Perfectly Imperfect

di Nina_99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***



Capitolo 1
*** I ***


Ed effettivamente non era molto bella.

Loro la conoscevano, è vero, nella più rozza e –oserei dire –più grezza delle sue vesti; e, sì, bella non la si poteva definire. Neanche, però, era sì tanto brutta quanto tale ne venisse definita. Fatto sta che quelle parole la ferirono. Forse, “ferirono” è una parola grossa. Lei, sempre così insensibile ed intelligente, anche nei confronti dei “suoi” insulti! Ma detti così no, non andava.

Lei aveva sempre saputo di non andare a genio a molti, e ne godeva; aveva sempre saputo che nessuno credeva veramente alle illazioni e alle maldicenze che, in tutta la sua vita, le erano state addossate: ma non questa. La sua volontà è sempre stata quella di sentirsi sopra i coglioni dei suoi conoscenti, di abitare le vie più ignote e meno nobili del rancore umano, segregato all’interno di ognuno, volente o nolente; eppure, d’un tratto, per la prima volta in vita sua, si era sentita offesa. Sensazione nuova.

Per cui, la collera l’afferrò violentemente. E, altrettanto violentemente, ella la scagliò contro di loro.

Loro, quegl’immaturi e stupidi ragazzini, ah, loro: quanto odio. Che esseri schifosamente inutili! –pensava. Lei era tra i più grandi di loro, lei! Lei, avrebbe dovuto esser d’una classe successiva, ma ne meritava due, o tre, perdio. Lei non meritava di condividere l’ossigeno lurido con loro. Lei era loro superiore, aveva escogitato anche parecchi criteri per dimostrarlo.

Innanzi tutto era più intelligente. Aveva una capacità di deduzione logica inespugnabile. Un lessico perennemente impeccabile, mai una sbavatura, mai una svista, mai un balbettio. Poi era decisamente anti-convenzionale. I suoi argomenti erano dotati di senno, guai se le fosse capitata una conversazione sulle scarpe, sul vestiario o sulle borse. Ragionava sul tutto e sul nulla in fusione; ragionava su tutto, Dio, tutto.

Perché fosse stata messa lì, nella vita cui adempiva, in tali condizioni, non lo sapeva. Però aveva sempre avuto un presentimento –un presagio, nel più intimo squarcio del cuore suo, qualora esso fosse mai stato –che un motivo vigesse imperterrito, che un re misterioso regnasse od ordinasse tutte quante le cose, una sorta di datore di lavoro anche agli avvenimenti più normali ed irrilevanti, apparentemente, che capitano nella vita di ognuno. Conoscere qualcuno andare a una festa subire un incidente, una malattia, una perdita, un lutto, un sorriso. Apparentemente, si badi bene, ed ella ciò ben sapeva: razionale osservatrice dei fatti, aveva, a lungo andare, imparato come da cosa nascesse cosa, un algoritmo infallibile. Era divenuta così esperta nel dedurre tale ordine naturale che quasi quasi –come se non lo sapesse –si stupiva dello stupore altrui, qualora quell’altro si fosse reso conto dell’evoluzione della cosa. Oltre al fatto che prevedeva, infallibile, gli eventi futuri. Tutto questo la inorgogliva. Per ciò, lei sapeva che nulla è caso. O forse, lo sperava. Forse, adoperava come alibi per difendere la Natura o, non sapeva neppur lei, come potevasi definire la madre d’ogni cosa; forse sì, un alibi materno, una giustificazione in nome di una vana realtà, realmente inutile e idiota, esattamente come la causa persa che ha creata. Forse le serviva semplicemente, tale motivazione, per andare avanti. No, non era un alibi, se lo sentiva. Aveva sempre ragione. Aveva, sempre, avuto ragione. E ciò non le aveva mai giovato. Cioè, fino ad allora.

