Era
una terribile notte di pioggia. Nel Bosco dei Cento Acri ogni albero era sotto la
forza impressionante del vento e dell’acqua, che veniva giù pesante e in vena
di devastazione.
Pimpi
guardò fuori dalla finestrella della sua casa, situata nella cavità di un
albero.
“Sp-speriamo
che f-finisca p-presto…”
Un’improvvisa
successione di fulmine-tuono lo fece sobbalzare e rintanare sotto al letto, in
preda allo sconforto.
“Vorrei
t-tanto che tu fossi qui c-con me, orsetto Pooh…”
Toc.
Toc.
Toc.
I
colpi alla porta risuonarono profondi ed echeggianti.
“C-chi
sarà…?”
Si
avvicinò lentamente alla porta, e appena la aprì, si spalancò con violenza,
rivelando sulla soglia una figura scura e imponente, almeno dalla visuale del
povero Pimpi. Gridò con tutta la forza che aveva nei polmoni.
-Pimpi,
che ti prende? Sono io, Pooh.
Richiuse
la porta alle sue spalle, e Pimpi poté vedere la figura familiare dell’orsetto
suo amico, che si toglieva l’impermeabile bagnato.
-Oh,
orsetto Pooh! Ho avuto t-tanta paura!
-Oh,
sciocchino. Sono venuto a trovarti. A casa mi sentivo solo…
Si
abbracciarono amichevolmente, e si sedettero sul piccolo divano di Pimpi.
-Senti,
Pimpi…
Pooh
si massaggiò il pancino.
-…non
è che avresti un po’ di miele? Sai, io a casa l’ho finito…
-No,
orsetto P-Pooh, dovevo andarlo a p-prenderlo o-oggi, ma c-con questo t-tempo
non…
-Oh,
che peccato…
L’orsetto
gli mise una zampa sulla spalla.
-È
proprio un peccato…Pimpi, mio caro, caro, Pimpi…
Il
piccoletto sentì una stretta attanagliante intorno al suo collo, che gli faceva
mancare il fiato. Si divincolò, tentò di liberarsi, ma fu tutto inutile. Il
corpo svenuto di Pimpi stramazzò sul pavimento con un tonfo. Pooh lo raccolse,
e lo portò sul tavolo della piccola cucina. Aprì un cassetto a caso, e trovò
ciò che cercava al primo colpo. Estrasse un magnifico coltello da carne,
affilato ed elegante come solo una lama d’acciaio può essere. Immobilizzò
braccia e gambe a Pimpi con dello scoch, mentre quest’ultimo si stava
riprendendo debolmente.
-Pooh…!
Che c-cosa…?!
-Oh,
Pimpi, sta’ calmo. Va tutto bene…però tu non hai il miele.
Impugnò
il coltello, e lo appoggiò sul petto pulsante e minuscolo del maialino.
-No,
P-Pooh…
Non
ebbe neppure la forza di gridare quando sentì il metallo freddo della lama
tagliargli la carne, e penetrare nel suo corpo, giù, fino in fondo, aperto in
due come una mela. Alzando appena la testa poté vedere i suoi organi
fuoriuscire, colare sul legno del tavolo come putrido miele dorato…
-UHUHUHHH!!!
PIMPI BELLO!!! SONO IO, TIGRO!!!
Nessuno
venne ad aprirgli. Tigro smise di saltellare sulla coda. Era piuttosto strano
che il piccolo maialino rosa non avesse risposto. Fuori era una magnifica
mattinata, senza alcuna traccia della tempesta del giorno prima. Provò ad
aprire la porta, e ci riuscì senza fatica.
-Yuhuuu?
Pimpi bello? Dove sei?
Andò
nel salotto. Niente. Ma avvertì che c’era una strana atmosfera nell’aria.
Si
diresse in cucina.
Inorridì
dinanzi a quell’orrendo spettacolo: sul tavolo in legno il piccolo corpo di
Pimpi era riverso in un mare di sangue; gli organi interni, nessuno escluso,
erano anch’essi sparsi sul piano, una mistura putrida e marcia che emanava un
odore terrificante…