Father & Son

di reggina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UNO ***
Capitolo 2: *** DUE ***
Capitolo 3: *** TRE ***
Capitolo 4: *** QUATTRO ***
Capitolo 5: *** CINQUE ***
Capitolo 6: *** SEI ***
Capitolo 7: *** SETTE ***
Capitolo 8: *** OTTO ***
Capitolo 9: *** NOVE ***
Capitolo 10: *** DIECI ***
Capitolo 11: *** UNDICI ***
Capitolo 12: *** DODICI ***
Capitolo 13: *** TREDICI ***
Capitolo 14: *** QUATTORDICI ***
Capitolo 15: *** QUINDICI ***
Capitolo 16: *** SEDICI ***
Capitolo 17: *** DICIASSETTE ***
Capitolo 18: *** DICIOTTO ***
Capitolo 19: *** DICIANNOVE ***
Capitolo 20: *** VENTI ***



Capitolo 1
*** UNO ***


Per Gregory Ross fu come fare un viaggio indietro nel tempo quando lo schiamazzare giocoso dei ragazzini lo accolse al suo arrivo su quel campetto di periferia.

La giacca in grisaille pungeva contro la pelle nell'afa improvvisa del pomeriggio e lui, impeccabile ed elegante come sempre, si sentì all'improvviso tremendamente fuori luogo.

Elargì del larghi sorrisi di circostanza ad altri genitori assiepati sugli spalti e scelse un posto defilato per poi lasciarsi cadere sulla gradinata ed allentare il nodo della cravatta.

Dicevano tutti che Julian era piuttosto bravino con una palla tra i piedi. Lo diceva il suo allenatore, lo dicevano a scuola, lo diceva chiunque lo avesse visto giocare.

Gregory non aveva mai dato troppo peso a quelle osservazioni: considerava lo sport un modo come un altro con cui i ragazzi potessero divertirsi e svagarsi. Come era stato per lui a suo tempo.

Ed ora era il tempo di Julian...

Portò una mano sugli occhi per schermarsi del riflesso dispettoso del sole e cercò di prestare un minimo di attenzione alle acerbe azioni di gioco.

Per un solo, brevissimo, istante lo sguardo suo e quello di Julian si incrociarono. E quello che lesse in quegli occhi da bambino, ambiziosi ed orgogliosi, lo colpì molto.

Fu allora che capì: il calcio per Julian non sarebbe mai stato un semplice gioco.


******** *************

Non ho resistito molto lontana da questi personaggi che adoro^^ E mentre cerco di raccapezzarmi e di convincermi a pubblicare una nuova storia più articolata ho pensato di "rilassarmi" con qualcosa di più breve e di dedicare questi piccoli momenti a Julian e a suo padre.

La citazione nell'introduzione è di Wilhelm Busch.

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Capitolo 2
*** DUE ***


"Me lo avevi promesso!"

Il tono di Julian aveva tradito un moto di indignazione mentre le mani, arricciate sotto la tovaglia di fiandra, si erano strette in pugni tanto serrati da fargli sbiancare le nocche.

Gregory, sebbene colpito da quello che poteva sembrare un capriccio giovanile, era rimasto imperturbabile a leggere i titoli del giornale del mattino.

"Te lo ripeto Julian: ho un impegno di lavoro improrogabile!"

Spiegò con la consueta flemma finendo la colazione per poi riporre alcuni documenti nella sua ventiquattrore.

Julian si era sentito uno sciocco nel piagnucolare a quel modo l'attenzione di suo padre e si pentì addirittura di aver chiesto.

"Giocherai altre partite..."

Gregory si era discolpato a quel modo sbrigativo, depositandogli un bacio al volo sulla nuca.

Certo il problematico, frenetico, mondo dei grandi sembrava ancora un mondo a parte per Julian e la sufficienza con cui Gregory trattava le sue passioni, i suoi sogni, glielo faceva sembrare ancora più inaccessibile.

Come se tra lui e suo padre fosse stata posta una cortina invalicabile...

E poco importava se quel pomeriggio non avrebbe giocato una partita come tante.

Un provino. Un provino per diventare Capitano della squadra della sua scuola, della sua città.

Un provino per dar saggio della sua bravura, un primo passo per diventare grande...

Grande. In tutti i sensi.

Julian aveva disteso le mani e i suoi occhi avevano brillato di determinazione.

Avrebbe dimostrato a suo padre e al mondo intero che faceva sul serio...

Afferrò la cartella e si incamminò verso scuola.

*** ****

Ringrazio davvero tanto chi ha voluto e chi vorrà dare una possibilità a questa storia. Grazie soprattutto per le preziose recensioni!

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Capitolo 3
*** TRE ***


Il lavoro aveva assorbito tutto il suo pomeriggio e a Gregory sembrò di riemergere al mondo assolato e quasi assopito di Tokyo quando l'irradiante luce del crepuscolo illuminò quello scorcio di giornata d'autunno.

L'uomo si stiracchiò come un gatto sulla sedia girevole, con i gomiti ancora puntellati sulla scrivania. Poi lo sguardo gli cadde sulle maniche della camicia, poco professionalmente rimboccate, e sui suoi polsi abbronzati e nudi.

Su quello sinistro faceva bella mostra il "Portofino" dal cinturino in cuoio nero. Ormai era diventata un'abitudine infilarselo al mattino, al pari della vera nuziale.

