Intrecci dal Passato

di Kyuri_Zaoldyeck
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** Attrazione Fatale ***
Capitolo 3: *** Hai lasciato la tua mente alla Teikou! ***
Capitolo 4: *** Promettimi una cosa! ***
Capitolo 5: *** Tu non hai mai lasciato la Generazione dei Miracoli ***
Capitolo 6: *** Il ragazzo dagli occhi color del sangue ***
Capitolo 7: *** Non rendere tutto più difficile ***
Capitolo 8: *** L'ansia e la depressione non ti si addicono! ***
Capitolo 9: *** SARA' UNA BELLA PARTITA! ***
Capitolo 10: *** Era una ragazza fredda e razionale, e tanto forte. ***
Capitolo 11: *** Scavando in quel profondo rosso ***
Capitolo 12: *** Cercano la vittoria assoluta! ***
Capitolo 13: *** Solo tu puoi decidere se cambiare qualcosa! ***
Capitolo 14: *** La sua vita stava avendo una svolta finalmente! ***
Capitolo 15: *** Non sono i nostri ideali o il nostro carattere a fermare i sentimenti! ***
Capitolo 16: *** Più che uscire da questa storia, dovrei uscire dalla tua vita ***
Capitolo 17: *** Entrambi erano deboli uno di fronte all’altro ***
Capitolo 18: *** Ritrovò nei suoi occhi quell’equilibrio perfetto rosso sangue ***
Capitolo 19: *** Non era un ragazzo normale, era qualcosa di superiore! ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


Quella sera la cena della vittoria era finita piuttosto presto, Quel ristorante sulla spiaggia era il più carino che Kiri avesse mai visto, era stata lei a prenotare la cena, e non era neanche un locale tanto economico.
Era formato da un pian terreno che fungeva da bar e il tetto fungeva da ristorante, con ampia vista sul mare notturno.

Era una serata felice vista l’importante e schiacciante vittoria della Teikou, la quale vantava un team di giocatori e manager fuori dagli schemi. Kiri Tokiwa era la coach della squadra, aveva abilità matematiche e tattiche impressionanti, ed era insuperabile negli schieramenti vincenti della squadra. Momoi Satsuki era la mente che muoveva il braccio, aveva la capacità di studiare gli avversari dai loro movimenti, e infine un team di 5 giocatori speciali, anzi 6.

Il tiratore infallibile, Shintaro Midorima, il “copiatore”, colui che può copiare mosse e stili degli altri giocatori, Ryouta Kise, l’asso della squadra, il più agile e veloce, Daiki Aomine, il centro, lo studente più alto dell’intera Teikou, Atsushi Murasakibara, e il capitano, Seijuro Akashi. E poi c’era il fantomatico sesto uomo, padrone dell’ombra, il Misdirectioner Tetsuya Kuroko.

Kiri andava sempre più fiera di quella squadra, era consapevole però, che 2 mesi dopo si sarebbero separati mettendo fine al mito della Generazione dei Miracoli, e il pensiero la rendeva triste. Più volte aveva chiesto ad ognuno di loro quale scuola superiore avrebbero scelto, ma nessuno aveva saputo dare una risposta chiara, tranne Kuroko, ormai deciso di gettarsi su un liceo semplice come il Seirin.

Kiri era molto amica di Kuroko, per via della sua neutralità di giudizio, non usava mai stare dalla parte di uno soltanto, e dava sempre i consigli giusti.

Un altro amico che avevano era Kise, ma l’amicizia divenne presto un amore idolatrale da parte delle due ragazze. La prima a rinunciare e a svegliarsi fu proprio Kiri. Riluttante all’idea, Kise aveva mostrato un lato di sé inaspettato e scioccante: aveva tentato di abusare di lei e costringerla ad amarlo sempre di più.

Era riuscita a liberarsi e scappare, ma nonostante non avesse detto niente, Kise aveva parlato di questo con l’unico che poteva capirci qualcosa di donna, Aomine. Lui, a sua volta, si divertì a stuzzicare la ragazza, ma una volta spiegatagli la situazione, lui decise di consolarla e da allora divennero amici.
 
Quella sera trascorse felice, nonostante fosse la loro ultima serata insieme. Il primo ad andarsene fu Midorima, odiava certe cose. Quando capirono che la serata era finita, perfino Midorima lasciò che Momoi e Kiri gli si lanciassero al collo. Piano piano se ne andarono tutti, e Kiri sentiva la voglia di mettersi a pensare, nel silenzio più totale. Avrebbe seguito Kuroko al Seirin o avrebbe inseguito il suo sogno di diplomarsi alla Shutoku?

Era scesa sulla spiaggia a gfuardare il mare ricordando quel mondo che stava per lasciare, credendo di essere sola…

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Capitolo 2
*** Attrazione Fatale ***


Quel giorno era uscita più tardi da scuola, e correva a perdifiato per raggiungere l’amico al distributore di ghiaccioli. La luce del tramonto si era già impadronita del cielo e lei stava temendo che se ne fosse già andato.
Improvvisamente si fermò, mai pensare una cosa del genere della persona più fedele al mondo. Lei sorrise a sé stessa e riprendendo fiato, si sedette accanto a lui:

-Grazie per avermi aspettata, Tetsu- disse lei mentre lui le porgeva il suo ghiacciolo, come sempre al lampone. Lei si rimise a fissare il suo ghiacciolo azzurro come i suoi capelli, convinta dell’assurdità di tale cosa.

-Hai preso ancora il Tonico?- chiese lei snobbando quel gusto sconosciuto e dolciastro che alla macchinetta chiamavano comunemente “Tonico”. Lui annuì continuando a leccarlo.

-Kiri-chan, come ti è andato il test dell’orientamento?- lei ricordò subito quel questionario che li avrebbe consigliato la loro futura scuola.

-Shutoku, come pensavo, e a te?- chiese lei dando un potente morso al suo ghiacciolo al lampone.

-Seirin, magari ci andrò davvero-

-Avrai risposto alle domande in maniera lavativa, o vuol dire che è quello il tuo posto- disse lei.

-Credi sia quello il mio posto?- chiese lui preoccupato.

-Sappiamo bene che il tuo talento non sta affatto nelle materie scolastiche, una scuola facile come la Seirin sarà perfetta per te- pensò di avergli consigliato bene, lui sembrò prenderla molto sul serio.

-Secondo te ci rincontreremo? Voglio dire noi del team-

-Probabile, ma non credo nel destino, credo nel fato, e credimi, c’è differenza- lui sorrise e guardò il cielo, il sole brillava ormai rotondissimo nel cielo, pronto ad adagiarsi e dare il posto alla notte.

-Però sarebbe bello, continuerò a crederci, ho iniziato ad amare il basket grazie a voi-
Insieme, quasi calata la notte, si recarono a casa, come ogni giorno dopo la scuola. E le tornava sempre in mente quell’immagine, lei che saltellava allegramente facendo sventolare i suoi lunghi capelli color vinaccia, Tetsu che la seguiva a passo lento, e la luce arancione del tramonto sopra di loro.

 
                                                                                 ***
 
Era scesa sulla spiaggia a guardare il mare ricordando quel mondo che stava per lasciare, credendo di essere sola, senza accorgersi di non esserlo. In quel silenzio più rumoroso di tutti, Aomine si era avvicinato a lei mettendole sulle spalle la sua giacca.
Lui le offrì di tornare a casa con lui, ma Kiri per quel momento non aveva intenzione di andare a casa, si alzò e chiese lui di accompagnarla in una passeggiata in riva al mare.

Kiri camminava tenendo le scarpe in mano, e ogni tanto alzando la testa per sorridere al suo amico, decisamente più alto di lei. Trovava quell’atmosfera davvero romantica ma non doveva scorrere quell’atmosfera tra loro due, eppure rifletteva che c’era un tipo di attrazione particolare, soprattutto in lui. Aveva appurato da molto tempo la sola tipo di attrazione che poteva provare Aomine era fisica, più volte l’aveva sorpreso a fissarle il petto, nonostante non fosse al livello di quello dell’amica Momoi.

Fu una lunga passeggiata sulla spiaggia, di poche parole e dalla meta inesistente, Kiri pensava che quello fosse l’ultimo momento da scolpire nei suoi ricordi relativi alla Teikou.

Ad un tratto i due si imbatterono in un capannone abbandonato, ricco di attrezzi per la pesca, e vedendolo, Aomine vi entrò con l’intenzione di mettersi a dormire. Kiri tentò di fermarla ma non si era accorta che le una di notte erano già passate da molto, “quando sono passate?!” si chiedeva. Anche Kiri decise allora di fermarsi a dormire lì. Trascinò via un enorme telo bianco che si trovava sopra a delle casse di legno, e con quello si coprì.

In realtà quella notte fu molto diversa, una cosa tirò l’altra, e come per coronare accidentalmente la fine di tutti quei bei momenti, i due si concessero una notte di immensa passione, che riuscì a lasciare appagata anche Kiri. Chiuse gli occhi alle prime luci dell’alba, per svegliarsi poche ore dopo. Coperta da quel telo bianco, non aveva alcun vestito addosso, e si raccolse su sé stessa riflettendo sulla notte appena passata.

Gli unici sentimenti che sorsero in lei furono disonore e vergogna per aver buttato al vento in maniera così rude la sua purezza, e non con l’uomo che amava e che avrebbe amato per la vita. Si alzò lentamente, lui era lì accanto a lei sotto al telo bianco. Uscì dal telo strisciando senza far rumore, si vestì in fretta, e corse via, in preda al panico. Corse e corse sempre più veloce, per poi crollare sulla spiaggia di quel bel ristorante. E lì, implorò al cielo di non incontrare più la Generazione dei Miracoli, soprattutto Aomine.

 
Nonostante tutto lui riuscì a trovarla, stanca e spossata sulla sdraio a fissare il mare mattutino. I due litigarono pesantemente, senza mai considerare quanto fosse stata piacevole per entrambi quella notte insieme. Alla fine lui le disse di non farsi più vedere, e lei scelse di prenderlo in parola, scappando subito e partendo per l’Europa i restanti due mesi.

Questo accadde quell’estate, prima che la vita di Kiri prendesse una svolta diversa da come si aspettava. Poco tempo dopo si iscrisse alla scuola dei suoi sogni, la Shutoku, diventando compagna di classe di Midorima, e manager della rinomata squadra di basket, e così si sentì a casa una volta rientrata nel mondo del basket.

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Capitolo 3
*** Hai lasciato la tua mente alla Teikou! ***


In ogni caso, quando vedeva Midorima giocare, Kiri veniva pervasa da una trmenda malinconia mista all’orgoglio verso il suo compagno, pensava continuamente che mancava un pezzo … anzi 5.
Erano i momenti in cui rimpiangeva la sua squadra del cuore, proprio così, perchè ogni volta che chiedevano a Kiri quale fosse la sua squadra del cuore, lei rispondeva “la mia Teikou”. “Che fregatura crescere” pensava spesso.

 
                                                                              *** 

 -Kiri-chan, perchè quella busta?- chiese indicando una grossa busta della spes che aveva in mano.

-C’è il mio classico dolce, e delle merendine, sai bene che è difficile soddisfare il SUO palato- rispose lei.

I due si dirigevano al parco muniti di cestino da picnic. Quel giorno Kiri era riuscita a convincere anche Murasakibara, perchè era sempre solo nel pomeriggio, aveva portato per lui tante merendine varie, poggiate accuratamente sulla torta che aveva fatto.
Il gigante centro della Teikou era già in mezzo al prato, era impossibile non vederlo, aspettava lì con la sua anonima espressione.

-Ricordate che questa è solo una pausa! Dovrete ricominciare ad allenarvi subito per il prossimo match- ordinò Kiri in tono autoritario.

-Coooosa? Credevo che oggi ci saremmo riposati- bofonchiò il gigante.

-Dovrebbe essere nel tuo interesse tornare a casa ad allenarti- suggerì lei.

-Lo sai che non ho un capo, né in casa né fuori, e poi sono stanco- e Kiri prese ad osservare l’amico Kuroko che lanciava occhiatacce al centro della Teikou, sguardi di disprezzo che non le capitava spesso di vedere in Kuroko.

-Smettila di guardarmi come se mi dovessi uccidere … altrimenti ti schiaccio- disse puntandogli un Pocky al collo, per poi mangiarselo. Poi si tagliò una fetta di torta preparata da Kiri, che gli faceva sempre spuntare un insolito piccolo sorriso.

Kiri amava preparare dolci per i suoi ragazzi, amava vedere i loro occhi gioiosi alla vista di quelle torte dopo un allenamento.

Kiri era un’allenatrice premurosa, voleva bene a tutti i suoi ragazzi, credeva che per quanto fossero forti, rimanevano sempre dei bambini.

Kiri era l’unica allenatrice che manteneva intimi rapporti di amicizia con i suoi giocatori, anche se questo creava qualche dissenso da parte del capitano della squadra.

Quella sera si rifece il tramonto e Kuroko si fermò alla solita macchinetta a prendere il Tonico.

-Perché lanciavi sguardi assassini a MuraMura?- Kiri aveva l’abitudine di chiamarlo così.

-Odio come si comporta nei confronti dello sport che pratica, lui non ama il basket, è soltanto dotato, ma io sostengo che non basti- disse lui tutto tranquillo. Ecco che Kiri ascoltava quel discorso per la sesta/settima volta!

-Anche io la penso come te, ma ci è indispensabile per vincere, anche Seiji lo dice, soprattutto quando entra nella “zona”- spiegò lei.

-Se Lui sentisse come l’hai chiamato, ti ucciderebbe- sorrise Kuroko, poi continuò:

-Capisco tutto, ma lo considero uno svitato in ambito di basket, tutto qui- Kiri non riusciva mai ad ascoltare Kuroko col tono irritato, che scoppiava subito a ridere.

Kiri era un’allenatrice davvero premurosa.

  
                                                                                  *** 
 
Ci pensava in continuazione fissando l’allenatore della Shutoku, il quale le chiedeva sempre aiuto per gli schieramenti e poi ne prendeva il merito. Inoltre manteneva un frustrante distacco con i suoi giocatori.
Che cos’era adesso Kiri? Una spalla destra, ma nemmeno, una sola presenza …

Le dava l’unica soddisfazione vedere Midorima dare ancora il meglio di sé, anche se con un’altra maglia e un altro numero. Kiri definiva ogni suo tiro “una melodia ben armonizzata”.

Quel giorno lei tornò a casa con lui sul carro in legno trainato dal povero Takao, un altro giocatore della Shutoku.

-Povera bestia!-disse guardando Takao faticare su quella bici.

-Il coach di quest’anno fa proprio schifo, dovrò fare tutto di testa mia- disse Midorima cambiando argomento.

-Quando mai non hai fatto di testa sua? E poi non è vero, lui sa il fatto suo- disse lei guardando altrove.

-Mi credi stupido? Si vede che gli schieramenti che ci da sono i tuoi, ho conosciuto da vicino le tue tattiche, Tokiwa- Già, lui la chiamava per cognome.

- Ormai il mio lavoro è finito, Shintaro, la mia vita è cambiata e non posso allenare una squadra delle superiori … - quelle parole le diedero una brutta stretta al cuore.

-Solo perchè non siamo NOI … hai lasciato la tua mente e il tuo buonsenso alla Teikou- sbottò lui sistemandosi gli occhiali.

-Non credo che li andrei a riprendere- sospirò lei.

-Piantala di riciclare il passato- sbuffò lui.

- Li rincontreremo tutti, vero?- chiese lei con una punta di speranza.

-Forse sì, forse no, posso solo ascoltare le previsioni- disse stringendo un pulcino di peluche tra le mani.
Il carro giunse davanti alla casa di Kiri, non molto distante da quella di Midorima. Lei scese e fece per salutarlo.

-Ma tu, Shintaro, cosa ne pensi davvero?- chiese lei seria.

-Penso che rincontrarli sarà inevitabile, immagino che tutti avranno ripreso col basket come me. Presto la Shutoku si iscriverà alla Winter Cup, per questo so che li rincontreremo- poi fece un segnale a Takao di ripartire. Poi disse quelle ultime parole:

- E allora … potrò battermi con loro e sconfiggerli-

Kiri si chiuse in casa a riflettere sulle parole di Midorima, “rincontrarli sarà inevitabile”, lei non vedeva l’ora di rivederli in realtà, nonostante avesse giurato al cielo di non vederli più.
“e allora potrò battermi contro di loro e sconfiggerli” non riuscì a dare una spiegazione alle parole di Midorima. Era il più ambizioso della squadra alla Teikou, ma non aveva mai avuto interesse ad essere superiore a loro. Rimase quindi un punto interrogativo, perchè?

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Capitolo 4
*** Promettimi una cosa! ***


-HAI DETTO SEIRIN?- esclamò Kiri facendo sbattere il vassoio sul tavolo e facendo voltare l’intero fast food.

Midorima rimase basito dal comportamento della ragazza, cercò di riprendersi e si rimise a sorseggiare la sua coca.

-Sì, ho detto Seirin, perchè?-

-Fai forse finta di non saperlo?- sbottò lei.

Quel weekend la Shutoku avrebbe iniziato le qualificazioni alla Winter Cup, con una prima partita contro il Seirin.

-So bene che è la scuola di Kuroko, ma visto il modo in cui la pensava può essere che non abbia ripreso il basket- lei ebbe un sussulto.

-No … non può essere- disse lei tremolante al pensiero.

-Lo sai che le persone, crescendo, cambiano i propri hobby- disse Midorima alzandosi.

-Questo può valere per te, ma per Kuroko il basket era tutto, il suo unico vero hobby- insisteva lei come per scacciare quel dubbio atroce.

-Se vuoi scoprirlo vieni a vederti il filmato della scorsa partita della Seirin, così potrai anche elaborare una tattica, sembra che quest’anno il Seirin si sia notevolmente rafforzato- disse lui.

Ma Kiri preferì andare a casa, chiedendo a Midorima di inviarle i dati più tardi, il compito che una volta era assegnato a Momoi.
Una volta rientrata, Kiri si mise alla tv, con la testa in tutt’altro posto. Lo schermo del cellulare acceso sul numero di Kuroko. Lei non lo aveva più chiamato da quella cena sulla spiaggia, non che lui lo avesse fatto. Ma aveva paura, una gran paura che lui avesse dimenticato la loro promessa, quella che si fecero all’ultimo suono di campanella alla Teikou.

 
                                                                                    ***
 
-Sta finendo … - sospirò Kuroko osservando le lancette del piccolo orologio di classe che scorrevano più lente del solito.

-Lo so! È Grandioso- esclamò Kise.
Kiri aveva i suoi due amici a portata di banco e si perdeva molto spesso in chiacchiere con loro, soprattutto con Kise.
-Non lo è, Kise. Ora arriva il peggio, mi chiedo solo che ne sarà di noi, della nostra amicizia e della Generazione dei Miracoli?- sospirò ancora.

-Che femminuccia- sbuffò il biondo.

