Time, Space and Magic

di CassandraBlackZone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** mantenere sempre una buona poker face ***
Capitolo 2: *** E' vero ***
Capitolo 3: *** Vendetta ***



Capitolo 1
*** mantenere sempre una buona poker face ***


Nel poker, non importa quanto sia bella o brutta la tua mano, non puoi mostrarla dalla tua espressione.
Kaito, non importa dove sei, mantieni sempre una buona poker face.
Da quando sei morto, papà, ho sempre considerato quelle parole non come un mero consiglio da pokerista, ma come una vera e propria filosofia di vita. Io voglio essere un grande mago, proprio come te. Raggiungerti non se ne parla, ma lo diventerò abbastanza da poter sfiorare almeno una volta la tua perfezione.
Sì. Era questo ciò che mi ero prefissato, che mi ha indotto a cercare il gioiello tanto desiderato dai tuoi assassini per vendicarti,  ed  è ciò che mi ha fatto diventare Kaitou Kid, il ladro gentiluomo, finché non ho incontrato lui.
“Avanti, Kaitou. Non essere timido. Lo dicono tutti.”
In questo momento i lati della sua bocca si stanno allargando in un sorriso alquanto inquietante,  nonostante indossi un buffo papillon e delle bretelle bordeaux accompagnati da una giacca tweed marrone. Infantile, è stato il mio primo pensiero, ma ho dovuto ripensarci appena per un solo istante potei vedere in quei piccoli occhi policromi, coperti da un folto ciuffo castano, e dalle rughe vicine agli occhi, una nota di vecchiaia. Che stia indossando una maschera, ho pensato, ma giudicai troppo presto. Non ne sta indossando nessuna.
 “Allora? Ti sei addormentato?”
Inoltre c’è la sua voce. È così… giovane. Ha la corporatura media di un trentenne, eppure… qualcosa mi fa credere il contrario. È solo una mia impressione? Com’è possibile che un uomo possa mostrare due età diverse senza indossare alcuna maschera? Non so proprio spiegarmelo. È il caso di chiederglielo?
“Tu…” Mi dispiace, papà. Ho paura che stia per perdere la mia poker face. La mia preoccupazione è ben percettibile  anche solo dalla voce. Spero che tu possa aiutarmi, da lassù. “Tu… chi sei?” riesco finalmente a dire.
“Oh, curioso. Davvero molto curioso.” Inizia a gironzolare con le braccia incrociate, attorno all’enorme rotore cilindrico in mezzo all’immensa sala futuristica arancion-…
“A-aspetta… un momento.” È la mia voce quella che trema?
Papà. La poker face è saltata del tutto. I miei occhi sono ormai impegnati ad ammirare le enormi strutture circolari di ferro, circondati da grossi fili elettrici. Le pareti tempestate di forme circolari che fanno da sfondo mi fanno sentire come in uno stato di allucinazione.
Dove. Diavolo. Sono. Finito.
“Ah, mi pareva strano, sai? Voglio dire, sei appena entrato dalla porta di una piccola cabina telefonica di legno, e ti metti ad indagare con lo sguardo un povero vecchio.”
“Sì… un vecch-… Eh??!! Cosa?? Avevo ragione?!”
“Oh, giovane Kaitou Kid. O dovrei chiamarti… Kuroba Kaito, eh? Non stai seguendo la regola più importante che ti ha insegnato tuo padre,”  l’uomo schiocca la lingua in segno di delusione, e inizia ad armeggiare tra la macchina da scrivere, il telegrafo, il grammofono e una serie di rubinetti caldi e freddi “mantenere sempre una buona poker face.”
“Un momento! Un momento!! Che cosa vuoi dire con entrato?! Io non ricordo di essere entrato da nessuna parte!” ed effettivamente è così. Io che sono abituato a mentire, questa è una di quelle poche volte in cui sono sincero. Ero impegnato a rubare l’orologio dell’occhio dell’armonia, la solita routine, con il solito ispettore Nakamori alle calcagna, quando all’improvviso mi sono ritrovato… qui.  Ma come?!
La situazione mi sta decisamente sfuggendo di mano.
“Oh, cielo. Non mi dire che te ne sei dimenticato.”
“Dimenticato ? Come potrei dimenticare… questo!”
“Beh, tecnicamente, come ti ho detto, sei appena entrato. La vera domanda è… perché hai dimenticato, giovane Kaito?”
“Rispondi tu piuttosto! Chi sei?!” Scusa, Shinichi. Devo rubarti la posa solo per questa volta.
“Oh, che sbadato! E’ vero non ci siamo ancora presentati! Beh,” tossisce un paio di volte e si raddrizza il farfallino “E’ un onore fare la tua conoscenza, Kaitou Kid II. Io sono il Dottore.”
“Il… Dottore?”
“Esatto, ragazzo mio. Con la d maiuscola.”
E poi si lamentano del codice 1412. Dottore… mi chiedo di che tipo.
“Hai altre domande, prima che io abbassi questa bellissima leva?”
“Sì.”
“Spara.”
Questa è la domanda più strana che abbia mai posto a qualcuno “Dottore chi?”
Lui sorride senza rispondere e, abbassata la leva, il rotore inizia ad oscillare su e giù. Nella sala riecheggia uno strano cigolio ansimante e iniziamo ad aggrapparci ai corrimano, per quanto gli scossoni siano forti.
Qualcuno mi dica che è tutto un sogno.
 
