Io ci sarò di 9Pepe4 (/viewuser.php?uid=55513)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pura e semplice felicità ***
Capitolo 2: *** Chi la fa l'aspetti ***
Capitolo 3: *** Chiacchiere tra amici ***
Capitolo 4: *** L'inizio di un incubo ***
Capitolo 5: *** Perché è successo? ***
Capitolo 6: *** Egoista ***
Capitolo 7: *** Seppelire i ricordi ***
Capitolo 8: *** Il sogno ***
Capitolo 9: *** I timori di Valese ***
Capitolo 10: *** La mia famiglia ***
Capitolo 1 *** Pura e semplice felicità ***
Io ci sarò
Capitolo 1
–
Pura e semplice felicità
Mi posai le mani sul ventre, carezzandolo piano.
Alzai il viso, mandando indietro i capelli castani. Mi voltai, dietro
di me era arrivato Goten. Sorrisi. Lui ricambiò.
“Come sta la futura madre di mio figlio?”
domandò, allegro.
“Stava meglio quando non era insieme a quello sconsiderato
del padre di suo figlio” ribattei.
“Eddai, Valese, non è molto gentile da
dire!” esclamò Goten ridendo. Poi tornò
serio. Mi osservò con i suoi intensi occhi d’ebano
che tanto amavo. “Tu pensi sia un maschio o una
femmina?” mi domandò.
“Non so” risposi, “ma speriamo che se
sarà maschio non erediti la sconsideratezza del
padre”.
“E se sarà femmina speriamo che non sia acida come
sua madre” ribatté Goten. Mi finsi indispettita,
allungandogli uno schiaffo sulla mano. Lui mi fissò col
labbro che tremava. Tentai di mantenere la compostezza, ma vedendo la
sua espressione alla fine non ce la feci più e scoppiai a
ridere, e lui con me.
Quella sera, una volta una accanto all’altro nel letto
matrimoniale, Goten mi fece le coccole come solo lui sapeva. Mi
crogiolai nella gioia nel sentirlo così vicino.
“Saremo genitori” sussurrai, assaporando ogni
singola parola.
Lui annuì. “Sì, amore”.
Posai nuovamente le mani sul ventre, avvertendo come non mai la
presenza di quel bambino, nonostante al momento fosse appena
più grande di un mignolo. Mio figlio. Il figlio mio e di
Goten. Nostro figlio.
Girai quelle parole a lungo nella mia mente, sino a che, affondando il
viso nel petto di Goten, sentendo il suo calore, il suo profumo, mi
addormentai.
Quando mi risvegliai mi accorsi di essere sola nel letto. No, non sola,
mi corressi mentalmente. Con mio figlio. Sorrisi e scesi in cucina,
dove constatai con stupore che il giovane che amavo aveva preparato la
tavola per la colazione.
Presi un barattolo di marmellata di fragole. “Sul serio ti
mangi quella?” chiese Goten, allibito. In effetti non mi era
mai piaciuta tale confettura, avevamo in frigo quel barattolo solo
perché era un regalo di Chichi, la madre di Goten.
“Sì” bofonchiai a bocca piena di pane e
marmellata di fragole. Deglutii. “Non
c’è problema, no?”
Lui scosse la testa, poi alzò le spalle. “Contenta
tu”.
A quelle parole gli saltai addosso, abbracciandolo.
“Sì. Sono contenta! Sono felicissima,
Goten!” Lui rise, poi mi invitò a staccarmi.
“Ops” affermai, allontanandomi.
Goten afferrò le chiavi sulla mensola, poi si
avviò verso l’uscita. “Il lavoro mi
chiama, Val, vedi di non distruggere la casa mentre sono via!”
Sbuffai in modo plateale, poi gli schioccai un bacio sulla guancia,
scherzando: “Farò del mio meglio, ma non prometto
nulla!”
Lui rise ed uscì.
Rimasta sola, mi sdraiai sul divano a sfogliare alcune riviste. Ogni
volta che trovavo la pubblicità di corredini da neonato
fissavo quelle magliette, le calzine, le giacche. Mi posavo la mano sul
ventre e pensavo alla piccola creatura che stava crescendo dentro di
me, e allora il cuore mi si riempiva di gioia.
Nonostante fossi ancora solo all’inizio della mia gravidanza,
mi sentivo già cambiata. Ero diventata più seria,
e se pensavo alla ragazza svampita di poco tempo prima le rivolgevo
pensieri di indulgenza e lieve biasimo.
Mi alzai e andai a preparare il pranzo. Mentre cercavo di dosare gli
ingredienti in modo giusto feci una smorfia. In cucina ero ancora un
disastro, l’unica cosa che riuscivo a preparare era la
colazione.
Fino a quel momento io e Goten avevamo vissuto di salti in pizzeria,
toast e del cibo che ci preparava generosamente Chichi. Ora
però sarei diventata presto madre, e dovevo imparare a
cucinare per mio figlio… e sì, anche per Goten.
Mi passai la lingua sulle labbra mentre mescolavo alcuni ingredienti.
Poi, improvvisamente, sentii una voglia irresistibile di gelato. Frugai
nel freezer, ma constatai delusa che Goten doveva esserselo mangiato
tutto. Gemetti, poi afferrai alcuni zeny e mi precipitai al negozio di
fronte a casa.
Poco dopo rientrai in cucina, soddisfatta. Misi un po’ di
gelato in una coppetta e ne raccolsi un po’ con il cucchiaio.
Lo gustai lentamente. Bacio e crema, perfetto! Lo assaporai,
lasciandolo sciogliere dal palato.
Mi chiesi da dove venisse quella sensazione di pace…
Il gelato? No, non era quello. Era solamente pura e semplice
felicità.
Che ne
dite?
Scusate, ma sono depressa ç__ç però
sono certa che
alcune recensioni mi consoleranno XD sempre che qualcuno voglia
recensire questa cosa >_>
L’ispirazione mi arrivata di colpo, non so ancora
perfettamente cosa ne salterà fuori^^
Bacioni
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Capitolo 2 *** Chi la fa l'aspetti ***
Capitolo 2 –
Chi la fa l’aspetti
“Valese!” chiamò Goten al ritorno dal
lavoro. “Indovina un po’, abbiamo un invito da mia
madre! Ha detto di sbrigarci. Assicurati di avere dei vestiti
pesanti!”
Indossai una maglietta a maniche lunghe ed un maglione blu. Dopo pochi
minuti eravamo in strada e ci allontanavamo in fretta dalla folla.
Svoltammo in una via poco frequentata.
“Prego” mi invitò galante il ragazzo,
offrendomi la schiena. Feci un bel respiro e mi aggrappai ad essa.
Ancora poco e Goten si alzò in volo.
L’aria mi solleticò il volto, facendomi in un
primo momento lacrimare gli occhi, ma mi abituai subito. Osservai,
tenendomi stretta al ragazzo, la città che diveniva sempre
più lontana.
Poi Goten volò verso i Paoz.
