Io ci sarò

di 9Pepe4
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pura e semplice felicità ***
Capitolo 2: *** Chi la fa l'aspetti ***
Capitolo 3: *** Chiacchiere tra amici ***
Capitolo 4: *** L'inizio di un incubo ***
Capitolo 5: *** Perché è successo? ***
Capitolo 6: *** Egoista ***
Capitolo 7: *** Seppelire i ricordi ***
Capitolo 8: *** Il sogno ***
Capitolo 9: *** I timori di Valese ***
Capitolo 10: *** La mia famiglia ***



Capitolo 1
*** Pura e semplice felicità ***


Io ci sarò

Capitolo 1 – Pura e semplice felicità

Mi posai le mani sul ventre, carezzandolo piano.
Alzai il viso, mandando indietro i capelli castani. Mi voltai, dietro di me era arrivato Goten. Sorrisi. Lui ricambiò.
“Come sta la futura madre di mio figlio?” domandò, allegro.
“Stava meglio quando non era insieme a quello sconsiderato del padre di suo figlio” ribattei.
“Eddai, Valese, non è molto gentile da dire!” esclamò Goten ridendo. Poi tornò serio. Mi osservò con i suoi intensi occhi d’ebano che tanto amavo. “Tu pensi sia un maschio o una femmina?” mi domandò.
“Non so” risposi, “ma speriamo che se sarà maschio non erediti la sconsideratezza del padre”.
“E se sarà femmina speriamo che non sia acida come sua madre” ribatté Goten. Mi finsi indispettita, allungandogli uno schiaffo sulla mano. Lui mi fissò col labbro che tremava. Tentai di mantenere la compostezza, ma vedendo la sua espressione alla fine non ce la feci più e scoppiai a ridere, e lui con me.
Quella sera, una volta una accanto all’altro nel letto matrimoniale, Goten mi fece le coccole come solo lui sapeva. Mi crogiolai nella gioia nel sentirlo così vicino. “Saremo genitori” sussurrai, assaporando ogni singola parola.
Lui annuì. “Sì, amore”.
Posai nuovamente le mani sul ventre, avvertendo come non mai la presenza di quel bambino, nonostante al momento fosse appena più grande di un mignolo. Mio figlio. Il figlio mio e di Goten. Nostro figlio.
Girai quelle parole a lungo nella mia mente, sino a che, affondando il viso nel petto di Goten, sentendo il suo calore, il suo profumo, mi addormentai.
Quando mi risvegliai mi accorsi di essere sola nel letto. No, non sola, mi corressi mentalmente. Con mio figlio. Sorrisi e scesi in cucina, dove constatai con stupore che il giovane che amavo aveva preparato la tavola per la colazione.
Presi un barattolo di marmellata di fragole. “Sul serio ti mangi quella?” chiese Goten, allibito. In effetti non mi era mai piaciuta tale confettura, avevamo in frigo quel barattolo solo perché era un regalo di Chichi, la madre di Goten.
“Sì” bofonchiai a bocca piena di pane e marmellata di fragole. Deglutii. “Non c’è problema, no?”
Lui scosse la testa, poi alzò le spalle. “Contenta tu”.
A quelle parole gli saltai addosso, abbracciandolo. “Sì. Sono contenta! Sono felicissima, Goten!” Lui rise, poi mi invitò a staccarmi. “Ops” affermai, allontanandomi.
Goten afferrò le chiavi sulla mensola, poi si avviò verso l’uscita. “Il lavoro mi chiama, Val, vedi di non distruggere la casa mentre sono via!”
Sbuffai in modo plateale, poi gli schioccai un bacio sulla guancia, scherzando: “Farò del mio meglio, ma non prometto nulla!”
Lui rise ed uscì.
Rimasta sola, mi sdraiai sul divano a sfogliare alcune riviste. Ogni volta che trovavo la pubblicità di corredini da neonato fissavo quelle magliette, le calzine, le giacche. Mi posavo la mano sul ventre e pensavo alla piccola creatura che stava crescendo dentro di me, e allora il cuore mi si riempiva di gioia.
Nonostante fossi ancora solo all’inizio della mia gravidanza, mi sentivo già cambiata. Ero diventata più seria, e se pensavo alla ragazza svampita di poco tempo prima le rivolgevo pensieri di indulgenza e lieve biasimo.
Mi alzai e andai a preparare il pranzo. Mentre cercavo di dosare gli ingredienti in modo giusto feci una smorfia. In cucina ero ancora un disastro, l’unica cosa che riuscivo a preparare era la colazione.
Fino a quel momento io e Goten avevamo vissuto di salti in pizzeria, toast e del cibo che ci preparava generosamente Chichi. Ora però sarei diventata presto madre, e dovevo imparare a cucinare per mio figlio… e sì, anche per Goten.
Mi passai la lingua sulle labbra mentre mescolavo alcuni ingredienti. Poi, improvvisamente, sentii una voglia irresistibile di gelato. Frugai nel freezer, ma constatai delusa che Goten doveva esserselo mangiato tutto. Gemetti, poi afferrai alcuni zeny e mi precipitai al negozio di fronte a casa.
Poco dopo rientrai in cucina, soddisfatta. Misi un po’ di gelato in una coppetta e ne raccolsi un po’ con il cucchiaio. Lo gustai lentamente. Bacio e crema, perfetto! Lo assaporai, lasciandolo sciogliere dal palato.
Mi chiesi da dove venisse quella sensazione di pace…
Il gelato? No, non era quello. Era solamente pura e semplice felicità.


Che ne dite?
Scusate, ma sono depressa ç__ç però sono certa che alcune recensioni mi consoleranno XD sempre che qualcuno voglia recensire questa cosa >_>
L’ispirazione mi arrivata di colpo, non so ancora perfettamente cosa ne salterà fuori^^
Bacioni

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Capitolo 2
*** Chi la fa l'aspetti ***