Molto tempo prima
 

“Kaito! Kaito! Eccomi!”
“Muoviti Aoko! Non abbiamo tutto il tempo, sai?!”
“Scusami! Volevo prendere dei souvenir! Non ti arrabbiare!”
Londra era più caotica che mai. Le strade brulicavano di turisti muniti di macchine fotografiche e guide turistiche. Un tripudio di accenti di diverse lingue sparse in diversi punti storici della città; dal tedesco all’italiano, al cinese al francese e tante altre. Gli indici puntati sull’immenso Big Ben o il London Eye, il profumo di waffles e castagne.
Kaito iniziò ad avere un certo languorino. Il povero giovane mago non si era fermato neanche un secondo assieme ad Aoko, che lo obbligava a seguirlo nei quartieri della moda più conosciuti. Poté rilassarsi giusto un cinque minuti a Picadilly Circus, ma solo perché lei doveva pagare alla cassa tutto ciò che aveva comprato.
“Guarda Kaito! Non lo trovi carino?! L’ho preso per papà! Pensi ne sarà felice?” con gli zigomi tirati su da un ampio sorriso, Aoko sventolò davanti all’amico un portachiavi con attaccato un pupazzetto di Sherlock Holmes, pipa e cappello da caccia compresi.
Kaito non riuscì e trattenersi dal ridere “ Hai davvero intenzione di regalargli Sherlock Holmes?”
“Eeeeh?! Perché no, scusa? Almeno questo gli darà la carica necessaria per catturare finalmente Kaito Kid!”
“Avresti almeno potuto prendere Lestrade, no?”
Re…sturaddo?”
“Lestrade! L’ispettore. Hai mai letto un libro di Arthur Conan Doyle almeno?”
“Uffa! Quanto fai il difficile! Ispettore, detective… che differenza fa!?”
“C’è un enorme differenza!”
“Oh, taci!”
Il rapporto fra Aoko e Kaito era sempre stato così, fin da quando erano piccoli. Un mix di amore e odio, dove litigi duravano poco più di quindici minuti o anche meno.
“Ti vanno delle castagne?”
“Sì! Buone!”
Come volevasi dimostrare.
 
“E’ stata proprio una fortuna che tua madre avesse degli affari a Londra!”
“Già… affari…” Se spassarsela per locali significa affari, allora va bene.
“Abbiamo visitato Tower Bridge, il National Museum e la casa di Sherlock Holmes.”
“Gli innumerevoli negozi di vestiti non li conti?”
“Sì, anche quelli. Ora che cosa facciamo?”
“Andiamo in un posto caldo, possibilmente. Sto gelando… ho già finito le castagne.”
“Che ne dici di andare al cinema?” guardatasi attorno, Aoko indicò una grossa insegna theater in stile anni Sessanta “Vediamo cosa danno!”
“Ok. Va bene.”
Kaito e Aoko si misero subito in fila per la biglietteria. Entrambi non poterono non notare il blu accesso dei vestiti che indossavano le sette persone davanti a loro.
“Ehi, ma cos’è? La mania del blu?”
“Ci sarà una qualche strana moda. Siamo a Londra, dopotutto.”
Salve ragazzi!” Una giovane londinese vestita da maschera di sala, si avvicinò sorridente ai due ragazzi con un paio di biglietti dorati. Kaito riuscì a leggere una percentuale e quella che pareva una lista di titoli.
Posso aiutarla?” chiese lui con un inglese pulito e fluente.
Vi ringrazio per aver scelto il nostro cinema! Ecco a voi degli sconti da utilizzare anche da subito! In coppia lo sconto ammonta al 50%!”
“Wow! Davvero? La ringrazio!”

