Tears Of The Dragon

di Birdcage D Swan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Responsabilità ***
Capitolo 2: *** La potenza devastante del mostro mitologico ***
Capitolo 3: *** Scoperte inaspettate ***
Capitolo 4: *** L'idra e il leone ***
Capitolo 5: *** Luci ***
Capitolo 6: *** Mi sei mancata ***
Capitolo 7: *** Ma perché!? ***
Capitolo 8: *** L'Ayame che non t'aspetti ***
Capitolo 9: *** Limpido ***
Capitolo 10: *** Sangue, ricordi e nuovi dati ***
Capitolo 11: *** Ciò che ci aspettavamo tutti... ***
Capitolo 12: *** Tre incontri al vertice ***
Capitolo 13: *** Temperatura ***
Capitolo 14: *** Orgoglio (parte I) ***
Capitolo 15: *** Orgoglio (parte II) ***
Capitolo 16: *** Un ultimo, disperato aiuto ***
Capitolo 17: *** Facciamo un patto ***
Capitolo 18: *** L’inutilità fatta a capitolo, ihihi! No, vabbè, dai… ***
Capitolo 19: *** Il fulmine colpisce due volte ***
Capitolo 20: *** L'alieno ***
Capitolo 21: *** Sick Of It ***
Capitolo 22: *** Uomo di dolori ***
Capitolo 23: *** Rakuen ***
Capitolo 24: *** Epilogo – Tears Of The Dragon ***



Capitolo 1
*** Responsabilità ***




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I
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“For too long now
There were secret in my mind“ 


«Attacca Pegasus!»
«Vai Striker!».
«Non ti lascerò vincere di nuovo. Ricordati che sono io il campione del mondo di Beyblade. Nessuno può battermi, nemmeno tu, Ginka!- gridò Masamune, indicando l’altro con la solita aria di sfida.
«Bravo Masamune! Così ti voglio: determinato fino in fondo. E non credere che sarò più delicato con te solo perché siamo amici.» rispose l’avversario.
In fondo, sapevano entrambi che quegli allenamenti erano importanti. Dopo il Big Bang Blader, non erano più dei ragazzi comuni che andavano a giocare con il proprio bey, ma dei campioni, o meglio, i membri della nazionale nipponica di Beyblade. Si alzavano alle 7.00 del mattino recandosi nella palestra costruita apposta per i loro allenamenti, si allenavano dodici ore al giorno, seguendo con attenzione le indicazioni di Ryo ed erano sotto l’importante supervisione di Madoka.
Ma non c’erano solo Ginka e Masamune: anche il piccolo Yu era riuscito, senza troppa fatica, ad entrare nella squadra, proprio come Tsubasa e Titi, che nonostante sembrasse un ragazzino vivace e pestifero, era diventato un grande blader. Però ce n’era uno in particolare, forse il più forte, anche più forte di Ginka. Nessuno se l’era mai aspettato, giustamente. All’inizio era solo un ragazzino, un ragazzino che non aveva vinto né il Battle Blader né il Big Bang Blader. Tuttavia, dopo la straziante battaglia contro Rago, era diventato più forte che mai, sia per l’allenamento, sia per qualcos’altro. Kenta.
Ancora nessuno tra i Galassia Gan Gan si era abituato a questi suoi cambiamenti così radicali: era più alto, muscoloso, con la pelle leggermente più scura. Gli era cresciuta una ciocca di capelli rosso fuoco in alto a destra e i suoi occhi, prima tondi e innocenti, ora allungati e coi tratti netti, quasi minacciosi. Per non parlare del carattere: non era più il ragazzino solare e sensibile di un tempo - era diventato grintoso, impulsivo e ribelle. Saltava molti allenamenti senza dare supporto alla squadra, cosa che faceva a dir poco infuriare Ryo, il quale desiderava ardentemente cacciarlo, ma purtroppo, sapeva che farlo arrabbiare sarebbe stata una pessima idea; dopotutto, aveva capito che stava diventando sempre più simile a lui.
«Vai, Pegasus! Attacco Potenza delle stelle!».
Una luce abbagliante invase la palestra, e un raggio luminoso, largo quanto il campo da gioco, si allungò fino al cielo. Il suono metallico di Pegasus che schiacciava letteralmente il proprio avversario si faceva sempre più forte, ma quando la luce si spense, un beyblade color verde-acqua usci dallo stadio cadendo ai piedi del suo blader.
«AAAHHH!!! MA CHE CAVOLO! MI HAI BATTUTO UN’ALTRA VOLTA!» urlò Masamune, arrabbiato come sempre.
«Coraggio, Masamune, non dovresti arrabbiarti. Dal combattimento con Rago, sia tu che il tuo bey siete migliorati di ben il dieci percento. Vieni a vedere.» disse Madoka, la quale aveva seguito il combattimento con la solita attenzione.
Masamune si avvicinò al monitor che la meccanica teneva in mano.
«Wow! Ma è vero! Sono davvero il numero uno!» gridò, felice come non mai.
«Mentre tu Ginka» continuò Madoka «sei migliorato del quindici percento.»
«Evvai! Sono un grande!» disse Ginka, estremamente soddisfatto.
«Cosaaa!? Non è giusto! Non è possibile che tu mi abbia battuto! Ricordati che sono io il campione del mondo, il numero uno e un giorno riuscirò a batterti!» ma Ginka non lo ascoltava, anzi, rideva e si congratulava con se stesso e il suo bey, quasi come se stesse parlando con un amico umano.
«Ahahah!!! Sono grande! Sono gra…aspetta un attimo. Dov’è finito mio padre?» si domandò, guardandosi in giro. Effettivamente Ryo era rimasto lì fino a quel momento, e non si era nemmeno accorto che se ne fosse andato, tanto era preso dalla battaglia.
«Mi aveva detto che doveva andare a fare una commissione importante ed è uscito urgentemente.»
«Ah! Che strano…» disse Ginka.
«E allora!? Chi se ne importa di dove è finito Ryo! Tu mi devi dare la rivincita, Ginka!» disse Masamune mentre correva nella sua posizione col bey già pronto «Forza, Ginka! Preparati a perdere!!».
«Certo! Non vedevo l’ora di fare un altro combattimento!» rispose il blader mentre correva al suo posto, preparandosi.
«Eh?? Ma, ragazzi…forse è meglio smettere. Vi siete allenati tutto il giorno e sono già le 10.30 di sera…» disse Madoka tendendo le mani, facendo segno di calmarsi.
Ma ormai, i due scatenati bladers avevano già cominciato il conto alla rovescia.
«3…2…1…PRONTI…LANCI…»
«Che cosa ci fate ancora qui!?» urlò un uomo di mezza età con un mazzo di chiavi in mano.
«Oh, ci scusi signor Takimoro…» disse Ginka gentilmente, a differenza di Masamune, che era a dir poco seccato; lui odiava essere interrotto durante le sfide, soprattutto se il suo avversario era Ginka.
«Avrei dovuto chiudere la palestra già mezzora fa. È meglio per voi se ve ne andate. Devo pulire il disastro che avete combinato.» rispose il custode; ma Masamune indignato: «Ehi! Come ha potuto interromperci! Questa è la mia possibilità di rivincita e io…».
«Ho detto che dovere andare! ADESSO!!».
Quel tono fece drizzare i capelli a Masamune, e fu costretto a scusarsi per il suo comportamento.
 
Arrivati in casa, che si trovava attaccata alla palestra, i ragazzi si prepararono per andare a dormire.
 
 
Segreteria telefonica. Il cliente da lei chiamato…
 
Era già la terza volta che c’era la segreteria. Ormai era mezzanotte, e suo padre non era ancora arrivato. «Ma perché non risponde?» parlò Ginka tra sè e sé, guardando il telefono.
Si lasciò cadere sul letto, sbuffando. «Okay che ha spesso tanto lavoro da fare. Insomma, è il direttore della WBBA. Però di solito mi avverte quando sa di fare tardi…».
Guardò la sveglia per un’ultima volta: 00.15.
«Ahhhhhh! Sono troppo stanco per aspettarlo sveglio. Domani ho un altro allenamento.» Così, decise di mettersi sotto le coperte e spegnere la luce, ma, prima di addormentarsi, una domanda gli stuzzicò la mente.
“Però è strano…mio padre se ne va via all’improvviso, e oggi in palestra mancano Yu, Titi, Tsubasa e Kenta. D’accordo che riguardo a Kenta non mi stupisco più per le sue assenza, ma…”
La stanchezza lo sopraffò, facendolo definitivamente addormentare.
 
 
DRIN DRIN! DRIN DRIN!
 
«Ahhhhhhhh!!!!! Ma chi diavolo è a quest’ora?».
Ginka sbirciò la sveglia sul comodino: 02.47.
Si alzò seccato, barcollando fino al telefono che suonava con insistenza.
 
DRIN DRIN! DRIN DRIN!
 
«Arrivo! Arrivo! » urlò al telefono.
«Pronto…?» rispose, assonnato.
«Pronto, Ginka? Sono io, papà!» Ryo, a differenza di suo figlio, era sveglio come non mai, anzi, aveva una voce quasi agitata.
«Papà! Ma insomma, ti avrò chiamato cento volte! Si può sapere cosa c’è?».
«Scusa Ginka. Non c’è davvero tempo per spiegare. E’ urgente! Devi recarti immediatamente alla sede della WBBA.»
«Ma papà sono le 3 del mattino...».
 
TOCK!
TUN TUN TUN TUN TUN…
 
Era sconvolto. Cosa cavolo c’era di così urgente? Rago in qualche strano modo era tornato? Kenta aveva combinato un disastro come al solito?
S’infilò pigramente i vestiti, sbadigliando come un matto, si legò il suo prezioso beyblade alla cintura e uscì di casa, non proprio contento, ma comunque incuriosito.
 
 
«Masamune! Madoka! Ci siete anche voi!» disse, non appena li vide fuori dalla sede.
Madoka non era per niente stanca, ormai era solita lavorare quasi tutta la notte per aggiustare i bey, per non parlare della sua espressione preoccupata da tale allarme.
Masamune invece era l’esatto contrario: sembrava un sonnambulo mentre faceva un bel sogno.
«Forza, entriamo!» disse Madoka mentre percorreva velocemente gli scalini fino all’entrata.
«Sì! Hai ragione! Forza, andiamo!» Ginka la seguì, ma poi si voltò vedendo Masamune ancora fermo in piedi e quasi totalmente assopito.
«Dai, Masamune! Andiamo!» Ginka lo trascinò su per le scale a fatica, mentre l’altro non aveva alcuna intenzione di aiutarlo.
Superate le porte scorrevoli, notarono con sorpresa che le luci d’illuminazione interna erano quasi tutte spente.
“Strano…!” pensò Madoka ”In fondo, questa è la sede ufficiale… Coloro che ci lavorano sono sempre tutti presenti. Com’è che oggi invece è così buia e non c’è quasi nessuno?”.
Infatti, la sede era vuota, senza quel fermento che la caratterizzava ventiquattro ore su ventiquattro. C’era solo una signorina al banco di accettazione, anche se di solito ce ne erano ben quattro! Sembrava non essersi accorta della loro entrata; non faceva altro che guardare sullo schermo luminoso del computer e appuntare qualcosa su un foglio.
I ragazzi si guardarono intorno: ebbene sì, c’era solo lei. Né guardie, né nessun altro.
«Ehm…mi scusi?» chiese Madoka educatamente. La segretaria la guardò dritta negli occhi, sistemandosi gli occhiali, il suo sguardo era quasi minaccioso.
«Siete Ginka Hagane, Masamune Kadoya e Madoka Amano?» chiese distrattamente.
«Ehm…sì, siamo noi…» risposero quasi all’unisono.
«Hm…» sospirò la signorina, inclinando la testa e increspando le lebbra. «Non mi fido. Documenti, prego!-.
“Che cosa? Ma se ci ha visti una marea di volte” pensò Madoka mentre apriva il marsupio.
I ragazzi le porsero i documenti. La signorina li controllò con attenzione.
«Il signor Hagane vi aspetta nello studio del Presidente. Non vi preoccupate, le guardie non ci sono, potete andare su senza problemi.»
Ringraziarono e presero l’ascensore.
“Niente sicurezza, sfiducia nei nostri confronti nonostante la nostra quasi continua presenza qui…ma che sta succedendo?” Madoka si scervellava in tutti i modi mentre l’ascensore saliva. Era troppo impaziente per attendere una spiegazione da parte di Ryo.
 
Poi però, finalmente, arrivarono allo studio.
 
TOCK! TOCK!
 
La porta scorrevole si aprì. I ragazzi entrarono.
C’era Ryo, niente stupore. Ma per il resto…
Stranamente c’erano anche Kyoya e Tsubasa. Ma mancava l’individuo più importante: Paschendale.
«Papà! Che significa? Dov’è…dov’è Paschendale? E perché Tsubasa è seduto al suo posto…?».
Ginka, Madoka e Masamune - che finalmente si era svegliato - rimasero sbalorditi.
Avevano tutti un’aria triste e parecchio sconvolta.
«Tsubasa, che è successo?» chiese Madoka con fare protettivo e angosciato.
Il blader di Earth Eagle guardava basso, imbronciato. In fondo, l’avevano sempre conosciuto come un ragazzo silenzioso e sulle sue, con quell’aria un po’ malinconica; ma lì esagerava! Sembrava essere sul punto di piangere, coi pugni chiusi stretti stretti e le labbra contratte in una smorfia di dolore. Si alzò di scatto dalla poltrona mantenendo lo sguardo basso e le mani serrate.
«Mi dispiace, ragazzi…» cominciò« io… io non me l’aspettavo, ve lo giuro. È che…» sospirò «Paschendale mi ha ceduto il suo posto…!».
 

 
Tutte le bocche si aprirono, soccate. Si era capito che qualcosa non andava, però… come dire… non così grave.
«No, aspetta. Paschendale ti ha ceduto l’attività?» chiese Ginka.
Tsubasa non rispose. Non sapeva cosa dire.
«Ky…Kyoya…t…tu sai qualcosa a riguardo?» domandò Madoka con indecisione.
Kyoya se ne stava con la schiena appoggiata al muro, le braccia incrociate e la faccia imbronciata. Tra tutti, sembrava quello meno sorpreso.
«Credo di saperlo, » disse guardando in alto, fissando la luna «ma se è realmente ciò che penso che sia, dovrei chiederlo prima a lei.»
Gli altri lo fissarono con un’aria interrogativa.
Kyoya sospirò e proseguì. «E’ una situazione delicata.»
«Situazione delicata, eh?».
Si girarono verso la porta che si apriva sull’ex appartamento di Paschendale. Kenta aveva fatto la sua comparsa.
«Perché non ce ne parli? Sono curioso di saperlo…».
«Non credo proprio sia il caso. Inoltre, non sono affari tuoi.» Kyoya sembrava pacato, ma si capiva che tratteneva a fatica la voglia di menarlo.
«Io invece credo di sì. Dopotutto, è di tua sorella che stiamo parlando, no? E io sono colui che la conosce meglio, per vari motivi…».
A quelle parole, ci volle meno di un secondo per far perdere la pazienza a Kyoya.
Con uno scatto, corsero l’uno verso l’altro pronti a darsele.
Kyoya era incavolato nero, Kenta invece lo sfidava con lo sguardo, con la faccia, col corpo.
«Ragazzi, calmatevi adesso!» Ryo si mise in mezzo per anticipare l’imminente rissa.
«Di Paschendale parleremo dopo. Ora dobbiamo decidere come sistemare la questione della WBBA.»
Gli occhi di Kenta, da quasi dorati che erano diventati, tornarono del classico color castano che aveva sempre avuto. Quello sguardo innocente e allegro che tutti amavano.
«Hai ragione. Scusatemi, vi prego.» rispose il bambino diventando improvvisamente deluso da se stesso.
Non era strano che gli succedesse, dopo un anno che Ryuga era entrato in di lui, non riusciva a gestirlo. Il blader di L-Drago, dopo tutta la storia di Nebula Oscura, ce l’aveva fatta a sconfiggere il potere delle tenebre, rinascendo e diventando più forte e più “amabile”. Ma Kenta, essendo ancora solo un bambino, non poteva convivere con una forza tanto grande. Così, quella piccola e insignificante parte oscura che viveva ancora in Ryuga, trovava attraverso Kenta libero sfogo, ingigantendosi sempre di più, quasi come se L-Drago lo avesse posseduto.
«Tsubasa, » cominciò Ryo, voltandosi verso il suo interlocutore «ci sono due possibili vie: puoi continuare a essere il Presidente della WBBA, oppure rifiutare. A te la decisione…-.
L’espressione di Tsubasa, da afflitta, divenne decisa e determinata.
«Non voglio essere il Presidente di una società, anche se si tratta di Beyblade. Il mio unico obiettivo è diventare un grande blader, superare i miei limiti e combattere col mio Earth Eagle fino alla fine.»
Era una risposta plausibile, e anche abbastanza prevedibile.
«Tsubasa, -si intromise Masamune «se non volevi diventare tu il nuovo presidente della WBBA, perché hai accettato?».
«Tu non c’eri, Masamune. Non sai il modo in cui me l’ha chiesto. Era disperata, piangeva, ed io non me la sentivo di deluderla.»
«La cosa incredibile è che tu non ricopri nessun ruolo governativo nell’associazione. Sei solo uno dei campioni della WBBA.» Ginka cercò di essere il più delicato possibile.
Non ci fu risposta.
«Allora, Tsubasa» proseguì Ryo con tono fermo, catturando l’attenzione del blader «Decidi: vuoi essere il Presidente della WBBA?».
Tsubasa non ci pensò un secondo di più. «No.»
«D’accordo! Ora che non c’è un Presidente, bisognerà parlare con Paschendale e convincerla a tornare. Dopo la battaglia contro Rago, il mondo del Beyblade si trova sul filo di un rasoio: questo sport ha perso credibilità; ci vuole un vero leader per convincere la gente del contrario. E lo sappiamo tutti che la leader più adatta è proprio Paschendale.»
«Cosa possiamo fare, papà?».
«Appena usciti da qui, andrete al porto. Là c’è un yacht della WBBA che vi porterà sulla costa dove è situata la casa di Paschendale. Da lì, Kyoya vi farà da guida. Chi vuole andare?».
Ovviamente, Ginka, Masamune e Madoka alzarono la mano - Kyoya no, era scontato che ci sarebbe andato.
«Molto bene! Allora, avviatevi.» concluse Ryo.
«Grazie mille papà per averci informati. E non preoccuparti, Tsubasa; riusciremo ad arrivare al fondo di questa storia come si deve!».
«Grazie, ragazzi! Siete dei veri amici».
Uscirono tutti dallo studio tranne Ryo e Tsubasa, dirigendosi verso l’ascensore.
 
 
«Kyoya!» chiamò Kenta con un sottile velo di imbarazzo.
Kyoya si voltò lanciandogli uno sguardo non proprio dei più amichevoli.
«Ho bisogno di parlarti in privato…».
Gli altri lo guardarono come per dire “Sei sicuro di voler stare solo con lui?”.
«Vi raggiungo dopo.» rispose loro con voce ferma, guardandoli con la coda dell’occhio.
Le porte dell’ascensore si chiusero.
 
 
Due caratteri così scontrosi sono pericolosi se lasciati soli.
Kyoya lo guardava con ostilità, mentre Kenta sembrava dire “Senti! Tu non piaci a me e io non piaccio a te! Però…”
Quest’ultimo tirò fuori dalla tasca una busta bianca, e gliel’allungò.
«Consegnala a tua sorella.» disse con voce ferma.
L’altro la prese, rigirandola tra le mani, ma non l’aprì.
«L’ha scritta lui?» chiese.
Kenta non rispose. Accennò solo un “sì” col capo.
Kyoya mise la busta in tasca. Si avvicinò a Kenta fino a quando erano lontani solo pochi centimetri. Gli afferrò il collo della camicia e lo sollevò di quasi mezzo metro.
«Mia sorella ha sofferto abbastanza per quello screanzato. Ha quasi perso la vita per salvare la sua.»
Il povero Kenta aveva i brividi, avrebbe voluto che Ryuga uscisse dal suo corpo per difenderlo.
«Se prova in qualche modo a farla soffrire, non avrò rimpianti nel distruggervi. Cerca di farglielo capire appena riesci a parlare con lui, chiaro?».
Sudava come un matto.
Non riusciva a parlare.
Era solo un bambino.
Già, un bambino.
Un bambino combattuto tra la sua personalità e un'altra completamente diversa.
Un bambino che da normale era diventato un essere anomalo.
Un bambino troppo debole per avere una responsabilità tanto grande: mantenere nel proprio corpo uno dei più grandi blader della storia.
Nessuno poteva comprendere quanto fosse faticoso fare una cosa del genere. Era ingestibile. Era impensabile. A volte vivere così non era possibile. In fondo, com’era lui come blader? Un blader mediocre! Non aveva mai vinto nulla d’importante da solo. Forse era il più scarso tra i suoi amici.
Essere forte solo grazie a qualcuno che si era ucciso. Ucciso per sopravvivere, ma anche per proteggerlo, per dargli fiducia, perché credeva in lui.
Kenta non aveva voce in capitolo. Ryuga era entrato in lui e basta.
In fondo ne era felice: per lui, Ryuga era molto più di un grande blader. Era un maestro, un’ispirazione, un amico.
Ma non così! Non prendendosi la sua personalità e trasformandolo in un essere orribile. Anche se c’era un motivo: Ryuga era arrabbiato, e tanto. Era spazientito. Era stufo, stanco. Non ne poteva più. Ma cosa poteva fare? Lui era come un fantasma e lei non lo poteva sentire, vedere, toccare.
Kenta lo sentiva. Sentiva il suo lamento e il suo dolore. Riusciva ad avvertirlo perché si rispecchiava nei suoi sensi. Non lo lasciava dormire, piangere, ridere, gridare…
Tante volte passava accanto a quel ponte, vicino al quale aveva conosciuto Ginka. Quando era ancora un ragazzino normale, spensierato e felice.
Quante volte aveva pensato di buttarsi.
Quante volte aveva pensato di farla finita.
Quante volte aveva pensato di liberarsi di quel peso.
Se non fosse stato per la voce di Ryuga: “Fallo per lei…”.
Morendo sarebbe tornato un essere unico.
Morendo sarebbe tornato a essere LUI !
Sapeva che non erano pensieri per un bambino. Però, dopotutto, lui non era un bambino.
Era un mostro.
 
Tutti quei pensieri corsero nella testa del piccolo Kenta veloci come un razzo. Quasi si era dimenticato di essere stato messo con le spalle al muro.
«O…okay…d’accordononsoffriràpiù.» disse spaventato.
Kyoya lo mollò, facendolo cadere goffamente a terra. Si voltò e andò a raggiungere gli altri.

 

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Capitolo 2
*** La potenza devastante del mostro mitologico ***


 


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II
 ŁΛ քօȶɛռʐΛ ɖɛʋΛֆȶΛռȶɛ ɖɛʟ ʍօֆȶʀօ ʍɨȶօʟօɢɨƈօ
 

“For too long now
There were things I sould have said“ 
 

Il sole sorgeva pigramente all’orizzonte, illuminando di una chiara luce rosea tutto il Giappone. Anche se ormai ciò accadeva tutte le mattine era sempre considerato un bellissimo spettacolo.
«Ecco il mare, finalmente.» disse Masamune, svegliandosi da quel piccolo istante di catalessi.
Era già da un po’ che viaggiavano su quell’elegante Audi satinata.
In lontananza, notarono lo yacht di cui aveva parlato Ryo.
L’auto si fermò. I ragazzi scesero e, con grande sorpresa, un gruppetto gli aspettava al porto.
«Yu! Titi! Benkei!» urlò Ginka, salutandoli.
«Che bello, ci siete anche voi!» disse Masamune.
Corsero verso di loro, tranne Kyoya con il suo solito fare disinteressato.
«Kyoyaaa!! Che gioia rivederti, amico mio!» urlò Benkei mentre correva a braccia aperte verso il suo eroe.
«Ma che fai? Sta lontano!» l’altro lo fermò, mettendogli una mano in faccia.
«Ahah!! Che bello vedervi, ragazzi! E scusateci se non siamo riusciti a venire agli allenamenti, però Ryo ci ha fermati prima di voi» disse il piccolo Yu con la sua aria da bimbetto innocente.
“E pensare che Kenta era proprio come lui…”ricordò Madoka, nostalgica.
«Ah! Così mio padre ha parlato prima voi di…insomma…la questione di Tsubasa…?».
«Già...» proseguì Benkei «Voleva dirlo prima a noi. Insomma, tu e Masamune siete i blader di punta della nazionale, e tra circa sei mesi ci saranno le Olimpiadi e…».
«COOOOOOOSAAAAA?? LE…LE…LE OLIMPIADI!» dissero Ginka, Masamune e Madoka all’unisono a dir poco stupiti.
«Sì, le Olimpiadi! Ryo non vi ha detto niente?».
«Ma il beyblade non aveva mai fatto parte delle Olimpiadi.» rispose Madoka.
«A quanto pare, prima di lasciare l’attività, Paschendale era riuscita a far entrare il beyblade nei giochi olimpici.»
«Ma, scusami, Benkei, ma com’è che mio padre non ci ha detto niente?».
«Bho…forse se lo sarà dimenticato…».
«Coraggio, ragazzi! Dobbiamo andare, adesso. Per arrivare ci vorranno almeno tre ore.» li avvertì il guidatore dello yacht, spazientito.
«Sì, ci scusi! Ora saliamo.»
 
 
Lo yacht era bellissimo: enorme, tutto bianco e su entrambe le fiancate il logo della WBBA.
Dopo neanche cinque minuti da quando erano saliti, si trovarono tutti già a poppa del mezzo, adagiati sugli sdrai e a sorseggiare bibite. Tutti tranne Kyoya; mentre i suoi amici si rilassavano e si godevano l’aurora mattutina, lui se ne stava in disparte sotto la tettoia ai lati della cabina di guida. Era pensieroso. Chi non lo sarebbe stato in un momento come quello? Quando la sorella non è reperibile e non si sa cosa le passi per la testa. Se non fosse stato per il suo sangue freddo, (cosa che però era assente durante una battaglia) avrebbe dato di matto - si sarebbe tuffato in mare per raggiungere la meta a nuoto. Oltre a questo, tuttavia, il suo sesto senso gli suggeriva il motivo della decisione della blader. Per mettere le cose in chiaro, a Kyoya non fregava niente se Paschendale restasse a capo della WBBA o no. Nonostante fossero rimasti insieme per pochi anni, lui le voleva un bene incredibile, un sentimento che pensava di non poter mai riuscire a provare per un essere umano. Per questo era preoccupato! Il fatto che la sua sorellina soffrisse ancora per quell’essere disgustoso non lo poteva sopportare, ed era sicuro che ciò era il motivo della scelta che aveva colpito tutti.
 
«Ehi, Kyoya!» Benkei si avvicinò all’amico «Stai bene?».
Sospirò «Sì, sto bene. Perché me lo chiedi?-.
«A me invece non sembra. Perché non ti unisci a noi? Così ti distrai un po’.»
Kyoya lo guardò con uno sguardo che sembrava ucciderlo. Gli occhi color del mare del blader, minacciosi e decisi, fecero indietreggiare di un passo il povero Benkei.
«Lasciami in pace, Benkei» rispose con un ruggito, mentre entrava nello yacht.
«Ma…Kyoya…». Benkei conosceva Kyoya da anni, e ovunque quest’ultimo andasse, lui lo seguiva. Ma quello sguardo era fin troppo chiaro: aveva bisogno di starsene da solo per riflettere su qualcosa d’importante. E Benkei non poteva farci nulla.
 
 
Ridevano, scherzavano, prendevano il sole e si godevano la fresca brezza marina. Sembrava quasi che si fossero dimenticati tutti gli strani eventi accaduti quel giorno.
«Chissà come deve essere la casa di Paschendale?» domandò Masamune, curioso.
«Non lo so, » rispose Ginka «ma di certo sarà enorme e mooooooolto lussuosa! Non vedo l’ora di sfidarla. Non m’interessa se è stata uno dei più grandi blader della storia; sono diventato fortissimo e riuscirò a batterla.»
«Stai scherzando, vero?» ribattè Masamune –Sarò io a batterla! Ricordati che sono il il numero uno, il blader più forte del mondo, e solo un campione come me può battere una leggenda come lei.»
«Tu? Ma non farmi ridere!».
«Farti ridere? Chi è l’illuso tra noi due!?».
«Illuso sarai tu, stupido moccioso!».
«Insomma, ragazzi calmatevi!» ribattè Madoka.
«Allora perché non facciamo una bella battaglia?».
«Molto bene, ci sto. Il mio Pegasus non vede l’ora di farti a fettine.»
 
«Ehm…scu…scusate?».
«Ehhh…?-. Ginka e Masamune ormai erano sul punto di lanciare i propri bey, ma vennero inaspettatamente interrotti.
«Ma che vuoi, Titi?» domandò Masamune, spazientito.
«Posso chiedervi una cosa? Si può sapere chi è questa Paschendale? Tutti ne parlano, ma io non la conosco…».
«Ma sì che l’hai vista.» disse Madoka «Non ricordi? E’ quella ragazza che è comparsa durante la penultima battaglia contro Rago.»
«Ah, ho capito! Ma…perché è così importante per voi?».
Ginka sospirò e cominciò a spiegare al piccolo Titi la lunga storia della conoscenza con Paschendale.
 
 
 
 
 
Narra Ginka
 
(poco più di un anno prima)
 
Tutto cominciò un paio di settimane dalla fine del Big Bang Blader. Ormai i rancori e le divergenze con gli ex blader partecipanti erano sparite. Di Ziggurat non c’era più traccia, e degli Starbreaker Damian e Jack non si sapeva più nulla.
Mio padre, Ryo Hagane, ci aveva assegnato un’importante missione da compiere. Io e il resto dei Galassia Gan Gan ci stavamo dirigendo con una delle auto della WBBA in un posto sconosciuto. Né l’autista, né mio padre avevano voluto dirci nulla, ma sapevamo che eravamo ancora a Tokyo, almeno da quanto notavamo dai finestrini.
Dopo quasi tre quarti d’ora di un viaggio in macchina pieno di ansie e curiosità, ci fermammo davanti a un edificio immenso: era un grattacielo di almeno venti piani; l’entrata, che si trovava in cima a una modesta scalinata, aveva delle grandi porte a vetri automatiche, e tutta la zona circostante era monitorata da telecamere.
Nessuno di noi aveva veramente capito che cosa ospitasse quell’edificio, finché non leggemmo il logo della WBBA scritto a caratteri cubitali sulla facciata della costruzione.
Dicevamo tutti “oh cavolo!”, “non è possibile”, ”questa è veramente…”.
Alla fine, una volta scesi increduli dall’auto, mio padre comparì all’improvviso per chiarirci le idee. «Benvenuti alla sede ufficiale, non che principale, della WBBA!».
“Oh mio Dio!”, “E’ incredibile”, “Non avrei mai immaginato fosse davvero così!” dicevamo.
Una volta entrati, ci guardammo attorno mezzi allucinati. C’era una strana energia nell’aria, simile a quella che sento quando combatto.
I dipendenti giravano di qua e di là, era tutto così pulito e ordinato, tutti i computer erano occupati da qualcuno che scriveva e rispondeva al telefono.
«Allora ragazzi, che ve ne pare?».
Ormai non c’era neanche più bisogno di parlare, le nostre espressioni dicevano tutto. Madoka però, la più sveglia di tutti noi, fu la prima a tornare in se stessa. «Ryo, potremmo sapere il motivo del perché siamo qui?».
«Aspetta Madoka.» la interruppe Yu «Prima visitiamo la sede.»
«Mi dispiace, ragazzi, » rispose mio padre «ma non è possibile visitare la sede. Vi assicuro che è assurdo il fatto che solo dei semplici bladers possano entrare qua dentro. Di solito, gli unici estranei che possono accedervi sono i dirigenti delle sedi associate, i giornalisti più importanti oppure coloro che organizzano i campionati di beyblade.»
«Ehi, aspetti un momento!» ribattè Masamune «Noi… Semplici bladers? Non siamo dei “semplici bladers”, siamo i campioni del mondo di Beyblade! E siamo mooooooolto più importanti di tutti quei cialtroni che ha elencato!».
«Piantala Masamune.» disse Tsubasa piazzandosi una mano in faccia in senso di disperazione.
«Caaaaaapisco.» rispose papà, che praticamente non aveva neanche ascoltato «Scusate, ma io devo assentarmi un attimo. Aspettatemi qui.»
E si allontanò seguendo l’indicazione che portava al bar.
«Ma come? Perché sta andando al bar, adesso?» chiese Yu.
«Magari non ha fatto colazione.» rispose Ginka.
«O magari non va al bar, ma va in bagno» disse Masamune.
Dopo qualche minuto, mio padre uscì con un vassoio pieno di cibo: pan carré tostato, un panetto di burro, alcune bustine di zucchero e una bella tazza di caffè macchiato fumante.
«Ehm… Per chi sarebbe quella colazione, papà?».
«Adesso vedrete. Su, seguitemi.»
Ci avviammo all’ascensore. Ricordo che ci mise un’eternità ad arrivare.
Quando entrammo, fummo shockati dal numero di piani dell’edificio: venticinque.
E indovina dove andavamo noi? Al venticinquesimo, ovviamente.
«Cosa? Venticinque piani. Ma che lavori fanno tutti questi dipendenti?» domandò Yu, curioso.
«Ah beh, gestiscono spedizioni, organizzano partite varie, creano nuovi bey, ricercano vari bladers… Ci sono migliaia di cose da fare per il beyblade oltre che giocarci. Ah! Eccoci arrivati.»
L’ascensore s’aprì. Davanti a noi, c’era un corridoio contenuto da delle lunghe vetrate dalle quali si apriva un fantastico panorama su tutta Tokyo.
Ma, invece di proseguire, mio padre ci fermò un attimo. «Allora, ragazzi, è giunto il momento. Vi farò conoscere la persona giudicata la più importante di tutto l’universo del Beyblade.»
Madoka spalancò la bocca e scosse la testa. La sua espressione era a dir poco sconcertata. «Qui…quindi…noi…potremmo…potremmo conoscere…no, non è possibile!».
«Esatto, Madoka. Proprio così.»
Madoka cominciò a sudare e a barcollare, ci mancava poco che cadesse a terra svenuta.
«Vogliamo andare?» disse mio padre facendo gesto di seguirci.
 
Arrivati alla fine del corridoio ci trovammo una porta di vetro nero con sopra stampato il logo della WBBA. In quel momento, le nostre espressioni erano queste: mio padre tranquillo e rilassato, come se fosse una cosa comune; io, Masamune, Yu e Tsubasa apparentemente calmi ma assolutamente curiosi; Madoka tremava come una foglia, mordicchiandosi labbra, unghie e capelli con un nervosismo e un’agitazione assurda.
Dopo circa un minuto, la porta s’aprì. Strano che la misteriosa persona dall’altra parte ci avesse sentiti, anche perché non avevamo bussato, né altro.
Una volta entrati, ci trovammo in uno studio elegante e ordinato. Dalle finestre si vedeva tutta Tokyo e sui ripiani di legno e dentro svariate bacheche c’erano centinaia e centinaia di coppe, medaglie e trofei di Beybade. Ma la cosa più strana di tutte fu che non c’era nessuno. Ci guardammo attorno stupiti, compreso mio padre.
«Papà, ma che significa?».
«Non capisco. Ci ha aperto la porta, quindi dovrebbe proprio essere qui.»
Poi però sentimmo degli strani bisbiglii provenire da una porta chiusa davanti a noi, che, mano a mano, si facevano più forti. Sembrava che qualcuno stesse telefonando con una voce abbastanza seccata.
All’improvviso, la porta si aprì bruscamente, lasciandoci tutti stupiti (tutti a parte mio padre, ovviamente); infatti, ci aspettavamo di vedere un grosso e burbero omaccione di mezza età sbuffare al telefono. Invece, ci comparì davanti una ragazzina di sì e no quindici anni, con un fisico alto e asciutto, snellito ulteriormente dai lunghi pantaloni neri, decorati con un’infinità di catene, borchie e cerniere, e da una canotta di velluto nero arricchita da pieghe; aveva dei lineamenti perfetti, la carnagione chiara, dei lunghi capelli castani leggermente ondulati tenuti sciolti sulle spalle e dei grandi occhi color zaffiro allungati e dai tratti netti.
Una volta fatta la sua comparsa, sembrava non averci proprio visto; non faceva altro che girare per lo studio parlando tramite un auricolare.
«No…ho già detto di no!...no...no, non posso farla la settimana prossima, è impensabile!...ma neanche quella dopo, se è per questo…perché? Forse perché ho più lavoro di te!...bhe, Non era affar mio e tu lo sai bene!...senti: io mi occupo di Beyblade e non gestisco ‘sta roba!...ma devo proprio? Insomma, cosa vuoi che dica?! Secondo loro avrei mai pensato accadesse una cosa del genere?…sen...senti ho da fare adesso, okay?...ti richiamo dopo…sì…sì, sì…ciao.»
«Buongiorno! Come sta, signor Presidente? Ecco la sua colazione.» disse mio padre offrendogli il caffè, come un maggiordomo.
“Come? Il… Il Presidente della WBBA??” pensai sbalordito “Ma...è solo una ragazzina!”.
«Ciao Ryo…» rispose la ragazza distrattamente, sorseggiando la bevanda «Ci sono novità?-.
«Uhm…no…direi di no…a parte…».
«Oh mio Dio! -urlò Madoka all’improvviso, facendo a tutti prendere un colpo. Diede uno spintone a mio padre per superarlo trovandosi poi a dieci centimetri dalla ragazza. Quest’ultima alzò un sopracciglio con aria interrogativa, però Madoka non ci fece caso e continuò a parlare, isterica. «Non posso crederci! E’ assurdo! E’ un sogno che si avvera! Vede, io sono una sua grande ammiratrice, ho seguito tuuuuuuuutte le sue battaglie con estremo interesse. Non so nemmeno decidere quale sia stata la mia preferita, sono state tutte così avvincenti e straordinarie!». S’interruppe un attimo per tirare fuori il portatile «Questo è il computer che uso per registrare tutti gli incontri e per trarre informazioni da tutti i bey. Potrebbe autografarmelo? Significherebbe molto per me!».
L’altra tirò fuori un pennarello indelebile.
«Mi chiamo…».
«Madoka Amano, blader di supporto dei Galassia Gan Gan. Lo so, lo so.» la interruppe la ragazza mentre scriveva distrattamente. A Madoka stava per venire un colpo. Riprese il computer e tornò da noi bisbigliando «Sa il mio nome, sa il mio nome.»
Quella ci fissò con aria spazientita, con uno sguardo che ci rabbrividiva, per poi volgere l’attenzione verso mio padre. «Perché sei venuto?».
«Ehm…volevo sapere cosa ne pensa di una faccenda. Ha ricevuto la mia mail?».
La ragazza sorseggiò ancora un po’ di caffè, poi parlò. «Certo che l’ho ricevuta, » rispose con un sorriso un po’ sarcastico «e la risposta è no.»
«Ma come, signor Presidente? Perché non ci lascia più organizzare combattimenti mondali di beyblade?».
Noi tutti diventammo increduli, poi preoccupati. Smettere di organizzare incontri ufficiali di Beyblade? Per quale motivo?
-Allora: quando Nebula Oscura mi chiese di organizzare il Battle Blader, acconsentii senza problemi, anche se dopo quello che accadde mi spaventai. Poi sei venuto tu a dirmi che volevi organizzare il Big Bang Blader e lì divenni scettica, ma in fondo mi sono sempre fidata di te e quindi ho lasciato fare; ma poi è stato un totale disastro! Ogni blader che decideva lui il modo di combattere: singolo, doppio, a eliminazione diretta, con campi di gioco con caratteristiche diverse… Non c’era uno straccio di regola fissa, e sai che a me non piace quando i bladers fanno a modo loro.»
Mio padre si sentì un po’ imbarazzato dopo tale risposta. In fondo, era stato lui l’organizzatore ufficiale del Big Bang Balder ed era vero che molti partecipanti avevano fatto di testa loro. Non sapeva cosa dire, ma poi trovò le parole. «Ehm…ma…ma se non le è piaciuto il modo in cui erano stati organizzati gli altri incontri, potrebbe farne uno lei, no? Che gliene pare?».
«Eh?» cominciò il Presidente «Ma io ho troppo lavoro da fare e ho cose ben più importanti da gestire di queste stupidaggini!».
«Stupidaggini!?» Masamune saltò fuori più agguerrito che mai per parlare a nome di tutti –Senti, tu! Non m’importa quanto sei importante nel mondo del Beyblade. Per dei veri bladers come noi è fondamentale misurarsi con dei combattenti sempre più forti per migliorare ogni giorno di più, e gli incontri come il Battle Blader o il Big Bang Blader sono ideali per questi confronti. Senza tutto ciò, io non avrei mai compreso di essere realmente il numero uno. Quindi, vedi di riprendere a organizzare questi incontri. TE LO ORDINO!!».
Ok, era la fine; ci avrebbe cacciati dal suo ufficio a calci sequestrandoci i nostri amati bey a vita.
La ragazza, che era rimasta appoggiata alla scrivania con aria presuntuosa, ci fissò apatica, finché non guardò mio padre con la coda dell’occhio. «È per questo che mi hai portato i Galassia Gan Gan? Perché dei veri bladers potessero “compatirmi”?» chiese in tono arrogante e con un velo di superiorità.
«Bhe…» rispose mio padre, che stava sudando come un cane.
La ragazza fissò Masamune, nuovamente, incrociando le braccia.
«Ma tu lo sai che, col potere che mi ritrovo, posso privare te e i tuoi compagni dei vostri preziosi beyblade e far si che non possiate mai più combattere…per sempre?».
È inutile dire quanto mi spaventasse questa idea, in fondo il beyblade è tutta la mia vita e riesce a darmi una soddisfazione unica. Anche se Masamune la pensava così, non si fece indietro. «Tu credi di farmi paura? Bhe, ti sbagli, perché vedrai il terrore che proverai quando io e il mio Striker ti avremo fatta a fettine.»
A quelle parole, Madoka, la più stupita di tutte, corse al fianco i Masamune bisbigliandogli qualcosa all’orecchio che riuscii a sentire. «Ti prego Masamunue, non farlo! Questa ragazza è considerata la più grande blader del mondo e nessuno è mai riuscita a batterla!».
Nessuno? Come nessuno? Neanche il più grande blader dell’universo può vincere ogni battaglia da quando prende il proprio bey in mano. Persino io, che sono il campione assoluto di Beyblade, ho perso molte battaglie!
«Pfff…ma che stai dicendo, Madoka? Ti ricordo che sono io il numero uno al mondo, e figurati se questa ragazzina presuntuosa potrà mai battermi…!».
«Okay, ci sto» rispose la “ragazzina presuntuosa”.
«Ah, bene! Sono contento che tu non ti sia tirata indietro! Però, rendiamo la sfida più interessante: se vinco io, cosa che accadrà inevitabilmente, darai il permesso di organizzare altri incontri mondiali di beyeblade.»
«D’accordo, » cominciò lei «se invece vinco io, mi lascerete in pace e non mi assillerete più, va bene?».
«Okay! Affare fatto!».
«Avanti, seguimi.» disse la ragazza «Ti porto nel campo da gioco che c’è di sotto.»
E così tutti la seguimmo, eccitati e anche un po’ preoccupati.
 
 
Il campo da gioco era all’aperto, aveva delle dimensioni normali e per il resto non sembrava tanto diverso dagli altri.
Erano già uno di fronte all’altra, Masamune pronto in posizione di lancio.
«Oggi proverai una cosa che non hai mai provato prima, perché io e il mio Striker ti faremo in mille pezzi.»
«Sì, va bene, va bene, mi hai già ripetuto questa solfa prima.» rispose lei, mentre tirava fuori il suo bey dalla tasca «Comunque, questo è il mio beyblade: Sunset Hydra.»
Ne avevo già sentito parlare: era un bey fondamentalmente di attacco, ma che possedeva anche un’ottima resistenza. Era nero con sottili decori azzurri sull’anello di energia e il logo sul giunto rappresentava l’idra con gli otto colli attorcigliati e le otto fauci spalancate.
«È un bey proveniente dalla costellazione dell’idra femmina, la costellazione più grande conosciuta. Non è vero, Madoka?» chiese Tsubasa.
Ma Madoka era già in catalessi e ammirava quel bey come se fosse il ragazzo più bello del mondo. «Quello è il bey più forte che sia mai stato lanciato. In confronto a lui, tutti gli altri sono delle bazzecole.»
Ma, a differenza di Madoka, avevo un pessimo presentimento. Quello non era un bey come tutti gli altri, non solo perché era considerato imbattibile, ma ciò che sprigionava… Non lo so… Mi spaventava molto. Sembrava però che Masamune non avesse sentito niente.
I due ormai erano in posizione, pronti a lanciare, e noi tutti cominciammo a contare.
 
«3…2…1…Pronti…Lancio!!».
 
«Forza! Attacca Strik…» Masamune non fece neanche in tempo a dire al suo bey di attaccare; ormai Hydra gli era addosso, spingendolo con una violenza e muovendosi a una velocità anomale. Guardai velocemente l’espressione dell’avversaria: tranquilla e concentrata, sembrava quasi stesse guardando una battaglia combattuta da altri.
Hydra trascinò Ray Striker per tutta la circonferenza del campo, lasciando un solco profondo. Dallo scontro tra i due bey uscivano scintille e…anche del fumo!
Dopo aver completamente inciso lo stadio, con un piccolo ma efficace colpo, Hydra scacciò Striker fuori dal campo. Il bey sconfitto rimbalzò ai piedi di Masamune, fermandosi.
Subito corremmo incontro al nostro amico inginocchiato a terra, disperato.
«Non posso crederci! Ho perso! E… E non ho avuto neanche il tempo di attaccare…» bisbigliò.
Appena arrivati da lui, cercai di prendere Ray Striker, ma mi scottai; lo osservai meglio: parti di quel bey erano fuse, la velocità con cui Sunset Hydra si era abbattuta su Striker aveva prodotto un calore tale da fonderlo in parte.
Intanto, il bey avversario continuava a girare all’interno dello stadio, come se fosse stato appena lanciato; la sua blader lo prese al volo.
«C’è qualcun altro?» chiese, guardandoci.
All’improvviso, tutti mi fissarono. Sapevano che di solito ero sempre io quello che raccoglieva le sfide con immenso piacere, ma quella volta no. Non l’avrei fatto, non me la sentivo. C’era qualcosa di misterioso in quel bey che non mi piaceva assolutamente e, nonostante sia sempre stato così fiducioso nelle mie capacità, sapevo bene che il mio Pegasus non ce l’avrebbe fatta, anzi, probabilmente si sarebbe ridotto male quanto Striker.
«No. Ci arrendiamo.» risposi con voce ferma.
La ragazza se ne andò via, senza dire una parola.
Dopo qualche minuto, mio padre ci disse «Su, ragazzi! È tardi, torniamo a casa.»


 

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Capitolo 3
*** Scoperte inaspettate ***


 

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III
ֆƈօքɛʀȶɛ ɨռǟֆքɛȶȶǟȶɛ

“In the darkness
I was stumbling for the door"
 

«Wow! Ne avevo sentito parlare di bladers forti, capaci di distruggere montagne o boschi, ma mai qualcuno che riuscisse a fondere un altro bey. Cavolo, deve essere davvero potente questa qui.» disse Titi alquanto stupito.
«Già. Alla fine del combattimento non potevo crederci. Come tutti gli altri, del resto, compresi Madoka e mio padre, i quali conoscevano piuttosto bene il modo di combattere del Presidente» rispose Ginka.
«E dimmi: tu avevi paura, Ginka?».
«Certo che avevo paura! Ero così spaventato che, nonostante la posta in gioco fosse molto alta, non ho nemmeno voluto misurarmi con lei. Comunque, poi le cose cambiarono…»
 
 
Era il primo pomeriggio quando stavamo uscendo dalla sede. Masamune era distrutto: oltre aver perso gran parte della sua autostima a causa della sconfitta, si sentiva debole, e Tsubasa fu costretto a tenerlo a sé per portarlo all’auto.
«Coraggio, Masamune! Stai tranquillo. Ti è già capitato, dopotutto, di perdere.» cercò di rassicurarlo Yu.
«È vero! Non te la prendere. Inoltre, nonostante Striker sia messo piuttosto male, farò del mio meglio per farlo diventare come prima. Lavorerò anche tutta la notte se sarà necessario» rispose Madoka, parlando con ottimismo mal celato. In effetti, essere ottimisti in quella situazione, era a dir poco impossibile: Striker era diventato irriconoscibile, e per farlo tornare come prima, bisognava cambiare almeno la metà dei pezzi.
Arrivati all’auto, tutti salirono in silenzio, ma io rimasi fuori, distante qualche metro.
«Hm? Che ti prende, Ginka?» chiese Madoka.
Avevo lo sguardo basso e mogio. Ero molto pensieroso. Il combattimento tra Masamune e quella ragazza mi aveva fatto riflettere. In me si era risvegliata una voglio di reagire inspiegabile.
«Andate pure…io rimango qui ancora un po’.»
«Ah, come…come vuoi…» mi disse Madoka mentre il finestrino si chiudeva.
Appena l’auto partì, mi recai in un parco pubblico nelle vicinanze per fare qualche tiro col mio Pegasus. A quell’ora non c’era nessuno perché tutti stavano pranzando. Meglio! Mi sarei potuto allenare in pace.
 
Il parco era molto tranquillo, proprio come mi aspettavo; non c’era quasi nessuno e, cosa più importante, il piccolo campo di Beyblade era vuoto.
Tirai fuori il mio Pegasus e mi misi in posizione di lancio. Feci qualche respiro profondo per nascondere quella strana inquietudine che sentivo in me.
Mentre tenevo Pegasus in mano, avvertivo una strana vibrazione provenire esattamente da lui, un’energia incomprensibile, un sentimento da comunicare.
Ci volle un attimo perché io compresi.
«L’hai avvertito anche tu non, è vero?» bisbigliai con un mezzo sorriso sulle labbra.
“Non preoccuparti, amico. Ce la faremo ad arrivare alla fine di questa storia.” pensai tra me e me.
 
PRONTI…LANCIO!!!!!!!!!!
 
Da quant’è che stavo combattendo? Minuti? Ore? Sapevo solo che il sole era sorto ormai da un pezzo. Ma non m’importava. Anzi, non m’importava neanche allenarmi, anche se, tutto sommato, lo stavo facendo. Tuttavia, ero completamente immerso nei miei pensieri, intanto che Pegasus colpiva con una violenza inaudita tutto ciò che incontrava. Sembrava quasi che fosse lui a volersi allenare.
“Ma che cavolo sto facendo, ” pensai “io sono un blader! Sono il campione del mondo di Beyblade, e non ho tempo di pensare a queste sciocchezze!”.
All’improvviso, ritrovai tutta la concentrazione di cui avevo bisogno, riprendendo così il totale controllo sul mio bey. Pegasus girava davanti a me, non sembrava per niente stanco e aveva ancora un ottimo equilibrio.
«Pronto Pegasus?».
Il mio amato bey si diresse a tutta velocità verso un masso che usò come rampa. Dopo pochi secondi, stava già volando in cielo come un cavallo alato.
Lo guardai soddisfatto.
«VAI PEGASUS! ATTACCO POTENZA DELLE STELLE!».
Una luce azzurra abbagliò l’intero parco, fu talmente luminosa che mi dovetti coprire gli occhi con la mano. Che strano. Non aveva mai fatto un bagliore del genere.
Sbirciai. Pegasus si stava “schiantando” contro il masso che aveva usato prima per lanciarsi in aria. Dopo neanche un secondo, sentii un suono sordo che rimbombò per tutta la zona circostante.
Quando la luce cessò, guardai incuriosito l’operato del mio bey: non solo Pegasus aveva letteralmente incenerito il masso, ma aveva fatto un bel buco profondo di un diametro che superava il metro.
Ero soddisfatto, non potevo negarlo, ma non potevo nemmeno smettere di allenarmi, proprio ora che Pegasus era così tanto migliorato. Inoltre, quest’ultimo non sembrava assolutamente stanco o danneggiato.
«No, non posso smettere ora. Mi allenerò anche tutta la notte se sarà necessario. Così potrò sfidare quella ragazza, e ridare l’opportunità a tutti i bladers del mondo di combattere ai mondiali.»
«Ehi! Ma sei impazzito a fare tutto ‘sto casino a quest’ora!» urlò una voce alle mie spalle. L’avevo riconosciuta, era lei.
Mi voltai, la guardai, e feci per scusarmi, ma m’interruppe. «Ah, sei tu. Ma hai idea di che ore sono?».
Io non risposi. Quella ragazza aveva un tono così autorevole che m’intimidiva.
«Ahhhh…» sospirò «Da quanto sei qui?».
«Da quando siamo usciti dalla sede.»
«COOOOOOSA?? Mi stai dicendo che non hai smesso di allenarti da quando sei uscito??».
«Bhe… Ecco…» avevo paura a rispondere, ma tanto ormai lei aveva capito che era un “sì”.
«Oh Dio…» bisbigliò. Si avvicinò a Pegasus, lo prese in mano e se lo mise in tasca. Poi venne da me, trascinandomi per un braccio.
«Su, vieni!».
«Cosa, ma…do…dove mi porta?».
«A mangiare qualcosa e poi a parlare dei tuoi più che ovvi problemi mentali, e solo alla fine ti restituirò il tuo prezioso e amato beyblade.»
 
Mi trascinò per le strade deserte di Tokyo per circa un quarto d’ora, finché non entrammo in un tipico ristorante giapponese.
Ci sedemmo vicino al “tapiroulant” sul quale “sfilavano” le pietanze.
La ragazza ordinò da bere, dopodiché restammo entrambi zitti per qualche minuto. Io la guardavo intimidito, mentre lei sembrava ignorarmi completamente. Però poi, ebbi il coraggio di rompere il ghiaccio. «La avverto che non ho un soldo.»
«Non ti preoccupare, offro io.» rispose senza problemi.
Bene! Farmi offrire la cena da una ragazza: la mia vergogna era alle stelle.
Certo che però non è che potessi rimanere lì zitto tutta la sera.
«Allora…perché mi ha portato qui?».
«Che domande mi fai? Non hai né pranzato né cenato! Ti sei allenato tutto il giorno. È bene che mangi qualcosa!».
Strano che si fosse preoccupata per me, chissà come mai.
«Lo sa, in vita mia non ho praticamente mai mangiato nulla di tipico giapponese. Ormai quello che mangio più spesso è il cibo del fast food.»
«Stai scherzando!». Wow, sembrava che avessi catturato la sua attenzione. «Io mangio quasi sempre le cucine tipiche. Non mi piacciono i cibi troppo rivisitati. Anche all’estero: insisto per mangiare sempre i piatti originali del luogo.»
La mia timidezza a un tratto svanì lievemente. Quella ragazza non faceva più così paura, allora decisi di passare a una questione personale.
«Col combattimento di oggi…è stata davvero eccezionale. Non avevo mai visto nessuno in tutta la mia carriera di blader combattere in quel modo. Alla fine dell’incontro, sono rimasto a bocca aperta.»
A un certo punto, con mia grande sorpresa, mi guardò coi suoi grandi occhi blu e mostrandomi un sorriso compiaciuto.
«Ti ringrazio! Ma alla fine non era niente di che. Negli altri scontri, ho combattuto in modo molto più “eccezionale”.»
«Quante ore al giorno si allena per poter combattere così bene?».
«Bhe… Veramente, questa è stata la prima volta in cui ho lanciato un bey da quando sono diventata presidente della WBBA, quindi…vediamo…circa tre anni!».
Mancava poco che mi strozzassi con un sushi.
«Tre anni che non lancia un bey?!».
«Esatto.»
«Incredibile! Io non potrei raggiungere questo risultato neanche se mi allenassi ogni secondo della mia vita per i prossimi vent’anni.»
«Naaaaa… Io invece dico di sì. Ho visto come combatti: sei un blader con delle capacità davvero impressionanti, solo che hai ancora molto da imparare.»
«Allora, lei mi conosce bene.»
«Certo! Ti chiami Ginka Hagane, figlio di Ryo Hagane e sei nato e cresciuto a Komamura, il paese del Beyblade. Non appena accadde quell’incidente con Lightning L-Drago e Nebula Oscura, hai fatto il giro del Giappone per migliorare sempre più come blader e i tuoi più grandi successi sono stati la vittoria al Battle Blader e la vincita al Big Bang Blader con la tua squadra, i Galassia Gan Gan.»
«Oh, wow, devo ammettere che sa proprio tutto su di me.»
«Non è esattamente mio dovere conoscere così attentamente tutti i bladers, però la mia era pura curiosità.» rispose sorridendo.
Sembrava simpatica. Non l’avrei mai detto dopo la discussione tenuta alla sede.
Dopo qualche minuto, guardò l’orologio. «Ops! È tardi, meglio andare, tra poco il ristorante chiude.»
Ci alzammo e ci dirigemmo verso l’uscita.
«Grazie per la cena! Era ottima!» le dissi.
Lei mi sorrise.
«Senta…lei deve andare via ora?» le chiesi un po’ imbarazzato.
«No, posso tornare quando voglio…».
«Ah, bene! Posso…posso portarla in un posto».
«Certo!».
«Bene andiamo! Tranquilla, è qui vicino…».
Ci incamminammo, continuando a chiacchierare.
«Bhe, dato che lei sa tutto di me, può raccontarmi un po’ com’è stata la sua carriera di blader?».
«Vuoi sapere qualcosa su di me?» domandò stupita.
«Bhe si…se a lei non pesa parlarmene ovviamente…».
-No, affatto! Dunque, vediamo… Sono nata a Tokyo in una tradizionale famiglia giapponese. Al mio quinto compleanno, mio fratello mi regalò il mio primo bey, Sunset Hydra, appunto. Non l’avesse mai fatto! Combattevamo in continuazione e lo battevo sempre.
All’età di otto anni, cominciai a prendere il Beyblade più seriamente: partecipavo agli incontri e vinsi molti premi.
Come blader sono famosa soprattutto perché non ho mai perso neanche una battaglia, neanche quelle ufficiali e mio fratello può testimoniare.
Amavo così tanto il Beyblade che decisi di diventare qualcosa di più, quindi entrai nei piani governativi della WBBA. Piano piano, scalai tutti i gradini e infine, circa tre anni fa, divenni il Presidente della società.
Adoravo combattere con il mio bey, mi dava un’emozione che solo i veri bladers possono comprendere, ma col tempo il lavoro s’accumulò e non ebbi più tempo per allenarmi, così misi Hydra in un cassetto e smisi di combattere.»
«Cavolo! Certo che il suo lavoro deve essere parecchio stressante se ha deciso di scegliere questa strada…» dissi mezzo sconcertato.
«Già, » rispose sospirando «ma che ci vuoi fare? Ormai ho deciso così e mi sta bene…».
«Eccoci arrivati.» dissi ad alta voce.
Eravamo giunti ai lati del canale.
Scesi giù per la ripida distesa d’erba ai lati della strada. Mi lasciai cadere, spaparanzandomi sul prato e guardando le stelle.
Lei, con più classe, si sedette vicino a me, con le gambe piegate e appoggiata alle braccia che teneva distese dietro alla schiena.
«Perché questo posto è così importante per te?» mi chiese guardandomi con aria stranita.
Mi tirai su mettendomi più o meno nella sua stessa posizione.
«Bhe, perché qui ho conosciuto meglio il mio migliore amico.»
«Kenta Yumiyadomandò.
«Sì, » risposi stupito «come fa a…».
«Ahah!! Io so tutto di voi Ginka!».
Wow! Come faceva a sapere tutti i gossip sui bladers?
Ma anch’io volevo saperne di più sulla sua vita privata.
«E così…ha un fratello?».
«Sì! Ma è da un bel po’ che non ci sentiamo…lui è un blader professionista e…diciamo che il Beyblade è tutta la sua vita…».
«Professionista, eh? E com’è? E’ forte?».
«Sì! Però è molto impulsivo e…ha ancora tanto da imparare…».
«Com’è che è da tanto che non vi sentite?».
«Ecco…fin da piccoli abbiamo sempre combattuto molto. In pratica passavamo le giornate solo giocando a Beyblade. Però, gli ha sempre dato esageratamente fastidio il fatto che io lo battessi in continuazione, non perché ero più forte, ma perché riuscivo a ottenere risultati in tempi molto minori rispetto ai suoi. Lui ha due anni in più di me, e vedere che sua sorella minore ha raggiunto obiettivi tanto alti gli ha fatto male. Riassumendo: non ci sentiamo da quando ho cominciato a lavorare per la WBBA…».
La guardai. Sembrava molto triste. Si vedeva che voleva molto bene a suo fratello. Pensai “chiunque sia questo…è un vero idiota!”.
«Mi dispiace…» le dissi.
«Non preoccuparti» continuò con gli occhi un po’ lucidi-vedrai che prima o poi lo rincontrerò, e magari chiariremo le cose…».
«Senta…posso farle un’ultima domanda?» le chiesi gentilmente.
«Certo!».
«Cosa prova lei, quando combatte col suo beyblade?».
«Eheh…mi hai fatto una bella domando- rispose con un sorriso quasi gioioso, ma poi la sua espressione divenne cupa- io adoro Hydra. Forse…è il più grande amico che io abbia mai avuto. Tra di noi c’è un legame incredibile che sento sempre, ma il momento in cui è più forte è durante le battaglie.» mentre parlava, guardava le stelle, incantata «Però, » abbassò lo sguardo «mi fa male. È quasi doloroso tenere Hydra vicino. E’ una caratteristica che ha sempre avuto ma, col tempo, si è fatta sentire sempre più, fino a spaventarmi.»
Non me la sentivo di andare a fondo della questione, era tutto troppo delicato per immischiarmi. Forse la strana forza che avevo avvertito durante il combattimento con Masamune era ciò di cui lei stava parlando…
Rimasi in silenzio, non sapevo davvero cosa dire.
La ragazza guardò di sfuggita l’orologio.
«È davvero tardi.» disse con aria malinconica «Forse è meglio che vada.»
«Ah, okay, come vuole.»
Si alzò in piedi, passando le mani sui pantaloni per sistemarli dalle eventuali pieghe.
«Sono stata molto bene. Era da tempo che non chiacchieravo così con qualcuno.»
«Anch’io sono stato bene.» risposi sorridendole.
«Allora, ci vediamo.»
«Certo! Buonanotte!».
Fece un ultimo sorriso, e tornò verso la città. Girai lo sguardo e fissai il riflesso delle stelle sull’acqua.
Era stato un saluto abbastanza freddo, eppure i nostri discorsi erano stati così piacevoli. Forse l’atmosfera era cambiata durante il nostro ultimo discorso. Beh, effettivamente…
«Ah! Dimenticavo!» si voltò di nuovo.
La guardai.
«Mi chiamo Paschendale!».
Ci guardammo un ultima volta, poi lei si girò e tornò in città.
 
 
 
 
«AH…! Allora è così che vi siete conosciuti!» disse Titi.
«Già! Era bello parlare con lei. Però aveva un’aria così triste e malinconica.»
«Ed è stata quella l’ultima volta che l’avete incontrata?» domandò Titi incuriosito.
«Certo che no!» rispose Masamune «Anzi, ce la siamo trovata intorno per un sacco di tempo, anche se…devo ammettere che anch’io, dopo un po’ di tempo, ho imparato a sopportarla…».
 
 
 
Narra Masamune
 
Il giorno dopo l’incontro con il Presidente, io ero andato da Madoka per “stare vicino” a Ray Striker.
Era mattina presto, e lei stava facendo un ottimo lavoro. Ovviamente ero ancora un po’ scosso per la sconfitta del giorno prima, ma cercavo in tutti i modi di non pensarci.
«Allora, Madoka? In che condizioni è?» domandai.
«Devo aspettare che il materiale di saldatura si asciughi, quindi, credo ci vorrà un altro giorno perché possa essere riutilizzato.»
«Aaahh!! Accidenti!» urlai sbattendo i pugni sul tavolo «Quella stupida ragazzina! Come ha potuto battermi!».
«Se ti fossi allenato di più non avresti avuto tutti quei problemi contro quella “ragazzina”». Kyoya se ne stava seduto sul divano a lucidare il suo Rock Leone.
«Tu non hai visto il modo in cui combatteva! Non mi ha dato il tempo di attaccare!! Si è buttata sul mio Striker e me l’ha mezzo fuso!».
«Tsk! Smettila di darle la colpa. Sei tu che non ti sei impegnato abbastanza.»
«La vuoi smettere di dirmi su! Inoltre quella è la Presidente della WBBA.»
«E allora? Anche se era la Presidente della WBBA, era comunque una blader come te.»
Basta!
Era inutile discutere con Kyoya in quel momento. Era vero che avrei dovuto concentrarmi di più, però…
«OOOHHHHHH INSOMMA!!!!! CHE DOVEVO FARE?».
«Buongiorno, ragazzi!» squillò una voce proveniente dall’ingresso.
«Ginka! Sei arrivato, finalmente.»
«Ehilà, Kyoya!! Ci sei anche tu! Non me l’aspettavo!» Kyoya degnò Ginka solo di uno sguardo, poi continuò a lustrare il suo beyblade.
«Dove sei stato? Eravamo preoccupati!» disse Madoka con un velo di preoccupazione nella voce, anche se comunque un po’ arrabbiata.
«Scusatemi. Ieri ho passato una piacevole serata in compagnia.» Ginka era raggiante.
«Ah sì? E con chi?» domandai.
«Come con chi? Con Paschendale.»
«Paschendale…?» assunsi un’espressione interrogativa. Ginka non smetteva di ridere, Kyoya aveva ignorato ogni singolo discorso e Madoka…era…a dir poco…furiosa.
«COOOOOOSAAAAA!? HAI PASSATO TUTTA LA SERATA CON LA MIA PASCHENDALE TATEGAMI?».
Continuavo a non capire.
«Esatto!» rispose Ginka soddisfatto «Mi stavo allenando, no? Poi lei è arrivata dicendomi che dovevo mangiare qualcosa. Quindi, mi ha portato in un tipico ristorante Giapponese e abbiamo chiacchierato tuuuuuutta la sera.»
Madoka era verde d’invidia, sbuffava e una vena le pulsava sulla fronte.
«NON È GIUSTOOOOO!! IO SONO LA PIU’ GRANDE FAN DI PASCHENDALE TATEGAMI DELL’UNIVERSO!! E’ LA MIA EROINA!! SENZA DI LEI PROBABILMENTE NON AVREI MAI LAVORATO CON I BEYBLADE!! L’HO ADORATA DALLA PRIMA VOLTA CHE L’HO VISTA! NON E’ GIUSTO CHE TU CI ABBIA PASSATO UN’INTERA SERATAAAAA!!».
Mentre Madoka stava letteralmente esplodendo, Ginka la prendeva in giro e continuava a ridere come un matto. Comunque io cominciai a comprendere qualcosa della situazione.
«Scusatemi?» domandai.
«Che c’è!?» urlò Madoka ancora incavolata. Proseguii senza farci caso. «Questa “Paschendale Tategami” di cui parlate tanto, è per caso la ragazza di ieri?».
«Sì, esatto.» rispose Ginka.
«Hm…Tategami…questo cognome però non mi è nuovo.» continuai.
«Sì, è vero. Dice qualcosa anche a me» disse Ginka.
«Già. È un cognome comune, ma sono sicura di averlo già sentito nel mondo del Beyblade» proseguì Madoka.
Cominciammo tutti a rifletterci su, ma dopo qualche minuto ci venne in mente.
In contemporanea spalancammo la bocca e ci girammo tutti quanti verso Kyoya. Quest’ultimo non aveva ascoltato nemmeno una parola dei nostri discorsi; era completamente preso nel lucidare Leone e non era interessato alle nostre “sciocchezze”. Però quell’improvviso silenzio, l’aveva fatto preoccupare.
«Hm…?» fece guardandoci.
«AHHHHHHHHHH!!!!!!!!!» urlammo.
Madoka era diventata bianca come un cencio, s’avvicinò a Kyoya indicandolo tremante «T-tttt-t-ttt-ttt-ttttu e PPPP-P-PP-PPaschendale s-sss-sssiete f-fff-fffratelli?» balbettò.
Kyoya restò in silenzio guardando Madoka come se fosse pazza, poi sospirò, chiuse gli occhi e incrociò le braccia.
Madoka aveva capito tutto.
«AAAAAAAHHHHHHH!! COME HAI POTUTO NON DIRCI MAI NIENTE?».
«Non pensavo fosse importante» rispose, freddo.
Madoka cadde a terra. Avrebbe voluto dirgli “ma quanto sei scemo!”.
Ginka s’avvicinò a Kyoya con aria tranquilla «Tu e Paschendale non andate tanto d’accordo, non è vero?».
«Tsk! Non voglio parlarne.»
«Lei ti vuole bene, Kyoya. E tanto, anche. Sei il suo fratello maggiore e sarebbe disposta a perdonarti!» disse Ginka determinato.
Ci fu un attimo di silenzio. La tensione era palpabile. Kyoya fissò Ginka con sguardo minaccioso. Quest’ultimo sudava come un matto e tremava come una foglia.
«Perdonarmi? E di cosa? È stata lei ad andarsene e a raggiungere le vette nella WBBA!» era talmente incavolato che persino io e Madoka ci preoccupammo.
Ginka non voleva calcare la mano. Kyoya era troppo girato per poterci litigare.
«D’accordo. Se non vuoi parlarci, sei libero di farlo» disse Ginka, pacato «Però l’altra sera, non lo so, l’ho trovata molto triste e questo mi è molto dispiaciuto, eppure sembra una ragazza così simpatica.»
«Coooosa??» ero indignato «Simpatica? Ma se ci ha insultato di brutto ieri!» ma quei due mi avevano totalmente ignorato.
Kyoya sembrava essersi calmato «L’ho pensato anch’io. Deve esserle successo qualcosa di molto spiacevole. Quando ancora combatteva, era una ragazzina molto solare, ma ha il difetto di essere anche molto sensibile.»
«Sensibile? Ma se è la persona più tosta che io abbia mai conosciuto!». Ancora niente. Nessuno voleva ascoltarmi!
«Senti Kyoya…mi ha detto che sei stato tu a regalarle Sunset Hydra. Posso sapere dove l’hai preso?».
«Avevo solo sette anni all’epoca…è difficile che mi ricorda dove ho preso quel bey non ti pare? Anche se non è strano che tu abbia provato qualcosa di ambiguo.»
«Hm, e perché scusa?» chiesi io.
Stranamente Kyoya e Madoka avevano la stessa espressione: delusa, mogia, preoccupata e…pentita.
«Sunset Hydra è un beyblade oscuro, proprio come L-Drago» rispose Kyoya.
«CHE COSA???» dicemmo io e Ginka all’unisono.
«Come hai potuto regalare a una bambina di soli cinque anni un beyblade oscuro?».
«Ma mica lo sapevo! E poi si era capito che quello era un beyblade oscuro solo dopo che Paschendale divenne una blader professionista.»
«Incredibile.» cominciai «Madoka, tu lo sapevi?». Fece cenno di sì con la testa «All’inizio pensavo non fosse un problema, ma poi vedendo come L-Drago aveva ridotto Ryuga…».
«Tuttavia, mi sembra che tua sorella gestisca piuttosto bene il potere oscuro di Hydra» disse Ginka.
«Già, la sua è una dote naturale. Non ha mai avuto alcun tipo di problema con Hydra. E il potere che hai sentito durante la sua battaglia contro Masamune proveniva dalle tenebre.»
Restammo tutti quanti in silenzio totale qualche minuto.
Un potere che avevo quasi rischiato di uccidere Ryuga, uno dei blader più potenti della storia, era stato tranquillamente gestito da una bambina! Assurdo!
 
BIP!
 
«Oh! E’ il mio computer.» disse Madoka tirando fuori l’oggetto dalla borsa.
-Buongiorno ragazzi!-.
«Hikaru! Quanto tempo.» disse Ginka.
«Il Direttore ha insistito che vi chiamassi per dirvi che domani, a Kyoto, ci sarà un incontro di Beyblade estremamente importante, infatti, sarà il primo combattimento per decidere approssimativamente chi saranno i nuovi concorrenti del prossimo torneo mondiale.»
«Scusa, Hikaru, ma dopo il Big Bang Blader, gli incontri non erano stati vietati?» chiese Ginka.
«La Presidente della WBBA, Paschendale Tategami, ha deciso all’ultimo minuto, tramite un’assemblea con i piani alti dell’associazione, di dare il via a nuovi tornei mondiali di Beyblade.»
-Ah, che bello!» disse Madoka, felice con gli occhi luccicanti.
«Inoltre, ci sarà all’incontro anche il Presidente, dato che ha espresso il desiderio di supervisionarlo.»
«Ah, perfetto! Così Madoka potrà di nuovo incontrare il suo idolo.» disse Ginka.
«Bene! Allora, ditemi chi di voi ha intenzione di venire a Kyoto. Appena me lo direte, potrò prenotare all’hotel. Inoltre, alloggerete nello stesso albergo del Presidente.»
«Ah, è stato tutto stabilito.» cominciò Ginka «Allora, a Kyoto verremo io, Masamune, Madoka, Yu, Tsubasa e…». Ci girammo tutti verso Kyoya, speranzosi che ci seguisse.
«Eh? No, no.» bisbigliò.
Le nostre voci si accavallavano: “Ti prego Kyoya!”, “Devi venire!”, “Se non vieni questa volta, quando potrai sistemare le cose con tua sorella?”.
Per un po’ si rifiutò, ma poi.- Ok va bene vengo-.
“EVVIVA!!!!”
«Però non partecipo!» rispose, ma a noi andava bene così.
«E verrà anche Kyoya.»
Hikaru ci disse le ultime istruzioni riguardanti il viaggio, e il giorno dopo eravamo in treno.
 
 
«Oh cavolo! Non sapete quanto sono contento di rivedere Paschendale. La prima volta che ci siamo incontrati era molto scontrosa, ma poi ho scoperto che è una ragazza molto dolce e simpatica.» disse Ginka tutto esaltato.
«Sì…» cominciò Kyoya non proprio convinto «Comunque, se ti sei preso una cotta per lei è meglio se lasci perdere; mia sorella ha un debole per i cattivi ragazzi.»
Io, Madoka, Yu e Tsubasa ce la ridevamo sotto i baffi, curiosi di sapere come sarebbe andata a finire.
«Co…cosa? Io non sono affatto interessato a Paschendale!» rispose Ginka arrossendo.
«Stai forse insinuando che mia sorella non è una bella ragazza??» Kyoya sembrava scocciato dal tono di Ginka.
«No, anzi! È una bella ragazza e…oh insomma! Smettetela!».
Il viaggio cominciava ad essere un po’ più interessante, ci stavamo divertendo a prendere in giro Ginka. Kyoya però era molto nervoso ed era comprensibile: non vedeva Paschendale da anni e non sapeva come avrebbe reagito.
Allora io ruppi il ghiaccio «Senti, Kyoya! Come pensi reagirà Paschendale non appena ti vedrà?».
«Non ne sono sicuro ma…penso che si sentirà un po’ a disagio e, vorrà parlare con me in privato.»
Arrivati a Kyoto, appena scesi dal treno, c’era Hikaru ad aspettarci.
«Ciao a tutti! Com’è andato il viaggio?».
«Bene, grazie!».
«Allora, dunque: alloggerete al Grand Hotel Palace. Il Presidente ha la camera all’ultimo piano. Sarà facile trovarla…ci sarà sicuramente un body-guard a controllare. Le iscrizioni per il torneo sono oggi dalle 10.00 alle 16.00; per iscrivervi, dovrete recarvi allo stadio accanto all’hotel; tranquilli, è facile da raggiungere.»
Dopo gli ultimi saluti, prendemmo un taxi per andare in hotel. L’albergo era enorme e super lussuoso. La hall era illuminata da tantissimi lampadari, sui muri c’erano una marea specchi, il pavimento era in marmo nero con striature bianche e il tutto era ulteriormente arricchito da poltrone in pelle comodissime.
«Desiderate?» domandò il ragazzo della reception.
«Salve! Siamo i Galassia Gan Gan e dovremmo aver prenotato per sta sera.»
Il ragazzo controllò sul computer. «Sì, è vero.» rispose, poi tirò fuori una carta.
«Questa è la vostra chiave: stanza numero 347, terzo piano.»
Ringraziammo e prendemmo l’ascensore.
 
 
«345…346…eccola! 347!».
Entrammo incuriositi. Era molto carina: c’erano sei letti singoli da una piazza e mezza, una TV al plasma, un bagno con pavimenti e muri in marmo con tanto di bidè, doccia e vasca con idromassaggio, e la vista si apriva su tutta Kyoto.
«Wow! Che spettacolo!» disse Yu soddisfatto.
«Ma…ragazzi!» disse Madoka, allarmata «Sono le 13.45! Dobbiamo subito andare a iscrivervi!».
«Ma dai, Madoka!» fece Yu «È presto, le iscrizioni terminano tra più di 2 ore e…» ma ormai Madoka si era scaraventata fuori dalla stanza, pensare che eravamo appena entrati e nessuno aveva sistemato le proprie cose.
Noi le corremmo dietro urlando «Aspettaci Madoka! Non così veloce!».
 
 
«Ehi, aspettate, ma dove cavolo è lo stadio?» domandai.
«È vero! Eppure Hikaru ci ha detto che era semplice da trovare!» proseguì Ginka.
«C’è l’indicazione lì.» disse Tsubasa quasi disgustato da tanta ignoranza. Il ragazzo indicò l’indicazione dello Tsukara Stadium.
«Ah, eccolo. Forza andiamo!!» disse Madoka decisa dirigendosi a passo marziale.
«Ehi Madoka! Si può sapere perché ci tieni tanto ad arrivare in tempo?» domandò Yu faticando a tenere il passo con lei.
«Metti che ci sia la fila! Se non riuscissimo ad iscriverci non potremmo partecipare al torneo, non portemmo vincere, e io non potrei rivedere la mia adorata Paschendale! È CHIARO IL MOTIVO!?».
Quella ragazza era un fascio di nervi quando si trattava di Paschendale. Ormai eravamo tutti spaventati. Tranne Kyoya, ovviamente. Quel ragazzo rifletteva in continuazione. Ok che non vedi tua sorella da un sacco di tempo, ma così esageri!
«Kyoya?» domandai.
«Che c’è?» rispose seccato.
«Perché non vuoi partecipare al torneo? Okay che sei agitato…».
«È vero, sono molto agitato, ed è per questo che non sono in grado di concentrarmi a sufficienza per un incontro.»
«Figurati, tanto non ti concentri nemmeno quando sei rilassato. Attacchi e basta, senza pensare ad altro che a distruggere…».
«CHE COSA HAI DETTO!?» mi interruppe.
Il mio bisbiglio, nato da un pensiero ad alta voce, l’aveva fatto infuriare. Perfetto! Infondo era già incavolato di suo, dovevo proprio dirlo?
«Cioè, no! No-non fraintendermi. T-tu hai un ottimo modo di combattere, sei un grandissimo blader e…».
«Ehi ragazzi! Siamo arrivati!» disse Tsubasa.
«OOOHHH NNNOOOOOO!!» urlò Madoka «C’E’ UNA FILA PAZZESCAAAAAAAAAAAA!! L’AVEVO DETTO IO DI VENIRE QUA PRESTO!!».
«E allora? Mettiamoci in fila e aspettiamo!» rispose Ginka con ottimismo.
 
Dopo ben tre quarti d’ora di coda, arrivò il nostro turno.
«Molto bene.» disse la signorina che prendeva le iscrizioni-il torneo comincerà tra più o meno due ore e mezza. Fino a allora, potete stare sotto gli spalti.
«Benissimo, grazie!» risposi io.
«Ehm…mi scusi?» chiese Madoka.
«Sì, mi dica…».
«Lo vede quel ragazzo laggiù?» disse, indicando Kyoya che se ne stava appoggiato con la schiena al muro. «Lui non partecipa al torneo, ma potrebbe venire con noi. Diciamo che è come…un blader di supporto.»
«Ma il regolamento…».
«La preeeeeeeeeeeeego! È molto importante che possa entrare anche lui.»
«Ah! E va bene.»
La ringraziammo all’infinito, finché poi ci fece entrare.
Ci dirigemmo in uno dei corridoi che portavano dagli spogliatoi allo stadio.
La cosa più importante era studiare gli avversari. C’erano sia facce nuove che conosciute, e tutti occupavano quelle ultime ore in svariati modi: si allenavano, controllavano il loro bey, schiacciavano un pisolino…
«Io me ne vado.»
«Eh? Ma, dove vuoi andare, Kyoya?» domandò Ginka.
«In fondo io non partecipo no? Non faccio parte della squadra, non c’è motivo che io resti con voi. Mi faccio un giro, ci vediamo dopo.»
«Ah, ci-ciao.» dicemmo tutti.
E sparì nell’ombra.

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Capitolo 4
*** L'idra e il leone ***




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IV
ʅ'ɪɗɾʌ є ɪʅ ʅєơɲє
 

"To find a reason"


«Oh cavolo! E poi, e poi? Che è successo?» domandò Titi eccitato.
«E poi niente! Abbiamo partecipato al torneo e ha vinto Ginka.» concluse schietto Masamune.
Ginka fece una faccia orgogliosa. «Modestamente…! Ehi, Madoka? Si può sapere perché ogni volta che si parlava di Paschendale, ti arrabbiavi tanto?».
Madoka divenne verde. «Non ti sembra ovvio!? Ero assolutamente incavolata, avendo tu passato tutto il tempo con lei!».
«Hm…strano. Da questo discorso, non si comprende se sei interessata a Ginka o a Paschendale.» fece Masamune. Nonostante la sua sembrasse una battuta, l’aveva detta con un’incredibile serietà.
«Smettila! Aaahhh! Ma come ho fatto a non accorgermi che lei e Kyoya erano fratelli? Hanno gli stessi occhi!».
«Hm, ora che mi ci fai pensare…».
«Già, sono identici!».
«Allora t’interessa Kyoya.»
«Ginka, perché dovrebbe interessarmi Kyoya?».
«Perché gli assomiglia e perché, semmai un giorno voi due vi sposaste, tu e Paschendale diventereste cognate.»
«Primo: a me non interessa Kyoya. Secondo: non sono tanto viscida da sposarmi con qualcuno solo per essere il parente di un mio idolo. Terzo: non ho mai detto che quei due si somigliano.»
Quei quattro continuavano a scherzare. Kyoya, nel frattempo, era uscito all’aperto già da qualche minuto. Non aveva ascoltato molto di quelle conversazioni, ma l’ultima parte, lo aveva fatto riflettere. In quel preciso momento, si sentiva proprio come allora. In entrambi i casi, non sapeva cosa aspettarsi da Paschendale, ed era in quei momenti nei quali capiva quanto le volesse bene.
 
 
FLASHBACK
 
“Che noia! Sono stanco di sentire i discorsi di quei ragazzini. Non fanno altro che parlare di Paschendale come se la conoscessero. L’hanno vista una volta sola, tranne Ginka che l’ha vista due volte” A quanto pare però almeno lui è riuscito a tirarla un po’ su di morale.”
Non facevo altro che pensare, mentre giravo per lo stadio, osservando gli altri bladers che si facevano i fatti propri.
“Ma cosa diavolo ci fanno tutti ‘sti qua? Non mi sembra che nessuno di loro possa avere una possibilità contro Ginka. Sicuramente, saranno tutti degli incontri noiosi. Non vale neanche la pena seguirli.”
«Vai Rock Zurafa!».
Mi girai in direzione del suono. Si stava svolgendo un incontro di bey.
Non mi avvicinai, preferivo starmene nell’ombra senza farmi riconoscere, altrimenti gli altri bladers mi avrebbero certamente voluto sfidare. Però stranamente, combattere in quel momento era l’ultima cosa che mi andava di fare.
«Attacca, Lacerta!».
«Forza Acquario!».
Ormai avevo capito: DaShan e compagni partecipavano al torneo. Finalmente qualcuno d’interessante!
Mi avvicinai un po’ di più, incuriosito dalla sfida. Dopo qualche minuto, lo scontro si concluse con la vittoria di Zurafa.
«Sempre in gamba DaShan, eh?» disse un ragazzo vicino a loro.
«Chao-Xin, anche tu faresti bene a scaldarti un po’, prima dell’incontro.»
«Se non mi riposo prima di combattere, rischio di perdere la concentrazione e anche il combattimento.»
«Coraggio DaShan! Lascialo perdere. Almeno non sta andando dietro a nessuna ragazza.» lo difese Mei Mei.
«Ma è ovvio! Non ti sei guardata intorno per caso? Vedi delle ragazze carine, forse?» rispose Chao-Xin.
«Ecco perché…» disse Mei Mei con una gocciolina che le cadeva dietro alla testa.
Poco dopo, però, qualcosa attirò l’attenzione di Chao-Xin, o meglio, qualcuno.
«Ehm…scusatemi un attimo…» disse dirigendosi verso l’interno dello stadio.
«Chao-Xin, dove vai?» disse Chun.
«Lascialo perdere. Continuiamo a scaldarci, intanto.» rispose DaShan.
 
Arrivato all’altra estremità del tunnel, Chao-Xin si ritrovò a fianco di una ragazza che guardava lo schermo con gli abbinamenti per gli incontri.
“Ah…e così hai attirato la sua attenzione, eh?”.
«UFFFF…! Non c’è.» sbuffò lei, tenendo le mani sui fianchi.
«Chi è che non c’è?» domandò Chao-Xin, sbucando da dietro.
«E tu che cosa vuoi?».
«Uuuhhh… Vedo che sei rabbiosa! Allora non vedo l’ora di vedere il tuo incontro.»
La ragazza lo fissò, inquietata. «Resterai deluso, io non partecipo al torneo» gli rispose, fredda, continuando a fissare lo schermo.
«Oh! Che peccato! Comunque, se ci fosse stata la possibilità che tu fossi contro di me, ti avrei lasciata vincere. Sei troppo carina per perdere.»
«Grazie, ma avrei vinto anche se tu avessi giocato seriamente.» lei rispondeva alle suo domande sempre con lo stesso tono di voce: seccato e spazientito.
«Ahahah! Credi davvero che avresti potuto vincere contro Chao-Xin della squadra cinese Wang Hu Zhong?» chiese dandosi arie da granduomo.
«Ahhhhh…intendi la squadra che al Big Bang Blader è stata battuta sia dai Galassia Gan Gan che dagli Escalibur?».
“Tsk, che figura!”.
L’aveva distrutto. Glielo si leggeva in faccia.
«A…bhe…sai il mio nome…e…tu sei?».
-Paschendale-.
«Paschendale, eh? Beh, molto piacere. Senti, se vuoi dopo l’incontro possiamo fare un giro insieme.»
Lei non rispose.
«Mi hai sentito?» chiese lui.
«Sì, ho sentito benissimo.»
«Allora hai il ragazzo...».
«Non proprio.»
“COME NON PROPRIO???” improvvisamente, il mio lato da ‘fratello maggiore protettivo’ sbucò fuori.
Non temevo che lei andasse dietro a Chao-Xin, anche perché ero sicuro che non l’avrebbe considerato minimamente.
Si guardò l’orologio.
«Oh, è tardissimo, devo scappare. Ti auguro buona fortuna, anche se so che con Ginka non ci sarà gioco. Ci vediamo!».
Il povero Chao-Xin rimase a fissarla interdetto mentre andava via.
«Ehi!.»
«Eh? Ah, sei tu, Kyoya.»
«E così, quella ragazza ti ha fatto a pezzi.»
«Eheh, vedo che hai ascoltato tutto. Ma io non mi arrendo.»
«Come non ti arrendi? Credi che se ci proverai ancora lei cadrà ai tuoi piedi?».
«Ah! Cos’è? Me la vuoi rubare per caso? Ascolta Kyoya: tu hai un sacco di fan che ti adorano almeno quanto adorano me, ma…vedi…tu non ci sai fare, e io invece…».
Non me ne fregava niente di andare dietro alle mie fan come faceva lui, e mi si leggeva in faccia che non ero affatto invidioso.
«Ascoltami tu, Chao-Xin - pensala come vuoi sulle mie “tecniche seduttive” e vai dietro pure a tutte le ragazze che ti pare. Ma quella…lasciala perdere, non è alla tua portata.» Gli diedi due amichevoli schiaffi. «Tienitelo bene a mente.» conclusi, e me ne andai.
 
 
Non avevo idea di dove dovessi recarmi per incontrarla, sicuramente si trovava all’ultimo piano.
Mancava solo un quarto d’ora all’inizio degli incontri e, da quanto avevo capito, erano dei combattimenti singoli organizzati su quattro campi da gioco. L’obiettivo degli organizzatori consisteva nell’osservare meglio le capacità dei bladers partecipanti.
 
Mentre camminavo, non facevo altro che pensare: “da dove diavolo è uscito quel senso protettivo nei confronti di mia sorella???”. Dopotutto, c’eravamo divisi prima dell’adolescenza, quindi non ero mai riuscito a fare il bravo fratello maggiore.
 
Finalmente arrivai all’ultimo piano, girai per non so quanto tempo lungo uno stretto corridoio molto luminoso.
Svoltato l’angolo, trovai Ryo seduto su una panca.
«Non mi sono stupito quando ho saputo che non ti eri iscritto al torneo» disse.
«Tsk…».
«Inoltre, sapevo che ti avrei trovato qui».
«Non fraintendere. Sono venuto solo perché Ginka e gli altri mi hanno costretto.»
«È probabile, essendo tu così orgoglioso.»
«Mpf! Per me incontrarla o meno non è importante, ho solo approfittato della situazione.»
Ryo iniziò a ridacchiare, facendomi piuttosto infastidire.
«Ora perché stai ridendo?».
«Masamune ha ragione: a volte è davvero inutile parlare con te.»
Ryo avanzò di qualche passo e io lo seguì.
Arrivammo ad una porta blindata. L’aprì con una chiave e m’invitò ad entrare. Andai dentro senza fare storie e non facendo caso all’interno della stanza.
La porta si chiuse.
Guardai dritto davanti a me.
Una ragazza mi dava le spalle.
Era in piedi e sfogliava un grosso libro, forse un annuario o qualcosa del genere.
Sembrava non si fosse accorta della mia presenza.
 
Il vederla, dopo così tanto tempo, mi fece venire un nodo alla gola.
Il cuore accelerò.
Cominciai a sudare freddo.
Il respiro era corto.
 
“Coraggio Kyoya! Non puoi metteri a piangere di fronte a lei”.
 
Passai lentamente la mano sugli occhi.
Mi asciugai il sudore.
Deglutii.
Feci il respiro più profondo che riuscissi a fare.
 
«Paschendale.»
 
Divenne di sale.
Alzò il capo e mugugnò qualcosa.
Rimase ferma così un minuto che non finiva mai.
Si girò, lentamente.
Restammo a fissarci immobili, senza proferir parola.
Ero freddo e indifferente, almeno cercavo di comportarmi come tale.
Lei, sofferente e angosciata, si coprì il viso con la mano.
Gli occhi le lacrimavano.
«Ky…Kyoya» bisbigliò abbassando lo sguardo.
 
Mi avvicinai a lei e l’abbracciai.
«Sì...sono io» risposi.
Lei mi strinse a sé di conseguenza, con ancora più forza.
 
«Sigh….sigh….sigh…».
«Ancora? Mpf…non piangevi così da quando eri neonata» le dissi.
Ci separammo un attimo.
«Sc…scusa Kyoya, è che….sigh…SONO COSI’ CONTENTA DI RIVEDERE IL MIO FRATELLONE.»
A quel punto mi spaventai! Insomma…si lanciò su di me cingendomi i fianchi con le cosce e scoppiò in un pianto disperato.
Era magra ma muscolosa, infatti, mi stava letteralmente soffocando.
Mi voltai verso la porta controllando che non entrasse nessuno, altrimenti ci avrebbero considerati un po’ equivochi.
«Sì, okay, va bene.» le dissi spedito.
«Ah, scusa.» rispose scendendo «Ok! Ora smetto.»
Fece un respiro e smise di piangere.
«Siediti e raccontami tutto.» indicò un divano vicino alla scrivania.
«Soffermati soprattutto sugli eventi imbarazzanti.»
«Sai già più o meno tutto quello che mi è successo.»
«No, non è vero! So solo che hai partecipato al Battle Blader e al Big Bang Blader, ma per il resto so poco o niente…».
«Va bene, va bene!» risposi per farla tacere almeno due secondi «Allora, appena tu mi hai abbandonato per sempre per darti alla gestione della WBBA…».
«Ma io non ti ho…».
«Fammi finire!».
«Ah, okay, scusa.»
«Cominciai a frequentare le persone sbagliate, diventando capo di un gruppo di teppisti: i Face Hunter.» m’interruppi un attimo.
«Ahhhh…» cominciò lei «Mai sentiti…».
«Come? Non conoscevi i Face Hunter!?» mi sentivo incredibilmente offeso.
«Mi dispiace…».
«Sorvolando…dopo un po’ di tempo mollai i Face Hunter e conobbi Ginka e i suoi amici.»
«Ah! E così conosci Ginka! E com’è il rapporto tra voi due?».
«Vado d’accordo con lui. Tuttavia, non finiremo mai di essere rivali. Il mio unico obbiettivo è quello di batterlo, nient’altro. Ho persino rifiutato il mio posto da titolare nella squadra giapponese.»
Ci fu un attimo di silenzio. Strano! Paschendale non era solita restare zitta.
«Che c’è? Non parli più?» le chiesi.
Era attonita con lo sguardo perso nel vuoto. Sembrava non volesse più ascoltarmi.
«Eh così, non hai più alcun interesse a battermi?».
Mi alzai in piedi con uno scatto «Paschendale, di questa questione ne abbiamo già discusso molto tempo fa!».
«Beh, non me lo ricordo.»
«Ah, non te lo ricordi? Io sì, invece! C’eravamo promessi che non avremmo più combattuto. Il fatto che io non riuscissi a batterti mi spaventava, e soprattutto, mi spaventava il tuo beyblade.»
«Avevamo 10 anni, Kyoya! A quei tempi eri permaloso. Ora sei molto più determinato a vincere. Oddio, non avrei mai creduto avessi in mente questa fissa. Perché non vuoi più batterti con me?».
Le davo le spalle, guardando gli incontri. I ragazzi combattevano al massimo.
Si divertivano, erano concentrati e spensierati nello stesso momento. Ormai, era da tanto tempo che non combattevo sentendomi così. L’avevo sempre nascosto a tutti, vergognandomene incredibilmente. Ma, era arrivato il momento di dirlo, e sapevo che Paschendale mi avrebbe capito.
«Immagino tu abbia seguito la semifinale del Battle Blader.» domandai.
Vedevo la sua immagine riflessa nel vetro.
Teneva lo sguardo basso.
-Quando hai quasi rischiato di morire? Sì, l’ho visto, purtroppo.»
«Ryuga era diventato…un mostro. Appena lo vidi, la prima cosa che pensai fu: “e se accadesse la stessa cosa a Paschendale?”.»
Dalla sua espressione, iniziava a capire a dove volevo arrivare.
«Io ho risvegliato sia il potere oscuro di L-Drago, sia il potere oscuro instaurato in Tsubasa dopo lo scontro con Ryuga; non vedo perché non possa ricapitare con te.»
Stavo quasi per cadere in avanti. Le sue braccia mi cingevano la vita e la sua testa era appoggiata alla mia schiena.
«Perdonami. Comprendo le tue ragioni. Ma non voglio che tu mi consideri come un ipotetico mostro.»
Mi girai e l’abbracciai.
«Questo non potrei mai pensarlo, te lo giuro.» Era l’ultima cosa che volevo, e grazie a questo incontro, avevo capito che non l’avrei mai più lasciata sola.
Quando mi disse che aveva intenzione di entrare nella WBBA, io reagii malissimo, cacciandola fuori di casa considerandola una persona senza ritegno, vietandole di tornare da me. Non biasimo il mio comportamento perché ero scioccato. Non volevo lasciasse il Beyblade in quel modo, avrei preferito fosse una normale blader, senza entrare nelle insidie del mondo delle società internazionali. Era troppo per una ragazzina che già doveva sopportare l’enorme potere del suo beyblade.
Ecco perché questa sua ultima reazione mi aveva così sconvolto. Pensavo fosse stata fredda e riservata, invece mi era letteralmente saltata al collo!
Ma in fondo, non c’era di cui stupirsi, aveva sempre odiato portare rancore.
 sentimentali troppo tempo per i miei gusti.
«Aspetta un attimo, però. Tu avresti “non proprio” un ragazzo?».
«Ehm…diciamo che mi trovo in una strana relazione. Ma non è nulla di che, non fare il fratellone protettivo.»
 
FINE FLASHBACK
 
 
Lo yacht stava rallentando, il cielo era color dello zaffiro, proprio come i suoi occhi, o meglio, gli occhi suoi e di sua sorella.
Non capiva. Voleva rivederla o no?
Sapeva come sarebbe andata a finire
 
KYOYA TU NON CAPISCI!!
NON HO NEANCHE PIU’ IL CORAGGIO DI VEDERE UN BEY GIRARE, PERCHE’ SO CHE NON SAREBBE LUI A LANCIARLO!
COME POSSO LAVORARE PER LA WBBA NELLO STATO MENTALE IN CUI MI TROVO?!
DIMMELO!!
 
Il vero e proprio terrore che lo pervadeva, pensando che Paschendale gli avrebbe risposto così, gli faceva provare un dolore atroce.
Sua sorella non poteva ridursi così, non per quell’essere.
Non aveva nemmeno la forza di trattarlo come fosse una persona.
Aveva rovinato la vita di tutti: la sua, quella di Paschendale, quella di Ginka, e soprattutto quella di Kenta!
 
Tirò un calcio alla nave, tentando di non piangere.
Provava il dolore di sua sorella, lo provava eccome. Ma non lo comprendeva, forse perché non voleva comprenderlo.
Era disgustato, odiava pensarci, ma non riusciva a farne a meno.
“Me la pagherai, giuro che me la pagherai”.
 
Lo yacht si fermò sulla costa.
“Che succede?”, “Siamo arrivati?”, “Ma no…siamo in viaggio da solo un ora!”.
Perché si erano fermati? I bladers e bordo del mezzo continuavano a domandarselo.
«Scusate, ragazzi, » disse il capitano tramite un microfono «ma dobbiamo fare rifornimento. Si presume che arriveremo domani mattina. Dato che ormai è sera, sarebbe meglio per voi che andiate a dormire. Sono già state sistemate delle camere per voi di sotto.»
 
I bladers riposano, però, la storia deve andare avanti…
 
 
Il torneo era terminato. I bladers, un po’ stanchi, stavano tornando all’hotel.
Secondo voi però perché c’erano anche gli Wang Hu Zhong?- domandò Yu rannicchiato all’indietro con le mani dietro alla schiena.
«Beh…forse perché, essendo ovvio che la Cina sceglierebbe loro come squadra rappresentante, volevano subito studiare gli avversari. Sai come dice Chun no? “Conosci il nemico, conosci te stesso”.» rispose Madoka.
«Ah, ho capito. Comunque quegli incontri erano davvero noiosi, era ovvio che il torneo si sarebbe concluso con lo scontro tra Ginka e Masamune.»
«E come al solito, ha vinto Ginka.»
«Che cosa intendi dire, Tsubasa? Che era ovvia una cosa del genere?» ribatté Masamune al compagno.
«Beh? Non la trovi anche tu una cosa ovvia?».
«Ma sentilo! Non osare mai più parlarmi così, hai capito?».
«Sennò che mi fai, pivellino?».
«Pivellino? Pivellino a me?».
«Ragazzi! Invece di litigare, guardate là.»
In fondo alla strada, c’era una figura famigliare, davanti a loro di un centinaio di metri. Avanzava tenendo le mani in tasca e camminava a passo lento.
«Ma quello è… Ehi, Kyoya!» urlò Ginka.
Il ragazzo si voltò, aspettando i compagni che lo raggiungevano correndo.
«Eccovi. Finalmente avete finito.»
«Sì, non ti sei perso nulla, tanto ha vinto Ginka.» disse Tsubasa.
«Ancora!» gridò Masamune, ignorato completamente da tutti.
«Dimmi Kyoya, hai avuto occasione di incontrarti con Paschendale?» domandò Ginka.
«Sì. Abbiamo parlato di ciò che ci è successo in questi anni. Mi sono stupito molto, ho avuto un’accoglienza calorosa da parte sua che proprio non mi aspettavo.»
«Ehi, Ginka, ti sfido a una rivincita; me la merito, dopotutto sono arrivato in finale!» disse Masamune mostrando il suo Ray Striker.
«Dovrei riposarmi, però… E va bene ci sto!».
«Vi dispiace se mi unisco a voi? È da un po’ che anche Leone vuole combattere.»
«Certo, vieni pure. E voi?» chiese Ginka, guardando Yu e Tsubasa.
«Ovvio!» dissero loro all’unisono.
I ragazzi si avviarono verso una piazza nel centro.
«Hm? Madoka, tu non vieni?» domandò Yu.
«Ehm, no, ho un po’ di cose da fare.»
«Okay. Ci vediamo dopo!» salutò Yu andando via coi suoi compagni.
Madoka s’avviò verso l’hotel, aveva una faccenda molto importante da sbrigare.
 
