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Era
una terribile notte di pioggia. Nel Bosco dei Cento Acri ogni albero era sotto la
forza impressionante del vento e dell’acqua, che veniva giù pesante e in vena
di devastazione.
Pimpi
guardò fuori dalla finestrella della sua casa, situata nella cavità di un
albero.
“Sp-speriamo
che f-finisca p-presto…”
Un’improvvisa
successione di fulmine-tuono lo fece sobbalzare e rintanare sotto al letto, in
preda allo sconforto.
“Vorrei
t-tanto che tu fossi qui c-con me, orsetto Pooh…”
Toc.
Toc.
Toc.
I
colpi alla porta risuonarono profondi ed echeggianti.
“C-chi
sarà…?”
Si
avvicinò lentamente alla porta, e appena la aprì, si spalancò con violenza,
rivelando sulla soglia una figura scura e imponente, almeno dalla visuale del
povero Pimpi. Gridò con tutta la forza che aveva nei polmoni.
-Pimpi,
che ti prende? Sono io, Pooh.
Richiuse
la porta alle sue spalle, e Pimpi poté vedere la figura familiare dell’orsetto
suo amico, che si toglieva l’impermeabile bagnato.
-Oh,
orsetto Pooh! Ho avuto t-tanta paura!
-Oh,
sciocchino. Sono venuto a trovarti. A casa mi sentivo solo…
Si
abbracciarono amichevolmente, e si sedettero sul piccolo divano di Pimpi.
-Senti,
Pimpi…
Pooh
si massaggiò il pancino.
-…non
è che avresti un po’ di miele? Sai, io a casa l’ho finito…
-No,
orsetto P-Pooh, dovevo andarlo a p-prenderlo o-oggi, ma c-con questo t-tempo
non…
-Oh,
che peccato…
L’orsetto
gli mise una zampa sulla spalla.
-È
proprio un peccato…Pimpi, mio caro, caro, Pimpi…
Il
piccoletto sentì una stretta attanagliante intorno al suo collo, che gli faceva
mancare il fiato. Si divincolò, tentò di liberarsi, ma fu tutto inutile. Il
corpo svenuto di Pimpi stramazzò sul pavimento con un tonfo. Pooh lo raccolse,
e lo portò sul tavolo della piccola cucina. Aprì un cassetto a caso, e trovò
ciò che cercava al primo colpo. Estrasse un magnifico coltello da carne,
affilato ed elegante come solo una lama d’acciaio può essere. Immobilizzò
braccia e gambe a Pimpi con dello scoch, mentre quest’ultimo si stava
riprendendo debolmente.
-Pooh…!
Che c-cosa…?!
-Oh,
Pimpi, sta’ calmo. Va tutto bene…però tu non hai il miele.
Impugnò
il coltello, e lo appoggiò sul petto pulsante e minuscolo del maialino.
-No,
P-Pooh…
Non
ebbe neppure la forza di gridare quando sentì il metallo freddo della lama
tagliargli la carne, e penetrare nel suo corpo, giù, fino in fondo, aperto in
due come una mela. Alzando appena la testa poté vedere i suoi organi
fuoriuscire, colare sul legno del tavolo come putrido miele dorato…
-UHUHUHHH!!!
PIMPI BELLO!!! SONO IO, TIGRO!!!
Nessuno
venne ad aprirgli. Tigro smise di saltellare sulla coda. Era piuttosto strano
che il piccolo maialino rosa non avesse risposto. Fuori era una magnifica
mattinata, senza alcuna traccia della tempesta del giorno prima. Provò ad
aprire la porta, e ci riuscì senza fatica.
-Yuhuuu?
Pimpi bello? Dove sei?
Andò
nel salotto. Niente. Ma avvertì che c’era una strana atmosfera nell’aria.
Si
diresse in cucina.
Inorridì
dinanzi a quell’orrendo spettacolo: sul tavolo in legno il piccolo corpo di
Pimpi era riverso in un mare di sangue; gli organi interni, nessuno escluso,
erano anch’essi sparsi sul piano, una mistura putrida e marcia che emanava un
odore terrificante…
-Oh, povero piccolo Pimpi bello! Che potrà mai essere
successo?