-Andranno a beneficiare altre squadre, è così che si evolve un giocatore- giunse una voce calma e rilassata dietro a Kise, in ultima fila, era il capitano della Teikou.

-Allora, che il Kaijou mi aspetti!- esclamò Kise.

-Soltato tu potevi scegliere un liceo così di basso livello, se “liceo” posso chiamarlo-

Ed ecco che il capitano e il copiatore si rimettevano a becchettare.
-Cos’ha di male? E poi non ne ho eccessivo bisogno, ho già un occupazione!- sbuffò il biondo.

-Sai bene che se qualcuno lesionasse il tuo bel visetto, la tua occupazione rotolerebbe via come una palla di fieno?-

-Che razza di similitudine è questa?-

-La prima che mi è venuta in mente per descrivere quella che tu chiami “occupazione”-  disse il rosso, muovendo i pezzi del suo Shogi.

-Comunque … - disse Kuroko voltandosi dietro.
-Sono convinto che ci rincontreremo e giocheremo ancora tutti insieme- disse con un mezzo sorriso.

-Che femminuccia!- sbottò ancora Kise.

-Basta che veniate tutti alla Kaijou ed è fatta!-

-SCORDATELO!- gridarono tutti all’unisono, beccandosi un richiamo dalla professoressa.

-Oh giusto, Akashi! Hai deciso quale scuola frequentare, cosa dicevail tuo test sull’orientamento? – chiese Kuroko al capitano.
Lui alzò gli occhi rosso fuoco dallo Shogi:
-Il Rakuzan- Kise sobbalzò sconvolto.

-Non mi asettavo di meno- sorrise Kiri incrociando lo sguardo del rosso.

-Mi viene la pelle d’oca al solo sentirlo nominare! CI andrai davvero?- chiese riluttante Kise.

-Certo che sì, e comunque sappi che la cosa è reciproca, verso scuole come la Kaijou- poi si alzò e senza farsi troppo notare uscì dalla classe in anticipo. Kise tirò un sospiro di sollievo.

-Sta finendo … - riprese Kuroko a sospirare.
La lancetta dei minuti si stava avvicinando alla destinazione, mentre quella dei secondi ci era già passata un miliardo di volte.
Furono i minuti più lunghi e tragici sia per Kuroko che per Kiri, che pensava che quelli erano gli ultimi minuti che avrebbe trascorso in quell’aula, in quel banco in mezzo ai suoi amici, e che presto se ne sarebbe andata lontana da loro.

La campanella suonò e le urla si alzarono da ogni classe, le porte lasciarono “esplodere” gli studenti fuori, e anche Kise si unì al gruppo.

-Ci vediamo al grande match!- Kiri e Kuroko rimasero in aula, aspettando la fine dell’ondata di studenti in uscita, entrambi odiavano la confusione.

-E’ finita … - sospirò lui guardando l’orologio, che intanto, noncurante, stava andando avanti per la sua strada.

-Sai, se non vi vedessi anche domani, sarei scoppiata a piangere- disse pulendosi comunque una piccola lacrima. Poi si diresse alle finestre e si rivolse all’amico:

-Promettimi una cosa. Che noi, almeno noi due, non ci separeremo mai- disse sorridendogli.

-Promesso- sorrise lui incrociando il mignolo con quello dell’amica.

Quella fu la loro promessa, prima di varcare l’ultima volta la soglia della Teikou.


                                                                                      ***
 
Era giunto il weekend della partita della Shutoku,
Kiri custodiva in borsa gelosamente i suoi schieramenti disegnati pronti per la partita. Si trovò davanti alla palestra ed entrò. Lì incontrò i giocatori della sua squadra.


-Le tue supposizioni erano esatte. Kuroko oggi giocherà- le disse Midorima.
Così Kiri rimase sulla soglia ad aspettare il Seirin, con una voglia smisurata di rivedere il suo amico. I giocatori del Seirin le passarono davanti uno ad uno, ma di Kuroko nessuna traccia.

“Calma, Kiri, sai bene che lui sa mimetizzarsi anche senza volerlo”, ma mentre era sul punto di chiudere la porta, vide in fondo alle scale un’inconfondibile ragazzo dalla chioma azzurra e subito le spuntò un sorriso.

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Capitolo 5
*** Tu non hai mai lasciato la Generazione dei Miracoli ***


-TETSU!- lo chiamò a gran voce dalla cima delle scale, fin troppo emozionata per lasciare che si avvicinasse lui. Il ragazzo accelerò il passo e incrociò gli occhi della ragazza, con un sorriso.

“Quell’uniforme … gli dona davvero” pensò lei, convinta di lasciar andare le lacrime. Per quanto Kuroko fosse gracilino quanto lei, Kiri gli saltò letteralmente addosso.

-Che bello vederti, un vero peccato che debba supportare la mia squadra- disse lei come per stuzzicarlo, ma lui non perdeva mai la sua calma. Lei sdrammatizzava, ma le si stringeva il cuore nel vederlo di nuovo vicino a lei.

-Kiri, anche se volevi farlo, tu non hai mai lasciato la Generazione dei Miracoli, giusto?- disse lui con un lieve sorriso. Lei arrossì:

-Ehm … no, purtroppo il fato ha voluto che anche Shintaro scegliesse questa scuola-

-Non intendevo proprio quello, e comunque anche io sono felice di vederti-

-Ti piace il Seirin?-

-Sì, mi ha davvero stupito, ho una squadra fantastica, e credo anche … no, è presto per dirlo- disse.

-Cosa?- domandò Kiri curiosa.

-Credo di aver trovato una nuova luce- la ragazza ebbe un sussulto.

Da sempre, Kuroko è sempre stato un‘ombra nella sua e solo alcuni potevano essere la sua luce. E la luce preferita di Kuroko era Aomine, quei due erano il team migliore del mondo, non esisteva passaggio che Kuroko facesse che poi non veniva preso da Aomine, e portato a canestro con la sua grande agilità. E anche a questo pensiero, Kiri ebbe un sussulto, ricordava troppo bene i brividi che aveva quando li vedeva giocare, insieme, all’unisono.

-Una nuova luce, dici?- disse lei riprendendosi dal ricordo che le era passato per la mente.

-Ti stupirai, è proprio uguale ad Aomine, all’incirca, e ho una buona complicità con lui.- spiegò Kuroko sorridendo.

-Non so se uno come Aomine esista davvero- era riuscita a dire quella frase nonostante i fatti precedenti.

-Dovrai ricrederti, amica mia!- sorrise lui. Poi allungò il collo verso i fogli che teneva in mano la ragazza, lentamente e senza dare nell’occhio come sapeva fare lui. Ma lei se ne accorse poco dopo e si ritrasse piegando in 4 i fogli.

-Sono tuo amico, potresti mostrarmeli- sorrise lui.

-No, mi spiace, ma oggi sei nostro avversario, Tetsu.- disse lei. Poco dopo uscì dallo spogliatoio anche Midorima con in mano una Matryoshka.

-Ci si rivede, Kuroko.- disse poggiando la mano sulla spalla di Kiri.

-Ci vediamo, in campo!- disse Kuroko in risposta.

-Andiamo, Tokiwa, il coach ha bisogno degli schieramenti- Kiri lo seguì lanciando un ultimo sguardo a Kuroko.

-Ricorda la promessa- gli disse da lontano.

-Non l’ho mai scordata!- rispose lui entrando in spogliatoio.
 
Kiri era riuscita a seguire la partita fino all’inizio del secondo tempo, le due squadre si contendevano ancora quei 5 punti di differenza.
Dopo aver visto di nuovo Kuroko all’opera era riuscita ad individuare anche la sua possibile nuova luce, ed era fiera di vedere che quel giocatore dai capelli rossi aveva le basi per diventare un perfetto erede di Aomine, per Kuroko.

Entusiasta dei risultati delle squadre si alzò e si diresse alle macchinette.
Mise i soldi e la macchinetta si bloccò. Le tirava pugni contro ma niente, non era abbastanza forte.

-Ti aiuto io- sentì una voce, e poi un pugno tirato alla macchinetta fece scendere la merendina. La prese e si voltò per ringraziare, rimanendo stupita di ciò che vide.

Un ragazzo vestito con un’uniforme piuttosto anonima, sul grigio con una cravatta nera, i capelli biondissimi, gli occhi dorati e un orecchino. “Come fa a diventare sempre più bello?” pensò lei, guardò il ragazzo e sorrise maliziosa.

-E chi si aspettava di trovare un lavativo come te proprio qui, Kise?- gli domandò prima di saltare addosso anche a lui.

-Mi pare ovvio, sono venuto a vedere i nostri cari amici, anche se avevo già visto Kuroko qualche volta.- Lei senza ascoltarlo gli si avvicinò.

-Dimmi, ma tu fai ancora il fotomodello?- chiese lei con una punta di curiosità

-Qualche volta, ma ormai è raro-

-Dovresti, posso dirti che sei cresciuto bene?- lui scoppiò a ridere.

-Beh, non serve dirmelo, lo so già- ammiccò lui. Kiri aveva imparato da un anno e più a non rimanere ammaliata dalla sua bellezza, da quando aveva smesso di idolatrarlo.

-Dimmi un po’ cosa succede a seconda di come andranno a finire le partite- disse lui sedendosi sulla panchina di legno.

-Se dovesse vincere la nostra squadra, andrebbe subito contro il Too Gakuen, se invece dovesse perdere dovrà affrontare … la Kaijou- disse guardando il ragazzo che stava già sorridendo.

-Sarebbe bello se perdeste, potrei battermi contro Midorima-

-Peccato che vinceremo!- sorrise maliziosamente lei.

-Questo lo dici tu. Beh, il Too è davvero un’ottima scuola, anche se non ho ancora inquadrato i suoi giocatori, chissà come vi andrà … sai già chi è la squadra in testa?- disse lui alzandosi.

-No- rispose lei.

-La squadra che ha ben 4 giocatori imbattibili su 5, il Rakuzan.- Kiri ebbe un sussulto ancora. Un brivido le percorse la schiena.

-Akashi … - sussurrò a testa bassa.

-Esatto, in realtà tutti noi vorremo rivederlo, in fondo non ci ha mai salutati, e non si è mai fatto vivo- Kiri prese a mordersi il labbro.

-Io vado a vedere la partita, ci vediamo, Kiri!- la salutò lui. Ma lei non rispose.

Si morse il labbro sempre più forte, poi lasciò che le gambe le cedessero, e cadde in ginocchio.
Sembrava volersi mordere il labbro fino a ferirselo pur di fermare la cascata di lacrime che stava per scendere.
In ogni caso non ci riuscì, e prese a piangere silenziosamente e dolorosamente.

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Capitolo 6
*** Il ragazzo dagli occhi color del sangue ***


-Ricorda la posizione che occupi all’interno della squadra, non puoi permetterti di trattare i tuoi giocatori come degli amici.- quello era sempre il motivo per cui il capitano della Teikou si arrabbiava con lei.
Eppure Kiri non aveva intenzione di gettare al vento il rapporto coi suoi giocatori.

-Finiranno per adagiarsi sul fatto che tu perdoni loro tutto! Invece di allenarsi passano tutto il tempo a parlare con te, che dovresti dirigerli e basta-

-Questi non sono i miei metodi, e mai lo saranno!- replicò Kiri, come ogni volta che litigavano.

-Cambierai idea quando vedrai la tua bella squadretta perdere-

-Sai che non succederà! Loro non hanno bisogno di eccessivo impegno per vincere una partita-

-Se fosse per te, passeresti pomeriggi a mangiare e ridere assieme a loro, dovresti avere più rispetto dei giocatori che ti ho trovato, e comportarti con loro in modo adeguato alla tua posizione-

-Non vedo come la mia posizione debba rendermi un’allenatrice scorbutica e antipatica. Già basta un capitano che si comporta così.- disse lei voltandosi. Lui le afferrò il braccio e la avvicinò a sé, furioso.

-Ripetimi ancora, chi ti ha trovato quei giocatori?- le disse fissandola negli occhi.

- … Tu- rispose lei senza staccare gli occhi dai suoi.

- E chi è che tiene in piedi la squadra?- questo metodo lo aveva usato fin troppe volte con lei, così quella volta lei riuscì a staccarsi dai suoi occhi rossi e penetranti.

-Io tengo in piedi la squadra, perchè tu non ci sei mai!- non digerendo quel piccolo affronto, il capitano le lasciò un schiaffo sul viso, così forte da farla cadere in ginocchio.

-Non ci sono mai, perchè sono abbastanza intelligente da evitare certe buffonate. Comportati da coach, è l’ultimo avvertimento.- disse lui andandosene, lasciandola in lacrime al’entrata della palestra.

Kiri sapeva di sentirsi impotente di fronte a lui, lo sentiva come un’autorità nettamente superiore a lei, sapeva che quando litigava con lui, non poteva fare a meno di finire in lacrime. Akashi non c’era mai, quando loro uscivano tutti insieme, passava il suo tempo da solo, e in realtà Kiri voleva invitarlo spesso fuori con loro, ma da qualche tempo aveva rinunciato.  E anche quando giocavano o in ogni momento in cui stavano insieme, lei avvertiva una pesantezza assoluta nell’atmosfera, e proveniva tutta da quel ragazzo.

Inoltre sapeva anche un’altra cosa, che sapeva anche lui: quando Kiri incrociava i suoi occhi rosso sangue ne rimaneva ammaliata e diventava terribilmente vulnerabile, e le era difficile resistere. Per questo motivo, quando litigavano, Akashi era solito ottenere la vittoria guardandola negli occhi e piegandola a dire ciò che voleva lui. Quella sensazione di vulnerabilità faceva arrabbiare da morire Kiri, che sfogava la sua rabbia con le lacrime.

“Quel ragazzo ha il pieno controllo su di me” pensava spesso.

Aveva amato i suoi occhi fin dal primo momento in cui li aveva incrociati la prima volta, nei suoi primi anni alla Teikou li considerava un lago di sangue, e mentre questa similitudine faceva orrore a tutti, lei la adorava.
Il ragazzo dagli occhi color del sangue era in classe con lei, due banchi dietro. Non aveva mai libri né quaderno, aveva con sé giochi di logica e gli Shogi, con i quali giocava con regole tutte sue. Nonostante tutto, i professori non lo riprendevano mai, come se sapessero che lui stesse in quella scuola solo per via dell’età, tutti avevano capito che le sue capacità mentali andavano oltre. Kiri lo osservava sempre da lontano, con una punta di paura, non seppe mai spiegarsi perchè la impauriva certe volte.

Un giorno mentre lei lo osservava giocare, i suoi occhi rosso sangue incrociarono i suoi nerissimi, con un movimento rapido. Lei non li ritrasse subito, perchè quegli occhi iniziarono già ad ammaliarla. Si voltò di scatto, e continuò la lezione con un tremendo brivido dentro di sé.

Disegnare schieramenti era già la sua passione e nonostante non avesse ancora formato la sua squadra, iniziava già a disegnare tattiche di gioco. Al suono della campanella, il ragazzo dagli occhi color del sangue le si avvicinò, con un lapis in mano.

-Perdona l’intrusione, ma mettere il tiratore qui, aumenterà le probabilità di successo.- disse cambiando la posizione del tiratore in uno dei disegni di lei. Anche la sua voce la colpì, era molto soft e abbastanza “aperta”. Lei lo lasciò disegnare, poi alzò lo sguardo incrociando ancora i suoi occhi.

-Ehm … grazie- disse lei timidamente.

-Posso chiederti se hai già un capitano?- chiese lui.

-No … per la verità non ho ancora alcun giocatore- disse lei abbassando lo sguardo.

-Se te lo chiedessi, mi lasceresti capitanare la tua futura squadra? Ai giocatori penserò io- lei lo guardò ancora, sentiva di potersi fidare così gli affidò il compito.

Iniziò così il circolo vizioso dove lei cadde, perchè quegli occhi furono sempre nella sua testa. Piano piano quel ragazzo aveva formato la nuova squadra e ne divenne il capitano.

Ma le cose cambiarono in fretta, Kiri instaurò con i nuovi giocatori un rapporto d’amicizia, e questo non era lo stile di
Akashi, che finì per isolarsi da loro e raggiungerli solo agli allenamenti, nei quali si impegnava seriamente.
I due iniziarono assiduamente a litigare per il modo in cui lei gestiva la squadra, e imparò ben presto a manovrarla usando la sua debolezza, l’amore di lei verso i suoi occhi.
 

                                                                                   ***
 
Kiri tornò in tempo per l’ultimo quarto della partita, che la Shutoku stava padroneggiando alla perfezione, eppure non stava seguendo assolutamente la partita, era assorta nei suoi pensieri più dolorosi, e il suo cuore in quel momento stava piangendo al posto suo, forse aveva già finito tutte le lacrime.
Dopo la partita, vinta dalla Shutoku Kiri rincontrò Kuroko per salutarlo:

-Ho visto Kise- disse lui poggiandosi al muro vicino a lei.

-Anche io- disse lei in tono avvilito.

-Che ti prende? Non ricordo quando ti vidi così l’ultima volta, forse avevi litigato di nuovo con Akashi- Kuroko aveva colto in pieno la situazione.

-Se vinceremo la prossima partita andremo contro il Rakuzan, quindi stavo pensando proprio a lui … -

-Non sei felice di rivederlo?-

-Non lo so- disse prendendosi la testa tra le mani. Kuroko abbracciò la ragazza calorosamente.

-So quanto lo amavi, e so che sarai felice di rivederlo- Kiri annuì e si lasciò andare all’abbraccio dell’amico.

Kuroko era l’unico a sapere di quel segreto che la tormentava in continuazione, quell’amore che aveva provato per il ragazzo dagli occhi color del sangue, era un amore dettato dalla paura, e lei era solo desiderosa di dimenticarlo.

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Capitolo 7
*** Non rendere tutto più difficile ***


-5 Scatole di Pocky-

-Ma è dispari!-

-Lo sai che io ne mangio sempre una in più-

-MA ANCHE IO!- disse Kiri gettando un’altra scatoletta di Pocky nel carrello pieno.

Quello era uno dei passatempi che amava per riprendersi dalla tristezza o dalla depressione. Consisteva nel riempire un intero carrello di cibo, e dare poi una specie di festa. Riempire il carrello era un passatempo che faceva divertire sia lei che il sempre anonimo Murasakibara. Certe volte si chiedeva come facessero i genitori del suo enorme amico ad avere così tanti soldi da pagare un carrello pieno di cibo ogni qualvolta lei fosse depressa. E mentre il suo amico metteva nel carrello la prima cosa che gli passasse sotto il naso, lei pensava ai beni necessari per la festa.

