
dai!-
-Dove?!-
-Ad
ammazzarlo! Subito, ora, leviamocelo dalle palle e scappiamo e
andiamo in una di quelle belle spiagge da cartolina. A prendere il
sole e a crepare per cancro alla pelle per il troppo sole e a
ubriacarci di coctail che fanno solo là...-
-E
mettiti seduto e basta.- sbuffo, prendendolo per il braccio destro e
facendolo sedere. Stranamente lui non oppone resistenza, quasi si
ammazza per rimettersi seduto accanto al fuoco e resta lì, con lo
sguardo perso nelle fiammelle.
-Devi
tornare indietro.-
-Che?-
-Dopo.
Perderemo e moriremo, sì, ma magari avremo una botta di culo e
vinceremo. E dopo devi tornare a casa. Qua scoppieranno sommosse su
sommosse e io ok, forse morirò, ma tu tornerai indietro e
ricomincerai di là con la tua famiglia. Almeno vivrai.-
Oh,
ma che gentile.
-E
te che farai, resterai di qua con tutti i casini? Da solo?-
-Me
lo merito.-
-E
invece no.-
-Ho
ucciso un casino di gente.-
-Ti
aveva cancellato la memoria.-
-Non
puoi darmi ragione e basta, per una volta?-
-No.-
E
lui scoppia a ridere e si stende di nuovo a guardare il cielo.
-È
proprio strano riaverti qua, sai? Cioè, dopo che ti ho ammazzata un
po' di volte non mi facevo più problemi, quindi ok. Va bene così.
Nathan mi ha detto di portarti da lui se eri ancora potente, non so
perchè, me l'ha detto e basta e io l'avrei pure fatto e questo non
va bene, ma ora basta, mi ricordo. Ora basta.-
Certo
che quando è fatto è strano.
-Stai
pensando che sono strano, vero? Si vede dalla faccia che hai. Ma non
mi fa più male.- fa lui. Alza la mano sinistra e se la mette davanti
agli occhi, poi scoppia a ridere e dice:
-Ehi,
qua manca qualcosa! Mi hanno fregato le dita o sono io mezzo cieco?-
Poi
si volta di scatto verso di me con un'espressione stranamente seria e
la mano ancora sollevata, e dice:
-Una
settimana fa era il tuo compleanno, vero? Me l'ha detto Nathan, e io
ho solo pensato: quanto può essere sfigata una che è nata il
ventinove febbraio? Ma adesso penso che mi sarebbe piaciuto regalarti
qualcosa di carino. Non qualcosa di ovvio, però, come la bigiotteria
o robe varie...qualcosa che solo tu avresti potuto capire. Tipo uno
di quei cosi che mettono i pagliacci sulle mani e che danno la scossa
alla gente, o robe del genere, per vendicarsi della gente e ridere
assieme. Ma ora è troppo tardi, vero? Troppo tardi... tra poco
moriremo tutti e sarà troppo tardi per dirsi addio. Magari ti uccido
io, sì, così non verrai catturata da Nathan e non soffrirai come ho
sofferto io, sì...-
Forse
è stata la giornata pesante, forse è colpa della roba che si è
fumato; fatto sta che si addormenta mentre ancora bofinchia qualcosa
sull'uccidermi. Così, chiude gli occhi e comincia a dormire.
Spero
almeno che quando si sveglierà non sentirà più male.
Comunque,
a quanto pare stavolta tocca a me fare l'uomo della situazione: così
mi ricordo che ci sono un po' di robe nel furgoncino, tra cui delle
coperte. Le prendo e copro per bene Evan (sarebbe da coglioni morire
assiderati, no?), poi mi avvolgo in un'altra, mi stendo accanto a lui
e tento di addormentarmi. E poi mi chiedo: e se ci trovassero così,
belli addormentati? Dovrei stare sveglia...ma so che non ce la farei
mai: tra tutto quello che è successo mi si chiudono già gli occhi.
E
poi mi viene in mente: il cellulare di Maurice. Evan l'aveva
appoggiato sul cruscotto del furgoncino, giusto?
Mi
alzo, prendo pure quello, metto la sveglia tra due ore (spero che
Evan sia sano di mente per allora) e mi sdraio di nuovo.
Ma
il sonno non arriva. Continuano a risuonarmi in testa alcune frasi di
Evan, frasi che non avrebbe mai detto prima di non aver fumato solo
per non spaventarmi.
"Te
pensi davvero che abbiamo una possibilità? Cioè, una possibilità
di vincere?!"
"Non
mi ricordo la sua faccia, Ivy, non riesco a ricordarmela..."
"Ma
ora è troppo tardi, vero? Troppo tardi... tra poco moriremo tutti e
sarà troppo tardi per dirsi addio."
In
fondo siamo uguali, io e lui. Così egoisti da tenerci tutto per noi,
così buoni da non volere che gli altri soffrano per noi.
A
quanto pare il drogarsi non allevia il sonno di Evan: ha la stesso
espressione che gli ho visto nella mia dimensione originale, la notte
in cui Dan se n'è andato...e sta stringendo i pugni fino a farsi
male.
E
io, come sempre, gli prendo la mano destra e gliela tengo. Perchè
ok, siamo condannato, e ok, presto moriremo...ma ci meritiamo almeno
di dormire tranquilli. Che dorma almeno lui.
No,
non posso lasciarlo da solo. Neanche se vinciamo.
Neanche
se sopravviviamo.
Non posso tornare indietro.
|
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Capitolo 16 *** Abbiamo un paio di birre ***
Come
previsto, la sveglia non è servita a un granchè: non sono riuscita
neanche a chiudere gli occhi.
Il
bell'addormentato ha continuato il suo riposino pieno di incubi e
intanto io mi sono fatta mille pare mentali. Dello stile: e se ci
attaccano? Io sono disarmata, ma magari Evan ha
qualcosa...considerando che si è spogliato quasi completamente
quando ci siamo fatti una nuotata l'unico posto in cui potrebbe avere
armi sono le sue mutande. Quindi: siamo condannati.
Come
previsto, la sveglia serve a Evan: appena parte con quel suo rumore
snervante lui apre gli occhi, si raddrizza di scatto e ricasca
indietro.
Che
risveglio teatrale.
-Ehi?
Tutto bene?- gli chiedo pungolandogli la spalla con un dito. Lui
sbuffa e non mi risponde.
-...c'è
qualcuno in casa?-
-No.-
-Oh.
Fantastico.-
Restiamo
in silenzio per un po'. Ho un sonno pazzesco, ho solo voglia di
trovare un po' di benzina e ripartire per allontanarmi da chiunque ci
stia inseguendo...e ho pure un coglione mestruato qua accanto.
Stupendo.
-Allora?
Che roba era, quella? Cara vecchia maria, LSD? Qualcosa che prima fa
vedere arcobaleni e poi ti fa sembrare una vecchia bisbetica
ultracinquantenne?-
-Perchè,
assomiglio a una vecchia bisbetica ultracinquantenne?-
-Eh,
un po' sì.-
Evan
socchiude un occhio (miraaacolo) e gli compare il solito ghigno sul
volto cadaverico:
-Dalla
tua faccia direi di no.-
-Intendo
nell'anima. Sei vecchio dentro, caro mio, è questo che fa la droga.
Prima ti fa vedere la luce e poi ti ritrovi nel grigio mondo chiamato
realtà. Ci credo che fa invecchiare...-
-Ah.
Molto interessante.- fa lui con poco interesse. Io alzo gli occhi al
cielo (scuro, addio stelle) mentre Evan si riraddrizza, e mi accorgo
che si è avvicinato a me solo quando riabbasso lo sguardo e
ricomincio a parlare:
-Secondo
te perchè tutti si fanno e si rifanno e così via? Perchè la prima
volta gli piace, e quando "tornano" alla
normalità...ehm...-
-Sì.
Vai pure avanti.-
Ok,
così si sta avvicinando troppo.
-...la
realtà è una merda e quindi vogliono farsi ancora e...ancora...-
-Ah-ah.-
fa lui fissandomi negli occhi. È troppo vicino. Come posso
continuare la mia filippica se è così vicino? -Ma lo sai che sei
tremendamente noiosa?-
-Snippe
skirchecazz.-
-È
kneppe skiderik.-
-Fottiti.-
-Con
piacere.-
E
in un secondo annulla i pochi centimetri che ci dividono.
No,
non dovrebbe farlo. Non ora, non in questa situazione. Non dovremmo.
Ma
dio, quanto è bello sentire le sue dita tra i capelli, le sue labbra
sulle mie...
Ah,
già. È anche a tiro di pugno.
-Ehi!-
sbotta allontanandosi di scatto quando io, appunto, gli tiro un pugno
nello stomaco.
-Che
roba era?-
-...che?-
-Quello
che ti sei fumato. Cos'era?-
-Ma
a chi importa, dai! Era roba che toglie il dolore e basta...-
-"E
basta" un cazzo. Dimmi cos'era e che effetti fa dopo.-
Lui
apre la bocca, la richiude, la riapre. Ha un'espressione strana
stampata in faccia.
-Mi
dici una cosa?- fa dopo qualche istante. Io lo guardo male:
-Rispondi...-
-Perchè
tieni tanto a me? Cioè, qua sta per finire il mondo e c'è un casino
di gente che ci vuole uccidere...e te ti preoccupi per cosa mi sono
fumato. È porpora, comunque, l'ha scoperta Nathan. Toglie il dolore.
Ma cosa ho fatto per conquistare così tanto la tua fiducia? Anche
prima, non sei voluta restare con tua madre e gli altri ma sei
rimasta con me. E io sono più pericoloso di loro. Perchè ti
fidi così tanto?-
Bene,
ora so che effetti ha la droga su soggetti come Evan.
-Potrei
farti la stessa domanda, no?- noto dopo qualche istante. Beh, in
effetti è vero: a me piace Evan perchè si è introdotto (a forza)
nella mia vita in un momento in cui non avevo alcuna speranza...e mi
ha vista per come sono. Non ha visto la sfigata, non la santarellina,
non l'egoista: ha visto me, e mi ha accettata. E io cosa ho fatto per
lui? L'ho fatto ammazzare tipo una o due volte e ora gli faccio
rischiare la vita. Sono simpatica.
Evan
sbuffa, poi sta per mezzo minuto ad osservare il cielo scuro.
Comincio a pensare che gli si sia bloccato il collo, quando riabbassa
lentamente il volto e mi guarda:
-Te
mi hai dato un'altra possibilità...o almeno, in questa realtà, non
so come potrebbe essere andata nel resto dell'universo. Insomma, sono
arrivato a forza nella tua vita e ti ho quasi costretta ad accettare
tutto il casino del mio mondo...e te l'hai accettato. Non mi hai
abbandonato. Mi hai visto e hai detto:"Sì, ok, questo sembra
normale come me.". Niente persecuzioni, nessuna fuga da
me...perchè mi hai visto come Evan, e non come pensatore o
scienziato o buono o cattivo o vaffanculo. Con te sono me.-
"Con
te sono me". Il massimo della dolcezza.
Fa
per aggiungere ancora qualcosa, quando un rumore che non ci saremmo
mai aspettati di sentire giunge da poco lontano.
Risate.
-Pensatori?-
-Campeggiatori.-
correggo io. -Escursione notturna a marzo...sì, dai. È possibile.-
Evan
mi getta un'occhiata esasperata, come a dire "sì, certo,
possibilissimo", poi si alza e comincia ad andare verso dove
sembravano provenire le risate.
E
il mio cervello si riaccende ora. Con calma, eh.
-Che
vuoi fare?-
Lui
si volta verso di me con un'espressione tra l'esasperato e il
divertito:
-Se
hanno fatto un'escursione notturna saranno venuti qua in qualche
modo, no? E se hanno un'auto, allora hanno anche la benzina. Dai,
Ivy, ci puoi arrivare anche te.-
-Ah...ah.-
-Bene.
Non muoverti da qua.- fa Evan, portandosi due delle tre dita rimaste
sulla sua mano sinistra vicino alla testa e agitandole in segno di
saluto. Io sbatto qualche volta le palpebre, giusto per esprimere la
mia confusione.
-E
se è una trappola?- gli chiedo dopo qualche istante. Lui, già con
una gamba infilata in un cespuglio, fa filosoficamente spallucce:
-Me
ne farò una ragione.-
E
poi scompare tra gli alberi.
Così,
passiamo dall'insultarci al baciarci al dividerci nel giro di tre
minuti. Ma un qualcosa di normale nella mia vita no, eh? Qualcuno
lassù mi odia.
All'improvviso
mi rendo conto di tre cose: sono a) in un bosco, b) di notte, c) da
sola. E pure in una nazione in cui si parla una lingua che non
conosco, anzi, non so neanche dire "fottiti bastardo".
Ah,
anche d) fa freddo e e) c'è tipo mezzo mondo che mi vuole morta.
Manca
solo che si metta a piovere.
Un
tuono mi fa perdere tre battiti cardiaci per lo spavento. Dopo
qualche secondo, quelle troiette di gocce bagnate cominciano a
scendere dal cielo scuro e a infradiciare tutto ciò con cui entrano
in contatto.
Si
è messo a piovere.
Cioè,
ma io non so. Non posso crederci. È una cosa troppo al di fuori
della mia comprensione. Non si può, è dichiarabile moralmente
illegale.
Si
è messo davvero a piovere.
Borbotto
un poetico "vaffanculo", prendo le coperte, le caccio nel
furgoncino e salgo sul posto del passeggero...all'asciutto. Almeno
questo, mi dico.
Beh,
almeno così per Evan sarà più semplice, visto che se piove penso
che i tizi campeggiatori si rifugeranno nelle tende...oppure sta
piovendo solo qua, esattamente sopra il furgoncino? Quasi mi sembra
normale pensarlo.
Ehi,
il sedile è morbido. Prima non mi ero accorta di essere così stanca
(ah, l'adrenalina, quel gran bastardone di un ormone) ma adesso, così
comoda e al sicuro all'interno di qualcosa, mentre le gocce di
pioggia picchiettano sui finestrini...insomma, no, devo stare
sveglia. O Evan riesce a prendere la benzina e ripartiremo, o lo
beccheranno in pieno e dovremo scappare a gambe levate per non farci
pestare da un gruppo di campeggiatori incazzati. Quindi no, non
dovrei sistemarmi meglio la coperta addosso, raggomitolarmi sul
sedile e appiggiarmici completamente, nè dovrei lasciare che le mie
palpebre si chiudano così facilmente...
E
il rumore di una portiera aperta mi riporta bruscamente alla realtà.
-Checcazz...-
-No,
continua pure a dormire. Potrei essere uno che ti vuole ammazzare ma
fa niente, te dormi.-
-Fanculo.-
bofinchio a Evan richiudendo gli occhi e infilando la testa sotto la
coperta, al calduccio. Sì, lo so, ho una bellissima tecnica per
affrontare la vita.
Lo
sento ridacchiare, poi accende il furgoncino e, incredibile ma vero,
ripartiamo.
-Come
hai fatto a prendere la benzina?- gli chiedo, alzando la testa quel
tanto che basta per vedere oltre la coperta. Evan sorride
tranquillamente:
-Gliel'ho
chiesta.-
-...che?-
Forse
ho sentito male.
-Ho
detto ai cinque tipi che c'erano lì che io e la mia ragazza siamo
partiti per una gita romantica e abbiamo finito la benzina. Loro me
l'hanno data e in più mi hanno regalato anche un paio di birre, se
vuoi ce le scoliamo quando ci cattureranno. Simpatici, no?-
-Se
lo dici te.- gli concedo. Visto che ormai sono sveglia (più o meno)
mi rimetto in posizione umana e mi stiracchio un po' mentre chiedo:
-Qual'è
la prossima tappa della gita romantica, allora?-
Nonostante
la stanchezza mi accorgo dell'espressione sul volto di Evan, e
capisco solo ora: non lo sa. Cosa dobbiamo fare, ora?
-Potremmo...potremmo
andare da Nathan. Distruggere il coso, quello là, il generatore, e
poi tu uccidi Nathan. Dopo potremmo cercare il Libro, forse papà
l'ha conservato, e così potremo togliere i poteri a tutti e non ci
saranno più pensatori...-
-...e
ci saranno arcobaleni per sempre? Andiamo, Ivy. Potremmo...sì,
potremmo andare da qualche pensatore pacifico. Loro potranno
aiutarci.-
-Ma
ci accetteranno? Prima era diverso perchè c'era mia madre, ma
adesso, se vedranno te...-
-Qua
sei famosa.- m'interrompe Evan, con gli occhi fissi sulla strada che
attraversa il bosco -Ti riconosceranno. Io correrò i miei rischi, ma
almeno te potrai andare avanti.-
-Oppure...-
faccio io. Sì, mi sta venendo un'idea in mente.
-Oppure?-
-Oppure
andiamo da qualche pensatore cattivo. Di quelli che conosci te. Non
ci sono molte possibilità che i buoni sappiano dove sono il
generatore e il Libro, no? I cattivi invece potrebbero saperne
qualcosa.-
-I
cattivi pensano che tu sia morta. Sanno che tu devi restare
morta.-
-Correrò
i miei rischi.- ribatto io. Le labbra di Evan si stringono in una
linea sottile:
-No.-
-È
la cosa più logica da fare.-
-No.-
-Senti,
facciamo così.- sbuffo, voltandomi completamente verso di lui
-Andiamo dai buoni e tu te ne stai nascosto qua. Se non potranno
aiutarci andremo dai cattivi, io me ne starò nascosta qua e te
andrai a prendere le informazioni che ci servono...-
-Andiamo
dai buoni e io me ne sto nascosto qua.- m'interrompe Evan senza tante
cerimonie -Se non potranno aiutarci io andrò dai cattivi,
prenderò le informazioni che ci servono e tornerò da te, mentre tu
resterai dai buoni. Punto.-
Lo
odio quando fa così.
-E
se i cattivi sapessero che ora ti ricordi? Saresti da solo, là, in
mezzo a tutti quei nemici...-
-Quindi
è meglio che tu rimanga con i buoni.- dice per l'ennesima volta lui.
Per tutta risposta io lo guardo male:
-Sei
un poco masochista, eh.-
E,
a sorpresa, lui scoppia a ridere. Di gusto.
-Chi
è che è morto un centinaio di volte?-
Beh.
È una bella sfida. Io due volte (contando il cambio di realtà), lui
tre (contando il cambio di realtà e anche quando è stato ucciso da
se stesso).
-Dai,
va bene.- fa Evan -So dov'è una base di pensatori contro Nathan.
Andremo là. Intanto, magari cerca di dormire, per ora devo restare
sveglio solo io per guidare...approfittane.-
-Ok,
capo.-
Così
riprendo la posizione "gatto appallottolato che dorme" e,
come ha detto lui, cerco di dormire.
Fosse
facile addormentarsi quando si sa di dover svegliarsi in un posto
dove c'è la possibilità di venire ammazzati.
Capita.
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Capitolo 17 *** Ma quanto sono forte? ***
Dopo
tipo tre o quattro ore di viaggio e viaggio e...viaggio, arriviamo
infine in una zona piena di edifici simili a scatole grige ammassate
alla cazzo, tutte recintate e con posti di guardia.
Vado
sempre a finire in luoghi così solari e accoglienti, eh.
-Sicuro
di essere nel posto giusto?- domando a Evan, dimostrandogli così la
cieca fiducia che nutro in lui.
-Sì.-
replica tranquillamente. Imbocca una delle strade labirintiche che
rendono questo posto dimenticato da dio quasi come una città e
svolta a destra in un'altra via, nascosta dietro una di queste mega
scatole. E ci ritroviamo in coda.
-Ma...?-
-Sì.-
Evan
oggi non è al massimo della loquacità, diciamocelo.
Comunque,
davanti a noi ci sono altre cinque o sei auto, tutte in attesa di
passare per un passaggio con sbarra controllato da due o tre tizi
vestiti di nero. Dopo il passaggio la strada, illuminata da parecchi
lampioni, continua fino ad arrivare a un parcheggio, dove ci sono
parecchi camion e furgoni e, accanto al parcheggio, c'è una delle
megascatole.
-Quello
è la base dei nemici di Nathan?-
-Non
è che possono mettersi nella suite del Grand Hotel, eh.- borbotta in
risposta Evan, chiamato anche mister solarità.
Così,
ci mettiamo in fila. E noto che i tipi vestiti di nero fanno il loro
lavoro fin troppo bene, per i miei gusti: controllano chiunque ci sia
nell'auto che deve passare e guardano nel bagagliaio, giusto per
vedere che non ci sia qualche regalino nascosto.
-Toglimi
una curiosità, come facciamo a passare se appena ti vedranno ti
spareranno in faccia?-Evan non si volta neanche verso di me, dice e
basta:
-L'importante
è che tu riesca ad entrare. Poi, se mi trattengono...fa niente.-
-Fa
niente un cazzo, come fai a sapere che ti tratterranno e basta?-
-Ho
fiducia nell'umanità?-
Non
gli rispondo neanche.
So
che potrei traviarli, anche facilmente...ma non voglio che lui rischi
così. Come fa a fidarsi tanto dei miei poteri, se li uso da nemmeno
un mese? È proprio da stupidi fare una cosa del genere.
Non
che fino ad ora abbiamo dimostrato un acume sopra la norma, eh.
-Sono
protetti?- chiedo quando ormai manca solo una macchina all'incontro
fatale. Evan capisce subito:
-Alcuni
sì. Penso anche questi di guardia...-
-Ok.
Mi basta saperlo.-
Non
so da dove venga questa sicurezza. Beh, non che abbia mai saputo da
dove venisse quello che penso sia solo un po' d'istinto di
sopravvivenza, quindi quello che mi ha salvato il culo la maggior
parte delle volte. Fatto sta che mi è venuta una voglia matta di
prendere mentalmente a pugni qualcuno.
Giusto
per scaricare un po' la tensione.
Ecco,
ora tocca a noi.
Uno
dei tizi vestiti di nero si avvicina, si piega leggermente accanto al
posto del guidatore, ci illumina i volti con la torcia...e,
semplicemente, chiede:
-Nomi
e provenienza, per favore.-
Se
è rimasto sorpreso, Evan non ne dà segno mentre risponde:
-Andy
Corroway e Elizabeth Sarephim. Inghilterra.-
-Perchè
siete venuti qua?-
-Cerchiamo
rifugio.-
Il
tizio ci studia per qualche secondo, sondando i nostri volti. Chissà
che faccia vede addosso a quella di Evan...io non ne ho idea. L'unica
cosa che so è che lui vede qualunque viso tranne quello vero.
NON
È SANDERS.
Mi
basta questo. Mi basta che lui non veda il suo volto, e il resto lo
colma la sua mente.
-Perchè
avete un furgoncino?-
Ahi.
A questo non ho pensato.
-Abbiamo
portato un po' di cose da casa, con noi...ma dei bastardi di Faber ci
hanno attaccati e ci hanno rubato tutto.-
Scommetto
che la prima cosa che ha pensato il tizio è stata "perchè non
vi hanno uccisi, allora?". Ma non gli dò il tempo di pesarne
una seconda.
FIDATI.
NON C'È BISOGNO DI
CONTROLLARE.
-Ok.
Potete andare.-
Evan
gli fa un cenno, poi rimette in moto il furgoncino e fa per
ripartire...quando il tizio ci ferma ancora:
-Un
attimo, aspettate.-
Si
rimette come prima, a un passo da noi, e chiede con voce affannata:
-Conoscete
Sanders? Evan Sanders, il braccio destro di Faber?-
-Certo.-
rispondo io con un sorriso (sì. Io con un sorriso), visto che Evan è
troppo occupato ad abbassare leggermente la testa.
-È
stato visto poco tempo fa qua, poco lontano da Copenhagen, ma
sappiamo che doveva restare in Inghilterra...l'avete visto?-
-È
quello con la cicatrice, vero?- gli chiedo io. Il tizio annuisce e
allora faccio spallucce:
-No,
mi spiace.-
-Ok,
va bene. Andate.-
Detto
questo, il tizio si allontana ancora ed Evan riparte verso il
parcheggio. Intanto io mi rendo conto che siamo passati davvero.
-Lo
sai che cominci a farmi paura?- commenta semplicemente Evan. Io
ghigno:
-Chi
è quello che tutti vogliono ammazzare?-
-Beh,
insom...-
-Occhio!-
Un
altro tizio ci indica dove parcheggiare. Evan gli fa un cenno e si
piazza esattamente lì, come se fossimo normalissimi pensatori in
cerca di un posto sicuro.
Fino
ad adesso gli unici posti sicuri che ho visto sono stati tutti
furgoncini.
-Bene.-
dico io.
-Fatto.-
dice Evan.
-Di
nuovo? Quand'è che hai fumato?- commento io.
-Cogliona.-
replica lui.
Dette
queste frasi poetiche, restiamo in silenzio per un po'. Io mi sto
chiedendo: che facciamo, ora, travio la mente di chiunque mi si pari
davanti finchè avremo qualche notizia sul generatore (o finchè
incapperò in qualcuno che si sa proteggere dal traviamento)?
Contiamo sulla bontà di cuore dei pensatori, chiedendo a chiunque
ciò che cerchiamo?
-Direi
che ora dobbiamo far finta di volerci stabilire qua.- fa Evan
rispondendo, come sempre, alle mie domande -Offrono rifugio a
chiunque, prima verificano solo che i rifugiati siano davvero
pensatori.-
-Quindi
dovrò traviare qualcun altro per farti passare?-
-Esattamente.
Dopo ci daranno delle stanze o un appartamento, e da lì potremo
cercare informazioni.-
Dai,
non sembra male.
-Te
dovrai continuare a nascondermi il volto per tutto il tempo.-
-Non
sarà un problema.-
Stranamente,
questo lo fa voltare verso di me. Mi fissa per qualche istante e
dice, con un'espressione strana stampata in faccia:
-Forse
c'è un modo più veloce, sai?-
Così,
adesso sono nella mini scatola che sta davanti a quella più grande,
quasi fosse un atrio dove i pensatori e i normali che ci vogliono
aiutare vengono smistati e inviati nel posto che spetta loro.
Sono
arrivata qua da un'entrata tra le mille che tappezzano una parete
della mini scatola, simmetrica alla parete di fronte, che però porta
all'edificio principale. Esattamente in mezzo, però, c'è una fila
di banchi simili a quelli del check in che si fa in aereoporto, e con
per ognuno delle tende che mi ricordano quelle usate per isolare i
bambini durante il controllo pidocchi. Per ogni banco c'è una fila
di cinque o sei persone al massimo, quindi mi metto in fila pure io
e...aspetto.
Odio
aspettare.
Spero
che Evan non rischi, stando da solo in macchina. Cioè, se gli
accadesse qualcosa sarebbe tutta colpa mia, no? Non va bene. L'idea è
stata sua, sì, ma se accadrà davvero quello che lui pensa accadrà,
allora resteremo divisi per un po'. Quindi...quindi no, non va bene.
Mi
guardo un po' attorno, giusto per far qualcosa. Ci saranno una
trentina di persone, in fila, e tutte hanno delle facce stanche,
pallide e fiacche. Sono anch'io così? Poi guardo quelli che escono
dall'altra parte, oltre le tende da controllo anti-pidocchi...e vedo
che anche loro sono fiacchi. Anzi, di più: sembrano stremati.
In
effetti non me lo sono mai chiesta: io non ero abituata ai poteri e
continuavo a svenire...che effetto hanno i "cosi" sulla
gente normale? Li sfiancano così tanto?
Meno
due persone. Ora ce ne sono altre due, poi tocca a me.
Dietro
di me è arrivata una famigliola, un uomo con un bambino che sembra
avere cinque anni e un'altra più piccola (dejà-vù?). Loro sì, che
hanno le facce stanche e distrutte. Quasi mi viene da dirgli di
cambiare fila, visto che quello che voglio fare rallenterà un po' il
tutto...ma no, non cambierebbe niente.
Non
parlano inglese nè danese. Da quello che il bambino borbotta alla
sorellina, mi pare di sentire qualcosa di...tedesco? Questo rifugio è
così famoso da spingere i pensatori ad abbandonare la loro patria
per venire qua?
Ohoh,
il tizio davanti a me è appena uscito dalla tendina. Tocca a me.
-Avanti,
per favore.- mi dice il tipo del banco, uno sui quarant'anni e
(indovina?) un'espressione stanca. Ok che è notte, ma mi sa che sono
l'unica qua ad essere ancora un po' sveglia. Lui sistema un po' i
fogli che ha davanti e chiede, senza staccare gli occhi dal pezzo di
carta che deve compilare per me:
-Pensatore
o normale?-
-Pensatore.-
-Anni?-
-Diciassette.-
Mi
sembra che mi stia arruolando nell'esercito, fantastico.
-Allora
ancora precoce...bene, vai a farti esaminare. Nella tenda.- finisce
il tipo, facendomi un cenno. Io gli passo accanto e, sorpresa delle
sorprese...vado nella tenda.
Lì
c'è una tizia uguale a quello del banco. Ma proprio uguale...cioè,
è la sua fotocopia. Mi nasce il sospetto che siano gemelli.
-Siediti,
per favore.- mi dice con lo stesso tono del fratello al banco. Io
vedo che c'è uno sgabellino e obbedisco, poi studio un po' il
computer e gli aggeggi da attaccare alla testa (tipo quelli dei film)
che lei ha davanti.
-Come
ti chiami?-
Non
mi passa per la testa neanche per un istante di dirle il nome che ha
sparato Evan prima:
-Ivy.-
Sì,
ok, lo confesso: non mi ricordo il nome che ha sparato Evan
prima.
-D'accordo,
Ivy.- sospira la donna, facendo ruotare il suo sgabello verso di me e
attaccandomi uno di quei cosi a ventosa sulla tempia -Vediamo un po'.
Sei giovane, non dovresti avere poteri così forti...ma è la prassi.
I capi vogliono sapere chi viene da noi.-
Capi?
Quindi ci sono più persone? Oh, fantastico, più gente da
convincere.
-Ora
devi soltanto cercare di leggere quello che sto pensando. Anche se
non ci riesci fa niente, il computer rileverà l'uso dei poteri in
ogni caso.-
Oh,
allora sono a posto.
La
tizia resta in silenzio a guardare il computer, aspettando un
responso. Io sospiro un po' (sì, non voglio ammetterlo ma sono
leggermente tesa) e, come sempre...sento quello che sta
pensando. Senza riguardi, perchè se mi limitassi il computer mi
segnerebbe semplicemente come "fuori dalla norma".
E
accade qualcosa che non mi sarei mai aspettata: lo schermo del
computer diventa rosso, bianco, poi si spegne e comincia ad uscirne
del fumo. Non potevo chiedere di meglio.
La
donna guarda il computer con un'espressione esterfatta. Si volta
verso di me, poi torna a studiare il computer.
-Deve...deve
essersi rotto, aspetta un secondo mentre vado a...-
No,
non si è rotto.
Si
volta di nuovo verso di me. Vedendo la faccia che ha mi viene
naturale sorridere, mentre le dico senza parlare:
Sì,
sono stata io. Scusa.
-A-aspetta
un secondo qua, ok?- mi chiede lei. Io sorrido ancora di più:
-Certo.-
La
tizia esce dalla tendina, raggiunge il fratello e sento che gli dice:
-Quella
che c'è dentro ha rotto il computer. I capi hanno detto di portargli
chiunque distrugge il computer...-
-Ok,
faccio io.-
E
sento il mio sorriso che si amplia. Perchè è logico: per questa
specie di test loro possono vedere subito chi è potente...e così i
capi possono trovare subito chi è abbastanza potente per eguagliare
Nathan e, quindi, spegnere il generatore.
Evidentemente
i capi di questo rifugio sanno del generatore. Evidentemente hanno
appena trovato la soluzione ai loro problemi.
Esattamente
come aveva predetto Evan.
Quanto
mi piace quando va tutto per il verso giusto.
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Capitolo 18 *** Loquacità a mille e gente troppo neutra ***
-Allora?
Chi sono questi famosi "capi"?-
Tutto
ciò che accade nella vita di una persona la cambia
irrimediabilmente. Magari troppo, magari non troppo...ma nel mio caso
è evidente: non mi sarei mai sognata di cominciare una conversazione
con un completo sconosciuto, e pure per la seconda volta. Questo
significa che c'è speranza per tutti?
Il
sopracitato sconosciuto, comunque, neanche si degna di rispondermi.
-Posso
almeno sapere per quanto cammineremo? Sono stanca, è notte e io di
solito di notte dormo.-
Ancora
niente. Sto cominciando a sospettare che questo tizio, a cui il
gemello dell'atrio mi ha affidata cinque minuti e varie rampe di
scale fa, sia irrimediabilmente muto.
Va
beh, non è un problema. Non per me.
Provo
a leggergli la mente...e non sento niente.
-Sei
proprio forte, eh? Ti hanno insegnato a chiudere la testa o è tutto
talento naturale?-
E
all'improvviso, non so perchè, mi torna quell'impulso psicopatico e
m'incazzo col mondo. Sta capitando un po' troppo spesso, nell'ultimo
periodo...e non va per niente bene.
Così
non ci penso neanche e mi scaglio contro la sua mente.
RISPONDI.
-Io
non so niente. So solo che ti devo portare da loro, all'ultimo piano
dell'Hangar. I capi sono quattro, Catchlyt controlla l'Hangar e gli
altri vengono da altre basi, si sono riuniti qua perchè vogliono
attaccare Faber.-
Si
blocca di scatto e mi fissa con gli occhi spalancati. Io gli sorrido:
-Grazie
mille per la disponibilità.-
Ha
la bocca spalancata. La richiude, la riapre, la chiude di nuovo.
-Ma
come cazzo...-
-A
posto, Josh. Da qui in avanti ci penso io.-
Oh,
bene, una faccia simpatica. Neanche tanto, visto l'espressione che ha
questo qua...ma meglio del tizio apatico chiamato Josh, no?
Gli
dà una pacca sulla spalla e mi fa cenno di affiancarlo per
continuare la salita delle scale. Ormai ho fatto tre piani, quanti ne
mancano per arrivare all'ultimo?
-Allora?
Tu sei più loquace del caro Josh?-
-Dipende
da chi ascolta.-
-Bene,
sembri simpatico.-
Dai,
non è così male. Avrà qualche anno più di me e ha una faccia
simpatica...non è vietato chiaccherare con la gente, no?
-Grazie.
Ma parliamo un po' di te: com'è che ti chiami?-
-I...Iris.-
-Iris?
Ma che bel nome.-
-Ringrazia
i miei genitori.-
Arriviamo
ad un altro piano, lo superiamo e andiamo avanti. E ho la netta
sensazione che 'sto tizio non sia così simpatico come sembra.
-E
dove sono i tuoi genitori?-
-Spero
sottoterra...ma ne dubito. Sai, non penso che i bastardi di Faber
sotterrino quelli che ammazzano.-
-Oh.
E sei venuta qua tutta da sola?-
Però,
mi viene quasi voglia di ringraziarlo per le condoglianze. Forse qua
sono così abituati a sentire storie tragiche da non badarci neanche
più.
-Mi
vedi con qualcuno?-
-Ti
vedo con me.-
-Però.
Perspicace.-
La
chiamavano "Ivy l'allegra ma anche no". Tattarattaaa.
-Sì,
va bene. Vedo che non sei così loquace, quindi lasciami un'ultima
domanda.-
Ah,
io non sarei loquace?
-Spara.-
-Te
non dovresti essere morta due anni fa?-
Oh.
Questo
non è loquace, è perspicace.
-...perchè
dovrei esserlo?-
-Perchè
sei l'unica a cui non riesco a leggere nella mente. E hai qualcosa
che ricorda tuo fratello.-
Oh.
Ok,
non mi piace più la sua loquacità.
Alfine
siamo arrivati a un ennesimo pianerottolo tra due rampe di scale e
con una per niente invitante porticina grigia. Il tizio m'invita con
un gesto a precederlo:
-Prima
le signore.-
-Però,
non avrei mai pensato che esistesse qualcuno capace ancora di farlo.-
ribatto subito io, che ovviamente non posso starmene zitta. Poi mi
accorgo che non so neanche il nome di quello con cui sto parlando, e
aggiungo: -Complimenti...com'è che ti chiami?-
Sì.
Lo sto chiedendo davvero io.
-Cazzi
miei...Iris.-
Per
mantenere un attimo di dignità lo guardo semplicemente male, poi
decido (così, visto che non ho niente di meglio da fare) di aprire
la per niente invitante porticina grigia...e mi ritrovo nel classico
covo che sembra essere stato strutturato apposta per congiure, piani
malefici e robe varie.
È
una stanza larga e con le luci spente; non è completamente buio solo
perchè c'è qualche lampione vicino alla finestra che porta a un
balconcino presente nella stanza, ma a quanto pare questo non
disturba i presenti. Sono quattro, hanno tutti grossi giacconi neri e
non sembrano per niente simpatici con quelle loro facce torve.
E
hanno la mente schermata. Giusto per rendere tutto più merdoso, eh.
Nonostante
la chiusura mentale, però, riesco comunque a sentire quello che
provano...e in un istante so che mi hanno riconosciuta. Peccato,
cominciava a piacermi il nome "Iris".
-Ma
cos'è, ce l'ho stampato in faccia chi sono?- dico, giusto per
rompere il silenzio. Nessuno dei quattro mi risponde...forse non
avrei dovuto dire niente.
-Come
sai che sappiamo chi sei?- parla finalmente uno dei quattro,
protendendosi sul lungo tavolo che li divide da me. Io faccio
spallucce:
-A
quanto pare i sentimenti sono divisi dalla mente in sè...quindi
anche se la schermate non serve a niente, perchè sento quello che
provate. Mi avete riconosciuta, no? Anche 'sto qua mi ha
riconosciuta.-
Mi
sento stranamente tranquilla. Cioè, sto parlando con i tizi che
vogliono ammazzare mio fratello e distruggere i pensatori cattivi...e
mi sento tranquilla. Sono fiera di me stessa.
-Non
toccava a te dirglielo, Adrian.- interviene uno dei quattro. Io non
riesco a trattenermi e mi volto leggermente verso il tizio:
-Già,
non toccava a te...Adrian.-
Ma
quanto sono simpatica? Ancora non capisco perchè tutti vogliano
uccidermi.
-Comunque.-
riprendo, voltandomi di nuovo verso i quattro -Se sono qua è perchè
voi sapete del generatore e tutto il resto...sapete dov'è?-
-Perchè
dovremmo dirtelo?- chiede uno dei quattro. Io faccio spallucce con
nonchalance...ehi, sto diventando davvero brava.
-Perchè
se no vi costringerò a dirmelo. Così mi risparmiereste la fatica,
no?-
-Chi
ci dice che ne saresti capace?-
E
non è mio, il ghigno che mi sta nascendo sul volto. Scommetto che
somiglia incredibilmente a quello di Evan.
-Vogliamo
provare?-
-Volentieri.-
Ok,
questo non me l'aspettavo.
-...se
proprio insistete...-
-Oh,
ma non così.- mi interrompe quello che aveva parlato per primo. Ora
è appoggiato allo schienale della sua sedia, con le braccia
incrociate e gli occhi che brillano nel buio, e sento qualcosa che mi
lascia senza parole.
È
neutro. Completamente. Gli altri tre erano preoccupati, ora sono un
po' curiosi (anche se non lo mostrano)...ma lui no. Non
prova...niente.
È
inquietante.
-Nathan
è capace di condizionare la gente o, come dici te, "traviarla",
e io stesso lo so fare. Ma questo non basta. Noi abbiamo bisogno di
una persona che superi Nathan, che abbia più poteri di
lui...oppure sarà inutile dichiarare il luogo dove si trova il
generatore, per non dire rischioso. E noi non vogliamo prenderci
rischi inutili, quindi ci devi dimostrare di essere più potente di
Nathan.-
Beh,
sembra sensato. Ma se traviassi direttamente uno di loro sarebbe
molto più veloce...
-So
cosa stai pensando. Ma ti avverto: è inutile cercare di estorcere il
nome del luogo da uno dei miei tre compagni...loro non lo sanno. Lo
so solo io, e non posso essere condizionato.-
Ah.
Ecco.
A
quanto pare dovrò dimostrare loro di essere più potente di mio
fratello. La cosa più strana è che io non ho dubbi di esserlo...e
questo non è dovuto al mio innato egocentrismo. E va bene, se lo
devo fare lo faccio. C'è qualcuno che non dovrebbe essere qua e che
mi aspetta nel parcheggio...non voglio che resti troppo da solo a
lungo, magari gli viene voglia di farsi un'altra cannetta.
-Sentiamo,
allora. Che volete che faccia?-
Il
tizio antipatico fa un cenno al tizio che mi ha portata qua (Adrian).
Lui annusce ed esce dalla stanza senza dire una parola, lasciandomi
in balia di questi quattro.
E
riecco il silenzio.
-Allora...-
faccio io, giusto per dire qualcosa -Perchè tante precauzioni
all'entrata? Non vi fidate di chi viene qua a chiedervi aiuto?-
-Se
tu avessi passato quello che abbiamo passato noi saresti restia ad
accettare gli sconosciuti quanto lo siamo noi.- replica uno dei tre
tizi che in teoria potrei traviare tranquillamente. Faccio una faccia
(ahah, faccio una faccia) come a dire "ma lo sai con chi
parli?"... ma, insomma, anche a loro sarà capitato di tutto,
no? Potremmo fare un bel circoletto e chiaccherare su tutte le
ingiustizie che la vita ci ha riservato, magari sorseggiando un po'
di cioccolata calda, simile a quella delle macchinette della
scuola...
Un
secondo: ma io un tempo andavo davvero a scuola?! Quasi non me
lo ricordavo.
Mi
riscuoto dalle mie peregrinazioni mentali per il ritorno rumoroso di
Adrian. Mi volto verso di lui, pronta a qualsiasi prova mi metteranno
sotto il naso...e quasi mi viene un infarto.
Adrian
ha trascinato nella stanza qualcuno che conosco bene.
-Il
compito è semplice.- dice il tizio neutro, senza sapere del casino
che ho in testa -Devi costringere questo qua a buttarsi dal balcone.
Ovviamente lo fermeremo; questa sarà la prova che sei più potente
di Nathan, perchè solo chi è davvero potente può portare ad
agire contro il proprio istinto di sopravvivenza.-
Mi
volto di scatto verso il tizio, e per una volta sono quasi senza
parole.
-Chi...chi
è lui?-
-Un
infiltrato di Nathan. L'hanno trovato nel parcheggio e non è
schedato da nessuna parte, è una spia.-
Ah.
