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Autore: Birdcage D Swan    27/08/2012    4 recensioni
«Ha mai sentito parlare di Lightning L-Drago?» Il suo sguardo sembrò illuminarsi.
«Ehm…più o meno.»
«Mi dica tutto ciò che sa su quel bey.»
Vi giuro, non ho mentito. Sapevo perfettamente di cosa stesse parlando…quasi.
«Dunque, è un bey proveniente…dalla costellazione…del Drago.» “You don’t say, Paschendale?”.

[…]
Affilati, circondati da folte ciglia nere.
Quelle iridi ristrette, all’interno delle cornee bianche, gli conferivano un aspetto spaventoso, quasi assatanato.
Quelle iridi dello stesso colore dell’oro, il più brillante esistente.
Tutto ciò che mi rendesse umana, ogni idea, paura, sentimento. Tutto svanì.
In quello sguardo, appena accennato.
Erano gli occhi più terrificanti e incantevoli in cui mi fossi mai specchiata.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Ryuga, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“For too long now
There were secret in my mind“ 


«Attacca Pegasus!»
«Vai Striker!».
«Non ti lascerò vincere di nuovo. Ricordati che sono io il campione del mondo di Beyblade. Nessuno può battermi, nemmeno tu, Ginka!- gridò Masamune, indicando l’altro con la solita aria di sfida.
«Bravo Masamune! Così ti voglio: determinato fino in fondo. E non credere che sarò più delicato con te solo perché siamo amici.» rispose l’avversario.
In fondo, sapevano entrambi che quegli allenamenti erano importanti. Dopo il Big Bang Blader, non erano più dei ragazzi comuni che andavano a giocare con il proprio bey, ma dei campioni, o meglio, i membri della nazionale nipponica di Beyblade. Si alzavano alle 7.00 del mattino recandosi nella palestra costruita apposta per i loro allenamenti, si allenavano dodici ore al giorno, seguendo con attenzione le indicazioni di Ryo ed erano sotto l’importante supervisione di Madoka.
Ma non c’erano solo Ginka e Masamune: anche il piccolo Yu era riuscito, senza troppa fatica, ad entrare nella squadra, proprio come Tsubasa e Titi, che nonostante sembrasse un ragazzino vivace e pestifero, era diventato un grande blader. Però ce n’era uno in particolare, forse il più forte, anche più forte di Ginka. Nessuno se l’era mai aspettato, giustamente. All’inizio era solo un ragazzino, un ragazzino che non aveva vinto né il Battle Blader né il Big Bang Blader. Tuttavia, dopo la straziante battaglia contro Rago, era diventato più forte che mai, sia per l’allenamento, sia per qualcos’altro. Kenta.
Ancora nessuno tra i Galassia Gan Gan si era abituato a questi suoi cambiamenti così radicali: era più alto, muscoloso, con la pelle leggermente più scura. Gli era cresciuta una ciocca di capelli rosso fuoco in alto a destra e i suoi occhi, prima tondi e innocenti, ora allungati e coi tratti netti, quasi minacciosi. Per non parlare del carattere: non era più il ragazzino solare e sensibile di un tempo - era diventato grintoso, impulsivo e ribelle. Saltava molti allenamenti senza dare supporto alla squadra, cosa che faceva a dir poco infuriare Ryo, il quale desiderava ardentemente cacciarlo, ma purtroppo, sapeva che farlo arrabbiare sarebbe stata una pessima idea; dopotutto, aveva capito che stava diventando sempre più simile a lui.
«Vai, Pegasus! Attacco Potenza delle stelle!».
Una luce abbagliante invase la palestra, e un raggio luminoso, largo quanto il campo da gioco, si allungò fino al cielo. Il suono metallico di Pegasus che schiacciava letteralmente il proprio avversario si faceva sempre più forte, ma quando la luce si spense, un beyblade color verde-acqua usci dallo stadio cadendo ai piedi del suo blader.
«AAAHHH!!! MA CHE CAVOLO! MI HAI BATTUTO UN’ALTRA VOLTA!» urlò Masamune, arrabbiato come sempre.
«Coraggio, Masamune, non dovresti arrabbiarti. Dal combattimento con Rago, sia tu che il tuo bey siete migliorati di ben il dieci percento. Vieni a vedere.» disse Madoka, la quale aveva seguito il combattimento con la solita attenzione.
Masamune si avvicinò al monitor che la meccanica teneva in mano.
«Wow! Ma è vero! Sono davvero il numero uno!» gridò, felice come non mai.
«Mentre tu Ginka» continuò Madoka «sei migliorato del quindici percento.»
«Evvai! Sono un grande!» disse Ginka, estremamente soddisfatto.
«Cosaaa!? Non è giusto! Non è possibile che tu mi abbia battuto! Ricordati che sono io il campione del mondo, il numero uno e un giorno riuscirò a batterti!» ma Ginka non lo ascoltava, anzi, rideva e si congratulava con se stesso e il suo bey, quasi come se stesse parlando con un amico umano.
«Ahahah!!! Sono grande! Sono gra…aspetta un attimo. Dov’è finito mio padre?» si domandò, guardandosi in giro. Effettivamente Ryo era rimasto lì fino a quel momento, e non si era nemmeno accorto che se ne fosse andato, tanto era preso dalla battaglia.
«Mi aveva detto che doveva andare a fare una commissione importante ed è uscito urgentemente.»
«Ah! Che strano…» disse Ginka.
«E allora!? Chi se ne importa di dove è finito Ryo! Tu mi devi dare la rivincita, Ginka!» disse Masamune mentre correva nella sua posizione col bey già pronto «Forza, Ginka! Preparati a perdere!!».
«Certo! Non vedevo l’ora di fare un altro combattimento!» rispose il blader mentre correva al suo posto, preparandosi.
«Eh?? Ma, ragazzi…forse è meglio smettere. Vi siete allenati tutto il giorno e sono già le 10.30 di sera…» disse Madoka tendendo le mani, facendo segno di calmarsi.
Ma ormai, i due scatenati bladers avevano già cominciato il conto alla rovescia.
«3…2…1…PRONTI…LANCI…»
«Che cosa ci fate ancora qui!?» urlò un uomo di mezza età con un mazzo di chiavi in mano.
«Oh, ci scusi signor Takimoro…» disse Ginka gentilmente, a differenza di Masamune, che era a dir poco seccato; lui odiava essere interrotto durante le sfide, soprattutto se il suo avversario era Ginka.
«Avrei dovuto chiudere la palestra già mezzora fa. È meglio per voi se ve ne andate. Devo pulire il disastro che avete combinato.» rispose il custode; ma Masamune indignato: «Ehi! Come ha potuto interromperci! Questa è la mia possibilità di rivincita e io…».
«Ho detto che dovere andare! ADESSO!!».
Quel tono fece drizzare i capelli a Masamune, e fu costretto a scusarsi per il suo comportamento.
 
