Per aspera ad astra

di BekySmile97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I: Bravate ***
Capitolo 3: *** II: Draghi, lettere e preghiere ***
Capitolo 4: *** III: Fine? ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Questa storia si è classificata sesta al contest "The Thousand and One Nights" indetto da Prior.Incantatio sul forum di efp. 


Prologo
 
“Mi racconti una favola?” chiese il bambino strattonando la manica al vecchio che, aprendo gli occhi, si alzò lentamente dalla sedia a dondolo e lo prese dolcemente per mano.
“Certo, quale vuoi sentire?” gli domandò mentre lo guidava con pazienza verso la sua camera, indovinando già la risposta.
“Quella della stella!” esclamò il piccolo con gli occhioni che brillavano nella penombra di una serata estiva.
“Va bene, ma prima mettiti sotto le coperte...” disse il vecchio mentre il bimbo obbediva prontamente all'ordine e si nascondeva sotto le lenzuola.
“Secoli e secoli fa...” iniziò a raccontare l'uomo accendendo la candela appoggiata sul comodino “un povero ragazzo, la cui unica aspirazione era guadagnare abbastanza denaro da poter vivere nell'opulenza per il resto della sua vita...”
“Cosa vuol dire opulenza?” chiese il piccolo interrompendo immediatamente la narrazione.
“Vuol dire che voleva vivere come un uomo ricco, anzi, ricchissimo. Dunque, dov'ero rimasto? Ah sì... allora: questo ragazzo, che voleva diventare ricco quanto un re, decise di chiedere aiuto a una strega molto potente che viveva sulla montagna vicino al suo villaggio.” continuò il vecchio mentre il bambino rabbrividiva piacevolmente sotto il bianco candido delle lenzuola.
“Dopo aver vagato a lungo nei boschi che nascondevano la capanna della maga alla vista di tutti, riuscì finalmente ad arrivare davanti alla sua tana e a ottenere un colloquio con lei: le disse che voleva diventare ricchissimo tanto da poter possedere delle vesti più brillanti di una stella. La donna rifletté a lungo prima di accettare la richiesta del ragazzo ma, visto che le streghe sono esseri particolarmente avidi e non si accontentano mai di semplici promesse, gli chiese di tornare da lei dopo tre giorni vissuti nella ricchezza con ciò che lui considerava più importante nella vita. Il ragazzo accettò senza pensarci due volte.”
Il bimbo spalancò la bocca sbalordito e, come faceva ogni volta che ascoltava questa storia, si chiese come fosse possibile che il protagonista fosse così ingenuo: le streghe sono molto cattive, lo sanno tutti!
“Il ragazzo passò i tre giorni più belli della sua vita: poteva mangiare qualsiasi cosa volesse, era circondato da bellissime donne che lo riempivano di moine e gli sembrava quasi di avere tutto il mondo ai suoi piedi, tanto che decise di non tornare più dalla maga.” raccontò il vecchio, mentre il bambino aggrottava la fronte pensieroso, mormorando: “Moine?”
“Significa che quelle donne erano dolci e gentili con lui solo perché volevano qualcosa in cambio, hai capito?” spiegò l'anziano mentre il nipote scuoteva la testa in segno di assenso.
“Finiti i tre giorni la strega, ben consapevole delle intenzioni del giovane, andò a bussare alla sua porta travestita come la più bella fra tutte le ragazze del nostro mondo. Lui, appena la vide, se ne innamorò follemente e le permise di entrare nella sua nuova dimora... la maga, che invece voleva solamente riscuotere il suo compenso, chiese al ragazzo con voce suadente quale fosse la cosa più importante in questo mondo per lui. Senza pensarci due volte il ragazzo disse: “Questa vita di ricchezza e bellezze.” e...”
“Nonno, come mai aveva risposto in quel modo?” chiese il bambino interrompendolo di nuovo.
“Perché credeva che la vera felicità fosse quella che gli dava il denaro...” rispose il vecchio, mentre il nipote ribatteva: “Io sono felice quando la mamma e il papà giocano con me! Il ragazzo non aveva dei genitori?”
“Non si sa piccolo mio... forse se li avesse avuti non si sarebbe fatto truffare dalla strega. Posso finire il racconto?” chiese paziente mentre il bimbo, con un enorme sbadiglio, biascicava un “sì”.
“Dunque, la strega, contenta per la risposta ottenuta, urlò al giovane: “Hai scelto da solo la degna punizione per il tuo tradimento! Volevi degli abiti che brillassero come quelli di un astro? Eccoti accontentato.” e gli lanciò contro un potente incantesimo che trasformò il ragazzo in una piccola stella nascosta tra gli zoccoli anteriori del centauro, il guardiano del cielo australe...”
Questa volta il bambino non fermò il nonno per chiedergli il significato delle ultime parole: era scivolato nel sonno senza neanche accorgersene.
Passandogli dolcemente le dita tra i capelli, il vecchio finì comunque di raccontargli la storia, mentre un vento leggero entrava dalla finestra lasciata socchiusa, spegnendo la candela.
“La strega, essere malvagio e potente, impose che il giovane brillasse solamente per tre giorni nell'arco di un anno, così da ricordarsi per sempre della sua promessa infranta e sopratutto per insegnare ai mortali che a imbrogliare le streghe, purtroppo, si finisce sempre male.”




Angolo Autrice: 

Spero che abbiate trovato questo prologo interessante...
La storia è composta da appena cinque capitoli (contando anche questo) che cercherò di pubblicare con regolarità e, nel prossimo, spiegherò anche in cosa consisteva il contest a cui partecipa la storia, visto che ora sono abbastanza di fretta.
Comunque, se vi è piaciuto (o se vi ha fatto schifo) lasciatemi pure un commentino piccolo piccolo, apprezzerò sicuramente :)
Baci,

BekySmile97


 
 

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Capitolo 2
*** I: Bravate ***