Capitolo 2 – Chi la fa l’aspetti

“Valese!” chiamò Goten al ritorno dal lavoro. “Indovina un po’, abbiamo un invito da mia madre! Ha detto di sbrigarci. Assicurati di avere dei vestiti pesanti!”
Indossai una maglietta a maniche lunghe ed un maglione blu. Dopo pochi minuti eravamo in strada e ci allontanavamo in fretta dalla folla. Svoltammo in una via poco frequentata.
“Prego” mi invitò galante il ragazzo, offrendomi la schiena. Feci un bel respiro e mi aggrappai ad essa. Ancora poco e Goten si alzò in volo.
L’aria mi solleticò il volto, facendomi in un primo momento lacrimare gli occhi, ma mi abituai subito. Osservai, tenendomi stretta al ragazzo, la città che diveniva sempre più lontana.
Poi Goten volò verso i Paoz.
Sotto di noi iniziarono a scorrere campi coltivati, poi foreste, prati e infine alcuni spuntoni di roccia. Per fortuna ero ormai abituata a quel genere di spostamento, altrimenti nel scendere da Goten non avrei mantenuto l’equilibrio.
Lui bussò. Venne Chichi ad aprire e, dopo aver abbracciato il figlio, mi baciò calorosamente sulle guance. Ricordai come, nei primi tempi, fosse diffidente nei miei riguardi, infine però avevamo ottenuto un buon rapporto.
“Come sta mio nipote?” chiese la donna, una volta che ci ebbe fatti accomodare. Mi strinsi a Goten, sorridendole. “Bene”.
“Penso” proseguì Chichi, accigliata ma non scontenta, “che gli preparerò dei vestiti a maglia”.
“Ne è capace?” esclamai, stupita. Io riuscivo a stento a maneggiare un gomitolo di lana, e il pensiero di trasformarlo in abiti mi sembrava un’impresa straordinaria.
“Certo” rispose la donna, fissandomi con benevolenza materna. Da quando aspettavo un bimbo, mi si era affezionata sempre più. “Se vuoi ti insegnerò una volta o l’altra”.
Pensai che a dire il vero non mi sentivo di cucire e usare ago e filo, non mi sarebbe piaciuto, ne ero sicura. Però, per non essere scortese, replicai: “D’accordo, la ringrazio”. Intrecciai le dita dalle unghie smaltate e mi appoggiai a Goten, che mi rivolse un sorriso.
In quel momento arrivarono anche Gohan e Videl. “Pan è da un’amica” spiegarono. “Possiamo metterci a tavola?”
Videl mi fece alcune domande, alle quali risposi con sicurezza per lo più.
Infine ci accomodammo, e la cena venne servita. In confronto al pranzo preparato da me era a dir poco squisita (anche senza confrontarla con qualcos’altro la era, a dirla tutta).
Mangiai, più affamata del solito.
Consumammo le chiacchiere a pari passo con le pietanze, e io parlavo solo se interpellata, in quanto ero molto presa dal masticare.
Gohan sproloquiava su alcuni test psicologici. Lo ascoltavo a mala pena, ma, anche se avessi prestato attenzione, avrei capito molto meno della metà di quei discorsi.
Mi distrassi a pensare al mio bambino che cresceva nel mio ventre. Scrutai Goten con la coda dell’occhio. Aveva un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
Si girò verso di me e nel suo sguardo comparve una scintilla di tenerezza. Se non ci fosse stata tutta quella gente, lo avrei baciato in quell’istante.
Gohan poi, prese a snocciolare nomi, numeri di telefono e indirizzi degli ospedali più convenienti. Avrei preferito che evitasse.
Io amavo andare per negozi, avevo un puro terrore per gli ospedali. Sorrisi educata e annuii. Poi affondai i denti nella torta.
La serata passò in fretta, e ben presto Goten mi aiutò ad infilarmi la giacca. Sembrava gli piacesse farlo. Appariva convinto che incinta non fossi in grado di fare alcunché. Uomini.

Mi spazzolai i capelli.
“Val, perché lo fai tutte le sante sere?” si lagnò Goten dal letto matrimoniale. “Tanto poi a letto si spettinano”.
“Non fare il bambino” lo rimproverai, poi posai il pettine e mi infilai sotto le coperte accanto a lui. “Sarai padre, sii responsabile”.
“Non tutti i padri sono responsabili” disse lui in un soffio. Capii immediatamente che si riferiva a Goku. Mi sentii solidale con Goten. Anche a me sembrava che suo padre fosse stato un irresponsabile bell’e buono andandosene lasciando moglie e figli da soli. Silenziosamente, mi rannicchiai contro Goten. “Buonanotte” mormorai. Sbadigliai. “Domani si fa shopping”.
L’ultima cosa che sentii prima di scivolare nel sonno fu la sua risposta sarcastica: “E questo mi dovrebbe far passare gli incubi…”
Mi svegliai per prima, questa volta. Facendo attenzione a non destare Goten, mi liberai delle coperte e corsi in cucina. Apparecchiai per la colazione e tirai fuori un enorme barattolo di Nutella. Poi presi del pane dal freezer e lo misi in forno a scaldare.
Quando lo tirai fuori notai con piacere che era bello caldo. ‘E morbido, e croccante’ pensai, pregustandolo.
In quel momento Goten fece il suo ingresso, stiracchiandosi. Alla vista degli enormi panini alla Nutella posati sul tavolo sfoderò un gran sorriso. Lo osservai felice. Era così tenero, quando mostrava tutta l’ingenuità, tutta la purezza del suo carattere…
Mi baciò sulla guancia, e io, chinandomi a ricambiare il bacio, assaporai il suo profumo. Per un attimo, mi immaginai di ritrovarlo, mischiato al mio, sulla pelle di mio figlio, e mi parve di toccare il cielo con un dito.
Per tutto il resto della mattinata trascinai Goten da un centro commerciale all’altro. Comprai alcuni cosmetici e tre gonne. Quando tornammo a casa prendemmo a scherzare in camera, ridendo e gettandoci sul letto.
Poi, Goten si fece serio di colpo. “Che c’è?” domandai. Lui mi fece cenno di tacere. “Un’aura” sussurrò, per poi alzarsi lentamente dal letto. Mi fece segno di non muovermi, poi si allontanò silenziosamente.
Lo guardai scomparire dai miei occhi, allarmata e confusa. Cos’era successo?
Tesi le orecchie col cuore in gola, poi udii un rumore secco provenire dalla cucina.
Scesi dal letto e attraversai il corridoio col fiato sospeso.
Entrai in cucina col cuore che batteva all’impazzata. Non vidi nulla. Mossi cautamente qualche passo… Qualcuno mi saltò alle spalle.
“Buh!”
“Aaaaaaaaaaaaaaaah!” strillai, voltandomi di scatto. Fissai sbalordita Goten che se la rideva, e gli battei un pugno sullo stomaco.
“Ma quanto sei salame!” sbottai, esasperata. “Mi hai spaventata!” lo accusai.
Lui continuò a ridere. “L’ho sentito” affermò.
Sbuffai. Poi corsi in camera e andai a prendere i nuovi trucchi. Quando Goten entrò per vedere cosa stessi facendo lo spinsi seduto sul letto e gli misi forzatamente il rossetto.
“Così impari” decretai alla fine dell’opera. Lui gemette correndo in bagno a lavarsi mentre io sorridevo trionfante. Chi la fa l’aspetti, no?