Figuratevi! Grazie a voi!
Dati i biglietti, la donna li salutò con un altro sorriso, per poi continuare a distribuire sconti ad altri passanti.
“Che cosa ha detto… Kaito?” chiese imbarazzata Aoko. Nonostante il suo rendimento scolastico fosse al di sopra della media, l’inglese era ancora il suo tallone d’Achille, a differenza di Kaito, che grazie ai viaggi che faceva assieme al padre e tutt’ora con la madre, conosceva la lingua tanto quanto la magia.
“Sono sconti che possiamo utilizzare ora al cinema.”
“Ma è fantastico! Che fortuna!”
“Già, ma vanno bene solo per gli spettacoli di oggi.”
“Va bene, no? Che cosa c’è?”
“Alcuni non li conosco, altri li ho già visti.”
“Fammi un po’ vedere? Hm… pure io alcuni li ho già visti… che ne dici… di provare questo? Sembra interessante!” Aoko avvicinò gli occhi al biglietto per cercare di leggere il titolo. Le era difficile leggere il numero.”
The day of the Doctor. The Doctor Who’s …
50th Anniversary.” Continuò Kaito “Guarda questa strana cabina. POLICE PUBLIC CALL BOX.
“Ah! Ma certo! L’abbiamo vista anche in un parco, ricordi? Ci facevano le foto dei bambini e dei ragazzi!”
“E a quanto pare va di moda qui, guardati attorno.”
Un po’ confusa Aoko si guardò le spalle e davanti, fino a quando non notò la stessa scritta su borse, magliette e felpe. “Oh, wow.”
“Il giorno del Dottore è finalmente è arrivato. E’ il momento che l’ultimo Signore del Tempo faccia i conti con i suoi demoni ricordandosi della Guerra del Tempo, periodo in cui sterminò la sua stessa gente per il suo bene. A cinquant’anni  della sua prima messa in onda, si prospetta un anniversario pieno di sorprese. Interessante. Cinquant’anni sono un bel po’ di anni. ” Lesse Kaito sul retro del biglietto.
“Uccise la propria gente? Non è un po’… forte come film?”
“Qui c’è scritto che è adatto a tutti. È fantascientifico.  Lo sconto è dovuto al fatto che il ventitre novembre di quest’anno, il giorno dell’anniversario, ha avuto un buon incasso.”
“Oh, ok.”
“Guarda tocca a noi. Andiamo.”
Desiderate?
Kaito avvicinò i biglietti dorati e una banconota da venti sterline “Due biglietti per Doctor Who, grazie.
 
A volte un trucco può fallire.
Ma non devi farlo notare al pubblico.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Salve a tutti, sono Cassandra.
E’ la prima volta che mi cimento in un crossover… perché me ne sia venuto in mente uno con Doctor Who e Kaitou Kid? Ma perché li adoro alla follia! Dico subito di essere consapevole di aver scritto un capitolo piuttosto povero di contenuti ( e probabilmente anche male…  non sono il massimo, ma mi diverto a scrivere perciò non mollo! ), ma vedrò di arricchire questa mia piccola storia fra l’Undicesimo Dottore e Kaito con i prossimi. È solo l’inizio.
Ringrazio in anticipo le eventuali recensioni. Sono ben accettate delle critiche purché costruttive, cosicché possa migliorare in futuro :)
 
Grazie dell’attenzione!
 
Cassandra

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Capitolo 2
*** E' vero ***


Io ho avuto molte facce, molte vite. Non le riconosco tutte, ma ce ne una in particolare che ho cercato con tutto me stesso di dimenticare. Quello è stato il Dottore che ha combattuto la Guerra del Tempo, e quello è il giorno in cui lui lo fece, in cui io lo feci. Il giorno in cui io li uccisi tutti.
L’ultimo giorno della Guerra della Tempo.
 