Invece di recarsi alla sua stanza, prese l’ascensore per andare all’ultimo piano.
“Perfetto…e adesso dove vado? Ci sono!!!! Hikaru mi ha detto che davanti alla stanza di Paschendale ci deve essere un body-guard”.
Mentre faceva il giro del corridoio, tirò fuori il pass dalla brosa per legarselo al collo. Era riuscita a convincere Ryo per farselo dare.
Dopo un po’, in lontananza, trovò un grosso uomo vestito di nero con un auricolare. Era in piedi appoggiato contro una porta.
“Dev’essere quella!”.
«Ehm…s…salve…» disse all’uomo davanti alla porta della camera.
«Okay, vedo che hai il pass.» rispose appena vidde il biglietto che aveva al collo, e si spostò gentilmente dalla porta.
Bussò.
«Chi è?» rispose una voce dall’altra parte.
«Sono Madoka Amano.»
La porta si aprì, e dietro c’era lei, Paschendale.
«Ah, ciao!» mi accolse con un sorriso.
«Ehm… Ci-Ciao! Ti disturbo?».
«No no! Che cosa c’è?».
Madoka arrossii e si grattò la nuca con imbarazzo.
«Ti volevo chiedere se ti andava di uscire un po’, per parlare di alcune cose sul Beyblade. Ma se non puoi o non vuoi…».
«Ah, va bene. Andiamo allora. Aspetta che prendo qualcosa per coprirmi» rispose rientrando nella stanza.
Madoka sbirciò incuriosita.
Non era stupita sul fatto che alloggiasse in una suite, ma quanto era bella quella suite! C’era un grande salotto con delle elegantissime poltrone in pelle bianca e un enorme televisore al plasma, infine tutta la stanza era circondata da vetrate che davano su tutta Kyoto.
«Usciamo allora!» disse dopo essersi infilata il cardigan grigio chiaro.
Entrarono in ascensore e da lì ci fu un silenzio imbarazzante.
«Dove vuoi che andiamo? Sai, non sono mai stata a Kyoto prima d’ora.» disse Paschendale.
«No? Io invece la conosco bene, c’è un tipico parco giapponese.»
«Va bene.» rispose.
Ancora silenzio imbarazzante. Sembrava essere un’ appuntamento romantico che stava andando male. Madoka adorava Paschendale, ma la intimidiva talmente tanto che non sapeva nemmeno cosa dire.
«Allora…ho sentito dire che sei una mia fan accanita.»
«Eh già! Vedi, per me tu sei un esempio, ti considero una blader eccezionale, la più forte di tutti! Ho sempre creduto in te e non hai mai deluso le mie aspettative. Ogni volta che qualcuno mi chiede informazioni su come combattere, io penso alle tue strategie, anche se so bene che nessuno potrà mai raggiungere il tuo livello, è impossibile!».
«Ah, ti ringrazio!» rispose mentre uscivamo dall’hotel «Comunque, io credo che, da qualche parte, esista un blader che riesca a battermi. Magari dovrebbe avere un beyblade di tipo oscuro così che sia più facile.»
«A proposito…» domandai scettica sul fatto che mi rispondesse «Si sa ormai che Hydra è un bey oscuro e, come sai, i bey di questo tipo hanno dei poteri particolari e…ecco…io mi domandavo…».
«Qual è il potere oscuro di Hydra?» mi interruppe mentre ci dirigevamo verso il parco. «Semplice! Ha una velocità di rotazione doppia del normale. Credevo lo sapessi, infondo ti sei definita una mia fan!».
«Ah, non credevo… La battaglia con Masamune è stata talmente breve che non ho avuto il tempo di prendere i dati!» risposi con un po’ di vergogna.
“Ma certo! La velocità maggiore! Grazie a quella l’energia cinetica, una volta convertita in energia termica grazie all’impatto con un altro bey, l’avrebbe riscaldato più del normale portandolo al punto di fusione” pensò Madoka.
Sunset Hydra era un bey molto più tecnologico di quanto s’immaginasse. Doveva avere dei materiali più leggeri e resistenti degli altri comunemente usati, sennò non sarebbe mai riuscito a spostarsi e a muoversi a quella velocità.
 
Passarono una mezz’oretta a chiacchierare del più e del meno passeggiando per il parco.
Si fermarono a guardare i pesci sguizzare nel laghetto.
«Guarda! Ci sono le Carpe!» disse Paschendale indicandole e sorridendo.
«Ti piacciono gli animali?» domandò Madoka.
«Sì, gli adoro!».
Madoka era stupefatta dalla semplicità di quella ragazza. Non aveva mai parlato dei suoi successi nel beyblade, né tantomeno se ne era vantata.
«Oddio, mi fanno male i piedi.» sospirò Madoka «Ti dispiace se ci sediamo un attimo?».
«Certo che no! Laggiù c’è una panchina!».
Si sedettero e continuarono a chiacchierare.
«Com’è andato l’incontro con Kyoya?».
«Bene. Abbiamo parlato di tantissime cose, anche delle battaglie da lui disputate. Non puoi immaginare che paura mi sia venuta dopo che l’avevo visto svenire durante i tornei. Pensavo fosse morto!».
«Già. Alcuni incontri sono stati davvero difficili! Ma il tuo fratellone è un osso duro e non si arrende facilmente.» la rassicurò Madoka.
«Lo so, lo conosco bene. Ma parliamo un po’ di te.»
-C…cosa? T’interessa sapere qualcosa di me?». Wow! Paschendale Tategami che voleva conoscerla. Quale onore!
«Come hai conosciuto i tuoi “colleghi”?» chiese il Presidente virgolettando con le dita.
«Allora, per prima cosa ho conosciuto Ginka e Kenta sistemando i loro bey, poi ho incontrato tuo fratello e Benkei sempre tramite loro e, con la partecipazione al Battle Blader, anche Tsubasa. Infine, è arrivato Masamune, anche se lui ormai non fa più parte dei Galassia Gan Gan perché ha fatto una nuova squadra con Zeo e Toby, però siamo ancora amici. Potrei ora farti una domanda un po’ invadente?».
«Se non lo è troppo…».
«Onestamente, tu come ci consideri a livello di capacità?».
Madoka sapeva bene che Paschendale aveva una forza inimmaginabile. Probabilmente gli avrebbe trovati dei bladers quasi indegni, ma non c’era da stupirsi considerando la sua bravura.
«Mah…ti dirò, » cominciò Paschendale mentre ragionava «globalmente come squadra…vi darei…un 6-.»
Madoka si sentiva sollevata, dato che si aspettava un 2, ma, dentro di se, avrebbe desiderato anche qualcosina di più.
«Amo molto il modo in cui considerate il Beyblade. In tanti lo sottovalutano, ma, tra il blader e il suo bey, deve instaurarsi un legame unico e inscindibile che niente e nessuno potrebbe mai distruggere. Tuttavia, la cosa che personalmente non sopporto nei blader è l’esagerato attaccamento alla sfida. In molti non capiscono che questo è solo un gioco, non c’è bisogno di scannarsi per battere qualcuno. In troppi hanno rischiato di perdere la vita in questo sport, e si deve comprendere che non ci possono essere seriamente dei beyblade che conquistano il mondo!». Paschendale cominciava a scaldarsi.
«Sì sì, okay, hai ragione» fece Madoka facendo segno di calmarsi. «Avrei un’altra domanda: come ti ho già detto, ho seguito assolutamente tutti i tuoi incontri. Ma ce n’è uno, di cui hanno parlato moltissimo per un sacco di tempo considerandolo il più grande incontro della storia del Beyblade, che però non è mai andato in onda. E’ accaduto alcuni anni fa, contro quella strana ragazza. Come si chiamava pure…ehm…aah, non me lo ricordo.»
Paschendale inclinò la testa aggrottando le sopracciglia. «Irànyan?».
«Esatto, proprio lei! Il giorno in cui dovevano trasmetterlo hanno detto che per motivi tecnici non era stato registrato nulla, però mi sembra un po’ strano tutto ciò.»
«Tutto quello che vi è stato detto su quel combattimento è che ho vinto, anche se è stato l’incontro più difficile di tutta la mia carriera. Non solo, quel bey era a dir poco…stranissimo! Già il suo nome, Mithology Enemy, non indica assolutamente nessuna costellazione o corpo celeste. Quel combattimento mi costrinse a restare in riabilitazione per parecchio tempo, non per guarire le mie ferite, ma per riportare Hydra al suo stato originale.»
«Sul serio? Effettivamente eri quasi scomparsa dalla circolazione, ma voci di corridoio dicevano che ti eri cimentata in un intenso allenamento nel Sahara.»
«Mpf! I media s’inventano qualsiasi cosa. In realtà, il mio bey non era più lo stesso. Per alcuni mesi, ogni volta che provavo dei lanci, questo cadeva a terra senza girare. Ho lottato come non mai per ristabilire tutto: sia le mie capacità di blader, sia la potenza di Hydra.»
«Incredibile! Non lo sapevo. Ma dimmi, perché questo incontro non è mai stato trasmesso?».
Paschendale, dopo tale domanda, mi guardò intensamente. I suoi occhi diventarono lucidi e una lacrima le rigò timidamente il volto.
«Mi…mi dispiace Madoka, ma…preferirei non parlarne. Per favore, non offenderti.» rispose a fatica.
«Capisco…» disse Madoka, che in realtà non aveva capito «Se è questo quello che vuoi, lo rispetto.»
 
BOOOOOOOM!!!!!!
 
Improvvisamente, un’esplosione.
«Ma…cosa…cos’ è stato?!» disse Madoka preoccupata con le labbra tremanti.
«Non lo so. Veniva da là, andiamo!» la chiamò Paschendale mentre correva fuori dal giardino.
«Ma…Paschendale, può essere pericoloso.»
Arrivate fuori dal parco, guardarono dritte davanti a loro.
Ad alcuni kilometri da li, tra i grattacieli, splendeva una strana luce rossa.
«Ma quello è…» bisbigliò Madoka «Eh? Paschendale, aspetta!» urlò subito dopo vedendo la ragazza correre via.
Madoka la rincorse a fatica, gridando il suo nome in continuazione.
Non sapevano neanche loro dove si stessero dirigendo, stavano solo seguendo quella luce accecante.
 
Finalmente, Paschendale si fermò.
Erano in un ampio spazio in un quartiere dall’aria piuttosto degradata.
Un denso polverone aveva nascosto tutto lo spazio.
Lentamente, la polvere si dissolse, fino a lasciar intravedere i corpi di alcuni bladers che conoscevano molto bene.
Paschendale non riusciva nemmeno a parlare, le si era chiusa completamente la gola.
Madoka la raggiunse al suo fianco, assistendo anche lei a quello spettacolo terrificante.
«Oh mio dio, sono tutti qui.»
Fu automatico. Paschendale corse verso uno di loro, era sdraiato a terra e tossiva debolmente. Gli mise una mano dietro alla nuca, tirandogliela su da terra.
«Kyoya! Ti prego rispondimi!».
Il ragazzo si svegliò. «Paschendale? Che…che ci fai qui? Coff! Coff!».
La ragazza l’aiutò ad alzarsi. Non sembrava avere ferite gravi, ma non era in ottime condizioni, come tutti gli altri del resto, i quali si erano alzati in piedi senza troppi problemi.
«Ma insomma, chi vi ha ridotto in questo modo?» chiese Madoka aiutando Ginka ad alzarsi.
Poco dopo, il resto della polvere lasciò la zona.
Inizialmente si vedeva solo un’ombra. Sembrava un ragazzo, alto e magro con i capelli sparati in aria. Poi però, si riuscì a capire veramente di chi si trattasse.
Era un ragazzo, appunto, alto e magro, appunto, con la carnagione piuttosto scura, i capelli argentati fuorché per una ciocca cremisi a sinistra.
Intorno alla fronte aveva una specie di corona dorata a forma di drago. Indossava degli abiti neri attillati e una camicia bianca sulle spalle.
«Tu! Maledetto…» fece Masamune.
Paschendale gli fece cenno di stare zitto. Al contrario, lei non perse la sua compostezza.
S’avvicinò al ragazzo che la fissava intensamente con i suoi occhi d’ambra. Il suo bey roteava ancora, emettendo una luce vermiglia. Paschendale si chinò e lo perse in mano, avvicinandosi sempre più al rispettivo blader.
Gli altri osservavano la scena, preoccupati. Non volevano che le succedesse qualcosa di pericoloso.
 
 
Ormai erano una di fronte all’altro di pochi centimetri.
Paschendale guardò il beyblade che teneva in mano: era bianco con dei disegni tribali neri. Il giunto era blu col logo bianco che rappresentava, in forma stilizzata, un drago di profilo.
La ragazza lo riconobbe subito, ma mantenne un’espressione indifferente.
Allungò il braccio porgendo il beyblade al proprietario, il quale lo riprese senza dire una parola, anche lui con un’espressione impenetrabile.
«Così sei riuscito a domarlo?» disse Paschendale.
«Mpf! Avevi qualche dubbio?» rispose lui.
Gli altri fissavano la scena, non capivano la tranquillità di quei due come fosse possibile.
Poi, la voce di Paschendale cambiò radicalmente. Da bassa e composta, divenne alta e scioccata.
«Perché hai combinato un disastro simile? Stai cercando di togliere la vita a mio fratello, Ryuga?».
Esatto, si trattava proprio di Ryuga.
«A me non interessa nulla degli altri. Anche se li avessi fatti fuori, l’unica cosa che m’importava era catturare la tua attenzione.»
«Ah, e perché?» domandò lei «Perché dovevi mostrarmi che sei tornato?! Che dopo tutti questi anni hai trovato il coraggio di farti vedere?! Ovviamente non dovevi essere tu a venire da me ma il contrario. Perché tutti si devono piegare al grande Ryuga.»
Non erano delle vere e proprie offese, era solo un rimprovero. Gli altri erano increduli. Paschendale aveva perso tutta la sua calma non appena si era trovata faccia a faccia con Ryuga.
«Infatti, non sono venuto per questo.»
Le prese il mento tra le dita avvicinandolo al suo viso.
Paschendale non si dimenò ne altro, rimase a guardare i suoi meravigliosi occhi dorati che le facevano gelare il sangue.
«Volevo solo mostrarti come io sia riuscito in un’impresa nella quale tu hai fallito.»
Paschendale si liberò con forza da quella presa e…fece una menata.
Infatti, senza alcun ritegno, gli diede uno schiaffo tanto forte che Ryuga rimase con la testa girata per alcuni secondi.
«EH??» fecero gli altri spettatori.
Nessuno aveva mai osato alzare le mani su Ryuga, nessuno! Primo: perché nessuno aveva mai avuto il coraggio, dato il suo sguardo minaccioso che avrebbe fatto fuggire via spaventato Satana in persona. Secondo: anche se qualche individuo fuori di testa l’avesse fatto, sarebbe morto due secondi dopo, ammazzato da L-Drago.
Ecco perché gli altri non sapevano cosa fare. Andare a salvare la povera Paschendale e perdere la vita, oppure stare a guardare e pregare che non accadesse nulla di male?
Ryuga tornò a guardarla, lei ricambiò con la stessa espressione rabbiosa.
«Ti conosco troppo bene. Non riusciresti mai a separarti da me.» concluse guardandola con un mezzo sorriso sulla faccia.
Paschendale lo fissò intensamente, il suo viso era aggrottato ma nei suoi occhi brillava qualcosa. Una felicità incredibile, difficile da comprendere da chi non l’avesse mai provata. E Ryuga la capiva.
La guardò con aria soddisfatta, voltandosi e tornando per la sua strada.
Quando lo vide sparire tra i palazzi, Paschendale si sentì improvvisamente vuota, come se le avessero tolto nuovamente qualcosa d’importante e fondamentale.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Luci ***




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V
łυ¢ı

"To find the time,
the place,
the hour"
 

Non c’erano fulmini, né pioggia, né tantomeno nuvole.
Era una nottata normale. Tuttavia è anche vero che i brutti sogni non sono collegabili alle situazioni meteorologiche reali.
Considerando i suoi mille giri tra le coperte, si capiva che il suo non era un comune sonno.
«Ah…Ah…no…Irànyan…no.»
La voce stanca e angosciata risuonava strozzata nella stanza.
«No…Irànyan…non t’avvicinare…eh?...pe…perché c’è Ryuga?» il capo non smetteva di muoversi a destra e a sinistra «No…Ryuga…RYUGA!».
Seduta sul letto, ansimava e sudava come poche volte faceva. Grazie al cielo era riuscita a svegliarsi. Odiava fare gli incubi.
Anche una come lei aveva paura del buio. La spaventava ciò che l’oscurità nascondeva, ciò che non poteva vedere e ciò che non poteva sentire.
L’immagine di Irànyan restava impressa nella mente, gelando il suo sangue e facendo sorgere i sensi di colpa.
“Come ho potuto?” pensò stringendosi il capo tra le mani.
Involontariamente, i suoi occhi erano diventati umidi e il tremore l’ assalì.
Si lasciò cadere sul letto asciugandosi con il dorso della mano la fronte sudata.
Anche se era notte fonda e si era svegliata di soppiatto, non riusciva a tenere il cervello fermo. Rifletteva intensamente su quel momento ripensando agli eventi recenti. Perché aveva fatto quel sogno? Era da così tanto che non pensava più a quell’incontro.
Ma poi, le venne in mente.
«Madoka…».
Si sedette di nuovo sul letto e accese la lampada sul comodino.
Sulla sedia di fronte, il suo portatile.
Si grattò il capo incerta, guardando innanzi a lei con aria interrogativa. Era come se il suo stesso pc la stesse sfidando, anche se, considerandone il contenuto, non era una cosa poi così strana.
Alzò gli occhi al cielo sbuffando più volte.
«Ah…! Al diavolo!».
Spostò con un movimento secco e scocciato il piumone che la copriva.
Accese il computer e inserì un DVD vergine al suo interno.
Aspettò qualche minuto, dopodiché ritirò fuori il dischetto. Lo prese e uscì dalla stanza sbattendo in seguito la porta.
Nonostante il suo stato lievemente intontito, aveva uno stupefacente equilibrio senza barcollare minimamente.
 
 
A prima vista, poteva sembrare che nella camera 347 tutti stessero dormendo. Nulla di strano…infondo erano le 4.00 del mattino…
Madoka però, non ne era capace. I discorsi con Paschendale, la comparsa di Ryuga…tutto ciò era incredibile!
Si sedette sul letto, pensierosa. Una strana preoccupazione le invadeva l’anima.
Paschendale, nonostante fosse così sicura e potente, aveva un animo incredibilmente fragile, e Madoka lo sapeva bene.
Quelle due chiacchiere scambiate nel giardino le avevano mostrato la vera Paschendale, una ragazza con un cuore immenso e una sensibilità rara.
Certo, tutte quelle riflessioni sarebbero state molto semplici da compiersi se non fosse stato per quello sgradevole rumore di sottofondo.
Madoka fissò Masamune, spaparanzato nel letto accanto a lei che dormiva beatamente non curandosi del suo rumoroso russare.
«Ah…» sospirò «Ma come fa a dormire così dopo tutto quello che è successo oggi?».
“Uff…tanto lo so che non riuscirei mai a prendere sonno sta notte…” pensò.
Si alzò dal letto in silenzio. Non voleva svegliare i suoi compagni.
Tirò fuori il computer dalla borsa appoggiandolo sulla scrivania. Frugò nel cassetto prendendo un paio di cuffie e le collegò al pc.
Doveva farlo! Non poteva lasciare che Paschendale soffrisse. Voleva capire la forza di questo bey, tanto forte da riuscire a metterla in difficoltà. Con la visione di quell’incontro, sapeva che avrebbe tratto informazioni sufficienti per poter comprendere le angosce di Paschendale.
Cercò su YouTube “combattimento Sunset Hydra vs Mithology Enemy”.
Nessun risultato.
“Che cosa??”.
Quell’incontro era famosissimo! Ne avevano parlato tutte le riviste, i giornali, le stazioni radio e i canali televisivi inerenti al Beyblade! Com’era possibile che non si trovasse su YouTube?????

«Accidenti!» dopo essersi accorta di aver praticamente urlato, controllò che gli altri stessero ancora dormendo. Per fortuna la sua reazione aveva solo fatto dimenare un po’ Ginka.
«Vabbè, dovrò cercarlo in qualche altro sito.» Bisbigliò tra sé «Vediamo…dove potrebbe trovarsi? Ci sono! Nel sito ufficiale della WBBA.»
Si congratulò mentalmente con se stessa.
Andò su Google.
«WBBA…Official…Site!» bisbigliò mentre digitava il nome del sito sul programma di ricerca.
Aprì la pagina.
Cliccò sulla voce “video”.
«Oh mio dio! Ma quanti ce ne sono!?» disse cercando di tenere il tono di voce più basso possibile.
Con una pazienza immane, essendo assente la possibilità di ricerca avanzata, scorse tutti i ventiquattromilasettantasei video.
 
Tamburellava le dita sulla guancia insistentemente. Gli sbadigli le entravano in gola ogni cinque secondi e gli occhi, assonnati e mezzi acciecati del monitor luminoso, si stavano socchiudendo lentamente. Strusciava lentamente il dito sul mouse già da qualche minuto, passando in rassegna uno alla volta tutti i video che trovava ripetendone i nomi.
«Storm Pegasus vs Lightning L-Drago, Rock Leone vs Galaxy Pegasus, Earth Eagle vs Thermal Lacerta… Aaaaaauuuuhhhhh… Hades Kerbecs vs Gravity Destroyer… Eccolo, trovato: Sunset Hydra vs Mithology Enemy.»
I suoi occhi, da spenti e assonnati, divennero acuti e brillanti.
Cliccò due volte sull’icona del video.
La schermata si aprì.
“Che emozione!! Finalmente potrò vedere il combattimento più grande della storia del Beyblade!!!”.
Mentre il video si caricava lentamente, Madoka stava morendo di curiosità.
Finalmente…il video…si caricò e…


-.-“ß espressione di Madoka
 
Siamo spiacenti, ma questo video non è disponibile.
 
«AAAAAAAAAAHHHHHHHHHH!!».
 
Gettò le mani sulla faccia cadendo goffamente a terra in preda a piccoli spasmi.
Miracolo divino che gli altri non si svegliarono.
 
TOCK! TOCK! TOCK! TOCK! TOCK!
 
 
«Hm! Hm! Hm…» Masamune girava la testa a destra e sinistra velocemente. Quell’insistente bussare alla porta lo stava riportando al mondo reale.
 
 
TOCK! TOCK! TOCK! TOCK! TOCK!
 
 
Lui, che probabilmente aveva il sonno più pesante di tutti, era l’unico ad accorgersi di quel suono.
 
 
TOCK! TOCK! TOCK! TOCK! TOCK!
 
 
«Hm…hm…AAAHHHH!!!» si svegliò di soppiatto, spaventato.
Massaggiandosi la testa si guardò intorno.
«Ma…che è successo a Madoka?» si domandò una volta notato il curioso comportamento dell’amica.
 
 
TOCK! TOCK! TOCK! TOCK! TOCK!
 
«Arrivo, arrivo, un attimo!» gridò andando alla porta strofinandosi gli occhi.
A causa della luce accecante del corridoio e dato il fatto che era restato a buio tutto il tempo, riusciva solo ad intravedere un’ombra, la quale, in seguito, prese una forma riconoscibile.
Ci fu un attimo di silenzio.
Paschendale indossava solo una canottierina nera con un paio di slip dello stesso colore.
Aveva i capelli leggermente in disordine e un po’ di occhiaie sotto gli occhi.
«Ciaooo!» disse al ragazzo con aria amichevole.
Masamune rimase un po’ interdetto non appena la vide, infatti, le sue guance divennero a un tratto color ciliegia.
«Ohhhhh…scusami, devo averti svegliato.» Disse lei con fare amorevole.
«No, no.» Mentì «Mi ero…già…svegliato da solo.» Si stupì di se stesso. La prima volta che l’aveva vista non aveva avuto problemi a insultarla, ora si sentiva estremamente intimidito. Forse perché era poco vestita…
«Sono venuta perché dovrei parlare un secondo con Madoka.»
«Ah… Sì, sì, certo. Te la chiamo subito.» Rispose Masamune indicando dietro le sue spalle.
 
Madoka era ancora sdraiata sulla moquette in preda a spasmi a causa della
“disavventura” col video.
Masamune s’avvicinò a lei, dandogli dei leggerissimi calci col piede, come quando si controlla l’eventuale morte di un animale.
«Ehilà, Madoka? Ci sei?» la ragazza non intendeva rispondere.
Alla fine, prese il coraggio a due mani, si sporse e le bisbigliò all’orecchio.
«C’è Paschendale che vorrebbe parlare con te.»
Bastò quello per far rinvenire la ragazza all’istante. Madoka s’alzò di colpo, dando un pugno sul naso (gesto non volontario) al povero Masamune.
«AHIIIIII! CHE MALE!».
«Ciao Paschendale! Come stai?» disse Madoka non appena se la trovò davanti.
«Bhe, insomma. Sai, non riuscivo a dormire, quindi ho pensato…».
«Ah, nemmeno io riuscivo a dormire, sai?! È davvero assurdo, eppure abbiamo avuto una giornata così piena oggi!» la interruppe Madoka. Dalla sua voce poteva sembrare che la meccanica si fosse bevuta dieci tazze di caffè.
«Ehm…ooohhhhhh…sììì, effettivamente è strano» disse Paschendale un po’ inquietata, cercando di assecondarla.
«Coooooooomunque…che cosa volevi chiedermi?».
«Ah, giusto.» Proseguì tornando con la mente al perché della visita. «Volevo consegnarti questo.»
Porse a Madoka un contenitore di plastica per DVD e al suo interno c’era un dischetto (I don’t say -.-“ Nd RebelYell)
«Grazie, ma…che dovrei farci?» domandò Madoka.
«Beh, mi sembrava che ieri pomeriggio fossi parecchio interessata al mio incontro con Mithology Enemy; quindi eccoti qui il filmato del combattimento!».
Madoka era al settimo cielo. Che magnifica coincidenza!
«AH, grazie! Ma pensa un po’, stavo proprio pensando all’incontro poco prima che tu venissi!».
«Ah…un’altra cosa: ho portato questi Onigiri alle fragole fatti da me. Li avevo preparati per il viaggio di ritorno di domani, ma poi ho pensato che era meglio offrirveli per farmi perdonare a causa dell’ora…».
«Ohhh! Gra… Grazie…» Madoka faceva di tutto per essere il più composta possibile, ma nella sua mente non faceva che pensare: “Paschendale Tategami mi ha fatto un regalo! Paschendale Tategami mi ha fatto un regalo!”.
«Così, domani te ne vai?» continuò la meccanica.
«Esatto, devo gestire l’organizzazione del nuovo torneo mondiale. Parto alle 8.00. Voi invece quando partite?».
«Partiamo fra tre giorni. Che peccato! Ci tenevo a restare ancora un po’ qui con te. Ma tranquilla! Domani andremo tutti a trovarti all’aeroporto.»
«No, grazie, non è necessario, davvero. Comunque, potrete sempre venirmi a trovare in sede, non dovete preoccuparvi.» Le disse, poi guardò l’orologio. «Oh cavolo, è tardissimo. Devo andare a preparare le valigie. Scusa, ma devo proprio andare, comunque ci vediamo. Buonanotte!».
«Buonanotte Paschendale! Ci vediamo a Tokyo!» salutò Madoka chiudendo la porta, ma una mano che faceva resistenza la fermò.
«Paschendale!» chiamò una voce alle spalle della meccanica.
Madoka si volse, anche Paschendale lo fece.
Kyoya guardava la sorella con il solido sguardo gelido.
«Posso parlarti in privato?» chiese Kyoya.
«Certo.» rispose con aria indecifrabile.
Kyoya andò nel corridoio, mentre Madoka, un po’ imbarazzata, chiudeva la porta entrando in stanza.
 
«Che volevi chiedermi?».
Paschendale era chiaramente spaventata. Non a caso, dentro di sé pregava: “Ti prego! Fa che non mi chieda nulla su Ryuga, altrimenti sono fregata.”
«Il combattimento contro Ryuga, mi ha fatto capire una cosa.»cominciò Kyoya.
Paschendale sudava freddo.
“Oh cavolo! Vorrà chiedermi qualcosa su di lui? Ma no, figurati…perché dovrebbe farlo?”.
«Ah! Sul… Sul serio?» cominciò lei, annuendo con la testa e ripiegando le labbra dentro la bocca.
«Ho capito che, se prima voglio battere Ginka, devo battere Ryuga. Quindi, non riuscirò ad allenarmi a dovere restando in Giappone.» Kyoya non sembrava né preoccupato, né tanto meno pentito.
Il morale di Paschendale si sollevò. Per fortuna che il discorso si era allontanato da Ryuga.
«E quindi?» chiese Paschendale, incrociando le braccia.
«Ho deciso di andare in Africa e allenarmi con gli altri componenti degli Zanna Selvaggia.»
“Ora probabilmente si metterà a piangere” pensò Kyoya tra se e se.
L’aspettato comportamento di Paschendale infondo era comprensibile. Aveva atteso di restare con suo fratello così tanto tempo, e adesso, che finalmente si erano rincontrati, dovevano dividersi di nuovo.
Rimasero fissi a guardarsi. Kyoya non lo dava a vedere, ma era terrorizzato che sua sorella lo schiaffeggiasse.
«Va bene.» Disse Paschendale, facendo un gesto d’arresa con le braccia.
«Sicura?» domandò Kyoya abbassando lievemente il capo e aggrottando la fronte.
«Certo! È sempre una cosa positiva fare di tutto per potersi allenare.»
«Allora non hai nessun problema se domani parto e me ne vado per un po’.» Kyoya si sentiva lievemente offeso, aveva come l’impressione che a sua sorella non fregasse minimamente di lui.
«Certo che no!».
«Dici davvero!».
«Te lo giuro.»
«Guarda che puoi anche dirmelo se…».
«Tranquillo, Kyoya! Non è assolutamente un problema distanziarmi una seconda volta da te. Vai pure.» Concluse sorridendogli con sincerità.
Kyoya si mostrava insensibile, cercando di non mostrale il suo lato stupito e un po’…deluso.
«C’è…qualcos’altro che vorresti dirmi?» domandò lei chinandosi leggermente verso di lui.
«Ah…no.» Rispose grattandosi la nuca.
«Bene. Allora, buonanotte!» concluse Paschendale.
Si girò e s’avviò verso l’ascensore.
 
Il fastidioso cigolio dato dal contatto tra il suo dito e l’orlo del bicchiere era l’unico suono percepibile nel salotto.
In una postura non proprio tra le più composte, Ginka osservava l’oggetto di vetro con sguardo apatico.
Sull’altro divano del soggiorno, Tsubasa, con il solito modo disinteressato, ospitava sulle gambe la testina del piccolo Yu, il quale ormai era cullato dalle braccia di Morfeo.
Erano stanchi.
Nessuno di loro aveva voglia di restare li. Desideravano solo andare a casa e dormire.
Ma Madoka aveva parlato chiaro non appena erano scesi dal treno.
«Dovete venire tutti subito a casa mia! Devo mostrarvi una cosa importante!».
L’unico riuscito a “salvarsi” era Masamune. Vero che faceva parte dei Galassia Gan Gan, tuttavia quest’ultima cominciava a non essere più la sua squadra stabile, ormai combatteva nella squadra Dungeon coi suoi amici Zeo e Toby.
«Ragazzi!».
-Eh! Che… Che succede!?» Yu si svegliò di soppiatto.
«Coraggio, ragazzi! Ho un video importante da mostrarvi.» disse Madoka eccitata.
«Cos’è? Un film strappalacrime, per caso?» domandò Tsubasa ironico.
«NO! Tranquilli, vi piacerà.» tirò fuori il DVD da dietro la schiena, sventolandolo agli occhi dei presenti. «È un DVD prestatomi dalla mia meravigliosa Paschendale, e mostra il suo combattimento più arduo.»
I ragazzi, in precedenza assonnati, s’illuminarono al sentire la frase combattimento arduo.
Subito si misero seduti composti, cercando sul divano la visuale migliore.
Madoka infilò il DVD nel lettore e attese che cominciasse il filmato.
 
Il sole invadeva buona parte dell’orizzonte, colorando il cielo di un sanguinario rosso fuoco.
Un lieve soffio di vento caldo accarezzava la bassa vegetazione color oro, usata dalle bestie per nascondersi.
Gli animali feroci della savana erano considerati pericolosi da tutti gli abitanti di quelle zone, specialmente se si avvicinava la notte. Ma non per loro.
I quattro blader della squadra africana attraversavano la savana a piedi senza preoccuparsi di nulla. Per loro era ovvio: nessuna belva sarebbe mai riuscita a dargli delle difficoltà quando avevano i loro preziosi bey.
«Aaaaaaahhhh…anche questo allenamento è finito! Finalmente possiamo tornarcene a casa e cenare!».
«Ma insomma, Benkei! Possibile che tu pensi sempre a mangiare?».
«Damure, insomma, non lo conosci ancora Benkei? Lui pensa solo a combattere e a mangiare.»
«Uffa, Nile! Possibile che tu sia sempre così scontroso. Stai assomigliando sempre di più a Kyoya, lo sai?».
Mentre i suoi compagni lo seguivano, Kyoya lo scontroso camminava a passo spedito, disinteressandosi totalmente dei discorsi altrui.
Dopo qualche minuto, giunsero a una roulotte protetta dalle ampie fronde di uno dei pochi alberi di quel territorio brullo.
«Non è vero che sono scontroso!».
«Ohhhhh sì che lo sei.»
«Quand’è che sarei scontroso? Sentiamo?».
«Dai ragazzi, smettetela…!».
«Insomma, volete tacere!».
All’udire la voce seccata di Kyoya, tutti gli altri si misero quasi sull’attenti senza dire una parola.
«Avete dieci minuti per mangiare qualcosa e andare a dormire. Dobbiamo essere informa per l’allenamento di domani.» Disse mentre infilava le chiavi nella serratura per aprire la roulotte.
«Sì, Kyoya.» Rispose Benkei un po’ spaventato.
Non appena la porta del mezzo s’aprì, Kyoya si fermò sull’entrata, immobile, con la mano ancora sulla maniglia.
«Hm? Kyoya, che ti succede?».
 
 
«Salve a tutti appassionati, di Beyblade! Finalmente oggi, vedremo l’incontro che tutti voi stavate aspettando! Stiamo parlando dell’incredibile sfida tra Paschendale, col suo ancora completamente imbattuto bey Sunset Hydra, e Irànyan, con Mithology Enemy.»
 
-Ma che cos’è questo, Madoka?- domandò Yu.
«È un incontro molto importante. Paschendale ci teneva a farmelo vedere. Però non è disponibile sul web. Chissà perché…».
«Eccola! È Paschendale!- disse Ginka non appena la telecamera la inquadrò.
-Com’è seria!- disse Tsubasa.
-Sembra triste…-.
«Ma non vedete?? È concentrata!». A quei tempi, Paschendale era solamente all’inizio dell’ adolescenza, ma non era molto diversa da come fosse rispetto al giorno in cui l’avevano conosciuta.
«E quella chi è?» domandò Ginka.
 
Lo schermo televisivo raffigurò una ragazza a occhio e croce più grande di Paschendale. Indossava una tunica nera dalle rifiniture dorate. Fuori dal cappuccio che le copriva il capo, uscivano delle ciocche ondulate color della pece. Gli occhi color smeraldo di costei guardavano con sfida e sicurezza quelli blu dell’avversaria.
 
«Fa…fa…paura!».
-Non preoccuparti Yu! Paschendale la batterà di sicuro!- commentò Ginka.
 
Irànyan mostrò il proprio beyblade all’avversaria: era color viola scuro decorato da disegni tribali neri. Il logo non era molto chiaro, sembrava essere un sole.
 
«Bene, bladers! In posizione.»
 
3…2…1…PRONTI…LANCIOOO!!
 
I due bey partirono all’attacco, scontrandosi violentemente. Il suono metallico dei loro contatti pervadeva lo stadio.
Nessuna delle bladers dava ordini al proprio beyblade, stavano solo a guardare, concentrate.
-Incredibile, signori e signore!! Le scintille provocate dai vari scontri sono altissime!! Speriamo che lo stadio non s’ incendi!!-.
I bey restavano al centro dello stadio, finché Enemy si spostò contro la parete del campo da gioco.
«Ecco, è il momento.» Bisbigliò Paschendale. «VAI HYDRA! HORROR VACUI!».
Il bey nero si buttò addosso all’avversario, spingendolo con forza contro la parete, incidendola di alcuni centimetri.
 
«Assurdo!».
«Che attacco da maestro!».
I Galassia Gan Gan non avevano mai pensato che Paschendale potesse veramente essere tanto forte.
 
«Incredibile! Hydra sta letteralmente schiacciando Enemy. Vorrà forse buttarlo fuorigioco attraverso un buco nello stadio?».
“Non lo permetterò” sembrava dire l’espressione di Irànyan.
Incredibilmente, Enemy riuscì al liberarsi dalla stretta di Hydra, spingendolo lontano con un movimento minimo ma efficace.
«Tsk…!».
Paschendale non sembrava stupita, ma di sicuro si stava pentendo di aver sottovalutato la sua avversaria.
Data l’incredibile abilità di quel bey, Hydra continuava ad attaccare senza sosta, buttando l’avversario contro il campo creando dei veri e propri crateri, oppure lanciandolo verso i confini dello stadio, ma Enemy non demordeva.
Ancora qualche attacco, e il bey viola si ritrovò al centro dello stadio. A causa di tutti quei colpi, aveva perso stabilità.
Sunset Hydra, invece, era in ottime condizioni, girava ancora perfettamente.
«Sei finita.» Disse Paschendale, inquadrando l’avversaria, mentre il bey della prima si posizionava nella parte alta delle pareti dello stadio.
«Addosso, Hydra!».
Il beyblade nero partì a tutta velocità. Era talmente rapido da essere invisibile. Dopo un millesimo di secondo, Enemy si ritrovò a più o meno 10 metri d’altezza, attaccato senza sosta da Hydra. Poi, un’esplosione invase lo stadio, alzando un’enorme quantità di polvere.
 
«Che è successo? Non si vede più nulla.» Si lamentò Yu.
 
Lentamente, la visibilità tornò.
«È stato un attacco devastante, spettatori… Coff!... Coff!... Chissà, avremo una vincitrice?».
La polvere si diradò.
Tutti aspettavano il verdetto.
Erano tutti sicuri che Hydra avesse avuto la meglio, ma in realtà…nello stadio…erano ancora due i beyblade a girare.
 
«EH?» Paschendale era sconvolta, le sue grandi iridi blu erano due piccoli puntini in un oceano bianco.
«Non è possibile.»
«Speri davvero di potermi battere?» Irànyan la guardava con una smorfia disgustata.
«Credi di essere forte solo perché nessuno è mai riuscito a sconfiggerti?».
«Che vuoi dire?».
«Tu sei ancora imbattuta solo perché hai combattuto solo contro dei principianti.»
Enemy si lanciò contro l’avversario, scaraventando anche la rispettiva blader indietro di alcuni metri.
«Ho seguito le tue battaglie sai? L’ottanta percento di queste terminavano con Horror Vacui, mentre il restante venti percento con l’attacco dall’alto. Hai fatto male a non calcolare eventuali strategie.»
«Fa’ silenzio!» sbottò Paschendale, alzandosi dolorante da terra.
«Non crederai mica di vincere contro di me?».
Mithology Enemy s’illuminò di una luce viola, prendendo in seguito la forma di una stranissima creatura.
 
«Ma che diavolo è quello??» Si domandarono all’unisono i bladers dall’altra parte dello schermo.
 
Da quell’ambiguo ammasso di luce viola, tuttavia, si notava distintamente una lunga spada.
Però, anche Hydra sfoderò le sue armi. Dal bey di Paschendale, uscì un enorme drago argentato a otto teste. Ognuna di esse aveva una specie di cresta verde che scendeva dalla cima della testa fino al termine del collo.
Tutte le otto fauci del mostro mitologico erano spalancate e, da esse, uscì contemporaneamente un ruggito raggelante, tanto forte, da costringere gli spettatori a tapparsi le orecchie.
Il mostro viola puntò la spada contro la bestia avversaria, la quale rispondeva con morsi e, nell’eventuale caso una testa fosse stata mozzata, erano pronte, come si sa, a nascerne altre tre.
«Mpf! Credi veramente che con questa strategia riuscirai a battermi?» La sfidò Paschendale.
«Non t’illudere. Enemy!».
In un millesimo di secondo, l’arma del mostro misterioso andò a conficcarsi nel corpo dell’idra, che rispose con un verso straziante.
«Oh no, Hydra!».
La creatura leggendaria era caduta a terra, mentre l’avversario la trafiggeva crudelmente.
Il bey viola spingeva quello nero con una potenza immane, facendo cadere la povera Paschendale più volte, provocandole graffi e ferite profonde.
«E così tu saresti la grandiosa Paschendale? La blader più grande della storia? La proprietaria del beyblade più pericoloso mai creato?» Le parole di Irànyan erano amare da far star male.
«Sei solo ridicola! Non riesci neanche a gestire un bey che nemmeno riconosci! Basta, non sei degna di vincere.»
Lo sguardo di Paschendale non era afflitto, né offeso, né deluso, era solo…incerto e…molto spaventato.
«Adesso basta. Enemy!» il bey s’allontanò da Hydra, pronto ad attaccare nuovamente.
«Vai con la mossa speciale! TEMPESTA NEL BUIO!».
Enemy si diresse velocissimo contro il bey nero, pronto a scaraventarlo fuori con un solo attacco.
«Ma cosa…!».
Sunset Hydra continuava a girare facendo resistenza. Oltre a ruotare su se stessi, i due beyblade erano immobili, uno contro l’altro.
«Che hai intenzione di fare? Tu non sei degna di vincere. Io sono molto più forte di te! Tu sei solo una blader senza futuro. Arrenditi o sarà peggio per te!».
Paschendale si reggeva in piedi a fatica, manteneva il peso solo su una gamba e stringeva il braccio destro che sanguinava copioso. I suoi occhi sembravano due bellissimi pezzi di ghiaccio, luccicanti come diamanti.
Il ghiaccio si sciolse.
Le lacrime le bagnarono il volto.
I singhiozzi uscirono dalle labbra increspate in una smorfia di dolore.
«Irànyan…».
«Eh? E adesso che ti succede?».
«Perdomani…».
I due mostri ricomparvero.
Hydra risplendeva di un’intensa luce argentata. Non solo lo stadio, ma tutta la zona circostante ne era illuminata. Probabilmente, si poteva scorgere perfino dai satelliti.
Paschendale riempì i polmoni di tutta l’aria che potevano contenere, le labbra smisero di tremare, i pugni si serrarono.
«ATTACCA, HYDRA! MOSSA OSCURA! DISTRUZIONE DELLA LUCE MORENTE!».
L’immenso drago a otto teste affondò i denti nel mostro luminoso. Il suo corpo zampillava di sangue scarlatto.
Il bey nero girava a una velocità tale da far invidia alla luce.
Alla fine, Sunset Hydra penetrò dentro Mithology Enemy. Quest’ ultimo, ormai, era un ammasso di metallo fuso.
Il suo potere fuori uscì sotto forma di esplosione.
La luce argentata s’intensificò, proibendo a chiunque di tenere gli occhi aperti.
 
Ginka e gli altri, che seguivano l’incontro da un semplice televisore, coprirono il viso con le mani.
Una volta che la luce sembrò essersi spenta, riguardarono lo schermo.
Sunset Hydra girava all’interno dello stadio, roteando in maniera scomposta e a lenta.
Mithology Enemy, vicino a lui, si era fuso completamente.
Irànyan era sdraiata a terra, con gli occhi spalancati e il sangue gocciolante dalla bocca.
 
 
«Ciiiiaaaaaoooooo!» Paschendale era comodamente seduta sul divano letto, mentre leggeva una rivista. «Kyoya, che bello rivederti!» S’alzò in piedi buttandogli le braccia al collo. «Mi sei mancato così tanto!».
«Si può sapere che ci fai qui?» Le chiese discostandosi da lei.
«Ma perché volevo vederti!».
“Meno male che non era un problema restare separati per un po’…” penso lui digrignando i denti.
Paschedale ruotò il busto verso i presenti, continuando ad abbracciare Kyoya, mentre lui le cingeva la vita con un braccio.
-Allora! Non mi presenti i tuoi amici?- domandò sorridendo loro.
I tre guardavano la scena un po’ sbalorditi, anche se fissavano soprattutto la ragazza con gli short di jeans e la canotta verde militare.
«Ahhh…» sospirò Kyoya «Questi sono Nile e Damure; Benkei lo conosci già.» Disse mentre gli indicava. «Vi presento mia sorella Paschendale-.
“Quella sarebbe la sorella di Kyoya?” pensò Nile non capacitandosi della cosa.
«Finalmente incontro il famoso Benkei!» disse mentre gli porgeva la mano.
«Invece io sono Nile!» Disse l’egiziano spostando con un brusco spintone Benkei.
«Io sono Damure! È un vero piacere conoscerti!» disse imitando Nile.
«Hai intenzione di fermarti qui per molto?» domandò Benkei speranzoso.
«Beh sì, se non è un disturbo.»
«Assolutamente no.»
«Sei la benvenuta!».
«Resta qui pure tutto il tempo che vuoi.»
«Aspettate un attimo.» S’intromise Kyoya. «Come si fa per la notte? Abbiamo solo quattro letti. Dove avresti intenzione di dormire?» Domandò alla sorella fissandola con sguardo gelido.
«Con te.» rispose noncurante.
«Esatto! Perfetto, tutto sistemato!» dissero gli altri tre all’unisono.
«Non se ne parla! Io non ci dormo con te! Scalci e parli nel sonno.»
«Bhe… Se è così, può dormire con me.» Propose Nile.
«Ehi!» Kyoya guardandolo malissimo.
«Andiamo, Kyoya! Ho fatto un lunghissimo viaggio dal Giappone solo per stare un po’ di tempo col mio fratellone. Ti preeeeeeeeeeego!».
«E dai, Kyoya! Ti preeeeeeeeeeeeeeegooooooo!» Fecero gli altri ragazzi.
«E piantatela voi tre!» Sbottò lui. «Andate subito a vestirvi per dormire.»
«Cosa? Ma non abbiamo nemmeno mangiato!».
«Andate, ho detto!»
Senza ribattere, se ne andarono in una stanza lì vicino.
Kyoya si mise davanti a Paschendale con le mani che le cingevano le braccia.
«Ascolta, Paschendale, anch’io vorrei che tu restassi qui. Ma non puoi.»
«Perché non posso?».
«La tua presenza gioverebbe troppo…ai loro ormoni.»
«Non voglio giovare ai loro ormoni! Sono qui solo per passare un po’ di tempo con te! Prometto solennemente che non vi romperò le scatole in nessuno modo.» Disse tenendosi una mano sul cuore.
«Prometti anche di non interferire con gli allenamenti?».
«Prometto!».
«E prometti anche di non sfidarmi davanti a loro?».
«Prometto!».
Per un po’ Kyoya mantenne un’espressione poco convinta, le braccia incrociate sul petto.
Paschendale lo guardava con un sorriso un filino ebete.
«Okay, d’accordo, puoi restare.» Concluse in un gesto d’arresa.
«Sì!» urlò la sorella stendendo le braccia al cielo con le mani chiuse in due pugni. «Grazie fratellone.»
«Ma non farmene pentire.»
«Ti giuro che sarò bravissima.»
«Vedo che hai gli occhi un po’ assonnati. E meglio se riposi.» Disse indicandole il letto in cui dormiva.
Mentre Paschendale si metteva sotto le coperte, Kyoya andò dai suoi compagni che si stavano preparando per andare a dormire.
Aprì la porta bruscamente.
«Ehi! Paschendale resta.»
«EVVAI!» urlarono all’unisono contenti dandosi il cinque.
«MA GIU’ LE MANI DA MIA SORELLA!».
 


 

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Capitolo 6
*** Mi sei mancata ***


Ok, dato che sono una ragazza molto trasgressiva, metterò il mio angolino prima del capitolo XD
Ah dimenticavo! Salve a tutti!
Comincio col chiedere perdono per lo spaventoso ritardo d’aggiornamento. A causa della scuola, il tempo per scrivere è diminuito, tuttavia cerco di portare avanti la ff.
Per farmi perdonare, vi lascio un capitolo più lungo rispetto agli altri (ovviamente questa è una buona cosa per chi aspettava con ansia il nuovo capitolo u.u).
Vorrei anche ringraziare tutti i lettori di cui conosco i nomi:
Chi mi ha recensito:
-Lily1986
-artellpinklove
-_Giu_Giu_Dark_(grazie per recensirmi sempre! Per caso ti chiami Giulia? Perché se fosse, siamo omonime ^^)
Chi l’ha messa tra le preferite:
-_Giu_Giu_Dark_ (ancora grazie^^)
-Ami_ChanXD (quale onore! Le tue storie spakkano!!!)
E chi l’ha messa tra le seguite:
-Hoshi_no_Shojou
Ringrazio anche chi la legge e basta, peccato che non sappia i vostri nomi :(
Recensite pure senza problemi! Accetto volentieri anche le critiche, è sempre un aiuto per  migliorare :D
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate!
Ok, ho parlato troppo…
Vi lascio al capitolo, spero tanto che vi piaccia^^
Baci e alla prossima :D
 
RebelYell

 

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VI
ოἶ ʂεἶ ომղƈმէმ
 
 
"Waiting for the winter sun…"
 

Si sentiva già da alcuni minuti il fastidioso rumore di puntini sullo schermo. Qualcuno avrebbe dovuto spegnere il lettore già da un po’. Peccato che nessuno, dopo quei venti minuti, fosse riuscito a riprendersi.
Seduti sul divano, immobili, a fissare la luce costante della TV.
“Ecco cos’era che non andava!”.
Il filmato ripartì. Tuttavia, non era esattamente un video: sembrava più un messaggio di sole due parole.

 
Per Madoka…
 
«Ehm…ra…ragazzi. C’è-C’è scritto che tra poco…c-ci sarà un messaggio per me…qui…quindi…n-non per essere scortese…».
«Ah, certo.»
«Sì, ora andiamo.»
«È meglio se…».
«Sì, Sì adesso…andiamo…di là…».
Ginka, Yu e Tsubasa lasciarono Madoka da sola.

Il messaggio apparì.

 
Il giorno seguente ebbi un’intervista. Dissi che avrei lasciato il Beyblade come sport e sarei entrata nei piani governativi della WBBA, smettendo così di combattere.
Non confessai il motivo ai media. La causa reale del mio abbandono era data dal senso di colpa.
Sapevo che la mossa oscura avrebbe ucciso Irànyan, ma la mia smania di vincere aveva sopraffatto la ragione, facendomi agire in modo inumano. Ti giuro che il potere delle Tenebre non c’entra nulla, è tutto nato da me, dal mio “Spirito del blader”, cosa di cui desidero liberarmene, per sempre, poiché non è possibile uccidere qualcuno solo per il desiderio vincere.
 
Finalmente Madoka capiva: ecco perché Paschendale non voleva che il Beyblade venisse preso troppo seriamente.
Madoka non ci aveva mai pensato, ma l’appoggiava.
Era un pensiero contorto quello di Paschendale: amava follemente Sunset Hydra, ma una parte di lei odiava il Beyblade.
La meccanica fece due calcoli: dopo quel combattimento, Paschendale aveva lasciato gli incontri per poterli così gestire.
Era chiaro.
Non voleva che la cosa si ripetesse.
Non voleva che qualcuno ricommettesse il suo stesso errore per un motivo tanto stupido.
Si era sentita in dovere di impedirlo. E la semifinale del Battle Blader, dopo aver visto Kyoya andare in ospedale, l’aveva fatta ancora più preoccupare.
Quel messaggio e lo sguardo di Paschendale prima di lanciare la mossa oscura, avevano comunicato a Madoka tutto quel dolore.
La meccanica, tuttavia, capiva che c’era qualcosa oltre la mossa oscura.
Hydra era conosciuto come un bey diverso da tutti gli altri, persino da quelli oscuri. Era l’unico beyblade al mondo ad appartenere alla costellazione dell’Idra femmina e ciò era molto strano.
C’era qualcosa di più. Forse interessante o pericoloso, ma Madoka voleva comprendere, e avrebbe fatto di tutto per arrivare infondo alla questione.
“Tranquilla Paschendale! Ti giuro che farò qualsiasi cosa per aiutarti!”.
 
 
Uno sfizioso profumo entrò dal finestrino.
«Hm! Cos’è questo profumino ?» Benkei, ovviamente, fu il primo ad accorgersene.
Guardò i compagni che stavano ancora dormendo e, quatto quatto, uscì dalla roulotte, ma, uno scricchiolio del pavimento, lo tradì.
«Aaaaahhhhuuuu…!» sbadigliò Nile «Ma che fai! È proprio necessario tutto questo rumore?-.
«Eh?....EH…eheheh!...scusa Nile!».
«Ehi…sniff…sniff…ma…qualcuno sta preparando la colazione.» disse Damure una volta svegliatosi pure lui.
«EH?!...No, no…vi sbagliate…».
«Sì invece… STAVI PERCASO CERCANDO DI NON SVEGLIARCI PER MANGIARE LA COLAZIONE TUTTO DA SOLO, NON E’ VERO BENKEI!».
«Ehm, veramente…» troncò la frase uscendo dalla roulotte di fretta.
«Ehi!» fecero Damure e Nile inseguendolo.
 
«BUONGIORNO RAGAZZI!».
Usciti trafelati dal loro mezzo, trovarono Paschendale indaffarata ad apparecchiare il tavolo all’aperto. C’erano brioche, fette biscottate, biscotti, bevande calde e fredde…
«Prego, sedetevi.»
I ragazzi, un po’ imbarazzati, si sedettero ai loro posti senza toccare cibo.
«Beh? Guardate che potete mangiarlo. L’ho fatto a posta per voi.»
senza pensarci due volte, si buttarono sulla colazione famelici.
«Woooow, Paschendale. È tutto così…delizioso!».
«Grazie Benkei!! Ho preparato un po’ di tutto, non conoscendo i vostri gusti.»
«Sei stata davvero una mano dal cielo Paschendale! Di solito noi la mattina beviamo solo quello che troviamo in frigo: latte, succhi di frutta… a causa di Kyoya, non abbiamo tempo di mangiare, dobbiamo subito uscire ad allenarci!» rispose Damure.
«Oh, ma non è una buona cosa! La colazione è il pasto più importante della giornata! Non preoccupatevi, ci penso io a Kyoya!».
«Che sta succedendo qui?».
«Fratellone, ti sei svegliato!» appena comparve Kyoya, la sorella lo “investì” con un caloroso abbraccio.
«Siete ancora qua a fare colazione?! Muovetevi! Dobbiamo andare subito ad allenarci.»
«NO! Aspetta Kyoya!!» si intromise Paschendale «La colazione è estremamente importante, e anche tu devi mangiare qualcosa per rendere al meglio nell’allenamento.»
Kyoya continuava a guardarla con poca convinzione.
«Avanti, siediti. Ho preparato la tua colazione preferita.»
Il ragazzo incrociò le braccia, fissando la sorella con un’espressione molto “challenge accepted”.
 
«Hai preparato i pancakes?».
«Sì!».
«Con lo zucchero di canna?».
«Sì!».
«Hanno un colore tendente più allo scuro che al chiaro?».
«Sì!».
«Ne hai impilati cinque?».
«Sì!».
«Ricoperti di sciroppo d’acero?».
«Sì!».
«E zucchero a velo?».
«Sì!».
«Lo zucchero a velo l’hai setacciato?».
«Sì!».
«Tra ogni pancakes c’è una spolverata di cacao?».
«Sì!».
«Amaro e non dolce?».
«Sì!».
«Ottimo.»
Kyoya, mezzo rassegnato ma contento della memoria della sorella, si sedette al tavolo mangiando la sua colazione.
«Paschendale, tu non mangi?» chiese Damure.
«Ehm…no, ho già mangiato.»
Paschendale restava a guardarli un po’ imbarazzata.
«Allora, » cominciò, battendo le mani «quali sono i vostri programmi? Così da potermi organizzare con i pasti.»
«Ci alleniamo tutto il giorno, torniamo qui solo per cenare e andare a letto.»
«Ooohh…se me lo dicevate prima, vi preparavo il pranzo da portarvi dietro. Ma non fa niente, ve lo porto dopo.»
«Sì, sarebbe fantastico!» dissero all’unisono.
«No!».
«Perché no, Kyoya?» domandò Nile.
«È meglio se Paschendale non assiste agli allenamenti.»
«Dai, Kyoya, ci metto un attimo, poi torno qui e non vi disturbo. Anch’io, in fondo, ho tanto lavoro da fare: devo organizzare un nuovo torneo mondiale di Beyblade.»
Le bocche di tutti si aprirono shockate.
«UN NUOVO TORNEO MONDIALE DI BEYBLADE!!».
«Esatto! Devo ancora gestire molte cose però. Tra poco ci saranno le selezioni in tutti gli stati che vi aderiranno e dovrò controllarne il funzionamento.»
«TORO! TORO! TORO! FANTASTICO, UN NUOVO TORNEO!!! CHE BELLA NOTIZIA!» urlò Benkei, entusiasta.
«Comunque sia, oggi Paschendale se ne rimarrà qui nella roulotte, senza disturbare durante gli allenamenti,»
«Ma Kyoya, io…».
«Ti ho dato delle condizioni. Se vuoi restare qui, devi accettarle, chiaro?» dalla sua voce, si capiva senza problemi che non stava scherzando.
«D’accordo…» rispose Paschendale guardandosi le punte dei piedi.
Kyoya s’alzò dal tavolo «Forza, andiamo!».
«Sì, Kyoya!» dissero tutti all’unisono, seguendolo.
 
«Kyoya non ti sembra di essere un po’ troppo severo con tua sorella?» domandò Nile, stupito di quanto Kyoya potesse interessarsi di qualcosa al di fuori del Beyblade.
«Devo riacquistare le mie responsabilità di fratello maggiore.»
«Non potrai difenderla per sempre. Inoltre, è una ragazza molto carina. Sarà difficile tenerla lontana dagli sguardi dei ragazzi.» si oppose Damure con una nota di saggezza.
«Mi vuole bene, non mi disubbidirebbe mai.»
«Secondo me, dovresti trovarle un bravo ragazzo, qualcuno che possa piacere anche a te, così che tu sia più tranquillo riguardo a quello che fa.» affermò Nile.
«Mpf! Ah sì? E a chi dovrei chiederlo? A uno di vo…» Kyoya si girò verso i suoi compagni, i quali si trovavano tutti e tre dietro di lui. Nonostante la sua affermazione fosse del tutto ironica, quei tre l’avevano presa come un evento possibile. Per l’appunto, si erano sistemati in pose ammiccanti, con una scarica di brillantini che gli illuminava dando loro un’aria…un po’…equivoca.
A Kyoya cadde una gocciolina dietro alla testa.
Poco dopo, tutti e tre si trovarono un bel bernoccolo sul capo, causatogli dal fratello della diretta interessata.
«PUNTO PRIMO: NESSUNO DI VOI TRE E’ ASSOLUTAMENTE GIUSTO PER PASCHENDALE. PUNTO SECONDO: SIETE QUI PER ALLENARVI E NON PER TROVARVI UNA RAGAZZA. PUNTO TERZO E PIU’ IMPORTANTE: STATE ALLA LARGA DA MIA SORELLA!!».
Kyoya, semi fuori di se, guardava i suoi compagni spaventatissimi a causa della reazione improvvisa del loro capitano.
«Scu-scu-scusaci Kyoya.» fecero imbarazzati.
«Grrrrr…su, andiamo!! Abbiamo perso già fin troppo tempo!» rispose loro, avanzando con passo marziale.
“Ahhhhh…Lo sapevo! No Kyoya! Non voglio giovare ai loro ormini! A causa sua, questi tre sono in calore!”.
 
 
«Madoka? Sono arrivato.» la porta del laboratorio della meccanica era aperta e il piccolo Kenta non si era fatto troppi problemi ad entrare.
«Madoka, dove sei? Mi avevi promesso di dare un’occhiata a Sagittario!».
Nessuna risposta, sembrava tutto stranamente vuoto.
«Kenji, sei tu?».
«Eh? Ciao Yu!».
I due piccoli bladers si strinsero in un abbraccio che non si davano ormai da un sacco di tempo.
«Ehilà, Kenta!».
«Vedo che ci sei anche tu!».
«Ginka! Tsubasa! Che gioia rivedervi!».
In fin dei conti, era da un bel po’ che quei quattro non si vedevano, più precisamente, dalla fine del Big Bang Blader.
Da quel giorno, Kenta si era allenato duramente senza sosta, speranzoso di poter superare il suo amico Ginka. Anche se l’idea di restare per sempre al di sotto della maggior parte dei suoi compagni era comunque presente.
«Che ci fai qui, Kenta?».
«Avevo un appuntamento con Madoka. Voglio essere sicuro che Sagittario sia in forma per poter poi combattere al meglio durante le qualificazioni!».
«Che qualificazioni?» domandò Ginka.
«Non lo sapevate? Per poter partecipare al nuovo torneo mondiale, bisogna disputare una serie di incontri. Sono però dei combattimenti piuttosto strani. Credo che, per saperne di più, dobbiate contattare Ryo. Comunque…dov’è Madoka?».
Gli altri, un po’ imbarazzati, avrebbero voluto sviare il discorso “Madoka”.
«Senti…Kenji…è meglio se oggi…ecco…faresti meglio a tornare un’altra volta…» disse Yu mentre lo spingeva verso l’uscita.
«Eh?! Ma…ma…ma ragazzi…si può sapere perché siete tutti così strani…?».
 
«MA PERCHEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE’?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!»
 
Un urlo di rabbia uscì dal laboratorio al piano di sotto.
«Ma questa è…» Kenta si precipitò al livello inferiore.
 
«Non capisco! Cosa vogliono dire tutti questi dati?? E che cavolo! Io non sono un astrofisicaaaaaa!!».
Kenta rimase un po’ stupito vedendo Madoka mezza in trans con uno spiritello che le fluttuava sulla testa, circondata da decine di cataste di libri.
«Ma…Madoka…Ti senti bene?» domandò Kenta. Madoka non rispose.
«Scusate ragazzi, ma che le è successo?» domandò il ragazzino ai suoi amici.
«Non lo sappiamo. È da questa mattina ormai che si comporta così…Non fa altro che studiare libri di astronomia e provare a decifrare cosa ci sia scritto sopra. Tutto ciò è strano, non credo siano studi utili per un meccanico.»
 
«AAAHHH!!».
 
Un’ombra comparve dinnanzi a loro. Due occhi colmi d’ira li fissavano minacciosi. Mancava poco ormai. Quei ragazzi erano destinati ad essere squartati vivi.
L’ombra terrificante sembrò ingrandirsi sempre di più di fronte a quelle povere anime terrorizzate.
«Credete-che-questo-sia-qualcosa-di…INUTILE!?».
Madoka era praticamente impazzita, e i suoi poveri amici si sentivano morire.
«N-nnn-n-no MMM-M-MM-add-dd-okk-kka…aa-aaa-annnn-zz-i sss-ssse vv-vvvuooo-oi tttt-tti pppp-pposss-sssiammm-mmo aaa-aaiii-uuutt-tta-re…» balbettò Tsubasa, che in fin dei conti era il più coraggioso di tutti.
«Aaaahhhhh…» sospirò la ragazza «Guardate: su tutte, e dico proprio tutte le pagine di questi libri, non c’è nemmeno una cosa che io capisca.»
Madoka mostrò loro le pagine, sfogliandole velocemente. Vi erano scritti appunti, schemi, diagrammi, valori, numeri, calcoli ecc.
«Forse dovresti consultare un astronomo!» consigliò Yu.
«Potrei anche farlo, ma non ho idea di cosa dirgli! Non so nemmeno io cosa sto studiando!!».
Ma che cavolo stava dicendo? Qualunque cosa stesse facendo, almeno doveva sapere a grandi linee gli argomenti precisi da seguire.
 
BIP!
 
«Madoka…è il tuo computer.»
«Rispondete voi. Io non ne ho voglia.» disse mentre la sua testa era appoggiata sulla scrivania.
 
«Buongiorno ragazzi! Mi avete riconosciuto? Sono io, l’immortale Phenix!».
«Ci sono delle novità importanti nel mondo della WBBA» Hikaru, col suo solito fare serioso, interruppe prontamente Ryo.
«Papà! Hikaru! Che bello sentirvi!».
«Vi state allenando ragazzi?».
«Eh? Allenarci? E per cosa?».
«Non vi state allenando? Non potete assolutamente permettervi di buttare così via il vostro tempo! Tra poco ci saranno le qualificazioni per il nuovo torneo mondiale!» disse Ryo sconcertato.
«Cosa? Le qualificazioni ufficiali?».
«Esatto!» cominciò Hikaru «L’ultimo torneo disputatosi a Kyoto ha chiarito le idee agli organizzatori per decidere chi potrà partecipare alle qualificazioni. Ci sono in tutto 406 bladers e Ginka, Yu, Tsubasa e Masamune, potrete partecipare.»
«Scusate, e Kenta?» domandò Ginka.
«Ci sono in tutti dieci posti liberi per chi volesse iscriversi all’ultimo minuto e, da come ho visto nei risultati, Kenta fa parte di questi.»
«Ah, perfetto! Così ci siamo tutti.» rispose soddisfatto Yu «E quando iniziano le qualificazioni?».
«Tra circa un mese. Però, allo stadio, sono già presenti vari tipi di battaglie per comprendere ancora meglio tutto.»
«E vi consiglio di parteciparvi subito!».
«D’accordo papà! In fondo, non è una cattiva idea allenarsi ulteriormente! E quando comincerebbero queste sessioni di allenamento.»
«Tra cinque minuti allo stadio.»
«Cosa!?»
«Forza!! Dobbiamo andare subito! Non c’è tempo da perdere!».
Uscirono velocemente da casa, trascinandosi dietro Madoka, la quale era ancora in semi trans a causa del troppo lavoro.
 
Lo stadio era pieno zeppo di bladers, alcuni famosi, altri meno.
Erano tutti eccitati e pronti a dare il massimo.
Ryo aveva detto loro che gli incontri si sarebbero svolti in vari campi da gioco, dopo un gruppo di bladers, tutti insieme, si sarebbero messi a combattere.
«Quindi, se ho capito bene, mentre combatteremo le telecamere riprenderanno le nostre strategie per osservarle meglio e decidere nel modo come migliore gestire gli incontri, giusto?» domandò Yu, con la faccina un po’ annoiata e le braccia piegate dietro alla nuca.
«Esatto!» cominciò Tsubasa «Però, a causa del numero di bladers, siamo stati organizzati in otto gruppi da cinquantadue persone. Dobbiamo vedere in quale gruppo siamo. Però questi incontri sono molto strani. Non sono sicuro che riusciranno a comprendere realmente le nostre capacità. Tu che ne pensi, Madoka?».
La meccanica, invece di osservare gli avversari e dare un giudizio obiettivo, se ne stava col suo librone di astronomia a studiare le proprietà dell’Idra femmina.
«Eh?! Oh insomma, Madoka! Smettila di studiare quella roba! Devi aiutarci!».
«EH? Sì, scusate ragazzi…!» rispose chiudendo il libro rimettendolo nella borsa.
-Forza andiamo a vedere un po’ a che gruppo apparteniamo!-.
 
Il grande schermo luminoso era proprio davanti a loro, facendo scorrere lentamente tutti i nomi dei blader appartenenti ad ogni gruppo.
Dopo pochi minuti, la lista dei bladers appartenenti al quinto gruppo apparse, mostrando tra i vari nomi, un blader a loro famigliare.
«Guarda Yu! Sei nel quinto gruppo!».
«Cooooooosa?» contestò il bimbo «Oh, che scatole! Speravo di scendere in campo prima.»
«Che peccato! A quanto pare io, Tsubasa e Kenta saremo tutti nel sesto gruppo, purtroppo non potremo scontrarci.»
«Non preoccuparti, Ginka; non sarebbe stato neanche giusto combattere tra noi. In fondo, siamo tutti amici!».
«Sì, è vero. Se non sbaglio adesso stanno combattendo i blader del quarto gruppo. OH CAVOLO! YU! DEVI SUBITO ANDARE A PREPARATI! OPPURE NON RIUSCIRAI AD ESSERE PRONTO!».
«Tranquillo, Kenji! Non devi preoccuparti, Libra è sempre pronto a combattere. Non mi sembra di conoscere nessun blader famoso in questo girone e non sono affatto preoccupato» disse Yu mentre s’allontanava dai suoi compagni con fare snob.
«Ma Yu, non devi sottovalutare gli avversari».
«Ma perché vi preoccupate tanto? Avanti! Andate a prendere i vostri posti negli spalti, intanto.»
«Ma Yu…».
-Andate, ho detto…!».
Girò l’angolo e sparì.
Non era strano che Yu fosse tanto sicuro di se, ma gli avversari non vanno MAI E POI MAI sottovalutati.
 
Gli incontri erano divisi in quattro campi, e le regole erano più o meno le stesse per le qualificazioni del Big Bang Blader.
Yu, fino a quel momento, aveva disputato già tantissimi incontri, risultando, come immaginabile, vincitore.
Dopo circa tre ore di combattimenti disputati solo dai componenti del quinto gruppo, giunse il momento della “finale”.
Erano rimasti solamente in due: Yu (ovviamente), e un altro non ancora presentato.
«Bene appassionati di Beybalde! Ci siamo! È giunto il momento dell’ultimo incontro! Da una parte troviamo Yu, col suo Flame Libra. Yu è uno dei membri dei nostri amati Galassia Gan Gan, vincitori del Big Bang Blader!».
Non appena DJ Man parlò di Yu, una gran folla acclamò il suo nome, per non parlare della reazione del pubblico quando il talentuoso bambino scese in campo.
«Vai Yu!», «Siamo tutti con te!», «Cerca di vincere, mi raccomando!» acclamarono a gran voce i suoi amici.
«E ora, Signori e Signore, una blader da poco entrata nel mondo di questo sport, ma che è già riuscita a distinguersi per le sue incredibili capacità! Ecco a voi Ayame Tokada, col suo Thermal Eridanus!».
«Ma chi sarebbe questa blader?».
«Non ne ho idea. Mi è sconosciuto anche il suo bey.»
Dopo la presentazione da parte di DJ Man, scese in campo l’avversaria.
Indossava una divisa viola con striature rosse e bianche, abito tipico dei licei giapponesi. Aveva un fisico a dir poco perfetto: alta di statura, corpo atletico ma comunque formoso, carnagione rosea e femminile.
La schiena era coperta da una lunga cascata di capelli lisci color blu notte.
Il suo viso era allungato e con lineamenti perfetti. Labbra rosse e carnose, guance rosee e occhi color ametista. Insomma, una gran bella ragazza.
«Oddio! Speriamo che non distragga Yu!».
«Tranquillo Ginka! Yu è solo un bambino, è troppo piccolo per potersi distrarre da certe cose.» lo assicurò Tsubasa.
 
La ragazza si preparò, mettendosi in posizione di lancio. Aveva un bellissimo bey color verde-acqua con decorazioni lilla, e una goccia blu sul giunto di rotazione. 
Yu, come aveva ammesso Tsubasa, non sembrava per nulla distratto.
 
«Bene bladers! In posizione!».
 
3…2…1…PRONTI…LANCIOO!!
 
I bey giravano veloci sul campo da gioco ed entrambi i bladers avevano mostrato il loro talento.
Libra attaccava, sicuro di se, portando il beyblade avversario alle strette.
Eridanus non opponeva resistenza.
Yu non ne capiva il motivo. Era una strategia, o quella blader era solo scarsa?
Tanto meglio per lui.
 
«Ci siamo, Eridanus!».
«Che cosa…»
«MOSSA SPECIALE! FIUME IN PIENA!».
Un’onda d’acqua trasparente travolse il campo da gioco, schiantandosi addosso al bey del piccolo Yu.
«Oh, no! Libraaa!».
Improvvisamente, i due bey schizzarono fuori dall’acqua, la quale s’asciugò all’istante.
Thermal Eridanus era in campo a girare.
Flame Libra si trovava invece all’esterno, fermo e un po’ arrugginito.
 
 
 
«Uffa! Stupido Kyoya! Invece di passare un po’ di tempo con la sua sorellina ritrovata, preferisce andarsi ad allenare. Ma dico io! Chi cavolo potrebbe mai comportarsi così?! Che razza di cafone! A volte vorrei proprio prenderlo a pugni! Però adesso…CHE DIAVOLO FACCIO TUTTO IL GIORNO??».
Paschendale se ne stava a brontolare passeggiando avanti e indietro fuori dalla roulotte.
«Ci sono! Sono o non sono il Presidente della WBBA?! Ho un torneo da organizzare! Vediamo un po’ quando cominceranno le qualificazioni nei paesi partecipanti!!».
La ragazza corse subito nella sua momentanea abitazione, accese il portatile e vi scrisse velocemente varie frasi.
«Allora, vediamo un po’…cominciamo dal capire quando ci saranno le qualificazioni in Africa… COSA?? Ma, si svolgeranno tra soli due giorni!» era a bocca aperta. «Oh cavolo! Spero davvero che Kyoya e gli altri si siano allenati abbastanza. Però mi piacerebbe che quell’egocentrico di mio fratello non riuscisse a qualificarsi. Anche se è praticamente impossibile…non mi sembra di vedere nomi di grandi bladers…» disse tra se e se mentre scorreva i nomi degli altri partecipanti africani.
«Bene!» riprese, stiracchiandosi «Ora vediamo un po’ chi saranno i bladers in Giappone. Dunque…Ginka c’è; Tsubasa c’è; Yu c’è; Masamune…ah sì, c’è…» eppure, mancava un blader molto importante.
Da piena di vita, divenne di sale. Il cuore perse un battito e le paranoie la pervasero.
«Hm! Si vede che non vuoi avere proprio nulla a che fare con me, Ryuga.»
Tra i vari nomi, quello del blader di L-Drago mancava. Motivo? Forse perché non voleva rincontrala.
Era già da un po’ che cercava di capire senza giungere a nessun tipo di conclusione. Perché Ryuga l’aveva abbandonata? Dopo tutto quello che era successo tra loro. Era disgustata dal modo in cui quel ragazzo l’aveva trattata. Lei gli aveva dato il suo cuore, avevano passato dei momenti splendidi insieme, eppure, lui l’aveva quasi completamente dimenticata.
Ma infondo, come diceva Kyoya, a Paschendale piacevano i cattivi ragazzi. Quindi, più veniva trattata male, più le piaceva. Tuttavia, odiava profondamente quel suo lato masochista.
 
 
A me non interessa nulla degli altri. Anche se li avessi fatti fuori, l’unica cosa che m’importava era catturare la tua attenzione.
 
Ti conosco troppo bene. Non riusciresti mai a separarti da me.
 
 
«MALEDETTO RYUGA!!» urlò dando un calcio al tavolo «SEI SOLAMENTE UN PRESUNTUOSO! NON TI MERITI UNA RAGAZZA COME ME!».
Sapeva di prendersi in giro da sola. Come lui stesso aveva detto, non sarebbe mai riuscita a separarsi da lui. C’era qualcosa di incredibilmente attraente in quel blader, tanto forte che Paschendale non riusciva a resistervi.
 
«Ah! Perché continuo a pensare a lui!? Basta, devo togliermelo dalla testa!» le mani le tremavano, la testa le girava e gli occhi erano attraversati da mille capillari rossissimi.
«Ho assolutamente bisogno di distrarmi! Cosa posso fare? Ci sono! Giocherò a Pac Man!».
Chiuse il sito sul quale stava navigando e ne aprì uno di giochini online.
Anche se la sua esperienza di videogiochi elettronici si fermava a Puzzle Bubble, quella roba la rilassava moltissimo.
 
 
 
Non era troppo danneggiato, anzi, Flame Libra aveva disputato combattimenti ben peggiori, risultando, spesso, quasi completamente distrutto. Tuttavia, Madoka ci aveva impiegato un bel po’ per far tornare il bey del piccolo Yu come nuovo.
«Ecco! Ho finito!».
«Grazie Madoka! Finalmente Libra è come nuovo!».
«Perché non vai a fare qualche tiro per collaudarlo?».
«Sì! Hai ragione! Vado subito!».
Yu si diresse immediatamente alla porta, curioso di vedere come si sarebbe comportato il suo beyblade. Ma, prima di giungere all’uscita, qualcuno suonò il campanello. Oltre la porta, s’intravedeva un’ombra difficile da riconoscere.
«Yu, potresti aprirla tu la porta?».
Il bimbo, un po’ timido e forse anche spaventato, girò la maniglia lentamente tirandola in seguito verso di lui.
 
«Ciao! Tu sei Yu, giusto?».
Agli occhi del blader, si presentò una bellissima ragazza dall’aspetto famigliare.
«S…sei A…Ayame…?» rispose abbassando lo sguardo e arrossendo vistosamente.
«Sì, esatto, sono proprio io! Wow! Sei ancora più carino visto da vicino, lo sai!!».
Yu, che si era spaventato trovandosi improvvisamente davanti la blader che l’aveva “brutalmente” sconfitto al suo ultimo incontro, si stava sentendo stranamente a suo agio.
«Ascolta, piccolo: c’è Madoka? Avrei bisogno di parlarle.»
«Eccomi!» non servì neanche che Yu la andasse a chiamare.
«Ah…ma tu sei…».
«Sono Ayame Tokada! È un vero piacere conoscerti Madoka!» disse cordialmente porgendole la mano.
«Ah, il piacere è mio! Prego, accomodati!».
«Io intanto vado fuori a provare Libra» disse Yu correndo via un po’ imbarazzato.
 
C’era un silenzio un tantino imbarazzante. Nessuna delle due ragazze voleva dire nulla. Entrambe se ne stavano sedute sul divano a mescolare il thè preparato da Madoka.
«Allora! Come…come sai il mio nome?».
-Beh, in fondo, sei famosa. Facevi parte dei Galassia Gan Gan, i vincitori assoluti del Big Bang Blader. Inoltre, ci tenevo a conoscere la mia nuova vicina di casa.»
«Ah, capisco…eh, che cosa!?».
«Già! Mi sono trasferita da poco. Abito in un appartamento nella casa qui a fianco. Se hai bisogno di qualunque cosa, io sono sempre disponibile!».
«Ah! Grazie! La stessa cosa vale per te!».
«Ah, perfetto! Inoltre, volevo anche scusarmi con Yu. Non era mia intenzione spaventarlo, assolutamente! Lo stimo molto come blader e il nostro è stato uno scontro molto interessante!».
«Sì, è vero. Yu è un bambino molto sensibile, ma quando bisogna tirare fuori la grinta, diventa quasi imbattibile.»
«Sì, l’ho notato. Ascolta, potresti portargli le mie scuse non appena torna?».
«Certo, come no! Ma ad una condizione.»
«E sarebbe…?».
«Che tu mi mostri il tuo beyblade!».
«Certamente!» Ayame tirò fuori il suo bey senza alcun problema.
Madoka lo rigirò tra le mani un po’ di volte.
«Questo bey ha delle ottime componenti. Inoltre, ha un’ottima resistenza.»
«Sono contenta che ti piaccia. E spero che tu non sia contraria se ogni tanto ti chiedo un po’ di consigli.»
«Certo, volentieri! Però, potresti dirmi come ha fatto Libra ad arrugginirsi così velocemente?».
«Beh, semplice: l’acqua prodotta da Eridanus è molto corrosiva, quindi riesce ad arrugginire i bey quasi subito.»
«Wow! Non avevo mai sentito parlare di una tecnica simile.»
«Credo che il mio bey sia l’unico ad avere questa capacità. Mi piacerebbe parlare con te anche di altre faccende inerenti al Beyblade. Quindi, insomma, vorrei diventare tua amica.»
«Eh? Ma certo! Piacerebbe moltissimo anche a me!» Madoka non se l’aspettava proprio. Quella ragazza era veramente gentile.
«Amiche?».
«Amiche!».
Si abbracciarono stringendo così un bel patto d’amicizia.
 
 
 
Era quasi ora di cena. Il sole stava tramontando. Ma gli Zanna Selvaggia dovevano ancora finire di combattere.
Kyoya aveva terminato il suo allenamento. Gli altri, invece, dovevano ancora finire il proprio, aiutati dai preziosi consigli del loro capitano.
«Forza Damure, attacca!...stagli attaccato Nile…no, no, Benkei non perdere la concentrazione…DOV’E’ FINITA TUTTA LA VOSTRA GRINTA? AVANTI!».
«Anf… Anf…ti prego Kyoya… Anf…è tutto il giorno che combattiamo. Siamo esausti.» protestò Benkei con la lingua penzolante.
«Sì… Anf… Anf…è meglio tornare a casa ora.» concordò Damure.
Kyoya sospirò, incrociando le braccia –E va bene. Domani continueremo l’allenamento. E vi assicuro che sarà peggio di quello di oggi!-.
«AAAAHHHHH!!» urlarono gli altri spaventati, ritraendosi.
«Forza. Andiamo!».
Kyoya, alcuni metri davanti a loro, si dirigeva con passo marziale.
«Kyoya è davvero agitato in questo periodo».
«Già, chissà per quale…».
«Ma come, non capite ragazzi?» cominciò Nile, stupito dalla loro ignoranza
«Sapete com’è fatto Kyoya: da quando ha conosciuto Ginka, ha sempre voluto superarlo. Dopo quel problematico incontro con Ryuga, Kyoya ha deciso di venire qui per poter diventare abbastanza forte da sconfiggerlo, così da fronteggiare anche Ginka.»
«Davvero?! Questo non lo sapevamo.»
«È così. Inoltre, se s’aggiunge anche il fatto che deve prendersi cura della sorella, la questione per lui diventa ancora più stressante.»
Le affermazioni di Nile erano tutte più o meno vere. Tuttavia, Kyoya si fidava di Paschendale. Quella ragazza non gli aveva dato quasi mai problemi. Era intelligente e non amava troppo cacciarsi nei guai.
Però, il suo improvviso cambiamento d’umore l’aveva fatto preoccupare.
Sembrava essersi discostata dai bey in modo esagerato, ancora di più rispetto a quando era entrata nella WBBA.
 
RRRRRRRRUUUUUUUMMMMMMBBBBBBLLLLLEEEEE!!!!!!!!!
 
«Che…che cos’è stato?!» disse Benkei preoccupato.
«Non ne ho idea.» rispose Nile.
Kyoya sembrava il più calmo, ma…
«Damure?».
«Di…dimmi, Kyoya.»
«Sono frequenti i terremoti da queste parti?».
«No a dire il vero. Non ci sono nemmeno vulcani, quindi…»
«Ne sei sicuro?» domandò Kyoya, voltandosi a guardarlo.
«Direi di sì…».
«E ALLORA QUELLO COS’È?» Benkei indicò una luce scarlatta abbagliare quasi tutto il cielo di un colore rosso vivo.
Sembrava un enorme torcia accesa in mezzo a due montagne che s’innalzavano innanzi loro.
«Paschendale…».
«Ehi, Kyoya! Aspettaci!».
Il loro capitano aveva cominciato a correre come un matto. Effettivamente, la fiammata sembrava essersi verificata in prossimità della roulotte.
“Paschendale, non permetterò che ti accada qualcosa”.
 
 
«EVVAI!!! HO FINITO ANCHE QUESTO LIVELLO!».
Era da quasi tutto il giorno che continuava a giocherellare a Pac Man, ma in quel momento aveva davvero bisogno di distrarsi.
Troppe cose le erano successe tutte insieme. Troppe.
Finalmente, aveva la mente riposata. Era come se si fosse dimenticata tutti i problemi.
 
RRRRRRRRUUUUUUUMMMMMMBBBBBBLLLLLEEEEE!!!!!!!!!
 
«Eh?».
Si girò verso la finestra. Quel rumore l’aveva spaventata. Ma anche incuriosita.
Si alzò dalla sedia a controllare.
Una luce abbagliante aveva illuminato tutto il cielo.
Corse fuori per capire cosa stesse accadendo.
 
Un fortissimo vento le scompigliò i capelli.
Fu costretta a socchiudere gli occhi, sia per la polvere che per la luce accecante.
Improvvisamente, in mezzo a quell’enorme massa infuocata, comparve una lunga e stretta figura cremisi che risplendeva di luce propria. Era lunga alcune centinaia di metri. Sembrava essere…
«Un drago…!» bisbigliò.
Paschendale rimase immobile mentre contemplava quello spettacolo stranissimo.
 
Le fauci del mostro si spalancarono.
Un verso agghiacciante invase l’intera savana.
«Che significa…?».
La minacciosa figura si diresse velocissima verso di lei.
Non aveva paura, sapeva che quel drago non le avrebbe torto un capello. Era il suo cuore a rassicurarla.
In un baleno, il drago le passò sopra le testa, travolgendola con un’ondata d’aria bollente.
Paschendale s’accucciò a terra, coprendosi il volto con la mano.
In seguito, il drago tornò indietro, da dove era venuto.
Il cielo tornò del suo colore originario e la terra smise di tremare.
 
«Ryuga…».
 
«PASCHENDALE!».
Quattro figure famigliari la stavano raggiungendo.
-Hm?-.
«PASCHENDALE!» Kyoya, una volta che la raggiunse, l’abbracciò forte, lasciandola interdetta.
«Kyoya, ma…».
«Come stai? È tutto a posto?».
«Paschendale, stai bene?!» s’aggiunsero al quadretto anche Nile, Damure e Benkei.
«Eh…ehm…ma sì, sì ragazzi! Eh…anf anf…Kyoya…anf anf…non riesco, non riesco a respirare.» protestò con voce rotta.
Il fratello la lasciò andare, fissandola dritta negli occhi.
«Perché sei uscita dalla roulotte!? Ti avevo detto di restare dentro! La savana non è un posto sicuro per una ragazzina. Capito!?».
Kyoya, nonostante notasse che sua sorella stesse bene, era molto deluso dal comportamento di Paschendale. Ma ciò che meno gli andava, era che la ragazza non sembrava nemmeno ascoltarlo.
«INSOMMA, MI HAI SENTITO O NO!?» la scrollò avanti indietro.
Paschendale era sovrappensiero e l’avevano notato tutti.
«PASCHENDALEEEEEEEEEE!!».
«Eh?...ah…ehm…sì, sì Kyoya, scu…scusami.»
Finalmente si era accorta della presenza di suo fratello, il quale la fissava con uno sguardo da fare invidia a una tigre.
«È…è meglio che vada a preparare la cena.» Paschendale entrò in casa trafelata, mettendosi subito ai fornelli. Infondo, cucinare era un’altra delle cose che la rilassava.
 
Il troppo allenamento gli aveva messo molto appetito. Infatti, non erano strano che stessero letteralmente divorando quelle bisteccone.
A Paschandale, che non faceva altro che riflettere sui fatti proprio, le si era chiuso lo stomaco.
«Suuuusa Paendai, poei avee dee agua?» domandò Benkei con la bocca ancora piena di cibo.
La ragazza, seduta sul bracciolo del divano con lo sguardo basso e le braccia incrociate, non mosse un dito.
«Ehi Paschendale?!» ripeté una volta ingoiato.
Ancora niente.
«PASCHENDALE!».
«Eh…? Oh cavolo! Certo Benkei, mi dispiace tanto, scusa! Te la porto subito, scusa!» rispose impacciata.
«Eh! Oh cavolo scusami! Non volevo essere scortese.» si scusò Benkei.
La ragazza fece velocemente avanti e indietro per portare la bottiglia al tavolo.
«Hm… Chissà cos’è stata la fiammata di prima?» si chiese Damure.
«Già, è vero, tu cosa ne pensi, Paschendale?» domandò Nile.
Troppo tardi. La ragazza era di nuovo totalmente immersa nei propri pensieri.
«PASCHENDALE!?».
«Eh? Non…non lo so Nile. Scusate, ora vado a preparami per andare a dormire.»
Corse in bagno.
«Ma che succede oggi a quella ragazza? Sembra totalmente svampita.» si chiesero un po’ tutti.
Kyoya era preoccupato, ma cercò di non darlo a vedere.
 
Gli Zanna Selvaggia stavano dormendo tranquillamente, come se non fosse accaduto nulla di che in quelle ultime ore.
 
All’esterno, si potevano sentire i ruggiti e i raggelanti versi dei predatori africani cacciare nella notte.
 
“Non credo faccia troppo freddo. Comunque, e meglio coprirsi…”. Pensò mentre s’infilava la felpa grigia.
Prima di uscire, s’appoggiò alla porta, guardando il fratello mentre dormiva.
Sapeva che ciò che stava per fare era una missione suicida, ma se non l’avesse fatto, sarebbe esplosa.
Ormai era come una droga. Ci pensava costantemente, e l’idea che lui si trovasse poco lontano da lei, la ossessionava ulteriormente.
 
«Perdonami, Kyoya. Ti prometto che tornerò sana e salva.» bisbigliò con un mezzo sorriso sul volto.
Uscì dalla roulotte facendo meno rumore possibile, si tirò con un movimento secco su il cappuccio e avanzò con passo sicuro in direzione della gola.
 
 
La luna era grande e luminosa sopra di lei, tuttavia il suo cammino non era abbastanza chiaro.
Ogni due secondi, si guardava intorno per paura che qualche animale l’attaccasse alle spalle.
Mille suoni la circondavano, facendole perdere la concentrazione.
Era da ore che camminava. Non aveva né mappe, né armi. Era assetata e ansimava come non mai.
Si fermò in piedi, appoggiandosi a una roccia, piegandosi in avanti per riprendere fiato.
 
Improvvisamente, dalle piantagioni alle sue spalle si sentirono diversi fruscii. Non c’era un filo di vento, quindi non potevano essere altro che animali.
Paschendale si voltò in direzione del suono. La fronte era imperlata di sudore. Vari occhi iridescenti di un branco di iene la fissavano minacciosi, inquadrandola come fosse un’ottima preda.
La ragazza ansimava. La sua preoccupazione andava oltre il terrore.
Era disarmata. Lo sapeva.
Tuttavia, si era promessa a se stessa che sarebbe tornata da Kyoya.
Non poteva morire.
Non così.
Ma come sarebbe riuscita a salvarsi?
Come se era totalmente disarmata?
Tutto quello che poteva fare, era scappare. E così fece.
Le iene la inseguirono, cercando di morderle le caviglie ogni volta.
Faticava a correre. Già era esausta di suo.
A causa della pochissima luce, non riusciva a vedere i vari ostacoli che si presentavano sul terreno.
Dopo alcuni passi, inciampò su una radice.
Girò velocemente il capo per vedere a che punto fossero le belve.
Capì che era la fine.
Non avrebbe più visto Kyoya e tutti gli altri.
Nascose la testa tra le braccia e coprì la nuca con le mani.
Una delle iene s’avvicinò pericolosamente a lei, pronta per azzannarla.
Ma poi…
Un’accecante luce rossa passò tra la preda e il predatore, travolgendo quest’ultimo.
L’animale scappò via spaventato e il resto del branco lo seguì.
 
Paschendale, che non aveva visto nulla, rimase a terra tremante.
Le lacrime le scorrevano sulle guance.
Era talmente spaventata che non aveva nemmeno sentito la fiammata.
Il primo suono che sentì, fu un rumore metallico.
Alzò leggermente la testa.
Un beyblade bianco girava senza alcun accenno di barcollo pochi centimetri da lei.
Ad un tratto, il bey balzò in aria allontanandosi, acchiappato dal rispettivo blader.
Paschendale alzò lo sguardo.
Ryuga la fissava con aria indecifrabile mentre teneva Meteo L-Drago in mano, ancora fumante.
I due si guardarono senza dire una parola.
La ragazza aveva ancora l’ansia a causa dell’attacco delle iene, ma il solo vederlo, l’aveva fatta sentire mille volte meglio.
 
«Alzati!» le disse con fare arrogante.
Si alzò lentamente, barcollando un po’ senza smettere di tremare.
«Perché non hai attaccato quelle iene con Hydra?».
«Beh…perché…» cominciò un po’ imbarazzata «Ho scordato il mio beyblade a casa…».
«Farò finta di non aver sentito.» rispose Ryuga «Avanti, seguimi.»
Il blader si voltò, proseguendo per la sua strada.
Paschendale lo seguì.
 
La vegetazione era molto fitta in quella porzione di giungla, tanto fitta da non lasciar intravedere la fine del sentiero.
Ryuga avanzava con passo sicuro e deciso, Paschendale faticava a stargli dietro, essendo ancora esausta per la corsa di prima.
Dopo alcuni minuti, la giungla terminò.
Il panorama era completamente diverso.
Un immenso deserto roccioso si estendeva di fronte a loro per centinaia di kilometri.
Paschendale era a bocca aperta. Non avrebbe mai pensato che il paesaggio potesse variare così tanto.
«Siamo quasi arrivati.» L’avvertì Ryuga.
Scesero giù per un piccolo strapiombo, avanzando poi per circa un kilometro.
Il terreno era composto di una roccia molto friabile, rendendo la superficie piuttosto polverosa.
 
Si ritrovarono di fronte a una parete rocciosa, non troppo alta, ma comunque ripida e liscia.
«Dobbiamo arrampicarci.» commentò Ryuga, senza fare una piega, come al solito.
«Che…che cosa…!?» commentò Paschendale interdetta.
Ma non fece in tempo a lamentarsi che Ryuga era già arrivato in cima.
Paschendale riempì le guance in segno di disprezzo.
«Ti faccio vedere io adesso!» ringhiò.
Iniziò ad arrampicarsi.
Goffamente e scivolando un po’ di volte, riuscì a raggiungere per poco la cima.
Poco prima di arrivare alla fine, si senti una mano stringerle forte il braccio e sollevarla senza fatica fin su’.
 
Erano seduti uno di fronte all’altra, all’imboccatura di quella piccola grotta.
Paschendale se ne stava con la schiena appoggiata alla parete, con le gambe strette contro il petto e il mento tra le ginocchia.
Una parte di lei era intimidita e forse spaventata.
Ryuga era invece molto più rilassato. Anche lui aveva la schiena contro la parte opposta, una gamba distesa a terra e l’altra leggermente piegata con la mano appoggiata sul ginocchio.
 
«Sapevo saresti venuta.»
Ryuga la fissava con aria di sfida.
«Tsk! Non illuderti; non sono venuta per venirti a trovare.»
«Infatti, è normale andare in giro da soli di notte, per di più disarmati, in mezzo alla savana.» la canzonò.
Odiava quando la incastrava.
«Allora perché prima hai illuminato tutto il cielo?! Forse volevi che io ti notassi no?».
Aveva perso la sua insicurezza, finalmente.
Ryuga tornò subito serio, fissando la ragazza con sguardo truce.
Paschendale si tirò indietro.
«L’ultima volta che ci siamo incontrati, avevo notato subito che volevi parlarmi.»
La ragazza si alzò in piedi, tentando di nascondere la rabbia che aveva in se.
«Si può sapere perché mi hai abbandonata, Ryuga?» gli urlò contro con aria da predica.
Il ragazzo la fissava col suo solito sguardo terrificante, Paschendale, però, era talmente furiosa da non farci nemmeno caso.
«Mpf! Credi forse di essere più importante di L-Drago?».
Paschendale spalancò gli occhi. Era proprio quello che non voleva sentirsi dire.
La ragazza assunse un’espressione tra il comico e lo schifato.
«Mi stai forse dicendo…CHE SAREI MENO IMPORTANTE DI UNA TROTTOLA??????-.
«Lo sai? Ero sicuro che avresti reagito così.» rispose Ryuga con un semi sorriso sul volto.
«Nonostante tu sia una blader, continui a considerare il Beyblade come qualcosa di stupido- improvvisamente, tornò a fissarla con sguardo omicida –Ma ancora più stupido, è che la più grande blader della storia, consideri il Beyblade come un passatempo qualunque.»
Era vero. Era tutto vero.
Non solo a causa del combattimento contro Irànian, anche riguardo a tutto ciò che era inerente al Beyblade lei lo trovava…”stupido”.
«Dopo tutto quello che hai passato ormai, dovresti aver capito che il Beyblade non è solamente un gioco. Giusto, Paschendale?».
La ragazza, ancora più disgustata di prima, si ricompose, formulando una frase efficace per far chiudere il becco a quello sbruffone.
«Allora, Ryuga…» le sembrava di spiegare un argomento a un bambino di sei anni «Vediamo se ti è più chiaro detto così: è vero! A causa del Beyblade, sono accadute parecchie catastrofi, parecchi eroismi e robe varie. Tuttavia, questo non cancella il fatto che…il Beyblade…è…solo…un…GIOCO!!» l’ultima parola la urlò con tutto il fiato che aveva in corpo «UN SEMPLICE GIOCO!! SI TRATTA SOLO DI DUE TROTTOLE CHE SI SCONTRANO, DOPODICHE’ UNA DELLE DUE SI FERMA E IL GIOCO TERMINA LI’!! E’ SBAGLIATO CONSIDERARE IL BEYBLADE COME UN QUALCOSA CHE POSSA SALVARE O DISTRUGGERE IL MONDO!! SONO SOLO DELLE TROTTOLE! COMUNI E NOIOSISSIME TROTTOLE!».
Forse li stava sminuendo un po’ troppo. Infondo lei non odiava così tanto il Beyblade. Anzi, le piaceva molto. Ma solo come sport. Non come mezzo per vivere e per sopravvivere.
«Feh!». Ryuga comprendeva gli ideali di Paschendale. Peccato che non li assecondasse affatto.
«Ormai non sai nemmeno più cosa tirare fuori per giustificare le tue idee.»
La ragazza fece di tutto per contenersi. Quella sua espressione da individuo migliore del mondo le dava su i nervi. Avrebbe tanto voluto stampargli una manata sulla guancia e gonfiarlo di botte se fosse stato necessario. Tuttavia, per un’infinità di ragioni, odiava fargli del male, nonostante lui l’avesse quasi uccisa dal dolore.
Incrociò le braccia, offesa, e, con una rotazione veloce, gli voltò le spalle.
Ryuga, con aria un po’ divertita, s’alzò in piedi, avvicinandosi a lei.
 
«Ti ho offeso, per caso?».
«Lo sai benissimo da cosa sono più offesa.» Fece una piccola pausa. «E non è quello.»
 
Sentì un rassicurante tepore sul collo. Poi vicino all’orecchio.
 
«È inutile che continui a tormentarti. Non sarai mai al primo posto nei miei pensieri.»
 
Il cuore perse un battito.
Ecco che ora se ne accorgeva veramente.
Venire dopo una trottola? Non avrebbe mai pensato di poter essere insultata in tal modo.
Ryuga non si rendeva conto di quanto lui potesse essere importante per lei.
In quel momento lo odiava. Lo odiava più di qualsiasi altra cosa.
E rifece una menata più grande dell’altra volta.
Ebbene sì, perché, invece di schiaffeggiarlo e basta, con un movimento velocissimo, gli saltò sopra bloccandolo a terra.
Ryuga non fece una piega, era sicuro che Paschendale non gli avrebbe mai fatto del male. Tuttavia, non l’aveva mai vista così furiosa.
 
Occhi calmi e ambrati specchiati in occhi celesti e addolorati.
Basta solo uno sguardo perché comunicare.
Le parole non servono quando ciò che appare è ovvio.
 
«Non mi hai risposto. Credevo ci tenessi a me. Non che mi amassi, ma che non mi considerassi come una delle tante. Se non valgo nulla per te, perché mi salvasti la vita quel giorno?».
 
Aspettava una risposta che, probabilmente, non sarebbe mai arrivata.
Quell’odioso silenzio le spezzava il cuore.
Il suo sguardo indifferente la corrodeva dentro.
 
«Dimmelo!».
 