Nonostante tutto, nonostante non lo meritasse (o forse sì?) era lì, adesso. No, ma non era una buona cosa. Questa condizione le andava stretta, era inadeguata, non le scendeva giù, no, non le andava per nulla bene. Categoricamente. Aveva sopportato fino allo stremo, ma, adesso, il limite vigente era, irrimediabilmente, sfidato.

Adesso, –pensava –adesso basta.

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Capitolo 2
*** II ***


-Brutto figlio d'ignobile puttana!


-Cosa scusa?!


-Lurido figlio d’un cane!- inveì, prima di scagliare lo schiaffo più forte mai dato in vita sua. –Come osi, verme, pezzo di vagante sterco marcio!


Gaspare si difese, ma inutilmente; oramai giaceva a terra e, sopra di lui, in corrispondenza del suo stomaco, imperturbabile una scarpa rosa pallido incapace di tremare, incapace di perdonare.


-Troia tua madre, lasciami!


-Giammai!- gridò; prima che il resto dei compagni la distogliessero dal suo da fare, giusto prima che lo facesse la docente stessa.
 


Ecco, era prevedibile, in fondo: che l’unica cosa che poteva rovinarle l’impeccabile profilo scolastico sarebbe stata, per l’appunto, una sospensione di quattro, merdosissimi, giorni.


Era una studentessa brillante. Ma non perché studiasse con particolare dedizione quelle quattro stupidaggini che le venivano sottoposte: bensì poiché la sua curiosità scientifica era tale da far sì che s’interessasse di qualunque indicazione, qualunque curiosità, di qualunque cosa capitasse a tiro; fosse stato anche l’argomento più inutile e banale del mondo, beh, lei l’avrebbe approfondito, ne avrebbe parlato, se ne sarebbe vantata, a lungo, per giunta. Denotava dignitose competenze in ogni campo lecito e meno lecito che si potesse schematizzare e dal quale avrebbe potuto trarre collegamenti e conclusioni. La sua mente consisteva in un’accuratissima ed impeccabile mappa concettuale: imperitura lei ne camminava, ordinata la ripuliva, come una biblioteca costantemente aggiornata, visitata e revisionata.


Ecco, mi piace molto di lei quest’attitudine a non tralasciare nulla. Tant’è vero che molti le avevano detto che era solita a complicare le questioni, a complicare giudizi, recensioni, idee, proposizioni. Diceva sempre che ogni elemento, in ogni cosa, aveva da esser preso in considerazione. Ma non bastava il fatto che dovesse esser preso in considerazione: la considerazione doveva esser proporzionata, proporzionata in base all’influenza dell’elemento nella cosa. Per questo spesso riusciva ad ottenere ragione. Perché riusciva a girare la questione, non finendo mai di argomentare, di mettere in causa elementi quasi estranei, che il suo interlocutore perdeva la voglia di seguirla, ascoltarla, darle retta, star con lei.


Aveva una nomina da numero uno ed era continuamente sulla bocca di tutti, a scuola, in paese. Nessuno, v’era, che non la conoscesse neanche per sentito dire. Ma come biasimare tutto ciò? Era una ragazza controcorrente, che trovava sempre soddisfazioni in ciò che faceva, il cui obiettivo era quello di trovare una sempre più ardua sfida da compiere, punto di partenza per trovare altri obiettivi. E poi, provava a far sempre esattamente tutto l’opposto di ciò che vedeva fare agl’altri, in poche parole. E ben le riusciva. Qualora gli altri facessero per metà d’un verso e per metà d’un altro, sceglieva l’opzione più che mai coerente e consona a se stessa. Ed era, effettivamente, gratificante l’aver assunto una “linea” di possibili comportamenti attuabili.


Una ragazza così, forse, non s’era mai vista; ma la cosa più spiazzante in questa questione –credo –era la consapevolezza di lei, l’intenzione di esser ciò che era.