Ho fatto fatica a credere alla magia nera di Akako e a Shinichi ritornato bambino in passato: streghe e farmaci che rimpiccioliscono corpi sono già abbastanza assurdi. Ma… gli alieni. Chi mai crederebbe a simili scemenze?! Io? No di certo. Anche se d’altronde… potrebbe benissimo far parte del club delle assurdità. Forse.
Alzo di nuovo il mio sguardo sul soffitto infinito, cercando invano qualche telecamera nascosta. Osservo poi la strana consolle equipaggiata di ogni cosa diavoleria possibile, le pareti, le luci e infine guardo di nuovo lui, il Dottore, che mi sorride tranquillamente con le mani dietro alla schiena. Quanto mi irrita.
“Fammi capire bene” mi tolgo monocolo e cilindro “ tu sei… un alieno.”
“Esatto.”
“Più precisamente… un Signore del Tempo” mi siedo su una sedia girevole dietro di me.
“Di nuovo esatto.”
“Hai più di mille anni, due cuori e viaggi con una cabina telefonica della polizia inglese del 1963 nel tempo e nello spazio.”
“Blu. Non ti dimenticare che è blu” puntualizza lui con fare saccente.
“E ti aspetti davvero che io ti creda?”
“Scusa, perché mai dovrei mentirti? Se hai finito di guardarmi come Sherlock Holmes, possiamo passare al gioiello che avevi intenzione di rubare?”
“Ma come? Credevo che la questione fosse il perché ti avevo dimenticato” devo cercare di guadagnare tempo. Fortunatamente ho ancora una quarantina di minuti. Fino all’ora stabilita, devo assolutamente capire che intenzioni di questo ciarlatano in tweed.
“Ho pensato a lungo, e penso che l’unica spiegazione sia che non ti abbia interessato più di tanto.”
“Di che parli?”
Il Dottore mi guarda perplesso mentre spinge con un piede quella che sembrava una pompa a pedale “Dici sul serio?”
“Purtroppo in questo momento sono serio.”
“Per la miseria giovanotto! Non sei così sveglio come credevo.”
“Scusami se mi sono addormentato durante il film, ok? Non vado matto per quelli fantascientifici, Dottore.
“Oi, cos’era quell’ironia?”
“ Oh, niente, Dottore. Solo che faccio davvero fatica a credere ad un personaggio inventato.”
Il Dottore agita l’indice davanti a me annuendo “ Ahia… hai toccato un tasto dolente, peccato che io sia qui davanti a te e vedo con gioia di non starti molto simpatico, dico bene?”
“Sai com’è! Mi hai rapito nel bel mezzo di una missione!”
“Di una rapina, vorrai dire.”
“Oh, andiamo! Se davvero mi conosci dovresti sapere perché lo faccio!”
“Sì, è vero. Io lo so. Pardon!” sogghigna con le braccia alzate.
“Ok, ora basta scherzare. Sii serio e spiegati.”
“Serio? Per la misera, Kaito! L’appellativo di Kid non ti è stato mica dato per caso, no? Divertiti un po’”
“Oh, certo! In questo momento dovrei essere contento di essere insieme ad ET!”
“Oi, vacci piano, eh! Io e ET abbiamo una fisionomia biologica diversa.”
“Ma cos-… non cambiare discorso!”
“Ok ok, come vuoi” il Dottore sbuffa annoiato, proprio come farebbe un bambino a cui gli è stato proibito di giocare.
Assurdo. In che razza di situazione mi sono cacciato? È la realtà o sto sognando? Devo almeno cercare di adattarmi. Calmo, Kaito. Calmo.
“Passiamo allora alla parte seria. Bene!”
“Perché?” chiedo con le braccia incrociate al petto.
“Beh, me lo hai chiesto tu, no? Vuoi chiacchierare ancora un po’ ?”
“No. Perché non dovrei rubare l’orologio. Spiegati.”
“Oh, certo certo! Faccio subito in un lampo!”
Con tocco esperto, il presunto alieno si muove intorno alla consolle tirando e premendo ogni leva e bottone, senza mai sbagliare. Di tanto in tanto alza lo sguardo sul rotore centrale per sbottare un sorrisetto compiaciuto. Sono bravo, eh? Dicono quegli occhi da vecchio dodicenne alla macchina.
Un sonoro bip attira la mia attenzione verso un vecchio schermo attaccato chissà come ad un cavo “Beh? Allora?” dico spazientito e confuso.
“Guarda pure lo schermo” mi urla lui dall’altro lato.
