Welcome to Nemes-Y

di AyakoSoul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio ***
Capitolo 2: *** Download: UaY World ***
Capitolo 3: *** Virus Nel Buio ***
Capitolo 4: *** Gran Benvenuto a Nemes ***
Capitolo 5: *** Scontro con la nemesi delle Nemesi ***
Capitolo 6: *** Sentirsi a casa ***
Capitolo 7: *** Ricordi lontani ***
Capitolo 8: *** I due fratelli ***
Capitolo 9: *** Impotenza e vendetta ***
Capitolo 10: *** Il Suo Nome ***
Capitolo 11: *** Segreto per un Mostro ***
Capitolo 12: *** Non mi lasciare ***
Capitolo 13: *** Chi sta mentendo? ***
Capitolo 14: *** Ingiustizia crollata ***
Capitolo 15: *** Quando i Codici si spezzano ***
Capitolo 16: *** Le Tenebre e il Fiore ***



Capitolo 1
*** Risveglio ***


«...»

 

Si svegliò sussultando, ritrovandosi nel buio più assoluto, mentre un brivido gelido gli percorreva la colonna vertebrale.

«..Dove sono?» chiese, ma gli rispose solo il suo eco.

..che posto era quello?

...cos'era successo?

E soprattutto...chi era?

Rimase lì a crogiolarsi nei suoi pensieri, rimanendo sempre vigile.

Non sbatté nemmeno le palpebre.

Restò lì ancora per qualche tempo, poi, finalmente, chiuse gli occhi e, appena li riaprì, si ritrovò in una specie di piattaforma bianca e tonda, le pareti erano bianche e le colonne tutt'attorno in quello spazio immenso erano candide con sopra piccoli numeri raggruppati gli uni con gli altri che si muovevano, cangianti.

Erano piccoli, ma erano così tanti che formavano un unico pilastro multicolore.

«Benvenuto» le disse una voce femminile alle sue spalle.

Si voltò, davanti a lei apparve una ragazza dal taglio di capelli lungo fino alle spalle castano con ciocche bionde qui e là, occhi privi di pupilla, immacolati, color del vetro, la carnagione rosea e un sorriso appena accennato dipinto sul volto.

Aveva una tuta attillata nera, al centro del petto una specie di cerchio metallico che emanava un'insolita luce azzurrina.

Lui si sentì spaesato.

Era successo tutto così in fretta che..

«..che non riesci a capire nulla di quel che ti sta succedendo?» disse lei leggendogli nel pensiero.

Il cuore del ragazzo sussultò.

«Lasciami comprendere, e io ti spiegherò» disse, così gli toccò con l'indice e il medio la fronte e le due dita si illuminarono per un attimo.

«...»

«Quindi tu sei Lorenzo. Anzi, sei conosciuto da molti come Favij, giusto? Ho capito come mai sei qui: un ragazzo anonimo ti ha consigliato un gioco chiamato Nemes-Y e tu l'hai provato, ma appena hai aperto il gioco la tua mente si è annebbiata e il tuo corpo è stato teletrasportato qui. Bene, allora lascia che ti dia il benvenuto- spalancò trionfalmente le braccia ad indicare tutto quello spazio bianco lì attorno- nel Mondo di UaY!» concluse con fare teatrale.

Lorenzo, o Favij che fosse, per quanto cercasse di identificarsi con quello che aveva detto quella ragazza strana, ancora aveva la mente annebbiata, era confuso, era come se un blocco alla mente gli avesse serrato la memoria.

«Mondo di..? Cosa? Favij?» balbettò, l'unica cosa che si sentì dentro era una confusione enorme che lo lasciava spiazzato.

 

........................Messaggio dell'autrice.....................
Ciao a tutti!
Mi scuso in anticipo per il capitolo molto corto!
I prossimi saranno più lunghi, prometto! ^^
Questa è la mia prima FanFiction su Favij, lo adoro!
Non ho spiegato nulla per ora, quando avrò tempo mi metterò al lavoro come si deve e cercherò di approfondire più cose su questo strano mondo e cose varie..intanto ringrazio tutti quelli che decideranno di seguire questa storia!

AyakoSoul

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Capitolo 2
*** Download: UaY World ***


La ragazza con la tuta nera lo trascinò via da quella sottospecie di stanza bianca tenendogli di lato la manica corta della maglietta azzurra con due tizi raffigurati su una bicicletta, uno con lo sguardo maligno e un altro dietro che piangeva. E ancora quella scritta: Favij.

Ma cosa significava veramente, quel nome?

Secondo la ragazza, così in molti lo chiamavano.

Ma lui non si ricordava assolutamente niente, né il suo nome, né da dove provenisse. Una strana nebbia gli avvolgeva la mente, come se fosse stato tutto oscurato.

“..o censurato.” pensò e ci ridacchiò su, non capendo come avesse fatto a farsi venire in mente quel pensiero.

Per una frazione di secondo vide la ragazza voltarsi e poi tornare con lo sguardo diretto a un lungo corridoio bianco.

Al ragazzo sembrava quasi che stesse...sorridendo.

Il corridoio era ornato di altri piccoli numeri, raggruppati tra loro e cangianti, che formavano archi di colore che riflettevano la loro luce a chi li guardava.

Parevano codici, indecifrabili a occhio nudo.

Lui ne rimase incantato.

«Ti piacciono tanto, i Codici Origine?» gli chiese la ragazza, probabilmente leggendogli un'altra volta nella mente.

Quel pensiero incupì il ragazzo.

Quegli occhi letteralmente vitrei gli facevano paura, come l'idea che potesse saperlo.

Lei faceva paura.

Non spiegava niente.

Lo accompagnava chissà dove.

E lui poteva solo fidarsi, non sapendo dove andare in quegli enormi spazi bianchi che stavano attraversando, procedendo per il corridoio, sempre più incosciente di cosa roteava attorno a lui.

Più pensava, più comprendeva che lei sapeva quel che stava pensando.

E la cosa lo inquietava non poco.

Continuarono, oltrepassando tunnel scuri che sfociavano in altri spazi bianchi.

«Non mi hai ancora risposto» gli disse lei.

Lui non capì subito, quindi lei si voltò a guardarlo.

«I Codici Origine» aggiunse guardando divertita la faccia nulla capente del ragazzo.

«Cosa..?» balbettò lui, guardandosi intorno.

«I Codici Origine sono quei numeri lassù, che osservavi prima - indicò col dito i numeri piccoli sulle colonne – e sono i numeri che codificano l'universo» disse cercando di essere povera di parole, ma la faccia di “Favij” era ancora interrogativa.

Sospirò, preparandosi a raccontare una cosa per lei abbastanza noiosa, prendendo fiato.

«Nello spazio che ci circonda, ci sono tanti numeri, piccoli e invisibili».

I suoi occhi vuoti si riempirono di una luce candida e lo spazio intorno a lei si riempì di piccoli numeri bianchi e cambiavano in continuazione, sfilavano, si scontravano.

L'aria ne era piena. Il ragazzo, invece, aveva degli strani numeri rossi intorno e un corpo pieno di altri piccoli codici, colorati in una maniera che la stupì.

Erano cremisi, blu, verdi, gialli..non aveva mai visto una cosa del genere.

E lui non poteva sapere di avere quella specie di arcobaleno dentro, lui non aveva il potere che aveva lei.

 

Scosse impercettibilmente la testa e continuò il suo discorso, tornando alla visuale normale delle cose.

«Sono i codici che compongono il mondo, che ne formano un equilibrio, che ne sintetizzano la materia, la plasmano. Ogni codice è diviso in serie e forma un particolare spazio, lo anima, lo fa muovere. Sono, appunto, l' Origine di ogni cosa, una specie di anima della materia. E alcuni li abbiamo sintetizzati, cosicché formassero queste colonne, i Pilastri, che sorreggono questo posto».

Riprese fiato un attimo, assicurandosi che il ragazzo seguisse il suo discorso.

«Sei nel Nucleo, che organizza ogni cosa del Mondo e del Mondo tutto sa e tutto cura. Questo è l'intento di UaY: curare. Nel Mondo, da cui provieni tu, le anime della gente sono troppo grandi. Hanno bisogno di un recipiente per non lasciarle sfuggire, quella parte di vita che dei sentimenti ha bisogno. Così, da tempo immemorabile, vive UaY, il Mondo Curatore. Quello che contiene l'animo di ogni Terrestre, che aiuta lui stesso ad affrontare la sofferenza» concluse, cercando finalmente di riorganizzarsi, sistemandosi le ciocche di capelli sul volto.

Il viso del ragazzo era indecifrabile. Ma i pensieri divennero subito parola.

«Ma se io non appartengo a questo mondo, come ho fatto ad arrivarci attraverso un “gioco”? Perché non ricordo più nulla?» queste erano solo due delle infinite domande che voleva fare.

E lei le sapeva, tutte.

Gli sorrise ancora, continuando ad accompagnarlo chissà dove.

«Tutto verrà spiegato» disse sibillina, poi si zittì lasciandolo ai suoi pensieri, che a lei parevano semplicemente teneri, come quelli di un cucciolo smarrito.

 

Continuarono a camminare silenziosamente, finché, alla fine di un lungo e buio tunnel, non intravidero un'angusta porticina luminosa, piena di numeri.

La attraversarono, uno per volta, e, appena uscirono, la porta scomparve.

«Ti do l'ufficiale benvenuto a UaY!» trillò la ragazza dandogli una pacca sulla spalla.

Il ragazzo non crebbe ai suoi occhi.

Era già tutto così nuovo, senza aggiungere quello che stava vedendo lui in quel momento.

Erano tantissimi, tutti diversi.

E lui li sentiva così vicini, in empatia.

Sentimenti.

Cos'era, quella strana sensazione nel petto?

Erano tantissimi, ma particolari: incarnati sotto forma di oggetti, persone, le cose più disparate.

Andavano da tutte le parti, calme o frettolose, mosse o ferme.

Vide passare cubi colorati col viso, ragazzi da sogno, teschi, animali...di tutto. E c'erano colori, tanti colori. Era tutto mischiato insieme. Un ammasso di sentimenti e pensieri mescolati tra loro, che parlavano, si scontravano.

Era tutto quello che la mente umana non avrebbe mai concepito.

«Che caos, vero?» disse la voce della ragazza, e lui si voltò a guardarla.

«Ma nel loro insieme sono stupendi. E io li conosco tutti.» i suoi occhi divennero lucidi per un attimo.

Finalmente, il ragazzo si azzardò a chiederglielo.

«Ma tu chi sei?» le chiese, facendo un passo inquieto indietro.

Lei si voltò di scatto, aspettandoselo.

«Ah, è vero, non mi sono presentata» si scusò, sistemandosi una ciocca dei capelli.

Poi gli tese una mano, sorridendogli.

«Io sono Omega, il guardiano di questo posto. Mi spiace non essermi presentata prima. Comunque, catalogo tutte le Macchie che vengono qui» disse.

«Macchie?» Favij aggrottò di nuovo la fronte, non capendo di che stesse parlando.

Omega abbracciò con lo sguardo quelle surreali meraviglie che si muovevano in uno spazio infinito.

«Questo spazio è bianco. UaY, senza loro, è un mondo completamente immacolato. E queste Macchie, così colorate, riescono dargli una personalità. Per questo Lui è felice!» disse ilare.

«Parli di questo posto come se fosse un essere vivente» osservò sarcastico e schietto il ragazzo.

Lei lo guardò piena di meraviglia, gli occhi vitrei lo inquietarono di nuovo.

«Perché lui vive!» gridò, lasciandolo inebetito.

Poi il suo volto parve alterarsi, come se si fosse ricordata di qualcosa.

«Dimenticavo» disse, tese la mano in alto verso il vuoto e quella si illuminò.

«Io ti conosco, da qui sono passati anche i tuoi pensieri, sai? Ce n'erano tanti..» aggrottò la fronte, come un bambino che cerca il suo giocattolo preferito senza trovarlo.

Poi il suo volto parve spiazzato.

«Non capisco..» balbettò, facendo storcere il naso al ragazzo, lì in attesa.

«Una volta di tuoi sentimenti ce n'erano tanti..perché ora..ne trovo solo uno?» continuò spaesata.

Ma, a quelle parole, lui sussultò. Gli sembrava di aver sentito qualcosa di inammissibile, o anzi, qualcosa che voleva ma non comprendeva a fondo.

Quando la mano di Omega smise di brillare, rivelò un paio di cuffie con un cavo spezzato.

La ragazza gliele porse e lui prima le sfiorò, poi le prese saldamente.

Quell'oggetto gli faceva uno strano effetto, come se lo attraesse a sé, ma allo stesso tempo non fosse niente di speciale.

«Cosa..?» le squadrò a dovere, ma non capì che farci.

«Sono tue, provatele» gli suggerì Omega, anche lei a riflettere sull'utilità patetica di quella azione, vergognandosene un pochino: credeva che forse il contatto con un suo pensiero avrebbe provocato qualcosa, ma lui rimaneva lo stesso .

 

Lui lo fece, si coprì le orecchie con i cuscinetti interni, subito il suo cuore perse un battito.

Nel suo cervello arrivarono immagini di un ragazzo castano e con gli occhi marroni, il ciuffo piegato in modo particolare e..con le cuffie indosso.

Immagini e frasi, inculcati nella sua mente così all'improvviso da farlo barcollare all'indietro.

La ragazza lo guardò.

«..Favij?» gli chiese guardandolo.

Ma lui non vedeva, non ascoltava.

La testa gli stava per scoppiare di quei...momenti.

 

 

“Porca puttana!”

 

                                                                             “Oddio, che figo!”

            “Ragazzi, io mi arrendo!”
 

 

 

                                                             “Ma che cazzo ho fatto?!”

 

“Raga c' è..c'è..un sacchetto della spazzatura..paranormal pattumiera.”

 

                                                                                                      “Usa gli addominali, Eddie!”

 

                                  “Ho bisogno di un rifugio anti-obesi!”

 

                                                                                         “Io e Steve siamo inseparabili!”

 

“Cosa possiamo creare ora?”

                                                                      “Dov'è quel bastardo?!...”

 

       “Raga ce l'ho dietro, ce l'ho dietro..”

 

                                                                                       “E come ci siamo finiti qui?!”

 

“Ti odio, Cat Mario, perché..perché non sai saltare?!”

                                                                                          “Questo gioco è fottutamente epico!”

 

 

 

                                                “....? Nemes-Y? Bel nome, perché non provarlo?”

 

 

Sentì il respiro mancare, la testa pulsare dal dolore..

 

...Poi tutto fu buio, l'eco lontana del richiamo di Omega che scompariva pian piano.



.......................Messaggio dell'autrice.......................
Eccomi, ragazzi, credo di aver sparato nella mente del povero Favi un casino di informazioni in un solo capitolo..!
Se non si fosse capito..hihi..Omega rappresenta me, il mio personaggio ^^.
Come spiegare cos'è UaY? Allora (pensando a un modo stupido per descriverlo)... è come una fanart di Adventure Time con dentro tutti i personaggi :D. Perdonatemi la citazione idiota..^^"
Che fatica raggruppare le frasi di Favi C_C ma ne è valsa la pena.
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo, chi ha deciso di leggerlo e tutti quelli che decideranno di recensire e seguire la storia ^^!

AyakoSoul

 

 

 

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Capitolo 3
*** Virus Nel Buio ***


Di nuovo buio.

Come se avessero spento la luce.

Dei tamburi lontani andavano a tempo, un ritmo incessante che gli riempiva la mente.

E dolore, tanto dolore.

Come se un martello picchiasse sul cranio.

 

In lontananza, una risata un acida e sottile.

Dal nero, una mano bianca, dalle dita a punta, spuntò e si parò davanti a lui, come se lo volesse afferrare.

“..Favij eh? Che bei ricordi hai trovato. Sembri quasi una persona..vera. Misa che ci divertiremo insieme.” una voce lontana gli rimbombò nelle orecchie, mentre il mal di testa continuava a fargli pulsare la tempia.

«Basta..smettila..» farfugliò nel buio, senza sapere cosa stesse dicendo.

Di nuovo la risata echeggiò in quello spazio indifeso, poi la mano si dissolse, lasciandolo in quello stato confusionario dove si era risvegliato la prima volta.

 

Poi tutto ritrovò i suoi contorni, delineando una stanza dalle pareti colorate e un set da tè pomeridiano su degli scaffali in cristallo.

Era steso su un letto a baldacchino di pizzo rosa e rosso, le coperte erano tirate fin sopra il naso.

Guardava le tende stucchevoli e soffici sopra di lui, quando gli si parò davanti il viso ovale e abbronzato di Omega.

Sussultò, si tirò su a sedere ed indietreggiò coi palmi delle mani fino a toccare la parete con la schiena.

Era seduta su una sponda del letto e lo guardava confusa.

Poi saltò giù e si ritrovò in piedi in posa composta, lo fissava come se si aspettasse qualcosa da un momento all'altro.

“Porca puttana, mi è preso un colpo..” pensò, e vide sorridere la ragazza.

«Signora Dama! Si è svegliato!» gridò rivolta verso la porta con le mani a coppa attorno alla bocca.

Da quella entrò una signora pingue dalla carnagione pallida, un vestito lungo, attillato, con una spaccatura a metà del ginocchio sinistro e un motivo a scacchiera. Gli occhi erano neri, i capelli bianchi, ma non sembrava vecchia.

«Oh cielo, finalmente questo benedetto figliolo si sforza di tirare su quei macigni che ha al posto delle palpebre!» borbottò frettolosamente con voce cavernosa.

Favij vide le sue mani percorrere frettolosamente delle cose su un tavolo e tirare fuori da un armadietto lì vicino una teiera. Ci versò dentro un liquido strano e glielo porse insieme a una tazza di porcellana.

Lui accettò un po' inquieto, poi bevve quel liquido buono ma caldo che sapeva di frutta esotica.

«Buono!» esclamò contento «Cosa c'è dentro?» chiese ma, appena formulata la domanda, con la coda dell'occhio vide qualcosa di colorato tentare di uscire da un barattolo scuro, posato sul tavolo, che emetteva impercettibili versetti acuti, quindi nel suo campo visivo entrò la mano di Omega che si affrettava a chiudere con cura il contenitore, il solito sorrisetto gentile dipinto sul volto.

«Li chiamano SaltaEmicrania!» disse un po' imbarazzata.

Il ragazzo smise di bere quell'intruglio misterioso.

Vide quelle due scambiarsi un'occhiata colloquiale, così la Signora Dama se ne andò e lui rimase solo con Omega.

«Passiamo alle cose importanti - decretò Omega mettendosi a sedere su una sedia - che cosa è successo, poco prima che tu svenissi?».

Fu come se una lampadina gli illuminasse il cervello: se ne era totalmente dimenticato, ma possibile che lei non lo avesse già visto mentre lo aveva pensato?

«No - disse quella, leggendogli nel pensiero - «A un certo punto, la tua mente si è oscurata ai miei occhi, come se qualcuno volesse nasconderla.»

Lui rimase spiazzato, poi rifletté un attimo, deciso ad aiutarla.

«Ho visto...penso, ricordi. Dicevo tante cose, come se parlassi a molta gente, e indossavo quelle dannate cuffie..ma ero solo. Davanti a me c'era lo schermo di un computer. Eppure parlavo come se con me ci fosse tanta gente...» cercò di ricordare più cose possibili.

«E poi, tutto si è fatto di nuovo nero, come prima che venissi qui. C'era una mano bianca, una voce e..e..» sospirò, più confuso che mai.

Lei stette in silenzio, a riflettere.

«Ti ho aiutato perché è la prima volta che un essere umano appartenente a tutti gli effetti all'altro Mondo riesce a venire qui. E forse quella tua pazzia è proprio quello che ti ha fatto venire qui, sai?» disse lei.

Favij aggrottò la fronte: il fatto che fosse pazzo era l'unica teoria per descrivere cosa fosse accaduto?

Senza contare il fatto che lui non ricordava assolutamente nulla della sua vita “normale”.

Ricordava soltanto di essere un umano.

Avrebbe potuto avere una famiglia, persone che lo aspettavano.

Ma niente di tutto quello gli era rimasto impresso.

Omega si picchiettò per un po' con l'indice la guancia.

Poi nei suoi occhi balenò un'idea, afferrò per un braccio il ragazzo e lo trascinò fuori dalla stanza.

Oltre la porta, un arco di luce li teletrasportò in un posto pieno di altre cianfrusaglie, create anche quelle dai pensieri della gente probabilmente, e un pavimento con un motivo bianco e nero che saliva fino a diventare il soffitto, delineava una spirale e diventava un muro, occupava tutto lo spazio.

E intanto, il ragazzo guardava meravigliato. Pensava che andando a scoprire di più quel mondo un giorno gli si sarebbero sciolti i bulbi oculari.

Attraversarono una porta in mezzo al nulla e si ritrovarono in una sala buia, illuminata da delle fioche lampade che emettevano bagliori azzurrini e strani macchinari con rotelle azionate che giravano in senso orario e antiorario, leve che si manovravano da sole e stantuffi enormi e cilindrici azionati.

«Ma cosa..» balbettò ancora Favij, aspettando da Omega una risposta.

«UaY è un mondo dove lo spazio è deformato e modellato a proprio piacimento.

Per questo il pavimento può diventare il soffitto, e anche una sala così piccola riesce a gestire l'intero spazio infinito che è. Benvenuto nella Sala delle Manovre, che fa sì che lo spazio non si irrigidisca.»

«Perché non deve irrigidirsi?» chiese stupidamente.

«Perché se no diventerebbe troppo consistente e reale e si scontrerebbe con quella che è la tua realtà.» rispose ilare.

«Certo che ne sai di cose eh» disse cercando di congratularsi con lei. Quella fu l'unica cosa per cui stette zitta.

Lo condusse al centro della sala e da una sedia uscì fuori un vecchio molto basso dal camice bianco, il naso adunco, i baffi soffici e grigiastri e occhialetti tondi a specchio che non lasciavano intravederne gli occhi. Era un po' gobbo, ma non faticava a camminare.

«Guarda chi si vede! Mia dolce fanciulla, qual buon vento ti porta qui?» le chiese il vecchio sputacchiando e biascicando un poco le 'c' e le 's'.

« Ingras, il mio amico ha un problema.» disse, scambiandogli un'occhiata di comprensione.

Le folte sopracciglia del nano si innalzarono in un'espressione di inaudito stupore.

«Un essere umano?!» esclamò tastandogli la faccia, accertandosi che non fosse un'illusione.

Si grattò un attimo la testa.

«Per tutti gli ingranaggi, che caspiterina ci fa qui un umano?!» continuò borbottando.

«Potresti scannerizzarlo?» gli chiese Omega a trabocchetto.

Sul volto di Favij si delineò un'espressione confusa e preoccupata: che diavolo intendeva con “scannerizzare”?

«Tranquillo, non fa male!» lo rassicurò la ragazza, sperando che fosse l'unica cosa che lo preoccupava.

Dopo qualche secondo di attesa in cui si concentrò, il vecchio saltò fino a toccare con mano il viso del ragazzo, che istantaneamente fu avvolto da una luce azzurrina che lo meravigliò, illuminando lo spazio circostante.

Si guardò tutto, mentre Ingras prendeva uno specchio enorme.

Su quello si rifletté la luce di cui era pieno e le vene, le ossa, i muscoli e gli organi interni si formarono sotto forma di illusione a uno a uno, come se fosse una sequenza di raggi X.

Ma quando la figura del cervello si delineò, vide che era avvolto da striature nerastre che pulsavano e percorrevano le membra velocemente.

Su queste strisce, c'erano altri numeri.

«Che cosa..» balbettò confuso.

«Lo sapevo! - gridò, indicandolo, Omega - Quelli sono i tuoi ricordi spezzati! Qualcuno ti ha frammentato e oscurato la memoria, lo sapevo, e vai!»

E che c'era di tanto divertente se aveva perso la memoria?

Il ragazzo la guardò male e quella abbassò lo sguardo, visibilmente in imbarazzo.

«Invece di fare la saccente, vieni a vedere questo...» la invitò un po' scocciato il vecchietto.

Sgranò gli occhi: sul cuore c'era una specie di inquietante luce bianca a forma di sfera che pulsava.

«Non ci credo..» sibilò Omega, sotto shock.

«Esatto.» annuì convinto il suo amico.

«Cos'è?» chiese distrattamente Favij.

«E' un Virus.» decretò l'altro con aria preoccupata, ma ancora il ragazzo era alquanto incosciente di quel che diceva.

Il vecchio sospirò.

“Ma perché tutti sospirano prima do spiegarmi qualcosa?!” pensò infastidito e la ragazza, al suo fianco, ridacchiò.

«Il Virus è un parassita che viene dai pensieri stessi. Sono scorie di sofferenze e malinconie passate che di solito vanno a finire in un altro posto, ma a quanto pare questo, quando tu sei arrivato qui dal tuo Mondo, è riuscito a passare insinuandosi nel tuo corpo.» disse cercando di riassumere brevemente.

«E' nocivo?» si allarmò il ragazzo.

«Dipende, perché ora la forma sferica, quindi è addormentato. Ma quando si sveglierà, inizierà pian piano a corroderti e non risponderai più del tuo corpo. Per loro quel che riescono a controllare è solo un passatempo, un giocattolo che buttano via appena diventa noioso. E lì, se l'organismo si è adattato troppo alla forza che sprigionano, collassa. In poche parole, a meno che non riesca a trovare un rimedio sei fottuto.» la calma con cui pronunciò l'ultima frase lo raggelò.

«Puoi trovare una cura?» chiese la ragazza, anche lei preoccupata.

«Sì, ma prima potreste chiedere agli abitanti di Nemes.»

«Nemes?» ripeté il ragazzo.

Sia la ragazza che il vecchio sospirarono.

«Io intanto vado ad aprire il portale...» disse con rassegnazione Omega, scomparendo con un bagliore bianco.

Ingras e Favij rimasero da soli.

«Allora ragazzo, qual è il tuo nome?» gli chiese il vecchio.

«Omega mi ha detto Lorenzo, ma da molti dice che sono chiamato Favij.» rispose prontamente.

«Capito. Te a quale tieni di più?»

«Non so perché, ma sento più mio Favij, anche se non mi suscita nulla dentro...»

Il vecchio si lisciò con l'indice il naso.

«Allora, mentre aspettiamo quell'altra, visto che non ho nulla da fare, ti spiegherò cos'è Nemes: è un mondo accostato al nostro, ma di un'altra dimensione. Se qui ci vanno tutti i pensieri benigni e maligni della gente, lì ci vanno le paure e l'odio. Anche lì si incarnano sotto molteplici aspetti e sono chiamati Nemesi. Da lì provengono anche i Virus, di cui ancora non sappiamo la provenienza. Ma secondo me, se le tue memorie non sono qui, probabilmente sono in quel mondo, parallelo al nostro. Le tue Nemesi di sicuro sapranno dove sono e magari scoprirai anche come uscirne, se riacquisti la memoria.»

«E come faccio a capire quali sono le mie Nemesi?»

Il nano gli indicò il cuore:«Dentro di te, memoria o non memoria, sai quali sono.»

Qualcosa nel ragazzo si risvegliò, forse una determinazione seppellita altrove da quando era arrivato lì.

L'ometto si sedette su una sedia.

«Ovviamente sono solo ipotesi – disse – ma se qui non ci sono, puoi solo provare a vedere se sono lì. Non ci sono molte scelte.»

Seguì qualche attimo di silenzio, in cui i due rifletterono sulle cose appena dette.

Poi il vecchio aguzzò la vista sul ragazzo.

«Sei un po' pallido. Hai per caso bevuto la bevanda SaltaEmicrania mia sorella, la Signora Dama?»

Favij sgranò gli occhi: «Quella era sua sorella?!»

Il nano ridacchiò.

«Figliolo, qualunque essere che non sia un Pensiero qui è fratello degli altri. Io e lei non siamo mica gli unici, sai?»

«Quindi anche Omega è sua sorella, signore?»

Quello ridacchiò.

«No.»

Sul volto di Favij si disegnò un altra espressione interrogativa.

«Lei ci ha creato tutti, è ben diverso. Lei è qui fin da quando UaY era un enorme spazio bianco e nulla più, e con questo sto parlando di molti anni prima che si formasse l'Universo da cui provieni te.»

A quell'affermazione, rimase ammutolito. Quella ragazza che avrà avuto la sua stessa età aveva creato degli essere viventi.

Ingras si lisciò di nuovo il naso con l'indice, guardando altrove.

«Ho sempre l'impressione che si senta..sola.» appena finì la frase, un bagliore bianco fece materializzare dal nulla Omega, il volto pallido e imperlato di sudore, l'espressione affaticata di chi ha appena compiuto uno sforzo immane, piegata in due dal fiatone.

«Che ti è successo?!» chiese allarmato il ragazzo.

Quella non rispose, si asciugò la fronte e lo guardò con i suoi occhi vitrei.

«Bando alle ciance, ho appena aperto il portale. Sbrighiamoci ad andare, prima che entri roba strana, come altri Virus. Tu.» disse guardando il vecchio, mezzo addormentato. Gli porse le cuffie che aveva dato a Favij prima che svenisse.

«Fa un po' di indagini su queste, sono del mio amico. Noi andiamo, a presto!» lo salutò frettolosamente, poi guardò il ragazzo, lo prese per mano e un velo di luce bianca li fece scomparire.

 

Ingras, nella sua pigra grotta di valvole e ingranaggi, sospirò.

«Pare che tu abbia trovato qualcuno per la prima volta di inaspettato, eh? Per quello lo vuoi aiutare, perché attrae la tua attenzione, giusto, mia cara Omega?»

 

 

.....................Messaggio dell'autrice...................
Perfetto, come avvertimento ho messo la violenza e ancora non è arrivata.
Voglio scrivere scene violente anche se ancora non è il momento, uffa.
Ma penso di star facendo soffrire troppo il povero Favi! ç___ç
               

Poi arriverà una mia vecchia conoscenza...ma ancora è troppo presto..
Abbiamo appena conosciuto UaY e già ce ne andiamo?! La storia è incentrata su quello, verrà citato più volte ovviamente! u.u
Il Virus mi sta simpatico.
Mi inquieto.

Ringrazio chi ha deciso di seguire la storia, e in anticipo chi vorrà recensirla o metterla tra preferite, ricordate e seguite! :)
Che Piff sia con voi,
AyakoSoul

 

 

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Capitolo 4
*** Gran Benvenuto a Nemes ***


Il portale per Nemes era immensamente grande, circolare, sorretto da due imponenti colonne bianche che si intersecavano fino a unirsi sotto una scritta d'oro, “N”.

Oltre le colonne c'era una specie di liquido trasparente dalle sfumature cangianti, eterogeneo, fluido.

Omega allungò un braccio e, oltre quello spazio misterioso, la sua mano scolorì fino a scomparire.

Favij rimase inebetito di fronte a quello spettacolo, la bocca aperta a farlo sembrare un completo idiota.

«Allora andiamo?» lo intimò la ragazza afferrandolo per un braccio, e lo fece immergere in quello strano liquido.

Oltre, era come nuotare in un mare argenteo, senza pesci e senza terreno o sabbia, ma era come se fosse possibile lo stesso respirare.

Niente cianfrusaglie strane, niente Virus.

Solo lui con se stesso.

Le frasi nella sua memoria affiorarono nella sua mente senza che lo volesse e, in quella pace senza fine, le accolse come vecchie amiche.

A un certo punto però, in quella candida quiete, si udì un grido soffocato.

Omega, dietro di lui, era stata attaccata da...qualcosa.

Si voltò e si ritrovò circondato da piccole luci che danzavano intorno a lui emettendo strani suoni; la sua compagna, invece, era scomparsa.

Quelle luci gli provocavano un immenso fastidio: era come se le entrassero in testa e soffocassero i suoi stessi pensieri. Ancora una volta, sentiva come se il capo gli si stesse spaccando.

Strinse gli occhi cercando di sopportare, mentre le luci lo avvolgevano da cima a fondo, e il ragazzo sentiva come se le sue forze lo abbandonassero.

La sua mente si annebbiava, ormai si era talmente abituato al mal di testa che non lo sentiva più, quell'agonia sorda che lo stava prendendo alla gola.

Mentre tutto diventava più sfumato, sentì una strana, nuova forza crescergli dentro il petto, mentre le sue parole nella sua mente si facevano più acute e insistenti.

Quelle voci lo accompagnarono in un insolito oblio bianco, dove tempo e spazio non esistevano.

 

*

 

All'inizio, i suoi occhi non riuscirono a focalizzare al meglio lo spazio che la circondava.

Quando non riusciva ad avere una visuale normale delle cose rimpiangeva di non avere degli occhi umani, al posto di due sfere simili al palle di vetro.

Si tirò su a sedere: era finita in una città fatta interamente di case e palazzi di vetro, persone di ogni tipo si aggiravano in quel posto a testa bassa che si facevano gli affari loro incurante del suo svenimento, e la luce del cielo sfociava nel colore ambrato dei sogni.

«Nemes..» mormorò Omega alzandosi in piedi.

Si guardò intorno per cercare Favij, mentre i pensieri della gente lì attorno le affollavano la testa.

Quando lo vide, il suo cuore inaspettatamente perse un battito: il suo corpo era disteso a terra, la maglietta colorata con quei due strani tizi in bici era lacera.

L'aura particolare da cui normalmente era avvolto ora era completamente bianca, pura.

Non riusciva nemmeno a sentire i suoi pensieri.

Per un momento ebbe paura che fosse...morto.

Corse verso di lui e si inginocchiò lì vicino, tirandogli su la testa per scrutarne il volto pallido.

«Favi..Favi..?» borbottò dandogli piccoli schiaffi.

Quello aggrottò la fronte un attimo per poi aprire debolmente gli occhi, facendo tirare alla ragazza un sospiro di sollievo.

«Meno male...» mormorò contenta.

«Cosa?» chiese l'altro confuso.

«Credevo fossi morto.»

«..Morto?»

«Sì, morto.»

«Perché dovrei morire..» appena terminò la frase, nella sua mente balenarono le immagini delle luci e delle sue parole.

Omega lo guardava confusa, non capendo i suoi pensieri così ingarbugliati, un dolore lancinante che cresceva all'altezza del fianco. Si guardò: era stata ferita da qualcosa che non era riuscita a vedere, che andava oltre ogni sua cognizione.

«Siamo stati..attaccati..» balbettò Favi mentre si alzava in piedi, mentre la compagna faceva lo stesso.

«Sì, ma credo che tu sappia da cosa, e magari potresti spiegarmelo» replicò l'altra e il ragazzo la guardò come se avesse appena vomitato.

Sembrava così innocua in quel momento, e leggere quel pensiero un po' la indispettì.