Tigro rimuginava nella sua stanza, camminando avanti e
indietro senza sosta. Appena scoperto quell’orrendo spettacolo, era corso via
in preda ai conati di vomito, che aveva riversato in un cespuglio poco distante
dalla casa della vittima. Non aveva ancora detto nulla a nessuno, ma sapeva che
tutti gli abitanti del Bosco dei Cento Acri avrebbero dovuto conoscere
l’accaduto.
-Devo assolutamente avvertire Uffa! Lui saprà certamente che
fare!
Corse fuori dalla spaziosa abitazione in legno, facendo
sbattere la porta con violenza, e si mise a saltellare rapidamente sotto la
pioggia battente. Doveva essere veloce come un fulmine, più veloce di qualsiasi
altro tigro nel mondo.
Perché era successo un simile orribile fatto? E soprattutto,
chi aveva potuto compierlo…?
Non era abituato a pensare tanto intensamente, ma non poteva
smettere di indirizzare la sua mente al corpo di Pimpi squarciato, e ai suoi
organi putrefascenti che colavano sul tavolo, imbrattandone la superficie…
Inciampò di colpo a terra, affondando la faccia nel fango
marrone. La sua coda si era impigliata in qualcosa. E quel qualcosa gli faceva
estremamente male.
-Per tutti i tigri tigrosi del mondo…!
Una trappola. Una di quelle per intrappolare gli orsi. I denti
affilati del metallo stringevano sulla sua coda a strisce, affondando sempre di
più e facendo colare il sangue vermiglio.
-Chi mai avrà messo questa sciocca trappola?! La mia bella
coda…!
-Io.
Non fece in tempo a voltarsi.
Qualcosa lo colpì con forza la testa, facendolo svenire.
Poté vedere solo una figura scolorita e offuscata, che
brandiva una mazza tra le zampe e rideva.
Appannato. Tutto era completamente appannato. La testa gli
doleva terribilmente, come se qualcuno gliel’avesse percossa con un martello,
più e più volte.
Nella bocca la saliva si impastava col sapore ferroso del
sangue. Disgustoso.
Aprì completamente gli occhi, recuperando lentamente la
vista. Cosa era successo? Anche la coda gli faceva incredibilmente male.
Alzò lo sguardo davanti a sé, focalizzando l’attenzione
sulla figura bassa e poco aggraziata che avanzava.
Provò a muoversi, ma lunghe e strette cinghie di cuoio lo
tenevano ben stretto alla parete legnosa, macchiata del suo sangue.
-Alla fine ti sei svegliato.
Riconobbe istintivamente la voce flebile e flemmatica di uno
dei suoi compagni. Winnie the
Pooh.
-O-orsetto Pooh! Meno male, sei qui! Liberami, per favore!
Un grosso coltello si piantò nella parete di legno con un
sibilo, a pochi millimetri dalla sua testa.
-Ho sempre odiato quel nomignolo rognoso.
-Ma Pooh…che cosa…?
Si avvicinò alla sua preda con la solita camminata goffa,
che in quella situazione divenne a dir poco inquietante.
-Stupido Tigro. Stupido, stupido Tigro.
Tigro, in quei pochi, orrendi attimi, capì.
-Hai ucciso tu il povero Pimpi bello?
-Sei meno stupido di quanto dai a vedere…
Afferrò il manico del coltello, staccandolo di colpo dal
legno.
-Sai qual è la cosa che più ho odiato di te, in tutto questo
tempo?
Puntò la lama lucente sull’estremità tigrata.
-La tua stupida coda. Il tuo saltellare convulso mi ha
sempre dato sui nervi, ogni santa volta che mi zampettavi intorno o mi mandavi
gambe all’aria. Ma adesso basta.
Alzò l’arma sopra la testa, e sorrise.
-Pensa che bello. Sarai l’unico e solo tigro senza coda.