E dopo questo tradizionale rito, i due si separavano per andare a prendere gli altri e portarli a casa di Kiri, che era quella più grande.  Quella sera toccava a Kiri recarsi allo studio fotografico a prendere Kise, perchè sapeva che vederlo posare la faceva ridere. Mentre MuraMura si occupava di prendere di peso quello scorbutico di Midorima, e Kuroko veniva da solo, perchè veniva sempre volentieri. Quella sera ad aspettarli davanti a casa di Kiri c’erano pure Aomine e Momoi. E si divertivano così tanto che Kiri scordava il motivo per cui si era tanto rattristata.


                                                                                   ***
 
Un altro ricordo le stava tornando alla mente. In quel momento si sentiva terribilmente triste, eppure sapeva che i tempi della Teiko erano finiti e che avrebbe dovuto consolarsi tutta la sera da sola.  “Che fregatura crescere” pensò ancora.
“Dov’è MuraMura quando ne ho bisogno?” non aveva ancora mai rivisto quel divoratore accanito di cibo del suo amico, e stava pensando a come poteva essere diventato, un armadio di tre metri per due?

Decise di uscire di casa e incamminarsi per la città, quella città piena di luci che va avanti senza curarsi della tristezza del popolo che la riempie, quella città che continua a far sfavillare i suoi colori vivaci nella notte.

Per ironia della sorte capitò proprio davanti alla palestra dove aveva giocato la Shutoku, era quasi mossa dalla curiosità di entrarci. Ma a convincerla davvero fu un carro di legno “parcheggiato” lì davanti, attaccato ad una bici.
“Non esiste idiota al mondo che si fa portare in gir su un carro!” disse ed entrò nella palestra. Si allungò da una delle tribune a cercare Midorima, lo trovò dall’altra parte della palestra.

-Tokiwa, sei venuta anche tu?- disse quasi in tono assonnato il compagno.

-In realtà non sapevo cosa fare … chi gioca?- ma una volta finita la domanda guardò in campo e spalancò gli occhi.
Il centro dell’istituto Yosen era ciò che stava cercando e ricordando da tutta la sera.

-Siamo venuti a vedere l’energumeno che entra nella zona, ma per ora nulla- disse sbadigliando Midorima. Kiri saltò giù dal suo sedile e raggiunse i primi posti della tribuna e approfittando del time-out. Un sorrisone le spuntò sulla faccia.

-SPACCA IL CANESTRO, MURAMURA!- lo incitò attirando lo sguardo del gigante dai capelli viola, che non era cambiato di una virgola dall’anno prima. Lui le sorrise poi tornò a concentrarsi sulla partita e Kiri tornò sorridente da Midorima.

-Potevi anche dirgli di entrare nella zona, siamo qui per questo!- esclamò lui.

-VOI siete qui per questo- disse il povero Takao con una punta di rabbia.

-Voi chi?- chiese Kiri. Midorima si limitò a indicare la tribuna centrale, dove erano seduti Kuroko e un tizio coi capelli rossi e neri.

-Sai bene che quando Murasakibara entra nella zona c’è anche da aver paura, e anche il capitano non sta aspettando altro- continuò Midorima. Kiri ebbe un sussulto e iniziò a guardarsi intorno.

-è inutile, Kiri, lo vedrai uscir fuori solo quando Murasakibara entrerà nella zona-

La partita era quasi giunta alla fine e Kiri si recò alle macchinette, in quella palestra, conosceva al memoria ogni singolo prodotto di quella macchinetta.
Non era più triste, era solo impensierita, in fin dei conti aveva incrociato lo sguardo di uno dei suoi migliori amici, e quella sera era proprio ciò che le ci voleva. Si sedette alla solita panchinetta in legno, stavolta accanto a sé c’era una giacca bianca e celeste. “L’avrà lasciata qualcuno” pensò, prima di rendersi conto che era una giacca sportiva, un po’ come quella della Teikou. La smosse un po’ fino a leggere totalmente la scritta: Rakuzan.

Un brivido le percorse la schiena, e d’istinto si alzò e si diresse al cestino, all’angolo col corridoio principale, diede un’occhiata al corridoio vuoto. Avvertì un rumore, e si voltò di scatto, la giacca era sparita.
Intanto quel qualcuno che l’aveva ripresa le era passato dietro e aveva imboccato il corridoio principale: un ragazzo non molto alto coi capelli rossi. Il corpo di Kiri si mosse quasi da solo al suo inseguimento.

-Seiji … - disse a voce bassa, e il ragazzo si fermò. Girò la testa, un occhio rosso sangue incrociava lo sguardo preoccupato di Kiri.

-Ti ho detto tante volte di non chiamarmi così- disse secco lui. Lei non lo ascoltò, avvolse il ragazzo in un abbraccio decisamente stretto e sofferto. Lui le mise subito una mano sulla spalla e tentò di spingerla via:

-Non rendere tutto più difficile-le disse serio.
E mentre le lacrime le scendevano, lei non intendeva mollare quell’abbraccio, e si accorse che non era più quel ragazzino gracilino di una volta, era diventato un po’ più alto di lei. Lui tentò ancora di allontanarla, e alla seconda volta ci riuscì. Lei fu indotta così a perdersi nei suoi occhi rosso sangue.
Ma appena lo guardò, si trovò a guardare un’iride rosso sangue e una arancione, e inoltre era cambiato, il ciuffo rosso che gli cadeva in mezzo agli occhi era sparito.

-Cosa vuoi, Ki?- gli chiese secco lui senza staccare gli occhi da quelli impauriti e bagnati della ragazza.

-Non ci hai neppure salutati quando è finita la scuola, sei sparito-

-Era mia intenzione, scordarmi di tutto e tutti-

-E allora perchè ricordi ancora il mio soprannome?- chiese lei riguardo al modo in cui l’aveva chiamata poco prima.

-Non hai mai saputo rivolgere domande utili e tantomeno risposte- disse voltandosi e iniziando a camminare.

-Perché vuoi lasciarmi ancora?- gli chiese in lacrime, lui la guardò con la coda del suo occhio arancio:

-Non hai mai capito qual’era il tuo posto, e non lo sai nemmeno adesso-

-E’ CON TE IL MIO POSTO! Lo sai … - urlò lei, con la testa che le girava anche per ciò che aveva appena detto.

-E’ il posto sbagliato- disse lui andandosene.
Il pianto e il mal di testa giunsero ad offuscarle la mente, che a fatica riuscì a lavarsi il viso e tornare da Midorima.

-Ohi, Tokiwa, volevi vedere Akashi? Eccolo lassù nel suo nido- indicò la parte più alta della palestra. Kiri lo fissò, era diversissimo dall’anno prima, a cominciare dai suoi occhi che erano diventati diversi.

-Strano che non si concentri sulla partita, sembra sovrappensiero, che cavolo sta fissando?- teneva lo sguardo basso sulla sua mano, dalla quale sbucava un foglietto bianco, e lo fissava con un’aria impassibile.

-è la prima volta che vedo il capitano così triste- disse una voce calma e rilassata. Kiri e Midorima si voltarono spaventati, Kuroko!

-Triste? Ma se è la sua solita faccia- disse Midorima.

-A me sembra triste- continuò Kuroko. Kiri lo guardò un’ultima volta, quasi chiamandolo, e come in risposta, lo sguardo del capitano si alzò dal foglio e si posò su quello della ragazza.

-Cos’ha da fissare noi adesso?- ringhiò Midorima.

-Sembra triste- disse ancora Kuroko rivolto a Kiri.

-E di cosa dovrebbe esserlo?- disse Kiri alzandosi in modo spazientito.

-Kiri, non resti ad aspettare Atsushi?- chiese Kuroko.

Lei non rispose e a testa bassa uscì dalla palestra e tornò a casa, a passo lento, come se il tempo non dovesse scorrere

“Triste lui? Non è capace di provare certi sentimenti, altrimenti a quest’ora sarebbe qui … con me … “

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Capitolo 8
*** L'ansia e la depressione non ti si addicono! ***


-L’accademia Too anta una squadra quasi paragonabile ad un esercito di soldati. Non dovete assolutamente sottovalutarli, e avete solo questa sera per allenarvi a dovere!-

L’allenatore parlava e parlava, Kiri e Midorima non ascoltavano minimamente, tanto lui faceva di testa sua e non voleva mai sentire ordini da nessuno.
-Tokiwa, ricordati gli schieramenti- ordinò l’allenatore, lei annuì superficialmente.

Fu un allenamento pesante per tutta la squadra, e Kiri aveva preferito passare il tempo fuori nel cortile a disegnare lo schieramento contro il Too. Arrivò a pensare di essere malata quando stracciò il terzo foglio.

-Non farti tante ansie per la partita- sentì dire da una voce familiare, Midorima, uscito in anticipo dall’allenamento.

-Non ho nessuna ansia- ribatté lei.

-Non hai mai sbagliato uno schieramento!- sbottò lui raccogliendo la carta straccia per terra.

-Invece sì- ringhiò lei strappando un altro foglio.
-Continuo a sbagliare la posizione del tiratore … non ho mai imparato-

-Non ne hai bisogno, io mi sposto dove ho bisogno, non c’è problema- disse lui.

-Nel Too c’è qualcuno di noi?- chiese lei timidamente.

-Probabile. Se sono arrivati così in alto ci sarà per forza, in realtà se vai per esclusione lo capisci da sola.- disse lui.

-Aomine- deglutì lei.

-L’unico che è riuscito ad arrivare ai piedi del Rakuzan- Aomine era uno di quelli che Kiri tentava di dimenticare, tuttavia certi ricordi volevano tornarle alla mente. Midorima fece per andarsene.

-Sarò realista, non garantisco che ce la faremo-

-Detto da te suona davvero male- disse lei

-Lo so, ma metti che vinceremo contro il Too e contro Aomine, credi davvero che arriveremo a battere il Rakuzan, vorrei ricordarti che quella squadra non ha soltanto Akashi come risorsa- disse incamminandosi.

-Non rinunciare in partenza! Và a vedere il tuo oroscopo e continua a crederci, e soprattutto continua a credere in te stesso!- disse lei. Lui le lanciò un sorriso di sfida e se ne andò.

-E tu concentrati sugli schieramenti, l’ansia e la depressione non ti si addicono- disse lui.

 
                                                                                      *** 

Quella sera si udiva un frastuono tremendo provenire da casa Tokiwa, era una di quelle sere in cui l’intera squadra di basket della Teikou faceva una delle sue feste.
Casa Tokiwa era per esclusione la casa più grande e sempre vuota tra tutti i membri del team, e spesso le feste vi avvenivano senza preavviso. Casa Tokiwa era divisa in due piani, con le stanze al piano di sopra e al piano di sotto, soggiorno, cucina e ufficio, l’ufficio che una volta era del padre di Kiri. Il soggiorno era così grande da farci entrare comodamente 7 persone!

Quella sera fu una delle feste più incontrollabili, in quanto l’asso della Teikou aveva pensato di portare qualche bottiglia. Sul pavimento erano stese 4 o 5 coperte, e sotto una di queste si era steso a mangiare Murasakibara mentre Kise, in preda alle risate lo convinceva a bere qualche goccio. Kuroko era sparito, anche se di solito nessuno nota la sua presenza, e Kiri, non avendo più nulla da fare, si mise a guardare l’oroscopo con Midorima:

-Domani il mio oggetto fortunato sarà una lattina di limonata- disse deluso, poi si voltò e vedendone una urlò:

-Non provate a pestarla, mi serve!-

-Midochin! Domanda a quella tipa se ti serve piena o vuota, perchè piene non ce ne sono!- disse Murasakibara da sotto la coperta.

-Se un giorno ti servirà il pupazzo di uno gnu, che farai?- disse Kise fra le risate.

-Cercherò un pupazzo di uno gnu, ma non dovrebbe essere un animale fortunato-

-Non prenderlo sul serio, Shintaro- disse Murasakibara. Kiri lanciò un’occhiataccia ad Aomine.

-Che vuoi? Non ho portato le bottiglie perchè finisse in questo stato … fa pena anche a me sai?- disse guardando Kise che ormai somigliava ad un cencio.

-Quand’è che inizia l’effetto sedativo?- chiese spazientito Midorima, che si sentiva sempre estraneo a certe feste, ma che quasi spesso era presente.

Poco dopo Kiri, con l’aiuto di Aomine, portò Kise in camera, dopo che egli era crollato. In camera vi trovarono anche Kuroko, probabilmente dormiva già da molto. Lasciarono Kise sul pavimento e tornarono al piano di sotto. La situazione si era stranamente calmata, e Kiri si era accorta dell’enorme quantità di cibo per terra.
-Dai-chan, potresti almeno darle una mano a pulire- disse Momoi dal divano.

-Fallo tu se vuoi, io vado a dormire- prese la sua giacca dal divano e se ne tornò su, dove ad ogni festa se ne andava a dormire. Anche Momoi si lasciò cadere a peso morto sul divano e si addormentò.

-Tu vai a casa?- chiese Kiri a Midorima, rannicchiato in un angolo con qualche rivista di basket.

-Se l’armadio si muove, sì- disse indicando Murasakibara, anche lui rannicchiato sotto le coperte sul pavimento.

-Ah ma lui sta qui, è innocuo, in realtà puoi restare anche tu se vuoi- disse lei lanciandogli una coperta. Lui sbuffò.

-Che noia queste feste-

-Eppure sei sempre qui-

-Non sono del tutto asociale, come qualcuno … - come equivocare, il capitano non partecipava mai a nessuna cena, a nessun incontro e tantomeno alle feste, e anche Kiri aveva rinunciato ad invitarlo.

-Allora resta qui anche tu- disse lei prendendo una coperta e stendendosi sul pavimento vicino a Murasakibara.

 
Il mattino dopo la vicina suonò alla sua porta, e Kiri si svegliò di soprassalto. La vicina era una vecchia signora ben atteggiata e ben vestita. Non appena chiese delle uova, Kiri la fece accomodare. La casa era ancora cosparsa di cibo.
-KUROKOOO- gridò Kiri dalla cucina.
Poco dopo dalle scale corse giù un ragazzino dai capelli azzurri in divisa da basket, diede il buongiorno alla signora, e ancora tra il sonno corse dall’amica.

-Ti sei cotto tu le uova?-

-Sì, ma ce n’erano ancora, chiedi a Murasakibara-

-Ohi, Tetsu, potresti correre facendo meno rumore?- anche Aomine scese dalle scale quasi ignorando la signora, che aveva già un’espressione indignata.
Una ragazza con due uomini in casa era vergognoso per una signora come lei.
E Kiri ricordò quanto fosse divertente quando andò con la signora a cercare le uova in soggiorno, dove la signora vide un ragazzo poggiato alla finestra che dormiva, e un altro, ben più grande, sotto una coperta sul pavimento.
-è rimasto anche Midorima? Che sorpresa- esclamò Kuroko.
Kiri tirò un calcio all’energumeno sul pavimento

-Ohi, MuraMuraa, hai tu le uova?- ma non ottenne risposta.

-Cerchi le uova? Non ricordi? Kise le ha frullate ieri-

-E perchè l’ha fatto?- chiese la ragazza.

-E che ne so, era ubriaco!- la signora aveva due occhi spalancati come se avesse visto un fantasma.

-KIRIKO TOKIWA, ci sono 4 uomini in casa tua?- sbottò lei. Quanto tempo era che nessuno la chiamava col suo vero nome.

-In realtà sono 5-
-Sei la vergogna della tua famiglia, dannata!- disse cercando di andarsene.

 
                                                                                     ***

Quello fu uno dei ricordi migliori che aveva delle medie, da quel giorno la sua vicina non entrò più in casa della ragazza, ma ogni sabato vedeva quei 5 ragazzi uscire di lì la sera o la mattina dopo.


“Se non avessi avuto loro, non avrei avuto niente”, e anche se Midorima era uno dei più scontrosi tra i suoi amici, era felice di averlo ancora al suo fianco.
Aveva finito lo schieramento per la partita contro il Too, ed era fiera di come l’aveva disegnato, e riuscì solo a pensare che quando avrebbe rivisto Aomine e dimenticato certi ricordi poteva riorganizzare una festa come quella

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Capitolo 9
*** SARA' UNA BELLA PARTITA! ***


-Ho disegnato il nuovo schieramento per la partita di stasera, cercate di rispettarlo- disse il coach lanciando un’occhiataccia a quel fuoriclasse di Midorima.
E Kiri ancora una volta vide quell’uomo prendersi il merito dei suoi sforzi, che quella volta furono anche più duri. Ma ormai questo “meccanismo” era noto a qualche giocatore:

-Coach, lei disegna come una ragazzina, sa?- gli disse Takao.

-Dovrebbe essere un complimento o no?-chiese il coach.

-Ma si figuri, è un complimento! Chissà quanto tempo ci impiega per farli? magari di notte!-

-Molto, molto tempo, Takao- disse dileguandosi.

-Pezzo di merda- borbottava tra sé e sé Midorima.

-Spero che impieghi tutte le sue notti in bagno- disse un altro.

-Dovresti dirgli qualcosa, o almeno mettere una firmetta in fondo al disegno- suggerì Takao. Effettivamente a Kiri pareva una bella idea firmare i suoi lavori come fossero quadri.

Midorima e Takao se ne andarono, il primo sempre a bordo del carro di legno trainato dall’altro, e Kiri tornò a casa da sola pensando alle poche ore che la separavano dall’incontro con l’asso della Teikou.

“Era da tanto che non ci vedevamo, come stai?”
“Ciao! Tutto bene!”
“Heii! Quanto tempo, in bocca al lupo per la partita!” neanche quello andava bene, Kiri era della squadra avversaria! Avrebbe voluto comportarsi normalmente, ma quella mattina, quando il sole s’era appena levato, lei era scappata. La vergogna aveva vinto su di lei, come tante altre volte.
“Niente sarà più come adesso, tra 7 mesi ognuno andrà per la sua strada” era una frase orribile che Aomine le ripeteva spesso, e lei aveva temuto e cercato di respingere quel momento con tutta sé stessa. “Che fregatura crescere” pensò ancora una volta.

 
                                                                                   ***
 
Quella mattina Kiri stava come al solito appoggiata al muro, uscita in anticipo di classe, aspettando che i suoi migliori amici uscissero. Davanti a lei c’era la porta della classe di Aomine e Murasakibara. Al primo suono della campanella, la porta si aprì, un gruppo di ragazzi tra cui Murasakibara, si stava recando al bar:
-MuraMura, non vieni con noi?- chiese Kiri.

-Io passo, ho fame- rispose lui continuando per la sua strada.

-Come sta la bambolina di Kise?- sentì dire dalla porta della classe. “Bambolina di chi??” si domandò.

-Che stai dicendo?- chiese lei stranita.

-Mi ha detto tutto, si vede che te lo vuoi lavorare per farti vedere con lui e ottenere un po’ di fama!- disse lui saccente. Per quanto Kiri non capisse, prevalse il suo orgoglio:

-Sono forse quel tipo di persona?- chiese offesa.

-Direi di no … - rispose lui, calmandola.

-E allora perchè l’hai fatto?-

-Non so di cosa parli- disse lei.

-Parlo di ieri, voi due avete … - disse lui interrompendosi, non trovando le parole.