«Sì, non so come ma credo che dei due tu sia l'unico che sia riuscito a vedere da cosa eravamo attaccati»

«Intendi quelle strane luci?» chiese lui.

«Probabile»

«Allora sì, lo so. Sembravano..letali»

«Probabilmente lo erano.»

Favij alzò la testa per guardarla: lo osservava con gli occhi stretti, come se si concentrasse su di lui.

«Che stai facendo?» le chiese.

«Niente, sto solo cercando di capire i tuoi pensieri. Alcuni sono come...oscurati, ora.»

Favij la capiva sempre di meno.

Poi tornò a guardarlo normalmente, col solito sorrisetto sbarazzino.

«In ogni caso, la tua maglietta è rovinata. Andiamo a cercare qualcos'altro da metterti» disse, poi si guardò la veste, ma era ancora intatta benché sporca per colpa della ferita.

Camminarono per quei vialetti, Omega si raccomandò di tenere la testa bassa.

Durante la passeggiata verso un luogo che non conosceva, il ragazzo si mise a riflettere.

Aveva ritenuto Omega la persona di cui poteva fidarsi, in quel lasso di tempo breve e scostante pieno di avvenimenti aveva anche iniziato a nutrire una sincera simpatia per lei. E ora, in un altro mondo un po' sconosciuto a entrambi, forse anche lui avrebbe potuto darle una mano, per quanto poteva.

A livello di amica le piaceva, sempre pronta, schietta, estroversa ma comunque col suo strano senso del dovere, o almeno così appariva a prima vista. Per non parlare del fatto che doveva essere veramente potente e responsabile per riuscire a organizzare quel guazzabuglio di mondo che era UaY.

Ma non poteva non pensare alle parole del vecchio...

“Ho sempre l'impressione che si senta..sola.”

Da quanto tempo era quello che era? E come mai aveva così tanto a cuore il suo interesse?

A pensare quelle cose, nella sua testa iniziarono a formularsi le solite domande che richiedevano i tasselli mancanti della sua memoria.

Chi era di così importante, nel suo mondo, per avere due nomi diversi? Non credeva che uno dei due potesse essere un cognome. Mancava a qualcuno di molto vicino a lui in quel momento, magari?

 

Rumori pesanti alle sue spalle.

Non ci fece caso.

Erano sempre più vicini.

Ancora pensava a se stesso.

La sua compagna di voltò, sgranò gli occhi traslucidi.

«Abbassati!!» urlò, scagliandolo con un forte spintone di lato. Per un attimo il ragazzo si stupì della sua forza, lei che sembrava così mingherlina.

Davanti alla ragazza c'era un terrificante energumeno coi polsi cinti da catene rotte, la testa ovale e calva e un viso truce con occhi iniettati di sangue. A petto nudo, era pieno di graffi, era sporco e imbrattato di sangue.

In un lampo, tutte le altre figure scomparirono, come se ora si fossero rinchiusi in uno spazio differente dalla strada che stavano attraversando prima.

“Mamma mia, è enorme – pensò guardando il mostro – per nascondermi, mi ci vorrebbe un rifugio anti-obesi..” ridacchiò a quel pensiero e una strana sensazione gli salì all'altezza del cuore.

Era come se quella scena l'avesse già vista...

Non poté rifletterci su che il mostro scattò in avanti verso di lui, ignorando Omega, e tentò di afferrarlo con le sue enormi mani.

Il ragazzo scartò di lato, indietreggiando per riprendere fiato: non era comunque molto atletico.

Omega rimase a guardare, tentando di capire come muoversi.

“Non serve lottare, l'importante è nascondersi..” gli venne in aiuto la propria mente: non seppe come riuscì a realizzarlo, quel pensiero sibillino gli entrò in testa a Favij involontariamente.

 

*

 

La ragazza studiava la situazione: la creatura sembrava ignorare completamente la sua presenza.

Possibile che quella fosse...la Nemesi di Lorenzo? Cosa incarnava quella creatura? O davvero nel Mondo esisteva una cosa del genere? Era confusa, ma il suo compagno sembrava quasi più pronto di lei, benché non ricordasse nulla di chi fosse.

Lorenzo corse verso un piccolo muro spaccato lì vicino e ci salì sopra correndo con il mostro che lo seguiva da sotto, e Omega scorse nei suoi occhi un segnale, come se la stesse intimando ad attaccare.

Allora lei, mentre ancora il ragazzo correva, cercò di concentrarsi sul mostro, tese le mani in avanti verso la sua schiena nuda e, per un attimo, i suoi occhi si illuminarono di bianco immacolato.

Le sue dita si fecero bianche, ma qualcosa la bloccava dall'attaccare, contro la sua volontà...

Il ragazzo franò a terra con un tonfo sordo, i calcinacci che si sgretolavano sotto i suoi piedi.

La ragazza perse un battito, si lanciò in avanti caricando il colpo, ma ancora qualcosa, un attimo prima di colpire il mostro, la bloccò, i suoi muscoli rimasero tesi lasciandola com'era. Cominciò inspiegabilmente a respirare a fatica, la vista le si annebbiava...

“Cosa mi sta succedendo?”

Stava diventando tutto buio, mentre l'energumeno stava per vibrare un colpo mortale verso il ragazzo.

“Non lo fare!!” riusciva solo a pensare in quel momento in cui sentiva la disperazione salire, ma era imponente ora, per una volta che non voleva.

Per una volta si sentiva, dopo tanti anni, insicura di quel che aveva deciso e su come agire in quella situazione difficoltosa.

L'ultima cosa che vide prima di accasciarsi a terra priva di sensi fu la schiena del colosso bucarsi in fiotti di sangue, un pugno bagnato di cremisi uscirne, e Favij alzato in piedi coperto di ferite mentre l'altro colosso cadeva, ma i suoi occhi erano insolitamente illuminati del colore del fuoco.

 

 

 

 

 

Migliaia di voci recitavano in coro, in una specie di latente supplica:

“Favi, dove sei?”

 

 

Si svegliò di soprassalto, la fronte imperlata di sudore.

Era disteso su un divano con una leggera coperta a coprirgli il corpo dal busto in giù.

“Dovrei fare una lista delle volte che svengo..” pensò scherzosamente, ma poi si rabbuiò nel vedersi: la sua maglietta non c'era, in compenso era ricoperto di bende bianche al profumo di pino selvatico.

«Porca puttana sono diventato un albero» disse sottovoce per sollevarsi un po' il morale.

Si ricordava perfettamente del mostro che lo aveva attaccato: quando era franato a terra, prima di perdere i sensi, aveva visto dietro di lui Omega pronta all'attacco.

Quindi ora l'unica cosa che doveva fare era ringraziarla di cuore...sperando che fosse lì.

Si trovava in una sala decorata di pizzo color violetto e il pavimento dai motivi a scacchiera, oltre al divano c'erano molte credenze e scaffali colmi di libri.

«Ben svegliato!!» trillò allegra una vocina acuta alle sue spalle.

Il ragazzo si voltò sobbalzando, dietro di lui c'era una ragazza dalle trecce bionde e gli occhi azzurri e un vestito di pizzo, anche esso viola.

Dietro di lei vide gli enormi occhioni vitrei di Omega luccicare alla luce ambrata del cielo proveniente dalla finestra.

Stava iniziando ad affezionarsi a quegli occhi così particolari.

«Diamine, quando siete arrivati qui pieni di ferite mi sono davvero agitata – cominciò a strillare mangiandosi le parole la ragazza in viola – ma ora che vedo che state bene, posso solo ringraziare la Signorina e il Signorino per essere arrivati a Nemes e ad aver gradito la nostra ospitalità!!»

Se ne andò saltellando, mentre un uomo simile a un dottore per i modi di fare la chiamava.

Per qualche secondo ci fu una sorta di strano imbarazzo tra i due, poi Favij decise di sciogliere quella tensione.

«Ma quindi siamo in una specie di..ospedale?» si azzardò a dire.

Lo stupiva il fatto che, benché non si ricordasse chi fosse, più o meno si ricordava tutto del Mondo da cui proveniva.

«Sì, praticamente..» balbettò Omega guardandolo di sottecchi.

Il ragazzo sentiva che era il momento giusto:

«...Grazie» le disse sorridendole timidamente.

Quella lo guardò confusa, anche se solitamente avrebbe potuto leggergli nella mente.

Intuendolo, gli disse: «Ti dirò, da quando siamo arrivati qui a Nemes, non riesco a leggerti più nella mente.»

A quelle parole, lui rimase di stucco: com'era potuto succedere? Certo, non gli era mai andato a genio che lei riuscisse a capire ogni suo pensiero per quel poco che si conoscevano, ma questo avvenimento lo lasciarono perplesso. O magari era una cosa normale? Non ci credeva proprio.

«Quindi, mi ringrazi per cosa?» continuò lei aprendo la sua bocca in un sorriso appena accennato, come se lo incitasse a dirglielo.

Allora anche lui si decise a parlare.

«Per avermi salvato da quel mostro ed avermi portato qui» disse, ma la sua compagna non reagì con un sorrisetto ambiguo dicendo “di nulla” come si sarebbe aspettato. Inclinò la testa di lato, come se qualcosa non tornasse.

«In verità, per quel poco che mi ricordo, io sono svenuta mentre te lo uccidevi. Le infermiere dicono che sei stato tu a portarmi qui mentre ancora dormivo» si massaggiò la nuca con la mano e arrossì leggermente.

Qualcosa non tornava tra le versioni dei due compagni di viaggio.

Si misero a discuterne, scoprendo che lui credeva di essere svenuto durante il franamento del muro e che lei lo aveva visto risvegliarsi e a trapassargli il busto con un pugno.

Decisero così di chiedere il resto alle infermiere di quell'ospedale dai colori da confetto: ne trovarono alcune nel corridoio del secondo piano, dove si trovavano le loro stanze.

Li guardarono con occhi lucidi e interessati, poi una dalla veste verdognola si fece avanti con le mani congiunte.

«Sì! Questo ragazzo qui ti portava in braccio mentre dormivi, eravate così carini! Io c'ero, sono stata una delle tue curatrici, Signorina..» urlò, così lei le intimò di abbassare la voce, il rossore delle guance si era propagato fino alla punta delle orecchie.

Poi l'infermiera si alzò sulle punte per guardare in viso il ragazzo che indietreggiò.

«Ma..credevo avessi gli occhi di un colore diverso...» disse con la voce più bassa, un vivo interesse stampato nelle iridi.

Ringraziarono le ragazze, tornarono indietro e si fermarono quando Omega si accostò davanti alla porta di camera sua.

«Grazie Lorenzo...» mormorò con lo sguardo abbassato.

Quello rispose che non importava e fece per andarsene, ma la ragazza lo bloccò afferrandolo per un braccio.

«Aspetta! Dobbiamo parlare: mi sa che quel mostro era la tua Nemesi..o magari una delle tante.»

Il ragazzo sospirò.

«Lo so, lo avevo intuito. Era come se conoscessi come muovermi, all'inizio, prima dell'incidente col muro. E, davvero, non so cosa sia successo dopo che sono caduto..non pensavo di averlo ucciso io.»

Omega sapeva cosa fosse successo, ma non aveva intenzione di dirglielo: il Virus probabilmente aveva già iniziato a destarsi. Sperò di riuscire ad eliminare il problema prima che il problema eliminasse il suo compagno, trovare un rimedio senza che lui se ne accorgesse.

Non voleva tornare indietro, non ora che si era trovata...un amico.

«E non ricordi nulla?» chiese a bruciapelo la ragazza.

L'altro ci pensò, le disse delle voci che lo cercavano che gli era parso di sentire da svenuto, così Omega iniziò a rifletterci su.

«Puoi avere anche più di una Nemesi, qui. Dovremmo prima cercare le altre, così poi indagheremo sul tuo strano potere e sulle altre tue memorie. Io sapevo che gli umani riescono ad arrivare qui solo attraverso il loro mondo dei sogni, mentre dormono, e quel che vedono o lo trovano un sogno particolare o non si ricordano niente, appena svegli. E, quando una Nemesi riesce a beccare il proprio Umano, tenta di farlo fuori solitamente..così la persona si risveglia. Però tu – gli diede una pacca sulla spalla e gli sorrise amaramente, un sorriso di sostegno e di ironia – non farti ammazzare, o succederebbe qualcos'altro mi sa. Intesi?»

L'altro annuì.

Rimasero un po' a parlare delle prime impressioni di quel viaggio assurdo e, dopo che la ragazza lo congedò con un timido e sincero “grazie”, si rinchiuse nella sua camera.

Era uguale a tutte le altre, colorata e stucchevole, ma aveva un non so che di benefico. Era buio dentro, così pensò bene di provare ad aprire la finestra.

Dopo due forti strattoni decretò che la porta era bloccata dai cardini arrugginiti, incrostati e mal curati, così decise di usare i propri poteri per modellare della luce.

Quando provò, vide che non le riusciva neanche a fare una cosa banale come quella.

Un brivido freddo di disperazione le percorse la schiena, mentre si sedeva per terra e si accucciava con le ginocchia al petto e la testa affondata tra le braccia congiunte.

“Cosa mi sta succedendo?”




................messaggio dell'autrice.................
Bene, finalmente inizia l'azione :D! Ed ecco l'obeso di Outlast, uno dei miei preferiti...ma non sarà l'unico ad entrare in scena (ancora esito ogni volta che un antagonista deve ferire Favi).
Certo che la gente in questa storia sviene proprio facilmente o.o !
Comunque io speravo di arrivarci il più tardi possibile a questo punto in cui il mio personaggio (Omega hihi sono proprio egocentrica) non riesce ad attivare i propri poteri ç___ç!
Comunque, ringrazio chi fino ad ora mi ha sostenuto!! Grazie di cuore!! E ringrazio in anticipo anche chi deciderà di recensire o seguire la storia :) !
A presto,
AyakoSoul

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Capitolo 5
*** Scontro con la nemesi delle Nemesi ***


Una maschera bianca sulla faccia di un ragazzo dal colorito chiaro, i capelli lunghi e lisci color della luna e la tuta nera simile alla sua, mentre il resto era completamente buio, dietro di lui.
 Le sorrise: “sono io”, disse il ragazzo con una strana voce di eco che non glielo fece riconoscere, poi Omega si svegliò ancora mezza intorpidita, scoprendosi accasciata ancora con la schiena curva sulla parete, la finestra era ora aperta e faceva picchiare sul suo volto i raggi bianchi del sole di quel mondo.
«Ben svegliata» le disse una voce familiare accanto a lei, quando sussultando si voltò vide che Favi la guardava con due occhiaie scure scavate sotto gli occhi. Probabilmente aveva ripensato ai suoi improvvisi poteri e aveva finito per rifletterci per così tanto tempo da non riuscire a dormire.
La ragazza lo guardò per qualche attimo con uno sguardo indecifrabile, muto ma allo stesso tempo profondo.
Improvvisamente gli diede un pizzicotto sulla fronte.
«Ahia!» gridò il ragazzo, indispettito e turbato. In quel punto dove l'aveva colpito aveva una spessa benda bianca perché aveva riportato un taglio che ancora non si era rimarginato del tutto.
«Scemo» disse semplicemente lei, senza alterare il suo sguardo.
«Come hai fatto a entrare in camera mia?» gli chiese, deviando il tono della sua voce in una nota di sospetto.
«Era aperta..» mugolò il ragazzo che ancora si massaggiava la fronte.
Un brivido le scosse la schiena.
«...aperta? Credevo di averla chiusa...» mormorò turbata.
«Magari ti sbagliavi. Comunque, tu dormi solamente con quel vestito?» cambiò argomento, ma la sua compagna ora fissava il vuoto con un misto di preoccupazione e spaesamento negli occhi.
Il ragazzo abbassò la testa quel tanto che bastava per riuscire a guardarla in viso, benché tenesse il capo basso.
«Omega?» cercò di chiamarla, ma appena quella si riscosse dai suoi pensieri sussultò e gli diede un'altra pacca sulla fronte.
«Basta! Non credevo fossi così manesca!» esclamò lui ricominciando a massaggiarsi lo spesso strato di bende.
«Sono manesca quando mi agito!» ribatté in fretta l'altra, poi si alzò in piedi di scatto e si accorse di non essere mai andata a letto: era rimasta sul pavimento per tutto il tempo.
Poi si ricordò perché: non riusciva più ad usare i poteri.
Per un attimo pensò di dirlo al suo compagno – che intanto lamentava “ricordami di non farti mai agitare...” - , ma sapeva che a legarli c'era solo la missione e, se sarebbe parsa inutile, magari l'avrebbe abbandonata.
Lei non voleva ritornare sola, non ora che aveva un amico vero al suo fianco, uno che non aveva creato lei e aveva una personalità manipolata dalla medesima...un umano. Sapeva tanto degli umani. Così sbagliati, erano pieni di negatività ma erano comunque ai suoi occhi creature meravigliose. Sperò, in quel momento, di riuscire un giorno a realizzare il suo desiderio: vedere da vicino il Mondo in cui era nato e cresciuto Lorenzo, vedere tanti altri umani, deboli e senza poteri, alle prese con piccole gioie e problemi più grandi di loro.
«Allora, che si fa?» chiese il ragazzo alle sue spalle, mentre si alzava e si stiracchiava. Era da mezz'ora che aspettava che la ragazza si svegliasse.
«Intanto, non hai fame?» chiese, ma mentre lo diceva un rumore cupo e latente si alzò dalla bocca del suo stomaco.
Arrossì lievemente, ma Favi le sorrise, la prese per mano e insieme scesero per chiedere a qualche infermiera di dire loro dove si trovasse la mensa: volevano approfittare della cucina del posto per poi andarsene.

La mensa era uno spazio ampio e pieno di tavoli da almeno cinquanta persone, ciascuno aveva a disposizione cinque banconi per il cibo.
A dir la verità, Favij non aveva la più pallida idea di cosa si mangiasse in un posto distorto come Nemes: seguì Omega che prese un vassoio e, con un cucchiaio, prese tutto il cibo che voleva.
C'era di tutto e di più: strani ramoscelli colorati, esserini oblunghi e dai colori cupi che squittivano mentre oscillavano di qua e di là – una cosa che prese la ragazza ma che il ragazzo evitò subito per evitare di vomitare – e cibi del Mondo, quali pollo arrosto o latte (sperando che fosse latte).
Si sedettero uno di fronte all'altra, a quanto pareva dalle informazioni di un'infermiera anziana era ancora presto perché la mensa si riempisse di gente e quindi avevano ancora un lasso di tempo utile per mangiare in fretta quella roba, farsi gli affari loro e sloggiare di conseguenza.
Già la mensa non era vuota, ma poche persone erano disposte disordinatamente sui tavoli, alcune strane e altre particolari.
Favij le guardò perplesso.
«Credevo che gli umani potessero arrivare qui solo attraverso i sogni» disse confuso.
«Infatti, questi sono abitanti di Nemes. Possono essere molto più di semplici umani..» rispose la ragazza.
Una donna bassa dalle insolite ciocche blu perse una mela per terra. Era su una sedia a rotelle, non poteva piegarsi, quindi tese le mani verso la mela e quella fluttuò rapida verso il suo palmo, e le sue dita si chiusero dopo averla ripresa.
«Appunto» disse Omega ridacchiando per lo sguardo inebetito del suo compagno.
«Comunque, ora parliamo di cose più importanti» aggiunse, ponendo le mani sul tavolo.
«Intanto, dovremmo girare a lungo per la città: vedi, le tue Nemesi potrebbero essere da qualunque parte e non sta solo a loro riconoscerti, ma tu devi percepirle»
«E come faccio se non le so trovare? Hai visto, no? Se non mi avessi avvertito tu di stare attento, quel gigante mi avrebbe ammazzato..» le disse Favij.
«Lo so, ma io conto sulla fortuna, magari quello era solo un caso isolato e le altre le potrai sentire: se non cerchiamo, non lo scopriremo mai» rispose prontamente. Aveva dentro una determinazione di fuoco, benché dentro il suo amico ci fosse un Virus pronto a ucciderlo e lei avesse perso i suoi poteri.
L'altro le sorrise, anche lui determinato a ripescare i suoi ricordi, ma tutti e due pensavano una domanda che non avevano mai esposto l'una all'altro: e poi? Cosa avrebbe fatto il ragazzo dopo aver ritrovato la propria memoria? Sarebbe tornato nel suo mondo sicuramente, ma come? Non volevano pensarci, forse, ma la prima cosa da fare era recuperare i ricordi di lui.
Tra chiacchiere colloquiali e discussioni aperte finirono la colazione e si prepararono a uscire.
Dopo essere usciti da quell'ospedale, tra i trilli – arrivederci!! - di quelle infermiere fuori di testa, viaggiarono un po' per esplorare il posto.
Era davvero meraviglioso: oltre al colore azzurro dalle solite sfumature ambrate che assumeva il cielo nel pomeriggio, le case erano costruzioni sì in vetro, ma anche in diversi materiali che variavano dal cemento al legno. Si vedevano alcuni Umani spaesati che erano arrivati lì probabilmente da un sogno o abitanti di tutte le età percorrere quelle strade strette e pulite.
«Allora, dove si va?» chiese Favij mentre percorrevano una strada asfaltata piena di negozi e affollata.
Quella ci rifletté un attimo.
«Proviamo ancora un po' ad andare avanti» rispose incerta sul da farsi la ragazza, e loro percorsero mezzo isolato.
Ormai avevano perso ogni speranza di riuscire a trovare una Nemesi del ragazzo e, potevano credere solo quello, quell'energumeno che era stato ucciso magari era l'unica.
«Torniamo a UaY» consigliò rassegnata Omega e Favij acconsentì a testa bassa.
In quel momento, un urlo agghiacciante squarciò il cielo.
In mezzo alla folla c'era un ragazzo con un pigiama addosso, i capelli arruffati e gli occhi pieni di una disperata paura di fronte a una specie di sua replica con gli occhi illuminati di bianco, il ghigno malefico e un'aura scura che lo avvolgeva.
«Stammi lontano!!!» urlò ancora il ragazzo che inciampò e finì a terra, mentre l'ombra della sua copia si avvicinava a lui e quello arrancava all'indietro tra i singhiozzi.
Lorenzo guardava inorridito la scena.
«Dobbiamo aiutarlo!» esclamò deciso, ma la sua compagna lo afferrò per il polso.
«No. Quella è una sua Nemesi. Lasciamogli affrontare la sua negatività da solo» disse secca.
«Ma..non puoi..tu hai dei poteri straordinari, usali per aiutarlo!» esclamò l'altro, piccato dal fatto che non la pensassero allo stesso modo, e la ragazza tremò: non riusciva neanche più a leggere i pensieri della gente, i suoi poteri avevano subito una specie di blocco. Ma questo lui non doveva saperlo.  
«Hai visto come gli altri se ne fregano? Per quel ragazzo è solo un brutto sogno e tutti qui ne sono consapevoli, lascialo stare!» continuava a rimproverarlo lei.
Mentre ne discutevano, il soggetto del litigio smise di gridare nel momento in cui ci fu un rumore che somigliava a quello che fa qualcosa che si squarcia.
Stettero attenti alla scena con occhi sgranati: c'era ora, in piedi, un ragazzo dalla veste nera come quella di Omega, la carnagione pallida e i capelli color platino, che portava una maschera bianca.
La ragazza non ci credeva: era identica al ragazzo del sogno.
Aveva una spada dall'elsa rifinita d'oro a spirale che terminava con due piccole sfere vitree accostate l'una accanto all'altra, illuminate di bianco.
La lama era sporca di un liquido nero e viscoso, la Nemesi del ragazzo era sparita, mentre quest'ultimo era a terra con gli occhi rovesciati.
Lorenzo era rimasto di stucco, mentre Omega tremava leggermente, con la mano portata alla bocca.
«Che hai?» le chiese Favi.
Quella si voltò a guardarlo, seria.
«Ho dimenticato di dirtelo...quando la Nemesi di una persona scompare, da quel che so, l'altra, nel Mondo rimane in una specie di coma e non si risveglia..mai più» sembrava trovasse qualche sorta di difficoltà a spiegarglielo, mentre lasciava a bocca aperta anche lui, però se la sua domanda era un'altra: com'era sopravvissuto dopo aver ucciso il mostro, se avrebbe dovuto rimanere in coma?
«I suoi Simili se ne occuperanno, hanno delle costruzioni apposite chiamate “ospedali”» aggiunse una voce fredda e imponente.
Il ragazzo mascherato era davanti a loro, mentre dietro l'immagine del ragazzo si dissolveva.  
Guardava Omega, ma lei non avrebbe saputo dire in che modo. Sapeva solo che le sorrideva.
Allungò il braccio in segno di saluto, ma subito Lorenzo lo afferrò per il polso.
«Sta lontano da lei» gli intimò con l'espressione infervorata, ma subito dopo una fitta al cuore lo piegò in due. Gli sembrava quasi che qualcuno lo stesse accoltellando dal dolore, sordo, che si propagava fino allo sterno mozzandogli il fiato mentre Omega lo soccorreva e una risata acida e acuta echeggiava nella sua testa.
Era ancora in piedi, ma appena sbatteva le palpebre vedeva qualcosa risaltare in mezzo al buio.
Strinse gli occhi e si delineò tra l'oscurità la mano bianca del Virus, ma stavolta due occhi immacolati del medesimo colore brillavano.
Rideva.
Rideva, e questo sembrava aggravare il dolore che sentiva ormai in ogni fibra del suo corpo.
“Finalmente. Il tuo nome è Favij, giusto? Bene ragazzo mio, che ne dici di combattere questa battaglia insieme?”
L'ultima cosa che sentì fu il sangue ribollirgli nelle vene, mentre si lasciava trasportare dalla furia omicida, dalla forza che gli cresceva dentro.

*

Omega indietreggiò quando rivide gli stessi occhi rosso fuoco in tutto il loro tetro splendore.
Era immobile, fermo a guardare con aria minacciosa il ragazzo mascherato che ancora sorrideva.
«Finalmente ci rincontriamo» disse con una nota di sfida appena accennata, così prese la spada e si mise in guardia.
Dopo qualche minuto che parve infinito, il suo compagno scattò in avanti con la mano inarcata come se fosse artigliata, afferrò per la gola il ragazzo mascherato e mentre quello cercava di respirare lo scagliò di lato. Quello rispose caricando in avanti con la spada puntata su di lui, ma Lorenzo riuscì ad afferrare la lama con la mano in una presa salda, e schizzi del suo stesso sangue gli bagnarono il volto.
Riuscì a bloccare la spada e, benché fosse ferito, sembrava non gli importasse nulla del dolore che stava provando. Il ragazzo mascherato abbandonò l'elsa e lo prese a pugni in faccia, poi tese la mano verso la spada e le sfere brillarono di un bianco abbacinante: ritornò con il pugno che stringeva l'elsa.
Omega non sapeva cosa fare, spiazzata, ma non poteva vedere il suo amico battersi in quel modo feroce. Decise di reagire.

*


Il ragazzo mascherato guardava Alpha usare il corpo di quel ragazzo come fosse un'arma usa e getta. Non avrebbe mai creduto che potesse arrivare fino a quel punto. Ma quel ragazzo aveva qualcosa di particolare, come se anche se la sua volontà era dominata da Alpha qualcosa di lui fosse lì presente: possibile che..si stessero battendo insieme, due anime schierate dalla stessa parte nello stesso corpo? No, impossibile. Poi la comprensione venne: possibile che fosse lui?
Possibile che fosse riuscito ad arrivare fin lì?
I suoi dubbi si stavano insinuando nella sua testa, mentre il ragazzo con la mano fu talmente veloce che riuscì a provocargli un taglio laterale al fianco con la sola mano, facendogli perdere molto sangue e causargli un dolore indicibile.
...possibile che fosse Favij?
Sentì il respiro mancargli: era esausto, in quel periodo era troppo impegnato con le Nemesi per pensare anche a quello.
Decise di giocare sporco, anche se tempo addietro aveva ripromesso ad Alpha che non l'avrebbe mai fatto, una promessa fatta lo stesso giorno in cui disse “la prossima volta che ci incontreremo mi scontrerò con te senza esitare troppo”: tese la mano a terra e un lampo nero scosse la terra, così un terremoto si scosse dal profondo del terreno, stordendo il ragazzo.
Come previsto, i suoi sensi vacillarono e non riuscì a rimanere in piedi, quindi si innalzò davanti a lui con la spada alzata, ammirando la sua figura in ginocchio.
«Muori» sibilò, ma mentre abbassò la spada una figura minuta dalla tuta nera e i capelli dalle ciocche bionde e castane si frappose tra i due e si mise a guardarlo con i suoi occhi vitrei traboccanti furia e determinazione, seguiti da una smorfia di sofferenza non appena bloccò la lama della sua spada con la mano.
Il suo cuore perse un battito: da tempo immemorabile non la vedeva ed ora eccola lì, schierata contro di lui. Come sospettava, i suoi poteri erano repressi. Pensò di togliersi la maschera e salutarla come avrebbe fatto ogni volta, tempo addietro. Ma lei non poteva ricordarsi di lui.
«Scusa..» mormorò, e in una nube di fumo scomparì.
 
*

Omega si tastò la mano che le bruciava da morire, un rivolo cremisi che colava per terra.
Era finita.
Finalmente.
Ma anche stavolta, senza spiegarselo, non riusciva a usare i suoi poteri.
Si voltò: Lorenzo era steso a terra, privo di sensi.
Si inginocchiò e lo scosse piano, poi, quando mugolò “Omega, falla finita ho sonno..” sorrise: era tornato in sé. Non riusciva davvero a comprendere cosa gli fosse successo, ma le era sembrato una vera bestia, ad attaccare in quel modo il ragazzo mascherato.
Già, lui...chi mai poteva essere il nemico che violava la legge che imponeva di non uccidere le Nemesi altrui?



..............Messaggio dell'autrice...............
Ed ecco il capitolo dove appare la minaccia che uccide le Nemesi! :D Certo, in questo pezzo di storia lascio molte cose sospese e molti misteri, ma Sephiroth (non si chiama così, ma quando ho ricontrollato il capitolo mi sono accorta di come somigliasse al personaggio di Final Fantasy! X3
Si scopre più cose sulla personalità di Omega, e, non so perché, mi è preso un momento di tenerezza quando quasi senza accorgermene ho scritto di Favi che prende per mano la ragazza per andare a mensa...ma forse nessuno lo capirà perché è un'informazione così irrilevante che pochi l'avranno filata. :3
Nel prossimo capitolo conto di far comparire qualcuno di noto a tutti.
Crogiolatevi pure nelle domande (mi scuso in anticipo).
(E' tornato il Virus yeeee).
Ringrazio di cuore ancora chi ha recensito gli scorsi capitoli, e poi chi vorrà recensirla o aggiungerla a preferite, seguite o ricordate (o chi la leggerà in silenzio!!).
Cordiali saluti,


AyakoSoul

 

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Capitolo 6
*** Sentirsi a casa ***


Dopo lo scontro con la minaccia mascherata che, non avrebbe saputo dire perché, le aveva lasciato un misto di amaro e inquieto in gola, Omega aveva cercato aiuto per soccorrere Favij, ma questi si era risvegliato poco dopo. Il suo sguardo vacuo e offuscato fece preoccupare la ragazza.

«Tutto bene?» gli chiese lei, strappando dei ciuffi di erba secca a causa del nervosismo. Si trovavano in un vasto prato all'interno di un piccolo bosco che si era decisa ad attraversare per poter tagliare la strada fino ad arrivare direttamente a un altro di quegli strani ospedali.

Il ragazzo si portò una mano alla tempia, stanco e appesantito da qualcosa che gli gravava dentro.

«Ho...ho combattuto col Virus» disse sottovoce. A quell'affermazione, Omega inarcò le sopracciglia in un'espressione di disperato sconcerto.

«...cosa?» chiese, sperando di aver capito bene o che da un momento all'altro il ragazzo urlasse “pesce d'Aprile!”

«Sì...ho sentito come se una forza mi crescesse nel petto...poi, nella mia testa, il Virus mi chiese se volevo combattere al suo fianco e...lui mi dava la forza, mi controllava, ed io suggerivo cosa fare, acconsentivo che mi usasse. Eravamo una perfetta arma, insieme.»

Dentro di sé, pensava che fosse qualcosa di fantastico ma sapeva che questo era l'inizio della corrosione. Avrebbe dovuto stare attento, in futuro, a non acconsentirgli ciò.

«Non è la prima volta che succede una cosa del genere» Omega raccolse tutta la sua buona volontà per dirglielo e quasi le doleva non averglielo detto prima.

Lui la guardò confuso e così le toccò spiegargli tutto, che l'obeso era stato sconfitto dal Virus, che prima o poi si sarebbe corroso dentro stando a contatto con quell'essere e continuando a lasciargli il suo corpo.

«Lo so» la interruppe lui.

L'altra, a quella affermazione, rimase un attimo colpita.

Poi si riscosse, ricercando dentro di sé la sicurezza e la responsabilità che aveva prima di perdere i poteri.

«Allora stai attento, la prossima volta» disse solamente, secca.

Il suo compagno annuì.

«Che facciamo?» le chiese stendendosi per terra, incrociando le braccia sotto la testa.

«Andiamo in un'altra Casa Ospitale» suggerì lei, ma vide che il ragazzo la guardava confusa.

«Quella specie di ospedale che hai visto, tutto colorato, si chiama Casa Ospitale - gli disse, ormai rassegnata al fatto che il ragazzo non ne sapesse niente – e ce ne sono molte distribuite in tutte le città. Se torniamo indietro dovremmo trovarne forse anche più di una.»

«Va bene» disse Favi, guardandosi attorno: erano in un piccolo bosco dagli alberi alti, i rami a coprire il cielo ormai color del rame.

«Allora andiamo...» provò a dire il ragazzo, ma prima di finire la frase la sua voce scemò in un mormorio sommesso.

«Che hai?» gli chiese la ragazza, preoccupata che fosse un'altra possessione del Virus.

 

Lui sentiva...una voce.

“Vieni da me” diceva sibilante e cavernosa, che riecheggiava nella sua testa.

Una strana sensazione diceva al ragazzo di guardare a sinistra, ma qualcosa lo bloccava, forse una forte paura o l'inquietudine che saliva.

Si voltò a guardare Omega, dietro di lei, per vedere se stesse bene: la guardava confusa e preoccupata. Aveva iniziato a volere bene a quella ragazza per quel poco che l'aveva conosciuta, ma la cosa che lo inquietava era il fatto che non riuscisse più a leggergli il pensiero. Una volta lo infastidiva e aveva iniziato a seguirla solo perché era l'unico appiglio, anche se gli pareva strano che avesse deciso di aiutarlo appena arrivato a UaY.