I: Bravate 
 
“Secondo me non ne vale la pena...” mormorò il ragazzo al suo amico che, sbuffando, gli rispose sprezzante: “Hai paura che il tuo nonnino ti metta in punizione?”
“No.” ribatté secco il primo, aggiungendo poco dopo: “Ho solo paura di Calypso e di quello che ci farà se ci scoprirà qui...”
“Fain, sei solo un codardo.” disse l'amico lanciandosi nel vuoto e cadendo dopo pochi attimi nell'acqua salata, sollevando alti spruzzi che bagnarono la faccia del ragazzo rimasto in piedi sulla scogliera.
“Dandelion! Sei un idiota!” urlò questo con quanta voce aveva in gola, prima di saltare dalla scogliera e buttarsi anche lui.
L'acqua tiepida lo raggiunse subito, riempiendogli piacevolmente i polmoni e lasciandolo ondeggiare vicino al fondale incontaminato, brulicante di vita; le Isole dei draghi, infatti, erano il luogo più incontaminato e protetto di tutta la regione. Proprio grazie a Calypso, la loro regina, erano riusciti a sfuggire alle persecuzioni di Everett e si erano uniti temporaneamente alla schiera di Cain, il capo dei ribelli sul continente.
Riemergendo dopo un paio di minuti, Fain, con un paio di bracciate fluide, si avvicinò al suo compagno e gli diede uno scappellotto in testa.
“Ora spiegami perché vuoi raggiungere la zona dell'isola riservata a Calypso.” gli disse guardandolo con un misto di curiosità e malevolenza.
“Perché la gente mormora che si è portata dietro dall'ultimo viaggio due ragazzi trovati nel territorio di Cain e che, sopratutto, uno dei due è un mago...” gli rispose con gli occhi che brillavano di una strana luce.
Nuotando lentamente verso il sentiero sabbioso che partiva da sotto la scogliera, Fain gli chiese: “E con ciò? Non capisco bene cosa tu voglia fare.”
“Voglio che esprima un mio desiderio.” rispose Dandelion guadagnando la riva.
Sbuffando in modo sprezzante, l'amico lo rimproverò dicendogli che un mago non era come un genio d'acqua e che non avrebbe mai espresso un suo desiderio solo perché doveva.
“Certo che lo farà. Non ti ricordi in che periodo dell'anno siamo?” domandò Dandelion mentre Fain lo fissava come se fosse definitivamente impazzito.
“Non penso che i festeggiamenti per i tre giorni di fine primavera abbiamo qualche potere sui maghi...” disse sarcastico incamminandosi sul sentiero sabbioso che scendeva dolcemente verso la parete della scogliera, scivolando dietro una cascata dalle acque cristalline che lo nascondeva alla vista dei curiosi.
La bocca di Dandelion si increspò in un sorriso furbo, mentre sussurrava a denti stretti: “Vedrai cosa accadrà...”
Poi, come se nulla fosse, si infilò sotto la cascata seguendo la pista che conduceva alla dimora di Calypso, l'unica casa costruita in pietra tra tutte le isole, segno di distinzione della sua regalità e usata soprattutto come unica protezione della sua persona. Infatti la regina nutriva una fiducia sconfinata per il suo popolo e di conseguenza non utilizzava né guardie, né alcuna sorta di incantesimo di difesa.
“Secondo me stiamo facendo una grandissima stupidaggine...” mormorò Fain seguendo il suo amico. Girarono assieme intorno alla casa per raggiungere la serra in cui Calypso coltivava tutte le erbe più strane su cui riusciva a mettere le mani e, soprattutto, accoglieva i suoi ospiti; aprendo la porta di cristallo, Fain e Dandelion scivolarono al suo interno, muovendosi silenziosamente tra le piante che la riempivano e cercando di cogliere il minimo rumore che potesse indicare la presenza di qualcuno. Fatto velocemente un giro d'esplorazione, si nascosero entrambi tra i rami di un albero che, a causa della sua altezza, occupava una buona parte della serra e ne usciva fuori con non ben pochi rami, e si misero ad aspettare, rimanendo perfettamente in silenzio.
Non era la prima volta che si introducevano di soppiatto in un luogo a loro proibito, ma questa volta Fain capiva che quello che stavano facendo era un'immensa idiozia: fino a quel momento la loro massima trasgressione era stata raggiungere a nuoto l'isola in cui dimoravano i draghi più belli dell'intera regione, per spiarli e potersene poi vantare con le ragazze del loro villaggio.
Quello era stato divertente e anche tremendamente pazzo, ma lo aveva fatto sentire così libero, potente e adulto che si era beato di quella sensazione per molti giorni a seguire fino a quando era improvvisamente sparito tutto.
Ora si sentiva solamente oppresso.
Notò che Dandelion si era sdraiato su un grosso ramo, resistente al suo peso, e aveva iniziato a sonnecchiare con la tranquillità di un bimbo godendosi il fresco e la pace che regnavano sotto la pianta. Scuotendo la testa, anche Fain si sistemò su un altro ramo, rilassandosi talmente tanto da addormentarsi anche lui dopo pochi minuti, cullato dal rumore della cascata non troppo lontana.
 
“Cosa dobbiamo fare Taron? Io preferirei rimanere qua sull'isola con Calypso... oppure tornare da Cain, ma la tua idea di domare un drago e andarsene mi sembra un'enorme idiozia!” esclamò una ragazza spalancano la porta della serra ed entrandoci come un furia, seguita da un ragazzo che la guardava contrariato.
“Misty, non ti permetterò di tornare da Cain. Non ti ricordi come ci ha accolto nella sua reggia quando siamo arrivati con Calypso? Stava per ucciderci. Se non fosse stato per la prontezza della regina ora saremmo sicuramente morti e sepolti.” replicò il ragazzo con forza, sedendosi su una seggiola vicino ad un tavolino su cui facevano capolino cinque tazze e una caraffa piena di un liquido azzurrognolo.
Fain e Dandelion, svegliatisi di soprassalto, si misero immediatamente in ascolto, osservando con molta attenzione i due umani che si trovavano seduti sotto di loro a discutere animatamente.
“Vuole domare un drago?” sussurrò Fain ammirato dal coraggio del giovane, mentre Dandelion non staccava gli occhi dalla ragazza: trovava che fosse estremamente bella per essere una semplice umana. I capelli castano chiaro erano stati pettinati abilmente in una treccia a lisca di pesce che cadeva morbida sulla sua schiena, mentre alcune ciocche, che erano state appositamente pettinate in una cascatelle di perline colorate, le cadevamo sul viso, incorniciando i grandi occhi neri che sembravano bruciare sul suo volto leggermente abbronzato. Il suo corpo minuto fremeva tutto mentre argomentava con forza le sue idee al ragazzo che, d'altro canto, la osservava con viva ammirazione, nonostante si capisse che non fosse per nulla d'accordo con lei.
“Misty...” disse lui scompigliandosi con una mano i capelli castani, mentre con un gesto fermo dell'altra zittiva la ragazza. “Ora ne parleremo con Calypso, abbi pazienza.”
Non fece neanche in tempo a nominare la padrona di casa che questa comparve sulla soglia della serra tenendo in mano un vassoio su cui erano appoggiati alcuni pasticcini dall'aria invitante.
“Salve ragazzi!” esclamò Calypso allegramente. “Poteste dire ai quei due appollaiati sul quel mio bellissimo albero di scendere? È estremamente prezioso, visto che viene dal Nord, quindi se trovo anche un singolo rametto spezzato consideratevi nei guai.”
Vivamente sorpresi, Dandelion e Fain scesero con attenzione dall’albero, ritrovandosi davanti alla regina che, sorridente, gli indicò due seggiole vicino al tavolino dove i due si accomodarono imbarazzati.
“Ottimo, ora che ci siamo tutti direi che possiamo iniziare a mangiare: volete qualche pasticcino alla crema?” chiese la regina alla sua piccola platea che la guardava attonita.
“Ehm... chi sono questi ragazzini?” chiese quello che si chiamava Taron fissandoli con una certa curiosità.
“Non sono un ragazzino! Avrò all'incirca la tua età.” esclamò Dandelion squadrando l'altro.
Tossicchiando, Fain disse con voce flebile: “Come facevi a sapere che eravamo sull'albero?”
“E perché non li hai cacciati subito?” aggiunse con voce imperiosa Misty, fingendosi scocciata della loro presenza, anche se sembrava molto incuriosita da entrambi i ragazzi.
“Perché sarebbe stato scortese.” disse la regina ficcandosi un pasticcino in bocca. “E comunque vi ho visti entrare nella serra da una finestra.”
Scoccando un'occhiataccia a Dandelion, Fain disse: “Ci scusi per l'intrusione... eravamo curiosi, come d'altronde tutti gli isolani, di vedere i due ragazzi che vi hanno accompagnata fin qui.”
“Dammi pure del tu, caro.” disse Calypso mangiando un altro pasticcino e, notando che nessuno si stava servendo, aggiunse: “Non fate i maleducati e mangiatene un po’ anche voi!”
Subito tre dei ragazzi presenti si fiondarono sul vassoio. L'unico che rimase a guardare la regina, impassibile, era Taron.
“Non ti servi?” domandò Misty.
“No. Dovevamo parlare della mia idea, non mangiare pasticcini!” esclamò il ragazzo alzandosi in piedi e dirigendosi verso la porta.
“Prima la pancia, poi la testa.” disse Calypso. “E in ogni caso non credo sia una buona idea parlare di draghi con Fain e Dandelion davanti.”
“Come fai a sapere i nostri nomi?” domandarono sbalorditi i due intrusi con la bocca impiastricciata dalla glassa bianca e azzurra dei pasticcini, che il rendeva a dir poco ridicoli, mentre Misty concentrava di colpo la sua attenzione sul ragazzo con il nome così simile a quello del sovrano da cui voleva tornare.
“Io so tutto. Ora Taron siediti e mangia, non andrai molto avanti a stomaco vuoto... devi essere carico per stasera.” rispose la Corals versandosi nel bicchiere il liquido azzurrognolo.
“Cosa accadrà stasera?” chiese Taron, ancora fermo sulla soglia.
“Inizia la festa della fine della primavera... è il momento in cui i draghi tendono ad essere più docili.” gli rispose Dandelion con noncuranza.
“E tu come fai a saperlo?” domandò il ragazzo guardandolo di traverso, subito appoggiato da Calypso, curiosa di capire come mai il destino le avesse servito su un piatto d'argento due ragazzi apparentemente così semplici.
“L'anno scorso siamo andati su un'isola...” bofonchiò Dandelion, abbassando lo sguardo.
“Voi?” esclamò Misty visibilmente stupita, seguita da un'imprecazione di Calypso.
“Voi!” urlò alzandosi in piedi e puntandogli contro, prima di esclamare di nuovo: “Voi avete rubato un uovo di drago! Voi avete quasi scatenato un disastro immane! Voi, piccoli stupidi corals!”
“Mai visto un uovo di drago.” disse tranquillamente Fain, ignorando l'accusa. “E neanche Dandelion. Siamo andati assieme su quell'isola e non ci siamo mai persi di vista.”
Ma Calypso, con gli occhi grigi che sembravano mandare fiamme, afferrò per l'orecchio l’altro ragazzo e lo strattonò davanti a Misty.
“Fagli dire la verità!” urlò la regina, mentre la ragazza, dopo un attimo di confusione, appoggiò i palmi sulla fronte del ragazzo inginocchiato davanti a lei pronunciando una semplice cantilena.
In pochi attimi i palmi della ragazza si riempirono di segni neri, mentre Dandelion spalancava la bocca e iniziava a blaterare alcune parole incomprensibili che, poco a poco, diventarono un discorso quasi chiaro.
“Sono tornato dopo due giorni... ho preso un uovo... bellissimo... sono riuscito a farlo schiudere... è nascosto...”
“È ammaestrato?” chiese Calypso, mentre gli occhi del ragazzo diventavano di un bianco opaco.
Mormorando un “sì”, Dandelion svenne in grembo a Misty che iniziò a passare lentamente le sue dita tra i capelli di un colore indefinito tra il biondo e l'azzurro del ragazzo.
“Che cosa gli hai fatto!” urlò Fain precipitandosi a vedere come stava il suo amico, ma Calypso, conscia di cosa avrebbe scatenato se lo avesse svegliato, lo fermò.
“Non toccarlo: sarebbe come svegliare un sonnambulo… torna al villaggio. Ho ancora qualche parola da scambiare sul tuo amico…” gli disse conducendolo verso la porta della serra.   
Avrebbe rivisto Dandelion alla festa di fine primavera.
 