-Ti sbagli! LUI HA! Lui ci ha provato … e non c’è riuscito!- si scaldò lei.

-A me ha detto che tu ci sei stata, volentieri!- disse ancora in tono saccente.

-E gli credi? Mi credi quel tipo di persona? Te lo ripeto-

-Direi di no … - piccole lacrime di rabbia presero a scenderle sul viso.

-Tu non capisci come possa essere subire certe cose da un tuo migliore amico … io mi divertivo tanto con lui … e ha dovuto rovinare tutto!- singhiozzava lei, e intanto i due avevano camminato fino al giardino, ed erano soli, così lei si era potuta liberare.

-Io ho creduto a quello che mi ha detto lui … -

-Quindi ha avuto anche quella faccia tosta? Come faccio ora a riguardarlo in faccia?- chiese lei esasperata.

-Sei scema? Sei una donna, e l’esperienza mi insegna che la donna ha un potere atroce sull’uomo, ti basta poco per farlo sentire una merda!-

-Non sarà niente come prima … -

-è ovvio, fra 7 mesi finirà tutto per forza, ognuno andrà per la sua strada- disse lui realista.

-Quello non c’entra, io credo nella nostra amicizia, che sarà sempre forte, ma non so se credere più in lui … - lo sentì sbuffare, per lui erano soltanto frasi fatte.

-Se davvero ci credi, prova a parlare con lui- anche se l’idea la spaventava, ringraziò Aomine per i grossi consigli e tornò in classe, capendo di essere in tremendo ritardo.

Kiri piombò in classe rumorosamente a lezione già iniziata.
-Mi scusi il ritardo- si inchinò al professore, lui le concesse di entrare per l’ultima volta.

-è successo qualcosa?- chiese preoccupato Kuroko all’amica.

-No, niente di che … - disse lei col respiro affannoso.

-Si sarà fermata a ingozzarsi con Atsushi- sentì dire da una voce leggera. Il Capitano, che se ne stava sempre lì a giocare morbosamente a Shogi.

-Ti ho forse interpellato, cretino?- chiese lei voltandosi.

-Non ne ho bisogno- erano quei giorni in cui tra lei e il rosso scorreva l’odio più accanito, e le giornate procedevano bene. Kiri fissò il banco davanti a lei, Kise non c’era.
E forse era meglio così.

 
                                                                                   *** 
 
-Ohi! Non sei neppure andata a casa?- sentì dire dall’angolo della strada.
Era soltanto Midorima a bordo del carro di legno trainato da Takao. Kiri si accorse che il cielo andava oscurandosi, e lei si trovava con la schiena contro il muretto di una strada, quanto tempo era rimasta a pensare e a tenere lo sguardo sospeso? Cercò di tornare in sé, ma si sentiva la testa girare:

-Eh? No … non sono tornata-

-Non hai mangiato niente?- e la ragazza scosse la testa ancora.

-Ci manca solo che svieni durante la partita!- sbottò lui.

-Sto bene, Shintaro … - disse vagamente lei. Lui la prese per il braccio e la trascinò a forza sul carro.

-Posso andare a casa anche da sola!- gridò lei.

-Tokiwa, tra un’ora inizia la partita- disse lui con un tono spazientito.

Kiri poteva sentire il suo corpo abbandonarsi al sonno, era stanchissima, senza aver fatto alcun movimento.
 

Mentre il coach incoraggiava la squadra nei pochi minuti precedenti la partita, Kiri guardava fuori, nel piccolo spiraglio della porta semi-chiusa, e aveva visto passare i giocatori del Too, ma nessuno di questi pareva avere la pelle più scura, e non sapeva se tirare un sospiro di sollievo o di delusione.
Poco dopo la Shutoku si mosse verso il campo, Kiri si mise a squadrare l’intera squadra, e tra i giocatori alti vestiti di nero, si notava bene una ragazza con una felpa verde appariscente e i capelli rosa. Kiri face un sorrisetto e si avvicinò alla ragazza:

-Immagino che avrai già studiato le nostre mosse- disse Kiri.

-Mh, mi conosci bene- rispose la ragazza coi capelli rosa, l’ex manager della Generazione dei Miracoli.

-Sarà una bella partita-

-Avvincente come tutte quelle che coinvolgono i Miracoli.- i giocatori iniziarono ad entrare e le due rimasero da sole in galleria, e si scambiarono un abbraccio.

-Non sei mai stata brava a fare la dura, Satsuki!- disse Kiri stringendola.

-Hai ragione, Kiri, beh, dovremo andare a goderci questa partita, anche se ormai so già che il primo tempo è tutto vostro- disse lei entrando, poi continuò:

-Aomine si è addormentato, e arriverà in ritardo, ma quando arriverà … saranno guai per voi- disse ancora in tono duro.
 
La partita proseguì con un testa a testa tra le due squadre, e Kiri si sentiva quasi rigenerata, amava vedere certe partite, e in quel momento le venne l’insormontabile desiderio di vedere Aomine di nuovo in azione. Si voltò ad osservare gli spalti, c’erano anche Kuroko e il suo inseparabile amico dai capelli rossi, e c’era anche Kise, e tutti aspettavano la manifestazione dell’asso della Teikou.
All’inizio del terzo quarto entrò in campo quel ragazzo alto dalla pelle scura e i capelli blu. Ma era diverso dal solito, lo spirito competitivo si era impadronito di lui, e mentre Kiri non smise un attimo di osservarlo, lui non si accorse della sua presenza per tutta la durata della partita.

La sola presenza di Aomine bastò a schiacciare la Shutoku ed eliminarla dalla Winter Cup. Kiri non sapeva come sentirsi, aveva visto un’altra partita fantastica, eppure la sua squadra era stata sconfitta, come dicevano i pronostici. Non aveva idea di come consolare la sua squadra così non entrò neppure nello spogliatoio per il discorso del coach. Si diresse a corsa alle macchinette, e con la sua solita sbadataggine, andò a sbattere contro un giocatore del Too, non un giocatore normale …

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Capitolo 10
*** Era una ragazza fredda e razionale, e tanto forte. ***


Kiri sobbalzò alla vista di quel ragazzo alto dalla pelle scura, in un attimo potè accorgersi del suo aumento di altezza e muscolatura.
Lui si voltò a fissarla e lei sussultò ancora.

-Ah, sei tu- disse superficialmente.
Lei era bloccata, tutti i metodi che aveva pensato per salutarlo svanirono, sostituiti da un pessimo balbettio. Riuscì solo a pensare di andarsene, “corri via” diceva a sé stessa.
E improvvisamente le gambe le ripresero a funzionare, guidandola quasi fuori controllo su per le scale antincendio, e facendola finire sul tetto della palestra. Le gambe si fermarono per la fatica, pioveva a dirotto, pioveva come ad esprimere la tempesta nella mente della ragazza. Pioveva così forte che oltre due metri non si scorgeva più nulla.

I capelli e la divisa della ragazza si bagnarono in pochi secondi, e le gocce che cadevano dai suoi capelli sul suo viso si confondevano con le lacrime calde.
Era scappata di nuovo … come una codarda quale era. Non riusciva di nuovo a muoversi sotto quella pioggia, in fondo era in sintonia col suo pianto. Non desiderava nulla se non sparire sotto terra. Puntò lo sguardo sul bordo del tetto, pensando per un attimo anche di mettere fine alla sua vita, aveva perso tutto, amicizie, genitori e viveva di tristezza e vergogna.

Ma era una ragazza fredda e razionale, e tanto forte, così per scacciare quel brutto pensiero, si prese la testa tra le mani e si gettò in ginocchio, lasciando che la pioggia scrosciante la accogliesse e diventasse un suono e un ambiente familiare per lei.

L’atmosfera venne interrotta subito dopo, qualcosa la afferrò per il braccio, trascinandola sotto il piccolo portico del tetto, dove c’era la porta e il punto di raccolta in caso d’emergenza. Il rumore perpetuo della pioggia smise e Kiri fu costretta a tornare alla realtà e ad alzare la testa. Realizzò di avere freddo, realizzò l’intensità della pioggia sotto la quale si trovava, e realizzò anche chi aveva di fronte.

-Aomine!- gridò quasi spaventata.

-Certo che solo Dio ti capisce delle volte, e forse neanche lui- disse lui sbuffando.

Calò il silenzio per qualche attimo.
Lui raccolse un giubbotto da terra e, toccandolo con delicatezza per non bagnarlo, lo mise sulle spalle di Kiri. Vista la grandezza doveva essere il suo giubbotto.
Kiri si accorse che anche lui si era bagnato sotto la pioggia, eppure aveva preferito dare il giubbotto a lei.
-Allora? Perché sei corsa quassù?- chiese lui, ma lei non rispose, non perchè non volesse, non sapeva proprio cosa dire.

-Non hai un perchè- concluse lui voltandosi verso la pioggia.

-Mi pare di averti detto molte volte di affrontare i problemi, ma se vuoi continuare a scappare … - disse, ma lei lo interruppe:

-Non mi andava di parlare, tutto qui!- sbottò ancora lei.

-Allora sei una masochista! Correre fin quassù a prenderti un malanno sicuro perchè non ti va di parlare … sei inutile, sei buona solo a scappare-

-Avrei dovuto scappare prima … - sbottò lei ancora.

-Prima di cosa?-

-Prima di dar via in quel modo la mia dannata verginità … - disse lei abbassando gradualmente.

-La colpa è tua- quell’affermazione la fece infuriare.

-Colpa mia? Tu pensi soltanto … a quello!- disse lei contenendosi, rivendicando quella notte in quella baracca sul mare.

-Mi credi un mostro? Pensi che non avrei voluto svegliarmi accanto a te?- lei ebba un sussulto, il suo cuore mancò un battito, ma le sue labbra non mancarono di una parola:

-In effetti pensavo così, credevo non fossero importanti per te cose di questo genere- disse lei.

-E se invece fosse stato?- calò il silenzio tra i due. No, Aomine non aveva questo tipo di emozione in dotazione!

Quel silenzio fu il più lungo.

-E dopo, che avresti fatto dopo? Avremmo vissuto di imbarazzo- disse lei.

-Imbarazzo? Solo se non avessi avuto le idee chiare, chi le ha non si vergogna di quello che fa!- lei fece per girarsi verso la porta delle scale:

-Scappi ancora? Maledizione, ma dov’è quella ragazza?- disse guardando la pioggia, che intanto si era leggermente calmata.

-Chi?- sussurrò lei.

-Quella ragazza tanto forte e volenterosa da voler allenare una squadra di basket, l’unica coach femminile nel torneo delle scuole medie, ad aver allenato una squadra unica come la Generazione dei Miracoli- disse lui, Kiri arrossì.

-L’unica ragazza che porta ancora i lividi delle botte ricevute, l’unica che non subiva le violenze, le sputava in faccia! Allora, dov’è quella ragazza?-
Kiri si sentì toccata nel profondo, in ogni caso sentiva che tante cose la avevano segnata, una di queste fu quella notte. Ma come diceva lui, era forte, tanto da avere ancora parole per controbattere un discorso come quello di Aomine.

-Se ti riferisci a Kise, non è mai avvenuto nulla di “completo”, e poi mi vergogno perchè non sei stato tu … io l’ho permesso … se fossi stata forte come dici tu, avrei resistito alla tentazione quella notte, sono debole … e poi il mio tempo come coach è finito ormai-

-Per me rimani il coach migliore del mondo, potresti farlo ancora, solo che non vuoi e non puoi, perchè ormai siamo alle superiori. So che l’unica squadra che ti sentirai mai di allenare è formata da noi 5, anzi noi 6!-

Aveva ragione, aveva mille ragioni, Kiri amava fare la coach, perchè non era brava a giocare, ma amava il basket, e amava la sua squadra, era il suo perfetto mix di forza, ma anche di caratteri. E soprattutto erano tutti suoi amici.

-O ti pianti in testa che un coach deve essere pronto a cambiare squadre ogni stagione, oppure resta così come sei … e non pentirti mai di quello che fai, quella notte non hai niente di male, anzi, forse non esiste niente di più bello …- disse lui.

Kiri scese lentamente le scale.
Ancora una volta Aomine era riuscita a farla riflettere su molte cose tutte insieme. Non pensava più soltanto al fatto che erano tutti cresciuti e che la Generazione dei Miracoli non poteva più esistere, pensava anche a quella notte, di nuovo.


“Fatti coraggio, non sarai più una coach, ma resti una donna forte come dice lui, fa vedere che lo sei!” ripeteva a sé stessa camminando, e alzando la testa piano piano, doveva camminare a testa alta e tornare ad essere quella Kiriko Tokiwa indistruttibile amata da tutti i suoi amici. La prima cosa da fare era assolutamente stare vicina alla sua attuale squadra, che aveva appena perso il match delle semifinali.

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Capitolo 11
*** Scavando in quel profondo rosso ***


Il clima nella palestra della Shutoku pareva come la tempesta della sera prima, benché fossero uomini sembravano voler scendere a fiumi le loro lacrime.
Il Coach non disse niente di nuovo, niente di buono. Non può dire di più delle solite frasi fatte che un coach usa per la propria squadra quando perde: “Avete fatto del vostro meglio”, “Una sconfitta non deve abbattervi”, “Vi serva da lezione”, e soprattutto quella dannata frase che faceva innervosire Kiri: “L’importante è partecipare”. Non perchè bramasse la vittoria, ma perchè sapeva che era una frase fatta, e che una squadra non può bastargli partecipare, non serviva certo a conquistare una squadra sconfitta alle semifinali. In realtà Kiri non aveva mai dovuto ricorrere a frasi del genere, la sua Teikou non aveva mai perso una partita, e anche in quel momento non ebbe idea di cosa avrebbe potuto dire. Ora aveva un ennesimo motivo per non desiderare altre squadre oltre alla Generazione dei Miracoli.

I giocatori erano entrati nella loro fase più critica, dove alcuni si assentavano dagli allenamenti, e in coloro che venivano, regnava la depressione e si impegnavano giusto il 10%. Kiri se ne stava nelle sue, ripensando a quando la sera prima aveva visto piangere tutti i suoi giocatori, anche Midorima, che però si era tirato su, più agguerrito di prima.

-In settimana assisteremo alla finale, così vedremo coi nostri occhi il gioco del nemico più forte, voglio che pensiate che un giorno sarete voi lì, al posto del Too, chiaro?- disse il coach. Il solito “Sì” che la squadra esclamava era diventato sgonfio e malinconico.
Riguardo a questo, Kiri si era già premunita al massimo, e aveva un asso nella manica.

-Vieni al parco con me più tardi?- disse categorica a Midorima.

-Perché?- chiese lui impegnato nei suoi tiri da tre punti.

-Satsuki ha delle informazioni importanti da darci- rispose lei in modo vago.
 
Era ormai calata la sera, e Momoi aspettava Kiri nel parco con in mano delle cartelle per forgli. Alla fine Midorima aveva seguito Kiri, chiedendole in continuazione cosa avesse in mente.

-Dì un po’ Kiri, coa fate voi due insieme?- chiese lei scherzosa.

-Taci! Mi ha trascinato lei- disse indicando Kiri. Data la panchina già piena, Momoi si sedette per terra e stese per bene le due cartelle. Una riportava una scritta in penna dai tratti veloci: “Shutoku”, e l’altra riportava con gli stessi tratti: “Rakuzan”.

-Cosa sarebbero?- chiese lui impaziente
.
-Ma come, Midori-chan, non ricordi quante ne facevo di cartelle così alle medie? Sono i miei famosi rapporti sulle squadre, precisamente: elenco giocatori con profili fisici e psicologici, tattiche di attacco e difesa, percentuali di successo e insuccesso, probabilità di vittoria e di sconfitta, e i rispettivi metodi per contrastare la squadra suddetta. Il tutto basato su un numero minimo di 3 partite- spiegò lei veloce e concisa.

-Eccellente come sempre, Satsuki- esclamò Kiri.

-è solo il mio dovere, dato che sarebbero destinati alla sola consultazione dei giocatori del Too … ma in fondo siamo amici, e abbiamo in comune un avversario da battere- disse lei.

-E a cosa serve il rapporto su di noi?- chiese Midorima.

-Può servirvi per la curiosità di come vi abbiamo valutato, e per vedere cosa vi manca a raggiungere il Rakuzan, che non è poco.-

Kiri prese il rapporto sulla Shutoku e lo sfogliò.
-Non ci sono i metodi di contrasto o sbaglio?- chiese sorridendo.

-Non sono certo stupida- disse lei ricambiando il sorriso.

Kiri notò che il fascicolo del Rakuzan aveva ben più fogli dell’altro:
-Sono 9 fogli! Di solito non superi i 6- disse lei.

-Questo perchè parliamo del Rakuzan, e come vedete ci sono ben 3 metodi di contrasto- disse mostrandole un foglio nascosto in fondo nell’angolo della cartella, pieno di scritte.

-Ricordavo che scrivevi pochissimo e mettevi almeno gli schieramenti, Momoi- disse con disappunto Midorima.

-Credimi, non ero io a metterli, era questa signorina accanto a te- disse sorridendo a Kiri.

-Quindi starà a te terminare l’opera- continuò Momoi.

-3 metodi … sarà più semplice, allora- concluse stranamente Kiri.

-Al contrario. Quello del Rakuzan è un pericoloso gioco a random, ne funziona solo uno di questi metodi, a caso, quindi dovrete provarli tutti, e vedere quale vi sarà d’aiuto, in meno di due quarti, altrimenti sarete finiti.- disse Satsuki in tono più serio, alzandosi da terra.

-Complimenti per la vittoria, Satsuki- disse Kiri, le due si scambiarono un sorriso.

-Come al solito, è merito di quello zuccone di Daiki- disse andandosene.

-L’occhio imperiale si è risvegliato, per il futuro sappiate che non dovrete lasciare che Akashi entri nella zona. Credetemi, sto temendo il peggio perfino per noi- e se ne andò.
 
“Neanche Aomine ce la farà” pensò Kiri quella sera, intenta a sfogliare i rapporti di Momoi sul letto. Il potenziale dell’occhio imperiale le era ben noto, e non riusciva ad immaginare come fosse una volta entrato nella zona. Benchè non si fosse manifestato completamente, gli effetti sulla personalità del capitano della Teikou erano devastanti, Kiri era l’unica ad aver sperimentato quegli effetti da vicino …


                                                                                   ***
 
Il silenzio venne interrotto dal suono echeggiante dell’ennesimo schiaffo. Faceva male, le guance di lei erano rosse e bruciavano come il fuoco, come gli occhi di lui, fissi su di lei.

Quel rumore aveva disturbato il sonno della natura stessa, risvegliando gli uccellini dai cornicioni interni della scuola. Lei cercava di ritrarsi dal suo sguardo rabbioso, ma non voleva perdere quella specie di sfida.
Quel terzo schiaffo era stato il più forte e spazientito. Non aveva più timore né rimorso nel farle del male, e soprattutto, voleva sempre vincere, ogni tipo di sfida, aveva perso le sue emozioni.