Avrebbe voluto che sentisse i suoi pensieri, ora che non poteva.

“Vieni da me” continuava la voce sibilante nella sua testa. Si portò le mani alle orecchie e, istintivamente, guardò a sinistra.

Il suo cuore perse un battito.

Poco lontano c'era un essere smilzo e alto, il volto color bianco cadaverico, privo di tratti somatici, indossava uno smoking nero con una cravatta scarlatta. Dalla sua schiena uscivano sei tentacoli neri, imponenti, minacciosi.

Anche la sua compagna si voltò a guardarlo, pure lei inorridì.

«Corri!» urlò lui mentre la afferrava per un braccio e la portava via da quella creatura.

Qualcosa in lui gli diceva di non guardarlo negli occhi per troppo tempo, qualcosa in lui chiamava un nome.

“Slender Man...”

Corsero ancora, i piedi ormai dolevano per lo sforzo.

Ma lui sapeva che l'unico modo per sconfiggerlo era trovare otto pagine che probabilmente si trovavano nel medesimo bosco.

Era qualcosa che glielo suggeriva, dentro la sua testa dai ricordi perduti.

«Ma che cazzo ho fatto di male nel mio Mondo per avere tutte queste Nemesi?» si raccapezzò massaggiandosi la testa.

Poi pensò ad Omega.

«Omega, te coi tuoi poteri riusciresti a sconfiggerlo?» le chiese.

Quella stranamente sgranò gli occhi, si voltò a guardarlo e, senza proferire parola, scosse la testa.

«Perché?» chiese l'altro, rassegnato.

«Probabilmente è una tua Nemesi, devi combatterla da solo» si inventò sul momento la ragazza, quindi il suo compagno abbassò il capo in segno di sconforto e lasciò che le braccia gli scivolassero lungo i fianchi.

«Va bene» disse con aria rassegnata, poi strinse gli occhi come per concentrarsi e ricordare qualcosa sulla sua Nemesi.

Doveva trovare una soluzione.

Per lui e per la sua nuova amica.

E per quelle persone che, anche se sconosciute, nel suo Mondo sentivano marcata la sua assenza.

Poi il lampo arrivò a ciel sereno nella sua mente, la comprensione che cercava e che forse era un'informazione che aveva portato la sconfitta dell'energumeno.

«Devo trovare...otto pagine – cominciò a dire – otto pagine che probabilmente si trovano qui intorno...»

«Posso darti una mano, in qualche modo?» gli chiese Omega con una determinazione tonante nella voce. Ora che avevano una pista avevano anche una possibilità di vittoria.

«Sì – rispose lui – ci divideremo, così le raccoglieremo tutte in fretta.»

«Come?! E se qualcuno di noi venisse attaccato?!» il suo tono era seriamente preoccupato, ma più che della Nemesi aveva paura di essere sola. In un posto come quello poi, quello che temeva si concretizzava.

«Bhe, potresti sempre avvertirmi coi tuoi poteri, oppure, visto che teoricamente la Nemesi dovrebbe seguire soltanto me, sempre con essi potresti capire quando sono in pericolo...riesci di nuovo a leggermi nella mente, vero?» disse, il tono incrinato. Questa volta ci sperava, ci sperava davvero.

Qualche secondo di silenzio sembrò riempire lo spazio di sottintesi.
«S-sì!» balbettò lei, cercando di sembrare convinta. Le faceva male dire quella bugia, ma voleva solo aiutarlo e rassicurarlo.

Quello sorrise: non aveva bisogno di prove, si fidava della compagna.

«Allora a dopo!» esclamò determinato, come se fosse convinto che sarebbe andato tutto liscio. E lei ci sperò , ci sperò dal profondo del cuore.

Ma decise comunque di seguirlo a distanza.

Lo vide per almeno un'ora buona cercare intorno al bosco, trovare una pagina dopo l'altra fino a trovarnee quattro, rallentare il passo per riposarsi un attimo quando si voltava e non c'era niente dietro di lui o accelerare appena sentiva rumori sospetti, che fossero animali del posto od Omega che, senza che ne fosse consapevole, lo osservava.

Lei si sentiva fiera di lui: in pochissimo tempo da quella persona spaesata che era sembrava aver acquisito un'innata sicurezza. Chissà che tipo era prima di perdere la memoria...la cosa la incuriosiva particolarmente.

Ma il fatto più strano di quel momento era che ancora la creatura non si era fatta vedere...

Un rumoroso fruscio, si voltò.

Il suo cuore perse un battito.

 

 

Favij staccava ormai la quinta pagina da un albero alto e ruvido, ma l'inquietante presenza chiamata Slender Man ancora non si era fatta vedere...per fortuna.

Ma, mentre prendeva quella pagina, sentì un urlo che gli raggelò il sangue squarciare la quiete di quel posto da brivido.

Quell'urlo lo aveva lanciato Omega.

Corse nella direzione in cui aveva sentito provenire il suo grido, poi andò sempre più lentamente, un sottile e tremendo presentimento nel cuore.

Le sue preoccupazioni erano concrete.

La sua compagna era a terra, in ginocchio, con un braccio ferito. Dal suo braccio colava copioso del sangue scarlatto, che usciva da uno squarcio della sua veste nera che mostrava un ampio taglio slabbrato.

Lei si rialzò in piedi con i pugni stretti, davanti a lei aveva quella creatura spettrale con i tentacoli rivolti verso l'alto.

«Non lo guardare!!» gridò da lontano, e lei si voltò a osservarlo con la paura in volto.

I tentacoli si voltarono verso di lui, pronti ad attaccare.

Capì solo allora che era una trappola.

Vide la creatura scomparire e ricomparire più vicina a lui, la punta irta dei tentacoli rivolta verso di lui.

«No!!» urlò a sua volta la ragazza, correndo in suo soccorso.

Ma era già ferita, non ce la poteva fare.

Favij schivò il primo attacco scartando di lato, una mano impegnata dalle pagine che doveva tenere in quel modo in mancanza di zaini o custodie.

Corse lontano da lì, afferrando per il braccio sano la compagna e scappando di nuovo da quell'essere.

Appena si furono accertati di averlo seminato, lui le chiese di esaminarle la ferita, cosa che lei rifiutò subito.

«Sto bene» disse secca.

«Sicura?» ...perché per lui lei non lo era.

«Sì sì, tranquillo» insisteva, posando lo sguardo altrove.

«Meno male che ti ho sentito, altrimenti a quest'ora saresti... » non riuscì a completare la frase, tanto gli sembrava inopportuno dirla.

E Omega non ce la faceva più.

Oltre ai sensi di colpa e alla ferita, sentiva anche un nodo attanagliargli la gola.

Da tanto non aveva rapporti con una persona che non fosse stata creata da lei, avere quel rapporto così normale e non programmato, scoprire tutte le sfaccettature di una persona quasi sconosciuta e imparare ad apprezzarla, anni fa non l'avrebbe mai concepito oppure solo pensato.

E all'unica persona vera che incontrava non si sentiva di mentire spudoratamente, le sembrava subdolo e faceva male.

Sentiva come se un pungolo gli scavasse dentro il petto, togliendole respiro.

«Senti, ti devo dire una cosa...» gli disse mentre camminavano, la voce incrinata e gli occhi che le pizzicavano dal pianto imminente.

«Dimmi» acconsentì lui con le sopracciglia inarcate dalla preoccupazione dovuta ai suoi occhi lucidi.

«Io...ho perso...» fu scossa da un singhiozzo che la interruppe, il ragazzo che la faceva correre di nuovo dopo aver scorto nuovamente l'essere nella foresta.

Ci volle un po' ma mentre vedeva lui rallegrarsi dopo aver trovato un' altra pagina, la sesta, i suoi occhi si offuscarono e una lacrima tonda gli solcò la guancia, rendendola umida e gelida a causa della notte che nel frattempo era calata tetra su di loro.

Avere un amico significava questo forse, sorrisi e beatitudine ma anche dolore e pianti? Era una miscela di emozioni contrastanti che la facevano confondere e la stordivano, abituata alla monotonia, controllare tutto di UaY, andare a prendere un tè dalla signora dama con tutti gli altri e passare da Ingras e parlargli un po', forse l'unico che la avesse fatta veramente sorridere, ma sempre con qualcosa di sbagliato nell'atto in sé.

Appena si sentì al sicuro, Favij si accostò a un albero e lasciò che la sua compagna si calmasse, ancora scossa dai singulti e gli occhi vitrei stretti dalle lacrime.

«Omega, che succede?» le chiese guardandola serio, le mani posate sulle sue spalle tremolanti.

Appena lo guardò, non resistette oltre.

Lo abbracciò stringendolo forte a sé, la testa appoggiata sulla sua spalla.

Si conoscevano da poco, ma per lei era passata una vita intera dal loro primo incontro.

«Scusami...» mormorò, rimettendosi a piangere sommessamente, non avendo il coraggio di aprire gli occhi.

Lui rimase rigido davanti a quella dimostrazione d'affetto, capace solamente di sussurrare “perché?”

«Io...ho perso...i miei poteri...» si decise a parlare, ottenendo una frase sconnessa dagli ulteriori singhiozzi.

“Di sicuro gli sembro patetica” si convinse tra sé e sé, preparandosi alla malinconia di tornare nel mondo di UaY completamente sola, mentre lui la lasciava con la frase “non mi servi più”.

Ma così non accadde.

All'improvviso il ragazzo ricambiò l'abbraccio, e lei sentì un piacevole calore riscaldarle il cuore.

Per una volta, si sentiva a casa.

«E' tutto a posto» disse lisciandole i capelli con una mano.

Ingras gliel'aveva detto, ancora quella frase rimbombava nella sua testa.

Lei si sentiva sola, non voleva essere abbandonata.

Probabilmente, senza i suoi poteri si sentiva inutile.

Ma lui aveva bisogno di qualcuno con più sapienza di lui in quanto a quei mondi distorti, qualcuno che lo aiutasse, non solo con la propria forza.

E, anche se da poco, aveva iniziato a vederla come un'amica, l'unica che si ricordasse di avere.

«Ma ora andiamo, prima che lo Slender Man riappaia» disse, più convinto, prendendola per mano.

«Lo...Slender Man?» ripeté lei riscuotendosi dalla felicità di essersi sentita protetta.

«Ti spiego tutto dopo. Ora abbiamo una mia presunta Nemesi da sconfiggere» la determinazione e la responsabilità dovute all'avere qualcuno da proteggere muoveva qualcosa in lui, come se far comparire un sorriso sul volto di chi gli voleva bene fosse sempre stato il suo primo scopo.

In silenzio, ripresero la loro ricerca.




...........................Messaggio dell'autrice.............................
Spero che il momento di tenerezza sia scritto bene...
Salve gente, come vedete, tra tutti i capitoli questo è uno dei rari che non finisce con lo svenimento di un personaggio, yeee! :D
Per i due non è passato tanto...ma per me sì! Ho trovato una certa fatica a scrivere i capitoli mentre sono sotto stress esami... çAç e la trovo tutt'ora!
Comunque, sono felice per tutto il sostegno che sto ricevendo per questa storia! ç____ç :))
Davvero, grazie di cuore, e (non voglio apparire egoista, vi prego, non pensate male) spero che gli incitamenti possano continuare!
E ringrazio tutte le persone che vorranno mettere la storia tra preferite, ricordate e seguite o vorranno recensire (anche critiche, se costruttive)!
Un saluto caloroso,


AyakoSoul

P.S: Ho voluto far durare di più Slender Man perché, un giorno che mi andò tutto storto, mi misi a guardare "Slender: The Arrival" giocato da Favij. L'unica cosa che mi strappò una risata sincera, quella volta. Per questo mi ci sono "affezionata",  a codesta serie. Cercate di capirmi.

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Capitolo 7
*** Ricordi lontani ***


La notte ormai volgeva al limite e il buio lasciava spazio ai primi timorosi raggi solari che coloravano appena le nuvole in cielo di una leggera tinta giallognola.

Ancora però l'oscurità regnava, sotto, nel bosco, tra le fronde spesse degli alberi.

E ancora i due ragazzi cercavano l'ultima pagina restante, correndo, mentre dietro di loro la Nemesi di Favij, lo Slender Man, si avvicinava sempre più pericolosamente.

Il ragazzo non ce la faceva più: le palpebre gli si facevano pesanti nonostante in quei giorni si fosse riposato molto, e trascinava Omega con sé nonostante fosse ferita.
Ma se non avesse corso, di sicuro sarebbe morta procurandosi cose ben peggiori di un graffio come quello.

Non voleva perderla, non ora che avevano trovato quella specie di intimità che aveva iniziato a legarli, ora che aveva iniziato ad affezionarsi a quella creatura dagli occhi vitrei e le sembianze di una ragazza.

Corse ancora, finché non la vide.

Appena a un muretto basso e distrutto, c'era l'ultima di quelle pagine mezze scarabocchiate.

Allungò il passo, non sentì nemmeno la sua compagna che gli urlava di rallentarsi.

Fulmineamente la staccò, un secondo che gli parve il più lungo della sua vita, un rivolo di sudore freddo che gli scendeva sul collo dalla tempia.

Si voltò per vedere il nemico, che era davanti a lui con la mano ossuta e pallida inclinata in avanti e i tentacoli protesi verso loro due: in un lampo, sembrò come comprimersi, poi si dissolse in una nuvola nera.

Per un attimo a Favij sembrò che un peso si sollevasse dal suo cuore, come se un problema portato per troppo a lungo fosse stato risolto o fosse scomparso misteriosamente.

Sorrise, poi nella sua testa si insinuò qualcosa di invisibile e flebile, come una piccola farfalla che si posa su un fiore.

Chiuse gli occhi: nella sua testa balenò l'immagine di lui che parlava davanti a una telecamera.

Era rivolto a un computer, stava premendo dei tasti e imprecando a caso.

Un cambio di inquadratura nell'immagine dello schermo e c'era lo Slender Man.

E indossava le stesse cuffie che aveva trovato Omega nel mondo di UaY.

Li riaprì, davanti a lui c'era il sorridente e sbarazzino volto di Omega.

Gli sorrideva, ancora ansimante per la corsa appena terminata.

«Ce...l'hai...fatta!» esclamò col fiatone dandogli un debole pugno sulla spalla.

L'altro rise sottovoce, le mise una mano sul capo e le scompigliò i capelli, facendola arrabbiare.

«Uffa, ma potevi evitare sai!» inveiva lei con una nota d'affetto nella voce.

«Andiamocene» decretò come ultima cosa, sbuffando e tenendo su un finto broncio.

Fecero per uscire da quell'intricato bosco mentre il sole donava i suoi tenui raggi al cielo e illuminava anche la finestra di una luce benefica, discutendo su cosa fare in quel momento.

«Comunque, hai ricordato niente?» gli chiese la ragazza, incuriosita dal che avessero battuto la seconda Nemesi e lui se ne fosse stato zitto.

Quello le sorrise, contento di poterle dire qualcosa.

«Sì. Suonerà strano, ma io...ci ho giocato, con lo Slender. E più volte – Omega lo guardava con la testa inclinata di lato, quindi lui ci ridacchiò su – come se fosse un videogioco horror»

«Se lo fosse per davvero, nel tuo Mondo dovrebbe averti fatto prendere una paura micidiale per meritarsi di essere una tua Nemesi qui»

«Sai cosa?» le chiese lui, un dubbio preoccupante nella testa.

«Dimmi»

«Credevo che, quando le Nemesi scompaiono, le rispettive persone nel,a realtà finiscono in quella specie di coma da cui non possono risvegliarsi. Però io ne ho sconfitti due e sono ancora qui...»

«E' semplice: sei stato tu a sconfiggerle. Se il “proprietario” della Nemesi riesce a sconfiggerla, quella si dissolve e rientra nel subconscio della persona stessa e, in un modo o nell'altro stabilito dalle leggi dell'universo create dal tuo mondo, il problema che l'aveva generata si risolve finché altre paure o sentimenti negativi si generano dal medesimo proprietario. Invece se è qualcun altro a sconfiggerla, quella, non riconoscendo il suo proprietario, si blocca, implodendo. Così facendo si blocca anche una parte della coscienza della vittima che non riesce più a tornare indietro, quindi a risvegliarsi. Capito?»

Il ragazzo sembrò turbato da quelle informazioni. Perché gli sembrava tutto così sbagliato, lottare contro una propria proiezione in un posto sconosciuto....

Proseguirono, cercando una Casa Ospitale in cui riposare.

Mentre camminavano nel più assoluto silenzio, Favij sentì la ragazza mormorare “da quanto tempo non vengo qui...”

Ancora non si era tolto dalla testa le parole di Ingras.

«Senti Omega...tu quanti anni hai?» le chiese, rompendo il silenzio.

Quella sgranò i suoi occhi vitrei un attimo, poi si voltò a guardarlo con espressione interrogativa.

Avevano qualcosa di diverso quelle sfere di vetro.

Sembrava quasi che un piccolo cerchio dalla sottile linea nera vi ci fosse delineato dentro come per separare tutto l'occhio dall'iride, e quasi era più opaco, se così si poteva definire.

«Sì, insomma, te hai diciannove anni, no?» le suggerì. L'aspetto della ragazza era quello di una normale diciannovenne.

Quella sorrise, tirandogli un altro schiaffetto sulla fronte.

«Scemo! Ingras ti ha detto qualcosa, vero?» gli disse mentre quello di massaggiava ancora la fronte.

L'altro si portò una mano alla nuca, non sapeva cosa dire.

Omega sospirò guardando le prime strade cittadine, lunghe e attorcigliate, che si potevano scorgere in lontananza.

«Io... - provò a dire, scavando nei suoi ricordi – sì, teoricamente ho l'aspetto di una diciannovenne. Ma controllo UaY da un tempo così lontano che non mi ricordo neanche quando è iniziato tutto.»

Favij sgranò gli occhi.

«E sei sempre stata sola?»

«..Sì. Non mi ricordo, in verità, quando sono nata. Penso che sia passato così tanto tempo che la mia memoria ha dimenticato passi importanti della mia vita. Per me la mia esistenza è iniziata quando mi sono risvegliata a UaY ma, credimi, era tutto molto diverso. Non c'erano i Pensieri, probabilmente non c'era neanche il tuo Mondo e quello era solo uno spazio a sé.»

«E cos'era di preciso?»

«Un'enorme spazio bianco, vuoto, senza cielo né terra. L'unica cosa che ho fatto per quelli che credo fossero anni è stata camminare nel vuoto alla ricerca di qualcosa..o qualcuno»

«E poi è cambiato tutto...»

«Già. E' stato una specie di squarcio dimensionale, penso. Il Big Bang. Un'esplosione così forte che non solo ha creato un intero Universo, ma ha anche tagliato due dimensioni differenti, generando probabilmente col tempo anche Nemes che forse anch'esso era una parte di quello spazio immacolato. E lì sono riuscita ad acquisire misteriosamente i miei poteri. Una parte di quella forza si è insinuata in me, così io ho bloccato la frattura in modo che non si chiudesse e ne ho fatto un portale, formando i Codici Origine e tutto il resto. Sapevo tutto di tutti e mi intrattenevo coi Pensieri delle persone, oppure ne creavo di nuove o facevo nuovi spazi colorati. Era...fantastico.»

«Ma gli altri pianeti?»

«Pochi hanno una popolazione autonoma come la vostra, in tutto l'universo. E nessuno aveva un'aura particolare come quella terrestre. Era semplicemente bellissimo!» aprì le braccia al cielo, come a simulare tutta la meraviglia che si sentiva dentro, ma una fitta al braccio le mozzò il fiato, facendole strizzare gli occhi.

Urlò di dolore, subito il suo compagno le si avvicinò per soccorrerla.

“ E pensare che solitamente graffi come questi si rigenerano da soli” pensò lei, ripensando ai poteri perduti. Come avevano fatto ad andarsene? Fatto sta che ora sentiva la carne bruciargli, il sangue ancora scorreva e impregnava la veste col suo odore ferroso.

Imprecò sottovoce.

Senza troppe esitazioni corse verso quel centro abitato che vedeva sempre più vicino, lasciando il ragazzo indietro.

«Aspetta!» le urlò inutilmente.

«Sei poco atletico, Favi! Fa un po' di esercizio!» ribatté lei, mentre lui per poco non inciampava su un grosso ramo caduto.

Quella rise leggermente, e questo la turbò.
"Ridere è come sentire qualcosa che ti fa il solletico dentro."
Non si ricordava chi gliel'aveva detto, ma la frase era impressa nella sua mente.
Scosse la testa, per non pensarci.Focalizzò la sua attenzione sul suo compagno.
Se lo sentiva vicino, ora che aveva capito che non gli importava se aveva i poteri o meno. E poi, un po' si sentiva come lei: lei che non si ricordava da dove proveniva, anche i suoi ricordi più remoti si fermavano a UaY e aveva lacune di alcuni momenti della sua esistenza che non riusciva a spiegarsi, come i pezzi mancanti di un puzzle.

Veniva da un altro mondo, ma se lo sentiva così comune...per questo gli voleva bene, e lo vedeva come un amico prezioso.

 

Un amico...

 

Dopo quell'ulteriore corsa che lasciò entrambi senza fiato, arrivarono alla tanta agognata Casa Ospitale.

Favij fu messo in sala d'attesa ad aspettare che avessero finito di medicarla, mentre le governanti preparavano come si deve delle camere da letto.

Il ragazzo osservò l'ambiente: il pavimento aveva un delizioso motivo a scacchiera, le pareti sfumavano di colore fino ad arrivare a tonalità completamente diverse dalle prime, il tutto con stucchi, statue d'oro di angeli o tappeti floreali.

Il profumo di vaniglia impregnava l'aria, confermando quell'aria tranquilla a cui ognuno si sentiva di appartenere appena entrato.

Si mise a riflettere su quel viaggio che avevano iniziato da poco.

Avevano affrontato due Nemesi e quello che si poteva definire un “assassino”.

In più Omega aveva perso i poteri e lui aveva capito come collaborare con il Virus che aveva dentro.

Ma ancora qualcosa gli sfuggiva....

Prima di perdere i sensi aveva visto la sua compagna affrontare il ragazzo mascherato, fermargli la spada con la mano.

E lui si era bloccato, andandosene.

Possibile che la conoscesse?

“Vagare per tutto quel tempo in uno spazio completamente bianco...quanto sarà durato quel suo viaggio senza meta? Magari un solo giorno, magari anche anni. Ora capisco perché Ingras mi aveva detto che si sentiva sola.”

Già, la solitudine, quella che lui non aveva mai provato.

Non si ricordava niente a parte il fatto che qualcuno gli avesse consigliato il gioco che lo aveva risucchiato lì. E la prima volta che si era svegliato a UaY aveva incontrato Omega, che l'aveva guidato fino a lì.

In fondo, era grazie a lei se ancora non si era perso, a lei che lo aveva trovato...

Chi gli aveva dato il videogioco? E perché lo aveva fatto?

Gli sembrava di non aver risolto ancora troppe domande per fermarsi lì, ad aspettare la guarigione di una ferita all'apparenza così superficiale.

 

*

 

Omega si guardò la ferita: era un ampio squarcio slabbrato e una crosta giallognola si era formata intorno ai bordi.

Bruciava da impazzire, ancora il sangue che sgorgava, facendole sentire la testa leggera.

«Allora, prima di tutto togliti la tuta» le disse la giovane infermiera che aveva davanti.

Fece per togliersela, cercando di non farsi strusciare sulla pelle il cerchio metallico che aveva al centro del petto.

L'infermiera guardò con sconcerto quello spettacolo.

Oltre al fatto che il taglio si espandeva verso l'avambraccio, nel punto in cui c'era lo sterno aveva una specie di tubo di ferro che gli buscava dalla pelle per poi ritornarci, poi risbucava un'altra volta per intrecciarsi con un altro tubo e riscomparire, il tutto fino a formare un cerchio al centro esatto del suo petto.

Dentro questo cerchio metallico c'era una specie di dischetto ruvido che emanava una luce azzurra che pulsava fiocamente.

«Che..cosa..» balbettò l'infermiera, portandosi una mano alla bocca.

La paziente fece un sorriso sbilenco.

«Bello, vero?» le chiese in modo ironico.

«Scusa, non reggo queste cose – disse l'infermiera prendendo una camiciola bianca da un armadio – tu mettiti questa. Io chiamerò una mia collega più esperta di me.»

Uscì, nel momento in cui aprì la porta la ragazza vide il suo compagno che la guardava a sua volta.

Quando si richiuse con un leggero scatto, si portò una mano al cerchio.

“Magari ci sarà in futuro l'occasione giusta per usarlo...se riesco a farcela anche senza poteri...” pensò.

Dopo qualche minuto arrivò un'altra infermiera dalla mascella squadrata e la testa coperta di veli dalla fronte in su, anziana, che la guardava in modo severo.

«Togliti quella camicia, forza. Fa vedere» le intimò in modo fermo ma sbrigativo.

Quello se lo tolse, e la donna non fece caso al cerchio che ancora brillava.

Osservò invece il taglio, lo disinfettò, lo tamponò con del cotone e lo bendò a dovere in pochi minuti.

«Mi meraviglio, ragazza. Per un taglio così saresti morta» disse col suo tono fermo, ma con una punta di acidità in meno.

«Io non muoio per così poco» rispose con fare da superiore Omega.

«Hai perso molto sangue»

«Me ne farò una ragione.»

L'anziana la guardò sbigottita.

«In ogni caso, prendi questo e bevilo tutto» aggiunse dandole una bottiglietta di vetro con dentro un liquido color verde scuro.

«Contiene proteine, zuccheri e vitamine. Guarirà più in fretta» le disse addolcendo il suo sguardo.

La ragazza la ringraziò sorridendole, poi uscì con una camicia e dei jeans, che le avevano portato durante la cura, addosso e la tuta sporca di sangue in una mano e la bottiglietta nell'altra.

Il ragazzo l'attendeva seduto su una sedia.

«Andiamo a chiedere dove sono le nostre stanze» disse.

Si fecero dire la collocazione e le cercarono seguendo le indicazioni dei cartelli.

«...»

«Ti conoscevo» disse a un tratto Omega.

Favij la guardò senza capire. Era incredibile come quella ragazza lo mettesse in confusione con le sue uscite improvvise.

«In che senso?» le chiese.

«Che, prima che tu arrivassi a UaY, ti conoscevo, perché io so tutto di tutti gli abitanti che mandano i loro Pensieri nel mio mondo. Eppure, ogni volta che mi focalizzavo su di te, qualcosa mi impediva di capire quali fossero i tuoi di Pensieri e la tua immagine è rimasta sfocata fin da quando sei nato. Sono riuscita solo a vedere il momento in cui sei scomparso. E' l'unica cosa che so di te.»

«E perché non me l'hai detto?»

«Perché è più divertente così, no?» gli disse con un sorriso sbilenco che lo fece rabbrividire.

Credeva proprio che fosse pazza.

Dopo un silenzio che sembrò durare anni, la ragazza riprese a parlare.

«Ora che ci penso, forse c'è un posto dove possiamo sapere quante Nemesi hai e quante te ne rimangono. Domani ci andiamo, che ne dici? Io oggi mi riposerò completamente» decretò infine.

«Va bene» acconsentì lui.

Omega sparì nella sua stanza, mentre Favij entrò nella sua.

A parte i colori, che stavolta arrivavano ad avere sfumature giallognole o rosse, era uguale a quella in cui era stato la prima volta.

Si distese sul letto, sorridendo.

Non capiva perché Omega avesse paura di raccontargli tutto, perché esitasse a esporsi.

Credeva forse che si sarebbe allontanato da lei? E con chi avrebbe viaggiato?

Lei era sua amica e sua guida, e le doveva molto.

“ Che strana ragazza...”

Appena formulò quel pensiero, una risata acida e maliziosa le risuonò in testa.

Si portò una mano alla tempia: il Virus.

La sua presenza compariva sempre a scatti, forse ancora non era sveglio.
Avrebbe dovuto muoversi prima che il suo risveglio si completasse.

Quando quel tormento finì, si mise a guardare il soffitto.

 

*

 

Omega si guardava allo specchio, collocato al lato della sua camera vicino a un cassetto.

Qualcosa non quadrava: i suoi occhi, da vitrei e trasparenti che erano, ora avevano una sottospecie di iride separata dal resto del bulbo oculare da una sottile striscia nera, l'interno aveva sfumature color nocciola molto lievi.

In più il cerchio metallico, che una volta risplendeva di una luce abbagliante, ora pulsava di una fioca luce azzurrina.

Tutto stava cambiando.

Lei stava cambiando, dai poteri all'aspetto.

Dentro di lei, sentiva l'impellente voglia di ridere, forse qualcosa dovuto alla sua risata di prima, nel bosco.

Non aveva mai riso sguaiatamente per niente...

E lei rise apertamente, senza un motivo valido, come se sentisse la realtà distorta, come se niente avesse più un senso.


.....................Messaggio dell'autrice..................
Questo capitolo è stato un parto, ora che sono obbligata a studiare e non trovo quasi mai tempo per scrivere.
Dovevo svelare molte cose altrimenti non capibili, quindi questo è stato un capitolo di passaggio...spero non vi abbia annoiato... ^.^"
Intanto, ho fatto scoprire un lato "pazzo" e macabro di Omega, almeno in parte.
A me manca "Sephiroth", a voi? ç___ç Mi stanno simpatici gli antagonisti mah mah.
Il prossimo capitolo sarà molto meglio (spero)!!
Ringrazio chi vorrà recensire la storia, aggiungerla tra le preferite, seguite e ricordate! :)
E un
GRAZIE SPECIALE a chi mi sostiene!! Spero che la storia possa continuare a piacervi, fatemi sapere!
A presto e buone vacanze,


AyakoSoul
 

 

 

 

 

 


 

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Capitolo 8
*** I due fratelli ***


Il risveglio fu alquanto....rumoroso.

Appena Favij uscì ancora mezzo addormentato dalla sua camera, producendo grossi sbadigli che prontamente smorzò mettendosi una mano davanti alla bocca, vide il caos più totale davanti a sé.

Le infermiere si muovevano agitate, gridolini preoccupati simili a squittii accompagnavano quella confusione dove le persone inciampavano mentre i dottori correvano, e degli uomini dalla giacca nera con sopra disegnate due sfere bianche incrociate fermavano ogni paziente e recuperavano scartoffie.

Il ragazzo non capì il motivo di tale confusione, ancora il cervello che pensava al morbido cuscino del letto.

«Buongiorno» Omega spuntò alle sue spalle facendolo sussultare, tanto pareva un fantasma.

Era pallida, due enormi occhiaie cerchiate di nero sotto gli occhi pieni di cispe e i capelli arruffati.

«Ma da quale girone infernale sei appena uscita?» le chiese lui sarcastico, guardandola.

«Ha ha ha...spiritoso» gracchiò lei guardandolo accigliata.

Poi lei si guardò intorno scuotendo la testa.

«Che ci fanno le forze dell'ordine qui?» chiese al ragazzo che fece spallucce: ne sapeva quanto lei, anzi, non credeva nemmeno che quelle potessero essere forze dell'ordine.

La mano calda e minuta di un'infermiera ancora giovane li afferrò per la manica del pigiama (o della maglietta, quella che ancora Omega indossava).

«Venite con me. Non abbiate paura, questi brav'uomini vi faranno solo qualche domanda» disse loro la medesima.

«No, voglio andare a lavarmi la faccia» rispose acida Omega.

«Ma...non potete...» balbettò la donna, presa alla sprovvista, ma la compagna di Favi si dimenò bruscamente affondandole le unghie nelle dita e andandosene.

«Mi sono svegliata di cattivo umore, non fatemi arrabbiare.» sibilò, andandosene.

«Eh già, meglio non farla arrabbiare...» mormorò il ragazzo massaggiandosi la fronte che era quasi del tutto guarita ormai.

La guardò un attimo, poi vite uno di quegli uomini dalla giacca nera afferrarla per la nuca e trascinarla via.

«Lasciami!!!» gridò quella, cercando di torcergli il braccio.

“Se avessi ancora i miei poteri lo avrei già disintegrato, dannazione!” imprecò tra sé e sé.

Poi vide Lorenzo farsi avanti e dire qualche parola, pacatamente, insieme all'infermiera, al poliziotto, ma lei era troppo presa dal divincolarsi per poter ascoltare.

Pochi secondi dopo, la buttò a terra con un tonfo.

«Che maniere..» borbottò, facendo attenzione a non farsi sentire.

«Vogliamo solo farvi qualche domanda, state calmi.» mugolò il poliziotto, poi fece cenno di seguirlo.

Il ragazzo prese per il braccio Omega, la sollevò da terra e se la trascinò dietro, seguendo l'uomo.

Finirono in una stanza squadrata colorata di un pacato color turchese, dalle soffici poltrone color cremisi.

Li fece sedere davanti alla scrivania, mentre lui si sedette sulla sedia dietro essa.

«Tranquilli, vi farò solo un paio di domande» cercò di rassicurarli l'uomo, guardando con aria accigliata il cerchio azzurrino posto sul petto della ragazza.

«Intanto, il mio nome è Rafan, chiamatemi pure Raf.» dichiarò per prima cosa.

«Devo sapere dov'eravate tra le dieci e le undici di stanotte.»

«A dormire, perché?» rispose prontamente la ragazza con sguardo che sembrava penetrarti con quegli occhi vitrei.

Favij, sporgendosi impercettibilmente, notò che in mezzo a delle strane sfumature di colore che la prima volta non aveva notato, c'era un puntino nero che assomigliava in tutto e per tutto a una pupilla, e si girava a seconda di come ruotavano i suoi occhi.

Non ci fece caso e rispose anche lui.

«Sì, confermo.»

«Mi hanno detto che siete compagni di viaggio.»

«Sì.» rispose con la stessa prontezza di prima Omega.

«Dovete dirmi da dove venite e che ci fate qui. Non mi sembrate abitanti di Nemes.» disse Raf prendendo un quadernetto e una penna.

«Allora, dimmi il tuo nome, età, provenienza e motivo della visita qui.» chiese guardando Omega.

«Perché non potrei essere un'abitante di Nemes?» la ragazza lo guardò sorridendo con una nota di disprezzo appena percettibile.

L'uomo aggrottò la fronte, preparandosi a spiegare.

«Ogni abitante di Nemes raggiunti i dieci anni vengono “bollati” con un piccolo tatuaggio sulla mano – mostrò un piccolo segno ricurvo intersecato ad altri uguali al primo, nero – e mi sembra che voi non ce l'abbiate, e che superiate di molto quell'età.»

La ragazza inclinò appena la testa, lo sguardo spento.

«Ora, volete rispondere alle mie domande?»

