Dodici mesi al distretto Dodici

di ninety nine
(/viewuser.php?uid=649950)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** GENNAIO ***
Capitolo 2: *** FEBBRAIO ***
Capitolo 3: *** MARZO ***
Capitolo 4: *** APRILE ***
Capitolo 5: *** MAGGIO ***
Capitolo 6: *** GIUGNO ***
Capitolo 7: *** LUGLIO ***
Capitolo 8: *** AGOSTO ***
Capitolo 9: *** SETTEMBRE ***
Capitolo 10: *** OTTOBRE ***
Capitolo 11: *** NOVEMBRE ***
Capitolo 12: *** DICEMBRE ***



Capitolo 1
*** GENNAIO ***


banner


Sangue tiepido che schizza la neve.
Thread rimane ad osservarlo quasi affascinato, rosso su bianco, prima di sollevare il braccio un'altra volta. Sente i muscoli contrarsi, il braccio abbassarsi e la frusta schioccare quando colpisce la schiena del giovane che ha davanti.
Gli sbuffi di fiato che escono dalle labbra e dalle narici del pacificatore si condensano in nuvolette di fumo che si dissolvono nell'aria. 
Fa freddo al Distretto Dodici nel mese di Gennaio, ma Romulus Thread non lo sente, a differenza del ragazzo accasciato a pochi centimetri da lui, con la schiena nuda e sanguinante e le braccia legate al palo della fustigazione. Lui sì che sente tutta la rigidezza della stagione, mentre i gemiti di dolore fuoriescono dalle labbra violacee.
Il capo pacificatore disprezza il ragazzo, la sua condizione di debolezza di fronte alla frusta, il suo corpo che cede.
Chiunque senta freddo per lui é un perdente.
L'uomo non capisce che lui il freddo ce l'ha dentro di sé.
Il suo cuore é di ghiaccio perché nessun affetto l'ha mai riscaldato. Non ha mai provato cosa significhi avere intorno a sé il calore di una famiglia. E' cresciuto in un'accademia per pacificatori, bianca e sterile, dove i suoi genitori lo hanno lasciato appena nato. Non sa chi è, non sa da che distretto viene.
Durante la sua crescita, è sempre stato elogiato dagli addestratori come se venisse da Capitol City, ma con una freddezza che non smetteva mai di ricordagli che in realtà era orfano, che poteva provenire da uno di quei distretti di cui tanto odiava gli abitanti. In questo clima Thread ha sviluppato una corazza che ha protetto il suo corpo dalla violenza, rispondendo nello stesso modo. La legge del taglione prima, quella del presidente Snow dopo sono diventate la sua Bibbia. Ma di pari passo con la corazza esterna, se ne è sviluppata un'altra, interna. Una patina di ghiaccio ha iniziato ad avvolgergli il cuore, diventando sempre più spessa. L'inverno é sempre in lui: al suo interno si stende una landa desolata, così simile a quel prato che al distretto viene scritto con la maiuscola, Prato, come per connotargli una qualche importanza che non ha.
Nulla nel Dodici ha importanza per Thread: né le strade piene di neve, né i visi scarni degli abitanti infreddoliti, né i tentativi disperati di sopravvivere all'inverno della maggior parte di essi.
A lui importa solo che la legge venga rispettata. Prima verrà rispettata, prima lui potrà tornare a casa sua, in quel luogo bianco e perfetto che ha imparato a considerare tale, dove gli inverni non sono mai così gelidi. Perché il pacificatore, anche se non sente freddo, sta iniziando ad odiare quell'inverno.
Sta iniziando a rispecchiarsi in quel gennaio rigido e spietato, che fa soffrire e uccide di freddo e di fame. Anche lui fa soffrire e uccide, non di freddo o di fame, ma per conto di un uomo che porta il nome di un elemento che contraddistingue gli inverni del dodici: la neve.
Candida fuori, ma spietata dentro. Come Snow. Come lui. Come tutti i pacificatori.

 

 

 

Buongiorno principesse lettori! Grazie mille a chi è arrivato fino qui!
Dovete sapere che questa storia è nata un po' per caso osservando i paesaggi mattutini fuori dal finestrino del pullman. Che cosa c'entri questo con una storia che deve raccontare il Dodici in tutte le sue stagioni e che tra l'altro inizia con un personaggio che l'autrice (aka io) odia, proprio non lo so.

Volevo iniziare questa raccolta con un personaggio un pochino più simpatico di Thread (bastar***, quasi mi uccidi Gale), ma proprio non sapevo chi abbinare a Gennaio se non lui. Vi prometto che il prossimo sarà più allegro, parleremo di madre e figlia e chi mi conosce un poco può già immaginare chi saranno queste due!
Anyway, ho cercato di descrivere sia il Dodici il primo mese dell'anno che di provare a conoscere un po' meglio il Pacificatore... spero che il risultato si qualcosa di leggibile!

Come al solito, una recensione mi farebbe piacere.

Grazie mille e a presto k_j

EDIT 16/03/14 Sono riuscita a creare e a inserire un banner...alleluia!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** FEBBRAIO ***



banner

Quella mattina, la brina imbiancava i prati e la nebbia rendeva il Distretto quasi irriconoscibile.
Era una cosa che a Febbraio succedeva spesso, soprattutto di mattina presto, prima che la luce del sole invernale illuminasse l'ambiente con tinte sbiadite.
Camminando nei dintorni del Prato, diretta a casa di Haymitch, Hazelle poteva quasi immaginare di essere in uno dei suoi vecchi libri di fiabe, quelli che suo fratello le leggeva sottovoce, entrambi rannicchiati sotto le coperte, ogni volta che i loro genitori litigavano per qualche motivo. Succedeva di rado, ma la donna ricordava come Febbraio fosse, per qualche motivo, il momento in cui accadeva di più. Probabilmente era perché, in quanto mese più corto dell'anno, i minatori ricevevano una paga più scarsa e a casa il cibo mancava più del solito. Hazelle aveva capito che, soprattutto negli adulti, aver la pancia piena in molti casi equivaleva alla serenità, mentre sentir brontolare lo stomaco significava rivendicare sugli altri il proprio malessere.
Avendo provato lei stessa cosa volesse dire assistere ad un litigio senza poter intervenire per fermarlo se non con gravi conseguenze, la donna cercava di non rendere il suo atteggiamento verso i figli lo specchio di ciò che provava dentro di sé, anche se a volte avrebbe voluto urlare che il mondo non era altro che una serie di ingiustizie. Di non litigare ormai non doveva preoccuparsi: aveva perso da tempo persona con cui farlo.
Sentendo la famigliare fitta di nostalgia che le attraversava il cuore nel pensare al marito, Hazelle sollevò gli occhi e lasciò vagare lo sguardo sul paesaggio che la circondava, reso bianco e grigio dalla neve sporca e dalla polvere di carbone.
Un cane vagava nel Prato, probabilmente cercando del cibo sul terreno gelato.
Posy, che camminava aggrappata alla manica del suo cappotto sollevando un braccio per rimanere in equilibrio ogni qualvolta che i suoi piedini incontravano una zona più scivolosa, aprì la bocca per parlare.
-E' un lupo, mamma? Come quelli che ci sono nelle storie che mi racconta Gale?-
Hazelle sorrise e guardò a lungo la bambina, rivedendo il lei ciò che un tempo era stata. Era bella Posy, con gli occhi svegli e curiosi che osservavano il mondo dietro la patina di innocenza tipica dei bambini. In cuor suo la donna sapeva che, come era successo per gli altri, anche la sua ultimogenita si sarebbe ritrovata a crescere troppo in fretta, ma ora era ancora un seme, sepolto sotto la neve di Febbraio, in attesa del momento giusto per sbocciare.
Soltanto che, quando sarebbe sbocciata, il mondo non avrebbe mantenuto i suo toni da favola.
-No, Sy. I lupi vivono solo nei boschi. Questo é solo un cane che cerca qualcosa da mangiare.- 
Posy osservò il cane e corrugò la fronte, regalando alla donna una delle sue espressioni buffe e concentrate. Le guance arrossate dal freddo contrastavano con gli occhi chiari e i capelli corvini della bambina.
Una piccola Biancaneve, ecco quello che sembrava sua figlia.
Una piccola Biancaneve moderna.
-I lupi delle fiabe sono cattivi e mangiano le persone. Anche questo cane mangia le persone, se ha fame?-
Hazelle sistemò la frangetta della bimba, scompigliata dal vento freddo che aveva iniziato a soffiare rendendo meno fitta la nebbia un po' più visibili i pochi colori che la neve mostrava nel suo lento processo di scioglimento, e le aggiustò la sciarpa lisa sul collo. Non voleva che la bambina si ammalasse, aveva già avuto una brutta tosse qualche mese prima e avrebbe evitato volentieri che l'avvenimento si ripetesse quando tutti iniziavano ad attendere la primavera, nonostante fosse ancora lontana.
-No, tesoro. I cani non mangiano le persone, mai.-
Tra miserabili ci si rispetta avrebbe voluto aggiungere la donna, ma temeva che Posy avrebbe frainteso. Aveva fin troppo tempo davanti a sé per capire come andava veramente il mondo. Finché poteva rimanere seme, Hazelle non avrebbe interferito. Dopotutto, aveva appena compiuto cinque anni, anche se in molti aspetti sembrava più grande.
-Ma avrà fame, poverino. Posso dargli un po' di questo?- chiese, cacciandosi una mano in tasca e tirandone fuori un pezzo di pane duro, di quello che nel Giacimento si faceva in casa con la razione di cereali delle tessere.
-Tanto a me non piace molto...- osservò la piccola.
Gli occhi di Hazelle si oscurarono un attimo davanti alla consapevolezza di non poter offrire nulla di meglio alla figlia. Già quel poco che aveva e derivava dai sacrifici del primogenito e del secondogenito, ma sembrava non bastare mai.
-Lo so che non é buono, Posy, ma é l'unica cosa che abbiamo. Rory si é impegnato per avere i cerali per farlo. - rispose, stringendo le dita della bambina attorno al pezzo di pane.
Si è impegnato aumentando le sue possibilità di essere estratto agli Hunger Games, tra qualche mese. Ora che non devo preoccuparmi più per Gale, inizia Rory.
La sua prima mietitura sarebbe stata quella per l'Edizione della Memoria e in cuor suo Hazelle temeva per la vita del figlio, visto che ormai loro erano considerati tra i parenti più prossimi della Ghiandaia Imitatrice.
Ma le modalità dei 75° Hunger Games si sarebbero saputi solo di lì a un paio di settimane. Sarebbe stata una giornata di Febbraio a decidere la possibile sorte del figlio e di tutti loro che abitavano il Distretto. Vista la sete di spettacolo che c'era nella capitale, nessuno era mai al sicuro.
-Tienilo per pranzo, su, che non é detto che Haymitch sia disposto a darti qualcosa, oggi.-
La bambina annuì, lanciando un'ultima occhiata all'animale e rinfilandosi il pane in tasca lasciandovi poi la mano per scaldarla.
-Andiamo ora, Sy, che ci starà aspettando.-
E grazie a dio che ha acconsentito perché io potessi portarmi dietro anche te, mentre lavoro,o non avrei proprio saputo a chi lasciarti, con Gale in miniera e gli altri due a scuola aggiunse la donna nella sua mente.
Era incredibile, ma vedeva come la figlia operava sul cuore di Haymitch. Un piccolo seme che stava aiutando tutti i suoi simili che erano rimasti troppo a lungo sepolti nel cuore di Haymitch, attendendo una primavera che non era mai arrivata, ad uscire uno ad uno allo scoperto. Gentilezza e coraggio erano presenti in quel cuore burbero, nascosti sotto la neve di Febbraio che piano piano iniziava a sciogliersi al primo, tenue sole.
- Posso raccontare a Haymitch della storia del lupo?-
Hazelle sorrise con dolcezza alla nebbia che iniziava a diradarsi.
-Certo che potrai, se ti ascolterà, tesoro. Ma io credo proprio che lo farà. -
Posy annuì convinta e si voltò in direzione del Villaggio dei Vincitori, strattonando la manica dello spolverino della madre.