Il tramonto sembrava non voler più arrivare.
Fain non poteva far altro che rimanere sdraiato sul prato vicino alla piazza principale del villaggio, godendosi gli ultimi raggi del sole che arrivavano tiepidi sulle sue braccia e sul suo viso... la sua preoccupazione per la sorte di Dandelion era più che evidente, solo che la regina gli aveva imposto di aspettare fino a quella sera, all'inizio delle festività.
La festa di fine primavera era indubbiamente una delle più importanti tra quelle festeggiate dai corals delle isole che, con canti, balli e rituali tentavano di guadagnare il favore degli dei portatori del sole, del vento e delle piogge estive, che avrebbero dovuto aiutare la popolazione a sopravvivere alle torride ondate di caldo secco dell'estate. Durante la prima notte i sacerdoti compivano canti e balli propiziatori seguendo un sentiero segnalato da piccole torce che li avrebbero condotti fino al mare, dove avrebbero lasciato andare alla deriva dei sacchetti contenenti del fuoco freddo di un colore azzurro intenso che non si spegneva in acqua; questi, trascinati dalle correnti, avrebbero raggiunto le altre isole abitate in cui, nel frattempo, erano stati compiuti gli stessi riti. In questo modo si credeva di poter guadagnare il favore del dio del mare, portatore anche di brezze benefiche e cibo in abbondanza: proprio per questo durante la prima notte Calypso correva da un'isola all'altra, per aggiungere un suo personale contributo alla cerimonia, che variava di anno in anno. Gli isolani erano invitati a seguire la processione, intonando anche loro canti e danze, tanto che i riti erano i seguiti da tutti gli abitanti dei villaggi, sopratutto dai bambini che, appena il fuoco freddo veniva immerso, si tuffavano in acqua per seguirlo fin dove gli era concesso.
Fin da quando ne aveva memoria, lui e Dandelion non avevano mai avuto esitazioni nel buttarsi all'inseguimento delle stelle dell'acqua, così come le avevano nominate loro, per avvicinarsi tanto da poterle sfiorare con la punta delle dita, bruciandosi un poco.
“A cosa stai pensando?” chiese di colpo una voce a Fain che, assorto nei suoi pensieri, non si era accorto dell'arrivo di suo nonno, un vecchio dalla pelle rugosa e coperta di segni azzurri come quelli della sovrana, segno che ormai aveva raggiunto l'età adatta per governare il villaggio.
“Nulla...”  mormorò il ragazzo, guadagnandosi uno scappellotto da parte del nonno. Massaggiandosi la testa, gli rispose: “Stavo pensando a Dandelion: ho paura che abbia combinato un guaio enorme...”
“Ovvero?” domandò immediatamente l'anziano, aggiungendo dopo un attimo: “Qualcosa che potrebbe coinvolgere la sorte del villaggio?”
“No.” disse immediatamente Fain, cercando di non pensare all'enorme drago che sarebbe potuto arrivare da un momento all'altro... o almeno, lui lo immaginava enorme, ma non era affatto sicuro che avesse già raggiunto la taglia adulta.
“Freanel, immagino tu sappia che io capisco quando menti o meno. Quindi, se la ritieni una questione importante, dimmi la verità.” spiegò il capo, guardando il nipote dritto nei suoi occhi gialli come la luna estiva.
“Non è nulla di importante...” ripeté il ragazzo guardando le prime persone che si stavano radunando nella piazza e strappando un sospiro al vecchio che, cambiando discorso, gli disse: “Calypso ha portato una lettera dei tuoi genitori... vuoi leggerla?”
“Forse domani.” disse il ragazzo rabbuiandosi e, scorto il suo amico tra la folla, si alzò.
“Ora scusami, ma dovrei andare da Dandelion: ho bisogno di parlargli di una cosa importante.”
In pochi attimi si mescolò tra la folla e, raggiunto l’amico, lo trascinò in fondo alla massa danzante che si stava lentamente muovendo verso il mare per riempirlo immediatamente di domande.
“Perché hai preso un uovo di drago? Cosa ti ha fatto quella ragazza? Ti senti bene? Calypso ti ha detto qualcosa di importante? Sicuro di stare bene? Perché hai rubato un uovo di drago?” urlò sottovoce al suo amico che, frastornato da tutte quelle domande, gli disse solamente di piantarla e di godersi la cerimonia: gli avrebbe spiegato tutto il giorno dopo, visto che in quella confusione sarebbe stato solo un inutile bisbigliarsi di parole incomprensibili.
Fain, sorpreso, iniziò a seguire la processione che, dopo un quarto d'ora abbondante passato tra musica e balli, arrivò al mare fermandosi sul bagnasciuga: gli uomini e le donne a cui era stato affidato il fuoco freddo, deposero i sacchetti sull'acqua e li accesero, lasciando che la corrente li trascinasse via in pochi attimi. Subito un nutrito gruppo di bambini e ragazzi si buttò in acqua, compreso Fain che, nonostante avesse deciso con Dandelion che erano ormai adulti per questo gioco, nuotò via, lontano da tutti, rimanendo sott'acqua ad osservare il fondale illuminato dalla luna e dai bagliori del fuoco. La pace che regnava là sotto era completa, nessun rumore turbava i fondali marini, tanto che anche i sacchetti sembravano essersi fermati e, riemergendo poco lontano, notò che in effetti non si muovevano più e avevano preso a levitare dolcemente verso il cielo, confondendosi tra le stelle, per poi scivolare verso le altre isole come delle comete azzurre.
E Fain, osservando quello spettacolo meraviglioso sicuramente architettato da Calypso, si sentì improvvisamente ed irrimediabilmente lontano da ogni problema o preoccupazione.
Era libero.



