Fear of Me di Maia Scott (/viewuser.php?uid=329355)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Caitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Terribile.
Insopportabile.
Acida. Perfida. Insofferente. Sfacciata. Maleducata.
Questo
dicevano di lei. Questo e molto altro.
Ormai i mormorii
sommessi nei corridoi della scuola non intimorivano più
Izzy,
che camminava imperterrita e orgogliosa. Perchè era vero.
A lei piaceva
il suo piercing al naso, le piacevano i suoi tatuaggi e i
capelli corvini e lunghi, ormai tinti di blu, che di solito legava in
uno
chignon disordinato. Aveva scelto lei stessa il tipo di abbigliamento:
le sue
enormi felpe, le innumerevoli magliette con le frasi delle sue canzoni
preferite, milioni di jeans neri e blu, ma soprattutto le sue giacche
di pelle,
ne aveva una grigia e una nera e le custodiva gelosamente.
Aveva dovuto combattere
con i suoi genitori per i quattro buchi all'orecchio,
per i tatuaggi che aveva sulle braccia e sulle spalle, per il colore
dei
capelli e anche per la compagnia che aveva scelto.
In realtà
quei ragazzi non piacevano nemmeno a lei, li trovava così
ridicoli e
superficiali, pensavano solamente al fumo, all'alcool e alle feste.
Secondo lei
stavano buttando letteralmente la loro vita.
Lei però non
era di certo perfetta, e questo lo sapeva. A volte sentiva il
bisogno di fumare, ma ormai accadeva raramente. Eppure odiava gli
alcolici e
non riusciva a sopportare quelle feste interminabili dove la gente non
faceva
altro che strusciarsi e bere.
Forse era proprio per
questo che non aveva un ragazzo dal momento in cui era
cambiata.
Era successo
all'età di quindici anni, quando aveva eliminato tutte le
tracce della bambina adorabile che era stata. La sua via di fuga da
quel
momento era stata la musica, suonava la chitarra e il pianoforte ma
questo non
lo sapeva nessuno.
Ormai abitava da sola,
in un appartamento nella periferia di New York. Aveva
preso il diploma qualche mese prima e, in quella prima settimana di
settembre,
cercava di ambientarsi e di dare un senso logico a quello che riempiva
gli
scatoloni con le sue cose fatti arrivare da Londra, la sua
città.
Sistemò con
cura le fotografie e i poster sui muri della sua nuova camera,
trasferì i vestiti nell'enorme armadio sul lato destro,
riordinò il suo bagno
al piano superiore e quello al piano inferiore, poi dispose
ordinatamente tutto
quello che sua madre le aveva comprato poiché lo riteneva
indispensabile per la
casa.
Quest'ultima non era
niente di speciale, ma era proprio la sua semplicità ad
aver attirato la ragazza e ad averla convinta ad acquistarla. Certo,
era
sviluppata su due piani, ma entrambi abbastanza piccoli.
Al pianterreno vi era la
cucina, il salotto dove avrebbe piazzato il nuovo
televisore che sarebbe arrivato a breve e il piccolo bagno di servizio.
Delle scale conducevano
al piano superiore; su un corridoio si aprivano
tre stanze, una era la sua camera, una era destinata ad
eventuali ospiti
e una era il suo piccolo rifugio.
Dentro avrebbe montato
delle mensole per riporre i suoi libri, poi vi aveva già
messo la chitarra classica e quella elettrica, che era riuscita a
comprare
l'anno prima con i suoi risparmi.
Prima o poi sarebbe
arrivata una tastiera elettrica, l'aveva ordinata ed era
già stata spedita, per sostituire il suo amato piano.
Una parete l'aveva
tappezzata di poster e le altre le avrebbe dipinte il giorno
dopo.
Quel posto
sarebbe stato il suo piccolo segreto.
Quando finalmente ebbe
finito, Izzy decise di uscire per respirare un pò
dell'aria di quella nuova città che avrebbe chiamato "casa".
Il problema che
però si ritrovò ad affrontare, ovvero la poca se
non nulla
conoscenza della metropoli, non le permise di spostarsi molto dalla sua
abitazione.
Dopo qualche isolato
raggiunse un piccolo parco, pieno di bambini che correvano
da una parte all'altra gridando, di mamme sedute sulle panchine che
chiacchieravano, di coppiette di sedicenni sotto gli alberi, sembrava
quasi una
classica scena di qualche film orrendo.
In effetti erano pochi i
film che riteneva degni di essere visti, quindi
sosteneva che il suo parere in quel campo non servisse.
Si sedette ai piedi di
un albero non molto alto ed estrasse dalla sua borsa il
nuovo paio di cuffie che aveva acquistato prima di partire, in vista
delle
dieci ore di viaggio. Fece partire una delle sue canzoni preferite,
Wish You
Were Here dei Pink Floyd e chiuse gli occhi, poggiando la testa
all'arbusto
dietro di lei.
Perse completamente la
cognizione del tempo, si rilassò dopo giorni di stress e
finalmente si sentì tranquilla. In quel momento era
esattamente dove voleva
essere, nessuno la poteva criticare per ciò che indossava o
per quello che ascoltava.
Sentiva che
lì, a New York, poteva finalmente essere sé
stessa.
Isabelle Lower.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Ad
una settimana dal suo
trasferimento, Izzy non aveva ancora conosciuto nessuno, ad eccezione
della
vicina, un’ anziana signora che spesso si tratteneva con lei
a chiacchierare
quando rientrava dal supermercato, e il ragazzo che lavorava da
Starbucks, che
la vedeva ormai ogni mattina quando andava a fare colazione.