-Allora andiamo, che se no mi dimentico quello che gli devo dire!-
 



 

 

Buongiorno!
Miracolosamente, dopo solo *va a controllare* 3 giorni, ho aggiornato. Così presto? Ebbene sì, ma non abituatevi troppo bene perché sarà difficile che succederà ancora, anche se il terzo capitolo è già quasi del tutto sviluppato!
Comunque, bando alle ciance..questo secondo capitolo è molto più soft del primo, molto più lungo e meno introspettivo, anche se un po' ho tentato di mantenere la linea. Parliamo di Febbraio e, come promesso, di una madre e una figlia: Hazelle e Posy. Quanti di voi se lo aspettavano?
Se non si fosse capito, la storia è ambientata tra la fine di Hunger Games e l'annuncio dei 75° Giochi, come periodo dovrebbe starci!
Ringrazio qui tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere e recensire questo e l'altro capitolo, è un onore sentirvi! Grazie!
A presto k_j

PS: Questo capitolo è stato per metà scritto ascoltando ''In un giorno di pioggia'' dei MCR. Il mio prof di religione ce l'ha fatta ascoltare e me ne sono innamorata...non centra assolutamente nulla, ma mi piaceva scriverlo!

EDIT 17/03/15: Inserito il banner! I prestavolto sono Mackenzie Foy per Posy e Katerine Keenere per Hazelle...spero vi piaccia :)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** MARZO ***


Quel giorno, il sole brillava pallido nel cielo, illuminando tutto il Distretto e facendo prevedere agli abitanti l'arrivo imminente della primavera.
Era raro che a Marzo capitasse una giornata cosi calda e soleggiata e Rory, con il cesto di biancheria in mano, si godeva tutto il tepore che il sole donava alla sua pelle.
Il ragazzo odiava l'inverno almeno quanto lo odiava suo fratello Gale, ma per un motivo diverso dal suo, strettamente legato alla selvaggina che d'inverno sembrava scarseggiare sempre: in inverno tutto sembrava più grigio e al Dodici di grigio ce n'era già fin troppo.
Persino gli occhi di Prim, che Rory amava osservare di sfuggita ogni volta che la incrociava fuori da scuola o in qualunque altro luogo, in inverno sembravano meno azzurri, mentre con l'arrivo di Marzo ritornavano ad avere tutte le sfumature dell'acqua cristallina.
In effetti, se Rory avesse dovuto abbinare Prim a una stagione, quella sarebbe stata proprio la primavera.
Distratto dai suoi pensieri il secondogenito di casa Hawthorne non si rese conto che una brezza fresca aveva iniziato a soffiare, almeno finché un soffio di vento più deciso fece quasi volare via un fazzoletto immacolato dal cesto. Il ragazzino allungò velocemente la mano, afferrandolo un istante prima che cadesse a terra, ma rischiando di rovesciare tutto il resto nella polvere dai toni di grigio e marrone.
-Accidenti!- bofonchiò sottovoce, cercando di sistemare al meglio il pacco di biancheria.
Rory sapeva di non poter sporcare nemmeno uno di quei panni che sua madre aveva lavato con tanta cura, oppure i Pacificatori potevano non pagarlo o addirittura decidere che non avevano più bisogno dei servizi di Hazelle. Dall'alto dei suoi undici anni, il ragazzo era consapevole del fatto che non potevano permetterselo, nonostante desiderasse con tutto se stesso che sua madre potesse evitare di consumarsi le dita su quell'asse, con un mozzicone di sapone tra le mani senza che lui potesse fare molto per aiutarla.
Marzo rappresentava anche questo per lui: la possibilità di tornare a dare una mano, in qualche modo. Durante l'inverno sua madre non si fidava a lasciarlo uscire troppo a lungo, al pomeriggio, per paura che prendesse più freddo del dovuto e si ammalasse, e consegnava lei stessa il bucato, tornando con le guance arrossate e le dite ancora più screpolate. Da marzo in poi il compito passava a Rory e lui ne andava orgoglioso. Portava quel cesto rovinato come un trofeo, e poi riportando con ancora più orgoglio le poche monete che gli tornavano come guadagno.
Come compito non gli pesava: gli piaceva sentire il vento sulla pelle, i capelli che si scompigliavano e la lieve pelle d'oca sulla braccia nelle giornate di sole, ancora pallido ma non abbastanza per scaldare del tutto le parti che la maglietta lisa lasciava scoperte. Spesso, dopo aver consegnato tutti i panni, si sedeva nel Prato che iniziava a rinascere pian piano e attendeva il ritorno di Gale dai boschi. Aveva sempre ammirato il coraggio e la forza del fratello e, da quando suo padre era morto, lo aveva preso a modello. Ma a lui mancava una cosa essenziale per essere un cacciatore, ed era la pazienza. Quasi sempre infatti si stancava di aspettarlo e se ne andava prima che questi arrivasse, ma si ricordava sempre di cogliere un mazzetto di violette e primule, i primi fiori che sbocciavano nel distretto, per regalarli a Prim, ma non trovava mai il coraggio di darglielo.
Si avvicinava alla sua casa silenzioso come il gatto che tanto piaceva alla ragazzina, ma poi la intravedeva dietro le tende troppo piccole per le finestre sgangherate con le sue trecce bionde e perdeva tutto il suo coraggio.
Ogni volta tornava indietro correndo, gettando i fiori in fondo al vicolo di Prim, che puntualmente cadevano davanti alla porta di un'altra bambina, Autumn.
Rory sapeva che Autumn si era innamorata di lui, convinta di essere ricambiata, ma a lui non poteva piacere una bambina chi si chiamava come l'autunno. Lui era primavera in tutto il suo essere, in piena fioritura tra infanzia e adolescenza, e così era Prim.
Erano fatti l'uno per l'altra, loro due. Solo che la ragazzina ancora non conosceva ciò che Rory provava per lei.
Il ragazzino pensava a lei nella strada che l'avrebbe portato tra le case dei Pacificatori a cui doveva consegnare la biancheria.
Facendo attenzione a non far cadere il cesto, si chinò a cogliere la prima primula di Marzo e la osservò con uno sguardo tra il tenero e il determinato.
-Un giorno troverò il coraggio di dichiararmi. Lo prometto. -

 


Buongiorno gente!
Sono arrivata con il nuovo capitolo, giusto in tempo. Marzo arriva in paese, marzo arriva al Dodici! (No, non è vero, è solo una coincidenza!)
In questa FF ho dato spazio ancora agli Hawthorne e in particolare al secondogenito di casa, ma nel prossimo capitolo ci sposteremo in un'altra famiglia! Smetto di stressarvi con Gale e company, anche se almeno ancora un capitolo su qualcuno di loro ci sarà sicuramente (ma chissà chi...)
Come al Solito, ringrazio chi ha letto e recensirà questo capitolo e chi lo ha fatto per i precedenti...questa FF mi sta divertendo davvero tanto nello scriverla e sono curiosa di sapere cosa ne pensate!

A presto k_j

PS Questo capitolo invece è stato scritto sulle note di ''Sally'' di Vasco Rossi, di cui mio papà mi ha passato la passione. Questo capitolo lo dedico a lui e a tutto ciò che mi ha insegnato e mi insegna e al suo continuo incoraggiarmi, anche se in modo implicito. Siamo orgogliosi alla stessa maniera. Grazie pà!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** APRILE ***