Era stato un regalo di Julian. Un regalo di compleanno e di affetto.

Lo sorprese il fatto che le lancette fossero allineate sulle tre meridiane. Ormai era quasi sera.

Una sensazione stranissima, forse premonitoria e pentita, gli causò un brivido.

Le lancette erano rimaste ferme lì, all'ora della sua promessa mancata. All'ora in cui aveva scelto di restare in ufficio anziché svignarsela al campo per far contento suo figlio.

Si diede dello sciocco per essere così facilmente suggestionabile: certamente era solo la batteria che doveva essere cambiata!

Il trillo del telefono lo distolse da paure infondate dettate, certamente, solo dalla stanchezza.

"Gregory!"

La voce dall'altro capo arrivò lontanissima, stanca e addirittura terrorizzata. Un singhiozzo spezzato.

Non aveva mai colto tante sfumature drammatiche in una sola parola pronunciata da sua moglie. E niente e nessuno avrebbe potuto prepararlo a quello che lei disse dopo.

"Vieni subito in ospedale. Si tratta di Julian!"

*** ****

Grazie, grazie, grazie a chi ha letto e recensito il capitolo precedente^^

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Capitolo 4
*** QUATTRO ***


Si sentiva patetico ad elemosinare una possibilità, un compromesso impossibile.

Il colloquio con il cardiologo si stava rivelando più difficile di quanto potesse immaginare e i risultati, tangibili ed inequivocabili, degli esami medici a cui lo avevano sottoposto erano come uno schiaffo dato con la mano aperta per Julian.

La mano, più gentile e ferma, di Gregory, invece, restava poggiata sul suo ginocchio come a volergli infondere un tacito incoraggiamento.

"Qualsiasi attività agonistica, per un cuore come il tuo, potrebbe essere pericolosa se praticata per più di qualche minuto!"

Era stato proprio in quella condanna, in quel "se", che per Julian si era aperto un barlume di luce nella confusa disperazione del momento.

"Quindi, anche se per poco, potrò continuare a giocare!"

Quell'azzardo era stato stroncato sul nascere dalle proteste di sua madre che lo aveva additato come incosciente e dalle raccomandazioni del medico.

"Ragazzo non fare pazzie!"

No, loro non capivano. Non capivano che non era un bimbo capriccioso che deve rinunciare al suo giocattolo più bello.

Julian, in un momento, aveva visto il suo mondo andare in frantumi per sempre.

Stizzito era balzato in piedi e, prima che i grandi potessero obiettare, era corso via.

Gregory lo aveva trovato in strada che si reggeva ad un lampione, sul marciapiede sgombro.

"Vuoi farmi anche tu un discorsetto su quanto sia irresponsabile?"

Aveva attaccato suo padre con inconsueta acredine. Gregory gli aveva staccato, dolcemente, il braccio dal freddo ferro della lanterna prendendolo per mano, come quando era bambino.

"Sei molto coraggioso Julian a non volerti arrendere, nonostante tutto. Perciò ti propongo un accordo alla Cenerentola!"

Gli occhi stanchi e smarriti di Julian avevano cercato un appiglio in quella voce calma e tranquillizzante.

"Potrai continuare a giocare. Hai il mio permesso a patto che tu sappia quando è il momento di smettere. Quindici minuti senza sgarrare, me lo prometti Julian?"

Il ragazzo aveva annuito energicamente: un mondo sconvolto era sempre meglio di un mondo finito.

"Grazie papà! Grazie per questi quindici minuti di felicità al giorno!"

Gregory sorrise impotente: avrebbe voluto veder sorridere Julian per ventiquattro ore al giorno e non costringerlo ad accontentarsi.

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Capitolo 5
*** CINQUE ***


Avvinghiare la maglietta, quasi a voler preservare quel cuore malandato, gli aveva dato un sollievo immediato.

La pioggia, torrenziale e ghiacciata, lo aveva infradiciato, sfiancato ma lo aveva anche tenuto vigile quando la cosa più semplice sarebbe stata cedere al torpore.

Julian, però, sapeva che era stato altro che lo aveva sospinto in quei novanta minuti al cardiopalma.

Nel momento più delicato, quando davvero non ce la faceva proprio più; quando stava per arrendersi ad Oliver Hutton e al suo corpo fiaccato, una voce vibrante di emozione e di orgoglio lo aveva rigenerato.

Gregory, con le mani arpionate alla balaustrata che lo separava dal campo, si era alzato dalla tribuna per dare quell'incitamento inatteso. Non da lui.

"Fatti valere figliolo! Dobbiamo vincere!"

Lo aveva spronato come qualsiasi papà fiero e realizzato. Gli occhi però avevano tradito tutta l'ansia e l'inquietudine di cui era intrisa la decisione di concedere a Julian una "giornata da vivere a modo suo".

Venire meno ai patti una sola volta. Una volta che sarebbe potuta essere fatale...

E sì Gregory Ross, al pari di sua moglie, d'istinto sarebbe corso a trascinare Julian fuori dal campo, anche per i capelli, se necessario!

Non poteva però. Doveva concedere a Julian di correre dei rischi, per quanto pericolosi fossero...E non sarebbe stato certo lui a macchiare la partita tanto attesa da suo figlio.

La sua ultima partita...

Il viso tirato, pallido e sofferente di Julian era stato rischiarato da un sorriso sghembo.