Erano quei momenti in cui i suoi occhi brillavano di quel rosso vivo che lei tanto adorava. La discussione verteva sempre sullo stesso argomento: lui voleva che lei prendesse sul serio il suo ruolo di coach, voleva che estinguesse tutti i rapporti di amicizia con i suoi giocatori. Ma lei possedeva quella virtù meravigliosa a cui non avrebbe mai rinunciato, l’amicizia, e non sarebbe mai stata un coach come tutti gli altri, riempito di severità, distacco e frasi fatte. E quando la discussione si evolveva, sfociava in quelle botte che le lasciavano sempre almeno un livido, fuori e dentro.
Lei si domandava spesso cos’è che le faceva sempre subire le sue violenze.

Lui aveva imparato ad indebolirla, guardandola negli occhi senza mai distogliere lo sguardo, mentre lei doveva ancora imparare a come resistere bene a questa sua tecnica.
Tentò di ribattere ancora, era una ragazza forte, ma lui le tirò un calcio in un punto strategico della gamba, che la fece cadere in ginocchio. Dai graffi provocati sulla sua gamba nuda iniziarono a sgorgare piccole gocce di sangue, dello stesso intenso colore dei suoi occhi …
Solo in quel momento, l’altra parte di lui si rivelò, quasi protendendosi verso di lei, quasi preoccupato. Dentro di sé era consapevole di averle fatto del male più del solito, e poteva anche vederlo con i suoi occhi. Furono i mugolii doloranti di lei a farlo rinsavire per pochi secondi.

“I miei giocatori sono miei amici, non pretendere di controllare la mia vita e la loro” urlava lei con gli occhi lucidi di rabbia. Lui aveva ripreso la sua forma aggressiva. Non tollerava essere contraddetto, non tollerava la sua disubbidienza.
“Posso continuare fino a sfigurarti” le disse lui protendendosi in modo minaccioso verso di lei. Questo non la spaventava, non più almeno … la faceva ridere.
“Lo so, lo so” disse lei riprendendo il contatto coi suoi occhi. Lo guardò, un po’ come per dire “Accomodati, fallo”, eppure lo guardò con i suoi occhi più dolci e comprensivi, scavando in quel profondo rosso, cercando quel lato di lui venuto a galla pochi minuti prima.
“So che sei li, Seiji” pensò lei. Lui si voltò per andarsene, lasciandola lì come faceva sempre.

Ma lei si alzò con fatica e zoppicando, lo raggiunse. Gli avvolse le braccia al collo per poi toglierle pochi secondi dopo. Lui odiava questo tipo di rapporti. Prese a camminargli accanto. Lui storse gli occhi, guardando la gamba di lei, dipinta dalle goccie di sangue colate in verticale. Poi le guardò il viso, sorrideva, con gli occhi lucidi, come se stesse cercando di resistere nel cedere al pianto. Il suo sorriso era sempre stupendo, anche quando lo usava come mezzo per non piangere. Lui smise di guardarla, sollevò una mano per stringerle il braccio, le disse che poteva piangere liberamente. Lei rise, lasciando andare le lacrime in modo silenzioso. Lui non la guardò, odiava vederla piangere. Lei appoggiò la testa sulla sua spalla, e i due camminarono come se nulla fosse successo, tanto era abituale una cosa del genere.

Non aveva intenzione di ammetterlo. Quello era il suo punto debole, il confine tra le sue due personalità, il sorriso di Kiri.


                                                                                      ***
 
Un largo sorriso di Kiri si sovrappose alle lacrime che avevano cominciato a cadere. IL fascicolo era fermo sulla pagina dell’”imperatore” del Rakuzan, Akashi.
“Vedremo di che pasta sei fatto senza una squadra, Seiji, come volevi tu” pensò tra sé, osservando i numeri elevati del suo profilo psicologico.
“Eccitante! Una sfida tra i due più grandi problemi della mia vita” rise lei pulendosi le lacrime di commozione.

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Capitolo 12
*** Cercano la vittoria assoluta! ***


Dalla palestra provenivano più ulra del solito, la finale della Winter Cup non poteva certo attirare un pubblico ristretto.

Kiri se ne stava in disparte, era di umore piuttosto allegro, aveva fissato con i suoi amici per vedere la partita, una specie di rimpatriata come ai vecchi tempi.

Una volta entrati, presero posto nella prima fila degli spalti, dove si aveva una visuale sopraffina del campo, e dove erano attaccati dei cartelli “RISERVATO”. Era stato Kise a riservare per loro quei posti, pagando una cifra certamente esorbitante.

Kiri si era seduta tranquillamente al centro, pensando alla partita fenomenale che avrebbe visto, si stava parlando dell’asso e il capitano della vecchia Teikou, uno spettacolo unico per colei che li aveva allenati. L’ansia la stava logorando, e il suo unico movimento divenne l’infilare la mano nel sacchetto di patatine di Murasakibara per mangiarsele.

In ritardo, arrivò anche Kuroko, assieme ad un ragazzo dai capelli rossi e neri.
-Kurokocchi! Ora capisco perchè mi hai chiesto due posti, c’è anche Kagamicchi- disse entusiasta Kise, mentre al loro arrivo, Midorima rispose con qualche sussulto nervoso e rabbioso.
-Kiri-chan, vorrei presentarti Kagami Taiga, la mia nuova luce- fu un orgoglio per lei trovare il rimpiazza mento di Aomine che potesse accompagnare Kuroko nella squadra. I due si presentarono, e infine presero i loro posti, non appena le squadre apparirono sull’angolo opposto della palestra.

Kiri ricordò i dati che Satsuki le aveva dato, fondamentalmente i giocatori del Rakuzan non erano dei giganti come quelli del Yosen, e non erano aggressivi come quelli del Too. Sembravano tranquilli, con un’espressione pacifica stampata in faccia. Avvertì in loro la sicurezza immensa di vittoria. Non avevano mai perso una partita, e non avevano mai contemplato l’idea di perdere, del resto come la vecchia Teikou, e sotto questo aspetto, il Rakuzan aveva il miglior insegnamento.

Dall’altro lato i giocatori in nero del Too, capeggiati da Aomine, che li aveva visti e li aveva salutati, facendo sussultare Kiri e distraendola dalle sue congetture, in fondo era compito suo studiare l’avversario peggiore, anche se un po’ prematuro.

A distrarla giunsero poi le piccole scommesse:
-Io sto col Too! Aomine è nostro amico e nostro vecchio compagno di squadra- esclamò Kise.

-Sarebbe meglio se il Too si prendesse almeno una vittoria, tanto il Rakuzan le ha vinte tutte- constatò Kuroko.

-Io sto con la squadra più forte, e non so proprio dire quale sia stasera- disse Midorima stringendo un orsetto di Peluche tra le dita fasciate.

-Kiri-chan, tu che dici?- chiese Kuroko, ma lei non li stava ascoltando più di tanto, e non colse neppure la domanda.

-Se la conosco bene dirà di non stare dalla parte di nessuno, guarderà e attenderà che Aominecchi e Akashicchi si scatenino- lei non rispose, tanto era bastato Kise a rispondere per lei.

-Ma sotto sotto sta per il Rakuzan- ridacchiò subito dopo.

-Non sto per nessuno, non mi conosci così bene!- sbottò lei senza voltarsi. Non sapeva davvero chi favorire … quella partita si svolgeva, in modo più violento, anche nella sua mente e nel suo cuore. Era anche vero che bramava vedere il risveglio dell’imperatore.
 
La partita ebbe inizio e il Too si assicurò il maggior possesso palla, mentre quelli del Rakuzan continuarono sulla linea calma e pacifica, a giocare superficialmente.

-Questo non piacerà ad Aomine, lui vuole avversari degni di sé, ma che stanno facendo?-sbuffò Kise.

-Se il Rakuzan si scatenasse subito come il Too, perderebbero energia gradualmente. Inoltre cercano uno svantaggio … di almeno 20 punti- spiegò Kiri.

-Come fai a capirlo?- chiese il biondo curioso.

-Cercano la vittoria trionfale, fisseranno un numero e fermeranno il Too una volta raggiunto quel numero, cercano la vittoria assoluta- spiegò Kiri intenta ad assistere ai magnifici e sciolti canestri di Aomine.

-Certo che li conosci bene, ti vedi con qualcuno di loro? Dovresti dirlo alla squadra- disse Midorima in tono molto seccato.

-Non dire assurdità, mi sono bastati i rapporti … e poi, conosco bene Akashi … nessuno può pensare ad una macchinazione così se non lui, ma lo sai anche tu- disse lei.

Il primo quarto terminò con un vantaggio netto del Too. Mentre il loro allenatore continuava a incoraggiarli, il coach del Rakuzan se ne stava zitto in disparte, mentre il rosso carminio dava degli ordini alla squadra
“Hai realizzato la tua volontà di separarci e di sfidarci tutti, e di gestire una squadra … sei grande” pensò Kiri, guardando anche lei il rosso sedersi sulla panchina in tutta calma e tranquillità.

Improvvisamente, come se il pensiero di lei fosse rimbalzato fuori dalla sua gola, il rosso alzò i suoi occhi etero cromatici e incontrò i suoi, pochi attimi, per poi reindirizzare lo sguardo ai suoi 4 compagni.
 
Nel secondo quarto il Rakuzan sembrò svegliarsi solo in parte, tradendo le aspettative di Kiri, mentre Aomine pareva profondamente irritando. Adesso il Rakuzan cercava di tenere bloccato il Too, per non alterare troppo il punteggio. “Un quarto di partita buttato al vento” pensò Kiri, anche lei delusa e irritata, tanto che non riusciva a stare ferma e seduta, doveva sporgersi dagli spalti.

-Calmati, Tokiwa, non credo stiano facendo arrabbiare Aomine a caso- le disse Midorima.

-Stanno sbagliando! Non servirà a farlo entrare nella zona, lui deve solo trovare il degno avversario per entrarci!- gridò lei nervosa.

-Io credo che Aomine quando si arrabbia, diventa indomabile e anche distratto, sarà questa la tattica del Rakuzan- constatò Kuroko giustamente.

In ogni caso, Kiri voleva vederci chiaro, il loro comportamento insensato non corrispondeva agli appunti di Satsuki, e tantomeno alle sue stesse aspettative.

Durante la pausa del secondo quarto schizzò via. Si era messa accanto allo spogliatoio del Rakuzan. I titolari camminavano ordinatamente dietro ad Akashi, benché fossero più alti di lui, proprio come gli schiavi strisciano dietro al loro imperatore.

Gli altri 4 entrarono nello spogliatoio fissando la ragazza. Fu lei a chiudere la porta prima che anche il rosso entrasse. Si armò di coraggio e gli parlò, come se fossero ancora alle medie.
-Cos’hai in mente? State giocando in modo pessimo!- sbottò subito lei.

-Mi deludi, pensavo avessi capito il mio stile di gioco. Tuttavia … non sono io a decidere di entrare nella zona, lo sai bene- rispose lui, leggendole ancora nella mente, ma era davvero così prevedibile?

-Tu puoi cambiare le sorti della partita in modo da farti entrare nella zona, so che puoi!- disse seguendo il ragazzo che si era incamminato verso gli armadietti per il deposito delle borse.

-Perché lo vuoi con tanta insistenza?- chiese lui.

-Sono venuta per vedervi entrare entrambi nella zona, per vedere una partita epica-

-Puoi andare a casa allora, non ho bisogno di te, né degli altri- detto questo, Kiri si irritò sempre di più.

-Tutti hanno bisogno di sostegno!!- sbottò lei.

-Non ne ho bisogno, vincerò anche senza averti attorno, io vinco sempre- disse mantenendo il suo tono tranquillo.

-Questo è sicuro … - disse lei ridacchiando, scatenando una reazione negativa da parte di lui, lo vide alzare una mano per poi fermarla e farla ricadere lungo il corpo.

-Vuoi picchiarmi ancora? Proprio qui?- chiese lei con un mezzo sorriso e un’espressione di sfida, quanto lo conosceva bene.

-Non ho ragioni per farlo- disse lui calmandosi regolarmente.

-Non hai mai avuto ragioni-

-Avevo le mie ragioni- cadde il silenzio per qualche secondo, poi lei riprese.

-Ti sto solo provocando. Hai davvero smesso di alzare le mani?-disse lei avvicinandosi a lui.

-Non voglio colpirti- gridò lui, colpendo il solido muro. Poi la guardò, ormai spazientito, negli occhi, macchiati da una punta di paura per il suo gesto fulmineo.

-Se sei qui per me, non ne ho bisogno, quindi vattene-

- … perchè?- chiese lei quasi lamentandosi come una bambina.

-Te lo dico per l’ultima volta, Non ho bisogno di te, vattene, e portati via i tuoi amici- ripetè lui.

Lei decise di rinunciare, e lasciò che i suoi pensieri prendessero vita in parole tutte d’un fiato:
-Sarebbe bello se qualche volta avessi bisogno di me … - disse con un mezzo sorriso, lui intuì subito che si trattava di un sorriso finto, per nasconderle un profondo malessere dentro.

Lei si voltò e se ne tornò sugli spalti. Non aveva alcuna intenzione di andarsene. Era libera di fare ciò che voleva. Lui rimase a fissarla per poi portarsi una mano alla fronte, come per scacciare via un pensiero, e si preparò a rientrare.

Nel terzo quarto, il Rakuzan si svegliò pareggiando i punti persi con facilità, e Kiri vide finalmente Aomine entrare nella zona, e schizzare in mezzo a tutti alla velocità della luce, e nessuno poté fermarlo in quel lasso di tempo.

Gli occhi di Kiri brillarono alla vista di una tale potenza, mentre dietro di lei erano già convinti della vittoria del Too.
Anche Kiri stava accettando l’idea che Akashi pur di non rimangiarsi le parole dette, avrebbe perso una partita.

Nell’ultimo quarto le cose cambiarono. Aomine era piuttosto esausto, mentre il Rakuzan era solo all’inizio della sua potenza.
Fu in quel quarto che l’imperatore si risvegliò completamente, determinato a finire quella partita in bellezza.
Rosso sangue e giallo oro brillavano nelle sue iridi, e nessun altro giocatore contava più, lui aveva sostituito tutti, con una velocità superiore a quella di Aomine. Con la coda dell’occhio riuscì a vedere Kiri sporgersi dagli spalti, con un sorriso pieno di orgoglio.
Per un attimo, le scintille rosso e giallo oro colpirono le iridi scure di Kiri, prima che lui si lanciasse di nuovo a canestro.

Il match terminò con un risvolto inaspettato, il Rakuzan aveva vinto ancora, una vittoria gloriosa come volevano e come anche Kiri si aspettava.

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Capitolo 13
*** Solo tu puoi decidere se cambiare qualcosa! ***


-Ehi, Kiricchi, vogliamo fare una bella rimpatriata sul prato, potresti provare a chiamare Akashi?- urlò Kise alla ragazza, che era ancora sui sedili a sistemarsi il cappotto, mentre la palestra si era già svuotata.
Lei accettò con una smorfia. Aggrappandosi alla transenna metallica, fece un balzo in mezzo al campo con grande agilità. Camminò in mezzo al campo e si addentrò nel corridoio angolare che portava agli spogliatoi.

Il corridoio era piuttosto buio, non c’era uno straccio di finestra.
Kiri iniziò a tastare il muro alla ricerca di un qualche interruttore, che doveva esserci per forza!
Quando camminava in un posto buio e sconosciuto, aveva sempre la sensazione di essere osservata, spesso però era solo la sua immaginazione.
Ma quella volta la sensazione si fece più forte, fino a sentirsi il fiato sul collo di qualcuno. Voltandosi impaurita, riuscì soltanto a trovarsi davanti una divisa del Too. Alzò lo sguardo e tirò un sospiro di sollievo. Era soltanto Aomine.

-Pensavo fossi la prima a voler partecipare alle riunioni di famiglia- disse sbuffando come sempre. La sua voce echeggiava nel corridoio in maniera inquietante.

-Infatti, ero qui per cercare Akashi- disse lei guardandosi le spalle.

-Tanto lo sai che non verrà, quell’eremita del cavolo- sbottò lui.

-Mi hanno chiesto di tentare quindi … tu vai pure avanti, vi raggiungo- disse lei riprendendo a camminare sempre più nel buio, ma si sentì afferrare violentemente il braccio.

-No, tu verrai con me- disse lui forzando la presa. Lei tirò via il braccio, udendo lo scricchiolio di qualche suo osso, e ne uscì dolorante. La sua mente ora era in confusione, cosa pensava di fare con quel gesto maldestro?

-Cosa diavolo vuoi da me?- chiese lei in preda allo shock.

Aomine si accorse di essere stato fin troppo avventato e aggressivo, così abassò la testa.
-Voglio solo chiarire per bene la questione di quella notte- lei arrossì, trovandosi ancora senza parole. Ma non sarebbe scappata, non più.

-E cosa vuoi chiarire?- chiese distaccata.

-Che per me non è stato affatto un errore, né mio né tuo, è successo e basta, non sono affatto pentito di averlo fatto-

Kiri si arrese al fatto che lui la pensasse diversamente e cercò di prendere seriamente anche il suo pensiero:
-Immagino che per te sia cambiato qualcosa tra noi adesso- disse lei.

-Sia chiaro questo, tu mi piaci! Ma solo tu puoi decidere se cambiare qualcosa, anche perchè so quanto ci tieni al benessere del gruppo- aveva ragione, Kiri pensava che i due valori più importanti della vita non dovrebbero essere mischiati, amore e amicizia.

Eppure l’idea di affiancarsi ad un ragazzo come Aomine non le dispiaceva poi tanto.
Era una ragazza fredda, risoluta e razionale, non poteva certo decidere la sua vita in un minuto!

-Credo … che ci penserò … se vorrai darmi del tempo- disse lei timidamente, e lui annuì.

-Togliti quella faccia stranita, ci staranno aspettando- disse cominciando a camminare verso il campo. Lei lo seguì, con la mente ancora altrove.

 
-Ce ne avete messo di tempo- gridò Kise seduto sul prato a sgranocchiare cibo.
Al centro del gruppo vi era un grande cestino da picnic, e la cosa stupì parecchio. Un picnic alle 11 di sera!

-Il cibo sta finendo- mormorò Murasakibara. Kiri si sedette e arraffò un crostino dalle mani del gigante dai capelli viola.

-è stata una bella partita, anche se totalmente fuori dai miei schemi- esordì la ragazza dai capelli rosa.

-Ma chi ha portato questo cestino?- chiese Kiri indicando il grosso paniere.

-Indovina!- disse Satsuki indicando il gigante.

-Kiri-chin, stavolta non ci sono i dolci, mi spiace molto- mormorò lui.
Fare i dolci era un rito che Murasakibara faceva solo ed esclusivamente con Kiri.