Ecco il secondo capitolo! Avevo in programma di postarlo ieri, ma son finita in punizione (un giorno intero senza pc... ghg, stavo andando in astinenza XD). Comunque sono stata felice, direi felicissima di vedere che questa storia a qualcuno interessa^^

nightwish4ever: caaara Mary, grazie mille^^ addirittura tra le preferite, je t’adore (lasciamo perdere il francese, va’ >.> mi ricorda solo che devo far fuori la prof). No, è vero! Sei troppo lontana per seguirmi nel vero senso della parola ç________ç ora sono sana come un pesce sano (ché sana come un pesce malato non era tanto intelligente da dire... perdona lo sclero). Ciao^^ No, un attimo! Eeedward *ç*

DarK_FirE: ciao, Gemy! Già, le ff con GotenxValese sono più uniche che rare, dal momento che io sono l’unica che quando si deprime si mette a scrivere robe del genere -.-“ bacioni... Grazie, addirittura tra i preferiti la hai messa!

s_ara: grazie mille! Anche a me piace la marmellata di fragole (e anche la Nutella citata in questo capitolo XD stavo sbavando davanti allo schermo mentre scrivevo... un caso clinico U.U). Kiss

bellissima90: hello (il liceo linguistico mi fa dire certe cose^^”). Io Valese l’ho cambiata soprattutto perché attenersi a quella dell’anime era parecchio difficoltoso, dato che non si capisce praticamente nulla del suo carattere XD Il prossimo capitolo (spoiler?!) sarà narrato da Goten, spero ti piacerà...

Ora me ne vado a studiare storia e fisica ç____________ç interrogazione e verifica ç__ç mah, sperema be’

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Capitolo 3
*** Chiacchiere tra amici ***


Capitolo 3 – Chiacchiere tra amici

Finalmente dalle mie labbra scomparve ogni traccia di rosso. Poi tornai in camera da Valese e la vidi seduta sul letto a ridacchiare della mia espressione di profondo disappunto.
“Che vuoi?” ringhiai, fingendomi infuriato. In realtà, vedendola così allegra, mi sentivo gioire a mia volta.
Lei fu presa da un nuovo attacco di risatine isteriche. E infine mi sedetti pazientemente sul letto accanto a lei, in attesa che esaurisse la ridarola.
La aiutai a preparare alcuni toast. Portandoli in tavola, raccolsi un po’ del formaggio fuso che strabordava e lo leccai con gusto. Vidi che Valese aveva un appetito pari al mio, e sorrisi.
Squillò il telefono. “Pronto?” risposi.
“Allora, amico” esordì allegramente Trunks dall’altra parte, “come ci si sente aspettando il primo figlio?”
“Bene, è strano vedere Valese mangiare come me” risposi, grattandomi la nuca. Sentii ridere il mio amico.
“Le donne incinte sono peggio dei saiyan!” lo udii dire, divertito, come se ricordasse qualcosa di passato.
“Come?” chiesi, perplesso.
“Nulla… lo borbottava mio padre durante i pasti quando mia madre era incinta di Bra…” rispose Trunks. “E a casa tua come va? Tutto bene?” Sotto il suo tono disinvolto colsi un po’ di preoccupazione. Ma certo, anche lui pensava a mia madre, sola.
“Tutto okay” sospirai. “Gohan passa un sacco di tempo con la mamma, e anche io, appena posso, la vado a trovare… Lei sembra felicissima, non vede l’ora di poter stringere tra le braccia il suo nuovo nipotino!” aggiunsi ridendo.
Trunks si unì alla mia risata. Poi si interruppe. “Scusa un attimo” borbottò, e dal tono di voce pareva esasperato. Sentii che allontanava il telefono dalle labbra. Tesi le orecchie e lo udii dire: “Sì, arrivo subito, un secondo solo…”
Alzò il telefono. “Ehi, Goten” mi disse. “Devo andare in riunione”. Soffocai una risata. “Non ridere” mi ammonì lui distrattamente. “Ci vediamo domani, che ne dici?” chiese in fretta.
“D’accordo… passo a casa tua” replicai.
“Porta pure Valese, se vuoi, ora scusami ma stanno insistendo. Ciao”.
“Ciao” feci in tempo a rispondere prima che lui mettesse giù. Povero Trunks… Essere Presidente non era affatto facile… Sospirando tornai da Valese.
“Come sta la mia moglie preferita?” esordii con un sorriso. Lei mi scoccò un’occhiata irritata che si addolcì non appena aumentai il sorriso.
“Bene” affermò, passandosi il pettine tra quei suoi capelli castani. Si ritoccò lo smalto chiaro dopo essersi passata la mano sul ventre. Continuava a toccarlo, anche inconsciamente, ma lo faceva con gran dolcezza, teneramente.
La guardai soffiare distrattamente sulle unghie. E non resistetti. La attirai verso di me e la baciai sulle labbra. Inspirai quel piacevole profumo che trovavo solo sulla sua pelle.
Tra un bacio e l’altro trovavo appena il tempo di respirare.
“Sai…” iniziai, lisciandole i capelli. “Trunks ci ha invitati a casa sua…”
“Bene” sorrise lei. “Allora andiamo!”
“Ma, Valese” la richiamai, sorpreso, “l’invito è per domani, non per adesso... Ora siamo noi due soli” aggiunsi.
“Pervertito!” esclamò lei, puntandomi un dito contro il petto.
“Ma no, cos’hai capito!” mi lamentai. “Pensavo a, che so...” ‘A cosa pensavo?!’ mi chiesi disperatamente. “Un bel film?” azzardai, pregando.
Lei sorrise. “Ma sì, è una buona idea!” esclamò, andando a prendere un dvd.
Ci accomodammo sul divano. Lei reclinò la testa, poggiandola sulla mia spalla. Sentivo il suo respiro contro il mio collo...

Il pomeriggio seguente mi ritrovai a parlare con Trunks. Valese era in salotto con Bulma.
“Allora sono tutti entusiasti perché fra un po’ avrai un figlio!” esclamò il mio migliore amico.
“A quanto pare...” dissi, con una smorfia di falsissimo disappunto.
“E tu?” domandò Trunks.
“Io?” ripetei, senza capire.
“Come ti senti per il fatto che presto avrai un erede?” chiese con un sorriso lui.
Come mi sentivo? Non mi ero mai sentito tanto felice!
“Mi sento fin troppo bene, Trunks” esclamai, ridendo.

s_ara: panini nutella, nutella panini (*ç*). Anche io mi sono divertita a far riconoscere Goham XD è sempre il solito... A me onestamente il GT non piace molto (che c’entra? O_o) e specialmente non mi piace il finale, con Goku che se ne va via così è_é povera Chichi, poveri Goten e Gohan!!!

bellissima90: grazie mille per la recensione^^

nightwish4ever: non mi disturbi, poco ma sicuro U.U Poi su msn non c’eri ç__ç guarisci presto (o no, come preferisci >_>). Goten è davvero infantile XD ed è stato punito con il rossetto.

Ora me ne vo a pulire fagiolini ç__ç
Ciao a tutti, alla prossima!