"Grazie papà!"

Aveva biascicato, allentando la presa sul petto e riprendendo a giocare.

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Capitolo 6
*** SEI ***


"Potrei morire!"

La verità di Julian, diretta e schietta, era rimbombata tra le pareti di quell'essenziale stanza d'ospedale.

Erano stati giorni difficili, tremendi per certi versi, ma quando gli era stata offerta una possibilità il ragazzo non si era tirato indietro.

Un intervento chirurgico al cuore: rischioso, scombussolante, radicale.

Quando il cardiochirurgo aveva proposto quella soluzione, Julian si era sentito rinascere. E, nonostante i suoi dodici anni, aveva detto subito un "si" pieno di incoscienza e di fiducia.

Sfidando le titubanze dei suoi genitori, di sua madre in particolare.

E, ora, anche le sue perplessità venivano fuori dietro a quel condizionale sconvolgente.

Un'eventualità che Gregory non voleva nemmeno prendere in considerazione.

Non avrebbe ostacolato Julian. Non si sarebbe intromesso in una decisione che doveva essere esclusivamente sua per quanto lo facesse sentire inutile restare a guardare.

Si era accostato accanto al letto di suo figlio e, per qualche attimo, aveva registrato le occhiaie di incertezza e il pallore su un viso troppo giovane.

Alla fine gli aveva dato un buffetto ed aveva sorriso.

"Potresti guarire!"

********* *************

Un grazie di cuore ad Ariell889, Onlyhope e Nynphadora81, per le loro preziosissime recensioni!

A presto^^

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Capitolo 7
*** SETTE ***


Era la prima volta, dopo settimane, che entrando in ospedale Gregory si sentiva alleggerito: l'opprimente giogo del dubbio aveva lasciato il passo a un cauto ottimismo, dato dai continui, piccoli, progressi di Julian.

E quella sensazione era rigeneratrice come una splendida giornata di sole dopo tante nubi.

Aveva incontrato Amy nell'asettico corridoio del reparto e la ragazzina aveva chinato la testa per poi regalargli un timido sorriso in cenno di saluto prima di correre via.

La piccola Amy si stava rivelando una discreta ma preziosa presenza nel recupero di Julian e il signor Ross non si era potuto esimere dall'osservare quel tenero sentimento di amicizia che stava sbocciando tra i due giovani.

Julian lo aveva accolto con un sorriso. Un sorriso diverso da quelli forzati e stiracchiati che gli regalava dopo le faticose sedute di fisioterapia.

Era un sorriso trasognante, languido per certi versi...da ragazzo innamorato.

Gregory gli aveva scarmigliato i folti capelli e poi si era appoggiato al bordo laterale del letto cercando qualche novità che gli permettesse di stuzzicare il ragazzo.

Il contenitore ermetico sistemato sul cabinet fu un ottimo pretesto.

"Altri biscotti da parte di Amy?"

Julian aveva annuito per poi distogliere lo sguardo imbarazzato.

"Quella ragazza finirà per viziarti!"

La risata di Gregory complice e scherzosa aveva dato a Julian la fiducia necessaria per condividere.

Aveva staccato la mano dal petto, da quel cuore che non doleva più come prima, e aveva chiesto una conferma.

"Papà non trovi che sia davvero carina?"

Gregory gli aveva elargito un'occhiata eloquente e poi aveva aggiunto:

"Sì Julian, è davvero carina!"

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Capitolo 8
*** OTTO ***


Ogni qual volta apriva la porta di casa Gregory si lasciava intenerire dalla solida sensazione di porto sicuro. E a riscaldargli l'animo, ripagandolo dopo una giornata di lavoro, era soprattutto il sorriso con cui Julian lo accoglieva puntualmente.

Un rituale che stava divenendo una piacevole abitudine. Ma non quel giorno...

Quando era rientrato , Julian non sembrò neppure registrare la sua presenza. Era rannicchiato a terra, nello spazio che separava le due poltrone del salotto...inerme ed irriconoscibile.

Gregory aveva lasciato cadere la sua ventiquattrore con un tonfo e si era precipitato ad accertarsi che tutto andasse bene. Si era arrestato ad un centimetro da suo figlio notando le ampie spalle sconquassate dai singhiozzi e il mezzo disastro che giaceva ai piedi di Julian: il vassoio in vetro con decoupage di rose cremisi, uno dei preferiti della signora Ross, andato in frantumi.

Vincendo ogni esitazione, Gregory si era accovacciato accanto a Julian e lo aveva costretto a rivelarsi: a rivelare i suoi occhi arrossati e iniettati di un sopito rancore, a rivelare la sua mano chiazzata di rosso.

Il televisore era sintonizzato su una partita di calcio. Non una qualunque e, allora, Gregory aveva capito.

Aveva capito la forza e la tenacia che occorrevano a Julian ogni giorno per celare le sue recriminazioni, le delusioni e gli scoraggiamenti dietro una maschera di ottimismo e di buon umore.

Non lo aveva mai visto recriminare o lagnarsi fino ad allora. Anche quando era andato a salutare gli amici, che andavano a giocare un prestigioso torneo giovanile in Francia, aveva mantenuto quel cordiale sorriso.

Quegli stessi amici divenuti, ora involontariamente, specchio delle sue debolezze e del suo destino mancato.

"Stai sanguinando!"