Il blader portò la mano sulla guancia della ragazza, asciugando col pollice una delle mille lacrime versate.
 
Quel contatto. Quel solo gesto oscurò tutto il suo odio e la sua rabbia.
Cosa provava in quel momento?
Era qualcosa d’inspiegabile.
«Mi sei mancata.»
Chiuse la distanza tra loro posando le labbra sulle sue.
Paschendale non se l’aspettava.
Rimase immobile, cercando di riordinare la mente.
Ecco, c’era arrivata.
“Ma…ma…mi sta baciando!”.
Aveva compreso solo da poco quello che stava accadendo, che Ryuga l’aveva già fatta sdraiare sotto di lui.
 
Non poteva sapere cosa sarebbe successo, ma non le importava.
Si lasciò andare, senza aver paura di pentirsi di ciò che aveva fatto.
 
Tanto, non era la prima volta che facevano una cosa del genere…
 


 

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Capitolo 7
*** Ma perché!? ***




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VII
ɱλ ρεરȻħé!?



"… And the cold light of day"  

 

La terra fredda sulla pelle nuda le trasmetteva un’imbarazzante sensazione di gelo.
Tuttavia, un gradevole tepore alle sue spalle e intorno al ventre bilanciava le due cose.
Ricordava a malapena gli avvenimenti di quella notte che, al momento, le sembravano lontani e poco importanti, probabilmente a causa del suo stato di dormiveglia.
 
DRIN! DRIN! DRIN!
 
L’insistente suono del cellulare la fece tornare sul pianeta.
Aprì gli occhi assonnati.
La luce abbagliante del mattino, che invadente entrava dall’imboccatura della grotta, l’accecò brevemente.
Strinse gli occhi e tastò a caso il terreno alla ricerca del telefonino.
 
DRIN! DRIN! DRIN!
 
Eccolo!
Lesse il nome sullo schermo. Non era troppo contenta di ciò che vedeva.
 
«Hhhhmmmm, pronto?...ah, ciao Ryo…no, non mi hai svegliata. Dimmi tutto…sì, sì, ho visto che è doman…cosa?! Dovrò venire anch’io?!- sembrò quasi essersi svegliata, tuttavia, non aveva né la forza, né tantomeno la facoltà di litigare e comporre un discorso sensato –perché?...ma che senso ha?...si, ho capito, però…ahhhh…ok, d’accordo, ci sarò…infondo è il mio lavoro…va bene, grazie…ciao».
Chiuse la telefonata, buttando in seguito il cellulare a terra con aria seccata.
Si sdraiò sul fianco, cercando di riprendere sonno, ignara del posto nel quale tutto ciò era accaduto.
 
«Sembra stressante il tuo lavoro.» Una voce bisbigliò alle sue spalle.
Con uno scatto saltò in avanti, trovandosi, in piedi, praticamente fuori dalla grotta.
Si girò indietro e un deja vu le pervase la mente.
Ryuga la fissava con un’espressione che descriverla come soddisfatta era riduttivo. Quella di Paschendale, al contrario, sembrava dire “oh mio Dio! Che diavolo abbiamo fatto?!”, arricchita da un paio di occhi sbarrati e da una postura rigidissima.
Era così sconvolta da non essersi nemmeno accorta di essere rimasta completamente nuda davanti a lui.
 
 
I raggi del sole entravano timidi dal vetro opaco della finestra.
Era giunto il momento della solita routine: vestirsi, fare colazione, allenarsi per tutto il giorno.
Kyoya si stiracchiò per bene, accorgendosi poi però di essere nel letto da solo.
Spalancò gli occhi e si mise seduto.
I suoi compagni dormivano beatamente.
La cucina era invariata dalla sera prima.
Nessun suono di origine umana, che non fosse un sospiro, era presente nelle vicinanze.
Poteva significare solamente una cosa…
 
«Benkei! Nile! Damure!».
«Eeeehhhh!!! Che…che c’è Kyoya?» Cominciò Benkei, spaventato.
«Avete visto Paschendale?».
«EH? Ma no, ovvio! Scusa, come possiamo averla vista se abbiamo dormito tutto il tempo?» ribatté Nile, seccato.
«Guarda Kyoya, sul frigorifero.» Indicò Damure.
Kyoya si diresse in cucina. C’era un biglietto sul frigo, fissato grazie ad una calamita.
Era scritto di fretta.
 
La WBBA mi ha chiamata urgentemente.
Probabilmente sarò a casa già domani.
Se volete in frigo c’è lo yogurt.
Paschendale.
 
«Bene, e tutto risolto! Ora andiamo a fare colazione.» Disse con ottimismo Benkei.
Mentre gli altri si sedevano comodi sul divano a consumare la loro colazione, Kyoya s’avviò verso l’uscita.
«Kyoya, dove stai andando?».
«Come dove! Ad allenarmi. Dovete restare qui ad aspettare Paschendale. Non appena arriva, raggiungetemi.» E uscì dalla porta senza troppi giri di parole.
 
 
«Dove sono finiti gli shorts?» Bisbigliò tra se e se cercando tra le rocce i suoi indumenti.
«Perché ti sei messa la felpa senza niente sotto?» Domandò Ryuga in tono semi-sarcastico.
«Molto spiritoso. Forse perché mi hai fatto a pezzi la canotta!» Rispose continuando a cercare i suoi pantaloncini.
Alla fine li trovò, o meglio, trovò quello che era rimasto: un pezzo di jeans stracciato e scucito.
Paschendale fissò Ryuga con sguardo omicida, mentre quest’ultimo si godeva la scena.
«Almeno non mi hai distrutto la felpa!» Ringhiò.
«Mi sembra ovvio, visto e considerato che sei stata tu a togliertela…».
Il sangue le ribolliva nelle vene.
«AH! Credi forse che quello che sia accaduto sta notte…mi sia piaciuto?» Sbottò mentre saltellava di qua e di la cercando di infilarsi le scarpe.
«Andiamo, Paschendale. È inutile che nascondi il tuo debole per me.» La sfidò mentre s’allacciava la cintura.
«MPF! Io…io non ho nessun debole per te, Ryuga!».
«E allora perché non te ne sei andata non appena avevi notato la situazione?».
«Beh… Perché…! Perché…!».
Non lo sapeva nemmeno lei il perché. Sapeva bene che Ryuga la considerava solo come un oggetto.
“Basta! E che cavolo, Ryuga non può trattarmi così! Non voglio essere usata da lui…o forse sì…MA CHE DIAVOLO MI SALTA IN MENTE! Però, infondo…Oh cavolo!!!”.
Qualcosa le prese il braccio. Subito dopo, si trovò per terra.
«No…Ryuga no…aspetta…sme…smettila…Ryuga…non possiamo!» Cercava di dire tra un bacio e l’altro.
Notata la situazione, Paschendale non si fece pregare.
Ed ecco che tutto ricominciava.
I loro corpi si ritrovarono vicini, mentre le mani di lui esploravano sotto la sua felpa.
«Lo vedi! Sei incapace di essermi indifferente.»
Tornò in se, capendo di sbagliarsi.
«E lasciami andare!» Lo spinse via, riuscendo a liberarsi.
Ignorando tutto, andò a recuperare la roba velocemente, pronta per tornarsene a casa e dimenticare tutto.
«Mi spieghi perché non possiamo?».
«Mi rifiuto nel modo più assoluto di frequentare una persona che mi mette in secondo piano rispetto a una trottola!» Sputò lei.
Si avviò a passo svelto verso l’uscita, senza guardarlo negli occhi, impaurita dall’idea di ricascarci.
«Perché? Tu non l’hai fatto?».
La ragazza si fermò, continuando a dare le spalle al blader.
«Non mi sembra che dopo il mio risveglio tu fossi tornata da me. Dico bene?».
Ryuga non sembrava seccato dal comportamento di Paschendale, tuttavia odiava essere preso in giro.
La blader fece dietro front, trovandosi pochi centimetri da lui.
«Tu credi…che io avessi avuto il coraggio di tornare da te, dopo che eri stato posseduto? Sì. Inizialmente ne avevo intenzione. Ma sappi che, come tu metti L-Drago prima di me, io metto Kyoya prima di te. Dopo il vostro combattimento, ho avuto paura, per questo ho cercato di dimenticarti, anche se una piccola parte di me sperava che tu tornassi.»
«E adesso…».
-Adesso, dopo quello che mi hai detto, mi fai ancora più schifo!». Le sue intenzioni erano serissime, tuttavia, la sua espressione era quella di un tipico personaggio giapponese altamente isterico.
«E poi…io sono il Presidente della WBBA. Se qualcuno venisse a sapere che ho una relazione con un blader famoso e casinista come te, sarebbero guai seri per entrambi!».
«Tsk! È la scusa più squallida che tu abbia mai detto…».
-Beh, comunque quello che è successo è stata una cavolata e non ricapiterà mai più! Scordatelo per sempre, Ryuga!».
La fissò con aria apatica. Non sembrava troppo offeso. Tuttavia, l’idea di non poterla più…insomma…non poter più ripetere quel momento, un po’ gli dispiaceva.
«Capisco, » cominciò lui guardando per terra «allora…queste me le tengo per ricordo.»
Teneva in mano gli slip, praticamente strappati, di Paschendale.
La ragazza, che non ci credeva avesse la faccia tosta di comportarsi ancora così, gli cacciò un pugno sul naso, e se ne andò senza fare troppi complimenti.
 
 
«Accidenti! Kyoya è proprio fissato con questa cosa dell’allenarsi.» Disse Nile.
«Già! È vero! Va bene che è un blader molto determinato, però a mio parere esagera un po’ troppo.»
«Già. È molto impulsivo.»
 
Paschendale strisciava sulle pareti esterne della roulotte. Essere vista dagli amici di suo fratello in quelle condizioni, era l’ultima cosa che voleva. Non indossava altro che la felpa, che cercava di tirarla giù il più possibile per coprirsi bene.
Sotto l’indumento, e anche sulle gambe, aveva una discreta quantità di lividi e graffi, ma non per colpa degli animali o della vegetazione spinosa. Infatti, se così si può dire, le generali maniere di Ryuga erano estremamente violente, anche se lui stesso, ovviamente, non lo faceva apposta!
 
«Comunque poteva aspettare anche lui Paschendale. Si comporta come se non gli interessasse nulla, invece…».
«Sì, hai ragione Nile.»
 
Riuscì ad aprire la porta lentamente e senza farsi notare.
I ragazzi erano seduti sul divano, dandole le spalle.
Con passo felpato passò dietro di loro per dirigersi in bagno e così cambiarsi.
 
«Hm? Damure, che ti succede?» Domandò Nile.
Il ragazzo africano si era come bloccato, visibilmente turbato da qualcosa.
Tirò fuori il bey, si girò di scatto e fece un lancio svelto e preciso.
 
«AH!» Paschendale urlò spaventata. Si accucciò prontamente, coprendosi il capo con le mani.
Countain Scorpio frantumò la finestra.
«Paschendale! Sei tu! Scusami non volevo, credevo fosse entrato un animale.»
«No, figurati.» Rispose lei rimettendosi in piedi e risistemandosi la felpa. «La prossima volta però controlla prima di lanciare il bey.»
Il suono di un clacson echeggiò nell’aria.
I bladers guardarono fuori dalla roulotte.
Era parcheggiata una Jeep nera e lussuosa.
«E quella?».
«Paschendale, ne sai qualcosa?».
La ragazza allungò lo sguardo.
Sulla fiancata si vedeva il logo della WBBA.
«Ah! Devono essere arrivati!» Bisbigliò. «Okay, ragazzi! Andate sulla Jeep. Io mi preparo e vi raggiungo subito. A proposito, dov’è mio fratello?».
«È andato ad allenarsi. Aveva detto a noi di aspettarti qui.»
«Okay, passeremo a prenderlo.»
Dopo essere saliti tutti, l’auto partì, inoltrandosi nel bel mezzo della savana africana.
Dopo meno di un minuto, arrivarono in una grande valle desertica.
Laggiù, Rock Leone produceva un tornado dopo l’altro, sollevando enormi quantità di polvere.
La Jeep si fermò all’esterno della nuvola terrosa.
«Okay, vado a chiamarlo.»
«Aspetta, Paschendale.» La fermò Nile prendendole un braccio. «Potresti essere travolta da uno di quei tornado.»
«Aaaawwww, grazie per preoccuparti per me, Nilino.»
L’egiziano, a sentire quelle parole, arrossì lievemente.
«Tranquillo! Adoro i tornado e so come gestirli.»
Paschendale scese dall’auto e s’inoltrò nella nube.
Si coprì gli occhi con il braccio e faticò a spostarsi verso l’interno.
Finalmente, intravide suo fratello, il quale considerava quel vento fortissimo come una brezza leggera.
«Kyoya?».
Il blader si voltò, guardandola stupito.
«Ti avevo detto di non venire.»
«Ma sono venuta a prenderti. Ci sono anche gli altri.»
Non si spiegava il perché fosse così imbarazzata. Era pur sempre suo fratello dopotutto. Tuttavia, sapeva di aver interrotto i suoi preziosi allenamenti, e per cui, anche la sua concentrazione.
«Che sta succedendo?».
Il tornado cessò. L’azzurro del cielo fu di nuovo visibile.
«Te lo spiego strada facendo.» Rispose con un finto sorriso.
Kyoya la seguì, finché entrambi entrarono nella Jeep diretta verso Rock City.
 
«Allora, dovete sapere che…» gli occhi dell’ex squadra africana erano puntati incuriositi su di lei.
Paschendale avvicinò le ginocchia tra di loro e si grattò la nuca.
«Ecco…come dire…oggi ci sono le qualificazioni per il torneo.» Disse tutta d’un fiato.
«Eh? Perché non ce l’hai detto prima?» Domandarono Nile, Damure e Benkei.
«Scusate, ma, mi sono dimenticata di dirvelo. E poi l’ho saputo solo ieri sera.»
«Avresti dovuto informarti prima non ti pare? Sei o non sei la presidente della WBBA?» Disse Kyoya in maniera pacata.
«Se voi aveste dei mezzi per comunicare con l’esterno, non avreste avuto di questi problemi.»
«Tsk! Quella roba distrae dagli allenamenti.»
«Possibile che tu non pensi altro che ad allenarti?».
Gli altri fissavano quello stranissimo litigio tra fratelli senza aver il coraggio d’intervenire, anche se poi Nile lo trovò.
«Ehm…scusami Paschendale.»
«Che c’è?».
«Perché sei venuta anche tu?».
«Aaaaahhhhh… ‘Sta mattina mi ha chiamata Ryo. Il Presidente di Savannah vuole che controlli le regole delle qualificazioni, dopodiché sarò libera di fare quel che mi pare.»
Nessuno contestò.
«A proposito, partecipate tutti al torneo?» Proseguì lei.
«Io non partecipo. Ho preso la saggia decisione di non scontrarmi mai e poi mai contro Kyoya. Non sono degno di battermi con lui, quindi preferisco stare a guardare e trarre tesoro dai suoi insegnamenti.» Rispose Benkei con una nota di saggezza senza nascondere la stima che provava per l’amico.
«Ah.» Affermò Paschendale confusa «Capisco, ma non è un po’ esagerato? Insomma, il Beyblade è un gioco, e rinunciare a battersi contro un amico.»
Nile la interruppe. «Il Beyblade non è solo un gioco! E’ uno stile di vita! E’ dovere di un vero blader dedicare tutto al Beyblade e rinunciare anche a…».
«Va bene, ho capito, basta con questa storia. Ho già avuto una discussione del genere ieri sera.» Si lamentò Paschendale alzando le mani.
Kyoya alzò un sopracciglio, inquadrando la sorella.
«Dove sei stata ieri sera e questa mattina?» Le domandò.
Paschendale spalcò gli occhi, spaventata.
Non si aspettava proprio una domanda simile.
«Aehm… C’era… C’era scritto sul biglietto no? Sono andata alla WBBA qui vicino per delle questioni importanti.»
«Che genere di questioni?».
«Oh insomma, Kyoya! Saranno affari miei, no?».
Paschendale spostò sulla nuca i capelli che le coprivano gran parte del collo. Peccato che non avesse pensato alle conseguenze di quel gesto.
«Oh cavolo! Che hai fatto al collo!?» Chiese Damure notando tutti quei lividi e quei graffi.
“Perfetto! Ora dovrò inventarmi un’altra scusa” pensò seccata.
«Sono caduta…in un….cespuglio. Un cespuglio moooooolto spinoso.» Rispose, annuendo nervosa.
«Che cosa sono invece quei segni starni?» Indicò Benkei.
«Già! Sembrano…dei…morsi?» Proseguì Nile.
«Beh…» Paschendale riportò i capelli al suo posto. «Ci devono essere stati degli animaletti in quel cespuglio. Ma non preoccupatevi! Non mi fanno poi così male.»
Kyoya sentiva che sua sorella stava raccontando una balla, ma non aveva voglia di contestarla nuovamente.
«Ah eccoci, siamo arrivati!» Disse Paschendale, sollevata una volta intravista l’entrata dello stadio.
Come c’era da aspettarselo, all’ingresso c’erano un mare di fans, soprattutto ragazze, che chiamavano a gran voce gli Zanna Selvaggia.
«Oddio…» bisbigliò agitata.
I ragazzi stavano per scendere dall’auto, ma la blader li fermò, aggrappandosi al braccio di Kyoya.
«Ahm…non sarebbe meglio scendere da un’altra parte?».
«Perché? Ci sono le guardie del corpo e riusciamo a entrare nello stadio senza problemi.»
«Non vorrete che vi segua in mezzo a quel branco di ragazzine!».
«Qual è il problema? Tanto noi non li diamo corda.»
«Vabbè, ma mi prenderanno per una vostra fidanzata e mi vorranno uccidere!».
-Aaaaaahhhhh…smettila okay?».
Scesero dall’auto, e Paschendale si sentì gli occhi di mille ragazzine verdi d’invidia addosso.
Una goccia di sudore le scivolò sulla fornte.
Cercò di mascherare il terrore con un finto sorriso, mentre il suo corpo continuava a tremare.
“Eddai, Paschendale! Di Ryuga, persona che fa gelar il sangue a chiunque, non hai la minima paura. Ma di queste ragazzine più basse di te sei terrorizzata. Andiamo è ridicolo!” pensò.
«Su, muoviti!» Kyoya le aveva messo un braccio intorno alle spalle, trascinandola via fin dentro lo stadio.
Le fans erano ancora più incavolate.
Paschendale le guardava scuotendo a destra e sinistra gli indici.
«Ehm…no io…io non sono…» Diceva.
Alla fine, entrarono nello stadio.
 
Una marea di bladers era accalcata ai tunnel che portavano al campo da gioco, pronti a dare il massimo per diventare il nuovo rappresentante africano.
Gli Zanna Selvaggia si guardarono intorno, tranquilli. Dentro di loro, erano sicuri di essere superiori. Ormai era certo che solo uno tra Kyoya, Nile e Damure avrebbe conquistato l’ambito titolo.
A differenza della loro calma, Paschendale stava morendo…e ansimando.
«Anf! Anf! Anf! SEI UN IDIOTA!» Urlò dando un pugno sul braccio al fratello. «PERCHE’ MIA HAI “TRATTATA” COME FOSSI LA TUA RAGAZZA!?».
«Perché sapevo che avresti reagito così, e quando fai così, mi diverti.»
«Divertirti? Mi stavano uccidendo con lo sguardo, non lo capisci?».
«Ti interessa un po’ troppo di cosa pensa la gente di te.»
«Oh mi scusi se non sono fatta di pietra a differenza tua!».
«Io non sono fatto di pietra.»
«Nooooo, mica!».
Perfetto! Ecco che ricominciavano a discutere.
Ma per fortuna…
«Paschendale Tategami?» Domandò una signorina che s’intromise senza troppe cerimonie.
Portava al collo il tesserino della WBBA, e si capiva distintamente che non era una blader.
«Sì, sono io.» Rispose Paschendale un po’ confusa.
«Mi segua. Il Presidente di Savannah vuole conoscerla per discutere sulle regole di qualificazione.»
«D’accordo. Su! Vieni Benkei!».
«EH? Ma io che c’entro?» domandò il blader indicandosi stupito.
«Beh, in fondo non hai niente da fare. Quindi, mi farai da guardia del corpo.»
«Ma, veramente io…».
«Aaahhhhh…tranquillo! Potrai assistere al combattimento comunque. Poi ti prometto che ti porto fuori a mangiare.»
«Vengo subito!» Ci volle un attimo per far cambiare idea a Benkei.
«Ciao ragazzi! Ci vediamo dopo, in bocca al lupo!».
 
«Dimmi Paschendale! Perché hai bisogno solo adesso di una guardia del corpo? In fondo, questa struttura è ben sorvegliata.» Domandò Benkei mentre l’ascensore saliva.
«Non è ovvio? Volevo qualcuno di conosciuto intorno! E poi dopo voglio uscire e non posso andarci in un posto tanto pericoloso, non ti pare?».
«Siamo arrivati!» Disse l’accompagnatrice una volta giunti di fronte alla porta dello studio del Presidente.
La signorina aprì loro la porta. Dopo che furono entrati, la richiuse alle loro spalle.
Innanzi a loro, c’era un’enorme vetrata che dava sullo stadio.
Benkei, senza nemmeno salutare il Presidente, che se ne stava seduto alla sua scrivania sommerso da scartoffie e coperto da ben due guardie del corpo, si precipitò alla vetrata per osservare i suoi amici pronti a combattere.
«No, Benkei, torna qui!» Bisbigliò Paschendale, pregandolo di non essere maleducato.
«Eccola! Paschendale Tategami, quale onore conoscerla!» Disse l’omone seduto alla scrivania, alzandosi in segno di rispetto.
«Sì, il piacere è mio.» Rispose la ragazza stringendogli la mano.
«Mi scuso per il poco tempo che ho a disposizione, ma tra poco dovrò io stesso andare a salutare i bladers, e non vorrei farli aspettare.»
«Sì, sì, capisco. Okay, facciamo in fretta. Che idee aveva per le qualificazioni?».
«Beh, ecco, pensavo di farle uguali identiche a quelle per il Big Bang Blader, che ne dice?».
Paschendale sbarrò gli occhi e sbatté le mani sulla scrivania, facendo spaventare persino le due guardie del corpo.
«NON-SE-NE-PARLA!».
«Ma…mi scusi signor Presidente, perché no?».
«Perché no? Come perché no? Ha idea del casino che è successo la scorsa volta? Rock City è stata parecchio danneggiata a causa dei bladers! E, dato che infondo erano stati i beyblade la causa di tutto, È STATA LA WBBA A PAGARE I DANNI! Senza contare che uno poteva conquistare il braccialetto, nascondersi e non fare nemmeno un cavolo di scontro!».
Paschendale era a dir poco sconvolta.
«A-Allora cosa…cosa propone di fare?» Domandò l’uomo, molto spaventato.
«Hm…vediamo un po’, » cominciò lei, grattandosi il mento «ma certo!».
A quell’esulto sobbalzarono tutti.
«Possiamo fare comunque degli incontri…così…alla cavolo!» Rispose facendo svolazzare le mani in aria.
«Alla… Alla cavolo? Scusi, ma non la seguo.»
«Ma sì, alla cavolo!».
Gli interlocutori sembravano dire “ma è davvero questa la Presidente della WBBA? Per me, è strafatta…”.
«Potete mettere i bladers in coppie e farli combattere uno contro l’altro, finché poi ce ne sarà un solo!».
«Hm…sì! Effettivamente è plausibile. Okay, faremo così.»
Il Presidente salutò cordialmente e uscì, dirigendosi nello stadio per fare il discorso.
 
Dopo circa mezz’ora, i bladers erano già pronti.
Nella prima coppia che combatteva c’era Nile. Quest’ultimo si scontrava in un modo tanto appassionante da far venire voglia agli altri di scendere in campo.
Benkei osservava l’incontro entusiasmato.
«TORO! TORO! TORO! NILE SEI UN VERO GENIO DEL BEYBLADE!! CONTINUA COSI’ SEI GRANDE!! EHI PASCHENDALE! NON CREDI CHE NILE SIA DAVVERO BRAVO?».
Paschendale si mordeva le labbra, nervosa. Aveva il naso spiaccicato contro il vetro. Sbatteva i piedi per terra.
«Pa…Paschendale ma che ti prende?» Domandò Benkei, confuso.
La blader non accennava a nascondere il suo strano comportamento.
Era chiaro: l’irrefrenabile desiderio di combattere aveva colpito anche lei.
Non poteva restare a guardare. Anche se avesse girato le spalle al campo da gioco, avrebbe comunque sentito il fantastico impatto tra bey.
«Vieni Benkei.» afferrò per un braccio il blader, trascinandolo fuori dallo studio.
«Ma che ti prende?».
«Ehm… Boh, ho fame.»
«Ma non è ancora l’ora di…».
«Lo so, ma ho fame lo stesso.»
Corse fuori con Benkei che faticava a starle dietro.
«Ma…Paschendale…KYOYA NON HA ANCORA COMBATTUTO!».
 
«Accidenti a te, Paschendale! Ma ti costava tanto restare ancora un po’ allo stadio per vedere l’incontro di tuo fratello?» Cominciò Benkei, mordendo voracemente la grossa coscia di pollo che teneva in mano.
Erano in un ristorante molto semplice nel centro della città, seduti a un tavolino all’aperto. Tra le case un po’ malandate, si sentivano le urla dei bimbi africani che giocavano felici.
«Aaaaahhhh… Non lo so, Benkei. È perché avevo troppa fame.» Mentì. La verità era che non voleva farsi prendere dal desiderio di combattere e, soprattutto in quel periodo, voleva nascondere, in tutti i modi, la sua strana passione per il Beyblade.
«Hm… Più che affamata, mi sembri assonnata!» Constatò il blader, notando Paschendale mezza sdraiata sul tavolo sbadigliando incessantemente.
«Hai dormito poco, per caso?».
Il punto non era l’aver dormito poco, ma non l’aver dormito proprio.
A causa di quel brusco e, a modo suo, appassionato incontro con Ryuga, il tempo che Paschendale aveva trascorso a dormire era di massimo un’oretta.
«Sì, Benkei. Ho dormito poco.» Lo fissò con gli occhi sottolineati da due profonde occhiaie.
«Forse dovresti mangiare qualcosa. Non avevi detto di avere fame? Com’è che non c’è nulla sul tuo piatto?» Domandò mentre masticava il suo enorme pollo arrosto.
«Sì che ho ordinato. È solo che non mi hanno ancora portato nulla.»
Appena detto questo, uno dei camerieri del ristorante portò un grande vassoio con ben cinque piatti pieni zeppi di cibo. Il pasto era composto da: zuppa calda, couscous, bistecca, insalata e torta al cioccolato con gelato alla fragola.
«Grazie…» rispose distratta al cameriere che l’aveva servita.
«WAAAAAAA! CAVOLO, PASCHENDALE, HAI DAVVERO INTENZIONE DI MANGAIRE DA SOLA TUTTA QUELLA ROBA?» quello ordinato da Benkei era a malapena un terzo dell’enorme porzione arrivata al tavolo.
«Uff…non se nemmeno se mi basterà.» Affermò guardando il vassoio con sufficienza.
«CHE COOOOOOSAAAA?».
Paschendale cominciò a mangiare con calma, mantenendo la solita aria annoiata.
«Guarda Benkei che io di solito mangio tantissimo. È solo che in questo periodo sono ricoperta di stress. E quando sono agitata, lo stomaco mi si chiude.»
«Stressata? Da…da cosa saresti stressata?».
«Problemi di cuore…».
Un secondo. Aveva detto veramente questo? Aveva ammesso, senza alcun indugio, di avere dei problemi di cuore!?
Si stupì persino lei di quell’affermazione. Tanto che smise di mangiare.
«No! No, no, no, dimentica tutto quello che ho detto!».
«Ma…io non ho…».
«Benkei! Per favore!».
 
Trascorsero gran parte del pranzo in silenzio.
I rari discorsi vertevano al massimo su gli aneddoti che entrambi avevano avuto con Kyoya, ma il discorso “problemi di cuore” non saltò più fuori, forse perché Benkei era troppo spaventato dalla probabile reazione della ragazza.
Dopo una mezz’oretta, il cibo sul loro tavolo era del tutto terminato.
Benkei fissava Paschendale mentre si puliva la bocca col tovagliolo, sbalordito.
«Ha…hai davvero mangiato tutta quella roba?».
«Ma certo! Che ti aspettavi? Io odio buttare via il cibo!».
I due raggrupparono le proprie cose, pagarono il conto e s’allontanarono dal ristorante.
All’improvviso, qualcosa di metafisico cominciò a chiamare Benkei a gran voce.
Veniva dalle sue spalle.
Tutto questo era molto strano, non gli era mai capitata una sensazione del genere.
Si voltò, e dietro di lui c’era…una palestra di Beyblade!
«Oh cavolo! Ma, ma è enorme! Paschendale, ti prego, possiamo combattere, ti preeeeeegoooo!».
Paschendale alzò un sopracciglio. «L’infantilità del tuo comportamento è qualcosa di epico, lo sai?».
«Per favore, Paschendale, per favore!».
«Aaahhh…e va bene…».
Benkei corse come un matto dentro la palestra, con Paschendale che lo seguiva con aria da patibolo.
Il blader si preparò subito in posizione di lancio. Gli altri all’interno della palestra lo riconobbero all’istante.
“Cosa?! Ma quello non è un degli Zanna Selvaggia”, “Sì! È vero!”, “ mi sembra si chiamo…Masketball” si sentiva dire dagli spettatori.
«Avanti Paschendale! Avanti! Non vedevo davvero l’ora di battermi con te!».
La blader si mise dall’altra parte del campo da gioco, con una voglia di combattere che non vi dico. Tuttavia, sapeva che quel combattimento non le avrebbe dato del filo da torcere.
 
 
3…2…1…PRONTIIII…LANCIOOOO!!!!!
 
 
«Scatenati Dark Bull!! Scaraventa Hydra fuori dallo stadio.»
Il bey arancione si scontrava inesorabile contro quello nero, ma quest’ultimo sembrava essere totalmente assente, subendo passivamente la situazione, ma senza accennare al benché minimo barcollo.
Il comportamento di Sunset Hydra rispecchiava perfettamente quello della sua blader, la quale sembrava essersi addormentata in piedi. Finché poi, qualcosa attirò la sua attenzione.
 
«Salve a tutti, appassionati di Beyblade. Ecco a voi le ultime novità sulle qualificazioni per il torneo mondiale!».
 
La TV all’interno della palestra trasmetteva uno dei tanti TG sul canale ufficiale della WBBA.
Quel programma sembrava aver catturato solo l’attenzione di Paschendale, mentre tutti gli altri erano indaffarati a osservare Dark Bull dare spettacolo.
 
«La notizia più importante proviene dal Giappone. Qui, una misteriosa blader di nome Ayame Tokada è riuscita a guadagnare parecchi bey points, sbaragliando anche fortissimi avversari, tra cui l’ex membro dei Galassia Gan Gan, Yu Tendo.»
 
“Che cosa!? Ha battuto Yu!! Chi è sta tizia?” pensò Paschendale.
 
-Quest’oggi, Ayame Tokada ci ha dato la possibilità di intervistarla!-.
 
“Hm…Ayame Tokada? E chi diavolo sarebbe?”.
 
«Allora Ayame, benvenuta! Grazie per averci acconsentito d’intervistarti.»
«Salve a tutti! In realtà sono io che ringrazio voi!».
 
Sono io che ringrazio voi. Chi se lo sarebbe mai aspettato che avrebbe risposto così…” pensò Paschendale in tono sarcastico.
 
«Bene, cominciamo! Com’è iniziata questa passione per il Beyblade?».
«Beh… Questa passione, a dire il vero, ce l’ho da quand’ero una bambina! Andavo nel parco e giocavo con i miei amici. Poi però, ho cominciato a considerare il Beyblade come qualcosa di più…anzi, molto più importante. Non è solo un passatempo, o un semplice gioco, per me il Beyblade è…».
 
“Eccoci! Vediamo come risponde…”.
 
«…uno stile di vita!».
 
Una gocciolona le cadde dalla testa.
Le sarebbe venuta voglia di cadere a terra, ma stava combattendo e, nonostante non stesse fumando pari il proprio avversario, smettere di seguire la gara che lei stessa stava disputando, sarebbe stato irrispettoso.
Un forte appaluso s’elevò dal pubblico. Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso della pazienza di Pascendale.
 
“OH MIO DIO! MA PERCHE’?”.
 
«Oh! Vedo che il nostro pubblico apprezza davvero il tuo punto di vista! Ma dicci un po’: sei una bellissima ragazza. Non ti è mai venuto in mente di lavorare come modella o attrice, e mandare all’aria il Beyblade?».
«Ma…veramente, io faccio la modella per guadagnarmi da vivere. E ho anche avuto delle parti in alcuni telefilm. Solo che il Beyblade riesce a completarmi e a sfogare al meglio tutto ciò che ho dentro.»
«WOW!! Infatti, mi sembrava che la tua faccia non fosse nuova!».
 
Partì un altro appaluso. Si vedeva chiaramente che quella ragazza era molto amata dal pubblico.
Peccato che Paschendale ritenesse l’esatto contrario.
 
«Bene, Ayame! Abbiamo ancora il tempo per un’ultima domanda: qual è la tua più alta ispirazione come blader?».
 
“Oh, ci siamo!”.
 
«Beh…io, direi che ho tutto quello che si possa desiderare. Non per vantarmi ma, sono famosa, piuttosto bella e piaccio a moltissime persone. Solo il Beyblade potrebbe portarmi all’apice della felicità. Il mio obiettivo come blader è poter diventare migliore della blader più forte del mondo ovvero, più forte di Paschendale Tategami.
Attualmente, si sente poco parlare di lei, forse perché non è più brava come un tempo.
Onestamente, penso di avere buone possibilità di sconfiggerla. Infondo, lei non è mai stata battuta in tutta la sua carriera di blader e non, ma anch’io al momento sono nella sua stessa situazione. Perciò, io sono qui e le lancio la sfida!».
«Wow! Certo che questa ragazza ha fegato! Ha sentito Presidente! La nuova e promettente blader Ayame Tokada le ha lanciato una sfida! Pensa di raccoglierla?».
 
«Paschendale? Allora, vuoi reagire oppure no!?». Domandò Benkei, stufo vedere il bey avversario roteare e basta.
La blader non mosse un muscolo. La sua posizione era incredibilmente rigida con lo sguardo diretta allo schermo.
«INSOMMA, PASCHENDALE!».
Ancora nessuna reazione.
«Quella stupida. Come…come…come si permette!?» Bisbigliò, appena prima di esplodere.
«QUELLA STUPIDA OCA! NON TI CONOSCO, MA MI STAI GIA’ SULLE SCATOLE!».
Intorno a Paschendale s’accese un’abbagliante luce cremisi con sfumature arancio.
Sunset Hydra la imitò, circondandosi improvvisamente dello stesso materiale dall’aspetto incandescente.
Gli spettatori indietreggiarono terrorizzati, compreso il povero Benkei.
«PPPPPPPPascccchhhheeendaaaale…ccccche ttttiii sssucccede…?».
La blader sembrava non aver sentito e continuava a fissare lo schermo, imperterrita.
Hydra girava ancora più velocemente, sollevando un forte vento che invase l’intera palestra.
Le luci al neon ronzavano e lampeggiavano, finché non si spensero del tutto.
«PPPPPPPPaschendale, ffforse è meglio smetterla…» affermò Benkei più spaventato di prima.
 
«Non sopporto…le ragazze…CHE FANNO COSI’!»
 
Un’accecante luce azzurro chiaro venne sparata dallo stadio, fino a toccare la volta celeste.
Il tetto della palestra, che ne fu travolto, si distrusse, sbriciolandosi e impolverando tutto ciò che vi era al di sotto.
Dopo pochi istanti, il tutto fu nuovamente visibile, mostrando ai vari bladers i disastri che il beyblade, considerato il più forte del mondo, aveva causato.
 
«Uff! Che noia! Non è mica colpa mia se c’era proprio quell’oca in televisione. Per di più sul canale della MIA società! Appena torno in Giappone, andrò da chi se ne occupa e gliene dirò quattro!!» Bisbigliò Paschendale tra se e se, mentre firmava l’assegno al proprietario della palestra distrutta da lei dalla sua rabbia.
«Grazie signorina.» Rispose l’uomo, trattenendo il desiderio di prenderla a badilate sui denti.
«Prego. E scusi ancora.» Rispose con aria dispiaciuta.
 
«Insomma, Paschendale! Si può sapere che cavolo ti era preso? Stavamo combattendo e poi…BAM!».
«Insomma, Benkei, hai visto quella tipa in TV! Era o non era insopportabile?!
Forse Paschendale Tategami non è più forte come un tempo. MA SARAI FORTE TE! MA CHI CAVOLO SEI?!».
«Hm…Kyoya mi ha detto che sei una a cui da fastidio tutto.»
«Infatti è così. Però quella ha proprio esagerato!».
«Ti ha solo sfidato. Non prendertela tanto.»
-Da che parte stai, Benkei?». Strillò la blader, esasperata.
«AAAAHH!!! Va…Vabbè! Ora non pensarci! Torniamo allo stadio! Sono proprio curioso di sapere chi ha vinto le qualificazioni! Anche se sono praticamente sicuro che il vincitore sia stato Kyoya!».
Benkei s’affrettò in direzione dello stadio.
Paschendale lo seguiva, con sguardo basso e annoiato, tenendo le mani in tasca. A volte i suoi atteggiamenti erano talmente simili a quelli di Kyoya, da fare impressione.
 
 
RRRRRRRRUUUUUUUMMMMMMBBBBBBLLLLLEEEEE!!!!!!!!!
 
 
«AH! CHE…CHE SUCCEDE??? DI NUOVO QUEL RUMORE!!» Urlò Benkei, assai preoccupato.
Paschendale si voltò incuriosita. Solo quel suono, fino a quel momento, era riuscito a svegliarla senza bisogno di farla imbestialire.
 
In lontananza, in mezzo a due montagne, si elevò la figura di un drago cremisi.
“Ma…!” pensò la ragazza.
«Ma…quello è…!» Cominciò Benkei, a dir poco stupito.
«Oh no, Oh no no no no!».
«Eh? Paschendale, ma che ti prende?».
«Oh no! Questo no! Non può sempre pretendere che io sia pronta ad andare da lui!».
Paschendale sbattè forte i piedi per terra, seccata.
Diede le spalle al drago, incrociò le braccia e portò gli occhi al cielo.
«NO! Assolutamente no! Col cavolo che vengo da te.»
«EEEEEHHHHH?? PA…PASCHENDALE!» Benkei era stupito, ma anche molto spaventato, mentre la folla terrorizzata scappava via per mettersi al riparo.
Il drago ruggì. Il suono si espanse, facendo drizzare i capelli al povero Benkei.
«Non se ne parla, ho detto.» Eipeté Paschendale, come fa una bambina che litiga con sua madre.
Il drago ruggì ancora, questa volta con molta più insistenza.
«Ho già detto di no!».
Un altro ruggito, e il cielo si oscurò.
«Paschendale!» Benkei voleva a tutti i costi scappare via come un matto e mettersi al riparo, ma la cosa che lo spaventava più di quel mostro, era la reazione di Kyoya:
 
«CHE COSA HAI FATTO?!?!? COME HAI POTUTO LASCIARE MIA SORELLA DA SOLA IN UN MOMENTO DEL GENERE??».
«AAAAAAAHHHHHH!!!! Scu…scusa Kyoya, ma la si…situazione stava degenerando! Paschendale non voleva andare via e allora io…».
«AH, E COSI’ CREDI DI ESSERE PIU’ IMPORTANTE DI PASCHENDALE??? INCREDIBILE!! NON VOGLIO SENTIRE NEMMENO UN’ALTRA PAROLA!! SPARISCI! UN CODARDO COME TE NON E’ DEGNO DI AVERE DEI RAPPORTI CON ME!».
«Ma…Kyoya…».
«SPARISCI, HO DETTO!!!!!!-.
 
“No, non posso permettermi che accada una cosa del genere! Porterò Paschendale in salvo e…”.
«Ehi ma, dov’è andata?» Benkei si guardò intorno, Paschendale era sparita.
«OH MIO DIO!! DOVE…DOV’E’ FINITA???? OH NOOOOO, SONO ROVINATO! KYOYA NON VORRA’ MAI PIU’ VEDERMI E IO RIMARRO’ SOLO PER SEMPRE.» cominciò a piangere come un disperato, inginocchiato a terra e col naso che gli colava.
«Ehi, Benkei!» Una voce femminile lo chiamava.
Paschendale stava salendo su un taxi.
«Paschendale! Grazie al cielo sei ancora qui! Presto! Andiamo a ripararci!».
«Non posso. Devo scambiare due chiacchiere con quel maledetto drago.»
«Cosa!? No Paschendale! È pericoloso! Quel beyblade non è come tutti gli altri! E il suo blader è ancora peggio! Paschendale torna indietro, o tuo fratello…mi…farà…a pezzi…».
Troppo tardi.
Il taxi era già partito.
 
«OH NO, CHE DISASTRO! E ADESSO CHE FACCIO? KYOYA MI UCCIDERA’!».
Gli ritornarono in mente le possibili reazioni dell’amico.
Ma gli venne in mente l’unica cosa plausibile da fare: andare dai suoi amici e raccontargli tutto.
 
 
Il taxi era arrivato alla roulotte.
Durante la strada, mano a mano che ci si avvicinava alla meta, le condizioni meteorologiche peggioravano.
Infatti, il cielo in quel punto era grigio scurissimo, la pioggia era battente, e tra le nuvole tempestose una fitta rete di fulmini cremisi compariva e spariva alla velocità della luce.
Paschendale scese dall’auto che ormai era lontana.
In meno di un secondo, i suoi vestiti erano zuppi.
Rimase lì ferma, non curante del freddo o della pioggia, a guardarsi attorno, per controllare se, da qualche parte, ci fosse lui.
Nessuno.
Fu come si fosse accorta che ci fosse la pioggia, e con una corsa veloce entrò nella roulotte a ripararsi.
Sbatté la porta alle spalle e poggiò la schiena scontro quest’ultima, lasciandosi scivolare verso il basso, fino a trovarsi seduta a terra.
Il viso verso l’alto con gli occhi chiusi.
Cercava un minimo di calma in quella stanza abitata da lei da soltanto pochi giorni.
Una serie di fulmini cremisi caddero vicino alla roulotte, circondandone il perimetro.
La luce rossa entrò dalla finestra, illuminando la stanza.
Quella situazione avrebbe atterrito chiunque, ma non Paschendale.
Non le poteva fregare di meno se un fulmine l’avesse colpita, mandandola in coma oppure uccidendola.
C’era qualcos’altro che la preoccupava assai maggiormente, ed era umano.
Non sapeva nemmeno lei il motivo che l’aveva spinta a lasciare improvvisamente Rock City; anche se, pensandoci bene, la ragione poteva essere proprio lui: Ryuga. Lo sforzo di stargli lontano non riusciva a portarlo avanti. Infatti, tutte le volte che lui la desiderava, lei lo raggiungeva sempre senza pensarci troppo.
“Fai schifo. Fai davvero schifo Paschendale” constatò.
Si tolse lentamente la giacca bagnata, buttandola sul divano davanti al lei.
Si rannicchiò su se stessa facendosi piccola piccola.
Le veniva da piangere, era stufa di cedere sempre al gioco di quel bastardo.
Avrebbe voluto tornare a Rock City. Tornare da suo fratello, l’unico di cui lei potesse mai fidarsi. Ma la sua parte masochista la tratteneva lì, mentre attendeva ciò da lei considerato disgustoso.
 
 
TOCK! TOCK!
 
 
Bussarono alla porta.
Asciugò con la mano le poche lacrime che aveva perso, quelle che non era riuscita a controllare.
Si alzò in piedi, voltandosi.
Sentì l’esitazione. Perché avrebbe dovuto aprire? Cosa ci avrebbe guadagnato.
Un’altra “magnifica” serata come quella precedente?
Ormai però, era troppo tardi: la mano era già intono alla maniglia, pronta ad aprire la porta.

Due labbra bollenti spingevano sulle sue.
Una forza la portò indietro fino a ritrovarsi sdraiata sul divano.
Ryuga non aveva fatto troppi complimenti, come suo solito.
Paschendale lo spinse via, rispondendogli con uno schiaffo in pieno viso.
La ragazza riuscì a spostare il blader da sopra di lei e a sedersi.
Strofinò schifata la bocca col dorso della mano, poi parlò.
«Ma sei fuori!?».
«Non quanto te, dato che sei tornata da Rock City solo per venire da me.» Rispose, stringendole il mento tra le dita.
«Come diavolo facevi a sapere che…» era inutile chiedere a Ryuga come sapeva che Paschendale si trovasse a Rock City. Non aveva senso parlare con uno che praticamente si teletrasportava mediante i fulmini (Ryuga:-E questo come ti è venuto in mente?- RebelYell:-Non lo so! E’ una mia convinzione XD-).
«Aahhh! Lasciamo perdere!» Continuò alzandosi in piedi «Ti avevo detto di starmi lontana!».
«Allora dovevi restare lì.» Ribattè.
«Beh…que…questi non sono affari tuoi.» Rispose dandogli le spalle, allontanandosi.
«Mpf! È inutile che m’ignori. Resterò qui finché non mi avrai dato una risposta convincente.»
Ed eccola lì! Un’altra delle cose che non voleva sentirsi dire da lui.
Chiuse gli occhi e serrò la bocca, pronta a sputtanarsi bellamente.
Con che frase avrebbe fatto più “bella” figura?
“Ryuga, credo di essermi innamorata di te”, “Ryuga, puoi trattarmi come zerbino quanto ti pare, tanto a me piace”, oppure “Ryuga, mi fai talmente arrapare che ogni volta che ti vedo non resisto dal saltarti addosso”?
Finché poi, la mano del blader la toccò intimamente, regalandole un piacere fisico che non provava da meno di 12 ore.
In un attimo, perse totalmente la ragione, avvinghiandosi a lui e ripetendo quell’errore già commesso.

 
 

 

Ma ciaoo!! ^^
Mi odiate vero? Ma certo che mi odiate e fate bene! Più di un mese di ritardo è inaccettabile. È solo che avevo l’ispirazione sotto le scarpe ._.
Allora, che dire di questo capitolo…a me, onestamente, non fa impazzire, credo di averne scritti di migliori. Però, dato che sto trascorrendo un appassionante storia d’amore con la Metal Fury, ho degli attacchi d’inferiorità nei confronti di Takafumi Adachi D: cercate di comprendere perfavore!
Bene! Come avrete letto, questo capitolo è incentrato su Paschendale e i suoi giri mentali, ma vi spoilero che nel prossimo di Paschendale non ci sarà l’ombra (credo :3).
Concludo ringraziando Wolf_White_ che ha messo la ff tra le seguite ^^
Ciao ciao! Alla prossima :D
RebelYell

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Capitolo 8
*** L'Ayame che non t'aspetti ***


 

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VIII
Ŀ'Â¥Â♏Є ĈĦЄ ИØИ
Ƭ'Â$PЄƬƬĪ


"The misty ghost of childhood fears" 
 

Intanto, in Giappone…
 
Madoka camminava tranquilla per strada, con la sua valigetta da meccanica piena delle solite “cianfrusaglie”.
 
 
«Ehi, Ayame! Ti andrebbe di uscire domani a fare un po’ si shopping? Così, per conoscerci meglio!».
«Oh scusami Madoka! Domani proprio non posso! Come ti ho già detto, ho appena iniziato il trasloco e ci sono tantissime cose che devo assolutamente sistemare.»
«Oh…che peccato. Sennò, facciamo così: vengo a casa tua domani mattina e ti do una mano! Che ne dici?».
«Sì! È un’ottima idea! Ah, è già che ci sei, porta anche la tua roba da meccanico, ne approfitterò per farti controllare Eridanus.»
«Perfetto! Allora a domani mattina!».
 
 
«Che bello! Non vedo davvero l’ora di rivedere Ayame! Quella ragazza è davvero simpatica e gentile. Inoltre, è una fortissima blader; chissà quante cose potrò imparare da lei!» Pensò ad alta voce Madoka, mentre si avviava verso casa dell’amica.
«Ehilà, Madoka!» La voce che la chiamava proveniva da dietro di lei.
«Eh? Ginka, che ci fai qui? Credevo fossi andato ad allenarti.»
«Infatti è così, ma vedi, questi tre volevano venirti a trovare a tutti i costi.» Rispose Ginka indicando i tre ragazzi alle sue spalle.
«Eh!? Masamune, Toby, Zeo!» Madoka era stupita. Non vedeva quei bladers dalla finale del Big Bang Blader.
«Che ci fate qui in Giappone?».
«Negli Stati Uniti le qualificazioni al torneo sono finite. Quindi abbiamo deciso di venire ad allenarci con Ginka.» Cominciò Toby.
«Dato che è considerato come il blader più forte del mondo, era scontato che noi volessimo batterci proprio contro di lui.» Proseguì Zeo.
«Ehi! Statemi a sentire, voi due!! Vi siete forse dimenticati che sono IO a essere il blader numero uno al mondo!?» Vi lascio immaginare chi sia stato a dare quest’affermazione… «Inoltre, dovrei forse ricordarvi chi sarà il nuovo blader a rappresentare l’America a questo torneo?» Domandò Masamune con fare orgoglioso.
«Cosa?! Non…non mi dire che…» Chiese Madoka, stupefatta.
«Esatto! Io, Masamune Kadoya, vincerò il torneo mondiale in veste di rappresentante americano!».
«Hm… Credevo ti fossi iscritto per le qualificazioni come rappresentante giapponese.»
«Eheheh, è vero. Però, non potevo resistere all’idea di combattere contro Ginka in un torneo mondiale.»
«Ma, scusa Masamune, bladers come Damian e Jack non erano presenti alle qualificazioni?».
«No. Masamune ha sbaragliato gli avversari senza troppi problemi, compresi noi due…» Rispose Zeo, mostrando un po’ d’invidia.
«Comunque, se Jack o Damian fossero stati presenti al torneo, Masamune non avrebbe avuto nessuna chance.»
«Che hai detto, Toby!? Ripetilo se hai il coraggio.»
«Basta, smettetela voi due! Ehi Madoka, ti dispiace dare un’occhiata ai nostri bey? Sai com’è, a furia d’allenarci, si sono un po’ rovinati.»
«Scusate ragazzi! Ora devo andare da un’amica ad aiutarla col trasloco.»
«Non c’è problema! Veniamo anche noi, e magari diamo anche una mano!».
Madoka acconsentì felice.
Era contenta di rivedere i suoi vecchi amici e le sarebbe dispiaciuto non poter passare del tempo con loro.
 
«Eccoci! Siamo arrivati!» Disse Madoka.
Trovandosi la casa affianco a quella della meccanica, la raggiunsero praticamente in meno di un minuto.
 
 
DLIN DLON!
 
 
«Entra pure!» Disse una voce soave e gentile dall’altra parte della porta.
I cinque ragazzi entrarono.
L’interno si presentava come una tipica casa giapponese, tanto che gli “ospiti” si sentirono in dovere di togliersi le scarpe.
Il pavimento in legno era, come era da aspettarsi, coperto da decine di scatoloni di varie dimensioni.
Improvvisamente, a sinistra del corridoio, uscì Ayame che aveva in braccio una scatola di cartone.
«Ciao Madoka! Vedo che hai portato ospiti!».
I quattro blader, non appena si trovarono di fronte Ayame, rimasero a bocca aperta; ancora qualche secondo e i loro nasi avrebbero cominciato a grondare sangue.
Ginka l’aveva già vista all’incontro tra lei e Yu, ma non si ricordava che quella ragazza fosse tanto carina. Se la reazione di Ginka fu quella, immaginatevi Masamune, Toby e Zeo: quasi non potevano credere di trovarsi al cospetto di cotanta bellezza.
«Già! Te li presento: questi sono Ginka, Toby e Zeo.» Disse Madoka indicandone uno alla volta. «Ragazzi, questa è Ayame Tokada! Una ragazza che ho conosciuto da poco.»
«Oh! Finalmente conosco il famoso Ginka!» Disse Ayame, stringendogli la mano.
Insomma, avete presente quando Paschendale si è presentata agli Zanna Selvaggia? Ecco, è andata così. (Paschendale:-Però io sono più bella di quell’ochetta, vero?- RebelYell:-Aaahhh…sì, Paschendale, certo che sei più bella di lei -.-“ -).
«Lascia. Te lo prendo io.» Disse Toby, prendendo lo scatolone dalle mani di Ayame.
«Oh, ma grazie, che gentile!».
«Ehi! Se vuoi ci pensiamo noi a sistemare le ultime cose.» S’offrì Ginka.
«Ah… Beh, se per voi non è un disturbo…».
«Assolutamente no!» Rispose Masamune.
«Tu va pure a chiacchierare con Madoka! Ci pensiamo noi qui!» Proseguì Zeo.
«Beh, allora grazie mille! Vieni Madoka! Andiamo in cucina a prepararci del the!».
 
«Sai Ayame! Ho guardato la tua intervista ieri sera!» Disse Madoka mentre l’amica le versava il the nella tazza.
«Ah! Bene, e ti è piaciuta?».
«Direi di sì. Però ti sbagli su Paschendale! Non è assolutamente vero che è diventata debole, anzi! È molto forte. Pensa che ha sconfitto Masamune nel giro di due secondi!».
«Hm…e tu come lo sai?».
«Io e gli altri siamo andati da lei alla WBBA. Ci pensi! Ho avuto l’onore e il privilegio di conoscerla.»
«Sei una sua fan per caso?».
«Certamente! Come non potrei? È una ragazza fantastica e ha grande personalità.»
Madoka descriveva la sua eroina con grande amore e devozione, esattamente come faceva tutte le volte che parlava di lei. Tuttavia, Ayame sembrava essere piuttosto infastidita, anzi no, molto infastidita dall’ammirazione che Madoka provava per quella ragazza.
«Hm… Che c’è Ayame? Ho detto qualcosa che non va?».
Ayame sembrava rattristata, ma non era proprio così che si sentiva:-Diciamo che ho avuto qualche piccolo problema con suo fratello-.
Madoka era molto stupita.
«Davvero? Conosci Kyoya di persona?».
«Certo! Abbiamo anche avuto una relazione di quasi un anno.»
Chi se lo sarebbe mai aspettato? A Madoka non sembrava che Kyoya fosse un tipo da relazioni, anche se, effettivamente, poteva avere tutte le ragazze che desiderava. Comunque, data la sua ossessione per il Beyblade, era difficile immaginarsi che quel blader potesse pensare ad altro.
«Cosa? Tu e Kyoya siete stati insieme?! E…e poi che è successo??».
«Mi ha lasciato dopo che l’avevo tradito con un altro blader.» Il tono di Ayame non era affatto amareggiato.
«Capisco. Ma perché l’hai tradito?».
«Io sono fatta così. Ho avuto molte relazioni nella mia vita, alcune di queste importanti e durature, ad esempio quella con Kyoya. Però, io sono uno spirito libero. Quando vedo un ragazzo che mi piace, che io sia impegnata o single, non ci penso due volte a provarci con quest’ultimo.»
«Ah!» Madoka non si aspettava assolutamente un comportamento simile da parte di Ayame. La considerava una ragazza dolce e sensibile, non così…dai facili costumi.
«E…Kyoya come ha reagito al tuo tradimento?».
«Ha reagito in un modo che non mi sarei mai e poi mai aspettata. Insomma! Ci frequentiamo da quasi un anno! Ormai dovresti conoscermi piuttosto bene! Infatti, gli ho confessato il mio tradimento senza troppi sotterfugi, essendo sicura che mi avrebbe capita, dimenticandosi tutto. Invece no! Non ha voluto sentire scuse e mia ha lasciato senza pensarci due volte.»
«Beh, però anche tu…».
«Anche tu, cosa?» Chiese Ayame seccata.
«Insomma, non è mai bello tradire.»
«Ma come! Ti ci metti anche tu ora?! Io stavo benissimo insieme a Kyoya, però avevo bisogno di provare cose nuove, senza però doverlo lasciare, capisci!?» Ayame sembrava seria, non era sull’orlo di una crisi di nervi o in una valle di lacrime.
Tuttavia, quella scena aveva un retrogusto un po’…patetico. Si vedeva lontano un miglio che quel comportamento era tipico di una ragazzina di dodici anni.
“Però…se stai con una persona, non puoi mica tradirla quando ti pare. Kyoya ha fatto bene a lasciarla” rifletté Madoka.
«Sì sì Ayame! Ti capisco, certo! A volte i ragazzi sono veramente stupidi!» Cercò di mentire il meglio possibile. Dentro di lei si sentiva una sporca ipocrita, ma che avrebbe dovuto fare? Contestare le parole di una sua nuova amica? Infondo tutti hanno dei difetti, no?
«Però non mi hai ancora detto che centra Paschendale in tutta questa storia.»
«Mpf! Paschendale non centra nulla. È solo che, pensare che lei sia la sorella di colui che mi ha fatto tanto soffrire, me la fa leggermente odiare…».
«Poverina! Allora hai sofferto a causa di Kyoya.»
«Diciamo che non ho sofferto per la sua mancanza, o per il fatto che noi due non stessimo più insieme, piuttosto perché non sopporto di essere lasciata. Solo io ho il diritto di mollare qualcuno. È una questione di orgoglio. Forse io e lui abbiamo avuto dei problemi proprio perché siamo entrambi molto orgogliosi. Comunque, io voglio battere Paschendale soprattutto perché sono certa di farcela. E poi, battere lei sarebbe come battere Kyoya, non trovi?».
«Eheheheh, sì, certo…!» Madoka non sembrava troppo convinta. Sapeva bene che Paschendale era molto più forte di suo fratello.
«E dimmi, adesso qual è il tuo status?».
«Ora sono single, » rispose Ayame dopo aver bevuto un bel sorso di the «e sto benissimo. Posso andare in discoteca, baciare tutti i ragazzi che voglio senza avere la coscienza sporca.»
Madoka forse non era la persona più adatta con cui vantarsi di queste cose. A lei non piacevano quelle che si facevano tutta la discoteca (Paschendale:-Siamo in due!- RebelYell:-La pianti di saltare sempre fuori!! Avevo detto ai lettori che non ci saresti stata in questo capitolo!- Paschendale:-Devo sfruttare tutte le occasioni per diffamare quell’ochetta del cavolo! E poi, io do alla gente quello che vuole :3- RebelYell: -.-“ -).
«Tuttavia, non ho ancora trovato un ragazzo che mi soddisfi pienamente!» Proseguì Ayame, con le mani che le reggevano le guance, lo sguardo pensieroso.
«Perché? Che tipo di ragazzi ti soddisfano?».
«Kyoya è quello che c’è andato più vicino. Però…non lo so. Era troppo….troppo poco stronzo, capisci? Ho bisogno di qualcuno che mi lasci libertà, fregandosene dei miei errori immaturi e che…».
«Insomma, vuoi che ti tratti male…».
«Non proprio male male!, però…insomma, hai capito no?».
«Diciamo di sì.» Rispose Madoka non troppo convinta.
 
«Ehi…Anf! Anf! Ragazze! Anf! Abbiamo finito…» dissero i quattro bladers all’unisono, esausti per il troppo lavoro.
«Di già!?» domandò Ayame stupita, alzandosi in piedi.
«Sì! Abbiamo montato tutti i mobili, lo stereo e le mensole, spolverato tutto per bene e lucidato per bene il bagno!» Disse Zeo.
«Tutto quello che devi fare è sistemare le tue cose personali che si trovano ancora negli scatoloni» concluse Toby.
«Oh! Vi ringrazio molto, ragazzi. Come avrei mai fatto senza di voi? Per ringraziarvi oggi vi porto tutti quanti fuori in discoteca!».
«Discoteca?» Si chiesero i quattro bladers, i quali sapevano a malapena pronunciarlo.
«Sì! È un posto dove si balla e ci si diverte!».
«Sì! Credo sia una buona idea! Che ne pensi Madoka?» Disse Ginka.
Madoka era caduta in trans, persa nei suoi pensieri.
«Madoka, tutto a posto?» Continuò il proprietario di Pegasus.
«Eh? Sì, certo ragazzi, scusate, ma devo tornare a casa per finire delle faccende!».
«EH! Ma Madoka, non hai ancora controllato il mio Thermal Eridanus!».
«Già! Mancano anche i nostri bey!» Protestò Masamune.
«Potete venire da me domani. Starò a casa tutto il giorno.»
La meccanica uscì dall’abitazione, pronta ad avviarsi, distrattamente, verso la propria.
 
Incredibile!
Non poteva crederci che Kyoya e Ayame fossero stati insieme. Avevano entrambi dei caratteri davvero molto diversi. Ma ad essere ancora più diverse, erano lei e Paschendale.
La prima: orgogliosa, tranquilla, amante del Beyblade oltre l’immaginabile.
La seconda: umile (se così si può dire), impulsiva, considerazioni del Beyblade pari a un gioco per bimbi piccoli.
Madoka ne era certa: se quelle due si fossero trovate nella stessa stanza, ci sarebbero stati fiumi di sangue.
D’accordo che non le conosceva troppo bene, però seguiva Paschendale da tantissimi anni; ormai sapeva il suo piatto preferito, il suo colore preferito, il suo orientamento politico ecc.
Tuttavia, tornando ad Ayame, non riusciva proprio a spiegarsi a che ragazzo potesse interessarsi.
 
Non ho ancora trovato un ragazzo che mi soddisfi pienamente.
 
Eppure Kyoya sembrava proprio essere perfetto per lei: era impulsivo, orgoglioso e piuttosto antipatico (a sua opinione). Cosa gli mancava?
Ayame aveva detto di averlo tradito con un blader, quindi quest’ultima sembrava avere un debole per questa categoria. Comunque, nonostante tutti i bladers da lei conosciuti, Madoka faticava a farsi venire in mente un ragazzo con le stesse caratteristiche di Kyoya…però più stronzo.
Si stava scervellando su quella questione da un bel po’ di tempo. Aveva pure delle cose più costruttive da fare in quel momento, ma voleva assolutamente arrivare affondo della questione e magari aiutare la sua amica a trovare un bravo fidanzato, senza bisogno che Ayame si comportasse da sgualdrina in discoteca.
«Ma certo! Paschendale.»
Madoka era più che sicura che Paschendale e Ayame si conoscessero, infondo, la storia con Kyoya era stata importante, probabilmente aveva fatto conoscere la sua ragazza alla sua famiglia.
 
Accese subito il pc.
Una volta trovato il contatto della blader, lo clikkò insistentemente.
«Devo assolutamente dirlo a Paschendale! Lei sicuramente mi saprà rispondere.»
La webcam si accese.
Davanti allo schermo non c’era nessuno. Si sentivano solo urla e oggetti volare davanti allo schermo. Finché una faccia conosciuta comparve agli occhi di Madoka.
«Ciao Madoka! Come stai?» Domandò Nile, distratto da quello che accadeva nella roulotte.
«Ciao Nile! Ma…si sentono le urla di Kyoya.» Non si capivano molto bene gli argomenti di conversazione.
«Ehm…sì…senti, forse faresti meglio a chiamare dopo. Hai scelto un momento un po’ burrascoso!».
«Ma che succede?» Domandò Madoka preoccupata.
«CHE SUCCEDE? CHE SUCCEDE? TE LO DICO IO CHE SUCCEDE!!!!» Kyoya spostò Nile dal pc bruscamente, piazzandosi davanti alla webcam.
Era a dir poco sconvolto e imbestialito.
«QUELLA SCELLERATA DELLA VOSTRA AMICA HA FATTO…».
«Hm…Kyoya? Che…che ha fatto?».
«GRRRRR! NON RIESCO NEMMENO A DIRE COS’HA FATTO DA QUANTO E’ DISGUSTOSO!!! MA NON PREOCCUPARTI! BEN PRESTO SARA’ LEI A RACCONTARTELO!! INOLTRE VOGLIO CHE TU SAPPI UNA COSA: D’ ORA IN POI, PASCHENDALE NON E’ PIU’ MIA SORELLA!».
 
Lo schermo diventò nero.
Madoka era interdetta. Kyoya era imbufalito con Paschendale per un motivo davvero poco chiaro.
Avrebbe voluto saperne di più, ma al momento, aveva assolutissimamente bisogno di arrivare a fondo di quella strana storia.
La meccanica guardò l’orologio: era l’ora di pranzo.
Si prospettava una giornata noiosa. L’unica cosa interessante che sarebbe successa quel giorno era di andare in discoteca, ambiente di cui lei non andava particolarmente matta.
 
Inghiottì un sashimi, ancora pensierosa. Tuttavia in quel momento, i suoi pensieri erano passati da Ayame a Paschendale.
Avrebbe tanto voluto rivedere la sua amica. Voleva parlare con lei di così tante cose, ma soprattutto, capire il perché suo fratello fosse tanto imbestialito. D’accordo che Kyoya non era mai stato poi così tranquillo, ma tanto incavolato non l’aveva visto mai.
«Oh cavolo! Sono le 15.00! Possibile che ci abbia messo tanto tempo a mangiare?».
In fondo, che le importava? Non aveva nulla di troppo importante da fare.
Poi però, gli venne in mente qualcosa di più costruttivo da portare avanti durante la giornata. Stava o non stava facendo delle ricerche su Sunset Hydra, il potentissimo beyblade di Paschendale?
“Non posso sistemare troppi problemi tutti insieme! Prima pensiamo alle cose più importanti!”.
Scese giù in laboratorio e prese tutti i libri di astronomia necessari per approfondire le sue ricerche.
«Allora, vediamo. Questo no; questo l’ho già letto; questo…no, non mi serve. Aaahhh! Non riuscirò mai a fare una ricerca approfondita su ‘sta roba.»
Stava per ricadere nella crisi di nervi della scorsa volta, finché un libro catturò la sua attenzione. Non l’aveva mai consultato, eppure le sarebbe in qualche modo servito.
Lo prese in mano, osservandone la copertina: Leggende dei corpi celesti era il titolo.
Sfogliò velocemente l’indice.
«La leggenda del meteorite…» Disse leggendo il titolo. «Hm! Chissà se da qui ricaverò qualcosa! Mi sembra l’unica storia interessante tra tutte quest’altre…».
Iniziò a leggere:
 
 
26.000.000 di anni fa, un meteorite cadde sulla Terra.
Non si conosce esattamente quello che accadde dopo il suo arrivo, ma si sa solo che aveva una forza inimmaginabile dentro se, tanto da poter distruggere un pianeta.
Tuttavia, esso, durante la sua traiettoria, passò attraverso Hydra, la costellazione dell’Idra femmina, la più grande conosciuta.
La leggenda tramanda che, col passaggio del suddetto meteorite, Hydra assorbì gran parte dell’energia malvagia contenuta al suo interno, rendendo impossibile l’eventuale distruzione di un corpo celeste causata dal meteorite.
Si dice che quell’energia sia in quella costellazione tutt’oggi, imprigionata, senza aver alcuna possibilità di liberazione.
 
 
«Ah, interessante.» Madoka non sapeva proprio come considerare quella storiella. Infondo era solo una leggenda, tuttavia, tutte le leggende che aveva sentito riguardo il Beyblade, alla fine, si erano rivelate vere.
“Potrei…appuntarmela” pensò, mentre la ricopiava sul proprio computer.
Passò un bel lasso di tempo a guardare e riguardare pagine su pagine di libri, appuntandosi tantissimi dati sul suo pc portatile.
Si era fatta prendere dallo studio, tanto che si dimenticò che ore fossero.
 
BIP! BIP! BIP! BIP!
 
Le era arrivato un sms sul cellulare.
 
Ci troviamo tra un quarto d’ora a casa mia! Così andiamo in discoteca tutti insieme ;)
A dopo :D
Bacioni <3
Ayame

 
Madoka guardò di sfuggita l’ora sul telefonino.
“Oh cavolo! Sono le 22.30! E non ho nemmeno il tempo di cenare! Devo sbrigarmi!!”.
S’infilò velocemente il cappotto e uscì di casa in fretta e furia.
 
«Sei arrivata!» Ayame le aprì la porta, salutandola con un sorriso.
La povera Madoka aveva fatto una corsa per arrivare da Ayame in tempo (anche se alla fine ci aveva messo sì e no quaranta secondi).
Ayame aveva i capelli raccolti in alto, pronti per essere poi acconciati per bene, e un accappatoio bianco. Nonostante fosse più o meno appena uscita dalla doccia e senza un filo di trucco, restava comunque bellissima.
«Dal tuo atteggiamento, non mi sembrava che tu fossi una grande esperta di discoteca. Quindi, sono qui per prestarti i miei vestiti e renderti bellissima per questa sera!».
Era una gentilezza o un insulto? Insomma, era come dire “Sappiamo tutti che i tuoi vestiti sono orrendi. Solo i miei potranno salvarti la serata”.
Per fortuna, Madoka lo considerò come un aiuto amichevole.
«Eheheh! Ci hai preso, Ayame! Io in discoteca non ci vado mai e non so assolutamente quali siano i vestiti più adatti per queste occasioni.»
«Allora ti trovi nel posto giusto! Seguimi!» La prese per mano e la trascinò su per le scale.
La stanza di Ayame era ricoperta di poster raffiguranti…AYAME!!! Avete capito bene! Tutte foto dei suoi servizi fotografici e delle sue interviste.
Un altro degli aggettivi da attribuire a quella ragazza era “egocentrica”.
«Tu aspettami qui.» Disse a Madoka mentre quest’ultima si sedeva sul letto «Vado in bagno a provare questo bellissimo vestito comprato apposta per stasera.»
Ayame entrò nel bagno adiacente alla camera.
Nel frattempo, Madoka si guardava attorno imbarazzata. Quelle fotografie erano veramente belle. Non c’erano dubbi che Ayame fosse bella, anzi, probabilmente la ragazza più affascinante che Madoka avesse mai visto insieme a Paschendale (Paschendale:-Yeeee^^!- RebelYell:-Piantala -.-“ -).
Dopo circa un quarto d’ora, Ayame uscì dal bagno.
«Come sto?» Domandò mettendosi in posa.
Madoka rimase sfolgorata.
Indossava un abito blu scuro a maniche lunghe, corto e molto attillato con la schiena nuda. Quel vestito era adattissimo a far esaltare la sua figura perfetta. Si era fatta la piega per avere i capelli leggermente mossi, arricchiti da un cerchietto luccicante, alle cui estremità si notavano due orecchini d’oro bianco. Sulle labbra c’era un rossetto rosso intenso; su altre ragazze poteva sembrare volgare, ma non su di lei. Il trucco, infine, era spettacolare: gli occhi erano incorniciati da un eyeliner argentato e sulle palpebre uno smoky-eye blu elettrico molto ben sfumato.
«Ayame…sei…sei…stupenda!».
«Ahahah, grazie Madoka! Ora però tocca a te!».
Ayame aprì l’armadio, mettendo in meno di un secondo sul letto almeno una decina di vestiti.
«Questo che te ne pare?» Le mostrò un vestito verde pisello molto corto.
Madoka lo inquadrò con aria incerta.
«Hm, hai ragione. Non fa per te!».
Continuò a sbirciare tra i vestiti, finché il suo sguardo s’illuminò.
«Questo è perfetto.»
Le mostrò un abitino rosa chiaro, stretto in vita che poi si allargava leggermente fino a arrivare qualche centimetro sopra le caviglie. Era dritto sul seno e sorretto da due spalline che andavano ad incrociarsi dietro.
«Ti starebbe benissimo con un paio di ballerine. Perché non te lo provi?».
Madoka prese il vestito e andò in bagno. Uscì dopo pochi minuti.
«Oh Madoka! Sei dolcissima!» Effettivamente Ayame non aveva tutti i torti. La ragazza, infatti, sembrava un angioletto.
«Bene! Ora devo truccarti!».
 
DLIN DLON!
 
I ragazzi erano arrivati.
«Ehilà Ayame! Siamo noi!» Chiamò Masamune.
«Un momento e arriviamo!» Rispose la voce di Ayame da sopra le scale.
Le ragazze scesero.
A vedere Ayame, ai bladers veniva quasi voglia di…vabbè dai, meglio non dirlo.
Poco dopo, apparve Madoka, la quale lasciò anch’essa i ragazzi a bocca aperta.
Quel vestito così carino e il trucco chiaro e leggero rendevano Madoka bellissima.
Purtroppo però, le ragazze non riuscirono ad avere la stessa reazione dei ragazzi. Infatti questi ultimi, essendo parecchio inesperti riguardo la movida notturna, erano rimasti vestiti esattamente come loro solito, né più né meno.
Ma tra loro c’era qualcosa di diverso e Ayame non impiegò troppo tempo a capirlo. Infatti i bladers, da quattro che erano venuti a trovarla quella mattina, erano diventati cinque. Si era aggiunto un ragazzo molto bello, con la carnagione piuttosto scura, i capelli lunghi e argentati e due bellissimi occhi dorati.
Ayame gli mise subito gli occhi addosso e andò immediatamente a presentarsi.
«Quale onore! Non avrei mai pensato di conoscere il grande Tsubasa Otori! Adoro il tuo beyblade e il tuo modo di combattere! Comunque, io mi chiamo Ayame Tokada, è un vero piacere conoscerti!» Gli porse la mano cordialmente.
«Il piacere è tutto mio, Ayame.»
Una cosa che non vi ho detto è che la signorina Tokada aveva il talento di inquadrare perfettamente la persona che aveva davanti dopo un solo sguardo. E, purtroppo per lei, Tsubasa era troppo un bravo ragazzo per piacerle.
“Alcune voci dicevano che era stato posseduto dal potere delle tenebre, riuscendo in seguito a sconfiggerlo. Uff! Peccato però! Se fosse rimasto “malvagio” sarebbe forse stato il tipo di ragazzo che cerco. Comunque è carino! Magari stasera si combinerà qualcosa…” pensò mezza soddisfatta.
 
Un taxi gli aspettava lì fuori, pronto ad accompagnarli fino alla discoteca.
Masamune era il più carico.
«Wow! Sono davvero curioso di vedere questa discoteca! Chissà quanti bladers ci saranno contro i quali potrò combattere! Sono sicuro che mi divertirò come non mai.»
Madoka e Ayame, le uniche persone in quell’auto a sapere esattamente come fosse una discoteca, guardarono Masamune con aria un po’ interdetta.
«Masamune ma…tu hai la minima idea di cosa sia una discoteca?».
«Ma certo! Per chi mi avete preso!? Avete detto che è un posto dove si balla e ci si diverte, no? Beh, il Beyblade è la cosa più divertente al mondo, e quando si combatte, i beyblade “ballano” nello stadio, non è così?».
Madoka si buttò una mano sula faccia in segno di disperazione, mentre Ayame rise divertita, pensando che in realtà quello fosse uno scherzo.
 
Il taxi si fermò davanti alla discoteca.
Si poteva già sentire la musica a tutto volume.
Davanti al locale c’era una lunga fila, ma, grazie alla celebrità di Ayame, riuscirono tutti ad entrare subito e senza problemi.
Una volta entrati, Madoka e Ayame si buttarono in pista, pronte a dare spettacolo, anche se, a dire il vero, Madoka era un pochino imbarazzata.
I bladers, intanto, si sentivano come degli alieni.
«EH? Ma che roba è!?» Domandò Ginka.
Le espressioni degli altri sembravano dire la stessa cosa. Possibile che avessero avuto tutti e cinque la stessa idea di Masamune.
«Ma…dove…dove sono i beyblade? Io non gli vedo! Dove sono?» Il proprietario di Ray Striker si guardava intorno, allucinato. Era la prima volta che finiva in un luogo dove non ci fossero i beyblade.
Ayame, notato il distacco di Tsubasa nei confronti di quel luogo tanto incasinato, lo raggiunse.
«Coraggio! Balla con me!» Gli prese la mano e lo trascinò in pista.
Il blader di Earth Eagle si sentiva a disagio. Lui non sapeva ballare. Se ne stava fermo immobile davanti ad Ayame che invece si scatenava senza sosta.
 
Il DJ cambiò musica, mettendone una più tranquilla e rilassata.
Le luci cambiarono, passando da rapidi flash a piccole luci che scorrevano sui visi delle persone.
Gli sguardi dei due ragazzi si fecero intensi e profondi. Tsubasa si sentiva davvero fortunato a trovarsi difronte una ragazza tanto bella.
Ayame gli mise le mani sulle spalle, avvicinando il viso al suo.
Era davvero un bellissimo ragazzo, però non voleva illuderlo, sapendo che infondo Tsubasa era molto sensibile, ma come resistergli.
Senza dire una parola, lo baciò.
Era confuso. Che stava facendo? Così, di punto in bianco, senza essersi nemmeno conosciuti approfonditamente, lei lo stava già baciando.
Lui non poteva fare altro che…rispondere.
Le mise le mani intorno alla vita e la strinse a lui.
Il bacio divenne appassionato e delicato contemporaneamente.
Era come se il tempo si fosse fermato.
La musica era svanita. C’erano solo loro due.
Tuttavia, Tsubasa aveva un minimo di dimestichezza riguardo l’universo femminile, e una che ti bacia subito, senza aver approfondito la conoscenza, è la tipica ragazza da una botta e via.
In parole povere, le preoccupazioni di Ayame, non conoscendo la grande intelligenza di Tsubasa, erano infondate.




Eccomi qui col mio primo capitolo semifiller!!! Andiamo! È un praticamente un filler ammettetelo XD!
Sarò sincera: questo cap mi fa ancora più pena dell’altro. Non mi piace neanche un po’! Forse perché mi manca Paschendale, o forse perché no me gustano i filler per natura? Chi lo sa!
* si mette una mano sul petto *
GIURO SOLENNEMENTE CHE I CAP SEGUENTI SARANNO MOLTO PIU’ EMOZIONANTI ^^’
Paschendale:-Complimenti! Prima mi dici di sparire, poi mi rivuoi nella FF!! ma guarda un po’ questa!-.
RebelYell:-Scusami, non volevo! Ti prego, torna qui!-.
* comincia a rincorrerla *
Paschendale:-Aiuto!! Mi vuole aggredire!-.
RebelYell-TORNA QUI DA ME!!-
Vabbè, non ho nient’altro d’aggiungere u.u
Vado a recuperare la protagonista della mia FF
A presto!! ;)
 
RebelYell

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Capitolo 9
*** Limpido ***


 


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IX
lﻨოթﻨժօ

"The pressure is building.
 And I can't stay away."
 

Avevano fatto cambio. Questa volta, era Ayame ad andare da Madoka.
«Ho visto che hai fatto faville ieri sera. Vero, Ayame?» Le domandò eccitata servendole una fetta di torta.
«Non ti sfugge nulla, eh.»
«Allora ti piace Tsubasa.» Affermò la meccanica con gli occhi luccicanti e speranzosi.
«Wo, wo, wo! Frena, frena, frena! Io non ho mai detto questo. Penso sia un bel ragazzo, per questo l’ho baciato, ma non ho mai detto di essere SERIAMENTE interessata a lui. L’ho baciato solo per divertirmi, tutto qui!».
Divertimento? L’aveva baciato solo per…divertimento!?
Secondo Madoka, non era una bella cosa. Era davvero difficile da inquadrare quell’Ayame: quando passavano loro due del tempo insieme, era così gentile, dolce e aperta, ma quando si trattava di ragazzi, diventava una furia.
 
DLIN DLON!
 
«Hm? Aspettavi qualcuno per caso?» Domandò Ayame.
«Forse sono Ginka e gli altri. Avevano detto di volermi far vedere i loro beyblade.»
Madoka si diresse alla porta. Una volta aperta, rimase stupita della persona che si trovò davanti.
«Pa…Paschendale?».
Il Presidente della WBBA aveva un aspetto orribile. Era piena di lividi violacei sul collo, svariati tagli sulle labbra e tantissimi graffi sulle braccia.
Per meglio dire, cari lettori, era messa peggio di due capitoli fa.
Solo dopo Madoka notò che la ragazza aveva con sé una valigia bella piena.
«Ma…che ti è successo!?».
«Kyoya mi ha cacciata di casa, ho dimenticato le chiavi dello studio in sede e la WBBA è vuota perché sono tutti in giro per lavoro.» Rispose sbuffando «Posso stare un po’ di giorni da te? Si tratta di una, massimo due settimane! Finché non verrà qualcuno ad aprirmi la sede così che io possa tornare a casa.»
Inutile dire che la meccanica era al settimo cielo. Ospitare il proprio idolo non capitava mica tutti i giorni.
Anche se quel momento non era dei migliori. Fare incontrare Paschendale e Ayame avrebbe causato un po’ di disagi, e forse anche qualche rissa, ed essendo Ayame più alta e in forma di Paschendale (visto e considerato che quest’ultima sembrava aver appena partecipato a venti incontri di pugilato), l’eventuale lotta non sarebbe terminata nel migliore dei modi.
«Ma…certo che puoi venire! Però, in questo momento…».
«Grazie mille! Porto dentro la mia roba. Dov’è la camera degli ospiti?» Superò Madoka senza fare troppi complimenti, lasciandola interdetta.
Paschendale entrò in salotto, guardandosi attorno incuriosita in cerca della sua futura stanza. Per fortuna, non s’accorse della ragazza in cucina.
«Non ci posso credere!» Ops! Troppo tardi…
Paschendale si voltò in direzione della cucina. Una bellissima ragazza dal volto famigliare la accolse a braccia aperte.
«Incredibile! Tu sei Paschendale Tategami!» Ayame era pronta ad abbracciarla, ma Paschendale la schivò.
«E tu chi saresti?» Domandò.
«Oh, dove ho messo le buone maniere? Piacere, sono Ayame Tokada! E sono una tua grandissima fan.» Concluse con un occhiolino.
«Una mia fan? Ma se ieri hai messo in dubbio le mie capacità!» Ribatté.
«Eheheheh! Ra-ragazze, scusatemi due secondi!» S’intromise Madoka, imbarazzata e spaventata allo stesso tempo. «Ormai è ora di cena! Perché non accantoniamo le discussioni e cominciamo a mangiare i manicaretti che ho preparato per voi?».
«“Per lei”, vorresti dire. Non sapevi neanche del mio arrivo.»
«Ce ne sono abbastanza per tutte e tre! Che ne dite?».
Le ragazze fermarono la discussione, continuando a fissarsi in modo piuttosto divergente. Finché entrambe, senza dire una parola, s’avviarono in cucina.
 
Ayame mescolava la propria porzione, mentre Madoka e Paschendale mangiavano fameliche.
C’era un po’ d’imbarazzo, e Ayame aveva proprio voglia di fare la stronza con la sorella del blader, a suo parere, più sfacciato del mondo.
«Ehi Madoka! Ti ho detto che ieri sera mi sono fatta Tsubasa?».
Paschendale fece finta di niente continuando a mangiare.
Lo sguardo di Madoka la pregava di smetterla.
«Lo sai? Ho l’impressione che quel blader abbia davvero un debole per me, proprio come la maggior parte dei bladers più forti.» Cominciò a vantarsi ad alta voce sperando di suscitare l’invidia di Paschendale, la quale, però, la snobbava bellamente.
“È giunto il momento di un attacco diretto!” pensò Ayame.
«Allora, Paschendale! Posso chiamarti “Dale”? Il tuo nome è davvero troppo lungo!».
«No!» Rispose prontamente.
“Come minimo dovresti chiamarmi “Signor Presidente Paschendale Tategami”, razza di oca!”.
«E Dale sia!» Non aveva ancora smesso di provocarla.
«Avrei un po’ di domande da farti. Così, per conoscerci meglio! Esattamente, quali sono le tue occupazioni alla WBBA? Il Beyblade è uno sport fantastico, ma passare anni e anni della propria vita solo occupandosi di quello, non è un po’ noioso? Ad esempio, prendi me: mi considero una blader, ma faccio altre cose, come…».
«Come farsi cento ragazzi in discoteca? No grazie, preferisco lavorare con delle stupide trottoline per tutta la vita piuttosto che comportarmi così.»
Madoka stava per scoppiare a ridere.
Ayame era “leggermente” adirata.
“Insomma, mi ha dato della sgualdrina indirettamente”.
«Ahahah! Solo perché hai dedicato tutta la tua vita al Beyblade, pensi forse di essere migliore di me? Io non credo, perché oggi, io e il mio Thermal Eridanus siamo pronti a sfidarti!» Le mostrò il beyblade con orgoglio.
Paschendale sospirò annoiata.
«Carissima, non vedi come sono conciata? Ho avuto un litigio all’ultimo sangue con mio fratello e ho fatto un viaggio di ritorno eterno dall’Africa fin qui. Praticamente non ho dormito.»
«Tutte scuse. Hai paura di me, ammettilo!» La sfidò Ayame, incrociando le braccia.
«Allora sei fatta! Non ho detto che rinuncio alla sfida, ma che vorrei riposarmi un po’, dato che sono praticamente morta!» Paschendale cominciava ad innervosirsi.
Madoka temeva il peggio. Le due ragazze s’inquadravano tramite sguardi infuocati. Avrebbero voluto squartarsi a vicenda.
«Dov’è finita la Paschendale Tategami di un tempo? Quella che non si fermava davanti a nulla? Quella che se c’era bisogno d’uccidere per vincere, lo faceva senza pensarci due volte?».
Ayame aveva decisamente esagerato con le provocazioni.
Paschendale smise di mangiare, posò la forchetta e incrociò le braccia.
«Okay, bella, stammi a sentire! Se proprio ci tieni a batterti con me te lo lascio fare, ma poi non venirmi a dire che sono più debole di un tempo. Ti è chiaro il concetto?». Paschendale era molto sicura di se, assolutamente certa di vincere l’incontro.
«D’accordo! Avanti, Madoka, andiamo in palestra.»
«Io direi che sarà più divertente combattere qui fuori, che ne dici?».
«Qui fuori!? Ma non è un campo da gioco regolare!» Ribatté Ayame.
«Un blader degno di questo nome deve essere pronto a combattere su qualunque tipo di campo.»
Ayame non sapeva davvero come rispondere. C’era sicuramente sotto qualche trucchetto.
«Che ti prende? Hai forse paura, Tokada?» La sfidò Paschendale.
Ayame uscì dalla porta, con le altre due ragazze al seguito.
 
Il cemento della strada era piuttosto rovinato, ma un buon beyblade è sempre pronto a scontrarsi su qualsiasi tipo di terreno.
 
 
IN POSIZIONE!
3…2…1…PRONTIIIII…LANCIOOO!!!!!
 
 
«Attacca Eridanus! Fiume in pie…!».
«Hydra, Horror Vacui.» Paschendale interruppe l’avversaria prontamente.
Sunset Hydra spinse Thermal Eridanus con una forza incredibile contro una parete, provocando in seguito una fortissima esplosione.
Il bey verde-acqua si era incastrato nella parete.
Il bey nero saltò in mano alla sua blader.
L’incontro era durato a malapena un secondo.
«Che cosa!?» Ayame si stupì molto notando che Paschendale l’aveva battuta con tanta facilità, tuttavia, cercò di non mostrare il suo dispiacere, nascondendolo con un sorriso sfolgorante.
Rientrarono in casa.
Paschendale prese una fetta della torta preparata da Madoka, si sedette sul divano e iniziò a mangiarla.
«Mi dispiace davvero, Ayame!» Disse la meccanica all’amica, a bassa voce.
«E per cosa? Non ti devi preoccupare, sono cose che capitano!» Ayame non sembrava affatto giù di morale. «Forse, però, è meglio che vada! Ci vediamo!».
«Okay! Ciao Ayame! Buonanotte!».
La blader s’avviò verso l’uscio, ma, prima di chiudere la porta…
«Dale! Un’ultima cosa…».
Paschendale si girò in direzione della sua interlocutrice, inquadrandola con occhio truce.
«Certo, il Beyblade è fantastico. Però, non ti farai mai nessuno se vivi solo per quello! Buonanotte tesoro!».
Ayame chiuse la porta.
 
«Oh Dio, Paschendale! Mi dispiace! Non pensavo davvero finisse così.»
 
SBAM!
 
Un piatto volò in aria. In seguito, la torta si spalmò sulla porta d’ingresso.
«Paschendale!! Ma che ti salta in mente!?» Protestò Madoka. «E meno male che hai usato un piatto di plastica!».
«Che razza di oca!» Bisbigliò la blader mantenendo lo sguardo basso. «Crede di essere l’unica ragazza al mondo ad aver perso la verginità!».
«Lasciala perdere. Ayame è fatta così, le piace provocare.» Rispose Madoka, mentre puliva la porta e il pavimento.
«Non ti farai mai nessuno se vivi solo per il Beyblade. Secondo te questi graffi e questi lividi da dove saltano fuori? Da un incontro tra due trottoline?».
Madoka divenne di sale. Credeva che, essendo stata in Africa, Paschendale fosse stata attaccata da qualche belva feroce, oppure, cosa improbabile, si fosse picchiata con Kyoya. Invece, in realtà…
«Paschendale…?» La meccanica si sedette accanto al Presidente.
«Sì?» Domandò l’altra, distrattamente.
«Di…Dimmi la verità. Come ti sei procurata quelle ferite?» Madoka era incredula e incuriosita.
“Ma perché non sto mai zitta!?”.
Iniziò la risposta con un sospiro.
«È…È…È il motivo per cui Kyoya mi ha cacciata.»
«E perché ti avrebbe cacciata? Non aveva assolutamente un bel tono quando chiamai.»
«Eheheh! Vedo che l’hai notato…».
«PASCHENDALE!!!».
«D’accordo, d’accordo! La verità è che…aaaaahhhhhh…sono andata a letto con un tipo.»
Madoka se l’aspettava, ma una parte di lei sperava non fosse vero.
«Che tipo?».
«Un tipo…».
La meccanica alzò un sopracciglio.
«Un blader?».
«Sì.»
Paschendale non voleva collaborare.
«Nile?».
«No.»
«Damure?».
«No.»
«Benkei?».
«NO!».
«Hai idea di quanti bladers ci siano al mondo!? Dammi qualche indizio!».
Paschendale cercò di girarci intorno. Dire il nome di quel blader era l’ultima cosa che voleva.
«Che genere d’indizi? Vuoi sapere se è forte, se è debole, com’è fisicamente…».
«Un indizio, Paschendale! E che cavolo, parlami di lui!».
«Va bene, Madoka, va bene, non ti scaldare! Allora: è…alto, muscoloso, è stato battuto solo da Ginka e…» stava per dare l’indicazione principale. «…il suo beyblade ha la rotazione inversa.» Concluse, tutta d’un fiato.
Madoka rimase a fissarla, senza parole. Prese fiato e s’alzò in piedi, assolutamente sconcertata.
«COSA DIAVOLO TI E’ SALTATO IN MENTE DI ANDARE A LETTO CON RYUGA?».
«Oooohhhh! Senti, non ti vorrai mica comportare come Kyoya!».
«SO ESSERE MOLTO PEGGIO DI KYOYA! ACCIDENTI, CON TUTTI I RAGAZZI CHE CI SONO SULLA TERRA, DOVEVI ANDARE A LETTO PROPRIO CON LUI!?»
«Beh! Guarda il lato positivo: lui mi ha fatto perdere la verginità e da quel momento ho sempre e solo fatto sesso con Ryuga…!».
Madoka ringhiò, cercando il “lato positivo” in quell’affermazione, anche se non lo trovava.
«Quante volte l’avete fatto?».
-Boh, non lo so…- non era la risposta migliore -…più o meno…sei o sette…».
Madoka stava per svenire. Le girò le spalle e nascose la rabbia che aveva in sé.
«Ma ci conosciamo da alcuni anni, ormai! Non è una cosa poi così strana!».
«NON IMPORTA QUANTO SIA STRANO! TI RENDI CONTO DI CON CHI SEI ANDATA A LETTO? RYUGA E’ UN BLADER SPIETATO E MOLTO PERICOLOSO. LA PROSSIMA VOLTA CHE VI INCONTRERETE, POTREBBE FARTI SERIAMENTE DEL MALE!!».
«Non è mai successo niente del genere in quasi un anno che lo conosco.»
Madoka era sempre più sconvolta.
Fece il punto della situazione: aveva due nuove amiche: Ayame, una mezza sgualdrina che provocava a tutto spiano, e Paschendale, ragazza molto impulsiva che era andata a letto con l’essere umano peggiore sul pianeta.
“La situazione non potrebbe andare peggio di così!” rifletté la meccanica.
«Non mi vorrai mica cacciare anche tu?» Domandò col tono più gentile possibile, facendole anche gli occhi dolci.
«No. Non voglio che ti succeda qualcosa di male. La tua stanza è di sopra. Buonanotte.» Madoka salutò la sua temporanea coinquilina con tono freddo e distaccato.
Paschendale salì le scale, tristemente.
 
L’indomani mattina, le due ragazze si ritrovarono in cucina a fare colazione.
Tutto quello che si scambiarono fu un freddo “buongiorno”, dopodiché, cominciarono a mangiare in silenzio.
 
«Kyoya come l’ha scoperto?».
«Di nuovo con questa storia!».
«Ti ho fatto solo una domanda.» Madoka non era mai stata tanto fredda.
«Aaaaaahhhhh…Kyoya entrò nella roulotte mentre ero al computer, per fortuna Ryuga se n’era già andato da un pezzo. Però, mio fratello notò che avevo sul corpo molte più ferite rispetto al giorno prima e, trovò la camicia di Ryuga sul divano.» Paschendale si morse le labbra, nervosa.
«Aspetta un attimo! Che significa che avevi più ferite rispetto al giorno prima?».
Paschendale fece un altro respirone. «L’abbiamo fatto due volte nel giro di due giorni.»
L’espressione di Madoka non variò. Ormai non c’era più niente che la potesse sconvolgere.
«Spero davvero col cuore che tu non mi consideri peggio di quell’oca della Tokada. Io ho avuto un unico “ragazzo”, lei almeno un centinaio!».
«Paschendale, perché ti sta tanto sulle scatole quella ragazza?».
«Insomma, Madoka, mi chiamava “Dale”!!! Solamente perché trovava il mio nome troppo lungo!!! Non ti piace il mio nome per caso? Solo perché il tuo significa “iris” e il mio “titolo di una canzone heavy metal che tratta una sanguinosa battaglia durante la Prima Guerra Mondiale”, non vuol mica dire che il tuo nome sia più bello del mio!».
«Beh, il vostro primo incontro è stato un po’ brusco. Tuttavia, penso che dobbiate cercare di riappacificare il vostro rapporto. Sai com’è, mi sembra che tu sia l’unica ad avere dei problemi con lei…».
Paschendale si pietrificò e assunse un’espressione interrogativa. «È forse un modo gentile per dirmi che sono l’unica sfigata a cui Ayame sta antipatica?».
‘Sta volta era la blader ad essere incavolata, e Madoka la vittima. Quest’ultima non sapeva proprio come rispondere, ma la sua espressione diceva tutto.
Con una mossa veloce e improvvisa, Paschendale si diresse di sopra, avanzando con passo marziale e determinazione.
Al piano superiore si sentiva la voce del Presidente della WBBA parlare da sola. Aveva un tono normale, appunto perché non sembrava avere una voce “adirata”.
Notando ciò, Madoka si rilassò, pensando che Paschendale avesse deciso di telefonare ad Ayame per scusarsi e magari chiederle di diventare amiche.
Dopo circa mezz’ora, Paschendale tornò da Madoka, trionfante, e con un sorriso soddisfatto stampato in faccia.
Madoka sperava nel meglio.
«Hai chiamato Ayame per far pace con lei?» Domandò la meccanica, speranzosa.
«No, meglio!» Rispose l’altra.
«L’hai invitata a pranzo o a cena?».
«Più o meno…».
«Allora che hai fatto? Dimmelo che sono curiosa!» Madoka aveva gli occhi lucidi e pieni di gioia.
«Ho invitato stasera a cena Ginka e gli altri!».
«Ma questo è fantastico! E perché anche gli altri oltre ad Ayame?».
«Eh? Chi ti ha detto che avrei invitato anche Ayame? Non vorrei nemmeno incontrarla per strada, figurati averla a una cena organizzata da me!».
Madoka cadde improvvisamente a terra, con mille gocciolone che le bagnavano la testa.
«Scusa Paschendale…che scopo avrebbe una cosa del genere?».
«Hai detto che Ayame piace a tutti no? Quello che voglio fare, è piacere più di quanto possa piacere quella stupida gallina!».
Madoka era interdetta. Non si sarebbe mai aspettata che il suo più grande idolo fosse tanto rancoroso.
«Paschendale…questo tuo comportamento è davvero infantile.»
Ma l’altra non sembrava ascoltarla. «Su, forza! Che stai aspettando? La cena è stasera! Dobbiamo preparare tutto. Io cucino, mentre tu riordini la casa.»
Le ragazze passarono l’intero pomeriggio a sistemare salotto, cucina, sala da pranzo, bagno ecc.
Madoka era piuttosto contraria alla decisione dell’amica. Non era così il metodo più consono per sistemare le cose, ma quando Paschendale si metteva in testa una cosa, non c’era modo di farle cambiare idea.
Il Presidente, mentre stava ai fornelli, cucinava una marea di piatti buonissimi, e ogni volta che lo faceva, tutti i problemi sembravano essersi dissolti nel nulla.
 
Erano le 19.30, gli ospiti arrivarono e le padrone di casa gli accolsero con un caloroso benvenuto.
Alla cena, oltre a Madoka e Paschendale, c’erano Ginka, Masamune, Zeo, Toby, Tsubasa, Yu e Kenta.
Si sedettero tutti a tavola e cominciarono a cibarsi delle favolose pietanze preparate.
«Delizioso!! Paschendale sei una vera cuoca.» Dissero tutti.
«Vi ringrazio! Ho impiegato tutto il pomeriggio per preparare qualcosa di buono ai miei nuovi migliori amici!» Disse soddisfatta, con aria un po’ ruffiana.
«Ehi, ma…si può sapere perché non c’è Ayame?» Domandò Ginka, completamente ignaro dei problemi che erano avvenuti in precedenza tra le due bladers.
«AHIO!» Urlò il possessore di Pegasus non appena la meccanica gli pestò il piede con forza per farlo stare zitto.
Paschendale divenne di pietra, era chiaro come il sole che stesse bruciando di rabbia.
Davanti a quella curiosa reazione, tramite la quale si capiva che tra quelle due non era tutto rose e fiori, gli ospiti non proferirono parola né mossero un muscolo.
«Possiamo cambiare argomento?» Domandò Paschendale con aria apatica.
“ah, certamente!”, “sì! Decisamente una buona idea!” commentarono tutti.
Parlarono di molte cose durante la cena, e tra queste ci fu la domanda del perché Kyoya avesse cacciato Paschendale. Ovviamente, la ragazza non poteva dire la verità, quindi si inventò che era un elemento disturbante durante gli allenamenti, e quindi Kyoya si era stufato.
La cena era quasi finita.
«Bene! Io e Madoka ci assentiamo un attimo per andare a prendere il dolce!» Disse Paschendale, mentre le due ragazze si avviavano verso la cucina.
 
DLIN DLON!
 
Qualcuno suonò al campanello.
Madoka si diresse alla porta, curiosa di sapere chi fosse, dato che non stavano aspettando nessun altro.
 
«Ciao Madoka!».
«Ayame! Che bello vederti, che ci fai qui?».
«Ora ti spiego: ho scoperto da poco un locale favoloso e non vedevo l’ora di andarci stasera. Quindi mi sono chiesta: “perché non lo chiedo anche a Madoka?”. Allora, che ne dici? Ti sei anche già messa in tiro!».
Madoka, infatti, aveva un graziosissimo vestitino azzurro cielo e un delicato ombretto color pesca.
«Sei…sei molto carina Ayame a invitarmi, però, come dire…» prima di dire alla ragazza che in quel momento Madoka aveva una cena, il discorso venne interrotto dai bladers.
«Veniamo anche noi!» Dissero Masamune e Zeo.
«Fantastico! Sarà una bellissima serata! Però sbrigatevi, il taxi arriverà tra poco.»
Ginka, Masamune, Zeo, Toby e Tsubasa (quest’ultimo non aveva nessuna voglia di rivedere Ayame, ma era stato trascinato fuori dagli altri) si precipitarono fuori dalla porta, spingendo Madoka e “costringendola” a venire con loro.
 