Tutto il repertorio di professori, tutto questo, lo sapeva bene. Ma un simile comportamento –evidentemente, trassero –non poteva assolutamente restare impunito.


E fu così che, per l’ennesima, forse molto più, di una volta, la nostra protagonista si ritrovò, dunque, inesorabilmente irrimediabilmente, sola.

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Capitolo 3
*** III ***


Eh, bella merda. Adesso le rimaneva soltanto la solitudine più assoluta.


Trascorse quei quattro giorni in esclusivamente in casa, poiché le era stato categoricamente vietato di varcare la soglia. Li trascorse nella più totale tranquillità e strafottenza, giustificando la questione in varie maniere, la cui idea di fondo era il ritenersi superiore a quell’edificio stracolmo di tanta gente vuota comunemente denominato “scuola”.


“Gente vuota”, per lei, era la peggior offesa che poteva rivolger loro. Con “gente vuota” catalogava le persone prive di peculiarità interessanti. Forse, però, il “catalogava” è superfluo. Cioè, in realtà, lei ben sapeva che non tutte le persone sono state vuote, non tutte tuttora lo sono, e che i geni esisterono, nel mondo –chissà se parliamo dello stesso Mondo –i quali furono tutt’altro. Semplicemente, lei credeva di non conoscerne alcuno, di tale tipo di persone. Lei, tutt’al più, conosceva la “gente”. La gente, invece, era una massa conforme ed omogenea di persone omologhe. Persone che ragionano in gruppi, più o meno vasti, dipendenti fra loro. Persone prive di un proprio definito pensiero. Come ce lo aveva lei.
 


Esattamente in quest’ottica, trascorsero i primi quindici anni della sua vita. Non che lei sia nata così, attenzione. La sua infanzia non esattamente invidiabile l’aveva mutata. No, lei non aveva colto le cose migliori della vita: credeva fermamente in un ideale che non conosceva; sospettando qualcosa. Lei aveva assorbito tutto il male possibile, imparando a ripeterlo nei confronti degli altri a suo piacimento e a dedurlo, indagarlo, scoprirlo, classificarlo. Era una persona forte. Ma ancora doveva subire un vero e proprio scontro all’ultimo sangue. Ancora avea ben da dimostrarlo per esteso, a se stessa. Non un’intuizione alla “sottuttoio”, quale lei, in realtà, non era. Beh, non era incline, insomma, a mostrar il suo meglio alla gente. Ed era ciò che la penalizzava.


Finché non le successe qualcosa che avrebbe stravolto le sorti della sua vita, classico algoritmo di tutte le storielle: la rottura dell’equilibrio e il conseguente risvolto, il mutamento. Ma la verità è che lei non cambiò quasi per nulla: la sua vita era Sapere, e tale continuò imperterrita, per sempre…presumo. Nah, il “per sempre” sa troppo di fiabesco, nulla di conforme ad una storia che, di lieto fine, è proprio sprovvista.


Ad ogni modo sarai tu, lettore, ad attribuirglielo o meno. Buona evoluzione!
 


10 marzo                                                           
Gita, comunissima “gita d’(i-d)istruzione”. Nulla da dire. Nulla da annotare, a parte le interessantissime nozioni di questa cazzo di cultura greca. Va beh, minchiate di cui ero già al corrente. Nulla, ancora nulla. Cià
 


11 marzo
Mh. Solite liti e punzecchi. Inutile. Deh. Ci devo provare con qualcuno di seconda, assolutissimamente. Due candidati, due favoriti. Ciah
 


11 marzo bis
Seh. Scelto. Poco tempo, fottuti professori. Domani se ne parla. Nozioni fighe, approvo (y).
Ah, eh, gioia mia, tu, la doccia insieme a me non te la concedo, qualche bacio, prima delle valigie, però sì. Mi aspetta una notte tra i ragazzi, miei compagni. Ancora nessun ripensamento per il mio atteggiamento, niente, non me ne frega proprio un cazzo dei vostri giudizi frustrati. Tanto non la do. Attaccatevi. Cià. Belle chiese, eh

 
 
 
Lei e la sua reputazione da troia. Non andava bene con le ragazze! Aveva un carattere troppo incompatibile con esse. In realtà lo era con tutto, tranne che con i Rottweiler, ma lei che ne sapeva. Con i ragazzi almeno aveva un po’ di sadismo sul quale scherzare e po’ di peni dei quali chiacchierare.