Questa volta sono io a sbuffare. Controvoglia mi limito ad avvicinarmi con gli occhi sulla nitida immagine di un orologio da taschino, d’oro con tanto di catenella, dei motivi circolare incisi e delle pietre rosse incastonate, che riconosco subito. È lo stesso orologio che intendo rubare questa notte. Controllo di volata il mio orologio da polso: ho ancora una ventina di minuti, devo resistere un altro po’ restando al gioco di questo pazzo.
Pensa davvero d farmela in questo modo? Ricordandomi di quel film visto con Aoko chissà quanto tempo fa non ha fatto altro che farmi capire quanto sia palese la falsità di questo posto. O almeno… è quello che sto sperando in questo momento.
“Or dunque?” mi arriva da dietro quasi di soppiatto riportandomi alla realtà “Che ne dici?”
“Che è proprio ciò devo rubare stasera” rispondo divertito.
“Ti sbagli. Che non ruberai questa notte.”
“E perché non dovrei?”
Il Dottore sorride pizzicandomi il naso “Perché non appartiene a te, bensì a me. Devi sapere” riprende a giocare con i pannelli di controllo “quell’orologio è un antichissimo cimelio di famiglia per un Signore del Tempo, in questo caso io. O meglio… il mio l’ho già dato via in passato, ma mi è stato detto che lì dentro c’è qualcosa di mio, e sono venuto a riprendermelo.”
“Ah, certo. E una cosa così tanto importante l’andresti a lasciare ad un qualsiasi proprietario obeso e riccone giapponese, dico bene?” quanto amo fare il sarcastico. Specialmente mentre agito le mani.
“Spazio e tempo. Non ti era chiaro forse? Comunque sia, grazie al tuo tempismo non mi hai fatto finire, perciò… non intendevo dire che non te l’avrei lasciato fare, so bene che hai una reputazione da mantenere, e che hai… dieci minuti, no? Quindi, oggi avrai un complice al tuo completo servizio” il Dottore fa un pessimo inchino incurvando di poco la schiena, senza smettere di sorridere.
“Che?”
“Non fare il finto tonto, giovane Kaito. So bene che hai sentito. Allora? Vogliamo andare?”
Mi giro intorno con un sopracciglio alzato “E dove, scusa?”
Il Dottore indica con la mano destra tesa una porta a due ante e finestre rettangolari.
“Starai scherzando,  spero. Non ci siamo mossi!”
“Questo è quello che pensi tu” agita di nuovo la mano “forza, esci! Siamo proprio davanti all’orologio.”
“Ok, Questa volta stai scherzando sul serio! Questa… nave sarà completamente in bella vista, sai?!”
“Mi sono perso qualcosa… credevo di averti spiegato che siamo apparentemente in una cabina telefonica.”
“Beh, ragionando ho capito che non è possibile!”
“Ah, forse devo riprendere il fatto che sono un alieno.”
“Oh, ma smettila! Gli alieni non esistono!”
“Ahia… altro colpo basso. La magia nera e farmaci che rimpiccioliscono esistono, mentre gli alieni no? E’ abbastanza contraddittorio da parte tua, non credi?”
“Che casp-… leggi del pensiero?!”
Adesso basta. La situazione sta diventando ridicola. Devo andarmene subito prima che cominci a perdere veramente la pazienza, così non colgo il saluto del mentone inglese e mi avvicino alla porta. Era di entrare in scena.
“Buffo. Non ti sei chiesto perché parlo un giapponese perfetto.”
Apro le due ante senza rispondergli. Sono troppo arrabbiato per farlo.
“ Per essere un mentone inglese, eh?”
“Allora… è vero…”
“Touché. Sì, in effetti qualcosina nella testa riesco a leggerla. A tal proposito… dovresti considerare la tua idea di dire a tu-sai-chi quella cosa davanti alla torre dell’orolog-…”
“E’ vero!” il mio urlo è strozzato per quanto sono spaventato. Sono immobile, in panico, se non anche scioccato, davanti a quest’affare viscido, informe e dal corpo squamato e violaceo. Un drago? Una chimera? Che cosa diavolo sta sbavando sopra la mia testa?
“Oh no no no!! Kaito!! Subito dentro!!”
Attirato dalla voce del Dottore, la strana creatura ruggisce minaccioso alitando sulla mia faccia. Dei conati di vomito si fanno largo nella mia gola “DOTTORE!”
 