Ah, certo, è ovvio.
A
quanto pare il qualcosa che ho fatto a Evan per non farlo riconoscere
ha ingannato tutti, fin'ora, e sta durando ancora. Fantastico, non
c'è che dire...ma potrebbe essere un attimo problematico.
Perchè
il tizio neutro mi ha appena detto che devo traviare Evan. Se non lo
faccio, potremo dire addio al sapere dove cazzo è quel cazzo di
generatore.
Qual'è
il problema? Io non posso traviare Evan perchè lui non può essere
traviato. Quindi: se non lo smaschero, mi riterranno debole e
non sapremo dov'è il generatore; se lo smaschero, molto
probabilmente Evan non vedrà la fine di questa lunga notte.
Merda.
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Capitolo 19 *** Tentano di ammazzarmi e faccio discorsi deprimenti...la mia solita giornata, insomma ***
-Perchè
lui? Perchè non dovrei provarci con uno di voi?-
Tentativo
labile, lo so. Non ho trovato di meglio.
-Perchè
è inutile che uno di noi rischi , specie in un momento come
questo...-
-Ma
mi avete appena detto che bloccherete quello che travio prima che si
butti.- noto io. Ehi, forse qualche speranza c'è. -Questo non
significa che sarebbe la stessa cosa, influenzare lui o voi?-
Uno
dei quattro emana così tanta ansia da quasi stendermi. Però, ho
scelto proprio bene coloro che dovrebbero aiutarmi a sconfiggere
Nathan...davvero 'sti qua sono capi dei ribelli? Siam messi bene.
-Perchè
sei così restia a sperimentare su un nemico?- mi chiede quello
neutro, l'unico a non essersi scomposto. Io faccio spallucce:
-Perchè
non voglio diventare un' assassina, forse? Non vi basta quello che ho
fatto al computer giù come prova che sono abbastanza potente?-
-Non
prova niente, i computer sono iper sensibili. Sarebbe successa la
stessa cosa anche a uno di noi.-
Ah.
Fantastico.
-Inoltre-
aggiunge quello dei quattro che non ha ancora parlato -esistono
diverse tipologie di potere. Te potresti essere potentissima nel
leggere la mente e solo in quello...Faber sa anche traviare e
cambiare i ricordi.-
Oh,
questo lo so. Non c'è la prova vivente qua accanto a me?
-Andiamo,
non abbiamo tempo da perdere.- sbotta all'improvviso quello che emana
ansia -Che t'importa se muore? È di certo un assassino, se lo
meriterebbe, e così la sua morte sarebbe servita a qualcosa...-
-Non
è che non voglia, è che lei non può traviarmi.-
Bene.
Se non lo ammazzano loro lo ammazzo io.
Cala
un silenzio istantaneo. Tutti guardano verso Evan; io mi volto verso
di lui e, ovviamente, lo incenerisco con gli occhi... perchè dai,
questa è la chiara dimostrazione che è un coglione immenso.
-In
che senso?- domanda quello neutro. Evan sorride tranquillamente:
-Perchè
sono immune ai vostri poteri...-
-Non
è possibile.- lo interrompe subito quello che lo tiene per un
braccio, Adrian. Lo guardo meglio, e mi accorgo che ha una strana
espressione sul volto mentre uno dei quattro aggiunge con voce
incerta:
-Gli
unici due umani immuni ai poteri sono Cassidy Meirfay e...-
E
l'illusione scoppia come una bolla di sapone.
-Sanders?!-
esclamano quattro voci contemporaneamente. Adrian lo molla subito,
come se scottasse, e tutti tirano fuori delle pistole (a quanto pare
le nascondono anche loro nelle mutande, sarà un vizio).
Fantastico.
Non potevo sperare di peggio.
-Ok,
ok.- dico, mettendomi tra loro e quindi stando davanti a Evan (perchè
non gli spareranno se ci sono io in mezzo, vero?). Decido in un
istante di usare la carta sincerità massima, quindi cerco di essere
il più convincente possibile mentre continuo, stando attenta a non
perdermi nessuna mossa di questi tizi:
-Ok.
Va bene, è davvero Evan Sanders, il flagello di dio eccetera
eccetera. Ed è anche la prova più lampante che non possiamo perdere
tempo: mio fratello è stato così potente da cambiargli
completamente la memoria, due anni fa, per farlo diventare il
suo braccio destro...quindi chissà quanto Nathan è potente ora. E
potete non preoccuparvi per Evan, è innocuo: conoscete quelli che
stanno con mia madre, Karen Faber? Gli hanno dato un siero strano che
gli ha fatto tornare la memoria, quindi ora non sta più dalla parte
di Nathan, sta dalla nostra. Quindi, gentilmente, potreste
abbassare le pistole, o vi devo traviare per farvelo fare?-
Però.
Forse Evan aveva ragione, nell'altra realtà, quando aveva detto che
mi avrebbe votata solo per la parlantina. Quasi quasi mi candido a
dittratrice del mondo al posto di Nathan.
Comunque,
i fantastici quattro non hanno abbassato le pistole.
-Non
ti aspetterai che ci crediamo davvero, eh?- fa il simpaticone che
prima ha detto che posso benissimi ammazzare Evan, tanto non serve a
niente.
-Sì.
Me lo aspetto.- replico. Ok, non è una grande mossa diplomatica...ma
non ci si può aspettare di meglio da una futura dittatrice, no?
Vedendo
che il tizio simpaticone sta per dire qualcos'altro faccio per
rerispondergli male, ma Evan mi precede:
-No,
fa niente. Prendetemi, rinchiudetemi, fate quello che volete, ma
ascoltatela. È riuscita a bloccarmi e mi ha costretto a seguirla
fino a qua, vuole solo sapere dov'è il generatore e basta, di me
potete fare tutto quello che...-
-Zitto!-
gli sibilo. Lui sorride tranquillamente, come fosse normale chiedere
a qualcuno di rinchiuderlo.
Normale.
Ahah.
-...se
avete finito...- fa il tizio neutro con la voce un po' meno neutra
-Adrian, rinchiudili entrambi nelle prigioni.-
-Nelle
prigioni? Siamo finiti nel medioevo, ora non ci ascoltate
neanche?-
Io
lo sapevo che la mia linguaccia mi avrebbe ammazzata, prima o poi.
Il
tizio neutro apre la bocca per dire qualcosa...poi un rumore un po'
troppo forte ci distrae.
Ok,
diciamo che "un po' troppo forte" sminuisce il rumore che
può fare un muro che crolla dopo un'esplosione, ecco.
Qualcuno
mi butta per terra, evitandomi così una bella botta in testa. Quel
qualcuno è Evan...e ovviamente lui si è beccato una bella botta in
testa al mio posto per le macerie della parete che è appena
crollata.
Fin
qua non vedo niente di diverso dal solito.
Passa
un po' di tempo con un silenzio assurdo. Poi, lentamente, come se
avessimo tutto il tempo del mondo, cominciamo a rialzarci tutti
assieme. Non so da che parte della mia mente venga l'immagine di un
film dove i morti viventi risorgono dalle macerie di un magazzino, e
la scena assomiglia fin troppo a quello che vedo.
Siamo
ancora tutti interi. Un po' ammaccati, due dei quattro perdono sangue
da qualche ferita e Adrian ha un brutto taglio sulla gamba, e sento
uno strano fastidio al gomito...ma tutto passa in secondo piano
rispetto all'enorme buco che ora c'è al posto della parete che prima
aveva pure un balcone. Cioè, un balcone. Non so se mi spiego.
Mi
avvicino al limite del grande buco, e stranamente nessuno cerca di
fermarmi. Peggio per me: un fascio di luce accecante mi becca in
piena faccia, non facendomi vedere niente per almeno mezzo minuto. E
in queste situazioni mezzo minuto è un tempo davvero, davvero lungo.
C'è
un elicottero qua davanti a noi.
Cioè...c'è
un elicottero qua davanti a noi?!
-TRA
DIECI MINUTI FAREMO SALTARE IN ARIA QUESTO POSTO. PORTATE I BAMBINI
ALL'ESTERNO E CONSEGNATECELI, POI TORNATE DENTRO. ESEGUITE, O NON
GRAZIEREMO I BAMBINI.-
Ok,
non mi piacciono le voci che parlano con gli altoparlanti. Questa,
poi, è proprio strana: insomma, sembra quella di una ragazza...ma è
incredibilmente fredda.
Poi
la luce si abbassa leggermente, permettendomi così di vederli.
Sono
in quattro: uno guida l'elicottero, due sono nella parte dietro, con
i mitra puntati su di noi, e la quarta si sporge dallo sportello
laterale aperto, anche lei armata.
E
mi vede. Come potrebbe non farlo? Sono praticamente in mezzo allo
squarcio nella parete.
Il
problema, però, è che mi riconosce...e non sembra nemmeno pensarci,
quando punta la sua pistola verso di me.
E
io sono così ritardata che non mi passa neanche per la mente di
spostarmi, di fare qualunque cosa. Resto a fissare la ragazza. Ha gli
occhi azzurri ed è bionda e abbronzata, la classica ragazza
americana. E ha un'espressione che non capisco, sembra decisa e
terrorizzata allo stesso tempo. Perchè è così? Come può avere
paura di spararmi se ha appena detto che uccideranno i bambini se
cerchiamo di opporci?
E
perchè non riesco a vedere cos'ha nella mente?
Lei
posa l'indice sul grilletto. Io penso che sia meglio stare a
guardare. Tanto, che senso avrebbe tentare di schivare il proiettile,
di nascondermi? Non ce la farei mai. È inutile.
Poi
qualcuno mi spinge di lato, facendomi colpire col gomito sinistro un
pezzo di parete...e fa male.
La
vista mi si annebbia per qualche istante.
Quando
torna, vedo stagliata contro la luce una figura scura, con le braccia
spalancate. E, nonostante il rumore delle pale dell'elicottero, sento
benissimo quello che Adrian dice.
-Sparami,
dai. Tanto mi hai già ucciso.-
Sta
parlando con la ragazza. Io sposto gli occhi su di lei...e la vedo
tentennare.
-Ci
ucciderai tutti?- continua Adrian, stavolta a voce più alta
-Ucciderai tutti quelli che sono qua? Sai che non ci
arrenderemo...ucciderai anche i bambini?-
La
ragazza non dice niente. Ha ancora quell'espressione disperata, ma la
pistola ora è rivolta verso l'alto, verso il cielo nero.
La
sto guardando, e solo per questo vedo anche i due che la affiancano:
loro hanno ancora i mitra puntati verso di noi...e uno ha un
marchingegno strano che non mi piace.
"Faremo
saltare in aria questo posto", ha detto.
ANDATEVENE.
DIMENTICATEVI DI NOI, DI TUTTO.
L'elicottero
si sposte leggermente, come se il pilota volesse spostarsi.
VIA.
ADESSO. NON TORNATE PIÙ.
Questa
volta funziona: i due tipi alzano i mitra e il pilota fa girare
l'elicottero all'improvviso.
La
ragazza spalanca gli occhi e si volta di scatto verso i compagni:
-Cosa
diavolo state facendo?! Vi ha condizionati! Tornate indietro!-
Ma
è inutile: l'elicottero è già a parecchi metri di distanza. Il
pilota li sta portando lontano, via da noi...non potranno fare male a
nessuno.
E
direi che ora posso svenire, no?
Ciao
ciao, mondo.
Mi
risveglio in un letto.
Cioè,
qua c'è qualcosa che non va. È da due giorni che non mi risveglio
in un letto.
Sono
morta?
-Se
stai pensando di essere morta...no, non lo sei. Mi spiace.-
Mi
raddrizzo di scatto e subito una fitta incredibile mi attraversa la
testa, facendomi vedere le stelle per qualche secondo.
Poi
il mondo riappare, e si rivela essere un mondo alquanto piccolo: una
stanzetta grigia con un letto, un armadio, un comodino con una
lampada che rischiara l'ambiente, e un Evan seduto su una poltrona.
Insomma, c'è tutto l'essenziale.
Mi
ricordo tutto quello che è successo. Ma, nemmeno io so perchè, la
prima cosa che mi viene da chiedere è:
-Che
ore sono?-
-Cinque
di mattina appena passate.- replica Evan, sempre pronto. Ha la testa
fasciata e indossa abiti diversi da quelli che aveva prima del
casino, e chissà come questo mi fa azzeccare quello che è accaduto
mentre io ero nel mondo dei sogni.
-Ci
danno una possibilità?-
Lui
annuisce. Ha un sorrisetto tranquillo che non gli ho mai visto sul
volto...non su questo, almeno.
-Dopo
che li hai praticamente salvati hanno deciso di potermi sopportare.
Vogliono aiutarti, comunque. Tre capi volevano attaccare subito
Nathan, ma Catchlyt si è opposto...-
-Quello
neutro?-
Evan
resta zitto per qualche secondo. Dopo un po' dice, con un'espressione
tra il preoccupato e il divertito:
-Sai,
a volte non riesco proprio a seguire quello che succede nella tua
testa.-
-...intendo
quello che sa dov'è il generatore. Sì, quello con l'aria di capo.-
-Sì.
Catchlyt. Lui vuole prima parlarti, quindi ora aspettano che ti
svegli per sapere cosa fare.-
-Beh,
è già qualcosa.- noto io. Cerco di mettermi ancora un po' seduta, e
mi accorgo solo ora che ho il braccio sinistro appeso al collo e
fasciato in zona gomito.
Ah,
quindi quel male non me lo ero immaginata.
-Che
è successo quando quelli là hanno sfondato la parete?- chiedo,
giusto per mantenermi al passo coi tempi. Evan fa spallucce, come se
non fosse accaduto niente di grave:
-Erano
soldati di Nathan. La ragazza, Meirfay, è immune come me, per questo
non sei riuscita a traviarla. Comunque: non so come, sono riusciti a
trovare questa base (sai, in teoria è schermata dai radar) e a
puntarci una bomba sopra. E sai qual'è la parte più divertente?-
-Sentiamo.-
-Solo
loro sanno, sapevano, dov'è la base. Nathan l'avrebbe
distrutta in due secondi, ma la Meirfay non voleva che morissero
anche i bambini...quindi è venuta qua da sola per dar loro una
possibilità di non venire uccisi. Non ha avvertito Nathan, e per
questo noi siamo al sicuro. Per ora.-
Oh,
davvero consolante.
-...come
fai a essere certo di tutte queste cose?-
-Me
l'ha detto Adrian mentre mi mettevano a posto la testa.- risponde
subito Evan, picchiettandosi una tempia con l'indice della sua mano
menomata -Da quel che ho capito, Cassidy Meirfay stava dalla parte
dei ribelli...poi qualcosa l'ha spinta a unirsi a Nathan. Non so
cosa, penso sia colpa di Adrian, non me l'ha voluto dire. È con
Nathan da due mesi, l'ho vista una o due volte perchè ero occupato
tutto il tempo a ucciderti in ogni realtà...-
-Grazie.-
-...ma
non mi sembra un'assassina.-
Sì,
non lo sembra. Non lo è. Si capiva dalla sua faccia.
Poi
mi viene in mente un altro problema da aggiungere alla lista
interminabile de "I problemi di Ivy Faber":
-I
capi non potrebbero pensare che abbiamo portato noi qui quelli
di Nathan?-
-Lo
penserebbero...se tu non avessi praticamente salvato il loro culo
d'oro. E non hanno più dubbi neanche sui tuoi poteri, visto che sei
riuscita a traviare tre uomini che teoricamente Meirfay aveva reso
immuni ai poteri, quindi...-
No,
un secondo.
-Chi
è immune può rendere immuni anche gli altri?-
-No.-
dice subito Evan. Non ha più l'espressione divertita di prima -Io
non so farlo.-
Ecco,
ci mancava che si deprimesse perchè ha trovato una più brava di
lui.
Stupendo.
-Andiamo,
puoi fare l'eroe anche senza i tuoi non-poteri.- comincio con un tono
che spero non sia ironico -Chi è che si è fatto avvelenare
per salvarmi, quando mio padre mi aveva catturata? Chi è che mi ha
difesa, quando hanno cominciato a sparare nel negozio di Jack?
Chi...-
-Sì,
ok, ho capito.-
-...è
che si è beccato un colpo in testa al mio posto? E, ancora più
importante: chi è che mi ha salvata da un controllore sadico quando
dovevo andare a un torneo dall'altra parte della città e senza
quel cazzo di biglietto?-
Lui
resta in silenzio. Ha un'espressione strana, sul volto pieno di ombre
per la luce della lampada sul comodino...sembra quasi un po'
sorpreso.
-Me
ne ero dimenticato.-
-Oh.
Che simpatico.- faccio io con tono indignato.
Ma,
anche se non lo ammetterò mai...l'avevo dimenticato anche io.
-Ero
appena arrivato in città, volevo fare qualcosa di normale ed ero
andato a dare un'occhiata allo sport center...e mi ritrovo davanti
una ragazza che quasi sviene, tanto sembra in ansia.-
-Ma
che simpatico.- sbuffo -Certo, ora aver paura di un controllore mi
sembra più che da idiota...ma insomma, era prima di tutto questo!
Rischiavo di beccarmi una multa!-
-Problemi
di vita, quindi.-
-Già.
Quasi dello stesso livello della festa...io, Alice e Mary abbiamo
passato tutto il pomeriggio prima a sistemarci, e loro mi prendevano
in giro perchè qualcuno mi stava un po' addosso...-
-Aspetta.-
m'interrompe Evan. Questa volta ha un'espressione concentrata, come
se cercasse di ricordare qualcosa.
-...era
lì che ho tirato un pugno a Jack?-
-Esattamente.-
confermo io, e lui fa un sorriso che non gli ho mai visto
fare...assomiglia a quello di un bambino, di quelli che illuminano
gli occhi.
E
non mi dispiace per niente.
-La
cosa strana è che nella realtà che ho creato voi andate pure
d'accordo, sai?-
Evan
si sistema meglio sulla poltrona, protendendosi verso di me, e dice:
-Raccontami
un po' di là. Non ci sono davvero i poteri?-
Mi
sistemo anch'io, incrociando le gambe e stiracchiando la schiena, il
dolore al braccio solo un leggero pulsare e la testa libera dal male.
Non mi accorgo neanche che mi hanno messo addosso dei pantaloni da
ginnastica e una maglietta che non ho mai visto...perchè mi piace,
quello che stiamo facendo. Parlare dei bei vecchi tempi come due bei
vecchi vecchietti.
-Nada.
Cioè, io ce li ho ancora, ma perchè penso che avevo "assistito"
al passaggio nella nuova realtà. E ricordavo anche, proprio come
te...sai, forse è per questo che anche te ricordavi: prima che
leggessi la formula stavi morendo. Forse eri ancora vivo nel
passaggio e, visto che non avevi poteri neanche prima, beh, per te
non è cambiato niente...ti sei solo ricordato.-
-Chiamalo
niente.- borbotta lui per poi aggiungere, con un tono interessato:
-Dimmi di più. Quelli che conoscevi della vecchia realtà...loro
com'erano?-
-Simpatici.-
dico subito. Me ne rendo conto dopo un istante e quasi scoppio a
ridere. -Sì, beh...diversi. In meglio. Bill e Jack hanno fatto la
loro normale vita, senza scienziati. Mary è rimasta fan sfegatata
dei fantasy, ma ha anche una bella realtà in cui vivere. Alice e
Brian stanno insieme, forse l'avevi capito...e, beh, anche noi
stavamo insieme. Dopo una settimana dal cambiamento di realtà ti sei
trasferito nell'ultima casa della via con Angie e Dan, loro non
ricordavano ma te sì...-
-Sì.
Li ho visti.- mi interrompe ancora Evan. Guarda un punto indefinito
vicino ai miei piedi, e non sembra più così curioso di sapere
-Erano felici. E lui...lui era vivo. Spero che non staranno troppo
male, quando scopriranno cos'ho fatto alla mia versione di quella
realtà...-
Ah,
giusto. Questo non è lo stesso Evan che ho lasciato dall'altra
parte.
Ma,
insomma...alla fine sono la stessa persona, no? La stessa persona,
solo che hanno avuto vite diverse. Punto, niente di più.
E
mi torna in mente una cosa che gli avevo chiesto quando si era fatto,
nel bosco.
-Quando...se
sopravvivremo.- (perchè nella mia mente sono immortale?) -Qua ci
sarà l'anarchia. Se riusciremo a ritrovare quel maledetto libro e
nessuno avrà più i suoi poteri eccetera, ecco...io potrei tornare
alla realtà senza poteri con uno di quei cosi che hai usato per
passare da una dimensione all'altra?-
Sì,
beh...già. Mi manca quel posto. Là avevo i miei amici, mio padre
ancora vivo, mio fratello come dovrebbe essere davvero (non pazzo
tiranneggiante) e una madre che non mi spara in testa...e ogni giorno
mi svegliavo con la certezza che il rischio massimo che avrei potuto
correre sarebbe stato quello di finire sotto una macchina. Era un bel
posto e, anche se ci sono stata solo due settimane...mi manca. Perchè
nella mia testa ci sono due vite, e so quale preferisco.
Però,
Evan...
-Sì.-
-Beh,
come dire...potresti venire anche te, no?-
Non
so cosa aspettarmi, ma di certo resto sorpresa vedendo che Evan
sorride stancamente, come se ci avesse già pensato:
-E
le dita che mancano? E la cicatrice? E il fatto che non mi ricordo
nulla della mia vita da persona normale?-
-E
la vita normale che ti aspetta?- domando io in risposta -E Dan che è
vivo? E Angie che...beh, non so che fine abbia fatto qua, quindi...-
-Morta.-
-E
Angie che è viva? E la possibilità di avere una casa che non
rischia di saltare in aria ogni secondo?-
Evan
sembra voler contestare ancora, ma adesso ha quel suo sorrisetto
tranquillo che mi fa sperare che lui riesca ancora a sperare.
Perchè sperare non costa niente, no?
-Costa
la propria sanità mentale.-
Evan
si alza di scatto e dopo un secondo si risiede sbattendo le palpebre.
Ops, forse si è dimenticato di essersi preso un pezzo di muro in
testa, poco tempo fa.
Comunque,
io guardo Adrian, appoggiato alla porta aperta della mia stanza. Ha
un'aria stracciata...ma, del resto, qua ce l'hanno tutti.
-Hai
abbassato le difese della tua mente. È rischioso.- m'informa con un
tono neutro.
-Grazie
di avermi avvisata.- gli dico io. Lui fa spallucce, poi annuncia:
-I
capi vogliono vederti subito.-
Ed
eccola qua, la realtà di merda in cui sono che torna a farsi
sentire.
Ma
un attimo di pace no, eh?
|
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Capitolo 20 *** Mi fregano, e pure spesso ***
Adrian
ci guida gentilmente per tutti i piani di questo fottutissimo posto.
Io col gomito ancora appeso al collo, lui che zoppica e Evan con la
testa fasciata, che bel quadretto formiamo.
Stiamo
percorrendo tutte le rampe di scale esistenti e, quando arriviamo in
corrispondenza di qualche piano, mi pare di vedere qualcuno che si
aggira come un fantasma per i corridoi bui...ma, per il resto,
niente. Magari tutti quelli che stanno qua sono sordi o
incredibilmente bravi a ignorare il mondo, visto che nonostante il
casino che ha fatto l'esplosione di prima sono tornati a dormire...o
forse neanche si sono svegliati.
Comunque,
c'è troppo silenzio per i miei gusti, quindi domando:
-Allora,
che ci vogliono dire?-
-E
io che cazzo ne so?-
Bene.
Gli eventi recentemente avvenuti non lo hanno reso più simpatico.
-Ehi,
sta' calmo.- interviene subito Evan, sempre pronto a proteggermi (un
attimo: l'ho pensato davvero?!). Adrian si limita a guardarlo male,
poi continua a zoppicare in su, scalino per scalino.
E
chissà perchè mi viene una voglia matta di stuzzicarlo, come con un
brufolo antipatico che non vedi l'ora che scoppi, anche se sarà
peggio. Sì, ormai è appurato che sono tremendamente masochista, per
la felicità del testa fasciata qua accanto a me.
-Sei
incazzato di natura, o da quando quella Meirfay ha cercato di
ammazzarci?-
Non
mi risponde.
-Non
è che serve a tanto, se non mi parli, eh.- continuo io, rigirando il
dito nella piaga. Mi punto l'indice alla tempia e mormoro con fare un
po' da drogata:
-Vedo...vedo...vedo
che ti senti in colpa! Ma se ti senti in colpa non è che potresti
star meglio aiutando due poveri cani come noi, magari addirittura
rispondendo alle domande che ti facciamo e non chiudendoti in un
mutismo da bambino viziato di cinque anni?-
-Sta'
un po' zitta.- risponde Adrian con un tono semplicemente infastidito.
Eh, no. Io non voglio solo l'infastidito.
-No
che sto un po' zitta.- ribatto subito, fermandomi sull'ennesimo piano
e incrociando le braccia (nella mia mente sembro sicura, spero sia
così anche nella realtà) -Siamo dalla stessa parte, vogliamo tutti
e due che Nathan perda. Francamente spero sopravviva visto che, sai,
è mio fratello, per questo dico "perda" e non "muoia"...e
scommetto che tu speri lo stesso per Cassidy Meirfay. Ma se tu fai il
sostenuto, noi saremo completamente soli in questo posto e i gran
capi non ci diranno dov'è il generatore e perderemo, moriremo e pace
all'anima nostra! Quindi, per favore, smettila di fare il sostenuto e
cerca di venirci incontro, di aiutarci.-
Fiiiine.
Sento
Evan al mio fianco, e Adrian è qualche scalino sopra di noi, ancora
voltato verso l'alto. Dopo qualche secondo si gira (lentamente, così
fa effetto) e sento un'ondata di odio così grande che quasi
mi stende.
Ma
non è rivolta verso di me.
-Dovrei
aiutare quello che mi ha fatto perdere tutto?-
Ah.
Allora non sono io il problema.
Sta
guardando Evan con gli occhi sbarrati e il volto incredibilmente
pallido per la rabbia. Evan sbatte lentamente le ciglia, a mo' di
diva del cinema, poi dice:
-Ce
l'hai con me?-
-Oh,
non provare a far finta di niente. Non provare a negarlo.-
-Negare
cosa?- intervengo io. Sì, sono alquanto lunatica...passo
dall'offendere al mediare nel giro di un istante. Ivy Faber, piacere.
Adrian
scende gli scalini che lo dividono da noi e punta un dito contro
Evan, continuando però a guardare me. Dice con la voce che gli trema
di rabbia:
-Questo
pezzo di merda ha ucciso un casino di gente. Ha ucciso per Nathan per
due anni, ha distrutto famiglie e trucidato persone innocenti e te
osi dire che io devo aiutarlo?! Per colpa sua la mia famiglia
è prigioniera chissà dove, non so neanche se sono ancora vivi o se
sono morti, e Cass se n'è andata perchè pensa che io abbia ucciso
suo padre quando in realtà è stato uno dei suoi bastardi a
farlo. E te mi chiedi di aiutarlo? Lui è Evan Sanders, non ha pietà,
non ha l'anima! Dicono che sia il dio della distruzione sceso in
terra...beh, la vuoi sentire una cosa?-
E,
con mio sommo orrore, sfila dalla cintura dei jeans in cui l'aveva
infilata, nascosta alla vista dalla felpa che indossa...una pistola.
-Io
sono ateo. E ho anche una bella pistola.- dice, poi si volta di nuovo
e punta l'arma verso il petto di Evan.
Che
si è appena rimesso in tasca un pacchetto di sigarette.
Studia
con somma tranquillità la pistola, solleva lentamente gli occhi
verso Adrian e, giuro, questo coglione sorride.
-Bel
discorso.- dice con voce calma, poi agita la sigaretta che tiene tra
le dita della mano martoriata -Ma...hai da accendere?-
E
ora ne sono sicura. Qualche secondo, e il dito di Adrian si piegherà
e io sono più che certa che non riuscirò a bloccarlo in tempo.
Cristo santo, ho già assistito a una carneficina, non voglio vedere
ancora qualcuno che mi muore davanti senza poter far niente.
Gli trema pure il braccio, probabilmente per la rabbia tra poco anche
i nervi delle dita scatteranno e, magari non lo vorrà nemmeno, ma il
colpo partirà e, Evan...
Di
solito a questo punto spunta fuori qualcosa che blocca il tutto. Che
so, un'altra copia di Evan, Superman, Bambi, qualunque cosa spunta
ora e ci salva il culo...quindi dai, perchè preoccuparmi per Evan?
Tanto si salva sempre, Adrian ora torna in sè.
Li
vedo. Vedo i tendini che si piegano, i muscoli che si contraggono.
Adrian non fermerà il suo dito, non tornerà in sè adesso.
E
poi accade la magia: Adrian abbassa il braccio e molla la pistola.
Ma
io non ho parlato.
-Ce
l'hai fatta!- esclama Adrian, voltandosi verso di me e sorridendo
come se il mondo fosse perfetto.
No...un
attimo.
Sono
confusa.
-Che...che
cosa significa?- riesco a chiedere a Evan. Sarà che lo conosco da
più tempo, ma mi viene più naturale chiederlo a lui che chiederlo a
uno così leggermente ed evidentemente bipolare.
Lui
fa spallucce. Sì: fa spallucce.
Fa.
Spallucce.
-Un
esperimento, volevano vedere se sei anche telecinetica. E lo sei, a
quanto pare...quindi magari la prossima volta muoviti prima, visto
che probabilmente io sarò sempre coinvolto in cose del genere...-
-Volevano?
Loro? Esperimento? La prossima volta? TELECINETICA?!-
Odio
quando non capisco più un cazzo.
Per
mia fortuna (fortuna?) spuntano sul pianerottolo su cui siamo due dei
quattro idiot...capi, e uno di loro è quello neutro: Catchlyt, il
boss di questo posto.
Sì,
hanno proprio la faccia di gente che si diverte a ingannare povere
ragazze indifese.
-Hai
già dimostrato di possedere innate e superlative capacità
telepatiche, prima.- dice quello che non è Catchlyt e che, adesso
che lo posso guardare alla luce di una lampada d'emergenza, è uno
coi capelli bianchi e un'espressione affabile. Affabile, non scherzo.
Sul
serio.
-Così
abbiamo deciso di verificare anche che tu avessi capacità
telecinetiche.- continua l'altro. Ecco, lui sembra essere sui
quaranta e ha pure l'espressione neutra e gli occhi freddi. Molto
amichevole, quindi.
-Facendo
finta di ammazzare Evan? Non c'era un metodo più, come dire, soft?-
-Ha
proposto e deciso lui di farsi puntare una pistola addosso...noi non
ci siamo sentiti di negarglielo.-
Sì,
perchè non vedevate l'ora di vederlo con una pistola addosso.
-Non
serve pensare cose del genere.- dice Catchlyt con voce vagamente
indispettita. -E cerca di controllarti, non vogliamo che ci invii i
tuoi pensieri ogni volta che pensi qualcosa.-
Ommioddio.
L'ho fatto incazzare.
-Chiedo
venia. Dovrei controllarmi sempre, giusto? Anche quando l'unica
persona di cui mi fido è stata appena minacciata di morte.-
-Era
una messa in scena.- nota Evan...e questo, francamente, mi fa
leggermente girare le palle.
-Fanculo,
te. Non dovevi farlo.-
Evan
sbatte un paio di volte le palpebre, come se non capisse il mio tono.
Poi dice, con voce quasi incredula:
-L'ho
fatto per te, per conquistarmi la loro fiducia e così per
farli fidare di te! Ti devo pure chiedere scusa?-
-Sì.-
-Beh,
allora vaffanculo e...-
-Scusate,
eh.- lo interrompe garbatamente Adrian, che ora sembra sereno come
una rosa...al contrario di me ed Evan. Ci voltiamo contemporaneamente
verso di lui mentre continua dicendo:
-Potete
continuare a litigare dopo? C'e qualcuno che probabilmente gradirete
vedere, qua.-
Ok,
questo mi distrae. Abbastanza da non farmi pensare alla missione a
cui ho appena deciso di dedicare la mia vita: guardare male Evan
finchè mi verrà pure il potere dello sguardo assassino e lui
creperà tra atroci sofferenze e al suono della mia risata malvagia.
-Chi?-
-Penso
sia meglio lo vediate e basta.- risponde il capo più anziano. Ci fa
segno di attraversare la porta del piano dove siamo arrivati e, uno a
uno, entriamo in una stanza semivuota; ci sono tre o quattro
seggiole, un tavolo e, incatenato alla sedia centrale...
-Maurice?-
-Ragazzi!-
replica subito lui. Ha un'espressione disperata stampata sul volto
cereo, e non ha l'aria di stare un gran che bene. Del resto, quale
persona catturata e legata senza motivo ha l'aria di stare bene?
-Perchè
lo tenete legato?- chiedo subito, voltandomi di scatto verso Catchlyt
e l'altro più anziano -Non è uno di quelli di Nathan, è fratello
di Mark e Mike, stanno con mia madre! Dovete liberarlo, è dalla
nostra parte...-
-Ivy,
no.- mi blocca Evan. Anche se qualche minuto fa mi ha mandata
allegramente a fanculo, mi volto subito verso di lui. Non capisco il
tono della sua voce...sembra sicuro di quello che ha davanti, come se
avesse capito qualcosa che a me sfugge.
E
poi li vedo anch'io, abbandonati sull'unico tavolo presente nella
stanza: i pezzi di un cellulare smontato.
I
pezzi del cellulare che Maurice ci ha dato quando ci siamo divisi da
lui.
Ah.
-Lui
ha detto a Faber che vi stavate spostando qua, per questo ha mandato
un mostro a catturarti.- spiega tranquillamente Catchlyt -E vi ha
dato quel cellulare per potervi rintracciare dovunque foste andati;
per questo sono riusciti ad arrivare qua, da noi.-
Però.
Spionaggio allo stato puro.
Mi
volto verso Maurice. Ha ancora quell'espressione disperata stampata
in faccia.
-Ma
perchè avrebbe dovuto farlo?-
-Pensiamo
possa essere stato condizionato, specie perchè lui non sembra
ricordarsi ciò che ha fatto...e, prima che tu lo chieda: sì, è
davvero lui che ha fatto quello per cui lo accusiamo. L'abbiamo
beccato proprio mentre stava andando verso la base di Faber, ha avuto
la sfortuna di incrociare uno dei nostri e l'idea idiota di provare a
scappare.- dice quello più avanti con l'età, con tono pacato.
-È
per questo che abbiamo aspettato te, prima di fare qualunque cosa.-
aggiunge Catchlyt -Devi verificare che sia stato condizionato, come
lui sostiene.-
-E
come?-
-Devi
condizionarlo te. Se non funziona, sapremo che la sua mente è già
condizionata...perchè sai che una mente non può essere condizionata
una seconda volta da chiunque non sia il primo che l'ha condizionata,
vero?- mi chiede il capo anziano (sarebbe carino chiedergli come si
chiama).
-Ehm...-
Catchlyt
fa una faccia esasperata e sbuffa, come a dire "guarda in che
mani mettiamo la nostra sopravvivenza".
Sì.
Catchlyt mostra un'emozione.
Lo
ignoro bellamente e mi volto verso Maurice. Poi, come sempre, mi
concentro.
ALZA
LA MANO DESTRA.
E
subito lui stringe le labbra e i pugni e spalanca gli occhi. Comincia
a tremare, come se si stesse sforzando incredibilmente...e il braccio
destro trema più di tutto il resto.
ALZA
LA MANO DESTRA!
E
accade il peggio, quello che non avrei mai voluto che accadesse.
Lui
la alza.
-Eccolo
qua.- dice Adrian con un tono lugubre -Il traditore.-
Ma
è come se lo sentissi da lontano: non riesco a staccare gli occhi da
Maurice.
-I
tuoi fratelli...Fenicia e Didime, tu...- cerco di dirgli. E solo
adesso comincio a capire un po' di cose.
Quando
sono arrivata alla loro base sentivo tutto; avevo anche sentito che
lui aveva appena parlato con una ragazza, giusto? Con quale ragazza
può parlare uno costretto a nascondersi in un posto di merda e,
soprattutto, costretto a non uscirne da solo? Con...Cassidy Meirfay,
magari?
E...la
presenza che per un istante ho sentito sull'aereo? Era uno di quelli
di Nathan che ci seguiva dopo che Maurice li aveva avvertiti?
La
sua facciata di disperato, però, è rimasta.
-Dovevo
farlo! Lui sapeva dov'erano Mark e Mike, dov'era la base di
Karen...se non avessi collaborato, lui...-
-Smettila.-
La
voce con cui ho detto questa unica parolina sorprende anche me, tanto
è ferma e...vuota. E, infatti, lo zittisce subito.
-Lo
sento che non hai paura di noi.- dico lentamente -E non hai paura per
mia madre, o per Fenicia e Didime, e nemmeno per i tuoi
fratelli...no. Tu hai paura per te stesso. Per quello che ti
accadrà...per quello che ti faremo noi?-
E
qua accade l'ennesima sorpresa nelle sorprese: Maurice scoppia a
ridere. Così, all'improvviso.
-Voi?
Pensate sul serio che voi...cristo santo, siete così ingenui. Non
siete niente in confronto a lui.-
-Parli
di mio fratello? Pensi che verrà qua a salvarti?-
-Salvarmi?
Salvarmi? Le vostre minacce non mi fanno paura perchè lui
mi ucciderà se vi dirò qualcosa. È potente, il più potente mai
esistito...mi ucciderà...-
-Anch'io
sono potente.- noto. Mi accorgo dopo un istante di averlo detto non
per vantarmi nè per intimidirlo. Semplicemente...ormai è un dato di
fatto. Quasi non ci bado più.
Maurice
fa un sorriso strano, a metà tra il disperato e il divertito:
-Oh,
sì. Lo sa anche lui, questo. Il problema è che lui mi ucciderà...te
no. Semplice. Non è il controllo della mente che lo rende così
potente, sai? È il fatto che è pronto ad uccidere chiunque, anche
gli innocenti, pur di vincere. È per questo che è più potente lui
di te. Ed è per questo che non sarete voi ad uccidermi...ma lui.-
-Oh,
non è un problema.- interviene Evan, quasi facendomi sobbalzare -Se
Ivy non è abbastanza crudele possiamo pensare noi a quello che lei
non vuole fare.-
Ok.
Questo non è tanto positivo.
Cala
il silenzio. Maurice tiene gli occhi puntati sul pavimento, ben
sapendo di non poter reggere quattro sguardi ostili...e io continuo a
chiedermi la stessa cosa che non capisco da quando lui ha alzato
quella fottuta mano destra.
-Bene,
signori.- fa il capo anziano, battendo le mani -Direi che è ora di
portare questo piccolo bastardo giù nelle prigioni. Penseremo dopo
cosa fare di lui...magari ci potrà tornare utile.-
-Posso
fargli un'ultima domanda?-
Il
vecchio si volta verso di me. Quasi non gli bado, ho gli occhi
puntati su Maurice.
-Beh...sì,
certo.- risponde il capo, colto alla sprovvista.
Io
mi avvicino alla sedia del prigioniero e gli chiedo (lentamente, per
dargli tempo di riflettere sulla risposta):
-Mentre
tradivi tutti noi, mentre ci facevi rischiare la vita...hai pensato a
quello che avrebbe fatto la tua famiglia dopo, anche solo per
un secondo?-
Maurice
annuisce, quasi fosse una cosa ovvia.
-Quando
tutto sarebbe finito avrei confessato tutto e sarebbero passati dalla
mia parte, dalla parte di Faber.-
-E
se non avessero accettato?-
-Beh,
pazienza. Io sarei stato al sicuro, loro avrebbero scelto...-
Beep,
Maurice. Risposta sbagliata.
Non
mi piace per niente. Così mi avvicino, lo studio per bene mentre
continua a parlare e, come si fa in ogni paese civilizzato quando si
è incazzati con qualcuno, gli tiro un pugno in faccia.
E
porca puttana quanto cazzo fa male a me.
Beh,
almeno è stato un bel pugno. Tanto che la testa di Maurice si è
girata di novanta gradi buoni.
Ma,
eccheccazzo: che male alla mano.
Male.
Alla. Mano.
-Io
ho finito.- annuncio ai tizi, facendo un passo indietro. Dopo mezzo
minuto compaiono tre pensatori che slegano Maurice e lo portano
fuori.
Mentre
varca la porta, dice le ultime parole che penso gli sentirò
pronunciare:
-Le
prigioni sono nascoste bene, vero?-
Dopo,
nella stanzetta cala di nuovo il silenzio, nostro signore e sovrano.
Siamo rimasti io ed Evan, Adrian e i due capi...e francamente ora
vorrei evitare di perdere tempo.
-Dov'è
il generatore?-
-Cosa?-
domanda quello vecchio. Sul volto di Catchlyt per un secondo passa
un'ombra strana, come di fastidio...poi torna il robot di sempre.
-Il
generatore. Dov'è?- ripeto incrociando le braccia. Il capo anziano
annuisce, capendo cosa intendo, e intanto dice:
-Penso
ne dovremo discutere più tardi...-
-Perchè?
Non vi fidate ancora di noi?-
D'accordo,
non dovrei essere così presa male e diffidente...ma lo sono di
natura. Non posso evitarlo, non è colpa mia.
Il
capo anziano sorride leggermente e Catchlyt risponde con un tono,
sorpresa delle sorprese, neutro:
-Dobbiamo
mettere a posto un po' di cose, qua. Sai, c'è un buco enorme
nell'edificio e la gente si spaventa con poco...cercheremo di mettere
a posto prima che tutti si sveglino per cominciare i turni.-
-Verremo
noi a chiamarvi quando potremo organizzare assieme un piano
d'attacco.- aggiunge il capo anziano con un sorriso comprensivo.
Detto
questo, pure loro escono dalla stanza diretti ai piani alti.
Così
ne restarono tre.
-Bene.
Andiamo anche noi.- fa Evan.
-Dove?-
chiedo io, visto che non posso leggergli nella mente. Lui, già
rivolto alla porta, si gira verso di me e ghigna con un'espressione
divertita:
-In
infermeria, ovviamente. Serve del ghiaccio per la tua mano.-
-Ma
non mi fa male.-
-Sì.
Ok.- dice lui come se non avessi parlato. Esce dalla stanza e io,
ovviamente, sono costretta a seguirlo. Poi, ancora più ovviamente,
Evan si ferma sul pianerottolo; guarda prima verso l'alto e dopo
verso il basso e, finalmente, si volta verso l'unico rimasto con noi:
-Adrian,
potresti gentilmente mostrarci dov'è l'infermeria?-
-Naturale.-
risponde Adrian, superandoci e cominciando a scendere le scale.