Tigro iniziò a tremare, e le lacrime scesero dai suoi occhi
lucidi.
-Pooh, ti prego, non farlo…!
-Certo che lo faccio.
Il ghigno sul suo viso si fece ancora più crudele, e abbassò
di scatto il coltello.
Tigro urlò con tutto il fiato che aveva in gola, e guardò
con orrore la coda che si agitava e strisciava in maniera convulsa sul
pavimento, in mezzo ad un lago di sangue vermiglio.
-Ahhh, finalmente. Una fottuta coda in meno. E ora…
Alzò la zampa recante l’arma all’altezza dei suoi occhi
bagnati, e scosse lievemente la testa tonda.
-Ora è tempo che tu non veda più il tigroso mondo che ti
circonda. Mai più. Tu, e tutti gli abitanti di questo bosco la pagherete.
Tra la disperazione, Tigro riuscì ancora a pronunciare
qualche parola.
-Pooh…perché stai facendo tutto questo…?!
L’orso abbozzò un sorriso sadico.
-Mi avete negato la cosa più importante al mondo.
-Cosa…?!
-Il mio dolce miele…
Detto ciò, il coltello affondò del volto di Tigro.
Il brusio piuttosto accentuato del piccolo gruppo andò
calmandosi, per poi sparire del tutto.
Uffa riprese a parlare gravemente.
-Tutti siamo terribilmente scossi per ciò che è accaduto ai
nostri amici Pimpi e Tigro, orribilmente mutilati e uccisi da un misterioso
killer, ma non dobbiamo perdere la calma.
Kanga strinse a sé il piccolo Ro, spaventato e raggomitolato
nel marsupio della madre.
-Che ne sarà di noi, saggio Uffa? Cosa dobbiamo fare? Che ne
sarà di me?
La voce preoccupata e isterica di Tappo riaccese
l’agitazione di tutti i presenti, che ripresero a commentare ad alta voce.
-Basta così, ho detto! SILENZIO!
Il gufo spalancò le ali di scatto, facendo ammutolire ogni
singola bocca.
-Non c’è ragione di essere così spaventati. Il colpevole non
può che essere uno del Mondo di Fuori.
Tutti trasalirono.
-Il Mondo di Fuori?!
-Certamente.
De Castor sfregò le zampettte sul casco giallo, scuotendo
incredulo la testa.
-Ma quello è il mondo da cui viene Chrishhhhhtopher Robin!
-Vuoi dire che dovremmo sospettare anche di un nostro caro
amico?
I volti di tutti si concentrarono sul viso paffuto e furente
di Winnie.
-Pooh, non volevo dire queshhhto, ma…
-Stai accusando ingiustamente Christopher Robin solo perché
viene dal Mondo di Fuori, quando l’assassino potresti essere tranquillamente
tu...
Era sempre stato un ottimo attore, doveva proprio dirselo.
-Ti shhhtai shhhhbagliando, orsetto Pooh…
Winnie represse con una calma disarmante l’istinto che gli
urlava di tranciare di netto la testa al castoro per quell’assurdo nomignolo, e
sorrise.
-Già, scusami, De Castor. Sono molto turbato da questa
situazione…
-Non preoccuparti, amico mio. Shhhhiamo tutti shhhpaventati…
“Fate bene ad esserlo, piccoli rifiuti.”
-Ora coshha credete shhhia meglio fare?
Uffa socchiuse le ali marroni e fece per parlare, ma Tappo si
intromise nella conversazione.
-Dobbiamo chiuderci tutti nelle nostre case! E non dobbiamo
aprire a nessuno che non sia uno di noi, fino a quando non verrà scoperto il
colpevole!
L’orsetto abbozzò un sorriso sadico sul viso che nessuno
notò, accecati com’erano dalla paura e dalla fiducia che riponevano l’uno
nell’altro.
Erano troppo idioti per capire che dubitare dei propri
compagni sarebbe stata la prima cosa sensata da fare.