Paschendale, mentre era in cucina, non rimase turbata dall’improvviso silenzio proveniente dalla sala da pranzo. Tuttavia, non appena notò che in quella casa, oltre a lei, c’erano solo Kenta e Yu, la ragazza rimase molto stupita, e non resistette dal chiedere. «E gli altri dove sono finiti?».
Yu e Kenta, che si erano molto spaventati dallo strano attacco di rabbia di Paschendale nel sentire il nome “Ayame”, erano scettici sul dire che…
«E…ecco. È, è venuta Ayame e…gli ha…gli ha portati in un locale.» Rispose Yu con voce tremante.
Paschendale era improvvisamente diventata rigida.
Stringeva poderosamente tra le mani il vassoio con le fette di torta alle fragole e cioccolata per la quale aveva impiegato tutto il pomeriggio.
«Dai Paschendale! Non, non devi fare così…in…in fondo, ci siamo ancora noi due!» Yu tentò di tranquillizzarla. A quelle parole, incredibilmente, la ragazza si calmò, raggiunse il tavolo e poggiò il vassoio.
«Avanti! Datevi da fare!».
C’erano in tutto nove fette di torta, quindi Paschendale distribuì tre fette a testa.
«Ma…non ce la facciamo mangiarle tutte!» Protestò il possessore di Flame Libra.
«Se non le mangiamo ora, la torta domani non sarà praticamente più commestibile, quindi, se non volete che vi sculacci, dovrete mangiarla tutta!».
I due bambini obbedirono senza fare storie.
«Com’è che non siete andati anche voi due con Ayame?».
«Aveva detto che voleva andare in un locale, ma noi siamo troppo piccoli per poterci entrare…» rispose Yu.
«Capisco…».
Non vi ho detto una cosa: il motivo del perché Kenta non avesse ancora spiccicato parola, era perché non riusciva a staccare gli occhi da Paschendale. Insomma, lei era la più grande blader di tutti i tempi! Il suo beyblade, Sunset Hydra, era un cimelio inestimabile, l’ottava meraviglia del mondo.
«Tu sei…davvero Paschendale Tategami!!?».
La blader smise di mangiare per un attimo la torta, ne seguì un verso seccato.
«Cristo santo… Sì! Sono io! Che c’è di tanto eccezionale?».
«Ma come!? Tu sei…la più grande blader della storia! Non posso credere che tu sia seriamente difronte a me!!».
Paschendale non parlò, anzi, ignorò completamente le ultime parole.
«Non dire così…» gli rispose.
Il viso di Kenta, udendo quelle parole, divenne stupito. «Cosa!? Per…perché dici così?».
«Non sono la più grande blader di tutti i tempi.» si rannicchiò su se stessa. «Sono solo una stupida ragazzina immatura che non sa quello che vuole.»
Erano parole dure e convinte. L’autostima di Paschendale era sempre stata pari a zero.
«Pa…Paschendale ma…cosa dici?» Chiese Yu, dispiaciuto nel sentire queste parole.
«È così Yu. Non c’è nulla che io ami di me stessa. Per questo, dubito fortemente di piacere a qualcuno per quello che sono veramente.»
«Ma Paschendale…» iniziò Yu.
«Lo sai, » lo interruppe Kenta «non hai tutti i torti. Non è una cosa poi così strana sentirsi inferiore ad altre persone. Purtroppo, io ti capisco bene.»
Non c’era bisogno che Kenta spiegasse le sue ansie. Tutti sapevano che quel ragazzino aveva delle crisi d’inferiorità rispetto a molti bladers, come a Ginka e a Kyoya ad esempio.
Kenta estrasse il proprio beyblade dalla tasca, osservandolo tramite i suoi occhioni ormai lucidi.
«Mi sono sempre allenato. Ho messo il Beyblade prima di ogni altra cosa, dedicandomi con costanza e determinazione. Ma nonostante questo, noto che esistono bladers molto più potenti di me e non riesco proprio a spiegarmelo.» L’ultima frase la urlò. Le ciglia erano bagnate da lacrime.
Strinse Sagittario nel pugno e abbassò la testa.
Paschendale, che fino a quel momento l’aveva solamente guardato mantenendo un’espressione apatica, gli prese Sagittario dalla mano, osservandolo con attenzione.
«È davvero un bel beyblade!» affermò.
«Di… Dici davvero?».
«Oh sì!» Paschendale spostò lo sguardo su Kenta, riconsegnandoglielo. «Ti assicuro che non sei niente male nel combattere. Ho visto molti tuoi combattimenti. Hai un grande spirito del blader, non c’è dubbio. Però, se davvero ami questo sport, devi mettercela tutta e portare avanti gli allenamenti.»
Kenta si tranquillizzò.
«Inoltre, nel tuo cammino troverai molte difficoltà. Però la cosa più importante è che non ti venga mai in mente di abbandonare tutto. A chiunque può capitare di sentirsi inferiori ad altri, però questo non deve farti scoraggiare. Ogni volta che ti vengono questi attacchi d’inferiorità, pensa a me: la più grande blader al mondo che si sente inferiore a qualcun altro.»
Kenta non sapeva cosa dire. Ottenere dei consigli così importanti da una campionessa come Paschendale Tategami era praticamente un sogno.
«Ti ringrazio di cuore!» Le disse.
Dopo quel triste e commuovente momento, i tre bladers cominciarono a trascorrere il tempo rimanente con tanti altri discorsi di vario genere.
 
 
Non era dispiaciuta, ma non era neanche soddisfatta al cento percento. A causa di quella stupida di Ayame, i suoi amici, sui quali ci teneva far colpo, se n’erano andati prima del dolce. Tuttavia, la parte più bella della serata fu data dalla compagnia di Kenta e Yu. Li trovava dei bladers davvero forti e dei ragazzini simpatici e gentili; peccato che fossero tornati a casa.
Paschendale salì in camera sua. Era piuttosto stanca, in fondo aveva lavorato tutto il giorno.
Si tolse i vestiti, rimanendo in intimo, pronta a farsi una bella doccia rilassante.
Ma non riuscì ad ignorare la sua immagine riflessa nello specchio accanto al letto. Il suo corpo era più rosso-violaceo che roseo. Alcune di quelle ferite le facevano ancora male, ma molti dei graffi erano già guariti.
Si diresse in bagno, tentando di dimenticare l’immagine che aveva appena visto, ma poi, all’improvviso, ne trovò una ancora peggiore.
 
«AAAAAAAAAAAAAAAAHHHHH!!!!!!!».
 
Corse spaventata fuori dal bagno, nascondendosi sotto il lenzuolo del letto con solo la testa che sbucava.
«Tsk…non pensavo di farti tanta paura.» L’ultima persona sulla faccia della Terra che Paschendale avrebbe voluto vedere in quel momento (e forse per il resto della vita) era appoggiata alla porta con le braccia conserte. Indovinate un po’ chi era?
«Ma allora sei fissato, Ryuga!» Gli urlò contro, nascondendosi ancora di più sotto le coperte, cercando di non fargli vedere il corpo mezzo nudo.
«Ti stai comportando come se ti vergognassi di farti vedere. È un po’ tardi ormai.»
«Taci!» Gli urlò.
Ryuga fece un mezzo sorriso divertito, poi, ignorando il rifiuto di Paschendale, salì sul letto mettendosi sopra di lei. Solamente il lenzuolo li divideva.
Paschendale si nascose completamente, mugugnando.
«Non toccarmi! O chiamo la protezione animali!» (RebelYell:-La protezione animali o.O?- Paschendale:-Ehm…volevo fargli paura ma…a quanto pare…-).
Ryuga non commentò e rimase nella sua posizione.
Paschendale sollevò il lenzuolo, guardando il ragazzo negli occhi con aria seccata.
«Ascolta, non ti chiederò come facevi a sapere che ero qui, ma pretendo di sapere che diavolo vuoi adesso!».
Ryuga si sollevò leggermente dal corpo della ragazza.
«Non voglio farti nulla, desidero solamente parlarti.»
«Ecco, bravo! Perché stavolta non voglio assolutissimamente tornare a letto con te, sia ben chiaro.»
Il blader le accarezzò le labbra, notando i tagli rosso sangue che lui stesso le aveva procurato.
Paschendale non mosse un muscolo.
«Queste ferite non riescono a guarire.» Commentò.
«Non solo quelle.» Rispose Paschendale, alludendo a qualcosa di metafisico.
«Ci ho riflettuto - non ha senso andare avanti se non è quello che vuoi.»
Che cosa!? Ryuga l’aveva rifiutata? Aveva seriamente deciso di dimenticarsi di lei?
Il blader s’allontanò dal letto, pronto ad andarsene.
«Mi stai dicendo che vuoi dimenticare tutto quello che c’è stato tra noi!?».
Ryuga si trovava al centro della stanza, voltò le spalle, senza dire una parola.
Paschendale s’alzò dal letto con uno scatto, dimenticandosi di essere solo in intimo.
«Ma…Ma no! Perché hai deciso così!?».
«Te l’ho già spiegato. Per me può essere importante, ma per te no. Non è nel mio stile perdere tempo.»
“Oddio! E adesso cosa dico? Diamine, questa situazione è anche peggio di quell’altra!”.
Prima di uscire dalla stanza, il blader notò la sua camicia bianca accanto al letto di Paschendale.
La raccolse.
La ragazza arrossì e abbassò il viso.
Ryuga ne dedusse che aveva dormito con quell’indumento, tanto per ricordarsi di lui.
Il blader sorrise lievemente, rindossando la camicia sulle spalle.
«Dio mio! Non pensavo fossi così insensibile!! Cioè…no!» Era talmente fuori di se da non riuscire nemmeno a formulare una frase. «Sei stato tu a dimenticarti totalmente della mia esistenza per dedicarti al Beyblade!» Urlò.
«Ora non è più così.» Rispose con tono deciso.
Paschendale ammutolì, fissandolo incredula.
«Che…che cosa…che cosa hai detto…?» Chiese con voce tremante tanto era il suo sbigottimento.
«Tu mi hai dato molto più di quanto mi abbia dato L-Drago.» Disse lui, freddo, dandole le spalle.
Ryuga non si aspettava una vera e propria risposta, ma chissà per quale ragione rimase fermo sulla porta, senza avere fretta d’andarsene.
«Sigh…».
Il blader si voltò a guardare Paschendale: aveva lo sguardo basso e una mano sugli occhi. Singhiozzava.
«Non starai mica piangendo, spero.» Disse con aria seccata.
«Sigh…NO.» La ragazza gli diede le spalle, non riusciva a smettere di singhiozzare. Non voleva, di nuovo, mostrarsi debole difronte a lui.
«Sì invece!» Affermò Ryuga, stupito. «Perché piangi?» Proseguì indifferente.
Paschendale tirò un lunghissimo e rumorosissimo respiro, serrando gli occhi che non smettevano di lacrimare.
«Non lo so, Ryuga. Devo ancora inquadrare esattamente ciò che provo per te.»
Finalmente! Lui aveva ceduto. Ora era lei a decidere della loro “relazione”. Poteva o concedersi o farlo soffrire terribilmente.
La reazione di Ryuga a quelle parole fu molto…strana.
«Beh, questo anch’io.» oppure no…?
«Cosa?» Domandò Paschendale, girandosi verso di lui «CHE VORREBBE DIRE “QUESTO ANCH’IO”!?» La blader era confusa e stufa di tutti quegli strani enigmi. Insomma! Aveva il suo cuore su un piatto d’argento e ora quello la stroncava così!
«Ho solo detto di ritenerti più importante di L-Drago, non di voler passare il resto della vita con te.»
Che cosa!? L’aveva ingannata!! Di nuovo, per giunta!!
«Tu sei V-E-R-A-M-E-N-T-E un grandissimo bastardo.»
Ryuga rispose con uno dei suoi soliti ghigni sadici, mentre si avviava giù per le scale.
Paschendale lo rincorse.
«Ehi! Dove vai?».
«Ad allenarmi, e dove sennò?».
«Ad allenarti dove?».
«Su un’isola, qui vicino. È un posto interessante dove voglio far combattere il mio L-Drago.»
Ryuga aprì la porta e uscì dalla casa.
Paschendale lo inseguì fin fuori, per un piccolo tratto.
«Ryuga!!».
Il blader si arrestò.
«Pensaci!» Gli raccomandò.
Il ragazzo sorrise senza dire una parola e se ne andò per la propria strada.
 
 
Erano circa le 3 del mattino.
Madoka, stanchissima, era appena arrivata a casa, leggermente brilla a causa di tutti i drink ingeriti.
Purtroppo però, non poteva ignorare il lavoro che la stava aspettando. Infatti, il suo caro, carissimo amico Ginka, nonostante si stessero molto divertendo in quel locale, non riusciva a dimenticarsi neanche per un secondo del Beyblade. Perciò, aveva chiesto alla povera Madoka di sistemare il suo Galaxy Pegasus in vista del torneo mondiale tanto atteso.
Assonnata e ancora piuttosto confusa, Madoka si recò nel laboratorio al piano di sotto.
Preparò la postazione e iniziò il suo lavoro.
Dopo un paio d’ore, finalmente, Pegasus era pronto.
«Evviva ce l’ho fatta! Finalmente! Sono davvero soddisfatta del risultato. Certo che quel blader combatte davvero moltissimo per avere un beyblade quasi sempre in questo stato! Beh, pazienza, infondo ora è tornato come nuovo!».
La meccanica rimase in contemplazione del suo lavoro, controllando che non ci fossero altre cosette da sistemare.
Improvvisamente, la stanza s’illuminò di una luce strana, molto più bianca della lampada alogena del laboratorio, e soprattutto, molto più potente.
Dalla bocca di Madoka uscì un verso strozzato di stupore e spavento. Alzò gli occhi verso la stretta finestra rettangolare sopra la sua testa.
La luce veniva da lì, impiegando pochissimo tempo a invadere tutto lo spazio circostante.
Una forza invisibile fece cadere Madoka dalla sedia.
Il tutto durò meno di due secondi.
In seguito, come se non fosse successo nulla, la luce svanì completamente.
«Accidenti! Ma cos’è stato quel bagliore!? Da dove proveniva!?» Si domandò stupita, finché a un certo punto, Pegasus ricatturò la sua attenzione. «Cosa? Pegasus brilla…?». Effettivamente quel beyblade, che non aveva assunto nessun aspetto particolare, risplendeva di una strana luce.
«Impossibile… Sono molto stanca, probabilmente ho visto male. Coraggio Madoka! Ancora qualche ritocco e poi a nanna.»
Ricominciò il proprio lavoro come se non fosse accaduto nulla d’importante, ignara che quel curioso fenomeno astronomico avrebbe condizionato la salvezza o la distruzione dell’umanità.





Grazie mille a:
-AxelKyo, per aver messo la FF tra le preferite e per avermi aggiunto tra gli autori preferiti;
-Kya88ryu, per aver messo la FF tra le seguite.
Grazie davvero di cuore! :,)

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Capitolo 10
*** Sangue, ricordi e nuovi dati ***


Salve lettori! Come state?
COMUNICAZIONE IMPORTANTE e poi vi lascio al capitolo ^^’
Allora, da questo punto in poi, si entra in tutto e per tutto all’interno della Fury (yeeee!!! :DDD). Però, come molti di voi già sanno, io considero questa serie di una bellezza unica e inestimabile *.* (e che purtroppo è finita ç___ç) e quindi, essendo io un essere troppo inferiore e sottosviluppato per permettermi di rivoluzionare tutta la trama, parlerò spesso delle parti in cui appariranno Paschendale e\o Ayame e, al massimo, cambierò qualche cosuccia della trama stessa.
Non fraintendete, i miei OC avranno comunque un senso nella Fury, non staranno lì a fare le belle statuine ;)
Vi chiedo di perdonarmi se non mi metterò a descrivere in modo prolisso TUTTI GLI  STESSI avvenimenti della serie originale, anche perché finirei per annoiarvi e la FF diventerebbe troppo lunga persino per me.
Quindi, ho avuto la MITIKA IDEA di segnare a quale episodio della Fury fanno parte le varie “scene”.
Lo so che probabilmente dopo questo piomberanno una quantità industriale di recensioni neutre\critiche, ma la ragione ve l’ho già spiegata prima.
Parlando di qualcos'altro, vorrei rendervi partecipi del fatto che mi sono appena regalata Ray Striker e Rock Zurafa (lo so, vi interessa molto XD), grazie per l’attenzione!
Concludo ringraziando LoryLauren che ha messo la FF tra le seguite e Fely38 che l'ha messa tra preferite, seguite e ricordate ^^
Grazie anche a tutti coloro che hanno fatto aumentare le recensioni da 10 a 22 (in particolare a Kya88ryu che mi ha recensioto tutti i cap).
Bene! Detto questo, buona lettura ;)
 
RebelYell
 
PS: mi dispiace ma il capitolo è un po’ cortino, e scusate anche se magari vi fa schifo (anche perché non piace nemmeno a me >.<)


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"Where I was
 I had wings that couldn't fly" 
 

Episodio 3 - La trappola della lince
 
Era stata una giornata pienissima. Ciò che era accaduto aveva dell’incredibile. E adesso, doveva addirittura partire per una strana isola della quale non conosceva nemmeno il nome. Però, prima d’iniziare il viaggio, doveva tornarsene a casa a recuperare il kit di riparazione.
La meccanica aprì la porta di casa, precipitandosi in camera sua per preparare la valigia.
«Hhmm…Madoka, sei tu?» domandò una voce alle sue spalle.
«Hm? Ciao Paschendale! Ma…ti ho svegliata per caso?». La domanda era lecita: il Presidente della WBBA si strofinava gli occhioni assonnati, portava ancora il suo pigiamone azzurro e i lunghi capelli castani erano raccolti in uno shignon.
«È pieno pomeriggio. Insomma, come cavolo facevi ad essere ancora a letto!?».
Paschendale cominciò a sbadigliare. «Devo essermi ammalata. ETCHU’!» finì il discorso con un bello starnuto.
«Effettivamente non hai una bella cera» commentò Madoka.
«Credo di avere la febbre…Eh…ETCHU’!».
La meccanica mise una mano sulla propria fronte e l’altra su quella della blader.
«Più che calda, sei molto fredda. Avanti! Sdraiati sul divano, vado a prendere un termometro.»
Paschendale si sdraiò. Poco dopo, Madoka le portò l’oggetto di vetro ficcandoglielo in bocca senza troppi complimenti.
«Ah, dimenticavo! Devo raccontarti una cosa incredibile!- cominciò la meccanica, eccitata –Sta mattina, io, Ginka e Kenta abbiamo ricevuto un biglietto sul quale c’era scritto che un blader misterioso voleva battersi con Ginka. Quindi, come da indicato, ci siamo recati sull’Isola della Nebbia, e indovina un po’ chi era quel misterioso blader…».
Paschendale non poteva parlare avendo la bocca occupata.
«Tuo fratello Kyoya in compagnia di Benkei.»
La blader era piuttosto stupita, però ce l’aveva ancora con Kyoya per averla cacciata di casa.
«Così Ginka e Kyoya hanno combattuto, e lo scontro è finito in parità. La cosa strana, però, è che i loro beyblade si sono trasformati. Infatti, adesso si chiamano Cosmic Pegasus e Fang Leone.»
«Perché?» domandò Paschendale, con finta curiosità.
«Per una strana coincidenza, abbiamo incontrato un ragazzino astronomo di nome Yuki Mizusawa, che ci ha raccontato che esistono dieci blader leggendari, tra cui Ginka e Kyoya, che dovranno distruggere Nemesis, il Signore della distruzione. È una storia un po’ complessa, te la racconterò con più calma.»
Madoka aveva appena finito di fare la valigia, pronta per uscire.
«Madokaaaa! Aspetta!» urlò Paschendale, sdraiata sul divano mezza moribonda.
«Oh, scusami! È che sono talmente emozionata per questa nuova avventura che mi ero dimenticata» Madoka prese il termometro leggendo la temperatura indicata.
Rimase a bocca aperta.
«Paschendale, hai 32°C!».
«Come? Così pochi?».
«Che peccato! Avrei tanto voluto che venissi anche tu per intraprendere questo viaggio!».
«Eh già…» rispose, non troppo convinta o dispiaciuta «Vabbuo, vado di sopra a riposarmi un po’. Tu va pure, posso restare a casa benissimo da sola.»
Paschendale sembrava tranquilla, però Madoka era molto preoccupata. Avere la febbre era una cosa, ma un tale abbassamento di temperatura era strano, persino pericoloso.
«No, Paschendale.»
«Che c’è?» domandò la blader, a metà delle scale per andare al piano superiore.
«Non ti lascio da sola. La sede della WBBA aprirà tra circa tre giorni. Non mi sento tranquilla a pensare che starai qui senza che nessuno ti controlli!».
Paschendale era interdetta. «Madoka, non è nulla di che.»
La meccanica non l’ascoltò, anzi, si precipitò subito al telefono in una stanza vicino per chiamare una futura “badante”.
Dopo circa un minuto, bussarono alla porta.
Madoka corse ad aprire.
«Ehilà, Madoka! What’s up!?».
«Ciao Ayame! Grazie per essere venuta!».
Che cosa? Madoka aveva chiamato Ayame per aiutare Paschendale?
«Ciao Dale! Che piacere rivederti!» le sorrise la ragazza dai capelli blu.
«E lei che ci fa qui?» domandò l’altra, pensando il peggio.
«Paschendale, prima ho parlato ad Ayame della tua salute. Abbiamo deciso che rimarrà qui finché non starai meglio.»
Ayame non sembrava infastidita. Paschendale era tutto il contrario.
«Io non ci dormo con quella in giro per casa. Potrebbe soffocarmi nel sonno con un cuscino.»
«Avanti, Paschendale, non fare i capricci. Non voglio per nessun motivo che voi due vi odiate così tanto.» disse Madoka, ormai un po’ stufa di tutta quella storia.
«Non è che io la odi, è solo che, se lei stesse andando a fuoco ed io avessi dell’acqua, la berrei.» affermò la Presidente, senza peli sulla lingua.
«Ahahahah! Oh mamma, Dale! Sei così simpatica!».
«Grrrrr!!».
«OK! ORA BASTA! PARLIAMO DI COSE PIU’ SERIE.»
Le altre due ragazze fissarono Madoka in silenzio.
«Per caso è successo qualcosa di strano ai vostri beyblade di recente?».
«No, nulla. Perché ce lo chiedi?» domandarono all’unisono.
«Niente, non è niente. Bene, io starò via un po’ di giorni per alcune faccende importanti. Mi raccomando, Ayame, prenditi cura di lei. E tu Paschendale comportati bene, chiaro?».
Le ragazze fecero un cenno affermativo con il capo, finché poi Madoka uscì dalla porta.
 
La tensione tra le due blader era palpabile.
Occhi azzurri rancorosi che incontrano uno sguardo ametista apatico.
Il silenzio venne spezzato dal battimani di Ayame.
«Avanti, Dale. Va’ a letto che ti preparo una tisana.»
«Ci vado perché sono io a volerlo e non perché me l’hai detto tu!». Se ne andò, incavolata nera.
Ayame si recò in cucina, rimanendo sbigottita da tutta la confusione che c’era.
«Mamma mia, che disordine! Quella ragazza (riferendosi a Paschendale) non fa mai un po’ di pulizia.»
La blader mise l’acqua a bollire. Nel frattempo, spostò un po’ d’oggetti dal tavolo, tra cui una borsa nera. Nello sposarla, uscirono un paio di cose che si sparsero sul tavolo. Fu una di queste in particolare ad attirare la sua attenzione: una piccola fotografia.
La prese in mano, osservandola con stupore.
Vi erano raffigurati un ragazzo e una ragazza. Avevano gli stessi occhi, color dello zaffiro.
Lei sorrideva, lui era serio.
Il cuore di Ayame perse un battito.
Quella foto le aveva portato a mente tantissimi ricordi, che per lei però, non erano più troppo importanti.
«Kyoya…» bisbigliò.
Era una foto scatta recentemente. Proprio non si ricordava che il suo ex-ragazzo fosse tanto bello.
Chissà se in quel periodo aveva una ragazza, oppure la sua vita era solo occupata dal Beyblade.
Non aveva troppa voglia di rimmergersi nei ricordi. Per quanto riguardava l’universo maschile, preferiva mantenere un atteggiamento insensibile, fregandosene di tutti i ragazzi con cui era stata e spezzando loro il cuore, provandone piacere.
Tutti erano sempre stati pronti a perdonare tutti i suoi errori pur di continuare a frequentarla.
Tuttavia, Kyoya era diverso.
Ricordava le sue parole come se fossero state pronunciate il giorno prima:
 
«Ti comporti come se fossi intoccabile Ayame. Commetti tutti i tuoi errori con così tanta sfacciataggine e sicurezza. Tanto, tu credi di avere tutti in pugno vero? Che l’intero pianeta abbia totalmente perso la testa per te. Scendi dal piedistallo Ayame. Non tutti sono disposti a sacrificare il proprio orgoglio in questo modo.»
 
«Kyoya, chissà se conoscerò mai un altro come te…» sospirò.
Ormai pensare a lui non le faceva quasi più nessun effetto, se non…rabbia. Esatto. La rabbia data dal pentimento di non averlo mollato lei per prima.
-Hm? E questa cos’è?- la sua attenzione fu catturata dal secondo oggetto uscito dalla borsa, in precedenza.
Era una piccolissima boccetta di vetro sorretta da una catenina dorata, probabilmente per essere portata al collo come collana.
Al suo interno, vi era un liquido rosso scuro.
Ayame aggrottò le ciglia sottili, non avendo la più pallida idea del significato che potesse avere quell’ampollina.
La teiera fischiò, segno che l’acqua per la tisana era pronta.
Mise tutto su un vassoio e lo portò di sopra in camera di Paschendale.
 
La blader era seduta sul letto, intenta a mandare degli SMS.
Ayame appoggiò il vassoio sul comodino, versò la bevanda nella tazza e gliela offrì.
Paschendale la prese, senza dare bada a nulla fuorché al cellulare, ma, prima di bere, guardò Ayame malissimo.
«Mi vuoi avvelenare, per caso?».
«Ahahah! Ma Dale, che ti salta in mente!? Non sono così perfida!».
“Già…effettivamente per un’oca come te sarebbe troppo elaborato come piano omicida”.
Sorseggiò la tisana senza pensarci troppo.
Improvvisamente, smise di bere.
Notò che Ayame era ancora lì, in silenzio, a guardarla con un sorriso.
«Perché sei ancora qui?».
«Non mi vuoi?».
«Mi infastidisci.»
«Volevo chiederti una cosa.» cominciò Ayame.
Paschendale rimise la tazzina sul comodino. Incrociò le braccia e sospirò, attendendo la domanda.
«Posso chiederti cos’è…questa?» stringeva in mano l’ampollina.
Paschendale sbarrò gli occhi, strappandogliela di mano con un gesto fulmineo.
«HAI FRUGATO NELLA MIA BORSA!?» le urlò.
«Diciamo che è uscita mentre sistemavo la casa.»
Paschendale si calmò. Stava troppo male per mettersi a litigare con qualcuno.
«Allora? Che cos’è?».
«Che cos’è!? È sangue, cosa vuoi che sia!?».
«Di chi?».
Si ammutolì. Non voleva parlarne, ma sapeva che se non gliel’avesse detto le avrebbe fatto una testa così.
«Di un ragazzo che mi ha spezzato il cuore. E che io non riesco a spezzare il suo.»
Erano parole amare e dure.
Ayame notò subito la tristezza di quella ragazza venire fuori tutta d’un colpo.
«Ne vuoi parlare?» domandò la blader, credendo che la migliore medicina fosse confidare tutto a qualcuno.
«È una storia lunghissima. Non ne ho mai parlato con nessuno, e penso che non lo farò mai.»
«Capisco, ma almeno, dimmi perché continui a conservare il suo sangue.»
Paschendale non variò d’espressione. «Non lo so nemmeno io. Ma, l’idea di avere il suo sangue vicino, mi fa sentire al sicuro.»
Che strano. Non aveva mai sentito di nessuno che tenesse il sangue di una persona accanto.
«Ora, parlami di questa fotografia.»
Paschendale strappò dalla mano anche quella.
«Ma sei capace di farti i cavoli tuoi o no!?».
«Quel ragazzo è Kyoya Tategami, vero? Il famoso capitano degli Zanna Selvaggia.»
«Ahhh…sì, è proprio lui. E sfortunatamente è anche il mio “simpaticissimo” fratello maggiore» rispose gonfiando le guance.
«È davvero un bel ragazzo. A parte per gli occhi, non vi assomigliate molto.»
Paschendale la fissò col suo solito sguardo truce, cercando di ignorare quell’offesa indiretta.
«Quand’è stata scattata?».
«Ce l’ha fatta Benkei qualche giorno fa. Aveva insistito e dopo gliel’abbiamo lasciata fare» rispose, continuando a sorseggiare la tisana.
«Capisco. E dimmi, tuo fratello è single, per caso?»
Paschendale sbarrò gli occhi. «Ma certo che è single! Non riesco immaginare nessuno che possa sopportare quel presuntuoso, a parte Benkei.»
«E…sai se ha avuto qualche ragazza ultimamente.»
A differenza di molte altre ragazze, Paschendale si annoiava a parlare della vita sentimentale della gente. Non era per niente pettegola e odiava spiattellare in giro i fatti altrui.
«Ahhh…penso di no. Anche se, effettivamente, ce ne sono di ragazze che gli sbavano dietro.» disse grattandosi il mento «Ma dubito che possa interessargli una ragazza se questa non è di metallo e non gira su se stessa…PROPRIO COME LA PENSANO MOLTI ALTRI BLADER!».
«Ah, allora è di un blader qual sangue, la tua reazione dice tutto» affermò Ayame.
«La vuoi piantare! Ti ho già detto che non dirò niente!».
«Va bene, va bene…» Ayame la fissava con sguardo divertito, come per prenderla in giro.
Paschendale era stufa. Scese dal letto con le poche forze rimaste e la spinse fuori dalla camera.
«Esci da questa stanza!».
«Ma Dale, io volevo solo…».
«Fuori!» concluse sbattendo la porta. Tornò a letto. «Ma guarda un po’ questa! Mai farsi i fatti propri eh? MAI!!».
 
L’indomani mattina, Paschendale, estremamente assonnata e ancora più malata del giorno precedente, si recò in cucina, trovando Ayame in forma smagliante.
-Buongiorno Dale! Hai dormito bene?-.
«Come faccio a farti capire che non devi chiamarmi Dale?».
La blader dagli occhi azzurri si sedette al tavolino della cucina, sdraiandosi su di esso per la troppa stanchezza.
«Ecco a te una tazza calda calda di latte e miele.» le sorrise Ayame, sedendosi accanto a lei.
«Grazie…» bisbigliò Paschendale distrattamente.
Mentre sorseggiava la bevanda, Ayame la fissava con aria furbetta, osservando soprattutto la scollatura del suo pigiama.
Paschendale ne rimase infastidita. Percorse la traiettoria che stava seguendo lo sguardo della ragazza, capendo subito ciò che le interessava.
«Vuoi piantarla? Tanto non ti dico chi è.»
«Però, il fatto di averla rindossata significherà pur qualcosa.» le rispose la ragazza dai capelli blu, prendendo in mano la boccetta di vetro che Paschendale teneva al collo.
«Ma…allora! Fatti i cavoli tuoi!».
«Okay…» rispose con un cenno d’arresa.
La castana cercò d’ignorarla, ma quella continuava a fissarla con la solita aria furbetta.
«AYAMEEEE!!».
«Oh, insomma, Dale! Non c’è davvero modo di convincerti?».
«No! È una storia…troppo ingarbugliata.»
«Beh, se non vuoi parlarmi del tuo ragazzo…parlami di tuo fratello!».
Sicuramente, Paschendale preferiva parlare di Kyoya piuttosto che di Ryuga, ma non capiva perché Ayame fosse tanto incuriosita dal primo. Sollevò un sopracciglio.
«T’interessa Kyoya, per caso?».
«Eh? Ma che dici? Certo, è un bel ragazzo, ma non ho alcuna intenzione di diventare tua cognata, tienilo a mente.»
La cosa era ovviamente reciproca.
 
TRIN! TRIN!
 
Suonò il telefono.
«Oh! Non preoccuparti, vado io. Intanto, tieni questo» disse Ayame ficcandole il termometro in bocca.
«Pronto?...Ciao Madoka!...Sì, sì, tutto bene qui…Ahm, non penso stia poi troppo meglio rispetto a ieri, però si sta misurando la temperatura adesso. Perché mi hai chiamata?...Davvero!?...ah, d’accordo!...sì, sì veniamo subito!...a dopo!».
Ayame tornò in cucina.
«Che è successo?».
«Ha chiamato Madoka. Vuole che andiamo subito allo stadio dove ci sono Ginka e gli altri che si allenano. Devono parlarci di una questione molto importante e ci ha raccomandato di portare i nostri bey.»
Mentre le parlava, Ayame tolse il termometro dalla bocca della ragazza.
«Oddio! La tua temperatura è di…30,7 °C!».
Paschendale rispose facendo spallucce. Non sembrava per niente preoccupata.
«Dove hai messo il tuo bey?» domandò Ayame.
«È sul comodino.»
«Allora, che aspetti? Va’ a prenderlo!» sbottò, non curandosi che la poverina stava ancora male.
Paschendale, sbuffando, fece una corsetta su per le scale, entrò nella stanza e trovò Hydra. In tutta fretta, allungò la mano per prenderlo, ma, fu costretta a lasciarlo lì subito dopo che l’aveva toccato.
«Ah!» urlò. In seguito guardò la sua mano: era rossa come il fuoco.
Per qualche stranissimo motivo, quel beyblade si era riscaldato tanto da ustionare.
Poteva lasciare Sunset Hydra lì, tuttavia, Madoka si era raccomandata che quelle ragazze portassero entrambe i propri beyblade, così prese una coperta che stava nell’armadio lì vicino e l’attorcigliò attorno alla trottola rovente.
Subito dopo, s’affrettò a scendere le scale.
 
 
Episodio 7 – La determinazione di Kenta
 
PRONTI…LANCIOOO!!
Cosmic Pegasus era nell’arena. Roteava e si muoveva a una velocità mai vista prima.
Madoka stava pazientemente monitorando tutto.
«Ottimo risultato! La velocità di rotazione è aumentata ancora.»
«Sì, ma non è sufficiente.» ribatté il blader, poco soddisfatto «Devo continuare ad allenarmi per sviluppare tutte le potenzialità racchiuse in Cosmic Pegasus!».
«So che ci riuscirai, Ginka.» rispose Madoka, ottimista «Puoi contare su di me! Ti darò tutta l’assistenza necessaria!».
Ma Ginka sembrava essere preoccupato da qualcos’altro. Infatti, in seguito agli accaduti sull’isola, Kenta, che sapeva di non essere un blader leggendario, aveva abbandonato i suoi amici, per dedicarsi a qualcosa di cui non aveva voluto far parola.
«Non mollare. Solo così raggiungerai il tuo obbiettivo.» bisbigliò Ginka tra sé e sé, soddisfatto della tenacia del suo amico.
«Ehi, Madoka! Hai contattato Paschendale e Ayame?».
«Sì, dovrebbero essere qui a momenti.»
Finché…
«Ginka! Madoka! Siamo arrivate!» una bellissima ragazza gli salutava sbracciandosi dall’altra parte dello stadio, accanto a lei ce n’era un’altra, un po’ più bassa e avvolta da una coperta di lana.
«Ayame! Paschendale! Siete arrivate.» Ginka e Madoka corsero loro incontro.
«Ehi, Paschendale! Stai bene? Non hai certo una bella cera.» disse Ginka.
«Già, per non si sa quale strano motivo il suo corpo continua a raffreddarsi…prima le ho misurato la temperatura: era di 30,7°C.»
«Accidenti! Non sarà meglio portarla dal dottore?» affermò Madoka, preoccupata.
«Ah, non preoccuparti, Madoka! La nostra piccola Dale è informissima! Non è vero Daleina? (letto “Deilina” nd. RebelYell)» concluse dandole una pacca di incoraggiamento sulla schiena.
«Grrr…ti ho già detto di non chiamarmi eh…eh…ETCHU’!».
«Beh…se lo dici tu Ayame…».
«Forza, dobbiamo sbrigarci!» le interruppe Ginka «Yuki ci sta aspettando nel laboratorio.»
 
Arrivati al piano di sotto, nel laboratorio appunto, gli attendeva un ragazzino indaffarato con vari libri, carte e computer. Aveva dei grandi occhi blu, coperti da dei grossi occhiali a cerchio, i suoi capelli erano castani un po’ scompigliati e indossava dei vestiti azzurri leggermente bizzarri data la sua età.
«Lui è Yuki Mizusawa, l’astronomo che ci ha raccontato la questione dei blader leggendari.»
Il ragazzino salutò le due nuove arrivate con una stretta di mano, arrossendo non appena si trovò davanti la bellissima Ayame, ma, quando la sua attenzione cadde su Paschendale…
«Ma…Ma…Oh no, non è possibile…tu…tu sei…». Lo stupore di Yuki era inoccultabile.
Paschendale si sbatté una mano sulla fronte: «Sì! Sono io, sono Paschendale Tategami, perché me lo dovete chiedere tutte le volte che eh…eh…ETCHU’!» la blader era seccata.
«Aaahhh! Va bene, va bene, non ti chiedo più nulla!» rispose Yuki, spaventato «Però, potreste darmi i vostri bey? Dovrei controllarli per capire semmai ci fossero stati dei cambiamenti.»
Le due blader acconsentirono senza problemi. Ayame consegnò a Yuki Thermal Eridanus, mentra Paschendale gli diede la coperta nella quale era avvolta Sunset Hydra.
«Hm? Perché l’hai portato così?».
«È bollente, non so perché. Sta’ attento, rischi di ustionarti.» gli raccomandò.
Lasciarono Yuki solo, uscendo dal laboratorio.
«Insomma, ci spiegate sta roba dei bladers leggendari?» domandò Paschendale.
«Certo! Vi spiegheremo tutto! L’altro ieri abbiamo incontrato per caso Yuki, il quale ci ha raccontato tutto: secondo la leggenda, i Maya avevano predetto la caduta di un meteorite che avrebbe segnato la fine del mondo. Questo meteorite, una volta impattatosi con l’atmosfera, si divise in dieci parti e ognuna di queste è entrata all’interno di un bey. I dieci blader che possiedono questi beyblade, sono detti blader leggendari.»
«Molto interessante…ma a che diavolo servirebbero questi “blader leggendari”?» chiese Paschendale virgolettando con le dita le ultime due parole.
«A quanto pare tra questi dieci beyblade ne esiste uno che possiede un potere malvagio. Il suo nome è Nemesis, il sole nero, che condannerà l’umanità distruggendo il nostro mondo.»
«E perché noi siamo qui?» domandò Ayame, incuriosita.
«È nostro compito recuperare tutti i blader leggendari. Finora abbiamo scoperto che tra questi ci siamo io, Kyoya, Yuki e Ryuga. Ne mancano sei. Grazie ai dati di Yuki e a quelli ottenuti dai satelliti russi, possiamo comprendere le traiettorie dei frammenti di stella, trovando così gli altri blader. Se ci uniamo, riusciremmo a sconfiggere Nemesis e a salvare il mondo!» disse Ginka determinato «E vogliamo capire se anche voi siete dei blader leggendari.»
Finalmente avevano capito. Tuttavia, dubitavano entrambe di essere dei blader leggendari, dato che non erano mai venute a contatto con nessun frammento di stella.
«Madoka, potresti venire, un attimo?» la chiamò Yuki, sporgendosi dalla porta.
La meccanica entrò nel laboratorio.
«Che cosa hai scoperto?».
«Ho analizzato Thermal Eridanus, il beyblade di Ayame, e non ho notato nulla d’importante.»
«Capisco. E del bey di Paschendale che mi dici?».
«Questo beyblade, invece, è molto strano: oltre ad avere una temperatura del tutto insolita, ben 88°C, ho notato che i suoi componenti cominciano a venire meno.»
«Aspetta!» disse Madoka mentre frugava nella borsa –Guarda un po’ questi- disse porgendogli una serie di fogli.
«Cosa sono?» domandò Yuki.
«Sono dei dati che ho raccolto riguardo Sunset Hydra. Dopo quello stranissimo combattimento contro Irànyan, il cui bey era Mithology Enemy.»
«Ah sì, ora ricordo quel combattimento, anche se non vi ho assistito. È vero, sono dati che potrebbero tornarci utile.» Yuki guardò un po’ di fogli, finché non ne trovò uno che catturò la sua attenzione.
«Madoka, guarda qui! La stella Nemesis si trova proprio accanto alla costellazione dell’Idra femmina (E’ vero! L’ho letto su Wikipedia u.u nd. RebelYell). Però, che collegamento potrebbe esserci con i blader leggendari?».
«Non ne ho idea…l’importante è che teniamo monitorata la situazione. Forse centra la salute di Paschendale.»
«Hai ragione. Da quand’è che sta così male?» domandò il blader.
«Da ieri mattina, se non sbaglio.» rispose Madoka.
«Beh, prima troviamo i blader leggendari, poi cerchiamo di comprendere realmente cosa sta succedendo a Hydra.»
Yuki e Madoka uscirono dal laboratorio, riconsegnando alle ragazze i propri beyblade.
«Ehi, Paschendale!» domandò Yuki.
«Coff! Coff! Sì?».
«È successo qualcosa di particolare ultimamente al tuo beyblade?».
«Hhhmmm…no. Mi pare proprio di no. L’ultima volta che l’ho usato è stato contro quest’ochetta.» rispose indicando Ayame.
«Ehi! Smettila di chiamarmi così!».
«Va bene. Grazie di tutto, potete andare.»
«Grazie a voi!» ringraziò cordialmente Ayame con un sorriso.
«Sapete per caso dove sia Kyoya?» domandò Paschendale.
«È andato insieme a Benkei. Dice che preferisce allenarsi all’aperto.»
«Ah già! Tipico…vabbè, ci vediamo!» salutò Paschendale, senza aspettare Ayame.
Quest’ultima, non appena seppe che Kyoya era nelle vicinanze, le venne un’idea per risistemare un paio di cose.
«Madoka non appena vedrai Kyoya, potresti dirgli di venire a trovare la sua sorellina? Sai, lei non sta affatto bene e penso le faccia piacere rivederlo.»
«Ma certo! Molto volentieri, glielo riferirò prima possibile!».
«Grazie mille! Ci vediamo!» gli salutò, correndo dietro a Paschendale.



 

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Capitolo 11
*** Ciò che ci aspettavamo tutti... ***




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XI
Ȼίò Ȼħε Ȼί λȘρεττλνλɱΘ τƲττί...


"Where I was
 I had tears I couldn't cry" 
 
 

Episodio 22 – I blader delle quattro stagioni
 
(Immaginatevi di aver appena visto tutta la Fury originale dall’ep.8 all’ep.22 nd.RebelYell)
 
Finalmente, dopo quel lungo viaggio attraverso la savana, avevano le idee ben chiare riguardo i blader leggendari. Inoltre, erano anche a buon punto con le ricerche; avevano trovato altri eletti oltre a Ginka, Yuki, Kyoya e Ryuga: c’erano anche Aguma, King e Dunamis. Quest’ultimo era stato capace di dare loro precise informazioni sui blader leggendari. Riassumendo, vi erano due gruppi distinti di blader: quelli del Sistema Solare e quelli delle quattro stagioni. Erano tutti i diretti discendenti di coloro che, nei tempi antichi, avevano combattuto a fianco di Re Zeus contro Re Hades, il quale voleva distruggere il mondo per crearne uno nuovo tramite Nemesis, un beyblade nato dal frammento di stella malvagio.
Concludendo, quello che dovevano fare i nostri blader leggendari era riunirsi e combattere contro Nemesis. Tuttavia, mancavano ancora due blader: quello di Venere, col beyblade Quetzalcoatl, e quello della costellazione dell’inverno.
 
 
Madoka stava analizzando i dati ottenuti dai vari incontri e, già che c’era, controllava le eventuali informazioni che poteva ottenere dai suoi studi su Sunset Hydra.
Proprio non riusciva a capire; com’era possibile che una blader talentuosa come Paschendale non potesse essere un blader leggendario? Probabilmente, lei era molto più forte di tutti gli altri blader messi assieme. Tuttavia, l’Idra femmina era una costellazione estiva e ormai era Ryuga il blader dell’estate.
Però, il fatto che l’Idra fosse tanto prossima all’astro Nemesis e che il bey corrispondente avesse una tale temperatura data da cause sconosciute, portava alla conclusione che quel beyblade centrasse, in qualche modo, con i blader leggendari.
 
 
BIP!
 
 
Madoka prese il suo computerino. Sul deckstop, trovò un volto famigliare.
«Ah, ciao Ayame! Che bello rivederti!».
«Insomma Madoka! Si può sapere quando tornerete qui!? E soprattutto…quando la sede della WBBA aprirà!?» La blader sembrava totalmente e irrimediabilmente esausta, sciupata: non aveva il solito filo di trucco e la divisa da liceale, ma indossava una classica tuta da ginnastica e portava i capelli legati in un’alta coda di cavallo.
«Eheh! Paschendale ti sta dando del filo da torcere, non è così?» Eispose Madoka divertita.
«NON LA SOPPORTO PIU’! Sai cos’ha osato fare? Ha mangiato tutte le mie gallette di riso dietetiche. Io sono una modella! Non posso mangiare del cibo normale!! Senza parlare della musica rock-metal-punk che ascolta a tutto volume durante tutte le ore del giorno!» Ne parlava come se fosse una cosa tragica.
«Beh dai, non te la prendere… A proposito, come sta?».
«Non troppo bene purtroppo. Le ho misurato la temperatura, ha 27°C.»
«Oh santo Dio!» Disse Madoka, visibilmente preoccupata «Ma…hai chiamato un medico?».
«Sì, ma ha detto che la sua condizione è un mistero. È come della febbre, ma al contrario. Le ha prescritto delle medicine e di darle del cibo molto caldo.»
«Capisco. Beh, hai detto che sta “purtroppo” male. Perciò, ti dispiace per lei e state facendo amicizia, non è così?».
«MA SEI PAZZA!! Ho detto “purtroppo” perché, non appena starà meglio, potrò tornare a casa mia e lei non mi romperà più le scatole! Madoka quand’è che torni!?».
«Ahm…non lo so. Ci sono altri due blader leggendari che devono essere trovati quindi…».
«Ayaaaaaaameeeeee…» chiamò una voce oltre lo schermo.
«Aaaahhh…» sospirò la blader «Dale mi sta chiamando.»
«Capisco. Beh, non devi farla aspettare!» Rispose Madoka, sghignazzando.
«Ayaaaaaaaaaaaaaameeeeeeeeeeee…».
«ARRIVO, ARRIVO, UN MOMENTO! Aahh…ora vado. Ci sentiamo presto…».
«Okay! Ciao, ciao!».
La connessione si chiuse.
Dopo qualche minuto, la ragazza dai capelli blu era già nella stanza della sua coinquilina. Quest’ultima era sdraiata sul letto col suo computer.
«Ecco qui del brodo di pollo.» Disse Ayame mentre le appoggiava il vassoio sul comodino.
Paschendale sembrava non averla vista.
«Che stai facendo?».
«Ho un torneo da organizzare.» Rispose il Presidente, distrattamente.
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante.
«Tieni questo…» Ayame le mise un termometro sotto il braccio.
La malaticcia la ignorò del tutto.
Ma, non appena s’accorse della sua presenza, la fissò con aria interrogativa.
«Puoi andare ora.» Nonostante vivessero insieme da quasi una settimana, non riuscivano ancora ad andare d’accordo.
Ayame uscì dalla stanza, scese le scale e…
 
DLIN DLON!
 
Si precipitò alla porta.
“Che strano! Chissà chi potrà mai essere?” si chiese.
Aprì e…rimase stupita. O forse no…?
Sia lei, sia l’ospite, si fissarono senza proferire parola.
«Ayame…? Sei…sei davvero tu?».
La ragazza inizialmente non rispose, ma se avesse potuto, avrebbe fatto dei salti di gioia. Il suo piano stava funzionando.
«Kyoya! Che sorpresa! Prego, entra!».
Il blader entrò senza problemi.
«Che ci fai qui?» Domandò Ayame.
«Potrei farti la stessa domanda.» Rispose freddo.
«Adesso abito qui vicino. Madoka mi ha chiesto se potevo stare vicino a Dale finché non si sarebbe sentita meglio.»
«Dale? Tsk! Lei odia quel soprannome.»
«E odia anche me, se è per questo.»
«Non avevo dubbi.»
Kyoya rimase qualche secondo a contemplare la sua ex. Non se la ricordava tanto bella. Tuttavia era sicuro, che l’averla lasciata anni fa era stata una cosa giusta.
«Comunque non sapevo che ci fossi anche tu qui. Madoka mi aveva detto che mia sorella non stava bene. Sono solo venuto a salutare Paschendale e a vedere come sta.»
Come sospettava: Kyoya non aveva alcuna intenzione di parlare con lei. Ormai, aveva deciso di rompere qualsiasi legame. Tuttavia, voleva troppo riavere la sua rivincita.
«Ora Dale sta…sta…sta dormendo!» Mentì. «L’ho appena messa a dormire e se la svegliassi, si arrabbierebbe moltissimo. Quindi, che ne dici se aspettassimo il suo risveglio?».
Proprio quello che lui temeva: parlare con la sua ex.
Senza dire una parola, si sedette sul divano, incrociando le braccia e chiudendo gli occhi. Ayame si posizionò accanto a lui, fissandolo intensamente.
«Ti sono mancata, Kyoya?» Gli domandò sfacciata.
Il blader la guardò con apatia.
«Secondo te…?».
Quelle parole potevano significare molte cose. Però lei aveva bisogno di qualcosa di un po’ più…adrenalinico.
«Lo so che hai ancora un debole per me.» Disse, avvicinandosi sempre di più a lui «Non nasconderlo.» Bisbigliò vicino al suo orecchio.
«Smettila Ayame. A te ormai sono del tutto indifferente.»
«Certo, come no! Ho notato come mi guardavi due secondi fa.» Continuava a stuzzicarlo, con parole e delicate carezze sul viso.
 
 
«Ho fame.» Disse tra se e se.
Ormai aveva lavorato abbastanza.
Prese il vassoio, mettendoselo sulle gambe.
«Brodo di pollo, bleah!».
Portò il cucchiaio alla bocca. Non fece in tempo a “gustarselo” che l’aveva già sputato tutto fuori.
«È CALDOOOOO! Un momento! Posso rompere le scatole all’oca dicendogli che il brodo è bollente.» scese dal letto e s’avvio con il piatto in mano.
 
 
«Perché continui a farti desiderare Kyoya?» Lo stuzzicava.
«Non ci vediamo da molto tempo. Però, non vuol dire che abbia dimenticato il tuo comportamento tanto meschino.»
«Avanti Kyoya! Ero giovane e inesperta di relazioni. Non vuoi davvero darmi una seconda possibilità?». Mentì del tutto. La verità è che lei era sempre stata esperta di relazioni, avendone avute parecchie.
«Tu…significavi qualcosa per me, Ayame. Ora, non sei più niente.»
«Davvero? Neanche dopo questo…?» Posò le labbra rosee sulle sue.
Incredibilmente, Kyoya, senza pensarci un secondo, rispose al bacio. Forse era vero, parte di lui sentiva la sua mancanza, ma questo non voleva assolutamente dire che provasse qualcosa per lei. Comunque, potevano lo stesso divertirsi almeno per quella volta.
«Ehi ochetta! Il brodo di pollo è troppo c…a…ld…ooooo…».
Paschendale si pietrificò. Giustamente, a chi non verrebbe un infarto nel sorprendere il fratello che pomicia con la propria peggior nemica?
Ayame e Kyoya si voltarono, incrociando lo sguardo infuocato dell’altra ragazza.
Paschendale fece gli ultimi scalini lentamente e con passo pesante, senza togliere lo sguardo da quei due.
«Questo brodo è bollente. Vi consiglio di dividervi subito, se non volete
ustionarvi.»
I due ragazzi s’allontanarono.
Poggiò il piatto su di un tavolo lì vicino.
Li fissò con un’aria che era tra il deluso, l’offeso e l’incavolato nero, poi, con passo marziale, si diresse in cucina, sbattendo la porta alla sue spalle.
Kyoya fissò Ayame e le disse: -Quando fa così, significa che vuole parlare con me- s’alzò dal divano.
Aprì lentamente la porta della cucina, sbirciando timidamente.
Paschendale fissava l’interno del frigorifero, immobile.
Kyoya entrò, facendo il minor rumore possibile e richiuse la porta alle sue spalle.
«Paschendale, » nessuna risposta «tutto bene?».
Si girò di scatto, lanciandogli un uovo addosso, che Kyoya evitò abbassandosi prontamente. Ma la raffica di uova continuò.
«COME…HAI…POTUTO!?» Tra una parola e l’altra gli lanciava un uovo.
«Ehi! Pa…Paschendale smettila! Non fare la bambina!». Cercava di schivarli tutti.
Finalmente aveva finito le uova.
Il blader si pulì velocemente i vestiti con le mani.
«Perché hai un braccio impedito?» Disse, indicando l’arto sinistro che sua sorella teneva rigido lungo il corpo.
«Ho il termometro.»
«Ah…».
«Sei il fratello peggiore che si possa avere!».
«Parla quella che è andata a letto con Ryuga!».
«Ryuga almeno un cervello ce l’ha!».
«Oh, certo! Nel vedere come lo usa però…».
«Smettila di parlare di Ryuga che non ne sei degno!».
Ayame restava seduta sul divano con aria annoiata. Non era proprio quello il suo obiettivo però…”pazienza!” pensò.
«MA CHE RAZZA DI RAGAZZE FREQUENTI!?».
«TU CHE RAZZA DI RAGAZZI FREQUENTI!».
«NON RIGIRARE LA FRITTATA, KYOYA!».
«LO SAI? SAREBBE STATO 1000 VOLTE MEGLIO SE NON TI AVESSI RINCONTRATO!».
«BEH, LA STESSA COSA VALE PER ME!».
«BENISSIMO!».
«D’ACCORDO!».
«PERFETTO!».
«TUTTO RISOLTO ALLORA!».
«Risolto cosa?».
«Boh non lo so, si dice così quando si litiga.»
«Time out!» S’intromise Ayame. «Adesso parlo io. Paschendale, io e tuo fratello siamo stati insieme qualche anno fa. Poi, io l’ho tradito e lui mi ha lasciata. Quello che hai visto prima era il mio tentativo di riconquistarlo, tutto qui!».
Ayame, non credendo assolutamente che le cose avrebbero preso quella piega, cercò di calmare le acque e di tranquillizzare Paschendale. Quest’ultima, però, si era immobilizzata, e sembrava stesse per scoppiare in un pianto disperato. Cosa che fece.
«No, Paschendale, dai. Smettila di piangere.» Cercò di consolarla il fratello.
La blader si era coperta gli occhi con le mani e singhiozzava.
Kyoya andò da lei e l’abbracciò.
«Sigh! Sigh! Scusa Kyoya, sigh! Non sapevo che in realtà fosse stata quell’ochetta del cavolo ad averti sedotto. Sigh…Mi dispiace tanto! Non volevo dirti quelle cose, davvero!».
«Lo so, Paschendale, lo so. Anch’io ti chiedo scusa per quello che ti ho detto e per il fatto d’averti cacciata di casa.» Rispose con tono arrendevole.
Ayame restò in disparte a guardare la scena con aria annoiata. Era delusa. Voleva riconquistare Kyoya per poi spezzargli il cuore, così da vendicarsi per ciò che lui le aveva fatto. Però, improvvisamente, notando l’amore che il suo ex mostrava verso Paschendale, da quel piccolo gesto, Ayame capì che quel blader non era più il ragazzo freddo, insensibile e solitario che aveva conosciuto. Era cambiato, diventando una persona migliore, più aperta e amichevole, cosa che diede ad Ayame una sensazione di…disgusto. Così, all’improvviso, Kyoya non le interessava più minimamente. Capì che ci aveva perso tempo dietro inutilmente, e una persona così gentile non la attraeva nemmeno per sogno.
«Dimmi, Paschendale, come stai?» Domandò il blader alla sorellina.
«Sigh…Hm hm, un po’ meglio. ETCHU’!».
«Kyoya.» S’intromise Ayame con voce seria e senza troppe cerimonie. «È meglio se te ne vai. Rischi di ammalarti anche tu. Non puoi permetterti di stare male, hai una missione da compiere, ricordatelo.»
Kyoya fissò la blader con sguardo freddo, intuendo lontanamente il motivo del suo cambiamento così radicale.
«Tsk! Ormai non seguo più Ginka e gli altri. Ho deciso di andarmi ad allenare in Messico per conto mio (sono fermamente convinta che l’ep.27 sia ambientato in Messico u.u nd. RebelYell). Non ti preoccupare. Avevo comunque intenzione di andarmene.»
Kyoya si rivolse un’ultima volta verso Paschendale. Più che un incontro tra fratello e sorella, sembrava un saluto di un padre divorziato alla figlia piccola.
Kyoya uscì da quella casa, senza più rivolgersi ad Ayame.
«Su! Fammi vedere il termometro!» La blader dai capelli blu guardò l’oggetto. «Hm…è aumentata: 28,5°C. Però! Ti sei arrabbiata davvero moltissimo…».
Paschendale, restando impassibile, portò la mano dietro alla schiena con un movimento lentissimo. Ayame l’ignorò, almeno…finché non si trovò un uovo spiaccicato sulla testa.
«Stupiada Dale! Io t’ammazzo!».
«E io ti odio! non ne posso più del tuo comportamento.»
«Quale comportamento!?».
«Tutte le sere non fai altro che portarti a casa ragazzi su ragazzi.»
«E allora? Sei invidiosa forse? Che problema ti darebbe mai?».
«Ah nessuno! Se non faceste così tanto casino per tutta la notte e mi lasciate dormire!! ma finora, la cosa più brutta, più disgustosa e peggiore che tu abbia fatto…
È STATA PROVARCI CON MIO FRATELLO!».
Paschendale aveva urlato come una pazza con tutto il fiato che le era rimasto nei polmoni. Se ne stava lì, ad ansimare in una posizione piuttosto goffa.
Ayame la fissava con una mezza aria di sfida, appoggiata al muro e le braccia conserte.
«Hm hm! Dale…piccola, ingenua e dolce Dale.» Le s’avvicinò, toccandole la punta del naso con l’indice. Paschendale indietreggiò, schifata.
«Tu non sai. Tu non sai niente.»
«Che…che cosa non saprei?» Ora iniziava a spaventarla.
«La verità è che a me non importa assolutamente più nulla di Kyoya, né di nessun altro ragazzo che dimostri uno smisurato interesse nei miei confronti. Ci ho riprovato con lui, solo perché volevo essere IO a spezzargli il cuore.»
Paschendale era senza parole, non solo perché era ancora traumatizzata dalla scena precedente, ma anche perché non avrebbe mai creduto che nessuno, sulla faccia della Terra, potesse sfruttare così la gente. Cioè…persino Ryuga aveva capito di aver sbagliato!
«Che c’è? Non parli più? Ti dispiace perché non riesci ad avere tutti i ragazzi che vuoi a differenza mia?» La provocò.
Paschendale riacquistò la grinta, s’avvicinò a lei puntandole il dito contro:
«Tu…non lo devi toccare, capito! Non osare mai più parlargli o avvicinarti a lui. Se ti vedo un’altra volta intorno a Kyoya, non so come potrei reagire, sono stata chiara?» Purtroppo però, Paschendale non sembrava troppo convinta. La sua voce era piuttosto tremante e il suo tono insicuro, cosa che Ayame sfruttò a proprio vantaggio. «AH! E se lo rifaccio che fai? Mi picchi?» Ci scherzò dietro.
Paschendale rimase in quella posizione. Era ammutolita, non sapeva cosa dire. Aveva un’insicurezza e una vergogna di cui non comprendeva la provenienza.
Sapeva che in parte, tutto ciò che era capitato, era in parte colpa di Kyoya, dato che, infondo, l’aveva lasciata fare, e lei non se la sentiva davvero di mettersi nuovamente contro di lui, rischiando così di perderlo ancora. Quell’immagine e la delusione che quelle due persone le avevano dato, le facevano provare una tristezza inimmaginabile.
Improvvisamente, tutta la sua sensibilità che cercava di celare in ogni situazione ebbe il sopravvento. Una lacrima le scivolò timidamente dall’occhio lucido, percorrendo la guancia fino al mento.
Ayame la fissava divertita con un’espressione...si può dire “stronzissima”?
Scomparve, correndo su per le scale, rifugiandosi in camera, cercando di occultare nella mente quella sua nuova preoccupazione.

 

Episodio 23 – Duelli sull’isola
 
Una nave da crociera varcava l’oceano, diretta verso un’isola in particolare. Però non si trattava di una nave comune, ma uno dei tanti mezzi di trasporto della WBBA per portare i blader ai vari tornei.
«Eccola!» Disse il proprietario di Cosmic Pegasus, eccitato. «Si riesce a vedere! Siamo arrivati all’Isola di Beyster.»
«Ho letto che anticamente fu colonizzata da navigatori che fecero nascere la coltura Mobey.» Spiegò Madoka, sempre molto colta riguardo la storia. «È famosa per le sue gigantesche statue!».
«Al torneo dell’Isola di Beyster, ci saranno i migliori blader del mondo, che potranno sfidarsi mettendo alla prova la loro grande abilità.» Cominciò Yuki, voltandosi verso Ginka. «Se fosse Masamune a vincere, il successo potrebbe risvegliare in lui il potere del blader leggendario, non credi Ginka?».
«Certo! E il suo bey, Blitz Striker, proviene da una costellazione invernale: quella dell’Unicorno. Ci sono ottime probabilità che lui sia l’ultimo blader delle quattro stagioni.»
«Un bey della costellazione invernale…» bisbigliò Benkei pensieroso, guardando il suo Dark Bull.
«Evviva!» Due ragazzini entusiasti stavano correndo per raggiungere i nostri amici.
«Finalmente siamo arrivati!» Disse felice il proprietario di Blitz Striker.
«Dai corri, andiamo a vedere.» Lo incitò King, il blader leggendario di Marte.
Si fermarono a guardare l’orizzonte. Erano talmente impazienti che non avevano ancora finito di mangiare, e parlavano tra un boccone e l’altro.
«Caspita! Che bell’isola!» Commentò Masamune
«Scommetto che sarà piena di blader fenomenali e non vedo l’ora di poterli battere!» Disse il suo coetaneo.
«Sbaragliamo tutti gli avversari, così io e te possiamo scontrarci nel match finale. Devo ancora fartela pagare per la batosta che mi hai dato nella Sfera del Distruttore.» Masamanue, infatti, non aveva dimenticato il primo burrascoso incontro che c’era stato negli Stati Uniti tra lui e King, torneo che era terminato con la vittoria di quest’ultimo.
«D’accordo!» Acconsentì il proprietario di Variares. «Però sappi che il numero uno sarò sempre io.»
«Puoi scordartelo! Se qui c’è un campione, quello sono io, hai capito?».
«Sei solo un pallone gonfiato!».
«Voi due disputerete la finale?».
«Caspita, siete un po’ presuntuosi.»
Due ragazzi che tutti conoscevano bene si avvicinarono al gruppo.
«Che hai detto?» Domandò King con fare seccato.
«Ha ragione; » disse uno dei due imitando l’amico «vi vorremmo ricordare che anche noi ci siamo inscritti al torneo.»
«Toby! Zeo!» Disse Masamune, riconoscendo i due ragazzi.
Ginka cambiò improvvisamente discorso. «Pensiamo che Masamune possa essere un blader leggendario, ma dobbiamo dargli la carica per aiutarlo ad attivare il suo potere. Ragazzi, ci impegneremo al massimo! Mi raccomando, dateci dentro!» Concluse alzando il pollice.
«Tranquillo, ce la metterò tutta, Ginka!» Cominciò Masamune. «Non immaginate quanto sia felice al pensiero di affrontare i blader più straordinari al mondo.»
«Cioè il sottoscritto. Non dimenticate che vi metterò tutti in ginocchio perché sono il numero uno!» King riprese a darsi arie.
Masamune, avendo lo stesso identico carattere dell’amico, non riusciva a trattenersi nel “rimproverarlo”. «Ehi, non interrompere! Vincerò io perché sono io il blader più forte in assoluto!».
«Ma se ti ho già polverizzato una volta, te lo ricordi!? È meglio che ti rassegni. Il blader leggendario sono io! Dai, riconoscilo che sono più forte di te!».
«Mi hai sconfitto una volta sola, non montarti la testa! Se uno di noi potrà vantarsi di essere un blader leggendario, quello sarò io! Questo tuo atteggiamento da sbruffone durerà poco contaci! Sarai…stracciato!».
«Abbassa la cresta, pallone gonfiato!».
«Senti chi parla, brutto arrogante!».
«Cosa!? T’insegno io a tenere a freno quella brutta linguaccia!».
«Guarda che sei tu che dovresti tenere la bocca chiusa perché dici un sacco di sciocchezze!».
«Altro che blader leggendari…» commentò Ginka interdetto.
«Sono attacca brighe leggendari!» Proseguì Madoka, imitandolo.
Tuttavia, quello che prestava meno attenzione a quell’esilarante litigio era, stranamente, Benkei.
“Chi l’ha detto che è Masamune…?” rifletté “Non siamo sicuri che il blader leggendario sia lui, considerato che il mio Dark Bull proviene da Taurus, la costellazione del Toro, anch’essa legata all’inverno, la possibilità che io sia l’ultimo blader delle quattro stagioni è più che fondata. E se io…lo diventassi davvero?”. Effettivamente, Benkei era ferito dall’idea che i suoi compagni non lo considerassero come uno dei blader delle quattro stagioni. Ma c’era qualcos’altro che lo tormentava di più, ovvero, ciò che era successo in Africa, dove Kyoya li aveva abbandonati, volendo così tornare ad essere un blader solitario e senza amici.
 
«Che fai, te ne vai? Aspettami amico!».
«Non ti voglio con me!».
«Eh? Come sarebbe?...Non mi vuole.»
 
“Forse Kyoya mi considererebbe alla sua altezza. Sì, ci riuscirò! Diventerò un blader leggendario e finalmente conquisterò il suo rispetto. Conto su di te, Dark Bull.” Strinse tra le mani il suo amato beyblade.
 
La nave era sempre più vicina all’isola, tanto che si potevano scorgere i suoi curiosi particolari.
«Eh? E…ehi ma…ma che cosa sono quei faccioni di pietra!? Sull’isola ci sono dei giganti!» Commentò Benkei, un po’ spaventato.
Tutti si girarono, incuriositi.
«Accidenti è vero, sono enormi!» Disse Ginka.
«Che forza!!» Masamune e King sembravano invece apprezzare.
«Quelle sono le famose statue Mobey.» Cominciò Yuki.
«Furono scolpite nella pietra tanto tempo fa dalle tribù locali.» Spiegò Madoka. «Si pensa che siano state erette per simboleggiare gli spiriti dell’isola.»
«Davvero!?» Dissero gli altri all’unisono.
 
Erano sbarcati.
Avevano fatto un gran lavoro su quell’isola per poterla adeguare a un torneo di Beyblade.
«Accipicchia, quanta gente!» Commentò Ginka guardandosi intorno. Effettivamente, i blader partecipanti si estendevano per centinaia e centinaia di metri quadrati.
«Non vedo l’ora di combattere, sono impaziente!» Masamune fremeva.
«Già, eliminerò tutti questi blader uno dopo l’altro.» Si vantò King.
«Molte persone sono venute qui per questo torneo. Sai che cosa significa?» Disse Madoka rivolgendosi a Yuki.
«Certo! Che potrebbe presentarsi il nostro amico.»
«Il proprietario di Quetzalcoatl, ovvero l’altro blader leggendario, dico bene?» Qualcuno da loro conosciuto sbucò all’improvviso.
«Che vuoi, Johannes?» disse Ginka, infastidito.
«Sentivo puzza di bruciato e non mi sbagliavo!» Commentò Madoka.
Johannes, per l’appunto, era uno degli scagnozzi di Nemesis, e doveva raggruppare i blader leggendari convincendoli alla creazione di un nuovo mondo.
«Eheheh! Dove c’è un blader leggendario, là troverete anche il vostro amico Johannes.» Disse con aria divertita. «Vi dò una brutta notizia: il blader leggendario si schiererà sicuramente tra le nostre fila. Miao! Miao!».
«Ehi!» Riprese Ginka. «Come fa ad essere così certo che lo convinceranno?».
«Non resteremo a guardare!» Disse determinato Yuki. «Useremo tutte le nostre forze per evitarlo!». Anche se, purtroppo, il peggio era probabile. Johannes aveva già convinto un blader leggendario a seguirlo: Aguma, il blader di Saturno.
«Quante storie…Vorrei sapere perché perdete tempo a parlare di questo blader leggendario.» Disse King col solito tono di superiorità. «Non c’è bisogno che vi affanniate tanto a cercarlo, visto che ce l’avete davanti agli occhi.»
«Piantala di dire sciocchezze e chiudi il becco.» Ringhiò Masamune.
«Potrebbe essere uno di noi.» Commentò Benkei.
«Sì, potrebbe essere il sottoscritto. State a vedere come sprigionerò il potere del blader leggendario.» Riprese il proprietario di Striker.
«Eh?» Benkei ricominciò con le ansie. «Perché nessuno pensa che possa essere io!?».
«Qualcosa non va Benkei?» Intervenne Madoka.
«Ahaahhhh…No no niente! Sto bene, ho solo un po’ di mal di testa…!».
Se ne stavano tutti lì ad aspettare finché…un altro personaggio apparì.
«Ehi ciao!».
«A…Ayame, sei proprio tu.» Dissero all’unisono.
«Già…» cominciò la blader mentre sorseggiava una bibita dietetica. «Ma che ci fate qui anche voi?».
«Beh, la nostra ricerca per i blader leggendari deve proseguire, e pensiamo che Masamune sia uno di loro.» Rispose Ginka.
«Questo spiega tutto.»
«Chi è quella? Sembra forte.» Domandò King rivolgendosi a Masamune.
«Si chiama Ayame Tokada. Se non sbaglio, è abbastanza avanti nelle qualificazioni per i mondiali.»
«Non fraintendete, » ricominciò la blader «non sono qui per combattere. Sono solo venuta ad accompagnare la piccola Dale per un lavoro importante per questo torneo.»
 
SSSSSSSHHHHHOOOOCKKKKK!!!!!!
 
Un fulmine scarlatto cadde esattamente su un gruppo di blader, i quali riuscirono a scansarsi all’ultimo minuto senza farsi colpire.
Quando la luce accecante svanì, comparì loro una figura famigliare, dalla quale tutti gli altri mantenevano la dovuta distanza.
«Ma quello è…!».
«Ryuga…» Ginka terminò prontamente la frase di Yuki.
Il possessore di L-Drago Destructor gli aveva già notati, fissandoli con la sua solita aria minacciosa.
«Anche lui si è iscritto al torneo!?» Fece Masamune.
«Direi di sì, e sembra un avversario interessante!» Commentò King, entusiasta, non sapendo assolutamente nulla riguardo quel terribile blader. «Ma, chiunque sia, non riuscirà a sconfiggere il qui presente King.»
«Già, e tanto meno il sottoscritto!» Affermò Masamune
Erano tutti piuttosto spaventati, a parte una, indovinate chi?
«Hm? È così sarebbe quello il famigerato Ryuga.»
«Ma come Ayame! Non lo conosci?» Chiese Madoka, stupita.
«Certo che sì, lo conosco di fama. Però, non credevo fosse…così!».
Madoka capì ciò che quella ragazza intendesse, e non poteva permettersi che le capitasse come a Paschendale.
«So a cosa stai pensando.»
«Beh, guardalo! Non è assolutamente da buttar via…».
«Non ci pensare nemmeno Ayame! È un blader famoso per la sua forza e la sua cattiveria. Ti consiglio di stargli alla larga.»
«Forza e cattiveria, eh?».
Madoka aveva fatto male a concludere la frase in quel modo. Ora Ayame era ancora più interessata.
«Sei arrivato!» Disse Ginka, inquadrandolo.
 
«Ahahaha!!! Non avevi detto che ti serviva la mia forza? Chiamami soltanto quando avrai qualcosa da offrirmi in cambio, hai capito?».
 
Su quell’isola, la scorsa volta, essendo Ryuga diventato il blader dell’estate, l’avevano pregato di unirsi a loro e a dargli la sua energia, ma il suo fare arrogante e solitario, l’aveva spinto a cercare gli altri blader leggendari da solo e a impadronirsi del loro potere per diventare più forte.
«Lo sai Ryuga? Essere sconfitto da te, mi ha spinto a impegnarmi sempre di più, per questo sono qui e non mi lascerò battere di nuovo. Questa volta, riuscirò a convincerti a unirti a noi e a seguirci.» Bisbigliò Ginka, anche se sapeva che, data la loro lontananza, Ryuga non l’avrebbe sentito. Ma, improvvisamente, il possessore di Pegasus notò qualcosa. O meglio, qualcuno. Accanto a Ryuga, c’era un ragazzino avvolto da un mantello e con un ampio cappello sul capo.
Ginka sbarrò gli occhi. «Ma quello… Oh! Non ci credo! Quel tipo assomigliava a…».
«Di chi parli, Ginka?» Domandò Yuki curioso.
«Signori e signore…» una voce familiare s’espanse per tutta la zona.
Improvvisamente, un uomo salì con un salto atletico sul palco.
«Benvenuti al torneo dell’Isola di Beyster!! Ebbene sì, sono proprio io: il vostro amatissimo commentatore di match di Beyblade!! Tuttavia, non ci sarò solo io a presentare e a commentare i vari incontri. Con me, ci sarà colei che è considerata da tutti come la più grande blader della storia e che adesso è a capo della WBBA. Immagino che abbiate capito tutti di chi io stia parlando. Signori e signore…ecco a voi Paschendale Tategami!».
«Ah! Ecco Paschendale.» Madoka era entusiasta. Dopotutto, era il suo più grande idolo.
«Ora capite perché l’ho dovuta portare fin qui.»
La blader salì sul palco, acclamata dagli applausi dei partecipanti. Aveva gli occhi molto assonnati, la sua carnagione aveva perso tutto il suo colorito roseo e, dato che era una ragazza davvero furba (notare l’ironia), si era messa la solita canotta nera e, ovviamente, tremava come una foglia.
«Poverina. Non mi sembra stia troppo bene.» Osservò Yuki.
«A proposito, Ayame, » cominciò Madoka «il suo corpo si è un minimo
riscaldato?».
«Le ho misurato la temperatura circa un quarto d’ora fa ed era di 25°C.»
«Ma si può sapere perché cavolo quella ragazza stia sempre così male?» Disse Ginka stupito, ma anche preoccupato.
Paschendale, mentre si avvicinava a passo lento e stanco verso DJMan, diede un’occhiata veloce al pubblico, incrociando lo sguardo proprio col blader che non avrebbe mai voluto rivedere.
 
Ho solo detto di ritenerti più importante di L-Drago, non di voler passare il resto della vita con te.
 
Quelle parole le mettevano un’ansia addosso che non avrebbe mai potuto immaginare, e rivedere Ryuga, con quel suo sguardo apatico, la distruggeva.
«Benvenuta Presidente!» Cominciò DJMan. «Grazie per essere qui a commentare questi tornei insieme a me! È un vero onore!! Ha qualcosa da dire ai nostri blader?».
Nonostante stesse malissimo, sia fisicamente che sentimentalmente, aveva accettato quell’incarico, anche se di malavoglia. Però qualcosa doveva pur fare!
«Sì.» Rispose a bassa voce, prendendo il microfono che il presentatore le stava porgendo. «Per prima cosa, benvenuti sull’isola DI PASQUA. Perché questa, per chi non l’avesse ancora capito, è la STRAMALEDETTISSIMA ISOLA DI PASQUA!».
«Ahahah! È sempre la solita.» commentò Ginka.
«Inoltre, vi dico che sono estremamente felice, perché finalmente, ho riavuto le chiavi della sede della WBBA. Perciò, potrò tornare a casa e non avere più tra le scatole la mia pseudo-coinquilina, che non sopporto, e che ho scoperto da poco essere l’ex-ragazza di mio fratello. Non ho nient’altro d’aggiungere.» E ridiede con garbo il microfono a DJMan.
«Ah… O-Okay…» Disse lui, un po’ interdetto.
Ayame incrociò le braccia sbuffando, anche se non è che le interessasse più di tanto ciò che Paschendale avesse appena detto.
«Ah sì! Dimenticavo.» Riprese il microfono, questa volta con meno classe. «Buon torneo a tutti voi!».
L’augurio fu seguito da forti urla di gioia.
“Un po’ di amore per questo sport è meglio che io lo mostri ancora…” pensò.
«Bene! Grazie Presidente! Ma ora, iniziamo subito spiegando lo speciale regolamento di questo torneo: l’elemento novità di questa contesa è che nessuno conoscerà l’avversario fino a un attimo prima del match.»
«Sentiamo come funziona.» Ginka era incuriosito.
«Tutti i blader partiranno da questa cava di pietra e dovranno raggiungere la cima della montagna. Ci sono numerosi sentieri che portano in vetta. Ognuno è libero di seguire la strada che preferisce, ma ci saranno dei posti di controllo disseminati lungo ogni percorso. Quando raggiungeranno una di queste arene, collocate sulla loro strada, cominceranno a combattere. Solo il vincitore della sfida potrà salire e accedere allo stadio successivo. Il match finale si disputerà tra i blader più veloci.»
«Avete capito? Per questa competizione servono energia, potenza, ma soprattutto velocità.» Commentò Yuki.
«Sembra decisamente impegnativa da affrontare.» Proseguì King.
«Ma dai! Per me sarà una passeggiata.» Rispose Masamune.
«Hm!? E per me sarà come raccogliere margherite!».
«E per me sarà come gonfiare un palloncino!».
«Ah sì…!?».
«Oh no, ci risiamo!» Disse Tobi sbattendosi una mano sulla fronte.
«Quei due non fanno altro che litigare, è assurdo!» Fece Zeo.
«E non è finita! Il vincitore riceverà questo favoloso premio.» Un grande “lenzuolo” bianco cadde da ciò che stava coprendo. «Una statua Mobey a grandezza naturale in oro diciotto carati!».
«Oddio! Qualcosa di più kitsch non l’avrebbero trovata nemmeno se si fossero impegnati.» Commentò Paschendale, semi-inorridita.
«Ehi, che meraviglia!» Disse Ginka, con gli occhioni luccicanti.
«È un bel trofeo, ma chi è che lo vuole!?» Commentò Madoka stupita. Yuki e Benkei erano della stessa idea.
«Quello me lo porto a casa io senza dubbio!» Disse Masamune.
«Giù le zampe dal premio amico, quel trofeo è mio!» E il litigio ricominciò, di nuovo.
«No, caro, la statua è mia!».
«Che cosa!?».
«Mi sbagliavo, qualcuno che la vuole c’è.» Si corresse la meccanica.
«Il nostro torneo sta per avere inizio. Blader, siete pronti per cominciare?» Riprese DJMan. «Come ho già detto, si parte dalle gallerie della cava. Scegliete l’ingresso che vi piace di più e seguite il vostro percorso per arrivare in cima. Il torneo dell’Isola di Beyster…».
«PASQUA!».
«Ah già, mi scusi Presidente! Il torneo dell’Isola di Pasqua sta per iniziare!
3…2…1…PRONTIIII…LANCIOOOOO!».




Scusate! Scusate! Scusate! Ho scritto qualcosa di incredibilmente noioso D:
Lo so che più della metà di questo capitolo è stato disgustosamente plagiato dall’ep.23. Mi dispiace, ma purtroppo dovrò scrivere alcuni pezzi di capitoli seguendo questo metodo (soprattutto quando s’arriverà verso la fine della stagione) e vi spiego perché: ho notato che la maggior parte dei cap precedenti sono incentrati su Paschendale e Ayame. Voglio anche parlare un po’ degli altri. E’ importante per me mantenere per un buon 80% (ma che brava che sono, so pure le percentuali ^-^) la Fury originale.  Spero tanto che la cosa vi vada bene lo stesso e che continuiate a leggere la FF :)
Riringrazio  nadia112 che ha messo la FF tra preferite e seguite, e grazie a Kya88ryu che m'ha aggiunto tra gli autori preferiti ^-^
Con questo vi saluto, al prossimo cap!!
 
RebelYell

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Capitolo 12
*** Tre incontri al vertice ***


Mi scuso subito con AxelKyo, Kya88ryu, nadia112 e Wolf_White_  per non aver risposto alle recensioni dello scorso capitolo, sono desolata :(
Questo cap è molto lungo (25 pagine di Word). Spero sia di vostro gradimento :)
Non ho avuto tempo di rileggerlo tutto, speriamo non ci siano troppo errori...
Ci risentiamo alla fine del capitolo! Buona lettura ^^!!


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XII
τરε ίɴȻΘɴτરί λι νεરτίȻε
 
 
 
"My emotions
Frozen in an icy lake" 
 

Episodio 24 e 25 – “Due incontri al vertice” e “Un blader misterioso”
 
«Benvenuti al torneo dell’isola di Beyster Pasqua! Ogni angolo dell’isola è un’arena dove i blader si danno battaglia. Chi saranno i due finalisti che, vincendo i loro incontri, raggiungeranno per primi la cima della montagna? Scopriamolo insieme!».
Il torneo non era cominciato da troppo tempo; tuttavia, erano già avvenuti degli incontri favolosi.
«Quest’anno, i blader partecipanti sono davvero tantissimi e tutti molto agguerriti! Non lo pensa anche lei, Presidente?» DJMan si rivolse verso la blader di Sunset Hydra, la quale era rimasta con la testa tra le nuvole per tutto il tempo, senza esprimere opinioni di nessun tipo.
«Ehilà, Presidente Tategami! Che le succede?».
«Ah, ehm…sì, scusate. E’ solo che in questo periodo non sono troppo informa.»
«Ah, giusto, è vero. Comunque, ci sono stati incontri davvero entusiasmanti, come ad esempio Variares contro Scythe Kronos. Ricordiamoci inoltre che il bey di King possiede la rotazione inversa, il che ha reso lo scontro ancora più interessante!».
«Sì, è vero…» rispose Paschendale incrociando le braccia e chiudendo gli occhi.
“Dobbiamo però ricordarci che Variares non è l’unico beyblade a possedere la rotazione inversa…” pensò.
Improvvisamente, il gigantesco schermo rivelò qualcosa d’inaspettato.
«Un momento, che succede laggiù!?» disse DJMan. Tutti quanti gli spettatori rimasero a bocca aperta: un gigantesco drago cremisi distruggeva tutto ciò che incontrava al suo passaggio.
«Ryuga avanza verso il gruppo di testa travolgendo persino le statue dei posti di controllo! Sembra assolutamente determinato a vincere! Presidente, lei che ne pensa?».
Il presentatore fissò la ragazza, la quale inquadrava lo schermo con uno sguardo alquanto sbigottito.
«Hm? Presidente, ma che le prende?».
Paschendale iniziò a tremare. Era incredibile! Possibile che il solo vederlo su uno schermo le comunicasse tutte quelle strane emozioni?
«Aehm…scu…scusate ma…devo…devo andare a sdraiarmi un attimo…» corse velocemente dietro le quinte del palco.
 
«E ti pareva, il solito prepotente!» commentò Madoka, infastidita dal comportamento insolente del possessore di L-Drago Destructor.
«Che grinta! Non ho mai visto un blader del genere!» commentò Ayame con gli occhi che le luccicavano.
«Non farti ingannare. Quella non è grinta, è solo presunzione!».
«Beh… Non ha tutti i torti…».
Oddio, ne era sicura: Ayame era tornata nuovamente all’attacco.
Madoka alzò un sopracciglio «Che intendi dire con questo, Ayame?».
«Andiamo, Madoka! Lo sai benissimo anche tu! Non credevo avessi dei gusti così strani in fatto di ragazzi.»
Sulla fronte della meccanica comparì improvvisamente una vena pulsante. D’accordo essere amiche; d’accordo darsi dei consigli; ma con questo aveva proprio esagerato.
«Grrrrr!! Se proprio devo avere un ragazzo, questo deve rispettarmi e trattarmi come se fossi la cosa più importante! E, scusa se te lo dico, sei un tantino fuori di testa se ti piacciono i ragazzi non di questo tipo, mia cara Ayame.»
«Ah, ah…» la blader non ascoltò nemmeno una singola parola, era troppo indaffarata a contemplare l’immagine di Ryuga sullo schermo televisivo.
«Ti sei già dimenticata di Kyoya forse!?».
«Ma certo! Ormai è un altro il mio obiettivo…».
«Ayame, sta’ alla larga da Ryuga. Quel blader porta solo guai, credimi!».
Fissò la meccanica con aria furba, che indietreggiò qualche centimetro.
«Mi spiace, Madoka. Questo non posso proprio promettertelo.»
«Ahhhh, lasciamo perdere…» sospirò, ormai stufa. Se Ayame voleva mettersi nei guai, peggio per lei. Non poteva mica sempre fare la mamma a tutti.
«Ma…dov’è finita Paschendale?».
«Smettila di preoccuparti per lei Madoka, non ce n’è bisogno. Sarà forse ancora un po’ scossa a causa di ciò che è accaduto ieri…».
«Hm? Perché, che è accaduto ieri?».
«Ah, nulla…ci ho solo provato con Kyoya, e Paschendale ci ha sorpresi mentre ci baciavamo.» La blader ne parlava come se fosse una cosa da niente.
«TU HAI FATTO COSA…!?» Madoka non poteva crederci. Per fortuna, la sua rabbia fu fermata dal combattimento seguente…
«Attenzione! Sta per cominciare un combattimento nello stadio della barca sul lago!» disse DJMan.
Madoka rimase molto stupita da ciò che vide sullo schermo.
«Cosa!? Ma quello è Ginka!!».
Finalmente toccava al possessore di Cosmic Pegasus combattere.
«Uno dei giocatori è Ginka, » riprese a commentare il presentatore «Chiediamo alla telecamera di inquadrare il suo avversario… Colpo di scena! E’ Kenta!».
Madoka si spaventò. Ginka e Kenta si sarebbero scontrati!? E così presto, per giunta!?
«Però! Era da un tot che quei due non combattono tra di loro.» disse Ayame, impaziente di seguire lo scontro.
«Questi due ragazzi sono più che amici, direi che sono come fratelli; e adesso, eccoli pronti a combattere l’uno contro l’altro. Questo sì che può chiamarsi spettacolo!».
«Ma Kenta cosa ci fa qui, non capisco!» Madoka restava perplessa. In fondo, tutti pensavano che quel ragazzino fosse tornato in Giappone per allenarsi. Invece, eccolo lì, pronto a scontrarsi contro i blader più forti al mondo.
Ma non solo Madoka era stupita. Persino lo stesso Ginka faceva fatica a comprendere l’improvvisa rivalità che era comparsa tra di loro.
 
 
FLASHBACK (pochi minuti prima)
 
«E’ un piacere rivederti. Ciao Ginka!».
«Come mai sei venuto su quest’isola? Io ero convinto che fossi tornato in Giappone e invece…».
«Non avrei voluto incontrarti adesso, ma è stato inevitabile. Entrambi giriamo il mondo per partecipare ai grandi tornei. Mi ero preparato a quest’eventualità.» il tono di voce del possessore di Flame Sagittario lasciava trasparire senza riserve tutta la sua sicurezza.
«Un momento, non capisco… Mi spieghi che storia è questa! E perché tanti sotterfugi!».
«Volevo solo fare qualcosa per aiutarti e questa è l’unica soluzione che ho trovato!».
«Ecco perché hai deciso di seguire Ryuga…» allora, Ginka non si era sbagliato; il ragazzino che si trovava vicino a Ryuga era proprio lui, Kenta.
«Ci sono tante cose che vorrei spiegarti Ginka, ma prima di parlare, voglio che tu combatta con me, ora!» il blader era già in posizione di lancio «Per due blader, combattere è il modo migliore per fare conversazione, giusto!?».
«E’ questo che vuoi?» Ginka era ancora incredulo. Sentiva nelle parole di Kenta qualcosa di estremamente competitivo. Non era da lui comportarsi così.
«Ci siamo solo noi su questa barca. Nessuno ci potrà interrompere o disturbare. Per favore, dimmi che accetti la mia richiesta Ginka!».

«Va bene Kenta. Visto che ci tieni tanto, non posso fare altro che accettare la sfida. Quando vuoi. Io sono pronto!».
 
FINE FLASHBACK
 
 
Eccoci. C’erano quasi. Il loro incontro stava proprio per cominciare.
«Io sono pronto, amico!» disse Kenta agguerrito.
«Bene, possiamo cominciare!».
 
3…2…1…PRONTIIII…LANCIOOO!!!!!-.
 
«Signore e Signori, occhi puntati sullo stadio della barca in mezzo al lago!».
 
«Continua a girare Pegasus!».
«Sferra un attacco Sagittario, VAI!».
Al primo scontro tra i due bey, s’alzò una tal quantità d’aria da costringere Ginka a coprirsi il volto. Era impressionante! Non si ricordava assolutamente che quel ragazzino fosse tanto forte. Chissà che allenamenti poteva aver seguito per diventare tanto potente.
 
 
«Aaah!! Ma dove sarà finito!? Io non sopporto le lunghe attese!».
King se ne stava seduto sul prato “pazientemente” ad aspettare il suo prossimo avversario.
Esattamente in quel momento, un ragazzo circondato da un’innaturale luce vermiglia, s’avvicinò a lui con passo lento.
«È arrivato finalmente!» commentò il blader di Marte, alzandosi in piedi soddisfatto.
L’avversario s’arrestò, incuriosito.
«Ce ne hai messo di tempo, ti stavo aspettando! Ti chiami Ryuga, vero? Tu devi essere uno dei blader più potenti! L’ho capito appena ti ho visto e non vedo l’ora di battermi contro di te. Allora, cominciamo questo incontro!?».
«E tu chi saresti? Se non sono indiscreto…».
«Io mi chiamo King e sono il blader numero uno al mondo. Puoi essere solo orgoglioso di combattere contro di me!».
«Il numero uno hai detto? Hmhmhm! Il solito allocco…».
«Scusa, vuoi ripetere!? Io non permetto a nessuno d’insultarmi! Assaggia la potenza del mio Variares, poi vediamo chi è l’allocco tra noi due!» King mostrò all’avversario il suo bey, con orgoglio.
Ryuga sorrise compiaciuto.
«Va bene! Ti accontento. Combattiamo!».
 
 
«Un momento di attenzione!» riprese DJMan «Qui vicino sta per cominciare un altro combattimento.»
Lo schermo riprese i due blader.
«Ryuga è pronto a lottare…contro King!».
 
«Un incontro tra Ryuga e King!» affermò Madoka, lievemente preoccupata.
«Ottimo! Era esattamente quello che desideravo accadesse! Finalmente potrò vedere quel blader combattere!».
«Scusa, mi stai dicendo…che non hai mai visto un combattimento disputato da Ryuga in vita tua, Ayame!?».
«No…e me ne pento anche!».
Allora…Ayame sembrava davvero interessata a Ryuga. Ma chissà, forse era solo quel tipo di feeling che c’è tra una persona famosa e i suoi fans. Però, era anche vero che Ayame poteva avvicinarsi a lui in qualsiasi momento…
«Ooooooooookkkkaaaaaayyyyy… Salve a tutti gente! Come va!? Scusate la mia assenza ma proprio…oh mamma, di nuovo!?».
Bene, perfetto! Ora che Paschendale si era decisa a tornare, le dovevano spiattellare davanti al naso l’immagine di Ryuga che stava combattendo.
«Oh Presidente! Finalmente è tornata!».
«Ssssssssssììììì…ah…ehm…credo che tornerò dentro…». Indicò alle sue spalle e fece dietro front, ritornando da dove era venuta.
A DJMan cadde una goccia di sudore dietro al capo. Madoka lo imitò.
«Che strano! E’ da pazzi perdersi un combattimento di Ryuga.» commentò Ayame.
«Purtroppo Paschendale ha avuto qualche problema con quel blader…» la meccanica sapeva che, riferire tutta quella storia ad Ayame, non sarebbe stata una buona idea.
«Mpf! Si vede che non è un’esperta di ragazzi…» disse Ayame, superiore.
“Fiiiuuuuu…non ha capito niente” pensò Madoka.
«Aaaahhh!! Guarda come L-Drago sta attaccando Variares! È davvero incredibile! Non ho mai visto nulla del genere.»
Beh, in fondo, non c’era da stupirsi! Non era una novità che Ryuga fosse incredibilmente forte e potente. Tuttavia, il fatto che avesse come avversario un altro bey a rotazione inversa, Variares appunto, non gli permetteva di assorbirne l’energia, costringendolo così a cambiare tattica. In ogni caso, sembrava proprio che L-Drago Destructor, che continuava ad attaccare travolgendo con anomale ondate di vento il povero King, avesse la meglio sul beyblade avversario.
 
 
Intanto, sulla barca, si svolgeva lo scontro tra Ginka e Kenta che, a differenza dell’altro incontro, mostrava in vantaggio il “meno quotato” tra i due blader.
Cosmic Pegasus reagiva, ma a fatica. La potenza di Sagittario aveva raggiunto livelli altissimi rispetto ai combattimenti passati. Ginka ne era colpito, certo. Ma non comprendeva perché quel ragazzino attaccasse con così tanta violenza, senza riserva di mosse speciali. Ciò rendeva il blader di Pagasus turbato e spaventato.
 
 
 
Gironzolava avanti e indietro per il camerino.
Le braccia le circondavano la vita e il freddo la pervadeva.
Quella piccola stanza, dove regnava un silenzio tombale, veniva raggiunta ogni tanto dal lieve riverbero delle acclamanti urla del pubblico.
Non pensava di poter essere seriamente tanto stanca.
Si lasciò cadere goffamente sul divanetto, cercando di prendere sonno e rilassarsi un pochino.
Così a caso, mise una mano in tasca, recuperando un piccolo foglietto piegato in quattro. Si trattava della foto di lei e Kyoya, quella che Ayame aveva recuperato nella sua borsa.
 
 
Paschendale, io e tuo fratello siamo stati insieme qualche anno fa. Poi, io l’ho tradito e lui mi ha lasciata. Quello che hai visto prima era il mio tentativo di riconquistarlo.
 
La verità è che a me non importa assolutamente più nulla di Kyoya, né di nessun altro ragazzo che dimostri uno smisurato interesse nei miei confronti. Ci ho riprovato con lui, solo perché volevo essere IO a spezzargli il cuore.
 
 
Non poteva davvero crederci.
Ci mancava solo quello! Tra la sua malattia e il rifiuto da parte di Ryuga, pure i problemi con suo fratello dovevano tornare!?
Non se lo sarebbe proprio aspettato da lui. L’aveva sempre reputato una persona intelligente, e non uno stupido che, in preda a un raptus d’ormoni, si sarebbe ricongiunto alla propria ex. E che ex! Una stupida che lei non sopportava assolutamente, e che l’aveva fatta uscire dai gangheri, come nessuno aveva mai fatto prima.
 
 
FLASHBACK
 
Aveva saputo dai suoi collaboratori che ci sarebbe stato un torneo su un’isola sperduta nel bel mezzo del Pacifico. Non era interessata un gran ché, inoltre, non la obbligava nessuno a partecipare, ma aveva davvero bisogno di cambiare aria e distrarsi in un qualsiasi modo. Tuttavia, dato il suo stato non proprio totalmente sano, necessitava di un accompagnatore, e, disgraziatamente, l’unica persona al momento disponibile era Ayame Tokada.
Infatti, eccole lì che si stavano preparando per partire. Erano entrambe nell’ingresso a sistemare le ultime cose.
Il clima era gelido. Non si erano scambiate una singola parola dall’ultimo litigio avvenuto “a causa” di Kyoya.
Ayame, con grazia, sistemava le proprie cose nella borsa. Paschendale, al contrario, sbatteva tutto con fare seccato, con un broncio sul viso che aveva da chissà quante ore.
«Vuoi continuare a fare così ancora per molto?» domandò la modella.
L’altra non rispose, la degno solo di una minacciosa occhiata di sbieco.
«Non puoi fare nulla. Sei solo sua sorella. Semmai Kyoya volesse tornare da me, tu dovrai solo accettarlo. Non hai voce in capitolo, quindi smettila ti trattarmi con tanta freddezza e ringraziami del fatto che ti stia aiutando, data la tua strana malattia.»
«Non ti ho costretto io a stare qui.» E finalmente parlava! Tuttavia, se non le diceva delle cose taglienti, non stava bene.
«AH! E’ così che mi ringrazi? Dopo che cucino, pulisco la casa, ti lavo i vestiti, e davvero così che mi ringrazi?!».
Davvero Ayame pensava di avere ragione? Davvero pensava di comportarsi nel migliore dei modi?
Paschendale non la pensava proprio così e il suo sguardo lo mostrava pienamente.
Fissava la blu con gli occhi sbarrati e increduli che sembravano dire “hai seriamente il coraggio di dire ciò!?”.
Il suo sguardo era tanto terrificante e anomalo, che Ayame rimase immobile, ignara di come avrebbe potuto reagire.
A Paschendale caddero le cianfrusaglie che stava per mettere in borsa dalle mani, serrò le labbra e s’irrigidì tutta.
«CHE CAZZO STAI DICENDO!?».
«Ooohhh…e adesso che ti prende?» sbuffò Ayame.
«SAREI IO A DOVERTI RINGRAZIARE!?!?!? SEI TU L’UNICA CHE DOVREBBE RINGRAZIARMI PER NON AVERTI UCCISO IN QUESTI GIORNI!! SI’ AYAME, RINGRAZIA!! RINGRAZIA CHE IO SIA LA PERSONA MENO IMPULSIVA DEL PIANETA, PERCHE’ SE FOSSI ANCHE SOLO UN MILIARDESIMO MENO RIFLESSIVA DI COSI’, NON MI SAREI TIRATA INDIETRO NEL…NEL…».
«Nel…cosa?» la sfidò, un po’ divertita.
«NEL TIRARTI UN CEFFONE!!».
«Ahahah! Un ceffone? Mamma mia che paura! Sappi che un ceffone è mille volte meno doloroso di quello che potrebbe farmi il mio Thermal Eridanus».
«Hmmmmmm!!!!…io non ho paura del tuo stupido bey!!!».
«Ah sì? Allora dimostramelo! Sfidiamoci adesso, che ne dici!?».
«Dicono che per i blader combattere è come conversare, peccato che a me dei beyblade non freghi più praticamente nulla!».
«Tsk! Ahaha! Ora è tutto chiaro! Tu mi temi, Paschendale. Temi che io prenda il tuo titolo, temi che ti freghi tuo fratello, temi che abbia più successo di te nell’unica cosa in cui tu sia minimamente decente: il Beyblade. Perché sappi che, mentre tu stavi a casa a dormire e a non far nulla, io mi allenavo e sono migliorata anche molto!».
Ok, aveva superato ogni limite.
Paschendale fece una breve pausa per costruire nella sua mente la risposta più azzeccata-.
«Tu…fai…SCHIFO!!!! PERCHE’ NON MI SONO DATA ALLA PALLAVOLO INVECE CHE A QUESTO SPORT!? E’ COLPA DEL BEYBLADE SE TI CONOSCO, SE HO DEI PROBLEMI CON MIO FRATELLO, SE CONOSCO RYU…GRRRRR!!!...PE…PERCHE’!? NNNNON E’ POSSIBILE!!!
SEI QUALCOSA DI…SCONCERTANTE!!! SEI PRESUNTUOSA, BUGIARDA, HAI SOLO VISSUTO A SBAFFO QUI DENTRO SENZA MAI FARE NULLA DI COSTRUTTIVO, HAI ILLUSO TSUBASA, HAI TRADITO KYOYA, MI HAI RUBATO GLI AMICI…LO SAI CHE TI DICO!?- sbatte due volte le mani l’una contro l’altra –BASTA!!!! IL TORNEO MODIALE DI BEYBLADE NON E’ ANCORA INIZIATO E IO DEVO AVERE GIA’ TUTTI ‘STI CASINI!? NO!! MI RIFIUTO!! ADESSO TI FACCIO VEDERE IO, TI FACCIO VEDERE…!!». Afferrò il cellulare componendo un numero. Le sue mani tremavano, ma non per il freddo, bensì per la rabbia e la totale perdita della pazienza.
Ayame era piuttosto sconvolta. Non aveva mai visto qualcuno tanto adirato.
«Pronto, Ryo!! Che stai facendo!?...Vai subito alla WBBA!...Non m’interessa! Voglio tornare a casa e subito!...SONO IO IL MALEDETTISSIMO PRESIDENTE DELLA WBBA E SONO IO CHE COMANDO! QUINDI, PORTAMI SUBITO LE CHIAVI DELLA SEDE O TI LICENZIO, CHIARO!?» chiuse la telefonata bruscamente. Fu un miracolo che quel telefono non si fosse distrutto in mille pezzi.
«E così…te ne torni a casa?».
«ESATTO! INOLTRE, VOGLIO CHE TU SAPPI CHE APPENA SARA’ FINITA TUTTA STA CAVOLO DI SITUAZIONE, FARO’ DI TUTTO AFFINCHE’ NON SENTA MAI PIU’ PARLARE DI TE!».
Ayame non mosse un muscolo, spaventata dall’idea che Paschendale le saltasse addosso facendola a fettine.
Quel raggelante silenzio fu interrotto dal clacson dell’auto che avrebbe portato le ragazze all’aeroporto.
Le due uscirono dalla casa, senza incrociare lo sguardo e senza parlare.
 