Angolo Autrice: 

Arrieccomi! Sono in ritardo come al solito, ma... facciamo finta di niente, ok?
Allora, il contest citato nel prologo prevedeva che utilizzassi un prompt e una costellazione / stella contenuti in un pacchetto per scrivere una storia; nel mio caso erano la parola “fine” e la stella Proxima Centauri. Ci è voluto un po' per scrivere questa storia, ma sono abbastanza soddisfatta di come mi è venuta. 
Comunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto :)
Baci,

BekySmile97

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Capitolo 3
*** II: Draghi, lettere e preghiere ***


II: Draghi, lettere e preghiere 
 
L'alba arrivò pigramente quella mattina.
Dopo ore e ore passata ad osservare tutte quelle stelle che sembravano non voler assolutamente andarsene, Dandelion vide con un’indifferenza che aveva acquisito col passare del tempo, come in pochi attimi il sole si univa alla linea dell'orizzonte facendo diventare il mare del colore dell'oro liquido.
Ignorando quello spettacolo meraviglioso scivolò fuori dal suo letto e uscì di soppiatto da casa, prendendo gli avanzi di carne che aveva recuperato nei giorni precedenti e infilandosi in una macchia di palme e altri alberi esotici. Seguendo un percorso ormai memorizzato perfettamente, dopo pochi passi quasi si scontrò con Taron e Calypso.
“Ci siete solo voi due? Dov'è Misty?” chiese Dandelion guardandoli attentamente.
“Ieri sera ho abusato un po’ troppo dei suoi poteri, quindi abbiamo deciso di lasciarla riposare.” rispose la regina, incamminandosi con i due ragazzi verso il nascondiglio dove Dandelion teneva il drago.
Rimanendo tutti e tre in silenzio camminarono per circa un quarto d'ora fino ad arrivare ad una radura con al centro una pozza d'acqua salata che, per un motivo che non era stato ancora compreso, si univa nelle sue profondità alle acque marine; poco lontano dalla riva c'era un'isoletta che raggiunsero su una canoa con poche pagaiate.  
Appena poggiarono i piedi a terra vennero accolsi da un ringhio poco amichevole: un drago di piccola taglia, dalle scaglie rosse e arancio, zampettò verso il gruppo senza smettere di ringhiare.
Dandelion, vedendo indietreggiare Calypso con Taron, disse ai due: “Non sa sputare fuoco e non riesce nemmeno a volare troppo a lungo.”
“Un drago che non sa volare mi sarà sicuramente molto utile...” borbottò il ragazzo avvicinandosi all'animale, mentre la regina iniziava a parlare animatamente con Dandelion.
“Come mai è così piccolo?” domandò Taron quando fu vicino al drago.
Non ricevendo nessuna risposta si mise ad accarezzare il muso dell'animale, lasciando perdere gli altri due che, nel frattempo, stavano discutendo animatamente.
“Sai cos'hai rischiato portandolo qui con te? E se scappava e arrivava al villaggio?” chiese Calypso visibilmente arrabbiata. Il drago era certamente molto più piccolo di quelli del Nord, ma rimaneva ugualmente pericoloso, se non di più.
“Non è scappato e non ha distrutto il villaggio: come puoi ben vedere sono riuscito a domarlo.” rispose secco il ragazzo.
“Tu?” domandò la regina scettica. “Mi sembra che Taron ci sia riuscito meglio e in meno tempo.”
Dandelion, guardando di traverso il ragazzo che dava da mangiare al suo drago, le rispose: “Sono io che l'ho allevato fino a questo momento. Sono io che gli sono sempre stato vicino, non lui!”
“Non significa nulla... sai che i draghi tendono a creare un legame affettivo con i loro padroni?” chiese Calypso guardando anche lei la strana coppia che si era formata poco più in là.; il drago aveva finito di mangiare i pezzi di carne che si erano portati dietro e sembrava quasi fare le fusa a Taron, che continuava ad accarezzarlo sul muso. 
“Mi vuole bene. Io gli voglio bene.” disse il ragazzo con un tono che voleva dire che la conversazione per lui era finita.
“Tu non sei capace di voler bene a qualcuno.” gli disse la donna, allontanandosi per andare a parlare con l’altro.
“Non è vero!” le urlò Dandelion. “Ho ancora Fain.”
Non lo avrebbe mai ammesso, ma era rimasto ferito da quella verità che aveva sempre evitato, ma che Calypso non aveva avuto alcun problema a sbattergli in faccia.
 
“Freanel, ti consiglio vivamente di svegliarti!” urlò il vecchio entrando nella camera del nipote, ancora profondamente addormentato. La sera prima si era buttato sull'amaca che aveva nella stanza, stremato dagli avvenimenti della giornata precedente, ed era crollato immediatamente nel mondo dei sogni.
“Ah, come vuoi tu.” borbottò l'uomo uscendo dalla camera per tornarci con in mano un secchio pieno d'acqua fredda che, senza pensarci due volte, gettò addosso a Fain.
Colpito in pieno dal getto d'acqua gelida, il ragazzo si svegliò di colpo e, messosi sull'attenti, si subì la ramanzina del nonno che lo spedì fuori di casa, non prima di avergli ficcato in mano la lettera arrivata il giorno prima.
“Leggila bene tutta almeno per una volta.” gli ordinò sbattendogli la porta in faccia.
Fain, ancora mezzo intontito, si diresse verso la spiaggia dove si sedette sulla sabbia tiepida, pronto a leggere la lettera dei suoi genitori: non li sentiva ormai da mesi e aveva passato i giorni a sperare che almeno una notizia, anche la più insignificante, gli arrivasse. Quando ormai aveva perso la speranza di rivederli, erano arrivati alcuni corals, profughi del regno di Everett, a dirgli che molti altri uomini e donne della loro specie, tra cui molto probabilmente anche i suoi genitori, avevano deciso di rimanere alla corte di Cain. Da quanto avevo capito il sovrano di Saat non era stato particolarmente contento di accogliere così tanta gente nel suo piccolo stato…
In ogni caso, quella lettera che Calypso aveva portato con sé, assieme a molte altre, confermava la sua supposizione.
 
Caro Freanel,
ci spiace di non averti dato nostre notizie per così tanto tempo ma a Classem abbiamo dovuto preoccuparci di ben altre cose.
Sappiamo entrambi che non è una buona scusa per quello che abbiamo fatto ma...
 