Stupito il ragazzo aveva ritratto la mano ma il padre l'aveva presa, prontamente, tra le sue.

"Fa male, vero?"

"No a dire il vero non mi ero nemmeno accorto di essermi ferito..."

"Non intendevo questo Julian, lo sai!"

Julian aveva lanciato appena un'occhiata allo schermo, all'immagine solare e positiva di Oliver Hutton. La salva di singhiozzi che l'aveva tradito poco prima ormai placata in un silenzioso pianto di sfogo.

"Si papà! Fa male. Fa maledettamente male!"

Rinunciare. Una parola che stava diventando dannatamente amara per un ragazzino che non si era mai tirato indietro.

"Vieni qui tesoro! Piangi, piangi...Sii fragile, non devi essere sempre indefesso. Non con me!"

Julian si era rannicchiato contro quelle braccia forti pronte a sorreggerlo, a sorreggere tutti i suoi tormenti.

Dopo un po' aveva scostato il viso, arrossato e sudaticcio, e aveva guardato suo padre con un luccichio di pentimento e di vergogna.

"Possiamo non dire alla mamma che sono stato io a fare a pezzi il suo pezzo d'antiquariato?"

Gregory aveva disteso le labbra in un'espressione rilassata: la burrasca era passata. Aveva scostato una ciocca di capelli appiccicata sulla fronte del ragazzo.

"Sarà il nostro piccolo segreto!"

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Capitolo 9
*** NOVE ***


Julian non aveva ancora toccato cibo nonostante le sfrigolanti frittelle sotto il suo naso emanassero un invitante profumino.

Da un buon quarto d'ora se ne era restato, indeciso, a fissare il display del suo cellulare poi, quasi che quell'aggeggio scottasse tra le sue mani, lo aveva allontanato deciso. Con un sospiro rassegnato.

Un sospiro che non era sfuggito a suo padre.

Gregory aveva ripiegato il giornale ed aveva deciso di approfondire quei turbamenti giovanili che, fino a quel momento, aveva spiato di sottecchi.

"Allora chi è la fortunata?"

Aveva costretto Julian a tradirsi, con una punta di malizia.

Il ballo a scuola, la prima ragazza da invitare...Il suo ragazzo stava proprio crescendo!

"Non c'è nessuna fortunata! Anzi, sai che ti dico? Meglio se mi tengo fuori da questa buffonata!"

Era scattato Julian, forse con troppa foga.

L'occhiata di finto rimprovero che era funta da ammonimento era servita solo a colorire le gote di Julian di una vergogna fino ad allora sconosciuta.

"Sai quanti cuori infrangerà questa tua decisione? Sai benissimo che, almeno, metà delle teenager della tua scuola farebbero carte false per ricevere quella telefonata..."

Gli aveva fatto notare Gregory con tono divertito. Rimarcare quella popolarità che, talvolta, lo indispettiva portò Julian a rispondere con un'occhiata contrariata.

"Andiamo Julian! Sei un ragazzo bello e determinato...Non posso credere che sarà una donna a metterti KO!"

Stizzito lui aveva ripreso il cellulare ma si era bloccato nuovamente, dinnanzi alla tastiera, al momento fatidico.

Gregory aveva finto di riprendere a leggere poi, alla fine, aveva sbottato:

"Allora ti decidi o vuoi che lo componga io il numero di casa Aoba?"


******** **********

Grazie, grazie, grazie a chi continua a recensire e seguire la storia. A chi l'ha inserita tra le preferite e le seguite.

A presto^^

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Capitolo 10
*** DIECI ***


"Facciamolo insieme!"

Era stata quella richiesta inaspettata, quasi ardita...non da Julian, a convincerla a smettere gli abiti eleganti e agghindati e ad annodare il grembiule per mettersi ai fornelli.

Tra riso glutinoso, pasta di fagioli azuki e lo stuzzicante aroma emanato dalla miscela di frutta, la signora Ross stava ritrovando quel feeling perduto con suo figlio.

Sapeva benissimo che Julian aveva un'intesa ben più spiccata con suo padre, con Gregory che sembrava capirlo sempre. A differenza di lei.

La malattia, le scelte avventate di Julian, incomprensibili per lei, non avevano fatto altro che frapporre un ulteriore distanza tra loro.

E, pazienza, se il motivo di quell'inatteso riavvicinamento era da ricercare nel desiderio del ragazzo di preparare qualcosa di speciale per il compleanno del padre!

E ora quelle barriere di incomprensione e di incompatibilità sembravano essere state abbattute, come d'incanto, dalla semplicità di un gesto intimo e familiare come il cucinare insieme.

Quando Gregory rincasò fu travolto dall'esplosione di risate che avevano rallegrato la cucina. E ancor più sorprendente fu trovare Julian e sua madre perfettamente a proprio agio con i grembiuli chiazzati di macchioline variopinte e i nasi incipriati di fecola, zucchero e cacao.

"Avete preparato i daifuku?"

Chiese con malcelata commozione.

"I tuoi preferiti. Buon compleanno, tesoro!"

La signora Ross gli aveva stampato un bacio leggiadro sulle labbra e poi si era allontanata per finire di disporre i dolci.

"Siamo stati proprio bravi io e la mamma, vero?"

Julian aveva il viso ridente, l'espressione distesa che non lo abbelliva da tanto tempo. Accorgendosi che suo Gregory era senza parole, azzardò con quella domanda che tante volte veniva rivolta a lui.