FINE FLASHBACK
 
 
Era ancora stupita. Non aveva mai perso il controllo in quel modo.
Il massimo di dolore fisico che lei avesse mai fatto direttamente a una persona, consisteva solamente in qualche schiaffo non troppo forte, e il fatto di picchiare violentemente qualcuno, anche se l’azione compiuta consisteva in qualcosa di terribilmente grave, non le passava nemmeno per l’anticamera del cervello. E il non aver sfiorato Ayame nemmeno con un dito, la diceva tutta sul suo amore per la violenza.
 
Nel frattempo, i due incontri al vertice stavano proseguendo.
Improvvisamente, la situazione sembrava essere peggiorata per i due blader delle quattro stagioni. Kenta attaccava Ginka senza riserva di colpi, mentre la difesa di Variares era qualcosa di assolutamente invalicabile.
 
 
«Quell’attacco l’ho provato solo in allenamento” rifletté Kenta in seguito a un flashback.
«E’ giunto il momento di usare la mia nuova mossa speciale!!».
«Di quale mossa stai parlando!?» disse il sua avversaro, preoccupato.
«Preparati Flame Sagittario!».
«Che cos’hai in mente di fare, Kenta!?».
«AAAHHH!!!! Abbi pazienza, tra poco lo vedrai!!».
 
 
«Ahahaha!! Ti ho in pugno! Continua così Variares!! Ahahah!!!». King si divertiva come un matto ed era anche molto sicuro di sé.
 
«King è scatenato e incalza il bey di Ryuga- commentò DJMan -La potenza di L-Drago sembra diminuire dopo ogni assalto, ma Ryuga non intende cedere!».
«Ormai L-Drago è allo stremo, ma resiste grazie alla punta di sopravvivenza. Tuttavia, quando ha davanti un altro bey a rotazione inversa, non può assorbirne la potenza. Allora King ce la può fare a vincere l’incontro!».
«Cos’hai osato dire, Madoka!?» ribatté Ayame «Credi forse che uno come Ryuga possa farsi battere da un pivellino come quello!?».
«E questo lo affermi in base a cosa?».
«Beh, insomma! Guarda Ryuga e guarda King! Secondo te chi è meglio!?».
Madoka sembrava caduta in trans. Non avrebbe ami pensato che nessuno potrebbe dire una cosa del genere.
«Ayame…stiamo giudicando le capacità dei blader, non il loro aspetto fisico*-.-*».
«Ora ti distruggo! Userò la mia mossa speciale: SPADA DEL RE DEL TUONO IN AZIONE!».
Variares si scaraventò contro il beyblade avversario, suscitando in Ryuga un’insolita sensazione di preoccupazione.
 
 
«Ginka è l’unico blader che ha sconfitto Ryuga. Se riesco a batterlo, allora anch’io lo sconfiggerò».
Flame Sagittario usò la parete concava dello staidio come rampa, ritrovandosi poi ad alcuni metri sopra le loro teste.
«E una volta riconosciuta la mia forza, non potrà respingere la mia richiesta di aiuto».
Il beyblade di Kenta si circondò di un anello infuocato.
«Lo faccio per il nostro bene, e per il bene dell’umanità!».
«Kenta ma allora…l’hai fatto per noi…!» gli occhi di Ginka mostravano tutta la sua incredulità.
«E adesso preparati, userò la mia mossa speciale: SAGITTARIO! ARTIGLIO IN PICCHIATA!!».
L’anello di fuoco che circondava quel bey si scaraventò sull’arena, preoccupando Ginka, che immaginò la sua imminente sconfitta.
 
 
«Pensi di avermi in pugno!? Non avresti mai dovuto metterti contro l’Imperatore Drago!!!».
L-Drago cambiò assetto, girando improvvisamente più veloce.
«Accidenti!» King a fatica resistette a quell’ondata di vento. «AAAAAHHH!!!» e fu spinto via.
Variares fu colpito dal bey avversario con una forza inimmaginabile, facendolo schiantare contro una statua Mobey.
Ryuga tirò un bel respiro e riacchiappoò L-Drago, il quale tornò nelle mani del suo blader. Aveva sfruttato una quantità d’energia incredibile
King, seduto sul prato, sbatté un pugno a terra.
«No, non è possibile, mi ha battuto!».
 
«Co…colpo di scena!! Ryuga ha sfoderato una potenza incredibile! Ha sferrato l’attacco e messo in ginocchio il suo avversario. Così facendo, Ryuga si è aggiudicato un altro combattimento.»
«Non ho dati…» disse Madoka, fissando lo schermo del pc, stupita «Ryuga ha usato una potenza fuori dal comune nel suo ultimo attacco, » poi cambiò argomento «hai visto Ayame? Ryuga ha vinto. Sei contenta, ora?». Solo dopo s’accorse che Ayame l’aveva abbandonata volatilizzandosi nel nulla.
«Ma…Ayame, dove sei finita?».
«Vediamo che cosa succede nell’altro match» disse DJMan.
 
 
L’attenzione tornò sul combattimento di Ginka e Kenta.
Sagittario si stava avvicinando al campo da gioco. Tuttavia, essendo quella mossa ancora troppo poco sperimentata, il bey cominciò a barcollare durante la sua traiettoria, schiantandosi in fine senza aver combinato nulla.
Ginka sfruttò quella situazione a proprio vantaggio.
«Ok Pegasus. E’ ora di passare alla modalità Final Drive!!».
La punta del bey s’appiattì.
«Metterò fine a questo incontro con la mia mossa speciale: TORNADO COSMICO!».
All’improvviso, un’esplosione invase la barca.
 
«Sensazionale!! Ginka ha colpito il bey di Kenta scaraventandolo in aria! Quando Kenta sembrava in vantaggio, Ginka ha giocato il suo asso nella manica aggiudicandosi il match!».
Ma improvvisamente…
«Che cosa…? La barca non ha retto all’intensità della battaglia e si è spaccata a metà!».
La preoccuapzione di tutti era palapbile.
«Che ne sarà dei nostri blader?».
 
 
In un modo o nell’altro, erano riusciti a sventare quell’incidente, ritrovandosi seduti su una delle tante spiagge dell’isola.
Ormai era il tramonto, e per chissà ancora quanto tempo il torneo sarebbe proseguito.
Kenta era mezzo svenuto, mentre Ginka gli stava seduto affianco, ansimando.
«Anf…Anf…Anf… Kenta come stai? Tutto a posto?».
Il ragazzino si sedette. La sua espressione era mogia.
Sagittario era ancora nella sabbia, bagnato dall’incessante movimento dell’acqua marina.
«Accidenti, ho perso contro di te.» Nelle sue parole non c’era rabbia, solo delusione.
«Ascoltami bene Kenta: tu sei bravo, ma non hai ancora il pieno controllo della tua forza.»
Kenta si voltò di scatto nella direzione del proprio interlocutore.
«E’ stato un incontro difficile. Se riesci a dominare la forza che possiedi ora e a rifinire quella tua mossa speciale, potrai arrivare lontano. A quel punto, non solo io, ma anche Ryuga dovrà stare molto attento con te.»
«Dici davvero!?». Kenta, inizialmente, si sentiva molto deluso da se stesso; sapeva che, sconfiggendo Ginka, sarebbe riuscito a conquistare il rispetto di Ryuga, dato che il suo L-Drago era stato battuto esclusivamente da Pegasus.
«Non riuscivo a capire che cosa avessi in mente, ma ora lo so. Dì la verità, ti sei messo a seguire Ryuga solo per il nostro bene.»
«Ah… Beh… Sì, hai indovinato.»
«E allora raggiungi il tuo obiettivo, ok?» concluse Ginka, alzando il pollice.
«Grazie amico…» rispose il piccolo Kenta.
Finalmente ce l’aveva fatta. Aveva avuto il coraggio di confessargli ogni cosa: seguire Ryuga per convincerlo ad aiutarli. Tutti, sia Ginka che gli altri, sapevano che sarebbe stata un’impresa pericolosa, specialmente per un ragazzino ingenuo e sensibile come il blader di Sagittario. Tuttavia, l’ambizione di Kenta era qualcosa di stupefacente e indistruttibile. Era senza dubbio un individuo determinato, pronto a tutto per aiutare e a raggiungere i propri obiettivi.
E adesso, lo sapeva anche Ryuga.
L’Imperatore Drago, avendo ascoltato tutti i discorsi tra quei due cari amici, era riuscito a farsi un’idea riguardo quel ragazzino tanto cocciuto che lo seguiva da chissà quanti giorni; forse avrebbe anche potuto considerarlo di più e dargli fiducia, ma era decisamente troppo presto per giungere a conclusioni affrettate.
Il tempo stringeva. Non poteva star sempre ad aspettare Kenta. Doveva proseguire le battaglie.
Voltò le spalle al mare, allontanandosi a passo lento tra gli scogli.
 
«Ciao!» una voce femminile lo chiamava alle spalle.
Il blader s’arrestò e, con gesto automatico, punto L-Drago Destructor in direzione della suono.
«Chi sei? Fatti vedere.» disse, guardando gli alti scogli innanzi a lui.
«Ehi!! Calmati Ryuga! E’ così che ti chiami, non è vero?».
Da quel gruppo di rocce, sbucò una ragazza che lo fissava sorridendo, con un’espressione indecifrabile.
«Che cosa vuoi?» domandò, scocciato.
«Tranquillo, non ho intenzione di battermi con te. Non avrei alcuna possibilità contro un blader leggendario…» lo fissò attentamente da capo a piedi, soddisfatta di ciò che aveva davanti.
Riportò il bey al suo posto. Capì che poteva abbassare la guardia.
«Chi sei? E come conosci i blader leggendari?».
«Era ora che me lo chiedessi!!» enfatizzò la ragazza, concludendo con una leggera risata –Il mio nome è Ayame Tokada. Ginka e gli altri mi hanno parlato di Nemesis e di tutto il resto-.
«Possiedi anche tu il frammento di stella?».
«A quanto pare…no…» fece lei, un po’ imbarazzata.
«Mpf! Allora non m’interessi!» il blader le voltò le spalle, allontanandosi scocciato.
«Ehi! A…Aspetta!» Ayame lo rincorse, tuttavia non era dispiaciuta per l’atteggiamento di Ryuga.
“Come sospettavo. E’ il primo a non essere incantato dal mio aspetto” pensò. Era contenta, adorava le sfide.
Stava per raggiungerlo, finché un ragazzino molto più basso di lei non la superò.
«Aspettami Ryuga!!» chiamò quest’ultimo.
«Hm? Kenta, sei tu?» disse Ayame.
Il giovane blader si volse, sorpreso «Ehilà, Ayame! Non mi aspettavo di vederti qui!».
«Non sono qui per combattere. Ho solo dovuto accompagnare Paschendale che sta male».
«Che cos’ha Paschendale?» domandò Kenta.
«Il suo corpo continua a raffreddarsi senza una ragione apparente, e il suo bey, Sunset Hydra, e diventato caldissimo. Yuki pensa che le due cose siano collegate.»

S’arresto.
Tutto in lui s’arresto.
La mente, i muscoli, i nervi e forse persino il cuore.
Non riusciva ad associare le due cose.
Paschendale…stava male…non a causa sua?
Impossibile.
Non poteva accadere.
 
Paschendale sta male.
 
Solamente in quel momento, comprendeva la sua sconfinata gelosia.
Se la sua malattia e la questione di Hydra calda erano connesse, allora ci doveva essere la presenza di un qualche blader.
Ryuga ne era sicuro. E ciò non gli stava bene.
Quella ragazza era sua. Sua e basta.
Niente e nessuno poteva permettersi di toccarla o di infierire su di lei.
Solo lui poteva permettersi di farla gioire o farla soffrire.
La rabbia gli crebbe, l’orgoglio lo invase.
Tentò di celare quelle emozioni che gli davano strani brividi.
Si voltò, fissando la ragazza.
«Ryuga! Ti stai finalmente accorgendo che esisto!» disse Ayame, illudendosi di essere lei stessa l’oggetto della sua attenzione.
«Però è molto strano…».
«Ho notato il tuo combattimento contro King» la blu, ancora determinata a provarci con Ryuga, interruppe Kenta prontamente, il quale intendeva saperne di più riguardo a Paschendale.
Il blader dell’estate la fissò con aria apatica.
«Ti considero un combattente davvero eccezionale. Tutta la forza, la rabbia e la crudeltà che sprigioni durante le battaglie…mi lasciano nell’animo qualcosa di totalmente nuovo.»
“Ma che diavolo…!?” ok, era ufficiale: Kenta non ci stava capendo niente. Non che conoscesse Ayame poi così bene, ma quel suo comportamento era qualcosa di…scrausissimo!! Passatemi il termine, ma qui ci sta da Dio.
«Vorrei saperne di più sul tuo conto, Ryuga. Sei un ragazzo davvero interessante sotto tutti i punti di vista.» Parlava con tono pacato e con un sorriso malizioso sul volto. La posa del corpo comunicava la sua sicurezza e se lo stava mangiando con gli occhi.
Ovviamente Ryuga non stava assolutissimamente ricambiando. Certo, era un umano di genere maschile, d’inclinazione eterosessuale e possedeva due occhi che ci vedevano, quindi aveva notato che Ayame era una bellissima ragazza.
 
Ryuga!!
Pensaci!
 
La sua immagine.
Le ferite che le ricoprivano il corpo.
Gli occhi inumiditi dalle lacrime.
Perché? Perché ci stava pensando?
 
«Mpf! Sparisci. Non sei alla mia altezza.»
Ayame sorrise a quella “predica”, s’avvicinò a lui, che non mosse un muscolo. Il tutto era osservato dallo sguardo incredulo e piuttosto spaventato del piccolo Kenta.
La blader era esattamente di fronte a lui.
I loro visi erano a pochi centimetri l’uno dall’altro.
 
«Potresti essere tu…ad imparare qualcosa da me…» gli bisbigliò all’orecchio con voce sensuale.
 
Ayame si distanziò di poco. Lo fissava con un’aria di semi-sfida.
Ryuga era immobile. Non aveva cambiato espressione.
Kenta tremava. Sapeva che sarebbe rimasto traumatizzato a vita da quella scena.
Ryuga chiuse gli occhi, facendo un sorrisetto tra il divertito e il presuntuoso.
«Andiamo, Kenta.» lo chiamò mentre s’allontanava dalla spiaggia.
«Ah! Ehm…sì Ryuga…arrivo. Ci…ciao Ayame!».
E così, proseguirono per portare avanti le varie sfide.
 
Ayame li fissò un’ultima volta mentre scomparivano in lontananza.
Incrociò le braccia, soddisfatta del proprio operato e consapevole del suo successo.
“Non potevo desiderare di meglio. È esattamente come lo volevo” pensò.
 
 
«Mi rivolgo a tutti i blader che si dirigono sulla cima della montagna» cominciò DJMan «Ascoltatemi bene: due blader hanno raggiunto la vetta della montagna e tra poco si scontreranno nel combattimento finale!».
Chi potevano essere?
Comunque, tutto il pubblico e i blader partecipanti, si recarono all’ultimo posto di controllo, curiosi di sapere che avrebbe combattuto.
«Da una parte, c’è un blader coraggioso che ha vinto molti tornei. Un ragazzo che tutti conosciamo bene. Cresciuto nella palestra Dungeon. Masamune Kadoya!».
«Vai Masamune! Fatti onore!» lo incitò Toby.
«Sei arrivato fino a qui! Non puoi fermarti adesso!» lo imitò Zeo.
«Non immaginavo che fosse così forte!» commentò Yuki.
«Già! È uno sbruffone, ma in fondo, è un blader dotato di grande talento» affermò Madoka.
«L’avversario, senza dare nell’occhio, ha superato tutti i posti di controllo ed è arrivato in cima per primo. Ecco a voi il misterioso e inafferrabile blader di nome Chris!».
nessuno l’aveva mai visto prima d’ora.
Era un ragazzo coi capelli biondi scompigliati e due grandi occhi viola. Indossava dei vestiti blu e rossi attillati.
«Il pubblico a riempito gli spalti. Diamo il via alla finale! Il torneo dell’Isola di Pasqua volge al termine, gente. Non ci resta che scoprire chi sarà il vincitore!».
«Come ve lo devo ripetere!? Io vincerò il torneo!» protestò il blader di Blitz Striker «Mi dipsice, non avrai nessuna speranza, Chris. È meglio che te ne torni da dove sei venuto.»
«Eh! Fai pure lo sbruffone. Le tue parole non mi paventano affatto. Alla fine dell’incontro andrai via con la coda fra le gambe. Il mio Phantom Orion ti darà una bella lezione!».
il blader mostrò il proprio bey all’avversario.
Si trattava di un oggetto con l’anello di energia viola e la ruota di fusione gialla.
Sulla face, una specie di fiamma con tre occhi.
Yuki, di fronte a quell’immagine: -Caspita! Questa non me l’aspettavo proprio! Anche Orione è una costellazione invernale-.
«Avanti Chris, fatti sotto!» disse Masamune, puntando il suo bey.
«Attenzione! I finalisti hanno preso posizione. Ci siamo…!!».
3…2…1…PRONTIIII…LANCIOOO!!!

 
 
Episodio 26 – Uno scontro epico
 
Era stata una battaglia complessa e combattuta.
Il nostro caro Masamune aveva dato tutto se stesso per vincere e per risvegliare il probabile potere del blader leggendario occulto in lui. Ma non fu così.
La battaglia fu vinta da quel blader misterioso: Chris.
Il lato positivo però, era che avevano trovato l’ultimo blader delle quattro stagioni.
«Il mio Phantom Orion…è cambiato!» disse mentre osservava la luce spigionata dal proprio bey. Era senza dubbio soddisfatto. «Orion ha acquisito nuovi poteri speciali che io farò fruttare. Viaggerò per il mondo senza sosta, passando di squadra in squadra e diventerò sempre più forte. Conto su di te, Orion!».
Nel frattempo, gli altri erano andati da Masamune a rincuorarlo.
Il blader era distrutto, deluso da lui stesso e implorando il perdono di Striker. Avrebbe tanto desiderato diventare un blader leggendario.
«Chris, aspetta un attimo!» Ginka lo chiamò «C’è una cosa importante di cui ti vorremo parlare…se ci passassi un po’ della tua forza, ci sarebbe di grandissimo aiuto.»
«Vuoi scherzare!? Come ti viene in mente!?» replicò il proprietario di Orion.
«La potenza dei blader leggendari non è ad uso e consumo personale. Il frammento di stella non è penetrato per caso nel tuo bey, lo capisci?».
Chris non comprendeva le parole di Ginka. In fondo, non aveva mai sentito parlare di frammenti di stella o blader leggendario. Perciò, il possessore di Pegasus fu costretto a spiegarglielo brevemente.
«Ti supplico, Chris! Abbiamo estremo bisogno della tua forza!».
«Che cos’ è? Un’offerta di lavoro?» quelle parole erano inconcepibili per i veri blader. Che cosa intendeva Chris? «Io sono un blader mercenario che gira il mondo da solo. Sono un blader solitario. Per cui, se volete ingaggiarmi, posso prendere in considerazione la vostra proposta…».
«Ingaggiarti per che cosa?» chiese Ginka.
«Se firmeremo un contratto come si deve, allora vi accontenterò. Ma vi avverto, i miei servizi costano molto cari ragazzi».
«Chris, cerchiamo di capirci: noi blader non ragioniamo così!» replicò Ginka.
«Noi vorremmo che fossi nostro amico e combattessi con noi» disse Yuki.
«Prendere o lasciare. Le mie condizioni le conoscete, se non vi stanno bene, pazienza! Vi resterà quella mezza calzetta di Masamune come amico.»
«Vuoi ripetere scusa!?» ringhiò King.
«Calmati King, sta’ buono» fece Ginka.
«Ma l’hai sentito!? Non gli permetto di parlargli in questo modo! Masamune è un mio caro amico e nessuno deve mancargli di rispetto! Peggio per lui. Se è l’unico modo, mi farò capire con le maniere forti, LANCIO!!» non ebbero nemmeno il tempo di fermarlo il blader di Marte.
«All’attacco, Orion!» Chris rispose all’offensiva.
I due blader iniziarono a combattere senza esclusione di colpi, mentre Ginka e gli altri tentavano di convincere King di smettere di combattere.
«NO! NO! NO! NO! NON E’ POSSIBILE! Non potete combattere ancora!» Paschendale, che osservava il combattimento dall’elicottero insieme a DJMan, stava imapazzendo «Abbiamo già decretato il vincitore! Smette immediatamente di combattere!!» urlò.
Ma la blader si incavolò ancora di più quando fu Ginka a lanciare il bey.
«NNNNNOOOOOOOOOOO!!!!! GINKA TI CI METTI ANCHE TU!?» si sbatté le mani sulla faccia.
I tre blader proseguivano il combattimento che, a prima vista, era decisamente complesso. Dopotutto, a scontrarsi erano tre blader leggendari.
Ma, improvvisamente, qualcuno s’intromise, ma senza combattere.
«Aspetta un secondo!» una voce che si avvicinava dall’alto chiamò Chris «Lo compro io il tuo talento, aspetta! Sono disposto ad acquistare i tuoi servizi.» Si trattava di Johannes.
«Tu vorresti…acquistare i miei servizi?».
«Ma certo! Tranquillo, non cercherò di convincerti a diventare mio amico o stupidaggini del genere. Voglio solo che tu faccia il tuo lavoro e che lo faccia bene; e in cambio dei tuoi servizi, sono disposto a darti tutto quello che desideri ok?».
«Tutto quello che desidero? Stai dicendo sul serio?».
«Certo, per chi mi hai preso!?».
«Mi sembra ragionevole per cui…d’accordo, accetto volentieri la tua offerta».
«Benissimo! A quanto pare l’affare è concluso. Sta’ a sentire: come primo incarico, ti ordino di occuparti di questa massa di citrulli.» disse Johannes riferendosi al gruppo avversario
«Certo! Conta su di me!».
«Vuoi scherzare!?» Madoka era a dir poco stupita.
«Quel brutto ceffo lavora per gente malvagia, non dargli retta Chris, quello è un poco di buono!» lo mise in allerta Yuki.
«Ora basta! Chiudi il becc, nanerottolo.» si aggiunse un altro blader: Aguma.
 
PRONTIII…LANCIOOO!!!
 
Tutti i blader rimasti attorno all’arena, lanciarono il proprio bey che, da tre, divennero quindici/dieci (Numero del tutto a caso ^^”” nd. RebelYell).
«Ma che diavolo state combinando!? Non potete far tutto di testa vostra!» urlò Paschendale, alla quale sarebbe piaciuto tanto ammazzarli tutti dato che lei stessa detestava quando i blader infrangevano le regole.
L’incontro era decisamente combattuto. In entrambi i gruppi c’erano due blader leggendari che rendeva le “squadre” più o meno alla pari.
In seguito, però accadde l’inevitabile.
«Resisti Cosmic Pegasus!». Appena Ginka vide di proprio bey essere scaraventato in aria e pericolosamente presso i bordi del campo, gli balenò nella mente l’idea di poter perdere.
«Per un soffio…» constatò Johannes, deluso.
Infatti Pegasus, per grazie divina, era riuscito a rientrare nell’arena.
«Tranquillo, ci rifaremo.» disse Chris al suo nuovo datore di lavoro -Orion!-.
«Ehi! Mi semplifichi molto le cose se mi vieni in contro, grazie mille amico!- disse King, con lieve tono sarcastico -Spediscilo su un altro pianeta Variares!... Che cosa!?».
Variares, che si stava dirigendo a velocità inaudita contro il suo avversario, fu scansato da Orion che lo ignorò.
«Devi aspettare il tuo turno.» disse Chris.
«Si può sapere chi ti credi di essere?». Improvvisamente, Variares fu attaccatto da tre membri della Fazione Bey Bey che lo tenevano occupato.
«Accidenti…levatevi di torno!».
«Accetti la sfida, Ginka!?». Chris indicò il suo avversario con sicurezza.
«Non mi rimane altra scelta, giusto? Vai Cosmic Pegasus!».
«Vai Orion!».
I due bey si scontrarono causano un’incredibile esplosione.
«Ti difendi bene.» si complimentò il blader dell’inverno.
«Ora ascoltami: se proprio insisti, accetto di combattere contro di te. A patto che, se vinco io la sfida, ascolterai quello che ho da dire, sono stato chiaro?».
«Va bene, va bene, ma credi veramente di avere qualche chance contro il mio potentissimo Orion?» lo sfidò Chris con presunzione.
«Certo che ci credo! Ne sono più che convinto! Devo vincere per impedire il risveglio di Nemesis, per il futuro dei beyblade e soprattutto, per il mio amico Masamune che ha dato l’anima per aiutarci e ci ha portati fin qui. Vincerò, costi quel che costi. Pegasus, modalità sbarramento!» il bye cambiò rapidamente assetto.
«Che ingenuo… Continua pure con le tue ridicole offensive, non riusciranno neanche a scalfirlo.»
«Così non funziona; » disse Madoka, fissando il pc «i cuscinetti che Orion ha al suo interno, possono neutralizzare qualunque tipo di attacco. Come se non bastasse, la sua ruota di fusione innovativa devia gli assalti di Pegasus e lo respinge senza soluzione di continuità. Più Pegasus attacca e più perde energia!».
Madoka era davvero preoccupata.
Non potevano permettersi di perdere un altro blader leggendario.
«Ahahah!! Tempo sprecato.» affermò Chris.
«Aspetta a dirlo.» disse Yuki, ottimista «Pegasus ha un’arma di riserva: la sua punta Final Drive.»
«Siamo alla resa dei conti, amico. Pegasus!».
«Non credo proprio. Hades Crown!» s’intromise anche Bao: amico di Aguma e membro della Fazione Bey Bey.
«Kronos!».
«E va bene, raccogliamo la sfida!» disse Toby.
«Vai Spyral Fox!».
«Tocca a te, Anubius!».
«OH! BASTA! Siamo caduti nell’anarchia più totale per caso!? Piantatela di fare quello che vi pare!». Paschendale stava letteralmente impazzendo.
«Pegasus, modalità Final Drive!» il bey si preparò «E adesso…mossa speciale!! PEGASUS, TORNADO COSMICO!».
«Mi vuoi provocare, eh?» Chris si circondò di luce viola scuro. «AAAAAAHHH!!!!! MOSSA SPECIALE! ANELLO DI BARNARD!».
Ed ecco che gli spiriti delle due costellazioni uscivano dai rispettivi bey, scontrandosi agli occhi di tutti.
Dalla bocca dei due blader uscirono urla di battaglia.
«Aspettate un momento, voglio partecipare anch’io alla sfida!». Variares s’animò e King venne avvolato da un’accecante luce rossa.
Quando a un certo punto…
«Finalmente l’ho trovata, una potenza senza precedenti!». C’era qualcun altro che voleva aggiungersi allo scontro.
Un drago cremisi s’intromise tra i due spiriti che combattevano, travolgendo tutto con delle fiammate.
«È Ryuga!» esclamò Ginka.
«Incredibile! Ci mancava solo lui, è arrivato anche Ryuga, Signore e Signori!» esclamò DJMan.
Paschendale, nonostante avesse ripreso continuamente tutti i blader che partecipavano all’incontro, appena intervenne Ryuga, lei rimase zitta zitta per motivi ormai ovvi.
«Ha detto Ryuga?» commentò Johannes.
«E chi sarebbe? Un altro dei blader leggendari?» chiese Aguma.
«Ehi, tu, » l’Imperatore Drago si rivolse a Chris con arroganza «consegnami immediatamente tutta la tua potenza, avanti!».
L-Drago e Orion si scontrarono.
«È inutile! Puoi avere tutta la potenza che vuoi; la punta Bearing Drive di Orion sventa qualsiasi attacco!».
«Ah sì? Beh, è ancora tutto da vedere…».
Non c’era da stare tranquilli. Infatti, come spiegò Madoka in quell’esatto memento, L-Drago, riuscendo ad assorbire la potenza avversaria data la sua rotazione inversa, ed Orion, che grazie alle sue componenti aveva una resistenza eterna, avrebbe decretato Ryuga come vincitore assoluto, che sarebbe riuscito ad assorbire sia una potenza ai limiti dell’infinito, sia il frammento di stella di Orion.
«Allora la situazione è tragica! Non permetterò a nessuno, a nessuno di sottrarmi la potenza che mi spetta di diritto!» disse Johannes, finché… «Ehi, ti senti bene?».
Chris stava perdendo tutta la sua energia, costringendolo ad accucciarsi a terra in preda a lievi spasmi di dolore.
«Avanti, dammi tutta la tua potenza!».
«No, non lo fare, fermati!» improvvisamente, la luce che cremisi che circonava Ryuga, si spense.
Kenta si era attaccato al blader, tentando di calmarlo.
«Non è una buona idea, lascia perdere!».
«Levati!». Ryuga spinse Kenta a terra, facendolo cadere malamente.
«Ora tocca a te, Lynx!». Il bey di Johannes spinse via Orion, attaccando così L-Drago.
«Che cosa speri di fare?» il bey dell’estate rispose all’offensiva, mandando Beat Lynx fuori dallo stadio e scaraventando il suo blader a terra.
Bao e Aguma avrebbero voluto intervenire, ma furono prontamente bloccati dal loro capo.
«No, fermi, con quello non si scherza ragazzi. Non dovete essere avventati o va a finire che vi assorbe tutta l’energia.»
«Che cosa vuoi dire?» chiese Aguma.
«Accontentiamoci di avere Chris dalla nostra parte. Per il momento è meglio ritirarsi.»
«Non per me» Aguma si preparò ad attaccare «GRANDE ANELLO DELLA DISTRUZIONE, VAI!».
Una luce accecante invase l’intero stadio. Tutti furono costretti a coprirsi gli occhi.
Quando tutto tornò normale, si riuscì ad intravedere ciò che era rimasto degli avversari.
«Che bugiardi, hanno tagliato la corda!» constatò Ginka.
«Ora che avevamo trovato l’ultimo dei blader leggendari…» disse Yuki.
«Ah! Se la sono data a gambe» cominciò Ryuga, anche se non in tono troppo deluso «Beh, poco male. Tanto alla fine quella potenza sarà mia, è solo questione di tempo…».
Il blader si girò in direzione dei suoi pseudo alleati.
«Ehi Ginka! Vale anche per la vostra potenza, chiaro?».
«Ci risiamo! Possibile che a te non interessi altro, Ryuga?».
Gli rispose con un ghigno di sfida.
Non appena L-Drago fu nuovamente nelle sue mani, un fulmine cadde pochi centimetri di fronte a lui, facendolo scomparire insieme a Kenta.
«Oh no, Ryuga!- Ginka sperava che quel blader si decidesse ad allearsi con loro, ma nulla -Sta diventando insostenibile…».
 
Ormai era arrivato il giorno.
Erano pronti a ricominciare il viaggio. Ma prima, andava fatto il punto della situazione.
«Prima Aguma, e adesso anche Chris è passato dalla parte di Johannes.»
«Ryuga è un tipo solitario, lo sappiamo, e Kyoya chissà in quale parte del mondo si trova in questo momento…» disse Madoka.
«Non è il caso di preoccuparsi per Kyoya. Sono sicuro che tornerà prestissimo da noi, fidatevi» affermò Benkei.
«Beh, forse è meglio se tornassimo indietro, che ne dite?».
«Già, hai proprio ragione Yuki. Così andiamo a salutare Paschendale e Ayame…» disse Ginka.
«Ragazziiiii!». Una voce femminile li chiamava da lontano.
Si girarono tutti stupiti in direzione di quel suono.
«Eh? Ayame, ciao!» disse Ginka.
La blader se ne stava piegata in avanti ansimando.
«Anf… Anf… Finalmente vi ho trovati, anf…».
«Insomma, dov’eri finita, Ayame!?» domandò Madoka, alla quale uscivano degli strani spruzzi di vapore dalla testa.
Ayame la ignorò «Dove avevate intenzione di andare?».
«Pensavamo di tornare indietro e salutare Paschendale» disse Benkei.
«Ah, bene! Anch’io volevo parlare con la piccola Dale un’ultima volta.»
«Benissimo! Avviamoci, allora.» diedero le spalle alla distesa d’acqua marina e si diressero verso l’interno.
Madoka chiudeva la fila. Una mano le strinse il braccio trascinandola indietro.
«Ho delle cose da raccontarti…» bisbigliò Ayame all’orecchio della meccanica.
«Davvero? Di che si tratta?» domandò Madoka incuriosita.
«Te ne parlo strada facendo…». Ayame sembrava molto soddisfatta, a dir poco raggiante.
 
 
Non aveva detto nulla. Nemmeno una parola.
D’accordo che non era mai e poi mai stato un ragazzo logorroico, ma nemmeno un rimprovero, un insulto, una qualsiasi cavolo di frase.
“Insomma, si può sapere che gli prende!?” Kenta lo osservava mentre era e qualche metro davanti a lui.
Dall’incontro con Ayame, Ryuga si comportava in maniera stranissima.
Sul suo volto, non era dipinta la solita espressione seria e impassibile. C’era qualcosa di più.
Aveva addosso un nervosismo e un’ansia che era difficile da non notare.
Il suo passo, molto più rapido rispetto alle altre volte, gli serviva per sfogare quella strana inquietudine che sentiva dentro.
Kenta avrebbe voluto comprendere, ma Ryuga, che sembrava già parecchio girato per conto suo, in quel momento, era meglio lasciarlo in pace.
 
 
Era stanchissima! Non aveva lavorato poi così tanto, ma tra la malattia e gli stress, non ce la faceva più. Voleva solo tornarsene a casa e andare dritta dritta nel suo lettino.
«Presidente?» la chiamò un signore.
Sollevo la testa che aveva tenuto tra le ginocchia.
«Hm…?» fece, distrattamente.
«Il suo elicottero sarà qui tra mezz’ora.»
Fece un piccolo cenno col capo.
Sfilò il termometro da sotto il braccio: 23,5 °C.
«Oddio…ETCHU’!» non era possibile.
A una temperatura del genere, qualunque umano del suo stesso peso sarebbe morto. Come faceva ad essere ancora viva?
«Paschendale!» una voce la chiamò.
La blader guardò innanzi a lei.
«Madoka, che ci fai qui?».
«Anf… Anf… Paschendale, devo assolutamente parlarti!».
«Come hai fatto a entrare? E dove sono tutti gli altri?».
«Sono fuori e Ryo mi ha dato un pass per accedere praticamente a tutto. Comunque, devo parlarti di una cosa!».
«È grave?» Paschendale s’alzò dal pavimento.
Madoka osservò meglio il suo volto.
«Accidenti, Paschendale! Sei proprio ridotta a uno straccio!».
«Lo so, lo so. Ma ora dimmi, che è successo?».
La meccanica, all’improvviso, si sentì stranamente imbarazzata.
«Beh…ecco…(come faccio a dirglielo con delicatezza?)…proviamo così: ehm…tu ci pensi ancora a Ryuga?».
Era strano che quella domanda le fosse posta proprio da Madoka. Ma il problema principale era…come rispondere?
Certo che ci pensava ancora. Anzi, ci pensava costantemente. Probabilmente, non c’era nulla al mondo che la facesse sentire meglio che pensare a lui.
«Pff! Secondo te, Madoka? Ovvio che non me ne frega niente!» se la coscienza di Paschendale avesse avuto forma umana, si sarebbe già suicidata.
«Ah, bene!» affermò Madoka, un po’ più tranquilla «Quindi…per te non è un problema se…Ayame ci provasse con lui.»

Le venne un improvviso tic all’occhio. Le dita di ogni mano si unirono tra loro stringendosi in due pugni. Le labbra si serrarono e si rimpicciolirono.
«Paschendale, che ti prende?» disse Madoka.
«Do…do…do…do…dov’è Ayame?» concluse tutta d’un fiato.
«È fuori con gli altri.»
Nel giro di un millesimo di secondo, Paschendale era già uscita.
 
 
«Siete stati formidabili ragazzi! Peccato però che non siate riusciti a convincere Chris.» disse Ayame col suo solito sorriso.
«Già. Però noi non demordiamo e ce la faremo.» fece Yuki determinato.
«Beh, se vi serviva una mano per convincere un ragazzo…potevate sempre chiedere il mio aiuto.» disse lei facendo l’occhiolino.
Si misero a ridere.
 
«Ah? Eh… Ehi, Paschendale, che ti prende?» disse Benkei mentre veniva scostato mala mente dalla blader di Sunset Hydra. Quest’ultima era a pochi centimetri da Ayame, la quale la fissava con aria stranita.
«Beh, che c’è?» domandò la modella, scocciata.
«Tu con Ryuga hai fatto cosa…!?». Paschendale era minacciosa.
Gli altri blader, che prima erano spensierati e tranquilli, si sentirono in dovere di allontanarsi dalle due ragazze.
Solo Madoka ebbe il coraggio di stare presso loro, e si sbracciava come una dannata per far segno ad Ayame di non dire nulla.
«Aaaaahhhh…vedo che Madoka ti ha già detto tutto…».
«Che…cosa…hai…fatto!?».
«Niente! L’ho incontrato e ci ho provato con lui. Diciamo che non ha esattamente ceduto alle mie avance, ma credo comunque di aver fatto colpo.»
Paschendale la fissava in modo truce, avrebbe voluto ucciderla.
«La cosa ti crea qualche disturbo, Dale?».
La castana si calmò, prese un bel respiro e…era giunto il momento della sua spiegazione.
«Allora Ayame…cercherò di fartelo capire. Prenditi pure chiunque tu voglia e fagli pure quello che ti pare. Se vuoi, ti perdono anche per la storia di Kyoya. Ma, Ryuga, lui…no! E se non mi dai retta, vedi quello che ti succede!».
«Mpf! Ahahah! È una minaccia?».
«No, è una promessa!».
«Scusa Dale, ma non ho intenzione di farlo. Ryuga è esattamente il ragazzo perfetto che ho sempre desiderato: è attraente, è un blader eccezionale, è crudele. Al diavolo Kyoya, al diavolo tutti gli altri. Farei di tutto per Ryuga».
Ok, stava esplodendo si gelosia.
Le mani le prudevano e il cuore le batteva all’impazzata.
«Non se ne parla!».
«Scusa, perché t’interesserebbe tanto Ryuga?».
Paschendale non rispose.
Abbassò il capo e sul suo volto si dipinse un’espressione mogia mogia.
Improvvisamente, Ayame capì tutto.
«Ohohohooohh! Adesso ho capito! Ecco a chi appartiene quel sangue!».
Paschendale la fissò con aria interdetta.
No. Non doveva risuccederle. Perdere in un sol colpo tutta la sua sicurezza, venendo così sostituita dalla sensibilità.
«Allora sei proprio incapace di tenerti accanto qualcuno…».
 
ALLARME ROSSO! ALLARME ROSSO!
 
Quello, Ayame non avrebbe dovuto dirlo (come se il resto non fosse stato già abbastanza disturbante).
Insicurezza? Sensibilità? Pff! E chi le aveva più?
Paschendale era diventata un leone. Perse tutte le sue paure, incrociò le braccia e…
 
«Okay, bella. Sai cos’è: hai esagerato.»
«Ah! Io avrei esagerato!».
«Sì, esatto, hai esagerato. Quest’ultimo accaduto non lo tollero e non c’è modo di farmi cambiare idea.»
«Ah sì? Allora cosa pensi di fare?».
 
 
«Chissà cos’era preso a Paschendale?» disse Ginka.
«Boh! Stavano parlando di Ryuga…forse stanno litigando per chi delle due si batta contro di lui» Masamune ovviamente a qualcosa di diverso dal Beyblade non ci pensava mai.
«Già, hai ragione!» e neanche King.
 
Urla…
Grida…
Versi femminili…
Alle loro spalle.
 
Si volsero.
 
L’invitabile: Paschendale era sopra Ayame e la stava prendendo a graffiate in faccia. Quest’ultima cercava di pararsi il viso e a dare calci all’altra.
 
I blader rimasero a fissarle senza muovere un muscolo.
«Ho la strana inclinazione a guardarle senza accorrere a fermarle…» disse Ginka.
«Anche noi…» risposero gli altri.
Ma bastò Madoka a dare una mossa risolutiva.
«CHE CI FATE LI’ IMPALATI!? DIVIDETELE, PRESTO!».
 
Che giornata!
Erano successe una marea di cose.
Avrebbe tanto voluto tornarsene a letto e farsi un bel pisolino, ma doveva ancora controllare i bey dei suoi amici.
 
 
TRIN! TRIN! TRIN!
 
 
Sapeva già di chi potesse essere.
«Pronto, Paschendale…» rispose con voce assonnata.
«Sono arrivata a casa, AHI!! Che male!».
«Cos’è? Ti fa ancora male il braccio?».
«Già! Me l’ha praticamente spezzato».
La blader era uscita dall’incontro, un po’ malandata, con: un occhio nero, un labbro rotto, un polso slogato, una guancia graffiata, e una quantità industriale di lividi.
Se vi fa piacere saperlo, Ayame era messa ancora peggio.
Madoka sentiva degli strani versi provenire dall’altro capo del telefono.
«Che stai facendo?».
«Sto cercando di…» Paschendale stava portando dentro la valigia aiutandosi con l’unico braccio che ancora le funzionava.
«Aaaaaahhhhh!» una volta sistemato tutto, si lasciò cadere sul letto a peso morto.
«Certo che quell’Ayame è proprio una troia!».
«Paschendale! Non dire parolacce!».
«Se è una troia è una troia, non posso dirle “rompina”.»
«Comunque, tu come stai?».
«Al solito. La temperatura non aumenta e Hydra e sempre rovente…».
«Strano…».
In realtà, Madoka non era molto interessata in quel preciso momento agli affari di Paschendale, perché moriva dalla curiosità di sapere che cosa la blader provasse ancora per Ryuga. Era comunque meglio non toccare quel tasto, forse, ancora un po’ dolente.
«Io vado a letto. Sono stanca morta».
«Ok Paschendale. Ci…ci sentiamo…».
Riattaccarono insieme.
 
«Quell’ oca di Ayame. Voglio dire IO! IO che non picchio mai nessuno, le sono saltata addosso?? Dio Santo, non mi sono mai incavolata così tanto in vita mia!» continuava a borbottare mentre prendeva il pigiama.
«E poi pensa te…».
 
 
FRUUUUSSSHHHH…
 
 
Sentì uno strano rumore provenire alle sue spalle.
Si voltò spaventata. Nulla
«Chi c’è?» chiese.
Che fosse Ryuga? Ma Ryuga non faceva così di solito.
«Fatti vedere!» tremava dal terrore. Aveva sempre avuto paura dei fantasmi.
Guardò in direzione della finestra. Una strana ombra nera la fissava.
Sperava di aver avuto un’allucinazione, ma non fece in tempo a strofinarsi gli occhi.
Un dolore lancinante al collo, poi il buio, e i sensi la abbandonarono.




Eccomi di nuovo qui!!
Lo so, speravate che la fine del mondo mi uccidesse così non avreste più avuto questa cavolo di storia tra le scatole, mi dispiace per voi ^^'
Passiamo al capitolo: sono abbastanza soddisfatta del contenuto, ma la forma...boh...è che l'ho scritto in fretta. Ci tenevo a pubblicarlo in periodo natalizio per farvi gli auguri :D Questo cap è stato il mio regalo di Natale, spero vi sia piaciuto :)
Grazie a Shinkocchi per aver messo la FF tra le seguite, a debby98 che l'ha messa tra le preferite e mi ha recensito il cap 1 e a nadia112 che mi ha aggiunto tra gli autori preferiti!
Credo che il prossimo cap sarà pronto per fine gennaio (anche perchè non l'ho ancora iniziato :P).
Auguro a tutti voi buon Natale, buone feste, e un felice 2013!!!!! :DDDD

RebelYell

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Capitolo 13
*** Temperatura ***




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XIII
̶t̶̶e̶̶m̶̶p̶̶e̶̶r̶̶a̶̶t̶̶u̶̶r̶̶a̶

 "I couldn't feel them
 Until the ice began to break"

Episodi da 28 a 30 – da “Una scoperta eclatante” a “Il figlio del Sole Nero”
 
Ehm…che senso aveva un laboratorio in una piramide Maya?
Beh, sicuramente, doveva nascondere qualcosa di molto, molto, molto strano.
Perché non chiederlo a quell’uomo laggiù?
“Chi?” vi starete domandando…
Mi riferisco a quello strano tipo ricoperto da stracci che s’avvia dentro la piramide.
Un momento…ma quell’uomo l’ho già visto!
 
Era tutto buio e desolato, eccetto per la presenza di tre persone, di cui due  osservavano un monitor.
 
«Come sta andando?».
«Tutto come previsto. Il processo si sta completando gradualmente. Sarà sicuramente tutto pronto per l’arrivo dei blader leggendari.»
 
Temperatura di Sunset Hydra: 93°C
Temperatura del soggetto: 21, 2 °C
 
Rivolsero lo sguardo in direzione del grande pannello di vetro che confinava il soggetto.
 
«Non sarà rischioso utilizzare il metodo della Procedura al contrario?».
«Non temere mio caro amico. Sia Nebula Oscura che l’Hades Inc hanno portato avanti numerosi studi per ottenere uno strumento adeguato a questo preciso utilizzo.»
«L’importante è che il processo sia portato avanti gradualmente. Non possiamo permetterci che il soggetto muoia prima del tempo. Se dovesse accadere, Nemesis non riuscirebbe a risorgere, nemmeno se la forza dei nove blader leggendari fosse infinita.»
«Ti ho già detto di non preoccuparti mio caro Pluto. La Procedura avanzerà ancora per alcuni minuti, dopodiché, Hydra sarà pronta per essere totalmente prosciugata. Ma ora muoviamoci! Devi andare ad accogliere i nostri nuovi alleati, o sbaglio?».
«E tu devi portare qui il figlio del Sole Nero, o sbaglio?».
S’inquadrarono con aria d’intesa, avviandosi in direzione dell’ingresso.
Prima di uscire, però, diedero un’ultima occhiata alla ragazza nella Procedura.
«E se si svegliasse prima del nostro arrivo?» Domandò il rapitore di questa.
«Tranquillo. Ci raggiungerà…».
E uscirono.
 
Scendevano la scala all’interno della piramide.
L’ambiente che li circondava non li metteva troppo a loro agio: poca luce, pareti raffiguranti teschi e uno spazio claustrofobico.
«Allora questo è il tuo nascondiglio, Johannes?» Domandò il blader mercenario.
«Sì, esatto! E adesso ti presento il tuo vero datore di lavoro.»
La parete che delimitava quel vicolo cieco si sollevò, consentendo loro il passaggio alla stanza adiacente.
Quest’ultima era molto più grande, ma ancora con una carenza d’illuminazione. Al centro, la divideva uno strapiombo infuocato e, dalla sponda opposta…
«Eccoti, finalmente!» Pluto li aveva raggiunti.
I due blader leggendari rimasero senza fiato. Chi era quell’uomo?
«È il momento. Svelti! Concedete il potere del frammento di stella racchiuso nei vostri bey. Nemesis sta aspettando.»
Non capivano.
«Sbrigatevi! Sta parlando con voi due.» Fece Johannes guardando Chris e Aguma.
Questi tirarono fuori Scythe Kronos e Phantom Orion, rivolgendoli verso l’alto. Da entrambi, un’accecante luce viola invase tutta la stanza.
«Diamo inizio alla cerimonia del risveglio di Nemesis!» Concluse Pluto, portando le  braccia verso l’alto.
 
 
«Sigh! Ah… Sigh… Sigh!».
«Su Ayame! Non è nulla di grave.»
«Oh mio Dio… Oh mio Dio… OH MIO DIOOO!».
«AAAAAAAHHHH!».
Ma quale sarà mai stato il problema?
Semplice: extension.
«Quella stupida di Dale mi ha strappato tutte le mie bellissime extension! Ora guardami!! Tra pochi giorni ho un servizio fotografico, e guarda come sono ridotta!».
«Andiamo Ayame! Smettila di fare così! Sai com’è Paschendale no? È così impulsiva…» Disse Madoka.
«Impulsiva? Ma che dici!? Paschendale è la persona meno impulsiva al mondo! Almeno, così mi ha detto.»
«Ah, capisco… Comunque, cambiando discorso, ho una grande notizia da darti.»
Gli occhioni della meccanica luccicavano come due stelle.
«Sniff!... Cosa?».
»Abbiamo trovato l’ultimo blader leggendario: Titi, il blader del pianeta Venere. È stato Kyoya a trovarlo!».
«Pff! Credi che m’importi qualcosa dei blader leggendari!?».
«Beh, insomma, pensavo che…».
«Ah! Ora basta, Madoka! Non ti sei affatto comportata da vera amica in questo periodo! Io me ne vado!» S’alzò bruscamente dalla sedia, prendendo le proprie cose da quella camera di hotel.
 
DRIN! DRIN!
 
«Ayame, credo sia il tuo.» Disse Madoka.
 
DRIN! DRIN!
 
“Sconosciuto” c’era scritto sullo schermo.
«Pronto…?».
«Parlo con Ayame Tokada?».
«S…sì, sono io. Con chi sto parlando?» La ragazza era piuttosto spaventata. Non riconosceva quella voce.
«Ho appena parlato con il Presidente Tategami. Il torneo mondiale di Beyblade è annullato. Il Presidente l’ha deciso da poco.»
-Ma…chi è lei!?-.
 
TOCK!
TUN TUN TUN TUN TUN…
 
Sentì dentro se una strana e improvvisa inquietudine.
Cosa? Era preoccupata per Paschendale?
Naaaa! Non era possibile!
«Chi era, Ayame?».
Si voltò verso l’amica, fissandola stranita.
«Ayame? Che ti succede?».
Le iridi viola erano diventate due puntini microscopici.
Le labbra tremavano.
Il corpo era rigido.
«Non…non…non lo so. Ha…ha detto che…».
«Che c’è!? Pegasus emette una luce strana!» Disse il blader fissando il suo bey che, effettivamente, risplendeva di una strana luce azzurrognola.
«Si è illuminato anche Anubius.» Proseguì Yuki.
«Eh? Dici davvero!?» Disse Madoka notando il cambiamento dei due beyblade. «Hm…Chissà cosa sta succedendo…?».
Ayame se ne stava in disparte, rimuginando ancora su quella strana telefonata.
«AAAAAAAAAAAAHHHHH!!!!!!!!!!!!» Sentirono le improvvise urla di due ragazzini.
Masamune e King si precipitarono nella stanza senza troppe cerimonie.
«GUARDA GINKAAA!» Fece il primo.
«È una cosa incredibile! Devi dare un’occhiata qui.»
«Facevamo uno spuntino quando all’improvviso…!».
«I nostri bey hanno cominciato ad emettere una strana luce.» King mostrò al blader il suo Variares, che splendeva di una luce rossa.
«Proprio così; è come se si fossero illuminati dall’interno.»
«Eppure io non ho fatto niente, credimi!» Si giustificò il blader di Marte.
«Quindi è successo anche a voi.» Rispose Ginka.
«EEEEEEEHHHHH!?!?!?» Fecero i due giovani, spaventati. «Emettono una luce anche i vostri bey!?».
 
BIP!
 
Madoka guardò il pc.
C’erano Hikaru e Ryo.
«Brutte notizie…».
«Papà!».
 
«Cosa!? Quindi qualcuno ha risvegliato Nemesis!? Sei sicuro che si tratti di questo?» Domandò Ginka al padre.
«Sì, non c’è il minimo dubbio.»
«Pochi minuti fa, è stata rilevata un’intensa emissione d’energia che si è sprigionata in Messico.» Proseguì Hikaru.
«Ed è la prova lampante che sta succedendo qualcosa di molto grave.»
«Questa emissione d’energia è nella zona sud-orientale del Messico?» Chiese Yuki.
«Proprio così, » rispose Ryo «dove esisteva l’antica civiltà Maya che ha profetizzato la fine dell’umanità.»
«Di male in peggio!» Affermarono Yuki e Ginka all’unisono.
«Aspetta! Se non sbaglio, tu hai usato proprio il calendario Maya per calcolare l’arrivo sulla Terra del frammento di stella.» Disse Madoka, rivolgendosi al blader di Mercurio. «Quindi, è improbabile che sia una coincidenza.»
«Hai ragione!» Cominciò quest’ultimo. «Deve esserci un nesso tra il risveglio di Nemesis, il Signore della distruzione, e la profezia della fine dell’umanità. Se anche i blader malvagi che ora sono in Messico hanno usato il calendario Maya e consultato i testi antichi, vuol dire che sono in vantaggio su di noi. Adesso ho capito! Nemesis era nascosto tra le rovine dei Maya! Aspettava che i discendenti di Hades lo scoprissero e andassero a risvegliarlo!».
«È una pessima notizia.» Affermò Benkei.
«Sì, è vero, » concordò Ginka «e i nostri nemici sono già laggiù.»
«E sono entrati in azione. Questo spiega la forte emissione di energia che abbiamo rilevato.» Disse Ryo.
«Quindi, il fatto che i nostri bey si siano illuminati, ha a che fare con questa faccenda?» Chiese King.
«I frammenti di stella devono aver captato un aumento dell’attività di Nemesis. È il segnale che qualcuno sta risvegliando il Signore della distruzione!» Disse Yuki.
Tutti si stavano chiedendo come si potesse risolvere il tutto.
«Dobbiamo andare!» Disse Ginka. «Ora che sappiamo dove sono i nostri nemici, non dobbiamo perdere tempo. Bisogna raggiungerli subito e impedire loro di risvegliare Nemesis.»
«Ma come facciamo, Ginka?» Domandò Madoka preoccupata. «Forse è troppo tardi. Se ho capito bene, Nemesis è già attivo.»
«No, non lo è. Nemesis riprenderà il suo vigore se ci saranno tutti i frammenti di stella. Secondo i miei calcoli, dovrebbero averne solo tre: quello di Kronos, quello di Orione e quello che è caduto sullo stesso Nemesis. Per questo il Sole Nero non può essersi risvegliato, o non del tutto.»
«Hai ragione!» Concordò Yuki. «Per adesso, possiamo contare su tre frammenti: quello di Mercury Anubius, quello di Cosmic Pegasus e quello del bey di King.»
«Si chiama Variares!» Urlò soddisfatto il blader corrispondente.
«Se a questi che hai elencato aggiungiamo anche il bey di Kyoya e del tizio nuovo che ha trovato, Titi…arriviamo a un totale di cinque!» Affermò Benkei.
«Giusto! Senza contare che avete dalla vostra anche la squadra dei Dungeon!» Disse Masamune.
«Ehm… Ragazzi…?» Ayame se n’era stata in disparte fino a quel momento.
«Che c’è, Ayame? Ti sei un po’ ripresa dalla rissa di prima?» Chiese Ginka.
«Senti Ryo, » la blader s’avvicinò al monitor «ti è per caso giunta qualche notizia di Paschendale?».
«Beh…no…perché?».
«Prima mi ha telefonato un uomo. Non mi ha rivelato il suo nome. Ha detto solo che il Presidente Tategami aveva deciso di annullare il torneo mondiale.»
«CHE COOOOOOOOSAAAAA!?» Erano tutti sbigottiti, specialmente King e Masamune.
«Hikaru! Chiama subito la sede principale della WBBA. Devo parlare immediatamente con il Presidente.»
«Certo Direttore!» Hikaru prese il cordless lì vicino e digitò il numero.
«Che altro ti ha riferito quell’uomo, Ayame?» Chiese Ryo, preoccupato.
«Ma niente. Solo che il torneo era stato annullato e che il Presidente l’aveva deciso da poco…».
«Direttore, » chiamò Hikaru, con voce preoccupata «alla sede hanno detto che il Presidente non c’è e non ha lasciato riferito nulla.»
Cadde un velo di terrore.
«Ma…ma come!? Do…dov’è Paschendale?» Disse Ginka.
«Avete detto che il suo corpo si stava raffreddando mentre Hydra si riscaldava…».
«Sì ma non eravamo giunti a nessuna conclusione.» Disse Madoka.
«Però, il fatto che l’Idra femmina sia così vicina all’astro Nemesis, e che la temperatura di Paschendale abbia cominciato ad abbassarsi proprio quando i frammenti di stella sono arrivati sulla Terra…è molto probabile che Paschendale centri con i blader leggendari!».
«Sì, ma in che modo?» Replicò la meccanica.
«Mi spiace, ma non c’è tempo per pensare a queste cose. Dobbiamo partire immediatamente e unire le nostre forze per fermare il risveglio del Signore della distruzione. Una volta lì, capiremo meglio tutti quello che sta succedendo a Paschendale.» Disse Ginka. «Senti Hikaru: per favore, mettiti in contatto con Kyoya e con gli altri, e aggiornali sulla situazione.»
«Tranquilli. Ci penso io, dirò a loro di raggiungervi direttamente alle rovine Maya.»
«Mando subito un elicottero a prendervi.» Disse Ryo «Occhi aperti, mi raccomando. Ricordatevi una cosa: il futuro è nelle vostre mani!».
«Buona fortuna ragazzi!».
«Grazie!» Risposero all’unisono, impazienti.
«Ayame, tu vieni con noi?» Domandò Masamune.
La modella era ancora spaventata. Non ci capiva più niente.
«No ragazzi, mi dispiace. Non voglio avere niente a che fare con questa storia. Scusate, me ne torno a casa.»
Avrebbero voluto convincerla, ma non c’era tempo. I blader si diressero fuori dalla stanza, pronti a partire.
Ayame se ne sarebbe andata dopo.
 
 
Piano piano, con una lentezza esasperante, stava tornando nel mondo dei destati.
Le palpebre tremavano, mentre tentava a fatica di sollevarle.
La testa le girava come non le era mai successo prima.
Non appena socchiuse gli occhi, fu costretta a richiuderli a causa della fortissima luce azzurra provenire da sopra di lei.
Era esausta, talmente stanca da non essersi chiesta la classica domanda “Dove mi trovo?”.
Non sentiva esattamente la presenza del corpo, ma solo i brividi di freddo che lo attraversavano incessantemente.
Tremava.
Tentava di restar ferma, ma era inutile.
Chissà che temperatura avesse mai raggiunto?
Finalmente, i suoi occhi vinsero la luce.
Mugugnando qualcosa d’incomprensibile e con sguardo ancora assonnato, cercò di comprendere in quale razza di luogo fosse.
Lentamente, osservò alla sua destra, poi alla sua sinistra. Le sembrava di essere in una bara elettrica…non era capace di descriverla in altro modo…
Con una forza che le sembrò disumana, s’alzò da quello strano supporto, sedendosi, in seguito.
Si massaggiò le tempie. La testa le doleva incredibilmente.
Una volta rilassatosi un minimo, si guardò intorno: era dietro una parete di vetro e, oltre questa, un enorme laboratorio pieno di computer e altri strumenti e, in un angolo, all’interno di un piccolo cilindro trasparente, Sunset Hydra girava e risplendeva di una luce argentata.
“Hydra? Che ci fai lì?”.
Improvvisamente, alle sue spalle, sentì un suono che ricordava vagamente una porta che si apriva.
Ebbene, ecco innanzi a lei, un passaggio.
Chissà? Era forse quella la strada da percorre per uscire da quel luogo? O come minimo, per capire dove diavolo si trovasse?
Qualunque cosa fosse, era già in quello stretto tunnel del quale non si riusciva in nessun modo a vedere la fine.
Si reggeva in piedi a fatica. Per stare su, poggiava tutto il peso alle pareti.
Non che avesse tutta ‘sta gran voglia di camminare, ma, non perché fosse stanca, anche se in fondo lo era, ma perché le gambe non la reggevano, dato che non facevano altro che tremare per il freddo.
 
 
Intanto, da un’altra parte, sempre dentro la piramide…
 
«Orion!».
«Kronos!».
Chris e Aguma stavano combattendo con tutte le loro forze contro un misterioso bey sorto dalle profondità della terra.
Girava incessantemente al centro del campo.
Era di colore grigio e, stranamente, sulla face non era rappresentato alcun simbolo.
Non attaccava, né faceva spettacoli sorprendenti.
Roteava su se stesso, colpito dai continui attacchi del bey di Saturno e quello invernale.
A ogni impatto, l’arena s’illuminava di una luce verde-elettrico (Paschendale-Ma…non esiste il verde-elettrico o.O!! RebelYell- Verde fluo faceva troppo mainstream…XD Paschendale-…-.-“ capisco…).
Ma quale sarà mai questo beyblade tanto forte?
Beh, è ovvio: Proto Nemesis.
Ma…perché “Proto” invece di “Diablo? Perché non aveva raggiunto la sua forma completa, essendosi appena risvegliato, e non era al massimo della sua forza. Ma, ciò nonostante, due blader leggendari come Chris e Aguma non riuscivano nemmeno a farlo vacillare.
«Bravissimi, così mi piacete!» Cominciò quell’uomo misterioso. «Il blader predestinato arriverà molto presto, e per allora, Nemesis, il supremo Signore della distruzione, sarà pronto e nel pieno delle forze!».
 
Ormai, i due blader leggendari non ce la facevano più.
Avevano attaccato con tutte le loro mosse speciali, ma niente.
Proto Nemesis era ancora in ottima forma, anzi, sembrava persino più forte.
«Perfetto… Nemesis sta cominciando a reagire, vuol dire che sono arrivati.» Disse quello strano individuo.
«Chi è arrivato?».
«Si può sapere che sta succedendo?».
Chris e Aguma non ci stavano capendo più nulla.
All’improvviso, comparve un altro individuo. Di questo, non si capiva esattamente come fosse perché, oltre al lungo cappotto e al bastone che usava per reggersi in piedi, portava un cappello a cilindro tenuto inclinato per nascondere al meglio il viso. «Quando è iniziato il risveglio di Nemesis, si è generata una concentrazione di energia straordinaria. Sapevamo fin dall’inizio che Ginka e i suoi amici avrebbero captato questa energia e si sarebbero precipitati nel luogo da cui proveniva. Anzi, forse sarebbe più corretto dire che gli abbiamo attirati qui di proposito per sottrarre dai loro bey l’energia dei frammenti di stella.»
«Ginka e i suoi amici sono qui?» Domandò Chris stupito.
«Chi sei tu che ti nascondi nell’ombra?» Sbottò Aguma.
«No, lascialo in pace.» Cominciò Johannes. «È l’altro servitore di Hades che cercava il figlio del Sole Nero. Ricordi che ti avevo già parlato di quest’uomo?».
«Mi ricordo.» Fece il blader di Saturno. «È arrivato anche lui.»
«Vedo con piacere che sono giunto qui nel momento più opportuno. A quanto pare, la dea fortuna continua a essere dalla mia parte. Mi dispiace molto di avervi fatto aspettare. Scusami, Pluto.»
«Così sei riuscito a trovarlo?» Domandò quell’altro, Pluto, per l’appunto,
«L’ho trovato e l’ho portato con me.» Rispose.
Dall’ombra, in seguito, comparvero quattro figure:
Erano tutti conciati in modo bizzarro.
Il primo aveva degli strani ghirigori blu sulla pelle scura e indossava una tunica rossa tendente al marrone.
Il secondo aveva i capelli castani sparati in aria e una maschera sul volto.
Il terzo vestiva una tunica bianca e i suoi occhi erano di un inquietante color grigio metallizzato.
Questi tre, erano in primo piano rispetto al quarto: un uomo dall’aspetto minaccioso con una lunghissima chioma scura, degli strani abiti violacei e dei truci occhi rossi.
«Uno di loro è il figlio del Sole Nero.» Commentò Pluto.
In ordine, come descritti prima, si presentarono…
«Io sono uno dei tre soldati che hanno il compito di difendere il Sole Nero. Io mi chiamo Hershen e il mio pianeta è Urano.»
«Gaiser, costellazione della Mosca.»
«Hycnous, costellazione del Cigno.»
«Bene…quindi il figlio sei tu.» Disse Aguma, riferendosi al quarto e ultimo individuo.
«Sì, sono io!» Rispose con sicurezza.
In quel preciso istante, da Proto Nemesis venne una strana esplosione che invase, con una potente luce viola, tutto lo spazio circostante.
«Non c’è dubbio, » cominciò Pluto «lui è il discendente del blader a cui, molto tempo fa, Re Hades affidò Nemesis. E’ il blader leggendario che ha ereditato lo spirito del suo avo!».
«Sì, è così, » proseguì l’altro servitore di Hades «ma non dobbiamo dimenticarci che la sua nuova e leggendaria missione è appena cominciata.»
Il nuovo blader osservò Nemesis.
Era molto strano. Non era possibile che i blader leggendari l’avessero portato a un livello tanto alto.
Portò lo sguardo su Pluto.
«Dov’è la fonte principale?».
«Non me l’aspettavo! Sei a conoscenza del fatto che esiste una fonte principale!» Ridacchiò l’uomo col cappello.
«Voglio vedere le sue condizioni. Ho bisogno comprendere il livello attuale di Nemesis.»
«Ahahah!! Non temere, adesso te la porto subito.» Guardò con la coda dell’occhio il blader di Urano che, con un movimento fulmineo, tornò nell’ombra da cui era uscito.
Mezzo secondo dopo, un corpo “volò” sulle loro teste, precipitando al suolo malamente.
«Ma…quella è…!» Aguma e Chris non credevano ai loro occhi.
La ragazza si risollevò a fatica, mettendosi seduta goffamente.
Era stranita e dolorante.
Si guardò intorno. A parte i blader leggendari, non riconobbe nessuno.
«Paschendale! Finalmente ti sei svegliata!» Disse il secondo seguace di Hades.
“Questa voce…” pensò. Effettivamente, c’era qualcosa di familiare in quell’uomo…
Il blader di Nemesis s’avvicinò alla proprietaria di Hydra, osservandola con attenzione. Quest’ultima lo ricambiò sbarrando gli occhi spaventati. Quel tipo non le piaceva.
«Tsk! Perché non è stata del tutto prosciugata!?» Protestò.
«L’ho appena catturata e non c’è stato tempo a sufficienza.» Ribatté Pluto. «Tuttavia, l’energia del suo beyblade è pronta per essere ceduta. Ricordati che può essere totalmente inviata solo una volta che verranno annientati tutti i blader leggendari.»
Il possessore di Nemesis la fissò nuovamente.
Era incredibile quanto gli occhi di quella ragazza fossero terrorizzati. Ormai la sua pelle non aveva più un colore, e la stessa cosa valeva per gli occhi: un tempo di zaffiro, ora quasi d’argento.
«Allora sbrighiamoci! Il mio bey non è ancora abbastanza potente.» Proseguì l’ultimo blader leggendario. «La nuova luce caduta sulla Terra dovrà essere tramutata in oscurità, per poi generare tenebre ancora più fitte. Perciò ascoltatemi miei seguaci. Trasformate le speranze di vittoria di quei poveri stolti in energia per Nemesis! E ora, andate! Fate quello che ho detto!».
Aguma, Chris, Johannes e i membri della Fazione Bey Bey, fecero come richiesto. Tuttavia, i primi due, sentivano dentro i loro cuori una strana inquietudine. Avrebbero voluto capire meglio il motivo della presenza di Paschendale. Perché quella ragazza era così mal ridotta? E perché si trovava lì?
 
 
«Immagino che ti sentirai parecchio confusa, mia cara Paschendale!» Disse il secondo servitore.
«Forse, se mi facessi riconoscere da te, ti sarebbe tutto molto più chiaro.» E così, si tolse il cappello, mostrando alla ragazza il proprio volto.
A quella vista, Paschendale sobbalzò. Un verso di sgomento le si bloccò in gola.
Era ancora più confusa e spaventata.
Capì che non si era sbagliata sulla voce.
Perché? Non si sarebbe mai e poi mai aspettata che proprio quell’uomo l’avesse fatta rapire e portare in quel luogo tanto malsano.
«Vedo che sei sorpresa.»
Non riusciva a rispondere. I denti le tremavano, sia per il freddo, che per la paura.
«Ugh…ugh…che…che…checosa…che cosa volete da me?» Balbettò con un filo di voce. «Pe…perché…?...Perché sono così…così…ffffreddddae…e debole…e Hydra!».
«Calmati Paschendale! Ora ti spiegheremo tutto.» Cominciò colui di cui la blader aveva appena compreso l’identità. «Vedi, il tuo bey, Sunset Hydra, è un bey oscuro, proprio come lo erano Lightning L-Drago e Poison Serpent. Tuttavia, il tuo beyblade nasconde altre peculiarità rispetto agli altri bey oscuri.»
Di nuovo!?
Avrebbe dovuto immaginarselo.
Aveva altri problemi nella vita, proprio a causa del Beyblade.
Cominciava ad avercene piene le scatole, detta come andava detta.
«Quando Re Hades venne sconfitto, » proseguì Pluto «fece in modo che tutta la malvagità del meteorite che portò i frammenti di stella sulla Terra, fosse rinchiusa da qualche parte nella volta celeste. Ma quale costellazione o corpo celeste poteva essere tanto grande per mantenere una tale forza oscura?».
Improvvisamente, capì…
«Hy…Hydra…» bisbigliò.
«L’Idra femmina è la costellazione più grande del cielo mai conosciuta, tanto grande da essere perfetta per poter contenere una tale potenza malefica, e fortuna vuole, che si trovi proprio vicina all’astro Nemesis.»
«Ormai dovresti sapere, mia cara Paschendale, che esiste un potente legame tra un bey, la sua nascita astronomica e il proprio blader.»
«Adesso, l’astro Nemesis sta prelevando tutta l’energia dalla costellazione dell’Idra femmina, ed è così che sta facendo Diablo Nemesis con Sunset Hydra.»
La paura di Paschendale era alle stelle. Non poteva assolutamente crederci.
«No…non è possibile…» bisbigliò.
«È così.» Cominciò il blader di Nemesis. «Dentro il tuo bey, c’è sia la sua forza che la tua vita, e questo spiega il tuo corpo così freddo e Hydra così caldo.
Non appena i frammenti di stella raggiunsero la Terra, il processo iniziò.
Nemesis sta prosciugando Hydra di tutta la sua energia e, essendo beyblade e blader collegati, una volta che Hydra sarà completamente distrutta, tu farai la stessa fine!».
«Dimmi una cosa, Paschendale, » cominciò l’uomo che non era Pluto. «Ti dice qualcosa il nome…Irànyan?».
Spalancò gli occhi dallo sgomento.
Non riuscì a non versare la solita lacrima di rimorso che le rigava il volto ogni volta che ci ripensava.
«Vedi Paschendale, quella ragazza era una nostra alleata. O meglio, era una cavia che ci aiutasse per questo scopo. Nessuno di noi era certo dell’attendibilità di quella leggenda. Tuttavia, il fatto che tu sia senza dubbio l’unico essere umano ad avere un bey proveniente dall’Idra femmina, restringeva molto il campo.
Il bey col quale ti sei scontrata quella volta, Mithology Enemy, era un bey costruito sulle basi di Diablo Nemesis.
Non appena l’incontro terminò, raccogliemmo ciò che era rimasto di quel bey. Non hai idea di quanto fu difficile studiarlo, avendolo tu fuso quasi totalmente. Ma, grazie a giorni e giorni di ricerche, capimmo che, senza Hydra, Nemesis non potrebbe nemmeno girare. Per questo, grazie alla forza malefica racchiusa in quella costellazione, Nemesis può sia girare, che assorbire parte del frammento di stella dai bey leggendari. E il potere oscuro racchiuso in Sunset Hydra, è l’ingranaggio che rende possibile tutto questo.»
Paschendale non era spaventata o preoccupata; era solo…disgustata.
«Irànyan…» piangeva «Come avete potuto farle questo per una cosa così…così stupida!».
L’amico di Pluto ridacchiò. «Ma come? Invece di essere preoccupata della tua stessa vita, pensi a gente già morta? Comunque, lascia che ti spieghi anche questo punto interessante: verrai prosciugata di tutta la tua energia, certo, ma con estrema delicatezza. Non vorremmo mica correre il rischio che la tua vita termini prima di averti prosciugata totalmente!».
 
 
Eccoli!
L’elicottero era arrivato da poco.
In quel momento, si trovavano nella giungla messicana. Innanzi a loro, la piramide Maya.
«Strano, qui è tutto tranquillo.» Commentò Masamune.
«Forse è meglio così. Vuol dire che i nostri nemici non sanno che siamo arrivati.» ipotizzò Yuki.
«Hai ragione, potrebbe essere un vantaggio. Forza, andiamo.» Concluse Ginka.
 
«Che posto è mai questo?» Si domandò il blader dell’autunno.
«Secondo voi, perché ci sono due stadi?» Chiese Madoka.
Effettivamente, dopo essere entrati nella piramide Maya, era quella la vista che li si presentava davanti: una stanza non troppo grande, piuttosto poco luminosa, con due stadi al centro.
«Ti stavo aspettando, Ginka!» si sentì improvvisamente una voce provenire da davanti loro.
A passo lento, una figura s’avvicinava, mentre usciva dall’ombra. Si trattava di Aguma.
«Ascoltate, » continuò «questi stadi sono stati posizionati per combattere contro di voi.»
«Che fai qui?» Chiese Ginka.
«Il risveglio di Nemesis realizzerà uno dei più grandi desideri della Fazione Bey Bey. Perciò, se hai intenzione di interferire in qualunque modo, sappi che dovrai vedertela con me. E ovviamente, dovrai riuscire a battermi, è chiaro?».
«Sei convinto di essere imbattibile? Va bene, ci sto! È vero, mi hai sconfitto nel torneo La strada per il successo, quindi adesso mi devi la rivincita ed io sono pronto a sfidarti!».
«Cominciamo subito!».
 
PRONTI…LANCIO!!
 
«Yuki, ma che fai!?» Ginka notò che Mercury Anubius aveva preceduto Cosmic Pegasus.
«Non t’intromettere!» Protestò Aguma.
«Invece m’intrometto, perché Ginka non è l’unico a cui devi la rivincita.» Yuki si riferiva al combattimento a coppie disputato in Cina, dove lui e Ginka erano stati sconfitti da Aguma e Bao. «Toccava a me radunare i guerrieri che dovevano combattere Nemesis, quindi è mia la colpa della sconfitta in quel torneo e del fatto di non averti convinto a lottare con noi. Perciò adesso, sono pronto a tutto pur di riuscire fermarti!».
«Però! Non ti facevo così coraggioso. Nemmeno immagini a cosa andrai incontro.»
«Attento a quel che dici!! Io sono…un blader leggendario del Sistema Solare! Mi chiamo Yuki MIzusawa e possiedo il bey di Mercurio!».
«Tsk! Va bene, accomodati pure.» Rispose il blader di Saturno con aria di sfida. «A me interessa che il tuo bey racchiuda il potere della luce che è venuta dal cielo, poi combattere con te o con Ginka è lo stesso.» I bey si scontravano con una forza inaudita -Alla fine quel potere verrà assorbito dal grande Nemesis!.»
 
 
 
L’avevano rinchiusa in uno spazio angusto.
Non volevano certo che i blader leggendari la trovassero!
La sua presenza gli avrebbe distratti e, probabilmente, lei avrebbe detto loro il vero piano dei loro nemici.
 
 
«Nemesis assorbe il potere dei bey che racchiudono il frammento di stella, e lo usa per sviluppare a pieno la sua potenza. Più intense sono le sfide e maggiore è l’energia che riceve» spiegò Pluto.
«E loro sono del tutto ignari di questo fatto, lottando pensando di fermare Nemesis, ma, fanno il contrario» proseguì quell’altro uomo misterioso.
 
 
Era tutto buio.
Già, il buio: una delle poche cose per le quali provava paura.
Il buio: l’ultima cosa che aveva visto prima di rivederlo; rivederlo chiuso in quella capsula.
 
SCREEEEEEKKKKK…
 
La porta s’aprì.
La luce entrò, “distruggendole” gli occhi.
Si trattava dell’alleato di Hades di cui aveva capito solo da poco l’identità.
Lasciò la porta aperta, tanto Paschendale era troppo debole per poter scappar via.
Le sorrise con un ghigno soddisfatto e che aveva in sé un qualcosa di vendicativo.
La blader rispose liquidandolo con due occhi che ormai avevano perso tutto il loro colore.
L’uomo s’accucciò di fronte a lei, la quale era seduta a terra con la schiena contro il muro e le ginocchia strette al petto.
Le mise una piccola tenaglia attorno al dito per circa tre secondi, ma non preoccupatevi, nulla di doloroso (è un aggegino che usano anche i pediatri).
«20,1 °C.» Disse guardando l’oggetto una volta averlo rimosso.
La guardò: teneva la testa bassa e le labbra serrate.
Prese una sedia lì vicino e vi si sedette.
Notò che il cesto di pane che l’era stato dato alcune ore prima, era esattamente come quando gliel’avevano lasciato.
«Paschendale, devi mangiare. Sei messa troppo male per poter pretendere di non toccar cibo…».
La ragazza non rispose, anzi, nascose totalmente la testa dietro alle ginocchia.
Non sapeva nemmeno lui il motivo, ma provava una lieve compassione.
Dopotutto, la conosceva di persona da quasi due anni. Eppure, se la ricordava così diversa: era più timida, più tranquilla e anche molto più riflessiva di quanto fosse in quel momento.
«Ugh!» Mugugnò di dolore.
«È normale.» La assicurò. «Nemesis sta ancora girando, e ogni volta che senti dolore, significa che sta reagendo e si rafforza, sia grazie a Hydra, che grazie ai blader leggendari.»
Cominciò a tremare. Non per la paura, ma per il freddo. In quell’unico istante, era probabile che la sua temperatura corporea fosse diminuita di circa 3 °C.
«Come…?» Bisbigliò con voce roca.
L’uomo prestò attenzione.
La ragazza alzò la testa con le lacrime che le rigavano il viso.
«Com’è possibile che io sia ancora viva?» Chiese con voce rotta. «Chiunque a questa temperatura morirebbe. Perché io no?» Se avesse avuto voce e forza, si sarebbe alzata, avrebbe preso quell’uomo per la collottola e sbattuto con prepotenza contro il muro.
«Mpf! È stato grazie a me, alcuni mesi fa. Ho fatto modificare il tuo organismo per rendere possibile questo procedimento, in modo tale che tu non ci lasciassi la pelle prima del tempo.»
Sbarrò gli occhi, sconcertata e offesa.
«Mi stai dicendo che mia avete?».
«Non era ovvio? Entrambe le organizzazioni sono nate per questo scopo preciso.»
Era sul punto di dire qualcosa, ma si ritirò.
Sembrava essersi tranquillizzata, tuttavia, forse, il pianto e la tristezza erano aumentati.
Era da un po’ che quell’uomo non comprendeva un po’ di cose.
«Lascia che ti chieda una cosa.» Cominciò.
La prigioniera lo fissò, tenendo i denti serrati.
«Da quando hai saputo tutto riguardo ciò che ti stava per accadere, non hai mostrato nemmeno un briciolo di preoccupazione. Non sei per caso spaventata dall’idea di morire?».
Lo inquadrò con occhio determinato.
L’uomo non sapeva come reagire a tale sguardo.
«Non m’importa. La morte è la mia giusta punizione. È colpa mia se Nemesis ha la capacità di distruggere il mondo, è colpa mia se Iranyàn è morta, è colpa mia se il Beyblade è diventato uno sport tanto pericoloso.
Quindi, fate di me ciò che volete, non m’importa più nulla. Però vi prego! Non usate quell’energia terribile contro i miei amici. Non usatela contro mio fratello. Non usatela contro…».
«Ryuga?» La interruppe.
Il tremore di Paschendale raddoppiò.
«Ora sì che vedo del terrore nel tuo sguardo.»
Il terrore. Era vero. Ecco cosa stava provando in quel preciso istante: terrore.
«Non pensavo t’interessasse ancora quello screanzato. Comunque mi spiace. Sono anni che desidero distruggere quell’individuo, e questa è la strada perfetta.» Sorrise malefico.
S’avvicinò a lui, gattonando goffamente con le poche energie rimaste.
No.
Non se lo poteva permettere.
Non poteva succedere.
Nessuno, nemmeno uno, poteva morire per causa sua.
«Ti prego. Ti…ti supplico…non portarmelo via. Non…non ce la farei a perderlo di nuovo.» Non era mai stata tanto disperata e spaventata in vita sua.
Si alzò dalla sedia e le voltò le spalle.
«Voglio che tu sappia una cosa Paschendale: conoscendo sia Ryuga che i sentimenti che alcuni mesi fa provavate l’uno per l’altra, e gli avvenimenti che sono accaduti dopo il risveglio di Lightning L-Drago, penso proprio di sapere ciò che provi realmente per te.»
Il suo cuore perse un battito. Sapeva che sarebbe morta da un momento all’altro dopo quelle parole enigmatiche.
Né dal tono di voce, né dall’espressione facciale di quell’uomo si poteva comprendere ciò che lei volesse sapere.
Cosa provava Ryuga per lei?
Tutto?
Niente?
Comunque sia, quell’uomo era già uscito da quella stanza, riportandola nell’oscurità che lei tanto odiava.
Si lasciò cadere a terra, in preda ad altro dolore fisico procuratogli dal lento e costante prosciugamento di Hydra.
Piangeva e singhiozzava.
Si sentiva impotente.
Del tutto impotente.
La forza che le era stata rubata a tradimento, sarebbe stata utilizzata per uccidere coloro che amava di più.
Si tocco il collo, afferrando quel ciondolo che per lei significava tutto.
 
“Perdonatemi…” fu il suo ultimo pensiero prima di svenire per il dolore.





Mia cara Kya, prendi pure un bel respiro di sollievo XD perché, come vedi, il torneo mondiale non si farà. Comunque, era un’idea che avevo fin dall’inizio.
Allora, questo cap…ma sì dai, non mi dispiace troppo.
Spero che siate tutti più contenti ora che sapete per bene da cos’è data la malattia di Dale ;)
Immagino che abbiate notato una piccola differenza con l’anime: in questa parte dovrebbe esserci Dunamis, ma non c’è (non lo chiamo “Dinamis” perché nella versione originale si chiama “Dunamis” e ormai mi sono abituata così ù.ù).
Paschendale- Perché?
Perché di tutta quella roba del medaglione di Zeus non c’avevo capito na bega e mi sembrava anche piuttosto inutile…
Vabbè, è una mia versione è faccio quello che voglio U.U
Paschendale- Ed è una versione orribile…
Lo so :( speriamo che qualcuno l’apprezzi comunque…
Ringrazio tutti quelli che recensiscono e seguono.

Ci si rivede al prossimo capitolo^^
 
RebelYell

 

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Capitolo 14
*** Orgoglio (parte I) ***




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XIV
օʀɢօɢʟɨօ (քǟʀȶɛ ƚ
)
"I have no power over this"

Episodio 32 – L’evoluzione è completata
 
Correvano veloci, diretti al cuore della piramide.
Si trovavano a buon punto ormai, non solo a livello di combattimenti, ma anche come numero di alleati.
Infatti, dopo aver combattuto e vinto i due blader leggendari alleati col nemico, Ginka & Co. erano riusciti a convincere Chris e Aguma ad allearsi contro Nemesis.
«Oh no, caspita! Siamo finiti in un vicolo cieco!» Commentò il blader dell’autunno, notando il muro che intralciava il loro cammino.
«Ragazzi fatevi da parte. PRONTIII…LANCIO!!» Phantom Orion distrusse la parete come se fosse di burro.
 
Una volta entrati, si trovarono di fronte ad uno scenario piuttosto simile a quello che li aveva accolti durante gli scontri.
«E così siete arrivati fin qui.» Un uomo ben coperto da una sorta di abito di stracci li accolse.
«Chi sei?» Domandò Ginka.
«Il mio nome è Pluto.»
«Tu fai parte di quella gente malvagia.» Osservò Yuki.
«Non la definirei così.» Proseguì il nemico. «Non so esattamente quale idea tu abbia del bene e del male, amico mio. In realtà, vogliamo semplicemente correggere la storia che Zeus ha cambiato.» A quelle parole, tutti gli altri erano scioccati e incuriositi. «Tanto tempo fa, Re Hades cercò di usare il potere del Sole Nero che possedeva il bey Nemesis, per portare l’umanità verso il futuro che si meritava.»
«E qual era il futuro che si meritava?» Chiese Madoka, ancora confusa.
«Usare il potere malvagio di un beyblade per distruggere il mondo e i suoi abitanti è un’enorme crudeltà!» Sbottò arrabbiato il blader di Mercurio.
«Re Hades desiderava che il mondo e i suoi abitanti fossero annientati. Questo era il destino che era stato scritto.»
«Ma è una follia!» Contestò la meccanica. «Cosa gli sarebbe rimasto dopo aver distrutto tutto?».
Per rispondere a quella questione, comparve un personaggio a loro ancora sconosciuto, ma che noi conosciamo già.
«Non sarebbe rimasto niente. Ma, dopo la distruzione, dal nulla sarebbe nato un nuovo mondo.»
«La storia dell’umanità è un continuo ciclo di creazione e distruzione.» Disse Pluto.
«Dovreste essermi grati, visto che voglio mettere fine a questa storia sbagliata che noi stiamo vivendo.» Proseguì l’altro nemico. «Io, Rago, figlio del Sole Nero, distruggerò il mondo con le mie mani!» Ve lo ricordate? Ecco a voi il nome del blader di Nemesis.
Con l’arrivo di quell’uomo, avvenne ciò che si aspetta da un beyblade: un vortice di luce che invade l’intera stanza.
«Il bey di nome Nemesis non è ancora completo, ma grazie ai combattimenti tra i blader leggendari, ha acquistato il potere del frammento di stella che ognuno di voi possiede.» Spiegò Pluto.
«Voi poveri illusi non siete più una minaccia per noi.» Gli informò Rago con disprezzo.
Intanto, altri blader erano giunti in quel luogo tanto pericoloso. Per fortuna però che si trattava dei loro alleati. Confusi, furono illuminati dalla spiegazione di Madoka che disse loro il processo d’assorbimento del frammento di stella.
«Devono aver usato un metodo simile al nucleo aspirale inventato dal Dottor Ziggurat.» Ipotizzò la meccanica.
«Ahaha! Ottima intuizione! Avete scoperto il mio piano.» Un uomo col cappello che si reggeva in piedi grazie a un bastone da passeggio li raggiunse. «Per essere più precisi, il Dottor Ziggurat ha creato quel sistema basandosi sulla struttura di questo stesso tempio.»
Inutile dire che erano tutti parecchio stupiti.
«Chi sei e cosa ne sai di quel farabutto di Ziggurat?» Domandò Masamune con un velo di prepotenza.
«Conosco Ziggurat perché lavoravo per un’organizzazione legata alla società fondata da lui. Caro Ginka, ci siamo incontrati tempo fa e sono certo che ti ricordi di me.» Il blader lo osservava, ma non riusciva a ricollegare quella voce o quel corpo a nessuno di sua conoscenza.
«Ahahah! Voglio aiutarti: il nome Nebula Oscura ti suggerisce qualcosa?» Si tolse il cappello e sollevò la testa -Allora Ginka, ora che ti ho mostrato il mio volto mi riconosci?».
I capelli tendenti al grigio sparati in su, gli occhi lilla e una lente d’occhiale ne copriva il sinistro.
Ci misero un istante a riconoscere quell’individuo.
«Ma quello è Doji!».
«Tu che cosa ci fai qui?» Domandò Kyoya.
«Io ho molto in comune con l’Hades Inc.» Cominciò l’ex presidente di Nebula Oscura «Dovete sapere che la società si è chiamata così in onore del Re Hades, il nostro sovrano.
Ho rubato io il bey proibito conosciuto come L-Drago, e ho collaborato con il Dottor Ziggurat nella creazione del nucleo a spirale.
Ve lo confesso, tutto quello che abbiamo fatto in passato faceva parte del nostro piano: risvegliare Nemesis, il Signore della distruzione.»
«E quello che tirava le fila dell’Hades Inc da dietro le quinte ero io, Pluto, vale a dire il discendente dello stesso Re Hades.»
«Ah! Proprio un bel piano.» Fece il blader della primavera.
«Chi immaginava che ciò che era accaduto in passato aveva a che fare con Nemesis?» Si stupì Madoka.
Ginka era basito. «Tutto per risvegliare…il Signore della distruzione.»
«Grazie alla rinascita di Nemesis, potrà finalmente avverarsi la profezia di Re Hades, e voi avrete l’onore di essere le prime vittime della sua collera!» A quelle parole di Pluto, il bey nero e viola al centro dell’arena invase con una fiammata dei suoi stessi colori l’intera stanza, travolgendo i blader che faticavano a restare in piedi.
Poi, come se non bastasse tutta quella confusione, una delle pareti in pietra venne distrutta, ma non dalla forza generata da Nemesis.
Infatti…
«È Ryuga!» Disse Ginka non appena notò il blader dell’estate comparire dall’apertura da lui stesso creata.
«Che cosa sta succedendo qui dentro?» Domandò il blader di L-Drago una volta ripreso il bey.
Dunamis, notando la presenza di tutti i guerrieri tirò un respiro di sollievo: -I blader leggendari si sono riuniti qui-.
«Vieni Ryuga, sei il benvenuto! È da tanto che non ti vedevo da queste parti!».
«Sei tu Doji? Non ci credo…».
«Sono stato un vero sciocco a puntare tutto su di te, credendoti capace di sostituire in qualche modo Rago, il figlio del Sole Nero. Ryuga, in confronto al potente Rago, non sei altro che una totale e insignificante nullità. Non puoi immaginarti con quant’ansia aspettassi questo incontro, perché finalmente è giunto il momento in cui Rago ti schiaccerà come l’inutile e piccolo vermiciattolo che sei in realtà!!».
«Come hai osato chiamarmi!?».
Pluto interruppe quel battibecco tra ex “colleghi”. «Ora state pronti, perché vedrete l’incredibile potere di Rago.»
Sembrò quasi un ruggito il suono che uscì dalle labbra del figlio del Sole Nero. Di conseguenza, Nemesis scaturì ancora più potenza della volta precendente.
 
 
«Ugh…ah! No, ragazzi. Non, non fate nulla.»
In posizione fetale, sdraiata sul pavimento gelido.
Avrà avuto una temperatura di 19 °C.
Il dolore fisico era inimmaginabile.
Gli spasmi continui.
 
 
«Siamo nei guai! Qui ci vorrebbe il potere di Gaia.» Il blader di Giove cominciava a preoccuparsi. Si riferiva alla barriera di Zeus, l’unica via affinché Nemesis venisse imprigionato, e solo i blader delle quattro stagioni potevano farlo. «L’unico modo per imprigionare Nemesis, è che il cuore dei blader leggendari si fondano in uno.»
«Ho capito. Ma non ho idea di come possiamo farlo.» Replicò Ginka.
Improvvisamente, un ragazzino dall’incredibile coraggio cercò di prendere parte a quei discorsi.
«Ryuga, ti prego! Combatti accanto a Ginka e gli altri blader leggendari.»
Inutile parlare dello stupore che avevano tutti gli altri.
«Ryuga, devi ascoltarmi!» Lo pregò il giovane blader di Sagittario.
«A me non interessano i loro obiettivi.»
«Ti scongiuro…!».
«Lasciami!» Si scrollò il piccolo Kenta di dosso facendolo cadere malamente.
Impugnò L-Drago, osservando quel piccolo graffio sulla face.
Incredibile che Kenta, blader mai considerato da nessuno poi così forte, avesse infierito, in proporzione, su un bey forte e pericoloso come L-Drago Destructor.
«E adesso…» Il blader leggendario dell’estate caricò il lanciatore. «Ti annienterò una volta per tutte!».
«Oh no, Ryuga!» fece Ginka, preoccupato. «Chris, Kyoya, è il momento di combattere, siete ponti?».
In meno di un secondo, i restanti blader delle quattro stagioni erano pronti a lanciare.
 
PRONTIII…LANCIO!!
 
Ognuno di quei bey attaccava ripetutamente il Signore della distruzione.
La loro sembrava quasi una danza.
C’era una perfetta sincronia tra quegli attacchi devastanti, ma che, sfortunatamente, non riuscivano nemmeno a far barcollare il beyblade avversario.

Una luce…per ogni bey.
Esatto! Pegasus, Orion, Leone ed L-Drago s’illuminarono rispettivamente di una luce azzurra, rosa, verde e rossa, posizionandosi in seguito in quattro punti dello stadio, come se occupassero i vertici di un quadrato.
Poi, senza un apparente motivo, persino l’arena venne decorata da una luce che disegnava curiosi disegni.
«Bene! Quella è la barriera di Zeus. Ora i blader leggendari delle quattro stagioni hanno un solo obiettivo.» Osservò Dunamis. «Ascoltate! Dovete sigillare Nemesis dentro la barriera, fatelo subito!».
Ginka, Kyoya e Chris si prepararono, ma…
«Magnifico!» Disse Doji (brutto bastardo >.< nd.RebelYell) all’Imperatore Drago. «Non avrei mai immaginato che un solitario come te potesse fare squadra con un tipo come Ginka e i suoi amichetti. Ah! Mi dispiace vedere quanto tu sia caduto in basso. Che ti sta succedendo Ryuga? Metti da parte il tuo orgoglio di blader solo per salvarla?».
Un momento…cosa!?
Il blader dell’estate si bloccò.
Che centrava adesso?
«Ahahah!!! La tua espressione dice tutto!- proseguì l’ex presidente di Nebula Oscura -Non credevo che Paschendale fosse tanto importante per te…».
Non solo Ryuga, anche tutti gli altri erano increduli. D’accordo che c’era già questa sorta d’ipotesi che Paschendale centrasse in qualche modo coi blader leggendari, ma che razza di correlazione poteva esserci?
«Dov’è mia sorella? Che le avete fatto!?» La preoccupazione di Kyoya era innegabile.
«Ahahah! Non temete. La vostra amica è al sicuro…più o meno…» Rispose Pluto.
«Voglio vederla! Perché ”più o meno”? Che le avete fatto!?».
«Calmati Kyoya!» Cercò di tranquillizzarlo Ginka.
«Vedo che non siete al corrente della correlazione tra Nemesis e l’Idra femmina.» Affermò Rago.
«Che stai dicendo!? A me non importa nulla di tutto ciò. Voglio solo che mi rispondiate: Dov’è Paschendale!?».
«Che cosa? La correlazione dell’Idra femmina?» Rifletté Yuki ad alta voce.
«Dunamis, tu ne sai qualcosa?» Chiese Madoka.
«Ma…non è possibile…!» Cominciò il possessore di Jade Jupiter, spaventato
«Quella è…è solo una leggenda improbabile…!».
«Piantatela con questi discorsi.» Ruggì l’Imperatore Drago «Doji…non ti permetto di parlare di cose che non conosci. Quella ragazza…è roba mia. Soltanto a me appartiene. A me, e nessun altro, chiaro!?»
E bravo Doji! Ma cosa farà mai Ryuga adesso? Semplice, colpire Nemesis ripetutamente tramite il suo bey. Cause di tale reazione: impulsività e rabbia.
«Smettila subito, Ryuga! Non è il momento adatto per combattere pensando a certi scopi! Tu devi combattere insieme a noi, hai capito?».
«Chiudi quella bocca! Questi non sono affari che ti riguardano. Non devi dirmi quello che devo fare!».
Ok, ormai era andato, e, come se non bastasse, non ci vedeva più dalla rabbia.
«Ah! Povero illuso!» Osservò Rago con presunzione. «Conoscerai il potere del Signore della distruzione. Uno come te non può sperare di controllare una così grande energia. Assorbirò anche tutta la tua forza. Non potrai fare nulla per fermarmi!».
E così fece.
Mancava un unico frammento di stella: quello del beyblade appartenente alla costellazione dell’estate. Ed ecco che, alla fine, i discendenti di Hades se n’erano impadroniti.
«Ce l’abbiamo fatta. Finalmente il potere del frammento di stella è stato assorbito.» Commentò Rago, soddisfatto.
«Ma che sta succedendo?».
L’arena s’illuminò di un’accecante luce dorata, che proveniva, ovviamente, dallo stesso Nemesis.
«E adesso…mostra a tutti la tua terribile forma. Diablo Nemesis!».
Da una forza invisibile, i blader leggendari e i loro alleati vennero spinti all’indietro.
Non appena la luce si spense, il bey della distruzione tornò nelle mani del suo blader che disse. «Ci siamo riusciti, l’abbiamo risvegliato! Ecco il Sole Nero, il Signore della distruzione. Benvenuto Diablo Nemesis!».

 
 
Episodio 33 – I blader leggendari riuniti
 
Bene! Perfetto! Meglio di così non poteva di certo andare! Ci avevano provato con tutte le loro forze, avevano combattuto come cani e dire che era tutto stato inutile, era dire poco.
La piramide all’interno della quale avevano combattuto era crollata, dividendoli così dai loro nemici, dei quali avevano completamente perso le tracce. E, come se non bastasse, Ryuga era sparito.
In quel momento, si trovavano presso l’ufficio di Ryo, in attesa di novità.
Finalmente, Yuki e Madoka li raggiunsero.
«Avete scoperto qualcosa?» Domandò Ginka
«No. Niente, purtroppo…» rispose affranta la meccanica.
«Stiamo svolgendo ricerche nei luoghi collegati ai blader leggendari, e i nostri amici intorno al mondo contribuiscono alle indagini. Tuttavia finora, non è emerso alcun elemento interessante.» Proseguì il blader di Mercurio.
«Ah! Dove sono andati? Non possono essersi volatilizzati!» Protestò King.
«Evidentemente si sono nascosti, aspettando il momento propizio per scatenare la sua furia.» Cominciò Dunamis. «Ma Nemesis va fermato, perché se Nemesis si trasforma nel sovrano della distruzione, il nostro mondo non avrà più scampo.»
«Inoltre, stiamo portando avanti le ricerche riguardo Sunset Hydra, il bey di Paschendale. È molto probabile che centri anche lei con tutta questa storia.»
Quella serie di discorsi venne interrotta bruscamente dal violento impatto tra un pugno e la superficie di un tavolo.
«Quel Rago! Giuro che se oserà toccare mia sorella anche con un dito, lo farò a pezzi.»
«Calmati Kyoya.» Disse Ginka una volta aver sentito l’amico ringhiare. «Vedrai che a Paschendale non succederà nulla, puoi starne certo. A proposito, in che senso Hydra ha a che fare con Nemesis?».
«Beh…ecco, questo non lo sappiamo…» risposero i due “scienziati” un po’ imbarazzati.
«Io credo invece di saperlo.» Cominciò il blader di Giove.
 
 
 
Aveva sentito tutto quello che era successo fino a quel momento.
Paschendale era sempre lì, in quella maledetta stanza.
Le esplosioni erano state forti, gli attacchi inimmaginabili e, considerando il suo momentaneo stato di salute, Nemesis doveva aver combattuto molto bene.
 
La porta si aprì.
«Avanti, alzati ragazzina! Dobbiamo andare.» le disse Rago con tono arrogante.
All’idea di seguire i suoi ordini, era riluttante, e come se non bastasse, le sue gambe non volevano più saperne di ascoltarla.
«Sbrigati!» Urlò il blader leggendario.
«Aspetta un momento, Rago.» Cominciò Pluto. «Evidentemente, non se la sente di camminare.»
Infatti, la posa della povera blader lo testimoniava benissimo: sembrava quasi che il suo corpo fosse attraversato incessantemente da tic nervosi, accompagnati da mugugni incomprensibili.
Doji le si accucciò di fronte, mettendole nuovamente quel piccolo termometro al dito.
«17,2 °C.»
«Doji! Qual è il limite a cui il corpo della fonte può giungere?» Chiese Rago.
«Come minimo, la temperatura potrà arrivare a 6 °C. Solo un millesimo di grado in meno, e la ragazza morirà.»
«Dannazione! Di questo passo arriveremo al limite prima che la profezia si compia del tutto!» Fece Pluto, preoccupato. «Dobbiamo muoverci!».
L’ex presidente di Nebula Oscura riosservò la giovane, la quale rispose all’uomo con uno sguardo che mostrava un dolore indescrivibile.
Paschendale soffriva, e anche tanto.
Quegli occhioni bianchi lanciavano una disperata richiesta d’aiuto.
Tra il freddo, i dolori e l’infinita preoccupazione, non ce la faceva più.
Era già un miracolo che riuscisse a star sveglia senza svenire.
Sapeva bene che, dopo tutto quello che era successo in quegli anni, sia a livello personale che non, di Doji non c’era più da fidarsi; ma almeno un po’ di fiducia, in un momento come quello, bisognava dargliela.
 