Sotto di noi iniziarono a scorrere campi coltivati, poi foreste, prati
e infine alcuni spuntoni di roccia. Per fortuna ero ormai abituata a
quel genere di spostamento, altrimenti nel scendere da Goten non avrei
mantenuto l’equilibrio.
Lui bussò. Venne Chichi ad aprire e, dopo aver abbracciato
il figlio, mi baciò calorosamente sulle guance. Ricordai
come, nei primi tempi, fosse diffidente nei miei riguardi, infine
però avevamo ottenuto un buon rapporto.
“Come sta mio nipote?” chiese la donna, una volta
che ci ebbe fatti accomodare. Mi strinsi a Goten, sorridendole.
“Bene”.
“Penso” proseguì Chichi, accigliata ma
non scontenta, “che gli preparerò dei vestiti a
maglia”.
“Ne è capace?” esclamai, stupita. Io
riuscivo a stento a maneggiare un gomitolo di lana, e il pensiero di
trasformarlo in abiti mi sembrava un’impresa straordinaria.
“Certo” rispose la donna, fissandomi con
benevolenza materna. Da quando aspettavo un bimbo, mi si era
affezionata sempre più. “Se vuoi ti
insegnerò una volta o l’altra”.
Pensai che a dire il vero non mi sentivo di cucire e usare ago e filo,
non mi sarebbe piaciuto, ne ero sicura. Però, per non essere
scortese, replicai: “D’accordo, la
ringrazio”. Intrecciai le dita dalle unghie smaltate e mi
appoggiai a Goten, che mi rivolse un sorriso.
In quel momento arrivarono anche Gohan e Videl. “Pan
è da un’amica” spiegarono.
“Possiamo metterci a tavola?”
Videl mi fece alcune domande, alle quali risposi con sicurezza per lo
più.
Infine ci accomodammo, e la cena venne servita. In confronto al pranzo
preparato da me era a dir poco squisita (anche senza confrontarla con
qualcos’altro la era, a dirla tutta).
Mangiai, più affamata del solito.
Consumammo le chiacchiere a pari passo con le pietanze, e io parlavo
solo se interpellata, in quanto ero molto presa dal masticare.
Gohan sproloquiava su alcuni test psicologici. Lo ascoltavo a mala
pena, ma, anche se avessi prestato attenzione, avrei capito molto meno
della metà di quei discorsi.
Mi distrassi a pensare al mio bambino che cresceva nel mio ventre.
Scrutai Goten con la coda dell’occhio. Aveva un sorriso che
gli andava da un orecchio all’altro.
Si girò verso di me e nel suo sguardo comparve una scintilla
di tenerezza. Se non ci fosse stata tutta quella gente, lo avrei
baciato in quell’istante.
Gohan poi, prese a snocciolare nomi, numeri di telefono e indirizzi
degli ospedali più convenienti. Avrei preferito che evitasse.
Io amavo andare per negozi, avevo un puro terrore per gli ospedali.
Sorrisi educata e annuii. Poi affondai i denti nella torta.
La serata passò in fretta, e ben presto Goten mi
aiutò ad infilarmi la giacca. Sembrava gli piacesse farlo.
Appariva convinto che incinta non fossi in grado di fare
alcunché. Uomini.
Mi spazzolai i capelli.
“Val, perché lo fai tutte le sante
sere?” si lagnò Goten dal letto matrimoniale.
“Tanto poi a letto si spettinano”.
“Non fare il bambino” lo rimproverai, poi posai il
pettine e mi infilai sotto le coperte accanto a lui. “Sarai
padre, sii responsabile”.
“Non tutti i padri sono responsabili” disse lui in
un soffio. Capii immediatamente che si riferiva a Goku. Mi sentii
solidale con Goten. Anche a me sembrava che suo padre fosse stato un
irresponsabile bell’e buono andandosene lasciando moglie e
figli da soli. Silenziosamente, mi rannicchiai contro Goten.
“Buonanotte” mormorai. Sbadigliai.
“Domani si fa shopping”.
L’ultima cosa che sentii prima di scivolare nel sonno fu la
sua risposta sarcastica: “E questo mi dovrebbe far passare
gli incubi…”
Mi svegliai per prima, questa volta. Facendo attenzione a non destare
Goten, mi liberai delle coperte e corsi in cucina. Apparecchiai per la
colazione e tirai fuori un enorme barattolo di Nutella. Poi presi del
pane dal freezer e lo misi in forno a scaldare.
Quando lo tirai fuori notai con piacere che era bello caldo.
‘E morbido, e croccante’ pensai, pregustandolo.
In quel momento Goten fece il suo ingresso, stiracchiandosi. Alla vista
degli enormi panini alla Nutella posati sul tavolo sfoderò
un gran sorriso. Lo osservai felice. Era così tenero, quando
mostrava tutta l’ingenuità, tutta la purezza del
suo carattere…
Mi baciò sulla guancia, e io, chinandomi a ricambiare il
bacio, assaporai il suo profumo. Per un attimo, mi immaginai di
ritrovarlo, mischiato al mio, sulla pelle di mio figlio, e mi parve di
toccare il cielo con un dito.
Per tutto il resto della mattinata trascinai Goten da un centro
commerciale all’altro. Comprai alcuni cosmetici e tre gonne.
Quando tornammo a casa prendemmo a scherzare in camera, ridendo e
gettandoci sul letto.
Poi, Goten si fece serio di colpo. “Che
c’è?” domandai. Lui mi fece cenno di
tacere. “Un’aura” sussurrò,
per poi alzarsi lentamente dal letto. Mi fece segno di non muovermi,
poi si allontanò silenziosamente.
Lo guardai scomparire dai miei occhi, allarmata e confusa.
Cos’era successo?
Tesi le orecchie col cuore in gola, poi udii un rumore secco provenire
dalla cucina.
Scesi dal letto e attraversai il corridoio col fiato sospeso.
Entrai in cucina col cuore che batteva all’impazzata. Non
vidi nulla. Mossi cautamente qualche passo… Qualcuno mi
saltò alle spalle.
“Buh!”
“Aaaaaaaaaaaaaaaah!” strillai, voltandomi di
scatto. Fissai sbalordita Goten che se la rideva, e gli battei un pugno
sullo stomaco.
“Ma quanto sei salame!” sbottai, esasperata.
“Mi hai spaventata!” lo accusai.
Lui continuò a ridere. “L’ho
sentito” affermò.
Sbuffai. Poi corsi in camera e andai a prendere i nuovi trucchi. Quando
Goten entrò per vedere cosa stessi facendo lo spinsi seduto
sul letto e gli misi forzatamente il rossetto.
“Così impari” decretai alla fine
dell’opera. Lui gemette correndo in bagno a lavarsi mentre io
sorridevo trionfante. Chi la fa l’aspetti, no?