La lettera venne appallottolata di colpo e lanciata lontano, proprio ai piedi di Misty che, svegliatasi completamente da sola, aveva deciso di andare al villaggio per cercare gli altri.
Dopo averla raccolta con cautela, la ragazza la riportò da Fain, che stava seduto per terra raccolto su stesso, come il foglio che aveva appena lanciato via.
“Cosa ti è successo?” chiese materna sedendosi di fianco al ragazzo.
Fain non si mosse, rimase perfettamente immobile, scuotendo appena la testa per indicare la lettera tra le mani di Misty che subito gli domandò: “Posso leggerla?”
Non ricevendo nessuna risposta, la ragazza appiattì il foglio con cura e iniziò a leggerlo.
 
... ma, in certi casi, si è costretti a fare cose che non si vogliono.
Come ben saprai quando Everett ha scacciato dalla città tutti i corals che provenivano dalle isole (sia quelle del Nord, che quelle del Sud), chi si è opposto non ha fatto una bella fine: noi, come ambasciatori, abbiamo ricevuto un visto che ci ha permesso di rimanere per pochi giorni e dopo il colloquio con il sovrano siamo dovuti partire in fretta e furia assieme ad altri nostri simili che si erano attardati nella capitale con la speranza che Everett cambiasse idea. Dopo alcuni giorni passati a girare per la regione, decidemmo di dirigerci verso Saat, da Cain, dove speravamo di poter trovare Calypso. Ma, arrivati ai piedi delle montagne, abbiamo avuto un'amara sorpresa: il passo era chiuso, sembrava che non esistesse più nessun accesso al suo regno.
 
Misty si ricordava ancora fin troppo bene quello che era accaduto a lei e Taron davanti alle montagne e, timorosa che fosse successo qualcosa di simile anche ai genitori del ragazzo, riprese subito a leggere.
 
Mentre cercavamo un modo di oltrepassare le montagne alcuni cirment che facevano parte delle guardie di Cain ci hanno catturato, portandoci da sovrano che, dopo avergli spiegato cosa era accaduto a Classem, decise di ospitarci. Solo qualche giorno fa abbiamo incrociato Calypso alla reggia, accompagnata da alcuni umani. L'abbiamo pregata di portarti questa lettera perché Cain, dopo aver saputo che avevamo soggiornato al palazzo reale di Everett, ci ha ordinato di non tornare nelle nostre isole, ma di dirigerci al Nord per raccontare cosa sta succedendo sul continente.
Ci spiace molto, ma non sappiamo ancora quando potremo tornare da te e dal nonno.
Ti abbracciamo forte,
Mamma e Papà
 
“Perché l'hai gettata via?” chiese Misty dopo averla riletta attentamente un'altra volta.
“Dovresti leggere una di quelle che mi hanno mandato prima... quando potevano ancora girare liberi per il continente. Ogni mese mi arrivava una lettera che, puntualmente, iniziava con l'esatta frase che apre anche questa: sai cosa vuol dire aspettare ogni anno, ogni mese e ogni settimana una lettera che abbia scritto sopra Stiamo per tornare? Lo sai?” chiese tenendosi la testa tra le mani.
“No.” gli rispose la ragazza. “Ma questo compiangersi addosso non ti farà certo sembrare un uomo.”
Alzando lentamente la testa Fain si mise a fissare quella ragazzina così tremendamente adulta nei suoi tredici anni.
“Hai ragione.” disse fissandola intensamente con i suoi occhi di luna. “Ma non ne posso più... non li vedo da anni!”
“Non cercare scuse.” gli disse Misty, mentre il mare continuava la sua cantilena come se nulla fosse.
“Non sono scuse. E comunque non ne voglio più parlare…” sussurrò Fain alzandosi e iniziando a dirigersi verso il villaggio, seguito immediatamente dalla ragazza, che gli domandò: “Come mai ti chiami Fain?”
“E tu perché ti chiami Misty?” chiese lui di rimando.
La ragazza sbuffò: “Intendevo come mai tutti ti chiamano Fain nonostante il tuo vero nome sia Freanel...”
“È un soprannome che mi ha dato Dandelion anni fa.” le rispose asciutto.
“Strano che tu non ne abbia dato uno a lui…” borbottò lei allungando il passo.
Continuarono a camminare in silenzio per un po’, fino a quando Misty lo fermò e lo condusse nel folto degli alberi, appena in tempo per veder comparire Calypso, Dandelion e Taron; quest'ultimo aveva i vestiti completamente coperti di fuliggine perché, a quanto pare, il drago sapeva sputare fuoco fin troppo bene.
“Quindi partirai appena finirà la festa?” chiese Dandelion al ragazzo che annuì, perso nei suoi pensieri.
“Come partirai?” urlò Misty sbucando fuori dal suo nascondiglio. “Dove vorresti andare? E io che farò?”
Scrollando le spalle Taron tornò nel folto del bosco mentre la ragazza, stizzita, prese sottobraccio Fain e lo trascinò via verso il villaggio, ignorando sia le proteste di quest'ultimo, sia quelle di Calypso e di Dandelion.
“Cosa vuoi fare?” le chiese Fain appena vide che gli altri due si erano lentamente allontanati. “Sequestrarmi e usarmi per ricattare Taron?”
“Risparmia il tuo scetticismo per dopo.” gli rispose lei. “Voglio solo raccontarti una storia.”
“Non sono un bambino.” disse il ragazzo, puntando i piedi e fermandosi in mezzo alla strada. “Ti ricordo che mi hai appena detto di comportarmi da uomo.”
“Ma se riguardasse il tuo amico?” domandò Misty guadagnandosi l'attenzione di Fain che, lentamente, iniziò a guardarla con apprensione.
“Dimmi tutto.”
Riprendendo a camminare, la ragazza iniziò a raccontare: “Secoli e secoli fa un povero ragazzo, la cui unica aspirazione era guadagnare abbastanza denaro da poter vivere nell'opulenza per il resto della sua vita...”
 
La seconda notte dedicata alle celebrazioni stava per iniziare.
Dandelion e Fain, che dopo aver sentito la storia della ragazza non aveva avuto nemmeno il tempo di chiederle cosa potesse significare quella fiaba, visto che suo nonno l'aveva richiamato a casa, si trovavano in mezzo alla stessa folla della sera precedente, pronto a passare la notte a ingraziarsi il dio del sole e della luna. Ma quella sera non erano previsti né canti né balli: infatti ogni anno Calypso pronunciava davanti al suo popolo il volere del dio, dopo aver passato ore ad interpretare dei segni che venivano considerati divini.
“Quest'anno...” iniziò la regina. “... la fine della primavera giunge carica di novità benefiche e malefiche. Nonostante le nostre invocazioni, gli dei non sono particolarmente contenti del nostro comportamento e del nostro operato: perciò ci è stata ordinato di passare questa notte a pregare. Potremo smettere solo quando quella stella tramonterà!”
Tutte le teste dei presenti si voltarono come un’onda a guardare la piccola stella, indicata da Calypso, che brillava nascosta sotto la costellazione del centauro; alcuni anziani che avevano passato la vita ad osservare il cielo notturno, proruppero in esclamazioni sorprese.
Quella piccola ed innocua stella rappresentava il fulcro della festa, in quanto compariva solo in quei tre giorni dell'anno, ma mai prima d’allora l'avevano vista brillare con una tale intensità.
Solo il capo villaggio, con voce autorevole, riuscì a calmare gli animi.
“È un segno degli dei: vogliono mostrarci a chi dobbiamo indicare le nostre preghiere.”
Assentendo, Calypso lasciò la piazza per dirigersi verso un’altra isola, subito seguita da Misty e Taron.
Fain e Dandelion, che si stavano prostrando a terra per iniziare le preghiere, seguirono con lo sguardo il trio che si allontanava veloce verso la spiaggia, lasciandoli soli in mezzo a mille domande.
Entrambi non avevano mai odiato così tanto gli dei.