Io
ed Evan lo seguiamo. Perchè dobbiamo sempre seguire qualcuno?
Poi
mi viene in mente: un quarto d'ora fa stavamo salendo queste scale.
E
ancora: ma quanto cazzo fa male tirare pugni alla gente?!
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Capitolo 21 *** Terrore ***
L'infermeria
è un posto piccolo, bianco e accogliente. Insomma: è un'infermeria.
L'infermiere
presente è gentile, quasi troppo. Diciamo che non smette neanche un
istante di parlare.
-Sì,
sai, ho fatto il bagnino per due anni, quindi so un po' di pronto
soccorso. Abbastanza per aiutare la gente, per quello che vale. Io
vorrei uscire a dare calci in culo ai bastardi di Faber, ma insomma,
non è che mi possa muovere troppo...-
-La
fasciatura è essenziale?-
-Cos...oh,
sì, certo. Comunque, secondo me Faber non è così terribile, sai?
Molti l'hanno visto e hanno detto che sembra normalissimo. Anzi,
alcuni dicono che se dici di essere dalla sua parte ti risparmia
pure. E questo significa che è come noi, no? Lo possiamo
sconfiggere, non è un dio sceso in terra...poi, ora che Sanders è
scomparso abbiamo più possibilità, no?-
-Già.-
dico soltanto, incrociando gli occhi di Evan. Adrian mi ha detto che
sarebbe stato meglio per la quiete dei rifugiati non vedere il
braccio destro del nemico passeggiare nell'edificio, quindi l'ho
ri"mascherato": adesso tutti vedono al posto del suo volto
quello di chiunque...ma non il suo.
Per
cui l'infermiere ex bagnino non sa di avere a pochi metri di distanza
il famigerato Sanders, terrore dei sette mari.
Divertente.
-E
c'è pure altro: lo sai che dicono sia tornata dall'oltretomba la
sorella di Faber, quella che è morta due anni fa? -
-Davvero?-
-Sicuro!
Non si è ancora capito come, visto che hanno trovato il suo cadavere
dopo che, lo sai, no?, è caduta dalla scogliera...ma è tornata. Ed
è più potente di Faber! L'hanno vista alcuni mentre girava ai piani
alti, dai capi, e da quello che mi hanno detto è stata lei a
salvarci il culo da Cass...e Cass è immune. Come ha fatto a
scacciare una immune? E pensa a questo: anche Sanders è immune.
Magari lei, la sorella, intendo, l'ha ammazzato e adesso ammazzerà
pure il fratello...-
Ah,
mi dispiace, ho fatto di tutto con Evan ma di certo non l'ho
ammazzato. Non ancora, almeno.
-Posso
farti una domanda?- chiedo, interrompendolo senza ritegno. Lui (avrà
qualche anno più di me, qua c'è un casino di gente giovane) finisce
di scotcharmi la faciatura della mano che, diciamocelo, poteva anche
evitare di fare, e annuisce. Allora io gli chiedo:
-Perchè
lo chiami sempre "Faber"?-
-Perchè...beh,
come lo dovrei chiamare? Nathan? Ma è il nemico, no?- risponde
l'infermiere, non capendo. Io invece capisco, e gli sorrido:
-Ed
è anche umano. Beh...grazie per le bende, anche se penso non siano
necessarie...-
-No.
Lo sono.- interviene Evan dal suo angolo. Io lo guardo male (che
novità) mentre mi rialzo, e l'infermiere dice:
-Ha
ragione lui...ma dimmi, quando sei arrivata? Come ti chiami?-
Oddio,
che ansia. 'Sto qua deve sentirsi davvero solo.
-Ivy.-
gli rispondo. Evan esce dalla stanza, io lo seguo e, un secondo prima
di varcare la porta, mi volto verso l'infermiere e aggiungo:
-E
no, non sono tornata dall'oltretomba per ammazzare mio fratello. Sono
tornata per fermarlo.-
L'espressione
che gli viene quando capisce le mie parole è impagabile.
Ah,
le piccole soddisfazioni della vita.
Infine
esco dall'infermeria.
-Era
necessario tirarsela così?- chiede Evan. Guarda verso le scale, e
insieme cominciamo a scenderle diretti chissà dove.
-Erano
necessarie le bende?- replico io. Sì, mi trattengo a stento dal
fargli una linguaccia, cosa che a quanto pare si trattiene dal fare
anche lui.
-Allora,
capo? Che si fa?-
-Perchè
lo chiedi a me? Sei te la super potente, eh.-
-Ma
tu sei Evan Sanders, il terrore dei sette mari. Dai, finchè non ci
chiamano per il piano di distruzione di massa non abbiamo niente da
fare...come occupiamo il tempo?-
Sì.
Mi annoio.
Solo
io posso annoiarmi in situazioni del genere.
Evan
fa filosoficamente spallucce.
-Parliamo
un po'. Secondo te tua madre aveva capito che Maurice li tradiva?-
Queste
domande a bruciapelo.
-Non
è mia madre. E, francamente, non so neanche se anche lei è una
traditrice. Ormai non so più di chi fidarmi.-
-Eh,
no. Ora mi ritengo offeso.-
Ecco,
ci mancava solo questo.
-Ma
di te mi fido, sciocchino.- faccio io agitando una mano. Evan mi
guarda come fossi impazzita, poi fa spallucce:
-Francamente,
anche io non mi fido di nessun altro.-
-Però
ti sei fatto sparare da Adrian.-
Ma
quanto sono lunghe queste scale?
-Era
perchè sapevo che l'avresti fermato.- nota lui. Io sbatto un po' di
volte le palpebre per fargli capire quanto ha sbagliato:
-Cioè,
ok che magari mi apprezzi per la persona solare che sono...ma riporre
la tua vita nelle tue mani? Sei stupido?-
-Un
po' sì. Ma penso di non esserlo stato troppo in quel
momento...insomma, l'hai fermato, no?-
-Potevo
non farcela.-
-Ma
ce l'hai fatta.-
-Ma
potevo non farcela.-
-Ma
ce l'hai fatta.-
Ecco,
io con gente del genere proprio non riesco a parlarci.
Alla
fine siamo arrivati al piano a livello terreno: quello con la sala
simile al check in degli aereoporti...e, nonostante presumo siano le
sei di mattina, c'è ancora qualcuno in fila a passare il test al
computer.
È
davvero così critica, la situazione?
-Ma
ci sono così tanti pensatori nel mondo?- chiedo a Evan, fermo al mio
fianco vicino alla porta che dalle scale fa accedere al salone. Lui
annuisce:
-Più
dei normali. Tanti sono debolissimi e per questo, prima dell'arrivo
di Nathan, gli scienziati non li avevano mai cagati. Ma adesso Nathan
può riconoscerli subito...-
-Quindi
non si possono nascondere e cercano aiuto dal ribelli?- concludo io.
Evan annuisce:
-Già.
E anche i normali possono riconoscerli, quindi è la loro unica
possibilità.-
-Ah.-
dico io. Poi ripenso a due settimane fa, e aggiungo: -Nella vecchia
realtà, quella in cui sono nata, c'erano solo scienziati e
pensatori...non i "normali". Quand'è che ci hanno
scoperti?-
-Quando
Nathan ha fatto esplodere la casa bianca e il parlamento inglese.
Contemporaneamente.-
-Oh...oh.
È potente.- riesco a dire. Sì, sono rimasta un attimo spiazzata da
questa notizia.
Non
può essere così potente, dai. Non può.
Casa
bianca e parlamento. Contemporaneamente.
Oh,
vaffanculo.
-Per
quello si era fumato un po' di porpora...normalmente può far saltare
in aria una scrivania, fai un po' te.-
Arieccolo
con 'sta porpora.
-Anche
Nathan si droga, quindi? Fantastico.-
-Te
l'ho detto che l'ha scoperta lui...e non è esattamente una droga.-
spiega Evan, sogghignando -Cioè, è una droga per i normali. Su di
me ha l'effetto di un antidolorifico a livello della morfina, mentre
per voi...beh, è come un'iniezione di adrenalina. Vi manda alle
stelle e vi potenzia all'inverosimile.-
Beh,
se è così potrei usarla anch'io, no? Vediamo se riesco a far
saltare in aria Nathan da qua...
Ma
un attimo. Io sono Ivy la sfigata.
-Effetti
secondari?-
-Morte
precoce. Non arrivate ai trenta.-
Oh,
fantastico. Quindi Nathan quanto ha, ancora? Sei, sette anni di vita?
-Perchè
non aspettiamo che Nathan si uccida da solo, allora?-
-Hai
visto quanto ha fatto in neanche tre anni?-
-Ah.
Hai ragione.-
-Come
sempre.- gongola un po' Evan. Io lo guardo male (un po' per
abitudine), poi ricomincio a osservare la gente che, lentamente,
sfila dai banchi in mezzo allo stanzone fino a dei pensatori dietro
ad altre scrivanie, attaccate alla parete dove siamo noi, che io
manco avevo notato...forse addetti all'assegnazione delle stanze,
visto che qua ci si trasferisce pure. E se ci sono i bagni in comune?
Chissà che fila c'è per andare al cesso.
Poi
vedo una signora di mezza età con mille scialli e un carrello pieno
di valige che passa tra due banchi, diretta alle scrivanie; una ruota
del carrello incontra qualcosa sul pavimento e lo fa ribaltare,
spargendo tutto quello che conteneva sul pavimento. Quasi per
riflesso mi stacco dalla parete e vado a dare una mano (col braccio
appeso al collo e una mano fasciata, sì).
La
tipa si affanna a raccogliere tutto quello che si è portata dietro,
tra borse, tre valige e qualche stoviglia. Io raccolgo una
caffettiera e faccio per prendere qualcos'altro (pare un
carillon)...quando uma voce che non ho mai sentito grida:
-Tu!
Sei tu!-
Sollevo
gli occhi e incrocio quelli della donna...e ci vedo dentro solo
un'emozione.
Terrore.
-Tu
sei morta!- grida ancora la tizia. Io non riesco a fare qualcosa di
diverso dal guardarla.
Cioè,
ok, tutti pensano che io sia morta...ma non mi pare che bisogni fare
scenate del genere. E poi: perchè sembra terrorizzata da me?
-Beh,
è una cosa un po' incasinata...- comincio mentre mi rialzo, con
ancora la caffettiera tra le mani. E subito la tizia si rimette in
piedi e fa qualche passo indietro, barcollando un po' sotto il peso
della valigia che regge tra le braccia.
È
sempre più terrorizzata...e non capisco perchè.
Odio
non capire.
-Hanno
detto che sei morta! Hanno detto che avevano vendicato i miei
ragazzi!-
Ok.
Ora sono proprio confusa.
-E
ora...ora sei tornata.- continua la donna. Le trema il mento, come se
stesse per piangere. Poi, all'improvviso, le passa un lampo negli
occhi e comincia a rovistare nella valiglia semi aperta che ha in
mano.
-Oh,
ma no...non lo farò durare a lungo...-
Quando
tira fuori la mano dalla valigia, stringe un coltello. E bello lungo,
bisogna dirlo.
E
dopo un istante lo lancia verso di me.
Magnifico.
Quasi
non me ne accorgo neanche. Ho la mente completamente occupata a
riflettere su tutto quello che ho appena visto. Insomma, perchè
questa donna ha così tanta paura di me? Perchè dice che uccidendomi
hanno vendicato "i suoi ragazzi"?
Uops.
Giramento di testa improvviso. Mi si oscura la vista per qualche
istante...e, quando torna, vedo qualcosa di proprio strano.
Il
coltello è fermo a mezz'aria tra me e la donna.
Normale.
-Ma
che...- comincio io. Non so che altro dire.
La
donna fissa me, poi il coltello, poi ancora me...getta la valigia e
fa uno scatto degno d'atleta verso l'entrata principale di questo
rifugio.
Ecco.
Ora spavento pure la gente.
Fisso
il coltello, e quello ricade sul pavimento con un suono fastidioso.
Quasi istintivamente mi volto verso Evan, a qualche passo da me.
-Che
ho fatto?-
-Oh,
niente. Hai solo bloccato un coltello in volo.-
Ah.
-Oh.
Proprio niente.- replico io. Evan fa spallucce, come a dire "siamo
alle solite"...e solo adesso noto che c'è un po' di gente a
fissarci. Un po' troppa.
Non
va bene.
-Meglio
levarsi da qua.- dice Evan, avvicinandosi leggermente.
Ed
è in questo momento che si scatena l'inferno.
Fa
tanto film apocalittico, vero?
Una
mitragliata distrugge le porte a vetri che fanno da entrata del
salone. Tutti si rannicchiano istintivamente, quasi tutti urlano. I
pensatori più svegli prendono le pistole da dei cassetti segreti dei
banchi e tolgono la sicura.
Io
guardo Evan. Evan guarda me.
E
poi mollo la caffettiera che avevo ancora tra le mani e scatto verso
l'esterno, cercando di non farmi bloccare da lui.
Incredibilmente
non inciampo nè cado: faccio a zigzag tra la gente terrorizzata,
supero i pensatori armati e fin troppo coraggiosi e, semplicemente,
esco.
E
ora tocca alla seconda raffica di mitragliate.
Succede
lo stesso accaduto col coltello: mi si annebbia la vista per qualche
istante...e, quando la mia testa si riattiva, la prima cosa che sento
è il rumore assordante che fanno le pale di un elicottero.
Ah,
no. Adesso ce ne sono parecchi, tutti a dieci metri d'altezza e tutti
con i portelloni aperti e tanti (troppi) pensatori protesi verso
l'edificio, con i mitra che imbraccano puntati verso lo stesso punto.
Il
punto dove sono io.
Sbatto
le palpebre e i proiettili che avevo bloccato a mezz'aria ricadono
sull'asfalto, come per magia.
Poi
mi guardo attorno. Ci sono delle persone, acquattate contro le pareti
dell'edificio. Tra loro c'è anche la donna di prima. Una parte della
mia mente mi dice che se non fossi uscita questa seconda raffica li
avrebbe sicuramente uccisi tutti...poi noto che ci sono altre
persone, ma per terra. E non si muovono.
Sento
che le armi vengono ricaricate...ma accade qualcosa di strano: tutti
i pensatori cattivi si tirano indietro, nascondendosi nell'ombra
dell'interno degli elicotteri, come se se ne fossero andati. Come se
qualcuno avesse ordinato loro di non colpirmi.
Poi
dall'ombra del vano dell'elicottero davanti a me emerge una figura.
Una persona, un'unica persona...e, quando lo vedono, molti gridano.
Perchè
è lui. È Nathan.
Ma
non è il mio.
Indossa
un cappotto nero di quelli lunghi, da super cattivi, che lo fa
sembrare l'imperatore del male. Beh, probabilmente lo è, no?
Lo
studio un po'. Ha la pelle bianca, cadaverica, e gli occhi neri più
che mai che brillano di luce propria...di una luce feroce.
Anche
lui mi fissa, ma non dice niente. Semplicemente, mi guarda.
Poi
si volta leggermente verso l'interno dell'elicottero e fa un cenno.
Compare uno dei suoi pensatori...ha un fagotto in mano. Lo butta giù,
sull'asfalto, come fosse spazzatura.
Nathan
si volta verso destra, verso sinistra, quasi stesse dando degli
ordini senza dire niente, e punta gli occhi su di me mentre gli
elicotteri cominciano a muoversi, alzandosi di qualche metro e
cominciando a virare. Finalmente, dopo un tempo che mi pare infinito,
mio fratello si volta e torna nell'interno dell'elicottero...ma lo
vedo. Oh, se lo vedo.
Il
sorriso che gli è comparso sul volto.
Passa
qualche istante, e i cattivi se ne sono andati. Puf, hanno lasciato
il cielo ancora scuro libero dalla loro minaccia.
Sento
che mi passano accanto i pensatori dei banchi, ancora con le pistole
in mano. Li vedo, mentre girano tra i cadaveri sparsi per terra
cercando, pregando di trovare qualcuno ancora in vita. Ascolto quelli
che ho salvato dalla seconda mitragliata mentre scoppiano a piangere,
si chiedono se stanno bene, corrono dentro.
Ma
non riesco a spostare gli occhi dal fagotto che quel pensatore ha
lanciato dall'elicottero. Perchè il fagotto, un insieme di lenzuoli
avvolti attorno a qualcosa, si è aperto.
E
quel qualcosa che nascondevano è la testa di Maurice.
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Capitolo 22 *** Ansia ***
-Stai
bene?-
-Sì.-
-Sicura?-
-Sì.-
-Sul
serio?-
-...sì.-
-Cioè,
perchè non è tanto normale quello che hai fatto, eh. Hai bloccato
un centinaio di proiettili in aria! Cioè, così, quelli hanno
sparato e te non ti sei mossa e bum, li hai fermati...-
-Ma
c'eri anche te?-
-Cos...no,
me l'hanno detto quelli che ti hanno vista. E cristo se ti hanno
vista! Hai avuto Faber davanti, cioè, Faber era lì e te ce
l'avevi a qualche metro e non hai battuto ciglio! Allora qualche
speranza ce l'abbiamo...-
-Sì,
magari.-
-E,
senti...che ne dici di prenderci un caffè insieme, così mi racconti
tutto?-
-Sì,
mag...no, che?-
Il
caffè non mi piace. E 'sto infermiere sta diventando troppo
espansivo, diciamocelo.
-Senti
un po' te, ora.- interviene Evan, in piedi accanto a me e
all'infermiere, seduti sulle seggiole che dei pensatori ci hanno
cortesemente offerto per consentire a lui di controllare che non mi
stesse per venire un infarto. Ha un'espressione strana mentre
conclude, con voce serena: -Che ne dici di ricevere un pugno nelle
palle?-
L'infermiere
e io lo guardiamo. E io mi sento stranamente lusingata da queste
minacce poco garbate. Mi piace quando la gente minaccia per me.
Sono
un po' fuori, sì.
Intanto
l'infermiere ha cominciato a guardare me, poi riporta gli occhi su
Evan, che ha un'aria da psicopatico serenamente in pace con la sua
natura violenta. Infine dice:
-Ah,
ecco...non avevo capito. Scusate. Ora...ma tu chi sei, scusa? Ti
conosco, sei del rifugio?-
-No,
non sono del rifugio, ma mi conosci e scommetto che vorrai levare le
tende presto quando saprai che...-
-Tutto
bene, Evelyn?-
L'arrivo
miracoloso del capo più anziano dei quattro, quello che mi sta
simpatico, ci salva da qualcosa che non sarebbe stato per niente
positivo.
Ecco,
mi è stato simpatico da subito. Poi mi dicono che non ho intuito
nelle nuove conoscenze.
-Ivy
e basta.- lo correggo quasi instintivamente. Il capo anziano fa un
sorriso curioso e chiede:
-Perchè?
Evelyn non è un nome così brutto...-
-Mi
chiamava così solo mio padre.-
-Ah.-
Chissà
perchè ogni volta che nomino papà o Nathan qua la gente dice
"ah"...o urla. Beh, magari per tutti gli altri loro sono
sinonimo di morte e sofferenza. Al contrario di me: io penso mio
padre come quello che innaffiava i suoi fiori ogni pomeriggio (lui
mi chiamava Ivy...non come il mio geneticamente vero padre, quello
della mia dimensione originale. Che casino) e Nathan come quello che
una volta mi ha tirato una secchiata d'acqua ghiacciata e poi è
scivolato, ricevendo così la mia karmica vendetta. Sono visioni
leggermente diverse, in effetti.
L'infermiere
bofinchia un "scusate, devo andare" e se ne va sotto gli
occhi minacciosi di Evan. Io, intanto, decido di scoprire infine con
chi diavolo sto parlando:
-Comunque,
ho capito che sei un capo dei ribelli...ma chi sei, esattamente?-
-Oh.
Sì, è vero, non ci siamo presentati. Cole è un poco paranoico, in
queste cose...Cole Catchlyt, colui che comanda questo rifugio.-
risponde lui, sempre con quel sorriso tranquillo -Io invece sono
Alastair Witness. Comando il rifugio principale in Russia...ma mi
hanno convinto a venire qua quando hanno scoperto del generatore.
Dobbiamo restare uniti, specie in un frangente così grave.-
Ora
sembra preoccupato, mentre aggiunge:
-Non
è mai accaduto che i nemici arrivassero fino a qua...e nello stesso
giorno.-
Strano.
Non ha l'aspetto di un russo, e neanche di uno che comanda "il
rifugio principale in Russia"...ha un'aria semplicemente
tranquilla. Mi sta simpatico.
-Come
ha fatto? Avevo capito che le prigioni erano un posto sicuro
e...insomma, Maurice...non dico che non se lo meritasse, ma...-
-Nessuno
si merita di morire, Ivy. Specie in quel modo.- m'interrompe subito
Witness, poi aggiunge -E devi pensare a questo: Nathan è capace di
controllare molte persone; sarebbe stato capace sia di entrare con la
forza, sia di condizionare i nostri in modo da entrare, prendere
Maurice e uscire senza alcuno problema. E si possono dire molte cose
di lui, ma certo non è stupido: ha fatto la scelta più sicura.-
Ecco,
ora non mi sta più simpatico. È una cosa idiota, lo so...ma l'ha
chiamato Nathan.
Non
Faber. Nathan.
-Quando
l'hai conosciuto?-
Alastair
Witness mi fissa per qualche istante, sorpreso. Poi risponde:
-Due
anni fa, o poco più. Era scappato da vostro padre...dio, non so cosa
gli abbia fatto quell'uomo. Continuava a dire che ti aveva uccisa,
che lui voleva riportarti in vita...e sembrava buono. Lo giuro sulla
mia anima, sembrava buono. Io mi sono fidato di lui...e lui ha ucciso
Colbreth. Il vecchio capo della base russa. Poi è scappato. Pensavo
fosse tornato da Faber...dopo un mese ho saputo che l'aveva ucciso e
ne aveva preso il posto.-
Quanto
è simpatico mio fratello.
Qua
comincia a fare un po' freddo per il venticello leggero che passa
attraverso le porte distrutte della sala. C'e ancora un po' di gente,
perdipiù pensatori della base che cercano di mettere a posto...e di
nascondere i cadaveri prima che qualcuno di troppo li veda.
-Non
è...sensato.- dico. Witness mi guarda ancora con un'espressione
confusa, e io mi chiedo: davvero non c'è ancora arrivato?
-Cosa?-
-Nathan
può venire qua quando vuole. Può farci tutto quello che desidera,
nonostante ci siano parecchi pensatori potenti...perchè non torna
all'istante per finire l'opera, allora?-
Mi
aspetto che sia il capo russo a rispondere (insomma, se è un capo
deve sapere qualcosa), ma è Evan che fa spallucce e dice, come fosse
ovvio:
-Lui
vuole che siano i pensatori a comandare nel mondo. Sì, siete
parecchi...ma non vuole uccidervi perchè pensa che sarebbe uno
spreco. Più siete, meglio è, no? Quindi non attacca i rifugi, dove
c'è gente innocente; attacca soltanto quelli che vogliono attaccare
lui...e i normali, ovviamente.-
-Ovviamente.-
borbotto io. Witness sorride leggermente:
-E
adesso che ha visto di cosa sei capace, dubito che vorrà attaccarci
ancora.-
Fossi
in lui non ne sarei così sicura.
Insomma...se
avessi un piano di distruzione di massa in mente prima di tutto
cercherei di portare dalla mia parte i pensatori più potenti, no? E
visto che io sono, beh, io...perchè non mi ha voluta
catturare?
Perchè
ha mandato Evan a uccidermi in ogni dimensione? Temeva davvero che lo
ostacolassi? Allora perchè, se lui è così potente, non mi ha
voluta uccidere prima, così da levarsi il pensiero e basta?
Perchè
diavolo ha sorriso, quando mi ha vista?
Dagli
altoparlanti negli angoli della sala risuonano sette rintocchi.
-Sbaglio
o ho sentito che sono le sette?- chiedo, giusto per essere sicura di
non essere impazzita. Witness annuisce, sempre con quella sua
tranquillità:
-L'avviso
che al piano di sopra si mangia. Segna l'inizio della colazione...è
una specie di mensa scolastica, si prende quello che mettono sui
banchi comuni e si mangia ai tavoli. Dalle sette alle nove c'è la
colazione, da mezzogiorno alle due il pranzo e dalle sei alle nove di
sera la cena. Ma ovviamente chi arriva in orari diversi può
servirsi, ma nessuno può prendere il cibo senza permesso.-
-Siete
riforniti, no?- nota Evan -Nathan non ha mai voluto attaccare i
rifornimenti.-
Witness
annuisce di nuovo, ma ora gli è comparsa una nota amara nella voce
mentre dice:
-Qua
sì. Nathan non vuole uccidere chi non è una minaccia, quindi i
pensatori pacifici li lascia in pace...ma nel resto del mondo non è
così. Tanti dei nemici vogliono costringerci con la forza a passare
dalla loro; in pratica, o accettiamo o ci uccidono. Qua sono
fortunati.-
Agito
un po' le gambe e mi rialzo dallo sgabello, stanca di essere l'unica
seduta tra loro. Poi ho come un giramento di testa e mi aggrappo al
braccio più vicino: quello di Evan.
Quando
mi ripiglio la prima cosa che vedo sono le uniche tre dita che lui ha
della mano sinistra.
-...Ivy?
Ci sei?-
Perchè
non ci ho pensato prima?
-Qua
non c'è qualcosa per curarlo?- chiedo, voltandomi verso Witness e
mettendogli davanti agli occhi la mano menomata di Evan. Lui la
studia per qualche istante (abbastanza per farmi fulminare da Evan),
poi mormora:
-Una
protesi, uh? Non penso che abbiamo il materiale adatto...ma Adrian se
ne intende, potreste chiedere a lui.-
-Chiedere
cosa?-
Sembra
proprio che qua basti invocare il nome di qualcuno per far comparire
quel qualcuno. Adrian ci fissa con un'espressione incuriosita, e io
faccio un cenno verso la mano di Evan:
-Sapresti
aggiustarla? È parecchio inquietante, così, sai...-
Mi
si spegne la voce mentre parlo perchè Adrian non mi ascolta più: ha
preso a forza la mano di Evan e se l'è piazzata davanti agli occhi,
studiando i buchi rimasti al posto delle dita, il dorso e il palmo e
il polso.
-Ma
è...magnifico.-
-Oh,
lo so, grazie.- risponde Evan. Io lo guardo male, chiedendomi quanto
possa essere squallido il suo senso dell'umorismo.
-No,
scusa, è che...insomma, ti hanno rifatto la mano...il braccio...la
spalla? Ma che diavolo ti è successo?-
-Storia
lunga.-
Mentre
parla, Adrian continua a sondare il braccio di Evan, come se potesse
vederci qualcosa di invisibile. Visto che l'idiota è in maniche
corte, però, Adrian non può studiare ogni suo lembo di pelle,
quindi non gli resta che limitarsi a chiedere:
-Anche
la clavicola è andata, vero? Il polmone sinistro? La gamba?-
-Tutto.-
Ehi.
Del polmone non mi aveva detto niente.
-Anche
il polmone? E cos'altro, magari anche il cuore?- m'intrometto prima
che Adrian riparta a domandare. Evan mo guarda con un'espressione
strana:
-No,
quello è mio.-
-Del
polmone non mi avevi detto niente.-
-Pensavo
fosse irrilevante.-
-Un
polmone ti sembra irrilevante?!-
-Tanto
ce ne sono due, no?-
Giuro
che stavolta lo pesto.
-Chi
è che ti ha rimesso a posto dopo la "storia lunga" che ti
ha ridotto così?- interviene Adrian prima che io riparta a
minacciare. Evan sposta gli occhi su di lui e dice:
-Lily
Shepard. Era un chirurgo di fama mondiale, non un granchè come
pensatrice, ma Nathan l'ha presa tra le sue file per i feriti.-
-E
adesso dov'è?-
-Sottoterra,
presumo. Nathan non è gentile con chi lo tradisce...penso l'abbiate
visto tutti, prima.-
-Già.-
Eh,
già. Credo proprio che su questo punto siamo tutti d'accordo.
Adrian
si riscuote all'improvviso: alza di scatto la testa verso il
soffitto, come se qualcuno l'avesse chiamato, e dice:
-Comunque,
sono venuto perchè Catchlyt vuole vedervi. Quinto piano, seconda
porta a sinistra...di fianco a quella che è stata bombardata.-
-Te
non vieni con noi?-
Fa
un mezzo sorriso che mi pare un po' ironico, un po' triste:
-Non
è una cosa aperta a tutti...e di certo non accetteranno me, visto
quello che è successo.-
Sto
per chiedergli di cosa diavolo sta parlando, quando mi viene come
un'illuminazione.
-Pensano
che sia stato tu a portarli qua?-
Adrian
fa spallucce:
-Pensano
che abbia dato una mano a Cass. Hanno ragione, no? Meglio essere più
prudenti che tolleranti.-
-Ma
te non l'hai aiutata.- noto io dalla mia eccellente intelligenza.
Interviene Witness, sempre con quell'espressione da santo sceso in
terra per noi pecorelle smarrite:
-Sappi
che ci stai dando un grande aiuto, qua, Adrian...ma lo sai com'è
fatto Cole.-
-Già.
Lo so.- borbotta Adrian. Dopo un istante alza ancora gli occhi verso
il soffitto e sbuffa:
-Meglio che vi muoviate.-
Io
ed Evan (perchè vorranno vedere anche Evan? Avranno capito che se
prendono me prendono anche lui?) abbiamo cominciato a muoverci,
quando Adrian fa:
-E,
Ivy? Puoi gentilmente abbassare le difese della mente, solo un po'?
Così potrai parlare te con Catchlyt senza intermediari.-
-Oh...ok.
Va bene.-
E
io ed Evan cominciamo la scalata verso il quinto piano.
Scalino
dopo scalino, rampa dopo rampa...circa un minuto dopo sto per avere
un infarto e non riesco a respirare. Sì, ok, è faticoso salire le
scale.
-Sei
una persona molto resistente.- mi omaggia Evan, non dando segno di
volermi dare una mano quando io mi appoggio al muro prima di svenire.
Beh,
ok che non sono una tipa atletica...ma com'è che dopo qualche rampa
rischio un infarto? Non è tanto normale, eh.
-...Ivy?
Stai per creparmi qua?-
-Oh,
ma che carino.- borbotto, non arrischiandomi a riaprire gli occhi e
appoggiandomi al muro (e che bel muro) -Adesso si preoccupa,
l'idiota.-
-No,
sul serio.-
Stavolta
ha un tono strano...come se fosse preoccupato davvero. Ma che dolce.
Non
resisto: gli getto un'occhiata ironica e scopro che il mondo non è
più nero, solo grigio e metallico e con un po' di verdeacqua in un
paio di occhi che mi fissano ansiosi.
-Ok.
Ci sono...- faccio per tranquillizzarlo un attimo (sono gentile),
quando finisco di nuovo contro il muro e con una mano sulla bocca che
quasi mi soffoca.
-Cpfcapfo...-
cerco di dire contro la mano di Evan. Lui mi fulmina con lo sguardo e
porta l'indice della mano menomata davanti alle labbra, poi si indica
l'orecchio.
Devo
ascoltare. Ascolto.
E
sento delle voci che provengono dal corridoio principale del terzo
piano. Sembrano poco lontani dal pianerotto delle scale su cui siamo,
ma sembrano anche fermi (quindi non ci possono scoprire qua)...e
alquanto alterati.
-Una
cosa del genere non era mai successa...Faber è arrivato fino a qua,
poteva anche ucciderci tutti...-
-Ma
non l'ha fatto. Cosa curiosa, vero? Proprio quando arriva qua la
sorellina, lui arriva e decide di non fare niente...-
Questa
voce l'ho già sentita, da qualche parte. Ma dove? Quando? Perchè?
Cosa?
Evan
sta di certo ascoltando, ma continua pure a fissarmi. Non sposta gli
occhi, proprio. Non capisce che è una cosa che distrae?!
Ha
degli proprio strani, comunque. Sembrano blu, ma sono troppo scuri e
hanno quel qualcosa di verde proprio strano. Non che dispiaccia, eh.
-Cosa
intendi dire?-
-Intendo
dire che dopo che la Faber ha fermato i proiettili, Catchlyt si
fida...per quanto si possa fidare lui di una persona.-
E
ora non ha incipriato la cicatrice per nasconderla...sì, adesso che
la vedo bene è più semplice capire che non è una ferita da taglio.
È un po' sfasata...come se fosse stata ricucita. Come se un lembo di
pelle fosse stato cucito proprio in quel punto? Chissà quanto gli ha
fatto male, quell'esplosione.
-E
allora?-
-Ma
non è evidente? I due Faber hanno pianificato tutto questo così da
infiltrarsi tra noi.-
Ok.
Questo non va bene.
Dove
diavolo ho già sentito quella voce?!
-Ma
che senso avrebbe? Lei non è mai stata dalla parte di suo padre...di
certo non sarà da quella di suo fratello.-
-Allora
perchè non vuole dirci da dove viene?-
-Faber
aveva incaricato Sanders di ucciderla in ogni realtà...-
-Balle.
Ci hai creduto davvero? Pensi davvero che esistano altre realtà?-
Io
sì.
-Probabilmente
hanno pianificato tutto così da farci credere che lei ci abbia
salvati.- riprende la voce che ho già sentito -Mi pare ovvio. Non
possiamo fidarci di una Faber...è una di loro, e...-
Smette
di parlare all'improvviso. Dopo qualche istante l'altra voce dice:
-Andiamo,
siamo già in ritardo.-
E
sento dei passi che si avvicinano. Merda.
Poi
Evan sostituisce la mano che mi copriva la bocca con la sua, di
bocca. E io dico ok, non è che mi dispiaccia...ma insomma, non è il
momento giusto per baci fuori programma.
Così.
Ma
sento anche qualcosa di proprio strano: i due a cui sto evidentemente
sul cazzo si avvicinano, ci passano accanto e quello che non conosco
dice:
-Su,
ragazzi, è appena successa una tragedia, un po' di rispetto.-
E
qua mi viene in mente un'idea geniale (come sempre, quindi). Così
spingo via Evan e sorrido tranquillamente ai due tizi...e cerco di
non far vacillare il sorriso quando ne riconosco uno.
-Sì,
lo sappiamo...scusate.-
-Questo
è un modo per festeggiare la vita, non credete?- nota Evan,
sorridendo come un'ebete e mettendomi un braccio sulle spalle.
Sì,
perchè ormai l'ho capito che Evan è coglione.
I
due lo guardano malissimo, poi salgono le scale e scompaiono dalla
nostra vista.
Aspettiamo
ancora qualche secondo, poi lascio cadere la maschera mentale che ha
fatto vedere a quei due qualunque volto femminile al posto del mio, e
spingo Evan lontano.
-"Questo
è un modo per festeggiare la vita"? Da dove ti escono queste
cazzate?-
-Me
ne vengono mille mentre ti ascolto.-
-Ahah.
Molto simpatico. Comunque...cosa ne pensi?-
-Beh,
dovremmo farlo più spesso, e...-
-Su
quello che si sono detti quei due. Pensi che ci sia tanta gente che è
del loro parere?-
Perchè
se è così non va per niente bene.
Evan
fa spallucce:
-Temo
di sì. Ma è normale, dopo tutto quello che ha fatto tuo padre e
Nathan.-
-Il
problema è che lo pensa lui...se fosse un'altro, ok, ma quello...-
Sì,
perchè quello che dubitava è proprio uno dei quattro grandi capi
ecc ecc.
E
dobbiamo proprio pensare a cosa fare se quello là riuscirà a
convincere anche gli altri, con le sue assurde supposizioni.
Che
ansia.
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Capitolo 23 *** I cinque minuti peggiori della mia vita ***
Così
il momento fatale è arrivato. Tatataaaa.
E
no, non hanno proposto di linciarmi. Semplicemente hanno detto che un
gruppo dei migliori pensatori mi scorterà fino alla base di Nathan,
un posto la cui ubicazione io non posso sapere, nel caso Nathan mi
catturi (aspè, ma non ha senso), cioè, nel caso qualcuno mi catturi
per strada io devo sapere il meno possibile così da non far male a
nessuno. Ovviamente non verranno i grandi capi, stronzi
cagasotto, perchè sono "troppo importanti" per una
missione che è suicida all'ottantanove per cento. Simpatici a
ricordarmelo.
Poi
il simpaticone che è Catchlyt ha detto che Evan sarebbe rimasto lì
con loro come garanzia, così che sarebbero stati sicuri della mia
condotta (in pratica: "Se ci tradici dici ciao ciao al
fidanzatino, puttanella"). Io ho detto qualcosa di poco carino.
Catchlyt mi ha detto che quelle erano le condizioni e la sua faccia
diceva qualcosa di molto poco carino. Io li ho mandati a
fanculo, poi Evan ha detto che, se le eminenze erano d'accordo, lui
sarebbe andato con noi disarmato (non sanno che può uccidere con le
sue battute squallide). Catchlyt ha fatto una faccia incazzata ma ha
accettato.
Poi
mi hanno detto che potevo riposarmi un po' perchè saremmo partiti
solo alle due di notte, orario che a quanto pare è considerato
idoneo allo stare svegli, in questo mondo. È da tipo una settimana
che non dormo decentemente.
Comunque,
dopo ho chiesto se potevo fare una doccia perchè, ehi, non voglio
salvare il mondo puzzando...e ora sono qua, nella stanza che mi hanno
gentilmente offerto. Che carini.
Ci
sono pure gli asciugamani puliti e profumati, e il letto è
comodissimo. E posso essere sicura che nessuno mi disturberà, visto
che mi sono chiusa dentro.
Chissà
cosa penserà la gente che abita in questo coso. Diranno tutti "Ehi,
ma hai sentito che la piccola Faber sta per salvarci il culo?"
"Really? E adesso dov'è, che vogliamo un autografo da rivendere
quando tutto il mondo verrà a conoscenza del suo eroico sacrificio?"
"Ha detto che si doveva ritirare per prepararsi per la grande
battaglia, sai, Faber anziano è proprio potente ed è suo fratello,
lei non vorrà mai ucciderlo, in fondo gli vuole bene...chi
ucciderebbe mai il proprio fratello...?"
No,
un attimo. Questa è la mia mente che vuole farmi riflettere su cose
a cui non voglio pensare. Non va bene.
D'accordo,
Ivy. Pensa ad altro. Tipo al fatto che sono qua, in accappatoio e
sdraiata sul letto, e magari dovrei provare a dormire o andare a
mangiare...
Oh
mio dio. Mangiare. Non mangio da un po' e manco me n'ero
accorta...quasi capisco come si sente Evan. Sì, perchè lui fa
questa vita da due e più anni, no? Come diavolo ha fatto a
sopravvivere?! Beh, ha già perso metà del suo corpo originale...
Magari
anche Nathan. Non mi sembrava così dimesso quando l'ho visto
prima...ma se papà l'avesse cambiato in qualche modo, facendolo
impazzire? E se fosse diventato cattivo per quello? E se potessi
farlo tornare normale...ma ormai è troppo tardi. La spedizione parte
alle due.
Se
ci fosse un modo per salvarlo e se non lo scoprissi in tempo e lui
morisse non me lo perdonerei mai.
No,
ok. Stavo pensando al cibo. Concentrazione.
Ma
un attimo, che ore sono? Le sette e mezza e poco più? C'è
colazione!
Adesso
ho davvero fame. Credo di stare per vomitare dalla fame. Ma sono
anche così comoda, su questo letto...era da due giorni che non mi
sentivo così bene e tranquilla (tranquilla neanche tanto,
eh)...potrei provare a dormicchiare, poi vado a mangiare e...
-C'è
una cogliona qua dentro?-
Lo
ammazzo.
È
la volta buona, se lo merita.
-No.-
rispondo dal mio acume. Poi penso di dover almeno tentare di
rispondere degnamente all'unico che è rimasto al mio fianco fino ad
ora, quindi tento di raddrizzarmi sul letto mentre cerco di
prepararmi al colpo psicologico che è l'alzarmi completamente...e
ripiombo sul letto senza vedere più niente.
È
completamente buio, come se avessi chiuso gli occhi senza rendermene
conto.
Cerco
di spalancare il più possibile gli occhi ma non funziona, il nero
c'è sempre. Non vedo niente.
E
'sta cosa proprio non mi piace.
-Cazzo.-
dico. Poi mi ricordo che c'è Evan fuori dalla porta e lo chiamo:
-Evan!
Entra subito!-
In
un altro momento sarei scoppiata a ridere da sola per il palese
doppio senso...ma questo è un momento un po' da panico.
Perchè
non vedo niente.
-È
chiusa a chiave!- mi grida dietro Evan, e sento che sta smanettando
con la maniglia senza riuscire ad aprirla. Dio, quanto sono pirla,
perchè diavolo ho chiuso la porta?!
Ed
ecco che comincio a sentirmi un nodo strano in gola. Sbatto le
palpebre mille volte ma non serve a niente, e quasi senza
accorgermene mi aggrappo con tutta la mia forza alle lenzuola del
letto. E intanto penso a quanto sono cretina, a cosa sta succedendo,
al fatto che non vedrò più niente per il resto della mia vita e che
resterò rinchiusa qua in accappatoio fino a quando qualcuno sfonderà
la porta e mi troveranno in pieno panico e non va bene, non posso non
vedere niente per sempre e, dio, non vedo niente...
Poi
sento che qualcuno mi stringe una mano. E la cosa mi fa ancora più
male perchè lo sento...ma non lo vedo.
-Respira.-
-Evan!-
l'avevo riconosciuto prima che parlasse, ma non riesco proprio a
trattenermi e gli stritolo la mano mentre gli grido: -Non vedo
niente! Cazzo, sono cieca, porco i...-
-Respira,
Ivy. O ti tiro uno schiaffo e ti faccio respirare io.-
-Non
vedo...-
-Ivy!-
Risucchio
l'aria velocemente, quanta più aria posso perchè non mi sembra mai
abbastanza. E ogni volta che espiro il nodo alla gola aumenta, mi
strozza, trasforma i respiri in singuli, e dopo due secondi scoppio a
piangere.
Sì.
Dovrei salvare il mondo e sono la prima a farsi venire un attacco di
panico.
La
cosa strana è che una parte della mia mente (quella occupata a
insultarmi) non pensa al fatto che non vedo un cazzo, ma è quasi
certa del fatto che adesso Evan mi abbraccerà e mi consolerà e dirà
che va tutto bene, come una brava persona dovrebbe fare...