Dimenticavo pure un’altra cosa: che lei era incompatibile pure coi genitori! Gli insegnamenti ipocriti perbenisti moralisti spiccati di sua madre proposero in lei un sapore contrario, talmente perpendicolare da tagliarli tutti a metà. Ciò che lei amava fare era ciò che le veniva ripudiato. Così come quelli con cui stava frequentava il cibo che mangiava –tanto –i vestiti che indossava il tempo che sprecava la vita che voleva conduceva sognava carpiva.

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Capitolo 4
*** IV ***


12 marzo
Figura di merda. Buttata una cartaccia per terra, applaudita da ignoti studenti di tutta Italia. Questa sola ci mancava, ma fatemi il piacere. Domani il resoconto della notte che sto per passare, ho sonno e mi gira la testa per scrivere ancora stronzate. Un riferimento al Guccini qui ci sta tutto:
 

“Io tutto io niente io stronzo io ubriacone io poeta io buffone io anarchico io fascista
Io ricco io senza soldi io radicale io diverso ed io uguale negro ebreo comunista
Io frocio io perché canto so imbarcare io falso io vero io genio io cretino
Io solo qui alle quattro del mattino, l’angoscia e un po’ di vino, voglia di bestemmiare!”
 

Tvb, Francesco Guccini
 
 
Quando avevo accennato a un passato non esattamente invidiabile, mi riferivo anche a questo campo. Sì, era stata fidanzata, ma, evidentemente, la sua bellezza, inversamente proporzionata alla sua età, ha fatto sì che nessuno avesse mai avuto il coraggio di desiderarla realmente. Totalmente fregata, lei indignata, maturò una repulsione tale da comportarsi in tale maniera. Perché alla fine tradivano tutti. Forse il “vero amore” non l’avrebbe tradita –pensava –ma se non l’aveva mai incontrato che ne sapeva. Però voleva provare l’ebrezza i tradire lei, ogni tanto. Ovviamente se ne sbatteva di tutto il resto. Questa era lei, punto.
Però si divertiva con i maschi, in tutti i modi. Anche quando c’era da picchiare qualcuno o fare la boccia. Sempre in prima fila.
Nel nostro adesso, anche quando qualcuno se ne fosse interessato sul serio, non le interessava. Però, insomma, le andava. E a lei Riccardo andava. Quindi ci stava.

 
13 marzo
Riuscita a baciare cinque ragazzi in una sola sera e dormito con uno che “conoscevo” da due giorni. Mi sono superata. E’ andata bene, tralasciando il sonno impellente, talmente perfido da farmi crollare tra le sue braccia senza diritto di replica. Tra le braccia di Riccardo. La parte più figa e degna di nota è stata sicuramente quella in cui alle ore 7 svegliata e corsa in stanza mia a causa di un brandello di pudore, che lievemente ha macchiato il pigiama, rimasuglio di, trovo una quindicina di persone accucciate tra un letto matrimoniale e un singolo –il mio –che tentano le porte di Morfeo dopo una lunga agonia di schiena decisamente curvata, nonostante bisognasse la colazione alle ore 8. Mi unisco senza indugiare secondo alcuno.
Viaggio di ritorno decisamente tranquillo, notizia sparpagliata in tutte le dentiere, voci intrinseche di bugie gelosie felicitazioni stupide. Cori si alzano mentre sento mio padre al telefono. La botta della sfiga, ma chissene. In fin dei conti divertente. Quasi quasi non mi siete pesati…non è vero, lol


 
E, mentre la storia con Riccardo proseguiva regolarmente di merda, lei era intrigata, in una strana e ambigua maniera, da un’altra persona: che le appariva possibilmente compatibile e copiosamente interessante.