Arrivati in casa, che si trovava attaccata alla palestra, i ragazzi si prepararono per andare a dormire.
 
 
Segreteria telefonica. Il cliente da lei chiamato…
 
Era già la terza volta che c’era la segreteria. Ormai era mezzanotte, e suo padre non era ancora arrivato. «Ma perché non risponde?» parlò Ginka tra sè e sé, guardando il telefono.
Si lasciò cadere sul letto, sbuffando. «Okay che ha spesso tanto lavoro da fare. Insomma, è il direttore della WBBA. Però di solito mi avverte quando sa di fare tardi…».
Guardò la sveglia per un’ultima volta: 00.15.
«Ahhhhhh! Sono troppo stanco per aspettarlo sveglio. Domani ho un altro allenamento.» Così, decise di mettersi sotto le coperte e spegnere la luce, ma, prima di addormentarsi, una domanda gli stuzzicò la mente.
“Però è strano…mio padre se ne va via all’improvviso, e oggi in palestra mancano Yu, Titi, Tsubasa e Kenta. D’accordo che riguardo a Kenta non mi stupisco più per le sue assenza, ma…”
La stanchezza lo sopraffò, facendolo definitivamente addormentare.
 
 
DRIN DRIN! DRIN DRIN!
 
«Ahhhhhhhh!!!!! Ma chi diavolo è a quest’ora?».
Ginka sbirciò la sveglia sul comodino: 02.47.
Si alzò seccato, barcollando fino al telefono che suonava con insistenza.
 
DRIN DRIN! DRIN DRIN!
 
«Arrivo! Arrivo! » urlò al telefono.
«Pronto…?» rispose, assonnato.
«Pronto, Ginka? Sono io, papà!» Ryo, a differenza di suo figlio, era sveglio come non mai, anzi, aveva una voce quasi agitata.
«Papà! Ma insomma, ti avrò chiamato cento volte! Si può sapere cosa c’è?».
«Scusa Ginka. Non c’è davvero tempo per spiegare. E’ urgente! Devi recarti immediatamente alla sede della WBBA.»
«Ma papà sono le 3 del mattino...».
 