«Va bene. Omega, vengo da UaY, ho...diciannove anni – esitò un attimo sulla propria falsa età – e sono qui per fare una piccola visita insieme al mio amico.» rispose, falsificando alcune informazioni.

Poi il poliziotto spostò lo sguardo da lei al suo compagno, per cercare conferma, come se non si fidasse.

Lui esitò un attimo, poi parlò.

«Io sono Lorenzo, vengo anche io da UaY ed ho diciannove anni. Sì, siamo qui come turisti.»

A sentire quelle cose, Raf li guardò un po' inebetito.

«Io...ehm...da UaY? Credevo che solo i guardiani potessero aprire il portale.»

«Ce l'hanno aperto.» risposero i ragazzi all'unisono.

C'era una tensione che poteva essere tagliato col coltello, ma fecero finta di essere tranquilli.

«Va bene...» l'uomo si mise a giocherellare con la penna.

«Qualcuno può confermare il vostro alibi?» chiese come ultima domanda.

«Non sappiamo ancora cos'è successo.» intervenne Favij.

«Giusto, giusto. Vedete, tra le dieci e le undici di ieri notte, sette abitanti del posto sono stati uccisi nei pressi di questa Casa Ospitale: stiamo interrogando tutti, per questo dobbiamo chiederlo anche a voi.» si giustificò Raf.

Si portò una mano alla testa castana, cercando di uscirne fuori.

«Comunque sì – cominciò a dire Omega – quando qualcuno esce, i custodi d'ingresso annotano chi esce e chi entra, e non credo che per noi due sia possibile saltare dal secondo piano, dove erano le nostre camere. Vedete chi è segnato come uscito, ieri sera a quell'ora.»

«Giusto!» esclamò Raf.

«Allora...potete andare.» decretò facendo un cenno con l'altra mano.

Ma mentre sfogliava il catalogo delle entrate che aveva dato loro un dottore del posto, i suoi occhi si illuminarono.

«Un momento!» disse, poco prima che i due uscissero.

Il ragazzo si voltò confuso , mentre la compagna sembrava evidentemente seccata.

«Qui c'è annotato che anche in altre Case siete entrati riportando ferite di diverso tipo: la prima volta Lorenzo con graffi superficiali ma grandi emorragie, mentre Omega era svenuta. La seconda, la medesima aveva un braccio infettato da un taglio piuttosto grande. Che avete combinato?»

Favij stava per parlare delle Nemesi, ma Omega gli pestò un piede.

«Incidente con dei banditi di strada e caso di attentato in una zona vicino al bosco, perché?» ribatté sorridente la sua compagna.

«Niente...stati attenti, in futuro.» concluse Raf, liquidandoli definitivamente.

«Stupido – bisbigliò la ragazza, appena usciti – gli abitanti di UaY non possiedono Nemesi qui...»

Quella scoperta gli illuminò la mente, così stette zitto e, in silenzio, tornarono nelle loro camere.

 

 

Rafan, intanto, convocò il suo aiutante, nonché suo figlio adottivo.

«Silvestro – lo chiamò – tieni, indaga su questi due, sono i principali sospettati. – disse passandogli la cartella della Casa e i suoi appunti presi lì – Il ragazzo sembra innocente, è la sua compagna che non mi convince. Seguili.»

Detto questo, quel ragazzo dai capelli rossi color del fuoco e gli occhi d'oro fece un inchino e se ne andò con le informazioni.

Così l'uomo rimase solo, pronto a interrogare altri pazienti che, secondo lui, non gli avrebbero potuto fornire più di quel che già sospettava.

 

 

 

Se ne andarono il più presto possibile, prima che quell'uomo potesse sapere altre informazioni.

«Come mai sei così agitata?» chiese Favij, vedendo Omega allungare il passo.

«Abbiamo mentito alla polizia, ho paura che possano scoprire di più.»

«E in che modo potrebbero?»

«...Non so. Ma comunque, la cosa non mi convince!» esclamò, poi si mise a correre per la strada, un sacchetto con dentro i vestiti che le avevano offerto quando ancora la tuta era sporca, quella che si era cambiata prima di uscire.

Il ragazzo roteò gli occhi, mettendosi a correre a sua volta.

Dopo un po' di corsa in cui riuscirono a sudare anche con l'aria mite della giornata, si misero a riposare su una panchina di ferro.

«Posso sapere una cosa?» chiese il ragazzo stiracchiandosi.

«Dimmi.»

«Dove mangeremo?»

Un brontolio sommesso si alzò dallo stomaco della sua compagna che aggrottò la fronte.

«Giusto. Dovrei trovare un po' di soldi...»

Mise la mano in una tasca della tuta nera e ne estrasse un piccolo sacchetto.

«Ecco qua. Cerchiamo un mercato!»

«Cosa?»

La ragazza lo afferrò per il polso e lo strattonò in piedi, per poi farlo ri-iniziare a correre.

Poco distante, un' ombra ancora li seguiva.

 

 

Al mercato c'era tanta gente, intorno a loro bancarelle che formavano un'area rettangolare dedita solamente a cibo o carabattole varie.

Omega si fermò vicino a un tavolo squadrato con dietro una donna robusta dall'aria assonnata.

C'erano sopra strani frutti sferici e un po' ammaccati con delle sfumature che andavano dal violetto all'azzurrino.

Ne prese un sacchetto intero e diede i soldi alla commerciante.

«Andiamo via.» gli intimò la stessa, ma lui aveva uno strano presentimento.

Si voltò a guardare uno strano edificio abbandonato dai vetri opachi e rotti.

Si sentiva...osservato.

Vide passare tre bambini davanti alla casa: due stuzzicavano l'altro che piangeva, e sembrava il più piccolo.

«Facciamo così, noi ti ridiamo il tuo pallone se tu riesci a stare per più di tre ore, stasera, dentro quella casa!» ridacchiò uno con aria maliziosa.

«Ma...ma...impossibile! Sapete anche voi dei

sibili che si sentono la notte!»

Così, i bambini continuarono a discuterne, ricominciando a camminare, e il ragazzo rimase ad osservare la casa diroccata con le pareti scrostate e i vetri rotti.

Aguzzò la vista, le sembrava che qualcosa di bianco spiccasse in mezzo al buio dell'interno della casa.

Un brivido gli percorse la schiena.

 

Un occhio.

Lo stava guardando, ne era certo.

Vieni da me...” di nuovo quella voce iniziò a risuonargli in testa, sibilante ed attraente.

«Favi?» la voce femminile di Omega alle sue spalle lo riscosse, e si voltò verso di lei con sguardo determinato.

«E' qui.» disse deciso.

«Chi?»

«L'altra Nemesi...»

A sentir quelle parole, la ragazza lo afferrò per un braccio, guardandolo seria.

«Per quella hai tempo. Vieni.»

Lo trascinò via da quel posto, fino ad arrivare in una piccola piazza con un unico, piccolo palazzo davanti a una fontana prosciugata.

Era tenuto piuttosto bene, sopra c'era scritto “scissione menti”.

Chiunque avrebbe pensato a uno scherzo, a qualcosa di mediocre, ma ormai il ragazzo non poteva non aspettarsi niente di meno strano.

“Se è qualcosa di pericoloso, mi ritirerò.” pensò, sperando comunque che non richiedesse operazioni o quant'altro.

Entrarono da una porta alta e stretta in vetro, dei sonagli connessi ad essa tintinnarono.

Entrarono in un piccolo locale rettangolare con un piccolo bancone all'angolo, vari braccialetti appesi penzoloni alla parete o posti su mobili o sedie.

«E' permesso?» chiese spavaldamente Omega, facendosi avanti.

Dalla poltrona si alzò una figura scura che accese la luce di una lampada molto luminosa, cosicché il suo volto fosse visibile.

Era un uomo grasso dagli occhi di ghiaccio e i capelli rasati biondi, molti orecchini sull'orecchio destro e una giacca sbottonata blu con sotto una maglietta nera. Sulla mano, aveva tatuato il segno degli abitanti di Nemes.

Aveva una targhetta sul petto e c'era scritto “Christopher”.

«Sì?» chiese con voce cavernosa e ostile.

«E' qui l'emporio della ricerca sulle Nemesi?» si fece avanti Omega.

L'uomo fece un segno di assenso, poi si voltò a sfogliare un fascicolo pieno di articoli che il ragazzo non riuscì a leggere benché fosse vicino.

«Ci sono tante Nemesi qui che abbiamo dovuto ribattezzare l'intero mondo, ma ancora la ricerca non è completa. Intanto, per ogni povero diavolo che incappa qui dopo un sogno, c'è sempre qualcosa da fare...» cominciò a parlare.

“Cielo, speriamo non sia logorroico...” pensò Favij annoiato.

«Sì, esatto, e ci servirebbe una mano!» esclamò la sua compagna, interrompendo in tempo il discorso.

Christopher la squadrò accigliato, poi prese dal suo comodino una piccola pistola deformata con un piccolo ago all'estremità e una protuberanza circolare con due appigli a cintura sganciati.

Il ragazzo sbiancò appena vide la punta metallica avvicinarsi verso di lui.

«No!...» disse deciso, indietreggiando.

«Tranquillo, sentirai solo un pizzicotto al braccio!» esclamò sicura Omega.

«Chi cazzo se ne frega, io quell'affare non lo tocco...» continuò, toccando la parete del muro.

«Suvvia...» borbottò scocciato l'uomo, roteando gli occhi.

Favij pose le mani in avanti, sperando che non lo sfiorassero, ma sentì la punta trapassargli la pelle del palmo e un pizzico di dolore in quel gesto.

Subito dopo l'uomo, imbronciato, ritrasse l'arnese lasciando sulla mano del ragazzo un rivolo di sangue che gli scorreva dalla mano al braccio.

«Tieni.» mugolò Christopher passandogli un cerotto e del cotone bagnato.

Quello si curò il punto rosso che gli era rimasto dopo essersi asciugato dalla riga scarlatta.

Intanto, il commesso staccava la protuberanza rotonda dalla pistola e la chiudeva, facendo in modo che apparisse un disco sottile con uno schermo sopra.

C'era scritto un numero sopra: 10.

«E questo sarebbe...?» chiese confuso il ragazzo, mentre Omega gli legava l'aggeggio al polso con due lacci.

«Avendo captato il tuo DNA, sa quante Nemesi ti rimangono.» decretò Omega vedendo l'uomo visibilmente scocciato.

«Bene, grazie...» fece per andarsene la ragazza, trascinandosi dietro il compagno.

Gli scoccò un'occhiata di complicità, facendogli capire che era ora di correre.

«Ehi, dovete pagare...» disse l'uomo, ma loro corsero via contro le sue urla.

«Perché non hai pagato?!» le urlò Favij, ricevendo quasi subito una risposta.

«Scherzi?! Costa un accidente, chi ce li ha tutti quei soldi!!»

Attraversarono la strada sotto gli occhi di tutti, ma poi, alle sue spalle, la ragazza sentì un sibilo acuto.

«ABBASSATI!» gridò al suo compagno, abbassandosi a sua volta.

Subito dopo, un lampo bianco si schiantò per terra lasciando una grande chiazza bruciata.

Si voltarono, spaventati, pochi metri dietro di loro c'era un ragazzo coi capelli lunghi fino alle spalle vermigli e gli occhi grandi color giallo oro, le vesti marroni di pelle che rivelavano un fisico magro e la carnagione bianca cadaverica. Sulla mano, il segno di Nemes e un distintivo sulla giacca.

«Omega e Lorenzo da UaY, vi dichiaro in arresto per furto!» esclamò correndo in avanti.

Loro non si fermarono: continuarono a correre finché non svoltarono in un vicolo cieco.

«Dannazione, che facciamo?!» disse Omega, ma il suo compagno era spiazzato quanto lui.

Si sentivano persi, il cuore che batteva a mille: che avrebbero fatto, appena arrivati in prigione? Avrebbe mai recuperato la memoria senza aver sconfitto le Nemesi?

Erano senza via di scampo, il ragazzo era arrivato all'inizio dello stretto e stava caricando un altro fulmine.

 

“E' la fine...” pensò Favij.

 

In quel momento, sentì i suoi piedi sollevarsi da terra e issarsi sopra i muri, le case, i tetti.

Vide il ragazzo sotto i suoi piedi arrestarsi di colpo e iniziare a imprecare.

Guardò alla sua destra: anche la sua compagna fluttuava per aria, ed era meravigliata quanto lui.

Continuarono a fluttuare per un po', finché non si posarono a terra nella strada che dava spazio al mercato, ormai con nessuno intorno e le bancarelle vuote di ogni prodotto o cartellone coi prezzi.

Non si guardarono nemmeno intorno: non erano stati arrestati, erano ancora alla ricerca delle Nemesi.

Si sentivano scoppiare di gioia: lui aveva ancora una possibilità e lei poteva ancora continuare a viaggiare col suo amico.

«Siamo...siamo...ancora liberi...» balbettò la ragazza, ancora sconcertata.

Si guardarono, poi lanciarono un grido di gioia, lei si slanciò in un disperato abbraccio di felicità che venne ricambiato con un gran sorriso, condividendo quel momento di felicità e di momentanea libertà.

Poi ritornarono composti, guardandosi intorno al suono del battito di due mani in un applauso.

Era un ragazzo uguale a quello che avevano visto prima, ma coi capelli biondi e gli occhi azzurri e una tuta nera addosso.

«Bene bene bene.» disse con un sorriso furbo e di sfida dipinto sul volto.

«Chi sei?» chiese accigliata la ragazza.

Quello alzò le mani al cielo.

«Sono un amico, un fuggitivo, per la precisione. Quando vi ho visto fuggire, ho pensato subito di portarvi in salvo.»

«Tu e quel ragazzo vi assomigliate troppo...»

«E' mio fratello. Che bastardo, vero? L'ultima volta che l'ho visto mi ha sbattuto in prigione... - ridacchiò, allungando la mano in cenno di presentazione – io sono Steve, quello era Silvestro. Venite, vi accompagno al mio “rifugio”: potrà diventare un buon nascondiglio, per voi.»

Favij squadrò il “nascondiglio”, ovvero la casa abbandonata che aveva adocchiato lui.

«Favi, questa è...» provò a dire Omega, le parole che le morivano in gola sotto il cenno di assenso del compagno.

«Entriamo.» disse.

Sapevano che forse non dovevano fidarsi, ma intanto lì si nascondeva la Nemesi, e quel “10” doveva essere sceso a 0 il prima possibile.

Senza contare che ora non sapevano dove andare.

L'interno era buio, pieno di scaffali ricoperti di polvere o spaccati, quadri rotti e tetto e pavimento cadenti.

Nel buio, sulle pareti si intravedevano chiazze di sangue scuro e secco.

Vieni da me...” il sibilo nella testa del ragazzo si faceva sempre più forte, ma qualcosa lo attraeva in lontananza: un rantolo cupo, che veniva da chissà dove, e un sommesso miagolio.

Fece finta di niente, per poi seguire Steve e Omega, davanti a lui.

 

 

..............Messaggio dell'autrice................

Il capitolo è arrivato con un ritardo pazzesco, ed è un altro salto di passaggio. Chiedo venia! Senza questi capitoli non si formerebbe la struttura per la comparsa della Nemesi e dei due nuovi personaggi, Steve e Silvestro, che danno vita alla mini-serie di questa storia che chiamo “la saga dei fratelli”. Non ha nessun senso, ma mi andava di chiamarla così! v.v

Intanto, ho passato gli esami e ne sono immensamente felice. Ma forse è un problema per i capitoli: sono sempre fuori casa e non ho tempo per scrivere! ç____ç

E la prossima settimana parto al mare, tra l'altro.

Va bene, conto di rifarmi col prossimo capitolo!!
Ringrazio tutti quelli che vorranno recensire o seguire la storia e aggiungerla tra le preferite, e buone vacanze a tutti!

Saluti,

 

AyakoSoul

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Capitolo 9
*** Impotenza e vendetta ***


La casa era davvero spettrale, ancora più che all'esterno: le pareti erano impolverate e piene di macchie e muffa che rendeva l'ambiente ancora più stantio, i mobili e le fotografie spaccate e le macchie rosse sui muri erano davvero raggelanti.

Stavano attraversando un piccolo corridoio, Omega e Steve procedevano a passo spedito, incuranti della casa.

Ma Favij no.

Lui era all'erta, sentiva che qualcosa si annidava nell'oscurità, e li spiava.

A volte sentiva un miagolio, si voltava e vedeva che era solo un gatto nero che girava per le stanze e si scontrava con loro più volte.

Ancora peggio, a volte udiva un rantolo cupo, si voltava impaurito e non vedeva niente se non una normale stanza dell'edificio.

Salirono al piano di sopra, le scale che gemevano cupamente sotto i loro piedi a ogni loro passo.

Non si vedeva praticamente nulla, tanto era buio il posto.

«Tenete, con queste potremo proseguire – disse Steve lanciando loro due torce – mi spiace farvi stare in un posto come questo, ma è un edificio molto particolare: nessuno vuole mai avvicinarvisi. Per questo è il posto più sicuro di tutta la cittadina, per quelli come noi!»

Non capì perché, ma il ragazzo si sentì infastidito nel sentire quel “noi”.

«Perché nessuno vuole mai avvicinarvisi?» chiese Omega in tono divertito, come se si trovasse al Luna Park piuttosto che in un edificio abbandonato. Più la conosceva, più vedeva come quella ragazza potesse risultare strana.

«Girano strane voci su questo quartiere: si dice che la notte da qui si sentano strani rumori e che chiunque sia entrato sia scomparso o morto – rispose il ragazzo con altrettanta naturalezza – ma sono solo stronzate.»

Un rivolo di sudore freddo percorse la schiena del povero Favi, che strinse i denti per calmarsi.

Come facevano quei due ad essere così tranquilli in un posto come quello?

Mentre si crogiolava nei suoi pensieri, sentendo una punta di dolore all'altezza del cuore che non avrebbe saputo spiegarsi, sentì più rumori accatastati uno sopra l'altro che gli fecero raggelare le vene.

 

Un miagolio acuto, un rantolo cupo e lungo e un fruscio sospetto.

Si voltò di scatto, il cuore che batteva a mille e la circolazione che quasi si fermava dalla tensione.

Per un attimo gli sembrò di vedere dei fili neri attraversare le fessure delle porte.

“Hai bisogno di riposo..:” pensò tra sé e sé, scuotendo la testa.

Credendo che fosse solo frutto della sua immaginazione, riprese a camminare con la solita inquietudine in testa, non sapendo che un occhio lucido e sgranato lo fissava dalla serratura della porta alla sua destra.

 

 

Omega seguiva imperterrita il fuggitivo.

In verità non si fidava molto di lui, ma contava che potesse aiutarli nella ricerca delle Nemesi che tanto detestava.

“Non devi neanche pensarlo, Omega. E' per il bene del tuo amico!”

Giusto, ma se anche Steve avesse deciso di voler fare amicizia con lei? Avrebbe ancora seguito questo principio?

In fondo, un pochino poteva ritenerlo simpatico, e li aveva pure salvati dall'imminente arresto...

Il solito gatto nero attraversò la stanza, silenzioso.

Un rantolo cupo, un miagolio e un fruscio insolito.

Lo spostamento d'aria, segno che Favij si era voltato di scatto.

Spostò un attimo la testa per vedere se ci fossero pericoli incombenti, ma alle sue spalle non c'era nulla e il suo compagno si voltò, quindi anche lei tornò ai suoi pensieri, a testa bassa.

Non aveva mai avuto paura delle cose sovrannaturali.

Fantasmi e simili erano sempre stati il suo pane quotidiano, lì a UaY dove Pensieri potevano diventare tali.

Un'intera vita passata a guardare...

Sorrise: forse non poteva ringraziare Lorenzo più di così se non per la sua compagnia.

Continuò a camminare in silenzio, finché non sentì il suo respiro farsi corto.

“Se il bianco ti farà così paura, ti basterà pensare a noi: veglieremo sempre su di te.”

Questa frase, pronunciata da una voce che le sembrava così familiare ma che non aveva mai sentito, fece capolino nella sua mente dal nulla, ma la sentiva come se fosse un ricordo...

Barcollò, si fermò appoggiando la mano all'orlo di una finestra rotta da cui filtravano i colori ambrati del cielo, ansimando leggermente.

«Che ti succede, Omega?» le chiese Favij voltandosi, preoccupato.

Steve la fissava in modo inespressivo, come se la stesse studiando.

Lo squadrò accigliata, per incutergli timore e un'invisibile minaccia, poi si forzò per rimanere in piedi e continuò a camminare.

«Un capogiro, nulla più», rispose al suo amico, con un sorriso ambiguo e dolce.

Così, dopo un infinito giro della casa, arrivarono ad un vicolo cieco che terminava con una scaletta che saliva in soffitta.

«Andate», disse in tono gentile Steve, facendo loro cenno di salire per primi.

I due compagni salirono, Omega più sicura di Favij, che ancora era inquieto nei riguardi di quell'edificio.

Non sapeva se aspettarsi qualcosa di spaventoso o una sua Nemesi. Più probabilmente, una Nemesi spaventosa, pensò.

Trovarono uno spazio spazzato via dalla polvere, con delle scatole piene di viveri e un giaciglio per la notte.

«Eccoci qua, nella 'mia dimora'. Non è molto, ma credo che sia sempre meglio che nascondersi sotto un ponte, o sbaglio?» ridacchiò Steve, allegro.

“Qualcosa mi dice che un ponte è più pulito...” pensò Favij con una nota di disgusto.

Intanto, fuori, stava facendo buio.

«Ma per quanto tempo abbiamo cercato questo posto?» chiese calma Omega.

«Un'intera giornata, dopotutto in quest'enorme casa la cosa più facile è perdersi.» constatò Steve allegro, prendendo una pagnotta da uno degli scatoloni e sgranocchiandola.

«E noi ci saremmo persi un paio di volte?!» esclamò stupita, ricevendo tranquillamente un cenno del capo come se fosse un sì, che lasciò la ragazza inebetita.

«Ma che fate lì fermi come stoccafissi? Mangiate pure!» aggiunse il ragazzo tra un boccone e l'altro, guardandoli mentre erano in piedi, rigidi, davanti alla sottospecie di entrata a quel nascondiglio.

E i due compagni mangiarono, fino a quando per tutti e due fu opportuno iniziare con le domande.

«Cos'è successo tra te e tuo fratello, di preciso?» chiese la ragazza a bruciapelo, incuriosita da quello che il ragazzo aveva detto prima che entrassero in quel posto.

Il fuggitivo si incupì di colpo e abbassò il capo.

«Noi...una volta eravamo inseparabili, non litigavamo quasi mai. Noi due vivevamo insieme ai nostri genitori, nostra madre faceva la casalinga e nostro padre è tutt'ora un poliziotto – quest'informazione fece storcere il naso a Omega, ma se ne stette zitta - Vivevamo tranquilli, finché non è morta mamma per cause naturali e nostro padre ha iniziato a picchiarci dalla frustrazione. Lì abbiamo iniziato a dividerci: lui pensava che la soluzione migliore fosse renderlo orgoglioso di noi. Io no. Credevo che dovessimo liberarci di lui. Così finii in prigione, la mattina dopo che provai ad ucciderlo con un coltello da cucina. E riuscii a scappare, ma dentro di me ancora odio mio padre per quel che ha fatto a mio fratello - i suoi occhi balenarono di rancore – ed è da qui che ho iniziato a a fare il vandalo di città e a scatenare rivolte, ricordandomi sempre che è tutt'ora un poliziotto.»

Finito il suo discorso, la ragazza lo fissò in modo inespressivo, come se stesse pensando, una luce sinistra negli occhi.

«Dovevi volergli molto bene...» mormorò, quasi impercettibilmente, in modo che non la sentisse.

Chissà se, un tempo, anche lei avesse avuto qualcuno a cui voler bene....

Passarono la notte in silenzio, quella muta solitudine aggravata dalla storia di Steve, finché non si coricarono.

In verità, Favij faceva solo finta di dormire.

Era troppo preoccupato per la vista dei capelli che attraversavano gli spifferi della porta, che non fosse solo frutto della sua immaginazione oppure sì.

A parte il fatto che fosse inquietante, l'idea gli faceva anche schifo.

“Vieni da me...” il sibilo nella sua mente cominciò a riecheggiare.

Possibile che in quell'edificio diroccato si annidasse la sua Nemesi?

In ogni caso, si doveva muovere a trovarle tutte.

Dieci Nemesi ancora da trovare e sconfiggere...

Scosse la testa, si alzò, tastò l'ambiente finché non trovò la torcia e l'accese, facendo gemere appena il pavimento sotto i suoi piedi.

Non lo stupiva: tutto in quell'edificio metteva i brividi.

Appena accesa, la torcia illuminò una fotografia sciupata e insozzata dal tempo di una famiglia compatta, ogni membro stretto a un altro.

La prese, un rivolo di sudore freddo gli percorse la schiena: i volti erano tutti oscurati.

'Kayako...Toshio...' questi nomi gli rimbalzarono in testa ma non sembravano suscitare nulla in lui.

Con un nodo in gola, scese per la scaletta da cui erano saliti e si incamminò per il corridoio buio illuminato dall'unica fonte di luce disponibile.

Infatti provò ad accendere l'interruttore, invano.

Attraversò parecchie stanze, a volte sentiva un rantolo cupo alle sue spalle e si girava di scatto con la torcia puntata.

Non sapeva a cosa sarebbe servito trovare la propria Nemesi, ma contava sull'aiuto del Virus.

“Favij...” il suo nome riecheggiò nella sua testa, e l'immagine della mano bianca balenò quasi subito dopo.

“Tu vuoi tornare nel tuo Mondo raccogliendo le tue Nemesi, vero?” gli chiese .

Il ragazzo annuì.

“E io che ci ricavo?”

A quella domanda, rimase spiazzato, e subito dopo le plausibili scuse a cui stava pensando furono rimpiazzate da una risata acida e maliziosa che gli fece venire l'emicrania per qualche secondo.

“Tranquillo, è vietato per me entrare nel tuo Mondo e lo so. Ti perseguito solo per il semplice gusto di farlo. Ti aiuterò solo se penserai a cosa fare con Omega se riuscirai a tornare a casa.”

Detto questo, la sua presenza scomparve dal suo cuore, lasciandogli però l'esitazione che da tempo aveva celato, lasciando il ragazzo con la confusione di non capire perché gli avesse posto questa domanda.

In verità aveva evitato quella questione come la peste perché non sapeva rispondersi.

In quel momento, sperò con tutto il cuore in un futuro in cui lei lo accompagnava nel suo Mondo, il mistero ancora celato di come arrivarci per cui contava sulle Nemesi, e viveva al suo fianco come migliore amica.

Continuò a camminare con la mente sopraffatta dai propri pensieri.

Poi qualcosa lo fece sussultare.

Una mano poggiata sulla sua spalla.

Si voltò, preparandosi alla lotta, ma davanti a lui c'era la sua compagna con una torcia spenta in mano.

«Tranquillo, sono io», disse in tono dolce per rassicurarlo.

Si vedeva da lontano un miglio che aveva paura, e si era aspettato che scendesse per cercare la sua Nemesi. Così sapeva che avrebbe deciso di seguirlo.

«Posso unirmi a te?» gli chiese, appena lo vide annuire iniziò a trotterellare contenta per i corridoi.

Il problema era che la casa era troppo grande, così ci avrebbero messo giorni a trovare la Nemesi che speravano non si sarebbe nascosta per sempre.

Seccato, Favij decise di passare in un'altra stanza.

Accostò la mano alla maniglia della porta, e subito dopo, dal nulla, nella sua testa balenò il solito schermo, un gioco in prima persona.

“Ho l'ansia ogni volta che apro le porte...!” era la sua voce che diceva quella frase.

Poi, il buio.

Scosse la testa, anche se sapeva che quello era un indizio: erano vicini a Lei.

Girò la maniglia che gemette cupamente quando si aprì.

Fece per ritrarla, quando venne bloccata da un braccio insanguinato e cadaverico.

Voltò lo sguardo, la mano proveniva da una ragazza col viso imbrattato di cremisi e gli occhi sgranati, i capelli lunghi, sporchi e neri.

Dalla bocca sdentata emetteva rantoli cupi e lo attirava a sé.

Il ragazzo provava a ritrarsi, il cuore che accelerava i battiti, al posto dei denti inesistenti della donna uscirono dei canini irti e anneriti.

“Merda! Non riesco a divincolarmi!”

In quel momento, due piccole mani separarono il braccio del mostro da quello del ragazzo: erano le mani di Omega, che si fece avanti per difenderlo.

In quel momento provò a fuggire, ma venne afferrata per il collo e la creatura la attirò a sé, mordendogli voracemente la nuca.

Omega urlò di dolore, grida che squarciavano l'aria, con gli occhi stretti, e più cercava di divincolarsi più sangue usciva dal morso.

Il suo compagno si fece avanti e colpì la testa del mostro col dorso della torcia, chiudendo la porta.

La ragazza si accasciò contro la parete, gemendo di dolore, premendosi una mano sulla parte posteriore del collo.

Poco dopo svenne, lasciando una striscia di sangue sul muro, una macchia cremisi che le si allargava ai suoi piedi.

A quella vista, il ragazzo sentì il suo cuore fermarsi.

Corse a soccorrerla, cercando di vedere come fare per fermare l'emorragia.

«Aiuto!!» gridò sperando che Steve potesse raggiungerli.

Gli occhi gli si inumidirono: come al solito, gli aveva salvato la vita. .

E ogni volta ne usciva ferita.

Stavolta, rischiava davvero di morire.

Appoggiò la sua testa al ginocchio, un fazzoletto che si era portato dalla Casa Ospitale premuto sulla ferita, che ancora grondava sangue e uno strano liquido nero.

Una lacrima solitaria gli solcò il viso.

Dal suo Mondo si era trascinato dietro anche le emozioni, purtroppo ricordava com'era soffrire, addolorarsi per qualcuno. anche senza aver battuto una stupida Nemesi.

Era come avere mille spilli nel cuore, che gli laceravano la carne mentre gridava con tutto se stesso la sua frustrazione e la sua impotenza di fronte a quella scena che gli aveva tolto il fiato dallo sgomento.

Sentì dei passi e la voce di Steve richiamarli.

Si asciugò prontamente le lacrime, l'espressione del fuggitivo sbiancò appena li vide.

«Ma che diamine è successo?!» esclamò, correndo e chinandosi per vedere la ferita a sua volta.

Nel mentre, il ragazzo si riprese.

«Steve...c'è davvero qualcosa in questa casa – rispose il ragazzo, che sentiva la furia montargli dentro – e io posso cacciarla via. Per sempre.»

Si alzò, infervorato, e richiamò tutte le sue forze per poter scongiurare il Virus di aiutarlo.

«Prenditi cura di Omega.»

«Tu...vorresti battere la cosa che ha morso lei?! Ma se sei così gracilino! Ti farai ammazzare!» gli esclamò alle spalle Steve.

Il ragazzo si voltò con gli occhi iniettati di odio, color rosso scarlatto infiammati da un'ira cieca.

«No, non può battermi! Nello stato in cui sono, neanche tutte le Nemesi di questo mondo sbagliato messe insieme contro di me potrebbero fermarmi!!» gridò carico, con tutto il fiato che aveva in gola.

Diede un ultimo sguardo alla figura minuta della sua amica stesa a terra, sempre più pallida, che il fuggitivo si apprestava a mettersi sulle spalle per portarla in soffitta e poterla medicare, e quella vista lo rese ancora più forte.

Tra la furia, sperò che Steve non si perdesse e che riuscissero a tornare in soffitta, dove poteva medicarla.

Aprì con furia la porta da cui prima era spuntata la mano: non c'era più niente.

“Bene – pensò con rabbia trattenuta – il divertimento è la caccia, non la cattura....”

Assaporò quel pensiero con cattiveria, poi si concentrò sulla parete, la artigliò con la mano e, facendo leva sul palmo, la raschiò via, sotto lo sguardo incredulo di Steve.

Avrebbe demolito la casa fino a trovare quel mostro, anzi, la sua dannata Nemesi.

 

*

 

Sentiva che qualcosa non andava.

Aveva appena ucciso un'altra Nemesi, un'altra vittima era caduta in coma.

Di questo passo, avrebbe avuto abbastanza energia per creare un collegamento con la Terra.

E quel ragazzo non sarebbe più servito, avrebbe potuto far tornare tutto alla normalità.

Un ragazzo dai capelli lunghi del colore della luna e una maschera bianca sul volto era davanti a una nube nera, la spada impregnata di un ferroso liquido scuro.

Sentiva una strana sensazione provenire dal fondo dello stomaco, ma l'unica cosa che si sentiva di fare era di dirigersi verso la vecchia casa abbandonata. Era una Nemesi o qualcos'altro?

A passo svelto, con l'amaro in bocca e ancora l'aura di morte che gli aleggiava intorno, si incamminò verso il vecchio mercato a quell'ora privo di gente se non di qualche ragazzo che faceva un giro coi propri amici.

 

 

*

 

Favij percorreva il corridoio delle stanze con la torcia accesa, il sangue che gli ribolliva nelle vene, il potere che gli scorreva fino alla punta delle dita.

Si sentiva invincibile come non mai, guidato da un astio cieco.

Ma non lo faceva solo per lui, per diminuire quel numero sul suo polso.

Lo faceva per pura vendetta.

E perché tutto ciò non si ripetesse.

 

 

...…......Messaggio dell'autrice...............

Dopo essere stata sepolta dal mare mosso e dalla sabbia (ed averci rimesso un livido sotto il piede per aver pestato di forza un sasso), finalmente riesco a pubblicare il nono capitolo! :D

E qui finalmente arrivano Kayako e Toshio di 'Ju-On: The Grudge'! :)

Spero di non avervi delusi, specialmente chi non vedeva l'ora che entrassero in scena c-c.

Omega è stata morsa mortalmente, ed ora ho fatto un piccolo OOC maligno, perdonatemi.

Riuscirà la ragazza a rimanere in vita? Fatemi sapere cosa ne pensate! :D

Ringrazio tutti quelli che vorranno recensire, o mettere la storia tra preferite, ricordate e seguite!