Venitane a capo ne uscì una nuova, e più che mai ardua, sfida ritagliata appositamente per lei.

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Capitolo 5
*** V ***


Onestamente mi si abbutta il cazzo al pensiero di raccontarvi la non longeva storia di questi due, perciò non lo faccio. Quindi proseguo.
 
Anzi, posso dir solo che:

Aveva acquisito una fortezza nuova, una consapevolezza nuova. Lei “la cosa”, il tutto e il niente di quel ragazzo, le sue parole sì tanto esasperare, sì tanto sperate, sì tanto bramate e custodite da quel ragazzo probabilmente plasmarono un mostro più di quanto da mostro si partisse in precedenza. Si sentiva onnipotente, riusciva a prevedere, a capire quell’animo e –quando c’era bisogno di una vendetta –sapeva nuocere con un cinismo impeccabile.
 
Un’anima nera, un’anima sola, un’anima pia.
 
Mai che qualcuno l’avesse capita, avesse interpretato ciò che voleva voleva fare voleva sapere dire intendere. Tutto in lei roteava sul fatto che non fosse né fosse mai stata capita, da nessuno; e lei, motivata da uno stimolo pressoché inusuale, amplificava questo suo agio –ché, di disagio, non si può alludere, in effetti, ma saran punti di vista eh –sfruttandolo.
Sicuramente non era ancora matura. Sicuramente c’era molta strada, verso la Verità. Ma lei riusciva ancora a volare, lo giurava, se lo ripeteva: ce l’avrebbe fatta! Sarebbe riuscita a superare qualsivoglia ostacolo, seppur apparentemente insormontabile, seppur erroneamente minuscolo. Lei avrebbe combattuto! Come era nata per fare! E ce l’avrebbe fatta!
Così scrisse, e scrisse suddette seguenti, piccole parole:
 

Storia di un primo traguardo
Com’è particolare il pensiero che verte sulle frazioni di attività appena terminate.
Il momento in cui hai scalato le prime quote della montagna. Nel momento in cui hai sbagliato, e stavi maledettamente per cadere, eppure un riflesso ha rimediato al tuo passo falso impedendoti la caduta. Siamo solo alla prima pausa, lunga. Eppure sembra che sia passato un secolo da quella folle scommessa con la vita che ti ha riservato un posto di prestigio, qui. Dal momento in cui hai dichiarato che ce l’avresti fatta, a tutti i costi, perché sei più forte; e lo sei.
E’ passata la prima tappa, è stata fantastica emozionante ricca: perfetta. Non hai nulla da rimpiangere. Hai vinto la sfida con te stesso, hai tagliato il traguardo che ti eri imposto, ti sei misurato con le avversità.
Ma quanto ti mancheranno. Le persone con cui hai condiviso la gioia e anche la rassegnazione -momentanea. Con cui hai visto l’arrivo da lontano, esso si è fatto vivo, vegeto.
Com’è bello quando ti svegli la mattina e pensi che il più -al momento –è fatto, e la finestra spalancata, dalla quale entra un’aria fresca, pulita ti incita a gioire, pensare. Che la vita è una sfida: devi dare tutto per vincere. Che la vita non è terminata: devi dare molto altro.
Quanto rimpiangerai le foto, i ricordi, la musica: ogni minuscolo insignificante –agl'occhi degli altri –dettaglio significa qualcosa che ha determinato un evento, un'emozione, un rimpianto.
Piccoli rimorsi e idioti rimpianti, però, non sono riusciti a vincermi, determinarmi. Ho suonato il mio spartito alla perfezione, finora. Verranno brani molto più complicati, ma adesso ho fatto abbastanza.
Ora riposarsi, rimettersi. Domani ci aspetta un'altra avventura: un'altra salita, e, ancora più scoscesa. La mia fronte si bagnerà ma la vincerò.
Quando ti fermi, ti sovvengono i particolari che scaturiscono rimpianti, di una corsa finita.
Ma meglio esserci lasciati che non esserci mai incontrati.
Non dimenticherò tutto ciò che mi hai dato.
Piangere. Nient'altro. Di felicità. Far piovere di commozione l'anno perfetto, gli eventi che ti hanno resa schiava di quella magnifica esperienza che è la vita.
Ritornano le motivazioni, la voglia di procedere. Per un ideale: qualunque. Oppure vincere per il semplice gusto della vittoria, di misurarti, di fare meglio: essere te.
Tutto è determinante. Tutto è raggiungibile: tuo.
C'è tanta strada da fare, ma non è male come te la sei cavata: hai dato tutto, te lo meriti. Daresti tutto per rivivere almeno una gioia già passata, ma, bisogna andare avanti, procedere senza indugio. Ho voluto fortemente la mia bicicletta, ho imparato a pedalare e finalmente posso essere lasciata sola, senza sostegno, senza ausilio. Credo di essere pronta per la prossima sfida: apro gli occhi e mi ritrovo qui, seduta sul letto.
Potrò dire a tutti che sono soddisfatta dei miei cento metri, in vista della maratona. Potrò dire a tutti che non mollerò, lo giuro; cadesse il mondo. Posso dire a tutti che ci credo. Con le mie sole umili forze sopravvivrò.