Ed
è per questo che lo schiaffo mi prende di sorpresa.
Riapro
di scatto gli occhi. Non vedo niente, come prima.
Continuo
a singhiozzare un po', non riesco a controllarmi. Ma la sorpresa ha
avuto effetto, quindi decido che, visto che tanto non vedo niente, è
inutile tenere gli occhi aperti.
Li
chiudo. È già meglio.
-Meglio?-
sento che Evan mi chiede. Non riesco a trattenermi, ridacchio e
singhiozzo e rispondo:
-No.
Per niente. Fottiti.-
-Sì,
stai meglio.- conclude lui. Sento soltanto la sua mano che stringe la
mia, e quasi istintivamente allungo il braccio libero e lo cerco nel
buio che mi circonda. E lui mi prende la mano con la sua menomata.
-Non
ci vedi più.-
-Sì.-
Con
gli occhi chiusi è meglio. Riesco a pensare a qualcosa che non sia a
quanto cazzo sia brutto non vederci. Ed Evan, qua vicino, che è qua
e cerca di aiutarmi...beh, non è male.
Ma
io continuo a non vederci.
-Potresti
farmi un favore?-
Questo
mi distrae dall'autocommiserarmi.
-Che?-
-Potresti
aprire gli occhi?-
Ah.
Ma tenere gli occhi chiusi è meglio, è come se fosse tutto buio
perchè ce li ho chiusi, l'ho deciso io...
Ma
Evan me l'ha chiesto. Gentilmente, pure.
E
non è il momento di fare la rompicoglioni.
Così
apro gli occhi. Sorpresa delle sorprese: non ci vedo.
-Cosa
vuoi fare?-
Evan
non mi risponde; sento che mi molla una mano, mi prende per il mento
e mi solleva la testa per, penso, guardarmi meglio gli occhi. 'Sta
cosa mi imbarazzerebbe...se potessi vederci. Invece non ci vedo,
quindi fottesega. È tutto buio.
-Non
vedo niente di diverso. I tuoi occhi sono a posto.-
-Puoi
ripetere? Magari ti sentono meglio e riprendono a funzionare...-
-Quand'è
stata l'ultima volta che hai mangiato?-
Uhm.
E chi si ricorda?
-Boh.
Forse ieri...-
-Non
mangi da un giorno.- lo sento dire con tono pratico, poi aggiunge
-Senti, riesci a fare una cosa?-
-...cosa...?-
-Stai
qua, ferma, senza muoverti, per qualche minuto?-
-Dove
vai?-
No,
Ivy. Non fare la bambina viziata.
Ma
Evan si alza e si allontana e io non riesco a non allungare le mani
verso dove penso sia lui, come una moribonda. Poi abbasso le braccia
e mi accontento di stringere le coperte.
-Cerco
aiuto. Sono sicuro che qua c'è qualcuno che sa cosa ti è
successo...te sta' qua, ok? Torno presto, lo giuro.-
Dio,
se solo potessi vederlo.
-E,
Ivy: non muoverti.-
-Dove
pensi che vada? Se cerco di uscire sbatto contro la porta.- noto io.
Il sarcasmo non se ne va come la vista, ovvio.
-Ecco,
resta così allegra e vedrai che te la caverai.- fa Evan. Giuro che
la sua voce mi sembra divertita dalla mia ultima uscita sarcastica.
Poi
non dice più niente. Per un po', insomma, e mi viene il dubbio che
sia già andato.
-...Evan?-
provo, sentendomi immensamente cogliona. Non mi risponde nessuno.
Nel
panico mi ero raddrizzata; ora mi lascio andare, piombando sul letto,
e serro gli occhi come se ne dipendesse la mia vita. Perchè è
meglio pensare che sia così, piuttosto che credere alla realtà.
Ho
i capelli ancora bagnati che mi fanno gelare il collo. Mi prude un
piede. Le lenzuola sembrano proprio morbide e sono profumate.
E
penso: forse è stato tutto un brutto sogno e in realtà ci vedo
benissimo, no? Con tutte le cose che mi sono successe...ma non voglio
riaprire gli occhi, non ancora.
Da
quando è cominciato tutto questo casino ho rischiato di morire un
po' di volte; la cosa strana, però, è che non ho mai realizzato
quanto sto rischiando in tutta 'sta faccenda...perchè io sono
l'eroina, no? Sono immortale. Ne uscirò vincitrice.
E
adesso non vedo più niente.
Ed
è peggio.
Da
quanto se n'è andato Evan? Chi sarà andato a cercare? Non qualcuno
che mi vuole morta, spero.
Sento
un rumore strano. Come un cigolio.
-C'è
qualcuno?- chiedo subito, scattando seduta. Poi mi do della cogliona:
quale assassino risponderebbe? M'immagino la scena... "Sì, ci
sono io, il tuo caro fratellino mi ha mandato per ammazzarti. Visto
che ho un po' di tempo, ti dispiace se mi fumo una sigaretta? Ne vuoi
una te? Ultimo desiderio? Sai, io avrei voluto fare l'avvocato..."
Il
cigolio si ripete. Apro gli occhi e, sorpresona di natale, non vedo
niente.
Sempre
tutto nero.
Evan
mi aveva detto di non muovermi. Io non
dovrei muovermi.
Evan
ci sta mettendo un po' troppo e non voglio stare seduta qua ad
aspettare che qualcuno mi ammazzi.
Così
metto i piedi per terra. Agito un po' la mano per aria finchè non
trovo il comodino, mi ci appoggio e, sforzo sovrumano, mi alzo.
Ora
arriva la parte difficile.
Agito
un piede e un braccio davanti a me e, dopo aver constatato che la via
è libera, faccio qualche passo in avanti...e dopo sento le gambe
cedere.
Così,
a caso. Le ginocchia si piegano da sole e cado per terra, con le mani
sul pavimento e un'immensa voglia di morire.
Ho
riaperto gli occhi e sono ancora cieca.
Che
vita di merda.
Poi
sento dei passi per il corridoio, il rumore della porta che viene
spalancata e una bestemmia fantasiosa detta da qualcuno che conosco
bene.
La
prima cosa che dico è un semplice e sincero:
-Scusa.-
Qualcuno
mi prende per le braccia e mi fa sollevare a forza, poi mi aiuta a
risedermi e io sono certa che questo qualcuno non è Evan.
Ma
la sua voce la sento lo stesso mentre dice:
-Ti
avevo detto di non muoverti.-
-Andiamo,
Evan. Tu che avresti fatto al suo posto?- lo rimprovera la voce di
Adrian.
Adrian.
C'è lui, qua accanto a me.
-Ora,
Ivy.- mi dice con un tono rassicurante -Stai calma. Ti faccio
un'endovena di porpora, sentirai pizzicare ma non preoccuparti, ok?
Puoi stendere il braccio?-
-Sono
cieca, non pirla.- gli rispondo io mentre obbedisco. Come predetto,
sento pizzicare nel punto dove di solito mi prendevano il sangue per
le visite...e dopo qualche istante succede qualcosa di strano.
Comincio
a vedere qualcosa.
Parte
tutto dai colori. Prima sono macchie, un grigio indistinto in cui
spiccano il chiaro della parete e il rosso di qualcosa accanto a me,
e quelle due figure più scure, poco lontane. Dopo tornano i
contorni, e riconosco quello che mi sta intorno.
-...ha
funzionato?- domanda Adrian, al mio fianco. Io lo guardo e annuisco,
e non riesco a non sorridere.
Perchè
l'ho guardato. Ci vedo. E di certo vedo la maglietta rossa che
indossa...la vedrebbe pure il diavolo, è un pugno nell'occhio.
-Bene,
Adrian. Complimenti.- interviene una delle due ombre che avevo visto
prima...e il sorriso mi si smorza subito quando lo riconosco -Ora,
Evelyn, spiegami cosa diavolo è successo.-
Ma
quanto è simpatico Catchlyt.
Apro
la bocca per rispondergli qualcosa di decisamente poco femminile,
quando vedo Evan. Ha un'espressione strana; come se si trattenesse
dal sorridere per guardarmi male e dirmi con gli occhi "collabora,
non rispondergli male, collabora".
-Evan
ha bussato alla porta, l'avevo chiusa a chiave.- spiego infine a
Catchlyt -Mi sono alzata per aprirla, cioè, non sono riuscita ad
alzarmi perchè appena mi sono raddrizzata non ho più visto niente,
poi lui è entrato...-
-La
porta non era chiusa?- nota Adrian, seduto su un angolo del comodino
accanto a me.
In
effetti...come diavolo ha fatto Evan ad entrare?
-L'ha
aperta lei.- spiega subito lui -Con la mente.-
-Ma
non me ne sono accorta.- dico io. Sono così potente da fare le cose
senza rendermene conto?
Fantastico.
Restiamo
in silenzio finchè Catchlyt dice:
-Dopo?-
-Beh,
non ho visto niente finchè siete arrivati voi. Cosa mi hai infilato
nel sangue, comunque?- chiedo ad Adrian (giusto per sapere cos'ho nel
mio corpo). Lui mi mostra la siringa che tiene in mano. Dentro c'è
ancora un po' di una sostanza rossiccia, più scura della maglietta
che Adrian indossa.
-Porpora
diluita con un fluido speciale.-
-...porpora?-
ripeto io, e guardo Evan. Non sembra per niente contento di questa
nuova notizia.
-Hai
detto che le avrebbe fatto bene.- dice ad Adrian con tono
accusatorio. Lui fa filosoficamente spallucce:
-Le
ha fatto bene, no? Ho pensato...- esita per un secondo, ma lo sguardo
di Evan lo costringe a continuare -Beh, ho pensato che non ci vedesse
più per i suoi poteri. Sono cresciuti, no? E i poteri fanno stare
spesso male le persone...-
-Quindi
hai pensato di iniettarle una cosa che aumenta i poteri a livelli
impensabili?!-
-Senti,
ho già visto cose del genere. Non so come spiegartelo...in parole
povere, è come mettere un libro sopra l'altro. Metti e metti, la
pila si fa sempre più traballante. Poi ne metti tantissimi in più,
la pila crolla...e non c'è più nessun libro e nessuna pila che
traballa.-
-Ok.-
intervengo io -Non ho capito.-
Mi
pare che Adrian si trattenga a stento dallo sbuffare, prima di dire:
-Hai
così tanti poteri che è un miracolo che non ti abbiano ancora
uccisa. Evidentemente, venendo in questa realtà sono aumentati...e
quindi il tuo livello di sopportazione ha cominciato a traballare,
come la pila di libri, ok? Dai e dai, la ciecità sarebbe stato
l'ultimo dei tuoi problemi...quindi ho pensato di potenziarteli con
la porpora così tanto che si sarebbero annullati. Meno poteri, pila
di libri più bassa...più probabilità di sopportarli.-
-Quindi
adesso sono più debole?- domando. Sì, adesso che ci vedo mi pare
una cosa orribile, l'essere così...inerme.
-Sta'
tranquilla.- dice subito Adrian con un mezzo sorriso -Tra poco
torneranno al livello normale. Fossi in te, però...spererei che
restino a quel livello per un po'. Non posso continuare a riempirti
di porpora ogni volta che raggiungono il livello massimo.-
Sono
così miscredente che non credo a quello che mi ha appena ridato la
vista: senza esitare un attimo mi concentro e cerco di leggergli la
mente.
Se
continua così, morirà entro una settimana, e la porpora non potrà
aiutarla, e...ehi!
Ha
gli occhi spalancati dallo stupore e dalla paura...che di certo non
può superare la mia.
"Morirà
entro una settimana".
Che
bello.
-...sì,
mi stanno tornando i cosi.- dico per dire qualcosa. Non voglio che
Adrian esprima ad alta voce quello che ha pensato, ecco. Non voglio
che qualcuno in questa stanza lo senta.
Ed
è questo il momento che la mia pancia sceglie per ricordarmi che ho
fame.
Brava,
pancia. Ottimo tempismo.
-Potreste
gentilmente uscire? Sono in accappatoio e vorrei tanto andare a
mangiare, sapete...-
-Certo.-
risponde subito Adrian, scattando in piedi e uscendo dalla stanza
(no, non si vede che stai scappando perchè ho sentito nella tua
testa quello che non avrei dovuto sentire). Catchlyt, che è rimasto
in silenzio da prima della metafora della pila dei libri, mi fissa
per qualche istante prima di seguirlo.
Poi
c'è Evan.
-Dovrei
cambiarmi.- gli faccio notare. E queste parole mi riportano in mente
in modo quasi orribile un ricordo, il ricordo di qualcosa accaduto
due settimane fa ma che mi sembra di un'altra vita.
La
domenica dopo la festa della scuola. Evan aveva rotto la finestra
della mia stanza per entrare e svegliarmi...e non può essere
successo davvero.
Come
diavolo ci sono finita qua? Perchè non sono a casa mia?
Quasi
non mi sono accorta che, mentre mi perdevo nei ricordi (che parole
poetiche), Evan si è preso tutto il tempo per scandagliarmi per
bene, dai piedi nudi ai capelli bagnati, come se si fosse accorto
solo adesso che sono in accappatoio.
Quasi.
-Ok.-
fa semplicemente, poi esce dalla stanza e socchiude la porta mentre
dice -Grida se ti succede ancora qualcosa.-
-Certo,
capo.- gli rispondo io. Beh, sapere che è appena dietro alla porta
mi rende un po' più sicura sulle mie capacità motorie, quindi
decido di provare ad alzarmi di nuovo.
Miracolo
dei miracoli: ce la faccio. E senza giramenti di testa.
Ci
metto due minuti a raggiungere l'armadio della stanza, trovare
qualcosa della mia taglia (reggiseno, mutande, calzini, jeans e
maglia: tutti rigorosamente neri...così
non sprecano soldi per l'abito da far indossare nella bara?) e
cambiarmi. Poi mi infilo le mie fidate scarpe, resistite a tutto
quello che mi è successo fino ad ora, prendo il cellulare che avevo
tenuto per tutto il tempo (magari sperando che i messaggi e le
chiamate attraversassero le diverse realtà? Divertente) ed esco.
-Sono
viva.- annuncio ad Evan, rimasto ad aspettarmi sempre accanto alla
porta...e una vocina malefica aggiunge:"Ancora per una
settimana."
Dannata
vocina malefica.
|
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Capitolo 24 *** Colazione ***
La
mensa comune si è rivelata, per l'appunto, una mensa comune; ci sono
i tavoli con sopra cibi da colazione di ogni tipo e altri tavoli,
rotondi e contornati da sedie, dove la gente si piazza per mangiare e
chiaccherare e deprimersi in vista dell'imminente fine del mondo. Che
poi, come fa la gente a sapere dell'imminente fine del mondo? C'è
stato un giro di pettegolezzi?
-Sicura
che la mia "maschera" funzioni?- mi chiede Evan, seduto
accanto a me a un tavolino laterale. Io non riesco a trattenermi e
gli sorrido:
-Dubiti
di me, ora?-
-Ho
sempre dubitato di te. Sei imprevedibile. Come prima, quando non
dovevi alzarti ma l'hai fatto e potevi romperti la testa...-
È
tipo la terza volta che me lo dice da quando ci siamo seduti.
Magnifico.
-Senti,
che ne dici se vai a prenderci da mangiare?- gli chiedo per
interromperlo. Lui mi guarda male, come sempre, poi fa con voce
mielosa:
-Cosa
vuoi per una bellissima e rinfrancante colazione, mia bellissima e
rinfrancante signora?-
-Rinfrancante
cos'è, un insulto o un complimento?-
-...Ivy...-
sbuffa alzandosi. Io lancio un'occhiata alla sua mano menomata con
cui si è appoggiato alla sedia nell'attesa della mia decisione da
cui dipende il futuro dell'umanità, poi guardo il tavolo del cibo e
rispondo:
-Cappuccino
e un toast. Magari anche un po' di birra, se c'è. E che ne dici di
una pizza...-
-Cappuccino
e un toast e un po' di zucchero.- conclude lui, poi si china verso di
me e mi lascia un bacio sulla guancia -Non creparmi mentre sono via.-
-Non
lo farò.- gli dico in un soffio mentre comincia a dirigersi verso i
tavoli del cibo. Sì, perchè so già che sono diventata rossa come
la maglietta di Adrian...e per un bacetto sulla guancia.
Sono
inguaribile.
Che
poi, io ed Evan non abbiamo ancora discusso di qualcosa che per me è
importante quanto il salvataggio imminente del mondo e bla bla bla:
che tipo di relazione abbiamo, io e lui? Fidanzatini pucci pucci?
Conto su di te perchè sei l'unico che non ha ancora tentato di
uccidermi (beh, in realtà l'ha fatto, ma che me ne frega)
volontariamente? Ti lovvo troppo ecc ecc?
L'unica
cosa di cui sono certa in questo momento, mentre Evan attraversa la
folla di gente che gira per la stanzona, è che lui ha proprio un bel
culo.
-Cosa
guardi di così interessante?-
-Niente.-
rispondo subito, voltandomi di scatto verso Adrian. Sbatto un paio di
volte le palpebre e non riesco a trattenermi dal dirgli:
-Non
potresti cambiarti la maglietta, gentilmente?-
-Perchè?-
scatta subito lui con tono offeso.
-È
leggermente...sai...rossa.-
-Cioè,
un attimo. Prima vai in panico perchè non ci vedi più e ora ti
lamenti perchè vedi qualcosa di rosso? Sei strana, amica mia.-
Questo
mi distrae dal rossore della maglietta; alzo gli occhi per guardare
l'espressione che ha Adrian e gli chiedo:
-Quindi
siamo amici?-
Lui
fa spallucce, come se gli sembrasse una cosa ovvia:
-Qua
non è che ci sia tanta gente della nostra età, eh...-
-Davvero?
Avrei detto il contrario.- lo interrompo, e mi guardo intorno. In
effetti, nella sala ci sono cinque o sei famigliole (genitori che non
hanno voluto abbandonare i figli pensatori? Eredità dei poteri?),
poi ci sono gruppetti di persone di diverse età che chiaccherano,
due o tre vecchietti che discutono...e, seduti a due tavoli vicini a
una parete della stanzona, ci sono i capi che parlottano tra loro.
-Comunque,
non penso tu sia così insopportabile. Ci hai salvato il culo due
volte, insomma.- continua Adrian. Io faccio spallucce, imitandolo, e
noto:
-Allora
adesso sono amica di tutti i presenti perchè ho salvato il culo a
tutti i presenti?-
-No,
insomma...non è quello che intendevo.- sbuffa Adrian. E io mi
accorgo di avere un sorrisetto divertito stampato sulla mia faccia da
scema. Beh, è piacevole parlare con qualcuno senza temere che voglia
uccidermi.
-Perchè
sei qua, tu?- gli chiedo, giusto per fare un po' di conversazione.
L'espressione di Adrian non cambia mentre risponde:
-Oh,
la solita storia. La sentirai spesso, mentre sarai qua. In pratica ho
cominciato a sentire i pensieri degli altri a dodici anni; ovviamente
i miei non mi credettero quando glielo dissi, e quando continuai a
insistere pensarono di portarmi da uno strizzacervelli...che era uno
sperimentale. Appena ho sentito cosa voleva farmi, alla prima visita,
sono scappato via, e visto che i miei volevano farmi tornare da lui
sono scappato di casa. Dei pensatori mi hanno trovato che vagavo a
Seattle e hanno avuto la bontà d'animo di accogliermi tra loro e
insegnarmi tutto quello che sapevano. Poi ho deciso di andare ad
aiutare i pezzi grossi qua, me ne sono andato e siamo venuti in
Europa...-
-Aspetta,
siamo? Qualcuno del tuo gruppo ti ha seguito qua?-
E
adesso la sua espressione cambia. Fa un mezzo sorriso, un po' triste,
e spiega:
-Eravamo
io e Cass. Lei era una degli "immuni naturali", e per
questo gli sperimentali le davano la caccia da anni per capire come
prendere i suoi non poteri. Per questo sapeva tutto del
mio...nostro mondo. Così siamo venuti qua. Abbiamo aiutato
Catchlyt...finchè Cass ha deciso di unirsi a Nathan. Prima lo
odiava. Ma qua...ha visto di cosa erano capaci i pensatori buoni,
quelli che volevano combattere Faber con le sue stesse armi, e ha
pensato fosse meglio stare dalla parte del più potente così da far
finire prima la guerra. E per questo qua, ora, ci sono solo io.-
-Ma
lei non è cattiva.- noto io dalla mia eminente intelligenza. Adrian
annuisce:
-Non
vuole uccidere nessuno. Sa che sarà impossibile evitarlo per
sempre...ma non vuole uccidere nessuno. Vuole solo che tutto questo
finisca.-
-Come
noi.-
-Come
noi.-
Qualcosa
poco lontano attira la mia attenzione: due o tre uomini si sono
avvicinati al tavolo dei capi e hanno cominciato a parlare con loro.
Ed è la terza volta che si voltano verso di me.
Infine
hanno deciso di ammazzarmi?
-Chi
sono quelli che stanno parlando con i capi?- domando ad Adrian. Lui
si volta leggermente, li vede e sorride:
-Quelli
che vogliono partecipare alla spedizione di stanotte.-
-Perchè?
Tutti possono partecipare?- gli chiedo, sorpresa, esattamente mentre
Evan arriva e posa davanti a me un cappuccino fumante e profumato.
Dio
mio. Profuma in modo oltraggioso.
-Ovviamente
no. Chi vuole si propone, poi tocca a Catchlyt testare la loro
resistenza al controllo mentale e cose del genere. Se riescono a
resistere e sanno come usare una pistola sono ben accetti, certo.-
-Perchè
Catchlyt?- domanda Evan, tornato al suo posto del tavolo, mentre io
sorseggio la mia colazione e studio quello che ha preso lui (un
muffin e un caffè. Viva lo spreco).
-È
il più potente, qua...- risponde Adrian. Poi mi guarda e si
corregge: -Beh, era. Ora ci sei te. In effetti...magari
chiederanno a te di testare quelli che vogliono venire.-
No,
dai. Che palle. Già mi odiano, figuriamoci se dico alla gente che
non è abbastanza forte per venire a salvare il mondo.
Diventerò
miss simpatia universale dell'anno.
Sto
cominciando a mangiucchiare i bordi del toast quando Alastair
Witness, grande capo simpatico, si avvicina al nostro tavolo con un
sorriso tranquillo.
-Tutto
bene, ragazzi?-
-Siamo
ancora vivi.- nota Evan con tono cupo. Io lo guardo male e rispondo:
-Per
questo va tutto bene. Vuoi che testi i tizi che vogliono venire
con noi nella spedizione, vero? Finisco il cappuccino e arrivo.-
Witness
sbatte un paio di volte le palpebre, sorpreso. Poi sorride ancora:
-Perspicace
come sempre, vedo. Bene...quando finisci, vieni al nostro tavolo.
Faremo tutto lì.-
-Grazie.-
gli sorrido tranquillamente.
Lui,
però, non se ne va subito. Sembra quasi indeciso, come se non
sapesse se dire qualcosa o no.
-Ev...Ivy,
voglio solo che tu capisca che sei al sicuro, qua. Non devi temere
nulla.-
Strano.
Mi sembra di aver già sentito qualcuno che diceva una cosa del
genere.
Oppure
sto uscendo di testa.
-Sì,
lo so. Grazie.- gli dico. Witness sorride ancora, poi torna al suo
tavolo.
E
non riesco a staccargli gli occhi di dosso.
-Da
quant'è che lui è con i pensatori?- chiedo ad Adrian.
-Da...tre
anni, penso. Forse di meno.-
-E...senti,
so che sembra folle ma rispondi e basta: da quant'è che Nathan ha
ucciso nostro padre?-
Sia
Evan che Adrian mi guardano, ma io non sposto gli occhi da Witness.
-...tre
anni. Forse meno, non lo sappiamo. I pensatori cattivi non sono corsi
da noi ad annunciare che il loro capo era stato ucciso dal figlio,
sai...-
-Cosa
pensi?- mi chiede Evan, interrompendolo. Io scuoto la testa, come per
scacciare un pensiero troppo strano per essere vero.
-Non
so...la corporatura, sai...le spalle e, insomma, le sue mani...boh,
niente. È impossibile. Sono solo un po' stanca.-
Credo
di avere le visioni. Eh, sì, Evelyn...hai le visioni.
Decisamente.
Ma
è la mia mente che me le fa avere, rifacendomi vedere, come in un
flashback, quando papà mi aveva catturata e aveva cercato di
convincermi che era stato tutto un sogno, che io e Nathan avevamo
avuto un incidente e basta.
"Capiscilo,
Ivy. Ti prego. Tutto quello che voglio è che tu capisca che sei al
sicuro, qua."
...nah.
Mi
sto decisamente facendo dei film mentali.
-D'accordo.-
sbuffo, inghiottendo l'ultimo morso di toast e alzandomi.
Contemporaneamente si alzano Evan ed Adrian, e tutti assieme andiamo
al tavolo dei grandi capi.
-Eccomi
qua.- annuncio ai quattro tizi. Tre di loro si alzano, uno mi
sorride; il quarto non mi caga minimamente.
-Bene,
Evelyn.- mi dice uno dei due che non conosco ancora -Ti devi sedere
qua e devi provare a penetrare le difese mentali di chi ti si siederà
davanti. Se ce la farai facilmente, lo dirai ad Alastair...se farai
un po' più di fatica, lo dirai ad Alastair. Se tu non riuscissi...-
-Lo
dirò ad Alastair?-
-No.
Uccidilo.-
...cosa?
-Perchè...perchè
dovrei...- cerco di dire, troppo sorpresa da questa nuova uscita per
organizzare una domanda coerente. Witness mi sorride ancora:
-Perchè
significherebbe che hai davanti Nathan o uno dei suoi.-
-Come
potete esserne sicuri?- domanda giustamente Evan, al mio fianco.
L'ultimo dei quattro capi, quello che non ha ancora parlato, dice:
-Conosciamo
tutti i presenti in questo edificio, e nessuno ha più poteri di te.-
-Come
potete esserne sicuri?- chiedo ancora. Sì, perchè non mi piace
ammazzare gente alla cazzo. Diciamo che non mi piace ammazzare gente
e basta. Per quello c'è Evan.
-Lo
sappiamo.- sbotta una voce che conosco con un tono più che scazzato
-Ora puoi avere la decenza di aiutarci e basta?-
Ohoh.
Catchlyt si è incazzato.
Ci
giriamo tutti verso di lui, e quasi rido vedendo l'espressione
sorpresa che hanno gli altri capi.
-Cole,
stavo per chiedertelo: puoi darle una mano? Anche te sei sopra la
norma, quindi potreste velocizzare il tutto...-
-...se
io
ti dessi una mano. Perchè sei te che decidi per primo, ok? Hai te il
comando.- intervengo io. Catchlyt mi lancia uno sguardo di puro odio,
provando che si può essere buoni quanto si vuole, ma tanto la gente
ti odierà comunque.
Così
non dico altro: mi siedo accanto a lui, e noto solo ora che c'è un
gruppetto di persone qua vicino.
Fantastico.
Ora mi faccio dare le referenze e vedo se assumerli o no.
I
capi se ne vanno, Adrian sorride e va a mangiare con i due
settantenni che chiaccheravano tra loro prima; Evan fa un'espressione
malignamente divertita dalla mia nuova situazione, prende una sedia e
si piazza a qualche metro da me (che altro ha da fare, qua?).
Così,
i tizi cominciano a sedersi di fronte a me e Catchlyt.
La
cosa divertente è che sembra davvero un colloquio di lavoro:
Catchlyt prima chiede come si chiamano e si appunta il nome sul
foglio davanti a noi, poi domanda perchè diavolo vogliono
partecipare a questa cosa suicida e solo alla fine testa la loro
resistenza.
Dopo
averlo studiato per un po' comincio a colloquiare un anch'io.
Il
primo tizio sarà sulla trentina. Ha un'espressione strana, tra il
superbo e il deluso.
-Quindi
sei te Evelyn Faber, la risorta?-
Mi
sta già sulle palle.
-Sì.
Problemi?-
-No,
certo che no.- dice, sempre con la stessa espressione di prima -Ma ti
immaginavo più...ecco...vecchia.-
-Non
è colpa mia se le creme per la pelle che uso funzionano e mi fanno
sembrare giovane. Comunque, dimmi nome e cognome.-
-Al
Witherspool. Non sarai te a guidare la spedizione, vero?-
-Perchè
non dovrei?-
-Beh,
dare il comando a una ragazzina...-
-Perchè
vuoi far parte della spedizione?- gli chiedo per fargli chiudere il
becco. Il tizio si raddrizza e dice:
-Perchè
sono stanco della tirannia di Faber e voglio liberare il mondo...-
-Ok.
Ora ti costringerò a fare qualcosa e te dovrai tentare di opporti.-
-Va
bene...-
TIRATI
UNO SCHIAFFO.
Il
tizio si tira uno schiaffo.
-Ma
ehi!-
-Puoi
andare.- gli dico, scrivendo il suo nome e aggiungendoci accanto un
"schiappa colossale". Il tizio si alza e se ne va senza
dire altro.
Si
siede davanti a me un uomo di cinquant'anni, con tanti capelli grigi
e un'espressione stanca.
-Salve.-
-Salve.-
gli rispondo. Questo mi sembra già più simpatico dell'altro.
-Come
ti chiami?-
-John
Sidermoth. Sono qua da qualche mese, tento di fare il possibile per
aiutare gli altri.-
-Perchè
vuoi venire con noi, allora?-
Il
tizio, John, sorride con aria stanca:
-Non
voglio che questa guerra vada avanti ancora. Voglio dare una mano
perchè finisca...e penso abbiate bisogno di una mano da chiunque,
no?-
-Sì,
hai ragione.- gli dico sorridendogli.
Sorridendogli,
sì.
È
che quelli di mezz'età mi stanno simpatici a pelle.
-Ok...ora
proverò a influenzarti per vedere se riuscirai a resistermi.-
-Va
ben...-
ALZATI
E GIRA SU TE STESSO.
La
sua espressione concentrata non cambia, così ci riprovo.
ALZATI.
Ancora
niente.
ALZATI!
Scatta
in piedi nel giro di un secondo, come una molla. Dopo un istante
sbatte le palpebre e si guarda attorno, sorpreso.
-Oh...-
dice quando realizza cosa è successo -Mi dispiace...-
-Non
sei andato male.- gli dico io -Beh, John, puoi andare.-
Lui
mi sorride ancora e se ne va.
Io
me ne resto qui, soddisfatta del fatto che c'è ancora gente decente,
al mondo, quando Catchlyt dice:
-Cosa
diavolo pensi di fare?-
Mi
volto verso di lui e fisso l'espressione scazzata che ha.
-Che?-
-Questa
è una cosa seria. Non puoi scrivere "schiappa colossale"
per uno che è solo più debole di te, devi scrivere non
valido.
E non puoi fare la simpatica con vecchietti che ci rallenterebbero
soltanto e rispondere male a dei candidati validi...-
-Quello
era valido?! Ma se era un coglione montato, l'avrebbero condizionato
nel giro di mezzo minuto!-
-Tu
non sei qua per dire chi è valido o non valido. Sei qua solo per
testarli.- risponde subito Catchlyt. Strano, non mi pare più neutro.
-E ora ricomincia a lavorare, che non è un gioco.-
Lo
odio.
Terzo
candidato: un tipo sui venticinque. E la sua espressione non mi
piace.
-Ehilà,
miss Faber.-
-Ivy.-
-Io
sono Matt von Coulsen. Ti va di andarcene da qua?-
-Per
andare dove, di grazia?-
-Nella
mia stanza.-
Non
mi garba il modo in cui continua ad ammiccare e a sorridere in una
maniera che di certo
lui
pensa sia sexy ma che a me sembra da maniaco. Cioè, come può
Catchlyt pretendere che resti professionale con gente come questo
qua?
-...ma
anche no?-
-Preferisci
nella tua? Per me non è un problema, e se ti senti più a tuo
agio...-
-Perchè
diavolo vuoi partecipare a questa missione suicida?- lo interrompo,
ignorando bellamente quello che sta dicendo. Lui (von Coulsen? Sul
serio?) sbuffa con fare annoiato e risponde:
-Voglio
donare i miei poteri al bene, ovviamente.-
-Non
vuoi tipo vendicare i tuoi genitori, cose del genere?-
-Nah.
Quelli mi hanno mandato qua perchè volevano liberarsi di me...-
-Li
capisco. Allora perchè sei qua?-
-Le
scuole europee sono così noiose.-
Dio,
quanta voglia ho di schiaffeggiarlo. Beh, vedendo le circostanze...
TIRATI
UNO SCHIAFFO.
E
siamo a due. Ma stavolta il coglione che ho davanti se ne sta
tranquillo, stravaccato sulla sedia e sempre con quell'espressione
allegramente stronza.
-Provi
a condizionarmi, dolcezza?-
Evito
di dirgli che ci sto già provando e ritento.
TIRATI
UN PUGNO NELLE PALLE.
Ancora
niente.
Allora
provo con qualcosa di diverso: mi concentro su quanto diavolo sarebbe
bello assistere a una scena del genere, mi concentro e gli sorrido.
DAI,
TIRATI UN PUGNO NELLE PALLE.
Von
Coulsen si tira un pugno nelle palle.
-Cazzo!
Che male dio ma...-
-Faber.-
mi ringhia dietro Catchlyt. Io volto lentamente la testa verso di
lui, tentando di mantenere un'espressione superiore:
-Sei
te che mi hai detto che è più difficile ordinare qualcosa che va
contro la sopravvivenza. Ho pensato valesse anche per le cose che
generano dolore, quindi...-
-Quindi...gli
hai detto di tirarsi un pugno...-
-Sì.
Quello fa male, no?-
No,
non dovrei sorridere così mentre lo dico.
Catchlyt
stritola la penna che ha in mano. Io riporto gli occhi sul coglione
che ho di fronte...e, incredibilmente, quello sorride.
-Ti
piace il bondage, eh? Sì, ci divertiremo parecchio...-
VATTENE.
Si
alza e se ne va...ma purtroppo riesce ancora a parlare, quindi dice:
-Sono
abbastanza potente per essere reclutato, quindi ci rivedremo,
dolcezza!-
Oh,
scommetto che le sue palle non saranno contente.
Poi
mi ricordo che Evan è seduto poco lontano, mi volto verso di lui...e
lui non c'è. Fantastico, mi ha abbandonata. Beh, mi pareva strano
che non avesse provveduto a castrare personalmente l'ultimo coglione.
Sento
il rumore di una penna che scrive su un foglio.
-Ma
che...- sbotto quando vedo che Catchlyt ha scritto "valido"
vicino al nome di von Coulsen.
-È
giovane e ha resistito a due tentativi di condizionamento.-
-Ma
è un coglione! Hai sentito che ha detto...-
-Sì,
ma è giovane e potente. Non possiamo aspettarci di meglio.-
m'interrompe Catchlyt. Mi guarda male per qualche istante, poi
riprende a intervistare quello seduto di fronte a lui.
E
un altro si siede di fronte a me. Sembra più giovane di quello che
mi sta simpatico, ma l'espressione è la stessa.
-Come
ti chiami?-
-Robert
Nicolson. Servizio militare americano.-
-Marines?-
-Già.-
-Beh...bene.
Meglio per noi, se sei abbastanza potente da non essere condizionato.
Perchè vuoi partecipare?-
-Non
voglio che accada ad altri quello che è accaduto a me.-
Un
uomo da mille misteri.
Indossa
una camicia ed è visibile una collana, una catenella con, come
ciondolo, uno di quei cosi dove puoi mettere mini foto di qualcuno.
Di qualcuno a cui si vuole bene, di solito.
-Sei
qua da solo?-
-Sì.-
-Ah.
Senti...ora proverò a condizionarti. Te tenta di resistermi, ok? E
non restarci male se non ci riuscirai.-
D'accordo,
Ivy, pensa. Qualcosa di fantasioso, dai.
Oh,
ho un'idea.
PRENDI
LA PISTOLA E SPARAMI.
Vediamo
come reagirà...contando che non ha nessuna pistola.
Robert
Nicolson fa una smorfia e stringe le labbra. Gli trema un braccio,
esattamente come è accaduto a Maurice...e Maurice non era un
pensatore così schifoso, no?
Ma
per Nathan è stato semplice decapitarlo e darmi la sua testa in
regalo.
Nicolson
smette di tremare. Certo, se non mi concentro è semplice resistermi.
-Scusa,
mi sono distratta.- dico, e sento la disapprovazione di Catchlyt
raggiungermi come una ventata puzzolente -Riproviamo.-
PRENDI
LA PISTOLA E SPARAMI.
Come
prima, il braccio del soldato trema...ma alla fine cede: impugna
qualcosa che esiste solo per lui, appeso al suo fianco, solleva la
mano e la punta verso di me.
Poi,
come accaduto agli altri, sbatte le palpebre e si guarda il braccio,
confuso.
-Va
bene. Sei andato bene. Puoi andare, Robert Nicolson.- gli dico con un
sorriso stiracchiato.
Mentre
lui se ne va sbatto un po' di volte le palpebre. Faccio fatica a
connettere, mi sa...ora Catchlyt mi ha detto qualcosa e non l'ho
neanche sentito.
-...cosa?-
-Ho
detto che lui andava bene. Ti ha resistito, è abbastanza.-
-Non
sarà mai abbastanza contro Nathan...ma per una volta siamo
d'accordo, compare.-
Mi
aspetto quasi che mi insulti.
E
sento che la testa mi sta per esplodere.
Perchè
sono così stanca dopo aver condizionato solo quattro persone? E
perchè ho già fame...di nuovo?
-Ivy,
ci sei?-
Eccolo
tornato, l'uomo per metà cibernetico.
-Mi
fai un favore? Mi vai a prendere un caffè?- chiedo a Evan,
ricomparso misteriosamente. Lui mi fissa per qualche istante.
-Hai
appena bevuto un cappuccino.-
-Ho
voglia di bere ancora un po' di caffè.-
-Ti
fa male.-
-Ti
prego.-
Mi
andrebbe bene qualunque cosa riesca a tirarmi su che non sia porpora,
e qua c'è solo caffè. Che altro posso fare?
Evan
mi studia ancora un po', poi sbuffa:
-E
va bene. Ma se stai male dillo.-
-Pensi
mi diverta a stare di merda?- noto io. Il mal di testa rompe le
palle.
Evan
fa spallucce:
-No,
ma sembra che ti diverta a soffrire senza dirmi niente.-
-Ok.
Se non vedrò più niente mi sentirai gridare. Ora vai, dai, che il
caffè finisce.-
Mi
guarda male per l'ennesima volta, poi se ne va verso il tavolo del
cibo. Finalmente.
Sospiro,
e solo ora mi accorgo che Catchlyt mi sta fissando.
-Che
c'è?-
-Riuscirai
ad arrivare al generatore e a sconfiggere Nathan, in questo stato?-
mi chiede lui di rimando. Io lo guardo male:
-Certo.-
Appunto
mentale,
penso mentre il quinto candidato si siede di fronte a me, chiedere
ad Adrian di portarsi dietro della porpora.
Mi
sa che dovevo prendere più alla lettera il "le resta una
settimana da vivere".
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Capitolo 25 *** Faccio amicizia e mi deprimo nel giro di due ore ***
Alla
fine sono riuscita a trovare gente abbastanza decente per la missione
suicida. Cioè, dubito siano persone mentalmente stabili quelle che
vogliono partecipare volontariamente a una missione suicida...ma,
ehi, non si può avere tutto dalla vita.
Al
momento la mia vita è angustiata da un unico, orrido, snervante
problema: mi annoio.
Non
ho più niente da fare. I "qualificati per la missione"
sono andati da qualche parte a provare a imparare come impugnare una
pistola e Adrian ed Evan sono andati con loro. Ovviamente Evan
è ammanettato, certo, ma a quanto pare conosce un modo per
velocizzare il tempo tra uno sparo e l'altro e questo è sembrato
molto interessante ai capi.
Ancora
più ovviamente, visto che sono l'unica che può fermare Nathan e
sono quella che quando va in ipertensione mentale rischia di crepare,
mi hanno praticamente chiusa fuori da queste esercitazioni. Che
palle, sarebbe stato fighissimo imparare a sparare. Beh, al massimo
chiederò a Evan di insegnarmelo nel pomeriggio.
Comunque.
Qua ci si annoia proprio.
Cioè,
i piani alti sono vietati, quelli di mezzo sono tutti stanze o
appartamenti, il secondo è la mensa e il primo e l'area check in.
Poi ci sono i sotterranei, ovviamente negatemi.
E
nemmeno ora che sono tipo le dieci c'è gente qua in giro. È un
mondo di morti, questo, lo dico sempre (senti chi parla)...
Eh.
Forse
domani lo sarà davvero, visto quello che il caro fratellino vuole
fare.
Che
poi: perchè vuole attivare il generatore e rendere tutti
pensatori...quando, nelle battaglie coi ribelli, non li vuole
uccidere perchè ci sono troppo pochi pensatori? Che senso ha
salvarne quando ce ne saranno sei miliardi in tutto, domani?
Boh.
Io questo Nathan proprio non capisco.
Io
non capisco questa realtà e basta.
Niente
neanche al terzo piano, a parte qualche pensatore che passeggiava per
i corridoi degli appartamenti, e niente nemmeno al quarto (ci sono
sette piani e da fuori non si capisce; più grande all'interno?)...a
parte la mia grande amica della caffettiera; la lanciatrice di
coltelli, per intenderci. Mi ha guardata, mi ha fatto un cenno (non
da:"Tra poco ti ammazzo", più da "Grazie per avermi
salvato la vita") e se n'è andata. E poi basta.
Ora
sono alla mensa; ci sono delle persone, sì, ma sono più ritardatari
che non volevano incrociare gli altri e famigliole con mocciosi per
cui è impossibile svegliarsi prima delle dieci di mattina. Quanto li
capisco.
Vabbè.
Sono piena, quindi vado a dare un'occhiata colma d'amore alle
ciambelle al cioccolato...ed è solo ora che vedo una porticina
grigia all'angolo della stanzona.
Queste
sorprese mi scaldano il cuore.
Mi
guardo intorno: nessun Catchlyt in vista. Bene.
Vado
direttamente davanti alla porta. Incoraggiata dal fatto che non ci
sia attaccato un foglio con scritto "vietato entrare a chiunque
si chiami Faber" provo ad aprirla ed entro (Evan sarebbe fiero
di me per la mia noncuranza dei pericoli)...e mi ritrovo in un mondo
di fumo.