«Fermi!» Iniziò Doji nel vedere i suoi compagni scappare via. «Nel trasporto della fonte dobbiamo usare la massima cura. Anche un più piccolo errore potrebbe compromettere l’energia da donare a Nemesis.»
«Al diavolo…!» Rago tornò indietro seccato, si chinò e raccolse Paschendale da terra con tutt’altro che cura.
Subito dopo, si diressero tutti e tre fuori dal sotterraneo un tempo sotto la piramide Maya ormai distrutta, in direzione dell’imbarcazione che gli avrebbe portati al luogo verso cui erano diretti.
 
 
«Questo è tutto.»
«Tutto ciò ha dell’incredibile!» Commentò Madoka non appena Dunamis terminò la spiegazione.
«Com’è possibile avere solo il coraggio di fare una cosa del genere?» Sbraitò Ginka, imbestialito.
Pensate un po’: se il blader dell’autunno si sentiva così, cosa mai poteva provare quello della primavera?
«Maledetti!» Appunto. «Dunamis! perché non ce ne hai parlato prima!?».
«Non pensavo fosse importante.» Rispose il discendente di Giove, calmo.
«Tsk! Non intendo starmene qui con le mani in mano mentre Paschendale viene torturata o altro. Io vado a cercare mia sorella!» Kyoya, giustamente preoccupato, si diresse fuori dalla stanza.
«Fermati, Kyoya!» Lo raggiunse Ginka, prendendo l’amico per un braccio.
«Che diavolo vuoi!?».
«Non ti offendere, » sempre avere un po’ di tatto in quella situazione «ma non sei in grado di combattere da solo contro Nemesis.»
Beh sì, si era offeso…un minimo; tuttavia, Ginka aveva ragione.
Nonostante l’ultima volta fossero stati in trentordici1 a combattere, non erano riusciti a tirare fuori un ragno dal buco, anzi, avevano persino rafforzato il loro avversario.
Con seccatura inoccultabile, Kyoya tornò nella sua postazione.
Ma non solo il possessore di Fang Leone era turbato.
«Vi chiedo scusa…».
«Perché, Kenta?» Chiese Ginka.
«È colpa mia. Ryuga avrebbe dovuto darti una mano in quel tempio. Se l’avesse fatto, adesso Nemesis sarebbe già stato catturato.» Gli occhi del giovane blader erano diventati lucidi. «È colpa mia. Avevo promesso di convincere Ryuga a collaborare con voi e ho fallito. Mi dispiace tanto!».
«Ehi, amico, non devi prendertela! Non puoi ritenerti responsabile delle azioni di Ryuga.» Ginka cercò di consolarlo.
«Sì, ha ragione!» Proseguì Madoka. «Tu ci hai messo davvero tutta per convincerlo ad aiutarci e te ne siamo estremamente grati! Il fatto è che Ryuga è un osso duro.»
«Ho fallito, ci ho provato in tutti i modi peccato che non sia servito a niente. E alla fine ho pensato solo a mettermi in salvo, mentre Ryuga…chissà dov’è finito.»
«Ora smettila. Non fare così. Non gli è successo un bel niente; vuoi che uno come lui ci rimetta le penne in una situazione del genere? E poi guarda: siamo in tanti a opporci alle forze del male. Kenta, ben tornato amico.»
«Grazie, Ginka.» Era stupito, non pensava che i suoi amici fossero tanto fieri di lui. Ma in fondo, erano i suoi amici no?
«Dobbiamo solo restare tutti insieme, e vedrai che riusciremo a sconfiggere Nemesis e a salvare Paschendale, e adesso…andiamo ad allenarci!» Concluse il possessore di Cosmic Pegasus e, insieme a lui, si unirono tutti gli altri presenti.

 
 
Episodio 35 – La sfida impossibile di Ryuga
 
Okay, facciamo un breve riassunto di tutto quello che era successo: i Lovushka (la squadra russa), tramite i loro satelliti, erano riusciti a captare la presenza di Nemesis, informando Ginka & Co. riguardo la sua posizione.
Infatti eccoli tutti quanti su un gommone in mezzo alla tempesta a recarsi presso i loro avversari.
 
 
Millenni orsono, Re Hades fece sprofondare parte del suo regno negli abissi del oceano. Lo scopo era farlo risorgere contemporaneamente al risveglio di Nemesis, ma solo dopo aver distrutto e avvolto nelle tenebre più cupe il nostro mondo.
 
 
Così aveva detto loro Dunamis.
 
«Stiamo arrivando, Nemesis, e ti fermeremo, costi quel che costi, vedrai.» Ginka e i suoi amici erano tra le onde della tempesta, in direzione dell’isola che era da poco sorta dalle profondità abissali. Era avvolta da nubi nere, e sembrava ospitare un enorme tempio di un epoca indefinibile.
”Ci siamo, finalmente potrò combattere al fianco di Ginka. Prenderò il posto di Ryuga e distribuirò a tutti la mia potenza” pensò Kenta.
 
Nel frattempo, su quell’isola, un bey viola scuro ruotava al centro di un’arena in pietra. Da esso, partiva una stretta colonna di luce che colpiva la volta celeste.
Poteva significare solo una cosa: Nemesis si era quasi totalmente risvegliato.
«Magnifico, tutto ciò è meraviglioso! Non avevo mai visto un bey così traboccante di energia vitale, supera alla grande qualsiasi mia aspettativa!» Commentò Doji soddisfatto.
«Presto il potere del Sole Nero prosciugherà completamente l’Idra e avvolgerà la Terra nel suo manto di tenebra.»
«E in quel momento si avvererà il desiderio più ambito da Re Hades: il cammino imboccato dalla storia dell’umanità giungerà finalmente a conclusione, e noi apriremo le porte a un nuovo mondo soggetto completamente al nostro dominio!» Affermò Pluto. «Avremo il privilegio di costruire il regno delle tenebre che Re Hades tanto desiderava.»
Stava procedendo tutto secondo i piani, finché una parete di quell’enorme stanza dall’aspetto primitivo si distrusse, mostrando ai loro occhi una figura umana.
«Mpf! Silenzio, ne ho abbastanza delle vostre sciocchezze!».
«Chi si vede!» Disse Rago.
«Il maestro Ryuga, che bella sorpresa. Ma, devo ammettere che sei arrivato prima del previsto! Sei solo? Non ti sei portato i tuoi giovani amici questa volta.» Lo canzonò Doji.
«Smettila! Lo sai che i blader leggendari non hanno nulla a che vedere con me- con un balzo si posizionò oltre l’arena -E comunque, visto che avete osato impadronirvi di ciò che non v’apparteneva…» preparò il lanciatore, puntandolo verso l’avversario. «Non userò nessuna clemenza!».
«Senti che presunzione! Sei davvero convinto di poter convincere contro il temibile Rago e salvare Paschendale? Allora sei più ingenuo di quanto pensassi.» Commentò Doji.
«Chiudi il becco! Non ho alcuna intenzione di salvarla. Quello che voglio, e solamente distruggervi.»
«Rago, dai a questo povero illuso la lezione che si merita.»
«Tsk! Povero illuso… Vieni Nemesis!» Chiamò Rago, acchiappando il proprio bey al volo.
“Non avreste dovuto trattarla così. Non avreste dovuto farle del male. Solo io ho il diritto di farla soffrire.
Ora pagherete per quello che avete fatto”.
 
PRONTI, LANCIO!!



Trentordici: numero senza un vero e proprio valore numerico (maddaaaai???) che indica semplicemente un valore smisurato (figura retorica: iperbole). ATTENZIONE! E' un termine protetto da copyright. Chinuque lo volesse utilizzare, deve prima chiedere il mio consenso (essendo estremamente figo ù.ù).

 


*Si avvicinano con forconi e torce accese*
-A MORTE! A MORTE! A MORTE! A MORTE!-
 Ebbene sì! avete tutte le ragioni di questo mondo ad incazzarvi, perchè:
1) il capitolo è arrivato con quasi un mese di ritardo.
2) oltre essere corto, è anche tutta roba già vista.
Conclusione: fa (e faccio) schifo.
Vi giuro però che se quell'affare di Ryuga fosse un po' più facile da caratterizzare, questo capitolo sarebbe stato più lungo, quindi predetevela con lui ^^'
Ryuga-...-.-
Oh senti! ci tengo a sminchiare il meno possibile la tua personalità contorta e non farti sembrare un mollicone ù.ù
Ryuga- tanto anche se fossi uguale sta roba sarebbe comunque orrida
:D Che tesoro che è, non lo pensate anche voi? <3
Per cui, so già che mi scervellerò come una pazza per descrivere al meglio il combattimento tra Ryuga e Rago.
*si fa il segno della croce*
Speriamo di tirar fuori qualcosa di decente.
Ok, dopo questo inutile monologo, vi saluto e vi ringrazio per tutti le recensioni e i complimenti che mi fate, grazie mille anche a chi legge in silenzio :)
Ciao ciao!!!!

RebelYell

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Capitolo 15
*** Orgoglio (parte II) ***


Gente preparate i fazzoletti.
Vi avverto, questo capitolo è di una tristezza unica, ma è quello di cui sono, finora, più soddisfatta (anche perché è tratto da alcuni dei miei episodi preferiti). Spero lo gradiate anche voi.
Ci si risente alla fine. RebelYell vi augura una buona lettura!


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XV
օʀɢօɢʟɨօ (քǟʀȶɛ ƚƚ)
 

"You know I'm afraid" 

Seconda parte dell’episodio 35 – La sfida impossibile di Ryuga
 
PRONTI, LANCIO!!
 
L-Drago Destructor e Diablo Nemesis, addirittura prima di giungere sul terreno di gioco, si erano già impattati in aria, provocando un’esplosione devastante.
Ma un fenomeno simile era del tutto normale, considerando il talento dei due blader.
«Riducilo in poltiglia, L-Drago!».
«Sventa il suo attacco, vai Nemesis!».
Ecco un altro impatto, sta volta sull’arena, insieme a un violento brillamento.
«Le forze si equivalgono.» Osservò Doji. Teoricamente, Nemesis avrebbe già dovuto distruggere il bey avversario, invece, nonostante fossero passati sì e no cinque secondi, L-Drago ancora resisteva.
«Tsk! Figuriamoci.» Ribatté Pluto. «Rago sta ancora giocando. Nemesis in questo momento sta usando la sua potenza al minimo.»
Doji si pentì di aver solo osato immaginare l’eventuale sconfitta del Sole Nero.
«Certo, come ho potuto non arrivarci da solo?
Povero Imperatore Drago. Tra poco vedrai chi è veramente Nemesis.»
I due bey proseguivano il combattimento come se nulla fosse.
«Tutta qui la potenza del famigerato Dio della distruzione?» Commentò Ryuga con presunzione, ordinando nuovamente a L-Drago di attaccare. «Togli di mezzo quell’insolente del Sole Nero. Dimostra a tutti che l’Imperatore Drago è il bey più potente!».
Nemesis avanzava, ma il bey avversario lo seguiva. Ciò suscitò in Rago un momentaneo senso d’insicurezza.
«E adesso ruggisci, L-Drago Destructor.»
Ed ecco, tra le fiamme che invasero violente l’arena, la materializzazione di un drago cremisi slanciarsi in verticale.
 
«Battaglia suprema…dell’Imperatore Drago!».
 
Le fiamme si concentrarono in un unico punto: su Diablo Nemesis.
All’esterno dell’edificio, l’onda d’urto della mossa speciale invase il resto dell’isola, fino a raggiungere la costa.
 
 
«Ehi Ginka! Guarda lassù.» Osservò il proprietario di Earth Eagle.
Un altro gruppo di blader era giunto alla riva, attraversando la tempesta senza troppi problemi.
«Da quell’edificio si sta sprigionando un’enorme massa di energia.» Affermò Madoka notando i dati rilevati dal computer.
«Allora…l’abbiamo trovato…! Forza, mettiamoci in marcia ragazzi.» Incitò il blader dell’autunno.
 
 
 
Un’improvvisa ondata di calore la raggiunse facendola cadere di lato.
Non ci vedeva molto bene, ormai persino la vista la stava abbandonando. Tuttavia, immaginò che si stesse avvicinando una fiammata.
Tempestivamente si coprì il viso con le mani, rannicchiandosi su se stessa.
Una vibrazione attraversò gli oggetti presenti, facendone precipitare alcuni.
Il suono della distruzione pervadeva il luogo, preoccupandola. Preferiva morire a causa della malattia piuttosto che per un soffitto crollato.
Dopo alcuni secondi che le sembrarono infiniti, il clima si calmò.
Tolse le mani dagli occhi.
Capì che quell’esplosione, a differenza di come si era immaginata, le era stata d’aiuto.
La porta della stanza sembrava lasciare uno spiffero più largo del solito.
Strisciando malamente a terra, tra la polvere e le crepe del pavimento semidistrutto, raggiunse l’uscita con lentezza. Allungò la mano afferrando la porta…
Come sospettava: la serratura si era rotta e la porta era apribile.
Finalmente sarebbe riuscita a scappare.
 
 
 
«Ahahahah!!! Complimenti mio caro Ryuga! Non m’aspettavo che riuscissi a contrastare Rago così a lungo!» Commentò Doji, stranamente senza preoccupazioni. «Comunque non pensare di riuscire a batterlo!».
La reazione dell’Imperatore Drago fu prevedibile: fissò il suo ex “mentore” con aria fredda, senza dire una parola, e senza mostrare il ghigno che tanto lo caratterizzava.
«Non ti rendi conto che non hai scampo contro Nemesis? Pensi davvero di poter vincere sprigionando quella potenza ridicola che ci hai appena mostrato? Sei così ingenuo che provo quasi dispiacere per te.»
Strinse gli occhi, assumendo un’espressione di odio (non sono sicura esista “l’espressione di odio” ma vabbè XD nd. RebelYell).
«Ah! Sei sempre così convinto di potermi battere? Potrai anche chiamarti Imperatore Drago, ma in fin dei conti sei soltanto un essere umano. Invece Nemesis è la Divinità della distruzione. Riesci a comprendere che cosa significa?» Lo sfidò Rago.
Di nuovo, stranamente, non fece una piega.
«Devi fartene una ragione. Indipendentemente dal suo grado di potenza, al cospetto del supremo l’uomo è soltanto un misero vermiciattolo, e come tale non gli resta altro che strisciare in terra, sperando di non essere calpestato.» Proseguì Doji. «Comunque Ryuga, è meglio che tu sappi da dove proviene questa immensa energia.»
Il blader dell’estate, finalmente, mostrò un minimo di umanità, stupendosi di quell’enigmatica affermazione.
«Tu non stai combattendo contro Nemesis. Per essere precisi, al momento il tuo avversario è un bey che non ti sei mai immaginato di sfidare.»
Spalancò gli occhi.
«È inutile che lo nascondi, Ryuga. Conosciamo entrambi i magnifici avvenimenti di due anni fa. Lo sai, non avrei mai e poi mai creduto che un blader potente e pericoloso come te potesse provare la paura.»
Già, la paura. La paura vera e propria. Non aveva mai provato quella sensazione, se non solo due volte, e una di quelle due volte…coincideva con quell’istante.
«Ovviamente non mi sto riferendo alla paura di perdere, anzi non credo neanche che tu possa minimamente pensare di essere sconfitto. Mi riferisco…alla paura di essere troppo forte, di essere troppo pericoloso, di essere troppo potente per combattere…contro qualcuno in particolare. Alla paura…di far soffrire qualcuno.»
E fu così che il grande Ryuga s’incazzò di brutto. Gli sguardi omicidi lanciati fino a quel giorno erano stati sereni e pacifici rispetto all’occhiata d’ira funesta con cui inquadrò i seguaci di Hades.
«Perché?» Ruggì. «Perché continua a raffreddarsi? Che le avete fatto?».
Quella voce. Quegli occhi.
Persino i suoi interlocutori si spaventarono.
Attendeva una risposta. Una risposta esaudiente.
Non poteva permettersi che le accadesse qualcosa.
La risposta non gli giungeva.
Giustamente, Doji era pietrificato. Sapeva che dire a Ryuga la verità, sarebbe equivalso a ricevere una morte lenta e dolorosa.
L’Imperatore Drago perse la pazienza. –Che avete fatto a Paschendale!?».
 
 
 
«Anf… Anf… Anf…».
Non aveva idea di dove si stesse dirigendo.
Avanzava strisciando pesantemente contro le pareti.
«Anf… Anf… Anf…».
Il buio.
Il silenzio.
Il pavimento arroventato dal fuoco.
La cenere sotto i piedi nudi.
La polvere nell’aria malsana.
 
«Anf… Anf… Anf… Coff! Coff!...».
 
Tutto ciò non l’aiutava.
Si fermò, inginocchiandosi.
Nonostante avesse percorso giusto un centinaio di metri in una più completa lentezza, era già stanca morta.
Tossiva, ansimava.
Il cuore rallentava.
Gli altri organi erano messi a dura prova.
Il sangue risaliva dalla gola, bagnando le labbra screpolate.
Il dolore era forte.
La paura di morire nulla. Ma non ora, non in quel momento. Non senza aver sistemato quella faccenda.
Si accucciò a terra, versando lacrime d’incompletezza.
“Ryuga…dove sei?”.
 
 
 
Era sconcertato. Ciò che gli avevano appena spiegato aveva dell’incredibile.
Non disse una parola. Gli uscì dalla gola solo un verso imbestialito.
«Ebbene sì, Ryuga.» Iniziò il proprietario di Dark Wolf, soddisfatto. «Ogni volta che L-Drago attacca, Nemesis, per contrastarlo, attinge da Sunset Hydra l’energia necessaria, prosciugando insieme a quest’ultimo anche la sua blader, facendola soffrire e avvicinandola sempre più al termine della sua vita.»
Stranamente, non era più arrabbiato. Solo…pentito. In fondo, tutto quello che voleva era sconfiggere il Sole Nero, dimostrare la supremazia dell’Imperatore Drago e far pentire i seguaci di Hades di aver toccato al sua roba.
Tuttavia, sentiva che, oltre all’orgoglio personale, c’era qualcos’altro. Un qualcosa di astratto che gli attraversava le vene, facendolo soffrire.
«La senti, Ryuga? La senti la sofferenza attraversarti lo spirito? Tutti i tuoi attacchi, non sono stati altro che una via indiretta per distruggere Paschendale. Ahahah! È buffo pensare che prima eri sempre stato attento a non farle del male.
Poveretta. Se non avessi avuto tutta questa smania di scontrarti contro Rago, quella povera ragazza a quest’ora si sarebbe sentita molto meglio.»
Gli era sconosciuto il motivo, ma…gli importava.
Sì, gli importava di aver infierito, anche se in maniera indiretta, su quella creatura così fragile e sensibile.
Erano tante, probabilmente, le volte che l’aveva fatta soffrire, l’aveva fatta star male, l’aveva fatta piangere. Ma mai, mai gli era importato qualcosa.
Perché, in quel momento, nonostante non potesse provare la sua stessa sofferenza, si sentiva tanto deluso da se stesso?
Ma certo. Sapeva già tutto, ma non aveva mai voluto ammetterlo.
«Dicci, Ryuga, » la voce di Rago lo allontanò di colpo dalle sue riflessioni «ora che sai tutto sul Signore della Distruzione, pensi davvero di continuare a combattere come prima?-.
Lo stava sfidando, era più che ovvio.
Sapeva che più attaccava Nemesis, più Paschendale avrebbe sofferto.
Ryuga non fece una piega. Fissò i seguaci di Hades con aria fiera, fingendo noncuranza.
Il figlio del Sole Nero ghignò –È giunta l’ora di darti la lezione che ti meriti, Ryuga-.
La punta del bey viola cambiò assetto, scontrandosi violentemente contro L-Drago. Ne conseguì un’esplosione infuocata.
Com’era ovvio, L-Drago non reagì.
«Ahahah! Allora quello che ti è stato riferito prima ti ha un minimo scosso! Come sospettavo, le mie deduzioni erano fondate: tu provi realmente qualcosa per quella ragazza, altrimenti avresti attaccato Nemesis senza farti alcun problema.»
Com’era immaginabile, Ryuga non parlò. Il suo orgoglio glielo impediva.
 
 
Nel frattempo, il gruppo precedente di blader s’avvicinava velocemente all’edificio in pietra.
Ma poi, si fermarono. Notarono una cosa che non si sarebbero mai e poi mai aspettati: un enorme drago viola ne azzannava uno cremisi.
Kenta, ovviamente, comprese l’accaduto. «Ma quello è Ryuga!».
«Sta combattendo contro Nemesis!».
«No, non è possibile. Ryuga!» Il piccolo Kenta corse, preoccupato, diretto al luogo dello scontro, seguito dai suoi compagni.
 
 
 
Si rialzò, stanco.
Rago l’aveva attaccato più volte, portandolo sempre più prossimo alla sua fine.
Ma non voleva. Non voleva attaccare. Davvero, ci è del tutto impossibile immaginare il desiderio di Ryuga. Attaccarlo, distruggerlo, farlo a pezzi senza pietà; ma non poteva, non poteva permettersi di far del male a Paschendale, di nuovo.
«Ti reggi ancora in piedi?» Osservò Rago, stupito e sinceramente un po’ stufo di dover ancora combattere contro di lui.
«Non permetto…che la si tratti così. Schiaccerò come mosche tutti coloro…che oseranno anche solo toccarla!» Ruggì col poco fiato che gli era rimasto in gola.
«I miei complimenti, Ryuga! Noto che sei davvero cambiato. Non pensavo fossi interessato a qualcosa di diverso dal diventare il blader più forte del mondo. Certo, tenendo occupato Nemesis FORSE la salute di Paschendale non si aggraverà troppo velocemente. Ma sappi che più a lungo resisti, più a lungo dovrai soffrire. Ma credo non serva dirti queste cose. Continuerai a combattere pur sapendo qual è il tuo destino: soccombere. Non puoi fare nulla contro una divinità!».
L-Drago restò fermo, senza reagire. Ormai per lui vincere o perdere non faceva differenza. Voleva solamente…che lei non soffrisse più.
Ed ecco che un drago viola piombò addosso al suo bey.
Un altro brillamento cremisi, tanto forte da farlo volare all’indietro.
Cadde malamente a terra. I muscoli erano doloranti, le ossa si sbriciolavano. Ormai era chiaro che il termine della battaglia era prossimo.
Doji scoppiò in una risata fragorosa.
«Vedo che hai assunto la posizione che ti spetta: quella di un vermiciattolo che striscia per terra; questa è la dimostrazione di quanto tu non valga niente…»
 
I palmi sul pavimento in pietra.
Rago attaccava ancora.
 
«… Ormai hai raggiunto il limite della tua potenza e adesso la forza della divinità ti schiaccerà…».
 
Lentamente sollevò il busto da terra.
Sentiva L-Drago distruggersi.
 
«… Non esiste fine più giusta per un essere inutile come te…».
 
Ormai era in piedi. Con fatica e stanchezza, ma era in piedi.
 
«… Allora! Non ti abbiamo umiliato abbastanza? Vuoi forse dire qualcosa prima di essere annientato?».
Doji si sentiva completo e realizzato. Anni prima, Ryuga l’aveva umiliato, portandolo in prossimità di una morte certa. E adesso…se la rideva.
 
Il blader dell’estate ignorò gli insulti e le offese a lui rivolte.
 
 
Ciao Ryuga!
 
 
Quella voce…
 
 
Beh, direi che il tuo nome è azzeccato!
 
 
La vedeva.
 
 
Insomma! Esiste qualcosa nella tua testa che sia anche minimamente diversa da Lightining L-Drago!?
 
 
Quel sorriso innocente.
Quello sguardo dolce.
Gli mancava. Quella ragazza, che un tempo era così fragile, sensibile e insicura, gli mancava.
Aveva bisogno di vederla. Di assicurarsi che stesse bene.
 
 
“Paschendale…non permetterò che tu soffra ancora. Avrei dovuto proteggerti e tenerti lontana dalle minacce.
Tu lo sapevi. Sapevi bene di non appartenere a questo mondo. Un mondo che hai tentato con tutte le tue forze di cambiare, di dargli un senso reale, di proteggere i blader.
Non la meriti…questa fine. Una come te non può andarsene”.
 
Si sentiva impotente. Dentro di lui, sapeva di non riuscire a sconfiggere il Sole Nero. E anche un solo attacco, avrebbe peggiorato le condizioni di Paschendale.
«Allora! Vuoi combattere o no!?» Lo sfidò Pluto.
«Non avevi forse detto di ritenerti il blader più forte del mondo Ryuga?» Lo canzonò Doji. «Oppure qualcosa ti ha fatto cambiare idea?».
 
 
Ryuga!!
Pensaci!
 
Si tirò su, mantenendo lo sguardo basso.
«Vincere o perdere, non ha più alcuna importanza ormai…».
 
 
Il Beyblade…è…solo…un…GIOCO!!
 
È SBAGLIATO CONSIDERARE IL BEYBLADE COME UN QUALCOSA CHE POSSA SALVARE O DISTRUGGERE IL MONDO!!! SONO SOLO DELLE TROTTOLE! COMUNI E NOIOSISSIME TROTTOLE!
 
 
«… Tsk!» Sorrise. «Ci sono cose più importanti del Beyblade».
 
 
 
D’innanzi a loro, non troppo distante, c’era una luce.
Percorsero velocemente il corridoio, ritrovandosi nel giro di pochi secondi nella stanza di fronte.

Come sospettavano, gli altri erano lì.
 
«La tua resistenza contro Nemesis mi ha piacevolmente sorpreso- la divinità si preparò -Questa è la tua ricompensa… Prendila. Mossa speciale! ARMAGEDDON!!».
Ne scaturì un’esplosione violacea, che invase l’intera stanza. Ma l’Imperatore Drago non contrastò l’onda d’urto.
Fu colpito e scaraventato via per alcuni metri.
Precipitò malamente, e perse i sensi, seguito da L-Drago che non girava più.

 
 
Episodio 36 – L’unione fa la forza
 
Guardandolo non ci potevano credere.
Cioè, nel senso, Ryuga era stato davvero sconfitto in uno scontro singolo???
Da quanto non succedeva una cosa del genere? Secoli?
Corsero verso il “compagno” per soccorrerlo.
Aveva gli abiti stracciati, la pelle scura ricoperta da graffi e ustioni.
«Tieni duro, Ryuga, ci siamo qui noi! Mi senti, Ryuga?». Ginka gli sollevò la testa da terra, tentando di farlo rinvenire, peccato che fu tutto inutile.
Gli altri avversari di Hades osservarono lo stato del blader dell’estate, sbigottiti.
«Ahahah! Benvenuti. Ecco che succede a chi si oppone alla nostra volontà, che vi serva da monito!» Disse loro Pluto.
«L-Drago non sarà mai più in grado di competere, è distrutto.» Proseguì Rago.
Dimenticavo: Doji, in seguito all’ultimo attacco del Dio della distruzione, a causa dell’onda d’urto era precipitato nel baratro che confinava l’arena, risultando, almeno si pensa, morto.
«Siete dei mostri. E non vi perdonerò mai, avete capito!?» Li gridò contro Ginka.
«Voi perdonarci?» Si stupì Pluto. «Il bey della costellazione dell’estate che possedeva la potenza del frammento di stella è spirato, non esiste più. Capisci la portata epocale di questo avvenimento?».
«Questo significa…che adesso la Barriera di Zeus non potrà più essere portata a compimento.» Affermò preoccupato Dunamis, suscitando il medesimo timore nei suoi compagni. «Tanto tempo fa, il potere di Gaia era l’elemento essenziale con cui i blader del Sistema Solare tenevano a bada la divinità della distruzione. Con questa sconfitta, abbiamo perso la capacità di poter acquisire il potere della madre Terra; adesso siamo completamente soli.»
«Ahahaha!! Siete stati voi i blader leggendari a cacciarvi in questa situazione. Se le cose stanno così, la colpa è di quell’arrogante che credeva con presunzione di poter contrastare da solo la forza del Dio della distruzione.»
«Sta zitto!» sbottò Ginka non appena udì le parole del blader di Firefuse Darkhelm. «Tu non sai niente di Ryuga quindi non ti permetto di insultarlo!» Era strano che fosse proprio Ginka a dire ciò.«-Spesso in passato ho messo a rischio la mia vita per combattere contro di lui, e non posso dire che Ryuga fosse un nostro alleato. Ma una cosa è certa: Ryuga ha seguito un addestramento che nessuno di noi è in grado lontanamente di immaginare ed ha acquisito la sua immensa potenza. All’inizio non sembrava poi tanto diverso dagli altri blader; ma vi assicuro che alla fine era diventato il più forte di tutti, ed era in assoluto il mio rivale più temuto e insostituibile!».
«A me Ryuga non piaceva molto, lo ammeto; ma non permetterò a nessuno di insultarlo in questo modo!».
«Bravo, ben detto!» rispose Yu alle parole di Yoyo.
Il blader dell’autunno, dopo aver fatto sdraiare con attenzione l’Imperatore Drago, fissò i suoi avversari con fierezza.
«Ci batteremo lo stesso, anche se ormai non avremo più l’appoggio di Gaia, e vi sconfiggeremo, questo è certo! Proteggeremo il nostro futuro con le nostre sole forze!».
Senza alcun segnale, i blader leggendari si prepararono.
«Siete pronti a combattere ragazzi!?» chiese Ginka, deciso.
Sì!!
«Mpf! Tutto tempo sprecato. Coraggio Rago!».
Il figlio del Sole Nero preparò il bey. «Preparatevi! State per precipitare nel regno di Hades!».
Ecco! Era il momento. Ben presto il destino dell’umanità sarebbe stato deciso.
 
PRONTIII… LANCIOOOO!!!
 
«Tocca a te, vai Cosmic Pegasus!!».
«Attacca, Fang Leone!!».
«Distruggili, Mercury Anubius!!».
«Variares, conto su di te!!».
«Scythe Kronos annientali!!».
«Forza Jade Jupiter attacca!!».
«Phantom Orion, conto su si te!!».
«Vai Quetzalcoatl!!».
Le otto trottole si diressero verso quel bey violaceo, facendo materializzare la loro aura.
«Tanto è inutile. Vai, Diablo Nemesis!!».
Il Sole Nero rispose, attaccandoli con le loro stesse anime.
Era incredibile. Riusciva a contrastare senza la benché minima difficoltà tutti quei bey.
«Nemesis sprigiona la stessa potenza di tutti i blader leggendari messi assieme.» Osservò Madoka.
«Vuol dire che tocca a noi intervenire!» S’intromise Masamune, determinato -Yu, Tsubasa, diamogli una mano-.
Gli altri due blader erano già col lanciatore in mano.
«Kenta, sei dei nostri?».
«Sì.» Il proprietario di Sagittario, mentre gli altri erano intenti a lottare, vegliava sul corpo svenuto del suo maestro, riflettendo sui possibili errori commessi. «Se avessi lottato…con più rabbia e determinazione, questo non sarebbe successo a un blader potente come Ryuga. Adesso ho una seconda possibilità. Mi armerò di coraggio e combatterò per vendicare Ryuga!».
 
PRONTIIII… LANCIOOO!!!
 
«Preparati ad attaccare, Blitz Striker!!».
«Spacca tutto, Earth Eagle!!».
«Coraggio, fa vede chi sei, Flame Sagittario!!».
«Flame Libra, onda sonica, vai!!-.
 
Non appena il piccolo Yu attaccò con le sue frecciate iridescenti, la scena si specchiò. Da Nemesis fuoriuscì lo stesso attacco.
Il blader della Bilancia rimase incredulo. «Cosa? Non è possibile!».
Ma non era finita lì!
Ecco infatti che un unicorno, un centauro e un’aquila oscuri attaccarono gli altri tre beyblade. Gli ultimi quattro avversari furono scaraventati via malamente.
«È pazzesco! È più potente anche di Striker, Libra e tutti gli altri bey!» Commentò Kyoya, scioccato.
«Tsk! Naturalmente Nemesis non ha assorbito solo la potenza che hanno i bey del blader leggendari.» Li informò Pluto.
«Allo stesso tempo, Nemesis ha assorbito anche l’energia dei bey contro cui avete combattuto fino a questo momento.» concluse Rago.
Che potevano fare? Nemesis sembrava un beyblade imbattibile, ogni loro attacco risultava inutile, e ogni colpo al loro bey ne conseguiva un dolore sulla loro pelle.
Però erano dei blader, giusto? Arrendersi equivaleva a condannare l’umanità e altre persone innocenti.
Quindi, non potevano fare altro, che contrastare…
«Forza ragazzi! Attacchiamo, FORZAAAA!».
 
 
La situazione sembrava essere stabile. Il dolore era costante, il freddo idem, ma non c’erano aumenti di alcun tipo.
Avanzava a passi lenti e piccoli, in una direzione imprecisa.
«AH!!».
Qualcosa la fece scivolare.
Cadde in avanti, tendendo le mani davanti, ma mettendole male.
 
CRACK!
 
Come se non bastasse, il suo braccio sinistro era fuori uso.
«Ggggghhhh…!!».
Provo a muoverlo in vano; era chiaramente rotto.
 
 
 
Una fitta polvere copriva il terreno di gioco.
Attendevano impazienti tutti il verdetto.
Se avessero vinto, non si sarebbero stupiti. In fondo, avevano appena assalito Nemesis con una serie di attacchi combinati e ben gestiti. Chissà se…
«Gira ancora!» No… Dalle parole di Chris, sembrava avessero fatto un bel buco nell’acqua.
«Non ci credo…!» Bisbigliò Aguma.
«Dopo quella serie di attacchi è ancora in piedi!» Osservò King.
C’era bisogno di una spiegazione approfondita. «Nemesis possiede la potenza di ogni bey presente sulla faccia della Terra, di ogni bey, e li supera tutti senza difficoltà.» Li informò Pluto. «È in assoluto il bey più forte che sia mai esistito, non c’è dubbio.»
«Eccovi spiegato cos’è Sole Nero, il Dio della distruzione, Diablo Nemesis in persona!».
I loro numerosissimi sforzi erano stati al limite dell’inutilità, e proprio questo fu la causa della loro delusione.
«Finora ho resistito strenuamente a tutti i vostri assalti. Ma adesso tocca a me attaccare.» ruggì Rago.
 
 
 
«Ugh!!».
Strinse gli occhi e i denti, accasciandosi a terra scivolando lungo la parete che la sosteneva.
Portò la mano destra sul cuore premendoci contro.
L’ennesimo brivido di freddo le attraversò lo scheletro e la poca carne che le rimaneva.
Improvvisamente, un dolore lancinante alla suddetta mano; non era una  parte del corpo normale, o meglio, non poteva appartenere a una persona sana, o anche solo viva.
Gli occhi si spalancarono, le labbra si socchiusero.
Diafana e glaciale.
Ferma, impossibile da muovere.
Ricoperta di patina candida e cristallina.
Ormai era talmente fredda da ghiacciarsi.
Ma prima ancora di poter realizzare quel fenomeno…
«GGHH!».
Era chiaro. Rago stava combattendo, prosciugando Hydra della sua energia. Non poteva esserci altra spiegazione a quel dolore improvviso.
Alzò il capo, guardando l’oscurità che la ostacolava.
Si tocco il petto, afferrando il ciondolo, o meglio, ciò che le dava la forza di resistere.
E così, continuò a camminare.
 
 
 
Graffi, lividi, sangue.
Gli attacchi ricevuti da quell’essere, erano più dolorosi di tutti i colpi che avessero mai provato.
«Non ho mai visto un mostro più crudele.» Commentò Chris.
«Che fine faremo se continuerà ad attaccarci così?» Proseguì il piccolo Titi con le lacrime agli occhi.
«Non c’è più niente da fare.»
«Ma cosa dici, Dunamis?» Domandò Madoka.
«Non abbiamo guerrieri a sufficienza per invocare il potere di Gaia. Senza la potenza dei quattro blader leggendari delle quattro stagioni, non è possibile formare la Barriera di Zeus. Non riusciremo mai a intrappolare nuovamente Nemesis. E questo significa una sola cosa: che si avvicina la fine del nostro mondo.»
Ed ecco che così le loro preoccupazioni risultarono del tutto fondate.
«Scomparirete per sempre, insieme a voi, scomparirà il mondo!» Minacciò Rago.
Nemesis rispose alle richiesta del suo blader. Una fiammata si scaturì dalla divinità, allungandosi fino alla volta celeste. Il cielo era scuro, le nubi fitte. Il pianeta era quasi totalmente avvolto dalle fiamme nere, e le catastrofi naturali colpivano qualsiasi angolo del globo.
«Mi rifiuto di crederci.» Bisbigliò Ginka. «È questo il futuro che attende tutti noi? Mi spiace ma io non lo accetto, non ci arrenderemo finché non avremo esaurito tutte le forze! Ma so che alla fine noi vi sconfiggeremo, il futuro sarà diverso e saremo noi costruirlo con le nostre mani!».
Pegasus si diresse a tutta velocità contro il suo rivale.
«Ti ho già detto più volte che è inutile.»
Ma quest’ultimo sembrava intoccabile. Era come una roccia impossibile da spostare e da distruggere.
«In questo momento il Sole Nero sta già scendendo ad oscurare la Terra, e finalmente sta per avverarsi la profezia di Re Hades!».
Nonostante le parole di Pluto, Ginka non s’arrese; continuò ad attaccare con potenza crescente. Tuttavia capì.
«Pegasus! Com’è possibile!?» Urlò spaventato, ormai era al limite, al limite di ogni cosa. «Non ho più forze…».
«Come non hai più forze!?» Disse Kenta.
Il giovane blader si guardò intorno. Non solo Ginka, ma tutti i blader leggendari erano ridotti male. Determinati, caparbi, ma in quel momento…impotenti.
Se persino loro, coloro a cui era stato affidato il destino dell’umanità si erano praticamente arresi alle forze del male, cosa mai avrebbe potuto fare lui?
Lui, che non riusciva a portare a termine nemmeno un compito semplicissimo?
Girò le spalle all’arena. Ryuga era ancora senza sensi.
Kenta sapeva bene che avrebbe dovuto prendere il posto del suo maestro, ma sapeva anche che era impossibile. Tuttavia…
“Non può finire così.
La prima volta che ho conosciuto Ginka, tutte le battaglie che ho disputato con i miei amici, gli allenamenti… ho milioni di ricordi che appartengono a questo mondo e non voglio che finisca. Non deve finire!”.
Una serie di flashback gli attraversarono la mente.
Quante cose erano successe in quegli anni!
Quanti insegnamenti aveva potuto apprendere grazie al Beyblade!
«Mi rifiuto. Non lo accetto. NON VOGLIO CHE SUCCEDAAAA!!»
Si girò verso gli avversari, correndo in direzione dell’arena.
«Flame Sagittario!!».
Nessuna comprendeva il suo comportamento.
«Kenta, cosa fai?» Chiese Madoka, ormai in lacrime.
Con una disperazione infinita, partirono una serie d’attacchi da parte di Sagittario.
«È tutta colpa mia. Non sono stato abbastanza determinato.»
Il bey colpì Nemesis, il quale lo scaraventò via. Kenta lo imitò, atterrando malamente.
«Se fossi riuscito…a convincere Ryuga a unirsi alla nostra squadra.»
Si rialzò in piedi, ma l’esito dell’attacco fu il medesimo.
«Aaaahhhh!!».
«No Kenta!» Lo pregò Ginka. «Devi smetterla, fermati!».
«Lascia perdere, Kenta, oppure sarà un massacro!» Lo imitò la meccanica.
«Scordatevelo! Non intendo arrendermi proprio adesso! Anzi, non mi arrenderò mia, è chiaro!? Waaaahhhh!».
 
 
 
Il freddo aumentava.
Il corpo fragile e dolorante cercava di tenerla in piedi.
I muscoli non esistevano, le ossa erano quasi assenti.
«Anf… Anf… Anf…».
Tuttavia, sapeva che l’arrendersi non era contemplabile in un momento come quello.
 
Bianco.
 
Gli occhi socchiusi, la vista offuscata. Nonostante quei due problemi, riconobbe quell’oggetto tanto distante.
Un sottile spiraglio bianco le mostrava distintamente il limite del vicolo.
-U-un’ uscita…!- bisbigliò.
 
 
 
«Puoi farmi quello che vuoi, ma non è ancora finita.» Si rialzò da terra per l’ennesima volta e ancora più sofferente della precedente. «Guardami. Ho fatto una promessa: ho assicurato a Ryuga…che non mi sarei mai arreso e che sarei diventato così forte al punto da convincerlo…a schierarsi con noi, a entrare nella nostra squadra! Ma quella promessa non l’ho mantenuta, e per questo che mi batterò, combatterò al posto di Ryuga. Non ti arrendere, Sagittario!».
Un altro attacco, di nuovo,
«Mi sto stancando.» Ruggì Rago. «Ora mi tocca combattere anche contro i mocciosi!».
‘Sta volta però, Nemesis non contrattaccò in maniera normale. Sagittario venne lanciato verso l’alto, le sue alette erano state sbriciolate.
«Oh no, sagittario…!»
E nemmeno il corrispettivo blader venne risparmiato.
«Aaaaahhhh!» Il piccolo Kenta volò per alcuni metri. Un attacco tanto devastante, che il suo corpo fumava per le bruciature.
«Ti scongiuro, fermati, smettila, sei troppo forte! Kenta non può farcela contro di te!». Madoka cercò di persuadere il figlio del Sole Nero.
«Levati di mezzo.» Fu la sua risposta.
Appena un minimo di velocità angolare maggiore (velocità angolare = velocità di rotazione, ma detta così è più professionale ù.ù ndRebelYell), e la meccanica fu spinta via da una forza invisibile.
«Oh no Madoka!» Fortunatamente, Ginka la prese al volo.
Ma non era ancora finita.
«Sono ancora qui.» Kenta si rialzò.
«Fai come vuoi, moccioso. Se desideri ardentemente la tua fine, comincerò proprio da te, accomodati pure…».
Ed ecco che Nemesis era pronto ad attaccare.
«Vattene Kenta!».
«Cerca di scappare!».
«Non restare lì fermo, corri!».
A stento restava in piedi, attendendo l’attacco di Nemesis.
 
FLAAAASSSHHH!!!!
 
Si voltò.
Tutti posarono lo sguardo sull’improvvisa fiammata azzurra alle spalle del giovane blader.
Una figura umana si era destata, restando lì in piedi.
«Ryuga, sei proprio tu?».
«Ti ricordi Kenta? Non stavo scherzando quando dissi che sarebbe stato tuo.»
Preparò il lanciatore.
«Fanne buon uso. Eccolo, arriva!».
L-Drago venne lanciato nell’arena e cominciò a ruotare attorno a Sagittario.
«Ma… Che cosa…? Che cosa sta succedendo, adesso?».
L’improvvisa luce bianca fuoriuscita dal bey dell’estate andò a colpire quello di Kenta.
«Sento aumentare la mia forza…!».
Qualcosa di nuovo stava provando quel giovane blader. Senza una precisa ragione, si sentì molto più forte e sicuro. Capì che forse, grazie a quell’enigmatico fenomeno, sarebbe riuscito a battere Rago.
Ma poi… Uno dei due bey sparì… L-Drago.
«Ryuga…!». Kenta si girò velocemente. Era solo rimasta una vaga luce argentata in procinto di spegnersi.
«L’ha fatto sul serio?».
«Ma dov’è andato?».
Una cosa del genere non se l’aspettava davvero nessuno. E in particolar modo, lui.
«Oh no Ryuga, che hai fatto? Non mi lasciare. Ti prego Ryuga!».
Il giovane Kenta s’infiammo nel vero senso della parola. Dispiacere, rabbia, pentimento: erano le uniche sensazioni che riuscisse a provare.
Ma non c’era tempo per scaldarsi. Infatti, una cosa ben più strana stava accadendo: Flame Sagittario risplendeva di una luce infuocata. Senza che Kenta lo richiamasse a sé, saltò nelle mani del proprio blader.
«Sagittario, ma cosa…!?».
La luce si spense, dando forma…a un nuovo bey.
«Flame Sagittario si è evoluto!» Affermò Kyoya, stupito.
 
“Ryuga…mi hai ceduto il tuo frammento di stella, per portare avanti questa battaglia e salvare l’umanità. Mi hai ritenuto degno…di questo compito!”.
Era proprio così. L’Imperatore Drago gli aveva dato fiducia, e di ciò Kenta era del tutto incredulo.
Tutti gli altri blader riacchiapparono i bey. La battaglia doveva cominciare daccapo.
«Sono pronto.» Bisbigliò il nuovo blader leggendario della costellazione dell’estate. «Ora tocca a te… Flash Sagittario.»
I nemici di Hades si lanciarono uno sguardo d’intesa, caricarono il lanciatore.
 
PRONTIIII… LANCIO!!
 
Dieci bey si scontarono contro la trottola violacea in posizione difensiva.
«È pazzesco! Flash Sagittario sta attaccando Nemesis con più potenza rispetto a tutti gli altri!» Commentò Madoka.
Il perché era ovvio: la punta di prestazione del nuovo Sagittario era più alta, quindi gli attacchi subiti non raggiungevano la sua ruota di fusione, perciò senza fargli perdere l’equilibrio.
«Accidenti! Maledetto moccioso!» Pluto e Rago erano increduli. Com’era possibile che così di punto in bianco Nemesis fosse tanto in difficoltà?
 
TOCK!
 
«Eh…?».
Alle sue spalle, un suono. Pluto si voltò di scatto. Quell’immagine spigava tutto.
 
Gli occhi di Kyoya imitarono quelli del discendente di Hades.
Era felice, ma anche angosciato.
Vederla in quello stato. Con la pelle bianca, scheletrica e iridi di vetro.
Qualcosa di più preoccupato e incredulo di quel volto femminile non esisteva.
A quella vista, non poté non urlare il suo nome.
«Paschendale…!».
Gli amici del blader della primavera fissarono la cima della lunga scalinata innanzi loro.
 
Sì, era proprio lei.




* S’accascia contro Ginka e piange come una disperata *
Ginka- Su su Rebel-chan, non è possibile che tu reagisca sempre così ogni volta che vedi Ryuga mori…
NON DIRLO!!!!
Ginka- -.- okeeeeyyy, però adesso sarebbe meglio parlare un po’ del capitolo
* s’asciuga le lacrime *
ben ritrovati oh carissimi lettori!
Vi dirò la verità, questo capitolo (nonostante sia lungo ben 18 pagine) c’ho messo poco a scriverlo, ma ero davvero molto indecisa sul cosa far dire a Ryuga poco prima di mori… BUUUUUAAAHHHHHH!!!! T________T
Ginka- oh no! Ci risiamo!!
Anche se alla fine…gli ho fatto dire le stesse cose
Tutti- -.- * cadono a terra *
Oh scusate tanto se non avevo idea di cosa fargli dire in un momento tanto importante ù.ù
Comunque di questo cap mi è piaciuta soprattutto la prima parte ^-^
Kyoya- ma che fai? Recensisci il tuo stesso capitolo??
Vabbè, è importante (?) che i lettori sappiano le mie opinioni su ciò che scrivo ù.ù
Ok, ora mi odierete perché ho cambiato tutta l’idea di fondo del combattimento, è solo che il pretesto originale di Ryuga mi sembrava un po’ troppo deficiente :/
Spero VERAMENTE di non averlo reso troppo OOC. Ecco! Chi recensirà codesto capitolo dovrà rispondere a questa domanda:
 
In questo capitolo Ryuga è OOC? (siate spietati!)
 
Inoltre, mi strastrastratstrascuso se praticamente metà del capitolo è copia-incolla dall’episodio, comunque tra sì e no 2 capitoli, quando finirà la Fury, sarà tutto “RebelYell, solo parti originali”.
 
Parlando della mia “vita privata”, HO COMINCIATO A LEGGERE IL MANGA DELLA METAL SAGA!!!!! :DDDDD che vi consiglio vivamente, i disegni non sono pari all’anime ma la trama è millemila volte meglio ;)
Poooooooooiiiiiii, piccola news sulla mia altra fic: dovrete avere una pazienza infinita perché metterò il prossimo cap dopo che ho pubblicato i prossimi due di questa (penso…), mi scuso MOLTISSIMO :(
Concludo ringraziando Mel_mel98 che ha messo la fic tra le preferite, mi aggiunto tra gli autori preferiti e mi ha recensito lo scorso cap, e a Lisa Gioia che ha messo la fic tra le seguite.
Bene, spero che il cap vi sia piaciuto, e spero anche di non avervi fatto troppo deprimere, cosa che invece è successa a me mentre lo scrivevo T___T (PERCHE' RYUGA!?!?!? PERCHEEEEEEEE'!?!?!?!?).
Ciao ciao!

RebelYell

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Capitolo 16
*** Un ultimo, disperato aiuto ***


 

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XVI
սռ սlէﻨოօ, ժﻨรթεгձէօ ձﻨսէօ

"The walls I built are crumblig" 
 

«Paschendale…!».
Gli amici del blader della primavera fissarono la cima della lunga scalinata innanzi loro.
 
Sì, era proprio lei.
«Che diavolo ci fai qui!?» Le urlò Pluto, fuori di sé.
«Ma certo! Adesso è tutto chiaro…» Iniziò il figlio del Sole Nero, attirando l’attenzione del compagno. «Questo spiega l’improvvisa diminuzione della potenza di Diablo Nemesis. In qualche modo la sorgente ha riacquistato le forze, causando una momentanea perdita di potere del Signore della distruzione.»
Rago appariva tutto sommato tranquillo, esonerato dalla paura di una probabile sconfitta. Al contrario, il resto dei presenti fissava increduli quella ragazza che giacente inerme.
«Che sei venuta a fare!?» Sbraitò Pluto. Inutile contestare la sua preoccupazione; l’aver notato che quella ragazza era riuscita a recuperare così tante forze, significava il possibile termine di prosciugamento.
«Paschendale! Va via da qui! È troppo pericoloso!» La vedeva, e non riusciva a darsi pace. Le parole gli uscivano dalla bocca, ma nemmeno ne conosceva il significato. Vedeva la sua sorellina in quello stato pietoso, immobile, tremante. Gli occhi spalancati color della nebbia, la pelle di sale, uno sguardo e una postura esageratamente rigidi.
La chiamavano, in senso buono e non, ma lei non sembrava ascoltare.
Il suo sguardo restava fisso in un punto ben preciso che, almeno in quell’istante, non era occupato da nessuno.
«Allora, mi rispondi!? Che ci fai qui!?» Ripeté Pluto.
E poi, la prova. La prova che quella ragazza percepisse ancora qualcosa. La prova dimostrata tramite una lacrima.
Un lieve singhiozzo echeggiò nell’ampio spazio circostante.
«Paschendale…che ti prende…?» Bisbigliò il fratello della blader.
«Ryuga…» Una voce flebile uscì dalle labbra sanguinanti, una voce che nascondeva un tono di rabbia e odio. «Me lo avete…me lo avete portato via.»
«Oh, Paschendale.» Kenta imitò vagamente la reazione della giovane.
«Non è giusto. È colpa mia…» si lasciò cadere, finendo in ginocchio. «Ryuga, sei solo…uno stupido. Non dovevi pensare a me. Avresti dovuto combattere Nemesis e non preoccuparti del mio stato.»
«Paschendale ma…che stai dicendo?» Come poteva parlare così? La sua sorellina avrebbe dovuto sacrificarsi per salvare la vita di quel folle?
«Se solo fossi stata più attenta. Se solo…non mi fossi lasciata manipolare quel giorno, a quest’ora saresti ancora vivo…».
Accucciata a terra. La poca idratazione del fisico fu annullata dai suoi occhi.
Il bey della distruzione barcollava, sembrava quasi si stesse per fermare.
«Tsk! Nemesis è in difficoltà!» Osservò Rago.
Era il momento propizio!
I blader leggendari più i loro alleati si scontrarono contro il Sole Nero.
Dopo ogni attacco subito, Nemesis sembrava perdere potenza.
Erano in vantaggio, ce l’avevano messa tutta, ma solo un blader non partecipava all’incontro.
«Kyoya? Non startene lì impalato! Attacca!» Urlò Ginka al compagno.
Era ovvio il motivo del perché il blader della primavera non attaccasse; ormai era concentrato solamente su Paschendale, la quale era prossima a perdere i sensi.
“Paschendale, che ti hanno fatto!?” rifletté.
«Pluto!» Rago si voltò verso l’alleato. «Fa’ qualcosa!».
Il discendente di Hades s’avvicinò alla ragazza, dandole un calcio sul viso. Svenne all’istante.
«Maledetto. Leone!» Dal bey di Kyoya scaturì un enorme tornado che andò ad abbattersi contro Pluto.
«Calmati Kyoya! Non è il momento di pensare a questo!» Lo pregò Ginka per l’ennesima volta.
«Presto!» S’intromise Dunamis. «Ora che i blader delle quattro stagioni sono di nuovo riuniti, potrà essere evocato il potere di Gaia!».
«Dunamis ha ragione!» Cominciò Chris. «Dobbiamo formare la barriera di Zeus!».
«Kenta! Credi di esserne capace?» Domandò il blader dell’autunno.
«Ehm… Sì…!». “Adesso farò di tutto per non deluderli. Ryuga ha avuto fiducia in me, donandomi il suo potere. Salverò il mondo per Ryuga, per i miei amici, e soprattutto…per te, Paschendale.”
«Vai, Pegasus!».
«Preparati, Leone!».
«Coraggio, Orion!».
«Forza Sagittario!».

 
 
Episodio 38 – Il ritorno di Pluto
 
I quattro beyblade erano in posizione attorno al loro comune avversario. Dopo pochi secondi, una luce sull’arena diede forma a vari geroglifici.
«Tenete duro, ragazzi, cercate di resistere!» Il bey centrale era bloccato.
«Gira più veloce che puoi Nemesis, e spazza via quella barriera!» Ordinò il suo blader.
Com’era prevedibile, nonostante fosse svenuta, Paschendale iniziò a contorcersi. Il bey della distruzione stava attingendo da lei l’energia.
Kyoya cercava di restare concentrato sul combattimento, nonostante avesse tanto voluto riempire di pugni i due avversari.
Improvvisamente, gli sforzi dei blader delle quattro stagioni sembrarono andare a buon fine. Dai quattro bey uscirono delle colonne di luce dorata che andarono a bloccare le fiamme oscure del Sole Nero, scaraventandosi in seguito su quest’ultimo.
«Guardate, sta funzionando!» Osservò Masamune ottimista.
Ed ecco che intorno a Nemesis si formò una grande sfera luminosa che si sollevò dall’arena.
«Non ci credo! La profezia di Re Hades e i nostri piani stanno andando in frantumi!» Osservò Pluto preoccupato.
La barriera di Zeus s’impattò nuovamente con la superficie del campo da gioco. Da essa, una colonna di luce s’allungò verso l’alto fino a toccare il cielo, dileguando le nubi scure e riportando il sereno.
Tuttavia, nonostante le cose stessero tornando lentamente alla normalità, il tempio nel quale si trovavano i blader stava per crollare.
«È troppo pericoloso, andiamocene!» Urlò Aguma.
Riacchiapparono il loro bey, pronti a scappare da quell’edificio pericolante.
«Paschendale!» Urlò Kyoya che fissava la sorella in preda la pericolo, ancora priva di sensi.
«Ci penso io» Il blader di Saturno con un lungo balzo scavalcò il buco formatosi al centro dell’arena, prese la blader in braccio e tornò indietro raggiungendo i suoi compagni.
«Non riuscirete a farla franca, blader leggendari! La profezia di Re Hades non può sbagliare. Nemesis non può essere sconfitto in questo modo!» Quelle furono le ultime parole di Pluto prima di venire brutalmente schiacciato; così come Rago.
 
Corsero veloci, cercando di allontanarsi il più possibile, ma l’esplosione che ci fu in seguito li spinse via per alcuni metri.
Per fortuna non causò loro nulla di così grave.
«Come va? State bene?» Domandò Ginka rialzandosi.
«Sì…più o meno.» Rispose King.
Una volta che furono tutti quasi svegli, alzarono lo sguardo.
«Wow, il cielo si è schiarito del tutto.» Commentò Yuki.
«Vuol dire…che ce l’abbiamo fatta!».
«Tsk! Poveri ingenui…» una voce minacciosa, e purtroppo a loro famigliare, echeggiò da sotto i loro piedi. «La battaglia non si è chiusa. Siete degli illusi se pensate che finisca tutto così!».
E, come sempre al termine di una battaglia tanto cruciale, delle fiamme nere uscirono dal cratere formatosi in precedenza. Non lo sapevano, ma quel mostro davanti a loro, con una forma vagamente umana, col volto di Rago che s’alternava a quello di Pluto. «Ho assunto le sembianze di Rago, ma in realtà sono colui che annienterà questo mondo sostituendolo con un altro in cui regneranno le tenebre. Sono il Dio della distruzione!».
«Ma come ha fatto a tornare?» Disse Ginka spaventato.
«Non ne ho idea…» perfetto! Nemmeno Dunamis lo sapeva. «La barriera di Zeus era completa, il Dio della distruzione dovrebbe essere stato imprigionato.»
«Ma come, non vi è chiara la ragione? Voi non potete immaginare quanto sia estesa la costellazione dell’Idra femmina, e l’energia che Nemesis trae da essa giunge al limite dell’infinito.»
«Maledetti!» sbottò Kyoya, controllando con la coda dell’occhio Paschendale che ancora non si svegliava.
«L’ultima parte di energia che Nemesis ha preso da Sunset Hydra è stata sufficiente a infrangere la barriera di Zeus e a far rinascere il Sole Nero.»
In quel preciso istante, le tenebre coprirono il cielo che finalmente era tornato azzurro.
«Guardate lassù!» Disse Yuki.
Oltre l’atmosfera comparve un corpo celeste, completamente nero e dall’aspetto inquietante.
«Il famigerato Sole Nero.» Commentò Ginka.
«La profezia di Re Hades alla fine si è avverata. Il Dio della distruzione completerà la sua opera di annientamento inaugurando una nuova era di tenebre!».
Non potevano assolutamente permetterselo.
Dopo tutta la fatica che avevano fatto per contrastare il loro nemico, non potevano perdere.
Si misero in posizione di lancio, pronti a un nuovo scontro. Ma purtroppo l’esito della battaglia non sarebbe stato a loro favorevole. Inutile dire che si reggevano in piedi a fatica e a malapena tenevano in mano il lanciatore.
«Mi sembrate ridotti male per pensare di affrontare un nuovo combattimento.» Osservò il nemico.
«Non ascoltatelo, amici!» Li incoraggiò il blader dell’autunno
 
PRONTI, LANCIO!!
 
Erano tutti diretti verso Nemesis, ma com’era immaginabile, tutti i bey furono spazzati via e non solo.
Sotto gli occhi atterriti dei rispettivi blader, i loro beyblade si sgretolarono diventando del tutto inutilizzabili.
Tuttavia, un solo bey, insieme a Diablo Nemesis, continuava a girare, anche se a fatica.
«Dovrò farcela da solo…» Bisbigliò il blader nel quale si era riservato ancora un barlume di speranza. «Non posso stare qui senza fare nulla mentre il nostro mondo sta per essere distrutto da quel mostro. Finché Pegasus non si sarà fermato completamente… Io combatterò!».
Era pronto ad attaccare. «Forza Pegasus, è il momento di sconfiggere Nemesis!».
«Ginka, aspetta.»
«Cosa c’è, Kyoya?».
«Se devi lottare contro quel mostro orrendo… Allora porta con te lo spirito del Leone!».
Ginka era stupito e senza parole.
«La prima volta che ci siamo scontrati, mi hai fatto provare l’umiliazione della sconfitta. Da allora ho continuato a perfezionarmi con l’obiettivo di sconfiggerti. È il mio unico scopo. Non è facile per me ammetterlo, ma credimi, è anche merito tuo se sono diventato quello che sono.»
«Che cosa dici Kyoya…?» Gli occhi del blader dell’autunno erano lucidi.
«Posso dire la stessa cosa anch’io! Anche per me è iniziato tutto il giorno in cui ti ho incontrato, Ginka. Non lo scorderò mai. Mi sono impegnato a fondo e sono arrivato dove sono perché ho seguito il tuo esempio, e se sono riuscito a sopravvivere nel lungo viaggio con Ryuga, è perché volevo far parte della tua squadra. Ormai lo sappiamo: se due blader sono uniti da un forte legame, allora possono passarsi reciprocamente il proprio frammento di stella!
Sagittario ormai non può più combattere, anche se Ryuga mi aveva affidato la sua straordinaria potenza.
Ascoltami bene ti prego, voglio che tu prenda lo spirito di L-Drago, saprai usarlo a dovere, per me è un onore cedertelo!».
«Sai qual è la verità? Che l’anima di questo gruppo sei sempre stato tu Ginka!». Riprese il blader della primavera. «Per cui, accetta! Prendi lo spirito di tutti i nostri bey. Combatti per noi e vinci!»
Era incredulo. Quelle parole tanto commuoventi riuscivano a dargli l’energia necessaria al raggiungimento del suo scopo.
«Fallo per noi!».
Coloro che l’avevano supportato, aiutato e rinvigorito, gli stavano facendo coraggio, riponendo tutte le loro speranze in quel ragazzo tanto gentile e aperto con tutti.
«Proteggere il futuro del mondo è una priorità assoluta.»
Non se lo aspettava. I suoi amici credevano seriamente così tanto in lui?
«Noi blader leggendari, in possesso dello spirito degli antichi guerrieri, ti doniamo la nostra potenza!».
Era vero. I blader leggendari gli avevano donato il loro frammento di stella.
Era onorato di esser stato destinato a un compito tanto grande; ma, sarebbe stato in grado di salvare il mondo?
I suoi compagni rivolsero il proprio beyblade verso il cielo scuro, rischiarandolo grazie alla luce dorata scaturitasi da questi ultimi. Essa si concentrò in un sol punto, dal quale cadde un fulmine che andò a colpire Cosmic Pegasus.
Lui stesso s’illuminò della stessa luce. In contemporanea, il suo blader sentì qualcosa di nuovo all’interno del suo spirito. Qualcosa di extra-terreno. Un richiamo proveniente da animi speranzosi.
«La sento… La avverto chiaramente. Sento la vostra potenza, sento le vostre emozioni. Andiamo! Comincia la battaglia!».

 
 
Episodio 39 – Lo spirito del bey
 
Ed ecco che tutto ricominciava. Pegasus si dirigeva ad estrema velocità verso il suo avversario, cambiando modalità in funzione della situazione di combattimento.
Tuttavia, grazie alle tre punte di cui Diablo Nemesis era dotato, il bey dell’autunno si ritrovava più volte di difficoltà, avvicinandosi sempre più al limite.
Comunque fosse, in quegli ultimi minuti precedenti al supposto combattimento finale, era accaduto qualcosa di, probabilmente, decisivo.
«Amici, è arrivato il momento! Vi prego, concedetemi il vostro potere!» Ginka poteva usufruire dei frammenti di stella cedutigli da otto blader leggendari, cosa che avrebbe potuto salvare l’umanità.
 
 
Era tutto…molto fastidioso. Molto, troppo fastidioso.
Quei suoni, quel freddo, quell’aria. Insomma, tutto.
Avrebbe dovuto riaprire gli occhi un’ennesima volta? Preferiva di no, ricordando che l’ultima cosa che aveva visto era stata a dir poco sconcertante. Però sapeva anche che non era da lei evitare in modo così vigliacco i propri problemi.
L’attrito tra i palmi sanguinanti e le rocce appuntite era doloroso, ma era anche  l’unico appiglio sfruttabile per reggersi in piedi.
 
Quante volte aveva già udito quei suoni. Quei suoni metallici che, a poco a poco, erano riusciti a portarle via ogni cosa a lei più cara. Li seguì, già consapevole di ciò che avrebbe visto.
Sbucò dall’ultimo alto masso che la circondava. Come sospettava, quei rumori fastidiosi provenivano da un combattimento.
Ginka contro Rago.
“Ovvio” pensò.
 
 
«Amici, è arrivato il momento! Vi prego, concedetemi il vostro potere!».
In quell’istante, accade qualcosa che decisamente nessuno si sarebbe aspettato.
«Riconosco la potenza del mio Anubius!».
«E io quella del mio Variares!».
 
 
No. Non stava avendo un’allucinazione causata da infarto. Da Cosmic Pegasus erano appena scaturite le anime non solo dei bey di Marte e Mercurio, ma anche di tutti gli altri beyblade leggendari; e, di tutta risposta, Diablo Nemesis ne aveva creato le “copie”.
Erano scontri avvincenti e pericolosi. Paschendale osservava la battaglia, senza smettere di confidare in Ginka e nelle capacità del blader, il quale sembrava gestire discretamente la situazione. Tuttavia, una stranissima inquietudine la pervadeva.
 
 
«Non posso farcela. La nostra potenza è perfettamente uguale.» Commentò il guerriero dell’autunno.
«Sì, hai ragione. Ma mentre tu ed io combattiamo, l’oscurità del Sole Nero continua a diffondersi su tutto il mondo. Sei ancora convinto di riuscire a fermare il Signore della distruzione prima che il pianeta Terra venga annientato? E dimmi, per quanto tempo ancora pensi di poter resistere in questa lotta contro Nemesis?».
Sembrava essersi risvegliato. Il bey di Rago attaccava con ancora più foga il suo avversario, distruggendo una volta per tutte ciascuno dei bey leggendari, i cui rispettivi blader cadevano uno alla volta. E adesso, anche Ginka era pervaso dalla preoccupazione.
«Per quanto potente un essere umano non potrà mai vincere contro una divinità.»
 
 
No, non poteva finire così.
Il male non poteva seriamente trionfare sul bene.
“Non può succedere! Non è mai successo da nessuna parte e non accadrà nemmeno ora!”.
Ma poi, il suo sguardo.
Il suo sguardo che cadde sul Sole Nero, un bey dotato di qualcosa che lei stessa conosceva molto bene.
“Ma…Hydra…!?”
 
 
«Ecco la forza del Signore della distruzione!».
 
 
Una strana e occulta potenza metafisica collegava Diablo Nemesis a Paschendale.
Un richiamo d’implorazione le comunicava qualcosa.
“Mi stai dicendo che…!”.
 
 
«Amici miei!».
Tutti i suoi alleati cadevano, ormai ad un passo dal limite, cominciando a convincerlo della fine a lui ormai prossima.
«Ebbene sì, anche se puoi avvalerti di tutta la potenza del frammento di stella, non sarà sufficiente. Nemesis possiede un potere che tu non avrai mai.» Inoltre, le parole di Rago non erano certo d’aiuto.
 
“Ormai sono al limite. Mi è impossibile batterlo!” s’inginocchiò a terra, disperato. Aveva usato ogni sua tattica, e non solo. Ci aveva messo anche l’anima per combattere, ma era stato tutto inutile.
 
«Gi…Ginka…!» Un bisbiglio lo chiamò, proveniente da dietro di lui.
«Paschendale! Ti sei svegliata.» Incredibilmente, la ragazza sembrava molto più in forma di quanto si ricordasse. Ciò poteva significare una cosa sola: Nemesis stava affrontando un pessimo momento.
«Ascolta, Ginka, tu…tu non puoi…non puoi farcela così. Hai…hai bisogno di altra potenza.» Affermò con un filo di voce.
«Sì, ma come posso fare!? Ho attinto a tutte le fonti di energia che mi fossero disponibili, non posso più fare altro!» Constatò.
«In realtà…un’altra fonte c’è…».
 
SBAAAMMM!!!!
 
«Che ti succede, Nemesis!?» Urlò Rago notando che il proprio beyblade non si staccava da Pegasus. Improvvisamente, il bey della distruzione non sembrava più rispondere agli ordini del rispettivo blader.
 
«Diablo Nemesis sfrutta tutta l’energia conservata in Sunset Hydra. E non è tutto: in lui c’è anche l’anima del mio bey, il quale è ancora dedito a rispondere alle mie richieste.»
Nella gola di Ginka si strozzò un sospiro. «Mi stai dicendo…!».
«Ti cedo la forza di Hydra. Solo così Nemesis potrà essere sconfitto.» Proseguì Paschendale con un mezzo sorriso.
«Ma, Paschendale, in questo modo…l’energia di Hydra dopo essere utilizzata per sconfiggere Nemesis verrà dispersa, così come la tua e tu…».
«Tsk! Non preoccuparti…» commentò la blader, incurante di tutto.
 
 
Tu mi hai dato molto più di quanto mi abbia dato L-Drago.
 
 
 «… Ormai, non c’è più ragione che io resti qui.»
 
 
L’improvvisa luce dorata di cui Nemesis s’illuminò, prese la forma di otto teste di drago che aprirono le fauci in direzione di Pegasus, entrandoci dentro e dando al bey una forza nuova.
 
Cercò di rilassarsi, calmando i nervi con un respiro profondo.
Lui e Pegasus erano collegati. Nelle sue vene scorreva tutta l’energia del proprio bey. Era come se tante luci rischiarissero la sua anima, e la più luminosa era esattamente Hydra.
“Ho un solo attacco. Un solo attacco per sconfiggere Nemesis e salvarvi tutti, amici miei”. «Vai e librati in aria, Pegasus!».
Sembrava la sua mossa speciale classica: il bey dell’autunno si librò in aria, raggiungendo la volta scura.
«Vola verso il cielo, vola sempre più in alto!».
Tuttavia, c’era qualcosa di diverso in quell’attacco. Intanto era sostenuto da un insolito fascio di luce color dell’oro, cosa che, molto probabilmente, stava a significare la nuova energia di cui il bey era improvvisamente dotato.
“Pegasus, tu ed io siamo un solo cuore e una sola mente. Combattiamo insieme, fino alla vittoria!”.
Non si sentiva agitato.
Credeva nel suo bey, nel suo Cosmic Pegasus. I loro animi erano uniti in maniera indissolubile, nutrendo la sua tranquillità e portandolo a credere che, forse, si sarebbe concluso tutto per il meglio.
«Sferriamo l’attacco finale. Ora vai con la mossa speciale: Supernova cosmica!».
In men che non si fosse detto, i due bey erano, nuovamente, un contro l’altro, avvolti dalla loro luce e dalla loro oscurità. S’impattavano violentemente, girando sempre più veloci.
Le materializzazioni delle due anime avevano i capi a contatto, spingendo inesorabili, quasi volessero spezzare il collo della creatura avversaria.
 
CRACK!!!!
 
Le varie esplosioni ebbero un mancamento, e il loro rumore assordante fu sostituito da un suono molto meno forte, ma ben più significativo. Era chiaro: uno dei due bey era stato danneggiato, scheggiandosi in maniera irreparabile. Si trattava sicuramente dell’imminente sconfitta, ma di che bey si trattava?
 
Ricominciarono le esplosioni. Potenti, luminose e gigantesche; tanto grandi da raggiungere la volta celeste e rischiararla in pochi istanti.
Finalmente l’azzurro del cielo era nuovamente visibile, e il Sole chiaro risplendeva come non mai.
Significava solo una cosa: Diablo Nemesis e Rago avevano perso, ed erano sprofondati nelle viscere del pianeta, esattamente dove sarebbero dovuti restare per sempre.
 
···
 
«Kyoya? Svegliati, Kyoya!».
Una voce femminile lo chiamava, scuotendolo malamente.
«Sono sveglio, Madoka. Sono sveglio. Che c’è?» Chiese con voce roca.
«Siamo arrivati. Ginka e gli altri sono già scesi.»
«Hm… E allora?» Riprese il blader con aria stanca e annoiata.
«E allora!? Ma quanto hai dormito per essere messo così male!? Dobbiamo andare a casa di Paschendale per chiarire la situazione di Tsubasa e della WBBA. Non te lo ricordi già più?».
Beh, in fondo, era abbastanza probabile che il leone se ne fosse scordato, considerati i tre mesi trascorsi da quando avevano lasciato la WBBA per recarsi da Paschendale.

Ops! Mi state dicendo che in realtà è passata poco più di una nottata?
Wow, come vola il tempo!2




2. Ops! […] tempo! : piccolo commento indiretto dell’autrice riferito all’incipit iniziale della fic, considerando che tutto ciò che si è visto dalla metà del capitolo quattro fino a quest’ultimo è tutto un flashback.

Dunque, tralasciando il fatto che ho battuto il mio record per ritardo d’aggiornamento della suddetta fanfiction e che non so più scrivere in maniera anche minimamente decente, spero che il capitolo da voi appena letto vi abbia anche solo un po’ garbato :) inoltre, spero che il mio finale remixato della Fury sia stato all’altezza di quello originale ^^’ (anche se quest'ultimo non mi ha sconfinferato troppo ù.ù). So bene che avrei potuto scrivere di più, ma avrei ripetuto quasi tutte le stesse cose dell’episodio, e per non farvi morire di noia ho preferito evitare.
Tuttavia (a quei pazzi che amano questa storia), questo capitolo NON E’ L’ULTIMO! Infatti, il prossimo e quelli che seguiranno tratteranno di argomenti mooooooooooolto diversi. Ci saranno spiegazioni più approfondite nel prossimo capitolo; vi dico solo che tutto quello che è successo fino ad adesso è solamente l’incipit alla fic VERA E PROPRIA che la sottoscritta voleva trattare ^^
 
Ok, adesso vi saluto. Ciaoooo!! :D
 
RebelYell

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Capitolo 17
*** Facciamo un patto ***




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XVII
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"The water is moving"

A passo lento e composto avanzava.
I suoi compagni sembravano apprezzare la bellezza di quel luogo marittimo alla luce del tramonto. “Wow!!!”, “E’ magnifico!”, “Non mi sarei mai aspettato esistessero dei posti tanto belli!” commentavano entusiasti.
Tuttavia, il proprietario di Fang Leone sembrava essere parzialmente apatico a tutto ciò.
Perché parzialmente?
“Paschendale ha sempre odiato il mare. Perché mai ha deciso di trasferirsi qui?” si chiese. Possibile che il motivo fosse dato proprio da lui?
«Ehi, Kyoya!» chiamò Masamune «Quanto manca per arrivare?».
Il leone si voltò, mantenendo impassibile la sua solita postura fiera. «Manca poco più di un kilometro. Ma con la vostra velocità arriveremo sì e no domani mattina.» rispose notando la lentezza di quel gruppetto alle sue spalle «Invece di guardare il mare fareste meglio a sbrigarvi!».
«Antipatico!» urlò Madoka, come c’era da aspettarsi.
Ma il blader della primavera ignorò quell’ “insulto”, nuovamente perso nei suoi pensieri riguardanti la sorella.
 
 
«Woooooooooow!».
Finalmente, dopo aver camminato senza sosta lungo la costa, apparve ai loro occhi un segno di civiltà. E che civiltà! Un’enorme villa vista mare in chiave moderna che si ergeva su un’altura (avete presente la villa di Tony Stark/Iron Man? Ecco, quella. NdRebelYell).
«Quella sarebbe… La casa di Paschendale?» si domandarono i bladers.
«L’entrata è sul retro.» disse Kyoya, indicando la strada d’asfalto oltre la scogliera. Subito dopo, avanzò in quella direzione, senza alcun accenno di stanchezza. I suoi amici lo inseguirono con una veloce corsetta.
 
«Anf! Anf! Finalmente siamo arrivati» ansimò un affaticato Benkei imitato poi dagli altri. In fondo, quella stanchezza era più che ovvia, avendo percorso una salita piuttosto ripida tentando di mantenere il passo svelto e sostenuto di Kyoya. Quest’ultimo suonò il campanello e si scansò immediatamente dell’obiettivo del videocitofono.
«Avanti, Madoka- disse il blader leggendario mentre spostava la compagna nella sua posizione iniziale.
«Eh? Ma…che fai!?» sbraitò dopo esser stata malamente spinta via. In procinto di rispondere in tono aggressivo a Kyoya, fu accecata da una luce bianca proveniente dal campanello.
Ci fu una pausa di qualche secondo, poi un suono pesante presso di loro; l’enorme cancello d’acciaio che vietava l’entrata agli estranei s’aprì lentamente.
«Aahh! Che bello, finalmente rivedremo Paschendale!» disse Yu, entusiasta.
«Oh! Insomma Kyoya, che bisogno c’era di spingermi?».
«Non era ovvio?» fece il blader in risposta a Madoka «Sei una ragazza. Se ci fosse stato qualcun altro non avrebbe aperto» ed entrò, seguito velocemente dagli altri.
A dire il vero, per Madoka non era ovvio. “Ma che razza di risposta è!?” rifletté. «Oh… Ehi, aspettatemi!» rimase talmente stupita da quell’affermazione da non essersi accorta che i suoi amici l’avevano lasciata lì.
 
L’ingresso della casa era, stranamente, aperto. Con un po’ d’imbarazzo entrarono, guardandosi attorno incuriositi. Innanzi a loro c’era un enorme salotto col pavimento di marmo e muri bianchi. I divani di pelle e le piante verde intenso davano un’ulteriore aspetto moderno al tutto. Ma il pezzo forte della stanza era la lunga vetrata che delimitava il tutto, mostrando a coloro che si trovavano in quel salotto un’eccezionale visione marittima.
«RAGAZZI!».
Sobbalzarono nell’udire quell’urlo improvviso provenire dalle loro spalle. Si voltarono; quella voce sarebbero riusciti a riconoscerla tra mille altre.
Una ragazza dagli short di jeans e una leggera maglia nera che lasciava scoperta una spalla sorrideva loro con aria felice. I lunghi capelli castani leggermente spettinati le circondavano il viso affilato, creando un forte contrasto con l’incarnato molto, troppo chiaro. I suoi occhi erano del classico azzurro scuro, lucidi, forse un po’ troppo, sottolineati da due occhiaie non indifferenti.
«Come sono felice di rivedervi!». L’ex Presidente della WBBA gli abbracciò uno alla volta, schioccando un bacio sulla guancia a ciascuno di loro.
«Allora, come state?» domandò la giovane radiosa.
Il gruppetto non sapeva proprio come rispondere; avevano una faccia a dir poco sorpresa. D’altro canto, erano venuti fin lì per fare una bella ramanzina a Paschendale, aspettandosi di trovarla tutta depressa e confusa; invece aveva un’incredibile vitalità e una strana allegria.
«Ehm…» cominciarono all’unisono, fissando l’attendente espressione della ex blader. Poi però, solo una persona ebbe il coraggio di ricomporsi e ricollegarsi mentalmente al vero scopo di quel breve viaggio.
«PASCHENDALE TATEGAMI!» gridò Madoka, avvicinandosi alla ragazza e assumendo una posizione simile all’“attenti”.
«Sì?».
«Siamo venuti fin qui da Tokyo per avere delle spiegazioni!».
«Quali spiegazioni?» chiese Paschendale, lievemente stupita ma senza perdere l’euforia.
«Eh… Ma…PASCHENDALE!» riprese la meccanica, preoccupando il resto dei presenti «TU HAI LASCIATO IL TUO POSTO DI PRESIDENTE DELLA WBBA SENZA DIRE NULLA A NESSUNO!!- spiegò indicando con convinzione la sua interlocutrice –E NOI VOGLIAMO SAPERE IL PERCHE’!».
«Avete cenato?» reazione piuttosto curiosa.
«Ehm… Che-Che cosa?» sussurrò Madoka.
Paschendale afferrò il polso della ragazza, spostando la mano che ormai le toccava la punta del naso.
«Vi ho chiesto se avete cenato. Ormai è ora di cena, e da quanto ho capito non avete mangiato nulla.»
Erano molto, ma molto intimiditi e non esattamente a loro agio. Madoka invece era infastidita, visto che Paschendale non l’aveva considerata pari.
«Senti, tu, non cambiare discors…!» improvvisamente Madoka fu interrotta da un “eco” proveniente dallo stomaco di Masamune.
«Eheheh! Scusate… È la mia pancia» si giustificò il blader.
«Allora non mi ero sbagliata!» riprese Paschendale ancora più raggiante «Perfetto, allora è deciso! Vado in cucina a preparare qualcosa di buono e v’invito tutti a cena! Tanto nemmeno io avevo mangiato nulla. Intanto accomodatevi pure, vi chiamo quand’è pronto.» S’avviò verso la cucina, lasciando i suoi amici del tutto interdetti.
 
Ormai era passata quasi un’ora da quando Paschendale era entrata in cucina, e da quel momento erano sempre rimasti seduti su quei divani. Quel silenzio imbarazzante era rotto giusto ogni tanto dal canticchiare felice della blader dell’Idra.
Ma perché mai quel silenzio? Probabilmente perché il fratello di quest’ultima fissava il pavimento con lo sguardo più terrificante del mondo.
“Cavolo! Deve essere davvero ansioso e preoccupato” pensò Ginka.
Dei passi leggeri s’avvicinarono al salotto. Paschendale sbucò da dietro la parete.
«Ehi gente! È pronta la cena!» chiamò, tornando in cucina non appena gli ospiti s’alzarono.
 
Li accolse in cucina, una stanza grande e ben fornita. Ma non fecero molto caso alla stanza in generale; più che altro furono molto colpiti dalla tavola piena zeppa di cibo.
«Aaaahhhhh! Che meravigliaaaa!» esultarono Ginka e Benkei.
«Prego, non fate complimenti! Buon appetito!».
Si sedettero tutti a tavola iniziando ad abbuffarsi, tranne Kyoya che si limitò ad accomodarsi, e Paschendale che rimase in piedi.
«Ehi, non mangi?» chiese Masamune alla “cuoca”.
«Ehm… No, mi si è chiuso lo stomaco.»
Strano. In quei quaranta secondi non era successo nulla di eclatante, eppure la castana sembrava piuttosto assente.
«Scusate, esco un attimo.» disse allontanandosi.
Non ci fecero troppo caso, a parte uno.
«Ehi Kyoya, dove stai andando?» domandò Benkei con la bocca piena.
«Non ho fame.» rispose freddamente, andandosene anche lui.
 
 
La fredda acqua marina che le bagnava i piedi.
I granelli di sabbia che le entravano negli abiti.
Il vento salmastro che le scompigliava i capelli.
Era ciò che i suoi sensi percepivano, ogni volta che si sedeva sulla riva a fissare la Luna specchiata nell’acqua.
 
«Mi sembri dimagrita.» commentò una voce maschile.
Non si volse.
«Sono sempre qui a osservare il tramonto, poi resto un paio d’ore a fissare la Luna. Quando torna a casa non ho fame, ormai non ceno più da mesi.»
Abbassò lo sguardo «Ti sei trasferita qui perché ti ricorda quel luogo, non è vero?».
«Forse…» rispose, enigmatica.
Si avvicinò a lei, la quale non fece una piega. Le si chinò accanto, afferrandole una ciocca di capelli; erano crespi e annodati, diversi da come se li ricordava.
Li avvicinò al viso, annusandoli.
«Sale.» bisbigliò, poi si sedette. «Ti stai trascurando».
«Mpf! Sai quanto me ne importa. Essere bella non è una mia priorità».
«Tsk! Dovrebbe importartene, invece. Se ti presenti così alla sede della WBBA, sta pur tranquilla che non ti accetteranno come Presidente.»
Paschendale inquadrò il fratello con due occhi stanchi, ma comunque poco rassicuranti.
«Non ho alcuna intenzione di tornare alla mia vecchia vita.»
«Oh, sì che ci tornerai.» il blader non si curò assolutamente di quel tono intimidatorio.
«Che cosa?».
«Non è chiaro? Tu.Ci.Andrai.» sillabò «Questione chiusa.»
«No, non hai capito nulla. Io mi voglio allontanare dal Beyblade per sempre. Capito? PER.SEMPRE.» cominciava seriamente a perdere le staffe.
«Noooo, tu ci torni, affronti tutti i tuoi i problemi e finisci quello che avevi cominciato. Non voglio sentire scuse.»
Almeno lui, almeno lui sperava che potesse capire. Potesse capire quella sua angoscia e quel suo dolore troppo grandi da essere ignorati. Ciò la rattristava fin all’invero simile.
S’alzò in piedi, con gli occhi lacrimanti.
«KYOYA, TU NON CAPISCI!! NON HO NEANCHE PIU’ IL CORAGGIO DI VEDERE UN BEY GIRARE, PERCHE’ SO CHE NON SAREBBE LUI A LANCIARLO! COME POSSO LAVORARE PER LA WBBA NELLO STATO MENTALE IN CUI MI TROVO?! DIMMELO!!».
Se la ridacchiò. «Ero sicuro reagissi così.»
Le loro espressioni erano incompatibili: lui sfidava con lo sguardo, restando impassibile, cinico; lei lo fissava esausta, triste.
Era comunque vero, nonostante non lo desse a vedere, che anche lui aveva un cuore, appunto perché non voleva vederla piangere di nuovo.
La sua sorellina non doveva disperarsi per quell’essere ignobile che aveva rovinato la vita a metà della gente che conosceva. Non doveva soffrire così, no.
Davanti a quelle lacrime non sapeva davvero che dire. Non riusciva nemmeno a scusarsi per quelle sue parole tanto indelicate.
Paschendale scosse la testa alzando gli occhi al cielo, rientrando in casa.
«Facciamo un patto.» disse Kyoya, alzandosi in piedi.
La castana si voltò sorpresa.
«Se proprio non vuoi tornare sui tuoi passi non ti costringerò, ma sei obbligata a raccontare tutto a Madoka.»
Sapeva che la sua scelta era un piano geniale. In fondo Paschendale era così: per togliersi un peso doveva parlarne, e qual modo migliore di sfogarsi se non chiacchierare con una ragazza come Madoka.
«Mpf! Tu sei pazzo» bisbigliò alzando gli occhi al cielo.
«Non vedo perché no.» le s’avvicinò giocoso «Solitamente a voi ragazze piace tanto confidarvi i vostri problemi amorosi.»
«Kyoya, tu sai che non lo farò.»
«Infatti lo so.» ridacchiò «È per questo che siamo giunti a un compromesso.»
«Questo non è un compromesso, ma un ricatto!».
Conosceva troppo bene suo fratello da pensare di non ascoltarlo; se avesse rifiutato di fare entrambe le cose da lui richieste, Kyoya l’avrebbe tartassata giorno e notte, fino a farla cedere.
Diventò scettica. «Non penso proprio che Madoka abbia voglia d’ascoltare una storia tanto noiosa…».
«Io non credo proprio che sia poi così noiosa.»
Lo sguardo del blader era rassicurante, ma le faceva saltare i nervi.
Seguì un ultimo sospiro esasperato.
«Tutto tutto?» disse al fratello.
«Sì. Tutto tutto.» ribadì severo.
Era tesa, non aveva mai parlato a nessuno di quella cosa. Eppure, nonostante non fosse mai stata una ragazza poco riservata, aveva sempre rifiutato di raccontare a chiunque conoscesse gli avvenimenti di otto mesi fa.
«Su! Torniamo in casa. Fa freddo qui fuori.».
 
Appena i due fratelli si ritrovarono in cucina, furono accolti da una visione piuttosto patetica.
«Ma che….!?» Kyoya rimase parecchio stupito nel vedere i suoi compagni strisciare sul pavimento.
«Ma che avete fatto!?».
«Oh! Ky-Kyoya, sei tuuuuuuu.» disse Benkei rotolando goffamente di direzione dell’amico «Mi sssei mancato moltissimo, lo sai?».
Il blader della primavera si voltò verso la sorella, la quale si copriva il viso ridendosela sotto i baffi.
«Che c’era in quel cibo?» domandò il giovane spazientito.
«Niente…» rispose Paschendale tentando di soffocare le risate.
Kyoya sospirò «Li hai drogati?».
«Ma per chi mi hai presa!?» ribatté la ragazza, offesa «Non li ho drogati! Ho messo nell’acqua…degli antidolorifici.»
Come sospettava.
«Possiamo considerare annullato il nostro precedente discorso, Kyoya?» domandò, vittoriosa.
«Non ci pensare nemmeno, Dale!» rispose incavolato, sottolineando l’ultima parola pronunciata.
La sorella non ci fece caso e continuò a sorridere soddisfatta.
«Beh, allora buonanotte!» sorrise voltando le spalle.
«Oh andiamo! Non mi lascerai mica da solo a occuparmi di questi cerebro lesi!».
«Sei tu che li hai portati qui, e ora sei tu a dover tornare a casa con loro. Buon viaggio!». Sparì sulla seconda rampa di scale.
 
«Ah! Stupita sorella egoista e depressa» bisbigliò tra sé e sé afferrando il cellulare.
Compose un numero.
«Buonasera, vorrei un taxi… Presso Villa Tategami… Sì, il più presto possibile. Ah, per quante persone…».
Il blader osservò il numero di persone adagiate malamente sul pavimento di marmo, in preda ad attacchi epilettici e in atto di pronunciare frasi senza senso.
Li contò mentalmente: erano sei persone.
«Per cinque persone» rispose, sicuro «Perfetto, arrivederci.»
 
Era trascorsa più meno mezz’ora da quando il taxi era passato a recuperare quei poveri ragazzi. Kyoya aveva dovuto caricarli di peso uno alla volta sull’auto, inventandosi la scusa che erano tutti molto stanchi e affamati. Il mezzo gli avrebbe portati al molo, dove sostava lo yacht pronto a riportarli a Tokyo.
Kyoya non era preoccupato al come tornare a casa, avendo già un’idea.
Seduto sul comodo divano del salotto, rifletteva sul da farsi: era giusto nei confronti di sua sorella quello che aveva in mente?
Era un ragazzo intelligente, ma nemmeno il più grande genio del mondo intero sarebbe mai riuscito a comprendere a pieno l’intricata mentalità femminile, men che meno quella di una ragazzina che aveva cambiato la propria personalità in tempi tanto brevi. Tuttavia, di una cosa era sicuro: il fatto di aprirsi con una persona fidata, l’avrebbe aiutata molto. Purtroppo però, sapeva anche che Paschendale non aveva assolutamente il “senso” della sintesi; qualunque cosa raccontasse, doveva andare a fondo nei più minimi particolari, e l’idea di ascoltare ogni più singolo avvenimento del suo passato, lo faceva rabbrividire. Quindi, la questione principale era: quale poteva essere la persona più adatta per sentire tutte quelle spiegazioni?
«AAAAAAAHHHHUUUU…» la testa che il blader teneva appoggiata sulle gambe sbadigliò rumorosamente.
«Aaaahhhhh, che mal di testa!» la persona che fino a quel momento dormiva beata, si mise in ginocchio sul divano, massaggiandosi le tempie.
«Hm! Ma…dove sono tutti?» disse guardandosi intorno, finché non incrociò un volto familiare.
«Kyoya, sei tu. Che-Che cos’è successo? E dove sono tutti gli altri?».
«Calmati Madoka. Gli altri stanno bene, hanno ripreso lo yacht e son tornati a casa.»
«Ah, ho capito… CHE COSA!? E noi adesso come ci torniamo a casa!? E poi dovevamo parlare con Paschendale di quella faccenda! E che cos’è successo prima!? Perché non mi ricordo più niente?».
Kyoya sospirò «Potresti ascoltarmi due secondi?».
Madoka lo guardò negli occhi tranquilli, ma con un velo di malinconia.
«L’unico modo per chiarire la faccenda di Paschendale è parlare con lei, e tu sei l’unica a poterlo fare.»
«Sono…l’unica…a poter fare cosa?».
Sospirò nuovamente, chiedendosi se quella ragazzina si fosse veramente del tutto ripresa dagli antidolorifici. «Ma non è ovvio? Voi ragazze chiacchierate tra voi sempre senza alcun problema. Se non ricordo male mia sorella non è un grande esempio di riservatezza.»
«Quindi, se Paschendale ti parlasse dei suoi problemi, si sentirebbe molto meglio e riaccetterebbe l’idea di presiedere la WBBA, non è così?».
«Immagino di sì.» azzardò una risposta.
Sul viso di Madoka si dipinse un’espressione estasiata. S’alzò di scatto.
«Va bene! Parlerò con Paschendale e ascolterò ogni singola parola!».
«Purtroppo però non sarà così semplice» la interruppe.
«Eh? Perché dici così?».
«È vero, non è una ragazza troppo riservata, però si tratta di un argomento di cui non ha mai voluto parlare con nessuno. Perciò, sarà molto difficile convincerla a parlartene.»
Madoka deglutì rumorosamente. Non voleva sembrare troppo insistente, e soprattutto non voleva venir cacciata fuori di casa malamente.
«Beh… Adesso ci provo ok? Vado in camera sua e le chiedo tutto.» concluse voltandosi e salendo le scale.
«A proposito, dov’è adesso?» domandò, spaesata.
Kyoya si schiaffò la fronte «Primo piano in fondo al corridoio, lì c’è camera sua.»
«Grazie, a dopo allora.»
«Aspetta.»
La meccanica s’arrestò ma metà della prima rampa di scale. Kyoya la raggiunse.
«Quando ha finito di raccontarti tutto, dalle questo» estrasse dalla tasca un biglietto, porgendoglielo.
 
 
Raggiunse il primo piano. La porta alla fine del corridoio era chiusa e una luce usciva dalla fessura sottostante. A passo lento e leggero si diresse verso la presunta camera, da lì proveniva un canto a bocca serrata.
Deglutì un po’ spaventata.
Non ne capiva la ragione, ma un brutto presentimento l’assillava.
 
 
TOCK! TOCK!
 
 
Attese una risposta.
«Madoka!».
Non disse nemmeno “chi è?” o “avanti”, perché la porta s’aprì subito prima.
«Che ci fai qui?».
«Ehm…» si sentì intimidita, non aveva assolutamente idea di cosa dire «Posso entrare?».
«Ahem… Sì, accomodati.» rispose Paschendale, stranita.
Madoka si sedette sul letto in una posizione rigida e composta. Si sentì a disagio nel notare l’amica quasi svestita.
«Stavi andando a dormire?» bisbigliò la meccanica.
«Ehm, sì» rispose l’altra distrattamente «In effetti, sono un po’ stanca. Sai dov’è Kyoya per caso?».
«È andato ad allenarsi con il bey. Ha detto che mi aspetta finché non avevo finito.»
«Non avevi finito cosa?» chiese Paschendale mentre trafficava nell’armadio.
«Ehm…di…di dirti una cosa». Madoka era ancora più intimidita.
«D’accordo, però basta che fai in fretta perché voglio andare a dormire» rispose, distratta.
«Beh…ecco…» “Cavolo, e adesso come faccio a chiederglielo??”.
«Allora?».
«Kyoya mi ha detto che devi parlarmi dei tuoi problemi.» Non aveva mai detto nulla ad una tal velocità. Strizzò gli occhi e abbassò il capo verso sinistra, sicura di ricevere il terzo grado.
Si preoccupò, non udiva alcun suono. Sbirciò Paschendale con l’occhio destro. La ragazza era diventata di sale, ferma in piedi le dava le spalle.
Improvvisamente si voltò, andando verso il bagno.
La stava ignorando.
«Paschendale, ti prego! Tu hai bisogno di parlare di questa storia con qualcuno.»
«Sono affari miei» rispose fredda.
«Questo lo so, ma è anche vero che te lo devi togliere questo peso una volta per tutte.»
Sospirò, alzando gli occhi al cielo «Madoka, tu sai almeno vagamente di cosa ti dovrò parlare?».
Si bloccò un attimo. Effettivamente non ci aveva pensato. Kyoya non le aveva detto nulla sull’argomento che dovevano affrontare.
«Veramente nnnnnnno» disse imbarazzata.
«Te lo dico io cos’è!» cominciò la castana alquanto irritata «Se vuoi sapere esattamente come mi sento, dovrai sorbirti tutto ciò che accadde circa otto mesi fa. Probabilmente poi mi sentirò più leggera, e forse cambierò idea sul mio futuro.»
«Ah, beh, se è solo questo il problema…».
«Ma non ne parlerò!».
«Eh, ma…perché no?».
«Perché no!? Sai quanto potrebbe farmi soffrire ripensare a quei momenti!? Momenti che mi hanno cambiata completamente e che non avrò mai più l’occasione si trascorrere!».
I suoi occhi stavano diventando visibilmente lucidi.
Madoka stava male a vederla così. Non era difficile comprendere l’incredibile sofferenza di quella ragazza.
«Paschendale…» bisbigliò la meccanica dolcemente «Capisco che possa far male, ma non puoi convivere con questo peso per sempre. Credimi, hai tutta la vita davanti per ricominciare da capo. So che è una storia molto lunga, ma io ho tempo e rimarrò qui finché non mi avrai raccontato ogni cosa.»
I grandi occhi azzurri della sua più grande fan erano la cosa più dolce che avesse mai visto. Sapeva di potersi fidare di lei, sapeva che l’avrebbe ascoltata e confortata, anche se esternamente non lo mostrava.
«Okay…» bisbigliò timida.
«Davvero? Me ne parlerai?» domandò con occhi lucidi.
Si limitò a rispondere con un “Hm hm” e un cenno positivo col capo.
Madoka saltò sulla poltrona situata nell’angolo, pronta ad ascoltare, curiosa. Sembrava un bambina pronta ad ascoltare la favola della buonaotte.
Paschendale si sedette sul letto incrociando le gambe.
«Ehm… Quello… Quello che accadde otto mesi fa, mi cambiò radicalmente- si accarezzava le mani nervosa e parlava con un filo di voce -Da quei giorni, tutta la mia timidezza e i miei timori sono svaniti. Ti avverto, Madoka, è una storia molto lunga, e spero che davvero che dopo questa spiegazione le cose ti possano apparire più chiare.»





Ciao genteeeee!!!
La vostra RebelYell è felicissima!! E lo sapete perché? Perché non vedevo l’ora di poter arrivare a questo punto della storia.
Infatti, come ho accennato nelle note dello scorso cap, questo doveva essere il “Capitolo 1” della mia fanfiction. Tuttavia, avevo fatto l’INTELLIGENTISSIMA considerazione dicendomi “Però se faccio così non capiranno mai chi è veramente Paschendale!” quindi ho inserito tutto quel lunghissimo flashback (ci ho messo un casino a scriverlo, ma in fondo non è venuto poi così male…).
Comunque, credo che in tutto la fic sarà di massimo 25 capitoli.
Nonostante la parte che salterà fuori io la consideri senza dubbio la mia preferita di TUUUUUUUTTA la fic, so bene che a voi farà sboccare perché d’azione ce n’è ben poca, bensì è tutta una parte che sconsiglio vivamente a chi soffre di diabete, dato che si parlerà di amore, passione ecc.
Dale- o.O?
Che vuoi tu!?
Dale- devi dire quella cosa…
Che cosa
Dale- Daiiii, quella cosa del raiting!
AAAAHHHHH GGGGIIIIAAA’!!! sì, praticamente a volte ci sarà una tendenza al rosso, che tenterò con tutte le mie forze di sminuire più possibile dato che molti dei lettori di questa 'roba' sono minorenni.
Concludo ringraziando IoGio che ha messo la fic tra le preferite :)
Ciao ciao, e grazie di tutto a tutti quanti, non avete idea di quanto mi aiutiate e di tutto il supporte che ricevo da voi, GRAZIE MILLE!!!
Baci e alla prossima!

RebelYell

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Capitolo 18
*** L’inutilità fatta a capitolo, ihihi! No, vabbè, dai… ***





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XVIII
ℓ’ïŋųŧïℓïŧà ∱ąŧŧą ą ƈąþïŧσℓσ, ïɧïɧï﹗ ŋσ, √ąɓɓè, đąï…

"I'm slipping away" 


La gente, seduta o in piedi, restava tranquilla nell’attesa del proprio turno. In quel corridoio affollato regnava il silenzio, ordinato dalla lucina rossa sopra la porta dello studio del Capo.
Il signor Doji è molto indaffarato in questo periodo. Quando quella spia è accesa, il nostro Capo non dev’essere disturbato per nessun motivo.
Peccato che in quell’esatto momento in compagnia di Doji non ci fosse nessuno, trovandosi lui stesso in attesa di qualcuno di molto importante.
 
«UUUUUUUAAAAA!!».
 