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Capitolo 4
*** L'inizio di un incubo ***


Capitolo 4 – L’inizio di un incubo

Stavo facendo una doccia. I capelli castani mi ricadevano sulla schiena, ormai zuppi. Presi a passare la spugna sul corpo, attentamente.
Sorrisi appena al ricordo dei pettegolezzi fornitimi quel giorno da Bulma, quella donna possedeva non solo un cervello maggiormente agile della norma, ma era anche aggiornata su ogni cosa che facevano i suoi vicini. Non che me ne importasse molto, ma era stato bello ridere delle assurdità del mondo.
Mi risciacquai. Misi l’acqua un po’ più fresca, perché mi stava scottando la schiena.
Poi, di colpo, mi scivolò lo sguardo e vidi il sangue. Sbarrai gli occhi, sgomenta, con l’acqua che mi scorreva sulla schiena. ‘Cos’è?’ mi chiesi, disperata. ‘Cos’è?!’
Iniziai a urlare, tremando nonostante l’alta temperatura presente all’interno del bagno.
Presi a battere i denti, continuando a gridare.
Sentii la porta spalancarsi, poi qualcuno mi tirò fuori dalla doccia, chiamandomi. Tremavo.
“Valese! Non preoccuparti, ti porto subito dal medico, amore!”
Vestiti. Quel qualcuno mi stava vestendo. Sbattei le palpebre, il labbro tremante, e lo riconobbi. Era... Goten? Lo chiamai, supplichevole.
Non mi opposi quando mi prese in braccio e si lanciò in volo fuori dalla finestra.
Sentii un nodo allo stomaco che non aveva nulla a che fare con l’altezza.
Poi facce confuse, un turbinio di parole che si aggrovigliavano in un urlo senza fine...



Ehm.
Inizio col congratularmi con i coraggiosi che continueranno a seguire la storia.
Poi:

DarK_FirE: ciao, complimenti per la recensione a tempo record^^ Già... ecco Goten e Valese che si fanno valere come coppia XD

s_ara: grazie mille... anche a me non piaceva l’idea di far perdere di vista Goten e Trunks. Goten è innamoratissimo di Valese ^_- bacio :*

nightwish4ever: ç_ç un momento di silenzio per la nostra mancata conversazione su msn. ... ... Okay, stop. Trunks!!!!!!!! ^0^ IO dovrei imparare da TE che ti prendi una ff per volta, mica continui a scriverne un’infinità come faccio io... (sono andata a vedere Twilight *-* Edward *ç*)

Allora do appuntamento a chi vorrà ancora seguirmi al prossimo capitolo^^

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Capitolo 5
*** Perché è successo? ***


Capitolo 5 – Perché è successo?

La sdraiai sul letto.
Le parole del dottore continuavano a rimbombarmi nella testa, non riuscivo a darvi un significato. Gli dispiaceva, questo lo ricordavo.
Erano cose che potevano succedere, aveva anche detto.
Guardai stordito Valese. Fissava con aria assente il soffitto, le mani stringevano il panno con il quale l’avevo coperta.
“Goten, è colpa mia?” domandò all’improvviso. I suoi occhi cercarono i miei. Li incrociai e vi lessi una sofferenza infinita. “Ho...” Parlava con esitazione, quasi non si fidasse più nemmeno della propria voce. “Ho fatto qualcosa che non andava? È colpa mia?” La sua espressione mi fece salire un groppo in gola.
Le diedi una carezza. “No, cucciola” le sussurrai. “Non è affatto colpa tua”.
I suoi occhi tornarono al soffitto.
La prima che vidi, dopo la notizia di aver perso mio figlio, fu mia madre. La abbracciai, poi la lasciai entrare in camera con Valese.
Poi arrivò Gohan, abbracciai pure lui. Pan mi si avvinghiò alle gambe. “Mi spiace tanto, zio Goten!” sussurrò con gli occhi scuri pieni di lacrime.
Mi costrinsi a sorriderle.
Infine giunsero anche i Briefs. Valese aveva detto che preferiva stare sola. Avevo acconsentito con la morte nel cuore. Era pallidissima. Dopo un po’ di tempo in compagnia dei miei amici, sentii il bisogno disperato di prendere un po’ d’aria.
Uscii in balcone. Dopo un po’ Trunks mi raggiunse. Si fermò accanto a me, e gli rivolsi un sorriso tirato.
Poi alzai di nuovo lo sguardo al cielo. Di colpo sentii di nuovo, dopo tanto, la mancanza di papà, accompagnata però dalla consapevolezza di detestarlo.
Lui non sapeva quello che mi stava accadendo, non sapeva un bel niente. Era in giro chissà dove per lo Spazio, a cavallo di Shenron, probabilmente con un sorriso ebete stampato in faccia.
“Ti odio papà” mormorai, talmente piano che a malapena sentii io stesso le mie parole.
Trunks mi diede una pacca sulla schiena. “Torna da Valese” mi suggerì.
E fu quel che feci.
Lei era lì, gli occhi spalancati, raggomitolata su se stessa come una bimba piccola che vuole proteggersi dagli incubi. “Ciao, amore” la salutai con un fil di voce.
“Goten” mi chiamò lei dopo un po’. “Perché è successo?” chiese.
Mi diede l’impressione che da quella domanda dipendesse la sua vita.
“Perché proprio il nostro bambino?”
‘Avremo altri figli, amore’ avrei voluto risponderle. Tacqui, non era la cosa giusta.
“Tua madre mi vuole ancora bene?”
“Sì” risposi sicuro, accarezzandole il viso.
“Ma sembrava così felice per il nipotino!”
“Lei vuole bene a te” dissi.
“Mi ami ancora?”
Mi chinai su di lei. “Certo” sussurrai, abbracciandola. “Non pensare nemmeno per un attimo che io possa smettere di amarti”.
Quando scese la notte Valese faticò ad addormentarsi. Tremava, nonostante la tenessi stretta per scaldarla anche con il mio corpo.
Infine si addormentò, e io scivolai nel sonno a mia volta, affondando il viso tra i suoi capelli.