Primrose Everdeen aveva sempre amato i fiori da cui prendeva il nome.
Erano piccoli e delicati, ma nel contempo forti e capaci di resistere al clima mutevole della primavera del Distretto.
Per la ragazzina era sempre una sorpresa vederli spuntare a cavallo tra Marzo e Aprile, quando ormai la neve si era sciolta del tutto e il prato iniziava a tingersi di verde e giallo.
La cosa buffa era che il suo corpo sembrava aver preso tutte le caratteristiche dalle primule: anche lei era minuta, ma dentro di sé si sentiva forte, un po' come il sole che cercava di resistere alle nuvole piovigginose di aprile, e persino i suoi capelli avevano lo stesso colore dei fiori. Questo in realtà a Prim dispiaceva, perché quando li fissava ai nastri che le chiudevano le trecce sembravano spegnersi e scomparire tra il color grano delle ciocche.
Ma era affezionata a quei piccoli fiori anche per un altro motivo: le ricordavano suo padre.
Katniss le aveva sempre detto che era stato lui a darle quel nome, molto più dolce, più da bambina di quella della sorella maggiore, ma che dava un senso di resistenza quasi uguale al suo, con quelle due R nel mezzo che rafforzavano la dolcezza del nome.
Oltre a questo, la ragazzina si sarebbe ricordata per sempre il giorno della commemorazione dei minatori morti nell'incidente tra cui c'era anche suo papà, accaduta alcune settimane dopo l'esplosione.
Erano i primi giorni di Aprile e la pioggia aveva appena smesso di picchiettare sui vetri delle finestre di casa Everdeen, lavando via almeno un po' della polvere che vi si era posata, ma non riuscendo a far scivolare via nemmeno un po' della confusione che si agitava nel cuore della bambina.
Aveva sette anni e faticava ancora a capire come mai il capofamiglia non tornasse più a casa, la sera, sporco di polvere e sudore ma con quel sorriso che tanto le piaceva, e come mai non la sollevava più in alto con le braccia, facendola volare come le ghiandaie che cantavano insieme a lui, o come mai sua madre sembrasse ogni giorno più distante.
Quel giorno, non appena aveva smesso di piovigginare, Katniss l'aveva aiutata a vestirsi elegante provando a sorriderle nel vederla così bella, nonostante avesse le labbra serrate nel tentativo di trattenere quelle lacrime che a volte Prim le vedeva versare, la notte, sul cuscino di fianco del suo, ma che quel giorno premevano per uscire anche in pieno giorno.
La bambina era rimasta affascinata dalla bellezza della camicetta che le aveva fatto indossare e avrebbe voluto che Ace la vedesse, nonostante Katniss gliel'avesse detto abbastanza chiaramente che non sarebbe più tornato.
Alla sua domanda sul perché si vestissero così bene, anche se lei sopra il vestitino si era ostinata a mettere comunque la giacca di pelle del padre, e come mai lui non era li con loro, con indosso la camicia azzurra che metteva soltanto nelle festività o alla Mietitura, Katniss aveva confermato ciò che la bambina prima aveva soltanto temuto.
Non tornerà più. le aveva detto Questo é il suo funerale, Prim.
Quelle parole avevano aperto nella piccola una voragine che fino a quel momento aveva voluto tener chiusa, ignorando i segni evidenti della morte del padre che la sua sensibilità aveva colto.
Questa sensazione di vuoto le era rimasta sia durante la cerimonia che poi nei giorni successivi e aveva fatto sì che lei ricordasse poco di quei momenti, se non un fatto accaduto mentre si dirigevano in piazza.
La minore delle due sorelle camminava con gli occhi bassi, osservando le scarpe che sollevavano sbuffi di polvere umida ben visibile sotto al sole pallido del mese che filtrava tra le nuvole.
Ad un certo punto aveva visto qualche primula spuntare e aveva strattonato Katniss, indicandogliele.
La maggiore aveva sorriso, ma Prim aveva visto i suoi occhi rimanere spenti, anche mentre si chinava a raccoglierle e gliele sistemava in fondo alle trecce.
La bambina ne aveva stretta una tra le dita ed era rimasta ad osservarla poco convinta.
-Non si vedono- aveva osservato, con le lacrime che minacciavano di scivolarle sulle guance, un po' per quel fatto e un po' per il dolore che provava e che anche le piccole cose sembravano amplificare.
Katniss aveva stretto l'ultima primula tra le dita e aveva sussurrato che papà le avrebbe viste, da lassù.
Prim sapeva che la sorella non credeva che dopo la morte ci fosse qualcosa, lo aveva intuito dai suoi discorsi, ma che stava soltanto cercando di sollevarle il morale e che avrebbe dovuto ricambiare in qualche modo.
Allora la bambina aveva preso il fiore dalle dita della sorella e se l'era portato alle labbra, cercando di farlo suonare come faceva loro papà per farle ridere.
Katniss l'aveva guardata con tenerezza e si era ripresa il fiore.
-Si fa così- le aveva detto, mostrandole come fare e producendo un fischio lungo e lineare. Poi l'aveva guardata ancora e si era accovacciata davanti a lei.
-Facciamo una cosa, Prim? Tutti i giorni, ad Aprile, verremo qui, io e te, e faremo suonare una primula. Papà ci sentirà e saprà che gli vogliamo bene, okay? Aprile sarà il suo mese.-
Gli occhi della sorella avevano preso una sfumatura adulta mentre diceva quelle parole, ma nel frattempo in essi si era accesa anche una piccola scintilla.
Lei aveva annuito e promesso che lo avrebbero fatto, sempre.
Era per quello che, per lei, quel mese era sempre stato speciale, come quei piccoli fiori che portavano il suo nome.
Aprile, con il suo sole tiepido, il tempo ancora mutevole e i colori che ritornavano a brillare, era il mese dedicato a suo padre e le primule il modo di farsi sentire e di dire al mondo che non si era dimenticata di lui, che gli voleva ancora bene nonostante se ne fosse andato troppo presto lasciandole pochi ricordi di loro insieme.
Ci avrebbero pensato le ghiandaie a far si che il fischio del fiore arrivasse dovunque fosse ora, portato dalla brezza leggera della primavera.

 

Buongiorno!

Vi avviso già che scrivere questo capitolo è stata un'impresa, nonostante il paragone Prim-primule sia praticamente ovvio e forse anche per questo, dato che ho cercato di renderlo un po' originale e nel frattempo di rimanere IC e fedele ai tempi del libro (sappiamo che il signor Everdeen muore sicuramente prima di Maggio, altre informazioni mi sfuggono, quindi la scelta era tra Marzo e Aprile e il secondo mese mi sembrava più ''da Prim''. Spero che vi piaccia comunque! )
In questo capitolo mi sono trovata a dover dare un nome al signor Everdeen, e la scelta è caduta su Ace (che dovrebbe leggersi Eis, se non sbaglio). Ho scelto questo nome un po' perché me ne sono innamorata, un po' perché è il soprannome di un mio compagno di classe che ha un carattere simile a quello di Katniss e padre (per quanto quello di quest'ultimo di conosca) e un po' per la sua musicalità, che riporta al saper cantare.
Detto questo, vi avviso che anche il quinto si prospetta difficile da scrivere, ma vedrò di fare il prima possibile, prometto...preferisco pubblicare un po' più tardi ma con una qualità maggiore!
Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento, le opinioni e le recensioni sono sempre ben accette!
Grazie a tutti voi che avete la pazienza di seguirmi, a presto k_j

PS Per chi se lo stesse chiedendo, vi assicuro che le primule fischiano davvero, per lo meno quelle selvatiche!
Nda edit: Mi fanno notare che non libro é specificato che Mr Everdeen muore in gennaio...devo mettermi a rileggere la trilogia. Perdonatemi per questo errore...fate finta che muoia in marzo o che quella di Aprile sia una specie di commemorazione molto post (?) *tenta di giustificarsi in qualche modo stupido*Sorry.

EDIT 24/3/15: Banner inserito!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** MAGGIO ***




L'aria di Maggio metteva Madge di buonumore.
Il sole aveva finalmente iniziato a splendere costantemente nel cielo e le aiuole del giardino di casa sua si erano tinte di colori vivaci.

La figlia del sindaco sapeva che era ipocrita nei confronti degli abitanti del distretto che non potevano averlo, ma a lei quel piccolo pezzo di prato piaceva, quasi quanto le piacevano le fragole che Gale le portava, rosse e succose.
In teoria erano per suo padre, ma lei ne teneva sempre alcune tutte per sè, da mangiare sola nella sua stanza, assaporando il gusto di bosco e di selvatico che avevano.
A Madge il bosco aveva sempre spaventato. Certo, era affascinante, però era proibito. Off-limits. Cosa avrebbe detto suo padre se avesse saputo che la figlia andava nei boschi? Per Madge la sola idea era impensabile, così come quella di avere un papà che la domenica, unico giorno di riposo dal lavoro, prendeva la figlia, o il figlio, e la portava nei boschi, inverno ed estate. Ma dopotutto, era abituata a una figura paterna sempre seduta dietro ad una scrivania con una tazza di tè bollente a fianco, anche ora che il sole di Maggio invogliava ad uscire all'aria aperta.
In fondo al cuore, però, la ragazza ammirava profondamente i due giovani che vi andavano, pur sapendo che non lo facevano per divertimento, ma per sopravvivere.
Anche quelle fragole che lei e il padre aspettavano con ansia fino a Maggio in realtà venivano portate loro soltanto perché pagavano bene, ma a lei piaceva pensare che in realtà Gale, dietro quella corazza di rabbia che utilizzava per sopravvivere alla fame e agli stenti provasse qualcosa per lei.
Sapeva che era stupido sperare, sapeva che Gale era di Katniss e di nessun'altra, vedeva il rapporto che c'era tra loro, ma quando se lo trovava davanti, con il pacchetto di fragole in mano e il sole di Maggio che gli illuminava i capelli tingendoli di riflessi più chiari, non poteva mancare di ammirarlo.
Il ragazzo, da parte sua, aveva accennato a lei una sola volta, in una giornata in cui era particolarmente di buon umore. Glielo aveva detto Katniss, ma la figlia del sindaco aveva paura che le avesse mentito. Stando a sentire lei, Gale le aveva confidato che il suo nome somigliava a quello del mese delle fragole e per questo lui gliele portava ancora, nonostante la considerasse ricca.
Madge sapeva che Gale aveva una specie di avversione per le persone benestanti del distretto e poteva immaginare il perchè.
Aveva anche avuto il coraggio di dirlo al giovane, un giorno in cui il cielo limpido e primaverile iniziava a tingersi dello stesso rosso delle fragole e gli occhi di Katniss e del ragazzo erano più cupi del solito perché, nonostante a maggio solitamente le prede fossero abbondanti, quel giorno era stato difficile cacciare, forse a causa della giornata incredibilmente calda, e ancor più vendere, poiché era il giorno dopo il rifornimento semestrale di Capitol City.
La figlia del sindaco aveva provato a lasciare loro qualche moneta in più, sussurrando tra le labbra un ''Capisco come vi dobbiate sentire'' e pensando di fare un gesto gentile, ma aveva visto le spalle di Gale irrigidirsi ancor di più e i suoi occhi lampeggiare.
Il disprezzo che vi aveva letto l'aveva quasi spaventata.
Il ragazzo le aveva piantato le iridi grigie sul viso a lungo, prima di parlare, lasciandole scorrere sui capelli biondi e ben curati, sulla vita sottile ma non scheletrica e sull'abitino a manica corta che indossava, così diverso dalla sua camicia più volte rattoppata nei punti di maggior usura.

-Tu non puoi capire che significa essere miserabili.- aveva detto, con le labbra strette in un'espressione che aveva stupito la giovane, con il disprezzo che veniva sostituito dalla rabbia e da una sottile vena di rassegnazione per la condizione in cui si era ritovato a vivere.