Ecco il
secondo capitolo! Avevo in programma di postarlo ieri, ma son
finita in punizione (un giorno intero senza pc... ghg, stavo andando in
astinenza XD). Comunque sono stata felice, direi felicissima di vedere
che questa storia a qualcuno interessa^^
nightwish4ever: caaara Mary, grazie mille^^ addirittura tra le
preferite, je t’adore (lasciamo perdere il francese,
va’ >.> mi ricorda solo che devo far fuori la
prof). No, è vero! Sei troppo lontana per seguirmi nel vero
senso della parola ç________ç ora sono sana come
un pesce sano (ché sana come un pesce malato non era tanto
intelligente da dire... perdona lo sclero). Ciao^^ No, un attimo!
Eeedward *ç*
DarK_FirE: ciao, Gemy! Già, le ff con GotenxValese sono
più uniche che rare, dal momento che io sono
l’unica che quando si deprime si mette a scrivere robe del
genere -.-“ bacioni... Grazie, addirittura tra i preferiti la hai messa!
s_ara: grazie mille! Anche a me piace la marmellata di fragole (e anche
la Nutella citata in questo capitolo XD stavo sbavando davanti allo
schermo mentre scrivevo... un caso clinico U.U). Kiss
bellissima90: hello (il liceo linguistico mi fa dire certe
cose^^”). Io Valese l’ho cambiata soprattutto
perché attenersi a quella dell’anime era parecchio
difficoltoso, dato che non si capisce praticamente nulla del suo
carattere XD Il prossimo capitolo (spoiler?!) sarà narrato
da Goten, spero ti piacerà...
Ora me ne vado a studiare storia e fisica
ç____________ç interrogazione e verifica
ç__ç mah, sperema be’ |
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Capitolo 3 *** Chiacchiere tra amici ***
Capitolo 3 – Chiacchiere tra amici
Finalmente
dalle mie labbra scomparve ogni traccia di rosso. Poi tornai
in camera da Valese e la vidi seduta sul letto a ridacchiare della mia
espressione di profondo disappunto.
“Che
vuoi?” ringhiai, fingendomi infuriato. In
realtà, vedendola così allegra, mi sentivo gioire
a mia volta.
Lei fu
presa da un nuovo attacco di risatine isteriche. E infine mi
sedetti pazientemente sul letto accanto a lei, in attesa che esaurisse
la ridarola.
La aiutai
a preparare alcuni toast. Portandoli in tavola, raccolsi un
po’ del formaggio fuso che strabordava e lo leccai con gusto.
Vidi che Valese aveva un appetito pari al mio, e sorrisi.
Squillò
il telefono. “Pronto?” risposi.
“Allora,
amico” esordì allegramente
Trunks dall’altra parte, “come ci si sente
aspettando il primo figlio?”
“Bene,
è strano vedere Valese mangiare come
me” risposi, grattandomi la nuca. Sentii ridere il mio amico.
“Le
donne incinte sono peggio dei saiyan!” lo udii
dire, divertito, come se ricordasse qualcosa di passato.
“Come?”
chiesi, perplesso.
“Nulla…
lo borbottava mio padre durante i pasti
quando mia madre era incinta di Bra…” rispose
Trunks. “E a casa tua come va? Tutto bene?” Sotto
il suo tono disinvolto colsi un po’ di preoccupazione. Ma
certo, anche lui pensava a mia madre, sola.
“Tutto
okay” sospirai. “Gohan passa un
sacco di tempo con la mamma, e anche io, appena posso, la vado a
trovare… Lei sembra felicissima, non vede l’ora di
poter stringere tra le braccia il suo nuovo nipotino!”
aggiunsi ridendo.
Trunks si
unì alla mia risata. Poi si interruppe.
“Scusa un attimo” borbottò, e dal tono
di voce pareva esasperato. Sentii che allontanava il telefono dalle
labbra. Tesi le orecchie e lo udii dire: “Sì,
arrivo subito, un secondo solo…”
Alzò
il telefono. “Ehi, Goten” mi disse.
“Devo andare in riunione”. Soffocai una risata.
“Non ridere” mi ammonì lui
distrattamente. “Ci vediamo domani, che ne dici?”
chiese in fretta.
“D’accordo…
passo a casa tua”
replicai.
“Porta
pure Valese, se vuoi, ora scusami ma stanno
insistendo. Ciao”.
“Ciao”
feci in tempo a rispondere prima che lui
mettesse giù. Povero Trunks… Essere Presidente
non era affatto facile… Sospirando tornai da Valese.
“Come
sta la mia moglie preferita?” esordii con un
sorriso. Lei mi scoccò un’occhiata irritata che si
addolcì non appena aumentai il sorriso.
“Bene”
affermò, passandosi il pettine
tra quei suoi capelli castani. Si ritoccò lo smalto chiaro
dopo essersi passata la mano sul ventre. Continuava a toccarlo, anche
inconsciamente, ma lo faceva con gran dolcezza, teneramente.
La
guardai soffiare distrattamente sulle unghie. E non resistetti. La
attirai verso di me e la baciai sulle labbra. Inspirai quel piacevole
profumo che trovavo solo sulla sua pelle.
Tra un
bacio e l’altro trovavo appena il tempo di respirare.
“Sai…”
iniziai, lisciandole i capelli.
“Trunks ci ha invitati a casa sua…”
“Bene”
sorrise lei. “Allora
andiamo!”
“Ma,
Valese” la richiamai, sorpreso,
“l’invito è per domani, non per
adesso... Ora siamo noi due soli” aggiunsi.
“Pervertito!”
esclamò lei, puntandomi un
dito contro il petto.
“Ma
no, cos’hai capito!” mi lamentai.
“Pensavo a, che so...” ‘A cosa
pensavo?!’ mi chiesi disperatamente. “Un bel
film?” azzardai, pregando.
Lei
sorrise. “Ma sì, è una buona
idea!” esclamò, andando a prendere un dvd.
Ci
accomodammo sul divano. Lei reclinò la testa, poggiandola
sulla mia spalla. Sentivo il suo respiro contro il mio collo...
Il
pomeriggio seguente mi ritrovai a parlare con Trunks. Valese era in
salotto con Bulma.
“Allora
sono tutti entusiasti perché fra un
po’ avrai un figlio!” esclamò il mio
migliore amico.
“A
quanto pare...” dissi, con una smorfia di
falsissimo disappunto.
“E
tu?” domandò Trunks.
“Io?”
ripetei, senza capire.
“Come
ti senti per il fatto che presto avrai un
erede?” chiese con un sorriso lui.
Come mi
sentivo? Non mi ero mai sentito tanto felice!
“Mi
sento fin troppo bene, Trunks” esclamai,
ridendo.
s_ara: panini
nutella, nutella panini (*ç*). Anche io mi
sono divertita a far riconoscere Goham XD è sempre il
solito... A me onestamente il GT non piace molto (che
c’entra? O_o) e specialmente non mi piace il finale, con Goku
che se ne va via così è_é povera
Chichi, poveri Goten e Gohan!!!
bellissima90:
grazie mille per la recensione^^
nightwish4ever:
non mi disturbi, poco ma sicuro U.U Poi su msn non
c’eri ç__ç guarisci presto (o no, come
preferisci >_>). Goten è davvero infantile XD
ed è stato punito con il rossetto.
Ora me ne vo a
pulire fagiolini ç__ç
Ciao a tutti,
alla prossima!