Signori del Tempo di Gallifrey, Dalek di Skaro, porto la notizia a tutti voi. Troppo a lungo ho fermato la mia mano. Non più. Oggi non mi lasciate scelta. Oggi questa guerra finirà. Non più. Non più…
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Le verifiche mi uccidono… le interrogazioni mi uccidono… La scuola mi sta uccidendo… Aiuto…
Capitolo corto e banale… ma spero di migliorare più avanti… sto cercando di portare avanti tre storie diverse credendo di farcela e invece…  va beh… cercherò di fare del mio meglio.
 
Cassandra

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Capitolo 3
*** Vendetta ***


A due centimetri dalla lingua biforcuta della creatura, il Dottore mi tira da dietro afferrandomi dal mantello. Con uno schiocco delle dita dell'alieno, le ante della porta si chiudono in tempo.
Ancora sconvolto, rimango fermo davanti all'uscio, dove dalle finestre era ancora visibile il profilo mostruoso del rettile. Me la sono vista veramente brutta.
"Ok, bene... una guardia!! Devo dire che me lo sarei dovuto aspettare. Giá," dice il Dottore alzandosi per primo in piedi "ma possiamo sempre raggirarlo! É solo un cucciolo."
"U-u... Un cucciolo?! Starai scherzando, spero! Un 'cucciolo' é grosso così" mimo la classica forma di un cucciolo di cane " e non quell’affare!”
“E io ti ripeto che è un cucciolo. Per essere precisi di un Guone.”
“G-Guone? Me ne frego di cos’è! Non è un cucciolo!” oh no… sento quella maledetta bava collosa scivolare dalla testa alla spalla. Che schifo… Che schifo!
“Oh, piantala di brontolare. Tieni” il Dottore mi lancia un asciugamano sorridente.
Un asciugamano… sei serio alieno dei miei stivali?! Vedo con piacere che godi nel veder soffrire la gente. Maledetto sadico.
Con rammarico, mi devo accontentare e mi levo subito questa cosa nauseabonda dai capelli.
“Oh, e prendi questa.”
“Eh?”
Senza preavviso, il presunto alieno mi lancia quella che sembra una boccetta di cristallo azzurra. Fortunatamente riesco ad afferrarla senza farla cadere “Cos’è?” chiedo sospettoso.
“Semplice e banale acqua di colonia. Sai no… per l’odore.”
“Grazie…” senza pensarci due volte, mi spruzzo su tutto il corpo l’acqua di colonia, che sorprendentemente funziona. L’odore è meglio di quel che mi aspettavo “Ah, così va meglio.”
“Bene. Ora che ci siamo concessi un paio di minuti, possiamo continuare con la questione dell’orologio. Guone! Da quanto tempo non ne vedevo uno, ma è la prima volta che ne vedo uno fare la guardia a qualcosa. In genere sono creature pacifiche e libere.”
“E’ una specie di rettile?”
“Qualcosa del genere, guarda tu stesso”  lo schermo pericolosamente attaccato ad un cavo a molla, mi oscilla davanti mostrandomi l’immagine in 3D del Guone. Il corpo è esattamente quello di un rettile, ha quattro zoccoli ricoperte da un folto pelo nero, la testa di una coda di rospo, ma con i denti di uno squalo. Rabbrividisco alla sola vista di quell’orribile testa di pesce.
“Un… un… pesce?!”
“Ah… diamine… mi ero dimenticato che tu odi in modo incondizionato ogni tipo di pesce.”
“E’ un pesce! Un enorme… pesce! Un pesce alieno!” è più forte di me. Che si tratti di un semplice pesciolino rosso o di un tonno, il terrore mi assale, figuriamoci con quel mostro.
“Oh! Che bello! Ora ti è venuto spontaneo usare la parola alieno!”
“Non mi pare il momento, non credi?! Per quale motivo quell’essere è in museo?”
“Quel povero cucciolo deve essere stato portato via dalla propria famiglia.”
“Beh, quel povero cucciolo,come lo chiami tu, rischia di sabotare la missione.”
“Hm… non hai tutti i torti. Allora,” il Dottore tira fuori dalla sua giacca una sottospecie di torcia con una lampadina verde in cima. Mi prendo un colpo appena sento un trillo acuto “possiamo anche andare.”
“Che cos’è quell’affare?”
“Hm? Questo?” comincia ad agitarlo. Io cerco di tenermi . debita distanza “ E’ il mio cacciavite sonico.”
“Un… cosa?”
“Oh, andiamo! Posso capire la storia dell’alieno, ma almeno cacciavite e sonico devi averli sentiti.”
“Va bene, ok… andiamo.”
“Perfetto.”
 