Ma, in ogni caso, con quell’idea gli avrebbero reso il
lavoro molto più semplice e veloce.
-Anch’io sono d’accordo con Tappo…uscire allo scoperto è
troppo brutto…
Parlare in quella maniera stupida lo innervosiva, ma aiutava
ad aumentare la goffaggine che tutti credevano avesse in indole.
-Certo, -riprese Uffa, assentendo lentamente, -sono anch’io
per la proposta di Tappo.
I rimanenti furono dello stesso parere.
-Bene. Ora però suggerisco, appena saremo usciti dalla mia
umile dimora, di non sparpagliarci ognuno per la propria strada, ma di andare
insieme ad accompagnare tutti ad ogni casa. Il killer non colpirà certamente,
se saremo uniti…
Oramai era tarda notte. Il piccolo gruppo di animaletti
aveva camminato tutto il tempo guidato da Uffa, ed ognuno era stato
accompagnato alla propria tana.
Erano rimasti soltanto in quattro.
-Mamma, -disse il piccolo Ro alla madre, -se potessi avere
le ali come Uffa catturerei quel farabutto con le mie zampe!
-Oh, caro, certo…
Kanga era troppo impaurita e preoccupata per opporsi alle
fantasie del figlio.
-Pooh, non hai paura?
-Oh, piccolo Ro…ne ho tantissima.
“Stupido canguro, merdina deforme…”
Si lasciarono alle spalle un albero dall’aspetto
terrificante, e giunsero alla casa di Kanga.
-Grazie, Uffa, e grazie, Winnie…
Strinse a sé il cucciolo, e fece per entrare in casa. Ro
uscì dalla sacca marsupiale della madre, e andò davanti all’orso.
-Orsetto Pooh! Io volevo…
“Piccolo bastardello…!”
Doveva trattenersi. Reprimere l’istinto omicida fu
difficile…terribilmente difficile...
Appoggiò la zampa sulla spallina del piccolo canguro, e
sorrise in maniera estremamente forzata.
-Vai dalla tua mamma, Ro…
-Ma Pooh! Io…
-Vai.
La freddezza delle sue parole gli gelò il sangue, e fece di
corsa ritorno in casa. La porta venne chiusa, e la famiglia di canguri sparì
dietro ad essa.
-Bene, Pooh. Accompagno anche te e poi abbiamo finito.
-Certo, Uffa…certo.
L’avanzata sembrò durare pochi minuti alla mente frenetica
di Winnie, che stava già macchinando le sue prossime azioni.
La sua casa era ormai in vista. E Uffa, davanti a lui, gli
dava le spalle. C’era un grosso sasso, a pochi centimetri dalla sua portata. Ed
uno decisamente più piccolo, a poca distanza da esso.
Lo raccolse con uno scatto, e lo lanciò sulla nuca del
volatile, che si mise le ali sulla testa per il dolore.
-Acciderboli, ma che cosa mi ha…?
L’orso, con l’enorme sasso tra le zampe, lo colpì sulla
testa con una violenza inaudita, tramortendolo e facendolo stramazzare a terra
nel fango.
Uffa alzò il capo a fatica. Il sangue rendeva ogni cosa
rossa e confusa, ma ciononostante aveva capito.
-Pooh…! Ma allora sei stato tu…!
-Già. Stupido uccello, grazie a te farò una buona azione.
Spero che tu sia felice…
-Non uccidermi, ti prego…!
-Oh, no, Uffa, no…
Lo colpì nuovamente, facendolo svenire con il viso riverso
nella terra annegata.
Winnie lasciò cadere sul pavimento della propria casa il corpo mutilato
di Uffa, un tronco senz’ali che perdeva ancora sangue
Winnie lasciò cadere sul pavimento della propria casa il
corpo mutilato di Uffa, un tronco senz’ali che perdeva ancora sangue.
L’orso rigirò tra le zampe gli arti che aveva strappato con
violenza dal gufo, accarezzando le piume morbide e setose.