TOCK!
TUN TUN TUN TUN TUN…
 
Era sconvolto. Cosa cavolo c’era di così urgente? Rago in qualche strano modo era tornato? Kenta aveva combinato un disastro come al solito?
S’infilò pigramente i vestiti, sbadigliando come un matto, si legò il suo prezioso beyblade alla cintura e uscì di casa, non proprio contento, ma comunque incuriosito.
 
 
«Masamune! Madoka! Ci siete anche voi!» disse, non appena li vide fuori dalla sede.
Madoka non era per niente stanca, ormai era solita lavorare quasi tutta la notte per aggiustare i bey, per non parlare della sua espressione preoccupata da tale allarme.
Masamune invece era l’esatto contrario: sembrava un sonnambulo mentre faceva un bel sogno.
«Forza, entriamo!» disse Madoka mentre percorreva velocemente gli scalini fino all’entrata.
«Sì! Hai ragione! Forza, andiamo!» Ginka la seguì, ma poi si voltò vedendo Masamune ancora fermo in piedi e quasi totalmente assopito.
«Dai, Masamune! Andiamo!» Ginka lo trascinò su per le scale a fatica, mentre l’altro non aveva alcuna intenzione di aiutarlo.
Superate le porte scorrevoli, notarono con sorpresa che le luci d’illuminazione interna erano quasi tutte spente.
“Strano…!” pensò Madoka ”In fondo, questa è la sede ufficiale… Coloro che ci lavorano sono sempre tutti presenti. Com’è che oggi invece è così buia e non c’è quasi nessuno?”.
Infatti, la sede era vuota, senza quel fermento che la caratterizzava ventiquattro ore su ventiquattro. C’era solo una signorina al banco di accettazione, anche se di solito ce ne erano ben quattro! Sembrava non essersi accorta della loro entrata; non faceva altro che guardare sullo schermo luminoso del computer e appuntare qualcosa su un foglio.
I ragazzi si guardarono intorno: ebbene sì, c’era solo lei. Né guardie, né nessun altro.
«Ehm…mi scusi?» chiese Madoka educatamente. La segretaria la guardò dritta negli occhi, sistemandosi gli occhiali, il suo sguardo era quasi minaccioso.
«Siete Ginka Hagane, Masamune Kadoya e Madoka Amano?» chiese distrattamente.
«Ehm…sì, siamo noi…» risposero quasi all’unisono.
«Hm…» sospirò la signorina, inclinando la testa e increspando le lebbra. «Non mi fido. Documenti, prego!-.
“Che cosa? Ma se ci ha visti una marea di volte” pensò Madoka mentre apriva il marsupio.
I ragazzi le porsero i documenti. La signorina li controllò con attenzione.
«Il signor Hagane vi aspetta nello studio del Presidente. Non vi preoccupate, le guardie non ci sono, potete andare su senza problemi.»
Ringraziarono e presero l’ascensore.
“Niente sicurezza, sfiducia nei nostri confronti nonostante la nostra quasi continua presenza qui…ma che sta succedendo?” Madoka si scervellava in tutti i modi mentre l’ascensore saliva. Era troppo impaziente per attendere una spiegazione da parte di Ryo.
 
Poi però, finalmente, arrivarono allo studio.
 
TOCK! TOCK!
 
La porta scorrevole si aprì. I ragazzi entrarono.
C’era Ryo, niente stupore. Ma per il resto…
Stranamente c’erano anche Kyoya e Tsubasa. Ma mancava l’individuo più importante: Paschendale.
«Papà! Che significa? Dov’è…dov’è Paschendale? E perché Tsubasa è seduto al suo posto…?».
Ginka, Madoka e Masamune - che finalmente si era svegliato - rimasero sbalorditi.
Avevano tutti un’aria triste e parecchio sconvolta.
«Tsubasa, che è successo?» chiese Madoka con fare protettivo e angosciato.
Il blader di Earth Eagle guardava basso, imbronciato. In fondo, l’avevano sempre conosciuto come un ragazzo silenzioso e sulle sue, con quell’aria un po’ malinconica; ma lì esagerava! Sembrava essere sul punto di piangere, coi pugni chiusi stretti stretti e le labbra contratte in una smorfia di dolore. Si alzò di scatto dalla poltrona mantenendo lo sguardo basso e le mani serrate.
«Mi dispiace, ragazzi…» cominciò« io… io non me l’aspettavo, ve lo giuro. È che…» sospirò «Paschendale mi ha ceduto il suo posto…!».
 