Mai crudele o codardo.
Non mollare mai. Non arrendersi mai.
 
Una cabina. Questa stramaledetta astronave è davvero una stramaledetta cabina telefonica blu e di legno. E’ molto simile alle cabine rosse che vidi a Londra con Aoko, solo che questa è …. è…. “…più grande… all’interno.”
“Come volevasi dimostrare” ridacchia soddisfatto il Dottore “E’ divertente non trovi? Tutto grazie al circuito camaleonte di cui dispone la mia bambina, che… purtroppo si è rotto molto tempo fa e quindi il TARDIS è rimasta una cabina della polizia inglese degli anni ’60.”
“Circuito camaleonte?”
“Fa in modo che la mia bambina mascheri la sua presenza prendendo le sembianze di qualunque cosa si trovi in un determinato posto e tempo. Egitto? Può diventare un sarcofago, una piramide, qualsiasi cosa.”
“Ok, credo… di aver capito.”
“Bene, siamo fuori, o meglio, siamo dentro il museo e vedo con piacere che non c’è anima viva” usa di nuovo quello che dovrebbe essere un cacciavite “Infatti… ci siamo solo io, te, il piccolo guone e un’altra persona.”
“Un’altra persona? Significa che c’è qualcun altro?”
“E’ quel che ho detto, giovane Kaito. Non stavi ascoltando?”
“ E adesso cosa facciamo?”
“Mi pareva ovvio” il Dottore sorride portandosi il cacciavite sotto il mento e lo accende “andiamo in perlustrazione.”
 