-Ottimo…
Aveva ripreso a piovere. Erano due giorni che il temporale
imperversava violento sul bosco, ma la vera preoccupazione dei suoi abitanti
era un’altra.
Il piccolo Ro, nascosto sotto le coperte del suo letto, non
riusciva a dormire, tormentato da dubbi e domande d’ogni sorta. Chi avrebbe mai
potuto essere l’assassino dei suoi amici Tigro e Pimpi? E perché li aveva
uccisi?
Non ne aveva idea, ma la sua piccola mente non smetteva di
pensarci, e pensarci, e…
Sentì d’improvviso un violento tonfo provenire dalla stanza
della madre.
La paura per un attimo non lo fece muovere, ma la sua
temerarietà cocciuta prevalse e lo costrinse ad andare a vedere.
Socchiuse appena la porta, e intravide una figura scura
china sul corpo di Kanga.
-Mamma…?
-Ro…
La voce fu subito familiare.
-Orsetto Pooh! Cosa…
Winnie aprì di scatto la porta, con un’espressione di dolore
sul viso.
-Santo cielo, Ro…tua madre è morta.
Il canguro volle guardare, ma Pooh non glielo permise.
-La mia mamma…
-Oh, Ro, suvvia, non piangere. Ho un bel regalo per te.
-Ma Pooh! Mia madre…!
L’orso afferrò il cangurino per la collottola, uscendo dalla
stanza.
-Ricordi cosa hai detto poche ore fa? Avresti voluto un bel
paio d’ali per catturare il killer. Ora farò una buona azione, e realizzerò il
tuo desiderio.
Prese il grosso zaino dalle spalle, e ne trasse fuori i due
arti piumati non più appartenenti all’ormai deceduto Uffa, ed un sottile
coltello da cucina.
-Sarai un magnifico angioletto.
Vorrei
ringraziare tutti coloro che commentano i miei racconti.
Tappo si svegliò di soprassalto,
tremante e madido di sudore dalle orecchie alle zampe. Strinse a sé le sue
adorate carote, e riappoggiò la testa sul cuscino. Perché doveva accadere tutto
a lui e al suo campo? Proprio in quel periodo doveva presentarsi uno spietato
assassino che uccideva tutti senza pietà?! Proprio adesso che avrebbe dovuto
sistemare il raccolto?!
Stupido malfattore, arrivato nel
periodo sbagliato…!
Era molto dispiaciuto per la morte
dei suoi compagni, ma non poteva certo guardare al passato e ignorare il
lavorativo presente. In tutto il Bosco, l’unico che si faceva il culo era lui.
E quello stronzo di Pooh, stupido orso dalla psiche di un mollusco, prendeva
sempre i frutti del suo lavoro a sbafo. E questo era male, molto male…
Alzò lentamente l’orecchio destro.
Mancava solo uno scocciatore
notturno. Aveva un’idea su chi potesse essere. E stava già andando fuori di
testa.
Si alzò, avviandosi inferocito alla
porta armato di una carota.
Spalancò la porta, da cui entrò una folata di vento che gli
scompigliò il pelo verdastro.
-Tappo.
La tonalità bassa e cavernosa dell’asino sulla soglia gli
fece abbassare istintivamente l’arma arancione.
-Hi-oh? Che diamine fai qui?!
-Tappo. Il vento ha distrutto la mia casa di bastoncini. Fa
freddo. Ho bisogno di un riparo.
Entrò senza fare troppi complimenti, scrollandosi di dosso
l’acqua fredda.
-Che cosa stavi facendo, Tappo..?
-Dormivo, forse?
-Ah. Già. Scusa…
-Ahh, lasciamo perdere, per favore. Piuttosto, perché sei
venuto qui?
Già, perché stava rompendo proprio a lui?
-Pooh mi ha detto che mi avresti aiutato. L’ho incontrato
sotto la pioggia, e mi ha detto di portarti questo.
In effetti sulla schiena aveva qualcosa. Una specie di
borsetta. Che diamine era?
-Cos’è?