Poi si era voltato per andarsene e, facendolo, aveva aggiunto, sottovoce un "Ma la colpa non é tua", quasi a voler alleggerire il peso delle parole che le aveva scagliato contro, per poi cominciare a camminare verso casa.
Katniss si era rivolta a lei per un attimo, muovendo le labbra nel formare la parola "Scusa" e correndo poi dietro all'amico, lasciando una ragazza bionda confusa e sola sulla porta della casa più ricca del distretto, con un incarto pieno di fragole in mano e due monete nell'altra, la pelle d'oca sulle braccia nude nonostante l'aria calda del mese.
Più Madge pensava a quelle parole, più Gale aveva ragione. Lei non poteva capire, per quanto si sforzasse. Non poteva farlo suo padre, non poteva farlo Snow, ed era esattamente questo che quest'ultimo voleva.
Divisione.
Gale lo sapeva, ma non poteva fare a meno di arrabbiarsi e di cercare di combatterlo, in qualche maniera.
Katniss lo sapeva e cercava di domare il fuoco bruciante nel cuore dell'amico. Anche la figlia del sindaco lo sapeva e odiava Snow per questo, perché faceva soffrire l'unica amica che avesse mai avuto.
Forse, odiare era una parola troppo grande.
Gale lo poteva odiare, lei no, visto che si poteva definire fortunata. Ricca.
Ma comprando, da Maggio in poi, le fragole da due giovani cacciatori di frodo, anche lei provava a far qualcosa.
A cambiare le cose, anche se ogni giorno le sembrava più inutile.

 

 

 

Buongiorno a tutti! Nuovo mese arrivato...mi stupisco dei miei tempi di aggiornamento, visti i miei standard alquanto lunghi con This is home. Eppure, è come se i personaggi che scelgo diventassero me ad un certo punto e scrivessere la loro autobiografia. Spero che sia quello che trasmetto anche a voi!
Rileggendo la prima storia, quella su Thread, mi sto rendendo conto che lo stile della storia un pochino sta cambiando, ma spero che la cosa non vi dispiaccia.

Parlando di questo capitolo, il nome di Madge mi ha sempre ricordato quello del mese di cui ho trattato, e da lì il collegamento con le fragole e con Gale è venuto quasi spontaneo, anche se rendere bene sia il carattere della figlia del sindaco che quello di Gale tramite i suoi occhi è stato piuttosto difficile, vista la mia adorazione assoluta per quest'ultimo. Ho paura di non esserci riuscita al meglio, ma non sapevo proprio più come cambiarla.
Sappiate che non shippo Gadge, sono più per la Ganna o per Gassidra (?)!
Quella dei rifornimenti di Capitol è una cosa che nei libri non viene detta, ma pure i Radurai vengono riforniti a volte...ho immaginato che anche i distretti due volte all'anno ricevessero dosi massiccie di cibo (i negozianti, sia chiaro, mica gli abitanti del distretto! A proposito...come si dice? Giacimentesi?)

Va bene, smetto di rubarvi tempo.

Grazie a tutti quelli che continuano a seguirmi e a darmi idee, con calma che le svilupperò tutte prima o poi, e a recensire (mi fareste taaaaanto piacere!)
Grazie ragazze (e ragazzi ? ), siete stupende/i!

A presto k_j

PS Mi è venuto lo strano pirlo di creare un banner a capitolo...con calma che magari verrano inseriti!
   
EDIT 05/04/14 Banner inserito! La prestavolto di Madge è Annasophia Robb!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** GIUGNO ***













 

Nda pre capitolo: il violinista protagonista di questa storia è quello a cui Katniss accenna in Mockingjay, che suona al matrimonio di Finnick e Annie. Non sapendo nulla di lui, ho provato a sviluppare qualcosa di lui, scegliendo Giugno come mese in quanto Giugno è la festa del patrono del mio paese e mi piace pensare che al Dodici sia lo stesso.
Ah, dimenticavo, ho deciso di dare al violinista il nome di Jason, almeno sapete di chi parlo!

 

 

Essere un musicista al Distretto Dodici era tutt'altro che semplice, perché i motivi per suonare erano decisamente pochi, ma Jason amava il suo violino quasi quanto amava il sole caldo di Giugno che giocava con i visi delle persone dipingendo luci e ombre su di essi.
Suonava di rado in pubblico, giusto a qualche matrimonio di ricchi che potevano pagarlo e che desideravano dare al loro sposalizio un tocco originale, ma lo faceva solo, nella sua casa bassa e tozza, con il fratello più piccolo che batteva le mani entusiasta.
Era davvero raro che un ragazzo del Giacimento possedesse una cosa preziosa come un violino, ma quello era della sua famiglia da generazioni, unica cosa rimasta del periodo in cui il ramo materno di essa abitava stabilmente nella zona ricca.
Poi, la sua trisnonna aveva deciso di sposare un minatore troncando ogni legame con i genitori, che considerava ipocriti nei confronti della povertà della maggior parte della popolazione e troppo chiusi nella loro bolla di benessere apparente.
Jason non capiva a fondo quella decisione, soprattutto quando la fame gli stringeva lo stomaco e le dita erano troppo intirizzite anche per premere le corde dello strumento.
Era per questa difficoltà che il ragazzo odiava l'inverno, o meglio, amava l'estate.
In particolare, Giugno era il suo mese preferito. Gli piacevano il sole che illuminava le vie, il caldo non ancora torrido e la festa del Distretto, che si festeggiava ogni 21 Giugno e che dava ufficialmente inizio alla stagione estiva.
Per una volta in un anno, le differenze sembravano assottigliarsi e lui aveva la possibilità di suonare e di farsi sentire.
Non era solo, a dire la verità, suonava insieme a un paio di ragazzi, i figli del sarto, che avevano ereditato gli strumenti dai suoi stessi antenati.
Pensandoci, alla lontana erano parenti, in quanto la loro trisnonna era sorella della sua.
Ma, musica a parte, erano troppo diversi per considerarsi poco più che conoscenti.
Il 21 Giugno, tutti scendevano in piazza, con indosso gli stessi abiti di sempre, ma con un sorriso un po' più aperto sulle labbra e la voglia di ballare e di divertirsi, una volta all'anno.
Era sempre lui, con il suo violino, che dava inizio alle danze. Attaccava con una melodia semplice, ritmata e popolare, che tutti, anche i più piccoli, erano capaci di ballare.
C'era tempo, nelle sere invernali, di allenarsi a ballare per mantenere il calore corporeo, o in estate sotto la pioggia o nel cortile vuoto della scuola chiusa.
Quando a Giugno Jason premeva le corde, tutti si mettevano in cerchio muovendo le gambe e poi, due o tre alla volta, entravano nel cerchio e improvvisavano qualche passo. Passi semplici, nulla di straordinario, ma ognuno vi metteva qualcosa di suo. Sogni, paure, speranza per il futuro. Si riuscivano ad intuire molte cose dal modo di muoversi di una persona.
Il ragazzo sapeva già prima di iniziare a suonare la prima coppia che sarebbe entrata in campo a smuovere la polvere secca sotto il sole caldo: ogni anno, Sae la Zozza prendeva sotto braccio Gale fin da quando era solo un bambino che accompagnava il padre nei suoi vagabondaggi domenicali e lo portava nel cento del cerchio tra gli applausi degli altri abitanti.

Dopo di loro, come incoraggiati dalla vista di quella vecchia che improvvisava una specie di danza con il ragazzo, entravano tutti nel cerchio, prima ordinati, poi in un allegro disordine via via che la musica si faceva incalzante sotto l'archetto di Jason.
Katniss e Prim, poi Rory con la piccola Posy che a malapena si reggeva in piedi, di nuovo Gale, con Vick e poi con Hazelle e con Katniss, suo fratello e sua madre, Autumn che si guadagnava Rory e che veniva poi sostituita da Prim, i due gemelli del farmacista insieme alla figlia del macellaio, il macellaio stesso con la moglie, Peeta con il fratello maggiore e poi con una ragazza più piccola di lui, forse la cugina... un vortice di visi che Jason conosceva bene.
Dopotutto, lui conosceva tutti. La musica faceva sì che lui fosse quasi famoso e, sotto sotto, ammirato.
Ma a lui non importava l'ammirazione, a lui importava di far divertire, di far dimenticare per qualche momento la miseria in cui vivevano, di far sì che la gente apprezzasse insieme a lui il sole di Giugno, la polvere che si sollevava sotto i loro piedi, la musica che scorreva su di essi, portando alla luce sogni, emozioni e vita.
Ecco quello che pensava Jason: che la musica fosse vitalità, come Giugno, il suo sole caldo e l'estate che avanzava. Vitalità, come quella che avrebbe voluto sempre avere, ma che per qualche strano motivo, nasceva soltanto il primo giorno d'estate.

 

 

Buongiorno lettori!
Okay, questo capitolo è un azzardo. Il personaggio scelto e l'abbinamento sono stati un grande azzardo, ma il violinista mi ha sempre affascinato e ho deciso di dargli un viso e una storia. Spero vi piaccia! Come avrete notato, ho ripreso alcuni particolari accennati in MJ quando si nomina il ragazzo, come quello d Gale e Sae che ballano insieme, come Katniss e Prim, e del cerchio di persone che ''mostrano il loro gioco di gambe''.
Ho pensato di inserire una festa di Distretto perché mi piace pensare che ci sia qualcosa oltre alla festa del Raccolto...tra l'altro
Insomma, cosa dire ancora... ho scelto il nome di Jason senza un motivo particolare, mi sembrava fosse adatto al personaggio, mentre l'Autumn che nomino è la stessa che si trova nel capitolo ''Marzo''.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, lasciatemi una recensione, dai *occhi da cucciolo di balena*...grazie a tutti coloro che lo fanno, lo hanno fatto, lo faranno, o anche solo che leggono in silenzio!

A presto k_j

PS: Il prestavolto di Jason nel banner è Brenton Thwaites.