Angolo Autrice:

Hey... c'è qualcuno o son sola?
Già l'organizzatrice del contest è momentaneamente sparita, almeno voi lettori ditemi qualcosa. Mi accontento anche di un "Fa schifo!" (anche se le critiche costruttive sono preferite).
In ogni caso non ho molto da dire su questo capitolo, sarà che lo considero più un passaggio verso il terzo, dove narrerò il momento clou della storia di Fain e Dandelion :)
Vabbè, grazie a chi l'ha anche solamente letto... è che ci tengo veramente tanto a questo racconto e vederlo così abbandonato da tutti mi lascia con l'amaro in bocca. 
Baci,

BekySmile97 

 

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Capitolo 4
*** III: Fine? ***


III: Fine?
 
“Dobbiamo parlare.”
Svegliandosi di soprassalto Fain osservò la ragazza accucciata in un angolo della camera.
“Cosa vuoi Misty?” le chiese sbadigliando. Il sole non era ancora sorto e la stanza era solo vagamente illuminata dalla luce della luna.
“Devi fare attenzione a Dandelion: ho visto il suo futuro quando l’ho costretto a raccontarci del drago…” mormorò Misty, bloccandosi per un attimo ad osservare il ragazzo.
“Cosa gli accadrà?” domandò Fain.
“Non lo vedrai mai più…” disse lei a bassa voce, scomparendo poco dopo come un fantasma mentre, poco lontano, Dandelion si dirigeva come al solito verso la foresta come un ladro.
Nuvole tempestose iniziavano ad addensarsi.
 
La mattina dopo il cielo plumbeo accolse tutti gli abitanti dell’isola che, preoccupati per il cattivo tempo, si diressero in massa nella capanna del capo villaggio.
“Non c’è nulla da temere.” disse questo disperdendo gli isolani. “I festeggiamenti andranno avanti fino alla fine, me lo ha assicurato Calypso.”
“Davvero?” chiese Fain ancora intontito al vecchio che stava rassicurando le ultime persone. Con un cenno gli ordinò di stare zitto e continuò a parlare con i compaesani più cocciuti.
Dopo qualche minuto, quando riuscì finalmente a fare uscire tutti, si girò verso il nipote e gli disse: “Calypso è scomparsa.”
“Cosa?” esclamò Fain. “Perché hai mentito a quelle persone?”
“Meglio una bugia che seminare il panico inutilmente.” rispose il vecchio, sedendosi su una sedia e prendendosi la testa tra le mani. “Non so dove sia finita. Questa mattina, quando mi stavo per coricare dopo quelle ore di preghiere intense, sono arrivati da me tremanti e spaventati quei due ragazzi che si era portata dietro dal continente.”
“Misty e Taron?” domandò il ragazzo, ormai sicuro che quello della sera prima non era stato un semplice sogno.
“Esattamente. Mi hanno detto che Calypso gli aveva ordinato di tornare al villaggio, mentre lei sarebbe dovuta andare su un’altra isola.” continuò il vecchio, ripiegato su se stesso. “Non hanno saputo dirmi cosa doveva fare, ma mi hanno assicurato che avevano compiuto lo stesso giro delle isole fatto la sera precedente quindi rimane un unico posto in cui lei sia potuta andare…”
“L’isola dei draghi!” esclamò Fain. “Nonno, io so cosa doveva fare ma non posso spiegarti ora tutto quello che è successo in questi ultimi due giorni. Devo correre da Dandelion e, fidati di me, stanotte Calypso sarà presente ai festeggiamenti.”
Il vecchio non fece neanche in tempo a ribattere che Fain era schizzato fuori, correndo fino a casa del suo amico; trascinandolo fuori a forza, entrambi si precipitarono più in fretta possibile alla dimora della loro regina.
Spalancando la porta, furono accolti da Misty che, impassibile, gli chiese: “Su quest’isola non vi hanno insegnato a bussare?”
“Non fingerti indifferente a tutto!” esclamò Fain. “So che Calypso è sparita.”
“Cosa?” urlò Dandelion guardando prima il suo migliore amico, poi la maga.
Facendo un cenno d’assenso, Misty disse: “È vero. Né io né Taron sappiamo dove sia andata… ci ha solo ordinato di tornare qua ad aspettarla.”
“So dov’è.” mormorò Fain, mentre Taron faceva la sua comparsa nella sala.
“Tu.” disse indicando quest’ultimo. “Dandelion ti accompagnerà all’isola dei draghi dove siamo stati l’anno scorso: Calypso deve essere andata a parlare con il loro capo e, probabilmente, deve essere successo qualcosa se non è ancora tornata. Dovete trovarla e riportarla qua a tutti i costi.”
“E tu come fai a saperlo?” chiese Misty mentre gli altri due ragazzi iniziavano a borbottare qualcosa contro Fain.
“Ti spiegherò strada facendo, non preoccuparti.” le rispose prima di dire al suo amico: “Andrete col tuo drago, così sarete più veloci.”
“Non sa volare…” borbottò Dandelion, furioso per il contrattempo che stava impedendo la riuscita del suo piano.
Tossendo, Taron disse: “Primo, il drago è mio: mi ha scelto come suo padrone. Secondo, ieri sono riuscito a insegnargli a volare... più o meno.”
“Ottimo, allora partite immediatamente. Tu Misty, invece, seguimi.” ordinò Fain trascinandosi dietro la ragazza, mentre gli altri due correvano fuori. Questa, camminandogli vicino, chiese che cosa avesse intenzione di fare e lui, trafelato, le rispose: “Ho solo bisogno di un tuo incantesimo e, soprattutto, di parlarti.”
“Ovvero?” esclamò lei.
“Devi allontanare la tempesta, o almeno provare a farla ritardare.” le disse Fain continuando a camminare e dirigendosi nel folto della foresta. Bloccandosi di colpo, Misty lo guardò mesta e mormorò: “Non credo di saperlo fare…”
“Cosa voleva farti fare stasera Calypso?” le domandò il ragazzo prendendola per mano e trascinandola via con sé.
“Non me lo ha detto.” gi rispose.
“Secondo me ti avrebbe fatto fare questo, quindi seguimi e non preoccuparti.”
Misty decise per il momento di non contraddirlo e lo seguì in mezzo alla foresta. Correndo seguirono il corso del fiumiciattolo, raggiungendo una collina abbastanza alta da cui si poteva vedere gran parte dell’isola e i profili di quelle vicine.
“Vedi quelle nuvole là?” le domandò Fain indicando un carico di nuvole scure che, dal Nord, venivano a mischiarsi con quelle bianche che schermavano il sole, facendo già preoccupare gran parte degli isolani.
“Ti ho già detto che non sono capace di modificare le condizioni climatiche…” ripeté Misty guardando in lontananza le increspature del mare. “I maghi alla corte di Cain non hanno avuto tempo di spiegarmelo.”
“Però sai leggere il futuro di una persona, far levitare oggetti, costringere persone a dire la verità… sicura di non saper fare altro?” le chiese ironico.
“Non ne sono capace. Per fare quello che mi chiedi avrei bisogno di un’energia enorme e, oltretutto, interferire con la natura spesso causa danni incalcolabili.” disse lei. “E il futuro di Dandelion l’ho visto per puro caso.”
“Caso?” domandò Fain sedendosi per terra. “Esiste ancora il caso?”
Misty non rispose; preferì sedersi vicino a lui e guardare il cielo.
“Sì… e no. Sai, io ho sempre voluto imparare il più possibile, riempirmi la testa di ogni nozione che potesse tornarmi utile in futuro, volevo essere la migliore in qualcosa. Qualche mese fa ti avrei guardato con disprezzo, svuotandoti addosso tutto il contenuto di un libro per sentirmi superiore… eppure il periodo che ho trascorso alla corte di Cain è riuscito a cambiarmi. Ho scoperto i miei poteri e ho imparato ad usarli, mi sono innamorata profondamente di un uomo che non ricambierà mai, ho visto crollare tutte le idee che mi ero fissata in testa una ad una… ho imparato più cose in quel mese che negli anni precedenti.” disse osservando gli intarsi che creavano tra loro le nuvole.
“E cosa c’entra questo con la mia domanda?” le domandò Fain.
“Il caso esiste, perché se non fosse per lui sarei ancora la bambina saccente della corte di mio padre; ma non esiste perché se mio padre non mi avesse dato in sposa a Taron non sarei mai arrivata qui dove sono ora.” bisbigliò, per aggiungere subito dopo: “Le celebrazioni non sono ancora avvenute, se te lo stai chiedendo.”
“E Dandelion?” chiese il ragazzo guardando in lontananza un drago sollevarsi e volare via.
“È uno dei discendenti del ragazzo della leggenda che ti ho raccontato ieri. Sparirà anche lui… voleva chiedermi di essere trasportato sul continente, da Cain: crede che il suo destino sia altrove. Proprio per questo ha rubato un uovo di drago, per scappare.” disse Misty con un grosso sospiro.
“In un certo senso ha ragione…” sussurrò Fain.
E rimasero zitti a osservare il cielo.
 