-Non ne ho idea…
Aprì con cautela la piccola borsa. Dentro c’era soltanto una
specie di sacchetto colorato. Sopra, una scritta: “Aprimi”.
-Che cosa cavolo è? Uno scherzo?
Diede un’occhiata all’interno. Il tempo di schiudere la
carta, e la stanza si riempì di polvere. Una polvere bianca, densa e
soffocante.
Perdonate la lentezza snervante con cui aggiorno
le storie. Ancora grazie a chi lascia le recensioni, le apprezzo molto. Oramai
siamo in dirittura d’arrivo. Spero che la conclusione che verrà non vi deluda.
A presto.
Colpi di tosse. Colpi di tosse bassi e cavernosi. Ancora più
spaventosi in quel buio tetro che gli avvolgeva la vista.
Tappo sollevò le orecchie. I rumori rimbalzavano sulle
pareti. Dove diamine era? Che era successo?
Certo, si disse, quella polvere bianca…!
La luce si accese di colpo, lasciandolo per diversi secondi
ceco.
Luce bianca.
Innaturale.
Volle alzarsi e scappare via, ma non poté farlo. Una grossa
catena gli immobilizzava la zampa destra, e non riusciva quasi a muoversi.
A poco a poco riprese a vedere, e sentì una voce familiare.
-Tappo, sei tu…?
-Hi-oh? Dove siamo?!
Anche l’asino era imprigionato, a pochi metri da lui, nello
stesso modo.
Le pareti tutt’intorno erano spettralmente bianche, e le
mattonelle in ceramica erano sporche e opache.
-Che diamine…?
Alla sua destra la parete si aprì in due, e ne uscì un
piccolo televisore, aggeggio che nessun abitante del Bosco dei Cento Acri aveva
mai visto. Entrambi ne rimasero stupiti e meravigliati. Sussultarono quando la
macchina si accese, facendo comparire una maschera ricoperta di piume marroni.
-Ciao, Tappo. Ciao, Hi-oh. Benvenuti.
-Chi sei?!
-Sta’ calmo, stupido coniglio. Ogni cosa a suo tempo.
La sua voce era distorta, irriconoscibile.
-Tu…! Tu sei l’assassino di…
-Ti consiglio di pensare alla tua vita, ora. Guardate
davanti a voi.
I due si girarono, osservando la macchina a cui erano
collegate le catene.
-Quella macchina sgancerà automaticamente le vostre catene
non appena il timer che segna un minuto avrà contato tutti i suoi sessanta
secondi.
Apparve un piccolo cronometro sullo schermo, che segnava
chiaramente 60:00
-Ora, libererò nella stanza un potente gas velenoso per
questi pochi secondi. Se resisterete, allora avrete salva la vita. Se così non
sarà, morirete.
-Tu, maledetto…!
-Chiudi la bocca, Tappo. Il timer sta per partire…
La figura sullo sfondo scomparve, lasciando libero campo al
timer, che cominciò la sua corsa.
Tappo fece un respiro profondo e trattenne il fiato, seguito
dall’asino che fece lo stesso.
Il gas iniziò a fuoriuscire dai condotti dell’aria in cima
alla stanza, e si diffuse in ogni singola crepa.
Si guardarono, dicendosi implicitamente di resistere.
50:00
Il tempo sembrava così dannatamente lento. Hi-oh non aveva
mai avuto particolare resistenza, e stava già per cedere.
43:00
Espirò con uno scatto, ed inalò una quantità mostruosa di
gas che lo uccise quasi all’istante. Tappo lo guardò con orrore. Voleva
gridare, ma non poteva farlo.
35:00
Non poteva.
30:00
Doveva salvarsi.
25:00
Poteva resistere ancora. Poteva farcela. Poteva scoprire chi
era il bastardo che aveva rovinato la stagione del raccolto, e che aveva
sterminato i suoi compagni.
20:00
Avanti, avanti, ormai era fatta.
15:00
Quindici secondi, e avrebbe potuto scappare.
10:00
Era quasi fatta…!