"Papà come ti senti?"

Gregory aveva poggiato le mani sulle spalle del ragazzo, il pomo d'Adamo che si alzava e si abbassava alla ricerca delle parole adatte, un luccichio negli occhi testimone di quell'emozione che l'uomo non aveva timore di mostrare al figlio.

"Mi sento a casa. Finalmente!"

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Capitolo 11
*** UNDICI ***


Quella telefonata informale e la voce metallica che aveva articolato striminzite informazioni avevano colto Gregory alla sprovvista.

Una comunicazione, giunta con tanta precipitosità dalla scuola di suo figlio, doveva sottendere qualcosa di grave. Forse un nuovo, traditore, malore di Julian...

Senza tanti formalismi l'uomo aveva afferrato il soprabito, lasciato alcune stringate direttive alla sua segretaria e si era messo alla guida con malcelata angoscia.

Nemmeno nelle ipotesi più fantasiose avrebbe sospettato di trovare Julian fuori dall'ufficio del Preside con uno sguardo di disappunto a sopraffare la sua vergogna e un sacchetto di ghiaccio istantaneo sullo zigomo. Dal lato opposto sedeva un altro ragazzino, compagno di classe di Julian, che guardava in cagnesco quell'inatteso rivale.

"Prego signor Ross si accomodi: dobbiamo fare una bella chiacchierata. Ho già fatto un discorsetto a questi due..."

Una donnina bassa ma elegante, la Preside, era venuta fuori chiarendo che, qualsiasi fosse stato il motivo di quella convocazione, i due contendenti si erano già subiti una bella lavata di capo.

Dieci minuti più tardi Julian camminava un passo indietro a suo padre con il capo chino e con una nota di biasimo a macchiare la sua perfetta carriera scolastica.

Non aveva mai reagito con tanta animosità ad un'ingiuria. Mai.

Aveva saputo gestire perfino le maldicenze dei compagni di squadra quando ignoravano la verità sulle sue condizioni di salute. Ma questa volta era stato davvero troppo.

Vedere Amy in lacrime dopo l'ennesimo scherzo infantile, vederla curvarsi come se le chiacchiere incessanti su di lei, sulla sua timidezza e ritrosia, fossero un peso enorme da portare sulle spalle gli aveva fatto perdere ogni controllo.

E quel pugno era partito quasi istintivo...

"Signorino, sia chiaro che sei in punizione!"

Gregory si era voltato di scatto, imprimendo alla sua voce un tono severo.

"Lo so!"

"Anche se sei venuto alle mani con un altro ragazzo per difendere una fanciulla..."

Si ammorbidì subito dopo.

"Credo che questo gesto cavalleresco giochi a tuo favore. Per punizione questo fine settimana ce ne andremo al lago. A pescare insieme!"

L'aria accigliata di Julian si era trasformata in un largo sorriso e poco gli importava che quel livido si fosse ormai indolenzito.

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Capitolo 12
*** DODICI ***


Julian aveva scoperto quel piccolo angolo di silenzio quasi per caso. L'oasi nella quale staccare, isolarsi dalla noia e dalle paure che scandivano le giornate in ospedale.

Lo confortava l'odore ligneo, plastico e un po' polveroso dei libri. S' illudeva quasi di trovarsi a scuola.

Afferrò una manciata di volumi e ne lesse, sommariamente, la trama. Ne scartò alcuni e tenne soltanto quelli che riteneva più interessanti.

Conclusa la selezione tornò nel reparto con le mani colme di buone letture.

Sapeva bene quanto potessero diventare lunghe le ore per chi è malato e come un buon libro o una visita potessero trasformarsi in diversivi indispensabili.

Certo farsi operare di appendicite non era esattamente la stessa cosa del subire un intervento al cuore ma Julian sapeva che d'innanzi ai dottori anche gli adulti diventano bambini capricciosi e paurosi.

Gregory, dolorante, era ancora sdraiato a letto. Guardò curioso il figlio mentre lasciava scivolare tutti i libri sul cabinet e poi li ordinava perché i titoli fossero ben visibili.

Quindi il ragazzo si sedette sulla sedia accanto al letto. Nella stessa postura, salda ma incerta, che tante volte il padre aveva tenuto al suo capezzale.

"Allora papà, quale libro vuoi che ti inizi a leggere?"

Chiese con la voce ferma e orgogliosa di chi si trova a fare le veci dell'adulto.


******** ********

Grazie di cuore a chi continua a recensire, a chi ha inserito la storia tra le preferite e le seguite.

A presto!

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Capitolo 13
*** TREDICI ***


"Posso tornare a giocare! Il dottore mi ha dato il permesso!"

Gregory era rimasto sorpreso dalla voce euforica di suo figlio. A coglierlo di sorpresa non era stato quello scoppio di felicità di un ragazzo che aveva faticato e sopportato tanto in quei tre anni quanto quel timbro di voce.

Cavernoso, profonda...Da uomo.

Gregory si era accorto allora del torace scolpito e delle spalle tornite celate dietro la camicia di jeans, frutto non solo dei faticosi allenamenti di quegli anni.

Julian stava crescendo! Realizzò con comprensibile sconvolgimento paterno.

E benché sapesse che, da un paio di settimane a questa parte, il suo rasoio elettrico veniva spostato abitualmente dall'armadietto del bagno ne aveva attribuito la colpa alla sua sbadataggine.