Ok,
non proprio: appena i miei occhi si ripigliano dal biancore
improvviso, capisco di essere in qualcosa che sembra semplicemente
una cucina d'albergo. Sì, con le pareti bianche, i banconi bianchi
con cibi e griglie e fornelli, coltellacci e posate e piatti puliti e
sporchi e, ovviamente, un po' di persone che girano e si sbattono per
preparare un pasto decente ai poveri diavoli che ci sono in questo
posto.
Grazie
al cielo non mi hanno vista. È per questo, però, che mi accorgo di
aver già visto da qualche parte alcuni di quelli che preparano i
piatti e controllano le pentole. Erano a mangiare a colazione con
tutti gli altri.
Eh
sì, è ovvio: a quanto pare qua fanno i turni, così che tutti
lavorino per tutti. Una piccola società, no? M'immagino cosa
direbbero i ragazzini idioti delle nuove generazioni se fossero
costretti a lavorare...ma questo è tempo di guerra, no? E in tempo
di guerra tutto è lecito.
Poi
mi accorgo che in questa piccola società c'è una parassita che si è
infiltrata e che si è bevuta tre caffè, stamattina, senza chiedersi
da dove venissero. Ops.
Qualche
bestemmia poco lontana mi distoglie dai miei sensi di colpa: guardo
verso destra, e vedo una ragazzina che lava i piatti. Insomma, che
tenta di lavarli: c'è già qualche pezzo di vetro per terra e
presumo che tra poco ce ne saranno molti di più.
Così
mi prende un moto di compassione misto a pietà mista a senso di
colpa, e mi avvicino di qualche passo alla povera sventurata
bestemmiatrice.
-Hai
bisogno di aiuto?-
Non
si volta neanche. Continua a strofinare un piatto come se ci vedesse
sopra la faccia di mio fratello, con un'espressione corrucciata e gli
occhi, marcati da delle occhiaie quasi nere che la rendono simile a
un panda, stretti e pieni di una luce inquietante. Ah, no, quelle non
sono occhiaie: è solo il combo di mascara e matita sbavati.
Ecco,
a proposito delle nuove generazioni.
-Da
quando sei qua?- tento di conversare. Sì, io tento di
conversare. Ormai lo faccio spesso, incredibile ma vero.
-Cazzi
miei.-
Ecco,
adesso non ce la faccio proprio.
-Cristo,
stai calma! Non ho mica cercato di ammazzarti, ti ho solo fatto di
due domande...-
Si
volta di scatto, e mi accorgo solo ora che, quando le ho fatto la
seconda domanda, aveva appena cominciato a lavare un coltello. Un
coltello lungo e affilato.
-Senti,
cosa, non me ne frega un cazzo di quello che mi hai chiesto o non mi
hai chiesto e della tua pietà per quello che ho passato e della cosa
che mi guardi come fossi una mocciosa, stammi tra le palle e questo
te lo ficco in un occhio.- dice con un'espressione di puro odio e
quasi mostrandomi i denti, agitando il coltello. Poi si volta di
nuovo e ricomincia a lavarlo col detersivo all'odore di lavanda.
Simpatica.
Ma
io sono Ivy Faber. Il numero di minacce che ho avuto è maggiore a
quello dei giorni che sono passati da quando ho mangiato un
cheeseburger in compagnia di tre disagiati, di cui uno in teoria ora
avrebbe dovuto uccidermi e due qua sono morti.
Che
vita.
-Francamente
non mi fai pietà per quello che hai passato, visto che qua stanno
tutti nella merda, e nemmeno perchè sei una mocciosa e hai il trucco
così sbavato che volevo denunciare al WWF la tua scomparsa...ho solo
visto che sembri aver dirtrutto una decina di piatti, e volevo dare
una mano.-
Si
volta di nuovo. Mi fissa come se avessi appena bestemmiato. Poi
ricomincia a lavare i piatti e io, visto che qua accanto c'è un
altro lavabo, apro l'acqua per riempirlo e cominciare a lavare
qualcosa.
Solo
dopo che ho strofinato tre piatti e cinque cucchiaini si degna di
parlare.
-Sono
sbavata così tanto per davvero?-
-Non
scherzavo sul WWF.-
-Ah.
Stupendo.-
Riprende
a parlare dopo sette tazzone da cioccolata calda:
-Qua,
sai, mi trattano tutti come una mocciosa...è per quello che ti ho
risposto male. Sei una di loro.-
-...sembro
davvero vecchia?-
Mi
getta un'occhiata veloce, come per accertarsi di aver visto bene:
-A
vederti da vicino no, al massimo vent'anni.-
Oddio.
Se sembro avere vent'anni da vicino, cosa sembro da lontano?!
-Ehi,
ho diciassette anni. Non offendiamo.-
-Sei
te che hai detto che sembro un panda.- nota lei e, miracolo,
ridacchia. Poi mi guarda di nuovo e dice, asciugando una forchetta:
-S,
beh, comunque sembri più grande. Quelle che conoscevo io che avevano
diciassette anni non erano come te. Mia sorella ha...aveva
diciott'anni, e si truccava e vestiva come una squillo. Beh, penso
che con 'sta guerra tutto cambi, no?-
-Lo
pensavo anch'io.-
Aveva
una sorella. Infine so qualcosa di lei.
-Che
giochetti sai fare te?- mi chiede dopo qualche secondo. Io sorrido
leggermente:
-Leggo
un poco la mente. Tu?-
-Pure
io. E sento quello che prova la gente, quello che sente e quello che
vuole sentire.-
-Figo,
no?- noto.
-No.-
dice seccamente -Senti tutto quello che pensano e vogliono gli altri,
sai quello che non dovresti sapere. La mente dovrebbe essere chiusa a
tutti, io la penso così. È come quando devi stare in giro, fuori:
ti controlli. Quando sei in casa pensi quello che vuoi, perchè
nessuno può vederti. Quelli che leggono la mente ti vedono mentre
sei nella tua vera casa...è non è una cosa così bella. Non
riesco più a credere a nessuno.-
Strofina
ancora un po', poi aggiunge:
-Pure
mia sorella. Qualche anno fa mi sono venuti i poteri e mi costringeva
a indovinare che numero pensavano i suoi amici o cazzate del genere,
e non potevo dirle di no perchè i miei genitori non vedevano l'ora
di disfarsi di me e quella sarebbe stata un'occasione magnifica.
Gliel'avevo letto proprio nella mente. Una volta mia madre ha
pensato:"Ma una figlia ritardata in questo modo poteva capitare
solo a me. Perchè non è come Lucy?". Lucy era mia sorella.
Loro non c'entravano niente, quando ho saputo che mi volevano mandare
in un ospedale per matti sono scappata, dopo sono arrivati quelli di
Faber e li hanno uccisi perchè pensavano mi stessero nascondendo.
Sì, certo.-
Che
famiglia felice.
-Beh...se
ti può consolare, prima mi voleva ammazzare mio padre e ora lo vuole
fare mio fratello. E, oh, mia madre mi ha sparato poco tempo fa.- le
dico, giusto per tirarle un po' su il morale. Lei fa filosoficamente
spallucce:
-Che
vita di merda.-
-Già.-
-Ma
dicono che tra poco quelli che ci vogliono ammazzare saranno
sconfitti. L'ho sentito a colazione, è arrivato qualcuno che
ucciderà Faber. Ma tanto per me non cambia niente: ho quindici anni,
che posso fare? Tanto i normali ci odieranno sempre, finirò per
finire in qualche laboratorio.-
È
sempre fantastico incontrare gente più pessimista di te. Rende il
mondo più luminoso.
-O
magari.- dico, sempre con un tono che significa "io non c'entro
niente con questa storia, ho solo sentito delle voci" -Quel
qualcuno troverà il modo di cancellare i poteri. Così tornerebbe la
differenza tra lo stare fuori casa e in casa...la tranquillità,
insomma.-
-No.
È troppo tardi.- obbietta lei, ma sembra che la cosa le interessi.
E
mi viene in mente solo adesso: se Catchlyt non mi permetterà di
usare il generatore per "guarire" le persone? Se mi dirà
di disattivarlo e basta? Perchè qua non è che se muore Nathan tutto
torna come prima, eh...
Finiamo
tranquillamente di asciugare le cose lavate, ora linde e pulite. Poi,
non so come, le false campane suonano e ci annunciano che sono le
undici...perchè il tempo vola quando ci si diverte. Se, certo.
Ci
puliamo le mani, rimettiamo a posto qualche cosa sparsa sul banco e
restiamo a fissarci, l'una di fronte all'altra.
Cosa
si dice in queste situazioni? Addio? Spero di rivederti perchè
sembri simpatica?
-Beh...grazie.-
dico io. Lei sbatte un po' di volte le palpebre:
-Perchè?-
-Mi
hai concesso di aiutarti.-
Fa
un sorrisetto strano, sempre con gli occhi da panda.
-Sì.
Beh, prego. E ciao.-
-Ciao.-
Poi
ci voltiamo ed esco dalla cucina. Così.
Mi
accorgo solo ora che non le ho chiesto come mi chiama, e mi prende un
bel momento di depressione. Di quelli brutti, dove non so dove andare
e che fare e perchè fare il qualcosa che non conosco. Non so niente,
voglio solo mettermi a dormire nella mia camera, leggere, guardare la
tv e tutte quelle cose belle.
Ma
perchè 'sti cosi hanno deciso di rovinarmi la vita? A me, Nathan,
papà, mamma, Evan, Dan, Angie, Jack e Bill, la ragazzina, tutti
quelli che stanno qua, tutti quelli che stanno al mondo...tutti.
Ho
provato a creare una realtà senza poteri e quelli mi hanno trovata
lo stesso, come una malattia che non può essere fermata. T'infetta e
non te la togli più.
-C'è
qualcuno depresso, qui?-
Eccolo
qua, il mio principale fornitore di infarti. Non in senso buono.
-Eccomi.-
rispondo ad Evan. Poi non riesco a trattenermi e gli chiedo:
-Secondo
te c'è un motivo per cui i poteri cercano in tutti i modi di
distruggere la vita a tutti?-
Con
mia grande sorpresa, Evan fa semplicemente spallucce e dice:
-È
un ciclo, no? La distruzione porta a una nuova creazione, l'ordine
viene rotto dal caos ma dopo torna ancora, balle del genere. La
realtà decade sempre, serve lo sfacelo totale per migliorarla.-
-Io
ne ho fatta decadere una e guarda dove sono.-
-Perchè
non l'hai fatto bene. Questa sarà la fine totale, nessuno sfuggirà
al giudizio divino.-
-Che,
sei diventato testimone di geova?-
Ridacchia
un po'.
-Forse.
Ti va di provare a sparare?-
-E
con cosa? Gli arsenali mi sono negati, sai.-
-Ok.-
E
cosa aveva infilato nella cintura dei jeans?
Una
pistola. Ovviamente.
-Uhm...sì,
dai, va bene.- gli concedo -Tanto se mi sparo danno la colpa a te.-
E
seguo il mio anti depressione, diretta verso chissà quale bersaglio
a cui sparare.
|
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Capitolo 26 *** Tanto tra poco moriremo ***
-Alza
i gomiti.-
-Mi
stai consigliando di diventare un'ubriacona?-
-Ivy...no.
Sono io quello che fa battute squallide e moralismi, te sei quella
che si fa ammazzare...-
-Allora
non dovresti perdere tempo così, caro mio. C'è una guerra qua, non
te ne sei accorto?-
-Ivy.
Alza i gomiti.-
-E
va bene.-
-Prendi
la mira.-
Prendo
la mira.
-No,
non così. Non chiudere un occhio, non serve a un cazzo. Guarda
direttamente il bersaglio e basta.-
-Ma
lo vedo doppio!-
-Allora
hai un serio problema di vista...-
-Oh,
ma vaffanculo!-
Premo
il grilletto.
La
cosa più incredibile è che non becco nessuno. La cosa meno
incredibile è che il proiettile va a finire nel piede del
manichino-bersaglio (l'ho beccato, yeeee) e io vado a finire addosso
a Evan.
-Se
mi avessi concesso il tempo di finire.- sbuffa lui, facendomi
raddrizzare a forza mentre io gli ficco tra le mani la pistola
-Occhio al rinculo.-
-Sai
che l'arma più forte è la mente?- gli dico io. No, non mi trema la
voce, sono solo un po' raffreddata. Un semplice sparo non mi può
rincretinire così, no?
Ma
è stato terribile. Tenerla in mano e sparare. Non ha senso, non si
riesce a prendere la mira ed è quasi sicuro che non si beccherà il
bersaglio a meno che non ci si chiami Evan ilterroredeisettemari
Sanders. Che, siamo come nei film che si prende una mitraglietta e si
spara alla cazzo perchè fa fighi? Eh, no. Non funziona così.
-Vuoi
provare ancora?- mi chiede Evan. Io guardo prima la pistola, poi lui.
-No.-
-Lo
sospettavo.- dice tranquillamente, infilandosi la pistola nella
cintura dei jeans...senza mettere la sicura e senza guardare, ovvio.
-Ma
la pistola dove la tieni, nelle mutande?- gli chiedo, decisa a
risolvere la grande domanda su dove ha nascosto le armi mille volte
nelle nostre mille avventure.
E
ovviamente non colgo il doppio senso finchè non vedo la sua faccia.
-...perchè
fai domande del genere? Poi non pretendere che io risponda in modo
casto e tranquillo, eh...-
-No,
dai! Non intendevo...quello!-
Inutile
dire che mi sento la faccia in fiamme. Inutile dire che 'sto qua ha
un sorrisetto idiota stampato sulla sua faccia idiota.
-Smettila.-
-Di
fare cosa?-
-Lo
sai.-
-Non
sono telepatico come voi, mica ti leggo nella mente.-
-Smettila
e basta.-
-Come
posso smettere di fare qualcosa che non so di star facendo?-
-Smettila
o ti pesto.-
-Ragazzi?
Posso?-
Ollallà,
erieccola. La mia maglietta rossa preferita.
-Come
va?- chiedo tranquillamente ad Adrian, mostrando un voltafaccia a me
poco consono. Forse Evan si è accorto che lo sto interiormente
fulminando con gli occhi, visto che lui fa lo stesso con me.
-Bene,
dai. Siamo tutti vivi, no?-
-Verrai
anche te alla missione, vero?- chiede Evan, incrociando le braccia
con fare annoiato. Adrian annuisce sorridendo con stanchezza:
-Certo.-
-Da
quel che ricordo non sei così debole. Non dovresti rischiare troppo,
no?- noto. Adrian fa ancora un sorrisetto strano, come se ci fosse
qualcosa di ovvio che non colgo:
-Non
l'hai capito, vero?-
Ecco.
-Non
è che siano stati così chiari con me, eh...-
-L'unica
missione è che tu raggiunga il generatore. Poi ci dovrà essere
qualcun altro per uccidere Faber, quindi sì, la missione è anche
che raggiungiate il generatore e basta. Noi altri possiamo anche
crepare, l'importante è che si riesca a spegnere quel coso.-
Devo
aver sentito male.
-Quindi
è davvero una missione suicida?-
-Sì.-
Oh.
stupendo. Altri morti sulla coscienza.
-Ma
perchè non me l'hanno voluto dire?- chiedo, trattenendo a stento la
rabbia che mi sta salendo.
-Perchè
sapevano che avresti reagito così.- risponde Adrian. Poi si porta
una mano alla testa e fa una smorfia.
Non
dovevano farlo. Avrebbero dovuto avvertirmi. Io voglio sapere se la
gente muore per me...non voglio che la gente muoia per me.
E
quegli stronzi non mi volevano dire niente.
Solo
un gemito mi fa riprendere dalla mia furia omicida.
-Ivy,
smettila!-
Adrian
si tiene la testa come se avesse una emicrania micidiale, e ci metto
qualche istante a capire che l'emicrania è causata da me.
-Oddio,
scusa!- non riesco a non dire...ma scusarsi non serve a molto: la sua
emicrania sembra non passare.
E
non va bene per niente. Non posso far venire emicranie alla cazzo, e
Adrian si tiene la testa come se gli stesse per scoppiare e so
che è colpa mia ma non so come smettere...
-Ivy.-
Mi
volto verso Evan. Ha stampata sul volto la sua espressione calma,
pratica.
-Non
pensarci.-
-Oh,
è semplice dirlo.- ribatto mentre Adrian geme ancora. No, questo
tono isterico non è mio, non può esserlo -Gli sto facendo male e
non va bene, cristo...-
Adrian
è tutto piegato e ha sempre quella smorfia e sembra trattenersi dal
gridare. E non so come smettere. Come posso farlo smettere? Non so
cosa sto facendo! Continua a gemere e si stringe la testa ed è tutto
piegato e non capisco...
Semplicemente,
Evan mi fa girare a forza verso di lui.
-Guarda
me.- mi ordina. Mi tiene la testa bloccata tra le sue mani, ma tento
lo stesso di girarmi verso Adrian.
-Ma...-
-Guarda
me.- ripete, e non posso far altro che obbedirgli.
Fa
un po' strano, guardare così una persona. Adrian geme ancora,
dobbiamo aiutarlo, ma Evan non vuole proprio che mi giri.
E
va bene. È il solito, occhi verdi, pallido, con quella cicatrice, le
guance scavate e i capelli stranamente più sull'arancione di quanto
ricordassi. E sento sulla guancia destra solo tre dita della sua
mano...ok, questo è normale, ne ha solo tre.
Ha
delle pupille proprio piccole, come se avesse una luce forte proprio
davanti.
Sono
sempre stata del parere che la frase "gli occhi sono lo specchio
dell'anima" fosse una gran cazzata. Insomma, che significa? Se
stai a fissare una persona negli occhi, primo: devi continuare a
guardare prima quello destro, poi quello sinistro, quindi non puoi
fissare qualcuno senza stressarti; secondo: ci sono le pupille nere e
l'iride colorata...e basta. Che senso ha dire che sono lo specchio
dell'anima, se è come guardare un dito?
Ok,
ora ho cambiato idea.
Quelli
di Evan mi stanno dicendo:"Sono qua, ci sono io con te. Non
preoccuparti. Va tutto bene, non ti lascerò. Credo in te."
In
pratica, tutto quello che una ragazza vorrebbe sentirsi dire.
Non
preoccuparti, va tutto bene. Credo in te.
Adrian
non geme più.
Mi
arrischio a dare un'occhiata verso destra, e vedo qualcosa che mi fa
tirare un sospiro di sollievo: Adrian si è raddrizzato e si sta
passando una mano sul volto, come se si stesse riprendendo da uno
sforzo tremendo.
-Beh...grazie,
Evan. E grazie, Ivy; ora so che c'è qualcosa di peggio del controllo
mentale o della morte.-
-Faceva
così male?- gli chiedo mentre Evan mi libera dalle sue mani.
Sentendo il tono della mia voce, Adrian fa un mezzo sorriso...ma si
vede: è un po' troppo pallido.
Sì,
faceva così male.
-Ma
no, sono io debole. Però se lo farai un paio di volte agli altri,
questa notte...beh, non mi dispiacerà di certo.-
Stupendo.
Adesso faccio male alla gente anche solo pensando a qualcosa.
Non
va bene. Non posso stare con loro.
-Io...-
dico per dire qualcosa. Adrian non sembra spaventato, Evan ha la sua
solita espressione.
Perchè
non capiscono?
-Io
credo che andrò a dormire un po'.- annuncio -Dovremo svegliarci
presto, no? Per le undici?-
-Sì,
ma...-
-Ok.
Ci vediamo alle undici. Se non sono in giro venite a svegliarmi.-
dico loro e dopo, senza fare altro, mi allontano per raggiungere le
scale senza che mi blocchino.
-Non
mangi a pranzo?- mi grida dietro Adrian. Mi volto verso di loro,
ancora al centro del "poligono di tiro", come lo chiamano i
veterani, e vedo subito l'espressione che ha Evan stampata in faccia.
Mi
trattengo a stento dal guardarlo male e sorrido incerta ad Adrian:
-Scendo
io alla mensa, dopo.-
Poi
comincio la scalata.
Stranamente
trovo al primo colpo la stanza che mi hanno dato; entro, chiudo la
porta, giro la chiave e mi butto a tuffo spanciata sul letto.
Ah,
la mia isola di salvezza.
Allora,
un sommario: il cuscino è davvero morbido, le coperte profumano di
nuovo, secondo i calcoli tra poco morirò, secondo la missione
suicida tra poco verrò uccisa, secondo i dati raccolti appena adesso
rischio di ammazzare qualcuno ogni volta che m'incazzo.
Magnifico.
Penso
proprio che non scenderò a mangiare, così nessuno verrà ucciso dai
miei poteri assassini. Magari passerò a sgraffignare qualche avanzo
dopo, a cena...ora è meglio dormire e basta.
Sì,
dormire, certo. Chi riesce ad addormentarsi dopo aver quasi fatto
scoppiare la testa del suo nuovo amico è un mito.
Non
mi resta che esplorare un po' la stanza: oltre il letto c'è una
piccola scrivania, e in un cassettino trovo un foglio con scritto
qualcosa di molto interessante.
"Questo
foglio è composto da materiale resistente a fuoco, acqua, macerie.
Se il Rifugio viene attaccato e pensate di stare per morire e volete
dire addio a qualcuno, scrivete qui:"
E
lasciano gentilmente metà foglio libero. In fondo c'è un'altra
scritta, ancora più simpatica della prima.
"I
superstiti faranno il possibile per trovare e recapitare questo
messaggio ai destinatari che dovrete indicare. Grazie per aver avuto
fiducia in noi."
Però. Sono efficienti in tutto.
Lascio
perdere questo foglio incoraggiante ed esploro un po' il bagno,
giusto per non lasciare in dubbio niente. La doccia l'ho già
conosciuta e in giro qua ci sono solo spazzolini, asciugamani, un
rasoio da barba e una spazzola.
Perchè
qua affrontano la morte pettinati, sbarbati, puliti e con un sorriso
brillante.
Bene,
ora tocca all'armadio. Avevo già esplorato anche quello e tutti quei
vestiti neri mi avevano fatta deprimere ma, insomma, ora ho bisogno
di un pigiama se devo dormire. E ovviamente il pigiama non c'è: ci
sono mille jeans e pantaloni da tuta (neri) sformati e larghissimi, e
nient'altro. Mi tocca accontentarmi dell'accoppiata vincente
maglietta larghissima stile camicia da notte (nera) più mutande.
Che
persona trasgressiva sono.
Mi
stendo sul letto, già pronta a ore di inutili tentativi di prendere
sonno, quando vedo qualcosa che non avevo ancora guardato: il
comodino. Apro il cassetto...e trovo cerotti, assorbenti, termometri
per la febbre e preservativi.
Perchè
qua non vogliono morire feriti, in laghi di sangue, con la febbre e
pure con marmocchi appena nati che frignano. Efficienti in tutto, no?
Che
brava gente.
Come
ci si addormenta? Non me lo ricordo mai. Alcuni dicono che basta non
pensare, ma se cerchi di non pensare stai pensando di non pensare,
no? Semplice ma problematico.
Ok.
Sospiro e chiudo gli occhi. Devo dormire.
Ma
perchè ho bevuto tre caffè stamattina?!
Non
va bene. Non va per niente bene.
Ora
mi metto a contare. Se niente mi disturba prima che arrivi a dieci mi
autobbligherò ad addormentarmi, anche con una botta in testa.
Quando
sono al sette una voce dice, appena fuori dalla porta:
-Tot
toc.-
-Chi
cazzo è?!-
-Chi
cazzo ti cagherebbe all'ora di pranzo se non io?- sbuffa Evan -Dai,
la porta è aperta? Sei presentabile?-
-Sì.
No. Cioè, ok, entra.-
Per
fortuna la maglietta è abbastanza larga da poter vestire altre due
me.
Mi
aspetto che a varcare la porta sia un Evan pronto a discutere della
vita, della morte imminente, del fatto che potrei ammazzare tutti nel
raggio di un chilometro ecc ecc ecc ecc...e invece la prima cosa che
vedo è una pizza.
Una
pizza. Babbo mio, sono stata una bambina tanto buona da meritarmi un
premio del genere?
-E
questa dove l'hai presa?- chiedo a Evan mentre lui mette la cibaria
degli dei al centro del letto, in bilico sulle coperte sfatte, e mi
si siede di fronte.
-Ho
chiesto se volevano prepararla per quella che li ha salvati questa
mattina e sono stati tutti stranamente carini.- mi spiega. Lancia una
bottiglietta d'acqua verso di me e quasi mi ammazzo per prenderla al
volo, mentre lui prende la prima fetta.
Io
stringo la bottiglietta e sbatto un po' di volte le palpebre, giusto
per capire se alla fine sono riuscita ad addormentarmi e sto facendo
un sogno strano o se davvero ci sono una pizza e un Evan
Sanders sul mio letto.
-Beh?-
fa lui, mangiucchiando la fetta e guardandomi come fosse confuso
-pensavo avresti fatto salti di gioia.-
-Sì,
no, beh...ok, sì. Grazie. Ma potevo cavarmela da sola, sarei scesa
entro poco...-
-Sì,
con una maglietta e in mutande. Sei molto alla moda.- nota lui,
squadrandomi e sollevando un sopracciglio come solo lui sa fare.
Ovviamente non si accorge che sono diventata più simile a un
pomodoro di quanto mi sia successo in tutta la mia lunga vita.
-Senti,
che volevi, una pelliccia di volte artica? E non finirla!- gli
grido dietro, visto che si è già mangiato la seconda fetta e sta
per passare alla terza e, per la par condicio, ultima a lui concessa.
Mi lancia uno sguardo di sfida e addenta la terza fetta non
staccandomi gli occhi di dosso, come a dire "dai, prova a
fermarmi". Al che ovviamente il mio spirito battagliero si
risveglia dal suo letargo primaverile e quindi mi porta a prendere
due fette con una mano e a cominciare a divorarle, fanculo la finezza
femminile.
Fatto
sta che ci ritroviamo con l'ultima fetta di pizza in mezzo a noi.
-Ti
pago.- tento. Evan sghignazza:
-Stanotte
moriremo, non me ne frega niente dei soldi.-
-Allora
ti faccio esplodere la testa.-
-Non
attacca, sono immune.-
-E
chi te lo dice? Potrei provarci comunque.- noto io. E, in fondo: chi
gli dice che non sia impossibile?
Ma
a quanto pare lui non ci arriva: si sistema meglio sul letto, si
sgranchisce le spalle e dice:
-Dai,
allora. Vai. Sono pronto per il tuo mega attacco mentale.-
-Bene.-
gli ringhio dietro, poi mi concentro. Che in teoria non dovrei fare
cose del genere per non indebolirmi, ma che me ne frega. Tanto tra
poco moriremo.
LASCIAMI
LA FETTA DI PIZZA.
Sbatte
teatralmente le palpebre, sempre in attesa.
LASCIAMI
LA PIZZA.
-Per
curiosità, cosa stai cercando di farmi fare?-
-Cazzi
miei.-
LASCIAMI
LA PIZZA!
Come
sbattere contro un muro.
-Non
ce la fai, vero?- dice Evan con un sorriso attira-schiaffi. Io mi
limito a guardarlo male e sbuffo, infine:
-Che
ne dici di fare a metà?-
-Chiederlo
prima no, eh? Comunque...visto che oggi sono gentile, ho deciso di
lasciartela.-
Ok.
Devo aver sentito male.
-Che?-
-Dai,
prendila.-
-Sul
serio?-
-Prendila.-
-Sempre
così violento...- borbotto mentre tento di nascondere un sorrisetto,
invano, e prendo la terza fetta (che, per inciso, mi spettava
dall'inizio).
Poi
mi rimane solo la crosta in mano, e per qualche perverso suggerimento
della mia mente decido di lanciarla addosso a Evan. Gli finisce
addosso al petto, e poi gli cade su una gamba con un effetto rallenty
molto cliche. Lui la prende in mano, la guarda per qualche istante e
io non riesco più a trattenermi e scoppiò a ridere per la faccia
che ha...ed è per questo che non vedo la crosta, rilanciata verso di
me, che mi becca sul naso.
Al
che comincia una battaglia crudele e tenace, destinata ad essere
ricordata e decantata fino alla fine dei tempi...finchè, non capisco
bene come, ci ritroviamo uno addosso all'altra a baciarci come se ne
dipendesse la nostra vita. Che magari è anche vero.
E
la cosa che siamo sul mio letto e sono in mutande e abbia detto di
non disturbarmi fino alle undici rende ovvio il seguito, vero?
Tanto
questa notte creperemo.
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Capitolo 27 *** Pre ***
Incredibilmente
non mi sento strana. Fa un po' male, è vero...ma nient'altro.
Da
come ne parlava la gente sembrava molto peggio.
Ma
qual'è la cosa peggiore di tutta la situazione generale in cui sono
finita? Beh, semplice: sono riuscita ad addormentarmi con un
esemplare di Evan qua accanto. È consolante il fatto che pure lui si
è messo a dormire (e russa), e adesso sono le cinque di pomeriggio e
tra cinque orette partiremo per salvare il mondo. Tattarattaaaa. Cose
che capitano tutti i giorni.
Visto
che non è che mi piaccia stare senza vestiti sotto le coperte (nah,
non è vero: è solo che mi sento a disagio, diciamoci la realtà) mi
rialzo, riprendo ciò che mi spetta e mi vesto di, indoviniamo,
vestiti di un colore che qua non ho mai visto: nero. Ma dove ha
trovato Adrian quella sua maglietta rossa sgargiante? Che poi, penso
proprio che dovranno darmi loro qualcosa da mettermi per la missione
suicida, eh, qualcosa di più sicuro di una giacca nera alti pioggia.
Non è che devo sempre pensare a tutto io.
Evan
continua a dormire.
Bevo
un po' dell'acqua che mi ha portato prima. Sento l'alito di merda che
ho, penso ai film dove la gente non si sveglia con un alito che
uccide elefanti e vado a lavarmi i denti. Torno nella stanza, faccio
qualche giravolta sulla sedia con le rotelle che c'è nell'angolo,
sbuffo con la sonorità di solito di Alice.
Penso
ad Alice, Mary, Jack e Bill. Quelli dell'altra realtà, ovviamente.
Penso ai miei genitori della realtà bella (dove gli uccellini
cantano ancora), a quanto saranno preoccupati...se il tempo scorre
allo stesso modo. Penso a Nathan, il mio Nathan; quello che mi
vuole bene, che da una parte è morto per la cosa giusta e dall'altra
è vivo e vive per la cosa giusta. Penso anche a Dan e Angie; qua
morti, là vivi. A quanto sarebbe felice questo Evan di vederli
(riconoscendoli, stavolta) e vivere con loro.
E
poi penso alla tipa che prima ha cercato di ammazzarmi. Ad Adrian, a
Cass, alla ragazza delle cucine, alla gente che c'è qua. Al Nathan
cattivo, alla mia non madre che mi ha sparato, a Maurice e alla
famiglia della muerte. A tutti loro, insomma.
A
Jack, l'altra Ivy. A Bill.
Loro
avevano bisogno di me. Avrei potuto salvarli...sono in questa
situazione per colpa mia, no? Perchè io, nel mio egoismo, ho deciso
di provare il "tentativo numero due". E ho distrutto le
realtà.
Quando
(se) avrò fermato Nathan ci sarà lo stesso il caos. Molta altra
gente morirà, perderà i cari, ci saranno famiglie distrutte e
orfani e madri che piangono i propri figli. E io non voglio vedere.
Ma
non sarebbe giusto. Non posso scappare per sempre.
Eva
si sveglia in questo momento e io gli dico:
-Dobbiamo
restare qua.-
-Mh?-
mi risponde lui, passandosi una mano tra i capelli e sbadigliando in
un modo che nessuno si aspetterebbe da Evan Sanders, il braccio
destro di Faber (prima Faber il maschio, ora la femmina).
-Non
possiamo andare nella realtà bella.- gli spiego lentamente, cercando
di far sembrare il mio tono abbastanza ragionevole -Dobbiamo restare
qua. Io dovrò aiutare per mettere a posto tutto il casino e te,
beh...mi spiace, ma penso che dall'altra parte non apprezzeranno il
tuo ritorno se non ci sarò io. Penserebbero subito che sia successo
qualcosa di strano, no? Quindi scusa, davvero, ma...-
-E
stai calma. Tanto dove vai tu vado io, ok? Non ho problemi a restare
qua.-
-La
tua mente è controllata dal post sesso. Non posso fidarmi.- ribatto
subito io. La cosa più strana è che ne sono convinta; che lui non
possa parlare sul serio, insomma. Chi mai vorrebbe restare in una
realtà di merda come questa, sapendo che ce n'è una migliore?
È
che mi aspettavo di doverlo convincere almeno un po'.
-Probabile.-
fa lui con un tono sereno. Sorride come se fosse in pace col mondo e
butta la testa all'indietro...quasi sia davvero in pace col
mondo.
-Quindi
non vuoi restare qua?- tento, in attesa di chiarimenti. Lui raddrizza
di scatto la testa e mi guarda con un'espressione che mi pare offesa:
-Ma
perchè stiamo parlando di cose del genere?-
-Oh,
va bene, parliamo di cose molto più serie.- sbotto io. Così, alla
cazzo. -Allora? Ti è piaciuto?-
Evidentemente
è palese il soggetto, ma questo idiota scoppia a ridere e dice:
-Cosa
mi sarebbe dovuto piacere?-
-...mi
stai sul cazzo.-
-E
andiamo, Ivy, scherzo!- dice lui, come se non capisca qualcosa di
ovvio. Poi scatta in avanti e mi tende la mano, col palmo rivolto
verso di me -Dai, batti il cinque del...com'è che l'hai chiamato?
Post sesso?-
Eh.
Insomma.
Non è che a una ragazza piaccia sentirsi dire cose del genere.
Ma
ovviamente io sono fuori, quindi mi viene naturale imitarlo e tendere
una mano per "battergli il cinque".
Ed
Evan fa uno scatto in avanti, mi agguanta per il polso e mi fa
praticamente cadere su di lui, mister finezza.
-Certo
che sei ritardata. Il batti cinque del post sesso? Ma dai, nemmeno il
più stronzo degli stronzi farebbe una cosa del genere.-
-Certo
che sei stronzo te...-
Ed
è in questo momento che qualcuno bussa alla porta. Scatto in piedi
nell'esatto momento in cui Adrian chiede:
-Ivy?
Sei sveglia?-
-Ssssno.
No. Aspetta cinque secondo, meglio.- rispondo ad Adrian,
evidentemente appena dietro alla porta. Evan coglie il significato
dello sguardo che gli ho lanciato e scatta in piedi per rendersi
presentabile.
-È
importante.- insiste Adrian. Sento da qua la sua irritazione, e la
cosa fa irritare anche me.
-Cinque
secondi.-
-Mi
manda Catchlyt.-
-Cinque...-
-Senti,
lo so che c'è Evan, quindi se te sei vestita e lui ha almeno le
mutande non mi fa problemi, ok? E visto che è davvero
importante...-
-E
va bene, entra.- sbotto infine, facendo i due passi che mi dividono
dalla porta e aprendola con innata furia. Fossi stata in un'altra
dimensione, l'avrei spaccata dai cardini con facilità e sarei
diventata di un naturale colorito verde incazzatura...ma, ehi, non si
può avere tutto dalla vita.
Adrian
guarda me, guarda alle mie spalle e sorride sereno:
-Bene.
A posto. Posso entrare?-
-Se
vuoi fare una cosa a tre sei venuto nel posto sbagliato.- dice Evan,
infilandosi i jeans. Adrian fa una faccia schifata e io non riesco a
non sghignazzare.
-No,
sul serio. È una cosa seria.-
-Ti
ascoltiamo.- gli rispondo io. Ma lui non vuole parlare: getta qualche
occhiata pratica al corridoio, poi mi sposta dall'entrata e chiude la
porta in un unico movimento.
Infine,
mentre Evan si mette la maglia (mister reattività), sbuffa e dice:
-Dobbiamo
mantenere segreta questa cosa...-
-E
pensi che chiudere una porta renda segreta questa qual cosa che ci
vuoi dire?- non riesco a non notare io, attraversata da uno dei miei
momenti da stronza -Siamo in un posto pieno di gente che legge nel
pensiero. Non so se mi spiego.-
-Che
perspicacia.- sbuffa Evan, reinfilandosi le scarpe. Io lo guardo
male...e poi mi accorgo di cosa sta facendo.
-Andiamo
da qualche parte?- gli chiedo, giusto per capire se mi sono persa
qualche puntata. Lui alza gli occhi drammaticamente al cielo e,
finalmente, Adrian spiega:
-Come
penso lui abbia capito, abbiamo deciso di anticipare la
missione. E questo lo sanno solo quelli che partecipano attivamente,
oltre i capi...quindi, Ivy, se tieni la mente chiusa ed eviti di
avvertire gli altri di questo mentre sei in corridoio, le spie di
Faber non riusciranno ad avvertirlo in tempo.-
...ah.
Geniale.
-Quindi
si parte adesso?-
-Già.-
-Quanto
ci vorrà per arrivare al generatore e a Nathan?-
-Poco
più di due ore.- mi risponde subito Adrian. Poi sembra capire cosa
mi passa per la testa (senza leggermi la mente, strano) e sorride
leggermente mentre aggiunge:
-Sta'
tranquilla, avrai tutto il tempo per prepararti. E non dovrai fare
tanto, no? Sei super potente, per te sarà un giochetto fermare il
generatore.-
Io
gli sorrido leggermente per fargli segno che ho apprezzato la sua
rassicurazione. Non mi viene da fare niente di più...perchè la
verità è semplice.
Non
è fermare il generatore che mi preoccupa.
-Allora?
Bisogna prepararsi, no?- nota Evan.
Così
usciamo tutti e tre dalla mia stanza (chissà cosa penserebbero se ci
vedessero adesso) e cominciamo a scendere le scale, diretti chissà
dove e in silenzio.
Al
piano a livello del terreno Adrian si ferma a chiaccherare con uno
dei suoi amici vecchietti (sembrano pure intendersi), lasciando me ed
Evan a qualche metro di distanza, in attesa di andare nei sotterranei
per prepararci alla battaglia imminente.
-Non
è fermare il generatore che ti preoccupa, vero?-
Mi
volto verso Evan. E sì, sono leggermente sorpresa...perchè non mi
sarei mai aspettata questo.
È
come se mi leggesse nel pensiero.
-Perchè
lo pensi?- gli chiedo, giusto per fare un po' la stronza altezzosa.
Lui sorride, come sempre:
-Perchè
lo so. Comunque...non pensarci, Ivy. Lui non è il tuo Nathan,
è solo un mostro. Non sentirti in colpa per quello che accadrà.-
-Lo
sai che è inutile dirmelo, no?- noto io. Incredibilmente sento un
sorriso stiracchiato che mi cresce sul volto. Un sorriso amaro. -È
mio fratello...anche se è di un'altra dimensione.-
-Sì,
questo è ovvio. Ma te non pensarci lo stesso, ok? Non serve a niente
preoccuparsi.-
-Uhm...ci
penserò.- gli concedo. Poi Adrian torna da noi e ricominciamo a
scendere verso i sotterranei.
E
sono grata ad Evan per essersi rivelato così telepatico (cioè, lui
che non ha poteri)...ma il consiglio di non pensarci non è così
semplice da seguire, eh.
Perchè
Nathan è mio fratello e tra poco dovrò vederlo morire. Di nuovo.
Che
vita di merda.
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Capitolo 28 *** Il mio carissimo amorino complessato esce di testa ***
Mi
hanno costretta a mettere una cosa che mi sta larghissima, tipo un
giubbotto antiproiettile misto a un mega maglione invernale. Di
quelli di lana, sempre regalati dalle nonne a pasqua, natale,
qualunque festività.
È
proprio strano, però: nella "dimensione Ivy Sullivan"
avevo una nonna stronzissima e nella nuova i nonni erano tutti morti
prima della mia nascita. Magari mamma e papà ne parlavano qualche
volta, ma non con così tanta allegria. Beh, non dev'essere allegro
sotterrare i propri genitori.
O
i propri fratelli.
Noto
solo adesso che pure Evan, chinato perchè si sta allacciando gli
stivali da "fuga veloce e indolore" che ci hanno dato, ha
addosso il giubbotto-maglione di nonna antiproiettile e, insomma, non
riesco proprio a trattenermi dal dire:
-Cristo,
quanto sei sexy con quel coso addosso.-
Mi
chiamavano ragazza timida e gentile ed educata, sì. Chiamavano.
Lui
mi getta un'occhiata veloce, poi riporta gli occhi sugli stivali e
ricomincia ad allacciarseli mentre dice, con un mezzo ghigno sul
volto:
-Anche
te non sei male, Ivy. Ti dà un'aria di...com'è che si dice? Ragazza
casa e chiesa...-
-...è
il tragitto che mi frega? Carino, Sanders, proprio carino.-
-Beh,
non è che prima ti sia dispiaciuto così tanto, eh...-
-E
questo che significa?-
-Significa
tutto, cara mia.- fa lui, raddrizzandosi e piazzandosi di fronte a
me, sempre con quel mezzo ghigno che mi stuzzica.
-Beh,
allora neanche a te è dispiaciuto...-
-Questo
dovrebbe demoralizzarmi?-
-Eh...-
In
effetti non è per niente giusto che la menino alle ragazze se fanno
sesso e che dobbiamo quasi vergorgnarcene quando i maschi più
scopano più il loro ego s'innalza.
E
mi sa che questo non è il momento di farsi venire pare mentali del
genere.
-Lo
sai che nella mia scuola c'è un gruppo di femministe fuori di testa?
Hanno assalito un po' di volte quelli che pomiciavano perchè
dicevano che la donna non si deve concedere così.-
-Che
palle.-
-Scusate
se v'interrompo, ragazzi...- dice Adrian, materializzatosi chissà
come accanto a noi. Era scomparso verso l'armeria e non ci metto
molto a capire perchè.
È
completamente ricoperto di armi. Qualche fucile a tracolla, pistole
infilate ovunque, una cintura di granate, cinque coltelli per mano.
Un
regalo di natale per mio fratello, insomma.
-Mi
sono comportata male, babbino caro?-
-Che?-
fa Adrian, confuso.
-Niente,
niente...- gli rispondo io, conscia del fatto che nessuno può
seguire i miei ragionamenti spastici. Poi Evan fa scattare una mano
in avanti e prende una pistola.
-Ti
devi essere comportata bene per meritarti regali così carini...-
dice, rigirandosi l'arma davanti agli occhi.