Continua…

DarK_FirE: ciao, Gemy! Ecco cos’è successo… mamma mia, che persona orribile sono ç_ç ora avrò i sensi di colpa per tutta la vita…

nightwish4ever: già, Valese l’ho fatta molto matura *mi guardo attorno irradiando soddisfazione da ogni poro* Edward poi non è arrivato ç__ç. Baci^^

s_ara: mi spiace davvero! Dopo aver letto la tua recensione stavo quasi per cambiare la trama… Però era da un po’ che volevo provare a scrivere qualcosa di drammatico, quindi… ç__ç spero non ti abbia disgustato… Grazie mille per aver messo la storia tra le preferite

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Capitolo 6
*** Egoista ***


Capitolo 6 – Egoista

Goten prese una settimana di ferie.
Io mi finsi grata, perché sapevo che quella decisione gli costava, ma in realtà provavo solo una cupa sensazione di vuoto.
Avevo ripreso il solito tran tran di tutti i giorni, ma bastava posare gli occhi su una pubblicità di giocattoli che il dolore tornava, tanto forte da mozzarmi il fiato.
Pensavo ai calci che il bambino non mi aveva mai dato, al suo pianto che non avevo mai sentito... Era incredibile tutta quella nostalgia struggente nei confronti di una creatura sulla quale non avevo mai posato gli occhi.
Quando il dolore si faceva troppo forte, mi obbligavo a pensare che potevo avere ancora un altro figlio, ma quella rassicurazione mi lasciava l’amaro in bocca. Non era quello che volevo. Io volevo solo poter stringere tra le braccia quel bambino.
Ma era un desiderio semplicemente impossibile da realizzare.
Goten mi coccolava più del solito, costringendomi dolcemente a mangiare anche quando non ne avevo voglia. Quando mi abbracciava, allora, affondavo il viso nel suo petto, assaporando il suo profumo, cercando conforto nel suo calore.
Poi la sera tremavo e piangevo.
Goten mi consolava come poteva, e io potevo vedere quanto fosse sconsolato. Si era ripreso meglio di me, ma non poteva essere felice se non lo ero io.
Fingevo grandi sorrisi, ma ben presto dovetti arrendermi alla consapevolezza che il giovane non ci credeva nemmeno un secondo.
Cos’avevo fatto?
Perché il mio bambino?
Durante il giorno cercavo di fare più cose possibili, per tenere occupata la mente. La sera, però, il dolore non era mitigato da alcuno svago, e allora mi rifugiavo tra le braccia di Goten, sentendomi un’egoista. In fondo il bambino era anche suo e avrei voluto che la mia sofferenza lasciasse spazio alla sua. Ma non ci riuscivo.


Doh, altro capitolo corto corto corto (corto corto NVostra).
Prometto che i prossimi torneranno più lunghi, questo mi serviva per evidenziare i sentimenti di Valese... Dai prossimi torna l’azione (azione, poi...)

DarK_FirE: visto, sono crudele ç_ç Ecco, ho aggiornato presto U.ù Kiss^^

s_ara: ç_ç_ç_ç_ç_ç_ç non preoccuparti, non posso lasciare così Goten e Valese... Vedrai se la tua supposizione su figli nuovi è esatta...

Scusate per le risposte un po’ frettolose T_T

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Capitolo 7
*** Seppelire i ricordi ***


Capitolo 7 – Seppellire i ricordi

Un suono metallico, un tintinnio che riecheggiava in modo impressionante nella stanza.
Non vi badai.
In fondo era solo caduto un temperino, cosa me ne importava?
Accigliato, compilai il documento che avevo davanti. Era da poco finita la mia settimana di ferie, ma tornare al lavoro era stato duro, pensando al fatto che Valese era sola a casa.
“Son!”
Mi voltai, trovandomi a guardare il viso di un mio collega. “Che è successo?” borbottai, torvo.
Lui mi strinse la spalla. “Nulla... Volevo solo... Ho saputo di tuo figlio... mi spiace”. Sembrava imbarazzato ma sincero. Notai appena che mi aveva dato del ‘tu’, mentre di solito ci rivolgevamo usando un formale ‘lei’.
Accennai un ringraziamento.
Ultimamente essere chiamato ‘Son’ mi seccava. Sapevo il perché. Era il suo cognome, il cognome di un padre che di punto in bianco se ne va di casa, lasciando la moglie, i figli, la nipote... Tutti.
Mi dissi che ero infantile. Dopotutto era anche il cognome di mio fratello, e dell’uomo che aveva adottato mio padre, non solo di Son Goku.
Lo odiavo, lo odiavo perché mi mancava terribilmente, perché ora più che mai desideravo sentire la sua spensieratezza...
Sempre più accigliato, tentai di lasciare da parte quei pensieri per concentrarmi sul lavoro. Quando tornai a casa, trovai Valese seduta davanti alla televisione.
Era lampante che non fosse minimamente interessata al programma. Nella mano sinistra reggeva il telecomando, nell’altra una tavoletta di cioccolata mangiata a metà.
“Ciao, amore” la salutai cautamente.
“Ciao” rispose mesta lei.
Posai la borsa e andai a sedermi a mia volta sul divano. Valese mi fece posto con un gesto automatico.
Sapevo che i suoi genitori non avevano mai saputo nulla del bambino.
Erano in vacanza quando la gravidanza era iniziata, e Valese aveva preferito non avvertirli subito. ‘Mia madre’, aveva detto con un sorriso (allora sorrideva), ‘sarebbe capace di mollare la vacanza e correre a casa...’
Fissai il programma che la ragazza osservava con aria assente.
“Fa schifo” dissi ad un certo punto. Valese sobbalzò, poi scrutò lo schermo appena più attenta. “Oh” borbottò, imbarazzata, “hai ragione…”
Le presi il telecomando e spensi la televisione.
Valese addentò la cioccolata.
Parve riflettere su qualcosa, infine, di punto in bianco, disse: “Credo dovremmo fare una tomba. Al bambino, intendo. Poi, che so, dire qualcosa…”
Trasalii, non me lo aspettavo. Poi ci pensai su. “In effetti potremmo farlo…” risposi, cauto.
Lei si passò una mano sugli occhi. “Sì, Goten” sussurrò. “Sì”.
Partimmo subito. Lei mi chiese di portarla in un posto speciale. Avevo la mezza idea di condurla in un prato vicino ai Paoz dove ero solito giocare da piccolo, ma poi ricordai che era stato Son Goku a mostrarmelo per la prima volta.
Così virai un po’ più a nord. Lì vi era un campo che si estendeva a vista d’occhio, con ciliegi e salici che lo circondavano. Posai con leggerezza i piedi sul manto erboso, poi mi chinai lievemente, lasciando Valese.
La ragazza si guardò attorno, poi mosse qualche passo, assorta. La seguii con gli occhi. Infine lei si fermò davanti ad un salice piangente le cui foglie rilucevano argentate alla luce pallida del sole. Fissò intensamente i rami flessibili che tendevano verso il basso, quasi fossero lacrime, le foglie sottili e infine la terra brulla ai piedi dell’albero.
“Qui, Goten” disse, “facciamolo qui”.
Mi avvicinai, poi mi chinai ad assaporare l’odore umido di terriccio del punto scelto da Valese.
Lei esitò, poi infilò la mano in tasca e ne estrasse un oggetto che mi mise in mano. Lo guardai. Era una spilla da balia. “Cosa?” chiesi in un sussurro.
“Era mia quando ero piccola” rispose Valese. Volse lo sguardo per non fissarmi negli occhi, poi continuò, abbassando la voce ad un bisbiglio roco: “Avevo pensato che poi sarebbe stata… per il nostro bambino…”
Le carezzai la guancia, poi mi abbassai a smuovere delicatamente un po’ di terra. Creai una piccola buca e vi infilai la spilla fredda. La ricoprii con il terriccio e mi rialzai.
Valese si appoggiò a me.
“Ciao, cucciolo mio, addio” la sentii a malapena esalare.
Prima che potessi dire qualcosa, si voltò e corse via, lasciandomi spiazzato.
“Valese!” la richiamai, non appena mi ripresi dallo stupore.
Mi voltai. Gettai un ultimo sguardo alla terra che avevo smosso, poi mi lanciai all’inseguimento della ragazza.
La raggiunsi senza fatica, e lei si fermò.
“Che stupida sono stata…” sussurrò. “Scappare via così”.
“No, amore” la rassicurai, attirandola per farle posare la testa sul mio petto. “Hai fatto benissimo”. La cullai dolcemente, come lei avrebbe fatto con nostro figlio se non se ne fosse andato così.
Poi lei pianse, singhiozzando a lungo per la buca nella quale aveva cercato di seppellire i propri ricordi.