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Capitolo 4 *** L'inizio di un incubo ***
Capitolo 4 –
L’inizio di un incubo
Stavo facendo una doccia. I capelli castani mi ricadevano sulla
schiena, ormai zuppi. Presi a passare la spugna sul corpo, attentamente.
Sorrisi appena al ricordo dei pettegolezzi fornitimi quel giorno da
Bulma, quella donna possedeva non solo un cervello maggiormente agile
della norma, ma era anche aggiornata su ogni cosa che facevano i suoi
vicini. Non che me ne importasse molto, ma era stato bello ridere delle
assurdità del mondo.
Mi risciacquai. Misi l’acqua un po’ più
fresca, perché mi stava scottando la schiena.
Poi, di colpo, mi scivolò lo sguardo e vidi il sangue.
Sbarrai gli occhi, sgomenta, con l’acqua che mi scorreva
sulla schiena. ‘Cos’è?’ mi
chiesi, disperata. ‘Cos’è?!’
Iniziai a urlare, tremando nonostante l’alta temperatura
presente all’interno del bagno.
Presi a battere i denti, continuando a gridare.
Sentii la porta spalancarsi, poi qualcuno mi tirò fuori
dalla doccia, chiamandomi. Tremavo.
“Valese! Non preoccuparti, ti porto subito dal medico,
amore!”
Vestiti. Quel qualcuno mi stava vestendo. Sbattei le palpebre, il
labbro tremante, e lo riconobbi. Era... Goten? Lo chiamai,
supplichevole.
Non mi opposi quando mi prese in braccio e si lanciò in volo
fuori dalla finestra.
Sentii un nodo allo stomaco che non aveva nulla a che fare con
l’altezza.
Poi facce confuse, un turbinio di parole che si aggrovigliavano in un
urlo senza fine...
Ehm.
Inizio col congratularmi con i coraggiosi che continueranno a seguire
la storia.
Poi:
DarK_FirE: ciao, complimenti per la recensione a tempo record^^
Già... ecco Goten e Valese che si fanno valere come coppia XD
s_ara: grazie mille... anche a me non piaceva l’idea di far
perdere di vista Goten e Trunks. Goten è innamoratissimo di
Valese ^_- bacio :*
nightwish4ever: ç_ç un momento di silenzio per la
nostra mancata conversazione su msn. ... ... Okay, stop. Trunks!!!!!!!!
^0^ IO dovrei imparare da TE che ti prendi una ff per volta, mica
continui a scriverne un’infinità come faccio io...
(sono andata a vedere Twilight *-* Edward *ç*)
Allora do appuntamento a chi vorrà ancora seguirmi al
prossimo capitolo^^
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Capitolo 5 *** Perché è successo? ***
Capitolo 5 –
Perché è successo?
La sdraiai sul letto.
Le parole del dottore continuavano a rimbombarmi nella testa, non
riuscivo a darvi un significato. Gli dispiaceva, questo lo ricordavo.
Erano cose che potevano succedere, aveva anche detto.
Guardai stordito Valese. Fissava con aria assente il soffitto, le mani
stringevano il panno con il quale l’avevo coperta.
“Goten, è colpa mia?” domandò
all’improvviso. I suoi occhi cercarono i miei. Li incrociai e
vi lessi una sofferenza infinita. “Ho...” Parlava
con esitazione, quasi non si fidasse più nemmeno della
propria voce. “Ho fatto qualcosa che non andava? È
colpa mia?” La sua espressione mi fece salire un groppo in
gola.
Le diedi una carezza. “No, cucciola” le sussurrai.
“Non è affatto colpa tua”.
I suoi occhi tornarono al soffitto.
La prima che vidi, dopo la notizia di aver perso mio figlio, fu mia
madre. La abbracciai, poi la lasciai entrare in camera con Valese.
Poi arrivò Gohan, abbracciai pure lui. Pan mi si
avvinghiò alle gambe. “Mi spiace tanto, zio
Goten!” sussurrò con gli occhi scuri pieni di
lacrime.
Mi costrinsi a sorriderle.
Infine giunsero anche i Briefs. Valese aveva detto che preferiva stare
sola. Avevo acconsentito con la morte nel cuore. Era pallidissima. Dopo
un po’ di tempo in compagnia dei miei amici, sentii il
bisogno disperato di prendere un po’ d’aria.
Uscii in balcone. Dopo un po’ Trunks mi raggiunse. Si
fermò accanto a me, e gli rivolsi un sorriso tirato.
Poi alzai di nuovo lo sguardo al cielo. Di colpo sentii di nuovo, dopo
tanto, la mancanza di papà, accompagnata però
dalla consapevolezza di detestarlo.
Lui non sapeva quello che mi stava accadendo, non sapeva un bel niente.
Era in giro chissà dove per lo Spazio, a cavallo di Shenron,
probabilmente con un sorriso ebete stampato in faccia.
“Ti odio papà” mormorai, talmente piano
che a malapena sentii io stesso le mie parole.
Trunks mi diede una pacca sulla schiena. “Torna da
Valese” mi suggerì.
E fu quel che feci.
Lei era lì, gli occhi spalancati, raggomitolata su se stessa
come una bimba piccola che vuole proteggersi dagli incubi.
“Ciao, amore” la salutai con un fil di voce.
“Goten” mi chiamò lei dopo un
po’. “Perché è
successo?” chiese.
Mi diede l’impressione che da quella domanda dipendesse la
sua vita.
“Perché proprio il nostro bambino?”
‘Avremo altri figli, amore’ avrei voluto
risponderle. Tacqui, non era la cosa giusta.
“Tua madre mi vuole ancora bene?”
“Sì” risposi sicuro, accarezzandole il
viso.
“Ma sembrava così felice per il
nipotino!”
“Lei vuole bene a te” dissi.
“Mi ami ancora?”
Mi chinai su di lei. “Certo” sussurrai,
abbracciandola. “Non pensare nemmeno per un attimo che io
possa smettere di amarti”.
Quando scese la notte Valese faticò ad addormentarsi.
Tremava, nonostante la tenessi stretta per scaldarla anche con il mio
corpo.
Infine si addormentò, e io scivolai nel sonno a mia volta,
affondando il viso tra i suoi capelli.
Continua…
DarK_FirE: ciao, Gemy! Ecco cos’è
successo… mamma mia, che persona orribile sono
ç_ç ora avrò i sensi di colpa per
tutta la vita…
nightwish4ever: già, Valese l’ho fatta molto
matura *mi guardo attorno irradiando soddisfazione da ogni poro* Edward
poi non è arrivato ç__ç. Baci^^
s_ara: mi spiace davvero! Dopo aver letto la tua recensione stavo quasi
per cambiare la trama… Però era da un
po’ che volevo provare a scrivere qualcosa di drammatico,
quindi… ç__ç spero non ti abbia
disgustato… Grazie mille per aver messo la storia tra le
preferite
|
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Capitolo 6 *** Egoista ***
Capitolo
6 –
Egoista
Goten prese una settimana di ferie.