Io ho un dono: quello di rompere bruscamente il silenzio ovunque mi trovi.
«Cavolo! Cavolo! Cavolo! Sono in un ritardo apocalittico!» sbraitavo mentre correvo su per gli scalini, scusandomi ogni due secondi con gli sfortunati contro i quali mi scontrassi.
Giunta al sesto piano, girai l’angolo veloce, scivolando malamente almeno cinque volte, sbilanciata dalla pesante borsa a tracolla che indossavo su una spalla sola.
Finalmente, raggiunsi il fatidico corridoio, dove avrei avuto quell’importante colloquio; con mia grande sorpresa, e anche imbarazzo, mi trovai davanti una serie di occhi accigliati che m’inquadravano seccati. Deglutii rumorosamente, e a passo svelto, scivolai tra le persone.
«Permesso, scusate… Oh, mi scusi signora, non volevo pestarle un piede.» “Ma che è? Un ospedale?”. «Saaaaaalveeee!!» mi presentai affannosa alla segretaria, che mi inquadrò dietro i suoi occhialetti con una tipica aria snob.
«Nome…?».
«Paschendale Tategami, Presidente della WB…».
«Sì, so chi è lei. È in ritardo, sa?».
«Ehm…» il mio imbarazzo era al massimo.
«Vada, il signor Doji l’attende». La donna uscì da dietro la scrivania, guidandomi fino allo studio del Capo di quell’organizzazione nuova di zecca.
«AH! Gr-Grazie…» buttai nuovamente un occhio verso la gente che attendeva nel corridoio. Come dire…mi stavano mangiando viva.
 
La segretaria mi guidò fin allo studio.
«Signor Doji, il Presidente è arrivato.»
«La faccia accomodare.» rispose un’ovattata voce maschile.
La donna fece marcia indietro, lanciandomi un’ultima occhiataccia piena d’antipatia; mi vennero i brividi.
La porta si chiuse. Ecco il segnale! Finalmente avevo la mia occasione per fare qualcosa di coraggioso.
«Ehm… Signor Doji?».
Riuscivo a vedere solo le ampie spalle di quell’uomo alto e magro che reggeva nella mano destra un bicchiere di vetro sottile. Ruotò il capo guardandomi di sbieco. I suoi occhi viola non promettevano nulla di buono, ma cercai di non farmi intimidire.
“Avanti Paschendale! Non dimenticarlo: sei una bestia! Fallo secco.” mi feci coraggio.
«S-Salve.»
«Finalmente è arrivata, Presidente. Prego, si accomodi.»
L’uomo si sedette al suo posto, proprio dietro la scrivania. Lo imitai, accomodandomi dall’altro lato del tavolo.
«Sembra nervosa.»
Innegabile. Mi strofinavo le mani in continuazione, la mia schiena era rigida come una tavola da surf e tra le mie ginocchia sembrava ci fosse della colla.
«Non si preoccupi.» cercò di rassicurarmi «Si tratta di un colloquio come un altro. Tutto ciò che dovrà fare, sarà rispondere a qualche semplice domanda.»
Lo ammetto, mi sentivo già più tranquilla, ma non del tutto.
«Okay…» bisbigliai abbassando lo sguardo.
«Bene, cominciamo! Prima domanda: perché ci tiene tanto a entrare nella nostra organizzazione?».
Eh? Ma che ha ‘sto tizio? S’è forse dimenticato che è stato lui a invitarmi qui?
«Ehm… Ma, non siete stati voi a chiedere di iscrivermi?».
«No, si sbaglia.» rispose con educazione «Forse mi sono formulato male. Intendo dire, perché è stata proprio lei a desiderare di far parte di Nebula Oscura?».
Oh sì, è proprio il mio giorno fortunato! Cosa mia andava a chiedere ‘sto qua? Proprio ciò a cui non volevo rispondere.
Okay, ce la posso fare! Tutto ciò che dovrò dire sarà “Ci tenevo a mettermi alla prova io stessa, piuttosto che iscrivere altri blader della mia società”.
E invece, dato che sono lappiùffffurba. «Beh, avrò iscritto qualcosa come cinque ottimi blader della mia società, giusto per tenere sotto controllo questa nuova organizzazione dal nome tanto losco e dai piani misteriosi, e la cosa si fece ancora più strana quando notai tutti questi blader tornare alla sede mezzi bruciati, squartati, affettati… Quindi ho deciso di controllare io stessa.» Dopo nemmeno due secondi, mi ero già schiaffata una mano sulla bocca.
“Ma perché sono così pettegola!?”.
«Capisco…» riprese l’uomo con un velo di stupore dipinto sul volto «Sinceramente, non credevo che voi della WBBA foste tanto dubbiosi nei nostri confronti. Inoltre, gli allenamenti sono cominciati da ben sei mesi, e si concluderanno tra circa una settimana.»
Perfetto! Meglio di così non poteva andare!
Ma dico io, tutti i blader che ho inviato sono stati dei talenti a mantenere la loro copertura, e adesso arrivo io che spiffero tutto. Sono proprio una cogliona.
«Tuttavia…» un bagliore alla fine del tunnel «Potrei anche fare un’eccezione. Sono contento che il possessore di un bey oscuro voglia entrare nella nostra organizzazione.»
Aspetta, cosa? Che c’entrano adesso i bey oscuri?
«Eeeeeeccoci! Effettivamente era una cosa che ci tenevo a sapere: a che cavolo serve questa organizzazione?». Devo piantarla di metterci tutta questa confidenza quando parlo. Ecco perché toppavo sempre nei colloqui di lavoro.
Doji ghignò soddisfatto.
«Speravo avesse un dubbio simile.»
Si tolse gli occhiali e si sporse, avvicinandosi a me.
«Ha mai sentito parlare di Lightning L-Drago?». Il suo sguardo sembrò illuminarsi.
«Ehm…più o meno.»
«Mi dica tutto ciò che sa su quel bey.»
Vi giuro, non ho mentito. Sapevo perfettamente di cosa stesse parlando…quasi.
«Dunque, è un bey proveniente…dalla costellazione…del Drago» “you don’t say, Paschendale?” «È chiamato bey proibito perché…perché…ehm…cavolo, la sapevo!».
«Perché ha lo straordinario potere di risucchiare l’energia dall’avversario grazie alla rotazione inversa.» m’interruppe.
«Già. Però non ho ancora capito che cosa vogliate fare voi di Nebula Oscura.»
«È semplice. La nostra Organizzazione si è occupata di selezionare blader da tutto il mondo, sottoponendoli a rigidi esami e allenamenti. Il nostro scopo è individuare un blader che sia all’altezza di Lightning L-Drago, così da poter utilizzare quell’energia e raggiungere i nostri obiettivi.»
Avrei potuto chiedere quali fossero questi famigerati scopi, oppure... «Ho capito adesso cosa c’entro io! L-Drago è un beyblade oscuro, proprio come il mio Sunset Hydra, quindi potrei resistere a tutti quegli estenuanti allenamenti ed essere una possibile candidata per quel bey, non è così?» terminai sentendomi incredibilmente intelligente.
«Esattamente. Allora, che ne dice? Farebbe parte della nostra Organizzazione?» chiese allungandomi la mano.
Rimuginai un po’. Non avevo molte informazioni, ma ero talmente onorata da tal compito che... «Può contarci!».
 
˚˚˚
«Ma…scusa, dov’era finita tutta la tua prudenza? E com’è possibile che a quei tempi tu fossi tanto impulsiva?».
«Insomma Madoka, ero diventata il Presidente della WBBA da pochi mesi e avevo solo sedici anni.»
«Aspetta, sedici anni?» domandò la meccanica incredula «Quindi adesso ne hai…diciassette?».
«Perché non ci credi?» Paschendale inclinò la testa di lato.
«Ne dimostri molti meno!».
Sospirò, ormai abituata a una tale reazione. «Continuiamo, va’.»
 

˚˚˚

Mi ero alzata alle 4.00 del mattino, il check-in all’aeroporto di almeno due ore e mezza, un viaggio in aereo di tre ore e un lungo percorso in taxi. Il fatto che mi reggessi in piedi era un miracolo divino.
Dopo essere scesa dall’auto bianca e aver pagato una cifra astronomica per raggiungere quella zona a me totalmente estranea, mi si presentò davanti un edificio nuovissimo, composto da due altissimi grattacieli collegati da un passaggio soprelevato. Quel palazzo era sicuramente moderno, ma il quartiere dove si trovava era di una tristezza unica: così buio, silenzioso, quasi di gusto fascista.
«Ma dove diavolo sono capitata?» mi chiesi.
Estrassi un bigliettino dalla tasca per controllare che fosse l’indirizzo giusto.
«Meeee, perché in Giappone non ci sono le vie??» già, perché cercare un indirizzo quando sai benissimo che non lo troverai mai?
Per fortuna che c’era una guardia innanzi alla costruzione. Mi ci avvicinai goffamente, trascinandomi dietro le tre pesanti valigie che mi ero portata.
«Ehm… Salve. Mi scusi, è questa la sede di Nebula Oscura?».
«Esatto. Lei è Paschendale Tategami, non è così? La stavamo aspettando.»
Sorrisi e salutai con un lieve cenno del capo, dirigendomi verso la porta automatica alla mia destra.
«Signorina!» mi richiamò la guardia «L’ala femminile è alla sua sinistra.»
Spalancai gli occhi, basita. Ala femminile? Ma che è, siamo tornati nel Settecento?
Comunque, con la grazia di un elefante con le emorroidi, entrai nell’ ala femminile. L’interno era spartano, ma tutto sommato elegante. Era una stanza semplice e non troppo grande. Non restai a guardarmi intorno, piuttosto mi presentai subito al banco della reception.
 
˚˚˚
«Reception? Ma dov’eri, in un hotel?».
«Spe’ n’attimo, Madoka!».
˚˚˚
Consegnai i documenti.
«Mi segua.» rispose la donna che mi accolse; si muoveva svelta verso l’ascensore, nonostante i tacchi alti e il tailleur attillato. Vabbè, ormai è inutile dire quanto io fossi spastica al suo confronto.
 
«Dividerà la stanza con altre tre blader. La colazione è ogni mattina dalle 7.00 alle 8.00, il pranzo dalle 12.00 alle 13.00 e la cena dalle 18.00 alle 19.00. Gli allenamenti si svolgono ogni giorno dalle 8.15 alle 11.45, e dalle 13.15 alle 17.45; la prima assenza ingiustificata causa l’espulsione diretta dall’edificio.
Purtroppo è arrivata piuttosto tardi e dovrà recuperare gran parte del programma già svolto.
Alla fine del mese, verranno scelti massimo cinque blader da ciascuno dei due scompartimenti, e verranno trasferiti in un altro edificio più consono al secondo programma d’allenamento. Oh, siamo arrivati!». La donna uscì dall’ascensore non appena le porte automatiche si aprirono. Dopo aver calciato trecento volte le valige ed essere uscita da quella scatola di metallo, feci mente locale. «Dunque, considerando gli orari dei pasti e degli allenamenti, per tutto il giorno ho solo un’ora per respirare; okay. Sarò obbligata a cenare dalle 18.00 alle 19.00 nonostante sia abituata a farlo alle 21.00; okay. Infine, dovrò recuperare un programma di sei mesi d’allenamenti estenuanti…in solo una sola settimana di tempo; anf…che incubo!».
«Tategami!».
«Sì, arrivo!» afferrai la mia roba e percorsi i corridoi del piano raggiunto. Ebbene sì, sembrava proprio un hotel, con tanto di porte numerate una di seguito all’altra.
«Eccoci arrivati.»la mia “guida” si fermò davanti alla stanza 603.
“Chissà che stanza stramitica mi toccherà! Dopotutto, questo è un hotel nuovissimo, comprato da una società molto ricca. Sono così curiosa”.
Una volta aperta la porta e accesa la luce, le mie alte speranze si distrussero come una finestra colpita da un meteorite. Era orrida! Sembrava più una cella di un carcere piuttosto che una stanza d’albergo: c’erano quattro letti a castello con rete metallica in bella vista e materassi sudici, il pavimento aveva una moquette impolverata color beige scuro. Io odio la moquette! C’era solo un armadio minuscolo di legno poco pregiato, e la vista dalla finestra appannata non era certo un gran che. E per finire: la stanza era piccola. Mi chiesi subito come cavolo saremmo riuscite in quattro a convivere lì dentro per ben una settimana.
Cercai di passare oltre alle mie prime impressioni, guardandomi alle spalle alla ricerca di una porta.
La donna mi osservò con un ghigno divertito
«Se sta cercando il bagno, è in fondo al corridoio.»
Presi paura.
«Quale corridoio? Non ci sono corridoi qua dentro.»
Cercò di non ridermi in faccia.
«In tutta l’ala femminile ci sono quindici piani, ognuno di questi ha cento stanze, e in tutte queste ci sono dai due ai sei letti, e per tutti questi piani ci sono quindici bagni.»
No, aspetta, un bagno in comune? Ma stiamo scherzando per caso!? Sono stata in ostelli della gioventù a una stella che in confronto a questa baracca hanno lo stesso valore commerciale del Taj Mahal.
La donna notò la mia espressione disgustata e preoccupata allo stesso tempo, ma cercò di non darlo a vedere.
Guardò il quadrante del suo orologio da polso.
«Sono le 13.11. Tra poco ricominceranno gli allenamenti.»
Oddio, no! Gli allenamenti subito no. Sono appena arrivata!
«La sua divisa è nell’armadio, dovrà indossarla durante tutti gli allenamenti obbligatoriamente. La palestra è al terzo piano sotterraneo, al settore 3E.» Purtroppo i miei occhioni imploranti e desiderosi di un po’ di riposo non furono notati.
«Le auguro buona giornata, Presidente Tategami.» e chiuse la porta non appena uscì dalla cella, ehm….stanza.
 
 
Sbuffai, gli occhi al cielo.
«E che cacchio! Perché ho deciso di iscrivermi a questo…schifo?».
Roteai il capo, scrutando quale letto mi sembrasse libero.
«Quello.» affermai, indicando uno dei due letti inferiori. Mi liberai delle varie borse e, letteralmente, le lanciai sul materasso, realizzando solo dopo che avrebbero potuto sfondarlo, considerando le condizioni generali del mobilio; grazie a Dio non capitò nulla d’irreparabile.
Un ultimo sospiro, e controllai l’orario.
«13.13. Ho giusto il tempo di cambiarmi e scendere.»
Mi avviai all’armadio che, con mia grande sorpresa, si presentò vuoto.
«Vuoto? Ma ‘ste ragazze dove metteranno mai la loro roba?».
 

˚˚˚

Madoka era sul punto di dire qualcosa, ma Paschendale la interruppe prontamente.
«So cosa stai per chiedermi. Ebbene sì, mi capita spesso di parlare da sola. Mi è utile per fare discorsi…intelligenti».

 

˚˚˚

Quel piccolo armadio di legno tarlato conteneva soltanto una busta blu nell’angolino di uno dei quattro scaffali. Era leggera, abbastanza voluminosa e chiusa da una cerniera. La aprii e ne tirai fuori il contenuto.
«Mpf! Non credevo che in quest’Organizzazione si praticasse lo sci.» commentai, sarcastica. Effettivamente, questa considerazione ci stava proprio, dato che sembrava una tuta destinata a sciare che ad altro: un tutt’uno tra pantaloni e pezzo sopra, argentata con alcune striature nere qua e là, imbottita.
Non ci pensai troppo, mi tolsi i vestiti e me la infilai dai piedi; stranamente, era esattamente della mia misura. Purtroppo, essendo quella cavolo di stanza totalmente priva di specchi, non riuscii a sapere come mi stesse, ma ormai era tardissimo, e mi avviai ai piani sotterranei, sbuffando come mai avevo fatto in vita mia.
 
 
«Eccolo qui, il settore 3E. Ho la strana sensazione di sapere già in che genere di palestra mi allenerò.» dissi con aria rassegnata. Ora che ci faccio caso, per la maggior parte del tempo parlavo da sola, chissà che avevo?
Comunque, dopo un profondo e rilassante respiro, aprii il grande portone d’acciaio che mi sbarrava il passaggio.
«M-Ma…?» okay, quello spazio era decisamente diversa da tutto il resto della baracca, ehm…hotel. Ancora!
«Wow! Che bella palestra attrezzata!» commentai. Era grande, spaziosa, con tantissime attrezzature all’avanguardia e profumava di pulito. Ovviamente non c’ero solo io, anzi era piena di persone che o s’allenavano o chiacchieravano tra loro, ma nessuna di queste appariva stressata o preoccupata–a differenza mia.
«Ma…a-aspetta un attimo…» osservai meglio i presenti, e compresi l’effettiva ragione del perché quella parte di edificio si chiamasse “ala femminile”.
A sinistra: ragazze.
A destra: ragazze.
Davanti a me: ragazze.
Dietro di me: ragazze.
Tutte e solo ragazze!
«Ma perché?» mi chiesi ad alta voce.
«Oh…mio…Dio!!». Mi sentii osservata. Ruotai il capo di tre quarti, incrociando lo sguardo incantato di tre mie coetanee.
«Allora è vero quello che ci dicevano! Paschendale Tategami sarebbe davvero stata in camera con noi!».
Le guardai con due occhi da triglia lessa, e loro ricambiarono con uno sguardo molto simile. Erano piuttosto diverse tra loro: quella al centro, colei che mi aveva “salutata”, era un po’ bassina e portava i capelli neri sciolti con due fiori rossi ai lati, aveva la pelle chiara, due belle guance rosee e gli occhi color ametista scuro.
A destra mi sentii osservata da uno sguardo abbastanza freddo di due occhi castani, immersi in un viso candido e incorniciato da due lunghe code mogano legate da nastri blu.
A sinistra, invece, fui inquadrata da due dolci e grandi occhi azzurri, appartenenti a una ragazzina dalla folta capigliatura blu sciolta lungo la schiena.
«Wow! Ancora non ci credo.» proseguì la mora, assai eccitata «Sai, noi siamo delle tue grandissime fan, e non avremmo mai pensato di conoscerti. Questo è il giorno più bello della mia vita!! Comunque tanto, tanto piacere, io sono Akiko.» concluse stringendomi la mano.
«Lei è Izumi.» indicò la castana.
«E lei è Ryoko.» indicò la blu.
Sorrisi loro, e ricambiarono.
«Dicci, sei appena arrivata, non è così?» continuò Akiko.
«Ehm…sì, e non mi hanno ancora informata sul programma d’allenamento.»
«Programma d’allenamento?» si chiese Ryoko «Guarda che non c’è niente del genere per allenarsi qui dentro.»
«Ah no?». Ma che razza di posto era quello!? «Quindi, con che logica utilizzate quei macchinari?».
«Come vogliamo noi.» iniziò Izumi «Dobbiamo restare nelle palestre dalle 8.15 alle 11.15, e dalle 13.15 alle 17.15. Alla fine della settimana, ci sottoporranno a un test per confermare la nostra idoneità al completamento del progetto.»
«Quindi possiamo decidere se venire qui e allenarci, oppure sederci sui gradini restando in palestra.»
Roba da matti! Insomma, pensavo che fossero molto più severi qui, invece, una volta entrate nelle palestre, potevamo cazzeggiare senza avere noie.
«Tuttavia, se non ci interessassero i nostri obbiettivi, non ci saremmo mai iscritte a questa organizzazione.»
«Insomma Izumi, sei sempre la solita secchiona!» la canzonò Ryoko.
«Ecco, tanto per curiosità, perché avete desiderato a tutti i costi di far parte di quest’Organizzazione?» domandai incuriosita.
«Beh, è ovvio.» cominciò Izumi in tono severo «Lightning L-Drago è sicuramente il bey più forte in assoluto. Molti blader hanno provato a domare la sua forza malvagia senza alcun successo. Io amo le sfide, e l’idea di vincere una forza mai controllata da nessun altro, mi eccita davvero tanto.» Hm! Sembrava una ragazza davvero determinata e volonterosa, con un pizzico d’arroganza; la immaginai perfetta per un compito simile.
«Io sono una blader che ama vincere, a differenza di queste due fighette.» sbraitò in direzione delle altre due blader, le quali reagirono offese.
«Ehi! Solo perché i nostri genitori ci hanno obbligate a venire qui, non vuol dire che non siamo interessate!».
«Aaaaaaaaahhh!!» sospirò rassegnata Izumi «E tu, Tategami? Perché sei qui?».
Ma perché mi pongono sempre domande la cui risposta è imbarazzante?!
«Ehm…B-Beh, non è forse ovvio? P-Perché…ehm…lo-lo stesso motivo del perché ci sei tu, Izumi.» la titubanza: una brutta bestia.
«D’accordo…» rispose la castana, lievemente insospettita dalla mia risposta random.
«Vabbè, vado ad allenarmi.» e sparì.
«Scusala tanto, ma ci tiene davvero molto a diventare la futura blader di L-Drago.»
«Già, e sapendo della tua presenza, ha cominciato ad allenarsi senza sosta. Sai com’è? Sei conosciuta come la blader più forte al mondo…».
Non mi stupii di tali parole; da quando ero entrata, le altre ragazze presenti avevano solo due sguardi: ammaliati o invidiosi. Le seconde, quasi sicuramente, rispecchiavano le stesse idee di Izumi.
«Comunque, se hai qualche domanda, non esitare a chiedere. In fondo, noi siamo qui da quando gli allenamenti sono iniziati.» disse gentilmente Ryoko.
«Sì, effettivamente, qualche domanda ce l’avrei. Innanzi tutto, perché solo le femmine hanno la possibilità di diventare proprietarie di L-Drago?».
Come al solito, senza che ne fossi consapevole, posi una domanda stupida. Akiko e Ryoko prima si fissarono con gli occhi spalancati, poi si cacciarono a ridere.
«Ahahahh!! Ma Presidente, certo che i ragazzi possono diventare possibili blader di L-Drago! Si trovano solo nell’altro scompartimento».
Beh, quello che aveva detto Akiko non faceva una piega, però…«Ah, e perché?».
«A quanto pare, il Signor Doji crede che, se maschi e femmine s’allenassero insieme, ci sarebbe il rischio che nasca qualche relazione tra le mura dell’edificio, cosa che potrebbe distrarre i candidati.»
Che assurdità! Le andavano a pensare proprio tutte.
«Capisco…e che mi dite del fatto che le stanze siano così orride e la palestra invece sia così lussuosa?».
L’espressione di quelle due giovani diceva tutto, erano certe che, prima o poi, avrei domandato qualcosa di simile.
«Vieni, facciamo un giro.» m’incitò Ryoko mentre mi trascinava verso l’uscita aiutata dalla mora.
«Cosa, ma…non avevate forse detto che non si poteva uscire!?».
«Tranquilla Presidente, tanto non ci dice niente nessuno.» rispose calma la blu.
«Ryoko ha ragione. Il motto di quest’Organizzazione è: “Se non t’allenerai, t’arrangerai”».
Passeggiamo per l’edificio. Nel complesso, era una costruzione parecchio grande, ma l’aspetto in generale lasciava parecchio a desiderare.
«Ora capisci?» mi svegliò Akiko. Ero rimasta stupita dal decadimento di quella struttura «Le parti migliori del palazzo sono le strutture s’allenamento e i laboratori per i test.»
«Laboratori per i test?» ripetei stupita. Sì, Madoka, quel giorno mi sentivo come un pesce fuor d’acqua abbandonato nel deserto.
«Sono i laboratori dove gli allievi vengono testati per controllare la loro compatibilità con Lightning L-Drago» spiegò Ryoko.
«Ah, capisco. E che tipo di test sono? Prelievi sanguigni? Elettrocardiogramma sotto sforzo?».
Ero certa di non aver fatto una domanda stupida, infatti, le loro espressioni non sembravano divertite dalle idiozie chieste. No, aspetta! Perché erano diventate tristi?
«Ho…Ho forse detto qualcosa di sbagliato?» accidenti, ma quanto ero tonta!?
«Noi non…noi non lo sappiamo.» rispose Ryoko con lo sguardo basso e gli occhioni lucidi.
«Tutte le ragazze dell’Organizzazione sono divise in sei gruppi, senza seguire una vera e propria logica. Alla fine di ogni mese, uno di questi deve fare il test. Chi sopravvive, può proseguire con gli allenamenti autonomi, chi invece non ce la fa, viene espulsa.»
Quelle parole m’illuminarono. Ecco perché tutti i blader da me inviati erano rientrati in quegli stati pietosi.
Effettivamente, ero un po’ spaventata all’idea di fare il test. D’accordo che a beyblade non me la cavavo male, però l’idea di venire malamente dilaniata…ecco…non è che mi facesse veramente impazzire.
«Le ragazze rimaste, comprese noi, fanno parte del sesto gruppo, e il prossimo sarà l’ultimo test, dopodiché potremo tornare a casa e restare in trepidante attesa della lettera che ci comunicherà i risultati delle selezioni.»
Beh, il tutto sembrava piuttosto semplice. L’unica cosa che mi preoccupava era…
 
 
BOOOOOOOOOMMMMM!!!!
 
 
«AAAAAHHHHH!!!! COS’È STATA QUEST’ESPLOSIONE!?» feci un salto altissimo, rimanendo stupita della reazione calma e rilassata delle altre due.
 
 
FLAAAAAASSSHHHHH!!!!
 
 
Una luce violacea proveniente dall’esterno invase la stanza. Mi precipitai alla finestra.
Era come un fulmine oscuro, perfettamente verticale, nascente dall’ ala maschile.
“Che…Che cos’è questa sensazione?” sentivo qualcosa di familiare in quel pauroso e spettacolare fenomeno. Sembrava quasi…mi chiamasse, che volesse unirsi a me a tutti i costi.
Quel frastuono tanto profondo, echeggiava nella testa con prepotenza. Brillava di una luce nera, una luce fuoriuscita dall’Inferno più profondo, finalmente libera di andare dove la portava il desiderio. Il cielo, dapprima limpido e azzurro, si coprì di spesse nuvole, la sua coperta di paura, innanzi a un qualcosa di così tanto terribile.
«Ah, è normale.» disse Akiko con le braccia incrociate, distruggendo quel momento magico creatasi tra me e quella striscia elettrica.
«Proviene dall’ala maschile. Ultimamente accade spesso, ma non ho idea di che cosa sia.»
Come diavolo facevano ad essere tanto apatiche di fronte a un evento così meraviglioso?
 
 
DRIIIIIINNNN!!!!
 
 
«Si è fatto tardi, è ora di andare a cena!».
Nuovamente, mi trascinarono con loro.
Peccato, volevo restare a guardare il cielo.

˚˚˚

«Uff! No, basta, non ne ho più voglia.»
«E-Eh!?» Madoka sembrò risvegliarsi di soprassalto da un lungo sonno «P-Perché? AAAAUUUUUHHH! Questo racconto è così appassionante.»
«Appassionante? Ma se ti sei praticamente addormentata! No, basta, non ti racconto più nulla.» Paschendale s’alzò, delusa, e si diresse verso il bagno.
«No, scusa scusa scusa scusa scusaaaa! Non volevo. Ti giuro che adesso me ne sto buona e attenta e seguirò tutto bene bene!». La meccanica si sedette composta, gli occhi dolci spalancati verso la ex-blader.
Paschendale alzò un sopracciglio, rassegnandosi. Tornò alla sua postazione e proseguì.

 

˚˚˚

Ti risparmio tutto il discorso della cena, che era solo a base di verdure per un’alimentazione sana e nutriente.
Dopo aver mangiato, mi ritrovai con Akiko, Ryoko e ad altre dieci ragazze in una stanza a caso dello scompartimento. Izumi non era venuta, preferiva essere riposata per l’allenamento del giorno dopo.
Le ragazze con cui avevo passato la serata erano state davvero carine. Peccato che non mi trattassero come una ragazza normale, anzi, non facevano altro che chiedermi autografi, scattarmi foto e bombardarmi di domande sulla mia carriera. Comunque, mi sono divertita. Penso che fossero così le gite scolastiche. Purtroppo non ci sono mai andata a scuola, almeno ho recuperato con quella serata.
«Okay, ragazze, state calme! Ho una domanda interessante per Paschendale!» la voce di Akiko si fece largo tra le risate e le chiacchiere delle presenti.
«Allora, Paschendale, qual è…il tuo ragazzo ideale?».
Tutte fecero silenzio, compresa la sottoscritta.
Allora, non è che io mi consideri asessuata, perché so bene di essere eterosessuale, ma a causa dei miei millemila impegni, non sono mai riuscita ad avere una benché minima relazione.
«Ehm…riflettendoci bene, credo di non averci mai pensato. Però…ehm…credo che, a livello fisico, debba essere magro, più alto di me, sicuramente, e…non ho preferenze per i capelli, basta che non abbia la palla di ricci, quella la odio!».
Fui improvvisamente inquadrata da una marea di espressioni super deluse.
«Tutto qui?» chiesero in coro.
«Ehm…sì» risposi, imbarazzata «A livello caratteriale, deve saper farmi ridere, essere  tranquillo, gentile e sempre allegro, dato che ci vuole un niente a rendermi depressa, e deve sapermi amare.»

˚˚˚

«AHAHAHAHAHAHAHAH!!!!». Madoka cadde malamente dalla poltrona, ridendo come non aveva mai fatto.
«Che hai dai ridere!?» sbraitò Paschendale.
«Ahahah! Beh, Dale, » cominciò, asciugandosi una lacrima per la troppa euforia «considerando la tua prima relazione, non mi pare che come carattere tu ci abbia molto azzeccato, ahahahah!».
In fin dei conti, Madoka aveva ragione: Ryuga era l’esattamente l’opposto del ragazzo tranquillo, gentile e sempre allegro.
«Cooooooooomunque… Dato che non ho voglia di raccontarti questa parte di storia nei minimi particolari, arriviamo pure alla fine della settimana.»
 

˚˚˚

Nervosa, percorrevo il corridoio; sola, stranamente. Quando mi ero svegliata, le mie tre compagne di stanza sembravano essersi volatilizzate, eppure speravo in un minimo del loro conforto.
Le valige erano a posto; subito dopo il test, sarei stata pronta per tornare a casa.
Devo ammettere che sono sempre stata una ragazza piuttosto pigra, quindi sapevo che non avrei mai raggiunto un valore poi così soddisfacente. M’interessava solo una cosa: uscire sana e intatta da quel laboratorio degli orrori.
 
 
La sala d’attesa era gremita di ragazze “affette” dalla mia stessa tensione. Gli sguardi di tutte si posarono su di me, ma non ne vidi nessuno di rincuorante nei miei confronti.
Deglutii nervosamente, e mi accomodai su una piccola seggiolina di plastica.
Quegli sguardi ostili erano del tutto giustificati. “Mpf!  Figurati se il Presidente della WBBA non passerà il test!” pensavano tutte, senza alcun dubbio.
Tsk! Sarebbero rimaste deluse. Andiamo, non avevo fatto quasi niente in quei giorni, figurati se quelle cavolo di selezioni sarei riuscita a superarle!
 
Chiamavano una ragazza ogni tre minuti. Tre minuti di urli lancinanti e strane luci abbaglianti provenire da sotto il portone blindato. Stranamente, la gente che oltrepassava quella porta, non usciva.
 
«Tategami?».
«Eccomi!».
Era giunto il mio turno. Avrei saputo se sarei tornata in sede viva e vegeta, oppure se sarei andata in ospedale mezza dilaniata. No, il fatto di diventare il possessore di Lightning L-Drago non lo calcolai nemmeno.
 
Quella stanza era…un tipico laboratorio. Al centro, vi era una sorta di capsula rettangolare in vetro, completamente trasparente. Ai suoi vertici, verso l’interno, vi erano attaccate delle manette di ferro. Quello strano marchingegno era circondato da decine di computer, ognuno con un presunto scienziato che ne osservava lo schermo.
«Coraggio, avvicinati.» riconobbi Doji, che mi accolse con grande gentilezza. Aiutato da due giovani donne, mi accompagnarono con fare benevolo fino alla capsula, che venne abbassata fino a terra e messa in posizione orizzontale.
«Sdraiati e metti le mani e i piedi qui dentro.» indicarono le quattro manette ai vertici del parallelepipedo. Strinsero forte, tanto che non sentivo più circolare il sangue negli arti.
«Ci scusi se sono stretti, ma è importante per il test.»
Conclusero il tutto chiudendo la capsula.
«Bene, possiamo procedere.»
Quel dannato aggeggio, che già odiavo, tra l’altro, si mise in posizione verticale.
«Passate al riempimento.»
Riempimento? Ma gom’?
Dall’alto, si aprirono due rubinetti, e mi ritrovai, nel giro di pochi secondi, zuppa…d’acqua, credo.
“Acqua!? No, non possono seriamente mettermi in ‘sto coso! Io sono idrofoba, e che cavolo!!”.
Per mia immensa sfortuna, l’acqua riempì la capsula completamente.
“Oddio, mio Dio, oddio, mio Dio, oddio, mio Dio! TRE FOTTUTI MINUTI SENZA RESPIRARE!? Bella, è stato un piacere mondo! Non avrei mai pensato di morire affogata, ma vabbè…”. Ebbene sì, riuscivo ad essere spiritosa persino in momenti del genere.
Chiusi gli occhi, cercando di pensare ad altro. Non sentivo niente, se non le voci degli scienziati che ordinavano di proseguire la procedura.
«Non capisco… Aumentate i Volt!» la voce di Doji era preoccupata. Subito dopo, polsi e caviglie cominciarono a pizzicare. Capii che stavano elettrificando le manette.
«Ci vuole maggiore corrente!».
Il pizzicore avanzò, giunse fino ai gomiti e alle ginocchia.
«Signore, non possiamo andare avanti, o la capsula si distruggerà.»
«SCHIOCCHEZZE!!».
Insomma, qual era il problema? Mi stavano elettrificando e affogando, cosa diavolo mancava?
Il mio istinto mi convinse ad aprire gli occhi, tanto per vedere cosa stesse accadendo e quale fosse il problema.
 
«Ugh…!!».
 
Ero circondata…da tante scariche elettriche. Erano tanto luminose da accecarmi.
Attraverso quella rete lucente, intravidi gli occhi di Doji. Sembrava molto, molto arrabbiato, ma perché? Forse perché non riusciva a torturami abbastanza crudelmente!?
 
 
PEM! PEM! PEM!
 
 
Non era la prima volta che udivo quell’allarme: il test doveva essere interrotto.
 
 
SPLAAAASSSHH!!!
 
 
«Anf! Anf! Anf! Anf!». Che bello! Finalmente potevo respirare. Ero completamente zuppa, e stavo tremando di freddo.
Mi soccorsero con una coperta, adagiandomela sulle spalle.
«Tutto a posto? Stai bene?» mi domandò una giovane scienziata.
Annui col capo, tremando.
Mi aiutarono a rimettermi in piedi.
Riflettei su ciò che era appena accaduto, ricordando un episodio simile della mia vita: quando ero andata a farmi la gastroscopia: non era stato un intervento doloroso, ma fastidioso, e solo alla fine l’ansia mi aveva sopraffatta, facendomi piangere come un neonato.
Improvvisamente, un’imponente figura mi si parò davanti, facendomi ombra.
Alzai lo sguardo. Gli occhi dli Doji erano un misto tra terrore e odio.
«Portatela in infermeria.»
Fui accompagnata verso un’uscita sul retro del laboratorio, e mi furono date le indicazioni per tornare in camera.
 
Fu orribile. Passai tra tanti letti d’ospedale, restando senza parole. Erano ragazze sfigurate da graffi profondi e bruciature. Cercavo di non incontrare i loro visi, ma fu inutile; se volevo tornare nella mia stanza il prima possibile dovevo sbrigarmi e guardare dove mettevo i piedi.
Finché…
«Oddio…».
Il respiro mi si bloccò in gola quando incontrai quei tre visi angelici.
«Ra-Ragazze…!».
Erano loro. Akiko, Ryoko, Izumi. Ormai irriconoscibili a causa delle bruciature e del sangue raggrumato sulla pelle candida.
Schiaffai una mano sulla bocca, bloccando un urlo di dolore. Sentivo gli occhi umidi e vedevo solo ombre opache.
«No…Non è possibile!» gridai con difficoltà.
«Avanti, signorina. Deve andare.» una delle infermiere mi trascinò via da quella stanza degli orrori. Non opposi resistenza. Il mio corpo era morto, in teoria. Morto, probabilmente come lo erano le mie amiche.
 
 
Era passato un mese da quando avevo lasciato la sede di Nebula Oscura.
Mi trovavo nel mio ufficio, a sistemare le solite scartoffie. Dopo quella brutta esperienza, ero andata da un medico per assicurarmi che la mia salute fosse a posto. Grazie al cielo, non aveva trovato nulla di male, ad eccezione di profonde bruciature che circondavano polsi e caviglie. Nonostante fossero passate quasi quattro settimane, quelle brutte ferite mi facevano male, e anche molto.
 
 
BIP!
 
 
«Presidente Tategami.» su un piccolo monitor accanto al computer comparve il volto della mia segretaria «C’è della posta per lei.»
«UUUUUAAAAA!!!».
Mi alzai malamente dalla sedia, uscendo dall’ufficio, sembravo una pazza sclerata.
Corsi alla velocità della luce, scontrandomi con tutti e facendo cadere migliaia di oggetti.
Finalmente, giunsi al piano di sotto, ansimando come un maratoneta.
«Anf… Anf… Deve… Anf… Dev’esserci… Anf… Della… Della posta per me.»
Il ragazzo che lavorava al banco al piano terra mi allungò una semplice busta di carta. So bene che la posta per il Presidente viene portata nei suoi uffici, ma io non potevo proprio aspettare.
Quando la presi in mano, mi tremavano le mani. Cercai d’aprirla senza stracciare tutto.
Avevo notato il marchio sulla busta: il simbolo di Nebula Oscura.
Vi era un foglio piegato a fisarmonica in tre parti. Lo aprii lentamente, facendo lunghi respironi.
Lessi.
 
Cara Paschendale Tategami,
siamo lieti d’informarla che è riuscita a passare le selezioni. Da oggi, potrà continuare a sottoporsi agli allenamenti per perseguire il suo -e il nostro- obiettivo.
Domani, nel tardo pomeriggio, una limousine della nostra Organizzazione la verrà a prelevare alla sede della WBBA, conducendo lei e gli altri blader selezionati in un edificio più consono, dove dovrà stanziarsi per un altro mese.
Ancora congratulazioni.
Arrivederci.

 
 
 

Voi ora però dovete spiegarmi una cosa, oh cari lettori: com’è possibile che, ascoltando durante la stesura del capitolo album fighi come Somewhere In Time, A Matter Of Life And Death e Brave New World, ho partorito questo scempio!? Datemi una spiegazione, vi prego! Questo capitolo è davvero bluttino bluttino D: l’unica parte che mi è piaciuta è quella del test, e basta. È un po’ pochino, no?
Vabbè, ditemi un po’ che ve ne pare.
Comunque, il capitolo seguente è quasi pronto, manca davvero poco, e sono sicura che lo gradirete più di questo :)
Scusate, ma ora devo scappare.
Ciao ciao!
 
RebelYell

 
 

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Capitolo 19
*** Il fulmine colpisce due volte ***



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XIX
ɨʟ ʄʊʟʍɨռɛ ƈօʟքɨֆƈɛ ɖʊɛ ʋօʟȶɛ

"Slowly I awake"


«Ah, ce l’hai fatta!».
All’affermazione di Madoka, non poté non cadere una goccia di sudore dal capo di Paschendale. “Era abbastanza ovvio che ce la facessi, altrimenti cosa te l’avrei raccontata a fare tutta questa roba!?”.
«Ma non avevi detto che non ti eri allenata per niente?».
«Ma boh, non so neanch’io come sia riuscita a passare il test. No, davvero, mi ero allenata davvero pochissimo.»

˚˚˚

Avevo davanti agli occhi un paesaggio che scorreva veloce, ma che era fermo. In fondo, il mare è sempre così monotono: un’infinita distesa d’acqua blu con qualche piccola increspatura sulla superficie, nulla più di questo.
Il gomito contro la portiera dell’auto.
La mano sinistra serrata in un pugno per sorreggere la testa.
Era tutto così noioso e triste.
«Che ha, Presidente?». Sentii una mano toccarmi la spalla. Doji sembrava preoccupato, ma non ci tenevo a comunicargli la ragione del mio turbamento.
«Sta per caso pensando alle sue compagne di stanza?».
Ruotai velocemente il capo, incontrando il suo sguardo furbo.
«Tsk! Non penserà mica che ragazze tanto in gamba ci abbiano lasciato le penne?».
Emisi un sospiro di sollievo. Non mi ero mai sentita tanto alleggerita. Grazie al cielo, i cattivi pensieri che avevo avuto notando le condizioni di quelle ragazze erano infondati.
«Certo, non sono sicuramente in buone condizioni, infatti sono entrate tutte e tre in coma profondo, ma noi dell’Organizzazione riusciremo a dare loro ottime cure, di questo può esserne certa.»
In coma? Oh no! E se non fossero più riuscite a svegliarsi?
«Comunque sia, la ragazza che al momento si trova in condizioni migliori è quell’Izumi- non ero affatto stupita di ciò -Si allenava ogni giorno per tutto il tempo, senza sosta. Era una candidata perfetta per i nostri scopi. Prometteva molto. Strano che il suo fisico non sia riuscito a sopportare il test…».
Più quell’uomo parlava, più la stessa domanda insinuatasi nella testa da settimane mi tormentava. Come diavolo, se non avevo fatto quasi niente per tutto quel periodo d’allenamenti, ero riuscita a passare quel test super-mega-ultra-arci-extra difficile??
«Eccoci arrivati.»
Oltre quella lunga strada, apparve un…un…uuuunnnnn castello?
In mezzo al mare. Sì, un castello in mezzo al mare.
Oddio, bellissimo posto; non potevo certo lamentarmi. Non era lo stesso della Disney, era molto più semplice e meno sfarzoso, comunque molto elegante.
PPPPPerrròòò…
«Ehm… Dovrò allenarmi qui?» domandai, scettica.
«So bene che potrebbe sembrare un luogo piuttosto bislacco per sottoporre dei blader a un allenamento del genere, ma le assicuro che è perfettamente abilitato a questo scopo.»
 
La cosa che mi colpì maggiormente non era esattamente il castello in sé. E lo sai perché, Madoka?
«Quando potrò visitare questo posto?» domandai a Doji mentre percorrevamo la scalinata esterna.
«Quando vuole lei. I suoi allenamenti inizieranno solamente tra due giorni. Comprendo che le scorse prove siano state parecchio stancanti per lei, senza contare che il suo lavoro è in sé parecchio stressante; per questo le daremo tutto il tempo necessario per un buon riposo, così sarà davvero pronta per questa nuova sessione d’allenamento.»
I miei occhi diventarono due cerchi.
“Cazzeggio per due giorni? OH YEAH!!”.
 
Dopo alcuni piani di scale, giungemmo a un punto che, rispetto alla totale altezza della costruzione, corrispondeva più o meno alla metà. Una serie di porte numerate davano sull’esterno.
«Ecco la sua stanza: la numero 17.»
“Bellaaaaa! La giornata inizia bene!” immaginai, superstiziosa.
Nonostante le mie considerazioni mi spingessero a pensare che quel numero dovesse portarmi sfiga, quella stanza era assolutamente la cosa più epica che avessi mai visto.
Cioè, era stupenda! Moderna, spaziosa, piena di belle piante verdi.
C’era persino la vasca con idromassaggio. “Wow! Molto attuale.” La camera da letto era una stanza a parte, ed era fantastica, con un letto enorme.
Anche il bagno era bellissimo: profumava di pulito e persino quello era spazioso!
Ah, quasi dimenticavo di parlarti della vista, Madokina.
Dava sulla bianchissima costa marina che circondava quasi tutto il perimetro del castello. Ti dico solo questo.
«Okay, dove sta la fregatura?»
«Nessuna fregatura, Paschendale. Posso darti del “tu”, vero?».
«Sì…».
Lo ammetto, ero scettica. Avanti, era impossibile che dover restare in un posto tanto figo per un mese, dopo aver trascorso una settimana in una topaia.
«Essendo questo il periodo più importante del vostro allenamento, noi di Nebula Oscura abbiamo preso in considerazione il fattore stress. A causa di quest’ultimo, i blader finiscono per rendere quasi il minimo dalle loro capacità; per questo pensiamo che, trovandosi in un luogo migliore e più rilassante, possiate dare il massimo e sfruttare al meglio tutto il vostro potenziale.»
Effettivamente, quello che diceva Doji non era totalmente stupido, tuttavia…
«È anche vero che però non siamo tutti uguali. Almeno, io sotto stress faccio schifo, ma in che modo gestirete le capacità di ben dieci blazer?».
«Dieci blader?» Doji spalancò gli occhi, stupito da tale domanda «Ah già, non potevi saperlo. In tutto, i blader che hanno passato il test sono due.»
«D-Due…!?» non ero incredula…di più! «C-Come due!? Ma…come diavolo erano organizzati quei test??».
«Beh, erano senza dubbio dei test complessi, e se vogliamo dirla tutta, anche piuttosto pericolosi; ma ora, non parliamo di questo.»
«Sì, in fondo hai ragione, Doji» iniziai di punto in bianco a dargli del “tu”, senza nemmeno chiedere il permesso «E com’è quest’altro blader?».
«Proviene dall’ala maschile. Difficile che tu lo conosca. Noi di Nebula Oscura eravamo sicuri al cento per cento che quel ragazzo passasse il test senza alcuna difficoltà. Ti avverto: è un blader molto potente, quasi perfetto per i nostri scopi.»
«Pff! Robetta. Non avrà scampo contro di me. Voglio dire, sono riuscita a superare un test per il quale non mi ero assolutamente allenata…eeeehm, volevo dire…io sono fortissima, e nessuno potrà battermi!».
Cominciai a considerarmi seriamente un genio. Dopotutto, quella era l’unica spiegazione per giustificare i miei risultati.
«Capisco…». Doji non sembrava nutrire troppa fiducia in me. Quell’altro blader era davvero così forte? «Si ricordi che la cena è alle 20.00, e sarebbe meglio per te che mangiassi qualcosa. Ecco la mappa del posto, nel caso volessi fare un giro» disse porgendomela «In seguito, sarebbe meglio andare a dormire.
Per quanto riguarda gli allenamenti, domani recati in segreteria per informarti sul tuo programma personalizzato. Ti auguro una buona permanenza». Mi mollò lì, in stanza.
«Hm… Quell’uomo è davvero strano. Fa tanto il gentile, ma ogni volta che mi parla, sembra impartisca ordini. Mah, vabbè.»
Sfregai i palmi delle mani, soddisfatta.
La prima cosa che feci fu piuttosto infantile: presi la rincorsa e mi lanciai sul letto. Era comodissimo!
«Questa stanza è perfetta!» commentai.
Improvvisamente, mi venne in mente una cosa importante da fare. Quindi estrassi il cellulare dalla tasca e composi il numero.
«Pronto?» rispose una voce dall’altro capo del telefono.
«Ehilà Benkei, come va? Sono Paschendale!».
«Eh? Ah…ahahah, Paschendale! C-Ciao! Qui tutto bene. E… E tu come stai?». Io e Benkei non c'eravamo mai visti di persona, a dire il vero non lo conoscevo neanche troppo bene, ma lo "sfruttavo" per tenere sotto controllo mio fratello.
«Alla grande, Benkei! Pensa che mi trovo in una stanza super-iper lussuosa, e dovrò starci per ben un mese!».
«Aaahhh, che bello…»strano. Chissà perché Benkei indugiasse tanto?
«Comunque, ti ho chiamato perché vorrei parlare con Kyoya. È lì con te, per caso?».
«Ehm…no. Kyoya non…non è qui come me…» rispose con notabile indecisione.
«Oooohhhh, peccato. Vabbè, potresti lasciargli un messaggio da parte mia?».
«Ehm… Ma sì, certo, perché no?».
«Grazie! Dunque, dato che tra non molto sarà il mio compleanno, vorrei venisse a trovarmi, così passiamo un po’ di tempo insieme.»
«D’accordo, glielo dirò, non c’è problema. Ehm… Scusa Paschendale, ma ora dovrei andare. Ciao!»e riattaccò senza fare una piega.
Perché era così distaccato? A tutte le mie chiamate era sempre tanto solare e aperto.

˚˚˚

-Poi seppi che in realtà Benkei parlava con quel tono perché accanto a lui c’era mio fratello, il quale non aveva alcuna intenzione di parlarmi- con grande sorpresa di Madoka, Paschendale pronunciò quelle ultime parole senza mostrare il benché minimo struggimento, nonostante avesse molto sofferto a causa del comportamento ostile di Kyoya.
«Ma… Perché non voleva parlarti?» domandò la meccanica con sguardo dispiaciuto.
«Andiamo, Madoka, lo sai benissimo. Era quel periodo in cui mio fratello mi sopportava al minimo.»

˚˚˚

Comunque non mi crogiolai troppo riguardo al comportamento di Benkei, anche perché subito dopo quella telefonata dovevo pensare a cose ben più importanti: mangiare.
Balzai giù dal letto, saltellando in direzione della porta, pronta per andare a cena.
 
 
Per raggiungere la sala, utilizzai la mappa consegnatami da Doji; in complesso il castello non era troppo arzigogolato, ma per me, che mi perdo in un metro quadrato, era come addentrarsi in un labirinto della quarta dimensione.
Una volta arrivata, feci un unico e semplice commento: “No, sono tornati alle origini! Che gran caduta di stile.” Una grande stanza spoglia, con tavoli bianchi con più coperti sparpagliati ovunque, e la ciliegina sulla torta erano i commensali che, composti, andavano col proprio vassoio dai camerieri –che poi erano cuochi- a farsi sbattere il cibo con un cucchiaio sul proprio piatto.

˚˚˚

«Ma quindi era…».
«Esatto, Madoka. Era una mensa».

˚˚˚

Storsi il naso, leggermente delusa. Mi condussi, come tutti gli altri, verso le grandi teglie metallizzate, ma non l’avrei mai fatto se il mio stomaco non avesse cominciato a brontolare.
Strisciai il vassoio lungo tutta la pedana, servita dai cuochi dagli sguardi assonnati.
Quando il “servizio” terminò, mi accomodai ad un tavolo vuoto. Sicuramente la mensa non brulicava di gente, anzi, i commensali saranno stati circa sette.
Mangiavo lentamente, intenta a osservare attentamente i presenti; molto probabilmente, l’altro blader con cui avrei dovuto misurarmi si trovava lì tra loro; peccato che non avessi idea di che aspetto avesse, né tantomeno della sua età.
 
Terminata la cena, uscii dalla mensa con pochi pensieri per la testa: lavarmi e dormire.
Ero incredibilmente tranquilla, annoiata, e direi anche parecchio assonnata, considerando che non riuscivo a smettere di sbadigliare. Avevo una voglia di andare a riposare che non se ne poteva avere un’idea.
Stavo per raggiungere la fine di quel corridoio scuro che mi avrebbe condotto nuovamente all’esterno dell’edificio. Passai di fronte all’imboccatura di un secondo corridoio che dava su quello che stavo percorrendo, ancora più tetro; non lo notai nemmeno, almeno finché non sentii uno strano rumore giungere dal suo interno. Era un suono ovattato, ritmico, molto somigliante a una serie di pugni.
“Che stiano picchiando qualcuno?” mi chiesi. Ho sempre odiato la violenza, e non permetterei mai che qualcuno si faccia male.
Percorsi quello spazio angusto, impaurita; il buio mi ha sempre spaventato molto.  Mi toccai i gomiti con le mani, infreddolita. Non c’era la benché minima illuminazione, cosa che mi spinse a tornare indietro, ma proprio mentre stavo cambiando idea, intravidi una sottile striscia luminosa provenire dallo spiffero di una porta. Sembrava proprio che quel suono provenisse da lì.
I miei passi si fecero sempre più lenti e leggeri. Il lieve rumore delle scarpe sul pavimento fu sovrastato da quei colpi ritmati. Ormai ero di fronte alla porta, tanto vicina da potermici appoggiare. Quello spiffero sottile non era sufficiente per intravedere attraverso esso ciò che accadeva in quella stanza, così osai aumentarlo, e per fortuna la porta non cigolò.
Era una stanza ampia, luminosa, con pareti bianche segnate da alcune incrostazioni. Vi erano svariati attrezzi per l’attività fisica, dai più moderni ai più decadenti. Diedi un’occhiata veloce a quasi tutti gli oggetti che occupavano quella piccola palestra: erano tutti inutilizzati, fatta eccezione per uno: il sacco della Everlast per riscaldarsi prima di un incontro a box. Quel sacco era letteralmente massacrato dal ragazzo che lo stava utilizzando. Rimasi allibita dalla forza con cui tirava i pugni. Avrà avuto più o meno vent’anni, nonostante i suoi capelli ribelli fossero di un argento spento. Dal sudore che bagnava la sua pelle olivastra, sembrava si stesse allenando ormai da ore, tuttavia il suo stato fisico per niente esausto tradiva questa teoria. Combatteva a torso nudo, mostrando il suo corpo magro ma muscoloso.
Restai nascosta, attendendo che terminasse gli allenamenti.
“E se fosse lui l’altro blader candidato?” mi domandai. Effettivamente era un fatto probabile, chi altrimenti si sarebbe messo a tirare calci e pugni a un sacco a quell’ora?
 
Continuò ad allenarsi per un’altra mezz’ora. Non smisi per un secondo di fissarlo, senza stanchezza né noia. Ammetto che mi diedi della maniaca per più volte. Insomma, non mi era mai capitato di osservare un ragazzo a torso nudo per così tanto tempo!
Al termine  degli esercizi, si sedette su una panca, affannato, strappandosi dai polsi e dalle mani le fasciature di protezione.
Ma perché diamine non riuscivo a smettere di fissarlo!? Con quel poco che vedevo, non riuscivo a comprendere nemmeno se fosse figo o no.
“Paschendale, stai calma. Adesso te e ne vai quatta quatta in camera tua. Non ti preoccupare, lo rivedrai sicuramente molto presto.” Cercai di autoconvincermi, e stranamente ciò ebbe successo.
 
Risalivo la scaletta esterna, lentamente, ripensando senza sosta a ciò che avevo visto. Quella scena mi aveva dato un senso di delusione. “Quel ragazzo si stava allenando così duramente. Invece io, che sono una blader candidata per una missione importante, non faccio un tubo dalla mattina alla sera.” Tuttavia, dovevo ammettere che in me c’era qualcos’altro, ma cosa? Cosa c’era in quel ragazzo che mi aveva spinto a fissarlo per tutto quel tempo?
Ero talmente assorta in quei complessi interrogativi che non mi accorsi nemmeno del cambio di temperatura; era precipitata. Come se non bastasse, s’alzò un forte vento, probabilmente proveniente da nord-est.
Mi strinsi le spalle, abbassai il collo e chiusi gli occhi. I capelli m’invadevano il viso, facendomi solletico.
«Che succede? Perché questo freddo improvviso?».
Alzai lo sguardo, notando un cielo nettamente più nuvoloso rispetto a qualche minuto prima. Le nuvole corpose si avvicinavano tra loro, incrociandosi, le loro ombre sovrastavano la terra che già rifletteva i colori della notte. I margini di quei grossi ammassi grigiastri rifletterono una bianca luce elettrica.
«Non mi dire che sta per venire un temporale, eh?» riflettei ad alta voce, irritata «Già ho il sonno leggero, figuriamoci col temporale. Dormirò benissimo!» conclusi con ironia.
Corsi su per le scale, onde evitare una pioggia battente; quando una forte luce non m’accecò per un pelo.
Portai una mano alle orecchie, stordita da quel suono frastornante che sembrò squarciare il cielo.  Tentai di aprire gli occhi e lo rividi: il fulmine dell’altra sera mi riapparve innanzi, ancora più luminoso, solenne e vicino.  Però l’atmosfera non era la stessa dell’altra volta; c’era qualcosa di diverso, più forte e pericoloso. Quella colonna di luce era un concentrato di malvagità, cosa che non avevo avvertito alla sede di Nebula Oscura. Mi accovacciai sullo scalino, portai una mano al petto. Il cuore mi doleva, sentivo i muscoli abbandonarmi e ogni singola cellula distruggersi.
«Ugh! Che…Che diavolo è!?» urlai con l’ultimo filo di voce che sentivo nella gola. Ero in preda al dolore che non smetteva di attanagliarmi.
Riportai lo sguardo verso di lui; proveniva dalla palestra, proprio dove vidi quel ragazzo allenarsi.  Impiegai alcuni secondi prima di riuscire affettivamente a collegare i due fatti. “E se fosse…proprio lui?”
A malapena mi accorsi della scomparsa del fulmine, riportando la notte alla sua oscurità. In quell’esatto istante, i muscoli ricominciarono a funzionare e il forte dolore al petto cessò all’improvviso.
Scossi la testa, confusa. «Devo piantarla di andare a letto così tardi.»
 
 
 
Allungai la mano verso la maniglia di metallo, e un’ondata d’acqua tiepida mi colpì la testa. Piegai il capo all’indietro, assaporando quel breve momento di relax precedente a una giornata piena d’impegni.  Mentre le mie mani passavano tra i capelli, rimembrai gli avvenimenti della sera prima; ogni cosa mi faceva pensare che quel ragazzo e il fulmine fossero in qualche modo collegati.
Se le mie supposizioni erano corrette, quel tizio era l’altro blader, e quella luce la sua energia. A tale pensiero rabbrividii; nonostante io stessa riconoscessi la mia bravura, sapevo di non poter mai competere contro un avversario tanto potente. Sperai con tutte le mie forze di non dover mai combattere contro di lui, essendo sicura che semmai avessi perso…
«Ma dai! Non posso essere seriamente così sfigata da pensare di poter morire per il beyblade!».
Chiusi il getto d’acqua e uscii dalla doccia. Afferrai il morbido asciugamano prestatomi gentilmente dall’Organizzazione e lo avvolsi introno al corpo. Mi diressi verso l’uscita del bagno, pronta per rivestirmi, ma notai con la coda dell’occhio la mia immagine nello specchio. Feci un passo indietro, volendomi assicurare che ciò che avevo a malapena visto era solo un’allucinazione.
«Ma che diavolo…!?» una striscia di un rosso scuro attraversava la spalla fino a giungere alla clavicola. Era solo una ferita superficiale, quindi niente di chissà cosa, tanto che non faceva nemmeno male. Però come me l’ero fatta?
«Dio, ci mancava anche questa!» sbraitai, dirigendomi definitivamente fuori dal bagno.
 
«Come mi vesto?» giravo in intimo per la stanza, frugando tra i vari abiti che mi ero portata. Non sono mai stata brava a fare la valigia, e anche quella volta non avevo fatto eccezione: non c’era uno, e dico UNO di vestiti sportivi o semplicemente comodi.
«Perfetto! E ora che mi metto?». Gironzolai avanti e indietro, cercando qualcosa di vagamente confortevole. La mia attenzione fu catturata da una maglietta piegata su una sedia accanto all’armadio. La presi e la guardai: maglietta blu scura con riportato il logo di Nebula Oscura, a maniche corte, larga, da indossare con una spalla di fuori.
«Questa è perfetta.» commentai mezza rassegnata. La abbinai a un paio di shorts di jeans.
Bene, ero pronta per uscire.
«Un momento…» no, invece «E se mi dovrò allenare? Con questi capelli rischio di morire dal caldo.» Tornai di fronte allo specchio per farmi una pettinatura un po’ più ordinata rispetto ai problematici capelli lunghi sciolti. Non mi è mai piaciuto farmi la coda, quindi optai per un semplice chignon sbarazzino utilizzando le ciocche laterali, lasciando gli altri capelli sciolti.
Finalmente potevo uscire.
 
“Eccolo, è lui! No, aspetta… No, non è lui.
Ah, sì!... No, nemmeno.
Eccolo!... No, neanche…”
Sembravo un cane da guardia. Fissavo con attenzione ogni persona che mi passasse davanti agli occhi. Ero talmente concentrata che non mi accorsi del saporaccio del caffè che stavo bevendo a colazione.
“Ma, insomma, dov’è? Dovrà pure mangiar qualcosa a un certo punto.”
La mensa era popolata dalla stessa gente della sera prima, forse c’era giusto qualche persona in più, ma di quel ragazzo…nemmeno una traccia.
“Ah, al diavolo! Ho ben altro a cui pensare”. Mi alzai dal tavolo e riportai il vassoio al suo posto.
 
«Buongiorno!». Dopo aver seguito con attenzione le indicazioni della mappa, mi diressi in segreteria per chiedere il mio programmino.
«Ecco a lei.» la segretaria, con aria molto assonnata, mi allungò una busta bianca sigillata. La afferrai, ringraziando.
“Strano… Non c’è stato nemmeno bisogno che mi presentassi.”
Non mi piaceva stare all’interno di quell’edificio, perciò –sempre consultando attentamente la mappa- mi diressi fuori, in riva al mare.
Era un peccato non potersi godere un panorama tanto bello; la fresca brezza marina, il cielo terso e il canto dei gabbiani rendevano il tutto più rilassante.
Mi accomodai su uno scoglio, ammirando per qualche minuto quel suggestivo paesaggio. Se fossi stata una pittrice mi sarebbe piaciuto disegnarlo, ma purtroppo disegnare non è mai stato il mio forte.
«Aaahhhh… Che bello!». Respirai a pieni polmoni quell’aria pulita, desiderando di restare lì ferma a non far nulla.
«Avanti, Paschendale. Non è il momento di distrarsi. Devo vedere che allenamenti dovrò seguire.» dissi mentre aprivo la busta.

-CHE COOOOOOSAAAA!?-.

˚˚˚

«Era il programma più monotono che avessi mai letto».
«In che senso?» domandò Madoka, incuriosita.
«In poche parole, ogni giorno avevo una di queste cose: corsa, palestra, oppure nuoto.»
Lo sguardo della meccanica parlava chiaro: Nebula Oscura, organizzazione in cui era maturato e cresciuto come blader il fortissimo e imbattibile Ryuga, aveva programmato per la provetta Paschendale Tategami un allenamento così del cavolo?
-Ma…sei sicura di aver letto bene?-.
-Sì! Cioè, in realtà c’era un’eccezione…- proseguì il Presidente.

˚˚˚

Per tre giorni di fila avrei dovuto fare una cosa contrassegnata come “sessione all’aperto”; non avevo idea di che diavolo volesse dire.
«No, cioè, basta! Sono talmente scioccata che non ho neanche più voglia di guardare l’oceano!». Appallottolai il foglio e lo spinsi all’interno della tasca. «Insomma, passi la palestra, passi anche la corsa, per quelli non ho problemi a praticarli, ma il nuoto, no. No, mi rifiuto! Quel pazzo di Kyoya mi ha sempre obbligato a nuotare e mi ha fatto venire la fobia. Se lo sognano quelli di Nebula Oscura che mi metta a nuotare. Io sono idrofoba, cavolo!».
Percorrevo il perimetro dell’edificio, calciando un sassolino a ogni passo, adirata.
Avevo assoluto bisogno di sbollire quella rabbia. Decisi allora di fare un ”tour” in giro per il castello.
 
Trascorsi tutta la giornata in avanscoperta, fuorché nell’orario dei pasti.
In generale, nonostante apparisse così decadente dall’esterno, quell’edificio era molto moderno, pieno di corridoi luminosi e puliti. L’unica caratteristica che non mi convinceva troppo di quel luogo era il fermento: in tutto il giorno, dopo aver perlustrato praticamente tutta la zona, avevo incontrato davvero pochissime persone, e ancora meno erano gli uffici e le stanze per la notte – considerando che la città distava parecchi kilometri.
Avendo a disposizione questa manciata d’informazioni, feci due calcoli: le persone che mangiavano in mensa erano più o meno una decina, poi i cuochi erano in tre, infine s’aggiungevano la segretaria, Doji, il ragazzo dell’altra sera e il blader contro il quale mi sarei dovuta misurare – a meno che gli ultimi due non fossero la stessa persona. Per un totale di diciassette persone.
-Nooooo!! Di nuovo quel numero!-. Che rottura! La sfiga mi si era attanagliata addosso e non riuscivo più a staccarla.
Bastò quella semplice considerazione che la luce si spense. Ti ricordi, Madoka, quando ho detto che i corridoi erano luminosi? Lo restavano solo fino a mezzanotte, dopodiché tutti i dipendenti se ne andavano a dormire, e se a quell’ora tu fossi stato annegato oppure ucciso, nessuno se ne sarebbe accorto.
-Sarà meglio andare a dormire- commentai, mentre sorseggiavo una bibita prelevata da una macchinetta. Feci retro front, avviandomi verso l’uscita di quel corridoio buio.
 
 
SBAAAAAMMMM!!!
 
 
-Aaahhh!!!- non potei fare a meno di urlare. Insomma, accadde l’ultima cosa che potessi immaginare: una porta blindata che dava sul corridoio, con tanto di scritta “Divieto d’accesso”, fu letteralmente sfondata dall’interno. Ripeto, era BLINDATA! E non era stata una semplice forza astratta a farla cadere, no, no, era stata una persona.

˚˚˚

«Oh cavolo! E chi era questa persona?».
«Secondo te, Madoka…?».

˚˚˚

Rimasi immobile, atterrita solo all’idea di essere notata.
Ciò che vidi accovacciato sul pavimento sembrava umano, ma non ne ero sicura. Intorno a quella cosa vi era una luce strana, tendente al viola, e aveva un’aura terrificante. Mi sentivo come quel giorno, come quando quel fulmine mi aveva quasi uccisa. Feci un passo indietro, tremando; avrei voluto scappare verso l’uscita e tornare in camera, al sicuro, ma i muscoli sembravano non rispondere ai miei comandi.
Quando quella strana aura sparì, così come la luce che dava segno della sua presenza, persi addirittura il fiato per respirare. Chi aveva sfondato quella porta era esattamente il tizio dell’altro giorno.
Accovacciato a terra, affannato. I suoi muscoli erano tesi e il viso contratto per lo straziante dolore. Indossava una canotta di pelle nera attillata, strappata in più punti. Presentava diversi graffi su tutto il corpo, compreso il viso.
Lentamente, si alzò dal pavimento, reggendosi al muro. Mi voltò le spalle e si diresse in direzione dell’uscita.
Ringraziai il cielo che non mi avesse notato. Ma, disgraziatamente per me, il mio occhio d’aquila cadde sul suo avambraccio sinistro, martoriato da una profonda bruciatura e attraversato da svariati rigoli di sangue.
Così, in quel momento, il mio lato altruista ebbe la meglio sul mio buonsenso.
«Non… Non puoi andare in giro in quelle condizioni» lo chiamai, con voce tremante e spaventata «A quest’ora non…non c’è nessuno…». Niente. Non ebbe neanche la gentilezza di rispondermi male; m’ignoro completamente.
Tirai un sospirone.
“Diavolo, che sto facendo!?” pensai distrattamente “Peserà il doppio di me! L’ho appena visto sfondare una porta! L’ho appena visto avvolto da un’aura malvagia!!”.
Le mie gambe si muovevano da sole, e quando gli fui abbastanza vicino, appoggiai la lattina fredda sulla bruciatura.
Si arrestò all’istante, gridando tra i denti. Il suo respiro divenne più rumoroso, e tutt’a un tratto le forze gli mancarono, costringendolo ad appoggiarsi alle pareti.
Rimanemmo entrambi immobili.
Avevo il cuore in gola.
Avvertivo quell’aura malvagia ancora presente in lui, e ciò mi spaventava enormemente.
“Non so che fare…”. Sentivo il freddo e il caldo sostituirsi velocemente dentro di me, segno che la mia agitazione era al massimo.
Stavo per andare in iperventilazione, me lo sentivo, ma l’idea che i miei ansimi fossero sentiti da lui, mi paralizzava ogni muscolo, ogni nervo.
Continuavo a fissargli il capo, che iniziò a ruotare lentamente.
“No. Ti prego, non mi guardare.”
Ero impaurita dal suo sguardo, uno sguardo che non avevo mai visto.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima. Quell’anima era sicuramente terribile.
Avrei voluto serrare gli occhi e abbassare il capo, onde evitare di essere vista da lui. Ma non potevo. Non potevo evitarlo.
“Chissà che sguardo avrà mai…un individuo dall’anima tanto malvagia!”
 
Affilati, circondati da folte ciglia nere.
Quelle iridi ristrette, all’interno delle cornee bianche, gli conferivano un aspetto spaventoso, quasi assatanato.
Quelle iridi dello stesso colore dell’oro, il più brillante esistente.
Tutto ciò che mi rendesse umana, ogni idea, paura, sentimento. Tutto svanì.
In quello sguardo, appena accennato.
Erano gli occhi più terrificanti e incantevoli in cui mi fossi mai specchiata.

 



Et voilà! Capitolo nuovo! Pubblicato in soli venti giorni!
Che dire, a me non dispiace. In particolare mi è piaciuta la parte finale, la trovo piuttosto suggestiva.
Dale- E così io e Ryuga ci siamo conosciuti grazie a una lattina? Devo dire che il romanticismo non è il tuo forte, Rebel…
Mah, eppure mi sembrava una grande idea. Ehi, hai appena spoilerato!!
Dale- Secondo te non l'avevano già capito tutti che quel tipo era Ryuga?????
 
A dire il vero non ho altro da aggiungere, a parte ringraziare Lady_Light_Angel per avermi aggiunta agli autori preferiti e aver inserito la storia tra le seguite e anche Milky_Love per averla aggiunta alla lista delle preferite (scusa se non ti avevo ringraziata nel capitolo precedente) :D
Okay, vi lascio stare. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che continuiate ad apprezzare il mio stile perché io non ci riesco…
Un bacione a tutti quanti!!
 
RebelYell

 

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Capitolo 20
*** L'alieno ***



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l'
lἶεղօ

"Slowly I rise"


Avevo una gran voglia di prosciutto, ma non trovando dei coltelli da nessuna parte, afferrai il cutter sulla scrivania e iniziai a tagliuzzare quel succulento pezzo di carne. Purtroppo però, non avendo molta manualità, la lama andò a conficcarsi nell’anulare, lasciando un profondo taglio sanguinate sulla punta del polpastrello.
Il giorno dopo, il cerotto messo con tanta cura sulla ferita si staccò a causa del sudore, e il taglio, ovviamente non ancora cicatrizzato, si scoprì, soggetto alla presenza di batteri indiscreti. Così scesi in infermeria, facendo una domanda lecita e semplice «Mi potrebbe medicare il taglio con un po’ di disinfettante e un cerotto?».
E come mi risposero?
«Mi spiace. Non abbiamo il disinfettante, ma il cerotto sì.»*
 
Da quel giorno, non mi fidai più, mai più, delle infermerie esterne agli ospedali; per questo, ogni volta che sto lontano da casa, mi porto dietro un kit del pronto soccorso con tanto di disinfettante.
Ammetto però che non mi sarei mai aspettata di utilizzarlo su un’altra persona.
 
L’aurora, che abbracciava il cielo mattutino come una calda coperta, beava del suo luminoso colore rosato tutta la zona circostante. Entrava nelle finestre, illuminando l’interno di quelle lussuose camere. Stranamente, un colore così acceso e rincuorante non riusciva a rilassare quei due fari d’oro. Pregavo che quelle luci raggelanti non si posassero su di me, ma che con vacuità continuassero a fissare la stanza. Quegli occhi pesanti come macigni, freddi come il ghiaccio, brucianti come il fuoco e taglienti come pugnali, erano tanto meravigliosi da potervisi perdere, ma tanto terrificanti da pietrificarti all’istante.
Inginocchiata sul parquet, appoggiavo la busta di ghiaccio istantaneo su quella profonda ustione. La fissavo, tentando in ogni modo da me conosciuto di non perdere la concentrazione sulle mie azioni, piuttosto che riportare i miei pensieri all’individuo che ero intenzionata a curare.
Ormai l’ustione si era raffreddata abbastanza; risollevai la busta e osservai con più attenzione i danni: era rimasto in carne viva. Il braccio era ricoperto di sangue, alternato a croste nere.
«Oddio…» bisbigliai, in pena per lui. Non avevo mai visto nulla di simile. Doveva duolergli molto; eppure, da quando se l’era causata, solo un lieve e strozzato grido era faticosamente fuoriuscito dalla sua gola. Com’era possibile resistere a così tanto dolore?
Chissà che espressione doveva avere in quel momento? Forse, se era un vero essere umano, i muscoli del viso tesi, i denti stretti e le palpebre serrate.
“Ma cosa sei? Una mollicona!?”
Andiamo! Non potevo continuare a evitarlo. Chiedergli se gli facesse male, neanche per sogno, ci tenevo alla pelle! Però almeno comprendere la situazione dalla sua espressione. Così, con un coraggio che non capirò mai da dove tirai fuori, guardai di sfuggita il suo viso. Gli occhi erano fissi sulla finestra, il volto rilassato, la posizione comoda e nemmeno la benché minima smorfia per il dolore.
“Okay, ho a che fare con un alieno.” Immaginai, non appena passò quel millesimo di secondo durante il quale l’avevo osservato.
Afferrai un tubetto di pomata analgesica, svitai il tappo, capovolsi e schiacciai il tubetto, riversandone una parte del contenuto sulla mano destra. Con la sinistra, tramite una lentezza e un’ansia da record, presi il braccio ferito, facendo ben attenzione a non toccare l’ustione. Dio, che razza di muscoli aveva?
“Su, su, Paschendale! Lo devi avvertire, eh! ‘Sta volta, potrebbe sentire davvero tanto male.”
«Forse ti farà male.» Bisbigliai, incredula di esser riuscita a dirglielo.
Spalmai la pomata sulla bruciatura. Sentivo il suo sangue bagnarmi la pelle, insieme alla viscosità del farmaco. Ho due fratelli, di cui uno più piccolo, quindi ne ho medicate di ferite, ma questa volta, era una sensazione nuova, che mai avevo provato facendo ciò. Era come se mi trovassi in una vasca d’acqua gelida, subito dopo aver patito il caldo per mesi. I miei movimenti erano lenti, bloccati da una forza sconosciuta. Spalmavo la pomata con addirittura troppa calma, avendo il vero e proprio terrore di fargli male. Per una seconda volta, portai lo sguardo sul suo volto: nulla di lui era cambiato. Sembrava perso nei propri pensieri, totalmente incurante di ciò che gli stesse accadendo. Quel suo modo di fare, freddo e rigido, mi rendeva a disagio, quasi preoccupandomi della mia incolumità, ma il suo volto era come una calamita ed io non riuscivo a smettere di guardarlo. Tuttavia, onde evitare che quelle due iridi d’ambra incontrassero le mie, il giudizio mi convinse a ricontrollare l’ustione.
«Come te la sei procurata?». Eh!? Aspetta un momento. Come diavolo mi era uscita fuori quella frase? Insomma, pochi secondi prima facevo fatica a respirare, e adesso mi faccio addirittura i fatti suoi chiedendogli “Come te la sei procurata?”.
Ma, per fortuna, non mi rispose, dato che avevo posto la domanda con un tono di voce talmente basso che neanche un cane dotato di un udito sopraffino mi avrebbe sentito.
«Come pensi di diventare il degno blader di L-Drago, se nemmeno sai come funzioni qui dentro?».
“Ma ha una voce bellissima!” pensai, chiedendomi perché diavolo in quel ragazzo mi attraesse tutto…tranne il tono arrogante del quale ero appena venuta a conoscenza.
Avevo paura a rispondere, ma non mi è mai piaciuto stare zitta quando gli altri mi provocano.
«Che intendi dire?». Oh sì, che gran frase intimidatoria. Complimenti, Paschendale.
Ruotò il capo verso di me. Appena i nostri sguardi s’incrociarono, smisi di respirare. Sembrava più mansueto rispetto ai pochi minuti precedenti, ma non significava che la sua espressione fosse meno intimidatoria e… terrificante.
«Mpf! Sei il Presidente della WBBA, no? Ti basta questo per non sporcarti le mani.»
Quelle parole trasudavano disprezzo senza riserva; lo capii subito, senza troppa perspicacia. Tuttavia, quel barlume di fierezza nei suoi occhi mostrava tutta la sua sicurezza. Ero intimidita: nessuno era mai stato tanto spavaldo nei miei confronti, e quell’atteggiamento scaturito dal suo carattere forte e carismatico m’impediva di ribattere e farlo tacere, paralizzando, contrariamente, ogni mio muscolo.
«Comunque sia, » proseguì guardando innanzi a sé, un lieve sorriso tronfio gli apparve sulle labbra «voi autorità del Beyblade siete così ridicoli a pensare che basti essere potenti, piuttosto che proseguire il proprio allenamento.»
Esternamente, potevo sembrare fragile e sull’orlo di un pianto depresso, ma internamente stavo bruciando. Nessuno può darmi della viziata fannullona! Nessuno! Dopo che gli avevo anche medicato l’ustione, mi trattava come una raccomandata del cavolo.
«Ahem… Tieni le bende ancora per due o tre giorni, poi toglile per far respirare l’ustione.» Ingoiai quella pillola amarissima, mostrandogli con superbia tutta la maturità di cui ero dotata. Mosse il braccio, allontanandolo dalle mie mani; s’avviò verso l’uscita, con passo lento e fiero, senza dire una parola.
 
Nonostante se ne fosse andato già da qualche minuto, non mi ero mossa dalla mia posizione, dovendomi ancora rendere conto di ciò che era successo. Guardai le garze sparse sul pavimento, e il rosso vivo di cui erano tinte; è difficile crederlo, ma quel sangue bruciava, come un liquido corrosivo. Afferrai uno dei veli: le sue macchie scarlatte sembravano brillare alla luce dell'alba, e il loro pungente odore di ferro e cenere mi comunicavano qualcosa, qualcosa di pericoloso. L’adrenalina aumentò, mi sentivo le vene esplodere. L’essere sola, e vicina, a quel fluido vitale, mi diede un giramento di testa, e un irrefrenabile desiderio a me sconosciuto.
Riportai gli occhi verso la porta; finalmente mi sentivo pronta.
«Dunque sarai tu il mio avversario.»
 
 
Come dire, avevo scelto una mattina davvero sfigata per perseguire uno dei miei hobby principali. Quelle stupide increspature sull’acqua, causate da fastidiose onde, e le nascenti e ancora deboli luci dell’alba non mi facevano vedere bene il fondo marino, senza contare che mi dovevo tirare su i pantaloni in continuazione per evitare che si bagnassero. Inoltre, il secchiello pesava e il retino era davvero fastidioso da portar dietro.
«Eccoti, ti ho visto!». Ficcai il retino nella sabbia, ma quello stupido granchio si era nascosto troppo velocemente. «Uff! Accidenti.»
«Si può sapere che stai facendo?» Un’incuriosita voce maschile parlò alle mie spalle. Mi voltai, e a riva vidi Doji col suo solito bicchierino in mano.
“Cavolo, ma beve anche di prima mattina?”.
Corsi, anzi, saltellai verso di lui. «Sto pescando i granchi.»
Doji alzò un sopracciglio, assai stranito da tale informazione. «Ah… E ne hai presi alcuni.»
«Sì!». Sollevai il secchiello, e gli mostrai l’unico granchio che fossi riuscita a pescare: era piuttosto piccolo.
«Però non si muove.» Osservai un po’ delusa. «Forse si sente a disagio.»
«E poi che fai? Lo mangi?».
«No, lo libero.» Ebbene sì, pescare i granchi mi ha sempre divertito molto.
«Beh, bando alle ciance, ho da parlarti dell’addestramento.»
«Sono pronta! Prontissima. Non vedo l’ora di cominciare a combattere come una vera, grande blader!». Seriamente, non ero mai stata tanto sicura di me stessa; volevo dar prova a tutti quanti (e soprattutto a qual blader insolente) che non c’era da scherzare con Paschendale Tategami.
«Molto bene, Paschendale. Siamo davvero soddisfatti noi di Nebula Oscura quando un nostro membro è così entusiasta.»
«Già, sono gasatissima. Comunque, che dovrò fare?».
«Ci tenevo a comunicarti che dopodomani dovrai partire per la sessione all’aperto.»
«Wow! Ottimo, e in cosa consiste?».
«Dovrai trascorrere i prossimi tre giorni nel deserto e cavartela da sola.»
«Ah, tutto qui? Non mi sembra troppo difficile.»
«Infatti non lo è, anche perché sarai insieme a Ryuga.»
Feci un attimo di pausa, con un’espressione interrogativa. «E chi sarebbe Ryuga?».
Doji sorrise quasi divertito dalla mia ingenuità. «Andiamo, Paschendale! So benissimo che ieri sera Ryuga è stato in camera tua.» Disse con aria maliziosa.
«Ah, allora si chiama così.» Bisbigliai tra me e me. Poi, deducendo le ultime parole di Doji, cominciai a sbraitare. «Perché fai quell’espressione? Ah, non penserai mica che… Ma ci siamo appena conosciuti!».
«Hmhmhm! Beh, meglio lasciar stare.» Tagliò corto con un sorrisetto divertito impossibile da ignorare. «Comunque, ti aspetto domani mattina, alle sei in punto dall’altra parte della costruzione. Si puntuale.» Mi voltò le spalle, riavviandosi nell’entrata. «A domani, e buona pesca!».
«Ah, gra… Ehi!». Che cavolo, già non riuscivo a pescare quasi nulla, poi mi portano anche iella dicendomi “buona pesca”.
 
Avevo intenzione di fare qualcosa di costruttivo durante la giornata, ad esempio un po’ di riscaldamento recandomi in palestra, oppure studiare qualcosina riguardo Lightning L-Drago; ma la mia incontrastabile pigrizia mi aveva convinto a darmi al fancazzismo più totale – morale: era mezzanotte e un quarto, e mi stavo avviando in camera per andare a dormire. Ancora oggi non ricordo come ebbi passato quella giornata tanto inutile.
Portai le mani nelle tasche, alla ricerca delle chiavi. Il cuore smise di battere quando mi accorsi che erano vuote. Le esplorai con movimenti scattanti ma, nulla.
«Oddio, non saranno mica…!» un flash colpì la mente, mostrandomi quel vago pluff! che avevo udito quella mattina, mentre pescavo i granchi.
«Oh, no!» ebbene sì, mi erano finite nell’oceano.
Guardai l’orologio; a quell’ora, nessuno avrebbe potuto consegnarmi un altro paio di chiavi.
«Accidenti, e adesso, dove dormo?» Bastò quella domanda indiretta a farmi venire in mente un’idea, un’idea da malati mentali, ma viste le mie condizioni, non avevo certo troppe alternative.
 
Sembrava avessi un attacco d’asma dati i respiri che tiravo. Il petto si gonfiava e sgonfiava con un aspetto quasi innaturale. Sudavo freddo, e i brividi mi contorcevano budella e nervi. Ero ancora in tempo per tornare indietro e andare a dormire sulla spiaggia, ma avevo assolutamente bisogno di un letto comodo, anche perché le sapevo bene che le tre notti seguenti le avrei passate in bianco.
“Avevo chiesto giù all’ingresso questa mattina. Se non sbaglio, la camera dovrebbe essere questa.”
Alzai il pugno, e lentamente lo avvicinai a quella porta chiusa, oltre la quale non proveniva nemmeno il più flebile suono. Bene, ero pronta a bussare. Strinsi i denti, chiusi gli occhi.
«No, non posso.» Tornai indietro, per poi voltarmi di colpo e ritornare dov’ero prima.
«Dai, ‘sta volta lo faccio davvero!» Tentai di convincermi. Ripetei il gesto precedente, e finalmente, grazie a un coraggio che non ho idea da dove mi fosse uscito fuori, bussai due colpetti veloci.
Attesi con trepidazione che la porta si aprisse – una lenta, lentissima agonia.

 
˚˚˚
«Era a torso nudo. Cioè, Madoka, ti rendi conto!? Era a torso nudo!». I grandi occhi di Paschendale brillavano estasiati.
«Eheh! Al solo ricordarti di quell’istante, ti si è illuminato il viso.»
 
˚˚˚
La mia bocca era completamente secca, così come la gola, da dove le parole facevano una fatica incredibile a uscire.
«Ehm… C-Ciao…» cavolo, se ero intimidita. Era lì, in piedi, che mi fissava seccato e spazientito.
Ancora non mi sentivo pronta a chiedergli quella cosa, così cercai, con la poca concentrazione che mi era rimasta, di sviare per un attimo l’argomento.
«Oh, noto che l’ustione va molto meglio.» In realtà in quel momento non avevo prestato troppa attenzione al suo infortunio.
«Che cosa vuoi?» Sbottò con voce ferma, anche se mi venne un mezzo infarto lo stesso.
«Aehm… A-Allora, ho perso…la chiave…della camera, e nessuno può…può darmene una copia. Quindi, pensavo… Ma se sono di disturbo, me ne vado… Di dormire…».
Di tutta risposta, mi voltò le spalle e rientrò dentro, lasciando l’entrata della stanza aperta.
“Ah, beh, è stato facile. Certo però che poteva degnarmi anche di una vaga risposta…”.
Mossi qualche passo timido e incerto. Arrivai nel salotto, sul quale dava la camera da letto, la cui porta era socchiusa, e dallo spiffero che lasciava s’intravedeva la luce accesa.
Ci furono alcuni secondi di silenzio, mentre aspettavo che mi dicesse dove potessi dormire. La porta si aprì del tutto, mi guardò col suo solito sguardo raggelante.
«Che ci fai ancora lì?».
«B-Beh… Stavo aspettando che mi dicessi dove dormire.» A tale dubbio, fece un’espressione stranita.
«E dove, se non in un letto?».
«E tu dove dormi? Sul divano?».
«Credi che sia così rammollito da lasciarti dormire in un letto confortevole, mentre io passo la notte su uno scomodo divano? Non credo proprio.»
Impiegai un po’ per comprendere appieno il suo ragionamento, e quando ci arrivai, arrossii vistosamente.
«Che cosa!? Dovrei dormire con te? Non ci penso proprio! Ma per chi mi hai preso? Guarda che io non sono come le ragazze che ti fai il sabato sera.»
«Mpf! Fa’ come ti pare…». Scomparve dietro la porta della sua stanza e spense la luce.
Sbuffai, incredula riguardo a ciò che avevo appena sentito. Insomma, alle ragazze si deve sempre dare la precedenza! Comunque, mi sdraiai sul divano del salotto; sì, per carità, era comodo, ma io odio dormire sui divani. Mi rigirai per qualche minuto su di esso, giusto per prendere sonno, ma ero davvero troppo scomoda, inoltre, senza nemmeno una coperta, avevo freddo.
“Se mi metto qui, non riuscirò mai a dormire, e ‘sta notte devo risposare bene se voglio superare senza difficoltà la sessione all’aperto.”
 
Bussai alla porta, ma nessuno mi rispose.
“Si sarà già addormentato.”
La aprii piano, ma nonostante ciò cigolò comunque. Mi sporsi verso l’interno della stanza – era sdraiato su un fianco, e mi guardava, come se volesse sfidarmi.
Con passo felpato, mi diressi dall’altro lato del letto, infilandomi sotto le coperte. Mi sfilai i pantaloni, essendo già sicura che non sarei riuscita a dormire con troppi indumenti addosso.
Portai l’attenzione su di lui: sembrava divertito.
«Ascolta. Ci tengo a mettere in chiaro una cosa: non osare guardarmi, né tanto meno toccarmi, o ti ammazzo, chiaro?». Wow, che coraggio che mi era spuntato fuori da chissà dove. «E adesso, buonanotte.»
 
La mattina dopo, avendo io un orologio biologico svizzero, mi svegliai piuttosto presto – circa le cinque e mezzo del mattino. Avevo dormito davvero benissimo, quel letto era proprio comodo; solo dopo mi ricordai di averlo condiviso con un estraneo.
Mi sedetti sul materasso, massaggiandomi la fronte.
Notai che il lato sinistro del letto era vuoto.
Affinai l’udito, pensando che probabilmente si stesse facendo una doccia, ma dal bagno non proveniva alcun rumore.
Stupita, misi i piedi giù dal letto, rindossando i pantaloni.
«Ryuga?» lo chiamai a bassa voce, gironzolando per la stanza, ma di lui nemmeno l’ombra.
«Magari sarà già andato.» Supposi. «Meglio che mi prepari anch’io.»
 
Meno male che avevo lasciato il borsone giù, altrimenti non avrei avuto nemmeno un cambio in quei tre giorni.
Appena mi recai fuori dalla costruzione, incontrai Doji.
«Buongiorno!».
«Buongiorno, Paschendale!» Si soffermò a osservare il mio outfit: i soliti shorts in jeans, maglietta blu a maniche corte, capelli semi-raccolti. «I vestiti che ti porti dietro sono tutti così leggeri?».
«Sì, più o meno. In fondo, andrò in un deserto.»
«Se ne sei convita… Comunque, ciò che dovrai fare in questi tre giorni sarà sopravvivere in mezzo al deserto di Tottori.»
«Il deserto di Tottori?» Ripetei, stupita. «Ma è un luogo lontanissimo da qui! Come pensi che potrei arrivarci?».
Doji mi lanciò un’occhiata che aveva un non so che di beffardo, poi alzò lo sguardo verso il cielo; io lo imitai, e una forte e improvvisa folata di vento accompagnata da un sonoro rumore di pale ci invase. Io feci la schizzinosa, rifugiandomi sotto le mie stesse braccia, mentre il Capo di Nebula Oscura si comportò come se nulla fosse successo.
Avevo persino chiuso gli occhi per la troppa polvere innalzata, e non appena aria e rumore cessarono, notai un grosso elicottero nero, con riportato sulla fiancata l’immancabile logo dell’Organizzazione.
«Un elicottero?».
«Esatto, Paschendale. Grazie a questo mezzo, arriverai nel deserto di Tottori entro un paio d’ore, dopodiché dovrai cavartela da sola.»
Lo fissai senza dire nulla, dopotutto erano cose che sapevo già.
Entrata nell’elicottero, notai che non c’era nulla di poi così particolare rispetto a un suo simile.
Le pale iniziarono a girare lentamente, e prima che il mezzo si sollevasse da terra, mi sporsi un attimo dall’entrata, rivolgendomi a Doji.
«E Ryuga? Dov’è?».
«Lui è già partito da circa un’ora e mezza. È stato difficile per noi convincerlo a non andare a piedi fino al deserto.»
“A piedi!?”. Okay, ero troppo sconvolta per ribattere come mio solito le affermazioni di Doji.
 
«Indossi questo, signorina.» Uno dei cinque uomini presenti nell’elicottero mi porse uno strano zaino, molto capiente.
«Che dovrei farci?» domandai mentre lo indossavo.
«C’è un paracadute d’emergenza, nel caso l’elicottero subisca danni. Se dovessimo abbandonare il mezzo, si butti giù e tiri queste cordicelle.» Concluse indicandomi due fili che cadevano dai due lati dello zaino.
“Ottimo! Ora sì che sono tranquilla.”
 
Come aveva detto Doji, ci vollero due ore esatte per raggiungere il deserto, ma io nemmeno me ne accorsi, essendomi addormentata circa all’inizio del viaggio.
«Signorina Tategami?». Qualcuno mi stava scuotendo, svegliandomi lentamente. «Ormai siamo arrivati.»
Aprii gli occhi assonnati e sbirciai dall’oblò al mio fianco: una distesa di dune sabbiose color giallo ocra si estendevano sotto di noi.
«Il deserto di Tottori. Chi l’avrebbe mai detto che esistesse un luogo simile in Giappone?» Riflettei ad alta voce.
«Perfetto! Adesso siamo pronti per l’atterraggio.» Affermò uno degli uomini a bordo; aprì lo sportello d’uscita e… «Ehi! Ma che diavolo fai!?» Buttò il MIO borsone giù dall’elicottero.
Mi precipitai verso l’apertura, incavolata nera. «Che razza d’imbecilli! Perché l’avete… Aaaaahhhh!!». Dopo che ebbi ricevuto un tutt’altro che delicato calcio sul sedere, precipitai nel vuoto e urlai come un’isterica.
«Aaaahhhh!! Oh no, è la fineeee!!». Ma poi, una frase echeggiò nella mia mente…
 
Se dovessimo abbandonare il mezzo, si butti giù e tiri queste cordicelle.
 
Afferrai quei due fili e li tirai con tutta la forza che avevo nelle braccia. Dopo nemmeno un secondo, la caduta ebbe un brusco rallentamento e un’ampia ombra mi sovrastò.
Ansimavo preoccupata – era la prima volta che mi buttavo col paracadute, ma soprattutto, era la prima volta che mi lanciavo nel vuoto! Non avendo idea di come comportarmi, rimasi ferma immobile, aspettando di toccare terra.
Invece di raggiungere con grazia e leggerezza il suolo, feci un fantastico ruzzolone giù per una duna, e quel cavolo di paracadute mi avvolse completamente. Una volta che riuscii a fermarmi, imbestialita, uscii fuori da quel maledetto tendone, sbattendolo a terra con movimenti bruschi. Meglio che non ripeta tutte le parolacce che ho detto, potrei urtare il tuo buon animo, Madoka.
 
Miracolosamente, avevo ritrovato il borsone, e stavo gironzolando per quella distesa di sabbia sotto un sole bollente, alla ricerca di un riparo.
«Quello stupido di Doji! E adesso, dove diavolo lo trovo un riparo? Che rottura, quegli imbecilli di piloti non mi hanno dato nemmeno una mappa…» proseguii a lamentarmi in modi simili per circa un quarto d’ora, per esordire infine in una rumorosa frase che echeggiò per tutta la zona. «ODIO LA MIA VITA!».
Alzai gli occhi al cielo respirando profondamente con molta, molta isteria. Riportai lo sguardo parallelo al suolo e con mia grande sorpresa, notai una nuova presenza in quella landa desolata.
«Ma quello…».
Aguzzai la vista, portando la mano perpendicolare alla fronte; peccato che io sia miope, e non ci vedo assolutamente nulla da lontano. Tuttavia, modestamente, sono anche un genio perché mi ero portata dietro il binocolo, che non appena lo tirai fuori dallo zaino, lo puntai verso quel distante segno nero – forma smagliante, sguardo che uccide, forza e potenza anomale.
«Eh sì, è proprio Ryuga.» Una strana gioia m’invase. Non ero più sola!
Avviai una corsa piuttosto affaticata, nutrita da una certa tranquillità – insomma, pensavo fossimo ormai in confidenza: avevamo dormito insieme e lui non mi aveva nemmeno toccato, quindi.
Finalmente lo raggiunsi, ma non appena mi trovai pochi metri da lui, una vocina nella mia testa mi disse “Avvicinati a lui, e morirai”. Caso dei casi, tale pensiero lo ebbi proprio quando mi lanciò la sua classica occhiata omicida, dopodiché mi voltò le spalle e proseguì per la sua strada. Lo osservai stupita: aveva più l’aspetto di chi va a fare una passeggiata sul lungomare, invece di assomigliare a un disperso nel deserto. Mentre si allontanava noncurante, ebbi un’idea geniale. «E se mi aggregassi a lui? Nessuno lo verrebbe mai a sapere, no?». Quindi, dotata di tutta la mia grazia nel camminare sulla sabbia asciutta, cercai di mantenere il suo passo.
 
Camminammo. Diamine, se camminammo! E la cosa incredibile era che quell’essere non andava a rallentare; facevo davvero fatica a stargli dietro.
“No… Basta… Devo accamparmi da qualche parte.”
Mi guardai intorno, nella speranza di trovare una qualche zona al coperto, ma a causa di tutti quegli stupidi ammassi di sabbia, non riuscii a trovare nulla. Tuttavia, una strana duna attirò la mia attenzione: era un po’ più bassa delle altre e aveva una cima piuttosto appiattita.
Con una corsa goffa e affaticata, “scalai” la superfice, raggiungendone il culmine. Lì, la sabbia era molto compatta, formando una strana crosta dura sulla quale camminare senza la paura d’affondare. Compresi che era il punto perfetto per accamparsi, data l’assenza di rifugi un po’ più coperti.
Mi sporsi dalla cima, notando Ryuga già parecchio lontano. Come diavolo era riuscito ad essere già lì?
«Ehi, Ryuga! Io mi accampo qui. Ti aspetto per cena!» Urlai, sbracciandomi. Figurati se non mi aveva sentito, ma era talmente simpatico da non rispondermi.
 
Ormai era giunta la sera, e i noodles bollivano nella pentola.
«Mi sento un po’ una bastarda ad aver portato il cibo da casa, però mi rifiuto di mangiare le tarantole fritte.»
Mescolavo e rimescolavo quella brodaglia di verdure, utilizzando l’altro braccio per ripararmi dal freddo venticello che già da un po’ soffiava tra le dune. Mi spaventava la notte che era scesa sul Tottori: buia; poche erano le fonti di luci a disposizione: il fuoco, la luna, e i fulmini. Già, i fulmini. Quelle colonne di elettricità che cadevano alcuni kilometri da dove mi trovavo. Sapevo bene che era lui a produrre quei fenomeni, e ancora mi chiedevo come mai potesse riuscirci. Fatto stava che era già da un po’ che quei fulmini non cadevano, e ciò stava a significare solo una cosa: stata tornando per la cena – oddio, era quello che speravo, dato che non volevo stare sola in mezzo al deserto per i due giorni seguenti. Ma per fortuna, le mie preoccupazioni scomparvero quando lo vidi sorgere dalla curva della cima. Era incredibile come non accennasse alla benché minima stanchezza.
«Ciao Ryuga!» Per lui ero improvvisamente diventata invisibile, infatti, mi superò e andò a sedersi esattamente nel punto in cui la discesa precipitava.
«Hai fame?» Domandai. Non mi rispose, ovviamente.
Non volevo insistere, anche perché sapevo che mi avrebbe seppellito lì se gli avessi dato fastidio, ma non potevamo comportarci da sociopatici per tutta la sessione – sarebbe stato patetico! Perciò, riempii la mia ciotola di noodles, e mi sedetti accanto a lui.
Lo sbirciai con la coda dell’occhio, notando la sua classica espressione concentrata e persa chissà dove, nel medesimo istante.
«Ryuga…» ragionai ad alta voce. «Beh, direi che il tuo nome è azzeccato! Significa “zanna di drago”, giusto?».
Non sembrava molto interessato alla mia deduzione, infatti non mi considerò di striscio.
«Comunque, avrei una curiosità.» Vabbè, ci provai lo stesso. «Sono rimasta affascinata da quegli strani fulmini che riesci a produrre. Scommetto che è il tuo beyblade a farli. Me lo fai vedere? Sono molto curiosa. Intanto, se t’interessa, ti faccio vedere il mio bey…» cercai nelle tasche, e una volta trovato glielo mostrai con orgoglio. «Ti presento Sunset Hydra, l’unico bey che abbia mai avuto.»
Cercai di essere il più gentile possibile, in fondo con la gentilezza ci si guadagna e basta, no?
Rimasi in attesa, ma sembrava proprio che il suo beyblade non me lo volesse mostrare.
«Sai perché mi chiamo così?» Quando iniziò a parlare, sussultai. Mi era mancata la sua voce. «Fin da quando sono nato, ho sempre lavorato per Nebula Oscura. Mi sono sempre allenato, fin da prima che iniziassi a parlare, tramite elettrodi e procedure di vario genere. In pratica, esisto solamente per diventare il degno blader di L-Drago. Per questo, l’unico beyblade che potrò mai utilizzare sarà lui, e non mi è concesso usarne nessun altro.»
Sentii brividi attraversarmi. Caldo, freddo, caldissimo, freddissimo. Un leggero tremolio si era impossessato delle mani, impedendomi di proseguire il pasto. Restai sbigottita, senza parole.
«Qu-Quindi quei fulmini non sono…?».
«Sono tutte le schifezze con cui mi hanno imbottito.» Rispose con una forte nota di disprezzo. «Ho bisogno di assorbire svariate energie affinché io possa manovrare L-Drago al meglio.»
Il suo viso era impassibile, come al solito, e una strana rabbia brillava nelle iridi d’oro.
«Che storia triste.» Bisbigliai.
«Tsk! Non voglio la tua compassione. Voi della WBBA credete di essere i padroni, e ci mancava solo che avessi a che fare col Presidente.»
E no, di nuovo con quella storia! La prima volta passi, ma la seconda comincio anch’io a provocare. «Mi sembri sicuro di te, perché continui a fare il pessimista?» Mi dispiace, Madoka, ma non potevo usare un tono troppo incazzato con lui.
«Infatti, so bene che tu non arriverai mai a dove sono giunto io.» Si alzò in piedi, guardandomi dall’alto al basso con spavalderia. «Non ti sei impegnata per quest’obiettivo.»
Andò verso il fuoco acceso, e si sdraiò.
 
 
Una forte fitta mi colpì alla schiena. I colpi si ripetevano e li trovai tutt’altro che graditi.
«Ma cosa…?» Aprii gli occhi, stordita. La luce dell’alba era ancora debole, proprio come i miei muscoli. «Che stai facendo?» Protestai con tutta l’indignazione mostrabile.
«Alzati.» Ryuga era già sveglio, pronto per allenarsi.
«No!» Col cavolo che l’avrei seguito! Avevo un sonno pazzesco, e tutti gli sguardi diabolici di questo mondo non mi avrebbero mai convinto ad alzarmi da lì.
Mi stravaccai sul telo che mi faceva da lettino, nell’attesa di riaddormentarmi, finché due forti braccia non mi stinsero la vita per sollevarmi da terra.
«Ehi! Che… Che stai facendo?» Con uno strattone mi caricò in spalla, avviandosi chissà dove.
«Dove mi porti!?».
«Ad allenarti un po’.»
 