PPS: Ne prossimo capitolo credo proprio ci sarà uno dei boss ;)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** LUGLIO ***



Katniss Everdeen era nata a Maggio, ma il suo mese sarebbe dovuto essere un altro.
Infatti, suo padre le aveva sempre raccontato che i nove mesi di gravidanza di sua madre sarebbero dovuti finire intorno alla metà di Luglio, ma lei aveva voluto stupire tutti fin da bambina ed era nata quasi due mesi prima.
Era raro che una bimba nata così prematuramente vivesse, al Dodici, ma lei aveva fin da subito mostrato la sua voglia di vivere e la sua combattività.
Pensandoci, lei stessa sentiva appartenere più a Luglio che a Maggio.
Luglio era sole, era forza. Luglio era vita, come quella che Katniss si sentiva scorrere nelle vene ogni volta che andava nei boschi.
Solo lì si sentiva veramente libera, in tutti in sensi: di parlare, di essere se stessa, di inveire contro Capitol City, di coltivare la sua amicizia con Gale e di ricordare suo padre.
La foresta era diventata pian piano il suo luogo privato.
Sembrava impossibile, ma si sentiva più al sicuro nella vastità dei boschi che chiusa nel Distretto, come un animale in un recinto.
Una volta, sua madre le aveva raccontato che prima delle catastrofi che avevano sconvolto Panem a ogni mese era associato un animale. O meglio, una creatura legata alle stelle. Suo padre e sua madre amavano osservare le stelle e a volte, quando le serate di luglio permettevano di rimanere all'aria aperta senza aver freddo o rischiare un malanno, uscivano tutti e tre, o quattro più avanti, insieme.
In quelle sera non era Ace* a raccontare, ma la moglie.
Quelle sere, Katniss le aspettava per tutto l'anno.
Elizabeth** le prendeva ogni volta la mano destra tra le dita e le faceva seguire con l'indice le nove stelle che formavano la costellazione del leone.

-I nati sotto il segno del leone sono fieri, Katniss. Fieri e coraggiosi. Tu non hai mai visto un leone, ma prova ad immaginarlo. Un gatto enorme, con la pelliccia color oro e una criniera maestosa.-
A quel punto, Katniss provava sempre a disegnare un leone nella polvere grigiastra che ricopriva il piccolo cortiletto di terra battuta di fronte a casa loro, ma non ci riusciva mai.
Lei non era capace di disegnare, ma continuava a provarci. Amava le sfide, la piccola Everdeen e le affrontava sempre a testa alta.
Era anche questo, secondo sua madre, un segno che lei apparteneva al mese di Luglio.
Infatti, i nati sotto il segno del Leone amavano le sfide. Amavano anche combattere per le giuste cause, ma cosa significava combattere per una buona causa? Quale poteva essere una cosa per cui valesse la pena battersi?
A Katniss non mancava nulla: aveva una madre, un padre e una sorellina che stava per nascere. Il cibo scarseggiava, era vero, ma c'erano famiglie messe molto peggio di loro, il cui papà non aveva il coraggio di andare nei boschi a procurarsi qualcosa da mangiare o da barattare. C'erano degli orfani che non ce l'avevano nemmeno, un papà.
Forse era per loro, che avrebbe dovuto provare a combattere?
Per chi non era fortunato come lei?
Il concetto di fortuna dipende tanto dai punti di vista. Lei poteva considerarsi fortunata rispetto ad alcune famiglia del Giacimento, ma sfortunata rispetto agli abitanti della zona ricca o a quelli di Capitol City.
Chissà se tutti erano sempre alla ricerca di questo qualcosa per cui combattere o se era soltanto lei che lo faceva, per cercare di dare un senso al mondo oppure semplicemente corda ai racconti di sua madre.
Se l'idea di buona causa era troppo grande per una bambina di sei anni, figuriamoci quella di ribellione, che a volte, in quelle sere, sentiva uscire dalle labbra di suo padre in sussurri rivolti soltanto alla moglie, che però lei coglieva perché era curiosa.
Anche la curiosità era un segno determinante di chi avrebbe dovuto nascere sotto il segno del Leone.
Non capiva bene cosa fosse, questa ribellione, ma capiva che suo padre era piuttosto scettico. Non voleva ribellarsi, perché lui stava bene così, con sua moglie e le sue piccoline.
Era questo che sentiva e che capiva Katniss, ma non sapeva che dietro a quelle poche parole si nascondevano discorsi più complessi, fatti nel buio della miniera dove lavorava insieme ai colleghi, con la fronte sudata e le mani doloranti.
Non sapeva che non tutti la pensavano come Ace*, che qualcuno era stanco di spaccarsi la schiena e avrebbe messo a repentaglio la propria vita per la libertà.
Che qualcuno non considerava il benessere soltanto avere delle persone care a fianco e un piatto di minestra sul tavolo, ma voleva essere libero e considerava questo un buon motivo per combattere.
Sapeva soltanto che, finché le cose fossero rimaste così, lei sarebbe stata felice. Una piccola leoncina che cresceva tra la polvere e il canto dolce di suo padre.
Non poteva nemmeno immaginare che il simbolo predominante di questo segno che sembrava proteggerla, il Leone, il segno dell'estate, di luglio, della vita e del coraggio, avrebbe portato alla distruzione di ciò che amava e sarebbe stato legato a lei irreversibilmente.
Il fuoco. Luglio era il mese del fuoco, anche questo sapeva dai racconti di sua madre.
Il fuoco che avrebbe bruciato suo padre, nell'esplosione in miniera, che le avrebbe fruttato il soprannome con cui sarebbe divenuta celebre.
Il fuoco che avrebbe bruciato il suo distretto, che sarebbe arso dentro il suo migliore amico e che avrebbe ucciso sua sorella.
E l'oro? Anche l'oro era un simbolo dei nati sotto il segno del Leone, quell'oro in cui era stata plasmata la spilla della Ghiandaia Imitatrice.
Se lei non fosse nata prematura, le cose sarebbero andate così? Se fosse stata concepita qualche mese prima e il termine della gravidanza di sua madre non fosse stato luglio? Chi può saperlo.
L'unica cosa che Katniss sapeva era che Luglio era il suo mese. Non Maggio, non altri. Lei sarebbe dovuta nascere il settimo mese e il suo carattere aveva ereditato tutto da lì, risultando forte e coraggioso. Come una leone, del resto.




Buongiorno!
Arrivata anche con il settimo capitolo, quello di Luglio, nonché mio mese di nascita.
Ho visto spesse volte Katniss associata al segno zodiacale del Leone, nonostante sia nata in Maggio, quindi ho deciso di approfondire un po' questo suo legame con il mese estivo...spero sia uscito qualche cosa di decente!
Ho scritto quasi tutto il capitolo tra ieri e oggi (il che è un mezzo miracolo), ma ho preferito pubblicarlo subito perché più lo leggo più smette di convincermi, nonostante l'idea mi piacesse da morire. Ditemi un po' voi!

Qualche piccolo appunto prima di concludere, a spiegare gli asterischi disseminati nel testo:
* Ace è il nome che ho dato a Mrs. Everdeen nel capitolo APRILE di questa raccolta.
** Qui ho deciso di dare un nome anche alla famigerata ''mamma di Katniss'' e la scelta è caduta su Elizabeth, un po' in onore di Elizabeth Banks e un po' in onore di una mia vecchia compagna di danza che ho sempre visto come una via di mezzo tra Prim e sua madre.

Ho inserito la scena delle stelle perché è l'unico modo che ho trovato per arrivare a parlare del segno zodiacale e ringrazio la cartolina con la costellazione del Leone che ho appesa in camera per l'ispirazione!

Come al solito, grazie per aver letto anche questo capitolo, se recensirete mi farete tanto piacere!
Grazie a tutti quelli che hanno avuto la voglia di recensire ogni capitolo e che sono arrivati con me la metà della raccola. E' un onore avervi come lettori, ragazzi!

Nel prossimo, credo proprio che verrà approfondito un altro boss! Spero di riuscire a pubblicarlo per Pasqua, ma colgo l'occasione per farvi gli auguri nel caso non devessi arrivare in tempo!

A presto k_j

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** AGOSTO ***


 

Agosto.
Gale aveva sempre avuto una speciale empatia con questo mese.
Probabilmente il motivo era che l'ottavo mese dell'anno sembrava essere lo specchio del suo carattere e del suo nome.
Era un nome che aveva scelto suo padre, un nome particolare per il Distretto Dodici, in cui si cercava di chiamare i figli nel modo più neutro possibile.
Il suo invece prevedeva nubi all'orizzonte, come ad Agosto quando sta per scoppiare un temporale estivo, e si era rivelato profetico.
Infatti, Gale significava burrasca.
Il giovane sentiva la burrasca dentro di lui ogni volta che vedeva compiersi un'ingiustizia o che vedeva la fame sui volti dei suoi famigliari.
Ricordava la prima volta che aveva sentito una sensazione simile: era ancora un bambino, avrà avuto sette anni, ed era seduto sul davanzale della finestra di casa sua in una notte di Agosto.
Era appena scoppiato un violento temporale,cosa piuttosto frequente in quel mese, ma lui non era rimasto sveglio per questo.
Aveva già capito che c'erano cose ben peggiori di pioggia e lampi.
Non riusciva a dormire perché c'erano stati problemi con suo padre, che non era ancora rientrato. Non sapeva che genere di problemi, nessuno glielo aveva spiegato, ma dentro di sé il bambino sentiva odore di guai.
Infatti, un pacificatore era arrivato a chiamare Hazelle e l'aveva scortata fino alla miniera, lasciandolo solo con un Rory ancora neonato che piangeva spaventato dal tempo atmosferico.
Il maggiore aveva provato a calmarlo, ma dopo l'ennesimo tuono e l'ennesimo scoppio di pianto ci aveva rinunciato e si era posizionato su quel davanzale, scrutando attraverso la cortina di pioggia alla ricerca di un'ombra che lo avvertisse del ritorno a casa dei suoi genitori.
Piano piano, i suoi occhi avevano iniziato a perdersi nella pioggia battente e aveva sentito come se questa formasse intorno al suo cuore uno strato che andava stringendosi sempre più, arrivando a bloccare il respiro al bambino. Sentiva l'angoscia che si faceva strada in lui, insieme alla rabbia.
Percepiva i tuoni in lontananza e sentiva i piccoli pugni contrarsi insieme ad essi.
Il suo cuore diveniva pian piano burrasca e  il suo corpo avrebbe voluto diventare tutt'uno con essa.
Gale era spaventato da quella trasformazione, ma allo stesso si sentiva bene. Si sentiva invincibile, sentiva che avrebbe potuto far qualcosa, così. Sarebbe potuto uscire e correre alla miniera per vedere quello che stava succedendo, avrebbe potuto aiutare suo papà e sua mamma, avrebbe potuto toglierli dalle mani dei pacificatori che potevano stargli facendo qualunque cosa.
Stava veramente per alzarsi, un ragazzino gracile con gli occhi accesi di tempesta, ma poi aveva visto Rory che lo guardava senza capire, aveva visto la sua paura di essere lasciato solo in balia del temporale, aveva visto riflesse in lui quelle paure infantili che aveva soffocato, ma forse non del tutto.
Allora si era seduto a terra e aveva picchiato il palmo sul pavimento freddo della loro casupola ed era rimasto ad aspettare fino a che il temporale, dentro e fuori di sé, era andato calmandosi, ma aveva giurato a sé stesso che un giorno avrebbe risentito quella sensazioni e le avrebbe utilizzate per fare qualcosa di buono.
Quante volte, da allora, gli era successo, di accendersi in quel modo, di diventare burrasca come il suo nome suggeriva?
Tante, davvero tante. Spesso era stato sul punto di cedere, di afferrare una pietra e di correre in piazza a fare qualche sciocchezza.
Era soltanto la vista degli occhi ammonitori di sua madre, di quelli speranzosi dei suoi fratelli e di quelli impenetrabili di Katniss che lo trattenevano dal farlo e riportavano in lui un po' di sereno, come il sole che ad Agosto mette fine al temporale.
Non aveva dimenticato il suo giuramento, ma certe cose vanno fatte nel modo giusto, al momento giusto*.
Un giorno, il temporale che era dentro di lui sarebbe scoppiato in tutta la sua potenza, liberando il vento del cambiamento.
Gale aveva anche questo significato: vento impetuoso, quel vento che il giovane avrebbe voluto far soffiare sul distretto per cambiare le cose.
Ad agosto, dopo ogni temporale arrivava questo vento, forte, che spazzava via le nuvole con tanta potenza da far sì che anche i Pacificatori rimanessero chiusi nelle loro case.
Ogni singola volta il ragazzo sperava che qualcosa cambiasse per davvero e non solo nella sua testa, ma rimaneva sempre tutto uguale, all'apparenza calmo. Ma quella calma, che odorava di carbone e di fame, in realtà preparava il Distretto allo scoppio di un nuovo temporale.
Il suo nome significava anche scoppio.
Scoppio di risa che provocava in Katniss nei pomeriggi estivi nei boschi, scoppio d'ira che gli veniva dopo aver fatto un affare con qualcuno di ricco o dopo aver visto un Pacificatore che commetteva qualche ingiustizia in mezzo a tutta questa calma apparente, sotto il sole di Agosto, scoppio di una bomba che uccideva delle persone nemiche, o a volte anche amiche e innocenti, come Prim, scoppio di un'esplosione in miniera come quella che gli aveva portato via il padre e che aveva fatto sì che quel lato temporalesco del suo carattere rimanesse sempre in fondo al suo cuore.
Sapeva che non avrebbe dovuto lasciarla uscire, che era pericolo, che avrebbe dovuto nascondersi dietro a una corazza d'indifferenza. Ma era difficile, incredibilmente difficile per lui.
Lui era tempesta, era burrasca. Lui era Gale.