"Non sei contento papà?"

Julian era raggiante.

"Si, bambino mio!"

Gregory gli aveva fatto una carezza sulla gota ancora liscia e vellutata, fissandolo nei suoi occhi ridenti.

Occhi che, nonostante tutto, tradivano la gioia incondizionata di chi è ancora bambino.

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Capitolo 14
*** QUATTORDICI ***


Era rimasto con gli occhi chiusi per tutto quell'ultimo scampolo di partita. E non perché non avesse fiducia nei suoi compagni ma perché in questo modo, con quella strana preghiera, gli sembrava ancora di poter dare il suo contributo.

Era rimasto con gli occhi chiusi mentre i tifosi accompagnavano la sua uscita dal campo anzitempo, per colpa dell'ennesimo malore; e non aveva osato aprirli mentre l'allenatore mormorava quel:

"Abbiamo perso. Mi dispiace Julian."

Rifilare tre gol ad Ed Warner non era servito a niente.

Julian se ne era rimasto seduto sulla dura panca mentre i compagni e gli avversari scivolavano negli spogliatoi, mentre gli spalti si spopolavano. Tutti sembravano aver capito e voler rispettare quel suo bisogno di restare solo.

Finalmente si lasciò andare, congiungendo le mani sugli occhi chiusi e curvando i gomiti sui pantaloncini chiazzati d'erba.

Restò in quella posizione forse dieci, venti minuti o più di mezz'ora. Finché un gesto gentile gli scostò le mani che ormai gli formicolavano.

"Non andrò al campionato nazionale!"

In quella constatazione c'era tanta recriminazione e un pizzico di sconfitta. Gregory gli si era seduto affianco tranquillo.

"Andrai molto lontano, Julian!"

E non lo diceva solo per confortarlo. Lo diceva con la stessa convinzione di quando, poche ore prima, si era spellato le mani assieme ad un centinaio di sconosciuti per tributare il giusto riconoscimento a un vero campione.

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Capitolo 15
*** QUINDICI ***


I giovani calciatori, impettiti nelle loro divise ufficiali con calzoncini e giacchetta blu, percorrevano il gate numero 15 dell'aeroporto di Narita con passo orgoglioso e con l'allegro chiacchiericcio di una scolaresca di ritorno da una gita.

Gregory, oltre la linea che delimitava la zona d'attesa, osservava impaziente quella sfilata di ragazzi.

Stare tre settimane senza Julian gli era sembrata un'eternità. Una volta a casa, certo lo avrebbe subissato di premure e di domande: sulla Francia e sulle sue peculiarità, sul torneo e sugli avversari europei...

Finalmente intravide Julian sulla passerella dell'aereo. Certo quell'esperienza lo avrebbe fortificato: dalla convocazione inaspettata al ruolo di aiuto allenatore, dalla possibilità di giocare spezzoni di partite alla rovesciata contro l'Argentina, dalla semifinale al cardiopalma contro i padroni di casa della Francia alla finale mancata contro la Germania...di tutto il suo saggio ragazzo avrebbe fatto tesoro!

Lo rincuorò il sorriso pieno che abbelliva il viso, ora più tondo, di Julian. Dietro di lui, come un'ombra silenziosa ma indispensabile, veniva Amy.

Gregory non fu troppo sorpreso nemmeno nell'indovinare quelle occhiate timide e cariche di sentimenti inespressi che i due giovani innamorati si scambiavano. Restò tuttavia di stucco quando, con fare intraprendente, la mano di Julian cercò e strinse quella della sua Amy.

Scorto il signor Ross, con riluttanza e con timore, la ragazza si ritrasse e fece un passo indietro dando modo a Julian di correre a salutare il padre.

"Ti ho portato una cosa, papà!"

Annunciò con l'enfasi tipica di chi ha molto da raccontare.

Certamente un souvenir o una miniatura della Tour Eiffel!

Gregory rigirò incerto l'amuleto che il figlio gli aveva messo in mano: rappresentava un cerchio con una spirale che partiva dal centro.

"L'ho comprato in un negozio etnico. È un nodo celtico: aiuta a tenere lontane le negatività e rappresenta il legame tra padre e figlio. I valori da tramandare di generazione in generazione. Ho pensato a te, a noi, papà. Ti piace?"

Ancora una volta in pochi minuti Gregory si ritrovò senza parola e non riuscì a replicare se non con uno scontato ma sincero "è bellissimo"

Poi ricomponendosi e annodando al collo il ciondolo con l'amuleto, squadrò Julian per benino prima di scarmigliargli i capelli.

"Sei più alto e più abbronzato. Pare proprio che l'aria d'oltralpe e la dolce compagnia ti abbiano giovato!"

E pazienza se Julian era arrossito a quella sottile allusione. D'altronde d'allora in poi ce ne sarebbero state molte!

******

Grazie a chi segue le mie storie.

Dedico questo capitolo a nymphadora81 ^^

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Capitolo 16
*** SEDICI ***


Rametti di ume, di bambù e di pino adornavano i cancelli di tutte le abitazioni di Tokyo quella sera del trentun dicembre.

Già le campane dei templi buddisti avevano iniziato a suonare i loro 108 rintocchi con cui accogliere il nuovo anno mentre molti raggiungevano spiagge o montagne per assistere alla prima alba.