09:00
Qualcosa si sganciò improvvisamente dal soffitto, piombando
sul ventre del coniglio.
08:00
Tappo sollevò la testa, tenendo le zampe davanti alla bocca
per non rischiare.
07:00
Non capiva cosa fosse.
06:00
Era coperto da tante piume.
05:00
Le grosse ali erano chiuse.
04:00
Sollevò appena un’ala.
03:00
Sbarrò gli occhi oltre il limite consentitogli dalla natura.
02:00
Il piccolo Roo. Le ali conficcate nella schiena con una
precisione feroce.
01:00
Spalancò la bocca, emettendo un urlo straziante, e lasciando
che il gas penetrasse nei suoi polmoni.
00:00
Il timer lampeggiava.
La macchina che teneva chiuse le catene si aprì con uno clang
violento.
Il metallo cadde a terra, rompendo le piastrelle di
ceramica.
Hi-oh aveva smesso di respirare da tempo.
Tappo giaceva immobile, disteso a terra, tenendo a sé il
corpo mutilato del piccolo Roo.
Piume marroni erano sparse ovunque.
E qualcuno rideva.
Liberamente
ispirato a Saw-L’Enigmista… x3 ringrazio ancora per le recensioni e per tutti
coloro che hanno messo la storia tra i preferiti o le seguite. Abbiamo quasi
finito, ma vi assicuro che l’orsetto non ha ancora finito di mietere anime.
Winnie camminava per il Bosco, oramai quasi vuoto.
Mancava solo una bestiaccia.
Osservò con disgusto una profonda buca nel terreno, e
sorrise, iniziando a canticchiare allegramente intorno ad essa. La sua preda
apparve di lì a poco, parlandogli col suo fischio snervante.
-Orshhhetto Pooh! Dove shhhono gli altri?
-Oh, De Castor, è terribile…il killer li ha uccisi tutti.
-Che coshhha?!
-Sono tutti morti…oh, rabbia, che tragedia…
-Ormai ne shhhono certo! Non può che esshhhere stato
Chrishhhhtopher Robin!
Winnie si trattenne a stento dal ridere a crepapelle.
“Stupido De Castor! Le apparenze ingannano più di una
volta…”
-Ma…è nostro amico!
-Amico un corno! È shhhtato lui!
-Perché non andiamo a chiederglielo di persona? Siamo in
due, non potrà farci del male…
-Hai ragione, Orshhhetto Pooh!
“Non si è tirato indietro…beh, meglio così.”
Salirono rapidamente la collina su cui erano soliti riunirsi
a guardare le stelle, quella stessa collina che Winnie detestava con tutto se
stesso. Lì, in piedi, c’era il piccolo umano, che li fissava sorpreso.
-Orsetto Pooh! De Castor! Che cosa fate qui? Dove sono gli
altri?
-Shhhtai zitto, bastardo! Hai uccishhho tutti, lo sappiamo!
-Cosa…?!
-Orshhhetto Pooh, -disse, dando le spalle al bambino,
-diglielo anche tu cos’ha fatto…!
-Hai ragione, De Castor. Ti ha ucciso.
-Coshhha…?!
-Addio -mormorò Christopher Robin dietro di lui, e lo
trapassò da parte a parte con una lama affilata.
De Castor cadde a terra con un tonfo, e sotto di lui si
allargò una pozza di sangue vermiglio.
Winnie esplose in una risata malvagia, guardando il compagno
con evidente soddisfazione.
-Grazie,
Christopher Robin. Sapevo che saresti arrivato.
-Oh, Winnie, per te questo e altro. Li hai già uccisi tutti?
Annuì compiaciuto.
-Tutti quanti, dal primo all’ultimo.
-Perdonami se ti ho chiamato con quel nomignolo del cazzo,
ma rendeva il tutto più credibile.
-Nessun problema, amico mio…
L’orso si inumidì le labbra, guardando il bambino con occhi
lucidi.
-Ho fame. Tutto quel sangue mi ha messo appetito.
-Ho quel che fa per te.