All’inizio mi dimenai come una pazza; insomma, che modi erano quelli per svegliare una signorina?
«Siamo arrivati?» Domandai, dopo circa mezz’ora di giro per il deserto. «Si può sapere cosa cavolo te ne frega se non mi voglio allenare? Certo, il tuo programma d’allenamento sarà venti volte più pieno del mio, ma quello che devo fare è assolutamente inutile. Voglio dire, passi la sezione all’aperto: la natura e il deserto mi piacciono; passi la palestra: è stancante, faticosa, ma l’attività fisica fa sempre bene. Ma il nuoto, no! Mi rifiuto! Che schifo quando esci dall’acqua, tutta bagnata, per non parlare del freddo. Inoltre l’acqua impedisce i movimenti e fai molta più fatica.».
«Perfetto…» Bisbigliò lui, e mi lasciò cadere sulla sabbia come un sacco di patate.
«Ahio!» Mi sedetti, massaggiandomi la schiena dolorante.
«Ma chi ti hanno cresciuto? I vichinghi?» Stranamente non fece una piega a quella presa in giro, ma ormai cominciavo a farci l’abitudine a quelle sue occhiatacce raggelanti, inoltre, il fatto che si fosse aperto con me la sera precedente, me lo aveva fatto rivalutare. Uniamoci pure la situazione spiacevole di quella mattina, e il mio linguaggio non aveva censure.
«Che diavolo è ‘sto posto?» Imprecai, alzandomi barcollando.
«Voltati.»
Feci ciò che mi disse, e con grande stupore, notai un elemento che spezzava la monotonia del deserto: una piccola area composta da palme che circondavano un laghetto.
«Un’oasi? Ma perché siamo… Oh no! Oh no, no, no!».
«Fa parte del tuo allenamento, no?»
«No! Mi dispiace, ma io lì dentro non ci metto piede. E tu non puoi costringermi.»
«Allora, passali bene i prossimi due giorni, sperduta nel deserto.» Rispose a tono, voltandomi le spalle.
«Ehi, dove vai?» Lo afferrai per un braccio. Lui rimase fermo, fissandomi con uno sguardo enigmatico.
«Uff! Aaaahhh! D’accordo.» Non potevo restare tutta sola in quell’inferno sabbioso. «Cosa vuoi che faccia?».
«Nuotare per un’ora.»
«Un’ora??» Mi lamentai. «Ma se non ho neanche un costume!».
«Non è un problema mio.» Fu la sua ultima frase prima di dirigersi verso l’oasi.
«Co-Come sarebbe che non è un problema tuo? Sei stato tu a costringermi a fare ‘sto schifo!». Imprecai più volte contro di lui, la sua famiglia, i suoi amici… Intanto però lo seguivo, e ad ogni passo, ero sempre più imbestialita.
 
Raggiunto lo specchio d’acqua, mi nascosi dietro una palma, per togliermi i vestiti. Non avendo un costume, decisi di restare in intimo.
Quando fui pronta, sbirciai oltre il tronco; era con la sua solita aria leggermente malinconica e concentrata.
«Non guardare.» Uscii dal mio angolino, avvicinandomi con passi incerti allo specchio d’acqua blu.
“Oddio! Chissà quante malattie mi prenderò facendo il bagno in questa pozzanghera.”
Lo sbirciavo più volte, assicurandomi che non mi stesse guardando.
«Non guardare!» Ripetei, dopo aver immerso un piede nell’acqua. Aveva una temperatura piacevole e non sembrava troppo sporca, tuttavia la sensazione dell’acqua sulla pelle non mi piaceva assolutamente.
Quando quel liquido azzurrognolo mi arrivò alla vita, m’immersi fino al mento. «Ho fatto.» Dissi.
Ryuga mi guardò, quasi incredulo notando che l’avevo fatto davvero.
«Ricordati che devi nuotare. Non puoi stare lì ferma.»
«Ma io non so nuotare!» Replicai, anche se lui sembrava non crederci.
Sospirai e cercai di fare qualche bracciata a rana, lentamente e mantenendo la testa sul pelo dell’acqua.
«Va meglio?» Urlai con una nota di lamento. Ryuga ridacchiò divertito. Aveva un bel sorriso, perché non sorrideva più spesso?
 
Quell’ora passò lentissima.
A mano a mano che ci provavo, le mie capacità da nuotatrice miglioravano, tuttavia il tutto non mi entusiasmava un granché, inoltre, non riuscivo a stare nemmeno un minuto senza dargli contro.
Finalmente potei uscire dall’acqua. Mentre risalivo a riva, mi coprii il più possibile con braccia e mani.
«Voltati, non voglio che tu mi veda!». Urlai, notando che da quando mi ero immersa non smetteva di controllarmi. La rabbia salì quando invece di girarsi, mi si avvicinò.
«Girati!» Continuai. Ormai poteva vedermi, perché l’acqua mi arrivava a metà coscia.
Quando fummo un paio di metri l’uno dall’altra, Ryuga fece un gesto che probabilmente mai scoderò: si tolse la giacca dalle spalle, porgendomela. Gli presi la giacca dalle mani e mi ci infilai dentro.
«Recupera i tuoi vestiti. Torniamo indietro.»
 
Infilai i piedi sotto la sabbia fredda, guardando quei piccoli granelli grigi rotolare giù dalla mia pelle, come dalle dune accarezzate dal vento notturno. La luna e le stelle si mostravano in tutta la loro lucentezza, senza essere ostacolate dall’inquinamento luminoso.
Avvicinai le gambe tra loro, stringendomi in me stessa e facendomi piccola piccola.
Da quella mattina, quando eravamo tornati alla duna, non mi ero mossa di un centimetro da quel punto. Non avevo né mangiato, né mi ero fatta un giro. Ero sempre rimasta lì, seduta, a pensare a quel ragazzo. Ancora la sua giacca mi avvolgeva: era calda, e così larga rispetto al mio fisico. Più volte l’avevo annusata, sempre impregnata del suo profumo. Ogni volta che respiravo contro quell’indumento, ripensavo a quella mattina; solo in quel momento mi resi conto della dolcezza di quel gesto.
Mi buttai sulla sabbia, stringendomi sempre più in quel morbido tessuto. Avrei potuto indossarla per giorni. Pensare a lui, al quel suo gesto tanto premuroso, alla sua personalità, alla sua forza, mi regalava sensazioni nuove. Non volevo smettere di rammendare, perché il suo ricordo mi faceva gioire e star bene, per ragioni che non riuscivo a spiegarmi.
A un certo punto, le immagini nella mia mente si facevano sempre più opache, forza e lucidità diminuivano.
Quando il sonno prevalse sui miei sensi, nemmeno me ne accorsi, ma sono comunque certa che l’ultimo mio ricordo fu lui.


* Fatto tratto da una storia vera: a me, mentre ero a scuola. Già, è stato davvero divertente -.-



Okay, mi correggo: questo è il mio primo record di iper ritardo.
Da quant'è che non ci si sente? Tipo...tutta l'estate?
Comunque, sappiate che mi siete mancati tutti moltissimo, e non vedo l'ora di risentirvi tutti quanti ^^
Allora, sarò sincera: di capitoli per concludere questa FF lunga eterna ne rimangono davvero pochissimi, tuttavia, le varie preparazioni tra maturità e test d'ammissione all'università, mi prendono parecchio tempo, ma ci tengo molto a questa storia, quindi la concluderò, costi quel che costi!
Piccola domanda: che ne pensate della grafica nuova? Vi piace? Fatemi sapere ;)
Concludo col ringraziare twinkisara per aver messo la fic tra preferite e seguite^^

Un bacione!

RebelYell



 

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Capitolo 21
*** Sick Of It ***



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XXI
$ιcκ øŦ ι†


"I throw myself into the sea"
 
«Su, forza! Forza, Paschendale! Ricordati che correre fa bene.»
Dopo circa mezz’ora di corsa ininterrotta, ogni passo diventava uno sforzo senza precedenti. La sabbia rendeva il tutto più difficile e nemmeno la calura del deserto mi aiutava.
«Forza Paschendale! Correre fa dimagrire, e se sei magra, piaci ai ragazzi.» Ma che diavolo stavo pensando ad alta voce? Non mi era mai interessato dimagrire. Certo, ormai si sa che non esiste ragazza al mondo che si consideri magra o solamente in forma, però non me n’ero mai fatta un gran cruccio…fino a quel pomeriggio.
Passo dopo passo, il fiatone cresceva, i muscoli erano intorpiditi e doloranti, e la gola mi faceva male per il troppo ossigeno con cui era venuta a contatto. Nemmeno mi accorsi quando i palmi delle mani si appoggiarono alle ginocchia.
Mi chinai in avanti, cercando di riprendere fiato. Diamine, mi ero promessa di fare cento giri della duna, di corsa, invece ne avevo fatti a malapena dodici.
«Anf! Anf! Anf!» mi sentivo collassare. Alzai gli occhi e guardai il sole che trionfante splendeva alto nel cielo di un colore tanto blu da far venire il mal di testa.
Nell’attesa che le forze mi raggiungessero nuovamente, portai gli occhi sulla cima della duna; mi era sembrato di aver visto un’ombra. Aguzzai la vista. Allora non me l’ero sognato, c’era davvero qualcuno lassù.
Goffa e affaticata, scalai quel dirupo sabbioso, scivolando più volte verso il basso per alcuni metri. Fu un’impresa titanica raggiungere la “vetta”; una volta arrivata, rimasi sorpresa da ciò che mi trovai innanzi.
«Ry… Ryuga?» Sollevai un sopracciglio con aria interrogativa. Il blader mi degnò di uno sguardo vago. «Ciao! Com’è che sei già qui? Gli altri giorni tornavi per le 20.00.»
«Doji…» Iniziò, passandomi vicino. «Ha detto che mi alleno troppo.»
Ah, si allenava troppo. Proprio come facevo io: l’essere vivente più pigro mai generato.
«Allora oggi non ti alleni più?» domandai. Attesi una risposta. La ricevetti? Certo che no!  
«D’accordo… Allora, che ti va di fare? Anch’io oggi mi sono allenata abbastanza» “Sì, certo, come no…”.
Oh ma, era davvero sordo! Dio, ogni tanto una risposta me la poteva anche dare, no?
Trafficai nel borsone alla ricerca della scatola di biscotti portata da casa.
«Com’è andato oggi l’allenamento?» cercai di socializzare per la trentamilionesima volta.
Rimasi sorpresa dal suo ghigno improvviso. «Vuoi sapere altro?». C’era qualcosa di accusatorio nella sua voce.
«Che intendi dire?» domandai.
«Ieri ti ho detto fin troppe cose su di me. Perciò sta’ zitta e non chiedermi altro.»
Riflettei. La mia mente slittò a due sere prima. Aveva accennato alla sua vita, ma nulla di troppo personale. Comunque, sentii di essere sulla strada giusta; presto o tardi sarei riuscita a comprenderlo.
Scattai in piedi e a passo svelto gli fui accanto.
«Beh, mi dispiace averti messo a disagio ieri. Non era mia intenzione. Il fatto è che…dobbiamo stare insieme ancora un po’, quindi tanto vale conoscerci meglio…» Tentai di essere comprensiva. La sua espressione era indecifrabile. Poi sghignazzò.
«Parlare…?».
«Già» iniziai per commentare la sua affermazione «Parlare. È quello che tento di fare dall’inizio, facendoti domande, cercando di dare il via ad una qualsiasi conversazione. Ma tu ti ostini a non rispondermi» parlai piano, lentamente, cercando di farmi capire.
«Hm! Parlare…» ripeté pensieroso. «Tu sai che non ci vedremo più, vero?». Si voltò per guardarmi. Mi bloccai, come al solito.
«Ehm… Sì, ma…».
«Quando tutta questa storia finirà, ognuno andrà per la sua strada. Io rimarrò qui con Nebula Oscura, mentre tu tornerai alla WBBA a farti servire e a sfruttare i bey nel modo che vorrai.»
Le mie labbra si strinsero. Tanto. Ma proprio tanto. Anche i miei pugni si strinsero, così come gli occhi.
Cercai di mantenere l’irrefrenabile desiderio di distruggerlo con tutti i mezzi a mia disposizione, ma molto probabilmente lui avrebbe fatto lo stesso contro di me e con risultati assai peggiori.
Mi girai a tre quarti, verso di lui, mettendomi in ginocchio.
«D’accordo…» Decisi di giocare al suo stesso gioco: fare la vittima tenebrosa. «Se pensi che la mia vita sia tutta rose e fiori, buon per te, e se credi di aver “spiattellato” troppe informazioni sulla tua vita super interessante e dal passato difficile… Non mi sono mai innamorata, anzi, a quanto pare si vede che porto sfiga alle persone, dato che tre ragazze che avevo appena conosciuto sono finite in coma. Non mi piaccio fisicamente, infatti credo di avere le connotazioni fisiche meno interessanti che possano caratterizzare una persona. Sono abbastanza riflessiva per deprimermi, ma non per scrivere poesie o cantare canzoni malinconiche in riva al mare col vento tra i capelli…anche perché non so cantare.
Sono scontrosa, sono lunatica, non ho pazienza, non sono sportiva, non so suonare nessun tipo di strumento, sono disattenta e mio fratello mi ha cacciata di casa. L’unica cosa che sono vagamente capace di fare è combattere con i bey, purtuttavia essendo l’individuo meno determinato esistente, non sono capace di prefissarmi obbiettivi, onde per cui sono una persona vuota, mediocre e senza di me il mondo continuerà a girare. Ah, e poi dimenticavo! Ultimamente credo di essere atelofobica data la mia autostima pari a zero e il fatto di essere perennemente a contatto con persone determinate da far schifo come te, e ciò non mi aiuta assolutamente!».
Terminai il discorso con un urlo isterico.
Respirai a fondo, sentii la rabbia sbollire lentamente.
Avevo staccato per un attimo lo sguardo da quelle iridi dorate; fissai il vuoto, svuotai il cervello.
Ryuga continuava a fissarmi, ma sta volta con un minimo interesse.
«D’accordo…» bisbigliò e si alzò in piedi.
«Eh? Do… Dove stai andando?» iniziai a seguirlo, goffa.
«Non c’è competizione. È tutto troppo semplice.»
«Che intendi dire?».
«Sarebbe stato meglio sistemare i documenti alla WBBA, non trovi? L’idea d’impegnarti, di faticare e lottare per i tuoi obiettivi sembra non passarti per la mente minimamente.»
Sbuffai, gli occhi al cielo, le mani e le braccia in un gesto d’arresa. «Oh, mi scusi se non ho ancora trovato un obiettivo per lottare. E comunque dove stai andando?».
«Ad allenarmi.»
«Oh no!». Lo superai dopo un rapido scatto. Mi fermai davanti. «Non ho ancora terminato il mio sfogo! E dai, sei l’unica persona con cui possa confidarmi al momento!».
Alzò gli occhi al cielo. Finalmente un’espressione vagamente umana!
«Hai detto che non hai obiettivi né che vuoi allenarti, non è così?».
«Beh, sì… Ehi, io non ho mai detto che…» Ero sul punto di negare la sua ultima affermazione, ma il discorso si troncò quando le sue braccia mi avvolsero il girovita, caricandomi in spalla. A differenza della volta scorsa non sbraitai, mi limitai solamente a sbuffare sonoramente.
«Dove mi porti?».
«Avevi detto di dover correre, no?».
Ero stanca. Ero affamata. Di certo non avevo di nuovo voglia di correre!
 
Tornammo all’oasi. La luce del sole era diminuita e al suo posto pennellate rosa e arancione pitturavano il cielo.
«Cosa vuoi che faccia?» domandai appena dopo aver sbadigliato.
Lui incrociò le braccia. «Dieci giri.»
«Dieci giri?».
Annuì.
«Scusa sai, ma perché diavolo t’interessi così tanto al mio schifo d’allenamento?».
«Te l’ho già detto. È troppo facile. Voglio che tu sia almeno alla mia altezza. Al momento, non sei degna di L-Drago.»
Alzai gli occhi al cielo, ormai esasperata. «Insomma! Esiste qualcosa nella tua testa che sia anche minimamente diversa da Lightining L-Drago!?».
La sua espressione non variò.
«Va’!» Sibilò tra i denti.
Cercai di pietrificarlo con lo sguardo (invano), mi girai e iniziai a correre.
 
Durante quella noiosissima corsa, ebbi il tempo di rimuginare sulla mia vita. Ancora due settimane e avrei festeggiato il mio compleanno. Avrei rivisto mio fratello, Ryoko, Izumi e Akiko, sperando che per quella data fossero già fuori dal coma.
Ricollegandomi a quell’accaduto, iniziai a pormi la solita domanda: come diavolo era gestito quel test? Insomma, ragazze determinate come loro che ci avevano praticamente rimesso la pelle, mentre io avevo solo preso una piccola scossa.
Non solo! Perché Ryuga faceva dei test molto più pericolosi dei miei? Creare l’elettricità. Sfondare una porta blindata. Perché era tutto destinato solo a lui? Anch’io ero una candidata per L-Drago.
Mentre rimuginavo sulle suddette questioni, un’improvvisa fitta mi percorse la spalla sinistra fin alla clavicola. Gridai tra i denti e mi accasciai a terra, la pelle insabbiata e imperlata di sudore.
Dopo due secondi, la sua ombra mi coprì.
«Che ti prende?» domandò, non curante.
L’ultima cosa che volevo mostrargli in quel momento era la mia debolezza. Mi rialzai, a stento, ancora in preda al dolore. Ispirai profondamente, drizzai la schiena, cercando di assumere una postura fiera.
Non vedevo né stima, né tantomeno compassione negli occhi di Ryuga.
«No… Non è niente.» ammisi; la mia voce tremante mentiva.
«Togli la mano.» Sbottò con tono arrogante.
Abbassai lo sguardo e allontanai la mano che copriva la mia spalla sinistra.
Cambiò espressione; divenne allarmato.
«Come te lo sei fatto?» Allungò la mano, accarezzando quella strana ferita.
«Eh… Non saprei.»
«È successo alla sede di Nebula Oscura?».
«Credo di sì.»
Perché gli interessava tanto? Perché si era tanto preoccupato? Prima sembrava non fregargliene niente.
Avvicinò lo sguardo al graffio. Aveva un tocco delicato e…piuttosto piacevole. Sentii all’improvviso le farfalle nello stomaco.
«Meglio andare. Tra poco l’elicottero di Doji sarà qui.»
 
 
Non lo rividi per un bel po’.
Per tutto il viaggio in elicottero rimase in silenzio con lo sguardo perso nel vuoto.
L’unica cosa che dimostrava la sua presenza erano i fulmini che colpivano la palestra ogni sera e giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, diventavano sempre più potenti. A volte passavo ore a osservare quei sottili intrecci luminosi, faticando a credere che fosse proprio un essere umano a crearli. La sua determinazione e concentrazione erano per me oggetto d’invidia, di confronto.
A ritorno dalla sessione all’aperto, mi recai sulla spiaggia ogni giorno. Lì, facevo minimo un’ora di nuoto e tre giri di corsa sul bagnasciuga. Avrei voluto che Ryuga mi vedesse, avrei voluto notare nei suoi occhi un minimo di stima. Ma lui non c’era mai. Né in mensa, né in camera sua, né da nessun altra parte.
Era strano; quel ragazzo mi mancava. In particolar modo, mi mancavano le sue, seppur rare, attenzioni nei miei confronti, il suo modo di guardarmi, ostile ma con un non so che di rassicurante.
Come potevo considerare Ryuga? Un amico? No, non eravamo ancora così affiatati. Un compare? Nemmeno, io non ero alla sua altezza.
 
Passarono due settimane. Giunse finalmente il giorno da me tanto anelato.
Mi ero letteralmente ammazzata di allenamenti in quei giorni. Me le ero meritate ventiquattro ore totalmente dedicate a me.
Con due giorni d’anticipo, avevo inviato una lettera all’ospedale indirizzata alle mie tre ex compagne di stanza.
Passai praticamente tutta la mattinata a prepararmi, non volevo che mio fratello e le altre mi scambiassero per una specie di selvaggia. Non che avessi fatto un granché per prepararmi, ma solamente indossato un abito piuttosto leggero e pettinato i capelli, cosa che odiavo e non facevo mai, ma comunque.
Saltellavo per il corridoio, felice. Le poche persone che incrociavo mi guardavano con occhio stranito.
«Buongiorno, Paschendale!» sentii la voce di Doji alle spalle.
«Buongiorno, Doji!» risposi con un sorriso.
«Ti vedo raggiante questa mattina.»
«Davvero? Beh, oggi verrà a trovarmi il mio fratellone e le mie amichette.» Sì, va bene, lo so, mi esprimevo come una bimba piccola. Insomma, era da tanto, troppo tempo che non mi sentivo così su di giri nell’attesa di un incontro.
«Mi fa piacere.» Commento Doji con un'aria apatica che stonava con la sua affermazione.
«Mi cercavi?» Domandai, cambiando discorso.
«Oh, già! Ho analizzato i tuoi risultati in questi allenamenti.» Al ritorno dalla sessione, avevo l’obbligo di recarmi nei laboratori di Nebula Oscura ogni tre giorni per ulteriori test, così da accertarsi di miglioramenti e condizioni di salute. «Devo ammettere che il tuo fisico sta migliorando dopo ogni test. Sembra quasi ci sia qualcosa che ti spinga a migliorare.»
«G-Già…!» portai una mano sulla nuca, un tantino imbarazzata. «Infatti, credo di aver sviluppato un certo interesse per questo L-Drago.» Mentii. In realtà, l’unica cosa che m’interessava era essere considerata da Ryuga un minimo più interessante, e l’unica cosa che interessava a quella specie di alieno era la determinazione.
«Molto bene, allora. E quasi dimenticavo, buon compleanno!» Prima di voltarmi le spalle e tornarsene ai suoi uffici, notai nel suo sorriso una traccia enigmatica, indecifrabile, fredda, totalmente priva di positività.
 
C’era solo una strada per accedere alla sede ed ero certa che Kyoya avrebbe percorso solamente quella. Era almeno un’ora che lo attendevo, seduta su una scomoda sedia che avevo rimediato dalla sala mensa.
Mi diedi della stupida più volte per non aver preso un libro, l’iPod, una rivista o qualsiasi altra cosa per ingannare l’attesa.
Ormai erano le 17.00. Non c’era nessuno all’orizzonte.
18.00
19.00
Il freddo Maestrale soffiava sulla costa. Il mio abitino era troppo leggero per quelle temperature.
Delusa e infastidita, entrai nell’edificio, diretta in camera mia.
I corridoi, come sempre deserti, erano fiocamente illuminati dalla luce del tramonto. Vi era lo stesso silenzio che solitamente li caratterizzava, finché non mi avvicinai agli uffici del Presidente di Nebula Oscura.
 
«Calmati!».
 
Sembrava esserci un discorso acceso in quella zona.
A passo lento e leggero, mi avvicinai alla stanza in cui Doji soleva lavorare.
Le parole che inizialmente sembravano solo echeggiare nel corridoio, divennero vere e proprie urla di terrore.
Una volta giunta alla meta, riconobbi la voce del Presidente di Nebula Oscura; non era mai stato tanto spaventato.
 
«Cosa… Cosa vorresti sapere?»
 
Uno schianto improvviso, simile a un tavolo rovesciato.
 
«Che diavolo vuoi fare con quel bey?».
 
La riconobbi chiaramente: era la voce di Ryuga.
A differenza del suo interlocutore, era ringhioso, ma comunque pacato.
 
«Ma niente… Niente di che…».
 
Un altro colpo.
 
«Dimmi che ne vuoi fare!».
 

BIP! BIP!
 

Il cellulare vibrò nella tasca.
Mi allontanai di corsa, pregando tutti gli dei del cielo che quei due non si fossero accorti di nulla.
Afferrai l’apparecchio. Il numero riportato sullo schermo, ovviamente non registrato in rubrica, mi ricordò qualcosa. Un numero contattato non troppo tempo fa.
«Pronto?» Bisbigliai, nonostante fossi ormai lontana dall’ufficio di Doji.
«Pronto, Paschendale?».
«Chi parla?».
«Sono Benkei
«Benkei!» Mi misi le mani tra i capelli. L’impazienza cominciò ad aumentare. «Mi puoi dire dove diavolo è finito mio fratello? È tutto il pomeriggio che lo aspetto!».
Mugugnò versi incomprensibili, esitante, spaventato.
«Ehm… Vedi… Kyoya…» Sentii le mani prudere, non a causa della sua irritante insicurezza, ma per la risposta che supponevo stesse per dare. «Kyoya non è potuto venire perché…».
Interruppi la telefonata prima ancora che potesse rispondere. Non volevo ascoltare la palese scusa che si sarebbe di sana pianta inventato sul momento.
Kyoya ha perso il treno.
Kyoya ha avuto un imprevisto improvviso.
Kyoya si è allenato troppo. Gli dispiace tanto, ma è troppo stanco.
Scuse! Tutte scuse!
“Abbi almeno il coraggio di dirmelo in faccia che non vuoi vedermi, idiota!”
 
 
Il buio mi avvolgeva, così come il perfetto silenzio presente nella stanza.
Almeno per quella notte, dopo una giornata tanto orribile, non sarebbero potuti esserci danni.
Mi gettai nel mio mare di lacrime, nel mio mare di ricordi. Cercai d’eclissare quelli peggiori, cercai di rievocare quelli felici. Ma la mia mente funzionava al contrario quella sera.
Le lacrime rigavano le cosce, i polpacci, fino a bagnare quel telegramma a me indirizzato, letto poco dopo aver ricevuto l’offerta declinata da Kyoya.
 
Gentile Sig.na Tategami,
siamo desolati di informarla che le pazienti da lei indicate nella lettera non potranno raggiungerla per la data richiesta a causa di gravi problemi di salute.
Le auguriamo una buona giornata.

Reparto ospedaliero di Nebula Oscura.

 
 
Quel silenzio soffocante pesava.
L’improvvisa necessità di affetto, dopo due settimane d’ignorabile solitudine, demoliva ogni mia cellula.
Sentire la voce, il corpo, o anche solo la presenza di qualcuno avrebbe alleviato i miei turbamenti.
Alzai il capo dalle ginocchia, in mezzo alle quali avevo rifugiato il volto da chissà quanto tempo. Con un movimento secco mi asciugai gli occhi lucidi.
Non vedevo niente. Il buio della stanza era totale.
Mi avvicinai alla porta; l’unica luce che seguivo era la memoria.
 
Ignorai il vento freddo che accarezzava la mia pelle, nonostante il mio abbigliamento per la notte fosse composto da una canotta e shorts di leggero tessuto.
Alzai il pugno destro e colpii la porta che mi stava innanzi tre volte, con una decisione che non avevo mai dimostrato prima.
Attesi. Non volevo insistere. Tuttavia, se non mi avesse aperto, dubito sarei tornata in camera.
La maniglia s’abbassò, lentamente, così come la porta quando si aprì.
Alzai lo sguardo, incontrando le sue iridi dorate.
Di rimando, imitai quello sguardo freddo, arcigno, impaziente. Con l’unica differenza che i suoi occhi erano perfettamente asciutti.
Restammo immobile senza dire una parola.
Ryuga si spostò a destra, lasciando tra lui e lo stipite uno spazio abbastanza ampio da farmi passare.
 
Non mi chiese nulla, non sembrava interessato alla mia malcelata tristezza. Ciò mi bastava, non ero dell’umore adatto per raccontare i miei problemi.
Il buio di quella stanza era lieve, nulla in confronto a quello in cui ero rimasta immersa fino a poco prima. Le increspature sulla superficie dell’oceano brillavano così come le mie lacrime. Era inutile nasconderlo, non potevo nasconderlo.
Mi ritrovai in posizione fetale, sdraiata sul fianco destro.
Pensavo che condividendo il letto con qualcuno, forse, mi sarei sentita meno sola. A quanto pareva, mi sbagliavo.
Volati il viso verso sinistra; mi dava le spalle, sembrava addormentato ormai. Probabilmente non se ne sarebbe neanche accorto.
Mi girai sul fianco sinistro. Strisciai lentamente verso di lui, finché le mie braccia non gli avvolsero il torace. Affondai il viso nella schiena, le lacrime che cadevano copiose.
Nemmeno mi ero accorta di quel gesto, nonostante fosse stato portato avanti con estrema lentezza.
Lo sentii irrigidirsi, fremere leggermente.
Avevo le sue mani sulle spalle, spingermi contro il materasso.
Le sue anche contro le mie.
Due occhi d’ambra che mi fissavano, vuoti.

 
 
 
Yeeeeeeaaahhhh!!!!!
Ciao pipppolll!!!!
Come state!?
Voi non, e dico NON potete capire quanto mi siate mancati tutti.
Finalmente, dopo secoli, rieccomi su questo fandom. Sono sicura che molti di voi avranno dato questa fic per dispersa ma, come potete leggere nell'intestazione della mia pagina, QUESTA FANFICTION PRIMA O POI LA FINIRO'!!
Ci tengo a fare una piccola precisazione sul titolo de capitolo: letterlamente significa "Malato di questo" e come avrete potuto evincere dal testo, non c'è nessun collegamento tra il capitolo e il suo titolo. Semplicemente, "Sick Of It" è una canzone degli Skillet – tanto so che li conoscete! Non sareste dei veri fan di questa saga se non li conosceste ù.ù , con la quale mi sono fissata durante la stesura di quello che avete appena letto dopo mesi d'attesa.
Spero tanto di ritrovarvi tutti, e spero soprattutto di aggiornare in tempi recenti la prossima volta.
Ditemi cosa ne pensate, mi raccomando!
Alla prossima :D Vi voglio bene!



 

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Capitolo 22
*** Uomo di dolori ***



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XXII
𝔘𝔬𝔪𝔬 𝔡𝔦 𝔡𝔬𝔩𝔬𝔯𝔦
"Release the wave
Let it wash over me"
 
«Che stavi facendo?» Aveva una voce calma, roca per la veglia del tutto inaspettata.
“Che sto facendo io? Che stai facendo tu, piuttosto!” avrei voluto urlargli. Mi ero solamente accoccolata a lui, alla ricerca di un po’ di conforto, ma mai avrei immaginato tanta ostilità. Quell’atteggiamento improvviso trascinò i miei pensieri giù, nel profondo di un abisso in cui non mi ero mai imbattuta.
«Volevo…» bisbigliai. Le sue mani mi spingevano contro il materasso, il peso del suo sguardo mi condannava all’oblio più buio. «Volevo…del conforto.»
Nonostante la mia voce flebile, talmente flebile da essere a malapena udibile da me stessa, lo spaventai. Ebbene sì, glielo lessi in volto. Per la prima volta da quando lo conobbi, notai una paura chiara e distinta nei suoi occhi.
Si allontanò, si sedette sul letto e mi diede le spalle. A differenza sua, non riuscivo a fare proprio un bel niente. Fissavo il soffitto, le gambe tese e le braccia lungo i fianchi. La mente era svuotata, totalmente. Ero tanto spaventata da rifiutarmi di pensare. Riecco quella sensazione, quel sentimento che credevo aver ormai abbandonato. Mi sembrò di regredire alla prima volta che c’eravamo visti. I miei “progressi” nei confronti di Ryuga erano svaniti in seguito a quell’occhiata minacciosa. Un’occhiata tale che per un po’ credetti potesse trapassarmi il cranio e navigare nella mia mente; proprio per questo, smisi di pensare.
Chissà per quanto rimasi lì immobile. Ricordo solo che bastò una semplice parola a ridestarmi.
«Vattene» pronunciò con voce cavernosa.
Una manciata di secondi passò, il tempo necessario per far assumere al mio corpo un minimo di reattività. Appoggiai il peso sui gomiti, finché non mi ritrovai seduta.
Perché voleva che me ne andassi? Cosa gli avevo mai fatto? Peccato però che non riuscii a chiederglielo.
«Ryuga, io…»
«Vattene, se ‘sta notte vuoi dormire.»
Soffocai un singhiozzo non causato, purtroppo, dalle vicende di quel pomeriggio.
Con movimenti lenti e tremolanti mi alzai dal letto e mi ripresi le chiavi lasciate sul comodino.
Ero certa che Ryuga mi avrebbe voluto fuori dalla stanza nel giro di pochi secondi, ma a causa della stanchezza e, soprattutto, della situazione, mi era del tutto impossibile andare più in fretta.
Dopo chissà quanti passi, raggiunsi l’uscita e lo lasciai da solo, nell’oscurità di quella camera.
 
 
Come dice il proverbio: “La notte porta consiglio”.
Non so spiegarmi il perché, ma la mattina seguente fu diverso. Molto diverso.
Riuscii a dormire profondamente, senza incubi o strane visioni delle spiacevoli vicende trascorse. Quando mi svegliai, in me non vi era alcun sentimento d’odio o tristezza, ma unicamente un temperamento tiepido e incurante nei confronti di ogni cosa.
Che fosse stato tutto un sogno? No, impossibile! La mia mente non era solita cadere in tali cliché.
Dopo essermi preparata, mi recai in mensa.
Sorseggiavo il caffè-latte con una lentezza esasperante. Ero immersa in una sorta di coma mattutino, spiegabile forse grazie al sonno un po’ troppo breve – cosa che ormai si ripeteva già da alcune notti. Non ricordo nemmeno se qualcuno mi avesse rivolto la parola quella mattina, ma tanto, anche se fosse successo, non avrei avuto la momentanea facoltà di rispondere o reagire.
 
Una volta terminata la colazione, decisi di recarmi nuovamente in camera mia con l’intenzione di recuperare il sonno perso. Come spesso accadeva in quei giorni, non avevo molti impegni in fatto di allenamenti, fatta differenza per un breve test clinico nel pomeriggio – almeno, così ero stata informata.
Camminai lungo il corridoio, un po’ intontita, la mente svuotata.
Poi…un presentimento. Ero già stata in quel corridoio giorni prima. Ebbi tale deja vu nel passar di fronte a una diramazione di quel passaggio poco illuminato.
“La palestra” mi ricordai.
Vi era la luce accesa che poteva significare una sola cosa.
Non ci pensai due volte (anche se per me pensare il quel momento era gran cosa) e mi avviai.
Sì, era giusto: era proprio la palestra ed era esattamente come me la ricordavo, con la differenza che Ryuga stava facendo i pesi.
Sembrava non essersi minimamente accorto della mia presenza all’entrata di quella stanza, ma sicuramente, data la sua reattività proverbiale, era del tutto probabile mi stesse semplicemente ignorando, come suo solito.
Lo osservai; più lo facevo, più un sentimento in me cresceva. All’intorpidimento del mio cervello, si aggiunse un nodo all’altezza dello stomaco, la vista sfocata che aumentò.
«Non ti dispiace neanche un po’?» Proprio non riuscii a stare zitta.
«Per cosa?» rispose mantenendo lo sguardo basso, concentrato sull’allenamento.
«Per avermi tratta in quel modo.»
«No» affermò in tono chiaro e tondo, senza un minimo d’esitazione.
«Lo sai che ieri era il mio compleanno?» Incrociai le braccia. Mi appoggiai allo stipite della porta. Tentai di non essere scossa da tali parole, anche se nel profondo lo ero. «Sono stata costretta a festeggiarlo da sola, e adesso ti unisci anche tu a spingere il mio morale sotto le scarpe.»
Sperai nello sfizio di strappargli un’espressione compassionevole, invece fuoriuscì una risatina divertita.
«Almeno tu hai un compleanno, io non so nemmeno quando sono nato» Si alzò dalla panca, prese l’asciugamano e si asciugò il sudore dal viso. «E se anche lo sapessi, non avrei nessuno con cui festeggiarlo.»
E così, tutte le mie speranze svanirono. Appena avevo iniziato quella conversazione, ero sicura di abbattere quel suo fastidioso atteggiamento arrogante e di farlo sentire in colpa. Ma non fu così, anzi, accadde il contrario.
Il colpo di grazia arrivò nel momento in cui afferrò il pacchetto di sigarette che aveva appoggiato sul davanzale di una piccola finestra. Portò quell’oggetto cancerogeno di carta, catrame e tabacco alle labbra. All’altra estremità avvicinò la fiamma scaturita dall’accendino e inspirò profondamente.
Rimasi basita. Per un ragazzo che faceva tutta quell’attività fisica, il fumo era senz’ombra di dubbio il suo peggior nemico.
«Non dovresti fumare, fa male alla salute» mi limitai a dire.
E poi, una risposta inaspettata, più agghiacciante della precedente.
«Feh! È dura tirare avanti quando il tuo organismo non può nutrirsi.»
Non sapeva quand’era nato.
Il suo organismo non accettava la presenza di cibo.
Si nutriva solo di fumo e farmaci.
Passava le giornate ad allenarsi.
La sua mente era concentrata su un’unica cosa: Lightning L-Drago. Avrebbe fatto di tutto per quella trottola di metallo, persino rinunciare a quel poco che gli restava di umano.
A una persona normale avrei potuto dire: “Sei pazzo? Non puoi vivere così! Puoi fare scelte migliori. Stare a contatto con altre persone, allenarti in modo sano, mangiare, bere, studiare cose nuove. Ti insegnerò io! Ti aiuterei io!”
Parole vuote. Tutte parole vuote.
Solitamente bisogna lottare per vincere, ma in tali condizioni, ogni partita sarebbe stata persa. Non avrebbe mai compreso una vita normale e il modo in cui gestirla.
Era condannato a quell’esistenza, che però non sembrava turbargli.
Non sarebbe stato incuriosito da nulla di diverso rispetto alla sua classica routine.
Era come un pesce rosso, abituato alla solitudine, che ne attacca un altro quando si trovano nella stessa boccia.
Io e la normalità del mondo eravamo il pesce nuovo, e Ryuga ci avrebbe rifiutati entrambi.
«Che cosa volevi?» domandò nel notare la mia continua presenza, nonostante il lungo silenzio trascorso dall’ultimo dialogo.
«Sto cercando di capire» risposi e mossi un passo nella sua direzione.
«Capire cosa?» domandò in parte incuriosito, in parte divertito.
«Se mi capiterà lo stesso» Tirai fuori una lingua biforcuta che nemmeno sapevo di avere. La compassione da me provata sparì, nascondendosi chissà dove, probabilmente tramutatosi in nervosismo e voglia di suonargliele con le parole. «Se anch’io perderò la mia umanità solo per lanciare una trottola un po’ più forte delle altre. Perdere la conoscenza di me stessa, la necessità di mangiare e tutti coloro a cui ho voluto bene. E, nel caso accadrà davvero, se ne sarà valsa la pena. Perché notando la tua arroganza e il tuo egocentrismo, credo che nemmeno il più grande premio al mondo possa ripagare una vuotezza simile.»
Non me ne pentii, nemmeno per un secondo. Quello che dissi era anche ciò che pensavo. Avrebbe potuto farmi qualsiasi cosa, ma mai avrei negato quelle parole. Mai al mondo.
Neppure quando mi afferrò la collottola e mi spinse contro il muro. Il forte colpo al naso mi fece lacrimare gli occhi, ma mi costrinsi a non piangere, a non cadere e a non soffrire.
Mi guardava con occhio truce. Sostenetti il suo sguardo, lo sguardo più minaccioso con cui mi avesse mai guardato. Purtroppo o per fortuna, il sangue che mi colava dal sopracciglio mi appannò la vista e aiutò a non sentirmi ancora più spaventata.
La sua mano premette alla base del mio collo e mi spinse contro la parete. Annaspavo, ma tentavo in tutti i modi di nascondere la mia ricerca d’aria – non doveva capire che mi faceva paura.
La tipica frase “Gli uomini non si devono azzardare a toccare una donna” in quel frangente non sarebbe servita a nulla. Ryuga non era più un umano. O forse, non lo era neanche mai stato.
La sua mano si spostò a sinistra fino a raggiungere la clavicola. La ferita sanguinava. Solo in quell’istante percepii un forte bruciore in quel punto preciso, non causato dal pericoloso impatto con il muro.
Un denso fumo grigio m’inondò il volto. In parte scese nella gola, bruciandola.
Spostai gli occhi dalla clavicola a quelle pozze dorate, ora calme e fiere, ed ecco raggiungermi un’altra boccata di fumo.
«Va’ ad allenarti, ragazzina» Mi spinse via. Non caddi, però barcollai.
Come se non fosse accaduto nulla, tornò ai suoi pesi, dopo aver buttato la cicca a terra.
 
La luce blu riusciva a filtrare addirittura oltre gli occhi chiusi, incredibilmente fastidiosa. Doji aveva detto di rilassarmi e, se ci riuscivo, provare a dormire, ma nonostante tutto quel sonno arretrato, la situazione rendeva impossibili entrambe le cose.
«Ti farà un po’ male…» disse il Presidente di Nebula Oscura. Non bastò nemmeno un secondo che una forte fitta colpì le braccia. Serrai palpebre e labbra in seguito a quel dolore pungente.
«Abbiamo quasi finito.»
Fu inutile opporre resistenza ai lacci che mi stringevano gli arti superiori.
«Ecco fatto.»
Riaprii gli occhi. Sia la luce che i dolori erano cessati. La parte superiore della capsula che mi conteneva si riaprì, lasciandomi respirare aria pulita.
Una volta seduta, osservai le braccia all’altezza del gomito: vi era un cerotto su entrambe.
«Cos’hai fatto?» domandai a Doji, occupato a rimettere a posto gli oggetti utilizzati.
«Ho prelevato tre provette di sangue dal sinistro per controllare i valori dell’organismo. Mentre nel destro ho iniettato un siero, affinché tu possa fronteggiare al meglio i prossimi test.»
«Gli stessi sieri che assume Ryuga?»
Nelle sue iridi violacee apparve un lampo d’interesse, che poi divenne derisione. «Mpf! Tu e Ryuga siete su piani completamente diversi. Se assumessi uno dei suoi sieri, andresti sicuramente in overdose.»
“Overdose? È così lontano da essere un umano?” pensai.
«In che cosa consistono i suoi farmaci?»
Doji accennò un sorriso, dopodiché parlò. «È necessaria una certa compatibilità tra un beyblade oscuro e il suo blader. Ryuga non ha mai posseduto un bey, al contrario di te, Paschendale. Ciò ti avvantaggia molto a livello di compatibilità, mentre Ryuga ti supera certamente in forza e strategia.
«Il processo per aumentare la compatibilità di un individuo è piuttosto lento, per questo deve essere avviato alla nascita del diretto interessato, affinché diventi un blader perfetto, ma rinunciando ad alcune caratteristiche tipicamente umane.»
«E riguardo a me…» chiesi in tono duro nel rialzarmi dalla mia postazione.
Doji assunse nuovamente quell’espressione intermedia tra il sorpreso e l’interrogativo. «Non ti seguo.»
«Cambierà qualcosa all’interno del mio corpo?»
Le sue labbra si arcuarono in un sorriso di commiserazione. «Te l’ho già spiegato a cosa servono questi test: devi fronteggiare alcuni esperimenti. Il siero che ti è stato immesso è comunque molto potente; essendo la prima iniezione, il tuo organismo si dovrà abituare al suo effetto, quindi ti verrà una febbre piuttosto alta a breve.»
«Tutto qui?» Feci spallucce, disinteressata al pensiero della febbre.
«Credimi, non sarà una semplice febbre a 38.»
Senza dire una parola, e con ancora troppe poche risposte, mi avvicinai all’uscita, pronta per dirigermi in camera e attendere la febbre.
«Paschendale?» mi chiamò nuovamente.
Mi bloccai sulla porta, in attesa.
«Se pensi di intralciare gli allenamenti di Ryuga facendolo riavvicinare al suo originario status di essere umano, sappi che è solo tempo sprecato.»
Completamente. Il suo tono di voce cambiò completamente. Era duro, intimidatorio. Il suo sguardo severo e lievemente agitato. Tentai di imitarlo, nonostante non avessi nulla da difendere, quando una goccia di sudore, scivolando dalla fronte, tradì la mia calma. Un improvviso cerchio alla testa attanagliò il cranio, la vista s’offuscò e una vampata avvolse il mio corpo.
 
Anche la maglietta, come quasi tutti gli indumenti che indossavo, venne buttata con noncuranza sul pavimento della mia stanza.
Non ero nella posizione più aggraziata del mondo: braccia buttate sopra la testa e gambe ampliamente divaricate; occupavo tutta la superficie del letto matrimoniale.
Le coperte stavano diventando appiccicose a causa di tutto il sudore che versavo.
Il caldo soffocante mi costringeva a respirare talmente forte e talmente profondamente che, molto probabilmente, ero udibile persino da lontano.
Mi sarei tolta anche la biancheria intima se fosse servito a qualcosa.
Dio mio! Era da secoli che non avevo la febbre, e mai nella vita era stata così alta. Sapevo di dovermela misurare e prendere delle medicine, ma non avevo nessuna voglia di alzarmi. Stesso discorso quando qualcuno cominciò a bussare alla porta. Inizialmente tentai d’ignorare quel suono incredibilmente fastidioso, peccato che poi dovetti cedere, soprattutto a causa del mio odio verso i suoni che si ripetono, come lo squillo del telefono, campanelli, allarmi e tonfi alle porte.
Infilai la vestaglia lasciata sulla sedia e mia avvicinai alla porta con tutta la calma del mondo.
Ryuga sembrava impaziente. Non so dire se fosse l’unica oppure l’ultima persona che volevo vedere in quel momento. Al contrario, ero certa di avere un aspetto orribile – nonostante non me fregasse un tubo –, cosa che lo fece sorridere.
«Non mi aspettavo ti venisse la febbre» affermò incuriosito. Non gli risposi, cosa avrei mai dovuto dirgli? Quel poco che avevo aperto lo diminuii ancora di più con un gesto veloce, finché un ostacolo non impedì la chiusura della porta, facendola spalancare inaspettatamente. Il contraccolpo mi fece letteralmente volare a terra. Battei forte testa e sedere sul pavimento.
«Che diavolo vuoi da me?» gli urlai contro sollevandomi sulle braccia, piena di rabbia.
Girò la chiave, la mise in tasca.
«Ti aspetto in bagno.»
Il mio sguardo minaccioso lo seguì finché non girò l’angolo.
Sbuffando mi tirai su dal pavimento, irritata.
 
«Vai sotto la doccia» affermò deciso senza nemmeno aspettare che entrassi in bagno.
Logicamente, mi domandavo il perché delle sue richieste senza senso e del suo comportamento sempre più scorbutico. Avrei voluto urlargli un bel “No!”, ma appena aprii la bocca, m’inquadrò con i suoi occhi severi, costringendomi involontariamente alla più totale obbedienza.
Su di lui mantenni uno sguardo minaccioso, le braccia incrociate. Con passo lento lo superai, mi sedetti sul piatto della doccia e aspettai che il getto mi colpisse.
«Di solito la doccia la fai da vestita?» domandò sarcastico.
Avevo la vestaglia ancora addosso. Il togliermela mi avrebbe fatto sentire vulnerabile e piena di vergogna, ma non avevo scelta; almeno sotto quell’indumento mi era rimasta la biancheria intima. Nello sfilarmi la vestaglia, avvicinai il più possibile le ginocchia al petto nel tentativo di coprirmi il più possibile. La gettai noncurante lontano da me con un gesto secco.
Abbracciai le ginocchia e vi nascosi il volto. Strinsi le gambe e avvicinai le caviglie tra loro.
Il freddo mi colpì la nuca, per poi scivolare lungo la schiena, il collo, lo stomaco, le gambe. Sollevai il capo e spostai i capelli dal viso.
«Resta lì per un quarto d’ora. A quel punto la febbre dovrebbe essersi abbassata.»
Il muro d’acqua davanti agli occhi rendeva le immagini sfarfallanti, ma riuscii a vedere Ryuga spostarsi verso la porta.
«A… Aspetta!» bisbigliai. «Non andare via, per favore.»
Un bel gesto, causato chissà da che cosa, dopo tutto il tempo che mi aveva maltrattata. Accidenti a me! Gli bastava un qual si voglia gesto gentile, anche non nei miei confronti, per rivalutarlo del tutto e desiderare con tutta me stessa di riaverlo al mio fianco.
Mi chinai in avanti per allontanare il viso dal getto d’acqua e con una mano asciugai gli occhi. Lo vedevo molto meglio: fermo in piedi davanti all’uscita. Sembrava teso, tremante. Strinse entrambi i pugni, lentamente e forse con un pizzico d’incertezza. Al suono scrosciante dell’acqua, si unirono i suoi sospiri, profondi e agitati. Con poche falcate fu alla mia sinistra, la schiena appoggiata al muro, lo sguardo perso nel vuoto, il sudore dalla fronte e i muscoli tesi come corde di violino. Capii subito la somiglianza tra quel preciso istante e la scorsa notte, e come se non bastasse anche la situazione era simile: io che dimostravo di tenere a lui.
S’infilò le mani in tasca. Dopo alcuni movimenti velocizzati da una buona dose d’agitazione – scaturita da chissà che cosa ­– tirò fuori un flaconcino di vetro arancione. Mentre ne svitava il tappo bianco, si sentiva un ticchettio, come tanti sassolini. Rovesciò parte del contenuto in una mano, il cui palmo colpì la bocca aperta, seguito da una veloce alzata di testa. Deglutì.
Dopo pochi istanti, il tremito cessò, così come il sudore e la tensione. Estrasse dalla tasca accendino e sigarette.
Perché si comportava in quel modo? Perché ogni volta che gli facevo una richiesta, sembrava sul punto di morire? La mia curiosità per quei suoi comportamenti era oltre l’immaginabile, ma non trovavo ancora il coraggio di domandarglielo.
«Non credo sia il metodo più convenzionale per far passare la febbre» chiesi nel tentativo di avviare una conversazione.
Espirò un denso fumo grigio. «Semplicemente perché non è una febbre comune.»
«Come facevi a sapere che…» “Che non stavo bene?” avrei voluto concludere la frase.
«Doji mi ha ordinato di tenerti d’occhio finché non ti saresti sentita meglio. Sono stato costretto, altrimenti avrebbe alterato il mio programma di allenamento in modo a me non congeniale.»
Avvertii nel suo tono di voce una nota di disprezzo. Per Ryuga, gli allenamenti erano qualcosa di fondamentale. Il fatto che mi odiasse era più che logico.
«Quello era il tuo pranzo?» domandai con leggera ironia, riferendomi ai farmaci ingeriti.
«No» rispose impassibile. «Per quello bastano le sigarette.»
Espirò nuovamente, fissando un punto impreciso davanti a lui.
Feci spallucce. «Allora cos’erano?»
Quando i suoi occhi incontrarono in miei, mi pentii per la mia sfacciataggine.
Perché diavolo continuavo ad essere così invadente?
«Lo vuoi davvero sapere?».
Sul suo viso apparve un’espressione di sfida che non serbava niente di buono, ma non esitai ad annuire.
«Sono poche le emozioni compatibili con L-Drago: odio, rabbia, orgoglio, sicurezza. Tutto ciò che vi si allontana, non fa altro che rallentare il mio processo d’allenamento…e deve stare alla larga dal mio sistema limbico*.»
Le sue parole mi fecero rabbrividire più della febbre e dell’acqua.
La sua incapacità di nutrirsi erano il minimo.
La sua incredibile forza non era nulla.
Aveva perso tutto, tutto ciò che poteva esistere in un essere umano.
Continuai a osservare quel contenitore indistruttibile, riempito solamente con orgoglio e rabbia.
Deglutii, indecisa se fargli anche poche delle centinaia di domande che avevo in mente.
«Da quanto tempo sei così?»
«Da sempre.»
Proprio come immaginavo. Probabilmente l’avevano riempito di farmaci fin da quando era entrato in quella maledetta organizzazione.
Tuttavia, quelle sue improvvise paure: quando l’avevo abbracciato, oppure un attimo prima, quando desideravo che restasse con me finché non mi sarei sentita meglio. Erano scaturite dal timore di sentirsi umano, anche sono per poco tempo.
«Ma… Quella volta che mi hai dato la tua giacca…quella…quella volta all’oasi…» Le rare, rarissime volte che era stato gentile con me, le stesse in cui mi sentivo fortunata, felice che lui mi trattasse così.
«Assumevo una dose troppo bassa. Costrinsi i medici ad aumentarne i valori.»
Ecco il perché del suo allontanamento. Del suo atteggiamento violento nella palestra. Della durezza delle sue parole giorno dopo giorno.
Abbassai il capo, nascondendolo nuovamente in mezzo alle ginocchia. Avrei voluto piangere mentre mi davo dell’illusa, mentre mi promettevo che non avrei mai e poi mai desiderato qualcosa in vita mia. Rimasi sospesa in quel momento, nei miei pensieri e nei miei dolori, quando l’acqua cessò di cadere. La forte calura provocata dalla febbre sembrava essere scomparsa; almeno quella era l’unica cosa positiva che provavo.
Alzai il capo appena, gli occhi che affioravano sopra le ginocchia. Il viso di Ryuga era a una ventina di centimetri dal mio, impassibile, come al solito.
«Fammi indovinare…» bisbigliò. Allungò una mano versa la mia clavicola sinistra e l’appoggiò sulla ferita. Feci un’inoccultabile smorfia di dolore.
«Ti brucia il sapermi così inumano, non è così?»
Che fosse dispiaciuto? Che fosse soddisfatto? O che mi stesse sfidando?
“Non posso essere veramente attratta da un contenitore.”
«È passato un quarto d’ora» Si rialzò in piedi. Parlò come se non ci fossimo detti nulla.
Guardandomi dall’alto in basso, attendeva che mi alzassi in piedi e me ne tornassi a letto, ma mi rifiutai di muovermi. Che lui ci fosse o no, non avrebbe influito su quel momento. Ero sola e senza energie, bloccata dal mio corpo e dai miei sentimenti.
Un braccio mi cinse le spalle, l’altro passò sotto le ginocchia. Il fatto che avesse vicino una ragazza inerme e mezza nuda, sicuramente, non gli dava nessun effetto, non potendo provare alcun desiderio sessuale.
Mi fece sdraiare sul letto, le coperte ben presto s’inzupparono.
Ormai era buio, e se voleva essere pronto per l’allenamento del giorno dopo, sarebbe dovuto andare a dormire tra poco, a meno che non potesse fare nemmeno quello, data la sua umanità ormai inesistente.
Mosse un passo verso la porta.
Le mie energie erano poche. Avevo freddo, la vista annebbiata e un cerchio alla testa, ma riuscii ad afferrargli il polso, appena prima che uscisse dal mio raggio.
Stranamente, non strattonò in nessun modo; rimase fermo in piedi, con l’unica eccezione che girò il capo nella mia direzione.
Strisciai, fui seduta.
I miei occhi non smettevano di fissare i suoi. Gli strinsi il polso con tutta la mia forza, nel tentativo di alzarmi in piedi.
Con la sua altezza mi sovrastava, non me n’ero mai accorta.
Non avevo nemmeno mai osservato i suoi occhi così da vicino. Credevo fossero tendenti all’ambra, invece erano ancora più chiari, più sull’oro.
I muscoli del suo viso erano tesi, ma non accennavano a tremare.
Le sue labbra erano ferme, chiuse in una linea dritta, e sempre più vicine. Più vicine. Più vicine…
 

* Centro delle emozioni all'interno dell'encefalo.

Ciao gente!!! :D
Quattro mesi di attesa per un capitolo. Mh... Mica male!
*Guarda in faccia alla realtà*
Santo cielo, sono pessima >.<
Allora, che dire, le parti che mi hanno preso di più nel corso della stesura sono state l'incontro in palestra e la parte finale. Lo so che mi odierete a causa di questi cliffhanger, ma voglio incuriosirvi e incitarvia nella lettura di questa storia che, ahimé, sta giungendo alla fine. Oddio, "ahimé", magari siete stufi di avercela tra le scatole...
Ci tengo inoltre a precisare che, preferendo di gran lunga la narrazione in terza persona, so di non essere troppo brava nell'esprimere i pensieri di Paschendale, nonostante noti che molti di voi apprezzano. Infine, chiedo scusa se, soprattutto negli scorsi capitoli, le regole riguardanti «,», . , e via discorrendo sono usate A CASO; ma non disperate ;) appena avrò tempo sistemerò tutto.
Concludo RINGRAZIANDOVI DI CUORE PER AVER LASCIATO BEN SETTE RECENSIONI ALLO SCORSO CAPITOLO! SETTE!!!!!! NON AVEVO MAI RICEVUTO SETTE RECENSIONI IN NESSUN ALTRO CAPITOLO DI TOTD!!! Vi giuro, non avrei mai pensato che dopo tutto questo tempo vi avrei riincontrati così in tanti. Allora vi piace questa storia! ^^
Un ringraziamento va anche a myojo_sama che ha recensito lo scorso capitolo. Chiedo anche scusa a Lady_Light_Angel per non aver ancora risposto alle sue recensioni per "Goodbye Metal Saga!" – la ringrazio inoltre per aver lasciato tutte quelle recensioni. ^^
Ringrazio anche tutti coloro che mi aggiungono tra gli autori preferiti e inseriscono TOTD tra preferite/ricordate/seguite.
Grazie! Grazie di cuore!
Spero davvero che per voi sia valsa la pena tutta quest'attesa. Fatemi sapere cosa pensate del capitolo nuovo.
Al prossimo capitolo!

Vi voglio bene! :D

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Capitolo 23
*** Rakuen ***




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XXIII.
Rakuen

To face the fear
I once believed
 
Madoka appoggiò pigramente la guancia al pugno chiuso. Gli occhi sognanti Fissavano la sua interlocutrice; provava le stesse sensazioni che Paschendale sentiva quella notte: i respiri corti, la dolce agitazione, il breve ma intenso dolore, e infine l’amore.
La posizione rilassata e sognante di Madoka, tuttavia, stonava completamente con quella di Paschendale: fissava un punto in basso, poco davanti a lei, con gli occhi molto più licidi di quanto non li avesse avuti fino a quel momento.
«È stato bello?» domandò la meccanica con un sospiro. Si aspettava sicuramente qualche lacrima di commozione dall’ex blader, accompagnata da sorrisi dolci nel ripensare a quei momenti.
Paschendale alzò il capo, un’espressione incredula dipinta sul viso, gli occhi sbarrati.
«No!» alzò la voce, irritata e stupita.
Madoka si ricompose. I mille pensieri che aveva avuto cessarono tutti con quel “No!”. Aggrottò la fronte e assunse un’espressione quasi schifata.
«Co… Come “no”?».
«Ma… si può sapere perché diavolo pensiate tutti che sia una cosa tanto magnifica?» sbraitò Paschendale, gli occhi al cielo e le braccia spalancate, come se stesse chiedendo aiuto a una qualche divinità celeste.
Madoka era incredula a dir poco. Può sembrare strano, ma nella sua vita aveva avuto a che fare anche con fenomeni diversi dai beyblade, ad esempio le piaceva, bene o male, tutto ciò che fosse gradito a una ragazzina della sua età: leggere romanzi rosa, guardare film d’amore, le prime cotte… E la cosa di cui era sempre stata sicura al cento per cento era quel momento; purtroppo però, le parole di Paschendale l’avevano completamente disorientata.
«Ma… Non capisco… Perché non è stato bello?».
«Perché ha fatto male!» si lamentò la Tategami, come un bimbo che spiega l’ovvio motivo del perché non voglia farsi la puntura. «Tutti credono che la prima volta sia meraviglioso, coinvolgente e piacevole. Piacevole? Ma per favore! Non si viene la prima volta, va bene? Non si viene! Forse, se di mezzo ci fosse stato il sentimento, sarebbe stato un po’ meglio. Ma no! Non c’era neanche quello!».
“Nessun sentimento” ripeté Madoka nella sua mente. Bastò quell’ultima frase per farla convincere di non aver capito nulla. Si rabbuiò, un senso di delusione la pervase e una domanda fece prepotentemente spazio tra i suoi pensieri, una domanda che non sarebbe mai riuscita a chiedere; tentò di scacciarla dalla testa, ma una malsana curiosità gliela stampò con ancora più convinzione nel suo cervello.
Probabilmente, Paschedale intuì gli interrogativi della meccanica, rattristendosi, di conseguenza, ancora di più.
«Paschendale ma… quindi…» Madoka non fece in tempo a terminare la domanda che il Presidente della WBBA si era già spostato dal letto alla finestra, forse per nascondere le lacrime, forse per non incontrare lo sguardo accusatorio di Madoka, cosa che fece sentire quest’ultima ancora più a disagio di quanto non fosse già.
La meccanica respirò a fondo un paio di volte, poi parlò.
«Ma quindi tu… Tu non amavi Ryuga?».
Un debole sorriso apparve sulle labbra di Paschendale.
“Me l’aspettavo.” pensò.
«Non hai visto il suo sguardo.»
«Il… Il suo sguardo?».
«Sembrava urlare. Urlava aiuto, urlava la necessità di sentirsi umano almeno per una volta in vita sua. Riuscii a notarlo solo dopo quel bacio, quando lui mi spinse sul letto e io mi arresi alle sue pretese.
«Continuavo a ripetergli “Ryuga, è tutto okay! È tutto okay, stai tranquillo!”
La voce si bloccò in gola, una forte sofferenza nell’aver pronunciato quelle parole la pervase.
Madoka s’alzò dalla poltrona, pronta ad avvicinarsi a lei, a confortarla, a chiederle scusa per l’impulsività con cui aveva avuto quei pensieri tanto superficiali.
«Era spaventato. L’effetto dei farmaci e il suo orgoglio personale lottavano dentro di lui, lo intuii chiaramente.» L’aver ricominciato a parlare, anche se con voce molto più rotta, fece arrestare Madoka lì dove si era alzata.
«Sono stata solo uno sfogo per lui, questo lo so bene.» Ricominciò Paschendale, ma non dopo aver fatto un’altra pausa per far valere la ragione sui sentimenti. «Ma… A me stava bene.»
 
°  °  °
 
Stavo decisamente meglio! La febbre mi era passata, così come gli svariati giramenti di testa. Purtroppo però era molto sudata e non avevo dormito bene.
“Chissà che ore sono?” pensai.
Mi sporsi verso il comodino, afferrai l’orologio da polso e sbirciai l’ora: 10.30.
“Quant’è tardi!”.
Mi sedetti sul letto e osservai la camera: era tutto in ordine. Guardai in direzione del bagno, tentando di sbirciare attraverso lo spiffero della porta socchiusa; non vi era alcun rumore, così come nel resto della camera.
“Chissà dov’è Ryuga?” mi chiesi, anche se, in quel momento, non ero troppo interessata a cercarlo e, soprattutto, avrei avuto bisogno di un po’ di tempo prima di voler parlare con lui.
Avrei dovuto farmi una doccia, non potevo presentarmi a Doji in quelle condizioni. Però, ero decisamente in ritardo per l’iniezione.
“Speriamo non mi torni la febbre una seconda volta!”.
Racimolai tutti gli indumenti che mi capitavano sotto il naso; in poche parole, mi vestii come il giorno precedente.
Mi sedetti sul letto e indossai i pantaloncini. Ero totalmente tranquilla, senza pensieri ad affollarmi la mente, quando disgraziatamente guardai fuori dalla finestra con la coda dell’occhio.
«Perché non è ad allenarsi?» riflettei ad alta voce.
Ero in ritardo, avrei avuto l’incontro con Doji alle 10.15 per un’importantissima iniezione.
«Al diavolo!» ringhiai tra me e me, precipitandomi giù per le scale in direzione della spiaggia. Corsi più veloce che potevo, nonostante mi girasse leggermente la testa per il poco sonno e lo stomaco vuoto.
Dovevo raggiungerlo. Dovevo vederlo.
Quant’ero stata stupida! Cercare di ignorare quel momento concentrandomi su altro. All’improvviso mi venne in mente tutto e mille brividi mi attraversarono la schiena.
Che cosa avevo fatto? Cosa m’interessava veramente? Perché gliel’avevo lasciato fare?
Grazie al cielo, era ancora lì.
Ansiami, quella corsa mi aveva sfinito. M’inginocchiai a terra, annaspando, alla ricerca urgente di ossigeno.
Avevo notato giusto per qualche secondo la sua posizione altera, lo sguardo fisso verso il mare. Chissà se stava pensando agli avvenimenti di quella notte?
E poi, accompagnate al fruscio del vento, le parole più dure di sempre.
«Sei soddisfatta?».
Mi stupii del fatto che si fosse accorto della mia presenza, e ancora di più che mi avesse rivolto la parola.
Alzai lo sguardo e incontrai quelle gelide iridi ambrate. La sua freddezza mi pervase.
Per un attimo, mi domandai quanti flaconi di farmaci avesse trangugiato alla fine di quella notte.
“Allora, Paschendale? Sei soddisfatta?” ripeté una voce nella mia testa.
La domanda principale ritornò: perché l’avevo fatto?
Ryuga aveva una quantità di problemi impressionante, a cui nessun essere umano sarebbe mai riuscito a far fronte.
Non potevo dirglielo (non ero mica così stupida), ma il vero motivo che mi spingeva verso di lui, era la pena. Quando sentivo le sue parole tanto dure, quando mi perdevo in quello sguardo impassibile, quando ritrovavo tutta quella sua determinazione concentrata solo ed esclusivamente su una stupida trottola, la compassione occupava ogni altro sentimento.
La compassione…ma anche la speranza. Gli sguardi e le parole celavano molto bene quel poco che restava del suo lato umano, ma non del tutto. Quando tremava all’idea di proteggermi, all’idea di starmi vicino, e tutti quei suoi sentimenti bloccati da un motivo così stupido, non facevano altro che avvicinarmi a lui.
Il suo unico obiettivo sarà anche stato quello di impossessarsi di Lightning L-Drago, ma il mio era dargli ciò che tutte le persone del mondo avrebbero dovuto ricevere; anche se, e lo sapevo bene, Ryuga non era mai stato una persona.
Per questo il vederlo crollare su di me, sentire il suo respiro così profondo, il suo sudore scorrere sulla mia pelle… Mi fecero sentire in pace con me stessa.
«Se non ti è piaciuto, dimmelo, non mi offendo» bisbigliai frettolosamente.
Ero più che certa circa la stupidità della mia risposta che, tra l’altro, non c’entrava proprio nulla con la sua domanda.
«Mpf! Credi sia veramente questo il problema?» domandò con presunzione, nonostante di quest’ultima non ce ne fosse assolutamente bisogno.
Mi si avvicinò, altero come di suo solito. Dovevo fronteggiarlo e dimostrargli che la mia paura nei suoi confronti non esisteva più, anzi, sarebbe stato un fatto alquanto strano se m’intimorisse in seguito a tutti quegli avvenimenti.
Faticai ad alzarmi in piedi, sia per la folle corsa, che per i mille tremori causati da una forte confusione. Sollevai il capo, il suo sguardo così vicino al mio. Quello sguardo così freddo, così inumano.
“Certo che ne ho fatta di strada” ragionai. I primi giorni, addirittura, faticavo a parlare, a muovermi, a pensare in sua presenza. Certo, per alcuni versi era ancora un enigma per me e si sa: tutto ciò che non si conosce, che serbi un po’ di mistero, preoccupa sempre. Tuttavia, in quell’istante, non c’era niente a turbarmi come un tempo. Niente.
«Che vorresti dire?».
Chiuse gli occhi. Sul suo volto apparve un ghigno velatamente divertito.
«Da quanto ho potuto notare in questi giorni, sei una persona piena d’insicurezze» “Non che ci voglia un genio per capirlo” «Hai fatto di tutto per inculcare in me ciò che ogni mediocre essere umano possiede» “L’aveva messa su un piano forse un po’ troppo critico, però il concetto era bene o male quello”.
S’inframmezzò una pausa silenziosa. Divenne scuro in volto ed io ne ero incuriosita.
“E adesso? Che gli succede?”.
«Non credere d’ingannarmi» ringhiò.
«Ry… Ryuga. Che… Che cosa…?» Ero sbigottita, le ginocchia che cedevano. Che razza di ragionamento aveva mai fatto quel folle? Cosa diavolo significava?
Poi capii: c’era un motivo del perché io mi trovassi lì, in quel luogo sperduto appartenente a Nebula Oscura.
C’era un motivo del perché mi dovevo confrontare con lui.
C’era un motivo del perché… Ryuga mi odiasse.
Abbassai lo sguardo; chissà oltre a quella, quante altre volte l’avevo fatto in sua presenza; tante da perdere il conto. Speravo non vedesse la delusione bagnarmi gli occhi, ma il mio gesto fu reso vano dai singhiozzi.
Quanto avrei voluto urlargli contro che l’odiavo, anche solo per aver pensato una cosa del genere, però non ci riuscivo. Non solo a dirlo, ma anche a farlo.
Non si era fidato di me. La sua opinione nei miei confronti era a raso terra, ormai ne ero certa.
Mi buttai su di lui, lo sguardo basso, e iniziai a prendergli a pugni il petto. Ovviamente, non fece una piega, ma non importava, lo facevo per me; nonostante la mia vita fosse stressante, non avevo mai avuto una tale urgenza di sfogarmi.
«Stupido! Stupido! Sei uno stupido! Come puoi pensare una cosa del genere? Razza di stupido!» urlavo a ogni pugno.
«Non me ne frega niente di L-Drago! Non me ne frega niente di quelle stupide e inutili trottole! Di Doji, di Nebula Oscura, della WBBA, non me ne frega niente! Hai capito?».
«Mpf! Allora di che cosa t’importerebbe?» domandò con fastidioso tono canzonatorio.
«Di te, razza di scemo! Di te!».
Dopo quell’urlo, il silenzio. Dopodiché, il mio pianto disperato, ancora più forte.
Non c’era niente e nessuno; solo io e la mia rabbia, la mia frustrazione. Quando poi lo percepii: Ryuga si era bloccato in quell’attimo. Non muoveva un muscolo e non respirava. Che le mie parole l’avessero colpito?
Mi allontanai dal suo petto. Passai il dorso della mano sugli occhi, solamente a quel punto potei incontrare quelle iridi dorate, e ne ebbi la certezza: orgoglio e forza, ma un fugace velo d’incredulità.
Una parte di me si aspettava una sua qualsivoglia reazione, ma non ci fu.
Gli voltai le spalle e mi diressi verso l’ufficio di Doji, il passo spedito, anche se un po’ traballante.
Probabilmente bisbigliò qualcosa, forse era proprio quella la reazione che aspettavo, ma ormai ero troppo lontano e non m’importava più.
 
 
Sapevo solo di dover entrare nella solita macchina simile a una bara.
Dopo una bella ramanzina sul mio inaudito ritardo, Doji accennò in cosa consistesse l’incontro di quel giorno; non ascoltai nessuna delle due.
«Ti vedo un po’ scontrosa oggi, Paschendale» osservò mentre faceva uscire l’aria dalla siringa. «Che ti è successo?».
Sbottai irritata: «Niente.» Gli strappai la siringa dalle mani, spinsi l’ago nella vena del braccio e abbassai lo stantuffo. Quel liquido pizzicava molto di più rispetto agli altri, ma non lo diedi a vedere. Inoltre, i miei occhi rossi e gonfi avrebbero comunque mascherato la mia reazione.
Guardai Doji con quell’espressione seccata che avrebbe caratterizzato la mia giornata.
«Allora?» alzai la voce con scortesia.
«Prego, sdraiati.» Indicò la macchina.
Col senno di poi, riconosco di esser stata una vera stupida: nonostante i miei nervi a fior di pelle, Doji non si era scomposto un solo istante – in qualsiasi altra circostanza, invece, l’avrebbe fatto.
La luce intorno a me divenne fioca, e proprio in quel momento la testa diventò pesante. Le immagini erano granulose, un campanello d’allarme per la mancanza d’ossigeno. Iniziai a respirare profondamente, ma a ogni boccata, l’aria diventava sempre più umida.
«D… Doji…!» dissi con voce allarmata. «Doji! Fammi uscire!» Presi a pugni il vetro sopra di me, ma le forze mi abbandonavano sempre più in fretta. «Doji! Non respiro!» dissi con voce strozzata.
Provai a chiamarlo ancora, e ancora, e ancora, ma ormai non avevo più forze.
Le braccia caddero lungo i fianchi. Gli occhi si chiusero, e i sensi mi abbandonarono definitivamente.
 
°  °  °
 
Nonostante Paschendale fosse in carne e ossa innanzi a lei, un’impressionabile Madoka fu avvolta da un inquietante senso di ansia.
«E… E poi? Che è successo dopo?» balbettò la meccanica. «Ti… Ti sei ripresa, non è vero?».
No. Non ce la faceva. Aveva decisamente sorpassato il limite. Raccontarle anche quell’ultimo fatto, avrebbe significato superare il punto di non ritorno.
Ricordare quelle parole, altre emozioni che andavano a sommarsi allo stato catatonico in cui era, l’avevano fatta diventare un’altra persona che mai sarebbe riuscita a cambiare.
Madoka aspettava una risposta, pazientemente, senz’alcuna intenzione di sforzare la sua interlocutrice. Era comprensibile un attimo di confusione.
«Eh? Pa… Paschendale?» l’ex Presidente della WBBA s’alzò dal letto, con passo spedito raggiunse il bagno e vi si chiuse nuovamente dentro.
«Paschendale!» Madoka la chiamò. Doveva ammettere che la curiosità la stava divorando e voleva assolutamente sapere come andava a finire la storia della sua amica.
“Forse… Forse non è il caso.”
In fondo, Paschendale le aveva raccontato degli avvenimenti fondamentali per la sua crescita, mandando la sua riservatezza a farsi benedire, diventando completamente nuda ai suoi occhi, fuorché per quell’ultimo fatto.
Saggiamente, s’allontanò dalla porta, dirigendosi verso l’uscita dell’abitazione.
 
Era seduta per terra, le ginocchia strette contro il petto.
Cominciò a fare freddo.
Quel ricordo riaffiorò nella memoria.
Non era colpa di Madoka, né tantomeno di Kyoya, ma era solo sua.
Si maledisse per non aver insistito. Non doveva ricordare quegli avvenimenti, sapeva che era un errore, sapeva che sarebbe tornata a star male.
Ed ecco che, in automatico, ritornò quel ricordo: il buio, il dolore fisico, la testa che le girava, due braccia a sostenerla e una conversazione.
 
«Mpf! E così, ti sei lasciato coinvolgere dai sentimenti, Ryuga. Beh, credo che ormai tu sappia cosa significhi questo: c’è il serio rischio che Lightning L-Drago non ti accetti.»
«Lo sai anche tu che questo non è possibile, Doji.»
«Ah beh! Almeno il tuo desiderio di possedere quel bey persiste. Mi fa piacere, ma cerca di toglierti queste stupide idee dalla testa. Paschendale ci serviva solo per l’Attivazione.»
«Di che “Attivazione” parli?».
«Non sono faccende che ti riguardano. Comunque, è meglio che il tuo allenamento aumenti, così come i farmaci per il sistema limbico. Dobbiamo assolutamente farti tornare come prima, anzi, ancora più compatibile con L-Drago.»
«Feh! Fa pure di me quel che ti pare, ma se osi solo sfiorarla, ti ucciderò.»

 



Buongiorno!
Ho proprio due parole da dirvi, dopodiché vi lascio andare.
Primo: so che è da un po' che aspettavate questo capitolo ma, oltre agli esami, c’è un'altra cosa che mi ha tenuto lontana da questa fanfiction, ma preferisco parlarvene nel prossimo capitolo ^^’
Secondo: spero che questo capitolo vi sia piaciuto, nonostante sia piuttosto corto. Molte parti mi sono venute in mente proprio nella stesura, anche se la struttura bene o male l’avevo già in mente.
Terzo: “Rakuen”, il titolo del capitolo, è una parola giapponese che significa “Paradiso”. Ovviamente, non c’entra nulla con gli argomenti trattati, ma la canzone “Rakuen” dei Do As Infinity mi ha fatto da colonna sonora. Ascoltatela, mi raccomando! ;)
Quarto: per chi non se lo ricordasse, "l'Attivazione" è quell'accaduto trattato nel capitolo 13.
Quinto: grazie infinite a chi ha recensito/recensirà, per chi inserisce TOTD tra preferite/ricordate/seguite e per chi mi aggiunge alla lista degli autori preferiti. Non sapete quanto vi amo!
 
Al prossimo capitolo!
 
RebelYell



 

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Capitolo 24
*** Epilogo – Tears Of The Dragon ***


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• Epilogo •

Tears Of The Dragon 
The tears of the dragon
For you and for me
 
 
 
Si riempì i polmoni della brezza marina. Dopo tutte quelle ore trascorse al chiuso, ci voleva una boccata d’aria fresca!
Madoka respirò a fondo, nel tentativo di contrastare quel bizzarro tremolio che, durante quella lunga conversazione, non l’aveva lasciata in pace nemmeno un secondo. Era come se si fosse svuotata, da sentimenti negativi o positivi, nemmeno lei riusciva a comprenderlo a fondo. Fece mente locale e ripercorse tutte le informazioni da poco apprese, e il senso di vuoto si appropriò del suo spirito con ancor più accanimento. Echi sussurrati, provenienti dalla medesima voce, si sovrapponevano. Non le entravano nella testa, bensì uscivano e il loro rumore aumentò, radicalmente. Portò le mani alle orecchie, tentando invano di non udire quei suoni quasi strazianti, spingendola sempre più a gridare un feroce “Basta!”. Quando qualcuno riuscì a farli cessare, fortunatamente.
«Allora?» domandò una voce a lei molto familiare.
A causa di quegli strani e drammatici racconti a sostituire ogni suo pensiero, il suo corpo aveva dimenticato per un breve lasso di tempo le normali attività quotidiane, come aprire gli occhi.
Madoka rimase sinceramente sorpresa nel notare l’alba innanzi a sé.
«Abbiamo…davvero discusso per tutta la notte?» pensò ad alta voce, sussurrando.
«Già…»
Si volse. Kyoya rivolgeva uno sguardo concentrato all’aurora; brillava un velo di determinazione negli occhi blu del blader. Non si aspettava di vederlo in quella veste: così privo d’apprensione nei confronti della sorella. Certo, Kyoya era una persona talmente gelida alle volte, da non scomporsi nemmeno di fronte alla peggiore delle tragedie, bensì Madoka l’avesse visto spesso agitarsi davanti a questioni riguardanti Paschendale.
«Come sta, adesso?» chiese il proprietario di Leone.
«Si è chiusa in bagno e ha iniziato a piangere.» Madoka bisbigliava, un groppo in gola. «Non ho voluto ficcare il naso ulteriormente, così l’ho lasciata sola.»
«Gliel’hai dato?».
Era sul punto di domandargli “Cosa?”, finché non si ricordò dal biglietto.
«Ehm…sì. Cioè…era in bagno, non gliel’ho dato di persona. L’ho lasciato sul tavolo della sua stanza…».
«Ho capito. Aspettami qui.» Risoluto, si diresse all’entrata della villa.
 
 
Almeno Paschendale era riuscita a mantenere la calma, lo dimostravano gli oggetti dell’abitazione, ancora perfettamente intatti e al loro posto. Inutile dire che le stanze di quella casa, da quando ne era uscito, erano rimaste tali.
Fece un giro veloce, sperando di trovare il prima possibile la sorella. Fatta eccezione per quella giornata, erano passati un bel po’ di mesi dall’ultima volta che aveva fatto visita alla ex blader; nemmeno si ricordava dove fosse il bagno.
Accelerò il passo, quella casa era davvero enorme.
Dopo alcuni minuti, salendo le scale, pregò che quel rumore proveniente da piano superiore non fosse reale. Salì e aumentò le falcate, arrivando addirittura a quattro gradini alla volta. Non se ne accorse, ma un ghigno di rabbia gli apparve in volto.
Entrò nella camera da letto…e la vide.
Rannicchiata sul pavimento, tra le mani tremolanti reggeva il foglio di carta. Singhiozzava, quasi le mancava il respiro.
Non appena si accorse di suo fratello, ritrovò la forza di parlare.
«Kyoya…» chiamò con voce stridula, rotta dal pianto.
Il blader non poté fare altro se non correre ad abbracciarla. La strinse forte, le accarezzò il capo dolcemente. Quel gesto d’affetto raro, così raro da diventar prezioso, ebbe un effetto inaspettato: il suo pianto, seppur ovattato, echeggiò in tutta la stanza. Le vesti di Kyoya divennero umide di lacrime. Le lacrime di una ragazza persa e sola, senza più obiettivi e così privata di ideali per un futuro.
Kyoya faticò nel mantenere il suo solito orgoglio, benché ci fosse riuscito spesso di fronte a Paschendale, ma mai, prima di quel momento, i pianti della sorella erano stati tanto disperati.
Non poté far altro se non stringerla ancora più forte a sé. Chissà quanto durò quall’abbraccio.
«Passerà, vedrai…» fu tutto quello che il blader riuscì a dire.
«Ormai sono mesi.»
In seguito a quelle due brevi battute, il silenzio proseguì, così come le loro posizioni.
Dopodiché, quando Paschendale finalmente sembrò essersi calmata, si alzarono.
Kyoya sapeva perfettamente che non erano affari suoi, che sarebbe stata una domanda pericolosa, ma non riuscì a frenare la lingua: «Che c’è scritto?»
Paschendale s’asciugò le lacrime con un gesto rapido, deglutì e portò le mani sui fianchi, stiracchiando leggermente la schiena.
«Kenta mi odia…»
«Non è vero» ribatté il blader della primavera. «Semmai è il contrario.» Tutta la freddezza che l’aveva sempre caratterizzato tornò al suo posto. Era inutile per lei, la conosceva davvero bene: non bisognava coccolare Paschendale, altrimenti non avrebbe mai ammesso d’aver torto.
«Kenta è ridotto così a causa mia.»
Kyoya non capiva. S’accigliò, stranito. «In che senso?»
«Ryuga non…» Stava riaccadendo. Il panico tentava di riappropriarsi del suo spirito. Serrò con forza le palpebre, aveva già versato troppe lacrime quel giorno.
«Devo fare…un paio di cose e…tutto…tutto tornerà come prima.»
Kyoya capì. «Che vorresti fare?».
«Devo incontrare Kenta. Ryuga sta facendo tutto questo per…» sospirò, incerta se dirglielo. Temeva che la prendesse per pazza, ma dato lo stato di Kenta, era difficile non pensare al sovrannaturale.
Rifletté mentre si mordeva la lingua. Kyoya insisteva, voleva saperlo.
Non poté far altro che parlare. «Per restare in questo mondo.»
Potrebbe sembrare strano, ma il proprietario di Leone non aveva mai visto quello strano fenomeno “spirituale” in quel modo. In fondo, nessuno era mai riuscito a definire l’umanità di Ryuga e persino la sua morte non era ancora stata spiegata: dissolversi nel nulla – e sotto gli occhi di tutti – non è certo un avvenimento quotidiano.
«Stai forse dicendo che l’ha deciso lui stesso?»
Il silenzio di Paschendale significò una chiara affermazione.
«E a quale scopo?»
«Allo scopo di non farmi soffrire ancora.»
Gli occhi al cielo e un lungo sospiro, fu questa la reazione di Kyoya. Non aveva mai approvato la relazione tra quei due e, soprattutto, non era mai riuscito a comprenderla.
No! Tu da Kenta non ci andrai!, avrebbe voluto risponderle. Sapeva che i sentimenti di Paschendale si sarebbero aggravati innanzi allo spirito estraneo nel corpo del balder di Sagittario, con il rischio aggiuntivo di una reazione preoccupante da parte di quest’ultimo.
In quella breve pausa, tentò di ragionare invano; dopo tutte quelle ore di ansia e sfoghi vari grazie a qualche lancio, persino per lui risultava faticoso recuperare lucidità.
Niente. Nemmeno un’idea.
Riportò lo sguardo nelle iridi di Paschendale che, chiaramente, attendeva una sua approvazione.
Lo vedeva confuso, stanco, molto incerto; davvero diverso rispetto a lei in quel momento, che sapeva esattamente cosa fare.
«Fidati di me, Kyoya. Per favore.»
Fu così che il giovane notò un lampo di determinazione e, lentamente, l’incertezza diminuì.
Sospirò forte e attese il sentimento d’accettazione.
«Cosa dirai a Kenta?»
 
 
Madoka li stava aspettando già da un po’. Era ancora nervosa a causa dei trascorsi precedenti, tuttavia l’aria fresca e il passeggiare avanti e indietro avevano affievolito parecchio lo stress.
Non appena Kyoya e Paschendale uscirono dalla porta d’ingresso, la meccanica tirò un sospiro di sollievo; subito dopo, corse loro incontro.
«Paschendale!» la salutò con affetto. A parte gli occhi rossi e gonfi e l’accenno di un sorriso molto forzato, sembrava essersi ripresa.
«Come stai?» proseguì Madoka.
«Sta meglio!» Ci pensò Kyoya a rispondere. «Un po’ scombussolata, però sta bene.» A parlare in quel modo, dava l’idea di non essersi accorto della presenza di Paschendale.
«Ah… Bene…» Madoka era un po’ stranita.
Seguì un silenzio imbarazzante, la meccanica non sapeva cosa dire. «Allora…» spiccicò, tentando di farsi venire in mente qualcosa. «Verrai con noi?».
Paschendale non rispose. Aveva lo sguardo fermo in un punto indefinito, rantolava, le labbra socchiuse.
«Paschendale?» domandò la ragazza.
Kyoya, nel notare l’apatia della sorella, la scosse lievemente col braccio che le cingeva le spalle.
L’ex blader s’impallidì rapidamente, l’espressione sempre più stanca. Improvvisamente, chinò il busto in avanti. Un’abbondante sostanza densa e verdastra le uscì dalla bocca. Madoka si scansò appena in tempo.
Seguirono alcuni colpi di tosse e forti tremolii.
«Tranquilla. È lo stress.» la rassicurò Kyoya.
«Ehm… Forse è meglio se vieni con noi…».
Tutti e tre si avviarono al molo, in attesa dello yacht che precedentemente li aveva portati fin lì.
 
 
Riposi rari, troppi allenamenti, pasti esclusi: la sua routine. Certo, per un blader tanto forte poteva essere un suicidio un’attività quotidiana del genere, peccato che lo sfogo nello sport fosse l’unica cosa a tenerlo distante dai suoi pensieri che, dopo quel  breve istante, non erano altro che negativi.
Il livello di Kenta era aumentato vertiginosamente, i suoi compagni di palestra e di allenamento se n’erano accorti con molto piacere, senza contare la sua nuova e continua presenza lì con loro.
Stava andando tutto bene, filava tutto liscio, peccato che non si aspettasse una visita che per lui avrebbe significato la fine di tutto.
Come al solito, Kenta era in palestra. Stava facendo qualche lancio di riscaldamento, quando una voce fredda e familiare lo chiamò.
«Kenta!».
Non appena Kyoya entrò nel suo campo visivo, riuscì a prevedere come, con ogni probabilità, si sarebbe svolta la giornata.
Si avvicinò all’amico con passo sostenuto e venne inquadrato dal quello sguardo severo che spesso lo caratterizzava, ma non si sarebbe lasciato sopraffare.
“Niente in confronto a Ryuga” pensò.
«Kyoya! Che piacere!» salutò con più naturalezza possibile «Com’è andata la missione?»
«Ti aspetta fuori» rispose con freddezza, quasi non gli lasciò terminare la frase.
L’ampio sorriso disegnato sul suo volto svanì – forse un po’ troppo falso per durare a lungo.
Kenta abbassò lo sguardo, ogni fibra del suo essere era in preda all’ansia.
 
 
Ogni passo lungo quel corridoio significava una sola cosa: cambiamento.
Giorni e giorni prima, proprio durante la stesura di quel biglietto, dopo varie cancellature, nuove stesure, pianti e così tanti attacchi di panico da perdere il conto, Ryuga era riuscito a scrivere quelle parole tramite il suo corpo. Kenta non si sarebbe mai immaginato di leggere parole del genere; parole che, nel loro insieme, formulavano solo due concetti ben precisi. Ryuga amava Paschendale, era quello l’unico motivo a costringerlo lontano dall’aldilà. Con tutto il dolore causatole, senza mai riflettere su quei sentimenti, così strani ma soprattutto così forti, che la sua condizione gli proibiva di sentire, di farli suoi, al momento della sua scomparsa aveva capito tutto.
 
Non è il momento di abbandonarla.
 
Qualcosa aveva espresso il suo desiderio, qualcosa gli aveva concesso il tempo di cui necessitava.
Ryuga non gliel’aveva mai spiegato con assoluta chiarezza. Kenta sapeva solo che nell’arco di una notte per lui era cambiato tutto.
Con il trascorrere delle settimane, la presenza di Ryuga si affievoliva gradualmente, segno che un’anima residente in un corpo estraneo fatica a resistere. Sapevano entrambi che quella condizione non sarebbe durata per sempre, ma nessuno era a conoscenza della durata esatta.
Era il suo maestro.
Provava per quel blader formidabile una stima assoluta e incondizionata.
Però piuttosto che vivere così chissà ancora per quanto, preferiva dirgli addio per sempre.
“Succederà davvero questo?” pensò.
L’ultimo passo, ecco la fine del corridoio.
 
 
Fuori dalla palestra, tutto stonava con tutto: una Paschendale incupita, un Kenta spaventato, un magnifico cielo azzurro.
Gocce di sudore accarezzarono il volto del giovane blader, raggiunsero la punta del mento e si staccarono con lentezza.
«S-Sei arrivata!» balbettò con voce stridula.
Non aveva mai visto quella ragazza così statica, così imbronciata e fredda.
Kenta era molto diverso dal giorno dello scontro con Nemesis, dovuto soprattutto alla presenza di Ryuga dentro di sé; eppure Paschendale non aveva fatto una piega.
Quante cose avrebbe voluto urlarle addosso, farla sentire in colpa, farla piangere, farle capire chiaramente tutte le sue paure e tutto ciò che aveva dovuto passare a causa sua.
Ma non ci riusciva.
Strani versi rotti uscivano dalle labbra tremanti. Strinse i pugni, il sudore incessante a bagnargli la pelle.
Era solo un ragazzino fin troppo sensibile.
L’ira e la violenza erano solo opera di Ryuga.
Nessuno di quegli elementi l’avrebbe portato ad arrabbiarsi con Paschendale.
Respirò profondamente e la rabbia scemò.
La mano raggiunse Sagittario e lo strinse forte.
Nel guardarlo faticò a trattenere le lacrime. Non poté evitare di ricordare il passato.
“Scusa amico.”
«Prendilo.» Tese la mano verso Paschendale. «So che sei venuto per questo.»
La ragazza accettò. Prese il bey e lo guardò per un istante.
«Sono sicuro che saprai come usarlo.»
Ripose la trottola in tasca.
Kenta rimase di stucco quando incontrò quello sguardo tanto intenso.
Paschendale gli si avvicinò e inaspettatamente gli baciò la guancia.
«Perdonatemi» bisbigliò.
Un brivido lo percorse, una forte tristezza lo pervase.
Paschendale aveva gli occhi lucidi, le labbra piegate in un debole sorriso.
Non appena lei girò l’angolo, Kenta si concesse quel pianto che da tanto tempo non riusciva a liberare.
 
 
 
 
Carissima Paschendale,
 
sono passati ormai diversi giorni dall’ultima volta che ci siamo visti.
Probabilmente saprai già che ho informato Kyoya e gli altri dell’accaduto. Immagino che la cosa ti abbia fatto andare su tutte le furie, so bene che riguardo alcuni avvenimenti tieni molto alla riservatezza. Ora però ti chiedo  di riflettere anche solo per un secondo sulla mia condizione in quel momento. Sono lusingato del fatto che, dato il mio forte senso di responsabilità, tu abbia pensato a me per prendere il tuo posto nella WBBA – una posizione che considerarla di “assoluto prestigio” sarebbe un eufemismo! Tuttavia, e sono certo che lo ricorderai, mi presi talmente alla sprovvista che la mia reazione fu di puro terrore. Saprai meglio di tutti gli altri quanto impregnativo sia essere il Presidente di un’associazione internazionale, ma io, un semplice blader come tanti, non avrei mai pensato a un incarico simile. Io, che del beyblade ho fatto il mio sport e, in seguito, la mia più grande passione. L’idea di rinunciare agli allenamenti per affrontare un mondo così diverso rispetto a quello cui ero piacevolmente abituato era davvero troppo.
Ora però ti chiederai “Beh, caro il mio Tsubasa, potevi semplicemente rifiutarti e mandarmi a quel paese!”. Certo che potevo! Peccato che il tuo stato di salute che, permettimi di affermare, era davvero preoccupante, cercai di comprendere la tua situazione: il tuo spingerti pian piano verso l’autodistruzione.
Sei una mia amica, Paschendale – per questo non sono riuscito a dirti “no”.
Non nego di aver trascorso alcune notti insonni, con l’ansia per un futuro difficile a cui non ho mai aspirato.
Dopo i primi, strazianti dubbi, ho però capito che non potevo piangermi addosso. Dovevo reagire! Ho dunque preso in mano la situazione, Ryo è stato fondamentale nelle faccende burocratiche.
Dopo un po’ di tempo, devo dire che mi sono ripreso, ma con un senso d’amarezza che ha sempre continuato (e continua ancora adesso) a tormentarmi.
Dopo svariati giorni caratterizzati dalla solita routine, alla sede della WBBA è arrivato tuo fratello Kyoya; mi ha raccontato tutto, per filo e per segno e grazie a lui ora tutto mi è molto più chiaro.
In seguito alle sue spiegazioni riguardanti il tuo stato, ho riflettuto molto e sono giunto a una conclusione: in primis, mi sento stupido a ripensare a tutte le mie preoccupazioni iniziali; in fondo, non avevo firmato alcun contratto per diventare presidente e questo me l’ha fatto notare anche Kyoya. Forse tale affermazione ti ferirà, ma è chiaro come il sole che non ci tieni più a essere presidente, tanto da non aver avvisato nessuno. Per fortuna che c’è stato Ryo, altrimenti la WBBA sarebbe rimasta nell’anarchia più totale!
Comunque, in conclusione, voglio dirti solo una parola: aspetterò.
Aspetterò che tu ti riprenda.
Aspetterò che tu ti senta pronta a ricominciare.
Come ti ho già scritto, sei una mia cara amica, per questo cercherò di aiutarti come posso.
Sei una persona forte e sono certo che tornerai a essere la ragazza determinata di un tempo.
Aspetterò tutto questo e, quando ci rivedremo, tutto tornerà come prima.
 
A presto!
 
Tsubasa Otori.
 
 
 
 
 
 
Rilesse quella lettera tante volte da perdere il conto.
A ogni rilettura, la solita alternanza di emozioni ricominciava: inizialmente sensi di colpa, poi un’assoluta devozione verso quell’amico meraviglioso.
Più volte posava quel foglio, pronta come non mai scrivere una risposta che fosse all’altezza, ma un campo di forza invisibile sembrava mettersi tra la carta e la penna, tutte le idee formulate svanivano, facendola sentire una completa idiota.
Al quarto tentativo, rinunciò definitivamente, poggiò la penna sulla scrivania con un tonfo sordo.
Sorrise e scosse la testa quando le affiorò alla mente l’ennesima idea.
«Grazie, Tsubasa» pronunciò ad alta voce. «Ti giuro che tornerò presto. Aspettami.»
 
 
La serata a villa Tategami filò liscia.
Paschendale si rilassò come non aveva fatto da tempo: si fece un bel bagno e consumò un’ottima cena da lei stessa preparata.
Erano le 23.00 quando decise di andare a dormire.
S’infilò sotto le coperte e si sporse sul comodino per spegnere la luce, quando i suoi occhi incontrarono un oggetto posato ai piedi della lampadina.
Flash Sagittario era lì, ad “aspettare” il suo destino.
Lo rigirò tra le mani. Avvertì chiaramente l’innalzamento di temperatura di quell’oggetto.
«Sei con me?» Ovviamente, era una domanda retorica.
L’anima di Ryuga era lì con lei, ne era certa.
Chiuse gli occhi.
Inspirò a fondo.
Una vaga tristezza s’impadronì di lei.
«Devo lasciarti andare.»
Era sull’orlo delle lacrime.
«Ma a me va bene.»
Sagittario stretto tra le mani.
«Ti perdono.»
La voce rotta.
«Ci rivedremo. Te lo giuro.»
Era sempre più vicino.
Lo avvertiva, nonostante gli occhi chiusi.
«Te lo giuro» ripeté con voce flebile.
Che fosse tutta la sua immaginazione? Che Ryuga non fosse reamente lì con lei? Cos’era a dargli quella sicurezza? Ma tali dubbi non nacquero nemmeno per un istante.
Qualcosa, come un vento caldo e lieve, le accarezzo la guancia. Un tocco leggero, al limite tra l’astratto e il concreto.
Un ultimo, profondo respiro.
Cercò il coraggio dentro di sé.
«Ti amo, Ryuga.»
E tutto svanì.
Socchiuse le palpebre, la vista annebbiata dalle poche lacrime versate.
Non c’era nessuno in quella stanza.
Era sola, completamente.
Avvicinò i palmi delle mani, che s’incontrarono senza ostacoli.
Con stupore, constatò che Flash Sagittario era sparito.
Non poté negarsi un sorriso gioioso.
Non poté negarsi un’espressione rilassata.
Finalmente, era tutto finito.
Finalmente, era tornata a essere serena.
 
 
Note
  
Paschendale: è una canzone degli Iron Maiden, pubblicata nell'album Dance of Death. È l'ottava traccia dell'album.
La canzone parla di un giovane soldato che morì nella Battaglia di Passchendale, conosciuta anche come la Terza battaglia di Ypres, svoltasi durante il primo conflitto mondiale, e anche delle sue esperienze in trincea. [Fonti: Wikipedia]
Il significato del brano e gli avvenimenti storici connessi non hanno nulla a che vedere col personaggio da me inventato. Scelsi tale nome per un motivo molto semplice: mi piaceva.
Per sentire la canzone: Paschendale
 
Tears Of The Dragon: è il primo singolo estratto dal secondo disco da solista del cantante inglese Bruce Dickinson intitolato Balls Of Picasso. [Fonti: Wikipedia]
All’inizio di ogni capitolo di questa fanfiction ho riportato coppie di versi tratte da tale brano.
La canzone registrata in studio: Tears Of The Dragon
Due versioni dal vivo da me particolarmente apprezzate: Live #1; Live #2
 
 
 
Ebbene sì! So che non potete crederci, ma c’è davvero scritto “Completa” là sopra.
Ancora fatico a credere che questo progetto, che ci tengo a sottolineare essersi protratto più a lungo di quanto immaginassi, ha raggiunto la sua conclusione.
Vi confesso che tale epilogo è stato scritto solo nell’arco di tre o quattro sedute (tra le quali ieri sera, che ero talmente determinata a concludere tutto definitivamente da essere andata a letto a l’una di notte, ma dettagli…).
Devo dire di essere soddisfatta di questa conclusione, in quanto è –quasi– uguale a come me l’ero sempre immaginata. Forse ad alcuni di voi potrebbe non piacere, ma va bene lo stesso ;)
Ed ora veniamo a voi! Eh sì, senza di voi questo momento non sarebbe mai arrivato. Come già detto, questo fandom non m’appartiene più e l’interesse nei suoi confronti è quasi totalmente perso.
Perciò GRAZIE! Grazie per tutto il sostegno! Grazie per tutte le recensioni! Grazie per tutti gli apprezzamenti e le critiche di ogni genere!
Alcuni di voi sono restati, altri sono spariti, però io voglio ringraziare tutti coloro che, nel bene e nel male, hanno lasciato un segno del loro passaggio. In ordine alfabetico:
 
AlyeskaGnac
AxelKyo
Cronus
Dark_Rose_98
debby98
diavolettadragonica98
Fely38
Hoshi_no_Shojou
iloveryuga 2000
IoGio
Kya88ryu
Leanis
l i b r a r i a n
Lily1986
Little Alexey
LoryLauren
Mel_mel98
Milky_Love
myojo_sama
rebelheart_
SullyAnne
The_dream_of_Rica
Veiss
Xaars_AkuTen
Xima_
 
 
Chiedo perdono a coloro i cui nomi non sono riportati – le sviste capitano a tutti ^^’
Grazie anche a chi ha letto in silenzio e, magari, ha apprezzato il mio lavoro!
Grazie davvero di tutto! Siete stati la mia forza!
Vi voglio bene!
 
Ad una prossima storia!




 

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