Taron e Dandelion volavano veloci verso l’isola dei draghi.
In pochi minuti si trovarono a sorvolarla, mentre alti ruggiti si levavano dall’intrico di piante sotto di loro.
“Non avrei mai detto che potesse essere così veloce.” urlò Dandelion per sovrastare i ruggiti e il rumore del vento che fischiava nelle loro orecchie.
“Ovvio… non hai mai nemmeno provato a parlargli.” gli rispose Taron, chiedendo mentalmente al drago di raggiungere il luogo dove si erano riuniti gran parte dei suoi simili. Questo iniziò a planare dolcemente verso terra, dirigendosi nel punto in cui i ruggiti arrivavano con maggior intensità: i draghi, nascosti dalle chiome degli alberi, si erano riuniti in cerchio per osservare la discussione iniziata la sera prima tra la regina dei Corals e il loro capo, un enorme drago dalle scaglie verdi sul dorso che sfumavano fino al rosso sul suo ventre, a proposito dell’uovo trafugato l’anno prima.
I nuovi arrivati vennero accolti dal circolo con fiammate rosse e azzurre e il capo, giratosi di scatto, li ricevé con un feroce ringhio: la loro presenza non era affatto gradita. Calypso invece, per nulla spaventata dalla bestia che le stava davanti, li salutò allegramente, gridando: “Finalmente siete arrivati! Pensavo che non sareste più venuti a prendermi… in ogni caso vi presento il Re. L’uovo trafugato era uno dei suoi.”
Dandelion, sceso per raggiungere la sua regina, si irrigidì sul posto.
“Gli ho parlato anche di te Dandelion: il Re è stato molto contento di apprendere che ti sei occupato amorevolmente del suo suddito mentre era lontano dai suoi simili.” aggiunse Calypso strizzandogli l’occhio, seguita da un poderoso ruggito d’assenso del capo. “Ma preferirebbe che suo figlio fosse nutrito meglio: gli pare un po’… denutrito.” 
“Sarà fatto…” borbottò il ragazzo abbassando lo sguardo, mentre Taron osservava attento il circolo dei draghi. Non avrebbe mai creduto che ne esistessero così tanti: fino a qualche mese prima pensava che fossero solo delle leggende inventate per tenere buoni i bambini e invece ora era in mezzo a una comunità di questi… gli sembrava tutto così incredibile.
“Bene, visto che la questione sembra essersi risolta per il meglio, noi prenderemmo congedo.” disse la regina inchinandosi profondamente davanti al Re, che assentì con un poderoso ruggito.
La donna, prendendo a braccetto Dandelion, ancora impalato vicino a lei, si diresse velocemente da Taron, già pronto a partire. 
“Arrivederci!” urlò Calypso al circolo mentre si alzavano in volo per tornare indietro; le rispose un coro di ruggiti e fiammate.  
Impiegarono una manciata di minuti per tornare alla radura dove Dandelion teneva il drago che, nel frattempo, era stato scorto da Misty e Fain durante la sua planata: i due gruppi iniziarono quindi simultaneamente a dirigersi verso l’abitazione della regina, dove si ritrovarono poco dopo.
“Misty!” esclamò la regina correndo incontro alla ragazza per abbracciarla. “Cara mia… lo sai che stasera avrò ancora bisogno del tuo aiuto?”
“Se è per scacciare il cattivo tempo, mi spiace ma non sono capace di farlo.” le disse lei scoccando un’occhiata a Fain.
“Ma che idea balzana! Non sarà certo un po’ di pioggia a rovinare la fine dei festeggiamenti: ho bisogno di te per altro…” borbottò Calypso. “Ragazzi, grazie per essermi venuti a recuperare, ma ora è meglio che torniate a casa vostra. E, Fain, spiega a tuo nonno che non c’è nulla di cui preoccuparsi per stasera.”
“Va bene…” mormorò il ragazzo allontanandosi con Dandelion.
Camminarono per un po’ in silenzio, fino a quando Fain chiese al suo amico: “Come è stato?”
“Cosa?” gli rispose lui.
“Ritornare sull’isola dei draghi.”
“Per un attimo ho avuto paura che mi incenerissero.” rispose con un sogghigno. “Ero completamente terrorizzato… una parola sbagliata e molto probabilmente non sarei qui a parlare con te.”
“Ti è andata bene.” disse Fain tirandogli una gomitata. “Avrei avuto diversi problemi a spiegare tutto a mio nonno senza morire di conseguenza.”  
Iniziarono entrambi a ridere di gusto, come non facevano da giorni.
A Fain già mancava.
 