A presto ^^,

 

AyakoSoul

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Capitolo 10
*** Il Suo Nome ***


Omega non riusciva a capire davvero perché si sentisse in quel modo.
Era un semplice morso quello che le aveva dato il mostro, ma in ogni caso si sentiva bruciare, come se dai segni lasciatele sulla nuca del veleno le fosse penetrato nelle vene e la stesse corrodendo dentro.
Era cosciente, aveva sentito sotto il braccio la spalla di Steve a cui appoggiava per tornare in soffitta, e un momento dopo sentiva che le stava premendo un panno intriso di disinfettante sulla ferita.
E anche se totalmente in sé, qualcosa non andava.
Era come se non riuscisse ad aprire gli occhi, come se un blocco le impedisse di muoversi.
Era successo tutto pian piano: mentre ancora era con Favij, aveva sentito uno strano formicolio al collo, poi alla punta delle dita delle mani e dei piedi fino a quando non era più riuscita a muoversi.
E anche in quel momento sentiva i suoi pensieri allontanarsi, diventava sempre più debole, respirava sempre più piano.
Di questo passo, avrebbe smesso completamente di vivere, involontariamente.

*

I corridoi bui, gli insetti che si intrufolavano nelle crepe sulle pareti dalla carta da parati distrutta e graffiata color ebano, gli specchi rotti, i sibili e il gatto che passava in modo serpentino da una stanza all'altra.
Ora, niente di tutto ciò gli faceva paura, torcia accesa o spenta.
Solo un odio cieco lo guidava per quella casa, e aveva un unico pensiero in testa: trovare quella maledetta Nemesi e vederla scomparire, ma non subito, con lentezza, farla soffrire, farla annegare nella sua ira...
Scosse la testa: quelli erano pensieri che gli erano stati inculcati a forza dall'Infezione, dal Virus stesso.
Si doveva limitare alla sua missione.
Sentì dei passi alle sue spalle, ma rimase fermo.
Doveva attendere la sua vittima per poi attaccarla di sorpresa, così avrebbe funzionato...
“Si avvicina...” pensò, continuando a guardare avanti.
Il rumore dei passi era sempre più nitido e rimbombava contro le pareti della stanza, alle sue spalle.
Ancora un po' di tempo...
“Vieni da me...” il sibilo nella sua testa ricominciava a farsi sentire, ma lui faceva finta di niente.
Era a pochi passi da lui...
“Ora!!”
Scattò indietro con la mano tesa come una lama verso l'avversario, ma appena girato si ritrovò, con sua grande sorpresa, con la punta di una lama a un soffio dal suo collo.
Vide chi era, e gli si mozzò il fiato nei polmoni dalla sorpresa, una strana forza riscaldante nel cuore.
Davanti a lui c'era un ragazzo dai capelli argentati e lunghi color della luna, pallido di carnagione, la tuta nera e gli occhi coperti da una maschera bianca immacolata.
Aveva la fronte imperlata di sudore che gli scendeva giù per le tempie, era visibilmente teso.
«Ehi», gli disse con un tono di minaccia il ragazzo mascherato.
Restarono immobili per diversi secondi in cui il silenzio impregnò il corridoio tra la polvere e la tensione che si tagliava col coltello.
Poi la spada tornò nel suo fodero, e la mano di Favij tornò normale.
«Che ci fai qui?» gli chiese con voce ferma.
Il ragazzo dai capelli argentati fece spallucce, cominciando a guardarsi intorno.
Poi, si decise a parlare.
«Quindi...tu saresti Favij?» gli chiese continuando a vagare con lo sguardo, impuntandolo poi su una grande forbice che percorreva la parete.
«Sì» affermò l'altro, che invece continuava ad osservarlo.
L'altro gli sorrise, continuando a stare zitto.
«Perché?» si decise a chiedere Favij dopo qualche istante di esitazione.
Il ragazzo mascherato si voltò di fronte a lui, allora Favi fece un passo indietro.
Scoppiò in una fragorosa risata: «Favij...colui che distruggerà la Volontà.»
«Cosa?»
Ci furono dei minuti di pesante silenzio.
«Dimmi, Favij, sai che cosa vuol dire 'Alpha', nel tuo mondo?», disse il nemico, cercando di deviare il discorso, in tono di supremazia.
«Certo, è la prima lettera dell'alfabeto greco» rispose prontamente, ma appena pronunciata quella parola iniziò a respirare male.
L'altro estrasse la spada e gliela puntò al cuore, facendolo indietreggiare fino a fargli toccare il muro con la schiena.
«Mio caro e lurido umano, prima di continuare il tuo viaggio sappi che facciamo parte di qualcosa di più grande – sentì il potere del Virus uscirgli dal corpo, gli occhi prima infiammati tornare color nocciola – e tu, solo perché usi il potere del “Virus” ci sei entrato dentro per sbaglio. Scoprirò ciò che hai di più caro, così avrò il piacere di togliertelo...»
Si avvicinò al suo volto, la spada che faceva scorrergli un rivolo di rosso giù per la gola.
«Tu capirai di non essere come noi, tu sei solo una schifosa bestia!» urlò, alzando la spada, preparandosi a vibrare il colpo e ucciderlo.
Appena abbassò la lama, quella fu bloccata da qualcosa e uno schizzo di sangue gli scivolò giù per la guancia.
Il ragazzo aveva bloccato la sua spada, la sua invincibile arma, con una mano che ora grondava sangue.
Il mascherato lo guardò con disprezzo.
«Guardati: senza usare la forza del Virus non riesci a fare niente.»
L'altro forzò la lama quel tanto che bastava per non essere schiacciato contro il muro, la fronte madida di sudore.
«Io non sto usando nessun potere!!» urlò, poi ricacciò indietro l'arma scartandola di lato, così finì per terra in mezzo al tappeto polveroso, lasciandosi dietro una scia cremisi.
Il ragazzo mascherato rimase per un attimo spiazzato, poi tese la mano, le sfere si illuminarono e la spada tornò nella sua mano, mentre gli occhi dell'avversario si illuminavano di nuovo del colore del fuoco.
Stavano per attaccare, quando un rantolo sommesso entrò nel campo uditivo dei due nemici.
Passò il gatto, ma stavolta non era solo, ce n'erano altri centinaia che pian piano occuparono lo spazio e circondavano i due ragazzi.
Uno di quelli lo guardò, poi con un soffio saltò con le unghie irte tese pronto a graffiare Favij.
Quello lo respinse con la mano, ma un urlo alle sue spalle lo fece voltare, il ragazzo mascherato aveva degli ampi graffi sul petto e la tuta nera era squarciata per insanguinata.
Uno dopo l'altro i gatti saltavano, così si misero schiena contro schiena a respingerli.
«Perché continui ad essermi nemico?!» urlò tra i miagolii Favij.
«Non posso dirtelo!» esclamò l'altro mentre, soffiando, un gatto nero con un occhio scoppiato gli si attaccava al braccio.
«Sappi solo che lo faccio per una persona a cui voglio bene!» si lasciò sfuggire, staccandosi il felino di dosso.
Notarono però che, ogni volta che respingevano un attacco, i gatti cadevano in piedi e si schieravano insieme ad altri in un moto infinito, così decisero di passare all'unica possibilità plausibile: la fuga.
«Corri!» esclamò uno dei due spontaneamente e insieme se la diedero a gambe levate da quella mandria di gatti infervorati.
Percorsero parte della casa fino a fermarsi in una stanza che assomigliava a una camera da letto e si appoggiarono alla parete, sfiniti.
Ansimando, Favij riprese la sua ricerca, scrutando il suo nemico per controllare di non venir attaccato un'altra volta da esso.  
«Che hai intenzione di fare, ora?» gli chiese il ragazzo mascherato, appoggiandosi al muro.
«Ma si può sapere che accidenti vuoi?!» sbottò Favi, guardandolo infastidito.
L'altro fece spallucce.
«Ho sentito una strana presenza qui, ho pensato che potesse essere successo qualcosa.»
«...»
Ripensandoci, di cose ne erano successe.
A parte il rischio dell'arresto, erano entrati in una casa stregata che si era rivelata il rifugio di una Nemesi e la sua migliore amica stava morendo.
Ripensando al viso contratto dal dolore di Omega, una stilettata di dolore gli arrivò al cuore.
Ma poi si ricordò la sua missione: la vendetta.
Sentì un rantolo in lontananza, ancora il sibilo nella sua testa.
Infuriato, lasciò lì da solo il suo nemico e fece il giro delle stanze.
Poi, fu attratto da una finestra.
Una semplice finestra.
“Lo sapevo!! Lo sapevo!!” questa frase gli balenò nella mente, da sola, forse, e ci sperava tanto, un altro ricordo.
Si fece avanti, si sporse dalla finestra.
Un miagolio, in lontananza.
Accadde tutto in un attimo.
Una mano, insanguinata, sporca, lurida, gli afferrò il polso e tentò di trascinarlo giù.
Strinse i denti, cercando di non desistere e non cadere.
Il miagolio era sempre più vicino.
Si voltò, sussultando alla vista di un bambino, seminudo, con gli occhi neri come i capelli, lerci e oleosi, che gli diede una spinta, facendolo finire bocconi per terra, la vista rivolta al dannato ragazzino.
“Dannazione...” pensò, tentando di alzarsi.
Cercò di tirarsi su, poi un dolore lancinante gli scosse il braccio mentre il suo sangue iniziava a scorrergli sulla mano.
La sua Nemesi gli stava mordendo il braccio, bramosamente, come se non mangiasse da tempo.
Si divincolò con uno strattone, quasi strappandosi l'osso, e si concentrò sul Virus per poter azionare i suoi poteri.
In un istante, i suoi occhi si abbagliarono del colore del fuoco, mentre l'energia iniziava a scorrergli nelle vene.
Afferrò il mostro per il collo, che pareva soffocare sotto la sua stretta, e lo scagliò di lato contro il muro, i capelli lunghi e corvini che le coprivano il viso.
Quella si alzò, ma lui tese il braccio in avanti e gli trapassò la spalla facendola trasalire, appena la ritrasse era bagnata di un liquido scuro come la pece.
Prese la rincorsa, si diede un forte spintone appoggiando la pianta del piede contro il muro e trapassò il busto della creatura da parte a parte, schizzi fluidi e neri si dipingevano sulle pareti, un urlo lancinante squarciava il cielo.
Non era ancora abbastanza: la creatura si rialzò e cercò ti morderlo di nuovo, ma l'altro, ora più preparato, gli afferrò i denti dal palato e gli staccò la mascella in due, i suoi vestiti e il suo viso ormai erano ricoperti di quella sostanza nera.
Il corpo si afflosciò al suolo, ma non scomparve in una sottile nuvola di fumo come l'altra Nemesi, bensì rimase a terra come un sacco di patate.
Ancora un miagolio, più stridulo e disperato degli altri.
Alzò la testa, il bambino lo guardava inespressivo.
Provò a raggiungerlo arrampicandosi sui buchi sulla parete, ma uno crollò facendolo finire rovinosamente a terra.
Quando guardò di nuovo la finestra, il bambino non c'era più, però il ragazzo mascherato scese con un balzo scompigliandosi involontariamente i lunghi capelli argentati e gemendo di dolore quando schiacciò col busto i graffi che aveva sui pettorali.
Rialzandosi, il ragazzo si tolse la terra dai vestiti e cercò di ritornare in sé.
Una domanda, forse per sdrammatizzare quella situazione sfinita, gli serpeggiò in testa.
«Non te la togli mai quella maschera idiota?» gli chiese, guardandolo perplesso, scrutando l'ambiente scuro di un parco abbandonato.
«No – rispose prontamente quello – mai.»
Favij roteò gli occhi al cielo, come se avesse appena ascoltato la cosa più stupida della sua vita.
«Allora, che hai intenzione di fare ora?» gli chiese aggiustandosi i capelli lunghi.
«Penso che il bambino sia un'altra Nemesi... - si guardò il braccialetto, il numero era sceso di uno – Ma tu...non mi metterai i bastoni tra le ruote?» chiese diffidente.
L'altro alzò le mani, come per giustificarsi.
«Io? Sta tranquillo. Mi irriti e ho una voglia incredibile di farti fuori, ma sono sicuro che, seguendo te, troverò ciò che ha stimolato il mio senso del pericolo», sorrise beffardamente.
«E, magari, mi divertirò un po'...»
Favij aggrottò la fronte: ma che si credeva, un assassino o la versione fantasy dell'uomo ragno? Anche se storceva il naso davanti alle sue opinioni, c'era da dire che era meglio che lo volesse lasciare in vita.
Un lampo nella sua mente lo fece sussultare.
Ricordò se stesso, prima di perdere la memoria, che guardava felice il film di Spider Man seduto sul divano con...
Con...
Non se lo ricordava.
Non ricordava il volto di quella persona.
«Allora, se non ti dispiace vado a far fuori l'altra mia Nemesi», se ne andò quello, scacciando quei dilemmi e richiamando i poteri.
Li usava in continuazione, ormai.
Anche se sapeva che, prima o poi, questo continuo utilizzo si sarebbe ritorto contro se stesso.

*

Continuava a seguire quel ragazzo, che ancora lo attraeva in qualche modo.
Forse lo attirava per il fatto di essere il Portatore, che avesse anche Alpha nel cuore, oppure ancora il fatto che Omega l'ultima volta gli era sembrato che tenesse così tanto a lui.
Anche se lo irritava da morire e non lo sopportava, reprimeva quell'enorme voglia che aveva di prendere la spada e farlo a fette.
Aveva ripromesso di non mostrarsi fino a Quel momento alla ragazza, e a chi le stava intorno, e lui ovviamente stava mantenendo la promessa al suo migliore amico, ovvero quello che in contemporanea era il suo peggior nemico.
Ma non poteva dire che non gli era mancata.
Anche se non era stato lui a passare tutti quegli anni in solitudine...
Scosse appena la testa, continuando a seguire il ragazzo che procedeva con la sua ricerca.
Il solo pensiero gli addolorava il cuore.
Un miagolio, molto vicino. Proveniva dalla terrazza.
Vide i suoi occhi diventare scarlatti, i suoi muscoli gonfiarsi e i suoi sensi si dilatarsi.
Corse in terrazza, e lui lo seguì.
Videro l'ombra di una figura che cadeva, e lui si sporse per andare a vedere.
E, di nuovo, cadde in trappola.
Il bambino comparve dietro di lui, lo spintonò e quasi Favij cadde da lì, ma fece leva con le braccia e tornò indietro, afferrò il bambino, che ancora lo spintonava, lo graffiava e lo mordeva, per il braccio e lo sbatté alla sua destra e alla sua sinistra come se fosse un tappetino polveroso.
Ovviamente, lui rimase a guardarlo senza proferire parola o muovere un muscolo.
Il cadavere divenne una nuvola di fumo, scomparendo con un rumore sordo che si sentì anche poco lontano.
Poi, vide il ragazzo afflosciarsi sulla parete dell'orlo della terrazza, come se fosse svuotato di ogni energia.
Guardò i graffi e i morsi sul suo braccio, sul viso e su parte del collo, che grondavano sangue e un liquido assai scuro.
Veleno.
Pian piano l'organismo si rilassava fino a smettere le sue attività, poi i polmoni avrebbero smesso di inspirare ed espirare e il cuore avrebbe smesso di battere.
Era una delle astuzie che le Nemesi avevano in comune, e scorreva anche nel loro sangue nero.
E c'era solo un modo per curarlo.
«Ehi», gli fece, prendendo da un taschino nel fodero della sua grande spada una boccetta dal colore olivastro.
«Che...vuoi...» chiese l'altro infastidito, ansimando.
Sorrise beffardamente, chinandosi davanti a lui.
«Ti hanno iniettato del veleno in corpo. L'unico antidoto è questo, che ho elaborato dopo anni di ricerca. Prendilo come uno di quei pochi gesti di gentilezza che vedrai da parte mia.»
Non poteva lasciarlo morire. Sarebbe stato sleale.  
Gliela porse, e lui ne bevve pochi sorsi che già si sentì meglio.
«Perché mi stai aiutando?» gli chiese a bruciapelo, come se lo stesse ringraziando.
Il ragazzo mascherato esitò un attimo sulla risposta.
“Perché tu sei l'unico vicino a lei.”
«Non lo so, mi ispiri fiducia forse.»
L'altro ridacchiò.
«bugiardo...e perché uccidi le Nemesi, mandando in coma tutte le persone del mio Mondo?»
«Questi non sono affari che ti riguardano, e sappi che se non fosse per ciò che tu hai avrei ucciso anche le tue, di Nemesi.»
«E cos'ho di speciale?»
«...»
Ci fu un momento di gravoso silenzio, sostenuto solo dall'aria pesante del giardino sottostante, mentre sul retro c'era il mercato vuoto.
«Ho capito, non me lo vuoi dire», decretò facendo spallucce Favij.
«...»
«Posso almeno sapere come ti chiami?»
«No», rispose secco.
«Va bene...»
Dopo un po' di riposo, ad occhi chiusi, il ragazzo sussultò, alzandosi in piedi di scatto, ormai guarito.
«Ehi, tu. Prestami di nuovo l'antidoto!» esclamò, con gli occhi pieni di fretta e disperazione.
«Perché?»
«Perché una mia amica è stata morsa sul collo dalla mia Nemesi minuti, forse ore fa. Ne ho bisogno, al più presto!»
Nel sentire quella frase, il suo cuore perse un battito.
Con la maggior parte delle possibilità, parlava di Omega.
Si alzò di scatto, troppo frettolosamente e con troppo sforzo perché sentì delle fitte lancinanti al polpaccio e al petto, ma non ci fece caso. C'erano questioni più importanti a cui pensare.
Rientrarono, durante il tragitto il ragazzo tempestò di domande Favij.
«Quando è stata morsa?»
«Te l'ho detto, minuti o forse ore fa, non lo so.»
«Differisce da organismo a organismo il tempo a disposizione prima di morire.»
«In che senso?»
«Magari le braccia smettono prima di agire mentre i polmoni, il cuore o il cervello ci mettono di più, a volte anche giorni. Speriamo bene.»
«Che ti importa di lei?» chiese l'altro, aggrottando la fronte.
«Niente, l'ho detto senza pensarci», cercò di sviare lui, per non fargli capire quanto ci tenesse alla sua sopravvivenza.
Ancora un po' e infine salirono le scalette che conducevano alla soffitta.
In quel momento, il cuore del ragazzo mascherato rallentò, e tutto fu chiarito.
Quello aveva generato il senso di pericolo che si sentiva dentro.
Era lei.
Perché ancora erano collegati, dopo tutti quegli anni.
In un baleno, gli occhi gli si inumidirono.
Quasi pianse quando la vide distesa di traverso sul pavimento sopra una coperta e una pila di sacchi sopra la testa, il volto pallido e una lacrima che gli solcava il viso, il petto che a malapena si alzava e si abbassava.
«Presto, usa l'antidoto!» esclamò Favij, sentendo da un altro ragazzo lì accanto come stesse la ragazza.
Ricacciò nei bulbi oculari le lacrime per non piangere.
Pensò che lei non avrebbe voluto.
Le alzò delicatamente la testa con una mano e accostò l'apertura della boccetta alle sue labbra per fargliela bere.
Metà del contenuto si rovesciò ai lati della bocca, ma dei sorsi furono deglutiti.
Aspettò qualche secondo, poi quella tossì in malo modo, alzandosi, riprendendo colorito.
Nella soffitta scura della casa, i presenti tirarono un sospiro di sollievo.
Steve, così scoprì che si chiamava il ragazzo, disse che aveva preso ago, filo e disinfettante per ricucigli i buchi sulla nuca a uno a uno.
Dopo qualche secondo di apatia, la ragazza chiese cos'era successo e i suoi compagni le sorrisero sornionamente, spiegandogli tutto.
«Scusami, è colpa mia», si scusò Favij con la testa bassa e una nota incrinata nella voce.
«Perché?» chiese serenamente la sua compagna.
«Colpa della Nemesi generata da dentro i me. E' solo colpa mia...»
L'altra scosse la testa, una dolce espressione in volto.
«E' tutto apposto – gli disse, abbracciandolo – è tutto finito.»
Per un attimo, il ragazzo rimase rigido davanti a quella stretta d'amicizia e consolazione, poi si sciolse, abbandonandosi all'apparente benevolenza verso la sua amica.
Il ragazzo, ancora con la maschera indosso, si rassegnò al fatto che neanche quella avrebbe coperto la gelosia, la sofferenza e la gioia per la salvezza.
Se la tolse, rivelando i suoi occhi azzurri come il punto più profondo dell'oceano, profondi come pozzi di acqua cristallina.
Occhi che scrutavano tutto l'affetto che avevano l'uno per l'altra i due ragazzi.
Come un tempo...
Non seppe perché lo fece.
Forse perché, davanti a quella dimostrazione di affetto, si era ingelosito o forse perché, sinceramente, voleva che lo riconoscesse.
Appena la ragazza si voltò a guardarlo, sotto la meraviglia degli altri due, lei semplicemente inclinò la testa di lato con sguardo incuriosito e confuso.
«Ci siamo già incontrati da qualche parte?» gli chiese, un po' scossa.
Quello le sorrise dolcemente, scuotendo la testa.
«Non credo.»
Lo addolorava moltissimo non dirle niente, ma non poteva.
Erano tutti stanchi dopo l'accaduto, le ferite, le battaglie e le cure, così decisero di riposare. Gli chiesero di curargli i graffi sul petto, ma lui prese il kit medico – tranne quello che serviva a Favij per fasciarsi le braccia – e si curò da solo, sotto lo sguardo malinconico di Omega.
Poi si misero a dormire tutti, a parte lui.
Il ragazzo dagli occhi blu era sveglio, con la consapevolezza che ora doveva andarsene.
Aveva una missione da compiere, altro sangue da versare.
Aspettò che tutti si fossero appisolati, poi si alzò e fece per andarsene.
«Dove vai?» le chiese una voce cristallina e femminile resa rauca dall'apparente e breve sonno.
Lui si voltò, colto di sorpresa, il cuore che accelerava i battiti.
Abbassò lo sguardo. «Me ne vado», disse a voce bassa.
Lei gli sorrise, un sorriso sincero e privo di astio dalla prima volta, almeno per quel che ne sapeva lei, che si erano incontrati.
«Grazie», gli disse.
Lui contraccambiò il sorriso, sedendosi accanto a lei, che era appoggiata alla parete.
Solo per colpa del suo compagno una bellezza tale era rimasta sotto un tetto di polvere, ragnatele e  mobili rotti.
Per un attimo la guardò col cuore che gli si struggeva, poi di slancio le diede un piccolo bacio sulla fronte, cogliendola di sorpresa.
Mentre la ragazza ancora lo guardava inebetita, scese la scaletta e se ne andò, mentre lei lo seguiva.
«Aspetta!» gli intimò, a voce non troppo alta per non svegliare gli altri, ancora un po' confusa.
Esitò. «Dimmi almeno come ti chiami...» borbottò a voce bassa quella, col capo chino.
Lui sorrise ancora, pensando a come quella presenza riuscisse a distanza di anni a rassicurargli ancora il cuore.
Si girò avviandosi verso di lei, le sollevò la testa dal mento con una mano, cosicché lo guardasse.
«Nemes. Mi chiamo Nemes» le disse, sorridendole ancora.
Gli occhi della ragazza si illuminarono sotto la luce lunare che filtrava dai vetri rotti facendo risaltare la potenza emotiva di quelle sfere cristalline che, se ne accorse, avevano qualcosa di diverso, anche se ancora rivelavano tutta la confusione che aveva in testa.
Detto questo, si rimise la maschera bianca e sparì oltre al cupo corridoio buio, mentre lei esitava se andare con lui o tornare in soffitta.
Inaspettatamente, decise di rimanere nel bel mezzo del corridoio a riflettere.

*

Favij si accorse, mentre tentava di dormire rannicchiato all'interno delle coperte, che dalla sconfitta delle Nemesi non aveva ricavato nessun ricordo anche se il numero sul suo polso era sceso.
Questo lo inquietava non poco, ma pensò che se un'altra Nemesi li avesse assaliti, ora che si era riposato, sarebbe stato pronto a combattere.
Ma in quel momento non gli importava.
Gli si era ghiacciato il sangue nelle vene quando aveva visto il viso pallido e sofferente della sua amica.
Se fosse morta, di sicuro avrebbe perso la ragione. E non sarebbe riuscito ad andare avanti.
Ora a guidarli c'era Steve, ma non gli interessava.
Era da quando si era svegliato e aveva dubitato di lei  che quell'essere misterioso lo aveva colpito. E poi aveva trovato in lei quegli aspetti, dalla sua permalosità ai suoi sacrifici, che gliel'avevano avvicinata moralmente come la sua migliore amica. E l'unico punto di riferimento, in quel mondo dove un solo pensiero ribaltava l'intera esistenza di persone, esseri viventi.
Adorava il suo sorriso, non riusciva a vederla piangere.
E non riusciva a non pensare a lei.
Chiuse gli occhi, sperando che la notte lo calmasse dal freddo che aveva invaso il suo cuore quella volta.
Ma nell'oscurità e nella fretta di addormentarsi, non aveva notato due occhi dorati, che lo scrutavano con cattiveria, di un ragazzo appoggiato alla finestra.



….........Messaggio dell'autrice.............
Era ora di schiarire i dubbi a chi credeva che Omega potesse morire. Almeno per ora, è viva hihihi.....
Che ne pensate di Nemes e di quelli che chiamo 'i suoi sbalzi d'umore'? :3
E....della fine del capitolo?
Intanto, sono arrivata a dieci capitoli. Devo festeggiare, e quindi ringrazio:
Luna di Angelo, FuffoloSoldi, _MickyOfficial_, Darksaurus97, itachiforever, Katniss Weasley Prior e LilyMP per aver recensito positivamente i capitoli e avermi sostenuto. Grazie infinite per il vostro sostegno che spero riceverò anche in futuro per i capitoli a due cifre! :)
Poi ringrazio pensosoloSP per aver recensito ogni capitolo ed avermi sostenuto moltissimo, e Yulin per aver segnalato la storia per la lettura ed averla consigliata :), grazie infinite, il vostro sostegno mi è sempre di grande aiuto!
E infine ringrazio i lettori che mettono tra preferite, ricordate o seguite questa storia e chi legge in silenzio.
Spero di risentirvi tutti presto e di sentire ancora le vostre opinioni! :)
(Sperando di non deludervi! ç^ç)
Un bacio,

AyakoSoul

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Capitolo 11
*** Segreto per un Mostro ***


Stava camminando verso un orizzonte bianco, in uno spazio del medesimo colore, che pareva infinito. Ormai le facevano male i piedi, ma lei non riusciva a smettere di andare avanti.

Era disperata, anzi, era sola.

E l'unica possibilità di non restare a lungo in quello stato era continuare a viaggiare attraverso UaY, così le avevano detto di chiamarlo, quell'enorme spazio candido. Ma lei sapeva che, in verità, quel mondo era un'altra cosa, ma non riusciva a capire cosa...

A un certo punto, vide un puntino nero all'orizzonte. Il suoi occhi vitrei si illuminarono di speranza, e corse verso quell'unica macchia presente. Però appena le fu vicina, vide che non era altro che una piccola sfera color seppia, anche se sembrava più un buco.

La toccò, e vide che era veramente una piccola voragine perfettamente rotonda.

Pensò che forse sarebbe potuta uscire da lì, così, con la forza della disperazione, afferrò per le estremità il buco e lo squarciò.

Appena vide oltre, il suo cuore perse un battito.

La Terra.

In tutto il suo splendore, con tutti i suoi abitanti.

E un ragazzo, quel ragazzo che continuava a parlare da solo al computer, che anche se era triste si sforzava di sembrare allegro.

E poi, il mondo parallelo a UaY, coi suoi cieli ambrati e i suoi abitanti bizzarri che convivevano con le Nemesi, sempre alla ricerca dei loro padroni.

Da quelle meraviglie, colò all'interno dello spazio bianco uno strano liquido nero che si espanse pian piano, fino a occupare tutto lo spazio e circondarla.

Si voltò, spaventata, a guardare intorno a sé.

Vide Favij in piedi, che la guardava sorridendo, gli occhi scarlatti che risplendevano del potere del Virus. Provò a chiamarlo, ma non riusciva a proferire parola. Così corse verso di lui, gettandosi tra le sue braccia e abbracciandolo.

Non le venne in mente il nome con cui lo chiamava ogni giorno, ma le veniva voglia di chiamarlo in un altro modo.

'Alpha'....

Chiuse gli occhi, appena li riaprì davanti a lei c'era un enorme specchio, e lei non aveva più la tuta nera, ora era pallida come un cadavere, il cerchio sul suo petto era coperto da una maglietta azzurra e aveva dei pantaloni neri.

Sentì una mano che posava sulla sua spalla, si voltò di scatto con un brivido e vide il ragazzo dai capelli lunghi e argentati che la guardava con aria malinconica.

'Ricordati chi sei, Omega. Ricordati il mio nome, Nemes.'

Poi, il buio, mentre le si occludeva la gola e sentiva il respiro farsi affannoso.

In quel momento, capì che UaY era il Nulla.

UaY era un nascondiglio.”

 

 

La ragazza urlò dallo spavento, tirando un pugno nel buio che la affliggeva, colpendo a caso qualcosa che non riusciva a capire cosa fosse, ma sentiva qualcuno che le gridava di fermarsi.

Poi, come se si fosse scordata di fare una cosa così basilare, aprì gli occhi.

Rimase di pietra quando vide che, davanti a lei, c'era Steve coperto di lividi e di graffi, steso a pancia in giù con aria rassegnata e sofferente, lo sguardo sgranato rivolto dietro di lei che ruotava tutt'intorno alla stanza, che aveva le pareti squarciate.

La ragazza si guardò intorno, chiedendosi cosa fosse successo, poi guardò il ragazzo, che indietreggiò accasciandosi contro la parete, che ancora pareva un po' scosso.

-Steve! Cos'è successo?- chiese la ragazza, preoccupata, vedendo il compagno scosso da brividi.

-Cosa hai fatto...- mormorò, guardando in alto.

La ragazza si voltò ad osservare gli squarci nelle pareti, e subito le salirono le farfalle allo stomaco.

Un po' euforica, pose le mani di fronte a sé e cercò di concentrarsi su di esse, ma non successe nulla, e lei aggrottò la fronte. I suoi poteri non erano tornati.

E allora come avrebbe mai potuto combinare tutto quel casino?

Guardò nuovamente il ragazzo, che sembrava leggermente sollevato nel vederla in condizioni normali.

Lei non capiva.

Eppure, se ne accorse in quel momento, la ferita sulla sua nuca non le doleva più, dopo una sola notte. Possibile che per un lasso di tempo molto breve fosse riuscita ad acquisire nuovamente le sue forze per poi tornare “normale”, benché per lei non fosse così?

-Cos'è successo, di preciso?- chiese di nuovo, avvicinandosi agli squarci procurati ai muri.

Sentì l'altro balbettare per cercare le parole da pronunciare, dietro di sé.

-Non so...hai...hai cominciato a urlare nel sonno e...sono apparsi quegli squarci sul muro...era come se qualcosa di invisibile fosse lì a distruggere tutto e...quando mi sono avvicinato mi sei saltata addosso ed hai iniziato ad attaccarmi...il cerchio sul tuo petto si è illuminato...-

Anche se cercava di non darlo a vedere, dalla voce si capiva che era scosso.

E sentì il rimorso salire quando disse che era stata lei a ferirlo, con un po' di agitazione per il fatto che il Cerchio avesse, per un breve lasso di tempo, ricominciato a funzionare.

Guardò un attimo il compagno, vedendo i graffi e i lividi che gli aveva procurato, una morsa che le stringeva lo stomaco.

Continuava a ripetersi di non fidarsi di lui.

Ma, in fondo, non aveva fatto niente di male.

Si chinò in ginocchio accanto a lui, vedendo la sua schiena, curva per il modo in cui si era seduto, alzarsi e abbassarsi con ritmi irregolari per il panico.

Riflettendoci su ancora per qualche secondo, guardando il vuoto, con lo sguardo confuso del ragazzo puntato addosso.

-Posso curarti io le ferite-, si decise a dire, alzandosi e prendendo da un piccolo scaffale posto all'angolo della soffitta, anch'esso con un piccolo taglio laterale, il kit medico.

Mentre iniziava a disinfettargli i tagli sul viso, il ragazzo cominciò a farle delle domande.

-Posso sapere una cosa?-

-Dimmi-, rispose quella, concentrandosi su un punto sotto il sopracciglio dove usciva molto sangue.

-Cos'hai sognato di preciso, per urlare a quella maniera?-

La ragazza rifletté un attimo su come rispondere.

-Ho sognato... un enorme spazio bianco, che veniva inquinato da delle macchie nere...ho sognato...- si fermò, prima di pronunciare il nome “Nemes”. Le faceva uno strano effetto quel nome, e da quando se ne era andato ne sentiva, insolitamente, la mancanza. Poi, i suoi occhi azzurri e limpidi le scombussolavano lo stomaco, ed era come se un piccolo punteruolo le stesse trapassando il cuore, man mano che pensava a lui.

Era qualcosa di simile alla nostalgia...

“Impossibile, non lo conosco e soprattutto l'ultima volta ci ha attaccati...” pensò.

Rimase ancora qualche istante muta, mentre il ragazzo che stava curando la chiamava, confuso.

“Ma allora perché...perché mi sento così male...”

Accadde tutto in un lampo: qualcosa balenò nella sua mente in modo sibillino, pochi istanti che sparirono com'erano comparse.

Un sorriso, la sua mano stretta a quella di qualcun altro.

Abbracciava qualcuno, un essere vestito di bianco.

E vedeva degli occhi blu come il mare, che sembravano volerla risucchiare al loro interno con il loro sguardo benevolo.

-Omega?- continuò a chiamarla Steve, con un tono di voce alto e più preoccupato.

Quando la ragazza si riscosse, una lacrima, calda, solitaria, gli solcava la guancia destra. Strinse gli occhi, asciugandosi il viso.

-Scusa, non so che mi è preso.-

Detto questo, un silenzio di tomba riempì la stanza mentre la ragazza fasciava il braccio del ragazzo.

-Già, non ho finito la risposta...- si giustificò.

-Niente, niente...- balbettò il ragazzo, guardandola con compassione -Ci sono altre cose che mi preoccupano...-

-Tipo?-

-Cos'è quel cerchio azzurro?-

A quella domanda, la ragazza sussultò lievemente, causando un leggero strappo alla benda.

-E'...una fonte di energia ricaricabile. Ormai non la ricarico più, però...è sempre utilizzabile- rispose, in modo frettoloso.

Poté dirsi che gli aveva detto una mezza verità. Non doveva sapere come era possibile ricaricare l'energia, non lo avrebbe mai dovuto sapere...

Mentre ancora chiudeva la garza sui suoi muscoli, si sentì un tonfo provenire dalle scalette che portavano su in quel posto, e dei fiori variopinti si sparpagliarono sul parquet mentre qualcuno gemeva e imprecava di dolore.