Io mi finsi grata, perché sapevo che quella decisione gli
costava, ma in realtà provavo solo una cupa sensazione di
vuoto.
Avevo ripreso il solito tran tran di tutti i giorni, ma bastava posare
gli occhi su una pubblicità di giocattoli che il dolore
tornava, tanto forte da mozzarmi il fiato.
Pensavo ai calci che il bambino non mi aveva mai dato, al suo pianto
che non avevo mai sentito... Era incredibile tutta quella nostalgia
struggente nei confronti di una creatura sulla quale non avevo mai
posato gli occhi.
Quando il dolore si faceva troppo forte, mi obbligavo a pensare che
potevo avere ancora un altro figlio, ma quella rassicurazione mi
lasciava l’amaro in bocca. Non era quello che volevo. Io
volevo solo poter stringere tra le braccia quel bambino.
Ma era un desiderio semplicemente impossibile da realizzare.
Goten mi coccolava più del solito, costringendomi dolcemente
a mangiare anche quando non ne avevo voglia. Quando mi abbracciava,
allora, affondavo il viso nel suo petto, assaporando il suo profumo,
cercando conforto nel suo calore.
Poi la sera tremavo e piangevo.
Goten mi consolava come poteva, e io potevo vedere quanto fosse
sconsolato. Si era ripreso meglio di me, ma non poteva essere felice se
non lo ero io.
Fingevo grandi sorrisi, ma ben presto dovetti arrendermi alla
consapevolezza che il giovane non ci credeva nemmeno un secondo.
Cos’avevo fatto?
Perché il mio bambino?
Durante il giorno cercavo di fare più cose possibili, per
tenere occupata la mente. La sera, però, il dolore non era
mitigato da alcuno svago, e allora mi rifugiavo tra le braccia di
Goten, sentendomi un’egoista. In fondo il bambino era anche
suo e avrei voluto che la mia sofferenza lasciasse spazio alla sua. Ma
non ci riuscivo.
Doh, altro capitolo corto corto
corto (corto corto NVostra).
Prometto che i prossimi torneranno più lunghi, questo mi
serviva per evidenziare i sentimenti di Valese... Dai prossimi torna
l’azione (azione, poi...)
DarK_FirE: visto, sono crudele ç_ç Ecco, ho
aggiornato presto U.ù Kiss^^
s_ara:
ç_ç_ç_ç_ç_ç_ç
non preoccuparti, non posso lasciare così Goten e Valese...
Vedrai se la tua supposizione su figli nuovi è esatta...
Scusate per le risposte un po’ frettolose T_T |
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Capitolo 7 *** Seppelire i ricordi ***
Capitolo 7 –
Seppellire i ricordi
Un suono metallico, un tintinnio che riecheggiava in modo
impressionante nella stanza.
Non vi badai.
In fondo era solo caduto un temperino, cosa me ne importava?
Accigliato, compilai il documento che avevo davanti. Era da poco finita
la mia settimana di ferie, ma tornare al lavoro era stato duro,
pensando al fatto che Valese era sola a casa.
“Son!”
Mi voltai, trovandomi a guardare il viso di un mio collega.
“Che è successo?” borbottai, torvo.
Lui mi strinse la spalla. “Nulla... Volevo solo... Ho saputo
di tuo figlio... mi spiace”. Sembrava imbarazzato ma sincero.
Notai appena che mi aveva dato del ‘tu’, mentre di
solito ci rivolgevamo usando un formale ‘lei’.
Accennai un ringraziamento.
Ultimamente essere chiamato ‘Son’ mi seccava.
Sapevo il perché. Era il suo cognome, il cognome di un padre
che di punto in bianco se ne va di casa, lasciando la moglie, i figli,
la nipote... Tutti.
Mi dissi che ero infantile. Dopotutto era anche il cognome di mio
fratello, e dell’uomo che aveva adottato mio padre, non solo
di Son Goku.
Lo odiavo, lo odiavo perché mi mancava terribilmente,
perché ora più che mai desideravo sentire la sua
spensieratezza...
Sempre più accigliato, tentai di lasciare da parte quei
pensieri per concentrarmi sul lavoro. Quando tornai a casa, trovai
Valese seduta davanti alla televisione.
Era lampante che non fosse minimamente interessata al programma. Nella
mano sinistra reggeva il telecomando, nell’altra una
tavoletta di cioccolata mangiata a metà.
“Ciao, amore” la salutai cautamente.
“Ciao” rispose mesta lei.
Posai la borsa e andai a sedermi a mia volta sul divano. Valese mi fece
posto con un gesto automatico.
Sapevo che i suoi genitori non avevano mai saputo nulla del bambino.
Erano in vacanza quando la gravidanza era iniziata, e Valese aveva
preferito non avvertirli subito. ‘Mia madre’, aveva
detto con un sorriso (allora sorrideva), ‘sarebbe capace di
mollare la vacanza e correre a casa...’
Fissai il programma che la ragazza osservava con aria assente.
“Fa schifo” dissi ad un certo punto. Valese
sobbalzò, poi scrutò lo schermo appena
più attenta. “Oh” borbottò,
imbarazzata, “hai ragione…”
Le presi il telecomando e spensi la televisione.
Valese addentò la cioccolata.
Parve riflettere su qualcosa, infine, di punto in bianco, disse:
“Credo dovremmo fare una tomba. Al bambino, intendo. Poi, che
so, dire qualcosa…”
Trasalii, non me lo aspettavo. Poi ci pensai su. “In effetti
potremmo farlo…” risposi, cauto.
Lei si passò una mano sugli occhi. “Sì,
Goten” sussurrò.
“Sì”.
Partimmo subito. Lei mi chiese di portarla in un posto speciale. Avevo
la mezza idea di condurla in un prato vicino ai Paoz dove ero solito
giocare da piccolo, ma poi ricordai che era stato Son Goku a
mostrarmelo per la prima volta.
Così virai un po’ più a nord.
Lì vi era un campo che si estendeva a vista
d’occhio, con ciliegi e salici che lo circondavano. Posai con
leggerezza i piedi sul manto erboso, poi mi chinai lievemente,
lasciando Valese.
La ragazza si guardò attorno, poi mosse qualche passo,
assorta. La seguii con gli occhi. Infine lei si fermò
davanti ad un salice piangente le cui foglie rilucevano argentate alla
luce pallida del sole. Fissò intensamente i rami flessibili
che tendevano verso il basso, quasi fossero lacrime, le foglie sottili
e infine la terra brulla ai piedi dell’albero.
“Qui, Goten” disse, “facciamolo
qui”.
Mi avvicinai, poi mi chinai ad assaporare l’odore umido di
terriccio del punto scelto da Valese.
Lei esitò, poi infilò la mano in tasca e ne
estrasse un oggetto che mi mise in mano. Lo guardai. Era una spilla da
balia. “Cosa?” chiesi in un sussurro.