 
Lei era fiduciosa ed ottimista! Nonostante la sua vita fosse stata volta al peggio, lei riusciva ad estrapolare da essa le cose negative volgerle o lasciarle tali, come meglio ne avrebbe potuto apprendere.

 
Non avrebbe mai posto un confine, a se stessa.
L’unico, forse, ‘’pensavo è bello che dove finiscano le mie dita debba in qualche modo incominciare un tasto avorio’’.

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Capitolo 6
*** VI ***


Evaporata in una nuvola rossa, in una delle poche feritoie della notte
Con un bisogno d’attenzione e d’amore troppo “se mi vuoi bene scrivimi” per essere corrisposta
Valeva la pena divertirvi le serate estive con un semplicissimo “mi ricordo.”
Per vedervi affittare un chilo d’erba ai contadini in pensione ed alle loro donne(?)
E regalare altre ed altre onde ai marinai in servizio
Fino a scoprire ad uno ad uno i loro nascondigli
SENZA RIMPIANGERE LA MIA CREDULITA’
 
Perché già –dalla prima trincea –ero più curiosa, di voi
Ero molto più ambiziosa di voi
 
E poi sospeso fra i vostri “come stai?” meravigliata da luoghi meno comuni e più feroci
Tipo “come ti senti amica, amica fragile, se vuoi potrò occuparmi un’ora al mese di te”
<< Lo sa che io ho perduto due figli? >>, << Signora lei è una donna piuttosto distratta >>
E ancora uccisa dalla vostra cortesia nell’ora in cui un mio sogno ballerina di seconda fila
Agitava per chissà quale avvenire il suo presente di seni enormi e il suo cesareo fresco
PENSAVO E’ BELLO CHE DOVE FINISCANO LE MIE DITA
DEBBA IN QUALCHE MODO INCOMINCIARE UN TASTO AVORIO
 
E poi, seduta in mezzo ai vostri arrivederci, ero meno stanca, di voi
Ero molto più ‘ngransciata di voi
 