Vide alzarsi, mentre si massaggiava il viso e borbottava insulti e accidenti, un ragazzo alto e magro con i capelli castani e riccioli dallo strano ciuffo sporgente. Le sembrò che il suo cuore stesse saltando di gioia: in tutto il casino di quell'inizio giornata, tra il sogno e le cure, non si era minimamente curata della sua presenza.

-Favi!- esclamò, e corse da lui, che ancora era in ginocchio e si massaggiava con cura il bernoccolo che aveva sulla testa, ma si trattenne dall'abbracciarlo di slancio.

La ragazza si guardò un attimo intorno, notando tutte le piante colorate che si erano sparpagliate sul pavimento.

-Cosa sono tutti questi fiori?- chiese, raccogliendone uno vicino al suo piede che aveva sfumature fucsia e lillà e che emanava un odore pungente e dolce.

Quello si alzò e le sorrise.

-Un augurio di guarigione. O non ti piacciono i fiori?- ridacchiò.

Quella scosse la testa, ilare.

-No no! Tutto il contrario, io li adoro!- esclamò con felicità.

Ridacchiò leggermente, in maniera simpatica e un po' imbarazzata.

-Solo che...-

-Cosa?- chiese il ragazzo, che nel frattempo prese il sacchetto che teneva e cominciò a raccogliere ogni singolo petalo per terra.

La ragazza scoppiò a ridere, una risata che riempì la stanza.

-E' un po' buffo tutto ciò...- continuò, singhiozzando dal ridere.

-Effeminato!- disse, e l'altro, un po' irritato, iniziò a scompigliarle i capelli con le mani.

-Ma senti questa stronza! E io che lo facevo per te!- disse, anche se anche lui se la rideva sotto i baffi.

A ridere si aggiunse anche Steve, ora in piedi, che teneva tra le mani un fiore uguale a quello che prima aveva preso Omega.

-Perché hai preso dei fiori dell'animo?- chiese, guardando Favij con un'aria tra il malizioso e il divertito.

-Mi piacevano-, rispose l'altro scrollando le spalle, -Perché?- chiese a sua volta, sistemandosi un ciuffo castano.

Negli occhi azzurri dell'altro balenò un'altra risata.

-Questi fiori se li regalano, durante la stagione di fioritura, gli innamorati, come richiesta di matrimonio- rispose, scandendo bene l'ultima parola.

La ragazza sgranò gli occhi, sentendosi avvampare.

Diede uno schiaffo alla fronte dell'amico, come suo solito, quando era innervosita o imbarazzata.

-Ahia! Ma che ho fatto?!- esclamò l'altro, ridacchiando. Lo divertiva guardare la ragazza così, un po' in imbarazzo ma che faceva la finta offesa. E poi, con quelle guance un po' arrossate era molto carina.

 

 

Steve guardava quei due far finta di litigare per uno stupido fiore, assorto nei suoi stessi pensieri.

A vederli, potevano dirsi fratelli, per come si comportavano. Ma ancora gli sfuggiva il perché Omega e Favij fossero in quel posto, o perché Silvestro li avesse accusati di furto. Era tutto così programmato...o c'era dell'altro? Il ragazzo sapeva che il suo fratellino dagli occhi dorati era stato lì, vicino alla finestra, l'altra sera. Aveva sentito la sua presenza. Poi, se ne era andato, scappato da dove era venuto, con un salto così grande che si era sentito il suo tonfo per terra.

Ancora non aveva iniziato l'azione.

….

“Forse”, pensò Steve, “mi vuole ancora bene. O forse lo fa solo per nostro padre...”

 

 

Quella mattina, un ragazzo pallido e magro dai capelli rossi e gli occhi dorati stava camminando vicino alla foresta che limitava il confine della città, calpestando ogni fiore che gli si parava davanti, a sguardo basso, facendo sbiadire quel trionfo di colori che i bambini venivano sempre ad ammirare nei tardi pomeriggi.

Si mise per terra, la schiena appoggiata contro un grosso tronco d'albero che copriva coi suoi imponenti rami un buon perimetro di quell'area, assicurandogli l'ombra accompagnata da un fresco venticello.

Aveva visto dormire quelli che per suo padre erano considerati i nemici.

Possibile che avesse ragione?

La mattina, prima che si alzasse qualcuno, se ne era andato, ma non aveva visto niente di particolare. Per lui, quelle erano persone normalissime. Eppure, suo padre continuava a sostenere che la ragazza dagli occhi strani fosse l'assassina che stavano cercando. Per questo non aveva agito: suo padre sosteneva così, ma lui ne voleva sapere di più. Lui non agiva impulsivamente.

Lui stava sempre in silenzio, ma rifletteva sempre su ciò che accadeva intorno a lui, forse per questo faceva il detective.

….“E' colpa sua”.

Una stilettata al cuore gli arrivò insieme a quel ricordo lancinante, che scacciò via iniziando a strappare l'erba davanti a sé.

Lui non aveva bisogno di nessuno per essere felice.

Lui non voleva nessuno.

Sotto la rassicurante ombra di quell'albero enorme, si mise a riflettere sulle prossime mosse da fare.

 

 

Dopo aver raccolto tutti i fiori sparpagliati nella stanza, tra un commento sarcastico su Favi e sulla ferita già quasi rimarginata del tutto di Omega, il compagno si mise a guardare tutti gli squarci sulle pareti, un po' preoccupato.

La ragazza aprì la bocca per raccontare tutto, ma qualcuno lo fece prima di lei.

-Infestazioni di topi e gatti. Un putiferio, non credevo che in questa casa succedessero cose cosi incredibili. Sarà perché ci siete voi?- ridacchiò quello, scherzandoci su.

E l'altro, ancora un po' perplesso, li lasciò, dirigendosi verso il bagno al piano di sotto.

In quel momento, la ragazza si voltò con la fronte aggrottata.

-Perché non gli hai detto niente?- sbottò.

L'altro si avvicinò, un sorriso rassegnato sul volto.

-Come pensi che reagirebbe se venisse a sapere di quel che hai fatto? Non è una cosa normale, le persone che riescono a fare queste cose involontariamente vengono definite come mostri.-

L'ultima frase che disse le rimase impressa, un velo di preoccupazione le scese sul volto.

La turbava tenere segreta quella cosa alla persona che si fidava ciecamente di lei.

Steve le pose le mani sulle spalle.

-Sarà il nostro piccolo segreto, okay?-

L'altra annuì, ammutolita.

“...vengono definite come mostri.”

Un brivido la scosse al pensiero.

Sentiva che tutto ciò non avrebbe portato a nulla di buono.

 

 

..….......Messaggio dell'autrice..............

E' tornato Silvy (Silvestro)! *^*

Mi chiedo se vi ricordate ancora di lui....

Comunque, è uno dei miei personaggi preferiti, e vi faccio vedere uno spicchio della sua personalità, finalmente...

Anche se mi devo scusare per il capitolo un po' noioso...scusatemi!

E lo strano sogno di Omega a cosa porterà? Cosa significherà? :3

La scena del fiore ci stava troppo, comunque. Non vedevo l'ora di scriverla!

Ah, e no, non mi ero dimenticata della storia.

Solo che in questi giorni ero perennemente fuori e questo ha causato una...ehm...mancanza di ispirazione...chiedo venia!

Allora ringrazio tutti quelli che vorranno recensire, aggiungere la storia tra preferite, ricordate e seguite! X3

A presto ^^,

 

AyakoSoul

 

PS: Mi scuso se i dialoghi sono segnati in modo diverso dal solito. Sto usando un altro computer, che ha una tastiera che non riesco a usare. Appena potrò, rimedierò!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Non mi lasciare ***


Quella mattina Omega venne svegliata dai due amici quando ancora aveva sonno.

Era passata una settimana dalla sconfitta delle Nemesi, trascorsa in riposo e nullafacenza.

Avevano conosciuto un po' meglio Steve, il loro nuovo compagno, trovandolo molto simpatico e disponibile.

Ma la sera prima, Omega aveva dormito poco, dopo aver ripensato in continuazione alla frase detta da Steve...e al “piccolo segreto” tenuto tra di loro.

Non che fosse qualcosa di molto grave, ma aveva paura che si preoccupasse per quel che aveva fatto...

E se Steve avesse avuto ragione? Se davvero Favi avrebbe pensato pensato che lei era un mostro? Una morsa le strinse il petto, così dormì pochissimo quella notte.

-Forza...alzati!- esclamò Favi scrollandole le spalle.

Quella si alzò di scatto e gli diede un altro schiaffo alla fronte.

-Ahia, cazzo!- imprecò quello.

-Così impari- ridacchiò la ragazza, e un'altra volta Favij le arruffò i capelli con la mano.

Rimasero a far finta di litigare per ancora qualche minuto, poi la ragazza si alzò e si stiracchiò, preparando la sua roba.

I due le spiegarono cosa avevano in mente: Steve avrebbe viaggiato in incognito, mentre i due compagni, accusati di un semplice furto, non sarebbero stati intralciati senza tanti problemi.

-E dove andremo?- chiese la ragazza, incuriosita.

-Lontano da qui, questa città mi cerca. Ah, dimenticavo di dirvi che il viaggio riguarda solo me:voi potete benissimo decidere se venire con me o meno- rispose prontamente il fuggitivo.

A Omega brillarono gli occhi, e si voltò a guardare Favi.

-Bhe, così potrai andare alla ricerca di altre Nemesi!- esclamò decisa, ma subito dopo si bloccò, voltandosi verso il biondo, che la guardava col sopracciglio inarcato.

Abbassò il capo: ancora lui non ne sapeva niente.

-Credo che sia ora di spiegarmi cosa ci fate veramente in questo posto.-

Omega si voltò verso Favi che, rassegnato, le fece un cenno col capo.

Così, lui seppe tutto.

Del perché erano accusati di furto, delle Nemesi, del ragazzo mascherato – appena lo citarono, la ragazza abbassò gli occhi – e delle battaglie e delle loro origini.

In quel momento, lo sguardo di Steve era variato dall'impassibile allo sbigottito.

Di sicuro non era una cosa facile da digerire, per lui, abituato alla tranquillità distorta di Nemes.

Alla fine del loro “racconto” aggrottò la fronte.

-Mi avete tenuto nascosto tutto questo per un'intera settimana?!- sbottò, irritato, e i due abbassarono la testa, il rimorso che cresceva.

Steve sospirò, ma al posto della fronte aggrottata gli comparve in volto un timido e rassegnato sorriso.

-Va bene...vi perdono. Per me sono preziosi due compagni di viaggio, specialmente se possono collaborare.-

Gli altri due alzarono la testa con un tuffo al cuore.

-Grazie...- mormorò Favij dandogli una pacca sulla spalla.

Dopo una breve discussione sulle tappe e il percorso da fare, prepararono la poca roba che si erano portati appresso e, appena davanti all'ingresso della casa, Steve li fermò un attimo.

Chiuse gli occhi, si prese la testa fra le mani e, quando le staccò, i due compagni credevano che fosse un'altra persona: i lineamento del viso si erano appena induriti, i capelli erano diventati color blu notte e gli occhi erano diventati verdi come smeraldi, mentre la carnagione si era fatta più scura.

Sorrise: -Ora nessuno potrà riconoscermi, comunque.-

E così, partirono, oltrepassando il mercato a quell'ora pieno di gente, guardando però con circospezione qualunque persona li osservasse in modo ambiguo.

Attraversarono i corridoi della città, osservando il cielo cambiare lentamente la sfumatura ambrata del sole per segnare l'arrivo del primo pomeriggio, una luce particolare che si rifletteva sulle pareti rivestite di specchi o di vetro delle case.

Dopo un po', aver incrociato Nemesi e malcapitati, aver comprato il necessario per fermarsi le notti e poter procedere senza intoppi – tra cui alcune armi, che avrebbero usato in caso di necessità – lasciarono la città sicuri di sé, incamminandosi verso una sconfinata area fatta unicamente di prati, campi coltivati e qualche bosco frammentato.

Col passare del tempo, il trucchetto di Steve sfumava sempre di più, facendolo tornare gradualmente al suo vero aspetto.

Mentre attraversavano il confine, Omega guardò di sfuggita Favij.

Ancora sentiva il rimorso salire, e voleva raccontargli il suo sogno.

Ma era come se non si sentisse pronta: non ci riusciva.

“...vengono definite come mostri.”

Ancora quella frase le rimbombava nelle orecchie, e la rabbrividiva.

Senza farsi vedere, estrasse da una delle piccole tasche della propria tuta nera il fiore regalatole da Favij che aveva raccolto per primo.

Mentre attraversavano un vasto prato dai ciuffi d'erba dorati, Favij sentì una strana pressione alla testa, insieme al solito sibilo che sentiva quando era vicina una Nemesi.

“Vieni da me...” ancora non capiva del tutto il senso di quella frase, ma qualunque cosa significasse, lui l'avrebbe scoperta.

Camminarono ancora finché non si ritrovarono in una sottospecie di bosco, le foglie color smeraldo e i tronchi imponenti.

C'era un sentiero, quindi pensavano che sarebbero sbucati dall'altra parte.

Ma si sbagliavano.

Davanti a loro c'era un edificio un po' malmesso, ma ancora in piedi, verniciato di grigio, e quattro piani.

-Dove siamo?- chiese Steve, ma prima che potesse suggerire di cambiare strada, Favij iniziò a incamminarsi verso l'edificio a passo svelto, seguendo la voce che rimbombava nel suo cranio, come se fosse in trance.

Entrò, l'interno era messo malissimo: pareti squarciate, tracce di sangue sui muri e travi di metallo arrugginite accatastate per terra insieme ad altro ciarpame.

I ragazzi si guardarono intorno, spaesati.

-Che facciamo ora?- chiese Steve, preso in contropiede.

Favij si rilassò, come se si aspettasse uno dei soliti sussurri nella sua testa che, alla fine, non arrivarono.

Sentì un richiamo nella sua testa, poi il suo cuore iniziò ad accelerare i battiti: il Virus lo stava chiamando.

Chiuse gli occhi, ed una mano bianca dalle dita irte balenò nella sua mente, ma stavolta il Virus non rise sguaiatamente come le altre volte. Sembrava alquanto serio.

“Tu sei debole.” non capì all'inizio quella frase, e si irritò appena la sentì pronunciare.

Si chiese se quelle uscite da film se le programmava, prima di dirle.

“Di questo passo perderai tutto quello che hai trovato...i tuoi nuovi amici...i tuoi sentimenti...”

Favij si chiese cosa stesse cercando di dirgli.

“Sto cercando di chiederti se davvero preferisci trovare le tue memorie e tornare sulla tua Terra invece di accontentarti di quello che hai ora.” rispose secco il Virus.

Ma cosa c'entrava in quel momento?!

-Io...- non si accorse nemmeno di essersi messo a parlare ad alta voce -...voglio ritrovare le mie memorie perché devo sapere. C'erano tante voci che mi cercavano, ed io credo che ci siano persone che mi vogliono bene, e che soffrono per la mia mancanza...questa cosa mi turba. Non voglio continuare con questo tarlo in testa, per questo ho deciso che ritroverò le mie memorie! E tu, quando sarò sulla Terra, non ci sarai più.-

Steve e Omega lo guardarono con aria perplessa, ma di impulso il ragazzo proseguì per i corridoi.

Prese per mano Omega e, senza una parola, la portò per i corridoi bui.

-Questo posto non è sicuro. Avvertimi al più piccolo rumore, o movimento- disse, senza nemmeno rifletterci, come se le parole si rigettassero dalla sua bocca involontariamente.

Camminarono con passo felpato, scorrendo tra un corridoio e un altro, senza fermarsi, anche se la ragazza chiedeva il contrario per la stanchezza.

Ben presto persero la cognizione del tempo, finché una domanda spontanea non venne loro, mentre sentivano il vuoto aprirsi nello stomaco.

Si guardarono intorno, sconvolti.

-Dove...dov'è Steve?...- balbettò impaurita Omega, mentre il suo compagno si guardava intorno.

Il silenzio che sembrava riempire quel posto divenne pesante, sembrava che volesse portarli alla pazzia.

Nella testa del ragazzo rimbombò il suono di una bottiglia che cade, ma non capì da dove provenisse.

Si sentirono dei fischi acuti, paranormali, provenire da due corridoi più in là, ed era come se qualcuno li stesse richiamando, mentre il ragazzo sentiva dei sibili nella sua testa.

Prese di nuovo per mano la ragazza e si incamminarono nuovamente, alla ricerca di Steve e di qualcos'altro, verso i corridoi.

 

Omega non protestò mentre camminavano, e se ne stette zitta.

Le sembrava di avere la mente leggermente annebbiata, ed era come se i suoi piedi volessero fluttuare come palloncini.

Non sapeva perché, ma le sembrava che quel posto non la volesse.

Ed allo stesso tempo si chiese se Favij avesse capito che quel posto non era altro che un labirinto, un enorme labirinto fatto apposta per perdere la cognizione del tempo e dello spazio, e lei se ne era accorta quando avevano attraversato un corridoio con un ampio squarcio circolare sulla parete: dopo un po' lo avevano ritrovato di nuovo, eppure non le era sembrato che stessero girando in tondo.

Aveva provato a dirlo, ma non era riuscita ad emettere alcun suono, e il suo corpo si stava muovendo automaticamente, come se non le appartenesse.

Mentre continuavano il percorso, vide delle macchie, bianche e brillanti, sul proprio braccio.

Non ci fece caso, gocciolava roba strana dalle tubature, a volte aveva visto chiazze cremisi causate dalle perdite di un tubo sopra le loro teste e lo aveva scansato.

Ma dopo un po' sentì uno strano formicolio al braccio, e subito le sue braccia, il suo busto, le sue gambe e tutto il resto del corpo fu avvolto da quelle strane macchie.

Favij lasciò la presa sul suo braccio come se stesse provando ad afferrare qualcosa di incorporeo, e vide mentre si voltava con sguardo pieno di sgomento e panico.

Per ultima cosa provò a proferire parola, ma non ci riuscì.

Poi, scomparì.

 

Il ragazzo vide la sua compagna scomparire davanti ai suoi occhi, mentre si dissolveva in una sfera di luce, e così rimase al suo posto, accasciandosi per terra, in ginocchio, ancora sconvolto.

Cosa stava succedendo?

Perché stavano tutti scomparendo?

Sarebbe scomparso anche lui?

Mentre queste domande affollavano la sua mente, sentì il respiro farsi affannoso, e vide qualcosa di totalmente inimmaginabile comparire davanti a lui.

Una nube scura, densa, con la vaga forma di un essere umano, fluttuava davanti a lui, con aria imponente e minacciosa, sbuffando suoni simili a fischi acuti che gli rimbombavano nelle orecchie.

Non seppe come capì che era una sua Nemesi, ma se la ritrovò davanti, e ancora si chiese se non fosse lui la causa della scomparsa dei suoi due compagni.

Provò a raccogliere le sue forze, ma non ci riuscì, ancora sbigottito per la scomparsa dell'amica davanti ai suoi occhi.

Ma come se qualcuno avesse spento la luce, si ritrovò nel buio più assoluto.

Era ancora in ginocchio, e piccole onde bianche sembravano crearsi sotto di lui, dando un po' di contorno a tutto quel nero.

Una mano completamente bianca dalle dita irte si posò sulla sua spalla e lo fece spostare all'indietro, mentre avanzava.

“Lascialo a me, ragazzo” sentì queste parole pronunciate da una voce familiare.

E così vide il Virus in tutta la sua imponenza.

Era ricoperto da una specie di enorme veste bianca, posizionato al centro della spalla sinistra c'era un cerchio metallico che pulsava di una luce bianca abbacinante, le braccia erano nascoste da veli, mentre le pallide mani avevano l'aspetto coriaceo, e si attorcigliavano attorno a se stesse, con la punta irta come uno spillo molto spesso.

Fluttuava, come se non avesse le gambe, e al posto della testa c'era un enorme copricapo duro, dal colore argenteo, il viso era totalmente coperto da una maschera d'oro dalla superficie liscia, col sorriso tirato fino alle guance inesistenti e gli occhi rivolti all'insù, che gli conferiva un aspetto quasi malizioso.

Teneva in mano una falce bianca, dal manico attorcigliato e la lama eccentricamente ricurva, un enorme occhio vigile, azzurro come il cielo, che scrutava impazzito tutto intorno a lui, affiancato da due sfere di vetro.

Attorno alla sua figura, c'era un'aura bianca che creava un forte impatto al contatto visivo, per cui Favij dovette strizzare gli occhi per poter poterlo vedere.

Era come se gli esprimesse forza e sicurezza.

E allo stesso tempo gli gelava il sangue nelle vene.

Il Virus scomparve, e lui vide lo scontro come se fosse uno spettatore esterno.

Vide il suo braccio tendersi in avanti, mentre la nube scura si attorcigliava su di esso e gli provocava dal nulla tagli sempre più profondi e gli maciullava le carni, fino a espandersi, arrivando alla spalla. Lui non sentiva dolore, era come se tutto fosse scomparso, e lui fosse un fantasma.

Ma mentre gli veniva procurato un altro taglio, un lampo bianco lo accecò, e lui vide nella sua testa penetrare quello che sembrava un altro ricordo: era ancora davanti a uno schermo, gli cadeva la bottiglietta di plastica e si chinava per raccoglierla; si rimise a sedere composto sulla sedia, e sullo schermo comparve uno specie di fantasma simile a quello con cui stava combattendo, e la sedia girò all'indietro.

“Ma che cazzo è!” esclamò, e poi successe una cosa che non avrebbe mai immaginato.

Gli venne da riderci su.

Tornò tutto nero, cercò di prendere un bel respiro ma non gli riuscì. Ora comprendeva che era il Virus a muovere il suo corpo.

Dalla sua mano, avvolta dalla sostanza incorporea del fantasma, si sprigionò una sfera di luce bianca, e in un attimo la Nemesi si dissolse con un grido inumano.

Una specie di lampo, e lui si ritrovò nel suo corpo.

Cadde all'indietro finendo a sedere, provò a rialzarsi. In quel momento sentì tutta la forza e le energie che usava per fare leva coi piedi contorcersi in un dolore fitto, e gli sembrò come se si stesse muovendo per la prima volta.

Per un attimo rimase spaesato, poi sentì delle finte lancinanti all'altezza del cuore, un dolore che si espanse in tutto il suo corpo e che gli fece stringere gli occhi dal dolore, e fu come se dentro di lui stesse esplodendo una bomba di proporzioni immani, mentre il suo cuore accelerava i battiti e bruciava come se fosse incendiato.

Poi, in un attimo che parve infinito, una fonte di sollievo, come se fosse appena uscito dal punto più oscuro dell'inferno, il dolore sparì, dandogli la sensazione che tutto intorno a lui fosse diventato improvvisamente offuscato e irreale.

Nel silenzio, si accasciò a terra, respirando a ritmi irregolari, con le braccia stese come in croce e lo sguardo rivolto verso il soffitto, mentre una parte del suo corpo sanguinava copiosamente, le ferite che gli bruciavano e pulsavano violentemente, una chiazza cremisi sparsa sotto di lui, sul pavimento.

Lui stava riposando, benché volesse cercare i suoi compagni e salvarli.

Ma era come se non ne avesse le forze.

Era come se fosse morto.

Anzi, era come se una parte di lui fosse morta.

 

 

Era in ginocchio, il pavimento non era altro che un voragine nera in cui sembrava fluttuare, e sotto le sue gambe si espandeva cerchi bianchi a ritmi regolari.

Era ancora un po' frastornata, ma ricordava alla perfezione la sua dissolvenza improvvisa.

Si guardò attorno, era in un posto nero, come se fosse tutto buio, come se fosse il nulla.

Qua e là c'erano frammenti di specchi grossi come elefanti, dagli spigoli aguzzi.

E, vicino a uno di essi, accasciato per terra, c'era un giovane dai capelli biondi.

Si riscosse a quella vista, corse verso di lui col cuore che accelerava i battiti, un po' rincuorata dall'averlo ritrovato.

Si inginocchiò accanto a quel corpo immobile, ed iniziò a scuoterlo leggermente.

-Steve...Steve...svegliati...- mormorava, con la voce un po' incrinata.

Si rilassò, appena sentì dei piccoli gemiti di dolore e vide il ragazzo rialzarsi in piedi con sguardo perso e un po' sofferente.

-Ma dove diavolo sono...?- le chiese, un po' confuso, ma la ragazza non rispose: sul suo viso ovale si disegnò un ampio sorriso, e gli occhi le si fecero lucidi.

In quel momento, il compagno, a quella vista, arrossì leggermente: era un sorriso che sarebbe stato in grado di incantare chiunque.

Ci fu un attimo di silenzio, in cui i due se ne stettero zitti a fissare punti imprecisati del posto paranormale in cui si trovavano.

-No, sul serio...dove siamo?- chiese Steve con un pizzico di panico nella voce.

Omega gli rispose dicendogli che non lo sapeva, ma si capiva che erano finiti nella stessa bizzarra situazione.

Così decisero di perlustrare l'ambiente, che mandò entrambi in paranoia.

Non era altro che uno spazio nero che si allargava all'infinito, decorato dagli stessi enormi frammenti di specchi che potevi trovare ovunque, in quel posto.

Non sapevano perché erano stati catapultati lì.

Sapevano solo che, volenti o nolenti, non avevano modo di uscirne.

Omega, esasperata, si appoggiò a uno dei frammenti col braccio, guardando verso il basso.

Per un attimo si chiese, con una voragine che le cresceva nel petto, se avrebbe mai rivisto il suo migliore amico, Favij.

Che stava facendo in quel momento?

Stava bene?

Pensava a lei?

In quel momento una lacrima cadde dal suo occhio nel vuoto sotto i suoi piedi, ed altri piccoli e veloci cerchi bianchi si formarono all'impatto della goccia.

E, quasi involontariamente, pensò al ragazzo dai capelli argentei, che gli aveva dato l'ultima volta un bacio sulla fronte.

Nemes...si chiamava Nemes...

Scosse il capo, e subito dopo qualcosa giunse al suo orecchio, incuriosendola.

Un tintinnio, un curioso tintinnio proveniente dallo specchio a cui era appoggiata.

Vide il suo riflesso, qualcosa andava decisamente storto.

I suoi occhi.

Si erano formate una pupilla e una circonferenza nera delineava distintamente le sue iridi, ed erano color nocciola, un colore che si scuriva a seconda dei riflessi del sole, mentre ancora il resto dell'occhio aveva un colore vitreo.

Le faceva effetto vedersi così.

E forse era questo il problema...le faceva effetto.

Non avrebbe mai pensato una cosa del genere, prima di incontrare Favi.

Non avrebbe mai notato, come vide in quel momento, che i suoi capelli si erano leggermente allungati ed erano più lunghi davanti, con alcune ciocche bionde.

Non si sarebbe mai accorta che il cerchio sul suo petto si era illuminato ancora un po'.

...

Non si sarebbe mai trovata carina.

Si accorse solo in quel momento che le lacrime le solcavano copiosamente il viso, e con un triste sorriso tese la mano e toccò lo specchio, accarezzandone la superficie, come per ringraziarlo.

Ma qualcosa andò storto.

In quel momento, ci fu un lampo.

Il suo riflesso si deformò e si ritrovò a vedere se stessa mentre scagliava pugni contro la superficie, ferendosi con lame invisibili, gli occhi del colore del sangue e i denti aguzzi, il torace squartato che dava la vista alle costole piccole, che si muovevano sinuosamente.

Era caduta all'indietro, spaventata.

Poi la sua immagine sfumò, lasciando lo spazio a un altro suo riflesso, dove era composta rigidamente, coperta di sangue, gli occhi sgranati dallo spavento e ancora scarlatti.

Il riflesso si mosse anche se lei era ancora a terra, e con il liquido scarlatto sulle sue dita scrisse al contrario una parola sullo specchio.

...

C'era scritto “Mostro”.

Poi tutto fu buio, niente specchi, non vedeva più Steve.

Solo lei, spaventata, con le membra che le tremavano, davanti a una figura incappucciata da un mantello bianco, che lasciava intravedere solo la pelle rosea e i canini bianchi e aguzzi che spuntavano fuori dalla bocca, due ciocche di capelli lunghi, lisci e argentei spuntavano fuori dal cappuccio largo.

Omega era immobile, rigida, e non sapeva cosa fare.

La figura bianca si passò la lingua tra i denti e si avvicinò a lei, muovendosi sinuosamente.

Con le mani dalle unghie curate e aguzze gli afferrò le guance e portò il viso a un soffio dal suo, ghignando.

-Lui è mio- disse una voce femminile, che sarebbe potuta apparire dolce se non fosse stato per il tono di voce minaccioso e sibilante.

-Tu non lo toccherai.-

Appena lo disse, incise le unghie sulle guance della ragazza lasciandole cinque piccoli graffi e se ne andò, mentre per Omega fu come risvegliarsi da un lungo sogno, per poi tornare alla realtà, con Steve accanto che le schioccava le dita davanti al viso. Appena lo guardò, il panorama cambiò, e si ritrovarono in un corridoio che sembrava uscito da un ospedale abbandonato, simile a quello in cui era Omega prima di scomparire.

Rimase scossa per qualche secondo, chiedendosi cosa fosse quel posto, chi fosse quella tipa che le aveva procurato i graffi che ancora le bruciavano sulla faccia, e come avessero fatto ad arrivarci e a tornare lì.

Ma i suoi ragionamenti che la stavano impaurendo abbastanza vennero interrotti da una visione che le fece perdere i battiti del cuore.

Favij era disteso a terra in una rosa di sangue, il braccio per metà squarciato fino alla spalla, gli occhi chiusi, rivolto verso l'alto.

Fu un attimo: i suoi occhi si sgranarono, e le lacrime iniziarono a scorrerle copiosamente, solcandole le guance, e non riuscì a pensare a nient'altro se non a una cosa: doveva salvarlo.

Si inginocchiò e guardò il suo braccio, guardandone gli squarci.

Ma appena lo toccò, sentì una forza indicibile avvamparle nella mano per poi diffondersi in tutto il corpo, fino a rilassarla, come se ci fosse una connessione, come se avesse delle energie nascoste che adesso poteva utilizzare.

Lo sentiva: le erano tornati i poteri.

Subito tese la mano e una luce azzurrina si scaturì dalle sue dita, rimarginando le ferite appena le toccava.

Appena anche il più piccolo graffio fu guarito, si sentì svuotata, come se avesse esaurito le proprie energie, o come se i poteri fossero fluiti via.

Steve, che aveva assistito alla scena con gli occhi sgranati, ghignò in modo appena percettibile, ma la ragazza ignorò quel fatto un attimo dopo.

Come se avesse paura di vederlo scomparire sotto il proprio naso come aveva fatto lei, lo prese tra le braccia e gli sollevò la schiena ancora imbrattata di sangue.

Lo abbracciò, singhiozzando sommessamente.

-Non mi lasciare...- mormorò la ragazza, disperata, tra i singhiozzi.

Passarono alcuni minuti in quel momento, in cui tutti aspettarono qualcosa, forse un miracolo.

Poi, la ragazza ebbe l'impressione di vederlo sorridere.

-Stavo riposando così bene...- rispose ironicamente con un fil di voce Favij, dopo un tempo che ai compagni parve infinito.

La ragazza sorrise, sperando che ora fosse tutto a posto.

Lo strinse a sé, chiudendo gli occhi, come se tenesse fra le braccia la cosa più preziosa al mondo.

 

…..........Messaggio dell'autrice...............

Sono passati secoli dall'ultimo aggiornamento. L'ultimo credo sia stato in coop con...Garibaldi (?). -citazione conosciuta. xD
Chiedo perdono! ç^ç

Favi è arrivato al milioncino, si merita tutti i suoi iscritti, tra cui sono felice e orgogliosa di esserci anche io! <3

Ora sapete com'è Alpha, mi spiace che dopo aver quasi ucciso Omega sia toccato a Favi. :3

E che ne pensate del “nuovo nemico”? :3

Ringrazio tutti quelli che vorranno recensire, o aggiungere la storia su preferite, seguite o ricordate! <3

Baci e a presto, ^^

 

AyakoSoul

 

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Capitolo 13
*** Chi sta mentendo? ***


«Allora io vado a farmi un giro» disse Omega in tono stanco, sotto le raccomandazioni dei due ragazzi che le intimarono più volte di stare attenti.
In realtà, più che di sgranchirsi le gambe, come si era giustificata davanti ai suoi compagni, aveva bisogno di stare un po' sola.
Erano passati cinque giorni dalla prima volta che erano entrati in quel posto maledetto, mentre si erano auto-raccomandati di riposarsi al meglio, e non era più successo niente di strano.
Almeno, non per loro.
Era stanca di molte cose, in quegli ultimi tempi.
Si stava stufando di cercare quelle Nemesi impossibili, che sembravano non finire mai, e ogni volta rischiavano di non uscirne vivi.
Era stanca di tenere il segreto del suo incubo e dei suoi poteri rivelati, e mentre cercava di dormire una vocina insisteva costantemente nella sua testa a definirla....”mostro”, come si fosse convinta di esserlo.
E forse lo era davvero.
Durante la sua osservazione riguardante la Terra, aveva visto molte persone spaventarsi delle cose che non riuscivano a capire, misteri, sia falsi che veri.
E, anche se lo conosceva bene, Favij rimaneva un terrestre.
La cosa che la preoccupava di più era che da un po' sembrava averla contagiata.
Prima del suo arrivo a UaY, aveva visto tutto con imparzialità, o con sconforto, ed era sempre stata cinica verso quei compagni che lei stessa si era creata.
Non aveva mai avuto paura di perdere uno di loro, si era preoccupata, non si era mai sacrificata per chi le voleva bene.
E poi, ogni volta che stava vicina a quel ragazzo iniziava a sentire un leggero tepore riscaldarle il petto. Come se lui fosse la sua unica casa.
Era una sensazione che aveva provato solo con un'altra persona, in una fredda notte in un edificio abbandonata, con un ragazzo dagli splendidi e lucidi occhi blu. La stessa sensazione provata quando le aveva detto il suo nome, o le aveva baciato paternamente la fronte.
Nemes.
E questo la faceva ritornare a un'altra cosa di cui era stanca.
Da quando aveva visto quella figura bianca nel posto pieno di specchi, faceva incubi su di essa, e riviveva costantemente quel momento. Altre volte, invece, c'era il ragazzo dai lunghi capelli d'argento nella sua testa.
E la guardava, disperato. Mentre stava morendo.
Scosse la testa appena quel pensiero, anzi, il ricordo di quel sogno fece capolino nella sua mente, e si incamminò per i corridoi illuminati dalla luce al neon sopra la sua testa.