La terza sera è la più importante.
Dopo i canti della prima e  le preghiere della seconda l’ultima serve a sancire la fine della primavera: al calare del sole tutti gli abitanti si dirigono con delle offerte, in silenzio, verso il punto più alto dell’isola e lì si fermano a osservare i draghi che volteggiano per il cielo, ad ascoltare il lontano sciabordio del mare o, semplicemente, a parlare mentre i più piccoli giocano. Ma, quando arriva la mezzanotte, il silenzio cala nuovamente su ogni isola mentre ogni abitante porta le sue offerte su una pila di legna, preparata la mattina, che poi verrà bruciata.
Fain si era sempre chiesto cosa c’entrasse bruciare tutte quelle offerte (composte perlopiù da vecchi oggetti) con la fine della primavera e, dopo lunghe e attente osservazioni, era giunto alla conclusione che abbandonando tutto quel vecchiume, abbandonavano anche tutte le preoccupazioni che li avevano oppressi durante il resto dell’anno. Suo nonno aveva riso parecchio quando gli aveva proposto questa teoria e gli aveva spiegato che in realtà le offerte servivano a placare l’animo del dio della pioggia, che rimaneva inebriato dai vapori che si levavano verso il cielo.
Come ogni anno, Fain aveva portato come offerta una lettera inviata da i suoi genitori, mentre Dandelion era venuto a mani vuote giustificandosi come al solito con un “posso anche far bruciare una foglia, tanto un’offerta vale l’altra”. Entrambi si erano seduti sull’erba umida a causa della pioggia che era caduta copiosa durante il pomeriggio e si erano messi a parlare del più e del meno.
“Ti sei mai chiesto di cosa siano fatte?” chiese a un certo punto Dandelion al suo amico.
“Cosa?” ripose Fain.
“Le stelle: da piccolo pensavo fossero lucciole, poi le anime dei draghi più antichi, ma ora… secondo me sono solo pura luce. Troppo lontane per noi, ma non irraggiungibili.” disse tenendo fisso lo sguardo verso il cielo. “Peccato che siano semplici fantasie da bambini.”
“Sai, Misty mi ha raccontato una storia su un ragazzo che diventava  una stella e… insomma, mi ha detto alcune cosa su di te.” disse Fain strappando qualche filo d’erba.
“L’ha raccontata anche a me… è una brava ragazza, Fain. Credo anche che tu le piaccia.” disse alzandosi.  
“Non penso.” rispose Fain sorridendo. “Comunque, dovremmo andare vicino agli altri… ormai è quasi mezzanotte.”
L’amico rispose al sorriso. “Sinceramente, non mi importa.”
“Cosa? Ma…” mormorò Fain, subito bloccato dall’amico. “Sai anche tu cosa sta per succedere: diventerò immortale, tutti mi guarderanno e sapranno il mio nome. Non sei l’unico con cui parla la maga, sai?”
“Non dire stupidaggini e vieni via con me.” ribatté Fain cercando di trascinarlo via.
“Fain, non posso farci niente…” disse l’amico.
La mezzanotte, nel frattempo, era arrivata: tutti gli isolani erano zitti, con gli occhi puntati sui due ragazzi che continuavano a discutere nonostante il divieto di parlare.
“Almeno ti mancherò?” gli chiese Fain e Dandelion, sorridendogli, rispose: “Ma certo… che domanda è?”
Fain non fece in tempo a rispondergli.
Di colpo Dandelion iniziò a brillare di una luce azzurra intensa, mentre dalla punta dei piedi si sprigionavano le fiamme di un fuoco leggero, di un blu brillante, che lentamente venne a ricoprire tutto il suo corpo. Tra le lingue di fuoco che ormai l’avvolgevano, Fain riusciva ancora a scorgere il suo sorriso, più luminoso che mai, mentre, come una cometa, veniva trasportato in alto per prendere il posto di quella piccola stella evanescente del racconto.
“Era una domanda legittima...” mormorò Fain, guardando il suo amico brillare sempre meno nel cielo, fino a sparire.     




Angolo Autrice:

Arrieccomi! Vi ero mancata, nevvero?
Volevo sorprendervi tutti nel finale, ma non so quanto mi sia venuto bene... in ogni caso devo ancora pubblicare l'epilogo. L'ultima conversazione di questo capitolo è una delle mie preferite, probabilmente perchè il riprende qualcosa di vero... 
Comunque, vi lascio con le solite raccomandazioni: recensite la storia, anche per dirmi che fa schifo (tanto non mi offendo, dico sul serio).
Mi piacerebbe veramente tanto avere qualche altra opinione :)
Bye bye,

BekySmile97 


 

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


 Epilogo: 
 
“Nonno!” esclamò il bimbo comparendo in salotto di prima mattina.
“Dimmi tutto…” borbottò il vecchio ancora mezzo addormentato. La notte prima aveva faticato ad addormentarsi e quella sveglia mattutina non l’aiutava di certo.
“Non hai finito raccontarmi la storia!” disse il bambino mettendo il broncio.
“Certo che l’ho fatto tesoro. Solo che ti sei addormentato…”
“Tutte quelle parole difficili mi hanno fatto venire sonno.” si giustificò mentre tentava di salire, impacciato, sulle ginocchia del nonno che con un sospiro lo prese in braccio.
“Ormai mi sembri abbastanza grande per sentire la versione più difficile. Sai…” mormorò il vecchio, abbassando la voce come se stesse per rivelargli un grande segreto “… la prima volta che l’ho sentita mi è stata raccontata proprio come te l’ho detta io ieri sera.”
“Davvero?” domandò il bimbo arricciando il naso in una smorfia buffa.
“Certo. Non mi credi?”
“Sì. Sì che ti credo nonno!” disse il bambino. “Ora puoi finire di raccontarla?”
“Va bene… dunque, il ragazzo era ormai diventato una stella che poteva brillare solo per tre giorni l’anno ma la strega, per punirlo completamente, impose che alla morte del nuovo astro un altro uomo, un suo parente, dovesse prendere il suo posto.” disse il vecchio e, vedendo la faccia smarrita del piccolo, aggiunse: “Astro significa stella.”
“Ah… e finisce così?”
“Non proprio. Sai, quand’ero giovane ho assistito allo scambio tra un anima e la stella… un attimo prima il mio migliore amico era di fronte a me, felice e vivo, pronto a combinare chissà che cosa, e l’attimo dopo… l’attimo dopo non c’era più.” raccontò Fain.
Suo nipote lo guardò con gli occhi sgranati, leggermente lucidi. “È triste.”
“Lo so... è avvenuto tutto l’ultima notte della festa di fine primavera. C’era anche una strega, ma lei era buona, mi aveva detto che sarebbe accaduto e aveva provato ad aiutare il mio amico. Penso che se Dandelion avesse potuto vedere il modo in cui è sparito, avrebbe applaudito e ne sarebbe rimasto ammirato: in pochi attimi è diventato scintillante, sembrava del fuoco freddo, ed è volato via come una cometa. Peccato che procedeva al contrario…” disse il vecchio, mentre il nipote piagnucolava sulle sue ginocchia.
“Non mi piace più questa storia.”
“Solo per quest’altra fine?” chiese Fain, mentre il bimbo faceva cenno di sì con la testa.
“Sai cosa c’è di bello nei finali tristi?” gli chiese. Ottenuta nuovamente la piena attenzione del nipote, disse: “Le storie tristi ti aiutano ad apprezzare quello che hai.”
“Non capisco.” brontolò il bambino, tirando su col naso. “Io sono già felice: ho te, la mamma e il papà.”
“Esatto. Noi siamo felici, ma spesso ci dimentichiamo di esserlo… mi faresti una promessa?” domandò Fain.
“Sì nonno!”
“Devi promettermi che ti ricorderai sempre quello che ti ho raccontato oggi. Lo farai?”
“Te lo prometto.” disse il bimbo, serio, posando la mano destra sul cuore. Una volta aveva visto sua mamma fare la stessa cosa e quindi pensava che fosse giusto.
“Bravissimo. Cosa vuoi fare ora?” gli chiese il vecchio mentre il nipote saltava giù dalle sue ginocchia.
“Andiamo a fare colazione e giochiamo assieme. Poi stasera mi racconterai un’altra storia… che ne dici?”
“Mi sembra perfetto.”
 


Angolo Autrice:

Che ne dite? È la prima long che finisco (nonostante questa sia molto corta), quindi mi interessano veramente tanto i vostri pareri.
Il contest a cui partecipava all'inizio è saltato, però ne ho trovato un'altro a cui farla partecipare; in questo modo sono anche riuscita a riprenderla in mano seriamente e a correggerla almeno un po'... ha ancora dei difetti (vadi la trama, ho provato a sistemarla ma credo che bbia ancora un "buco"), ma almeno non è più colma di tutti quegli errori che ci avevo infilato prima :)
Vabbè, oggi non sono molto loquace: ringrazio solo chiunque l'abbia letta e chi è riuscito ad arrivare fino a qui.
Alla prossima! 


BekySmile97 

 

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