-Giù
le mani, feccia.-
Oh,
finalmente.
Era
da troppo tempo che non sentivo una voce incazzata...e rivolta a noi.
Cominciavo a preoccuparmi.
Ci
si blocca accanto un tizio sui quaranta, con un volto che sembra
scolpito nel marmo. E non lo dico in senso poetico: pare abbia la
faccia di granito, un granito scheggiato e rigato e duro come la
roccia. Di certo il viso pieno di cicatrici, sommato al fatto che
'sto qua peserà all'incirca centocinquanta chili, non lo rende molto
simpatico a primo impatto.
Accanto
a lui Evan e Adrian sembrano degli scriccioli, figurarsi me.
-C'è
qualche problema?- chiede Adrian. Evan ha gli occhi puntati sul
tizio, la mano che impugna la pistola ancora sollevata.
E
non mi piace per niente l'espressione che ha.
-Lui
non può portare armi.- dice il tizio, rivolto ad Adrian ed a lui
soltanto.
-Perchè?-
domando io. Sì, il mio ego ha bisogno di essere considerato o non è
soddisfatto.
Il
tizio si volta verso di me. Lentamente, come se non ci credesse.
-È
Sanders.- risponde, come fosse ovvio. Sì, perchè mi hanno detto che
quelli della spedizione devono sapere che Evan è Evan...nel caso io
muoia e la maschera cada nel bel mezzo della battaglia.
Io
sbatto un paio di volte le ciglia, giusto per fargli arrivare il
messaggio.
-E...?-
-"E"
niente. Io comando, lui non può portare armi.-
Fa
scattare la mano verso l'arma all'improvviso, così velocemente che
quasi non la vedo. E non vedo per niente quando Evan tira
indietro il suo braccio, portando la pistola fuori dalla portata del
tizio.
Con
un'espressione tranquilla, come fossero cose da tutti i giorni.
La
mano del tizio si blocca a mezz'aria.
-Sì?-
domanda Evan. Il tizio abbassa il braccio e replica:
-Dammi
la pistola.-
-Perchè?-
-Non
puoi tenerla.-
-...perchè?-
-Perchè
sei un soggetto pericoloso.- dice semplicemente il tizio.
-Non
è vero.- intervengo io per ricordare loro che esisto.
Qualcosa
nella mia testa mi avvisa del fatto che, oltre a noi, nella stanza ci
sono altre quindici persone. Sono tutti intenti a prepararsi, nessuno
ha ancora notato quello che sta accadendo.
Catchlyt
ha detto che non sarà armato e quindi non sarà armato.
-Facciamo
che parlo io con Catchlyt, ok?- gli dico -Deve essere armato,
sarebbe stupido mandarlo in mezzo alla battaglia con solo il suo bel
faccino, no?-
Poi
guardo il tizio, e l'espressione che ha mi terrorizza leggermente.
Esci
dalla mia testa.
-Oh...oh.
Scusa. Non l'ho fatto apposta, non lo faccio mai apposta...-
-Non
me ne frega niente. Sta' lontana dalla mia testa. E tu dammi
la pist...-
Tende
la mano per prendere la pistola, Evan la ritrae un secondo prima.
E
'sto coglione ha anche il coraggio di ghignare.
-Spero
tu non sia quello che comanda qua, o siamo messi proprio male.-
-Credi
che sia uno scherzo? Che la spedizione sarà un gioco dove
sopravvivremo tutti e ci ritroveremo a riderci su, dopo?- scatta il
tizio. Così, dal nulla. Chissà perchè.
-Non
era proprio questa l'idea che avevo, ma...-
-Io
ordino, voi obbedite. Punto. È così che sopravvivremo. Non c'è
altra alternativa.-
-Andiamo,
Brad, non farti tutti questi problemi.- interviene Adrian. Sempre
bardato di armi, ovvio. -Non sei più nell'esercito.-
-Sarebbe
stato meglio.- dice il tizio che finalmente so chiamarsi Brad. Un ex
soldato? Andiamo proprio bene.
-Comunque
è Cole che ti ha detto di non dargli armi, no? Allora basta parlare
con lui, non ce l'abbiamo con te...- tenta Adrian, la voce della
ragione.
Il
tizio non lo considera nemmeno: punta gli occhi su Evan come se
stesse pensando a tutti i modo possibili per ucciderlo in modo
doloroso.
-Poco
tempo fa.- disse lentamente -Saresti stato punito, per questa
sfrontatezza. Ma riconosco la gravità della situazione in cui ci
troviamo da circa tre anni, te ne devo dare atto. Comunque...dammi la
pistola, o la dovrò prendere con la forza.-
-E
non dovrei opporre resistenza, giusto?- fa Evan. Poi, coglione fino
alla morte, si schiocca le dita (tenendo la pistola in bilico in una
mano...ce l'avrà la sicura?) e sorride tranquillamente a "Brad".
-Allora?
Cominciamo?-
-Senti,
ragazzino...-
-Parli
tanto bene dell'esercito, ma non mi pare funzioni così. Usavi la
forza con i cadetti? È concesso? Del resto...perchè stai qua,
invece di combattere con i militari da qualche altra parte? I soldati
non sono così schizzinosi verso i pensatori, no? Hai fatto qualcosa
di male, soldato? Hai ucciso qualcuno che non avresti dovuto
toccare?-
-Sanders.-
ringhia il tizio con un'espressione che fa un tantino paura. Io sarei
già svenuta un paio di volte.
E
ci manca poco che svenga anche adesso: mi sparisce tutto davanti agli
occhi.
Così,
all'improvviso, comincio a vedere cose un po' strane.
Sento
sotto i piedi la terra e le foglie che scricchiolano a ogni mio
passo, anche se tento in tutti i modi di non fare rumore. Sento anche
qualcosa di strano, come un sapore troppo forte di sale in bocca. Ho
la testa pesante.
Stringo
tra le mani una mitraglietta...ma, stranamente, non mi sembra fuori
luogo. Anzi, la cosa mi conforta.
Sono
in una foresta. Gli alberi sono vecchi, stanchi, di mille colori.
Sento il freddo sulla pelle sudata del volto. È ottobre, del resto.
Tra poco arriverà la notte dei fantasmi.
Dio,
quanto mi fa male la testa...
Lo
sento chiaramente. C'è qualcuno accanto a me.
Mi
volto di scatto verso destra e sparo. Faccio in tempo a vedere
l'espressione terrorizzata dell'altra uomo nascosto tra i cespugli,
prima che lui muoia.
Poi
la vedo.
Le
gambe scattano da sole, per puro istinto. Ma so che non basterà.
Dopo
qualche secondo, la granata che il nemico aveva attivato esplode alle
mie spalle. Vengo sbalzata di qualche metro in avanti e per tanto,
tanto tempo il mondo scompare dalla mia vista...
-Esci
dalla mia testa!!-
Qualcosa
di forte mi attanaglia il braccio e mi strattona avanti e indietro,
poi mi spinge e cado per terra.
Il
cervello ricomincia a lavorare solo quando il mio culo sbatte sul
pavimento freddo. E realizzo solo adesso cos'è successo...di nuovo.
-Scusa...-
borbotto, sbattendo un po' di volte le palpebre. Alzo gli occhi e,
per l'ennesima volta in questa lunga mia vita, mi ritrovo senza
parole.
Perchè
Evan ha puntato la pistola alla testa del carissimo Brad.
Merda.
-Ragazzi,
stiamo calmi...- tenta d'intervenire Adrian, e come prima non viene
cagato.
Qualunque
persona normale, con una pistola puntata verso di sè, tenterebbe
quantomeno di essere amichevole o diplomatica. Ma questa è una
gabbia di matti, no? Quindi non resto molto sorpresa quando il
carissimo Brad sorride:
-Ti
sei arrabbiato perchè ho messo le mani addosso alla tua ragazza?-
-Soldatino,
pensi che una persona punti un'arma contro un'altra persona solo
perchè quella ha messo le mani addosso alla sua ragazza? Ma in che
razza di mondo hai vissuto?-
È
Evan e non lo è allo stesso tempo. Mi ricorda un po' quando l'ho
visto in versione assassina per la prima volta...era, è, lui, sì.
Sicuramente. Ma è diverso; qualcosa, in questi due anni, l'ha reso
diverso.
E
ora vedo quanto l'ha cambiato.
Non
gli trema la mano, nemmeno un po'. Guarda il soldato negli occhi, con
un'espressione neutra e calma. Da persona che ha visto morire davanti
a sè, che ha avuto il controllo sulla vita di un'altra persona,
mille e mille volte.
Da
assassino.
Insomma,
gli basterebbe premere leggermente il grilletto e, puf, come un
pensatore pure lui potrebbe vedere il cervello del tizio. In senso
più schifo, però.
Come
fa a stare tranquillo con un simile potere?
-Ti
sto puntando la pistola addosso perchè lei è l'unica capace di far
finire questa merda. È anche l'unica per cui sono ancora qua, questo
è vero, ma visto che in questi giorni mi sento molto filantropico mi
preoccupo di più per il fatto che senza di lei nessuno, qua,
sopravviverà. Quindi evita di spintonarla da una parte all'altra,
non sei la finezza personificata, eh. Ed evita di ordinarmi cosa fare
perchè, qualunque cosa abbia detto Catchlyt, io verrò con voi
armato e la difenderò, fosse l'ultima cosa che farò. E se
non verrò io, non verrà nemmeno lei. Hai capito o devo ripetertelo
più lentamente, soldatino?-
Gli
occhi gli brillano in modo strano. Come...beh, come se sperasse che
il caro Brad opponga resistenza.
Non
va bene. Qualcuno dovrebbe fermarli.
Mi
accorgo solo adesso che la concentrazione di tutti i presenti nella
stanza si è incentrata sulla pistola che Evan stringe. E mi accorgo
anche che Adrian mi sta tendendo una mano per farmi alzare.
Accetto
volentieri l'aiuto e mi raddrizzo proprio mentre Evan mi chiede,
senza spostare gli occhi da quelli del soldato:
-Tutto
bene, Ivy?-
-Sì.
Tutto fantastico. Sto bene. Non c'è bisogno di puntare la
pistola...-
-Questo
lascialo dire a me.- m'interrompe lui. Poi inclina un po' la testa di
lato, con un'espressione assorta, e si rivolge a Brad mentre chiede:
-Secondo
te la mia voglia di ammazzarti supera quella di lasciarti in vita
perchè mi stai simpatico?-
-Sei
pazzo.- bofinchia l'altro. Evan sorride leggermente:
-Ho
solo voglia di divertirmi un po'. Tutti dicono che sono un assassino
solo perchè ho ucciso qualche persona...te quante persone hai
ucciso?-
Brad
non risponde.
-Dio,
questo è peggio. Non lo sai. Non sai quante persone hai
ammazzato.-
No,
non è nè assassina nè folle la luce che gli brilla negli occhi. Me
ne rendo conto solo ora.
È
semplicemente disperata.
-Pensavo
fossero palle, quando qualcuno diceva che, dopo che hai ucciso una
persona, verrai perseguitato dal suo volto per sempre. Li rivedo ogni
volta che chiudo gli occhi. Sono umano, non so neanche di chi è la
faccia che mi compare nella testa, non mi ricordo...ma almeno so
quante persone ho ucciso. Perchè puoi uccidere quanta gente vuoi, ma
sarà sempre terribile.-
Chiude
gli occhi per qualche istante, li riapre sbuffando e dice con voce
molto più serena:
-Quindi:
non dire "è Sanders" quando ti chiedo perchè non mi
volete dare una cazzo di pistola. Te sei molto peggio di me.-
Detto
ciò, ritrae il braccio e s'infila spudoratamente la pistola nella
cintura dei pantaloni.
Il
caro Brad non riesce a staccare gli occhi da lui. E ora è la sua, di
espressione, che non mi piace. Di bene in meglio.
Come
prima, accade tutto super velocemente: il soldato carica il pugno,
rivolto verso la testa di Evan. Lui si è appena girato verso di me e
non se n'è accorto...forse.
Perchè
in un istante il sorriso scompare dal suo volto e il braccio gli
scatta verso la pistola.
Dopo
due secondi mi accorgo che è già finito tutto.
In
pratica: Evan ha il braccio teso e punta la pistola verso la testa di
Brad. Brad ha il braccio teso verso la testa di Evan.
Il
marine che avevo testato stamattina stringe in una morsa il pugno di
Brad, bloccandolo così dal colpire la faccia di Evan.
Scene
che si vedono una volta nella vita.
-Levati
dalle palle.- ringhia il caro Brad. L'altro soldato (Richard? Robert?
Sì, Robert) non accenna a muoversi. Lo guarda con un'espressione di
ghiaccio e dice lentamente:
-Poteva
ucciderti e non l'ha fatto. Perchè volevi colpirlo?-
-Lasciami
andare.-
-Stai
tranquillo, compare.- dice Evan rivolto a Robert Nicolson -Se ci
riprova non sarò così clemente.-
Robert
guarda prima lui, poi Brad. Alla fine molla il pugno del soldato, che
ritrae il braccio come se avesse toccato qualcosa di rovente, e lo
studia per qualche istante mentre Evan abbassa la pistola.
-Davvero
non li vedi?-
-Cosa
cazzo vuoi?!- replica elegantemente Brad. Robert non bada al tono e
ripete:
-Davvero
non vedi le persone che hai ucciso? Come fai a non ricordarle? Sei
solo tremendamente insensibile, o conosci un modo per non avere gli
incubi?-
Il
caro Brad lo fissa per qualche secondo. Ha la stessa espressione di
prima, e questo mi fa chiedere se Evan e Robert Nicolson siano
abbastanza forti per tenergli testa, in una rissa...se il mio
carissimo amorino complessato non ha uno scatto omicida e gli spara
in testa, ovvio.
Che
vita difficile.
All'improvviso,
accaduto così tante volte che ormai non esiste più il "non
all'improvviso", compare qualcuno che sono stranamente felice di
vedere, per una volta.
-Voi.-
dice Catchlyt. Pure lui si è vestito in tenuta "andiamo ad
ammazzare la gente cattiva" e ha un'espressione che rende bene.
E io che pensavo che sarebbe rimasto neutro fino alla morte.
Getta
una lunga occhiata a Robert, Brad e poi ad Evan, e dice con un tono
scazzato:
-Che
sta succedendo qua?-
-Niente.
Solo un piccolo diverbio.- sorride tranquillamente Evan. La pistola
gli è misteriosamente scomparsa dalle mani.
-Che
non succeda più. Ora, alcuni di voi devono venire con me per
discutere del piano con Witness.-
-Perchè
lui?- chiedo io, dando un segno di vita.
-È
lo stratega.-
-Ah.-
-Comunque...vieni
te, Evelyn, Adrian e Sanders...-
-Ora
non mi odiate più?- domanda lui, sorridendo radioso. A volte mi
preoccupo seriamente per lo stato della sua sanità mentale...tipo
ora.
Catchlyt
lo fulmina con gli occhi e risponde:
-Witness
pensa che le tue conoscenze sulla base nemica potrebbero essere
vitali per la riuscita della missione. Muovetevi, al sesto piano.
E...Nicolson. Tu vieni con noi.-
-Va
bene.- dice semplicemente lui. Senza chiedere motivazioni nè niente,
da bravo soldato.
Penserei
questo, se non vedessi l'espressione incuriosita che ha adesso...e
che è completamente diversa da quella comparsa sul volto del caro
Brad.
-Perchè
Nicolson e Sanders sì?-
L'
"...e io no" è sottointeso. A quanto pare, però, Catchlyt
lo coglie e gli getta un'occhiata severa mentre risponde:
-Perchè
loro non sono soldati, o almeno, non solo quello, Connelly.-
Brad
resta completamente spiazzato. Approffittando della sua confusione,
noi gli passiamo accanto e ci dirigiamo verso la porta che ci
condurrà ai tanti rinomati piani alti.
Noto
solo adesso che Adrian è ancora pieno di armi. E vedo che Evan si è
infilato la pistola nel retro della cintura dei pantaloni.
Mi
costringeranno a prendere un'arma?
E,
se sì, cosa farò quando sarò costretta ad usarla?
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Capitolo 29 *** Pianifichiamo ***
Arriviamo,
dopo l'interminabile scalata delle scale, a uno dei piani alti tra i
più alti che io abbia mai visto. Sul serio, siamo alla vetta del
mondo. E chi si ritrova senza fiato, prossima ad un infarto alla
tenera età di diciassette anni?
Nella
stanza dove entriamo c'è un tavolo con sopra un foglio bianco,
sottile e con, disegnata sopra, una piantina di un edificio. Tutto
attorno a esso ci sono losche figure, appoggiate al tavolo con palese
fare cospiratorio. Come se la situazione non fosse già così
inquietante da sola.
Allora,
ci saranno una decina di persone, quattro delle quali sono i capi
(Catchy, Witty e gli altri due che chemmenefrega). Gli altri,
ovviamente, non li ho mai visti.
-Bene.
Finalmente.- ci accoglie Witness con la sua aria affabile. Io gli
sorrido leggermente, giusto per dare segni di vita, poi mi sistemo
con le mie guardie del corpo (Evan&Adrian&RobertNicolson) in
uno spazietto del tavolo.
-Come
va?- non riesco a non dire. Sì, perchè devo ricordare loro anche
che sono un'adolescente frustrata e stupida e che fa domande fuori
luogo. Ovvio.
-Stavamo
discutendo del piano d'azione.- risponde pazientemente Witness,
prossimo alla santificazione. Poi fa un cenno a Catchlyt, che apre la
bocca per dire qualcosa...ma Evan lo interrompe sul nascere:
-Cosa
sarebbe, questa? La planimetria della base di Nathan?-
-Sì.-
risponde subito un altro dei presenti. Non l'ho mai visto, ma penso
sia legato in qualche modo alla piantina perchè adesso ha
un'espressione parecchio offesa.
Ah,
l'anima umana. Anche in situazioni disperate si offende come una
ragazzina viziata.
-Perchè?-
interviene uno degli altri presenti. E questo lo riconosco: l'ho
esaminato io a colazione.
Quindi
qua ci sono tutti i membri della spedizione. Magnifico.
-Perchè
fa schifo. Sarà dell'anno scorso, è vecchia.-
-Non
sei un po' troppo critico?- nota Witness. Evan lo guarda per qualche
istante e risponde con un secco:
-No.-
-Sono
morte delle persone per prendere questo foglio.- interviene il tizio
legato sentimentalmente alla piantina. Evan sposta gli occhi su di
lui e fa per replicare qualcosa (che probabilmente trasuda
cattiveria), quando Robert Nicolson dice, a sorpresa:
-E
ne moriranno altre se non lo ascolteremo.-
-Ha
ragione.- aggiunge, con mio sgomento...Catchlyt.
Sì.
Catchlyt.
-Allora...-
ricomincia Witness. Guarda per qualche istante Evan, poi gli chiede:
-Come
hanno cambiato la base in questo anno?-
-Nathan
cambia continuamente le entrate e i passaggi segreti. Sa che i
ribelli passerebbero di lì, se volessero batterlo...-
-Ne
parli come se fossimo noi ribelli i cattivi.-
Ci
voltiamo contemporaneamente verso chi ha parlato. Con mio sommo
dispiacere, trovo una persona che non avrei voluto vedere mai più.
-Sai
come stanno le cose, Matt. È dalla nostra parte adesso.- dice
Witness il Santo allo stronzo...cioè, a Von Coulsen. Quello là, sì.
-E
cosa ce lo garantisce? Insomma, abbiamo visto tutti che la
puttan...ehm, lei ci ha salvati...ma non ho ancora visto lui
fare qualcosa a nostro favore. Sta nell'ombra e non si fa notare.-
-Primo,
amore mio: chiamami puttana e ti spezzo le ossicine. Secondo: sta
facendo più lui di quanto tu abbia fatto in tutti gli anni
che sei stato qua. Quindi risparmiaci le cazzate che spari, ok?-
Sì,
sono stata io a dirlo. Ho un'anima molto pacifica.
-Evelyn!-
mi richiama Witness mentre Catchlyt ringhia un: -Faber!-
Io
mi trattengo a stento dal dire "Ha cominciato lui!",
incrocio le braccia con fare da spaccaculi e dico, cercando di
sembrare sicura:
-Sentite,
non possiamo fare una missione da cui dipende il destino del mondo
eccetera se non riusciamo nemmeno a fidarci tra noi...-
-Quello
è Sanders.- interviene uno del gruppo -Ha ucciso tantissimi di noi e
tu ci dici di fidarci?-
-È
stato con Faber per anni!- aggiunge un altro.
-E
ora sta con me. Un'altra Faber, che vuole solo salvarvi il culo.-
-Sì,
ok. Abbiamo capito che ci vuoi aiutare, e per questo ti ringraziamo.-
continua quello che ha parlato per primo -Ti ringraziamo davvero. Ma
fino ad ora ho visto soltanto tu che lo difendevi o difendevi tutti
noi...lui non ha fatto niente...-
-Non
vi ho ancora uccisi.-
Si
voltano subito verso Evan. Lui sorride leggermente e aggiunge:
-Avrei
potuto decimarvi da quando ho messo piede qua dentro. E, fidatevi, ho
avuto mille occasioni. Il fatto che siate ancora vivi non basta come
pegno di fiducia?-
Ecco.
Non è che vada bene dire una cosa del genere a un gruppo di persone
che già lo vogliono strozzare.
-...penso
che questo non sia molto rincuorante, sai.- nota Adria, dando voce ai
miei pensieri.
Restano
tutti in silenzio, cosa che rende le ultime frasi dette importanti e
pesanti e pericolose. Si sa, Evan è leggermente masochista.
-...diciamola
in un modo diverso. Sanders è l'unico che abbiamo che può dirci
qualcosa per riuscire a distruggere quel coso. Senza di lui, moriremo
di certo.- dice Witness con tono tranquillo, poi considera conclusa
la faccenda e riprende a dire: -Dicevamo: Nathan cambia continuamente
i passaggi per evitare che ci sia un percorso fisso da cui penetrare.
Cosa possiamo fare allora?-
-In
che modo cambiano i passaggi?- interviene Robert Nicolson. Ha
un'espressione assorta sul volto, e questo mi fa pensare che se
uniamo tutti le nostre menti geniali potremmo quasi creare un piano
che ci farà arrivare a domani. E con "menti geniali"
intendo la mia, quella di Evan, quella di Nicolson e quella di
Witness.
Punto.
-All'inizio
le murava, ma ci metteva troppo tempo. Ora usa uno schema di chiusura
automatico per le porte che ha installato...-
-Potremmo
bloccarlo.-
-Ci
sono quarantadue diversi canali di chiusura. Se ne blocchi uno così
che le porte controllate da quello restino aperte, beh, tutte le
altre si chiudono in automatico. E i canali sono disposti in modo
che, se riesci davvero a bloccarne uno, resti chiuso in un vicolo
cieco.-
-Ma
i pensatori di Nathan dovranno passare da qualche parte per venire a
catturarti.- nota Catchlyt, stranamente disponibile.
-Non
vengono a catturarti.-
-E
come...ah.-
Ci
arrivo anch'io. E la cosa non è che sia così bella.
-Perchè
non vengono catturati?- interviene uno di quelli che non hanno ancora
parlato. Evan si volta verso di lui e fa quella sua espressione
inquietante, da assassino psicopatico, mentre risponde con
semplicità:
-Perchè
vieni lasciato lì a morire.-
Altro
silenzio.
-E
le porte non si riaprono dopo un tot? Il blocco dura così tanto da
far morire chi rimane intrappolato?- chiede Nicolson, apparentemente
indifferente a questa rivelazione. Evan fa spallucce:
-Nathan
li sente. Sa dove sono, quanti sono e sa quando muoiono...riapre le
porte solo dopo.-
-Ma
che simpatico.-
-Già.-
-Allora
come faremo a entrare?- interviene un altro.
Sarebbe
carino conoscere i nomi di tutti...così mi pare quasi siano semplici
comparse della missione. Sacrificabili.
E
questo non è giusto verso di loro, no? Insomma, si sono offerti
volontari per questa impresa suicida. Un po' di rispetto è loro
lecito.
-Per
bloccare i canali di chiusura bisogna essere all'interno...direi che
possiamo escluderlo.-
-Allora
che altro modo c'è di entrare?-
-La
porta principale.- risponde Nicolson. Sembra sempre sovrappensiero,
come se avesse già un piano in testa.
Beh,
un'occhiatina non ha mai fatto male. Circa.
Uccideranno
la prima fila. Avranno sei colpi a testa, e spareranno in ritardo
perchè Sanders entrerà per primo...potremmo riuscire a superarli
prima che ci uccidano tutti. Poi lei può difenderci, quindi si
salveranno abbastanza di noi per affrontare la seconda fila, ma
Sanders non dovrà morire perchè è l'unico che conosce la base...
-Non
farei così tanto affidamento alle mie capacità. Ed Evan non sa
dov'è il generatore, quindi ci dovremo affidare solo al mio sesto
senso.-
Il
soldato si volta di scatto verso di me...come sempre accaduto. Ma,
stranamente, non ha un'espressione scazzata o offesa o altro. Sembra
solo ancora più rimuginante.
-Quindi
salta tutto.-
-Già.-
-Non
so cosa abbiate pensato...- fa Witness, leggermente sperduto, ma Evan
lo interrompe sul nascere e dice:
-Ma
si capisce, e non sacrificheremo la gente alla cazzo. Io ho un'idea
diversa...ma dovrete fidarvi di me.-
-Io
mi fido.- intervengo per spingere gli altri a imitarmi.
Cosa
che ovviamente non accade.
-...grazie,
Ivy.- sbuffa Evan. Sono l'unica che lo appoggia e mi sbuffa dietro,
l'ingrato. -Comunque, l'idea non è difficile: vi porto dentro come
prigionieri. Probabilmente Nathan sa che sto dalla vostra, ma tende a
tenersi le cose per sè, quindi forse non ha ancora avvertito quelli
dei piani bassi...-
-"Forse"?
"Probabilmente"? Dovrei affidarmi a parole ipotetiche e
basta?- lo interrompe il coglione, Von Coulsen.
-Se
vuoi mento e ometto le parti ipotetiche e scomode del piano. Se ti
piace di più così...- dice Evan. Visto che nessuno aggiunge niente,
io dico:
-Poi,
se entriamo davvero dalla porta principale come prigionieri di Evan e
i pensatori sanno che lui li ha traditi, beh, possiamo traviarli. È
più semplice condizionarli facendogli pensare che siamo prigionieri,
piuttosto che basarci sul fatto che io fermerò i proiettili, no? E
voi potrete darmi una mano per traviarli...-
-Non
è male come idea.- concede uno dei partecipanti. Evviva, ho il
consenso popolare.
-Ma
questo non toglie che così supereremo solo la prima fila. Dopo come
ci muoveremo?- chiede Nicolson. Witness sospira:
-La
priorità è che Evelyn arrivi al generatore. E sarebbe meglio con
qualcuno che Nathan non potrà condizionare...quindi Sanders.-
-Ma
come potremo farlo se non sappiamo dove andare?- nota
(ragionevolmente) un tizio. Witness sospira ancora e Catchlyt dice:
-Ci
dobbiamo basare su cosa sentirà lei...-
-Potremmo
dividerci in gruppi.- interviene ancora Nicolson -Composti da almeno
un pensatore potente e uno che sappia usare le armi. Ogni volta che
troveremo degli ostacoli, un gruppo si fermerà a combattere. Del
resto, tu non riuscirai a traviarli tutti, no? I gruppi faranno in
modo che voi non veniate seguiti.-
-E
dopo?-
-E
dopo arriveremo al generatore.- mormorò Evan, anche lui in modalità
"sto pianificando" -Lì ci sarà Nathan. Con qualche
pensatore a fargli da scudo, ovvio.-
-Tu
ti dovrai occupare di Nathan.- intervengo io, col cervello che va a
mille e che cerca di immaginarsi la scena -Sei l'unico immune...-
-Anche
Cass lo è.-
Oh,
Adrian. Andiamo.
-E
non fare quella faccia.- sbuffa lui -Non sto parlando da idiota
innamorato. Lei è immune, non potremo combatterla. Forse Nathan se
la terrà vicino per questo...-
-Quindi
pensi che dirà a lei di uccidermi?- chiede Evan. Adrian annuisce:
-Sì,
penso di sì. Io potrei provare a convincerla a...ci penserò io, ok?
E penso che Nathan voglia occuparsi direttamente di Ivy.-
-Sì,
sarebbe più nel suo stile.- concordo -Io fermerò i proiettili, lui
fermerà i proiettili...risolveremo tutto in un incontro di boxe?-
-Penso
di no.- risponde quasi allegramente Witness. E, sì, in fondo ha
ragione.
-Vincerà
chi riuscirà a controllare la mente dell'altro. Sarà una cosa solo
tra voi due...per cui noi resteremo completamente senza protezioni.
Ce la dovremo cavare da soli.-
-Mi
dispiace.-
Mi
guardano tutti in modo strano. Dopo qualche secondo capisco che
trovano strane le mie scuse anticipate.
Una
tenta di essere gentile e viene ripagata così.
-Quindi
ora mancano solo i gruppi da formare?- domanda Catchlyt, come fossimo
a scuola (scuola? Che?), e visto che io ed Evan siamo già nel gruppo
vincente mi concedono qualche minuto per riposare un pochettino.
La
cosa peggiore è che sono rimasta in piedi per qualche minuto e ora
non vedo l'ora di sedermi.
Mi
sento stanca. Non va bene.
Senza
quasi accorgermene mi sono spostata per appoggiarmi alla parete della
stanza, in disparte; Evan è accanto a Catchlyt (sogno o son desta?)
a indicare la piantina della base di Nathan, Witness sta parlando
alle reclute suicide per concordare i gruppi, Adrian è al suo fianco
che osserva.
Oh,
è vero. Adrian.
Hai
ancora della porpora?
La
luce è proprio debole, crea mille ombre che ai miei occhi stanchi
paiono vive, minacciose. Sono stanca e vedo i fantasmi...che novità.
E
io dovrei combattere Nathan così?
Adrian
si volta spudoratamente verso di me e mi guarda dall'alto in basso,
come se non potesse credere a cosa gli ho chiesto. Io lo guardo male,
lui fa un leggero cenno di assenso.
Sì,
ma poca. E ti farà male.
Me
la puoi dare prima dell'attacco?
Se
il tuo fidanzato non mi ammazza sì.
Detto
questo, si volta ancora e ricomincia ad ascoltare quello che sta
dicendo Witness agli aspiranti suicidi. Io mi ricordo solo ora del
"fidanzato" e mi volto verso Evan e Catchlyt...e, sorpresa,
un paio di occhi mi sta guardando proprio adesso.
Non
sono quelli di Evan.
Stranamente,
Catchlyt non mi sta uccidendo con lo sguardo. Anzi, ha un'espressione
che mi pare quasi stanca quanto la mia...come se sapesse che
sicuramente non torneremo tutti dopo la missione. C'è
qualcuno qua che è già condannato.
E
la cosa non lo rende felice nè indifferente, come io mi ero
aspettata.
Sembra
quasi capirmi.
E
io non arriverò al generatore, senza quella dannata porpora.
|
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Capitolo 30 *** Vecchie conoscenze ***
La
cosa più bella di questa situazione è che sto passando tutte le
fasi di ribellione adolescenziale. Insomma, scappo di casa, scopro
che i miei mi hanno adottata, passo del tempo con persone poco
raccomandabili una decina di volte e ora sono pure su un furgoncino
della polizia. Che ragazza ribelle, gente.
Comunque,
il mio culo ha ripreso la consueta forma da posizione scomoda dovuta
a un viaggio fin troppo lungo. Ok che la Danimarca è grande ecc ecc,
ma dove diavolo ha piazzato la sua base il mio caro fratellone?!
Siamo in viaggio non stop da non so quante ore!
-Qualche
problema?- chiede galantemente Evan, costantemente in ansia ma
perfetto nel nasconderlo. Sì, dai, anche se adesso ostenta
un'espressione tranquilla è di certo agitato, nel profondo.
Deve
essere agitato.
-Sono
una normale adolescente che deve combattere una guerra perchè ha
qualcosa in testa che non ha mai voluto avere e deve pure ammazzare
suo fratello. Nah, nessun problema.-
-Dovresti
esserci abituata, ormai.-
Amo
la sua mancanza di tatto.
Stiamo
seduti davanti, lui al posto del guidatore e io lì accanto
(posizione strategica: così, se i nemici non sono convinti dalla
storiella dei prigionieri portati da Evan, io li stordisco al
momento); dietro abbiamo un manipolo di gente armata e agitata, chi
più chi meno.
-Oh,
sì. Ormai mi capita tutti i giorni di dover salvare il culo a tutti,
sai.-
-Dovresti
esserne felice.-
-Perchè?-
-Avresti
preferito una vita normale e noiosa? Qua vai ad ammazzare la gente, è
come un videogioco!-
Lo
guardo per bene e vedo, nei momenti in cui la luce dei rari lampioni
sulla strada illuminano il suo volto, che ha il suo solito ghigno
stampato in faccia.
-Non
sei divertente.-
-Troppo
cattivo?-
-Quello
sempre, dolcezza.-
-Se
avete finito.- interviene una voce fastidiosa da dietro -Qua stiamo
ripassando.-
Mi
volto solo per gettare un'occhiata di puro odio a Von Coulsen,
purtroppo poco lontano dalla finestrona con sbarre che separa la
parte davanti, ideata per i poliziotti bravi, dalla parte dietro,
destinata ai bastardi criminali. Un tempo, forse, perchè adesso è
piena di gente tanto tanto pronta a fare una carneficina.
-Non
c'è bisogno di essere così rudi.- lo richiama Witness, a cui se
sopravvivremo dichiarerò amore eterno -Comunque...voi starete
davanti. Se il piano di Evan funziona lui ci porterà fin dove tu
senti il generatore, se non ci cascano allora tu cercherai di fare il
possibile per bloccarli, poi dovrete correre al generatore...-
-Con
me.- lo interrompe Adrian -Saremo solo noi tre. Gli altri non
verranno con noi.-
-Ah.-
dico e basta. Perchè, dai, è evidente cosa c'è sotto.
Non
verranno con noi perchè sono tutti sacrificabili. Se ci seguono
verranno di certo uccisi da Nathan, cosa che potrebbe accadere
benissimo anche ad Adrian e, se sono troppo debole, a me; se non ci
seguono si ritroveranno nel pieno di una base colma di gente che li
vuole ammazzare.
Io
l'ho detto che sono masochisti.
-Non
potreste aspettarci fuori, dopo che avremo raggiunto il generatore?-
tento io. Cioè, in pratica tutti quelli qua presenti tranne noi tre
si stanno dichiarando spontaneamente a morte. -Tanto, se sconfiggiamo
Nathan ci saranno ancora i suoi nella base ad ammazzarci, e se non lo
fermiamo ci ucciderà...a voi non cambierebbe niente tra lo stare
dentro o lo stare fuori...-
-Ma
cercheremo di rendervi il più semplice possibile le cose.-
m'interrompe Catchlyt.
-Ma...-
-"Ma"
niente. Voi raggiungerete il generatore e tu lo bloccherai prima che
uccida tutti i non pensatori. Punto.- chiude la questione Catchlyt.
Io mi trattengo a stento dallo sbuffare, e Witness riprende:
-...allora,
i primi della fila saranno loro tre. Adrian ed Evan difenderanno
Evelyn, poi i gruppi due, tre e quattro mireranno ai nemici che
attaccheranno da destra e sinistra, mentre il cinque neutralizzerà
quelli che attaccheranno da dietro. Ricordatevi, prima provate
a condizionarli; solo se non funziona sparate.-
-Certo,
capo.- interviene Von Coulsen, facendo roteare su un dito la pistola
che gli hanno dato (spero abbia la sicura) -Così loro avranno tutto
il tempo di sparare a noi. Geniale.-
-Matt,
non stiamo andando a fare una carneficina.-
-Dillo
a loro.-
-Non
si risponde alla forza con la forza, non porta a niente...-
-Senti,
smettila con queste cazzate zen.- scatta il coglione all'improvviso
-Io sono qua per mettere fine a tutta 'sta merda, e so che loro mi
spareranno, quindi sparerò prima io. Non voglio morire solo
perchè tu pensi che ci sia ancora qualche speranza di trovare un po'
di pietà, e francamente non capisco nemmeno dove la trovi, questa
speranza. Sono più forti e più preparati di noi, spareranno appena
ci vedranno. Visto che non voglio morire sparerò per primo...-
-Se
ci causerai problemi con questo tuo cazzo di comportamento, giuro su
dio che ti ammazzerò io stesso.- lo interrompe Catchlyt. Con calma,
senza rabbia. Come fosse un dato di fatto, una cosa normalissima da
dire.
Non
mi sorprendo neanche più.
Von
Coulsen, miracolo, si zittisce. Witness guarda male Catchlyt, e io mi
rendo conto solo adesso che nella mia mente li penso tutti sempre
chiamandoli per cognome. Vorrei essere più espansiva verso coloro
che vogliono morire per permettermi di salvare il mondo...ma non ci
riesco. È come se mi si stesse spegnendo il cervello, non mi
colpisce più niente dall'esterno.
Sto
diventando vuota?
-Ci
stanno seguendo.-
Cosa?
-Cosa?-
dicono in parecchi dietro. Evan ha gli occhi puntati sullo
specchietto laterale dalla sua parte e ha stampata sul volto
un'espressione un po' tranquilla, un po' pratica, come fosse nel suo
mondo.
-Ci
segue da qualche chilometro un furgoncino. Riesci a sentire chi è?-
È
rivolto solo a me. Del resto, probabilmente gli altri non sono
abbastanza potenti per arrivare a leggere la mente del nostro
inseguitore.
A
me basta pensarci.
-Sono...no,
non ci credo.-
Evan
mi getta un'occhiata allarmata, ma quasi non me ne accorgo.
Perchè...beh,
perchè non me lo sarei mai aspettata.
-Accosta.-
gli ordino.
-Perch...-
comincia qualcuno da dietro, probabilmente Catchlyt, ma mi bastano
tre parole per zittirlo.
-È
mia madre.-
E
non sono per niente felice di pronunciarle.
Dopo
qualche secondo, Evan gira il volante e blocca il furgoncino della
polizia in una piazzola di sosta della stradona che stavamo
percorrendo. L'altro furgoncino parcheggia pochi metri dietro il
nostro e subito le portiere si spalancano per far scendere la
famiglia della muerte al gran completo.
Ah,
no, giusto. Manca Maurice.
Mark
e Mike hanno delle espressioni terribilmente distrutte. Anche Fenicia
e Didime, i cui capelli sembrano emanare luce in questa notte
piovigginosa, non scherzano. Mia madre pare come sempre.
-Ivy...stai
bene.- dice appena mi vede scendere dal nostro furgoncino. Io non
riesco a trovare una risposta più sagace di:
-Sono
viva.-
E
questo potrebbe non essere bello da dire, contando che qualcuno di
molto importante in questa famiglia non lo è più. Ops.
Per
fortuna è sceso Catchlyt: si avvicina di qualche passo e dice, con
voce quasi umana:
-Mark,
Mike...mi dispiace. Davvero.-
-Se
l'è cercata.- risponde semplicemente il fratello di mezzo,
sorprendendomi. Non ha più l'aria sarcastica che gli ho visto
stampata in faccia per il poco tempo trascorso con loro. -Avremmo
dovuto accorgercene, ma...insomma...-
-È
stata una sua scelta.- lo aiuta Fenicia, guardandolo con una
tenerezza tale che mi chiedo come abbiano potuto litigare, la prima
volta che li ho visti. Mike si appoggia quasi a lei, come se ne
dipendesse la sua vita, distrutto...ma non del tutto.
Vuole
combattere perchè tutto questo finisca.
Poi
guardo Mark, e vedo il suo esatto contrario. Dio, non è incazzato
con noi...ma non sembra nemmeno triste. È assente, non c'è più. Ed
è molto peggio.
Se
fossi riuscita a salvare Maurice...
Ma
Fenicia ha ragione: è stata una sua scelta. Basta sensi di colpa.
E
capisco solo adesso che non ho ancora pensato a un "dopo".
Cosa farò, dopo che avrò ucciso mio fratello, dopo che l'avrò
visto morire? Loro sono distrutti...e io devo ucciderlo. Non potrò
più vivere.
È
stata una scelta di Nathan passare al lato oscuro...ma ha avuto
davvero una scelta?
Non
posso farlo.
-Volete
unirvi a noi?- chiede Catchlyt, interrompendo il silenzio carico di
dolore e incomprensione che era calato. Mia madre guarda solo me
mentre dice:
-Ti
ricordi quando loro ti hanno portata in questa realtà? Ti abbiamo
detto che il Libro avrebbe potuto cancellare completamente i poteri,
ponendo fine a questa guerra...-
-Avete
il Libro?- interviene all'improvviso Witness. Vedo che sono scesi
tutti dal furgoncino, e tutti hanno un'espressione speranzosa che
stona con i loro intenti suicidi.
Come
risposta, Didime fa qualche passo avanti e rovista nello zaino che si
portava sulle spalle. Poi lo tira fuori e lo consegna direttamente a
Witness.
Quel
stramaledetto Libro di merda.
E...sbaglio,
o quella luce famelica negli occhi di Witness è decisamente
sbagliata?
Ma
gli passa in un istante: solleva lo sguardo dal Libro e guarda mia
madre sorridendo come un bambino:
-Grazie,
Karen. Davvero con questo potremo annullare i poteri?-
-Sì.
Ma prima...beh, penso sarebbe meglio che prima tu distrugga il
generatore.- gli risponde lei, rivolgendosi ancora a me. Io annuisco,
visto che per una volta sono al passo con i suoi ragionamente.
Perchè
chi ci dice che il Libro toglierà i poteri a tutti? Magari Nathan
potrebbe tenersi quel tanto che basta per attivare il generatore e
uccidere tutti i normali...quindi tutti gli esseri umani, se avremo
già usato il Libro. No, meglio tenerselo per dopo, quando
Nathan...beh, quando il problema sarà tolto di mezzo.
-Siete
sicuri che il libro funzionerà?- chiede Catchlyt, con un'espressione
scettica come mai ne ho viste nella mia vita -Insomma, è un
libro...-
-Mi
ha solo fatto creare una realtà alternativa senza poteri, fai un po'
te.- gli rispondo io. Solo a me pare evidente che lui non pensi al
Libro con la L maiuscola?
Dio,
è come se fossi nella sua testa. Adesso vedo pure come pensa le
parole, magnifico.