-Piuttosto, Kiricchi, hai cercato Akashicchi?- chiese il biondo.

-No … non l’ho trovato- mentì lei, non lo aveva neppure cercato.

-Tanto non è ai stato nel nostro gruppo, è solo un peso morto- sbuffò Aomine.

-è laggiù- indicò il gigante, verso un gruppo di ragazzi in uniforme che camminavano e stavano per passar loro davanti.

-Akashicchi!!- gridò Kise tirando fuori il suo tono più infantile.

-Idiota, ma perchè?- sbottò Aomine.

-Idiota di un Ryota- mormorò Murasakibara per poi accennare un sorriso alla sua “splendida” battuta.
Nonostante la loro pessima figura, il loro ex capitano si fermò, con un mezzo sorriso quasi malvagio stampato in faccia.

-Ci siete tutti, vedo. È un piacere rivedervi- disse il rosso. Murasakibara gli passò un crostino al radicchio, che lui accettò volentieri.

-Unisciti a noi!- propose Kise.

-Non posso trattenermi- rispose ovviamente Akashi.

-Cos’hai di cos importante da fare? Nemmeno facessi pulizie o lavori di casa … - disse il biondo seccato.

Se proprio si voleva contare anche Akashi nel loro gruppo, la casa più grande la aveva senz’altro lui. Era un’enorme villa appena fuori dal centro, di un innumerevole quantità di ettari, appartenente alla sua famiglia. E lì veniva servito e riverito da un team di cameriere e da un maggiordomo, in pratica, i lussi dell’alta società!

-Bella partita, capitano, degna di una finale!- sorrise Aomine.

-Sono io che mi complimento con te, Daiki, sembra che abbia creato dei veri mostri- disse andandosene. Ci fu un secondo di silenzio.

-Kiricchi, provaci tu, magari a te dice di sì!- si lamentò a bassa voce Kise.

-Ma perchè io?- sbottò la ragazza, che per tutto il tempo aveva evitato qualsiasi sguardo da parte del rosso.

-Tu sai come parlare con lui!- per accontentare il biondo, la ragazza si alzò e camminò sfaticata all’inseguimento di Akashi, ma lui riuscì a precederla.

-Non mi fermo, non importa se me lo chiedi tu- disse seccamente.

-Lo sapevo … ho solo voluto assecondare Kise, sai com’è … comunque complimenti per la tua performance, sapevo che potevi entrare nella Zona- disse con un lieve sorriso.

-Era quello che volevi, no?- chiese voltandosi appena.

-Non l’hai fatto per avere una vittoria trionfale?- chiese lei confusa.

-Avrei vinto comunque, l’ho fatto perchè tu lo volevi e insistevi- disse andandosene.

“Un modo molto rozzo di dire che l’hai fatto per me?” pensò Kiri vedendolo andarsene e senza disturbarlo ulteriormente. La sua mente iniziò a riempirsi dello stesso pensiero, Aomine e la sua confessione …

 
Ci volle una notte intera per far riflettere Kiri sulla giusta decisione.
Le sarebbe bastato provare per un po’ a stare con Aomine, in fondo alla sua età certe cose andavano provate.
Era una ragazza fredda, risoluta e razionale, così, prima che l’idea le volasse via dalla mente, afferrò il telefono e scritte un messaggio ad Aomine che inviò con gran velocità:

“Proviamo ad uscire insieme domani, ti va?” tirò un sospiro di sollievo, misto all’ansia.

Non si aspettò una rapida risposta, credeva che alle 2 di notte già dormisse, stanco dalla partita.
Aveva risposto di sì.

Anche se le parve ancora strano da immaginare, era convinta che potesse nascere qualcosa se gli avesse dato la possibilità.

Si lasciò cadere sul cuscino e sfoderando un timido sorriso, si addormentò emozionata e contenta.

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Capitolo 14
*** La sua vita stava avendo una svolta finalmente! ***


Il mattino dopo la sveglia di Kiri suonò 3 ore prima delle solite domeniche, alle prime luci dell’alba.

Si alzò da letto tutta trafelata, e con quel tocco di allegria che le mancava da tempo, si recò in bagno.
Vi passò tutta un’ora per curarsi il viso e le eventuali imperfezioni trascurate. Pensò anche di legarsi i capelli, ma non voleva distogliersi dall’immagine che gli altri avevano di lei, quindi li lasciò sciolti e fluenti, e freschi di lavaggio.

Tentò un abbigliamento diverso, meno sportivo, con una minigonna blu a pieghe, calze nere alte fino alla metà della coscia. Una blusa blu, che apparteneva a sua madre, e un maglioncino bianco. Vi abbinò una borsetta, e guardandosi allo spechio, si trucco semplicemente come al solito.

Riuscì a sentirsi bella, ricordò che si era sentita così davvero poche volte nella sua vita, da quando nessuno glielo diceva più ….Un occhio all’orologio, poi uscì, e saltellando raggiunse la fermata dell’autobus.

Incontrò Aomine una volta scesa, anche lui vestito diversamente, lei lo aveva visto poche volte, per via delle divise scolastiche e di quelle da basket. La accolse con un sorriso e un caldo abbraccio.

I due iniziarono la passeggiata per il centro, ripercorrendo tutte le tappe dove si recavano quando erano alle media, come il distributore di ghiaccioli, il parco, la stessa scuola Teikou, per terminare al solito fast food dove ormai erano clienti fidati. Mangiarono un panino tra risate e scherzi. Un’atmosfera così calda e familiare da scacciare via tuti i cattivi pensieri.

Dopo pranzo Aomine ebbe l’idea di portarla anche a fare shopping, e lasciò che la ragazza uscisse con qualche busta di scarpe e vestiti.
Era riuscito a farla sentire bene, a farla sentire viva, per la seconda volta, dopo quella notte.
 
Seduti sul prato, Kiri aveva iniziato a provare nervoso per la sua scollatura a V, aveva riflettuto un p’ su certi vizi di Aomine, a cui certamente non aveva ancora rinunciato.

-Perché stai tormentando quella maglia?- chiese lui guardandola gesticolare con lo scollo.

-Perché … è scollata-

-Sei una donna, mostra ciò che hai!- lei lo fulminò subito con lo sguardo.

-Senti, tu sei bella, e non ho bisogno di guardare lì per dirtelo, mi basta fermarmi sul tuo viso- sentendo quella frase, Kiri gli sorrise e si lanciò tra le sue braccia.

Era felice, si sentiva bene e lui sembrava tenerci davvero, avrebbe accettato forse l’idea di quella notte.

Non aveva mai riso così tante volte in un giorno, e questo le fece capire che la sua vita stava avendo una svolta finalmente.

Quando i due si lasciarono, era convinta che il tempo fosse passato troppo in fretta, non voleva tornare tra quelle quattro mura fin troppo grandi per lei, da sola come ogni giorno.

Camminando nel buio della sera, si ritrovò accanto alla palestra dove si era svolta la finale. Con sorpresa vide le porte spalancate. Insospettita, entrò a vedere.

Kiri era un’inguaribile curiosa, e passandoci ogni giorno davanti, sapeva che le porte erano sempre chiuse, o almeno che, se erano aperte, le luci erano spente. Ma sera le porte erano aperte e dentro regnava il buio.

Saltò giù dagli spalti agilmente, per poi calare nel silenzio, in ascolto di qualsiasi eventuale rumore, niente.
La luce della luna illuminava il campo da basket, ma non il corridoio buio dello spogliatoio. Deglutì, e con la debole luce dello schermo del cellulare si avventurò. Perché lo stava facendo??

Ecco di nuovo quella sensazione, si sentiva osservata. La luce della luna si rifletteva ora sugli armadietti di metallo. Ancora un terribile e assordante silenzio, la sensazione si fece più forte, e fu spinta a voltarsi di scatto. Niente, solo la luce della palestra in lontananza.
Si voltò ancora, c’era qualcuno nascosto nel buio, vide una volta rivoltata.
Le si ghiacciò il sangue, e indietreggiò tremolante. Nel buio presero a brillare due iridi, una rosso fuoco e una giallo oro. Tirò un sospiro di sollievo, immaginava qualcosa di molto peggio:

-Akashi, che ci fai qui?- chiese riprendendo fiato dopo il colpo di paura.

-Facevo due tiri, tu piuttosto, eppure eri in buona compagnia. Dov’è Daiki?- ma come faceva a saperlo. Questa domanda le balenava spesso in mente, ma stavolta si espresse:

-Come fai a saperlo?-

- Perché vi ho visti mentre venivo qui, alla fermata, cosa vorresti fare con lui?- chiese diretto.

-Non sono affari tuoi!- rispose seccamente lei. Da quanto tempo non lo liquidava così, era un forte rischio mettersi contro di lui. Sentiva già le botte arrivarle al viso, ma non sentendole arrivare continuò:

-Se volessi stare con lui? Non sono affari tuoi!- ripetè lei.

Lui scattò verso di lei, e con la velocità che usa per giocare, la spinse contro gli armadietti, rompendo i silenzio. Le sue iridi etero cromatiche riempirono quelle di lei, incredibilmente vicine, come mai era successo prima.
Così vicine che poteva sembrare di vederci zampillare delle fiamme ardenti di rabbia. Le sue mani premevano i polsi di lei agli armadietti. L’aveva resa impotente con una sola, veloce mossa.

Tolse una mano, e scorse le dita lungo il suo collo, sfiorandolo appena, e scese piano piano verso la scollatura, sfiorando le sue parti più sensibili. Lei combatteva per liberarsi e per trattenere quei leggeri sospiri estasiati che volevano uscirle dalla bocca, mentre il suo petto reagiva alzandosi ed abbassandosi a ritmo del suo respiro intenso.
Tracciò i contorni della scollatura, profanandola di qualche centimetro, e in quel momento un sospiro le uscì dalla bocca, poi lei prese a mordersi le labbra, non doveva farsene scappare altri.

Come se avesse sentito di avere in pugno la preda, lui lasciò delicatamente l’altra mano dal polso, per portarla sulla coscia ad alzarle la gonna, e avventurarsi sotto di essa. Sfiorò dolcemente la sua intimità. Lei aveva smesso di tentare di respingerlo, e la sua bocca si era aperta in automatico per lasciar uscire un piccolo gemito.

Prima che potesse reagire in qualche modo, lui la lasciò andare per terra.
Ora era spaventata nel vederlo salire sopra di lei e sedersi sopra al suo bacino, e posarle una mano sul petto prominente.

-No … - sussurrò lei in preda al panico, chiudendo gli occhi evitando quelli di lui.

Lui si alzò, rapidamente e con disinvoltura, e si ricompose cercando di non guardare la ragazza, in stato pietoso. Aveva la gonna alzata, le gambe leggermente divaricante e la blusa sbottonata di un bottone.

Lei non riuscì ad alzarsi subito, le serviva tempo per riprendersi e capire che si era fermato, era tutto finito. Si alzò in ginocchio, chiudendosi la camicetta e aggiustandosi le calze e la gonna.

-Ma che ti salta in mente?- urlò lei affannosamente.

-Questo è quello che ti succederà se starai con lui- disse andandosene verso il campo.

Lei rimase lì, sconvolta da ciò che le era appena successo. Non era riuscita a controllarsi, di nuovo e sarebbe potuta benissimo arrivare in fondo, non sapeva reagire una volta caduta nella tela. Proprio in una bella giornata come quella appena trascorsa … perchè doveva interferire in quel modo?

Quel maledetto ragazzo era come un orrendo temporale in una giornata di sole.

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Capitolo 15
*** Non sono i nostri ideali o il nostro carattere a fermare i sentimenti! ***


Ormai la notte per Kiri era fatta per riflettere, dormire era l’azione con minore importanza.
Era confusa come al solito quella notte, eppure aveva ben chiaro tutto quello che era successo. La sua mente era tremendamente torturata.

Tornava a quella bella mattinata con Aomine, eppure elaborava strani pensieri, come se ancora le fosse difficile immaginarsi insieme a lui.

Il pensiero bruciava poi immediatamente  nelle fiamme zampillanti etero cromatiche, in quegli occhi mai stati così vicini, e soprattutto da quella dannata breve sensazione di piacere al suo tocco delicato.

“Questo è quello che ti succederà se starai con lui”

Probabilmente si riferiva alle vecchie sconce manie di Aomine, certe riviste che aveva in casa e a scuola, e il morboso vizio di giudicare le donne solo dalla loro taglia di seno.

Kiri però, lo credeva onesto, in fondo tutti possono cambiare … o almeno non così vizioso da azzardare una cosa del genere.

Quella frase le aveva suscitato comunque un dubbio non indifferente, e non potè che suonarle come un avvertimento, per mettere alla prova Aomine prima di fidarsi completamente e non farsi portare di nuovo oltre un confine pericoloso.

Ma perchè Akashi si era spinto a tanto?

Kiri si prese la testa tra le mani, i fatti erano giunti ad un punto fermo, doveva solo aspettare qualche altro evento, per mettere insieme il puzzle.

In realtà, per lei sarebbe stato meglio se Aomine avesse avuto la stessa idea di Kise, riguardo alle ragazze, quell’idea di non toccare le migliori amiche.

 
                                                                                  ***
 
-Ancora con quelle riviste? Potresti almeno riporle per il pranzo, Daiki!- sbottò Akashi, giungendo al tavolo della mensa, in ritardo come al solito, con quella scarsissima dose di cibo che mangiava sempre.

-Se ti fa così schifo potrei preoccuparmi!- rispose lui, scatenando un paio di sonore risate.

-A differenza di te, apprezzo una ragazza per altre cose, quindi direi: sì, mi fanno schifo- rispose mantenendo un tono calmo e sedendosi all’estremo del tavolo.

-Accidenti! Ma sei un uomo o cosa?- chiese sbuffando Aomine, spazientito.

-Ma lascialo stare, ha ragione, non è il caso di avere davanti certe cose oscene, mentre mangiamo!- sbottò Satsuki.
Il gruppo continuò a mangiare in silenzio per qualche momento.

-Maledizione! Vorrei avere la tua fortuna con le donne, Kise- disse Aomine.

-Io cerco una ragazza bella, ma onesta e fedele, ma credo di chiedere troppo- rise il biondo.

-Qui ce ne sono due- Murasakibara indicò Kiri e Satsuki.

-Certo, starò perdendo due belle occasioni, ma per me le migliori amiche sono sacre, non riuscirei mai a farle diventare qualcos’altro, il rapporto di amicizia per me è il migliore- rispose lui.

“Che perla di saggezza” pensò Kiri sorridendo all’amico.

-E tu, Murasakibaracchi, che ne pensi delle ragazze?- chiese poi il biondo.

-Dovrebbe amare i dolci, prepararli e mangiarli, e amare i picnic- si limitò a rispondere in modo così eccezionalmente ovvio.

-Midorima?-

-Passo- rispose mangiando il diretto interessato.

-Ti pareva!- sospirò il biondo per poi rivolgere la stessa domanda ad Aomine, il quale riprese in mano la rivista:
-Come questa!- disse fiero.

-Sei rivoltante- intervenne il rosso seduto di fronte a lui, con la voce coperta dal bicchiere davanti alla bocca.

-E tu non sei normale!- abottò Aomine. Il rosso si alzò, ormai concluso il suo misero pranzo:

-Cosa ti rimarrà una volta che una come quella ti avrà consumato e dato il piacere fisico che cerchi? Un guscio vuoto!- disse andandosene.

-Diamine, ma cos’ha che non va?- chiese Aomine andandosene dall’altra parte.

-Una volta mi disse, che l’unica donna che accetterà mai, sarà quella capace di tenergli testa- disse Kise.

-Esiste qualcuno capace di questo?- esclamò Satsuki.

-No … direi di no- ridacchiò il biondo.

 
                                                                                       ***
 
“Perché avrebbe dovuto abbassarsi a toccarmi a quel modo?” pensò Kiri sempre più torturata dalla sua mente. Così non andava!

Kiri balzò fuori dalla coperta in cui si era rannicchiata, afferrò il telefono e compose un numero.
-Tetsu … ti va un ghiacciolo?- chiese lei timidamente.
 
 
Il freddo pungeva tremendamente a quell’ora, e Kiri era l’unica ragazza per la strada, in piedi davanti al motore caldo della macchinetta per ghiaccioli, vestita fino ai denti, un po’ per il freddo, un po’ per paura di eventuali molestatori.

Udì dei passi, correvano, lei si affacciò lentamente, era solo Kuroko, che si fermò davanti a lei, col fiatone e tutto trafelato, con i ciuffi dei capelli disordinati e ritti, scusandosi del ritardo.

La macchinetta erogò per l’ennesima volta i soliti ghiaccioli al lampone e “Tonico”.

-Di cosa volevi parlarmi con tanta urgenza?- chiese Kuroko staccando un pezzetto di ghiacciolo coi denti, facendo rabbrividire l’amica. Lei tentò di riflettere, non poteva rivelargli tutto, doveva mascherarlo in qualche modo …

-Ho un’amica, una compagna di banco a scuola, mi ha chiesto u consiglio in amore … ed io come al solito, non so dirglielo- “complimenti, Kiriko, davvero una bella scappatoia!” disse a sé stessa.

-Dimmi pure- disse lui offrendosi disponibile come al solito, nonostante fossero scattate le 11 di sera.

-Lei aveva un amico, un migliore amico, ma dopo un anno lui si è innamorato di lei, e lei … vorrebbe dargli una possibilità- iniziò lei.

-Mi sembra giusto- annuì Kuroko.

-Però, lui … hai presente Aomine? È fissato con le donne esattamente come lui, e lei ha paura che lui possa abusare di lei, non proprio paura, un dubbio.-

Kuroko annuì ancora.

-C’è un altro ragazzo che si è messo nel mezzo, lei non lo sopporta. Lui l’ha “toccata” in modo un po’ …-

-Ho capito, tranquilla- sorrise lui.

- Ha detto che le sarebbe successo questo se si fosse messa con quel ragazzo, è stato lui a farle venire il dubbio. Che potrebbe finire … violentata- terminò lei sempre più timidamente.

-Magari è solo geloso, no?- disse lui molto naturalmente.

-Gelosia? Non è cosa per quel ragazzo- rise lei.

-Quindi lo conosci?- chiese lui. Si era messa nel sacco da sola.

-Di vista! Sai … stessa scuola- Kuroko annuì.

-Dimmi, Aomine ti ha chiesto di stare con lui?- chiese guardando il cielo.

-Tetsuuu, risolvi questo inghippo alla mia amica- arrossì lei.

-Subito! Tu vorresti dare una possibilità ad Aomine, giusto? Ma hai quel dubbio- lei non rispose, storse gli occhi.
-Quel ragazzo della tua scuola, ti ha fatto venire il dubbio- RAGAZZO DELLA SCUOLA? Lei annuì categorica, poteva salvare metà della storia.

-Sarà geloso davvero, non sono i nostri ideali o il nostro carattere a fermare i sentimenti, e la gelosia è un sentimento con autonomia propria, probabilmente a lui manca qualcosa, e non si sente in pace, magari la famiglia- Kiri ebbe un sussulto.