 

 

 

Buongiorno gente!

Ve l'avevo promesso che sarei arrivata per Pasqua e infatti eccomi qui!

Capisco che questo capitolo non sia esattamente coniglietti pasquali e uova di cioccolato, ma dovevo dedicare questo mese al mio Gale, perché ci stava assolutamente TROPPO bene.

La smetterò di dirvi che il capitolo non mi convince fino in fondo, anche se è così ogni volta...mi sento ripetitiva come un cammello con due gobbe (non ha senso, lo so).

Prima di iniziare voglio fare un appunto: il significato del nome di Gale come ''forte vento'' l'ho trovato nella FF di Kary91 Four children. Four names. Four letters e da lì mi è venuta voglia (già tempo fa) di approfondirne i vari significati.

Alcuni, quelli che più si riflettevano nel mese di Agosto, li ho ripresi qui, altri riposano nella mia mente in attesa di essere sviluppati!

Preferisco segnalarlo, anche se effettivamente il significato che più ha importanza nella storia è quello di burrasca/temporale.

Oh, sappiate che il flashback non era voluto, ma si è voluto a tutti costi infilare lì e non ho avuto il coraggio di toglierlo!

L' * vuole indicare una citazione di Plutarch, che fa nel film di CF.

Come ogni volta, spero che questo capitolo sia di vostro gradimento...

BUONA PASQUA!

Fate felice una povera scrittrice, invece di inviarle un uovo di cioccolato inviatele una bella recensione!

A presto k_j

 

Oh, a proposito, una delle due foto di Gale che ho usato nel banner è stata definita da una mia amica (che troverete su EFP come ombra_di_cenere), foto con sguardo assassino.

Sappiate che lei odia Gale, ma per me non è da assassino.

E' da ragazzo che ha dovuto vivere in determinate situazioni e che ha sviluppato un certo carattere. Fatto sta che ci stava benissimo nel banner, almeno per me!

Cara la mia Vale...io spero sempre di poter farti cambiare idea! <3

L'altra invece ha sullo sfondo un temporale, quindi come non sceglierla?

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** SETTEMBRE ***






Il primo di Settembre era, per tutti i giovani del Distretto, il primo giorno di scuola.
A dire la verità, per Delly non era proprio il primo giorno di scuola, dato che aveva ormai quasi sedici anni, ma lei non aveva mai smesso di considerarlo come il primo di una lunga serie, che l'avrebbero portata a vivere momenti belli e brutti, ma con una prevalenza dei primi, perchè se c'era una cosa che la ragazza odiava erano i giorni tristi.
Anche quando avrebbe voluto urlare e chiudere il mondo dietro alla porta della sua camera, al piano superiore rispetto al negozio di scarpe che gestivano i suoi genitori, si impegnava per trovare qualche cosa di bello da considerare, aiutata dal suo carattere solare che mal si accostava al luogo in cui viveva: un sorriso del suo fratellino, una risata con Peeta, un bel voto a scuola., oppure semplicemente un raggio di sole di Settembre che le illuminava il viso.
La scuola le regalava molti di questi istanti di gioia, ma era un altro il motivo per cui Delly la amava così tanto.
Da quando i battenti si aprivano, con il sole tiepido ancora estivo e alto nel cielo a illuminare le aule senza consumare corrente, la ragazza poteva provare a trasmettere parte del suo innato ottimismo agli altri ragazzi.
Peeta le dava una mano, certe volte, ma probabilmente nemmeno lui capiva fino in fondo la sua voglia di farlo.
Alle sue domande, Delly aveva sempre risposto che era una cosa che faceva parte di lei, ma in realtà un motivo c'era, un motivo che voleva tenere solo per se stessa, unico atto di egoismo che si concedeva, ben custodito in un cassetto del suo cuore.
Suo fratello Peter era nato in un giorno di Settembre, senza particolari complicazioni, anzi era un bel bimbo con gli occhi grigi tipici dei lattanti e un ciuffo di capelli biondissimi su un viso paffuto.
Un bambino da Zona Ricca, insomma.
Ma ciò che faceva impazzire i suoi genitori era il fatto che piangeva, piangeva spessissimo.
Nella sua prima settimana di vita i suoi urli disperati risuonavano per le stanze della casa e spesso si sentivano anche in strada e in negozio, disturbando i vicini e i clienti.
Delly allora aveva sette anni *, quasi otto, come puntualizzava a tutti coloro che glielo chiedevano in negozio, ma sapeva che quando un piccolo piange così forte è perchè ha fame, ma questo succedeva soprattutto nel Giacimento.
Sua madre aveva abbastanza latte per nutrire il figlio e quest'ultimo mangiava a sufficienza, quindi la maggiore aveva capito che non poteva essere quello.
L'evento che serbava in fondo al suo cuore era successo un pomeriggio, un paio di settimane dopo la nascita del fratellino.
Suo padre era al piano di sotto, in negozio, ad aggiustare un paio di vecchi scarponi da Pacificatore che affascinavano la bambina in modo incredibile, tanto che sarebbe rimasta di sotto a guardarlo lavorare per ore, se solo sua madre non le avesse chiesto di badare a Peter mentre usciva per chiedere al farmacista ** il motivo per cui quel figlio continuasse a piangere così spesso.
Lo stava facendo anche ora, ma era più un piagnucolio basso, quasi una richiesta di affetto.
La sorella si era avvicinata e aveva infilato la mano sottile all'interno della culla in legno in cui era adagiato, un po' sbrecciata sui lati, che era appartenuta a lei e prima ancora alla famiglia paterna.
Aveva lasciato che suo fratello le stringesse un dito con le piccole dita e gli aveva sorriso.
Appena il lattante aveva visto quel sorriso illuminare il viso della bambina, il piagnucolio si era interrotto. Sembrava affascinato dai riflessi che il sole ancora caldo del primo mese autunnale dipingeva sui capelli della sorellina, legati in due codini morbidi, tant'è che aveva provato a sollevare l'altro braccio per cercare di afferrargliene una ciocca.
Senza smettere di sorridere, la bambina si era appoggiata al bordo della culla, sfilando con dolcezza il ditino dalla stretta del fratellino. Il suo sguardo si era perso un attimo fuori dalla finestra e, in lontananza sugli alberi che iniziavano ad ingiallire man mano che Settembre avanzava.

-La vuoi sentire una filastrocca, Peter? Te la racconto soltanto se poi non piangerai più così spesso, perchè la mamma è tanto stanca... me lo prometti?- aveva domandato al piccolo, con una voce estremamente seria nonostante la giovane età.
Il piccolo non aveva ricominciato a piagnucolare come Delly si aspettava, anzi, era rimasto in silenzio, come se aspettasse davvero la filastrocca.
La ragazzina aveva annuito.

-Okay, senti.- aveva continuato, strizzando maldestramente un occhio verso Peter.
-Cadono le foglie spinte dal vento, le guarda il bambino ed è contento di questo ballo improvvisato che le adagia piano sul prato. Corre il bambino e le raccoglie può finalmente toccare le foglie gialle rossicce ed arancione: sono i colori di questa stagione.
Ecco l’autunno è ritornato!
Lo dicono le foglie, gli alberi, il prato. - ***
Alla fine della poesia, Delly aveva battuto le mani, quasi a voler spronare il fratellino a fare lo stesso. L'aveva dovuta imparare per la scuola quella filastrocca, appena una settimana prima, ma era una nenia che si ripeteva spesso ai bambini del Dodici.

-Tu sei ancora tanto piccolo, non puoi uscire a raccogliere le foglie, però ti prometto che se non piangi più ci andremo insieme, va bene? Ci verrà anche Peeta, vedrai che sarà divertentissimo!-
Presa dall'entusiasmo per i progetti futuri, la bambina non aveva notato che suo fratello aveva accennato un minuscolo sorriso sulle labbra sottili.
Da quel giorno aveva pianto progressivamente sempre meno ed era cresciuto come un bambino solare, come la sorella, ma un po' taciturno, come il sole di Settembre che iniziava a lasciare spazio al fresco dell'autunno.
Ecco perchè a Delly piaceva la scuola, perchè riusciva a cercare di trasmettere allegria e di far sorridere i suoi compagni, come anni prima era riuscita con suo fratello.
Perchè aveva capito, la ragazza, quanto importante può essere un sorriso.