 
Tutte le bocche si aprirono, soccate. Si era capito che qualcosa non andava, però… come dire… non così grave.
«No, aspetta. Paschendale ti ha ceduto l’attività?» chiese Ginka.
Tsubasa non rispose. Non sapeva cosa dire.
«Ky…Kyoya…t…tu sai qualcosa a riguardo?» domandò Madoka con indecisione.
Kyoya se ne stava con la schiena appoggiata al muro, le braccia incrociate e la faccia imbronciata. Tra tutti, sembrava quello meno sorpreso.
«Credo di saperlo, » disse guardando in alto, fissando la luna «ma se è realmente ciò che penso che sia, dovrei chiederlo prima a lei.»
Gli altri lo fissarono con un’aria interrogativa.
Kyoya sospirò e proseguì. «E’ una situazione delicata.»
«Situazione delicata, eh?».
Si girarono verso la porta che si apriva sull’ex appartamento di Paschendale. Kenta aveva fatto la sua comparsa.
«Perché non ce ne parli? Sono curioso di saperlo…».
«Non credo proprio sia il caso. Inoltre, non sono affari tuoi.» Kyoya sembrava pacato, ma si capiva che tratteneva a fatica la voglia di menarlo.
«Io invece credo di sì. Dopotutto, è di tua sorella che stiamo parlando, no? E io sono colui che la conosce meglio, per vari motivi…».
A quelle parole, ci volle meno di un secondo per far perdere la pazienza a Kyoya.
Con uno scatto, corsero l’uno verso l’altro pronti a darsele.
Kyoya era incavolato nero, Kenta invece lo sfidava con lo sguardo, con la faccia, col corpo.
«Ragazzi, calmatevi adesso!» Ryo si mise in mezzo per anticipare l’imminente rissa.
«Di Paschendale parleremo dopo. Ora dobbiamo decidere come sistemare la questione della WBBA.»
Gli occhi di Kenta, da quasi dorati che erano diventati, tornarono del classico color castano che aveva sempre avuto. Quello sguardo innocente e allegro che tutti amavano.
«Hai ragione. Scusatemi, vi prego.» rispose il bambino diventando improvvisamente deluso da se stesso.
Non era strano che gli succedesse, dopo un anno che Ryuga era entrato in di lui, non riusciva a gestirlo. Il blader di L-Drago, dopo tutta la storia di Nebula Oscura, ce l’aveva fatta a sconfiggere il potere delle tenebre, rinascendo e diventando più forte e più “amabile”. Ma Kenta, essendo ancora solo un bambino, non poteva convivere con una forza tanto grande. Così, quella piccola e insignificante parte oscura che viveva ancora in Ryuga, trovava attraverso Kenta libero sfogo, ingigantendosi sempre di più, quasi come se L-Drago lo avesse posseduto.
«Tsubasa, » cominciò Ryo, voltandosi verso il suo interlocutore «ci sono due possibili vie: puoi continuare a essere il Presidente della WBBA, oppure rifiutare. A te la decisione…-.
L’espressione di Tsubasa, da afflitta, divenne decisa e determinata.
«Non voglio essere il Presidente di una società, anche se si tratta di Beyblade. Il mio unico obiettivo è diventare un grande blader, superare i miei limiti e combattere col mio Earth Eagle fino alla fine.»
Era una risposta plausibile, e anche abbastanza prevedibile.
«Tsubasa, -si intromise Masamune «se non volevi diventare tu il nuovo presidente della WBBA, perché hai accettato?».
«Tu non c’eri, Masamune. Non sai il modo in cui me l’ha chiesto. Era disperata, piangeva, ed io non me la sentivo di deluderla.»
«La cosa incredibile è che tu non ricopri nessun ruolo governativo nell’associazione. Sei solo uno dei campioni della WBBA.» Ginka cercò di essere il più delicato possibile.
Non ci fu risposta.
«Allora, Tsubasa» proseguì Ryo con tono fermo, catturando l’attenzione del blader «Decidi: vuoi essere il Presidente della WBBA?».
Tsubasa non ci pensò un secondo di più. «No.»
«D’accordo! Ora che non c’è un Presidente, bisognerà parlare con Paschendale e convincerla a tornare. Dopo la battaglia contro Rago, il mondo del Beyblade si trova sul filo di un rasoio: questo sport ha perso credibilità; ci vuole un vero leader per convincere la gente del contrario. E lo sappiamo tutti che la leader più adatta è proprio Paschendale.»
«Cosa possiamo fare, papà?».
«Appena usciti da qui, andrete al porto. Là c’è un yacht della WBBA che vi porterà sulla costa dove è situata la casa di Paschendale. Da lì, Kyoya vi farà da guida. Chi vuole andare?».
Ovviamente, Ginka, Masamune e Madoka alzarono la mano - Kyoya no, era scontato che ci sarebbe andato.
«Molto bene! Allora, avviatevi.» concluse Ryo.
«Grazie mille papà per averci informati. E non preoccuparti, Tsubasa; riusciremo ad arrivare al fondo di questa storia come si deve!».
«Grazie, ragazzi! Siete dei veri amici».
Uscirono tutti dallo studio tranne Ryo e Tsubasa, dirigendosi verso l’ascensore.
 