Steve guardò per molto Favij, la spalla appoggiata al muro bianco, mentre rammendava la roba di camera sua, sogghignando leggermente.
Per un attimo fece ordine nella sua testa per decidere cosa dire, poi avanzò di un passo staccandosi dalla parete e si decise a parlare.
«Favi, devo dirti una cosa, una cosa molto grave» iniziò, cercando di usare il tono più basso e drammatico che gli veniva spontaneo.
Era un bravo attore, lo doveva ammettere.
«Dimmi» lo intimò Favij, leggermente preoccupato.
Il biondo trasse a fondo un lungo respiro, cercando di raccogliere in sé tutte le sue forze.
«Omega...Omega ti ha mentito. E non solo una volta.»
Vide le sopracciglia del ragazzo inarcarsi, quasi non si coglieva la sua espressione sotto il ribelle ciuffo castano.
Allora lui proseguì: «Sì, mi ha confessato tutto – iniziò a gesticolare leggermente – per esempio, credo non ti abbia parlato delle uccisioni compiute vicino all'ospedale, quelle che compie per riempirsi di nuove energie. E nemmeno di quegli squarci sulle pareti, scommetto. Ha tentato di uccidermi, sai? Avevo intenzione di raccontarti il suo segreto e mi ha minacciato...i suoi poteri, quelli che nasconde...li hai visti anche te, no? Ma non hai visto la sua espressione furiosa – fu scosso da leggeri brividi – non aveva nulla di umano. Favi, quella ragazza è completamente ammattita. Faremmo meglio a...portarla alle forze dell'ordine.»
Appena concluse, si disse tra sé e sé che l'espressione sul suo volto era impagabile. Sembrava confuso, scosso, e, in fondo, arrabbiato.
«Io...» cercò le parole, ma gli morirono in gola.
«Andiamo, amico. Li hai visti anche tu gli squarci, no? Non è normale...» continuò il biondo, con espressione glaciale, gli occhi cristallini che risplendevano di una luce maniacale.
Un silenzio tombale riempì la stanza, rotto solo dai ticchettii delle lampade sul punto di spegnersi.
Favij si mise le mani tra i capelli, camminando fino alla porta che dava al corridoio dalla quale era uscita prima la ragazza.
«Ho...ho bisogno di pensare» decretò, e uscì.
Solo nella stanza, Steve sorrise malignamente.


Mentre ancora camminava per i corridoi, la ragazza sentì un allegro fischiettare rimbombare in tutte le stanze circostanti, un suono che la fece rabbrividire. Possibile che ci fosse qualcun altro oltre a lei e i suoi due compagni?
Mentre i fischi diminuivano, lei si avvicinò alla fonte del rumore, svoltando in un paio di vicoli.
Poi, appurò che la fonte dei fischiettii proveniva da una piccola stanza che aveva visto altre volte.
Era una specie di magazzino in cui erano raccolte delle tele da pittore e molti colori in tubetto. Era polverosa e illuminata da una sola piccola lampadina, era un posto che le metteva un po' di soggezione.
La porta era chiusa.
Si decise: afferrò la maniglia e la abbassò, ma sembrava chiusa dall'interno. Provò a strattonarla un paio di volte, prese la porta a calci e la tempestò di pugni,  e quando prese la rincorsa per darle uno spintone non sbatté contro il legno della porta, me contro...qualcuno.
Cadde all'indietro, e sussultò appena alzò la testa per vedere cos'era successo.
Davanti a lei, in piedi con una mano sulla maniglia della porta, c'era un ragazzo alto, pallido e dal fisico asciutto, gli stessi lineamenti di Steve, ma aveva i capelli rossi e gli occhi dorati che la guardavano indifferente dall'alto verso il basso.
La ragazza scattò in piedi, preoccupata per quello che avrebbe dovuto fare: l'ultima volta che lo aveva visto, aveva tentato di catturare lei e Favij.
Ma non scagliò nessuna magia su di loro, e decise di tendere la mano in avanti.
«In questo preciso istante hai disturbato il mio lavoro. Hai qualcosa da dirmi o vuoi deciderti ad andartene?» la sua voce era quasi annoiata, ma i suoi occhi chiari riflettevano una luce particolare, che non aveva mai visto negli occhi di qualcun altro.
Ma lei si decise a rimanere all'erta:«Che diamine ci fai qua?» gli chiese, nel tono più fermo e minaccioso che in quel momento riusciva a usare.
L'altro fece spallucce.
«Mi sono documentato, vi ho seguiti e ho scoperto questa stanza piena di meraviglie – tornò dentro la stanza, e le fece cenno di entrare – allora, vieni?»
Lei non mollò.
«Perché dovrei fidarmi di te?!»
In quel momento sembrò come se il ragazzo finalmente avesse capito perché diffidasse talmente di lui.
«Ma...tu...pensi ancora a quel che è successo la scorsa volta?!» sembrava quasi sconvolto di quella rivelazione.
La ragazza fece un cenno di assenso, e il ragazzo cercò a stento di trattenere le risate.
«Perché...perché non dovrei ancora diffidare?!» le sue guance si stavano arrossando molto in fretta.
Il ragazzo continuò a fare spallucce.
«Semplicemente perché il mio lavoro è finito lì. Vieni dentro...ti spiegherò meglio.»
«Io non entro.»
Il ragazzo roteò gli occhi e la tirò per la tuta nera.
«Non voglio stare qui a parlare, ho da fare. Se ne vuoi sapere qualcosa in più, entra e non fare storie.»
Omega non riuscì nemmeno a urlare da quanto era allibita
La strattonò dentro e chiuse lentamente la porta, poi si sedette su uno sgabello e  prese quella che doveva essere....era troppo buio per capirlo.
«Sei la più vicina, puoi accendere la luce per favore?» le chiese, e lei, stranamente ubbidiente, cercò a tentoni l'interruttore, e la luce della lampadina illuminò tutte le tele e le macchie di colore sparse sulle pareti.
Davanti al ragazzo c'era quella che all'inizio pensava fosse solo una tela intatta...ma davanti a lei c'era un dipinto, che la fece restare senza fiato.
Il dipinto incompleto di un bellissimo tramonto sul lago, con il bosco attorno. I colori si espandevano creando l'impressione di essere veramente di fronte a quel bellissimo paesaggio, in un'atmosfera che toglieva la parola a chi la vedeva.
Ma ancora mancavano molte parti da dipingere, tra cui alcune linee di matita e carbone che si riducevano a due ragazzi in primo piano, al lato destro del quadro, con le braccia l'una sulle spalle dell'altro.
«E'...bellissimo» questa fu l'unica cosa che, con un sospiro, la ragazza riuscì a dire.
Il ragazzo le sorrise.
«Bhe...facciamo le presentazioni. Io sono Silvestro, il fratello di Steve.»
Gli strinse la mano che aveva teso e continuò a guardare quel fantastico quadro. Sembrava che esso avesse eliminato ogni sospetto e diffidenza.  
Ma mentre ancora ammirava incantata quell'opera d'arte, voltò la testa e guardò il ragazzo, accigliata.
«Steve...mi ha raccontato la vostra storia.»
Il ragazzo continuò a stendere pennellate leggere sulla tela, senza degnarla di uno sguardo.
«La sua...bella storiella? Bhe...per metà è vera. Io lo odio. Ma – si alzò in piedi – ti racconterò il resto solo se mi farai un favore.»
La ragazza annuì. «Se mi sarà possibile.»
Sugli occhi di Silvestro si stese un velo appena malinconico, e, col pennello macchiato in mano, iniziò a camminare avanti indietro per la stanza.
«Io...sono sempre stato il disastro della famiglia. Ho...capacità speciali. Posso padroneggiare ogni potere, se lo vedo utilizzato anche una volta sola. E questo...mi ha portato a diventare solo. Non avevo bisogno di nessuno, tranne che di una persona: Steve. Solare, un po' agitato, ma una persona a cui volere bene. Finché non ha sbagliato. Mio padre picchiava nostra madre, una specie di forma di depressione che sfocia in collera, finché lei non ha tentato di ucciderlo e l'ha sbattuta in prigione...mi manca da morire. E a quel bastardo di mio fratello non gliene importa un cazzo.»
Alzò gli occhi per guardare Omega: «Lui mente. Quella storiella è la solita che usa per poter catturare criminali fuggitivi. Io l'ho solo aiutato, perché mio padre usa costantemente come ricatto mia madre, noi due vi abbiamo seguito e appena vi ho visto rubare quello strano bracciale mi sono inventato tutto di sana pianta – si mise le mani tra i capelli – ma non ne posso più.»
Omega era rimasta basita, ma sentiva solo fitte dolorose alternarsi nel suo cuore. Aveva imparato a fidarsi di Steve, non poteva credere a quelle storie.
Scosse la testa:«Non posso crederti.»
Silvestro lanciò a terra il pennello, pieno di collera, spargendo per terra strisce di vernice colorata.
«Io...io...posso dirti perché siete ricercati!» urlò disperato, come se cercasse una speranza vana, e questo colpì molto Omega. Avrebbe voluto saper ancora leggere nella mente delle persone, in quel momento.
Senza che la ragazza dicesse nulla, lui continuò:«Nostro padre ha visto lo scontro col tuo amico e il criminale mascherato, tra i ricercati più pericolosi di tutto Nemes. Ha visto che ti ha risparmiato appena ti sei messa tra il tuo compagno e lui, e pensa che tu possa avere qualche legame con quel tipo. Per questo...mi ha fatto uccidere quelle persone. Per avere più informazioni su di lui!»
«Ma io...io...no c'entro niente!» ribatté l'altra, ma subito le balenò in mente il loro ultimo incontro, e si sentì più confusa di prima. Era possibile che la polizia a Nemes riuscisse a utilizzare metodi così sporchi?
«Quindi» continuò, come se non avesse detto niente «io cercherò di far perdere le vostre tracce. Ma...vi ho seguito, so le cose straordinarie che sapete fare. Ti prego...libera mia madre...riportala da me» la sua voce era molto bassa, e assomigliava molto a un lamento.
Gli occhi di Omega si riempirono di...compassione. E confusione. Sembrava che non potesse più fidarsi di nessuno.
«Io...io...» balbettò «non lo so. Non so che dirti. Io...mi fido di Steve. Ma...grazie di non avermi attaccata.»
Si sentiva di lasciarlo lì, con la sua opera, tranquillo, anche se si sentiva in colpa. Ora era ancora più stanca e confusa di prima.
«Scusami» disse con un fil di voce, ma mentre chiudeva la porta lo sentì mormorare.
«Mi fai quasi credere che tu non abbia mai avuto una famiglia» sentì soltanto quella frase.
Ancora delle stilettate di dolore: era vero. Ma non riusciva ad arrabbiarsi per quella frase.
Non disse nulla, e se ne andò.


Gli sanguinava una mano: aveva appena rotto uno specchio a mani nude, cercando uno sfogo per poi cercare altra calma.
Favij si fidava di entrambe i due compagni, ma aveva visto più volte lo sguardo perso di Omega, come se pensasse intensamente a qualcosa, gli squarci, le sue esitazioni...
Era una ragazza piena di paure.
E sì, gli era sempre sembrata un po' pazza.
Non ci stava capendo nulla in quella faccenda.
Certo, Steve li aveva aiutati molto, ma Omega l'aveva sempre vista come una persona affidabile.
Anche se forse nascondeva più di un segreto.
Scosse la testa, era molto confuso, non capiva più di chi fidarsi.
E questo gli procurava dolore.
«Dannazione!!» urlò con tutte le sue forze, e strinse gli occhi così fortemente che iniziarono a fargli male.
Poi, le luci, improvvisamente si spensero.
Un colpo secco alla testa, un dolore indicibile che gli percorse tutto il cranio.
Poi, tutto fu buio.




…........Messaggio dell'autrice..........
We bella gente! (-3-)
Ok, la smetto do fare così. Scusate la mia temporanea assenza, e se questo capitolo non è molto lungo. Sinceramente, mi stanno venendo in testa nuove idee per nuove storie a più capitoli, e questo un problema. Ho una cartella nel computer con scritto “storie” e ci sono almeno tredici file contenenti tutte storie diverse, aiuto.
Comunque, non ho abbandonato Favij, anche perché i suoi video da un pezzo a questa parte mi fanno ridere più del solito, cosa assolutamente straordinaria. v.v
E nemmeno questa storia. Riguardo ad essa, si stanno creando diverse ship o mi sbaglio? Gente che mi parla, da efp, whatsapp e chenesoio, delle coppie OmegaxNemes, OmegaxFavij...mi manca solo un incest StevexSilvestro e mi si sballa il computer. Per come si svolgerà la questione, starete a vedere hehehe...intanto, domandina: per quale coppia tifate voi? XD * si rintana in un angolino perché si sente egocentrica *.
Comunque, ringrazio tutti quelli che recensiscono positivamente la storia, e la inseriscono tra seguite, ricordate e preferite. :3
A presto ^^,

AyakoSoul

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Capitolo 14
*** Ingiustizia crollata ***


Girava per i corridoi come un'anima in pena, o forse in pena era la sua testa, che sembrava potesse scoppiare da un momento all'altro.

Quindi era Steve a mentire? Oppure Silvestro stava cercando di ingannarli? Però aveva negli occhi una sensibilità remota, oltre l'iride d'oro...

Si premette entrambe le mani sul capo, come se stesse per esplodere da un momento all'altro per spargere tutto il contenuto del suo cranio sul pavimento.

Sempre se gliene restava: le sembrava che con tutti quei ragionamenti il cervello le fosse diventato più piccolo.

«Dannazione!! Se solo potessi ancora leggere nella mente...» disse, ma il resto delle parole le chiusero la gola, e non riuscì a pronunciarle.

Probabilmente se avesse avuto ancora i suoi poteri avrebbe assunto il controllo su tutto, e magari non avrebbe scoperto tutte le emozioni che aveva provato in quegli ultimi tempi.

Grazie a Favij.

Non le importava se aveva scoperto le radici della paura, del rimorso o della disperazione: erano emozioni uniche, qualcosa che emanava vita.

Quando, nel bosco, l'aveva abbracciata, un piacevole tepore le aveva riscaldato il cuore, come una cioccolata calda bevuta mentre fuori c'è una bufera.

Il tempo si era fermato, avrebbe voluto che quell'attimo si fosse prolungato all'infinito, come se la sua vita dipendesse da quel momento.

Poi, fu ferita dalla Nemesi. Aveva provato un dolore indicibile, che non lasciava respiro ai polmoni. Ma era stato...appagante. Come se avesse salvato la vita a qualcuno. Si provava questo nel dare la propria vita per salvarne un'altra?

Il bacio del ragazzo misterioso, invece, le aveva suscitato un senso di sicurezza e nostalgia al tempo stesso. Era incredibile come fosse forte la sensazione di aver visto Nemes già da qualche parte...

In più, teneva ancora con sé il fiore regalatole da Favij, come fosse un tesoro prezioso...

Sorrise: si sentiva così fragile. Ma era bello. Era come se fosse diventata...umana.

Improvvisamente, una fitta dolorosa le pugnalò il cuore: in tutta questa faccenda di liti tra fratelli, c'era una sola persona di cui potersi fidare: Favij.

Fu come se la sua testa avesse finalmente capito: era così presa sullo scoprire quale dei due avesse ragione da dimenticarsi chi l'aveva sostenuta sempre...

Aggrottò la fronte, per un attimo le formicolarono gli occhi. Una determinazione bruciante le riscaldò il petto, poi si decise: sarebbe tornata indietro, lo avrebbe aiutato a tornare nel suo Mondo. Non importava se non l'avrebbe più potuto vedere, se quella era la sua volontà, avrebbe fatto il possibile per aiutarlo.

Si voltò, curvò i corridoi bianchi uno dopo l'altro, decisa, senza esitare un attimo. In quel momento, voleva solo raccontargli tutto, del suo segreto, di Silvestro, di come avrebbero proceduto nel loro cammino verso la prossima Nemesi.

....

Ma quando trovò la stanza da cui era uscita, spalancò la porta e dentro non c'era nessuno.

Il cuore le balzò in gola, ma cercò lo stesso di controllarsi, secondo lei doveva esserci per forza una spiegazione a giustificare la loro assenza.

Li cercò lì vicino, ma ancora non si vedevano.

E fu in quel momento che sentì davvero di avere paura.

L'occhio le formicolò di nuovo, lo sentiva mentre si muoveva tra le stanze di quell'enorme edificio dimenticato da tutto e da tutti ed esplorava pure gli angoli più bui di quelle stanze.

Continuò a correre mentre il cuore le pulsava violentemente e la vista iniziava a sfocarsi per il troppo panico, finché in un corridoio che accidentalmente aveva evitato mentre ci passava, notò uno specchio fissato alla parete completamente rotto, con segni di sangue rappreso sui bordi e grandi strisce cremisi che finivano....alla fine del corridoio, verso l'uscita di sicurezza.

Scattò come una molla verso la fine del corridoio, sfrecciando verso il cartello smeraldino e spalancò la porta di scatto, uscendo fuori.

Il sole poco concentrato nell'edificio si riversò sul suo viso, riscaldandolo, e vide lo stesso posto da dove erano entrati circondati da persone con le armature accerchiarla, con al centro degli stessi un ragazzo biondo con gli occhi azzurri come il ghiaccio dal sorriso ambiguo dipinto sul volto.

Steve.

Nel suo cuore crebbe un'emozione che non riusciva a distinguere bene. Consapevolezza. Rabbia. Paura. Delusione. Odio.

Steve la indicò con la mano, il sorriso che disgustosamente si allargava in una smorfia di trionfo.

«Prendetela» disse, e subito i soldati le bloccarono le braccia, le misero delle manette e con un colpo secco alla testa le fecero perdere i sensi.

Annegò nel buio nella sua testa e in un attimo la sua mente si annebbiò, e si rilassò in un completo oblio.

 

*

 

Era distrutto, in una stanza completamente bianca con un enorme specchio fisso su un muro, l'unica porta disponibile era in ferro e chiusa adeguatamente a chiave, una luce innaturale filtrava dal soffitto come se fosse una lampada.

Avrebbe dovuto pensare a come fuggire, ma le possibilità erano due: o il colpo che aveva ricevuto alla testa, adeguatamente curato da chi di dovere e fasciato, gli aveva annebbiato il cervello, oppure era semplicemente distrutto.

Ancora non ci poteva credere.

Aveva creduto a lui, come appoggio, aveva creduto alla sua storia.

E lui lo aveva tradito.

Appena si era svegliato, si era ritrovato davanti lo stesso uomo che lo aveva interrogato il giorno in cui furono uccise le persone vicino alla Casa.

Lo aveva chiamato “figlio mio”. Gli aveva dato uno schiaffo, per non aver portato con sé anche “l'altra”, e Favij aveva dedotto, anche se ancora mezzo stordito, che parlavano di Omega.

Ma aveva capito.

Che cosa volevano da lei? Dov'era e come stava in quel momento?

Si sentiva impotente, e solo perché non riusciva a rispondersi alle proprie domande. Stilettate continuavano a trafiggergli il cuore, riempiendolo di emozioni e paure. Sperava di rivederla, ma non in un posto del genere; voleva sapere come stava, ma ancora non sapeva se Steve aveva solo mentito spudoratamente o se una parte delle sue parole fosse sincera.

Era stato stupido a fidarsi? Eppure lui e Omega erano gli unici appoggi che aveva...

Si sentì un idiota.

Gli sarebbe dovuto bastare l'aiuto di Omega.

C'era stato silenzio in quella camera, finché delle urla non lo avevano riscosso dai fondali dei suoi pensieri.

Erano urla disperate, e il tono era femminile.

E sapeva bene di chi erano.

Accostò la testa alla porta, per accertarsi che la sua ipotesi fosse esatta, ma la ritrasse subito dopo perché un sonoro scatto si sentì dall'altra parte, e subito dopo la porta si aprì.

Aveva davanti a sé Steve, due guardie e una ragazza con le mani legate dietro la schiena, leggermente curvata, e lo sguardo spento.

Si catapultò verso di lei, sperando che stesse bene, ma una guardia lo fece staccare da Omega.

Appena vide che marciava verso di lei, la ragazza alzò lo sguardo, che subito si illuminò di sollievo, e un debole ma sincero sorriso le si dipinse sul volto.

E fu in quel momento che un piacevole sollievo a sua volta gli riscosse il cuore, e lo fece sorridere.

«Bene, andiamo?» chiese Steve, guardando divertito i due amici.

Nessuno dei due disse niente, ma entrambi guardarono il biondo con sguardo interrogativo.

Il ghigno sul suo volto si espanse.

«Deve vedervi, in qualche modo.»

Favij non aveva la più pallida idea di chi parlasse, ma il suo odio verso quel ragazzo così falso aumentava, e ben presto le sue nocche sbiancarono da quanto stringeva le sue mani in un pugno.

Sentì una presa salda afferrargli i polsi, e qualcosa di freddo sfiorarglieli, finché non riuscì più a muovere le braccia: avevano messo delle manette anche a lui.

Senza dire una parola, li fecero camminare attraverso un corridoio dai muri grigiastri.

Durante il cammino, incrociarono un ragazzo con lo sguardo basso, i capelli fulvi e gli occhi limpidi e dorati.

Era lo stesso che aveva cercato di arrestarli prima della conoscenza di Steve...il pensiero gli fece ribollire il sangue di rabbia.

Anche la loro storia probabilmente era falsa.

Li fecero fermare, e Steve avanzò con sguardo da sbruffone verso il rosso, dandogli una pacca sulla testa.

«Finalmente sei tornato da noi, fratellino caro...»

Con scatto fulmineo l'altro si levò con uno schiaffo la mano dal capo e guardò accigliato il biondo.

«Quand'è che quell'essere libererà nostra madre?»

Steve fu scosso da una sonora risata.

«Tutti questi anni...e tu pensi ancora alla mammina? Cresci un po': lei non uscirà mai di prigione, anche se innocente. Il mondo è crudele, lo so, ma è così. Devi smetterla di pensare a lei. Pensa alla tua famiglia vera, invece.»

La tempia di Silvestro pulsò pericolosamente, e cercò di sferrare un pugno al fratello che prontamente lo schivò ed esplose in una trionfale e sguaiata risata.

«Andiamo...non vorrai mica far del male al tuo fratellino, vero?!»

Silvestro per un attimo tese i muscoli dalla tensione e dalla rabbia.

Guardò suo fratello con spietata freddezza, un'ombra scura che contrastava coi suoi occhi chiari e limpidi.

Ma poi, in lui si rilassò qualcosa, e riprese il suo cammino a testa bassa, facendo riprendere a ridere in modo osceno Steve.

Quello era un mostro, un mostro creato dalla falsità degli altri.

In un attimo si ricompose.

«Bene...possiamo andare.»

Portò i due ragazzi fino all'uscita, e quando uscirono li accolse una folla vastissima, i volti illuminati dai riflessi dei palazzi di vetro, un piedistallo con una spada lunga e affilata posata sopra un palo di ferro in verso verticale.

La gente urlava, urla così forti da coprire ogni altro rumore.

Fecero camminare Favij e Omega verso i piedistalli, e rimasero in piedi davanti alla folla.

Omega in quel momento si riscosse: ora capiva tutto. Sapeva chi avevano intenzione di richiamare, ma non era sicura che sarebbe funzionata una cosa del genere. Ma le sue erano solo supposizioni...e temeva per esse.

Appena Steve comparve sul piedistallo, la folla si acquietò.

Levò le braccia al cielo e iniziò a parlare: non ebbe nemmeno bisogno di alzare la voce, tanto il silenzio regnava sovrano.

«Mie cari cittadini, io sono il Giustiziere, qui che vi parla per tenervi al corrente dei due pericolosi criminali che hanno ucciso diverse persone in questa zona, e sono anche accusate di furto. Ebbene, ora lo voglio sentire dal popolo – trasse un profondo respiro, poi urlò – volete vedere questi due bastardi con la testa saltata per il bene di questo luogo di pace?!»

Una moltitudine di “sì!” si levo dalla folla, urla assordanti ma determinate da odio e paura.

Omega sapeva che i criminali a Nemes erano pochi, tranne le Nemesi stesse, proprio per il loro metodo di giustiziarli, ma non credeva che parlassero di metodi così estremi.

Aveva paura, paura di morire.

Era un pensiero alquanto egoista, ma avrebbe tanto desiderato che Nemes stesso comparisse dalla folla e li liberasse...anche se, probabilmente, questo avrebbe implicato la sua morte: anche uccidere le Nemesi altrui era un reato molto grave, proprio per l'equilibrio che era possibile spezzare.

Dopo che la folla si fu di nuovo zittita, si sentì afferrare per i capelli e la nuca tirarsi indietro, mentre la lama fredda si posava sopra la sua gola e le procurava un piccolo taglio lineare.

«Prima le signore» sibilò Steve.

Alzò la spada, e iniziò a caricare il colpo per tagliarle la testa di netto.

In quel momento, le preoccupazioni della ragazza si fecero concrete, per poi passare alla resa.

Era finita.

Non sarebbe mai tornata a UaY, il tempo da trascorrere con Favij era finito... non avrebbe più dato la caccia alle Nemesi insieme a lui...

Non avrebbe mai più rivisto il ragazzo da quegli stupendi occhi blu...

Il colpo non arrivò alla gola.

Sembrava che anche gli spettatori volessero veder soffrire i presunti criminali, facendoli annegare in agonie atroci.

La spada le trafisse la spalla di netto e lei incassò il colpo a testa bassa.

Il dolore le pervase tutto il corpo, facendola sussultare, mentre il piedistallo si macchiava del suo sangue scarlatto in una macchia sempre più grande.

Quindi...finiva così, senza nemmeno colmare la curiosità su chi fosse davvero e chi avesse trasportato lì Lorenzo.

Già, perché lei di nomi umani ne aveva sentiti tanti, e Favij non esisteva.

A quanto pare, pochi lo chiamavano Lorenzo, nel suo Mondo.

A chiamarlo così si era sempre sentita privilegiata.

Così, nella sua testa, aveva sempre ripetuto quel nome...

Lorenzo...

Steve affondò la lama ancora più a fondo, forse sperando di sentire qualche urlo straziato dalla sua bocca, ma Omega si morse le labbra in modo talmente ostinato che iniziarono a sanguinare anche esse.

Non voleva urlare, non voleva dargli quella soddisfazione.

Ma una lacrima, piccola e solitaria, le solcò la guancia sinistra.

In quel momento, un urlo straziante e disperato squarciò il cielo, appena Omega alzò il viso esso fu inondato di sangue non suo che per un attimo le rese impossibile vedere cosa stava succedendo.

Poi, un braccio mozzato, bianco latteo, rotolò accanto a lei.

Steve si premeva la parte tagliata, alla fine della spalla, dove non c'era più il braccio e fiotti di sangue viscoso cadevano a terra dilagando da tutte le parti, sul volto non c'era il suo solito sorriso beffardo ma una smorfia di dolore che esprimeva solo disperazione.

Accanto, anche con la vista annebbiata riconobbe un ragazzo alto, dai muscoli visibili anche attraverso la tuta nera, i capelli lunghi del colore della luna e una spada insolita dalla lama macchiata di cremisi, una maschera bianca sul volto che gli copriva gli occhi e la parte superiore del viso.

Sorrise, un sorriso di straziata gioia.

Doveva ammetterlo: aveva sperato di vederlo comparire, e non poco.

Nemes si mise in ginocchio accanto a lei e le tolse le manette, guardando con occhio critico lo squarcio sulla sua spalla.

«Fa molto male?» le chiese.

“Capitan Ovvio, certo che fa male, fa malissimo” pensò per un attimo la ragazza, ma poi con uno sforzo immane si alzò in piedi e scosse la testa.

«Affatto.»

Sapeva che stava per scatenarsi l'inferno e non poteva permettersi di pensare a una ferita del genere.

Nemes liberò anche Favij, mentre ancora la folla era raggelata, senza parole a causa di quello che stava succedendo.

Poi, un urlo agghiacciante squarciò il silenzio.

«Tu! Tu!! Bastardo!!» Steve ancora si premeva la mano sul braccio mozzato, gli occhi colmi d'odio.

Guardò furibondo le guardie che erano rimaste immobili a guardare, e quelle si riscossero con un brivido.

«Che aspettate?! Uccideteli!!» le sue grida, straziate dal dolore e dall'odio, non aveva nulla di vagamente razionale.

Dalle mani delle guardie scaturirono scintille e fiamme, che vennero scagliate contro Nemes, Omega e Favij che prontamente li scansarono.

Favij finalmente sorrise.

«È ora di fare piazza pulita.»

Chiuse gli occhi, e appena li riaprì erano di uno sfavillante color cremisi.

Omega gli si affiancò subito dopo aver raccolto da terra la spada che l'aveva quasi uccisa.

«Non ti credevo capace di dire una cosa del genere» gli disse in tono ironico «ma dovresti smettere di usare i poteri del Virus.»

L'altro rise.

«Almeno non morirò. Non oggi, almeno.»

«Avete finito, voi due?!» si accodò Nemes, che aveva tagliato di netto due guardie, le metà dei corpi erano ammassati gli uni sugli altri in una rosa di sangue.

Omega schivò un proiettile da parte di una guardia, ruotò la spada e uccise l'uomo trapassandolo dal busto fino al collo, ed a ogni colpo le sembrava di sentire una nuova energia crescerle nel petto. Mentre continuava a decimare i suoi nemici, i suoi muscoli si gonfiavano e riusciva a invigorirsi, diventando sempre più forte.

Continuò, ancora e ancora, finché la spada che teneva in mano non fu completamente color rosso scarlatto...

Poi, sentì una forte scossa alla spalla ferita. Di nuovo finì per terra, in ginocchio, la spalla completamente avvolta da una macchia enorme di sangue.

In quel momento, Favij e Nemes, che stavano ancora lottando, se ne accorsero, volandosi dall'altra parte a guardare l'origine della scossa.

L'unica mano di Steve era avvolta da fulmini rossi che saettavano tra le due dita dando loro una forma vagamente spettrale.

Il moncherino aveva smesso di sanguinare, sul suo viso era dipinto un sorriso diabolico, e gli occhi erano sgranati e lucidi di pazzia.

Si girò verso Nemes, guardandolo con odio.

«Tu...tu...!»

Alzò rapidamente il braccio e uno dei fulmini rossi si diresse verso Nemes, che anche cercando di schivarlo venne colpito al fianco.

Soffocò un urlo digrignando i denti, e di scatto Omega reagì scattando in avanti con la spada.

Nel momento in cui la spada cercò di avvicinarsi a Steve con la lama essa venne respinta con la sola forza della prima mano, che le bloccò il polso.

Quest'ultima si caricò di nuovo di fulmini cremisi, più potenti, che espansero la loro luce finché non si riflesse nei palazzi circostanti.

«Ora mi hai veramente stufato...» sibilò, ma all'improvviso le luci si spensero, e ancora un'atroce smorfia di dolore si espanse sul suo viso.

Le luci scarlatte si spensero, rivelando una mano pallida e liscia.

Quella in un lampo si riempì di piccoli e poco visibili tagli, che si allargarono, fino a diventare squarci grondanti sangue.

A fatica, Steve si voltò.

A pochi metri da lì, Silvestro aveva ancora il braccio teso verso suo fratello, una fiamma d'oro scaturiva dalle sue dita.

Steve si raggomitolò a terra, mentre i tagli si aprivano anche sulla sua faccia.

«Tradisci così tuo fratello...» cercò di dire con voce spezzata il biondo.

Silvestro non cambiò espressione. Si limitò, nel silenzio che regnava ormai in quel posto pieno di cadaveri e gente ammutolita dallo stupore della paura, a guardare Omega, Nemes e poi Favij, che aveva un'aria piuttosto emaciata, ed era pallido.

Poi, si rivolse di nuovo verso Steve.

«Tu non sei mio fratello. Hai spezzato l'unico legame che mi impediva di farti fuori.» Si voltò, procedendo a grandi passi verso il luogo da dove erano usciti i prigionieri.

«Quell'affetto non esiste più» mormorò, poi scomparì dietro la porta, che richiuse con cura.

E, in quel momento, il petto di Steve smise di alzarsi e abbassarsi.

La gente guardava da oltre i vetri delle costruzioni intorno al piedistallo, con aria attonita, senza muovere un dito.

Tutti e tre si afflosciarono a sedere per terra, ansimando.

«Ce l'abbiamo...fatta...» mormorò Omega con vaga aria di trionfo.

Nemes si alzò in piedi, dirigendosi a grandi passi verso la ragazza.

«Come va la ferita?» chiese lei in tono cordiale, cercando di nascondere il leggero rossore disperso sulle sue guance.

«È solo un graffio» rispose lui, in tono un poco freddo, ma ugualmente gentile. «Piuttosto, te invece...?»

La ferita, a lei, faceva ancora malissimo, anche se non lo dava a vedere.

Nemes appoggiò la mano sulla spalla ferita di Omega, e una calda luce azzurrina ne sprigionò. Un senso di tranquillità si espanse nella sua testa e un piacevole tepore le fece chiudere gli occhi. Quando la ritrasse, la spalla di Omega era totalmente guarita. Riaprì gli occhi, senza parole.

Ne rimase molto stupita per qualche attimo...lui aveva i suoi stessi poteri.

«Come..» mormorò, ma non riuscì a completare la frase.

In quel momento, si ricordò di Favi.

Si alzò a fatica in piedi e corse verso di lui.

«Favi! Stai bene?» gli chiese, e subito lui alzò la testa, sorridendo.

In quel momento, però, si ricordò di Silvestro, e di una cosa che pochissimo tempo fa le aveva detto.

Fece per entrare dentro l'edificio, quando il rosso ne uscì, sottobraccio una signora con un logoro vestito e il viso che emanava una vecchia bellezza ormai sfigurata, le guance infossate in sottili pieghe di pelle, gli occhi semichiusi e le gambe appena scoperte così sottili da fare impressione.

Aveva dei lunghi capelli così biondi da non sembrare naturali e gli occhi dorati come quelli del ragazzo, che si illuminavano riflettendo la sua calma e appena percettibile felicità.

Silvestro sembrava particolarmente preoccupato per quella donna.

«Vuoi riposarti qui?» le chiese con fare gentile, indicandole una panchina non tanto distante.

La donna rise, una risata un po' gracchiante ma comunque cristallina di chi aveva ricevuto dalla vita più felicità che giocattoli.

Una lacrima piccola e sottile le solcò la guancia, cadendo sul marciapiede.

«Ti ringrazio, Silvy. Sei...sei la mia unica forza, in questo momento.»

Omega giurò a sé stessa di aver visto gli occhi del rosso diventare lucidi, ma l'impressione svanì perché il ragazzo si piegò per dare alla signora un bacio sulla guancia.

«Anche tu, mamma.»

Si voltò verso di loro, guardandoli con sguardo impassibile.