Continua...

DarK_FirE: ciao, Gemy... je like la your recensione (miscuglio illeggibile XD)

s_ara: per le madri secondo me deve essere più difficile andare avanti... dopo tutto è Valese che teneva in grembo il bimbo, non Goten (vorrei vedere xD)

cri92: ehi, ciao^^ neanche per me la Goten-Valese è il meglio. Cioè, direi che mi è indifferente u.U già, Trunks è stupendo *-* comunque sì, sono sposati (credo <-figura della stupida XD). Un abbraccio^^

nightwish4ever: non preoccuparti, ti capisco fin troppo bene ç__ç anche io posso stare al computer solo per poco ç__ç Ora sono andati nel pratuccio-uccio-uccio a fare la tombuccia-uccia-uccia (perdonami, mi sono fatta trascinare XD). Sììììì, fra poco ci sono le vacanze di Natale ^0^

Un bacione a tutti e un grazie di cuore, alla prossima!

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Capitolo 8
*** Il sogno ***


Capitolo 8 – Il sogno

Goku si sporse in avanti, poggiando le mani da bambino sulle squame smeraldo del Drago Shenron. Era ancora eccitato dal ricordo della battaglia contro un guerriero proveniente da un altro universo.
“Ehi, Shenron, a casa mia tutto bene?” domandò, sentendo una rapida fitta di rimorso per averlo chiesto così tardi. Subito allontanò il senso di colpa, certo che non fosse accaduto nulla di brutto.
Agitò la coda, attendendo una risposta.
“Tuo figlio... Goten... soffre” rispose il drago con voce riecheggiante.
Goku sobbalzò, irrigidendosi. “Sono sicuro che sbagli!” esclamò. “Goten è un ragazzo forte!” affermò poi, in un’impennata d’orgoglio per suo figlio.
Il drago emise un suono brontolante. “Sua moglie era incinta, ma purtroppo ha perso il bambino” comunicò, facendo gelare il saiyan.
“Oddio, Goten!” esclamò Goku con voce strozzata. Se pensava a come doveva essere perdere un figlio, sangue del proprio sangue... “Voglio tornare indietro!” dichiarò. “Mio figlio ha bisogno di me!” Agitò la coda come per sottolineare quelle parole.
“Non è possibile, lo sai” replicò il drago con la sua voce millenaria.
Goku affondò la testa tra le mani, sentendosi una persona orribile. Il suo Goten... E lui non poteva nemmeno consolarlo... “Ma qualcosa dovrò pur fare!” disse, con veemenza.
Nella mente, gli tornarono, vividi, i ricordi riguardanti il suo secondogenito. Il suo viso timido la prima volta che l’aveva visto, i suoi capelli perennemente scompigliati (come i suoi), i suoi ingenui occhi neri... Le sue lamentele quando, cresciuto, si sottoponeva restio agli allenamenti. Il suo protestare, senza essere arrabbiato davvero, delle attenzioni della madre...
“Ci deve essere un modo!” ribadì l’eroe dell’Universo.
Shenron non rispose, ma la sua testa si mosse, come nel corso di un cenno che significava “sì”.

Mi sdraiai accanto a Valese. Lei era a letto già da un pezzo.
Affondai la testa nel cuscino, maledicendomi. Di sicuro aveva pianto: le ciglia, che ora sfioravano la sua guancia nel sonno, erano scure, bagnate... Aveva pianto. Oh, sarei dovuto andare da lei prima...
Eppure, dopo la tomba che avevamo fatto al fantasma del nostro bambino, era migliorata, nonostante la vedessi cadere, durante il giorno, in periodi durante i quali non era presente, era triste, sofferente... Pensai, ancora una volta, che forse avrei dovuto proporle di provare ad avere un altro figlio e, come sempre, cacciai quel pensiero, sicuro che sarebbe stata un po’ una crudeltà, per lei che ancora amava quel bambino morto.
Con un brivido, tirai le coperte sino al mio collo e mi misi su un fianco. Chiusi gli occhi e mi addormentai.
Ero in una radura. La luce era lieve, pallida, ma indiscutibilmente squarciava le tenebre, le cacciava impietosa.
Mi guardai attorno confuso.
Mossi qualche passo, fissando l’erba. Non era verde, piuttosto tendeva ad un pallido blu... Strano. Mi chinai per prendere uno stelo tra le mani.
“Goten...” Quella voce, così amata, così odiata, della quale avevo sentito tanto la nostalgia, mi fece sobbalzare. Mi voltai di scatto, il cuore che palpitava in fretta, impazzito.
Davanti a me c’era mio padre. Mi alzai lentamente, arrivando alla sua altezza.
Non era un bambino, come l’ultima volta che avevo visto, ma un adulto, un adulto dal sorriso caloroso e l’aria spensierata. Poi tornò serio, assumendo un’espressione grave che poco gli si addiceva. “Papà?” chiesi, titubante, ancora sulla difensiva.
Mi stupii dello strano calore che sentii nel pronunciare quella semplice parola, rendendomi conto che da tempo morivo dalla voglia di chiamare qualcuno così... Qualcuno che rispondesse davvero a quel termine.
Lui mi si avvicinò. Mi irrigidii, ricordando quanta sofferenza mi aveva fatto provare andandosene a dorso del Drago Shenron. Strinsi i pugni, ma non seppi impedirgli di trarmi a sé, e in un attimo mi trovai tra le sue braccia. “P-papà” farfugliai, tentando di trovare la rabbia da scagliargli contro, tutto il rancore che si meritava.
Ma non ci riuscii, ed abbandonai il viso sulla sua spalla forte. “Papà!” ripetei, emozionato... forse felice. Lui mi strinse più forte.
“Goten, figliolo” mormorò con dolcezza, “mi dispiace... Mi spiace per quello che ho fatto, mi spiace per quanto hai sofferto in questi giorni”. Un singulto mi scosse il petto, come faceva a saperlo?
“Mi spiace per tuo figlio... mi spiace per mio nipote” disse con serietà mio padre. Mio padre.
A quell’affermazione, forse perché era tanto tempo che avevo voglia di sfogarmi, forse per il modo in cui aveva detto ‘mio nipote’... Fatto sta che iniziai a piangere sulla sua spalla.
Lui mi tenne stretto, mormorando parole di incoraggiamento al mio orecchio, passandomi le sue mani grandi sulla schiena...
Quando mi fui sfogato sciolse l’abbraccio e mi fissò negli occhi, le sue iridi gemelle delle mie.
“Papà!” esclamai con voce soffocata.
“Goten...”
“Oh, papà! Come posso consolarla?” chiesi, e non ebbi bisogno di specificare che parlavo di mia moglie.
“Le piacerebbe un bambino” disse mio padre, guardandomi negli occhi.
Una scintilla di speranza mi esplose nel petto, scaldando la mia anima infreddolita dall’angoscia di quei giorni. “Dici?” chiesi, esitante. “Credi che dovrei proporle di avere un altro figlio?”.
Il volto di mio padre si distese in un sorriso radioso. “Sì” rispose con semplicità.
“Questo è un sogno?” domandai esitante.
Lui non negò. Aggiunse un aggettivo. “Un sogno speciale”.
Sorrisi. “Tra poco mi sveglio, vero?” Annuì. “Mi sei mancato” sussurrai, mentre i contorni del sogno si facevano sfumati.
Mio padre mi salutò.
Un moto di incoraggiamento interiore.
“Ti voglio bene...”
Lui sorrise, poi io aprii gli occhi sulla mia stanza immersa nel silenzio.
“Papà” conclusi piano.
Il cuore mi traboccò di gioia nel pronunciare quel nome finalmente senza rancore.