“Era mia quando ero piccola” rispose Valese. Volse
lo sguardo per non fissarmi negli occhi, poi continuò,
abbassando la voce ad un bisbiglio roco: “Avevo pensato che
poi sarebbe stata… per il nostro
bambino…”
Le carezzai la guancia, poi mi abbassai a smuovere delicatamente un
po’ di terra. Creai una piccola buca e vi infilai la spilla
fredda. La ricoprii con il terriccio e mi rialzai.
Valese si appoggiò a me.
“Ciao, cucciolo mio, addio” la sentii a malapena
esalare.
Prima che potessi dire qualcosa, si voltò e corse via,
lasciandomi spiazzato.
“Valese!” la richiamai, non appena mi ripresi dallo
stupore.
Mi voltai. Gettai un ultimo sguardo alla terra che avevo smosso, poi mi
lanciai all’inseguimento della ragazza.
La raggiunsi senza fatica, e lei si fermò.
“Che stupida sono stata…”
sussurrò. “Scappare via così”.
“No, amore” la rassicurai, attirandola per farle
posare la testa sul mio petto. “Hai fatto
benissimo”. La cullai dolcemente, come lei avrebbe fatto con
nostro figlio se non se ne fosse andato così.
Poi lei pianse, singhiozzando a lungo per la buca nella quale aveva
cercato di seppellire i propri ricordi.
Continua...
DarK_FirE: ciao, Gemy... je like la your recensione (miscuglio
illeggibile XD)
s_ara: per le madri secondo me deve essere più difficile
andare avanti... dopo tutto è Valese che teneva in grembo il
bimbo, non Goten (vorrei vedere xD)
cri92: ehi, ciao^^ neanche per me la Goten-Valese è il
meglio. Cioè, direi che mi è indifferente u.U
già, Trunks è stupendo *-* comunque
sì, sono sposati (credo <-figura della stupida XD).
Un abbraccio^^
nightwish4ever: non preoccuparti, ti capisco fin troppo bene
ç__ç anche io posso stare al computer solo per
poco ç__ç Ora sono andati nel
pratuccio-uccio-uccio a fare la tombuccia-uccia-uccia (perdonami, mi
sono fatta trascinare XD).
Sììììì, fra poco
ci sono le vacanze di Natale ^0^
Un bacione a tutti e un grazie di cuore, alla prossima! |
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Capitolo 8 *** Il sogno ***
Capitolo
8 – Il sogno
Goku si sporse in avanti, poggiando le mani da bambino sulle squame
smeraldo del Drago Shenron. Era ancora eccitato dal ricordo della
battaglia contro un guerriero proveniente da un altro universo.
“Ehi, Shenron, a casa mia tutto bene?”
domandò, sentendo una rapida fitta di rimorso per averlo
chiesto così tardi. Subito allontanò il senso di
colpa, certo che non fosse accaduto nulla di brutto.
Agitò la coda, attendendo una risposta.
“Tuo figlio... Goten... soffre” rispose il drago
con voce riecheggiante.
Goku sobbalzò, irrigidendosi. “Sono sicuro che
sbagli!” esclamò. “Goten è un
ragazzo forte!” affermò poi, in
un’impennata d’orgoglio per suo figlio.
Il drago emise un suono brontolante. “Sua moglie era incinta,
ma purtroppo ha perso il bambino” comunicò,
facendo gelare il saiyan.
“Oddio, Goten!” esclamò Goku con voce
strozzata. Se pensava a come doveva essere perdere un figlio, sangue
del proprio sangue... “Voglio tornare indietro!”
dichiarò. “Mio figlio ha bisogno di me!”
Agitò la coda come per sottolineare quelle parole.
“Non è possibile, lo sai”
replicò il drago con la sua voce millenaria.
Goku affondò la testa tra le mani, sentendosi una persona
orribile. Il suo Goten... E lui non poteva nemmeno consolarlo...
“Ma qualcosa dovrò pur fare!” disse, con
veemenza.
Nella mente, gli tornarono, vividi, i ricordi riguardanti il suo
secondogenito. Il suo viso timido la prima volta che l’aveva
visto, i suoi capelli perennemente scompigliati (come i suoi), i suoi
ingenui occhi neri... Le sue lamentele quando, cresciuto, si
sottoponeva restio agli allenamenti. Il suo protestare, senza essere
arrabbiato davvero, delle attenzioni della madre...
“Ci deve essere un modo!” ribadì
l’eroe dell’Universo.
Shenron non rispose, ma la sua testa si mosse, come nel corso di un
cenno che significava “sì”.
Mi sdraiai accanto a Valese. Lei era a letto già da un pezzo.
Affondai la testa nel cuscino, maledicendomi. Di sicuro aveva pianto:
le ciglia, che ora sfioravano la sua guancia nel sonno, erano scure,
bagnate... Aveva pianto. Oh, sarei dovuto andare da lei prima...
Eppure, dopo la tomba che avevamo fatto al fantasma del nostro bambino,
era migliorata, nonostante la vedessi cadere, durante il giorno, in
periodi durante i quali non era presente, era triste, sofferente...
Pensai, ancora una volta, che forse avrei dovuto proporle di provare ad
avere un altro figlio e, come sempre, cacciai quel pensiero, sicuro che
sarebbe stata un po’ una crudeltà, per lei che
ancora amava quel bambino morto.
Con un brivido, tirai le coperte sino al mio collo e mi misi su un
fianco. Chiusi gli occhi e mi addormentai.
Ero in una radura. La luce era lieve, pallida, ma indiscutibilmente
squarciava le tenebre, le cacciava impietosa.
Mi guardai attorno confuso.
Mossi qualche passo, fissando l’erba. Non era verde,
piuttosto tendeva ad un pallido blu... Strano. Mi chinai per prendere
uno stelo tra le mani.
“Goten...” Quella voce, così amata,
così odiata, della quale avevo sentito tanto la nostalgia,
mi fece sobbalzare. Mi voltai di scatto, il cuore che palpitava in
fretta, impazzito.
Davanti a me c’era mio padre. Mi alzai lentamente, arrivando
alla sua altezza.
Non era un bambino, come l’ultima volta che avevo visto, ma
un adulto, un adulto dal sorriso caloroso e l’aria
spensierata. Poi tornò serio, assumendo
un’espressione grave che poco gli si addiceva.
“Papà?” chiesi, titubante, ancora sulla
difensiva.
Mi stupii dello strano calore che sentii nel pronunciare quella
semplice parola, rendendomi conto che da tempo morivo dalla voglia di
chiamare qualcuno così... Qualcuno che rispondesse davvero a
quel termine.
Lui mi si avvicinò. Mi irrigidii, ricordando quanta
sofferenza mi aveva fatto provare andandosene a dorso del Drago
Shenron. Strinsi i pugni, ma non seppi impedirgli di trarmi a
sé, e in un attimo mi trovai tra le sue braccia.
“P-papà” farfugliai, tentando di trovare
la rabbia da scagliargli contro, tutto il rancore che si meritava.
Ma non ci riuscii, ed abbandonai il viso sulla sua spalla forte.
“Papà!” ripetei, emozionato... forse
felice. Lui mi strinse più forte.