Il monte Fuji era la destinazione della famiglia Ross: da lì avrebbero accolto la prima aurora del nuovo anno, come da tradizione.

Julian strinse le sue dita raggrinzite nei guanti mentre il suo fiato disegnava nell'aria gelida sbuffi labili.

"Forse dovremmo tornare indietro. Non vorrei che qualcuno di noi si buscasse un raffreddore!"

Fece restia la signora Ross, ed era comprensibile che tutte le sue preoccupazioni fossero per il figlio.

"Io sto bene, non preoccuparti mamma!"

La tranquillizzò il ragazzo mentre l'imponente cima innevata del vulcano sovrastava la loro visuale.

Gregory scese dal posto di guida e proseguì, prendendo a braccetto sua moglie e mettendo l'altra mano sulla spalla di Julian.

Un nutrito gruppo di concittadini avevano avuto la loro stessa idea così non erano i soli in quel posto, in quel momento, a scambiarsi gli auguri per un anno migliore e prospero.

Gregory prese in disparte il figlio e gli consegnò una piccola busta consegnata: dentro vi erano delle banconote ripiegate in tre sezioni.

Anche l'Otoshidama, la tradizione di regalare dei soldi ai bambini, era un qualcosa a cui Gregory non aveva voluto rinunciare.

"Papà non dovevi!"

"Dovevo, invece. Questa è sempre stata la nostra tradizione e lo sarà sempre. Anche quando avrai cinquant'anni sarai sempre il mio bambino!"

Poi l'attirò a se e così restarono, uniti e complici al sorgere del nuovo anno, mentre risuonavano gli ultimi rintocchi delle campane.


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Ne approfitto per fare a tutti i lettori, gli scrittori e i visitatori di EFP un augurio per un 2015 ricco di soddisfazioni.

A presto^^

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Capitolo 17
*** DICIASSETTE ***


Aveva acquistato quella piccola gemma incastonata nell'anello più importante di tutta la vita con il suo primo stipendio da calciatore.

Non aveva voluto prestiti, non aveva voluto coinvolgere i soldi della famiglia.

Quello era il primo passo del distacco, dell'indipendenza, la prima pietra di una nuova vita.

Julian aveva scelto proprio un diamante per la sua indistruttibilità, per il suo significato di indomabilità.

"Sappiamo benissimo di non essere eterni ma questo è un pezzettino di eternità che ci portiamo al dito!"

L'orefice che glielo aveva venduto lo aveva convinto con quella spiegazione semplice e vera e, magari, sarebbe stata una bella dichiarazione d'amore da fare ad Amy quando avrebbe aperto la scatola e ricevuto quella promessa.

Julian aveva richiuso con cura la custodia, dopo l'ennesima occhiata a quell'anello, e si era dedicato a quel benedetto nodo da fare alla cravatta.

Voleva essere impeccabile.

All'ennesimo intoppo era pronto a rinunciare ma Gregory vedendolo in difficoltà gli si era avvicinato.

"Non vorrai strangolarti con una cravatta firmata?"

Ci aveva scherzato su, parandoglisi davanti per aiutarlo. Sapeva che quella sarebbe stata una serata speciale per suo figlio.

Come alla ricerca di un suggerimento, Julian lo squadrò serio.

"Papà pensi che siamo troppo giovani per un passo così importante?"

Gregory sorrise.

"Tu la ami?"

"Più della mia stessa vita!"

Aveva risposto Julian senza esitazioni.

"Ti sei risposto da solo. Non c'è età per amare Julian. Su vai dalla tua fidanzata, quasi ufficiale, e togli questa cravatta. Amy ti amerà in ogni caso, anche senza troppi imbellettamenti!"


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Capitolo 18
*** DICIOTTO ***


Gregory era certamente, tra i genitori seduti in platea, uno dei più visibilmente emozionati mentre gli studenti intonavano Kimigayo, l'inno nazionale.

La mano gli era tremata appena e certamente le riprese di quel momento tanto importante sarebbero venute sfuocate ma poco gli importava. Julian era stato uno degli ultimi a sfilare, a vedersi consegnata la pergamena e a salutare con una vigorosa stretta di mano il Preside che l'aveva congedato mentre il cerimoniale era stato accompagnato da scroscianti applausi.

Ed ora eccolo lì, ormai uomo con tocco e con toga, a correre ad abbracciare i suoi genitori fiero di sé stesso.

"Siamo orgogliosi di te, tesoro!"

Sua madre lo aveva salutato con due timidi baci stampati sulle guance mentre Gregory se l'era attirato in un abbraccio possente.

"Beh ragazzo mio direi che questo ampio mantello ti dona proprio!"

Lo aveva un po' preso in giro perché, anche se fino a quel momento Julian aveva preferito prendere tempo e rimandare le decisioni per il futuro, sapeva che erano esigue le possibilità che continuasse gli studi.

Era stato un bravo studente, questo era inopinabile, eppure Gregory pensava che, ormai, il suo ragazzo avesse solo il pallone in testa.

"Se mi sta così bene, forse potrei rindossarlo anche in futuro, papà!"

Aveva detto sibilino Julian sorridente perché gli piaceva tenere i suoi un po' sulle spine.

"Cosa intendi dire?"

"Voglio continuare a studiare papà. Il calcio è una parte importante della mia vita ma so che non sarà per sempre. Lo so io e lo sai anche tu!"