In tutti i giorni che aveva trascorso lì aveva finalmente
terminato la
sistemazione della casa, ma era particolarmente soddisfatta del suo
"rifugio", dove trascorreva intere ore, soprattutto da quando era
arrivata la tastiera. Le piaceva molto come l'aveva arredato.
Sulle due pareti aveva disegnato alcuni luoghi e monumenti della sua
Londra:
c'era il Big Ben, Tower Bridge e la statua di Peter Pan.
Da piccola passava le ore ad osservarla e a giocarci accanto, sommersa
dalla
folla di turisti.
Solo la parete frontale aveva lasciato libera, lì aveva dato
libero sfogo alla
sua passione per la street art; c'erano tutti i tipi di graffiti
possibili, il
lavoro aveva richiesto ben due giorni. Quando aveva finito tutto,
Isabelle era
fiera del suo lavoro: aveva rappresentato la sua città di
provenienza, ma anche
quella in cui ormai era destinata a vivere.
Una volta sistemata la casa, decise di cercarsi un lavoro, niente di
speciale,
qualcosa che potesse aiutarla a mantenere le spese da sola per non
gravare sui
suoi genitori. Voleva essere indipendente.
Uscì di casa, quel giorno, con mille buone intenzioni,
decisa ad ottenere ciò
che voleva. Se l'avesse vista suo padre sicuramente avrebbe detto che
si era
contenuta con l'abbigliamento, ed in effetti era proprio
così.
I suoi capelli, ancora blu, erano legati in una coda alta ordinata,
mentre
indossava un paio di semplici jeans e una canotta nera da cui si
intravedeva
qualche tatuaggio. L'unico segno distintivo forse erano gli anfibi neri
e i
bracciali borchiati, ma alla fine lei era così, avrebbero
dovuto accettarla.
Entrò nel primo locale che esponeva un cartello di cercasi
camerieri, si
trattava di un ristorante lussuoso.
Alle pareti era appesa una quantità infinita di fotografie
dello stesso uomo in
giacca e cravatta con un sorriso falsissimo insieme a diversi
personaggi
famosi.
Izzy detestava l'ipocrisia, soprattutto odiava tutti quelli che si
fingevano
gentili e disponibili solo quando fiutavano l'affare. Quell'uomo
già le stava
antipatico.
Eppure aveva bisogno di un lavoro, quindi si costrinse a proseguire
all'interno. Al banco della reception trovò un uomo sulla
quarantina intento a
digitare freneticamente sulla tastiera del computer. Si
schiarì la voce,
ottenendo così l’attenzione.
«Posso
esserle d’aiuto?» l’uomo si
limitò a squadrarla criticamente mentre
parlava.
«Ho visto il cartello fuori e volevo avere
informazioni per il posto di lavoro.» Izzy
non rispose a testa bassa,
anzi, puntò il suo sguardo castano negli occhi del suo
interlocutore,
sfidandolo. Purtroppo però mettere in
pratica il saggio
consiglio di non giudicare un libro dalla copertina è sempre
difficile. Infatti
la sua richiesta fu accolta prima con un’ occhiata sconvolta,
poi un ghigno
divertito fece capolino sul volto dell’impiegato.
«Mi dispiace signorina, cerchiamo qualcuno
più adatto. Non credo che il direttore apprezzerebbe la
scelta. » e nel frattempo
spostava lo sguardo inquisitore su di lei. «E ora, se non le
dispiace, tornerei
al mio lavoro. Arrivederci.» La madre aveva insegnato ad Izzy
a mantenere la
pazienza e a non rispondere scorrettamente, inoltre a casa sua era
quasi degno
di castigo l’uscire da un posto senza salutare. Ma questa
volta era davvero
troppo. Aveva lasciato Londra convinta di abbandonare i pregiudizi,
invece
sembrava proprio che si fossero affezionati a lei.
Si girò e andò via.
Due ore e qualche rifiuto dopo, Isabelle si
trovò davanti ad una piccola
libreria dall’aspetto molto invitante. Quando spinse la porta
per entrare, un
campanello avvertì i commessi del suo arrivo.
All’interno fu piacevolmente
investita dall’odore della carta, quasi impercettibile ma per
lei ristoratore. Se
avesse potuto, si sarebbe nutrita della sola lettura.
Non
era un posto molto grande, ma si estendeva su due piani.
All’ingresso era posto
un bancone dai colori sgargianti, che le fece nascere un sorriso.
Qualche anno
prima avrebbe dipinto così la sua stanza. Scacciò
i pensieri e si inoltrò tra
gli scaffali. C’erano alcuni clienti, non erano moltissimi,
ma sicuramente
erano numerosi. Izzy si perse nella lettura dei titoli sulle copertine
dei
libri, quindi si spaventò terribilmente quando si accorse di
una ragazza che la
fissava sorridendo.
«Ciao. Ti serve una mano? Comunque,
hai dei
tatuaggi bellissimi.» rivolse alla ragazza, che sicuramente
lavorava lì, un
sorriso. Era sempre gratificante ricevere complimenti al posto delle
critiche.
«Grazie
mille» prese coraggio e fece la fatidica domanda. Anche
lì fuori aveva trovato
un cartello, forse era la volta buona. «ho letto
l’annuncio sulla porta e…» la
ragazza battè le mani e sorrise entusiasta, ma non
lasciò finire la frase ad
Izzy. «Certo che si! Serve qualcuno che possa venire tutti i
giorni per dare
una mano a me e a Chris. Credo proprio che Will ne sarà
contento!» Tese
una mano e si presentò «Jennyfer, ma
chiamami Jenny» Izzy non se lo fece ripetere due volte «Isabelle, ma
chiamami Izzy »
Adesso
poteva decisamente dichiarare aperta la sua nuova vita.
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