Devo
chiudermi.
Sei
debole, stai male. Stai morendo.
Questa
è una voce che non mi sarei mai aspettata di captare.
Fenicia
non si cura di quello che ci sta accadendo intorno: semplicemente, fa
qualche passo verso di me e mi sorride.
-Hai
bisogno di un po' di energia?-
-Beh,
non sarebbe male...- dico. Indossa ancora gli occhiali, e solo per le
gocce sulle lenti di quelli mi accorgo che sta piovendo.
Da
quant'è che sta piovendo? Come ho fatto a non accorgermente?
-Fen,
ne sei sicura?- le chiede Mike. Lei si volta verso di lui e gli
sorride leggermente:
-Sì.
Ne ha più bisogno lei di me, del resto.-
Detto
ciò, Fenicia si gira di nuovo verso di noi; guarda Evan e gli dice:
-Sta'
pronto a prenderla, quasi sicuramente sverrà.-
-Le
farà male?- domanda lui. Del resto, gli importa solo quello. Fenicia
guarda me, e io sento la mia voce rispondergli un:
-No.-
Perchè
solo adesso ho capito cosa intendeva il mostro che era stato Bill,
dopo averci bloccati sul ponte (ere geologiche fa), quando aveva
detto "Morte alla fenice".
I
poteri non danno solo la capacità di leggere nella mente. Possono
fare di tutto...basta usarli nel modo giusto.
Fenicia,
a quanto pare, ha un modo di usarli tutto suo.
Si
toglie gli occhiali e punta i suoi occhi nei miei.
E
dentro quelli, semplicemente, c'è il Sole.
Una
buca presa male mi riporta fin troppo bruscamente alla realtà.
Sono
sull'ennesimo furgoncino con a fianco, come sempre, Evan che guida.
Stiamo percorrendo una strada fangosa in un bosco dimenticato dal
signore, diretti verso non si sa dove.
Ah,
giusto. Nathan e il generatore.
Mi
volto leggermente e vedo ciò che mi aspettavo di vedere: un gruppo
di gente armata.
-Come
va?- mi chiede Adrian, seduto a mezzo metro da me oltre la
finestrella munita di sbarre che ci divide. Io gli sorrido
leggermente...perchè ho la risposta migliore che possa dargli.
-Sto
da dio.-
Ed
è vero, incredibile. Non mi fa male la testa, non mi sento
stanca...ho stranamente voglia di muovermi. Mi sento viva.
Era
da un po' che non stavo così bene.
-Come
diavolo ha fatto?- chiedo, giusto per sapere cosa deve subire il mio
povero corpo. Da qualche punto oscuro del retro del furgoncino giunge
a spiegare la voce di Witness:
-Non
ne abbiamo la più pallida idea. Fenicia ha il potere di ridare
energia, non sappiamo perchè o come lo faccia.-
-E
perchè sono svenuta?-
-Perchè
non sai fare altro...?- replica la voce di Von Coulsen, ma Evan lo
spegne subito con il suo tono amichevole:
-Sta'
zitto o ti sparo nelle palle.-
Lo
amo troppo.
-Ragazzi...-
mormora Witness per ricordare loro che non è una gita di piacere
quella che stiamo facendo nè un tour accelerato sulla flora danese,
e miracolosamente Von Coulsen non dice più niente.
Visto
che non mi piace che tutti si facciano i cazzi miei, mi volto verso
Evan e gli sussurro:
-Mia
madre?-
-Non
è voluta venire.- risponde subito lui. Si volta leggermente verso di
me, quasi volesse valutare la mia reazione.
O
forse è semplicemente preoccupato. Come si comporta la gente normale
in situazioni del genere?
-Saresti
stata più contenta se fosse venuta...?-
-No.
È meglio così.- lo interrompo, e sono sincera. È un problema in
meno a cui pensare, no? Non posso preoccuparmi per tutto.
Facciamo
una curva sul sentiero fangoso e circondato dagli alberi e,
all'improvviso, eccoci qua.
Io
ed Evan siamo gli unici a vederlo. Del resto, siamo gli unici che
possono vedere il mondo fuori dal furgoncino.
-Siamo
arrivati?- domando a Evan. Lui annuisce, sempre con quella sua
espressione pratica, e mi lancia addosso un paio di manette mentre
dice:
-Mettitele.
Così penseranno che sei prigioniera.-
-Non
sono un po' scomode per dopo?- noto io, chiudendomi una
manetta attorno al polso e tentando di fare lo stesso con l'altra
senza slogarmi qualcosa.
-Basta
che tiri uno strattone forte e si aprono, non temere. Mica ti voglio
consegnare a quella brava gente.-
Finisco
di mettermi le manette e rialzo gli occhi, non sapendo cosa pensare
sulla base di Nathan che abbiamo appena raggiunto.
È
un parallelepipedo grigio e senza finestre, sperduto in mezzo agli
alberi.
-Certo
che gli architetti qua non hanno fantasia, eh.- non riesco a
trattenermi dal notare, sempre con questo mio talento del dire cose
fuori luogo in situazioni drastiche.
Evan
mi ignora bellamente e si volta verso il retro del furgoncino:
-Allora,
gente? Andiamo?-
Restano
in silenzio per qualche secondo. Qualche secondo di troppo, e
tutto questo tempo mi fa pensare che forse rinunceranno a sacrificare
le loro vite per aiutarmi e decideranno di tornarsene a casa, ad
aspettare che io vinca o perda la mia eterna guerra contro il male...
-Andiamo.-
dice una voce. È Robert Nicolson che ha pronunciato la parola
magica, e sento che ha parlato a nome di tutti.
Dannati
masochisti, se moriranno mi sentirò in colpa fino alla fine dei miei
giorni.
Ah,
giusto: probabilmente questo è l'ultimo dei miei giorni.
-Andiamo.-
ripeto anch'io e, finalmente, Evan guida il furgoncino verso la base
di Nathan.
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Capitolo 31 *** Un attimo di troppo ***
La
chiara dimostrazione che sono una Faber è la calma innaturale che
ora mi pervade il cervello mentre varchiamo l'entrata della base di
Nathan. Oppure, più semplicemente, mi hanno dato un tranquillante e
non me ne sono accorta. Chi lo sa.
Come
bravi scolaretti, seguiamo Evan mentre lui ci fa entrare nella prima
stanza della base nemica. Siamo tutti ammanettati e tutti armati, chi
della propria mente, chi di una mitraglietta di quelle belle e
spietate e perfette. Cioè, io dovrei arrangiarmi con la mia mente?!
Dicevo:
varchiamo l'entrata della base di Nathan. Sorpresa delle sorprese,
non ci ritroviamo in un atrio o in un qualcosa di metallo; ci
ritroviamo completamente al buio.
Stupendo.
Siamo in una stanza buia e qualcuno potrebbe spararci addosso da un
momento all'altro e io non penso di essere abbastanza pronta a
bloccarli, non dovrebbero fare così affidamento su di me. Come se
non fossi già occupata nello schermare la mente di quelli che ci
stanno guardando per nascondere ai sensori della "stanza nera",
come l'ha chiamata prima Evan, le armi dei miei carissimi amici.
-So
di essere uno di quelli che gli uomini non amano...-
afferma una voce metallica che mi pare stranamente annoiata...ma
vengo distratta più dalle parole che ha detto che dal suo tono,
perchè riconosco subito queste parole.
Del
resto, Shelley era il poeta preferito di Nathan anche nella mia
dimensione.
-...ma
sono di quelli di cui si ricordano.-
completa Evan con voce chiara. La voce annoiata sembra rianimarsi
miracolosamente mentre dice, con tutt'altro tono:
-Sanders.
Non ti si vede in giro da un po'.-
-Ero
in missione per Nathan.-
-E
hai avuto successo, vedo. Sbaglio, o quella è...-
-Fatti
i cazzi tuoi e apri la porta. Lo sai che a lui
non
piace aspettare...e sono già in ritardo.-
Dopo
due secondi, una porta si apre miracolosamente davanti a noi. Evan
scatta all'istante e, dopo che ci riprendiamo dal rincoglionimento
post buio totale e dall'acciecamento della luce improvvisa, lo
seguiamo.
Arriviamo
nella solita stanza grigia, decadente e con dubbia utilità: non è
nemmeno troppo ampia e c'è solo una specie di tablet attaccato al
muro accanto alla porta esattamente di fronte a quella che abbiamo
appena attraversato.
Ed
è una stanza completamente vuota.
Come
pattuito, nessuno di noi dice una parola. Siamo prigionieri di Evan,
no? Quindi non ci resta che aspettare la sua prossima mossa.
-Muovetevi
senza permesso e vi ucciderò prima che abbiate il tempo di solo
capire che state per morire.- ci dice amabilmente, poi punta
gli occhi sul pavimento e comincia a cercarci qualcosa.
Dopo
qualche istante fa un passo avanti e si blocca e, come ci aveva
detto, una voce registrata rimbomba per la piccola stanza:
-Sanders,
Evan. Non contaminato. Cinque minuti di tempo per attraversare la
stanza. Allo scadere del tempo concesso partiranno i laser.-
Giusto,
giusto, come dimenticarsene. Cinque minuti e un secondo e chi rimane
qua si ritroverà sfilettato come il prosciutto al supermercato.
-Muovetevi.-
ci dice Evan. Ci muoviamo in massa verso la porta che ci manderà
avanti e che tra poco dovrebbe aprirsi...
Ok.
Si
sarebbe già dovuta aprire.
C'è
qualcosa che non va.
-Aspettate.-
ci dice Evan come lo direbbe a dei prigionieri (è innegabilmente un
bravo attore), poi fa qualche passo verso la porta e comincia a
studiare il tablet nel muro.
Lo
guarda per un po', prima di voltarsi verso di me.
-Tu.
Vieni qua.-
Gli
obbedisco e, finalmente, guardo da vicino questo schifo tecnologico.
Sullo
schermo bianco spiccano quasi dolorosamente delle parole nere,
scritte in piccolo e piuttosto misere:
Un
test per la mia sorellina:
Domandate
a chi ama:
Domandate a chi vive:
Domandate a chi adora:
Distruggere...
Ok.
Cinque
minuti mi paiono troppo pochi.
-Cosa
ci dovrei fare?- sussurro, cercando di dare alla mia voce un tono più
da prigioniera possibile.
-Trova
una soluzione. Nathan l'ha lasciato per te.- risponde Evan in una
maniera che mi sembra troppo morbida. Poi alza di scatto gli occhi e
dice a non so che:
-Nathan!
So che mi senti, quindi smettila di fare cazzate e facci passare
prima che i laser si attivino!-
Gli
risponde il silenzio.
D'accordo.
È ora di far lavorare il cervello.
Domandate
a chi vi ama...domandate a chi vive...un secondo.
L'ho
già sentito.
-Devo
completare le frasi. Posso?- chiedo a Evan, sempre tentando di
sembrare prigioniera eccetera eccetera. Lui mi fa un cenno di assenso
e, appena sfioro con un dito lo schermo, compare un cursore e una
tastiera appena sotto le scritte.
Era
una ripetizione. L'aveva studiata per ore prima di un esame, me lo
ricordo.
Si
ripeteva qualcosa, qualcosa come...
-"Domandate
a chi ama: cos'è l'amore?"- mormoro, e intanto scrivo
-"Domandate a chi vive: cos'è la vita?"-
Nathan
non si ricordava mai la terza frase. Guardava ogni volta i suoi
appunti, e aveva trovato un modo per impararla. Shelley aveva scritto
qualcosa di straordinario, per l'epoca in cui visse...era stato
cacciato per quello, perchè ai suoi tempi l'ateismo era visto
malissimo.
Ecco
qua.
-"Domandate
a chi adora...chi è dio?"-
-Due
minuti.- mi dice Evan -Muoviti.-
Mi
trattengo a stento dal rispondergli male, come sempre ho fatto, e
leggo la parola scritta un po' più lontana dalle altre.
Ah,
no, non c'è solo una parola. Ci sono anche ben tre
puntini di sospensione.
Che
gran figlio di puttana, qualcosa di più difficile non poteva
trovarlo, eh?
D'accordo.
Ripassiamo. Cosa amava follemente Nathan?
Beh...Mina.
Magari è qualcosa connesso con lei. Ma...no, è sbagliato. C'è
scritto "Per la mia sorellina", non "Per Mina".
Era
ossessionato da Percy Shelley, ok, ma faceva altro nella vita.
Leggeva un casino, quasi quanto me...spero non abbia preso una
citazione da uno dei suoi libri, perchè ci sono un sacco di frasi
che cominciano con "Distruggere".
Ma
quei tre puntini...nessuno scrittore metterebbe tre puntini tra un
verbo e il resto della frase. O è qualcosa detto da una persona
morente, o è un film.
E
c'è un film, sì...un film che Nathan ha visto solo una volta, ma
l'ha amato alla follia.
Distruggere...
-Fa
parte del processo creativo!- quasi grido. Digito ogni lettera stando
attenta a non sbagliare e, appena quelle cinque parole completano la
citazione, la porta si apre.
-Fuori,
forza!- esclama Evan, e tutti ci muoviamo a seguire i suoi ordini.
Ci
ritroviamo in un'altra stanza, buia per le finestre semi oscurate ma
non troppo da non permetterci di vedere subito cosa c'è al centro
della stanza.
Una
specie di mini navetta spaziale metallica.
Questo
fa sciogliere completamente i ranghi del gruppo: Catchlyt scatta
subito verso quella specie di palla gigante sorretta da tre gambe di
ferro e legge il display che c'è sopra, mentre Witness boccheggia un
po' e gli altri si guardano tra loro, confusi.
-Non
ci posso credere...- mormora Witness.
-Che
roba è?- chiede Von Coulsen con una voce stranamente non da
rompicoglioni. Gli risponde Catchlyt, continuando a studiare quel
display:
-Il
generatore. E...cristo, non l'ha ancora attivato. Lo possiamo
fermare...-
È
come se sentissi qualcosa picchiarmi sulla mente.
Qualcosa
di...strano.
Mi
volto verso il punto più in ombra della stanza; uno scintillio
attrae la mia attenzione...e vedo qualcosa che non mi sarei mai
aspettata di vedere.
Sembra
la tomba di cristallo di Biancaneve. Solo che è molto meno fiabesca
e, dentro, non c'è una principessa addormentata.
Dentro
ci sono io.
O almeno, una versione di me.
Ma
non ho tempo di soffermarmi su questa cosa parecchio inquietante,
perchè c'è altro.
Appoggiato
alla teca c'è Nathan.
Ha
gli occhi puntati su di me e sono semplicemente spietati, come mai li
ho visti. Picchietta i polpastrelli delle dita della mano che ha
posato sul vetro della teca senza fare rumore,
quasi fosse
sovrappensiero. Sarebbe completamente invisibile, con i suoi vestiti
neri e la carnagione un po' scura, come se avesse viaggiato, che si
mimetizza perfettamente con l'ombra di cui è ammantato...ma lo
tradisce la luce che i suoi occhi riflettono. Perchè è strana; è
come malata.
-Nathan.-
gli sussurro.
Stranamente,
nonostante sia praticamente circondata da gente che può leggermi la
mente, l'unico che mi sente è anche l'unico che non è capace di
farlo.
Non
riesco a staccare gli occhi da mio fratello, ma so
che Evan si è voltato, l'ha visto e, quasi senza pensarci, ha
puntato la sua pistola verso Nathan.
Mi
ci vuole solo un attimo per sapere anche cosa accadrà...ma è un
attimo di troppo.
Evan
preme il grilletto, e io capisco che Nathan è perfettamente capace
di respingerlo.
È
sempre questione di un attimo, vero?
Nathan
non fa il minimo movimento. Sposta solo gli occhi, guardando per un
istante Evan. E il proiettile, invece che piantarsi nella testa di
Nathan, va a finire nel petto di Evan.
Solo
dopo
riesco a girarmi verso di lui.
Ma
è un attimo di troppo.
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Capitolo 32 *** Il piano malefico va a compimento ***
E
adesso?
Evan
rantola a terra, non riesce a fare altro. Perde troppo sangue.
Gli
altri si sono accorti di cosa è successo. Quasi tutti sono
pietrificati dal terrore (cosa possono fare di fronte a uno che
respinge le pallottole?)...ma non Catchlyt e Nicolson: puntano le
loro pistole verso Nathan e, razza d'idioti, sparano.
Stavolta
vedo tutto. Sarà perchè sono in una specie di shock, anche se non
ci penso nemmeno...ma vedo tutto.
I
proiettili rallentano e si fermano a venti centimetri dal volto di
Nathan. Lui li studia per qualche istante, come fosse incuriosito
da essi...poi sposta gli occhi verdo di me.
E
stavolta riesco a vedere.
I
proiettili schizzano a velocità stellare verso un punto accanto
a me. E, ancor prima di rendermene conto, allungo un braccio per
deviarli verso l'alto e gli grido:
-Fottuto
stronzo di merda!-
Perchè
ha mirato a Evan.
Figlio
di puttana.
-Grazie
per la tua finezza, Ivy. Non serve a niente, ma grazie. Perdonami se
uso un tramite così...abbietto, diciamo, ma non posso fare altro.-
Mi
volto di scatto, come tutti, verso Von Coulsen. Come tutti, mi chiedo
perchè diavolo abbia detto queste parole e perchè abbia
un'espressione strana, quasi assente...
Poi
ci arrivo, e mi giro verso Nathan.
Lui
continua a fissarmi con quello sguardo malato.
-Sì,
sono io. È logico che tu non lo sappia, del resto, Evan è partito
per portarti da me prima che ultimassi gli esperimenti...ma
non importa. Non sarà un problema, vero?- sento che dice Von
Coulsen, e Nathan sorride leggermente -Potresti farmi il favore di
aprire la mente, adesso? Non ho voglia di sprecare energie nel
controllare il cervello di questo coglione...sarebbe più semplice
parlarci faccia a faccia, no?-
-No.-
gli rispondo io. Il sorriso non gli scompare dal volto mentre fa dire
a Von Coulsen:
-Non
mi lasci altra scelta, allora.-
Uno
sferragliare alle mie spalle attrae la mia attenzione: mi volto di
nuovo e vedo qualcosa di decisamente problematico.
-Obbedisci.-
dice Catchlyt, mentre Von Coulsen punta la sua mitraglietta verso la
testa di Evan -O gli ordinerò di sparare.-
-Tanto...-
comincio, ma un groppo in gola m'impedisce di continuare. Evan
respira ancora, a fatica...ma ha chiuso gli occhi. E c'è davvero
troppo sangue. -Tanto lui è andato.-
-Pensi
sia così stupido da sprecare una risorsa del genere? Andiamo, Ivy,
così mi offendi.- dice Nathan attraverso Catchlyt -Ha solo un
polmone perforato. A parte il proiettile, ovvio...comunque, in questo
stato ha ancora qualche ora da vivere, se è fortunato. Potrebbe
salvarsi. Vuoi avere la sua morte sulla coscienza?-
Ho
voglia di ammazzarlo. Una voglia terribile di strozzarlo con le mie
mani.
Ma
non sono una bambina; devo pensare agli altri.
-Farò
quello che vuoi se li lascerai tutti. Tranne me...ed Evan, se lo vuoi
tenere qua così che io collabori.-
-E
perchè dovrei farlo?- chiede Catchlyt. Ora Nathan non sorride più.
-Evelyn...-
sento chiamare dalle mie spalle. Poi accade tutto velocemente:
Catchlyt punta la sua arma verso Witness e gli ringhia contro:
-Non
mi pare di averti dato il permesso di parlare!-
Witness
guarda Nathan, poi guarda me. Ha un'espressione strana stampata in
faccia.
-Lui
è debole. Puoi romperlo facilmen...-
Vedo
i muscoli della mano di Catchlyt che si tendono mentre lui comincia a
piegare l'indice per premere il grilletto. Un secondo, e Witness sarà
morto per aver detto sei parole di troppo...
FERMATI.
Catchlyt
si blocca subito e, anche meglio, abbassa il braccio. Poi sbatte le
palpebre un paio di volte e mi guarda come a dire "Cos'è
successo?".
Mi
volto verso Nathan e, in fondo, non sono troppo sorpresa di vedere
che sta sorridendo di nuovo.
-Bene.
Davvero notevole.- dice con la bocca di Von Coulsen, che ha ancora la
mitraglietta puntata verso Evan -Mi hai cacciato dalla sua mente.
Potrei rientrarci quando voglio, potrei farlo con tutti loro, e ogni
volta tu li libereresti...e lo sai. Perchè non sei preoccupata,
allora?-
-Te
l'ho detto. Loro non c'entrano.- gli rispondo. Sposto per un istante
gli occhi verso la tomba di vetro della versione morta di me, poi
guardo ancora Nathan.
Cosa
farebbe Evan adesso? Cercherebbe di salvare più gente possibile. E
penso che aspetterebbe il momento migliore per agire, senza fare
cretinate.
Di
solito sono io a farle.
-Tu
vuoi che ci siano solo pensatori, che muoiano i normali. Ma i
pensatori non sono poi così tanti, no? Allora perchè sacrificare un
gruppo di pensatori così potenti in modo così stupido? Mi sto
offrendo a te...non fare inutili spargimenti di sangue. Hai me, ora.-
Picchietta
un po' di volte le dita sulla teca di vetro. Poi, finalmente, Von
Coulsen sposta il braccio con la mitraglietta e dice:
-...bene.
Mi hai convinto, ho deciso di dare loro una possibilità. Ma se farai
qualcosa, qualunque qualcosa, ordinerò ai miei di far loro del
male.-
Far
loro del male. Non ucciderli, ma farli soffrire il più a lungo
possibile.
Figlio
di puttana.
-Faber!-
ringhia Catchlyt. Dopo qualche secondo realizzo che ce l'ha con me.
-Non pensare che ti lasceremo qua...-
SEGUITE
I SUOI UOMINI. ANDATEVENE.
Come
un gregge obbediente, tutti loro cominciano a camminare verso la
porta da cui siamo entrati e oltre la quale mi sembra
inspiegabilmente di scorgere una stanza diversa da quella dei laser.
Così
restiamo io, Nathan e la bella addormentata. Ed Evan, ovviamente.
Nathan
continua a fissarmi, come se attendesse qualcosa. Così io faccio la
cosa più stupida della mia vita: apro la mia mente.
-Finalmente.-
Cristo.
È il pensiero più forte che abbia mai sentito...come il
traviamento, ma non condiziona. È come se avesse parlato ad alta
voce nella mia testa.
Non
è piacevole.
-Perchè
non puoi parlare?- gli chiedo. Lui si stacca dalla teca e fa qualche
passo accanto a quella, passando una mano su un suo spigolo. Ha gli
occhi puntati sull'altra me, e non riesco proprio a capire se sia
morta o no.
Quasi
automaticamente, appena Nathan si sposta mi muovo anch'io in modo da
essere sempre tra lui ed Evan...e ovviamente lo nota subito.
-Dai,
vai da lui. Non vale la pena di farlo morire dissanguato.-
Tanto
l'avrei fatto lo stesso, e Nathan lo sa benissimo.
Beh,
fottesega. Dopo due secondi sono accanto a Evan...ed è troppo
pallido.
Allora.
Io sono una persona intelligente anche se non lo dimostro, quindi mi
ricordo cosa devo fare quando mi ritrovo accanto a qualcuno che perde
troppo sangue.
-Evan?-
tento inutilmente -...Evan?-
Ok,
non mi sente. Cosa devo fare adesso?
Il
sangue, Ivy. Non ne deve uscire più.
Mi
accorgo che mi tremano le mani solo quando comincio a slacciarmi il
giubbotto antiproiettile che fino ad ora è stato molto utile. Poi
slaccio anche il suo e cerco in tutti i modi di non muoverlo mentre
glielo apro per vedere per bene il buco che ha sul petto.
La
maglia che ha sotto è piena di sangue.
Ok,
Ivy, ok. Mi tolgo il mio maglione, lo appallottolo e glielo metto
sulla ferita, tentando di premere abbastanza per fermare l'emorragia.
Cioè, io spero che si fermi, prima o poi. Ma premo troppo e
risveglio il bell'addormentato.
-...Ivy?-
-Oh,
eccolo qua.- dico con una voce che non sembra sicura nemmeno nella
mia mente -Riposa pure, tanto ci sono io qua che faccio tutto.-
-...lo
so...idiota.- mi risponde lui. Sempre simpatico, ovvio, anche quando
gli sparano. -Non preoccuparti...puoi ucciderlo...-
-Non
posso.-
Tenta
di tirarsi su ma non ce la fa. Allora solleva il braccio destro e mi
caccia via le mani per premersi da solo il maglione sulla ferita.
-Puoi
fermarlo solo tu. Devi farlo...-
-No,
non ce la faccio.-
La
salvatrice del mondo ha una voce da bambina frignona. Bene.
-Sì
che ce la fai.- dice Evan, non staccando nemmeno per un istante gli
occhi dai miei -Quello non è Nathan, Ivy. È un mostro, solo un
mostro...fermalo.-
Non
sono parole di uno che ha perso la speranza e che cerca di
incoraggiarmi perchè pensa che non ce la possa fare. Lui crede
davvero in me, glielo leggo negli occhi.
Come
potrei deluderlo?
Annuisco
un paio di volte, per fargli segno che ho capito, e lui sorride.
Sta per crepare e sorride.
Così,
mi rialzo e mi volto verso Nathan. Non si è spostato di un
centimetro, sempre accanto alla teca ad attendermi. Mi punta gli
occhi addosso, come se dovessi fare qualcosa.
-Ah,
giusto.- borbotto quando capisco, poi gli apro la mia mente e mi
ripeto che sono una deficiente per cedergli così.
-Ora
che hai appurato che non morirà a breve puoi fare quello per cui ti
ho fatta venire fino a qua.-
-Cosa
sarebbe, di grazia?- gli chiedo, giusto per vedere se è il tipo di
cattivone che racconta il suo piano malefico quando ha palesemente
vinto. Lui sorride leggermente e dice con voce (mentalmente)
tranquilla:
-Sta'
calma, è già tutto pronto.-
Detto
ciò, si stacca finalmente dalla teca e si avvicina al generatore;
quasi un istante dopo io mi sposto verso l'altra me. Sì, mi voglio
vedere da vicino.
È
mortalmente pallida...e non respira. Ok: è un cadavere.
-Cosa
le hai fatto?- chiedo a Nathan, voltandomi verso di lui. Sta
digitando qualcosa sul display del generatore, assorto ma non troppo
per rispondermi:
-Niente.
È stato nostro padre ad ucciderla quando ha capito che era troppo
pericolosa.-
Ah.
Forse ho capito.
-In
questa realtà lei è morta quando son...è caduta dalla scogliera?-
-No.
È sopravvissuta ed è stata prigioniera con tutti noi. Papà ha
piegato noi...ma lei no. Lei si è opposta alla sua tirannia, e lui
l'ha tolta di mezzo.-
Beh,
è sempre un'altra versione di me. Ovvio che si sia ribellata, no?
Siamo tutte scassapalle.
-E
perchè è in questa teca, ora?-
-Perchè
tra poco ricomincerà a vivere...e no, Ivy. Non sono quel tipo di
cattivone che racconta il suo piano malefico quando ha palesemente
vinto...semplicemente, non ho niente da fare mentre ultimo il piano.-
Ah.
Giusto. Ho la mente aperta.
All'mprovviso,
Nathan si volta verso di me...e vedo che adesso ha uno strano sorriso
stampato sul volto e l'indice posato su un pulsante giallo.
-Scusami,
Ivy. Non augurerei questo nemmeno al peggiore dei miei nemici. Ma,
sai...devo farlo. Lei è mia sorella.-
Anche
io lo sono.
-Sai
che non è così.-
Poi
preme il bottone, ed è come se mi strappasse il cuore dal petto.
Sento
di aver cominciato ad urlare, ma dopo pochi secondi non me ne accorgo
più. È come se mi fossi staccata dal mio corpo, rattrappita nel
fondo della mia mente...in cerca di un rifugio.
Perchè
una parte di me, quella dove i poteri sono terribilmente forti,
sapeva già cosa stava accadendo: sapeva che Nathan è entrato nella
mia testa per trovare ciò che la distingueva dalle altre, per
installare quel "codice" nel generatore. Sapeva che l'ha
fatto perchè il generatore può strapparmi tutti i poteri così da
caricarsi per trasferirli da qualche altra parte...in un altro corpo.
In
un'altra me?
Ma
ciò che quella fin troppo intelligente e poco comunicativa parte di
me non aveva capito è abbastanza importante...e me ne accorgo
presto.
Perchè
li sento urlare.
Sono
tutti attorno a me. Mi circondano, sento il loro dolore. Stanno
morendo...stanno morendo tutti.
Ed
è colpa mia.
Cristo,
è tutta colpa mia.
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Capitolo 33 *** Cose da tutti i giorni ***
-Ci
sei?-
Sbatto
un paio di volte le palpebre, confusa.
Dove
cazzo sono? Cosa cazzo sta succedendo?
-Ivy...tutto
bene?-
Sono
seduta su una panchina di pietra piazzata in mezzo a un giardino
interno di quello che, a prima vista, sembra un monastero. Il cielo è
azzurro come mai l'ho visto e il sole splende al massimo della sua
potenza...e seduto accanto a me c'è Nathan.
È
strano.
-No,
sul serio, tutto ok?- mi chiede lui. Ha un'espressione preoccupata,
come se si aspettasse di vedermi svenire da un momento all'altro.
-No,
cioè...ecco...- farfuglio, al massimo della confusione. Poi abbasso
lo sguardo e stranamente ricordo tutto quello che sta accadendo
quando noto il colore del vestito che indosso.
Ah,
già. Il matrimonio e tutto il resto. Siamo qua perchè Nathan voleva
parlarmi in privato, da fratello a sorella, visto che per un po' non
potremo farlo.
-Allora?
Che volevi dirmi?- gli chiedo sorridendo, stranamente tranquilla. Lui
mi studia per qualche istante, poi sorride di rimando e dice:
-Ero
preoccupato che fossi in ansia per, sai, tutto quello che
succederà...ma sei calma. Dov'è finita la mia sorellina
costantemente isterica?-
-Ha
notato che il fratello costantemente coglione sì è fatto una bella
famiglia e quindi pensa di potercela fare anche lei?-
Mi
sento davvero calma. Come se non avessi niente da temere. Che
cosa fantastica...
...ma
perchè, poi? Sono all'inizio della mia vita, ci sono infinite
possibilità e me la sto facendo sotto. Allora perchè sono
tranquillissima?
-Sì,
ok, grazie mille, Ivy. Ma...allora non hai nemmeno un po' di ansia?
Mi ero preparato a farti un mega discorso su quanto sia bella la vita
di coppia e che è un grande passo e che non dovrai avere paura
perchè...-
-Ho
visto Harry ti presento Sally, grazie.-
-...sì,
vabbè. Hai capito.- sbuffa Nathan con aria stizzita. E torna serio
ad una velocità incredibile:
-Ma
sei sicura di non aver paura di...tutto? Sarà difficile. Stressante,
a volte. Litigherete, e dovrai chiudere quella boccaccia per far
passare tutto. Considerando come siete voi due direi che accadrà
presto. Vivrai con questo rimorso per sempre...-
-Cosa?-
lo interrompo subito, allibita -Vivrò con questo rimorso per sempre?
Non la stai mettendo giù troppo pesante...-
-Ragazzi!
Occhio allo sposo!-
La
voce della mamma non mi è mai sembrata così allegra. Tanto lo so
che, sotto sotto, alla fine oggi è felice solo perchè nel fiore
della mia adolescenza temeva che avrei finito i miei giorni acida,
zitella e sola col mio stuolo di gatti da compagnia...e invece no.
Finirò i miei giorni acida e col mio stuolo di gatti da compagnia e
con Evan.
Se
non ci ammazziamo prima, ovvio.
-Vattene
via!- grida Nathan verso dove è giunta la voce della mamma, oltre le
piante del giardino interno che ci circondano.
-Andiamo,
non potete credere davvero che porti sfiga vederla vestita di bianco
prima della cerimonia...- sento sbuffare da qualcuno che conosco
bene. Io alzo gli occhi al cielo e sorrido e replico:
-E
se poi inciampi e muori perchè non hai saputo aspettare?-
-Morirò
felice perchè questo è il giorno migliore della mia vita?-
-Drogati
meno.-
-E
tu smettila di credere in idiozie e, dai, voglio solo parlarti...-
-Vattene
o non ti sposo.- lo interrompo amabilmente.
Evan
resta in silenzio, il che mi farebbe pensare che si sia offeso...se
non lo conoscessi bene. Infatti dopo qualche istante dice:
-E
va bene. Ci vediamo all'altare.-
-Così
la fai sembrare una minaccia!- nota Nathan scoppiando a ridere.
-Ma
lo è!- risponde la voce della mamma da una distanza che mi pare
maggiore rispetto a quella di prima. Probabilmente sta trascinando
via a forza Evan.
-Ivy!
Solo una cosa!- grida ancora lui. Sento che il sorriso che ho
stampato in faccia è ancora lì, e gli chiedo:
-Sì?-
-Non
è colpa tua! A presto!-
Detto
questo, sento una porta che si apre e si richiude: sono rientrati in
chiesa.
E
io punto gli occhi su Nathan, confusa come non mai.
-Non
è colpa mia? Che intendeva?-
-Perchè
ti preoccupi di queste cose?- nota lui con un tono allegro -Ti stai
per sposare, cazzo! La mia sorellina si sposa...dov'ero, col discorso
di prima?-
Sembra
proprio sperduto, così gli suggerisco io il punto in cui ci avevano
interrotti:
-Vivrai
con questo rimorso per sempre, e devo dire che non è molto
incoraggiante...ehi, un secondo. C'è qualcosa...di strano. Qua non
ci sono porte, giusto?-
Perchè
questo dettaglio mi sembra più che importante, adesso?
-Sono
venuta qua in gita da piccola, con la scuola.- dico a Nathan, ed è
come se non comprendessi qualcosa, qualcosa di ovvio -Non c'erano
porte. Mi ricordo, l'hanno detto tantissime volte.-
-Mi
stai dicendo che vuoi fare la guida turistica o...?-
-Allora
che porta hanno chiuso Evan e la mamma cinque secondi fa, quando
entravano?-
Nathan
resta in silenzio. E, non capisco come, so che non è un
silenzio da "oddio è impazzita".
-...Nate?-
lo chiamo. All'improvviso la mia voce mi sembra debole. E il cielo è
troppo azzurro.
E
il mio vestito da sposa è un'illusione.
-...Nathan,
cosa sta succedendo?- sussurro. Non riesco a staccare gli occhi da
quello che mi sta attorno, perchè è come se le piante, il terriccio
che fa da sentiero fino alla panchina, il cielo...è come se stessero
oscurandosi.
Non
sono così sorpresa quando vedo che anche Nathan sta diventando
opaco.
-Scusa.-
mi dice con una voce che sembra faticare a dire ogni lettera -Scusa,
Ivy. Non volevo che lo capissi. Mi dispiace.-
Sembra
quasi che stia diventando di pietra.
-Capire...cosa?-
domando io. Ma non ho bisogno di sentire la risposta.
Perchè
già la conosco.
Come
se mi potesse leggere nel pensiero, la statua che era stata Nathan mi
sorride leggermente, con amarezza:
-Lo
sai.-
-E
invece no.- gli rispondo, ma non suono sicura neanche a me stessa.
Il
Nathan che non è Nathan smette di sorridere e non bada alle piante
attorno a noi che si stanno solidificando, perdendo ogni colore,
mentre mi dice:
-Sei
sempre stata cocciuta. Come nessuno prima. Hai creato un nuovo mondo,
sei morta e rinata così tante volte in ogni dimensione che è come
se avessi vissuto mille esistenze diverse...ma eri sempre te. Tu e i
tuoi poteri siete una cosa sola, in ogni realtà.-
-...è
uno scherzo, vero?- domando. Poi mi viene un dubbio terribile, e gli
chiedo:
-Dov'è
Evan?-
Il
falso Nathan non stacca gli occhi dai miei mentre risponde:
-Lo
sai. Sai dov'è lui, dov'è Nathan...dove sei te davvero. Non puoi
scappare.-
-Io
non scapperei mai.- gli rispondo quasi per istinto. O forse...forse
non per istinto. -Non sono scappata perchè ho paura.-
-E
perchè, allora?- mi chiede Nathan.
Alzo
gli occhi verso il cielo. Non è più azzurro: ora è grigio, scuro.
Morto. Anche le piante che ci stanno attorno sono morte, pietrificate
in un istante di questa falsa esistenza che ho concesso loro. Come
tutto, qua...sono false.
False.
-Ho
sentito le loro voci.- sussurro a Nathan, guardandolo ancora negli
occhi -Li ho sentiti gridare. È tutta colpa mia...-
-No.-
m'interrompe lui. Stranamente, riesce a sorridere nonostante abbia il
volto quasi di pietra mentre alza una mano e, quasi con tenerezza, mi
asciuga una lacrima dalla guancia. Non mi ero accorta di piangere.
-No.
È stata una scelta di Nathan, tu sei una vittima esattamente come
loro. Non hai colpe per ciò che è accaduto.-
-Ma
sono morti.- non riesco a non dire -Tutti i normali...-
-Ed
è orribile. Sì. Ma non è colpa tua, Ivy. Non lo è mai stata.
Anzi, per tutto questo tempo non hai mai agito, sei stata in balia
dei tuoi poteri e degli avvenimenti...-
-Adesso
basta.- lo interrompo, e lui capisce subito cosa intendo -Basta. Non
ho mai voluto questi poteri. Non ho mai voluto che mi dessero la
caccia o volessero uccidermi per questi poteri. Non li ho mai
chiesti...ma tutto quello che è successo è colpa mia, perchè non
ho mai fatto niente per impedirlo...-
-Ora
puoi impedire che accada il peggio.-
Guardo
ciò che ha creato la mia mente, la statua con la faccia di Nathan, e
gli chiedo:
-E
come? Tutti i normali sono morti. Nathan si è preso i miei poteri,
tra poco mi lascerete per sempre. Evan...Evan sta morendo.-
-Sai
cos'è un problema abbastanza serio, Ivy?- mi domanda la statua. Io
la fisso, non capendo, e quella pare divertita mentre
conclude:
-La
risposta è quasi sempre l'ovvio. Hai passato tutto il tempo a
pensare a come usarci per salvare il mondo...quando adesso basterebbe
un'azione alla vecchia maniera.-
Improvvisamente,
la statua si alza dalla panca di pietra al centro del giardino di
pietra. Si infila le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti che
indossa (e che, stranamente, sono di pietra ma sempre di
tessuto) e mi fissa per qualche istante.
-Non
dannarti. Torneremo da te, prima o poi, e potrai salvare davvero
tutti. Ma per ora...per ora devi accontentarti di salvare quelli che
puoi. Se loro morissero, beh, sarebbe completamente colpa tua...per i
normali servirà tempo. Prima o poi riuscirai a dormire senza avere
incubi.-
Non
so perchè, ma senza alcuna aspettativa sento qualcosa simile al
panico bloccarmi la gola e farmi spalancare gli occhi quando realizzo
che la statua se ne sta per andare.
-Come
farò senza di voi? Fate parte di me, non posso...-
-Ce
la farai.- m'interrompe -E, se non credi alla mia parola, credi a
quello che vedi.-
-Cosa
vedo?- gli chiedo. Lui guarda il cielo, le piante, me.
-Un
mondo di pietra. Sicuro, immutabile: ti aspetteremo.-
So
che lo faranno. Del resto...i poteri non mi hanno abbandonata nemmeno
quando sono morta, no? Quasi non me ne accorgo, accade in un attimo.
In un momento sono nella parte più profonda di me, dove ci sono solo
i poteri (forti, certo...capaci di creare illusioni per proteggermi
da una realtà che non voglio affrontare). Dopo un altro momento sto
tornando indietro.
Senza
poteri, completamente inerme. Colpevole della morte di tutti i
normali.
E
l'unica speranza per gli altri.
Cose
da tutti i giorni, insomma.
|
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Capitolo 34 *** Prendo a calci di tutto ***
La
prima cosa che vedo quando riapro gli occhi è parecchio strana.
Insomma, chiunque resterebbe un attimo spiazzato, dopo aver avuto una
specie di viaggio psichedelico interiore, nel vedere se stesso,
un momento prima decisamente morto, parlare come nulla fosse al caro
fratello resuscita-gente.
-Nathan.-
è la prima parola che lei dice. Sorride come io non sarò mai capace
di fare e lo abbraccia all'istante, di slancio. Vedo infine comparire
un sorriso anche sul volto di Nathan.
-Finalmente.-
sussurra mentalmente lui...e subito l'altra me fa un passo indietro.
-Cosa...cosa
hai fatto alla tua voce?- gli chiede con gli occhi spalancati.
Strano.
Chissà perchè, ero convinta che l'altra me fosse a conoscenza di
tutto quello che stava accadendo. Perchè, poi? È appena tornata in
vita.
-È
stato...un effetto collaterale.- le spiega Nathan.
Poi
sento parlare una voce che non mi sarei mai aspettata di udire in
questo momento.
La
mia.
-Un
effetto collaterale come i normali che hai appena ucciso?-
ZITTA.
Sento
le mie labbra stringersi di scatto e i muscoli della gola irrigidirsi
all'istante...e non voglio provare a parlare. Non voglio nemmeno
tentare.
Oddio.
Subire il traviamento fa proprio schifo.
Nathan
non mi ha condizionata in modo da farmi zittire anche il cervello,
quindi riesco ancora a pensare. Il che è un bene...visto che qua si
sta mettendo proprio male.
Poi
mi accorgo che l'altra me mi sta fissando.
-Nate...-
sussurra, come se non potesse crederci -Che hai combinato?-
-È
stato semplice, in realtà.- le risponde subito lui. Non si è
accorto di quello che a me pare evidente, anche se non posso più
leggerle nella mente...sembra soddisfatto come un bambino che
racconta alla propria madre qualcosa che ai suoi occhi, e ai suoi
soltanto, appare come eroico -Il generatore poteva riportarti in
vita. Può fare di tutto, in realtà, ma ha bisogno di energia per
attivarsi...e ho preferito usare quella che mi era offerta per te che
per gli altri...-
-Che
tipo di energia?- lo interrompe l'altra me.
Finalmente
Nathan si accorge che c'è qualcosa che non va. Ma, nonostante ciò,
continua a spiegarle l'orrore che ha appena compiuto.