La voce gli si era assottigliata in maniera quasi impercettibile ma non era svirgolata in nessuna forma di autocommiserazione.

"Continuerò a giocare, a lottare per i miei sogni, questo è certo. Tuttavia gli ultimi anni passati da un ospedale ad un altro mi hanno fatto riflettere molto e mi hanno fatto capire che voglio sapere, voglio fare di più. Non per me stesso papà ma per gli altri! So che sarà difficile ed un po' folle ma voglio studiare medicina."

Gregory era rimasto in silenzio per qualche attimo, lì sotto il ciliegio fiorito emblema del liceo e un po' di tutto il Giappone.

"Ne sei sicuro?"

Aveva chiesto poi.

"Sicurissimo!"

Aveva replicato Julian senza esitazioni. Gregory gli aveva poggiato una mano sulle spalle, ancora coperte dalla toga.

"Adesso andiamo. Ci aspetta un rinfresco in onore del nostro diplomato e futuro dottor Ross!"


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Grazie a chi continua a seguire questa storia ormai agli sgoccioli!

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Capitolo 19
*** DICIANNOVE ***


I fiori di loto che abbellivano il giardino e l'interno della casa erano l'unico tocco prettamente tradizionale in quella giornata di fine primavera tanto bella quanto importante.

Per il resto Amy aveva scelto una cerimonia all'occidentale e Julian era stato contento di esaudire ogni suo desiderio, come qualsiasi innamorato pronto ad andare fin in capo al mondo per accontentare qualsiasi capriccio della sua dolce metà.

C'era fermento a Villa Ross quella mattina con gli invitati che già raggiungevano la location e gli addetti del catering che ritoccavano gli ultimi preparativi.

Julian, davanti allo specchio a muro della sua cameretta da adolescente, sudava freddo mentre indossava la camicia e cercava di abbottonarla senza far tremare le mani. Gregory, dopo essersi versato due dita di sakè lo guardava divertito.

"Finirà per venirmi un infarto!"

Sbuffò, alla fine, Julian allargando lo spazio attorno al colletto per incamerare aria fresca. Suo padre non sembrava eccessivamente preoccupato per tutta quella tensione.

Distese la mano e allungò verso il figlio uno shiraga: un gomitolo di canapa dalle fibre forti.

"Me lo regalò tuo nonno il giorno del mio matrimonio. Si traduce come: capelli bianchi ed è l'augurio ad invecchiare insieme. Oggi lo voglio regalare a te, Julian!"

L'aria vibrava di emozioni mentre il ragazzo che stava per diventare uomo accettò quel dono tanto caro e simbolico.

Quindi, con gli occhi umidi, allungò i polsi verso il padre.

"Mi aiuti ad abbottonare i mei gemelli? Dannate camicie con i polsini alla francese!"

Gregory aveva sorriso sentendosi indispensabile. Come quando aveva aiutato Julian a fare il primo nodo alla cravatta, come quando l'aveva stretto al petto sussurrandogli che sarebbe andato tutto bene.

"Certo. Non vorremo far aspettare la signora Ross, da che mondo è mondo è sempre la sposa a farsi attendere e non il contrario!"

***** ***

Grazie infinite per l'affetto con cui seguite questa raccolta! Vi aspetto con l'ultimo momento padre-figlio, sperando di non deludervi.

Un abbraccio

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Capitolo 20
*** VENTI ***


I genitori di Amy e quelli di Julian erano scattati in piedi, in un gesto quasi sincronizzato, appena il ragazzo si era affacciato in quella sala-aspetto con ancora i sovrascarpe, l'ingombrante camicione verde e la mascherina lasciata scivolare lungo il collo.

Avevano fatto un passo avanti ed erano stati travolti, contagiati dall'indescrivibile emozione di Julian.

Il ragazzo si era lasciato cadere su una delle poltroncine con gli occhi che gli pizzicavano: per la tensione delle ultime ore, per l'insana paura di quello che sarebbe potuto succedere, per la gioia pura che provava in quel momento.

Non pensava minimamente di essere smosso da un turbine di tanti sentimenti tutti insieme.

"È perfetta. Io ed Amy abbiamo fatto un capolavoro."

Articolò soltanto mentre suo padre gli massaggiava la schiena con movimenti circolari facendolo sentire rilassato. Serrò forte le dita anchilosate dalla forte stretta in cui Amy gliele aveva stritolate durante quegli attimi concitati quindi appena si accorse dell'infermiera che usciva dalla sala-parto spingendo l'incubatrice gli si fece incontro, seguito da Gregory e dagli altri.

"È un po' piccina ma è bellissima la mia bambina, vero papà?"

Julian guardò quell'esserino con occhi pieni d'amore senza vergognarsi di nascondere le lacrime. Anche Gregory era visibilmente commosso.

Appena la bambina fu portata via per gli accertamenti di routine, i due uomini si lasciarono cadere uno di fianco all'altro senza parlare per un po' di tempo.

"Beh congratulazioni, nonno!"

Disse alla fine Julian. Gregory gli batté una pacca complice sulle spalle e rispose:

"Congratulazioni e buona fortuna, papà!"


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Ed eccoci al termine di questa raccolta. Grazie davvero di cuore a chi l'ha seguita, a chi ha sempre recensito, a chi l'ha apprezzata, a chi segue con affetto le mie storie.

A presto

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