Potevo accarezzare i pantaloni dello sconosciuto fino a vedergli spalarsi la zip
Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei genitori di parlare ancora male e ad alta voce di me
Potevo barattare la mia fotocamera e il suo scudo con una scatola di carta che dicesse “non ne val la pena”
POTEVO CHIEDERVI COME SI CHIAMA IL VOSTRO CANE
IL MIO AVRA’ TEMPO DI CHIAMARSI “LIBERO”
Potevo assumere un cannibale al giorno per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle
Potevo attraversare litri e litri di corallo per raggiungere un posto che si chiamasse –insomma –fantasia, anarchia
 
E mai che mi sia venuto in mente di essere più ubriaca, di voi
Di essere molto più sadica di voi
 

 

Questa canzone era lei.
La nostra protagonista è rimasta intrappolata tra i precedenti righi, conscia di cosa volessero da lei e di cosa lei volesse da loro.
Forse quella canzone l’aveva capita.
 
 
Di sicuro lui no. Lei lo giostrò a suo piacimento, facendo ciò che più le giovava. Stancandola.
Presto se ne disfece.
Ma ebbe imparato molto, da lui.
Ebbe imparato l’Amore…per se stessa.
 
Non vi fu ombra di lieto fine.
 

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Capitolo 7
*** VII ***


Nonostante dalle mie parola sarà parso assolutamente fattibile, al mio bel lettore, l’immaginar la mia protagonista come una tenebrosa cupa serrata irritante personcina, sappia, colui che legge, che colei della quale ancor dopo tanto parlo trattasi di una tra le più ridenti fanciulle che la sua terra abbia mai potuto desiderare: tutto il suo fascino era incentrato su quel bel sorriso spontaneo perennemente accesso e luminoso. Non pochi furon coloro i quali lo classificarono il primo al mondo. Lei, sì, insomma, era una picciotta perfettamente solare e cospicua, nulla a che fare coll’opposto ritratto: peccato che non lo fosse sempre.

Tutto e niente, nessuno avrebbe potuto mai delimitarne un corretto profilo, poiché no, non l’aveva.

E di ciò ne ho già parlato. Si prosegua, dunque.

                                                 
 
14 agosto
Come l’ho abbandonato è figo. Devo trascriverlo. Scoosa, eh

E dir che ce l’avevo fatta…
Tu mi stavi dando la tua più totale fiducia…in tutti i campi. Era cosa sì tanto ambita da me. Sappi che ciò che voglio fare lo farò per te. Non ti meriti di esser usurpato al punto tale da darmi una cosa così importante, e…non ricever nulla. Sappi che si tratta di un atto di onestà. Ma a quel punto spetterà a te…* Sì, spetterà a te decidere se cambiare tutto o non cambiar nulla.
Avevi detto, una volta, che se io avessi detto no sarebbe stato lo stesso.
Tra noi, insomma…
Beh, quanto cazzo sei cambiato da allora?!**
Se tu vorrai egualmente affidarti a me, ben venga, sarò comunque ENORMEMENTE lieta per sempre di averti conosciuto.
In caso contrario, qualora il rancore ti sopraffacesse… Mi spiace. E senz’altro spiacerà anche a te tedesimo.
Non ti dimentico, eh. Ricordo ogni singola avvenimento circostanza questione di chiunque abbia seppur erroneamente varcato la soglia del mio cuore… Figurati di te.
Il nostro rapporto NON DEVE FINIRE…*** Sai che ti dico?! DEVI RITORNARE COME PRIMA. E, FIDATI, SI PUO’.
Adesso i nostri atteggiamenti sono ostili e i nostri argomenti futili. Dov’è il MIO ragazzo?!
Qualora lo dovessi ritrovare, nuovamente “ben venga”.
Se fosse no, non sarebbe finita, sicuro, giuro.
Se riprovassi ciò che provavo e riprovavo, giuro: Tornerei.
E, fidati, si può.
Mi è già successo, con un altro ragazzo.
Dall’amore, all’odio, all’amore al nuovamente odio…in così poco tempo per cotante e cotali percezioni del cuore.
Oh, se riprovassi…
Ho bisogno di una pausa: la scorsa non è stata sufficiente.
Voglio un reset.
E, ti prego, non mentre vige la scuola!!!****
Ci vediam tra mesi 10.
Ciao
P.S. Se se ne dovesse trovar opportunità ti dirò tutto ciò ma in faccia.*****
Non darmi della codarda, te ne prego.
Adesso tocca a te decider che fare.
Ma io ho palle piene di relazioni e conseguenti litigi, litigi, litigi sempre e dovunque.
La nostra storia termina. Ciao