Continua...

DarK_FirE: ehi, twin! Già, almeno i genitori di Valese non hanno avuto quella sofferenza U.ù Per msn... Oggi alle cinque e mezza ci sei? Perché io dopo vado a cena dai miei nonni^^

s_ara: e così Goku ha rivendicato il suo ruolo di padre premuroso ^0^ Hai ragione, la faccenda è triste ç__ç ma, come hai scritto, speriamo che riesca a superare lo shock (sì, si può dire... almeno credo...)

cri92: io Goku lo odio quando se ne va (non dopo il Cell Game, certo) soprattutto alla fine del GT grrr... ci sentiamo al prossimo capitolo^^

Un bacio a everyone, al prossimo chapter! (Io ammazzo la lettrice di inglese, ora la ammazzo U.ù)

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Capitolo 9
*** I timori di Valese ***


Capitolo 9 – I timori di Valese

Posai il capo sul cuscino, vicino a Valese tanto da sfiorarle i capelli con le labbra, assaporando il suo profumo.
Poi lei si stiracchiò leggermente, sonnolenta. Aprì gli occhi e si voltò, fissandomi.
“Goten?”
“Valese”. Il cuore prese a battermi sempre più veloce, era tempo, dovevo chiederglielo. Per un attimo mi guardai attorno. Le presi le mani, istintivamente. “Io… Vorrei che avessimo un altro bambino”.
Lei si irrigidì per un attimo, poi mi fissò negli occhi, mentre le sue ciglia si imperlavano di lacrime. “Val?” domandai, incerto. Ero frastornato, mi ero talmente fidato delle parole di mio padre che avevo finito per aspettarmi che lei mi saltasse al collo felice.
Allungai la mano a sfiorarle la guancia. Lei tremò, poi deglutì.
Infine mi saltò al collo per davvero, singhiozzando.
“Oh, Goten!” sussurrò tra le lacrime. “Io vorrei… vorrei… e se poi lo vuoi tu!” Affondò il viso nel mio petto. “Goten!” La strinsi, impacciato dal modo in cui mi si era avvinghiata.
Restammo per un po’ immobili, in quella posizione.
Poi lei alzò il viso, asciugandosi le lacrime col dorso della mano. Infine alzò gli occhi su di me. “Io vorrei” riniziò, più calma, ma si tormentava la camicia da notte con una mano. “Però, ho paura!” esclamò, poi tacque, le labbra tremanti. Sembrava spossata da quella confessione, si voltò, affondando il viso nel cuscino.
“Ehi, Val! Amore! Io…” Mi sentivo confuso. “Amore” dissi, dolcemente, chinandomi su di lei, “non capisco cosa dovresti temere”. Le carezzai i capelli. “Non c’è nulla di cui aver paura”.
Allora lei iniziò a parlare piano, con la faccia contro il cuscino. “Ho... ho paura di non... di non riuscire ad amarlo... a volergli bene...”
Capii che era solo la seconda cosa che temeva. La prima era che anche il nuovo, ipotetico bambino potesse lasciarla. Ma aveva paura di non volergli bene...
“Non sostituirà il nostro bambino, questo nuovo figlio” le dissi dolcemente. “Sarà un altro bimbo da amare...”
Lei voltò il viso, alzando la faccia dal cuscino. Poi si inginocchiò e si slanciò verso di me, abbracciandomi.
La strinsi.
E seppi. Seppi, mentre sentivo il suo calore contro il mio corpo, che ora avremmo avuto un figlio.

Nella buona sorte e nelle avversità
nelle gioie e nelle difficoltà
se tu ci sarai
io ci sarò



Continua... O no?

Be’, dipende da voi. Volete un altro capitolo o vi basta così?
Ah, le frasi in corsivo sono prese dalla canzone “Io ci sarò” di Max Pezzali.

s_ara: grazie, per me è un capitolo molto importante lo scorso, ho voluto che Goku si desse una mossa e... be’, potere agli scrittori xD Non volevo lasciare Goten in preda al rancore, anche se forse suo padre se lo sarebbe meritato... Ciao, un bacio

nightwish4ever: non preoccuparti, anche io purtroppo a volte mi perdo dei capitoli... Anche io ho sognato Edward (okay, non è vero ç__ç ma perché non so sognare a comando?!) Bacioni^^

DarK_FirE: grazie mille, Gemy! Visto che ho fatto aggiustare le cose? Be’, allo scorso capitolo eravamo a Natale più o meno, e lì si è tutti più buoni (almeno così si dice) quindi ho deciso di far fare pace a padre e figlio^^ Bacioni, grazie ancora!