“Goten, figliolo” mormorò con dolcezza,
“mi dispiace... Mi spiace per quello che ho fatto, mi spiace
per quanto hai sofferto in questi giorni”. Un singulto mi
scosse il petto, come faceva a saperlo?
“Mi spiace per tuo figlio... mi spiace per mio
nipote” disse con serietà mio padre. Mio padre.
A quell’affermazione, forse perché era tanto tempo
che avevo voglia di sfogarmi, forse per il modo in cui aveva detto
‘mio nipote’... Fatto sta che iniziai a piangere
sulla sua spalla.
Lui mi tenne stretto, mormorando parole di incoraggiamento al mio
orecchio, passandomi le sue mani grandi sulla schiena...
Quando mi fui sfogato sciolse l’abbraccio e mi
fissò negli occhi, le sue iridi gemelle delle mie.
“Papà!” esclamai con voce soffocata.
“Goten...”
“Oh, papà! Come posso consolarla?”
chiesi, e non ebbi bisogno di specificare che parlavo di mia moglie.
“Le piacerebbe un bambino” disse mio padre,
guardandomi negli occhi.
Una scintilla di speranza mi esplose nel petto, scaldando la mia anima
infreddolita dall’angoscia di quei giorni.
“Dici?” chiesi, esitante. “Credi che
dovrei proporle di avere un altro figlio?”.
Il volto di mio padre si distese in un sorriso radioso.
“Sì” rispose con semplicità.
“Questo è un sogno?” domandai esitante.
Lui non negò. Aggiunse un aggettivo. “Un sogno
speciale”.
Sorrisi. “Tra poco mi sveglio, vero?”
Annuì. “Mi sei mancato” sussurrai,
mentre i contorni del sogno si facevano sfumati.
Mio padre mi salutò.
Un moto di incoraggiamento interiore.
“Ti voglio bene...”
Lui sorrise, poi io aprii gli occhi sulla mia stanza immersa nel
silenzio.
“Papà” conclusi piano.
Il cuore mi traboccò di gioia nel pronunciare quel nome
finalmente senza rancore.
Continua...
DarK_FirE: ehi, twin! Già, almeno i genitori di Valese non
hanno avuto quella sofferenza U.ù Per msn... Oggi alle
cinque e mezza ci sei? Perché io dopo vado a cena dai miei
nonni^^
s_ara: e così Goku ha rivendicato il suo ruolo di padre
premuroso ^0^ Hai ragione, la faccenda è triste
ç__ç ma, come hai scritto, speriamo che riesca a
superare lo shock (sì, si può dire... almeno
credo...)
cri92: io Goku lo odio quando se ne va (non dopo il Cell Game, certo)
soprattutto alla fine del GT grrr... ci sentiamo al prossimo capitolo^^
Un bacio a everyone, al prossimo chapter! (Io ammazzo la lettrice di
inglese, ora la ammazzo U.ù)
|
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Capitolo 9 *** I timori di Valese ***
Capitolo
9 – I timori di Valese
Posai il capo sul cuscino, vicino a Valese tanto da sfiorarle i capelli
con le labbra, assaporando il suo profumo.
Poi lei si stiracchiò leggermente, sonnolenta.
Aprì gli occhi e si voltò, fissandomi.
“Goten?”
“Valese”. Il cuore prese a battermi sempre
più veloce, era tempo, dovevo chiederglielo. Per un attimo
mi guardai attorno. Le presi le mani, istintivamente.
“Io… Vorrei che avessimo un altro
bambino”.
Lei si irrigidì per un attimo, poi mi fissò negli
occhi, mentre le sue ciglia si imperlavano di lacrime.
“Val?” domandai, incerto. Ero frastornato, mi ero
talmente fidato delle parole di mio padre che avevo finito per
aspettarmi che lei mi saltasse al collo felice.
Allungai la mano a sfiorarle la guancia. Lei tremò, poi
deglutì.
Infine mi saltò al collo per davvero, singhiozzando.
“Oh, Goten!” sussurrò tra le lacrime.
“Io vorrei… vorrei… e se poi lo vuoi
tu!” Affondò il viso nel mio petto.
“Goten!” La strinsi, impacciato dal modo in cui mi
si era avvinghiata.
Restammo per un po’ immobili, in quella posizione.
Poi lei alzò il viso, asciugandosi le lacrime col dorso
della mano. Infine alzò gli occhi su di me. “Io
vorrei” riniziò, più calma, ma si
tormentava la camicia da notte con una mano.
“Però, ho paura!” esclamò,
poi tacque, le labbra tremanti. Sembrava spossata da quella
confessione, si voltò, affondando il viso nel cuscino.
“Ehi, Val! Amore! Io…” Mi sentivo
confuso. “Amore” dissi, dolcemente, chinandomi su
di lei, “non capisco cosa dovresti temere”. Le
carezzai i capelli. “Non c’è nulla di
cui aver paura”.
Allora lei iniziò a parlare piano, con la faccia contro il
cuscino. “Ho... ho paura di non... di non riuscire ad
amarlo... a volergli bene...”
Capii che era solo la seconda cosa che temeva. La prima era che anche
il nuovo, ipotetico bambino potesse lasciarla. Ma aveva paura di non
volergli bene...
“Non sostituirà il nostro bambino, questo nuovo
figlio” le dissi dolcemente. “Sarà un
altro bimbo da amare...”
Lei voltò il viso, alzando la faccia dal cuscino. Poi si
inginocchiò e si slanciò verso di me,
abbracciandomi.
La strinsi.
E seppi. Seppi, mentre sentivo il suo calore contro il mio corpo, che
ora avremmo avuto un figlio.
Nella buona sorte e nelle avversità
nelle gioie e nelle difficoltà
se tu ci sarai
io ci sarò
Continua... O no?
Be’, dipende da voi. Volete un altro capitolo o vi basta
così?
Ah, le frasi in corsivo sono prese dalla canzone “Io ci
sarò” di Max Pezzali.
s_ara: grazie, per me è un capitolo molto importante lo
scorso, ho voluto che Goku si desse una mossa e... be’,
potere agli scrittori xD Non volevo lasciare Goten in preda al rancore,
anche se forse suo padre se lo sarebbe meritato... Ciao, un bacio
nightwish4ever: non preoccuparti, anche io purtroppo a volte mi perdo
dei capitoli... Anche io ho sognato Edward (okay, non è vero
ç__ç ma perché non so sognare a
comando?!) Bacioni^^
DarK_FirE: grazie mille, Gemy! Visto che ho fatto aggiustare le cose?
Be’, allo scorso capitolo eravamo a Natale più o
meno, e lì si è tutti più buoni
(almeno così si dice) quindi ho deciso di far fare pace a
padre e figlio^^ Bacioni, grazie ancora!
|
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Capitolo 10 *** La mia famiglia ***
Capitolo 10 – La mia famiglia
Fissai il
test di gravidanza. Per la seconda volta nella mia vita, ero
incinta. Per un attimo rimasi lì, immobile, stordita,
domandandomi se sentirmi felice o rattristata.
Avevo la
gola asciutta.