«Mi spiace per tutto quello che Steve vi ha fatto, ma io non ho nulla da ringraziarvi – squadrò di nascosto Omega, che si sentì subito in colpa – e vi posso dire solo questo: andatevene. Sarete ricercati per molto tempo qui, ma se vi spostate più a est forse smetteranno di ricercarvi. Lo faremo anche noi, però andando di nascosto verso nord, dove potremo vivere in pace. Quindi, qui le nostre strade si dividono.»

Accennò appena un sorriso, che subito svanì.

La ragazza annuì, e subito il cuore le finì in gola: e se Nemes avesse deciso di venire con loro?!

Si voltò subito, esaltata al pensiero, ma le sue speranze si affievolirono appena lo vide andarsene via, le spalle voltate, come se loro non fossero niente.

«Aspetta!» esclamò di impulso, come se quelle parole non dipendessero da lei, protendendo una mano in avanti verso la sua figura mistica.

Nemes si voltò, gli occhi impossibili da scrutare sotto la maschera bianca.

«Per me è tempo di andare» disse solamente, lasciandola a bocca aperta. Omega, con la coda dell'occhio, vide la faccia confusa e aggrottata di Favij, ma non riusciva a farci caso in quel momento.

C'erano solo lei e Nemes, nel suo piccolo mondo.

«Potresti...viaggiare con noi...» propose con voce flebile, e subito sembrò che Favij si risvegliasse.

«Cosa?! Ma ti si è fuso il cervello?! È un nemico, Omega!»

Anche Omega si accigliò.

«Ci ha salvati molte volte.»

«Certo, tralasciando i suoi tentativi di uccidermi.»

Prima che la conversazione potesse scoppiare in una lite, nell'aria si espanse la risata un po' roca e triste di Nemes, che si rivolse direttamente ai due compagni.

«Io viaggio da solo, mi spiace. E non ho nessuna intenzione di viaggiare insieme a questo fantomatico Favij.»

Le ultime parole le disse con un vago senso di scherno, poi prese la spada e la alzò al cielo, le due sfere si illuminarono.

Davanti a lui scaturì un piccolo fulmine venuto dal nulla, e un varco del tutto bianco apparì, inghiottendolo dopo che ebbe detto un “addio” detto a bassa voce.

Davanti a quella scena, Omega sentì un vago senso di nostalgia, come se una cosa del genere le fosse già capitata, come se parte di lei si fosse appena oscurata.

Non riusciva a spiegarsi cosa fosse, ma una grande ansia le cresceva nel petto.

Sospirò, il cranio colpito da un improvviso mal di testa.

Non doveva pensarci, a questa misteriosa tristezza.

 

Favij, invece, aveva riflettuto molto sulla sua amica. Appena aveva visto il ragazzo mascherato andarsene, sul volto della ragazza si era dipinta un'espressione a metà tra la delusione e la disperazione. Per lui, viaggiare con quell'individuo era una follia pura. Ma, in qualche modo, si sentiva...trascurato. Trascurato da Omega stessa. Il solo pensiero faceva male, un male che si espandeva insieme a un leggero dolore che sentiva sparso nel suo torace, come se qualcuno gli stesse stringendo le costole con delle catene.

 

 

 

…...................Messaggio dell'Autrice......................

Eccomi! Non so nemmeno da quant'è che non aggiorno.

Più o meno mezzo secolo. T^T Scusate, me la sono presa molto comoda.

Ci ho messo un casino a scrivere questo capitolo, che spero non vi abbia deluso, come più o meno Steve ha deluso tutti. XD

Che ne pensate di Nemes? E Silvestro, secondo voi, ha fatto bene a salvarli? (Certo che sì! Che domande faccio?!)

Ringrazio tutti quelli che vorranno recensire la storia, e chi la vorrà aggiungere tra le seguite, preferite o ricordate!

A presto ~

 

AyakoSoul

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Capitolo 15
*** Quando i Codici si spezzano ***


«Dove dovremmo andare ora?» chiese Omega, con lo sguardo ancora velato di una pacata tristezza, una tristezza che faceva soffrire pure il ragazzo che la affiancava giù per le scale di una sottospecie di colorato ospedale.

Il ragazzo aveva un piccolo bracciale legato al braccio, su cui c'era un piccolo numero.

Sette.

Sette Nemesi, sette torture.

Il numero stava scendendo sempre di più, e avrebbe dovuto sconfiggerle tutte per poter scoprire chi era.

Si sarebbe dovuto chiedere se ne valeva ancora la pena. Ma erano passati tre giorni da quando Silvestro aveva fermato suo fratello, aveva incominciato a sognare persone, tante, tantissime persone, che si chiedevano dove fosse finito, e quando si svegliava veniva preso dall'ansia e dalla malinconia. Si chiedeva se non fosse qualcosa nascosto nei suoi ricordi, quelli bloccati nei meandri della sua mente.

Aveva anche sognato una ragazza.

Una bella ragazza dal sorriso stupendo, e una domanda aveva continuato ad attraversagli la mente, facendo capolino dal nulla:

“Come ho potuto dimenticare una persona a cui tenevo così tanto?”

Si scompigliò i capelli disordinati con le mani.

Era confuso, non aveva più idea di cosa fare.

«Ehi» la voce gentile di Omega spuntò dal nulla, e lui girò la testa per vederla meglio.

«Ehi» disse pure lui.

«Che hai? Mi sembri un po' giù di morale...» sapeva che se ne sarebbe accorta subito, ma cercava di non farla preoccupare, quindi le sorrise.

«No...sto bene, tranquilla.»

Per un attimo, la ragazza lo guardò. Poi gli afferrò tra indice e pollice la guancia e gliela tirò.

«Ahia! Molla la mia guancia!» esclamò Favij, ma Omega in risposta scosse la testa.

«Mi nascondi qualcosa! Sputa il rospo!»

La guardò per un attimo, esitante. Stava pensando davvero di mollare tutto dopo che quella ragazza aveva rischiato più volte la sua incolumità per lui? Ricordava ancora la brutta cera che aveva dopo essere stata avvelenata dalle Nemesi nella casa, la sua pelle era diventata in poco bianca come la neve candida e il suo respiro aveva iniziato a diventare sempre più sottile, fino a ridursi a un soffio.

Gli veniva l'ansia solo a pensarci.

Stette qualche secondo in silenzio, prima di parlare.

«Ho sognato delle cose...forse erano ricordi.»

Nessuna risposta da parte della ragazza.

Lo sguardo dei suoi occhi vitrei vagava solitario, divincolandosi per le strade.

Non chiese quale sogno avesse fatto.

«Cosa si prova a non ricordare?» fu la sua domanda.

Per qualche attimo, Favi rimase spiazzato. Si era preparato, in quel breve lasso di tempo, a parlarle dei sogni che aveva fatto, di tutta quella gente e di quella ragazza...

Se ne stette zitto per qualche secondo, ma si sbrigò, cercando di spiegarsi come meglio poteva.

«Non ricordare è...strano. È come se nella mia mente ci fosse un blocco, e ogni volta che provo a pensare, a ricordare, vedo solo immagini sfocate o suoni attutiti, se mi concentro dopo un po' inizia a farmi male la testa...»

Era come se il suo cervello fosse costretto da delle catene, insomma. Il ché coincideva con quelle strisce nere che tempo prima aveva visto in una visione interna del suo stesso cranio.

Si accorse solo in quel momento che, continuando a camminare durante la conversazione, avevano raggiunto il limitare ci quella città, e davanti a loro ora si trovava una vastissima fetta di terra di un verde smeraldino che confortava la vista: il sole ambrato batteva sui ciuffi d'erba umidi creando sfumature di colore contrastanti che contrastavano anche coi fiori colorati di rosa latteo degli alberi e delle radici posti in fila indiana a formare una sottospecie di paradisiaco vialetto.

Quei fiori, improvvisamente, ricordarono a Omega il fiore che le aveva regalato Lorenzo...lo portava ancora con sé.

Sorrise: si sentiva...felice. E tranquilla, per una volta. Avrebbe voluto che gli attimi innocenti e privi di spargimenti di sangue come quello di poco prima durassero per sempre. Una volta si era sentita disperata, per l'essere rimasta troppo tempo da sola, in quel momento avrebbe voluto rimanere sola, ma insieme a un'unica persona.

Era tutto così bello che avrebbe potuto piangere.

«Bel posto, non trovi?» disse Favij, forse per rompere il fastidioso silenzio che, secondo lui, si stava creando.

Omega fece un sottile risolino. «Dovresti fermarti più spesso ad ammirare la bellezza delle cose.»

Quell'affermazione lo spiazzò di netto, un'altra volta.

Rimase per un attimo ad ammirare quel posto...

Il sole illuminava ogni cosa di quel panorama, che alterava i colori e rendeva l'atmosfera estremamente rilassante.

Non si ricordava come era fatta la Terra...ma era sicuro che un posto magico come quello non l'avrebbe visto da nessun altra parte. Era tutto così semplicemente perfetto, con le novità che poteva offrire un posto come quello...

Fu in quel momento che decise che forse non sarebbe stata una cattiva idea infischiarsene di ciò che era e restare lì per sempre.

E in quello stesso momento sentì un improvviso freddo su tutto il corpo.

Davanti a sé comparvero delle immagini sfocate...nella sua mente...

C'era uno schermo, su una scrivania...

C'era la solita graziosa ragazza davanti ai suoi occhi, che appariva come sfocata...

E c'era tanta...tantissima gente che piangeva....

Subito dopo, nel buio, comparve l'immagine ben focalizzata di una ragazza, piccola, con i capelli a caschetto castani e gli occhi color nocciola, gonfi e lucidi, piena di graffi.

Ma non stava piangendo o singhiozzando, lo guardava in modo insensibile, freddo, lo stesso modo in cui si guarda il cielo carico di pioggia.

«Tu non gli appartieni» disse, senza aggiungere altro.

Poi, Favij si sentì sbilanciato all'indietro, come se stesse cadendo da un posto molto in alto, la stessa sensazione che si prova prima di addormentarsi.

Si sentì come se solo in quel momento fosse tornato in sé, e la mano di Omega sulla propria spalla. Trasse un profondo respiro, sembrava fosse appena stato sott'acqua e fosse riemerso in quel preciso istante.

Si aspettava che Omega, coi suoi soliti occhi vitrei ormai sfumati di color nocciola, lo guardasse preoccupata.

Invece, appena voltò la testa di lato, vide che Omega guardava in un punto imprecisato del posto, oltre quello spettacolo naturale.

«Che hai?» le chiese.

Lei per un po' stette zitta, aspettando che il vento smettesse di soffiare.

«Lo senti anche tu questo fischio...?»

«Questo...fischio?»

La ragazza annuì.

Staccò la mano dalla sua spalla e oltrepassò con passo frettoloso gli alberi, facendoli frusciare pesantemente.

«Omega...? Omega, che hai?»

La seguì, ancora un po' spaesato e rintontito da quei flash nella sua testa.

La ragazza, davanti a lui, continuò a camminare.

Si fermò di colpo, e correndo Favij la raggiunse.

«Ma che succede...?» si bloccò: la faccia di Omega era sconvolta.

«Lo...lo vedi pure tu?» chiese la ragazza, ma il suo compagno sembrava non capire.

«Di....di cosa stai parlando?»

La ragazza alzò la mano, e la strinse.

Sembrava un gesto altamente insensato, ma solo perché Omega era l'unica che aveva gli occhi per vedere.

Aveva appena preso tra le mani un filo che apparentemente sembrava bianco. Ma, osservandolo bene, si poteva notare che erano formati da piccoli codici cangianti che vibravano e cambiavano, sballottando al loro posto. Era uno dei fili fatti di Codici Origine. E non avrebbero dovuto essere visibili a occhio nudo.

Come lo toccò, esso si spezzò. Comparve tutto il resto del filo, per poi sgretolarsi.

Presa dal panico, Omega afferrò la mano di Favij.

«Scappa...»

«Ma...di cosa stai...»

«Corri!! Questo posto sta per scomparire!!»

Ogni filo si scopriva pian piano per poi sgretolarsi, e anche agli occhi del ragazzo, che non riusciva a vedere i Codici Origine, fu mostrato qualcosa di alquanto strano: nello spazio si stavano formando delle crepe che si allargavano, fino a rompersi e lasciare degli spazi bianchi, laddove una volta c'era un magnifico paesaggio.

Lo spazio bianco si espanse sempre più velocemente, e loro si misero a correre, voltandosi, mentre già un grande arco di spazio ora era immacolato.

Favij correva, correva ed era ormai esausto, non si sentiva più le gambe.

Il tempo pareva essersi fermato, e la cassa toracica si alzava e abbassava freneticamente mentre i suoi polmoni imploravano pietà, ed iniziava a sentire un forte dolore anche intorno allo sterno.

Si voltò, ancora lo spazio intorno a loro stava diventando bianco, e intatto rimaneva solo un piccolo spazio, che sembrava scorrere il suo tempo normalmente...

E diventava sempre più sottile...

Ancora....

Non ci vide più, il dolore allo sterno lo assalì, una montagna di potere gli invase il corpo, tanto che non riuscì a contenerlo.

Tese il braccio verso lo strato bianco che avanzava, e dalle sue dita scaturì un'abbagliante luce completamente immacolata, che rese inutilizzabile il campo visivo per qualche attimo.

Favij cadde all'indietro, le orecchie gli fischiavano, il cuore ancora batteva a mille e vedeva tutto bianco.

Ma il dolore allo sterno era sparito.

Credette per un attimo di essere morto, quando il fischio nelle sue orecchie cessò e riuscì ad alzarsi in piedi.

Per un attimo la sua vista rimase sfocata e non riuscì ad aprire completamente gli occhi, poi si stabilizzò, e tornò a vedere con chiarezza.

Pure Omega si rialzava, nel frattempo.

«Tutto bene?» le chiese, dirigendosi verso di lei.

Quella fece cenno di sì con la testa, poi gli intimò con la mano di seguirla e oltrepassò lo spazio bianco, dirigendosi verso quello spazio ancora intatto di paesaggio in cui si rifletteva un unico albero.

Omega, oltre quello, sparì.

Favij esitò un attimo.

Ci mise dentro un braccio: quello sparì, inghiottito dall'immagine in piccole onde che si espandevano.

Poi si sentì afferrare dall'altra parte, e inciampò in avanti.

«No!! Non mi lasciare!» sentì urlare da una voce femminile alle sue spalle.

Si voltò solo per poter vedere l'immagine sfocata di una ragazza che gli tendeva la mano. Poi la sua testa girò, e si ritrovò dall'altra parte, stordito.

Era di nuovo nella radura, cogli alberi che lo circondavano.

Si chiese per un attimo se quella che aveva visto fosse stata un'allucinazione, disteso per terra com'era.

Poi alzò la testa, e si accorse che davanti a lui non c'era niente. Nulla. Solo una specie di enorme rettangolo bianco che bloccava il resto del panorama, come se qualcuno avesse cancellato una parte di un grandissimo disegno.

Omega si mise in ginocchio accanto a lui, esitò un attimo prima di appoggiare la sua testa sulla spalla del compagno. Ammirò per un attimo quello spazio bianco.

«Come hai fatto?» gli chiese.

Lui girò appena la testa per guardarla.

«Fare cosa?»

«Quel lampo di luce...»

In quel momento si ricordò della luce che era scaturita dalla sua mano.

«Ah, quello...non lo so...anzi, non so nemmeno cosa è successo, in effetti...»

«Ah, quello te lo posso spiegare io» Omega gli sorrise, alzando un attimo la testa dalla sua spalla.

«Tu non li hai visti i Codici Origine?»

Favij scosse la testa.

«Bhe, ti ricordi cosa sono, no? Loro compongono UaY, e questo mondo. E sono tutti simili, se un Codice compie un'azione, allora anche quello accanto lo farà, e così via fino all'infinito...e così...se uno si spezza o sgretola, succederà lo stesso anche agli altri...e loro scompongono ogni atomo presente nello spazio, erodono ogni tipo di materia che li circonda...»

Il ragazzo ebbe un po' paura di quella affermazione. Quindi, Omega gli stava dicendo che avevano visto il mondo sfaldarsi davanti a loro.

«...e non rimane nulla. Solo il vuoto assoluto» concluse la ragazza.

«Ma...come ha fatto a sgretolarsi, il Codice?»

Gli occhi vitrei screziati di color nocciola della ragazza si rabbuiarono un attimo.

«Questa è una cosa che mi sfugge...non lo so...»

Poco lontano da loro passò una specie di enorme gigante di pietra, probabilmente la Nemesi di qualcuno.

La ragazza si stiracchiò, tirando in alto le mani.

Poi si distese a terra, e osservò il cielo sopra le loro stelle, coi loro colori che variavano dal celeste all'arancione ambrato.

«È un bel mondo, Lorenzo.»

Favij sorrise, e si distese sull'erba esattamente accanto a lei. Si porto le mani sotto la testa e si stirò le braccia.

«Come mai questo improvviso cambiamento di nomi?» chiese ridacchiando.

L'altra fece spallucce, muovendosi in modo da far frusciare i ciuffi d'erba.

«Ti sta bene, questo nome.»

«Bhe...posso dire di trovarmici bene...»

Tutti i dubbi che lo assalivano vennero a galla d'un colpo. Si sentì schiacciato da quei pesi, che gli aggravavano il cuore, e pensò di averne passate abbastanza con Omega da potersi confidare con lei.

«Senti...è possibile che qualcuno particolarmente legato a me di cui non mi ricordo stia provando ad entrare in questo mondo o...qualcosa del genere?» balbettò.

«Bhe, sì. Dopotutto questo è una specie di mondo dei sogni. Parte del suo subconscio potrebbe essere entrata qui sotto forma di spirito, perché?»

«Ecco, vedi...a volte sogno una persona, che credo essere legata a me in qualche modo.»

Omega si girò su un fianco, inspirando a pieno l'odore dell'erba fresca.

«Bhe...se vuoi scoprirlo, non ti resta che tornare, no? Io sono con te.»

La ragazza gli scompigliò i capelli con la mano.

Ma non sapeva se era la scelta migliore per lei. Continuava ad avere un costante nodo alla gola che si sforzava di chiudere, benché le facesse molto male.

Sorrisero entrambi, così vicini che quasi i loro nasi si sfiorarono.

L'ambiente era calmo, il tempo sembrava essersi fermato lì intorno, anche se un leggero venticello scuoteva i ciuffi d'erba.

Rimasero lì a parlare di cose stupide ed altro per qualche tempo, finché non si addormentarono.
Sembrò quasi di finire in una dolce tenebra, uno spazio nero che non finiva mai, ma che rassicurava...
Era come cadere da un posto molto in alto e non atterrare mai.
E intanto l'oblio avanzava...ancora e ancora....

 

«Ma che carini che siete» disse una voce tagliente quanto sarcastica, sibilando vicino all'orecchio di Omega.

Quella si svegliò con un balzo, e davanti si ritrovò i lineamenti di un ragazzo che non riuscì a identificare per bene a causa del buio lì intorno.

Si alzò in piedi di scatto, e la figura misteriosa fece qualche indietro per poi avvicinarsi.

«Chi...chi sei?!» cercò di minacciarlo.

«Io...sono Doppelganger» disse, poi fulmineamente afferrò per le spalle la ragazza e le affondò una lama sopra lo stomaco.
Il dolore dal suo diaframma si espanse in tutto il corpo, facendole venire la neusea e la voglia di svenire.

 

Lo vide sorridere.

«Sono qui per uccidere te e Favij.»


..................Messaggio dell'autrice........................
*Spunta fuori dal nulla* No, non sono morta, sono semplicemente soffocata dai compiti per casa! :D
Ommioddio...insomma che bel mondo è Nemes, dove non puoi startene un po' distesa sull'erba senza che qualcuno tenti di ucciderti! XD
Omega: Taci, sudicia creatura, torna a mangiare pane e Nutella....
Comunque, non so se qualcuno si ricorda di Doppelganger...compare in Scribblenauts Unmasked!
Ho cercato il suo nome su internet, ma ho lo stesso paura di averlo scritto sbagliato....aiut...*si sente idiota*
A presto!

AyakoSoul

 

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Capitolo 16
*** Le Tenebre e il Fiore ***


Buio.
Dentro e fuori dalla sua testa regnava un pastoso e sconfinato buio, che rendeva tutto confuso e disordinato.
Non riusciva a pensare.
Sentiva suoni, voci, dolore...
Ma non riusciva a pensare. Come se tutto fosse stato pesantemente oscurato.
Si ritrovò da solo in quel buio sconfinato. Era in piedi, si reggeva nel nulla.
-Dove...- mormorò.
-Fai spazio al tuo cuore...- sussurrò con un sibilo una voce dietro di lui.
Il suo cuore perse un battito, balzò all'indietro per vedere chi avesse parlato, gli occhi grandi per lo spavento.
Subito dopo si rilassò. Ma non del tutto.
Davanti a lui si ergeva l'enorme maschera del Virus. Ma non era d'oro, stavolta era bianca come il marmo, e un'enorme incrinatura la percorreva dall'angolo della fronte fino al mento.
Una maschera. Non c'era nient'altro, solo la gigantesca maschera.
-E' così brutto questo posto...non trovi?- sibilò ancora.
Favij aggrottò la fronte.
-Dove siamo?- chiese.
-Questo altri non è che il tuo cuore. Molto luminoso, vero?- ribatté sarcasticamente l'altro.
Favij non capiva. Ogni cuore era così buio?
-No, ragazzo- intervenne il Virus -ma è da quando sei arrivato qui che questo posto è ricoperto dalle tenebre.-
Favij si ammutolì.
Davvero era così? E come lo sapeva?
-Un tempo, questo era un posto così luminoso...- la maschera parlò ancora, e la crepa si allargò.
-Un tempo tutte le cose erano chiare, limpide. Questo è il motivo per cui non sei tornato subito sulla Terra. In quel posto, queste tenebre fanno impazzire la gente, o la uccidono...-
Qualcosa stava crescendo nell'animo del ragazzo. 
-Come sai tutte queste cose? Che ne sai di me?! Perché anche se sembri conoscere tutto non dici mai niente?!- scoppiò all'improvviso Favij, interrompendolo. Qualcosa non andava. Non si sarebbe mai comportato così.
Una risata aspra si diffuse nell'aria.
-Vuoi davvero vedere cosa so? Ecco...- 
Davanti al ragazzo apparvero tre schermi fatti di nebbia densa: uno rappresentava un paesaggio su una città piena di palazzi e macchine che sfrecciavano, un'altra un posto con abitazioni fatte di vetro e l'altra... era totalmente bianca.
-Vedi Lorenzo, sono stati creati quattro mondi per principio, mondi che erano destinati a vivere, a esistere e a sapere. Uno è il mondo della vita, la Terra. Un piccolo spazio in un universo vasto fatto apposta per far nascere vite, per distruggere e per creare anime. Un paradiso, pieno di storie che tutto e tutti avrebbero conosciuto. Ogni anima ha un potere in sé che va ben oltre le conoscenze umane. Ma un tempo queste anime si considerarono troppo potenti, e, in principio, essere distrussero la fragile carne umana, portandola alla pazzia e al sangue. Per questo la Terra fu collegata a un mondo vuoto, UaY, dove le anime scaricano anche tutt'oggi i loro influssi che distruggono la carne, i pensieri che le persone non possono contenere. Ma i pensieri malvagi e le paure restavano, ed esse invece della carne distruggevano i pensieri. Per questo il terzo mondo, Nemes, è quello dove vengono gettate le paure e i pensieri negativi. Un mondo parallelo dove la vita si crea, sviluppato, un gradino sopra al mondo terrestre. Questi sono i tre mondi che in principio comandano l'universo. Comprendi?-
Silenzio.
Favij aveva le occhi fuori dalle orbite. Cosa significava tutto ciò?! Cercava di capire, ma ancora una domanda gli rimbombava nella testa...
-Sai anche perché sono qui?-
La maschera rimase in silenzio.
La rabbia innaturalmente riempiva il cuore del ragazzo.
-Tu sai perché sono qui?!-
-Ragazzo...il tuo animo si sta riempiendo dell'anima che tu non puoi controllare. Devi placarti.-
-TU SAI PERCHE' IO MI TROVO QUI?!- urlò, ma sapeva che il Virus aveva ragione.
Ricordava ogni sentimento: amore, disprezzo, odio, tristezza, gioia, calma...
Ogni cosa, e questo gli creava un forte mal di testa.
Iniziò a piangere copiosamente, e a stringere i pugni fino a sbiancarsi le nocche, fino a ferirsi il palmo con le unghie.
-Sì- disse con calma il Virus.
-Allora dimmelo!- strillò, e i suoi occhi diventarono scarlatti all'improvviso.
-Perché Favij ti ha scelto. Perché è tuo dovere fare quel che andava fatto e mai è stato compiuto. Tu devi trovare i noccioli e sgretolarli. Ma finché non sentirai le Anime, non potrai farlo.-
Il ragazzo ascoltò ogni singola parola.
Scoppiò a ridere.
-Tu... tu sei pazzo!!- urlò ancora tra lei risate.
-Sì. Sono pazzo. Ma è proprio un pazzo come me a sapere chi sei.-
-Bene... Allora DIMMELO! Chi sono io? Chi sono?!-
Il Virus rimase in silenzio per un attimo.
-Tu sei...-
Una lacerazione nel buio.
Prima che il Virus potesse completare la frase, un bianco accecante avvolse tutto.
Favij non riuscì più a percepire nulla.

*

Dolore.
L'unica cosa che Omega riusciva a percepire era il dolore, un dolore atroce sopra lo stomaco.
Era rannicchiata per terra in un angolo della cella in cui era stata sbattuta, la vista offuscata e una gran voglia di vomitare, con un copioso rivolo di sangue che le usciva dalla bocca.
Le fasce che le bendavano lo stomaco erano macchiate di sangue. La ferita si era di nuovo aperta.
Non ricordava molto. Aveva chiuso gli occhi, e appena li aveva riaperti si era ritrovata in un posto pieno di oggetti strani e colorati. Il ragazzo che aveva tentato di ucciderla la stava tenendo per i capelli, parlando con un'altra persona.
Non aveva capito molto, ma aveva sentito parlare di un “cambio di programma”. L'avevano curata e sbattuta in una cella pulita, completamente vuota e bianca e delle spesse sbarre di ferro. Da una piccola finestrella penetrava un timido raggio di sole.
Una frase era entrata in testa alla ragazza: “Falla restare in vita, perché voglio ucciderla davanti a lui con le mie stesse mani. Amo quando i suoi occhi si riempiono di sofferenza!”
Lo aveva sentito pronunciare con così tanta ilarità e innocenza che per un secondo non ci aveva creduto, e aveva pensato che se lo fosse immaginato.
Ma non era tempo di rimuginare.
A fatica si alzò, con un braccio premuto sullo stomaco e l'altro contro la parete. Doveva scoprire dov'era Lorenzo.
Aguzzò la vista più che poteva. Si fece forza, zoppicando e sputando macchie cremisi a scatti arrivò fino alle sbarre di ferro.
Ci si appoggiò, ma gli spazi erano così stretti che riusciva a farci passare un solo braccio.
Non aveva più forze, respirava a fatica.
Di questo passo sarebbe...
...No, non ci doveva nemmeno pensare.
Il cerchio sul suo petto pulsava debolmente.
Avrebbe dovuto ricaricarlo, ormai non aveva più forze...
Guardò oltre le sbarre per un po'. Ogni tanto una guardia passava, guardandola con un misto di disprezzo e compassione.
Le sarebbe bastato avere di nuovo i suoi poteri...
Ma quando li aveva persi? Se lo ricordava a fatica...
Ah, sì. Da quando erano entrati a Nemes.
Da quando erano stati attaccati da quelle strane luci in cui sembravano riflettersi delle persone, che emettevano voci...
Ma ora si ricordava che, in quel momento, non aveva sentito il flusso di poteri svanire. Aveva sentito un enorme blocco al petto.
E sul suo petto c'era...
Toccò il cerchio. Risplendeva sempre più debolmente.
Aveva bisogno di ricaricarlo.
Ma era contro i suoi principi...
Principi? Quali principi?
"Credere che l'omicidio sia una cosa sbagliata è un principio umano! Per pensare queste baggianate dovrei stare a stretto contatto con un terrestre!” pensò.
...
E poi lo realizzò.
ra tutto ruotato attorno a quel principio.
La guardia passò, Omega ebbe un altro sbocco. Si tappò la bocca con la mano, e poi riprese fiato. Guidata da compassione probabilmente, la guardia si avvicinò.
-Ehi tu...tutto apposto?- chiese.
Omega non rispose. Era troppo concentrata ad ammirare la spada corta attaccata alla cintura della guardia.
-Ehi tu! Mi senti? Che hai?!- chiese la guardia in tono preoccupato, sporgendosi un po'. Grosso errore.
Omega non ci rifletté nemmeno un attimo: con un gesto fulmineo prese la spada corta, la impugnò e prima che la guardia potesse scappare gli premette la lama al centro della fronte. Il sangue schizzò in modo violento fuori dal suo cranio, e un po' di quel liquido scarlatto finì anche sulla faccia della ragazza.
Si sentiva rinata, sentiva che le forze stavano tornando. 
Il corpo privo di vita si accasciò al suolo.
Faceva impressione, dopo tanto tempo che non ricaricava il cerchio.
La lama era impregnata di sangue, viscoso, scarlatto, e pian piano gocciolava a terra.
Omega ci passò una mano sopra, e il palmo diventò in poco color cremisi. Se lo leccò fino alla punta delle dita, sentì il sapore amaro e ferroso del sangue impastarle la bocca e scenderle giù per la gola.
Il cerchio si illuminò di una luce più brillante. Ma doveva berne altro, di sangue, per poterlo ricaricare completamente.
Forse perché...
Qualcosa ancora la bloccava.
Chiuse piano gli occhi, appoggiò le mani alle sbarre di ferro e con un impercettibile movimento e fece saltare via.
Finalmente era libera.
Chiuse gli occhi: per tornare al suo stato originario, ogni sentimento umano doveva essere scacciato dai suoi pensieri.
Gioia, tristezza, desiderio, amore...
Lo stomaco smise di farle male, smise di sanguinare.
Ora lo riconosceva: le emozioni umane non erano altro che un ostacolo, qualcosa che bloccava ogni forza restringendola in convinzioni marginali, bloccando la mente.
Doveva liberarsi di ognuno di quei pensieri.
Si ricordò del fiore; lo prese tra le mani e lo strinse.
-Non mi scuserò per questo- disse.
Iniziò a strappare un petalo, poi un altro.
Strappò due petali, ma subito dopo il suo viso si bagnò di lacrima calde, e si fermò.
Perché lo stava facendo?
Un gesto simile avrebbe voluto dire libertà, l'avrebbe resa libera dei sentimenti provati per il suo compagno... 
Se si fosse liberata del bene che voleva al suo compagno, nulla avrebbe avuto senso.
Il desiderio che provava in quel momento, il desiderio di volerlo salvare.
Il viaggio che avevano compiuto assieme.
Ogni sorriso, ogni volta che si erano sostenuti a vicenda, ogni ferita. 
Anche ritornare ad avere i suoi poteri per intero non avrebbe avuto senso.
-...-
Lasciò stare il fiore: era ora di trovare Lorenzo.

*
.....

Si svegliò, era seduto su una sedia di velluto color rosa pastelloso molto comoda, le braccia ricadute sui braccioli.
Scosse la testa, smarrito, e si guardò intorno. Era in un enorme salone pieno di scaffali ricolmi di bambole o servizi da tè dai colori sgargianti. Le tende, anch'esse colorate, riflettevano la luce del sole.
Dov'era finito?
L'unica cosa che ricordava era il sogno... il dialogo con la maschera del Virus.
Si era interrotto quando aveva ripreso coscienza, e ancora la curiosità premeva sulla frase che era stata interrotta tanto bruscamente in precedenza.
Lui era... Cosa?
-Ben svegliato!- trillò una graziosa voce femminile alle sue spalle.
Il ragazzo si alzò di scatto, spaventato, ma si rassicurò appena vide che a parlare era stata una ragazza, che le sorrideva timidamente.
Aveva la carnagione pallida, grandi unghie affilate, gli occhi completamente neri ornati da grandi ciglia lunghe, i capelli lunghi fino alle ginocchia e bianchi, e due graziose orecchie da gatto del medesimo colore.
-E tu saresti...?- chiese Favij.
La ragazza strabuzzò gli occhi, e arrossì violentemente.
-Io...- mormorò, sorridendo, e si portò le mani al viso, abbassando lo sguardo.
Il ragazzo si accorse che indossava un bellissimo abito bianco pieno di pizzi e merletti.
Ma chi era lei?
La ragazza lo guardò felice, poi si fece avanti, ancora rossa, e gli strinse la mano.
-Io... Io sono Marie!! Non credo che tu mi conosca...-
-Ah, piacere Marie... Sai dirmi dove sono finito?-
Marie sorrise.
-Nella mia dimora...- mormorò, mentre il suo sorriso si allargava.
Favij aggrottò la fronte.
Doveva togliersela di torno senza tante cortesie.
-Ascolta, io ho molte cose da fare... Sono venuto qui con una mia compagna, sai dov'è? Magari è anche lei qui...-
Gli occhi neri furono velati da un'ombra scura.
-Ah...sì... E' in un'altra stanza a riposarsi...-
Il ragazzo sorrise.
-Devo andare da lei, devo parlarle!- esclamò. Pensò che per una volta la fortuna fosse dalla sua parte.
-Certo!- rispose tranquillamente la ragazza.
Ma prima che il ragazzo potesse dire qualcosa, si fece coraggio e si avvicinò al suo viso, premendo le sue labbra su quelle di Favij.
L'altro rimase senza fiato.
Che cosa...?”
Marie si staccò, e lo abbracciò di slancio.
-La rivedrai subito dopo il nostro matrimonio!-


.................messaggio dell'autrice.................
*spunta dal libro di matematica!* 
I'm back! Scusate se ci ho messo tanto a pubblicare questo capitolo ma avevo diverse verifiche da fare e non ho potuto scrivere più di tanto...
...cioè, in verità avevo già scritto tuuuutto il capitolo. Solo che il computer in cui lo avevo scritto si è rotto. (-.-) 
Allora, abbiamo una piccola fan di Favij qui...la riconoscete? :3
Omega: smettila, tanto non la riconosce nessuno...
Marie: sono irriconoscibileee! ToT 
E vabbè, si scoprirà chi è più avanti! ^0^
Ringrazio chi vorrà recensire e chi metterà la storia tra preferite, seguite o ricordate in anticipo!
A presto <3

AyakoSoul


 

 

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