-Sì, forse hai ragione- disse lei timidamente.

-La verità è che penso, che lui soffra molto, sempre solo in quella villa senza il minimo accenno di affetto. È questo che gli ha fatto crescere quella dura corazza, che non toglierà mai, se non davanti alla ragazza che riuscirà a tenergli testa. Non ho mai saputo cosa gli passasse per la testa- Kuroko sapeva perfettamente che Kiri parlava di Akashi, e lei si vergognò immediatamente per avergli raccontato le cose.

-Sei intelligente, Tetsu- disse lei con un sorriso avvilito.

-In realtà può voler dire tante cose quel suo gesto avventato, in fondo è un adolescente: può essere gelosia, o che volesse solo avvertirti del pericolo e farti diventare dubbiosa, o anche solo toccarti, sicuramente senza andare avanti … -

-Che dovrei fare, secondo te?- chiese lei aspettando il consiglio giusto dal suo amico “biscotto della fortuna”.

-Continua a dare una o due possibilità ad Aomine, in fondo un giorno non serve a decidere se ci stai bene o no. Quanto ad Akashi, dovresti andare da lui, anche adesso, tanto la strada la sai no?- Kiri sapeva come arrivare alla villa ma non ci era mai andata. Erano le 11 e mezza però!

-Ma è tardi!- disse lei.

-Non è mai tardi- sorrise lui alzandosi, poi salutandola tornò a casa.

Lei sorrise, aveva proprio un ottimo migliore amico!

Lei riprese la strada di casa, trovandosi al bivio, tra la strada di casa, e la salita che portava fuori città, alla villa.

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Capitolo 16
*** Più che uscire da questa storia, dovrei uscire dalla tua vita ***


La lunga strada in salita che conduceva nelle campagne era estenuante. Kiri continuava a domandarsi cosa ci faceva su quella salita invece che nel suo letto, vestita come una senzatetto.

La tortuosa salita giunse a fine in una piccola distesa naturale, che faceva concentrare l’attenzione sul cielo stellato.
Proseguì sul sentiero fino ad una grande villa, alla quale era affiancato un campo da basket. Doveva essere quella.

Kiri trovò il coraggio per suonare il campanello, e lo premette velocemente, pentendosi subito del gesto:

-Casa Akashi, chi è?- chiese una dolce voce femminile, come se fossero le 5 del pomeriggio!

-Sono una vecchia compagna di scuola di Seijuro, mi scuso per l’orario- disse lei con voce colpevole.

-Un’amica del signorino? Molto bene, molto bene! Vieni pure, cara- “Amica?” si chiese Kiri. Pensava che probabilmente lei era l’unica ragazza ad aver messo piede lì dentro, ed era eccitata perfino la governante!

L’enorme cancello di aprì, la ragazza avanzò finchè non vide il portone aprirsi. Entrò, ritrovandosi nel grande salone principale, dove le aspettava una grande scalinata.

-è permesso?- chiese lei nel nulla del salone. Giunse da un’altra sala una signora sui sessanta vestita da cameriera.

-Eccoti, cara! Accidenti, sei davvero carina!- la cameriera la ricoprì di complimenti,
Kiri si sentiva come se fosse un angelo caduto dal cielo per lei. La accompagnò su per le scale in un corridoio buio sulla sinistra. Una linea di luce fuoriusciva da una sola porta del corridoio.

-è sicura che non sia di troppo?- chiese Kiri alla gentilissima governante.

-Non preoccuparti! So bene come vanno i giovani, come vanno certe cose- Kiri capiva sempre meno, di quali cose parlava?

-Credo abbia frainteso …- iniziò la frase Kiri, per poi essere interrotta.

-Cara, sta tranquilla, io mi chiuderò nella mia stanza e farò finta di nulla- sorrise.

“Ma cosa crede questa?” pensò inorridita Kiri.

La signora bussò allla porta e si affaccio dicendo che c’era qualcuno per lui. Poi sorrise alla ragazza e se ne andò.
Kiri tirò un sospiro ed entrò. Sentì la cameriera chiudere la porta dietro di lei.

-Che ci fai qui?- lui era lì, occupato sui libri, in quella stanza piena di mobili dal sapore antico.

-Grazie dell’accoglienza!- disse sarcastica lei.

-Sono serio, cosa vuoi?- ribadì lui, senza distogliere per un momento la testa dai libri.

-Volevo solo sapere se … c’era un valido motivo … per quei gesti. Volevi solo avvertirmi?- chiese lei gesticolando.

-Ti lamenti? Era solo un assaggio leggero di ciò che ti aspetta-

-Potevi anche evitarlo, sai?- disse lei arrossendo.

-Quel leggero approccio era per farti capire che Aomine non ci andrà così piano- lui prendeva quella cosa come già sicura, già programmata. Eppure lei era dubbiosa, Akashi non ha mai avuto torto, mai una volta.

-Cosa intendi?-

-Stai avendo dei dubbi se non ripensamenti riguardo ad Aomine-

-Ma non sono affari tuoi, esci da questa storia- sbottò lei. Lui si voltò di scatto dalla sua tavola imbastita di libri.

-Deduco che ha funzionato-

-Ovvio … figuriamoci se Tetsu aveva ragione- disse lei tra sé

-Che diceva Tetsuya?- chiese lui.

-Che eri soltanto geloso … come tutti gli umani … ma tu non sei umano!-

-Un sentimento così inutile? Non esiste per me- disse rivoltsandosi. Lei sbuffò inziando a guardarsi in giro, per poi cambiare totalmente argomento.

-Che fai sempre qui tutto solo?- chiese più tranquilla.

-Quello che sto facendo adesso- disse senza guardarla.

-E non ti senti solo qualche volta?- chiese lei timidamente.

-Cosa sono queste domande? Mi sento come te, siamo uguali, ricordi?- anche Kiri non aveva più i genitori, e spesso capitava loro alle medie di capire gli uni i sentimenti dell’altro, condividevano quella solitudine dolorosa, anche se lui non la mostrava mai, nascondeva tutto dietro quella dura corazza.

- Beh, io mi sento sola, spesso- lui non rispose per un po’ .... poi riprese l’argomento precedente.

-L’ho fatto perchè tu capissi quello che può succederti, e per metterti la paura addosso … per evitare che qualcuno ti faccia del male in quel modo orrendo- disse, come una specie di confessione.

-Perché solo tu hai il diritto di farmi del male, vero?- si accigliò lei.

-No, non ne ho il diritto nemmeno io … più che uscire da questa storia, dovrei uscire dalla tua vita, ma il primo passo fuori dalla porta devi farlo tu- disse lui rimettendo la testa sui libri.

Non esisteva speranza con un essere come lui, Kiri ormai aveva perso le speranze da molto, ma almeno ora era a conoscenza del motivo, e questo le bastava. Aprì la porta e se ne andò, spazientita.

Scese le scale del salone, e intravide su un mobile color mogano, un foglio bianco, non poteva certo passare inosservato. Lo voltò, scoprendo che si trattava di una foto.

Quella foto che avevano fatto tutti insieme per il club di basket, in cui lei si era infiltrata al fianco di Akashi, mettendogli un braccio al collo, prima che lui la scannasse per quel gesto, lo scatto era avvenuto. Sul foglio di carte c’era quella foto, solo tagliata, c’erano solo lei e Akashi.

Lei sorrise, erano i tempi in cui fare quei sorrisi le riusciva davvero facile.

Ricordò poi la prima volta che rivide il rosso, teneva in mano un foglio delle stesse dimensioni, quando Kuroko insinuava fosse “triste”.

Ripercorse le scale fino alla stanza di Akashi, e tradendo le sue stesse intenzioni, rientrò, trovandolo alla finestra. Poggio la foto sul suo tavolo.

-Questa deve essere tua- Lui non mostrò alcuna sorpresa.

-Dove l’hai presa?- disse nervosamente.

-Era caduta sul pavimento, nel salone … è così importante per te?- chiese lei accennando un piccolo sorriso. Lui la fulminò con lo sguardo, lei spense immediatamente il sorriso:

-No, puoi anche prendertela tu se ti piace, a me non interessa, soprattutto se deve stare sempre nella borsa.- ormai certe parole non la colpivano più, lo conosceva molto bene per offendersi. Inoltre, le ultime parole le fecero capire che quella foto così insignificante, la aveva sempre con sé.

Lei sorrise ancora, poi uscì di nuovo, senza dire una parola e se ne andò a casa.
Erano quasi le 2, era esausta ma felice, forse per aver rivisto quella foto, o forse perchè lui la teneva con sé, perchè era importante per lui.

Kiri aveva paura che lui ricordasse quanto lei fosse innamorata di lui alle medie, aveva detto a sé stessa che avrebbe cessato questo amore incompreso e non corrisposto che aveva.

Era stata brava, era stato doloroso, ma ci era riuscita bene, a nasconderlo nel profondo del suo cuore.

Eppure quella notte, per la strada in discesa, sentiva di nuovo qualcosa di dolce che saliva dal profondo del suo cuore.

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Capitolo 17
*** Entrambi erano deboli uno di fronte all’altro ***


“Finalmente ottimi risultati!” gridava dentro sé stessa mentre saltellava in corridoio, tenendo in mano il suo compito, fiera e contenta di quel 98/100 preso ad un compito.
Ogni volta che si sentiva felice aveva voglia di gridare al mondo la sua gioia, o almeno ai suoi amici! Piombò in mensa, e si sedette al solito tavolo dove si riuniva con i suoi amici.

-Ti vedo allegra, Kiri-chin- osservò il gigante dai capelli viola.

-Ho preso 98- disse mostrando il compito alla compagnia, fiera di te.

-Non ho mai preso un 98 … ma neanche un 90- sbuffò Aomine.

-Dai-chan! La tua media di voti a malapena sfiora i 60- sbottò la ragazza dai capelli rosa.

-In realtà sono di più le sue assenze ai compiti, che i suoi voti- commentò di nuovo Murasakibara.

Con la solita lentezza giunsero al tavolo anche Kise e Kuroko.
-E voi, il compito?- chiese Momoi.

-Possiamo lasciar perdere?- chiese il biondo sedendosi.

-Bene, normale- si limitò a dire Kuroko.

-Kiri, di chi è quel 100?- disse indicando un foglio sotto a quello di Kiri dal punteggio perfetto.

-è il compito più perfetto della scuola, di chi vuoi che sia?- esclamò con sarcasmo la ragazza.

-Aka-chin, ma poi dov’è?- chiese Murasakibara.

-Lascia perdere, MuraMura, credo che gli sia successo qualcosa- disse Kiri prendendosi la testa tra le mani.

-Ovvero?- chiesero tutti curiosi. Kiri aveva tirato in ballo un pessimo argomento, e ora era costretta a dire tutto.

-Vuole sciogliere la squadra, perchè dice che ormai siete perfetti, e dovete combattere l’uno contro l’altro. Vuole che ognuno insegua la sua strada.- disse lei mangiando.

Qualche giorno prima, Akashi l’aveva presa da una parte in palestra e le aveva detto quelle cose, cose che non avrebbe mai detto prima di quel giorno, ma qualcosa era cambiato in lui dopo quella sfida contro Murasakibara, a cui lei aveva assistito solo per metà, se n’era andata inorridita dal pessimo basket che entrambi stavano giocando.

- Questo accadrà comunque, alla fine dell’anno, a che serve farlo ora? Quello è matto- sbuffò Aomine.

Kiri cercava già di prepararsi al peggio, le superiori. Il suo mondo di rose e fiori sarebbe stato sconvolto da persone nuove, e non avrebbe avuto più i suoi preziosi amici con lei … erano le uniche cose che non la facevano sentire sola.


All’età di 9 anni Kiri perse entrambi i genitori in un incidente stradale. Sua zia, che non era una gran bella persona, accettò di occuparsi di lei come tutore, almeno in sede di processo … quando Kiri compì i 12 anni, sua zia se ne tornò alla sua magione nel nord del Giappone. Sarebbe saltata fuori solo in caso di problemi.
 
Questo rese Kiri molto autosufficiente, una bambina prodigio che dedicò la sua vita solitaria allo studio della matematica e delle scienze, la rese in grado di cucinare svariati tipi di piatti, la rese una ragazza bravissima nei giochi di logica, specie nel sudoku, che adorava particolarmente. E l’unico sport che amava era il basket. Eppure non la rese immune alla solitudine, che talvolta si ripresentava. A partire dalle medie, lei riuscì a mettere piede fuori di casa per uscire con un gruppo di amici, e divenne qualcosa che non avrebbe mai immaginato, divenne prima coach femminile del torneo delle scuole medie, la coach della Generazione dei Miracoli, la creatrice di un mostro, la padrona di una leggenda.
 
Quasi contemporaneamente a lei, anche Akashi, il capitano della Generazione dei Miracoli perse la madre, colei che per la prima volte gli mise in mano quel grande pallone arancione.
E quasi contemporaneamente, lui sviluppò le stesse abilità di lei, in modo forse più avanzato. Imparò moltissime cose, imparò a suonare svariati strumenti e molte discipline nobili, tramandategli dalla sua famiglia. In realtà lui non si curava per niente dell’importanza sociale del suo nome.
 A differenza di lei però, lui non sentiva mai la solitudine, se esisteva in lui, veniva bloccata da un muro di ghiaccio nel suo cuore, come tutta la miriade di sentimenti umani.
La loro somiglianza creò in loro una strana complicità, ed era facile per l’uno capire l’altra e viceversa. Era stato lui a portare in alto lei e l’intera squadra, gli doveva molto. Con gli anni la lieve complicità divenne un duro complesso di odio/amore, con prevalenza di odio.
 

-Dovrei portargli il compito in effetti … è uscito dalla classe una ventina di minuti prima- disse Kiri.

-Conoscendolo sarà sul tetto a fare la cosa che gli riesce meglio … stare solo come un cane- esclamò Kise.

Mentre agli altri lui sembrava un asociale problematico, lei, che era nella sua stessa situazione, era l’unica in grado di comprendere fino in fondo il suo comportamento, e ad essere convinta che nella sua solitudine qualche volta dovesse pur soffrire … non aveva niente di umano, ma lo era comunque! E capendo questa situazione, non riusciva ad evitarlo come facevano gli altri, voleva aiutarlo.

Si alzò e salì rapidamente sul tetto, dove ovviamente lo trovò, intento ad osservare il mondo dall’alto.

-Genio, c’è il tuo compito- urlò dalla porta del tetto.

-Non me ne faccio di niente- rispose lui. Lo vedeva chiaramente che era cambiato, una volta si sarebbe messo a commentare gli errori di lei, snobbandola come al suo solito.

-Ma che ti prende?- gli chiese lei. Si era resa conto che in una vita come la loro, momenti di nervosismo erano frequenti, e tentava di capirlo, o almeno di fargli tirare fuori quello che sentiva.

-Vuoi stare qui per molto?-

-Sì, finchè non mi dici cos’hai, da un paio di giorni fai discorsi strani … -

-Se il dividere la squadra ti pare un discorso strano, sappi che non lo è-

-Va bene, non si tratta di quello, ma sai bene che mi accorgo quando non sei tu-

-Non sono come te, e piantala di starmi dietro come se fossi mia madre, odio le pessime imitazioni- disse lui arrabbiandosi.

-Io non sto dietro a nessuno, sono preoccupata per te, SEI COME ME! E so come ti senti, lo capisco bene, ma se mi succedesse, sarei pronta ad esternare quello che sento, e dovresti farlo anche tu- sbottò lei.

-Io non sento niente ormai, e non sentirò più niente, ora puoi andartene, non devo dirti più nulla-

Lei si spazientì, gli afferrò un braccio e lo tirò a sé, ma questo scatenò soltanto la sua solita reazione, ma più violenta.

Succedeva spesso che lui la picchiasse per ragioni futili, ma si badava bene dal farle troppo male, poco bastava ad intimidirla, entrambi erano deboli uno di fronte all’altro.

Ma quel giorno sul tetto, lui la respinse violentemente, facendola cadere all’indietro.
-Guarda che io ho capito benissimo, dal primo giorno che ti conosco, e ora ti dico di piantarla- disse voltandosi verso l’uscita.

-Cosa? Piantarla con cosa?- chiese lei ancora stordita da quel forte ceffone.

-Metti fine subito alla tua insensata cotta per me, ti rende insulsa- disse incalzando il passo.

-E non osare piangere, primo, perchè sei una donna e devi farti coraggio, secondo, perchè sai bene che non posso vederti piangere- se ne andò chiudendo la porta dietro di sé.

Ognuno di loro aveva dei punti deboli. Ciò che metteva in ginocchio lei era il suo sguardo fisso, lo sprofondare nell’ipnotico rosso fuori dei suoi occhi, mentre per lui erano le sue lacrime, gli provocavano uno strano dolore al petto, e lo rendevano inquieto. Mentre a sollevare di solito il morale di entrambi era vedere l’uno il sorriso dell’altro.

Ma quelle frasi dolorose impedirono a Kiri di riprendersi dal colpo, e di tornare in classe per le lezioni.
Lui era riuscito a scavarle fino nelle viscere del cuore, trovarle un punto debole, e distruggerle tutto.

Quella fu la loro ultima conversazione per 9 mesi.
 
Quella delusione la rese più forte e decisa a seppellire il suo sentimento.
Nonostante tutto sentiva che era riuscita soltanto a sotterrarlo come una capsula dei ricordi, che prima o poi si dissotterra.

I suoi sentimenti riaffiorarono al loro primo sguardo nella nuova vita alle superiori, erano cresciuti, erano maturati, e lei era pronta a fare i conti con le torture che lui le avrebbe dato … sapeva con tutta sé stessa che la Generazione dei Miracoli non si sarebbe mai separata.
E sapeva che avrebbe aiutato Akashi ad uscire dal suo guscio, non voleva per forza farsi amare, le bastava aiutarlo e vedere qualche volta il suo sorriso.

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Capitolo 18
*** Ritrovò nei suoi occhi quell’equilibrio perfetto rosso sangue ***


L’inverno pareva essersi concesso una pausa in quei giorni di inizio marzo, il giorno in cui la Kaijo avrebbe disputato una partita amichevole contro un’altra scuola liceale.
Kiri era arrivata presto insieme ad Aomine, con il fine di metterlo alla prova, per controllare che le predizioni di Akashi non si avverassero.

Quel giorno aveva deciso di sacrificare il suo orgoglio per verificare una cosa quasi superflua, sentendosi meschina e anche cattiva nei suoi confronti: aveva rimesso la blusa con lo scollo a V, aperta di un bottone in più, costretta a resistere a quella voglia incontrastabile di chiudere tutti i bottoni fino al collo. Come era inevitabile, Aomine giunse sull’argomento quasi subito:

-Vedo che hai smesso di torturare la scollatura- disse indirizzando lo sguardo sull’evidente apertura della blusa.