Distolsi
lo sguardo dal test. Deglutii. “Goten!!!”
chiamai poi.
In pochi
attimi il ragazzo arrivò. Pareva frastornato.
“Che è successo?” domandò, un
po’ ansioso.
Restai in
silenzio per qualche attimo, poi gli comunicai in tono
piatto: “Sono incinta”. Mi fissavo i piedi,
perciò rimasi senza fiato per lo stupore quando mi sentii
alzare in aria. Guardai Goten che mi teneva tra le braccia.
“Oh,
amore, è stupendo!”
esclamò, e i suoi occhi neri brillavano di
felicità.
Per un
momento mi chiesi se stesse fingendo, poi guardai il suo
sorriso, la sua espressione gioiosa, e mi resi conto che era una
contentezza del tutto spontanea.
Fu come
se mi avessero tolto un gran peso dal petto. Al posto di esso
iniziò a crescere un calore dentro di me. Alcune lacrime mi
imperlarono le ciglia, offuscandomi per un momento la vista. Poi
iniziai a ridere. Con gli occhi umidi, sorrisi come non facevo da
tempo, mentre il calore si estese in tutto il mio corpo ed infine si
mutò in una felicità assoluta e travolgente.
“Goten!”
esclamai, e mi strinsi al petto del
giovane, troppo gioiosa per fare altro.
Lui,
ridendo, si districò dal mio abbraccio. “Ehi,
ehi, ehi, non vorrai che tuo figlio rimanga orfano per colpa
tua!”
Gli
lanciai un’occhiata indignata. “Colpa
mia?!” sbottai, assumendo un’aria accigliata.
“Chi
è che sta tentando di soffocarmi?”
replicò il mio bel moro, con un sorriso spavaldo.
Lo colpii
al petto con un pugno scherzoso. “Sei tu che vuoi
farmi esasperare esageratamente” sostenni, fissandolo e
impegnandomi a mantenere uno sguardo torvo. “Però,
se la pensi così... stasera niente cena per te”
decretai impietosa, facendolo sobbalzare.
Solo per
me e il nostro bambino, pensai con un frullo di
felicità.
Goten
assunse un’aria sgomenta. “Non puoi
farlo!” supplicò, e sapevo che non stava fingendo.
“Ah,
no?” ribattei, mantenendo il mio sguardo
ostinato.
Il
ragazzo, allora, mi rivolse un’espressione da cane
bastonato. Maledetto, sapeva che mi era pressoché
impossibile resistere a quegli occhioni da cucciolo desolato.
“E
va bene!” mi arresi, sbuffando. Il viso di Goten
si illuminò seduta stante, mentre continuavo: “Per
stasera ti sei salvato... Ma non è detto che ti ricapiti
tale fortuna!”
“Oh,
grazie, tesoro!” disse lui con enfasi,
abbracciandomi tanto forte da mozzarmi il fiato. Quando mi
lasciò mi massaggiai un fianco fingendo una smorfia di
dolore. “E poi sono io che ti soffoco!” ironizzai.
Lui mi
diede un buffetto. “Sai, amore? Sei proprio brava a
recitare”.
Fingendomi
infuriata, mi chinai a raccogliere una ciabatta da terra.
“Scappa sino a che sei in tempo” lo minacciai.
Senza porre indugio, lo colpii con la pantofola.
Lui si
lamentò, ma sapevo di non avergli fatto male.
In
seguito mi rincorse per tutta la casa, afferrandomi in camera e
schiacciandomi sul letto. Prese a solleticarmi.
Giocammo
a lungo come due bambini, ridendo e strappandoci a vicenda
baci sulle labbra.
Era da
tempo che non mi sentivo così viva.
Goten mi
cinse i fianchi, attirandomi a sé. Continuammo a
guardare quel lettino di ospedale.
“Mi
piacerebbe portarvi tutti a casa subito” mi
sussurrò il ragazzo e il suo fiato mi riscaldò
l’orecchio.
Annuii,
lo capivo. “Sono bellissimi, vero?”
domandai, osservando quei due gemelli che erano finalmente arrivati.
“Bellissimi?”
ribatté critico Goten.
“Mi sembra un po’ riduttivo”.
Finalmente
mi voltai verso di lui. “Lo so che è
riduttivo” replicai, “ma non ci sono parole che
possano esprimere quanto sono stupendi...”
Lui
rifletté. “Un maschietto e una femminuccia...
Direi che è perfetto”. Mi baciò sulla
punta del naso. “Così siamo
equilibrati...”
Più
tardi, mentre allattavo la bambina, Goten teneva in
braccio l’altro bimbo. Lo osservai di sottecchi, distogliendo
per un momento l’attenzione da mia figlia. Non
c’erano parole per descrivere la venerazione che vedevo negli
occhi di Goten mentre fissava nostro figlio. Però capivo
perfettamente come si sentisse. Anche io provavo il medesimo amore
smisurato per i nostri piccoli gemelli.
I ciuffi
sottili già abbastanza folti che avevano sulla nuca
erano certamente neri come quelli di Goten. Gli occhi per adesso
avevano il colore azzurro e liquido di tutti i neonati, ma Goten
sosteneva che sarebbero stati nocciola come i miei. Probabilmente aveva
ragione.
Quando la
bimba si fu saziata, la tesi a Goten, che mi porse il piccolo.
Era tutto
perfetto. Ci amavamo, ci volevamo bene. Avevo una famiglia,
di certo la più bella del mondo.
Fine
E
così ho concluso questa ff... Che sensazione, che
è, ogni volta! Comunque ringrazio molto coloro che hanno
letto, recensito e aggiunto la storia tra le preferite (Ovvero:
DarK_FirE; FullmoonDarkangel; nightwish4ever; s_ara).
nightwish4ever:
mi spiace, cara mia ombra (XD) ma mi sono dovuta
limitare ad un capitolo prima della conclusione...
ç_ç Spero sia di tuo gradimento U.ù
(ma cos’è, fai la raffinata adesso?! Nd.Te) (^0^
Nd.Io [so che la faccina non c’incastra un fico secco, ma
vabbe’...]). Che bello, anche io le ho dette le
stupidaggini!! ^-^ Sono tanto contenta ora^^ Baci
DarK_FirE:
ehi, Gemy, sono contenta di averti tirato su di morale!!
Grazie mille, sono felice che tu abbia apprezzato lo scorso capitolo...
Hai ragione, Goten è davvero bravo come marito
U.ù Sono anche felicissima che ti sia piaciuto il modo in
cui ho descritto le paure di Valese e la sua incertezza. Ti piace
questo capitolo? Ci sentiamo. Tvb^^ Bacioni
s_ara:
alla fine, hai ragione, Valese vuole bene ai nuovi bambini (come
si sarà notato, adoro i gemelli) e per fortuna questa volta
non c’è stato nessun aborto spontaneo. Che te ne
pare di quest’ultimo capitolo? (Sì, anche io adoro
Max Pezzali... E la canzone che ho riportato piace un sacco pure a
me!!!) Kiss^^
Grazie
mille!!!
Pepe^^
|
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