 
«Kyoya!» chiamò Kenta con un sottile velo di imbarazzo.
Kyoya si voltò lanciandogli uno sguardo non proprio dei più amichevoli.
«Ho bisogno di parlarti in privato…».
Gli altri lo guardarono come per dire “Sei sicuro di voler stare solo con lui?”.
«Vi raggiungo dopo.» rispose loro con voce ferma, guardandoli con la coda dell’occhio.
Le porte dell’ascensore si chiusero.
 
 
Due caratteri così scontrosi sono pericolosi se lasciati soli.
Kyoya lo guardava con ostilità, mentre Kenta sembrava dire “Senti! Tu non piaci a me e io non piaccio a te! Però…”
Quest’ultimo tirò fuori dalla tasca una busta bianca, e gliel’allungò.
«Consegnala a tua sorella.» disse con voce ferma.
L’altro la prese, rigirandola tra le mani, ma non l’aprì.
«L’ha scritta lui?» chiese.
Kenta non rispose. Accennò solo un “sì” col capo.
Kyoya mise la busta in tasca. Si avvicinò a Kenta fino a quando erano lontani solo pochi centimetri. Gli afferrò il collo della camicia e lo sollevò di quasi mezzo metro.
«Mia sorella ha sofferto abbastanza per quello screanzato. Ha quasi perso la vita per salvare la sua.»
Il povero Kenta aveva i brividi, avrebbe voluto che Ryuga uscisse dal suo corpo per difenderlo.
«Se prova in qualche modo a farla soffrire, non avrò rimpianti nel distruggervi. Cerca di farglielo capire appena riesci a parlare con lui, chiaro?».
Sudava come un matto.
Non riusciva a parlare.
Era solo un bambino.
Già, un bambino.
Un bambino combattuto tra la sua personalità e un'altra completamente diversa.
Un bambino che da normale era diventato un essere anomalo.
Un bambino troppo debole per avere una responsabilità tanto grande: mantenere nel proprio corpo uno dei più grandi blader della storia.
Nessuno poteva comprendere quanto fosse faticoso fare una cosa del genere. Era ingestibile. Era impensabile. A volte vivere così non era possibile. In fondo, com’era lui come blader? Un blader mediocre! Non aveva mai vinto nulla d’importante da solo. Forse era il più scarso tra i suoi amici.
Essere forte solo grazie a qualcuno che si era ucciso. Ucciso per sopravvivere, ma anche per proteggerlo, per dargli fiducia, perché credeva in lui.
Kenta non aveva voce in capitolo. Ryuga era entrato in lui e basta.
In fondo ne era felice: per lui, Ryuga era molto più di un grande blader. Era un maestro, un’ispirazione, un amico.
Ma non così! Non prendendosi la sua personalità e trasformandolo in un essere orribile. Anche se c’era un motivo: Ryuga era arrabbiato, e tanto. Era spazientito. Era stufo, stanco. Non ne poteva più. Ma cosa poteva fare? Lui era come un fantasma e lei non lo poteva sentire, vedere, toccare.
Kenta lo sentiva. Sentiva il suo lamento e il suo dolore. Riusciva ad avvertirlo perché si rispecchiava nei suoi sensi. Non lo lasciava dormire, piangere, ridere, gridare…
Tante volte passava accanto a quel ponte, vicino al quale aveva conosciuto Ginka. Quando era ancora un ragazzino normale, spensierato e felice.
Quante volte aveva pensato di buttarsi.
Quante volte aveva pensato di farla finita.
Quante volte aveva pensato di liberarsi di quel peso.
Se non fosse stato per la voce di Ryuga: “Fallo per lei…”.
Morendo sarebbe tornato un essere unico.
Morendo sarebbe tornato a essere LUI !
Sapeva che non erano pensieri per un bambino. Però, dopotutto, lui non era un bambino.
Era un mostro.
 
Tutti quei pensieri corsero nella testa del piccolo Kenta veloci come un razzo. Quasi si era dimenticato di essere stato messo con le spalle al muro.
«O…okay…d’accordononsoffriràpiù.» disse spaventato.
Kyoya lo mollò, facendolo cadere goffamente a terra. Si voltò e andò a raggiungere gli altri.

 
  
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