 

 

Buongiorno gente!

Nuovo capitolo, nuovo personaggio, nuova settimana!

Okay... in questo capitolo ho deciso di approfondire un po' un personaggio secondario, che sinceramente non ho mai amato particolarmente, ma che mi ha sempre affascinata per questo carattere solare.

Il collegamento con Settembre non so bene come mi sia uscito, so che ho pensato alla scuola e a Delly così, forse perchè la scuola è per antonomasia il luogo degli incontri e delle amicizie.

Ma partiamo a spiegare gli asterischi che ho disseminato per il testo!

* = nel romanzo originale non viene specificata la differenza di età tra i fratelli Cartwright, ma io mi sono immaginata il piccolo Peter (nome scelto da me) come un bambino di circa dieci anni in MJ, quando Delly ne ha diciassette o diciotto. Quindi, alla nascita del bambino ne ha sette o otto! (Woah, so fare diciassette meno dieci! XD)

** = sappiamo che la madre di Katniss faceva un po' la ''farmacista dei poveri'', ma ho dato per scontato che ci fosse ancora anche un vero e proprio negozio di farmacia nella Zona Ricca.

*** = la filastrocca NON E' di mia invenzione, l'ho trovata in Internet su un sito di filastrocche e poesie per bambini, ma non conosco l'autore. Se qualcuno lo conoscesse, sono dispostissima a inserire i crediti.

Va bene, credo di aver finito! Devo ancora decidere che personaggio fare a Ottobre (sono indecisa tra due), mentre l'altro verrà trattato a Novembre...uno di questi due sarà il boss che ancora manca.

 

Spero che anche questo capitolo vi piaccia...fate come Delly, donate allegria e lasciatemi una recensioncina!

Buon Sabato Sera! K_j

PS: Ho fatto richiesta per cambiare il nick in ninety nine, ma sappiate che sarò sempre io!

Pps: La prestavolto di Delly nel banner è Sophie Nellisse!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** OTTOBRE ***


banner





Da dietro i vetri della panetteria Mellark, due occhi azzurri fissavano le gocce di pioggia che bagnavano il terreno, trasformandolo in fango dal colore grigio-marrone.
Faceva ancora abbastanza caldo per essere Ottobre, complice l'umidità che impregnava l'aria del Distretto, e in lontananza si sentivano le risate dei bambini del Giacimento che erano fuori a giocare sotto la pioggia.
Il più piccolo dei fratelli Mellark provava una voglia irrefrenabile di raggiungerli, magari insieme a Delly o a qualche altro ragazzino della zona Ricca.
Se fosse uscito, si sarebbe potuto divertire come facevano i più poveri, facendo battaglie di fango o giochi simili, semplici, dettati dalla voglia di fare un sorriso in faccia a quel mondo che premetteva dolore e morte e in barba al rischio di ammalarsi.
Ad Ottobre gran parte dei genitori permetteva ancora ai figli di uscire, cosa che invece da Novembre diventava tabù, perché se nel decimo mese dell'anno si poteva sperare in un po' di sole dopo la giornata di pioggia, nel mese successivo rimaneva soltanto un gran freddo.
Per i bambini della zona di Peeta invece uscire sotto la pioggia e sporcarsi da capo a piedi non era permesso quasi mai.
Loro dovevano essere l'immagine del Distretto fuori da esso, i figli beneducati e ben cresciuti della Panem di Snow. Servivano da propaganda, per mostrare come i figli degli Hunger Games crescevano in salute e circondati da amore. A volte i cameraman arrivavano e filmavano qualche nuovo momento di vita quotidiana, da inserire tra una replica dei giochi e un'altra alla televisione.
A loro non importava che a pochi metri dalle telecamere ci fossero intere famiglie che morivano di fame, volevano soltanto catturare un'immagine dell'unico vincitore ancora in vita del Dodici, o un ciuffo biondo dietro al bancone di un negozio.
Mai come in quei giorni Peeta osservava con rancore la camicia bianca e sporca di farina che indossava.
Gli piaceva lavorare la pasta del pane, si divertiva, ma a volte avrebbe voluto abitare nel Giacimento per sperimentare cosa volesse dire vivere.
Tutti continuavano a dirgli che tra quelle strade sporche si moriva, non si viveva, e che lui era fortunato, ma quando vedeva gli occhi grigi di Katniss che arrivava a scuola o in negozio mano nella mano con il padre le sembravano più vivi che mai.
Ecco, Katniss. Se fosse uscito, magari l'avrebbe vista, lei e le sue trecce castane.
Il signor Everdeen si stava giusto ora avvicinando al negozio, bagnato da capo a piedi, con gli occhi non del tutto sereni e un solo scoiattolo legato alla cintura.
I suoi occhi ricordavano a Peeta la pioggerellina sottile di Ottobre: non quella che stava scendendo ora, abbondante e fitta, ma quella che indicava la fine dei temporali, sottile e con il cielo non del tutto sgombro.
Entrando in panetteria, Ace lasciava le impronte fangose e bagnate sul pavimento, portando dentro un po' di quella vita che Peeta avrebbe voluto conoscere.
L'uomo individuò subito il bambino in un angolo, che scrutava fuori e richiamò la sua attenzione.
-C'è tuo padre?- domandò, sfregando si le mani l'una con l'altra e spargendo alcune goccioline intorno a lui.
Il biondino annuì e corse nel retrobottega a chiamare Joshua, che arrivò subito, dicendo al figlio di rimanere nel retro.
Peeta non capiva esattamente cosa commerciassero quei due, o meglio, sapeva che suo padre comprava gli scoiattoli ma non aveva ben capito dove Ace li trovasse, ma comunque il papà di Katniss gli sembrava una brava persona. Aveva quasi sempre un'aria buona e un po' orgogliosa, come la figlia.
Osservando da dietro i due uomini che parlavano,si chiese come sarebbe andata se suo padre avesse sposato la signora Everdeen. Lui e Katniss sarebbero stati fratelli oppure non sarebbero nemmeno esistiti?
Era strano pensare che magari non avrebbe mai visto la pioggia cadere e non avrebbe mai desiderato uscire a giocare nel fango e ridere nel sentire la pioggia scorrere sul suo viso come aveva fatto le poche volte che l'avevano lasciato correre fuori.
Sua madre lo controllava sempre, perché probabilmente non aveva fatto lo stesso con i suoi fratelli e ora se li vedeva sfuggire dalle mani come farina.
Essere il figlio minore aveva i suoi vantaggi, ma aveva anche i suoi limiti.
Era un po' come essere tra gli ultimi mesi dell'anno.
Come Ottobre, che subiva gli influssi di tanti mesi prima di lui: anche lui subiva ciò che i suoi fratelli avevano sbagliato.
E non era giusto, cosi com'era ingiusto che non potesse uscire a giocare o che la pioggia continuasse a cadere rendendo cupi gli occhi del signor Everdeen.
Ma tanto il mondo andava così, Peeta ormai l'aveva capito.
Erano come pedine, come gocce che scivolano giù dalle nubi verso il terreno contro la loro volontà. Eppure, questo a Peeta non piaceva. Lui non voleva essere una pedina.
Avrebbe voluto essere la goccia che cadeva nel fiume, pronta a ricominciare il ciclo dell'acqua.
Chissà chi era che decideva dove nascevano e chi erano.
Avrebbe voluto scambiare due parole con quel qualcuno che viveva sulle nuvole, sopra la pioggia, o ameno così gli avevano raccontato. Chissà se là sopra era mai Ottobre, se pioveva mai, se c'erano bambini che potevano correre sotto la pioggia senza nessuna limitazione.
Magari riuscivano anche a disegnarla lassù, la pioggia, non come nel Distretto, dove era difficile per il piccolo cogliere ogni sfumatura di essa.
Peeta sperava di si, perché avrebbe voluto che ci fosse un luogo dove tutti potevano fare ciò che preferivano.
Ridere.
Disegnare.
Parlare.
O semplicemente, giocare sotto la pioggia.
Dopotutto, ci vuole così poco, per essere felici...

 

Buongiorno lettori!

La signora cammello qui presente vi saluta con il nuovo capitolo, quello su Peeta (finalmente, direte voi PeetaFan!).

Dovevo pubblicarlo ieri sera, ma il mio sempre simpaticissimo WI-FI ha deciso di saltare allegramente T.T

Sinceramente non so bene se il piccolo Mellark sia IC, perché mi viene difficile avere un'empatia con lui, perché l'ho sempre visto come un piccolo piagnucolino sedicenne... insomma, ho tentato di ''rivalutarlo'' qui e in un'altra storia che sto scrivendo, ma è difficile.

Spero che il risultato abbia comunque un senso ^.^

Appunti particolari sulla storia in sé non ne ho, se non che Ace è (sempre) il nome che ho dato a Mr Everdeen nei precedenti capitoli e Joshua il nome che ho dato a Mr Mellark in Happy New Orange Year ( che ora è in fase di revisione, ma non importa a nessuno).

Volevo concentrarmi un pochino di più sulla passione di Peeta per la pittura, però è venuta così e la pioggia e diventata centrale.

I hope you'll enjoy it!