-Già, mi hai detto di mostrare quello che ho … - “ma che discorso cretino” diceva tra sé.

-Ok, veniamo al dunque, voglio portarti al cinema- lei sorrise, non le dispiaceva l’idea di un buon film, ma Aomine incalzò il passo nella direzione opposta della palestra:

-Allora, andiamo?- chiese.

-Ma tra meno di mezzora inizia la partita-

-Potremmo anche evitarla, no?- disse lui sbuffando.

-Assolutamente no!-

Kise aveva tentato di abusare di lei, ma si era anche fatto perdonare, ed era uno dei migliori amici di Kiri, e lei aveva promesso che lo avrebbe sempre sostenuto, non assistere ad una sua partita lo avrebbe certamente ferito.

-Dannazione … - sbuffò Aomine tornando da lei, che intanto aveva preso il passo verso l’ingresso della palestra.

La palestra era ancora vuota, le squadre si stavano riscaldando. Kiri rivolse un saluto a Kise senza distoglierlo troppo dagli allenamenti, e prese posto insieme ad Aomine nei posti in prima fila, i soliti con la scritta: RISERVATO.
Poco dopo arrivarono anche Kuroko e il suo amico Taiga, Midorima insieme a Takao, Momoi e Murasakibara.

La partita fu una delle più noiose che Kiri avesse mai visto, la Kaijo aveva un vantaggio di 27 punti ed era uno scontro monotono, così monotono che Aomine pareva dormire ad occhi aperti, e Murasakibara aveva iniziato a sbadigliare a intermittenza.
In quel momento Midorima indirizzò lo sguardo nell’area più alta della palestra, nota per essere il covo di Akashi, e lui era lì.

-Il capitano ha solo sprecato energia a venire fin qui, se ne starà pentendo sicuramente- disse alzandosi:

-Andiamo, Takao- il povero cane bastonato lo seguì, salutando la compagnia. Una partita di basso calibro per gli occhi di Midorima, e forse anche per quelli di Kiri.

-Era meglio andare al cinema- disse Aomine.

-Forse sì- rise lei per smorzare l’atmosfera depressa.

-Togli pure il forse-

-Va bene, Daiki, hai vinto, però ormai dobbiamo restare-

-Restiamo, a patto che dopo tu verrai a cena con me- sorrise lui. I due si ricambiarono il sorriso, Kiri doveva accettare anche per portare avanti la sua indagine … questo suo secondo fine la stava logorando di rimorso e vergogna, eppure poteva sentirsi quell’avvertimento sempre addosso …

Ricordando la frase di Midorima, gettò un occhio rapido alla parte alta della palestra, grazie all’angolazione riusciva a vedere il rosso dietro alla colonna, a testa china.

-Ecco … vado un secondo in bagno.- disse Kiri alzandosi. Aveva mentito, ma perchè voleva per forza salire lassù, dopo l’uscita quasi teatrale da casa sua di qualche giorno prima … soprattutto per il fatto che non sapeva come arrivare lassù.
 

Accompagnata da suoni di fischi e palloni sbattuti, cercò in giro qualche scala sospetta. Ne trovò una nascosta in un angolo, ben protetta e mimetizzata da una porta grigia che sembrava tanto “QUADRO ELETTRICO”.
Salì le scale lentamente, all’interno di quell’anticamera ogni rumore era annullato, regnava il più profondo dei silenzi. Qualche neon illuminava le scale, alcuni lampeggianti e ormai in fin di vita.

Aprì lentamente la pesante porta alla fine delle scale. E giunse nel covo di Akashi.
Lui alzò la testa nascondendo prontamente un foglietto che aveva nella mano.
Ancora una volta si mostrò diverso: i suoi occhi non brillavano più di superbia e malvagità, il viso era rigato visibilmente da qualche lacrima scesa. Cos’era successo?
L’Imperatore piange quando vede portarsi via le sue ricchezze …
In ogni caso, si ricompose subito e salutò superficialmente la ragazza.

-Che ci fai qui?- una delle sue classiche domande di rito.

-Ero venuta a vedere la tua reazione ad una partita del genere- rise lei.

-Riluttante potrebbe essere il termine giusto-

-Si … concordo- calò il silenzio tra i due per qualche secondo.

-Quindi hai deciso di stare con lui?- chiese guardando verso il campo, e verso Aomine.

-Non ho deciso niente, deciderò a cena con lui stasera, e poi pensavo volessi uscire da questa storia!- sbottò lei.

-Il mio avvertimento ti sta tenendo più occupata del previsto … in teoria il tuo istinto avrebbe dovuto capire da solo dopo un giorno più o meno-

-Non prenderti il merito, il mio istinto ci mette un po’ a capire, forse per non ripetere gli stessi errori …- come non poteva riferirsi a quella notte sulla spiaggia, anche se il rosso non ne sapeva nulla.

-Non starai mai bene con lui- disse diretto Akashi.

-Perché? Starei bene con te forse?- chiese lei spazientita. Lo disse, pensando soltanto a tutte le mazzate che lui le aveva dato, perchè stava pretendendo di decidere la sua vita.

-No, neanche con me … ammetto ch ti farei soltanto soffrire, non ho mai saputo altro …- conoscendo bene il suo caratteri, percepì subito un’alterazione, percepì una punta di tristezza nelle sue parole.

“La verità è che penso, che lui soffra molto, sempre solo in quella villa senza il minimo accenno di affetto. È questo che gli ha fatto crescere quella dura corazza, probabilmente a lui manca qualcosa, e non si sente in pace” .

Ricordò le parole di Kuroko quella sera, trovandole incredibilmente vere.
La compassione si fece spazio in lei, provocata dal fatto che lei provasse la sua stessa solitudine e tristezza. Lei lo capiva perfettamente.

Si avvicinò a lui e lo abbracciò, un abbraccio caldo e ricco di affetto, sperando che potesse servire a farlo stare meglio, con lei funzionava sempre, l’abbraccio dei suoi amici.
Lui sussultò, senza però opporre resistenza.
-Sei tu quello che soffre- disse lei.

Lui non rispose, rimase ad assaporare quel momento così dolce che non sentiva da anni. Ma l’orgoglio giunse nuovamente a invadergli la mente.
Le prese la mano e dopo averla tenuta per qualche secondo, la allontanò da sé.

-Dovresti andare da Daiki, ti sta cercando- disse lui immobile, immutato.

Lei fece per andarsene, ma non ricordò la presenza di alcuni scalini prima della porta. Ne mancò un paio, cadendo.
Prima che potesse battere la testa al suolo, Akashi le prese prontamente il braccio.
Non fu abbastanza, il suo sforzo nel prenderla gli aveva fatto perdere lo scalino. Perse equilibrio, e caddero entrambi, anche se il suo intervento diminuì di molto il danno di lei.

Era caduto sopra di lei, ancora una volta così vicino.
Gli occhi avevano ripreso a brillare, e lei poteva sentirsi ancora bruciata e immobilizzata nel vortice di fiamme dei suoi occhi, dal calore tanto forte e violento da non potersi liberare. Si sentiva in trappola come quel giorno.

Ma il seguito fu differente. Lui si avvicinò al suo viso fino ad essere a pochi centimetri da lei, poggiò la sua fronte su quella di lei, e infine la baciò.

Il bacio che si scambiarono e che lei aveva tanto aspettato, era lento e delicato, ma dal sapore nostalgico. Un bacio come quello di una moglie al marito di ritorno da una guerra o di due amanti a distanza.
Aveva l’essenza di tutti i loro ricordi, che ognuno di loro vide scorrere nella sua mente come un film, mentre i cuori battevano in sincronia, insieme alle lingue dolcemente intrecciate. E accompagnavano i ricordi, belli e brutti, da quell’intenso scambio di emozioni. E durò per minuti e minuti, fino a che non esaurirono l’aria.

Sciolsero il dolce legame, e si guardarono ancora negli occhi.
Ora le due fiamme eterocromatiche parevano essersi trasformate in lava, incandescente ma calma, e il giallo oro nell’iride sinistra aveva lasciato il posto al rosso.
Kiri ritrovò nei suoi occhi quell’equilibrio perfetto rosso sangue che usava osservare sempre alle medie, e nel rivederlo, i suoi occhi luccicarono.

Lui si alzò, tornando al suo posto alla colonna. Lei si alzò poco dopo di lui:

-Vai da lui, ti sta chiamando- in effetti il cellulare di Kiri stava vibrando, ma lo lasciò vibrare.

-Vuoi che resti con te?- che domanda strana si era sentito dire, nessuno glielo aveva mai chiesto, lui era il primo a cercare la solitudine.

-Ma che dici?- le chiese lui.

-Ho chiesto se vuoi che stia con te- disse lei dolcemente.

-No, non serve, tranquilla- disse accennando un sorriso.

Si sentiva strano eppure appagato, quel bacio e quella domanda lo avevano scosso … era strano per lui … tanto affetto in una sola sera, come non aveva mai ricevuto … poteva sentirsi quasi rinato.
Sorrise, ben nascosto dal suo sguardo, si sentiva felice, felice di averla baciata, di essersi ricongiunto a lei. Riuscì soltanto a ricordare quando le disse di smettere con la cotta che lei aveva per lui … e sorridendo, pensò di sentirsi un buffone, il primo ad aver ceduto …

Eppure l’orgoglio non lo abbandonava mai per un secondo, e lei lo sapeva benissimo. Aprì il grande portone grigio e scese ancora le scale.
 

-Eccoti! Ma dove eri finita, maledizione?- sbuffò Aomine, la partita era finita …

-Non trovavo il bagno, e c’erano già 3 donne in fila-

-Bando alle ciance, andiamo a mangiare- disse lui prendendole la mano. Lei la ritrasse timidamente.

-Vorrei Daiki, ma credo di aver bisogno di altro tempo per pensare … - intanto Momoi e gli altri se n’erano già andati.

-Puoi dirlo che ti piace qualcun altro, voi donne non sapete scollarvi da un obiettivo … beh io resto comunque, se mi vorrai come amico- disse andandosene seccato.

“Ho combinato un casino”, forse avrebbe dovuto  usare più tatto, era stata capace di scappare di nuovo …

Quella notte  ci pensò a lungo:

Era scappata per paura di possibili violenze? Per le indagini che la facevano sentire un verme? Per i modi di fare di Aomine? O forse perchè nella sua testa balenava quel bacio carico di sentimenti?
Non riusciva a pensare ad altro, tantomeno aveva idea del proseguimento che avrebbe avuto quella situazione.

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Capitolo 19
*** Non era un ragazzo normale, era qualcosa di superiore! ***


-Dopo un’estenuante giornata di scuola, ci mancava solo il tuo dannato carro!- esclamò il tiratore dai capelli verdi al povero Takao, il quale carro di legno si era rotto proprio in mezzo alla strada del ritorno.

Anche Kiri era con loro, appoggiata al muro a guardare ilò povero Takao sgobbare sotto al carro.

-Penso che una camminata a piedi non ti faccia male qualche volta, Shintaro- lui la fulminò con gli occhi, e lei ridacchiò sotto i baffi.

Takao concluse che il carro non era riparabile, ci aveva provato con un tubetto di colla che aveva nell’astuccio, ma ovviamente fu tutto inutile. Midorima allora lo costrinse a partare il carro fino a casa a spinta.
Camminando per un tempo che pareva durare ore, Kiri si imbattè in un grande cancello semiaperto e un un’imponente edificio dai tratti vittoriani.

“Rakuzan High” così recitava la targa di marmo di lato al cancello. Senza farsi vedere dai due compagni, balzò dentro il cancello e fece una corsetta fin sotto i portici del palazzo.
Il portone era ancora aperto, così entrò, spinta dalla curiosità di vedere quell’edificio dall’interno.

Era buio, il solito buio che la inquietava. Prese frettolosamente il telefono ed accese la torcia. Attraversò un lungo corridoio dai muri dorati e le mattonelle rosse,
Tutte le classi avevano una porta in legno ed erano chiuse tranne una.

Kiri si voltò un paio di volte nel buio, poi si affacciò nell’aula silenziosamente.
Nessuno. Una scacchiera posizionata su uno scacco matto, su un banco in fondo alla stanza.

Rumore di passi … Kiri si spaventò e guardandosi intorno, scorse uno spazio dietro un armadietto basso, e vi si fiondò, per poi calare nel silenzio più assoluto. I passi si avvicinarono.
Entrò qualcuno, il sole in tramonto ne rifletteva l’ombra sul fondo della stanza.

Avanzò, un ragazzo dai capelli rossi, non un comune ragazzo dai capelli rossi … Akashi! Kiri ebbe un sussulto, ma si rannicchiò ancora di più, sperando di non essere vista. Rimase in silenzio mentre lui entrava.
Notò che la camicia scura gli dava una figura slanciata. Mise un dito nella cravatta grigia per allargarla, e aprì i primi due bottoni della camicia.
Nonostante Kiri cercasse di scacciare via quel pensiero, lo trovava stranamente più bello del solito, sfiorando nella sua mente quella caratteristica eccitante.

Si sedette e iniziò a rimettere a posto i tasselli degli scacchi, mentre lei continuava a guardarlo, imbambolata lì dietro, chiedendosi come aveva potuto il grande Akashi non percepire la sua presenza.

-Quanto pensi di stare lì dietro?- disse lui. “FIGURIAMOCI!” pensò lei muovendosi lentamente. Uscì dal nascondiglio, la luce del tramonto illuminava tutto di un caldo arancione. Lei lo guardò timidamente, per poi sciogliersi.

-Non mi chiedi che ci faccio qui?-

-Se mi desse fastidio, te lo chiederei, ma non me ne stai dando- disse lui accennando un lieve sorriso.

-Anche se, conoscendoti, sono piuttosto curioso di sapere cosa ti ha fatto salire fin qui, nel buio.-disse voltandosi verso la scacchiera.

-è un bell’edificio! Nulla a che vedere col mio … volevo vederlo-

-Sei venuta fin qui per questo?- chiese incredulo.

-Il carro di Shintaro si è rotto qui davanti- lui non rispose, mise i pezzi apposto nel cassettino della scacchiera di legno e fece per andarsene.

-Vuoi stare qui tutta la notte?- chiese. Lei tornò in sé e lo seguì fuori dall’aula.

L’occhio imperiale si era spento, ora poteva vedere le sue iridi rosse naturali e il notevole cambiamento che esse avevano apportato in lui. Era stata lei … era stato quel bacio …

Una volta fuori, percorsero la strada verso casa insieme, senza parlarsi, senza voltarsi o minimamente guardarsi.

L’aria restava pesante tra loro, Kiri voleva tanto fare qualcosa per muovere qualcosa, qualsiasi cosa, ma si sentiva impotente e umile sotto i suoi occhi. Eppure alle medie era intenzionata a smettere di sottostare a lui, ma in quel momento si sentì nuovamente una sua sottoposta.

Desiderava aggrapparsi al suo braccio e ridere per coprire l’imbarazzo del gesto, ecco cosa voleva, sotto lo sguardo furente di lui, che però non avrebbe cessato la sua risata.
Nei suoi sogni, la sua reazione la faceva ridere, nella realtà di quel momento, la sua reazione la impauriva molto.

Giunsero presto alla salita verso la villa degli Akashi. Lui si fermò, voltandosi verso di lei, lasciandola in soggezione. La bloccava, le trasmetteva una sensazione di immobilità, come la tela di un ragno.

-Allora … ci vediamo- disse le cercando di liberarsi dalla sua trappola.

Ma come poteva l’imperatore non accorgersi delle sue paure e della sua insicurezza? No, vedeva tutto chiaramente.

Si avvicinò a lei rapidamente, senza darle il tempo di irrigidirsi, e le lasciò un bacio sulla fronte.
Nonostante il gesto dolce che l’aveva lasciata senza parole, la sua tensione non era diminuita di un millimetro, anzi forse era aumentata.

Lui si incamminò su per la salita. La prima cosa che pensò fu di essere troppo inibita. Forse lo era soltanto con lui, non era un ragazzo normale, era qualcosa di superiore, lo sapeva da molto tempo.
Il primo passo che sentì di dover fare era quello di tornare ai tempi delle medie, ed essere la sua prima rivale e alleata.
Doveva disinibirsi, e imporsi sul suo imperatore, e soprattutto capire cosa voleva davvero.


Non era un bel periodo per lei, anche il modo in cui aveva respinto Aomine dopo averlo illuso era stato davvero rivoltante. Si sentiva un verme.
Era una ragazza fredda, razionale e forte, eppure continuava a scapparte davanti ai problemi. Ecco un altro punto da correggere di sé stessa!

“Cosa diavolo sono io?” pensava con la testa china sul cuscino.

Il campanello suonò. Saltò giù dal letto e scese piano le scale, per paura di qualche strambo ente religioso. Guardò nella lente … era Aomine.

“Si parla sempre del diavolo … “ pensò aprendo la porta con un fare esasperato.

-Ho sbagliato- disse lui … perchè lo stava dicendo lui??

-Ma no!- sbottò lei. –Io ho sbagliato!-

-Me ne sono andato senza ascoltarti … è colpa mia- “Che umiltà …”

-E io? Ti ho illuso … per poi liquidarti così … è colpa mia!-

-Mi hai solo offerto una possibilità … probabilmente in palestra ti sarai incontrata col ragazzo che ti piace davvero, invece di andare in bagno … perchè esiste, giusto?- disse lui. Kiri non aveva altra scelta che confessare.

- … sì- disse a testa bassa. Con quel sì, si era accorta di aver appena rinunciato ad una possibile felicità con Aomine, pensando all’estremo masochismo nel volersi concentrare su Akashi.

-Bene, e allora io da buon amico, preferisco dirti: buona fortuna … non sa cosa si perderebbe a rifiutarti- invece era lei a non sapere cosa stava perdendo. Voleva strapparsi i capelli. Gli sorrise e lo abbracciò. Lui so mise a ridere sonoramente:

-Però, ti perdono solo se mi dici chi è- sorrise lui, lei parve congelarsi.

-Maaa, non lo conosci … - disse lei vagamente ridacchiando.

-Come vuoi, lo vedrò un giorno … mi somiglia?- rise lui.

-NO!- sbottò lei ridendo. Continuava a farla sentire di buon umore, anche in momenti come quelli dove doveva solo sentirsi vergognosa.
“Non è semplice trovare un giapponese di colore, a meno che non sia un lampadato!!” pensò dentro di sé.

-Ci si vede!- disse salutando con la mano l’amica. Lei ricambiò e chiuse la porta.

Un problema si era sistemato, e Kiri riusciva di nuovo a sorridere, anche se sapeva sarebbe durato qualche ora …
-Prossimo passo?- chiese a voce alta, come stesse chiedendo alla sua coscienza.
Senza pensarci, accese lo stereo polveroso, mise un disco e alzò il volume. Dopo tanto tempo passato in solitudine, decise di ritrovare il sollievo nell’unica vera amica di ogni adolescente … la musica!

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