Si tolse lo zainetto dalle spalle, ed estrasse un vasetto
con la scritta “Honey” perfettamente visibile.
Winnie sorrise.
-Tu sì che sei un amico, Christopher Robin.
Ecco
il penultimo capitolo. Ringrazio ancora una volta coloro che hanno recensito e
che hanno inserito la storia tra i preferiti o le seguite. Perdonate il ritardo
e la brevità, ma il castoro mi stava veramente sulle palle e volevo eliminarlo
il prima possibile.
Pensavate che il bimbo fosse innocente, vero?
Muah ah ah ah ah.
Ammetto che il tutto sia un po’ deludente, ma
dopo la morte di Tappo alla Saw tutte le altre idee che mi venivano sembravano
banali incredibilmente banali. I colpi di scena non li so fare, ed è uscito
questo.
Bene, chiudo qui lo spazio dedicato a me e invito
caldamente a leggere e recensire anche le altre storie, che saranno aggiornate
quanto prima.
-Guarda,
Christopher Robin. Tutta questa calma, questa quiete…non è splendido?
-Hai ragione, Winnie. Però credevo tu odiassi quest’insulsa
collina.
-La odiavo perché era piena di pezzenti.
L’orso affondò la zampa nel vasetto di miele, guardando il
cielo. Il bambino, seduto in parte a lui, fece lo stesso. Il silenzio della
notte era semplicemente meraviglioso.
Nessun Tigro che zompettava da una parte all’altra urlando
convulsamente ogni volta che la sua stupida coda toccava terra.
Niente conigli lamentosi e antipatici.
Nessuna tipologia di canguro.
Niente strani uccelli saccenti o asini depressi.
Niente castori che fischiano in maniera irritante.
Nessun ridicolo maialino balbettante…
-Semplicemente splendido. Mi amo per ciò che ho fatto.
-Ti ammiro molto, Winnie. Ora cosa farai?
Si voltò verso di lui, sorridendogli atrocemente.
-Hai ragione, qui non c’è più nulla da fare…
L’orso fissò la luna per qualche istante, pensieroso. E
sorrise.
-Perché non vieni con me?- mormorò ad un tratto Christopher
Robin.
-Con te?
-Già. C’è un sacco di gente orribile nel mio mondo, che
meriterebbe una punizione esemplare…potremmo lavorare insieme. Tutti ti
scambierebbero per un innocuo peluche…
I suoi occhi brillarono.
-L’idea è allettante, amico mio…
-Allora mi seguirai?
Winnie annuì lentamente, ma c’era ancora una cosa che gli
premeva.
-Voglio regalarti uno spettacolo meraviglioso, amico mio.
Vedi quel telecomando alle tue spalle? Premi il tasto rosso.
Il bambino fece come indicatogli, e davanti a loro una
violenta esplosione scosse gli alberi, che iniziarono ad andare in fiamme.
-Splendido, Winnie. La forza distruttrice del fuoco è sempre
una bellezza.
-E intanto ci siamo levati questo ridicolo mondo dalle
palle. Tutto brucerà, non verrà risparmiato niente…sono finalmente felice.
-Sei felice?
L’orso sorrise bonariamente.
-Cosa c’è di meglio dello stare in compagnia del tuo
migliore amico, con un belo vaso di miele ad osservare il Bosco dei Cento Acri
in fiamme?
Entrambi scoppiarono a ridere.
Una risata che si estese per tutto il Bosco.
Ed anche oltre.
Ed eccoci infine giunti all’ultimo capitolo.Ringrazio di cuore coloro che hanno
recensito questo delirio, e tutti coloro che lo hanno aggiunto tra i preferiti
e/o le seguite. Ricordo che le recensioni sono sempre gradite, anche
semplicemente per dire che è un obbrobrio di storia (in effetti : D )
Non credo ci sarà un seguito, anche se non si può
mai dire. Sono volubile, magari…
Beh, credo che in ogni caso mi concentrerò anche
sull’altra storia in corso, Joshua lo Scrittore.