Buona sera k_j

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** NOVEMBRE ***


Sae la Zozza annusava l'aria e sentiva odore di pioggia.
A dire la verità, a Novembre sentiva sempre odore di pioggia, che a volte si trasformava in neve e a volte no.
Era un mese particolare quello, in bilico tra autunno e inverno, anno nuovo e anno vecchio.
A Novembre, la maggior parte della gente aveva come obiettivo sopravvivere ancora un mese e poco più, fino al nuovo anno.
Chissà quanti Novembre erano che nel Distretto la chiamavano con quel soprannome ''La Zozza''. Ormai era divenuto una parte di lei, al punto che si sentiva strana, meno anziana, meno parte di quel Distretto senza il suo soprannome che le si addiceva come una seconda pelle, come la sporcizia che si accumulava sui suoi abiti e sui suoi capelli ogni giorno.
Un po' era polvere di carbone, che scivolava via da ogni angolo del Forno andando a depositarsi su di lei, un po' erano residui di ciò che inseriva nelle sue minestre.
Aveva giusto ritirato un cane selvatico dai due ragazzini che cacciavano di frodo e sangue e unto le erano rimasti sulle dita.
Sembrava quasi grottesco. Il sangue sulle sue mani le ricordava così tanto quello che aveva visto scorrere tra le dita di Sloan, agli Hunger Games di tanti anni prima, osservandolo nella televisione che in casa sua si accendeva soltanto durante i giochi.
Era Novembre quando aveva capito che non sarebbe più stato lo stesso, anche se era tornato dagli Hunger Games: non era stato più capace di amare, chiuso nel suo stanco dolore. Era tornato vincitore, ma il sangue e la sofferenza lo avevano macchiato per sempre.
Era stato sporco, zozzo, fino al momento della sua morte, avvenuta in una sera di Novembre.
Così lo chiamavano tutti, Zozzo.
Anzichè andare fieri del loro unico vincitore lo schernivano, perchè non si rendevano conto di quanto fosse difficile rimanere gli stessi dopo aver ucciso qualcuno, che si trattasse anche solo di un topo da mettere nella zuppa.
Lo schernivano perchè era cambiato, si era sporcato. Risaltava come una macchia rosso sangue nel grigio del Distretto.
Soltanto lei gli era rimasta vicina, da diciassettenne prima, dopo un'amicizia sviluppata in tutti gli anni di scuola in cui erano stati vicini di banco, da adulta poi.
Sae e Sloan. I loro nomi stavano così bene, se messi vicini...due esse che dopo i 23° Hunger Games si erano trasformati in sei zeta.
Zozza e Zozzo, erano diventati, ma avevano continuato ad andare avanti, perchè l'immaginario strato di sporcizia che avevano attorno e che nemmeno la pioggia di Novembre riusciva a lavare via agli occhi degli altri fungeva loro da strato protettivo verso il mondo e la sofferenza.
Poi lui era morto. Aveva visto Haymitch, quel ragazzo che era riuscito a salvare, ubriacarsi per sfuggire a quel dolore che anche lui stesso aveva sperimentato e non era riuscito a sopportarlo.
Faceva freddo, quella sera. Sae ancora se ne ricordava, così come ricordava bene le grosse gocce di pioggia che scivolavano sui suoi capelli scuri striati di bianco e allargando i rivoli di sangue che scorrevano sulle mani dell'uomo.
Era Novembre, ma l'anno nuovo era arrivato comunque, anche se lei avrebbe voluto che non succedesse. Avrebbe voluto che il tempo si fosse fermato pochi istanti prima che Sloan prendesse in mano quel coltello e se lo portasse al polso.
Aveva una cinquantina di anni e li avrebbe avuti per l'eternità.
Non come lei, la cui età di anno in anno.
Di Novembre in Novembre.
La gente aveva pian piano dimenticato lo Zozzo del Distretto.
Ma lei, lei era rimasta Sae la Zozza, unico ricordo di quel ragazzo dal nome di combattente, di quella macchia rossa tra il grigio.
Portava quel soprannome con onore, con rispetto, Novembre dopo Novembre. Perchè sapeva che un giorno anche il suo mese sarebbe arrivato e la sua sporcizia si sarebbe riunita con quella di Sloan e con quella del resto del mondo.

 

Gente buona sera!

Sono in ritardo, sono in ritardo! *Modalità Bianconiglio on!*

Il problema è che questa settimana sono stata completamente assorbita dai preparativi per il Comicon, domani parto e sto via fino a Domenica e ci tenevo ad aggiornare prima di volatilizzarmi, quindi ho finito in velocità il capitolo.

Spero sia comunque qualcosa di decente (anche se è senza banner, devo ancora ragionare con i prestavolto XD)!

Dunque, il personaggio centrale è Sae la Zozza, che mi ha sempre affascinata come donna. Chissà perchè Zozza, mi sono sempre chiesta.

Ecco qui la mia personale (e sintetica, ma spero di approfondire in altre storie...) visione!

Sloan sarebbe in pratica il vincitore prima di Haymitch di cui non sappiamo nulla e io mi sono divertita a dargli un minimo di storia, anche se credo che sia molto più chiara nella mia mente che qui ^^

Sloan è un nome irlandese che significa appunto ''combattente''.

Eh...nulla, fatemi sapere che ne pensate e abbiate fede, che il banner arriverà spero per lunedì o martedì prossimo, tornata da Napoli!

Grazie a tutti per continuare a leggermi, a presto k_J

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** DICEMBRE ***








L'alcool scioglie la neve.

Haymitch se n'era reso conto non appena aveva osservato la macchia color ambra che si allargava davanti al vialetto di casa, espandendosi via via che l'acqua della neve sciolta si aggiungeva al liquido che l'uomo acquistava quasi giornalmente, ormai.
Come riusciva a sciogliere lo strato di ghiaccio che si formava sul terreno, così riusciva ad annegare anche i sentimenti di Haymitch. I suoi rimorsi. I suoi ricordi.
Quando era sotto il suo effetto non importava se fosse Dicembre, se nevicasse, se fosse Natale. Quando al suo fianco c'era una bottiglia, poteva quasi immagine di tornare il bambino con i capelli scuri che osservava ogni fiocco di neve come se fosse diverso, come se fosse un piccolo miracolo.
Ora i fiocchi di neve gli sembravano tutti uguali.
Un cristallo bianco che si susseguivano l'uno dietro l'altro.
Come i visi dei tributi, dei ragazzi che ogni anno andavano a morire soltanto perché lui non riusciva a imporsi di fare qualcosa per salvarli.
Ogni anni era come se lui si macchiasse di due nuovi omicidi e ogni anno si sentiva morire come quando aveva visto Maysilee stesa in una pozza di sangue.
Ogni singolo inverno si imponeva che per i tributi della mietitura successiva avrebbe smesso di bere e avrebbe guardato i visi dei due ragazzi che contavano su di lui per provare a tornare a casa non come due fiocchi di neve uguali a mille altri ma come due piccoli cristalli unici.
E ogni singolo anno invece finiva per preferire lo stato di oblio e sensi annebbiati, di cui gli restavano soltanto la sensazione dell'alcool che bruciava lo stomaco, il freddo del vento di Dicembre quando andava al Forno senza nemmeno la voglia o la lucidità di indossare un berretto e interminabili serate davanti al gabinetto a rigettare anche l'anima.
Ma che uscisse veramente da lui quest'anima, non era mai successo.
Se quel qualcosa che gli dava la vita fosse ritornato a mescolarsi all'aria fredda di Dicembre forse lui si sarebbe potuto ricongiungere con sua madre, con la sua ragazza, con il suo fratellino, con Maysilee e con tutti tributi che aveva indirettamente ucciso con la sua indifferenza.
Chissà com'era quel famigerato ''Paradiso''. Di solito la gente che cresceva nel Giacimento non ci credeva visto l'Inferno dove viveva e lavorava giornalmente.
I Giochi gli avevano risparmiato la miniera, ma gli avevano aperto la strada verso un Inferno tutto suo. Invece che un Inferno di caldo, sudore e fatica, il suo era fatto di oblio, fantasmi e freddo.
Freddo come la neve che l'alcool che beveva ora stava sciogliendo.
Chissà quali erano gli effetti sul suo stomaco, se faceva quello a un elemento resistente come il ghiaccio. Dopotutto, non era importante ciò che succedeva al suo corpo, perché la sua anima era malata ormai. Fredda e assassina, ma l'alcool non riusciva nemmeno a scalfirlo.
Non ci erano riusciti le lame dei Favoriti né i ricatti di Snow.
Era orgoglioso lui, anche se a vedere l'uomo barcollante che si aggirava per il Villaggio dei Vincitori non si sarebbe mai detto. Quell'orgoglio era stata la causa della morte della sua famiglia.
Non poteva l'alcool sciogliere soltanto i suoi lati negativi e lasciare un uomo nuovo? Un involucro da riempire nuovamente nel modo migliore.
E invece no, perché scioglieva la neve.
E lui, l'uomo, rimaneva lì a osservare i rivoletti color ambra che scivolavano sulla neve circondato dal vento freddo di Dicembre che fischiava intorno a lui.
E l'ambra alle volte diveniva rosso ruggine, alle volte grigio carbone e la realtà si tingeva di fantasia via via che la seconda bottiglia si svuotava nella sua bocca.
I suoi pensieri diventavano oblio e la sua mano si appoggiava alla porta, sentendo la maniglia cedere sotto le dita.
Poi, cercava una sedia qualsiasi e si sedeva, lasciandosi alle spalle i suoi fantasmi, fuori, insieme all'aria dicembrina. Chissà se sarebbe mai riuscito a dirgli addio. Chissà.

 

SONO IN RITARDISSIMO!

Perdonatemi gente, ero quasi riuscita a finire una long mantenendo constante la pubblicazione dei capitoli e invece quest'ultima mi ha rovinata. Maledetti professori che decidono di inserire verifiche, interrogazioni, parallele, invalsi, esercitazioni, spettacoli e chi più ne ha più ne metta tutto nella stessa settimana.

Avete 200 giorni. Perché tutto in 15?

Finiti i miei dubbi esistenziali, passiamo alla storia!

Questo è il capitolo Dodici, l'ultimo insomma...quindi GRAZIE ragazzi, lettori miei che mi avete seguita fino a qui in un rapido viaggio attraverso un anno al Distretto Dodici.

Spero di aver soddisfatto le vostre aspettative mese dopo mese, personaggio dopo personaggio. Sappiate che sto già pensando a qualche capitoletto bonus, tipo sulle stagioni, non so, qualche trucchetto per non mollare questa raccolta a cui mi sono affezionata. Se avete idee, sono un libro aperto. Un aspira idee/consigli/stronzate varie, e ovviamente critiche e recensioni (anche nell'ordine invertito <3).

Che dire di questo capitolo? Il protagonista è il caro mentore del Distretto che mi ha fatto sudare freddo perché ha una psicologia maledettamente complessa e non ero mai soddisfatta di ciò che scrivevo. Non lo sono nemmeno ora ma stava diventando davvero troppo tardi!

Ho scritto che Haymitch ha i capelli scuri perchè per me è così, dopotutto è del Giacimento, quindi capelli scuri e occhi grigi. Punto. (Punto-punto-punto).

Sto iniziando a sparare troppe idiozie, quindi vi lascio, non ho molto altro da dire se non di nuovo grazie e recensite (vi voglio bene!)

Buona serata e a presto k_j

PS: Il banner non lo creo ore perché sto dormendo in piedi...vi fa nulla aspettare domani?

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3035813