-Servivano
i poteri, i più grandi esistenti. Per questo ho fatto portare qua la
versione di te più potente, così che lei desse i suoi poteri al
generatore. Ed è servito anche un tributo, ovviamente.-
Ovviamente.
Cristo
santo. Ovviamente.
-Ma
non potevo uccidere quelli della nostra razza...siamo già in pochi,
no? Quindi ho dato al generatore gli altri. I normali.-
-I
nor...- comincia a ripetere l'altra me, come se non potesse ancora
crederci. Poi sposta di nuovo gli occhi verso dove sono io...anzi,
no. Li punta su qualcuno per terra accanto a me.
Lui
non è un normale. L'ho dato per scontato e ho fatto bene: perchè
lui è come me...solo al mio opposto. È completamente immune, ma non
è un normale.
È
vivo.
-...Evan?-
sussurra l'altra me. E ha una voce così disperata che finalmente
capisco che lei è davvero un'altra me.
-Sta
bene. Lui non è uno degli altri...appartiene alla nostra razza, in
un certo modo.-
-Alla
nostra...Nathan, ma che stai dicendo?-
Lui
la fissa per qualche istante, confuso. Poi con uno scatto l'afferra
per le braccia e le dice, con un tono da pazzo che spero di non
sentire mai più:
-Ti
ricordi quando papà ci teneva prigionieri? Parlavamo sempre di un
futuro migliore, senza tutta questa guerra. Ma le due parti sarebbero
sempre esistite: i normali contro di noi. Ivy...ho dovuto farlo. O
noi o loro. E io ho salvato il mio popolo. Ora possiamo stare qui,
insieme...non ci sarà più nessuno a dividerci.-
Ok.
Sta sparando troppe cazzate, ho il dovere di intervenire.
-Ma
senti cosa stai dicendo?- sbotto quasi senza rendermene conto -Il tuo
popolo?! Parli esattamente come papà, e tu lo odiavi! Anche
lui era disposto a sacrificare tutti per la pace, quella che lui
pensava fosse pace...e ora tu hai fatto lo stesso. Hai appena ucciso
tutti...dio...-
La
voce mi muore in gola appena realizzo cos'è successo.
Mary,
Alice. Brian, i Sullivan, tutti loro. Tutti quelli senza
poteri...tutte quelle persone. Tutti i normali.
Sono
tutti morti.
E
solo adesso mi viene in mente che non sono morti tutti i
normali.
Perchè
ci sono ancora io.
-Nathan.-
mormora l'altra me. Io mi rialzo a fatica. Non so neanche cosa voglio
fare. Punto gli occhi su di lei e vedo qualcosa che all'inizio penso
sia frutto della mia mente menomata: perchè all'improvviso sul suo
volto è comparsa un'espressione...dolce.
-L'hai
fatto per me?-
-Solo
per te.- le sussurra lui -Sei l'unica cosa che mi sia
rimasta.-
Sono
completamente esposta, loro possono leggere ogni pensiero mi passi
nella mente. Eppure...eppure non me ne importa niente. Che mi
ammazzino pure tutti e due, visto che a quanto pare stanno facendo
comunella.
-Ora
capisco.- dice infatti l'altra me, sempre con quel sorriso dolce -Ora
capisco. Hai ragione: questa guerra non sarebbe mai finita...non
senza un sacrificio. Non senza di te. Ci hai salvati, Nathan.-
Sono
accanto alla teca: ci guardo dentro, e vedo solo una tomba vuota. Poi
guardo Evan, per terra dove l'ho lasciato prima che Nathan mi
strappasse i poteri.
Non
è normale che vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi ancora mi
renda felice in un momento del genere, vero?
-Ora
nessuno soffrirà più.- continua l'altra me. Come può essere dalla
parte di Nathan? Dio, quanto odio il sorriso che ha. Mi sembra
così...
Falso?
Con
me lui vincerà. Rompi il generatore. Non ti sentirà, ti copro io.
Ho
già sentito la mia voce nella mia stessa testa...ma stavolta è
proprio strano.
-Grazie,
Nathan. Grazie.- dice l'altra me ricambiando il suo sguardo e lo
abbraccia così, all'improvviso. Senza che lui se ne accorga, però,
lo abbraccia in modo che Nathan mi dia le spalle. Poi punta i suoi
occhi nei miei.
In
quest'unico sguardo lei mi dice tutto.
Io
annuisco per far segno di aver capito. Prima di voltarmi verso il
generatore vedo che l'altra me ha chiuso gli occhi, da cui le è
sfuggita una lacrima, e ha stretto più forte suo fratello.
Raggiungo
il generatore senza che Nathan se ne accorga. E qua, beh, sorge il
problema.
Come
diavolo lo rompo?
Di
certo non so manovrarlo...e ho trascorsi poco piacevoli con la
tecnologia (del genere che, quando mi avvicino a un computer, quello
scoppia). Che diavolo posso fare? Sul display non c'è più un cazzo,
e non è cambiato nulla nell'aspetto fisico: sembra sempre una
navetta spaziale aliena.
Quell'abbraccio,
per quanto sia disperato, non durerà per sempre.
Ok,
Ivy, ok. Evan ci sparerebbe sopra, ma non penso che questa possa
essere un'opzione. Io lo bloccherei in qualche modo coi poteri...ma,
ehi, non ce li ho più.
Devo
pensare in modo più pratico, allora. Servirebbe qualcosa, che so...
Qualcosa
alla vecchia maniera?
Il
Nathan della mia illusione, che altri non era se non la
personificazione dei miei poteri rubati, mi ha dato la risposta da
subito.
Questa
navetta spaziale ha delle gambette proprio deboli.
Mi
volto un'ultima volta verso la famiglia felice: Nathan si aggrappa a
lei come se ne dipendesse la sua stessa esistenza. Era così
ossessionato dal riportarla in vita che, adesso che ce l'ha fatta,
non può lasciarla andare. In un certo modo le vuole bene, no?
Ivy
ha ancora gli occhi chiusi, e non tenta nemmeno di frenare le
lacrime.
Perchè
è lei che si sta sacrificando per salvarci dalla follia di
Nathan.
Non
ci rifletto nemmeno: mi volto e tiro un calcio al generatore. La
gamba che ho colpito si stacca con un colpo secco e subito questo
coso di metallo s'inclina e cade a terra, facendo un casino terribile
e perdendo un po' di pezzi nell'impatto.
In
sintesi: si rompe.
-NO!-
Mi
giro.
Nathan
regge a fatica l'altra me e ha un'espressione terribile, disperata e
folle, con gli occhi spalancati puntati in quelli di lei...morti.
Orribilmente morti. L'adagia lentamente e la lascia sul pavimento con
le mani che gli tremano convulsamente, senza controllo. Le passa le
dita sul volto, la scrolla quasi per essere sicuro che sia morta...di
nuovo.
Dio,
dev'essere terribile. Ha aspettato così tanto tempo, è diventato
pazzo per lei...e adesso è stata lei stessa a volersene andare.
Dopo
un po' di tempo, quasi a fatica, Nathan si raddrizza.
E
guarda me.
-Tu
non sai cos'hai fatto.- mi dice lentamente. Con un tono
vuoto...come se stesse per scoppiare la sua furia.
Mi
sento sfinita. Senza poteri, senza forze...semplicemente sfinita. Non
ho voglia di preoccuparmi più di niente.
Basta.
-Sia
io che lei lo sapevamo.- gli dico. Non so che fare, sono inerme; non
so come salvare Evan, come portarci fuori da qui.
Nathan
ci ucciderà e non potrò fare niente per fermarlo.
Quasi
non mi accorgo che qualcuno ha appena aperto l'unica porta della
stanza. Quasi.
Ma
non sono l'unica ad accorgersene.
Come
sempre, accade tutto velocemente. Stranamente, però, riesco a vedere
ogni cosa.
Cass,
la ragazza coi capelli biondi che ho visto solo una volta prima
d'ora, occupa tutta la soglia della porta. Stringe una pistola tra le
mani e, come fosse addestrata a farlo da sempre, la solleva e la
punta verso Nathan. Poi preme il grilletto.
Ma
visto che anche Nathan, nonostante la furia che sfavilla dai suoi
occhi, se n'è accorto...beh, non so se sia perchè è terribilmente
potente o per semplice istinto di sopravvivenza, ma si sposta in
tempo per schivare la pallottola.
E
chi c'è nella traiettoria di quella?
Bum.
Mi esplode una bomba nella spalla. E scopro che è una balla la
leggenda metropolitana per cui compaiono stelline davanti agli occhi
quando si prova un dolore lancinante. Perchè c'è solo quello: il
dolore.
Non
mi fa vedere, respirare; per qualche secondo non mi fa nemmeno
pensare. Mi porto una mano alla spalla sinistra e sento il sangue che
esce dalla ferita e, dio, che male...
Poi
vedo Nathan.
Mi
fissa con un'espressione incredula e distrutta assieme, simile quasi
a quella che aveva mezzo minuto fa, quando la sua Ivy gli è morta
tra le braccia.
È
come...come se si rendesse conto di cosa è diventato solo ora.
Poi
Adrian affianca Cass, impietrita sulla soglia. Pure lui ha una
pistola.
E
non sbaglia.
Stavolta
lo vedo: Nathan se ne accorge subito, appena Adrian preme il
grilletto...ma non si sposta.
Non
si sposta.
Tutto
diventa confuso.
Entrano
quasi tutti quelli della missione suicida. Tutti entrano nella stanza
e sento che le gambe mi cedono e cado a terra. Qualcuno mi tira su di
peso; non ho idea di chi sia. So solo che quasi lo ammazzo quando mi
divincolo e praticamente mi lancio verso Evan in non so quale
tentativo di salvarlo in non so quale maniera. È Adrian a
riprendermi prima che caschi di nuovo sul pavimento e gridarmi le
uniche parole che voglio sentire da quando gli hanno sparato:
-È
vivo, lo portiamo in un luogo sicuro!-
Lo
sollevano in tre nel modo più delicato che la situazione concede, e
usciamo tutti dalla stanza. L'ultimo è Witness: penso di essere
l'unica a voltarmi per un istante verso di lui e a vedere i suoi
occhi, puntati sul cadavere di Nathan.
Poi
sfiliamo per un corridoio che arriva all'entrata di tutto l'edificio.
Trovo da qualche parte la forza di chiedermi dove siano finiti i
nemici: hanno sentito i normali che morivano e hanno capito cos'hanno
contribuito a fare? Erano soggiogati al potere di Nathan e ora sono
liberi?
Caricano
sia me che Evan su un furgoncino con dietro uno spazio senza sedili,
e mi costringono a stendermi mentre il mondo attorno a me diventa
stranamente brillante.
Vicino
a noi c'è qualcuno.
-Ha
perso molto sangue, non so cosa fare...-
-Ci
penso io.- interviene una voce femminile che non ho mai sentito,
forse.
Qualcosa
viene premuto sulla mia spalla, e c'è solo dolore.
Poi
una pace che non ho mai provato prima.
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Capitolo 35 *** Magari ***
Non
avrei mai pensato di arrivare a questo punto.
Sono
viva. Ammaccata, ma viva. E io, Ivy, Faber, nata come l'essere più
asociale e sociopatico e antipatico e triste del creato...beh, tra
poco sarò davanti a tutto il mondo. Tutto quello che ne resta.
E
non riesco a preoccuparmene. Perchè, insomma...non è niente in
confronto a quello che stanno passando loro. Hanno il diritto di
sapere. Gli è successa una cosa orribile per colpa mia.
Cosa
sarà mai l'ansia di parlare davanti a tanta gente? Come facevo a
preoccuparmi di cose del genere, prima?
Quanto
ero egoista.
-Vado?-
chiedo alla tizia che si occupa della ripresa. Quella annuisce e alza
cinque dita; poi, una per una, comincia ad abbassarle. Quando le ha
abbassate tutte, guardo nell'occhio della telecamera che abbiamo
rubato e comincio a parlare, tentando di non pensare che almeno tre
miliardi di persone mi stanno guardando.
-Beh...salve.-
Sì.
Non sono molto brava negli imput.
-Io
sono Ivy Faber. Molti hanno conosciuto mio fratello, chi di fama e
chi, purtroppo, personalmente. So che al momento a quasi tutti non
importa se lo dico, ma una settimana fa lui è morto...per questo,
ora, ci sono io qua a parlarvi. Scusate se abbiamo interrotto la
normale messa in onda, ma penso che ognuno dei sopravvissuti abbia
tutto il diritto di sapere cosa è successo veramente la
settimana scorsa, quando tantissime persone sono morte solo perchè
normali, senza poteri. Beh...se fossi in voi, io vorrei sapere cosa
ha ucciso le persone che amavo, no?-
Mi
fermo. Penso a cosa sto dicendo, a cosa dovrò dire. Vado avanti.
-Quando
Nathan Faber ha rivelato l'esistenza dei pensatori, coloro che in
qualche modo sono telepati o comunque con poteri che permettono loro
di fare cose normalmente anormali, è nato il terrore per queste
persone. Chi mai non avrebbe paura di qualcuno capace di leggere
nella mente? Per questo, molti pensatori si sono riuniti accanto a
Nathan...in cerca di una guida, dopo che coloro che pensavano amici
avevano cominciato a dar loro la caccia. Perchè è questo che è
accaduto: i pensatori si sono ritrovati braccati dai "normali"
perchè diversi; è sempre la solita storia, no?-
Sposto
gli occhi dalla telecamera e vedo che dietro, nell'ombra, c'è un po'
di gente che mi ascolta...e tra loro ci sono Catchlyt e Nicolson.
-Con
questo non nego che alcuni pensatori avessero voluto combattere per
conquistare il potere, di certo non erano tutti innocenti come non
tutti i normali sono stati colpevoli...ma molti non hanno avuto
scelta. Molti sono dovuti scappare. Molti hanno visto la propria
famiglia venire uccisa dai normali troppo impauriti dai
poteri...molti hanno pensato che l'unica scelta esistente fosse
schierarsi con Nathan, generare una guerra. Altri, però, non hanno
accettato quest'unica opzione. Hanno deciso di combattere per i
normali, nonostante gli stesso normali volessero ucciderli. Sono loro
i veri eroi, dopo tutto.
Ma
questo non ha mai fermato Nathan. Lui credeva in un mondo dove
sarebbe esistita la pace...dove nessun bambino avrebbe dovuto subire
quello che ha subito lui. Sì, perchè Nathan Faber non era solo un
pazzo assetato di potere: era...umano. Come noi. A causa dell'amore
che provava per colei che in questa realtà era sua sorella è
diventato pazzo...ma voleva soltanto creare un mondo dove tutti
sarebbero potuti vivere felici. Semplicemente. Ma, quando ha visto
che la guerra non sarebbe finita, che ci sarebbero sempre stati un
"normale" e un "anormale" a combattersi e a
mietere vittime innocenti, ha deciso di eliminare una delle due
parti. So che è stato crudele, so che era inumano. So che sono morti
tutti, dal più terribile degli assassini al più innocente degli
esseri umani. Sono morti tutti i normali, molti di voi hanno perso
quelli che amavano...ma vi chiedo soltanto di riflettere. Solo per un
istante.
Tutto
quello che è accaduto è nato da questo...razzismo. Da questa idea
per cui il diverso è cattivo e deve essere eliminato. Ha portato
Lewis Faber a tentare di predominare sui normali, da lui ritenuti
deboli, e Nathan Faber a ucciderli per interrompere la guerra. Ha
portato qui me, Ivy Faber, a parlare al mondo dopo che
tantissime persone sono morte. E le ho sentite...come le avete
sentite voi, chi più chi meno. È stato orribile.
Ora
vi chiedo di riflettere su questo: volete che riaccada? Volete che
ricominci tutto da capo, che si riprenda a combattersi e uccidersi a
vicenda, dandosi la colpa di ciò che è accaduto? Quelle persone
sono morte; non si può tornare indietro. Adesso dobbiamo cercare di
andare avanti...anche per loro. Pensate ai cari che avete perso:
vorrebbero vedervi soffrire ancora? No. Abbiamo già perso
tanto...facciamo in modo di non perdere di più. Perchè non sarebbe
giusto per loro.
Facciamo
in modo di non dimenticare, di ricordare tutto quello che è
successo. E facciamo in modo che non accada mai più: tentiamo di non
far subire ad altri il sacrificio che abbiamo subito noi. Loro sono
morti...ora dobbiamo pensare ai vivi, a noi.-
Abbasso
lo sguardo solo ora e mi accorgo di aver quasi completamente ignorato
il foglio del discorso (scritto da Witness) e di aver aggiunto fin
troppo. Va beh, tanto male non fa, no?
-Li
ho sentiti mentre morivano.- dico mentre rialzo gli occhi verso
l'occhio della telecamera. Accanto a quella, la tizia che la manovra
comincia a fare con le dita il conto alla rovescia: tempo scaduto.
-E...e
mi dispiace.- aggiungo un attimo prima che lei chiuda la mano a
pugno. Poi la spia rossa sulla telecamera si spegne, e sono libera
dal mio compito.
Quelli
che hanno organizzato il tutto, praticamente dei genii indiscussi,
cominciano a controllare sui computer com'è andata la cosa...e a
quanto pare è andata bene: quasi tutta la poca popolazione mondiale
rimasta mi ha vista mentre parlavo. Almeno adesso sanno cos'è
successo.
-Però,
Ivy.- mi dice Adrian mentre io mi rialzo dalla mia postazione da
"presentatrice di telegiornale" su cui mi avevano piazzata
per fare il mega annuncio -Sei stata brava...-
-Non
ho detto abbastanza.- lo interrompo sul nascere. Insomma, non voglio
che mi racconti balle per tirarmi un po' su di morale. Mi sfilo una
manica della giacca elegante che mi hanno costretta a mettere...e poi
mi ricordo che ho la spalla sinistra in ferie. Che merda.
-Mi
dai una mano?-
Subito
Adrian comincia a sfilarmi l'altra manica, e ovviamente in
contemporanea dice:
-Andiamo,
non c'era tutto questo tempo per fare un mega discorsone. E non è
mica colpa tua se quella merda di gente che controlla la televisione
non ci ha concesso una diretta mondiale...-
-Sai
com'è, una settimana fa è crollato il mondo.-
Mi
sfila il braccio dalla fascia che me lo fa tenere appeso al collo ed
è come se mi pugnalassero alla spalla. Fa male.
-Scusa.-
-No,
non fa...-
-Non
dire balle. Come fai a dimenticarti sempre che ora chiunque può
leggerti nella mente?-
Ah,
già.
Che
merda.
-A
che punto è Cass?- chiedo ad Adrian mentre lui mi toglie
definitivamente la giacca elegante...e mi sorprendo da sola. Da
quando ho questa voce totalmente sfinita?
-Ci
sta lavorando. Secondo me manca poco...ha già reso altri immuni, no?
Con te dovrebbe solo rendere la cosa stabile, ma penso che non avrà
problemi, ora che è con me...-
Probabilmente
voleva dire "ora che è con noi al sicuro", ma nella sua
testa al suo momento non c'è spazio per tutta questa gente. C'è
spazio solo per lei.
-Andiamo,
non sono così sdolcinato.- sbotta lui. Io alzo gli occhi al
soffitto: mi sa che questa cosa dell'apertura mentale diventerà
davvero problematica.
-Perchè
da quando sono l'unica con la testa esposta tutti sono portati a
leggermi il cervello?-
-Perchè
sei terribilmente irresistibile? Dai, ti aiuto con la felpa e andiamo
all'ospedale.- dice Adrian.
Dopo
cinque minuti (tempo record) stiamo scendendo le scale del palazzo
che ci ha "ospitati" per la diretta mondiale.
Mentre
apriamo la porta dell'uscita d'emergenza e finiamo in un vicoletto
solitario Adrian mi annuncia, col tono di uno che sta per rivedere
l'amore della sua vita:
-Vado
da Cass a prendere la macchina, cinque minuti e torno.-
-Fai
con calma.- gli rispondo io. Così lui se ne va e me ne resto da sola
accanto a due bei cassonetti verdi e col cielo che minaccia pioggia.
Odio
la Danimarca. Non che il tempo sia meglio in Inghilterra, sia
chiaro...ma qua mi sono successe un po' di cose che mi piacerebbe
dimenticare presto.
Ah,
giusto: in una tasca della felpa ho un cappellino: meglio metterlo,
così sarò meno riconoscibile, no? Beh, non che corra rischi così
alti: non è che la gente abbia molta voglia di uscire, adesso. Ci
sono poche possibilità che qualcuno m'incroci e mi riconosca come
"quella che ha fatto un discorso deprimente per tentare di
mettere in chiaro quello che è successo visto che i governi fanno
cagare eccetera eccetera".
Va
beh, un cappellino è meglio di niente.
Me
lo sto calcando per bene sulla testa, quando sento qualcosa di
proprio strano: un lento e solitario applauso.
-Complimenti.-
mi dice Witness.
È
uscito dal palazzo al freddo e al gelo solo per farmi i complimenti?
-Beh,
grazie.- gli dico. È strano: non l'ho sentito arrivare, non ho
percepito la sua presenza. È come essere ciechi e sordi e senza
tatto.
Non
ero stata così inerme nemmeno nella mia realtà originale.
-Non
ci aspettavamo che fossi così brava.- continua Witness mentre io
rovisto nella borsa che mi hanno appioppato, alla ricerca di un
qualcosa più pesante di una misera felpa da mettermi almeno sulle
spalle. -Certo, dopo tutti quei morti ci aspettavamo una rivolta...e
invece tu hai fatto capire a tutti che è inutile combattere ancora.
Complimenti...-
-Il
video è andato, quindi?-
-Sì.
Così tutti sapranno. Eh, Evelyn...meglio che tu vada subito. Sarai
la persona più famosa al mondo entro massimo due ore, e
probabilmente alcuni non reagiranno in modo così pacifico.
Probabilmente ti daranno la colpa.-
Beh,
questo lo so già. È per questo che l'ho fatto...è quello che mi
merito.
Mi
rimetto la borsa sulla spalla sana, abbasso la visiera del cappellino
per coprirmi meglio il volto e sistemo la felpa nera.
-Meglio
se ti sciogli i capelli. Loro ti hanno vista con i capelli legati, se
li tieni sciolti sei meno riconoscibile.-
-Oh...giusto.-
dico, poi faccio come ha detto. Quando risposto gli occhi su di lui,
vedo che i suoi sono puntati sul mio volto.
-Eh,
senti...si è più saputo niente di tua madre? Era una potente
ribelle, potrebbe aiutarci...-
-Non
so dove sia. Probabilmente è scappata, non voleva uccidere Nathan.-
-Sì.
Una madre non ucciderebbe mai i propri figli.-
"Ma
un padre?" mi chiedo. E, come mi è accaduto mille volte in
questa settimana, non è una domanda che resta privata nella mia
testa.
Dio,
a quanto pare ora sono la normale più normale mai esistita.
È
fastidioso.
Witness
(da dove sarà uscito questo nome?) s'irrigidisce e mi fissa per
qualche istante, come fosse indeciso su cosa dire.
-Evelyn...-
-Meglio
che tu vada dentro.- gli dico. E sono sincera.
Non
voglio sapere com'è sopravvissuto, come ha fatto a cambiare aspetto,
come è riuscito ad ingannare tutti. Anche Nathan, quando era andato
nella sua base russa. Anche sua moglie, l'unica volta in cui si sono
incrociati, prima dell'attacco suicida a Nathan.
Voglio
solo che se ne vada.
-Non
ho mai voluto che accadesse tutto questo.- mi dice lui, ignorando
bellamente quello che gli ho detto. Io gli sorrido...e anche questo
sorriso è sincero: sento tutto quello che mi sta accadendo come
fosse un problema lontano.
Davvero
nell'altra realtà ho lottato contro quest'uomo, l'ho visto morire?
-Invece
volevi che accadesse esattamente questo. Complimenti, hai
vinto: hai creato e distrutto il tuo perfetto erede. Vanne fiero.-
Vedo
una macchina che si avvicina all'inizio del vicolo: sono Adrian e
Cass.
Evidentemente
l'uomo che ho accanto sente che devo andare, perchè dice in fretta e
con un tono ansioso:
-Sei
sicura che Karen non tornerà?-
-Non
è affar mio.- gli rispondo subito, facendo qualche passo verso
l'auto -Io non sono vostra figlia.-
Del
resto...è vero, no? Non dovrei sentirmi in colpa me quello che sto
facendo.
Se
lo merita. Se lo meritano tutti e due.
Salgo
sulla macchina senza voltarmi. Dopo qualche istante stiamo
percorrendo la strada principale di questa città di cui non conosco
nemmeno il nome, diretti all'ospedale.
-Allora?
Come va?- mi chiede Cass, seduta davanti accanto ad Adrian -Ho visto
il video, sai?, e avevi un'espressione così convincente e distrutta
che veniva voglia di venire ad abbracciarti e spupazzarti...-
-È
un modo per dirti che sei stata convincente.- chiarisce Adrian.
Peccato, stavo cominciando a pensare che Cass ci stesse provando con
me. Beh...quasi me lo aspetterei da lei: in una settimana non ho
ancora capito come abbia fatto a finire dalla parte di Nathan.
Insomma, è simpatica e dolce e ogni volta mi chiede come sto anche
se sono una completa sconosciuta.
Mi
sto affezionando troppo alla gente, in questo periodo.
-In
realtà quell'espressione disperata e spupazzabile è quella che ho
sempre.- noto io. Adrian sbuffa e senza voltarsi (ci credo, sta
guidando) dice:
-Smettila
di deprimerti, miss "disperata sono e disperata morirò".
Ok, è successo un casino, ma ora è tutto finito. Possiamo almeno
tentare di avere una vita normale, no?-
-Ho
praticamente ucciso metà dell'umanità ma fa niente, andiamo avanti
con la vita...- ripeto per la millesima volta questa settimana.
E
succede una cosa che al momento non mi sarei aspettata: Cass si volta
verso di me e vedo per la quarta volta questa settimana la sua
espressione da incazzatura:
-Va
bene, hai ragione. È colpa tua, contenta? Sei un'assassina, bene.
Non andarne fiera. Del resto, sei stata solo manovrata da Nathan e
appena hai avuto l'occasione di fermarlo l'hai fermato, evitando che
accadesse il peggio. Odiati per questo. Pensa a che brave persone
siamo noi, allora, no? Io ho tentato di evitare uccisioni di
innocenti ma avrei potuto fare molto di più, lo stesso Adrian. Tutti
avremmo potuto. Anzi, guarda un po': l'unica che in teoria ha tutto
il diritto di non sentirsi in colpa sei tu, sai? Quindi facci
il favore di non continuare a menarla e dacci tregua, che ti stiamo
portando all'ospedale e tra poco lo rivedrai. Tirati su, cazzo!-
Ecco
che tipo è Cass. Diretta e crudele, come serve a me.
-Dai,
non maltrattarla così.- sbuffa Adrian. Non mi serve avere poteri
strani per sapere che sta sorridendo.
-No,
ha ragione.- lo contraddico io -Come tutte le altre volte che me l'ha
detto, comunque. Stavolta m'impegno, va bene?-
-Se
non riesci a fare di meglio.- sbuffa Cass...sinceramente
arrabbiata per questo mio continuare a menarla sull'omicidio di massa
che ho contribuito a fare. Come se mi conoscesse da sempre.
In
qualche modo che non mi è molto chiaro le reti telefoniche mondiali
non sono crollate (cosa che avevo dato per certo, nella mia fiducia
per il mondo) e per questo non mi sorprendo quando sento il cellulare
che mi hanno gentilmente offerto vibrarmi in tasca. Ho solo quattro
numeri memorizzati: quello di di Adrian, quello di Cass, quello di
Catchlyt (orrore) e...quello dell'ospedale.
Ovviamente
non è Catchlyt che mi sta chiamando ora.
Tempo
un millesimo di attimo e sto già dicendo, col cellulare attaccato
all'orecchio:
-Pronto?-
-Evelyn
Faber?- mi risponde una voce femminile.
-Sì,
sono io.-
-Prima
di tutto voglio dirti che secondo me non è colpa tua. Insomma, non
avresti potuto fare tanto, Faber era una bestia. Comunque...ci hanno
detto di contattare te se c'erano cambiamenti nella situazione di
Sanders...-
-Sta
bene?- la interrompo senza rendermene conto, mentre Cass si volta
verso di me con un'espressione allarmata -Cosa gli è successo? Mi
hanno detto che stava migliorando, che l'operazione è andata
bene...-
-Sì,
sta meglio. Si è stabilizzato...riteniamo che tra poco si
risveglierà. Volevamo solo avvertirti di questo.-
Si
risveglierà.
Oddio.
Si risveglierà.
-Riusciresti
ad arrivare in tempo? Sai...potrebbe reagire male, ci hai detto
che non è pericoloso ma in questa situazione...-
-Sono
già qua, arrivo tra poco.- le dico mentre entriamo nel parcheggio
dell'ospedale. E penso non sia un bene che quasi mi lanci fuori dalla
macchina per arrivare prima nella fatidica camera 213.
Sto
impazzendo.
Dopo
quelli che sono cinque minuti ma che nella mia testa sembrano cinque
anni belli intensi, io e gli altri due coglioni arriviamo alla stanza
d'ospedale dove tengono il quarto deficiente. Come sempre fatto in
questa settimana, Adrian e Cass si piazzano fuori dalla porta per
prevenire intromissioni di gente a cui non sono poi così simpatica
come alla tizia che mi ha appena chiamata (ehi, non si può
pretendere tutto dalla vita) e io, manco a dirlo, quasi scardino la
porta mentre la apro per entrare.
E
vedo qualcosa che, incredibile ma vero, per un istante mi
rende...felice.
Evan
è sveglio.
-Ehilà.-
è la prima cosa che dice, con una voce roca per il poco utilizzo e
con un'espressione un po' rimbambita dalla morfina. Io mi siedo sulla
sedia che hanno piazzato accanto al letto apposta per me, e mi
accorgo di stare sorridendo solo mentre gli rispondo:
-Ehilà.
Hai una faccia proprio da schifo.-
-Anche
io ti trovo bene.- sorride lui di rimando. Ormai comunichiamo così,
già. Io lo insulto e lui sorride.
Si
è svegliato e a quanto pare starà bene. Ehi, Babbo Natale...non ti
pare un po' presto per i regali?
Si
guarda un po' attorno; probabilmente si è svegliato davvero
un secondo prima che io arrivassi. Poi solleva il braccio sinistro
per guardare l'ago della flebo, e fa:
-Ehi,
ma qua c'è qualcosa di nuovo.-
-Già.
Quando ti sei sparato addosso da solo i marchingegni strani che avevi
sono tipo collassati...beh, se tu avessi avuto ancora le parti
originali saresti morto subito: con il polmone cibernetico o come
cazzo si chiama hai resistito abbastanza. E Adrian è riuscito a
rintracciare la figlia della tipa che ti aveva ricostruito dopo
l'esplosione, Shepard, e lei a quanto pare sa tutto delle tecniche
della madre perchè ti ha salvato, e visto che c'era ti ha rimesso a
posto anche quelle...-
-Bastava
dire che mi hanno messo delle dita nuove.- m'interrompe lui, muovendo
il mignolo e l'anulare ritrovati della mano sinistra. Poi abbassa la
mano e mi guarda con un'espressione strana:
-In
che senso, quando mi sono sparato da solo?-
-Beh...era
un attimo ovvio che Nathan avrebbe respinto il proiettile, no?-
-Quindi
è colpa mia.- conclude Evan.
-Non
sto dicendo questo.- obbietto io, ferita nell'orgoglio da questa
accusa di dargli la colpa -Sto dicendo solo che era prevedibile.-
-Mi
sono svegliato da cinque secondi e mi dai del coglione. Grazie, eh.-
fa lui, poi sbuffa alzando gli occhi al soffitto...ma mentre lo fa
sorride.
Sorride,
il coglione.
-Sì,
beh, potevi non rischiare di morire. Saremmo stati tutti più
tranquilli, no...?-
-Che
ti è successo al braccio?- m'interrompe senza tante cerimonie Evan.
E io sposto gli occhi sulla mia spalla, quasi non ricordando che è
sepolta sotto mille fasciature e sette bei punticini.
-Cass
mi ha sparato. Cioè. Non è che volesse spararmi, ha mirato a Nathan
e lui si è spostato, quindi ha beccato me perchè ero nella
traiettoria. Non ti ricordi?-
-Mi
sa che ero già andato per metà quando è successo.- confessa lui. E
ora tocca a me sbuffare, prima di cominciare a raccontargli tutto.
Con
calma...perchè non c'è più alcuna fretta, no?
-Allora.
Non so se l'hai sentito anche te...-
-L'ho
sentito.-
-I
normali che urlavano?- gli chiedo per sicurezza, e lui annuisce:
-Sì.-
-Ma
com'è possibile, se non hai poteri?-
-Penso
sia una...connessione, chiamiamola così. Una connessione
oltre a tutto, oltre ai poteri e ai non poteri e cazzate varie. Una
cosa semplice che ci unisce.- prova a spiegarmi, e capisco che è
quello che penso io da sempre ma che non sono mai riuscita a tradurre
in parole -E penso che per questo tutti li abbiano sentiti. Pensatori
e immuni...perchè adesso siamo solo noi, no?-
Eh,
no.
-Ci
sono io.-
Mi
guarda confuso, e io aggiungo:
-Il
generatore aveva bisogno di energia. Penso...beh, penso che per
riportare in vita una persona normale sarebbero "bastate"
le vite dei normali. Ma Nathan ha voluto riportare in vita me,
quindi è ovvio che siano serviti anche i miei poteri.-
-Riportare
in vita te? Mi sono perso.-
Giusto,
giusto. Lui se n'è andato anche prima che la morta si risvegliasse
dalla tomba.
-Nathan
voleva riportare in vita la mia versione di questa realtà.- riprendo
a spiegargli -Quella che hai conosciuto te, insomma. Quindi ha
caricato il generatore con le vite dei normali e, in più, pure con i
miei poteri. Per questo ti ha mandato a cercarmi in tutte le realtà:
le Ivy troppo deboli sarebbero potute essere una spina nel fianco e
quindi andavano eliminate; quella più forte, e quindi quella che
aveva creato la nuova realtà, sarebbe stata la carica per il
generatore.-
-Quindi
ti ha tolto i poteri?-
-Sì.-
-Quindi
sei l'unica normale.-
-...sì.-
Evan
fa un'espressione strana, e aggiunge:
-Quindi
poteva andarti peggio. Poteva ucciderti.-
In
effetti...chissà perchè Nathan non ha fatto in modo che il
generatore prendesse anche la mia vita come tributo. Ci sono troppi
"chissà perchè" in questa storia.
-Già.-
-Poi?
Cos'è successo?- chiede lui.
-Beh...io
sono svenuta, e l'altra Ivy è tornata in vita. Ma Nathan aveva
sbagliato a giudicarla, pensava che lei sarebbe stata dalla sua;
invece l'ha distratto, dandomi il tempo di rompere il generatore e
quindi farla morire.-
-Così
Nathan sarebbe rimasto da solo, distrutto e disperato.- aggiunge Evan
-Cristo...se l'è vista morire davanti agli occhi?-
-Si
stavano abbracciando quando è successo.- gli dico io. E capisco che
Evan la pensa esattamente come me: nemmeno lui augurerebbe una cosa
del genere al suo peggiore nemico.
-Mi
ricordo quando sei morta.- sussurra Evan, così piano che quasi non
lo sento -Faber mi aveva già cancellato la memoria. Ma ho visto
Nathan, e quello mi è bastato: era distrutto. E dal mio punto di
vista, pulito da ogni ricordo e senza conoscere tutto quello che era
successo, era evidente che avrebbe ucciso Faber...vostro padre. Non
ho mai visto nessuno soffrire così.-
-Non
volevo che lei gli morisse tra le braccia.- dico io. Dio, quanto mi
sento in colpa.
-Quasi
lo capisco.- aggiunge Evan, e mi accorgo dopo qualche istante che mi
sta guardando mentre dice -Ora mi ricordo di quando sei caduta
dalla scogliera. Ero convinto che fossi morta, sai? Vederti morire di
nuovo sarebbe come morire...ed essere costretti a continuare a
vivere. Una sofferenza unica. Quasi mi dispiace per Nathan.-
Oh,
beh. Che bello sentirsi dire che sarebbe una sofferenza se morissi.
Mai le mie orecchie hanno udito cosa più romantica. Ma ora basta,
dai.
-Dopo
sono arrivati Cass e Adrian.- continuo a raccontare -Cass ha sparato,
ma Nathan l'ha sentita e si è spostato. E, come ti ho già detto, ha
beccato me alla spalla. Poi ha sparato anche Adrian e l'ha ucciso.-
-Nathan
non ha sentito anche lui?-
-...penso
di sì. Ma, insomma...penso che abbia realizzato tutto. Cos'aveva
fatto, cosa sarebbe diventato. E ha deciso di farla finita.-
-Meglio
tardi che mai.- nota Evan.
Rimaniamo
in silenzio per qualche istante: Evan pensa alla prossima domanda, io
l'aspetto. Perchè è ovvio ciò che mi sta per chiedere.
-E
adesso?-
-Adesso
io non avrò una vita semplice.- rispondo, e sento di stare
sorridendo senza alcuna allegria -Mezza oretta fa ho fatto una specie
di registrazione in diretta mondiale, e ho raccontato tutto quello
che è successo. Mi sembrava...giusto.-
-Si,
certo.- sbuffa Evan, lasciandomi senza parole per il suo tono
scazzato -Così tutti daranno la colpa a te e ti perseguiteranno per
sempre. Ma quanto sei cogliona?-
-Scusa
se è colpa mia se sono morti tutti, eh. La prossima volta ci penserò
due secondi prima di...-
-Prima
di cosa, di grazia?- m'interrompe Evan, e sembra davvero
incazzato -Te non hai fatto proprio niente, anzi, sei quella che fino
ad ora ha subito più di tutti. È Nathan il colpevole, non sei te.
Potevi evitare di diventare il capro espiatorio di un massacro.-
Me
lo dicono tutti, che palle.
-Almeno
così mi sento meno in colpa..- obbietto, incazzata quanto lui per
questa sua reazione idiota. Ma, come sempre, quello che dice dopo fa
evaporare magicamente tutta la mia arrabbiatura:
-E
ora che faremo? Potremo chiedere aiuto a Catchlyt, del resto lui sa
cos'è successo davvero...spero che i governi che si formeranno non
se la prenderanno con te...-
-Frena,
bello.- lo interrompo dopo qualche secondo, e non riesco proprio a
non sorridere. Ivy Faber, cogliona fino al midollo.
-Zitta,
hai già combinato abbastanza guai in una settimana che sono fuori
gioco...-
-In
che senso "e ora che faremo"?-
Questo
lo zittisce. Abbassa di scatto le braccia che aveva alzato per
enfatizzare la sua incazzatura per le mie cazzate, fissa il muro per
qualche istante e poi risposta gli occhi su di me con un'espressione
che, giuro, è ferita:
-Una
settimana e ti sei già trovata un altro? Che troia.-
-Dai,
hai capito cosa intendo.- sbuffo io -Sarò, sono, nella merda
fino al collo...vuoi seguirmi?-
-Ti
dirò, la puzza di merda non mi dispiace.- risponde subito lui. Non
gli tiro un pugno solo perchè è ancora mezzo ammaccato, e lui
subito aggiunge:
-Ok,
ok. È che...insomma, ti ho vista morire e ho passato due anni senza
ricordarti. Non voglio perderti di nuovo. Anche perchè non conosco
praticamente nessun altro in questo mondo...-
-Va
bene. Ho capito.- lo interrompo prima che cominci a blaterare su
quanto sia triste e solitaria la sua vita etc etc (oggi sono proprio
egoista). Poi mi ricordo dei due coglioncelli qua fuori, e dico a
Evan:
-Potremmo
stare ancora con gli altri. Sai, non fare i lupi solitari, restare
con quelli che ci hanno dato una mano.-
-Tipo
Catchlyt?- nota lui, e io lo guardo male per l'espressione divertita
che ha:
-Tipo
Adrian e Cass. Sono loro che ci hanno salvato il culo, Adrian ci ha
dato un'aiuto enorme ed è Cass che ti ha tenuto in vita fino a
quando siamo venuti qua...solo perchè Adrian gliel'ha chiesto, visto
che neanche ci conosceva.-
Non
aggiungo che lei ha salvato la vita anche a me, impedendo che
uno stupido proiettile nella spalla mi strappasse da questo mondo
crudele. Chissà perchè, poi: perchè questo è rientrato nella
lista di cose da tenermi per me? Perchè ricorderebbe che è stata
Cass stessa a spararmi?
Non
so se dirò mai a qualcuno del mio "viaggio interiore",
comunque. E questo è un punto della lista di cose da tenermi per me
un po' diverso da "Cass che prima mi ha quasi ammazzata e poi mi
ha salvato la vita".
Anche
perchè a quanto pare i miei poteri hanno fatto puf per
sempre...ma non posso esserne sicura, no? E se il Nathan del viaggio
interiore avesse avuto ragione? Se loro ("loro"?) fossero
come pietrificati in me? Se, quindi, un giorno tornassero, e con
quelli i casini?
Che
vita incasinata.
-Che
ti preoccupa, raggio di Sole?-
No.
Non può averlo detto sul serio. Devo aver sentito male.
Alzo
gli occhi, e vedo che Evan mi sta osservando con un'espressione
divertita e tranquilla assieme.
-Quando
hai quella faccia stai pensando a qualcosa che ti preoccupa. Che c'è
stavolta?-
Non
se n'è nemmeno accorto...ma questo non importa. Perchè, insomma,
cosa mi può importare adesso?
Evan
sta bene.
Sta
bene e passeremo il resto della nostra vita insieme e pucci pucci
ciao. Cioè, può accadere che ci aspetti un futuro roseo.
Togliendo
la morte di tutti i normali (robetta) e la diretta mondiale che mi ha
resa la colpevole principale della sopracitata morte di tutti i
normali, beh...ora non c'è più niente, no? Possiamo starcene
tranquilli a poltrire per sempre, come pensavo quando un'altra sua
versione mi chiamava ancora "raggio di Sole".
-Niente.-
dico a Evan, in attesa di una risposta con i suoi occhioni verdi
spalancati -Non c'è niente per cui preoccuparsi, no? Non più.-
Sentendo
questa massima lui fa un sorriso che non gli ho mai visto sul volto:
semplice semplice, in pace.
-Già.
Magari adesso qualcosa andrà per il verso giusto, eh?-
-Magari.-
gli rispondo, e ci credo.
Ci
credo davvero.
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