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Capitolo 10
*** La mia famiglia ***


Capitolo 10 – La mia famiglia

Fissai il test di gravidanza. Per la seconda volta nella mia vita, ero incinta. Per un attimo rimasi lì, immobile, stordita, domandandomi se sentirmi felice o rattristata.
Avevo la gola asciutta.
Distolsi lo sguardo dal test. Deglutii. “Goten!!!” chiamai poi.
In pochi attimi il ragazzo arrivò. Pareva frastornato. “Che è successo?” domandò, un po’ ansioso.
Restai in silenzio per qualche attimo, poi gli comunicai in tono piatto: “Sono incinta”. Mi fissavo i piedi, perciò rimasi senza fiato per lo stupore quando mi sentii alzare in aria. Guardai Goten che mi teneva tra le braccia.
“Oh, amore, è stupendo!” esclamò, e i suoi occhi neri brillavano di felicità.
Per un momento mi chiesi se stesse fingendo, poi guardai il suo sorriso, la sua espressione gioiosa, e mi resi conto che era una contentezza del tutto spontanea.
Fu come se mi avessero tolto un gran peso dal petto. Al posto di esso iniziò a crescere un calore dentro di me. Alcune lacrime mi imperlarono le ciglia, offuscandomi per un momento la vista. Poi iniziai a ridere. Con gli occhi umidi, sorrisi come non facevo da tempo, mentre il calore si estese in tutto il mio corpo ed infine si mutò in una felicità assoluta e travolgente.
“Goten!” esclamai, e mi strinsi al petto del giovane, troppo gioiosa per fare altro.
Lui, ridendo, si districò dal mio abbraccio. “Ehi, ehi, ehi, non vorrai che tuo figlio rimanga orfano per colpa tua!”
Gli lanciai un’occhiata indignata. “Colpa mia?!” sbottai, assumendo un’aria accigliata.
“Chi è che sta tentando di soffocarmi?” replicò il mio bel moro, con un sorriso spavaldo.
Lo colpii al petto con un pugno scherzoso. “Sei tu che vuoi farmi esasperare esageratamente” sostenni, fissandolo e impegnandomi a mantenere uno sguardo torvo. “Però, se la pensi così... stasera niente cena per te” decretai impietosa, facendolo sobbalzare.
Solo per me e il nostro bambino, pensai con un frullo di felicità.
Goten assunse un’aria sgomenta. “Non puoi farlo!” supplicò, e sapevo che non stava fingendo.
“Ah, no?” ribattei, mantenendo il mio sguardo ostinato.
Il ragazzo, allora, mi rivolse un’espressione da cane bastonato. Maledetto, sapeva che mi era pressoché impossibile resistere a quegli occhioni da cucciolo desolato.
“E va bene!” mi arresi, sbuffando. Il viso di Goten si illuminò seduta stante, mentre continuavo: “Per stasera ti sei salvato... Ma non è detto che ti ricapiti tale fortuna!”
“Oh, grazie, tesoro!” disse lui con enfasi, abbracciandomi tanto forte da mozzarmi il fiato. Quando mi lasciò mi massaggiai un fianco fingendo una smorfia di dolore. “E poi sono io che ti soffoco!” ironizzai.
Lui mi diede un buffetto. “Sai, amore? Sei proprio brava a recitare”.
Fingendomi infuriata, mi chinai a raccogliere una ciabatta da terra. “Scappa sino a che sei in tempo” lo minacciai. Senza porre indugio, lo colpii con la pantofola.
Lui si lamentò, ma sapevo di non avergli fatto male.
In seguito mi rincorse per tutta la casa, afferrandomi in camera e schiacciandomi sul letto. Prese a solleticarmi.
Giocammo a lungo come due bambini, ridendo e strappandoci a vicenda baci sulle labbra.
Era da tempo che non mi sentivo così viva.

Goten mi cinse i fianchi, attirandomi a sé. Continuammo a guardare quel lettino di ospedale.
“Mi piacerebbe portarvi tutti a casa subito” mi sussurrò il ragazzo e il suo fiato mi riscaldò l’orecchio.
Annuii, lo capivo. “Sono bellissimi, vero?” domandai, osservando quei due gemelli che erano finalmente arrivati.
“Bellissimi?” ribatté critico Goten. “Mi sembra un po’ riduttivo”.
Finalmente mi voltai verso di lui. “Lo so che è riduttivo” replicai, “ma non ci sono parole che possano esprimere quanto sono stupendi...”
Lui rifletté. “Un maschietto e una femminuccia... Direi che è perfetto”. Mi baciò sulla punta del naso. “Così siamo equilibrati...”
Più tardi, mentre allattavo la bambina, Goten teneva in braccio l’altro bimbo. Lo osservai di sottecchi, distogliendo per un momento l’attenzione da mia figlia. Non c’erano parole per descrivere la venerazione che vedevo negli occhi di Goten mentre fissava nostro figlio. Però capivo perfettamente come si sentisse. Anche io provavo il medesimo amore smisurato per i nostri piccoli gemelli.
I ciuffi sottili già abbastanza folti che avevano sulla nuca erano certamente neri come quelli di Goten. Gli occhi per adesso avevano il colore azzurro e liquido di tutti i neonati, ma Goten sosteneva che sarebbero stati nocciola come i miei. Probabilmente aveva ragione.
Quando la bimba si fu saziata, la tesi a Goten, che mi porse il piccolo.
Era tutto perfetto. Ci amavamo, ci volevamo bene. Avevo una famiglia, di certo la più bella del mondo.

Fine

E così ho concluso questa ff... Che sensazione, che è, ogni volta! Comunque ringrazio molto coloro che hanno letto, recensito e aggiunto la storia tra le preferite (Ovvero: DarK_FirE; FullmoonDarkangel; nightwish4ever; s_ara).

nightwish4ever: mi spiace, cara mia ombra (XD) ma mi sono dovuta limitare ad un capitolo prima della conclusione... ç_ç Spero sia di tuo gradimento U.ù (ma cos’è, fai la raffinata adesso?! Nd.Te) (^0^ Nd.Io [so che la faccina non c’incastra un fico secco, ma vabbe’...]). Che bello, anche io le ho dette le stupidaggini!! ^-^ Sono tanto contenta ora^^ Baci

DarK_FirE: ehi, Gemy, sono contenta di averti tirato su di morale!! Grazie mille, sono felice che tu abbia apprezzato lo scorso capitolo... Hai ragione, Goten è davvero bravo come marito U.ù Sono anche felicissima che ti sia piaciuto il modo in cui ho descritto le paure di Valese e la sua incertezza. Ti piace questo capitolo? Ci sentiamo. Tvb^^ Bacioni

s_ara: alla fine, hai ragione, Valese vuole bene ai nuovi bambini (come si sarà notato, adoro i gemelli) e per fortuna questa volta non c’è stato nessun aborto spontaneo. Che te ne pare di quest’ultimo capitolo? (Sì, anche io adoro Max Pezzali... E la canzone che ho riportato piace un sacco pure a me!!!) Kiss^^

Grazie mille!!!

Pepe^^

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