Non sono mai stato così spaventato da un museo. Questa è assolutamente la prima volta. Ma che figura ci faccio?! Sono praticamente attaccato alla schiena di questo capellone in tweed, e tutto per cosa? Per uno stramaledetto alieno a forma di… pesce!
I miei occhi iniziano a bruciare per quanto sono spalancati. Ad ogni teca di vetro e ad ogni sala in cui entravamo, alzo la guardia stringendo i pugni sulla giacca del Dottore. L’idea di ritrovarmi all’improvviso quel brutto muso per la seconda volta, mi fa solo… non ci voglio nemmeno pensare!
“Ehm…  giovane Kaito… se continui così rischi di lasciarmi due bei lividi sulla schiena” mi sussurra irritato l’alieno.
“Taci tu! E continua a illuminare ogni cosa davanti!”
“Se proprio devi aggrapparti a qualcosa attaccati solo alla giacca! Mia moglie mi uccide se trova dei segni sulla schiena!”
“Tua… tua moglie? Hai una moglie?”
“Cos’è quel tono? Un alieno di mille anni non può sposarsi? Ammetto che è stato un matrimonio veloce, ma siamo comunque sposati.”
“Mi spieghi perché diamine si trova in un museo il tuo preziosissimo orologio?”
“Cos’è, cambi domanda?”
“Rispondi.”
Il Dottore, visibilmente scocciato, sospira “Mi è stato rubato, e non intendo l’orologio, ma quello che c’è dentro.”
“Scusa, cosa vuoi che ci sia in un orologio? Gli ingranaggi e le lancette sono tuoi?”
Ah ah, spiritoso… no, non si tratta degli ingranaggi.”
“E allora che cos’è?”
L’alieno sembra per un attimo assorto nei suoi pensieri. E’ visibilmente preoccupato se non anche frustrato.
“Deve essere… qualcosa di davvero molto importante” cerco di alleggerire l’atmosfera.
Il Dottore mi sorride guardandomi con i suoi grandi occhi tristi, stanchi e consumati dal tempo. Mille anni? A vederlo così ne dimostra persino di più.
“Sì.”
“Lo vedo. Hai chiesto aiuto ad un ladro pur di riprendertelo.”
“Avevo una moglie.”
“Come… scusa?”
“Avevo una moglie. Ma purtroppo è morta da tempo.”
Scuoto la testa alquanto confuso “Ora sei tu che hai cambiato argom-… ehi!”
Il Dottore mi spinge verso una statua di cera di un coyote con un braccio e mi zittisce con un indice “Shhh, non fare rumore”
“Che succede?”
Bravo il mio cucciolo. Hai trovato il TARDIS, vero? Bravissimo!
Non tanto lontano da noi, riesco a distinguere la voce di una ragazza, tra un… grugno… e l’altro. “No… non mi dire che… q-quel pesce…”
“Giovane Kaito, cerca di respirare il più piano possibile. Sai com’è, qui rimbomba tutto.”
“Io sono Ichthyofobico! Non li sopporto i pesci!”
“Beh, puoi pure stare tranquillo. Umano.”
Il Dottore impreca a bassa voce girandosi lentamente, mentre io sono impegnato a fissare l’orribile guone, cavalcato da una ragazza dai capelli biondi e gli occhi viola pulsanti.
“Tu” le dice a denti stretti l’alieno “che cosa ci fai qui?”
“Ma che bella accoglienza, Dottore. Da te non me lo sarei mai aspettato” risponde la ragazza delusa “Dopo tutto questo tempo.”
Rispondimi” la ignora il Signore del Tempo.
“Sono qui per il tuo stesso motivo.”
Il Dottore scuote la testa incredulo “No. sai bene che non puoi averlo. Appartiene a me.”
“Proprio perché appartiene a te, deve essere mio!”
Successe tutto in meno di due secondi. Il Dottore non fa in tempo a prendere il cacciavite, che il guone lo colpisce violentemente con la sua coda e va a sbattere contro una teca di vetro a due metri da noi.
“Dottore!”
“Oh, povero il grande Kaitou Kid. Sei stato trascinato in una faccenda che non ti riguarda. Senza contare che sei assieme a quell’assassino del Dottore”
“Io non so di che cosa tu stia parlando.”
“Oh, neghi l’evidenza? Ti fa onore, ma ciò non ti servirà a salvarti.”
“Sai… ci terrei ad avvertirti di una cosa, giusto per non farti fare brutte figurac-…”
“Taci! Tu non mi servi. Posso anche benissimo farti fuo-… Ah!”
“GERONIMOOOO!”
Avevo appena accettato l’esistenza di un Signore del Tempo, di una macchina che viaggia sia nel tempo che nello spazio e ad un enorme e disgustoso pesce alieno, ma mai mi sarei aspettato di vedere l’intero scheletro di un T-Rex prendere vita :“Non. E’. POSSIBILE!”
“TI PIACE IL MIO NUOVO AMICHETTO, GIOVANE KAITO?” urla il Dottore dalla schiena dell’ormai estinto rettile “ANIMAZIONE MOLECOLARE. FORTE, VERO?”
“TU SEI PAZZO!” urlo in tutta risposta, senza accorgermi che sto ridendo.
“LO SO! VIENI O NO?”
Senza farmelo ripetere due volte, salto sulle ossa e raggiungo l’alieno millenario.
“Questa volta sì che devi aggrapparti a me. FORZA, REXY!”
Due pacche sul cranio ed ecco il ruggito. Miracolosamente, nulla, compresse le teche di vetro, vennero sfiorate dal dinosauro, forse grazie al pieno controllo che il Dottore ha con le catene che fanno da redini.
“Non capisco! Chi è quella ragazza? Perché ce l’ha con te e vuole il tuo orologio?”
“Troppe domande! Possiamo parlarne dopo?”
Superate altre tre sale, il Dottore pensa bene di entrare nella sala del sistema solare, dove l’oscurità di essa può benissimo nascondere il T-Rex.
Non mi scapperai, Dottore! La pagherai… la pagherai per averi uccisi tutti! Traditore! Io…  li vendicherò!”

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