 
Mai scritte tante minchiate insieme. A rigirar le convenienti situazioni son evidentemente la migliore, poiché non v’è nessuna scoosa che non sia, neanche vagamente, plausibile. Il rancore, evidentemente, scalfisce persino la persona più onesta e sincera del mondo, quale la sottoscritta è. Merdaccia
*per prima cosa, scaricare tutto il carico della responsabilità a lui
**riferimenti al passato son diabolici, sicuro
***CAZZATA COL BOTTO BUM BOOM
****scoosa a cazz’ di cane
*****invece no, lol.
Ah, l’ho fatto prevalentemente perché lo odio, ma alta percentuale è affidata al fatto che mi piace un altro :D
Arriverà un qualche altro seguito.

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Capitolo 8
*** VIII ***


19 agosto
Come era lecito aspettarsi, come fanno sempre tutti –deh, con me –la reazione è stata un’accettazione previdentemente positiva.
E’ dopo che ha cominciato a dare in escandescenze, “me ne pento ommioddio io non può aaa”, “oltraggiooh”, ma la maestria della mia risposta è da enciclopedia:
“Non ne dubitavo che sarebbe andata a finire così. L’amaro in bocca porta ad infrangere. E l’orgoglio di un uomo vale tanto quanto il suo pene.’’
                       
E qui mi fece lui stesso una statua. La ragione altrui o la ammetti o poi muori. Il picciotto è giudizioso. E io son stata meglio che meravigliosa. Cara me del futuro, tieni a mente questo reperto e fonda la tua esperienza su di esso, affinché questa risposta ti baleni prontamente in mente in tutte le occasioni in cui sarà necessario. Amen.
Ciah
 
20 agosto
E poi comiciò improvvisamente il divertimento.
Quanto si gode quand’è così:
“Hey…”
“Che vuoi?” sono una persona diretta, io
“Dovremmo fissare una data.” ti odio quando ragioni a data e calendari
“Da quanto cazzo lo dico, io.”
“Non importa, bisogna passare ai fatti.”
“Ah”
“Proponi un giorno.”
“Ah”
“Vuoi concretizzare o devi cazzeggiare con questo “Ah” del cazzo?”
“Ah”
“Appena ti decidi di smetterla fammelo sapere, vale.”
“Ah”
 
3 hours later…
“Hai smesso?”
“Non sto bene
Idiota che sono
Non ho ottenuto niente
Mannaggia a me!
Dimmi.” lol
“Ti chiedevo di proporre una data per un incontro.”
‘“T’ho detto dell’altro”
“Ed io insisto su questa domanda.” rompicoglioni
“Cazzi tuoi, quando ti pare”
“Ah…sicura?”
“No
Giovedì comincia la festa”
“Ciò implica cosa?”
“Che non esisto”
“Avrei qualcosa da ridire a riguardo.”
“Da giovedì, e probabilmente anche prima continuando così lol”
“Non vedo cosa ci sia di divertente.”
“#’stocazzo”
“Mi spiace ma non ho ancora metabolizzato la mia situazione sociale.”
“Mi spiace, ma tu non possiedi una situazione sociale (y)”
“Non credo proprio.”
“Seh”
“*minchiate*”
 
Bello beffarsi delle persone che se lo meritano. Devi solo calarti la testa, subordinato.
Meh. Nié

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